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Amplificatori a basso rumore (LNA)

3.1 Introduzione
In questo capitolo sono trattati gli amplificatori a basso rumore (LNA), la realizzazione dei
quali è legata all’esigenza di dover amplificare i segnali molto deboli che giungono all’antenna
(anche -110 dBm) cercando di non deteriorare il rapporto segnale-rumore, di per se già molto basso
(dell’ordine dei 20 dB), lavorando cioè con un fattore di rumore il più possibile vicino all’unità. Si
tratta quindi di stadi in generale molto semplici, per via del fatto che una maggiore complessità
comporta un maggior numero di componenti e, quasi certamente, un rumore più elevato.
Si analizzeranno in dettaglio le caratteristiche che distinguono questo particolare amplificatore
dagli altri studiati in precedenza, dai quali differisce per la metodologia di progetto e per i parametri
che ne definiscono le prestazioni.

3.2 Caratteristiche di un LNA


3.2.1 Guadagno
Ovviamente un LNA deve avere un guadagno, ma in questo caso si parla di guadagno di
potenza dato che sull’antenna arriva una potenza. Rispettando le convenzioni di segno riportate
nella fig. 3.1 si può ricavare il legame tra il guadagno di tensione e quello di potenza.

RS

vS vi AMP. ZL vo

Pi Po

Fig. 3.1 Convenzioni per il segnale e la potenza in un amplificatore


Il guadagno di potenza è definito dal rapporto tra la potenza entrante e quella uscente, entrambe
in valor medio:

Po
AP = (3.1)
Pi

da cui:

AP =
[
1 2 ⋅ Re Vo ⋅ I o* ]V
= o ⋅
Re[YL ]
2

[
1 2 ⋅ Re Vi ⋅ I i
*
]Vi Re[Yi ]
(3.2)

Re[YL ]
AP ( dB ) = AV ( dB ) + 10 log
Re[Yi ]
(3.3)

Dalle (3.2) e (3.3) si vede che i due guadagni sono uguali quando si ha Re[YL] =Re[Yi]. Come
già detto, parlando di LNA si parla di guadagni di potenza, i cui tipici valori richiesti possono
variare da 12 dB a 20 dB. É difficile guadagnare molto, sia per problemi di rumore che di linearità e
stabilità. In effetti un guadagno di 20 dB può sembrare piccolo ma si deve tener presente che esso
attenuerà il rumore degli stadi successivi (di un fattore pari al suo quadrato).

3.2.2 Frequenza operativa


Nelle applicazioni che si studieranno si parlerà sempre di frequenza operativa piuttosto che di
banda, questo perché generalmente si ha a che fare con segnali a banda stretta. Ad esempio: il
segnale del DECT è centrato attorno a 1.9 GHz, con una larghezza di banda di 17 MHz, si hanno 10
canali, ciascuno occupante 1.7 MHz; il segnale del GSM si trova attorno a 0.9 GHz con una banda
pari a 35 MHz (da 925 a 960 MHz) in cui si trovano 175 canali, con 200 KHz per canale.
Quello che interessa, in un LNA, è che esso possa lavorare correttamente alla frequenza
centrale, non ci si pone il problema di garantire la costanza del guadagno dato che i valori di banda
sono talmente piccoli da far sì che questo requisito sia sempre soddisfatto.

3.2.3 Rumore
Si è già parlato del rumore nel capitolo precedente, in quest’ambito quello che interessa è
rendere la figura di rumore molto piccola. Essa dipende molto dalle tecnologie e di volta in volta
quindi, a seconda delle applicazioni, si preferisce lavorare con la tecnologia bipolare o con quella ad
arseniuro di gallio (GaAs) che garantisce grandi riduzioni del rumore generato nei dispositivi. I
tipici valori per la figura di rumore vanno da 2 dB a 3 dB.

3.2.4 Linearità
Il THD non ha grande peso nel processo di demodulazione perché, anche se vengono generate
armoniche di ordine superiore, ci sarà sempre un filtro a banda stretta che provvederà ad eliminarle.
La distorsione che crea problemi è invece quella di intermodulazione. Può accadere, infatti,
che il canale da ricevere sia di livello piuttosto basso e che nelle vicinanze (anche a distanza di 7, 8
canali) vi siano canali con livelli di potenza molto più alti.
In questo caso, per effetto dell’intermodulazione, questi ultimi generano delle componenti
spurie che possono sovrapporsi al canale desiderato:

