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Misure primarie
Utilizzo di un combustibile a basso contenuto di zolfo
Come ovvio, il passaggio ad un combustibile a basso contenuto di zolfo può ridurre le
emissioni di SO2 in maniera significativa.
La possibilità di attuare questa misura dipende dalla disponibilità del combustibile e dal
tipo di impianto di combustione.
Misure secondarie
Per quanto riguarda le tecnologie per la desolforazione, la maggior parte di questi processi
implica il contatto di sostanze con il gas esausto, che permette di ottenere il trattenimento
dell’ SO2 in una fase liquida o solida, mediante reazione chimica o assorbimento.
In entrambi i casi il prodotto ottenuto viene scaricato come scarto e per questo il materiale
desolforante utilizzato deve avere almeno tre caratteristiche di base:
• trattenere in modo molto stabile la SO2
• non essere tossico o pericoloso
• basso costo: il materiale che meglio soddisfa a queste esigenze è il calcare, inteso
come CaCO3, più varie altre sostanze quali MgCO3 (dolomite), SiO2, ecc.; il calcare
può essere utilizzato tal quale o calcinato in forma di ossido di CO o calcinato e
idratato come Ca(OH)2.
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Principi dell’assorbimento
E’ il meccanismo chimico-fisico per cui molecole, atomi o ioni formano un legame chimico
o instaurano un’interazione di tipo chimico-fisico, attraverso forze di Van der Waals, sulla
superficie di interfase. L’interfase, cioè la superficie di separazione tra due diverse fasi,
coinvolta è spesso del tipo solido-liquido o solido-gas.
L’operazione unitaria dell’assorbimento si basa sul trasferimento della sostanza dalla fase
gassosa ad una fase liquida in cui si trova dissolta in un solvente e pertanto sull’equilibrio
gas-liquido.
Tale equilibrio è espresso dalla formula:
pa = Pa xa Ψa,S
ove:
pa = pressione parziale del componente a nel vapore
= PTOT φa,v Ya
φa,v = fugacità del componente a nel gas
Pa = tensione di vapore del componente a puro, alla temperatura assegnata
xa = frazione molare del componente a nel liquido
Ya = frazione molare del componente a nel vapore
Ψa,S = coeff. di attività del componente a nel solvente
I coeff. di attività e fugacità rappresentano gli effetti di interferenza tra le molecole del
componente e le altre molecole presenti.
E’ in generale trascurabile l’interferenza in fase gassosa e di conseguenza l’assunzione
φa,v = 1 è comune e la pressione parziale si esprime perciò come:
pa = Ya PTOT
Non è invece quasi mai trascurabile l’interferenza in fase liquida, soprattutto tra molecole
con caratteristiche chimico-fisiche diverse.
I fenomeni reali hanno tempi ridotti ed il trasferimento di materia tra la fase gas e quella
liquida avviene in modo dinamico, pertanto esiste una seconda legge che deve essere
esplicitata che è quella di velocità di trasferimento.
In generale si può scrivere:
flusso di materia = forza motrice • coeff. di scambio
ove:
Na = moli di a trasportate nell’unità di tempo
Ai = area dell’interfaccia
Ya,g = concentrazione di a in fase gas
Ya,l* = concentrazione fittizia di a in un vapore in equilibrio con il liquido contenente a alla
concentrazione xa,l
Ka,g = coeff. di scambio di materia
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Si può agire su questo parametro cambiando la portata di liquido assorbente rispetto a
quella di gas, la temperatura del liquido assorbente od estraendo dalla soluzione
assorbente il composto volatile.
Il coeff. di scambio di materia dipende dalla fluidodinamica del sistema e quindi dalle
portate di liquido e gas e dal tipo di riempimento utilizzato, che influisce anche sull’area di
scambio di materia.
1. Tipo di processo:
2. Tipo di solvente:
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Rappresentazione schematica di assorbimento controcorrente
Per ottenere la maggior superficie di contatto tra liquido e gas, all’interno della colonna si
possono usare diverse soluzioni:
• atomizzazione: si realizza nelle torri spray facendo fuoriuscire il solvente in
pressione da appositi ugelli che formano gocce di diametro < 1 mm
• piatti di gorgogliamento: soluzione nota per le colonne di distillazione, trova una
minore applicazione nei processi di assorbimento per le tipiche oscillazioni di
portata del gas
• riempimento disordinato: la colonna viene riempita con materiali a grande
superficie specifica, che viene completamente bagnata dal liquido.
Nella figura sottostante sono mostrati tipi di riempimenti disordinati.
