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0 – Introduzione

Prima di parlare delle leggi di Kirchhoff diamo qualche definizione, chiameremo lato o ramo di una rete l'insieme di quei bipoli che nella rete stessa
compaiono fra di loro collegati in serie; chiameremo nodo di una rete un punto in cui convergono più di due lati della rete stessa, infine ogni insieme di
lati della rete che forma un anello chiuso prenderà il nome di maglia della rete. Lato=tratto tra 2 nodi. Maglia=parte da un nodo e vi ritorna.

1 – Prima legge di Kirchhoff (pag.33-40, vale per 1,2,3)


La prima legge di Kirchhoff o legge di Kirchhoff per le correnti (LKC) afferma: in ogni nodo la somma algebrica delle correnti entranti (o uscenti) nel
nodo è identicamente nulla. Il termine “algebrica” sta a indicare che ogni corrente va presa con il suo segno se il verso positivo scelto sul ramo
corrispondente è effettivamente entrante nel nodo (o uscente se si è scelto di effettuare la somma delle correnti uscenti dal nodo) o con il segno opposto
nel caso contrario. In simboli: I1+I2+...+Ik=0 . Vale la pena di osservare che la validità di tale legge è strettamente legata alla definizione di bipolo e
precisamente al fatto che in ogni bipolo è supposto interagire con l'esterno esclusivamente attraverso i suoi morsetti. In più è rispettata la conservazione
della carica infatti la somma algebrica delle correnti entranti nel nodo rappresenta, per definizione di intensità della corrente elettrica, la quantità di carica
che nell'unità di tempo viene globalmente portata nel nodo. In regime stazionario, cioè quando le correnti non variano nel tempo, tale contributo per
unità di tempo, resta costante. In queste condizioni se esso non fosse nullo per un tempo sufficientemente lungo si potrebbe portare nel nodo in questione
una carica grande quanto si vuole. Ciò è impossibile poiché i portatori di carica sono dotati di massa non nulla e quindi con la carica crescerebbe anche
la massa del nodo. Se n sono i nodi presenti in una rete, la legge di Kirchhoff per le correnti ci fornisce n relazioni lineari tra le varie correnti di lato della
rete stessa. E' possibile dimostrare che di queste n equazioni una scelta a caso può essere ottenuta come combinazione lineare delle altre n-1, che risultano
invece indipendenti.

2 - Seconda legge di Kirchhoff (pag.33-40, vale per 1,2,3)


Supponiamo di avere una maglia di una rete e di andare da un lato al successivo in uno dei due versi possibili. Cioè supponiamo di percorrerla scegliendo
una sua orientazione. Sommiamo algebricamente le tensioni su ogni lato della maglia seguendo l'orientazione prescelta. Anche qui algebricamente
significa che ogni tensione viene presa con il proprio segno o segno opposto a seconda che il verso prescelto per essa sul singolo lato coincida o non con
quello di orientazione della maglia. Osserviamo che la tensione su ogni ramo è per definizione l'integrale di linea del campo E (mettere freccia sopra)
lungo una linea chiusa che in regime stazionario deve essere nulla. In simboli: V 12+V23+...+Vk1=0. La seconda legge di Kirchhoff o legge di Kirchhoff
per le tensioni (LKT): in una maglia la somma delle tensioni di lato, prese con il proprio segno o con il segno opposto a seconda che il loro verso coincida
o non con un verso di orientazione della maglia in precedenza scelto, è identicamente nulla. La seconda legge di Kirchhoff può essere anche provata
considerando che in regime stazionario ogni tensione è in realtà una differenza di potenziale e potrà essere messa sotto la forma V r-Vs dove Vr e Vs sono
i potenziali nei nodi rispettivamente r ed s. In simboli avremo: V1-V2+V2-V3+...+Vk-V1 ed è ovviamente nulla poiché ogni potenziale compare due volte
con segno opposto. Quindi la validità della legge di Kirchhoff per le tensioni possiamo dedurla dalla semplice definizione di bipolo cioè dal fatto che per
un bipolo si parla di tensione ai suoi morsetti indipendentemente dal percorso, cioè di una differenza di potenziale. La legge di Kirchhoff per le tensioni
impone legami lineari tra le tensioni di lato. Per una rete di l lati non è possibile dire senza specificare meglio la rete quante sono le maglie chiuse che in
essa si possono formare, infatti alcuni nodi possono non essere collegati tra loro direttamente. Anche in questo caso possiamo dire che solo l-(n-1)
equazioni che si possono scrivere alle maglie sono indipendenti.

3 – Indipendenza (pag.33-40, vale per 1,2,3)


Per il momento consideriamo una rete ignorando la natura dei vari bipoli che ne costituiscono i diversi rami, considerando solo la struttura della rete
stessa cioè sul modo in cui i bipoli sono collegati tra loro. Una tale struttura prende il nome di grafo della rete. In un grafo possiamo individuare rami e
nodi, i punti cioè in cui convergono più di due rami. Inoltre si dice grafo orientato un grafo in cui abbiamo scelto uno dei due versi per ogni ramo.
Chiameremo albero di una rete un insieme di rami che unisce fra loro tutti i nodi della rete senza formare maglie chiuse. Ovviamente esistono più alberi
per una rete avente un determinato grafo. Il complemento di un dato albero a tutta la rete, cioè l'insieme dei rami che restano esclusi dall'albero, prende
il nome di coalbero della rete.
Per un grafo orientato possiamo scrivere n equazioni ai nodi se n sono i nodi che ne derivano dall'applicazione della legge di Kirchhoff per le correnti ad
ogni singolo nodo. Supponiamo di scrivere tali equazioni nella forma che assumono quando scegliamo che la somma delle correnti entranti sia nulla.
Ogni corrente comparirà una volta con il segno meno in una equazione ed una volta con il segno più in un'altra equazione, dato che un ramo collega due
nodi ed uno stesso orientamento implicherà entrante per uno e uscente per l'altro. Sommando a questo punto tutti i primi membri troveremo un'equazione
algebrica identicamente nulla. Stessa cosa anche per i secondi membri. Otteniamo un'identità e ciò implica che almeno un'equazione presa a caso potrebbe
essere ottenuta come combinazione lineare delle altre n-1 equazioni. Le n equazioni non sono indipendenti e in termini fisici significa che l'informazione
contenuta in un'equazione è contenuta nelle altre: essa è ridondante. Quindi la legge di Kirchhoff alle correnti consente per una rete di n nodi di scrivere
al più n-1 equazioni indipendenti tra loro. E' possibile affermare che n-1 equazioni sono indipendenti, dimostriamolo. Supponiamo di avere un albero
della rete che abbia non più di due rami che confluiscono in ogni singolo nodo, esso sarà formato da n-1 rami. Supponiamo di numerare i nodi del grafo
in ordine progressivo così come vengono incontrati percorrendo l'albero prescelto. Per ognuno dei primi n-1 nodi scriviamo le equazioni relative alla
legge di Kirchhoff per le correnti. Numeriamo anche i rami con numeri romani così come vengono trovate percorrendo l'albero della rete. Avremo quindi
che il ramo I dell'albero congiungerà i nodi 1 e 2, il ramo II i nodi 2 e 3, e così via. Di conseguenza dalla equazione che esprime la legge di Kirchhoff
per le correnti al primo nodo possiamo ricavare l'incognita iI in funzione delle correnti in altri rami non appartenenti all'albero, cioè del coalbero.
Nell'equazione relativa al secondo nodo compariranno le correnti iI e iII , ma utilizzando la prima equazione si potrà ottenere un'equazione in cui i II sarà
in funzione di tutte le correnti del coalbero. Ripetiamo la stessa operazione per le n-1 correnti dei rami dell'albero. Abbiamo ottenuto un sistema di
equazioni nel quale in ogni equazione compare in esclusiva una corrente di un ramo dell'albero, pertanto tale sistema è costituito da equazione tutte
indipendenti tra loro. Abbiamo dimostrato che la legge di Kirchhoff per le correnti consente di scrivere n-1 equazioni indipendenti.
Adesso dimostriamo che la legge di Kirchhoff per le tensioni consente invece di scrivere l-(n-1) equazioni indipendenti tra le tensioni di lato dove l è il
numero di rami del grafo. La prima cosa da osservare è che i rami del coalbero sono l-(n-1) per definizione. A questo punto costruiamo un sistema di l-
(n-1) maglie chiuse aggiungendo, di volta in volta, ai rami dell'albero uno del coalbero. Le equazioni che si ottengono per tali maglie sono evidentemente
indipendenti poiché in ognuna comparirà un'incognita in esclusiva a quella del particolare ramo del coalbero che ha contribuito a formare la maglia.
Abbiamo dimostrato che la legge d Kirchhoff per le tensioni consente di scrivere l-(n-1) equazioni indipendenti tra le tensioni sui rami della rete.
Attraverso la legge di Kirchhoff per le correnti e per le tensioni avremo l equazioni lineari per le l correnti di lato e le l tensioni di lato. Ma con le
caratteristiche dei bipoli, che forniscono altre l relazioni (non per forza lineari), avremo 2l equazioni in 2l incognite. Se la rete è costituita da generatori
indipendenti e da bipoli con caratteristiche lineari allora le 2l equazioni sono tutte lineari. A questo punto bisogna risolvere il sistema di equazioni

