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CENNI STORICI DI MEDICINA SUBACQUEA E IPERBARICA

di Antonello Sanna

La prima testimonianza di un'arcaica forma di camera iperbarica viene descritta nel "Libro dei
Re" dal poeta persiano Firdusi. Il poeta narra che Alessandro Magno nel 332 a.c. durante
l'assedio della città di Tiro si immerse nelle acque dell'Egeo per osservare il mondo marino.
Per realizzare questa esperienza fece costruire una specie di grande botte, larga 3,70 m e
alta 2 m, resa stagna con il bitume, rafforzata con lastre di bronzo e dotata di portelli di vetro
che consentivano di osservare l'ambiente subacqueo.
La campana di vetro venne denominata "Skaphe andros", letteralmente "uomo barca".
La leggenda narra che una volta realizzato lo Skaphe Andros, esso fu imbarcato su una
nave fenicia e portato sul luogo dell'immersione. Si racconta che il giorno della prova lo
Skaphe Andros venne rifornito di viveri, di lampade a olio e di tuniche per il freddo. Alle dieci
del mattino entrarono nella botte Alessandro Magno e Nearco, il comandante della flotta
greca. La botte venne immersa in mare opportunamente zavorrata e sostenuta da robuste
funi. L'immersione durò fino a notte, dopodiché Alessandro ordinò la risalita.
La passione di Alessandro Magno per il mondo subacqueo venne ispirata da Aristotele, del
quale fu discepolo.
Il filosofo era anche un appassionato di problemi legati al mondo sommerso e gli parlò
dell'idea della costruzione delle campane subacquee.

Il disegno illustra l’immersione di Alessandro Magno con lo Skaphe Andros. L’illustrazione è tratta dall'opera Roman
d’Alexander, una raccolta di leggende sulla vita di Alessandro Magno. Il testo è un apocrifo falsamente attribuito
a Callistene (II sec.), l'autore è spesso citato come "pseudo Callistene". L’opera venne tradotta poi in latino alla fine del
sec. III da Giulio Valerio Polemio (Res gestae Alexandri) Magni).
Nel 1662 si devono al medico ed ecclesiasta inglese I.N. Henshaw i primi studi di medicina
iperbarica.
Il medico inglese incuriosito da come le variazioni della pressione barometrica, dalla
montagna al mare, influenzassero la guarigione delle patologie, fece realizzare una camera
iperbarica stagna che prese il nome di "Domicilium di Henshaw" dove poter ricreare per
mezzo di un mantice d'organo con valvole di controllo del flusso d'aria sia le
condizioni iperbariche che ipobariche.
Anche se le teorie di Henshaw non avevano una base medico-scientifica egli ritenne che in
presenza di condizioni iperbariche si potessero trattare le patologie acute mentre ricreando
delle condizioni ipobariche, dunque con un'aria più rarefatta, si potessero trattare le
patologie croniche e in particolare le varie affezioni a carico dei polmoni.
.Gli studi di Henshaw caddero nel dimenticatoio per tanti anni a causa della scarsa
considerazione che le sue teorie ebbero in ambito medico.

Un’illustrazione del "Domicilium di Henshaw”

Dopo gli studi iniziali di medicina iperbarica condotti da Henshaw nel 1662 bisogna attendere
i lavori di Joseph Priestley e Antoine Laurent Lavoisier alla fine del XVIII sec. per poter
conoscere gli effetti dell’ossigeno (scoperto da Priestley nel 1774) e le basi fisiologiche
dell’iperbarismo.
Nel XIX sec. in Francia la medicina iperbarica suscitò di nuovo interesse in ambito medico-
scientifico grazie agli studi dei medici francesi Tabarie (1832), Junod (1834) e Pravez (1837)
con la creazione di camere iperbariche per i cosidetti "Bagni d'aria" a pressioni terapeutiche
tra le 2 e le 4 ATA per trattare una varietà di malattie polmonari come la tubercolosi, la
laringite, la tracheite, la pertosse e patologie non apparentemente correlate così come la
sordità, il colera, il rachitismo, la menorragia e la congiuntivite.

