v e r s i o n e
p r e l i m i n a r e
(15 - 4 - 2016)
di
Topologia Algebrica
Giambattista Marini
Queste note sono una sintesi dei risultati principali che si incontrano studiando i fondamenti
di topologia algebrica, costituiscono una, spero utile, overview sulla materia per lo studente
che segue attivamente il corso.
Indice
0.
1.
2.
3.
Notazioni e richiami
4
6
8
Incollamenti
CW-complessi
Classificazione delle superfici compatte
Omotopia
14
15
18
22
26
Deformazioni e Retratti
Gruppo Fondamentale
Il Teorema di Seifert e Van Kampen
Rivestimenti
Omologia
36
38
39
44
45
46
48
51
54
59
64
65
Coomologia
66
4.
Variet`a Topologiche
70
70
72
75
A1.
Orientazione
Classe Fondamentale
Dualit`a di Poincare
Gruppi liberi e prodotto libero di gruppi
A2.
Bibliografia
78
80
82
88
92
94
95
98
99
0.
Notazioni e richiami.
Notazioni e convenzioni.
(1.1) Con il termine funzione si intende funzione continua (in ambito topologico e salvo diversamente specificato);
(1.2) un omeomorfismo `e una funzione continua, invertibile con inversa continua;
(1.3) un sottospazio di uno spazio topologico `e un sottoinsieme (arbitrario) dotato della topologia indotta.
(1.4) Sia A un sottospazio di uno spazio topologico X . I simboli A e A denotano rispettivamente la chiusura
e linteriore di A (come sottospazi di X naturalmente);
(1.5) I denota lintervallo reale [0, 1] con la topologia naturale;
(1.6) Dn ed S n denotano rispettivamente il disco di dimensione n e la sfera di dimensione n:
Dn = { x Rn | ||x|| 1 } ,
Sn
= { x Rn+1 | ||x|| = 1 }
dotati della topologia naturale indotta dai rispettivi ambienti Rn e Rn+1 . Sottolineiamo che la sfera
S n `e un sottospazio del disco Dn+1 (ne `e la frontiera).
(1.7) Il prodotto cartesiano di spazi topologici, due o pi`
u, si intende dotato della topologia prodotto
(cfr. esempio 4.1).
S
(1.8) Il simbolo denota lunione disgiunta.
Definizione 1.9. Uno spazio topologico si dice T1 se i punti sono chiusi, si dice T2 (= di Hausdorff ) se
separa i punti (i.e. punti distinti ammettono intorni disgiunti), si dice T4 se1 `e T1 e separa i chiusi (i.e. per ogni
coppia chiusi disgiunti C1 e C2 `e possibile trovare due aperti disgiunti U1 e U2 tali che C1 U1 , C2 U2 ).
X/
`e aperto
1 (U) `e aperto in X
:=
X/
oppure
( B A = e B `e aperto)
se X `e T4 ed A `e chiuso, allora anche X/A `e T4 (cfr. def. 1.9).
1
Qualche autore, nella definizione di spazio T4 non include la richiesta che sia T1, ...noi ce la mettiamo.
A partire dallo spazio prodotto (1.7) e dagli spazi quoziente (2) e (2.3) si introducono altri spazi notevoli.
Siano X ed Y spazi topologici, x0 X , y0 Y punti. Si definiscono:
S
X I X {0} X I X {0, 1} X Y I X Y {x0 , y0 } X Y X {y0 } {x0 }Y
(2.6)
Cono
Suspension
Join
Wedge sum
Smash product
dove, nel Join, `e la relazione che in X Y {0} contrae le fibre della proiezione su X , in X Y {1}
contrae le fibre della proiezione su Y (ed `e banale, nel senso che non fa nulla, sui vari XY {t}, t 6= 0, 1).
In assenza di una traduzione usata diffusamente nella letteratura italiana abbiamo mantenuto il termine inglese.
Esercizio 2.7. Siano X Rn , Y Rm , x0 X, y0 Y . Si descriva la loro Wedge sum come sottospazio
di Rn+m . Assumendo che X ed Y siano chiusi e limitati, si descrivano gli spazi Cono, Suspension e Join
scritti nella (2.6), rispettivamente come sottospazi di Rn+1 , Rn+1 , Rn+m+1 .
` possibile immergerlo in un qualche Rn ?
Com`e fatto il cono sullintervallo aperto (0, 1)? E
Definizione 3. Sia X un insieme, {W } S una famiglia di spazi topologici,
F =
f : W X S
una famiglia di applicazioni. Su X , si definisce topologia coindotta dalla famiglia F la topologia pi`
u fine per
la quale ogni f `e continua (questa viene detta anche finale o forte, per la famiglia F ).
Esercizio 3.1. Nelle ipotesi della definizione (3), provare quanto segue
U X `e aperto se e solo se f1 (U ) `e aperto, per ogni .
Definizione 4. Sia X un insieme, {W } S una famiglia di spazi topologici,
F =
f : X W S
una famiglia di applicazioni. Su X , si definisce topologia indotta dalla famiglia F la topologia meno fine per
la quale ogni f `e continua (questa viene detta anche iniziale o debole , per la famiglia F ).
Esempio 4.1. Il prodotto di spazi topologici viene dotato della topologia indotta dalle proiezioni (= debole).
Nel caso di prodotti finiti, la topologia debole coincide con quella generata dai prodotti di aperti (generalmente
`e meno fine).
Incollamenti.
Def. 5. Si abbiano X , A, Y come nel diagramma a lato, con A sottospazio
chiuso di Y . Lo spazio ottenuto da X attaccandovi Y tramite `e lo spazio
`
S
X
Y
:=
X
Y
A Y
`
Componendo le inclusioni di X ed Y in X Y con la proiezione su X Y si ottengono due funzioni
continue,
`
`
i : X X Y
e
: Y X Y
(n.b. i `e iniettiva e estende la composizione i ), chiamate rispettivamente inclusione e funzione caratteristica dellincollamento.
Osserviamo che, insiemisticamente, lincollamento si identifica con lunione disgiunta X Y r A .
Esercizio 5.1. Siano X , A, Y come nella definizione (5), le funzioni i e come sopra. Verificare che
`
i) un sottoinsieme U X Y `e aperto se e solo se gli insiemi i1 (U ) e 1 (U ) sono entrambi aperti
`
u fine per la quale le applicazioni i e sono entrambe continue);
(la topologia su X Y `e la pi`
`
ii) tramite i, lo spazio X `e un sottospazio chiuso di X Y (sottospazio nel senso 1.3);
`
iii) limmagine (Y r A) `e aperta in X Y (`e il complementare di i(X)) e la restrizione |Y rA `e un
omeomorfismo sullimmagine (essendo A chiuso per ipotesi, il sottospazio Y r A `e aperto).
e le funzioni caratteristiche : Y X
(come nel caso di un solo incollamento, definite componendo le inclusioni di X e degli Y nellunione disgiunta
con la proiezione sul quoziente) e continua ad esserci unidentificazione naturale (per ora insiemistica)
(5.4)
X :=
X (Y r A )
(si osservi che essendo Y dotato della topologia dellunione disgiunta, A `e chiuso in Y ).
ii ) X `e un sottospazio chiuso di X ;
iii ) ogni U := Y r A `e un sottospazio aperto di X .
Esercizio 5.6. Sia (Y, A) = (Dn , S n1 ) (coppia disco, frontiera). Provare che
`
se X `e di Hausdorff, anche X Y `e di Hausdorff;
`
se X `e T4, anche X Y `e T4 (cfr. def. 1.9).
Si osservi che, alla luce dellesercizio (5.5), questi risultati si generalizzano immediatamente al caso di pi`
u
incollamenti (def. 5.3).
2
CW-complessi.
Def. 6. Un CW-complesso `e una successione di spazi topologici e di incollamenti
`
X 0 X 1 X 2 X 3 ... ,
X n = X n1 Dn ( n 1)
(cfr. def. 5 e 5.3) dove X 0 `e uno spazio discreto, i vari Dn sono copie del disco D n e le
: Sn1 X n1
Poiche non esistono funzioni da un insieme non-vuoto allinsieme vuoto, lunico CW-complesso il cui 0-scheletro
`e linsieme vuoto `e il CW-complesso vuoto. Introduciamo un po di terminologia.
(6.2) Una n-cella n `e limmagine del disco aperto D n r S n1 tramite una funzione caratteristica (cfr. Def. 5 e 5.3):
n := (D n r S n1 ) ,
dove = : D n = Dn X n1 X
(la funzione caratteristica viene vista come funzione di codominio X, piuttosto che ln-scheletro).
Ricordiamo che, per lesercizio (5.1), o meglio lesercizio (5.4), la restrizione |Dn rS n1 `e un omeomorfismo
sullimmagine n (la nostra n-cella). Osserviamo che la n-cella n , `e un aperto dell n-scheletro (ed `e un aperto
di X solo a condizione che non sia coinvolta dagli incollamenti successivi, cio`e nelle dimensioni strettamente
maggiori di n). Inoltre,
diremo che X n `e stato ottenuto da X n1 attaccando delle n-celle;
per convenzione, le 0-celle sono i punti dello 0-scheletro;
per abuso di linguaggio, la stessa viene chiamata n-cella, la sua immagine viene chiamata n-cella chiusa.
Suggerimento: per cominciare, si verifichi che X stesso `e, insiemisticamente, lunione disgiunta delle sue celle.
Esempio 6.7. Attaccando una n-cella ad un punto (nellunico modo possibile) si ottiene la sfera S n . In
alternativa, una volta costruito S n1 come CW-complesso, la sfera S n pu`
o essere realizzata attaccando due
n-celle ad S n1 tramite lidentit`
a (la frontiera del disco n-dimensionale `e una n 1 sfera).
Esercizio 6.8. Realizzare, il piano proiettivo reale P2 (R), il piano proiettivo complesso P2 (C), il toro
reale R2 /Z2 , gli spazi proiettivi reale e complesso ed il toro n-dimensionali, Pn (R), Pn (C), Rn /Zn , come
CW-complessi.
Esempio 6.9 (Variet`
a topologiche triangolate). Per definizione, una variet`
a topologica `e uno spazio topologico di Hausdorff dove ogni punto ha un intorno omeomorfo ad Rn (cfr. 4, introduzione), in questo caso
diremo che X ha dimensione 3 n. Sia X una variet`
a topologica. Fissiamo subito una notazione:
P
n
n = x R xi 1 i ,
xi 1
(dove gli xi denotano le coordinate di x),
Nel paragrafo 2, sezione omologia cellulare, vedremo che tale numero `e un invariante omologico del soggiacente spazio topologico X e, come tale, non dipende dalla realizzazione di X
come CW-complesso.
S1 =
1
1
1
D 2 = C2 =
= B
o
1
(si osservi che tutti i vertici dellottagono si identificano con o). Non si esclude il caso dove g = 0 : in questo
caso, il bouquet `e banale (c`e solo il vertice o) e la funzione , quindi la funzione di incollamento , fa lunica
cosa possibile, manda S 1 in o; la superficie che si ottiene `e omeomorfa alla sfera (si contrae S 1 , la frontiera
di D2 , ad un punto). Ci sono due cose da comprendere:
(8.1) effettivamente si ottiene una superficie topologica compatta connessa;
(8.2) la superficie che si ottiene ha genere g.
La (8.1) rientra in un risultato pi`
u generale che proponiamo come esercizio con suggerimento (cfr. 8.3). Anche
la (8.2) rientra in un discorso pi`
u generale: cfr. inciso (8.6) e lemma (8.7).
Esercizio 8.3. Provare che se si sostituisce lottagono con un qualsiasi poligono con i lati identificati a coppie
(per il resto, in modo del tutto arbitrario), lo spazio topologico che si ottiene `e necessariamente una superficie
topologica compatta connessa.
Suggerimento: si deve provare che ogni punto ha un intorno omeomorfo ad un disco (compattezza e connessione
sono ovvie, che lo spazio ottenuto sia di Hausdorff segue dallesercizio 5.6). Prima delle identificazioni, ogni
punto p ammette un intorno omeomorfo ad uno spicchio di torta; distinguere i tre casi: p interno al poligono
(torta intera), p interno ad uno dei lati (mezza torta), p vertice (questultimo `e il caso pi`
u interessante).
(N.b. Per abuso di linguaggio, sopra e ovunque pi`
u avanti, il termine poligono viene utilizzato sia per la linea
spezzata chiusa che per la regione di piano che questa delimita).
A questo punto introduciamo una notazione e facciamo qualche osservazione elementare. Un poligono sul quale
sono definite delle identificazioni tra i lati (per brevit`a diremo poligono con identificazioni) `e descritto da una
parola che indica i lati da identificare, quello dellesempio (8) `e descritto dalla parola
1 1 1
1
2 2 1
1
1
1
2
2
(naturalmente si sceglier`
a un vertice di partenza ed un senso di percorrenza del perimetro, lesponente 1
indica che il lato `e orientato nel verso opposto al nostro verso di percorrenza; qui abbiamo scelto il punto o
ed il senso antiorario). Viceversa, una parola arbitraria definisce un poligono con identificazioni (e.g., la parola
o definisce il nastro di M
obius con bordo!). Chiaramente pu`
o accadere che due parole definiscano
esattamente lo stesso poligono con identificazioni, ci`o accade per parole che differiscono
(
A .....
B e .....
B .....
A (si ottengono per scelte diverse del vertice);
circolarmente: .....
(8.4)
specularmente: parola e parola1 , dove, ad esempio, ( 1 )1 = 1 1 1
(si ottengono per scelte diverse del senso di percorrenza del perimetro).
4
Questo `
e un punto piuttosto delicato sul quale torneremo, cfr. affermazione (9.1) e commenti (10.5).
Un poligono con identificazioni `e uno spazio topologico, denoteremo con S(parola) lo spazio corrispondente
alla parola indicata. Osserviamo che lesempio (8) non ha nulla di speciale, un poligono con identificazioni arbitrarie ha comunque una naturale struttura di CW-complesso (le classi dei vertici costituiranno lo 0-scheletro,
quelle dei lati luno-scheletro, come ultimo passo si attaccher`
a una 2-cella esattamente come nellesempio).
Naturalmente, avremo un poligono con lati identificati a coppie se e solo se ogni lettera compare esattamente
due volte. Come gi`
a osservato (esercizio 8.3), in questo caso abbiamo una superficie topologica compatta.
Esercizio 8.5. Provare il viceversa: se i lati non sono identificati a coppie, lo spazio quoziente non `e una
superficie topologica.
Inciso 8.6 (Somma connessa). La somma connessa X # Y di superfici si definisce privando ciascuna
dellinteriore di un disco chiuso ed identificando tra loro le frontiere dei due dischi tramite un omeomorfismo
`
=
: SY SX X rBX
X #Y
:=
X rBX
Y rBY ,
dove BX e BY denotano gli interiori dei due dischi chiusi, SX e SY le rispettive frontiere (sono dei cerchi).
Modulo omeomorfismi, il risultato che si ottiene non dipende dalle scelte effettuate5 . La figura che segue
illustra pi`
u efficacemente di qualsiasi discorso come realizzare la somma connessa di due superfici che siano
state date come poligoni con lati identificati a coppie
X #Y
..
.
..
.
p
..
.
..
.
..
.
..
.
p
p
(le piccole parti tratteggiate indicano i dischetti che vengono rimossi). Nella notazione introdotta sopra,
A ) ed Y = S( .....
B ),
se X = S( .....
()
A .....
B )
allora X #Y = S( .....
Attenzione! Affinche la figura sopra sia rappresentativa della situazione, c`e una condizione che deve essere
soddisfatta (e che nel caso dei poligoni coi lati identificati a coppie `e
automaticamente
soddisfatta, ci`o richiede una breve dimostrazione che
..
..
x
.
.
lasciamo per esercizio): la condizione `e che nel poligono aperto le identip
p
ficazioni sui lati inducano luguaglianza p = x (cfr. figura a lato).
Nota. Volendo generalizzare la costruzione vista a poligoni con identificazioni arbitrarie, pur assumendo
di rimuovere dischetti come in figura, la condizione menzionata `e necessaria: ad esempio, se non ci sono
A .....
B ) (che `
identificazioni, i.e. ogni lettera compare esattamente una volta, allora S( .....
e un disco) non `e ci`o
A
B
che dovrebbe essere (per ..... e ..... entrambe parole non vuote).
A e .....
B
Torniamo al caso della somma connessa di superfici. Descrivendo superfici distinte, le parole .....
non
hanno lettere in comune: nel poligono di X #Y non ci sono lati della parte destra che si identificano con lati
di quella sinistra. C`e unutile chiave di lettura di quanto appena visto:
A .....
B ) con .....
A e .....
B senza lettere in comune `
Lemma 8.7. Una superficie del tipo S( .....
e la somma
A
B
A .....
B ) = S( .....
A ) # S( .....
B ).
connessa delle superfici S( ..... ) e S( ..... ): nellipotesi indicata risulta S( .....
1 1
Poiche S(
`e la somma connessa di g copie del toro (per ragioni induttive). Ci`o prova la (8.2).
Esempio 8.8 (Tecnica del cut & paste). Dato un poligono con identificazioni, se prima lo tagliamo e poi
incolliamo i due poligoni ottenuti secondo una delle vecchie identificazioni (vedi figura), otteniamo un nuovo
poligono con identificazioni che definisce la stessa superficie compatta del vecchio poligono
2 2
Per il momento preferiamo non soffermarci su questo risultato, cfr. commento finale (10.5).
Attenzione: il risultato `
e falso per variet`
a topologiche di dimensione superiore.
10
A .....
B ) , dove .....
B
B 1
A .....
B ) = S( 2 .....
denota (.....)
S( .....
A ) = S( .....
A )
S( 1 .....
A .....
B 1 .....
C 1 .....
D ) = S( 1 1 .....
A .....
D .....
C .....
B )
S( .....
A , .....
B eccetera, possono anche essere vuote).
(sopra, le varie parti .....
La tecnica del cut & paste consiste nel modificare una parola, i.e. il modo di rappresentare una superficie,
usando le regole indicate (incluse le invarianze circolare e speculare 8.4, e la regola del lemma 8.7).
Classificazione delle superfici compatte. Ogni superficie topologica compatta ammette una triangolazione finita, di conseguenza `e omeomorfa ad un poligono6 con i lati identificati a coppie. Con la tecnica del
cut & paste `e possibile semplificare la sequenza delle identificazioni ed elencare tutti i casi possibili, in modo
da ottenere la classificazione completa delle superfici topologiche compatte connesse:
sequenza delle identificazioni
(9)
superficie
descrizione
1 1 1
1
... g g 1
1
1
1
g
g
Cg
21 ... 2m
A .....
B .
ii) la parola `e del tipo .....
Nel primo caso S `e orientabile, nel secondo non `e orientabile. Senza scomodare il concetto di orientazione,
si ha che S contiene un nastro di M
obius se e solo se siamo nel primo caso (questo segue dalla geometria
delle identificazioni, per esercizio). Quindi, una superficie che rientra nel primo caso non `e mai omeomorfa ad
una superficie che rientra nel secondo caso. Anche le superfici della lista (9) sono divise nei due gruppi che
corrispondono ai due casi menzionati. Trattiamo separatamente i due casi, si deve provare quando segue:
a) nel primo caso possiamo ricondurre la parola ad una parola del tipo 1 1 1
11 ... g g 1
1
;
1
g
g
b)
nel secondo caso possiamo ricondurre la parola ad una parola del tipo 21 ... 2m .
Sia per a) che per b) ragioniamo per induzione sulla lunghezza della parola. Useremo senza menzione esplicita
le identit`
a circolare e speculare (8.4), e la semplificazione degli eventuali ...1 ....
La a) segue immediatamente dallipotesi induttiva e dalle uguaglianze (cfr. regole del cut & paste)
A .....
B 1 .....
C 1 .....
D ) = S( 1 1 .....
A .....
D .....
C .....
B ) = S( 1 1 ) # S( .....
A .....
D .....
C .....
B )
S( .....
(n.b.: la parola `e sicuramente del tipo a sinistra: scelta una lettera che abbia distanza minima dallinversa
1 , nel segmento tra e 1 non ci sono lettere che compaiono due volte).
6
7
Pi`
u di uno, se la superficie non `
e connessa.
In fin dei conti, si tratta di un risultato molto ragionevole. Peraltro, ogni superficie, come dire, esplicita, che possa venire
in mente, si dota di una triangolazione senza troppe difficolt`
a ; avere un Teorema di Classificazione solamente per le superfici
triangolabili `
e comunque un risultato di assoluto rilievo.
11
A .....
B ) = S( 2 .....
A .....
B ) = S( 2 ) # S( .....
C ) (cfr. regole del cut & paste).
Proviamo b). Scriviamo S( .....
C
A .....
B
Se .....
= .....
`e sempre del secondo tipo concludiamo per ragioni induttive. Altrimenti scriviamo
1 E
C
D
C ), di nuovo per le regole del cut & paste abbiamo S( 2 .....
C ) =
..... = ..... ..... e, tornando a S( 2 .....
2
1 E
D
E
D
S( ..... ..... ) = S( ..... ..... ). La sostituzione = accorcia la lunghezza della parola (due
lettere diventano una), di nuovo concludiamo per ragioni induttive.
alternativa
1
1 1
2
2 2
superficie
descrizione
C0 = S
C1 = T
P2 (R)
K
= P2 (R) # P2 (R)
()
(1 )
sfera
toro
piano proiettivo
bottiglia di Klein
La somma connessa di superfici connesse `e associativa e commutativa, la sfera S 2 `e un elemento neutro per la
somma connessa, i.e. C # S 2
= C, C . Inoltre risulta P2 (R) # T
= P2 (R) # K (attenzione, per la somma
connessa non vale la legge di cancellazione!).
Osservazione 9.5. Quanto sopra, precisamente
# `e assoc. e comm., S 2 `e un elemento neutro,
P2 (R) # P2 (R) , Cg
K =
= T # ... # T ,
P2 (R) # T
= P2 (R) # K ,
consente di dire qual `e la superficie che si ottiene effettuando una qualsiasi combinazione di somme connesse
che coinvolga sfere, piani proiettivi, tori e bottiglie di Klein.
Inciso 10.1. Si considerino le superfici compatte e la loro realizzazione effettuata secondo la rappresentazione
della lista (9). Lo 0-scheletro di Cg `e costituito da un punto p, luno scheletro da un bouquet di 2g
cerchi (si attaccano 2g 1-celle al punto p), il 2-scheletro si ottiene attaccando una 2-cella alluno scheletro.
Pertanto (Cg ) := 1 2g + 1 = 2 2g. Nel caso della somma connessa di m piani proiettivi P2 (R)#m =
P2 (R)#...#P2 (R), si ha di nuovo una 0-cella ed una 2-cella, mentre le 1-celle sono m (luno scheletro `e
costituito da un bouquet di m cerchi), quindi (P2 (R)#m ) := 1 m + 1 = 2 m. Riassumendo:
(Cg )
#m
P 2 (R)
2 2g ;
2m .
v
(vertici)
l
(lati)
t
(triangoli)
(S#M)
(S) + (M) 2 .
12
Commenti 10.5. Tornando allaffermazione (9.1), per triangolare una superficie topologica compatta si
comincer`a, ad esempio, col considerare triangoli su ogni carta locale, i problemi nascono passando da una
carta allaltra: quello che in una carta locale appare come un segmento, in unaltra carta potr`
a essere quasi
ingestibile, come la curva dellesempio (10.6).
Introducendo la somma connessa (inciso 8.6) abbiamo affermato che il risultato, modulo omeomorfismi, non
dipende dalle scelte effettuate; nello specifico, le scelte dei dischi e dellomeomorfismo che ne identifichi le
frontiere. L`
a dove un disco in una superficie `e solamente un sottospazio omeomorfo a D2 , nel provare questa
affermazione si incontrano difficolt`
a analoghe a quelle accennate sopra.
Nella dimostrazione della (9.3) abbiamo usato la somma connessa, senza un risultato che ci dica che questa
non dipende dalle scelte insite nella sua definizione, la dimostrazione esposta del Teorema di classificazione per
superfici triangolabili appare incompleta. Di fatto non `e cos`. Ai fini del lavoro svolto, avremmo potuto persino
evitare di dare la definizione di somma connessa, volendo lasciare cos` com`e tutto quello che abbiamo scritto
A )#S( .....
B ) ()
A .....
B ) come definizione
sarebbe stato assolutamente sufficiente dare luguaglianza S( .....
= S( .....
A
B
nave di somma connessa, sempre nellipotesi che ..... e ..... non abbiano lettere in comune8 .
Esempio 10.6 (Strani segmenti e triangoli). Definiamo una funzione : I = [0, 7] R2 come segue:
poniamo f (0) = a, f (1) = h (vertici opposti di un quadrato) e mandiamo i tre intervalli [1, 2], [3, 4], [5, 6]
linearmente nei tre segmenti [b, c], [d, e], [f, g] (vedi figura 1):
figura 1
h = (7)
Q3
Q4
g
b
Q1
a
= (0)
figura 2
Q2
c
Resta da definire (t) per t interno ai quattro intervalli I1 := [0, 1], I2 := [2, 3], I3 := [4, 5], I4 := [6, 7] .
Ripetiamo la costruzione sopra con le quattro coppie Ii , Qi (dove i Qi sono i quattro quadrati indicati).
Iteriamo questo procedimento (la figura 2 rappresenta una parte di cosa si ottiene dopo tre passi). A questo
punto (t) `e definita per i valori di t I che in base sette hanno almeno una cifra dispari o unespressione
finita. Infine, per t con infinite cifre pari non nulle (sempre scritto in base sette) definiamo (t) := lim (tn ),
n
dove tn denota il troncamento di t alle prime n cifre, tutto in base sette.
La funzione risulta ben definita, continua e iniettiva, () la sua immagine contiene il complementare delle
varie croci, cfr. figura (la prima `e il complementare dellunione di Qi , le quattro successive sono le anologhe
croci interne ad ognuno dei Qi , le 16 successive quelle relativa ai 16 quadrati del secondo passo eccetera). Se
chiudiamo , ad esempio utilizzando e come in figura, otteniamo una cosiddetta curva semplice chiusa ,
i.e. una funzione continua iniettiva : S 1 R2 (una tale curva viene anche detta curva di Jordan).
La dimostrazione di quanto sopra `e macchinosa da scrivere ma tutto sommato elementare (non la scriveremo).
La curva semplice chiusa costruita delimita un triangolo (cfr. esempio 6.9), T in figura. Questo risultato segue
da due Teoremi profondi (li citiamo entrambi, sebbene di fatto il secondo generalizzi il primo), questi teoremi
ci dicono che se : S 1 R2 `e una curva semplice chiusa, allora:
R2 rIm ha due componenti connesse, delle quali Im ne `e la frontiera comune (teorema di Jordan);
si estende ad un omeomorfismo del piano in se (teorema di Jordan-Schoenflies).
Nel nostro caso, per T che denota la chiusura della componente limitata di R2 rIm , la coppia (R2 , T ) `e
omeomorfa alla coppia (R2 , D2 ). Si noti che la scelta di tre vertici, ad esempio i punti a, h ed o, rende T
un triangolo, il lato a h `e limmagine di . Laspetto bizzarro `e che questo lato pu`
o avere area, o meglio
misura di Lebesgue in R2 , strettamente positiva: per la propriet`
a (), affinche ci`o accada baster`a scegliere le
varie croci (cfr. sopra), che sono in quantit`
a numerabile, in modo che la serie delle loro aree converga ad un
valore strettamente inferiore alla misura dellarea del quadrato grande.
La stessa identica costruzione si pu`
o fare con i quadrati adiacenti (croci vuote), in questo caso perde
liniettivit`
a ma guadagna la suriettivit`a (sempre sul quadrato grande): si ottiene una variante della famosa
curva di Peano, una funzione suriettiva da I ad I I .
