Sei sulla pagina 1di 40

Claudio Bartocci

FIBRATI VETTORIALI, CONNESSIONI


E
FORME DIFFERENZIALI

c
Appunti preliminari per i corsi di Istituzioni di Fisica Matematica Claudio
bartocci 1998
Typeset by AMS-TEX
1

Assumeremo che tutte le variet`a dierenziabili siano di classe C e connesse


e che tutte le applicazioni dierenziabili siano di classe C .

1. Fibrati localmente banali.


Siano M ed F variet`
a dierenziabili; consideriamo unapplicazione dierenziabile
f :M F.
Studiare lapplicazione f equivale com`e ovvio a studiare la sezione
:M M F
x  (x, f (x)) ;
il termine sezione sta semplicemente a signicare che si ha p1 f = id, essendo
p1 : M F M la proiezione canonica. In maniera naturale, il prodotto M F
si pu`
o visualizzare come una variet`
a dierenziabile brata su M , nel senso che per
e dieomorfa a una variet`
a
ogni punto x M la bra su di esso, ossia p1
1 (x), `
assegnata, che nel nostro caso si pu`o identicare con F . Da questo punto di vista
il concetto di funzione a valori in una variet`
a dierenziabile si pu`
o generalizzare
introducendo la nozione di brato.
Iniziamo con alcune denizioni di carattere generale.
1.1. Denizione. Un brato (dierenziabile) : E M sulla variet`
a dierenziabile M (detta base del brato) consiste in una variet`
a dierenziabile E (lo spazio
totale) e in una submersione dierenziabile surgettiva .
Si ricordi che la condizione di submersivit`
a per lapplicazione equivale a dire che
per ogni punto q E lomomorsmo dq : Tq E T(q) M `e surgettivo; se ne deduce
che dim E dim M .
Per ogni punto p M , la bra del brato : E M in p `e per denizione
linsieme Ep =: 1 (p). Poiche `e una submersione, ogni bra `e localmente una
variet`
a dierenziabile di dimensione uguale a dim E dim M ; pi`
u precisamente, per
1
ogni q E, esiste un intorno aperto U tale che ((q)) U `e un embedding.
Intuitivamente, un brato si pu`
o immaginare come una famiglia di bre parametrizzata dalla variet`
a di base M e tenuta insieme dalla struttura topologica e dierenziabile dello spazio totale E: in questo senso, la nozione di brato estende quella di
prodotto di variet`
a dierenziabili. In generale, tuttavia, non `e vero che tutte le bre
di un dato brato : E M siano dieomorfe fra di loro.
1.2. Esercizio.
 Vericare che lapplicazione : R2 {0} R, (x, y) = xy denisce un brato; si
osservi tutte le bre sono dieomorfe a R R tranne la bra 1 (0), dieomorfa
a R R R R.


1.3. Denizione. Un brato : E M si dice localmente banale di bra F se


esiste un ricoprimento aperto {U } di M per il quale si abbiano dieomorsmi
h : 1 (U ) U F ;

= p1 h ,

essendo F una assegnata variet`


a dierenziabile.
Per ogni punto p U U , le banalizzazioni locali h : 1 (U ) U F
inducono un dieomorsmo
g (p) =: h h1
|p : F F ,
come risulta dal diagramma commutativo
h

1 (U U ) U U F




h h1


1 (U U ) U U F
h

de(quindi, h h1
(p, e) = (p, g (p)(e)), per ogni e F ). Le applicazioni cos
terminate, g : U U Di(F ) sono dette funzioni di transizione del brato
: E M ; limportanza di tali applicazioni sar`
a chiarita nel prossimo paragrafo.
1.4. Esempi.
1. Il prodotto M F `e in maniera evidente lo spazio totale di un brato
localmente banale su M : possiamo scegliere M stesso come aperto banalizzante
e lapplicazione M Di(F ), p  IdF , per ogni p M , come unica funzione di
` immediata conseguenza della denizione che ogni brato localmente
transizione. E
banale `e localmente dieomorfo a un prodotto (ossia, ogni punto della variet`
a di
base ha un intorno aperto tale che la restrizione del brato a tale intorno sia
dieomorfa a un prodotto di variet`
a dierenziabili).
2. Lapplicazione esponenziale exp(i2) denisce un brato localmente banale R
S 1 C di bra Z (considerata come variet`a discreta); tale brato `e localmente
banale (perche lesponenziale `e localmente invertibile mediante la funzione logaritmo) ma non globalmente dieomorfo a un prodotto. In generale, ogni brato
localmente banale con bra totalmente sconnessa si denomina
rivestimento.


0
3. Si consideri lembedding U (1)  SU (2) dato da 
. Il quoziente
0

SU (2)/U (1) ha una struttura naturale di variet`


a dierenziale, che possiamo iden2
ticare con S [vericare]; la proiezione naturale SU (2) S 2 denisce un brato
localmente banale di bra S 1 .

4. Come si vedr`a pi
u avanti, lesempio precedente `e un caso particolare di una situazione del tutto generale: ogni sottogruppo chiuso H di un gruppo di Lie G d`
a
luogo a un brato localmente banale G G/H di bra H (le variet`
a del tipo
G/H vengono dette variet`
a omogenee).
= {(x, y) R2 |0 x 1} si denisca la relazione di equivalenza
5. Sul sottospazio E
S 1 , [(x, y)]  x,
determinata da (0, y) (1, y). La proiezione E =: E/
denisce un brato localmente banale di bra R [vericare]. Denomineremo tale
brato nastro di M
obius innito.
6. La proiezione quoziente k n+1 {0} Pnk (k = R , C) determina un brato localmente banale [vericare].

Dato un brato : E M , una sua sezione locale su un aperto U M `e per
denizione unapplicazione dierenziabile : U M E tale che = idU . Se
U = M la sezione si dice globale. Per un brato localmente banale esistono sempre,
nellintorno di ogni punto, sezioni locali; non sempre, invece, esistono sezioni globali
(per esempio, il brato R S 1 non ammette alcuna sezione globale [perche?]).
1.5. Denizione. Siano dati due brati i : Ei M , i = 1 , 2; unapplicazione
dierenziabile : E1 E2 `e unapplicazione di brati (su M ) se rende commutativo
il diagramma

E1 E2

1 
 2
M

In altri termini, unapplicazione di brati conserva le bre: (11 (p)) 21 (p).


Supponiamo di aver assegnato un brato localmente banale : E N sulla
variet`
a N , di bra F ; unapplicazione dierenziabile f : M N induce allora un
brato sulla variet`
a M . Si denisca infatti linsieme
f (E) = {(p, e) M E|f (p) = (e)} ,
unitamente alle proiezioni naturali p1 : f (E) M e p2 : f (E) E. Si osservi che
il seguente diagramma `e commutativo per denizione:
p2

f (E)

p1 
M

N
f

1.6. Proposizione. Il brato p1 : f (E) M `e localmente banale di bra F .


1
(f (p))  F ,
Dimostrazione. Per costruzione p1
1 (p) = {e E|(e) = f (p)} =
per ogni p M . Si consideri ora un intorno aperto V  p tale che f (V ) U , essendo
U un aperto banalizzante di E: 1 (U )  U F . Si ha dunque p1
1 (V )  V F , il
che prova che il brato `e localmente banale.

Il brato p1 : f (E) M si denomina pull-back di : E N mediante f .


1.7. Esercizi.
 Se i : M  N `e un embedding, il pull-back i (E) di un brato E N si dice
anche restrizione di E a M , e si denota con E|M . Giusticare questa terminologia.
Vericare che, dato un punto p N , la restrizione E|{p} coincide come variet`a
dierenziabile con la bra Ep .
 Vericare che se `e una sezione locale di : E N , allora lapplicazione p 
(p, f (p)) costituisce una sezione locale del pull-back f (E).

2. Fibrati vettoriali.
Le due pi
u importanti classi di brati localmente banali sono costituite, rispettivamente, da quei brati la cui bra tipica `e un gruppo di Lie che agisce opportunamente
sullo spazio totale i cosiddetti brati principali e da quei brati la cui bra
tipica `e uno spazio vettoriale e le cui funzioni di transizione prendono valori nel
gruppo delle matrici invertibili: questi ultimi si chiamano brati vettoriali.1
2.1. Denizione. Un brato vettoriale (reale) di rango k sulla variet`
a dierenk
ziabile M `e un brato localmente banale : E M di bra R (esistono, cio`e,
banalizzazioni locali h : 1 (U ) U Rk rispetto a un ricoprimento aperto {U }
di M ), le cui funzioni di transizione
k
k
g (p) =: h h1
|p : R R

sono isomorsmi di spazi vettoriali per ogni p U U .


In altre parole, le bre di un brato vettoriale si possono identicare con spazi
vettoriali di dimensione k mediante i dieomorsmi h |p : Ep 1 (p) Rk . Le
funzioni di transizione deniscono applicazioni dierenziabili
g : U U GL(k; R)
a valori nel gruppo delle matrici invertibili di rango k. Si osservi che, quando la
variet`
a M `e ridotta a un punto, un brato vettoriale di rango k su M non `e altro che
uno spazio vettoriale di dimensione k.
1I

brati principali non saranno trattati in questo corso, benche siano di fondamentale importanza
tanto in geometria dierenziale, quanto in sica matematica. Il lettore interessato pu`
o consultare i
testi di S. Kobayashi, K. Nomizu o di M. Spivak citati in bibliograa.

2.2. Osservazione. Sostituendo C a R nella denizione precedente si giunge alla


denizione di brato vettoriale complesso di rango k su M : le bre sono isomorfe a
Ck e le funzioni di transizione assumono valori nel gruppo GL(k; C). Naturalmente,
ogni brato complesso di rango k determina un brato vettoriale reale di rango 2k. 
Si consideri ora unapplicazione di brati fra due brati vettoriali E ed F :

E 
M

 F
M

2.3. Denizione. Lapplicazione `e un omomorsmo di brati vettoriali se la sua


restrizione p : Ep Fp induce un omomorsmo di spazi vettoriali per ogni p M .
Un omomorsmo di brati vettoriali si denisce monomorsmo (risp. epimorsmo)
se le restrizioni p sono dei monomorsmi (risp. epimorsmi) di spazi vettoriali per
ogni p M ; un omomorsmo che sia al contempo un mono- e un epi-morsmo si
dir`
a isomorsmo di brati vettoriali. Riferendosi alla denizione stessa di brato
vettoriale, `e allora chiaro che ogni banalizzazione locale h altro non `e a posteriori
che un isomorsmo di brati vettoriali fra il brato banale U Rk e la restrizione
E|U .
2.4. Esercizio.
 Si denisca la nozione di nucleo, Ker , di un omomorsmo di brati vettoriali
: E F sulla variet`
a dierenziabile M . Si assuma che lomomorsmo |Ep
abbia rango costante al variare di p in M ; si dimostri che Ker ha una struttura
naturale di brato vettoriale su M .

2.5. Esempi (elementari).
1. Lesempio pi
u elementare di brato vettoriale su M `e dato dal brato banale di
rango k, p1 : M Rk M , che sar`a denotato con Rk .
2. Il nastro di M
obius (innito), : E S 1 `e un brato vettoriale di rango 1 su S 1
[vericare].

Si pu`
o pervenire a una ecace descrizione dei brati vettoriali facendo ricorso alle
funzioni di transizione.
Supponiamo che, per un dato un brato vettoriale : E M , si abbiano due
diverse famiglie di banalizzazioni locali h : E|U U Rk ed h : E|U U Rk
(naturalmente, non `e restrittivo assumere che il ricoprimento aperto sia lo stesso in

le rispettive funzioni di transizione.
entrambi i casi). Siano g e g
2.6. Lemma. Nelle ipotesi precedenti, esistono applicazioni dierenziabili :
U GL(k; R) tali che

g (p) = (p)g
(p)1 (p)

p U U .