Segnale distorcente
Segnale utile
Spuria Spuria Spuria

Banda di interesse ω 2
2
Fig. 3.2 Distorsione di intermodulazione

Naturalmente ci si preoccupa solo delle spurie in banda e di quanto esse possano andare a
degradare il segnale utile. Si parla di distorsione di intermodulazione considerando una
caratteristica di trasferimento del tipo:

v o = a1vi + a 2 vi2 + a 3 vi3 + ... (3.4)

Una rete lineare sarà caratterizzata dall’avere tutti i coefficienti nulli ad esclusione del primo
mentre in una generica rete non lineare potranno essere presenti tutti i termini.
Se il segnale d’ingresso fosse un solo canale (rappresentato da una sinusoide alla frequenza ω1)
non avremmo problemi di distorsione alcuna, perché le componenti spurie che genererebbe la (3.4)
cadrebbero tutte fuori banda utile.
I problemi nascono invece quando ci sono più canali contigui . Vediamo qualcosa in dettaglio e
consideriamo due sinusoidi (toni), aventi appunto frequenze prossime e uguale ampiezza per
semplicità:

vi = Ai cos(ω 1t ) + Ai cos(ω 2 t ) (3.5)

Quando questo somma viene amplificata ogni coefficiente della (3.4) dà luogo a componenti
spurie di varia frequenza secondo lo schema:

a1 ω1 , ω2

a2 2ωτ22≤2≡
ω≡22≤2×
ωτ22/2ω≡′≤2×
ωτ22Ι2ω≡′

ασ ψψ≤2×≡
ωτ22Ι2ω≡′ 2≤2×≡ Ι2ωτ ′≤2
ω≡222
2
Figura 3.3 Schematizzazione delle spurie generate dai coefficienti della (3.4)

Come si può notare le uniche componenti che cadono in banda sono dovute ai coefficienti di
ordine dispari. Spesso nel considerare questi effetti ci si ferma al termine di terzo grado, poiché
quelli di grado superiore hanno livelli di potenza decrescenti, si parla allora di spurie del terzo
ordine.
In effetti il termine a3 introduce tra le altre, due componenti spurie (2ω1 - ω2) e (2ω2 - ω1) che
cadono in banda e che alterano il segnale: la distorsione di intermodulazione è proprio questa. Per
quantificarla definiamo di seguito una serie di parametri appositi.

• Distorsione di intermodulazione (IM3)


Rappresentiamo graficamente i due toni visti in precedenza nella (3.5), e le due spurie del
terzo ordine che cadono in banda, mettiamoci all’uscita dell’amplificatore:

Ao (dBm)
Ao1
IM3
Ao3

(2ω1−ω2) ω1 ω2 (2ω2−ω1) ω

Fig. 3.4 Definizione della grandezza IM3

Le ampiezze dei due toni e delle relative spurie sono date dai fattori di amplificazione della
(3.4), e possiamo scrivere:

Ao1 = a1 Ai (3.6)
Ao3 = ka3 Ai
3
(3.7)

dove k è un fattore di proporzionalità che è poco importante specificare.


Si definisce distorsione di intermodulazione la quantità:

Ao1
IM 3 = 20 ⋅ log = ( Ao 3 ) dB − ( Ao1 ) dB (3.8)
Ao 3

Dalla (3.6) e (3.7) si vede che il valore di IM3 dipende dall’ampiezza dei toni in ingresso e
questo ne lede la generalità.

• Intercetta del 3°° ordine (IP3)


Il fatto che la IM3 dipenda in qualche modo da cosa metto in ingresso non è molto pratico, in
effetti è preferibile un parametro svincolato da questa dipendenza. Definiamo a questo proposito la
IP3 e partiamo dalle (3.6) e (3.7) riscrivendole in dB:

( Ao1 ) dBV = (a1 ) dB + ( Ai ) dBV (3.9)


( Ao 3 ) dBV = (ka3 ) dB + 3( Ai ) dBV (3.10)
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 27

Queste espressioni sono delle rette che hanno diversa pendenza, rappresentandole in un grafico
si scopre qualcosa di interessante:

(Ao)dBV

IM3

a1

Ai* IP3 (Ai)dB


Ao1
a3

Ao3

Figura 3.5 Definizione della grandezza IP3

Le due rette hanno validità solo per Ai non elevati, ma estrapolandone l’andamento si incrociano
in corrispondenza di un particolare Ai, che chiamiamo proprio IP3 .
Ai* è un generico valore dell’ampiezza e dallo stesso grafico possiamo quantificare
agevolmente anche la IM3 corrispondente; nelle applicazioni a radio frequenza di fatto IP3 è
preferito ad IM3, ma come visto i due sono tra loro dipendenti.
Cerchiamo adesso una relazione semplice che li leghi, partiamo dalla (3.8) e sostituiamo i
valori di Ao1 ed Ao3 espressi nelle (3.9) e (3.10):