8
C`
e una precisazione da fare: dando luguaglianza () come definizione invece che come lemma, la dimostrazione della (9.3)
A .....
B ) = S( .....
A .....
C ) per .....
A come
continua a funzionare immutata a condizione che si provi, cosa non difficile, lidentit`
a S( .....
B
C
nella classificazione, ..... e ..... che differiscono circolarmente o specularmente (cfr. 8.4).
13
Concludiamo questo paragrafo con una lista avulsa di risultati e nozioni che utilizzeremo in seguito.
Lemma 11. Si consideri I n Rn e sia {U } un ricoprimento aperto di I n . Allora, `e possibile suddividere
I n in plurintervalli chiusi in numero finito in modo che ogni plurintervallo sia interamente contenuto in almeno
un aperto del ricoprimento. In effetti vale un risultato pi`
u forte:
(11.1) > 0 | x I n , Bx, U (per un qualche ), essendo Bx, la sfera di centro x e raggio .
Un tale si chiama numero di Lebesgue del ricoprimento.
Definizione 12. Una applicazione9 tra spazi topologici f : X Y si dice continua nel punto x se
limmagine inversa di ogni intorno di f (x) `e un intorno di x .
f : X Y `e continua in x limmagine inversa di ogni intorno aperto di f (x) `e un intorno di x ;
f : X Y `e continua `e continua in ogni punto.
Definizione 13. Uno spazio topologico X si dice
connesso per archi se per ogni coppia di punti esiste un cammino che li congiunge (ricordiamo che un
cammino in X `e una funzione continua definita sullintervallo I, a valori in X );
localmente connesso per archi (l.c.a.) se esiste una base per la topologia costituita da aperti connessi per
archi;
l.c.a. in x se x ammette una base di intorni costituita da aperti connessi per archi.
Esercizio 13.1. Si verifichi che
X `e l.c.a. x X, Ux (intorno di x), V (intorno aperto di x) connesso per archi, V Ux ;
X `e l.c.a. `e l.c.a. in x per ogni x X .
Lemma 14 (di incollamento). Siano X, Y spazi topologici,
n
S
Ci un ricoprimento finito chiuso.
X = U un ricoprimento aperto, X =
i=1
tale che
f | U = f ,
tale che
g| Ci = gi ,
i.
14
1.
Omotopia.
H : X I Y t.c.
,
H(a, t) = f (a) = g(a)
x X, a A, t I
Una tale H si chiama omotopia relativa ad A di f e g
(n.b.: affinche f e g possano essere omotope relativamente ad A, devono coincidere su A).
(1.1) Lomotopia relativa ad A `e una relazione dequivalenza su C(X, Y ) (linsieme delle funzioni continue
da X a Y ). Infatti, che A sia riflessiva e simmetrica `e evidente, quanto alla transitivit`a, date H,
omotopia relativa ad A di f e f , ed H , omotopia relativa ad A di f e f , `e sufficiente considerare
H(x, 2t) ,
t 12
.
K(x, t) :=
H (x, 2t 1) , t 12
(1.2) Se B A, la relazione B `e pi`
u fine della relazione A (cio`e f B g = f A g), in particolare
lomotopia relativa allinsieme vuoto `e la meno fine tra le relazioni domotopia. La relazione X `e
la relazione duguaglianza.
k
(1.3) Lomotopia di funzioni `e stabile rispetto alla composizione: dati dei morfismi W X
Y Z , si
ha che
f A g
f k k1 (A) g k ,
h f A h g
seguente:
f A g ,
h B t
hf
Af 1 (B) t g
Z , vale limplicazione
Dedurre che, in particolare, la composizione di funzioni `e ben definita a livello di classi domotopia relativa al
vuoto.
15
Y,
h f IdX , f h IdY ,
Z,
k g IdY , g k IdZ ,
gf
hk
Z,
h k g f h IdY f IdX ,
g f h k g IdY k IdZ .
Deformazioni e Retratti.
Le definizioni discusse in questa sezione concernono leventualit`a che uno spazio possa essere in un qualche
senso equivalente ad un suo sottospazio. Dunque, siano X uno spazio topologico, A X un sottospazio
ed i : A X linclusione. Ci si pu`
o interrogare circa lesistenza di una funzione r : X A per la
quale risulti r i = IdA , ovvero circa lesistenza di uninversa a sinistra dellinclusione. In questo caso si
va da A ad A passando X, ottenendo lidentit`
a su A, ed `e naturale aspettarsi che il passaggio per X non
faccia perdere la ricchezza topologica di A. Uninversa destra non pu`
o esistere (eccetto che nel caso banale
dove X = A), per`
o ci si pu`
o interrogare circa lesistenza omotopica di una tale inversa destra. In questo caso,
la composizione i r : X A X `e una funzione che va da X ad X passando per A; lesistenza di
unomotopia di i r IdX ci dir`
a che le propriet`
a omotopiche di X non si perdono passando per A.
Prima di procedere indichiamo qual `e la logica della terminologia che stiamo per introdurre. Premesso che
il soggetto `e linclusione i : A X , uninversa sinistra viene chiamata retrazione, per le retrazioni si usa
laggettivo debole in ambito omotopico; si usa il termine deformazione sostanzialmente associato ad uninversa
omotopica destra (cfr. def. 2.1 e successivo commento), per le inverse omotopiche si usa laggettivo forte se le
omotopie sono relative al sottospazio A.
Def. 2.1. Una deformazione di uno spazio X `e unomotopia della funzione identica con
unaltra funzione, i.e. `e una funzione
D : X I X D|X{0} = IdX (identit`a su X).
In questo caso,
se Im D|D{1} A (sottospazio di X), diciamo che X si deforma ad A.
Nota. Data una deformazione D di X, vista la definizione (1) si ha
IdX d , dove d : X X `e definita ponendo d(x) = D(x, 1), x X.
Se A `e un sottospazio di X contenente Im d, possiamo vedere d come funzione : X A, funzione
che risulta essere un inverso omotopico destro dellinclusione i : A X (la stessa D `e unomotopia
IdX d = i ). Naturalmente vale anche il viceversa: dato A X ed un inverso omotopico destro
dellinclusione i : A X , i.e. una funzione : X A soddisfacente la condizione i IdX , esiste
unomotopia D come nella definizione (2.1). Ribadiamo quanto appena osservato:
16
Fissato A X ,
(2.2)
X si deforma ad A
: X A IdX i
(2.5) Una retrazione di X su A `e una funzione r : X A r i = IdA
Esercizio. Provare che uno spazio topologico connesso non si retrae, neanche in modo debole, ad alcun
sottospazio non connesso. Si provi inoltre quanto segue: dato A X, se r : X A `e una retrazione
debole, allora r(p) deve appartenere alla stessa componente connessa per archi di p in A, per ogni p A
(sottolineiamo che ci`
o debba necessariamente valere esclusivamente per i punti di A).
Si osservi che se esiste una tale r, allora r : X A ed i : A X sono equivalenze omotopiche, luna
linversa dellaltra.
Incidentalmente, la prima condizione segue dalla seconda (essendo questultima unomotopia relativa ad A, si
deve avere r(a) = ir(a) = IdX(a) = a, a A). Sebbene fosse una condizione ridondante, abbiamo voluta
scriverla ugualmente per sottolineare gi`
a nellenunciato in bellevidenza che una retrazione di deformazione forte
`e uninversa omotopica (sinistra e destra, dellinclusione) che fissa A. Osserviamo che, in termini pi`
u sofisticati,
la nostra r `e uninversa dellinclusione nella categoria degli spazi topologici contenenti A ed omotopie che
fissano A.
Nota. Quanto sopra spiega perche non abbiamo dato la versione forte della definizione (2.1): uninversa
omotopica destra che fissa A, i.e. una funzione r : X A soddisfacente r i A IdX (che in accordo con
la terminologia usata si avrebbe voglia di chiamare d.f.), `e automaticamente una r.d.f..
17
Inoltre, diciamo che A `e un retratto debole , ovvero retratto , ovvero retratto di deformazione
debole , ovvero retratto di deformazione forte , di X , se esiste una funzione r come nella (2.4),
ovvero come nella (2.5), ovvero come nella (2.6), ovvero come nella (2.7) ( n.b. r.d. forte
= r.d. debole).
Osservazione 2.8. Dato A X, alla luce delle definizioni date, abbiamo quanto segue:
i)
(sottolineiamo che nelle ipotesi della prima riga, la retrazione di deformazione debole r `e uninversa omotopica
dellinclusione i, per cui i ed r sono equivalenze omotopiche);
(le uguaglianze F |X{0} = IdX e F |A{t} = IdA si intendono modulo le ovvie identificazioni X {0}
= X
e A {t}
= A).
Esempio. Chi ha svolto lesercizio (1.7) presumibilmente ha scritto una retrazione di deformazione forte, i.e.
unomotopia IdX {o} o (o denota un punto in X, o la funzione costante x 7 o). Nel caso del cono su
uno spazio W , come punto o sar`a stato necessario scegliere il vertice del cono (cfr. esempio 2.11).
Avvertenza 2.9. Cos` come fanno diversi autori (cfr. [Hat] e [Mas]), per brevit`a ometteremo il termine
forte: useremo la locuzione retrazione di deformazione pur in presenza di una r.d.forte. Alcuni autori
(cfr. [Vas]), usano una terminologia differente, per loro una r.d. `e una r.d. debole. In [Sp], oltre alle r.d. forti
e deboli, vengono definite le r.d. tramite una propriet`
a intermedia, precisamente come retrazioni (def. 2.5) che
sono deformazioni (def. 2.1):
una r.d. `e una retrazione r : X A
(quindi si avr`
a r i = IdA e i r IdX ).
soddisfacente i r
IdX
Naturalmente ci si pu`
o sbizzarrire, unaltra propriet`
a intermedia usata frequentemente `e la seguente:
una r.d.2 `e una funzione
r : X A F : X I X , F |X{0} = IdX , F |X{1} = i r, F (A I) A
(una tale F `e una deformazione di X ad A che si restringe ad una deformazione di A e, per questa ragione,
si restringe automaticamente ad una retrazione debole di X su A ).
Le r.d.f. sono r.d.2 e r.d., a loro volta le r.d.2 e le r.d. sono r.d.d.. In particolare, le esistenze dei vari tipi di
r.d. si collocano nel diagramma seguente
r.d.f. = r.d.
()
r.d.2. = r.d.d.
Se A = {p} `e un punto le due frecce verticali si invertono, o meglio, si ha quanto segue:
A = {p}
= una r.d.2 `e una r.d.f., una r.d.d. `e una r.d. (per esercizio).
In generale, nessuna delle implicazioni indicate nel diagramma () si inverte:
Esempio 2.10 (cfr. [Sp] esempi 7 ed 8, pag. 30). Il pettine del topologo `e definito come il sottospazio di R2
seguente
P
:=
[0, 1] {0} ([0, 1] Q) [0, 1]
base
denti
Ogni punto della base `e un r.d.f. del pettine (valgono tutte le condizioni del diagramma ()).
Per X = P ed A = {p} , se p non appartiene alla base valgono le due condizioni a destra, ma non le
due a sinistra.
Per X = R2 ed A = P , valgono le due condizioni in basso, ma non le due in alto.
18
Esempio 2.11. Una versione alternativa del pettine del topologo `e data dal cono su Q. In questo caso, esiste
una retrazione di deformazione forte sul vertice (come per ogni cono), ma non su alcun altro punto.
Molte affermazioni che per quanto siano intuitivamente evidenti sono tuttaltro che banali, seguono in modo
rigoroso come applicazione immediata della teoria dellomotopia, come pure dellomologia. Vediamone alcune.
non esistono retrazioni (neanche deboli) r : D2 S 1 (idem da Dn a S n1 );
il cerchio S 1 non si deforma ad alcun sottoinsieme proprio (idem per la sfera S 2 nonche in dimensione
superiore);
se un aperto di Rn `e omeomorfo ad un aperto di Rm allora si deve avere n = m (ciononostante, per citare
un risultato controintuitivo, esistono funzioni continue suriettive R Rn , I Dn e I S n , n);
Gruppo Fondamentale.
Def. 3. Sia X uno spazio topologico. Una funzione continua : I X si chiama
cammino . Il prodotto di due cammini 1 e 2 soddisfacenti 1 (1) = 2 (0) si definisce
ponendo
1 (2t) ,
t 12
(1 2 )(t) =
2 (2t 1), t > 12
(la condizione 1 (1) = 2 (0) garantisce la continuit`
a del prodotto 1 2 che pertanto `e anchesso un
cammino). I punti (0) e (1) di un cammino si chiamano rispettivamente estremo iniziale ed estremo
finale. Nella definizione, richiedendo luguaglianza 1 (1) = 2 (0) si chiede che lestremo finale di 1 coincida
con lestremo iniziale di 2 .
Avvertenza. Considerando prodotti di cammini assumeremo sempre, pur senza farne menzione esplicita,
lipotesi che siano definiti, cio`e che in ogni prodotto lestremo finale del primo cammino coincida con lestremo
iniziale del secondo.
(3.1) il prodotto 1 2 non `e altro che 1 seguito da 2 (percorsi a velocit`
a doppia);
(3.2) il prodotto di cammini non `e associativo, naturalmente lo diventa se si considerano cammini modulo
riparametrizzazioni dellintervallo I , cio`e modulo lequivalenza che identifica con r, essendo
r : I I un omeomorfismo soddisfacente r(0) = 0, r(1) = 1.
Convenzione 3.3. Lomotopia di cammini si intende sempre relativa allinsieme {0, 1} (non si richiede
che gli estremi iniziale e finale coincidano); in effetti sarebbe di scarsa utilit`a considerare cammini modulo
omotopia rispetto al vuoto o ad uno solo degli estremi in quanto tali omotopie risulterebbero banali (cammini
che condividono un estremo sono omotopi rispetto a quellestremo, cammini in una stessa componente connessa
per archi sono omotopi rispetto al vuoto!)
(3.4) Lomotopia di cammini (cfr. convenzione 3.3) definisce una relazione dequivalenza sullinsieme di tutti
i cammini;
(3.5) il prodotto di cammini `e compatibile con lomotopia: se si sostituisce 1 con un cammino ad esso
omotopo, idem per 2 , la classe di omotopia di 1 2 non cambia (come facile esercizio, si verifichi
quanto affermato);
(3.6) lomotopia di cammini `e una relazione dequivalenza pi`
u forte della riparametrizzazione: i cammini e
r della nota (3.2) sono omotopi. Infatti, unomotopia di con r si ottiene da unomotopia H
di r con lidentit`
a (se ne scriva una esplicitamente per esercizio) semplicemente scrivendo H((s), t).
(3.7) il prodotto di cammini modulo omotopia ha senso ed `e associativo (che abbia senso segue dalla (3.5), le
propriet`
a (3.2) e (3.6) ci dicono che `e associativo).
Convenzione 3.8. Spesso `e utile fissare un rappresentante canonico per la classe di omotopia di un
prodotto: con il prodotto di cammini 1 ... k (lespressione indicata non ha senso come prodotto di
cammini a meno di disporre opportunamente delle parentesi), si intende il rappresentante che segue: posto
a k (`e
ti := ki , definiamo come il cammino il cui tratto nellintervallo [ti1 , ti ] `e i percorso a velocit`
chiaro cosa si intende, cfr. def. 3 e nota 3.1).
19
I X (0) = (1) = x0
1 (X, x0 ) :=
omotopia relativa a {0, 1}
dove il prodotto, per definizione, `e il prodotto indotto dal prodotto di cammini.
(4.1) Il prodotto di cammini `e ben definito su 1 (X, x0 ) ed `e associativo (infatti, losservazione (3.7) si
applica, in particolare, ai cammini con estremi x0 ). Lelemento neutro `e la classe del cammino costante
x0 (t) = x0 (che denoteremo con x0 ) e linverso della classe dequivalenza del cammino `e la classe
del cammino , essendo (t) := (1 t).
(4.2) Per abuso di notazione, useremo il termine cammino intendendo classe domotopia del cammino.
(4.3) Il gruppo fondamentale viene anche chiamato primo gruppo domotopia.
(4.4) Il gruppo 1 (X, x0 ) vede solo la componente connessa per archi di X contenente x0 . Daltro canto,
assumendo che X sia connesso per archi, la scelta di x0 `e, in un certo senso, irrilevante: dato un
altro punto x
e0 ed un cammino da x0 a x
e0 , si ha che il morfismo 1 (X, x0 ) 1 (X, x
e0 ) ,
7 `e un isomorfismo di gruppi (linverso `e il morfismo
e 7
e ).
(y0 := f (x0 ))
(f ) (f ) ,
f ( )
(f ) ,
, ,
vale addirittura per i cammini (per esercizio), oltre che per le classi domotopia.
f
Funtorialit`
a. Dalla definizione segue che date due funzioni continue X Y e Y Z
risulta
(5.3)
(g f )
g f ,
(IdX )
Id
1 (X, x0 )
20
il gruppo fondamentale, e che c`e una legge soddisfacente la (5.3) che a morfismi di spazi topologici puntati
associa morfismi di gruppi). Naturalmente, con la locuzione spazio topologico puntato si intende indicare
una coppia spazio topologico, punto (X, x0 ), un morfismo di spazi topologici puntati f : (X, x0 ) (Y, y0 )
`e una funzione continua f : X Y soddisfacente f (x0 ) = (y0 ).
La proposizione (6) che segue ci dice che tale funtore si fattorizza attraverso la categoria degli spazi topologici
puntati modulo omotopia che fissa il punto. Prima vediamo unapplicazione della funtorialit`a.
Esercizio 5.4. Provare che se r : X A `e una retrazione, allora
i : 1 (A, x0 ) 1 (X, x0 ) `e iniettiva,
1 (S 1 , o)
= Z ed il
1 (Y, y0 )
1 (Y, y0 )
(n.b. va da y0 a y0 )
21
Dimostrazione. Alla luce della nota (4.4), `e sufficiente provare che il diagramma commuta, cio`e che dato
1 (X, x0 ) e posto = f si ha che i cammini f e sono omotopi. A tal fine si consideri
la composizione
Q : I I X I
Y
f
(t, s)
7
((t), s)
7 H((t), s)
Tramite tale composizione, ai quattro lati I {0}, I {1}, {0} I, {1} I del
quadrato I I (il dominio di Q) corrispondono i cammini indicati in figura. Poiche
Q `e continua, il lato f `e omotopo al percorso (per esercizio, si scriva
esplicitamente unomotopia; cfr. esercizio 4.7).
Nota. La Proposizione (6 bis) generalizza la Proposizione (6). Infatti, nelle ipotesi della Proposizione (6),
se H `e unomotopia relativa ad {x0 }, allora (t) `e il cammino costante x0 (che nel gruppo fondamentale
rappresenta lidentit`
a) e, per la (6 bis), si ha luguaglianza f = f .
Come conseguenza si deduce che spazi topologici omotopicamente equivalenti hanno lo stesso gruppo fondamentale, pi`
u precisamente vale il corollario che segue.
22
Di conseguenza, ce un morfismo naturale definito sul prodotto libero dei gruppi fondamentali di pi`
u sottospazi,
tutti contenenti il punto x0 , a valori nel gruppo fondamentale 1 (X, x0 ) (ci`
o segue dalla propriet`
a universale
del prodotto libero di gruppi A1, 10). Il teorema di Seifert-Van Kampen ci dice sotto quali ipotesi questo
morfismo `e suriettivo e, in questo caso, qual `e il suo nucleo. Nelle applicazioni si usano frequentemente due
casi particolari, le affermazioni (9.1) e (9.2), che quindi poniamo in risalto. La dimostrazione del Teorema
viene data pi`
u avanti, dopo la generalizzazione (11).
Teorema 8 (di Seifert-Van Kampen). Sia X uno spazio topologico, U e V due suoi
aperti che lo ricoprono la cui intersezione `e connessa per archi, sia inoltre x0 U V un
punto, cio`e:
()
U V ,
x0 U V .
1 (U, x0 ) 1 (V, x0 )
1 (X, x0 )
1 ... k
1 ... k
`e un morfismo suriettivo di gruppi. Inoltre, il nucleo del morfismo `e costituito dal sottogruppo
(8.2)
ker =
U V (U V, x )
1
dove: denota il prodotto libero di gruppi (def. A1, 7); ogni i denota un cammino in uno dei due
aperti e, per abuso di notazione, anche la sua immagine in X tramite il morfismo indotto dallinclusione
(Def. 5); denota il prodotto di cammini (def. 3); la notazione a destra della (8.2) indica il sottogruppo
normale generato dalle parole del tipo U V , essendo U limmagine nel gruppo 1 (U, x0 ) di un cammino
1 (U V, x0 ) e V limmagine in 1 (V, x0 ) del cammino 1 1 (U V, x0 ).
Nota 8.3. Il fatto che sia ben definita nonche un morfismo di gruppi segue dalla propriet`
a universale del
prodotto libero di gruppi. In effetti, come gi`
a accennato nellintroduzione al teorema di Seifert-Van Kampen,
avremmo potuto definire come il morfismo dato dalla propriet`
a universale del prodotto libero di gruppi
applicata ai morfismi 1 (U, x0 ) 1 (X, x0 ) e 1 (V, x0 ) 1 (X, x0 ) ...ma ci sembrava che introducendo
in questo modo avremmo appesantito lesposizione!
(9.2)
1 (V, x0 )
Im 1 (U V, x0 )
1 (X, x0 )
23
(11.2)
ker =
U V (UV, x ), U, V F
1
i.e. il nucleo di `e costituito dal sottogruppo normale generato dalle parole del tipo U V al variare di
U e V in F.
Nota 12. Ai fini della suriettivit`a di , lipotesi che ogni intersezione U U sia connessa per archi
`e cruciale. Quanto ai singoli U , sebbene non necessario, non `e restrittivo assumere che siano essi stessi
connessi per archi (ed in effetti molti testi assumono questipotesi). Infatti, le eventuali componenti Z di U
come nellesercizio (12.1) sotto non sono viste da nessuno dei gruppi che compaiono nella (11.1).
Esercizio 12.1. Assumendo le ipotesi richieste ai fini della suriettivit`a del morfismo (11.1), verificare che ogni
componente connessa per archi Z di un aperto U , con x0 6 Z , ha intersezione vuota con ogni U (per
6= ) e, pertanto, `e una componente connessa per archi di X (distinta da quella contenente il punto x0 ).
Si noti che, in particolare, sempre assumendo le ipotesi menzionate, lo spazio X `e connesso per archi se e solo
se ogni aperto U `e connesso per archi.
Avvertenza 13. Quanto al nucleo di , lipotesi che lintersezione di ogni terna di aperti sia connessa per
archi `e necessaria. Inoltre, se non la si assume, non `e affatto possibile descrivere il gruppo 1 (X, x0 ) in termini
dei vari morfismi associati al ricoprimento: `e possibile dare esempi X = U V W e X = U V W
soddisfacenti tutte le altre ipotesi nonche aventi i diagrammi (X) e (X ) isomorfi, pur essendo 1 (X, x0 )
e 1 (X , x0 ) non isomorfi! Dove
1 (U V, x0 ) 1 (U, x0 )
(X) :
1 (U V W, x0 ) 1 (U W, x0 )
1 (V, x0 ) 1 (V, x0 )1 (V, x0 )1 (V, x0 )
1 (V W, x0 ) 1 (W, x0 )
(idem per (X )). Dire che i diagrammi (X) e (X ) sono isomorfi significa dire che sono identificabili:
ogni gruppo del primo diagramma `e isomorfo al corrispondente gruppo del secondo diagramma ed anche i vari
morfismi si corrispondono.
La dimostrazione del Teorema di Seifert-Van Kampen per un ricoprimento costituito da due soli aperti (Thm. 8)
`e sostanzialmente identica a quella della sua generalizzazione al caso di un ricoprimento aperto arbitrario
(Thm. 11). Dimostriamo questultima.
Dimostrazione (del teorema di Seifert-Van Kampen 11). Per prima cosa, proviamo la suriettivit`a di .
Step 1. Dato un cammino : I X che rappresenta una classe nel gruppo domotopia 1 (X, x0 ) , si ha
che esistono dei punti t0 = 0, t1 , ..., tk1 , tk = 1 tali che ogni tratto ([ti , ti+1 ]) `e interamente contenuto
in uno degli aperti di F (questaffermazione segue dal lemma 0, 11).
Step 2. Per i = 1, ..., k, sia Ui laperto contenente il tratto ([ti1 , ti ]), naturalmente (t0 ) = (tk ) = x0
e (ti ) Ui Ui+1 , per i = 1, ..., k 1. Di conseguenza risulta = 1 ... k , dove ogni i `e un
cammino nellaperto Ui ed i vari i sono definiti riparametrizzando nella maniera ovvia la restrizione del
cammino al tratto di intervallo [ti1 , ti ].
Step 3. A meno di sostituire con un cammino omotopo, possiamo assumere che i due estremi dei vari i
siano il punto x0 : per i = 1, ..., k1 si scelga un cammino i in Ui Ui+1 che collega i (ti ) con x0 (qui `e
cruciale lipotesi che lintersezione dei due aperti sia connessa per archi) e si inserisca tra i e i+1 il cammino
i
(che non muta la classe domotopia di ). Questo conclude la dimostrazione della suriettivit`a di .
i
24
Ora proviamo la (11.2). Chiaramente il nucleo di contiene le parole del tipo U V come nellenunciato
e, di conseguenza, il sottogruppo normale che esse generano. Il problema `e quello di provare che non contiene
nientaltro, cio`e che una parola 1 ... k contenuta nel nucleo di `e collegabile alla parola vuota con passi
dei due tipi che seguono:
() i) come nella def. A1, 7
ii) inserimento o cancellazione di espressioni del tipo U V .
A tale fine consideriamo una parola 1 ... k , rappresentanti per i vari i , il prodotto di cammini 1 ... k
come nella convenzione (3.8) ed assumiamo che il cammino = 1 ... k sia omotopo al cammino costante
x0 . A questo punto lidea `e quella di seguire i vari tratti di nella loro evoluzione attraverso lomotopia.
In dettaglio:
Step 4. Fissiamo unomotopia H(t, s) di con x0 e poniamo s (t) = H(t, s) (cos` 0 = e 1 = x0 ).
Step 5. Consideriamo un suddivisione di I I (dominio di H ) in rettangoli chiusi come in figura in modo
che ogni rettangolo sia contenuto nella preimmagine di uno degli aperti di F e che ogni vertice appartenga, al
pi`
u, a tre rettangoli. Per ogni rettangolo, scegliamo un aperto di F che lo contiene, che chiameremo aperto
ad esso associato. Come nello step 1, lesistenza di una tale suddivisione segue dal Lemma (0, 11).
Step 6. Per ogni = tj si considera la sua suddivisione in tratti associata
ai vertici vm che incontra, il cammino ottenuto da inserendo nei vari
(vm ) degli m
m come nello step 3 (essendo m un cammino che collega
(v) con x0 interamente contenuto nellintersezione degli aperti associati ai
rettangoli di cui vm `e vertice, che pertanto saranno al pi`
u tre). A tale ,
o meglio alla sua suddivisione, associamo le due parole (nel prodotto libero
in 11.1) sup e inf corrispondenti alle due facce di rettangoli di cui `e lato.
Risulta (lasciamo la verifica per esercizio)
1 ... k
0sup
... tsup
r1
tj
0
...
tinf
x0 ... x0
r =1
essendo la relazione dequivalenza, definita sullinsieme delle parole, dei passi dei due tipi considerati sopra
in (). Questo step naturalmente conclude la dimostrazione.
Notazione 13.1. Usiamo il simbolo per denotare la wedge sum (cfr. def. 0, 2.6): poniamo
S
Y {x0 , y0 }
X Y := X
(X e Y sono spazi topologici, x0 X e y0 Y sono punti che si assume siano stati fissati a priori).
