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François Jullien

L’identità culturale non esiste


Einaudi,
Torino 2018,
pp. 96, € 12
recensione / libro

di Alessandro Cattini
Dottore magistrale in Filosofia

L’ aidentità culturale non esiste: è un as-


sunto provocatorio e sfidante quello
su cui si fonda la tesi che il filosofo e si-
lità di tutti gli uomini, è ancora possibile?
Il terrorismo ne ha forse minato irrime-
diabilmente le basi? La globalizzazione
nologo francese François Jullien, profes- condurrà all’assimilazione di tutte le
sore all’Università di Parigi-VII Denis culture in un unico insipido aggregato?
Diderot, esprime in questo breve libro. È auspicabile un dialogo tra le culture?
Il testo, diretto e scorrevole, si propone Oppure quello che chiamiamo “dialo-
come una bussola filosofica per orientarsi go” non è altro che una giustapposizione
nella confusione della contemporaneità, forzata di elementi e tradizioni che non
segnata soprattutto da due fenomeni solo hanno nulla in comune?
apparentemente contraddittori: la globa- L’A. affronta tali questioni con gran-
lizzazione e il ritorno del nazionalismo. de onestà intellettuale, mostrando di non
Il contesto spazio-temporale in cui la potere (e non volere) prescindere dalla par-
riflessione dell’A. prende corpo è quello ticolarità del proprio punto di vista sulla
dell’Europa di oggi. Un’Europa che, da realtà: quello di un intellettuale segnato
un lato, si confronta sempre più spesso dalla cultura europea, ovvero portatore
con la multiculturalità dei popoli, pro- di quella forma mentis, mutuata dalla fi-
muovendo gli scambi e il dialogo fra le losofia greca antica, che caratterizza chi è
culture e cercando di valorizzarne le ric- nato e cresciuto nel Vecchio continente.
chezze; dall’altro si sente invasa, teme di Per evidenziare la problematicità delle ri-
non poter gestire i cambiamenti in atto vendicazioni nazionalistiche avanzate in
e manifesta il bisogno di difendersi dal nome dell’identità culturale dei popoli,
diverso. Viviamo infatti, secondo Jullien, pertanto, il filosofo si rifà innanzitutto al
in un’epoca «colta improvvisamente dal pensiero occidentale, cercando di chiarire
dubbio riguardo all’ideale dell’Illumini- il significato di tre sue categorie tipiche:
smo» (p. 1), ovvero attraversata da alcune universale, uniforme e comune.
domande di fondo: un cosmopolitismo Egli ritiene, ad esempio, che il rischio
pacifico, fondato sull’universale raziona- insito nell’idea che esistano identità cul-

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recensione / libro

turali separate consista nel ridurre l’uni- rezza finisce per condurre a comunitari-
versale da concetto regolativo, capace di smi di ogni genere: ideologie che danno
mantenere la ragione aperta alla tensione vita a gruppi sociali chiusi o a economie
verso il nuovo (quale è stato, ad esempio, seriali, in cui la produzione ripetitiva di
per Kant, p. 24), a un insieme di rigide beni e concetti sempre identici impone
e astratte prescrizioni. Inoltre, sostiene a tutti le medesime dipendenze fisiche e
anche che chi percepisce la propria cul- psicologiche. Si parla di contesti all’in-
tura in senso strettamente identitario, terno dei quali il prezzo della tranquilli-
cioè come segno di appartenenza a un tà data dalla somiglianza reciproca delle
gruppo ben preciso, tenda a coltivare parti che compongono un organismo
la convinzione che, al netto di alcune sociale, politico o economico viene paga-
differenze superficiali, le altre cultu- to con l’estromissione di tutto ciò che si
re siano in ultima analisi riducibili alla discosta dalla “norma”.
propria. L’identità, infatti, è un concetto Il «simile», sostiene infatti Jullien,
che esprime l’idea di qualcosa di statico, non equivale al «comune» (p. 69), che
sempre uguale a se stesso; per questo è invece è sempre multiforme e sfaccetta-
più adatta a descrivere lo status dei singoli to, eppure condiviso, come ad esempio la
soggetti piuttosto che dei sistemi sociali molteplicità degli spazi della città o la ric-
e culturali. L’unicità del corpo è infatti chezza dei sistemi ecologici cui tutti at-
garanzia, per il soggetto umano, di una tingiamo per sopravvivere (pp. 10-11). La
certa unità e individualità di fondo, che pretesa di ridurre la diversità all’unifor-
permette (quasi sempre) alla coscienza di mità, quand’anche sia perseguita in nome
conservare alcuni caratteri tipici dell’i- della pace, dell’efficienza o della giustizia,
dentità, nonostante le mutazioni storiche non aiuta a creare comunità autentiche,
e biologiche cui tutti siamo sottoposti ma soltanto circoli chiusi ed escludenti.
durante la vita. Ma pretendere che esista Una comunità autentica sa bene infatti
un’identità culturale europea ben defini- di non poter esaurire, da sola, la realtà, e
ta e permanente – nonostante l’evidente per questo rimane sempre aperta.
mutevolezza “interna” e le costanti in- Parallelamente, Jullien mostra anche
terazioni con l’“esterno” che connotano che la volontà di interpretare il mondo a
qualunque realtà culturale o sociale – è partire dalla categoria filosofica occiden-
un’operazione rischiosa. Significa scam- tale di “universalità” non è estendibile, né
biare l’originale aspirazione degli europei comune a tutte le lingue o a tutti i modi
a una comprensione sempre più accurata di pensare. «L’esigenza dell’universalità
della verità e del mistero del cosmo con che sta all’origine della scienza europea
il nostro bisogno di certezze immutabi- e che è stata rivendicata dalla morale
li, cui aggrapparsi di fronte alla paura classica, oggi, a confronto con le altre
dell’insicurezza. culture non è affatto universale» (p. 8).
Questo ci conduce al tema dell’u- Essa è piuttosto «il prodotto di una storia
niformità. Se il motto di un’autentica singolare del pensiero» che si è articolata
aspirazione all’universalità, aperta alla su tre livelli: «quello filosofico (greco) del
possibilità di esperienze sempre nuove, è: concetto; quello giuridico (romano) della
devono esistere regole capaci di spiegare cittadinanza e quello religioso (cristiano)
tutto ciò che accade; il motto dell’uni- della salvezza» (pp. 12-13).
formità mascherata da universalità recita: Jullien afferma infatti che sono so-
tutto l’universo non può che obbedire a prattutto gli elementi fondanti della cul-
“queste” regole. Così il bisogno di sicu- tura europea, come la ragione, la legge