Dimostrazione. Per costruzione, le due famiglie di banalizzazioni sono legate, punto


per punto, da trasformazioni lineari invertibili; in questo modo restano denite applicazioni dierenziabili : U GL(k; R) tali che
h = h
su U . Sulle intersezioni U U si ha quindi:


g (p) = (h h1
)|p = (p)h h

1
|p


= (p)g
(p)1 (p) .


Nel caso che abbiamo illustrato, si dir`
a che le funzioni di transizioni g e g
sono equivalenti.

2.7. Esercizio.
 Si dimostri che due brati vettoriali su M sono isomor se e solo se le rispettive funzioni di transizione, relative a un qualche ricoprimento aperto di M , sono
equivalenti.

In conseguenza della denizione stessa di funzioni di transizione g (p)
h h1
|p vale la relazione seguente:
g (p)g (p)g (p) = id

p U U U ,

ossia, equivalentemente:
g (p)g (p) = g (p)

p U U U .

La precedente identit`
a viene comunemente denominata condizione di cociclo.
Dimostreremo che lassegnazione di una famiglia di applicazioni a valori nel gruppo
GL(k; R) che vericano la condizione di cociclo `e suciente a determinare un brato
vettoriale E, del quale esse stesse siano le funzioni di transizione.
2.8. Teorema. Sia M una variet`
a dierenziabile e sia {U }A un suo ricoprimento aperto; assegnata una famiglia g : U U GL(k, R) di applicazioni
dierenziabili che soddisno alla condizione di cociclo, si determina univocamente
un brato vettoriale (E, ) di rango k provvisto di banalizzazioni locali
h : E|U = 1 (U ) U Rk ,
tali che h h1
|p = g (p) per ogni p U U .
come lunione disgiunta:
Dimostrazione. Deniamo lo spazio E

=
U Rk .
E
A

Su tale spazio si introduce la relazione di equivalenza cos denita:


(p, v) U Rk ,
(p, v) (q, w)

(q, w) U Rk ,

se e solo se

p = q , v = g (p)w .

Eettivamente, la relazione `e banalmente simmetrica; che sia anche transitiva


dipende dal fatto che le g soddisfanno alla condizione di cociclo [vericare]. Poniamo dunque
,
E = E/
e indichiamo con [(p, v)] la classe di equivalenza del punto (p, v) U Rk . Esiste
unapplicazione naturale surgettiva : E M data [(p, v)]  p. Inoltre, per ogni
p M dato che p U per qualche si ha:
1 (p) = {[(p, v)]|v Rk }  Rk .
Le bre dellapplicazione : E M si possono pertanto identicare con spazi
vettoriali di dimensione k. Inne, se p U , allora esiste unapplicazione:
h : 1 (U ) E|U U Rk
[(p, v)]  (p, v)
` immediato dimostrare che tali applicazioni h sono omeomorsmi che vericano le
E
relazioni h h1
= g e inducono isomorsmi di spazi vettoriali una volta ristrette
a ciascuna bra: esse determinano pertanto le coordinate locali e le banalizzazioni
locali di un brato vettoriale su M . [vericare].
In base alla Proposizione precedente e allEsercizio 2.7., sussiste quindi una corrispondenza biunivoca fra classi di isomorsmi di brati e classi di funzioni di transizione equivalenti
Cos come nel caso generale dei brati localmente banali, una sezione locale
del brato vettoriale : E M `e semplicemente unapplicazione dierenziabile
: U M E tale che = idU .
` immediato convincersi che ogni brato vettoriale ammette almeno una sezione
E
globale, la cosiddetta sezione nulla. Si denoti infatti con : U U Rk la
la corrispondente sezione
sezione locale denita da p  (p, 0), e sia =: h1

locale di E|U . Sulle intersezioni U U le sezioni e ovviamente coincidono,
perche le funzioni di transizione sono lineari. Rimane cos denita una sezione globale
, che `e naturale denominare sezione nulla. Il seguente risultato si dimostra senza
dicolt`
a mediante le denizione stessa di embedding [].

2.9. Proposizione. La sezione nulla determina un embedding M  E.


Localmente vale a dire, nellintorno di ogni punto della variet`
a di base M
un brato vettoriale E di rango k ammmette k sezioni 1 , . . . , k : U E|U tali
che linsieme {1 (p), . . . , k (p)} costituisca una base della bra Ep per ogni p U .
Diremo quindi che le 1 , . . . , k sono sezioni locali ovunque non nulle e linearmente
indipendenti.
2.10. Proposizione. Un brato vettoriale E M di rango k ammette k sezioni
globali ovunque non nulle e linearmente indipendenti se e solo se esso `e isomorfo al
brato prodotto M Rk .
Dimostrazione. Se il brato `e isomorfo al prodotto M Rk allora limplicazione segue
dalle osservazioni precedenti. Supponiamo, daltro canto, che esistano 1 , . . . , k :
M E tali che {1 (p), . . . , k (p)} sia una base della bra Ep per ogni p M .
Deniamo allora lapplicazione : M Rk E, (p, ei ) = (p, i (p)) per ogni p M ,
` evidente che denisce un isomorsmo
essendo {e1 , . . . ek } la base canonica di Rk . E
di brati vettoriali.
Per ogni aperto V M , denoteremo con (E, V ) lo spazio delle sezioni del brato
vettoriale E su V . (E, V ) `e uno spazio vettoriale reale (di dimensione innita, a
meno che la variet`a M non sia ridotta a un punto). Pi
u in particolare, (E, V ) `e un
modulo sullanello delle funzioni C (V ) (naturalmente, C (V ) = (R, V )): infatti
ogni sezione locale : V E si pu`
o moltiplicare per una funzione f C (V ),
producendo una nuova sezione locale f . Come risulta dalla proposizione precedente,
(E, V ) `e libero su C (V ) (di rango pari al rango di E) se e solo se laperto V `e
contenuto in un aperto banalizzante.
2.11. Esercizio.
 Si dimostri che lassegnazione V (E, V ) denisce un fascio di gruppi abeliani su

M . Si dimostri che tale fascio `e un fascio di CM


-moduli localmente liberi (essendo

2

CM il fascio delle funzioni C su M ).
2.12. Esempio: brato tangente. Ogni variet`
a dierenziabile individua, in
maniera intrinseca, un brato vettoriale le cui bre coincidono con gli spazi tangenti
deniti punto per punto: `e questo il cosiddetto brato tangente,
T M = pM Tp M ,
che codica in se molte delle propriet`
a topologiche e geometriche della variet`
a di
1
n
base. Si assegni un atlante di carte locali {(U , = (x x ))} per la variet`
a
2 Sulla

relazione fra fasci di moduli localmente liberi e brati vettoriali il lettore pu`
o consultare
il volume di R.O. Wells.

10



dierenziabile M ; in ogni punto p U , le derivazioni { x1 p , . . . , xn p } costituis

cono una base per lo spazio tangente Tp M . Nellintersezione di due carte, diciamo
U U , la matrice di transizione fra le due basi `e data dallo jacobiano delle funzioni
di transizione di M :



xj
=
.
j p
xi p
xi
x

p
Gli jacobiani deniscono quindi applicazioni U U GL(n; R) che vericano la
condizione di cociclo; di conseguenza, sono le funzioni di transizione di un brato
vettoriale di rango n, il cui spazio totale `e appunto T M (cfr. dimostrazione del
` chiaro che le banalizzazioni locali del brato tangente si esprimono
Teorema 2.8). E
in termini dei dierenziali delle coordinate locali:
T (M )|U T (U ) U Rn
(p, X)  (p, d (p)X)
Nel linguaggio della geometria dierenziale, una sezione del brato tangente sullaperto
V si chiama campo vettoriale su V (cfr. 4).

2.13. Esempio: brato cotangente. In maniera del tutto analoga al brato tangente, si costruisce il brato cotangente, le cui bre coincidono con gli spazi cotangenti
deniti punto per punto,
T M = pM Tp M .
Le funzioni di transizione del brato cotangente sono determinate dalle matrici che
forniscono la relazione fra due diverse basi dello spazio cotangente; nelle notazioni
dellEsempio precedente, si ha:

(dxi )p =

xi
xj


(dxj )p .
p

In altre parole, le funzioni di transizione del brato cotangente sono le matrici inverse
trasposte degli jacobiani delle funzioni di transizione della variet`
a M . Come si vedr`a


nel paragrafo successivo, questo signica che T M `e il brato duale di T M .
Sia ora f : M N unapplicazione dierenziabile fra due variet`
a M ed N ;
dato un brato vettoriale E di rango k su N , il pull-back f (E) `e un brato di
rango k su M . In eetti, se g sono le funzioni di transizione di E relative a
un qualche ricoprimento aperto {U }, allora f g sono le funzioni di transizione
di f (E) relative al ricoprimento banalizzante {f 1 (U )} (cfr. dimostrazione della
Proposizione 1.6).

11

3. Operazioni sui brati vettoriali.


Le operazioni di somma diretta, duale, prodotto tensoriale e Hom(, ) denite per
gli spazi vettoriali (o pi`
u in generale per i moduli) si estendono ai brati vettoriali
su una variet`
a dierenziabile. Ci`
o si potrebbe dimostrare per via diretta, vale a
a espositiva, seguiremo invece unargomentazione meno
dire funtoriale;3 per semplicit`
elegante, che fa ricorso alle funzioni di transizione.
Assegnati, su una variet`
a dierenziabile M , due brati vettoriali, E ed E  di rango
k e rango k  , la loro somma diretta E E  `e il brato vettoriale su M la cui bra
nel punto p `e Ep Ep . Siano {h } e {h } banalizzazioni locali per E ed E  , e siano

} le corrispondenti funzioni di transizione; il brato E E  `e denito
{g } e {g
dalle banalizzazioni locali


h h : (E E  )|U U (Rk Rk )
e dalle funzioni di transizione

g
0


g

(`e infatti immediato vericare che queste soddisfano alla condizione di cociclo). Naturalmente, il brato somma diretta E E  ha rango k + k  , e restano denite due
proiezioni 1 : E E  E e 2 : E E  E  , le cui restrizioni a ciascuna bra
inducono le proiezioni canoniche Ep Fp Ep e Ep Fp Fp .
In maniera analoga si deniscono i brati E E  , E e Hom(E, E  ). Il prodotto
tensoriale E E  `e il brato vettoriale su M , di rango kk  , determinato dalle funzioni
di transizione

g g
;
la sua bra nel punto p `e isomorfa a Ep Ep . I seguenti isomorsmi naturali sono
conseguenza dei corrispondenti isomor validi per gli spazi vettoriali [vericare]:
E E  E E ;

E E  E E

E (E  E  )  (E E  ) (E E  ) .

Per quanto riguarda il brato duale E , occore osservare preliminarmente che le


banalizzazioni locali {h } inducono isomorsmi

k
(ht )1
|p : (Ep ) R

p U ;

t
il brato determinato dalle funzioni di transizione (g
)1 [vericare che la condizione di cociclo `e soddisfatta] ha dunque bra in p canonicamente isomorfa a (Ep )
e viene di conseguenza denotato con E .
3 Si

veda, ad esempio, M. Atiyah, K-theory, Benjamin, New York 1967.

12

Il brato Hom(E, E  ) che si denisce in maniera del tutto analoga [] `e


isomorfo al prodotto tensoriale E E  ; le sue funzioni di transizione sono date da
t

(g
)1 g
.

Scriveremo End(E) per indicare il brato vettoriale Hom(E, E).


