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Cesare Beccaria nasce a Milano nel 1738 da una nobile famiglia, suo padre era un marchese, egli studiò a
Parma nel collegio dei gesuiti e frequentò l’università di Pavia laureandosi in legge. Nonostante fosse
predisposto per le materie scientifiche soprattutto matematica. Egli ebbe un’istruzione rigida e amava la
filosofia.
Nel 1760 troncò i rapporti con la famiglia sposandosi con Teresa Blasco, donna di umili origini da cui ebbe
quattro figli (tra questi Giulia, che sarà la madre di Alessandro Manzoni). Nello stesso anno si “convertì” alle
idee illuministiche, suggestionato in particolare dalla lettura delle lettere persiane, di Montesquieu. Si legò
così al gruppo degli intellettuali milanesi, tra cui spiccavano i fratelli Verri, dando vita con loro all’Accademia
dei Pugni e alla rivista “il Caffè tra il 1764-66, all’interno del giornale pubblicò cinque articoli, in cui trattava
di economia (sulla situazione monetaria) e si interessò di diritto, perché lui era convinto che da secoli
avvenivano le ingiustizie e voleva attivare una riforma della giurisprudenza di modo che non avvenivano più,
per questo nasce il suo trattato Dei delitti e delle pene, che proponeva una fondamentale riforma dei
processi criminali condannando la tortura e la pena di morte.
Il suo trattato ebbe successo esso venne stampato più volte non solo in Italia ma anche in Francia.
Conosciuto anche all’estero questo trattato venne discusso e ammirato all’interno della cerchia degli
illuministi francesi, che invitarono Beccaria a Parigi. Recatosi nella capitale con Alessandro Verri, ebbe
un’accoglienza trionfale ma la sua riservatezza e l’essere chiuso gli fece anticipare il ritorno a Milano (perché
non gli interessavano i trionfi), lasciando da solo a Parigi Alessandro Verri. Litigò poi anche con il fratello
Pietro che lo accusò di non aver mai riconosciuto il ruolo nell’ideazione e elaborazione del trattato.
Ritornato a Milano si interessò ai problemi letterari, pubblicando nel 1770 le Ricerche intorno alla natura
dello stile, pe occuparsi poi di problemi economici, quando il governo austriaco gli fornì la cattedra di
economia pubblica (politica) all’università.
Accettando questo incarico, Beccaria rifiutò la proposta che gli era giunta da Caterina II, imperatrice di
Russia, di recarsi a Pietroburgo per occuparsi della riforma del codice penale.
Nel 1769 iniziò le sue lezioni universitarie, che furono molto frequentate; nel medesimo anno venne
pubblicata la Prolusione
Dopo alcuni anni dalla morte della prima moglie, Beccaria si sposò con un’altra donna e nel 1794 morì a
Milano.
Dei delitti e delle pene
le sue opere trattano o di lingua o di situazione monetaria.
Nel trattato dei delitti e delle pene troviamo i capisaldi della città giuridica, quello che Beccaria afferma nel
700 sarà ripreso solamente nel 900, ma nessuno lo farà come lui, perché nessuno parlava delle tortura e
della pena di morte.
Quest’opera venne pubblicata a Livorno nel 1764, ma Beccaria cominciò la composizione già nel 1763, essa
è nata insieme ai dibattiti dell’accademia dei pugni. I fratelli Verri si distaccano da Beccaria per due motivi:
perché avevano fatto da tramite con i genitori per la questione matrimoniale;
e anche perché si aspettavano che Beccaria li riconoscesse nel trattato, ma il successo e il merito se
lo prese solo lui.