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e

on
Indice

ni

uzi
1 PROPRIETÀ DEI FLUIDI
ani
1.1 Proprietà fisiche dei fluidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
3
1.1.1 densità e peso specifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

od
1.2 sforzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2.1 viscosità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2.2 viscosità dinamica e viscosità cinematica . . . . . . . . . 12
m
1.2.3 dipendenza della viscosità dalla temperatura . . . . . . . 12
1.2.4 fluidi non newtoniani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
ipr
1.2.5 fluidi non-newtoniani con viscosità dipendente dal
1.2.6 viscoelasticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
tempo
. . . .
17
18
Ar

1.2.7 fluido perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19


1.1 proprietà fisiche di alcuni fluidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
ar
2 STATICA DEI FLUIDI 25
2.1 Principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.2 Comprimibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
A.

2.3 Legge idrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29


2.3.1 legge idrostatica per i fluidi incomprimibili . . . . . . . . 30
ta l

2.3.2 misure piezometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33


2.4 Tensione superficiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.4.1 legge di Jurin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.5 Distribuzione delle pressioni in un fluido comprimibile . . . . . . 38
2.6 Spinta idrostatica sulle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.6.1 spinta su superfici piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
eta

2.6.2 centro di spinta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42


2.6.3 spinta su una superficie curva . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.6.4 spinta di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.6.5 metodo dell’equilibrio globale . . . . . . . . . . . . . . . 49
Vi

1
2 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
2.7 Galleggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
2.7.1 stabilità di un corpo galleggiante . . . . . . . . . . . . . 53

on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Capitolo 1

ni

uzi
PROPRIETÀ DEI FLUIDI ani

od
1.1 Proprietà fisiche dei fluidi
Si suole classificare i corpi fisici in categorie fondamentali a seconda di come si
m
deformano sotto l’azione di forze applicate.

ipr
A parte il corpo rigido, che per definizione non può deformarsi, le categorie
estreme principali della materia sono:
Ar

– i solidi elastici che possiedono una propria forma e che reagiscono elas-
ticamente alle sollecitazioni e che quindi possono essere deformati (in
ar
maniera modesta), per cui, cessata la sollecitazione, ritornano alla con-
figurazione iniziale;
A.

– i fluidi (liquidi e gassosi) che hanno la forma di volta in volta deter-


minata dal sistema di forze applicate: reagiscono elasticamente solo alla
ta l

forze di compressione, ma che scorrono, ossia si deformano continuamente


sotto l’azione delle forze applicate.

Una categoria intermedia è costituita dalle sostanze plastiche, che si lasciano


deformare poco come il solido elastico, ma che a differenza di queste una volta
deformate non riassumono la posizione originaria.
eta

La distinzione tra solidi e fluidi è essenzialmente molecolare:

– nei solidi la disposizione delle molecole resta pressochè invariata durante


la deformazione;
Vi

3
4 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
– nei liquidi la disposizione delle molecole è disordinata ma mantiene pres-
sochè costante la distanza (ossia il volume);

on
– nei gas non si mantiene neanche la distanza tra le molecole. I gas tendono
perciò ad occupare il massimo volume possibile

ni
Nello studio della meccanica, la materia viene concepita come un continuo,

uzi
e le sue proprietà come funzione continue dello spazio e del tempo nel senso
matematico della nozione.

1.1.1
ani
densità e peso specifico

od
Si definisce densità, ρ, di un fluido la massa di un elemento infinitesimo δ∀ di
volume fluido:
m
δM
ρ = lim (1.1)

ipr δ∀→0 δ∀

Si definisce peso specifico, γ, il peso di un elemento infinitesimo, δ∀, di


Ar

volume fluido :

δG
γ = lim (1.2)
ar
δ∀→0 δ∀

Il peso specifico dipende dall’accelerazione di gravità:


A.

δG = g δM γ=g ρ
ta l

1.2 sforzi
Si consideri una superficie Σ qualunque all’interno di un fluido (a contatto
con il fluido) (la superficie può essere completamente immersa sulle due facce
oppure la faccia di una superficie solida di contenimento di un fluido oppure
eta

una superficie si separazione tra due fluidi). Si consideri un’areola molto piccola
di superficie δA tutta contenuta nella superficie Σ e la forza δ F esercita dal
fluido su di essa. La forza δ F viene rappresentata come un vettore (vedasi
l’appendice 1 a pag.[?])
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 5

e
on
ni

uzi
ani
La forza per unità di superficie:

od

t = lim δ F (1.3)
δA→0 δA
è detta tensione ed è un vettore. Si può proiettare questa forza per unità di
m
, m
superficie lungo le tre direzioni n , l che formano una terna ortogonale con la
 normale all’areola δA e le direzioni m  ed l normali all’areola.
direzione n
ipr
Queste componenti sono dette componenti speciali di tensione e si indicano con:
Ar

δ Fn
tn = lim = σnn
δA→0 δA
ar
δ Fm
tm = lim = τnm
δA→0 δA

δ Fl
A.

tl = lim = τnl
δA→0 δA

Il primo pedice indica dunque la giacitura della superficie il secondo la direzioni


ta l

dell’asse lungo cui viene proiettata la forza per unità di superficie. La σnn è
chiamata sforzo normale, mentre le τnm e τnl sono detti sforzi tangenziali.
eta
Vi
6 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Facendo ora riferimento ad una terna cartesiana x1 , x2 , x3 , si può consid-
erare una superficie infinitesima normale all’asse x1 , ossia tale che la direzione

on
normale n coincida con l’asse x1 e gli assi m ed l rispettivamente con gli assi
x2 e x 3 .

ni

uzi
ani

od
Si otterranno le componenti speciali di tensione:
m

ipr σ11 , τ12 , τ13

Nel punto P si possono considerare altre le altre due superfici rispettiva-


Ar

mente normale alle direzioni x2 ed x3 .


ar
A.

ta l

rispetto alle quali si ottengono le due terne di componenti speciali di tensione:


eta

τ21 , σ22 , τ23 e τ31 , τ32 , σ33

Si ottengono cosı̀ in totale 9 componenti speciali di tensione, che possono


essere rappresentate in forma matriciale:
Vi
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e
 
 σ τ12 τ13 
 11 
 
 τ21 σ22 τ23 =T (1.4)

on
 
 τ31 τ23 σ33 

La forma (1.4) è chiamata tensore delle tensioni.


Il tensore [T] trasforma il vettore en (versore) nel vettore forza di superficie

ni
elementare t agente su un’areola elementare di giacitura normale al versore

uzi
en :


ani t = en · T (1.5)
La relazione (1.5) è derivabile dal 1 postulato della meccanica applicato al
tetraedro di Cauchy.
La divisione tra due vettori è un’operazione che non esiste nell’algebra

od
vettoriale, tuttavia è interessante notare che il tensore [T] potrebbe essere con-


siderato come la divisione tra il vettore t e il vettore en .
L’uso dei tensori è assai comodo perché consente di semplificare molto i
m
formalismi della meccanica dei fluidi. I tensori godono infatti di alcune pro-

ipr
prietà che consentono di eseguire alcune operazioni complicate in forma assai
compatta, ma soprattutto il loro uso permette di scrivere le equazioni indipen-
Ar

dentemente dal sistema di riferimento (vedasi l’appendice 2 a pag.?? )

Gli sforzi sono perciò funzioni dell’orientamento della superficie.


Nello studio della dinamica dei solidi si assume lo sforzo normale positivo
ar
quando è di trazione. Si dimostreà più avanti che, almeno nella statica dei
fluidi, lo sforzo normale non dipende, invece, dall’orientamento della relativa
superficie ed è chiamato pressione. Poichè i fluidi, a differenza dei solidi, non
A.

resistono a trazione, la pressione è assunta positiva quando è di compressione.