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e la salvezza, a condividere l’esigenza di (dal greco: dia, “attraverso” e logos, “co-
una validità universale e a indurci a pro- noscenza”) fra entità che sono sempre in
iettare inconsapevolmente questi stessi divenire, evidenziando ciò che sta nel
schemi interpretativi sulle altre cultu- mezzo, nello spazio del “tra”, attraver-
re. Ma, se le si conosce a fondo, si può sando il quale si possono comprendere
notare che queste ultime spesso non si meglio le molte declinazioni del pensiero
comportano come la nostra. Come è umano (pp. 79-80).
possibile, dunque, dialogare con esse, se La cultura è contaminazione. Perciò
risulta quasi impossibile individuare al questi scarti tra le culture ne garantisco-
loro interno somiglianze o analogie nelle no anche la vivacità e la sopravvivenza.
quali rispecchiarsi? Sta qui l’originalità Se, secondo Eraclito, nella vita non ci si
della proposta di Jullien, il quale esorta può mai bagnare due volte nello stesso
il lettore a non cercare né di colmare il fiume, per Jullien non ci si può immer-
divario tra le culture servendosi di ap- gere due volte in una stessa cultura. Ogni
prossimate e banali similitudini, né di cultura degna di questo nome può infatti
rinunciare a un dialogo, arroccandosi su considerarsi viva solo finché cambia, cioè
posizioni identitarie con la scusa di insor- finché è disposta a entrare in relazione
montabili differenze. Da un lato, non è con le altre, venendone influenzata alme-
possibile ridurre le culture a un comune no tanto quanto è in grado di influen-
denominatore senza appiattire le singola- zarle essa stessa. Per l’A. le culture non
rità che le caratterizzano. Dall’altro, se si differiscono dunque le une dalle altre sul
vuole preservare a ogni costo le differen- piano dell’identità, ma su quello delle
ze che le separano per paura di qualsiasi risorse. Queste ultime, al contrario del-
contaminazione, si finisce per soffocare la prima, sono, sì, da difendere, come è
qualunque terreno comune, senza il quale intuibile dal sottotitolo dell’opera, e so-
nessun dialogo può avere inizio. no peculiari per ciascuna cultura. L’A. lo
L’A. propone quindi di non consi- dimostra grazie a numerosi riferimenti al
derare le differenze tra le culture come diverso modo in cui le lingue del mondo
barriere attraverso le quali non è possibile esprimono concetti analoghi ma, in fon-
scambiare o comunicarsi nulla, ma come do, mai sovrapponibili, da cui si evince
“scarti”, cioè come distanze o asimme- ad esempio la diversità della struttura
trie dalle quali possono emergere nuove, del pensiero occidentale rispetto a quella
inedite risorse e impensate opportunità del pensiero orientale. Ciascuna cultura
trasformative. In altre parole, ciò che le manifesta infatti, attraverso il proprio
diverse culture hanno davvero in comune linguaggio, una particolare e irriducibile
è, per Jullien, proprio il terreno ancora sfumatura del medesimo mondo.
inesplorato che le distingue, poiché sol- Per chi se lo stesse chiedendo, non si
tanto in questo spazio libero, dove l’unica tratta di una prospettiva pigramente re-
regola è l’ascolto reciproco, esse possono lativistica, rassegnata di fronte a una pre-
condividere le proprie “risorse”, metten- sunta irrilevanza di qualunque differenza
dole a disposizione di chi proviene da tra- culturale. Quella di Jullien è, al contra-
dizioni differenti. Così, per l’Occidente, rio, una prospettiva radicalmente dialo-
l’A. annovera tra le risorse la «promozione gica. Dalla condivisione di queste risorse
del Soggetto: non dell’individuo» e la sua culturali, affidata a un comune e inesau-
libertà (p. 51). Il concetto di scarto non ribile impegno di traduzione linguistica,
esaspera, perciò, l’opposizione tra identità infatti, tutti possono attingere liberamen-
culturali rigide, ma instaura un dialogo te per arricchire la propria umanità.

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