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LJÓÐA EDDA
GRÍMNISMÁL
IL DISCORSO DI GRÍMNIR

► LJÓĐA EDDA
Ljóða Edda. Edda poetica o antica
Vǫluspá. La profezia della Veggente
Hávamál. Il discorso di Hár Schema
Vafþrúðnismál. Il discorso di Vafþrúðnir GRÍMNISMÁL - Saggio
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Skírnismál. Il discorso di Skírnir Note
Hymiskviða.Il carme di Hymir Bibliografia
Baldrs draumar. I sogni di Baldr
Grottasǫngr. La canzone del Grotti
Svipdagsmál. Il discorso di Svipdagr

Titolo Grímnismál, «Discorso di Grímnir»


Genere Poema gnomico-sapienziale
Voci Monologo
Lingua Norreno
Composizione: X secolo
Epoca Redazione: XIII secolo
[R] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex Regius, ms. GKS 2365 4to
Manoscritti
[A] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex Arnamagnæanus, ms. AM 748 4to

LJÓÐA EDDA
GRÍMNISMÁL
IL DISCORSO DI GRÍMNIR

Il poema
Struttura ed età del poema
Le redazioni
Genere e metrica
Edizioni italiane

Il poema

Il Grímnismál, o «Discorso di Grímnir» è la quarta


composizione della Ljóða Edda. Come il precedente,

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anche questo è un poema gnomico, ma mentre il
Vafþrúðnismál era un dialogo, in cui due voci si
alternavano a dimostrare la loro sapienza, il
Grímnismál consiste in un monologo, col quale
Óðinn, celato sotto il nome di Grímnir, svela a re
Geirrøðr i misteri del mondo divino.

La nuda esposizione della sapienza mitologica viene


anche qui inserita nella cornice di una vicenda.
L'infido Geirrøðr, divenuto re dopo aver ucciso il
fratello maggiore, rivela una natura assai poco
generosa maltrattando coloro che giungono alla sua
dimora chiedendo ospitalità. È il caso di un
misterioso viandante di nome Grímnir, che il re lega
tra due fuochi divampanti per indurlo a confessare
chi sia. Dopo otto giorni di ostinato silenzio, il Grímnir torturato da re Geirrøðr (✍ 1882)
prigioniero prende la parola e, in un lungo Illustrazione di autore non identificato (Wägner 1882).
monologo, rivela al re e al giovane figlio di questi,
Annarr, tutto quanto vi sia da sapere sull'universo e
sugli dèi, culminando con l'elenco dei nomi con i quali Grímnir si è fatto conoscere nel corso dei suoi viaggi, alla fine
del quale si scoprirà che il viandante è lo stesso Óðinn, di cui il re aveva fino ad allora goduto il favore. Terrificato
dall'apparizione, Geirrøðr balza in avanti per liberare il dio ma cade sulla sua spada e muore. Il figlio Annarr, di animo
giusto e generoso, gli succede.

Struttura ed età del poema

Il testo del poema comprende unicamente il monologo di Óðinn, ov vero le parole pronunciate dal dio della sapienza a re
Geirrøðr. Il contesto della vicenda viene chiarito invece da due passi in prosa, un prologo in cui si narrano i fatti per i
quali Geirrøðr era divenuto re e per quali ragioni aveva deciso di torturare così crudelmente il suo ospite Grímnir, e un
brevissimo epilogo nel quale la narrazione si chiude con la morte del re.

Evidenze ling uistiche ci mostrano che le parti in prosa risalgono al XII o XIII secolo. Cioè di due o tre secoli posteriori
al poema stesso, che risalirebbe al X secolo.

I passi in prosa furono presumibilmente scritti dal compilatore medievale del manoscritto della Ljóða Edda, che sentì la
necessità di palesare il contesto del monologo di Óðinn, in questo fornendoci un aiuto inestimabile per l'interpretazione
del testo. È possibile che il monologo facesse parte in origine di una lunga narrazione in cui si alternassero parti
poetiche e in prosa, ma con il decadere dell'età scaldica e con la progressiva perdita del materiale orale tradizionale, si
rese a un certo punto necessario raccontare, a chi non ne avesse familiarità, l'intera vicenda di re Geirrøðr e del suo
misterioso ospite.

Le redazioni
Il Grímnismál ci è per venuto in due redazioni: dal Codex Regius e dal Codex Arnamagnæanus. Entrambe le versioni
sono complete e le variazioni tra l'uno e l'altro testo minime. Si pensa tuttavia che diverse strofe siano state interpolate
da altri poemi e in effetti ci sono dei passi che paiono inseriti casualmente nel testo, talvolta interrompendo il flusso del
discorso. Si ha l'impressione che alcune di queste strofe provengano da una versione del Vafþrúðnismál (è il caso per
esempio della strofa [40]). Ma tutto questo interessa soltanto il filologo e non inficia il valore mitologico né la bellezza
del poema.

Snorri, nella sua Prose Edda, cita circa venti strofe dal Grímnismál e in altri punti della sua opera fa delle attenti
parafrasi di altri passi del poema. Molte strofe non sono però citate integralmente: ad esempio la lista degli epiteti di
Óðinn è riportata da Snorri nella pura sequenza dei nomi, senza le brevi inserzioni esplicative presenti in realtà nel testo
originale (Gylfaginning [20]). Per diverse ragioni si pensa che Snorri disponesse di una versione del Grímnismál più
antica e meno corrotta di quella a noi tramandata.

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Genere e metrica

Il Grímnismál è un poema gnomico-sapienziale. Allo stesso genere appartengono anche il Vafþrúðnismál e la Vǫluspá.
Tuttavia, al contrario degli altri due poemi, che sembrano occuparsi soprattutto del principio e della fine dell'universo, il
Grímnismál si occupa essenzialmente del presente: la sua esposizione rig uarda cose come le dimore degli dèi, i loro
destrieri, il loro cibo, i nomi delle valchirie, i fiumi cosmici, le creature che abitano il frassino Yggdrasill, fino alla lunga
sequela dei nomi di Óðinn. Le spiegazioni sono minime: il Grímnismál è essenzialmente un'esibizione mnemonica.
Buona parte del testo consiste in lunghe liste di nomi propri.

