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SOMMARIO............................................................................................................1
INTRODUZIONE.....................................................................................................2
CAPITOLO PRIMO.................................................................................................25
MERETRIX QUAE DICATUR? ................................................................................25
I. Meretrix: una curiosità linguistica............................................................................................25
II. Femina di mala condictione.....................................................................................................29
III. “... e veramente troppo grave e disdicevole sarebbe voler dar titolo di meretrice per
qualsivoglia fallo...”......................................................................................................................34
CAPITOLO SECONDO...........................................................................................51
NULLA MERETRIX, VEL ROFIANUS MORET INFRA NOVOS MUROS LUCANE
CIVITATIS............................................................................................................52
I. A difesa delle mura....................................................................................................................52
II. Cecco Dini, Re dei Barattieri...................................................................................................68
III. Scortum Publicum in Civitate Lucana....................................................................................74
IV. “Che alla barba di tutti i sogdomiti io voglio tener colle donne, e dico che la donna è più
polita e preziosa della carne sua che non è l’uomo...” ................................................................85
V. Sul postribolo.........................................................................................................................100
CAPITOLO TERZO..............................................................................................103
I PROTETTORI DELLE MERETRICI.......................................................................103
I. Anno MDXXXIV, indictione VII, die XXIV Aprilis..................................................................103
II. Per parte delli tre Magnifici Signori Antiani ........................................................................114
III. Interrogato disse...................................................................................................................119
IV. Et querelandosi disse............................................................................................................136
V. Sentenze..................................................................................................................................159
CONCLUSIONI....................................................................................................162
I. Un problema storiografico......................................................................................................162
II. Il moralismo ottocentesco di Salvatore Bongi.......................................................................168
III. Il moralismo negli autori moderni........................................................................................176
IV. Conclusioni...........................................................................................................................192
APPENDICE........................................................................................................196
BIBLIOGRAFIA....................................................................................................208
RINGRAZIAMENTI..............................................................................................214
INTRODUZIONE
2
Il giorno 24 aprile del 1534 il Gonfaloniere di Giustizia della
così, in apertura del verbale della seduta, che: ”Deinde fuit per
1
La competenza dell’Offizio sopra l’Onestà in materia di controllo del
meretricio risale al 1456. Cfr. Archivio di Stato di Lucca (A.S.L.), Consiglio
Generale 17, riformagioni pubbliche, 27 ottobre 1456, fo. 179.
3
injuriis afficiendo...”.2
2
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 24 aprile 1534, fo.
245.
4
Risulta particolare, non tanto il contenuto dell’arringa del
3
Il ragionare di Sant’Agostino, fondato su un profondo senso della pietas
Cristiana, inserisce le meretrici nell’ordine divino delle cose, così come
argomentato nel De Ordine, ii, iv, 12: ”Quid sordius, quid magis dedecoris
et turpitudinis plenius meretricibus, lenonibus, caeterisquae hoc genus
dici potest? Aufer meretrices de rebus humani, turbaveris omnia libidinis:
constitue matronarum loco, labe ac dedecore dehonestaveris”. La
massima agostiniana ebbe notevole influenza anche sul pensiero di un
altro pilastro della dottrina Cristiana: San Tommaso. Nel pensiero
tomistico, l’umana pietà agostiniana trasfonde in un vero e proprio
postulato politico di tolleranza dei “mali minori”, in senso generale ed
astratto. Cfr. Tommaso, Summa Theologica, IIa, IIae, q. 10, art. 2 c.
4
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 24 aprile 1534, fo.
245.
5
retorica posta alla base di una simile scelta legislativa da parte del
5
Per la definizione di meretrice si veda il capitolo I. Si ricordi che, negli
statuti lucchesi, alle meretrici sono assimilate tutte quelle donne la cui
moralità può essere messa in discussione: concubine, amanti, donne di
pubblica e disonesta fama, nonché serve e camerarie.
6
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 24 aprile 1534, fo.
245.
6
Se quindi la ragion dichiarata dell’elite dominante ha una
7
Si ritrova nella provvisione una razionale inclusione del bene
7
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 5 giugno 1534, fo.
256.
8
I protettori delle meretrici non sono infatti il primo organo di
questo tipo in Lucca; già dal XIV secolo infatti risulta competente
sodomitico.
diverso organo.
8
La competenza dell’Offizio sopra l’Onestà in materia di controllo del
meretricio risale al 1456. Cfr. A.S.L., Consiglio generale 17, riformagioni
pubbliche, 27 ottobre 1456, fo. 179. A Firenze, l’Ufficio dell’Onestà fu
creato nel 1403, allo scopo di reprimere il vizio sodomitico; solo nel 1436
fu ad esso conferita la competenza in materia di controllo del meretricio.
Cfr. Romano Canosa e Isabella Colonnello, Storia della prostituzione in
Italia dal quattrocento alla fine del settecento, p. 29, Sapere 2000, Roma,
1989.
9
Tuttavia dal 1534 la realtà legislativa lucchese, che, se
10
Questo particolare approccio, che ben si inserisce nel
qui per una libera interpretazione del dato storico, che in Lucca il
Maestranze.
9
La felice espressione è usata da Augusto Mancini nella prefazione alla
sua opera: Storia di Lucca, p. I, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1999. Si
veda anche Guido Astuti, La formazione dello stato moderno in Italia, p.
155, Giappichelli Editore, Roma, 1967.
11
In sostanza le valutazioni che muovono il legislatore lucchese
in Firenze10.
10
Le autorità fiorentine, infatti, non si preoccuparono mai di tutelare i
diritti (e la libertà) delle meretrici residenti in città. Furono bensì assorbite
in una vasta operazione di controllo della prostituzione, soprattutto ai fini
di tutelare l’ordine pubblico e massimizzare il gettito fiscale proveniente
dalla registrazione delle meretrici attive in città. Cfr. John K. Brackett, The
florentine Onestà and the control of prostitution, 1403-1680, Sixteenth
Century Journal, vol. 24, 2, pp. 290-295, 1993. Si veda anche R. Canosa,
op. cit., pp. 93 e ss. Per un’interessante interpretazione dello scopo e
dell’utilità dell’Offizio sull’Onestà si veda M. A. Savelli: ”si chiama
d’Onestà, perchè in esso devono descriversi tutte quelle Donne che
tengono cattiva vita, affinché per timore d’essere scoperte, e pubblicate
per tali, si astenghino dal peccare, e volendo esser meretrici, per pena
de’ lor fatti siano descritte, e distinte dall’altre donne onorate
d’abitazione e consorzio, e per la pubblica dichiarazione conosciute per
tali restino prive d’onore, e anco con pene pecuniarie della loro
impudicizia...”, Pratica, capi 32 e 33, p. 190.
12
Certo, non si può negare che simili considerazioni siano alla
prostituzione di stato12.
11
Non ci pare azzardato ritenere che alla base delle scelte legislative in
materia, vi sia stata una chiara percezione di un rapporto di causalità tra
la repressione del meretricio ed incremento dello sfruttamento della
stessa ad opera di ruffiani.
12
Si ricordi che in Lucca, già dal 1440, alle meretrici fu concesso di
risiedere al di fuori del pubblico postribolo. A.S.L., Consiglio Generale 15,
riformagioni pubbliche, 18 agosto 1440, fo. 490.
13
Tali differenze trovano certo un fondamento nella diversa
controllo sulla vita pubblica, che sul fronte estero, mediante una
13
Sulla costituzione, nell’area fiorentina, dello stato assoluto ad opera di
Cosimo I de’ Medici, si veda Furio Diaz, Cosimo I e il consolidarsi dello
stato assoluto, in Potere e società negli stati regionali italiani del ‘500 e
‘600, p. 75 e ss., Il Mulino, Bologna, 1978.
La grande architettura della politica medicea avrà sua piena
realizzazione con la concessione del titolo di granduca da parte di Pio V a
Cosimo de’ Medici, nel 1569. Cfr. Angelantonio Spagnoletti, Le dinastie
italiane nella prima età moderna, pp. 119 e 135, Il Mulino, Bologna, 2003.
14
Sulla costituzione, a Lucca, di un’oligarchia politica fondata su di
un’ampia legittimazione popolare, si veda Marino Berengo, Nobili e
mercanti nella Lucca del Cinquecento, p. 21 e ss., Eianudi, Torino, 1999.
Sulle ragioni del particolarismo lucchese, si veda M. Berengo, Il contado
lucchese agli inizi del XVI secolo, p. 263, in La crisi degli ordinamenti
comunali e le origini dello Stato del Rinascimento, Il Mulino, Bologna,
1979.
14
Ricordiamo brevemente che nel 1534 Lucca è reduce dal
15
La sollevazione degli straccioni (1531-1532) vide contrapporsi,
dapprima, le diverse ragioni dei tessitori a quelle dei mercanti. I secondi,
infatti, nel tentativo di rilanciare la stagnante economia del comparto
serico, optarono per una sostanziale restrizione e riqualificazione dei
prodotti lucchesi, mediante l’adozione di provvedimenti atti a soffocare la
concorrenza (soprattutto a danno dei piccoli produttori) e cercarono di
migliorare la qualità media della produzione. Secondo una stima di
Augusto Mancini, i tessitori costituivano una forza lavoro di circa 3000
unità, lavoranti per lo più a domicilio, una forza economica e politica
notevole, anche se carente di coesione. A fronte di un primo scontro sulle
scelte di politica economica, il dissidio tra tessitori e mercanti, alimentato
dal diffuso disagio economico, arrivò così ad un punto di non ritorno,
coinvolgendo ampie fasce della popolazione lucchese e perdendo la
primigenia ispirazione della sollevazione. Le ragioni di tale episodio sono
da ricercarsi nello scenario macroeconomico della prima metà del XVI
secolo, caratterizzato da un persistente stagnazione dell’economia
lucchese (in larga parte concentrata sulla lavorazione serica), dovuta alla
contrazione delle esportazioni, in conseguenza dell’elevato rischio del
commercio internazionale.
La sollevazione degli straccioni segnò altresì un momento di
violenta crisi politico-istituzionale, da cui uscirà vincitrice la borghesia
mercantile, la quale – a seguito della violenta repressione del moto –
trovò modo di consolidare il proprio potere politico.
15
negli anni immediatamente successivi alla sollevazione, buona
parte degli interventi legislativi dei signori lucchesi sia mirato alla
16
Stefano Tabacchi, Lucca e Carlo V, in l’Italia di Carlo V: guerra, religione
e politica nel primo Cinquecento, atti del Convegno internazionale di
studi, Roma, 5-7 aprile 2001, Viella, Roma, 2003.
16
ingenti quantità d’oro ed il conseguente rialzo dei prezzi, fenomeno
politici.
17
Guido Astuti, La formazione dello stato moderno in Italia, op. cit., p. 102
e ss.
17
Da una parte, l’universalismo imperiale di Carlo V rimette in
18
Dopo la giornata di Pavia, lo scenario geopolitico italiano mutò
radicalmente. La pesante disfatta subita da Carlo VIII (fatto prigioniero dai
generali imperiali), con l’annientamento di gran parte dell’esercito
francese, riempì i signori italiani di sgomento. Le lucide analisi politiche di
Francesco Guicciardini mettono chiaramente in evidenza la complessità di
tale, repentino, mutamento nello scenario politico italiano. Cfr. Francesco
Guicciardini, Storia d’Italia, vol. III, lib. III, p. 1601, Einaudi, Torino, 1971.
Si veda anche Francesco Ercole, Da Carlo VIII a Carlo V, la crisi della
libertà italiana, p. 321, Vallecchi, Firenze, 1932. Sulla politica italiana di
Carlo V si veda Karl Brandi, Carlo V, p. 238, Einaudi, Torino, 1961.
Sull’universalismo imperiale, ibid, p. 324. e ss.; p. 78 e ss. Un’idea della
debolezza militare degli Stati italiani ci è data dalla cronaca di
Giovangirolamo De’ Rossi, sulle imprese di Giovanni de’ Medici. Cfr.
Giovangirolamo De’ Rossi, Vita di Giovanni de’ Medici detto delle Bande
Nere, Salerno Editrice, Roma, 1996.
19
Cfr. A. Mancini, op. cit., pp. 227 e ss.; Marino Berengo, Nobili e mercanti
nella Lucca del cinquecento, p. 263 e ss., Einaudi, Torino, 1999; Massimo
Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, pp. 43 e
18
cerca di trovare un proprio equilibrio, una posizione tale da
20
Lucca deteneva un’importanza strategica notevole nel controllo della
Toscana occidentale e delle vie verso l’Emilia e la valle Padana. Lo stesso
Carlo V non attribuì a Lucca un’importanza marginale; ebbe a dire,
rivolgendosi al marchese del Vasto: “Marchese, questa non mi pare una
picchola villa come mi era stata disegnata, ma egli è tanto forte, che,
quando fusse ben munita di genti e di vettovaglie, da espugnarla,
bisognerebbe molto tempo et forze”. Si veda Giuseppe Civitali in S.
Tabacchi, Op. Cit., p. 413.
