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La programmazione operativa della produzione: evoluzione e

prospettive1

Maria Caridi ①, Andrea Sianesi ②



Dottoranda all’Università degli Studi di Parma e collaboratrice di ricerca al
Politecnico di Milano ed al Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo

Politecnico di Milano, Dipartimento di Economia e Produzione

1. Introduzione

In questo lavoro viene affrontato il tema della programmazione operativa (o


programmazione di breve o scheduling), con particolare riguardo alle applicazioni nelle
piccole e medie imprese manifatturiere.
Da alcuni decenni le ricerche sullo scheduling hanno proposto numerosi
algoritmi o modelli che adottano differenti approcci risolutivi. Per contro, le
applicazioni industriali di successo di tali ricerche sono assai poco numerose e relative
soprattutto a contesti “semplici” o poco turbolenti; in particolare, le piccole e medie
imprese solo raramente sono interessate da tali applicazioni e, conseguentemente, le loro
attività di programmazione della produzione rimangono connotate da un elevato grado
di empirismo. Questo stesso scenario si ripropone in aziende di dimensioni maggiori
ove i singoli reparti (o stabilimenti) hanno una grandezza paragonabile a quella di una
piccola o media impresa.
Il lavoro in oggetto si propone di esaminare le cause della dicotomia esistente tra
l’ampiezza di offerta di modelli presenti nella letteratura scientifica e la carenza di
applicazioni di successo nei contesti industriali.
Nel prosieguo, dopo un doveroso richiamo ai principali concetti di
programmazione operativa e la proposta di una nuova classificazione dei problemi di
scheduling, viene esaminato il processo di evoluzione della domanda e dell’offerta di
soluzioni di scheduling negli ultimi anni, per individuare, da un lato, i principali sentieri
di evoluzione delle tecniche e, dall’altro, l’evolversi dei fabbisogni nelle piccole e medie
imprese; successivamente si illustrerà come si sia evoluta nel tempo l’integrazione tra
sistema informativo aziendale e sistema di schedulazione e, infine, verranno analizzati i
principali problemi che ostacolano le applicazioni informatiche in contesti industriali.

2. La programmazione operativa

Come noto, la programmazione operativa si inserisce a valle della


programmazione aggregata e della pianificazione dei fabbisogni (MRP) con lo scopo di
tradurre gli ordini di produzione (intesi come richieste di produrre determinate quantità
di certi prodotti nei periodi stabiliti) in ordini di produzione operativi (intesi come

1 Questo lavoro è frutto della collaborazione tra gli autori, in sede di stesura finale M.Caridi ha curato i
capitoli 1 e 2 mentre A.Sianesi ha curato i restanti capitoli.
decisioni di effettuare in determinati momenti le necessarie operazioni produttive su
determinati centri di lavoro o macchine).
Nella programmazione operativa si possono distinguere tre momenti (fasi)
concettualmente diversi, anche se generalmente strettamente correlati, che determinano
la struttura del problema di scheduling (Brandolese, Pozzetti, Sianesi, 1991; Baker,
1974):
• allocazione delle operazioni sulle singole risorse produttive disponibili;
• allocazione nel tempo della produzione, da risolversi nel rispetto dei limiti fissati
dal piano di produzione proposto da MRP;
• sequenziamento dei lavori sulle risorse, da affrontare tenendo conto delle
caratteristiche dei lavori stessi, delle caratteristiche dell'impianto e dell'obiettivo
della programmazione.

L’importanza della singola fase e, quindi, la struttura stessa del problema di


scheduling dipendono fortemente da due aspetti:

• il sistema fisico, classificabile in funzione sia dagli obiettivi dell’azienda a


cui il sistema produttivo appartiene2, sia dalle caratteristiche tecnologiche
del sistema produttivo, sia dal mix dei prodotti lavorati e dalla loro struttura,
sia infine dalle tipologie di flusso e di processo esistenti all’interno del
sistema3;
• il modello logico, classificabile in funzione del flusso del controllo,
dell’approccio e della tipologia di tecnica risolutiva.

In questo lavoro verrà approfondito in particolare il secondo dei due aspetti citati
(vedi Tabella 1).

Tabella 1. Classificazione della struttura del problema di scheduling.

Classificazione in funzione del modello logico


ELEMENTI DI ALTERNATIVE
CLASSIFICAZIONE
sistema di controllo gerarchico/distribuito
approccio al problema automatico/interattivo
tecnica risolutiva ottimizzazione/euristico

E’ utile innanzitutto introdurre le tipologie (paradigmi) di sistema di controllo; le


più significative sono:

• controllo gerarchico centralizzato, in cui esiste una chiara gerarchia di


risoluzione dei problemi, ossia è prestabilito l’ordine non solo con cui

2
Principalmente gli obiettivi di un sistema di schedulazione sono classificabili in obiettivi di efficacia ed
obiettivi di efficienza; per una trattazione dettagliata degli obiettivi, si rimanda a (Brandolese, Pozzetti,
Sianesi, 1991)
3
Per una trattazione dettagliata dei profili di classificazione dei sistemi produttivi si rimanda a
(Brandolese, Brugger, Garetti, Misul, 1985) e (Hayes, Wheelwright, 1979).
vengono risolte le tre fasi che compongono lo scheduling, ma anche le
priorità con cui devono essere considerati i prodotti, le risorse, gli obiettivi,
ecc.; a sua volta il controllo gerarchico è suddivisibile in:

− controllo top down: è senz’altro la tipologia più diffusa; un esempio


classico (anche se non prettamente di scheduling) di questo tipo di
sistema è l’MRP, in cui i prodotti sono pianificati livello per livello
partendo dal prodotto finito fino alle materie prime, seguendo
nell’elaborazione una sequenza pre-calcolata e memorizzata in strutture
dati ad hoc, denominate catene di attività per livello (Orlicky, 1975);
− controllo bottom up: senz’altro più complesso dal punto di vista
architetturale, esso mira a massimizzare la congruenza dei piani generati
in termini di fattibilità (Sianesi, 1996);

• controllo distribuito, in cui non è definita nessuna gerarchia di priorità, ma i


vari attori che compongono il sistema (processi, prodotti, ecc.) concorrono a
soddisfare un obiettivo comune, cercando nel contempo di ottimizzare propri
obiettivi locali.