Esempio 13.2. Siano (X, x0 ) e (Y, y0 ) due spazi topologici puntati ragionevolmente buoni r.b., dove
uno spazio puntato `e r.b. se il punto base `e un retratto di deformazione forte (cfr. def. 2.7) di un suo intorno
aperto opportuno10 . Dal teorema di Seifert-Van Kampen segue che il gruppo fondamentale della wedge sum
`e il prodotto libero (cfr. A1, 7) dei gruppi domotopia dei due spazi:
(13.3)
X Y, o
= (X, x ) (Y, y )
1
dove o = [x0 ] = [y0 ] denota la classe dei due punti che identifichiamo.
Dimostrazione. Siano UX , UY X Y aperti per i quali esistono retrazioni di deformazione forti rispettivamente su X ed Y (UX := AY X, UY := AX Y , essendo AX X e AY Y gli aperti dellipotesi
r.b.). Si ha X UX , Y UY , lintersezione UX UY `e semplicemente connessa,
si hanno isomorfismi
naturali 1 (X, x0 )
= 1 (UX , o) 1 (UY , o).
= 1 (UX , o) e 1 (Y, y0 )
= 1 (UY , o). Inoltre, 1 X Y, o
(9.2)
Il risultato si generalizza alla wedge sum di una famiglia arbitraria di spazi topologici puntati (sempre r.b.):
il corrsispondente gruppo fondamentale `e il prodotto libero dei gruppi fondamentali degli spazi in questione.
In particolare, 1 S 1 S 1 , o = Z Z e
= Free(J)
(cfr. A1, 2)
(13.4)
1 S 1 , o
j J
(sopra abbiamo la wedge sum di una famiglia di copie del cerchio S 1 , parametrizzata da un insieme J ).
Avvertenza: se si omette lipotesi r.b., `e possibile dare esempi dove la (13.3) non vale, persino con X ed Y
entrambi contraibili (cfr. def. 1.6), quindi semplicemente connessi (cos` da avere, nella 13.3, il gruppo a sinistra
non nullo e quello a destra nullo). Non entreremo nel merito, si tenga comunque presente che, in generale, la
a della loro wedge sum.
contraibilit`
a di due spazi puntati non implica11 la contraibilit`
10
Questipotesi `
e automaticamente soddisfatta dalle coppie CW-complesso, punto e dalla maggior parte degli spazi topologici
puntati nei quali capita di imbattersi.
11 La implica se per uno dei due spazi, lomotopia di contrazione sul punto `
e forte, i.e. fissa il punto.
25
Esempio 13.5. Calcoliamo, usando il teorema di Seifert-Van Kampen, il gruppo fondamentale delle superfici
compatte. In tutti i casi vediamo la nostra superficie come poligono con identificazioni (cfr. classificazione 0, 9).
Per non appesantire la notazione, omettiamo di fissare, e scrivere, il punto base (cfr. osservazione 4.4 e convenzione 4.6). Come aperto U consideriamo la parte interna del poligono (quindi U `e omeomorfo ad un disco
aperto e, per questa ragione, ha gruppo fondamentale banale), come aperto V consideriamo il complementare
di un punto interno al poligono. Laperto V si retrae al quoziente del perimetro del poligono (quoziente per
le identificazioni del caso). Nei casi dellelenco (0, 9) il quoziente del poligono ha un solo vertice ed il gruppo
domotopia 1 (V ) `e il gruppo domotopia di una wedge sum di cerchi (cfr. 13.4), nello specifico, `e il gruppo
libero generato dalle lettere che compaiono nella sequenza delle identificazioni (nei due casi dellelenco, rispettivamente 1 , 1 , ..., g , g e 1 , ..., , m ). Ora, usiamo il Corollario (9), formula (9.2): il gruppo 1 (V )
va quozientato col sottogruppo normale generato dallimmagine del gruppo 1 (U V )
= Z (lintersezione
U V `e una corona circolare, quindi `e omotopicamente equivalente ad S 1 ) nel gruppo 1 (V ). Questa immagine risulta essere il sottogruppo ciclico generato dalla parola delle identificazioni (il cammino che percorre la
corona U V `e omotopo, come cammino in V , al perimetro del poligono). In definitiva abbiamo
() 1 Cg
2g
1
1 1 1
1
.... g g 1
g
g
1
1
1 P (R)#...#P (R)
2
Piano Proiettivo
Toro
1 (V )
ker
ZZ
= ZZ
h 1 1 i
Z
= Z2
2Z
1 1
21 ... 2m
1
1
1 1 1
1
2 2 1
1
1
1
2
2
Bottiglia di Klein
C2
ZZ
h 1 i
h1 1 1
1
2 2 1
1
i
1
1
2
2
ZZZZ
Avvertenza. Il quadrato modulo le identificazioni `e il piano proiettivo. Daltro canto il quoziente del
gruppo libero generato dalle lettere e per il sottogruppo normale generato dalla parola , i.e. il
gruppo Z Z/hi, non `e il gruppo fondamentale del piano proiettivo! Lerrore sta nel fatto che i quattro
vertici del quadrato non si identificano in un unico punto (il quoziente del quadrato ha due vertici) ed i due
cammini e non sono cammini chiusi, di conseguenza non sono generatori del gruppo 1 (V ).
La tecnica vista permette di calcolare il gruppo fondamentale di qualsiasi poligono modulo identificazioni,
anche quando i lati non sono identificati a coppie (per cui non si ha una superficie topologica). Naturalmente,
si dovr`
a fare attenzione a scrivere correttamente il gruppo 1 (V ) , che `e sempre il gruppo fondamentale del
grafo associato alla parola che definisce le identificazioni (:= perimetro del poligono modulo identificazioni).
Proponiamo qualche esempio come esercizio.
Esercizio 13.6. Sia S(parola) lo spazio topologico ottenuto quozientando un poligono di n lati con la
sequenza delle identificazioni associata alla parola in questione (n sar`a la lunghezza della parola). Calcolare il
gruppo fondamentale degli spazi topologici che seguono:
S( ) ,
S( ) ,
S(n ) ,
S( 1 ) ,
S( ) ,
S( ) ,
S( 1 )
Esercizio 13.7. Sia S = S( 1 1 ) (definizioni come sopra). Verificare che siamo nelle ipotesi
dellesercizio (0, 8.1), dedurre che S `e una superficie topologica compatta, calcolarne il gruppo fondamentale,
stabilire di quale superficie si tratta.
Suggerimento: si usi la classificazione delle superdici compatte (0, 9) e le formule (), esempio (13.5).
26
Rivestimenti.
e X una funzione continua di spazi topologici.
Def. 14. Sia : X
ei si chiamano fogli dellinsieme ben rivestito. La nozione di foglio `e una nozione relativa: dipende
Gli U
da U e, in generale, anche dalla decomposizione () (che non `e unica se U non `e connesso e |U non `e
biunivoca; cfr. nota 14.1, ultimo punto).
e ) `e un rivestimento di X .
se ogni x X ha un intorno ben rivestito diciamo che (X,
e `e un rivestimento di X
Per abuso di linguaggio, diremo che `e un rivestimento di X , ovvero che X
(naturalmente useremo questultima locuzione solo se `e chiaro dal contesto chi `e ).
Esempio 14.2. Se consideriamo un qualsiasi spazio non vuoto X e ne prendiamo due copie attaccate (cio`e
con la topologia meno fine rispetto alla quale la proiezione naturale `e continua), nessun sottoinsieme non
vuoto `e ben rivestito per , nonostante la restrizione di (che quindi non `e un rivestimento) ad ognuna delle
due copie di X sia un omeomorfismo!
Esempio 14.3. Ununione disgiunta di copie di X `e un rivestimento. Un rivestimento di questo tipo `e poco
interessante, si chiama rivestimento banale.
Osserviamo che, per ragioni tautologiche, ogni rivestimento `e localmente banale nel senso che segue:
x X, U (intorno di x) tale che la restrizione di a 1 (U ) `e un rivestimento banale di U .
Esempio 14.4. Lesempio pi`
u elementare di rivestimento non banale `e il rivestimento R R/Z
= S 1 , dove
1
il morfismo di rivestimento `e la proiezione naturale su R/Z andiamo su S tramite t 7 (cos 2t, sen2t) .
(Ricordiamo che R/Z denota il quoziente di gruppi, si veda lavvertenza 0, 2.4).
Esempio 15.1. La proiezione naturale : Rn Rn Zn `e un rivestimento.
Esercizio 15.2. Sia : R2 R2 Z2 la proiezione naturale (cfr. esempio 15.1). Sia R2 una retta.
Provare che la restrizione | : () `e un rivestimento se e solo se ha pendenza razionale (se ha
pendenza irrazionale, non esistono affatto aperti di () ben rivestiti).
(16)
Y
e
X
y (rivestimento)
12
Per convenzione, si richiede che lunione disgiunta sia non vuota, equivalentemente che 1 (U ) sia non vuoto.
27
il punto iniziale del sollevamento appartiene alla fibra 1 (x0 ), dove x0 := f (y0 ) (richiederemo implicitamente che ci`o si verifichi, per convenzione, riferendoci alleventuale assegnazione di un punto iniziale per un
sollevamento).
I risultati che seguono concernono esistenza ed unicit`
a dei sollevamenti. Iniziamo col risultato pi`
u evidente:
lunicit`a del sollevamento con punto iniziale assegnato.
1
ej ) `e un aperto
ej ed U
ej sono i fogli contenenti rispettivamente fe(y) e fe (y), allora V := fe (U
ej ) fe (U
U
e
e
e
e
soddisfacente la propriet`
a che segue: f (V ) Uj , f (V ) Uj . Essendo questi due aperti omeomorfi ad U
via , e poiche fe = fe , si ha la seguente dicotomia: o fe ed fe coincidono in V (se j = j ), oppure
non hanno alcun punto in comune in V (se j 6= j ). Ne segue che linsieme dove i due sollevamenti fe ed fe
coincidono `e sia aperto che chiuso. Essendo lo spazio Y connesso per ipotesi, si ha la tesi: due sollevamenti
che coincidono in un punto, necessariamente coincidono ovunque.
Quanto allesistenza del sollevamento, osserviamo che dati f e come nel diagramma (16)
e essendo il gruppo fondamentale funtoriale (cfr. formule 5.3),
ed un sollevamento fe : Y X,
dalluguaglianza fe = f si deduce la condizione
e e
(19)
f 1 (Y, y0 ) 1 (X,
x0 )
x0 := fe(y0 ) .
e
e
Cio`e, linclusione (19) `e una
condizione necessaria per lesistenza di un sollevamento f con punto iniziale
assegnato x
e0 1 f (y0 ) .
Inciso 19.1. Entriamo meglio nel merito della condizione (19). Come vedremo (cfr. 22.1), un cammino
: I X si solleva sempre. Se (0) = (1), `e definito il corrispondente laccio : I/{0, 1}
= S1 X
(usiamo il termine laccio per sottolineare il fatto di aver identificato i due estremi del dominio I). In questo
()
R
f
Y R/Z
R
f
= [0, 1) R/Z
28
sollevamento esiste (`e la funzione fe(y) = y). Nel primo caso viene violata la condizione (19) e, di conseguenza,
non esiste alcun sollevamento; il problema `e quello gi`a descritto prima di questesempio: il sollevamento del
terzo caso (lunico eventuale candidato) non funziona nel primo caso perche avvicinandoci al punto 0 = 1
dal lato di 1 si deduce che si dovrebbe avere fe(0) = 1 (mentre fe(0) = 0).
Il secondo caso `e interessante: abbiamo messo pi`
u aperti (nel passaggio da Y a Y ) cos` da avere gruppo
fondamentale banale come nel terzo caso, ma non ne abbiamo messi abbastanza da eliminare la patologia
riscontrata nel primo caso (anche nel secondo caso, e per la stessa ragione, il sollevamento del terzo caso
fe(y) = y non funziona).
Esercizio 20.1. Provare che esiste uno spazio Y come nellesempio.
Suggerimento: visto che Y r {0} e Y r {0} sono omeomorfi, la questione riguarda la topologia locale in 0,
...si consideri
S
(, 0] {0}
{(x, sin x1 )}x > 0 R2
(che come insieme `e parametrizzato da R) con la topologia indotta dal piano R2 (spazio noto come seno del
topologo).
Teorema 21. Dati f e come nel diagramma (16), e dato y0 Y , se Y `e connesso per
archi e localmente connesso per archi ( 0, 13) si ha che esiste un sollevamento
e
fe : Y X
con punto iniziale e
x0
(xe0 1 (x0 = f (y0 )) )
e X, un
Teorema 22. Data una funzione F : Y I X, un rivestimento : X
sollevamento fe della restrizione f := F |Y {0} , si ha che
!
e di F che estende fe .
sollevamento F
Questo secondo Teorema, noto come Teorema del sollevamento dellomotopia, ci dice che se due funzioni
f : Y X e g : Y X sono omotope ed f si solleva, allora lomotopia si solleva (in particolare si
solleva anche g). Si osservi che la condizione (19), essendo soddisfatta da f ed essendo Y I un retratto di
deformazione di Y {0}, `e soddisfatta anche da F .
Nella dimostrazione che segue si usa pi`
u volte, peraltro senza menzione esplicita, il fatto che una funzione tra
spazi topologici `e continua se e solo se `e localmente continua in ogni punto (0, 12.2).
Dimostrazione (dei Teoremi 21 e 22).
()
Step 1. Dimostriamo (22.1). Si considerino le immagini inverse via degli aperti ben rivestiti di X . Per
il Lemma (0, 11) esiste una suddivisione finita di I in intervallini chiusi ognuno dei quali `e interamente
contenuto in almeno uno di tali aperti (per cui avr`
a immagine ben rivestita). Solleviamo le restrizioni di a
tali intervallini, ognuna con punto iniziale il punto finale del sollevamento del tratto precedente, ci`o `e possibile
per la premessa (). I sollevamenti dei singoli intervallini si raccordano bene (per costruzione), quindi per il
lemma di incollamento (0, 14.2) abbiamo un sollevamento di . Lunicit`
a segue dal lemma (18).
Step 2. Dimostriamo il Teorema (22). Definiamo Fe (y, t) =
ey (t), essendo
ey il sollevamento del cammino
e
y (t) = F (y, t) con punto iniziale (0) = f (y) (qui usiamo esistenza ed unicit`
a asserite nella (22.1)). La
continuit`
a di Fe `e pi`
u delicata, a priori sappiamo che Fe `e continua solo come funzione di t, per y fissato
(questo perche
ey `e continua). Proviamo che Fe `e continua. Fissato un punto y Y , sia lestremo
superiore dei t per i quali la restrizione Fe|U[0, t] `e continua, per un qualche intorno aperto U di y. Poiche
per ipotesi fe solleva Fe |
, si ha 0 . Consideriamo un intorno del punto (y, ) Y I con immagine
U{0}
29
ben rivestita, che assumiamo essere del tipo W = U ( , + ) I , > 0 (gli aperti di questi tipo
costituiscono una base per la topologia prodotto). Affermiamo quanto segue:
(a) Fe `e continua in U U [0, +) I, U intorno di y tale che Fe |U[0, ] `e continua, = /2
(se < /2, poniamo = 0). Laffermazione (a), a sua volta, per ragioni di lemma di incollamento segue
dalla continuit`
a nel pezzettino in pi`
u, cio`e dalla propriet`
a
e
(b)
la restrizione di F ad := U U [ , +) I `e continua.
Questultima segue da quello che sappiamo: la restrizione di Fe a U U { } `e
1 F
()
Infine, dallaffermazione (a) segue che si deve avere = 1. Ci`o garantisce la continuit`
a locale di Fe in ogni
punto e conclude la dimostrazione di questo step.
Step 3. Dimostriamo che sollevamenti con stesso punto iniziale di cammini omotopi, hanno stesso punto finale
(non si richiede che i cammini da sollevare siano chiusi: lestremo iniziale pu`
o essere diverso da quello finale).
Per il risultato precedente, lomotopia si solleva. Essendo lomotopia di cammini relativa agli estremi, gli
estremi iniziale e finale dei cammini dellomotopia sono costanti. Ne segue la tesi.
() `e continua.
e
Quanto ad (), si deve provare che dati e cammini da y0 a y, risulta e
(1) = (1),
dove e
e e denotano
i sollevamenti di f ed f con punto iniziale x
e0 . In generale, i cammini e non sono omotopi (se lo
fossero, si solleverebbero con lo stesso punto finale per lo step 3), ma grazie alla condizione (19) si sollevano
comunque a cammini con lo stesso punto finale. Per provare ci`o usiamo un piccolo trucco, consideriamo
b := sollevamento di f con punto finale
e(1).
e
b
e
b
Proveremo che risulta = , equivalentemente che e coincidono in un punto: proveremo che risulta
b
e Il cammino `e un cammino chiuso di estremi y . Per la condizione (19),
(0)
= x
e0 (estremo iniziale di ).
0
e di estremi x
esiste un cammino in X
e0 (quindi chiuso) soddisfacente la condizione f ( ) = ()
1 (X, x0 ). Essendo i cammini f ( ) e () omotopi, per lo step 3 i rispettivi sollevamenti con punto
iniziale x
e0 hanno stesso punto finale, daltro canto per come sono stati costruiti si sollevano rispettivamente
a e
b ed . Ci`o prova luguaglianza
e b (1) = (1) (punti finali dei due cammini), i.e. luguaglianza
b
(0) = x
e0 (che `e luguaglianza che volevamo provare).
Per provare (), i.e. la continuit`
a di fe, si deve usare il fatto che Y `e localmente connesso per archi: dato
y Y , esiste un intorno U connesso per archi che ha immagine ben rivestita, sia g il sollevamento di tale
intorno con punto iniziale g(y) = fe(y) (cfr. premessa ()). Essendo U connesso per archi, alla luce di come
viene costruita fe si ha g fe su U (questo perche, per y U , si pu`
o ottenere fe(y ) avendo in mente
come scelta iniziale un cammino del tipo y = y , con cammino da y a y interamente contenuto
in U ; qui si usano () e lipotesi di locale connessione per archi in modo cruciale). Essendo g continua, anche
fe `e continua in U e, per larbitrariet`
a di y, `e continua.
Si noti che il candidato sollevamento fe(y) = y della funzione f : Y R/Z dellesempio (20), `e esattamente ci`o che si ottiene applicando la ricetta di cui alla dimostrazione del Teorema (21). Ma, in perfetta
sintonia con la parte finale di tale dimostrazione, `e una funzione continua ovunque eccetto che nel punto 0
dove Y non `e localmente connesso per archi.
Lesercizio che segue chiede di scrivere i dettagli della dimostrazione della propriet`
a (b), cfr. step 2 sopra.
e X un rivestimento banale, Y uno spazio topologico, J R un intervallo,
Esercizio 22.2. Sia : X
e una funzione continua nellargomento t J, per ogni y Y fissato. Si provi che
t0 J, Fe : Y J X
se Fe|
ed F := Fe sono continue, allora Fe `e anchessa continua.
Y {t0 }
Suggerimento: I fogli di inducono una decomposizione di Y J in insiemi sia aperti che chiusi.
Come corollario del teorema del sollevamento dellomotopia (22), si deducono le affermazioni che seguono.
30
(23.2) sollevamenti con stesso punto iniziale di cammini omotopi, hanno stesso punto finale
(non si richiede che i cammini da sollevare siano chiusi: lestremo iniziale pu`
o essere diverso da quello finale).
Dimostrazione. Come gi`
a visto, la (23.2) segue dal sollevamento dellomotopia (step 3 della dimostrazione
e buttandolo gi`
precedente). Proviamo liniettivit`
a di . Dato un cammino e
in X,
u e risollevandolo con punto
iniziale
e(0) si ottiene di nuovo
e. Se (e
) `e omotopo al cammino costante, il sollevamento dellomotopia
ci dice che lo stesso e
`e omotopo al cammino costante.
Nella parte finale di questo paragrafo ci proponiamo di studiare certi legami tra la teoria dellomotopia e
` importante assumere che X sia localmente connesso per archi; non tanto in quanto
quella dei rivestimenti. E
ipotesi semplificativa, quanto piuttosto per il fatto che solamente sotto tale ipotesi il gruppo fondamentale ne
codifica meglio la topologia (si veda lesempio 20 del quasi cerchio Y con gruppo fondamentale banale).
Daltro canto, sotto questa ipotesi le componenti connesse di uno spazio X sono aperte (oltre che chiuse), di
conseguenza studiare i rivestimenti di X equivale a studiare i rivestimenti delle sue componenti connesse. Per
questa ragione assumeremo che X sia connesso e localmente connesso per archi (c.l.c.a.). Ugualmente, un
e di uno spazio c.l.c.a. X, in quanto ne eredita le propriet`
rivestimento X
a locali, `e anchesso localmente connesso
per archi e studiarlo equivale a studiarne le componenti connesse (che sono aperte e chiuse). Assumendo che il
e sia connesso, `e anchesso c.l.c.a. (per esercizio). Si osservi che mettendo insieme le due
nostro rivestimento X
cose, connessione e locale connessione per archi, si ottengono spazi connessi per archi e localmente connessi per
archi (c.a.l.c.a.), i.e. c.l.c.a. = c.a.l.c.a. (per esercizio). Per eventuali riferimenti futuri stabiliamo la seguente
definizione:
Def. 24. Uno spazio c.l.c.a. `e uno spazio topologico connesso per archi e localmente connesso
per archi.
e X un rivestimento di spazi connessi per archi (qui ll.c.a. non serve), si fissi
Sia dunque : X
x0 X, si considerino due punti nella corrispondente fibra x
e0 , x
e0 1 (x0 ) ed un cammino
e da x
e0 a
x
e0 . Dallosservazione (4.4) sappiamo che c`e un isomorfismo di gruppi
e x
e x
1 (X,
e0 ) 1 (X,
e0 ) ,
Posto = (e
), per funtorialit`
a abbiamo quindi
(24.1)
e x
1 (X,
e0 )
e 7
e e
e
e x
1 (X,
e0 )
e x
e x
i.e. i gruppi 1 (X,
e0 ) e 1 (X,
e0 ) sono coniugati (come sottogruppi di 1 (X, x0 ) naturalmente).
Daltro canto avremmo potuto fissare arbitrariamente un elemento 1 (X, x0 ) e definire conseguentemente
e(1), Questo prova
per un qualche x
e0 (cfr. 24.1). Abbiamo pertanto il risultato che segue.
x0
e
{ sottogruppi di 1 (X, x0 ) }
e e
1 (X,
x0 )
Pu`o accadere che tale classe di coniugio sia costituita da un solo elemento, i.e. che H sia normale. Ci`o, ad
esempio, accade nei due casi estremi che seguono:
e = X e `e lidentit`
se X
a, si ha H = 1 (X, x );
0
31
Def. 25.1. Se H `e normale, il rivestimento si dice normale ( ed H come nella Proposizione precedente).
e x
La nozione appena introdotta concerne esclusivamente il rivestimento: la normalit`a di 1 (X,
e0 ) non
dipende dalle scelte di x0 e x
e0 1 (x0 ). Per x0 fissato, che non dipenda da x
e0 segue dal fatto che la
normalit`a in teoria dei gruppi `e invariante per coniugio, quanto allindipendenza da x0 `e sufficiente osservare
che la condizione in questione `e aperta (se `e vera per x0 lo `e anche per ogni x in un intorno ben rivestito
di x0 ). Al termine di questo paragrafo vedremo una caratterizzazione geometrica dei rivestimenti normali
e giustificheremo meglio quanto affermato (oss. 37). Il lemma che segue ci dice che il gruppo fondamentale
1 (X, x0 ) agisce sulla fibra 1 (x0 ) del rivestimento e descrive tale azione.
e e
con Stabilizzatore (e
x0 ) = 1 (X,
x0 )
x0 )
e
e
x0 :=
x (1)
e
0
e0 = x
e0 ;
ii) x
e0 , x
e0 1 (X, x0 ) , 1 (X, x0 ) | x
iii) Stabilizzatore (e
x0 ) := { 1 (X, x0 ) | e
x0 = x
e0 } .
dove ricordiamo che x0 denota lelemento neutro del gruppo 1 (X, x0 ), cio`e il cammino costante x0 (t) = x0 .
Dimostrazione. Il teorema del sollevamento dellomotopia (22), o meglio laffermazione (23.2), garantisce che
e da x
`e ben definita. La i) `e evidente, quanto alla ii) `e sufficiente considerare un cammino
e in X
e0 a x
e0 e
e
buttarlo gi`
u in X , i.e. prendere = (e
). Infine, quanto alluguaglianza Stabilizzatore (e
x0 ) = 1 (X, x
e0 ),
linclusione segue dal fatto che se si prende un cammino con estremi x
e0 , lo si butta gi`
u e lo solleva
con estremo iniziale x
e0 si ottiene il cammino dal quale si era partiti, in particolare con estremo finale x
e0 ,
linclusione `e analoga.
`e biunivoca.
e
x0
Ricordiamo che e
x0 denota lestremo finale del sollevamento di con punto iniziale x
e0 (i.e. e
x0 =
ex (1),
0
cfr. lemma. 26).
Considerando cammini con estremo finale arbitrario (non fissato), questa corrispondenza si estende: le classi
e cio`e c`e una corrispondenza
domotopia di cammini con estremo iniziale x0 si identificano con lintero spazio X,
biunivoca
1:1
e
: = (x, x0 , x ) x X , x0 , x x0 , x
X
(27.1)
( x , x 0 , x )
7
(1)
e
e
x0
dove x0 , x denota linsieme delle classi domotopia di cammini da x0 ad x e dove, come al solito, e
e
x
0
denota
32
X1
(28)
X2
1
y 2
(1 e 2 rivestimenti,
f suriettiva, 1 = 2 f )
Def. 29. Nella situazione del diagramma (28) diciamo che 1 domina 2 tramite f .
Esercizio 29.1. Si provi che nelle ipotesi della definizione (29), se X `e c.l.c.a., anche f `e un rivestimento.
Esercizio 29.2. Siano X X e X X due rivestimenti. Si provi che se `e finito (le fibre sono
finite), allora la composizione `e anchessa un rivestimento.
Avvertenza. Per quanto possa sorprendere, in generale pu`
o accadere che la composizione di rivestimenti non
sia un rivestimento (per dare un controesempio, nelle notazioni dellesercizio, gli aperti ben rivestiti per
dei punti di una fibra 1 (x) di devono essere via via pi`
u piccoli, cos` da fare in modo che x non abbia
intorni ben rivestiti per ).
Accanto al diagramma (28), c`e un diagramma analogo per i corrispondenti gruppi domotopia. Qui, naturalmente, abbiamo fissato dei punti
(x0 ), x1 f 1 (x2 ).
x0 X , x2 1
2
Come conseguenza del sollevamento dellomotopia, sappiamo che tutti
i morfismi sono iniettivi (1 e 2 lo sono per lesercizio (23.1), di
conseguenza lo `e anche f ):
1 1 (X1 , x1 )
<
2 1 (X2 , x2 )
<
1 (X, x0 )
1 (X2 , x2 )
1
y 2
1 (X1 , x1 )
1 (X, x0 )
1 1 (X1 , x1 )
2 1 (X2 , x2 )
(X1 , x1 )
1
(X2 , x2 )
y2
(X, x0 )
e x
Per definizione, un rivestimento puntato `e un rivestimento : (X,
e) (X, x) di spazi puntati, i.e.
soddisfacente la condizione (e
x) = x (nel lemma, i punti x0 , x1 , x2 sono fissati, 1 (x1 ) = x0 e 2 (x2 ) = x0 ,
dire che 1 domina 2 tramite un morfismo di rivestimenti puntati significa dire che esiste f come nel
diagramma (28) soddisfacente f (x2 ) = x1 .
