Sei sulla pagina 1di 8

IL SACRO E IL PROFANO

MIRCEA ELIADE piuttosto che concentrarsi


sulle modalità dell’esperienza religiosa e sulla
contrapposizione tra gli elementi irrazionali e
razionali come aveva fatto ad esempio Rudolf
Otto, Eliade cerca di indagare il sacro nella sua
totalità.
MA CHE COS’E’ IL SACRO? Il sacro per
l’uomo religioso è percepito in primis come
qualcosa di opposto al profano. Si manifesta nel
mondo attraverso delle IEROFANIE, che per
definizione significano “manifestazione del
sacro”. Tutte le religioni si basano su delle
ierofanie che possono essere semplici oppure
complesse. Le ierofanie semplici possono essere
la manifestazione del sacro in oggetti come sassi
o alberi, mentre una ierofania più complessa è per
il cristiano, l’incarnazione di Dio in Gesù Cristo.
Il sacro è percepito come l’unica realtà possibile,
per questo motivo l’uomo religioso desidera
vivere in uno spazio sacro e riempirsi della
potenza divina.
Per l’uomo religioso esistono due diverse
categorie di SPAZIO: il mondo e il cosmo. Il
mondo è lo spazio sacralizzato che si oppone
quindi al caos e alla fluidità dello spazio profano,
ossia il cosmo. La manifestazione del sacro
genera quindi nel cosmo una rottura della
omogeneità spaziale ma soprattutto mette in
comunicazione l’uomo religioso con gli altri piani
dello spazio: inferi, terra e cielo. Il mondo è
sacralizzato, ripetendo la cosmologia divina, ossia
la creazione dell’universo a partire dal caos che
viene spesso raffigurato come un serpente o un
dragone e associato alle acque cosmiche. La
sacralizzazione dello spazio permette all’uomo
religioso di trovare un centro, attorno al quale si
estende il mondo, ma soprattutto che gli permette
di dare un ordinamento al caos e entrare in
comunicazione con il trascendente.
La rottura dell’omogeneità dello spazio è
evidente soprattutto nelle costruzioni dell’uomo
religioso, come nelle chiese o nei templi
(ziggurat) che spesso fungono da ponte tra uomo
e trascendente, e le cui entrate si oppongono allo
spazio profano esterno. Oppure basti pensare alla
struttura dello yurta, diviso nei quattro punti
cardinali e al centro sormontato dal PALO
COSMICO (axis mundi) che permette allo
sciamano di raggiungere il cielo durante i riti
sciamanici. Al contrario per l’uomo non religioso
lo spazio appare perfettamente omogeneo e
relativo dal punto di vista qualitativo, non vi è
alcuna differenza tra il proprio mondo e il cosmo.
Il TEMPO per l’uomo religioso si divide in due
categorie: il tempo sacro e il tempo profano. Il
tempo sacro è la periodica e annuale
celebrazione e riattualizzazione del tempo mitico
originario, ossia il tempo della cosmogonia, la
creazione dell’universo da parte delle divinità.
L’uomo religioso soffre di una nostalgia nei
confronti del tempo primordiale in cui gli dei
vivevano insieme all’uomo insegnandogli i vari
comportamenti sociali e lavori manuali, è
nostalgico nei confronti di quel tempo
paradisiaco. L’annuale ripetizione della
cosmogonia gli permette di purificarsi di tutti i
peccati ed errori accumulati nel tempo profano e
di diventare quindi un uomo nuovo, così come era
stato al tempo della creazione.
Il MITO è un racconto sacro che può narrare sia
la realtà totale come ad esempio la cosmogonia e
la creazione dell’universo da parte di divinità,
oppure un frammento della realtà. La principale
funzione del mito è quello di creare un modello
esemplare per quanto riguarda i riti e tutte le
attività umane: sessualità, lavoro, educazione,
comportamento. L’uomo religioso ripete le azioni
degli dei, che siano semplici funzioni fisiologiche
oppure attività sociali, ecc. Imitando gli dei
l’essere umano si mantiene nell’universo sacro e
quindi nella realtà. Mentre l’uomo profano si
considera il frutto della storia e delle proprie
