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LJÓÐA EDDA

VÖLUSPÁ
LA PROFEZIA DELLA VEGGENTE

Il poema
Le redazioni
L'esegesi
Genere e metrica
Edizioni italiane

La völva [Gróa ed Heiðr]


Illustrazione di Carl Larsson, per l'edizione svedese
dell'Edda poetica curata da Fredrik Sanders (1893).

Il poema

La Völuspá è il gioiello dell'Edda poetica, il primo dei due monologhi che aprono il grande
canzoniere. Opera di un poeta islandese di vigoroso talento, ancorché pagano, vissuto
probabilmente intorno alla prima metà del X secolo, la Völuspá si configura come la visione di una
sinistra profetessa [Völva] che Óðinn ha evocato affinché riveli per intero la sapienza nordica, i
segreti delle cose primordiali e i destini del mondo. E così, in una sessantina di strofe, la Veggente
disegna la creazione dell'universo, racconta dell'età dell'oro e della guerra che oppose gli Æsir ai
Vanir, narra della morte di Baldr, vola dalle fonti del destino ai dirupi infernali, dalle radici del
frassino Yggdrasill ai confini del mondo, per concludersi col terrificante racconto della distruzione,
e quindi della rinascita, dell'universo. La Völuspá si configura insomma come una vera e propria
summa mythologiæ scandinava. Tra balenii epocali e schegge d'apocalisse, è senza alcun dubbio
uno più bei poemi mitologici di ogni tempo e di ogni paese.

Le redazioni

La Völuspá è giunta a noi conservata in due manoscritti: il Codex Regius (XIII sec.), che è il
manoscritto più importante dell'Edda poetica, e l'Hauksbók di Hauk Erlendsson (prima metà del
XIV secolo). Le due versioni divergono in alcuni dettagli e nell'organizzazione delle strofe (62
contro 59). Terza importante fonte della Völuspá è l'Edda in prosa, che Snorri scrisse ispirandosi in
buona parte al poema, riportando integralmente 30 strofe e citandone indirettamente altre 16; anche
qui vi sono delle interessantissime varianti. Sembra che Snorri avesse sottomano una versione della
Völuspá più precisa di quelle a nostra disposizione, ragion per cui le varianti del testo che egli
fornisce sono preziosissime.

L'esegesi

Detto questo, bisogna doverosamente aggiungere che la Völuspá non è un testo di semplice
approccio. La comprensione è resa ardua dal fatto che le varie scene non vengono narrate, ma
piuttosto evocate, e sempre con accenni rapidi ed ermetici. Se la Profezia non ci è completamente
oscura è soltanto grazie all'Edda in prosa di Snorri Sturluson, che col suo racconto preciso e
dettagliato ci rende chiari molti passaggi che altrimenti sarebbero stati incomprensibili. Infatti,
quelle strofe della Völuspá per cui non abbiamo riferimenti rimangono in buona parte enigmatiche.

La Völuspá presenta una lunga serie di passi problematici, su cui sono state proposte infinite
congetture e interpretazioni. Si ha l'impressione, probabilmente esatta, che la Völuspá sia in molti
passi «corrotta» (per usare un aggettivo caro ai filologi dell'Ottocento). Tali corruttele sono però più
facili da individuare che da emendare, ragione per cui molte delle «letture» che si sono succedute in
oltre un secolo di critica filologica sono il risultato delle interpretazioni personali dei vari autori e
non sono necessariamente aderenti alle effettive intenzioni del testo. La critica moderna è molto più
cauta nell'emendare, integrare, spostare i passi più problematici. Nella sezione antologica, abbiamo
segnato, nelle note al testo, soltanto alcuni dei punti più delicati del lavoro filologico. D'altra parte,
dar conto puntualmente di ogni difficoltà di lettura avrebbe richiesto un apparato critico molto più
ingombrante e complicato, ben al di là delle nostre possibilità e capacità.

Genere e metrica

La Völuspá è essenzialmente un poema gnomico o sapienziale, in quanto diretto all'esposizione


delle cose profonde, alla conoscenza degli eventi primordiali e del destino finale del mondo. È un
genere comune a diversi altri testi eddici, tra cui la Vafþrúðnismál e il Grímnismál. Questi tre testi,
presi insieme, costituiscono un'ideale enciclopedia della sapienza mitologica nordica.

Il metro della Völuspá è il fornyrðislag o «metro epico», il più comune della poesia nordica. Ogni
strofa è composta da quattro «versi pieni», ciascuno costituito a sua volta di due semiversi. In
questa pagina, per ragioni grafiche, i «versi lunghi» sono stati spezzati e i due semiversi posti su
righe differenti; in altre parole, le singole strofe, originariamente formate di quattro versi, appaiono
qui disposte su otto righe, ciascuna corrispondente a un semiverso. Ecco, per confronto, la
versificazione rigorosa della strofa [1]:

Hljóðs biðk allar helgar kindir,


meiri ok minni mögu Heimdallar;
vildu at, Valföðr, vel fyr teljak
forn spjöll fira, þaus fremst of man.

Edizioni italiane
Voluspa < DI LEESTHAL Olga Gogala [cura]: Canti dell'Edda. UTET, Torino 1939.
Profezia della Veggente < MASTRELLI Alberto [cura]: L'Edda: carmi norreni < «Classici della religione».
Sansoni, Firenze 1951, 1982.
Profezia della Veggente < SCARDIGLI Piergiuseppe [cura]: Il canzoniere eddico. Garzanti, Milano 1982.
POLIA Mario: Völuspá: I detti di colei che vede. Il Cerchio, Rimini 1983.

LJÓÐA EDDA
VÖLUSPÁ
LA PROFEZIA DELLA VEGGENTE

Richiesta di ascolto (1)


Ymir (2-3)
La creazione del mondo (4-6)
L'età dell'oro (7-8)
La creazione dei nani (9-16)
La creazione degli uomini (17-18)
Le Norne (19-20)
Gullveig (21-22)
La guerra degli dèi (23-26)
La fonte della sapienza (27)
Óðinn e la Veggente (28-29)
Le Valchirie (30)
L'uccisione di Baldr (31-35)
Visione degli inferi (36-39)
La stirpe dei lupi (40-41)
Tre galli annunciano il ragnarök (42-44)
Gli ultimi giorni (45)
Il richiamo del corno (46-49)
L'attacco dei giganti (50-52)
Il crepuscolo degli dèi (53-56)
La fine del mondo (57-58)
Rinascita del mondo: la nuova età dell'oro (59-64)
Il giudizio finale (65-66)
Note

LA PROFEZIA DELLA
VÖLUSPÁ
VEGGENTE

Hljóðs biðk allar Ascolto io chiedo a tutte


helgar kindir, le sacre stirpi,
meiri ok minni maggiori e minori
Richiesta di mögu Heimdallar; figli di Heimdallr.
1
ascolto vildu at, Valföðr, Tu vuoi che io, o Valföðr,
vel fyr teljak compiutamente narri
forn spjöll fira, le antiche storie degli uomini
þaus fremst of man. quelle che prima ricordo.

Ek man jötna Ricordo i giganti


ár of borna, nati in principio,
þás forðum mik quelli che un tempo
fædda höfðu; mi generarono.
Ymir 2
níu mank heima, Nove mondi ricordo
níu íviði, nove sostegni
mjötvið mæran e l'albero misuratore, eccelso,
fyr mold neðan. che penetra la terra.

Ár vas alda Al principio era il tempo:


þars Ymir byggði Ymir vi dimorava;
vasa sandr né sær, non c'era sabbia né mare
né svalar unnir; né gelide onde;
3
jörð fansk æva terra non si distingueva
né upphiminn; né cielo in alto:
gap vas ginnunga, il baratro era spalancato
en gras hvergi. e in nessun luogo erba.

Áðr Bors synir Finché i figli di Borr


bjöðum of ypðu, trassero su le terre,
þeir es Miðgarð loro che Miðgarðr
La
mæran skópu; vasta formarono.
creazione 4
sól skein sunnan Splendette da sud il sole
del mondo
á salar steina; sulle pareti di pietra;
þá vas grund gróin allora si ricoprì il suolo
grænum lauki. di germogli verdi.
Sól varp sunnan, Con forza da sud il sole,
sinni mána, compagno della luna,
hendi enni hægri stese la mano destra
of himinjöður; verso l'orlo del cielo;
sól þat né vissi, il sole non sapeva
5
hvar hon sali átti; dov'era la sua corte,
stjörnur þat né vissu, le stelle non sapevano
hvar þær staði áttu; dov'era la loro dimora,
máni þat né vissi, la luna non sapeva
hvat hann megins átti. qual era il suo potere.

Þá gengu regin öll Andarono allora gli dèi tutti


á rökstóla, ai troni del giudizio,
ginnheilög goð, divinità santissime
ok gættusk of þat: e su questo deliberarono:
Nótt ok niðjum alla notte e alle fasi lunari
6
nöfn of gáfu, nome imposero;
morgin hétu al mattino dettero un nome
ok miðjan dag, e al mezzogiorno,
undorn ok aptan, al pomeriggio e alla sera
árum at telja. per contare gli anni.

Hittusk æsir Convennero gli Æsir


á Iðavelli, in Iðavöllr,
þeirs hörg ok hof loro che altari e templi
L'età hátimbruðu; alti innalzarono;
7
dell'oro afla lögðu, focolari accesero,
auð smíðuðu, crearono ricchezze,
tangir skópu tenaglie fabbricarono,
ok tól gerðu. ingegnarono utensili.

Teflðu í túni, Nel cortile giocavano a scacchi;


teitir váru, erano ricchi:
vas þeim véttergis non sentivano affatto
vant ór gulli, mancanza d'oro.
8
unz þríar kómu Fino a quando tre giunsero,
þursa meyjar, fanciulle di giganti
ámátkar mjök, oltremisura possenti,
ór Jötunheimum. da Jötunheimr.

Þá gengu regin öll Andarono allora gli dèi tutti


á rökstóla, ai troni del giudizio,
ginnheilög goð, divinità santissime
La
ok gættusk of þat, e su questo deliberarono:
creazione 9
hvárt skyldi dverga chi dovesse dei nani
dei nani
dróttir skepja le schiere foggiare
ór Brimis blóði dal sangue di Brimir
ok ór Bláins leggjum. e dagli ossi di Bláinn.
Þar vas Móðsognir Là Móðsognir era
mæztr af orðinn il più eccellente
dverga allra, fra tutti i nani
en Durinn annarr; e Durinn era secondo.
10
þeir manlíkun Là, d'aspetto umano,
mörg of gerðu molti furono fatti,
dverga í jörðu, nani dalla terra;
sem Durinn sagði. come Durinn diceva.

Nýi ok Níði, Nýi e Níði,


Norðri, Suðri, Norðri, Suðri,
Austri, Vestri, Austri, Vestri,
Alþjófr, Dvalinn, Alþjófr, Dvalinn,
11
Bívörr, Bávörr, Bívörr, Bávörr,
Bömburr, Nóri, Bömburr, Nóri,
Ánn ok Ánarr, Ánn e Ánarr,
Ái, Mjöðvitnir. Ái, Mjöðvitnir.

Veigr ok Gandálfr, Veigr e Gandálfr,


Vindálfr, Þráinn, Vindálfr, Þráinn,
Þekkr ok Þorinn, Þekkr e Þorinn,
Þrór, Vitr ok Litr, Þrór, Vitr e Litr,
12
Nár ok Nýráðr, Nár e Nýráðr,
nú hefk dverga, ordunque i nani,
Reginn ok Ráðsviðr, Reginn e Ráðsviðr,
rétt um talða. doverosamente ho enumerato.

Fili, Kili, Fili, Kili,


Fundinn, Náli, Fundinn, Náli,
Heptivili, Heptivili,
Hannarr, Svíurr, Hannarr, Svíurr,
[Nár ok Náinn [Nár e Náinn
Nípingr, Dáinn, Nípingr, Dáinn,
13
Billingr, Brúni, Billingr, Brúni,
Bíldr ok Búri,] Bíldr e Búri,]
Frár, Hornbori, Frár, Hornbori,
Frægr ok Lóni, Frægr e Lóni,
Aurvangr, Jari, Aurvangr, Jari,
Eikinskjaldi. Eikinskjaldi.

Mál es dverga È tempo che i nani


í Dvalins liði della stirpe di Dvalinn,
ljóna kindum ai figli degli uomini,
til Lofars telja, fino a Lofarr enumeri.
14
þeir es sóttu Loro che arrancarono
frá salarsteini dal suolo roccioso,
aurvanga sjöt dimora di Aurvangar,
til Jöruvalla. fino a Jöruvellir.
Þar vas Draupnir C'era a quel tempo Draupnir
ok Dólgþrasir, e Dólgþrasir,
Hár, Haugspori, Hár, Haugspori,
Hlévangr, Glói, Hlévangr, Glói,
15
[Dóri, Óri, [Dóri, Óri,
Dúfr, Andvari, ] Dúfr, Andvari,]
Skirvir, Virvir, Skirvir, Virvir,
Skáfiðr, Ái, Skáfiðr, Ái,

Álfr ok Yngvi, Álfr e Yngvi,


Eikinskjaldi, Eikinskjaldi,
Fjalarr ok Frosti Fjalarr e Frosti
Finnr ok Ginnarr; Finnr e Ginnarr.
16
þat mun æ uppi, Sarà ricordata a lungo
meðan öld lifir, finché gli uomini vivranno
langniðja-tal questa lista degli antenati
til Lofars hafat. fino a Lofarr.

Unz þrír kómu Finalmente tre vennero


ór því liði da quella stirpe,
La öflgir ok ástkir potenti e belli,
creazione æsir at húsi, æsir, a casa.
17
degli fundu á landi Trovarono in terra,
uomini lítt megandi senza forze,
Ask ok Emblu Askr ed Embla,
örlöglausa. privi di destino.

Önd þau né áttu, Non possedevano respiro


óð þau né höfðu, né avevano anima,
lá né læti non calore vitale, non gesti
né litlu góða; né colorito.
18
önd gaf Óðinn, Il respiro dette Óðinn,
óð gaf Hǿnir, l'anima dette Hǿnir,
lá gaf Lóðurr il calore vitale dette Lóðurr
ok litu góða. e il colorito.

Ask veitk standa, So che un frassino s'erge


heitir Yggdrasill Yggdrasill lo chiamano,
hár baðmr, ausinn alto tronco lambito
hvíta auri; d'acqua bianca di argilla.
Le Norne 19
þaðan koma döggvar Di là vengono le rugiade
þærs í dala falla; che piovono nelle valli.
stendr æ of grænn Sempre s'erge verde
Urðar brunni. su Urðarbrunnr.

Þaðan koma meyiar Da quel luogo vengono


20 margs vitandi fanciulle
þríar ór þeim sæ, di molta saggezza,
es und þolli stendr; tre, da quelle acque
Urð hétu eina, che sotto l'albero si stendono.
aðra Verðandi, Ha nome Urðr la prima,
skáru á skíði, Verðandi l'altra
Skuld ena þriðju. (sopra una tavola incidono
Þær lög lögðu, rune),
þær líf köru, Skuld quella ch'è terza.
alda börnum, Queste decidono la legge,
örlög seggja. queste scelgono la vita
per i viventi nati,
le sorti degli uomini.

Þat man hon folkvíg Lei ricorda lo scontro


fyrst í haimi, primo nel mondo,
es Gullveigu quando Gullveig
geirum studdu urtarono con lance
ok í höll Háars e nelle sale di Hár
Gullveig 21
hána brendu, le dettero fuoco:
þrysvar brendu tre volte l'arsero,
þrysvar borna, tre volte rinacque,
opt ósjaldan, e altre tre volte,
þó hon enn lifir. ma è ancora in vita!

«Splendente» le misero nome:


Heiði hétu,
dovunque venisse nelle case
hvars til húsa kom,
indovina esperta in profezie,
völu velspáa,
dava potere alle magiche
vitti hon ganda;
22 verghe;
seið, hvars kunni,
incantò, dovunque poteva,
seið hug leikinn;
incantò i sensi,
æ vas hon angan
sempre era la delizia
illrar brúðar.
di spose malvagie.

Þá gengu regin öll Andarono allora gli dèi tutti


á rökstóla, ai troni del giudizio,
ginnheilög goð, divinità santissime
La guerra ok gættusk of þat, e su questo deliberarono:
23
degli dèi hvárt skyldi æsir se avessero dovuto gli Æsir
afráð gjalda, un tributo pagare
eða skyldi goð öll o avessero gli dèi tutti
gildi eiga. diritto a un compenso.

Fleygði Óðinn Levava la lancia Óðinn


ok í folk of skaut; e la scagliava nella mischia:
þas vas enn folkvíg quella fu la battaglia
24
fyrst í heimi; prima nel mondo;
brotinn vas borðveggr infranto il riparo di legno
borgar ása, della città degli Æsir
knáttu vanir vísgpá minacciosi poterono i Vanir
völlu sporna. porre il piede in campo

Þá gengu regin öll Andarono allora gli dèi tutti


á rökstóla, ai troni del giudizio
ginnheilög goð, divinità santissime
ok gættusk of þat, e su questo deliberarono:
25
hverr hefði lopt alt chi avesse l'aria
lævi blandit intriso di sventura
eða ætt jötuns e alla stirpe dei giganti
Óðs mey gefna. dato la fanciulla di Óðr.

Þórr einn þar vá Là solo Þórr si levò


þrunginn móði, gonfio di furore:
hann sjaldan sitr, non indugiò un istante
es slíkt of fregn; quando seppe tali fatti.
26
á gengusk eiðar, Ruppero i giuramenti,
orð ok særi, le parole e i sacri voti,
mál öll meginlig, ogni possente patto
es á meðal fóru. che fra loro avevano stretto.

Veit hon Heimdallar Sa lei di Heimdallr


hljóð of folgit il fragore celato
und heiðvönum sotto il sacro albero
La fonte
helgum baðmi; avvezzo all'aria tersa del cielo.
della 27
á sér hon ausask Su quello ella vede riversarsi
sapienza
aurgum forsi uno scrosciare d'acque argillose
af veði Valföðrs. dal pegno pagato da Valföðr.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Ein sat hon úti, Sola sedeva di fuori


þás enn aldni kom quando il vecchio giunse
yggjungr ása Yggjungr degli Æsir
ok í augu leit. e la fissò negli occhi.
«Hvers fregnið mik? «Che cosa mi chiedete?
hví freistið mín? Perché mi mettete alla prova?
Óðinn e la Alt veitk, Óðinn, Tutto io so, Óðinn,
28
Veggente hvar auga falt dove tu nascondesti l'occhio
í enum mæra nella famosa
Mímis brunni» Mímisbrunnr!»
drekkr mjöð Mímir Mímir beve idromele
morgin hverjan ogni mattino
af veði Valföðrs. dal pegno pagato da Valföðr.
Vituð ég enn eða hvat? Che altro tu sai?

Valði henni Herföðr Per lei Herföðr scelse


29 hringa ok men; anelli e collane,
fékk spjöll spaklig sagge parole di ricchezza
ok spáganda; e la verga della profezia:
sá vítt ok of vítt vede lontano, lei, e oltre,
of veröld hverja. in ogni mondo.

Sá hon valkyrjur Vide, lei, le Valkyrjur


vítt of komnar, venire da lontano,
görvar at ríða pronte a cavalcare
til Goðþjóðar. verso il popolo dei Goti.
Skuld helt skildi, Skuld teneva lo scudo,
en Skögul önnur, seconda era Skögul,
Le valchirie 30
Gunnr, Hildr, Göndul Gunnr, Hildr, Göndul
ok Geirskögul; e Geirskögul.
nú eru talðar Ora ho elencato
nönnur Herjans, le fanciulle di Herjan,
görvar at ríða pronte a cavalcare
grund valkyrjur. la terra, le Valkyrjur.

Ek sá Baldri, Io vidi per Baldr


blóðgum tívur, un sacrificio di sangue;
Óðins barni, per il figlio di Óðinn
L'uccisione ørlög folgin; il celato destino.
31
di Baldr stóð of vaxinn Ritto cresceva
völlum hæri alto sui campi
mær ok mjök fagr esile e molto bello
mistilteinn. un ramoscello di vischio.

Varð af meiði, Venne su da quel ramo


þeims mær sýndisk, che esile mi parve
harmflaug hættlig, un terribile dardo di dolore.
Höðr nam skjóta. Höðr lo scagliò.
32
Baldrs bróðir vas Era il fratello di Baldr
of borinn snimma, nato precocemente;
sá nam Óðins sonr il figlio di Óðinn
einnættr vega. vecchio di una notte combatté.

Þó hann æva hendr Non lavò mai le mani


né höfuð kembði, né si pettinò il capo
áðr á bál of bar finché non trascinò sul rogo
Baldrs andskota. il nemico di Baldr.
33
En Frigg of grét Ma Frigg pianse
í Fensölum in Fensalir
vá Valhallar. il dolore di Valhöll.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

[Þá kná Vála [E Váli poterono legare


vígbönd snúa con ceppi di battaglia.
34
heldr váru harðgör Molto vennero stretti
höpt ór þörmum.] i lacci di budello.]
Hapt sá hon liggja Legato lei vede giacere
und Hveralundi sotto il bosco di Hveralund
lægjarns líki l'infausta figura
Loka áþekkjan; simile a Loki.
35
þar sitr Sygyn Là siede Sigyn
þeygi of sínum presso il suo sposo
veri vel glýjuð. per nulla entusiasta.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Á fellr austan Scroscia un fiume da oriente


Visione of eitrdala per valli di gelido veleno,
36
degli inferi söxum ok sverðum, con daghe e con spade,
Slíðr heitir sú. Slíðr è chiamato.

Stóð fyr norðan Sta verso nord


á Niðavöllum nelle Niðavellir
salr ór golli la corte d'oro
Sindra ættar, della stirpe di Sindri;
37
en annarr stóð ma una seconda si trova
á Ókólni, in Ókólnir
bjórsalr jötuns, sala da birra del gigante
en sá Brimir heitir. che è chiamato Brimir.

Sal sá hon standa Una sala lei vide


sólu fjarri lontana dal sole
Náströndu á, in Nástrandir,
norðr horfa dyrr; le porte rivolte a nord.
38
fellu eitrdropar Gocce di veleno piovono
inn of ljóra, attraverso il buco del tetto:
sá 's undinn salr questa sala è un intreccio
orma hryggjum. di dorsi di serpenti.

Sá hon þar vaða Vide lei in quel luogo guadare


þunga strauma difficili correnti
menn meinsvara uomini spergiuri
ok morðvarga ed assassini
ok þanns annars glepr e chi seduce di un altro
39
eyrarúnu. la consorte.
Þar sýgr Níðhöggr Là succhia Níðhöggr
nái framgengna; i corpi dei morti,
slítr vargr vera. il lupo strazia gli uomini.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Austr sat en aldna La vecchia siede ad oriente


í Járnviði in Járnviðr
La stirpe dei
40 ok fæddi þar e laggiù nutre
lupi
Fenris kindir; la stirpe di Fenrir.
verðr af þeim öllum Di tutti quelli
einna nökkurr uno solo si fa
tungls tjúgari divoratore della luna
í trolls hami. in forma di troll.

Fylliz fjörvi Si nutre della vita


feigra manna, degli uomini destinati a morire,
ryðr ragna sjöt arrossa le case degli dèi
rauðum dreira; con sangue scarlatto.
41
svart var þa sólskin Si oscura la luce del sole
of sumur eptir nelle prossime estati,
veðr öll válynd. verranno tempi di tradimento.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Sat þar á haugi Là siede sul colle


ok sló hörpu e suona l'arpa
gýgjar hirðir, il custode della gigantessa
Tre galli
glaðr Eggþér; il lieto Eggþér.
annunciano 42
gól of hánum Canta vicino a lui
il ragnarök
í gaglviði nel bosco degli uccelli
fagrrauðr hani, un gallo rosso splendente
sás Fjalarr heitir. che Fjalarr è chiamato.

Gól of ásum Canta tra gli Æsir


Gollinkambi, Gullinkambi,
sá vekr hölða gli eroi ridesta
at Herjaföðrs, nella dimora di Herjaföðr.
43
en annarr gól Ma un altro ancora canta
fyr jörð neðan giù sotto terra,
sótrauðr hani gallo rosso fuliggine
at sölum Heljar. nelle sale di Hel.

Geyr Garmr mjök Feroce latra Garmr


fyr Gnipahelli, dinanzi a Gnipahellir:
festr mun slitna, i lacci si spezzeranno
en freki rinna, e il lupo correrà.
44
fjölð veitk fræða, Molte scienze ella conosce:
framm sék lengra da lontano scorgo
of ragna rök, il destino degli dèi,
römm sigtíva. possenti divinità di vittoria.

Bræðr munu berjask Si colpiranno i fratelli


ok at bönum verðask, e l'un l'altro si daranno la morte;
munu systrungar i cugini spezzeranno
Gli ultimi sifjum spilla, i legami di parentela;
45
giorni hart 's í heimi, crudo è il mondo,
hórdómr mikill, grande l'adulterio.
skeggöld, skalmöld, Tempo d'asce, tempo di spade,
skildir klofnir, gli scudi si fenderanno,
vindöld, vargöld, tempo di venti, tempo di lupi,
áðr veröld steypisk prima che il mondo crolli.
mun engi maðr Neppure un uomo
öðrum þyrma. un altro ne risparmierà.

Leika Míms synir, S'agitano i figli di Mímir;


en mjötuðr kyndisk si compie il destino
at enu gamla al suono del possente
Il richiamo Gjallarhorni, Gjallarhorn.
46
del corno hátt blæss Heimdallr, Forte soffia Heimdallr
horn 's á lopti; nel corno che sporge,
mælir Óðinn mormora Óðinn
við Mímis höfuð. con la testa di Mímir.

Skelfr Yggdrasils Trema Yggdrasill


askr standandi, il frassino eretto,
ymr aldit tré, scricchiola l'albero antico
en jötunn losnar; quando si scioglie il gigante.
47
hræðask allir Tutti temono
á helvegum sulla strada degli inferi,
áðr Surtar þann che la stirpe di Surtr
sevi of gleypir. li inghiotta.

Hvat 's með ásum? Cosa incombe sugli Æsir?


hvat 's með álfum? Cosa incombe sugli elfi?
gnýr allr Jötunheimr, Risuona tutto Jötunheimr,
æsir 'ro á þingi, gli dèi sono a consiglio.
48
stynja dvergar Gemono i nani
fyr steindurum dinanzi alle porte di pietra,
veggbergs vísir. esperti di rocce scoscese.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Geyr Garmr mjök Feroce latra Garmr


fyr Gnipahelli, dinanzi a Gnipahellir:
festr mun slitna, i lacci si spezzeranno
en freki rinna, e il lupo correrà.
49
fjölð veitk fræða, Molte scienze ella conosce:
framm sék lengra da lontano scorgo
of ragna rök, il destino degli dèi,
römm sigtíva. possenti divinità di vittoria.

Hrymr ekr austan, Da oriente viene Hrymr,


hefsk lind fyrir, regge lo scudo innanzi.
snýsk Jörmungandr Si attorce Jörmungandr
L'attacco
50 í jötunmóði; nella furia dei giganti.
dei giganti
ormr knýr unnir, Il serpente flagella le onde,
en ari hlakkar, mentre l'aquila stride.
slítr nái niðfölr; Strazia i cadaveri, livida.
Naglfar losnar. Naglfar salpa.

Kjöll ferr austan, Una chiglia avanza da est:


koma munu Múspells verranno di Múspell
um lög lyðir, sul mare le genti,
en Loki styrir; e Loki tiene il timone.
51
fara fífls megir Avanza l'armata dei mostri
með freka allir, e il lupo è in testa.
þeim er bróðir e con loro è il fratello
Býleipz í för. di Býleistr che avanza.

Surtr viene da sud


Surtr ferr sunnan
col veleno dei rami.
með sviga lævi,
Il sole splende
skínn af sverði
sulla spada degli dèi guerrieri.
sól valtíva;
52 Le rocce si fendono,
grjótbjörg gnata,
si accasciano gigantesse:
en gífr rata,
gli uomini prendono la via degli
troða halir helveg,
inferi,
en himinn klofnar.
il cielo si schianta.

Þá kømr Hlínar Ecco viene a Hlín


harmr annarr framm, un altro dolore,
es Óðinn ferr quando Óðinn viene
Il
við ulf vega, a combattere col lupo,
crepuscolo 53
en bani Belja e l'uccisore di Beli
degli dèi
bjartr at Surti; splendente contro Surtr;
þá mun Friggjar allora di Frigg
falla angan. la gioia cadrà.

Geyr Garmr mjök Feroce latra Garmr


fyr Gnipahelli, dinanzi a Gnipahellir:
54
festr mun slitna, i lacci si spezzeranno
en freki rinna. e il lupo correrà.

Þá kømr enn mikli


Ecco viene il grande
mögr Sigföður,
figlio di Sigföðr,
Víðarr vega
Víðarr a combattere
at valdýri;
quel mangiatore di cadaveri;
55 lætr hann megi
ed egli al figlio di Hveðrungr
Hveðrungs
con entrambe le mani la spada
mund of standa
conficca fino al cuore.
hjör til hjarta;
Così il padre è vendicato.
þá 's hefnt föður.

Þá kømr enn mæri Ecco viene il famoso


56 mögr Hlöðvinjar figlio di Hlóðyn,
gengr Óðins sonr s'avanza il figlio di Óðinn
ormi mæta. a contrastare il serpente.
Drepr af móði Con ira lui colpisce
Miðgarðs véurr; il difensore di Miðgarðr.
munu halir allir Gli uomini tutti
heimstöð ryðja; sgombreranno il mondo.
gengr fet níu Nove passi indietreggia
Fjörgynjar burr il figlio di Fjörgyn,
neppr frá naðri, muore lontano dal serpe
níðs ókvíðinn. che disonore non teme.

Sól tér sortna, Il sole si oscura


sigr fold í mar, la terra sprofonda nel mare,
hverfa af himni scompaiono dal cielo
La fine del heiðar stjörnur; le stelle lucenti.
57
mondo geisar eimi Sibila il vapore
ok aldrnari; con quel che alimenta la vita,
leikr hár hiti alta gioca la vampa
við himin sjalfan. col cielo stesso.

Geyr Garmr mjök Feroce latra Garmr


fyr Gnipahelli, dinanzi a Gnipahellir:
festr mun slitna, i lacci si spezzeranno
en freki rinna, e il lupo correrà.
58
fjölð veitk fræða, Molte scienze ella conosce:
framm sék lengra da lontano scorgo
of ragna rök, il destino degli dèi,
römm sigtíva. possenti divinità di vittoria.

Sér hon upp koma Affiorare lei vede


öðru sinni ancora una volta
Rinascita jörð ór ægi la terra dal mare
del mondo: iðjagræna; di nuovo verde.
59
la nuova età falla forsar, Cadono le cascate,
dell'oro flýgr örn yfir, vola alta l'aquila,
sás á fjalli lei che dai monti
fiska veiðir. cattura i pesci.

Finnask æsir Si ritrovano gli Æsir


á Iðavelli in Iðavöllr,
ok of moldþinur e del serpente intorno al mondo
mátkan dæma, possente, ragionano,
60
[ok minnask þar [e rammentano là
á megindóma] le grandi imprese,]
ok á Fimbultýs e di Fimbultýr
fornar rúnar. le antiche rune.

Þar munu eptir Lì di nuovo


61
undrsamligar meravigliose
gollnar töflur le scacchiere d'oro
í grasi finnask, si ritroveranno nell'erba.
þærs í árdaga Eran quelle che anticamente
áttar höfðu. avevano posseduto.

Munu ósánir Cresceranno non seminati


akrar vaxa; i campi;
böls mun alls batna ogni male guarirà,
mun Baldr koma; farà ritorno Baldr.
62
búa Höðr ok Baldr Abiteranno Höðr e Baldr
Hropts sigtoptir le vittoriose rovine di Hroptr,
vel valtívar, felici dèi guerrieri.
vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Þá kná Hǿnir Allora Hǿnir


hlautvið kjósa l'aspersorio sceglierà,
ok burir byggva e i figli abiteranno
63
bræðra tveggja dei due fratelli
vindheim víðan. l'ampio mondo del vento.
Vituð ér enn eða hvat? Che altro tu sai?

Sal sér hon standa Vede lei una corte levarsi


sólu fegra, del sole più bella,
golli þakðan, d'oro ricoperta,
á Gimléi; in Gimlé.
64
þar skulu dyggvar Lì abiteranno
dróttir byggva schiere di valorosi
ok of aldrdaga ed eternamente
ynðis njóta. gioiranno felici.

[Þá kømr enn ríki [Allora viene il potente


Il giudizio at regindómi al suo regno,
65
finale öflugr ofan, il forte dall'alto
sá 's öllu ræðr.] che tutto governa.]

Þar kømr enn dimmi E viene di tenebra,


dreki fljúgandi, il drago che vola,
naðr fránn neðan il serpe scintillante
frá Niðafjöllum; dai monti Niðafjöll.
66
berr sér í fjöðrum Porta tra le sue ali,
flýgr völl yfir sulla pianura vola,
Níðhöggr nái; Níðhöggr, i morti.
nú mun hon sökkvask Ora lei si inabissa.
NOTE

1 ― (a) Hljóðs biðk «ascolto io chiedo», esordisce la völva, con formula solenne e imperiosa, ché
tra poco la grande profezia svolgerà i fili del tempo e scioglierà i nodi del destino. È probabilmente
la stessa formula che veniva utilizzata nel þing, nelle assemblee vichinghe, per imporre il silenzio e
richiamare l'attenzione dei presenti, e che riecheggia con forza l'antica formula omerica kéklute
óphr' éipō «ascoltate affinché io dica» (Polia 1983). ― (d) L'espressione «figli di Heimdallr» per
indicare le «sacre stirpi» [helgar kindir] degli uomini, richiama il mito riferito nel Rígsþula dove
alla discendenza di Heimdallr si riconducono i capostipiti delle tre classi sociali. ― (e) Valföðr,
«Padre dei caduti», è epiteto di Óðinn.

2 ― (d) Fædda höfðu è letteralmente «mi diedero cibo», ma forse è da intendere con «mi
generarono». ― (f) Questo verso è di ardua traduzione. Secondo l'interpretazione condivisa dalla
maggior parte degli studiosi, quel níu í viði si riferirebbe appunto ai «nove sostegni» dei mondi (cfr.
viðjur «radici, travi» < viðr «bosco, legna»); non mancano però le voci dissenzienti: alcuni pensano
che la frase sia da leggere níu íviði «nove specie di creature»; Sir George W. Cox è riandato
all'antico svedese inviþir e ha interpretato, un po' fantasiosamente, «l'insieme di tutti gli esseri, del
mondo dei vivi e del mondo dei morti». In tutti i casi si tratta di una visione dell'universo riassunto
nella sua stabilità e nella sua totalità (Cox 1870). ― (g) La parola mjötviðr è una delle più delicate
dell'intera letteratura mitologica norrena. È stata qui resa con «albero misuratore», da «albero [viðr]
delle misure [mjöt]». Quest'ultima parola è connessa col norreno meta «misurare», da cui mjötuðr
«giudice, governatore, dispensatore del fato» (cfr. gotico mitan, antico alto tedesco mezzan, tedesco
messen, anglosassone metan «misurare»; ma anche latino medeor «misuro» e meditari «meditare»).
S'intende probabilmente il frassino Yggdrasill come asse e impalcatura del cosmo, i cui rami e
radici formano gli assi [viðjur] che reggono i mondi e ne misurano il tempo [ SAGGIO].

3 ― Questa strofa della Völuspá possono essere agevolmente messa a confronto con alcuni versi
della Preghiera di Wessobrunn, un testo in antico alto tedesco proveniente dall'omonimo monastero
bavarese, composto intorno al 775. Un brano della preghiera così suona:

Dat gafregin ih mit firahim iriuuizzo Questo appresi tra gli uomini, il sommo
meista. prodigio.
Dat ero ni uuas noh ufhimil, Che non era la terra, né il cielo in alto,
noh paum noh pereg ni uuas, non era albero, né monte,
ni [sterro] nohheinig noh sunna ni scein, né [stella] alcuna, né il sole splendeva,
noh mano ni liuhta, noh der maręo seo. né la luna brillava, né il lucente mare.

Preghiera di Wessobrunn

Entrambi i brani descrivono lo stato precedente la creazione in termini negativi: attestando


l'originaria inesistenza degli enti e delle sostanze che compongono il nostro universo. Si precisa
dunque che in principio non esistevano né il cielo, né la terra, non vi erano alberi, monti e mari, né
splendevano il sole e la luna, e via dicendo. È in questo stadio negativo che subentra quindi la
creazione: sia essa la complessa cosmogonia pagana descritta nella Völuspá, o la creatio ex nihilo
operata dal Dio cristiano nella Preghiera di Wessobrunn. La somiglianza formale tra i due brani è
impressionante. Il verso di Völuspá [3c-3d], «non c'era sabbia né mare | né gelide onde» [vasa sandr
né sær, | né svalar unnir], richiama il «né il lucente mare» [noh der mareo seo] di Wessobrunn [5].
Il verso successivo [3e-3f], «terra non si distingueva | né cielo in alto» [jörð fansk æva | né
upphiminn], è vicinissimo a Wessobrunn [2] «che non era la terra, né il cielo in alto» [ero ni uuas
noh ufhimil]. La somiglianza formale dei due brani, a volte addirittura letterale (per «cielo in alto»
troviamo l'identico composto ufhimil in anticoaltotedesco e uphiminn in islandese), ha indotto gli
studiosi a ipotizzare l'esistenza, in tempi remoti, di un poema germanico della creazione i cui esiti
siano confluiti, separatamente, nelle due composizioni: il poema pagano islandese, la preghiera
cristiana alto-tedesca. ― (a) Ár significa «una volta» (latino olim), ed è una parola frequente
all'inizio dei poemi eddici (la ritroveremo in: Hymiskviða [1], Rígsþula [1], Atlakviða in grǿnlenzka
[1], Guðrúnarkviða [1], Sigurðarkviða [1]). Ár vas alda, letteralmente «una volta era il tempo» (öld
è «tempo, età, epoca), può essere tradotto «in principio» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). ― (a-b) I
primi due semiversi, nella versione citata da Snorri, suonano in altro modo: «Al principio era il
tempo | quando nulla esisteva» [Ár var alda | það er ekki var] (Gylfaginning [4 {5}]). Probabilmente
Snorri attinse a una versione della Völuspá diversa da quella attestata nei due manoscritti a noi
pervenuti.

4 ― (a) La Völuspá non fornisce i nomi dei figli di Borr. È Snorri ad affermare che essi furono
Óðinn e i suoi fratelli Vili e Vé (Gylfaginning [6d]).

5 ― (e-j) Questi semiversi possono essere messi in relazione con la Preghiera di Wessobrunn [4-5],
laddove dice: «né [stella] alcuna, né il sole splendeva, né la luna brillava» [ni [sterro] nohheinig
noh sunna ni scein, noh mano ni liuhta]. Addirittura, la parola sterro «stella», assente nel
manoscritto della Preghiera, è stata proposta dai filologi in base al confronto col poema eddico.
Analogamente, nel citare questa strofa, Snorri omette i primi due semiversi ma cita questi ultimi sei
semiversi, seppure invertendo l'ordine col quale vengono elencati gli ultimi due luminari: nella
citazione di Snorri viene prima il sole, poi la luna e poi le stelle (Gylfaginning [8 {10}]).

7 ― (b) Iðavöllr: «campo del vortice, campo-torto», campo al centro di Ásgarðr dove gli dèi
decisero per la prima volta l'ordinamento del loro regno e, dunque, di tutto il mondo. Qui si
riuniranno di nuovo gli Æsir sopravvissuti al ragnarök all'inizio del ciclo che verrà, per stabilire il
nuovo ordine cosmico. Il riferimento al «vortice», simbolo di inizio e di fine, oltre che metafora
astronomica della rotazione del cielo, insieme al fatto che Iðavöllr sia l'unica parte di Ásgarðr che
non verrà distrutta, ne suggeriscono l'identificazione con il nord celeste o con una proiezione
terrestre di esso. La stella polare è infatti il punto del cielo che, pur cambiando posizione a causa
della precessione degli equinozi, rappresenta in ogni epoca il centro della rotazione celeste, dunque
il «vortice» che emana il movimento e dà ordine al cosmo.

8 ― (f) Non è molto chiaro chi fossero le «tre fanciulle di giganti» [þríar þursa meyjar];
sicuramente corrispondono a quelle che Snorri indica come donne «venute da Jötunheimr» [kómu
ór Jötunheimum] (Gylfaginning [14b]). Non si può tuttavia dir molto sulla loro identità. Karl
Müllenhoff ritiene si tratti le tre Nornir, di cui si parla nel capitolo successivo [15] del testo di
Snorri (Müllenhoff 1908), seguito in questo da Giorgio Dolfini, che commenta in tal senso la sua
traduzione (Dolfini 1975), ma senza una reale certezza. Si tratta del rimasuglio di un mito perduto,
probabilmente non chiaro allo stesso Snorri.

9 ― (g-h) I nomi Brimir e Bláinn sembrano essere epiteti di Ymir. Questa strofa è chiusa da una
doppia kenning in quanto «sangue di Brimir» è metafora per significare il mare, e «ossa di Bláinn»
per indicare le pietre.

10 ― (e-h) Questa strofa presenta qualche problema d'interpretazione. In genere viene interpretata
nel senso che gli dèi crearono i nani dalla terra, ma altri ritengono che siano i nani stessi il soggetto
della frase. Ad esempio Bugge interpreta: «I nani fecero molti fantocci nella terra» a cui gli dèi
avrebbero poi infuso il soffio vitale (Bugge 1881 | Polia 1883). Non è ben chiaro, in questo caso,
chi fossero i «fantocci» creati dai nani. Tantopiù che Snorri dà una spiegazione molto ragionevole
del passo:

Þar næst settust goðin upp í sæti Poi gli dèi s'insediarono sui loro
sín ok réttu dóma sína ok troni, si riunirono in giudizio e
minntust, hvaðan dvergar höfðu ricordarono in che modo i nani
kviknat í moldinni ok niðri í avessero preso vita nel fango e sotto
jörðunni, svá sem maðkar í holdi. la terra, come i vermi nella carne. I
Dvergarnir höfðu skipazt fyrst ok nani furono creati per primi e
tekit kviknun í holdi Ymis ok váru presero vita nella carne di Ymir,
þá maðkar, en af atkvæðum dove erano come vermi, tuttavia per
goðanna urðu þeir vitandi manvits decisione degli dèi ricevettero la
ok höfðu manns líki ok búa þó í conoscenza del sapere umano e
jörðu ok í steinum. l'aspetto degli uomini, e abitarono
nella terra e nelle rocce.

Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [14]

Non vi è motivo di dubitare che questa sia la corretta interpretazione della creazione dei nani, che
qui appaiono, proprio in virtù della loro origine, legati per nascita alla terra e al fango. [ SAGGIO]

11 ― Le strofe [11-16] costituiscono il cosiddetto «catalogo dei nani», una composizione


probabilmente indipendente inclusa nella Völuspá. La versione del «catalogo» fornita dal Codex
Regius [R] presenta alcune differenze, nei nomi e nell'ordine dei nani, con la versione presente
nell'Hauksbók [H]; l'una e l'altra presentano a loro volta altre differenze con la redazione citata da
Snorri (Gylfaginning [14 {17-20}]). Le varie redazioni discendono probabilmente da un antigrafo il
quale dipendeva a sua volta dalle þulur, antichi elenchi in versi dove si fornivano gli heiti (i nomi,
gli epiteti o le definizioni poetiche) di cose, persone, divinità o creature mitologiche. Per un'analisi
dettagliata delle fonti rimandiamo alla pagina apposita [ MITI]. ― (d) Dopo Alþjófr e Dvalinn, la
redazione H inserisce una serie di quattro nomi, non presenti in R [«Nár e Náinn | Nípingr, Dáinn»],
i quali appaiono però essere una duplicazione di una sequenza che H riporta alla strofa [13]. ― (e) I
nomi Bívörr e Bávörr compaiono in H e in Snorri nelle varianti grafiche Bífurr e Báforr. ― (f) Il
nome Bömburr compare in Snorri nella variante Bömbörr. ― (g-h) I nani Ánn, Ánarr e Ái
appartengono a una serie che i vari manoscritti di Snorri presentano in maniera piuttosto difforme; il
confronto tra le varie redazioni e le þulur mostra che la serie originaria doveva essere formata dai
nomi: Óri, Órinn, Óinn, Ónn e Ónarr [SAGGIO].

12 ― (b) Il nome Þráinn compare in Snorri nella variante Þróinn. ― (c) Il nome Þekkr, presente in
R (e in Snorri), viene sostituito in H da Þrár (forse, una variante del Þrór presente in [12b]).
13 ― (b) In luogo del nome Náli compare in Snorri un Váli (la confusione è sorta forse per qualche
legame con la coppia formata da Váli e Nari, figli di Loki). ― (c) Heptivili («manico di lima»)
appare in H scisso in due nomi distinti: Hefti e Fili («manico» e «lima»). Solo il secondo nome
(Fili) è attestato separatamente come il nome di un nano [13a]. ― (d) Hannarr viene sostituito in
Snorri da Hárr. Invece, il nome Svíurr compare in H nella variante Svíðr e in Snorri nella variante
Svíarr. ― (e-h) Questi versi, gli unici a riportare una sequenza di otto nomi [«Nár e Náinn |
Nípingr, Dáinn, | Billingr, Brúni, | Bíldr e Búri»], sono riportati unicamente in H, mancando in R e
in Snorri.― (i) Il nome Hornbori, attestato nella redazione R, viene sostituito da Fornbogi nella
redazione H.

14 ― (d) Nella parafrasi in prosa che Snorri fa di questa strofa (Gylfaginning [14f]), si parla dei
Lofarr al plurale, come nome complessivo di questa stirpe di nani.

15 ― (b) Al nome Dólgþrasir, Snorri sostituisce Dólgþvari. ― (c) Al nome Hár, Snorri
sostituisce Hörr. Ad Haugspori, sostituisce invece Hugstari. ― (d) Il primo nome viene riportato
come Hlévangr «campo riparato» in R, ma come Hlévargr «lupo dei luoghi protetti» in H. La
seconda forma sembra più ragionevole. Snorri lo sostituisce con un nome affatto diverso: Hleðjólfr
«lupo protettore». Il secondo nome compare invece nella forma Glói in R, nella forma Glóinn in H e
in Snorri.― (e-f) Questi due versi, che riportano una breve sequenza di quattro nomi, sono presenti
soltanto nella redazione di Snorri [«Dóri, Óri, | Dúfr, Andvari»], mancando nei due codici della
Völuspá.

16 ― (a) Snorri sostituisce Yngvi con Ingi. È più probabile sia quest'ultimo il nome originario del
nano, essendo Yngvi un epiteto di Freyr, quale progenitore della stirpe degli Ynglingar. ― (c-d)
Questi due semiversi, con una sequenza di quattro nomi [«Fjalarr e Frosti | Finnr e Ginnarr»] è
attestata nel codice R, ma manca in H. Anche Snorri, tuttavia, la riporta (seppur sostituendo Fjalarr
con Falr).

17 ― Le strofe [17-18] alludono alla creazione della prima coppia umana a partire da due alberi, un
frassino [askr] e un olmo [embla]. Così Snorri spiega il passo e descrive la scena:

Þá er þeir Bors synir gengu með Mentre i figli di Borr andavano


sævarströndu, fundu þeir tré tvau, lungo la riva del mare trovarono
ok tóku upp tréin ok sköpuðu af due alberi, li raccolsero e li
menn. Gaf hinn fyrsti önd ok líf, mutarono in uomini. Il primo diede
annarr vit ok hrǿring, þriði ásjónu, loro respiro e vita, il secondo
málit ok heyrn ok sjón; gáfu þeim ragione e movimento, il terzo
klæði ok nöfn. Hét karlmaðrinn aspetto, parola, udito e vista. Gli
Askr en konan Embla, ok ólusk diedero poi vesti e nomi. Il maschio
þaðan af mannkindin. si chiamò Askr, la femmina Embla
e nacque allora l'umanità.

Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [9b]

― (b) La Völuspá non chiarisce quale fosse la «stirpe» [liðr] da cui i tre dèi sarebbero giunti, così
come non si sa bene a quale «casa» faccia riferimento il testo. ― (d) È stato qui suggerito di
emendare at húsi «a casa» in at húmi «al mare», interpretando la scena come se si svolgesse sulla
riva del mare. La correzione è giustificata dal fatto che Snorri afferma che gli dèi andavano «lungo
la riva del mare» [með sævarströndu] quando trovarono i due tronchi destinati a essere trasformati
nella prima coppia umana.

18 ― (e-g) Mentre la Völuspá attribuisce la creazione degli uomini alla triade Óðinn ~ Hǿnir ~
Lóðurr, Snorri afferma che a compiere l'opera fossero stati in realtà «i figli di Bórr» (Gylfaginning
[9b]). Tuttavia lo stesso Snorri aveva precedentemente affermato che i figli di Bórr fossero Óðinn ~
Vili ~ Vé (Gylfaginning [6d]) e alla loro opera aveva attribuito l'uccisione di Ymir e la creazione
del mondo. Sono stati naturalmente versati i proverbiali fiumi d'inchiostro per stabilire se la triade
della Völuspá (Óðinn ~ Hǿnir ~ Lóðurr) possa venire identificata o meno con quella fornita da
Snorri (Óðinn ~ Vili ~ Vé). [SAGGIO]►

20 ― (c) Si è tradotto qui «da quelle acque» ma il testo originale dice sæ «mare». Difficile capire se
si intenda la fonte Urðarbrunnr o se bisogna invece immaginare uno specchio d'acqua assai più
consistente alle radici del frassino Yggdrasill.

21 ― (c) L'episodio di Gullveig è particolarmente enigmatico, in quanto tutto ciò che sappiamo di
questo personaggio consiste in queste due strofe della Völuspá. Non vi sono altri riferimenti a
Gullveig in tutta la letteratura mitologica, e anche Snorri, nella sua opera, non ne fa alcun cenno. Si
ritiene che il tentativo di uccidere Gullveig abbia causato un dissidio tra gli Æsir e i Vanir, da cui
una guerra tra le due stirpi divine (a cui si accenna rapidamente nella strofa [24]); in realtà i due
episodi potrebbero anche non avere nulla a che fare l'uno con l'altro. ― (e) Hár «alto» è epiteto di
Óðinn.

25-26 ― Stando al racconto di Snorri (Gylfaginning [42]), dopo la guerra contro i Vanir, gli Æsir
ingaggiarono un gigante affinché ricostruisse le mura dell'Ásgarðr. Ma questi chiese come
pagamento il sole e la luna, e la dea Freyja, sposa di Óðr. Era stato Loki a consigliare agli dèi di
accettare il patto, convinto che il gigante non fosse riuscito a finire il lavoro nel tempo stabilito. Ma
quando le mura furono completate entro i termini, gli dèi ruppero il contratto e Þórr uccise il
gigante. [MITO]►

27 ― (b) Seguiamo qui l'interpretazione tradizionale secondo cui il «fragore celato» [hljóð of folgit]
indichi il Gjallarhorn, il corno destinato a suonare nel giorno di ragnarök e che Heimdallr, se tale
interpretazione è corretta, avrebbe nascosto alle radici del frassino Yggdrasill. ― (g) Valföðr
«padre dei caduti»è un epiteto di Óðinn. Per «pegno di Valföðr» si intende qui l'occhio ceduto da
Óðinn in cambio di un sorso alla sorgente di Mímisbrunnr, da cui sgorga l'acqua della sapienza.
Mímir è appunto il guardiano di tale fonte.

28 ― Questa breve descrizione della völva, che sedeva sola «di fuori» [úti], va forse messo in
relazione con certe descrizioni presenti negli antichi testi, dove i veggenti erano presentati desti
nella solitudine notturna intenti a scrutare i fati. Si tratta forse della scena che dà l'avvio all'intera
rappresentazione del poema. Yggjungr «molto spaventoso» è epiteto di Óðinn, che guarda la völva
«negli occhi» [í augu senza parlare, forse per provarne il potere. La völva sostiene lo sguardo del
dio e gli rivela di conoscere il suo più geloso segreto: egli ha dato in pegno un occhio al saggio
Mímir, custode della fonte della sapienza di Mímisbrunnr.

29 ― (a) Herföðr «padre degli eserciti» è epiteto di Óðinn. E la persona a cui avrebbe dato anelli e
collane, oltre alla verga della profezia, è naturalmente la stessa völva. ― (b-d) Secondo questi versi,
Herföðr (Óðinn) avrebbe dato alla völva: (1) anelli e collane, (2) sagge parole di ricchezza, (3) la
verga della profezia [spágandr]. Ma emendando spágandr in spá ganda e adottando
l'interpretazione del Neckel, la strofa diventerebbe così: «Herföðr le diede anelli e collane, ottenne
[in cambio] sagge parole di ricchezza e profezie [ottenute tramite] la verga» (Neckel 1908 | Polia
1983). La correzione sembra chiarire lo scopo della visita di Óðinn alla völva, ma si tratta
comunque di una forzatura che non aggiunge dettagli a quanto già implicito nel resto del poema,
che tratta comunque di una profezia lanciata dalla stessa veggente.

30 ― (j) Herjan «capo degli eserciti» è, ancora una volta, epiteto di Óðinn.

32 ― (e) Il fratello di Baldr di cui qui si parla è Váli figlio di Óðinn, che nacque appositamente per
vendicarne la morte.

33 ― (d) Il nemico di Baldr è invece il cieco Höðr, che venne ucciso da Váli. ― (e) Frigg, sposa di
Óðinn, era la madre di Baldr.

34 ― Questi versi vengono dal codice H, dove sostituiscono i primi quattro semiversi di quella che
nel codice R è la strofa [35]. ― (a) Il Váli di cui qui si parla, interpretando il testo secondo quanto
afferma Snorri, non sarebbe il summenzionato Váli figlio di Óðinn, ma Váli figlio di Loki, il quale
venne trasformato in lupo dagli dèi e sbranò il fratello Narfi. Con gli intestini di questi, gli dèi
trassero i lacci con cui Loki venne legato. Sigyn, sposa di Loki, gli rimase accanto.

36 ― Il codice R considera la sequenza [36-37] un'unica strofa: gli studiosi sono però persuasi che
si tratti della giustapposizione di due strofe, di cui la prima [36] mutila. Tutto il gruppo di strofe
[36-39] sembra dare una vivida descrizione del mondo infero.

37 ― Nell'ambito della veloce visione degli inferi presentata dalla Veggente, compaiono qui queste
due località, le Niðavellir, che, secondo quanto qui è detto, sembrano ospitare la corte dei nani
(Sindri è infatti nome di un nano, come risulta dalle þulur), e Ókólnir, dove si troverebbe la sala da
birra del gigante Brimir (apparentemente lo stesso citato nel verso [9g]). ― Snorri riporta una
riscrittura in prosa di questa strofa, con alcune varianti piuttosto interessanti:

Allora vi saranno molti luoghi buoni


Margar eru þá vistir góðar ok margar e molti cattivi. Il migliore per
illar. Bazt er þá at vera á Gimlé á abitarvi sarà Gimlé, nel cielo, ottimo
himni, ok allgott er til góðs drykkjar per buone bevute, per coloro che là
þeim er þat þykkir gaman í þeim sal er troveranno piacere, in quella sala che
Brimir heitir, hann stendr ok á himni si chiama Brimir e sta in cielo [a
[á Ókólni]. Sá er ok góðr salr er Ókólnir]. Sarà un buon luogo quello
stendr á Niðafjöllum, görr af rauðu che si trova nei Niðafjöll, fatto con
gulli, sá heitir Sindri. Í þessum sölum oro rosso e che si chiama Sindri. In
skulu byggja góðir menn ok siðlátir. quella dimora vivranno gli uomini
buoni e i giusti.

Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [52]


Mentre la Völuspá presenta le regioni di Niðavellir e Ókólnir nell'ambito di una visione dei luoghi
infernali, Snorri ne dà un'immagine affatto diversa: sale celesti deputate ad accogliere gli uomini
giusti nel futuro escatologico dopo il ragnarök. È possibile che nella versione del poema consultata
da Snorri, questa strofa fosse collocata verso la fine della composizione e si riferisse appunto ai
tempi futuri. D'altra parte, se le Niðavellir sono le «pianure oscure», un toponimo come Ókólnir
«mai freddo» dà più l'idea di un luogo accogliente, e non di una dimora di giganti collocata in
gelide regioni infernali. Snorri comunque sembra fraintendere il poema eddico, affermando che
Brimir e Sindri siano i nomi delle due sale in questione, e non il gigante e il nano a cui esse
rispettivamente appartengono. Inoltre Snorri confonde le Niðavellir con i Niðafjöll, che
costituiscono la regione infernale da cui emerge il serpente Níðhöggr nella chiusa del poema
(Völuspá [66]).

38 ― Le strofe [38-39] seguono la [43] nel codice H. ― (c) Nástrandir è la spiaggia dei morti, in
Helheimr; il palazzo descritto appartiene alla regina Hel.

39 ― Secondo alcuni esegeti, questa strofa sarebbe pervenuta in forma corrotta, forse come
giustapposizione di due strofe mutile, di cui la prima comprenderebbe i primi semiversi [a-f], la
seconda i semiversi [g-j]. ― (g) Níðhöggr è il serpente che giace alla radici del frassino Yggdrasill.
(Cfr. Grímnismál [34-35]).

40 ― Questa strofa e la successiva sono citate da Snorri (Gylfaginning [12 {13-14}]). ― (a) La
vecchia che abita in Járnviðr (la foresta dagli alberi di ferro) è forse Angrboða, madre del lupo
Fenrir. I lupi sono dunque la stirpe di Fenrir. ― (f) Tra di essi, il lupo Skoll è destinato, nel giorno
di ragnarök, a ingoiare il sole. ― (g) Tungl significa letteralmente «luminare» (cfr. latino sidus),
indicando indifferentemente il sole o la luna, e i vari traduttori hanno proposto via via l'una o l'altra
delle interpretazioni. Mario Polia traduce «sole» segnalando in nota l'ambiguità del termine (Polia
1983); al contrario, Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «astro» segnalando in nota
che si tratta del sole (Scardigli ~ Meli 1982). Gianna Chiesa Isnardi traduce invece «luna» (Isnardi
1975), così come Giorgio Dolfini (Dolfini 1975). La traduzione di tungl con «sole» potrebbe essere
giustificata dal fatto che alcuni versi più sotto si parla del lupo destinato a divorare il sole, ma il
significato di «luna» è quello maggiormente attestato nella letteratura islandese, dove il termine ha
spesso sostituito il più poetico máni «luna» (Cleasby ~ Vigfússon 1874).

41 ― (e) L'oscurarsi del sole di cui qui si parla è un annuncio del fimbulvetr, il «terribile inverno»,
il tempo di oscurità e malvagità che precederà il ragnarök.

42 ― (d) Chi sia il «lieto» Eggþér, che in questi versi si presenta come custode o pastore, non ci è
dato di sapere. Si può solo arguire che le mandrie dei giganti fossero i lupi.

44 ― (a-d) Questa strofa, quale cupo ritornello, si udrà altre tre volte, scandendo i tempi della
catastrofe cosmica. Garmr è il cane legato dinanzi alle porte di Helheimr, anch'esso destinato a
sciogliersi quando sarà il giorno di ragnarök.

45 ― Con rapidi accenni e serrate allitterazioni, la völva ci scaglia nel fimbulvetr, il «terribile
inverno», il tempo di gelo e di oscurità, di malvagità e depravazione, che culminerà nella
distruzione universale del ragnarök. Il mitema del crollo morale dell'umanità, nei tempi finali, è
presente in molte culture diverse compresa quella cristiana. La più antica attestazione di questo
motivo si trova nella mitologia indù, in cui il Kaliyuga, l'epoca finale dell'intero ciclo temporale, è
caratterizzata dalla totale perdita di ogni senso morale e legge religiosa, perdita che, a partire dai
nostri tempi, si farà sempre più accentuata man mano che il ciclo procederà verso la sua
conclusione. È anche lo stesso motivo presente nelle Opere e i giorni di Esiodo, in cui la storia
cosmica è vista come una progressione di età (dell'oro, dell'argento, del bronzo, del ferro) di cui
l'ultima – la nostra – è caratterizzata da un'umanità singolarmente priva delle virtù e del valore dei
tempi precedenti.

46 ― (a) I figli di Mímir [Míms synir] sono i giganti. C'è un lugubre senso di gioia in questo loro
agitarsi, ché sanno che la battaglia contro gli dèi è ormai vicina.

47 ― (d) Il gigante che si scioglie è Loki, che avevano lasciato legato nella sua caverna con le
budella di suo figlio. ― (g) «Stirpe di Surtr» è una kenning per indicare le fiamme dell'incendio
universale, essendo Surtr il guardiano del Múspellsheimr.

50 ― (a) Hrymr è il re dei giganti di ghiaccio, che guida le schiere di Jötunheimr. ― (c)
Jörmungandr è il serpente che circonda il mondo. ― (g) L'aquila è forse Hræsvelgr, che crea i venti
col battito delle sue ali. ― (h) Naglfar è la nave dei morti.

51 ― (b) Da est (ma forse sarebbe più logico da sud) arrivano i «figli di Múspell», i giganti di
fuoco deputati alla distruzione del mondo. ― (d) Il lupo che li precede è Fenrir. ― (e-f) Loki,
fratello di Býleistr, è il loro timoniere.

52 ― (a) Surtr è il re dei giganti di fuoco. ― (b) Il «veleno dei rami» [sviga lævi] è una trasparente
kenning per indicare il fuoco.

53 ― (a) Hlín è Frigg, qui chiamata col nome di una delle sue ancelle (o forse si tratta di due
personaggi in origine concidenti). ― (c-d) Sposo di Hlín/Frigg è Óðinn, che combatte contro il lupo
Fenrir e muore nello scontro. ― (e) L'«uccisore di Beli» è Freyr: si getta a mani nude contro Surtr
ma non ha miglior fortuna.

55 ― (b) Sigföðr «Padre di vittoria» è epiteto di Óðinn. ― (c) Suo figlio Víðarr uccide Fenrir con
la spada vendicando il padre. ― (e) Hveðrungr è probabilmente un epiteto di Loki padre di Fenrir.

56 ― Spetta a Þórr, difensore di Miðgarðr, scendere a battaglia contro Jörmungandr, il serpente che
circonda il mondo. Riesce a ucciderlo, ma subito muore intossicato dal veleno. ― (b | j) Hlóðyn e
Fjörgyn sono due epiteti di Jörð, dea della terra, madre di Þórr.

57 ― (f) «Quel che alimenta la vita» è una kenning per indicare il fuoco. Dunque la frase è da
intendere «sibila il vapore con il fuoco», nell'incendio che mette fine al mondo.

60 ― (e-f) Questi due semiversi mancano nel codice R ma sono presenti in H. ― (g) Fimbultýr «dio
terribile» è un epiteto di Óðinn.

61 ― (a) Mentre il codice R scrive il primo semiverso: «Là di nuovo...» [Þar muno eptir], il codice
H riporta con piccola variazione: «Allora gli Æsir...» [Þá muno æser].
62 ― (f) Hroptr è un epiteto di Óðinn.

63 ― (d) Chi sono i «figli dei due fratelli» [burir [...] bræðra tveggja]? Difficile dirlo. Secondo
alcuni Höðr e Baldr, i quali tuttavia erano fratelli tra loro e non cugini. Secondo altri sarebbero
invece Hǿnir e Lóðurr, ipotesi piuttosto fragile in quanto nulla si può dire sulla parentela di questi
due personaggi. Bellows interpreta «i figli dei fratelli di Tveggi», essendo questo uno degli epiteti
di Óðinn (Bellows 1923). Poiché i fratelli di Óðinn sono Vili e Vé, ci si può chiedere chi siano i
figli di costoro. ― (e) Il «mondo del vento» [vindheim] è forse da intendere come il cielo, o come
l'atmosfera? Oppure è una kenning per indicare il mondo stesso, percorso dal vento?

65 ― Questa breve strofa, formata da soli quattro semiversi è assente nel codice R e attestata
unicamente nel codice H, senza alcuna indicazione della presenza di una lacuna. Tardi manoscritti
aggiungono altri quattro semiversi, registrati da Henry Bellows: «Lui stabilisce le regole | e fissa i
diritti, | ordina le leggi | che sempre vivranno» (Bellows 1923). ― (a) Questo «potente» [enn ríki]
che compare nella penultima strofa, fa naturalmente pensare all'immagine del Cristo che compare
sulle nubi, nel giorno del Giudizio.

66 ― Tutta l'ultima strofa, che alcuni ritengono interpolata nel testo, è di difficile interpretazione.
Perché è il serpente Níðhöggr a chiudere il poema? E perché porta i morti tra le sue ali? È una
visione che appartiene al futuro escatologico o va collocata al presente in cui la völva narra la sua
profezia?― (h) Si ritiene che a inabissarsi, nell'ultimissimo verso del poema, sia appunto la völva,
anche se in molte traduzioni hon «ella» viene emendato con hann «egli» e l'inabissamento finale
viene riferito a Níðhöggr. Ma che possa essere la veggente (e non il serpente) a inabissarsi, è forse
giustificato dal Baldrs Draumar, dove si narra di come Óðinn fosse sceso nel regno dei morti e con
un canto magico avesse tratto fuori una morta völva dal suo tumulo affinché interpretasse i funesti
sogni che affliggevano Baldr. Non c'è naturalmente alcuna indicazione che la völva del Baldrs
Draumar sia la stessa della Völuspá, ma non c'è nemmeno motivo di escluderlo.
HÁVAMÁL
IL DISCORSO DI HÁR

Il capitolo dell'ospite (1-79)


Detti per gli uomini (81-95)
Óðinn e la figlia di Billingr (96-102)
Óðinn e Gunnlöð (104-110)
Discorso di Loddfáfnir (111-137)
Dissertazione sulle rune (138-145)
Dissertazione sui canti magic (146-163)
Chiusa (164)
Note

HÁVAMÁL IL DISCORSO DI HÁR

[Gestaþáttr] [Il capitolo dell'ospite]

Il capitolo 1 Gáttir allir Tutte le porte


dell'ospite. áðr gangi fram prima di varcarle
um skoðaz skyli devono esser spiate,
um skygnaz skyli; devono esser scrutate,
Þvi at óvist er at vita che dubbio è ogni volta
hvar ovinir dove i nemici
sitja á fleti fyrir. siedano nella sala [che ti sta]
davanti.

2 Gefendr heilir! Ai generosi, salute!


Gestr er inn kominn! L'ospite venga dentro!
hvar skal sitja sjá? Dove dovrà sedere?
mjök er bráðr Va assai velocemente
sá er á bröndom skal accanto al focolare
síns um freista frama. chi esibisce le sue doti.

3 Eldz er þörf Di fuoco c'è bisogno


þeims inn er kominn per chi è venuto dentro
ok á kné kalinn; ed ha le ginocchia gelate.
matar ok váða Di cibo e vestiti
er manne þörf, necessita l'uomo
þeim er hefir um fjall che ha percorso la montagna.
farit.
4 Vatz er þorf Di acqua c'è bisogno
þeim er til verðar kømr, per chi al banchetto viene,
þerro ok þjóðlaðar, di tovaglioli e di cortesi
góðs um ǿðis, inviti,
ef sér geta mætti, di animo ben disposto,
orðz ok endrþögo. se riesca a ottenerlo,
di conversazione e di
silenzio.

5 Vitz er þörf Di intelligenza c'è bisogno


þeim er víða ratar; per chi viaggia per lungo;
dælt er heima hvat; ogni cosa è facile a casa.
at augabragði verðr Si ammicca [prendendosi
sá er ekki kann gioco]
ok með snotrom sitr. di chi nulla sa
e siede tra i sapienti.

6 At hyggjandi sinni Del proprio intelletto


skylit maðr hrǿsinn non dovrebbe l'uomo
vera, vantarsi,
heldr gætinn at geði; al contrario, sia misurato
þá er horskr ok þögull nell'animo.
kømr heimisgarða til, Sia attento e silenzioso
sjaldan verðr víti vörom, quando giunge a un cortile:
þvíat óbrigðra vin di rado il prudente ha danno;
fær maðr aldregi perché un amico più fidato
en manvit mikit. l'uomo non ha mai trovato
di un gran buon senso.

7 Enn vari gestr L'ospite prudente


er til verðar kømr, che viene al banchetto,
þunno hljóði þegir, tace aguzzando l'udito,
eyrom hlýðir, con le orecchie ascolta
en augom skoðar; e con gli occhi osserva;
svá nýsiz fróðra hverr così ogni uomo prudente
fyrir. scruta intorno.

8 Hinn er sæll È lieto colui


er sér um getr che per sé ottiene
lof ok líknstafi; lodi e favori.
ódælla er við þat Ardua è la cosa
er maðr eiga skal che l'uomo deve ottenere
annars brjóstum í. nel petto di un altro.

9 Sá er sæll È lieto colui


er sjálfr um á che in sé possiede
lof ok vit meðan lifir; lodi e saggezza.
þvíat ill ráð Perché cattivi consigli
hefir maðr opt þegit l'uomo ha spesso ricevuto
annars brjóstom ór. dal petto di un altro.

10 Byrði betri Bagaglio migliore


berrat maðr brauto at non si porta l'uomo in viaggio
en sé manvit mikit; di un gran buon senso.
auði betra Della ricchezza, migliore
þikkir þat í ókunnom ti si rivela in un paese
stað, sconosciuto:
slíkt er válaðs vera. tale è la salvezza del
disperato.

11 Byrði betri Bagaglio migliore


berrat maðr brauto at non si porta l'uomo in viaggio
en sé manvit mikit; di un gran buon senso.
vegnest verra Provvista peggiore
vegra hann velli at non ci si porta per campi
en sé ofdrykkja öls. del bere smodato di birra.

12 Era svá gott, Non è così buona


sem gott kveða come buona dicono
öl alda sonom; la birra per i figli degli
þvíat færa veit uomini.
er fleira drekkr, Poiché poco controllo ha
síns til geðs gumi. l'uomo che troppo beve
del suo intelletto.

13 Óminnis hegri heitir «Airone dell'oblio» è


sá er yfir ölðrom þrumir, chiamato
hann stelr geði guma; chi indugia in birreria;
þess fugls fjöðrom rapisce la ragione all'uomo.
ek fjötraðr vark Dalle penne di quell'uccello
í garði Gunnlaðar. io stesso venni incatenato
nella fortezza di Gunnlöð.

14 Ölr ek varð, Ebbro io divenni


varð ofrölvi, ebbro senza misura,
at ins fróða Fjalars; accanto al saggio Fjalarr.
því er ölðr bazt, Ché la birra è ottima,
at aptr uf heimtir a patto che mantenga
hverr sit geð gumi. il suo intelletto, l'uomo.

15 Þagalt ok hugalt Silenziosa e accorta


skyli þjóðans barn sia di un capo la schiatta
ok vígdjarft vera; e audace in battaglia.
glaðr ok reifr Lieto e sorridente
skylii gumna hverr sia ciascun uomo
unz sinn bíðr bana. finché non sia ucciso.
16 Ósnjallr maðr L'uomo vile
hyggz muno ey lifa, crede vivrà per sempre
ef hann við víg varaz; se evita le battaglie.
en elli gefr Ma la vecchiaia non porta
hánom engi frið, a lui nessuna pace,
þótt hánom geirar gefi. anche se gliela portano le
armi.

17 Kópir afglapir Sta immobile lo stolto


er til kynnis kømr, che dai conoscenti è andato;
þylsk hann um eða farfuglia tra sé e indugia.
þrumir; Ma poi gli passa
alt er senn, se ottiene da bere:
ef hann sylg um getr, ecco che si rivela il carattere.
uppi er þá geð guma

18 Sá einn veit Solo uno conosce,


er víða ratar chi molto ha vagato
ok hefir fjölð um farit, e molto ha viaggiato,
hverjo geði che carattere
stýrir gumna hverr, possegga ciascun uomo:
sá er vitandi er vits. lui possiede la saggezza.

19 Haldit maðr á keri, Non trattenga [a sé] l'uomo il


drekki þó at hófi mjöð, bicchiere,
mæli þarft eða þegi; e beva con misura l'idromele,
ókynnis þess parli sensatamente o taccia.
vár þik engi maðr, Di cattive maniere
at þú gangir snemma at nessun uomo ti farà colpa
sofa. se tu vai presto a dormire.

20 Gráðugr halr, L'ingordo


nema geðs viti, che non conosce misura
etr sér aldrtrega; mangia e si ammala.
opt fær hlǿgis, Spesso l'accolgono le risa,
er með horskom kømr, quando tra gente accorta
manni heimskom magi. arriva
la pancia di un uomo sciocco.

21 Hjarðir þat vito Le greggi ben sanno


nær þær heim skolo quando devono tornare a casa
ok ganga þá af grasi; e andarsene dai pascoli.
en ósviðr maðr Ma l'uomo insavio
kann ævagi non conosce mai
síns um mál maga. la misura della sua pancia.

22 Vesall maðr L'uomo incapace


ok illa skapi e di cattivo gusto
hlær at hvívetna; ride per ogni cosa.
hitki hann veit Quello che lui non sa
er hann vita þyrpti, e che dovrebbe sapere:
at hann era vamma vanr. che non è privo di difetti.

23 Ósviðr maðr L'uomo insavio


vakir um allar nætr sta sveglio tutte le notti
ok hyggr at hvívetna; e si preoccupa di tutto.
þá er móðr Così è sfinito
er at morni kømr; quando viene il mattino;
alt er víl, sem var. tutte le sue miserie son
[rimaste] qual erano.

24 Ósnotr maðr L'uomo insavio


hyggr sér alla vera crede gli siano tutti
viðhiæjendr vini; quelli che gli sorridono,
hitki hann fiðr, amici.
þótt þeir um hann fár Non si accorge affatto
lesi, se gli tendano tranelli,
ef hann með snotrom quando tra i saggi siede.
sitr.

25 Ósnotr maðr L'uomo insavio


hyggr sér alla vera crede gli siano tutti
viðhlæjendr vini; quelli che gli sorridono,
þá þat finnr amici.
er at þingi kømr, Ed ecco si accorge,
at hann á formælendr fá. quando arriva all'assemblea,
che ha pochi sostenitori.

26 Ósnotr maðr L'uomo insavio


þikkiz alt vita, pensa di saper tutto
ef hann á ser i vá vero; se sta da solo in un canto.
hitki hann veit, Ma nulla sa
hvat hann skal við quando deve parlare in
kveða, risposta,
ef hans freista firar. se qualcuno lo mette alla
prova.

27 Ósnotr maðr L'uomo insavio


er með aldir kømr, quando si trovi con gli
þat er bazt at hann þegi; uomini
engi þat veit questo è meglio, che taccia.
at hann ekki kann, Nessuno però sa
nema hann mæli til che lui non sa nulla,
mart, purché non parli troppo.
veita maðr, Ma l'uomo che non sa,
hinn er vætki veit, questo neppure sa:
þótt hann mæli til mart. che a volte parla troppo.

28 Fróðr sá þykkiz Saggio lo stimano


er fregna kann chi sa fare domande
ok segja it sama; e parlare a tono.
eyvito leyna Nulla celare
mego ýta sønir, possono i figli dell'uomo
því er gengr um guma. di quello che capita ai
mortali.

29 Ǿrna mælir In abbondanza dice,


sá er æva þegir chi mai tace,
staðlauso stafi; ciance insensate.
hraðmælt tunga La lingua chiacchierona
nema haldendr eigi, se non è trattenuta
opt sér ógott um gelr. spesso suona contro sé stessa.

30 At augabragði Non ammiccherà


skala maðr annan hafa, [prendendosi gioco]
þótt til kynnis komi; nessun uomo di un altro
margr þá froð þikkiz, quando viene tra congiunti.
ef hann freginn erat Accorto in molti lo stimano
ok nái hann þurrfjallr se non gli fanno domande,
þruma. e un posto ottiene
indisturbato.

31 Fróðr þikkiz Accorto si ritiene


sá er flótta tekr chi sa sfuggire,
gestr at gest hæðinn; ospite, agli scherni degli
veita görla ospiti.
sá er um verði glissir, Non sa con certezza
þótt hann með grömom chi al banchetto lo schernisca
glami. se chiacchiera con
malintenzionati.

32 Gumnar margir Molti uomini


erosk gagnhollir, son tra loro amichevoli
en at virði vrekaz; ma a banchetto si
aldar róg accapigliano.
þat mun æ vera Rissa tra gli uomini
órir gestr við gest. sempre vi sarà;
s'azzuffa l'ospite con l'ospite.

33 Árliga verðar Al mattino di buon'ora


skyli maðr opt fá, deve l'uomo spesso mangiare,
nema til kynnis komi; quando va a trovare
sitr ok snópir, congiunti.
lætr sem sólginn sé, [Altrimenti] si siede e scruta
ok kann fregna at fá. avido,
si comporta da affamato
e partecipa poco al discorso.

34 Afhvarf mikit Una strada assai tortuosa


er til illz vinar, porta a un cattivo amico
þótt á brauto búi; anche se abita lungo la via.
en til góðs vinar Ma a un buon amico
liggja gagnvegir, conducono strade diritte
þótt hann sé firr farinn. anche se si è stabilito più
lontano.

35 Ganga skal, Bisogna andarsene:


skala gestr vera non deve l'ospite stare
ey i einom stað; sempre in un posto.
ljúfr verðr leiðr, Chi è caro diviene malvisto
ef lengi sitr se a lungo risiede
annars fletjon á. nella sala di un altro.

36 Bú er betra, Una propria dimora è meglio


þótt lítit sé, anche se è piccola:
halr er heima hverr; ognuno è libero a casa sua.
þótt tvær geitr eigi Anche se possiede due capre
ok taugreptan sal, e una sala dal tetto sconnesso,
þat er þó betra en bǿn. è meglio che chiedere la
carità.

37 Bú er betra, Una propria dimora è meglio


þótt lítit sé, anche se è piccola:
halr er heima hverr; ognuno è libero a casa sua.
blóðugt er hjarta Sanguina il cuore
þeim er biðja skal di chi è costretto a chiedere
sér í mál hvert matar. cibo per sé a ogni passo.

38 Vápnom sínom Dalle proprie armi


skala maðr velli á non deve l'uomo in campo
feti ganga framarr; aperto
þvíat óvíst er at vita allontanarsi di un passo.
nær verðr á vegom úti Perché non si può sapere
geirs um þörf guma. quando fuori sulle strade
potrà servire la lancia.

39 Fanka ek mildan mann Non ho trovato un uomo così


eða svá matar góðan, munifico
at ei væri þiggja þegit, o così generoso di cibo
eða síns fjár che non accettasse un dono;
svági [gjöflan], o delle sue ricchezze
at leið sé laun, ef þegi. così elargitore,
da sprezzare una ricompensa,
a riceverla.

40 Fjár síns, Alle proprie ricchezze


er fengit hefr, che si siano accumulate
skylit maðr þörf þola; non deve l'uomo attaccarsi.
opt sparir leiðom Spesso si risparmia per il
þats hefir ljúfom hugat; male
mart gengir verr en quel che era disposto per il
varir. bene:
molte cose van peggio di
come si crede.

41 Vápnom ok váðom Con armi e vestiti


skolo vinir gleðjaz, saranno gli amici lieti,
þat er á sjálfum sýnst; ciò è già evidente su sé stessi.
viðrgefendr ok Chi dona e chi ricambia doni
endrgefendr son fra sé gli amici più intimi,
erosk lengst vinir, se le cose procedono bene.
ef þat bíðr at verða vel.

42 Vin sínom Al proprio amico


skal maðr vinr vera deve l'uomo essere amico
ok gjalda gjöf við gjöf; e ricambiare dono con dono.
hlátr við hlátri Le risa con le risa
skyli hölðar taka, ripagheranno gli uomini,
en lausung við lygi. ma l'ipocrisia con la
menzogna.

43 Vin sínom Al proprio amico


skal maðr vinr vera, deve l'uomo essere amico
þeim ok þess vin; a lui e al suo amico.
en óvinar síns Ma all'amico del proprio
skyli engi maðr nemico
vinar vinr vera. non deve nessun uomo
essere amico.

44 Veitztu, ef þú vin átt, Sappi: se hai un amico


þann er þú vel trúir, in cui riponi buona fiducia
ok vill þú af hánom gott e vuoi da lui qualcosa di
geta, buono,
geði skaltu við þann devi accordare il tuo animo
blanda col suo
ok gjöfom skipta, e doni scambiare:
fara at finna opt. va' a trovarlo spesso.

45 Ef þú átt annan, Se un altro ne hai


þannz þú illa trúir, in cui riponi cattiva fiducia
vildu af hánom þó gott e vuoi da lui qualcosa di
geta, buono,
fagrt skaltu við þann gentilmente gli devi parlare
mæla, ma riflettere con astuzia
en flátt hyggja e ricambiare l'ipocrisia con la
ok gjalda lausung við menzogna.
lygi.

46 þat er enn of þann E questo ancora riguardo a


er þú illa truir colui
ok þér er grunr at hans in cui riponi cattiva fiducia
geði, e sospetti dei suoi sentimenti:
hlæja skaltu við þeim ridere devi con lui
ok um hug mæla; e parlare a dispetto del tuo
glíok skolo gjöld cuore:
gjöfom. dovrai ricambiare i doni
ricevuti.

47 Ungr var ek forðom, Giovane fui un tempo,


fór ek einn saman; viaggiai del tutto solo,
þá varð ek villr vega; allora mi smarrii per le
auðigr þóttumz strade.
er ek annan fann; Ricco mi parve d'essere
maðr er mannz gaman. quando trovai un altro:
l'uomo è gioia per l'uomo.

48 Mildir, frǿknir Gli uomini generosi e prodi


menn bazt lifa, vivono nel modo migliore,
sjaldan sút ala; di rado fomentano il dolore.
en ósnjallr maðr Ma l'uomo codardo
uggir hotvetna, ha paura di tutto:
sýtir æ gløggr við al tirchio dà fastidio fare
gjöfom. doni.

49 Váðir mínar Le mie vesti


gaf ek velli at diedi nei campi
tveim trémönnum; a due uomini di legno.
rekkar þat þóttuz Grand'uomini si credettero
er þeir rift höfðu: come ebbero gli abiti:
neis er nökkvinn halur. nudo, chiunque è affranto.

50 Hrørnar þöll, Si dissecca l'albero


sú er stendr þorpi á, che si erge su un dirupo,
hlýrat henne börk né non lo protegge corteccia né
barr; foglia.
svá er maðr, Così è l'uomo
sá er manngi ann; che da nessuno è amato:
hvat skal hann lengi perché dovrebbe vivere a
lifa? lungo?

51 Eldi heitari Più ardente del fuoco


brennr med illom vinom divampa tra cattivi amici
friðr fimm daga; l'amicizia per cinque giorni.
en þá sloknar Ma poi si spegne
er inn sétti kømr, quando il sesto viene
ok versnar allr vinskapr. e si rovina tutta l'amicizia.

52 Mikit eitt Non grandi cose


skala manne gefa; deve l'uomo donare,
opt kaupir sér í litlu lof; spesso con poco si ottiene
með hálfom hleif una piccola lode.
ok með höllo keri Con mezzo pane
fekk ek mér félaga. e con una coppa inclinata
mi son trovato un compagno.

53 Lítilla sanda, Piccole sabbie,


lítilla sæva, piccoli mari,
lítil ero geð guma; piccole sono le menti degli
þvíat allir menn uomini.
urðot jafnspakir, Ché tutti gli uomini
hálf er öld hvar. non sono ugualmente saggi,
a mezzo l'umanità dovunque
[è divisa].

54 Meðalsnotr Moderatamente saggio


skyli manna hverr, dovrebbe essere ogni uomo:
æva til snotr sé; mai troppo sapiente.
þeim er fyrða Sono tra gli uomini
fegrst at lifa, a vivere meglio
er vel mart vito. coloro che [non] molto sanno.

55 Meðalsnotr Moderatamente saggio


skyli manna hverr, dovrebbe essere ogni uomo:
æva til snotr sé; mai troppo sapiente.
þvíat snotrs mannz Ché il cuore dell'uomo saggio
hjarta di rado è felice
verðr sjaldan glatt, se chi lo possiede ha molta
ef sá er alsnotr er á. sapienza.

56 Meðalsnotr Moderatamente saggio


skyli manna hverr, dovrebbe essere ogni uomo:
æva til snotr sé; mai troppo sapiente.
ørlög sín Il proprio destino
viti engi fyrir; nessuno conosca in anticipo,
þeim er sorgalausastr ché la mente non abbia ad
sefi. angosciarsi.
57 Brandr af brandi Torcia da torcia
brinn unz brunninn er divampa finché si consuma;
funi kveykisk af funa fiamma s'accende da fiamma.
maðr af manni Dall'uomo l'uomo
verðr at máli kuðr apprende il sagace parlare,
en til dǿlskr af dul. ma stolto se [rimane] in
silenzio.

58 Ár skal rísa Si leverà di buon'ora


sá er annars vill chi di un altro vuole
fé eða fjör hafa; le ricchezze o la vita.
sjaldan liggjandi úlfr Difficilmente il lupo
lær um getr, accovacciato
né sofandi maðr sigr. si procura un coscio,
né l'uomo che dorme la
vittoria.

59 Ár skal rísa Si leverà di buon'ora


sá er á yrkendr fá, chi dispone di pochi
ok ganga síns verka á braccianti
vit; e va lui stesso a sorvegliare i
mart um dvelr lavori.
þann er um morgin sefr, Molto spreca
hálfr er auðr und colui che dorme al mattino:
hvötom. metà ricchezza è in mano al
solerte.

60 Þurra skiða Di legna secca


ok þakinna næfra, e di corteccia di betulla per
þess kann maðr mjöt, tetti
ok þess viðar di questo l'uomo sappia la
er vinnaz megi misura;
mál ok missere. e [anche] di questo, la legna,
quanta ne basti
per l'una e l'altra stagione.

61 Þveginn ok mettr Lavato e sazio


ríði maðr þingi at, cavalchi l'uomo
þótt hann sét væddr til all'assemblea,
vel; anche se non è ben vestito.
skúa ok bróka Di calzari e brache
skammiz engi maðr, nessun uomo deve
né hests in heldr vergognarsi
þótt han hafit góðan. e nemmeno del cavallo
anche se non ne ha uno
buono.

