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a) Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) di M at(2 × 2).
b) Verificare che le matrici (A1 , A2 , A3 , A4 ) formano una base di M at(2 × 2), dove
−1 1 1 1 0 0 0 0
A1 = , A2 = , A3 = , A4 = .
0 0 0 0 1 1 −2 1
Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (A1 , A2 , A3 , A4 ). È vero che l’endomorfismo f
è diagonalizzabile?
Esercizio 4
Sia B = (E11 , E12 , E21 , E22 ) l’usuale base di M at(2 × 2), e sia B ′ = (A1 , A2 , A3 , A4 ) la base di M at(2 × 2)
trovata nell’Esercizio 2. Trovare la matrice di passaggio da B a B ′ e da B ′ a B.
a) Scrivere il polinomio caratteristico di A, matrice canonica di f , trovare gli autovalori e calcolare gli
autospazi.
b) Stabilire se f è diagonalizzabile o meno; in caso sia diagonalizzabile, scrivere esplicitamente una
base di R4 di autovettori di f .
c) Scrivere la matrice A′ associata ad f rispetto alla base di autovettori trovata al punto b). Deter-
minare una matrice invertibile M tale che A′ = M −1 AM .
1 −1
Esercizio 11 Sia P = e sia f : M at(2 × 2) → M at(2 × 2) l’endomorfismo definito da
−1 1
f (X) = P X
b) Scrivere la matrice associata ad f rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) di M at(2 × 2).
c) Stabilire se f è diagonalizzabile (non c’è bisogno di caclolare gli autospazi, è sufficiente determinare
la loro dimensione e usare il primo criterio di diagonalizzabilità).
d) (*) Nel caso sia diagonalizzabile, scrivere esplicitamente una base di M at(2 × 2) di autovettori di
f , trovare la matrice associata ad f rispetto a questa base, e la matrice M di passaggio dalla base
(E11 , E12 , E21 , E22 ) a questa nuova base.
ed
x
y
E(1) = :x+y+w =0
z
w
ed
x
(
y x + y + w = 0
E(1) = :
z z+w =0
w
Esercizio 14 (*) Mostrare che f : V → V , dim(V ) = n, non è iniettiva se e solo se il suo polinomio
caratteristico è della forma
λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ.
(ricordiamo che una base di R3 [x] è (1, x, x2 )). Si scriva la matrice A associata ad f rispetto alla base
(1, x, x2 ), si determinino gli autovalori di f e si stabilisca se f è diagonalizzabile. Nel caso, si trovi
esplicitamente una base di R3 [x] di autovettori di f , e si scriva la matrice A′ , associata ad f rispetto a
questa base.
Esercizi teorici
b) Supponiamo che f : U → V sia isomorfismo (lineare, biiettiva), e quindi invertibile. Provare che
f −1 : V → U è applicazione lineare (stesso suggerimento del punto precedente).
c) Siano, solo per questo punto, U = Rn , V = Rk , W = Rm , B matrice canonica di f e A matrice
canonica di g. Mostrare che la matrice canonica di g◦f : Rn → Rm è data da AB (bisogna ricordarsi
che f è del tipo f (v) = Bv, stessa cosa per g).
d) (*) Siano BU , BV , BW basi di U, V, W , e siano B la matrice associata ad f rispetto a BU , BV e A
la matrice associata a g rispetto a BV , BW . Usare il risultato del punto precedente per provare che
la matrice associata a g ◦ f rispetto a BU , BW è AB.
Esercizio 18 (*) Sia V spazio vettoriale di dimensione 2, siano B, B ′ due basi di V e sia M la matrice
del cambiamento di base da B a B ′ . Sia poi f : V → V endomorfismo, con matrice associata A rispetto
alla base B e matrice associata A′ rispetto alla base B ′ .
a) Provare che
A′ = M −1 AM.