azione, l’uomo religioso è diventato tale solo
seguendo i modelli divini. L’uomo è vero solo se
si uniforma agli insegnamenti degli dei. L’uomo è
diventato mortale, sessualizzato e condannato al
lavoro a causa dell’omicidio primordiale, per
questo motivo il mito primordiale ha la funzione
di ricordare all’uomo la sua vera natura.
La NATURA per l’uomo religioso non è mai
esclusivamente naturale, ma acquista sempre un
significato religioso e trascendente. Poiché il
mondo è stato creato dalle divinità, esso allora
rimane intriso di sacralità. Per questo alcuni
elementi della realtà acquistano significati
fondamentali e trascendentali, diventano cioè dei
simboli. Il simbolo evoca una realtà invisibile
all'uomo, realizza una apertura al di là dello
spazio immediato e del tempo immediato. È un
segno visibile che conduce al mistero:
- Il CIELO rappresenta la trascendenza. Esso è
infinito, inaccessibile all’uomo e costituisce la
dimora degli dei, per questo motivo molti
fenomeni atmosferici e metereologici come il
tuono e la tempesta sono associati all’ira
divina. Gli dei si sono allontanati dalla terra
per completare e perfezionare la loro opera di
creazione. Espulso dalla vita religiosa, il sacro
celeste rimane vivo attraverso il simbolismo;
- L’ACQUA costituisce un simbolo
primordiale, fondamento di ogni
manifestazione cosmica, sorgente della vita e
principio di rigenerazione. L’acqua
rappresenta la sostanza primordiale
precedente alla creazione ed è connesse alla
figura del serpente marino, simbolo del caos
universale. L’immersione nelle acque quindi
equivale alla dissoluzione delle forme, per
questo simboleggia sia la morte che la
resurrezione;
- La TERRA rappresenta la fecondità. Si
contrappone simbolicamente al cielo, come
l’aspetto femminile a quello maschile della
creazione. Tutti gli esseri ricevono da lei la
vita, perché la Terra è donna e madre,
simboleggia la funzione materna: dà e si
riprende la vita, dopo la morte;
- L’ALBERO DELLA VITA rappresenta il
cosmo. Esso è un organismo vivente che si
rinnova periodicamente e la vita dell’albero
esprime appunto il modo di essere del cosmo
e la sua capacità di rigenerarsi all’infinito;
- Il sole e la luna rivelano ciascuno un modo di
essere del sacro. La LUNA è il simbolo di
processi ciclici e rappresenta il divenire
cosmico. Il SOLE, in quanto emanatore di
luce e calore, è il simbolo della forza divina,
immagine visibile del trascendente.
Il cosmo per l’uomo religioso vive e parla.
L’esistenza stessa del cosmo è la prova della sua
sacralità. Egli vive in un universo aperto ed egli
stesso è aperto al mondo. E’ sia in comunicazione
con il trascendente, sia partecipe della santità del
mondo. L’uomo religioso non può far altro che
vivere in un mondo aperto: egli aspira a collocarsi
in un centro, ossia dove esiste la possibilità di
comunicare con gli dei.
Qualsiasi esperienza cosmica è destinata al
passaggio: l’uomo stesso passa dalla pre-vita alla
vita stessa, e dalla vita alla morte. Il bambino
appena nato è caratterizzato esclusivamente da
una esistenza fisica, l’uomo religioso diventa
uomo solamente nel momento in cui compie un
RITO DI PASSAGGIO, che gli conferisce lo
statuto di uomo completo. Il rito iniziatico quindi
ha la funzione di sradicare l’uomo dai suoi
naturali impulsi animaleschi così da elevarlo ad
essere umano, da qui l’immagine ricorrente della
morte e della resurrezione iniziatica. Gli iniziati
vengono sottoposti a violenze, spesso anche a
mutilazioni e a una morte rituale, vengono poi
temporaneamente allontanati dalla società. Solo
dopo aver appreso le conoscenze e i metodi di
condotta che furono impartiti alle origini dalle
divinità, possono fare ritorno alla comunità come
uomini nuovi e resuscitati. I moduli iniziatici
anche se desacralizzati persistono tuttora nel
mondo odierno.

Potrebbero piacerti anche