risolvibile in qualsiasi modo: per sostituzione (molto semplice), o Cramer (più complesso ma anche più veloce).
4 – Teorema di Tellegen (o delle potenze virtuali) (pag.53-55) (gli asterischi sono da mettere come asterischi)
Consideriamo due reti che abbiano lo stesso grafo, cioè due reti in cui bipoli diversi sono collegati alla stessa
maniera tra di loro. Consideriamo per la prima rete un sistema di tensioni Vk sui rami che soddisfi la legge di
Kirchhoff per le tensioni e per la seconda rete un sistema di correnti I*k che soddisfi la legge di Kirchhoff per le
correnti. Con Vk intendiamo la tensione positiva nel nodo in cui entra la corrente I*k positiva, in altre parole
utilizziamo la convenzione dell'utilizzatore. Per ogni ramo del grafo consideriamo il prodotto VkI*k e sommiamo
tali prodotti per tutti i rami della rete: Σ(k) VkI*k , il teorema di Tellegen afferma che tale sommatoria è
identicamente nulla.
Dimostrazione: Abbiamo qualche difficoltà ad esprimere questa sommatoria in termini dei nodi r ed s perché non
sappiamo a priori quali rami tra due nodi sono effettivamente presenti nella rete. In un grafo non tutti i nodi sono
direttamente collegati tra loro. Risolviamo allora il problema aggiungendo al grafo i rami di collegamento che
mancano tra i nodi, assumendo che essi siano in realtà dei “bipoli a vuoto”. Infatti nulla cambierà nella rete, e la
sommatoria non verrà modificata in quanto si avrà per tali rami I*rs=0. A questo punto estendiamo la sommatoria
per tutti i valori possibili di r ed s ed otteniamo: Σ(k) VkI*k= ½ Σ(r,s) VrsI*rs; il fattore ½ è necessario altrimenti
ogni ramo è preso due volte ad esempio tra i nodi 1 e 2 sarà incluso per r=1 e s=2 e per r=2 ed s=1. Se le Vrs
soddisfano la legge di Kirchhoff per le tensioni sarà possibile scriverle Vrs=Vr-Vs quindi Σ(r,s) VrsI*rs=
Σ(r,s)VrI*rs-Σ(r,s) VsI*rs. Nella prima sommatoria Vr può essere portato fuori dalla sommatoria su s mentre nella
seconda sommatoria si può fare una cosa analoga per Vs se prima si scambiano le sommatorie su r ed s. Avremo
quindi Σ(r,s) VrsI*rs=Σ(r)VrΣ(s)I*rsΣ(s)VsΣ(r)I*rs. In entrambe le sommatorie compaiono Σ(s)I*rs nella prima e
Σ(r)I*rs nella seconda che rappresentano la somma delle correnti entranti o uscenti del nodo (avendo avuto la stessa
convenzione dell'utilizzatore, come nel nostro caso, o convenzione del generatore). Tali sommatorie per la legge
di Kirchhoff per le correnti sono nulle. Avremo quindi Σ(k)VkI*k= ½ Σ(r,s)VrsI*rs=0
come volevasi dimostrare. Osserviamo che non si sono dovute fare nessuna ipotesi sulla natura dei bipoli o del
grafo. Tale teorema espresso dalla forma di cui sopra è molto generale e discende solo dal fatto che sono soddisfatte
le due leggi di Kirchhoff. La proprietà è valida anche se sono presenti bipoli non lineari. Nella forma di sopra è
detto teorema delle potenze virtuali. Naturalmente essa è ancora valida se le due reti coincidono, infatti i prodotti
VkIk sono le potenze assorbite dai singoli bipoli ed il teorema di Tellegen in tali condizioni afferma che la somma
di tutte le potenze assorbite dai rami della rete è nulla. Assorbite per le considerazioni inizialmente fatte sul verso
di Ik e Vk. Se in qualche ramo sono presenti generatori la potenza assorbita risulterà negativa ed il teorema di
Tellegen quindi afferma: in una rete la potenza fornita dai generatori presenti è pari alla potenza assorbita dai bipoli
passivi della rete stessa, rispettando così il principio di conservazione dell'energia.

19 – Le proprietà di non amplificazione delle tensioni e correnti (pag.56-57)


Il principio di non amplificazione delle tensioni, discende dal semplice fatto che per le reti di bipoli valgono la LKT e la
LKC, afferma che: se in una rete di bipoli esiste un solo lato attivo, allora il potenziale dei due nodi a cui il lato si appoggia
sono l'uno il massimo e l'altro il minimo tra tutti i potenziali dei nodi della rete. La dimostrazione è immediata se prima ci si
convince della seguente affermazione: se per un nodo r di una rete tutti i prodotti VrsIrs delle tensioni e correnti di tutti i lati
che convergono nel nodo stesso, con le convenzioni implicite nell'ordine dei pedici, sono maggiori od eguali a zero, il
potenziale di tale nodo non può essere né quello massimo né quello minimo della rete. Infatti dato che ∑(s)Irs=0 per la LKC,
alcune delle Irs, per r fissato, saranno positive ed altre negative. Ciò comporta che, nella ipotesi che tutti i prodotti VrsIrs
siano maggiori di zero, per un dato r, anche tra le Vrs ve ne saranno alcune positive ed altre negative; ciò equivale a dire che
il potenziale del nodo r non è né il minimo né il massimo della rete. Ritornando al teorema, si vede chiaramente che nel caso
sia presente un solo lato attivo nella rete, i suoi nodi sono gli unici per i quali non si può affermare che VsrIrs>0 per ogni s,
perchè nel ramo in questione è presente un generatore. Per i nodi interni, a cui fanno capo solo bipoli passivi, questa proprietà
è invece certamente verificata. D'altra parte in ogni rete deve pur esserci un nodo a potenziale minimo ed uno a potenziale
massimo; se ne conclude che tali potenziali sono assunti dai due nodi dell'unico lato attivo. Tale proprietà vale solo in regime
stazionario, in dinamico cade in difetto per la presenza di Capacitori ed Induttori. Il principio di non amplificazione delle
correnti, discende dal semplice fatto che per le reti di bipoli valgono la LKT e la LKC, afferma che: se in una rete di bipoli
esiste un solo lato attivo, allora la corrente su questo ramo è in modulo la massima tra tutte le correnti dei rami della rete. La
dimostrazione è alquanto immediata, prendiamo una rete del tipo [Dis19.1]. Poniamo i nodi in ordine decrescente di
potenziale ed orientiamo le correnti dal nodo a potenziale maggiore a quello a potenziale minore. Applicando le LKC a
ciascun nodo: I=I1+I2+I3 => I≥I1,I2,I3. Iterando otteniamo, I1=I'1+I'2 => I1≥I'1,I'2 e poiché I≥I1 allore I≥I'1,I'2, iterando il
procedimento si trova che la corrente sul generatore è massima. Tale proprietà vale solo in regime stazionario, in dinamico

cade in difetto per la presenza di Capacitori ed Induttori.


5 – Teorema di Thevenin (pag.61-64)
Il teorema di Thevenin detto anche teorema del generatore equivalente di tensione. Consideriamo una qualsiasi rete attiva e scegliamo su
di essa due nodi. Per sottolineare la generalità, rappresentiamo la rete con una scatola chiusa. I simboli all'interno della scatola stanno a
ricordare che nella rete sono in generale presenti generatori di tensione, generatori di corrente e bipoli passivi. I due nodi scelti sono stati
“prolungati” fuori dalla scatola mediante conduttori perfetti che non introducono nessun disturbo, e sono indicati con le lettere A e B.
[Dis5.1]. Se volessimo ricavare sperimentalmente la caratteristica del bipolo equivalente, il legame cioè tra la tensione ai morsetti e
corrente che attraversa il bipolo potremmo inserire tra i morsetti A e B un generatore ideale di corrente I che sia regolabile a piacere che
sia cioè in grado di erogare una corrente I del valore desiderato. [Dis5.2]. Abbiamo scelto la convenzione del generatore per il bipolo
equivalente della rete e quella dell'utilizzatore per il generatore di corrente. Se riportiamo nel piano (I,V) per ogni valore di I il
corrispondente valore di V, opportunamente misurato, otterremmo graficamente la caratteristica cercata. Senza compiere le misure
cerchiamo di anticipare il tipo di caratteristica che possiamo aspettarci. Poiché la rete è una rete di bipoli lineari anche la caratteristica
sarà di tipo lineare. Nel piano (I,V) la caratteristica è una retta che non passa per l'origine degli assi poiché sono presenti bipoli attivi.
Sarà del tipo [Dis5.3]. Per individuarla occorrono due suoi punti. Per facilità scegliamo quelli dove la retta interseca gli assi coordinati.
Il primo punto di coordinate V=E0 ed I=0 corrisponde alle condizioni in cui il bipolo non è attraversato da corrente, i suoi morsetti sono
dunque chiusi su di un bipolo circuito aperto. Questa tensione la chiameremo tensione a vuoto del bipolo. L'altro punto è individuato da
V=0 ed I=Icc. Tra i morsetti A e B c'è tensione nulla come se il bipolo fosse chiuso su di un bipolo corto circuito. Questa corrente la
chiameremo corrente di corto circuito del bipolo. Vista la rete è molto facile calcolare E0 ed Icc quindi la caratteristica del bipolo
equivalente sarà: V=E0-(E0/Icc) I. Se poniamo Ri= E0/Icc la caratteristica si può anche scrivere V=E0-RiI. Osserviamo che questa
caratteristica è uguale a quella di un generatore di tensione E0 con in serie un bipolo passivo Ri [Dis5.4]. A questo punto applichiamo il
principio di sovrapposizione degli effetti alla rete originaria scomponendola in due reti componenti [Dis5.5]. Il teorema di sovrapposizione
ci assicura che ogni grandezza elettrica nella rete di partenza può essere ottenuta come somma dei valori assunti dalla stessa grandezza
nei due circuiti componenti. Per la tensione V ai morsetti nella rete originaria potrà essere posta come somma di una V'' e di una V', dove
V''=E0 perché i morsetti nella seconda rete sono aperti e V'=-RiI' (generatore di corrente). D'altra parte la sovrapposizione per le correnti
fornisce I=I'+I'' e I=I' dato che I'' è nulla quindi otteniamo V=E0-RiI. Concludiamo enunciando il teorema del generatore equivalente di
tensione (o comunemente chiamato di Thevenin): ogni rete considerata da una coppia di nodi può essere vista come un bipolo attivo
costituito dalla serie di un generatore ideale di tensione pari alla tensione a vuoto tra i morsetti in esame della rete, ed un resistore la cui
resistenza è pari a quella vista tra gli stessi morsetti quando si sia provveduto a rendere passiva la rete di partenza, cioè sostituendo tutti i
generatori di tensione con bipoli cortocircuito e tutti i generatori di corrente con bipoli circuito aperto.