19
Non stupisce quindi che i legislatori lucchesi cerchino di creare
20
Si pone quindi quale scelta necessaria trovare nell’imperatore
città libera. Lucca infatti dalla fine del ‘400 si trova in una posizione
Libertas che, pertanto, non può più trovare un serio appoggio nella
per l’economia Lucchese, che viene così privata di uno dei suoi
21
maggior snodi commerciali. A seguito del lodo del 1513, si apre per
22
Si fa quindi strada nei dominanti lucchesi un senso di disagio a
di seri strumenti di tutela sia sul piano politico che militare. Pare
naturale, quanto più si tenga conto che Lucca, già dal 1509, aveva
21
Il diploma di Carlo IV (8 aprile, 1369) liberò definitivamente Lucca dal
dominio Pisano, ponendola sotto la protezione imperiale, rappresentata
dal cardinale Guido Guidone in qualità di Vicario. Al vicario imperiale si
deve il riordino dell’ordinamento repubblicano ed il pieno passaggio di
poteri da quest’ultimo al Consiglio degli Anziani (12 marzo 1370).
23
come le viene confermato lo status di città imperiale, tutelata
22
Sull’ambiguità dell’adesione lucchese alla causa imperiale si veda
Marino Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del cinquecento, p. 263 e
ss., Einaudi, Torino, 1999.
24
E’ quindi in questo contesto storico che dobbiamo inquadrare
CAPITOLO PRIMO
25
Tuttavia una simile definizione ha senso solo in quanto riferita
della convinzione che ogni norma giuridica abbia senso solo nel
26
Punto di partenza della nostra indagine è quindi
25
Badellino Calonghi, Dizionario latino-italiano, Rosenberg & Sellier,
Torino, 1987. Per l’etimo in lingua italiana si confronti Zolli, Dizionario
etimologico della lingua italiana, vol. III, Zanichelli, 1992. Per il latino: Du
Cange, Glossarium, V, alla voce meretricatio, Graz, 1954; Forcellini,
Lexicon totius latintatis, vol. VII, Arnaldo Forni Editore, 1965. Per i
significati di meretrix si veda anche Papias, Vocabulista, p. 202, Bottega
d’Erasmo Editore, 1966; Isidoro di Siviglia, Etymologiarum libri XX.
26
Badellino Calonghi, Dizionario latino-italiano, p. 1691.
27
Si noti, a questo punto, come la discussione verta
dei legislatori.
27
Ibid., p. 2229.
28
“Purchè legittimamente costi alla corte esser di mala vita, o fama,
zimarrine, & etiam semplici concubine...” Marco Antonio Savelli, Pratica,
26, p. 189, Venezia, 1715. Zimarrina: da zamarra, tipo di sopraveste di
origine spagnola poi, veste logora e povera; zimarrina, come sinonimo di
meretrice, era termine d’uso nell’area fiorentina ed indicava le prostitute
non registrate presso l’Offizio sull’Onestà. Cfr. Giovanni Cipriani, Le
zimarrine e l’Officio dell’Onestà nella Firenze di Cosimo II de’ Medici,
Ricerche Storiche 8, 1978, p. 801.
29
Cantoniera, sinonimo di prostituta, ha la sua radice etimologica in
“cantone” inteso come angolo, cantone di strada. Cantoniere erano
quindi le meretrici che adescavano i clienti lungo la via. Cfr. la voce
cantoniera in Vocabolario della lingua italiana, vol I, Istituto della
Enciclopedia italiana, 1986.
28
Pur non avendo un’espressa e precisa nozione di cosa
degli statuti così come delle provvisioni e dei decreti della Lucca
i.e. la meretrice.
29
In questo senso risultano particolarmente chiarificatori il
trichola o pizichaiuola..” .
30
Si è in questa sede tralasciato l’esame della normativa antecedente,
contenuta negli statuti del 1308 e del 1331, in quanto non rilevante ai fini
della definizione della categoria di meretrice.
31
Salvatore Bongi, Bandi lucchesi del secolo decimoquarto, tratti dai
registri del R. Archivio di stato in Lucca, p. 205, Bologna, Tipografia del
progresso 1863.
30
Paradossalmente, proprio con l’istituzione della magistratura
31
nella cerchia urbana. La struttura linguistica della provvisione
giuridica.
Chi fossero queste donne suo modo viventes non è, tuttavia, facile
categoria.
36
Ibid.
32
A differenza degli statuti suntuari del XIV secolo, non rileva
meretrici.
33
Paradossalmente proprio l’intima sostanza fisica della donna,
37
L’analogia Galenica ebbe in questo senso un’ importanza fondamentale
nel definire le qualità fisiche e morali della donna: umidità, mollezza,
quindi corruttibilità. Si veda in proposito: Claude Thomasset, La natura
della donna, in Storia delle donne, vol. II, p. 56, Laterza 1990. Sulla
peculiare natura e fisiologia della matrice (utero) organo in cui si
riassumeva tutta l’essenza del femminile si vedano i manuali
cinquecenteschi di: Giovanni Marinello, Le medicine partenenti alle
infermità delle donne, e Girolamo Mercurio, La comare o raccoglitrice;
entrambi raccolti in: Medicina per le donne nel cinquecento, Utet, 1992. Si
veda pure Iacobi Silvij, De mensibus mulierum, fo. 4, apud Ioannem
Hulpeau, 1555.
34
Molto diversa si presenta la situazione a Firenze. In una
38
Sembra quindi che i legislatori lucchesi si siano ispirati
all’insegnamento di Sant’Agostino, il cui atteggiamento nei confronti delle
meretrici, e più generalmente delle donne, brilla per il profondo senso di
umanità e pietà cristiana. Agostino infatti, pur condannando l’amoralità
delle meretrici, assegna loro un preciso (seppur il più vile) posto nel
creato. Si veda in proposito Sant’Agostino, Confessiones, 16.15.25; De
Ordine, II, IV, 12.
39
Si vedano in proposito i numerosi limiti alla libertà di testare e di
incapacità a testimoniare, gravanti sulle meretrici fiorentine in Marco
Antonio Savelli, Pratica, 5, p. 188.
40
Marco Antonio Savelli, Pratica, 28, p. 190.
41
Ibid., 1 e ss., p. 189.
42
Maria Serena Mazzi, Il mondo della prostituzione nella Firenze tardo
medievale, p.127, in Forestieri e straniere nelle città basso-medievali,
Salimbeni, Firenze, 1988.
35
assai poco tollerante, lasciando di fatto immutata la qualificazione
43
Le meretrici fiorentine, per poter esercitare, dovevano prima registrarsi
nei libri dell’Onestà. Cfr. M.A. Savelli, op. cit., 6 e ss., p. 188; John K.
Brackett, The Florentine Onestà and the control of prostitution, 1403-
1680, Sixteenth Century Journal, vol. 24, 2 (1993), pp. 273-300.
36
I legislatori fiorentini, diversamente da quelli lucchesi, non
37
Si fa evidente quindi come il problema di una corretta
44
Il diritto fondamentale all’integrità fisica era ovviamente garantito
anche alle meretrici. Parimenti un’ampia fronda di norme fu dedicata ai
reati a sfondo sessuale a danno di meretrici. Cfr. Marco Antonio Savelli,
Pratica, p. 190.
45
Legge sopra l’abitatione delle meretrici, 29 luglio 1561; Provvisione 31
ottobre 1454, riportate in Savelli, Pratica, 1, p. 189.
46
Alle meretrici fiorentine si faceva obbligo di indossare sonagli, quale
segno distintivo del proprio status, di velar il capo con un velo quadro
d’almeno un braccio di color rosso, verde o giallo a pena di 10 scudi. Si
veda Savelli, Pratica, 17, p. 189.
47
Ibid., 4-5, p. 188.
38
tutto, e per tutto s’intendono devolute al Monasterio delle
civilibus...” 48
. Soggette a tali norme erano tutte le donne a vita
48
Prospero Farinacci, Succus ex opera criminali, p. 106.
49
Bando 15 giugno 1696, in M. A. Savelli, op. cit., 26, p. 189.
39
Emerge nuovamente il dato della generica disonestà
50
Ibid., 28, p. 190.
51
Ibid.
40
Pronto a scusare l’errore umano, a fronte probabilmente di
solo...”53.
52
Ibid.
53
ibid.
41
Stupisce, nelle parole del Savelli, la lucida ironia con cui
Pratica55, viene dato pieno rilievo soltanto a partire dal XVII secolo,
42
scaturito da un clima intellettuale attento alla complessità umana57.
57
Un esempio di poetica “amorosa” ci è dato dalle belle rime della
cortigiana Tullia d’Aragona (1510-1556). Enrico Celani, nella sua edizione
delle rime, offre un interessante panorama sul dibattito attorno all’amore:
”Ed allor si disputa sulla teorica dell’amore che ha forti campioni;
dell’amore libero tra liberi discorre Speron Speroni nel Dialogo dell’amore
ove introduce a parlare la Tullia d’Aragona...”. Cfr. Enrico Celani, Le rime
di Tullia d’Aragona cortigiana del secolo XVI, ed. Enrico Celani,
Commissione per i testi di lingua, Bologna, 1968 [1891].
58
Cfr. M. A. Savelli, Summa, lib. III, p. 136, presso Paolo Baglioni,
Venezia,1707.
43
Un diverso approccio caratterizza l’elaborazione teorica di
meretrix ea, quae unius tantum amore capta, illi fui copiam facit”61.
59
Prospero Farinacci, Succus ex opera criminali, cas. CXXXVI, p. 300.
“quando constat mulierem sui copiam pluribus facere: ideoque requiritur
ut se dederit pluribus quam duobus”.
60
Ibid.
61
il fatto potrebbe presentare però gli estremi del reato di adulterio.
L’adulterio, normalmente punito con semplice pena pecuniaria,
comprende tutte le ipotesi di rapporti extraconiugali secondo definizione
data per rinvio al diritto canonico. Si noti, tra l’altro, che il rapporto tra
uomo coniugato e donna soluta venga solitamente punito come semplice
stupro.
44
A questi primi tre casi, in cui vi è certezza in relazione alla
scholares 63
.
62
Si noti, tra l’altro, come negli statuti suntuari lucchesi del XVI secolo
fosse concesso alle meretrici di vestirsi come meglio ritenessero
opportuno, derogando quindi ai limiti normalmente previsti per le
cittadine oneste (...ne comprendersi [in tali divieti] le meretrici, alle quali
si lecito vestir et ornarsi come li parrà...). I legislatori lucchesi, dimostrano
una volontà di raziocinio e di alleggerimento normativo come non si trova
in Firenze. Il problema della riconoscibilità della donna disonesta viene
risolto, non mediante la previsione di una fitta rete di obblighi (indossare
guanti, sonagli, scuffie) – tra l’altro facilmente aggirabili –, bensì
permettendo alle meretrici di abbigliarsi come meglio ritenessero
opportuno, risultando per ciò stesso facilmente identificabili.
Paradossalmente, l’abbigliamento delle meretrici lucchesi (probabilmente
all’ultima moda) divenne presto oggetto di emulazione da parte delle
donne oneste. Si veda in proposito A.S.L. Consiglio Generale 471, leggi
decretate, 12 marzo 1572, Fo. 226; S. Bongi, Bandi lucchesi del secolo
decimoquarto, tratti dai registri del R. Archivio di stato in Lucca, p. 186,
Tipografia del progresso, Bologna, 1863. Sull’uso, diffuso tra le donne
senesi, di vestirsi “alla maniera delle meretrici” si veda San Bernardino da
Siena, Prediche volgari sul campo di Siena, XXVII, 34.
63
Che gli studenti rappresentino una fonte costante di disordini è cosa
risaputa. Emblematici sono gli episodi, seppur geograficamente lontani,
dei disordini nel convento di San Domenico Maggiore a Napoli (seconda
metà del XVI secolo): “peculati, ladrocinii, ribellioni alla regole e fughe dal
convento, frequentazioni di prostitute e relazioni spesso allietate da
45
La settima ipotesi trattata dal Farinacci colpisce per la cruda
amorosa64.
46
Assai distante dall’impostazione sopraesposta appare
publice venalis, sive in lupanari, sive in alio loco, sive cum quaestu,
soluzione al quesito66.
65
Stefano Graziani, Disceptationes ac decisiones, cap. CXXXV, 8 e 9, p.
387.
66
“Ideo non est tuta eorum opinio, qui unum, seu duos ad coitum causa
quaestus admittunt, ut dicatur meretrix...”. Ibid.
47
Oltre nel testo, trattando della legittimazione in giudizio della
67
Ibid., cap. CCXVIII, 2, pp. 71-73.
68
Ibid.
48
locatio tacita dalle circostanze concrete69. La distinzione posta dal
69
Ibid.
70
Per un quadro d’insieme sulla prostituzione fiorentina nel XIV secolo e,
sopratutto, sulla prostituzione al di fuori del sistema dei postriboli
pubblici, si veda Maria Serena Mazzi, Forestieri e straniere nelle città
basso-medievali, Salimbeni, Firenze, 1988.
49
Iacopo Menochio offre una lettura non molto distante dagli
figli nati da donna di dubbia fama (nel nostro caso una Donna
l’autore esclude che detta Donna Lucretia possa essere definita una
71
Iacobi Menochii, Consilia sive responsa, cons. XVIII, I, 12, fo. 60,
Francoforte, 1594.
72
Ibid., cons. XVIII, I, 18, fo. 60.
73
Ibid., cons. XVIII, I, 12, fo. 60.
50
uxorem... Imo inter caritatis opera hoc connumeratur...”74
CAPITOLO SECONDO
74
Ibid.