Sforzi normali e sforzi tangenziali si misurano quindi in [N m−2 ]. Per le
ta l

pressioni, tuttavia, sono spesso impiegate anche altre unità di misura:


pascal 1 pa = 1 N/m2
bar 1 bar = 100 000 pa = 105 N/m2
millibar 1 mbar = 100 pa = 100 N/m2
atmosfera 1 atm = 1013 200 pa = 1.0135 bar = 1.0135 105 N/m2
eta

1.2.1 viscosità
Siano dati due piani paralleli posti ad un distanza δ y molto piccola, e che
l’intercapedine sia riempita di un liquido, ad esempio acqua. Si supponga che il
Vi
8 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
piano superiore venga spostato con una forza F parallelamente al piano inferiore
con una velocità costante δU (ovviamente parallela alla forza) sufficientemente

on
piccola in modo che il moto avvenga senza mescolamento del fluido.

ni

uzi
ani

od
Si assume un sistema di riferimento con l’asse x orientato come la forza F .
m
L’esperienza mostra che il modulo della forza F , necessaria a spostare il piano,

ipr
è proporzionale a:

– l’area A di contatto;
Ar

– la velocità δU ;
ar
ed inversamente proporzionale a:

– la distanza δy
A.

Cioè:
ta l

δU
F = μA (1.6)
δy
μ è la costante di proporzionalità.
Lo sforzo medio che agisce sulla unità di superficie risulta quindi:
F δU
eta

τ yx = =μ (1.7)
A δy
Lo stesso ragionamento può essere ripetuto per il fluido compreso tra ogni
coppia di piani paralleli ai piani esterni, posti quindi anche ad una distanza
minore. Facendo tendere in questo caso la distanza δy → 0 si ha:
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 9

e
∂ux
τyx = μ (1.8)
∂y

on
Se μ è indipendente dalla forza e dalla velocità allora il fluido è detto
newtoniano e la grandezza μ è detta viscosità del fluido, μ è funzione solo
della temperatura e della pressione.

ni

uzi
velocità di deformazione angolare
ani
Si consideri ora un rettangolo nel piano perpendicolare ai due piani ed allineato
con la forza F. I segmenti A B e C D sono cioè paralleli ad F .

od
∂u
u+ dy C
∂y C' D D'
m
δV
δF t
δy
ipr δθ
Ar

u
Α Α' Β B'
ar
Nell’intervallo di tempo δt il punto A si è spostato in A’, il punto B in B’.
Il punto C si è spostato in C’, il punto D in D’, per cui si ottiene:
A.

 
∂u ∂u
C C − A A = u + dy − u δt = δy δt
ta l

∂y ∂y

ma poiché:
C C − A A
δθ =
δy
si ha:
eta

∂u
C C − A A = δθ δy = δy δt
∂y

da cui:
Vi
10 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
∂u

on
δθ = δt
∂y
ossia:
δθ ∂u ∂θ

ni
= =

uzi
δt ∂y ∂t

La legge di Newton può anche essere scritta:


ani τ =μ
∂θ
∂t
(1.9)

od
viscosimetro rotante
La legge reologica scritta nella forma (1.9) è di norma utilizzata per misurare la
m
viscosità in viscosimetri rotanti (MacMichael), basato sul seguente principio di
funzionamento. Il fluido viene posto nell’intercapedine tra due cilindri coassiali

ipr
di raggio sufficientemente grande, uno dei quali, di solito quello esterno, viene
fatto ruotare con velocità costante ω. Viene contemporaneamente misurato
Ar

il momento trasmesso dal primo cilindro al secondo attraverso il fluido posto


nell’intercapedine, messo in movimento dal cilindro esterno.
ar
M
A.

ta l

h
b Ri

ω
eta

Fig.1.1 Principio di funzionamento del viscosimetro rotante


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 11

e
In questo caso si misura direttamente la velocità di rotazione ω del cilindro
interno, e il momento rotante M . Si può facilmente verificare che la velocità di

on
rotazione ω è legata alla velocità di deformazione ∂θ/∂t dalla seguente relazione
∂θ/∂t = ω(Ri /b + 1).
Lo sforzo tangenziale si ricava dalla misura del momento flettente trasmesso
dal cilindro esterno a quello interno attraverso la superfice di contatto, 2π Ri h,
per cui si ha:

ni

uzi
M 1
τ= (1.10)
ani Ri 2πRi h

In questa maniera si ha una serie di coppie di valori (τ, ∂θ/∂t), che, riportati
in un grafico, danno per regressione lineare il valore della viscosità.

od
m

ipr
Ar

ar
A.

Fig.1.2 Legge reologica per fluidi newtoniani


ta l

viscosimetri a goccia

La viscosità può essere misurata anche con strumenti più semplici. Tra questi
sono da ricordare i viscosimetri basati sulla misura del tempo di vuotamento di
un serbatoio contenete il liquido in esame, che defluisce attraverso un orifizio
eta

(viscosimetro di Saybolt) o un tubicino capillare (viscosimetro di Ostwald). In


questi casi il tempo di vuotamento è proporzionale alla viscosità del liquido. La
viscosità viene quindi determinata per confronto con il tempo di vuotamento
di un liquido di riferimento di cui si conosce la viscosità.
Vi
12 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
1.2.2 viscosità dinamica e viscosità cinematica
Dalla relazione (1.8) di Newton, si ricavano facilmente le dimensioni della vis-

on
cosità:
 
F 1
[μ] = 2     = [F L−2 T ] (1.11)
L L 1

ni
T L

uzi
L’unità di misura in [M KS] è quindi N s /m2 o kg/ms. Spesso viene
tuttavia usato il Poise [P ]:
ani 1 P = 1 g/cm s
Oltre alla viscosità definita dalla legge di Newton, vine spesso usato nella
meccanica dei fluidi il rapporto tra viscosità e densità di un fluido. Questo rap-

od
porto è chiamato viscosità cinematica e di solito viene indicato con la lettera
greca ν. In questo caso la viscosità definita dalla legge di Newton viene chia-
mata viscosità dinamica. È facile verificare che la dimensione della viscosità
m
cinematica à:
L2
ipr [ν] =
[μ]
[ρ]
=
T
Ar

In [M KS] la viscosità cinematica si misura in [m2 /s]. Molto spesso viene


utilizzato anche il cm2 /s, unità di misura chiamata stoke ed indicata con il
simbolo St.
ar
1.2.3 dipendenza della viscosità dalla temperatura
A.

La viscosità dinamica e quella cinematica dei fluidi newtoniani dipendono invece


dalla temperatura. In genere nei liquidi la viscosità (dinamica) diminuisce con
ta l

la temperatura, con una legge di tipo esponenziale:

μ = μo eEη /RT (1.12)


dove Eη è una costante proprietà del fluido e R è la costante dei gas (R =
8.315J mol−1 K −1 ) e T la temperatura assoluta. La relazione (1.12) nota come
legge di Arrhenius a rigore vale solo per particelle sferiche e perfettamente
eta

isotrope.
Nei gas invece la viscosità aumenta con la temperatura. La differenza è
dovuta ai diversi meccanismi molecolari che generano la viscosità. Nei liquidi
essa è prodotta dalle forze di attrazione molecolare. Queste forze diventano
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 13

e
sempre più deboli al crescere della temperatura e di conseguenza ne diminuisce
la viscosità.

on
Nei gas invece la viscosità è generata dallo scambio di quantità di moto
prodotto dall’agitazione delle particelle di gas, che aumenta al crescere della
temperatura. Questo meccanismo fa crescere la viscosità all’aumentare della
temperatura.

ni

uzi
1.2.4 fluidi non newtoniani
Nel fluido non-newtoniano il rapporto tra lo sforzo tangenziale τ e il gradiente
ani
∂u
delle velocità non è costante. Anche per questo tipo di fluido si può definire,
∂y
come si vedrà più avanti, una viscosità, ma la viscosità in questi casi non è

od
costante per una data temperatura e pressione, ma dipende dall’entità dello
sforzo applicato (oppure della velocità di deformazione) o più in generale dalla
precedente storia cinematica del fluido.I fluidi non newtoniani si dividono a loro
m
volta in tre grandi categorie:

ipr
1. quelli per cui lo sforzo tangenziale in ogni punto è comunque dipendente
solo dallo velocità di deformazione (fluidi a reologia indipendente dal
Ar

tempo);

2. fluidi complessi nei quali la relazione tra sforzi e velocità di deformazione


dipende dal evoluzione temporale della deformazione (fluidi a reologia
ar
dipendente dal tempo);

3. fluidi che presentano alcune caratteristiche tipiche dei solidi e presentano


A.

un recupero di coesione anche dopo che sono stati deformati (fluidi vis-
coelastici)
ta l

fluidi non newtoniani con reologia indipendente dal tempo


In questo caso la relazione tra sforzi e velocità di deformazione non è di tipo
lineare:
eta