6 – Teorema di Norton (dimostrazione derivata da quella per Thevenin)


Il teorema di Norton è detto anche teorema del generatore equivalente di corrente. Consideriamo una qualsiasi rete attiva e scegliamo su
di essa due nodi. Per sottolineare la generalità, rappresenteremo la rete con una scatola chiusa. I simboli all'interno della scatola stanno a
ricordare che nella rete sono in generale presenti generatori di tensione, di corrente e bipoli passivi. I due nodi scelti sono stati “prolungati”
fuori dalla scatola mediante conduttori perfetti che non introducono nessun disturbo, e sono indicati con le lettere A e B. [Dis6.1]. Se
volessimo ricavare sperimentalmente la caratteristica del bipolo equivalente, il legame cioè tra la tensione ai morsetti e corrente che
attraversa il bipolo potremmo inserire tra i morsetti A e B un generatore ideale di tensione V che sia regolabile a piacere che sia cioè in
grado di erogare una ddp ai suoi morsetti V del valore desiderato. [Dis6.2]. Se riportiamo nel piano (I,V) per ogni valore di I il
corrispondente valore di V, opportunamente misurato, otterremo graficamente la caratteristica cercata. Senza effettivamente compiere
misure cerchiamo di anticipare, in base ad alcune elementari considerazioni, il tipo di caratteristica che possiamo aspettarci. In effetti,
essendo la rete per definizione una rete di bipoli lineari, non c'è motivo di pensare che la caratteristica equivalente non sia anche essa
lineare. Questo risultato di per sé evidente, sarà anche ottenuto tra breve per via più formale nel piano (I,V) dunque, la caratteristica è una
retta che in generale non passa per l'origine degli assi, essendo presenti anche bipoli attivi. Per individuare una retta occorrono due punti.
Per facilità calcoliamo i due punti in cui la caratteristica interseca gli assi coordinati. Il primo punto di coordinate V=E0 ed I=0 corrisponde
alle condizioni in cui il bipolo non è attraversato da corrente; i suoi morsetti sono, dunque, “chiusi su di un bipolo circuito aperto”. Appare
naturale indicare questa tensione con il termine tensione a vuoto del bipolo. L'altro punto è individuato da V=0 ed I=Icc. In tali condizioni
di funzionamento tra i morsetti A e B c'è tensione nulla come se il bipolo fosse “chiuso su di un bipolo corto circuito”. Chiameremo
quindi Icc la corrente di corto circuito del bipolo. [Dis6.3].
Data la rete, è generalmente molto agevole calcolare sia E0 che Icc e quindi la caratteristica del bipolo equivalente che sarà rappresentata
da un'equazione del tipo: Icc=I+(V/Ri) con Ri=(E0/Icc). Questa relazione ci appare come la caratteristica di un bipolo costituito da un
generatore di corrente Icc con in parallelo un bipolo passivo Ri. [Dis6.4]. A questo punto applichiamo il principio di sovrapposizione
degli effetti alla rete originaria scomponendola in due reti componenti. [Dis6.5]. Il teorema di sovrapposizione ci assicura che ogni
grandezza elettrica nella rete di partenza può essere ottenuta come somma dei valori assunti dalla stessa grandezza nei due circuiti
componenti. I'=Icc corrente di corto circuito tra i morsetti. I''=(-V''/Ri) dove Ri è la resistenza della rete una volta che questa è stata resa
passiva. Quindi abbiamo ottenuto: I=Icc-(V''/Ri) ma per la sovrapposizione delle tensioni si ha V=V'+V'' dove V' è nulla in quanto tra A
e B c'è un bipolo corto circuito. Quindi otteniamo I=Icc-(V/Ri). Concludo enunciando il teorema del generatore equivalente di corrente
(o comunemente chiamato di Norton): una qualsiasi rete vista da due morsetti può ritenersi equivalente ad un generatore di corrente che
eroga la stessa corrente che, nella rete di partenza, circolerebbe tra i due morsetti scelti, qualora gli stessi siano messi in corto circuito,
con in parallelo un resistore Ri si resistenza pari a quella vista dai due morsetti dopo aver reso passiva la rete, cioè sostituendo tutti i
generatori di corrente interni con bipoli corto circuito aperto e tutti i generatori di tensione con bipoli corto circuito.
7 – L'n-polo (pag.87-96 vale per 7,8)
((Non iniziare con questo esempio altrimenti De Menna si stizza)). Non tutti i circuiti, visti da due morsetti possono essere
ricondotti ad un'unico bipolo equivalente, utilizzando solo le formule di serie e parallelo. E ciò accade, ad esempio, nel
circuito “a ponte” [Dis7.1]. Infatti supponiamo di
voler calcolare il bipolo equivalente alla rete vista dai morsetti A e B: siamo in difficoltà, perché non ci sono né rami in serie
né rami in parallelo.
In questo caso la difficoltà nasce dalla presenza di strutture del tipo a triangolo o a poligono (1,2,3 e 3,4,5) o a stella (2,3,4).
Siamo portati a prendere in considerazione “sistemi a più poli” cioè un
complesso di bipoli collegati tra loro e visti da n nodi. [Dis7.2] Supponiamo di alimentare ogni polo con n generatori ideali
di tensione Er, e supponiamo che la rete sia una rete di bipoli lineari. Per il principio di sovrapposizione degli effetti, la
corrente Ii nel ramo del generatore iesimo, è la somma delle correnti Iir che circolano nel ramo iesimo quando di volta in
volta si lascia operare il solo generatore nel ramo erresimo. Inoltre, data la linearità della rete, la corrente Ii sarà proporzionale
alla tensione Er, ed il fattore di proporzionalità Gir avrà la dimensione di una conduttanza. Sommando l'effetto di tutti i
generatori avremo: I1=G11E1+...G1rEr+...G1nEn …
Is=Gs1E1+...GsrEr+...GsnEn … In=Gn1E1+...GnrEr+...GnnEn . Di conseguenza, l'n-polo, invece di essere individuato da
un solo parametro G come il bipolo, è individuato da n^2 parametri Grs, ovvero da una matrice di ordine n di conduttanze
che prende il nome di “matrice delle conduttanze”. Particolare interesse suscitano le Grr (gli elementi della diagonale della
matrice, poiché sono con pedice uguali): esse sono “reali conduttanze equivalenti” del bipolo che si ottiene prendendo in
considerazione un polo dell'n-polo e come altro estremo l'insieme di tutti gli altri n-1 poli collegati in corto circuito tra di
loro. Le Grs, invece, esprimono il rapporto tra le correnti nel ramo r e la tensione del ramo s, quando tutti gli altri poli, tranne
quello essesimo sono in cortocircuito. Sono grandezze che hanno dimensioni di conduttanze, ma non lo sono; per questo
vengono chiamate conduttanze “mutue”, mentre le prime vengono dette conduttanze “proprie” o “autoconduttanze”. Avendo
fatto la convenzione dell'utilizzatore, data la passività della rete, si avrà che Grr≥0 mentre Grs≤0; infatti per essere Grs>0
dovrebbe verificarsi che Ir>0 ed Es>0 cioè dovrebbe esistere un nodo a potenziale minore di quello di 0, e cioè non è possibile
per il principio di non amplificazione delle tensioni. Per il teorema di reciprocità abbiamo che Grs=Gsr; di conseguenza la
matrice G è simmetrica, e quindi degli n^2 parametri che la compongono solo n^2(n^2-n)/2 sono indipendenti. Inoltre se
applichiamo la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo O otteniamo che la somma delle Ir deve essere nulla:
∑(s)Gs1E1+...+∑(s)GsrEr+...+∑(s)GsnEn=0 => ∑(s)Gsr=0 oppure Grr=-∑(s≠r)Gsr . Ne consegue che altri n parametri sono
dipendenti, e quindi i parametri indipendenti della matrice G saranno: n^2-(n^2-n)/2-n=n(n-1)/2 . Delle infinite reti che
possono portare alla formazione di un n-polo, ne distinguiamo due: l'n-polo a “stella” caratterizzato dall'avere un solo nodo
interno e nessuna maglia chiusa, e l'n-polo a “poligono” caratterizzato dal non avere nodi interni. Se tutti i morsetti di un n-
polo a poligono sono collegati tra loro con un bipolo, l'n-polo si dice a “poligono completo”. [Dis7.3]. Vediamo adesso sotto
quali condizioni due n-poli (con lo stesso numero di poli) possono considerarsi equivalenti. Consideriamo ora un n-polo a
stella e cerchiamo la relazione che lega la corrente Ii nel ramo iesimo con l'ennupla di potenziali Vr ai poli: [Dis7.4]. Avremo:
Ii=(Vi-V0)/Ri (1); generalizzando Ir=(Vr-V0)/Rr; Applichiamo la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo O:
∑(r)Ir=∑(r)(Vr-V0)/Rr=∑(r)(Vr/Rr)-V0∑(r)(1/Rr)=0 => V0=(∑(r)(Vr/Rr))/(∑(r)(1/Rr))=(1/G0)∑(r)(Vr/Rr) ; dove si è posto
G0=∑(r)(1/Rr); sostituiamo nella (1) Ii=(Vi/Ri)-(1/RiGo)∑(r)(Vr/Rr) => Ii=Vi((1/Ri)-(1/Ri2Go))-(1/RiGo)∑(r)(Vr/Rr) (2) .
Consideriamo ora un n-polo a poligono di n(n-1)/2 lati [Dis7.5] . Avremo: Ii=∑(r≠i)((ViVr)/Rri)=Vi∑(r≠i)(1/Rri)-
∑(r≠i)(Vr/Rri) . Quest'ultima relazione è equivalente alla (2) solo se
Rir=RiRrGo . Infatti: Ii=Vi ∑(r≠i)(1/RrRiGo)-∑(r≠i)(Vr/RrRiGo)=Vi(RiGo)∑(r≠i)(1/Rr)-1/RiGo
∑(r≠i)(Vr/Rr)=(Vi/RiGo)∑(r≠i)(1/Rr)-(Vi/Ri^2Go)-(1/RiGo)∑(r≠i)(Vr/Rr)=(Vi/Ri)-(Vi/Ri^2Go)-
(1/RiGo)∑(r≠i)(Vr/Rr) . In conclusione, se abbiamo un n-polo a stella è sempre possibile costruire un n-polo a poligono; il
caso inverso è possibile solo se il numero di equazioni è uguale al numero di incognite, cioè solo nel caso n=3. Osserviamo,
infine che attraverso successive trasformazioni stella-poligono, è possibile eliminare tutti i nodi interni di un n-polo e
trasformarlo in un n-polo a poligono. Supponiamo, allora, di disporre di un n-polo a poligono e di volerne calcolare la matrice
delle conduttanze. Per quanto detto in precedenza basterà calcolare gli n(n-1)/2 parametri Grs con r≠s; avremo quindi Grs=-
(1/Rrs) dove Rrs è la resistenza tra i nodi r ed s dell'n-polo. Infatti per calcolare Grs, basta collegare tutti i nodi, tranne il nodo
s al morsetto o del generatore (vedi figura); ma così facendo ogni bipolo che si trovi su di un lato che non sia collegato ad s
verrà ad essere cortocircuitato e quindi non potrà essere attraversato da corrente. [Dis7.6] Ne consegue che la corrente Ir
dovrà riversarsi tutta nell'unico ramo che partendo da r sia collegato ad s, cioè il ramo con resistenza Rrs. Di conseguenza si
avrà Es=-RrsIr il segno meno è dovuto dalla convenzione del generatore. Grs=-1/Rrs . Il processo mediante il quale, dato un
n-polo se ne ricava la matrice delle conduttanze è detto “analisi dell'n-polo”; il processo inverso cioè data una matrice delle
conduttanze (che soddisfi le condizioni di fisica realizzabilità) ricavarne l'n-polo equivalente è detto “sintesi dell'n-polo”. In
quest'ultimo caso, se Grs sono i valori fuori della diagonale della matrice assegnata, l'n-polo costituito da un poligono
completo i cui rami hanno resistenza Rrs=-1/Grs, ha appunto la desiderata matrice delle conduttanze.
8 – N-bipolo o N-porte (pag.87-96 vale per 7,8)
In un' n-bipolo, per ogni coppia di morsetti associati, la corrente entrante in un morsetto è uguale a quella uscente dall'altro. [Dis8.1] Un
n-bipolo è caratterizzato da n porte costituite dalle n coppie di morsetti associati. Per questo motivo un n-bipolo è detto anche n-porte.
All'n-bipolo lineare, alimentato con n generatori di tensione, possiamo applicare alle n-porte (con convenzione dell'utilizzatore per ogni
porta) il principio di sovrapposizione ed ottenere un sistema del tipo:
I1=G11E1+...+G1rEr+...+G1nEn … Is=Gs1E1+...+GsrEr+...+GsnEn …
In=Gn1E1+...+GnrEr+...+GnnEn (1) . Le Grs sono gli elementi di una matrice NxN che prende il nome di matrice delle conduttanze che
indichiamo con G. Le singole Grs hanno un significato diverso da quello dell'n-polo : Grs=(Ir/Es)|Ei=0 Es≠0 Per ogni i . In altri termini
quando tutte le porte salvo la essesima sono cortocircuitate. In particolare per s=r si avrà una conduttanza propria vista dalla porta r quando
tutte le altre sono in cortocircuito. Ne consegue, come per il caso dell'npolo, che Grr≥0; non sarà invece vero che le conduttanze mutue
debbano necessariamente risultare negative. Questa volta la corrente Ir và da un nodo interno della rete ad un altro nodo anch'esso interno.
Nulla ci assicura che sia negativa per Es positiva. Il teorema di non amplificazione delle correnti ci afferma: dato che |Ir|≥|Is| e Grr≥0
otteniamo Grr=(|Ir|/|Er|)|Ei=0 Er≠0 ≥(|Is|/|Er|)|Ei=0 Er≠0=|Gsr| (2). Dalla reciprocità avremo che Grs=Gsr (3). Quindi sono linearmente
indipendenti solo (n^2-n)/2+n=n(n+1)/2 elementi della matrice delle conduttanze. In questo caso la legge di Kirchhoff per le correnti non
fornisce nessun vincolo poiché da ogni porta una stessa corrente entra da un morsetto ed esce dall'altro. Le condizioni (2), (3) e che le Grr
sono tutte positive sono le condizioni di fisica realizzabilità dell'n-bipolo. Inoltre possiamo descrivere l'n-bipolo anche attraverso una
matrice delle resistenze, risolvendo il sistema di equazioni (1) rispetto alle Es ottenendo E1=R11I1+...+R1rIr+...+R1nIn …
Es=Rs1I1+...+RsrIr+...+RsnIn …
En=Rn1I1+...+RnrIr+...+RnnIn dove si avrà Rrs=Ars/det(G) dove Asr è il minore aggiunto del termine di posto s,r e il det(G) è il
determinante della matrice delle conduttanze. In altri termini la matrice delle G è l'inversa della matrice delle R. Di conseguenza
Rsr≠1/Gsr.