Nel monologo del misterioso ospite, crudelmente torturato da re Geirrøðr, traspare un'immensa sapienza sulle cose
antiche e sacre del mondo. Dal punto di vista narrativo, è vero che il lungo discorso di Grímnir introduce in realtà alla
sua ultima esibizione di sapienza, quella che, attraverso il terribile elenco degli epiteti di Óðinn, arriverà a svelare la vera
identità di colui che il re ha appeso tra due fuochi. Ma vi è anche un sottile monito diretto alle limitazioni dello spirito
umano, alla sua impossibilità di comprendere appieno i segreti del mondo divino: “Molto io ti ho detto | e tu poco
ricordi...” [52]. Così dice Óðinn a re Geirrøðr, prima di predirne l'immediata rovina.

Il metro del Grímnismál è il cosiddetto ljóðaháttr o «metro strofico», che, come abbiamo detto, è legato alla poesia
sentenziosa, ai testi dai contenuti magico-formulari o proverbiali. Nella sua forma canonica il «metro strofico» è formato
da quattro versi, in cui due «lunghi», costituiti ciascuno da due semiversi, si alternano a due versi «pieni», formati di un
solo semiverso. Tuttavia, il Grímnismál presenta, oltre a strofe dal metro regolare, molte varianti delle stesse, spesso
formate da un numero di versi superiore a quattro e senza una regolare successione di «versi lunghi» e «pieni». Questo
allungamento delle strofe è giustificato dal fatto che il testo del Grímnismál è formato essenzialmente di liste di nomi
proprie il cui novero esce dai limiti stabiliti dal metro e, poiché nella poesia nordica sono quasi sempre i distici delle
semistrofe [helming] a mantenere una sorta di unità sintattica, si rende necessario dilatare la semistrofa con l'aggiunta di
versi e semiversi.

In questa pagina, per ragioni grafiche, i due semiversi che compongono i «versi lunghi» sono stati spezzati e disposti
su due righe. Così le strofe risultano organizzate su un numero di righe diverso da quelle originali. Ecco, per confronto,
la versificazione della strofa [3]:

Heill skaltu, Agnarr, allz þik heilan biðr


Veratýr vera;
eins drykkjar þú skalt aldregi
betri gjǫld geta.

Edizioni italiane

Escludendo le strofe scorporate presenti nelle antologie, o quelle citate da Snorri e presenti nelle traduzioni della Prose
Edda, la prima traduzione integrale del Grímnismál è quella presente nel libro I canti dell'Edda, a cura di Olga Gogala
di Leesthal, pubblicato nella collana «I grandi scrittori stranieri» dalla UTET (Torino 1939). Intitolata Grimnesmal, è una
traduzione metrica in quartine (o sestine) di endecasillabi alternati a settenari. Sebbene non possa essere considerata una
traduzione letterale, è sorretta da un buon corredo di note.

Sei calda, o vampa! e troppo alta sali,


indietro da me, fiamma!
la pelliccia sollevo eppur s'abbrucia;
il mantello mi arde.

Seg ue la traduzione di Alberto Mastrelli, nel libro L'Edda. Carmi norreni, nella collana «Classici della religione», edita
da Sansoni (Firenze 1951, 1982). Intitolata Grimnismal. Il carme di Grimnir, è in versi liberi, con le coppie di semiversi
«cucite» in versi interi. Abbastanza libera, ma rigorosa, fittamente annotata.

Caldo tu sei, o fuoco, e troppo ardente,


allontanati da me, o fiamma!
Arde la mia pelliccia, sebben la tenga sollevata,
e brucia il mio mantello.

Un'altra traduzione, con il titolo tradotto in Canzone di Grimnir, è quella fornita da Piergiuseppe Scardigli e Marcello
Meli, nell'antologia Il canzoniere eddico, edito da Garzanti (Milano 1982). Di nuovo versi liberi, sebbene i semiversi siano
finalmente evidenziati, presenta un corredo di note ridotto al minimo e non giustifica molte scelte, non sempre felici,
nella traduzione.

Caldo sei, o «incalzante», e dav vero troppo grande,


via da me, fuoco!
Il mio panno è attaccato alla fiamma; sebbene lo tenga sollevato,

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mi brucia il mantello.

LJÓÐA EDDA
GRÍMNISMÁL
IL DISCORSO DI GRÍMNIR

Prologo
Grímnir inizia a parlare (1-3)
Descrizione delle dimore divine (4-17)
La Valhǫll (9-10)
La cucina della Valhǫll (18)
Lupi e cor vi (19-20)
Ancora sulla Valhǫll (21-26)
I fiumi dell'universo (27-29)
I destrieri degli dèi (30)
Il frassino Yggdrasill (31-35)
Le valchirie (36)
Il sole e la luna (37-39)
Il sacrificio di Ymir (40-42)
Le cose migliori (43-44)
I nomi di Óðinn (45-50)
Si rivela Óðinn (51-54)
Epilogo
Note

GRÍMNISMÁL IL DISCORSO DI GRÍMNIR

Prologo
Hrauðungr konungr átti tvá sono; hét annarr Re Hrauðungr aveva due figli: l'uno si chiamava Agnarr,
Agnarr, en annarr Geirrøðr. Agnarr var x. l'altro Geirrøðr. Agnarr era di dieci inverni, Geirrøðr di
vetra, en Geirrøðr viii. vetra. Þeir rero tveir otto inverni. I due remavano in una barca, con lenze per
á báti með dorgar sínar at smáfiski. Vindr piccoli pesci. Il vento li spinse al largo. Nell'oscurità
rak þá í haf út. Í náttmyrkri bruto þeir við della notte toccarono terra; scesero e trovarono una
land ok gengo upp, fundo kotbónda einn. Þar masseria. Là trascorsero l'inverno. La padrona della
vóro þeir um vetrinn. Kerling fóstraði Agnar, masseria si prese cura di Agnarr, il padrone di
en karl Geirrøð. At vári fekk karl þeim skip. Geirrøðr. Giunta la primavera, l'uomo procurò loro un
En er þau kerling leiddo þá til strandar, þá battello. Mentre la donna li g uidava alle spiagge,
mælti karl einmæli við Geirrøð. l'uomo si fermò a parlare da solo con Geirrøðr.

