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Paolucci, A. "Competitività del calcio in relazione al mercato televisivo per gli eventi sportivi",
Università LUISS Guido Carli, Dipartimento di Scienze Politiche, Anno Accademico 2012/13
Titolo originale
Competitività del calcio in relazione al mercato televisivo per gli eventi sportivi
Paolucci, A. "Competitività del calcio in relazione al mercato televisivo per gli eventi sportivi",
Università LUISS Guido Carli, Dipartimento di Scienze Politiche, Anno Accademico 2012/13
Paolucci, A. "Competitività del calcio in relazione al mercato televisivo per gli eventi sportivi",
Università LUISS Guido Carli, Dipartimento di Scienze Politiche, Anno Accademico 2012/13
Competitivit del calcio in relazione al mercato televisivo per gli eventi sportivi
Relatore: Prof. Stefano Balassone
Candidato: Andrea Paolucci Matr. 618962 Correlatore: Prof. Edoardo Vigan
Anno Accademico 2012/2013
A mio padre, alle mie ancore, alla libert.
Nessuno dei momenti che la gente descrive come i migliori della propria vita mi sembrano analoghi. [...] E allora non c proprio niente che possa descrivere un momento cos. Ho esaurito tutte le possibili opzioni. Non riesco a ricordare di aver agognato per due decenni nient'altro (cos'altro c' che sia sensato agognare cos a lungo?), e non mi viene in mente niente che abbia desiderato da adulto come da bambino. Siate tolleranti, quindi, con quelli che descrivono un momento sportivo come il miglior momento in assoluto. Non che manchiamo di immaginazione, e non nemmeno che abbiamo avuto una vita triste e vuota; solo che la vita reale pi pallida, pi opaca, e offre meno possibilit di frenesie impreviste."
Nick Hornby, Fever Pitch, 1992.
Nelle riprese calcistiche appariva un pallone marrone, spesso invisibile, perch quello era il pallone vero con cui giocavano i calciatori. E' solo dopo che il pallone diventato a scacchi bianchi e neri, e gli stadi si sono trasformati in muraglie di pubblicit. A quel punto i ruoli hanno cominciato a invertirsi: la Tv non pi andata a riprendere un gioco che esisteva per conto proprio, era il gioco ad essere messo in scena per permettere alla televisione di mostrarlo.
Umberto Eco, 1989.
INDICE
1. La disciplina dei diritti televisivi nei maggiori campionati europei e la sua evoluzione. 1.1 Introduzione 1.2 Origine e sviluppo della normativa in Italia 1.3 La normativa in Italia oggi 1.4 La disciplina dal punto di vista europeo.
2. Le altre variabili distorsive della competitive balance. 2.1 Introduzione 2.2 La sentenza Bosman 2.3 La Licenza UEFA ed il Fair Play Finanziario 2.3.1 La Licenza UEFA 2.3.2 UEFA Club Financial Fair Play 2.4 L'importanza degli stadi di propriet dei club 2.4.1 Una comparazione tra situazione italiana e quella europea. 2.4.2 Lo Juventus Stadium 2.5 Dal punto di vista del consumatore: i tifosi.
3. La competitive balance ed alcune soluzioni per migliorarla 3.1 Introduzione 3.2 La misurazione della competitive balance 3.3 Le soluzioni possibile ed il modello USA 3.3.1 Possibili modelli applicabili 3.3.2 Modello USA
4. APPENDICE Intervista al giornalista sportivo Massimo Caputi
Introduzione
Il mondo del calcio in continua evoluzione. Pieno di problemi e pieno di speranze per un futuro migliore. Prima che uno studente dello sport, sono un appassionato o come si suol dire in ambito calcistico: un tifoso. Proprio questo sentimento di preoccupazione e la presa di coscienza dei problemi del nostro sistema calcio mi hanno spinto ad analizzare le diverse cause. Innanzi tutto per cercare di capire da dove deriva questa perdita importante di competitivit, per poi cercare di dare alcune risposte e presentare alcuni modelli funzionanti in altre realt. Come andremo a vedere, in Italia il ruolo ricoperto dalle Tv nel business calcio preponderante. Sempre di pi ci convinciamo come la Serie A sia completamente controllata dalla volont delle piattaforme digitali e dalle loro contrattazioni. Siamo passati dal calcio seguito in radio per poi concentrarci alle 18:00 per vedere Novantesimo Minuto che permetteva la visione degli highlights si tutti i campi; siamo passati dalla partita obbligatoriamente allo stadio con biglietti acquistati anche un minuto prima dell'inizio e con tutte le partite rigorosamente o alle 14:00 o alle 16:00 a differenza delle stagioni; siamo passati da tutto questo che rappresentava l'aggregazione sociale ed uno sport di massa ad avere biglietti nominali acquistabili con estreme difficolt e partite sparse tra il venerd ed il luned, un campionato infinito dove la domenica pomeriggio (che rappresentava l'appuntamento fisso con tutti i campionati italiani) viene espropriata di ogni interesse; per non parlare della scomparsa totale
del famoso Totocalcio, la schedina diventata un culto, muore proprio perch nel calcio spezzatino (cos stato chiamato il sistema di partite suddivise nel week-end lungo) non poteva avere luogo la scommessa pi economica d'Italia (nonch di grande rilevanza di ricavo statale). In tutto questo viene da pensare che le Tv debbano catalizzare l'interesse su ogni partita, perci conviene distribuirle singolarmente in pi giorni ed in pi orari. Un illazione che trova conferma, pensando che per i club del nostro paese gli introiti dalla cessione dei diritti Tv pesano per pi del sessanta per centro sui fatturati. Questo rende le nostre squadre tra le pi povere (visto che non si diversificano i ricavi), tra le meno attraenti per investimenti esteri e quindi tra le meno competitive a livello europeo e quindi mondiale. Dal 2010, ultimo anno per la vittoria di un italiana in Champions League, nessuna squadra italiana ha raggiunto le semifinali della stessa competizione; abbiamo il campionato col il minimo livello di competitive balance (sicuramente non migliorer pensando al vantaggio competitivo raggiunto dalla Juventus attraverso il suo stadio di propriet); i nostri talenti sono costantemente in fuga verso i ricchissimi club europei; abbiamo un calcio lento, prevedibile e di bassissimo livello. Questo non credo sia accettabile per una Lega che ha rappresentato sempre un modello e, tra le pi vincenti. Paghiamo i nostri scandali dello sport? Paghiamo una burocrazia ed una pressione fiscale che non attraggono grandi investitori stranieri? Paghiamo una crisi finanziaria importante? Sicuramente tutto ci influisce sulla visione che si ha del calcio italiano, ma c' sicuramente bisogno di interventi importanti per riportare i
nostri team ai massimi livelli a cui si abituati. Certo la regolamentazione necessita di essere messa in atto sopratutto a livello europeo: sicuramente va posto un freno agli investimenti scellerati dei grandi ricchi Arabi che sono alla presidenza di club come Manchester City o Paris Saint-Germain che stanno deperendo enormemente il mercato calcistico spendendo cifre esorbitanti, aumentando sempre di pi il divario tra club ricchi e provinciali, facendo si che questi ultimi praticamente mai potranno competere per importanti titoli nazionali ed internazionali. Molto si sta facendo in tal senso, basti pensare alla Licenza Uefa ed al Fair Play Finanziario, atti a regolamentare i bilanci delle societ, ma i benefici sono a lungo termine e fino ad ora soltanto il nostro paese sta seguendo alla lettere i dettami dell'UEFA. Di contro, non si pu prescindere dal considerare come fattore scatenante della eterna perdita di competitive balance, la sentenza Bosman, che ha dato una estrema forza contrattuale ai calciatori e che ha posto i club alla stregua dei procuratori. Ormai il calcio business, una macchina di fatturati da capogiro che muove sponsor, grandi multinazionali, muove la politica, un prodotto finito con un guadagno certo. Ha solo delle variabili: il risultato; i club hanno come obiettivo di massimizzazione, il risultato di fine stagione. Stagione che va da settembre a maggio e che permette in base ai piazzamenti di reperire pi o meno denaro da investire sul mercato calciatori o sul mercato pubblicit. Per essere competitivi a livello mondiale non si pu lasciare nessuna delle componenti al caso ed agire quindi prima di tutto come una azienda che ha come obiettivo primario quelli di alzare i profitti.