IM3 = (ka3 ) dB − (a1 ) dB − 2( Ai ) dB (3.11)

Adesso in questa sostituiamo contemporaneamente IM3 = 0 dB e Ai = IP3, inoltre sottraiamo


ad entrambi i membri 2(Ai)dB , otteniamo:

(ka3 ) dB − (a1 ) dB − 2( Ai ) dB = −2( IP3 ) dB − 2( Ai ) dB (3.12)

Confrontando questa con la (3.11) si ottiene infine la relazione cercata:

IM 3
IP3 = ( Ai ) dB − (3.13)
2

Da questa espressione si vede chiaramente che quando Ai coincide con IP3 allora IM3 è nullo,
questo suggerisce un modo alternativo per definire la distorsione di intermodulazione: IP3
rappresenta il valore dell’ampiezza in ingresso tale da rendere nullo IM3.
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 28

• Punto di compressione a 1 dB (P1dB)


In un amplificatore reale, per potenze sufficientemente elevate, il guadagno tende ad
abbassarsi, la potenza d’ingresso per cui il valore del guadagno di potenza scende di 1 dB è definito
punto di compressione a 1dB:

AP (dB)

1 dB

P1dB Pi
Fig. 3.6 Definizione della grandezza P1dB

Tra IM3 e P1dB esiste il legame dato dalla seguente:

IM 3 = 2 ⋅ ( A1, 2 − P1dB − 10 dB ) (3.14)

che può essere calcolato in ingresso o in uscita.


Anche questa grandezza è svincolata dal valore dell’ampiezza d’ingresso ma è comunque meno
usata della IP3.

3.3 Implementazione di un LNA


Nel primo capitolo avevamo visto come minimizzare la figura di rumore di un transistor,
caricandolo con una resistenza di sorgente RSOPT e facendolo lavorare con una densità di corrente
opportuna. Riportiamo di seguito brevemente risultati e grafici trovati allora:

βF
RSOPT = 1 + 2 g m rb (1.43) F M IN
gm

FO
1 + 2 g m rb
FMIN = 1 + (1.44) ( IC \A E ) * I C \A E
βF
Figura 1.13 Andamento della FMIN

Un transistore in queste condizioni ottimali di lavoro presenta una figura di rumore pari ad
Fo, come riassunto dalla figura seguente:
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 29

(IC/AE)OPT

FMIN = Fo

RSOPT Ri

Figura 3.7 Transistore nelle condizioni ottimali per il rumore

Spontaneamente però non siamo mai in una condizione così favorevole, e anche se lo
fossimo dovremmo ancora risolvere il problema dell’adattamento. Questo consiste nel duplice
problema che sia l’impedenza della sorgente che quella d’ingresso del BJT sono diverse in genere
da RSOPT .
Adesso aggiungiamo una informazione in più ovvero possiamo variare la RSOPT agendo sulla
corrente di collettore, in particolare possiamo fare in modo di farla coincidere con l’impedenza della
sorgente (antenna) che solitamente è di 50 Ω. Così facendo abbiamo risolto parte del problema
dell’adattamento. Guardando la (1.43) ci si accorge infatti che la RSOPT ha un andamento iperbolico
al variare della IC , e ci sarà una IC* tale da rendere RSOPT = 50 Ω:

R SO P T

50 Ω

IC * IC

Figura 3.8 Andamento della RSOPT con la corrente di collettore

Alla luce di quanto detto, per un generico transistore, possiamo scegliere come corrente di
collettore proprio la IC*, e successivamente definire l’area d’emettitore in modo da avere una
densità di corrente di collettore pari a (IC/AE)OPT; così facendo il transistore avrà come figura di
rumore Fo collegandolo direttamente alla sorgente. La figura seguente mostra schematicamente
questo modo di procedere.
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 30