∂u
= f unct(τyx ) (1.13)
∂y
Si può tuttavia immaginare che esista una viscosità (apparente) μa che a
sua volta dipende dalla velcità di deformazione:
Vi
14 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
 
∂u ∂u
τyx = μa (1.14)

on
∂y ∂y
Questa categoria di fluidi può a sua volta essere divisa in tre tipologie:

∂u
1. quelli per cui la μa cresce con : la resistenza aumenta: fluidi dila-
∂y

ni

uzi
tanti;
∂u
2. quelli per cui la μa diminuisce con : la resistenza diminuisce: fluidi
ani ∂y
pseudoplastici;

3. corpi di Bingham.

od
Per i primi due tipi di fluido è stato proposto un modello reologico detto
modello di Ostwald (1925), nel quale la legge reologica è espressa da una legge
m
di potenza:

ipr τyx = k|
∂u n−1 ∂u
∂y
|
∂y
(1.15)
Ar

τ
n>1
ar
n=1
dilatante newtoniano
A.

n<1
pseudoplastico
ta l

∂u ∂θ
=
∂y ∂t

Fig.1.3 Legge reologica per fluidi non-newtoniani


eta

Il parametro k è una misura della consistenza del fluido e come tale è


chiamato indice di consistenza. Tanto più grande è k, tanto più viscoso è il
fluido. L’esponente n è un indice della non-newtonianità del fluido.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 15

e
fluidi dilatanti

on
Per i fluidi dilatanti (in inglese chiamati anche shear thickening), la viscosità
cresce con lo sforzo, ossia n > 1. Appartengono a questa categoria le miscele
di acqua e sabbia con vuoti. Per sforzo nullo la legge di Ostwald dà viscosità
apparente nulla. Un comportamento reologico di questo tipo era stato osser-
vato originariamente da O. Reynolds (1885) nelle sospensioni concentrate di

ni

uzi
particelle solide, nei quali a bassi valori della deformazione l’acqua lubrifica le
particelle e la viscosità complessiva risulta bassa. Per queste miscele Reynolds
aveva osservato che a riposo le particelle presentano un impaccamento elevato,
ani
mente sotto deformazione i vuoti tra le particelle tendono ad aumentare e quindi
appare una dilatazione del fluido quando questo viene deformato. L’aumento
dell’imbricamento tra le particelle fa aumentare la viscosità complessiva della

od
miscela. Si comportano come fluidi dilatanti le colate di detriti che interessano
alcuni torrenti di montagna. dal punto di vista industriale la dilatanza di un
fluido è spesso considerata una complicazione da evitare.
m

fluidi pseudoplastici ipr


Ar

Per i fluidi pseudoplastici (in inglese chiamati anche shear thinning) la vis-
cosità decresce con lo sforzo, per cui nella equazione (1.15) di Ostwald, si ha
ar
n < 1.
Hanno comportamento pseudoplastico le emulsioni, i polimeri ad alta den-
sità, le miscele di acqua e cemento, il latte, il sangue animale (Casson). In
A.

alcuni di questi fluidi i legami tra le particelle (che a riposo portano alla for-
mazione di aggregati) o tra le molecole (tipicamente le catene polimeriche) si
ta l

rompono sotto sforzo, per cui la viscosità diminuisce sotto deformazione. In


molti fluidi pseudoplastici queste proprietà è reversibile, nel senso che cessata la
sollecitazione le catene o gli aggregati di particelle si riformano. La pseudoplas-
ticità di un fluido è importante ad esempio nella verniciatura o nella serigrafia,
dove l’aumento di viscosità in quiete consente alla vernice una volta applicata
di non colare.
eta

L’applicazione della legge di Ostwald ai fluidi dilatanti con n < 1 porta


all’anomalia che a sforzo nullo la viscosità (apparente) tende all’infinito.
Altre leggi empiriche che vengono impiegate per descrivere il comporta-
mento pseudoplastico dei fluidi sono:
Vi
16 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
 
∂ux 1
Prandtl τyx = A sin−1

on
∂y C

∂ux 1 τyx
Eyring τyx = + C sin
∂y B B 
∂ux ∂ux (1.16)
−1
Powell-Eyring τyx = A + B sinh C
∂y ∂y

ni

uzi
√ ∂ux
Casson τyx = A + ηo (τyx > 0)
∂y
ani
fluido (corpo) di Bingham
Esistono poi i corpi plastici di Bingham, per i quali è necessario che lo sforzo

od
tangenziale superi un valore critico τc di soglia per poter avere deformazione.
(Figura 1.4 )
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l

Fig.1.4 Comportamento reologico dei fluidi plastici di Bingham.

Se lo sforzo resta al di sotto del quale non c’è scorrimento (velocità di


deformazione nulla): un comportamento specifico dei solidi più che dei fluidi,
eta

per cui è più appropriato di corpo piuttosto che di fluido di Bingham. La legge
reologica risulta essere del tipo:

∂u
τyx = τc + μ (1.17)
∂y
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 17

e
μ è detta viscosità plastica. Risultano appartenere a questa categoria le
miscele granulari in acqua contenti argilla, le paste dentifricie, le malte, alcuni

on
grassi lubrificanti, vernici ad olio, i fanghi degli impianti di depurazione, i fanghi
di trivellazione.
Esistono fluidi plastici (di Bingham) dilatanti e pseudoplastici.
La combinazione della legge di Ostwald (1.15) e della legge di Bingham
(1.17) dá una legge valida per il fluido di Bingham dilatante o pseudoplastico,

ni

uzi
nota come legge di Herschel-Bulkley:
∂u n−1 ∂u
τyx = τc + κ| | (1.18)
∂y ∂y

1.2.5
ani
fluidi non-newtoniani con viscosità dipendente dal

od
tempo
Il comportamento reologico di molti fluidi non é descrivible con leggi semplici
quali la legge di Ostwald (eq. ??) e leggi come le (1.16). ci sono fluidi cioé nei
m
quali la reologia dipende non solo dagli sforzi e dalla velocitá di deformazione,

ipr
ma anche da come lo sforzo viene applicato, in altre parole dipende anche dal
tempo. Questi fluidi sono divisi a loro volta in due classi:
Ar

1. sostanze tixotropiche
2. sostanze reopeptiche
ar
A.

ta l
eta

Fig.1.5 Fluidi con viscosità dipendente dal tempo


Vi
18 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Nelle sostanze tixotropiche (paste alimentari) nel tempo il legame moleco-
lare si riduce di intensità.

on
Nelle sostanze reopeptiche al perdurare dello sforzo si vengono a formare
nuovi legami molecolari, che fanno aumentare la viscositá.

1.2.6 viscoelasticità

ni

uzi
Accanto agli sforzi tangenziali si manifestano anche sforzi normali.
1 ∂τ
σ= (1.19)
G ∂t
ani
G è il modulo di Young.

od
m
V
Α

ipr δ
F
Ar

σ
τ
ar
Fig.1.6 Nel moto tra due piani paralleli (viscosimetro) di un fluido visco-
A.

elastico lo sforzo tangenziale induce anche uno sforzo in di-


rezione normale ad esso
ta l

La distinzione tra le diverse tipologie di fluidi è ovviamente schematica, in


maniera più rigorosa un fluido verrà definito attraverso la sua legge reologica.

schema delle diverse tipologie della materia


eta

fl. perfetto viscosi visco-elastici elasto-viscosi elastici corpo rigido


(Pascal) (Hooke)

Corpi plastici
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 19

e
1.2.7 fluido perfetto
Sono detti perfetti quei fluidi nei quali gli sforzi tangenziali sono nulli; nei

on
quali possono esistere solo di sforzi normali.
Sono perciò da ritenersi perfetti tutti i fluidi inviscidi μ = 0 e tutti i fluidi
∂ui
in quiete = 0.
∂xj

ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
20 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Appendice 1: Richiami di algebra dei vettori

on
Un vettore è un’entità dotata di significato fisico intrinseco, ossia indipendente
dal sistema di riferimento. Ad esempio sono vettori:

ni
– la forza agente in un punto;

uzi
– la posizione di un punto materiale.
ani

od
notazioni dei vettori


notazione intrinseca F
m
notazione indiciale (necessita di una terna di riferimento, x1 , x2 , x3 )