Il calcio stato completamente espropriato della sua componente sociale e ludica; basti pensare al lavoro svolto dalla nuova Presidenza americana dell' A.s. Roma che dal primo momento in cui si insediata nella capitale ha cercato di portare il brand in una posizione importante al livello di marketing, ha inserito il nome del club nel mercato statunitense anche attraverso importanti sponsorship (ricordiamo l'accordo concluso con la Disney o con la Nike), per poi soltanto dopo anni cercare i risultati sul campo (nel momento in cui si sta scrivendo, stato appena presentato alla stampa il progetto del nuovo stadio dei giallorossi interamente di propriet del club che garantir enormi incrementi di fatturato); proprio perch si traslato un modello di sport economy , quello degli States, dove la dirigenza era gi pratica possedendo quote della franchigia di NBA dei Boston Celtics, nel caso europeo di calcio. Si capita quindi l'importanza di acquisire una posizione importante in relazione al brand, alle sponsorizzazioni ed alla diversificazione dei ricavi, prima di poter pensare ad investimenti folli sul mercato. Ecco la differenza tra il modello americano ed il modello arabo. I pareri possono essere di certo contrastanti, nessun tifoso del Paris Saint-Germain ad esempio si pu lamentare della propria gestione (visto che il club spende sul mercato cifre enormi ed ha gi vinto il campionato riuscendo a quadruplicare il fatturato nel giro di quattro anni), ed i risultati della dirigenza americana a Roma devono ancora arrivare, ma quello che premeva era mettere in evidenza alcuni modelli funzionanti e provare ad importarli in Europa. Quindi parlare di Salary Cap o di Revenue Sharing come si fa nell' NBA o nell' NFL sembra piuttosto fuori luogo se portato in un sistema calcistico fatto di
retrocessioni e qualificazioni in Coppe Europee. Sopratutto sembra fuori luogo se pensato in relazione al consumatore finale del sistema calcio: i tifosi. Per gli appassionati (che infine sono coloro che spendono e danno ricavo alle societ), impensabile non porre l'attenzione sulla posizione in classifica: la cosa pi importante la vittoria domenica per domenica della propria squadra del cuore, diventa una questione vitale, che controlla gli umori di milioni di persone. A questo i manager dello sport in Europa sono costantemente sottomessi; gli umori della piazza sono sempre tenuti in considerazione, cosa che meno avviene nel sistema americano di sport. Il lavoro inizia inevitabilmente analizzando la disciplina dei diritti Tv, sopratutto raccontando la legislazione che si susseguita in Italia dagli albori ad oggi e come funziona la distribuzione decisa dalla Lega. Poi utile confrontare la nostra normativa con quella dei maggiori campionati europei e vedere infine come la Uefa ha agito in tal senso. Nel secondo capitolo si andranno ad analizzare alcuni fatti, o atti normativi, o decisioni degli organi calcistici che nel tempo hanno influito sulla competitive balance oppure che stanno cercando di intervenire per correggerne le distorsioni: perci l'analisi non prescinder una descrizione della Licenza Uefa e del Fair Play Finanziario; della sentenza Bosman; verranno esposti alcuni numeri relativi agli stadi di propriet e come vitale per la sopravvivenza dei club, infine uno sguardo passionale e romantico alla parte bella e genuina di questo sport e cio al ruolo giocato dai tifosi. Il terzo capitolo infine dapprima descrive come la sport economy statunitense sia ai massimi livelli per quanto riguarda la competitive
balance ed i ricavi delle singole squadre e se tale modello possa essere mutuato in Europa. La fortuna ha voluto che nell'appendice ci sia il contributo importantissimo di Massimo Caput, uno dei pi grandi giornalisti sportivi, a cui sono state poste alcune domande atte, a chiarire i punti di vista analizzati in questa tesi ed a sentire un parere eccelso nel campo.
CAPITOLO I La disciplina dei diritti televisivi nei maggiori campionati europei e la sua evoluzione.
1.1 Introduzione
La normativa riguardo i diritti televisivi per gli eventi calcistici in Italia ha subito nel corso di quindici anni circa, numerose modifiche, nondimeno stata oggetto delle controversie sorte durante i mesi estivi tra le varie compagini e la Lega Calcio. La vendita e lo sfruttamento dei diritti relativi alla trasmissione delle proprie partite si identifica per i club italiani come la principale voce di finanziamento. Prerogativa totalmente appartenente al nostro campionato che analizzeremo specificatamente pi avanti. Sin dai primi anni '90 la questione diritti tv ha investito il mondo del calcio con grande impeto trovando gli addetti ai lavori impreparati a far fronte alla crescente necessit di calcio pay per view. Forse il primo accostamento tra pallone e televisioni si verificato nel momento in cui Silvio Berlusconi nel 1986, allora a capo del gruppo Fininvest acquist l' A.C. Milan. Inizi cos l'era in cui la macchina commerciale entra a pieno titolo nel mondo del pallone senza pi uscirne ed anzi coprendo sempre pi ogni minimo aspetto vicino o lontano dal campo. Cominciano le
sponsorizzazioni sulla maglia, gli accordi con le grandi multinazionali; i campioni cambiamo maglia sempre pi spesso e per cifre costantemente pi alte; fino ad arrivare all'avvento di Tele+ nel 1993, il primo operatore a permettere la visione delle partite di campionato a pagamento servendosi di un decoder digitale e di una parabola; con l'ingresso di Stream poi nel 1999 si scatenata l'asta al rialzo per aggiudicarsi i diritti tv, gonfiando i ricavi dei club sotto questa voce. Ovviamente abbiamo visto una sproporzione di tali ricavi a favore dei Club pi famosi (riguardo alla percentuale di tifosi), pi vincenti e quindi gi pi ricchi rispetto alle squadre cosiddette di provincia. Per questo molto si dibattuto riguardo alla contrattazione e la cessione dei diritti televisivi e molte sono stati i cambiamenti normativi attuati come esplicheremo pi avanti. A sua volta numerosi sono gli attori che prendono parte di diritto al tema: prima di tutto le squadre, la Lega, L' Autorit garante della concorrenza e del mercato ed i tifosi, perch no? I fruitori ultimi del calcio, ma anche il motore di questa enorme macchina. Coloro che nonostante tutto continuano riempire gli impianti sportivi con la loro passione sfrenata, ma che sono sempre stati ripagati con politiche sbagliate, scoraggianti e con scandali pi o meno gravi. Conseguente, la perdita di credibilit, un calcio in crisi, una perdita di identit dei valori che hanno fatto grande questo sport per quasi un secolo ed un arretratezza del nostro sistema rispetto ai maggiori campionati d'europa dove grazie a corrette e vincenti politiche, le squadre si sono rese attraenti per grandi capitali stranieri ( molte volte provenienti dal mondo arabo). Allora perch lo Sceicco Mansur ha scelto di investire in una citt come
Manchester piuttosto che nel Bel Paese? A rigor di logica una citt come Roma o Firenze, come marchio da esportare al mondo, potrebbero offrire molto di pi di una spoglia citt industriale nel nord dell'Inghilterra. Ma il calcio d'oltremanica ha saputo reinventarsi dopo il buio degli anni '80 e l'esclusione dalle competizioni europee e si propone ora come modello per tutti; con i bellissimi ed efficientissimi stadi di propriet e delle politiche di marketing attuate dalle societ a dir poco vincenti. E la normativa relativa ai diritti televisivi si inserisce in modo prepotente nel discorso riguardante le difficolt del calcio italiano; i nostri club infatti risentono notevolmente della poca diversificazione dei ricavi (derivanti ricordiamo per circa il 60% dalla cessione dei diritti di trasmissione). Se si pensa che il calcio sia un isola lontana dalle logiche del mercato concorrenziale, dal commercio e dal consumismo, ci si sbaglia enormemente. Ormai il giuoco ha perso le sue peculiarit di esperienza sociale e ludica per trasformarsi, come gi accennato, in una macchina che produce affari per miliardi e ragiona in termini di massimizzazione dei profitti. In passato i presidenti delle squadre italiane erano per lo pi grandi imprenditori locali ma sopratutto grandi tifosi consapevoli che l'investimento calcio era molto probabilmente un immobilizzazione a perdere ed effettuato per pura passione sfrenata. Questi romantici attori del calcio di una volta: Dino Viola e Franco Sensi per la Roma, Giovanni Agnelli per la Juventus, Angelo e Massimo Moratti per l'Inter; hanno finito pian piano per cedere ai nuovi investitori esterni che poco hanno a che fare con il campanilismo del calcio italiano e con i colori, che per ogni tifoso sono sinonimo di
vecchia gloria ed attaccamento viscerale. Improntando da subito un modello americano di gestione, atto appunto, alla massimizzazione del profitto. Evidente che questo ha incontrato lo scetticismo del popolo calcistico attaccato da sempre all'arrivo del campione ed ai famosi tre punti piuttosto che al pareggio di bilancio o al Fair Play finanziario voluto fortemente da Michel Platini presidente dell'UEFA. Quello che si andr a trattare in questo capitolo riguarder principalmente la normativa vigente riguardo alla cessione e vendita dei diritti televisivi. Dapprima si far un analisi temporale di quello che successo in Italia nelle varie fasi di assestamento del sistema fino ad arrivare ad un analisi sincronica della situazione nel tre maggiori campionati europea che rappresentano nondimeno modelli diversi di affrontare la questione. Nello specifico oltre al caso del Bel Paese si osserveranno i casi della Premier League inglese, della Liga Spagnola, della Bundesliga tedesca e della Ligue 1 francese. Infine, non rimane che completare il quadro esaminando la situazione da un punto di vista europeo, quindi pi ampio, ma di grande importanza per capire come agiscono le istituzioni sovranazionali.