IC *

(I C /A E ) OP T

Zi

Figura 3.9 Corrente e densità di corrente di collettore per un BJT

Rispetto a quanto detto nel primo capitolo adesso abbiamo un’informazione in più:
possiamo scegliere RSOPT = 50 Ω.
Non abbiamo però ancora adattato, dobbiamo poter fare in modo che anche Zi sia di 50 Ω,
ovvero dobbiamo trovare un modo per variare l’impedenza del transistore. Questo problema si
risolve in due step: inserendo dapprima un induttore sull’emettitore in maniera tale da avere
Re[Zi]=50 Ω, e poi inserendone un altro sulla base per annullare la parte immaginaria ovvero per
fare in modo che Im[Zi] =0.
Vediamo prima l’induttore sull’emettitore:

Zi LE

Figura 3.10 Inserimento di un induttore sull’emettitore di un BJT

Così facendo si ottiene un’impedenza:

 1 
Z i = rb + ω t ⋅ LE + j  ω ⋅ LE −  (3.15)
 ω ⋅ Cπ 

In questa basta porre la parte reale pari ad RS = 50 Ω ed ottenere il valore di LE necessario:

R S − rb
LE = (3.16)
ωt
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 31

La frequenza non compare esplicitamente in questa formula e si dice che la parte reale è
adattata a larga banda.
A questo punto secondo la (3.15) abbiamo una parte immaginaria ovviamente indesiderata
che, visti i valori in gioco, è prettamente capacitiva. Per annullarla inseriamo un nuovo induttore
questa volta sulla base:

LB

Zi LE

Figura 3.11 Inserimento degli induttori per variare l’impedenza d’ingresso di un BJT

Il valore di LB lo si ricava facilmente sempre dalla (3.15 ):

1
LB = − LE (3.17)
ω Cπ
2

La frequenza in questa formula è quella di lavoro, la parte immaginaria dunque è adattata


solo alle frequenze di lavoro.
Utilizzando i due induttori abbiamo in pratica inserito una rete di adattamento e per le
proprietà di queste adesso l’adattamento è bilatero ovvero sia la sorgente che il transistore vedono
contemporaneamente i fatidici 50 Ω.
Bisogna sottolineare il fatto che l’inserzione dei due induttori di fatto modifica le condizioni
per la figura di rumore minima, ma non in maniera così pesante da dover ridiscorrere quanto detto,
per cui con buona approssimazione continua a valere tutta la trattazione.
In realtà le variazioni di FMIN si verificano non tanto per la presenza degli induttori quanto
per la loro non idealità (si ricordi quanto detto per le reti loss-less).

3.3.1 Soluzione ad emettitore comune


Una possibile soluzione per implementare un LNA è quella di utilizzare un emettitore
comune, in cui sfruttiamo pienamente quanto sviluppato precedentemente:
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 32

VCC

RL

LB vo

RS
Zi LE
vS

Figura 3.12 Schema di principio di un LNA ad emettitore comune

Il transistor adesso è adattato ed è anche nelle migliori condizioni per il rumore. Questo
schema non viene più usato retroazionato come si faceva in banda base, proprio perché dobbiamo
lavorare con alte frequenze, il guadagno complessivo ( trascurando gli induttori ) sarà dunque:

IC
A = g m ⋅ RC = RC (3.18)
VT

Nasce adesso il problema di fare un simile guadagno stabile e indipendente dalla


temperatura, il problema si risolve facendo la corrente di polarizzazione di tipo IPTAT , in questo
modo si ha:

VT R
IC = k ⇒ A=k C (3.19)
R R

Per ottenere la IPTAT usiamo una variante del band gap di Widlar:

VCC

R4
Q4 Q5

VR IB
R2 R3 R*
Q3 NIB

Q1 Q2 Q7 Q8
1:N
R1 R5 R5/N

VEE

Figura 3.13 Generatore di corrente di tipo IPTATT


Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 33

Questo circuito fornisce la corrente polarizzazione voluta per avere il guadagno stabile,
adesso bisogna prestare attenzione a come inserire la sorgente e polarizzazione:

VCC

RC
IPTAT vi
vo
C1
RB1 RB2
Q1 Q2
CB

VEE
Figura 3.14 Polarizzazione di un LNA

I resistori RB1 e RB2 sono stati introdotti per non modificare l’adattamento, altrimenti dalla
base di Q2 si vedrebbe 1/gm come resistenza e tutto il lavoro fatto per l’adattamento andrebbe perso.
I due resistori comunque non alterano lo specchiaggio tra Q1 e Q2, se infatti la relazione tra
le aree è AE2 = nAE1, basta rispettare la condizione:

R B1 I B 2
R B1 I B1 = R B 2 I B 2 ⇒ = =n (3.20)
R B 2 I B1

inoltre i livelli d’impedenza non si modificano in modo pesante se si ha l’accortezza di fare:

R B 2 >> Z i (3.21)

per cui un valore tipico per RB2 è di 10 kΩ.