− 3

ipr F =
i=1
fi ei = fi ei (convenzione di Einstein);
notazione matriciale {F} = {f1 , f2 , f3 }
Ar

ar
somma di vettori
→ −
− → − →
notazione intrinseca C = A + B
A.



notazione indiciale C = ai ei + bj ej = (ai + bi )ei


notazione matriciale C = {a1 , a2 , a3 } + {b1 , b2 , b3 } = {a1 + b1 , a2 + b2 , a3 + b3 }
ta l

prodotto scalare di vettori


− −
→ →
notazione intrinseca A · B = |A| |B| cosθ
eta

notazione indiciale ai ei · bj ej = (ai ei ) · (bj ej ) = ai bj (ei · ej ) = ai bj δi,j
1 per i = j
(ei · ej ) = δi,j = ; delta di Kronecker
0 per i = j
notazione matriciale {a} · {b} = a1 b1 + a2 b2 , +a3 , b3
Vi
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e
prodotto vettoriale di vettori
− −
→ → − →
notazione intrinseca A×B=C

on
|C| = |A| |B| sinθ
→ −
− → − →
con A, B e C che formano una terna destrorsa.

notazione indiciale (ai ei ) × (bj ej ) = ai bj (ei × ej ) = ai bj ijk

ni
(ei × ej ) = ijk simbolo alternatore

uzi

ani ⎪
⎨ =1 se i, j, k formano una tripletta ordinata
ijk = ⎪ = −1 se i, j, k formano una tripletta non ordinata

=0 se i, j, k non formano una tripletta

od
notazione matriciale
⎧ ⎫
⎨ a2 b 3 − a3 b 2 ⎪
⎪ ⎬
m
{a} × {b} = a3 b 1 − a1 b 3

⎩ ⎪
a1 b 2 − a2 b 1 ⎭

ipr
Ar

prodotto tensoriale di vettori


→ −
− →− → → −
− →− →
notazione intrinseca [ A ⊗ B] C = ( B · C) A
→ −
− →
ar
[ A ⊗ B] è un operatore che trasforma un vettore in un
nuovo vettore
base ei ⊗ ej è un operatore con nove componenti chiamato
A.

tensore
ta l
eta
Vi
22 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Appendice 2: richiami di algebra dei tensori

on
Proprietà dei tensori:

– cambiando l’orientazione della normale cambia il segno etc....

ni

uzi
– Il tensore è una entità dotata di significato fisico che trasforma un vettore
in un altro vettore;
ani
prodotto di due tensori

Il prodotto (matriciale) di due tensori è un tensore le cui componenti si otten-

od
gono moltiplicando le matrici dei relativi termini.

A·B=C (1.20)
m
dove:
ipr
Ar

Cij = Aij Bjk (1.21)


j=1,3


Di solito il simbolo j=1,3 si omette, assumendo (Einstein) che quando
ar
il pedice è ripetuto (come nel caso del pedice j nel termine di destra dell’
equazione 1.21) si intente implicitamente che bisogna fare la sommatoria su
questo indice (j = 1, 3), ossia si scrive semplicemente:
A.

ta l

Cij = Aij Bjk (1.22)

tensori simmetrici ed antimetrici

Un tensore A di componenti Aij è simmetrico, quando Aij = Aji . In questo


caso il tensore ha solo sei componenti indipendenti.
eta

Un tensore A di componenti Aij è antimetrico, quando Aij = −Aji . In questo


caso le componenti diagonali devono essere nulle dovendo essere Aii = −Aii . Il
tensore ha allora solo tre componenti indipendenti ed esiste un vettore formato
dalle tre componenti del tensore antimetrico.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 23

e
tensore unità
Esiste un particolare tensore unitario I, definito come:

on
 
 1 0 0 


 0 1 0  (1.23)
 
 0 0 1 

ni

uzi
Il tensore unità vine spesso scritto nella notazione indiciale come δij , che
viene chiamato delta di Kronecker, per cui (δij = 0) per i = j, mentre (δij = 1)
per i = j.

invarianti del tensore


ani
È difficile fornire una rappresentazione geometrica dei tensori, analoga a quella

od
dei vettori, tuttavia cosı̀ come il vettore ha una invariante (la sua lunghezza),
il tensore ha tre invarianti, ossia tre proprietà che sono indipendenti dall’orien-
tamento del sistema di riferimento assunto.
m
Dato il tensore A di componenti Aij 1 , si definisce traccia del tensore la

ipr
somma delle sue componenti diagonali:
def
IA = tr{A} = Aii (1.24)
Ar

Come si è detto più sopra (e come si farà d’ora in poi) si è omesso il


simbolo di sommatoria, intendendo che, essendo il pedice i ripetuto, bisogna
ar
fare la sommatoria su questo indice (i = 1, 3).
La traccia del tensore è dunque il primo invariante. Si può facilmente
verificare che la traccia di un tensore è indipendente dal sistema di riferimento.
A.

Il secondo invariante è definito rispetto alla traccia del prodotto interno


del tensore per se stesso, vale a dire:
ta l

1 def

|IA |2 − tr{A · A}
IIA = (1.25)
2
Il terzo invariante è il determinante della matrice delle componenti del
tensore, vale a dire:
def
eta

IIIA = Det{A} (1.26)

1
spesso si dice semplicemente tensore Aij al posto di tensore A di componenti Aij
Vi
24 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
1.1 proprietà fisiche di alcuni fluidi

on
ρ γ μ ν

ni

uzi
kg N Ns m2
acqua 103 9.8 103 1.01 10−3 1.01 10−6
m3 m3 m2 s
θ = 20◦ ani kp s2 kp kp s m2
103 103 1.03 10−4 1.01 10−6

od
m4 m3 m2 s

m2
m
kg N Ns
aria 1.2 11.76 1.81 10−5 15. 10−6
m3 m3 m2 s

ipr kp s2 kp
1.85 10−6
kp s
15. 10−6
m2
Ar

0.123 1.2
m4 m3 m2 s
ar
kg N Ns −6 m2
olio 900 3 8820 3 0.477 2 530. 10
m m m s
SAE 3◦
A.

kp s2 kp kp s m2
4.87 10−2 530. 10−6
ta l

91.84 900.
m4 m3 m2 s

νaria  νacqua ma μaria  μacqua


eta
Vi
e
on
Capitolo 2

ni

uzi
STATICA DEI FLUIDI ani

od
2.1 Principio di Pascal
In un fluido in quiete, lo sforzo normale si trasmette inalterato in tutte le
m
direzioni.
Essendo il fluido in quiete tutte le componenti della velocità sono nulle, per

ipr
cui se il fluido è newtoniano (o comunque manca di valore di sforzo di soglia)
sono nulli tutti gli sforzi tangenziali.
Ar

Si faccia riferimento ad un parallelepipedo a sezione triangolare con due


facce perpendicolari e di profondità unitaria, si assuma un sistema cartesiano
di riferimento con le facce parallele ai cateti:
ar
x2
A.

σ ll
α1
α1
ta l

σ11 δ x
δx l

2
δ x 2 = δ x l cos α1

x1
δ x1
σ 22
eta


Dall’equilibrio alla traslazione dell’elemento si ha: Fi = 0 in ogni di-
rezione xi , che applicata alla direzione x1 dà:
Vi

25
26 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e

F1 = −σ11 δx2 + σll δxl cos α1 = 0

on
La forza peso è proporzionale al volume e cioè a δx1 δx2 , un infinitesimo
di ordine superiore quindi trascurabile.

ni
Osservando che δx2 = δxl cos α1 , si ha quindi:

uzi
−σ11 δx2 + σll δx2 = 0 (2.1)
ani
Ovviamente il bilancio può essere ripetuto anche per la direzione x2 , o per un
altro parallelepipedo comprendente l’asse x3 per cui in generale si ha:

od
σ11 = σ22 = σ33 = −p

Nell’idrostatica lo sforzo normale è cioè indipendente dall’orientazione della


m
superficie e viene chiamato pressione. Poichè i fluidi non resistono a trazione,
nella meccanica dei fluidi la pressione si assume positiva quando è di compres-
sione.
ipr
Il principio di Pascal può essere esteso anche al fluido perfetto non in quiete,
Ar

ossia in movimento. In questo caso infatti è sufficiente aggiungere al bilancio


delle forze anche la forza di inerzia, che essendo tuttavia una forza di massa è,
come il peso, proporzionale a δx1 δx2 e quindi un infinitesimo di ordine superiore
ar
e come tale si può trascurare.
A.