1.2 Origine e sviluppo della normativa in Italia.
Il calcio era ed ancora un fenomeno prima di tutto sociale. Nasce totalmente spurio di ogni velleit commerciale e lo rimane almeno fino agli anni 80. Diciamo che negli anni 50-60-70, nell'era del campionato a girone unico si stabilizza una sempre pi radicata dipendenza degli italiani verso questo sport che catalizza a livello locale le rivalit campanilistiche da sempre presenti nel nostro paese. Nondimeno si rivolge alle classi popolari di lavoratori che trovano nell'appuntamento fisso della domenica pomeriggio un passatempo prima di tutto. Il calcio era lo stadio, il vivere la propria squadra ogni domenica, forse era pi sano, forse era pi vero, ma questo un discorso a parte che poco ci compete. Il concetto di vendita di diritti televisivi non aveva significato, qualsiasi cameramen o troupe televisiva che volesse entrare in tribuna stampa e riprendere la partita poteva farlo liberamente; della situazione favorevole per non approfitt nessuno, ne le emittenti locali ancora poco organizzate, ne la RAI. Le societ calcistiche infine prevedevano i loro incassi principalmente dai biglietti staccati dai paganti allo stadio. Questo almeno fino al 1981, quando per la prima volta in ambito giuridico si utilizz la locuzione diritti televisivi in vendita riguardo il contratto tra Lega Calcio e RAI seguendo la tradizione terminologica anglosassone. Con tale contratto la RAI pag circa tre miliardi di lire per ottenere l'esclusiva sull'ammissione delle telecamere negli stadi chiudendo definitivamente alle emittenti private e cercando di coprire
calcisticamente l'intero territorio nazionale. La contrattazione era di tipo collettivo, pi nel dettaglio: la Lega Calcio, quindi l'ente incaricato all'organizzazione e la gestione del campionati, a contrattare con le varie emittenti la vendita dei diritti ( in questo caso la sola RAI), per poi distribuire i proventi agli iscritti alla competizione seguendo il principio di mutualit. In caso di vendita individuale: i singoli Club hanno piena libert e pieni poteri contrattuali per negoziare i diritti delle proprie gare, potendo infine usufruire della maggior parte dei ricavi escludendo una somma messa a disposizione di una cassa comune. 1
Era necessario chiarire la distinzione dei due tipi di contrattazione per poter comprendere meglio le successive fasi. La svolta significativa della negoziazione dei diritti tv per gli eventi sportivi avvenuta nel 1993, quando nel mercato entra prepotentemente Tele+, la piattaforma analogica terrestre a pagamento che presupponeva il possesso di un decoder e la sottoscrizione di un abbonamento. Diventa la prima pay-tv italiana ed in quell'anno conclude un contratto con la Lega secondo il quale per le tre stagioni : 1993-94, 1994-95, 1995-96, il canale trasmettesse una gara della Serie A, di solito il posticipo della 20:30, per le prime 28 gare; per le restanti 6 il match serale non era previsto per dare contemporaneit e non alterare i risultati nel finale di stagione. Alla RAI tutte le altre gare. Ecco che il calcio come l'avevamo inteso fino a poco prima, scompare clamorosamente, lasciando posto al monopolio decisionale delle televisioni, sottostando alle dure regole dello share. Alla fine di questo triennio la piattaforma a pagamento inaugura un
1 Si veda : DE MARTINI, La disciplina dei diritti televisivi nello sport in Rivista di diritto ed economia dello sport, 2011, vol. VII Fasc. 2.
nuovo canale, esattamente D+ e sottoscrive un nuovo contratto con la Lega accaparrandosi l'intero campionato. Pi nello specifico, ci si poteva abbonare o all'intera stagione, o ad una specifica squadra o acquistare partita per partita. Solo gli spareggi restavano a contrattazione singola. Intanto i club, da parte loro, non indifferenti alla legge dei ricavi, cominciano ad intravedere l'opportunit di rilievo che offre il nuovo business televisivo e contestano l'operato della Lega Calcio che disponeva in maniera uniforme dei diritti di tutto il campionato; reclamano pertanto, la possibilit di vendere individualmente la visione delle proprie gare. L'ente organizzatore a sua volta gi venne incontro alle squadre nel 1996 quando modific i propri criteri di attribuzione dei ricavi: infatti prima di tale data, gli introiti erano spartiti equamente tra 18 squadre di serie A; successivamente fu previsto un 58% dei ricavi provenienti dalla cessione dei diritti in chiaro destinato ai club di prima divisione, un 42% destinato ai club della seconda divisione mentre per quanto concerne i proventi derivanti dalla pay tv, alla Serie A spettava addirittura il 75% ed il restante alla serie cadetta. In aggiunta ero previsto un surplus derivante dalla posizione in classifica conseguita dal club e dall'audience che lo stesso apportava all'emittente. Considerando ormai le societ calcistiche come vere e proprie entit economiche, il legislatore consent finalmente alle societ la cessione individuale dei diritti tv, 2 secondo il quale ciascuna societ di calcio di Serie A e di Serie B titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma collettiva.
2 Art. 2 D.L. N 15/1999.
Si passa perci ad una nuova fase, i club avevano vinto. In realt, gi nel 1998, anche l'Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato aveva sottolineato come la titolarit della trasmissione delle gare in capo alla societ ospitante 3 ; tale decisione si basava sul principio secondo cui la squadra di casa in quanto organizzatore dell'evento e sulla quale ricadevano gli oneri relativi a tale incombenza, doveva almeno godere degli interi ricavi relativi alla diretta televisiva della gara. 4
La legge n.78 che convert il Decreto-legge n.15 del 1999 varato dal governo D'Alema sulle disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, oltre a sancire che ogni societ titolare dei diritti di trasmissione in forma criptata, fiss il limite dei diritti acquistabili dal singolo operatore pay tv al 60% e lasci alla Lega l'incarico relativo ai diritti in chiaro di Serie A e B, della Coppa Italia e degli highlights. La volont principale (oltre alla pressione dei presidenti delle maggiori societ calcistiche italiane) era quella di garantire la concorrenza tra le due maggiori piattaforme pay-tv, in quanto in quell'anno fa ingresso sul mercato Stream Tv del magnate australiano Rupert Murdoch. Le compagini del nostro campionato per la stagione 1999 erano divise tra due abbonamenti diversi, rispettivamente 11 squadre, tra cui le tre grandi Juventus, Inter e Milan avevano siglato l'accordo con Tele+, mentre 7 squadre capitanate da Roma e Lazio vendevano i diritti alla nuova entrata Stream. A seguito della nuova normativa i prezzi dei diritti Tv salivano alle stelle
3 Prov. nn. 6633 e n. 6662 del 3 Dicembre 1998 e n. 8386 del 14 Giugno 2000. 4 Www.agcm.it
allargando lo squilibrio tra piccoli e grandi club, chiaramente a favore di questi ultimi. Fu il momento di maggior crisi del sistema, nonch il momento in cui la competitivit del campionato di Serie A diminu vertiginosamente, dato che grazie alla cessione del proprio pacchetto di partite Inter, Milan e Juventus viaggiavano e velocit nettamente superiori contrastate in minima parte da Roma e Lazio (che intanto stavano pagando i sacrifici economici dei loro presidenti) mentre i club pi piccoli, dal business televisivo poco reperivano e riuscivano a stento a sopravvivere. Nel 2003 Murdoch acquista Tele+ e porta in Italia la piattaforma Sky che riunisce l'intero campionato di calcio sotto un unico decoder e abbonamento. Allo stesso tempo le cosiddette provinciali si riuniscono nel consorzio Gioco Calcio che, d'altronde, viste le gravi complicazioni economiche e tecniche cess in breve termine la sua attivit. Nel 2005 per non lasciare a Sky il monopolio della trasmissione degli eventi sportivi si inser nel mercato del digitale terrestre (grande influenza ebbe l'allora Governo Berlusconi), Mediaset attraverso Mediaset Premium e La7 cartapi. Mentre i diritti in chiaro passarono per la prima volta dalla storica RAI a Mediaset appunto, in esclusiva fino alle 22:30 della domenica. Con la gestione individuale della contrattazione dei propri diritti tv, la presenza di due competitors sul mercato e una vasta gamma di tecnologie disponibili per soddisfare ogni tipo di domanda la discrepanza economica tra grandi e piccoli club si allarga ulteriormente. L'Italia in questo momento agli ultimi posti per quanto riguarda l'equa
