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Geometria Differenziale

(senza pretese)

Questo documento nato per ammazzare il tempo durante


una serie di pomeriggi svuotati di impegni. Era da tempo
che progettavo un riordino di certi concetti, che culminato
nella riscrittura (e in una certa sistemazione formale, che
adeguasse i concetti al mio modo di intuire i fatti che leggevo) di un manoscritto che mi stato gentilmente regalato
da un compagno di corso. Restano, ovvio, validi tutti gli
avvertimenti che mi premuro di allegare ai frutti delle mie
elucubrazioni: nulla di tutto questo originale, quasi tutto
impreciso, inelegante, laddove non sia irrecuperabilmente,
integralmente errato. Tanto pi che le interpolazioni completamente dovute alla mia mano sono afflitte da un grosso
difetto di disomogeneit: a volte le carte vanno da un aperto
alla variet, a volte viceversa. Ho cercato di unificare notazione e concetto per qualche giorno, ma altri impegni mi
hanno poi distolto dallimpresa. Esiste sicuramente un modo
di evitare certe sconcezze graficoconcettuali, che nel contempo metta al riparo dal rischio di perdersi in un nebuloso
nonsense fatto di definizioni di cui poi non si vede nessuna
incarnazione: esiste, ma io non lho (per ora) trovato.
Un punto imprecisato di S2 , 1 gennaio 2010.

2
0

Richiami e notazioni

Introduzione. Dato un insieme X indichiamo con P(X) la collezione


di tutti i sottoinsiemi di X. Chiamiamo P(X) insieme delle parti oppure
insieme potenza di X. Le operazioni insiemistiche di unione e intersezione inducono sullinsieme delle parti una struttura di reticolo, oppure
( equivalente) di insieme ordinato, con la relazione di inclusione. E ad
una sottofamiglia di P(X) che chiederemo alcune propriet di stabilit,
al fine di costruire una struttura topologica su X.
Definizione 0.1 [Topologia]: Una topologia sullinsieme X una
sottofamiglia O P(X) tale che
, X O;

Se un insieme arbitrario che indicizza una successione 7 A


S
di elementi di O, si ha A O ( stabilit per unioni arbitrarie);
Se (An ) una famiglia finita di elementi di O si ha
( stabilit per intersezioni finite).

Tn

j=1 Aj

Gli elementi di O si dicono aperti, e si dice che un aperto intorno di


ogni suo punto a A.

Osservazione. Loperazione di complementazione induce su P(X) un


antiautomorfismo di reticoli (dualit di De Morgan) che rende possibile
una definizione alternativa di topologia: si tratta di una sottofamiglia
C P(X) tale che
, X C;

Sn

A O per ogni famiglia di indici (A ) ;

j=1 Aj

O per ogni famiglia finita di indici (Aj )nj=1 .

Lequivalenza delle due definizioni facile da provare, alla luce della


sunnominata dualit di De Morgan.
Una topologia su un insieme univocamente determinata dallassegnazione dei suoi aperti o dei suoi chiusi. Uno spazio topologico una
coppia (X, OX ), dove OX una topologia su X. Dato un insieme X, la
collezione di tutte le topologie su X un insieme, parzialmente ordinato
dalla relazione  di finezza: O  Q se Q se tutti gli aperti di O sono
aperti di Q.
2

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Definizione 0.2 [Base]: Una base di una topologia un sottoinsieme


B della topologia O tale che ogni elemento di O sia unione arbitraria di
elementi di B.
Uno spazio topologico si dice a base numerabile se esiste una base B
di O che un insieme di cardinalit numerabile.
Definizione 0.3 [Funzione Continua]: Dati due spazi topologici (X, OX ),
(Y, OY ) ben nota1 la definizione di morfismo di spazi topologici (o funzione continua): f : X Y continua se per ogni aperto V OY si ha
f (V ) OX (la controimmagine di un aperto mediante f ancora un
aperto).
Spesso si scrive che f continua quando f (OY ) OX , con ovvio
significato della notazione.
Definizione 0.4 [Topologia Indotta]: Dato uno spazio topologico
(X, OX ) e un sottoinsieme S X, si pu dotare naturalmente S di una
topologia OS = {S U | U OX }, fatta dalle tracce di aperti di X su
S: la topologia cos ottenuta si dice topologia indotta da X su S.
La topologia indotta da X su S la pi piccola che rende continua
la funzione di inclusione : S X.
Definizione 0.5 [Topologia Prodotto]: Consideriamo due spazi topologici (X, OX ), (Y, OY ): il prodotto cartesiano X Y pu essere dotato
in modo canonico di una struttura topologica, ponendo OXY = {AB |
A OX , B OY }.
Su X Y vi sono delle ovvie mappe canoniche di proiezione X : X
Y X, Y : X Y Y , (x, y) 7 x, (x, y) 7 y: la topologia prodotto
la topologia meno fine a rendere continue le proiezioni. Se f : X Y1 Y2
una funzione, essa continua se e solo se lo sono le sue proiezioni2 : deve
commutare il diagramma

Y1

v X HHH
HH
vv
v
HH
v
f
HH
vv
v
H$

zvv
o
/ Y2
Y1 Y2
1

(1)

Pur se a prima vista non molto naturale: a questo proposito. . .


Linsieme di questi fatti equivale a dire che il prodotto di spazi topologici cos
definito un prodotto in Top, la categoria degli spazi topologici.
2

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Non difficile osservare che, se f : X Y funzione tra spazi topologici,
e tanto pi difficile per f essere continua quanto pi fine la topologia
sullinsieme di arrivo, e tanto meno fine quella sullinsieme di partenza. Non banale allora quando, raffinando la topologia su Y , f resta
continua: studiamo in particolare la topologia pi fine su Y che rende
continua f .
Definizione 0.6 [Topologia Quoziente]: La topologia quoziente su
Y rispetto a f : (X, OX ) Y data da
Of = {U Y | f (U) OX }
E chiara la propriet di massimalit: se A unaltra topologia che rende
f continua, Of la contiene.
Esauriti questi preliminari (volti per lo pi a fissare le notazioni del
seguito, anche se forse perderemo in fretta questa abitudine), partiamo
con il discorso introduttivo principale.

Teoria delle Superfici Reali.

Raccogliamo alcune definizioni di partenza, e risultati di base, relativi


alla teoria delle superficie in R3 .
Definizione 1.1 [Superficie Regolare]: Un sottoinsieme S R3 si
dice superficie regolare se, per ogni p S, esistono un intorno V R3 e
una mappa () : U V S da un aperto U di R2 in V S (che, nella
topologia indotta su S, aperto) tale che
1. () sia (infinitamente) differenziabile, ossia se scriviamo
(u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)),
le funzioni x(), y(), z() : U R sono (infinitamente) differenziabili in U;
2. sia un omeomorfismo con limmagine (U);
4

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5
3. per ogni q U il differenziale dq : R2 R3 sia iniettivo. Ci
equivale a chiedere che il rango dello jacobiano di (),

xu xv

rk yu yv
zu zv
sia uguale a 2. Ancora, equivalente chiedere che in ogni punto di
U si abbia ku v k =
6 0.
La mappa () si chiama parametrizzazione locale di S. Lintorno V S
di p in S si chiama intorno coordinato.
Si mostra che la definizione ben posta a meno di C diffeomorfismi,
nel senso che se p S superficie regolare, e () : U S, () : V S,
tali che p W = (U) (V ), allora la mappa = 1 : 1 (W )
1 (W ) un diffeormorfismo.