Þeir fengo byr ok kvómo til stǫðva fǫðurs síns. [I due fratelli] ebbero un vento favorevole e raggiunsero
Geirrøðr var fram í skipi; hann hljóp upp á la casa del padre loro. Geirrøðr stava a prua; balzò sulla
land, en hratt út skipino ok mælti: “Farðu riva e spinse via la barca dicendo: “Vattene dove ti piglino
þar er smyl hafi þik!” Skipit rak út, en gli spiriti maligni!” Il battello fu trascinato al largo
Geirrøðr gekk upp til bæjar. Hánom var vel mentre Geirrøðr saliva verso le case. Vi venne ben
fagnat; þá var faðir hans andaðr. Var þá accolto, ché suo padre era morto. Geirrøðr venne fatto re
Geirrøðr til konungs tekinn ok varð maðr e si fece gran fama tra gli uomini.
ágætr.

Óðinn ok Frigg sáto í Hliðskjálfo ok sá um Óðinn e Frigg sedevano in Hliðskjálfr e da là scrutavano


heim alla. Óðinn mælti: “Sér þu Agnar fóstra tutto il mondo. Óðinn disse: “Guarda Agnarr, il tuo
þinn, hvar hann elr bǫrn við gýgi í hellinom? figliastro, che genera mostri con una gigantessa in
En Geirrøðr fóstri minn er konungr ok sitr quella caverna. Invece il mio figliastro Geirrøðr è ora un
nú at landi”. sovrano e regna sulla terra”.

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Frigg segir: “Hann er matníðingr sá, at hann Frigg disse: “[Geirrøðr] è così avaro che al banchetto
kvelr gesti sína ef hánom þikkja of margir maltratta gli ospiti, se gli sembra che vengano in
koma”. Óðinn segir at þat er in mesta lygi. troppi”. Óðinn disse che questa era una menzogna e i
Þau veðja um þetta mál. due dèi fecero una scommessa.

Frigg sendi eskismey sína, Fullo, til Frigg inviò la sua damigella Fulla da Geirrøðr. Ella invitò
Geirrøðar. Hón bað konung varaz at eigi il re a diffidare di un uomo esperto in incantesimi, giunto
fyrirgerði hánom fjǫllkunnigr maðr, sá er þar nelle sue terre. E aggiunse che aveva un segno
var kominn í land, og sagði þat mark á, at riconoscimento: nessun cane, per quanto aggressivo, gli
engi hundr var svá ólmr at á hann myndi si sarebbe av ventato.
hlaupa.

En þat var inn mesti hégómi at Geirrøðr La calunnia più grande era che Geirrøðr non fosse
væri eigi matgóðr. Ok þó lætr hann handtaka ospitale. Il re fece dunque catturare l'uomo che i cani
þann mann er eigi vildo hundar á ráða. Sá non vollero aggredire. Av volto in un mantello azzurro,
var í feldi blám ok nefndiz Grímnir, ok sagði questi disse di chiamarsi Grímnir e non disse altro,
ekki fleira frá sér, þótt hann væri at spurðr. sebbene venisse duramente interrogato. Il re lo fece
Konungr lét hann pína til sagna ok setja milli torturare affinché parlasse, facendolo sedere tra due
elda tveggja, ok sat hann þar viii. nætr. fuochi e lì egli rimase seduto per otto notti.

Geirrøðr konungr átti son x. vetra gamlan, Re Geirrøðr aveva un figlio di dieci inverni, che si
ok hét Agnarr eptir bróður hans. Agnarr gekk chiamava Agnarr, come suo fratello. Agnarr andò da
at Grímni ok gaf hánom horn fult at drekka, Grímnir e gli porse un corno ricolmo da bere. Disse che
sagði at konungr gørði illa er hann lét pína il re sbagliava a torturare un innocente. Grímnir bev ve.
hann saklausan. Grímnir drakk af. Þá var Le fiamme si erano av vicinate così tanto che il mantello
eldrinn svá kominn at feldrdinn brann af di Grímnir prese fuoco.
Grímni.

Hann kvað: Egli disse:


Grímnir inizia a
parlare
1 Heitr ertu, hripuðr, Sei caldo, o tu che m'incalzi,
ok heldr til mikill; e dav vero troppo grande!
gǫngomk firr, funi! Vattene da me, o fuoco!
loði sviðnar, La stoffa si è incendiata
þótt ek á lopt berak, nonostante io la scosti,
brennomk feldr fyrir. mi si brucia il mantello!

2 Átta nætr Otto notti


sat ek milli elda hér, seduto tra i fuochi,
svá at mér mangi mat ne bauð, e nessuno mi ha portato cibo.
nema einn Ágnarr Tranne uno, Agnarr,
er einn skal ráða, che unico regnerà,
Geirrøðar sonr, il figlio di Geirrøðr,
gotna lande. sulla terra dei Goti.

3 Heill skaltu, Agnarr, Salute a te, Agnarr!


allz þik heilan biðr Ché per te salute
Veratýr vera; Verat ýr invoca.
eins drykkjar Per una sola bevuta
þú skalt aldregi mai riceverai
betri gjǫld geta. miglior ricompensa!
Descrizione delle
dimore divine
4 Land er heilagt Sacra è la terra
er ek liggja sé ch'io stendersi vedo
ásom ok álfom nær; agli Æsir e agli Álfar vicina.
en í Þrúðheimi In Þrúðheimr
skal Þórr vera, vi sarà Þórr
unz um rjúfaz regin. finché non le potenze divine crolleranno.

5 Ýdalir heita, Ýdalir si chiama


þar er Ullr hefir il luogo dove Ullr ha
sér um gǫrva sali. costruito per sé una corte.
Álfheim Frey Álfheimr a Freyr
gáfo i árdaga donarono in principio
tívar at tannfé. gli dèi per il suo primo dente.

6 Bær er sá inn þriði, Altra dimora è la terza


er blið regin che gli dèi soavi

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silfri þǫkðo sali; con argento ricoprirono a farne una corte.
Valaskjálfr heitir, Valaskjálf si chiama
er vélti ser quel [palazzo] che costruì per sé
áss i árdaga. l'áss al principio dei tempi.

7 Søkkvabekr heitir enn fjórði, Søkkvabekkr si chiama la quarta,


en þar svalar knego là dove possono gelide
unnir yfir glymja; onde sopra scrosciare.
þar þau Óðinn ok Sága Là Óðinn e Sága
drekka um alla daga bevono tutti i giorni,
glǫð or gullnom kerom. lieti, in coppe d'oro.