La capacità C1 è di accoppiamento per non disturbare la polarizzazione, e deve essere:

1
<< jωLB (3.22)
jωC1

La capacità CB serve invece ad ammazzare il rumore proveniente dallo stadio di


polarizzazione e dal resistore RB1, così non accade per il rumore prodotto dal resistore RB2 che
comunque si può far vedere influisce poco.
È ovvio che tutte queste aggiunte hanno peggiorato le condizioni per il rumore e non si ha
più a che fare con il rumore minimo possibile, ma il problema più serio di questa configurazione è
invece l’effetto Miller di Cµ .
Questa capacità ha due effetti indesiderati: amplificata e riportata in ingresso modifica i
livelli d’impedenza, inoltre crea un percorso di ritorno attraverso il quale parte del segnale d’uscita
(quindi anche quello prodotto dagli stadi a valle) può riportarsi in ingresso e peggiorare il rapporto
segnale rumore, come mostrato dalla figura seguente:
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 34

LN A

ω LO

Figura 3.15 Ritorno del segnale in ingresso attraverso il loop capacitivo

La frazione di segnale che ritorna in ingresso non deve essere eccessiva, ed è appunto una
specifica da rispettare nel progetto.

3.3.2 Soluzione cascode

La soluzione naturale per risolvere il problema della Cµ è di usare un cascode in luogo


dell’emettitore comune:
VCC

RL
R1 vo
VB
Q2
C1 R2 1
vi Q1

VEE

Fig. 3.16 Schema di principio di un LNA cascode

La frazione di segnale che si riporta in ingresso è ora trascurabile in quanto al nodo 1 abbiamo
bassi livelli di tensione, anche l’impedenza d’ingresso non viene più alterata perché come sappiamo
l’effetto Miller si è ora di molto ridotto. Inoltre il rumore proveniente dal secondo transistore e dai
resistori di polarizzazione viene ammazzato dalla capacità C1.

3.3.3 Soluzione differenziale


Fino ad adesso abbiamo considerato LNA a singola entrata e singola uscita, per la realizzazione
integrata si ricorre spesso invece ad uno schema differenziale (fig. 3.17), che permette una buona
reiezione ai disturbi di modo comune (rumore dell’alimentazione, rumori sul substrato...), siamo
infatti ad alta frequenza e un semplice condensatore può non garantire un ottimo isolamento: ecco
che l’approccio differenziale diventa necessario.
La prossima figura è relativa a questa soluzione.
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 35

VCC
RC RC
vo

Q3 Q4

VB
Q1 Q2
vi

IEE
Zi

VEE

Figura 3.17 Realizzazione differenziale di un LNA cascode

L’impedenza d’ingresso è raddoppiata adesso rispetto alla soluzione ad emettitore comune e


quindi dovremo riadattare, inoltre dovremo operare la conversione da segnale singolo a
differenziale. Entrambi i problemi si risolvono con un trasformatore che per il momento
supponiamo ideale:

I1 I2
V1 1:n

V2 = nV1 Z2

Z1

Fig. 3.18 Trasformatore per l’adattamento e la conversione da segnale singolo a differenziale

Se il trasformatore ha un rapporto di spire 1:n è facile trovare:

V1 V2 1 Z
Z1 = = = 22 (3.23)
I1 n nI 2 n

Nel nostro caso basta allora prendere un rapporto di specchio 1:√2. Lo schema del circuito
completo di trasformatore sarà dunque:
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 36

V CC

RC RC

Q3 Q4
R2
VB
L C1
Q1 Q2
1:√2
RS

vs IEE

C2 R1

V EE

Figura 3.19 Schema differenziale di un LNA con adattamento e polarizzazione

Le resistenze R1 ed R2 servono a fissare la tensione continua sulle basi di Q1 e Q2, mentre il


condensatore C2 serve ad ammazzare il rumore delle due resistenze evitando che si porti in ingresso.

3.4 Adattamento in uscita di un LNA


All’uscita di un LNA dobbiamo prestare attenzione al fatto che lo stadio seguente debba
poter vedere una certa resistenza, dovremo in quel caso adattare l’uscita del nostro LNA.
Solitamente i casi che si incontrano sono due:
(1) LNA collegato direttamente al mixer (fig. 3.18.a)
(2) Filtro inserito tra LNA e mixer (fig 3.18.b).