Dimostrazione. Il fatto che la condizione () sia una condizione necessaria `e stato gi`a osservato. Proviamo che
`e una condizione sufficiente. Nella situazione del diagramma, sappiamo che esiste un unico sollevamento f di
1 con punto iniziale f (x1 ) = x2 se e solo se `e soddisfatta la condizione (19), condizione che nel nostro caso
`e la condizione (). Essendo X2 connesso per archi, tale sollevamento `e necessariamente suriettivo (facile,
per esercizio).
33
Osservazione 30.1. Nelle ipotesi del Lemma, se risulta 1 1 (X1 , x1 ) = 2 1 (X2 , x2 ), si ha anche
a di 2 ). In questo caso f
f 1 (X1 , x1 ) = 1 (X2 , x2 ) (essendo 1 = 2 f , ci`o segue dalliniettivit`
`e necessariamente un isomorfismo di rivestimenti. Per esercizio, si provi quanto affermato e si descriva f 1
(suggerimento: `e possibile scambiare i ruoli di X1 ed X2 ).
Osservazione 30.2. Se inoltre X1 `e semplicemente connesso, avendo gruppo fondamentale banale e, di
conseguenza, essendo la condizione () una condizione vuota (i.e. certamente verificata), il rivestimento 1
domina ogni altro rivestimento connesso. Ci`o suggerisce la definizione che segue.
Def. 31. Un rivestimento universale di uno spazio X connesso per archi `e un rivestimento
e `e semplicemente connesso.
dove X
e X
: X
La corrispondenza biunivoca (27.1) fornisce un candidato naturale per la costruzione del rivestimento universale, linsieme ivi indicato delle coppie punto x, classe domotopia di un cammino da x0 ad x (essendo
x0 un punto fissato). Osserviamo che tale insieme `e dotato di una proiezione naturale sullo spazio X, la
proiezione sul primo fattore. Non `e detto che vada sempre bene:
Unostruzione allesistenza del rivestimento universale pu`
o venire dallomotopia locale, ad esempio, lorecchino
hawaiano
(lunione
dei
cerchi
di
raggio
1/n come in figura, con la topologia indotta dal
p
piano), non ammette rivestimento universale. Naturalmente, non `e detto che lomotopia locale sia sempre unostruzione: il cono sullorecchino hawaiano, in quanto spazio contraibile,
`e il rivestimento universale di se stesso pur avendo omotopia locale non banale.
Stabiliremo una condizione necessaria per lesistenza del rivestimento universale13 , condizione non soddisfatta
dallorecchino hawaiano (cfr. esercizio 35). Per ora ci limitiamo ad osservare che ogni intorno di p ha gruppo
di omotopia non banale; daltro canto, dato un rivestimento, il punto p deve avere un intorno ben rivestito!
Definizione 32. Uno spazio topologico X si dice
(32.1) localmente semplicemente connesso se ogni punto x X ha una base di intorni semplicemente connessi;
ogni punto x X ha un intorno U per il quale
(32.2) semilocalmente semplicemente connesso se
il morfismo 1 (U, x) 1 (X, x) `e banale (=nullo)
Chiaramente, valgono le implicazioni schematizzate:
semplice connessione
=
locale semplice connessione =
(Il cono sullorecchino hawaiano `e semplicemente connesso pur non essendo localmente semplicemente connesso).
e X `e un rivestimento universale, gli spazi X
e ed X sono entrambi semiloOsservazione 33. Se : X
e
calmente semplicemente connessi. Infatti, il rivestimento universale X lo `e in quanto spazio semplicemente
e (dato x X, ogni intorno ben rivestito U soddisfa automaticamente
connesso, mentre X lo `e perche lo `e X
ei come nella def. 14, possiamo scrivere linclusione U X
la condizione della definizione (31.2): fissato un U
e
e
come composizione U Ui X X ; il corrispondente morfismo in omotopia, fattorizzandosi per un
gruppo nullo, deve essere nullo). Questa considerazione ci dice quanto segue
() la semilocale semplice connessione `e una condizione necessaria per lesistenza del rivestimento universale.
Il Teorema (34) che segue ci dice che tale condizione `e anche sufficiente: assumere che una spazio c.l.c.a. abbia
un rivestimento universale equivale ad assumere che sia semilocalmente semplicemente connesso.
Teorema 34. Sia X uno spazio topologico c.l.c.a. semilocalmente semplicemente connesso.
Si ha che esiste, ed `e unico a meno di omeomorfismi di rivestimenti, il rivestimento universale.
13
34
Esercizio 35. Verificare che lorecchino hawaiano (vedi sopra) non `e semilocalmente semplicemente connesso e
pertanto non ammette rivestimento universale (oss. 33, ). Considerare il candidato dato dalla corrispondenza
biunivoca (27.1), studiarlo e comprendere perche non `e un rivestimento universale.
Dimostriamo ora il Teorema (34) di esistenza e unicit`
a del rivestimento universale.
Dimostrazione.
primo fattore
e :=
X
(x, x0 , x ) x X , x0 , x x0 , x
Gli aperti connessi per archi U X per i quali il morfismo 1 (U ) 1 (X) `e banale (cfr. convenzione
4.6), chiamiamoli buoni aperti. Per ogni buon aperto U consideriamo gli insiemi del tipo indicato:
fissato un cammino in X con (0) = x0 , (1) U , si considera
U := (x, [ ]) cammino in U da (1) a x
dove [ ] denota la classe domotopia di . Per le ipotesi su U , la proiezione sul primo fattore : U U
`e biunivoca. Osserviamo che se U `e un buon aperto, lo sono anche le componenti connesse V degli aperti
in esso contenuti. Inoltre, c`e uninclusione naturale V U , ( come sopra, con (1) V ). Da ci`o
segue che lintersezione di due insiemi della famiglia degli U `e unione di insiemi della famiglia, ovvero che
e , dotiamo X
e di tale topologia. Fissato U , limmagine
tale famiglia `e una base per una qualche topologia su X
1
inversa (U ) coincide con lunione su tutti i possibili dei vari U (per esercizio), nonche per due aperti
o accade se e sono omotopi), o sono disgiunti
U e U vale la seguente dicotomia: o coincidono (ci`
e X `e un rivestimento: gli aperti U considerati sono aperti
(altrimenti). Ne segue che la proiezione : X
e
ben rivestiti. Resta da verificare che X `e semplicemente connesso. La connessione per archi `e immediata
e ha gruppo fondamentale banale segue dal lemma (26): il cammino
(di nuovo per esercizio), il fatto che X
e di conseguenza lo stabilizzatore del punto
1 (X, x0 ) si solleva con punto finale
e(1) = (x0 , ) X,
e `e banale, essendo il morfismo indotto in omotopia iniettivo si deve avere 1 (X,
e x
x
e0 := (x0 , x0 ) X
e0 ) = 0
(notazioni come nel lemma 26).
Infine, lunicit`a a meno di isomorfismi di rivestimenti segue dal lemma (30): nelle notazioni ivi utilizzate, se
1 e 2 sono rivestimenti universali, la condizione () `e vuota ed il corrispondente morfismo di rivestimenti
f `e un isomorfismo per losservazione (30.1).
e x
Dato un rivestimento : (X,
e0 ) (X, x0 ) di spazi puntati, il morfismo indotto `e iniettivo e
e x
1 (X,
e0 ) `e un sottogruppo del gruppo fondamentale 1 (X, x0 ) (cfr. 23.1). Di contro, se partiamo da
un sottogruppo G < 1 (X, x0 ), nelle stesse ipotesi del teorema (34) `e possibile trovare un rivestimento di
e x
e x
spazi puntati : (X,
e0 ) (X, x0 ) in modo che risulti 1 (X,
e0 ) = G. Inoltre, un tale rivestimento
`e unico (modulo isomorfismi di rivestimenti di spazi puntati). Sottolineiamo che il gi`a citato Teorema (34)
stabilisce quanto affermato nel caso G = 0.
Teorema 36. Sia (X, x0 ) uno spazio puntato c.l.c.a. semilocalmente semplicemente connesso. C`e una corrispondenza biunivoca
{ rivestimenti puntati di (X, x0 ) }/
e e
: (X,
x0 ) (X, x0 )
Iso
1:1
{ sottogruppi di 1 (X, x0 ) }
e e
1 (X,
x0 )
(ricordiamo che, per definizione di rivestimento puntato, nella notazione di cui sopra si deve avere (e
x0 ) = x0 ).
a. Per provare la
Dimostrazione (indicazione). Il lemma (30) e losservazione (30.1) garantiscono liniettivit`
suriettivit`a si pu`
o procedere in due modi.
I metodo: Lo spazio X, in quanto ammette rivestimento universale, `e semilocalmente semplicemente connesso.
A questo punto, assegnato un sottogruppo G < 1 (X, x0 ), si costruisce un rivestimento
: (X , x ) (X, x0 ) tale che risulti (X , x ) = G
come nella dimostrazione dellesistenza del rivestimento universale (che `e il caso G = 0).
II metodo: Dato G < 1 (X, x0 ), si costruisce un quoziente opportuno del rivestimento universale. Lidea
`e molto semplice: si identificano i punti nellorbita di x
e0 tramite G (lemma 26), quindi si trasporta tale
35
dove
e e
e come al solito denotano e sollevamenti di e con punto iniziale x
e0 . Si osservi che se si sceglie
= x0 (cammino costante) si ottiene x
e = x
e0 e x
e = g x
e0 (cfr. lemma 26), ovvero come gi`a menzionato i
punti dellorbita Ge
x0 vengono identificati tra loro. Nei termini dellidea intuitiva di cui sopra, il cammino
funge da trasporto per tale identificazione. A questo punto si deve fare solo una noiosa serie di verifiche:
i)
ii)
effettivamente risulta
G =
e , [e
1 (X/
x0 ])
e
X
X/
y
X
e la classe di x
(essendo [e
x0 ] X/
e0 ).
Le prime tre verifiche sono, come dire, di routine e le lasciamo per esercizio. Ai fini dellultima verifica, alla
luce del lemma (26) `e sufficiente verificare che lo stabilizzatore di [e
x0 ] coincide col sottogruppo G, ci`o segue
immediatamente da come `e stata definita la relazione .
e x
1 (X,
e0 )
e x
1 (X,
e0 )
e x
(X,
e0 )
e x
(X,
e0 )
y
(X, x0 )
e x
e x
c`e un omeomorfismo di rivestimenti puntati f : (X,
e0 ) (X,
e0 ).
e x
Assumendo che il sottogruppo 1 (X,
e0 ) < 1 (X, x0 ) sia normale, si ha che la condizione () `e automaticamente soddisfatta per ogni scelta di x
e0 . Infatti, per la Proposizione (25), o meglio per le considerazioni che
e x
e x
e0 ) e 1 (X,
e0 ) sono coniugati. In questo caso pertanto,
la precedono, sappiamo i due gruppi 1 (X,
e x
e x
esiste un omeomorfismo di rivestimenti puntati f : (X,
e0 ) (X,
e0 ) per ogni scelta di x
e0 .
e x
e x
Viceversa, lesistenza di un omeomorfismo di rivestimenti puntati f : (X,
e0 ) (X,
e0 ) implica la con
e x
dizione (). Se ci`
o accade per ogni scelta di x
e0 , per la Proposizione (25) abbiamo che 1 (X,
e0 ) coincide
con ogni suo coniugato, di conseguenza `e normale.
e X
e che porta x
Osservazione 37. Un omeomorfismo di rivestimenti f : X
e0 in x
e0 non `e altro che
e X
e che porta il foglio contenente x
un omeomorfismo di rivestimenti f : X
e0 in quello contenente x
e0 ,
relativamente ad un intorno ben rivestito U di x0 (cfr. def. 14). Di conseguenza, lesistenza di un tale
omeomorfismo non dipende da x0 U . Tornando alle considerazioni che seguono la definizione (25.1), ci`o
e x
prova quanto gi`a ivi preannunciato: la condizione di normalit`a (di 1 (X,
e0 ) per un equivalentemente
ogni punto x
e0 nella fibra di x0 ), vale per x0 se e solo se vale anche per ogni x in un suo intorno ben
rivestito e, di conseguenza, non dipende da x0 (il luogo dove `e verificata `e sia aperto che chiuso, ed X `e
connesso per ipotesi).
In definitiva, abbiamo provato il risultato che segue.
`e un rivestimento normale;
36
2.
Omologia.
(1.2)
Per convenzione, si pone 0 = {pt} (un punto), che non ha facce. Lintervallo 1 = I ha due facce, queste
sono F0 : {pt} I, pt 7 1 e F1 : {pt} I, pt 7 0. Il 2-simplesso standard 2 `e un triangolo ed ha
tre facce (i tre morfismi da I ai lati del triangolo). Il 3-simplesso standard 3 `e un tetraedro (4 facce).
Def. 2. Sia X uno spazio topologico. Un n-simplesso singolare di X `e una funzione continua
(2.1)
n X .
Si definisce il gruppo delle n-catene di X come il gruppo abeliano libero (cfr. A1, 11) generato
dagli n-simplessi singolari:
P
(2.2)
Cn (X) :=
ni i n Z, {nsimplessi singolari}
i
n :
Cn (X)
Cn1 (X)
P
P P
ni i
7
ni
(1)j i Fj
i
Per convenzione, si pone Cn (X) = 0 per n < 0. Le somme che compaiono nella (2.2) sono somme formali
finite e loperazione di gruppo `e la somma di somme formali, lelemento neutro `e dato dalla somma vuota,
che si denota con 0. La faccia j di un n-simplesso singolare `e la composizione Fj , il bordo di `e
la somma alterna delle sue facce, la definizione viene estesa alle n-catene per linearit`a. La somma diretta dei
vari Cn (X) viene denotata con C (X). Si noti che C (X) coincide col gruppo abeliano libero generato da
tutti (non si fissa n) i simplessi singolari e che mettendo insieme i vari n si ottiene un operatore
(3)
: C (X) C (X) .
Lemma 4. Risulta = 0 (la verifica `e elementare, la lasciamo per esercizio).
Per il lemma (4), il gruppo graduato C (X), con loperatore di bordo , `e un complesso di catene discendente
(cfr. Def. A2, 4). Naturalmente `e un complesso di catene libero, cio`e costituito da gruppi abeliani liberi. La
definizione che segue ci dice che lomologia dello spazio topologico X `e lomologia di tale complesso di catene:
Hn (X)
:=
Hn C (X),
ker n
.
image n+1
(cfr. A2, 3)
n (X)
:=
rango Hn (X)
Gli elementi in ker n si chiamano n -cicli, quelli in image n+1 si chiamano n -bordi.
P
Alcuni testi considerano come n-simplesso standard linsieme { x Rn+1 | 0 xi ,
xi = 1}, per quanto ci`
o possa disturbare
(...perch
e vedere lintervallo I nel piano, un triangolo in R3 eccetera!), presenta il vantaggio che nel definire le facce non si deve
distinguere il caso j = 0 e ci`
o, in retrospettiva, presenta vantaggi combinatorici.
14
37
Id
Id
Id
... Z Z Z Z Z Z
(= C0 )
H0 (X) = gruppo abeliano libero generato da C (cio`e, una copia di Z per ogni componente X ).
La (7.1) segue dal fatto che essendo i simplessi standard connessi per archi, limmagine di ogni simplesso
singolare `e contenutaL
in una qualche componente X e, di conseguenza, ce un isomorfismo naturale di
complessi C (X) =
C (X ). Premesso che C0 (X) si identifica col gruppo abeliano libero sui punti di
X e che la differenza di due punti di una stessa componente connessa per archi `e il bordo di P
un 1-simplesso
(un cammino che li collega), si ha che la (7.2) segue dalla (7.1) e P
dal fatto uno 0-simplesso
ni pi di una
componente connessa perP
archi `e unP
bordo se e solo se ha grado
ni = 0 (per ogni componente X , la
funzione H0 (X ) Z,
ni pi 7
ni `e un isomorfismo di gruppi).
Definizione 8. Diremo che un simplesso `e supportato su un insieme se la sua immagine `e contenuta in esso.
f :
Hn (X) Hn (Y )
Notazione 9.3. Utilizzeremo sistematicamente la notazione appena introdotta: data f come sopra denoteremo con f il corrispondente morfismo di catene e con f il morfismo indotto in omologia.
Dimostrazione. Per il corollario (A2, 8.1) `e sufficiente verificare che f `e un morfismo di complessi (cfr. A2, 6),
ovvero che il diagramma
. . . Cn (X)
f
y
. . .
Cn (Y )
Cn1 (X)
f
y
Cn1 (Y )
. . .
. . .
C2 (X)
f
y
C2 (Y )
C1 (X)
f
y
C1 (Y )
C0 (X)
f
y
C0 (Y )
(g f )
g f ,
(IdX )
IdH (X)
La funtorialit`a `e una conseguenza immediata delle definizioni. Un risultato che vedremo pi`
u avanti, meno immediato (ma per un certo verso elementare), `e il fatto che funzioni f, g : X Y omotope inducono morfismi
di complessi di catene omotopi e, di conseguenza, inducono lo stesso morfismo in omologia (Lemma 19). Da
questi risultati segue che uno spazio contraibile ha gli stessi gruppi di omologia del punto (cfr. Cor. 19.1).
Sottolineiamo che gi`
a per X = R i vari Ck (X) sono gruppi liberi generati da insiemi non numerabili, per
cui, a priori, non `e affatto ovvio che R abbia la stessa omologia del punto!
Definizione 11. Dato X non-vuoto, si ha che esiste unico : X {pt} (spazio costituito da un punto).
Se il morfismo indotto in omologia : Hn (X) Hn ({pt}) `e un isomorfismo per ogni n diciamo che X
`e aciclico.
Esercizio 11.1. Sia X non-vuoto, provare che
X `e aciclico Hn (X) = 0, n 1, H0 (X)
= Z
38
Dato un insieme ordinato di punti {v0 , ..., vn } di uno spazio reale affine A (sottolineiamo che non si fa alcuna
ipotesi sui punti in questione, che pertanto possono anche coincidere), poniamo
(13.0)
v0 , ..., vn
:=
di A contenenti i vi ).
C`e una, unica, (restrizione di una) trasformazione affine : n v0 , ..., vn che manda ordinatamente
i vertici del simplesso standard n nei vi . Se X `e uno spazio topologico e D un sottoinsieme dello spazio
affine A, contenente linviluppo convesso dei vi , una funzione continua : D X pu`
o essere vista
come n-simplesso singolare (Def. 2) considerando la composizione (ad essere rigorosi, la composizione
|v0 , ..., vn ). Introduciamo la notazione seguente.
Notazione 13.1. Dati {v0 , ..., vn } e come sopra, definito anchesso come sopra, si
pone
[v0 , ..., vn ] :=
(essendo la restrizione = |... )
Ribadiamo che quello appena introdotto `e un n-simplesso singolare di X (def. 2). In termini intuitivi, la
notazione appena introdotta `e un modo formale di vedere n-triangoli a valori in X come n-simplessi singolari
di X.
Denotiamo con 0 , ..., n i vertici di n . I simplessi singolari sono essi stessi funzioni ed i simplessi standard
n sono sottoinsiemi dei vari Rn (che sono spazi affini). Pertanto, un n-simplesso singolare : n X
ed il suo bordo possono essere scritti nella notazione appena introdotta. Risulta
n
P
i
(1) [0 , ..., bi , ..., n ]
(13.2)
= [0 , ..., n ] ,
=
i=0
e, pi`
u in generale risulta
(13.3)
[v0 , ..., vn ]
n
P
i=0
:=
Dimostrazione. Le uguaglianze nelle (13.2) e (13.3) sono sostanzialmente delle tautologie. Nel caso di
[0 , ..., n ] la funzione `e caratterizzata dal portare ogni i in se stesso, di conseguenza `e la funzione
identit`
a Idn : n n . Applicando alla lettera la ricetta della notazione (13.1) si ha [0 , ..., n ] =
Idn = . Nel caso di [0 , ..., bi , ..., n ] , la funzione porta i vertici di n1 nei vertici di n
39
che compaiono nella sequenza (0 , ..., bi , ..., n ), di conseguenza coincide con la funzione Fi (cfr. def. 1.2),
ne segue che i vari [0 , ..., bi , ..., n ] sono i vari contributi Fi che compaiono nella definizione del bordo
di (cfr. def. 2.3). Luguaglianza (13.3) segue in modo analogo.
In particolare, se : 1 = [0, 1] X `e un 1-simplesso singolare, abbiamo = [0, 1] . Anticipiamo,
in dimensione 1, una definizione che daremo pi`
u avanti in generale (def. 14.4), una suddivisione di `e una
catena del tipo
[0, x1 ] + [x1 , x2 ] + ... + [xk , 1] ,
Dato : [0, 1] X , calcolando il bordo del 2-simplesso degenere [0, x, 1] (con 0 < x < 1) si trova la
1-catena [0, x, 1] = [x, 1] [0, 1] + [0, x] . Riscrivendo questa equazione nella forma
(13.4)
[0, 1]
[0, x] + [x, 1]
(suddivisione)
[0, x, 1]
(bordo)
si evince che il simplesso = [0, 1] e la sua suddivisione [0, x] + [x, 1] coincidono a meno di un bordo.
Pi`
u in generale,
(13.5)
dato un 1-simplesso singolare ed una sua suddivisione , esiste una 2-catena tale che
= +
40
Al termine della sezione precedente abbiamo visto che un qualsiasi 1-simplesso singolare ed una sua qualsiasi
suddivisione differiscono per un bordo (cfr. 13.5). Per n 2 la situazione `e leggermente diversa. Ad esempio,
un 2-simplesso non pu`
o essere scritto come somma di una sua suddivisione in due 2-simplessi con un bordo
(semplicemente perche il bordo di una 3-catena ha un numero pari di facce mentre 1 + 2 `e dispari). Daltro
canto, se T `e un triangolo di vertici a, b, c e : T X una funzione, posto = [a, b, c] = [a, b, c] e
dato un punto x interno al lato a b, calcolando il bordo del 3-simplesso [a, x, b, c] si ha
[a, x, b, c]
(14.5)
[x, b, c] + [a, x, c]
(bordo)
(suddivisione)
[a, x, b]
(degenere)
[a, b, c]
e se abbiamo un 2-ciclo (= 2-catena avente bordo nullo), `e ragionevole sperare che tra i suoi simplessi ce ne
sia uno, che chiameremo , che ha anchesso a b come lato, ma con segno opposto, e.g. = [a, d, b]
(si assuma che T ed il dominio T di condividano il lato a b e che, su questo, coincidano). Scrivendo per
questo simplesso unequazione simile alla precedente si pu`
o fare in modo che i contributi degeneri si cancellino,
si veda la figura qui sotto:
b
c
b
d
a
+
a
[x, b, c] + [a, x, c] +
non differisce da + per un bordo
b
x
a
[x, b, c] + [a, x, c] [a, x, d] + [x, d, b]
differisce da + per un bordo
(si scriva il bordo di [a, x, b, c] + [a, x, d, b]). A questo punto ammettiamo che la nostra speranza era mal
riposta: non `e escluso che un tale distinto da possa non esistere (e.g. che a b si cancelli con a c , cosa che
accade se a b ed a c coincidono in X, i.e. (ta + (1 t)b) = (ta + (1 t)c), 0 t 1). Inoltre, passando
a dimensione superiore coinvolgere simplessi adiacenti ci mette in un ginepraio (gi`
a dividendo un tetraedro
in due tetraedri, gli altri 3-simplessi da coinvolgere saranno due, ognuno dei quali a sua volta ne coinvolger`
a
altri). In effetti la situazione non `e brutta come sembra, le patologie appena riscontrate spariscono tutte se,
partendo da un ciclo (= catena con bordo nullo), si assume che la sua suddivisione sia essa stessa un ciclo:
(14.6)
un n-ciclo `e omologicamente equivalente ad ogni sua suddivisione che abbia bordo nullo.
Sebbene elegante, e per quanto vada nella direzione della comprensione della natura dellomologia, questaffermazione ha due limiti: i) non si possono suddividere arbitrariamente i singoli simplessi che costituiscono il
ciclo in questione (in generale non si otterr`a un n-ciclo ma solo una n-catena); ii) `e necessario avere un
risultato che concerna le catene.
La (14.6) non la utilizzeremo e, per questa ragione, solamente al termine di questa sezione (cfr. inciso 16) ne
discuteremo sia le conseguenze che i limiti i) e ii) esposti sopra.
A questo punto andiamo dritti allo scopo. Premettiamo una definizione.
Si osservi che CU (X) `e effettivamente un sottocomplesso di catene di C (X). Infatti, visto che se un simplesso
`e supportato su un insieme lo sono anche le sue facce, si ha CU (X) CU (X). Lobiettivo che ci si prefigge
`e quello di provare che CU (X), sotto unipotesi ragionevole, calcola lomologia di X (Prop. 15). Per provare
questo risultato abbiamo bisogno delle suddivisioni delle catene.
41
Proposizione 15. Sia X uno spazio topologico e U = {Uh } una collezione di sottospazi i
cui interiori ricoprono X . Allora linclusione di complessi di catene
:
CU (X)
C (X)
1:1
(i0 , ..., in )
dove denota linsieme delle permutazioni di {0, 1, ..., n}, bar denota la funzione che ad un insieme
di punti associa il loro baricentro. Si noti che i vertici (tutti) della triangolazione baricentrica di D sono i
baricentri dei sottoinsiemi non vuoti dellinsieme V = {v0 , ..., vn } (in particolare, sono in numero uguale a
2n+1 1).
Un elemento (i0 , ..., in ) non solo `e un n-triangolo ma `e un n-triangolo con un ordinamento dei vertici, questo
di fatto lo rende un n-simplesso singolare e permette di definire la suddivisione baricentrica del simplesso
singolare [v0 , ..., vn ] (questo, coerentemente con la notazione (13.1) e che continueremo ad usare anche nel
proseguo, `e la trasformazione affine : n D che manda ordinatamente i vertici del simplesso standard
nei vari vi ):
Definizione 15.4. Si definisce la suddivisione baricentrica di [v0 , ..., vn ] ponendo
P
() [w0 , ..., wn ]
S([v0 , ..., vn ]) :=
dove () = 1 `e il segno della permutazione , i vari wi sono i vari baricentri indicati nella (15.3)
(sottolineiamo che sono funzione di ) e dove, come sempre, [w0 , ..., wn ] denota il simplesso singolare
n w0 , ..., wn . Si definisce inoltre lomotopia baricentrica (non `e un nome dato a caso) di [v0 , ..., vn ]
ponendo
J([v0 ]) := 0 e definendo, induttivamente su n, J () := () J ()
dove = [v0 , ..., vn ] e, posto w0 := bar({v0 , ..., vn }) = bar(),
[w0 , x0 , ..., xk ].
Naturalmente tutte le definizioni si intendono estese alle combinazioni lineari (sia per S che per J che per
42
, questo affinche J e (...) abbiano senso). Si osservi che J ha grado 1, i.e. porta n catene in n + 1
catene.
Vediamo pi`
u da vicino i casi dove n `e basso:
n = 0
S([a]) = [a] ,
J([a]) = 0 .
n = 1
S([a, b]) = [x, a] + [x, b] ,
n = 2
S([a, b, c]) =
b
[o, x, a] + [o, x, b]
[o, z, a] [o, z, c]
[o, y, b] + [o, y, c]
J([a, b, c]) =
[o, a, b, c]
[o, y, b, c]
+[o, z, a, c]
[o, x, a, b]
y
1
1
Un effetto della simmetria della costruzione, `e che lordine dei vertici di un simplesso della suddivisione
baricentrica di = [v0 , ..., vn ] `e definito geometricamente (Def. 15.2 e successive considerazioni). La suddivisione baricentrica S() ha la peculiarit`
a di essere esplicita ma soprattutto permette di scrivere una formula
tipo (14.5) che abbia una sorta di natura ricorsiva: i vari contributi degeneri sono i vari simplessi dei quali si
prende il bordo (a sinistra nella 14.5) delle analoghe formule in dimensione n 1 scritte per le facce di n .