Ogni sezione globale del brato E E  si esprime localmente nella forma |U =
ij i j , essendo {1 , . . . , k } e {1 , . . . , k  } basi locali di sezioni per i brati
partizione dellunit`
a su M , possiamo quindi
E ed E  ; facendo uso di unopportuna
ij
ij

esprimere nella forma = k (k) (k)i (k)j , con (k) C (M ). In tal modo,
la sezione (E E  , M ) determina un elemento (indicato con lo stesso simbolo)
a universale
appartenente allo spazio (E, M ) C (M ) (E  , M ). Grazie alla propriet`

del prodotto tensoriale, si denisce cos un isomorsmo naturale di C (M )-moduli


(E E  , M )  (E, M ) C (M ) (E  , M ) .
In modo analogo si ricava lisomorsmo seguente:
(E , M )  HomC (M ) ((E, M ), C (M )) = ((E, M )) .
Ci`
o `e equivalente allesistenza di un pairing naturale
,  : (E, M ) C (M ) (E , M ) C (M ) .
Questo pairing si estende in maniera naturale a unoperazione bilineare di contrazione
,  : (E E  , M ) (E, M ) (E  , M ) ,
che per abuso notazionale indichiamo con lo stesso simbolo (per essere precisi, ma
pedanti, avremmo dovuto scrivere ,  id(E  M ) ).
3.1. Teorema. Siano E ed E  brati vettoriali sulla variet`
a M . Esiste un ismoorsmo naturale di spazi vettoriali fra lo spazio delle sezioni globali del brato E E 
e lo spazio degli omomorsmi di C (M )-moduli (E, M ) (E  , M ):
(E E  , M )  HomC (M ) ((E, M ), (E  , M )) .
Precisamente, se (E E  , M ), il corrispondente omomorsmo f `e dato dalla
formula:
(E, M ) , p M .
f ()(p) = , (p)
Dimostrazione. Facendo uso degli isomorsmi gi`
a ricavati, si ha:
(E E  , M )  (E , M ) C (M ) (E  , M )  HomC (M ) ((E, M ), (E  , M )) .
Lultimo isomorsmo fornisce anche la formula che esprime f in termini di .
Il precedente teorema `e noto come criterio di tensorialit`
a perche stabilisce una
corrispondenza biunivoca fra sezioni globali di brati vettoriali ossia campi tensoriali e applicazioni C (M )-lineari denite su spazi di sezioni globali; come
avremo occasione di vedere, numerose sono le sue applicazioni in geometria dierenziale.

13

3.2. Esercizi.
 Sia E un brato vettoriale di rango 1 su M ; si dimostri che il brato E E `e
isomorfo al brato banale R.
 Si dimostri che le sezioni globali del brato Hom(E, E  ) costituiscono uno spazio
vettoriale (e anche un C (M )-modulo) naturalmente isomorfo allo spazio degli
omomorsmi di brati vettoriali E E  . Si usi questo fatto per ottenere una
dimostrazione (solo apparentemente diversa) del criterio di tensorialit`
a 3.1.

r
Assegnato il brato E, `e possibile inne denire i brati
E (r N), la cui
r
Ep ; se quindi
bra nel punto p `e isomorfa in maniera naturale allalgebra esterna
k 
r
E ha rango r , mentre se r > k esso si riduce al brato nullo. Le
1 r k,
r
E si esprimono nella forma
funzioni di transizione di
 
g g : U U GL( kr ; R) .
3.3. Esercizi.
r

i
j 
 Dimostrare che
(E E  )  i+j=r ( E
E ).
k
 Se il brato vettoriale E ha rango k, allora
E `e un brato di rango 1. Si
k
verichi che le funzioni di transizione di
E sono i determinanti det(g ) delle
k
E viene anche detto brato
funzioni di transizione di E. Per questa ragione
determinante di E.

4. Campi tensoriali e forme dierenziali.
Sia M una variet`
a dierenziabile di dimensione n. Il brato vettoriale
T

r,s

M =:

r


TM

i=1

s


T M

j=1

si dice brato dei tensori di tipo (r, s) su M ; il suo rango `e uguale a nr+s . In
particolare, si ha: T 1,0 M = T M , T 0,1 M = T M ; si pone inoltre T 0,0 M = R, il
brato prodotto di bra R su M . Un campo tensoriale `e per denizione una sezione
t (T r,s M, M ); per ogni punto p M , il valore di t in p `e un elemento t(p) (indicato
anche con tp ) dellalgebra tensoriale T r,s (Tp M ).
Una sezione del brato tangente di M su un aperto `e dunque un campo vettoriale
X su quellaperto; scelte coordinate locali (x1 , , xn ) su U , il campo X si scrive nella

forma X = X i x
e i campi { x
i , poich
1 , . . . , xn } costituiscono una base di sezioni
locali di T M , come si `e visto nellEsempio 2.12. Le componenti X i sono funzioni
 i le componenti del campo X
dierenziabili sulla carta coordinata U ; indicate con X
in un secondo sistema di coordinate (y 1 , , y n ) su U , si ricava immediatamente:
i

 i = X j y .
X
xj

14

Una sezione del brato cotangente si denomina 1-forma (o campo di covettori);


localmente, una 1-forma si scrive nella forma = i dxi , come risulta chiaro
dallEsempio 2.13. Se in un secondo sistema di coordinate si ha =
i dy i , la legge
di trasformazione delle componenti di `e espressa dalla formula seguente:

i = j

xj
.
y i

Poiche il brato cotangente `e il duale del brato tangente, esiste un pairing naturale ,  : (T M, V ) (T M, V ), per ogni aperto V M ; in coordinate locali, si
ha:

X,  = X i i , j dxj  = X i i .
x
Ci`
o mostra, in particolare, che data una funzione dierenziabile f su U , il suo differenziale dfp al variare di p U , denisce una 1-forma df ; in eetti, df agisce
in maniera C (U )-lineare su (T M, U ) e quindi costituisce una sezione del brato
duale, in base al criterio di tensorialit`
a (Teorema 3.1). Si osservi che in coordinate
locali vale la formula:
f
X, df  = X i i .
x
Pi
u in generale, un campo tensoriale t di tipo (r, s) sullaperto U, ossia una sezione
locale del brato T r,s M , si esprimer`a in termini di coordinate locali (x1 , , xn ) nel
modo seguente:
r
t = tij11,...,i
,...,js

dxj1 dxjs .
i
x 1
xir

Un campo tensoriale di tipo (r, s) su U rappresenta un funzionale multilineare sul


C (U )-modulo (T M, U ) (T M, U ) (T M, U ) (T M, U ) r
` dunque possibile denire un pairing
copie del primo fattore, s copie del secondo. E
naturale tra campi tensoriali di tipo (r, s) e campi tensoriali di tipo (s, r).
4.1. Esercizio.
 Si ricavi esplicitamente la legge di trasformazione delle componenti di un campo
tensoriale di tipo (r, s) per cambiamenti di coordinate locali.

Data unapplicazione dierenziabile F : M N , per ogni p M `e possibile
denire come abbiamo visto il dierenziale dFp : Tp M TF (p) N e un codierenziale Fp : TF (p) N Tp M . Mentre non vi `e problema a estendere il codifferenziale a un omomorsmo fra campi tensoriali di tipo (0, s), lapplicazione F non
induce, in generale, nessuna operazione che permetta di trasportare campi vettoriali
su M a campi vettoriali su N (ne campi tensoriali di tipo (r, 0) su M ad analoghi
campi tensoriali su N ). La ragione di questo diverso comportamento di vettori e
covettori dovrebbe risultare chiara dalla dimostrazione della proposizione seguente.

15

4.2. Proposizione. Sia F : M N unapplicazione dierenziabile. Per ogni


aperto V M , `e denito un omomorsmo di spazi vettoriali
F : (T 0,s N, V ) (T 0,s M, F 1 (V ))
per ogni p F 1 (V ) .

F ()(p) = Fp Fp F (p)



s volte

Se F `e un embedding, allora resta denito un omomorsmo


dF : (T M, U ) (T N, F (U ))
dF (X)(q) =: dFF 1 (q) XF 1 (q)

per ogni q F (U ) .

Dimostrazione. Lequazione che denisce F `e ben posta; infatti, introdotte oppor


tune coordinate locali (x1 , . . . , xn ) e (y 1 , . . . , y n ) su M ed N rispettivamente, si ricava
[vericare]:
F () = j1 ,...,js

F js i1
F j1

dx dxis
xi1
xis

sullaperto F 1 (V ) ,

con j1 ,...,js = j1 ,...,js (F (x1 , . . . , xn )). Se F `e un embedding allora F (U ) `e un aperto


di N e lequazione che denisce dF `e ben posta, perche F `e iniettivo; in coordinate
locali si ha [vericare]:
dF (X) = X i

F j
xi y j

sullaperto F (U ) ,

il che dimostra che dF (X) `e un campo vettoriale su F (U ).


4.3. Osservazioni.
Loperatore F costituisce un omomorsmo di R-spazi vettoriali; in eetti, se
g C (V ), si ricava immediatamente []: F (g) = F (g)(F ()).
La Proposizione precedente permette di denire dF nel caso particolare in cui F
sia un dieomorsmo; dF d`
a luogo allora a un isomorsmo fra campi vettoriali su
M e campi vettoriali su N . Si dimostra senza dicolt`
a che se, h C (M ), allora
1

dF (hX) = (F ) (h)(dF (X)).
4.4. Esempio. Variet`
a riemanniane. Un importante esempio di campi tensoriali
di tipo (0, 2) `e costituito dalle cosiddette metriche riemanniane. Per denizione una
metrica riemanniana g sulla variet`
a dierenziabile M `e una sezione di T M T M ,
la cui forma bilineare associata sia simmetrica e denita positiva:
g(X, Y ) = g(Y, X)

per ogni coppia X, Y di campi vettoriali su M ;

g(X, X) 0 per ogni campo vettoriale X e g(X, X) = 0 se e solo se X = 0 .

16

In coordinate locali ci`


o signica che g si scrive nella forma gij dxi dxj , essendo gij ,
punto per punto, una matrice simmetrica e denita positiva. In altri termini, lo spazio
tangente Tp M `e uno spazio euclideo provvisto di prodotto scalare g(p), per ogni punto
p M . Si osservi che, in base al criterio di tensorialit`
a, il tensore metrico g deter
mina unisomorsmo musicale 1 : (T M, M ) (T M, M ) tra campi vettoriali e
1-forme dierenziali, dato da 1(X), Y  = g(X, Y ); 1 `e un isomorsmo in quanto g `e
denita positiva, e quindi non singolare. In coordinate locali si ha: 1(X)i = gij X j ; in
altre parole, la 1-forma 1(X) si ottiene abbassando gli indici delle componenti del
campo X. Linverso dellisomorsmo 1 `e lisomorsmo 2 : (T M, M ) (T M, M ),
che si esprime in coordinate locali nella forma: 2()i = g ij j , essendo g ij la matrice inversa, punto per punto, di gij (eettivamente, le g ij sono le componenti di
un tensore g 1 di tipo (2, 0), che rappresenta linverso di g visto come isomorsmo
di brati). Lisomorsmo musicale 2 agisce dunque sulle componenti alzando gli
indici. Gli isomorsmi musicali si estendono per linearit`
a a tutta lalgebra tensor,s
riale di (T M, M ) e deniscono quindi isomorsmi (T M, M ) (T p,q M, M )
ogniqualvolta r + s = p + q. Se (M, g) ed (N, h) sono due variet`
a riemanniane, si
denisce isomoetria un dieomorsmo tale che (h) = g, ossia un dieomorsmo
che conservi le strutture metriche.