8 Glaðsheimr heitir enn fimti, Glaðsheimr si chiama la quinta


þars en gullbjarta in cui splendente d'oro
Valhǫll við of þrumir; la vasta Valhǫll si trova;
en þar Hroptr e là Hroptr
kýss hverjan dag sceglie ogni giorno
vápndauða vera. gli uomini caduti nella mischia.
La Valhǫll
9 Mjǫk er auðkent È assai riconoscibile
þeim er til Óðins koma per quelli che vengono a Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
skǫptom er rann rept, da lance il tetto è sorretto,
skjǫldom er salr þakiðr, da scudi il salone è coperto,
brynjom un bekki strát. da corazze le panche son tratte.

10 Mjǫk er auðkent È assai riconoscibile


þeim er til Óðins koma per quelli che vengono a Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
vargr hangir un lupo è appeso
fyr vestan dyrr dinanzi all'ingresso occidentale
ok drúpir ǫrn yfir. e si leva l'aquila sopra.

11 Þrymheimr heitir enn sétti, Þr ymheimr si chiama la sesta


er Þjazi bjó, dove Þjazi abitava,
sá inn ámátki jǫtunn; quel tremendo jǫtunn.
en nú Skaði byggvir, Ma ora Skaði vi dimora,
skír brúðr goða, pura sposa degli dèi,
fornar tóptir fǫður. nell'antica dimora del padre.

12 Breiðablik ero in sjundo, Breiðablik è la settima


en þar Baldr hefir là dove Baldr ha
sér um gerva sali, per sé innalzato una corte.
á því landi In quella terra
er ek liggja veit dove io so che si trovano
fæsta feiknstafi. poche rune funeste.

13 Himinbjǫrg ero en átto, Himinbjǫrg è l'ottava


en þar Heimdall là dove Heimdallr
kveða valda véom; dicono governi i templi.
þar vǫrðr goða Là il divino custode
drekkr í væro ranni beve nella comoda dimora,
glaðr inn góða mjǫð. felice, il buon mjǫðr.

14 Fólkvangr er inn níundi, Fólkvangr è la nona,


en þar Freyja ræðr là dove ordina Freyja
sessa kostom i sal; i seggi al banchetto.
halfan val Lei metà dei caduti
hon kýss hverjan dag sceglie ogni giorno,
en hálfan Óðinn á. e metà prende Óðinn.

15 Glitnir er inn tíundi, Glitnir è la decima,


hann er gulli studdr incolonnata d'oro
ok silfri þakðr it sama; e ricoperta d'argento
en þar Forseti Proprio là Forseti
byggir flestan dag abita l'intero giorno

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ok svæfer allar sakir. e appiana ogni contesa.

16 Nóatún ero en ellipto, Nóatún è l'undicesima


en þar Njǫrðr hefir là dove Njǫrðr ha
sér um gǫrva sali, per sé innalzato una corte.
manna þengill Degli uomini sovrano
enn meins vani il vanr immacolato
hátimbroðonm hǫrgi ræðr. su imponenti templi regna.

17 Hrísi vex ok há grasi Cespugli crescono ed erba alta


Víðars land viði; nella boscosa terra di Víðarr.
en þar mǫgr of læzk Là si farà il ragazzo
af mars baki in groppa ai destrieri
frækn at hefna fǫður. abile a vendicare il padre.
La cucina della
Valhǫll
18 Andhrímnir Andhrímnir
lætri í Eldhrímne fa in Eldhrímnir
Sæhrímne soðinn, Sæhrímnir bollire,
fleska bezt; la carne migliore.
en þat fáir vito Pochi però sanno,
við hvat einherjar alaz. di cosa gli Einherjar si nutrano.
Lupi e corvi
19 Gera ok Freka Geri e Freki
seðr gunntamiðr, li sazia, av vezzo alla g uerra,
hróðigr Herjafǫðr; Herjafǫðr glorioso.
en við vín eitt Ma di solo vino
vápngǫfugr in armi splendente,
Óðinn æ lifir. Óðinn vive per sempre.

20 Huginn ok Muninn Huginn e Muninn


fljúga hverjan dag volano ogni giorno
jǫrmungrund yfir; sopra la vasta terra.
óumk ek of Hugin Paura ho che Huginn
at hann aptr ne komit, indietro non ritorni,
þó sjámk meirr um Munin. sebbene ancor più tema per Muninn

Ancora sulla
Valhǫll
21 Þýtr þund, Il Þund rumoreggia,
unir þjóðvitnis nuota di «Þjóðvitnir
fiskr flóði í; il pesce» nell'onda.
árstraumr Il vortice
þikkir ofmikill si mostra periglioso
valglaui at vaða. al g uado della Valhǫll.

22 Valgrind heitir, Valgrind si chiama


er stendr velli á quel che s'erge sul campo,
heilǫg fyr helgom durom; sacro dinanzi alle sacre porte;
forn er sú grind, antico è quel cancello:
en þat fáir vito, e in pochi sanno
hvé hón er i lás lokin. come funzioni il chiavistello.

23 Fimm hundruð gólfa Cinquecento stanze


ok um fjórom tøgom, e ancora quaranta
svá hýgg ek Bilskirnni með bugom; credo vi siano in Bilskírnir, ricca d'archi.
ranna þeira Fra quelle case
er ek rept vita che io so avere un tetto
míns veit ek mest magar. quella di mio figlio è la più grande.

24 Fimm húndruð dura Cinquecento porte


ok um fjórom tøgom, e ancora quaranta
svá hygg ek at Vallhǫllo vera; credo vi siano nella Valhǫll.
átta hundruð einherja Ottocento Einherjar
ganga senn ór einom durom, da ciascuna porta usciranno insieme
þá er þeir fara at vitni at vega. quando andranno a battersi col lupo.

25 Heiðrún heitir geit, Heiðrún si chiama la capra


er stendr hǫllo á [Herjafǫðrs] che si erge sulla sala [di Herjafǫðr]

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ok bítr af læraðs limom; e bruca le fronde del Læraðr.
skapker fylla Il calderone riempirà
hón skal ins skíra mjaðar, lei di quel chiaro idromele,
knáat sú veig vanaz. un liquore che non può mancare.