Precisamente, vale la formula seguente:
(15.5)
S()
+ J() +
J()
(suddivisione)
(bordo)
(degenere)
:=
(S(Id ))
JX ()
:=
(J(Id ))
essendo un n-simplesso singolare su X . Estendendo per linearit`a alle catene otteniamo due morfismi indotti
SX : C (X) C (X)
JX : C (X) C (X)
Si ha che SX ha grado 0, i.e. porta n-catene in n-catene, mentre JX ha grado 1, i.e. porta n-catene in n + 1
catene. Naturalmente la formula (15.5), che vale per i singoli simplessi, continua a valere, o meglio assume la
forma
(15.6)
IdC (X) SX
JX + J X
43
()
Jm + Jm .
SU i = IdC U (X)
i SU
omotopo
IdC (X)
(U )
JU + JU .
(lesistenza di un tale minimo `e assicurata dal lemma di Lebesgue 0, 11.1, affinche lo si possa applicare
si osservi che partendo da un qualsiasi n-triangolo in Rn , il massimo dei diametri degli n-triangoli che si
ottengono iterando la suddivisione baricentrica converge a zero). Poniamo JU () = Jm() () ed infine
m()
15
44
Successione di Mayer-Vietoris
Come applicazione importante della Proposizione (15) si ottiene la successione esatta lunga
di Mayer-Vietoris. Sia X uno spazio topologico, A e B due sottospazi i cui interiori ricoprono
X , sia U = {A, B}. Allora, la successione esatta corta di complessi16
0
C (A B)
C (A) C (B)
(, )
(17)
(, )
CU (X)
induce una successione esatta lunga in omologia (lemma A2, 9) che, grazie allequivalenza
omotopica di complessi di catene CU (X) C (X) asserita dalla Proposizione (15), pu`o
essere scritta nella forma
(18) . . . Hn (A B) Hn (A) Hn (B) Hn (X) Hn1 (A B) . . .
(successione di Mayer-Vietoris).
Ricordiamo che lipotesi che gli interiori dei due sottospazi A e B ricoprano X `e cruciale ai fini del lemma (15)
e, di conseguenza, lo `e anche ai fini della successione di Mayer-Vietoris.
Concludiamo questa sezione con una facile applicazione della successione di Mayer-Vietoris. A tale fine abbiamo
bisogno di anticipare un risultato che vedremo nella prossima sezione:
Lequivalenza omotopica di spazi topologici induce isomorfismi in omologia.
In particolare, se un sottospazio `e un retratto di deformazione di uno spazio X , allora linclusione di quel
sottospazio in X induce isomorfismi in omologia. Consideriamo il cerchio unitario S 1 e la composizione
I : I S 1 ,
()
Hi (S 1 ) Hi1 (A B) ...
= 0
H1 (A) H1 (B)
= 0
(qui a sinistra, i
H1 (S 1 )
H0 (A B)
ZZ
=
(r, s)
2)
H0 (A) H0 (B)
H0 (S 1 ) 0
ZZ
=
= Z
(r + s, r s)
(h, k)
h+k
H1 (S 1 )
ed
I ne `e un generatore
(ci`
o giustifica la notazione). Il generatore () `e il cosiddetto generatore canonico di H1 (S 1 ).
Esercizio 18.2. Si verifichi che risulta (I) = o p.
16
45
(S 1 )
C (S 1 )
data dallinclusione. Come primo passo si rappresenti la classe di omologia di I in C1U (S 1 ) (a tal fine
consigliamo di osservare che nella notazione (13.1) risulta I = [0, 1]I = [0, 21 ]I + [ 21 , 1]I [0, 12 , 1]I ,
che la 0-catena := [0, 12 ]I + [ 21 , 1]I `e in C1U (S 1 ) e rappresenta la stessa classe di omologia di I). Si
calcoli esplicitamente () usando la descrizione (A2, 9.1) del morfismo di incollamento (n.b. nel complesso
al centro si ha = (p o, o p)) e si verifichi che risulta () = o p (notazioni come sopra).
Invarianza Omotopica
Quanto visto nelle due sezioni precedenti concerne le suddivisioni dei simplessi, in questa sezione diamo un
risultato, il lemma (19), che invece concerne lomotopia di funzioni e, in un certo senso, le deformazioni delle
catene. Date due funzioni f, g : X Y , unomotopia H : X I Y (cfr. 1, 1) ed un n-simplesso
singolare : n X , possiamo considerare la composizione
:
n I
Id
X I
e g (). Passando a combinazioni lineari formali, tutto ci`o si estende alle catene. Essendo n I contenuto
in uno spazio affine, dato un qualsiasi sottoinsieme di punti {x0 , ..., xk }, ha senso il corrispondente simplesso
[x0 , ..., xk ] (cfr. 13.1). Triangolando n I in modo opportuno si pu`
o provare che
P
P
P
un n-ciclo
ni i C (X) induce n-cicli
ni (0)
,
ni (1)
C (Y ) che differiscono per un bordo
i
i
f
y yg
. . .
Cn (Y )
Cn1 (X)
f
y yg
Cn1 (Y )
. . .
. . .
C2 (X)
f
y y g
C2 (Y )
C1 (X)
f
y yg
C1 (Y )
C0 (X) 0
f
y y g
C0 (Y )
A questo punto si verifica che siamo nelle ipotesi del Teorema (A2, 11), ovvero che risulta
f () g ()
J() + J ()
(si tratta di un calcolo, per quanto lungo e noioso, abbastanza elementare, lo lasciamo per esercizio).
Step 2. Essendo f e g omotopi, la tesi che si vuole provare segue dal Teorema (A2, 11) (si noti che
questultimo `e un risultato puramente algebrico).
46
Il corollario che segue ci dice che la classe domotopia di uno spazio topologico `e un invariante omologico
...risultato che dovrebbe essere stato gi`
a intuito da chi ha svolto lesercizio (12)!
Corollario 19.1.
isomorfi.
In particolare, se X `e uno spazio contraibile, allora `e aciclico (cfr. Definizione 11 e Esercizio 11.1):
H0 (X) = Z ,
Hk (X) = 0 , k 1 .
nonche
f h = (f h) = (IdY ) = IdH (Y )
Il Teorema di Hurewicz
Il Lemma (19) ci permette di mettere in relazione il gruppo fondamentale (Def. 1, 4) col
primo gruppo domologia (teorema di Hurewicz 21).
Poiche 1 = I, un cammino : I X (Def. 1, 3) `e anche una 1-catena. Se gli estremi iniziale e finale
di coincidono, il bordo della 1-catena `e nullo e di conseguenza definisce una classe in omologia. Per il
lemma (19) tale classe domologia dipende esclusivamente dalla classe domotopia (cfr. precisazione 20.1 sotto)
di e, di conseguenza, la funzione (per ora solo di insiemi)
(20)
1 (X, x0 )
H1 (X)
che ad un cammino in 1 (X, x0 ) associa la classe domologia di cui sopra `e ben definita.
Precisazione 20.1. Attenzione! Sebbene nel lemma (19) si richieda solamente che f e g siano omotope
rispetto al vuoto, nel nostro caso `e necessario che lomotopia mantenga lestremo iniziale uguale a quello
finale. In effetti abbiamo glissato su come applicare il lemma (19) correttamente. Ecco come: si considera
=
come composizione : I I/{0, 1} S 1 X e si osserva che la classe domologia definita sopra a
chiacchiere `e la classe (I) , essendo I il generatore canonico di H1 (S 1 ) (cfr. 18.1), a questo punto si applica
il lemma (19) alla funzione (n.b. la classe domotopia di `e di fatto la classe domotopia di che mantiene
gli estremi uguali).
Abbiamo visto che dato un 1-simplesso singolare ed una sua suddivisione , esiste una 2-catena tale che
()
= + 2
(cfr. 13.5).
Ora, se `e il simplesso singolare associato ad un prodotto di cammini 1 2 , quindi = (1 2 ), per
come `e definito il prodotto, la suddivisone di associata ad [0, 12 ] + [ 12 , 1] (notazioni come nella 13.1)
coincide esattamente con la somma della classe domologia associata a 1 con la classe domologia associata
a 2 , quindi = (1 ) + (2 ). Per la (), tali e rappresentano la stessa classe in omologia e,
di conseguenza, abbiamo che la funzione (20) `e un morfismo di gruppi. Fissato un cammino con estremo
iniziale x0 e posto x0 = cammino costante (1, 4.1), si ha quanto segue
(20.2)
(x0 )
( )
() + ( )
H1 (X)
(a destra i cammini sono visti come classi domologia). Una verifica diretta ci consente di migliorare quanto
sopra:
(20.3)
47
Teorema 21 (di Hurewicz). Sia X uno spazio connesso per archi. Il morfismo naturale di
gruppi
: 1 (X, x0 ) H1 (X)
`e suriettivo ed il suo nucleo `e costituito dal sottogruppo dei commutatori di 1 (X, x0 ).
Di conseguenza, il primo gruppo domologia H1 (X) `e labelianizzato del gruppo fondamentale. Quanto
allipotesi che X sia connesso per archi, ricordiamo che il gruppo fondamentale vede solamente la componente connessa per archi contenente il punto x0 , mentre lomologia `e la somma diretta delle omologie delle
varie componenti connesse per archi di X (Oss. 7.1). Da qui `e chiaro il perche dellipotesi che X non abbia
componenti connesse per archi oltre quella contenente il punto x0 .
Dimostrazione. Abbiamo gi`
a visto che `e ben definita e che `e un morfismo di gruppi. Resta da provare
che `e suriettiva e che risulta ker = commutatori di 1 (X, x0 ) (si osservi che linclusione segue
immediatamente dal fatto che H1 (X) `e un gruppo abeliano). Fissiamo, una volta per tutte, un cammino x
da x0 ad x, per ogni x X (la famiglia degli potr`
a essere discontinua); nel fissarli, scegliamo x = x0
0
(cammino costante). Proviamo la suriettivit`a di . Per la (20.3), una classe H
P1 (X) ammette un
rappresentante dove i coefficienti sono tutti uguali a +1, i.e. un rappresentante del tipo
i (essendo i i
cammini, non necessariamente distinti). Risulta
P
P
P
=
i =
(0) + i (1) =
(0) + i + (1)
i
Infatti, poiche ha bordo nullo, i termini che abbiamo aggiunto si cancellano (risulta i (1) = j(i) (0), i,
essendo j una qualche permutazione degli indici). Quanto alla seconda uguaglianza, usiamo di nuovo la (20.3).
Questa scrittura ha il vantaggio che ogni terna tra parentesi `e suddivisione di (quindi omologa a) un cammino
con estremo iniziale e finale x0 e, come tale, `e nellimmagine di . Essendo un morfismo di gruppi, anche
la somma di tali terne `e nella sua immagine. Proviamo che il nucleo di contiene solamente i cammini
che appartengono al sottogruppo dei commutatori. Sia un cammino con estremi x0 . Assumere che risulti
() = 0 H1 (X) significa poter scrivere come bordo, i.e. poter scrivere
P
()
=
i C1 (X)
(nellespressione a destra si cancellano tutti i termini tranne uno, che coincide con ).
Per ogni termine i (ovvero i ) scriviamo il perimetro := [1 , 2 ] , := [2 , 0 ] , := [0 , 1 ] ,
cfr. (13.1) e 13.2) (ovvero := [0 , 2 ] , := [2 , 1 ] , := [1 , 0 ] ). Quindi consideriamo il prodotto di
cammini (cfr. def. 1, 3)
(21.1)
:=
. . . (0) i (1) (0) i (1) (0) i (1) . . .
i
48
graduato quoziente C (X, A) := C (A) , con loperatore di bordo indotto da quello di C (X),
`e anchesso un complesso, detto complesso della coppia (cfr. A2).
Def. 23. Sia X uno spazio topologico ed A X un suo sottospazio. Poniamo
C (X, A)
C (X)
C (A)
:=
Lomologia della coppia (X, A) `e lomologia del complesso della coppia, cio`e
Hn (X, A)
:=
Hn C (X, A)
,
n N.
C (A)
C (X)
C (X, A)
Per il Lemma (A2, 9) c`e una successione esatta lunga in omologia detta successione esatta della coppia
(24)
dove `e il morfismo di incollamento (cfr. Nota A2, 9.1). Per il teorema di omomorfismo di gruppi abbiamo
(24.1)
Hn (X, A)
:=
Cn (X)
Cn (A)
=0
Cn+1 (X)
Cn+1 (A)
Cn (X)
j Cn1 (A)
i.e. lomologia della coppia (X, A) `e data dalle catene in X con bordo supportato in A modulo catene in A
e bordi di catene in X . Quanto al morfismo della successione esatta (24), interpretando la descrizione del
morfismo di incollamento (cfr. A2, 9.1) abbiamo [] = [j1 ] (attenzione: il che compare a destra
`e il bordo di catene in X ).
Convenzione 25. Linsieme dei simplessi a valori nellinsieme vuoto `e esso stesso vuoto ed il gruppo
abeliano libero sul vuoto `e il gruppo 0. Per questa ragione si pone C () = 0 (costituito dal gruppo 0 in
ogni grado). Di conseguenza, dato uno spazio topologico X risulta C (X) = C (X, ), quindi Hn (X) =
Hn (X, ) , n. Ci`o consente di vedere lomologia di uno spazio topologico X come lomologia di una coppia,
precisamente della coppia (X, ).
La Proposizione (9) si generalizza alle coppie: date (X, A) ed (Y, B), una funzione continua f : X Y
soddisfacente f (A) B induce un morfismo di complessi
(25.1)
f :
C (X, A) C (Y, B)
f :
Hn (X, A) Hn (Y, B)
Una f come sopra la chiameremo morfismo di coppie e la denoteremo scrivendo f : (X, A) (Y, B).
Come nel caso dei morfismi di spazi topologici (cfr. Notazione 9.3), per un morfismo di coppie f denoteremo
sempre con f il corrispondente morfismo di catene e con f il morfismo indotto in omologia.
e n (X), `e definita come lomologia del
Inciso 26. Lomologia ridotta, i cui gruppi vengono denotati con H
complesso
deg
e (X)
C
:=
... C3 (X) C2 (X) C1 (X) C0 (X) Z
ottenuto dal complesso C (X) sostituendo il gruppo zero in grado 1 col gruppo Z, essendo lultimo morfismo
49
P
P
il grado: deg
ni pi =
ni . Lomologia ridotta coincide con lomologia singolare nei gradi strettamente
positivi e, in grado zero, detto in termini intuitivi, presenta una copia in meno di Z. Per evitare omologia
non-zero in grado 1, quando si considera lomologia ridotta si assume X non-vuoto.
C`e qualche piccolo vantaggio nel considerare lomologia ridotta. Quanto alla sua relazione con lomologia
e (X) C (X) (si noti che linclusione
singolare osserviamo che c`e una proiezione naturale di complessi C
e (X) non `e un morfismo di complessi, lultimo quadrato non commuta!) e che dato X
naturale C (X) C
non vuoto e fissato un punto x X , posto Zx := H0 ({x}), ci sono due successioni esatte corte (entrambe
naturali, delle quali solamente la seconda dipende da x),
deg
e 0 (X) H0 (X)
0 H
Z 0 ,
Cio`e, lomologia ridotta appare in modo naturale come sottogruppo dellomologia, solo la scelta di un punto
x (o meglio, di una componente connessa per archi di X) consente di vederla come quoziente: lidentificazione
naturale Zx
= Z determina uno splitting della successione esatta corta di sinistra e consente di scrivere un
e 0 (X) (per esercizio).
isomorfismo naturale H0 (X, {x})
= H
Teorema 27 (Escissione).
A. Allora
Z
j :
Hn (X r Z, A r Z)
Hn (X, A)
q
y
0
y
y
y
C (A) C (X)
C (X, A)
Essendo unequivalenza omotopica di complessi di catene (cfr. Proposizione 15) si ha che induce un
isomorfismo in omologia. Infatti, il lemma dei cinque (A2, 15), o meglio il suo corollario (A2, 15.1), ci
dice che deve essere un isomorfismo in ogni grado. Daltro canto q `e un isomorfismo per il teorema di
omomorfismo di gruppi, infatti i gruppi C (B, A B) e CU (X)C (A) si identificano entrambi col gruppo
abeliano libero sui simplessi di B non contenuti in A (in particolare si identificano tra loro). Infine, la
composizione q `e esattamente il morfismo j e, di conseguenza, j `e un isomorfismo.
Lomologia della coppia e lescissione vengono utilizzate per il calcolo dellomologia degli spazi ottenuti contraendo sottospazi chiusi, un esempio significativo `e quello della sfera S n ottenuta dal disco Dn contraendo
il suo bordo.
Corollario 28. Sia X uno spazio topologico e Z X un sottoinsieme chiuso non vuoto,
X/Z lo spazio quoziente e : X X/Z la proiezione naturale. Se Z `e un retratto di
deformazione di un suo intorno aperto U allora il morfismo
e n (X/Z)
e : Hn (X, Z) H
Quanto alla notazione utilizzata: lo spazio quoziente X/Z `e lo spazio ottenuto contraendo Z (cfr. Def. 0, 2.3);
il morfismo
e denota la composizione
e n (X/Z),
Hn (X/Z, {z})
e : Hn (X, Z)
= H
dove z denota il punto di X/Z sul quale si contrae Z, per abuso di notazione denota (anche) il morfismo
di coppie : (X, Z) (X/Z, {z}) ed infine quello a destra `e lisomorfismo dellinciso (26).
50
Sotto le ipotesi del corollario (28), i.e. che Z sia chiuso, non-vuoto, retratto di deformazione di un suo intorno
aperto, e come conseguenza del corollario stesso, la successione esatta della coppia (24) pu`
o essere scritta nella
forma
(28.1) ...
Hn (Z)
Hn (X)
e n (X/Z)
H
Hn1 (Z)
...
dove, ad essere rigorosi, per n = 0 sulla freccia al centro ci sarebbe dovuto essere scritto s invece di ,
e 0 (X/Z) lo splitting dellinclusione naturale H
e 0 (X/Z) H0 (X/Z) associato a
essendo s : H0 (X/Z) H
z (cfr. inciso 26).
Esercizio. Sia X uno spazio topologico e Z X un sottoinsieme chiuso non vuoto. Verificare che gli aperti
di X/Z sono le immagini degli aperti di X contenenti Z oppure aventi intersezione vuota con Z . Inoltre,
la proiezione naturale : X X/Z `e chiusa (porta chiusi in chiusi), in particolare {z} `e chiuso.
Dimostrazione (del cor. 28).
diagrammi commutativi
Hn (X, Z)
Hn (X/Z, {z})
q
y
Hn (X r Z, U r Z)
=y
Hn (X/Z, U/Z)
escissione
escissione
Hn (X, U )
q
y
Hn (X/Z, U/Z)
(escissione)
Hk X, X r {x} ,
k.
Dimostrazione. Si applichi lescissione con Z = X r U (si osservi che le ipotesi del Teorema (27) sono
soddisfatte: Z `e chiuso ed `e contenuto in X r {x} che `e aperto).
Naturalmente questo risultato vale anche con U un intorno arbitrario di x (non necessariamente aperto).
Il corollario precedente ci dice che i gruppi di omologia locale sono effettivamente locali, i.e. sono determinati
da un qualsiasi intorno di x in X (ci`
o, almeno sotto lipotesi piuttosto blanda che x sia un punto chiuso).
51
S n = { x Dn+1 | || x || = 1} ,
i : S n Dn+1
Hi (S n ) = 0
H0 (S n )
= Z
per i 6= 0, n ,
`e sicuramente possibile in quanto S n `e uno spazio esplicito, ma `e pur sempre una scelta (cfr. def. 30.4).
` sufficiente dimostrare quanto affermato nella nota (30.1). Procediamo per induzione su n.
Dimostrazione. E
La base dellinduzione `e immediata: S 0 `e costituito da due punti e la tesi `e banale. Sia dunque n 1.
Consideriamo la coppia (Dn , S n1 ). Per ogni intero i abbiamo degli isomorfismi
Hi (Dn , S n1 )
(30.2)
(cor. 28)
e i (Dn /S n1 )
H
e i (S n )
H
Il primo, essendo la sfera S n1 un retratto di deformazione di Dn r{0} (per esercizio), segue dal corollario (28).
Il secondo segue dal fatto che gli spazi Dn /S n1 e S n sono omeomorfi. Per lipotesi induttiva ed il fatto
che il disco Dn , in quanto contraibile, ha la stessa omologia del punto, la successione esatta della coppia `e la
successione
e i (S n1 ) H
e i (Dn ) . . .
e i+1 (Dn ) Hi+1 (Dn, S n1 ) H
... H
(30.3)
= 0
ei+1 (S n )
= H
= 0
e n (S n ) (n 0):
Indichiamo qual `e il generatore canonico n H
i) si considera lidentit`
a n+1 n+1 come n + 1 simplesso singolare dello spazio n+1 (def. 2.1), il
corrispondente bordo (def. 2.3) come n-ciclo supportato sulla frontiera di n+1 (che denoteremo con
F n+1 ) e la classe in omologia n Hn (F n+1 ) corrispondente a tale n-ciclo;
ii) si definisce lomeomorfismo
()
F n+1
Sn ,
x 7 (x b)/||x b||
52
n+1
Dn+1 ,
x 7 (x b)/||
x b||
dove x := n+1 r , essendo r la semiretta uscente da b e direzione x b. Pertanto, per ogni intero m 1
abbiamo un omeomorfismo di coppie (che continueremo a chiamare )
:
(m , F m )
(Dm , S m1 )
Hm (S m )
Hm (Dm /S m1 )
Hm (Dm , S m1 )
=
=
(m 1)
(30.8)
m
m := Idm
dove m `e il ciclo che corrisponde a m tramite lisomorfismo dato dal corollario (28); non `e difficile darne
una descrizione esplicita: m `e un m-simplesso di Dm con bordo supportato su S m1 , ovvero su un punto
quando lo si guarda come catena dello spazio quoziente Dm /S m1 (per m dispari ha bordo nullo, per m
pari vi si dovr`
a sottrarre l m-simplesso degenere costante che manda m sul punto al quale si contrae S m1
m
m1
in D /S
).
Si osservi che, di fatto, pur avendo glissato su quale sia lomeomorfismo Dn /S n1
= S n , abbiamo fissato
n
un isomorfismo canonico Hn (Dn /S n1 )
H
(S
).
Avendo
a
disposizione
la
nozione
di orientazione, si
= n
pu`
o verificare che i generatori introdotti sopra m ed m si corrispondono tramite qualsiasi omeomorfismo
Dn /S n1
= S n che conservi lorientazione (per una definizione omologica dellorientazione si veda la sezione
successiva; il disco Dn `e naturalmente orientato in quanto dominio di Rn , la sfera S n `e orientata come sopra).
Gli endomorfismi (=morfismi in se) di un gruppo ciclico infinito, si identificano in modo naturale col gruppo
degli interi Z. Per questa ragione, data una funzione continua f : S n S n , il morfismo indotto in
omologia f : Hn (S n ) Hn (S n ) di fatto `e un numero intero (naturalmente, per n = 0 si deve
considerare lomologia ridotta), detto grado di f . Si definisce
(31)
deg f
:=
e n (S n )
End H
Il grado di f `e un intero, scrivere in bellevidenza deg f = f ha, come dire, una sua ruvidezza. Ci`o che si
vuole comunicare con la definizione (31) `e che lintero deg f , pi`
u che un mero dato associato a f sia proprio
il morfismo f . Sottolineiamo che se deg f = n, allora f () = + ... + (n-volte). Di conseguenza, ad
esempio, considerando omologia con coefficienti in un gruppo abeliano G arbitrario (trattata in una sezione
successiva), si ha che f `e la moltiplicazione per n indipendentemente dal gruppo G utilizzato.
Lintero deg f ha le propriet`
a di f (31.1 e 31.2), alcune propriet`
a di immediata verifica (dalla 31.3 alla 31.6),
altre pi`
u profonde (dalla 31.7 in poi):
(31.1) deg IdS n = 1 , deg(f g) = deg f deg g
(funtorialit`a, cfr. 10);
(31.2) deg f `e un invariante omotopico, i.e. funzioni omotopicamente equivalenti hanno lo stesso grado
(lemma 19);
(31.3) deg f = 1 se f `e un omeomorfismo (f deve essere un automorfismo);
(31.4) deg f = 0 se f non `e suriettiva (f si fattorizza per S n r {pt}
= Rn , che `e contraibile);
(31.5) deg f = 1 se f `e la riflessione rispetto ad uno dei piani coordinati (per esercizio);
(31.6) deg f = (1)n+1 se f = IdS n `e la funzione antipodale (segue dalla 31.5).
53
Una funzione f : S n S n senza punti fissi `e omotopa alla funzione antipodale (se f (x) 6= x, lo si
muova lungo il semicerchio passante per x, f (x), x fino a raggiungere il punto x; per esercizio, si scriva
una formula esplicita per lomotopia descritta). Dalle (31.2) e (31.6) segue che una tale f ha grado (1)n+1 .
In modo del tutto analogo, leventuale esistenza di un campo vettoriale mai nullo su S n , consentirebbe di
definire unomotopia dellidentit`
a con la funzione antipodale (muovendo il punto x lungo la direzione definita
dal campo in x fino a raggiungere il punto x; di nuovo, per esercizio, si scriva esplicitamente lomotopia
descritta) e, di conseguenza, consentirebbe di scrivere 1 = (1)n+1 (uguaglianza che per n pari costituisce
un assurdo). Ci`o dimostra quanto segue:
(31.7) deg f = (1)n+1
(31.8) per n pari, non esistono campi vettoriali mai nulli su S n (in particolare, la sfera S 2 non `e pettinabile).
Un altro risultato importante legato al grado `e il seguente Teorema che inverte la (31.2):
(31.9) (teorema di Hopf) deg f determina la classe di omotopia di f , eccetto che in dimensione zero.
(S 0 `e costituito da due punti, le due possibili funzioni costanti hanno entrambe grado 0, pur non essendo
omotope).
Questo risultato non lo dimostriamo (proponiamo come esercizio il caso decisamente pi`
u elementare dove
n = 1).
Esercizio 32. Sia la coordinata angolare su S 1 (un punto di S 1 `e individuato da un angolo, `e la misura
di tale angolo).
i) provare che la funzione n : S 1 S 1 , 7 n, ha grado n;
ii) provare che se f : S 1 S 1 ha grado n allora f `e omotopa ad n.
Suggerimento: si consideri il cammino I : I S 1 , s 7 2 (cfr. 18.1 e 31.1) ed il rivestimento universale
q : R S 1 , r 7 2r; si calcoli n (I) utilizzando una opportuna suddivisione di I; si verifichi che f I e
n I si sollevano a funzioni da I ad R con estremo finale n (essendo 0 lestremo iniziale del sollevamento);
si scriva unomotopia fg
I {0, n} ng
I (la tilde su una funzione ne denota il sollevamento); si utilizzi
questomotopia per scrivere unomotopia f n .
54
Esempio 40. Il piano proiettivo reale X = P2 (R) si pu`o realizzare attaccando due triangoli
V = [v0 , v1 , v2 ] e P = [p0 , p1 , p2 ] come indicato
v2
v1 = p1
simplessi: V = [v0 , v1 , v2 ] , P = [p0 , p1 , p2 ] e loro facce
identificazioni: [v1 , v2 ] = [p0 , p2 ], [v0 , v2 ] = [p1 , p2 ] , [v0 , v1 ] = [p0 , p1 ]
(e, di conseguenza, [v0 ] = [p0 ] = [v1 ] = [p1 ] ,
[v2 ] = [p2 ])
p2
v0 = p0
ZV ZP
(a, b)
( a + b , a + b , a b )
(, , )
Z[v0 ] Z[v2 ]
( , + )
per k 2
ker1
Im2
Z[v ]
0
Z[v2 ]
Im1
= Z
= Z2
(generato dalla classe di (1, 0, 0), si ha 2 = 0);
(`e generato dalla classe di (1, 1)).