(Suggerimento: la matrice A′ è la matrice che associa ad X ′ , vettore delle coordinate di un
qualsiasi v ∈ V rispetto alla base B ′ , il vettore A′ X ′ , vettore delle coordinate di f (v) rispetto alla
base B ′ . La matrice A si comporta allo stesso modo: associa ad X, vettore delle coordinate di un
qualsiasi v ∈ V rispetto alla base B, il vettore AX, vettore delle coordinate di f (v) rispetto alla
base B. Mostrare che X = M X ′ (e di conseguenza X ′ = M −1 X) e sfruttare la caratterizzazione
appena ricordata di A, A′ ).
b) Generalizzare al caso di V di dimensione n.
Esercizi facoltativi
Per chi pensa di aver compreso in profondità gli argomenti e vuole provare con qualcosa di un po’ più
impegnativo.
Esercizio 20
a) Sia g : R2 → R2 con matrice canonica
a 0
A= ,
o b
x k x
con a, b Si scriva esplicitamente g e si trovi una formula esplicita per g , per ogni k ∈ N
y y
(suggerimento: conviene trovare prima una formula per Ak , che è la matrice canonica di g k ).
b) Sia f : R2 → R2 con matrice canonica
1 2
A= .
2 4
x x
Si scriva esplicitamente f e si trovi una formula esplicita per f k , per ogni k ∈ N (suggerimento:
y y
se esiste una base di autovettori rispetto alla quale la matrice associata A′ è diagonale, allora A′ =
M −1 AM , dove M è...; da questo, e dal punto a), dedurre una formula per Ak ).
Esercizio 21 (**) (svolgere l’esercizio solo se si pensa di avere una solida conoscenza delle derivate,
altrimenti, rimandare a quando saranno state introdotte in Analisi 1) Siano
V = {f ∈ C ∞ ([0, π])} ,
e
V0 = {f ∈ V : f (0) = f (π) = 0} .
Lo spazio V è lo spazio di tutte le funzioni infinitamente derivabili sull’intervallo [0, π]; lo spazio V0 è il
sottospazio di V delle funzioni infinitamente derivabili su [0, π] e tali che f (0) = f (π) = 0 (questi due
spazi non sono finitamente generati: perché?).
Sia F : V → V definito da
F (f (x)) = −f ′′ (x)
a) Mostrare che le funzioni cos(λx), sin(λx) risolvono −f ′′ (x) = λ2 f (x), per ogni λ ∈ R, λ ̸= 0;
mostrare che le funzioni eλx , e−λx risolvono −f ′′ (x) = −λ2 f (x) per ogni λ ∈ R, λ ̸= 0; mostrare
che le funzioni 1, x risolvono −f ′′ (x) = 0.
b) Dato λ ∈ R, λ ̸= 0, mostrare che cos(λx), sin(λx) sono linearmente indipendenti, e che lo spazio
delle soluzioni di
−f ′′ (x) = λ2 f (x)
ha dimensione due, ed una base è data appunto da cos(λx), sin(λx).
Suggerimento: Sia f (x) una qualsiasi soluzione di −f ′′ (x) = λ2 f (x). Vogliamo mostrare che
esistono sempre a, b ∈ R tali che
f (x) = a cos(λx) + b sin(λx) , ∀x ∈ [0, π]
e di conseguenza, derivando ambo i membri,
f ′ (x) = −aλ sin(λx) + bλ cos(λx) , ∀x ∈ [0, π]
Derivando ulteriormente, non otteniamo alcuna informazione in più in quanto sappiamo che −f ′′ =
λ2 f , e lo stesso capita per cos(λx) e sin(λx). Dunque, vogliamo trovare a, b ∈ R tali che
f (x) cos(λx) sin(λx)
= a + b , ∀x ∈ [0, π].
f ′ (x) −λ sin(λx) λ cos(λx)
Questo è un sistema di due equazioni in due incognite a, b con matrice associata che ha determinante
uguale a λ ̸= 0 e quindi è invertibile. Risolvendo troviamo
1 ′ 1
a = f (x) cos(λx) − f (x) sin(λx) , b = f (x) sin(λx) + f ′ (x) cos(λx).