Per quanto riguarda i tipi di approccio al problema, i sistemi di scheduling sono


classificabili come:

• sistemi automatici (o, in ogni caso, automatizzabili), la cui caratteristica è


l’esistenza di un metodo formalizzato che dà la garanzia che, per quante
volte venga risolto il medesimo problema con gli stessi dati, la soluzione sarà
sempre la stessa; essi sono a loro volta suddivisibili in:

− sistemi basati su tecniche (ottimizzanti o euristiche) anche estremamente


complesse, è l’impostazione classica per i sistemi a controllo gerarchico;
− sistemi basati su regole di carico, in cui ogni elemento del sistema fisico è
programmato con regole che possono anche essere specifiche del singolo
elemento;

• sistemi interattivi, in cui il metodo di soluzione è delegato al decisore umano


ed il sistema informativo di scheduling opera essenzialmente come sistema
di supporto per l’effettuazione di verifiche di congruenza o per
l’elaborazione di indici di valutazione della bontà del piano impostato dal
decisore.

Per quanto riguarda le tecniche, in Figura 1 si riporta una classificazione


proposta in letteratura e a cui si rimanda per approfondimenti sui contenuti.
Sinteticamente, si illustrano qui le differenze tra le principali tecniche:

• le tecniche di ottimizzazione garantiscono sempre la miglior soluzione in


rapporto ai vincoli ed agli obiettivi prefissati e sono sempre corredati da una
dimostrazione che assicura questa ottimalità; in particolare, i metodi analitici
individuano una formula risolutiva (sotto forma di un insieme di equazioni
algebriche o differenziali) che permette di calcolare il valore ottimale delle
variabili decisionali, mentre i metodi algoritmici pervengono alla soluzione
ottima mediante una serie di passi da svolgere in una sequenza
predeterminata;
• le tecniche euristiche si limitano a fornire una soluzione “buona” in relazione
agli obiettivi considerati, ossia una soluzione che rappresenta un buon
compromesso tra efficienza dell’elaborazione (misurata in termini di tempi di
elaborazione della procedura risolutiva) e efficacia della stessa (misurata in
termini di vicinanza della soluzione individuata alla soluzione ottima del
problema); la modalità con cui si raggiunge la soluzione è differente a
seconda del tipo di tecnica euristica utilizzata ma, in generale, la bontà della
soluzione è certificabile solo con campagne sperimentali e non attraverso
dimostrazioni.

Metodi

di ottimizzazione euristici

analitici algoritmici per sostituzione miopi di intelligenza interattivi


di obiettivi artificiale

continui discreti specifici general nello spazio nel tempo


purpose

differentiali algebrici di calcolo di enumerazione

esplicita implicita

Figura 1. I metodi di scheduling, fonte: (Garetti, Lanza, Pozzetti, 1989).

3. Analisi critica dell’evoluzione della ricerca e dell’offerta di soluzioni di


scheduling

Tralasciando per ovvi motivi di sinteticità lo sviluppo storico e cronologico dei


vari modelli ed algoritmi di scheduling, è possibile identificare quattro momenti (ere)
fondamentali di sviluppo:

• l’era del paradigma CIM, Computer Integrated Manufacturing (anni ‘70-’80),


caratterizzata dalla ricerca dell’ottimizzazione integrata di tutte le attività produttive
in un ciclo chiuso di pianificazione, programmazione e controllo avanzamento;
come noto (Bartezzaghi, Spina e Verganti, 1994; Mariotti, 1994), tranne che per
alcuni casi sporadici, il CIM si è rivelato essere un paradigma utopico nella pratica;
• l’era dei sistemi euristici (anni ’80), caratterizzata dalla ricerca di algoritmi che
permettessero di automatizzare i processi decisionali svolti dai programmatori di
reparto, con l’obiettivo non tanto di ottimizzare funzioni decise a priori, quanto di
velocizzare e rendere più frequente e ripetitiva l’esecuzione delle fasi di
programmazione;
• l’era della complessità o del virtual manufacturing (dalla seconda metà degli anni
’80, in parte tuttora in corso almeno come filone di ricerca), caratterizzata dalla
ricerca di soluzioni che consentissero di riconfigurare in modo automatico il sistema
a fronte di mutate condizioni esogene (sistemi esperti), o che permettessero,
attraverso la ricerca di analogie tra sistemi produttivi ed altri sistemi, quali quelli
biologici o sociali, ecc., una modellizzazione flessibile del sistema produttivo (reti
neurali, algoritmi genetici, reti di Petri);
• l’era dei vari paradigmi lean, agile, versatile manufacturing, ecc. (iniziata nei primi
anni ’90 e tuttora in corso), che rappresenta un evidente momento di riflessione e
ripensamento a fronte dell’evidente crisi dei sistemi automatici basati sul paradigma
di controllo gerarchico centralizzato top down; in quest’era, applicazioni industriali
e ricerca scientifica conoscono un momento di evidente dicotomia: se da un lato le
prime sono caratterizzate dalla ricerca di soluzioni sempre più interattive e ricche di
informazioni a supporto dell’operatore, dall’altro la seconda si muove verso
paradigmi di controllo innovativi (controllo gerarchico bottom up o addirittura
controllo distribuito) che, per contro, sono caratterizzati ad oggi da un’elevata
complessità dell’architettura.

Una classificazione delle soluzioni presenti nelle differenti ere esaminate è riportata
in Figura 2.

soluzioni a bassa dinamicità soluzioni ad alta dinamicità

efficacia efficacia
(ottimalità) (ottimalità)

virtual
CIM
manufact.

schedulatori
euristici
interattivi
efficienza efficienza
(tempi di processo) (tempi di processo)

Figura 2. Caratteristiche dei paradigmi di scheduling.

Le differenti ere verranno ora sinteticamente ripercorse in un’ottica critica, in


modo da mettere in evidenza i risultati empirici ottenuti nel tempo dalle varie
applicazioni industriali. In particolare, si cercherà di comprendere i motivi per cui
alcuni paradigmi non abbiano portato ai benefici attesi; si indagherà su quali aspetti di
ciascun paradigma (in termini di modalità di approccio ai problemi) abbiano generato
quali effetti in termini di soluzioni; infine, si tenterà di identificare quanto dei passati
paradigmi sia ancora valido nell’attuale era di ripensamento e perché.

Tabella 2. Classificazione dei paradigmi di scheduling.