62 Snapir ok gnapir Ghermisce e si protende


er til sævar kømr quando viene al mare
örn á aldinn mar; l'aquila, all'antico mare.
svá er maðr Così è l'uomo
er með mörgom kømr che nella folla avanza
ok á formælendr fá. e pochi lo sostengono.

63 Fregna og segja Domandare e parlare


skal fróðra hverr, deve l'uomo accorto
sá er vill heitinn horskr; se vuole essere chiamato
einn vita, saggio.
ne annar skal, Uno [soltanto] deve sapere,
þjoð veit ef þríro. non un altro deve,
tutti sanno se tre [sanno].

64 Ríki sitt Il suo potere


skyli ráðsnotra hverr deve l'uomo prudente
í hófi hafa; con accortezza esercitare.
þá hann þat finnr E questo scopre
er með frǿknom kømr, chi viene tra valorosi:
at engi er einna hvatastr. che nessuno è di tutti il più
accorto.

65 Orða þeira Di quelle parole


er maðr öðrom segir, che un uomo all'altro dice,
opt hann gjöld um getr. spesso bisogna dare
riparazione.

66 Mikilsti snemma Troppo presto


kom ek í arga staði, sono venuto in molti luoghi
en til síð ísuma; e troppo tardi in altri.
öl var drukkit, La birra era stata bevuta,
sumt var ólagat, A volte non ancora
sjaldan hittir leiðr í lid. fermentata:
chi è sgradito ha raramente
fortuna.

67 Hér ok hvar Qua e là


myndi mér heim uf sarei stato invitato nelle case
boðit, se di cibo non avessi avuto
ef þyrptak at málungi bisogno ai pasti
mat, o se due prosciutti fossero
eða tvau lær hengi rimasti appesi
at ins tryggva vinar, presso l'amico leale
þars ek havða eitt etit. dopo che ne avessi mangiato
uno.

68 Eldr er beztr Il fuoco è ottimo


með ýta sonom presso i figli degli uomini
ok sólar sýn, e la vista del sole;
heilyndi sitt la propria salute
ef maðr hafa náir, se si può averla,
án við löst at lifa. e una vita senza vergogna.

69 Erat maðr allz vesall, Nessun uomo è del tutto


þótt hann sé illa heill; infelice
sumr er af sonom sæll, anche se ha cattiva salute;
sumr af frændom, alcuni traggono dai figli
sumr af fé ǿrno, gioia,
sumr af verkom vel. alcuni dai congiunti,
alcuni dalle ricchezze,
alcuni dalle buone azioni.

70 Betra er lifðom È meglio per il vivo


ok sæl lifðom [en sé che per il morto:
ólifðum]; chi vive ha sempre una vacca.
ey getr kvikr kú; Il fuoco ho visto ardere
eld sá ek upp brenna dapprima per l'uomo ricco;
auðgom manni fyrir, ma morto giaceva fuori la
en úti var dauðr fyr porta.
durom.

71 Haltr ríðr hrossi, Lo zoppo va a cavallo,


hjörð rekr handarvanr, guida il gregge il monco,
daufr vegr ok dugir; il sordo combatte ed è utile.
blindr er betri Essere cieco è meglio
en brendr sé; che essere cremato:
nýtr mangi nás. non serve a niente un
cadavere.

72 Sonr er betri, Un figlio è meglio


þótt sé síð of alinn anche se nato postumo,
eftir genginn guma; dopo che il padre è andato.
sjaldan bautarsteinar Raramente le lapidi
standa brautu nær, si ergono lungo la strada
nema reisi niðr at nið. se non le innalza il congiunto
al congiunto.

73 Tveir ro eins herjar, Due sono più terribili di uno,


tunga er höfuðs bani; la lingua è l'assassina della
er mér í heðin hvern testa.
handar væni. Io sotto ogni mantello
mi aspetto le mani.

74 Nótt verðr feginn È lieto la notte


sá er nesti trúir, chi confida nelle provviste.
skammar ro skips ráar; Corti sono i pennoni delle
hverf er haustgríma; navi;
fjölð of viðrir instabili sono le notti
á fimm dögum autunnali;
en meira á mánuði. il tempo cambia
in cinque giorni
e ancor più in un mese.

75 Veita hinn Non sa


er vettki veit, chi nulla sa,
margr verðr af aurum molti impazziscono per l'oro.
api; Un uomo è ricco,
maður er auðigr, un altro è povero,
annar óauðigr, non si deve biasimare chi è
skylit þann vítka váar. indigente.

76 Deyr fé, Muoiono le mandrie,


deyja frændr, muoiono i parenti,
deyr sjalfr it sama, morirai tu stesso allo stesso
en orðstírr modo.
deyr aldregi Ma la fama
hveim er sér góðan getr. non muore mai
per chi se ne è fatta una
buona.

77 Deyr fé, Muoiono le mandrie,


deyja frændr, muoiono i parenti,
deyr sjalfr it sama, morirai tu stesso allo stesso
ek veit einn modo.
at aldrei deyr: Una cosa conosco
dómr um dauðan hvern. che mai muore:
la reputazione di chi è morto.

78 Fullar grindr Pieni i recinti


sá ek fyr Fitjungs vidi dei figli del Pancione:
sonum, ora essi portano il bastone del
nú bera þeir vonar völ; mendico.
svá er auðr È la ricchezza
sem augabragð, un batter d'occhio,
hann er valtastr vina. il più incostante degli amici.

79 Ósnotr maðr, L'uomo insavio


ef eignask getr se riesce ad avere
fé eða fljóðs munuð, la ricchezza o l'amor di
metnaðr hánum þróask, donna,
en mannvit aldregi: l'orgoglio in lui cresce
fram gengr hann drjúgt í ma il buon senso mai:
dul. avanza solo in arroganza.
80 Þat er þá reynt, Questo è dunque provato:
er þú að rúnum spyrr quando tu le rune consulti
inum reginkunnum, di origine divina,
þeim er gerðu ginnregin che crearono i supremi numi,
ok fáði fimbulþulr; che dipinse il terribile vate,
þá hefir hann bazt, ef questo è meglio, tacere.
hann þegir.

Detti per gli 81 At kveldi skal dag leyfa, A sera si deve il giorno
uomini. konu, er brennd er, lodare,
mæki, er reyndr er, la moglie, quando è cremata,
mey, er gefin er, la spada, quando è provata,
ís, er yfir kemr, la fanciulla, quando è
öl, er drukkit er. sposata,
il ghiaccio, quando è
attraversato,
la birra, quando è bevuta.

82 Í vindi skal við höggva, Nel vento si deve il legno


veðri á sjó róa, spaccare,
myrkri við man spjalla, col buon tempo in mare
mörg eru dags augu; remare,
á skip skal skriðar orka, nel buio con una fanciulla
en á skjöld til hlífar, parlare:
mæki höggs, molti sono gli occhi del
en mey til kossa. giorno.
Una nave serve per viaggiare,
uno scudo per proteggere,
una spada per colpire,
una fanciulla per baciarla.

83 Við eld skal öl drekka, Presso il fuoco bevi la birra,


en á ísi skríða, sul ghiaccio pattina,
magran mar kaupa, compra un cavallo magro
en mæki saurgan, e una spada insozzata,
heima hest feita, a casa ingrassa il cavallo
en hund á búi. ma il cane nel cortile.

84 Meyjar orðum Alle parole di una fanciulla


skyli manngi trúa non deve nessun uomo
né því, er kveðr kona, credere,
því at á hverfanda hvéli né a ciò che dice una donna.
váru þeim hjörtu Sulla ruota [del vasaio] che
sköpuð, gira
brigð í brjóst of lagið. sono stati plasmati i loro
cuori,
e la mutevolezza nel loro
petto.
85 Brestanda boga, D'un arco che cigola,
brennanda loga, d'una fiamma che avvampa,
gínanda ulfi, d'un lupo che spalanca le
galandi kráku, fauci,
rýtanda svíni, d'un corvo che stride,
rótlausum viði, d'un maiale che grugnisce,
vaxanda vági, d'un albero senza radici
vellanda katli, del mare che si leva
del calderone che bolle.

86 Fljúganda fleini, D'una lancia che vola,


fallandi báru, d'un'onda che si rovescia,
ísi einnættum, del ghiaccio di una notte,
ormi hringlegnum, del serpe che si attorce,
brúðar beðmálum dei discorsi di donne al letto,
eða brotnu sverði, d'una spada che si spezza,
bjarnar leiki dei giochi di un orso,
eða barni konungs. o del figlio di un re.

87 Sjúkum kalfi, D'un vitello malato,


sjalfráða þræli, d'un servo intraprendente,
völu vilmæli, delle confidenze di una
val nýfelldum. veggente,
d'un assassinio recente.

88 Akri ársánum Su un campo seminato


trúi engi maðr anzitempo
né til snemma syni, nessun uomo confidi,
veðr ræðr akri né troppo presto in un figlio.
en vit syni; Il tempo governa il campo
hætt er þeira hvárt. e la saggezza il figlio:
entrambi sono inaffidabili.

89 Bróðurbana sínum, Nell'assassino del fratello,


þótt á brautu mæti, quando lo si incontri sulla
húsi hálfbrunnu, via,
hesti alskjótum, in una casa mezzo bruciata,
þá er jór ónýtr, in un destriero che troppo
ef einn fótr brotnar, corre
verðit maðr svá tryggr (è inutile un cavallo
at þessu trúi öllu. se si rompe una zampa):
nessun uomo sia così ingenuo
da credere in tutto questo.

90 Svá er friðr kvenna, Così è l'amore delle donne


þeira er flátt hyggja, che sono false di pensiero:
sem aki jó óbryddum come condurre un cavallo
á ísi hálum, non ferrato
teitum, tvévetrum sul ghiaccio scivoloso,
ok sé tamr illa, irruento [puledro] di due anni
eða í byr óðum e non del tutto domato;
beiti stjórnlausu, o nel vento turbinante
eða skyli haltr henda una nave senza timone;
hrein í þáfjalli. o uno zoppo che cerchi di
catturare
una renna su un monte in
disgelo.

91 Bert ek nú mæli, Apertamente ora parlo


því at ek bæði veit, perché l'uno e l'altro conosco,
brigðr er karla hugr insidioso è alle donne il cuore
konum; degli uomini.
þá vér fegrst mælum, Quanto più dolcemente
er vér flást hyggjum: parliamo,
þat tælir horska hugi. tanto più falsamente
pensiamo:
così s'inganna il sentimento
dell'avveduta.

92 Fagurt skal mæla Con dolcezza deve parlare


ok fé bjóða e donare ricchezze
sá er vill fljóðs ást fá, chi vuole ottenere l'amore di
líki leyfa una donna.
ins ljósa mans: Loda il sembiante
Sá fær er fríar. della splendida fanciulla:
la conquista chi la lusinga.

93 Ástar firna Amore rimproverare


skyli engi maðr non deve nessun uomo
annan aldregi; ad un altro mai.
oft fá á horskan, Spesso imbrigliano il saggio
er á heimskan né fá, laddove lo stolto non
lostfagrir litir. imbrigliano
le radiose apparenze d'amore.

94 Eyvitar firna In nessun modo rimproverare


er maðr annan skal, un uomo a un altro deve
þess er um margan di quel che accade alla gente.
gengr guma; Stolti da saggi
heimska ór horskum son fatti i figli degli uomini:
gerir hölða sonu questo il potere del desiderio.
sá inn máttki munr.

95 Hugr einn þat veit Unica la mente sa


er býr hjarta nær, quel che dimora accanto al
einn er hann sér um cuore;
sefa; ognuno è solo con i suoi
öng er sótt verri sentimenti.
hveim snotrum manni Non c'è malattia peggiore
en sér engu að una. per l'uomo saggio
di non avere nulla da amare.

Óðinn e la 96 Þat ek þá reynda Questo ho compreso


figlia di er ek í reyri sat mentre tra le canne sedevo
Billingr. ok vættak míns munar; e aspettavo [di soddisfare] il
hold ok hjarta mio desiderio.
var mér in horska mær; Carne e cuore
þeygi ek hana at heldr era per me quella splendida
hefik. fanciulla,
ma ancora non sono riuscito a
possederla.

97 Billings mey La figlia di Billingr


ek fann beðjum á trovai nel letto,
sólhvíta sofa; bianca come il sole e
jarls ynði addormentata.
þótti mér ekki vera I privilegi di un nobile
nema við þat lík at lifa. non erano nulla per me,
se non vivevo con quel bel
sembiante.

98 «Auk nær aftni «Verso sera


skaltu, Óðinn, koma, dovrai, Óðinn, venire,
ef þú vilt þér mæla man; se vuoi persuadere la
allt eru ósköp fanciulla.
nema einir viti Sarebbe assai sconveniente,
slíkan löst saman.» a meno che noi due soli si
sappia
di certi segreti convegni.»

99 Aftr ek hvarf Tornai indietro


ok unna þóttumk e di godere credevo,
vísum vilja frá; mosso da passione.
hitt ek hugða Questo io pensavo:
at ek hafa mynda che avrei avuto
geð hennar allt ok il suo cuore tutto e il piacere.
gaman.

100 Svá kom ek næst Quando la volta dopo arrivai,


at in nýta var c'era all'erta
vígdrótt öll of vakin, l'intera schiera e vegliava,
með brennandum con torce avvampanti
ljósum e bastoni impugnati:
ok bornum viði, così mi fu indicata la via
svá var mér vílstígr of dello scorno!
vitaðr.

101 Auk nær morgni, Sul far del mattino,


er ek var enn of kominn, quando venni di nuovo,
þá var saldrótt sofin; la schiera dei servi dormiva.
grey eitt ek þá fann Soltanto trovai la cagna
innar góðu konu di quella buona femmina
bundit beðjum á. legata nel letto.

102 Mörg er góð mær, Molto, la buona fanciulla,


ef görva kannar, se si vuol saperla tutta,
hugbrigð við hali. è d'animo volubile con gli
Þá ek þat reynda, uomini.
er it ráðspaka Questo ho appurato
teygða ek á flærðir quando quella donna saggia
fljóð; provai a condurre alla
háðungar hverrar lussuria.
leitaði mér it horska Ad ogni scherno
man, mi espose l'accorta fanciulla,
ok hafða ek þess vettki e da quella donna non ebbi un
vífs. bel niente.

103 Heima glaðr gumi A casa lieto l'uomo,


ok við gesti reifr, sorridente con gli ospiti,
sviðr skal um sig vera, deve saper essere,
minnigr ok málugr, di buona memoria e loquace,
ef hann vill margfróðr se vuole apparire vissuto;
vera. spesso parlerà di cose buone.
Oft skal góðs geta; Pezzo d'idiota viene chiamato
fimbulfambi heitir chi poco sa raccontare:
sá er fátt kann segja, questo è il carattere
þat er ósnotrs aðal. dell'insavio.

Óðinn e 104 Inn aldna jötun ek sótta, L'antico gigante ho visitato,


Gunnlöð. nú em ek aftr of proprio ora sono di ritorno.
kominn: Poco ottenni là col silenzio:
fátt gat ek þegjandi þar; con molte parole
mörgum orðum ho parlato a mio vantaggio
mælta ek í minn frama nelle sale di Suttungr.
í Suttungs sölum.

105 Gunnlöð mér of gaf Gunnlöð mi diede


gullnum stóli á sul trono d'oro
drykk ins dýra mjaðar; da bere il prezioso idromele.
ill iðgjöld Un cattivo compenso
lét ek hana eftir hafa le diedi in cambio
síns ins heila hugar, per il suo cuore generoso,
síns ins svára sefa. per il suo spirito dolente.

106 Rata munn Il morso del trapano


létumk rúms of fá lasciai si facesse spazio
ok um grjót gnaga, e perforò le rocce;
yfir ok undir sopra e sotto
stóðumk jötna vegir, avevo le vie dei giganti:
svá hætta ek höfði til. così rischiai la testa.

107 Vel keypts litar Con l'inganno quel bel


hefi ek vel notit, sembiante
fás er fróðum vant, mi son ben goduto:
því at Óðrerir a poco rinuncia chi è saggio.
er nú upp kominn Perché Óðrørir
á alda vés jarðar. è ora salito
al santuario delle stirpi della
terra.

108 Ifi er mér á In me è il dubbio


at ek væra enn kominn che sarei ritornato
jötna görðum ór, dalle fortezze dei giganti,
ef ek Gunnlaðar né se Gunnlöð non mi avesse
nytak, aiutato:
innar góðu konu, la brava donna
þeirar er lögðumk arm a cui protesi la mano.
yfir.

109 Ins hindra dags Il giorno dopo


gengu hrímþursar vennero i giganti di brina
Háva ráðs at fregna a chiedere consiglio ad Hár
Háva höllu í. nella sala di Hár.
At Bölverki þeir spurðu, Di Bölverkr chiedevano,
ef hann væri með se fosse tornato tra gli dèi
böndum kominn o se Suttungr l'avesse
eða hefði hánum ammazzato.
Suttungr of sóit.

110 Baugeið Óðinn Sul sacro anello, Óðinn,


hygg ek, at unnið hafi; credo, abbia giurato;
hvat skal hans tryggðum ma chi potrebbe credergli?
trúa? Suttungr frodò,
Suttung svikinn lui, del suo idromele
hann lét sumbli frá e pianse Gunnlöð.
ok grætta Gunnlöðu.
[Loddfáfnismál] [Discorso di Loddfáfnir]

Discorso di 111 Mál er at þylja È tempo che cominci a


Loddfáfnir. þular stóli á parlare
Urðarbrunni at, dal seggio del vate
sá ek ok þagðak, presso Urðarbrunnr.
sá ek ok hugðak, Vidi e tacqui,
hlydda ek á manna mál; vidi e meditai,
of rúnar heyrða ek ascoltai i discorsi degli
dæma, uomini.
né of ráðum þögðu Udii delle rune e imparai,
Háva höllu at, né furono celati i dettagli.
Háva höllu í, Alle sale di Hár,
heyrða ek segja svá. nelle sale di Hár,
sentii dire così:

112 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli.
nótt þú rísat Di notte non alzarti
nema á njósn séir a meno che tu non sia di
eða þú leitir þér innan út guardia
staðar. o che non stia cercando un
posto fuori città.

113 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli.
fjölkunnigri konu Di una donna affascinante
skalattu í faðmi sofa, non dormir nell'abbraccio
svá at hon lyki þik così che t'imprigioni tra le sue
liðum. membra.

114 Hon svá gerir Lei farà in modo


at þú gáir eigi che tu non ti curerai
þings né þjóðans máls; delle assemblee né delle
mat þú villat parole del sovrano;
né mannskis gaman, che cibo più non vorrai
ferr þú sorgafullr að né umani piaceri,
sofa. e che tu vada a dormire
colmo di crucci.

115 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli.
annars konu La donna di un altro
teygðu þér aldregi non sedurre mai
eyrarúnu at. [per farne] la tua segreta
amante.

116 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli.
áfjalli eða firði, Sul monte o nel fiordo
ef þik fara tíðir, se viaggi a lungo,
fásktu at virði vel. assicurati abbondanti
provviste.

117 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð ef þú getr: bene ti verrà se l'accogli.
illan mann A un uomo malvagio
láttu aldregi non permettere mai
óhöpp at þér vita, di conoscere i tuoi guai:
því at af illum manni ché da un uomo malvagio
fær þú aldregi non si otterrà mai
gjöld ins góða hugar. di ricambiare un animo
amico.

118 Ofarla bíta Morso a sangue


ek sá einum hal io vidi un uomo
orð illrar konu; dalle parole di una donna
fláráð tunga malvagia.
varð hánum at fjörlagi Una lingua falsa
ok þeygi of sanna sök. fu per lui la morte
e non già per giuste ragioni.

119 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð, ef þú bene ti verrà se l'accogli.
getr: Sappi questo, se hai un amico
veistu, ef þú vin átt nel quale riponi fiducia,
þann er þú vel trúir, va' a trovarlo spesso:
far þú at finna oft, perché è coperto di sterpi
því at hrísi vex e di erba alta
ok hávu grasi il sentiero che nessuno
vegr, er vættki treðr. percorre.

120 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Un buon compagno
getr: scegliti per piacevoli
góðan mann conversari,
teygðu þér at e impara incantesimi
gamanrúnum benefici, mentre hai vita.
ok nem líknargaldr,
meðan þú lifir.

121 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Con il tuo amico
getr: non essere mai
vin þínum il primo a rompere il vincolo.
ver þú aldregi L'angoscia ti rode il cuore
fyrri at flaumslitum; se non puoi raccontare
sorg etr hjarta, a qualcuno tutti i tuoi
ef þú segja né náir pensieri.
einhverjum allan hug.

122 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Parole scambiare
getr: tu non dovrai mai
orðum skipta con insavie scimmie.
þú skalt aldregi
við ósvinna apa.

123 Því at af illum manni Ché da un uomo malvagio


mundu aldregi non otterrai mai
góðs laun of geta, ricompensa per il bene.
en góðr maðr Ma un uomo buono
mun þik gerva mega potrà farti sentire
líknfastan at lofi. apprezzato con le lodi.
124 Sifjum er þá blandat, Amicizia è scambiata
hver er segja ræðr quando uno può rivelare
einum allan hug; a un altro il suo intero
allt er betra pensiero.
en sé brigðum at vera; Tutto è migliore
era sá vinr öðrum, che non essere fidàti;
er vilt eitt segir. non è amico di un altro
chi parla solo per piacergli.

125 Ráðumk, þér Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Per tre parole non disputerai
getr: con un uomo peggiore di te:
þrimr orðum senna spesso il migliore è sconfitto
skalattu þér við verra quando combatte il peggiore.
mann
oft inn betri bilar,
þá er inn verri vegr.

126 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Non il calzolaio farai
getr: o l'armaiolo
skósmiðr þú verir se non per te stesso.
né skeftismiðr, Se la scarpa è mal fatta
nema þú sjálfum þér o è storta la lancia,
séir, la scarogna è in agguato per
skór er skapaðr illa te.
eða skaft sé rangt,
þá er þér böls beðit.

127 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Dovunque tu abbia ricevuto
getr: offesa,
hvars þú böl kannt, afferma che è un'offesa
kveð þ[ér/at] bölvi at e non dar tregua ai tuoi
ok gefat þínum fjándum nemici.
frið.
128 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,
Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Gioia del male
getr: non avere mai,
illu feginn ma trai piacere dal bene.
ver þú aldregi,
en lát þér at góðu getit.

129 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Guardare in alto
getr: non devi in battaglia:
upp líta [pazzi] quali cinghiali
skalattu í orrustu, diventano i figli degli uomini:
gjalti glíkir così non ti lanceranno
verða gumna synir incantesimi.
síðr þitt um heilli halir.

130 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Se vuoi per te una buona
getr: femmina
ef þú vilt þér góða konu parlale con dolci sussurri
kveðja at gamanrúnum e prendi piacere con lei;
ok fá fögnuð af, devi fare belle promesse
fögru skaltu heita e subito mantenerle:
ok láta fast vera; nessuno soffre il bene, a
leiðisk manngi gótt, ef riceverlo.
getr.

131 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Prudente ti consiglio di essere
getr: ma non troppo prudente.
varan bið ek þik vera Sii con la birra molto
ok eigi ofváran; prudente
ver þú við öl varastr e con la donna di un altro
ok við annars konu e questo per terzo,
ok við þat it þriðja che i ladri non ti freghino.
at þjófar né leiki.

132 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Con scherno e risate
getr: non ricevere mai
at háði né hlátri ospite né viandante.
hafðu aldregi
gest né ganganda.

133 Oft vitu ógörla Spesso non sa bene


þeir er sitja inni fyrir colui che siede dentro [casa]
hvers þeir ro kyns, er di qual stirpe siano coloro che
koma; arrivano.
erat maðr svá góðr Nessun uomo è così buono
at galli né fylgi, da non avere difetti,
né svá illr, at einugi né così cattivo da non servire
dugi. a nulla.

134 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu ef þú nemr, l'accetti,
þér munu góð, ef þú bene ti verrà se l'accogli.
getr: Del vate dai capelli grigi
at hárum þul non ridere mai;
hlæ þú aldregi, spesso è buona cosa quel che
oft er gótt þat er gamlir dicono i vecchi.
kveða; Spesso da un otre sgualcito
oft ór skörpum belg vengono parole sensate,
skilin orð koma uno che è appeso tra i
þeim er hangir með hám pellami,
ok skollir með skrám e penzola tra i ritagli di cuoio,
ok váfir með vílmögum. e ciondola tra stomaci coi
cagli.

135 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Non scacciare un ospite,
getr: non condurlo alla porta,
gest þú né geyja tratta con garbo i poveri.
né á grind hrekir,
get þú váluðum vel.

136 Rammt er þat tré, Poderosa è quella spranga di


er ríða skal legno
öllum at upploki. che deve scorrere
Baug þú gef, per aprire a tutti.
eða þat biðja mun Un anello dai in dono
þér læs hvers á liðu. o ti invocheranno
qualche malanno nel corpo.

137 Ráðumk þér, Ti consiglio, Loddfáfnir,


Loddfáfnir, e tu accetta il consiglio,
en þú ráð nemir, ne trarrai beneficio se
njóta mundu, ef þú l'accetti,
nemr, bene ti verrà se l'accogli.
þér munu góð, ef þú Dovunque tu beva birra,
getr: invoca per te la forza della
hvars þú öl drekkir, terra!
kjós þér jarðar megin, perché la terra agisce contro
því at jörð tekr við ölðri, la birra,
en eldr við sóttum, il fuoco contro la malattia,
eik við abbindi, la quercia contro la
ax við fjölkynngi, dissenteria,
höll við hýrógi, la spiga contro la stregoneria,
heiftum skal mána il sambuco contro le liti in
kveðja, famiglia,
beiti við bitsóttum, per l'ira devi invocare la luna,
en við bölvi rúnar, l'erica contro la rabbia,
fold skal við flóði taka. e contro il male le rune,
il terreno agisce contro le
inondazioni.

[Rúnatal] [Dissertazione sulle rune]

Dissertazione 138 Veit ek, at ek hekk Lo so io, fui appeso


sulle rune. vindgameiði á al tronco sferzato dal vento
nætr allar níu, per nove intere notti,
geiri undaðr ferito di lancia
ok gefinn Óðni, e consegnato a Óðinn,
sjalfur sjalfum mér, io stesso a me stesso,
á þeim meiði su quell'albero
er manngi veit che nessuno sa
hvers af rótum renn. dove dalle radici s'innalzi.
139 Við hleifi mik sældu Con pane non mi saziarono
né við hornigi, né con corni [mi dissetarono].
nýsta ek niðr, Guardai in basso,
nam ek upp rúnar, feci salire le rune,
æpandi nam, chiamandole lo feci,
fell ek aftr þaðan. e caddi di là.

140 Fimbulljóð níu Nove terribili incantesimi


nam ek af inum frægja ricevetti dall'illustre figlio
syni di Bölþorn, padre di Bestla,
Bölþorns, Bestlu föður, e un sorso ottenni
ok ek drykk of gat del prezioso idromele
ins dýra mjaðar, attinto da Óðrørir.
ausin Óðreri.

141 Þá nam ek frævask Ecco io presi a fiorire


ok fróðr vera e diventai saggio,
ok vaxa ok vel hafask, a crescere e farmi possente.
orð mér af orði Parola per me da parola
orðs leitaði, trassi con la parola,
verk mér af verki opera per me da opera
verks leitaði. trassi con l'opera.

142 Rúnar munt þú finna Rune tu troverai


ok ráðna stafi, lettere chiare,
mjök stóra stafi, lettere grandi,
mjök stinna stafi, lettere possenti,
er fáði fimbulþulr che dipinse il terribile vate,
ok gerðu ginnregin che crearono i supremi numi,
ok reist Hroftr rögna. che incise Hroptr degli dèi.

143 Óðinn með ásum, Óðinn tra gli Æsir,


en fyr alfum Dáinn, ma per gli elfi Dáinn,
Dvalinn ok dvergum Dvalinn innanzi ai nani,
fyrir, Ásviðr innanzi ai giganti,
Ásviðr jötnum fyrir, io stesso ne ho incisa
ek reist sjalfr sumar. qualcuna.

144 Veistu hvé rísta skal? Tu sai come incidere?


Veistu hvé ráða skal? Tu sai come interpretare?
Veistu hvé fáa skal? Tu sai come dipingere?
Veistu hvé freista skal? Tu sai come provare?
Veistu hvé biðja skal? Tu sai come invocare?
Veistu hvé blóta skal? Tu sai come sacrificare?
Veistu hvé senda skal? Tu sai come mandare?
Veistu hvé sóa skal? Tu sai come immolare?

145 Betra er óbeðit È meglio non essere invocato


en sé ofblótit, che [ricevere] troppi sacrifici:
ey sér til gildis gjöf; un dono è sempre per un
betra er ósent compenso.
en sé ofsóit. È meglio essere senza offerte
Svá Þundr of reist che [ricevere] troppe
fyr þjóða rök, immolazioni.
þar hann upp of reis, Così Þundr incise
er hann aftr of kom. prima della storia dei popoli;
poi egli si levò su
da dove era venuto.

[Dissertazione sui canti


[Ljóðatal]
magici]

Dissertazione 146 Ljóð ek þau kann Conosco incantesimi


sui canti er kannat þjóðans kona che non conosce sposa di
magici. ok mannskis mögr. sovrano
Hjalp heitir eitt, né figlio d'uomo.
en þat þér hjalpa mun «Aiuto» si chiama il primo
við sökum ok sorgum ed a te darà aiuto
ok sútum görvöllum. contro liti e angosce
e ogni tristezza.

147 Þat kann ek annat Questo conosco per secondo:


er þurfu ýta synir, di cosa necessitano i figli
þeir er vilja læknar lifa. degli uomini,
se vogliono vivere da
guaritori.

148 Það kann ek þriðja: Questo conosco per terzo:


ef mér verðr þörf mikil se ho grande urgenza
hafts við mína di incatenare i miei nemici,
heiftmögu, io spunto le lame
eggjar ek deyfi dei miei avversari:
minna andskota, non mordono più armi né
bítat þeim vápn né velir. bastoni.

149 Þat kann ek it fjórða: Questo conosco per quarto:


ef mér fyrðar bera se uomini impongono
bönd að boglimum, ceppi alle mie membra,
svá ek gel, così io canto
at ek ganga má, che me ne possa andare:
sprettr mér af fótum la catena salta via dai piedi
fjöturr, e dalle mani il laccio.
en af höndum haft.
150 Þat kann ek it fimmta: Questo conosco per quinto:
ef ek sé af fári skotinn se io vedo scagliata dal
flein í folki vaða, nemico
fýgra hann svá stinnt la lancia volare nella mischia,
at ek stöðvigak, non vola quella con tale
ef ek hann sjónum of impeto
sék. ch'io non possa fermarla
se solo la intercetti con lo
sguardo.

151 Þat kann ek it sétta: Questo conosco per sesto:


ef mik særir þegn se un guerriero mi ferisce
á vrótum hrás viðar, con radici di un albero
ok þann hal verdeggiante,
er mik heifta kveðr, quell'uomo
þann eta mein heldr en evoca da me furore:
mik. ché il male divori lui e non
me.

152 Þat kann ek it sjaunda: Questo conosco per settimo:


ef ek sé hávan loga se vedo avvampare l'alta
sal um sessmögum, sala intorno ai miei compagni
brennrat svá breitt, di panca,
at ek hánum bjargigak; non brucia [quella] con tale
þann kann ek galdr at ardore
gala. ch'io non possa salvarla
con l'incantesimo che
conosco, a cantarlo.

153 Þat kann ek it átta, Questo conosco per ottavo,


er öllum er che per tutti
nytsamligt at nema: è da cogliere con profitto:
hvars hatr vex dovunque sorge l'odio
með hildings sonum tra i figli del sovrano.
þat má ek bæta brátt. questo subito io posso
acquietare.

154 Þat kann ek it níunda: Questo conosco per nono,


ef mik nauðr um stendr se mi trovo in difficoltà
at bjarga fari mínu á per salvare la mia nave sui
floti, flutti,
vind ek kyrri il vento io calmo
vági á sulle onde
ok svæfik allan sæ. e addormento tutto il mare.

155 Þat kann ek it tíunda: Questo conosco per decimo,


ef ek sé túnriður se io vedo «cavalcatrici dei
leika lofti á, recinti»
ek svá vinnk giocare nell'aria,
at þær villar fara io posso fare in modo
sinna heimhama, che esse smarriscano il
sinna heimhuga. ritorno
ai loro corpi a casa,
ai loro spiriti a casa.

156 Þat kann ek it ellifta: Questo conosco per


ef ek skal til orrustu undicesimo:
leiða langvini, se io devo in battaglia
und randir ek gel, condurre vecchi amici.
en þeir með ríki fara sotto gli scudi io canto
heilir hildar til, ed essi vanno vittoriosi
heilir hildi frá, salvi alla mischia,
koma þeir heilir hvaðan. salvi dalla mischia:
dovunque salvi giungono.

157 Þat kann ek it tolfta: Questo conosco per


ef ek sé á tré uppi dodicesimo:
váfa virgilná, se io vedo su un albero in alto
svá ek ríst un impiccato oscillare,
ok í rúnum fák in tal modo incido
at sá gengr gumi e in rune dipingo
ok mælir við mik. così che quell'uomo cammini
e parli con me.

158 Þat kann ek it þrettánda: Questo conosco per


ef ek skal þegn ungan tredicesimo:
verpa vatni á, se io un giovane guerriero
munat hann falla, spruzzerò d'acqua,
þótt hann í folk komi: egli non cadrà,
hnígra sá halr fyr anche se venga nelle schiere:
hjörum. non morirà quell'uomo di
spada.

159 Þat kann ek it Questo conosco per


fjögurtánda: quattordicesimo:
ef ek skal fyrða liði se io devo alle genti umane
telja tíva fyrir, enumerare prima gli dèi,
ása ok alfa degli Æsir e degli elfi,
ek kann allra skil; conosco l'ordine di tutti;
fár kann ósnotr svá. gli insavi non sanno così
tanto.

160 Þat kann ek it Questo conosco per


fimmtánda quindicesimo:
er gól Þjóðrǿrir quel che cantò Þjóðrǿrir
dvergr fyr Dellings il nano, dinanzi alle porte di
durum: Dellingr.
afl gól hann ásum, Cantò potenza agli Æsir
en alfum frama, e agli elfi coraggio,
hyggju Hroftatý. saggezza a Hroptatýr.

161 Þat kann ek it sextánda: Questo conosco per


ef ek vil ins svinna mans sedicesimo:
hafa geð allt ok gaman, se io voglia d'una accorta
hugi ek hverfi fanciulla
hvítarmri konu avere tutto il sentimento e il
ok sný ek hennar öllum piacere,
sefa. l'animo io piego
della donna dalle candide
braccia,
e distorco ogni suo pensiero.

162 Þat kann ek it sjautjánda Questo conosco per


at mik mun seint firrask diciassettesimo:
it manunga man. che mai mi eviterà
Ljóða þessa la giovane fanciulla.
mun þú, Loddfáfnir, Di questi incantesimi
lengi vanr vera; potrai tu, Loddfáfnir,
þó sé þér góð, ef þú fare a lungo a meno;
getr, tuttavia bene verrà a te se li
nýt ef þú nemr, accogli,
þörf ef þú þiggr. beneficio se li accetti,
giovamento se li ricevi.

163 Þat kann ek it átjánda, Questo conosco per


er ek æva kennik diciottesimo:
mey né manns konu, ciò che io mai insegnerò
allt er betra a fanciulla né a sposa
er einn um kann; (tutto è meglio
þat fylgir ljóða lokum, quando uno solo sa,
nema þeiri einni così arrivo alla fine dei miei
er mik armi verr detti),
eða mín systir sé. se non, unica, a colei
che col braccio mi cinge
o è a me sorella.

Chiusa. 164 Nú eru Háva mál Ora ecco i canti di Hár


kveðin Háva höllu í, pronunciati nella sala di Hár,
allþörf ýta sonum, molto utili ai figli degli
óþörf jötna sonum. uomini,
Heill sá, er kvað, inutili ai figli dei giganti.
heill sá, er kann, salute sia a chi li disse!
njóti sá, er nam, salute sia a chi li conosce!
heilir, þeirs hlýddu. utili siano a chi li ha appresi!
salute, a coloro che li
ascoltarono!

NOTE

1 ― Questa prima strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [2]). Tre dei quattro manoscritti snorriani
omettono il terzo semiverso (1c); il Codex Trajectinus [T] è l'unico a riportare integralmente la
citazione.

12 ― (a) Si segue qui il piccolo emendamento dell'edizione di Jónsson dall'originale er «è» a era
«non è», che ha più senso nel contesto della strofa (Jónnson 1926).

13 ― (f) Gigantessa, figlia di Suttungr. Óðinn la sedusse per rubarle l'idromele della saggezza, v.
infra [104-110].

14 ― (c) Fjalarr e Galarr furono i due nani che uccisero Kvasir e dal suo sangue distillarono
l'idromele della saggezza, che poi venne rubato da Óðinn, v. infra [104-110].

22 ― (f) Anche qui, come in 12a, si segue l'emendamento dell'edizione di Jónsson dall'originale er
«è» a era «non è», che ha più senso nel contesto della strofa (Jónnson 1926).

25 ― (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto.

27 ― (f) L'idea ricorda irresistibilmente il detto latino præstat tacere et stultus haberi quam edicere
et omne dubium removere «è meglio stare zitti e sembrare stupidi che parlare e togliere ogni
dubbio».

36 ― (e) Taugreptan indica un tetto fatto di giunchiglia e cannicci intrecciati.

37 ― (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto.

39 ― (e) Il manoscritto riporta semplicemente svági | at leið se laun ef þegi «non così | da sprezzare
una ricompensa se ne riceva». Jónsson emenda in svági gløggvan «non così avaro...» (Jónsson
1926), ma questo non sembra accettabile dal contesto. Altri ritengono che la parola soppressa sia, al
contrario, gjöflan «liberale, munifico, generoso» (Evans 1986). Su questa linea alcuni pensano che
la parola svági «non così» vada appunto scissa in svá «così» più un gi che verrebbe in questo caso
interpretato come un'abbreviazione o un errore dello scriba per gjöflan. Comunque sia, il senso
della frase è sicuramente che non esiste uomo così elargitore di doni che si offenda se ne riceva uno.

51 ― (c) L'antica «settimana» norvegese era di cinque giorni; solo col Cristianesimo sarebbe stata
adottata quella di sette (Leesthal 1939).

52-52 ― (d-e) «Mezzo pane» era espressione proverbiale per indicare piccola quantità (Leesthal
1939). «Coppa inclinata» è una coppa che, semivuota, va inclinata per potervi bere.

54 ― (f) L'originale ha er vel mart vito «coloro che molto sanno». Ma poiché la strofa non avrebbe
molto senso (all'esortazione di essere moderati in saggezza è arduo far seguire un'affermazione per
cui proprio i sapienti sarebbero gli uomini che vivono meglio), è stato proposto di emendare mart
vito nel suo negativo mart vitut (Evans 1986). La frase verrebbe così ad avere un significato
perfettamente contrario, anche se coerente con il contesto: «coloro che non molto sanno».

55 ― (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto.

56 ― (a-c) Questi primi tre semiversi sono abbreviati nel manoscritto.

61 ― (e-f) Secondo Henry Adams Bellows, gli ultimi due semiversi sono stati interpolati
successivamente nella strofa (Bellows 1923).

65 — Questa strofa è probabilmente mutila della prima metà. Alcuni curatori vi premettono tre
semiversi tratti da manoscritti pià recenti, anche se la loro autenticità è dubbia. Essi suonano: «Un
uomo deve essere guardingo | e prudente molto, | e con giudizio fidarsi dell'amico» (Bellows 1923).

70 ― (b) Il manoscritto ha ok sæl lifðom, privo di senso. Fu lo stesso Rasmus Rask, agli esordi
degli studi germanistici, a suggerire di emendarlo in en sé ólifðum, poi adottato in tutte le traduzioni
(Rask 1818). ― (d-f) Olga Gogala di Leesthal traduce: «divampar vidi il fuoco presso il ricco |
mentre la Morte stava alla sua porta» (Leesthal 1939). Ha indubbiamente più senso ma non sembra
questo essere il significato della frase.

71 ― (e) È interessante notare che all' autore del componimento era ancora familiare l'uso di
bruciare i cadaveri. Questo può aiutarci a collocare la composizione di questa parte dell'Hávamál:
l'uso della cremazione fu infatti abbandonato con l'introduzione del Cristianesimo, quindi verso la
fine del IX secolo. (Leesthal 1939)

73 ― Alcuni studiosi ritengono che questa strofa, che poca attinenza ha con le precedenti o le
successive, sia il risultato di un'interpolazione posteriore (Bellows 1923).

74 ― (c) «Corti sono i pennoni delle navi». Non è ben chiaro il senso di questo semiverso
nell'ambito della strofa. Molti studiosi ritengono che qui, come in altre luoghi dell'Hávamál, il
compilatore o il copista abbia inserito dei versi isolati per cui non si trovava una collocazione
migliore (Bellows 1923). A nostro avviso, tuttavia, il non comprendere il senso di certi passaggi
non giustifica necessariamente lo smembramento delle strofe: certune associazioni di idee, o
particolari della vita pratica, che sembrano non avere senso per noi, non significa che non ne
avessero per coloro a cui il poema fosse destinato.

78 ― (b) Fitjungr, che qui è fornito come nome proprio, vuol dire in realtà «grassone, pancione,
ciccione» (da fita «grasso»). Si tratta del crapulone per antonomasia, a cui non fanno difetto le
ricchezze e l'appetito.

80 ― Bellows non ha dubbi sul fatto che questa strofa sia fuori posto; in particolare, il riferimento
alla magia runica suggerirebbe che originariamente la strofa dovesse essere posta in qualche lista di
canti magici come ad esempio il Ljóðatal [147-165]. Inoltre la struttura metrica di questa strofa
presenterebbe tali irregolarità da far pensare che siano andati perduti dei versi o che dei versi siano
stati interpolati (Bellows 1923). Il manoscritto non presenta tuttavia alcuna lacuna. A nostro parere,
il particolare metro della strofa (una variante del «metro strofico» [ljóðaháttr] costituita da un verso
«lungo» seguito da una lunga serie di versi «pieni») permette di confrontarla con le strofe [142-
143], costruite allo stesso modo. Poiché tutt'e tre le strofe trattano di sapienza runica, ci sembra
logico asserire che possano provenire da una medesima composizione, oggi perduta.

81-90 ― Questa serie di strofe non segue più il «metro strofico» [ljóðaháttr] caratteristico
dell'Hávamál. Più esattamente, nelle strofe [81-83] abbiamo il raro «metro delle canzoni»
[málaháttr] (che poi è una variante del «metro epico» [fornyrðislag]), la strofa [84] ritorna al
«metro strofico», le strofe [85-87] – che si configurano come una sorta di elenco di cose da cui è
necessario diffidare – sono in «metro epico» [fornyrðislag], la strofa [88] ritorna ancora una volta al
«metro strofico», le strofe [89-90] sono di nuovo nel «metro delle canzoni». Dopodiché il poema
ritorna al «metro strofico». Tali caotici mutamenti del metro indicano senza dubbio la presenza di
strofe e componimenti in origine indipendenti, interpolati nel nostro poema. Poiché alcune di queste
strofe consigliano perlopiù a diffidare delle donne, è presumibile che siano state inserite in questo
punto dell'Hávamál come introduzione alla susseguente vicenda della mancata seduzione della
figlia di Billingr da parte di Óðinn [96-102].