2.2 Comprimibilità
ta l

La legge di comprimibilità è la legge che lega gli sforzi normali alle defor-
mazioni nel caso di compressione del fluido.
La legge che si assume è la legge elastica di Hooke:

σ=E  (2.2)
eta

che lega lo sforzo normale σ alla deformazione del mezzo . il parametro E è


detto modulo di elasticità ed è una proprietà del mezzo.
Si faccia allora riferimento ad una volume fluido ∀ inserito in un cilindro e
sollecitato a compressione da un pistone.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 27

e
δF = A δp

on
ni

uzi

ani
La forza δF comprime il fluido esercitando su di esso una pressione δp,

od
che, se il volume ∀ è di dimensioni sufficientemente piccole, si può immaginare
distribuita uniformemente nel fluido, in mod che δF = A δp. Assumendo che il
fluido si comporti come un corpo elastico, la legge di Hooke si scrive:
m
−δp = E  (2.3)
dove: ipr
δF = δp A è la forza di compressione applicata allo stantuffo, capace
Ar

di provocare una variazione di volume δ∀


δ∀
= è la deformazione di volume;

ar
E è il modulo di elasticità del fluido;
δp è la pressione esrcitata sulla superficie dello stantuffo .
   
A.

F F
[p] = 2 ; [] = [0] ⇒ [E] = 2
L L
ta l

Per cui la (2.3), si scrive:

δ∀
dp = − E (2.4)

Conviene scrivere la relazione (2.4) in funzione dell densità del fluido,
dal momento che si conserva la massa durante l’azione di compressione:
eta

m = ρ∀
dm = d(ρ∀) = dρ ∀ + ρ d∀
Vi
28 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
dρ d∀
= −
ρ ∀

on
(2.5)

e quindi:

 

ni

uzi

−dp = E −
ρ
e  
ani dρ
dp = E (2.6)
ρ

od
nei liquidi si ha: E
cost (2.7)
nei gas si ha: E = f ct(p) (2.8)
m

ipr
Per integrare nel caso di gas la (2.6) e la (2.8), bisogna conoscere la relazione
che lega pressione e volume durante la trasformazione (legge termodinam-
Ar

ica). Per i gas perfetti si può adottare la legge di stato di Boyle-Mariotte (o


di Gay-Lusach):
ar
p∀ = n R T

dove ∀ è il volume per unità di peso e T è la temperatura assoluta, R è una


A.

costante propria del gas in esame. Se la trasformazione è isotermica (T =


cost), si ha:
ta l

p∀ = cost

Se la trasformazione è adiabatica (o isentropica) si può scrivere invece:

p∀k = cost (2.9)


eta

cp
con k = ; dove cp e c∀ sono i calori specifici a pressione e volume costante.
c∀
Per i gas biatomici k = 1.4. In genere quindi, k potrà variare tra 1 e 1.4.
Differenziando la (2.9) si ottiene:
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 29

e
dp∀k + k p∀k−1 d∀ = 0

on
dp d∀
= −k
p ∀
d∀
dp = −k p (2.10)

ni

uzi
Confrontando (2.10) con (2.4) si ottiene:

E=k p (2.11)
ani
2.3 Legge idrostatica

od
Si consideri un campo fluido in quiete e l’asse verticale h positivo secondo la
verticale ascendente. Si consideri un asse xi orientato in maniera del tutto
m
generica rispetto ad h. Si consideri un cilindretto di sezione δA e lunghezza

ipr
δxi . Si faccia ora il bilancio delle forze in direzione xi , ricordando che per
ipotesi sono assenti gli sforzi tangenziali.
Ar

∂h
cos α i = h
α1 ∂ xi
δx δh
1
ar
g
p + ∂p
δx
∂ x δ xi 1
x1 i
A.

p α1
ta l

γ δA δ x i δA

∂p
p δA − (p + δxi ) δA − γ δA δxi cos αi = 0
∂xi
eta

∂p
− δxi δA − γ δA δxi cos αi = 0
∂xi
∂p ∂h
− δxi − γ δxi = 0
∂xi ∂xi
Vi
30 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Passando agli infinitesimi si ha perciò:
∂p ∂h
− dxi − γ

on
dxi = 0
∂xi ∂xi
Si può ora ripetere lo stesso bilancio lungo gli altri due assi del sistema
di riferimento xj e xk . Si otterrà una relazione del tutto analoga, per cui in
definitiva si ha:

ni

uzi
dp + γ(h) dh = 0 (2.12)
Si deve ora distinguere tra:
ani
– fluidi incomprimibile γ = cost
– fluidi comprimibili: γ = γ(h, p)

od
2.3.1 legge idrostatica per i fluidi incomprimibili
m
Se γ = cost (fluido incomprimibile), la (2.12) può essere integrata, dando
luogo alla seguente forma della legge idrostatica:

ipr p + γ h = cost (2.13)


Ar

superfici isobare
ar
pa
A.

γ
ta l

ho
h
eta

Se h = cost si ha p = cost: le superfici orizzontali sono isobariche.


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 31

e
vasi comunicanti

on
pa pa

ho
ho γ

ni
h

uzi
ani

od
Se un recipiente è composto da due superfici libere il liquido si dispone alla
stessa quota sui due bracci. Si ponga attenzione al fatto che la condizione di
quite deve essere verificata in senso stretto: si pensi ad esempio a due recipienti
comunicanti attraverso un foro di piccole dimensioni ed inizialmente a livelli
m
diversi: La condizione di equilibrio statico si può raggiungere dopo un intervallo

ipr
di tempo anche assai lungo.
Ar

pressioni relative e pressioni assolute


La costante può essere determinata nota che sia la pressione in un punto (o
piano orizzontale).
ar
p − po = γ(ho − h) (2.14)
A.

Si può assumere convenzionalmente nulla la pressione di riferimento po ,


in particolare se essa coincide con la pressione atmosferica. Si parla allora
ta l

di pressione relativa, intendendo come assoluta la pressione che era stata


precedentemente definita. Per la pressione relativa la relazione diviene:

p = γ(ho − h)

In questo caso una pressione inferiore a 0 significa semplicemente che la


pressione è inferiore alla pressione atmosferica:
eta

– la pressione relativa può essere negativa

– la pressione assoluta non può essere negativa


Vi
32 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
rappresentazione della distribuzione delle pressioni
Se si assume un asse verticale z con origine sul pelo libero e rivolto verso il

on
basso, la legge idrostatica può essere riscritta come:

p = γ (ho − h) = γz

ni

uzi
Si osservi che essendo la legge idrostatica per i fluidi incomprimibile una
legge lineare, vale il principio della sovrapposizione degli effetti. In altre parole,
ad esempio, la pressione atmosferica pa che si manifesta sulla superficie libera,
si trasmette inalterata attraverso il fluido sottostante e si esercita sul fondo. A
ani
questa va sommata in ogni punto la pressione dovuta al fluido sottostante, che
è pari la peso della colonna di liquido sovrastante.

od
h*
pa
m
pa
ho
z z
ho
ipr
h γ p a + γz
ho
h γ
p γ h
Ar

ar
Fig.2.7 Distribuzione delle pressioni assolute sulla parete verticale del
serbatoio (sinistra) e delle pressioni relative (destra)
A.

esempio di liquidi non miscibili sovrapposti.


ta l

pa pa

h1 γ1 pa+γ1h1
eta

h2 γ2
pa+γ1h1+γ2h2
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 33

e
2.3.2 misure piezometriche

on
piezometri assoluti

pa

pa

ni
h1

uzi
γ1
h pA = pa + γ1 h1 + γ2 h2
h2 γ2 ani p A = p a + γ 2 h

A A'

od
m
Fig.2.8 Piezometro assoluto, per la misura della pressione in un liquido

ipr
Ar

ar
pa
A.

psx = pA + γA h1
γA
pdx = pa + γaux h2
ta l

pA = pa + γaux h2 − γA h1
A h2
h1

sx dx γ aux
eta

Fig.2.9 Piezometro assoluto per misure in gas con liquido ausiliario


Vi
34 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
piezometri differenziali

on
B
pB
γA
h2 psx = pA + γA h1

ni
A

uzi
pA A γB pdx = pB + γB h2 + Δh γaux
h1 Δh
ani sx dx
γ aux

od
Fig.2.10 Piezometro differenziale con liquido ausiliario

sottraendo membro a membro, si ottiene:


m

ipr pA − pB = γB h2 − γA h1 + Δh γaux (2.15)


Se il punto A e il punto B si trovano alla stessa quota, allora h1 = Δh + h2 .
Ar

Si ha quindi:
ar
pA − pB = −γA (Δh + h2 ) + γB h2 + Δh γaux
= Δh(γaux − γA ) + h2 (γB − γA )
(2.16)
A.