Lomologia del complesso C coincide con lomologia singolare del piano proiettivo reale.
Si noti che, a priori, non `e affatto ovvio, ad esempio, neanche che risulti H3 (X) = 0. Infatti, il gruppo
C3 (X), essendo generato da tutti i 3-simplessi singolari, che sono una infinit`
a non numerabile, `e un gruppo
libero enorme!
55
Esempio 41. Il Toro reale X = R2 /Z2 si pu`o realizzare attaccando due triangoli V =
[v0 , v1 , v2 ] e P = [p0 , p1 , p2 ] come indicato
v2
v1 = p1
simplessi: V = [v0 , v1 , v2 ] , P = [p0 , p1 , p2 ] e loro facce
identificazioni: [v1 , v2 ] = [p0 , p1 ] , [v0 , v2 ] = [p0 , p2 ] , [v0 , v1 ] = [p1 , p2 ]
(e, di conseguenza, [v0 ] = [p0 ] = [v1 ] = [p1 ] = [v2 ] = [p2 ])
p2
v0 = p0
ZV ZP
(a, b)
( a + b , a b , a + b )
(, , )
Z[v0 ]
7
per k 3 ;
H2 (C ) = ker 2
H1 (C ) =
ker1
Im2
Z[v , v ]
0 1
Z[v0 , v2 ] Z[v1 , v2 ]
h(1, 1, 1)i
= ZZ
H0 (C ) = Z[v0 ]
Z ).
x R3 ||x|| = 1
k = h
Sia una relazione dequivalenza di tipo simpliciale e sia / linsieme delle classi dequivalenza. Inoltre, denotiamo con C (/ ) il complesso
(43.1) . . . Cn
Cn1
n1
. . . C2
C1
C0
56
Esercizio 43.2. Si verifichi che la successine (43.1) `e effettivamente un complesso (cio`e che n1 n = 0, n).
Si noti che una faccia di un simplesso astratto `e anchessa un simplesso astratto. Che la relazione sia di
tipo simpliciale significa che possiamo identificare solo simplessi (= facce) della stessa dimensione (= numero
vertici meno uno) e che se identifichiamo due k-simplessi (che essendo insiemi ordinati sono in naturale
corrispondenza biunivoca), allora identifichiamo anche ogni faccia del primo con la corrispondente faccia del
secondo.
Naturalmente, poiche possono essere equivalenti solo simplessi della stessa dimensione, la relazione si
fattorizza in una relazione
dequivalenza su ogni n (essendo questo linsieme degli n simplessi) e possiamo
S
scrivere / = n n / .
(Presi ordinatamente dei punti u0 , ..., un Rn non contenuti in alcun iperpiano, linsieme convesso D che
li contiene si identifica in modo naturale con (S), a questultimo diamo la topologia indotta da D tramite
questa identificazione. Chiaramente questa topologia non dipende dalla scelta degli ui ).
Def. 44. Lo spazio topologico ottenuto considerando lunione disgiunta dei simplessi (S )
ed attaccando le facce che sono in relazione secondo la relazione dequivalenza di tipo simpliciale lo chiamiamo spazio topologico associato ai dati ({S }, , ) , o pi`
u brevemente,
-complesso.
Precisazione 44.1. Due facce della stessa dimensione, in quanto marcate dallordine dei vertici, sono canonicamente omeomorfe, attaccarle significa attaccarle secondo tale omeomorfismo, i.e. significa quozientare
lunione disgiunta per la relazione che identifica punti che si corrispondono tramite lomeomorfismo (Def. 0, 2).
Nota 44.2. Naturalmente c`e un abuso di linguaggio nellusare il termine -complesso sia per indicare la
sequenza di morfismi (43.1) che lo spazio topologico della definizione (44). Daltro canto, trattandosi di oggetti
associati agli stessi dati e considerato che di certo non si corre il rischio di confonderli...
Osservazione 44.3. Poiche si considerano insiemi ordinati e le facce sono definite scrivendo i vertici nellordine
in cui compaiono nel simplesso iniziale, linterno di ogni faccia si immerge omeomorficamente nel -complesso
(def. 44). In altri termini, non pu`
o accadere che, effettuate le identificazioni, una faccia risulti attaccata a se
stessa in modo non banale. Questa propriet`
a `e cruciale ai fini del Teorema (45).
Inciso 44.4. Naturalmente, volendo costruire spazi topologici, si possono considerare simplessi e si possono
attaccare le loro facce in modo arbitrario. Ci si pu`
o chiedere perche la definizione (43) mette in gioco un
ordinamento dei vertici e perche poi la definizione (44) consente un unico modo di attaccare due facce (quello
che rispetta tale ordinamento). Ecco la risposta: i) ci`o non `e sostanzialmente restrittivo; ii) si evita di
appesantire il discorso ed il proliferare di notazioni; iii) un approccio che consentisse incollamenti arbitrari
non sarebbe funzionale.
Entriamo nel dettaglio di quanto appena affermato. Sia X uno spazio topologico ottenuto considerando
simplessi (S ) ed attaccando le facce in modo arbitrario (date due facce, si considera una qualsiasi corrispondenza biunivoca dei vertici delluna coi vertici dellaltra, quindi si attaccano secondo lomeomorfismo
associato a tale corrispondenza). Avendo in mente quali facce attaccare, `e sostanzialmente sempre possibile
ordinare i vertici degli S di partenza in modo che tutti gli incollamenti rispettino lordine (in altri termini,
57
che la relazione associata agli incollamenti sia come richiesto nella definizione (43), cio`e compatibile), dove
sostanzialmente sempre possibile significa che qualora ci`o non sia possibile, lo diventa a meno di suddividere
i vari (S ). Il punto ii) `e evidente. Quanto al punto iii), consentendo incollamenti arbitrari non varrebbe
pi`
u il Teorema (45), o meglio, volendo che valga questo Teorema, dovremmo comunque assumere delle ipotesi
sulla geometria dei simplessi S in questione, o in alternativa suddividerli!
Teorema 45. Sia X lo spazio topologico come nella definizione (44). Il complesso C /
`e un sottocomplesso del complesso C (X). Inoltre, linclusione induce isomorfismi canonici
Hn (X)
= Hn C (/ ) , n .
Dimostrazione. Dimostreremo il Teorema solamente nel caso che ci interessa: quello dove / `e un insieme
finito. Assumiamo che la collezione degli S che definisce X sia finita e ragioniamo per induzione sulla
cardinalit`
a di / , che denotiamo con N (X). Un simplesso (S) privato di un punto interno si retrae al
-complesso delle sue facce. Sia dunque X il -complesso ottenuto da X privato di un punto interno ad
un simplesso di dimensione massima e sul quale si sia effettuata la retrazione di cui sopra. Si ha N (X ) =
N (X) 1, naturalmente non affermiamo nulla sul numero degli S , che pu`
o anche crescere: ad esempio un
triangolo T ha #S = 1 ed N (T ) = 7 (oltre a T , ci sono i suoi tre lati ed i suoi tre vertici) mentre il suo
perimetro T (ci`
o che si ottiene retraendo T privato di un punto interno) ha #S = 3 ed N (T ) = 6.
Per ipotesi induttiva possiamo assumere che X soddisfi la tesi (la base dellinduzione essendo banale). Sia
/ linsieme dei simplessi di X . Abbiamo uninclusione di complessi di catene C ( / ) C (/ )
(le cui omologie sono rispettivamente lomologia dei -complessi di X e quella di X ). A questo punto,
osservando che X si ottiene da X attaccandovi una n-cella, la tesi segue dallipotesi induttiva e dal confronto
dellinclusione di cui sopra con la successione esatta della coppia (X, X ). Non entriamo nel dettaglio di questo
confronto, confronto che si riduce alla relazione dellomologia di uno spazio con quella dello spazio ottenuto
attaccandovi una n-cella, questultima `e la relazione (50.1) enunciata e dimostrata nella prossima sezione.
58
T
a
T
b
-complesso
complesso simpliciale
(nelle due figure a destra non abbiamo disegnato le identificazioni dei lati del quadrato grande, ma ci sono!)
Nel caso a sinistra, nessuno dei due 2-simplessi si immerge nel Toro;
nel caso al centro, i singoli simplessi si immergono nel Toro ma ci sono molte coppie di triangoli che
condividono due vertici pur non avendo in comune il lato che li collega, ad esempio, i triangoli T e T , nel
Toro (i.e. dopo le identificazioni), condividono i vertici a e b pur non condividendo il lato che li collega;
che in effetti non `e neanche univocamente determinato, essendo ed distinti, entrambi di vertici {a, b}.
Sottolineiamo che la coppia {a, b} non individua un lato, essendo {a, b} la coppia dei vertici sia di che
di .
Oss. 48. Visto che i complessi simpliciali sono -complessi, anche per essi vale il Teorema (45):
se X `e un complesso simpliciale,
la sua omologia simpliciale `e canonicamente isomorfa alla sua omologia singolare.
59
Omologia cellulare.
Come primo passo, calcoliamo lomologia di una coppia (W, X) dove W si ottiene attaccando ad X dei
dischi lungo la loro frontiera (lemma 50.3 sotto). Ricordiamo la notazione, per n 0, poniamo
Dn = {x Rn | || x || 1} ,
S n = {x Dn+1 | || x || = 1} ,
i : S n Dn+1 ,
e n (S n )
n H
e n (S n )
(disco di dimensione n, sfera di dimensione n, inclusione S n Dn+1 , generatore canonico di H
= Z,
n
cfr. Def. 30.4). Ricordiamo che lomologia ridotta della sfera S `e Z in grado n ed `e nulla negli altri gradi
(Proposizione 30 e nota 30.1).
Se attacchiamo un disco Dn (n 1) ad uno spazio topologico
X tramite una funzione : S n1 X
`
n
n
a una identificazione
(cfr. 0, def. 5), la funzione caratteristica : D X D d`
`
(50.0)
Dn S n1
= X Dn X
`
Poiche X `e un retratto di deformazione di un suo intorno aperto in X Dn (non importa chi `e X , quanto
asserito
segue dal fatto che il disco privato dellorigine Dn r{0}
` si ritrae alla sua frontiera e che, naturalmente,
`
X Dn r {0} `e un intorno aperto di X), la coppia (X Dn , X) soddisfa le ipotesi del Corollario (28).
Di conseguenza, tenuto conto del fatto che Dn /S n1 `e omeomorfo alla sfera S n si ottiene
`
`
Z, k = n
n
n
n
n1
n
e
e
e
(50.1) Hk (X D , X) = Hk (X D X) = Hk (D /S
) = Hk (S ) =
0 , k 6= n
(Cor. 28)
(50.0)
(30.8)
Lemma 50.3.
(50.3 )
Hk X
n
D ,
L
k = n
k 6= n
(nellomologia della coppia, abbiamo una copia di Z in grado n per ogni n-disco attaccato).
Inciso. Fissato un indice ,
corrispondentemente abbiamo uninclusione Z Z e una proiezione
Z Z canonici, questi possono essere visti come morfismi indotti in omologia da funzioni tra coppie:
` n
L
` n
` n
D , X
induce
Z
Z
D
D , X X
X
(
=
dove consideriamo X
Dn ,
n
D
, X
6=
6=
n
6=
Dn come sottospazio di X
Dn , X
induce
Osservazione. Come conseguenza della (50.3 ), la successione esatta della coppia d`a delle
identificazioni (i.e. degli isomorfismi naturali)
` n
D
= Hk (X) ,
k 6= n1, n .
(50.4)
Hk X
60
Quanto visto sopra si applica perfettamente al caso dei CW-complessi. Sia dunque X un
CW-complesso. Consideriamo il diagramma
Hn+1 X n+1 , X n
(50.5)
n+1
Hn X n
n y
d n+1
Hn X n , X n1
n y
Hn1 X n1
Hn X n+1
dn
n1
Hn1 X n1 , X n2
dove ognuna delle tre successioni (due orizzontali e una verticale) `e la successione esatta della coppia ivi
visualizzata ed i morfismi diagonali sono definiti in modo che il diagramma commuti.
Quello scritto in diagonale `e un complesso, infatti dn dn+1 = ... (n n ) ... = 0 (i due morfismi al
centro sono morfismi consecutivi di una stessa successione esatta della coppia). Il seguente Teorema (52) ci
dice che tale complesso calcola lomologia di X .
dn+1
Hn X n , X n1
d
n Hn1 X n1 , X n2 ...
Teorema 52. Sia X un CW-complesso. Lomologia del complesso cellulare Cell (X) `e
canonicamente isomorfa allomologia singolare dello spazio X :
Hn Cell(X)
= Hn (X) .
Dimostrazione. Risulta
Hn (X)
Hn (X n+1 )
=
(1)
cokern+1
(2)
=
(5)
Hn (X n )
n+1 [...]
=
(3)
n (Hn (X n ))
Im dn+1
=
(6)
ker n
Im dn+1
=
(7)
=
(4)
n (Hn (X n ))
n (n+1 [...])
ker (n1 n )
Im dn+1
=
(8)
ker dn
Im dn+1
Hn (X)
Hn (X n+r )
()
Hn (X n+1 ) ,
r 1.
La () segue iterando la (50.4), sottolineiamo che vale per ogni r 1. Di conseguenza, almeno nel caso
in cui X ha dimensione finita si ha luguaglianza Hn (X) = Hn (X n+1 ). In effetti, poiche i simplessi sono
compatti, ogni catena `e supportata su un qualche scheletro, come pure ogni bordo in X `e il bordo di una
catena supportata su un qualche scheletro. Tenendo conto di ci`o, si prova luguaglianza desiderata anche nel
caso di complessi di dimensione infinita (per esercizio).
La veridicit`a delle uguaglianze da (2) a (8), tenendo presente che righe e colonne del diagramma sono esatte,
segue direttamente dal diagramma stesso (convincersene, per esercizio).
Il gruppo Hn (X n , X n1 ) `e il gruppo abeliano libero generato dalle n-celle. Infatti, la (50.2) ci dice che
Hn (X n , X n1 )
Z ,
(abbiamo una copia di Z per ogni n-cella). Daltro canto questi gruppi sono i gruppi che compaiono nel
61
dn1
Z n n Z n1 Z n2 . . . Z 3 3 Z 2 2 Z 1 1 Z 0 ,
Suggerimento: si scrivano le due espressioni come somme che coinvolgono nuclei e immagini dei vari di (come
step preliminare, pu`
o essere utile, sebbene non indispensabile, verificare che il risultato vale su Z se e solo se
vale su R, cos` da ridursi a gestire spazi vettoriali).
Esempio 56. Lo spazio proiettivo complesso Pn (C) si ottiene dallo spazio Pn1 (C) incollando un 2n-disco.
Partendo da P0 (C) = {pt} ci`
o d`
a una sua possibile realizzazione come CW-complesso:
k-scheletro
{pt}
k =
{pt}
P1 (C)
P1 (C)
P2 (C)
4
P2 (C)
5
... Pn (C)
2n
In questo caso nella successione (53) si alternano il gruppo Z col gruppo zero, i morfismi sono necessariamente
tutti nulli e di conseguenza si ha
(
Z per k pari da 0 a 2n
n
Hk P (C)
0 altrimenti
Inciso 57. Per sfruttare pienamente la (53) abbiamo bisogno di dire chi sono i morfismi dn in termini di celle
e morfismi di incollamento. Se indichiamo con : Sn1 X n1 il morfismo di incollamento relativo alla
n-cella (cfr. 0, def. 5 e def. 6, utilizziamo le notazioni ivi utilizzate), abbiamo quanto segue:
il generatore corrispondente alla n-cella Dn va tramite dn nellimmagine del generatore di Sn1
tramite il morfismo indotto in omologia da .
In termini tecnici, questo risultato si traduce in una formula inevitabilmente pesante (cfr. lemma 60 sotto);
sostanzialmente segue dal diagramma (50.5). Vediamo subito qualche esempio che, oltre ad essere interessante
di per se, ci aiuti a comprenderlo.
62
Esempio 58. Nel caso della superficie compatta C2 di genere 2 realizzata come CW-complesso come
nellesempio 0, 8 (utilizziamo le stesse notazioni ivi utilizzate), la successione (53) `e la successione
d =0
Z
(grado 2)
d =0
(grado 1)
(grado 0)
Secondo il principio affermato nellinciso, limmagine del generatore in grado 2, i.e. d2 (1), `e lelemento (I),
dove I denota il generatore di S 1 (frontiera della 2-cella) e il morfismo di incollamento sull1-scheletro.
Quanto allincollamento della 2-cella abbiamo = , di conseguenza (I) = 0 Z4 , questo perche il
cammino che percorre il bordo della 2-cella `e il cammino 1 1 1
1
2 2 1
1
(la notazione
1
1
2
2
`e sempre quella in 0, 8, cfr. figura) che, in omologia, `e nullo (i vari termini si cancellano).
La stessa cosa avviene per i quattro generatori 1 , 1 , 2 , 2 di Z4 : ognuno di questi manda i due estremi
e (S 0 )) in o o = 0 H (X 0 ) per cui d1 = 0. Essendo d e d
di D1 in o, ovvero 0 (generatore di H
0
0
2
1
morfismi nulli si ottiene
H2 (C2 ) = Z ,
H1 (C2 ) = Z4 ,
H0 (C2 ) = Z .
Naturalmente, in modo del tutto analogo si ottiene H2 (Cg ) = Z , H1 (Cg ) = Z2g , H0 (Cg ) = Z (per esercizio,
convincersene).
Esempio 59. Nellesempio 0, 8 e inciso 0, 9 abbiamo visto due possibili realizzazioni del piano proiettivo
reale come CW-complesso: quella dove si attacca il disco ad S 1 usando la sequenza 2 e quella dove si attacca
il disco ad un bouquet di due S 1 usando la sequenza . Utilizzando come al solito le stesse notazioni ivi
utilizzate, quanto allincollamento della 2-cella nel primo caso abbiamo (I) = 2 , ovvero d2 = 2, mentre
nel secondo caso abbiamo (I) = , ovvero d2 = (2, 2). Quanto allincollamento dello 1-scheletro allo
0-scheletro (che nel primo caso `e costituito da un punto o mentre nel secondo caso da una coppia di punti
{o, p}), nel primo caso 7 o o, e nel secondo 7 p o, 7 o p (si faccia un disegno, nel primo
caso di un poligono con due lati, nel secondo di un quadrato, e si disegnino le identificazioni). In definitiva,
nei due casi lomologia cellulare viene calcolata dalle successioni
Z
1
Z
7 2
1
Z
1
Z2
(2, 2)
Z2
= (1, 0)
7
7
(1, 1)
= (0, 1)
(1, 1)
Coerentemente col Teorema (52), calcolando lomologia cellulare delle due realizzazioni del piano proiettivo reale come CW-complesso si arriva sempre allo stesso risultato, che `e il risultato che gi`a conosciamo
(cfr. esempio 40):
H0 P2 (R) = Z .
H1 P2 (R) = Z2 ,
H2 P2 (R) = 0 ,
Tornando al caso generale, diamo una formula che risponde al nostro proposito (cfr. inciso 57) di dire chi sono
i morfismi dn in termini di celle e morfismi di incollamento.
`
`
Lemma 60 (del bordo cellulare). Sia X un CW -complesso, X n = X n1 Dn e X n1 = X n2 Dn1 .
Posto Qn := Dn Sn1 e Qn1 := Dn1 Sn2 , modulo le identificazioni
Hn X n , X n1
= Hn
Qn
= Z
Hn X n1 , X n2
dn :
n celle
e risulta
(dn ),
= Hn1
Qn1
= Z
n1 celle
X n1 Qn1
deg Sn1
(n.b. gli spazi Sn1 = Frontiera(Dn ) e Qn1 = Dn1 /Sn1 sono entrambi n 1 sfere), dove q `e il
morfismo che contrae tutto tranne la n 1 cella corrispondente allindice , i.e. contrae il complementare
63
Dimostrazione (cenno). Si deve studiare come opera il morfismo dn := n1 n (cfr. diagramma 50.5). Un
generatore di Hn (X n , X n1 )
= Z `e rappresentato da una catena a valori in una n-cella Dn . Tale
, tramite il morfismo di incollamento n , va nel ciclo in Hn1 (X n1 ) rappresentato da (attenzione,
non siamo pi`
u X n , in X n1 quello indicato non `e detto che sia un bordo), cfr. nota (A2, 9.1). Daltro
canto si fattorizza per Sn1 (frontiera della nostra cella Dn ), del quale per quanto visto nella sezione
sullomologia della sfera ne rappresenta il generatore dellomologia. Il morfismo tramite il quale Sn1 va
in X n1 `e il morfismo di incollamento . Infine, calcolare limmagine di nella n1-cella di indice
significa applicare q .
Esempio 61. Lo spazio proiettivo reale Pn (R) pu`
o essere realizzato attaccando una cella in ogni dimensione
(fino ad n):
X 0 = {p} (un punto);
..
.
`
X k = X k1 Dk ,
S k1 Dk
Pk1 (R)
= X k1
..
.
Il complesso Cell Pn (R) della realizzazione di cui sopra di Pn (R) come CW-complesso `e il complesso
dn =
(61.1)
2, n pari
0, n dispari
d =2
d =0
d =2
d =0
. . . Z 4 Z 3 Z 2 Z 1
(grado n)
(grado 0)
q
deg S k1 Pk1 (R) Pk1 (R) Pk2 (R) .
(
= S k1 )
La restrizione di q alla k 1 cella aperta di Pk1 (R) `e un omeomorfismo sullimmagine (che chiameremo A) e
la composizione q contrae lequatore di S k1 ed identifica le due k 1 sfere ottenute come risultato di tale
contrazione. Per calcolare il grado di q possiamo prendere un punto y A e, posto {x1 , x2 } = (q)1 (y),
calcolare i gradi locali deg(q )|x1 e deg(q )|x2 . La funzione q `e un omeomorfismo locale sia in x1
che in x2 = x1 (per cui, in entrambi i punti avr`
a grado 1). Resta da capire quali sono i valori corretti.
Poiche `e invariante per antipodalit`
a (e lantipodalit`
a scambia x1 con x2 ), si deve necessariamente avere
deg(q )|x1 = deg(Id ) deg(q )|x2 . Daltro canto per la (31.6) si ha deg(Id ) = (1)k1+1 . In
definitiva, dk = 2 per k pari e dk = 0 per k dispari.
Il fatto che per k pari risulti effettivamente dk = 2 (e non 2) `e, in certo senso irrilevante: che sia dk = 2 o
dk = 2 lomologia del complesso non cambia. Si tenga peraltro presente che i gruppi del nostro complesso
cellulare sono i vari gruppi ciclici Gk = Hk (X k , X k1 ), il fatto che per k pari il morfismo dk porti il
generatore di Gk nel doppio del generatore di Gk1 dipende da come sono stati scelti i generatori.
64
Naturalmente, lo studente che non avesse ancora incontrato il prodotto tensoriale, pu`
o assumere la descrizione
di cui sopra come definizione del complesso delle catene a coefficienti in G.
Nota 65.1. Le definizioni ed i risultati visti nelle sezioni precedenti continuano ad essere validi per lomologia a
coefficienti in G (funtorialit`
a e passaggio modulo omotopia dei morfismi indotti in omologia, risultati sulle suddivisioni dei simplessi, successioni di Mayer-Vietoris e della coppia, escissione eccetera). Anche il Teorema (45),
losservazione (48) ed il Teorema (52) continuano a valere: lomologia dei -complessi, lomologia simpliciale,
lomologia cellulare e lomologia singolare, tutte a coefficienti in G, coincidono. Al fine di provare quanto
affermato basti osservare che nelle varie dimostrazioni non si utilizza mai il fatto di lavorare con coefficienti
in Z. Attenzione: come dimostrano le considerazioni che seguono, quanto appena affermato non significa che
tensorizzando i gruppi domologia con G si ottiene lomologia a coefficienti in G!
Consideriamo lesempio del piano proiettivo reale. Se tensorizziamo il complesso C (X) (cfr. 40 ) con Z2 ,
ovvero uno dei due complessi Ccell (X) dellesempio (59), si ottiene il complesso
C (X; Z2 )
:=
C (X) Z2 ,
:=
Cell (X) Z2 ,
Ricordando che per complessi di catene liberi tensorizzare con Z2 significa sostituire le varie copie di Z
con altrettante copie di Z2 , il complesso C (X; Z2 ) `e sempre il complesso (40 ), ma con i vari generatori
nel gruppo Z2 (idem per Ccell (X; Z2 )). Calcolando lomologia di uno qualsiasi dei complessi in questione e
tenendo presente che le varie teorie omologiche coincidono (nota 65.1), si ottiene
H0 C (X; Z2 )
H1 C (X; Z2 )
(66)
H2 C (X; Z2 )
= Z2
= Z2 ,
= Z2 ,
(lasciamo la verifica come facile esercizio, che consigliamo di fare almeno nel caso pi`
u semplice, quello del
primo dei due complessi nellesempio 59).
Dalla (66) si evince che il gruppo H2 (C (X; Z2 )) (che `e Z2 ) non coincide con il gruppo H2 (X) Z2 (che `e il
gruppo zero). Daltro canto il complesso C (X; Z2 ) si definisce esclusivamente a partire dal complesso C (X),
questo potrebbe suggerire che questultimo complesso possa contenere dellinformazione non rilevabile dal mero
dato dellomologia a coefficienti interi; ma non `e cos`, lomologia a coefficienti in G pu`
o effettivamente essere
recuperata dallomologia a coefficienti interi (teorema dei coefficienti universali 67). Ciononostante lavorare
con coefficienti pu`
o avere dei vantaggi dovuti al fatto che, in un certo senso, linformazione `e organizzata in
maniera diversa.
Il gi`a citato teorema dei Coefficienti Universali (A2, 34), formula che esprime lomologia a coefficienti in G
di un complesso di catene, in termini dellomologia a coefficienti interi, `e un risultato di algebra omologica
(cfr. A2, 34). Per comodit`
a enunciamo cosa ci dice nel caso del complesso delle catene dei simplessi singolari
di uno spazio topologico X :
65
Formula di K
unneth
La formula di K
unneth esprime lomologia del prodotto di due spazi topologici in termini
delle omologie dei singoli spazi.
Teorema 70. Siano X ed Y due spazi topologici. Ci sono un isomorfismo naturale
(70.1)
Hn (X Y )
= Hn C (X) C (Y )
0
Hi (X) Hj (Y ) Hn (X Y )
i+j = n
p+q = n1
Tor Hp (X), Hq (Y ) 0
Il complesso C (X) C (Y ) viene definito nellappendice di algebra omologica (cfr. A2, 35).
unneth:
Dimostrazione. Lisomorfismo (70.1) `e la parte topologica della formula di K
i complessi di catene
C (X Y )
C (X) C (Y )
Questo risultato non lo dimostriamo, ci limitiamo a dare lidea della costruzione che c`e sotto: dati due simplessi
singolari : i X e : j Y si considera : i j X Y , triangolando i j si
ottiene una i + j catena in X Y ; si ottiene cos` un morfismo di complessi C (X) C (Y ) C (X Y )
che risulta essere unequivalenza omotopica di complessi di catene, ne segue che anche il primo dei due calcola
lomologia dello spazio X Y .
La successione esatta segue dalla parte algebrica della formula di K
unneth, i.e. la successione esatta del
Teorema (A2, 36)
L
L
Hi (C ) Hj (D ) Hn (C D )
Tor Hp (C ), Hq (D ) 0 ,
0
i+j = n
p+q = n1
66
3.
Coomologia.
