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Sentenza n. 296/2017 pubbl.

il 26/01/2017
RG n. 3950/2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PALERMO

SEZIONE LAVORO

nella persona del Giudice dott.ssa Matilde Campo, allesito della discussione orale

ed uditi i procuratori delle parti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 3950/2014 del Ruolo Generale vertente

TRA

ROSA CALTABELLOTTA (Avv.ti Luigi Lo Casto e Lorenzo Maria Dentici)

ricorrente

CONTRO

ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE

SOCIALI E DEL LAVORO (Avv. Beniamino Lipani)

resistente

MEDIANTE LA LETTURA, ALLUDIENZA DEL 26/1/2017, DEL SEGUENTE

DISPOSITIVO:

Firmato Da: CAMPO MATILDE Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13ac76
Il Tribunale, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, definitivamente

pronunciando:

in parziale accoglimento del ricorso, condanna lAssessorato resistente a versare

alla ricorrente la somma di euro 26.857,61 oltre accessori dallinsorgenza del

credito al saldo:

rigetta, per il resto, il ricorso;

e condanna lAssessorato resistente a rimborsare alla ricorrente met delle spese

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sez. Lavoro
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di lite, liquidate in tale misura in complessivi euro 2.000,00, oltre spese generali,

IVA e CPA come per legge.

E DELLE SEGUENTI RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE:

Con ricorso depositato l11 aprile 2014 la ricorrente, che sino al 30 aprile 2013

aveva ricoperto allinterno del Dipartimento regionale della famiglia e delle

politiche sociali, il ruolo di dirigente dellUnit operativa n. 1 (Interventi

finanziari straordinari in favore di istituzioni di assistenza ed enti di culto) del

Servizio 7, in forza del contratto sottoscritto il 15 dicembre 2010 e delle sue

successive proroghe, si doleva del fatto che, alla scadenza dellincarico, non solo

questo non gli era stato rinnovato, in violazione di quanto previsto dallart. 36,

comma 9, del vigente C.C.R.L. Dirigenti 2002-2005, ma non gliene era stato

offerto neppure uno equivalente siccome previsto dal successivo art. 42, e

premesso di essere rimasta del tutto priva di incarico sino all11/10/2013,

allorquando le era stato conferito, unitamente ad una illegittima delega a curare

comunque tutti gli adempimenti di ordinaria amministrazione in carico allUnit

operativa n. 1 del Servizio 7, il deteriore incarico di Studio ed elaborazione di una

proposta per la semplificazione delle procedure relative alla concessione dei

contributi agli Enti di culto, previo accertamento dellillegittimit del

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comportamento dellAmministrazione ne chiedeva la condanna a risarcirle tanto il

danno patrimoniale subto, in ragione degli emolumenti stipendiali perduti nel

primo periodo in cui era rimasta senza incarico ed in quello successivo in cui

aveva ricevuto un trattamento retributivo comunque deteriore, quanto il danno

alla propria immagine professionale.

LAmministrazione si costituiva in giudizio contestando la fondatezza del ricorso e

chiedendone il rigetto.

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Senza istruzione ed autorizzato il deposito di note difensive, sulle conclusioni

rassegnate in data odierna la causa era decisa con la lettura di questa decisione.

Il ricorso fondato sulla scorta e nei limiti delle considerazioni che seguono.

Deve preliminarmente ricordarsi che nella fase di conferimento dell'incarico

dirigenziale, preliminare alla stipulazione del contratto, sono rinvenibili solo

"interessi legittimi di diritto privato rientranti nella categoria dei diritti ex art.

2907 c.c. (ex plurimis: Cass. 22 giugno 2007, n. 14624; Cass. 22 dicembre 2004,

n. 23760; Cass. S.U. 19 ottobre 1998, n. 10370). E se certamente possibile in

sede giudiziale controllare che il mancato conferimento di un determinato

incarico sia avvenuto nel rispetto delle garanzie procedimentali previste nonch

con l'osservanza delle regole di correttezza e buona fede (Cass. 2 marzo 2009, n.

5025), tanto pi che la P.A. non pu, a suo insindacabile arbitrio, decidere di

affidare o non affidare incarichi dirigenziali (in prima designazione ovvero una

volta che siano venuti a scadenza) e lasciare, immotivatamente ed

ingiustificatamente, il dirigente pubblico senza incarico e senza compiti di natura

dirigenziale (cos Cass. 20 giugno 2016, n. 12678), tale verifica deve

necessariamente esplicarsi in relazione ad una presunta lesione dellinteresse

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legittimo suddetto e non in relazione alla tutela di un inesistente diritto soggettivo

a conservare o ad ottenere un determinato incarico dirigenziale.

Sulla scorta di tale premessa agevole osservare come nel caso di specie difetta

persino lallegazione di una possibile lesione della posizione soggettiva descritta, e

trovasi invece reiteratamente espressa la deduzione di un diritto della ricorrente

(e correlativamente di un obbligo dellAmministrazione) al rinnovo dello specifico

incarico dirigenziale gi venuto a scadere ovvero allattribuzione di uno diverso ed

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a quello equivalente, e correlativamente di un diritto della ricorrente (cui sarebbe

funzionale la invocata statuizione risarcitoria) a conseguire il relativo trattamento

retributivo sub specie di differenza tra la retribuzione che la stessa percepiva in

forza dellincarico precedente e quella percepita per il periodo in cui rimasta

priva di incarico: diritti dei quali non pu evidentemente riconoscersi alcuna

sussistenza.