Lo spazio tangente in p M si identica con le derivazioni a valori in R della
spiga dei germi di funzioni dierenziabili Cp (M ) nel punto p, e questo con lo spazio
vettoriale (Mp /M2p ) , essendo M2p lideale massimale di Cp (M ) costituito dai germi
che si annullano in p. Questa caratterizzazione dei vettori permette di associare a ogni
campo vettoriale una derivazione dellalgebra delle funzioni dierenziabili C (M ) a
valori in C (M ) stessa. Se X `e un campo vettoriale, deniamo lR-endomorsmo
X : C (M ) C (M ) dato da:
X (h) =: dh, X .
Per ogni punto p M , si ha dunque X (h)(p) = Xp (hp ), avendo indicato con hp il
germe di h in p; questa uguaglianza risulta ovvia in coordinate locali, in quanto
h
X (h)(p) = Xp (hp ) = Xpi i p .
x
Da ci`o risulta anche evidente che lomomorsmo di spazi vettoriali X cos denito `e
eettivamente una derivazione, nel senso che soddisfa alla regola di Leibniz: X (gh) =
X (g)h + gX (h).
La corrispondenza fra campi vettoriali e derivazioni dellalgebra delle funzioni differenziabili `e biunivoca.
4.5 Proposizione. Esiste un isomorsmo di C (M )-moduli fra lo spazio dei campi
vettoriali su M e lo spazio delle derivazioni di C (M ).
` immediato vericare [] che lo spazio delle derivazioni costituisce
Dimostrazione. E

un C (M )-modulo e che lassegnazione X  X `e un omomorsmo. Sia ora D :

17

C (M ) C (M ) una derivazione; in ogni punto p M , D induce una derivazione


Dp : Cp (M ) R della spiga dei germi di funzioni dierenziabili in p, determinata
dallassegnazione: Dp (hp ) = D(h)(p) [vericare che la denizione `e ben posta].
Introdotte coordinate locali, Dp si identica con un elemento dello spazio tangente

in p, che denotiamo con lo stesso simbolo, e si ha Dp = Z i (p) x
, essendo Z i =
i
p
D(xi )(p). Ci`
o dimostra che, al variare di p, resta denito un campo vettoriale Z =

Z i x
,
tale
che
Z = D.
i
Assegnate due derivazioni X , Y dellalgebra C (M ) `e immediato vericare che
lR-omomorsmo h  X (Y (h)) Y (X (h)) `e ancora una derivazione, giacche
soddisfa alla regola di Leibniz. Questa derivazione corrisponde quindi a un campo
vettoriale su M , che si indica con [X, Y ] e si denomina parentesi di Lie dei campi X
e Y . In coordinate locali, sfruttando la simmetria della matrice hessiana, si ha:

[X,Y ] (h) X (Y (h)) Y (X (h)) =


Y k i X k i h
X
Y
.
xi
xi
xk

Si osservi, in particolare, che [ x


i , xj ] = 0.
La dimostrazione del risultato seguente `e del tutto elementare [].

4.6. Proposizione. La parentesi di Lie soddisfa alle seguenti propriet`


a:
[X, Y ] = [Y, X] ;
[X, Y + Z] = [X, Y ] + [X, Z] ;

[X, hY ] = h[X, Y ] + X (h)Y ;

[X, [Y, Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X, Y ]] = 0

(identit`
a di Jacobi) .

Le propriet`
a enunciate si riassumono dicendo che lo spazio vettoriale dei campi
vettoriali (T M, M ) munito del prodotto dato dalla parentesi di Lie costituisce
unalgebra di Lie. Tale algebra di dimensione innita su R (a meno che M non
sia uno spazio discreto) non `e commutativa, come si vede dalla prima propriet`
a
della Proposizione precedente. Si dice che due campi vettoriali commutano se la loro
parentesi di Lie `e nulla; date coordinate locali (x1 , . . . , xn ), i campi vettoriali locali

u avanti, il teorema di Frobenius imxi commutano fra di loro. Come vedremo pi


plica che ogniqualvolta si abbiano n campi locali X 1 , . . . X n che commutino fra di
loro e siano linearmente indipendenti (in particolare, non nulli) in ogni punto, allora

esistono coordinate locali (x1 , . . . , xn ) tali che X i = x


i.
k
Passiamo ora a studiare lo spazio delle sezioni del brato
T M, 0 k n =
k
k
dim M , che si denominano k-forme dierenziali; si pone (U ) =: ( T M, U ) per
ogni aperto U M . Naturalmente, le 0-forme coincidono con le funzioni dierenziabili, mentre le 1-forme non sono altro che sezioni del brato cotangente. Le k-forme

18

si identicano con le applicazioni k-multilineari completamente antisimmetriche sullo


spazio dei campi vettoriali; se k (M ), indicheremo con (X1 , . . . , Xk ) C (M )
la sua azione su k campi vettoriali X1 , . . . , Xk appartenenti a (T M, M ).
In coordinate locali una k-forma si scrive in componenti: = i1 ,...,ik dxi1
dxik , essendo le componenti i1 ,...,ik completamente antisimmetriche. Si osservi che
avremmo potuto anche scrivere:

=
i1 ,...,ik dxi1 dxik ,
i1 <<ik

con k!
i1 ,...,ik = i1 ,...,ik (cfr. Appendice, Esempio 3.12). Indicheremo con (M ) =

n
k
k=0 (M ) lalgebra esterna delle forme dierenziali su M , munita del prodotto
esterno: se k (M ) e l (M ), = (1)kl k+l (M ).
Data unapplicazione dierenziabile F : M N , si verica [] senza dicolt`a che
F (k (N )) k (M ).
4.7. Esempio. Forme di grado massimo
n e orientazione. Il brato delle forme
T M , ha rango 1. Esso `e quindi banale
dierenziali di grado massimo su M ,
se e solo se ammette una sezione globale che non si annulla in alcun punto. Si ricordi che lorientazione di uno spazio vettoriale V di dimensione n `e la scelta di
una classe di equivalenza di basi ammissibili (due basi sono equivalenti se e solo se
il determinante della matrice che permette di passare dalluna allaltra
`e positivo);
n
V
,
il quale ha
`e facile convincersi che orientare di
V
`
e
equivalente
a
orientare
n
V non `e altro che la scelta di una delle due
dimensione 1 (unorientazione
n di
componenti connesse di (
V ) {0}). Si dir`
a che una variet`
a dierenziabile `e orin
T M `e banale; in tal caso, si denominer`
entabile se il brato
n a orientazione di M
la scelta di una sezione globale , ovunque non nulla, di
T M . La terminologia
e
adottata `e motivata
dal
fatto
che
in
ogni
punto
p

M
,

p , essendo non nulla, `


n

Tp M , e quindi denisce unorientazione di Tp M . Scelte coordinate


una base di
1
n
locali (x , . . . , x ) sullaperto U M , la n-forma globale si esprime in componenti: U = dx1 dxn , essendo una funzione non nulla; a condizione di
riordinare opportunamente le (x1 , . . . , xn ) `e possibile assumere che sia positiva. Sia
(y 1 , . . . , y n ) un secondo sistema di coordinate locali su V M , con U V = . Su V
abbiamo: V = dy 1 dy n , con funzione positiva. Sullintersezione U V ,
si ha:
 xj  1

dx1 dxn = det


dy dy n = dy 1 dy n ,
i
y

con

> 0.

In altri termini, abbiamo dimostrato che una variet`


a `e orientabile se e solo se `e
1
n
possibile scegliere un atlante (U , (x , . . . , x )), in modo tale che i determinanti delle
xi
matrici jacobiane xj su U U siano tutti maggiori di zero in ogni punto.


19

Ogni
vettore Xp Tp M induce unantiderivazione di grado 1 sullalgebra esterna Tp M (cfr. Appendice, Prop. 3.11), detta prodotto interno e denita nel modo
seguente:
i(Xp ) :

Tp M

k1

Tp M

i(XP )p , p  = p , Xp p 

per ogni p

Tp M e per ogni p

k1

Tp M .

Questa operazione induce un R-endomorsmo


i(X) : (M ) (M )

X (T M, M )

denito da:
(i(X))p = i(Xp )p

per ogni p M ,

che costituisce ancora unantiderivazione di grado 1:


i(X)( ) = (i(X)) + (1)k (i(X))

per ogni k (M ) .

Se `e una 1-forma, il prodotto interno coincide con il pairing, i(X) = X, ,


mentre i(X)f = 0 per ogni funzione dierenziabile f . Si ha inoltre la seguente
identit`
a: (i(X))(X1 , . . . , Xk1 ) = (X, X1 , . . . , Xk1 ).
La dimostrazione del risultato seguente viene lasciata per esercizio [].
4.8. Proposizione. Siano X e Y campi vettoriali su M . Il prodotto interno gode
delle seguenti propriet`
a:
1. i(X + Y ) = i(X) + i(Y );
2. i(f X) = f i(X) per ogni f C (M );
3. se F : M N `e un embedding aperto, allora i(X)(F ()) = F (i(dF (X))), per
ogni X (T M, M ), (N ).
Vogliamo ora estendere loperatore d : C (M ) 0 (M ) 1 (M ) a una derivazione
denita su tutta lalgebra esterna delle forme dierenziali.
4.9. Teorema. Esiste ununica antiderivazione di grado 1
dM : (M ) (M )

tale che d2M = dM dM = 0 e dM 0 (M ) = d.
Dimostrazione. Se dM esiste, la propriet`
a di essere unantiderivazione di grado 1 si
traduce dM (k (M )) k+1 (M ) e
dM ( ) = dM + (1)k ,

se k (M ) .

20

Consideriamo una partizione


a {i } subordinata
a un ricoprimento {Ui } di

dellunit`
aperti coordinati. Poiche i i = 1, si deve avere i (dM i ) = 0; pertanto
dM () =

(i dM ) =

dM (i ) .

Ci`o signica che possiamo caratterizzare loperatore dM a livello locale, ossia lavorando in coordinate locali. Su un aperto U M scegliamo coordinate (xi , . . . , xn ); se
`e una k-forma, si avr`
a allora, localmente, = (j) dx(j) , avendo posto (j) = j1 . . . jk
e dx(j) = dxj1 dxjk . Deniamo loperatore dM nel modo seguente:
dM () = d(j) dx(j)

sullaperto U .

` immediato vericare [] che questa denizione `e invariante per cambiamenti di


E
coordinate locali e quindi dM `e ben denito su M . Ora, dM `e R-lineare, ha grado 1
(cio`e, dM (k (M )) k+1 (M )), coincide con il dierenziale d una volta ristretto alle
funzioni dierenziabili, `e unantiderivazione di (M ); infatti, assegnate una k-forma
e una l-forma , sullaperto U si ha:
dM ( ) = dM ((j) dx(j) (i) dx(i) ) = dM ((j) (i) dx(j) dx(i) ) =
= dM ((j) (i) ) dx(j) dx(i) =
= (dM ((j) )(i) ) dx(j) dx(i) + (j) (dM ((i) )) dx(j) dx(i) =
= dM () + (1)k dM () .
Inoltre, d2M = 0, poiche su U abbiamo lidentit`
a:
(j) r
dx dx(j) ) =
r
x
2 (j)
= ( s r )dxs dxr dx(j) = 0 .
x x

dM (dM ()) = dM (dM (j) dx(j) ) = dM (


= dM (

(j)
) dxr dx(j)
xr

In eetti la matrice hessiana `e simmetrica negli indici s e r, mentre il prodotto esterno


dxs dxr `e antisimmetrico. Per dimostrare lunicit`
a delloperatore dM `e suciente

osservare che, se dM gode delle stesse propriet`a, allora localmente si deve avere:
dM ((j) dx(j) ) = (dM (j) ) dx(j) ) + (j) dM (dx(j) ) = d((j) ) dx(j) = dM ((j) dx(j) ) ,
giacche sulle funzioni dM = d e, per ipotesi, dM dM = 0.
Lantiderivazione costruita nella Proposizione precedente si denomina dierenziale
esterno (o dierenziale di Cartan); per non appesantire le notazioni, qualora non vi
siano ambiguit`
a, lo indicheremo semplicemente con il simbolo d.