Funzioni differenziabili. Se f : V S R una funzione definita


su un aperto V di S, superficie regolare in R3 , essa si dice differenziabile in p V se esiste una parametrizzazione locale : U R2 S,
con p (U) V tale che la composizione f : U R2 R sia
differenziabile in (un intorno di) 1 (p) U. La definizione ben posta
(non dipende da ()), infatti presa unaltra parametrizzazione (), il
cambio di coordinate diffeomorfismo: f = f (che ancora
C differenziabile).
Questa definizione si riesce a estendere facilmente al caso di una mappa tra due superfici regolari: f : S1 S2 si dice differenziabile in p S1
se esistono due parametrizzazioni 1 : U1 S1 , 2 : U2 S2 , con
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p 1 (U1 ), f (1 (U1 )) 2 (U2 ), tali che 1
2 f 1 : U1 U2 sia
differenziabile come usuale mappa di aperti in q = 1
1 (p). In sostanza,
si impone la commutazione a
SO 1

SO 2

(2)

U1

1
2 f 1

U2

La mappa di aperti fe = 1
2 f 1 si dice espressione locale di f .
Due superfici regolari S1 , S2 si dicono diffeomorfe se esiste una biiezione differenziabile in entrambi i versi da S1 a S2 .
Piano tangente a S. Ricordando la condizione 3 di (1.1), data una
superficie regolare S e una sua parametrizzazione () : U S ha senso
definire il piano tangente in p a S come
Tp S := dq (R2 )
ove al solito q = 1 (p). Data liniettivit di dq infatti Tp S un piano
affine in R3 , ed facile mostrare che esso non dipende dalla parametrizzazione scelta. Se p = (q) i due vettori {u (q), v (q)} formano una
base di Tp S. La nozione di piano tangente intimamente connessa a
quella di curva differenziabile con sostegno su S, nel senso che segue.
Una curva : I R S si dice differenziabile in t0 se esiste
una parametrizzazione : U S tale che (t0 ) (U) e (t) =
(u(t), v(t)), dove u(), v() : I R sono differenziabili in t0 (la funzione (t)
= (u(t), v(t)) detta pullback di , ed definita in modo tale
che
= ).
E facile mostrare che Tp S coincide con linsieme dei vettori tangenti
in p alle curve differenziabili tracciate su S e passanti per p: si ha infatti
che
(t
0 ) = u(t
0 )u (q) + v(t
0 )v (q) Tp S
( il vettore di coordinate (u(t
0 ), v(t
0 )) = (t
0 ) nella base naturale indotta dalla parametrizzazione) e viceversa se w Tp S si ha w = u (q) +
v (q), ove q = (u0, v0 ), posto (t) = (u0 + t, v0 + t), si ha (0) = p,
(0)

= w.

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Differenziale di una applicazione tra superfici. Sia f : S1 S2


unapplicazione differenziabile tra due superfici regolari. Sia p S1 . Per
quanto osservato sopra, ogni vettore w Tp S1 il vettore tangente (t
0)
di una qualche curva differenziabile che ha sostegno su S, tale che
(t0 ) = p. Se definiamo la curva (t) := f ((t)), abbiamo (t0 ) = f (p) e
0 ) Tf (p) S2 . Potendosi mostrare che (t
0 ) un vettore indipendente
(t
dalla scelta di , si definisce una mappa
dfp : Tp S1 Tf (p) S2
0 ) = df ((t0 ))(t
dfp (w) = (t
0)

(3)

Si mostra direttamente che tale mappa lineare: dfp () si dice differenziale di f in p.


Osservazione. Siano S1 , S2 superfici regolari, f : S1 S2 , p S1 ,
: U1 S1 , : U2 S2 due parametrizzazioni locali di S1 , S2 tali
che (U1 ) p, (U2 ) f (p). Sia poi q = (q1 , q2 ) tale che (q) = p, e
fe(u, v) lespressione locale di f . Allora dfp : Tp S1 Tf (p) S2 ha matrice
Jac fe(q)

fe (q) v fe1 (q)


= u e1
u f2 (q) v fe2 (q)

(4)

nelle basi {u , v } su Tp S1 , {u , v } su Tf (p) S2 .


Prima forma fondamentale. La restrizione dellapplicazione bilineare standard (di matrice identica nella base canonica di R3 ) induce su ogni
piano tangente un prodotto scalare denotato con h | ip . Questo induce a
sua volta in modo naturale una norma su Tp S, definita da
Ip (w) := hw | wip = kwk2p

(5)

questa applicazione bilineare si dice prima forma fondamentale di S.


La prima forma fondamentale ha una naturale espressione in coordinate locali: se : U S una parametrizzazione, e p varphi(U),
p = (q), ogni w Tp S combinazione lineare dei vettori di base
{u (q), v (q)}: w = u (q) + v (q), pertanto
Ip (w) = hu (q) + v (q) | u (q) + v (q)ip =

= hu (q) | u (q)i 2 + 2 hu (q) | v (q)i + hv (q) | v (q)i 2 :=


:= E2 + 2F + G2 (6)
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dove E(u, v) = hu (q) | u (q)i, F (u, v) = hu (q) | v (q)i, G(u, v) =
hv (q) | v (q)i. Le funzioni (differenziabili al variare di p (U))
E(), F (), G() sono i coefficienti metrici della prima forma fondamentale
di S. Si osservi che Ip (w) si pu anche esprimere come


E F
F G

(7)

Notiamo che la matrice della prima forma fondamentale (che , per inciso
la matrice di Grahm del prodotto scalare canonico nella base naturale di
Tp S) definita positiva grazie alla disuguaglianza di CauchySchwarz.
Lunghezze, Angoli, Aree. La prima forma fondamentale di S permette di calcolare, in modo intrinseco (cio senza far ricorso ad argomenti
coinvolgenti limmersione di S in R3) la lunghezza di curve su S, langolo
tra due curve su S e di misurare larea di una regione di S:
Prendiamo come al solito una parametrizzazione : U S, e sia
(t) = ((t))

: [a, b] S (
= (u(t), v(t)) il pullback di )
una curva differenziabile di estremi p1 , p2 su S. La lunghezza di
definita dal funzionale L : C (p) R (C (p) definito informalmente come linsieme delle curve differenziabili a supporto
contenuto in S),
L() =

k(t)k

dt;

poich si ha (t)

= u u + v v abbiamo che
L() =

E u 2 + 2F u v + Gv 2 dt.

(8)

Langolo tra due curve regolari in C (p), : I S, : J S,


che si intersecano in t0 si definisce intuitivamente come langolo
formato su Tp S dai rispettivi vettori tangenti:

cos =
8

0)
(t
0 ) | (t

p



k(t
0 )k (t0 )

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9
in particolare langolo tra due curve coordinate di una parametrizzazione locale 3 dato da
cos c =

hu | v i
F
=
ku k kv k
EG

Da ci segue immediatamente che una superficie ha curve coordinate tra loro ortogonali se e solo se F 0 (ossia se la matrice di Ip
nella base naturale diagonale).

Diciamo dominio su S un sottoinsieme D di S aperto e connesso


nella topologia indotta, tale che esista un omeomorfismo h : S1
D, differenziabile almeno a tratti. Se D un dominio su S, diremo
regione di S la chiusura di D, D. Siamo ora interessati al calcolo
dellarea di una regione di S.
Sia : U S una parametrizzazione di S, R (U) una regione
di S. Diciamo Q = (R): allora larea di R data (grazie ad una
formula analoga in Analisi Matematica e alla formula del cambio
di variabili: lintegrale si suppone alla Lebesgue per evitare fastidi)
da
ZZ
(R) :=
ku v k dudv
(9)
(R)

e poich ku v k2 = ku k2 kv k2 hu | v i2 , si ha anche
ZZ
(R) =
EG F 2 dudv
Q

Le curve coordinate sono definite come le curve in C (p) che hanno per pullback
una delle rette coordinate u =cost., v =cost.

