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Istituto Superiore Interdiocesano di Scienze Religiose „G. Duns Scoto“ Nola – Acerra
(ISSR)
I PARTE
L’articolazione delle lezioni e il disegno complessivo degli insegnamenti 1
Issr
Questa prima dispensa intende chiarire la prospettiva didattica da cui si studierà
l’Insegnamento della Religione Cattolica (irc). E’ composta da una prima parte che
descrive l’organizzazione del Corso e da una seconda parte che colloca la disciplina nel
contesto didattico attuale. L’aspetto meramente legislativo, che riveste una grande
importanza quando si parla di Irc, è trattato invece nelle dispense relative al corso
Teoria della scuola e legislazione scolastica.
Quali sono i rapporti tra i tre insegnamenti? La Didattica Generale è una scienza
fondativa delle pratiche dei saperi e trova i suoi spazi epistemologici in riferimento alla
teoria dell’insegnamento e alla riflessione sulle teorie insegnative (metateoria della
didattica). Essa si colloca all’interno del sistema d’insegnamento nel quale agiscono
con pari dignità tutti i protagonisti della formazione: alunni, docenti, comunità
scolastica e territorio. Il sistema - didattica comprende sia gli oggetti che assumono il
ruolo di punti di riferimento del sistema: contenuti disciplinari, saperi e linguaggi,
metodologie e tecniche, sia i soggetti che vivono concretamente l’esperienza relazionale
formativa.
La Didattica Generale quindi funge da percorso sul quale gli altri insegnamenti si
dispongono: la Didattica e Metodologia Irc, che rappresenta la possibilità per gli alunni
e i docenti di concordare un apprendimento relativo alla riflessione sulla Religione
Cattolica oggi, incrociandola con i nessi confessionali e i bisogni generazionali degli
allievi; il Tirocinio Irc, che affronta il discorso della professionalizzazione dei propri
saperi in un contesto di avvio alle pratiche didattiche; la Teoria della Scuola e
Legislazione scolastica, che incardina i sistemi didattici nel riconoscimento legislativo a
livello nazionale, basato però su una matrice culturale europea ed occidentale.
confrontandoli con quelli delle altre discipline, nel tentativo di guidare gli studenti ad
orientarsi verso un insegnamento aperto all’essenzialità e alla trasversalità dei saperi.
QUADRO SINOTTICO
Didattica generale Didattica e Metodologia Irc Teoria della scuola Tirocinio Irc
e Legislazione
scolastica
L’idea della didattica e L’Irc nella storia e nel Rapporti tra Problematiche e
le sue narrazioni contesto sociale italiano normativa e scuola tipologie di
(Cfr Teologia e Vita Tirocinio
11/2020) Il portfolio
Epistemologia della La teoria dell’umanesimo Le teorie come Docente, alunno e la
didattica e apprenditivo. modello. relazione educativa.
problematiche Esercitazioni/Documenti di Le rappresentazioni La Relazione
dell’apprendimento lavoro/Studio personale sociali e le leggi. Didattica
L’apprendimento: Caratteristiche dell’IdR. Tre
modelli, concetti, teorie metafore letterarie per
comprenderne il ruolo.
Metacognizione e Caratteristiche della relazione Irc e concordato Esempi e laboratori
Cooperazione didattica. Pratiche Stato giuridico IdR metacognitivi. La
metacognitive Irc. metacognizione
nella pratica
didattica
Stili e strategie di La metacognizione nell’Irc Le competenze
apprendimento emotive. Il gruppo.
Esercizi sugli stili.
Espressioni didattiche: Esempi e laboratori
Autobiografia, scrittura sulle tecniche della
collettiva scrittura di sé e della
scrittura collettiva.
Il confronto con i Epistemologia dell’Irc Sguardo storico ai Esercitazioni sulle
saperi: Conoscenze, Conoscenze, competenze, modelli scolastici differenze
competenze Curricolo Irc strutturali.