21

4.10. Proposizione. Il dierenziale esterno commuta con il codierenziale delle


applicazioni dierenziabili; cio`e, se F : M N `e unapplicazione dierenziabile,
allora dM (F ()) = F (dN ()),per ogni (N ).
Dimostrazione. Dimostriamo lasserto solo nel caso delle 1-forme, lasciando la verica
del caso generale come esercizio []. Sia dunque 1 (N ); introdotte opportune

coordinate locali (x1 , . . . , xn ) e (y 1 , . . . , y n ) su M e N , si ha:
dM (F ()) = dM (F (i dy i )) =


F i j
con i = i (F (x1 , . . . , xn ))
= dM (i j dx ) =
x
2F i
i F i r
j
dx

dx
+

dxr dxj =
=
i
xr xj
xr xj
i F s F i r
dx dxj =
=
y s xs xj
i
= F ( s dy i dy s ) = F (dN ()) .
y

Lalgebra delle forme dierenziali su una variet`


a M `e forse il pi
u importante
oggetto algebrico che si possa associare alla geometria della variet`a in questione.
In particolare, a partire dalle forme dierenziali si costruiscono invarianti topologici
noti con il nome di gruppi di coomologia di de Rham. Per approfondire questo importante argomento che si inquadra nellambito della cosiddetta topologia algebrica
il lettore interessato pu`
o consultare i testi di Warner o di Bott e Tu citati nei
riferimenti bibliograci.
Una forma dierenziale k (M ) si dice chiusa se d = 0; si dice invece esatta
(per k 1) se `e il dierenziale di una k 1-forma, cio`e se esiste una k 1-fora tale
che d = . Indichiamo con Z k (M ) lo spazio vettoriale delle k-forme chiuse e con
B k (M ) lo spazio vettoriale delle k-forme esatte; in altri termini, si ha:


Z k (M ) = Ker d : k (M ) k+1 (M )


B k (M ) = Im d : k1 (M ) k (M ) .
Il fatto che d2 = 0 implica che Ker d Im d, e dunque che B k (M ) sia contenuto in
Z k (M ) come sottospazio vettoriale. Deniamo lo spazio vettoriale quoziente
k
(M ) =: Z k (M )/B k (M ) ,
HDR

per k 1, detto k-esimo gruppo di coomologia di de Rham (la struttura di gruppo


`e quella soggiacente
struttura di spazio
vettoriale); per k = 0, poniamo invece
 alla

0
0
1
HDR (M ) =: Ker d : (M ) (M ) .

22

Questi spazi vettoriali non sono necessariamente di dimensione nita. Ad esempio,


0
(M ) `e uguale al numero di componenti connesse di M ; infatti
la dimensione di HDR
0
ogni funzione h (M ) per la quale si abbia dh = 0 `e localmente costante, ossia
costante su una componente connessa di M . Adottando la nostra solita convenzione
0
(M )) =
di considerare solo variet`
a dierenziabili connesse avremo pertanto dim(HDR
1, ma in generale questa dimensione potr`
a non essere nita (in ogni caso numerabile,
giacche M soddisfa al secondo assioma di numerabilit`
a).
4.11. Esempio. Sulla variet`
a R2 {0}, scelte coordinate cartesiane x, y, deniamo
la 1-forma dierenziale
1
= 2
(ydx xdy) .
x + y2
` immediato vericare che `e chiusa. Daltra parte, non pu`
E
o essere esatta, perche il
suo integrale lungo una circonferenza di raggio unitario con centro lorgine `e diverso
da 0 (mentre lintegrale di df lungo una curva chiusa `e sempre uguale a 0). Ci`o
1
(R2 {0}) 1 (in eetti, si dimostra che `e uguale a 1).
dimostra che dim HDR
Consideriamo ora la variet`
a R2 Z, essendo Z = {(z, y) R2 |z Z, y = 0}. Per
ogni (z, 0) Z consideriamo la 1-forma
z =

1
(ydx (x z)dy) ;
(x z)2 + y 2

ciascuna di queste 1-forme, linearmente indipendenti, `e chiusa ma non esatta; inoltre


z z non `e esatta se z = z  . Abbiamo quindi dimostrato che la dimensione di
1
HDR
(R2 Z) non `e nita.

Nel caso di Rn i gruppi di coomologia di de Rham sono particolarmente semplici;
ci`o `e dovuto al cosiddetto lemma di Poincare, il quale asserisce che che gni k-forma
chiusa su Rn `e esatta (per la dimostrazione di questo risultato si rimanda ai corsi di
Analisi).
4.12. Proposizione (Lemma di Poincar
e). Si hanno i seguenti isomorsmi:
0
(Rn ) = R
HDR

k
HDR
(Rn ) = 0 , k > 0 .

Consideriamo ora unapplicazione dierenziabile F : M N . Poiche il codierenziale di F commuta con il dierenziale di Cartan, `e immediato vericare che
F (Z k (N )) Z k (M ) ;

B(Z k (N )) B k (M ) .

Di conseguenza, lapplicazione F induce, per ogni k, un omomorsmo di spazi vettoriali (F ' )k fra i gruppi di coomologia di de Rham,
k
k
(N ) HDR
(M ) .
(F ' )k : HDR

La dimostrazione del risultato seguente `e allora immediata.

23

4.13. Proposizione. Sia F : M N un dieomorsmo di variet`


a dierenziabili;
k
k
(N ) HDR
(M ) `e un isomorsmo di spazi vettoriali.
allora (F ' )k : HDR
In altre parole, i gruppi di coomologia di de Rham sono invarianti per dieomorsmi. In realt`
a, come abbiamo gi`
a accennato, vale un risultato pi
u forte, ossia
che i gruppi di coomologia di de Rham sono invarianti per omeomorsmi, nel senso
k
R siano isoche `e suciente che due variet`a siano omeomorfe anche i loro HD
mor. Ancora pi
u in generale, si prova che la coomologia di de Rham `e invariante
per equivalenze omotopiche. Le dimostrazioni di questi risultati, per`
o, richiedono
tecniche (elementari) di topologia algebrica.
1
(M ) `e stret4.14. Osservazione. Il primo gruppo di coomologia di de Rham HDR
a M . Sia (1 (M ))AB
tamente legato al gruppo fondamentale, 1 (M ), della variet`
1
labelianizzazione di 1 (M ); allora HDR
(M )  (1 (M ))AB Z R. In particolare,
1
1 (M ) = 0 implica HDR
(M ) = 0. Per fare un esempio concreto, consideriamo un
n
toro di dimensione n, T = S 1 S 1 (n volte). Il gruppo fondamentale di T n `e un
1
(M ) `e uno spazio vettoriale di
gruppo abeliano libero con n generatori; quindi HDR
dimensione n (si veda anche lEsempio seguente).


4.15. Esempio. Calcoliamo i gruppi di coomologia di de Rham della variet`


a S1.
1
0
1
Il fatto che S abbia dimensione 1 e sia connessa, implica subito che HDR (S ) = R
k
1
e HDR
(S 1 ) = 0 per k 2. Rimane da calcolare solo HDR
(S 1 ); dato che questo
`e invariante per dieomorsmi, possiamo calcolarlo considerando, ad esempio, S 1
some quoziente R/Z, senza che la scelta di questa specica caratterizzazione abbia
inuenza sul risultato. Sia : R S 1 la proiezione canonica; se una 1-forma su
S 1 , () `e una 1-forma su R, e possiamo scrivere () = (f )dt, con f funzione
periodica, ossia f = (f ), con f funzione dierenziabile su S 1 . Possiamo dunque
denire un omomorsmo:
: Z 1 (S 1 ) R
 1

f dt
0

Lassegnazione `e eettivamente ben denita, e `e surgettivo; il suo nucleo `e costituito


1
dalle 1-forme esatte (infatti: se = dg, allora () = d
g ; se 0 f dt = 0, allora

con h(t) = t f d , e quindi = dh [vericare i dettagli]): Ker =
() = dh,
0
1
B 1 (S 1 ). In questa maniera, si dimostra che: HDR
(S 1 ) = Im = R. Lo stesso
risultato si ottiene, ovviamente, sfruttando lindicazione dellOsservazione precedente,
visto che S 1 T 1 .
0
k
(S n ) = R, HDR
(S n ) =
In generale si pu`
o dimostrare che per la sfera S n si ha: HDR
n
(S n ) = R.

0 per 0 < k < n, HDR

24

4.16. Esercizio.
 Si dimostri che, assegnate due variet`
a dierenziabili M ed N , si hanno isomorsmi
k
HDR
(M N ) 

p
r
HDR
(M ) HDR
(N ) .

p+r=k


5. Connessioni lineari.
Varie sono le possibili denizioni del concetto di connessione, che riveste fondamentale importanza in geometria dierenziale in quanto consente di denire derivazioni
covarianti di sezioni di brati vettoriali e principali. Limpostazione che adotteremo
preferibile ad altre per eleganza e semplicit`
a `e dovuta a J.L. Koszul.
Sia E un brato di rango k sulla variet`
a dierenziabile M di dimensione n. Le
r
T M si possono pensare come r-forme dierenziali
a valori
sezioni del brato E
r
T M (e quindi
nel brato E.
r Ineetti, dato un aperto U che banalizzi i brati E e
T M e che sia contenuto in una carta coordinata di M , ogni sezione
anche E
r
j
locale (E
T M, U ) si scrive = (i)
j dx(i) , essendo {1 , . . . , k } una
base di sezioni locali per E|U e (x1 , . . . xn ) coordinate locali su U (con (i) si denota il
multi-indice i1 . . . ir ). Una volta ssata la base di sezioni locali {1 , . . . , k }, potremo
dunque scrivere nella forma di vettore colonna di r-forme su U :

1

= ... .
k
Faremo uso della seguente notazione:
r (U, E) =: (E

T M, U )

per ogni aperto U M .

Si osservi che 0 (U, E) (E, U ); in particolare, gli elementi di 0 (M, E) non sono
altro che le sezioni globali di E.
5.1. Denizione. Una connessione (lineare) D sul brato E `e un omomorsmo di
R-spazi vettoriali
D : 0 (M, E) 1 (M, E) ,
che soddisfa alla regola di Leibniz:
D(f s) = df s + f Ds

f C (M ) , s 0 (M, E) .

25

5.2. Osservazione. Una connessione `e un operatore dierenziale lineare del primordine


sulle sezioni del brato E (ci`o risulter`
a chiaro in seguito, quando scriveremo lespressione
locale di D). In particolare, una connessione `e un operatore locale, nel senso che per
ogni aperto U M si ha [vericare]:
s 0 (M, E) .

(Ds)|U = D(s|U )


5.3. Esempio. Lesempio pi
u elementare di connessione `e provvisto dal dierenziale
di Cartan denito sul brato banale R su M :
d : 0 (M, R) C (M ) 1 (M, R) 1 (M ) .
Anche sul brato banale di rango k su M , Rk , si ha una connessione canonica denita
dal dierenziale di Cartan:
d : 0 (M, Rk ) 1 (M, Rk ) ,

df1
f1
. .
d .. = .. .
fk
dfk
La necessit`a di introdurre le connessioni nasce appunto dallimpossibilit`
a di estendere
in maniera canonica il dierenziale di Cartan a un brato vettoriale non banale (cfr.
Osservazione 5.7).


data da

Studiamo ora
le connessioni a livello locale: sia dunque U un aperto che banalizzi
1
T M e ssiamo una base di sezioni locali {1 , . . . , k }. Supponitanto E quanto
amo di aver assegnato una connessione D su E; ogni sezione s si scrive localmente
nel forma s = si i e si ha
Ds = D(si i ) = dsi i + si Di
Daltra parte poiche U `e banalizzante per E

sullaperto U .
T M , abbiamo

Di = ij j ,
essendo ij una 1-forma su U (per ogni coppia ssata di indici i e j). Si ricava dunque
che
sullaperto U .
Ds = (dsj + si ij ) j
Adottando la notazione

11

= ...