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Il calcolo di lunghezze, angoli e aree si risolve dunque completamente tornando indietro (pullingback. . . ) allaperto coordinato che parametrizza
S.
Seconda Forma Fondamentale. Sia S una superficie regolare, : U
S una parametrizzazione locale. Per ogni p = (q) (U) il vettore
N(p) :=

u v
ku v k

(10)

normale a Tp S e di norma unitaria. Abbiamo allora una mappa differenziabile N : (U) R3 che associa ad ogni p (U) un versore
N(p).
Se la superficie S ammette in ogni punto un campo di versori normali,
e se tale campo vettoriale differenziabile su tutto il dominio, S si dice
orientabile. La scelta di una orientazione su S la scelta di un tale campo
differenziabile. Esistono superfici non orientabili: quella di dimensione
minima il nastro di Mbius in R3 .
Definizione 1.2 [Mappa di Gauss]: Sia S una superficie dotata dellorientazione N: questapplicazione, vista come N : S S2 , si dice mappa
di Gauss di S.
Il differenziale dNp di N in p S lineare da Tp S a TN(p) S2 =
Tp S (visto come piano parallelo), e quindi possiamo pensare che dNp
End(Tp S). Si mostra direttamente che dNp autoaggiunto: ossia
hdNp (x) | yip = hx | dNp (y)ip ,

x, y Tp S

Definizione 1.3 [Seconda Forma Fondamentale]: La seconda forma fondamentale IIp in Tp S definita da
IIp (w, w) := hdNp (w) | wi ,

w Tp S

(11)

Anche la seconda forma fondamentale di S ha unespressione in coordinate locali: se una parametrizzazione di S abbiamo
IIp (u , u ) = hdNp (u ) | u i = hu N | u i = hN | uu i
IIp (u , v ) = hdNp (u ) | v i = hu N | v i = hN | uv i
IIp (v , u ) = hdNp (v ) | v i = hv N | v i = hN | vv i
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Se allora poniamo e = hN | uu i, f = hN | uv i, g = hN | vv i, otteniamo i coefficienti metrici della seconda forma fondamentale di S (rispetto
alla base naturale su Tp S).
Particolare importanza acquistano gli invarianti di similitudine di
dNp : definiamo allora
Definizione 1.4 [Curvatura Media, Curvatura Gaussiana]: Sia
p S superficie regolare, dNp : Tp S Tp S il differenziale della mappa
di Gauss. Si definiscono la curvatura gaussiana K e la curvatura media
H come
1
K(p) := det dNp
H(p) := tr dNp
2
Le curvature di S si scrivono in funzione dei coefficienti metrici della
prima e seconda forma fondamentale di S:
K=

eg f 2
EG F 2

H=

1 eG 2f F + Eg
2
EG F 2

Si ha per un risultato non banale, dovuto a Gauss:


Teorema 1.1 [Egregium di Gauss]: La curvatura gaussiana di S
intrinseca, si esprime cio in funzione dei coefficienti metrici della sola
prima forma fondamentale, e delle loro derivate prime e seconde4 .
Dimostrazione. Per brevit cominceremo ad indicare w = w . Se S
una superficie liscia con una carta (U, ), la terna {u , v , N} in ogni
punto una base di R3 : dunque le derivate dei vettori del riferimento si
devono poter esprimere come combinazioni lineari dei vettori del riferiv
mento stesso: supponiamo S R3 e N = kuu
, e cambiamo notazioni
v k
intendendo (u, v) = (u1, u2 ) e con j la derivata rispetto a uj . Allora
devono esistere delle funzioni ijh , ij , ij C (U) tali che

2
= ij1 1 + ij2 2 + ij N
xi xj

(N )

= 1j 1 + 2j 2

xj

()

Vale la pena di riportare il testo come enunciato dallo stesso Gauss nelle Disquisitiones generales circa superficies curvas: Formula itaque [. . . ] sponte perducit ad egregium theorema: si superficies curva in quamcumque aliam superficiem
explicantur, mensura curvaturae in singulis punctis invariata manet.

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in particolare le ij devono coincidere con le entrate della matrice dellapplicazione di Weingarten, e le ij sono i coefficienti della seconda forma
fondamentale. Le funzioni ijk : U R sono dette coefficienti di Christoffel della carta : grazie alla regola di Schwarz per le derivate di ordine
superiore al primo ne otteniamo la simmetria rispetto agli indici in basso.
Lemma 1.1 : Sia S R3 una superficie liscia e sia : U S una sua
carta. Per ogni i, j = 1, 2 si ha
ij1
ij2

1 g11 g12
=
2 g21 g22

!1 gj1
ui

gj2
ui

+
+

gi1
uj
gi2
uj

gij
u1
gij
u2

ove con gij si sono indicate le entrate della prima forma fondamentale:
E = g11 , F = g12 = g21 , G = g22 . Esplicitando queste relazioni con le
notazioni di Gauss si ha
!

1
11
E F
=
2
11
F G

1
E F
12
=
2
F G
12

1
E F
22
=
2
F G
22

!1

!1

!1

1 E
2 u1
F
E
21 u
u1
2

1
2
1
2

E
u2
G
u1

F
u2

1 G
2 u1
1 G
2 u2

(12)

La dimostrazione si ottiene moltiplicando scalarmente le () per 1 , 2 :


ad esempio se fissiamo i = j = 1 otteniamo

E11

1
1 E
h1 | 1 i =
2 u1
2 u1
F
1 E

1
2

F 11 + G11 = h11 | 2 i =
h1 | 2 i h1 | 12 i =

u1
u1 2 u2
2
+ F 11
= h11 | 1 i =

In maniera analoga si giunge a determinare le altre.

Corollario. I coefficienti di Christoffel si riescono ad esprimere come


quantit relate ai soli coefficienti metrici gij e alle loro derivate del primo
e secondo ordine. Risulta allora immediato che ogni altra quantit che si
riesca a scrivere con i soli simboli di Christoffel intrinseca alla superficie.
Proprio questa sar la strada che seguiremo, mostrando che i coefficienti
della seconda forma fondamentale si riescono a scrivere con i coefficienti
di Christoffel.
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Teorema 1.2 [GaussCodazziMainardi]: Sia S R3 una superficie liscia, (U, ) una sua carta, allora vale
11 22

2
12

2
X

r=1

"

g1r

2
r
X
22
r
m r
m r
(22
m1 21
m2 )
21 +
u1
u2
m=1

2
12 11 X
r
r
r1 11
r2 ) = 0

+ (12
u1
u2 r=1
2
22 21 X
r
r
r1 21
r2 ) = 0

+ (22
u1
u2 r=1

(G)

(CM1)
(CM2)

La dimostrazione procede derivando le () rispetto a uk :


ijk

ij1
ij2
ij
1
=
1 + ij 1k +
2 + ij2 2k +
N + ij Nk
uk
uk
uk

che per le stesse () uguale a


ij2
ij1
1
2
1
2
1 + ij1 (1k
1 + 1k
2 + 1k N) +
2 + ij2 (1k
1 + 1k
2 + 2k N)+
uk
uk
"
#
ij
ij
1 1
2 1
+
N ij (1k 1 + 2k 2 ) =
+ ij 1k + ij 2k ij 1k 1 +
uk
uk
"
#
"
#
ij1
ij
1 2
2 2
1
2
+
+ ij 1k + ij 2k ij 2k 2 + ij 1k + ij 2k +
N
uk
uk

ijk =

ora scambiando j e k otteniamo


ikj

"

"

ik1
ik
1
1
2
2
+ ik1 1j
+ ik2 2j
ik 1j 1 +
+ ik1 1j
+ ik2 2j
ik 2j 2 +
=
uj
uj
"
#
ik
1
2
+ ik 1j + ik 2j +
N
uj

e invocando il teorema di Schwarz gi usato prima, abbiamo che i coefficienti di ijk e ikj devono essere funzionalmente coincidenti. Ma allora
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otteniamo tre uguaglianze
ik
ij
1
1
1
1
+ ij1 1k
+ ij2 2k
ij 1k =
+ ik1 1j
+ ik2 2j
ik 1j
uk
uj
ij1
1
2
2
2
2
+ ij1 1k
+ ij2 2k
ij 2k = ik + ik1 1j
+ ik2 2j
ik 2j
uk
uj
ij1
ik
2
2
+ ij1 1k
+ ij2 2k
ij 2k =ik1 1j + ik2 2j +
uk
uj
riordinando i termini dellultima, si ottengono le relazioni di Codazzi
Mainardi scritte in (CM). Le altre due, con manipolazioni simili, porgono
22 11 12 12 =
22 21 21 22 =

2
1
X
22
1
m 1
m 1
(22
m1 21
m2 )
21 +
u1
u2
m=1
2
2
X
2
22
m 2
m 2
(22
m1 21
m2 )
21 +
u1
u2
m=1

se ora definiamo
Tr =

2
r
X
r
22
m r
(m r 21
m2 )
21 +
u1
u2 m=1 22 m1

abbiamo la forma matriciale


11 12
21 22
cio
11 12
21 22

T1
22
=
21
T2
!