83 ― (d) In norreno en mæki saurgan è letteralmente «una spada sporca». S'intende naturalmente
una spada a lungo provata in battaglia e che è stata ripetutamente insozzata di sangue (da cui la
nostra traduzione). Si tratta dunque di una buona spada, ragione per cui nel testo se ne consiglia
l'acquisto.

84 ― (d-f) Questi tre semiversi sono citati nella Fóstbrǿðra saga, la «Saga dei fratelli adottivi».

87 ― Questa strofa è probabilmente incompleta. Alcuni editori aggiungono questi quattro semiversi
tratti da tarde redazioni dell'Hávamál: «del cielo chiaro | di una folla che ride | della ciotola di un
cane | del dolore di una sgualdrina».

96-102 ― Dopo aver trattato della falsità delle donne, in queste strofe la si illustra con un esempio
pratico, attraverso il racconto della mancata seduzione della figlia di Billingr da parte di Óðinn.

100 ― (e) I «bastoni impugnati» [bornum viði] sono probabilmente quelli delle torce, da cui si
evince il senso dei «fuochi di luce» [brennandum ljósum] del verso precedente, da noi tradotto – un
po' liberamente – con «torce avvampanti». ― (f) Vílstingr, letteralmente «via della miseria, della
malora, dello scorno».

102 ― Rasmus Rask aggiunge all'inizio di questa strofa tre semiversi tratti da un tardo manoscritto,
che suonano: «poche sono così buone | da non essere mai false | sì da ingannare la mente
dell'uomo». Questi tre semiversi e la prima parte della strofa (semiversi [102a-102c] formano,
nell'edizione di Rask, un'intera strofa; la seconda parte della strofa (semiversi [102d-102i] formano
una strofa a parte. (Rask 1818)

103 ― Questa strofa, che nulla ha a che fare con la vicenda della figlia di Billingr e quella di
Gunnlöð, è interposta tra le due apparentemente senza alcuna ragione logica.

104-110 ― In queste strofe si allude alla storia della seduzione (questa volta condotta a buon fine)
di Gunnlöð da parte di Óðinn e del furto dell'idromele della poesia. La vicenda, narrata da Snorri in
Skáldskaparmál [2], è la seguente: dopo aver ucciso il sapiente Kvasir, i nani Fjalarr e Galarr,
scolarono il suo sangue in un vaso chiamato Óðrørir e in due coppe, che poi dovettero consegnare
al gigante Suttungr come guidrigildo per l'uccisione del padre di questi. Suttungr portò il vaso e le
coppe nella sua caverna e vi mise a guardia la figlia Gunnlöð. Óðinn, che intendeva impadronirsi
del magico idromele, giunse nei pressi della casa di Suttungr, sotto il falso nome di Bölverkr «colui
che opera il male». Dopo aver forato la roccia con un trapano chiamato Rati, trasformatosi in
serpente, Óðinn passò attraverso il buco e giunse presso Gunnlöð. Dopo essere giaciuto con lei per
tre giorni e tre notti, Óðinn ricevette da lei il permesso di bere tre sorsi del magico idromele ma,
presi la coppa e i due vasi, in tre sorsi li vuotò. Trasformatosi in aquila, Óðinn fuggì poi verso
l'Ásgarðr ma, lungo il viaggio, scontrandosi con Suttungr, non poté fare a meno di versare sulla
terra un po' di idromele. Ed è così che l'arte poetica fu donata agli uomini.

106 ― (e) «Vie dei giganti» [jötna vegir] è una kenning per indicare le rocce. Ricordiamo che
Óðinn, trasformato in serpente, si era infilato nel foro lasciato dal trapano nella parete della roccia:
mentre scivolava nel pertugio, egli aveva roccia sopra e sotto di sé.

107 ― (a) Vel keypts litar. Nel suo importante studio sull'Hávamál, David Evans ritiene che il
manoscritto qui sia corrotto e traduce litar (litr è letteralmente «colore» ma, per estensione,
«aspetto, sembiante») come qualcosa che abbia a che fare con l'idromele della poesia. Secondo
l'autore, il resto del verso si riferirebbe appunto ai benefici del possesso di questo vélkeypts mjöðr
«idromele preso con l'inganno» (Evans 1986). A nostro parere, non c'era tuttavia bisogno di sviare
così tanto il senso della strofa, che così com'è si riferisce con sufficiente chiarezza alla seduzione di
Gunnlöð da parte di Óðinn, che gli permise di rubare il magico idromele custodito nel vaso Óðrørir.
― (f) Il senso letterale del verso á alda vés jarðar è «al santuario delle stirpi della terra»,
intendendo con ogni probabilità che il magico idromele, rubato da Óðinn a Suttungr, cadde poi sulla
terra di modo che anche presso gli uomini è oggi diffusa l'arte poetica. Questo è il mito narrato da
Snorri in Skáldskaparmál [2]. Essendo il verso un po' lambiccato, gli studiosi hanno creduto di
individuarvi delle corruttele. Jónnson ha proposto di emendare in á vé alda jaðars «al santuario del
signore delle stirpi», intendendo con questo che il magico idromele sarebbe stato poi trasportato
nell'Ásgarðr (Jónsson 1926). Questo «santuario del signore delle stirpi» sarebbe, nell'interpretazione
di Jónnson , una doppia kenning dove il «signore delle stirpi» è appunto Óðinn e il suo santuario
l'Ásgarðr. A parte il fatto che è sempre preferibile riferirsi al testo non emendato piuttosto che
modificarlo per adattarlo alle nostre interpretazioni, ma il mito del furto dell'idromele da parte di
Óðinn è appunto la rivelazione delle origini della poesia, dono degli dèi e strumento di sapienza
soprannaturale.

111-137 ― Questo gruppo di strofe comprende una composizione unitaria, a cui si dà generalmente
il titolo di Loddfáfnismál, «Discorso di Loddfáfnir», poi confluito nell'Hávamál. Si configura come
una serie di consigli che Hár («alto, eccelso», epiteto di Óðinn) rivolge a un certo Loddfáfnir,
riferiti da qualcuno che afferma di averli uditi nelle «sale di Hár». Il nome Loddfáfnir non compare
altrove, non sappiamo quindi dire chi fosse o di quali vicende fosse stato il protagonista. Alcuni
interpreti ritengono che Loddfáfnir sia stato uno scaldo itinerante, l'effettivo autore della
composizione, nella quale riferisce delle massime sapienziali che afferma di avere udito dallo stesso
Hár (ipse dixit). Secondo Karl Müllenhoff, infatti, il titolo Hávamál in origine era dato al solo
Loddfáfnismál (Müllenhoff 1908). Il contenuto delle strofe del Loddfáfnismál è in effetti assai assai
vicino a quello delle prime strofe dell'Hávamál. La strofa [111] è probabilmente corrotta ma,
nonostante gli sforzi fatti al riguardo, è arduo individuare ed emendare le corruttele.

112 ― La lunga formula che introduce la maggior parte dei versi del Loddfáfnismál nei manoscritti
viene in seguito riferita in modo abbreviato.

115 ― (g) Eyrarúna vuol dire letteralmente «mormorare all'orecchio»; da qui, nel linguaggio
poetico eyrarúno è colei che mormora in segreto all'orecchio di qualcuno, una confidente, intima
amica, amante. Questa parola compare qui e in Völuspá [39] dove ha addirittura il significato di
«moglie».

114 ― (f) Si confronti con la scena, presente nel poema anglosassone Il lamento di Deor, dove è
detto di Mæðhild «un doloroso amore la privava di tutto il sonno» [þæt him seo sorglufu slæp ealle
binom].

119 ― (g) A quanto pare, nel manoscritto originale, i versi [119h-119j] si trovavano, ripetuti, in
fondo alla strofa [44]. Da qui, Barend Sijmons deduceva che l'autore del Loddfáfnismál era anche
quello del Gestaþáttr (Sijmons 1906). L'ipotesi è forse un po' eccessiva: nulla impedisce che, nella
rielaborazione del materiale del Hávamál, gli stessi versi siano stati erroneamente ripetuti in due
punti diversi. Nelle edizioni critiche, questi versi sono espuntati dalla strofa [44] (rimane il
semiverso [44f] simile, ma non identico, al [119g]).

120 ― (g) Nem liknargaldr «impara incantesimi benefici» è la traduzione letterale (galdr è infatti il
canto magico). Poiché questa chiusa non è molto coerente col resto della strofa, Sijmons gioca
sull'analogia tra magia e fascino e intende: «impara a renderti amabile» (Sijmons 1906).
L'interpretazione ha il pregio di accordarsi al significato della strofa, ma il difetto di essere
eccessivamente libera.

122 ― (g) Ósvinna apa, letteralmente «insavie scimmie» ma, in senso traslato, «idioti, folli». Il
norreno api (cfr.anglosassone apa, inglese ape «scimmia») ha entrambi i significati; questo
vocabolo non si trova nella poesia scaldica, né nella prosa popolare, ma si riscontra unicamente
nella letteratura religiosa e sapienziale.

124 ― (a) Sifjum er þá blandat. Sif significa «relazione, parentela», in questo caso sta per
«amicizia»; blanda è «mescolare, scambiare». Si intende qui una relazione di amicizia che è quasi
un vincolo di parentela. Si potrebbe forse riferire alla «fratellanza di sangue», con la quale si
mescolava il sangue in una solenne cerimonia (Leesthal 1939).

127 ― (f) Nel testo kveðu þ' bölvi at. Nella sua edizione dell'Hávamál, Bugge espande la
contrazione «þ'» in þér «a te» nel testo («afferma sia un'offesa a te»), ma in appendice propone una
lettura alternativa þat «questo» («afferma sia questo un'offesa») (Bugge 1867). Qualunque sia la
soluzione corretta, non inficia il senso della traduzione: «protesta ad alta voce per l'offesa che ricevi
e non lasciar correre per viltà o debolezza».
129 ― (g) Gjalti glíkir è letteralmente «somiglianti a cinghiali». In genere viene inteso come «pazzi
di terrore», nel senso dell'espressione norrena svín galinn «pazzo come un porco». Si è anche
pensato, con scarsa verosimiglianza, a una possibile influenza dell'episodio evangelico dei dèmoni
che entrano in un branco di porci (Vangelo secondo Matteo [8]). È anche possibile che questo
semiverso e il successivo siano stati interpolati da un differente poema (Bellows 1923). ― (i) Síðr
þitt of heilli halir. Jónsson suggerisce che þitt qui possa avere più senso come pronome accusativo
þik «te» (Jónsson 1926). Evans emenda in þik (Evans 1986). Anche se abbiamo lasciato il testo
norreno originale, in traduzione abbiamo tenuto conto dei suggerimenti.

131 ― (f) Ok eigi ofváran. I due semiversi suonano letteralmente «prudente io ti consiglio di essere
| e non troppo prudente», ma il passo suona meglio leggendo come fosse en «ma» invece di ok «e».
Nonostante le argomentazioni di molti studiosi, non c'è tuttavia necessariamente da pensare che il
testo sia corrotto (cfr. nota 70b). ― (f-j) È probabile che questi quattro semiversi siano stati
interpolati da un differente poema (Bellows 1923).

133 ― Molti editori eliminano gli ultimi tre semiversi [133d-133f] di questa strofa come spuri,
ponendo i primi tre semiversi [133a-133c] alla fine della strofa [132]. Altri, dopo aver spostato i
semiversi [133d-133f] in coda alla strofa [132], li sostituiscono inserendo tre semiversi tratti da un
tardo manoscritto e che suonano: «male e bene | i figli degli uomini | portano sempre mescolati in
petto». (Bellows 1923).

134-134 ― (h-l) È possibile che gli ultimi cinque semiversi della strofa siano stati interpolati da un
differente poema (il parallelismo tra gli ultimi tre indica la comune origine). Secondo Bellows, la
loro interpolazione in questa strofa dipende dall'associazione tra la pelle grinzosa delle persone
anziane e gli otri di cuoio appesi nelle antiche case di campagna vichinghe (Bellows 1923). ― (l) Il
fermento che si formava nello stomaco dei vitelli veniva adoperato per la preparazione del latte
rappreso e del formaggio, dopo essere stato lavato e appeso ad asciugare e affumicare. Vílmögr è lo
stomaco che contiene appunto il vil, termine usato ancora oggi in Islanda per designare questo
speciale fermento del latte (Sijmons 1906 | Leesthal 1939).

137 ― Questa strofa, lista di strani rimedi magici, è una delle più ardue e di difficile
interpretazione. Secondo alcuni studiosi sarebbe stata probabilmente interpolata, ma – vista le
oggettive difficoltà a penetrare le antiche pratiche magiche di uso quotidiano – è assai più probabile
che siano gli studiosi stessi a non riuscire a capirci molto! Diamo nelle note seguenti qualche
spiegazione riguardo ai versi più ardui. ― (f-g) «Invoca per te la forza della terra! | perché la terra
serve contro la birra». Secondo la spiegazione di Olga Gogala di Leesthal, questa coppia di
semiversi farebbe riferimento al fatto che la birra che veniva distillata in casa conteneva spesso dei
tossici, in quanto non si sapeva ben ripulire il grano dalle erbacce; si provvedeva dunque a
mescolare la terra alla birra per neutralizzarne le eventuali qualità nocive (Leesthal 1939). È forse
una spiegazione troppo pratica per un poema di argomento magico. È invece possibile, a nostro
parere, che si faccia riferimento all'uso vichingo di versare in terra il primo sorso di birra in modo
da nutrire gli spiriti del luogo [landvættir] affinché potesse esserci armonia tra le forze
soprannaturali che vigilavano sul territorio e gli uomini che vi dimoravano. ― (i) Tra i rimedi
rimedi erboristici, la quercia [fik] e i suoi prodotti erano consigliati per le irregolarità intestinali
(abbinde è la dissenteria); fino a tempi molto recenti si dava da bere ai bambini caffè di ghianda
come astringente (Leesthal 1939). ― (j) Reichborn-Kjennerud ricorda al riguardo che in Norvegia e
in Svezia la spiga di grano veniva utilizzata contro il mal di denti e altre malattie (Reichborn-
Kjennerud 1923 | Leesthal 1939). ― (k) Höll við hýrógi. Il significato letterale è «la sala [agisce]
contro le liti in famiglia». Anche se è vero che i litigi familiari si svolgono nel chiuso delle sale,
rimane difficile cogliere il senso della frase. Molti autori hanno proposte varie interpretazioni.
Secondo Sijmons la parola höll «sala» andrebbe emendata in havll, nome nordico del sambuco
[Sambucus nigra] (Sijmons 1906). Questa è la soluzione comunemente accettata dai traduttori. Si
veda ad esempio la traduzione inglese di Henry Adams Bellows «la segale cura i dissidi» [rye cures
rupture] (Bellows 1923). In Italia, Olga Gogala di Leesthal traduce «il sambuco [sana] i dissidi
familiari» e sana anche, aggiunge in nota, tutti i malanni che ne possono derivare, come l'itterizia,
malattia associata alla collera e all'inquietudine (Leesthal 1939). Anche Piergiuseppe Scardigli e
Marcello Meli traducono «il sambuco [si porta via] le liti familiari» (Scardigli 1982). ― (m) Beiti
við bitsóttum. Altra frase di ardua interpretazione. La parola bíta in norreno vuol dire «mordere»
(bit è «morso»). Bitsótt è la «malattia del morso», probabilmente una malattia contagiosa trasmessa
attraverso il morso di un animale. Traduciamo per brevità «rabbia», ma si tratta di una licenza.
Quello che sfugge è il significato della prima parola, beiti, anch'essa legata all'area semantica del
mordere. Rask. Sijmons la riferisce al lombrico [Lumbricus terrestris], in quanto in norreno beit-
fiskr indicava l'esca utilizzata nella pesca, tanto che – sempre secondo Sijmons – ancora ai primi del
Novecento in alcuni dialetti norvegesi il lombrico sarebbe stato chiamato beite o bietel (Sijmons
1906). Da qui la traduzione di Olga Gogala di Leesthal che rende questo semiverso con «serve il
lombrico per ferite e morsi», ricordando in nota come il lombrico venisse adoperato in medicina fin
dai tempi remoti (Leesthal 1939). Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «l'allume
[porta via] le malattie da morsi» (Scardigli 1982). Ci sembra che tali traduzioni siano
eccessivamente cervellotiche, tanto più che il significato principale di beiti è «pascolo».Già ai primi
dell'Ottocento, la traduzione svedese di Rasmus Rask riportava «il pascolo cura le malattie dei
morsi» [bete mot bitsjuka] (pur conservando l'ambiguità, perché in svedese bete vuol dire anche
«esca») (Rask 1818). Su questa linea la traduzione di Henry Bellows «l'erba cura la scabbia» [grass
cures the scab] (ma la scabbia si trasmette per contatto, non con i morsi) (Bellows 1923). Secondo
il monumentale dizionario antico islandese di Richard Cleasby e Gudbrand Vigfússon, la parola
beiti, oltre ad avere il significato generale di «pascolo», indica pure l'erica [Erica vulgaris] (Cleasby
~ Vigfússon 1874). Ci sembra che sia questa la soluzione più semplice ed elegante. ― (o) Flóð in
norreno significa «inondazione, diluvio, alluvione»; in poesia la parola può anche indicare un fiume
o un mare. Di qui le traduzioni letterali, come quella inglese di Bellows «il campo assorbe gli
allagamenti» [the field absorbs the flood] (Bellows 1923). Più sottile quella italiana di Olga Gogala
di Leesthal «il terreno gli umori assorbe» (Leesthal 1939). Interessante la traduzione di
Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli che insinua la presenza dell'elemento magico: «la terra porta
via il flusso maligno» (Scardigli 1982).

138-145 ― Questa sezione è intitolata Dissertazione sulle rune. Si allude al mito di come Óðinn
sacrificò sé stesso per impossessarsi del potere delle rune, racconto che purtroppo non è riferito da
altri documenti e del quale l'Hávamál rimane l'unica fonte. Questa la ragione per cui l'intero passo
rimane oscuro e di ardua interpretazione. Se questo non bastasse, il brano sembra essere corrotto: le
strofe [138 | 139 | 141] seguono la vicenda del sacrificio di Óðinn, mentre la [140] sembra provenga
dalla sezione relativa alla seduzione di Gunnlöð e al furto dell'idromele della poesia [104-110]. Le
strofe dalla [142] alla [145] provengono da fonti diverse e sembrano essere state inserite qui
semplicemente perché trattano lo stesso argomento, la conoscenza delle rune e il potere che ne
deriva.

138 ― (g-i) Questi tre semiversi sono anche presenti nello Svipdagsmál [30].

140 ― Questa strofa, come detto, sembra provenga dalla sezione relativa alla seduzione di Gunnlöð
[104-110], come si evince dal riferimento all'idromele della poesia contenuto nel vaso Óðrørir.
Come sappiamo da Snorri (Gylfaginning [6]), Bestla fu la madre di Óðinn, Bölþorn ne fu il nonno.
Nulla tuttavia sappiamo di questo altro figlio di Bölþorn che, stando a quanto qui è detto, avrebbe
insegnato a Óðinn nove «terribili canti magici» [fimbulljóð]. Alcuni interpreti ritengono si tratti di
Mímir che, in tal caso, diverrebbe zio di Óðinn. È un'ipotesi elegante ma, ahimé, rimane soltanto
un'ipotesi.

142-143 ― Queste due strofe vengono probabilmente da un medesimo poema di argomento


magico-runico, tanto che in alcune edizioni sono accorpate insieme in una strofa unica. Alcuni
traduttori, seguendo il consiglio di Bugge, traspongono i semiversi della strofa [142] in
quest'ordine: a, e, f, b, c, d, g (Bugge 1867): ne risulta un periodare più scorrevole, ma è dubbio che
sia stata questa l'intenzione del poeta (è noto quanto la poesia scaldica fosse involuta e complessa).
Come già detto, il «metro strofico» qui utilizzato, presenta le medesimi varianti della strofa [80],
anch'essa di argomento runico, così che è possibile che le tre strofe provengano da uno stesso
poema.

142 ― (e) Il «terribile vate» [fimbulþulr] di cui qui si parla è evidentemente lo stesso Óðinn. Si noti
che le rune, una volta incise nel legno, venivano dipinte di rosso.

143 ― I nomi Dáinn e Dvalinn compaiono entrambi come nomi di nani in Völuspá [14]. Il fatto che
qui Dáinn venga detto un elfo potrebbe essere spiegato come la possibilità di una confusione tra i
vari esseri che partecipavano alla sfera del soprannaturale: sappiamo infatti che gli elfi scuri
[Døkkálfar] dimoravano sottoterra ed erano spesso confusi con i nani (così come in molti testi nani
e troll e giganti sembrano confondersi gli uni con gli altri, nella vaga immagine di esseri primordiali
legati al mondo litico). In ogni caso, Dáinn è l'unico nome di elfo che conosciamo, per quanto sia
anche un nome di nano. Inoltre, i nomi Dáinn e Dvalinn compaiono insieme anche nel Grímnismál
[33], anche se come nomi di due dei quattro cervi che rodono le foglie del frassino Yggdrasill. Del
gigante Ásviðr «tutto saggio» non si hanno altre ricorrenze nella letteratura.

144 ― Questa strofa, che utilizza il «metro delle canzoni» [málaháttr], è un'interpolazione da una
fonte ancora diversa. Nel manoscritto la frase «sai tu come» [veistu hvé] è abbreviata.

145 ― Anche questa strofa è problematica. Si ritiene che i semiversi a-e e i semiversi f-i
appartenessero in origine a due strofe diverse: Bugge pensa che questi ultimi provengano dalla fine
della strofa [143] (Bugge 1867). ― (f) Þundr, epiteto di Óðinn.

146-163 ― Questa sezione è intitolata Dissertazione sui canti magici. Óðinn parla di diciotto dei
potenti canti magici che egli conosce, dei quali spiega le proprietà, pur non enunciando i canti
stessi. L'enumerazione dei canti (primo, secondo, terzo, etc.) viene data nel testo in numeri romani.

147 ― (c) Nell'edizione tradotta da Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli si legge «di che cosa i
figli degli uomini abbiano bisogno | se vogliono vivere da mendici» (Scardigli 1982). È sicuramente
una svista: la parola corretta non è «mendici» ma «medici». È infatti quest'ultimo il significato del
norreno læknar. Anche se val forse la pena di sottolineare che dall'anglosassone læce «guaritore» è
derivata, in inglese moderno, la parola leech «sanguisuga» (anche in senso figurato), proprio grazie
al largo impiego che la medicina antica faceva di questo animaletto per praticare salassi e simili.

149 ― Questa strofa riguardante la magica liberazione di un prigioniero da ceppi e catene, ricorda
una scena narrata dal Venerabile Beda e riguardante il nortumbriano Imma il quale, catturato dopo
la battaglia di Trent (679), non poté essere legato in alcun modo in quanto corde e catene si
scioglievano magicamente e cadevano a terra. La ragione di questo fatto era che suo fratello Tunna,
avendo creduto che Imma fosse morto in battaglia, aveva fatto dire molte messe per liberare la sua
anima: poiché Imma era vivo, quelle messe avevano invece l'effetto di liberarlo fisicamente dai
ceppi. (Historia ecclesiastica Anglorum [IV: 22])

151 ― (c) Á rotom rás viðar «con radici di un albero verdeggiante». Semiverso di difficile
interpretazione: difficile dire quale sia il senso di ferire un uomo con la radice di un albero verde (si
potrebbe ad esempio pensare a quanto narrato nella Grettis saga, in cui si causa la morte del
protagonista incidendo rune su una radice che gli era stata mandata). Effettivamente è all'opera
qualche tipo di arte magica, visto che Óðinn si dice in grado di ritorcere la fattura al nemico. Alcuni
traduttori hanno proposto di emendare la problematica parola rás (qui interpretata «verdeggiante»)
con rams «forte», ma questo non riduce le perplessità.

155 ― (b) «Cavalcatrici dei recinti» [túnriður] è una kenning per «streghe».

160 ― Secondo l'opinione di Müllenhoff, questa strofa sarebbe stata la conclusione originale
dell'Hávamál e la frase «un quindicesimo» sarebbe stata aggiunta soltanto quando la strofa finì per
essere inserita nella sezione dei canti magici (Müllenhoff 1908). Non è molto chiaro, tuttavia, su
quali basi si possa sostenere tale ipotesi: non ci sembra che questa strofa abbia qualcosa di
particolarmente significativo da giustificare tale asserzione. ― (b) Þjóðrörir non è menzionato
altrove: non sappiamo chi fosse. ― (f) Hroptatýr è epiteto di Óðinn.

162 ― Questa strofa è il risultato della giustapposizione di due strofe differenti. I primi tre
semiversi di questa strofa (a-c) sono infatti quanto resta di una strofa originariamente indipendente,
che è stata poi giustapposta alla strofa successiva (qui formata dai semiversi d-i). Molte edizioni le
registrano infatti come due strofe differenti, la prima delle quali lacunosa. I tentativi di completare i
versi mancanti non hanno dato risultati convincenti. Il richiamo a Loddfáfnir nella seconda parte
della strofa fa capire che questa apparteneva in origine alla sezione del Discorso di Loddfáfnir.

163 ― (g-i) Cioè «se non, unica, a colei | che col braccio mi cinge | oppure è a me sorella». Chi è
questa donna che viene detta essere l'«unica» [einni] confidente di Óðinn per quanto riguarda le
segrete arti magiche del dio? Alcuni interpreti intendono questo passo nel senso che, in qualche
antica versione del mito nordico, la sposa di Óðinn fosse anche sua sorella (a volte con l'esplicito
intento di «nobilitare» il mito nordico tracciando un parallelo classico con Iuppiter, la cui sposa
Iuno era detta et soror et coniunx (Eneide [I: 47])). Al contrario, nell'Hávamál i due attributi sono
posti tra loro in una sorta di opposizione, in cui il secondo è introdotto dalla congiunzione eða «o».
Il tono della strofa sembra essere generale: non pare che Óðinn si riferisca a qualcuno in particolare.
Il senso è probabilmente: «non racconterei queste cose a nessun altro, tranne forse, unica persona, a
mia moglie od a mia sorella».

164 ― La chiusa dell'Hávamál viene di nuovo dal Discorso di Loddfáfnir. È evidente che è slittata
alla fine del poema a causa dell'inserzione della Dissertazione sulle rune e della Dissertazione sui
canti magici. Vari traduttori tendono a rimetterla «a posto», dopo la strofa [137], così da concludere
la sezione iniziata con la strofa [111] (Müllenhoff 1908 | Bellows 1923).
VAFÞRÚÐNISMÁL
IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR

Colloquio di Óðinn e Frigg (1-4)


Partenza di Óðinn (5)
Óðinn alla dimora di Vafþrúðnir (6-10)
Vafþrúðnir mette alla prova la sapienza di Óðinn (11-19)
Óðinn enumera a Vafþrúðnir dodici domande sulle cose primordiali (20-43)
Óðinn pone a Vafþrúðnir cinque domande sul futuro del mondo (44-53)
L'ultima domanda: vittoria di Óðinn (54-55)
Note

IL DISCORSO DI
VAFÞRÚÐNISMÁL
VAFÞRÚÐNIR

Colloquio Óðinn kvað: Disse Óðinn:


di Óðinn e
Frigg «Rád þú mér nú, Frigg, «Ora consigliami, Frigg,
allz mik fara tiðir di andare ho gran voglia
1
at vitja Vafþrúðnis; a trovare Vafþrúðnir.
forvitni mikla Confesso che son curioso
kveð ek mér á fornom di disputare sulle cose
stöfom remote
við þann inn alsvinna con quel gigante
jötun». onnisciente».

Frigg kvað: Disse Frigg:

«Heima letja «A casa volentieri


ek mynda Heriaföðr tratterrei Herjaföðr,
2
í görðom goða, nelle dimore degli dèi:
þvíat engi jötun nessun gigante
ek hugða jafnramman credo sia tanto potente
sem Vafþrúðni vera». quanto è Vafþrúðnir».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

3 «Fjölð ek fór, «Molto viaggiai,


fjölð ek freistaða, molto feci esperienza,
fjölð ek reynda regin; molto misi alla prova gli
hitt vil ek vita, dèi.
hvé Vafþrúðnis Questo io voglio sapere:
salakynni sé». come di Vafþrúðnir
sia la dimora».

Frigg kvað: Disse Frigg:

«Heill þú farir, «Salvo parti,


heill þú aptr komir, salvo torna indietro,
4
heill þú á sinnom sér! salvo tu sia nel cammino!
æði þér dugi, La sapienza ti assista
hvars þú skalt, Aldaföðr, dovunque tu, Aldaföðr,
orðom mæla jötun. ti rivolgerai al gigante.

Partenza di Fór þá Óðinn Partì dunque Óðinn


Óðinn at freista orðspeki alla disputa di sapienza
þess ins alsvinna jötuns; con quel gigante
at höllo hann kom, onnisciente.
5
ok átti Íms faðir; Giunse lui nella sala
inn gekk Yggr þegar». che fu del padre di Ímr.
Subito Yggr vi fece
ingresso.

Óðinn alla Óðinn kvað: Disse Óðinn:


dimora di
Vafþrúðnir «Heill þú nú, Vafþrúðnir! «Salute ora a te,
nú em ek í höll kominn, Vafþrúðnir!
6 á þik sjálfan sjá; Eccomi or giunto alla sala
hitt vil ek fyrst vita, a trovar proprio te.
ef þú fróðr sér Voglio per primo sapere
eða alsviðr, jötunn». se tu sapiente sei
e onnisciente, o gigante».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Hvat er þat manna «Chi è tra gli uomini


er í mínom sal che nella mia corte
7 verpomk orði á? si rivolge a me?
út þú ne komir Non uscirai
órom höllom frá, da questa sala
nema þú inn snotrari sér». se non risulterai tu il più
sapiente».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:


8
«Gagnráðr ek heiti; «Gagnráðr mi chiamo,
nú emk af göngo kominn ora sono di strada giunto,
þyrstr til þinna sala, assetato, alla tua corte.
laðar þurfi Bisogno ho di ricovero
hefi ek lengi farit - ho a lungo viaggiato -
ok þinna andfanga, e della tua accoglienza, o
jötunn». gigante».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Hví þú þá, Gagnráðr, «E perché allora,


mæliz af gólfi fyrir? Gagnráðr,
Farðu í sess í sal! ti rivolgi a me
9 þá skal freista, dall'ingresso?
hvárr fleira viti, Vieni a sedere in sala!
gestr eða inn gamli þulr». E metteremo alla prova
chi più cose conosca
se l'ospite o il vecchio
cantore».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Óauðigr maðr, «L'uomo che non è ricco


er til auðigs kömr, e che dal ricco va,
10 mæli þarft eða þegi; parli poco o taccia.
ofrmælgi mikil Credo che il parlar troppo
hygg ek at illa geti non sia conveniente
hveim er við kaldrifjaðan se sei venuto da chi è
kømr». maldisposto».

Vafþrúðnir Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:


mette alla
prova la «Segðú mér, Gagnráðr, «Di' tu a me, Gagnráðr,
sapienza di allz þú á gólfi vill se dall'atrio vuoi
Óðinn þíns um freista frama, la tua sapienza provare.
11
hvé sá hestr heitir Come si chiama il
er hverjan dregr destriero
dag of dróttmögo?» che uno ad uno trascina
il giorno per le schiere
umane?»

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Skinfaxi heitir, «Skinfaxi si chiama


er inn skíra dregr chi il chiaro trascina
12
dag um dróttmögu; giorno per le schiere
hesta beztr umane.
þykkir hann með Dei destrieri lo si stima
reiðgotom, il migliore tra i Reið-Goti.
ey lýsir mön af mari». Di quel cavallo risplende
la criniera».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Segðú mér, Gagnráðr, «Di' tu a me, Gagnráðr,


allz þú á gólfi vill se dall'atrio vuoi
13
þíns um freista frama, la tua sapienza provare.
hvé sá jór heitir Come si chiama il cavallo
er östan dregr che da oriente trascina
nott of nyt regin?» la notte sugli dèi propizi?»

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Hrímfaxi heitir, «Hrímfaxi si chiama


er hverja dregr chi una ad una trascina
14 nótt of nýt regin; la notte sugli dèi propizi.
méldropa fellir La schiuma dai denti
hann morgin hvern; gocciola al mattino,
þaðan kemr dögg um da cui viene la rugiada
dala». sulle valli».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Segðu þat, Gagnráðr, «Di' tu a me, Gagnráðr,


allz þú á gólfi vill se dall'atrio vuoi
þíns um freista frama, la tua sapienza provare.
15
hvé sú á heitir Come quel fiume si
er deilir með jötna sonom chiama
grund ok med goðom?» che divide tra i figli dei
giganti
la terra e tra gli dèi?

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Ífing heitir á, «Ífing si chiama il fiume


er deilir með jötna sonom che divide tra i figli dei
grund ok með goðom; giganti
16
opin renna la terra e tra gli dèi.
hón skal um aldrdaga, Libero scorrerà
verðrat íss á á». fino alla fine dei tempi:
non gelerà mai quel
fiume».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:


17
«Segðu þat, Gagnráðr, «Di' tu a me, Gagnráðr,
allz þú á gólfi vill se dall'atrio vuoi
þíns um freista frama, la tua sapienza provare.
hvé sá völlr heitir Come il campo si chiama
er finnaz vígi at dove scenderanno a
Surtr ok in sváso goð?» battaglia
Surtr e gli dèi soavi?»

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Vígriðr heitir völlr, «Vígriðr si chiama il


er finnaz vígi at campo
Surt ok in sváso goð; dove scenderanno a
18
hundrað rasta battaglia
hann er a hverjan veg, Surtr e gli dèi soavi.
sá er þeim völlr vitaðr». Cento leghe
misura da ogni lato
il campo a loro destinato».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Fróðr ertu nú, gestr, «Sapiente sei tu ora,


far þú á bekk jötuns, ospite,
ok mælomk í sessi saman, vieni alla panca del
hövði veðja gigante
19
vit skolom höllo í, e converseremo seduti
gestr, um geðspeki». insieme.
La testa noi due
ci giocheremo nella sala,
ospite, in gara di
sapienza».

Óðinn Óðinn kvað: Disse Óðinn:


enumera a
Vafþrúðnir «Segðu þat it eina, «Di' tu questo per primo
dodici ef þitt æði dugir se hai sufficiente saggezza
domande 20 ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
sulle cose hvaðan jörð um kom Da dove la terra provenne
primordiali eða uphiminn e il cielo in alto
fyrst, inn fróði jötunn?» in principio, o saggio
gigante?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Ór Ymis holdi «Dalla carne di Ymir


21
var jörð um sköpuð, fu la terra creata
en ór beinom björg, e dalle ossa i monti;
himinn ór hausi il cielo dal cranio
ins hrímkalda jötuns, del gigante freddo di brina
en ór sveita sjór». e dal sangue il mare».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat annat, «Di' tu questo per secondo


ef þítt æði dugir se hai sufficiente saggezza
22
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
hvaðan máni um kom, Da dove la luna è venuta,
svá at ferr menn yfir, lei che sugli uomini va,
eða sól it sama?» e il sole ugualmente?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Mundilfǿri heitir, «Mundilfǿri si chiama


hann er mána faðir colui che fu il padre della
ok svá Sólar it sama; luna
23
himin hverfa e del sole ugualmente;
þau skolo hverjan dag il cielo percorreranno
öldom at ártali». quei due ogni giorno
per segnare agli uomini il
tempo».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it þríðja, «Di' tu questo per terzo


allz þik svinnan kveða se tutti ti chiamano accorto
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
24
hvaðan dagr um kom, Da dove il giorno è
sá er ferr drótt yfir, venuto,
eða nótt med niðom?» lui che sulla schiera degli
uomini va,
e la notte e le fasi lunari?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Dellingr heitir, «Dellingr si chiama


hann er Dags faðir, colui che fu il padre di
en Nótt var Nörvi borin; Dagr,
25
ný ok nið e Nótt da Nörfi nacque;
skópo nýt regin luna piena e luna nuova
öldom at ártali». crearono gli dèi propizi
per segnare agli uomini il
tempo».

26 Óðinn kvað: Disse Óðinn:


«Segðu þat it fjórða, «Di' tu questo per quarto
allz þik fróðan kveða se tutti ti chiamano
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, sapiente
hvaðan vetr um kom e tu, Vafþrúðnir, sai.
eða varmt sumar Da dove l'inverno è
fyrst með fróð regin?» venuto,
e la calda estate,
in principio tra gli dèi
sapienti?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Vindsvalr heitir, «Vindsvalr si chiama,


27
hann er Vetrar faðir, colui che fu il padre di
en Svásuðr sumars». Vetr,
e Svásuðr di Sumar».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segþu þat it fimat, «Di' tu questo per quinto


allz þik fróðan kveða se tutti ti chiamano
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, sapiente
28
hverr ása elztr e tu, Vafþrúðnir, sai.
eða Ymis niðja Chi era il più vecchio degli
yrði í árdaga». Æsir
e della stirpe di Ymir
al principio dei tempi?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Örófi vetra «Innumerevoli inverni,


áðr væri jörð sköpuð, prima che fosse la terra
þá var Bergelmir borinn, creata,
29
Þrúðgelmir allora venne Bergelmir
var þess faðir, alla luce,
en Aurgelmir afi». Þrúðgelmir
gli fu padre
e Aurgelmir nonno».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it sétta, «Di' tu questo per sesto


allz þik svinnan kveða se tutti ti chiamano accorto
30
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
hvaðan Aurgelmir kom Da dove Aurgelmir venne
með jötna sonom tra i figli dei giganti
fyrst, inn fróði jötunn?» in principio, il sapiente
gigante?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Ór Élivagom «Fuori dagli Elivágar


stukkoo eitrdropar, schizzavano gocce di
svá óx, unz varð ór jötunn; veleno,
[þar órar ættir e crebbero finché ne sortì
31
kómu allar saman, un gigante.
því er þat æ allt til atalt]». [Di là le nostre stirpi
vennero tutte del pari
originate,
sono per questo progenie
perversa]».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it sjaunda, «Di' tu questo per settimo


allz þik svinnan kveða se tutti ti chiamano accorto
32 ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
hvé sá börn gat, Come generò figli
enn baldni jötunn, il possente gigante
er hann hafðit gýgjar se non si unì ad alcuna
gaman». gigantessa?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Undir hendi vaxa «Sotto il braccio crebbero,


kvaðu hrímþursi dicono, del gigante di
33 mey ok mög saman; brina
fótr við fæti la figlia e il figlio del pari.
gat ins fróða jötuns Piede con piede
sexhöfðaðan son». generò il sapiente gigante
il figlio dalle sei teste».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it átta, «Di' tu questo per ottavo


allz þik svinnan kveða se tutti ti chiamano accorto
34 ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
hvat þú fyrst mant Cosa tu per primo ricordi
eða fremst um veitzt, o innanzi a tutto conosci?
þú ert alsviðr, jötunn». Tu sei onnisciente, o
gigante».

35 Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:


«Örófi vetra «Innumerevoli inverni,
áðr væri jörð om sköpuð, prima che fosse la terra
þá var Bergelmir borinn; creata,
þat ek fyrst um man allora venne Bergelmir
er sá inn fróði jötunn alla luce.
var á lúðr um lagiðr». Questo per primo io
rammento:
che lo vidi, quel saggio
gigante,
che giaceva su un
mulino».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it níunda, «Di' tu questo per nono


allz þik svinnan kveða se tutti ti chiamano accorto
ok þú, Vafþrúðnir, vitir, e tu, Vafþrúðnir, sai.
36
hvaðan vindr um kömr, Da dove il vento proviene
svá at ferr vág yfir; che spira sul mare in
æ menn han sjálfan um burrasca?
sjá». Mai gli uomini riescono a
scorgerlo».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Hræsvelgr heitir, «Hræsvelgr si chiama


er sitr á himins enda, colui che sta alla fine del
jötunn í arnar ham; cielo,
37
af hans vængjom gigante dalle sembianze
kvæða vind koma d'aquila:
alla menn yfir». dalle sue ali,
dicono, venga il vento
su tutti gli uomini».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it tíunda, «Di' tu questo per decimo


allz þú tíva rök se il destino degli dèi
öll, Vafþruðnir, vitir, tutto, Vafþrúðnir, conosci.
38 hvaðan Njörðr um kom Da dove Njörðr provenne
með ása sonom, tra i figli degli Æsir?
hofom og hörgom Templi e altari
hann ræðr hunnmörgom, regge in gran numero
ok varðat hann ásom ed egli non è stato dagli
alinn». Æsir generato».

39 Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:


«Í Vanaheimi «In Vanaheimr
skópo hann vís regin lo crearono i saggi numi
ok seldo at gíslingo goðum; e lo diedero in ostaggio
í aldar rök agli dèi.
hann mun aprt koma Alla fine del tempo
heim með vísom vönom». egli di nuovo tornerà
a casa, tra i saggi Vanir».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat et ellipta «Di' tu questo per


40
hvar ýtar túnom í undicesimo
höggvaz hverjan dag?» dove nelle corti gli uomini
si battono ogni giorno?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Allir einherjar «Tutti gli Einherjar


Óðins túnum í alla corte di Óðinn
höggvaz hverjan dag; si battono ogni giorno.
val þeir kjósa Scelgono i caduti
41
ok ríða vígi frá, poi dalla mischia
sitja meirr um sáttir cavalcano via
saman». e riconciliati siedono
insieme».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Segðu þat it tólfta, «Di' tu questo per


hví þú tíva rök dodicesimo
öll, Vafþrúðnir, vitir; come mai il destino degli
42 frá jötna rúnom dèi
ok allra goða tutto, Vafþrúðnir, conosci?
segir þú it sannasta, Delle rune dei giganti
inn alsvinni jötunn». e di tutti gli dèi,
dici tu quel che è vero,
onnisciente gigante».

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Frá jötna rúnom «Delle rune dei giganti


ok allra goða e di tutti gli dèi,
43 ek kann segja satt, posso dire il vero,
þvíat hvern hefi ek heim poiché in ogni mondo son
um komit; giunto:
nío kom ek heima giunsi nei nove mondi
fyr Níflhel neðan, fino al Niflhel in basso,
hinig deyja ór heljo halir». presso Hel, dove vanno i
morti».

Óðinn pone Óðinn kvað: Disse Óðinn:


a
Vafþrúðnir «Fjölð ek fór, «Molto viaggiai,
cinque fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
domande fjölð ek reynda regin; molto misi alla prova gli
44
sul futuro hvat lifir manna, dèi.
del mondo þá er inn mæra líðr Chi vivrà degli uomini
fimbulvetr með firom?» quando sarà trascorso quel
famoso
Fimbulvetr tra i mortali?