Il curricolo Le Indicazioni nazionali per Come si usano le
l’Irc 1° e 2° ciclo Indicazioni
La dimensione Un curricolo per l’Irc Le Leggi e il Focus su alcune
progettuale riconoscimento didattiche: debate,
II PARTE
L’Irc nella pluriversità dell’apprendimento
1
Maria Nieves Tapia, Educazione e solidarietà, la pedagogìa dell’apprendimento servizio, ed.
Città Nuova, Roma 2006, 54 - 55
2
Cei, Insegnare religione cattolica oggi, Nota pastorale dell'Episcopato italiano
sull'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, Roma 1991, 88.
3
Miguel Benasayag, Gerard Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano 2005, 13.
4
Benedetto XVI, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione,
21 gennaio 2008. Libreria Editrice vaticana.
5
Umberto Galimberti, L’ospite inquietante, Feltrinelli, Milano 2008, 18.
6
Joseph Ratzinger, Omelia Missa pro eligendo Romano Pontifice, 18 aprile 2005, Liberia
Vaticana.
7
Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, AAS, 84 1993, 1133
8
Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro degli insegnanti di religione cattolica,
Roma 2009.
per tanto tempo percepiti come lontani ed inutili, ininfluenti rispetto alle necessità
dell’uomo del duemila, nel vivo degli spazi civili e sociali.
Tali compiti, scaturenti dalla natura intima della disciplina, sono resi concreti e attuabili
grazie ad una didattica che consente loro di realizzarsi in una costante riflessione
scientifica e lungo una rielaborazione operativa in grado di affrontare con strumenti
adeguati le questioni che si pongono.
Come didatticamente è possibile per l’Irc assumersi la responsabilità di contribuire ad
ispirare le finalità della scuola? Come si possono elaborare modelli didattici per fare 8
emergere la vicinanza religiosa e di accompagnamento ai vissuti contradditori odierni?
Come si vede, dai quesiti posti, il ruolo della didattica in questa realtà non è secondario
in quanto serve a tradurre le motivazioni e i valori, le scelte e gli obiettivi, prima su uno
sfondo unitario e di collegamento e poi in piste di interventi, in pratiche didattiche
percorribili.
Per la composizione di uno sfondo unitario diventa praticabile un approccio dialogico,
che si andrà sviluppando lungo le lezioni, organizzato intorno al raggiungimento di
competenze metacognitive, relative alla capacità di ascolto attivo, di gestione della
regolazione e del controllo del conflitto, inteso come risorsa, e di competenze
cooperative, relative alle capacità di condividere i temi, di approfondirli attraverso la
necessaria messa in discussione e il confronto fra prospettive civili, culturali e religiose
diverse.
L’obiettivo della definizione di piste di interventi in itinere diventa percorribile in
presenza di una didattica tesa alla progettazione di azioni, non scollegate da quelle delle
altre discipline, in ordine alle esperienze esistenziali di contatto con le problematiche
esistenziali e antropologiche, con le grandi questioni ambientali, con le tematiche
interreligiose, storiche, nonviolente.
Inoltre è necessario scegliere, all’interno del moltiplicarsi di offerte spesso
frammentarie e troppo denotate come “animazioni” più che come “lezioni”, alcuni focus
didattici più vicini alle dimensioni caratteristiche dell’Irc, disciplina connotata dal
confronto, dall’interattività, dalla lettura dei fatti alla luce della proposta evangelica,
come i Consigli di Cooperazione, il Debate, la Classe capovolta, l’approccio sistemico
dell’apprendimento - servizio, già esplicitato sopra.
L’idea di fondo è che una didattica funzionale alla disciplina Religione consideri
l’alunno come portatore di un mondo complesso e globale, ma compatto, nel quale si
forma la sua personalità e per questo sia destinatario di interventi tali da valorizzarne le
sfaccettature, di tradurre quell’unità in una pluriversità di manifestazioni, le quali
rappresentano bene la sua ricchezza e la sua grazia.
