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Esercizi settimana 7

Gli esercizi segnati con (*) potrebbero risultare più difficili.


Notazione. Si ricordi che, se f : V → V è endomorfismo, e se B è una base di V , la matrice associata
ad f rispetto a B non è altro che la matrice associata ad f rispetto alle basi B, B (ovvero, scegliamo la
stessa base B per V come spazio di “partenza” e di “arrivo”).
   
2 2 x 3x − y
Esercizio 1 Sia f : R → R definita da f = . Scrivere
y −x + 3y
a) La matrice canonica di f .
   
1 1
b) La matrice associata ad f rispetto alla base (v1 , v2 ), con v1 = , v2 = .
2 1
   
−1 3
c) La matrice associata ad f rispetto alla base (w1 , w2 ), con w1 = , w2 = .
1 0
   
−1 1
d) La matrice associata ad f rispetto alla base (u1 , u2 ), con u1 = , u2 = .
1 1

È vero che l’endomorfismo è diagonalizzabile?

Esercizio 2 Sia f : M at(2 × 2) → M at(2 × 2) definita da


   
a b 3a − b −a + 3b
f = .
c d c + 2d c + 2d

a) Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) di M at(2 × 2).
b) Verificare che le matrici (A1 , A2 , A3 , A4 ) formano una base di M at(2 × 2), dove
       
−1 1 1 1 0 0 0 0
A1 = , A2 = , A3 = , A4 = .
0 0 0 0 1 1 −2 1

Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (A1 , A2 , A3 , A4 ). È vero che l’endomorfismo f
è diagonalizzabile?

Esercizio 3 Siano Ba = (e1 , e2 ) la base canonica di R2 , Bb = (v1 , v2 ), Bc = (w1 , w2 ) e Bd = (u1 , u2 )


altre basi di R2 definite ai punti b),c) e d) dell’Esercizio 1.
a) Scrivere la matrice di passaggio da Ba a Bb , quella di passaggio da Ba a Bc e quella di passaggio
da Ba a Bd .
b) Scrivere la matrice di passaggio da Bb a Bc , e quella di passaggio da Bc a Bd .
c) Scrivere la matrice di passaggio da Bc a Bb e quella di passaggio da Bd a Bb
 
3
d) Sia v = un vettore di R2 . Scrivere Xa , Xb , Xc , vettori delle coordinate di v rispetto a Ba , Bb ,
0
Bc . Siano poi Mab e Mbc le matrici di passaggio da Ba a Bb e da Bb a Bc trovate ai punti a) e b).
Verificare che Xa = Mab Xb e Xb = Mbc Xc .

Esercizio 4
Sia B = (E11 , E12 , E21 , E22 ) l’usuale base di M at(2 × 2), e sia B ′ = (A1 , A2 , A3 , A4 ) la base di M at(2 × 2)
trovata nell’Esercizio 2. Trovare la matrice di passaggio da B a B ′ e da B ′ a B.

Definizione Sia A ∈ M at(n × n), A = (aij ). Definiamo la traccia di A come


n
X
Tr(A) = a11 + a22 + · · · + ann = aii
i=1
ovvero, la somma degli elementi sulla diagonale principale.

Esercizio 5 Sia A ∈ M at(2 × 2).


a) Provare che
PA (λ) = λ2 − Tr(A)λ + det(A).
(ovvero, il polinomio caratteristico di una matrice 2 × 2 ha per coefficiente del termine λ l’opposto della
traccia di A, e come termine noto il determinante di A).
b) Supponiamo che pA (λ) abbia due radici reali (distinte o coincidenti) λ1 , λ2 , che quindi sono due
autovalori dell’endomorfismo che rappresenta. Allora Tr(A) = λ1 + λ2 e det(A) = λ1 λ2 . Ovvero, la
somma degli autovalori è uguale alla traccia di A, il prodotto è uguale al determinante di A.

Esercizio 6 Siano f1 , f2 , f3 , f4 degli endomorfismi rappresentati, rispettivamente, dalle seguenti matrici


   
    2 0 0 −2 1 1
0 1 0 1
A1 = , A2 = , A3 = 0 1 0 , A4 =  0 1 1 .
1 0 0 0
0 3 1 0 1 1
Per ognuno, calcolare il polinomio caratteristico, trovare gli autovalori, e calcolare gli autospazi. Dire
quali di questi endomorfismi sono diagonalizzabili.

Esercizio 7 Sia f : R3 → R3 definito da


   
x −y + z
f y  =  −x − z 
z 2x − 2y + z
a) Scrivere A, matrice canonica di f .
b) Scrivere il polinomio caratteristico di A e trovare gli autovalori di f .
c) Calcolare gli autospazi di f e stabilire se R3 ammette una base di autovettori di f (ovvero, stabilire
se f è diagonalizzabile).
d) Nel caso f sia diagonalizzabile e quindi esista base di R3 di autovettori, scrivere A′ , matrice associata
ad f rispetto a questa base.
e) Determinare una matrice invertibile M tale che A′ = M −1 AM (A′ , A rappresentano f rispetto a
due basi diverse, dunque la matrice M sarà...).

Esercizio 8 Sia f : R3 → R3 l’endomorfismo definito da



f (e1 ) = e1 + e2 − 2e3

f (e2 ) = e1 + e2 + 2e3

f (e3 ) = −e1 + e2

dove (e1 , e2 , e3 ) è la base canonica di R3 .


a) Scrivere A, matrice associata ad f rispetto alla base canonica.
b) Calcolare il polinomio caratteristico di A, trovare i suoi autovalori, e calcolare gli autospazi.
c) Stabilire se f è diagonalizzabile e, nel caso, trovare una base di R3 di autovettori e scrivere A′ ,
matrice associata ad f rispetto a questa base. Infine, trovare una matrice invertibile M tale che
A′ = M −1 AM .

Esercizio 9 Sia f : R3 → R3 con matrice canonica


 
k 0 k
A = 0 1 0 ,
0 0 −1
dove k ∈ R.
a) Trovare gli autovalori di f al variare di k ∈ R.
b) Ricordando che autovettori corrispondenti ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti,
dedurre che se un endomorfismo di R3 ha 3 autovalori distinti, allora è diagonalizzabile (questo è
vero in generale per f : V → V , dim(V ) = n, ed n autovalori distinti).

c) Sfruttando il punto precedente, determinare i valori di k per cui l’endomorfismo è diagonalizzabile


(per alcuni valori si avranno tre autovalori distinti, per altri no, e in tal caso bisognerà studiare la
dimensione degli autospazi).