51
NULLA MERETRIX, VEL ROFIANUS MORET INFRA NOVOS MUROS LUCANE
CIVITATIS75
75
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 1, 1308, lib. III, cap. CLII; la
disposizione è riportata nello statuto del 1331. Cfr. A.S.L, Statuti del
comune di Lucca 5, 1331, lib. I, cap. LXXXXVII.
52
Il XIV secolo, a Lucca, fu particolarmente fertile in questa
76
A.S.L., Consiglio Generale 15, riformagioni pubbliche, 18 agosto 1440,
fo. 490.
53
Le prime norme da noi rinvenute sono contenute nello statuto
del 1308, ai capi LV, LVI e CLII del libro terzo 77. Il disposto
una zona di ulteriore efficacia del divieto che venne così estesa
54
materia alle guardie cittadine79, potendo queste procedere
55
Il capo LV, de servientis non extrahendis extram domum
81
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 1, 1308, lib. 1, cap. LV.
82
Ibid.
56
Lo scopo degli antichi legislatori lucchesi fu quello di tutelare i
boni mores civici, di dare un ordine alla caotica vita sessuale delle
83
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 1, 1308, lib.1, cap. LVI.
57
La norma si compone di due distinti disposti normativi, diversi
84
Nel capo statutario si fa uso del termine generico vir, il quale, come
sappiamo, può tanto indicare un uomo, quanto un marito. Siamo propensi
a ritenere, vista la condizione servile delle donne a cui la norma è rivolta,
che in questo caso il termine sia da intendersi col suo primo significato di
uomo, quale possibile convivente, più che ne senso specifico di marito.
58
La seconda parte del provvedimento, dal contenuto tipico
85
La pianella era un tipo di calzatura, aperta sul tallone, molto in voga tra
le donne del tempo.
86
Per essere precisi, la norma statutaria permetteva ad ogni cittadino di
strappar di dosso alle suddette donne, le vesti e gli ornamenti colpiti da
divieto. La pena pecuniaria prevista per quante trasgredissero la norma
statutaria era di 10 lire.
87
Ibid.
88
Interessante in questo senso è l’interpretazione del termine cameraria
data da Salvatore Bongi. Secondo l’erudito lucchese cameraria sarebbe
sinonimo di meretrice domestica. Cfr. S. Bongi, Bandi lucchesi del secolo
decimoquarto, tratti dai registri del R. Archivio di stato in Lucca, p. 205,
Tipografia del progresso, Bologna, 1863. L’affermazione del Bongi poggia
sul diverso trattamento giuridico previsto per le camerarie, in qualità di
concubine, rispetto a quello previsto per le serve generiche.
59
immediatamente identificabile89. Si creò così una distinzione tra
legislatore inserì nello statuto del 1308, col capitolo CL90, libro III,
89
Il concubinato era una relazione stabile priva delle forme matrimoniali.
Da sempre avversata dalla Chiesa (Qui non habet uxorem, et pro uxore
concubinam habet, a communione non repellatur. Decr. Grat. C. 4. dist.
34.; si veda anche ibid., C. 5 e 6), fu tollerata dalle autorità civili per tutto
il medioevo e la prima età moderna. Subì un vertiginoso declino a seguito
della costituzione di Leone X:”Concubinarii, sive laici, sive clerici fuerint,
canonum poenis mulctentur, neque superiorum tolerantia seu parva
consuetudo – a multitudine peccantium, aliave quaelibet excusatio eis
aliquo modo suffragetur, sed juxta juris censuram severe puniatur”, del 5
maggio 1515, 36. Si veda anche Sant’Agostino, De bono coniugali:
“Desiderium prolis iustum non facit concubinatum”, 14, 16. Sul
concubinato a Lucca si veda A. Pertile, op. cit., III, p. 371.
90
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 1, 1308, lib. III, cap. CL.
91
La pena prevista era di 10 lire per l’uomo e di 40 per la donna.
All’amasia veniva comminata una pena corporale: la fustigazione per
totam civitatem.
60
Lo statuto tradisce in più punti una profonda tensione morale
Nel libro III, capo III, dello statuto del 133192 si faceva infatti divieto
92
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 5, 1331, lib. III, cap. III.
61
Come si può notare, l’azione dei legislatori lucchesi si dipanò
per i clienti.
norma prevedeva una pena pecuniaria per il ratto muliebre, sia che
93
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 5, 1331, lib. I, cap. LXXXXVIII.
94
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 5, 1331, lib. I, cap. VII.
62
L’anno 1342 segnò una cesura netta con la disciplina
95
A.S.L., Anziani avanti la libertà 18, 21 ottobre 1342, fo. 42.
96
Numerosi sono i contratti di locazione di lotti ad uso agricolo stipulati
tra cittadini lucchesi e il monastero di San Micheletto, i cui possedimenti
in zona, dovevano essere di una certa ampiezza.
97
Ibid.
63
non arrecare troppo disturbo ai residenti.
98
Ibid.
99
Ibid.
64
Due giorni dopo la seduta del 21 ottobre, il Consiglio deliberò
100
A.S.L., Anziani avanti la libertà 18, 24 ottobre 1342, fo. 46.
101
Si tenga presente, comunque, che alle meretrici era già stato vietato
risiedere in città. I due provvedimenti in esame ripetono solo quanto già
disposto in materia dalle norme statutarie anteriori.
65
Di contenuto assai differente è il decreto del 2 dicembre 1342
con cui gli Anziani decisero della questione loro sottoposta dalle
66
diedero ragione, rispettando la volontà del precedente Consiglio,
statutari.
105
Non ci è infatti possibile, sulla base delle norme di riferimento,
spiegare per quali ragioni Santina e Tose avessero ottenuto il permesso di
risiedere in città, in prossimità di un luogo di culto. Gli Anziani, nel caso in
esame, derogarono alle norme vigenti in materia.
106
A.S.L., Anziani avanti la libertà, 2 dicembre 1342, fo. 22.
67
II. CECCO DINI, RE DEI BARATTIERI
107
Ilaria Taddei, Gioco d’azzardo, ribaldi e baratteri nelle città della
Toscana tardo-medievale, p. 335, in Quaderni storici, 92, 1996. Per una
breve descrizione del ruolo dei barattieri quale corpo militare si veda S.
Bongi, Bandi lucchesi del secolo decimoquarto, tratti dai registri del R.
Archivio di stato in Lucca, p. 289, Tipografia del progresso, Bologna,
1863. L’autore fornisce alcuni dati storici essenziali per comprendere
l’utilità tattica dei barattieri, impiegati quali guastatori in territorio
nemico. Nel conflitto pisano-fiorentino del 1364, fu dispiegato, da parte
pisana, un battaglione di più di cento barattieri (anglo-pisani) sotto la
guida di Giovanni Acuto (John Hawkwood). Cfr. Duccio Balestracci, Le
armi, i cavalli, l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del trecento,
p. 101, Laterza, Roma-Bari, 2003.
68
Non è nostra intenzione dilungarci sulle peculiari
Dini. Fiorentino di nascita, già rex nel 1341, fu sollevato dalla carica
dicembre del 1343110, atto con cui il Podestà di Lucca gli conferì una
108
S. Bongi, op. cit., p. 291.
109
A.S.L, Anziani avanti la libertà 19, 2 dicembre 1342, fo. 22.
110
A.S.L., Podestà di Lucca 4778, 19 dicembre 1343, fo. 31.
111
Il termine non è ovviamente usato nel testo del provvedimento.
Abbiamo tuttavia pensato che potesse rendere con immediatezza l’idea
del ruolo assunto in concreto dal Dini.
69
confronti delle meretrici. Che il Dini fosse in qualche modo legato
del suo stretto legame con le istituzioni e del suo buon operato114.
112
Vd. Retro, pp. 44 e ss.
113
A.S.L., Podestà di Lucca 4778, 19 dicembre 1343, fo. 31 rv.
114
Ibid.: ”de perspicacia, industria, et approbata sollicitudine illustrie et
magnifici Domini Cecchi Dini de Florentia, incliti baracteriorum regis,
plenam gerente fiduciam, et quanto magis et sepius artem artifex
experitur, tanto magis in ea perfectius roboratur”.
70
I motivi di una simile scelta sono espressi chiaramente nel
concessa fuerint per privilegia antedicta. Dal canto suo il rex ebbe il
pubblica autorità per l’esercizio del mestiere (in Fossa del Tacco) e
115
Ibid.
116
Ibid.
71
Tuttavia i poteri del rex disvelano tutta la propria grandezza
magistratura.
117
Ibid.
118
Ibid.
72
Nel rapporto che si viene a costituire tra poteri cittadini, rex e
con le affilate (ma spesso inefficaci o forse inique) armi del diritto,
gli Anziani con le loro fughe dal Dini. Di questi pochi nomi e vite
73
Così pure ci è impossibile valutare l’efficacia del
lacuna.
119
A.S.L., Proventi 25, contratti, fo. LXXXVIII. Il provvedimento è riportato
in S. Bongi, op. cit., p. 382. Interessante notare l’uso del termine scortum
publicum, ovvero, pubblica meretrice.
74
La pestilenza del 1348, metafisico deus ex machina, si
tributi che Pisa le impose per far fronte alla costante necessità di
120
Augusto Mancini, Storia di Lucca, p. 153 e ss., Maria Pacini Fazzi
Editore, Lucca, 1999.
75
In tale contesto non genera meraviglia che attività un tempo
lucro.
76
A fronte della grave crisi in cui si trovarono ad operare gli
121
S. Bongi, op. cit., p. 205.
122
Ibid.
77
Le sanzioni previste in caso di violazione dei divieti
sulle meretrici così come risulta dai libri del Camarlingo Generale124.
123
Il suggello, marchio d’infamia che rendeva immediatamente palese a
tutti la natura del reato commesso, fu pratica comune in molte realtà
italiane ed europee e denota, anche a Lucca, un inasprimento del
trattamento riservato alle meretrici, le cui capacità mimetiche
rappresentavano probabilmente un problema di non semplice soluzione.
124
A.S.L., Camarlingo Generale 37, contratti, 1351.
78
Ebbe così fine il lungo assedio muliebre, durato quarantuno
città.
125
Dal 1308 al 1349.
79
La scelta del luogo ove, per quasi un secolo, sorgerà il
pubblico postribolo.
126
Per la localizzazione dei luoghi di meretricio in Lucca si veda Mita
Vellutini, Donne e società nella Lucca del ‘500: il comune, le monache, le
meretrici, Tesi di Laurea presso la Facoltà di Lettere, Pisa, anno
accademico 2001/2002.
80
Il progressivo assorbimento delle donne disoneste nel tessuto
pattuito128.
127
A.S.L., Proventi 25, contratti, fo. LXXXVIII.
128
Per un confronto tra il provento sulle meretrici e quello sulla baratteria,
si veda Ilaria Taddei, Gioco d’azzardo, ribaldi e baratterie nelle città della
Toscana tardo-medievale, in Quaderni storici, 92, 1996.
81
Il ruolo che un tempo spettò al rex baracteriorum, a quel
129
A.S.L., ibid.
130
vd. Retro. pp. 46 e ss.
82
Se è vero che il suo ruolo fu quello di un lenone
dicto loco132. Si volle così evitare che Nicolao del Tepa indugiasse in
131
Ibid.
132
Ibid.
83
Discrimine alla legittimità delle azioni del gestore fu la
133
Ibid.
84
In chiusura del contratto troviamo una lunga serie di clausole
IV. “CHE ALLA BARBA DI TUTTI I SOGDOMITI IO VOGLIO TENER COLLE DONNE, E
DICO CHE LA DONNA È PIÙ POLITA E PREZIOSA DELLA CARNE SUA CHE NON
È L’UOMO...”134
134
San Bernardino da Siena, Prediche volgari sul campo di Siena, XIX, 88-
90 vol. I, p. 560, Rusconi, Milano, 1989.
85
Il quindicesimo secolo segna per Lucca un’epoca di trapasso.
aprile del 1438, poi con la definitiva pacificazione tra le due città
135
Augusto Mancini, Storia di Lucca, p. 198 e ss., Maria Pacini Fazzi
Editore, Lucca, 1999.
86
incessantemente, investendo ogni aspetto della vita cittadina.
87
La riforma delle norme riguardanti la prostituzione assunse
136
A.S.L., Consiglio Generale 15, riformagioni pubbliche, 18 agosto 1440,
fo. 490. “Un provento introdotto dopo la compilazione del Libro Generale
del 1335-56, fu quello delle Meretrici, ossia del pubblico bordello, il quale
per quanto pare, fu stabilito nel 1349, cessata la gran pestilenza;
trovandone di quell'anno la prima menzione ne'libri del Camarlingo
Generale, e il primo contratto di affittanza nel 1351. Ma non seguitò
lungamente, e benché fosse rimasto in esercizio ne' tempi di Paolo
Guinigi, dovette in ogni modo essere abbandonato quando nel 1440 si
concedette alle donne pubbliche la libertà di uscire dal bordello e
trattenersi ovunque a loro beneplacito, il che fu nel 1440.” Salvatore
Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, vol. II, p. 29 e 30,
Tipografia Giusti, Lucca, 1872.
137
A.S.L., Consiglio Generale 15, riformagioni pubbliche, 18 agosto 1440,
fo. 490.
88
così concesso di uscire dal postribolo in qualunque giorno della
die sabati”139”.
138
Vd. Retro, cap. 2, par. I.