10
Giuseppina Zuccari, L’insegnamento della Religione cattolica, ed. Elledici, Il capitello,
Torino 2004, 176
11
Francesco, Laudato sì, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Libreria vaticana, Città
del vaticano 2015, 67, p.62
Riepilogando, dunque, possiamo affermare che i tre elementi della funzione metaforica,
del linguaggio simbolico e della funzione relazionale conducono l’Idr a sviluppare una
connessione profonda tra contenuti disciplinari e permettono il processo che Morin
chiama della comprensione umana, quando afferma che “(…) la missione propriamente
spirituale dell’educazione: insegnare la comprensione fra gli umani è la condizione e la
garanzia della solidarietà intellettuale e morale dell’umanità.”12 E polarizza tale
comprensione secondo i due poli planetario della comprensione tra lontani e individuale
secondo le relazioni fra vicini. 12
Dopo aver evidenziato questo passaggio didattico, occupiamoci adesso di capire come
avviene didatticamente l’operazione riguardante il modo di strutturare le conoscenze ai
fini delle competenze. I tre elementi di cui abbiamo discusso, quali nuove categorie di
riferimento, forniscono il quadro epistemologico dell’approccio, ma non ci dicono
ancora a quale modello didattico si può far riferimento per attivare gli interventi e
collegarli nell’interazione in classe.
L’apprendimento viene avviato a partire da modelli scientifici, in grado di
sistematizzare gli oggetti cognitivi da acquisire in percorsi, i quali colgono ora l’uno ora
l’altro aspetto caratterizzante dell’insegnare e in particolare dell’insegnare Religione.
Se, per esempio, si ritiene che sia necessario definire una prospettiva apprenditiva calata
nella riflessione sul come si conosce e sul come si accresce la conoscenza, mettendola
in contatto con l’esperienza, allora il modello sarà di tipo metacognitivo.
Quando la conoscenza, attraverso la sua azione competente, diventa sapere e libera il
soggetto dalle zavorre didascaliche per proiettarlo nell’autonomia della ricerca e dello
sguardo personale sul mondo, allora accade il miracolo della costruzione di una forma,
di una mappa del mondo, come la stesura di un metaforico libro, che interpreta i segni
della realtà e li confronta con le altre interpretazioni in un continuo e perenne scambio
che arricchisce e amplia sempre più la riflessione sul sé e l’azione del sé nella storia. E’
in fondo questa l’operazione che chiamiamo modellizzazione e che utilizziamo come
forma di traduzione, sempre subordinata ad una costante verifica al fine di evitare sia
una frammentazione relativistica sia una predominanza culturale dannosa e pericolosa,
dell’esperienza umana, come possibilità di entrare con strumenti chiari nella realtà così
liquida e in continua trasformazione circostante.
Rispetto a questo discorso sono molti i modelli proposti all’insegnante basati ciascuno
su una visione particolare del fare scuola. Rezzaghi nel rilevare la necessità di un
modello da utilizzare nella comunicazione dinamica e interattiva richiama l’Idr a
“conoscere, a scegliere e a usare i modelli didattici più opportuni nella situazione in cui
si trova a operare, per promuovere itinerari personali capaci di trascendenza”13 e
propone un confronto dal punto di vista storico dei modelli più utilizzati: il
12
Edgar Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Cortina editore, Roma 2001,
97.
13
Roberto Rezzaghi, Manuale di didattica della religione, editrice La scuola, Brescia 2012, 90.
soggetti che apprendono, mediante una relazione tra ascolto e produzione linguistica.
Tale modello, come scrive Bruner, pur non sottovalutando l’importanza del pensiero
logico – scientifico il cui “valore è così implicito nella nostra cultura altamente
tecnologica che la sua presenza nei curricoli scolastici è scontata”14, è tuttavia in grado
di rappresentare l’emergenza delle motivazioni alla base dell’apprendimento e mette in
grado l’insegnante e la scuola in generale di “coltivare la propria capacità narrativa,
svilupparla, smetterla di darla per scontata”15.