26 Eikþyrnir heitir hjǫrtr, Eikþyrnir si chiama il cer vo


er stendr á hǫllo Herjafǫðrs che si erge sulla sala di Herjafǫðr
ok bítr af Læraðs limom; e bruca le fronde del Læraðr.
en af hans hornom Dalle sue corna
drýpr i Hvergelmi, cadono gocce in Hvergelmir,
þaðan eigo vǫtn ǫll vega. da cui prendono le acque ogni via.
I fiumi
dell'universo
27 Síð ok Víð, Síð e Víð,
Sækin ok Ækin, Sekin ed Ekin,
Svǫl ok Gunnþró, Svǫl e Gunnþrá,
Fjǫrm ok Fimbulþul, Fjǫrm e Fimbulþul,
Rín ok Rennandi, Rín e Rennandi,
Gipul ok Gǫpul, Gipul e Gǫpul,
Gǫmul ok Geirvimul, Gǫmul e Geir vimul,
þær hverfa um hodd goða, questi scorrono accanto ai tesori divini.
Þyn ok Vin, Þyn e Vin,
Þǫll ok Hǫll, Þǫll e Hǫll,
Gráð ok Gunnþorin. Gráð e Gunnþráin.

28 Vína heitir enn, Vína si chiama l'uno,


ǫnnor Vegsvinn, il secondo Vegsvinn,
þriðja Þjóðnuma, il terzo Þjóðnuma,
Nyt ok Nǫt, Nýt e Nǫt,
Nǫnn ok Hrǫnn, Nǫnn e Hrǫnn,
Slíð ok Hrið, Slíðr e Hríð,
Sylgr ok Ylgr, Sylgr e Ylgr,
Víð ok Ván, Víð e Ván,
Vǫnd ok Strǫnd, Vǫnd e Strǫnd,
Gjǫll ok Leiptr, Gjǫll e Leiptr,
þær falla gumnom nær, questi scendono presso gli uomini
en falla til heilar heðan. e precipitano poi nel regno dei morti.

29 Kǫrmt ok Ǫrmt Kǫrmt e Ǫrmt


ok Kerlaugar tvær, e i due Kerlaugar,
þær skal Þórr vaða questi deve Þórr g uadare
hverjan dag ogni giorno
er hann dæma ferr quando in consiglio si reca
at aski Yggdrasils, al frassino Yggdrasill,
þvíat Ásbrú poiché Ásbrú
brenn ǫll loga, arde tutto di fiamme,
heilǫg vǫtn hlóa. ribollono le sacre acque.

I destrieri degli dèi


30 Glaðr ok Gyllir, Glaðr e Gyllir,
Gler ok Skeiðbrimir, Gler e Skeiðbrimir,
Silfrintoppr ok Sinir, Silfrintoppr e Sinir,
Gísl ok Falhófnir, Gísl e Falhófnir,
Gulltoppr ok Léttfeti, Gulltoppr e Léttfeti,
þeim ríða æsir jóm su questi destrieri cavalcano gli Æsir
dag hvernn, ogni giorno
er þeir dæma fara quando si recano al consiglio
at aski Yggdrasils. presso il frassino Yggdrasill.
Il frassino
Yggdrasill
31 Þrjár rætr Tre radici
standa á þrjá vega si estendono in tre direzioni
undan aski Yggdrasils; sotto il frassino Yggdrasill;
Hel býr undir einni, Hel sotto l'una dimora,
annarri hrímþursar, sotto l'altra i giganti di brina,
þriðjo mennzkir menn. sotto la terza gli esseri umani.

32 Ratatoskr heitir íkorni, Ratatoskr si chiama lo scoiattolo


er renna skal che correrà

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at aski Yggrdrasils; sul frassino Yggdrasill;
arnar orð dell'aquila le parole
hann skal ofan bera dall'alto porterà
ok segja Níðhǫggvi niðr. e le riferirà a Níðhǫggr in basso.

33 Hirtir ero ok fjórir, Ci sono poi i cer vi, quattro


þeirs af hæfingar á che i più alti ramoscelli (?)
gaghálsir gnaga: tendendo il collo brucano.
Dáinn ok Dvalinn, Dáinn e Dvalinn,
Dúneyrr ok Duraþrór. Dúneyrr e Duraþrór.

34 Ormar fleiri Più serpenti


liggja under aski Yggdrasils stanno sotto il frassino Yggdrasill,
en þat uf hyggi hverr ósviðra apa: di quanto credino le insavie scimmie;
Góinn ok Móinn, Góinn e Móinn
þeir ero Grafvitnis synir, (sono figli di Graf vitnir),
Grábakr ok Grafvǫlluðr, Grábakr e Graf vǫlluðr,
Ofnir ok Svafnir Ofnir e Svafnir
hygg ek at æ skyli io credo che per sempre
meiðs kvisto má. ne roderanno le fronde.

35 Askr Yggdrasils Il frassino di Yggdrasill


drýgir erfiði deve patire
meira enn menn viti: più di quanto gli uomini sappiano:
hjǫrtr bitr ofan, il cer vo lo bruca in alto,
en á hliðo fúnar, da un lato marcisce
skerðer Níðhǫggr neðan. lo rode Níðhǫggr da sotto.

Le valchirie
36 Hrist ok Mist Hrist e Mist
vil ek at mér horn beri, voglio che mi portino il corno,
Skeggjǫld ok Skǫgul, Skeggjǫld e Skǫg ul,
Hildi ok Þrúði, Hildi e Þrúði,
Hlǫkk ok Herfjǫtur, Hlǫkk e Herfjǫtur,
Gǫll ok Geirǫlul, Gǫll e Geirǫlul,
Randgríð ok Ráðgríð Randgríð e Ráðgríð
ok Reginleif; e Reginleif,
þær bera einherjom ǫl. agli Einherjar portano birra.
Il sole e la luna
37 Árvakr ok Alsviðr, Ár vakr e Alsviðr,
þeir skolo upp heðan da qui devono trascinare
svangir sól draga; faticosamente il sole;
en und þeira bógóm ma sotto i loro petti
fálo blíð regin nascosero gli dèi
æsir, ísarnkol. Æsir, un riparo di ferro.

38 Svalinn heitir, Svalinn si chiama


hann stendr sólo fyrir, quel che si staglia davanti al sole,
skjǫldr, skínanda goði; scudo, dinanzi alla divinità splendente;
bjǫrg ok brim monti e mari
ek veit at brenna skolo lo so che brucerebbero
ef hann fellr í frá. se da lì cadesse.

39 Skǫll heitir úlfr, Skoll si chiama il lupo


er fylgir eno skirleita goði che inseg ue la divinità lucente
til varna viðar; al riparo tra i boschi;
en annarr Hati, ma un secondo, Hati;
hann er Hróðvitnis sonr, (lui è di Hróðvitnir il figlio)
sá skal fyr heiða brúði himins. precederà la chiara sposa del cielo.