Esercizio 10 Sia f : R4 → R4 dato da


   
x1 −x1 + 2x2 − x3 − x4
 x2   x2 − x3 − x4 
f x3  = 
  
−x4 
x4 −x3

a) Scrivere il polinomio caratteristico di A, matrice canonica di f , trovare gli autovalori e calcolare gli
autospazi.
b) Stabilire se f è diagonalizzabile o meno; in caso sia diagonalizzabile, scrivere esplicitamente una
base di R4 di autovettori di f .

c) Scrivere la matrice A′ associata ad f rispetto alla base di autovettori trovata al punto b). Deter-
minare una matrice invertibile M tale che A′ = M −1 AM .

 
1 −1
Esercizio 11 Sia P = e sia f : M at(2 × 2) → M at(2 × 2) l’endomorfismo definito da
−1 1

f (X) = P X

per ogni X ∈ M at(2 × 2).


 
x y
a) Scrivere esplicitamente f (X) dove X = .
z w

b) Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) di M at(2 × 2).
c) Stabilire se f è diagonalizzabile (non c’è bisogno di caclolare gli autospazi, è sufficiente determinare
la loro dimensione e usare il primo criterio di diagonalizzabilità).

d) (*) Nel caso sia diagonalizzabile, scrivere esplicitamente una base di M at(2 × 2) di autovettori di
f , trovare la matrice associata ad f rispetto a questa base, e la matrice M di passaggio dalla base
(E11 , E12 , E21 , E22 ) a questa nuova base.

Esercizio 12 Sia f : R4 → R4 un endomorfismo con autovalori 0 e 1 e autospazi


 
1
1
E(0) = L   
0
1

ed   
 x
 

 y  
E(1) =  :x+y+w =0
 z
   

w
 

a) È vero che f è diagonalizzabile? (ragionare sulle dimensioni degli autospazi).


b) Se è diagonalizzabile, trovare esplicitamente una base di R4 di autovettori di f .
c) (*) Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base di R4 di autovettori trovata al punto b).
Spiegare come è possibile calcolare la matrice canonica di f (e calcolarla).

Esercizio 13 Sia f : R4 → R4 con autovalori 0, 1 e autospazi


 
1
1
E(0) = L   
0
1

ed   
 x
 ( 

 y  x + y + w = 0
E(1) =  :
 z z+w =0
   

w
 

Spiegare perché f non è diagonalizzabile.

Esercizio 14 (*) Mostrare che f : V → V , dim(V ) = n, non è iniettiva se e solo se il suo polinomio
caratteristico è della forma
λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ.

Esercizio 15 (*) Sia f : V → V , dim(V ) = n. Dimostrare che f è iniettiva se e solo se f è suriettiva.


Dedurre che f : V → V , dim(V ) = n, non è suriettiva se e solo se il suo polinomio caratteristico è della
forma
λn + an−a λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ.

Esercizio 16 (*) Sia f : R3 [x] → R3 [x] definito da

f (1) = 1 + x2 , f (x) = −1 + 2x + x2 , f (x2 ) = 2x2

(ricordiamo che una base di R3 [x] è (1, x, x2 )). Si scriva la matrice A associata ad f rispetto alla base
(1, x, x2 ), si determinino gli autovalori di f e si stabilisca se f è diagonalizzabile. Nel caso, si trovi
esplicitamente una base di R3 [x] di autovettori di f , e si scriva la matrice A′ , associata ad f rispetto a
questa base.

Esercizi teorici

Esercizio 17 Siano U, V, W spazi vettoriali, e f : U → V , g : V → W applicazioni lineari.


a) Provare che g ◦ f : U → W è applicazione lineare (bisogna semplicemente ricordare la definizione
di applicazione linear).

b) Supponiamo che f : U → V sia isomorfismo (lineare, biiettiva), e quindi invertibile. Provare che
f −1 : V → U è applicazione lineare (stesso suggerimento del punto precedente).
c) Siano, solo per questo punto, U = Rn , V = Rk , W = Rm , B matrice canonica di f e A matrice
canonica di g. Mostrare che la matrice canonica di g◦f : Rn → Rm è data da AB (bisogna ricordarsi
che f è del tipo f (v) = Bv, stessa cosa per g).
d) (*) Siano BU , BV , BW basi di U, V, W , e siano B la matrice associata ad f rispetto a BU , BV e A
la matrice associata a g rispetto a BV , BW . Usare il risultato del punto precedente per provare che
la matrice associata a g ◦ f rispetto a BU , BW è AB.
Esercizio 18 (*) Sia V spazio vettoriale di dimensione 2, siano B, B ′ due basi di V e sia M la matrice
del cambiamento di base da B a B ′ . Sia poi f : V → V endomorfismo, con matrice associata A rispetto
alla base B e matrice associata A′ rispetto alla base B ′ .
a) Provare che
A′ = M −1 AM.
(Suggerimento: la matrice A′ è la matrice che associa ad X ′ , vettore delle coordinate di un
qualsiasi v ∈ V rispetto alla base B ′ , il vettore A′ X ′ , vettore delle coordinate di f (v) rispetto alla
base B ′ . La matrice A si comporta allo stesso modo: associa ad X, vettore delle coordinate di un
qualsiasi v ∈ V rispetto alla base B, il vettore AX, vettore delle coordinate di f (v) rispetto alla
base B. Mostrare che X = M X ′ (e di conseguenza X ′ = M −1 X) e sfruttare la caratterizzazione
appena ricordata di A, A′ ).
b) Generalizzare al caso di V di dimensione n.

Esercizio 19 Sia f : V → V , supponiamo che ammetta esattamente due atuovalori distinti, λ1 , λ2 .


Siano E(λ1 ), E(λ2 ) i corrispondenti autospazi, con basi rispettivamente B1 e B2 .
a) Provare che E(λ1 )∩E( λ2 ) = {0} (cioè non esistono autovettori associati ad entrambi gli autovalori).
b) (*) provare che B1 ∪ B2 è un insieme di vettori linearmente indipendenti (qui B1 ∪ B2 indica
l’unione delle due basi, ovvero l’insieme costituito dai vettori della base B1 e della base B2 ; se
dim(E(λ1 )) = k1 e dim(E(λ2 )) = k2 , allora B1 ∪ B2 è un insieme formato da k1 + k2 vettori).
c) Dedurre dal punto precedente che M G(λ1 ) + M G(λ2 ) ≤ n.
d) (*) Supponiamo ora di avere λ1 , ..., λk autovalori distinti, con autospazi E(λ1 ), ..., E(λk ) e basi
rispettivamente
Pk B1 , ..., Bk . Provare che B1 ∪· · ·∪Bk è un insieme di vettori linearmente indipendenti
e che i=1 M G(λi ) ≤ n.

