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di Alessandro Cattini
Dottore magistrale in Filosofia
turali separate consista nel ridurre l’uni- rezza finisce per condurre a comunitari-
versale da concetto regolativo, capace di smi di ogni genere: ideologie che danno
mantenere la ragione aperta alla tensione vita a gruppi sociali chiusi o a economie
verso il nuovo (quale è stato, ad esempio, seriali, in cui la produzione ripetitiva di
per Kant, p. 24), a un insieme di rigide beni e concetti sempre identici impone
e astratte prescrizioni. Inoltre, sostiene a tutti le medesime dipendenze fisiche e
anche che chi percepisce la propria cul- psicologiche. Si parla di contesti all’in-
tura in senso strettamente identitario, terno dei quali il prezzo della tranquilli-
cioè come segno di appartenenza a un tà data dalla somiglianza reciproca delle
gruppo ben preciso, tenda a coltivare parti che compongono un organismo
la convinzione che, al netto di alcune sociale, politico o economico viene paga-
differenze superficiali, le altre cultu- to con l’estromissione di tutto ciò che si
re siano in ultima analisi riducibili alla discosta dalla “norma”.
propria. L’identità, infatti, è un concetto Il «simile», sostiene infatti Jullien,
che esprime l’idea di qualcosa di statico, non equivale al «comune» (p. 69), che
sempre uguale a se stesso; per questo è invece è sempre multiforme e sfaccetta-
più adatta a descrivere lo status dei singoli to, eppure condiviso, come ad esempio la
soggetti piuttosto che dei sistemi sociali molteplicità degli spazi della città o la ric-
e culturali. L’unicità del corpo è infatti chezza dei sistemi ecologici cui tutti at-
garanzia, per il soggetto umano, di una tingiamo per sopravvivere (pp. 10-11). La
certa unità e individualità di fondo, che pretesa di ridurre la diversità all’unifor-
permette (quasi sempre) alla coscienza di mità, quand’anche sia perseguita in nome
conservare alcuni caratteri tipici dell’i- della pace, dell’efficienza o della giustizia,
dentità, nonostante le mutazioni storiche non aiuta a creare comunità autentiche,
e biologiche cui tutti siamo sottoposti ma soltanto circoli chiusi ed escludenti.
durante la vita. Ma pretendere che esista Una comunità autentica sa bene infatti
un’identità culturale europea ben defini- di non poter esaurire, da sola, la realtà, e
ta e permanente – nonostante l’evidente per questo rimane sempre aperta.
mutevolezza “interna” e le costanti in- Parallelamente, Jullien mostra anche
terazioni con l’“esterno” che connotano che la volontà di interpretare il mondo a
qualunque realtà culturale o sociale – è partire dalla categoria filosofica occiden-
un’operazione rischiosa. Significa scam- tale di “universalità” non è estendibile, né
biare l’originale aspirazione degli europei comune a tutte le lingue o a tutti i modi
a una comprensione sempre più accurata di pensare. «L’esigenza dell’universalità
della verità e del mistero del cosmo con che sta all’origine della scienza europea
il nostro bisogno di certezze immutabi- e che è stata rivendicata dalla morale
li, cui aggrapparsi di fronte alla paura classica, oggi, a confronto con le altre
dell’insicurezza. culture non è affatto universale» (p. 8).
Questo ci conduce al tema dell’u- Essa è piuttosto «il prodotto di una storia
niformità. Se il motto di un’autentica singolare del pensiero» che si è articolata
aspirazione all’universalità, aperta alla su tre livelli: «quello filosofico (greco) del
possibilità di esperienze sempre nuove, è: concetto; quello giuridico (romano) della
devono esistere regole capaci di spiegare cittadinanza e quello religioso (cristiano)
tutto ciò che accade; il motto dell’uni- della salvezza» (pp. 12-13).
formità mascherata da universalità recita: Jullien afferma infatti che sono so-
tutto l’universo non può che obbedire a prattutto gli elementi fondanti della cul-
“queste” regole. Così il bisogno di sicu- tura europea, come la ragione, la legge