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Latino, lingua e dialetti.

Nel Cinquecento il volgare italiano diventa la lingua preferita dei letterati anche per la composizione di opere originali, superando il latino e diventa diffusa e comune in tutta Italia. Il latino, per, continu ad essere utilizzato nei tribunali, nelle universit, nelle Chiese (il Concilio di Trento aveva vietato le traduzioni in volgare della Bibbia), ecc. Alla fine del 500 esisteva una lingua letteraria comune in prosa e in poesia, diversamente dallinizio del secolo. Questa lingua, tuttavia, era solo scritta. I vari volgari di tutta Italia si evolvevano per conto proprio, ma lunificazione di questa lingua port alla creazione di un modello a cui i pi istruiti cercavano di accostarsi. Si crearono quindi i dialetti italiani, quelle varianti locali del volgare di una lingua nazionale. Il modello di lingua letteraria si affermer a seguito di ragioni sociali e tecnologiche (tra cui spicca la stampa). La Rivoluzione Inavvertita Nel 1457 Johann Gutenberg produsse il primo libro stampato con caratteri mobili. Gli effetti sono molteplici e vari: la nascita della scienza moderna e della filologia, la formazione del pensiero giuridico moderno, la riforma religiosa Dal 1465, quando i tedeschi Sweynheym e Pannartz stamparono a Subiaco un gruppetto di opere latine, i titoli prodotti e i centri in cui era diffusa la stampa aumentarono quasi costantemente. In Italia, le citt si specializzarono in tipi diversi di editoria (universitaria, religiosa, divulgativa), ma in breve tempo Venezia divent il principale centro deditoria dEuropa. Molti dei testi latini avevano funzione di servizio e non di svago Le opere in volgare, invece, erano destinate a un pubblico poco esigente.

La percentuale delle persone alfabetizzate, tuttavia, oscillava solamente tra il 10 e il 20%. Da notare il fatto che i primi libri stampati in Italia erano in latino, ma gi dal 1469 cominciarono ad apparire testi in volgare, tra cui le opere di autori classici come i fiorentini Dante, Petrarca e Boccaccio. Il processo di avanzamento del volgare a scapito del latino si era messo in moto in modo indipendente rispetto alla diffusione della stampa: le esigenze quotidiane richiedevano uno scambio sempre pi fitto di carte e lettere, che fossero semplici da leggere e da scrivere, di registri contabili sempre pi dettagliati e controllabili. Alla fine del Quattrocento, il latino umanistico era diventato uno strumento pi difficile da usare e meno importante nelle nuove condizioni della societ italiana e anche negli usi pi raffinati veniva lentamente sostituito dal volgare. Sussisteva per il problema dellassenza di uno standard riconosciuto per il volgare; si ricorse alluso di una lingua di koin, una lingua comune nellarea padana usata nelle cancellerie. Essa, tuttavia, era sempre carica di tratti locali: la rivendicazione della propria parlata da parte delle cancellerie aveva valore politico. Nel caso della stampa, la scarsa familiarit con la lingua aveva conseguenze economiche precise: un libro stampato a Venezia sarebbe stato difficile da vendere nel Lazio. Leditoria rappresenta cos il punto in cui le esigenze comuni emergono con maggior forza. Aldo Manuzio e la lingua volgare Aldo Manuzio fu il pi geniale editore del suo tempo. Nel suo lavoro mise a frutto le sue qualit di umanista e studioso dei testi classici, una grandissima abilit artigianale e un

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fortunato talento di imprenditore. I suoi prodotto furono rivolti a un mercato dlite, ma influenzarono le abitudini intellettuali ed editoriali del suo tempo. Dal punto di vista editoriale, i primi libri a stampa erano molto simili ai manoscritti. Le innovazioni sono in parte frutto di graduali innovazioni, in parte scelte precise di figure eminenti. Aldo Manuzio, celebrato come linventore dellindice, contribu enormemente a dare forma al libro moderno. Per un certo tempo, Manuzio pubblic solo opere in latino o in greco. Ma nel 1499 stamp anche un testo volgare, dotato di un eccezionale corredo di illustrazioni. Il testo rappresenta forse il massimo esempio di latinizzazione a partire dalle tendenze della lingua di koin. , infatti, formato da una base volgare toscana e veneta resa quasi irriconoscibile da un diluvio di latinismi e grecismi. Per il gusto di un umanista come lui, questa lingua doveva risultare un esperimento di prosa volgare accettabile; ma successivamente le sue edizioni presentarono modelli ben diversi, i quali contribuirono a mettere la lingua italiana su una strada ben differente. Il promotore di ci fu Pietro Bembo, che, nel 1494, era tornato da Messina portando con s una grammatica greca scritta dal suo maestro, Costantino Lascaris. La grammatica, pronta per la stampa, era stata pubblicata da Aldo Manuzio poco dopo. Nel 1501 Aldo aveva iniziato a pubblicare una collana di classici della poesia latina in volumi di piccolo formato, senza note e commenti (apparato tipico quattrocentesco), scritto in corsivo (messo a punto da Aldo e dallincisore Francesco Griffo): testi pensati per un tipo di letteratura raffinata ed umanistica. In questa stessa collana apparvero anche i primi testi volgari come il Canzoniere e i