139
A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile 1534, fo. 245.
89
Tuttavia la riformagione non esaurì qui il suo contenuto. Nella
soggetti i cittadini lucchesi nei casi di minor gravità, ove non era
140
A.S.L., Consiglio Generale 15, riformagioni pubbliche, 18 agosto 1440,
fo. 490.
141
Si confrontino ad esempio le disposizioni statutarie sui tormenti e più in
generale, le profonde differenze di trattamento previste nel processo
penale tra cittadini, forestani e forestieri. A.S.L., Statuti del comune di
Lucca 1, 1331, lib. I, cap. II. Si veda anche Piero Fiorelli, La tortura
giudiziaria, II, pp. 172-173, Giuffrè, Torino, 1953.
142
Vd. Infra, capitolo terzo.
90
Il secondo atto rilevante, in ordine cronologico, è la supplica
143
A.S.L., Consiglio Generale 16, riformagioni pubbliche, 31 maggio 1448,
fo. 131.
144
Ibid.
91
L’azione del Podestà si fondò sul bando del 27 marzo 1349 là dove
legge, o meglio come ebbe lui stesso a dire: che nesuno e potuto
145
Le stufe erano dei bagni pubblici deputati, in linea teorica, alla cura
dell’igiene personale. Ebbero notevole diffusione in tutta Europa
(chiamate étuves in Francia) e lungo un arco di tempo di quasi tre secoli.
Luogo di promiscuità sessuale, fu eletto dalle prostitute europee quale
sede della propria attività. Si confronti in proposito J. Rossiaud, op. cit..
Conobbero un lento ed inesorabile declino col principiare del XVII secolo,
a seguito della diffusione dei sistemi di igiene personale a secco. Cfr. Sara
F. Mattews Grieco, Corpo, aspetto e sessualità, in Storia delle donne, vol.
III, p. 54 e ss., Laterza, Roma-Bari, 1991.
92
La supplica di Jacopo tradisce un peculiare senso dell’onestà -
buona parte della clientela delle stufe ce lo dice Jacopo stesso nella
Città146.
146
A.S.L., Consiglio Generale 16, Leggi decretate, 31 maggio 1448, fo.
131.
93
Jacopo ebbe riconosciute tutte le ragioni del suo ricorso,
147
A.S.L., Consiglio Generale 16, Leggi decretate, 31 maggio 1448, fo.
131.
94
Questa minuscola controversia non sarebbe di per sé
coordinamento delle fonti di diritto, se non fosse che nei suoi tratti
95
La tolleranza dimostrata in questo episodio dagli organi di
tutti i sodomiti io voglio tener colle donne, e dico che la donna è più
polita e preziosa della carne sua che non è l’uomo; e dico, che se
148
Salvatore Bongi, Bongi Salvatore, Bandi lucchesi del secolo
decimoquarto, tratti dai registri del R. Archivio di stato in Lucca, p. 381,
Tipografia del progresso, Bologna, 1863
149
San Bernardino da Siena, Prediche volgari sul campo di Siena, XIX, 88-
90 vol. I, p. 560, Rusconi, Milano, 1989. In realtà l’affermazione del Bongi
non risulta del tutto esatta. Se è vero, infatti, che nella xixa predica il
santo francescano ebbe parole di lode per le donne (oneste), non si può
affermare che indicò nelle meretrici un utile strumento per combattere la
sodomia. Nei confronti delle prostitute San Bernardino non ebbe certo
parole gentili. Additate quale esempio negativo, le meretrici sono, nelle
prediche di Bernardino, in peccato mortale: amorali e vanesie,
rappresentano l’immancabile termine di riferimento per sottolineare i vizi
femminili di vanità e lussuria. Si vedano in proposito le prediche: xxi, 55;
xxii, 95; xxvii, 34; xxxvi, 75, 77; xxxvii, 15. Ci pare quindi poco fondato
affermare che la predicazione di Bernardino abbia, in qualche modo,
potuto portare ad un allentamento dei vincoli giuridici gravanti sulle
prostitute.
96
Infatti, tra i molti “mali” che affliggevano la Lucca
150
A Lucca le norme contro la sodomia datano già ai primi anni del secolo
XIV, si veda in proposito A.S.L., Statuti del comune di Lucca 5, 1331, lib. I,
cap. C, fo. 34.
151
A.S.L., Offizio sopra l’Onestà, 1-6. I primi cinque fondi sulla pratica
dell’Offizio, contenenti numerosi verbali processuali, coprono il periodo
dal 1551 al 1564.
152
Per un approfondito studio sulla pratica dell’Offizio sopra l’Onestà si
veda la tesi di laurea di Umberto Grassi, L’offizio sopra l’honestà, la
repressione della sodomia nella Lucca del cinquecento, Università di Pisa,
Facoltà di Lettere, anno accademico 2001/2002.
97
Questa magistratura, istituita con la riformagione dell’8
gli atti sessuali contro natura, sia che fossero stati consumati tra
153
A.S.L., Consiglio Generale 16, riformagioni pubbliche, 8 marzo 1448, fo.
124.
154
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 5, 1331, lib. I, cap. C, fo. 34. La
descrizione del reato di sodomia data dagli statuti lucchesi è ampia,
comprendente tutti gli atti sessuali, giudicati contro natura, commessi
fuori dal “vaso naturale”. Cfr. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 10,
1446, IV, LXXXXI.
155
L’Offizio sopra l’Onestà operò dal 1448 al 1649.
156
Umberto Grassi, L’offizio sopra l’honestà, la repressione della sodomia
nella Lucca del cinquecento, pp. 106-107, Tesi di Laurea presso la Facoltà
di Lettere, Pisa, anno accademico 2001/2002.
98
In qualità di giudice dei comportamenti sessualmente
157
A.S.L., Consiglio Generale 17, riformagioni pubbliche, 27 ottobre 1456,
fo. 179.
158
Interessanti spunti interpretativi in proposito sono forniti da Grassi, op.
cit., pp. 52-69. Lo studio compiuto dall’autore sull’Offizio sopra l’Onestà,
offre un utile riferimento per valutare il successo (o l’insuccesso) della
politica legislativa messa in atto. I dati riportati da Grassi mostrano un
sensibile aumento dei casi di sodomia denunciati negli anni 1556, 1560 e
1568, ovvero nel periodo di maggiore attività della magistratura dei
Protettori.
99
“prostituirsi”, di mostrarsi in pubblico, di ammaliare e attirare su di
V. SUL POSTRIBOLO
159
Spiegare le ragioni della diffusione su vasta scala di determinati
comportamenti sessuali non è certo semplice. Christiane Klapisch-Zuber e
David Herlihy ci forniscono una possibile interpretazione, fondata
sull’esame dei costumi matrimoniali delle città toscane rinascimentali.
Secondo gli autori, l’eccesso di uomini celibi, conseguente ad un rapporto
di mascolinità (numero di uomini per ogni centinaio di donne)
asimmetrico, sarebbe stato costretto a “sfogare” i propri impulsi,
indugiando in comportamenti omosessuali. C. Klapisch-Zuber e D. Herlihy,
I Toscani e le loro famiglie, uno studio sul catasto fiorentino del 1427, p.
441 e p. 560, Il Mulino, Bologna, 1988.
100
Avrà probabilmente notato il lettore come le sorti del
seguito cioè del decreto con cui si concesse alle meretrici di uscirne
160
Bongi Salvatore, Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, , vol. II, p.
29 e 30, Tipografia Giusti, Lucca, 1872.
161
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 24 giugno 1534,
fo. 256.
101
Parimenti, le sorti del provento sopra le meretrici sono
non venne meno nel 1440 come sostiene Salvatore Bongi, ma durò
102
rinvenire alcun documento a sostegno della sua tesi. Parimenti non
CAPITOLO TERZO
165
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, fo. 256.
166
L’ultima traccia del provento delle meretrici è indicata da Vellutini, op.
cit., p. 193. Cfr. A.S.L., Statuti della gabella maggiore di Lucca 5, 1551, fo.
297-299. Fu parimenti abolito in tale data il provento della baratteria.
167
A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile 1534, fo. 245. “Il calendario
lucchese seguì lo stile dell’Incarnazione fin verso la fine del secolo XII. Poi
si usò lo stile della Natività fino al 1510. Nel secolo XIV trovansi però
qualche esempio di stile Pisano. Dal 1510 in poi si usò lo stile moderno”.
Cfr. Adriano Cappelli, Cronologia e calendario perpetuo, Ulrico Hoepli,
Milano, 1906. In realtà la precisa datazione dei documenti lucchesi
rappresenta, tutt’oggi, un’impresa non semplice e richiede un’attenta
valutazione caso per caso.
103
Il giorno ventiquattro aprile dell’anno del Signore 1534,
104
Ci piace immaginare l’assise, dipinta con i colori romantici
168
Il Gonfaloniere di giustizia era una carica a durata bimestrale.
169
Il moto degli straccioni, lo ricordiamo, ebbe inizio nell’aprile del 1531 e
durò undici mesi circa. Cfr. Marino Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca
del Cinquecento, p. 121 e ss., Einaudi, Torino, 1999.
170
Bernardino Cenami, poi Buonvisi. Si ricordi che i Cenami, insieme ai
Guinigi, i Bernardi, gli Arnolfini e i Burlamacchi, furono tra i più accaniti
nemici degli “straccioni” e dei loro rappresentanti. Queste furono infatti le
famiglie che più d’altre operarono per sovvertire il nuovo Consiglio
Generale, così come si era venuto a configurare in seguito al moto. Ibid.,
p. 140 e ss.
105
Gli argomenti addotti dal gonfaloniere nel tentativo di
171
“Mulieres et meretrices sunt necessarie in qualibet civitate ut evitentur
maiora mala...”. Cfr. A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile 1534, fo. 245
e ss.
172
“prout nocturnibus preteritis factum fuit ante hostium domus Ser
Vincentii Massei, circa ipsam domum faciendo tamburatas et alios
insultos; unde bene esset predicti remedium adhibere ne ulterius in dictis
inconvenientibus et erroribus(?) perseveretur...” . Ibid.
173
Ovvero la difesa della pubblica morale dal peccato di sodomia: “ex quo
procedit quod vitium sodomiticum in ea radicatur et nisi incrementu
suscipit, ac etiam ex defectu ipsorum mulierum multe rixe fiunt et
scandalo committuntur...”. Ibid.
174
“In ipsa nostra civitate ipse mulieres stare non possunt libere, prout
decens et conveniens est in civitate libera prout est nostra...”. Ibid.
175
“Multe rixe fiunt et scandalo committuntur, que ex defectum
probationis saepenumero remanent impunite...”. Ibid.
106
viginti palloctis in contrarium repertis176.
176
Ibid.
107
La soluzione proposta fu diversa dalle coeve strategie allora
177
Durante tutto il XVI secolo le autorità fiorentine furono impegnate in
una vasta manovra repressiva nei confronti della prostituzione, specie
quella non registrata presso l’Offizio sull’Onestà. Vennero reintegrate
numerose norme suntuarie finalizzate all’immediato riconoscimento delle
meretrici e furono inasprite le pene sia sotto il profilo quantitativo, sia
sotto quello qualitativo. Cfr. John K. Brackett, The Florentine Onestà and
the Control of Prostitution, 1403-1608, Sixteenth Century Journal, vol. 24,
2, 1993, p. 273-300. L’Offizio sull’Onestà avrebbe quindi gradualmente
abdicato alle sue funzioni di controllo (e tutela) delle meretrici fiorentine,
finendo con lo svolgere il ruolo di esattore. Le cospicue ammende, quindi,
sarebbero servite a finanziare il monastero delle Convertite: ”The Office
was created ostensibly to control prostitution but ultimately became more
interested in exploiting prostitutes to support the convent of the
Convertite, established paradoxically as a refuge for repentant single
prostitutes.” Ibid., p. 273, 291.
178
Profonde, quindi, furono le differenze tra l’opzione lucchese e quella
fiorentina. Nemmeno nel momento di massima tolleranza per la
prostituzione, agli inizi del XV secolo, alle meretrici fiorentine furono
concessi tali e tanto ampi diritti.
108
Quanto proposto dal Cenami fu l’istituzione di un organo
179
Cfr. Pertile, Storia del diritto italiano, vol. V, p. 542, Torino, 1892.
Pertile, giustamente, sottolinea l’unicità e l’originalità di un organo come i
Protettori delle Meretrici, quale non ebbe eguali nel resto d’Italia.
109
I magistrati erano quattro, tre dei quali venivano eletti tra i membri
180
Il Consiglio degli Anziani, composto di 10 membri eletti per un bimestre
dal consiglio dei Trentasei, era teoricamente un organo esecutivo. In
realtà il suo peso politico all’interno delle istituzioni lucchesi fu notevole.
Basti pensare che agli Anziani spettava il compito di eleggere il Consiglio
Generale. Cfr. Marino Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del
Cinquecento, p 22 e ss., Einaudi, Torino, 1999. Si veda anche Salvatore
Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca , vol. I, pp. 134-135,
155-156, Lucca, 1892.