Nel XIX sec. si diffusero presto in Francia le camere iperbariche portatili per favorire il
trattamento dei pazienti a domicilio.
Prima dell'avvento delle camere iperbariche portatili molti americani si recarono in Francia
per usufruire dei "bagni d'aria" nelle camere iperbariche concepite in seguito agli studi
condotti tra il 1832-37 dai medici francesi Tabarie, Junod e Pravez.
Nella foto è presente uno dei primi modelli di camera iperbarica portatile sorta in Francia nel
XIX sec.
Agli albori della medicina iperbarica uno degli studi più importanti fu quello condotto nel 1879
dal medico francese J.A. Fontaine il quale concepì una sala operatoria all'interno di una
camera iperbarica trasportabile pressurizzata con aria a 2 ATA per mezzo un compressore
ad azione manuale.
A quei tempi la principale causa di morte in sala operatoria era dovuta alle infezioni causate
dalle pessime condizioni igieniche.
J.A. Fontaine eseguì con successo oltre 20 interventi chirurgici in camera iperbarica
somministrando come gas anestetico il protossido d'azoto in ambiente iperbarico.
Il medico francese dimostrò come nei pazienti operati in iperbarismo vi fosse una più rapida
rimarginazione delle ferite e nessuna insorgenza di infezioni poiché la pressione parziale
dell’ossigeno (PO2), doppia rispetto alle naturali condizioni ambientali, aveva un’azione
batteriostatica e battericida contro l’insorgenza dei batteri anaerobi. Inoltre le condizioni
iperbariche favorivano un'efficacia più prolungata del gas anestetico.
Forte del successo di questi interventi, Fontaine pensò di ideare un grande anfiteatro
iperbarico per gli interventi chirurgici capace di ospitare 300 pazienti. Il progetto non venne
mai realizzato. Il medico francese morì in seguito ad un incidente durante uno dei suoi
esperimenti.

Fontaine’s mobile operating room (1879)

Si deve all’ingegnere italiano Jean-Baptiste De Voglie (al secolo Giovanni Bentivoglio) la


svolta nell’evoluzione delle lavorazioni nel sottosuolo. Nel 1733 fu il primo a sperimentare il
metodo dei cassoni per costruire le fondamenta del ponte di Saumur (Francia, 1753).
Il cassone era una struttura cilindrica aperta in basso e immersa in acqua. Inizialmente il
cassone era realizzato in legno e al suo interno veniva pompata aria compressa a una
pressione superiore rispetto al peso della colonna d’acqua al fine di eliminare l’acqua e la
sabbia in modo che gli operai potessero eseguire gli scavi al suo interno sotto pressione.
Tuttavia le fondamenta realizzate a quell'epoca usando il metodo sperimentale dei cassoni
erano poco profonde e durature.
Nel XIX l’ingegnere francese Jacques Triger sviluppo e migliorò l’ingegneria dei cassoni
anche grazie alle nuove evoluzioni tecnologiche. Nel 1839 per eseguire gli scavi in una
miniera di carbone sul fondo del fiume Loira venne adottato per la prima volta il cassone
realizzato in cemento armato all’interno del quale lavoravano dei compartimenti pneumatici
in lamiera pressurizzati ad aria respirabile dove gli operai accedevano e uscivano mediante
un compartimento di compensazione per raggiungere il fondo del cassone ed eseguire gli
scavi. Gli operai che scavavano nei cassoni erano costretti a lavorare in spazi angusti,
sempre a contatto con il fango e con turni di lavoro massacranti, inoltre le rapide e frequenti
decompressioni dettero origine a una patologia che inizialmente fu chiamata “La malattia dei
Cassoni”, la cui patogenesi era allora sconosciuta.
Fondamentali furono gli studi iniziati nel 1854 dal fisiologo e politico Paul Bert che dimostrò
che la "Malattia dei Cassoni" era causata dall'azoto che veniva assorbito dai tessuti durante
l'immersione e che veniva rilasciato dai tessuti sotto forma gassosa per le rapide
decompressioni. La "Malattia dei Cassoni" prese poi il nome di "Malattia da Decompressione
(MDD)".
Nel 1870, quando iniziarono i lavori del ponte di Brooklyn con il metodo Triger che
terminarono nel 1883, vennero registrati negli operai che lavoravano nei cassoni circa 100
casi della “Malattia dei Cassoni”.
Durante i lavori per la costruzione del ponte ci furono 27 morti accertate per la maggior parte
causate dalle embolie.

