Quello della pena di morte è un argomento molto dibattuto sia oggi che nel passato, le associazioni che si sono finalizzate al rispetto dei diritti umani sottolineano la presenza di molti paesi che mantengono nel loro ordinamento giuridico la pena capitale. Anche nei paesi in cui non è accettata dall'ordinamento giudiziario, come l'Italia, la pena di morte viene considerata da alcuni come un aiuto a evitare la diffusione di atti di violenza e delinquenza. Ma dove essa è ancora in vigore, per esempio in alcuni paesi degli Stati Uniti d'America, non si è osservata una una rilevante diminuzione dei tassi di criminalità. La nostra costituzione stabilisce che un individuo accusato di aver commesso un reato, può ritenersi innocente fino a prova contraria e che anche in caso di condanna, abbia comunque il diritto di difendersi e dopo l'arresto di non essere maltrattato nel fisico e nella mente. Il ripristino della pena di morte come richiesto da alcune persone negli stati dove è abolita, negherebbe chiaramente tutto ciò e che potrebbe portare alla condanna definitiva gli individui in cui non si è stata approvata la colpevolezza o che addirittura siano stati imprigionati per errore. Non è la prima volta infatti, che la giustizia condanna chi è innocente credendolo colpevole per poi successivamente accorgersi dello sbaglio commesso e con la pena di morte l'errore diventa ovviamente irreparabile. La criminalità non si combatte con la violenza, la pena non deve punire ma rieducare e quindi c'è bisogno di un sistema carcerario che rispetti la dignità del detenuto, insegnandogli, magari, un mestiere utile e facendolo lavorare già durante nella detenzione. Almeno fino al XVIII secolo, la pena di morte faceva parte degli ordinamenti giudiziari di ogni stato e veniva spesso eseguita in luogo pubblico così da dare un insegnamento ai sudditi, ma con il diffondersi della cultura illuministica nacquero le prime obiezioni contro. In questo periodo Cesare Beccaria trattò l'argomento nel suo trattato " Dei delitti delle pene" nel quale esaminó la crudeltà delle pene e l'irregolarità dei processi; la pena di morte viene considerata inammissibile come anche la tortura, perché entrambe sono considerate irrazionali dal punto di vista giuridico quindi per lo scrittore la pena di morte era qualcosa che andava al di là del diritto. Grazie a Beccaria e agli illuministi gli stati cominciarono a orientarsi verso l'abolizione della pena di morte a partire già dagli ultimi decenni del settecento. La storia dell'abolizione di questa pena in Italia fu molto lunga e si arrivò con l'eliminazione dalla costituzione di questa pena il 2 ottobre del 2007 con l'articolo 27. Anche io come Cesare Beccaria trovo insensata e ingiusta la pena di morte, la trovo inoltre incivile, la morte del colpevole non restituirà mai la vita alla vittima, ed è proprio per questo, che a mio parere, lo stato non deve punire l'assassino con la sua morte ma rieducarlo affinché l'individuo possa inserirsi, dopo aver scontato la pena, nella società impegnandosi in un lavoro onesto e dando anche un contributo ad essa.