distribuzione dei ricavi derivanti dalla cessione dei diritti. In Europa i club Italiani sono gli unici che basano pi del 60% dei loro profitti da suddetto business. chiaro che la situazione avrebbe portato al collasso data la non gestibilit della situazione. Il culmine fu sicuramente raggiunto nel 2005 quando Mediaset acquista per una cifra esorbitante i diritti delle partite della Juventus fino al 2009 su tutte le piattaforme criptate, cos di seguito faranno Roma, Lazio Milan e Inter. Ricordiamo che un prodotto per essere appetibile deve avere un certo grado di incertezza. Il calcio mai a mio avviso, sottostato a regole matematiche o a teorie scientifiche precise, data la sua natura estremamente sociale; ma troppi club stavano fallendo e il 2006 l'anno di Calciopoli. La svolta del calcio italiano? Forse no, ma intanto ci basta sapere che il 2006 anche l'anno in cui l'AGCM effettua una importantissima indagine conoscitiva sul mondo del calcio 5 . Sostanziale stato il parere della Commissione Europea in merito, quando pronunciandosi sulla Uefa Champions League nel 2003 affermava l'importanza della vendita centralizzata dei diritti Tv e proprio per questo, l'anno successivo dopo l'accordo concluso dalla Juventus e le altre grandi in maniera autonoma con Sky Italia, l'AGCM condann tale condotta per abuso di posizione dominante, in violazione dell'articolo 82 delle Trattato della Comunit Europea. Riprendendo l'indagine effettuata dall'antitrust 6 per analizzare il movimento calcio dal punto di vista economico vediamo come la finalit appunto, sia quella di garantire l'equa concorrenza. Il limite o, se vogliamo estremizzare, l'errore commesso dall'agenzia stato quello di
5 n.16280 del 21/12/2006. 6 Www.agcm.it
considerare le societ meramente come enti generatori di profitti, scindendo di netto gli aspetti relativi al campo, e quindi al gioco in se stesso. Il termine concorrenza quindi viene utilizzato per garantire equit innanzi tutto nel mercato pi che nei risultati sportivi; anche se poi dal momento in cui i club dispongono di pari risorse finanziarie, investirebbero nella forza lavoro (nei calciatori) gli stessi capitali rendendo il campionato pi competitivo (la competitive balance aumenterebbe), pi appetibile ai tifosi che andrebbero pi volentieri allo stadio ed acquisterebbero pi gadget del proprio club del cuore chiudendo il cerchio economico. Innanzi tutto l'antitrust esamina il ruolo della Lega Calcio; l'ente pieno gestore e regolatore delle formazioni che prendono parte alla Serie A ed in quanto tale deve garantire l'equit del campionato rendendo il prodotto offerto sempre pi appetibile ed appassionante, per questo stato dotato di tutti i mezzi necessari, tra cui appunto la titolarit della cessione dei diritti tv. In tale senso la Lega gode di unicit che la mette in posizione di monopolio. Utile la pronuncia dell'AGCM sopratutto per sancire una volta per tutte la natura dell'ente organizzatore dando una collocazione specifica e precisa. 7
Peculiare in realt, il fatto che l'Agenzia non prenda in esame il ruolo delle societ calcistiche nella sua indagine; si considera scontato che l'obiettivo di questi ultimi sia la massimizzazione del profitto, in quanto enti economici a scopo di lucro e tale fine si realizza, di certo con le vittorie sul campo. Ricordiamoci che i traguardi portano maggiori introiti da spendere per
7 Si veda D. Sarti, Antitrust e negoziazione accentrata dei diritti televisivi in Annali italiani del diritto d'autore, della cultura e dello spettacolo.
comprare grandi player. Un campionato pi equilibrato dovrebbe vedere un club non abituato, vincere.
1.3 La normativa in Italia oggi
A partorire l'ultima riforma importante sul tema fu il governo stesso sotto l'azione del Ministro per le Politiche Giovanili e delle Attivit Sportive, Giovanna Melandri ed il ministro delle telecomunicazioni, Paolo Gentiloni attraverso una legge delega 8 atta a revisionare l'intera normativa sulla titolarit e la cessione dei diritti tv, sia per quanto riguarda i campionati italiani ed europei professionistici, sia per tutti gli eventi sportivi trasmessi da radio e TV sul territorio nazionale. Importante l'aspetto che coinvolge altri eventi sportivi che ancora non erano disciplinati. Nello specifico, nel primo comma, si delega al Governo l'onere di agire entro sei mesi con decreti legislativi atti a regolamentare il mercato radiotelevisivo degli eventi sportivi, con l'avvallo delle commissioni parlamentari ed in accordo con il Ministro dell'Economia. Esattamente nell'articolo 1 al comma 1, si dichiara che lo scopo della legge delega quello di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a garantire la
8 Legge Delega n. 106 del 19 Luglio 2007
trasparenza l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale. I commi 2 e 3 dettano i principi a cui la relazione del suddetto decreto legislativo deve adeguarsi; si definiscono alcuni punti importantissimi a cui prima non si era riuscito a dare risposta; infatti finalmente si esce dalla concezione totalmente economica del calcio ma anche dello sport in generale, ridando quel carattere sociale tipico dei tempi passati. Questo grazie anche all'intervento dell' Unione Europea 9 ; infatti il comma 2 sancisce per principio, il riconoscimento del carattere sociale dell'attivit sportiva, quale strumento di migl 10 ioramento della qualit della vitae quale mezzo di educazione e sviluppo sociale Altro aspetto importante riguarda l'attribuzione della titolarit del diritto di sfruttamento economico delle competizioni sportive in capo sia alle singole societ sia all'ente preposto all'organizzazione della stessa. Deve essere inoltre garantito il diritto di cronaca; infine si sancisce che deve essere ripartito tra tutti i partecipanti alle varie competizioni sportive, il ricavo derivante dal mercato dei diritti radiotelevisivi venduti in forma collettiva ed una quota deve essere posta a fini di mutualit nel sistema calcistico. Ecco che si ritorna alla cessione collettiva dei diritti tv, questo innanzi tutto per la competitive balance del campionato italiano, poi per equilibrare anche la distribuzione delle risorse tra i vari club, infine per garantire una concorrenza pi trasparente per l'assegnazione dei diritti
9 A sancire tale principio fu la Carta di Nizza del 2000. 10
da parte delle varie piattaforme che avrebbe portato ad un mercato sicuramente pi efficiente 11 . Per semplificare, possiamo individuare tre punti fondamentali: innanzi tutto, la chiave della nuova norma sta appunto nel ritorno alla contrattazione collettiva in forma centralizzata dei diritti tv introducendo l'innovativo concerto di doppia titolarit spettante, alla Lega da una parte ed alle squadre dall'altra; il tutto mediante procedure finalizzate alla garanzia e al mantenimento della libera concorrenza. In secondo luogo, cruciale la modalit di distribuzione degli introiti: una parte (minimo del 50%) attribuita ai club in parti uguali; una quota poi spetta in base al numero di sostenitori, o meglio, in base al bacino d'utenza che la societ porta sulla piattaforma; una quota distribuita in base ai risultati sportivi ed infine ma non meno importante una parte a fini di mutualit del sistema calcio ed ai vivai. Ovviamente questa la linea guida, spetta poi, come sottolineato, alla Commissione, ma prima all' AGCM e alla Lega l'organizzazione e le percentuali della distribuzione. In terzo luogo la cessione dei diritti tv per le gare di campionato deve assolutamente avvenire per singola piattaforma, sempre per una maggiore regolamentazione della concorrenza. In verit, successivamente il terzo punto fu modificato in Senato eliminando il vincolo della vendita per singola piattaforma ed abilitando l'AGCM e l'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni al controllo della garanzia, per evitare posizioni di monopolio nel mercato. 12
Altro punto da notare, l'interesse posto al diritto di cronaca, cosi che
11 Si veda in merito A. Giannaccari in Calcio, diritti collettivi e ritorno all'antico. Storia a lieto fine? 2006 12 Si veda, E.Russo, Legge delega per la cessione dei diritti Tv, in Sole 24 Ore Sport