8bis – Doppio Bipolo (pag.87-96 vale per 7,8)


Un caso molto interessante di N-bipolo è il doppio bipolo con N=2. I parametri indipendenti della matrice delle resistenze saranno tre
R11, R22 ed R12=R21 analogamente per la matrice delle conduttanze G11, G22 ed G12=G21. Nei due casi avremo le equazioni
V1=R11I1+R12I2 , V2=R21I1+R22I2 per la matrice delle resistenze ed I1=G11V1+G12V2 , I2=G21V1+G22V2 per la matrice delle
conduttanze. Sotto forma di matrice possiamo scriverle V=RI I=GV dove V ed I sono rispettivamente i vettori colonna delle tensioni e
delle correnti mentre R e G sono le matrici dei parametri delle resistenze e conduttanze. Dunque per sintetizzare un doppio bipolo avremo
bisogno di almeno tre bipoli resistori poiché tre sono i parametri indipendenti che individuano la matrice delle resistenze e conduttanze
in un doppio bipolo. I tre resistori possono essere collegati in due fondamentali modi diversi a stella (o a T) o a triangolo (o a Π) [Dis8b.2]
. Ricaviamo i parametri R e G nei due casi. Per quanto riguarda il doppio bipolo a T R11=Ra+Rb , R22=Rc+Rb R12=Rb ed
G11=1/(Ra+RbRc/(Rb+Rc)) , G22=1/(Rc+RaRb/(Rb+Ra)) , G12=-Rb/(Ra(Rb+Rc)+RbRc) . Nel caso del doppio bipolo a Π si ha
R'11=R'a(R'b+R'c)/(R'a+R'b+R'c) ,
R'22=R'c(R'a+R'b)/(R'a+R'b+R'c) , R'12=R'aR'c/(R'a+R'b+R'c) ed G'11=(R'a+R'b)/(R'aR'b) , G'22=(R'c+R'b)/(R'cR'b) , G'12=-1/R'b . Le
soluzioni che abbiamo scritto quindi ci consentono di determinare le resistenze Ra, Rb, Rc ed R'a, R'b, R'c del doppio bipolo a stella e a
triangolo che realizza una qualsiasi matrice delle resistenze o delle conduttanze che soddisfano le condizioni di fisica realizzabilità.
Possiamo concludere che un qualsiasi insieme di parametri R e G può essere sintetizzato da un doppio bipolo a T o a Π. Si può facilmente
notare che la R12 e G12 possono essere sia positive che negative, mentre le relazioni trovate consentirebbero di sintetizzare solo matrici
delle R con Rm≥0 e delle G con Gm<0. Risolviamo il problema andando ad invertire i morsetti secondari. [Dis8b.3] Per la stella avremo:
R12=-Rb , G12=Rb/(Ra(Rb+Rc)+RbRc) ; per il triangolo avremo R'12=-R'aR'c/(R'a+R'b+R'c) , G'12=1/R'b . Supponiamo ora di chiudere
la porta secondaria su di un carico R vogliamo calcolare il valore della resistenza vista dalla porta primaria. [Dis8b.4] le equazioni sono
V1=R11I1+RmI2 , V2=RmI1+R22I2 , V2=-RI2 . Ricavando I2 dalla seconda in cui V2 è stato eliminato dalla terza equazione si ottiene:
I2=-RmI1/(R+R22) e sostituendo nella prima si ha Rc=V1/I1=R11-R2m/(R+R22) . Quindi utilizzando un doppio bipolo è possibile
variare a piacimento la resistenza equivalente vista da un generatore collegato a monte. Questa variazione del carico per adattarla al
generatore comporta che la potenza viene necessariamente dissipata nel doppio bipolo adattatore. Essa è pari a V1I1+V2I2 cioè
P=R11I21+2RmI1I2+R22I22 . Con opportuni passaggi possiamo ottenere P=V21/R11+I22/G22 espressa come somma della potenza
assorbita dalla porta primaria quando la secondaria è a vuoto e la potenza assorbita dalla porta secondaria quando la primaria è in corto
circuito. Inoltre per un doppio bipolo è possibile esprimere la V1 e la I2 in funzione della V2 ed I1 ottenendo: V1=h11I1+h12V2 ,
I2=h21I1+h22V2 I parametri h sono detti parametri ibridi. Osserviamo che non hanno tutti la stessa dimensione: h11 ha le dimensioni di
una resistenza h22 quelle di una conduttanza , h12=(V1/V2)|I1=0 , h21=(I2/I1)|V2=0 hanno dimensioni di numeri puri. La reciprocità p
espressa dalla relazione h21=-h12. Una rappresentazione analoga in cui V2 e I1 sono espressi in funzione di V1 ed I2 viene detta a
parametri g I1=g11V1+g12I2 , V2=g21V1+g22I2 . Un ultimo modo di rappresentare il doppio bipolo è la matrice di trasmissione che
mette in relazione le grandezze di una porta con quelle dell'altra: V1=t11V2+t12I2 , I1=t21V2+t22I2 . Essa sottolinea il fatto che il doppio
bipolo può essere visto come un sistema di trasferimento ingressouscita. Essa è utile quando vogliamo esprimere in modo sintetico la
caratteristica dei due bipoli in serie (o cascata): U'=T'U ed U''=T''U' (U vettori di ingresso ed uscita) e combinando le relazioni U''=T'T''U
la matrice equivalente è il prodotto delle matrici di trasmissione dei doppi bipoli in cascata. Notiamo inoltre che non ttutte le
rappresentazioni sono possibili per lo stesso doppio bipolo, ciò risulta evidente applicando le definizioni a particolari bipoli (a pigreco).
9 – Reciprocità nelle reti elettriche (pag.66-67)
Enunciato: si consideri una rete passiva qualsiasi e si individuino in essa due rami, diciamo il ramo a ed il ramo b.
Alimentiamo la rete ponendo un generatore di tensione Ea nel ramo a ed indichiamo con Ib la corrente, in un
determinato verso, che circola nel ramo b in conseguenza dell'inserimento del generatore Ea nel ramo a. Viceversa
sia I'a la corrente prodotta nel ramo a quando un generatore E'b è inserito nel ramo b della rete passiva. In
conclusione una volta si alimenta la rete dal lato a e un'altra volta si alimenta dal lato b individuando le rispettive
correnti nei rami b ed a. [Dis9.1]. Il Teorema afferma che Ea/Ib=E'b/I'a. Cioè il rapporto tra causa in a ed effetto
in b è uguale al rapporto tra causa in b ed effetto in a. Da ciò il nome di reciprocità. Per la dimostrazione
applichiamo il teorema di Tellegen alle due reti. Nel riquadro ovviamente c'è una rete passiva. Il teorema di
Tellegen afferma: ∑(k)VkI'k=0 ed ∑(k)V'kIk=0 . Evidenziando il ramo attivo e tenendo conto che per ogni ramo
della rete passiva è Vk=RkIk (k diverso da a) ed V'k=RkI'k (k diverso da b), Va=-Ea*RaIa (k=a) e viceversa con
k=b, si ha:
-EaI'a+RaIaI'a+∑(k≠a)RkIkI'k=0 , -E'bIb+RbI'bIb+∑(k≠b)RkI'kIk=0 . Inserendo di nuovo i termini di a e b nelle
sommatorie otteniamo -EaI'a+∑(k)RkIkI'k=0 , -E'bIb+∑(k)RkI'kIk=0 . Le sommatorie stesse sono ora estese a tutti
i rami della rete. Dalla uguaglianza di tali sommatorie deriva Ea/Ib=E'b/I'a come volevasi dimostrare.