λ λ
Potrebbe sembrare che a, b dipendano da x, e noi vogliamo delle costanti a, b. In realtà a, b sono
costanti: derivare le espressioni che definiscono a, b e dedurre che a, b sono degli scalari, e non
dipendono da x.
c) Rifare lo stesso per eλx , e−λx , λ ̸= 0, come soluzioni di −f ′′ (x) = −λ2 f (x), e per 1, x come soluzioni
di −f ′′ (x) = 0.
d) Dedurre dai punti b) e c) che le funzioni trovate sono tutte e sole le soluzioni di −f ′′ (x) = Λx, al
variare di Λ ∈ R (in un certo senso, ogni numero Λ ∈ R è “autovalore” di F , con due “autovettori”
linermente indipendenti: se Λ > 0, avremo cos(λx), sin(λx) e Λ = λ2 ; se Λ = 0 avremo 1, x; se
Λ < 0, avremo eλx , e−λx e Λ = −λ2 .
e) Quali delle funzioni trovate ai punti precedenti appartengono a V0 e per quali valori di λ? Descrivere
tutti gli autovettori e gli autovalori di F : V0 → V0 (cioè dell’applicazione lineare F ristretta al
sottospazio V0 ).
Commento: si vedrà in corsi più avanzati che gli autovalori Λ di F : V0 → V0 descrivono i quadrati delle
frequenze naturali di vibrazione di una stringa elastica fissata agli estremi e di lunghezza π (si può rifare il
discorso per qualsiasi lunghezza, gli autovalori cambieranno di conseguenza), mentre gli autovettori (che
sono funzioni di una variabile reale) descrivono il profilo della stringa durante un moto stazionario (detto
anche “modo naturale di vibrazione”, disegnare i grafici degli autovettori trovati al punto e)). Questi
autovalori formano una successione discreta di numeri. Si vedrà che ogni possibile profilo di vibrazione
di una stringa fissata agli estremi (cioè un qualsiasi elemento in V0 ) si scrive come sovrapposizione (o
“combinazione lineare”) degli autovettori di F , cosı̀ come, in dimensione finita, ogni vettore di uno spazio
vettoriale di dimensione n si scrive come combinazione lineare degli elementi di una base di autovettori
di un endomorfismo diagonalizzabile.
Qualche soluzione
Esercizio 1
3 −1
a) .
−1 3
4 0
b) .
−3 2
4 −3
c) .
−3 2
4 0
d) .
0 2
Sı̀, è diagonalizzabile. Inftti la matrice associata rispetto alla base (u1 , u2 ) è diagonale, e (u1 , u2 ) è base
di autovettori (f (u1 ) = 4u1 e f (u2 ) = 2u2 ).
Esercizio 2
3 −1 0 0
−1 3 0 0
a)
0
.
0 1 2
0 0 1 2
b) I vettori delle coordinate di A1 , A2 , A3 , A4 rispetto alla base (E11 , E12 , E21 , E22 ) sono
−1 1 0 0
1 1 0 0
, , , .
0 0 1 −2
0 0 1 1
Questi quattro vettori sono linearmente indipendenti (ad esempio, si usa il criterio del rango: il
rango della matrice 4 × 4 che ha tali vettori come colonne è 4), e dunque lo sono anche le quattro
matrici A1 , A2 , A3 , A4 . Queste sono dunque quattro vettori linearmente indipendenti dello spazio
M at(2 × 2), che ha dimensione 4. Per cui formano una base di M at(2 × 2).
Calcoliamo
−4 4
f (A ) = = 4A1
1
0 0
2 2
f (A ) = = 2A2
2
0 0
.
0 0
f (A 3 ) = = 3A 3
3 3
0 0
f (A4 ) = = 0A4
0 0
La matrice associata ad f rispetto alla base (A1 , A2 , A3 , A4 ) è
4 0 0 0
0 2 0 0
0 0 3 0 .