181
L’ufficio del Potestà, o Pretore, era stato sottoposto ad una radicale
riforma nel 1530, anno in cui si introdusse il sistema Rotale a tre: Potestà
Criminale, Sindaco o Giudice degli Appelli e Consultore. Nel 1532 alla
Rota fu aggiunto il Giudice Ordinario per le cause civili. Dal 1535 al 1542
il sistema Rotale fu abbandonato per poi essere reintrodotto nel 1542. La
definitiva stabilizzazione della podesteria lucchese si ebbe nel 1557, con
l’adozione definitiva del sistema Rotale a tre: Maggior Sindaco,
Consultore, Giudice delle Vedove e Pupilli, essendone escluso
definitivamente il Giudice Ordinario Civile.
182
A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile 1534, fo. 245.
110
avrebbe dovuto essere il Pretore della città183,184. La maggioranza
183
Il Podestà era l’unico, tra i quattro magistrati così eletti, ad essere
dottore in legge. I Podestà, chiamati a servire per un periodo di tre anni,
dovevano essere nati in paesi lontani da Lucca oltre 50 miglia ed avere
compiuto l’età di trenta anni.
184
I podestà di Lucca per l’anno 1534 furono: Ottaviano Spazzuoli da
Urbino (gennaio-febbraio), Marco Antonio Bartolini da Perugia (marzo-
agosto), Girolamo dei Rossi da Parma (settembre-dicembre).
185
“et propter ea cogendo quoscumque prout eis vel tribus ipsorum
videbitur ad prestandum fideiussores, unum sive plures dictis sic offensis
et injuriatis de ipsos aut eorum aliquorum non offendendo; approbandos
per dictos tres magnificos dominos antianos unam dicto Pretore seu
tribus ipsorum videbitur”. Cfr. A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile
1534, fo. 245 e ss.
186
“Et repertos delinquentes et culpabiles notificare teneatur collegio
Magnificorum Dominorum Antianorum”. Ibid.; il Consiglio degli Anziani,
come cuspide del sistema politico lucchese, ebbe il ruolo di controllo
sull’operato della magistratura.
111
Le competenze della nuova magistratura furono assai ampie
del giudice ordinario. Nel decreto del 5 giugno del 1530, atto con
187
A.S.L., Consiglio Generale 37, 5 giugno 1534, fo. 256.
112
Dal punto di vista soggettivo la giurisdizione fu assai ampia,
dei diritti delle donne più umili, quelle che non potevano godere
pubblici190.
188
Ibid.
189
Ibid.
190
I Protettori delle Meretrici avrebbero quindi dovuto raccogliere le
querele di tutte le donne solamente abitanti in Lucca, sia che fossero
113
La concessione della cittadinanza tuttavia non fu automatica
114
Il procedimento di fronte ai Protettori delle Meretrici iniziava
dalla sola annotazione del nome e del soprannome d’uso, come per
192
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, lib. 4, cap. I, fo. 169 r.
193
A.S.L., Ibid., cap. XIX, fo. 185.
194
Cfr. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, fo. 8, 9 e 23.
115
L’esposizione dei fatti si apriva con la formula cancelleresca:
195
La maggior parte dei verbali fu redatta in volgare, solo una piccola
parte lo fu in latino.
196
Il Folaga non fu l’unico delinquente recidivo. Un altro nome ricorre
spesso nelle querele delle meretrici: Bartolomeo di Giuseppe Lippi, detto
il Diaulino. In linea del tutto ipotetica, tali pseudonimi potrebbero indicare
l’affiliazione alla criminalità lucchese. La dinamica delle aggressioni
potrebbe far pensare che entrambi gli individui sopraccitati avessero
intenzione di imporsi quali “protettori” delle meretrici aggredite. Quanto a
Bartolomeo del Giudice poi, è opportuno aggiungere che fu personaggio
ben noto alle autorità lucchesi, essendo stato coinvolto a più riprese in
atti criminosi, come testimoniano le numerose fideiussioni a suo carico.
Cfr. A.S.L., Podestà di Lucca 7152, 1567, paci, pagherie di non offendere
e inventari, fogli non numerati.
116
In origine, ovvero secondo i provvedimenti dell’anno 1534,
197
A.S.L., Consiglio Generale 471, leggi decretate, 27 luglio 1563, fo. 105.
198
Si veda ad esempio la querela di Livia Romana contro Stefano
Burgassi. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 25 agosto 1569, fo. 149. Livia
querelò il Burgassi per fatti accaduti tra dicembre del 1568 e marzo del
1569. Fuggita da Lucca per salvarsi dalle violenze del suo aggressore, vi
fece ritorno verso la fine di luglio. Avendo quindi appreso dell’avvenuto
arresto del Burgassi, decise di querelarlo per i fatti di cui sopra
ottenendone la condanna ad una multa di 100 lire. A.S.L., Anziani al
tempo della libertà 725, 31 agosto 1569.
199
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, lib. IV, cap. XIX, fo. 185.
117
Nel bando si dava notizia del reato contestato, del luogo e
dalle imputationj datoli ... (che) nel mese di luglio proximi passato
200
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, fo. 30. La querela fu presentata nel
luglio del 1538, ma il processo contro Diodati e Balbani ebbe inizio solo
nell’ottobre dello stesso anno.
201
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, lib. IV, cap. XX, fo. 185 v.
118
Mag.co.cons.°202, si sarebbe dovuto procedere alla condanna in
202
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, fo. 30.
203
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, lib. IV, cap. XX, fo. 185 v., capo
XXI, fo. 186.
119
L’audizione veniva gestita dai magistrati stessi, i quali
204
Cfr. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, fo. 1. Riportiamo qui di seguito
le prime battute dell’interrogatorio di Nicolao Caselli a seguito della
querela di Milea Pistoiese. “Interrogato disse: Non saper perché sia stato
chiamato qui,
Int°: se cognosce una Milea Pistoiese, rispuose che si.
Int°: quanto è che non l’ha veduta, rispuose che la vidde anco hieri.
Int°: disse che non gli fu altrimenti in casa.
Int°: disse che possano esser circa 12 giorni che non gli è stato in casa.
Int°: disse che non gli fu altrimenti martedì in casa
Int°: se esso constituto ha dato mai ad essa Milea, rispuose che non li ha
mai dato.”
120
Qualora questo potesse portare testimoni a suo favore, essi
una settimana205.
205
I legislatori lucchesi ebbero sempre la massima attenzione per i tempi
processuali, tanto da dedicarvi un apposito capo statutario. La celerità di
decisione di una causa era indice del buon funzionamento della
magistratura. Con l’intento quindi di spronare i giudici ad una rapida (ed
efficace) decisione, furono previste pene pecuniarie per quei magistrati
che superassero i tempi previsti di legge (2 mesi) per la risoluzione di una
controversia. Cfr. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV,
cap. LXII, fo. 198.
121
Raramente i Protettori delle Meretrici ordinarono la tortura
206
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, fo. 3. Laura di Antonio da Massa
querelò, il 19 febbraio 1564 Giuditta meretrice per una sassaiola. I giudici,
non riuscendo a venire a capo della questione, posero sotto tortura sia la
querelante che l’accusata. Tuttavia Giuditta non confessò e pertanto fu
assolta.
207
La tortura giudiziaria nel diritto comune ha, secondo Piero Fiorelli, una
natura ambivalente. Di fronte al rifiuto di rispondere dell’imputato, infatti,
avrebbe funzione di pena e di mezzo di coercizione per estorcere la
“verità”. De Luca afferma: “che la tortura abbia avuto anche funzione
penitenziale è confermato dal fatto che essa fu adoperata anche nei casi
di flagranza di reato...”. L’argomento sopracitato non è tuttavia
pienamente condiviso da Fiorelli, il quale, criticando De Luca, distingue
nettamente tra tortura come pena e tortura giudiziaria. Cfr. Piero Fiorelli,
La tortura giudiziaria, vol. I, pp. 223, 230 e nota 40 a pagina 231, Giuffrè,
Torino, 1953.
208
Cfr. A.S.L, Statuti del comune di Lucca 16, lib. IV, cap. XLII, XLIII e
XLIIII, fo. 196 r. L’uso della tortura era sottoposto a numerosi vincoli. In
122
Le deposizioni sono per noi materiale di grandissimo
primo luogo non si dava credito ad una piena ammissione di colpa post
primam responsionem. Forte infatti era il sospetto che tali dichiarazioni
fossero state rese sotto tortura. Ad un primo eventuale diniego della
accuse a carico del convenuto si poteva procedere ad tormenta
moderate. Era poi possibile procedere ai tormenti solo nei casi in cui la
pena prevista fosse superiore a 50 lire, per i cittadini lucchesi, o a 25, se
l’accusato era forestiero.
La tortura era assolutamente esclusa per le donne gravide e per le
puerpere sgravate da meno di venti giorni. I tormenti dovevano essere
sempre eseguiti alla presenza di un notaio, e dovevano cessare
immediatamente al momento della confessione. Nessuno poteva essere
richiamato alla tortura se non in base a nuovi indizi; in questo caso
comunque l’accusato aveva comunque un termine di due giorni per
chiarire la propria posizione. In caso il convenuto perisse sotto tortura,
l’ufficiale responsabile dell’interrogatorio avrebbe dovuto essere accusato
di omicidio. Per una panoramica sull’uso della tortura negli antichi stati
italiani si veda P. Fiorelli, op. cit., volume I.
123
pronunciata, come nella querela fatta il 15 maggio del 1564 da
209
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 15-26 maggio 1564, fo. 8 e ss.
210
Ibid.
124
I casi di offese dirette ai magistrati erano del tutto sporadici
noi noto. Simili nei termini poc’anzi riferiti, le offese questa volta
gravità dei reati commessi, e visti gli insulti agli stessi magistrati ed
211
Cesare Filippi fu condannato il 26 giugno 1571 ad una pena di 50 lire.
A.S.L., Anziani al tempo della libertà 725, 26 giugno 1571.
212
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 13 giugno 1571, fo. 158 bis.
213
“De poena offendentis aliquem ex magnificis dominis antiani vel
vexilliferum iustitiae”. La pena pecuniaria prevista era quantificata nel
quadruplo della sanzione normalmente comminata per le offese a
cittadino ordinario. Offendere i Magnifici Signori Anziani quindi significava
incorrere in una sanzione variabile da 20 a 100 lire. Cfr. A.S.L., Statuti del
comune di Lucca 16, lib. IV, cap. CLVII, fo. 238; A.S.L., Statuti del comune
di Lucca 16, lib.IV, cap. CCXIII, fo. 260.
125
Delle numerose testimonianze verbalizzate, solo tre furono le
Giulio de’ Lioni da Capua. Costui, la notte del 18 giugno 1565, dopo
214
Famuli erano detti i soldati sotto il comando del capitano del Bargello.
Essendo questo un organo esecutivo (con compiti di polizia) stava agli
ordini del Podestà (la massima autorità criminale attiva in città) e delle
diverse magistrature lucchesi. Cfr. S. Bongi, Inventario del R. Archivio di
Lucca, vol. II, pp. 336-337 e 386-390.
215
Bartolomeo di Francesco di Santa Maria del Giudice fu infatti arrestato
dalle guardie a seguito della richiesta d’aiuto di Maria di Giovanni da
Pontetto. Bartolomeo, infilatosi nel letto della querelante, non voleva
sapere di uscirne. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 27 aprile 1565, fo.
16.
Nel caso di Livia Romana le guardie tesero un vero e proprio
agguato a Stefano Burgassi, essendosi appostati in casa della querelante
per cogliere il ribaldo sul fatto. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 25
agosto 1569, fo148.
216
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 20 giugno 1565, fo. 25.
126
arrestare Guido il quale, nella sua breve uscita notturna, avrebbe
217
Il movente dell’assalto all’Alfieri non sono chiari. Sopratutto nulla è
detto sulle ragioni per cui Guido Romano avrebbe malmenato l’Alfieri.
127
Claudio fu quindi colto da un impeto irrefrenabile: calunniato,
Lucrezia fu ferita alla mano destra e al viso, dal lato destro tutte
128
Il ruolo dei testimoni nella dialettica processuale era
218
I testimoni chiamati in causa erano tenuti a presentarsi ai magistrati. A
questo scopo erano previste sanzioni pecuniarie per quanti disertassero
le aule del tribunale. Per sopperire alla difficoltà della raccolta della
testimonianza di persone inferme o di persone qualificate, quali mulieres
egregie (la cui partecipazione al processo avrebbe potuto macchiarne
l’onore) era previsto che la testimonianza fosse raccolta in loco. A.S.L.,
Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. XLV, fo. 198.
Diversamente da quanto era stabilito nell’ordinamento fiorentino, e
contrariamente all’opinione dei giuristi del tempo, a Lucca le meretrici
non erano ritenute soggetti incapaci di testimoniare. Vd. retro, capitolo I.
Per i limiti alla capacità di testimoniare vigenti in Lucca, si veda A.S.L.,
Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. XLVI, fo. 197.
219
Le meretrici lucchesi dimoravano in zone determinate della città.
Cuioaria, via San Girolamo, le Carceri di Sasso, Malborghetto e le
immediate vicinanze della chiesa di San Alessandro Minore (San
Alessandretto) erano diventati, col tempo, i luoghi in cui si erano
insediate numerose prostitute.
Mita vellutini ritiene di poter affermare che tali luoghi sarebbero
stati dei veri e propri postriboli, pur non adducendo alcuna prova a
sostegno della propria tesi. Individua quindi ben cinque postriboli attivi
nella città di Lucca durante il secolo XVI.