ERA CONTROLLO APPROCCIO TECNICA
CIM gerarchico automatico di ottimizzazione o
euristica
Euristici gerarchico automatico euristica
Virtual Manufact.
Intelligenza artificiale gerarchico automatico euristica
reti neurali gerarchico automatico euristica
Algoritmi genetici gerarchico automatico euristica
Agenti autonomi distribuito automatico euristica
Schedulatori distribuito (delega interattivo euristica + operatore
interattivi all’operatore)

I sistemi CIM
Il paradigma CIM, sviluppatosi in seguito ai significativi progressi
dell’automazione industriale, dell’informatica e dell’elettronica verificatisi a partire dai
primi anni ’70, è caratterizzato sinteticamente dai concetti di:

• sistema di controllo gerarchico top down, sia a livello software, sia a livello
hardware: è presente infatti una architettura informatica distribuita su più livelli che,
partendo dallo shop floor dove sono presenti macchine dotate di elevato grado di
automazione, integra tutti i livelli decisionali aziendali; le decisioni prese a livello
“top” vengono via via dettagliate in piani di fabbrica, reparto, centro, macchina e ad
ogni livello decisionale è presente un’applicazione che ha il compito di effettuare la
pianificazione e lo scheduling per quel livello assumendo come input il piano
schedulato a livello superiore; dai livelli inferiori risalgono invece le
consuntivazioni delle operazioni effettuate ed eventuali allarmi che permettono di
innescare quindi automaticamente le rischedulazioni necessarie;
• l’approccio è di automazione completa; ogni procedura deve essere codificata e
formalizzata in modo che sia quindi possibile processarla in automatico;
• le tecniche utilizzate per la schedulazione sono sia di tipo ottimizzante, sia di tipo
euristico a seconda del livello di complessità del sistema fisico da programmare.

L’analisi di molti progetti CIM lanciati in aziende di differenti settori industriali


mostra come i benefici ottenuti (quando il progetto è stato portato a termine) siano stati
sensibilmente inferiori alle aspettative iniziali.
Le motivazioni dei molteplici insuccessi sono però insite nelle caratteristiche del
paradigma stesso:

• l’automazione integrata della produzione porta come conseguenza diretta un


irrigidimento, in quanto è noto come, per ottenere benefici dall’automazione, sia
necessario procedere a onerosi processi di standardizzazione, alla revisione molto
spesso della struttura del prodotto, delle attrezzature, degli utensili e dei processi
produttivi in generale; appare chiaro come da un lato queste attività comportino costi
difficilmente quantificabili ed in ogni caso non trascurabili, dall’altro come questi
processi siano onerosi in termini di tempo;
• la competizione sulla differenziazione del prodotto mette in crisi i sistemi produttivi
CIM che, per quanto detto sopra, hanno come prerequisito la standardizzazione;
• l’ambizione di realizzare un sistema di programmazione che preveda solo l’utilizzo
integrato (cioè su tutti i prodotti e processi) di sistemi di scheduling algoritmici si
scontra con la realtà: in qualsiasi azienda industriale esistono infatti processi che
sono difficilmente codificabili e regole decisionali difficilmente formalizzabili né
con l’utilizzo in termini algoritmici e la cui modellizzazione in un sistema
automatico comporta fatalmente approssimazioni tali che fa sì che il modello non sia
poi più aderente alla realtà modellizzata;
• infine l’utilizzo di modelli ottimizzanti monoobiettivo che schedulano una risorsa
critica4 produce un disallineamento tra il modello e la realtà che, praticamente
sempre, richiede approcci multiobiettivo, con numerose risorse critiche da
programmare (si pensi al caso del job shop in cui le risorse critiche possono essere,
in funzione del mix, la manodopera, gli attrezzi, le macchine, gli utensili).

Come esemplificazione delle difficoltà di implementazione di un sistema CIM, si riporta


qui un estratto del Caso Loro & Parisini, tratto da (Grando, Sianesi, 1990).
Loro & Parisini S.p.A., una delle aziende italiane leader del settore della fabbricazione,
assemblaggio ed installazione di macchinari ed impianti per frantumazione utilizzati in
cave, e impianti per la fabbricazione del calcestruzzo, sul finire degli anni ’80 iniziò un
progetto di automazione integrata del proprio sistema produttivo.
Uno degli elementi cardine del progetto CIM era costituito da uno schedulatore
ottimizzante di fabbrica che avrebbe dovuto coordinare tutte le fasi di fabbricazione ed
assemblaggio, garantendo una completa integrazione sia con il sistema di
pianificazione dei fabbisogni dei materiali MRP aziendale, sia con i sistemi di raccolta
dati di avanzamento produzione installati sulle macchine operatrici (centri di lavoro ad
elevato livello di automazione).
Il progetto CIM in Loro & Parisini non ha mai visto la luce nella sua globalità sia per
errori di impostazione (l’azienda operava tipicamente su commessa poco ripetitiva e
questo fatalmente si è scontrato con la necessità di standardizzare prodotti e processi,
derivante dall’utilizzo pervasivo dell’automazione), sia per il dilatarsi dei tempi di
progetto, tra le cui cause senz’altro va annoverata anche la difficoltà di mettere a
regime lo schedulatore ottimizzante. Solo a titolo di esempio, si riportano alcune delle
problematiche che si sono dovute affrontare in Loro & Parisini:
• lo schedulatore era “unico” per una serie di processi produttivi differenti, mentre la
stessa logica di ottimizzazione non si addiceva per tutte le operazioni;
• alcuni centri di lavoro erano modellizzati dallo schedulatore come se fossero stati in
serie, in realtà in officina alcune operazioni venivano accorpate ed eseguite in
parallelo su un solo centro, per evidenti motivi di ottimizzazione dei tempi di setup e
dei tempi di lavorazione. Poiché lo schedulatore non gestiva questi accorpamenti
(praticamente impossibili da ricondurre ad una logica di ottimizzazione secondo
modelli matematici), questi ultimi venivano gestiti con “forzature manuali”
generando una serie di problemi di controllo avanzamento delle lavorazioni, di
verifica del carico dei centri, del rispetto della due date, ecc.;
• mentre in officina era prassi comune l’utilizzo di cicli alternativi (per evidenti
ragioni di flessibilità), lo schedulatore aveva difficoltà a gestire queste situazioni,
soprattutto per problemi di sincronizzazione con i cicli gestionali (che, prima
dell’introduzione dello schedulatore non prevedevano cicli alternativi essendo stati
definiti a livello di reparto e non a livello di singola risorsa).