Esercizi facoltativi
Per chi pensa di aver compreso in profondità gli argomenti e vuole provare con qualcosa di un po’ più
impegnativo.

Esercizio 20
a) Sia g : R2 → R2 con matrice canonica
 
a 0
A= ,
o b
   
x k x
con a, b Si scriva esplicitamente g e si trovi una formula esplicita per g , per ogni k ∈ N
y y
(suggerimento: conviene trovare prima una formula per Ak , che è la matrice canonica di g k ).
b) Sia f : R2 → R2 con matrice canonica
 
1 2
A= .
2 4
   
x x
Si scriva esplicitamente f e si trovi una formula esplicita per f k , per ogni k ∈ N (suggerimento:
y y
se esiste una base di autovettori rispetto alla quale la matrice associata A′ è diagonale, allora A′ =
M −1 AM , dove M è...; da questo, e dal punto a), dedurre una formula per Ak ).

Esercizio 21 (**) (svolgere l’esercizio solo se si pensa di avere una solida conoscenza delle derivate,
altrimenti, rimandare a quando saranno state introdotte in Analisi 1) Siano

V = {f ∈ C ∞ ([0, π])} ,
e
V0 = {f ∈ V : f (0) = f (π) = 0} .
Lo spazio V è lo spazio di tutte le funzioni infinitamente derivabili sull’intervallo [0, π]; lo spazio V0 è il
sottospazio di V delle funzioni infinitamente derivabili su [0, π] e tali che f (0) = f (π) = 0 (questi due
spazi non sono finitamente generati: perché?).
Sia F : V → V definito da
F (f (x)) = −f ′′ (x)
a) Mostrare che le funzioni cos(λx), sin(λx) risolvono −f ′′ (x) = λ2 f (x), per ogni λ ∈ R, λ ̸= 0;
mostrare che le funzioni eλx , e−λx risolvono −f ′′ (x) = −λ2 f (x) per ogni λ ∈ R, λ ̸= 0; mostrare
che le funzioni 1, x risolvono −f ′′ (x) = 0.
b) Dato λ ∈ R, λ ̸= 0, mostrare che cos(λx), sin(λx) sono linearmente indipendenti, e che lo spazio
delle soluzioni di
−f ′′ (x) = λ2 f (x)
ha dimensione due, ed una base è data appunto da cos(λx), sin(λx).
Suggerimento: Sia f (x) una qualsiasi soluzione di −f ′′ (x) = λ2 f (x). Vogliamo mostrare che
esistono sempre a, b ∈ R tali che
f (x) = a cos(λx) + b sin(λx) , ∀x ∈ [0, π]
e di conseguenza, derivando ambo i membri,
f ′ (x) = −aλ sin(λx) + bλ cos(λx) , ∀x ∈ [0, π]
Derivando ulteriormente, non otteniamo alcuna informazione in più in quanto sappiamo che −f ′′ =
λ2 f , e lo stesso capita per cos(λx) e sin(λx). Dunque, vogliamo trovare a, b ∈ R tali che
     
f (x) cos(λx) sin(λx)
= a + b , ∀x ∈ [0, π].
f ′ (x) −λ sin(λx) λ cos(λx)
Questo è un sistema di due equazioni in due incognite a, b con matrice associata che ha determinante
uguale a λ ̸= 0 e quindi è invertibile. Risolvendo troviamo
1 ′ 1
a = f (x) cos(λx) − f (x) sin(λx) , b = f (x) sin(λx) + f ′ (x) cos(λx).
λ λ
Potrebbe sembrare che a, b dipendano da x, e noi vogliamo delle costanti a, b. In realtà a, b sono
costanti: derivare le espressioni che definiscono a, b e dedurre che a, b sono degli scalari, e non
dipendono da x.
c) Rifare lo stesso per eλx , e−λx , λ ̸= 0, come soluzioni di −f ′′ (x) = −λ2 f (x), e per 1, x come soluzioni
di −f ′′ (x) = 0.
d) Dedurre dai punti b) e c) che le funzioni trovate sono tutte e sole le soluzioni di −f ′′ (x) = Λx, al
variare di Λ ∈ R (in un certo senso, ogni numero Λ ∈ R è “autovalore” di F , con due “autovettori”
linermente indipendenti: se Λ > 0, avremo cos(λx), sin(λx) e Λ = λ2 ; se Λ = 0 avremo 1, x; se
Λ < 0, avremo eλx , e−λx e Λ = −λ2 .
e) Quali delle funzioni trovate ai punti precedenti appartengono a V0 e per quali valori di λ? Descrivere
tutti gli autovettori e gli autovalori di F : V0 → V0 (cioè dell’applicazione lineare F ristretta al
sottospazio V0 ).
Commento: si vedrà in corsi più avanzati che gli autovalori Λ di F : V0 → V0 descrivono i quadrati delle
frequenze naturali di vibrazione di una stringa elastica fissata agli estremi e di lunghezza π (si può rifare il
discorso per qualsiasi lunghezza, gli autovalori cambieranno di conseguenza), mentre gli autovettori (che
sono funzioni di una variabile reale) descrivono il profilo della stringa durante un moto stazionario (detto
anche “modo naturale di vibrazione”, disegnare i grafici degli autovettori trovati al punto e)). Questi
autovalori formano una successione discreta di numeri. Si vedrà che ogni possibile profilo di vibrazione
di una stringa fissata agli estremi (cioè un qualsiasi elemento in V0 ) si scrive come sovrapposizione (o
“combinazione lineare”) degli autovettori di F , cosı̀ come, in dimensione finita, ogni vettore di uno spazio
vettoriale di dimensione n si scrive come combinazione lineare degli elementi di una base di autovettori
di un endomorfismo diagonalizzabile.
Qualche soluzione

Esercizio 1
 
3 −1
a) .
−1 3
 
4 0
b) .
−3 2
 
4 −3
c) .
−3 2
 
4 0
d) .
0 2

Sı̀, è diagonalizzabile. Inftti la matrice associata rispetto alla base (u1 , u2 ) è diagonale, e (u1 , u2 ) è base
di autovettori (f (u1 ) = 4u1 e f (u2 ) = 2u2 ).