Tuttavia, i dati da noi raccolti contraddicono tale ipotesi. Nel
provvedimento del 5 giugno 1534 infatti, si fa riferimento a “quel loco
pubblico”, rigorosamente al singolare. Parimenti, nei verbali dei Protettori
delle Meretrici, non si è trovata alcuna traccia dell’esistenza di postriboli
presso le Carceri di Sasso, Malborghetto, San Alessandretto o via San
Girolamo. Cfr. Vellutini Mita, Donne e società nella Lucca del ‘500: il
comune, le monache, le meretrici, Tesi di Laurea presso la Facoltà di
129
fronte alla prepotenza degli assalitori, l’unica possibilità di salvezza
130
Tuttavia, tra i numerosi testimoni a noi noti attraverso i
Poi però, alla richiesta di uno di questi, il quale li dixe voltati, Maria
221
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 4 maggio 1538, fo. 51.
222
L’assoluto rifiuto della meretrice d’acconsentire alla richiesta del suo
assalitore non può che generare qualche perplessità. Potrebbe in questo
caso trattarsi di un caso di sodomia, viste le parole pronunciate
dall’assalitore: li dixe voltati. Purtroppo i registri dell’Offizio sopra l’Onestà
non ci hanno permesso di verificare questo nostro sospetto, mancando i
volumi riguardanti l’anno di riferimento.
131
Testimone degli eventi e, secondo Maria, compagno dei tre
incontrò in una meretrice quali era stata presa da tre giovani quali
buio, dalle cappe ed essendo, a suo dire, a lui del tutto ignoti. La
223
Non è chiaro il ruolo di Baccio nella vicenda narrata. A suo dire, esso
era giunto per caso sul luogo ove si stava compiendo il misfatto. Maria
precisò che Baccio mai li fieri dispiacer.
224
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 4 maggio 1538, fo. 51.
132
Assai più fortuna ebbe Angela, moglie di già Marco
suoi “ospiti”, sarebbe stata ferita. Fortuna volle che quella sera, in
frapporsi tra gli assalitori e Angela, venendo così a sua volta ferito
dacchè Nanni aveva già impugnato un ferro con cui colpire Angela,
133
Angela e dei suoi coraggiosi ospiti. Unica voce dissonante fu quella
227
Nanni avrebbe quindi agito per legittima difesa.
134
L’impressione che comunque si ricava dalla lettura dei verbali
sia a mezzo di una meno chiara, più viscerale, risposta della gente
228
Diverso il giudizio di Mita Vellutini: “Tuttavia bisogna precisare che la
penna attraverso la quale riusciamo a captare la voce delle donne è,
ancora una volta, tenuta in mano da un uomo...”. Secondo l’autrice, il
generale clima di misoginia esistente in Lucca ed i pregiudizi maschili
contro le donne, si sarebbero tradotti in una verbalizzazione processuale
sommaria e volontariamente lacunosa, quasi a voler soffocare la “voce
delle donne” lucchesi. Punto di partenza dell’analisi della Vellutini sulla
magistratura dei Protettori delle Meretrici è che a Lucca, il rapporto tra le
pubbliche istituzioni e le meretrici, risentisse profondamente di una
cultura atavicamente patriarcale, avvelenata da una metafisica diffidenza
nei confronti delle donne. Agli occhi dell’autrice, quindi, la realtà lucchese
non si differenzierebbe in alcun modo da quella fiorentina o dalle coeve
realtà urbane del sud della Francia, essendo tutte legate da un’unica
monolitica interpretazione del reale, secondo le categorie di pensiero del
patriarcato “cristiano”. Cfr. Mita Vellutini, op. cit., p. 178.
135
le libertà individuali già venato di tensioni moderne: una cristallina
diede un pugno nel volto et altri nella vita, e mi pigliò per li capelli
229
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 13 giugno 1561, fo. 158 bis.
136
Le violenze di cui erano vittime le meretrici prima
230
“quod causatur in ipsa nostra civitate ipse mulieres in ea stare non
possunt libere, prout decense et conveniens est in civitate libera prout
est nostra...”. A.S.L., Consiglio Generale 37, 24 aprile 1534, fo. 245.
231
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 5 giugno 1534,
fo. 256.
137
Le norme statutarie non parvero sufficienti a coprire l’intera
modo viventi.
232
Ibid.
138
I legislatori prestarono particolare attenzione ai diversi modi
delle suddette, prendendo atto del fatto che, gran parte dei reati
139
L’entrare in casa con rompere usci et finestre et scalamenti,
233
Secondo la divisione dei valori monetari lucchesi, stabilita nel XVI
secolo, lo scudo d’argento valeva sette lire e mezzo. La lira a sua volta
valeva venti soldi o dieci bolognini. Cfr. Salvatore Bongi, Inventario del R.
Archivio di Lucca, vol. II, p. 4.
234
Ibid. fo. 256 e ss.
140
Se la violazione di domicilio era poi finalizzata a commettere
carceri di Sasso per due mesi o l’esilio per due anni. Interessante
235
Si ha in realtà un inasprimento delle pene previste per lo stupro ai
danni di meretrice, che veniva considerata, in tal senso, al pari di ogni
onesta donna lucchese. A.S.L., ibidem; ma si veda anche quanto disposto
dallo statuto del 1539 nei casi di violenza di donna di mala fama, serva,
schiava o concubina: Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap.
CII, CIII e CIV, fo. 215 e ss.
141
Le meretrici lucchesi non mancarono di cogliere l’opportunità,
che era stata loro concessa con l’istituzione dei Protettori delle
Meretrici (il cui nome sembra essere stato pensato per ispirare
142
“mondane” lucchesi furono innumerevoli, variando da pittoresche
villanie verbali sino a giungere ai, rari, casi di stupro: una lunga
143
Le querele aventi ad oggetto aggressioni violente, con o
occultarsi in casa della donna, con l’aiuto della di lei serva. La sera
240
L’ultima causa a noi nota, quella per gli sfregi fatti contro la meretrice
madonna Laura Pucciona, fu trattata quale causa delegata ed è ad oggi
custodita in tale fondo presso gli archivi di Stato di Lucca. A.S.L., Cause
delegate 21, 1586, Processo fatto dagli anziani Protettori delle Meretrici
contro gli fregi fatti a Madonna Laura Pucciona meretrice.
241
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 14 febbraio 1541, fo. 68 .
144
Il caso sopra riportato è un caso limite nella sua dinamica e,
questo meno violente. Numerosi furono gli assalti cum armis (Fig.
242
Le ferite da arma al volto erano punite con una pena di 150 lire. In
caso ne fosse conseguita menomazione permanente del viso, con
cicatrice vistosa (sfregio), la pena prevista era di 300 lire o 3 anni di
bando d’esilio. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, cap. CXLV, fo. 235.
145
Le meretrici, di volta in volta, portarono ai magistrati quali
un tale Vittorio che l’aveva percossa con un pugno nel volto, ebbe
l’abbraccio et gli mise le mani sotto e gli voleva ficchar due dita nel
culo, et perche lei non volse star ferma gli de’ una spinta di tal sore
che gli fece batter il viso nella finestra per due volte di modo che
gl’ ha fatto il male che si vede alla tempia destra di dove è uscito
gli dè una spinta si che lo fece batter del capo in terra et ancora gli
tristo, manigoldo.”
243
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 21 aprile 1544, fo 88.
244
La lesione permanente ad un occhio, tale che il danneggiato non
potesse più percepire la luce di una candela, era punita con un’ammenda
di 500 lire. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, lib. IV, cap. CXXXXVI,
fo. 236.
245
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 2 agosto 1568, fo. 147.
246
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 10 maggio 1570, fo. 171.
146
Iacopa di Franco tintore fu picchiata con tale violenza da
diede una spassora nel viso, calci nei reni e mani e alla gola248.
247
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 20 ottobre 1569, fo. 130. Jacopa,
nota anche come la Riccia, fu aggredita nottetempo da Giovanni di
Ferruccio. Giovanni l’assalì a colpi di cintura, facendola cadere in terra
svenuta. Non contento, l’assalitore, prima di fuggire, le strappò le vesti di
dosso.
248
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 30 agosto 1569, fo. 155. Zabetta fu
quindi dapprima colpita al volto (Cfr. A.S.L., Statuti del comune di Lucca
16, 1539, lib. IV, cap. CXXXXVI, fo. 235); essendo poi caduta a terra, fu
ripetutamente colpita a calci e pugni dal suo aggressore. Il causare una
caduta, così come l’infierire su una vittima a terra, costituiva un reato
punibile con una pena di 25 lire. Cfr. A.S.L., Statuti del comune di Lucca
16, 1539, lib. IV, cap. CXXXXIII, fo. 234.
147
Un modo praticato di rendere offesa alle meretrici (diffuso in
249
Per il tirar sassi contro cittadini lucchesi si veda A.S.L., Statuti del
comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. CLI, fo. 236. Si veda anche quanto
disposto dal provvedimento del 5 giugno 1534. A.S.L., Consiglio Generale
37, 5 giugno 1534, fo. 256 e ss.
250
Sebbene non si abbiano dati certi sullo stato economico delle meretrici
lucchesi, alcuni elementi ci permettono di dedurre una loro scarsa
consistenza patrimoniale. Le zone in cui risiedevano erano notoriamente
zone di malaffare e quindi il costo degli affitti era, presumibilmente,
basso. A ciò si aggiunga l’uso, forse al fine di dividere i costi dell’alloggio,
di condividere, tra più prostitute, un singolo nucleo abitativo.
251
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 21 marzo 1569, fo. 148.
148
denunciò un tale Giovanni, a seguito di una violentissima sassaiola
252
Lucrezia di Antonio da San Romano presentò cinque denunce tra il
1567 ed il 1569.
149
Jacopa da Orbicciano e la sua compagna Claudia 253, furono
253
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 9 agosto 1568, fo. 149.
150
Le pene previste per la sassaiola, regolata espressamente in
254
Cfr. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. CXLVI, CLI
e CLIII. Si veda però anche quanto stabilito nel provvedimento del 5
giugno 1534, in cui fu stabilito che: ”Item, che qualunque persona a torno
alle case delle soprascritte donne facendo alcuno insulto, o violentia, o
villania o inguiria di parole come di facti, di nocte con trarre sassi o altro
alle finestre o usci delle case... caschi in pena di stare in le carceri di
Sasso mesi dui, o in bando di esilio per anni dui.” A.S.L., Consiglio
Generale 37, 5 giugno 1534, fo. 256 e ss.
255
Si trattava infatti di differenti fattispecie, regolate da diversi capi
statutari. Arma, ai fini di legge, era considerato ogni oggetto metallico
capace di recar offesa. Bastoni e sassi quindi non rientravano in tale
categoria.
151
Le sassaiole, erano quasi sempre accompagnate da un vero e
offese assai più umilianti, quali il tirare pattume o altro lordume nel
veniva quadruplicata.
256
Il termine “buggierona” era, nel linguaggio comune, sinonimo di
sodomita. Dal verbo “buggiorare”, la cui radice deriva dal termine
“buggeressa”, già in uso a Lucca nel XIII secolo, a sua volta riconducibile
alla parola latina bugerum come variante di bulgarus. Si veda la
deposizione di madama Lucrezia all’Offizio sopra l’Onestà, accusata di
“farsi buggiorare”, in A.S.L., Offizio sopra l’Onestà 4, fo. 63 e ss.. Cfr.
Grande dizionario della lingua italiana, Utet, Torino, 1970; P. Zolli,
Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, 1992.
257
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. CCXIII, fo.
260.
152
Gli spregi usati per umiliare le meretrici lucchesi, tuttavia,
altra lordura nel viso delle donne, venisse applicata una pena
continuo.
258
A.S.L., Consiglio Generale 471, leggi decretate, fo. 2.
259
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 16 ottobre 1540, fo. 57.
260
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 8 giugno 1564, fo. 13.
153
La fantasia degli uomini lucchesi ebbe modo di dar forma,
261
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 8 maggio 1565, fo. 23.
262
A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap. CCXIV, fo.
260. La pena prevista per le minacce rivolte ad un cittadino lucchese
variava da un minimo di lire 25, ad un massimo di 100.
263
Si tenga presente comunque che le ferite al volto, specie se deturpanti,
costituivano un reato autonomamente contemplato ai sensi dello statuto
del 1539. A.S.L., Statuti del comune di Lucca 16, 1539, lib. IV, cap.
CXXXXV e CXXXXVI, fo. 235.
264
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 29 marzo 1570, fo. 161.
154
I furti rappresentano un’esigua percentuale dei reati
contestati (Fig. 2). Degli otto furti denunciati, i più rilevanti, per
seconda266 che, come si può desumere dai verbali del processo, era
265
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 14 settembre 1537, fo. 15.
266
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 11 gennaio 1571. La causa di Giulia
Giudea è l’ultima ad esser stata registrata nei libri dei Protettori delle
Meretrici. I verbali di questo lungo processo, sono tuttavia stati trascritti
in maniera erratica sui numerosi quaderni raccolti nel fondo, quasi che al
segretario fosse mancata la carta su cui scrivere.
267
Diana descrisse con cura i capi d’abbigliamento che le erano stati
sottratti: “haveva (nello scrigno che era stato forzato) 30 scudi tra
moneta e oro, et putevano anco esser più, ma non lo vuol dir’ perchè nol
sa certo, item dodici o 14 tovagliorini da mano bellissimi, scuffie dodici di
tela d’Olanda non cucite, et otto ordinarie non cucite, et dui simili cucite,
item cinque tovagliorini da collo ...”