4
Alla luce della complessità dei contesti reali, l’utilizzo di tecniche multi-obiettivo non
è compatibile con i fabbisogni di tempestività di elaborazione.
I sistemi euristici

Lo sviluppo dei sistemi euristici nelle applicazioni industriali a partire dagli anni
‘80 trae spunto dalla constatazione delle difficoltà incontrate sia in sede di definizione
della funzione obiettivo da modellizzare in sede di scheduling, sia in sede di
modellizzazione dei vincoli da considerare.
Gli obiettivi minimi che più frequentemente sono richiesti ad un sistema
automatico di schedulazione infatti sono:

• l’affidabilità e ragionevolezza dei piani di produzione elaborati, delle date di inizio e


fine lavori proposte, delle sequenze di esecuzione delle varie fasi, ecc., il che
richiede di considerare la capacità di più risorse critiche, di quantificare il tempo
perso per l’esecuzione dei setup, (spesso i setup dipendono dalla sequenza e, quindi,
non possono essere trattati semplicemente come una maggiorazione del tempo di
ciclo), di verificare la disponibilità di materiali e componenti o la congruenza con la
programmazione delle fasi a monte e a valle;
• l’ottimizzazione delle risorse critiche, il che spesso comporta il dover considerare
vincoli specifici difficilmente modellizzabili in modo generale;
• il supporto al programmatore nell’elaborare piani di produzione alternativi che
permettano di descrivere differenti scenari, il che impone di considerare livelli di
aggregazione dati differenti in funzione degli orizzonti selezionati.

Gli obiettivi sopra sinteticamente elencati possono essere assai difficili da


raggiungere in quanto è spesso arduo modellizzare correttamente la realtà in termini di
vincoli: ad esempio, in caso di fasi successive svolte in sequenza, spesso è necessario
dover gestire l’overlapping tra le varie fasi e questo, a sua volta, comporta il dover
definire quali sono i quantitativi minimi di trasporto tra fase e fase, che non sono
necessariamente fissi (pari a un pallet, ad esempio), ma possono dipendere dal contesto,
dal carico, dalla disponibilità di trasportatori, ecc..
A fronte delle difficoltà incontrate dagli approcci ottimizzanti nel soddisfare
pienamente le esigenze degli utenti, l’approccio per modelli euristici rappresenta un
cambiamento completo di filosofia di soluzione: si abbandona l’utopia di riuscire a
modellizzare la realtà in modo finissimo e si rivaluta l’esperienza del programmatore
cercando di mettergli a disposizione un set di strumenti che gli permetta di svolgere i
propri compiti in maniera sostanzialmente più veloce ed efficiente.
L’euristico molto spesso non è altro infatti che la trascrizione informatica del
flow chart delle operazioni svolte in manuale dall’operatore in sede di programmazione.
Il progetto di un sistema euristico richiede quindi l’analisi assieme all’utente
delle modalità di programmazione utilizzate, la codifica di queste modalità secondo
regole di tipo “if then” e, spesso, l’adeguamento del data base di produzione in modo
che contenga anche tutte le informazioni non formalizzate utilizzate dal programmatore.
Nei sistemi euristici l’architettura è quindi caratterizzata da:

• sistema di controllo gerarchico top down, i modelli euristici si pongono


normalmente “a valle” delle elaborazioni di pianificazione MRP;
• approccio di parziale automazione; le regole di programmazione “standard” devono
essere codificate e formalizzate in modo che sia quindi possibile processarle in
automatico; tuttavia, per far fronte ad imprevisti o a variazioni di regole e criteri
imposti da fenomeni di contesto, deve essere possibile lasciare al programmatore la
possibilità di intervenire sul piano elaborato, al fine di poter variare sequenze di
prodotti, allocazioni prodotto-macchina, ecc.;
• le tecniche utilizzate per la schedulazione sono ovviamente di tipo euristico alla luce
del normale livello di complessità del sistema fisico da programmare.

Il successo dell’algoritmo euristico dipende essenzialmente da quanto bene è


stata svolta la fase di analisi assieme all’utente e dal livello di complessità in termini di
numero di decisioni alternative che si possono prendere e grado di interrelazione
esistente tra queste decisioni. Gli esempi di successi di sistemi di scheduling basati su
euristici ad hoc sono senz’altro assai più numerosi di quelli dei sistemi CIM in quanto:

• codificare i flussi decisionali in essere con programmi ad hoc permette di evitare di


dover ricorrere ad approssimazioni in sede di modello;
• l’esperienza del programmatore fa sì che spesso nel flow chart utilizzato in sede di
programmazione le situazioni multiobiettivo siano già state risolte in modo implicito
dal programmatore stesso con regole ad hoc sviluppate autonomamente;
• il sistema di scheduling è senz’altro più snello, non richiede l’automazione integrata
dei processi produttivi o il ridisegno dei prodotti e quindi può facilmente adattarsi
anche ad aziende di medio piccole dimensioni che non dispongono di macchinari
sofisticati o che non possono permettersi onerosi processi di standardizzazione;
peraltro è evidente che quanto più lo shop floor è automatizzato in termini di
procedure di consuntivazione dell’avanzamento produzione, tanto più il sistema di
scheduling ha possibilità di fornire piani corretti ed allineati con l’evoluzione reale
del sistema.

Per contro, anche i sistemi euristici presentano una serie di difetti intrinseci che,
nel medio periodo, portano spesso all’abbandono della soluzione oppure al cambio del
sistema di schedulazione o, ancora, alla riprogettazione delle regole di programmazione.
I difetti principali sono:

• normalmente i modelli euristici sono realizzati “per reparto”, delegando al sistema


MRP (nella fase di fissazione delle date di inizio-fine dei vari job da processare) la
garanzia di congruenza tra i vari reparti della stessa fabbrica; questo comporta il
fatto che spesso i sistemi euristici debbano affrontare problemi irrisolubili, in quanto
l’elaborazione MRP effettuata a monte può aver generato date di inizio-fine non
congruenti con i vincoli di capacità produttiva o di disponibilità di materiali e/o
risorse ausiliarie;
• i programmi che implementano il sistema di scheduling sono statici, nel senso che in
essi sono rispecchiate le regole, le convenzioni, le priorità in essere al momento in
cui è stata svolta l’analisi: l’evoluzione in termini di cicli, prodotti, processi,
esigenze del mercato, strategia dell’azienda impongono quindi, per poter essere
considerate, una continua e onerosa manutenzione del sistema di scheduling;
• in sede di analisi è pressoché impossibile individuare e quindi codificare in forma di
“if-then” tutte le possibili risposte che il sistema deve dare a fronte di guasti,
variazioni di ordini cliente, ritardi o anticipi dei fornitori, ecc.;
• molte decisioni sono soggette a parametri che dipendono dal contesto temporale (un
dato cliente o prodotto che normalmente non sono considerati prioritari possono
diventarlo in modo episodico per uno specifico ordine per ragioni imprevedibili a
priori).