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Líf ok Lifþrasir, «Líf e Lifþrasir,


en þau leynaz muno devono nascondersi
45 í holti Hoddmímis; nel bosco di Hoddmímir.
morgindöggvar Le rugiade del mattino
þau sér at mat hafa; avranno per nutrimento;
þaðan af aldir alaz». da qui torneranno a
sorgere le stirpi».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Fjölð ek fór, «Molto viaggiai,


fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
fjölð ek reynda regin; molto misi alla prova gli
46
hvaðan kömr sól dèi.
á inn slétta himin, Da dove verrà un sole
þá er þessa hefir Fenrir nel liscio cielo
farit?» quando questo Fenrir
l'avrà divorato?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Eina dóttur «Una figlia


berr Álfröðull, genera Álfröðull,
47 áðr hana Fenrir fari; prima che Fenrir la divori;
sú skal ríða, cavalcherà
þá er regin deyja, quando gli dèi moriranno,
móður brautir, mær». i sentieri della madre, la
fanciulla».

48 Óðinn kvað: Disse Óðinn:


«Fjölð ek fór, «Molto viaggiai,
fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
fjölð ek reynda regin; molto misi alla prova gli
hverjar ro þær meyjar dèi.
er líða mar yfir, Quali sono le fanciulle
fróðgeðjaðar fara?» che scivolano sul mare,
viaggiando con animo
saggio?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Þrjár þjóðár «Tre stirpi


falla þorp yfir giungono in campo
meyja Mögþrasis, delle fanciulle di
49
hamingjor einar Mögþrasir.
þeira í heimi ero Sole protettrici
þó þær með jötnom alaz». sono esse nel mondo
anche se tra i giganti
nutrite».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Fjölð ek fór «Molto viaggiai,


fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
fjölð ek reynða regin; molto misi alla prova gli
50
hverir ráða æsir dèi.
eignom goða, Quali æsir reggono
þá er sloknar Surtalogi?» le proprietà degli dèi,
una volta spenta la fiamma
di Surtr?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Víðarr ok Váli «Víðarr e Váli


byggja vé goða, abitano i santuari degli dèi
þá er sloknar Surtalogi, quando si spegnerà la
51
Móði ok Magni fiamma di Surtr.
skolo Mjöllni hafa Móði e Magni
Vingnis at vígþroti». possederanno Mjöllnir
di Vingnir, alla fine delle
battaglie».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

52 «Fjölð ek fór «Molto viaggiai,


fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
fjölð ek reynða regin; molto misi alla prova gli
hvat verðr Óðni dèi.
at aldrlagi, Che ne sarà di Óðinn,
þá er rjúfaz regin?» alla fine dei tempi
quando gli dèi
mancheranno?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Úlfr gleypa «Il lupo sbranerà


mun Aldaföðr, con le fauci Aldaföðr.
53
þess mun Víðarr reka; Víðarr lo vendicherà.
kalda kjapta Le fredde mascelle
hann klyfja mun egli farà a pezzi
vitnis vígi at». combattendo col lupo».

L'ultima Óðinn kvað: Disse Óðinn:


domanda:
vittoria di «Fjölð ek fór «Molto viaggiai,
Óðinn fjölð ek freistaðak, molto feci esperienza,
fjölð ek reynða regin; molto misi alla prova gli
54
hvat mælti Óðinn, dèi.
áðr á bál stigi, Che cosa disse Óðinn,
sjálfr í eyra syni?» a chi saliva sul rogo
lui stesso nell'orecchio del
figlio?»

Vafþrúðnir kvað: Disse Vafþrúðnir:

«Ey manne þat veit, «Nessun uomo sa


hvat þú í ardaga quel che tu in principio
sagðir í eyra syni; dicesti nell'orecchio del
feigom munni figlio.
mælta ek mína forna stafi Con la bocca di chi sta per
55 ok um ragna rök; morire
nú ek við Oðin deildak ho parlato sulle cose
mína orðspeki; antiche
þú ert æ vísastr vera!» e sul destino degli dèi.
Adesso con Óðinn ho
provato
la mia conoscenza.
Sei tu il più sapiente».
NOTE

1 ― Óðinn kvað, Vafþrúðnir kvað. Tutte le strofe sono introdotte da una frase che informa a chi
vada attribuito il dialogo seguente («disse Óðinn», «disse Vafþrúðnir»), In entrambi i manoscritti
del Vafþrúðnismál, tuttavia, la frase appare in forma abbreviata.

2 ― (b) Herjaföðr «Padre dell'esercito», epiteto di Óðinn.

4 ― (e) Aldaföðr «Padre degli uomini», epiteto di Óðinn.

5 ― È l'unica strofa narrativa (non dialogica) del poemetto, che alcuni presumono essere
un'interpolazione più tarda rispetto al resto del testo (Bellows 1936). ― (e) Ímr «Scuro»,
presumibilmente il nome del figlio di Vafþrúðnir. ― (f) Yggr «Terribile», è epiteto di Óðinn.

8 ― (a) Gagnráðr (nelle þulur, Gangráðr) «Che conosce la via». Nei suoi viaggi, Óðinn si dissimula
sempre sotto diversi epiteti.

10 ― Questa sentenza, «L'uomo che non è ricco e che dal ricco va...», ricorda molto da vicino il
genere di consigli che Óðinn dispensa nella prima parte dell'Hávamál. È probabile che questa strofa
sia stata introdotta qui da qualche fonte di quel genere.

12 e 14 ― Skinfaxi e Hrímfaxi, i cavalli che trascinano rispettivamente il giorno e la notte, sono


citati da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO]

13 ― Nel manoscritto originale, in questo e in altri passi del poemetto, la formula che introduce la
strofa - e che viene ripetuta per molte strofe successive - è sovente abbreviata.

16 ― (a) Il fiume Ífing non è attestato in altre fonti.

18 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [51 {54}]). ― (d) «Cento leghe» si è tradotto
letteralmente ma bisogna ricordare che il norreno classico utilizzava una numerazione duodecimale
e hundrað significava «centoventi» (solo in epoca tarda venne a indicare «cento» ma per lungo
tempo i due sistemi di numerazione convissero l'uno accanto all'altro). In ogni caso il numero qui è
una cifra simbolica.

19 ― Vafþrúðnir, impressionato dalla sapienza del suo ospite, lo invita ad accedere in sala. Egli
propone di rendere interessante la gara giocando la testa su chi dei due sia il più sapiente.

20 ― La versione del Vafþrúðnismál tramandata dal Codex Arnamagnæanus inizia dal secondo
semiverso del primo verso di questa strofa.

21 ― Il dettaglio della creazione del mondo a partire dal sacrificio di Ymir è ripreso nel
Grímnismál [21], in una strofa talmente simile da far pensare a un'interpolazione. Queste sono le
fonti citate da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO]

23 ― Il mito della nascita del sole e della luna (Sól e Máni) è narrato da Snorri (Gylfaginning [10-
11]) [SAGGIO]. Tuttavia in Snorri, Mundilfǿri non fu padre tanto del sole e della luna, quanto di due
ragazzi che vennero chiamati Sól e Máni poiché erano talmente belli e splendenti da essere
paragonabili al sole e alla luna. Per questo Óðinn li rapì e li pose in cielo a guidare rispettivamente
il carro solare e il carro lunare. [MITO]

27 ― Questa strofa è formata soltanto di due versi (uno lungo e uno pieno), e così la troviamo sia
nel Codex Regius che nel Codex Arnamagnæanus. Vi è probabilmente una lacuna, come è
testimoniata dall'esempio della strofa [31], formata anch'essa di soli due versi ma a cui Snorri
aggiunge i due mancanti. In alcuni manoscritti recenti, la strofa è «completata» con questi due versi:
«e questi due rimarranno per sempre | finché gli dèi andranno alla distruzione». Ingegnosamente,
ma con scarsa verosimiglianza, Sophus Bugge propone di integrare la parte difettiva della strofa con
una presunta parafrasi tratta da Snorri (Gylfaginning [19]), e scrive: «Vásaðr si chiamava il padre di
Vindsvalr | gelida nell'intimo la loro schiatta» (Bugge 1867).

29 ― (d) Si ritiene comunemente - pur senza prove esplicite - che questo Þrúðgelmir sia il gigante
dalle sei teste generato da Ymir «piede con piede» di cui si parla qui (Vafþrúðnismál [33]) e in
Snorri (Gylfaginning [6]). ― (f) Secondo Snorri, Aurgelmir è il nome con cui i giganti di brina
chiamavano Ymir (Gylfaginning [5]).

30-31 ― La seconda metà della strofa [30] e tutta la [31] vengono citate da Snorri (Gylfaginning [5
{8}]). Si noti chenei due manoscritti del Vafþrúðnismál, la strofa [31] conteneva soltanto la prima
metà: «Fuori dagli Elivágar | schizzavano gocce di veleno | e crebbero finché ne sortì un gigante».
È Snorri a citare la strofa completa, aggiungendo: la seconda metà del verso: «Di là le nostre stirpi |
vennero tutte del pari originate, | sono per questo progenie perversa.». Che noi abbiamo integrato.

35 ― Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [7 {9}]). L'interpretazione del passo su


Bergelmir è molto discussa e la spiegazione di Snorri sembra allontanarsi dalle intenzioni del passo
originale [MITO]. Si veda qui per un'interpretazione più dettagliata del testo [ SAGGIO].

37 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [18 {28}]).

38 ― Con questa strofa la formula introduttiva cambia leggermente: ma è molto interessante notare
il gioco di variazioni nelle varie formule, che preludono al finale.

41 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [41 {48}]).

42 ― (d) Si è preferito letteralmente con «rune» la parola originale rúnar. Naturalmente si può
anche intendere questo rúnar, come fanno molti commentatori, in senso traslato. Piergiuseppe
Scardigli traduce ad esempio «dei misteri dei giganti e degli dèi tutti tu dici quel ch'è senz'ombra
vero» (Scardigli 1982). Ma in questa parola rúnar è compresa, in più, la conoscenza delle cose
occulte e profonde. Più etimologicamente, ma un po' forzando il significato, si può ancora intendere
rúnar con quelle parole di conoscenza e di potere di cui si può soltanto sussurrare a bassa voce.
«Riguardo a cosa mormorano tra loro gli dèi e i giganti tu, Vafþrúðnir, dici il vero». La parola
rúnar comprende insieme tutto questo: quindi la nostra decisione di tradurre con «rune». Stessa
traduzione al verso [43a].

45 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]).

47 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). ― (b) Alfröðull «Splendore degli elfi, gloria degli
elfi» è una kenning, o forse un epiteto, di Sól. Il sostantivo röðull indica l'aureola o la gloria regale.
Si tratta di un concetto-chiave del pensiero indoeuropeo col quale viene intesa l'aura di maestà che
ammantava i legittimi sovrani; ne troviamo un perfetto parallelo in antico persiano, dove questo
concetto veniva indicata col termine xvarənāh, a cui corrispondeva il termine xvarə- «sole». Anche
in norreno, come nel nostro caso, il termine viene utilizzato nei costrutti poetici col significato di
«sole».

49 ― (c) Chi sono le «fanciulle di Mögþrasir»? Quest'ultimo nome, il cui significato è «desideroso
di figli», non è citato in nessun'altra fonte. Si tratta di un riferimento a un mito sconosciuto, su cui
non si può dir nulla.

51 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). ― (f) Vingnir è epiteto di Þórr.

53 ― (b) Qui, come in precedenza al verso [4e], Aldaföðr «Padre degli uomini» è epiteto di Óðinn.

54 ― (f) Il figlio di Óðinn è Baldr, di cui Snorri narra diffusamente il funerale (Gylfaginning [49]),
anche se il dettaglio delle parole misteriose che Óðinn avrebbe sussurrato all'orecchio del figlio
morto, è presente soltanto in questa fonte.

55 ― Solo Óðinn può sapere cosa ha egli sussurrato alle orecchie di Baldr: da questo dettaglio,
Vafþrúðnir comprende che la persona che ha di fronte altri non è che Óðinn stesso. Naturalmente il
gigante non può rispondere alla domanda che il dio gli ha posto, diciamo pure, un po' slealmente.
Ma quale fosse quella domanda, i testi hanno mantenuto il segreto.
GRÍMNISMÁL
IL DISCORSO DI GRÍMNIR

Prologo
Grímnir inizia a parlare (1-3)
Descrizione delle dimore divine (4-17)
La Valhöll (9-10)
La cucina della Valhöll (18)
Lupi e corvi (19-20)
Ancora sulla Valhöll (21-26)
I fiumi dell'universo (27-29)
I destrieri degli dèi (30)
Il frassino Yggdrasill (31-35)
Le valchirie (36)
Il sole e la luna (37-39)
Il sacrificio di Ymir (40-42)
Le cose migliori (43-44)
I nomi di Óðinn (45-50)
Si rivela Óðinn (51-54)
Epilogo
Note

IL DISCORSO DI
GRÍMNISMÁL
GRÍMNIR

Hrauðungr konungr átti tvá Re Hrauðungr aveva due


sono; hét annarr Agnarr, en figli: l'uno si chiamava
annarr Geirrøðr. Agnarr var Agnarr, l'altro Geirrøðr.
x. vetra, en Geirrøðr viii. Agnarr era di dieci inverni,
vetra. Þeir rero tveir á báti Geirrøðr di otto inverni. I
með dorgar sínar at due remavano in una barca,
smáfiski. Vindr rak þá í haf con lenze per piccoli pesci.
Prologo út. Í náttmyrkri bruto þeir Il vento li spinse al largo.
við land ok gengo upp, Nell'oscurità della notte
fundo kotbónda einn. Þar toccarono terra; scesero e
vóro þeir um vetrinn. trovarono una masseria. Là
Kerling fóstraði Agnar, en trascorsero l'inverno. La
karl Geirrøð. At vári fekk padrona della masseria si
karl þeim skip. En er þau prese cura di Agnarr, il
kerling leiddo þá til padrone di Geirrøðr.
strandar, þá mælti karl Giunta la primavera,
einmæli við Geirrøð. l'uomo procurò loro un
battello. Mentre la donna li
guidava alle spiagge,
l'uomo si fermò a parlare
da solo con Geirrøðr.

[I due fratelli] ebbero un


Þeir fengo byr ok kvómo til vento favorevole e
stöðva föðurs síns. raggiunsero la casa del
Geirrøðr var fram í skipi; padre loro. Geirrøðr stava a
hann hljóp upp á land, en prua; balzò sulla riva e
hratt út skipino ok mælti: spinse via la barca dicendo:
«Farðu þar er smyl hafi «Vattene dove ti piglino gli
þik!» Skipit rak út, en spiriti maligni!» Il battello
Geirrøðr gekk upp til fu trascinato al largo
bæjar. Hánom var vel mentre Geirrøðr saliva
fagnat; þá var faðir hans verso le case. Vi venne ben
andaðr. Var þá Geirrøðr til accolto, ché suo padre era
konungs tekinn ok varð morto. Geirrøðr venne fatto
maðr ágætr. re e si fece gran fama tra
gli uomini.

Óðinn e Frigg sedevano in


Hliðskjálfr e da là
Óðinn ok Frigg sáto í
scrutavano tutto il mondo.
Hliðskjálfo ok sá um heim
Óðinn disse: «Guarda
alla. Óðinn mælti: «Sér þu
Agnarr, il tuo figliastro,
Agnar fóstra þinn, hvar
che genera mostri con una
hann elr börn við gýgi í
gigantessa in quella
hellinom? En Geirrøðr
caverna. Invece il mio
fóstri minn er konungr ok
figliastro Geirrøðr è ora un
sitr nú at landi».
sovrano e regna sulla
terra».

Frigg disse: «[Geirrøðr] è


Frigg segir: «Hann er
così avaro che al banchetto
matníðingr sá, at hann
maltratta gli ospiti, se gli
kvelr gesti sína ef hánom
sembra che vengano in
þikkja of margir koma».
troppi». Óðinn disse che
Óðinn segir at þat er in
questa era una menzogna e
mesta lygi. Þau veðja um
i due dèi fecero una
þetta mál.
scommessa.

Frigg sendi eskismey sína, Frigg inviò la sua


Fullo, til Geirrøðar. Hón damigella Fulla da
bað konung varaz at eigi Geirrøðr. Ella invitò il re a
fyrirgerði hánom diffidare di un uomo
fjöllkunnigr maðr, sá er þar esperto in incantesimi,
var kominn í land, og sagði giunto nelle sue terre. E
þat mark á, at engi hundr aggiunse che aveva un
var svá ólmr at á hann segno riconoscimento:
myndi hlaupa. nessun cane, per quanto
aggressivo, gli si sarebbe
avventato.

La calunnia più grande era


che Geirrøðr non fosse
En þat var inn mesti
ospitale. Il re fece dunque
hégómi at Geirrøðr væri
catturare l'uomo che i cani
eigi matgóðr. Ok þó lætr
non vollero aggredire.
hann handtaka þann mann
Avvolto in un mantello
er eigi vildo hundar á ráða.
azzurro, questi disse di
Sá var í feldi blám ok
chiamarsi Grímnir e non
nefndiz Grímnir, ok sagði
disse altro, sebbene venisse
ekki fleira frá sér, þótt hann
duramente interrogato. Il re
væri at spurðr. Konungr lét
lo fece torturare affinché
hann pína til sagna ok setja
parlasse, facendolo sedere
milli elda tveggja, ok sat
tra due fuochi e lì egli
hann þar viii. nætr.
rimase seduto per otto
notti.

Re Geirrøðr aveva un figlio


Geirrøðr konungr átti son
di dieci inverni, che si
x. vetra gamlan, ok hét
chiamava Agnarr, come
Agnarr eptir bróður hans.
suo fratello. Agnarr andò
Agnarr gekk at Grímni ok
da Grímnir e gli porse un
gaf hánom horn fult at
corno ricolmo da bere.
drekka, sagði at konungr
Disse che il re sbagliava a
gørði illa er hann lét pína
torturare un innocente.
hann saklausan. Grímnir
Grímnir bevve. Le fiamme
drakk af. Þá var eldrinn svá
si erano avvicinate così
kominn at feldrdinn brann
tanto che il mantello di
af Grímni.
Grímnir prese fuoco.

Hann kvað: Egli disse:

Sei caldo, o tu che


Heitr ertu, hripuðr,
m'incalzi,
ok heldr til mikill;
Grímnir e davvero troppo grande!
göngomk firr, funi!
inizia a 1 Vattene da me, o fuoco!
loði sviðnar,
parlare La stoffa si è incendiata
þótt ek á lopt berak,
nonostante io la scosti,
brennomk feldr fyrir.
mi si brucia il mantello!

2 Átta nætr Otto notti


sat ek milli elda hér, seduto tra i fuochi,
svá at mér mangi mat ne e nessuno mi ha portato
bauð, cibo.
nema einn Ágnarr Tranne uno, Agnarr,
er einn skal ráða, che unico regnerà,
Geirrøðar sonr, il figlio di Geirrøðr,
gotna lande. sulla terra dei Goti.

Heill skaltu, Agnarr, Salute a te, Agnarr!


allz þik heilan biðr Ché per te salute
Veratýr vera; Veratýr invoca.
3
eins drykkjar Per una sola bevuta
þú skalt aldregi mai riceverai
betri gjöld geta. miglior ricompensa!

Sacra è la terra
Land er heilagt
ch'io stendersi vedo
er ek liggja sé
Descrizione agli Æsir e agli elfi vicina.
ásom ok álfom nær;
delle dimore 4 In Þrúðheimr
en í Þrúðheimi
divine vi sarà Þórr
skal Þórr vera,
finché non crolleranno gli
unz um rjúfaz regin.
dèi.

Ýdalir si chiama
Ýdalir heita,
il luogo dove Ullr ha
þar er Ullr hefir
costruito per sé una corte.
sér um görva sali.
5 Álfheimr a Freyr
Álfheim Frey
donarono in principio
gáfo i árdaga
gli dèi per il suo primo
tívar at tannfé.
dente.

Altra dimora è la terza


Bær er sá inn þriði, che gli dèi soavi
er blið regin con argento ricoprirono a
silfri þökðo sali; farne una corte.
6
Valaskjálfr heitir, Valaskjálf si chiama
er vélti ser quel [palazzo] che costruì
áss i árdaga. per sé
l'áss al principio dei tempi.

Søkkvabekr heitir enn Søkkvabekkr si chiama la


fjórði, quarta,
en þar svalar knego là dove possono gelide
7 unnir yfir glymja; onde sopra scrosciare.
þar þau Óðinn ok Sága Là Óðinn e Sága
drekka um alla daga bevono tutti i giorni,
glöð or gullnom kerom. lieti, in coppe d'oro.
Glaðsheimr si chiama la
Glaðsheimr heitir enn
quinta
fimti,
in cui splendente d'oro
þars en gullbjarta
la vasta Valhöll si trova;
8 Valhöll við of þrumir;
e là Hroptr
en þar Hroptr
sceglie ogni giorno
kýss hverjan dag
gli uomini caduti nella
vápndauða vera.
mischia.

È assai riconoscibile
Mjök er auðkent per quelli che vengono a
þeim er til Óðins koma Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
La Valhöll 9
sköptom er rann rept, da lance il tetto è sorretto,
skjöldom er salr þakiðr, da scudi il salone è coperto,
brynjom un bekki strát. da corazze le panche son
tratte.

È assai riconoscibile
Mjök er auðkent per quelli che vengono a
þeim er til Óðins koma Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
10
vargr hangir un lupo è appeso
fyr vestan dyrr dinanzi all'ingresso
ok drúpir örn yfir. occidentale
e si leva l'aquila sopra.

Þrymheimr si chiama la
Þrymheimr heitir enn sétti, sesta
er Þjazi bjó, dove Þjazi viveva,
sá inn ámátki jötunn; quel detestabile gigante.
11
en nú Skaði byggvir, Ora Skaði risiede,
skír brúðr goða, pura sposa degli dèi,
fornar tóptir föður. nell'antica dimora del
padre.

Breiðablik ero in sjundo, Breiðablik è la settima


en þar Baldr hefir là dove Baldr ha
sér um gerva sali, per sé innalzato una corte.
12
á því landi In quella terra
er ek liggja veit dove io so che si trovano
fæsta feiknstafi. pochissime rune malvagie.

Himinbjörg ero en átto, Himinbjörg è l'ottava


en þar Heimdall là dove Heimdallr
13 kveða valda véom; – dicono – governi i templi.
þar vörðr goða Là la sentinella degli dèi
drekkr í væro ranni beve nella comoda dimora,
glaðr inn góða mjöð. lieto, il divino mjöðr.

Fólkvangr er inn níundi, Fólkvangr è la nona,


en þar Freyja ræðr là dove Freyja stabilisce
sessa kostom i sal; i posti al banchetto.
14
halfan val La metà dei caduti
hon kýss hverjan dag ella sceglie ogni giorno;
en hálfan Óðinn á. l'altra metà spetta a Óðinn.

Glitnir è la decima,
Glitnir er inn tíundi, sorretta da pilastri d'oro
hann er gulli studdr e d'argento ancora
ok silfri þakðr it sama; ricoperta.
15
en þar Forseti Là Forseti
byggir flestan dag abita la maggior parte del
ok svæfer allar sakir. giorno
e appiana tutte le contese.

Nóatún ero en ellipto, Nóatún è l'undicesima


en þar Njörðr hefir là dove Njörðr ha
sér um görva sali, per sé innalzato una corte.
16
manna þengill Degli uomini sovrano
enn meins vani il vanr immacolato
hátimbroðonm hörgi ræðr. su imponenti templi regna.

Cespugli crescono ed erba


Hrísi vex ok há grasi alta
Víðars land viði; nella boscosa terra di
17 en þar mögr of læzk Víðarr.
af mars baki Là si farà il ragazzo
frækn at hefna föður. in groppa ai destrieri
abile a vendicare il padre.

Andhrímnir
Andhrímnir
fa in Eldhrímnir
lætri í Eldhrímne
La cucina Sæhrímnir bollire,
Sæhrímne soðinn,
della 18 la carne migliore.
fleska bezt;
Valhöll E questo in pochi lo sanno,
en þat fáir vito
di che cosa gli Einherjar si
við hvat einherjar alaz.
nutrano.

Gera ok Freka Geri e Freki


seðr gunntamiðr, nutre, avvezzo alla guerra,
hróðigr Herjaföðr; Herjaföðr glorioso.
Lupi e corvi 19
en við vín eitt Ma soltanto col vino
vápngöfugr fiero nell'armatura,
Óðinn æ lifir. Óðinn vive per sempre.
Huginn e Muninn
Huginn ok Muninn
volano ogni giorno
fljúga hverjan dag
alti intorno alla terra.
jörmungrund yfir;
20 Io ho timore per Huginn
óumk ek of Hugin
che non ritorni;
at hann aptr ne komit,
ma ho ancora più timore
þó sjámk meirr um Munin.
per Muninn.

Þýtr þund, Il Þund rumoreggia,


unir þjóðvitnis nuota di «Þjóðvitnir
Ancora sulla fiskr flóði í; il pesce» nell'onda.
21
Valhöll árstraumr Il vortice
þikkir ofmikill si mostra periglioso
valglaui at vaða. al guado della Valhöll.

Valgrind si chiama
Valgrind heitir, quel che s'erge sul campo,
er stendr velli á sacro dinanzi alle sacre
heilög fyr helgom durom; porte;
22
forn er sú grind, antico è quel cancello:
en þat fáir vito, e in pochi sanno
hvé hón er i lás lokin. come funzioni il
chiavistello.

Cinquecento stanze
Fimm hundruð gólfa e ancora quaranta
ok um fjórom tøgom, credo vi siano in Bilskírnir,
svá hýgg ek Bilskirnni með ricca d'archi;
23 bugom; di tutti gli edifici
ranna þeira che io sappia abbiano un
er ek rept vita tetto,
míns veit ek mest magar. so che il più grande è di
mio figlio.

Fimm húndruð dura Cinquecento porte


ok um fjórom tøgom, e ancora quaranta
svá hygg ek at Vallhöllo credo vi siano nella
vera; Valhöll;
24 átta hundruð einherja ottocento Einherjar
ganga senn ór einom usciranno insieme da
durom, ciascuna porta
þá er þeir fara at vitni at quando andranno a battersi
vega. col lupo.

Heiðrún heitir geit, Heiðrún si chiama la capra


er stendr höllo á che si erge sulla sala [di
25
[Herjaföðrs] Herjaföðr]
ok bítr af læraðs limom; e bruca le fronde del
skapker fylla Læraðr.
hón skal ins skíra mjaðar, Il calderone riempirà
knáat sú veig vanaz. lei di quel chiaro idromele,
un liquore che non può
mancare.

Eikþyrnir si chiama il
cervo
che si erge sulla sala di
Eikþyrnir heitir hjörtr,
Herjaföðr
er stendr á höllo Herjaföðrs
e bruca le fronde del
ok bítr af Læraðs limom;
26 Læraðr.
en af hans hornom
Dalle sue corna
drýpr i Hvergelmi,
cadono gocce in
þaðan eigo vötn öll vega.
Hvergelmir,
da cui prendono le acque
ogni via.

Síð e Víð,
Síð ok Víð,
Sekin ed Ekin,
Sækin ok Ækin,
Svöl e Gunnþrá,
Svöl ok Gunnþró,
Fjörm e Fimbulþul,
Fjörm ok Fimbulþul,
Rín e Rennandi,
Rín ok Rennandi,
I fiumi Gipul e Göpul,
27 Gipul ok Göpul,
dell'universo Gömul e Geirvimul,
Gömul ok Geirvimul,
questi scorrono accanto ai
þær hverfa um hodd goða,
tesori divini.
Þyn ok Vin,
Þyn e Vin,
Þöll ok Höll,
Þöll e Höll,
Gráð ok Gunnþorin.
Gráð e Gunnþráin.

Vína si chiama l'uno,


Vína heitir enn, il secondo Vegsvinn,
önnor Vegsvinn, il terzo Þjóðnuma,
þriðja Þjóðnuma, Nýt e Nöt,
Nyt ok Nöt, Nönn e Hrönn,
Nönn ok Hrönn, Slíðr e Hríð,
Slíð ok Hrið, Sylgr e Ylgr,
28
Sylgr ok Ylgr, Víð e Ván,
Víð ok Ván, Vönd e Strönd,
Vönd ok Strönd, Gjöll e Leiptr,
Gjöll ok Leiptr, questi scendono presso gli
þær falla gumnom nær, uomini
en falla til heilar heðan. e precipitano poi nel regno
dei morti.

Körmt ok Örmt Körmt e Örmt


29
ok Kerlaugar tvær, e i due Kerlaugar,
þær skal Þórr vaða questi deve Þórr guadare
hverjan dag ogni giorno
er hann dæma ferr quando si reca al consiglio
at aski Yggdrasils, presso il frassino
þvíat Ásbrú Yggdrasill,
brenn öll loga, altrimenti l'ásbrú
heilög vötn hlóa. brucerebbe tutto in fiamme,
le acque sacre
ribollirebbero.

Glaðr e Gyllir,
Gler e Skeiðbrimir,
Glaðr ok Gyllir,
Silfrintoppr e Sinir,
Gler ok Skeiðbrimir,
Gísl e Falhófnir,
Silfrintoppr ok Sinir,
Gulltoppr e Léttfeti,
Gísl ok Falhófnir,
I destrieri su questi destrieri
30 Gulltoppr ok Léttfeti,
degli dèi cavalcano gli Æsir
þeim ríða æsir jóm
ogni giorno
dag hvernn,
quando si recano al
er þeir dæma fara
consiglio
at aski Yggdrasils.
presso il frassino
Yggdrasill.

Tre radici
Þrjár rætr si estendono in tre direzioni
standa á þrjá vega sotto il frassino Yggdrasill;
Il frassino undan aski Yggdrasils; Hel sotto l'una dimora,
31
Yggdrasill Hel býr undir einni, sotto l'altra i giganti di
annarri hrímþursar, brina,
þriðjo mennzkir menn. sotto la terza gli esseri
umani.

Ratatoskr si chiama lo
Ratatoskr heitir íkorni, scoiattolo
er renna skal che correrà
at aski Yggrdrasils; sul frassino Yggdrasill;
32
arnar orð dell'aquila le parole
hann skal ofan bera dall'alto porterà
ok segja Níðhöggvi niðr. e le riferirà a Níðhöggr in
basso.

Hirtir ero ok fjórir, Ci sono poi i cervi, quattro


þeirs af hæfingar á che i più alti ramoscelli (?)
33 gaghálsir gnaga: tendendo il collo brucano.
Dáinn ok Dvalinn, Dáinn e Dvalinn,
Dúneyrr ok Duraþrór. Dúneyrr e Duraþrór.

34 Ormar fleiri Serpenti numerosi


liggja under aski stanno sotto il frassino
Yggdrasils Yggdrasill,
en þat uf hyggi hverr più di quanti credino gli
ósviðra apa: insavi;
Góinn ok Móinn, Góinn e Móinn,
þeir ero Grafvitnis synir, (sono di Grafvitnir i figli)
Grábakr ok Grafvölluðr, Grábakr e Grafvölluðr,
Ofnir ok Svafnir Ofnir e Svafnir
hygg ek at æ skyli sempre dovranno, io credo,
meiðs kvisto má. rodere i rami dell'albero.

Il frassino Yggdrasill
Askr Yggdrasils
sopporta pene
drýgir erfiði
più grandi di quanto gli
meira enn menn viti:
35 uomini sappiano:
hjörtr bitr ofan,
il cervo lo bruca in alto,
en á hliðo fúnar,
da un parte marcisce
skerðer Níðhöggr neðan.
lo rode Níðhöggr da sotto.

Hrist e Mist
Hrist ok Mist voglio che mi portino il
vil ek at mér horn beri, corno,
Skeggjöld ok Skögul, Skeggjöld e Skögul,
Hildi ok Þrúði, Hildi e Þrúði,
Le valchirie 36 Hlökk ok Herfjötur, Hlökk e Herfjötur,
Göll ok Geirölul, Göll e Geirölul,
Randgríð ok Ráðgríð Randgríð e Ráðgríð
ok Reginleif; e Reginleif;
þær bera einherjom öl. queste portano birra agli
Einherjar.

Árvakr ok Alsviðr, Árvakr e Alsviðr,


þeir skolo upp heðan da qui devono trascinare
Il sole e la svangir sól draga; faticosamente il sole;
37
luna en und þeira bógóm ma sotto i loro petti
fálo blíð regin nascosero gli dèi
æsir, ísarnkol. Æsir, un riparo di ferro.

Svalinn si chiama
Svalinn heitir, quel che si leva davanti al
hann stendr sólo fyrir, sole,
skjöldr, skínanda goði; scudo, dinanzi alla divinità
38
björg ok brim splendente;
ek veit at brenna skolo monti e mari
ef hann fellr í frá. lo so che brucerebbero
se da lì cadesse.

39 Sköll heitir úlfr, Skoll si chiama il lupo


er fylgir eno skirleita goði che insegue la divinità
til varna viðar; splendente
en annarr Hati, al riparo tra i boschi;
hann er Hróðvitnis sonr, ma un secondo, Hati;
sá skal fyr heiða brúði (lui è di Hróðvitnir il figlio)
himins. precederà la chiara sposa
del cielo.

Ór Ymis holdi Dalla carne di Ymir


var jörð um sköpuð, fu la terra creata
Il sacrificio en ór sveita sær, dal sangue il mare,
40
di Ymir björg ór beinom, le montagne dalle ossa,
haðmr ór hári, gli alberi dai capelli,
en ór hausi himinn. dal cranio il cielo.

Dalle sue sopracciglia


En ór hans brám
fecero gli dèi benedetti
gerðo blið regin
Miðgarðr per i figli degli
miðgarð manna sonom;
41 uomini;
en ór hans heila
dal suo cervello
vóro þau in harðmóðgo
vennero le tempestose
ský öll um sköpuð.
nuvole tutte create.

Di Ullr ha il favore
Ullar hylli hefr e di tutti gli dèi
ok allra goða chi tocca per primo il
hverr er tekr fyrstr á funa; fuoco;
42
þvíat opnir heimar poiché visibili si fanno le
verða um ása sonum, case
þá er hefja af hvera. dei figli degli Æsir,
una volta tolti i calderoni.

I figli di Ívaldi
Ívalda synir
andarono al principio
gengo í árdaga
a forgiare Skíðblaðnir,
Le cose skíðblaðni at skapa,
43 nave propizia
migliori skipa bezt,
per il luminoso Freyr,
skírom Frey,
il benedetto figlio di
nýtom Njarðar bur.
Njörðr.

Askr Yggdrasils, Il frassino Yggdrasill


hann er æztr viða, è il migliore tra gli alberi,
en Skíðblaðnir skipa, Skíðblaðnir tra le navi,
Óðinn ása, Óðinn tra gli Æsir,
44
en jóa Sleipnir, e tra i cavalli Sleipnir,
Bilröst brúa, Bilröst tra i ponti
en Bragi skálda, e Bragi tra gli scaldi,
Hábrók hauka, Hábrók tra i falchi
en hunda Garmr. e tra i cani Garmr.

Il volto ho innalzato
Svipom hefi ek nú ypt dinanzi ai figli degli dèi
fyr sigtíva sonom, vittoriosi,
við þat skal vilbjörg vaka; con ciò si desterà la
I nomi di
45 öllom ásom sospirata salvezza;
Óðinn
þat skal inn koma per tutti gli Æsir,
Ægis bekki á, e questo verrà
Ægis drekko at. sulla panca di Ægir,
nella taverna di Ægir.

Hétomk Grímr, Mi chiamo Grímr,


hétomk Gangleri, mi chiamo Gangleri,
Herjan ok Hjálmberi, Herjan e Hjálmberi,
46
Þekkr ok Þriði, Þekkr e Þriði,
Þuðr ok Uðr, Þuðr e Uðr,
Helblindi ok Hár; Helblindi e Hár;

Saðr ok Svipall Saðr e Svipall


ok Sanngetall, e Sanngetall,
Herteitr ok Hnikarr, Herteitr e Hnikarr,
47 Bileygr, Báleygr Bileygr, Báleygr
Bölverkr, Fjölnir, Bölverkr, Fjölnir,
Grímr ok Grímnir, Grímr e Grímnir,
Glapsviðr ok Fjölsviðr; Glapsviðr e Fjölsviðr;

Síðhöttr, Síðskeggr,
Síðhöttr, Síðskeggr,
Sigföðr, Hnikuðr,
Sigföðr, Hnikuðr,
Allföðr, Valföðr,
Alföðr, Valföðr,
Atríðr e Farmatýr;
48 Atríðr ok Farmatýr;
con un nome soltanto
eino nafni
non mi chiamo mai
hétomk aldregi,
quando io tra le genti
síz ek með fólkom fór.
viaggio.

Grímnir son chiamato


Grímne mik héto
presso le genti di Geirrøðr,
at Geirrøðar,
e Jálkr presso le genti di
en Jálk at Ásmundar,
Ásmundr,
enn þá Kjalar,
e poi Kjalarr,
er ek kjálka dró;
perché tirai una slitta,
49 Þrór þingom at,
Þrór nelle assemblee
Viðurr at vígom,
Viðurr nelle battaglie,
Óski ok Ómi,
Óski e Ómi,
Jafnhár ok Biflindi,
Jafnhár e Biflindi,
Göndlir ok Hárbarðr með
Göndlir e Hárbarðr tra gli
goðom;
dèi;
Sviðurr e Sviðrir
Sviðurr ok Sviðrir sono chiamato presso
er ek hét at Søkkmímis, Søkkmímir,
ok dulða ek þann inn alda e ingannai quell'antico
50 jötun, gigante
þá er ek Miðviðnis vark quando io stesso divenni
ins mæra burar del prode figlio di
orðinn einbani. Miðviðnir
il solo uccisore.

Ubriaco tu sei, Geirrøðr!


Ölr ertu, Geirrøðr!
Troppo tu hai bevuto.
hefr þú ofdrukkit;
Di una gran cosa ti sei
Si rivela miklo ertu hnugginn,
51 privato
Óðinn er þú ert míno gengi,
se lo sei del mio aiuto;
öllom einherjom
e del favore di Óðinn
ok Óðins hylli.
di tutti gli Einherjar!

Fjölð ek þér sagða, Molto io ti ho detto


en þú fátt um mant; e tu poco ricordi;
of þik véla vinir; ti ingannano gli amici;
52
mæki liggja la spada giacere
ek sé míns vinar io vedo del mio amico
alklan í dreyra drifinn. tutta sporca di sangue.

Un cadavere ucciso di
spada
Eggmóðan val
ora questo avrà Yggr.
nú mun Yggr hafa;
So che la tua vita è
þitt veit ek líf um liðit;
53 trascorsa.
úfar ro dísir,
Avverse ti sono le dísir:
nú knáttu Óðin sjá,
Ora puoi tu Óðinn vedere,
nálgaztu mik ef þú megir!
avvicìnati a me, se ne hai
forza!

Óðinn ora io chiamo,


Óðinn ek nú heiti, Yggr un tempo avevo
Yggr ek áðan hét, nome;
hétomk Þundr fyrir þat, chiamato Þundr ancor
Vakr ok Skilfingr, prima,
54 Váfuðr ok Hroptatýr, Vakr e Skilfingr,
Gautr ok Jálkr með goðom, Váfuðr e Hroptatýr,
Ofnir ok Svafnir, Gautr e Jálkr tra gli dèi,
er ek hygg at orðnir sé Ófnir e Sváfnir,
allir af einom mér. i cui pensieri vengono
tutti da me soltanto!

Epilogo Geirrøðr konungr sat ok Re Geirrøðr sedeva con la


hafði sverð um kné sér, ok spada sulle sue ginocchia,
brugðit til miðs. En er hann sguainata a metà. Quando
heyrði at Óðinn var þar egli udì che era venuto
kominn, stóð hann upp ok Óðinn, si alzò con
vildi taka Óðin frá eldinom. l'intenzione di togliere
Sverðit slapp ór hendi Óðinn dal centro dei
hánom, visso hjöltin niðr. fuochi. La spada gli cadde
Konungr drap fæti ok di mano, l'elsa verso il
steyptiz áfram, en sverðit basso. Il re mise un piede
stóð í gögnom hann, ok in fallo e cadde in avanti, la
fekk hann bana. Óðinn spada lo trafisse ed egli
hvarf þá. En Agnarr var þar morì. Óðinn allora
konungr lengi síðan. scomparve. E Agnarr fu re
per lungo tempo.

NOTE

Prologo — Mentre il testo del Grímnismál - che consiste nel monologo di Óðinn - è in poesia, il
prologo e l'epilogo sono in prosa (si tratta di interpolazioni più tarde di due o tre secoli rispetto alla
datazione del testo, il quale risale al X secolo). — Il padrone e la padrona della masseria nel testo
originale sono indicati con le parole karl e kerling: i termini indicano due appartenenti alla classe
degli uomini liberi, per quanto non di stirpe nobile (cfr. medio inglese carle «persona comune»).

2 — (g) Difficile è localizzare questa «terra dei Goti» [Gotna lande]. Il Götland è principalmente
una regione della Svezia occidentale, toponimo che presuppone la forma antica Gautar come
designazione del popolo che la abitava. Da essi si sarebbero mossi, intorno al I secolo, genti
destinate a formare il popolo germanico orientale dei Goti, distinto in Ostrogoti e Visigoti
(Manganella 1979), a cui il testo potrebbe ancora riferirsi. Senza dimenticare che con «Goti» si
intendeva spesso, in maniera generica, il complesso meridionale dei popoli germanici.

3 — (c) Veratýr «Dio degli uomini» è epiteto di Óðinn.

4 — (d) Þrúðheimr «casa della forza» è il nome del territorio celeste posseduto da Þórr. Nell'Edda
in prosa, il suo nome, tuttavia, è Þrúðvangar «campi della forza» (Gylfaginning [21 | 47] |
Skáldskaparmál [25]). Vi sorge la dimora del dio, Bilskírnir, descritta alla strofa [24].

5 — (d-f) Era usanza degli antichi Scandinavi di fare un dono al bambino quando metteva il suo
primo dente, usanza che sembra si sia conservata in Islanda fino a tempi molto recenti. Per il suo
primo dente, Freyr avrebbe ricevuto in dono l'intero mondo degli elfi [Álfheimr], dettaglio che non
ha riferimenti in altri testi.

6 — (d-f) Valaskjálfr è la reggia di Óðinn. L' áss che la «costruì per sé» all'inizio dei tempi è
dunque lo stesso Óðinn.

8 — Hroptr, epiteto di Óðinn.

10 — Perché la formula d'apertura di questa strofa è identica a quella della strofa precedente,
entrambi i manoscritti (sia il Codex Regius che il Codex Arnamagnæanus) la scrivono qui in forma
abbreviata.

11 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [23 {33}]).

12 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [22 {32}]).

13 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [27 {37}]).

15 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [32 {39}]).

17 — (b) Seguendo la lezione dei migliori interpreti del testo, abbiamo tradotto Víðars land viði
con «nella boscosa terra di Víðarr», dal norreno viðr «bosco» (cfr. inglese wood). Alcuni studiosi
ritengono tuttavia che la parola viði vada intesa come nome proprio: «in Viði, terra di Víðarr»
(Bellows 1936). La difficoltà di tale interpretazione sta nel fatto che questo toponimo non compare
in altre fonti mitologiche.

18 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {44}]).

19 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {45}]). — (c) Herjaföðr «Padre degli
eserciti», è epiteto di Óðinn.

20 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {46}]).