Schema dell'ingegneria dei "Cassoni"


secondo il metodo Triger

Disegno dei cassoni pneumatici utilizzati per la costruzione delle


fondamenta del ponte di Brooklyn.
Nel 1854 il fisiologo e politico francese Paul Bert fu il primo a studiare la “Malattia dei
Cassoni” alla quale erano soggetti gli operai che lavoravano sotto pressione, soprattutto a
profondità di 40-60 m, nei cassoni progettati dall’ingegnere Jacques Triger.
Paul Bert dimostrò che in fase di immersione i tessuti dell’organismo assorbivano una
quantità di azoto disciolta nel sangue e che in fase di risalita il gas inerte veniva rilasciato dai
tessuti al sangue allo stato gassoso sotto forma di bolle.
Paul Bert sostenne la necessità che gli operai che uscivano dai cassoni facessero una più
lenta decompressione per poi essere ripressurizzati velocemente in una camera iperbarica
che egli costruì insieme al medico Denis Jourdanet al fine di rompere le bolle d’azoto
presenti nel sangue.
Inizialmente il processo di ricompressione veniva eseguito con aria ma gli operai una volta
usciti nella camera iperbarica ripresentavano di nuovo i sintomi della malattia da
decompressione.
Nel 1878 definì gli effetti benefici di una miscela respiratoria con l’ossigeno al 60% alla
pressione di 2 ATA per la prevenzione della malattia da decompressione. Paul Bert definì
anche la tossicità dell’ossigeno a carico del sistema nervoso centrale.
Nel 1878 pubblicò il libro "La Pression barométrique", in cui descrisse con vari esperimenti gli
eventi causati negli esseri umani dalle variazioni della pressione atmosferica e della
pressione parziale dell'ossigeno, esponendo in dettaglio gli effetti fisiologici causati della
mancanza di ossigeno (ipossia) e dell'eccessiva esposizione all’ossigeno (iperossia).
Tutt'oggi la neurotossicità dell'ossigeno è definita con il nome di "Sindrome di Paul Bert".

Paul Bert
Nel 1906 il governo britannico commissionò a John Scott Haldane, fisiologo e inventore
scozzese, uno studio per comprendere la patogenesi della diffusa “Malattia dei Cassoni” alla
quale erano spesso soggetti gli operai che lavoravano nei cassoni per la realizzazione delle
fondazioni del sottosuolo.
Haldane era conosciuto a quei tempi per gli studi sulla respirazione e sugli eteri
Definì le proprietà dell' “Effetto Haldane” secondo il quale il legame chimico tra l'ossigeno e
l'emoglobina (ossiemoglobina, HbO2) rendeva più acida l’emoglobina rendendo meno
favorevole il legame tra l'emoglobina e l’anidride carbonica (carbaminoemoglobina, HbCO2)
favorendo lo spostamento dell'anidride carbonica dal sangue agli alveoli e il suo rilascio a
livello alveolare.
Haldane fu anche l’inventore della maschera antigas nella Prima Guerra Mondiale.
Basandosi sulla legge di Henry che regola la solubilità dei gas nei solventi dimostrò che la
causa della malattia da decompressione era dovuta ad una non corretta decompressione.
Nel 1908, coadiuvato dai suoi collaboratori Arturo E. Boycott e Guybon C. Damant pubblicò il
lavoro scientifico "The Prevention of Compressed-air Illness" sulla malattia da
decompressione facendo riferimento agli innumerevoli esperimenti condotti sulle capre in
camera iperbarica. Schematizzò i tessuti dell’organismo secondo compartimenti, ovvero
quell'insieme di tessuti che hanno simili caratteristiche rispetto alla velocità di assorbimento e
rilascio del gas inerte. Stabilì il principio più importante, quello del rapporto di sovra-
saturazione critica. Così chiamò il massimo valore ammissibile della variazione di pressione
alla quale può essere sottoposto l’organismo umano per non riportare incidenti. Realizzò le
tabelle di decompressione con procedure d’immersione ad aria sino a 65 m.
Le tabelle di decompressione di Haldane vennero adottate dalla Marina Militare Reale
Britannica e nel 1912 dalla US.Navy.
.