0 0 0 0
(per scrivere, ad esempio, w1 come combinazione lineare di v1 , v2 , risolviamo w1 = av1 + bv2 , che è
un sistema di due equazioni in due incognite a, b con un’unica soluzione a = 2, b = −3). La matrice
di passaggio è dunque
2 −3
.
−3 6
Analogamente, la matrice di passaggio da Bc a Bd è
1 1
.
0 2/3
c) Si può procedere come nel punto precedente, o ricordare che la matrice di passaggio da Bc a Bb è
l’inversa di quella di passaggio da Bb a Bc , e dunque è
2 1
.
1 2/3
Analogamente
2 −3 0 −3
Mbc Xc = = = Xb .
−3 6 1 6
Osservazione. In generale, se V è spazio vettoriale, B, B ′ due basi di V , la matrice M di passaggio
da B a B ′ ha la seguente proprietà: per ogni v ∈ V , se X, X ′ sono i vettori delle coordinate di v
rispetto a B e a B ′ , allora X = M X ′ (e, di conseguenza, X ′ = M −1 X).
0 0 1 1
Per trovare la matrice di passaggio da B ′ a B si può procedere in due modi. O trovare le coordinate di
E11 , ..., E22 rispetto alla base (A1 , ..., A4 ), o ricordare che questa matrice è l’inversa di quella di passaggio
da B a B ′ trovata prima. In ogni caso si trova che questa matrice è
−1/2 −1/2 0 0
1/2 1/2 0 0
.
0 0 1/3 2/3
0 0 −1/3 1/3
Esercizio 5
a b
a) Sia A = . Allora det(A) = ad − bc e Tr(A) = a + d. Calcoliamo pA (λ):
c d
a−λ b
pA (λ) = det(A − λI) = det = (a − λ)(d − λ) − bc
c d−λ
= λ2 − (a + d)λ + ad − bc = λ2 − Tr(A)λ + det(A),
Esercizio 6
(f1 )
0 1 λ 0 −λ 1
pA1 (λ) = det(A1 − λI) = det − = det = λ2 − 1.
1 0 0 λ 1 −λ
Gli autovalori sono gli zeri di pA1 (λ). In tal caso sono due e sono distinti: λ1 = −1 e λ2 = 1.
Calcoliamo gli autospazi
x 0
• E(−1). Questo autospazio è definito da (A1 − (−1)I)X = 0, dove X = , 0 = .
y 0
Esplicitando
0 1 1 0 x 1 1 x x+y
(A1 − (−1)I)X = (A1 + I)X = + = =
1 0 0 1 y 1 1 y x+y
Dunque
x+y 0
(A1 − (−1)I)X = 0 ⇐⇒ = .
x+y 0
In altre parole, E(−1) è l’insieme delle soluzioni del sistema
(
x+y =0
S: ⇐⇒ x + y = 0
x+y =0
−t −1 −1
Questo sistema (equazione) ha soluzione :t∈R = t :t∈R =L .
t 1 1
−1
Sia v1 = . Allora E(−1) = L[v1 ], M G(−1) = dim(E(−1)) = 1.
1
1
• E(1). Procedendo come per E(1) si trova che E(1) = L[v2 ], con v2 = , e quindi M G(1) = 1.
1
Esercizio 7
0 −1 1
a) A = −1 0 −1.
2 −2 1
b) pA (λ) = −λ3 + λ2 + 5λ + 3 = (λ + 1)2 (3 − λ). Gli autovalori sono λ1 = −1 e λ2 = 3.
−1 1 1
c) E(−1) = L[v1 , v2 ] con v1 = 0 , v2 = 1, M G(−1) = 2; E(3) = L[v3 ], con v3 = −1,
1 0 2
M G(3) = 2; l’endomorfismo è diagonalizzabile, infatti M G(−1) + M G(3) = 3 = dim(R3 ).
d) Una base di R3 di autovettori di f esiste, ed è data da (v1 , v2 , v3 ), con v1 , v2 due autovettori
(linearmente indipendenti) associati all’autovalore −1, e v3 autovettore associato all’autovalore 3.
