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Antonio Canova

 (1757-1822)

Antonio Canova nasce a Possagno (TV) il 1 novembre 1757 da Pietro Canova e da Angela Zardo di
Crespano.
La famiglia di Canova da generazioni lavora e scolpisce la pietra: il nonno di Antonio, Pasino, è un
valente artigiano, in particolare di altari; esegue opere nella chiesa parrocchiale di Monfumo (due
Angeli), a Castelcucco (nella villa Perusini), a Biadene (nella villa Grimaldi), a Galliera, a Rosà, a
Crespano, a Thiene (un altare maggiore), ad Asolo (l'altare del Duomo e medaglia con l'effigie di
Maria nella villa falier), a S.Vito di Altivole.
 Il padre di Antonio, anche'egli bravo intagliatore e scalpellino, muore all'età di 26 anni, nel 1761.
La madre Angela si risposa l'anno successivo con il crespanese Francesco Sartori; da questo
secondo matrimonio nasce il vescovo Giovanni Battista Sartori. Antonio Canova rimane col
"rustego" nonno Pasino e con la nonna Caterina in Possagno, sviluppando l'arte dello scalpellino
unita ad "una tempra delicatissima e una straordinaria sensibilità". Grazie ai buoni auspici del
senatore Giovanni Falier, passa come allievo nella bottega dei Torretti di Pagnano, prima, e di
Venezia poi (1768), apprendendo e affinando le tecniche della sbozzatura e dell'intaglio.
A Venezia, frequenta la scuola di nudo dell'Accademia, studia disegno traendo spunto dai calchi in
gesso della Galleria di Filippo Farsetti e scolpisce nello studio di San Maurizio le sue prime opere
(canestri di frutta, Orfeo e Euridice, Dedalo e Icaro).
 Nel settembre 1779, parte per Roma, con l'architetto Giannantonio Selva; è ospite
dell'Ambasciatore della Repubblica Veneta Girolamo Zuliàn, che gli offre alloggio, mensa e studio
nell'ambasciata per ben tre anni. Riceve nel 1781 una pensione dal Senato veneto: egli può così
sanare vecchi debiti che il nonno Pasino aveva contratto per garantirgli gli studi. Apre poi uno
studio in affitto al Vicolo degli Orti di Napoli, aiutato dalla fedele governante Luigia Giuli, e nel
1784 uno nuovo e più grande in Via San Giacomo, da dove usciranno le più belle opere dell'artista.
Nel frattempo conosce Domenica Volpato, figlia dell'incisore Giovanni, con la quale intesse una
travagliata amicizia. La sua fama cresce in Italia e all'estero: riceve sempre nuove e più impegnative
commissioni da re e imperatori, principi e capi di Stato, nobili e papi. ben presto la sua arte trova
sviluppo in un lavoro formidabile e in una vicinanza culturale con la letteratura classica: "Lavoro
tutto il giorno come una bestia, ma è vero altresì che quasi tutto il giorno ascolto a leggere i tomi
sopra Omero" (lettera a Cesarotti, 1794; mentre lavorava, Canova amava ascoltare dall'abate Foschi
pagine di letteratura classica e mitologica); e ancora: "Ho lavorato in questi tempi come un
disperato e per più ragioni perché dovevo fare parecchi modelli" (a G. Falier, 1797).
 Raggiunto a Roma dal fratellastro e abate Giovanni Battista Sartori agli inizi del nuovo secolo,
continua operoso nella produzione artistica ad aiuta con generosità nuovi talenti della pittura e della
scultura. Nel 1802 è nominato da Pio VII ispettore generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato
della Chiesa, dell'Accademia di San Luca, dei Musei Vaticani e del Campidoglio, con vasti poteri
sul recupero, acquisto e conservazione dei beni artistici vaticani.
Nel 1815, Canova riesce nella difficile missione a Parigi per ottenere da Napoleone la restituzione
delle opere d'arte da questi trafugate durante le campagne francesi in Italia. Il Papa Pio VII gli
conferisce il titolo di Marchese d'Ischia, con un vitalizio di tremila scudi che egli però vuole elargire
a sostegno delle accademie d'arte.
 A Possagno torna nove volte per brevi e intensi periodi: nel 1792, nel 1795, nel 1798, quando a
Roma imperversavano le fazioni antifrancesi, Canova decide di osservare qualche tempo di riposo e
assaporare l'aria di casa, prima e dopo del suo viaggio a Vienna. A Possagno, mancandogli nella sua
casa lo studio attrezzato per la scultura, si dedica alla modellazione di bozzetti e alla pittura. Nel
1799, in primavera, dipinge il Compianto di Cristo, le Grazie e l'Autoritratto dello scultore. Nel
1918 (11 luglio) posa la prima pietra del  Tempio . Nel 1820, conclude la pala dell'altare maggiore
del Tempio, che ritoccherà nel 1821. Torna per l'ultima volta a Possagno nel 1822 e si ammala.
 Il 13 ottobre 1822 muore a Venezia. Viene sepolto a Possagno, prima nella vecchia chiesa e poi nel
Tempio.
 
 

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