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Riempimenti disordinati per assorbitori (US Stoneware)
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• riempimento ordinato: la tecnica è analoga al punto precedente, ma il
riempimento è costituito da griglie, reti o garze già prodotte in pacchi da inserire
nelle colonne. Sono più costosi dei riempimenti disordinati, ma hanno il vantaggio di
garantire l’operabilità della colonna in un ampio range di portata di solvente e di
avere un’efficacia di scambio di materia notevolmente superiore
• Venturi scrubber: sono utilizzati in particolare per portate di gas molto elevate,
quando il trasferimento di materia non è problematico.
Gli scrubber ad umido sono la tecnologia di desolforazione più ampliamente usata nel
mondo.
Il primo impianto di desolforazione ad umido che produceva gesso entrò in servizio nel
1975 su una unità a carbone della centrale di Takasago in Giappone.
La figura mostra uno schema di processo di un modello recente di desolforatore
calcare/gesso ad umido.
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L’uso di un sorbente abbondantemente disponibile e poco costoso (il calcare), la
produzione di prodotti di risulta riutilizzabili (il gesso), l’affidabilità e l’efficienza raggiunte
(oltre il 90%) sono le caratteristiche principali di questa tecnologia.
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modo da ottenere gesso di qualità commerciabile e la minima quantità possibile di reflui da
discarica.
Alternativamente, il solfito di calcio CaSO3 non viene ossidato se non parzialmente e
smaltito direttamente, sotto forma di una poltiglia tixotropica: tale processo, ampliamente
utilizzato fino ad oggi in Germania e negli Stati Uniti vista la disponibilità di vaste cave, sta
via via perdendo interesse data la necessità di grandi spazi per lo smaltimento di reflui non
riutilizzabili.
La complessiva reazione del processo di desolforazione è dunque la seguente:
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del pH, differenziandoli fra assorbimento (pH più alto) e ossidazione (pH più basso) per
raggiungere maggiori livelli di efficienza del processo: tali valori sono ottenuti introducendo
calcare di reintegro solo nel ciclo superiore (aumentando quindi il pH) e facendo
semplicemente ricircolare lo slurry raccolto nel fondo della vasca nel ciclo inferiore.
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SO2, assorbita da ammoniaca acquosa, dà infatti luogo a solfato di ammonio,
utilizzabile come fertilizzante.
Il principale tra i processi a base di ammoniaca è il sistema denominato Amasox,
precedentemente noto come processo Walther: in tale processo l’iniezione di uno
spray di ammoniaca in forma acquosa produce solfito di ammonio, ossidato
successivamente a solfato.
La soluzione di sale di ammonio dall’assorbitore è poi concentrata in un’unità di
evaporazione.
Il prodotto finale è fertilizzante commerciabile.
• Processi ad acqua di mare: l’acqua di mare è alcalina in natura e contiene
bicarbonati, il che indica un’alta capacità di rimozione della SO2. Nel processo, la
SO2 è assorbita nella forma di ioni solfato, i quali sono un naturale costituente
dell’acqua marina; dopo il lavaggio dei fumi l’acqua utilizzata è trattata con aria per
ridurne l’acidità e quindi scaricata di nuovo in mare.
Sistemi avanzati di abbattimento con acqua di mare possono raggiungere efficienze
di rimozione fino al 95%, bruciando carbone con meno dell’1% di contenuto di zolfo.
Il sistema di desolforazione a secco del tipo spray dry è il secondo processo al mondo
come diffusione dopo il processo ad umido tipo calcare gesso.
Il primo spray dry fu installato su un impianto a carbone nel 1980 negli Stati Uniti. A livello
mondiale il processo spray dry è largamente diffuso ed è utilizzato dal 74% degli impianti
che adottano un sistema di desolforazione a secco.
Il processo utilizza una sospensione di idrossido di calcio (calce idrata) per abbattere la
SO2 presente nei fumi.
La figura mostra uno schema di processo di uno spray dry scrubber.
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In generale, questi processi utilizzano solo sorbenti a base di calcio, ovvero calce (CaO)
oppure idrossido di calcio (Ca(OH)2).
La definizione di semi-secco deriva dall’utilizzo di una soluzione acquosa, dosata però in
modo tale da consentire la completa evaporazione dell’acqua all’interno del vessel di
assorbimento, così da poter trattare, come materiale di risulta, polvere secca. Lo slurry di
calce è atomizzato nel reattore sotto forma di particelle finissime; il calore del gas
consente quindi l’evaporazione dell’acqua. Il tempo di permanenza consente alla SO2 e
alle altre sostanze (SO3 e HCl) di reagire con la calce per formare una miscela secca di
solfati e solfiti.
Il fatto che l’acqua evapori completamente consente di eliminare le apparecchiature per il
trattamento dell’acqua di lavaggio, mentre sono richiesti efficienti sistemi di controllo e
raccolta del particolato, quali i precipitatori elettrostatici ed i filtri a manica, data la natura
polverulenta dei residui.