Rispetto a questa base, f è rappresentata da
−1 0 0
A′ = 0 −1 0 .
0 0 3
e) Siccome A′ , A rappresentano la stessa applicazione f (rispetto a due differenti basi di R3 , cioè la
base (v1 , v2 , v3 ) e la base canonica), allora
A′ = M −1 AM,
con M matrice di passaggio dalla base canonica alla base (v1 , v2 , v3 ). Dunque M si trova facilmente,
ed è
−1 1 1
M = 0 1 −1 .
1 0 2
Esercizio 8
a) La matrice associata ad f rispetto alla base canonica è per definizione la matrice canonica:
1 1 −1
A= 1 1 1 .
−2 2 0
1 1 −1
Alternativamente, si può calcolare f (e1 ) = 1 , f (e2 ) = 1, f (e3 ) = 1 , e queste, per
−2 2 0
definizione, sono proprio le colonne della matrice canonica.
3 2 2
b) pA (λ)= −λ
+ 2λ + 4λ − 8 = −(λ − 2) (λ + 2).Autovalori
−2,
3. Autospazi: E(−2) = L[v1 ],
1 −1 1
v1 = −1, M G(−2) = 1; E(2) = L[v2 , v3 ], v2 = 0 , v3 = 1, M G(2) = 2.
2 1 0
c) f è diagonalizzabile,una base di
autovettori è data da
(v1 , v2 , v3 ), lamatrice associata rispetto a
−2 0 0 1 −1 1
questa base è A′ = 0 2 0, la matrice M è M = −1 0 1.
0 0 2 2 1 0
Esercizio 9
Esercizio 10
a) A matrice canonica, λ4
pA (λ) = − 2λ2 + 1 = (λ − 1)2 (λ + 1)2 . Autovalori ±1. Autospazi:
E(−1)
=
0 1 0 1
1 0 0 1
L[v1 , v2 ], v1 =
1, v2 = 0, M G(−1) = 2; E(−1) = L[v3 , v4 ], v3 =
, v4 = ,
−1 0
1 0 1 0
M G(1) = 2.
b) f è diagonalizzabile, una base di autovettori è (v1 , v2 , v3 , v4 ).
−1 2 −1 −1 −1 0 0 0
0 1 −1 −1 ′ 0 −1 0 0
c) A = 0 0 0 −1; A = 0
. M = M at(v1 , v2 , v3 , v4 ) (matrice che ha per
0 1 0
0 0 −1 0 0 0 0 1
colonne v1 , ..., v4 ).
Esercizio 11
x y x−z y−w
a) f = .
z w −x + z −y + w
E(0) = L[A1 , A2 ],
0 1 1 0
A1 = , A2 = .
0 1 1 0
Passiamo ad E(2) : {X ∈ M at(2 × 2) : f (X) = 2X}, ovvero
x−z y−w 2x 2y
= .
−x + z −y + w 2z 2w
Anche in questo caso troviamo un sistema lineare omogeneo di quattro equazioni in quattro inco-
gnite. Risolvendo si ottiene
E(2) = L[A3 , A4 ]
con
0 −1 −1 0
A3 = , A4 = .
0 1 1 0
Osservazione. Invece di studiare direttamente gli autospazi di f , avremmo potuto studiare gli
autospazi dell’endomorfismo g di R4 rappresentato dalla matrice A. I suoi autovalori sono chiara-
mente gli stessi di f , mentre gli autospazi di g (sottospazi di R4 ) sono esattamente i sottospazi delle
coordinate dei vettori degli autospazi di f (vedere lo svolgimento dell’Esercizio 16).