Trionfi di Petrarca e la Commedia di Dante. Curatore e socio per il finanziamento dellimpresa fu Pietro Bembo: egli era orientato verso la lingua dei grandi autori del Trecento. La novit, per, stava nel rigore con cui Bembo proponeva di applicare il suo modello. La proposta di Bembo negli Asolani Pietro Bembo fu un umanista rappresentante di un lite raffinata di studiosi e letterati. Inizialmente si fece conoscere come scritto volgare, pubblicando nel 1505, presso Aldo Manuzio, il trattato sullamore Asolani, sottoforma di dialogo fra tre amici durante i festeggiamenti per le nozze di unancella della regina di Cipro. Filosoficamente, si inseriscono nella corrente neoplatonica. Bembo imit gli scrittori toscani del Trecento, in particolare Boccaccio. Oltre alluso di et per e e linserimento delle h solamente per imitare la grafia latina, le costruzioni latineggianti di lunghe frasi sono ispirate alla sintassi di Boccaccio nella cornice del Decameron. Si hanno poi frequenti coppie di sinonimi e aggettivi in evole, tipici di Boccaccio. Si riscontrano, tuttavia, anche nomi poetici che provengono dal Canzoniere di Petrarca e altre parole tipiche di tutto il Trecento toscano. Negli Asolani sono frequenti riprese da Dante, Petrarca e Boccaccio. La scelta culminava nellinserimento di parole tipiche del toscano due trecentesco, ma suonavano rozza allorecchio di alcuni letterati del Cinquecento. Per questo, molte scelte furono criticate da molti lettori come Mario Equicola, celebre autore di un trattato sullamore: linserimento di parole arcaiche in un contesto ripreso meccanicamente dal passato risultava sgradito. Baldassarre Castiglione, uno dei pi illustri ospiti della corte di Urbino, sostenitore di un ideale di

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eleganza linguistica basato sul senso comune dei frequentato delle corti dellepoca, fu uno dei principali critici degli eccessi toscani. La collana dei classici volgari e la codifica del modello bembiano La pubblicazione di autori volgari nella collana dei classici antichi era innovativa poich applicava ai classici volgari lidea umanistica di recuperare i testi del passato nella loro purezza originale, collegata al desiderio di fissare una normale della lingua. Precedentemente, tuttavia, questidea era affiorata diverse volte, ma solo Bembo possedeva le competenze umanistiche per condurre unimpresa simile. Grazie ai suoi rapporti e alla sua posizione sociale aveva potuto inoltre godere di vantaggi come la possibilit di studiare gli originali delle opere di Petrarca. Le polemiche causate dallinclusione di autori volgari in una collana di autori classici erano causate dal concetto che i modelli andassero seguiti rigorosamente. Bembo aveva condotto il proprio lavoro confrontandosi con i testi originali e con la lingua del Trecento, evitando gli usi linguistici del Trecento. Una volta recuperata la lingua originale, diventava possibile imitarla in modo pi rigoroso. Nel 1512 Bembo fu protagonista di una disputa contro Giovanfrancesco Pico, sostenendo il dovere di rifarsi, in letteratura, al modello ottimo (le opere di Cicerone per la prosa, di Virgilio per la poesia) contro la libert creativa. Uscito vincitore, la sua vittoria contribu alla grande fortuna del modello ciceroniano di latino. Questa posizione era parallela a quella sostenuta nel campo del volgare: Petrarca nella poesia e Boccaccia nella prosa. La teorizzazione di ci apparve nelle Prose della volgar lingua (1525).