Esercizio 2
 
3 −1 0 0
−1 3 0 0
a) 
0
.
0 1 2
0 0 1 2

b) I vettori delle coordinate di A1 , A2 , A3 , A4 rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) sono
       
−1 1 0 0
 1  1 0  0 
 , , , .
 0  0 1 −2
0 0 1 1

Questi quattro vettori sono linearmente indipendenti (ad esempio, si usa il criterio del rango: il
rango della matrice 4 × 4 che ha tali vettori come colonne è 4), e dunque lo sono anche le quattro
matrici A1 , A2 , A3 , A4 . Queste sono dunque quattro vettori linearmente indipendenti dello spazio
M at(2 × 2), che ha dimensione 4. Per cui formano una base di M at(2 × 2).

Calcoliamo   
−4 4
f (A ) = = 4A1

1

0 0




  
2 2


f (A ) = = 2A2


2
0 0


  .
 0 0

 f (A 3 ) = = 3A 3



 3 3
  
0 0


f (A4 ) = = 0A4


0 0
La matrice associata ad f rispetto alla base (A1 , A2 , A3 , A4 ) è
 
4 0 0 0
0 2 0 0
0 0 3 0 .
 

0 0 0 0

L’endomorfismo è diagonalizzabile, infatti esso è rappresentato da una matrice diagonale pro-


prio rispetto alla base (A1 , A2 , A3 , A4 ), e questi quattro vettori sono autovettori con autovalori
rispettivamente 4, 2, 3, 0.
Esercizio 3
     
1 1 −1 3 −1 1
a) In ordine, , , .
2 1 1 0 1 1
b) Calcoliamo la matrice di passaggio da Bb a Bc :
 
−1

w1 = 1 = 2v1 − 3v2


 
w2 = 3 = −3v1 + 6v2


0

(per scrivere, ad esempio, w1 come combinazione lineare di v1 , v2 , risolviamo w1 = av1 + bv2 , che è
un sistema di due equazioni in due incognite a, b con un’unica soluzione a = 2, b = −3). La matrice
di passaggio è dunque  
2 −3
.
−3 6
Analogamente, la matrice di passaggio da Bc a Bd è
 
1 1
.
0 2/3

c) Si può procedere come nel punto precedente, o ricordare che la matrice di passaggio da Bc a Bb è
l’inversa di quella di passaggio da Bb a Bc , e dunque è
 
2 1
.
1 2/3

Analogamente, la matrice di passaggio da Bd a Bc è


 
1 −3/2
.
0 3/2
 
3
d) Xa = (le coordinate di un vettore di Rn rispetto alla base canonica sono date dal vettore stesso).
0        
x 3 1 1
Troviamo Xb = , dove x, y ∈ R sono tali che v = xv1 + yv2 , ovvero =x +y .
y 0 2 1
Si tratta di risolvere un sistema
  lineare in due   incognite x, y che ammette l’unica soluzione x =
−3 0
−3, y = 6. Dunque Xb = . Infine Xc = .
6 1

Verifichiamo che effettivamente Xa = Mab Xb :


    
1 1 −3 3
Mab Xb = = = Xa .
2 1 6 0

Analogamente     
2 −3 0 −3
Mbc Xc = = = Xb .
−3 6 1 6
Osservazione. In generale, se V è spazio vettoriale, B, B ′ due basi di V , la matrice M di passaggio
da B a B ′ ha la seguente proprietà: per ogni v ∈ V , se X, X ′ sono i vettori delle coordinate di v
rispetto a B e a B ′ , allora X = M X ′ (e, di conseguenza, X ′ = M −1 X).

Esercizio 4 La matrice di passaggio da B a B ′ si trova immediatamente, e infatti ha per colonne le


coordinate di A1 , ..., A4 rispetto alla base (E11 , ..., E22 ) che avevamo trovato già nell’Esercizio 2. Essa è
 
−1 1 0 0
1 1 0 0
 0 0 1 −2 .
 

0 0 1 1
Per trovare la matrice di passaggio da B ′ a B si può procedere in due modi. O trovare le coordinate di
E11 , ..., E22 rispetto alla base (A1 , ..., A4 ), o ricordare che questa matrice è l’inversa di quella di passaggio
da B a B ′ trovata prima. In ogni caso si trova che questa matrice è
 
−1/2 −1/2 0 0
 1/2 1/2 0 0 
 .
 0 0 1/3 2/3
0 0 −1/3 1/3

Esercizio 5 
a b
a) Sia A = . Allora det(A) = ad − bc e Tr(A) = a + d. Calcoliamo pA (λ):
c d
 
a−λ b
pA (λ) = det(A − λI) = det = (a − λ)(d − λ) − bc
c d−λ
= λ2 − (a + d)λ + ad − bc = λ2 − Tr(A)λ + det(A),

che è esattamente ciò che si voleva provare.


b) Se pA (λ) ha due autovalori reali λ1 , λ2 , allora pA (λ) = (λ − λ1 )(λ − λ2 ) = λ2 − (λ1 + λ2 )λ + λ1 λ2 .
Siccome abbiamo anche pA (λ) = λ2 − Tr(A)λ + det(A), il risultato segue immediatamente.