10 – Potenza nei regimi sinusoidali (pag.174-175)


La potenza istantanea assorbita da un qualsiasi bipolo sottoposto alla tensione v(t) e percorso dalla corrente i(t) è
per definizione, p(t)=v(t)i(t). Nel caso particolare di un regime sinusoidale si ha: p(t)=v(t)i(t)=√2Vsinωt√2Isin(ωt-
φ)=VI[cosφ+sin(2ωt-φ-π/2)]. In altri termini, la potenza in regime sinusoidale è la somma di un termine costante,
pari al prodotto del valore efficace della tensione per il valore efficace della corrente per il coseno dell'angolo φ tra
i due fasori, più un termine oscillante di frequenza 2ω. Dato che il termine oscillante ha valor medio nullo, il valore
della potenza media è pari al termine VIcosφ ovvero P=1/T (0∫T) v(t)i(t)dt=VIcosφ . Ciò giustifica anche la nostra
scelta di utilizzare il valore efficace anziché il valore massimo quale modulo del fasore rappresentativo di tensioni
e correnti. Con questa scelta se si dà all'operatore prodotto scalare tra due vettori l'usuale significato di prodotto
dei moduli dei vettori per il coseno dell'angolo che essi formano, si può affermare che in regime sinusoidale la
potenza media è pari al prodotto scalare del vettore rappresentativo della tensione per quello rappresentativo della
corrente: P=VI(mettici due sbarrette sopra)=VIcosφ. La potenza media viene anche detta potenza attiva. In effetti
il valore della potenza media consente di calcolare agevolmente la quantità di energia trasferita in un determinato
intervallo di tempo t-t0, come il prodotto della potenza media per l'intervallo stesso (naturalmente tt0 contenga
molti periodi T). Ci aspettiamo dunque che per la potenza media valga, così come per l'energia, un teorema di
conservazione: la potenza attiva fornita dai generatori deve essere uguale a quella utilizzata dagli utilizzatori.
POTENZA ISTANTANEA : p(t)=v(t)i(t)=√2Vsinωt√2Isin(ωt-φ)=VI[cosφ+sin(2ωt-φ-π/2)].

POTENZA MEDIA: P=1/T (0∫T) v(t)i(t)dt=VIcosφ


11 – Il circuito risonante (pag.180.185)
Si può verificare in un circuito RLC serie, alimentato da un generatore di fem sinusoidale di frequenza angolare ω,
la condizione per cui la caduta capacitiva compensa perfettamente la caduta induttiva ed il circuito appare al
generatore come puramente ohmico. Per determinati valori di L e C quanto detto accade per una frequenza del
generatore pari ad ω0=1/√(LC) che è proprio la frequenza alla quale il circuito in assenza di cause dissipative, cioè
per R=0, è in grado di oscillare liberamente. Tale condizione è detta di risonanza tra le frequenze del forzamento
e quella del sistema. Un circuito di tal genere è detto circuito risonante. Del tutto equivalente è il caso del circuito
RLC parallelo detto anche antirisonante. In esso la corrente erogata dal generatore, che è somma delle tre correnti
rispettivamente nell'induttore, nel resistore e nel condensatore, si riduce ad essere uguale alla sola corrente nel
resistore poiché le altre due sono uguali ed opposte. Mentre nel circuito serie, in assenza della resistenza R,
l'impedenza risultante è nulla, nel circuito parallelo in assenza di resistenza con R=∞, l'impedenza risultante è
infinita. [Dis11.1]. Ovviamente abbiamo imposto che la rete sia a regime cioè vi sia stato un transitorio, in tempi
lontani, che abbia portato alla situazione di regime. Durante il transitorio il generatore ha fornito ai due elementi
con memoria presenti nella rete una certa quantità di energia. Dato che l'energia immagazzinata nel condensatore
è proporzionale al quadrato della tensione su di esso, e quella dell'induttore è proporzionale al quadrato della
corrente che lo attraversa, evidentemente se corrente e tensione non sono in fase, ma in quadratura succederà che
quando l'energia associata al campo elettrico (condensatore) è massima, quella associata al campo magnetico
(induttore) è nulla, e viceversa. Se in particolare tali energie massime sono uguali, una volta raggiunto il regime
vedremo un periodico scambio tra energia del campo elettrico e quella del campo magnetico, dove il generatore si
occuperà solo di fornire la potenza dissipata dal resistore. Supponiamo che nel circuito risonante serie il generatore
di tensione sia a frequenza variabile da 0 ad ∞. Riportiamo in un diagramma la curva del modulo della corrente I
in funzione della frequenza. Tale diagramma è anche l'inverso del modulo dell'impedenza. [Dis11.2] Per ω=0, I=0
perché il condensatore a tale frequenza presenta un'impedenza infinita, analogamente per ω=∞ la corrente è nulla
per merito dell'induttore. Per ω=ω0 il modulo della corrente ha un massimo pari ad E/R. Nel diagramma sopra
riportato viene visualizzato l'andamento di I normalizzato al suo valore massimo E/R; inoltre è rappresentata la
fase φ dell'impedenza al variare di ω. Osserviamo che per frequenze inferiori a quella di risonanza il circuito si
comporta come un carico capacitivo: prevale l'impedenza del condensatore. Invece per frequenze superiori a quella
di risonanza il carico è induttivo. Alla frequenza di risonanza il carico si comporta come se fosse resistivo. Tale
curva è la rappresentazione di f(ω)=R/√(R2+(ωL-1/(ωC))^2) , ponendo Q=ω0L/R=1/(ω0RC) otteniamo
f(ω)=1/√(1+Q2(ω/ω0-ω0/ω)^2) dove f(ω) è detta curva di risonanza e Q fattore di qualità o di merito del circuito.
All'aumentare di Q, f(ω) diventa sempre pià ripida nell'intorno di risonanza ω0 [Dis11.3]. Supponiamo che la
tensione del generatore non sia sinusoidale ma periodica. Scomponiamola in una somma di infiniti termini
sinusoidali a frequenza diversa (le armoniche della serie di Fourier). Consideriamo il circuito come un doppio
bipolo con in ingresso il generatore a frequenza variabile dal quale si preleva in uscita la tensione sul resistore R.
Per la sovrapposizione degli effetti anche la tensione in uscita può essere vista come somma delle risposte delle
singole armoniche. Ogni armonica della tensione in ingresso vede una diversa indipendenza del circuito a causa
della diversa frequenza. Quindi le ampiezze delle armoniche con frequenza vicino a quella di risonanza risulteranno
amplificate rispetto alle altre. Per questo motivo il circuito si è comportato come un “filtro” lasciando passare un
determinato intervallo di frequenze e attenuando le altre. Se per esempio in ingresso abbiamo un'onda quadra che
in uscita avrà un andamento temporale tanto più vicino ad una sinusoide quanto più alto è il fattore di qualità. Se
la frequenza di risonanza del circuito è pari a quella della fondamentale armonica dell'onda quadra in uscita si avrà
quella sinusoide a quella frequenza, essa sarà deformata per la presenza delle armoniche di ordine superiore, anche
se attenuate sono sempre presenti. Se il circuito è sintonizzato sulla seconda armonica, cioè la sua frequenza di
risonanza è pari al doppio di quella fondamentale dell'ingresso in uscita avremo un segnale nulla. Infine il concetto
di potenza media ci consente di dare interpretazioni del fattore di qualità di un circuito risonante in termini di
energie in gioco. Alla risonanza l'energia immagazzinata nel condensatore e nell'induttore è:
W(t)=1/2[Li^2(t)+Cv^2(t)]=1/2LI^2msin2(ωt)+1/2Cv^2msin^2(ωt+π/2)=1/2LI^2msin^2(ωt)+1/2(C
I^2m/ω0^2C^2)cos^2(ωt)=1/2LI^2msin^2(ωt)+1/2LI^2mcos^2(ωt)=1/2LI^2m . Quindi è costante ed uguale
all'energia massima immagazzinata nell'induttore (o nel condensatore). Ricordando che l'energia dissipata in un
resistore in un periodo è pari a RI^2T per cui si ha Q=ω0LI^2T/RI^2T=2πLI^2/RI^2T . Se ne deduce quindi: Q=2π
(energia immagazzinata)/(energia dissipata in un periodo).
12 – Accoppiamento Mutuo (pag.189-...)
Nei regimi dinamici c'è un particolare doppio bipolo: accoppiamento magnetico mutuo tra due circuiti. Un induttore è un avvolgimento
di un certo numero di spire su di un supporto che ha il compito di amplificare il campo magnetico prodotto dalla corrente che circola
nell'avvolgimento. I due estremi dell'avvolgimento costituiscono i morsetti del bipolo. Supponiamo che il campo magnetico prodotto dalla
corrente in un avvolgimento si estenda in una zona dove c'è un altro avvolgimento. Avremo un sistema a quattro morsetti e quindi un
doppio bipolo con le relazioni caratteristiche: v1=L1(di1/dt)+M12(di2/dt) , v2=M21(di1/dt)+L2(di2/dt) dove i coefficienti M12 e M21
prendono nome di coefficienti di mutua induzione mentre L1, L2 sono detti auto induzione primaria e secondaria. A differenza dei
coefficienti di autoinduzione i coefficienti di mutua induzione possono essere sia positivi che negativi. Il simbolo è il seguente [Dis12.1]
dove i due puntini neri stanno ad indicare che se si sceglie come verso positivo per le correnti quello entrante nel morsetto con il punto e
si adotta una convenzione dell'utilizzatore allora il segno di M è quello fornito. Il teorema di reciprocità afferma: M21=M12 infatti
M21(di1/dt) è la tensione prodotta al secondario per la presenza della corrente i1 al primario; e viceversa M12(di1/dt) è la tensione
prodotta al primario per la presenza della corrente i2 al secondario. Facciamo alcune osservazioni dal punto di vista energetico. La potenza
istantanea assorbita (convenzione dell'utilizzatore per entrambe le porte) del doppio bipolo è:
p=v1i1+v2i2=L1i1(di1/dt)+M12i1(di2/dt)+M21i2(di1/dt)+L2i2(di2/dt) . Quindi dW=ρdt=1/2l1di1^2+M12i1di2+M21i2di1+1/2L2di2^2
. Ma tale variazione deve essere un differenziale esatto. Cioè la variazione finita di energia che si ottiene integrando quella infinitesima
tra due punti (i1-,i2-) ed (i1+,i2+) del piano reale delle correnti [i1,i2] sarà indipendente dal percorso [Dis12.2]. Ciò è vero se M12=M21=M
e W=1/2L1i1^2+Mi1i2+1/2L2i2^2 tale espressione rappresenta l'energia magnetica immagazzinata in un accoppiamento mutuo. Tale
energia deve essere positiva. Quindi (W/i1^2)=1/2L1+M(i2/i1)+1/2L2(i2^2/i1^2)=1/2L1+Mx^2+1/2L2x dove x è il rapporto tra le due
correnti, tale equazione è una parabola e la soluzione è |M|≤√(L1L2). La condizione M^2=L1L2 si dice accoppiamento perfetto. Se tale
condizione è verificata esiste una coppia di valori i1 ed i2 tali che W=0. Se l'accoppiamento è perfetto è possibile annullare completamente
il campo prodotto dalla corrente in uno dei due circuiti, facendo circolare nell'altro una opportuna corrente. k=M/√(L1L2) esso è il
coefficiente di accoppiamento e varia tra -1 ed 1.