I classici volgari servivano ad offrire modelli da imitare. Le proposte alternative: lingua cortigiana e fiorentino contemporaneo La questione sulla lingua una lunga serie di discussioni sulla lingua da usare nella letteratura. Essa nel Cinquecento si collegava anche a profonde trasformazioni sociali e aveva riflessi estremamente concreti. La gestione dello Stato, inoltre, divenne un processo condotto principalmente attraverso lo scambio di documenti su carta (i primi segni della moderna burocrazia): la lingua non fu pi il latino, ma il volgare dei vari paesi. Nel Cinquecento si diffonde la moda del petrarchismo: la capacit di scrivere poesia a imitazione di Petrarca un requisito importante per farsi accettare da determinati ambienti sociali. Lambiente delle corti fu uno degli ambienti culturali pi turbati dalle proposte di Bembo, le quali rendevano inutili le capacit intellettuali, la facilit con cui ci si sapeva esprimere, la stravaganza e liniziativa personale. Se la lingua da adottare doveva essere quella degli Asolani, esprimersi era una questione di studio e fatica e non di prontezza di spirito. Dalle corti arrivarono anche proposte alternative che esaltavano la lingua l usata, priva di regole precise ma consacrata dalluso: la lingua cortigiana. Scrittori cortigiani furono Baldassarre Castiglione, Giovan Giorgio Trissino, Mario Equicola, considerati come un gruppo solo per la loro impostazione di fondo, ma non per le loro teorie, variabili e personali. Da questo gruppo sono assenti i fiorentini, che si fanno sostenitori delluso fiorentino parlato contemporaneo, molto diverso da quello di Dante, Petrarca e Boccaccio:

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il modo di coniugare i verbi e molte parole erano diversi. Tuttavia, tra il fiorentino del Trecento e quello del Cinquecento cera unevidente continuit esaltata poi dall Umanesimo volgare fiorentino e molti scrittori importanti, da Machiavelli a Guicciardini, erano fiorentini: questi mantenerono alta la fama della lingua da loro impiegata. La difficolt riscontrata era nellestendere il prestigio di questa lingua: Firenze aveva tentato una sfida al predominio veneziano, venendo regolarmente sconfitta. I semplici costi di distribuzione e il rifiuto dei fiorentini di adattarsi alle mode linguistiche del resto dItalia furono i motivi dellemarginazione fiorentina. Lelezione di Papa Clemente VII, della famiglia de Medici, era molto pi incline alla protezione degli scrittori volgari. Giovan Giorgio Trissino, gli dedic una serie di opere volgari in cui si proponeva una radicale riforma della lingua volgare. La reazione dei fiorentini fu estremamente violenta: vennero scritte numerose critiche, tra cui spicca quella di Niccol Machiavelli Discorso intorno alla nostra lingua, dialogo immaginario con Dante che ribadisce la superiorit del fiorentino. In questo scontro tra fiorentini e cortigiani, si inser Pietro Bembo. Le prose della Volgar Lingua rappresentava una rielaborazione teorica delle idee che erano state alla base del suo lavoro. Le Prose della Volgar Lingua Fino a quel momento erano state realizzate poche grammatiche del volgare italiano. Le opere anteriori alla pubblicazione delle Prose sono tre: la Grammatichetta di Leon Battista Alberti, le Regole della lingua volgare di Fortunio e le Vulgari elegantiae di Liburnio. Le Prose si presentavano come la ricostruzione di un dialogo svoltosi nel

1502 a casa di Carlo Bembo (fratello di Pietro). Era un rinvio al passato che evitava il confronto con tutte le discussioni linguistiche recenti. Lunico sostenitore della tesi cortigiana presente nel testo era Vincenzo Calmeta. Tutte le tesi presentati negli ultimi anni venivano ignorate. I personaggi del dialogo venivano da unaltra epoca e cultura. Le tesi sostenute da Bembo vengono esposte da Carlo, Giuliano de Medici ricorda il contributo di Firenze nellevoluzione della lingua letteraria; Federico Fregoso aggiunge osservazioni di carattere storico; Ercole Strozzi, difensore del latino e critico del volgare, deve essere convinto dagli altri della dignit del volgare e della superiorit del fiorentino antico. I tre libri, in cui composta lopera e che rimandano a tre giornate, servono per discutere il tema da diversi punti di vista. La prima giornata ricostruisce lorigine del volgare e della letteratura volgare: gli interlocutori del dialogo sottolineano i rapporti della nuova lingua con il latino e illustrano i debiti della poesia italiana nei confronti di quella provenzale. La seconda giornata una guida alluso letterario del volgare, con molte citazioni di passi di Dante e Petrarca. Le terza giornata descrive il volgare come lincontro tra grammatica, vocabolario e studio della lingua dei classici volgari. Labbondanza degli esempi, la finzione del dialogo, la scelta di non usare termini tecnici rendono complicata la consultazione del testo. Si trova un deciso restringimento del canone degli autori: anche Dante viene emarginato a causa del suo modo di esprimersi, giudicato rozzo. Questa teoria rientra nel filone del classicismo. Bembo consiglia di imitare solo il meglio di quanto rimasto del lavoro degli antichi.