Come esemplificazione dei limiti di un modello euristico si riassumono qui i punti


fondamentali dell’algoritmo utilizzato per la schedulazione delle linee di assemblaggio
dei reparti Just In Time di Toyota. Per la trattazione analitica si rimanda a (Monden,
1983) e (Sianesi, 1996).
Le ipotesi di applicabilità dell’algoritmo euristico sono essenzialmente le ipotesi base
della filosofia JIT (Brandolese, 1994) e, in particolare, domanda livellata, tempi di
setup trascurabili, insaturazione della capacità produttiva ed elevato grado di
disponibilità dei macchinari.
L’algoritmo euristico persegue l’obiettivo di mantenere il più possibile uniforme il
consumo dei componenti che devono alimentare la linea di assemblaggio oggetto di
schedulazione. L’euristico è particolarmente interessante in quanto non persegue un
obiettivo di ottimizzazione della linea finale, bensì cerca, attraverso la schedulazione
della linea stessa, di mettere i reparti a monte nelle migliori condizioni per servirla.
I limiti di questo approccio risiedono fondamentalmente da un lato nella difficoltà di
tenere in considerazione casi particolari di reparti a monte in cui obiettivi di
lottizzazione siano preferibili a obiettivi di regolarizzazione dei consumi, dall’altro
nell’impossibilità di adattarsi a situazioni in cui non tutte le ipotesi base del just in time
siano verificate (ad esempio: esistenza di setup non trascurabili sulla linea o necessità
di programmare sulla base dei componenti disponibili in occasione di situazioni
“croniche” di mancanti al montaggio).

Per far fronte ai difetti dei sistemi euristici, l’offerta si è successivamente


sviluppata seguendo due direttrici differenti:

• una prima direttrice ha sposato il principio che “per gestire situazioni produttive
complesse e turbolente è necessario aumentare il livello di complessità dei sistemi
software”; a questa direttrice appartengono senz’altro i sistemi basati su reti neurali,
algoritmi genetici ed anche (almeno per quanto riguarda la complessità
dell’architettura software) gli approcci di controllo distribuito basati sugli agenti
autonomi intelligenti, che non verranno però trattati in questo lavoro in quanto
rappresentano una delle applicazioni più promettenti dell’attuale ricerca scientifica
nel settore ma, al momento, non si sono ancora concretizzati in applicazioni
industriali significative;
• una seconda direttrice ha invece sposato il principio della “ricerca della semplicità
del sistema”; a questa direttrice (congruente con le filosofie produttive just in time e
con il paradigma della lean production) appartengono senz’altro gli schedulatori
interattivi.

I sistemi esperti, gli algoritmi genetici, le reti neurali, ecc.

La direttrice che ha perseguito la strada dell’incremento della complessità ha


visto nella seconda metà degli anni ’80 un fiorire di soluzioni applicative mirate al
superamento dei difetti dei sistemi euristici. Le tecniche che hanno trovato maggior
diffusione verranno passate ora in breve rassegna:

• i sistemi esperti (in particolare i sistemi a regole) sono sistemi software in cui si
cerca di codificare in modo parametrico la conoscenza del programmatore (che nei
sistemi euristici veniva cablata in un programma software rigido), non in termini di
flow chart, ma in termini di un insieme di regole di comportamento; a fronte del
verificarsi di un determinato evento, ciascuna regola concorre con tutte le altre
secondo una gerarchia assegnata, per essere eletta come la regola da essere
utilizzata. Particolari moduli curano poi la stratificazione della conoscenza,
cercando di mettere in grado il sistema di rispondere a condizioni impreviste
mediante deduzioni operate su come in passato erano state risolte situazioni
assimilabili. Se dal punto di vista della ricerca scientifica i sistemi esperti
rappresentano senz’altro un argomento assai stimolante, dal punto di vista delle
applicazioni industriali le loro applicazioni sono invece estremamente limitate, per
lo più a causa della complessità del software, dei tempi di risposta (che impediscono
l’esecuzione di frequenti rischedulazioni) e della lunghezza del periodo di codifica
della conoscenza dell’esperto (il programmatore) nella base di dati del sistema
software;
• le reti neurali sono particolari sistemi esperti in cui la conoscenza non è codificata
attraverso regole comportamentali, bensì attraverso un’architettura pseudo cerebrale
composta da nodi binari (neuroni), pesi (eccitatori e inibitori) e connessioni; sebbene
tale tecnica faciliti il processo di apprendimento (e quindi la gestione di scenari
turbolenti) rispetto ai sistemi a regole, le sue applicazioni sono generalmente
limitate a casi particolari (taglio dei metalli, sistemi di diagnostica, sistemi di
ispezione qualità), mentre non sono note applicazioni complete di scheduling a
reparti complessi; la causa di ciò risiede, analogamente a quanto detto per i sistemi
esperti, nel considerevole sforzo di modellizzazione e nella conseguente distanza
che rischia di crearsi tra il sistema di scheduling e il sistema fisico da programmare;
• gli algoritmi genetici infine rappresentano una particolare classe di euristici
adattativi basati su principi derivati dall’evoluzione dei sistemi biologici;
l’algoritmo è in pratica un sistema di ricerca che assimila il problema da
modellizzare ad un problema di sviluppo: solo gli individui (soluzioni) che
possiedono determinate caratteristiche genetiche sopravvivono in determinati
contesti e meglio si adattano a turbolenze dell’ambiente esterno; quanto detto a
proposito delle reti neurali vale, dal punto di vista qualitativo, anche per gli
algoritmi genetici.

In conclusione, è opportuno evidenziare un limite che accomuna le diverse


tecniche afferenti alla classe esaminata: per quanto complesse possano essere le loro
applicazioni, ben difficilmente esse possono gestire situazioni episodiche o difficilmente
modellizzabili (quali, ad esempio, la maggior abilità di un operatore rispetto ad un altro
nell’eseguire una data operazione).