22
g
g
= 11 12
21
g21 g22

T1
T2

ricordando la relazione tra le matrici delle forme fondamentali e quella


dellapplicazione di Weingarten. Poi, prendendo la prima entrata, si
ottengono le relazioni di (G). A questo punto segue la tesi originaria,
2
22 12
perch K = g11
2 , e il numeratore det IIp si pu esprimere con i soli
11 g22 g12
coefficienti di Christoffel.
14

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Osservazione (Formula di Brioschi per il calcolo di K). Vale la relazione


esplicita
"

1
1
1
E F
(Fuv Evv Guu det
+
K=
2
2
F G
(EG F )
2
2

1
1
1
0
E
F

E
E
0
u
u
v
2
2
2 v
1

1
+ det
E
E
E
Fv 2 Gu
det 2 Ev
1
1
G
F
G
G
F
2 v
2 u

Dimostrazione. E un conto diretto (parecchio tedioso).

1
G
2 u

F
(13)
G

Superfici Astratte
ap

Se U, V Rn nota la definizione di applicazione Ck (U, V ). Sono di


facile dimostrazione i risultati seguenti:
Se F : U Rm di classe Ck , ogni sua restrizione a V U,
F |V : V Rm resta di classe Ck . In particolare lidentit di Rn in
s di classe C , e dunque tutte le inclusioni S : S Rn sono di
classe C .
La composizione di applicazioni Ch , Ck una applicazione di classe
Cmin(h,k) .
ap

Un diffeomorfismo di classe Ck una biiezione F : U V ove U, V Rn


tale che sia F sia la sua inversa siano di classe Ck .
Questa nozione si estende naturalmente al caso in cui F : X Y sia
una generica funzione di insiemi: se X Rn
F : X Rm si dice di classe Ck se per ogni x X esistono un
intorno aperto Ux di x e una mappa tra aperti x : Ux Rm che
sia Ck nel senso usuale.
se X, Y Rm , F : X Y si dice Ck se la composizione di F con
linclusione canonica di classe Ck nel senso sopra detto.
F : X Y si dir diffeomorfismo di classe Ck se biiettiva e di
classe Ck in entrambi i versi.
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15

 16
Composizione/restrizione di applicazioni Ck Ck .
Definizione 2.1 [Carta Locale]: Sia (X, OX ) uno spazio topologico
di Hausdorff a base numerabile. Una carta locale o nsistema di coordinate locali una coppia (U, U ) ove U un aperto di X e U un
omeomorfismo da U in un aperto di Rn . Due carte (U, U ), (V, V )si
dicono differenzialmente Ck compatibili se la funzione
V 1
u : U (U V ) V (U V )
un diffeomorfismo di classe Ck .
Le funzioni componenti di una carta U (p) = (x1 (p), . . . , xn (p)) si
dicono coordinate locali in U. Talvolta U si dir aperto coordinatizzato
da U .
Osservazione. Ovviamente se due carte sono Ck compatibili sono anche
Ch compatibili per ogni h k.
Definizione 2.2 : La funzione V 1
U si dice mappa di transizione dalle
coordinate di U a quelle di V . Quel che si chiede a due carte compatibili
di essere uguali a meno di un diffeomorfismo di classe Ck .
Definizione 2.3 [Atlante]: Un natlante differenziabile di classe Ck
nello spazio topologico X una famiglia fi ncarte locali {(U , )}
tale che U = {U } sia un ricoprimento di X e che le carte locali siano
tutte a due a due differenzialmente Ck compatibili.
Definizione 2.4 [Variet differenziale di classe Ck ]: Una variet
differenziale di classe Ck uno spazio topologico di Hausdorff (X, OX )
a base numerabile dotato di un natlante differenziabile di classe Ck .
Si dice anche che tale atlante definisce su X una struttura di variet
differenziabile di classe Ck .
La dimensione della variet la dimensione di un qualunque aperto
nel quale una carta mappa aperti della variet X. Tale nozione ben
posta perch se (U, ), (V, ) sono due carte la mappa di transizione un
diffeomorfismo tra aperti dello stesso Rn e dunque conserva la dimensione:
la funzione x 7 dimx X che manda x nella dimensione di X in un intorno
di x costante su ogni componente connessa di X (e dunque su tutto X
se ci limitiamo a studiare variet connesse).
16

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17

Osservazione. Da ora in poi differenziabile e di classe C diventano


sinonimi: le diversit col caso Ck sono minime, e costituiscono un facile
esercizio di interpolazione vigile.
Definizione 2.5 [Atlanti Equivalenti]: Due atlanti {(U , )} ,
{(V , )}M si dicono equivalenti se la loro unione
{(U , V ; , )}(,)M
ancora un atlante differenziabile. Equivalentemente due atlanti sono
equivalenti se ciascuna carta delluno differenzialmente compatibile con
ciascuna carta dellaltro. Lunione di tutti gli natlanti equivalenti di una
variet data si dice il suo atlante massimale.
Facciamo alcuni esempi:
1. Rn stesso una variet differenziabile di dimensione n: un suo
atlante dato dallunica carta (Rn , id).
ap

2. Ogni U Rn una variet differenziabile di dimensione n: un suo


atlante dato dallunica carta (U, ), ove linclusione canonica
id |U .
3. Pi in generale ogni aperto di X nella topologia indotta dallambiente una variet differenziabile della stessa dimensione. Se
{(U , )} un atlante di X, un atlante della sottovariet S
X dato da
{(U S, |U S )}S
ove S = { | U S 6= }.
4. Ogni sottoinsieme D discreto in uno spazio topologico X una variet di dimensione 0, e ha come atlante la famiglia {({pi }, i)}iI ,
ove {pi }i una enumerazione degli elementi di D e i : {pi } {0}
manda pi in 0.
Limportanza della definizione data la possibilit di estendere gli
strumenti del Calcolo a funzioni tra sottoinsiemi qualunque (purch abbastanza regolari) dei vari spazi euclidei.
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17

 18
Definizione 2.6 [Variet Diffeomorfe Morfismo di Variet]:
Siano X, Y due variet differenziabile di dimensioni n, m. Una applicazione F : X Y si dice differenziabile o morfismo di variet se nel
diagramma commutativo
RO n

RO m

X U

Y V

lapplicazione F 1
differenziabile come mappa di aperti usuali. Se
tale funzione un diffeomorfismo, F , F 1 sono diffeomorfismi di variet.
Alcune costruzioni che generalizzano le definizioni appena date:
Se {M }B una famiglia di variet differenziabile, lunione di`
sgiunta B M ha una naturale struttura di variet differenziabile
indotta dallatlante
G
A=
A
B

ove gli A sono atlanti degli M .


Se M, N sono variet differenziabile possiamo porre sul prodotto
cartesiano M N una naturale struttura di variet differenziabile.
Siano {(U , )} e {(V , )} atlanti di M ed N rispettivamente.
Allora un atlante di M N definito da
{(U V , )}
ove : U V Rm+n manda (p, q) U V in (p), (q))
(con questa definizione di prodotto, se (U , U ), (V ; V ) sono carte locali su X, Y diverse da (U, U ), (V ; V ) esse sono compatibili).
Sia M una variet differenziabile, e G un gruppo che agisce su
M in modo liscio (cio per ogni g G la mappa m 7 g m
differenziabile), propriamente discontinuo e senza punti fissi (i.e.
per ogni m M esiste un intorno aperto A di m tale che (g
A) A 6= = g = idG , tale aperto viene detto aperto buono).
Allora il quoziente dato dallinsieme delle orbite sotto lazione di
G ha una naturale struttura di variet differenziabile: un atlante
18

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19
di X = M/G dato da tutte le carte del tipo ((U), U |1
U ) al
variare di U tra gli aperti buoni ( la proiezione sul quoziente).
Per mostrare ci bisogna mostrare che nel diagramma
M/G

id

M/G
O

|V

|U

Uo

|1
U |V

Rm o

Rm

1
lapplicazione |1
U |V . ove (U, ), (V, ) sono due carte
date, differenziabile. A sua volta ci equivale a mostrare che
1
|1
U |V differenziabile. Se u U, v V sono tali che |U
|V (v) = u, cio |V (v) = |U (u), allora u [v], cio esiste g G
tale che u = g v. Per continuit dellazione di gruppo esiste tutto
un intorno W di v tale che gW U, e |1
U |V (W ) U. Per ogni
altro w W si ha (g w) = (w) = |U (|1
U |V (w)), ed essendo
|U biiettiva, in particolare iniettiva, su W si ha |1
U |V g #,
moltiplicazione per g, liscia per ipotesi.