Esercizio 6
(f1 )      
0 1 λ 0 −λ 1
pA1 (λ) = det(A1 − λI) = det − = det = λ2 − 1.
1 0 0 λ 1 −λ
Gli autovalori sono gli zeri di pA1 (λ). In tal caso sono due e sono distinti: λ1 = −1 e λ2 = 1.
Calcoliamo gli autospazi
   
x 0
• E(−1). Questo autospazio è definito da (A1 − (−1)I)X = 0, dove X = , 0 = .
y 0
Esplicitando
          
0 1 1 0 x 1 1 x x+y
(A1 − (−1)I)X = (A1 + I)X = + = =
1 0 0 1 y 1 1 y x+y

Dunque    
x+y 0
(A1 − (−1)I)X = 0 ⇐⇒ = .
x+y 0
In altre parole, E(−1) è l’insieme delle soluzioni del sistema
(
x+y =0
S: ⇐⇒ x + y = 0
x+y =0
        
−t −1 −1
Questo sistema (equazione) ha soluzione :t∈R = t :t∈R =L .
t 1 1
 
−1
Sia v1 = . Allora E(−1) = L[v1 ], M G(−1) = dim(E(−1)) = 1.
1
 
1
• E(1). Procedendo come per E(1) si trova che E(1) = L[v2 ], con v2 = , e quindi M G(1) = 1.
1

Siccome M G(1) + M G(−1) = 2 = dim(R2 ) allora f1 è diagonalizzabile, e una base di R2 di


autovettori di f è data da (v1 , v2 ).
(f2 ) Si trova che pA2 (λ) = λ2 , dunque f2 ha un unico autovalore λ = 0. Calcoliamo l’autospazio
E(0) = ker(f2 ) (ricordiamo che E(0) = {f ∈ R2 : f (v) = 0v = 0} = ker(f )). Si vede che
 
1
E(0) = ker(f ) = L
0
con M G(0) = dim(E(0)) = 1. L’endomorfismo non è diagonalizzabile poiché 1 = M G(0) ̸= 2 =
dim(R2 ) (esiste al massimo un solo autovettore linearmente indipendente, quindi non possiamo avere
una base di R2 di autovettori di f2 ).
(f3 ) Si calcola pA3 (λ) = −λ3 + 4λ2 − 5λ + 2 = (1 − λ)2 (2 − λ). Gli autovalori sono quindi λ1 = 1 e
λ2 = 2. Calcoliamo gli autospazi:
 
0
• E(1) = L 0, M G(1) = 1;
1
 
1
• E(2) = L 0, M G(2) = 1.
0
L’endomorfismo non è diagonalizzabile in quanto 2 = M G(1) + M G(2) ̸= 3 = dim(R3 ) (cioè non è
possibile trovare una base di R3 di autovettori di f3 , al massimo troviamo due autovettori linearmente
indipendenti).
(f4 ) Si calcola pA4 (λ) = −λ3 + 4λ = λ(2 + λ)(2 − λ). Gli autovalori sono quindi λ1 = −2, λ2 = 0, λ3 = 2.
Calcoliamo gli autospazi:
 
1
• E(−2) = L 0, M G(−2) = 1;
0
 
0
• E(0) = L −1, M G(0) = 1.
1
 
1
• E(2) = L 2, M G(2) = 1.
2
3
L’endomorfismo è diagonalizzabile inquanto
 M G(−2)
 + M G(0) + M G(2) = 3 = dim(R ). Una base
1 0 1
di R3 di autovettori di f4 è data da 0 , −1 , 2.
0 1 2

Esercizio 7
 
0 −1 1
a) A = −1 0 −1.
2 −2 1
b) pA (λ) = −λ3 + λ2 + 5λ + 3 = (λ + 1)2 (3 − λ). Gli autovalori sono λ1 = −1 e λ2 = 3.
     
−1 1 1
c) E(−1) = L[v1 , v2 ] con v1 =  0 , v2 = 1, M G(−1) = 2; E(3) = L[v3 ], con v3 = −1,
1 0 2
M G(3) = 2; l’endomorfismo è diagonalizzabile, infatti M G(−1) + M G(3) = 3 = dim(R3 ).
d) Una base di R3 di autovettori di f esiste, ed è data da (v1 , v2 , v3 ), con v1 , v2 due autovettori
(linearmente indipendenti) associati all’autovalore −1, e v3 autovettore associato all’autovalore 3.
Rispetto a questa base, f è rappresentata da
 
−1 0 0
A′ =  0 −1 0 .
0 0 3
e) Siccome A′ , A rappresentano la stessa applicazione f (rispetto a due differenti basi di R3 , cioè la
base (v1 , v2 , v3 ) e la base canonica), allora

A′ = M −1 AM,

con M matrice di passaggio dalla base canonica alla base (v1 , v2 , v3 ). Dunque M si trova facilmente,
ed è  
−1 1 1
M =  0 1 −1 .
1 0 2

Esercizio 8

a) La matrice associata ad f rispetto alla base canonica è per definizione la matrice canonica:
 
1 1 −1
A= 1 1 1 .
−2 2 0
    
1 1 −1
Alternativamente, si può calcolare f (e1 ) =  1 , f (e2 ) = 1, f (e3 ) =  1 , e queste, per
−2 2 0
definizione, sono proprio le colonne della matrice canonica.
3 2 2
b) pA (λ)= −λ
 + 2λ + 4λ − 8 = −(λ − 2) (λ + 2).Autovalori
 −2,
 3. Autospazi: E(−2) = L[v1 ],
1 −1 1
v1 = −1, M G(−2) = 1; E(2) = L[v2 , v3 ], v2 =  0 , v3 = 1, M G(2) = 2.
2 1 0

c) f è diagonalizzabile,una base di
 autovettori è data da 
(v1 , v2 , v3 ), lamatrice associata rispetto a
−2 0 0 1 −1 1
questa base è A′ =  0 2 0, la matrice M è M = −1 0 1.
0 0 2 2 1 0

Esercizio 9

a) Gli autovalori sono −1, 1, k.


b) Supponiamo che un endomorfismo di R3 abbia tre autovalori distinti λ1 , λ2 , λ3 . Siano v1 , v2 , v3
tre autovettori associati rispettivamente a λ1 , λ2 , λ3 . Allora essi sono linearmente indipendenti.
Siccome sono tre vettori linearmente indipendenti in uno spazio di dimensione tre, essi formano una
base. Dunque l’endomorfismo è diagonalizzabile. Inoltre, ciascun autospazio ha dimensione uno,
perché il massimo numero di vettori linearmente indipendenti in R3 è 3. Dunque E(λi ) = L[vi ].
c) Se k ̸= ±1 l’endomorfismo f è diagonalizzabile per quanto stabilito al punto precedente. Studiamo
separatamente i casi k = 1 e k = −1. Siccome l’esercizio chiede solo di determinare se l’endomorfi-
smo è diagonalizzabile, è sufficiente calcolare le molteplicità geometriche degli autospazi e verificare
che la loro somma è 3, non c’è bisogno di calcolare gli autospazi (non viene richiesto). Ricordiamo
che, se f : V → V , dim(V ) = n, λ autovalore di f , A qualsiasi matrice associata ad f , allora
M G(λ) = n − rk(A − λI).
 