13 – L'accoppiamento mutuo in regime sinusoidale (pag.192-195)


Consideriamo un doppio bipolo accoppiamento mutuo in regime sinusoidale, possiamo fare uso dei simboli vettoriali e parlare
di impedenza propria o autoimpedenza ed impedenza mutua. Le equazioni sono (asterisco per vettore, sbarra sopra; circoletto
per derivata, punto sopra; w per omega) V*1=Z°11I*1+Z°12I*2=jwL1I*1+jwMI*2 ,
V*2=Z°21I*1+Z°22I*2=jwMI*1+jwL2I*2 [Dis12.2 senza indicare L1 ed L2]. Il doppio bipolo accoppiamento magnetico in
regime sinusoidale è dunque caratterizzato globalmente dai valori delle tre impedenze Z°11, Z°22, Z°m corrispondenti ai tre
parametri indipendenti che lo individuano L1, L2, M. Possiamo costruire un circuito equivalente dove i tre parametri
indipendenti sono messi in evidenza.
Primo caso: accoppiamento perfetto. M^2=L1L2 => L1/M=M/L2 detto rapporto di trasformazione ed indicato con il simbolo
a. Consideriamo ora le due equazioni V*1 e V*2 e riscriviamole mettendo in evidenza nella prima jwL1 e nella seconda jwM
ottenendo:
V*1/(jwL1)=I*1+MI*2/L1=I*1+I*2/a , V*2/(jwM)=I*1+L2I*2/M=I*1+I*2/a ; dividendo membro a membro le due ultime
equazioni otteniamo V*1/V*2=a (1) ; mentre nella prima I*1=I*2/a+V*1/(jwL1) (2). Le due ultime equazioni essendo
equivalenti alle equazioni scritte inizialmente di V*1 e V*2 descrivono anch'esse il doppio bipolo accoppiamento magnetico
perfetto. Se consideriamo L1 che tende ad infinito cioè molto grande si ha V*1/V*2=a ; I*1/I*2= 1/a esse definiscono un
doppio bipolo ideale detto trasformatore ideale. Il trasformatore ideale è caratterizzato da un solo parametro: il rapporto di
trasformazione a [Dis.13.1]. Se ritorniamo alle equazioni che descrivono il doppio bipolo accoppiamento perfetto, (1) e (2)
che esprimono rispettivamente che le tensioni sono nello stesso rapporto che avrebbero in un trasformatore ideale, e che la
corrente al primario può essere vista come somma di una corrente che è la stessa che si avrebbe in un trasformatore ideale
più la corrente che circola nell'induttanza L1 quando essa è sottoposta alla tensione primaria. In altri termini le formule (1) e
(2) caratterizzano anche il circuito equivalente dell'accoppiamento magnetico perfetto, tale circuito è il seguente: [Dis13.2].
Secondo caso : accoppiamento non perfetto. Supponiamo di scomporre le induttanze L1 ed L2 in due parti L'1 e L'2, L''1 e
L''2 tali che : L'1+L''1=L1 , L'2+L''2=L2 m L''1+L''2=M^2 . Le tre equazioni definiscono i quattro parametri L con un grado
di liberà in quanto le equazioni che le determinano sono tre. Esistono quindi infinite scelte possibili per ottenerne una basta
fissare una dei parametri ed ottenere gli altri. Osserviamo che nelle seguenti equazioni: V*1=jwL'1I*1+(jwL''1I*1+jwMI*2)
, V*2=jwL'2I*2+(jwMI*1+jwL''2I*2) abbiamo scritto tra parentesi i termini che descrivono un accoppiamento perfetto. Per
ottenere un circuito equivalente di un accoppiamento non perfetto basterà aggiungere a quello di un accoppiamento perfetto
le due cadute di tensione jwL'1I*1 e jwL'2I*2 rispettivamente al primario ed al secondario. [Dis12.3]. Naturalmente data
l'arbitrarietà possiamo costruire infiniti circuiti equivalenti, in particolare sono possibili due scelte L'1=0 o L'2=0 in questo
secondo caso il circuito equivalente sarà: [Dis12.4]. Si noti che i morsetti secondari di un doppio bipolo trasformatore ideale
sono chiusi su di una impedenza Z°. [Dis13.4] Il rapporto tra tensione e corrente al primario sarà V*1/I*1=a^2V*2/I*2=a^2Z°
cioè il primario vede un'impedenza a^2 volte più grande di quella chiusa sul secondario. Quanto detto fornisce un metodo
generale per eliminare gli accoppiamenti mutui presenti in un circuito e ricondurre la rete ad una equivalente [Dis13.6].
L'accoppiamento mutuo ed il trasformatore ideale sono trasparenti per le potenze attive infatti in tali doppi bipoli non sono
presenti elementi dissipativi, quindi la potenza attiva alla porta primaria è uguale ed opposta a quella della porta secondaria,
avendo scelto la convenzione dell'utilizzatore ad entrambe le porte, la potenza attiva totale assorbita dal doppio bipolo è
identicamente nulla. Il trasformatore ideale è trasparente anche per le potenze reattive, mentre l'accoppiamento mutuo assorbe
una certa potenza reattiva: Q=wL1I1^2+V1^2/(wM^2/L2).
14 – Trasformatore (pag.196-198)
Il nome “trasformatore ideale” è stato dato al doppio bipolo quando abbiamo costruito il circuito equivalente di un
accoppiamento mutuo. Per trasformatore ideale si tratta di un accoppiamento mutuo realizzato con due
avvolgimenti che vengono fatti interagire in maniera molto stretta, cioè con coefficiente di accoppiamento in
modulo vicino ad 1. La relazione V*1/V*2=a stabilisce che in tali condizioni le tensioni primarie e secondarie sono
nel rapporto uguali ad a, mentre trascurando la corrente derivata dall'induttanza L1 del circuito equivalente la
relazione I*1= -I*2/a+V*1/(jwL1) afferma che le correnti primarie e secondarie sono nel rapporto -1/a. Tale
rapporto si può dire che è con buona approssimazione il rapporto tra il numero delle spire dell'avvolgimento
primario e quello secondario. Un tale dispositivo consente di ridurre o elevare una tensione aumentando o
riducendo la corrente. Da osservare è il fatto che tutto ciò accade senza nessuna dissipazione di potenza attiva. In
conclusione il trasformatore consente di adattare la tensione alla particolare applicazione. Facciamo qualche
considerazione sulla produzione e distribuzione dell'energia elettrica. Utilizziamo tensioni relativamente basse per
la distribuzione dell'energia elettrica sia per motivi di sicurezza, infatti maggiori sono i danni sugli organismi
viventi quanto maggiore è la tensione; che per motivi economici poiché gli isolamenti necessari in un dispositivo
elettrico sono sempre più costosi all'aumentare della tensione. In Europa il valore efficace della tensione alla
distribuzione è 220V, ma il trasporto di energia elettrica dal punto di produzione è quello di utilizzo avviene tramite
conduttori, che non essendo perfetti, presentano una certa resistenza. In una situazione [Dis14.1] dove G è un
generatore ad una distanza L dal carico che assorbe una corrente I con un determinato φ sotto una tensione V la
potenza dissipata lungo la linea è Pd=2ρI2L/S dove ρ è la resistività del materiale dei materiali conduttori ed S è la
loro sezione. Tale potenza dipende solo dal quadrato del valore efficace della corrente richiesta dal carico. Per
ridurre la corrente di linea e quindi le perdite dovremmo avere a monte dell'utilizzatore un trasformatore riduttore
di tensione in modo da mantenere bassa la tensione sul carico ma di elevare quella sulla linea di trasporto. Quindi
per avere una diminuzione di perdite per le grandi tratte di trasporto è conveniente produrre energia elettrica ad
elevate tensioni e basse correnti ma come detto prima ci sono inconvenienti economici. Il modo più conveniente è
quindi utilizzare un trasformatore elevatore di tensione a valle dei generatori ed a monte della linea, ed un
trasformatore riduttore a monte del carico [Dis14.2]. Nel supporre un trasformatore privo di perdite è una
idealizzazione poiché gli avvolgimenti di cui esso è costituito presentano necessariamente una certa resistenza e
quindi introducono una dissipazione aggiuntiva.