Definizione 2.7 [Superficie]: Uno spazio topologico X tale che per


ap
ogni x X esiste U X, intorno di x che sia omeomorfo a un aperto di
R2 si dice superficie.
Definizione 2.8 : S Rn si dice superficie se per ogni p S esistono
ap
ap
U R2 , V Rn e un omeomorfismo f : U S V . Lapplicazione f si
dice carta locale o parametrizzazione di S.
La definizione di atlante la stessa: una famiglia di carte {(U , f )}
tale che U = {U } sia un ricoprimento aperto di S e tale che tutte le
carte siano a due a due differenzialmente compatibili (cio
f1 f : f (U U ) f (U U )
un diffeomorfismo.
Alcuni esempi geometrici
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19

 20
1. Un piano affine R3 generato da due vettori linearmente indipendenti a, b, che possiamo senza perdita di generalit supporre
ortogonali e di norma unitaria,e passa per un dato punto p0 . Allora
si parametrizza con ununica carta (R2 , f ), ove
f : (u, v) 7 p0 + ua + vb
linversa si scrive facilmente come g : p 7 ((p p0 ) a, (p p0 ) b).
Inoltre f, g sono continue, dunque omeomorfismi.
Osservazione. Componendo queste stesse mappe con linclusione
canonica, si trova che ogni U una superficie omeomorfa al
piano su cui vive.
2. La sfera S2 = {x R3 | x x = 1}. Ne offriamo diverse parametrizzazioni:
Parametrizzazione geografica: presi due angoli (, ) (longitudine e latitudine), costruiamo la carta
f (, ) =


i

cos cos
cos sin
sin

che manda diffeomorficamente 2 , 2 ]0, 2[ in S2 \{(x, y, z)


R3 | x 0, y = 0}. Una seconda carta si ottiene dalla prima
con la composizione di due rotazioni (quindi resta diffeomorfismo), una di attorno allasse z e una di /2 attorno a
x:


x
g(, ) = R/2
Rz f (, ) =

cos cos
sin
cos sin

Parametrizzazione cartesiana Esplicitando


la terza variabile in funzione delle altre due si ha z = 1 x2 y 2 , due
carte che parametrizzano S2 \ {z = 0}: allo stesso modo esplicitando x(y, z) e y(x, z) si ottengono altre 4 carte con cui
ricoprire tutta S2 .
Parametrizzazione stereografica: diamo una parametrizzazione per la generica Sn Rn+1 . Lidea considerare
20

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21
Sn \ {N, S}, ove N = en+1 , S = en+1 sono i due poli della
sfera, e definire le due funzioni
N : Sn \ {N} Rn
S : Sn \ {S} Rn

(14)

definite da N (P ) = (N P ) {xn+1 = 0}, S (P ) = (S


P ) {xn+1 = 0}. Prendiamo N : la retta N P quella di
equazione parametrica (tx, 1 + t(xn+1 1)): deve essere allora
1 + t(xn+1 1) = 0, che implica t = 1x1n+1 . Allora
N (x, xn+1 ) =

Rn+1
(x, 0)
x

1 xn+1
1 xn+1

le componenti di ( P ) sono funzioni razionali delle coordinate


di (x, xn+1 ), dunque continue nel loro dominio. Linversa di
N la funzione che manda P = x in (N P ) S2 : si ha
N P = (tx, (1 t)) S2 t2 x x 2t + t2 = 0

cio t =

2
:
1+xx

allora

xx1
2x
,
1+xx 1+xx
funzione visibilmente differenziabile per ogni x Rn . Si noti
che N (N) = n , nel senso che questa mappa induce una
compattificazione (detta di Alexandrov) di Rn . Considerazioni
analoghe portano a scrivere S (x, xn+1 ) = 1+xxn+1 e

1
N (P ) =

1
S (P ) =

2x
1+xx

1xx
1+xx

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21

 22
Osservazione. Si possono dare carte geografiche e cartesiane per
la sfera Sn := {x Rn+1 | x x = 1}?
Osservazione (La sfera come superficie di Riemann). Identifichiamo
R2 e C con lisomorfismo usuale : (x, y) 7 x + iy. Allora possiamo
interpretare le mappe N , S come applicazioni da S2 \ {N}, S2 \ {S} in
C, ponendo
N (p) =

p2
p1
+i
1 p3
1 p3

S (p) =

p1
p2
+i
1 + p3
1 + p3

Si trova subito che linversa di N


1
N (z) =



1
2
2
Rez,
2
Imz,
|z|

1
1 + |z|2

e se : C C il coniugio, e poniamo = S si ha
1 (z) =



1
2
2
Rez,
2
Imz,
1

|z|
1 + |z|2

E allora facile osservare che la composizione N 1 un biolomorfismo


(involutorio) di C \ {0} in s:
(z) =

z
1
= .
2
|z|
z

Da ci segue che S2 una variet complessa di dimensione (complessa)


1, ossia una superficie di Riemann: prende il nome di sfera di Riemann
(la costruzione classica del biolomorfismo si trova, tra le altre in [1]).
Tori reali. Consideriamo lazione libera e propriamente discontinua,
senza punti fissi, di Z2 su R2 . Linsieme delle orbite rispetto a questa
azione pu essere dotato della topologia quoziente, di modo che : R2
R2 /Z2 =: T2 sia continua.
Notiamo che una mappa aperta: se A R2 aperto si ha infatti
((A)) =

( + A)

Z2

e poich + A aperto per ogni , la tesi segue. Costruiamo ora su T2


una struttura di variet differenziabile reale: sia > 0 tale che kk > 2
22

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23

per ogni Z2 \ {(0, 0)}. Sia p T2 , p = (x) per qualche x = ( xx12 ).


Sia poi D(x, ) il disco aperto di centro x e raggio .
|D(x,) iniettiva, continua e aperta, dunque un omeomorfismo sullimmagine. Se poniamo U = |D(x,)(D(x, )), = |1
D(x,) , allora (U, )
una carta locale attorno a p. Sia ora p U1 U2 , U1 = |D(x1 ,)(D(x1 , )),
U2 = |D(x2 ,) (D(x2 , )). Se poniamo T (x) = (2 1
1 )(x), abbiamo
T (x) = 2 ((x)), da cui (T (x)) = (x), per ogni x 1 (U1 U2 ). Da
ci segue che
T (x) = x + (x),
(x) Z2
Ma ora, : 1 (U1 U2 ) Z2 continua su un discreto, dunque costante.
Pertanto i cambi di coordinate T sono traslazioni, in particolare sono
differenziabili.

Osservazione. T2 si dice toro reale di dimensione 2. Come mostrare


che compatto?
Germi di funzioni. Sia C (p, S) lanello delle funzioni differenziabili
in un intorno di p S. Diciamo che f, g hanno lo stesso germe in p se
esiste un intorno V di p dove f g. Questa relazione unequivalenza
(verifica diretta). Indichiamo con [f ] la classe di equivalenza di f in
C (p) = C (p, S)/: possibile dotare questo quoziente di una naturale
struttura di Ralgebra, ponendo
[f ] + [g] = [f + g]
[f ] = [f ]
[f ][g] = [f g].
Definizione 2.9 [Anello Differenziale, Derivazione]: Un anello
differenziale (commutativo) un anello unitario (R, +, ) dotato di una
operazione : R R lineare e Leibniz:
(a + b) = (a) + (b)
(a b) = (a) b + a (b)
Lapplicazione : R R si dice Rderivazione.
In quanto segue per una derivazione sar una applicazione v : C (p)
R che sia lineare e Leibniz (si pu aggirare lostacolo mostrando che. . . ?).
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23

 24
Se a questo punto definiamo come vettore tangente in p a S una derivazione di C (p), e con Tp S linsieme di tutti i vettori tangenti siffatti, Tp S acquista naturalmente struttura di spazio vettoriale, in quanto
sottospazio del duale di C (p).
Notiamo che se v Tp S esiste una curva differenziabile con supporto
su S tale che (t0 ) = v. Allora se poniamo
df ((t))
|t=t0
dt
si ottiene effettivamente una Rderivazione di C (p).
v([f ]) :=