21 — Questa strofa è tra le più difficili da interpretare di tutto il poema, sulla quale sono stati
versati i proverbiali fiumi d'inchiostro. Letta in progressione con le strofe successive (essendo la
[23] un'interpolazione), sembra narrare la difficile ascesa in cielo degli Einherjar [21], che quindi
attraversano i cancelli di Valgrind [22] e quindi accedono nella Valhöll [24]. — (c) Il Þund
«tonante» è probabilmente un fiume che rende difficoltoso l'accesso alla Valhöll. — (b-c) Il nome
Þjóðvitnir «lupo del popolo» è un hápax legómen, non comparendo in nessun altro testo conosciuto;
gli studiosi tendono a interpretarlo come un appellativo di Fenrir, ma questo non spiega la kenning
«pesce di Þjóðvitnir», della quale non si comprende il significato. Secondo l'elegante ipotesi di
Eysteinn Björnsson, il nome Þjóðvitnir sarebbe invece un epiteto di Heimdallr. Il termine vitnir,
infatti, prima di specializzarsi nel senso di «lupo», significava letteralmente «[colui che ha] i sensi
aguzzi» (da vit «sensi»). Analogamente þjóð-, come prefisso nei nomi maschili, può fungere da
accrescitivo. Interpretato in questo modo, il nome Þjóðvitnir può adattarsi perfettamente a
Heimdallr, del quale appunto si diceva fosse in grado di scorgere qualsiasi cosa fino a cento leghe di
distanza, e di percepire il rumore dell'erba che cresce sulla terra o quello della lana sul dorso delle
pecore. In quanto al «pesce di Þjóðvitnir», secondo Eysteinn, sarebbe appunto il ponte Bifröst, alla
cui estremità Heimdallr sta eternamente di vedetta. Per giustificare la sua asserzione, lo studioso
nota che in norreno (ma anche in islandese moderno) la coda del pesce e la testa del ponte sono
indicate con la medesima parola, sporðr (cfr. brúar sporði «l'estremità del ponte», in Sigrdrífumál
[16]). L'intera strofa descriverebbe l'ascesa degli Einherjar lungo il ponte arcobaleno, il quale
permette loro di scavalcare i fiumi cosmici che scorrono in cielo, di cui il Þund – forse ipostasi
dell'atmosfera percorsa dai venti e vibrante del rombo del tuoni – è evidentemente uno dei più
difficili da guadare. [SAGGIO] (Björnsson 2000)

23 — La presenza di questa strofa [23] sulla sala Bílskirnir di Þrúðheimr, nel bel mezzo di una
sezione di strofe incentrate sulla Valhöll [21-26], fa pensare a un'interpolazione. Né basta a
giustificarla il parallelismo nel numero delle porte e delle stanze tra la sala di Bílskirnir (23) e la
sala di Valhöll descritta nella strofa successiva [24]. È interessante che Snorri, pur citando entrambe
le strofe, lo fa in contesti diversi: cita la [23] nel capitolo in cui tratta di Þórr (Gylfaginning [21]) ma
la [24] molto più avanti, quando racconta del Ragnarøkr (Gylfaginning [40]).

24 — La difficoltà del calcolo è che húndruð in norreno significava originariamente «centoventi» e


solo in seguito questa parola venne usata per «cento». Dunque, se si intende l'húndruð di
«centoventi», seicentoquaranta sono le porte della Valhöll e novecentosessanta gli Einherjar che
usciranno da ciascuna di esse (640 x 960 = 614.400); se si intende l'húndruð di «cento»,
cinquecentoquaranta sono le porte di Valhöll e ottocento gli Einherjar che usciranno da ciascuna di
esse (540 x 800 = 432.000). Considerazioni legate alla durata del ciclo della precessione degli
equinozi indicherebbero nel secondo calcolo le cifre corrette (De Santillana ~ Von Dechend 1969),
anche se i filologi preferiscono in genere attenersi al valore tradizionale di húndruð come
«centoventi».

25 e 26 — (b) «Casa di Herjaföðr» è presumibilmente una kenning per indicare la Valhöll.

27-28 — Il novero dei fiumi cosmici è abbastanza confuso, l'ortografia dei nomi varia nei
manoscritti del Grímnismál. Oltretutto nella sua opera Snorri riprende alcuni di questi nomi di
fiumi, dandone due elenchi tra loro assai differenti (Gylfaginning [4 | 39]). Per un approfondimento
sui fiumi cosmici, si veda il capitolo apposito [MITI]. — Secondo Sophus Bugge, le strofe [27-30]
sarebbero in blocco un'interpolazione (Bugge 1867); altri editori che pure hanno accettato il
passaggio, hanno invece espunto dei versi.

29 — (g) L'ásbrú «Ponte degli Æsir» è ovviamente il ponte Bilröst (secondo Snorri, Bifröst),
l'arcobaleno che unisce la terra al cielo. Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [15 {22}]). —
(h) Non si capisce perché il ponte vada a fuoco se vi transiti Þórr: forse vi è un riferimento a un
mito che non conosciamo [MITI].

33 — Alcuni studiosi, tra cui Sophus Bugge, pensano che questa strofa possa essere interpolata.
Snorri, che pure riporta integralmente le due strofe successive [34-35], di questa fa soltanto una
parafrasi (Gylfaginning [16]) ma senza aggiungere nulla di nuovo. — (b) «I più alti ramoscelli»,
che i cervi brucherebbero, sono soltanto una traduzione ipotetica (Bellows 1936): nel manoscritto
originale il testo non è molto chiaro.

34-35 — Queste strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [16 {15-16}]), anche se in senso inverso
rispetto al loro ordine nel Grímnismál. L'ordine Snorri appare essere più logico, rispetto a quello
tramandato dal poema.

36 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [36 {42}]).

37-41 — Secondo Müllenhoff queste strofe sarebbero state interpolate ed Edzardi sospetta che esse
possano venire addirittura da una versione più antica del Vafþrúðnismál (si confronti Grímnismál
[40] con Vafþrúðnismál [21]). Snorri parafrasa le strofe 37-39 (Gylfaginning [11]) e cita
direttamente le strofe 40-41 (Gylfaginning [8 {11-12}]).

39 — (e) Hróðvitnir è un appellativo di Fenrir. — (c) In alcune traduzione il semiverso til varna
viðar «al riparo tra i boschi» viene emendato in til Jarnviðar «al bosco di ferro», con riferimento
alla località mitica di Jarnviðr, il bosco dagli alberi di ferro dove dimorano le streghe. — (f) «Chiara
sposa del cielo» [heiða brúði himins] è una kenning per indicare il sole. In norreno, sól è femminile.

40-41 — Come detto, queste due strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [8 {11-12}]).

42 — Il senso di questa strofa non è affatto chiaro.

44 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [41 {49}]).

45 — Ora Grímnir cessa la sua esibizione di sapienza e torna, d'un tratto, alla realtà immediata.
Legato tra i fuochi, egli alza il capo a rivelare chi sia. La sequela di nomi che enumera, oltre a
continuare in qualche modo il contenuto gnomico-sapienziale del poema, prelude alla rivelazione
finale, chi sia davvero il viandante che Geirrøðr, in spregio alle sacre regole dell'ospitalità, sta
torturando. I nomi che egli elenca in una serie di fittissime strofe sono infatti gli heiti di Óðinn.

46-49 — Il canone degli heiti di Óðinn viene citato da Snorri in una lunga sequenza (Gylfaginning
[20 {30}]), privata delle parti discorsive che nel poema interrompono l'enumerazione dei nomi. La
maggior parte di questi epiteti si riferiscono evidentemente a miti che non conosciamo, di cui anzi
qua e là si fa qualche oscuro accenno (ad esempio deve essere esistito un mito dove Óðinn, sotto il
nome di Jálkr, si recò presso le genti di un certo Ásmundr; oppure di quando, sotto il nome di
Kjalarr, fu costretto a tirare una slitta). Per approfondire gli epiteti di Óðinn, si veda [SAGGIO]►.

Epilogo — Dopo che Óðinn ha cessato di parlare e il suo lungo discorso si è chiuso, una piccola,
tragica chiusa in prosa, conclude il poema.
SKÍRNISMÁL
IL DISCORSO DI SKÍRNIS

Prologo
I genitori di Freyr sono preoccupati (1-2)
Skírnir si rivolge a Freyr (3-7)
Skírnir si offre di andare in Jötunheimr per conquistare la fanciulla (8-10)
Skírnir in Jötunheimr (11-13)
Cambio di scena: in casa di Gerðr (14-17)
I doni di Skírnir (18-22)
Skírnir passa alle minacce (23-36)
Gerðr acconsente a incontrare Freyr (37-39)
Freyr riceve la notizia (40-42)
Note

SKÍRNISMÁL IL DISCORSO DI SKÍRNIR


(FOR SKÍRNIS) (IL VIAGGIO DI SKÍRNIR)

Freyr, figlio di Njörðr,


Freyr, sonr Njarðar,
sedeva in Hliðskjálf e
hafði setzk í Hliðskjálf
guardava in tutti i mondi.
ok sá um heima alla.
Lanciò uno sguardo in
Hann sá í Jötunheima,
Jötunheimr e vide là una
Prologo ok sá þar mey fagra, þá
meravigliosa fanciulla: ella
er hón gekk frá skála
usciva dalle stanze del padre
föður síns til skemmo.
suo per andare alla dispensa.
Þar af fekk hann
Subito egli fu preso da pena
hugsóttir miklar.
d'amore.

Skírnir hét skósveinn Skírnir si chiamava il


Freys. Njörðr bað hann servitore di Freyr. Njörðr lo
kveðja Frey máls. pregò di interrogare Freyr.

Þá mælti Skaði: Allora parlò Skaði:

I genitori di Rístu nú, Skírnir, «Àlzati, Skírnir,


Freyr sono ok gakk at beiða e veloce va' a chiedere
preoccupati. 1 okkarn mála mög un colloquio a nostro figlio,
ok þess at fregna, e fatti dire
hveim enn fróði sé contro chi quel sapiente
ofreiði afi. sia adirato».

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Illra orða «Cattive parole


er mér ón at ykrom syni, mi aspetto di avere da vostro
ef ek geng at mæla við figlio
2 mög se vado parlare col giovane
ok þess at fregna, per farmi dire
hveim enn fróði sé contro chi quel sapiente
ofreiði afi. sia adirato».

Skírnir: Skírnir disse:

Segðu þat, Freyr, «Dimmi questo, Freyr,


Skírnir si
fólkvaldi goða, condottiero fra gli dèi,
rivolge a
ok ek vilja vita, e che io vorrei sapere,
Freyr. 3
hví þú einn sitr perché tu siedi solo
ennlanga sali, nella vasta sala,
minn dróttinn, um daga. mio signore, tutti i giorni?»

Freyr Freyr disse:

Hví um segjak þér,


«Come posso dirti,
seggr enn ungi,
giovane uomo,
mikinn móðtrega?
la mia pesante pena?
4 þvíat álfröðull
La ―gloria degli Álfar‖
lýsir um alla daga
dà luce a tutti i giorni
ok þeygi at mínom
ma non ai miei sentimenti».
munom.

Skírnir: Skírnir disse:

«I tuoi sentimenti
Muni þína non credo siano così grandi
hykka ek svá mikla vera che tu, signore, non possa
at þú mér, seggr, ne segir, parlarne.
5
þvíat ungir saman Poiché giovani insieme
várom i árdaga; fummo al principio del
vel mættim tveir trúask. tempo;
c'è fiducia tra noi due».

Freyr: Freyr disse:

Í Gymis görðom «Nella fortezza di Gymir


6 ek sá ganga ho visto andare
mér tíða mey; una fanciulla che mi ispirò
armar lýsto amore.
en af þaðan Le sue braccia lucevano
alt lopt ok lögr. e da questa
l'aria tutta e il mare.

Mær er mér tíðari Fanciulla è a me più cara


en manni hveim che a qualunque
ungom í árdaga; giovane uomo, al principio
7 ása ok álfa del tempo.
þat vill engi maðr Tra gli Æsir e gli Álfar
at vit samt sém. non vuole nessuno
che noi si stia insieme».

Skírnir: Skírnir disse:


Skírnir si
offre di Mar gefðu mér þá, «Il cavallo consegnami
andare in þann er mik um myrkvan allora
Jötunheimr beri che per l'oscura mi porti
per parlare 8 vísan vafrloga, guizzante fiamma famosa
con la ok þat sverð e quella spada
fanciulla. er sjálft vegiz che da sé combatte
við jötna ætt. contro la stirpe dei giganti».

Freyr: Freyr disse:

Mar ek þér þann gef «Il cavallo ti consegno


er þik um myrkvan berr che per l'oscura ti porti
visan vafrloga, guizzante fiamma famosa,
9
ok þat sverð e questa spada
er sjálft mun vegaz, che da sé combatterà
ef sá er horskr er hefir. se chi la tiene è accorto».

Skírnir mælti við hestinn: Skírnir disse al cavallo:

Myrkt er úti, «Buio è là fuori,


mál kveð ek okr fara è tempo, dico, di metterci in
úrig fjöll yfir, viaggio
þyrja þjóð yfir; attraverso montagne
báðír vit komumk, brumose,
10
eða okr báða tekr attraverso paesi di giganti.
sá inn ámátki jötunn. o entrambi passeremo
O ci prenderà entrambi
quel gigante oltremodo
possente».

Skírnir in Skírnir reið í Jötunheima Skírnir cavalcò in


Jötunheimr. til Gymis garða. Þar vóro Jötunheimr verso la fortezza
hundar ólmir, ok bundnir di Gymir. C'erano là cani
fyrir skíðgarðs hliði, þess feroci, legati davanti alle
er um sal Gerðar var. porte del recinto che
Hann reið at þar er circondavano la dimora di
féhirðir sat á haugi ok Gerðr. [Skírnir] cavalcò là
kvaddi hann: dove un pastore sedeva su un
tumulo e gli disse:

Segðu þat, hirðir, «Di' questo, pastore,


er þú á haugi sitr tu che su quel tumulo siedi
ok varðar alla vega, e sorvegli tutte le strade:
11 hvé ek at anspilli come posso a colloquio
komumk ens unga mans venire con la giovane donna
fyr greyjom Gymis. oltrepassando i cani di
Gymir?»

Hirðir kvað: Il pastore disse:

Hvárt ertu feigr «Moribondo sei tu


eða ertu framgenginn? o sei già trapassato
[...] [tu che cavalcasti fin qui]?
12 anspillis vanr Del colloquio privo
þú skalt æ vera sempre sarai
góðrar meyar Gymis. con la buona figlia di
Gymir».

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Kostir ro betri «C'è meglio da scegliere


heldr en at klökkva sé, che lamentarsi
hveim er fúss er fara; per chi è pronto a partire.
13 eino dægri Fino alla morte
mér var aldr um skapaðr è la durata della mia vita
ok alt líf um lagit. fissata,
e stabilita la mia esistenza».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Cambio di Hvat er þat hlym hlymja «Cos'è questo frastuono


scena; in er ek heyri nú til che sento ora rimbombare
casa di ossom rönnom í? nelle nostre dimore?
14
Gerðr. jörð bifaz, La terra trema
en allir fyrir e tutta rintrona
skjálfa garðar Gymis. la reggia di Gymir».

Ambátt kvað: La serva disse:


Maðr er hér úti «Un uomo è qui fuori
stiginn af mars baki, smontato giù dal cavallo,
15
jó lætr til jarðar taka. che fa pascolare il suo
destriero».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Inn bið þú hann ganga «Pregalo di venir dentro


í okkarn sal la nostra dimora
ok drekka inn mæra mjöd; e di bere il miglior idromele.
16
þó ek hitt óumk Anche se questo io temo:
at hér úti sé che qui fuori vi sia
minn bróðurbani. l'assassino di mio fratello.

Hvat er þat álfa Chi è tra gli Álfar,


né ása sona tra i figli degli Æsir
né víssa vana? o tra i sapienti Vanir?
17 hví þú einn um komt Come da solo sei venuto
eikinn fúr yfir attraverso la tremenda
ór salkynni at sjá? vampa
a vedere la nostra dimora?»

Skírnir kvað: Skírnir disse:

at ek álfa «Non sono io degli Álfar,


né ása sona né dei figli degli Æsir
I doni di
né víssa vana; né dei sapienti Vanir,
Skírnir.
18 þó ek einn um komk anche sa da solo son venuto
eikinn fúr yfir attraverso la tremenda
yðor salkynni at sjá. vampa
a vedere la vostra dimora.

Epli ellifo
Undici mele
hér hefi ek algullin,
ho qui, tutte d'oro,
þau mun ek þér, Gerðr,
e le darò a te, Gerðr, in dono,
19 gefa,
per mercato d'amore,
frið at kaupa,
se tu dici che per te Freyr
at þú þér Frey kveðir
è il più caro dei viventi».
óleiðastan lifa.

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Epli ellifo «Undici mele


ek þigg aldregi non accetterò mai
20 at mannzkis munom, per la passione di alcuno.
né vit freyr Freyr e io
meðan okkart fjör lifir, per il tempo della nostra vita
byggjom bæði saman. non vivremo mai, noi due,
assieme».

Skírnir kvad: Skírnir disse:

Baug ek þér þá gef, «Un bracciale dono a te,


þann er brendr var che fu arso sul rogo
með ungom Óðins syni; col giovane figlio di Óðinn.
21
átta ero jafnhöfgir, Otto dello stesso peso
er af drjúpa gocciolano da esso
ena níundo hverja nótt. ogni nona notte».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Baug ek þikkak, «Un bracciale non accetterò,


þótt brendr sé anche se fu arso sul rogo
með ungom Óðins syni; col giovane figlio di Óðinn.
22 era mér gullz vant Oro non mi manca
í görðom Gymis, nella fortezza di Gymir,
at deila fé föður. mi bastano le ricchezze del
padre».

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Sér þú þenna mæki, mær, «Vedi questa spada,


Skírnir mjóvan, málfán, fanciulla,
passa alle er ek hefi í hendi hér? sottile, cesellata,
minacce. 23 höfuð höggva che in pugno brandisco?
ek mun þér hálsi af, La tua testa via
nema þú mér sætt segir. ti mozzerò dal collo
se a me non dirai un sì».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Ánauð þola «Violenze


ek vil aldregi io non tollero
at mannzkis munom; per la passione di alcuno.
24 þó ek hins get Io però sento
ef it Gymir finniz, che se Gymir ti trova,
vigs ótrauðir, voi, impetuosi,
at ykr vega tíði. avrete modo di battervi!»

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Sér þú þenna mæki, mær, «Vedi questa spada,


25 mjóvan, málfán, fanciulla,
er ek hefi í hendi hér? sottile, cesellata,
fyr þessom eggjom che in pugno brandisco?
hnígr sá inn aldni jötunn, Sul morso di questa lama
verðr þinn feigr faðir. crollerà l'antico gigante,
troverà la morte tuo padre.

Tamsvendi ek þik drep, Con la verga di potere ti


en ek þik temja mun, colpisco
mær, at mínom munom; e così ti piegherò,
26 þar skaltu ganga fanciulla, al mio volere.
er þik gumna synir Tu andrai là
síðan æva sé. dove i figli degli uomini
non ti vedranno più.

Ara þúfo á Sul poggio dell'aquila


skaltu ár sitja, sarai tu seduta:
horfa heimi ór, dal mondo guarderai giù
27 snugga heljar til; protesa verso gli inferi.
matr sé þér meirr leiðr Il cibo ti sarà più disgustoso
en manna hveim che per gli uomini
enn fráni orm með firom. il viscido serpente.

At undrsjónom þú verðir, Spettacolo orrendo darai


er þú út kömr; se riuscirai a venirne fuori:
á þik Hrímnir hari, ti guardi Hrímnir
á þik hotvetna stari; sogghignando,
28 víðkunnari þú verðir ti schernisca la gente!
en vörðr með goðom, Sarai più osservata
gapi þú grindom frá. del guardiano degli dèi,
a bocca aperta tra i cancelli
rimarrai.

Tópi ok ópi, Pazzia e lamento,


tjösull ok óþoli, malocchio e tormento,
vaxi þér tár með trega! con angoscia per te saranno
Seztu niðr, lacrime!
29 en ek mun segja þér Rimani a sedere,
sváran súsbreka ché io voglio narrarti
ok tvennan trega: il triste frantumarsi della tua
gioia
e un raddoppiato dolore.

Tramar gneypa Ti strazieranno dèmoni


þik skolo gerstan dag quanto è lungo il giorno
jötna görðom í; nei recinti dei giganti.
30 til hrímþursa hallar Nelle sale dei giganti di
þú skalt hverjan dag brina
kranga kosta laus, tu dovrai, ogni giorno,
kranga kosta vön; strisciare senza letizia,
grát at gamni strisciare senza gioia.
skaltu í gögn hafa Lacrime per risa
ok leiða með tárom trega. avrai tu in cambio
e dolore in mezzo al pianto!

Með þursi þríhöfðuðom Col gigante a tre teste


þú skalt æ nara passerai il tuo tempo
eða verlaus vera! e non partorirai un maschio!
Þitt geð grípi, Il tuo senno s'infranga,
31
þik morn morni! la debolezza ti consumi!
Ver þú sem þistill, Sarai tu come il cardo
sá er var þrunginn preso nell'ultimo
í önn ofanverða! tempo della mietitura!

Til holtz ek gekk Al bosco sono andato


ok til hrás viðar, nell'umida foresta
32
gambantein at geta; la magica verga a prendere;
gambantein ek gat. la magica verga ho preso.

Reiðr er þér Óðinn, Ira ti viene da Óðinn,


reiðr er þer Ásabragr, ira ti viene dal migliore degli
þik skal Freyr fjásk, Æsir,
33 en fyrinilla mær, ti sarà Freyr eterno nemico.
en þú fengit hefir Perfida fanciulla,
gambanreiði goða. ti sei imbattuta
nell'ira tremenda degli dèi.

Heyri jötnar, Udite, giganti,


heyri hrímþursar, udite, giganti di brina,
synir Suttunga, figli di Suttungr,
sjálfir ásliðar, e voi stessi, campioni degli
34 hvé ek fyrirbýð, Æsir!
hvé ek fyrirbanna Come io qui vieto
manna glaum mani, come io qui precludo
manna nyt mani! a costei la gioia dell'uomo,
a costei il piacere dell'uomo!

Hrímgrímnir heitir þurs, Hrímgrímnir si chiama il


er þik hafa skal gigante
fyr nágrindr neðan; che ti possiederà
þar þér vílmegir oltre il cancello dei morti.
á viðar rótom Là schiavi cenciosi
35 geita hland gefi; tra le radici dell'albero
æðri drykkjo ti daranno piscio di capra.
fá þú aldregi, Bevanda migliore
mær, at þínom munom, tu non avrai mai,
mær, at mínom munom! fanciulla, per mio volere,
fanciulla, per tuo volere!
Þurs ríst ek þér La runa þurs incido per te
ok þrjá stafi, e tre caratteri:
ergi ok ǿði lussuria e follia
36 ok óþola; e tormento.
svá ek þat af ríst Come io li incido
sem ek þat á reist, così io, se mi conviene,
ef göraz þarfar þess. li posso cancellare».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Heill ver þú nú heldr, «Salute sia allora a te, o


Gerðr
sveinn, giovane,
acconsente
ok tak við hrímkálki, e prendi il calice di brina
a incontrare
37 fullom forns mjaðar; colmo dell'antico idromele!
Freyr.
þó hafða ek þat ætlat, Pur se io avevo pensato
at myndak aldregi che mai avrei potuto
unna vaningja vel. voler bene a stirpe di Vanir».

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Örindi mín «La mia ambasciata


vill ek öll vita, voglio tutta conoscere
áðr ek ríða heim heðan, prima che cavalchi verso
38 nær þú á þingi casa.
munt enom þroska Quando un incontro tu
nenna Njarðar syni. gradirai col forte
figlio di Njörðr».

Gerðr kvað: Gerðr disse:

Barri heitir, «Barrey si chiama


er vit bæði vitom, quel che entrambi
lundr lognfara; conosciamo,
en ept nætr nío bosco di silenti sentieri.
39
þar mun Njarðar syni E fra nove notti
Gerðr unna gamans. là col figlio di Njörðr,
Gerðr scambierà passione
d'amore».

Þa reið Skírnir heim. Allora cavalcò Skírnir a


Freyr riceve
Freyr stóð úti ok kvaddi casa. Freyr stava fuori e a lui
la notizia.
hann ok spurði tíðinda: si rivolse e gli chiese notizie:

Segðu mér þat, Skírnir, «Dimmi questo, Skírnir,


áðr þú verpir söðli af mar prima che tu tolga la sella al
40
ok þú stigir feti framarr, destriero
hvat þú árnaðir e muova i tuoi passi:
í jötunheima che cosa hai concluso
þíns eða míns munar. in Jötunheimr
per tuo e mio volere?»

Skírnir kvað: Skírnir disse:

Barri heitir, «Barrey si chiama


er vit báðir vitom, quel che entrambi
lundr lognfara; conosciamo,
en ept nætr nío bosco di silenti sentieri.
41
þar mun Njarðar syni E fra nove notti
gerðr unna gamans. là col figlio di Njörðr,
Gerðr scambierà passione
d'amore».

42 Freyr kvað: Freyr disse:

Löng er nótt, «Lunga è una notte,


langar ro tvær, più lunghe sono due,
hvé um þreyjak þrjár? come potrò reggerne tre?
opt mér mánaðr Spesso un mese
minni þótti mi è parso più breve
en sjá hálf hýnott. di metà di questa notte
d'attesa».

NOTE
Titolo — Il titolo Skírnismál («Discorso di Skírnir») appartiene al Codex Arnamagnæanus. Nel
Codex Regius il poema è intitolato For Skírnis («Viaggio di Skírnir»).

Prologo — Hliðskjálf è il trono di Óðinn, sito nel palazzo di Valaskjálf, dal quale è possibile
osservare tutto quanto accade nei nove mondi (Gylfaginning [9 | 17]).

1 — Nel prologo è Njörðr a chiedere a Skírnir di indagare riguardo alla melanconia di suo figlio
Freyr: nel poema a rivolgersi a Skírnir è invece Skaði, sposa di Njörðr e madre adottiva di Freyr.
Nella richiesta di Skaði, alcuni editori emendano il pronome possessivo accusativo duale okkarn
«nostro» con il singolare várn «mio»; dunque «mio figlio» invece di «nostro figlio», in quanto il
bisillabo duale comporterebbe un errore metrico. Stessa correzione viene fatta nella strofa
successiva [2], dove la replica di Skírnir viene emendata in «tuo figlio» invece del duale originale
«vostro figlio». Così traduce ad esempio Henry Adams Bellows [my son / thy son] (Bellows 1936).
Noi abbiamo lasciato la forma originale.

4 — (d) Álfröðull «gloria degli elfi», kenning per «sole», forse così chiamato perché la sua luce
sarebbe fatale a nani ed elfi. (Alvíssmál [35])

6 — Ci informa Snorri, nella parafrasi che ci dà della vicenda: «Un uomo si chiamava Gymir e sua
moglie Aurboða: ella era della stirpe dei giganti delle montagne. Loro figlia era Gerðr, la più bella
di tutte le fanciulle» (Gylfaginning [37]). — Gymir sembra essere un gigante legato al mare (il suo
nome è citato come uno degli heiti per «mare»). A una natura marina del personaggio si riferisce
anche Þjóðólfr ór Hvíni che chiama lo scroscio delle onde del mare «canzoni di Gymir» [Gymis
ljóð] (Ynglingatal [25]). L'incipit del Lokasenna, inoltre, sembra identificare Gymir con il dio del
mare Ægir.

7 — Nella parafrasi prosastica di Snorri è presente, a questo punto, l'esplicita richiesta di Freyr che
Skírnir vada a corteggiare Gerðr in suo nome: «E tu devi andare a corteggiarla per me, e devi
portarmela qui, che suo padre lo voglia o no: di ciò saprò bene ricompensarti», a cui segue la
risposta di Skírnir che lo avrebbe fatto a patto che Freyr gli avesse ceduto il cavallo e la spada.
Poiché il testo di Snorri è molto vicino a quello del poema, alcuni studiosi ritengono possibile che il
testo originale dello Skírnismál avesse riportato le parole di Freyr, poi riprese da Snorri; è dunque
possibile che una strofa sia stata omessa tra la [7] e la [8].

8 e 9 — (d) Il dono, da parte di Freyr, della propria spada a Skírnir, spiega perché egli nel ragnarök,
mancandogli una spada, sia destinato a soccombere nella battaglia contro Surtr (Völuspá [53]).
Snorri aggiunge che, essendo Freyr senza spada, abbia ucciso un certo Beli con un corno di cervo
(Gylfaginning [37]), ma di questo mito non abbiamo altri dettagli.

10 — (d) Þyrja þjóð yfir «attraverso paesi di giganti». Secondo alcuni studiosi, questo semiverso
sarebbe spurio.

12 — (c) Il terzo semiverso di questa strofa è assente in tutti i manoscritti e non sembra esservi
alcuna lacuna. Nella nostra traduzione abbiamo riportato l'emendamento congetturale di Nikolai
Grundtvig (Grundtvig 1806).

13 — Questa strofa ricorda irresistibilmente i proverbi e le sentenze presenti nella prima parte del
Hávamál.

15 — Questa strofa è formata soltanto da un verso lungo e uno pieno e nei manoscritti non c'è
alcuna indicazione di una lacuna. Sophus Bugge ha suggerito di emendarla dal testo (Bugge 1806);
Karl von Hildebrand ha suggerito invece di emendare, come spuri, gli ultimi tre semiversi della
strofa [14] e di raccogliere insieme le strofe [14-15] come se formassero una singola strofa
(Hildebrand 1876), ma si tratta di una soluzione poco convincente.

16 — (f) Non sappiamo chi sia il fratello di Gerðr né tantomeno chi fosse stato a ucciderlo. Una
possibile soluzione è che Gerðr si riferisca all'enigmatico mito dell'uccisione di Beli da parte di
Freyr, di cui tratta rapidamente Snorri quando parla della spada che Freyr avrebbe ceduto a Skírnir:
«Questa è la causa per cui Freyr era senza armi quando combatté contro Beli e lo uccise con un
corno di cervo» (Gylfaginning [37]). Si può obiettare che, a questo punto del racconto, Freyr si è
appena privato della sua spada cedendola a Skírnir e difficilmente avrebbe avuto il tempo di
combattere contro Beli; in tal caso le parole di Gerðr potrebbero essere interpretate come un
presagio. Ma rimane il fatto che l'uomo fuori della porta non è Freyr ma Skírnir, del quale non sono
stati tramandati combattimenti od omicidi.
18 — Il Codex Arnamagnæanus omette questa strofa.

19 — (a-b) Skírnir si riferisce probabilmente alle mele d'oro coltivate dalla dea Iðunn, che dànno
agli dèi l'eterna giovinezza; ma perché vengano donate in numero di undici non lo sappiamo.

21 — (a) Si tratta del bracciale Draupnir, che fu deposto sulla pira funebre di Baldr e che, in
seguito, lo stesso Baldr rimandò a Óðinn dagli inferi (Gylfaginning [49]). Come il bracciale sia
finito nelle mani di Freyr e Skírnir non lo sappiamo. — (d-f) Gli ultimi tre semiversi sono omessi
nel Codex Arnamagnæanus.

22 — (a-b) I primi due semiversi di questa strofa sono omessi nel Codex Arnamagnæanus.

25 — (a-c) I primi tre semiversi, ripetuti poi dalla strofa [23], sono abbreviati sia nel Codex Regius
che nel Codex Arnamagnæanus.

27 — (a) Il «poggio dell'aquila» è forse la montagna ai confini del mondo dove si trova Hræsvelgr,
il gigante in forma di aquila che col battito delle sue ali crea i venti che soffiano sul mondo
(Vafþtrúðnismál [37]). — (c-d) Questi semiversi sono mutili in entrambi i manoscritti, la traduzione
è congetturale. Hildebrand propone di emendare i due versi, ma così facendo il testo non appare
completo (Hildebrand 1876). — (f-g) Nel Codex Arnamagnæanus la strofa manca degli ultimi due
semiversi.

28 — (c) Hrímnir: evidentemente il nome di un gigante, oltre qui citato soltanto nel Hyndluljóð [33]
(a meno che non sia da identificare con Hrímr, re dei giganti di brina). Il «guardiano degli dèi»
[vörðr með goðom] è chiaramente Heimdallr, ma il senso della maledizione ci sfugge. Secondo
alcuni il quarto semiverso sarebbe spurio.

29 — (a-b) «Pazzia e lamento | malocchio e tormento»: rendiamo così quattro parole [Tópi ok ópi |
tjösull ok óþoli], sapientemente allitterate, il cui significato non è chiaro, anche se le si ritiene
relative a forme di squilibrio mentale. Il dizionario antico islandese di Cleasby e Vigfússon
suggerisce le seguenti traduzioni: tópi «follia» (cfr. danese tåbe «matto»); ópi < óp «grido,
lamento» (cfr. gotico wôpjan «gridare», anglosassone wōp, inglese whoop «gridare» e weep
«piangere»); tjösull forse «incantamento» (cfr. anglosassone tæsel, inglese teasle, nome di un tipo
di cardo [Dispacus fullonum], erba anticamente usata per gli incatesimi; cfr. svedese tjusa/fortjusa
«incantesimo, formula magica» e tjusning «fascino»); óþoli non è contemplato dal dizionario
(Cleasby ~ Vigfússon 1874). Nella traduzione inglese, Bellows rende questi versi con «Furia e
brama | schiavitù e ira» [Rage and longin | fetters and wrath] (Bellows 1936). Tra i traduttori
italiani, Giacomo Prampolini scrive «pazzia e perfidia | febbre e ferocia» (Prampolini 1949);
Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli traducono «Frenesia e gemito | pena e tormento» (Scardigli
1982). Niedner e Barend Sijmons considerano l'intera strofa come interpolata (Sijmons 1906),
Finnur Jónsson emenda l'ultimo semiverso (Jónsson 1926).

30 — Questa strofa e alcune delle successive appaiono un po' confuse. Seguiamo qui la lezione del
Codex Regius, che è quella seguita dalla maggior parte degli editori del poema; il Codex
Arnamagnæanus distribuisce i versi in maniera diversa, riportando i quattro semiversi centrali di
questa strofa nella strofa [35]. Alcuni studiosi, tra cui Niedner, Sijmons e Gering, si sono attenuti
alla seconda lezione, a cui peraltro fa riferimento la traduzione inglese (Bellows 1936). — (a) La
parola tramar, qui tradotta con «dèmoni», non ha un'etimologia non molto chiara; è probabilmente
connessa con lo svedese trommä e il danese tremmind «maligno»; la traduzione fornita dal
dizionario antico islandese è «spirito maligno, demonio» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Hugo
Gering, nella versione tedesca, traduceva con «Kobolde» (Gering 1892). Nella traduzione inglese,
Bellows rende con un generico «vile things» (Bellows 1936), Piergiuseppe Scardigli e Marcello
Meli traducono invece «esseri malvagi» (Scardigli 1982).

31 — (d-e) Anche questa strofa appare non del tutto chiara e ha subìto da parte degli studiosi vari
arrangiamenti ed emendamenti. Il verso formato dal quarto e dal quinto semiverso [þitt geð grípi |
þik morn morni] presenta delle imperfezioni metriche che hanno fatto pensare a un'interpolazione.

32 — Strofa difettiva formata soltanto da un verso lungo e due versi pieni, ma non vi è alcuna
lacuna nei manoscritti. In effetti l'intera strofa appare interpolata o fuori posto: è probabile che in
origine andasse posta prima della strofa [25]. Infatti, mentre nella strofa [32] Skírnir afferma di
recarsi nel bosco a prendere una verga magica per colpire la fanciulla riottosa, è nella strofa [25]
che aveva già affermato di colpirla con la verga.

33 — (d) La parola fyrinilla, qui tradotta con «perfida», è oscura. Scardigli e Meli la rendono con
«turpe» (Scardigli 1982), ma si tratta anche qui di una traduzione ipotetica. Secondo Jónsson l'intera
strofa sarebbe interpolata (Jónsson 1926).

34 — Diversi studiosi ritengono che il quarto semiverso sia un'interpolazione; altri ancora
espungono l'ultimo semiverso. Altri, al contrario, traducono il terzo e quarto semiverso come se
appartenessero a un verso lungo che suonerebbe all'incirca «voi, dèi e figli di Suttungr». Suttungr è
il gigante di cui tratta l'Hávamál [104].

35 — (a) Hrímgrímnir «ammantato di gelo»: evidentemente anche qui il nome di un gigante, non
conosciuto in altre fonti. I versi di questa strofa appaiono combinati in maniera diversa a seconda
dei manoscritti.

36 — (a) Þurs «gigante», era la quarta runa del fuþark, all'origine dell'attuale lettera
islandese Þ (conosciuta come þorn). Anche questa strofa presenta nel testo delle difficoltà
(ad esempio nei manoscritti inizia con la lettera minuscola) che fanno pensare a eventuali
manipolazioni.

41 — Nei manoscritti questa strofa è abbreviata, ridotta alle sole iniziali.

42 — Questa strofa è citata da Snorri con una lieve variante. Mentre il testo del Codex Regius dice
«lunga è una notte | più lunghe sono due» [Löng er nótt | langar ro tvær], Snorri riporta: «lunga è
una notte | lunga è una seconda» [Löng er nótt | löng er önnur] (Gylfaginning [37]). È evidente che
Snorri disponeva di un testo diverso di quello che ci è stato tramandato.
BALDRS DRAUMAR
I SOGNI DI BALDR

Discesa di Óðinn agli inferi


Le domande di Óðinn e le risposte della veggente
La veggente riconosce Óðinn
Note

BALDRS
I SOGNI DI BALDR
DRAUMAR
[CARME DEL VIANDANTE]
[VEGTAMSKVIÐA]

Senn váru æsir Radunati erano tutti


allir á þingi gli æsir in assemblea,
ok ásynjur e le ásynjur
Discesa di
allar á máli, tutte a discutere,
Óðinn agli 1
ok um þat réðu e si consultarono,
inferi
ríkir tívar, gli dèi potenti,
hví væri Baldri perché facesse Baldr
ballir draumar. sogni premonitori di rovina.

Upp reis Óðinn, Si alzò Óðinn,


alda gautr, gautr dell'umanità,
ok hann á Sleipni e mise la sella
söðul of lagði; a Sleipnir.
2
reið hann niðr þaðan Cavalcò giù
niflheljar til; fino a Niflhel
mætti hann hvelpi, e incontrò il cane,
þeim er ór helju kom. che veniva da Hel.

Sá var blóðugr Era macchiato di sangue


um brjóst framan davanti sul petto
ok galdrs föður e al padre degli incantesimi
gól of lengi; abbaiò a lungo.
3
fram reið Óðinn, Continuò a cavalcare Óðinn,
foldvegr dunði; il solido suolo rimbombava;
hann kom at hávu e all'alta dimora
Heljar ranni. di Hel arrivò.

4 Þá reið Óðinn Allora cavalcò Óðinn


fyrir austan dyrr, verso la porta orientale
þar er hann vissi dove sapeva che era
völu leiði; sepolta una veggente.
nam hann vittugri Per la strega
valgaldr kveða, intonò l'incantesimo,
unz nauðig reis, finché ella costretta, risorse.
nás orð of kvað: Subito parlò la morta:

«Hvat er manna þat «Chi è colui,


mér ókunnra, a me sconosciuto,
er mér hefir aukit che al duro viaggio
erfitt sinni? mi costringe?
5
Var ek snivin snævi Sono ricoperta di neve,
ok slegin regni sferzata dalla pioggia,
ok drifin döggu, e intrisa di rugiada:
dauð var ek lengi». da tempo sono morta».

6 Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Vegtamr ek heiti, «Mi chiamo Vegtamr,


Le domande
sonr em ek Valtams; e sono figlio di Valtamr.
di Óðinn e
segðu mér ór helju, Parlami di Hel:
le risposte
ek mun ór heimi: dal mondo io te lo chiedo.
della
Hveim eru bekkir Per chi sono le panche
veggente
baugum sánir, giuncate d'anelli
flet fagrlig e le belle pareti
flóuð gulli?» ricoperte d'oro?»

7 Völva kvað: Disse la völva:

«Hér stendr Baldri «Qui sta l'idromele


of brugginn mjöðr, preparato per Baldr,
skírar veigar, la chiara bevanda
liggr skjöldr yfir, coperta da uno scudo.
en ásmegir I figli degli æsir
í ofvæni; sono angosciati.
nauðug sagðak, Costretta ho parlato,
nú mun ek þegja». ora voglio tacere».

8 Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Þegj-at-tu, völva, «Non zittirti, veggente!


þik vil ek fregna, Io chiederò
unz alkunna, finché non saprò tutto.
vil ek enn vita: Questo voglio ancora sapere:
Hverr mun Baldri chi sarà di Baldr
at bana verða l'assassino
ok Óðins son e priverà della vita
aldri ræna?» il figlio di Óðinn?»

9 Völva kvað: Disse la völva:

«Höðr berr hávan «Höðr porterà quaggiù


hróðrbaðm þinig, il grande eroe;
hann mun Baldri lui sarà di Baldr
at bana verða l'assassino
ok Óðins son e priverà della vita
aldri ræna; il figlio di Óðinn.
nauðug sagðak, Costretta ho parlato,
nú mun ek þegja». ora voglio tacere».

10 Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Þegj-at-tu, völva, «Non zittirti, veggente!


þik vil ek fregna, Io chiederò
unz alkunna, finché non saprò tutto.
vil ek enn vita: Questo voglio ancora sapere:
Hverr mun heift Heði chi il misfatto di Höðr
hefnt of vinna vendicherà
eða Baldrs bana o l'assassino di Baldr
á bál vega?» porterà sul rogo?»

11 Völva kvað: Disse la völva:

«Rindr berr Vála «Rindr partorirà Váli


í vestrsölum, in Vestrsalir.
sá mun Óðins sonr Il figlio di Óðinn combatterà
einnættr vega: nato da una sola notte:
hönd of þvær non si laverà le mani
né höfuð kembir, né si pettinerà la testa,
áðr á bál of berr prima che abbia portato sul rogo
Baldrs andskota; l'uccisore di Baldr.
nauðug sagðak, Costretta ho parlato,
nú mun ek þegja». ora voglio tacere».

12 Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Þegj-at-tu, völva, «Non zittirti, veggente!


þik vil ek fregna, Io chiederò
unz alkunna, finché non saprò tutto.
vil ek enn vita: Questo voglio ancora sapere:
Hverjar ro þær meyjar, chi sono le fanciulle,
er at muni gráta che canteranno il lamento
ok á himin verpa funebre
halsa skautum?» gettando al cielo
i loro veli?»

13 Völva kvað: Disse la völva:


La veggente
«Ert-at-tu Vegtamr, «Tu non sei Vegtamr,
riconosce
sem ek hugða, come mi hai fatto credere,
Óðinn
heldr ertu Óðinn, piuttosto Óðinn,
aldinn gautr». gautr dell'umanità».

Óðinn kvað: Disse Óðinn:

«Ert-at-tu völva «Tu non sei una veggente,


né vís kona, né una donna sapiente!
heldr ertu þriggja Piuttosto sei di tre
þursa móðir». giganti la madre».