155
Due soli sono i casi di stupro (Fig. 2) 268 denunziati ai Protettori
268
Si veda quanto disposto dal provvedimento del 5 giugno 1534, in
A.S.L., Consiglio Generale 37, 5 giugno 1534, fo. 256 e ss., e le norme in
materia di stupro contenute nello statuto del 1539: A.S.L., Statuti del
comune di Lucca 16, 1539, cap. CII e ss., fo. 115.
269
La relativa esiguità dei casi di abusi sessuali registrati dai Protettori
delle Meretrici, come abbiamo avuto modo di dire, solleva in noi numerosi
interrogativi, sopratutto se paragonati con le denunce fatte, nel periodo
di riferimento, presso l’Offizio sopra l’Onestà. In tale sede, infatti, i
processi per abusi sodomitici ai danni di meretrici – pur non essendo
numerosi – furono almeno cinque. Cfr. A.S.L., Offizio sopra l’Onestà 1, 2 e
6. Cfr. U. Grassi, op. cit.
270
Si trattò di un reato di straordinaria gravità. Lo violazione di una
giovinetta infatti era punito con massima severità. Si veda quanto
disposto in materia dal provvedimento del 5 giugno 1534 in A.S.L.,
Consiglio Generale 37, 5 giugno 1534, fo. 256 e ss., e le norme in materia
di stupro contenute nello statuto del 1539: A.S.L., Statuti del comune di
Lucca 16, 1539, cap. CII e ss., fo. 115.
271
Vd. Retro, p. 88 e ss.
272
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, luglio 1538, fo. 30. Il procedimento
ebbe inizio nell’estate del 1538. Tuttavia, la trattazione della causa, si
svolse solo alcuni mesi dopo, tra il 21 ottobre e l’11 dicembre dello stesso
156
regolare denuncia da parte delle due donne. Quindi, pur mancando
anno.
273
L’assoluzione non fu comunque piena. I due imputati furono, infatti,
rilasciati, solo a seguito di una fideiussione di 1000 auri.
157
Il caso sopra esaminato, solleva la questione interessante –
Balloccioraia.
274
L’età minima di ingresso al mondo della prostituzione è certa, essendo
stata ricavata dai documenti a nostra disposizione. Il secondo termine è
invece puramente speculativo, desunto dai dati riportati nello studio di D.
Herlihy e C. Klapisch-Zuber. Secondo il loro studio sul catasto fiorentino
del 1427, l’età media del primo matrimonio per le donne fiorentine era di
18 anni, con significativi picchi tra i 15 e i 16 anni. Abbiamo quindi
assunto che l’età media di una meretrice coincidesse con gli anni
giovanili, ovvero quelli in cui le possibilità di convolare a nozze erano più
alte. Cfr. Herlihy, Klapisch-Zuber, I toscani e le loro famiglie, p. 534 e ss.,
Il Mulino, Bologna, 1988.
275
Lucia, figlia di Angelica compare in due querele. La prima fu presentata
dalla di lei madre, Angelica, per la violenza subita nel luglio del 1538; la
seconda risale al 22 giugno 1540, quando Lucia aveva 16 anni. Cfr. A.S.L.,
Protettori delle meretrici 2, luglio 1538, fo. 30; Protettori delle meretrici 2,
22 giugno 1540, fo. 55.
276
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 4 gennaio 1544, fo. 86.
277
La prima querela di Maddalena risale al 24 luglio 1567, l’ultima al 10
maggio 1570. La di lei madre, Caterina di Paulino Masini risulta esser
stata attiva tra il 1564 ed il 1567. Cfr. A.S.L., Protettori delle meretrici 1,
24 luglio 1567, fo. 77.
158
V. SENTENZE
159
Le sentenze pronunciate dai Protettori delle Meretrici e
anni 1567-1572) nei fondi del Podestà di Lucca e del Consiglio degli
qualche interesse, coprono solo gli anni 1567 e 1568, mentre quelli
278
A.S.L., Podestà di Lucca 7152, paci, pagherie di non offendere e
inventari, 1567-1568, fogli non numerati; Anziani al tempo della libertà
725, pagherie criminali, 1569-1574.
279
Si vedano le querele di: Angelica e Maddalena sua figlia (luglio 1538),
madama Angelica (4 febbraio 1541), Laura di Antonio da Massa (19
febbraio 1564) e Caterina di Paulino Masini (24 luglio 1567). A.S.L.,
Protettori delle meretrici 1, fo. 3, fo. 77 e ss; 2, fo. 59.
160
Dai registri dei Protettori risulta una sola condanna280.
280
Michele del Gratta fu condannato a seguito della denuncia fatta da
Isabella Fiorentina. A.S.L., Protettori delle meretrici 1, fo. 87 e ss.
281
A.S.L., Podestà di Lucca 7152, marzo-dicembre 1567, febbraio-marzo
1568, fogli non numerati.
161
CONCLUSIONI
I. UN PROBLEMA STORIOGRAFICO
162
La materia da noi presa in esame, come evidenzia Romano
dagli anni ’70 del secolo ventesimo, con la nascita della cosiddetta
282
R. Canosa, Storia della prostituzione in Italia dal quattrocento alla fine
del settecento, p. 9, Sapere 2000, Roma, 1989.
163
Su ispirazione della critica storica di orientamento
283
Unico tra, gli storici da noi consultati, Romano Canosa sembra aver
chiari i problemi attinenti allo studio della storia delle prostituzione,
foriera di interpretazioni che spesso vanno al di là della semplice fonte
documentale: “ La immissione nelle onde lunghe della storia di attività,
comportamenti, pratiche che la ideologia dominante ha sempre rimossi o
considerati soltanto su un piano “alto” presenta tuttavia non pochi
rischi...”. Canosa compie un’interessante distinzione tra sessualità “alta”
(oggetto di studi storico-letterari) e sessualità “bassa”. Cfr. R. Canosa, op.
cit., pp. 9 e ss.
164
moderna, incapace di fornire una lettura del fenomeno, “neutrale”
e scientificamente consistente284.
quindi ricostruire una storia delle “donne lucchesi nel ‘500”, bensì
284
Rossiaud, Trexler, Mazzi, sono alcuni degli autori coinvolti nella
costruzione di tale circolarità autoreferenziale delle fonti. Se da un lato è
comprensibile, data l’esiguità del materiale edito, la condivisione dei
risultati documentali, dubbia è invece l’interpretazione del fenomeno
comune a detti autori i quali, con una certa leggerezza, assimilano realtà
geograficamente e culturalmente lontane. Non è a nostro parere corretto
far proprie le tesi di Rossiaud, formulate nel contesto del suo studio sulla
prostituzione nelle città della Francia sud-orientale, per trasporle nel
contesto italiano, quale quello esaminato da Mazzi, quasi si trattasse di
realtà giuridicamente (e culturalmente) omologhe. Ci pare utile
sottolineare le profonde differenze tra la cultura giuridica Francese e
quella Italiana, come riferimenti imprescindibili nello studio avente ad
oggetto la storia della prostituzione. Per un quadro generale sulla realtà
del diritto Francese in un’ottica comparatistica, si veda Carlo Augusto
Cannata e Antonio Gambaro, Lineamenti di storia della giurisprudenza
europea, vol. 2, pp. 207 e ss., Giappichelli, Torino, 1989.
165
Nella redazione del presente studio abbiamo quindi cercato di
166
La motivazione di una simile scelta metodologica risiede, in
167
II. IL MORALISMO OTTOCENTESCO DI SALVATORE BONGI
168
Procedendo all’inventario dei fondi del Regio Archivio di Stato
della storia lucchese, delle sue istituzioni e della sua società, i limiti
169
soffermano le speculazioni del Bongi, mancando, negli scritti
governo cittadino.
170
I punti focali su cui l’archivista concentra la sua attenzione,
171
disoneste avrebbero così contribuito a riportare gli uomini “deviati”
dagli stenti e dalle paure sofferte, si erano dati in braccio alla dissipazione
dei godimenti. Il disfacimento delle famiglie, e la familiarità che avevano
preso fra loro i due sessi nella occasione della malattia, furono cause
anche queste dell’accrescimento del mal costume. Avvenne allora che la
troppo facile dimestichezza colle donne produsse la sazietà. Onde questi
uomini corruttissimi si volsero in cerca di piaceri meno comuni. Il vizio
contro natura... si fece più frequente. In tanto avviamento al peggio, i
magistrati cominciarono a vedere con occhio migliore le femmine
pubbliche, e sotto colore di mettere un ordine e un freno al meretricio, di
fatto questo si sanzionava e si proteggeva...”. Cfr. S. Bongi, Bandi
lucchesi del secolo decimoquarto, tratti dai registri del R. Archivio di stato
in Lucca, pp. 376 e ss., Tipografia del progresso, Bologna, 1863.
292
“Che per questa via i governanti [fiorentini] tentassero di mettere un
freno alle intemperanze sessuali e alla pratica della sodomia, è possibile:
ciò rientrava nell'ambito di un desiderio di moralizzazione dei costumi, di
ritorno alla 'norma' del rapporto uomo-donna, sia pure attraverso la
mediazione della prostituta. È difficile credere invece che questo valesse
come espediente di politica demografica anche ai loro occhi. I governanti
fiorentini non erano così ingenui da credere che fosse sufficiente
ricondurre sulla retta via i maschi adulti della città per stimolarli al
matrimonio e alla procreazione legittima nell'ambito della famiglia;
qualunque giustificazione ostentassero essi sapevano o dovevano intuire
che le strutture demografiche sono regolate da ben altri elementi e quegli
stessi fenomeni di carattere economico-sociale — aumento dell'età al
matrimonio per gli uomini, aumento delle doti, contrazione del numero
dei matrimoni e così via — che erano di ostacolo alla stabilità e alla
crescita delle nascite non sarebbero stati modificati dal buon andamento e
dal buon funzionamento del bordello.” Mazzi Maria Serena, Il mondo della
172
alla diffusione del vizio sodomitico in Lucca293: “col procedere degli
altre città d’Italia. E così, qui ed altrove si adoperarono più che mai
quindi stato una delle cause per la “disaffezione” degli uomini alle
lucchese295.
173
Come si può notare, quindi, per Bongi, la questione morale
parole tenere per le meretrici ed in esse non vide certo un utile modo di
combattere la sodomia, Cfr S. Bongi, op. cit., p. 381.; San Bernardino da
Siena, Prediche volgari sul campo di Siena, XIX, 88; XX, 54; XXII, 95;
Rusconi, Milano, 1989.
296
L’avversione per il lusso è una costante nel pensiero economico
mercantilista XV e del XVI secolo e nasce da valutazioni di carattere
economico più che morale. Machiavelli ebbe modo di sottolineare
l’intrinseca pericolosità del lusso dei privati, i quali avrebbero così perso
ogni amore per il lavoro. Guicciardini, che condivide con Machiavelli una
naturale avversione per le esose abitudini di spesa dei proprietari,
diversamente dal suo concittadino, vede nel lusso una fonte di
impoverimento e di indebitamento. Il sentimento emulativo poi,
spingerebbe la collettività ad assumere comportamenti simili a quelli dei
proprietari, quindi all’ozio e all’impauperimento. Per tali motivi,
Guicciardini esalta abitudini di spesa (care alla borghesia mercantile),
ispirate alla sobrietà e al senso della misura.
Nonstante la sostanziale inefficacia delle norme suntuarie, il
pensiero economico italiano, per lungo tempo, ha visto nel lusso una
fonte generale di impoverimento (e non di ricchezza). Cfr. R. Faucci, op.
cit., p. 26.
174
Pur ammettendo che le autorità lucchesi abbiano agito, su
colui che usarà colla moglie propria contra natura. Peggio fa costui
a usare in tal modo, che co’ la propria madre col debito modo;
297
Guido Ruggiero, nel suo studio sulla Venezia del XVI secolo ipotizza che
la sodomia all’interno delle coppie meno abbienti fosse una comune
pratica anticoncezionale. Cfr. G. Ruggiero, I confini dell’eros, crimini
sessuali e sessualità nella Venezia del Rinascimento, p. 197, Marsilio
editore, Venezia, 1988.
298
Bernardino da Siena, op. cit., vol. 1, XX, 70, Rusconi, Milano, 1989.
299
Per la diffusione della sodomia all’interno delle coppie eterosessuali si
veda Grassi, tesi di laurea, L’offizio sopra l’honestà, la repressione della
sodomia nella Lucca del cinquecento, Università di Pisa, Facoltà di
Lettere, anno accademico 2001/2002. Si vedano anche i fondi custoditi
presso A.S.L., Offizio sopra l’Onestà 1-6.
175
come sappiamo, era ugualmente punita ai sensi delle norme
statutarie300.
quindi, del tutto soddisfacenti le tesi del Bongi, il quale sembra aver
organi di governo301.
300
Per la definizione del reato di sodomia vd. Retro, p. 65.
301
Il discorso politico (derivazioni), a fondamento di determinate scelte
legislative, può infatti nascondere intenti reali differenti da quelli
dichiarati. La teoria sociologica di Pareto, in questo senso, è un utile
strumento, anche ai fini dello studio storico, per cercare di portare in luce
le reali giustificazioni alla base delle scelte politiche (economiche e
sociali) compiute dall’élite dominante. Cfr. Vilfredo Pareto, Trattato di
sociologia generale, Comunità, Milano, 1964.