John Scott Haldane

Nel 1960 il prof. Boerema, illustre cardiochirurgo e fisiologo di Amsterdam, fu il primo a


sperimentare il meccanismo d'azione dell'ossigenoterapia iperbarica pubblicando i risultati
nella celebre pubblicazione “Live without blood”. Per l'esperimento adoperò alcuni maialini
privati chirurgicamente dei globuli rossi e li mise in una camera iperbarica pressurizzata con
ossigeno puro a 3 ATA con all'interno il necessario per la loro sussistenza.
Questi maiali seppur anemizzati riuscirono a sopravvivere in iperbarismo per 1 settimana.
Questo fu possibile grazie alla legge fisica di Henry, formulata da William Henry nel 1803 che
regola la solubilità dei gas nei solventi.
«Se un gas che esercita una pressione sulla superficie di un liquido, vi entra in soluzione
finché in quel liquido avrà raggiunto la stessa pressione che esercita sopra di esso»
A temperatura costante, la solubilità di un gas è direttamente proporzionale alla pressione
che il gas esercita sulla soluzione. Il liquido si definisce saturo quando avrà raggiunto la
stessa pressione del gas che esercita una pressione su di esso.
C=KP
In cui C è la concentrazione fisica del gas disciolto nella soluzione, P è la pressione del gas
sovrastante la soluzione e K è detta "Costante di Henry", una costante tipica che dipende
dalla natura chimica del rapporto soluto-solvente.
In natura quando respiriamo siamo costantemente soggetti alla legge di Henry.
In camera iperbarica i maialini respirarono ossigeno puro a 3 ATA e la parte liquida del
plasma venne fisicamente saturata di ossigeno (non legata all'emoglobina).
La frazione molare di ossigeno disciolta nella parte liquida del plasma fu talmente elevata da
rendere totalmente obsoleta la presenza dei globuli rossi, riuscendo a mantenere efficienti
tutte le funzioni vitali nonostante i maialini fossero stati anemizzati.
Al termine dell'esperimento i maialini vennero di nuovo iperfusi con i globuli rossi e
continuarono a vivere.
Questo esperimento ebbe un'importante rilevanza mondiale e pose le basi scientifiche
per gli studi dell'attuale medicina iperbarica e subacquea

Foto dell’esperimento del prof.Boerema

"The Cunningham Sanitarium", l'ospedale iperbarico che con i suoi 20 m. di diametro,


sviluppato in 5 piani e le 900 t. di peso rappresenta la più grande camera iperbarica concepita
nella storia.
Situata a Cleveland, Ohio, la sua realizzazione ebbe un costo di 1,000,000$.
L'impianto iperbarico venne ideato dal medico Orval J. Cunningham, finanziato dall’industriale
Henry H. Timken proprietario del Timken Roller Bearing Co. di Canton, OH, e progettato dal
capo ing. Alois Hauser della società di Timken.
L’ospedale iperbarico dopo un anno di lavori venne inaugurato il 1 dicembre 1928 ed era
stato concepito con 38 stanze e 350 oblò per ospitare sino a 40 pazienti. Gli ambienti interni
vennero realizzati con un notevole sfarzo, senza risparmiare ogni forma di lusso. Questo fatto
destò grande scalpore agli occhi dell'opinione pubblica durante gli anni della Grande
Depressione.
La camera iperbarica era pressurizzata con aria sino a 2 ATA e si accedeva ad essa
mediante un compartimento di trasferimento. Il Dr.Orval J. Cunningham si basò sulla teoria
che la respirazione di aria a 2 ATA, con la pressione parziale dell'ossigeno (PO2) doppia
rispetto alle naturali condizioni di vita, potesse curare molte malattie che riteneva
erroneamente causate dai batteri anaerobi tra le quali il cancro, il diabete e l'anemia
perniciosa.
Nel 1934, 5 anni dopo l’inaugurazione, Orval J. Cunningham fu costretto a vendere la camera
iperbarica a causa dei notevoli costi di gestione e della grave depressione economica.
Negli anni successivi cambiò diversi proprietari senza mai diventare un investimento
economico producente.
Infine, il 31 marzo 1942, su ordine del “Consiglio di guerra degli Stati Uniti” la camera
iperbarica venne demolita e smantellata e il metallo utilizzato per lo sforzo bellico.
Se questa camera iperbarica fosse ancora esistita sarebbe diventata sicuramente un
monumento al pari della Tour Eiffel.

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