Raccontare di sé e del mondo ha a che fare con la capacità di scavare nella propria 14
interiorità e trovarvi gli oggetti spirituali di una storia, come centri a cui attribuiamo la
formazione della nostra coscienza. Analogamente, sebbene con le dovute proporzioni,
in un bambino l’operazione di discesa nella propria interiorità può divenire, con l’aiuto
dell’adulto, un discorso, un racconto, che mette insieme i vari elementi esperienziali in
un ininterrotto legame con il fuori, come un filo invisibile che collega lo spirito infantile
al mondo nel quale dovrà emergere.
Nella tripartizione che Jedlowski propone tra storia, racconto e narrazione solo
quest’ultima è azione e interazione. “A narrare si è in due. Non c’è solo il narratore:
senza un destinatario il narratore non potrebbe essere tale. Quali storie, perché e come
vengano raccontate dipende così dalla relazione che sussiste fra il narratore e il
destinatario”16
Risulta chiaro, da questa breve disamina sui modelli didattici IR, che mentre il primo
rappresenta una modalità didattica poco interattiva, basata su un solo canale
comunicativo, diretto agli alunni e quindi poco trattabile e molto rigido, il secondo e il
terzo modello sono più flessibili e rappresentano una buona opzione per intessere con i
gruppi – classe una efficace interazione comunicativa e un vasto campo di possibilità di
avviare percorsi didattici in grado di misurarsi con le situazioni - problema nelle
sequenze non solo di classe, ma anche proposte nella realtà concreta.
Se poi optiamo per una sintesi dei due modelli, in maniera da coniugare la costruzione
personalistica delle conoscenze con la loro declinazione narrativa, allora le lezioni di IR,
particolarmente sensibili alla reciprocità relazionale e allo sguardo esistenziale sulle
cose, potrebbero trarre un innegabile vantaggio apprenditivo. Si pensi alle difficoltà che
sempre più spesso mostrano i bambini a raccontare storie ed esperienze, dovute ad una
lingua stereotipata, mutuata da quella delle pubblicità o delle animazioni televisive
oppure alla scarsa capacità dei più grandi e dei giovani ad elaborare un pensiero
narrativo, un pensiero cioè che sappia ricostruire le conoscenze per condividerle nel
dialogo e sappia descrivere le emozioni e i sentimenti percepiti nelle varie circostanze
14
Jerome Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 2004, 55
15
Ivi, 55
16
Paolo Jedlowski, Culture e narrazioni di sé, in Studiare la comunicazione in Italia. Bilanci e
prospettive, Sociologia della Comunicazione, Angeli editore, 50 Anno XXVI, Milano 2015,131
della vita, ricostruzione e descrizione che sono appunto due delle principali competenze
narrative.
In questo contesto riecheggiano le parole di Benjamin che in “Angelus Novus” scrive,
relativamente al passaggio dalla cultura orale alla cultura della riproducibilità: “Capita
sempre più di rado d’incontrare persone che sappiano raccontare qualcosa come si
deve: e l’imbarazzo si diffonde sempre più spesso quando, in una compagnia, c’è chi
vorrebbe sentirsi raccontare una storia. E’ come se fossimo privati di una facoltà che
sembrava inalienabile, la più certa e sicura di tutte: la capacità di scambiare 15
esperienze”.17
La didattica dell’IR ha questo compito immane, ma affascinante di restituire negli
ambienti scolastici, ma anche in quelli sociali e civili, le occasioni di apprendere
narrando, così come una lunga tradizione ecclesiale e le fondamenta stesse delle fonti
scritturistiche ci indicano come orizzonte ultimo di senso.
17
Walter Benjamin, 1976, Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nicola Leskov, in
“Angelus Novus”, Einaudi, Torino 1976, 235