Partendo da uno spazio topologico X , si considera il complesso di catene dei simplessi singolari (cfr. 2, 2)
n+1
(C (X), ) :
(che `e un complesso di catene libero, i.e. costituito da gruppi abeliani liberi) e, fissato un gruppo abeliano G,
si pu`
o considerare il complesso duale a valori in G (cfr. A2, 42)
C (X; G), d
(1)
:=
(Hom(C (X), G),
dn1
dn
. . . C n1 (X; G) C n (X; G)
C n+1 (X; G)
:=
:=
:=
Hom(Cn1 (X), G)
Hom(Cn (X), G)
Hom(Cn+1 (X), G)
. . .
Di questultimo se ne pu`
o calcolare la coomologia (cfr. A2, 43). Si d`
a la definizione che segue:
Il Teorema dei coefficienti universali (A2, 45) ci dice che c`e una successione esatta naturale
j
q
(2)
0 Ext Hn1 (X), G H n(X; G) Hom Hn (X), G 0
In appendice A2 viene dimostrato il Teorema e viene data una descrizione dettagliata dei morfismi j e
q. Per comodit`
a, ricordiamo alcuni punti cruciali. Quanto al morfismo q, una n-classe di coomologia `e
rappresentata da una funzione , definita sulle n-catene, che va a zero tramite dn , ovvero che svanisce sugli
n-bordi (= Imn+1 ). La sua immagine q() `e quella stessa funzione vista come funzione definita sulle classi
di omologia (n-cicli modulo n-bordi). Poiche ogni morfismo definito sugli n-cicli si estende alle n-catene, il
morfismo q `e suriettivo. Daltro canto pu`
o accadere che il morfismo q non sia iniettivo: gli n-cocicli che
hanno immagine nulla in Hom(Hn (X), G), possono essere un po di pi`
u degli n-cobordi (cfr. A2, 43.1, 45.2
e dimostrazione del Teorema 45).
Praticamente tutti i risultati visti in omologia valgono anche in coomologia. Vediamone i principali.
(3.1) Una funzione continua f : X Y tra spazi topologici induce un morfismo di complessi
f : C (Y ; G) C (X; G) ,
f () := (f )
che commuta con loperatore di cobordo d e pertanto induce dei morfismi in coomologia
f :
H n (Y ) H n (X)
f
(g f )
= f g ,
(g f ) = f g ,
(3.3) Data uninclusione j : A X , dualizzando la successione esatta corta di complessi di catene (2, 23.1)
si ottiene la successione esatta corta di complessi di cocatene
0
C (X, A; G)
(:=
C (X; G)
C (A; G)
(si provi lesattezza, per esercizio). Per linciso (A2, 3) ed il lemma (A2, 9) c`e una successione esatta
lunga in coomologia chiamata successione esatta lunga della coppia in coomologia
... H n (X, A; G)
67
(3.5) Nelle ipotesi del Teorema di Escissione (2, 27), i.e. data una coppia (X, A) e dato Z soddisfacente
H n (X, A; G)
H n (X r Z, A r Z; G)
0
(:=
C (A; G) C (B; G) C (A B; G) 0
Hom(CU(X), G))
Questa, induce una successione esatta lunga in coomologia (inciso A2, 3 e lemma A2, 9):
. . . H n (X; G) H n (A; G) H n (B; G) H n (A B; G) H n+1 (X; G) . . .
dove abbiamo potuto omettere la dipendenza dal ricoprimento U (primo e quarto termine) grazie
allequivalenza omotopica dei complessi di cocatene C U (X; G) C (X; G) ottenuta dualizzando
lequivalenza omotopica della Proposizione (2, 15)).
Per il Teorema dei coefficienti universali, linformazione racchiusa nella coomologia (che a priori `e determinata
dal complesso di catene ma non dalla sua omologia) pu`
o essere recuperata dallomologia. Il fatto che tale
informazione sia organizzata in maniera leggermente diversa rende la coomologia pi`
u funzionale, e consente di
definire unutile struttura aggiuntiva in modo naturale.
Consideriamo coefficienti in un anello commutativo R (siamo interessati esclusivamente agli anelli che seguono:
R = Z, Zp , Q, R, C). Osserviamo che C (X; R) ha una naturale struttura di R-modulo. (Lipotesi che
R sia un anello commutativo non `e necessaria ai fini della definizione di prodotto cup ne ai fini della maggior
parte delle affermazioni che faremo).
ponendo
` : Cr+s (X)
P
ni i
R
ni ([e0 , ..., er ]i ) ([er , ..., er+s ]i )
dove C r (X; R), C s (X; R), e0 , ..., er +s sono i vertici del simplesso standard r+s , i i sono
r + s simplessi singolari, i vari [ ... ]i sono simplessi singolari definiti dalla notazione (2, 13.1), il prodotto
denota il prodotto in R.
` utile osservare, una volta per tutte, che risulta
Nota 4.1. Il prodotto cup `e associativo. E
(1 ` ... ` m )() =
1 ([e0 , ..., er1 ] ) 2 ([er1 , ..., er1 +r2 ] ) ... ,
P
ri
i C (X; R), `e un
ri simplesso singolare.
Nota 4.2. Dalla definizione appare evidente che il prodotto cup `e distributivo, o meglio R-lineare in ognuno
dei due argomenti: fissato uno dei due argomenti, il prodotto cup `e un morfismo di R-moduli nellaltro
argomento, i.e. le due funzioni - ` : 7 ` e ` - : 7 ` sono morfismi di R-moduli.
Nota 4.3. Il prodotto cup `e compatibile con i morfismi indotti: data f : Y X e date , come
sopra, si ha
f ` f = f ( ` )
d( ` )
d ` + (1)r ` d .
` sufficiente verificare che le cocatene ai due lati delluguaglianza agiscono allo stesso modo
Dimostrazione. E
sugli r+s+1 simplessi singolari. Si ha d( ` ) () = ( ` )() = ... = d ` + (1)r ` d ()
(lasciamo i dettagli per esercizio).
68
Come corollario del Lemma (5) si deduce che il prodotto cup `e ben-definito in coomologia:
Cor./Def. 6. C`e unapplicazione ben definita, sempre indicata come prodotto cup,
`
: H r (X; R) H s(X; R)
H r+s(X; R)
(, )
Dimostrazione. Se e sono cocicli (i.e. hanno cobordo nullo), dalla (5.1) segue la relazione d( ` ) = 0,
i.e. che ` `e anchessa un cociclo. Se oltre ad essere cocicli una delle due `e un cobordo, e.g. = d,
allora ` = (d) ` = d( ` ), i.e. ` `e un cobordo (stessa cosa se `e ad essere un cobordo).
Naturalmente il prodotto cup in coomologia eredita tutte le propriet`
a del prodotto cup definito a livello di
rappresentanti, (cfr. note 4.1, 4.2 e 4.3). Date f : Y X , e come sopra, la (4.3) assume la forma
f ` f
(7)
f ( ` ),
(1)
rs
`.
dove T `e la trasformazione definita ponendo T () = [es+1 , ..., er+s , e0 , ..., es ] (ricordiamo che =
[e0 , ..., er+s ] , cfr. 2, 13.2). Entrando nella combinatoria della trasformazione T si ottiene luguaglianza
T = (1)rs (questo
conto lo omettiamo), quindi si deduce la tesi: ( ` )() = ( ` ) T () =
( ` ) (1)rs .
Oss./Def. 9. Dato uno spazio topologico X e due interi k m, si definisce il prodotto cap
ponendo
Cm (X) C k (X)
Cmk (X)
(9.1)
( )
7
([v0 , ..., vk ] ) [vk , ..., vm ]
dove = [v0 , ..., vm ] (cfr. notazione 2, 13.1). Naturalmente la definizione si intende estesa
alle m-catene per linearit`a. Il prodotto cap soddisfa la formula
(9.2)
( )
(1)k ( d)
Come funzione a valori in Hmk (X), il prodotto cap `e ben definito a livello di classi di omologia
e coomologia, i.e. induce un morfismo
(9.3)
Hm (X) H k (X)
Hmk (X)
69
f ()
f ( f )
70
4.
Variet`
a Topologiche.
Assumiamo che chi legge abbia un minimo di familiarit`a con la nozione di variet`a topologica. Per comodit`a ricordiamo la definizione: una variet`a topologica di dimensione n `e uno
spazio topologico di Hausdorff dove ogni punto ammette un intorno U omeomorfo ad Rn , un
omeomorfismo : U Rn si chiama carta locale.
Lipotesi che lo spazio sia di Hausdorff serve ad escludere dalla definizione alcune patologie, il tipico esempio
n
`e quello di una copia di Rn con un punto doppio (cio`e lo spazio
` chen si ottiene nconsiderando due copie di R
n
ed identificandole ovunque eccetto che in un punto, i.e. R
Id R , U = R r {p} (cfr. 0, 5).
U
Orientazione.
Iniziamo con alcune considerazioni concernenti Rn (n 1). Per ogni p D n Rn esistono degli isomorfismi
naturali
Z, k = n
n1
n
n
n
e
e
) =
(1)
Hk (R , R r {p}) = Hk1 (R r {p}) = Hk1 (S
0 , k 6= n
dove: il primo `e dato dalla successione della coppia; il secondo dalla retrazione di deformazione di Rn r {x}
su S n1 (cfr. 1, 2.7); il terzo dal calcolo dellomologia della sfera (della quale, per k = n, ne `e stato dato il
generatore canonico). Naturalmente, quanto sopra si estende a p Rn arbitrario: `e sufficiente considerare
un disco pi`
u grande. In particolare, dati due punti in Rn , c`e un isomorfismo naturale tra i corrispondenti
gruppi di n-omologia locale. Per utilizzi futuri, `e utile osservare che tale isomorfismo si caratterizza in quanto
composizione degli isomorfismi indicati
Hn (Rn , Rn r B)
(1.1)
Hn (Rn , Rn r {p})
Hn (Rn , Rn r {q})
Detto in altri termini, abbiamo un criterio che consente un confronto immediato dei gruppi di omologia
locale in due punti distinti p, q Rn : due elementi p Hn (Rn , Rn r {p}) e q Hn (Rn , Rn r {q}) si
corrispondono se provengono da uno stesso elemento in un qualche Hn (Rn , Rn r B)
= Z (B come sopra).
Sia ora X una variet`
a topologica di dimensione n 1, x X un punto e : U Rn una carta locale
intorno ad x (i.e. `e un omeomorfismo soddisfacente (x) = 0). Abbiamo degli isomorfismi
(1.2)
Hn (X, X r {x})
Hn (U, U r {x}) Hn (Rn , Rn r {0})
Z
=
=
(cor. 2, 29)
(cfr. 1)
Lisomorfismo dipende dalla carta locale ed i due isomorfismi esistenti a priori sono ottenibili entrambi,
per cui il gruppo domologia locale Hn (X, X r {x}) (def. 2, 29.1) non ha un generatore canonico. Diamo
la seguente definizione.
Definizione 2. Sia X una variet`
a topologica di dimensione n 1 ed x X un punto.
Unorientazione locale di X in x `e la scelta di un generatore del gruppo di omologia locale Hn (X, X r{x});
due orientazioni locali ox ed oy si dicono concordi relativamente alla carta locale : U Rn (che si
assume contenga i punti x ed y), se risulta ox = oy . In questo caso scriveremo
ox oy
luguaglianza ox = oy `e da intendersi via lisomorfismo canonico (1.1) Hn (Rn, Rn r {(x)})
=
Hn (Rn, Rn r {(y)}) .
71
Quanto osservato sopra (cfr. 1.1 e successiva considerazione), si traduce nel criterio che segue:
Criterio 2.1. Data X come sopra, : U Rn carta locale, x, y U ,
(
esistono B U con (B) = disco Rn , Hn (U, U r B)
ox oy
(x)
(y)
tali che ox = j () , oy = j ()
dove j (x) denota linclusione di coppie j (x) : (U, U rB) (U, U r{x}) (e j (y) `e analoga).
e linsieme delle coppie (x, o ), essendo o unorientazione locale in x. Consideriamo la
Inciso 2.2. Sia X
x
x
corrispondente proiezione naturale 2:1
2:1
e := (x, ox ) ox orientazione locale in x
X
: X
1 (U ) = U + U , U + := {(x, ox ) | x U, ox = 1
:= {(x, ox ) | x U, ox = 1
(1)}, U
(1)}
dove 1 denota il generatore canonico di H n (Rn , Rn {p}), per ogni p. Naturalmente, 1 denota il suo
opposto.
Esercizio 2.3. Si verifichi che i), ii) e iii) sono equivalenti. (Suggerimento: i) ii) `e banale, provare
che ii) iii) e che iii) i) di fatto si riduce a verificare che linciso 2.2 definisce effettivamente un
rivestimento di variet`
a soddisfacente le propriet`
a ivi indicate). Si osservi che come corollario immediato si
e X `e un rivestimento banale, i.e. X
e `e unione disgiunta
deduce che X `e orientabile se e solo se : X
e sia sconnessa).
di due copie di X (ci`
o, nel caso in cui X `e una variet`
a connessa, equivale a che X
Osserviamo quanto segue.
(2.4) Dalla ii) segue immediatamente che ogni aperto di Rn `e orientabile (per esercizio).
(2.5) Dalla i) segue facilmente che il nastro di M
obius non `e orientabile:
2
Nella figura (che abbiamo ripetuto due volte per chiarezza), il 2-simplesso
(vertici ordinati come indicato), genera un opportuno H2 (U, U rB) con
U carta locale e B palla contenente i due punti e . Lo stesso vale
per per una qualche carta locale V . Nonostante ci`
o, e definiscono
la stessa orientazione sul punto e orientazioni opposte sul punto
(si osservi come gira il percorso 012 intorno ai due punti e
...nella figura a destra si faccia attenzione alle identificazioni: si guardi ).
Ne segue che se le orientazioni locali dei due punti e sono concordi relativamente ad una delle due
carte locali (U e V ), necessariamente non lo sono rispetto allaltra.
In (1) abbiamo fissato degli isomorfismi, va da se che sono quelli che si utilizzano per definire lorientazione
canonica di Rn :
= Z
e `e orientabile (sempre).
Proposizione 3. Sia X una variet`a topologica. La variet`a X
72
Classe Fondamentale.
Sia X una variet`a topologica di dimensione n 1. Esiste un rivestimento naturale di
variet`a topologiche
e om.loc. :=
X
(x, x ) x Hn (X, X r {x})
(4)
y
X
e om.loc. `e solo
Per quel che concerne la struttura di rivestimento topologico delloggetto introdotto (a priori X
un insieme), la costruzione `e di fatto quella gi`a vista nellinciso (2.2). In effetti possiamo osservare subito che
insiemisticamente risulta
cN
c N
dove ox denota un generatore dellomologia locale in x e le varie unioni sono unioni disgiunte (abbiamo una
e per ogni c N ). Questa scrittura ci consente di
copia di X, che corrisponde a x = 0, ed una copia di X
e om.loc. come unione disgiunta di rivestimenti, quindi di vederlo come rivestimento topologico.
vedere linsieme X
e om.loc. :
Naturalmente possiamo essere diretti nellintrodurre la struttura topologica di X
se : U Rn `e una carta locale, scriviamo
(4.2)
1 (U ) = {(x, m) | m Z} = U Z ,
()
n
n
m := 1
(m) , m Hn R , R r {p} = Z
Hn (U, U r B)
H (X, X r B) ,
H (V, V r B) n
n
U V U B
x,
(=: Ux )
(U carta locale, B disco in U ), diagramma fornito dallescissione, si evince che le due carte locali, o meglio
le due strutture di rivestimento banale 1 (U ) = U Z e 1 (V ) = V Z, inducono la stessa struttura di
(4.5) localmente, e.g. in B (B disco U carta locale), le sezioni di sono definite dagli elementi
Hn (U, U r B): un tale definisce la sezione locale x 7 (x, j (x) ()), dove j (x) : (U, U r B)
(U, U r {x}) denota linclusione di coppie.
73
ii) Hi (X, X r K) = 0 ,
tale che
jK, x () = sx , x K
i > n.
La notazione usata `e la seguente: sx `e definito da s(x) = (x, sx ), j K, x `e linclusione di coppie (X, X rK)
(X, X r {x}) e jK, x : Hn (X, X r K) Hn (X, X r {x}) il morfismo indotto in omologia in grado n.
Dimostrazione. Lidea `e quella di provare il lemma per gradi: lo si prova
Step 1. per K = B, disco in una qualche carta locale U ;
Step 2. per K = Bi , unione finita di dischi e punti, tutti in una qualche carta locale U ;
Step 3. per K U , compatto, sempre in una qualche carta locale U ;
Step 4. per K arbitrario.
Lo step 1 `e banale. Gli step 2 e 4 si provano allo stesso modo: per induzione sul numero degli elementi
dellunione, la successione di Mayer Vietoris mostra che se il lemma (sia i) che ii)) vale per due compatti e
la loro intersezione, allora vale anche per la loro unione. Quanto allo step 3, la ii) `e evidente e per quel che
concerne lesistenza di in i) `e sufficiente considerare un disco che contenga K . Per provare lunicit`a di un
elemento Hi (X, X r K) come in i), si ricopre K con dei dischi che non intersecano il supporto del
bordo di , con ci`
o ci si riconduce alla tesi dello step precedente.
i n.
Dimostrazione. Procediamo per assurdo. Se esiste una classe non nulla in Hi (X), scelto un rappresentante
e posto K = supporto(), siamo in grado di trovare un aperto U K , con U anchesso compatto.
Affermiamo che la tesi segue dal lemma e dal diagramma
0
=
(i n)
Hi (U, )
.
(T := U r U )
Hi (X)
74
75
Dualit`
a di Poincar
e.
Sia X una variet`a topologica compatta, connessa, orientata, di dimensione n. Scriviamo
la classe fondamentale, o meglio una n-catena che la rappresenti, nella forma
P
(8.1)
[X] =
ni [v0 , ..., vn ]
(cfr. notazione 2, 13.1)
i
Si ha che esiste un morfismo ben definito (cfr. Oss./Def. 3, 9), detto morfismo di dualit`a:
(8.2)
D : H k (X; Z)
Hnk (X; Z)
[X]
:=
Teorema 9 (Dualit`
a di Poincar
e). Sia X come sopra. Il morfismo D `e un isomorfismo.
Questo risultato non lo dimostriamo. In estrema sintesi, lidea di base della dimostrazione consiste nel procedere
per induzione sugli aperti di un ricoprimento in carte locali. La formalizzazione di questa idea richiede un po
di lavoro:
k
i) si introduce una nuova teoria coomologica, la cosiddetta coomologia a supporto compatto Hcomp
(X; Z);
k
ii) si introduce un morfismo di dualit`
a Dc : Hcomp
(X; Z) Hnk (X; Z);
2k + 1
(X) = 0 .
(i.e. `
e dispari)
P
Dimostrazione. Nellespressione (X) =
(1)i i (X), i termini (1)i i (X) e (1)n1 ni (X) si cancellano, per ogni i. Infatti, per la dualit`
a di Poincare si ha
i (X) = ni (X) , i .
76
(13)
( ` ) ([X])
l
:= [X]
Hnk (X; Z)
( = ([X])
= () )
()
( ) ,
(questultima segue dalle definizioni 3, 4 e 9.1, la si verifichi per esercizio). Quanto osservato ci dice che la
composizione alla prima riga del diagramma (13), cio`e la forma bilineare f[X] ` , non `e altro che la forma
B : Hnk (X; Z) H
(13.1)
nk
(X; Z)
()
B (-, ) = 0 .
(i.e. m 1 | m = 0)
Infatti, la prima parte `e la suriettivit`a del morfismo q che appare nella successione esatta 3, 2, per G = Z
(teorema dei coefficienti universali in coomologia). Quanto alla seconda parte, la successione esatta
3, 2, ci
dice anche che B (-, ) = 0 se e solo se appartiene allimmagine del gruppo Ext Hh1 (X), Z , gruppo
che, per il lemma 11, coincide col suo sottogruppo degli elementi di torsione. Ne segue che anche gli elementi
provenienti da tale Ext debbano essere elementi di torsione.
Come gi`a osservato, la forma bilineare B = f[X] ` (diagramma 13, prima riga), non `e altro che la forma
B . Quindi soddisfa anchessa la propriet`
a (13.2). Alla luce delluguaglianza ` = ` (3, 8), dove il
segno dipende solo da k ed n k, le propriet`
a (13.2) scritte per gli indici k e k = n k danno la proposizione
che segue.
Proposizione 14. Sia X una variet`a topologica compatta, connessa, orientata, di dimensione n. La forma bilineare
(14.1)
B :
f[X]
`e unimodulare.
Z
` ([X])
Ci`o significa che soddisfa la (13.2) sia nel primo che nel secondo argomento: ogni funzione lineare nel primo
argomento (a valori in Z) `e del tipo B(-, ), ogni funzione lineare nel secondo argomento `e del tipo B(, -)
e, inoltre, B(-, ) (ovvero B(, -)) `e identicamente nulla se e solo se (ovvero ) `e di torsione.
Def. 15. Il prodotto duale di Poincare della forma (14.1), ovvero la forma bilineare
(15.1)
deg
H0 (X; Z)
deg ( )
77
e,
17
Qui, non chiediamo che siano chiuse in X. Naturalmente saranno localmente chiuse.
78
A1.
Ogni gruppo contenente un dato insieme S conterr`a espressioni del tipo 1 1 ... k k ,
i S , ji Z . Per definizione, il gruppo libero su S `e il gruppo di tali espressioni modulo
` opportuno
esclusivamente le relazioni necessarie, cio`e del tipo i j = i+j e 0 = 1. E
essere pi`
u precisi:
Sia S un insieme. Consideriamo espressioni formali, che chiameremo S-parole, del tipo
(1)
= 1 1 ... k k ,
i S ,
ji Z
(non si richiede che i vari i , detti lettere, siano distinti, si considera anche la parola vuota).
(1.1) lintero k N si chiama lunghezza di (lespressione vuota ha lunghezza zero);
(1.2) il prodotto di S-parole si definisce nella maniera ovvia, cio`e ponendo
1j1 ... kjk 11 ... hh
:= 1j1 ... kjk 11 ... hh
1 ,
... ,
m1 ,
m =
dove le S-parole i e i+1 sono collegate da un passo elementare, i.e. una delle due si ottiene dallaltra
tramite una riduzione elementare, per i = 1, ..., m 1.
A partire dalle S-parole, ci sono due modi equivalenti di definire il gruppo libero su un insieme S (cfr. def. 2
e oss. 4).
Def. 2. Il gruppo libero su S `e il gruppo delle classi dequivalenza di S-parole col prodotto (1.2).
` chiaro che effettivamente si sia definito un gruppo:
E
(2.1) il prodotto di S-parole (1.2) `e associativo nonche compatibile con la relazione dequivalenza (1.5);
(2.2) lelemento neutro `e la S-parola vuota e linverso della S-parola 1j1 ...kjk `e la S-parola kjk ...1j1 .
Il lemma che segue ci permette di comprendere chi sono gli elementi di tale gruppo (cosa non affatto chiara a
priori) nonche ha come corollario il fatto che il gruppo delle classi di equivalenza di S-parole appena introdotto
di fatto coincide con il gruppo libero su S cos` come viene introdotto nellosservazione (4).
Lemma 3. Ogni classe di equivalenza di S-parole ha un unico rappresentante minimale.
Dimostrazione. Data una S-parola consideriamo la riduzione da destra, che denoteremo con rdx (),
definita dallalgoritmo seguente: se `e minimale non si fa nulla e lalgoritmo termina, se non lo `e si effettua
la riduzione elementare pi`
u a destra, quindi si itera questa procedura (lalgoritmo termina perche la lunghezza
della parola diminuisce ad ogni passo). Due S-parole equivalenti e sono, per definizione, collegate da una
sequenza come nella (1.5), assumendo che siano minimali si deve avere una catena di uguaglianze di S-parole
= rdx () = rdx (0 ) = rdx (1 ) = ... = rdx (m1 ) = rdx (m ) = rdx ( ) =
Le uguaglianze = rdx() e = rdx( ) seguono da come `e definita la riduzione da destra, le altre uguaglianze
seguono dal fatto che le riduzioni da destra di due parole collegate da un passo elementare coincidono (questo
si verifica facilmente considerando i vari casi possibili, lo lasciamo come facile, ma non banale, esercizio).
Osservazione 4. Si pu`
o considerare il gruppo MS delle S-parole minimali, essendo il prodotto definito
dalla ricetta che segue: si scrive lespressione a destra della (1.2) e la si riduce fino a renderla minimale (se
gi`a minimale, la riduzione consister`
a nel non fare nulla). Quanto appena introdotto `e non ambiguo ed `e un
79
gruppo. Infatti:
(4.1) partendo da un prodotto di due S-parole minimali, leventuale riduzione di cui sopra `e univocamente
determinata (essendo le due S-parole minimali, potr`
a esserci qualcosa da ridurre solo a partire dal loro
punto di contatto);
(4.2) il prodotto descritto `e associativo (questo non `e totalmente ovvio, ma si dimostra facilmente);
(4.3) elemento neutro e inversi (cos` come nella 2.2) hanno senso nel mondo delle parole minimali.
Come gi`a accennato, quanto appena visto d`
a un modo equivalente di definire il gruppo libero su S : il lemma (3)
di fatto ci dice che il morfismo naturale che ad una S-parola minimale associa la sua classe dequivalenza, `e
un isomorfismo da MS al gruppo libero su S cos` come definito nella def. (2).
Il gruppo libero su S , che denotiamo con Free(S), `e caratterizzato dalla seguente propriet`a
universale:
(5)
G
ed f : S G , !
fe : Free(S) G
.
(gruppo)
(funzione)
a di un tale fe `e immediata: si deve avere fe (1j1 ... kjk ) = g1j1 ... gkjk , essendo
Dimostrazione. Lunicit`
gi := f (i ). Quanto allesistenza, si definisce fe su tutte le S-parole usando la formula indicata, quindi si
verifica che la definizione `e ben posta (basta ragionare con parole che differiscono per una riduzione elementare).
La funzione ottenuta `e chiaramente moltiplicativa. In alternativa, per chi preferisce la definizione di gruppo
libero data nellosservazione (4), si definisce fe sulle S-parole minimali (sempre usando la formula indicata),
quindi si verifica che `e moltiplicativa.
n 7 n
Non si richiede che i vari i siano distinti, si considera anche la parola vuota.
A parte lassenza degli esponenti (che qui `e non necessaria perche i vari G sono gruppi), valgono considerazioni
analoghe a quelle viste nel caso del gruppo libero su un insieme:
(7.1) la definizione `e ben posta (cfr. (2.1) e (2.2));
`
(7.2) ogni elemento g
S G ammette un unico rappresentante minimale (cfr. lemma (3)).
Avvertenza. Il prodotto libero di gruppi, in generale, non `e un gruppo libero (il prodotto libero di gruppi
liberi lo `e).
Il prodotto libero di due gruppi H e G lo denoteremo con H G . Occasionalmente useremo anche le
notazioni
G1 ... Gk (prodotto libero dei gruppi indicati) e Gk (prodotto libero di k copie di G)
80
Esempio 8. Sia S un insieme e, per ogni elemento S , sia Z una copia di Z. C`e un isomorfismo
naturale
`
Z
Free(S)
S
`
(definito dalla propriet`
a universale (4) applicata ad f : S
Z , 7 1 Z). Ci`o rende possibile
vedere la definizione di gruppo libero su un insieme come caso particolare della definizione di prodotto libero
di gruppi: `
si definisce il prodotto libero di gruppi quindi si introduce il gruppo libero su un insieme come il
prodotto
Z.
`
Oss. 9. Per ogni c`e uninclusione canonica di gruppi i : G
G , g 7 g (allelemento g G
si associa lespressione formale costituita dal solo elemento g).
(10)
i y
G H
Def. 11. Il gruppo abeliano libero su un insieme S `e il gruppo delle somme formali
k
P
i=1
ni i ,
i S ,
ni Z
(14)
(gruppo abeliano)
f : S G
(funzione)
fe : S Z G
81
cardinalit`
a(S )
Le propriet`
a (15.3) e (15.4) non sono cos` ovvie come si potrebbe pensare. Per la dimostrazione e approfondimenti rimandiamo lo studente ad un corso di algebra.