l'evento calcistico possa essere fruito anche dalla massa interessata in parte, non solo dai sottoscrittori degli abbonamenti sulle piattaforme digitali e terrestri. finalmente il 9 gennaio 2008 13 quando viene promulgato dal Governo il decreto legislativo sopra citato del 2007 numero 106. Si passa come anzidetto a questo nuovo sistema, dove titolari dei diritti televisivi per gli eventi sportivi diventano sia la Lega Calcio, sia i singoli club che prendono parte al torneo. Fondamentale sar il ruolo dell'Agenzia per le garanzie nelle comunicazioni ,che dovr proteggere e tutelare la concorrenza dell'intero settore. La Lega successivamente decise che a partire dalla stagione 2010- 2011 la ripartizione dei ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi cos organizzata: il quaranta per cento verr elargito in parti uguali ai club; il trenta per cento poi in base ai risultati sportivi conseguiti, a sua volta calcolato per il cinque per cento guardando la posizione del club in classifica nel campionato in corso, per il quindici per centro guardando i risultati sportivi della societ nei cinque anni precedenti e per il dieci per cento restante, tenendo conto della storia sportiva del club controllando i risultati conseguiti dal campionato 1946- 47; il trenta per cento poi assegnato in base al bacino d'utenza, quindi il venticinque per cento secondo il numero di tifosi di ciascuna squadra calcolato grazie a indagini demoscopiche ed infine il cinque per cento restante distribuito in base alla popolazione in cui ha sede il club. 14
13 Gazzetta Ufficiale n. 27 del 1 febbraio 2008 14 www.ilpost.it
La diatriba tra i club nasce proprio riguardo all'ultimo punto, e cio la quota in base al bacino d'utenza; chiaro che sia questa parte di ricavi che quella relativa ai meriti sportivi vada incontro alle grandi squadre, nello specifico le cinque grandi del nostro campionato e cio Juventus, Milan, Internazionale, Roma e Napoli si sforzavano a sostenere che per tifosi dovevano essere presi in considerazione quelli abituali, quelli pi accaniti che chiameremo committed, mentre le altre squadre
sostenevano che dovessero rientrare nella categoria tutti i fruitori del gioco calcio, chiunque fosse appassionato della compagine, che noi chiameremo tifosi uncommitted 15 . Appare chiaro come lo spalmare il bacino di tifosi convenga ai piccoli club e come invece le squadre pi grandi tentino di restringere tale campo, la scelta di una o l'altra tesi provocherebbe importanti ripercussioni a livello economico o per alcuni o per altri club. sotto la spinta del Presidente della Lega Maurizio Beretta che si dato attuazione alla tesi sostenuta dai piccoli club cominciando le indagini demoscopiche per indicare il numero dei sostenitori; la cosa ovviamente non ha lasciato indifferenti i cinque club sopra citati che hanno innanzi tutto minacciato l'uscita dalla Lega e addirittura fecero ricorso contro l'organizzazione. Ricorso che fu respinto dalla Corte di Giustizia Federale. Dopo un altro ricorso all'Alta Corte di Giustizia, solo pi tardi si arriv ad un accordo con cui le societ votarono all'unanimit le delibere di Beretta. Tutto questo per far capire quanto pesi la percentuale relativa al bacino d'utenza per i grandi club che contano sicuramente un numero maggiore di sostenitori committed, che li porterebbe ad avere enormi vantaggi in termini economici, esponenziali contando anche la quota relativa alla storia del club. Qui che si allarga enormemente la differenza tra una squadra di provincia ed una delle grandi destinata difficilmente a perdere le sue posizioni. Se appunto prendiamo come punto di vista quello economico,
15 Szymansky, 2001.
possiamo individuare tre effetti direttamente riconducibili alla contrattazione collettiva dei diritti tv: per prima cosa si genera un effetto negativo sul potere negoziale dei club: palesemente la Lega, l'unica controparte del contratto; secondo, si genera un effetto premio, quindi l'incentivo delle squadra ad investire per potersi piazzare in campionato in posizioni pi agiate usufruendo del relativo premio derivante dai ricavi TV; infine, terzo effetto quello del free riding: come dicevamo, nel caso di contrattazioni collettive, le squadre sono meno motivate ad impegnare denaro in quanto gli introiti sarebbero comunque divisi tra tutti i club, questo fenomeno chiaramente aumenta all'aumentare delle societ che prendono parte al torneo. 16
Perci si deve sempre tenere in considerazione che tipo di output il legislatore e la Lega vogliano vendere; e pare ovvio che si debba offrire l'intero campionato, e non il singolo match o la singola squadra, il torneo che risulta appetibile al pubblico. Tanto pi equilibrato ed incerto risulta l'esito del campionato tanto pi esso attraente e tanti pi tifosi uncommitted cominceranno a spendere in ogni direzione per prendere parte al gioco. Sembra certo ora l'intento del cambiamento verso la negoziazione collettiva. Possiamo ora vedere alcune cifre ed analizzare pi nel dettaglio la stagione appena conclusa, quella 2012-2013. I ricavi complessivi risultanti dai diritti Tv stato di 996,2 milioni di Euro; di questi il dieci per cento distribuito ai settori giovanili ed alle leghe dilettantistiche, lo 0,5% andr a finanziare l'Autorit garante per
16 Si veda, Falconieri, Sakovics, Palombino (2005).
le comunicazioni. L'ammontare netto pertanto risultato 865,35 milioni di Euro. Di questi, la quota pi importante del quaranta per centro da dividere in parti uguali tra le squadre di 17,3 milioni di euro; la quota relativa al bacino d'utenza cos suddivisa: 17
Della quota relativa ai risultati sportivi, quella in base ala posizione raggiunta nella stagione in corso stata cos suddivisa:
17 Www.tifosobilanciato.it
la sotto-quota in base ai meriti durante l'ultimo quinquennio:
Ed infine la sotto-quota relativa alle gloriose storie dei club guardando i campionati dalla stagione 1946-47:
Come possiamo notare questa classifica storica premia sicuramente la Juventus che stacca di pochissimo il Milan. Anche in quella aggregata la squadra che ricava di pi dai diritti Tv per la stagione appena passata la formazione torinese come vediamo da questa tabella: 18
18 Www.tifosobilanciato.it
1.4 La disciplina dal punto di vista europeo
Dopo aver a lungo disquisito intorno alla questione dei diritti radiotelevisivi nel nostro paese, vediamo come dapprima l'UE, l'UEFA e poi le maggiori Leghe europee si sono comportate in merito. Come gi detto, l'UE ha ricoperto un ruolo quasi fondamentale per il cambio di direzione avvenuto in Italia; gi con la decisione della Commissione nel 2003 19 , in riferimento alla cessione centralizzata dei diritti relativi alla UEFA Champions League. Infatti tale svolta fu voluta proprio per evitare la presenza di posizioni dominanti nel mercato e proprio sotto questa spinta cominciava il lavoro importante dell'AGCM sulla negoziazione dei diritti di trasmissione. Come abbiamo avuto modo di vedere, la questione principale sempre quella di stabilire, chi sia il titolare dei diritti Tv per gli eventi sportivi, sopratutto con riguardo al calcio essa stata pretesa sia dalle singole squadre sia dall'ente organizzatore; in tal senso, la Commissione 20 si pronunciata nel 1998 sentenziando che ogni stato abilitato a decidere autonomamente a chi spetti questa titolarit. Continu auspicando gi a quei tempi una vendita dei diritti televisivi di tipo centralizzato, per evitare la creazione di mercati monopolistici o di cartelli e per garantire la massima equit di risorse tra i partecipanti ai tornei che avrebbe portato ad una maggiore incertezza dei risultati (maggiore competitive
19 Decisione Commissione Europea 23 Luglio 2003, Uefa, caso 37298, OJ 2003, L291/25 20 Commissione Europea, The European Model of Sport, 1998
balance). Possiamo affermare con certezza che la politica messa in atto dalla Commissione verte tutta in relazione dell' art. 81 del Trattato CE 21 , affermando dapprima che la cessione centralizzata dei diritti sarebbe riconducibile ad una restrizione orizzontale della concorrenza secondo tale articolo e poi andandone a limitare quelli che potrebbero rivelarsi i risultati negativi imponendo la vendita scorporata in pi pacchetti, grazie a procedure d'asta trasparenti. La Commissione aggiunge che la durata dei contratti non deve essere tassativamente superiore a tre anni e che i diritti che rimarranno invenduti saranno messi a disposizione delle squadre ed oggetto di contrattazione individuale. Ancora, essa esamina gli effetti positivi della vendita centralizzata essenzialmente su tre punti: in primo luogo una riduzione drastica dei costi dovuta alla vendita verso un unico interlocutore; secondo, il marchio unitario come ad esempio, Premier League, di facile riconoscimento e maggiormente vendibile; terzo ed ultimo, rimane pi allettante un intera stagione piuttosto che solo determinati eventi singoli per il pubblico, sopratutto quello calcistico, palesemente interessato all'esito del campionato. Altrettante tre sono le decisioni in cui la Commissione ha applicato i principi appena richiamati. La decisione UEFA Champions League 22 , la decisione Bundesliga 23 e la decisione Premier League 24 . Relativamente alla prima decisione, la Commissione ha finalmente