14 Völva kvað: Disse la völva:

«Tornatene a casa, Óðinn,


«Heim ríð þú, Óðinn,
a vantare il tuo orgoglio.
ok ver hróðigr,
Così che nessun altro
svá komir manna
mi rivedrà più
meir aftr á vit,
fino al giorno in cui Loki
er lauss Loki
si libererà dalle sue catene
líðr ór böndum
e quelli che distruggeranno
ok ragna rök
tutto,
rjúfendr koma».
verranno per il ragnarök».

NOTE

1 — I primi sei semiversi di questa strofa li ritroviamo, formalmente identici, in una scena della
Þrymskviða, dove gli dèi e le dee si riuniscono per discutere sul come recuperare il martello di Þórr,
rubato dal gigante Þrymr.

Senn váru æsir Radunati erano tutti


allir á þingi gli æsir in assemblea,
ok ásynjur e le ásynjur
allar á máli, tutte a discutere.
ok um þat réðu E si consultarono,
ríkir tívar gli dèi potenti,
hvé þeir Hlórriða come di Hlórriði
hamar of sætti. il martello riprendersi.

Edda poetica > Þrymskviða [14]

Nel Baldrs Draumar, il þing divino è ovviamente finalizzato a un altro scopo: stabilire se gli
inquietanti sogni che Baldr ha riferito loro, siano premonitori di una qualche sciagura. E, nel caso,
quali provvedimenti prendere per salvaguardare la vita del dio. Questa scena era stata già narrata
nell'Edda in prosa di Snorri.

En þat er upphaf þessar sögu at Questa storia ebbe inizio quando Baldr
Baldr inn góða dreymði drauma il buono fece sogni grandiosi e terribili
stóra ok hættliga um líf sitt. En er che riguardavano la sua vita. Egli
hann sagði ásunum draumana, þá raccontò questi sogni agli Æsir, ed essi
báru þeir saman ráð sín, ok var þat si radunarono allora in consiglio e fu
gert at beiða griða Baldri fyrir alls deciso di proteggere Baldr da ogni tipo
konar háska. di pericolo.

Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [49]

Nel racconto di Snorri, gli dèi sembrano subito consci della terribile premonizione contenuta nei
sogni fatti da Baldr e subito stabiliscono di proteggere il dio da ogni tipo di pericolo. Al contrario,
in questo poema, il senso dei sogni sembra rimanere ostico agli dèi e, prima di prendere qualunque
decisione, Óðinn stabilisce di recarsi negli inferi per interrogare una defunta völva, affinché gli sveli
il significato di quei sogni e gli riveli il destino che attende Baldr.

2 — (a) Gautr: epiteto di Óðinn, compare due volte in questo poema: in [2a] e in [13d], nella forma
alda/aldinn gautr «gautr dell'umanità» (o «antico gautr», come prediligevano le vecchie
traduzioni). Di non facile interpretazione, è probabilmente inerente a una qualificazione di Óðinn
come dio o antenato dei Goti. L'epiteto si connette infatti con la regione del Götland (Svezia
occidentale), toponimo che presuppone la forma antica Gautar come designazione del popolo che la
abitava (cfr anglosassone Geātes). Da essi si sarebbero mossi, intorno al I secolo, genti destinate a
formare il popolo germanico orientale dei Goti (Ostrogoti e Visigoti). Questo farebbe pensare a un
possibile collegamento con Gapt, il progenitore degli Amali (famiglia reale degli Ostrogoti)
secondo Giordane (De origine actibusque Getarum [XIV: 79]). Nel testo, abbiamo preferito non
tradurlo. — (2g-3b) È il cane che si erge di guardia sulla strada che conduce negli inferi, secondo
un motivo ben conosciuto alla tradizione di tutto il mondo. Vi corrisponde ovviamente, quale
archetipo classico, il cane a tre teste Kérberos, che nel mito greco è incatenato alle porte dell'Ade.
Questi animali hanno il compito di impedire il passaggio, nei due sensi, tra il mondo dei vivi e
quello dei morti. L'animale che qui compare viene in genere identificato con Garmr, il cane
incatenato davanti a Gnipahellir, di cui la Völuspá [44 | 49 | 58] prevede lo scioglimento alla vigilia
del ragnarök. Tale identificazione è tuttavia priva di elementi probanti, tantopiù che il cane citato
nei Baldrs Draumar non risulta incatenato. Affatto nuovo, invece, è il motivo del petto insanguinato
di questo cane, a indicarne l'assoluta ferocia e malvagità.
3 — (c) «Padre degli incantesimi» [galdrs föður], splendida kenning a indicare Óðinn, in virtù della
sua sapienza e della sua capacità di dominare gli elementi e le creature con canti magici [galdrar].
Si veda in proposito l'impressionante quadro dei poteri magici del dio in Ynglingasaga [7]. — (e) Il
manoscritto marca il quinto semiverso come inizio di una nuova strofa. Di conseguenza, alcune
edizioni moderne combinano in maniera differente le strofe successive. È probabile che il testo, così
come ci è pervenuto, sia piuttosto lacunoso. — (g-h) La dimora di Hel aveva nome Éljúðnir: era un
palazzo dalla pareti e dal tetto fatti di serpenti intrecciati, protetto da un'alta quanto impenetrabile
palizzata. Nel suo salone principale, gelido e triste, sedevano le anime di tutti coloro che, non
essendo stati in vita dei guerrieri, non potevano accedere alla Valhöll.

4 — Questa strofa presenta un interessante quadro delle tecniche necromantiche e del linguaggio
inerente. Che Óðinn fosse in grado di far parlare i morti è attestato nell'Hávamál, dove si dice
conoscesse un incantesimo che gli permettesse di discorrere con gli impiccati:

Ef ek sé á tré uppi Se io vedo su un albero in alto


váfa virgilná, un impiccato oscillare,
svá ek ríst in tal modo incido
ok í rúnum fák e in rune dipingo
at sá gengr gumi così che quell'uomo cammini
ok mælir við mik. e parli con me.

Edda poetica > Hávamál [157]

Anche Snorri ricorda che Óðinn «a volte resuscitava dalla terra i morti o si sedeva sotto i corpi
penzolanti dalle forche; perciò era detto signore degli spiriti dei morti o degli impiccati» [en
stundum vakti hann upp dauða menn or jörðu, eða settist undir hanga; fyrir því var hann kallaðr
drauga dróttinn eða hanga dróttinn] (Ynglingasaga [7]). — (g) Valgaldr, letteralmente
«incantesimo dei caduti», è il termine qui attribuito al canto magico in grado di resuscitare i morti.
— (h) Letteralmente: «pronunciò parole di cadavere». Nás orð sono le parole pronunciate da un
defunto.

6 — (a-b) Óðinn si presenta alla völva con due epiteti piuttosto trasparenti. Vegtamr è «aduso alle
vie», dunque «viandante», con riferimento al carattere pellegrino e vagabondo del dio. Valtamr, che
nella presentazione fatta dal dio sarebbe il presunto padre di Vegtamr, è anch'esso epiteto inerente
alla natura del dio: «aduso [alla scelta] dei caduti». Il fatto che Óðinn debba nascondere la sua
identità è, in questo caso, abbastanza logico, visto che a quanto pare la völva appartiene alla razza
dei giganti [13] e potrebbe non volere rispondere alle domande di un dio. — (e-h) «Per chi sono le
panche giuncate d'anelli e le belle pareti ricoperte d'oro?» è la prima domanda che Óðinn pone alla
völva. Il dio si riferisce al salone del palazzo di Hel, nel quale egli ha avuto evidentemente modo di
gettare un'occhiata mentre vi cavalcava accanto. Il salone è stato addobbato per una festa di
benvenuto, segno evidente che in Éljúðnir fervono i preparativi per accogliere un ospite di rango.
Óðinn teme possa trattarsi di Baldr, e la risposta della völva conferma i suoi timori.

7 — (d) Uno scudo è qui usato come coperchio del calderone dell'idromele, forse per proteggerlo
dal malocchio? (Gering 1927-1931). — (g-h) «Costretta ho parlato, | ora voglio tacere» [nauðug
sagðak, | nú mun ek þegja]: la formula conclusiva nelle risposte della völva esprime l'estrema
riluttanza dei morti a essere risvegliati e obbligati a rivelare i segreti a loro accessibili. Nel
manoscritto, tale formula è indicata con un acrostico nelle strofe [9] e [11].

8 — (a-c) «Non zittirti, veggente! | Io chiederò | finché non saprò tutto» [Þegj-at-tu, völva, | þik vil
ek fregna, | unz alkunna]: all'accorata preghiera della völva di tornare al suo sonno di morte,
corrisponde la formula imperiosa con la quale Óðinn la obbliga a parlare. Nel manoscritto, tale
formula è indicata con un acrostico nelle strofe [10] e [12].

9 — (a-f). Cfr. Edda in prosa > Gylfaginning [49]. Per i dettagli, vedi l'introduzione [SUPRA].

11 — (a-f). Del dio Váli, Snorri dice semplicemente: «Áli o Váli si chiama un áss figlio di Óðinn e
di Rindr. Egli è coraggioso in battaglia e un esperto tiratore» [Áli eða Váli heitir einn, sonr Óðins ok
Rindar. Hann er djarfr í orrostum ok mjök happskeytr]. Detto questo, Snorri ignora del tutto il ruolo
di questo dio quale vendicatore di Baldr, nonostante il motivo sia citato in un passo della Völuspá:

Baldrs bróðir vas Era il fratello di Baldr


of borinn snimma, nato precocemente;
sá nam Óðins sonr il figlio di Óðinn
einnættr vega. vecchio di una notte combatté.

Þó hann æva hendr Non lavò mai le mani


né höfuð kembði, né si pettinò il capo
áðr á bál of bar finché non trascinò sul rogo
Baldrs andskota. il nemico di Baldr.

Edda poetica > Völuspá [32-33]

La somiglianza tra Völuspá [32e-33d] e Baldrs Draumar [11c-11j] mostra che entrambi i passi
dipendono da una fonte comune.

Baldrs bróðir vas Rindr berr Vála


of borinn snimma, í vestrsölum,
sá nam Óðins sonr sá mun Óðins sonr
einnættr vega. einnættr vega:
Þó hann æva hendr hönd of þvær
né höfuð kembði, né höfuð kembir,
áðr á bál of bar áðr á bál of berr
Baldrs andskota. Baldrs andskota...

Tra l'altro, è proprio dal confronto tra i due poemi che si evince che sia proprio Váli l'anonimo
personaggio a cui il sopracitato passo della Völuspá attribuisce la vendetta dell'assassinio di Baldr.
È possibile che, in qualche fase di interpolazione del passo nella Völuspá, sia caduto il verso in cui
il vendicatore veniva presentato come Váli. Tale verso è stato invece conservato nel Baldrs
Draumar; se non disponessimo di quest'ultimo testo, dunque, avremmo serie difficoltà a
comprendere a chi si riferisca la Völuspá. Forse Snorri non conosceva il Baldrs Draumar, ragione
per cui evitò di citare la presenza di un vendicatore di cui non comprendeva l'identità. Sembra
comunque evidente che il brano originale sia pervenuto mutilo in entrambi i testi. Nel caso del
Baldrs Draumar, si nota che l'aggiunta della formula di chiusura «Costretta ho parlato, | ora voglio
tacere» porta la strofa a dieci semiversi, in luogo dei canonici otto. Questo suggerisce ancora una
volta che il testo originale sia stato oggetto di pesanti manomissioni. — (b) Vestrsalir «sale
d'occidente»: questo toponimo, dimora di Rindr, non è citato in nessun'altra fonte.

12 — Chi sono queste misteriose fanciulle che intonano il canto funebre e gettano al cielo i loro
veli? Sophus Bugge rimanda alla scena del funerale di Baldr narrata da Snorri:

Gli Æsir in seguito presero il corpo di


En æsirnir tóku lík Baldrs ok
Baldr e lo condussero al mare.
fluttu til sævar. Hringhorni hét
Hringhorni si chiamava la nave di Baldr
skip Baldrs. Hann var allra skipa
e di tutte era la più grande [...]. Venne
mestr [...]. Þá var borit út á skipit
allora posto sulla nave il corpo di Baldr e
lík Baldrs, ok er þat sá kona hans,
quando lo vide sua moglie, Nanna figlia
Nanna Nepsdóttir, þá sprakk hon
di Nepr, per il dolore il cuore le cedette e
af harmi ok dó. Var hon borin á
morì. Fu posta anche ella sulla pira e
bálit ok slegit í eldi.
venne appiccato il fuoco.

Snorri Sturluson: Edda in prosa > Gylfaginning [49]

Sulla scolta di questo brano, Bugge identifica le fanciulle citate da Óðinn come le nove figlie di
Ægir e Rán, personificazioni delle onde del mare, che sollevano la nave Hringhorni in modo che la
vela arrivi a toccare il cielo, e vi vede un parallelo con Teti e le figlie di Nereo che piangono Achille
(Bugge 1881-1889). Skaut, in norreno, è un lenzuolo, un velo, un mantello, o la vela di una nave; e
secondo Gustav Neckel, però, l'espressione halsa skaut indicherebbe tanto il «fazzoletto da collo»
che la «scotta della vela» (Neckel 1962). H.A. Bellows traduce in quest'ultimo senso: «Chi sono le
fanciulle | che leveranno lamenti | e getteranno al cielo | i pennoni delle vele?» [What maidens are
they | who then shall weep, | and toss to the sky | the yards of the sails?] (Bellows 1923). Più
attendibile ancora, il suggerimento di Finnur Jónnson, tuttavia, il quale spiega halsa skaut come
kenning per la schiuma del mare proiettata in alto dalle onde (Jónsson 1913-1916). (Ránar skaut
«velo di Rán» è infatti una nota kenning per «onde». (Cleasby ~ Vigfússon 1874))

13 — Che cosa ha permesso alla völva di riconoscere Óðinn? La domanda che questi le aveva posto
in [12] – chi siano le fanciulle che avrebbero intonato per Baldr il canto funebre – non sembra
infatti così significativa da suscitare lo smascheramento del dio. Il parallelo va al certamen di
sapienza tra Óðinn e il gigante Vafþrúðnir; anche qui Óðinn si è presentato sotto mentite spoglie,
ma quando chiede al gigante: «Che cosa disse Óðinn, | a chi saliva sul rogo | lui stesso nell'orecchio
del figlio?» (Vafþrúðnismál [54]), viene immediatamente riconosciuto. È evidente che solo Óðinn
può rispondere a un simile indovinello: Vafþrúðnir scopre l'identità del suo sfidante, ma intanto ha
perduto la gara. Ma se nel Vafþrúðnismál le domande scambiate tra Óðinn e il gigante hanno lo
scopo di mettersi la prova l'un l'altro, nel Baldrs Draumar hanno una ragione informativa: Óðinn
chiede alla völva quanto desidera sapere sul destino di suo figlio. Ma non è chiaro che cosa, nella
banale domanda sull'identità delle prefiche di Baldr, permetta alla völva di smascherare il dio.
Sembra ragionevole presumere che la domanda giusta, quella destinata a suscitare il riconoscimento
del dio, fosse in realtà la stessa già posta da Óðinn e Vafþrúðnir. La mecesima domanda ottiene il
medesimo effetto in una scena nella Hervarar saga ok Heiðreks, dove Óðinn, qui anche qui
dissimulato sotto una falsa identità, intrattiene re Heiðrekr con un gioco di indovinelli; e quand'egli
chiede: «Che cosa disse Óðinn | all'orecchio di Baldr | prima che fosse issato sul rogo?», il re
riconosce il dio e tenta di colpirlo (Hervarar saga ok Heiðreks [10]). È evidente che tale motivo che
doveva essere ben noto alla poesia sapienziale norrena. È dunque possibile che, in un ipotetico
antigrafo del Baldrs Draumar, Vegtamr chiedesse alla völva, alla fine di una lunga serie di
domande riguardo al destino di Baldr, che cosa avrebbe mormorato Óðinn all'orecchio del figlio
morto, e da questa domanda la veggente avrebbe riconosciuto il dio; in seguito, quando il poema
venne redatto nella sua forma a noi nota, è possibile che questa parte sia andata perduta e la
domanda di Óðinn sull'identità delle prefiche di Baldr e l'immediato riconoscimento da parte della
völva siano stati disposti l'una di seguito all'altro per semplice giustapposizione dei due tronconi.
Infine, il manoscritto del Codex Arnamagnæanus contrassegna il quinto semiverso [12e] come
incipit di una nuova strofa, evidenziando la possibile presenza di una lacuna. — (d) Aldinn gautr
«antico gautr»: v. nota 2 [SUPRA]. — (g-h) «Piuttosto sei di tre giganti la madre»: Óðinn risponde al
riconoscimento da parte della völva identificandola a sua volta come un essere appartenente alla
stirpe dei giganti. Alberto Mastrelli suggerisce si tratti forse di Angrboða, madre di Fenrir, Hel e
Jörmungandr (Mastrelli 1951).
GROTTASÖNGR
LA CANZONE DEL [MULINO] GROTTI

Prologo
La schiavitù di Fenja e Menja (1-3)
Canto delle gigantesse e discorso di Menja (4-6)
Sprezzante risposta del re (7)
Il canto del mulino Grotti (8-22)
Distruzione del mulino (23-24)
Versi di Einar Skúlason
Versi di Egill Skallagrímsson
Note

LA CANZONE DEL
GROTTASÖNGR
GROTTI

Perché l'oro è detto la


farina di Fróði? A
proposito di questo
Hví er gull kallat mjöl
narra una saga che un
Fróða? Til þess er saga sjá
figlio di Óðinn era
at Skjöldr hét sonr Óðins er
chiamato Skjöldr, dal
Skjöldungar eru frá komnir.
Prologo (a) quale sono discesi gli
Hann hafði atsetu ok réð
Skjöldungar. Egli aveva
löndum, þar sem nú er
dimora e governava
kölluð Danmörk, en þá var
quelle terre che ora si
kallat Gotland.
chiamano Danmörk, ma
allora si chiamavano
Gotland.

Skjöldr átti þann son, er Skjöldr aveva quel


Friðleifr hét, er löndum réð figlio che si chiamava
(b)
eftir hann. Sonr Friðleifs hét Friðleifr, il quale regnò
Fróði. dopo di lui.

Mann tók konungdóm eftir Il figlio di Friðleifr si


föður sinn í þann tíð, er chiamò Fróði. Questi
(c) Ágústus keisari lagði frið of ereditò il regno dal
heim allan. Þá var Kristr padre all'epoca in cui
borinn. E l'imperatore Augusto
impose la pace a tutto il
mondo e in cui nacque
Cristo.

Ma poiché Fróði era il


re più potente di tutte le
terre del nord, la pace
En fyrir því at Fróði var venne chiamata con il
allra konunga ríkastr á suo nome in tutte le
Norðlöndum, þá var honum lingue danesi e gli
kenndr friðrinn um alla uomini la chiamarono
danska tungu, ok kalla dunque la Pace di Fróði.
menn það Fróðafrið. Engi Nessun uomo noceva
(d) maðr grandaði öðrum, þótt all'altro, anche se avesse
hann hitti fyrir sér incontrato l'assassino
föðurbana eða bróðurbana del proprio padre o
lausan eða bundinn. Þá var fratello, sia libero che
ok engi þjófr eða ránsmaðr, imprigionato. Non
svá at gullhringr einn lá á c'erano ladri o briganti,
Jalangrsheiði lengi. tanto che un anello
d'oro da tempo giaceva,
intatto, sulla piana di
Jalangr.

Re Fróði si recò ad una


Fróði konungr sótti
festa in Svezia presso
heimboð í Svíþjóð til þess
quel re che era chiamato
konungs, er Fjölnir er
Fjölnir. Là egli acquistò
(e) nefndr. Þá keypti hann
due serve che si
ambáttir tvær, er hétu Fenja
chiamavano Fenja e
ok Menja. Þær váru miklar
Menja, le quali erano
ok sterkar.
grandi e forti.

A quel tempo si
trovavano in Danimarca
þann tíma fundust í due pietre da macina
Danmörku kvernsteinar talmente grandi che
tveir svá miklir, at engi var nessuno era abbastanza
svá sterkr, at dregit gæti. En forte da riuscire a
sú náttúra fylgði muoverle. Tale era la
(f) kvernunum, at þat mólst á natura di questo mulino,
kverninni, sem sá mælti che esso produceva
fyrir, er mól. Sú kvern hét qualunque cosa che
Grotti. Hengikjöptr er sá fosse prima stata
nefndr, er Fróða konungi richiesta da chi lo
gaf kvernina. azionasse. Quel mulino
si chiamava Grotti ed
Hengikjöptr era il nome
di colui che lo donò a re
Fróði.

Re Fróði fece condurre


le serve al mulino e
ordinò loro di macinare
oro e così esse fecero:
macinarono l'oro per
primo e in seguito pace
e gioia per Fróði. Allora
egli non concesse loro
Fróði konungr lét leiða
riposo o sonno più
ambáttirnar til kvernarinnar
lungo del silenzio del
ok bað þær mala gull, ok
cuculo o del canto di
svá gerðu þær, mólu fyrst
una canzone. Si narra
gull ok frið ok sælu Fróða.
che esse poi intonarono
Þá gaf hann þeim eigi lengri
quel canto che si intitola
hvílð eða svefn en gaukrinn
Grottasöngr e che,
þagði eða hljóð mátti kveða.
prima di terminarlo,
Þat er sagt, at þær kvæði
esse macinarono un
ljóð þau, er kallat er
esercito contro Fróði,
Grottasöngr. Ok áðr létti
cosicché quella notte
kvæðinu, mólu þær her at
giunse quel re del mare
Fróða, svá at á þeiri nótt
che si chiamava
kom þar sá sækonungr, er
(g) Mýsingr, il quale uccise
Mýsingr hét, ok drap Fróða,
Fróði ed ivi trovò un
tók þar herfang mikit. Þá
grande bottino. Fu
lagðist Fróðafriðr. Mýsingr
allora che ebbe fine la
hafði með sér Grotta ok svá
pace di Fróði. Mýsingr
Fenju ok Menju ok bað þær
prese con sé il Grotti ed
mala salt. Ok at miðri nótt
anche Fenja e Menja, e
spurðu þær, ef eigi leiddist
ordinò loro di macinare
Mýsingi salt. Hann bað þær
del sale. Quando fu
mala lengr. Þær mólu litla
mezzanotte esse
hríð, áðr niðr sökk skipit, ok
chiesero a Mýsingr se il
var þar eftir svelgr í hafinu,
sale fosse abbastanza.
er særinn fellr í
Egli ordinò di macinare
kvernaraugat. Þá varð sær
ancora. Avevano
saltr.
macinato giusto un altro
poco, quand'ecco che la
nave sprofondò e da
allora vi fu un gorgo nel
mare, ove le acque
cadono nell'occhio della
macina. Per questo il
mare è divenuto salato.

La schiavitù di 1 Nú erum komnar Or siamo qui giunte


Fenja e Menja til konungs húsa del re nella casa
framvísar tvær, entrambe veggenti,
Fenja ok Menja. noi due, Fenja e Menja.
Þær eru at Fróða Son esse da Fróði,
Friðleifs sonar figliuol di Friðleifr,
máttkar meyjar possenti fanciulle
at mani hafðar. qual serve tenute.

Þær at lúðri Le donne al mulino


leiddar váru in ceppi fûr messe,
ok grjóts grjá i grigi macigni
gangs of beiddu. a fare girare.
2
Hét hann hvárigri Il re non concesse
hvíld né ynði, né agio o riposo
áðr hann heyrði se pria non udisse
hljóm ambátta. il canto servile.

Þær þyt þulu Mossero il gemito


þögnhorfinnar. del fugasilenzio.
«Leggjum lúðra, «Le casse posiamo,
3
léttum steinum.» lasciamo le pietre.»
Bað hann enn meyjar, Diss'egli alle dame
at þær mala skyldu. ancor di molire.

Sungu ok slungu Cantaron tirando


Canto delle snúðgasteini la pietra girante
gigantesse e svá at Fróða man ché i bravi di Fróði
4
discorso di flest sofnaði. dormirono, in molti.
Menja. Þá kvað þat Menja, Allor disse Menja,
var til meldrs komin: raggiunta la mola:

«Auð mölum Fróða, «Tesori per Fróði


mölum alsælan, moliamo fastosi,
mölum fjölð fjár moliamo fortune
á feginslúðri. dal gaio mulino.
5
Siti hann á auði, Sian seggio i tesori,
sofi hann á dúni, giaciglio al suo sonno,
vaki hann at vilja, si desti a piacere,
þá er vel malit. qualor sia ben volto.

Hér skyli engi Nessun qui potrebbe


öðrum granda, alcuno ferire,
til böls búa dolore arrecare
né til bana orka, né morte causare,
6
né höggva því né a filo passare
hvössu sverði, di spada fendente,
þó at bana bróður chi uccise il fratello
bundinn finni.» foss'anco legato».
En hann kvað ekki Parola non disse
orð it fyrra: lui, salvo che questo:
Sprezzante «Sofið eigi þit «Non più dormirete
7
risposta del re né of sal gaukar che i cùculi sopra
eða lengr en svá la sala, o più a lungo
ljóð eitt kveðak.» d'un carme cantato».

«Vatattu, Fróði, «Non fosti tu, Fróði,


fullspakr of þik, di vasta saggezza,
málvinr manna, degli uomini amico,
Il canto del er þú man keyptir. le serve acquirendo.
8
mulino Grotti Kaustu at afli La forza scegliesti
ok at álitum, ed il lor aspetto,
en at ætterni ma della lor stirpe
ekki spurðir. tu non domandasti.

Harðr var Hrungnir Possente era Hrungnir


ok hans faðir, ed anche suo padre,
þó var Þjazi però Þjázi era
þeim öflgari, di loro maggiore,
9
Iði ok Örnir, Iði ed Aurnir
okkrir niðjar, ci furon parenti,
brǿðr bergrisa: giganti fratelli:
þeim erum bornar. da lor noi nascemmo.

Kǿmia Grotti Non Grotti sarebbe


ór gréa fjalli da grigia alpe giunto,
né sá inn harði né qui il duro masso
hallr ór jörðu dal cuor della terra,
10
né mǿli svá né dama gigante
mær bergrisa, l'avrebbe girato,
ef vissi vit se fossimo ignare
vætr til hennar. di questa sua sorte.

Vér vetr níu Per nov'anni fummo


várum leikur compagne di giochi,
öflgar, alnar cresciute, possenti,
fyr jörð neðan. giù sotto la terra.
11
Stóðu meyjar Compiron fanciulle
at meginverkum, imprese grandiose,
færðum sjalfar da sole togliemmo
setberg ór stað. macigni ai lor siti.

Veltum grjóti Un masso spingemmo


of garð risa, sul suol dei giganti,
12 svá at fold fyrir ch'avanti la terra
fór skjalfandi. fendeva tremante.
Svá sløngðum vit Così noi volgemmo
snúðgasteini, la pietra girante,
höfgahalli, la roccia possente
at halir tóku. perché uom prendesse.

En vit síðan E dunque noi due


á Svíþjóðu in terra di Svezia,
framvísar tvær entrambe veggenti
í fólk stigum. fra armate passammo.
13
Beiddum björnu, Gli orsi sfidammo,
en brutum skjöldu, gli scudi frangemmo,
gengum í gegnum incontro alle schiere
gráserkjat lið. di grigio bardate.

Steyptum stilli, Un re rovesciammo,


studdum annan, un altro insediammo,
veittum góðum al fianco di Gothormr
14
Gothormi lið. il buono noi fummo.
Vara kyrrseta, Non ebbesi tregua
áðr Knúi felli. finché Knúi crollò.

Fram heldum því Così procedemmo,


þau misseri, in quelle stagioni,
at vit at köppum al par di campioni
kenndar várum. noi fummo famose.
15
Þar skorðu vit Noi due ferivamo
skörpum geirum con lance affilate,
blóð ór benjum a sangue ferendo
ok brand ruðum. e rosse le spade.

Nú erum komnar Or siamo qui giunte,


til konungs húsa del re nella casa,
miskunnlausar di grazia private
ok at mani hafðar. e qual serve tenute.
16
Aurr etr iljar, Argilla i piè rode,
en ofan kulði, il gelo ci assale
drögum dolgs sjötul. al chetabattaglie.
Daprt er at Fróða. È grama da Fróði!

Hendr skulu hvílask, Riposo alle mani,


hallr standa mun, la pietra si fermi,
malit hefi ek fyr mik, io ho macinato,
mitt of létti. la parte mia basti.
17
Nú muna höndum Per le mani ora
hvíld vel gefa non vi sarà sosta
áðr fullmalit finché sfarinato
Fróða þykki. ben Fróði ritenga.

18 Hendr skulu höndla Avremo alle mani


harðar trjónur, più dure le lance,
vápn valdreyrug. e l'armi cruente.
Vaki þú, Fróði! Or destati, Fróði!
Vaki þú, Fróði Or destati, Fróði
ef þú hlýða vill se udire vorrai
söngum okkrum i nostri cantari
ok sögnum fornum. e i canti degli avi.

Eld sé ek brenna Un rogo già vedo


fyr austan borg, ad est del maniero:
vígspjöll vaka, un vento di guerra
þat mun viti kallaðr. che monito desta.
19
Mun herr koma Da lungi verrà
hinig af bragði la schiera veloce,
ok brenna bǿ ardendo la casa
fyrir buðlungi. dinanzi al sovrano.

Munat þú halda Non tu manterrai


Hleiðrar stóli, il trono di Hleiðr,
rauðum hringum gli anelli scarlatti,
né regingrjóti. né i sacri altari.
20
Tökum á möndli La presa stringiamo,
mær, skarpara, fanciulla, più salda;
eruma varmar calor non avremo
í valdreyra. dal sangue dei morti.

Mól míns föður Alacre la figlia


mær ramliga del padre mio volge,
þvíat hon feigð fira poiché ella ha veduto
fjölmargra sá. di molti la fine.
21
Stukku stórar Ceduto ha il mulino
steðr frá lúðri, nei grandi sostegni,
járni varðar. di ferro coperti.
Mölum enn framar! Ancor maciniamo!

Mölum enn framar! Ancor maciniamo!


Mun Yrsu sonr, Il figlio di Yrsa
niðr Halfdana nipote di Hálfdanr,
hefna Fróða. giustizierà Fróði.
22
Sá mun hennar Così della donna
heitinn verða sarà egli chiamato
burr ok bróðir. figlio e fratello.
Vitum báðar þat.» Entrambe sappiamo.»

Mólu meyjar, Molivan, fanciulle,


Distruzione del megins kostuðu, con sì sforzo immane,
23
mulino váru ungar le giovani cadder
í jötunmóði. in furia gigante.
Skulfu skaptré, Il perno tremò,
skauzk lúðr ofan, si ruppe la cassa,
hraut inn höfgi schiantò in frantumi
hallr sundr í tvau. il grande palmento.

En bergrisa La donna gigante


brúðr orð of kvað: offrì la parola:
«Malit höfum, Fróði, «Molimmo noi, Fróði,
24
sem munum hætta, finché non finimmo,
hafa fullstaðit a lungo restaron
fljóð at meldri.» le dame alla mola».

Einarr Skúlason kvað svá: Einarr Skúlason disse così:

Sepp'io che le dame di


Fróði
Frá ek at Fróða meyjar
forti giravan la mola
fullgóliga mólu
lasciò il re pace per oro
Versi di Einarr lætr stillir grið gulli
giaciglio di Grafvitnir.
Skúlason Grafvitnis beð slitna.
Le gote, a tal acero atte,
Mjúks bera minnar øxar
dell'ascia mia recan del
meldr þann við hlyn feldrar
re
konungs dýrkar fé Fenju
la farina, esalta il timon
fögr hlýr bragar stýri.
dello scaldo l'opra di
Fenja.

Svá kvað Egill: Così disse Egill:

Versi di Egill Eserciti d’uomini lui


Skallagrímsson Glaðar flotna fjölð desta
við Fróða mjöl. con la farina di Fróði, in
festa.

NOTE
a — Skjöldr: «scudo». Mitico capostipite dei re dei Dani. Trattava di lui una Skjöldunga saga,
andata perduta, di cui è rimasto un riassunto in latino di Arngrímur Jónsson (1568-1648). Snorri
afferma che Skjöldr sia figlio di Óðinn (Edda > Prologo [4c]); costui sposò Gefjun dopo l'inganno
da lei perpetrato ai danni di re Gylfi, e i due vissero insieme a Hleiðr (odierna Lejre, Danimarca)
(Ynglinga saga [5]). Tra i primi storici danesi, anche Svend Aggesen e Sassone Grammatico citano
Skyoldus come un'antico re dei Dani, eponimo della dinastia degli Skjöldungar (Gesta Danorum [I:
iii-iv]). Il personaggio compare come Scyld Scēfing nel prologo del Bēowulf, dove si narra la
curiosa leggenda del suo arrivo dal mare su una barca priva di nocchiero. Il nome di Skjöldr è
invece sconosciuto al Chronicon Lethrense, che pone Danr come capostipite della dinastia.

b — Friðleifr: «[colui che] vive in pace». Mitico sovrano danese. Snorri afferma fosse figlio di un
certo Fróði inn mikilláti («il magnifico») o inn friðsami («il fecondo di pace»), successore a sua
volta dell'eroe eponimo Danr. Friðleifr sale al trono alla morte del fratello Hálfdan, e gli succede a
sua volta Fróði inn frǿkni («il prode») (Ynglinga saga [25-26]). Sassone Grammatico parla di un
Fridlevus II, figlio di Frotho III e padre di Frotho IV (Gesta Danorum [VI: i-iv]), rispecchiando in
qualche modo la successione genealogica già descritta da Snorri. I dati forniti sulle biografie dei
personaggi non sono però confrontabili.

c — Fróði: «saggio, avveduto». Il sovrano del Grottasöngr, è ampiamente conosciuto nelle fonti ma
si presenta a noi in molte versioni contrastanti. Nel prologo che Snorri fa a questa composizione,
viene detto figlio di Friðleifr e nipote di Dan, oltre che artefice della pax danica. Tuttavia, in nella
Ynglinga saga, Snorri sembra dividere il personaggio in più figure distinte: dapprima afferma che
fosse Freyr, re degli Svei (e non dei Dani), il sovrano che impose la pace nelle terre del nord,
svelando così chi fosse la divinità alla base della figura di Fróði. Dopo la sua morte, Freyr fu
sepolto ma per tre anni fu fatto credere agli Svei che fosse ancora in vita, e gli continuarono a venire
versati tributi attraverso una feritoia nel tumulo: in questo modo poterono mantenersi la prosperità e
la pace (Ynglinga saga [10]). Snorri cita poi un re dei Dani chiamato Fríð-Fróði («Fróði della
pace»), «potente, fecondo e benedetto dalla pace», vissuto al tempo di Fjölnir figlio di Freyr, che
sembra potersi in parte identificare col Fróði della Grottasöngr, ma del quale non racconta quasi
nulla (Ynglinga saga [11]). Solo molto più tardi, Snorri cita un Fróði inn mikilláti o inn friðsami,
padre di re Friðleifr, a cui succede un Fróði inn frǿkni (Ynglinga saga [25-26]). Seppure a rigore
costoro non abbiano nulla a che vedere – nel racconto di Snorri – con la Pax Danica, i loro titoli o
nomi rimandano a significati inerenti (inn friðsami è «fecondo di pace», Friðleifr è «[colui che] vive
in pace»). Sembra ovvio che, nella rielaborazione fatta da Snorri delle genealogie reali danesi, un
medesimo personaggio sia stato moltiplicato in più figure distinte. Questo è ancor più vero nella
cronaca di Sassone Grammatico, dove i personaggi a nome Frotho sono ben sei, ripartendosi tra
loro gli elementi che già avevamo trovato tra i vari Freyr/Fróði del testo di Snorri. In particolare, il
secondo dei re con questo nome, Frotho II vegetus «vigoroso» (Gesta Danorum [IV: viii]), sembra
assimilabile nell'epiteto al Fróði inn frǿkni di Snorri. Di Frotho III, figlio di Fridlevus I, si narra
fosse contemporaneo di Cristo e stabilì la pace nelle terre del nord: alla sua morte, il suo corpo fu
imbalsamato e fu fatto credere al popolo che fosse ancora vivo al fine di mantenere la pace (Gesta
Danorum [V-VI]). A questi, succedette un figlio, Fridlevus II, il cui figlio è Frotho IV.
Confrontando le varie successioni nelle due fonti snorriane e in Sassone, si notano non soltanto le
incoerenze, ma anche come la Pax Danica venga attribuita a personaggi di nome Fróði/Frotho
collocati via via in punti diversi della genealogia.

SNORRI (1) SNORRI (2) SASSONE GRAMMATICO

Freyr - re degli Svei Skjöld Dan


(Pax Danica) ↓ ↓
↓ Fríð-Fróði Friðleifr Fridlevus I
Fjölnir (Pax Danica) ↓ ↓
[...] Fróði Frotho III
Danr (Pax Danica) (Pax Danica)
↓ ↓
Fróði inn mikilláti o inn friðsami Fridlevus II
↓ ↓
Hálfdanr Frotho IV

Friðleifr

Fróði inn frǿkni

Ynglinga saga [11 | 25-26] Skáldskaparmál Gesta Danorum [V-VI]

d — L'espressione «in tutte le lingue danesi» [um alla danska tungu] significa qui «in tutte le lingue
dei popoli scandinavi»; dansk tunga altri non è che l'antica denominazione della lingua norrena.

e — Del re svedese Fjölnir e della sua amicizia con Fróði, trattano varie fonti. Secondo una
leggenda, riferita da Þjóðólfr ór Hvínir e ripresa anche da Snorri, Fjölnir morì proprio mentre si
trovava nel Danmörk quale ospite di Fróði: una notte, ubriaco fradico, precipitò da un ballatoio al
piano rialzato del palazzo di Hleiðr, finì in una botte colma di idromele e annegò. (Ynglingatal [1] |
Ynglinga saga [11])

f — Hengikjöptr, «mascella» o »guancia cadente», uno dei nomi di Óðinn riportato anche nelle
þulur. — Re del mare [sækonungr]: re il cui regno è il mare, probabilmente un condottiero
vichingo.

3 — (b) «Fugasilenzio» [Þögnhorfinn]: si tratta di una parola composta di dubbio significato che
letteralmente significa «silenzio scomparso», «abbandonato dal silenzio» o «privo di silenzio» dal
verbo hverfa «girare, andarsene, abbandonare», da cui il participio passato horfinn «scomparso,
abbandonato», e da þögn «silenzio». Þögnhorfinn è generalmente accettata come kenning per il
mulino col valore di qualcosa di rumoroso, che cessa il silenzio per effetto del suo movimento. Il
dizionario di Cleasby e Vigfússon, alla voce Þögnhorfinn: «an epithet of a mill […] the passage is
not quite clear, and an alliteration seems to be wanting» (Cleasby ~ Vigfússon 1874). Si veda
anche il Lexicon di Sveinbjörn e Jónsson, alla voce Þögnhorfinn: «adj, forsvunden med hensyn til
tavshed, hvis tavshed er borte, om den surrende kværn (hvis ordet er rigtigt), þytr þögnhorfinnar»
(Egilsson ~ Jónsson 1966).

5 — (d) «Gaio mulino»: kenning per il mulino di Fróði, dispensatore di pace e ricchezza. Si veda
Cleasby-Vigfusson, alla voce Feginn: «á fegins-lúðri, on the mill of joy (poët.)» (Cleasby ~
Vigfússon 1874).

13 — (e) «Orsi sfidammo»: espressione che non si riferisce ai veri orsi, ma ai guerrieri vestiti di
pelle d'orso [berserkir]. — (g-h) «Le schiere di grigio bardate»: schiere vestite di grigio, ovvero
rivestite con armature di ferro.

14 — (c) Gothormr: personaggio leggendario, forse da identificare col Guthormus citato da Sassone
Grammatico (Gesta Danorum [I: v: 7]), reggente del Danmörk e padre del famoso re Hadingus. Da
non confondere col personaggio omonimo della Völsungasaga (Faulkes ***).
16 — (g) «Chetaguerra» [dolgs sjötul]: altra kenning per il mulino di Fróði.

20 — (b) Hleiðr(a): si tratta dell'attuale Lejre nella regione dello Sjælland, in Danimarca. Hleiðr era
l'antica sede del cosiddetto Regno di Lejre, sviluppatosi durante l'età del ferro, che secondo le saghe
e le leggende era dominato dalla dinastia degli Skjöldungar. È probabile che la Danimarca
medievale abbia avuto origine proprio da questo regno. Si pensa inoltre che Hleiðr fosse la sede ove
sorgeva anche Heorot, il «Cervo», ovvero la sala di re Hroðgar nel Bēowulf. Effettivamente in
questo luogo sono stati trovati molti resti archeologici di antiche sale reali. Le leggende dei re di
Hleiðr sono raccolte nel Chronicon Lethrense, raccolta composta nel XII secolo, che racconta degli
antichi re danesi di epoca pre-cristiana e delle loro avventure. Fra questi re figura anche il famoso re
Hrólfr Kraki.

22 — Ci si riferisce qui, con qualche variazione, a una truce leggenda narrata nella Hrólfs saga
Kraka. In questa versione, Fróði uccise suo fratello Hálfdanr e divenne re al suo posto. Tempo
dopo, tuttavia, Fróði cadde a sua volta, ucciso dai figli di Hálfdanr, Helgi e Hróarr, i quali
vendicarono così loro padre. In seguito, Helgi, si spostò in Sassonia e qui violentò la regina Oluf,
dalla quale era stato respinto e umiliato. In seguito la regina diede alla luce una figlia, a cui, per
disprezzo, diede il nome della sua cagna: Yrsa. Tempo dopo, Helgi tornò alla corte di Oluf e si
innamorò di Yrsa, non sapendo che si trattasse di sua figlia. Piena di rancore per lo stupro subito, la
regina Oluf non gli rivelò la parentela, così Helgi sposò Yrsa e dall'incesto nacque un figlio, il
futuro sovrano Hrólfr Kraki (il quale è perciò chiamato «figlio e fratello» di Yrsa). Si noti che nella
versione della leggenda a cui accenna questa strofa del Grottasöngr, l'assassino di Fróði
(identificato col re del mulino) sembra essere lo stesso Hrólfr Kraki.

23 — (d) Furia mostruosa: jötunmóðr, la furia del gigante.

Versi di Einarr Skúlason — (c) «Lasciò il re pace per oro»: nel senso che re Fróði si fece prendere
dalla bramosìa di ricchezze e trascurò di mantenere la pace. — (d) «Giaciglio di Grafvitnir»
[Grafvitnis beð]: da intendersi come «giaciglio del serpente», tipica kenning per «oro». — (e-g) «Le
gote, a tal acero atte, | dell'ascia mia recan del re | la farina»; una possibile parafrasi sarebbe: «le
gote [le lame] della mia ascia, adatte ad abbattere un tale acero [cioè lo stesso Fróði], mi permettono
di prendere il bottino del re». — (g-h) «Timon dello scaldo» [bragar stýri]: kenning per poesia.