Strutture Riemanniane

Definizione 3.1 : Sia S una superficie astratta. Una metrica (o struttura) riemanniana su S una corrispondenza p 7 h | ip che associa ad
ogni punto p S un prodotto scalare su Tp S, che dipende differenziabilmente da p nel senso che segue: se (U, ) una carta locale attorno a p
e 1 |q , 2 |q sono i campi coordinati, allora le funzioni
gij (p) = hi | j i
sono differenziabili in U: g (che come notato prima la matrice di Grahm
del prodotto scalare nella base naturale di Tp S, dunque definita positiva in ogni punto di U) in modo naturale assimilabile a un tensore
simmetrico di rango 2, dato che si pu scrivere v = v1 1 + v2 2 ,
w = w1 1 + w2 2 e
g(v, w)(p) =

2
X

vi wj gij (p)

i,j=1

Una superficie geometrica sar invece il dato di una superficie astratta


S e di una struttura riemanniana su S.
E chiaro che questa condizione non dipende dalla carta . Denoteremo una struttura riemanniana su S con h | i o indifferentemente con
g. Questa nozione permette di definire, analogamente a quanto visto per
le superfici reali, la lunghezza di un arco di curva su S e la distanza tra
due punti su S (concetto per pi delicato).
L() =
24

h(t)
| (t)i

(t) dt

d : S S R, (p, q) 7 inf L()

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25

ove linsieme degli archi di curva differenziabili almeno a tratti che


uniscono p a q.
Definizione 3.2 [Isometria]: Siano (S1 , gi), (S2 , g2 ) due superfici geometriche. Un diffeomorfismo F : S1 S2 si dice isometria se vale
g2 (dFp (v), dFp (w))(F (p)) = g1 (v, w)(p)

(15)

per ogni v, w Tp S e per ogni p S1 . Si dice invece isometria locale in p


una F : S1 S2 tale che esiste U intorno di p in S1 tale che F : U F (U)
sia un diffeomorfismo che verifica la (15).
Diamo alcuni esempi di superfici geometriche.
Se S il piano reale R2 , con lunica carta (R2 , id), abbiamo
gij (p) = hi id | j idi = ij
g() definisce allora la struttura euclidea standard su R2 .
Sulla sfera S2 con le carte stereografiche, chiamiamo x = (x1 , x2 )
le coordinate locali nella carta N e y = (y1 , y2 ) quelle nella carta
S . Definiamo
4

gx,11 (p) =

= gx,22 (p)
(1 + + x22 )2
gx,12 (p) = 0 = gx,21 (p)
4
gy,11 (p) =
= gy,22 (p)
2
(1 + y1 + y22 )2
gy,12 (p) = 0 = gy,21 (p)
x21

Non difficile controllare che le gx,ij , gy,hk definiscono una struttura


riemanniana su S2 : basta notare che lo jacobiano della mappa di
transizione N 1
S
Jac(d(N

1
S ))(u, v)

1
u2 + v 2 2uv
= 2
2uv
u2 v 2
(u + v 2 )2

(16)

e che tra le gx,hk , gy,ij sussiste la relazione


gy,ij =

2
X

xh xk
gx,ij ,
h,k=1 yi yj

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25

 26
ossia gy = J t gx J, ove J = Jac(d(N 1
S )). La metrica cos definita
2
su R si dice stereografica. Essa dotata di alcune interessanti
propriet geometriche: osserviamo anzitutto che le antimmagini
di meridiani sulla sfera sono semirette uscenti dallorigine in R2 .
E ragionevole allora che la loro lunghezza, rispetto alla metrica
stereografica sul piano sia . E infatti se
(t) = (at, bt) abbiamo
L(f ((t))

= L() =

I()
dt =

2
dt =
1 + t2

Con un identico ragionamento sui pullback la lunghezza stereografica dei paralleli parametrizzati da (t) = f (r cos t, r sin t)
L() =

4r
2r
dt =
.
2
1+r
1 + r2

Il fatto che L() 0 in accordo col fatto intuitivo per cui la


lunghezza stereografica delle circonferenze, allaumentare del raggio, diventa sempre pi piccola.
Altra propriet interessante che la metrica stereografica conforme (ossia rispetta gli angoli). Ci segue dal fatto che langolo tra
due vettori di R2 calcolato rispetto alla metrica euclidea e rispetto
alla metrica stereografica lo stesso.
(Semipiano di Poincar Piano iperbolico). Sia
n

S = R R>0 = ( xy ) R2 | y > 0 ;
S un aperto del piano reale e quindi banalmente una superficie
astratta (con lunica carta data dallinclusione canonica). Definiamo
1
= g22 (x, y)
y2
= 0 = g21

g11 (x, y) =
g12

Le gij definiscono su S una struttura riemanniana. Denotiamo da


ora S con H (mediante la consuetudine classica). La superficie
geometrica (H, g) si dice semipiano di Poincar. Un conto diretto
(usando (13)) mostra che KH = 1.
26

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27
Si visto che il piano e la sfera hanno una struttura (pi o meno
nascosta) di superfici di Riemann: possiamo notare infatti che H =
{z C | Imz > 0}, e pensare H come aperto di C, variet di
dimensione complessa 1. Sia ora
= {z C | |z| < 1}
il disco di raggio 1 nel piano di Gauss. Definiamo la metrica
g(u, v) =

4
(1

u2

v 2 )2

per ogni z = u+iv . La metrica riemanniana cos definita prende il nome di metrica iperbolica, e la superficie geometrica (, g) si
dice disco iperbolico. E da notare che la mappa
f: CC

z 7

zi
z+i

un biolomorfismo tra H e (si mostra anche, direttamente, che


f : (H, g) (, g) una isometria).
Strutture Complesse su Superfici. Definiamo loperatore di Laplace
Beltrami sulla superficie geometrica (S, g) come lanalogo del laplaciano
che gi si conosce dalla teoria degli operatori differenziali vettoriali: l
f = div grad f , e qui, se f una funzione differenziabile in un intorno
di p S,
!
2
1 X
q
f
f = q
,
(17)
|g|g ij
x
xj
i
|g| i,j=1

dove |g| = | det g|, e g ij la componente ij della matrice inversa di g. La


condizione di armonicit per f allora

2
2
f
X
X
1j f
g
g 2j
+
=0
f = 0 =
x1 j=1 xj
x2 j=1 xj

(18)

Se poniamo

1 = |g|

2
X

j=1

g 2j

f
xj

2 =

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|g|

2
X

j=1

g 1j

f
xj
27

 28
1
1

= 0, che si traduce nella chiusura
la condizione (18) diventa
x1
x2
della forma differenziale = 1 dx1 + 2 dx2 .
Supponiamo ora di avere una soluzione allequazione f = 0 in un
intorno convesso U di p S, tale che dfp 6= 0. Poich U convesso e
ivi chiusa, anche esatta, ossia esiste una h tale che = dh su U. Se in

2
q X
f
h
= |g|
g 2j
x1
xj
j=1

(19)

2
q X
f
h
= |g|
g 1j
x2
xj
j=1

esplicitiamo

f
, f
x1 x2

(20)

troviamo
!

q
h
f
h
= |g| g 22
+ g 12
x1
x2
x1
!
q
f
11 h
21 h
= |g| g
+g
x2
x2
x1

(21)
(22)

Ora, dalle (19,20) otteniamo

2
q
X
f f
f h
f h
g ij

= |g|
x1 x2 x2 x1
xi xj
i,j=1

f f
il prodotto scalare indotto da g sul duale
Notiamo che 2i,j=1 g ij x
i xj
del piano tangente a S. Pertanto lequazione precedente diventa

q
f h
f h

= |g| hdf | df i .
x1 x2 x2 x1

Allo stesso modo da (21,22) si trovano le


q
f h
f h

= |g| hdh | dhi


x1 x2 x2 x1
q
h h
h h
0=

= |g| hdf | dhi


x2 x1 x1 x2

Quindi su U si hanno le identit hdh | dhi = hdf | df i e hdf | dhi = 0.