15 – Il problema del rifasamento nelle reti elettriche (pag.199-200)


Le lunghe linee di trasmissione dell'energia elettrica che collegano i luoghi della generazione con quelli della
utilizzazione provoca una presenza di dissipazione in linea dovuta alla resistenza dei conduttori. Ci sono anche
altre conseguenze che ora illustreremo: supponiamo di avere un carico che sotto una determinata tensione assorbe
una potenza attiva P ed una potenza reattiva Q, e supponiamo che la fase dell'impedenza equivalente del carico,
φ=arctg(Q/P) sia positiva cioè carico induttivo. Rappresentiamo in una figura il diagramma fasoriale: [Dis.15.1] è
rappresentata anche una diversa condizione di funzionamento in cui la stessa potenza attiva P è assorbita con una
differente potenza reattiva Q'. La potenza attiva è la stessa nei due casi perchè la componente Icosφ del fasore
rappresentativo della corrente, la sola che entra a determinare la potenza attiva, non è variata. Il caso è ancora più
evidente se si considera il triangolo delle potenze. Ma nei due casi è diverso il modulo della corrente I quindi sono
diverse le potenze dissipate lungo la linea che collega il carico ai generatori che lo alimentano. Tali potenze sono
proporzionali al quadrato del modulo della corrente secondo un fattore R che rappresenta la resistenza equivalente
della linea. Tali perdite possono essere ridotte se in parallelo al carico ci fosse un carico puramente reattivo
(capacitivo) in grado di assorbire una potenza pari a (Q-Q') senza variare la potenza attiva assorbita dal carico
stesso. In tali condizioni il carico si dirà rifasato da cosφ e cosφ', un condensatore in parallelo al carico funziona
da serbatoio di energia. In pratica con il rifasamento si evita che l'energia immagazzinata dal carico che oscilla tra
un punto massimo ed uno nullo, venga continuamente trasferita lungo la linea avanti ed indietro con le conseguenti
perdite. Il “serbatoio di energia” in
controfase consente che lo scambio di energia avvenga tra serbatoio e carico e non tra generatori e carico. In
conclusione il problema del rifasamento si riduce al calcolo della capacità del banco di condensatori da disporre in
parallelo al carico per ottenere il voluto rifasamento. Tale banco dovrà assorbire la potenza reattiva: Qc=-(Q-Q')=-
P(tanφ-tanφ') => Qc=-V^2/Xc=-wCV^2 => C=P(tanφtanφ')/(wV^2) dove φ è l'angolo di fase del carico non
rifasato e φ' quello che si vuole ottenere dopo il rifasamento.
16 – I Sistemi Trifasi (pag.209-214)
Immaginiamo un generatore di tensione sinusoidale costruito in base ai principi generali della interazione
magnetica, cioè una semplice spira rotante in un campo magnetico. Una volta prodotto il campo magnetico per
sfruttarlo in maniera più completa disponiamo di più spire rotanti nella regione in cui esso agisce. Il generatore
produrrà invece di una sola, più tensioni sinusoidali che risulteranno tra loro sfasate nel tempo di angoli
corrispondenti agli angoli che separano nella disposizione spaziale le singole spire. In pratica una spira sarà nelle
condizioni di quella precedente dopo il tempo necessario pari a quello che serve per percorrere l'angolo che le
separa. Un sistema di tensioni di questo tipo prende il nome di polifase, in particolare se le tensioni sono eguali in
modulo (o valore efficace) e sfasate tra di loro di uno stesso angolo il sistema si dice simmetrico, nel caso contrario
dissimmetrico [Dis16.1]. Consideriamo il caso di tre tensioni, sistema di tensioni trifasi simmetrici o non
simmetrici. Se e1(t), e2(t), e3(T) le tensioni dei generatori avremo: e1(t)=√2E1sin(ωt) , e2(t)=√2E2sin(ωt-α2) ,
e3(t)=√2E3sin(ωt-α3) ; se in particolare E1=E2=E3 ed α2=2/3π ed α3=4/3π il sistema è simmetrico diretto. Sistema
simmetrico inverso con E1=E2=E3 ed α2=4/3π ed α3=2/3π [Dis16.2]. Un generatore trifase si può sempre
immaginare realizzato con tre generatori monofase: [Dis16.3]. Tale disposizione si dice a stella. Le tensioni tra i
conduttori di linea prendono il nome di tensioni concatenata e vengono indicate con la lettera V, mentre per le
tensioni tra i conduttori ed il punto comune dei tre generatori con la lettera E prende il nome di centro stella dei
generatori. Tali tensioni vengono dette stellate o di fase. V*12=E*1-E*2 , V*23=E*2-E*3 , V*31=E*3-E*1 .
[Dis16.4] Il triangolo delle tensioni concatenate ha per vertici i tre punti 1, 2, 3 estremi dei vettori rappresentativi
delle rispettive tensioni di fase. Supponiamo di collegare i tre generatori a tre impedenze di carico. Il sistema così
ottenuto si distingue da quello che si otterrebbe collegando i tre generatori sui carichi separatamente solo per il
fatto che il conduttore di ritorno dei tre generatori è in comune. Supponiamo che il sistema oltre ad essere
simmetrico diretto (o inverso, non ha importanza) sia caratterizzato ad avere tre impedenze di carico uguali. Un
tale sistema si dirà equilibrato nelle correnti (od anche nel carico). In queste condizioni le tre correnti sono:
i1(t)=√2Isin(ωt-φ) , i2(t)=√2Isin(ωt-2/3π-φ) , i1(t)=√2Isin(ωt-4/3π-φ) [I*1=Ie^j(wt-φ) , I*2=Ie^j(wt-2/3π-φ) ,
I*1=Ie^j(wt-4/3π-φ)] dove φ è l'angolo in comune delle tre impedenze. Semplicemente si verifica
i1(t)+i2(t)+i3(t)=0 . [Dis16.5] I tre fasori rappresentativi eguali in modulo e sfasati di 2/3π costituiscono i lati di
un triangolo equilatero, quindi la loro somma è sempre nulla. Applicando la legge di Kirchhoff per le correnti al
nodo comune delle tre impedenze O' avremo: I*1+I*2+I*3=I*0. Dove I*0 è la corrente nel conduttore comune di
ritorno nel verso indicato. In condizioni finora considerate la corrente nel conduttore di ritorno deve essere
necessariamente nulla, di conseguenza tale conduttore può essere eliminato e i due punto O ed O' sono allo stesso
potenziale anche se non sono collegati ad un conduttore. Siamo giunti ad uno schema di collegamento a soli tre
conduttori di linea che se il carico è equilibrato è del tutto equivalente a quello precedente. Un tale sistema è detto
trifase senza conduttore neutro (o filo neutro) [Dis16.6]. Immaginiamo adesso di racchiudere i generatori in una
scatola chiusa facendo fuoriuscire solo i tre fili di linea tra i quali sussistono le tensioni concatenate. Situazione
dove possiamo immaginare che l'alimentazione sia un unico generatore trifase [Dis.16.7]. Lo stesso sistema di
alimentazione può essere prodotto da tre generatori di tensione pari a quella concatenata e con gli opportuni
sfasamenti collegati a triangolo. Si dice in questo modo poiché proprio i generatori stessi possono immaginarsi con
la disposizione di un triangolo. Per un collegamento a triangolo non c'è spazio per un filo neutro in quanto manca
O per collegarlo. Naturalmente anche le tre impedenze si possono collegare a triangolo [Dis16.8]. Naturalmente
sono possibili anche le altre combinazioni: generatori a stella carico a triangolo, generatori a triangolo carico a
stella. Nel caso di carico a triangolo le singole impedenze saranno attraversate da correnti diverse sa quelle di linea,
tali correnti sono dette correnti di fase, che si possono calcolare tramite la legge di Kirchhoff ai nodi del triangolo
delle impedenze, così facendo troveremo relazioni tra correnti di linea e quelle di fase J* (sono concatenate)
[Dis16.9].
Nel caso di carico equilibrato a stella e di terna di tensioni simmetrica, anche in assenza di conduttore neutro, il
potenziale O' del centro stella del carico coincide con il potenziale del baricentro O del triangolo delle tensioni
concatenate. Ciò vuol dire che, se si immagina il sistema di tensioni concatenate prodotto da una terna di generatori
a stella che fornisce una terna simmetrica di tensioni stellate, il potenziale di O' coincide con quello del centro
stella dei generatori. In tali condizioni le correnti nelle singole impedenze di carico si calcolano agevolmente come
rapoprto tra le tensioni stellate e le relative impedenze del carico, proprio come se il conduttore neutro fosse
presente I*1=E*1/Z ,I*1=E*2/Z ,I*2=E*2/Z.
17 – Potenza Sistemi Trifase (pag.215-220) CONTROLLARE AARON
Calcolo ora la potenza fornita da sistemi di generatori. In generale per un sistema trifase la potenza totale fornita al carico è
la somma delle potenze erogate dai tre generatori collegati a stella che siano in grado di fornire la assegnata terna di tensioni
concatenate.
p(t)=e1(t)i1(t)+e2(t)i2(t)+e3(t)i3(t)=EI[sinwtsin(wt-φ)+sin(wt-2/3π)sin(wt-2/3π-φ)+sin(wt-4/3π)sin(wt-4/3π-
φ)]=3EIcosφ+EI[cos(2wt-φ)+cos(2wt-4/3π-φ)+cos(2wt-2/3π-φ)] nella potenza istantanea si riconosce il termine costante più