21 Al paragrafo 1 esso vieta ogni accordo tra imprese o pratiche possano pregiudicare il commercio tra Stati Membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune. 22 Decisione della Commissione 23 Luglio 2003, UEFA caso 37398, OJ 2003, L 291/25 23 Decisione della Commissione 19 Gennaio 2005 , Bundesliga, caso 37214 , OJ 2005, L134/46 24 Comunicazione 22 Marzo 2006, caso Comp/C-2/38.173, Premier League
approvato la cessione di tipo centralizzata per i diritti Tv connessi alla Champions League andando ad intervenire sui principi concorrenziali. Inizialmente era prevista la cessione esclusiva del pacchetto del campionato europeo ad una sola piattaforma per territorio e per pi anni consecutivi, questo avrebbe consentito all''emittente vincitrice dell'asta di trovarsi in una posizione di estremo vantaggio sulla trasmissione dell'evento, a discapito di tutte le altre. Con la modifica di questo assetto, la UEFA ha scorporato i diritti in 14 pacchetti in tutto, offrendoli perci a pi canali; inoltre si lasciata la possibilit per le squadre di cedere alcuni diritti relativi alle loro partite interne. Altri pilastri fondamentali della norma riguardano l'instaurazione di uno sportello unico di vendita, la fissazione tassativa di un prezzo unico e seguenti limitazioni per le differite. Tuttavia la Commissione rimane convinta che la decisione voluta sul cambio di rotta verso la cessione centralizzata vada a rispondere in pieno ai dettami pesi in piedi dall' art.81 CE. Infatti, lo sportello unico di vendita fa si che si acquisti un intera stagione di coppa, nettamente pi appetibile, piuttosto che i diritti di singole squadre, con il rischio di vederle eliminate al primo turno; in aggiunta, con la vendita centralizzata ( come abbiamo visto nel campionato italiano di Serie A), si evitata la distorsione della distribuzione dei ricavi, andando a creare un marchio unitario e ben definito sotto l'egida dell'UEFA (la UEFA Champions League appunto), totalmente scorporato dagli interessi economici dei club pi blasonati. In sostanza la Commissione rileva che i rimedi per correggere le alterazioni concorrenziali sono: innanzi tutto la divisione del prodotto in
pi pacchetti, un tempo limitato di contratto che non superi i 3 anni di esclusiva, la procedura di assegnazione per asta trasparente, l'assenza di offerte condizionate e di un emittente unica pronta ad acquistare l'intero pacchetto che porterebbe inevitabilmente ad una posizione monopolistica ed il privilegio dei club di provvedere alla cessione dei diritti invenduti autonomamente. Per concludere il discorso europeo, bisogna menzionare un estratto dall' Independent European Sport Review 2006, si tratta di uno studio commissionato dalla Presidenza Inglese dell'UE che recita: promanano dalla competizione fra due o pi squadre, sotto l'egida organizzativa di una lega, il valore sia economico che sportivo di un incontro e che tale valore inoltre accresciuto dalla maggiore equit possibile tra le squadre che competono [], si ritiene che una forma di negoziazione collettiva da parte dei club appare tanto naturale quanto logica. Riprendendo le decisioni della Commissione Europea relative al campionato tedesco ed al campionato inglese, notiamo come la disciplina messa in atto sia sostanzialmente la medesima rispetto a quella concernente la Uefa Champions League. In Inghilterra, possiamo affermare con certezza che la televisione, insieme ai famosi interventi di Margaret Thatcher negli anni 80 per provvedere al fenomeno Hooligans, hanno rivoluzionato il modo di vedere il calcio per i milioni di appassionati d'oltremanica. Nel Regno Unito la svolta si avuta nel 1992, quando il magnate australiano Rupert Murdoch conclude un importantissimo e ricchissimo contratto con la sua pay-tv, BskyB; precursore dei tempi, da allora trasmette in situazione di quasi monopolio il campionato inglese
penetrando successivamente in altri mercati (come abbiamo visto in Italia con Sky Italia appunto). la Football Association of Premier League a vendere collettivamente i diritti di trasmissione radiotelevisiva, i diritti dei nuovi media e gli highlights con un contratto fino al 2013 che prevende la divisione in sei pacchetti da ventitr partite, ciascuno di valore diverso e con il divieto importantissimo per ogni piattaforma di acquistarne pi di cinque. Come per la Champions League, i club hanno per la facolt di commerciare individualmente i diritti che non fanno parte dei sei pacchetti, oppure che non sono stati utilizzati. I ricavi derivanti da tale mercato vengono distribuiti in tre parti (come nel caso italiano): il quaranta per cento viene diviso in parti uguali a tutte le societ di Premier League; il venticinque per cento vien diviso in base ai risultati conseguiti in classifica, il restante venticinque per cento viene attribuito in base al bacino d'utenza (numero di presenze nelle dirette ed in differita) ed i tifosi dei vari club. Infine da citare, una piccola quota destinata alle serie dilettantistiche ed inferiori. Nel caso tedesco la Deutsche Fussball Liga titolare dei diritti Tv ed effettua una vendita di tipo collettivo con un sistema un po' diverso rispetto ai precedenti analizzati. In realt la Lega gestisce i diritti televisivi sia della prima divisione, la Bundesliga 1, sia della serie inferiore, la Bundesliga 2 per distribuire poi il settantanove per cento dei ricavi alla prima serie ed il restante ventuno per cento alla seconda divisione. A loro volta ogni categoria ripartisce gli introiti dividendoli per il cinquanta per cento in parti uguali tra i vari club e l'altro cinquanta per cento in base ai risultati sportivi conseguiti. Una quota prevista per la Federazione.
Peculiarit tutta tedesca la previsione di una quota secondo un regime di mutualit per i dilettanti. Infine soltanto per i diritti di pay-tv previsto un meccanismo che offre come premio alla societ ospitante il sessantaquattro per cento dei ricavi, mentre il trentadue per cento spetta alla squadra ospitata, il quattro per cento per la federazione ed il due per cento per la Bundesliga 2. Oltre quindi ai paesi oggetto delle decisioni della Commissione Europea, vediamo come si delinea la disciplina negli altri due campionati pi importanti d'Europa. In Francia la titolarit dei diritti spetta in capo alla Federazione ed agli organizzatori degli eventi. con la legge Lamour del 2003 che si deciso per la vendita collettiva; tale disciplina impone una grande mutualit, infatti i ricavi devono essere distribuiti necessariamente tra tutte le societ che prendono parte al torneo. La quota maggior destinata in parti uguali alle societ ed una parte pari al cinque per cento depositata allo stato affinch promuova e finanzi i settori giovanili; la parte residua pi piccola poi viene divisa tra i club in base ai risultati conseguiti nella stagione in corso. In Spagna infine l'unico paese dove i diritti radiotelevisivi sono venduti individualmente ( tranne per la stagione 2003-2004 quando un gruppo di club minori della Primera Division e tutte le squadre della Segunda Division hanno svolto una contrattazione di tipo collettivo), non riconoscendo in principio nessuna mutualit. Situazione che dur pochi mesi, quando poi si decise per un modello attenuato di mutualit, attraverso una spartizione centralizzata degli introiti derivanti dalla cessione individuale dei diritti Tv, dalla quale sono esenti Real Madrid e Barcellona fino al 2008 che non hanno riconosciuto nessuna mutualit
agli altri club. Per le altre societ stato studiato un sistema che va a premiare l'audience di ognuno addirittura per il cinquantacinque per cento ed il restante quarantacinque per cento attribuito in base ai risultati sportivi ottenuti nelle ultime tre stagioni.