Se inoltre γA = γB , si ottiene:
ta l

pA − pB = Δh(γaux − γA ) (2.17)
Scegliendo opportunamente il peso specifico del liquido ausiliario γaux si
può ottenere un effetto amplificante o riducente sulla lettura del piezometro.
eta

2.4 Tensione superficiale


Sulla superficie di separazione tra due fluidi non miscibili, oppure tra liquido e
solido o gas e solido si manifestano delle forze di superficie.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 35

e
on
δs
Tδ s
Tδ s
Tδ s

ni

uzi
Tδ s

ani

od
La forza T è una forza per unità di lunghezza [F L−1 ] è detta tensione
superficiale.
La forza è tangente alla superficie, perciò se la superficie è piana essa è
m
difficilmente apprezzabile. Se la superficie è invece curva la tensione superficiale
comporta una componente in direzione radiale e quindi contribuisce al bilancio
delle pressioni.
ipr
Ar

T δ s1 sezione nel piano (ds 2 )


δ s2
T δ s2 δ s2
ar
δ s1 T δ s1
T δ s2 T δ s1
dN 2
R2
A.

R1 R2
T δ s1
ta l

δθ 2

δθ2
eta

dN2 = 2 T δs1 sin


2
δθ1
dN1 = 2 T δs2 sin
2
ma:
Vi
36 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
δθ2 δθ2 δs2

on
sin
=
2 2 2 R2

 

ni
δs1 δs2 δs1 δs2

uzi
dN1 + dN2 = dN = 2 T +
2 R2 2 R1
|

ani δs1 δs2 1 1


= 2T + (2.18)
2 R2 R1

od

dN 1 1
pT = =T + (2.19)
δs1 δs2 R1 R2
m
La (2.19) è detta formula di Laplace per la tensione superficiale.

2.4.1 ipr
legge di Jurin
Ar

Uno degli effetti più importanti vetro 3


della tensione superficiale è rap- aria
ar
T3−1 1
presentato dall’alterazione della
T2 − 3
quota del menisco nei piezometri. T1− 2 2
acqua
A seconda infatti che il liqui-
A.

do bagni (come nel caso di ac- aria/acqua


vetro 1
3
ta l

qua/aria/vetro) la parete, oppure


non la bagni (come nel caso di T3−1
acqua o aria/mercurio/vetro) si T1− 2
può avere un aumento oppure una T2 − 3 2
mercurio
riduzione della quota del menisco.

L’effetto di risalita o abbassamento capillare si può valutare applicando


eta

l’equilibrio idrostatico tra un punto A sulla superficie di separazione tra i due


fluidi all’esterno al tubicino ed un punto A , posto alla stessa quota di A, ma
all’interno del tubicino, come indicato nella figura successiva, tendo conto però
della risalita capillare attraverso l’equazione di Laplace.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 37

e
po

on
po R
θ

θ zm
γo

ni
A A' γm

uzi
d
ani

od
Lungo la linea orizzontale (isobara) A A, si ha infatti:
m
pA = po + γo zm

ipr pA = po + γm zm − pT
Ar

e quindi:

po + γo zm = po + γm zm − pT
ar
γo zm = γm zm − pT
pT
zm =
γm − γo
A.

Dalla eq. di Laplace, posto R1 = R2 = R, si ottiene:


ta l

2
pT = T (2.20)
R
e quindi:
2 1
zm = T (2.21)
eta

R γm − γo
Di solito al posto del raggio di curvatura si usa l’angolo sul menisco θ:

d1
cos θ = (2.22)
2R
Vi
38 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
ed in definitiva:

4T cos θ

on
zm = (2.23)
d(γm − γo )
Esempio: acqua-aria-vetro:

T = 77.46 10−3 N/m

ni

uzi
θ =0
γm = 9. 806N/m3
ani γo = 12.06N/m3

Si ha:

od
31 10−6
zm = [m] (2.24)
d
m
oppure in [cm]:

ipr 0.31
zm =
d
[cm] Jurin(1718) (2.25)
Ar

analogamente per mercurio - aria/acqua - vetro:


0.14
zm = [cm] (2.26)
ar
d

2.5 Distribuzione delle pressioni in un fluido


A.

comprimibile
ta l

Bisogna accoppiare la legge idrostatica in forma differenziale:

dp + γ(p, h)dh = 0 (2.27)


con l’equazione di stato dei gas, che per i gas perfetti, tendo conto che m =
ρ/∀ol , si scrive:
eta

p ∀ol = nRT
m
p = nRT
ρ
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 39

e
Nell’ipotesi che il sistema si mantenga a temperatura costante (trasfor-
mazione isoterma) (T = cost), si ha:

on
p po
= cost =
γ γo

ni
γo

uzi
γ = p (2.28)
po

ani
dove po e γo sono rispettivamente la pressione e il peso specifico alla quota di
riferimento h = ho . Sostituendo (2.28) nella ( 2.27), si ha:

od
γo
dp = −p dh
m
po
dp γo
ipr p
= − dh
po
γo
Ar

ln p = − h + cost2
po
γo
p − (h − ho )
= e po
ar
po
A.

Posto per semplicità ho = 0, si ottiene alla fine:


ta l

γo
− (h − ho )
p = po e po (2.29)

Se si fosse fatta l’ipotesi di incomprimibilità, con γ = cost = γo , e quindi


eta

con la legge:

p = p o − γo h (2.30)
Vi
40 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
30.000

on
isotermica
25.000
idrostatica
20.000

h [m]
15.000

ni
10.000

uzi
5.000

0
ani 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 p/po 1,0

Si avrebbe avuto p = 0 alla quota hzero :

od
0 = po − γo hzero
m
po 10 332
hzero = = = 8 427 m

ipr γo 1.226
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 41

e
2.6 Spinta idrostatica sulle superfici
1

on
2.6.1 spinta su superfici piane
Sia data una superficie piana A immersa in un liquido dotato di superficie

ni

uzi
libera.

ani

od
m

ipr
Ar

la direzione x è la traccia del pelo libero sul piano contenete la superficie; la


direzione y è la direzione normale; perciò la superficie appartiene al piano x, y
Sia α l’angolo che tale piano forma con l’orizzontale.
ar
Su un elemento di area dA agisce la pressione p = γ z, dove z è la profondità
del punto rappresentativo della areola dA. Per cui la forza che agisce su dA è:
A.

dF = p dA = γ z dA
ta l

Ricordando che
z = y sin α
si ha:
dF = p dA = γ y sin α dA

La spinta totale vale:


eta

1
È disponibile il codice “Idraulica.exe” per la visualizzazione tridimensionale e per la
risoluzione di problemi di idrostatica su superfici semplici. Il setup del codice si trova nella
directory \\dell2300\P ublic\P C\Corsi\Idraulica\Setup\setup.exe che installa il codice su
qualsiasi PC in rete di facoltà.
Vi
42 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
  
F= dF = γ y sin α dA = γ sin α y dA

on
A A A

Dalla definizione di baricentro, si ha:


1
yG = y dA

ni
A A

uzi
per cui la spinta risulta:

F = γ sin α y G A = γ zG A = pG A (2.31)
ani
La spinta idrostatica su una superficie piana è uguale all’area della super-
ficie per la pressione nel baricentro. L’ultima espressione dell’equazione (2.31)

od
può essere utilizzata per calcolare la spinta su una superficie piana anche in
assenza di una superficie libera.
m
2.6.2 centro di spinta

ipr
Il punto di applicazione della forza F è detto centro di spinta, la sua coor-
dinata y è indicato con y c , e si può calcolare facendo l’equilibrio dei momenti
Ar

delle forze elementari rispetto all’asse x.


ar
dM = y dF = y γ y sin α dA
|
= γ y 2 sin α dA
A.