Versi di Egill Skallagrímsson — Come si narra nella saga a lui dedicata, lo scaldo vichingo Egill
Skallagrímsson (ca 900-992) compose il poemetto encomiastico-propiziatorio Höfuðlausn, il
«riscatto della testa», in una sola notte, per scongiurare l'ira di re Eiríkr Blóðøx «asciadisangue»
contro di lui. Si tratta tra l'altro della prima composizione islandese in rima. I versi citati da Snorri
appartengono a una strofa che così recita:

Brýtr bógvita Infrange della spalla il segno


bjóðr hrammþvita, ed offre della mano il pegno,
muna hodd-dofa non dovrà sull'oblio del tesoro
hringbrjótr lofa; l’armillifrago comporre un lodo;
mjök's hánum föl molto è il suo nevischio di sassi
haukstrandar möl; che alla riva del falco s'arresta;
glaðar flotna fjöl eserciti d’uomini lui desta
við Fróða mjöl. con la farina di Fróði, in festa.
Saga di Egill Skallagrímsson [2] > Höfuðlausn [17]

Fittissimo, il gioco delle kenningar: (a) ―della spalla il segno‖ è il bracciale, l'armilla; (b) ―della
mano il pegno‖ è l'oro; (c) ―l'oblio del tesoro‖ è ugualmente l'oro; (d) ―armillifrago‖ è il sovrano,
che spezza le armille per donarne i frammenti agli uomini a lui fedeli e agli scaldi che lo hanno
immortalato nei loro versi; (e-f) ―nevischio di sassi che alla riva del falco s'arresta‖ sono le armille
(―nevischio di sassi‖) che stanno sul braccio (―la riva del falco‖); (h) infine, ―farina di Fróði‖ è
l'oro. Parafrasi: «[Eiríkr blóðøx] spezza bracciali ed offre oro: il sovrano non deve essere avaro di
oro (non deve indugiare sulle proprie ricchezze), poiché ha molti bracciali (conquista molto oro) e
può così rendere felici i molti uomini al suo seguito».
SVIPDAGSMÁL
IL DISCORSO DI SVIPDAGR

L'INCANTESIMO DI GRÓA

Invocazione della madre morta (1-5)


Gli incantesimi di Gróa (6-16)

IL DISCORSO DI FJÖLSVIÐR

Arrivo alla fortezza (1-3)


Presentazione degli interlocutori (4-8)
Domande sul bastione che protegge la fortezza (9-12)
Domande sull'albero Mímameiðr (19-24)
Domande su come superare i guardiani (13-18 | 25-30)
Domande sulla sala interna e sulla signora che la governa (31-42)
Agnizione finale: incontro di Svipdagr e Menglöð (43-50)
Note

GRÓGALDR L'INCANTESIMO DI GRÓA,


er hún gól syni sínum che ella, morta, cantò a suo
dauð. figlio.

Invocazione Sonr kvað: Disse il figlio:


della madre
morta «Vaki þú, Gróa, «Svégliati, Gróa!
vaki þú, góð kona, svégliati, brava donna!
1
vek ek þik dauðra io ti invoco innanzi alla porta
dura, dei morti.
ef þú þat mant, Se ti ricordi,
at þú þinn mög bæðir hai esortato tuo figlio a venire
til kumbldysjar al tumulo vicino alla tua
koma». tomba».

Gróa kvað: Disse Gróa:

«Hvat er nú annt «Cosa preoccupa


2 mínum eingasyni, il mio unico figlio?
hverju ertu nú bölvi Che male ti affligge,
borinn, tanto da chiamare tua madre
er þú þá móður kallar, che è giunta sotterra
er til moldar er komin e vaga lontano dal mondo dei
ok ór ljóðheimum mortali?»
liðin?»

Sonr kvað: Disse il figlio:

«Ljótu leikborði
skaut fyr mik in «Un compito pericoloso
lævísa kona, mi impone la donna perfida
3 sú er faðmaði minn che ha sposato mio padre.
föður; Mi ordina di recarmi,
þar bað hon mik là dove sa che è impossibile
koma, andare,
er kvæmtki veit, per incontrarmi con Menglöð».
móti Menglöðu».

Gróa kvað: Disse Gróa:

«Löng er för,
«Lungo è il viaggio,
langir ro farvegar,
lungo il cammino,
langir ro manna
4 lungo il desiderio degli uomini.
munir,
Se così accadrà,
ef þat verðr,
che si esaudirà il tuo volere,
at þú þinn vilja bíðr,
allora il decreto di Skuld è
ok skeikar þá Skuld at
incerto».
sköpum».

Sonr kvað: Disse il figlio:

«Galdra þú mér gal,


þá er góðir eru, «Canta per me incantesimi,
bjarg þú, móðir, megi; che siano buoni.
á vegum allr Salva, madre, tuo figlio!
5
hygg ek, at ek verða Ho paura, per strada,
muna, di incappare nella sfortuna;
þykkjumk ek til ungr sono ancora troppo giovane».
afi».

Gli Gróa kvað: Disse Gróa:


incantesimi
di Gróa «Þann gel ek þér «Ti canterò il primo,
fyrstan, che molti considerano
þann kveða fjölnýtan, vantaggioso
6
– þann gól Rindi Rani, – lo cantò Rindr per Rani –
– e dalle spalle ti scuoterai
at þú of öxl skjótir, ciò che riterrai fastidioso.
því er þér atalt þykkir; Ti lascerai guidare solo da te
sjalfr leið þú sjalfan stesso.
þik.

Þann gel ek þér annan, Il secondo ti canterò,


ef þú árna skalt se dovessi percorrere
viljalauss á vegum, la strada senza gioia.
7 Urðar lokur La protezione di Urðr
haldi þér öllum ti assista da ogni lato
megum, ovunque tu veda turpitudine.
er þú á sinnum sér.

Þann gel ek þér inn Il terzo ti canterò,


þriðja, se fiumi impetuosi
ef þér þjóðáar scrosciando, mettessero in
falla at fjörlotum, pericolo la tua vita.
8
Horn ok Ruðr Horn e Ruðr
snúisk til heljar scorrano verso Hel
meðan, ma si acquietino sempre
en þverri æ fyr þér. dinanzi a te.

Þann gel ek þér inn Il quarto ti canterò,


fjórða, se i nemici stessero
ef þik fjándr standa in agguato sulla via del
görvir á galgvegi, capestro.
9
hugr þeim hverfi Il loro cuore si muti
til handa þér, in tuo favore,
ok snúisk þeim til la loro mente volga all'amicizia.
sátta sefi.

Þann gel ek þér inn Il quinto ti canterò,


fimmta, se ti legassero con catene
ef þér fjöturr verðr braccia e gambe.
borinn at boglimum, Farei cantare incantesimi
leysigaldr læt ek di liberazione su di te:
10
þér fyr legg of i ceppi ti cadrebbero dalle
kveðinn, braccia,
ok stökkr þá láss af e dai piedi i vincoli.
limum,
en af fótum fjöturr.

Þann gel ek þér inn Il sesto ti canterò,


sétta, se sulla via del mare incontrassi
ef þú á sjó kemr una tempesta, mai vista da
meira en menn viti, nessuno.
11
logn ok lögr L'aria sospesa sul mare
gangi þér í lúðr saman si stiperà nella tua nave
ok léi þér æ permettendoti un viaggio
friðdrjúgrar farar. tranquillo.
Þann gel ek þér inn Il settimo ti canterò,
sjaunda, se tagliente ti pungesse
ef þik sækja kemr il gelo in alta montagna.
frost á fjalli háu, Il freddo fatale
12
hræva kulði non morderà le tue carni
megi-t þínu holdi fara, né il corpo si raggrinzirà.
ok haldisk æ lík at
liðum.

Þann gel ek þér inn L'ottavo ti canterò,


átta, se sul sentiero nebbioso
ef þik úti nemr fossi sorpreso dalla notte.
13 nótt á niflvegi, Non potrebbe farti
at því firr megi del male nemmeno
þér til meins gera lo spettro di una donna cristiana
kristin dauð kona. morta.

Þann gel ek þér inn


níunda,
Il nono ti canterò,
ef þú við inn
se venissi a parole
naddgöfga
con un gigante armato.
14 orðum skiptir jötun,
Misura e saggezza
máls ok mannvits
nel cuore e nella mente
sé þér á minni ok
ti daranno molto aiuto.
hjarta
gnóga of gefit.

Far þú nú æva, Va' ora


þar er forað þykkir, dove non ci sarà mai pericolo,
ok standi-t þér mein e nessun maleficio ostacolerà il
fyr munum; tuo amore.
15
á jarðföstum steini Su una pietra fissa nel terreno
stóð ek innan dura, sono stata in piedi tra le porte,
meðan ek þér galdra mentre ti cantavo gli
gól. incantesimi.

Móður orð Porta con te


ber þú, mögr, heðan le parole di tua madre, figlio
ok lát þér í brjósti búa; mio,
iðgnóga heill e lascia che si fissino nel tuo
16
skaltu of aldr hafa, petto,
meðan þú mín orð of poiché piena fortuna
mant». avrai in vita,
finché ricorderai le mie parole».
IL DISCORSO DI
FJÖLSVINNSMÁL
FJÖLSVIÐR

Arrivo alla Utan garða Fuori dalla fortezza


fortezza hann sá upp um koma [Fjölsviðr] vide uno
1
þursa þjóðar sjöt: giungere
alla tana dei giganti.

Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Úrgar brautir «Per le umide vie


árnaðu aftur héðan; ritornatene a casa!
átt-at-tu hér, verndar Qui non c'è asilo per te,
vanur, veru!» miserabile!»

2 Kómumaðr kvað: Disse il sopraggiunto:

«Hvað er það flagða, «Che mostro sei,


er stendur fyr forgörðum, che stai fuori della
og hvarflar um hættan proprietà
loga?» e vai e vieni attorno alle
fiamme pericolose?»

Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Hvers þú leitar, «Chi stai cercando?


eða hvers þú á leitum ert, che cosa vuoi?
eða hvað viltu, vinlaus, cosa desideri, tu, privo di
vita?» amici?»

3 Kómumaðr kvað: Disse il sopraggiunto:

«Hvat er þat flagða, «Che mostro sei


er stendr fyr forgarði che stai fuori della
ok býðrat líðöndum löð?» proprietà
e non offri ospitalità al
viandante?»

Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Sǿmðar orða lauss «Neanche una parola


hefir þú seggr of lifat, d'onore
ok haltu heim héðan. è stata spesa per te:
vattene a casa subito!
Presentazione Fjölsviðr ek heiti,
Fjölsviðr mi chiamo,
degli en ek á fróðan sefa,
e sono molto saggio
interlocutori þeygi em ek míns mildr
anche se non sono prodigo
matar;
4 del mio cibo.
innan garða
Entro questo bastione
þú kemr hér aldregi,
non entrerai mai,
ok dríf þú nú vargr at
quindi vattene, lupo!»
vegi».

5 Kómumaðr kvað: Disse il sopraggiunto:

«Augna gamans «Il piacere dell'occhio


fýsir aptr fán, desidera ancora,
hvars hann getr svást at colui che ha visto la
sjá; bellezza.
garðar glóa mér þykkja Mi sembra che risplenda
of gullna sali, questo bastione
hér munda ek eðli una». intorno a sale dorate.
Qui ho voglia di vivere».

6 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Segðu mér hverjum «Dimmi allora di chi,


ertu, sveinn! of borinn o giovane, sei figlio,
eða hverra ertu manna da quale stirpe di uomini
mögr?» discendi?»

Kómumaðr kvað: Disse il sopraggiunto:

«Vindkaldr ek heiti, «Mi chiamo Vindkald,


Várkaldr hét minn faðir, Várkaldr si chiamava mio
þess var Fjörkaldr faðir. padre,
Fjörkaldr era suo padre.

Segðu mér þat, Fjölsviðr! Dimmi questo, Fjölsviðr!


er ek þik fregna mun Questo ti chiedo
ok ek vilja vita: e questo voglio sapere:
7 hverr hér ræðr chi comanda
ok ríki hefir e ha pieni poteri
eign ok auðsölum?» su queste terre e su queste
lussuose sale?»

8 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:


«Menglöð of heitir, Menglöð si chiama
en hana móðir of gat sua madre l'ha generata
við Svafrþorins syni; col figlio di Svafrþorinn.
hon hér ræðr Lei comanda
ok ríki hefir e ha pieni poteri
eign ok auðsölum». su queste terre e su queste
lussuose sale».

Domande sul 9 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


bastione che
protegge la «Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!
fortezza Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiama questo
hvat sú grind heitir, cancello,
er með goðum sáat che tra gli dèi, nessun
menn it meira forað?» uomo
ne ha mai visto uno più
temibile?»

10 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Þrymgjöll hon heitir, «Þrymgjöll si chiama;


en hana þrír gerðu in tre l'hanno fabbricato,
Sólblinda synir; i figli di Sólblindi.
fjöturr fastr verðr Una catena si stringe
við faranda hvern, su chiunque osi
er hana hefr frá hliði». oltrepassarlo,
su chiunque osi aprirlo».

11 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr :

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiama questo
hvat sá garðr heitir, bastione,
er með goðum sáat che tra gli dèi, nessun
menn it meira forað?» uomo
ne ha mai visto uno più
temibile?»

12 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:


«Gastrópnir heitir, «Gastrópnir si chiama
en ek hann görfan hefk e io stesso l'ho costruito
ór Leirbrimis limum; dalle membra di
svá hefik studdan, Leirbrimir.
at hann standa mun L'ho così rinforzato
æ meðan öld lifir». che resterà saldo
fino alla fine dei tempi».

Domande 19 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


sull'albero
Mímameiðr «Segðu mér þat,
«Dimmi questo, Fjölsviðr!
Fjölsviðr!
Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun
e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita:
come si chiama il pino
hvat þat barr heitir,
che stende i suoi rami
er breiask um
su tutti i mondi?»
lönd öll limar?»

20 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Mímameiðr hann heitir, «Si chiama Mímameiðr,


en þat mangi veit, ma molti non sanno
af hverjum rótum renn; da quali radici nasca.
við þat hann fellr, Pochi sanno
er fæstan varir; come abbatterlo;
fellirat hann eldr né járn». né fiamma né ferro lo
attaccano».

21 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat,


«Dimmi questo, Fjölsviðr!
Fjölsviðr!
Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun
e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita:
quale frutto dona
hvat af móði verðr
quell'albero possente,
þess ins mæra viðar,
che non attaccato da né
er hann fellirat eldr né
fiamma né ferro?»
járn?»

22 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Út af hans aldni «Il suo frutto sarà


skal á eld bera posto sul fuoco
fyr kelisjúkar konur; per le donne in travaglio.
utar hverfa Fuori sarà cacciato
þaz þær innar skyli, ciò che rimarrebbe dentro,
sá er hann með mönnum tra gli uomini questo è il
mjötuðr». suo uso».

23 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiama quel gallo,
hvat sá hani heitir, che sta appollaiato
er sitr í enum háva viði, sull'alto albero
allr hann við gull glóir?» e risplende tutto d'oro?»

24 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Viðófnir hann heitir, «Si chiama Viðófnir,


en hann stendr veðrglasi e nel vento, splendente,
á meiðs kvistum Míma; sta,
einn um ekka sui rami dell'albero di
þryngr hann orófsaman Mímir.
Svartrar Sinmöru». Un tormento
infligge inesorabile,
di Surtr, a Sinmara».

Domande su 13 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


come
superare i «Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!
guardiani Fjölsviðr! Questo ti chiedo
della fortezza er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiamano questi
hvat þeir garmar heita, cani affamati,
er gífrir rata che vanno avanti e
ok varða fyr lundi lim?» indietro
e fanno la guardia al
fogliame dell'albero?»

14 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Gífr heitir annarr, «Uno si chiama Gífr,


en Geri annarr, l'altro Geri,
ef þu vilt þat vita; se ci tieni a saperlo.
varðir elli lyf All'antico rimedio del
æ þeir varða, guardiano
unz rjúfask regin». faranno la guardia,
fino alla caduta degli dei».

15 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: è possibile che qualcuno
hvárt sé manna nökkut, trovi
þat er megi inn koma, il modo per entrare
meðan sókndjarfir sofa?» quando quei rapidi
predatori dormono?»

16 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Missvefni mikit «Sonno alterno


var þeim mjök of lagit, gli fu imposto
síðan þeim var varzla da quando furono
vituð; assegnati alla guardia.
annarr of nætr sefr, Uno dorme di notte,
en annarr of daga, l'altro di giorno,
ok kemsk þá vætr, ef þá cosicché nessuno può
kom». entrare».

17 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat,


«Dimmi questo, Fjölsviðr!
Fjölsviðr!
Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun
e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita:
non c'è un qualche cibo
hvárt sé matar nökkut,
che l'uomo possieda
þat er menn hafi,
così da gettarglielo mentre
ok hlaupi inn, meðan þeir
mangiano?»
eta?»

18 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Vegnbráðir tvær «Due ali arrostite


liggja í Víðófnis liðum, possiede Víðófnir,
ef þú vilt þat vita: se ci tieni a saperlo.
þat eitt er svá matar, Sono l'unico cibo
at þeim menn of gefi, che si potrebbe dare ai
ok hlaupi inn, meðan þeir cani
eta». e gettarglielo mentre
mangiano».

25 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: se c'è un'arma
hvárt sé vápna nökkut, con cui Viðófnir
þat er knegi Viðófnir fyr possa essere precipitato in
hníga á Heljar sjöt?» Hel?»

26 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Lævateinn hann heitir, «Lævateinn si chiama,


en hann gerði Loptr e l'ha creata Loptr con le
rýninn rune
fyr nágrindr neðan; giù dinanzi al cancello dei
í seigjárn keri morti.
liggr hann hjá Sinmöru, In uno scrigno di ferro
ok halda njarðlásar níu». si trova vicino a Sinmara,
ed è chiuso da nove
serrature».

27 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: se ritorna
hvárt aptr kemr, colui il quale va in cerca
sá er eptir ferr e riesce a prendere la
ok vill þann tein taka?» verga?»

28 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Aptr mun koma, «Ritornerà


sá er eptir ferr colui il quale va in cerca
ok vill þann tein taka, e riesce a prendere la
ef þat fǿrir, verga,
er fáir eigu, se porta con sé
eiri örglasis». ciò che pochi posseggono,
per la dea dall'oro
splendente».

29 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: se c'è qualcosa di
hvárt sé mæta nökkut, particolare
þat er menn hafi, che gli uomini posseggono
ok verðr því hin fölva e che può rallegrare la
gýgr fegin?» pallida gigantessa?»

30 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Ljósan ljá «La falce lucente,


skaltu í lúðr bera, porterai nella bisaccia,
þann er í Viðofnis völum, che sta nella coda di
Sinmöru at selja, Viðofnir.
áðr hon söm telisk Dàlla a Sinmara;
vápn til vígs at ljá». così diverrà servizievole
e ti donerà l'arma da
battaglia».

Domande 31 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


sulla sala
interna e «Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!
sulla signora Fjölsviðr! Questo ti chiedo
che la er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
governa ok ek vilja vita: come si chiama la sala
hvat sá salr heitir, circondata
er slunginn er da magiche fiamme
vísum vafrloga?» guizzanti?»

32 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Lýr hann heitir, Si chiama Lýr


en hann lengi mun e per sempre
á brodds oddi bifask; tremerà come punta di
auðranns þess spada.
munu um aldr hafa Di questa sala sontuosa,
frétt eina fírar». in tutte le epoche,
le persone hanno saputo
poco».

33 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: chi l'ha costruita,
hverr þat görði, tra coloro i quali vedo
er ek fyr garð sák nella corte dei figli degli
innan, ásmaga?» Æsir?"

34 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Uni ok Íri, Uni e Íri,


Bari ok Óri, Bari e Óri,
Varr ok Vegdrasill; Var e Vegdrasill,
Dóri ok Úri, Dóri e Úri,
Dellingr, Atvarðr, Dellingr, Atvarðr,
Liðskjálfr, Loki». Liðskjálfr, Loki».

35 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiama la
hvat þat bjarg heitir, montagna
ver ek sé brúði á su cui vedo la fanciulla
þjóðmæra þruma?» in alto seduta, splendida?»

36 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Lyfjaberg þat heitir, «Si chiama Lyfjaberg


en þat hefir lengi verit e da tempo esiste
sjúkum ok sárum gaman; per curare i feriti e i
heil verðr hver, malati.
þótt hafi árs sótt, Risana la donna,
ef þat klífr, kona». anche se da lungo malata,
che vi sale sopra».

37 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!
Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: come si chiamano le
vat þær meyjar heita, fanciulle
er fyr Menglaðar knjám che dinanzi alle ginocchia
sitja sáttar saman?» di Menglöð
siedono in armonia
insieme?»

38 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Hlíf heitir, Una si chiama Hlíf,


önnur Hlífþrasa, la seconda Hlífþrasa,
þriðja Þjóðvarta, la terza è conosciuta come
Björt ok Blíð, Þjóðvarta,
Blíðr, Fríð, Björt e Bleik,
Eir ok Örboða». Blíð, Fríð,
Eir e Aurboða».

39 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:

«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!


Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: se aiutano
hvart þær bjarga coloro che danno
þeim er blóta þær, profferte,
ef görask þarfar þess?» coloro che hanno bisogno
di aiuto?»

40 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«[Bjarga] svinnar, «Danno aiuto le sagge,


hvar er menn blóta þær se le si fanno sacrifici
á stallhelgum stað; nei luoghi dove si trovano
eigi svá hátt forað gli altari.
kemr at hölða sonum, Nessun male così grande
hvern þær ór nauðum minaccia i figli degli
nema». uomini,
che non riescano a
curare».

41 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


«Segðu mér þat, «Dimmi questo, Fjölsviðr!
Fjölsviðr! Questo ti chiedo
er ek þik fregna mun e questo voglio sapere:
ok ek vilja vita: se c'è uomo
hvárt sé manna nökkut, che nelle braccia di
þat er knegi á Menglaðar Menglöð
svásum armi sofa?» possa dormire in
serenità?»

42 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Vætr er þat manna, «Non c'è uomo


er knegi á Menglaðar che nelle braccia di
svásum armi sofa: Menglöð
nema Svipdagr einn, possa dormire in serenità,
hánum var sú in sólbjarta tranne Svipdagr solo;
brúðr at kván of kveðin». la fanciulla bella come il
sole
a lui è promessa in sposa».

Agnizione 43 Vindkaldr kvað: Disse Vindkaldr:


finale:
incontro di «Hrittu á hurðir, «Aprite le porte!
Svipdagr e láttu hlið rúm, Spalancate i cancelli!
Menglöð hér máttu Svipdag sjá; Qui potete vedere
en þó vita far, Svipdagr.
ef vilja muni Va' a chiederle
Menglöð mitt gaman». se accetta volentieri,
Menglöð, il mio amore».

44 Fjölsviðr kvað: Disse Fjölsviðr:

«Heyrðu, Menglöð! «Ascolta Menglöð!


hér er maðr kominn, Un uomo è giunto qua;
gakk þú á gest sjá! va' a dare un'occhiata
hundar fagna, all'ospite!
hús hefir upp lokizk, I cani gli scodinzolano
hygg ek, at Svipdagr sé». la casa si è aperta da sola
sembra che sia Svipdagr».

45 Menglöð kvað: Disse Menglöð:

«Horskir hrafnar «Saggi corvi


skulu þér á hám gálga ti strappino gli occhi
slíta sjónir ór, sull'alta forca,
ef þúþat lýgr, se non dici il vero:
at hér sé langt kominn che un giovane è giunto
mögr til minna sala. da lontano alle mie stanze.

Hvaðan þú fórt, Da dove vieni?


hvaðan þú för görðir, Come sei arrivato qui?
hvé þik hétu hjú? Come si chiamano le tue
at ætt ok nafni genti?
46 skal ek jartegn vita, Il tuo nome e la tua
ef ek var þér kván of parentela
kveðin». devo conoscere,
se sono stata promessa in
sposa a te».

47 Svipdagr kvað: Disse Svipdagr:

«Svipdagr ek heiti, «Svipdagr mi chiamo,


Sólbjart hét minn faðir, Sólbjart si chiama mio
þaðan ráumk vindar kalda padre;
vegu; il vento mi ha guidato
Urðar orði lontano su vie fredde.
kveðr engi maðr, Al decreto del destino
þótt þat sé við löst lagit». nessuno si può opporre,
anche se non è incline alla
fortuna».

48 Menglöð kvað: Disse Menglöð:

«Vel þú nú kominn! «Fortunatamente sei


hefik minn vilja beðit, arrivato!
fylgja skal kveðju koss; Ho sopportato il mio
forkunnar sýn desiderio:
mun flestan glaða, come saluto un bacio
hvars hefir við annan ást. affettuoso.
In alcuni la vista
fa felice in modo
eccessivo
quando si ama l'altro.

Lengi ek sat Per molto tempo sono


Lyfjabergi á, stata seduta
beið ek þín dǿgr ok daga; sul Lyfjaberg
49
nú þat varð, e ti ho atteso giorno dopo
er ek vætt hefi, giorno.
at þú ert kominn, mögr, til Ora si è realizzato
minna sala. ciò che ho desiderato,
vederti arrivare a casa mia.

Þrár hafðar La sofferenza è finita,


er ek hefi til þíns gamans, io ti ho pensato
en þú til míns munar; ardentemente
nú er þat satt, e tu desideravi possedere
50 er vit slíta skulum il mio amore.
ævi ok aldr saman». Ora è certo,
che insieme vivremo
fino al nostro ultimo
giorno».

NOTE

Gli incantesimi di Gróa

1 ― Gróa è evidentemente la vecchia völva citata da Snorri nello Skáldskaparmál, a cui Þórr si
rivolge per farsi estrarre dalla fronte il frammento della cote di Hrungnir che vi si è conficcato. Il
nome potrebbe essere connesso al gallese groach «strega».

4 ― (d-f) Il senso di questa helming non è molto chiaro. Il significato sembra essere che, quali che
siano le possibilità di un uomo, o quale che sia l'aiuto che possa ricevere, si riesce nei propri sforzi
solo se si è destinati al successo.

6 ― (c) «Rindr per Rani»: a seconda dei manoscritti, questi nomi possono trovarsi in relazione
inversa Rindr è probabilmente la madre di Váli, nominata in Baldrs Draumar [11]. In quanto al
nome Rani, non nominato altrove in letteratura, non possiamo aggiungere nulla. Si tratterebbe,
forse, dello stesso Váli (Gering 1892), oppure di Óðinn, che ne fu il padre (Bellows 1936).

8 ― (c) Dei fiumi Horn e Ruðr non vi è traccia nelle lunghe e dettagliate descrizioni che i testi
eddici dànno del sistema fluviale dell'universo [MITO]. Sophus Bugge emenda i due nomi in Hrönn
«onda» e Hríð «tempestoso», citati in Grímnismál [28] come due dei fiumi che scorrono nel regno
dei morti (Bugge 1867).

10 ― Questa strofa è simile nel senso a una contenuta nella Dissertazione sui canti magici,
nell'Hávamál:
Eef mér fyrðar bera Se uomini impongono
bönd að boglimum, ceppi alle mie membra,
svá ek gel, così io canto
at ek ganga má, che me ne possa andare:
sprettr mér af fótum fjöturr, la catena salta via dai piedi
en af höndum haft. e dalle mani il laccio.

Edda poetica > Hávamál [149]

Anche se le due strofe non sono derivative, esse segnalano un'esigenza evidentemente avvertita dai
popoli germanici, a cui si richiedeva una soluzione magica: quella di potersi liberare da corde e
catene e sfuggire dai nemici. Ha questa funzione anche il primo dei due Incantesimi di Merseburgo,
nel quale si invocano le Idisi pregandole di spezzare i ceppi dei prigionieri e liberarli dai nemici.

11 ― Questo incantesimo è simile nel senso a un altro contenuto nella Dissertazione sui canti
magici, nell'Hávamál:

Ef mik nauðr um stendr Se mi trovo in difficoltà


at bjarga fari mínu á floti, per salvare la mia nave sui flutti,
vind ek kyrri il vento io calmo
vági á sulle onde
ok svæfik allan sæ. e addormento tutto il mare.

Edda poetica > Hávamál [154]

13 ― «Una donna cristiana morta» [kristin dauð kona]: questo passaggio è stato eliminato da alcuni
curatori, ed emendato con «una strega morta» o simili (Bellows 1923). Questo motivo,
probabilmente più antico del poema in cui è stato incluso, testimonia un periodo in cui il
cristianesimo cominciava a diffondersi nei paesi nordici e i pagani guardavano ai cristiani con
sospetto. Si erano evidentemente diffuse strane superstizioni, come quella che i fantasmi delle
donne cristiane fossero estremamente pericolosi.

14 ― Trovarsi a un certamen di sapienza con un gigante era una situazione topica di un certo tipo
di letteratura mitico-sapienziale. Questo è in effetti l'argomento del Vafþrúðnismál.

15 ― Si riferisce qui all'amore di Svipdagr per Menglöð, di cui si tratta nel Fjölsvinnsmál, seconda
composizione della sequenza dello Svipdagsmál.

Il Fjölsvinnsmál

1 ― Sophus Bugge ha proposto una diversa disposizione dei primi quattro helmingar che rendano il
dialogo più naturale. La sua ripartizione, seguita da alcuni editori, è la seguente: [1a-1c | 2a-2c];
[2d-2f | 1d-1f].

2 ― (c) Le «fiamme pericolose» [hættan loga] sembrano essere un elemento ricorrente al motivo
della conquista di una sposa. In Skírnismál [8], l'eroe attraversa una «guizzante fiamma famosa»
[vísan vafrloga] prima di giungere alla dimora di Gerðr. Nell'introduzione al Sigrdrífumál, si dice
che Sigurdr dovette attraversare un muro di fiamme per raggiungere il luogo ove riposava la
valchiria Sigrdrífa.

4 ― Fjölsviðr «molto saggio» è un epiteto di Óðinn (Grímnismál [47]).

6 ― (d-f) Pur nascondendo la sua identità, l'eroe fornisce una falsa genealogia che sembra
dissimulare la sua autentica natura. Vindkaldr è «vento freddo», Várkaldr è «primavera fredda», e
Fjörkaldr è «molto freddo». Hugo Gering suggerisce che, fornendo questi nomi, Svipdagr voglia
convincere Fjölsviðr che egli abbia natura di un gigante di brina.

8 ― (c) Svafrþorinn è un nome oscuro, interpretato come «audace nell'addormentare» (nel senso di
«uccidere»), dove la prima parte della parola è un derivato di svapnir > svafnir «[colui che]
addormenta» (cfr. latino sopitor) e la seconda è connesso con il verbo þora «osare». Gianna Chiesa
Isnardi propone di emendare þorinn in þorn «spina» e interpreta il nome come «spina che
addormenta». Per quanto linguisticamente un po' forzata, questa lettura potrebbe però accordarsi al
contesto del mito: Menglöð, che attende l'amato in una dimora circondata da un muro di fiamme,
ricorda la figura di Brynhildr, che, in un luogo assai simile, attende l'arrivo di Sigurðr, sprofondata
in un sonno magico provocato da Óðinn con una spina. (Isnardi 1991)

10 ― (a) Þrymgjöll è «che risuona con fragore», nome evidentemente adatto a un cancello lento e
pesante che cigola nell'aprirsi. ― (c) Sólblindi «accecato dal sole»; a giudicare dal nome, il padre
dei tre operai che hanno innalzato il cancello della fortezza, sembrerebbe essere un nano, che la luce
del sole può uccidere e trasformare in pietra, o un gigante come Vafþrúðnir.

12 ― (a) Gastrópnir, forse «che soffoca gli intrusi». ― (a) Leirbrimir «Brimir d'argilla». L'aver
costruito un bastione con le membra di un gigante fa ovviamente pensare al sacrificio di Ymir. In
questo caso il bastione potrebbe anche avere un significato cosmologico: forse è quello che divide
Miðgarðr da Jötunheimr?

19 ― Seguendo la lezione di alcuni editori, anticipiamo la sezione [19-24] che introduce l'albero
Mímameiðr e il gallo Víðófnir, in modo da giustificare la loro presenza, data per scontata nelle
strofe [14-18].

20 ― (a) Mímameiðr «albero di Mími(r)» (cfr. meiðs Míma [24]). Sicuramente, un nome o
un'ipostasi del frassino Yggdrasill. Il motivo delle radici che nessuno sa dove si trovano, appartiene
anche all'albero su cui Óðinn praticò il suo autosacrificio:

...Á þeim meiði ...Su quell'albero


er manngi veit che nessuno sa
hvers af rótum renn. dove dalle radici s'innalzi.
Edda poetica > Hávamál [138]

24 ― (a) Questo gallo Víðófnir «dal vasto canto», che compare soltanto in questo testo e nelle
þulur, appartiene allo stesso mitologema di altri galli della mitologia scandinava, come
Gullinkambi, che dimora presso gli Æsir e con il quale va forse identificato. Le sue strane
caratteristiche sono descritte nelle strofe successive. ― (b) L'aggettivo veðrglasir è di incerto
significato. Henry Adams Bellows traduce «Víðófnir si chiama | e ora brilla» [Vithofnir his name |
and now he shines] (Bellows 1923), e su questa linea Gianna Chiesa Isnardi rende il verso con
«Víðófnir si chiama | e sta luminoso nell'aria» (Isnardi 1991). Eysteinn Björnsson emenda il
secondo semiverso in «en hann stendur Veðurglasi á» e traduce come toponimo: «Víðófnir si
chiama | e sta sopra Veðrglasir» [Vithofnir his name | and he stands upon Vedurglasir] (Eysteinn
2005). ― (f) Riguardo a Sinmara «incubo [che opprime con] crampi», sembra essere una gigantessa
[gýgr]. Può darsi sia la sposa di Surtr.

13 ― (d) Nel testo norreno i due «cani affamati» sono definiti garmar, plurale del nome di Garmr,
il ferocissimo cane legato sulla via per Hel. ― (e-f) Gli ultimi due semiversi, che in originale
suonano «er gífrari hefik | önga fyrr í löndum litit» sembrano non avere un senso. Henry Bellows
traduce ipoteticamente con «che davanti alla casa | sono così aggressivi e affamati» [that before the
house | so fierce and angry are]. In genere però i due semiversi vengono emendati in: «er gífrir rata
| ok varða fyr lundi lim» «che vanno avanti e indietro | e fanno la guardia al fogliame dell'albero».
L'albero in questione, se la correzione al testo è giustificata, è forse il Mímameiðr di cui si parla alla
strofa [20].

14 ― (a-b) Gífr e Geri sono i nomi dei due cani che fanno la guardia al bastione di Fjölsviðr e
all'albero Mímameiðr. Sono probabilmente una variante di Freki e Geri, i due lupi di Óðinn. ― (d)
Questo semiverso, che in originale è varðir ellifu, sembra non avere un senso. La parola ellifu, che
vuol dire «undici», viene in genere emendata in elli lyf «antica cura», con evidente riferimento alle
strofe successive. Così ad esempio Eysteinn Björnsson traduce l'intera helming: «l'antica cura del
guardiano | sempre terranno al sicuro | finché gli dèi non moriranno» [the guardians' old-age
remedy | they will ever keep safe | until the gods perish] (Eysteinn 2005), lasciandoci tuttavia
perplessi sia riguardo l'identità del «guardiano» [varða], sia la natura della sua «cura», che
comunque sembra riferirsi alle proprietà curative evidentemente attribuite al fogliame dell'albero
Mímameiðr, oltre che ai suoi frutti. Altri traduttori rendono il semiverso in maniera diametralmente
opposta. Ad esempio. così Henry Bellows traduce la stessa helming: «essi sono grossi | e la loro
potenza crescerà | finché gli dèi non saranno destinati alla morte» [great they are | and their might
will grow | till the gods to death are doomed] (Bellows 1923). Gianna Chiesa Isnardi la rende
invece: «essi qui sempre | faranno la guardia | fino a che crollino gli dèi» (Isnardi 1991).

18 ― (a) La parola vegnbráðir è un hápax legómenon, comparendo soltanto in questo testo. Di


difficile interpretazione, il termine viene generalmente interpretato come «ali arrostite».

26 ― (a-b) Lævateinn «ramo di male», unica arma in grado di uccidere il gallo Víðófnir, è
probabilmente una verga magica, come risulta anche dalle strofe [27-28], dove l'arma è chiamata
teinn «ramo, verga, bacchetta» (cfr. gotico tains, anglosassone tān, inglese tiny, danese teen). Non
stupisce che questo malefico strumento sia stato creato da Loptr (cioè Loki) utilizzando rune e
incantesimi, e si può senz'altro pensare al ramoscello di vischio col quale fu ucciso Baldr. ― (d)
Questo verso è stato variamente interpretato, anche a causa delle difficoltà legate alla lettura dei
manoscritti. La parola ker può indicare, a seconda dei contesti, uno scrigno, un calice, un secchio,
un recipiente di qualsiasi tipo, o addirittura il petto di una persona. L'altra parola, seigjárn, è invece
piuttosto enigmatica e viene in genere interpretata come un composto di járn «ferro». Le traduzioni
in questo senso variano dunque da uno «scrigno di ferro» (Isnardi 1991) a un «petto di ferro»
(Eysteinn 2005), in questo caso attribuito a Sinmara. Altri hanno inteso la parola come nome
proprio: Hjalmar Falk ritiene che il brano parli dello scrigno di Sægjarn, nome interpretabile come
«amante del mare», ma privo di riscontri nella letteratura (Falk 1893). Henry Bellows emenda il
termine in Lægjarn «amante dei mali» (Bellows 1923), epiteto applicato a Loki in Völuspá [35].

28 ― (f) L'espressione eiri örglasis, evidentemente una kenning per Sinmara, è di difficile
interpretazione e gli studiosi hanno cercato di penetrarla con lambiccate traduzioni. Viktor Rydberg
traduce «dea dall'armilla splendente» [dis of the shining arm-ring] (Rydberg 1886), emendando la
prima parola eiri nel nome della dea Eir e quindi intendendo quest'ultimo come metafora per
indicare una «dea» in generale, in base a un noto procedimento della poesia scaldica (esemplificato
da Snorri in Skáldskaparmál [7e-7f]). Henry Bellows riprende la lettura di eiri come «dea» e
traduce l'espressione eiri örglasis con «dea dell'oro splendente», che lo studioso considera una
kenning per «donna» (Bellows 1923). Tuttavia la traduzione di ör con «oro» è però una grave
forzatura, che presuppone un prestito dal latino aurus o da una forma da esso derivata. Ora, è vero
che in norreno è attestata una parola aurar «monete» (che però al singolare è eyrir e nei composti
assume la forma aura-), ma la parola per «oro» è piuttosto gull, radice che appartiene al più antico
registro delle lingue germaniche (cfr. gotico gulþ, inglese gold, danese guld). Al contrario, in
norreno ör significa innanzitutto «freccia» (cfr. anglosassone aruwe, inglese arrow), da cui una
traduzione più attinente della kenning potrebbe essere «dea dalla freccia splendente». Un'altra
possibilità è intendere il secondo termine come *aurglsis. Poiché aurr è l'«argilla umida»,
l'espressione significherebbe a questo punto «dea dell'argilla splendente», che non ha maggior
senso. Eysteinn Björnsson intende il secondo termine come toponimo, traduce il verso con «dea di
Aurglasir» (Eysteinn 2005).

29 ― (f) Sinmara è detta fölva gýgr «pallida gigantessa» perché probabilmente vive in caverne o
tumuli, al riparo della luce del sole, che potrebbe esserle fatale. Þórr, in Alvíssmál [2], investe il
nano dicendogli: «perché sei così pallido sul naso? | sei stato di notte tra i cadaveri?» [hví ertu svá
fölr um nasar? | vartu í nótt með ná?]. La parola fölr < fölvir «pallido» appartiene al registro
indoeuropeo, essendo corradicale col latino flavus.

30 ― (a-c) Versi di difficile interpretazione. Cos'è la «falce lucente [...] che sta nella coda di
Viðofnir»? Non convince l'ipotesi di Gianna Chiesa Isnardi, secondo la quale la falce
corrisponderebbe alla coda stessa del gallo (Isnardi 1991). D'altra parte nulla vieta di ipotizzare che
lo stesso Viðofnir possa effettivamente portare una vera e propria falce nella coda (nelle fiabe e
nelle leggende si trovano animali che portano oggetti o strumenti nel loro corpo). Si tratta in ogni
caso di un oggetto particolare, visto che deve essere portato in una speciale bisaccia. Ma perché
questa falce fa gola a Sinmara, la quale è disposta a dare in cambio la verga Lævateinn? Non
conosciamo il mito che sta alla base di questi versi, e qualsiasi interpretazione rimane altamente
ipotetica.

32 ― (a) È il verso stesso ad avvertirci che di questa sala escatologica ne sappiamo poco, a partire
dal suo stesso nome. Lýr è infatti il pesce merlano [Gadus pollachius], ragione per cui il nome della
sala viene a volte emendato in Hýr(r) «luminosa», inteso a causa del fuoco che la circonda
(Eysteinn 2005).
34 ― I nomi dei costruttori della sala sembrano appartenere a dei nani. Óri e Dóri sono citati nella
versione di Snorri (Gylfaginning [14e {19}]) del catalogo dei nani in Völuspá. Degli altri non c'è
notizia nelle fonti, anche se Íri e Úri sembrano posti nel novero semplicemente per allitterare con
Óri. Dellingr è invece un personaggio delle cosmogonie primordiali, citato in Vafþrúðnismál [25]
come padre di Dagr (e ripreso da Snorri in Gylfaginning [10]), e fa stupore trovarlo qui. Un
collegamento di questo personaggio col mondo dei nani è però attestato in Hávamál [150], dove si
dice che il nano Þjóðrǿrir avrebbe cantato dinanzi «alle porte di Dellingr» [Dellings durum]. Anche
Loki compare curiosamente in questo catalogo di nani.

36 ― Lyfjaberg «montagna della salute» (da lyfja «curare»). Molte immagini e metafore legate alla
fortezza di Menglöð sembrano legati a motivi salutiferi, compreso il rimedio che sarebbe possibile
ricavare dai frutti dell'albero Mímameiðr.

38 ― Assai poco si può dire sui nomi delle nove fanciulle che sono accanto a Menglöð. I nomi sono
qui dati secondo l'edizione di Adams Bellows, che emenda le forme Blíð e Blíðr, presenti
nell'edizione di Sophus Bugge (Bugge 1867 | Jónnson 1926), in Bleik e Blíð, seguìto in questo da
altri interpreti (Bellows 1923 | Neckel 1962 | Isnardi 1991). Hlíf vuol dire «protettrice» e Hlífþrasa
«[colei che] aspira alla protezione» (si confrontino con Líf e Lífþrasir, i due giovani che
ripopoleranno il mondo dopo il ragnarök); Þjóðvarta è un nome oscuro, forse «[colei che]
custodisce il popolo»; Björt è «splendente»; Bleik è «pallida»; Blíð è «amichevole»; Fríð è
«graziosa», Eir è «[colei che dà] aiuto» (ed è la dea guaritrice degli Æsir, citata da Snorri in
Gylfaginning [35d]); Aurboða è «[colei che] offre l'oro» (nome della gigantessa madre di Gerðr),
ma, se letto Örboða, è «[colei che] offre la freccia» (Bellows 1923 | Isnardi 1991). Per gli altri nomi
non rimangono che le possibili etimologie, indicanti attività salutifere.

39-40 ― Queste due strofe mancano in uno dei manoscritti.

47 ― Chi è questo Sólbjart? Il suo nome vuol dire «splendore del sole» e potrebbe assimilarsi allo
stesso nome di Svipdagr «giorno veloce». Ma si tratta del nome proprio di un personaggio che non
conosciamo, o di un epiteto?

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