...

k1
.. ,
.

1k

...

kk

si ha inne
Ds = (d + )s

sullaperto U .

La matrice si dice matrice di connessione associata a D.

26

5.4. Esempio. Consideriamo di nuovo il brato banale R su M ; sia una 1-forma


su M . Allora D = d + `e una connessione su R; infatti, D(f g) = (d + )(f g) =
(df )g + (d + )g. Questo esempio si estende anche al caso del brato banale di rango
k, Rk . Sia una matrice k k di 1-forme su M ; loperatore D = d + denisce
una connessione su Rk [vericare]. Si osservi che una matrice di 1-forme su M pu`
o
k
k
k
essere pensata come una sezione del brato R (R ) End(R ). In eetti, come
si dimostrer`
a nel Teorema 5.6, tutte le connessioni sul brato Rk si caratterizzano in
questo modo.

Siano D e D due connessioni sul brato E. La dierenza D D `e un Romomorsmo 0 (M, E) 1 (M, E), che `e anche C (M )-lineare; infatti,
(D D )(f s) = df s + f Ds df s f D s = f (D D )s
f C (M ) , s 0 (M, E) .
In base al criterio di tensorialit`
a (Teorema 3.1), la dierenza di connessioni D D
determina univocamente una sezione (denotata con lo stesso simbolo) del brato
1
1
E E
T M = End(E)
T M , ossia
D D 1 (M, End(E))

per ogni coppia di connessioni D e D su E .

5.5. Esercizio.
 Si dimostri la precedente aermazione facendo uso dellespressione locale delle

connessioni D e D .
5.6. Teorema. Lo spazio di tutte le connessioni denite sul brato vettoriale E su
M `e uno spazio ane modellato su 1 (M, End(E)).
` suciente dimostrare che su E esiste almeno una connessione; i
Dimostrazione. E
risultati precedenti ci assicurano infatti che tutte le altre si otterranno operando con
lo spazio vettoriale 1 (M, End(E)) come gruppo delle traslazioni. Si consideri un
ricoprimento banalizzante {U } per E; il dierenziale di Cartan d induce pertanto
una connessione D su E|U  Rk|U . Sia { } una partizione dellunit`
a subordinata

al ricoprimento dato: si verica immediatamente [] che loperatore D = D
denisce una connessione su E (si noti che D dipende dalla partizione dellunit`
a
prescelta).
5.7. Osservazione. Mentre nel caso del brato banale Rk esiste una connessione
canonica, data dal dierenziale di Cartan, ci`
o non `e pi
u vero nel caso di un brato
qualunque. Per avere connessioni denite in maniera intrinseca, si dovranno introdurre su E delle strutture geometriche addizionali (ad esempio una metrica, come si
vedr`
a in seguito per la connessione di Levi-Civita sul brato tangente).

Come si hanno dierenziali esterni di Cartan d : r (M ) r+1 (M ) deniti sugli
spazi delle r-forme su M , cos anche la connessione D induce dierenziali covarianti
dD : r (M, E) r+1 (M, E)

0 r k.

27

Questi operatori dD sono deniti in maniera univoca dalle seguenti propriet`


a, come
si pu`
o facilmente vericare []:
dD = D su 0 (M, E)
dD ( ) = d + (1)p dD
p (M ) , q (M, E) .
Diversamente dal dierenziale di Cartan, non `e in generale vero che dD dD sia zero.
5.8. Esempio. Consideriamo la connessione D = d + sul brato banale R su M .
La sua estensione alle r-forme `e data da:
dD = d +

r (M ) .

La composizione dD dD (d + ) (d + ) : 0 (M ) 2 (M ) si esprime nella


forma:
(d + ) ((d + )f ) = (d + ) (df + f ) = f d
(si ricordi che = 0). Se non `e chiusa, la composizione `e quindi diversa da
zero.

Per ogni connessione D su E, `e importante anzitutto osservare che la composizione
dD dD : 0 (M, E) 2 (M, E)
denisce un omomorsmo C -lineare; infatti
dD (dD (f s)) = dD (df s + f dD s)
= df dD s + df dD s + f dD (dD s) = f (dD (dD s)) .
In base al criterio di tensorialit`
a, dD dD individua dunque una sezione globale del
brato delle 2-forme a valori in End(E); denoteremo questa sezione globale con
FD 2 (M, End(E))
e la denomineremo curvatura della connessione D.
Per esprimere localmente la curvatura FD , ssiamo come di solito un aperto banalizzante U e una base di sezioni locali {1 , . . . , k } di E su U . Come D si rappresenta
localmente in termini della matrice di connessione , anche FD si scrive nella forma
FD s = s

su U ,

essendo la cosiddetta matrice di curvatura, che `e una matrice di 2-forme. Dalla


denizione stessa di curvatura ricaviamo:
s = (d + )(d + s)
= d2 s + s + (d)s ds + ( )s
= (d + )s .
In conclusione si perviene alla cosiddetta equazione strutturale di Cartan:
= (d + )
(si noti che il prodotto esterno che compare nel membro di destra non `e in generale
nullo, in quanto `e una matrice di 1-forme, e si ha ( )ij = il lj ).

28

5.9. Esempio. Sia E un brato di rango 1 su M ; abbiamo visto che in questo caso
o identicare con il brato banale. La curvatura FD di una
End(E) = E E si pu`
connessione D `e dunque una 2-forma su M . Lequazione strutturale implica allora
che FD `e localmente esatta: FD = d, giacche = 0 (si osservi che, al contrario
della matrice di curvatura che `e denita globalmente, la 1-forma di connessione ha
signicato soltanto locale, tanto pi
u che in generale il dierenziale di Cartan non `e
denito su E). Essendo localmente esatta, FD `e globalmente chiusa, cio`e dFD = 0.
Un risultato molto importante ma oltre i limiti di queste note stabilisce che la
classe di coomologia di de Rham della 2-forma di curvatura di una connessione D su
un brato E di rango 1 `e indipendente dalla connessione scelta ed `e un invariante

topologico del brato.4
` possibile dimostrare un risultato analogo alla propriet`
E
a di chiusura della forma
di curvatura di una connessione su un brato di rango 1 nel caso generale di un
brato E di rango k: si tratta della cosiddetta identit`
a di Bianchi. Innanzi tutto,
sul brato
osserviamo che la connessione D sul brato E induce una connessione D
End(E); in eetti, `e suciente porre

(DL)s
= D(Ls) L(Ds)

L 0 (M, End(E)) , s 0 (M, E) .

La denizione `e ben posta (infatti Ls 0 (M, E)) e si lascia al lettore la cura []
`e eettivamente una connessione. Si ottengono in tal modo le
di vericare che D
derivazioni esterne:
r
r+1
d!
(M, End(E)) .
D : (M, End(E))

5.10. Teorema. Identit`


a di Bianchi. Sia FD la curvatura di una connessione D
sul brato E:
d!
D FD = 0 .
Dimostrazione. Calcoleremo la derivazione esterna d!
D FD a livello locale, ossia su un
aperto U che banalizzi tutti i brati in gioco. Su U , dunque, si ha dD = d + , mentre
la curvatura FD `e rappresentata dalla 2-forma di curvatura ;
(d!
D )s = dD ( s) (dD s)
= (d)s + ds + s ds s
= (d + )s .
4 Il

lettore che volesse approfondire largomento pu`


o consultare: J.W. Milnor, J.D. Stashe,
Characteristic classes, Annals of Mathematics Studies 76, Princeton University Press, Princeton
(N.J.) 1974.

29

Daltra parte, lequazione strutturale permette di calcolare d:


d = d2 + d d
= ( ) ( )
= .
o, d!
Ne consegue che (d!
D )s = 0 per ogni sezione s su U ; perci`
D FD = 0.
Dalla nozione di connessione lineare si deduce quella di derivata covariante. Consideriamo il pairing naturale
,  : (T M ) 1 (M, E) 0 (M, E) ,
dato dalla dualit`
a di (T M ) e 1 (M ).
5.11. Denizione. Sia D una connessione sul brato E su M ; per ogni campo
a
vettoriale X (T M ) e ogni sezione s 0 (M, E), la quantit`
X, Ds =: DX s 0 (M, E)
si dice derivata covariante di s lungo X rispetto a D.
Localmente, su un aperto U M sucientemente piccolo, scelte coordinate locali
(x , . . . , xn ) e ssata una base di sezioni locali {1 , . . . , k } per E, si ha
1

X = Xi

xi

()ij = ijl dxl ;

pertanto, per ogni sezione s = si i 0 (U, E), ricaviamo lespressione:


DX s = X, (dsi + (ijl dxl )sj )i 
= (X(si ) + sj X l ijl )i .
Le funzioni ijl sono i cosiddetti simboli di connessione associati alla connessione D.
5.12. Osservazione. La teoria delle connessioni lineari, che abbiamo sviluppato
nel caso di brati vettoriali reali, si estende pedissequamente ai brati vettoriali
complessi F su M ; una connessione lineare `e infatti un omomorsmo C-lineare
D : 0 (F ) 1C (M, E) ,
che soddisfa la regola di Leibniz (rispetto a funzioni dierenziabili a valori complessi),
essendo 1C (M, E) lo spazio delle 1-forme complesse a valori in E, ossia lo spazio delle
1

sezioni globali del brato vettoriale complesso E ( T M C).

30

6. Connessioni sul brato tangente e trasporto parallelo.


Intendiamo in questo paragrafo studiare sistematicamente le connessioni lineari
denite sul brato tangente di una variet`
a dierenziabile M ; in particolare, assegnata
una metrica riemanniana su M , analizzeremo il signicato geometrico della cosidetta
connessione di Levi-Civita, univocamente determinata dalle sue propriet`
a di compatibilit`
a con la metrica. Faremo dunque i primi passi nel reame della geometria
riemanniana.
Una connessione lineare, nel nostro contesto, diviene quindi un omomorsmo di
R-spazi vettoriali
1
T M, M ) ,
D : (T M ) 1 (T M ) = (T M
per il quale
f C (M ) , X (T M ) .

D(f X) = df X + f DX

Come in precedenza, la derivata covariante rispetto a D lungo un campo vettoriale


X si denisce mediante la formula
DX Y =: X, DY 

X, Y (T M ) .

Loperatore D Y (ssato il campo Y ) individua una sezione di T M T M , ossia `e


un campo tensoriale di tipo (1, 1).
6.1. Esempio. Sia M = Rn ; allora, scelte coordinate cartesiane (x1 , . . . , xn ), dati

i
due campi vettoriali X = X i x
i , Y = Y xi ,

xi
denisce una derivata covariante, e quindi una connessione lineare su T Rn .
DX Y = X Y X(Y i )

Localmente cio`e su un aperto coordinato U M una base di sezioni del

brato tangente `e data dalle derivazioni { x


1 , . . . , xn }; assegnati due campi vetto
i
riali su U , X = X i x
i e Y = Y xi , la derivata covariante si esprime pertanto nella
forma

DX Y = (X(Y i ) + Y j X l ijl ) i .
x
Per non infrangere convenzioni storicamente aermate, nelle pagine che seguono
scriveremo questa relazione in termini dei cosiddetti simboli di Christoel,
ilj =: ijl
(si noti linversione degli indici bassi, rispetto ai quali le quantit`
a considerate non
sono in generale simmetriche). Equivalentemente abbiamo la formula:
D

xj

= ijl i .
l
x
x

31

6.2. Esercizio.
a tensoriali. Si ricavino le leggi
 Ovviamente le funzioni ijl non deniscono quantit`
di trasformazione dei simboli di Christoel per cambiamenti di coordinate locali. 
Una connessione D denita sul brato tangente induce connessioni denotate
con lo stesso simbolo su tutti i brati dellalgebra tensoriale di T M (ci`o `e vero, in
generale, per un brato vettoriale qualsivoglia). Per ogni campo vettoriale X, sar`
a
infatti suciente assegnare le seguenti regole:
DX f = X(f )

f C (M ) ;

DX , Y  + , DX Y  = X(, Y )
DX (t t ) = (DX t) t + t (DX t )

1 (M ) , Y (T M ) ;
per ogni coppia di campi tensoriali t, t .