Il momento risultante si ottiene integrando i momenti elementari sull’area


ta l

A
 
M= γ y 2 sin α dA = γ sin α y 2 dA (2.32)
A A
Dalla definizione di momento di inerzia rispetto all’asse x si ha:

y 2 dA = Ix
eta

e quindi:

M = γ sin α Ix
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 43

e
questo momento deve essere equivalente al momento della forza risultante:

M = F y c = γ sin α y G A y c

on
che, confrontata con la precedente dà:

γ sin α y G A y c = γ sin α Ix

ni

uzi
y G A y c = Ix
Ix
yc =
ani A yG
Si può applicare il teorema di Steiner: Ix = IG + A y 2G , ottenendo:

IG + A y 2G IG

od
yc = = yG + (2.33)
A yG A yG

Analogamente si può procedere per trovare la coordinata xc del centro di


m
spinta, facendo questa volta il bilancio dei momenti rispetto all’asse y. Si
otterrà quindi:

ipr xc =
Ixy
(2.34)
Ar

A yG
Ixy è il momento centrifugo dell’area A rispetto agli assi x,ed y.
Se l’asse y passa per il baricentro e la superficie è simmetrica rispetto a tale
ar
asse, allora Ixy = 0, per cui baricentro e centro di spinta giacciono sull’asse y .
Stesso risultato si ottiene se y è un asse principale d’inerzia.
Se la superficie è rettangolare, con le basi b orizzontali e poste alla quota
A.

z1 e z2 :
ta l

α z1

b
z2
eta
Vi
44 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
si ha:

on
(z2 − z1 )
A = b
sin α
(z2 + z1 )

ni
zG =

uzi
2
(z2 + z1 )
yG =
2 sin α

ani 1 z2 − z1 3
IG = b
12 sin α

od
(z2 + z1 ) (z2 − z1 ) 1 z 2 − z12
F = γ zG A = γ b= γb 2
m
2 sin α 2 sin α

e:
ipr
Ar

IG
yc = yG +
ar
A yG
|

1 z2 − z1 3
b
A.

(z2 + z1 )
= + 12 sin α
2 sin α (z2 − z1 ) (z2 + z1 )
ta l

b
sin α 2 sin α
|

1 z2 + z1 1 z2 − z1 3 sin2 α
= +
2 sin α 6 sin α z22 − z12
|
2 1 (z23 − z13 )
eta

=
3 sin α (z22 − z12 )

Nel caso di superficie emergente (z1 = 0) e verticale (α = π/2),


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 45

e
on
2
yc = z
3 z

ni

uzi
b

si ha:
ani

od
1
F = γ b z2
2
2
m
yc = z
3

ipr
volume del solido delle pressioni
Ar

baricentro del solido delle pressioni


ar
A.

ta l
eta
Vi
46 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
2.6.3 spinta su una superficie curva

on
n α
x
dAz

ni

uzi
y
dAx dF
ani dA

od
z
m

ipr
Sia (x, y) il piano orizzontale della superficie libera, (z) l’asse verticale ori-
Ar

entato verso il basso (verticale discendente). La spinta su una areola elementare


dA, risulta:
ar
dF = p dA = γ z dA (2.35)
se si indicano con (α, β, θ) gli angoli fra la normale orientata alla superficie
e i rispettivi assi coordinati, si ottengono le seguenti componenti della forza
A.

elementare dF :
ta l

dFx = dF cos α
dFy = dF cos β
dFz = dF cos θ
ossia :
eta

dFx = γ z dA cos α = γ z dAx


dFy = γ z dA cos β = γ z dAy
dFz = γ z dA cos θ = γ z dAz
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 47

e
Integrando sulle proiezioni delle superfici, si ottiene:

on
Fx = γ z dAx = (zG )Ax γ Ax
Ax

Fy = γ z dAy = (zG )Ay γ Ay
Ay


ni

uzi
Fz = γ z dAz = γ∀z
Az

Le 2 componenti orizzontali Fx ed Fy sono equivalenti alle spinte sulle

(y, z).
ani
superfici piane di proiezione della superficie curva sui piani verticali (x, z) e

La componente Fz rappresenta il peso del volume sovrastante la superficie:

od
tale forza verticale è verso il basso se il volume sovrastante è reale, verso l’alto
se il volume sovrastante è virtuale
m

ipr
Ar

B
C
B
ar
A
B
A
A.

ta l

Fig.2.11 Esempio di volume virtuale, relativo alla superficie AA − BB

Le tre forze sono riducibili ad una sola se sono concorrenti in un punto.


Mentre in genere si possono ridurre ad una forza + un momento.
eta
Vi
48 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
2.6.4 spinta di Archimede
Sia dato un corpo di volume ∀ completamente immerso in un fluido di peso

on
specifico γ:

x
dA γ

ni

uzi
y
zs
ani
dAx
dFx dFx

od
zi
z
m

ipr
Ar

Si consideri un cilindretto di sezione infinitesima ad asse orizzontale, ad


esempio parallela all’asse x, che attraversi il solido. Le superfici di intersezione
tra il cilindretto ed il solido sono formate da due superfici di uguale proiezione
ar
nel pino (y, z) cimentate ciascuna da una forza dFx di segno opposto e quindi di
risultante nulla. Un ragionamento analogo si può fare nella direzione orizzontale
(y).
A.

Se ne deduce che la componente orizzontale della spinta è nulla, vale a


dire la spinta risultante avrà direzione verticale.
ta l

Si consideri ora un cilindretto analogo ma di direzione verticale z. Anche in


questo caso ci saranno due intersezioni, rispettivamente alle quote (zs ) e (zi ).
η = zi − zs rappresenta quindi la distanza tra due punti della superficie del
solido allineati lungo una verticale. La risultante della spinta elementare lungo
le due intersezioni sarà quindi:

dFz = γ zs dAz − γ zi dAz = γ dAz η


eta

(2.36)
Integrando su tutto il volume l’eq.(2.36) si ottiene:

Fz = γ η dAz = γ ∀
Az
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 49

e
La spinta sul corpo risulta verticale e pari al peso del volume di liquido
spostato.

on
paradosso di Stevino

ni

uzi
h
ani

od
m
Fig.2.12
ipr
Paradosso di Stevino: nei tre recipienti, aventi fondo dimensione
uguale, la spinta sul fondo è la stessa, indipendentemente dal
Ar

volume di liquido contenuto, se l’altezza del liquido è pure la


stessa.
ar
A.

2.6.5 metodo dell’equilibrio globale


ta l

Se si isola un volume definito dal restante fluido in quanto volume delimitato


da pareti reali o ideali, si può scrivere l’equilibrio alla traslazione del volume
fluido, nel seguente modo:


G+ p dA = 0
eta

Ac

essendo G il peso, Ac la superficie che delimita il volume (superficie di controllo)


e p la pressione.
Vi
50 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
on
R R
S1
G

ni

uzi
ani S2

Fig.2.13 Metodo dell’equilibrio globale per calcolare la spinta su di una


superficie.

od
Questo modo è utile quando si deve calcolare la spinta su una superficie
m
multiforme; allora conviene calcolare il volume (peso G) e la spinta su una
superficie più semplice, lasciando alla differenza vettoriale tra questi due la

ipr
spinta sulla superficie complicata.
Ar

Ad esempio il metodo può essere utilizzato per calcolare la tensione sulle


pareti di un tubo cilindrico soggetto alla pressione di un fluido al suo interno.
Si consideri pertanto la porzione di fluido contenuta in ciascuna metà di
ar
condotta ottenuta tracciando una line di divisione passante per il centro. Ogni
metà è in equilibrio, pertanto la somma vettoriale delle forze applicatevi deve
essere nulla.
A.

ta l

s
p

σ
s
D
eta

N N
N =σs
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 51

e
Tralasciando il peso, immaginando cioè un gas oppure anche che la sezione
in esame sia orizzontale, le forze applicate su ciascuna metà di fluido sono date

on
dall’azione della condotta S e dalla spinta esercitata dal rimanente fluido sulla
sezione diametrale.
In particolare quest’ultima risulta essere pari alla pressione p per l’area
D × 1:

ni

uzi
pD = S (2.37)

A sua volta anche la metà della condotta, che contiene la metà del fluido,
ani
risulta essere in equilibrio. Cioè la somma vettoriale delle forze ad essa applicate
è nulla. Le forze agenti su ciascuna metà sono date dalla spinta del fluido pari
a −S e dalle due forze −N trasmesse dall’altra metà della condotta attraverso

od
il suo spessore s.