Il sacrificio di Ymir
40 Ór Ymis holdi Dalla carne di Ymir
var jǫrð um skǫpuð, fu la terra formata,
en ór sveita sær, dal sang ue i mari,
bjǫrg ór beinom, montagne dalle ossa,
haðmr ór hári, alberi dai capelli
en ór hausi himinn. e dal cranio il cielo.

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41 En ór hans brám Con le sue ciglia
gerðo blið regin fecero gli dèi gentili
miðgarð manna sonom; Miðgarðr per i figli degli uomini;
en ór hans heila e dal suo cer vello
vóro þau in harðmóðgo furono le impetuose
ský ǫll um skǫpuð. nuvole tutte create.

42 Ullar hylli hefr Di Ullr ha il favore


ok allra goða e di tutti gli dèi
hverr er tekr fyrstr á funa; chi tocca per primo il fuoco;
þvíat opnir heimar poiché visibili si fanno le case
verða um ása sonum, dei figli degli Æsir,
þá er hefja af hvera. una volta tolti i calderoni.

Le cose migliori
43 Ívalda synir I figli di Ívaldi
gengo í árdaga andarono al principio
skíðblaðni at skapa, a forgiare Skíðblaðnir,
skipa bezt, nave propizia
skírom Frey, per il luminoso Freyr,
nýtom Njarðar bur. il benedetto figlio di Njǫrðr.

44 Askr Yggdrasils, Il frassino Yggdrasill


hann er æztr viða, è il migliore degli alberi
en Skíðblaðnir skipa, e Skíðblaðnir delle navi,
Óðinn ása, Óðinn degli Æsir,
en jóa Sleipnir, e dei cavalli Sleipnir,
Bilrǫst brúa, Bilrǫst dei ponti
en Bragi skálda, e Bragi degli scaldi,
Hábrók hauka, Hábrók dei falchi,
en hunda Garmr. e dei cani Garmr.

I nomi di Óðinn
45 Svipom hefi ek nú ypt Il volto ho innalzato
fyr sigtíva sonom, dinanzi ai figli degli dèi vittoriosi,
við þat skal vilbjǫrg vaka; con ciò si desterà la sospirata salvezza;
ǫllom ásom per tutti gli Æsir,
þat skal inn koma e questo verrà
Ægis bekki á, sulla panca di Ægir,
Ægis drekko at. nella taverna di Ægir.

46 Hétomk Grímr, Fui chiamato Grímr,


hétomk Gangleri, fui chiamato Gangleri,
Herjan ok Hjálmberi, Herjan e Hjálmberi,
Þekkr ok Þriði, Þekkr e Þriði,
Þuðr ok Uðr, Þuðr e Uðr,
Helblindi ok Hár; Helblindi e Hár;

47 Saðr ok Svipall Saðr e Svipall


ok Sanngetall, e Sanngetall,
Herteitr ok Hnikarr, Herteitr e Hnikarr,
Bileygr, Báleygr Bileygr, Báleygr
Bǫlverkr, Fjǫlnir, Bǫlverkr, Fjǫlnir,
Grímr ok Grímnir, Grímr e Grímnir,
Glapsviðr ok Fjǫlsviðr; Glapsviðr e Fjǫlsviðr;

48 Síðhǫttr, Síðskeggr, Síðhǫttr, Síðskeggr,


Sigfǫðr, Hnikuðr, Sigfǫðr, Hnikuðr,
Alfǫðr, Valfǫðr, Allfǫðr, Valfǫðr,
Atríðr ok Farmatýr; Atríðr e Farmat ýr;
eino nafni con un nome soltanto
hétomk aldregi, non mi chiamo mai
síz ek með fólkom fór. quando io tra le genti viaggio.

49 Grímne mik héto Grímnir son chiamato


at Geirrøðar, presso le genti di Geirrøðr,
en Jálk at Ásmundar, e Jálkr presso le genti di Ásmundr,
enn þá Kjalar, e poi Kjalarr,

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er ek kjálka dró; perché tirai una slitta,
Þrór þingom at, Þrór nelle assemblee
Viðurr at vígom, Viðurr nelle battaglie,
Óski ok Ómi, Óski e Ómi,
Jafnhár ok Biflindi, Jafnhár e Biflindi,
Gǫndlir ok Hárbarðr með goðom; Gǫndlir e Hárbarðr tra gli dèi;

50 Sviðurr ok Sviðrir Sviðurr e Sviðrir


er ek hét at Søkkmímis, sono chiamato presso Søkkmímir,
ok dulða ek þann inn alda jǫtun, e ingannai quell'antico jǫtunn
þá er ek Miðviðnis vark quando io stesso divenni
ins mæra burar del prode figlio di Miðviðnir
orðinn einbani. il solo uccisore.

Si rivela Óðinn
51 Ǫlr ertu, Geirrøðr! Ubriaco sei tu, Geirrøðr!
hefr þú ofdrukkit; Troppo tu hai bevuto.
miklo ertu hnugginn, Di una gran cosa ti sei privato
er þú ert míno gengi, se lo sei del mio aiuto;
ǫllom einherjom e del favore di Óðinn
ok Óðins hylli. di tutti gli Einherjar.

52 Fjǫlð ek þér sagða, Molto io ti ho detto


en þú fátt um mant; e tu poco ricordi;
of þik véla vinir; ti ingannano gli amici;
mæki liggja la spada giacere
ek sé míns vinar io vedo del mio amico
alklan í dreyra drifinn. tutta sporca di sang ue.

53 Eggmóðan val Un cadavere ucciso di spada


nú mun Yggr hafa; ora questo avrà Yggr.
þitt veit ek líf um liðit; So che la tua vita è trascorsa.
úfar ro dísir, Av verse ti sono le dísir:
nú knáttu Óðin sjá, Ora puoi tu Óðinn vedere,
nálgaztu mik ef þú megir! av vicìnati a me, se ne hai forza!

54 Óðinn ek nú heiti, Óðinn ora io chiamo,


Yggr ek áðan hét, Yggr un tempo avevo nome;
hétomk Þundr fyrir þat, chiamato Þundr ancor prima,
Vakr ok Skilfingr, Vakr e Skilfingr,
Váfuðr ok Hroptatýr, Váfuðr e Hroptat ýr,
Gautr ok Jálkr með goðom, Gautr e Jálkr tra gli dèi,
Ofnir ok Svafnir, Ófnir e Sváfnir,
er ek hygg at orðnir sé i cui pensieri vengono
allir af einom mér. tutti da me soltanto!

