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2 - Si avverte che nell'articolo di Umberto Bartocci "La vera identità di Cristoforo Colombo -
Osservazioni e congetture", apparso in Episteme N. 6, viene attribuita infine, tra i
ringraziamenti, la paternità del libro Sulla piacentinità di Cristoforo Colombo al trisnonno
Bernardo Pallastrelli del Dott. Pier Lorenzo Ranieri Tenti, menzionato per questa e altre
importanti informazioni. Orbene, lasciando da parte la questione degli stretti legami tra colui
che risulta l'autore del testo citato e il Pallastrelli, lo studio in oggetto si deve invece al Prof.
Luigi Ambiveri, del quale è nota anche una dissertazione letta nella sala municipale del
Comune di Bettola il giorno 24 marzo 1889, sul tema "Del luogo di nascita di Cristoforo
Colombo" (F. Solari, Piacenza, 1889). Con l'occasione il Dott. Ranieri Tenti, a cui rinnoviamo
i ringraziamenti per la cortese attenzione e collaborazione, ci notifica pure un'eventuale
ulteriore conferma dell'ipotesi illustrata nell'articolo sopra riportato. Nel Libro III (Cap. XXII,
p. 93) dell'opera Geographiae et hydrographiae reformatae libri XII (Bologna, 1661)
dell'astronomo gesuita Giovanni Battista Riccioli (Ferrara, 1598 - Bologna, 1671; fu docente
presso le università di Parma e Bologna) si trova la seguente affermazione: <<Christophorus
Columbus ex Pelestrella stirpe placentina oriundus et postea Liguriae incola>>, la cui
importanza per i fini accennati non sfuggirà certo agli interessati all'ancora oscuro "caso
Colombo".
Necrologi
Cosmologia al bivio
(Alberto Bolognesi)
La pentola vuota
Cosmologia e Filosofia della natura sembrano aver coronato le loro millenarie ricognizioni: la
materia proviene dal nulla. La chimica fondamentale dell'universo discende da una gigantesca
fornitura di idrogeno prodotta da nessuno ma a cui tutti possono attingere pronunciando il
termine magico "Big Bang". A partire da una regione priva di dimensioni e tuttavia dotata di
"densità" e di "temperatura" infinite, questo abracadabra termodinamico si rinormalizzò
attraverso le torsioni matematiche del super raffreddamento, commutando infine le proprietà
infinite in quantità finite. E l'universo fu.
Puramente e semplicemente creato. Ci voleva tanto? Ma non furono i quark, la radiazione, i
fotoni o gli joni pesanti ad accendere il fireball, fu la palla di fuoco proveniente dal nulla a
montare uno ad uno i suoi costituenti particellari. Occorre sempre ricordare che la
"nucleosintesi primordiale" è una conseguenza del Big Bang, non la causa. Struttura della
materia, costanti, leggi della fisica, spazio, tempo e gravitazione sono dunque il "residuo"
imperfetto di una omogeneità perfetta, la cosiddetta simmetria rotta, che accoppiata agli
pseudoconcetti di energia positiva e negativa consente di scrivere alla lavagna la prodigiosa
formula dell'universo a costo zero. Meno uno più uno uguale zero. Nel cilindro dei cosmologi
è il coniglio venuto dal nulla che materializza cappello, prestigiatore e pubblico plaudente.
Una volta acquisito il miracolo e agghindatolo con un lifting superluminale, la saga moderna
della Creazione si scrive da sola: se chiamiamo "tempo zero" l'attimo da cui tutta la materia
emerse istantaneamente da un punto che precedentemente non esisteva, la fisica e la
matematica sono in grado di compilare una rispettabile scaletta già a partire dai "primi"
centomiliardesimi di secondo.
In quei momenti la temperatura iniziale era già precipitata nel dominio delle quantità finite a
circa un bilione di kelvin e la sua densità ridotta "a soli" 10 14 grammi per centimetro cubo.
"Apparvero" fotoni primordiali che trasportavano una tale quantità di energia da essere
interscambiabili con coppie di particelle e di antiparticelle che si annichilavano
reciprocamente restituendo fotoni estremamente energetici. Naturalmente dovevano essere già
presenti neutrini e "particelle esotiche", mentre l'imbarazzante asimmetria attuale materia-
antimateria si può giustificare ipotizzando una lievissima inefficienza nei processi di
interazione, che alla fine avrebbe provocato una piccola ma fatale eccedenza delle particelle
rispetto alle antiparticelle. Quando l'intruglio si raffreddò ulteriormente, i fotoni non avevano
più energia sufficiente per produrre protoni e neutroni, così le particelle e le antiparticelle
appaiate si annichilarono lasciando un residuo di materia stabile. A quel punto (circa un
centesimo di secondo dalla "fine del nulla") solo le coppie più leggere formate da elettroni e
positroni continuavano a interagire nella danza con la radiazione.
Un decimo di secondo dopo, la temperatura era scesa a trenta miliardi di kelvin e c'erano
ormai solo protoni e un terzo di neutroni: i neutrini smisero di interagire con la materia
barionica e si disaccoppiarono. Man mano che la temperatura continuava a calare, presero a
formarsi i primi nuclei di deuterio e tre minuti dopo, con la temperatura "scemata" ormai a un