Naturalmente, se t `e un campo tensoriale di tipo (r, s), Dt `e un campo tensoriale di


tipo (r, s + 1).
6.3. Esercizio.
 Introdotte coordinate locali (x1 , . . . , xn ) su M , si dimostrino le seguenti formule

(per un campo vettoriale X = X i x


i ):
DX = (X(k ) X i j jik )dxk

= k dxk ;

DX g = (X(gij ) X k glj lki X k gil lkj )dxi dxj

g = gij dxi dxj .

6.4. Denizione. Assegnata una connessione D sul brato tangente di una variet`
a
dierenziabile M , la torsione della connessione `e il campo tensoriale T di tipo (1, 2)
denito dalla formula
T (X, Y ) = DX Y DY X [X, Y ]

X, Y (T M ) .

Eettivamente, T soddisfa al criterio di tensorialit`


a, essendo C (M )-lineare sia
nel primo che nel secondo argomento:
T (f X, Y ) = f DX Y f DY X Y (f )X f [X, Y ] + Y (f )X = f T (X, Y )
e analogamente T (X, f Y ) = f T (X, Y ), per ogni funzione dierenziabile f su M .
Poiche T (X, Y ) = T (Y, X), la torsione `e antisimmetrica negli indici bassi, e
2
T M.
individua dunque una sezione del brato T M
Usando coordinate locali, si ricava la rappresentazione in componenti della torsione:

i
Tkj
= (T ( k , j ))i = ikj ijk .
x x

32

6.5. Denizione. La connessione D sul brato tangente T M si dice simmetrica se


la sua torsione T `e nulla.
6.6. Esempio. La connessione cartesiana su Rn dellEsempio precedente `e simmetrica.

Il seguente risultato si ricava direttamente dalla rappresentazione in componenti
di T .
6.7. Proposizione. La connessione D `e simmetrica se e solo se i suoi simboli di
Christoel sono simmetrici negli indici bassi.
Dimostriamo ora che ogni metrica riemanniana su una variet`
a dierenziabile (cfr.
Esempio 4.4) determina in maniera univoca una connessione simmetrica sul brato
tangente.
6.8. Denizione. Sia g una metrica riemanniana su M . Una connessione D su
T M si dice g-metrica se Dg = 0.
Essendo g una sezione del brato T M T M , dalla denizione stessa di derivata
covariante indotta da D su questo brato segue subito che D `e g-metrica se e solo se
DX (g(Y, Z)) = g(DX Y, Z) + g(Y, DX Z)
(infatti (DX g)(Y, Z) = DX (g(Y, Z)) g(DX Y, Z) g(Y, DX Z)).
6.9. Teorema. Lemma fondamentale della geometria riemanniana. Sia g
una metrica riemanniana sulla variet`
a dierenziabile M . Sul brato tangente T M
esiste ununica connessione simmetrica e g-metrica.
Dimostrazione. Sar`
a suciente determinare D calcolando esplicitamente i suoi simboli di Christoel. Siano (x1 , . . . , xn ) coordinate locali su M . Anche D sia una
connessione g-metrica, si deve avere:

gij = glj lki + gil lkj .


k
x
Sfruttando il fatto che gij = gji e lij = lji , si ricava:

gjk k gij + j gki = 2glk lij .


i
x
x
x
La matrice gij `e non singolare (e la sua inversa si denota con g ij ); `e dunque possibile
esprimere i simboli di connessione in termini della sola metrica:
lij =

1 lk

g ( i gjk + j gki k gij ) .


2
x
x
x

33

Questa relazione pu`


o essere assunta come denizione dei simboli di Christoel di una
connesione su T M , che risulter`
a necessariamente g-metrica, simmetrica e univocamente determinata.
La connessione denita nel precedente Teorema si dice connessione di Levi-Civita
associata alla metrica g. I suoi simboli di Christoel si scrivono usualmente nella
forma:
" #
l
=: lij .
ij
6.10. Osservazione. Nella dimostrazione del risultato precedente `e del tutto superuo che lendomorsmo g sia denito positivo. In eetti, il Teorema 6.9 si
pu`
o facilmente generalizzare a un Lemma fondamentale della geometria pseudoriemanniana:
Sia h una metrica pseudo-riemannianna su M ; esiste allora ununica connessione
D su T M che sia simmetrica e h-metrica.
Ci`
o nonostante, il risultato che abbiamo dimostrato rimane quello cruciale nellambito
della geometria dierenziale: infatti, una variet`
a dierenziabile M ammette sempre
metriche riemanniane (il che si dimostra facilmente mediante unargomentazione di
partizione dellunit`
a), mentre pu`
o non ammettere alcuna metrica pseudo-riemanniana.
Di conseguenza, la connessione di Levi-Civita associata a una qualche metrica riemanniana diviene uno degli strumenti fondamentali per studiare concretamente le
propriet`
a geometriche di M (ad esempio, per calcolare esplicitamente gli invarianti
geometrici del brato tangente T M ).

6.11. Esempi/Esercizi.
1. Sia M = Rn e geucl. la metrica euclidea. Poiche le componenti gij di geucl. rispetto
alle coordiante cartesiane sono costanti, i simboli di Christoel della connessione
o signica che in questo caso la
di Levi-Civita associata a geucl. sono nulli. Ci`
connessione di Levi-Civita coincide con la connessione denita nellEsempio 6.1.
2. Si consideri lembedding canonico i : S 2  R3 della 2-sfera nello spazio euclideo
tridimensionale. Sia geucl. la metrica euclidea di R3 ; allora, il pull-back (geucl. ) `e
una metrica riemanniana su S 2 . Si dimostri che i simboli di Christoel della connessione di Levi-Civita associata a questa metrica sono non nulli. [Suggerimento:
si esprima lembedding in coordinate sferiche].
3. Sia T 2 = S 1 S 1 il toro bidimensionale; si deniscano i due embeddings determinati localmente dalle assegnazioni:
T 2  R4

(, ) = (cos , sin , cos , sin ) ;

T  R

(, ) = ((2 + cos ) cos , (2 + cos ) sin , sin ) .

Procedendo come nellesempio precedente, si possono cos indurre due dierenti


metriche riemanniane su T 2 , g1 e g2 . Si calcolino i simboli di Christoel nei due
casi. Pu`
o esistere una isometria (T 2 , g1 ) (T 2 , g2 )?

34

4. Consideriamo una metrica g invariante a sinistra su un gruppo di Lie G. Ogni


connessione su T G che `e isomorfo al brato banale `e univocamente determinata dalla sua restrizione allalgebra di Lie Lie(G). Ci`
o `e vero, in particolare,
per la connessione di Levi-Civita D associata a g. Essendo g invariante a sinistra,
g(X, Y ) `e costante per ogni coppia di campi vettoriali invarianti a sinistra; quindi
g(DX Y, Z) + g(Y, DX Z) = 0 ;
permutando ciclicamente i campi X, Y e Z e sommando a segni alterni, si ricava:
g(DX Y + DY X, Z) + g(DX Z DZ X, Y ) + g(DY Z DZ Y, X) = 0 .
Daltra parte, il fatto che D sia simmetrica implica che DX Y = DY X + [X, Y ].
Sostituendo si ottiene inne:
2g(DX Y, Z) = g([X, Y ], Z) g([Y, Z], X) + g([Z, X], Y )

X, Y, Z Lie G ,

formula che denisce in modo univoco la connessione di Levi-Civita relativa a una


metrica invariante a sinistra sul gruppo di Lie G.

6.12. Osservazione.
La curvatura della connessione di Levi-Civita `e una sezione
2
T M End(T M ); essa determina quindi un tensore di tipo (1, 3) che
del brato
si denomina tensore di curvatura della variet`
a riemanniana (M, g). Si dimostra che
il tensore di curvatura `e invariante per isometrie.

Intendiamo ora fornire uninterpretazione puramente geometrica della nozione di
connessione sul brato tangente di una variet`
a, in termini del cosiddetto trasporto
parallelo.
Assegnata una curva : (a, b) M , un campo vettoriale lungo `e semplicemente unapplicazione dierenziabile t (a, b)  Xt T(t) M . Il campo vettoriale
tangente, d
e appunto un esempio di campo vettoriale lungo .
dt , `
Sia D una qualsiasi connessione lineare sul brato tangente T M ; se X `e un campo
vettoriale denito su M o in un intorno dellimmagine di , la quantit`
a (D d X)|
dt
denisce un campo vettoriale lungo la curva . Vogliamo ora dare un signicato a
questa derivata covariante lungo anche nel caso di campi vettoriali X che siano
deniti soltanto lungo .
6.13. Proposizione. Per ogni curva : (a, b) M , esiste un unico operatore
D
: {campi vettoriali lungo } {campi vettoriali lungo } ,
dt

35

che soddis alle seguenti propriet`


a:
D
D
D
(X + Y ) = ( X) + ( Y ) ;
dt
dt
dt
D
df
D
(f X) = X + f X
per ogni funzione dierenziabile f : (a, b) R;
dt
dt
dt
D
(T M ) t.c. X
|(t) = X(t).
|(t)
per ogni X
( X)(t) = (D d X)
dt
dt
Dimostrazione. Fissiamo un punto p = (t0 ) e consideriamo un intorno coordinato di
p, con coordinate (x1 , . . . , xn ); indichiamo con ( 1 , . . . , n ) lespressione in coordinate
di . Dato un campo vettoriale X lungo , poniamo:


dX i
d k

D
j
i
.
( X)(t0 ) =:
(t0 ) +
(t0 ) X (t0 )kj ((t0 ))
dt
dt
dt
xi t0
Occorre dimostrare che questa formula `e indipendente dalla scelta delle coordinate:
D
`e questo un facile calcolo che si lascia per esercizio [] al lettore. Loperatore dt
,
dunque, esiste e soddisfa alle propriet`
a specicate; queste, daltra parte, lo determinano in maniera univoca, come `e agevole vericare.
Diremo che un campo vettoriale X lungo la curva `e parallelo lungo rispetto
D
X = 0.
alla connessione D se dt
6.14. Teorema. Sia ssato un vettore X0 T(t0 ) M . Esiste un unico campo
vettoriale lungo la curva che sia parallelo lungo e tale che X(t0 ) = X0 .
Dimostrazione. Fissate coordinate locali (x1 , . . . , xn ), il campo X `e parallelo lungo
se e solo se verica il sistema di equazioni dierenziali:
dX i
d k
(t) +
(t) X j (t)ikj ((t)) = 0 .
dt
dt
Di questo sistema lineare e omogeneo esiste ununica soluzione che soddisfa ai dati
iniziali assegnati.
Nelle ipotesi della Proposizione appena dimostrata, diremo che i vettori X(t) si
ottengono da X0 per trasporto parallelo, e scriveremo X(t) = t0 ,t (X0 ). In tal modo,
si denisce un omomorsmo di spazi vettoriali
t0 ,t : T(t0 ) M T(t) M ,
che `e di fatto un isomorsmo (il suo inverso `e dato dal trasporto parallelo lungo la
` importante sottolineare che questo isomorsmo dipende non soltanto
curva (t)). E
dalla connessione D, ma anche dalla curva che abbiamo prescelto.
` possibile caratterizzare la connessione D in termini di trasporto parallelo: da
E
un punto di vista storico, fu questo il metodo seguito da Levi-Civita, nel 1917, per
chiarire e rendere rigorosa la nozione di derivata covariante.