Gli schedulatori interattivi

Gli schedulatori interattivi rappresentano dal punto di vista logico, il sistema più
semplice in assoluto, in quanto la schedulazione non è operata da nessun sistema, bensì
dal programmatore.
La filosofia sottesa da questo tipo di prodotti è fondamentalmente quella di
lasciare il (ricco) compito decisionale all’operatore, delegando al sistema solo le
verifiche di congruenza e accettando eventuali forzature.
Ovviamente gli schedulatori interattivi hanno tratto grande beneficio dallo
sviluppo delle funzionalità offerte dagli elaboratori in termini di potenzialità di
rappresentazione grafica, gestione multifinestra, architetture ad oggetti, ecc., tanto che la
maggior parte degli schedulatori oggi in commercio (ed utilizzati largamente nelle realtà
industriali) è strutturata secondo questo tipo di approccio (l’automazione è spesso
limitata alla formulazione di un piano di massima iniziale secondo semplici regole).

1. Elaborazione automatica di una prima


schedulazione
Utente

3. Verifiche di 2. Simulazione manuale assistita


congruenza e (forzature al piano, modifica di
valorizzazione delle sequenze, ecc.)
alternative

Schedulatore 4. Selezione dell’alternativa (piano)


e rilascio in reparto

Figura 3. Architettura di funzionamento di uno schedulatore interattivo.

L’architettura di funzionamento di uno schedulatore interattivo è rappresentata in


Figura 3. I passi in cui si sviluppa una sessione di schedulazione sono esposti di seguito,
tralasciando ovviamente quelli relativi all’interfacciamento con il restante sistema
informativo per l’acquisizione degli ordini da programmare e per la restituzione dei
piani rilasciati.
1. Elaborazione automatica di una prima schedulazione; questa prima fase è
mirata ad automatizzare le operazioni di allocazione dei lavori alle risorse
produttive ed è eseguita basandosi su algoritmi (ottimizzanti, euristici, ecc.)
che operano in modalità trasparente per l’utente e che forniscono una
soluzione che non ha l’ambizione di essere la soluzione finale da rilasciare ai
reparti, bensì solo una prima soluzione “di partenza”, per successivi
affinamenti e/o variazioni da compiere a cura del programmatore. In questa
fase pertanto si “recuperano” le tecniche menzionate in precedenza; gli
schedulatori interattivi più evoluti dispongono infatti di “librerie” di queste
tecniche, il che rende estremamente importante la fase di parametrizzazione
dello strumento, in quanto è in questa fase che si selezionano le tecniche più
adatte a generare questa prima soluzione. Tanto più questa delicata fase è
gestita in modo adeguato, tanto più efficace sarà ovviamente l’utilizzo dello
strumento in azienda.
2. Simulazione; in questa fase l’utente, a partire dalla prima soluzione generata
dallo schedulatore interattivo e sfruttando le potenzialità di interfaccia offerte
dai moderni schedulatori, opera in modalità interattiva tutte le variazioni e/o
affinamenti richiesti dal contesto. Ogni variazione rappresenta dal punto di
vista logico l’emissione di un’alternativa di piano (ad esempio il
programmatore può decidere di anticipare un ordine rispetto a quanto
proposto dal sistema, oppure può decidere di variare l’allocazione dei
prodotti alle macchine o, infine, può variare le sequenze di realizzazione,
ecc.). Ciascuna di queste alternative viene quindi “verificata” e “valorizzata”
nella fase successiva.
3. Verifica di congruenza e valorizzazione; il sistema in questa fase opera
fondamentalmente un controllo che le forzature o le variazioni apportate dal
programmatore siano congruenti con i vincoli del problema, cioè, ad
esempio, sia rispettata la sequenza delle fasi di lavorazione da eseguire su un
dato particolare, siano verificati i vincoli di disponibilità dei materiali e
semilavorati, siano rispettati i vincoli relativi alla capacità produttiva
(macchine e/o manodopera) ed alla disponibilità delle risorse ausiliarie
(attrezzisti, utensili, pallet, trasportatori, ecc.). Ogni alternativa viene quindi
in modo automatico “valorizzata” dallo schedulatore interattivo, nel senso
che è immediato ottenere informazioni circa il profilo delle giacenze
derivante dal rilascio del piano impostato, i ritardi, il tempo da dedicare
all’esecuzione dei setup, la saturazione delle macchine, le code, i tempi di
attraversamento, ecc.
4. Rilascio; questa fase consiste fondamentalmente nella selezione
dell’alternativa di piano giudicata “migliore” dal programmatore, nel
congelamento di tale decisione e nell’emissione di tutta la documentazione
operativa di fabbrica.
Come si può notare, l’approccio dello schedulatore interattivo è in sintesi un
approccio di tipo simulativo: all’utente vengono forniti un insieme di strumenti che
permettono di testare velocemente differenti alternative di programmazione,
valorizzandole sulla base di indicatori di efficacia ed efficienza, verificandone la
congruenza (rispetto dei vincoli interni – es. capacità produttiva, sequenza delle fasi - ed
esterni – es. lead time dei fornitori, date richieste dai clienti) e confrontando tali
alternative sia in modo tabellare, sia in modo grafico, per procedere quindi alla scelta
dell’alternativa (piano) da rilasciare in reparto.

4. L’evoluzione dell’integrazione tra sistema di scheduling e sistema


informativo aziendale

Può essere interessante accennare in questa sede al problema di come integrare il


sistema di scheduling di reparto (o più sistemi di scheduling di differenti reparti o unità
produttive) nel più ampio sistema informativo aziendale.
Per far ciò si intende analizzare come è stato risolto in passato questo problema,
al fine di identificare quale possa essere oggi un assetto di integrazione congruente.
Storicamente, la prima applicazione di sistema informativo nell’area tecnico
produttiva è stato il sistema MRP (Material Requirements Planning), ossia il sistema
che consente la definizione dei fabbisogni datati di prodotti finiti sottassiemi,
componenti e materie prime, noto il piano di vendita in un orizzonte temporale che può
variare dal mese all’anno. Tale applicazione rappresenta tuttora, soprattutto nei moderni
sistemi informativi integrati (o ERP, Enterprise Resources Planning) la spina dorsale
del sistema informativo di qualsiasi azienda manifatturiera in quanto molte applicazioni
(ad esempio la contabilità industriale) si appoggiano a dati tecnici specifici di MRP
(anagrafiche, distinte) o produttivi in generale (cicli, dichiarazioni di avanzamento,
ecc.). Questa situazione fa sì che oggi la procedura MRP sia ormai considerata facente
parte a tutti gli effetti del sistema informativo gestionale.
Partendo da questo assetto (sistema gestionale con MRP), gli sviluppi in termini
di integrazione dei sistemi di schedulazione a cui in passato hanno teso le aziende sono
stati:

• integrazione del sistema tradizionale MRP con un sistema di schedulazione a


capacità finita, tipicamente realizzato mediante il trasferimento dal sistema
gestionale di dati relativi a ordini, anagrafiche, distinte, ecc. e spesso integrato solo
in una direzione (da sistema gestionale a schedulatore); la considerazione che per
operare buone schedulazioni è necessario avere una corretta visibilità
dell’avanzamento e che tale integrazione non è spesso compatibile con le frequenze
di aggiornamento dei sistemi gestionali, ha spinto spesso allo spostamento
dell’applicazione controllo avanzamento nel mondo schedulazione, favorendo la
migrazione verso la successiva fase;
• integrazione con controllo avanzamento, in cui tutti i dati dello shop floor sono
raccolti on line (con sistema di identificazione automatica bar code e device di
lettura sempre più sofisticati) direttamente nel mondo scheduling, in modo da poter
operare rischedulazioni su fotografie il più possibile aggiornate degli avanzamenti
produttivi;

Gli sviluppi più recenti sono invece avvenuti nel mondo gestionale: il disporre di
sistemi gestionali integrati di tipo ERP lascia qualche dubbio sulla necessità di inserire
in azienda sistemi di scheduling di reparto; in effetti l'integrazione tra ERP e sistema di
schedulazione porta normalmente benefici purché ben progettata in termini di reciproco
dominio delle applicazioni, in quanto la schedulazione fine di reparto non è
normalmente coperta dalle funzionalità ERP, soprattutto quando i reparti presentano
specifiche peculiarità.
In effetti i sistemi ERP ed i sistemi APS (Advanced Planning System, acronimo
con cui si identificano usualmente i sistemi di schedulazione integrata interattivi)
presentano significative differenze. In Tabella 3 sono sintetizzate alcune caratteristiche
che contraddistinguono i due sistemi.

Tabella 3. Alcuni elementi di confronto tra le caratteristiche dei sistemi ERP e APS
ERP APS
Focalizzazione Gestione ed integrazione Analisi e simulazioni di reparti
su dati aziendali mediante o catene logistiche effettuate
elaborazioni spesso di tipo anche in real time
batch
Modellizzazione Infinita (o gestita in modo Finita e dettagliata in risorse
della capacità indiretto tramite i lead time) produttive (es. macchine e
produttiva manodopera) ed ausiliarie
(es. attrezzisti, utensili, ecc.)
Controllo Gerarchico top – down Controllo integrato delle
risorse produttive, possibilità
di avere controllo distribuito
per i vari reparti e possibilità
di approcci bottom-up
Logiche di Semplici (esempio: Algoritmi di ottimizzazione,
calcolo esplosione della distinta euristici, di intelligenza
base), completamente artificiale utilizzati per
automatizzate e ripetitive proporre le “soluzioni di
partenza”, da modificare a
cura del programmatore

Anche dall’analisi delle poche caratteristiche riportate in tabella, appare evidente


come i fabbisogni di pianificazione, programmazione e controllo della produzione
possano essere maggiormente soddisfatti da sistemi quali gli APS, contraddistinti da
un’impostazione orientata alla simulazione, alla modellizzazione di dettaglio del
problema ed alla gestione interattiva dell’emissione delle soluzioni (piani di
produzione). Al fine di soddisfare sia i fabbisogni aziendali di centralizzazione del
controllo ed integrazione delle informazioni, sia i fabbisogni logistico-produttivi, si
rende pertanto necessario analizzare le migliori modalità di integrazione tra i sistemi
aziendali (ERP) ed i sistemi logistico-produttivi (APS).
Sono qui riportate alcune considerazioni relative al posizionamento di alcune
informazioni e di alcune attività di frontiera tra ERP e schedulazione.
La prima considerazione riguarda i criteri di posizionamento di eventuali dati di
completamento in termini di magazzini, cicli, distinte, ecc. richiesti dal sistema di
scheduling ma che necessariamente servono ad altre applicazioni ERP. A giudizio degli
autori è necessario catalogare i dati richiesti dalla schedulazione e mancanti nell’ERP in
funzione della loro valenza:
• dati quali i magazzini (saldi e movimenti), i codici di alcuni prodotti intermedi, le
distinte ed i cicli standard abbiano una valenza aziendale, devono pertanto essere
gestiti a livello ERP ed il sistema informativo di produzione deve acquisirli (codici,
distinte, cicli standard) o preoccuparsi di aggiornarli (magazzini); la motivazione di
questo è che i dati sopra citati potrebbero avere in futuro rilevanza anche ai fini di
costing di prodotto in particolare e contabilità industriale in generale, pertanto
sembra corretto che essi vengano gestiti in modo congruente ai restanti dati utilizzati
per il costing;
• dati quali macchine alternative, tempi di setup, distinte alternative, ecc. hanno
invece una valenza prettamente produttiva, e quindi possono essere di proprietà (e
gestione) anche del solo sistema di schedulazione;

La seconda e più importante considerazione riguarda il posizionamento del


sistema di gestione dell’ordine cliente, soprattutto quando sono richieste funzionalità di
tipo ATP (Available To Promise)5: a giudizio degli autori si ritiene che questa attività
sia di competenza ERP e non debba quindi essere gestita dal sistema di schedulazione; a
supporto di tali funzionalità, infatti, lo schedulatore dovrebbe operare sempre in
modalità “slave” rispetto all’ERP, trasmettendo al più informazioni di ritorno, quali
slack di capacità, ordini di produzione pianificati, date di prevista disponibilità dei
prodotti a magazzino in funzione dei piani, ecc..
Tale scelta permette di evitare la creazione di duplicazioni informative tra i
sistemi dedicati di schedulazione, che per loro natura sono sistemi locali in modo da
riuscire a gestire al meglio realtà produttive anche significativamente differenti, e l’ERP,
che per definizione è un sistema aziendale, nel quale devono quindi essere presenti le
logiche di gestione degli enti che fanno front end con il mercato, quali il Commerciale e
la Logistica, e che è auspicabile siano omogenee a livello azienda e non personalizzate
per unità produttiva.