0 0 1
• k = 1. Autovalori 1, −1. M G(1) = 3 − rk(A − I) = 3 − rk 0 0 0  = 3 − 1 = 2.
  0 0 −2
2 0 1
M G(−1) = 3 − rk(A + I) = 3 − rk 0 2 0 = 3 − 2 = 1. M G(1) + M G(−1) = 3 = dim(R3 ),
0 0 0
dunque f è diagonalizzabile.
• k = −1. Autovalori 1, −1. M G(1) = 3 − rk(A − I) = 3 − 2 = 1. M G(−1) = 3 − rk(A + I) =
3 − 2 = 1. M G(1) + M G(−1) = 2 ̸= dim(R3 ), dunque f non è diagonalizzabile.

Esercizio 10
a) A matrice canonica, λ4 
 pA (λ) = − 2λ2 + 1 = (λ − 1)2 (λ + 1)2 . Autovalori ±1. Autospazi:
  E(−1)
 =
0 1 0 1
1 0 0 1
L[v1 , v2 ], v1 = 
1, v2 = 0, M G(−1) = 2; E(−1) = L[v3 , v4 ], v3 =
    , v4 =  ,
−1 0
1 0 1 0
M G(1) = 2.
b) f è diagonalizzabile, una base di autovettori è (v1 , v2 , v3 , v4 ).
   
−1 2 −1 −1 −1 0 0 0
 0 1 −1 −1 ′  0 −1 0 0
c) A =   0 0 0 −1; A =  0
  . M = M at(v1 , v2 , v3 , v4 ) (matrice che ha per
0 1 0
0 0 −1 0 0 0 0 1
colonne v1 , ..., v4 ).

Esercizio 11
   
x y x−z y−w
a) f = .
z w −x + z −y + w

b) Sia A questa matrice. Abbiamo


 
1 0 −1 0
0 1 0 −1
A=
−1
.
0 1 0
0 −1 0 1

c) pA (λ) = λ4 − 4λ3 + 4λ2 = λ2 (λ − 2)2 . Gli autovalori sono 0 e 2. Stabiliamo se f è diagonalizzabile


utilizzando il primo criterio. Calcoliamo le molteplicità geometriche (senza calcolare gli autospazi).
M G(0) = n − rk(A − 0I) = 4 − rk(A) = 4 − 2 = 2. Analogamente M G(2) = 4 − rk(A − 2I) = 2
(scrivere la matrice A − 2I e calcolarne il rango). Siccome M G(0) + M G(2) = 4, dal primo criterio
deduciamo che f è diagonalizzabile.
d) Procediamo al calcolo degli autospazi nel seguente modo: E(0) = {X ∈ M at(2 × 2) : f (X) = O},
ovvero    
x−z y−w 0 0
= .
−x + z −y + w 0 0
Questa equazione matriciale è equivalente ad un sistema lineare omogeneo di quattro equazioni in
quattro incognite x, y, z, w. Risolvendo otteniamo che

E(0) = L[A1 , A2 ],
   
0 1 1 0
A1 = , A2 = .
0 1 1 0
Passiamo ad E(2) : {X ∈ M at(2 × 2) : f (X) = 2X}, ovvero
   
x−z y−w 2x 2y
= .
−x + z −y + w 2z 2w

Anche in questo caso troviamo un sistema lineare omogeneo di quattro equazioni in quattro inco-
gnite. Risolvendo si ottiene
E(2) = L[A3 , A4 ]
con    
0 −1 −1 0
A3 = , A4 = .
0 1 1 0

Osservazione. Invece di studiare direttamente gli autospazi di f , avremmo potuto studiare gli
autospazi dell’endomorfismo g di R4 rappresentato dalla matrice A. I suoi autovalori sono chiara-
mente gli stessi di f , mentre gli autospazi di g (sottospazi di R4 ) sono esattamente i sottospazi delle
coordinate dei vettori degli autospazi di f (vedere lo svolgimento dell’Esercizio 16).

La base richiesta è (A1 , A2 , A3 , A4 ), e rispetto a questa base la matrice associata ad f è


 
−2 0 0 0
0 −2 0 0
A′ = 

,
0 0 2 0
0 0 0 2
mentre la matrice di passaggio richiesta è la matrice che ha per colonne le coordinate di (A1 , ..., A4 )
rispetto a (E11 , ..., E22 ):  
0 1 0 −1
1 0 −1 0 
M = 0 1 0
.
1
1 0 1 0

Esercizio 12
a) M G(0) = dim(E(0)) = 1, mentre M G(1) = dim(E(1)) = dim(Sol(S)) = 3, dove S : x + y + w = 0
nelle incognite x, y, z, w, e sappiamo che lo spazio delle soluzioni di questa equazione ha dimensione
3 (numero di incognite meno rango della matrice dei coefficienti: 4 − 1). Dunque l’endomorfismo è
diagonalizzabile perché M G(0) + M G(1) = 4 = dim(R4 )
 
1
1
b) E(0) = L[v1 ] con v1 =  0. Cerchiamo una base di E(1). Risolvendo il sistema (l’equazione)

1
x + y + w = 0 nelle incognite x, y, z, w, troviamo (ponendo w = t, y = s, z = p con t, s, p ∈ R
arbitrari) che
E(1) = L[v2 , v3 , v4 ],
     
−1 1 0
1 0 0
dove v2 =   0 , v3 = 0, v4 = 1. La base richiesta è (v1 , v2 , v3 , v4 ).
    

0 1 0
 
0 0 0 0
 0 1 0 0
c) La matrice associata ad f rispetto alla base (v1 , v2 , v3 , v4 ) è A′ = 0 0 0 1. La matrice

0 0 0 1
di passaggio dalla base canonica di R4 alla base (v1 , v2 , v3 , v4 ) ha come colonne proprio i vettori
v1 , v2 , v3 , v4 , ed è quindi  
1 −1 1 0
1 1 0 0
M = 0 0 0 1 .

1 0 1 0
Siccome A′ = M −1 AM , dove A è la matrice canonica di f . Allora A = M A′ M −1 . Effettuando le
moltiplicazioni tra matrici troviamo
 
0 −1 0 1
−1 0 0 1
A=0
.
0 1 0
−1 −1 0 2
Esercizio 13 Si ha che dim(E(0)) = 1 e dim(E(1)) = 2, quindi per il primo criterio f non è diagonaliz-
zabile.