Esercizio 12
a) M G(0) = dim(E(0)) = 1, mentre M G(1) = dim(E(1)) = dim(Sol(S)) = 3, dove S : x + y + w = 0
nelle incognite x, y, z, w, e sappiamo che lo spazio delle soluzioni di questa equazione ha dimensione
3 (numero di incognite meno rango della matrice dei coefficienti: 4 − 1). Dunque l’endomorfismo è
diagonalizzabile perché M G(0) + M G(1) = 4 = dim(R4 )
1
1
b) E(0) = L[v1 ] con v1 = 0. Cerchiamo una base di E(1). Risolvendo il sistema (l’equazione)
1
x + y + w = 0 nelle incognite x, y, z, w, troviamo (ponendo w = t, y = s, z = p con t, s, p ∈ R
arbitrari) che
E(1) = L[v2 , v3 , v4 ],
−1 1 0
1 0 0
dove v2 = 0 , v3 = 0, v4 = 1. La base richiesta è (v1 , v2 , v3 , v4 ).
0 1 0
0 0 0 0
0 1 0 0
c) La matrice associata ad f rispetto alla base (v1 , v2 , v3 , v4 ) è A′ = 0 0 0 1. La matrice
0 0 0 1
di passaggio dalla base canonica di R4 alla base (v1 , v2 , v3 , v4 ) ha come colonne proprio i vettori
v1 , v2 , v3 , v4 , ed è quindi
1 −1 1 0
1 1 0 0
M = 0 0 0 1 .
1 0 1 0
Siccome A′ = M −1 AM , dove A è la matrice canonica di f . Allora A = M A′ M −1 . Effettuando le
moltiplicazioni tra matrici troviamo
0 −1 0 1
−1 0 0 1
A=0
.
0 1 0
−1 −1 0 2
Esercizio 13 Si ha che dim(E(0)) = 1 e dim(E(1)) = 2, quindi per il primo criterio f non è diagonaliz-
zabile.
Esercizio 14 Supponiamo che f non sia iniettiva. Allora ker(f ) ̸= {0}, e quindi 0 è un autovalore
(esistono vettori non nulli tali che f (v) = 0 = 0v): E(0) = ker(f ). Dunque 0 deve essere uno zero del
polinomio caratteristico pA (λ) di A, una qualsiasi matrice associata ad f . Se ora pA (λ) avesse un termine
noto diverso da zero, chiaramente λ = 0 non potrebbe essere un suo zero. Dunque pA (λ) deve essere
della forma λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ.
Viceversa, se pA (λ) è della forma λn + an−1 λn−1 + · · · + a2 λ2 + a1 λ, allora λ = 0 è un autovalore, e quindi
dim(E(0)) ≥ 1; siccome ker(f ) = E(0), allora ker(f ) ha dimensione almeno 1, per cui f non è iniettiva.
Esercizio 15 Supponiamo f iniettiva, ovvero ker(f ) = {0}. Allora per il Teorema della dimensione
Abbiamo pA (λ) = (1 − λ)(λ − 2)2 , e quindi gli autovalori sono 1, 2. Per cacolare gli autospazi, si può
procedere in due modi.
Modo 1. Per trovare E(1) risolviamo f (p(x)) = 1 · p(x) = p(x), dove p(x) = a + bx + cx2 , e per
trovare E(2) risolviamo f (p(x)) = 2p(x). In entrambi i casi si cercano condizioni sui coefficienti a, b, c. Il
procedimento è analogo a quanto fatto nel punto d) dell’Esercizio 11.
Modo 2. Invece di studiare direttamente f , studiamo l’endomorfismo di R3 rappresentato dalla matrice
A, ricordando che cosı̀ facendo, stiamo considerando i vettori delle coordinate degli elementi di R3 [x]
rispetto alla base (1, x, x2 ). Gli autovalori di questo endomorfismo sono 1, 2 (già calcolati). Troviamo i
corrispondenti autospazi, che chiamiamo F (1) ed F (2).
a
• F (1). Sia X = b ∈ R3 . F (1) è determinato da (A − I)X = 0, ovvero
c
0 −1 0 a 0
0 1 0 b = 0 ,
1 1 1 c 0
in altre parole
F (1) = Sol(S),
dove
−b=0
S: b=0 .
a+b+c=0
−1
Risolvendo, si ottiene F (1) = L[v1 ] con v1 = 0 .