LNA LNA

50Ω

Figura 3.18.a LNA seguito dal mixer Figura 3.18.b LNA seguito dal filtro

Esaminiamo i due casi:


Il mixer vuol comunque vedere una resistenza bassa e nel primo caso sarà sufficiente
inserire un buffer, ho inoltre il vantaggio di poter integrare sullo stesso chip sia LNA che mixer con
un notevole risparmio di occupazione. Sfortunatamente però questa non è la soluzione che
garantisce le figure di rumore più basse.
Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 37

La seconda soluzione è invece la più diffusa, e se è vero che impiego due filtri invece di uno,
e che non posso integrare insieme LNA e mixer si riesce invece ad ottenere figure di rumore più
basse che nel caso precedente.
I filtri però sono progettati per lavorare bene solo in condizioni di adattamento e vogliono
vedere ai loro morsetti impedenze standard di 50Ω. L’uscita di un LNA è invece ad un livello più
alto per motivi di guadagno, dovremo dunque adattare abbassando l’impedenza d’uscita
dell’amplificatore .
Dovremo dunque adattare abbassando l’impedenza d’uscita dell’amplificatore, e questo si
realizza inserendo una capacità opportuna in parallelo ad RC, ed un induttore, per annullare la parte
immaginaria:

L1 C2

RC RL
C1

Z2

Figura 3.19 Schema di principio per l’adattamento in uscita di un LNA

Dove RL è l’ingresso del filtro, C2 è invece di accoppiamento. I valori ottimali per L1 e C1 in


maniera da ottenere Z2 = 50 Ω sono:

1 1
C1 = (3.24)
ωo RC R L
1
L1 = RC R L (3.25)
ωo

dove ωo è la frequenza di lavoro.


Questo ovviamente non è un adattamento a larga banda, infatti il modulo di Z2 (ovvero
l’impedenza vista dal filtro) al variare della frequenza è il seguente:

Z2

RC

RL

ωo ω

Figura 13.20 Andamento dell’impedenza d’uscita di un LNA dopo l’adattamento

Se la frequenza non è fissata opportunamente ovviamente l’adattamento non sarà ottimale.


Capitolo 4 Mixer, modulatori e moltiplicatori analogici 38

3.3.1 LNA retroazionati


Gli amplificatori finora visti presentano tutti una resistenza d’ingresso che spesso può essere
anche molto differente da quella richiesta per l’adattamento, con conseguenti valori inaccettabili del
Q delle reti di trasformazione. Un modo per evitare questo problema può essere quello di realizzare
LNA con resistenze d’ingresso più basse utilizzando sistemi retroazionati:

VCC

RC
Q3

VB Q2

vo
RF
vi Q1 IB3

VEE
Fig. 3.21 LNA retroazionato in connessione cascode

Fra i possibili modi di retroazionare questo è quello che permette di evitare un’interazione della
RC, che fissa il guadagno, con la RF che realizza il feedback. L’ammettenza d’ingresso è:

−1
 RF 
 + jω ⋅ (Cπ 1 + C µ1 ) ≅ m1 C + jω ⋅ (Cπ 1 + C µ1 )
g R
Yi =  rπ 1 || (3.26)
 g m1 RC  RF

Fissato il guadagno si può quindi scegliere la RF, indipendentemente dagli altri parametri, per
avere l’ammettenza desiderata. Se RS è la resistenza della sorgente (RS << rπ), risulta:

T (s ) =
Rs 1 1
⋅ g m RC ⋅ ⋅
Rs + RF [ ]
1 + sRS ⋅ Cπ 1 + (1 + g m1 g m 2 ) ⋅ C µ1 1 + sRC ⋅ (Ccs 2 + C µ 2 + Cµ 3 )
(3.27)

La figura di rumore, trascurando i contributi di Q2 e Q3, vale:

rb 1  1 g R  RS
F ≅ 1+ +  + m1 S  + (3.28)
RS 2  g m1 RS βF  RF

C’è un termine in più, dovuto alla RF, ma c’è il vantaggio di non dover ricorrere a reti
d’adattamento ad alto Q; inoltre, se il valore della capacità d’ingresso è trascurabile, si può adattare
solo agendo sul valore di RF.
Si osservi infine che, nonostante la presenza del termine aggiuntivo, ottimizzando la (3.17), si può arrivare a valori
di F anche più piccoli di quelli che si sarebbero trovati con soluzioni non retroazionate. Come visto prima si può
stabilizzare il guadagno ricorrendo ad un’opportuna polarizzazione di tipo PTAT.

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