Esercizio. Si dimostri la (15.3) per il gruppo Zn e si dimostri la (15.4) nellipotesi che S sia un insieme
finito.
Lesistenza di insiemi massimali indipendenti `e garantita dal lemma di Zorn (da applicarsi al sottoinsieme,
dellinsieme delle parti di G, i cui elementi sono gli insiemi indipendenti), grazie alla (15.4) due insiemi
massimali indipendenti hanno la stessa cardinalit`
a e, di conseguenza, la definizione che segue risulta ben
posta.
:=
82
A2.
Algebra Omologica.
Imf
(immagine di f )
cokerf
(conucleo di f )
i+1
i
. . . Ci+1 Ci
Ci1 . . .
Hn (C )
ker n
Im n+1
Gli elementi in Im n+1 vengono chiamati n-bordi, quelli in ker n vengono chiamati n-cicli.
Nota 2.2.
Inciso 3. Nel complesso (1.1) gli indici decrescono, per questa ragione parliamo di complesso discendente di
catene. Se gli indici crescono parliamo di complesso ascendente di cocatene e gli indici vengono posti in alto:
di1
i
C i+1 . . .
. . . C i1 C i
ker dn
In questo caso si definisce la coomologia del complesso C ponendo H n (C ) = Im dn1 . Il prefisso co sta
a sottolineare che si tratta di un complesso ascendente, si user`a tale prefisso anche nellindicare gli elementi di
kerdn (cocicli) e quelli di Imdn1 (cobordi). Naturalmente, tutti i risultati di questo paragrafo valgono anche
per i complessi ascendenti.
Def. 4. Una successione di morfismi si dice esatta se limmagine di ogni morfismo coincide
col nucleo del successivo.
83
Ad esempio, la successione (1.1) `e esatta se risulta keri = Imi+1 , i (i.e. C ha omologia nulla). In
particolare:
f
0 B C D 0
viene chiamata successione esatta corta.
Esercizio 4.2. Si verifichi che per la successione esatta corta della definizione (4.1) ci sono delle identificazioni
naturali
B = ker g e D = coker f
(in particolare, il primo dei due morfismi al centro `e iniettivo ed il secondo `e suriettivo).
Notazione 5. Si pu`
o considerare C come oggetto graduato Cn dotato di un endomorfismo (=morfismo
in se stesso) : C C di grado 1 di oggetti graduati (in generale, un oggetto graduato `e una somma
diretta di oggetti indicizzati da un intero e un morfismo di oggetti graduati si dice di grado d se gli oggetti
di grado k vengono mandati in quelli di grado k + d). Si osservi che la condizione i i+1 = 0, i si
riassume nella formula = 0.
n+1
n1
n+1
n1
n
. . . Cn+1 Cn
Cn1 Cn2
f
f
f
f
yn
y n2
y n+1
y n1
n
. . . Dn+1 Dn
Dn1 Dn2
...
...
fy
yf
B B
84
Dimostrazione. Che gli f siano ben definiti segue dallosservazione (7): per la (i), se un elemento in Cn
rappresenta una classe domologia, i.e. ha bordo nullo, anche la sua immagine f () ha bordo nullo, ovvero
rappresenta una classe in Hn (D ); per la (ii), se ed rappresentano la stessa classe, ovvero differiscono
per un bordo, anche le loro immagini differiscono per un bordo. Che siano morfismi segue dal fatto che, essendo
f un morfismo, gi`
a a livello di rappresentanti viene rispettata loperazione di gruppo.
Una propriet`a evidente (di fatto tautologica), ma fondamentale, dei morfismi indotti in
omologia `e la funtorialit`a:
(8.2)
(g f ) = g f ,
IdC = IdH (C )
dove f : C D e g : D E sono morfismi di complessi ed Id sta per identit`a.
Esercizio 8.3. Sia i : C D uninclusione di complessi di catene. Provare che se ogni classe in Hn (D )
ammette un rappresentante Cn , allora il morfismo indotto i : Hn (C ) Hn (D ) `e suriettivo.
Non vale un risultato analogo per liniettivit`
a: nel caso dellesempio a lato, pur
essendo nelle ipotesi dellesercizio (inclusione di complessi di catene dove ogni
classe di omologia del codominio ammette un rappresentante nel dominio), il
morfismo indotto in omologia non `e iniettivo.
0 Z
Z 0
Id
Id
Z 0
Avendo a disposizione la nozione di morfismo di complessi (cfr. def. 6), possiamo parlare di successioni di
complessi. Il lemma che segue mette in relazione i gruppi di omologia dei complessi di una successione esatta
corta di complessi.
... Hn (B ) Hn (C ) Hn (D ) Hn1 (B )
...
Dove `e il morfismo di incollamento definito sotto (9.1). In termini estesi, la successione () `e un enorme
diagramma commutativo
..
..
..
.
.
.
y
y
y
Cn+1
Bn1 Cn1
y
y
..
..
.
.
dove ogni riga `e esatta e dove le colonne sono complessi.
Bn+1
Bn
Cn
Dn+1
Dn1
y
..
.
Dn
Nota 9.1. Il morfismo , detto morfismo di incollamento, `e definito come segue: data una classe in Hn (D )
si sceglie un rappresentante d Dn (con d = 0), questo si solleva a c Cn , vi si associa c Cn1 ,
questultimo (che soddisfa c = c = d = 0) si solleva a b Bn1 , di tale b se ne prende la classe
domologia. Lultimo sollevamento, essendo iniettiva, `e unico; quanto alla scelta del rappresentante d e del
sollevamento d
c, una scelta differente conduce ad un risultato finale b con b b Bn , cio`e con b e
85
La dimostrazione del lemma (9) si riduce ad una serie di verifiche, lesattezza nei vari punti della successione.
Ad esempio, lesattezza in Hn (C ) , che `e luguaglianza Im = ker in grado n, per quanto concerne
linclusione segue dalluguaglianza = 0 (e dalla funtorialit`a), mentre per quanto concerne linclusione
si deve lavorare un po di pi`
u:
[c] ker = d Dn+1 | d = (c) = c Cn+1 | c c ker
(1)
= b Bn | (b) = c c e b = 0 = [c] Im
(2)
C /B
(ci si convinca del fatto che la proiezione naturale sia effettivamente un morfismo di complessi di catene).
Conseguentemente si pu`
o scrivere la successione esatta lunga in omologia data dal lemma (9):
Hn (C ) Hn (C /B ) Hn1 (B )
... Hn (B )
...
J Hom 1 (C , D ) J + J = f g
In termini pi`
u estesi, unomotopia di complessi `e una collezione di morfismi jn come nel diagramma
...
...
Cn+1
f yyg
Dn+1
n+1
jn
n+1
Cn
f yyg
Dn
n
jn1
Cn1
f yyg
Dn1
n1
jn2
n1
Cn2
f yyg
Dn2
...
...
= fn gn , n .
Lomotopia di morfismi di complessi di catene `e una relazione dequivalenza. Inoltre, `e compatibile con la
composizione, questa seconda affermazione si traduce nella seguente implicazione
(10.2)
E ,
f omotopo g,
h omotopo t
h f omotopo t g
La dimostrazione delle due affermazioni `e un conto, la lasciamo per esercizio. Si osservi che come corollario
immediato si deduce che se f : C C `e omotopicamente banale, i.e. f omotopo IdC , allora anche le
potenze di f sono omotope allidentit`
a di C .
Come gi`a osservato, un morfismo di complessi induce morfismi in omologia (cfr. 8.1). Vale il seguente risultato
fondamentale:
f = g : Hn (C ) Hn (D ) , n .
86
a su D .
a su C e IdD = identit`
Come al solito, Id sta per identit`
a, per cui IdC = identit`
Osservazione 12.1. Come accade in casi del genere, se f ha un inverso sinistro h ed un inverso destro
h , allora si deve avere
h = h IdD h (f h ) = (h f ) h IdC h = h e, di conseguenza,
f h f h IdD , h f h f IdC
(usiamo la 10.2). In altri termini, se esistono sia inversi omotopici sinistri che destri, allora coincidono gli uni
con gli altri. Il conto appena fatto ci dice anche che linverso omotopico di un morfismo di complessi `e unico
a meno di omotopia di complessi: se h ed h sono inversi omotopici di f , allora sono omotopi (`e gi`a scritto
nel rigo in evidenza).
(IdC ) = IdH
n (C )
f h
(Thm 11)
(IdD ) = IdH
n (D )
(Thm 11)
(che lidentit`
a su un complesso induca lidentit`
a in omologia `e ovvio).
...
Hn (C ) Hn (C /B )
... Hn+1 (C /B )
Hn (B )
Lequivalenza tra i) e ii) pu`
o essere dimostrata sia direttamente che passando per la i ).
Che la iii) implichi le altre ce lo dice il Teorema (11). La cosa pi`
u difficile `e provare il viceversa: cio`e, assumendo
la ii), definire un morfismo : C B in modo che vi siano delle equivalenze omotopiche IdC e
u facile, quello dove il complesso B `e il complesso nullo: in questo caso si
IdB (si inizi col caso, pi`
dovr`
a provare che se C `e esatto allora IdC 0).
87
Lemma (dei cinque) 15. In un diagramma come quello indicato, avente righe esatte,
0 A
0 A
C 0
se due morfismi verticali (non importa quali dei tre) inducono isomorfismi in omologia, anche il rimanente
morfismo induce un isomorfismo in omologia. Ad esempio, se e sono isomorfismi, anche `e un
isomorfismo.
` sufficiente applicare il lemma dei cinque al diagramma commutativo
Dimostrazione. E
... Hn (A )
... Hn (A )
Hn (B )
Hn (B )
y
y
y
(dove le righe sono le successioni esatte lunghe relative alle due righe del diagramma dato).
Concludiamo questa sezione con dei risultati, in parte proposti come esercizio, che ci saranno utili in seguito.
Esercizio 16. Si verifichi che data una successione esatta A B C D E , c`e una successione
esatta corta
0 coker C ker 0 .
Esercizio 17. Si consideri una successione esatta corta di gruppi abeliani
(17 )
0 .
i1
C
l
=
BD
0 .
Definizione 17.1. Una successione esatta corta che soddisfi una (tutte) le condizioni di cui sopra si dice che
spacca.
Esempio 17.2. Se D `e un gruppo abeliano libero, la successione (17 ) spacca. Infatti, in questo caso `e
sufficiente fissare una base di D e definire s : D C scegliendo preimmagini degli elementi della base ed
estendendo linearmente.
Esempio 17.3. La successione esatta
due gruppi siano gruppi liberi).
0 Z Z Z2 0
88
(18.1)
AB
h (a + a ) b a b a b , a (b + b ) a b a b i
dove h ... i sta per sottogruppo generato da .... Per gli elementi del prodotto tensoriale si usa la notazione
a b (per abuso di notazione, nella 18.1 abbiamo usato questa stessa simbologia per i generatori del prodotto
tensoriale).
Se V e W sono spazi vettoriali su un campo K si d`
a una definizione analoga:
P
i (vi wi ) i K, vi V, wi W
{
(18.2)
V K W
h (v+v ) w (v w) (v w) ,
v (w+w ) (v w) (v w )i
G
Funtorialit`
a. Un morfismo di gruppi abeliani f : A B induce un morfismo A G
BG
naturale. Ci`o rende la tensorizzazione funtoriale: fissato un gruppo abeliano G, risulta
(19)
(g f ) IdG
(g IdG ) (f IdG ) ,
IdA IdG
IdAG
il prodotto tensoriale con un gruppo abeliano G porta complessi di catene in complessi di catene
Infatti, se C `e un complesso di catene, risulta (IdG )(IdG ) = ()IdG = 0 (cfr. def. 1 e notazione 5).
Daltro canto la tensorizzazione con G non conserva lesattezza, in effetti non mantiene liniettivit`
a dei morfismi, ad esempio, pur essendo Z Q un morfismo iniettivo, il morfismo associato Z Z2 Q Z2
non lo `e (ne potrebbe esserlo, visto che Z Z2 = Z2 mentre Q Z2 = 0). In ogni modo,
(19.2)
iId
Id
G
G
A G
B G
C G 0
`e esatta
(G arbitrario);
i
Id
G
G
la successione 0 A G
B G
C G 0 `e esatta (G libero).
Questi due risultati non sono difficili, per quel che riguarda la (19.2) rimandiamo ad un testo di algebra.
Dimostrazione (della 19.3). Un gruppo abeliano libero `e una somma diretta di copie di Z, daltro canto la
tensorizzazione commuta con le somme dirette. Questo permette di ridursi al caso dove G = Z (caso che `e
banale, essendo la tensorizzazione con Z, di fatto, lidentit`
a).
89
Def. 20. Sia A un gruppo abeliano. Una risoluzione libera L = L (A) `e una successione
esatta
L
3
2
1
... L3
L2
L1
L0 A 0
0 R F
(20.1)
A 0
(operativamente, sia per la costruzione di che per la costruzione dellomotopia tra e si procede
per induzione). Detto ci`
o si conclude facilmente: scambiando i ruoli di L e L deve esistere un morfismo
Def. 22. Siano A e B gruppi abeliani, sia inoltre L una risoluzione libera di A. Si pone
Tor(A, B)
:=
H1 (L B)
ker (1 IdB )
image (2 IdB )
La definizione `e ben posta, ovvero il gruppo Tor(A, B) non dipende dalla risoluzione L scelta. Infatti,
essendo il prodotto tensoriale con B funtoriale, a due risoluzioni L e L (necessariamente omotopicamente
equivalenti per il lemma 21), corrispondono complessi di catene L B e L B anchessi omotopicamente
equivalenti, che pertanto hanno gruppi di omologia isomorfi (cfr. Teorema 11 e Corollario 14).
:=
0
1
0.
L0
... L3 L2 L1
90
Tor 0 (A, B), risulta Tor 0 (A, B) := H0 (L B) = F B/Im(RB) = AB dove lultima uguaglianza segue
dallesattezza a destra, precisamente dallesattezza della successione R B F B A B 0 (`e
interessante osservare che dallesattezza di questa successione segue lo svanimento H0 (L B) = 0, per cui
se si usasse il complesso L invece del complesso L , in grado zero si otterrebbe il gruppo nullo). Essendo la
risoluzione (20.1) nulla nei gradi i 2, risulta Hi (L B) = 0 per i 2. Riassumendo:
Tor 0 (A, B) = A B ,
Tor(Zm , B) = ker B B
Suggerimento: Per la (23.1), si applichi alla (20.1) il fatto che la tensorizzazione con G mantiene lesattezza
m
(cfr. 19.3). Per la (23.2), si tensorizzi con B la risoluzione libera 0 Z Z Zm 0 , quindi
si applichi la definizione (22.1).
Stabiliamo ora alcune conseguenze elementari della teoria svolta.
Id
B
0 Tor(A, B) R B
F B A B 0
Dimostrazione. Il gruppo R `e libero in quanto sottogruppo di F che `e libero per ipotesi (A1, 15.3), ne segue
che quella data `e una risoluzione libera di A. Lesattezza della (24.1) segue dallesattezza a destra (19.2) e
dalla definizione stessa di Tor(A, B) (cfr. 22.1).
In particolare, se A `e un gruppo abeliano libero, si pu`
o prendere F = A ed R = 0 (e nella 24.1 si ha
R B = 0). Pertanto:
(24.2)
Tor(A, B) = 0
(se A `e un gruppo abeliano libero).
Corollario 25. Tensorizzando con un gruppo abeliano arbitrario G una successione esatta di gruppi abeliani
liberi
Ln Ln1 ... L2 L1 L0 0
si ottiene una successione esatta (in particolare, ci`o vale anche per le successioni dove a sinistra c`e il gruppo
nullo!).
o essere interpretata come troncamento al grado n di una risoluzione
Dimostrazione. Quella indicata, pu`
libera del gruppo nullo (omotopa alla successione nulla per il lemma 21), la tensorizzazione con G ne conserva
lesattezza per il ragionamento che segue la definizione 22 (oppure, se preferite, perche se L = L `e una
risoluzione libera del gruppo nullo, si deve avere Hi L G = Tor i (0, G) = 0, i).
Sebbene la definizione non sia simmetrica, dati due gruppi abeliani A e B c`e un isomorfismo naturale
(26)
Tor(A, B)
= Tor(B, A)
Dimostrazione. Consideriamo risoluzioni libere generatori/relazioni di A e di B, rispettivamente
0 RA FA A 0
0 RB FB B 0 .
Tensorizzando la risoluzione di B con RA e con FA , per la (19.3) si ottengono due successioni esatte
0 RB RA FB RA B RA 0
0 RB FA FB FA B FA 0 .
Queste due successioni esatte possono essere scritte nel diagramma che segue
91
RB RA
RB FA
FB RA
y
FB FA
B RA
y
B FA
RB A FB A B A 0
ker
(
= Tor(A, B))
(= 0)
(essendo il morfismo di incollamento). Per quel che concerne i risultati tra parentesi, i morfismi e sono
iniettivi in quanto si ottengono tensorizziamo a sinistra : RA FA (che `e un morfismo iniettivo) con un
gruppo libero, inoltre risulta
:=
Tor(A, B)
ker = ker B RA B FA
= ker RA B FA B
(22.1)
ker
ker
Tor(B, A)
dove lisomorfismo segue dallesattezza della (26.1), ed `e naturale in quanto dato dal morfismo di incollamento ,
luguaglianza segue dalla definizione stessa di Tor(B, A) .
Alla luce dellisomorfismo (26), la (23.1) e la (24.2) sono le due facce di una stessa medaglia: Tor(A, B) = 0
se uno dei due gruppi in questione `e libero. In effetti vale un risultato pi`
u forte:
(27)
Tor(A, B) = 0
92
(28)
G := IdG )
G,
)
non
`e altro che il complesso
G
P
ottenuto considerando le espressioni del tipo
ni i con gli ni in G invece che in Z, essendo loperatore di
bordo G definito tramite :
P
P
dato S ,
se =
ci i , ci Z, i S ,
si pone G (g) =
ci g i
entrambi col bordo indotto da C , quindi nullo. Poiche Zn := kern , c`e una successione
esatta corta di complessi19
(29)
Di conseguenza, abbiamo una successione esatta lunga in omologia con le caratteristiche indicate:
0
... Hn+1 (B )
(29.1)
= Bn
Hn (Z )
Hn (C )
= Zn
Hn (B )
= Bn1
(inclusione naturale)
i.e.:
() il morfismo di incollamento `e linclusione naturale degli n-bordi negli n-cicli; i `e suriettiva; = 0.
Dimostrazione. Le uguaglianze scritte nellultima riga seguono dal fatto che Z e B hanno entrambi bordo
nullo (in generale, i gruppi di omologia di un complesso avente bordo nullo coincidono con i gruppi del complesso
stesso). Per come `e definito il morfismo di incollamento (nota 9.1), si deve prendere un n-bordo, sollevarlo
ad una catena tramite (morfismo nella 29), quindi prenderne di nuovo il bordo, cio`e tornare al bordo di
partenza! Infine vedere questultimo come ciclo. La suriettivit`a di i segue dalla definizione di omologia.
Essendo la successione (29.1) esatta, la relazione = 0 segue dalla suriettivit`a di i .
Come conseguenza delle propriet`
a (), la successione esatta lunga (29.1) si spezza in successioni esatte corte
(29.2)
Bn
Zn
Hn (C )
Fin qui non abbiamo scoperto nulla di nuovo: dalla (29.2) ritroviamo la definizione di omologia Hn (C ) =
Zn /Bn . Il punto `e che quanto visto ci serve sia da guida che da termine di confronto, volendo ripetere il
discorso lavorando con coefficienti.
19
Attenzione! sebbene come successione di gruppi abeliani spacchi, il complesso C in generale non ha bordo nullo, di conseguenza
e somma diretta dei due complessi ai lati Z e B .
non `
93
Tensorizzato la successione (29) col gruppo G, questa resta esatta (perche C `e libero e sottogruppi di gruppi
liberi sono anchessi liberi), di conseguenza si ottiene la successione
G
0 Z G C G
B G
(30)
n1
Hn (B G) ...
... Hn+1 (B G) n Hn (Z G) Hn (C G)
= Bn G
= Zn G
= Bn1 G
u tramite il morfismo
Questa volta le cose non vanno bene come prima: il morfismo G non si fattorizza pi`
nullo, cosa che invece accadeva per (cfr. 29.1). Ciononostante siamo in grado di interpretare i vari termini
della successione esatta corta
(31)
Hn (C G)
ker n1 0
0 coker n
associata alla (30.1) (cfr. esercizio 16). Linterpretazione ce la fornisce il lemma che segue.
Lemma 32. Si ha
coker n = Hn (C ) G ,
ker n1 = Tor Hn1 (C ), G .
Nota 33. Ricordiamo dalla sezione precedente che dati due gruppi abeliani H e G, e data una qualsiasi
i
risoluzione libera 0 R F H 0 di H , si definisce
Tor(H, G)
:=
ker(i IdG : R G F G)
Bn G n Zn G Hn (C ) G 0 .
n1
0 Hn (C ) G
Tor Hn1 (C ), G
Hn (C G)
94
La formula di K
unneth in algebra omologica.
Def. 35. Siano (C , ) e (D , ) due complessi di catene liberi. Si definisce il complesso
C D ,
ponendo
L
(C D )n =
Ci Dj , (i j ) = i j + (1)i i j
i+j = n
(i Ci , j Dj , la definizione viene estesa per linearit`a). Si verifica facilmente che risulta ()() = 0,
per cui quello introdotto `e effettivamente un complesso.
Nota. I gruppi C e D sono gruppi abeliani graduati, in particolare sono gruppi abeliani, per cui ha
perfettamente senso considerare il gruppo C D , la definizione serve solo a dotarlo di una graduazione e di
un endomorfismo di grado 1 che lo rende un complesso (cfr. Notazione 5).
Teorema 36. Dati due complessi di catene liberi (C , ) e (D , ) c`e una successione
esatta naturale
L
L
0
Hi (C )Hj (D ) Hn (C D )
Tor Hp (C ), Hq (D ) 0
i+j = n
p+q = n1
95
D C B 0
0 D C B 0
q
Nellipotesi che B sia un gruppo abeliano libero, lipotesi che la successione spacchi `e automaticamente
verificata (cfr. esempio 17.2).
Dimostrazione. Effettuiamo le varie verifiche.
kerq = 0 : q () = 0 = q = 0 = = 0 (perche q `e suriettiva);
Imq kerf : 0 = 0 = (q f ) = f q ;
e
Imq kerf : data kerf si definisce (b)
= (c) , c q 1 (b)
(ben definita perche (c c ) = 0 se c q 1 (b)).
Quanto sopra dimostra la i). Resta da provare che se esiste s : B C soddisfacente q s = IdB e
f `e iniettiva, allora f `e suriettiva. Dato un morfismo : D G si vuole estenderlo ad un morfismo
e : C G. A tal fine, dato C si definisce e() = ( sq) (poiche q( sq) = q qsq =
q IdB q = 0, si ha sq D).
Come conseguenza della funtorialit`
a (40.2), loperatore Hom(-, G) porta complessi discendenti (di catene)
in complessi ascendenti (per questo detti di cocatene). Infatti, nelle notazioni della (40.2), se g f = 0, si
ha f g = (g f ) = 0 (nel caso dei complessi, dopo aver applicato Hom(-, G) la composizione di due
morfismi successivi continua ad essere nulla).
n+1
n
. . . Cn+1 Cn
Cn1 . . .
20
96
:=
H n Hom(C , G)
=
(inciso 3)
ker dn
.
Im dn1
Cn
() Imn ,
Inoltre, se `e una n-cocatena che si annulla sugli n-cicli, allora induce un morfismo su ker
n =
di conseguenza esiste un morfismo definito sugli n 1 bordi soddisfacente la relazione = n . Se
tale morfismo si estende ad un morfismo definito sulle n 1 catene, allora Im dn1 . Riassumendo,
Im dn1 `e costituito dalle n-cocatene che si annullano sugli n-cicli e che, viste tramite () come morfismi
sugli n 1 bordi (= Imn ) si estendono alle n 1 catene.
In perfetta analogia con quanto accade nel caso del prodotto tensoriale con un gruppo G, inteso come funtore
che ad un gruppo abeliano H associa il gruppo H G, vale un teorema dei coefficienti universali per il funtore
Hom(-, G). Prima di procedere introduciamo i gruppi Ext(A, G) .
Def. 44.
Siano A e G gruppi abeliani, sia inoltre L una risoluzione libera di A
(cfr. def. 20). Si pone
ker d1
Ext(A, G) := H 1 Hom(L , G)
=
image d0
d0
d1
dove ... Hom(L0 , G) Hom(L1 , G) Hom(L2 , G) ... `e il complesso duale del complesso L .
Come nel caso del funtore Tor, e per la stessa ragione, la definizione `e ben posta, ovvero il gruppo Ext(A, G)
non dipende dalla risoluzione L scelta: essendo Hom(-, G) funtoriale, a due risoluzioni L e L (omotopicamente equivalenti per il lemma 21), corrispondono complessi di cocatene Hom(L , G) e Hom(L , G) anchessi
omotopicamente equivalenti, che pertanto hanno gruppi di coomologia isomorfi (cfr. Teorema 11, Corollario 14,
Inciso 3).
97
Il nucleo di q `e dato dalle cocatene che si annullano sugli n-cicli modulo morfismi in Imdn1 :
(45.2)
ker q
: Cn
: Cn G tali che |n-cicli = 0
G : Cn1 G tale che = n
i.e. il nucleo di q misura esattamente di quanto linclusione che compare nella seconda parte
della (43.1) non sia unuguaglianza.
Nota. Un elemento del numeratore `e una estensione del morfismo nullo sugli n-cicli, mentre il quoziente kerq
dipende solo da Hn1 (C ) e da G (questo punto verr`a chiarito nel corso della dimostrazione del Teorema 45).
Il fatto che gli elementi di kerq siano estensioni d`
a una giustificazione delluso della terminologia Ext(...).
Dimostrazione (del Teorema 45). Ripetiamo, cambiando quello che c`e da cambiare, per il funtore Hom(-, G)
quanto gi`a visto per il funtore - G. Poniamo
Z = complesso dei cicli di C (i.e. ker );
B = complesso dei bordi scalati di un grado: Bn := Bn1 (essendo Bn1 := Cn ),
entrambi col bordo indotto da C , quindi nullo. C`e una successione esatta corta di complessi di catene
(45.3)
I complessi della (45.3) sono complessi liberi, ovvero gruppi liberi (a tal fine ricordiamo che C `e libero per
ipotesi e che un sottogruppo di un gruppo libero `e anchesso libero). Di conseguenza, applicando il funtore
Hom(-, G) si ottiene una successione, di nuovo esatta (cfr. lemma 41), di complessi di cocatene
(45.4)
d =
Hom(B , G) Hom(C , G)
j = i
Hom(Z , G) 0
dove i morfismi di cobordo dei complessi Hom(B , G) e Hom(Z , G) sono entrambi nulli (in quanto nulli
i morfismi di bordo dei complessi B e Z ). La corrispondente successione esatta lunga in coomologia `e la
successione
G
(45.5) . . . H n1 (Z ) H n (B G ) H n (C ; G) H n (Z ) H n+1 (B G ) . . .
= Hom(Zn1 , G)
= Hom(Bn
, G)
= Hom(Zn , G)
coker n1
H n (C ; G) ker n
Hom(Zn , G) Hom(Bn , G) ,
98
j r : X H A = j s : X H A
=
r = s
ii) un epimorfismo `e un morfismo : A H soddisfacente la propriet`
a di cancellazione seguente:
r : A H X
s : A H X
r = s ).
99
Bibliografia
[D]
[Hat]
[Kos]
[Mas]
[Rot]
[Sp]
[Vas]