un termine fluttuante che nel caso di sistema trifase è nullo. Se rappresentiamo i tre addendi in un piano dei vettori che ruota
con velocità 2w, la spezzata che essi formano è chiusa quindi la somma è nulla. Quindi nel caso di terna di tensioni simmetrica
e terna di correnti equilibratala potenza che si trasferisce al carico è quella media p(t)=3EIcosφ=√3VIcosφ . Facciamo qualche
altra osservazione per mostrare la convenienza
dell'uso dei sistemi trifasi. Confrontiamo l'alimentazione monofase con quella trifase senza neutro. Supponiamo che il carico
nel sistema trifase sia disposto a triangolo (il risultato è identico se lo supponiamo a stella) e che sia inoltre equilibrato.
[Dis17.1]. La potenza fornita a tale carico è P=√3VIcosφ. Un sistema monofase che sia equivalente a quello trifase deve
fornire la stessa potenza sotto la stessa tensione e con lo stesso fattore di potenza; dal confronto delle due potenze si deduce
I1f=√3I3f . Fino a questo momento abbiamo supposto che i conduttori di linea che collegano i generatori siano di resistenza
nulla ciò è vero se consideriamo tratti piccoli poiché essi sono realizzati con materiali a bassa resistività. Mentre per reti di
collegamento molto grandi i cui generatori siano a km di distanza dagli utilizzatori anche una piccola resistenza provoca
notevoli potenze dissipate Pd3f=3ρL/S3f(I3f)^2 Pd1f=2ρL/S1f(Iif)^2 (Vol)3f=3LS3f=3/4(2LS1f)=3/4(Vol)1f dove ρ è la resistività
del materiale dei conduttori, L la distanza del carico dai generatori e S1f e S3f la sezione dei conduttori rispettivamente
sistema monofase e trifase. Ritorniamo adesso a considerare un sistema trifase con una terna di tensioni concatenate
simmetrica con le tre impedenze non più uguali. In questo caso anche se supponiamo le tre tensioni dei generatori disposti a
stella simmetriche, il potenziale del centro stella del carico; in termini vettoriali O non coincide con O' [Dis17.2]. Con V*OO'
indichiamo il vettore rappresentativo della differenza di potenziale tra il centro stella del carico e quello dei generatori. Tale
vettore individua lo spostamento del centro stella. Dal diagramma vettoriale si ottiene: E*'1=E*1-V*OO' , E*'2=E*2-V*OO'
, E*'3=E*3V*OO' La conoscenza dello spostamento del centro stella ci consente di calcolare le tensioni che insistono sui
relativi carichi e di conseguenza le correnti I*e=E*'r/Z°r=(E*r-V*OO')/Z°r . Per calcolare lo spostamento del centro stella
applichiamo il metodo dei potenziali ai nodi scrivendo l'equazione che esprime la legge di Kirchhoff per le correnti ad uno
dei due nodi presenti nella rete ottenendo: ∑(r) (E*r-V*OO')/Z°r=0 => VOO'=[∑(r) E*r/Z°r ] / [1/Z°r ] tale formula
generalizzata al caso di n rami in parallelo prende il nome di formula di Millmann. Resta da vedere il caso dove anche le
tensioni concatenate non sono più simmetriche. Il procedimento di prima non richiede che la terna di tensioni sia simmetrica,
quindi tale procedimento per la determinazione dello spostamento del centro stella è applicabile anche quando la terna sia
simmetrica. Ovviamente il punto O non sarà più il baricentro del triangolo equilatero delle tensioni concatenate ma in
qualsiasi punto del piano. Esso dipende dalla scelta fatta per la terna di tensioni stellate che produca le assegnate tensioni
concatenate. Per esempio possiamo supporre che il punto O sia coincidente con un vertice del triangolo delle tensioni
concatenate, ciò significa che la terna di tensioni concatenate sia prodotta da due soli generatori [Dis17.3]. Consideriamo per
esempio il caso in cui O sia coincidente con il vertice 3 del triangolo delle tensioni concatenate. In tal caso lo spostamento
del centro stella è dato da: V*OO'=[V*13/Z°1+V*23/Z°2]/∑(r)1/Z°r . Infine il calcolo delle correnti nei singoli lati di un
carico disposto a triangolo è molto semplice infatti sono note direttamente le tensioni sulle singole impedenze sia nel caso di
una terna simmetrica che per quella dissimmetrica.
18 – La misura della potenza nei sistemi trifasi (Teorema di Aron) (pag.221-224)
Una qualche particolarità presenta l'inserzione dei wattmetri in un sistema trifase. Supponiamo inizialmente che esso sia a
stella con il neutro accessibile è evidente che la somma delle indicazioni dei tre wattmetri fornisce la potenza attiva assorbita
dal carico trifase. Si ha infatti, indicando con
W1 , W2 eW3 rispettivamente le tre indicazioni dei wattmetri: W1+W2+W3=E1I1cosφ1+ E2I2cosφ2+ E1I1cosφ.
Naturalmente se il carico è equilibrato e la terna di tensioni simmetrica, si ha: W1=W2=W3=EIcosφ=P/3 , ed, in linea di
principio, un solo wattmetro sarebbe sufficiente.
Supponiamo ora che il centro stella del carico non sia accessibile [Dis18.1]; sembrerebbe, a prima vista, che questo fatto
introduca una difficoltà insormontabile. In effetti ciò non può essere, e non è infatti, come si comprenderà facilmente dalle
seguenti considerazioni. Sia O' il centro stella (non accessibile) del carico ed O'' il punto comune delle tre voltmetriche dei
wattmetri. Se indichiamo con un solo apice le tensioni stellate sul carico e con due le corrispondenti tensioni alle voltmetriche
dei wattmetri, si ha: E*''=E*'-V*O'O''. D'altra parte la somma delle indicazioni dei wattmetri è per
definizione:W1+W2+W3=Σ(r)E*''rIr , dove si è usato il simbolismo del prodotto scalare per rappresentare la potenza attiva.
Sostituendo la penultima nell'ultima equazione abbiamo: W1+W2+W3= Σ(r)E*''rIr-V*O'O''Σ(r)I*r= Σ(r)E*'rIr , dato che la
somma dei fasori rappresentativi delle tre correnti di linea è necessariamente nulla per l'assenza del conduttore neutro. Se ne
conclude dunque - teorema di Aron - che la somma algebrica delle indicazioni dei tre wattmetri è indipendente dal potenziale
del punto rispetto al quale si valutano le tensioni stellate ed è uguale alla potenza attiva assorbita dal carico. Si noti che non
si è dovuto fare alcuna ipotesi sulle tensioni che alimentano il carico - può anche trattarsi, dunque, di un sistema dissimmetrico
- né sulla natura del carico stesso - esso può anche essere non equilibrato; il risultato è del tutto generale. Come applicazione
immediata di questo risultato possiamo far vedere come sia possibile utilizzare due soli wattmetri, invece di tre, per la misura
della potenza attiva in un sistema trifase senza conduttore neutro. Se infatti poniamo il punto O'', per esempio, in collegamento
con il secondo conduttore di linea, l'indicazione del secondo wattmetro è identicamente nulla, perché nulla è la tensione ai
suoi morsetti voltmetrici; ciò rende inutile la presenza del terzo wattmetro. Si arriva dunque ad una inserzione del tipo
descritto in figura, che prende il nome, appunto, di inserzione Aron [Dis18.2]. La somma algebrica delle indicazioni - esse,
infatti, possono anche essere negative - dei due wattmetri fornisce in ogni caso la potenza attiva assorbita dal carico.
Va notato infine che nel caso in cui il sistema trifase sia simmetrico ed equilibrato, e solo in questo caso, la differenza tra le
due misure dei wattmetri nell'inserzione Aron è proporzionale alla potenza reattiva. Si ha infatti: W2-W1=VI[cos(φ-π/3)-
cos(φ+π/6)]=2VIsin(π/6)sinφ=Q/√3. Dove Q è appunto la potenza reattiva totale assorbita dal carico: Q=3EIsinφ=√3VIsinφ.
Nel caso più generale la potenza reattiva è data da: Q=∑(r)ErIrsinφr. Si noti che in virtù del teorema di conservazione delle
potenze complesse, anche nel caso di sistemi trifasi, la potenza attiva e reattiva totale assorbita dal parallelo di due carichi è
pari alla somma delle rispettive potenze assorbite dai due carichi separatamente. Questa considerazione consente di affrontare
il problema del rifasamento di un carico trifase alla stesso modo adottato per i carichi monofasi. Nel caso dei sistemi trifasi
è possibile però una duplice scelta: il banco di condensatori di rifasamento può essere collegato a stella o a triangolo. Per la
stella si ha: Q-Q'=Pa(tgφ-tgφ')=3E^2wCs e per il triangolo: Q-Q'=Pa(tgφtgφ')=3V^2wCr. A parità di potenza reattiva, la
capacità necessaria in un collegamento a triangolo è minore di quella necessaria per un collegamento a stella. Naturalmente,
però, nel secondo caso i condensatori debbono essere progettati per sostenere una tensione minore. Si noti infine che mentre
un carico squilibrato posto in parallelo ad uno equilibrato non modifica il potenziale del centro stella del carico equilibrato,
se tra i due centri stella dei carichi si dispone un collegamento, allora anche il carico equilibrato non potrà più essere trattato
come tale.

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