Poich dfp 6= 0 possiamo assumere (a meno di restringere U) che df sia
diverso da zero su U. Pertanto
hdf | df i = hdh | dhi > 0,
28

hdf | dhi = 0

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29

Poniamo

y 2

= f (x1 , x2 )
= h(x1 , x2 )

le (y1 , y2 ) definiscono coordinate locali su U, e si dicono coordinate isoterme. Infatti


det

y1
x1
y2
x1

y1
x2
y2
x2

f
x2
h
x2

f
x1
h
x1

= det

|g| hdf | df i > 0

Come si esprime la metrica g in queste coordinate? Non difficile trovare


che si ha
gy11 = hdf | df i = gy22 ,
gy12 = gy21 = 0
e ricordando che g ij la componente ij della matrice inversa di g, otteniamo che su U g ha unespressione del tipo (y)I, ove (y) = hdf | df i1 ,
che compatibile con il cambio di coordinate: se in U ci sono coordinate
(y1 , y2 ) si ha

1
(y )
0
y1
g =
=
y2
0
(y )

y1

y1 t
y2
y2
y2

! y

1
(y) 0
y1
y2
0
(y)

y1

y1
y2
y2
y2

= J t gJ

se J = Jac , con mappa di transizione tra due carte nellintersezione


dei domin. Esplicitando le relazioni nascoste nel prodotto di matrici l
sopra si ottiene

y1
y1

!2

!2

y1

y1

y1
y2

y2
y1
y2
y2

!2

(y)

= (y )

!2

(y)

= (y )

y2 y2
+
=0
y1 y2 y1 y2

(23)

ossia in ogni punto di U deve valere una (e una sola) tra le relazioni
seguenti

y1 = y2
y1 = y2
y1
y2
y1
y2

y1

y2

= y12

y1

y2

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y2
y1

29

 30
che sono equivalenti alle relazioni di (anti)olomorfia per . Da ultimo,
si usa un argomento di connessione per mostrare che in U solo una delle
precedenti relazioni pu sussistere. In conclusione si ha il
Teorema 3.1 : Ogni punto di una superficie geometrica (S, g) ha un
intorno in cui esistono coordinate isoterme. Il legame tra due sistemi
di coordinate isoterme su uno stesso intorno espresso da una funzione
olomorfa o antiolomorfa.
Corollario. Su ogni superficie geometrica orientabile (S, g) esiste una
struttura di superficie di Riemann (cfr. [4] per una prova).

Costruzione di T (V )

Nel seguito, ogni spazio vettoriale di dimensione finita sul (su un)
corpo K. Definiamo come spazio duale di V lo spazio vettoriale delle
applicazioni lineari da V su K: si scrive V := Hom(V, K).
La dimensione (su K) di V
dimK V = dimK Hom(V, K) = dimK V dimK K = dimK V
Fissata una base V = {v1 , . . . , vn } di V , una base di V fatta da
{v1 , . . . , vn }, ove vj : V K definita da vj (vi ) = ij , intendendo ij
come il simbolo di Kronecker.
Lo spazio V (non canonicamente) isomorfo al suo duale, mediante
P
P
la mappa che manda u = ni=1 i vi in u = ni=1 i vi .

Definizione A.1 [Applicazione Bilineare]: Siano U, V spazi vettoriali di dimensione finita su K, in particolare sia dimK U = m, dimK V =
n. Una applicazione bilineare tra U e V una applicazione g : U V K
che sia lineare in ciascuna delle due variabili. Linsieme Bil(U V, K)
delle applicazioni bilineari da U V in K uno spazio vettoriale di
dimensione finita su K e vale
dimK Bil(U V, K) = dimK U dimK V = mn
Una sua base costituita dallinsieme delle applicazioni ij definite da
ij (ur , vs ) =

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se (i, j) = (r, s)
0 altrimenti

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Una applicazione bilineare non degenere tra V e il suo duale si dice


dualit: lapplicazione bilineare
: V V K
(v, ) 7 v = (v) K
non degenere: essa si dice dualit canonica tra V e V . Fissato un vettore v V , essa si fattorizza come v = (v, ) : V K: la mappa che
manda in (v) per v V fissato. In tal modo v Hom(V , K) =: V .
Gli spazi V e V sono allora canonicamente isomorfi mediante la mappa
di valutazione evv : V V che manda v in v .
Osservazione. na data applicazione bilineare g non degenere induce gli
isomorfismi di spazi vettoriali
Hom(V, U )
= Bil(U V, K)
= Hom(U, V )
dati dalle mappe v 7 g(, v) e u 7 g(u, )
Dietro queste relazioni cos piacevolmente simmetriche si nasconde
una struttura molto pi generale, chiamata prodotto tensoriale U V
dei due spazi U e V . Di esso esistono varie definizioni, ordinate per
generalit e astrattezza crescente.
Definizione A.2 [Prodotto tensoriale di due spazi vettoriali]:
Si definisce
1. U V lo spazio vettoriale una cui base fatta dalle mn scritture
1jn
.
formali {ui vj }1im
2. U V lo spazio vettoriale Bil(U V, K) = Hom(Bil(U V, K), K).
Un elemento di U V si pu allora pensare come un morfismo di
spazi vettoriali che manda Bil(U V, K) in (u, v) per fissati
u, v U V . Resta allora definita una mappa
: U V U V
(u, v) 7 u v
di modo che (u v)() = (u, v). Tale mappa permette di definire,
dualmente, il prodotto di due elementi di U , V come
Bil(U V, K) = U V , di modo che (u, v) = ( u)( v)
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3. U V lunico spazio vettoriale che soddisfi alla propriet universale seguente: comunque dati un terzo spazio vettoriale Z di
dimensione finita e una applicazione bilineare g : U V Z esiste
ununica : U V Z lineare, tale che risulti g = . Deve
insomma commutare il diagramma
U V
g

U V








  

Delle tre definizioni date lultima la pi utile perch permette di


mostrare allistante che valgono le propriet formali di
Associativit: U (V W )
= (U V ) W
Commutativit: U V
=V U

Inoltre (fatto implicitamente usato nella seconda definizione), si trova


facilmente che U V e U V sono in dualit, i.e. (U V )
= U V .
Questultimo fatto in particolare si mostra esibendo lapplicazione (bilineare non degenere, la verifica immediata) definita da (v u, v u ) 7
(v v )(u u ): notando poi che data una g : V U Z bilineare non
degenere lapplicazione v 7 g(v, ) mette in isomorfismo Bil(V U, Z)
con Hom(V, Hom(U, Z)), la propriet universale del prodotto tensoriale
si pu riscrivere
Hom(V U, Z)
= Hom(V, Hom(U, Z))
= Hom(U, Hom(V, Z))
Mettendo insieme questi due risultati si ha
V U
= Hom(V U, K)
= Hom(V, Hom(U, K))
= Hom(V, U )

e ponendo U in luogo di U si conclude che V U


= Hom(V, U).

A v w corrisponde lapplicazione x 7 (v x)w. Questa corrispondenza si estende poi per linearit. Mettendo assieme tutto quanto
si mostra lassociativit, di modo che
(V U) Z
= Hom(V U, Z)
= Hom(V , Hom(U , Z))
=

= V Hom(U , Z) = V (U Z)
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Osservazione. Lo spazio Bil(V1 V2 , Z) coincide con Hom(V1 V2 , Z),


cos come lo spazio delle applicazioni rlineari da V1 . . . Vr su Z coincide
con Hom(V1 Vr , Z): la prova si fa per induzione.
La trattazione diventa interessante nel caso particolare in cui U =
j
V : in tal caso
possiamo costruire la successione di spazi {V }jN e
V j := V V
jvolte
e a partire da questi defini{V j }jN : j

V
:= V V
jvolte
re
Th (V ) := V h

T k (V ) := V k

Thk (V ) := Th (V ) T k (V )

e la loro somma diretta infinita


T (V ) :=

Th (V )

T (V ) :=

hN

T k (V )

T (V ) :=

kN

Thk (V )

(h,k)NN

Notiamo alcune cose:


dimK T (V ) = , dato che dimK Thk (V ) = (dimK V )h+k , successione
divergente non appena dimK V > 0.
Resta definita una operazione binaria in T (V ), tra elementi dei vari
T k (V ), Th (V ):
: T i(V ) T j (V ) T i+j (V )
(, ) 7
Ora (T (V ), ) unalgebra associativa su K: essa prende il nome di algebra tensoriale su V . A questo punto la sua struttura di anello permette
di definire molti oggetti gi noti come quozienti di T (V ) modulo suoi
opportuni ideali. Qualche esempio di particolare interesse:
Lalgebra simmetrica (covariante):
K

(V ) := T (V )/hv u u vi

Non difficile mostrare che lalgebra simmetrica isomorfa allalgebra dei polinomi nelle indeterminate X1 , . . . , XdimK V ; un esempio
di questa corrispondenza si nota nel momento in cui a una forma
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bilineare g : V V K corrisponde un polinomio (omogeneo) di
secondo grado nelle variabili X1 , . . . , XdimK V . Non difficile definire un operazione di simmetrizzazione di modo che il prodotto
simmetrico di una k-upla di vettori sia
v1 vk =

1 X
v(1) v(k)
k! S(n)

(S(n) il gruppo delle permutazioni di n oggetti).