Esercizio 14 Supponiamo che f non sia iniettiva. Allora ker(f ) ̸= {0}, e quindi 0 è un autovalore
(esistono vettori non nulli tali che f (v) = 0 = 0v): E(0) = ker(f ). Dunque 0 deve essere uno zero del
polinomio caratteristico pA (λ) di A, una qualsiasi matrice associata ad f . Se ora pA (λ) avesse un termine
noto diverso da zero, chiaramente λ = 0 non potrebbe essere un suo zero. Dunque pA (λ) deve essere
della forma λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ.
Viceversa, se pA (λ) è della forma λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ, allora λ = 0 è un autovalore, e quindi
dim(E(0)) ≥ 1; siccome ker(f ) = E(0), allora ker(f ) ha dimensione almeno 1, per cui f non è iniettiva.

Esercizio 15 Supponiamo f iniettiva, ovvero ker(f ) = {0}. Allora per il Teorema della dimensione

dim(V ) = dim(Im(f )) + dim(ker(f )) = dim(Im(f ))

e siccome Im(f ) ⊆ V , deve essere Im(f ) = V , cioè f suriettiva.


Viceversa, se f è suriettiva, allora Im(f ) = V e quindi dim(Im(f )) = dim(V ). Dal Teorema della
dimensione deduciamo che dim(ker(f )) = 0, cioè ker(f ) = {0}, ovvero f iniettiva.

Esercizio 16 La matrice associata rispetto a (1, x, x3 ) è


 
1 −1 0
A = 0 2 0 .
1 1 2

Abbiamo pA (λ) = (1 − λ)(λ − 2)2 , e quindi gli autovalori sono 1, 2. Per cacolare gli autospazi, si può
procedere in due modi.
Modo 1. Per trovare E(1) risolviamo f (p(x)) = 1 · p(x) = p(x), dove p(x) = a + bx + cx2 , e per
trovare E(2) risolviamo f (p(x)) = 2p(x). In entrambi i casi si cercano condizioni sui coefficienti a, b, c. Il
procedimento è analogo a quanto fatto nel punto d) dell’Esercizio 11.
Modo 2. Invece di studiare direttamente f , studiamo l’endomorfismo di R3 rappresentato dalla matrice
A, ricordando che cosı̀ facendo, stiamo considerando i vettori delle coordinate degli elementi di R3 [x]
rispetto alla base (1, x, x2 ). Gli autovalori di questo endomorfismo sono 1, 2 (già calcolati). Troviamo i
corrispondenti autospazi, che chiamiamo F (1) ed F (2).
 
a
• F (1). Sia X =  b  ∈ R3 . F (1) è determinato da (A − I)X = 0, ovvero
c
    
0 −1 0 a 0
0 1 0  b  = 0 ,
1 1 1 c 0
in altre parole
F (1) = Sol(S),
dove 
−b=0

S: b=0 .

a+b+c=0

 
−1
Risolvendo, si ottiene F (1) = L[v1 ] con v1 =  0 .
1
• Analogamente si trova
F (2) = L[v2 , v3 ]
   
−1 0
con v2 =  1  e v3 = 0.
0 1
Se ora E(1) ed E(2) sono gli autospazi di f (che quindi sono sottospazi di R3 [x]), quello che abbiamo
appena fatto è stato calcolare le coordinate dei vettori
 di  una base di E(1) e di una base di E(2). In altre
−1
parole, il polinomio che ha per coordinate v1 =  0  è p1 (x) = −1 + x2 , e quindi E(1) = L[p1 (x)],
1
M G(1) = 1. Il polinomio che ha per coordinate v2 è p2 (x) = −1 + x, e quello che ha per coordinate v3
è p3 (x) = x2 . Dunque E(2) = L[p2 (x), p3 (x)] e M G(2) = 2. Dunque f è diagonalizzabile per il primo
criterio, una basedi R3 [x] 
di autovettori di f è (p1 (x), p2 (x), p3 (x)), e rispetto a questa base la matrice
1 0 0
associata ad f è 0 2 0 .
0 0 2

Esercizio 17
a) Vediamo che
i) (g ◦ f )(u + v) = g(f (u + v)) = g(f (u) + f (v)) = g(f (u)) + g(f (v)) = (g ◦ f )(u) + (g ◦ f )(v) per
ogni u, v ∈ U ;
ii) (g ◦ f )(ku) = g(f (ku)) = g(kf (u)) = kg(f (u)) = k(g ◦ f )(u) per ogni k ∈ R, u ∈ U .
Dunque g ◦ f è lineare. In entrami i punti, abbiamo usato la linearità di f nella prima uguaglianza,
e la linearità di g nella seconda.
b) Per quanto riguarda la somma, siano v1 , v2 ∈ V . Siccome f è biiettiva, esistono unici u1 , u2 ∈ U
tali che v1 = f (u1 ) e v2 = f (u2 ). Scriviamo

f −1 (v1 + v2 ) = f −1 (f (u1 ) + f (u2 )) = f −1 (f (u1 + u2 )) = u1 + u2 = f −1 (v1 ) + f −1 (v2 ).

La linearità rispetto al prodotto si prova nello stesso modo.


c) Abbiamo che f (u) = Bu per ogni u ∈ U , mentre g(v) = Av per ogni v ∈ V . Dunque g(f (u)) =
g(Bu) = ABu, ovvero AB è la matrice canonica di g ◦ f .
d) Sia u ∈ U e sia X il vettore delle coordinate di u rispetto a BU . Allora BX è il vettore delle
coordinate di f (u) rispetto a BV . Ricordando poi che A è la matrice associata a g rispetto alle basi
BV (spazio di partenza) e BW (spazio di arrivo), abbiamo che ABX è il vettore delle coordinate
di g(f (u)) rispetto alla base BW . In definitiva, abbiamo provato che, dato un vettore u ∈ U di
coordinate X rispetto alla base BU , il vettore ABX è il vettore delle coordinate di g(f (u)) =
(g ◦ f )(u) rispetto alla base BW . Questo significa che AB è la matrice associata a g ◦ f rispetto alle
basi BU , BW .