36

6.15. Teorema. Sia : (a, a) M una curva, con (0) = p e


ogni campo vettoriale Y su M si ha:

d
dt |t=0

= Xp . Per

1 1
(0,h Y(h) Yp ) .
h0 h

DXp Y = lim

Dimostrazione. Siano Z1 , . . . , Zn campi vettoriali paralleli lungo , tali che la n-upla


Z1 (0), . . . , Zn (0) costituisca una base di Tp M . Dato che il trasporto parallelo denisce
un isomorsmo di spazi vettoriali, Z1 (t), . . . , Zn (t) sono linearmente indipendenti per
ogni t (a, a), e dunque possiamo scrivere:
Y(t) = Y i (t)Zi (t) .
Calcoliamo allora il limite:
%
1 1
1$ i
1
i
Y (h)0,h Zi (h) Y (0)Zi (0)
lim (0,h Y(h) Yp ) = lim
h0 h
h0 h
1
D
lim (Y i (h) Y i (0))Zi (0) = ( Y i )|t=0 Zi (0)
h0 h
dt
= DXp Y
D
Zi = 0 e, nellultimo passaggio, si `e sfruttata la terza
(dove si `e usato il fatto che dt
D
delle propriet`
a che caratterizzano loperatore dt
).

Come sappiamo, lassegnazione di una metrica riemanniana g su M induce un


prodotto scalare e quindi una metrica su ogni spazio tangente Tp M .
6.16. Teorema. Sia g una metrica riemanniana sulla variet`
a M . Una connessione
D `e g-metrica se e solo se il trasporto parallelo rispetto a D lungo una qualsiasi curva
`e unisometria di spazi vettoriali.
Dimostrazione. Se D `e g-metrica, per ogni curva (t) e per ogni coppia di campi
vettoriali lungo si ha [vericare]:
d
D
D
D
(g(Y, Z)) (g(Y, Z)) = g( Y, Z) + g(Y, Z) .
dt
dt
dt
dt
d
Se Y `e parallelo lungo , allora dt
(g(Y, Y )) = 0; g(Y (t), Y (t)) `e quindi costante
lungo e lisomorsmo di trasporto parallelo `e unisometria. Supponiamo ora che
sia unisometria per ogni curva . Fissiamo tre campi vettoriali X, Y e Z su M :
per ogni p M , si consideri una curva tale che (0) = p e d
dt |t=0 = Xp . Si ricava
pertanto:
d
X(g(Y, Z))(p) =
[g(Y ((t)), Z((t)))]|t=0 .
dt

37

Si pu`
o esplicitare il secondo membro di questa equazione considerando un riferimento
E1 (t), . . . , En (t) di campi vettoriali parallelamente trasportati lungo : in questo
caso, poiche il trasporto parallelo `e unisometria, possiamo scegliere il riferimento in
modo che sia ortonormale, ossia tale che g(Ei (t), Ej (t)) = ij per ogni t. Ponendo
Y ((t)) = Y i (t)Ei (t) e Z((t)) = Z i (t)Ei (t), si ottiene, con facili calcoli, analoghi a
quelli eseguiti nel Teorema 6.15 [vericare]:
 dY i



dZ i
d
Ei (0), Z((0)) + g Y ((0)),
Ei (0)
g(Y ((t)), Z((t)))|t=0 = g
dt
dt |t=0
dt |t=0
 D 

D
Y, Z |t=0 + g Y, Z |t=0 .
=g
dt
dt
Ne consegue che
X(g(Y, Z))(p) = g((DX Y )|p , Zp ) + g(Yp , (DX Z)|p ) ;
essendo p arbitrario, la connessione D `e dunque g-metrica.
6.17. Corollario. Su una variet`
a riemanniana (M, g), la connessione di Levi-Civita
`e lunica connessione simmetrica rispetto alla quale il trasporto parallelo lungo ogni
curva di M sia unisometria.
Una curva sulla variet`
a riemanniana (M, g) si dice geodetica se il suo campo
d
vettoriale tangente dt `e parallelo lungo rispetto alla connessione di Levi-Civita,
vale a dire se e solo se
D d
( ) = 0.
dt dt
Se (t) `e una geodetica, allora la norma di

d
dt

`e costante lungo ; infatti si ha:

D d d
d d d
g( ,
) = 2g(
,
) = 0.
dt dt dt
dt dt dt
Il parametro t selezionato dallequazione che denisce la geodetica `e dunque un
multiplo dellascissa curvilinea di .
Introdotte coordinate locali (x1 , . . . , xn ), lequazione delle geodetiche si scrive nella
forma seguente [vericare]:
d j d k
d2 i
i
= 0.
+

((t))
jk
dt2
dt dt
Si pu`
o dimostrare con i metodi usuali del calcolo delle variazioni che queste equazioni
sono le equazioni di Euler-Lagrange del funzionale energia denito dalla metrica g
sulla variet`
a M.

38

6.18. Esempi.
1. Su Rn con la metrica euclidea, i simboli di Christoel sono tutti nulli. Lequazione
2 i
delle geodetiche diventa semplicemente: ddt2 = 0. Le geodetiche sono dunque le rette
i (t) = ai t + bi .
2. Sia : (M, g) (M, h) unisometria di variet`
a riemanniane. Allora, limmagine
mediante di una geodetica rispetto alla metrica g `e una geodetica rispetto alla
metrica h e viceversa [].
a dierenziabile di dimensione due, un em3. Supercie in R3 . Data una variet`
3
bedding : R (se esiste) determina una metrica riemanniana h = (geucl. )
su . Classicamente si dice che `e una spercie regolare in R3 (confondendo con
la sua immagine mediante ) e si esprime la metrica riemanniana h in forma matriciale rispetto a coordinate locali (y 1 , y 2 ) su e a coordinate cartesiane ortogonali
(x1 , x2 , x3 ) su R3 . In questo modo si ha:
hij =

xk xl
kl ;
y i y j

questultima relazione si riscrive anche nella forma equivalente (in omaggio alla notazione adottata da Gauss nel suo fondamentale saggio Disquitiones generales circa
supercies curvas del 1827):
hij dy i dy j = Edy 1 dy 1 + 2F dy 1 dy 2 + Gdy 2 dy 2
nella quale le funzioni E, F e G si esplicitano facilmente usando la relazione matriciale
precedente. Per ogni punto s , lo spazio tangente T(s) `e isomorfo alla somma
diretta di spazi vettoriali Ts (Ts ) (il complemento ortogonale `e considerato
rispetto alla metrica euclidea di R3 ); lo spazio normale alla supercie in s `e per
denizione lo spazio vettoriale Ns =: (Ts ) (questi spazi vettoriali determinano
un brato vettoriale su di rango 1, detto brato normale). Si pu`
o dimostrare il
seguente risultato: una curva su `e una geodetica rispetto alla metrica h se e solo,
in ogni suo punto s, il versore normale alla curva (vista come curva in R3 mediante
lembedding ) appartiene allo spazio normale a nel punto s (la dimostrazione `e per
calcolo diretto, usando lequazione delle geodetiche e le formule di Frenet-Serret per le
curve in R3 []). Questa caratterizzazione delle geodetiche permette, ad esempio, di
rendersi conto immediatamente che i cerchi massimi (e solo questi) sono le geodetiche
della sfera S 2 immersa in maniera standard in R3 . Se la supercie o meglio, la
sua immagine in R3 mediante `e una supercie di rotazione, di parametrizzazione
(y 1 cos y 2 , y 1 sin y 2 , (y 1 )), si ottiene facilmente:
E = 1 + ( )2 ;

F = 0;

G = (y 1 )2 .

39

Invertendo la matrice hij , si calcolano quindi senza dicolt`


a i simboli di Christoel
della connessione di Levi-Civita di h:
112 = 121 = 211 = 222 = 0 ,
 
,
1 + ( )2
y1
=
,
1 + ( )2

111 =
122

212 = 221 =

1
,
y1

il che consente di semplicare le equazioni delle geodetiche nel sistema di equazioni


dierenziali:
 1 2
 2 2
d2 y 1
 
y1
dy
dy
+

= 0,
dt2
1 + ( )2 dt
1 + ( )2 dt

 2
2 dy 1
d2 y 2
dy
+ 1
= 0.
2
dt
y
dt
dt
Riscrivendo la seconda equazione nella forma:
1 d
(y 1 )2 dt

1 2 dy

(y )

dt

= 0,
2

si deduce subito che i meridiani sono geodetiche. Pi


u in generale, ponendo (y 1 )2 dy
dt =
c, con la costante c diversa da zero, e sostituendo nelluguaglianza
dt dt = (hij dy i dy j )| ,
si ricava lequazione dierenziale:




2
(y 1 )2 ((y 1 )2 c2 ) (dy 2 )2 = c2 1 + ( )2 (dy 1 )2 ;

da questa `e immediato dedurre lequazione implicita delle geoedetiche su :




y1

y y (t0 ) = c
2

y 1 (t0 )

&

1 + ( )2

du .
u u2 c2


40

Indicazioni bibliograche.
Per le denizioni di base e le prime nozioni di geometria dierenziale si rimanda
al volume:
F.W. Warner, Foundations of dierentiable manifolds and Lie groups, GTM 94,
Springer-Verlag, New York 1987, capp. 1-2.
Per approfondimenti in direzione della topologia algebrica e della geometria delle
variet`
a analitiche complesse si possono consultare:
R.O. Wells, Dierential analysis on complex manifolds, GTM 65, Springer-Verlag,
Berlin-New York 19802 ;
R. Bott, L.W. Tu, Dierential forms in algebraic topology, GTM 82, SpringerVerlag, New York 1982.
Ottimi testi di riferimento di geometria riemanniana, ben oltre i brevi cenni forniti
nelle pagine precedenti, sono:
S. Gallot, D. Hulin, J. Lafontaine, Riemannian geometry, Universitext, SpringerVerlag, Berlin 1990;
M.P. Do Carmo, Riemannian geometry, Birkh
auser, Basel 1992.
I legami della geometria dierenziale con la meccanica classica sono ampiamente
trattati nei volumi:
V.I. Arnold, Mathematical methods of classical mechanics, GTM 60, SpringerVerlag, New York 1978 (trad. it. Metodi matematici della meccanica classica, Editori Riuniti, Roma 1979);
C. Godbillon, Geometrie dierentielle et mecanique analytique, Hermann, Paris
1969.
Si segnalano inne i seguenti testi di riferimento:
W.M. Boothby, An introduction to dierentiable manifolds and Riemannian geometry, Academic Press, New York 1975;
G. Gentili, F. Podest`
a, E. Vesentini, Lezioni di geometria dierenziale, Bollati
Boringhieri, Torino 1995;
S. Helgason, Dierential geometry, Lie groups, and symmetric spaces, Academic
Press, New York 1978;
S. Kobayashi, K. Nomizu, Foundations of dierential geometry, vol. I, Interscience
Publ., New York 1963;
M. Spivak, A comprehensive introduction to dierential geometry. Vol. II, Publish
or Perish, Berkeley 1979;
S. Sternberg, Lectures in dierential geometry, Prentice Hall, Englewood Clis
(N.J.) 1964.

Potrebbero piacerti anche