Lalgebra antisimmetrica (o esterna, di cui dopo segue una costruzione alternativa pi analitica):
^

(V ) := T (V )/hv vi

Tale
  spazio sempre di dimensione finita, e precisamente dimK k (V ) =
n
, ove n = dimK V . In particolare la dimensione 0 non appena
k
k > n.
V

Lalgebra simmetrica (V ) pu anche essere definita come spazio vettoriale delle forme rlineari alternanti da V V su K. Se A
un insieme, indichiamo come di consueto con A A = Ak il
prodotto cartesiano di k copie di A. Ora, dati una qualunque applicazione f : Ak B, un elementox = (x1 , . . . , xn ) An (k n) e
una funzione I : {1, . . . , k} {1, . . . , n}, scriviamo f (xI ) per indicare
f (xI(1) , . . . xI(k) ): chiameremo la funzione I() un multiindice di ordine
k. Elenchiamo alcune propriet dei multiindici:
Anzitutto, se k = n ed I biiettiva, essa coincide con una permutazione S(n), insieme che un gruppo rispetto alloperazione di composizione, e sugli elementi del quale resta definito un
epimorfismo di gruppi detto parit:
sgn : S(n) {1}
Y (i) (j)
sgn () :=
ij
i<j
Dati due numeri naturali k n indichiamo con Ikn linsieme delle
funzioni strettamente crescenti I : {1, . . . , k} {1, . . . , n}: se k
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n r, I Ikn , J Inr la funzione composta J I appartiene a
Ikr . se poi I, J sono due generici multiindici (non necessariamente
crescenti), definiamo il loro vee
I J : {1, . . . , h + k} {1, . . . , n}
I J(x) =

I(x)

se1 x h
J(x h) seh + 1 x h + k

In particolare se I Ihh+k e J Ikh+k sono tali che im I im J =


, il loro vee sta in S(h + k) e possiamo calcolarne la parit:
avremo in particolare una propriet di antisimmetria, sgn (I J) =
l
()hk sgn (J I) e date I Ihh+k , J Ikh+k , I Ih+k
h+k+l e K Ih+k+l ,

tali che im I im K = = im I im J, si ha
sgn ((I I) (I J) K) = sgn (I J)sgn (I K)
Data poi I Ihh+k esiste una unica funzione cI Ikh+k tale che
i cI S(h + k). La corrispondenza c : Ihh+k Ikh+k biunivoca e
involutoria (provare).
Definizione A.3 [spazio delle k-forme]: Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n: per ogni 2 k n indichiamo con k (V )
linsieme delle applicazioni k-lineari alternanti : V k R. Chiameremo
gli elementi di k (V ) k-forme alternanti o semplicemente k-forme.
Ogni
 
n
k

(V ) uno spazio vettoriale su R, e la sua dimensione k : infatti


fissata una base di V , V = {v1 , . . . , vn }, un elemento di k (V ) univocamente determinato dai valori assunti sulle k-uple vI = (vI(1) , . . . , vI(k) ),
al variare di I Ikn .
Definizione A.4 [Prodotto Esterno di k-forme]: Date h (V ),
k (V ), si definisce il loro prodotto esterno ponendo
(x1 , . . . , xh+k ) =

IIh
h+k

sgn (I cI)(xI )(xcI )

Questa operazione gode di alcune propriet fondamentali:


Alternanza: = ()hk ;
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 36
Linearit: (a + b) = a( ) + b( );
Associativit: ( ) = ( ).
La (tediosa) prova di questi fatti lasciata al lettore volenteroso.
A questo punto, presa la base duale V = {v1, . . . , vn } di V , denotiamo

con vI la k-forma vI(1)


vI(k)
. Si verifica che vale, per ogni k-upla
k
di vettori x = (x1 , . . . , xk ) V ,
vI (x) =

sgn ()

k
Y

(vI(j)
x(j) )

j=1

S(k)

Le applicazioni vI = vI(1)
vI(k)
formano, al variare di I Ikn , una
base di k (V ).
Possiamo allora definire linsieme

(V ) =

n
M

i (V )

i=0

esso detto algebra esterna sullo spazio vettoriale V : risulta dalla somma diretta delle i-esime algebre esterne, al variare di i = 1, . . . n. Dotata
del prodotto esterno, questa struttura diventa (appunto) unalgebra associativa su R. Dato lisomorfismo canonico di bidualit, possiamo considerare anche lalgebra esterna su V , fatta dalle k-forme su V . Inoltre
possiamo definire una applicazione k-lineare alternante k : V k k (V )
che manda (x1 , . . . , xk ) in x1 xk . Allora vale la
Proposizione A.1 (Propriet Universale del prodotto esterno). Sia V
uno spazio vettoriale reale di dimensione n, e 1 k n. Per ogni spazio
vettoriale W , ed ogn applicazione k-lineare alternante : V k W esiste
un unico omomorfismo : k (V ) W tale che = k , ovvero tale
che commuti il diagramma
Vk

k (V )









  

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Fissata infatti una base di V , V = {v1 , . . . , vn }, si pone (vI(1)


vI(k) ) = (vI(1) , . . . , vI(k) ) al variare del multiindice I Ikn . In tal modo
e k coincidono sulle k-uple, dunque coincidono su tutto V V .
Da ci discende che il dato di una applicazione k-lineare alternante : V k W il dato di un omomorfismo di spazi vettoriali
Hom(k (V ), W ): in particolare k (V ) = Hom(k (V ), R), e quindi esiste una dualit canonica tra k (V ) e k (V ). In tale dualit, se x1 , . . . xk
sono vettori di V e y1 , . . . , yk sono vettori di V si ha
(x1

xk )

(y1 yk ) =

S(n)

sgn ()

k
Y

j=1

xj y(j)

In particolare le k-forme {vI(1) vI(k) }IIkn e {vI(1)


vI(k)
}IIkn
k
sono basi duali al variare di I In . Questo fatto porge un utile criterio
di indipendenza lineare: una k-upla di vettori linearmente indipendente
se e solo se la sua k-forma associata w1 wk diversa da zero.
Conseguenza delluniversalit della propriet del prodotto esterno,
la seguente:

Proposizione A.2. Sia Hom(V, W ). Per ogni k = 0, . . . , v esiste


un unico omomorfismo k (V ) k (W ) tale che commuti il diagramma
Vk

Wk

k (V )

k ()

k (W )

( definita da (v, . . . , v) 7 ((v), . . . , (v))) e lapplicazione


k () : (V ) (W ), ottenuta sommando gli omomorfismi 0 (), . . . n ()
sia un omomorfismo di algebre.
Dimostrazione. Nel caso k = 0, 1 la tesi banalmente vera: se k 2

k
k (W )
lapplicazione composta V V W W
k-lineare ed alternante. Quindi, per la propriet universale, esiste un
unico omomorfismo k () che rende commutativo il diagramma.
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Bibliografia minima
[1] Rick Miranda, Algebraic Curves & Riemanns Surfaces, Graduate
Studies in Mathematics series, 5, AMS (1995).
[2] Otto Forster, Lectures on Riemanns Surfaces, Graduate Texts in
Mathematics 82, SpringerVerlag 1981.
[3] William Boothby, An introduction to differential manifolds and
Riemannian Geometry, Pure and Applied Mathematics 120, 1986.
[4] Jurgen Jost, Compact Riemann Surfaces:
Contemporary Mathematics, SpringerVerlag.

An Introduction To

[5] John Lee, Introduction to Smooth Manifolds, Graduate Texts in


Mathematics, SpringerVerlag.

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