Esercizio 18
   ′
x x
a) Sia v ∈ V , e siano X = il vettore delle coordinate di v rispetto a B = (v1 , v2 ) e X ′ il
y y′
vettore delle coordinate di v rispetto a B ′ = (v1′ , v2′ ). In altre parole:

v = xv1 + yv2 = x′ v1′ + y ′ v2′ . (1)


 
m11 m12
Sia M = la matrice di passaggio da B a B ′ , che è definita come segue:
m21 m22
(
v1′ = m11 v1 + m21 v2
(2)
v2′ = m12 v1 + m22 v2

Notiamo da (1) e (2) che

v = xv1 + yv2 = x′ v1′ + y ′ v2′ = x′ (m11 v1 + m21 v2 ) + y ′ (m12 v1 + m22 v2 )


= (m11 x′ + m12 y ′ )v1 + (m21 x′ + m22 y ′ )v2
(abbiamo sostituito a v1′ , v2′ le espressioni date da (2)). Quindi deve essere x = m11 x′ + m12 y ′ e
y = m21 x′ + m22 y ′ , ovvero

m11 x′ + m12 y ′
     ′
x x
= = M .
y m21 x′ + m22 y ′ y′

Cioè X = M X ′ . In altre parole, la matrice di passaggio da B a B ′ associa al vettore delle coordinate


di v rispetto alla base B ′ il vettore delle coordinate di v rispetto alla base B. Di conseguenza, siccome
la matrice M −1 è la matrice di passaggio da B ′ a B essa associa alle coordinate di un vettore v
rispetto alla base B, le coordinate di v rispetto alla base B ′ .

Siamo pronti a concludere. Mostriamo che A′ X ′ = M −1 AM X ′ per ogni X ′ ∈ R2 . Questo prova


che le due matrici sono uguali (perché?).
Sia v ∈ V di coordinate X ′ rispetto a B ′ . Allora M X ′ = X, vettore delle coordinate di v rispetto a
B. Dunque AM X ′ = AX è il vettore delle coordinate di f (v) rispetto a B. Infine, M −1 AM X ′ =
M −1 (AM X ′ ) è il vettore delle coordinate di f (v) rispetto a B ′ (ricordiamo che M −1 associa al
vettore delle coordinate di qualsiasi u ∈ V rispetto alla base B, il vettore delle coordinate di u
rispetto alla base B ′ ). Ma Il vettore delle coordinate di f (v) rispetto a B ′ è esattamente A′ X ′ .
Dunque A′ X ′ = M −1 AM X ′ per ogni X ′ , e quindi le matrici A′ e M −1 AM devono coincidere.
b) La dimostrazione è la stessa. L’unica cosa che occorre verificare è che X = M X ′ , dove X, X ′ sono i
vettori delle coordinate di v ∈ V rispetto alle basi B, B ′ , rispettivamente. Di fatto, la dimostrazione
al punto a) non sfrutta realmente il fatto che dim(V ) = 2.

Esercizio 19
a) supponiamo v ̸= 0 sia tale che f (v) = λ1 v = λ2 v, cioè λ1 v − λ2 v = 0. Questo vuol dire che
(λ1 − λ2 )v = 0, e siccome λ1 ̸= λ2 , l’unica possibilità è che v = 0, ma questo contraddice l’ipotesi
di partenza.
b) Sia B1 = (v1 , ..., vk ), base di E(λ1 ), e B2 = (w1 , ..., wh ) base di E(λ2 ). Dobbiamo mostrare che
u1 , ..., uk , w1 , ..., wh sono linearmente indipendenti. Supponiamo che non lo siano. Allora esistono
coefficienti a1 , ..., ak , b1 , ..., bh non tutti nulli tali che

a1 v1 + · · · + ak vk + b1 w1 + · · · + bh wh = 0.

Questo equivale a
a1 v1 + · · · + ak vk = −b1 w1 − · · · − bh wh
Chiamiamo v il vettore a1 v1 +· · ·+ak vk , e w il vettore −b1 w1 −· · ·−bh wh . L’uguaglianza precedente
dice che
v = w.
Ma v ∈ E(λ1 ), quindi è autovettore associato a λ1 , mentre w ∈ E(λ2 ), quindi è autovettore associato
a λ2 , e v = w implica che v, w ∈ E(λ1 ) ∩ E(λ2 ), e per il punto precendente v = w = 0. Allora

v = a1 v1 + · · · + ak vk = 0

e siccome v1 , ..., vk sono base di E(λ1 ), necessariamente deve essere a1 = · · · = ak = 0. Lo stesso


discorso vale per w, e dunque deduciamo che b1 = · · · = bh = 0. Ma questa è una contraddizione
con l’ipotesi di partenza.
c) Siccome V ha dimensione n non possono esistere più di n vettori linearmente indipendenti. Ora,
se k è la dimensione di E(λ1 ) e h è la dimensione di E(λ2 ), dal punto precedente deduciamo che
esistono k + h vettori linearmente indipendenti (l’unione dei vettori di due basi di E(λ1 ), (λ2 )), e
quindi k + h ≤ n.
d) Procediamo per induzione. Supponiamo di avere k autovalori distinti, λ1 , ..., λk , con molteplicità
geometriche M G(λi ) = mi , e basi degli autospazi Bi , i = 1, ..., k (una base Bi di E(λi ) contiene mi
vettori). Ora, B1 ∪ B2 è un insieme di m1 + m2 vettori linearmente indipendenti, come provato al
punto b). Chiamiamo B12 = B1 ∪ B2 questo insieme di m1 + m2 vettori linearmente indipendenti.
Proviamo che B1 ∪ B2 ∪ B3 è un insieme di vettori linearmente indipendenti, ovvero che B12 ∪ B3 è
un insieme di vettori linearmente indipendenti. Si procede esattamente come al punto b) (con B12
e B3 al posto di B1 , B2 ), notando che se un vettore v ∈ B12 ∩ B3 , allora v = 0 (infatti un vettore
non-nullo in B12 ∩ B3 dovrebbe essere un autovettore associato sia a λ3 sia a uno tra λ1 e λ2 , e
questo non può succedere per quanto visto in a)). Si continua cosı̀: se i vettori di B1 ∪ B2 ∪ · · · ∪ Bℓ
sono linearmente indipendenti, si prova che anche quelli di B1 ∪ B2 ∪ · · · ∪ Bℓ ∪ Bℓ+1 lo sono. Il
processo chiaramente si ferma quando si arriva a B1 ∪ · · · ∪ Bk . Al termine del processo abbiamo
trovato un insieme di m1 + · · · + mk vettori linearmente
Pk indipendenti, che non possono essere più
di n. Quindi m1 + · · · + mk ≤ n, che non è altro i=1 M G(λi ) ≤ n.

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