E solo ad abuntantiam quindi che si constata come, comunque, costituendosi in

giudizio, lAmministrazione abbia dato conto delle ragioni che lhanno indotta a

non rinnovare alla ricorrente lincarico precedentemente ricoperto di dirigente

dellUnit operativa n. 1 del Servizio 7, evidenziando che il D.P.R.S. n. 6 del

18/1/2013 aveva rimodulato le funzioni ed i compiti dei Dipartimenti regionali e

che, nel contesto della prevista riorganizzazione, lUnit in questione era stata

privata di una propria dotazione finanziaria e svuotata di ogni funzione; n appare

dirimente il fatto che, alla cessazione dellincarico e sino al conferimento del

diverso incarico di studio, le suddette modifiche organizzative non avessero

ancora trovato concreta attuazione, dovendosi convenire con lAmministrazione

circa il fatto che assegnare un dirigente alla guida di un ufficio destinato a

scomparire non sarebbe stato di alcuna utilit.

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E ci senza contare che il contratto stipulato il 29/11/2013 ha espressamente fatto

decorrere linizio dellincarico dal 1 maggio 2013, elidendo qualsivoglia soluzione

di continuit con lincarico conferitole in precedenza ed assicurandole con la

stessa continuit (ma si vedr appresso in misura ridotta) il trattamento

retributivo accessorio (cfr. artt. 1 e 5 del contratto).

Quanto detto non esclude ovviamente che la ricorrente possa dolersi del modo

attraverso il quale lAmministrazione, alla scadenza dellincarico gi assegnatole

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presso lUnit operativa n. 1 del Servizio 7, ha proceduto nei suoi confronti al

conferimento di un nuovo incarico, avente ad oggetto lo studio ed elaborazione di

una proposta per la semplificazione delle procedure relative alla concessione dei

contributi agli Enti di culto.

In forza di quanto disposto dallart. 42, del vigente C.C.R.L. Dirigenti 2002-2005,

infatti, le Amministrazioni che non intendono confermare lo stesso incarico

precedentemente ricoperto e non vi sia unespressa valutazione negativa, sono

tenute ad assicurare al dirigente un incarico almeno equivalente, tale dovendosi

considerare, sulla scorta del comma 2, quello cui corrisponde una retribuzione di

posizione complessiva di pari fascia ovvero una retribuzione di posizione il cui

importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente ricoperto.

E poich pacifico che mai la ricorrente ha ricevuto una valutazione men che

positiva e che ci nonostante lincarico di studio conferitole l11 ottobre 2013

includeva una retribuzione di posizione parte variabile pari ad euro 3.873,00 a

fronte di quella di euro 15.494,00 versatale nella vigenza del contratto precedente,

chiaramente lAmministrazione ha disatteso la clausola di salvaguardia cui la

obbligava la menzionata disposizione contrattuale: ci che rende fondata, in parte

qua, la proposta azione risarcitoria, obbligando lAmministrazione a

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corrispondere alla ricorrente la differenza tra quanto percepito in forza

dellincarico deteriore ricevuto e quanto avrebbe dovuto esserle invece corrisposto

in osservanza dellart. 42 cit. Nel dettaglio, considerato che lincarico di studio le

ha assicurato, a decorrere dal 1 maggio 2013 e sino al collocamento a riposo

avvenuto il 31 dicembre 2015, una retribuzione di posizione parte variabile pari ad

euro 3.873,00 annuali, mentre ella non avrebbe potuto riceverne una inferiore ad

euro 13.944,60 annuali, le spetta - per tutta la durata dellincarico - limporto

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differenziale di euro 26.857,61 (di cui euro 10.071,60 per il 2014 ed il 2015, ed

euro 6.714,41 per gli otto mesi del 2013), oltre accessori.

Analoga statuizione non pu investire la concordata retribuzione di risultato (in

tutti i contratti quantificata in misura pari ad un massimo del 30% della

retribuzione annua di posizione parte fissa e di posizione parte variabile), perch

mai la ricorrente ha dato conto (nel ricorso e/o nelle note conclusive)

dellavvenuto raggiungimento degli obiettivi fissati nel contratto suddetto ed

eventualmente della relativa misura, ci che rende del tutto indimostrato il diritto

della ricorrente ad ottenerne la corresponsione e non ne consente neppure una

concreta quantificazione.

Rimane da rilevare che la ricorrente non ha dimostrato, tanto pi a fronte della

specifica contestazione sul punto avanzata dallAmministrazione, neppure che la

delega a curare tutti gli adempimenti di ordinaria amministrazione in carico

allU.O.B. 1 del Servizio 7 abbia effettivamente comportato il concreto esercizio

del complesso di compiti ascritti al dirigente gravandola, altres, delle

consequenziali responsabilit: difetto di prova che assorbe tutti i profili di

illegittimit della relativa disposizione dedotti in ricorso; ed rimasta, infine, del

tutto generica (oltre che indimostrata) lallegazione posta a sostegno del

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rivendicato danno allimmagine professionale.

Tenuto conto della parziale soccombenza, lAmministrazione dovr rimborsare

alla ricorrente solo met delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.

Cos deciso in Palermo, alludienza del 26/1/2017. IL GIUDICE

MATILDE CAMPO

firmato digitalmente a margine

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