176
Come si è già avuto modo di dire, il moralismo che pervade le
dovuta alla carenza dei molti strumenti analitici, che sono oggi a
noi disponibili.
177
Gli unici scritti, a noi noti, attinenti al tema da noi trattato,
302
Vellutini Mita, Donne e società nella Lucca del ‘500: il comune, le
monache, le meretrici, Tesi di Laurea presso la Facoltà di Lettere, Pisa,
anno accademico 2001/2002.
303
Non riteniamo necessario in questa sede citare Umberto Grassi, la cui
Tesi di Laurea tratta nello specifico dell’Offizio sopra l’Onestà. Il breve
capitolo dedicato al meretricio nella Lucca tardomedievale ci è parso
interessante, pur non aggiungendo nulla al quadro bibliografico generale
e non offrendo particolari spunti di riflessione; Grassi sottolinea i limiti dei
commenti redatti da Salvatore Bongi riguardo alle ragioni sociali,
economiche e politiche della legislazione lucchese sulla prostituzione. Cfr.
U. Grassi, op. cit.
178
La Tesi in esame si inserisce all’interno di quel filone
304
Il rapporto che lega J. Rossiaud a G. Duby è molto profondo, tanto che
non è possibile ricostruire il pensiero di Rossiaud prescindendo dall’opera
di Duby il quale, tra l’altro, ha redatto l’introduzione al saggio “La
prostituzione nel medioevo” del collega Rossiaud.
Duby è autore di ispirazione femminista, ed ha collaborato con
Laterza nella redazione della “Storia delle Donne”; tra i numerosi suoi
scritti possiamo citare “Medioevo maschio, amore e matrimonio”, “Il
cavaliere, la dama, il prete, il matrimonio nella Francia feudale”,
pubblicati in Italia da Laterza . Non si vuole in questa sede criticare la
bontà dell’approccio e delle analisi di Duby il quale, ha il pregio di essere
un ottimo divulgatore, anche se profondamente avaro di informazioni
bibliografiche precise.
179
in termini assai vividi)305 emergerebbe non tanto dai provvedimenti
305
Scorrendo le pagine del testo di Rossiaud non si può non provare un
brivido di sincera repulsione. Viene tuttavia spontaneo pensare alle
bellissime parole di Fiorelli, scritte in riferimento all’uso della tortura
giudiziaria e al moderno gusto del macabro che permea certa
storiografia: ”Sarà soprattutto stata la loro sensibilità giuridica a tenerli
lontani da particolari superflui per la pratica dei tempi loro ed estranei
alla teoria, anche se ricercati avidamente da lettori moderni in cerca di
macabre emozioni...”, P. Fiorelli, op. cit., vol. 1, p. 192, in nota.
306
Secondo le stime di Rossiaud, fondate sui dati elaborati da R. Sparks e
R. Hood, per il calcolo statistico dello scarto esistente tra criminalità
emergente e criminalità reale, solo ¼ dei reati subiti sarebbe stato
denunciato dalle vittime. La zona d’ombra di reati non denunciati si
attesterebbe così ad una percentuale del 75, 80%. Cfr. J. Rossiaud,
Prostituzione, gioventù e società urbana della Francia sud orientale nel
sec xv, p. 184, in La paura dei padri, Laterza, Roma-Bari, 1989.
180
Tale situazione, in Francia, avrebbe avuto le sue origini in una
307
Quali siano le origini di un simile rito di iniziazione non è chiaro. Al di là
di pochi riferimenti alle allegorie pagane del carnevale francese (il re
gallo, l’Abbesse e simili), Rossiaud non fornisce alcun riferimento
sostanziale per inquadrare a quale matrice culturale sia ascrivibile tale
pratica, le cui origini sarebbero, presumibilmente, remote nel tempo. Cfr.
Rossiaud, op. cit., p. 194 e 195. Mancando termini antropologici di
riferimento validi, siamo propensi ad escludere che si trattasse di una
qualche memoria pagana (come lascerebbe presumere il contesto
carnevalesco), la cui ritualità, come ben argomenta Robert Graves, era in
larga parte legata ad una venerazione del femmineo, Cfr. Robert Graves,
La Dea Bianca, grammatica storica del mito poetico, Adelphi, Milano,
1992.
308
L’utilità sociale delle meretrici è dedotta dall’autore, sulla base delle
numerose dichiarazioni di procuratori e avvocati. Cfr. J. Rossiaud, La
prostituzione nel medioevo, p. 59, Laterza, Roma-Bari, 1995.
181
Pur non volendo mettere in discussione i risultati della ricerca
182
L’assunzione di base, posta a fondamento dell’interpretazione
309
La definizione di specie è ripresa testualmente da Rossiaud: “il destino
di una donna era dunque soggetto all’influenza della fama publica:
un’accozzaglia di maldicenze e di pettegolezzi.” Cfr. M. Vellutini, op. cit.;
Rossiaud, op. cit., in La paura dei padri, p. 203.
In realtà abbiamo cercato, nei precedenti capitoli, di evidenziare
quali fossero i caratteri salienti della mala fama, attraverso l’analisi
comparata dei vari termini usati dal legislatore lucchese. Vale la pena
ricordare come, secondo i giuristi, la mala fama dovesse essere
comprovata. Cfr. M. A. Savelli, Pratica, p. 126. Si veda anche quanto
affermato da P. Farinacci: ”fama honestatis multum praevalet adversus
inhonestatis praesumptiones...”, Succus ex opera criminali, q. CXXXVI,
cap. III, 18, p. 301. Risulta irrilevante, ai fini dello studio della prassi
giudiziaria lucchese, la definizione dataci da Rossiaud, dal momento che
nella Lucca del ‘500, alla mala fama non conseguiva alcuna restrizione
dei diritti soggettivi.
183
Il contesto storico di riferimento è quello di una Lucca colta
310
Data la dimensione internazionale dei commerci Lucchesi, la riforma
sarebbe stata portata in città dai mercanti che operavano nelle Fiandre
ed in Germania. La diffusione della riforma protestante a Lucca ha radici
profonde e complesse che esulano dallo scopo del presente lavoro. In
breve, possiamo dire che motivi di ordine politico, religioso e, non da
ultimo, sociali, fecero sì che i lucchesi fossero particolarmente sensibili
alle istanze luterane, tanto da diventare “uno dei maggiori centri
d’irradiazione della propaganda riformatrice in Italia”. Cfr. Marino
Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, pp. 400 e ss.,
Einaudi, Torino, 1965.
311
In Germania a seguito della predicazione luterana, furono chiusi i
postriboli pubblici e si diede inizio ad una vasta opera di repressione della
prostituzione.
312
Non vogliamo in questa sede iniziare una sterile polemica sull’infelice
scelta terminologica dell’autrice (presente in più parti del testo). Ci pare
comunque utile sottolineare la differenza linguistica che intercorre tra
tolleranza (liceità non punibile) e favoreggiamento (quale atto diretto ad
eludere la giustizia).
184
protestanti da parte dei cittadini lucchesi, ma in realtà è da
185
Giambattista da Venezia, i quali avevano riportato all’attenzione dei
316
Uno di questi provvedimenti, la riduzione del numero delle festività
durante le quali era proibito esercitare i commerci, adottato, nel 1540,
con lo scopo di favorire l’attività dei più poveri e sulla base di esigenze di
economia e bilancio, suscitò viva preoccupazione della Chiesa. Fu, infatti,
revocato con riformagione il 21 luglio 1542. Cfr. M. Berengo, op. cit., p.
406.
317
“L’ansia per i poveri era un tema di cui la parola dell’Ochino aveva
ritrovato l’urgenza e il significato, sui cui altri predicatori erano ritornati, e
che aveva costituito il centro del breve apostolato di fra’ Raffaello
Narbonese”. Cfr. M. Berengo, op. cit., p. 405.
186
La valutazione complessiva dell’operato dei Protettori risulta,
318
M. Vellutini, op. cit., p. 225.
319
Dobbiamo rilevare come non ci sia stato possibile capire cosa intenda
l’autrice riferendosi a “diritti di libertà”. Esclusi i diritti garantiti in base ai
decreti del 24 aprile e 5 giugno 1534, non siamo riusciti a comprendere
quali altri diritti e tutele, tali da emancipare le meretrici lucchesi dalla
187
contraddetto sia dal quadro normativo di riferimento, sia dalla
svolta dalla Vellutini, non sia seguita una valutazione obiettiva dei
Antonio Pertile321.
188
In conclusione di questo paragrafo, abbiamo ritenuto
189
In primo luogo, risulta diverso il computo delle cause totali
322
A.S.L., Protettori delle meretrici 2.
323
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, fogli non numerati.
324
Ibid., fogli sparsi a fine volume. Purtroppo il dispositivo iniziale del
procedimento risulta poco comprensibile dal momento che l’inchiostro
color ocra è in buona parte svanito e la carta ha subito una pesante
ossidazione, assumendo una colorazione bruno-rossastra.
190
Le discrepanze maggiori si registrano nell’esame del primo
tribunale più volte, nel corso degli anni. Inoltre, Vellutini avrebbe
fornita dall’autrice326.
325
L’attribuzione della causa resta, tuttavia, un dubbio irrisolto. A dar
forza alla scelta compiuta da Vellutini vi è l’intestazione (fo. 1), “ex causa
Lionellii”. Resta oscuro se la causa sia stata effettivamente portata
all’attenzione dei Protettori delle Meretrici, mancando, in apertura del
verbale, la consueta formula cancelleresca con cui si aprivano i processi
di fronte a tale magistratura.
326
Data la presentazione sommaria dei dati, che non sono organizzati né
in ordine cronologico, ne secondo l’indice delle querele presente nel
registro. A ciò si devono aggiungere alcune imprecisioni nella data (a
volte presunta) in cui sarebbe stata fatta la denuncia, nonché l’assenza,
nella tabella riassuntiva, delle coordinate di riferimento del testo.
Senza voler ulteriormente approfondire la questione, diamo qui
l’elenco delle querele da noi rinvenute e non presenti nella tabella
elaborata dalla Vellutini: Margherita di Simone da Fiano, 21 maggio 1541,
Protettori delle Meretrici 2, fo. 80; Antonia fiorentina, 18 novembre 1546,
Protettori delle Meretrici 2, quaderno; Caterina di Paulino Masini, 23
maggio 1564, Protettori delle Meretrici 1, fo. 8; Elisabetta di Domenico, 8
maggio 1565, Protettori delle meretrici 1, fo. 23; Maddalena figlia di
191
IV. CONCLUSIONI
192
In conclusione del presente lavoro, ci preme nuovamente
unica.
327
Questa particolarità, che non sembra essere stata rilevata dagli studi
storici in materia, è invece stata sottolineata da alcuni storici del diritto
quali A. Pertile, G. Rezasco e R. Canosa.
193
Lo studio della storia della prostituzione nella Lucca del ‘500
328
La prostituzione coinvolge parimenti il piano individuale e sociale. Cfr.
Daniela Danna, Visioni e politiche sulla prostituzione, Working papers, p.
2, Dipartimento di studi sociali e politici, n. 10, Università degli studi di
Milano, 2004.
194
A fronte di una situazione di generale instabilità, la repubblica
329
Cfr. A. Mancini, op. cit., p. 250.
195
Non si vuole in questa sede operare un’apologia della
APPENDICE
196
197
198
199
200
201
202
203
204
Estratto del decreto del 24 aprile 1534 con cui fu istituita la magistratura
dei Protettori delle Meretrici.
A.S.L., Consiglio Generale 37, riformagioni pubbliche, 24 aprile 1534, fo.
245.
205
Mandato di comparizione per Jacopo Balbani e Vincenzo Diodati.
A.S.L., Protettori delle meretrici 2, 1538, fo. 30.
206
Querela di Diana da Carrara.
A.S.L., Protettori delle meretrici 1, 1570, fo. 175.
207
BIBLIOGRAFIA
Consiglio generale, riformagioni pubbliche, 15, 16, 17, 37, 39, 41,
45, 50.
Fonti edite
208
San Bernardino da Siena, Prediche volgari sul campo di Siena,
Rusconi, Milano, 1989.
209
D’Aragona Tullia, Rime della signora Tullia di Aragona; et di diversi
a lei, Gabriele Giolito, Venezia, 1547.
210
Machiavelli Niccolò, Opere, Riccardo Ricciardi editore, Milano-
Napoli, 1963.
211
Ruggiero Guido, I confini dell’eros, crimini sessuali e sessualità
nella Venezia del Rinascimento, Marsilio editore, Venezia, 1988.
Sant’Agostino.
Il sito offre l’intera opera agostiniana in formato elettronico, sia in
latino che in italiano.
212
http://www.sant-agostino.it/index.htm
Tullia d’Aragona.
Edizione critica a cura di Enrico Celani, disponibile in formato .txt
e .rtf.
http://www.liberliber.it
http://www.gutenberg.net
Salvatore Bongi.
http://archivi.beniculturali.it/ASLU/Pag1.html
Decretum Gratiani.
http://mdz.bib-bvb.de/digbib
Tertulliano.
L’intera opera di Tertulliano è disponibile in latino.
http://www.tertullian.org
213
RINGRAZIAMENTI
214