1
• Analogamente si trova
F (2) = L[v2 , v3 ]
−1 0
con v2 = 1 e v3 = 0.
0 1
Se ora E(1) ed E(2) sono gli autospazi di f (che quindi sono sottospazi di R3 [x]), quello che abbiamo
appena fatto è stato calcolare le coordinate dei vettori
di una base di E(1) e di una base di E(2). In altre
−1
parole, il polinomio che ha per coordinate v1 = 0 è p1 (x) = −1 + x2 , e quindi E(1) = L[p1 (x)],
1
M G(1) = 1. Il polinomio che ha per coordinate v2 è p2 (x) = −1 + x, e quello che ha per coordinate v3
è p3 (x) = x2 . Dunque E(2) = L[p2 (x), p3 (x)] e M G(2) = 2. Dunque f è diagonalizzabile per il primo
criterio, una basedi R3 [x]
di autovettori di f è (p1 (x), p2 (x), p3 (x)), e rispetto a questa base la matrice
1 0 0
associata ad f è 0 2 0 .
0 0 2
Esercizio 17
a) Vediamo che
i) (g ◦ f )(u + v) = g(f (u + v)) = g(f (u) + f (v)) = g(f (u)) + g(f (v)) = (g ◦ f )(u) + (g ◦ f )(v) per
ogni u, v ∈ U ;
ii) (g ◦ f )(ku) = g(f (ku)) = g(kf (u)) = kg(f (u)) = k(g ◦ f )(u) per ogni k ∈ R, u ∈ U .
Dunque g ◦ f è lineare. In entrami i punti, abbiamo usato la linearità di f nella prima uguaglianza,
e la linearità di g nella seconda.
b) Per quanto riguarda la somma, siano v1 , v2 ∈ V . Siccome f è biiettiva, esistono unici u1 , u2 ∈ U
tali che v1 = f (u1 ) e v2 = f (u2 ). Scriviamo
Esercizio 18
′
x x
a) Sia v ∈ V , e siano X = il vettore delle coordinate di v rispetto a B = (v1 , v2 ) e X ′ il
y y′
vettore delle coordinate di v rispetto a B ′ = (v1′ , v2′ ). In altre parole:
m11 x′ + m12 y ′
′
x x
= = M .
y m21 x′ + m22 y ′ y′
Esercizio 19
a) supponiamo v ̸= 0 sia tale che f (v) = λ1 v = λ2 v, cioè λ1 v − λ2 v = 0. Questo vuol dire che
(λ1 − λ2 )v = 0, e siccome λ1 ̸= λ2 , l’unica possibilità è che v = 0, ma questo contraddice l’ipotesi
di partenza.
b) Sia B1 = (v1 , ..., vk ), base di E(λ1 ), e B2 = (w1 , ..., wh ) base di E(λ2 ). Dobbiamo mostrare che
u1 , ..., uk , w1 , ..., wh sono linearmente indipendenti. Supponiamo che non lo siano. Allora esistono
coefficienti a1 , ..., ak , b1 , ..., bh non tutti nulli tali che
a1 v1 + · · · + ak vk + b1 w1 + · · · + bh wh = 0.
Questo equivale a
a1 v1 + · · · + ak vk = −b1 w1 − · · · − bh wh
Chiamiamo v il vettore a1 v1 +· · ·+ak vk , e w il vettore −b1 w1 −· · ·−bh wh . L’uguaglianza precedente
dice che
v = w.
Ma v ∈ E(λ1 ), quindi è autovettore associato a λ1 , mentre w ∈ E(λ2 ), quindi è autovettore associato
a λ2 , e v = w implica che v, w ∈ E(λ1 ) ∩ E(λ2 ), e per il punto precendente v = w = 0. Allora
v = a1 v1 + · · · + ak vk = 0