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Bembo al contrario di Dante esaltava unidea di letteratura in cui i contenuto fossero al servizio dello stile, scelta che permetteva agli scrittori di identificarsi con il modello ideale di vita classico. Trionfo del Bembismo Nel 1525 Carlo V vinse la battaglia di Pavia contro il re di Francia Francesco I, nel frattempo Bembo era diventato la massima autorit letteraria italiana; pur continuando a scrivere in latino, la sua fama poggiava sulla lingua volgare. Ariosto intervenne sul problema della lingua basandosi sui canoni di Bembo. Il trionfo fu anche pratico, grazie anche alla tendenza di fissare tendenze e norme; la presentazione di codici definiti era importante per chiunque volesse entrare in un nuovo ambiente culturale. Ad esempio, per i funzionari riuscire a scrivere in una lingua comprensibile ai proprio pari e superiori, elevata e decorosa, era molto importante: lunico modo per riuscirci era avere a disposizione un modello affidabile. I sostenitori della tesi cortigiana si trovavano in svantaggio: potevano solo consigliare di seguire le mode della lingua parlata nelle corti, senza fornire manuali o consigli o liste di parole. Anche i fiorentini trovavano difficile produrre una norma unica. La loro posizione li obbligava a difendere i contrastanti aspetti trecentesco e contemporaneo: formalizzare una delle due avrebbe escluso laltra e la loro mescolanza avrebbe sottolineato la loro diversit interna. La posizione di Bembo si prestava benissimo alla creazione di manuali, grammatiche e vocabolari: fare la lista delle parole utilizzate da Petrarca o Boccaccio era pi semplice di descrivere una lingua parlata in continuo cambiamento. La proposta di Bembo era utile per chi cercava di

standardizzare il proprio modo di scrivere. Per questo le norme bembiane incontrarono successo nelleditoria. Una norma chiara semplificava il lavoro degli editori, non dovendo scegliere caso per caso quale soluzione avrebbe incontrato il favore del pubblico. Gli editori non solo standardizzarono i testi nuovi, ma anche quelli antichi, come le opere di Petrarca e Boccaccio: questi venivano quindi corretti sulla base delle norme ricavate dai loro stessi testi. Le norme presentate nella grammatica di Bembo furono quindi semplificate, schematizzate e trasformate in prontuari e manualetti. Nacque anche la nuova classe dei correttori, come Ludovico Domenichi e Francesco Sansovino, che regolarizzarono molte opere. Come per lInnamoramento de Orlando, scritto da Matteo Maria Boiardo: originariamente pieno di forme dellItalia settentrionale, fu riscritto e ristampato da Ludovico Domenichi e poi da Francesco Berni (edizione che sostitu quella di partenza). Bembo si dedic negli ultimi anni ad un processo di revisione dei suoi testi precedenti. Nel 1530 pubblic una raccolta sistematica delle Rime, accompagnata da una riedizione degli Asolani: la revisione dellopera interveniva sui contenuti e sulla forma, adattandola alle norme nelle Prose. Bembo aveva curato da tempo una scelta delle proprie lettere, correggendole linguisticamente e riscrivendone i contenuti, in modo da lasciare unimmagine classica ed esemplare ai postumi, pratica attuata anche da scrittori antichi come Cicerone e moderni come Petrarca., tuttavia, mai nessuno in lingua volgare. Nel giro di pochi anni ci si accorse che le lettere volgari erano un prodotto di

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successo (Pietro Aretino fu il primo editore). I lettori dellepoca erano ansiosi di avere una guida non solo linguistica e letteraria, ma anche un modello di comportamento nei rapporti sociali.

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