Epilogo
Geirrøðr konungr sat ok hafði sverð um kné Re Geirrøðr sedeva con la spada sulle sue ginocchia,
sér, ok brugðit til miðs. En er hann heyrði at sg uainata a metà. Quando egli udì che era venuto
Óðinn var þar kominn, stóð hann upp ok Óðinn, si alzò con l'intenzione di togliere Óðinn dal
vildi taka Óðin frá eldinom. Sverðit slapp ór centro dei fuochi. La spada gli cadde di mano, l'elsa
hendi hánom, visso hjǫltin niðr. Konungr verso il basso. Il re mise un piede in fallo e cadde in
drap fæti ok steyptiz áfram, en sverðit stóð í avanti, la spada lo trafisse ed egli morì. Óðinn allora
gǫgnom hann, ok fekk hann bana. Óðinn scompar ve. E Agnarr fu re per lungo tempo.
hvarf þá. En Agnarr var þar konungr lengi
síðan.

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NOTE
Prologo — Mentre il testo del Grímnismál - che consiste nel monologo di Óðinn - è in poesia, il prologo e l'epilogo sono in
prosa (si tratta di interpolazioni più tarde di due o tre secoli rispetto alla datazione del testo, il quale risale al X secolo). — Il
padrone e la padrona della masseria nel testo originale sono indicati con le parole karl e kerling: i termini indicano due
appartenenti alla classe degli uomini liberi, per quanto non di stirpe nobile (cfr. medio inglese carle «persona comune»).

2 — (g) Difficile è localizzare questa «terra dei Goti» [Gotna lande]. Il Gǫtland è principalmente una regione della Svezia
occidentale, toponimo che presuppone la forma antica Gautar come designazione del popolo che la abitava. Da essi si sarebbero
mossi, intorno al I secolo, genti destinate a formare il popolo germanico orientale dei Goti, distinto in Ostrogoti e Visigoti
(Manganella 1979), a cui il testo potrebbe ancora riferirsi. Senza dimenticare che con «Goti» si intendeva spesso, in maniera
generica, il complesso meridionale dei popoli germanici.

3 — (c) Verat ýr «Dio degli uomini» è epiteto di Óðinn.

4 — (d) Þrúðheimr «casa della forza» è il nome del territorio celeste posseduto da Þórr. Nella Prose Edda, il suo nome, tuttavia,
è Þrúðvangar «campi della forza» (Gylfaginning [21 | 47] | Skáldskaparmál [25]). Vi sorge la dimora del dio, Bilskírnir,
descritta alla strofa [24].

5 — (d-f) Era usanza degli antichi Scandinavi di fare un dono al bambino quando metteva il suo primo dente, usanza che
sembra si sia conser vata in Islanda fino a tempi molto recenti. Per il suo primo dente, Freyr avrebbe ricevuto in dono l'intero
mondo degli elfi [Álfheimr], dettaglio che non ha riferimenti in altri testi.

6 — (d-f) Valaskjálfr è la reggia di Óðinn. L' áss che la «costruì per sé» all'inizio dei tempi è dunque lo stesso Óðinn.

8 — Hroptr, epiteto di Óðinn.

10 — Perché la formula d'apertura di questa strofa è identica a quella della strofa precedente, entrambi i manoscritti (sia il
Codex Regius che il Codex Arnamagnæanus) la scrivono qui in forma abbreviata.

11 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [23 {33}]).

12 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [22 {32}]).

13 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [27 {37}]).

15 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [32 {39}]).

17 — (b) Seg uendo la lezione dei migliori interpreti del testo, abbiamo tradotto Víðars land viði con «nella boscosa terra di
Víðarr», dal norreno viðr «bosco» (cfr. inglese wood). Alcuni studiosi ritengono tuttavia che la parola viði vada intesa come
nome proprio: «in Viði, terra di Víðarr» (Bellows 1936). La difficoltà di tale interpretazione sta nel fatto che questo toponimo
non compare in altre fonti mitologiche.

18 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {44}]).

19 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {45}]). — (c) Herjafǫðr «Padre degli eserciti», è epiteto di Óðinn.

20 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {46}]).

21 — Questa strofa è tra le più difficili da interpretare di tutto il poema, sulla quale sono stati versati i proverbiali fiumi
d'inchiostro. Letta in progressione con le strofe successive (essendo la [23] un'interpolazione), sembra narrare la difficile ascesa
in cielo degli Einherjar [21], che quindi attraversano i cancelli di Valgrind [22] e quindi accedono nella Valhǫll [24]. — (c) Il
Þund «tonante» è probabilmente un fiume che rende difficoltoso l'accesso alla Valhǫll. — (b-c) Il nome Þjóðvitnir «lupo del
popolo» è un hápax legómen, non comparendo in nessun altro testo conosciuto; gli studiosi tendono a interpretarlo come un
appellativo di Fenrir, ma questo non spiega la kenning «pesce di Þjóðvitnir», della quale non si comprende il significato. Secondo
l'elegante ipotesi di Eysteinn Björnsson, il nome Þjóðvitnir sarebbe invece un epiteto di Heimdallr. Il termine vitnir, infatti,
prima di specializzarsi nel senso di «lupo», significava letteralmente «[colui che ha] i sensi ag uzzi» (da vit «sensi»).
Analogamente þjóð-, come prefisso nei nomi maschili, può fungere da accrescitivo. Interpretato in questo modo, il nome
Þjóðvitnir può adattarsi perfettamente a Heimdallr, del quale appunto si diceva fosse in grado di scorgere qualsiasi cosa fino a
cento leghe di distanza, e di percepire il rumore dell'erba che cresce sulla terra o quello della lana sul dorso delle pecore. In
quanto al «pesce di Þjóðvitnir», secondo Eysteinn, sarebbe appunto il ponte Bifrǫst, alla cui estremità Heimdallr sta eternamente
di vedetta. Per giustificare la sua asserzione, lo studioso nota che in norreno (ma anche in islandese moderno) la coda del pesce e
la testa del ponte sono indicate con la medesima parola, sporðr (cfr. brúar sporði «l'estremità del ponte», in Sigrdrífumál [16]).
L'intera strofa descriverebbe l'ascesa degli Einherjar lungo il ponte arcobaleno, il quale permette loro di scavalcare i fiumi
cosmici che scorrono in cielo, di cui il Þund – forse ipostasi dell'atmosfera percorsa dai venti e vibrante del rombo del tuoni – è
evidentemente uno dei più difficili da g uadare. [SAGGIO] (Björnsson 2000)