S = 2N (2.38)
m

ipr
L’azione N esercitata attraverso lo spessore s può essere calcolata con-
siderando la condotta elastica e soggetta ad uno sforzo di trazione distribuito
Ar

uniformemente su tutto il suo spessore:

N =σ s (2.39)
ar
ossia sostituendo:
A.

pD = 2N = 2σs (2.40)
ta l

e quindi:

D
σ=p (2.41)
2s
La formula (2.41) e è nota come formula di Mariotte (1679). Essa viene
utilizzata per dimensionare lo spessore delle condotte o dei serbatoi cilindrici
eta

in pressione. La formula di Mariotte è applicabile solo quando lo spessore


della condotta o del serbatoio sia sufficientemente piccolo rispetto al diametro,
altrimenti l’ipotesi che lo sforzo normale σ sia uniformemente distribuito viene
a cedere.
Vi
52 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
2.7 Galleggiamento
Un corpo immerso in un liquido in quiete è soggetto al peso proprio alla spinta

on
di Archimede e ad eventuali forze di vincolo.
Se si rimuovono i vincoli, l’azione com-
binata della spinta di Archimede S e
del peso W tenderà a spostare il corpo

ni

uzi
verso l’alto o verso il basso e o a ruo-
tarlo. Se il peso del corpo prevale
rispetto alla spinta (|W | > |S|), il
ani
corpo si porterà verso il basso e, se non
cambia la densità del fluido o il volume
del corpo, esso tenderà raggiungere il
S
W

od
fondo del recipiente e ad adagiarvisi. A
questo punto la reazione del fondo bi-
lancia il deficit tra il peso e la spinta di
m
Archimede.
Se la forza peso e la spinta si equivalgono, il copro ruotrà fintanto che le due

ipr
forze saranno allineate lungo la stessa verticale. In questa situazione il corpo
si dispone in una posizione di equilibrio indifferente. (A sinistra nella figura
Ar

successiva).

S'
ar
S W
A.

ta l

W
eta

Se invece la spinta prevale rispetto al peso (|S| > |W |), il corpo tenderà a
risalire verso la superficie fino ad emergere. Esso riduce cosı̀ il proprio volume
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 53

e
immerso fintanto che la corrispondente spinta di Archimede eguaglia il peso.
In questa condizione il corpo galleggia. (A destra nella figura precedente).

on
2.7.1 stabilità di un corpo galleggiante
Il principio del galleggiamento è ovviamente alla base del funzionamento dei

ni
natanti. È particolarmente importante allora che il natante riesca a mante-

uzi
nersi in superficie qualora qualche forza esterna o interna ne cambi l’assetto.
Questa condizione è tuttaltro che scontata perchè, essendo il natante general-
mente cavo, una abbassamento o una rotazione eccessivi potrebbe portare il
ani
bordo del galleggiante al di sotto della superficie libera fino a farlo imbar-
care acqua, aumentandone il peso e quindi determinarne il capovolgimento o
l’affondamento. È particolarmente importante quindi conoscere le condizioni

od
di sabilità di un natante.
Si considera per ragioni ovvie la stabilità rispetto ad una rotazione rispetto
ad un asse longitudinale del natante stesso.
m
x

ipr dx ϑ
Ar

S O S
ar
G G
e
C dm
C C'
e
A.

W
x'
ta l

Si consideri un natante simmetrico rispetto ad un asse verticale, con i pesi


anche disposti simmetricamente in modo che il peso del natante e la spinta
siano forze uguali e contrarie allineate lungo la stessa verticale (asse di galleg-
giamento).
eta

La spinta è data dal volume immerso del natante (volume di carena) molti-
plicato per il peso specifico dell’acqua:

W = γ∀ = S (2.42)
Vi
54 A.Armanini Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008

e
Si consideri ora una piccola rotazione θ del natante, che avvenga senza
spostamenti verticali, ossia senza variare il volume di carena. Sia O il punto in

on
cui l’asse di rotazione longitudinale interseca l’asse di galleggiamento.
Nella posizione ruotata dunque i volume non cambiano pertanto non cam-
biano neanche i moduli della forza peso e della spinta. Mentre però, se la
distribuzione dei carichi non viene alterata durante l’oscillazione, il punto di
applicazione della forza peso si muove rigidamente con il natante e quindi con-

ni

uzi
tinua ad appartenere all’asse di simmetria, il punto di applicazione della spinta
si sposta, a causa del cambiato assetto del volume immerso, e si porta in una
posizione C  opposta rispetto al verso di rotazione: ne nasce cosı̀ una coppia che
ani
tenderà a far ruotare ancora il natante. La condizione di stabilità del natante
richiede che la coppia tenda a far ruotare il natante nel verso opposto a quello
iniziale, ossia che tenda a riportarlo verso la condizione di equilibrio.

od
Perchè questo avvenga, è necessario che la retta verticale di prolungamento
della spinta nella posizione squilibrata intersechi l’asse di galleggiamento in un
punto M più basso della posizione del baricentro G. Questa condizione deve
m
essere verificata per tutte le oscillazioni del natante. Si osservi che il punto di
intersezione tende ad abbassarsi al diminuire dell’angolo di rotazione, tendendo

ipr
alla posizione limite M , che viene chiamata metacentro. La posizione del
metacentro può essere calcolata, considerando che nella posizione inclinata, la
Ar

parte che viene immersa e quella che emerge possono essere considerate come
due cunei equivalenti, per l’ipotesi di simmetria del natante.
Il momento che tende a riequilibrare il natante è dato dalla coppia formata
ar
dalla forza peso e dalla spinta nella nuova posizione C  :

Meq = S x = γ∀x = γ∀CM sin θ (2.43)


A.

dove ∀ rappresenta il volume di carena del natante.


ta l

Questo momento può essere calcolato anche come effetto indotto dallo
spostamento dei due cunei. Si consideri ora un elemento di superficie formato
da una porzione di corona circolare come nella figura, la cui area, se l’angolo θ
è sufficientemente piccolo, risulta pari a x θ dx, dove x è la distanza dal punto
O. La spinta elementare creata dall’emersione o dall’immersione del volume
corrispondente di profondità unitaria sarà:
eta

dF = γ x θ dx (2.44)

mentre il corrispondente momento risulterà essere:


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi I 07/08 Università di Trento - Feb.2008 55

e
dM = xdF = γ θ x2 dx (2.45)

on
Integrando sulle due aree dei cunei si ha:
  
2
M= dM = γθx dx = γθ x2 dx (2.46)
Ag B Ag


ni
L’integrale a destra rappresenta il momento di inerzia (IAg = Ag x2 dx)

uzi
dell’area della superficie di galleggiamento Ag rispetto al’asse di galleggiamento.
Esso è ovviamente equivalente al momento calcolato con l’espressione (2.43),
ossia: aniγθIAg = γ∀CM sin θ (2.47)

od
Se l’angolo θ è sufficientemente piccolo risulta (sin θ
θ), e quindi:
γθIAg IAg
CM = = (2.48)
γ∀θ ∀
m
La distanza CM può essere espressa come somma del segmento GM = dm

ipr
(distanza metacentrica) e del segmento e = CG, distanza tra baricentro e
centro di spinta (o centro di carena).
Ar

IAg
dm = CM − e = −e (2.49)

ar
La condizione di stabilità è data da (dm > 0).
Mentre sia il volume di carena sia il momento di inerzia della sezione di
carena sono facilmente calcolabili, risulta più difficile la determinazione del
A.

segmento e, poichè esso è notevolmente influenzato oltre che dalla forma e


dalla struttura del natante anche dalla dislocazione dei carichi della nave. Il
ta l

problema diviene ancora più complicato se il carico è composto da fluidi a


superficie libera, come nelle navi cisterna, essendo questa soggetta a sua volta
ad oscillazioni.
eta
Vi

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