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Ma al
neoclassicismo più “ideologico” di David, inteso come impiego dello studio dei classici per fare una
moderna pittura di Storia, Ingres contrappone una nostalgia classicista ben lontana da ogni
implicazione ed incidenza con il mondo contemporaneo. In Ingres, infatti, l’esempio degli antichi
maestri rivive nello studio e nel perfezionamento del grande patrimonio artistico ereditato dalla
tradizione: soprattutto auspicando un ideale ritorno a quella pittura di contorno che, movendo
dall’opera di Raffaello, doveva permettere alla pittura del tempo di superare le secche stilistiche
entro cui rischiavano di spingerla il chiaroscuro e la tecnica di stesura del colore portati avanti da
artisti come Géricault e Delacroix. Sviluppando una tendenza che aveva contaminato il dettato
neoclassicista di David con le nuove istanze romantiche (e condivisa da pittori quali Gros, Prud'hon,
Gérard, Girodet), Ingres si fa dunque portavoce di un classicismo del tutto nuovo, proteso verso un
ripensamento dell’arte del passato nel tentativo di farne rivivere l’incanto delle forme e dei colori in
un’accezione più impersonale e duratura dell’opera d’arte stessa. “Essere originale imitando” Ingres
soleva ripetere sconfessando quella “cattiva scuola colorista” che vedeva in Delacroix l’esponente
di punta. Il contrasto evidente di Ingres rispetto alla cultura artistica dominante lo pone quindi in
una posizione isolata e sostanzialmente antiaccademica.
Le difficoltà della vita parigina e il desiderio di misurare la propria arte con i grandi capolavori
dell’arte italiana lo spingono a trasferirsi a Roma nel 1806, dopo aver vinto il prestigioso Prix de
Rome. In Italia, Ingres resterà per diciotto anni, stringendo un sodalizio, non solo artistico, con lo
scultore Lorenzo Bartolini. E’ un periodo fecondissimo nel quale saprà approfondire quello studio
per l’arte rinascimentale che, nei primi decenni dell’Ottocento, aveva, in pratica, preso il posto che
l’arte greca aveva ricoperto presso gli artisti neoclassici, provando a ritrovare nell’arte antica, così
come nel mutevole panorama del mondo contemporaneo, quelle costanti universali di serena fiducia
nelle possibilità dell’uomo di organizzare la visione secondo principi razionali di eterna bellezza,
etica ed estetica.