L’efficienza dei processi a semisecco in uso raggiunge rimozioni oltre il 90%, con punte
fino al 95%.
• Iniezione in caldaia
Il processo prevede l’iniezione di un sorbente (calcare polverizzato o calce idrata o
dolomite) in caldaie di tipo convenzionale (vedi Figura).
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Il processo, grazie alle alte temperature presenti in caldaia, porta alla formazione di
particelle reattive di ossido di calcio (CaO). La superficie esterna di queste particelle
reagisce con la SO2 presente nei fumi con la formazione di solfito (CaSO3) e solfato di
calcio (CaSO4). Tali prodotti di reazione sono poi captati dai sistemi di abbattimento del
particolato (filtro a maniche o elettrofiltro).
Le reazioni che hanno luogo sono le seguenti:
CaCO3 + calore CaO + CO2 oppure Ca(OH)2 + calore CaO + H2O
CaO + SO2 + ½ O 2 CaSO4
Il range di temperatura che consente la reazione di desolforazione in caldaia tra il CaO e
la SO2 è 980 – 1230 °C, con un tempo di permanenza di alm eno 1,5 secondi.
L’efficienza di abbattimento della SO2 è di circa il 50% con un rapporto Ca/S di 2 – 4 e con
iniezione del sorbente (calcare) alle temperature ideali; l’efficienza di abbattimento e
l’utilizzo del reagente sono inferiori rispetto a quelle di altri sistemi di desolforazione.
L’iniezione di sorbente in caldaia oltre alla SO2 abbatte, almeno in parte, anche la SO3.
L’efficienza di abbattimento della SO2 può essere aumentata di circa il 10% iniettando
acqua nel condotto a monte dell’elettrofiltro e può arrivare a 70 – 90% mediante il riciclo in
caldaia dei prodotti di reazione.
Il processo prevede l’iniezione di un sorbente a base di calcio o di sodio nei condotti fumi a
monte del sistema per la captazione del particolato, filtro a maniche o elettrofiltro (vedi
Figura).
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I sorbenti utilizzati sono:
• la calce idrata secca, che richiede l’umidificazione dei fumi mediante l’iniezione di acqua
negli stessi;
• il bicarbonato di sodio (NaHCO3), che non richiede l’umidificazione dei fumi;
• la calce idrata in sospensione acquosa, che non richiede l’umidificazione dei fumi.
Processi rigenerativi
Il reagente utilizzato, una volta assorbita la SO2, viene riprocessato per il suo recupero,
chimicamente o termicamente; il prodotto di risulta è SO2 concentrata, trasformata in zolfo
puro o acido solforico destinabile alla commercializzazione.
Nei processi di desolforazione rigenerativi il sorbente è dunque rigenerato, chimicamente
o termicamente, e riutilizzato. Questi processi utilizzano reagenti a base di sodio (Na2SO3)
o magnesio (MgO), mentre il prodotto di reazione, zolfo o acido solforico (H2SO4), una
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volta recuperato dai gas grezzi, può essere venduto, contribuendo parzialmente a ridurre
gli alti costi di impianto che tale tecnologia richiede.
Pur non richiedendo la messa a discarica dei reflui e producendo acque di scarico in
misura limitata, i processi rigenerativi necessitano generalmente di un prelavatore, onde
offrire al mercato zolfo di buona qualità, hanno elevati costi di capitale ed elevato consumo
di energia: va infatti messo nel conto, oltre al processo di desolforazione, anche quello
inverso di estrazione successiva dei composti di zolfo dal prodotto di reazione per il
recupero chimico del reagente.
Certamente la più diffusa tecnologia a rigenerazione è il processo Wellman–Lord:
la SO2 è separata dal gas tramite una soluzione acquosa di solfito di sodio; la susseguente
rigenerazione del reagente produce un flusso di anidride solforosa concentrata che può
essere convertita in un prodotto commerciabile, come SO2 liquida, acido solforico o zolfo.
Come si può notare, la fisionomia del processo è simile a quella del calcare/gesso.
Spesso si pone un prelavatore a monte dell’assorbitore per la rimozione degli ioni cloruro,
interferendo questi con il processo di assorbimento.
Le reazioni chimiche generali del processo Wellman- Lord sono le seguenti:
• assorbimento della SO2:
Na2SO3 + H2O + SO2 2NaHSO3
• rigenerazione del sorbente e recupero della SO2:
2NaHSO3 + calore Na2SO3 + H2O + SO2
Il processo Wellman –Lord può raggiungere efficienze di rimozione superiori al 98% con
carboni ad alto tenore di zolfo.
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Processi combinati
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