23 — La presenza di questa strofa [23] sulla sala Bílskirnir di Þrúðheimr, nel bel mezzo di una sezione di strofe incentrate

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sulla Valhǫll [21-26], fa pensare a un'interpolazione. Né basta a giustificarla il parallelismo nel numero delle porte e delle stanze
tra la sala di Bílskirnir (23) e la sala di Valhǫll descritta nella strofa successiva [24]. È interessante che Snorri, pur citando
entrambe le strofe, lo fa in contesti diversi: cita la [23] nel capitolo in cui tratta di Þórr (Gylfaginning [21]) ma la [24] molto
più avanti, quando racconta del Ragnarøkr (Gylfaginning [40]).

24 — La difficoltà del calcolo è che húndruð in norreno significava originariamente «centoventi» e solo in seg uito questa parola
venne usata per «cento». Dunque, se si intende l'húndruð di «centoventi», seicentoquaranta sono le porte della Valhǫll e
novecentosessanta gli Einherjar che usciranno da ciascuna di esse (640 x 960 = 614 ˙ 400); se si intende l'húndruð di «cento»,
cinquecentoquaranta sono le porte di Valhǫll e ottocento gli Einherjar che usciranno da ciascuna di esse (540 x 800 = 432˙000).
Considerazioni legate alla durata del ciclo della precessione degli equinozi indicherebbero nel secondo calcolo le cifre corrette
(De Santillana ~ Von Dechend 1969), anche se i filologi preferiscono in genere attenersi al valore tradizionale di húndruð come
«centoventi».

25 e 26 — (b) «Casa di Herjafǫðr» è presumibilmente una kenning per indicare la Valhǫll.

27-28 — Il novero dei fiumi cosmici è abbastanza confuso, l'ortografia dei nomi varia nei manoscritti del Grímnismál.
Oltretutto nella sua opera Snorri riprende alcuni di questi nomi di fiumi, dandone due elenchi tra loro assai differenti
(Gylfaginning [4 | 39]). Per un approfondimento sui fiumi cosmici, si veda il capitolo apposito [MITI]. — Secondo Sophus
Bugge, le strofe [27-30] sarebbero in blocco un'interpolazione (Bugge 1867); altri editori che pure hanno accettato il passaggio,
hanno invece espunto dei versi.

29 — (g) L'ásbrú «Ponte degli Æsir» è ov viamente il ponte Bilrǫst (secondo Snorri, Bifrǫst), l'arcobaleno che unisce la terra al
cielo. Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [15 {22}]). — (h) Non si capisce perché il ponte vada a fuoco se vi transiti
Þórr: forse vi è un riferimento a un mito che non conosciamo [MITI].

33 — Alcuni studiosi, tra cui Sophus Bugge, pensano che questa strofa possa essere interpolata. Snorri, che pure riporta
integralmente le due strofe successive [34-35], di questa fa soltanto una parafrasi (Gylfaginning [16]) ma senza aggiungere nulla
di nuovo. — (b) «I più alti ramoscelli», che i cer vi brucherebbero, sono soltanto una traduzione ipotetica (Bellows 1936): nel
manoscritto originale il testo non è molto chiaro.

34-35 — Queste strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [16 {15-16}]), anche se in senso inverso rispetto al loro ordine nel
Grímnismál. L'ordine Snorri appare essere più logico, rispetto a quello tramandato dal poema.

36 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [36 {42}]).

37-41 — Secondo Müllenhoff queste strofe sarebbero state interpolate ed Edzardi sospetta che esse possano venire addirittura
da una versione più antica del Vafþrúðnismál (si confronti Grímnismál [40] con Vafþrúðnismál [21]). Snorri parafrasa le strofe
37-39 (Gylfaginning [11]) e cita direttamente le strofe 40-41 (Gylfaginning [8 {11-12}]).

39 — (e) Hróðvitnir è un appellativo di Fenrir. — (c) In alcune traduzione il semiverso til varna viðar «al riparo tra i boschi»
viene emendato in til Jarnviðar «al bosco di ferro», con riferimento alla località mitica di Jarnviðr, il bosco dagli alberi di ferro
dove dimorano le streghe. — (f) «Chiara sposa del cielo» [heiða brúði himins] è una kenning per indicare il sole. In norreno, sól
è femminile.

40-41 — Come detto, queste due strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [8 {11-12}]).

42 — Il senso di questa strofa non è affatto chiaro.

44 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [41 {49}]).

45 — Ora Grímnir cessa la sua esibizione di sapienza e torna, d'un tratto, alla realtà immediata. Legato tra i fuochi, egli alza il
capo a rivelare chi sia. La sequela di nomi che enumera, oltre a continuare in qualche modo il contenuto gnomico-sapienziale del
poema, prelude alla rivelazione finale, chi sia dav vero il viandante che Geirrøðr, in spregio alle sacre regole dell'ospitalità, sta
torturando. I nomi che egli elenca in una serie di fittissime strofe sono infatti gli heiti di Óðinn.

46-49 — Il canone degli heiti di Óðinn viene citato da Snorri in una lunga sequenza (Gylfaginning [20 {30}]), privata delle parti
discorsive che nel poema interrompono l'enumerazione dei nomi. La maggior parte di questi epiteti si riferiscono evidentemente a
miti che non conosciamo, di cui anzi qua e là si fa qualche oscuro accenno (ad esempio deve essere esistito un mito dove Óðinn,
sotto il nome di Jálkr, si recò presso le genti di un certo Ásmundr; oppure di quando, sotto il nome di Kjalarr, fu costretto a
tirare una slitta). Per approfondire gli epiteti di Óðinn, si veda [SAGGIO]►.

Epilogo — Dopo che Óðinn ha cessato di parlare e il suo lungo discorso si è chiuso, una piccola, tragica chiusa in prosa,
conclude il poema.

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Traduzione e note della Redazione Bifröst.

Creazione pagina: 07.01.2005


Ultima modifica: 20.05.2015

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