CAPITOLO II
Le altre variabili distorsive della competitive balance
2.1 Introduzione
Dopo aver affrontato una parte prettamente normativa e disciplinare relativa ai diritti tv e come sono organizzati nei vari paesi europei, c' la necessit di affrontare altri temi importanti che ruotano intorno al mondo del calcio e che sicuramente hanno influito direttamente sulla competitivit dello stesso. Nel corso , e sopratutto negli ultimi venti anni, il calcio si trasformato sempre di pi in un business, da mera attivit ludica a mercato con un giro importante di milioni; questo ha chiesto la necessit di norme, di sentenze, di attivit da parte delle organizzazioni internazionali e di decisioni importanti per disciplinare man mano un gioco che ha rischiato pi volte il collasso. Per capire meglio la portata del calcio-business pu essere d'aiuto analizzare un attimo i dati aggregati UEFA relativi al periodo dal 2006 al 2010. Il ricavo aggregato del 2010 stato di 17,9 milioni di Euro dei quali
12,8 sono delle societ che partecipano ai campionati di massime serie di tutte le Federazioni calcistiche affiliate all 'UEFA (ben 53), mentre il restante 2,1 milioni di Euro appartengono alla FIFA per le attivit svolte in Europa, al fatturato aggregato UEFA ed ai ricavi delle Federazioni nazionali 25
26
In contrasto a questa grande portata di ricavi per le pi grandi societ europee, si contrappone una voce dei costi estremamente alta che rende il bilancio dei club costantemente in perdita operativa, dovute per lo pi agli ingenti ingaggi elargiti ai professionisti. quindi la voce salari ad essere gonfiata e che pesa di pi per le societ, da aggiungerci poi i prezzi dei cartellini dei fuoriclasse che vengono acquistati spesso con lunghe dilazioni ma il cui valore ben al
25 Report Calcio Pwc 2012, tra Arel e FIGC 26 Elaborazioni del centro Studi FIGC sui dati aggregati UEFA
di sopra delle possibilit possedute. La tabella ci mostra (come per i ricavi) l'evoluzione dei costi operativi dal 2006 al 2010 27
Come notiamo c' un crescente e costante aumento dei costi operativi come per quelli gi citati relativi ai salari e questa insostenibile situazione ha portato inevitabilmente l'UEFA sotto l'egida del suo Presidente Michel Platini ha nel 2009 varato un impotante progetto vincolante per tutti i Club chiamato Fair Play Finanziario di approfondiremo i dettami pi avanti. Atto che viene inserito in quelle azioni dell'ente comunitario che regolamenta dapprima la situazione di squilibrio economico nel mondo del calcio europeo e non da ultimo aumenterebbe la famosa competitive balance. Non si pu prescindere per, dal trattare un argomento che ha segnato un punto di svolta decisivo per questo sport: la sentenza Bosman del
27 Report Calcio Pwc 2012, tra Arel e FIGC
1995 ha forse solcato la linea definitiva dal calcio come lo intendevamo prima e dal calcio moderno. Atto normativo che inevitabilmente ha influito e enormemente all'equa competizione. Inoltre per comprendere al meglio le differenze che intercorrono dal modello di football italiano (totalmente dipendente dalla tv) e dai modelli prettamente anglosassoni, andremo ad analizzare un fattore decisivo per i ricavi dei club e cio il tema degli stadi di propriet e la loro peculiare incidenza. Per concludere indispensabile non dare uno sguardo aI consumatori finale del calcio; coloro che chiedono poco ma investono moltissimo, quindi si andr ad approfondire il tema dei tifosi, bisogna evidenziare il loro punto di vista e quando si inseriscono in un discorso di competitivit.
2.2 La sentenza Bosman
Cos chiamata la decisione presa dalla Corte di Giustizia della Comunit Europea di Lussemburgo del 1995 in merito al trasferimento dei calciatori professionisti cittadini dell'UE in qualsiasi societ con cui essi concludano un accordo alla scadenza del loro contratto precedente. Fu pronunciata riguardo tre casi legali avulsi in cui sempre per presente Jean-Marc Bosman, un calciatore professionista belga militante nell'RFC Liegi; i casi in questioni sono: l'Union royale belge des socites de football association ASBL (la Federazione Belga) contro Jean-Marc Bosman; la Royal Football Club de Lige contro Jean-Marc Bosman e l'UEFA sempre contro Jean-Marc Bosman. A quell'epoca Bosman militava in prima divisione belga, il suo contratto era scaduto nel 1990 ed il calciatore avevo mostrato l'intenzione di trasferirsi alla squadra francese Dunkerque. La squadra proprietaria del cartellino del giocatore, il R.F.C. Liegi rifiutava tale trasferimento se non attraverso una somma di denaro sufficiente in cambio del cartellino. Bosman a questo punto vide il suo stipendio diminuire e fu messo fuori rosa, dal canto suo port la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di Lussemburgo denunciando una restrizione al commercio ed appellandosi agli articoli 48, 85 e 86 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 28 . Dopo un aspra battaglia legale egli vinse contro ogni pronostico il 15 Dicembre del 1995 quando la corte stabiliva che il sistema calcistico
28 Www.civile.it/sportivo
allora in auge costituiva una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori duramente proibita dall'articolo 39 del Trattato di Roma. Recita che: se il contratto stipulato da un giocatore professionista con la propria societ giunge a scadenza e se tale giocatore cittadino di uno degli Stati membri dell'Unione Europea, la societ in questione non pu impedire al giocatore di stipulare un nuovo contratto con un altra societ calcistica di un altro Stato membro o rendere pi difficile l'operazione chiedendo a quest'ultima societ il pagamento di un indennit di trasferimento, formazione o promozione. 29
Si escluso poi ogni effetto retroattivo e inoltre un calciatore ha la facolt di stipulare un pre-contratto a titolo gratuito con un altra societ, qualora il contratto in essere in quel momento abbia durata residua minore o uguale a sei mesi. Altro punto fondamentale per il proseguo di questo sport a livello europeo fu determinata dal fatto che tale sentenza ha proibito alle Leghe nazionali di tutti gli stati appartenenti all'Unione Europea e quindi all'UEFA di delimitare e fissare un numero preciso di giocatori di origine straniera nelle file sei singoli club nel caso in cui questo discriminasse i cittadini UE appunto. Ricordiamo che precedentemente il numero di calciatori stranieri tesserati da una societ era limitato e tale limite dipendeva dalla volont delle varie Leghe nazionali e l'Uefa proibiva alle squadra di convocare pi di tre calciatori stranieri nelle partite giocate nelle sue competizioni e cio nella allora Coppa dei Campioni, nella vecchia Coppa delle Coppe e nella Coppa Uefa; dalla sentenza in poi la regola valeva soltanto per i calciatori extra-comunitari e cio cittadini di Stati
29 Www.civile.it/sportivo
non appartenenti all'Unione Europea. Sicuramente il sistema, dal 1995 in poi ha distrutto molte piccole societ che difficilmente potevano sopravvivere senza il vecchio sistema di trasferimenti; da quel momento dovranno prendere in considerazione nuove modalit per ottenere finanze andando ad investire su diritti tv (come abbiamo ampiamente visto), marketing, merchandising, pubblicit, vendite biglietti e risultati sportivi (che difficilmente arriveranno senza campioni nella propria rosa). La conseguenza principale fu sicuramente il prolungamento dei contratti dei calciatori a cifre sempre maggiori (le societ erano da quel momento minacciate dalla forza contrattuale del calciatore che non rinnovando alle cifre richieste era libero di accordarsi con qualsiasi altra societ portando a scadenza il suo attuale contratto), i cartellini degli stessi gonfiati ma sopratutto per gli ultimi romantici del mondo del calcio, la fine del calcio come era concepito prima. Parliamo del calcio fatto dai giocatori bandiera ( un Gigi Riva non avrebbe mai pi vinto un campionato in un modesto Cagliari, la societ non avrebbe potuto trattenerlo, o l'esempio di Roberto Mancini che passa una carriera portando la compagine Sampdoria alla conquista del suo primo titolo della storia), che diventavano sempre pi nomadi alla ricerca del contratto pi alto di anno in anno e sempre meno attaccati ad una maglia (tranne rare eccezioni al giorno d'oggi rappresentate dai capitani Xavier Zanetti per l'Inter o Francesco Totti per la Roma). Nel passaggio da sport ludico a business e affare da milioni e milioni, la sentenza Bosman segna un passaggio decisivo e segna la fine di un era calcistica.
2.3 La licenza UEFA ed il Fair Play Finanziario
2.3.1 La Licenza UEFA
Per l'iscrizione alle competizioni internazionali a partire dalla stagione calcistica 2003-2004, necessario il conseguimento di un sistema articolati di licenze, la cosiddetta Licenza UEFA. A tal proposito l'ente, pubblica ogni anno un Manuale che detta ai club i principi e i parametri da rispettare per arrivare ad assicurarsi la licenza per l'anno in corso; la procedura rigida e consta di molteplici criteri divisi in in aree di appartenenza tra cui segnaliamo i criteri prettamente sportivi, quelli organizzativo-legali, i criteri infrastrutturali ed infine ma non di ultima importanza, i criteri economico-finanziari. Per quanto concerne i requisiti infrastrutturali, condicio sine qua non per l'acquisizione della Licenza il disporre di uno stadio a norma e certificato con impianti di allenamento all'interno, tale struttura non necessario si di propriet del club. Vari sono i criteri sportivi: innanzi tutto le squadre devono avere un ampio settore giovanile, dalle primavere in poi, in cui il ragazzo attraverso tutti i passaggi formativi riceva un educazione non solo calcistica basilare per la sua crescita; indispensabile che si rispetti in pieno le normative FIFA sullo Status e trasferimento dei calciatori, che i contratti in essere sia, una volta stilato in conformit dei regolamenti e della legge, depositato alla Lega nazionale di appartenenza; inoltre il club obbligato ad avere un opportuna struttura medico-sportiva;
peculiare il rapporto che le societ tengono con gli arbitri, questo al fine di una collaborazione tecnica con scambi di venute e consigli tecnici; infine che ogni squadra attui in conformit con le politiche attuate dall'UEFA, una disciplina rigorosa nel contrastare ogni forma di razzismo. Riguardo ai criteri organizzativo-legali ed economico-finanziari importante ricordare sicuramente la certificazione contabile di bilancio; l'assenza di scaduto tra i debiti contratti per i trasferimenti dei giocatori e la limited review dei semestrali. I criteri che abbiamo osservato sono a loro volta classificati per gradi di importanza e sempre a seconda dell'ambito: Criteri di tipo A; sono obbligatori per tutte le squadre che vogliono ottenere la licenza. Il non possesso di soltanto uno dei requisiti segna il rifiuto della UEFA all'assegnazione della licenza. Criteri di tipo B; vincolanti anche essi ma la mancanza di anche uno dei requisiti non pregiudica l'ottenimento della licenza. L'Ufficio Licenze UEFA si occupa del richiamo alla societ che non ha raggiunto uno o pi requisiti B e indica un tempo massimo cui riparare la situazione contestata, se poi la societ risultasse ancora inadempiente il suddetto Ufficio Licenze UEFA informa la Commissione di primo grado che a sua volta pu decidere in base all'importanza dell'inosservanza di inviare gli atti alla Procura Federale per deferire la squadra in oggetto alla Commissione Disciplinare. Criteri di tipo C; sono semplicemente delle raccomandazioni di buona condotta ed il mancato raggiungimento del requisito non comporta assolutamente l'ottenimento della licenza ne sanzioni
disciplinari. 30
La Licenza UEFA ha durata massima di un anno, quindi per la sola stagione sportiva richiedente ma perde immediatamente il suo valore in caso di rinuncia dela societ, di decadenza della societ o di non ammissione della stessa al proprio campionato di appartenenza decisa dalla Lega Nazionale. La stessa licenza poi pu essere revocata in ogni momento in caso di: perdita di requisiti di categoria A anche durante la stagione in corso; se previo accertamento, si verifica una falsit della documentazione invitata dal club nel momento di richiesta di rilascio della Licenza; si verifica lo stato di insolvenza del club ed infine per violazione grave degli obblighi e delle idoneit previste dal Manuale preposto dalla UEFA ( in questo caso la societ pu, a seconda della gravit della violazione, venire obbligata al pagamento d un ammenda e/o venire penalizzata con uno o pi punti nella classifica del campionato in corso).