5. Conclusioni.

L’analisi effettuata, permette di identificare i motivi principali per i quali esiste


una forte dicotomia tra sforzo di ricerca ed applicazioni industriali di sistemi di
scheduling automatizzati (ottimizzanti, euristici, basati su tecniche di intelligenza
artificiale, ecc.) tale da giustificare il successo che recentemente stanno avendo i sistemi
di scheduling interattivi:

• molto spesso in azienda si riscontra la presenza di dati non congruenti (dati non
formalizzati o difficilmente formalizzabili, procedure e norme affidate all’esperienza
degli operatori, ecc.) per la generazione e l’analisi del piano di produzione; questo
porta come risultato ad avere piani di produzione tanto più inutilizzabili quanto più i
modelli ottimizzanti sono di dettaglio. Gli schedulatori interattivi invece, delegando
all’uomo la funzionalità di generazione del piano, riescono a superare questi
problemi; tuttavia è ovviamente consigliabile procedere in ogni caso ad un
adeguamento della qualità dei dati utilizzati per la programmazione;
• negli schedulatori ottimizzanti (ed anche in quelli euristici) i piani di produzione
spesso non sono validati sull’effettiva disponibilità delle risorse (macchine,
manodopera, attrezzature) e dei materiali perché i sistemi di scheduling non riescono
a tenere contemporaneamente in considerazione più risorse critiche; ne conseguono
infattibilità dei piani, ritardi non previsti e necessità di frequenti rischedulazioni, il
che porta di fatto ad una gestione per urgenze (i programmatori diventano
sollecitatori), a situazioni di “emergenza cronica” ed al peggioramento dei parametri
di prestazione (lead time, work in progress, ecc.). Anche in questo caso, gli
schedulatori interattivi forniscono una soluzione al problema, in quanto
l’interattività dello strumento di programmazione permette di supportare l’utente in
modo più efficace che non uno strumento di generazione automatica di piani
“ottimi”;
• la complessità ed i tempi di elaborazione degli schedulatori automatici rendono
spesso difficile la valutazione di alternative in termini di costi e di opportunità con

5
Il calcolo dell’ATP definisce le quantità di prodotti disponibili per la consegna in uno specifico
orizzonte temporale.
approcci simulativi di tipo what if;
• nei sistemi produttivi in genere è presente un ampio spettro di tipologie di risorse
(macchine singole, job shop, linee, ecc.); da ciò nasce l’esigenza di uno strumento di
schedulazione che sia configurabile, ossia che possa essere facilmente adattato a
differenti contesti produttivi; gli schedulatori interattivi rispondono a questa
esigenza: la configurabilità è ottenuta agendo su specifici parametri e minimizzando
quindi le personalizzazioni, che dovrebbero essere limitate al solo interfacciamento
tra sistema di schedulazione e restante sistema informativo aziendale.

Analogamente a quanto successo in passato per i sistemi MRP, l’insieme di


questi fattori, unito alla turbolenza dello scenario, alla sempre maggior frequenza con
cui si presentano nuovi problemi e soluzioni innovative, al ridursi del ciclo di vita delle
soluzioni stesse, porta a situazioni in cui le soluzioni algoritmiche adottate (o gli
strumenti inseriti) nel contesto produttivo non forniscono i risultati attesi, non per errori
intrinseci degli strumenti, quanto per problemi di start-up, causando fatalmente il rigetto
da parte della struttura aziendale preesistente.

Oltre alle difficoltà di tipo “tecnico”, che orientano verso la scelta di schedulatori
interattivi piuttosto che non di soluzioni automatiche, sono da valutarsi anche gli aspetti
connessi all’architettura del sistema informativo ed alle ricadute organizzative.
Nel capitolo precedente si è esaminata l’evoluzione delle soluzioni, facendo
intravedere come una architettura “di riferimento” possa essere l’integrazione di sistemi
ERP con sistemi APS; mentre le difficoltà “tecniche” sopra elencate accomunano
aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, gli aspetti legati all’assetto del sistema
informativo ed ai problemi “organizzativi” di start-up sono spesso una criticità peculiare
delle piccole e medie imprese. Innanzitutto si constata che l’architettura ERP-APS è
senz’altro sovradimensionata, non tanto per aspetti legati alla tecnologia o
all’investimento nei sistemi informativi, quanto per aspetti di tipo “organizzativo”. La
gestione anche di un semplice progetto di informatizzazione delle procedure di
scheduling (non quindi di un più ambizioso progetto ERP) richiede infatti sotto il
profilo organizzativo (Secchi, 1997) una chiara assegnazione di responsabilità e compiti,
nonché una disponibilità di professionalità capaci di gestire un processo aziendale
complesso ed articolato. Questo può costituire un elemento di criticità nelle piccole e
medie imprese, dove la struttura organizzativa è spesso sottodimensionata rispetto ai
fabbisogni di un progetto di revisione o implementazione del sistema informativo di
schedulazione, in quanto differenti responsabilità e compiti fanno capo a poche persone
fisiche, la cui disponibilità di tempo si rivela dunque critica prima ancora di iniziare il
progetto.

Alla luce delle difficoltà sia “tecniche”, sia soprattutto “organizzative” che si
incontrano nella introduzione di sistemi di programmazione operativa della produzione
(soprattutto nelle piccole e medie imprese), la soluzione che oggi sembra meglio
coniugare i fabbisogni di tempestività di informazione e di utilizzo efficiente delle
risorse (ivi compreso il responsabile della programmazione) è rappresentata senz’altro
dagli schedulatori interattivi, eventualmente integrati con sistemi ERP nel caso di
aziende di medio-grandi dimensioni. Questa soluzione permette infatti di arricchire
significativamente il patrimonio di dati ed informazioni che il programmatore
normalmente utilizza per predisporre i piani, consente di gestire in modo efficiente i
problemi legati alla difficoltà di trovare una soluzione “ottima” al problema (delegando
all’operatore le scelte influenzate da parametri non formalizzabili) e permette
l’esecuzione di frequenti rischedulazioni a fronte di urgenze o imprevisti.
Per contro, a fronte dell’aumento di complessità in termini di volumi di dati da
gestire (incremento del numero di codici prodotto e delle tipologie di differenti processi
produttivi), è sempre più necessario porre attenzione non solo alle funzionalità di
interattività proprie di questi strumenti, ma anche alle funzionalità di generazione
automatica di piani di produzione, che effettuano ottimizzazioni grossolane su una
grande mole di dati (per l’emissione delle prime soluzioni da modificare in seguito a
cura del programmatore). Questo ovviamente rende assai critica la fase di
modellizzazione e parametrizzazione del sistema, nonché la selezione della soluzione
informatica da adottare; quest’ultima considerazione vale indipendentemente dalla
dimensione aziendale ed è peraltro in linea con i risultati di recenti ricerche che paiono
dimostrare come la dimensione aziendale non sia un criterio di differenziazione
significativo in termini di soluzioni gestionali da adottare e come sia senz’altro più
rilevante il grado di complessità (Caridi, Funari, Secchi, 1997).
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