30 Manuale delle licenze UEFA 2011
2.3.2 UEFA Club Financial Fair Play Regulations
Nasce nel settembre 2009 sotto la spinta del Comitato Esecutivo dell'UEFA, il progetto chiamato appunto Fair Play Finanziario, concretamente arrivato nel maggio 2010 con l'edizione dell'UEFA Club e diviene un requisito fondamentale per l'acquisizione della Licenza UEFA. Essenzialmente l'obiettivo dell'organizzazione era innanzi tutto quello di riparare alle ingenti perdite capitalizzate dai club connesse ai debiti sempre pi alti relative ai costi degli ingaggi dei campioni; inoltre si tratta di sviluppare la trasparenza e la seriet del sistema calcio andando a modificare le strategie economiche delle squadre, in quanto come abbiamo notato nel precedente capitolo la disparit sul campo nasce inevitabilmente da una disparit finanziaria ed in questo modello non c' spazio per le pi piccole realt, che rimarranno sempre pi ai margini del calcio che conta. La Federazione Europea ha presentato quindi i cosiddetti undici valori UEFA, al cui interno troviamo il Fair Play Finanziario e che espone i valori fondanti dell'organizzazione che cerca di esprimere attraverso i suoi massimi campionati. Per dovere di cronaca gli undici punti sono 31 : __ Calcio in primo piano. Afferma finalmente che il calcio prima uno sport che un business, prima di mercato, perci qualsiasi cosa si faccia, qualsiasi decisione presa, il calcio deve venire prima di tutto. _ Struttura piramidale e sussidiariet. A livello internazionale
31 www1.it.uefa.com/uefa
ed europeo, l'autonomia dello sport si riflette nella struttura piramidale del calcio. FIFA, UEFA e federazioni nazionali lavorano a braccetto, rispettando il principio di sussidiariet". I_ Unit de Leadership. La UEFA operer non per dettami ma per spirito di consenso. Tutti i portatori di interesse saranno interpellati nelle decisioni, compresi i tifosi ai quali finalmente riconosciuto un ruole importante. _ Buon Governo ed autonomia. Apertura,democrazia, trasparenza e responsabilit attraverso questo si effettuer il buon governo, gli organi calcistici devono prendere decisioni senza le pressioni della politica. _ Calcio di base e solidariet. Questo sport si basa sul calcio di base, giocato ovunque da uomini e donne, ragazzi e ragazze. Il massimo livello professionistico solo la punta dell'iceberg. La UEFA continuer, rafforzando il suo impegno per la solidariet, sia a proteggere il futuro del calcio che a distribuire i pi grandi benefici che questo sport porta alla societ nel suo intero. E sempre perch la forza di questo sporto nel calcio di base che dobbiamo preservare l'identit locale, regionale e nazionale del gioco, sempre seguendo la legge. Forse, il punto pi importante. _ Protezione dei giovani e istruzione. La UEFA si prende la responsabilit morale sull'istruzione e la crescita dei giovani talenti. _ Integrit nello sport e nelle scommesse. Massima protezione per l'integrit del calcio, anche se le scommesse sono una fonte di ricavo ma sono sopratutto un fattore di grande rischio. Ma bisogna mantenere il vero spirito di questo sport e lo
svolgimento consono dello stesso. _ Fair Play Finanziario e regolarit delle competizioni. Fair Play sul campo e fuori. I club devono operare in maniera trasparente e regolare dal punto di vista economico. _ Nazionali e Club. La UEFA si impegna a mantenere l'equilibrio nel calcio tra il livello nazionale e quello di club. __ Rispetto. Il rispetto un principio fondamentale del calcio. Il rispetto per il gioco, l'integrit, la diversit, la dignit, la salute dei giocatori, le regole, gli arbitri, gli avversari e i tifosi. Il nostro messaggio chiaro: tolleranza zero contro razzismo, violenza e doping. Il calcio unisce le persone e supera le differenze. Il colore della pelle non si vede sotto una maglia da calcio e per la UEFA sar sempre cos. Sul campo e sugli spalti. Il calcio deve essere un esempio". Sembrava opportuno riportare per intero le esatte parole della UEFA in merito. ___ Il modello sportivo europeo e la specificit dello sport. La UEFA si basa su un modello caratterizzato da promozioni, retrocessioni e principio di solidariet. Questo il modello che si prefigge di proteggere staccandosi dalla concezione di calcio- business che male solo fa alla storia di questo sport.
d'uopo specificare che i dettami della norma in questione si applicano necessariamente a tutte le societ che hanno il diritto di partecipare alle competizioni europee per meriti sportivi, a meno che non abbiano entrate ed uscite minori di cinque milioni di euro oppure siano state squalificate per illecito. La normativa si applica in pieno in Italia.
Il processo richiede tempo per le societ, per comprende la normativa e metterla in atto. La stagione in corso infatti rappresenta l'inizio della fase di monitoraggio con cui si accompagnano le societ verso il break even , queste fasi sono sei e di tipo triennale, tranne la prima biennale durante le quali il debito non pu superare una soglia definita attentamente dalla Federazione ( di quarantacinque milioni di euro per i primi due periodi, di trenta milioni di euro per la fase di monitoraggio che va dalla stagione 2015/2016 alla stagione 2017/2018, e di una cifra minore dei trenta milioni di euro ma ancora da definire dalla stagione 2018/2019). Non vengono messe nel computo della normativa, e cio vengono sottratte, alcune voci di spesa nel calcolo della perdita per ovvi motivi: i costi derivanti dalla costruzione di impianti sportivi e strutture polivalenti, in quanto come abbiamo visto l'UEFA vuole promuovere lo sviluppo di stadi di propriet presenti in modo massiccio soltanto in Germania, Portogallo ed Inghilterra; ed inoltre la voce relativa al settore giovanile, come esplicato negli undici valori, la federazione vuole promuovere lo sviluppo dei vivai e delle primavere facendo si che le societ possano trovare campioni in casa ed a costo zero senza dover elargire cifre esorbitanti per accaparrarsi talento. Inoltre per le prime fasi di monitoraggio e quindi la stagione 2013/2014 e la stagione 2014/2015 la Federazione indica che se ci si trova di fronte a perdite superiori rispetto al tetto massimo fissato da essa stessa per quella fase, i costi dei giocatori in rosa acquistati in data precedente al 1 giugno 2010, possono non essere considerati nel computo del risultato operativo, se per vengono rispettate altrettante due condizioni: innanzi tutto che si noti una volont da parte del club
nella direzione voluta dalla Federazione per soddisfare i requisiti e questo attraverso la visualizzazione di un trend positivo negli anni e poi che la perdita sia relativa alla stagione 2011/2012, che quindi pu essere ricondotta al peso del contratto posto in essere. 32
Per concludere la parte normativa, bisogna menzionare i quattro indicatori indispensabili posti dalla normativa 33 : Going Concern. Come per ogni societ quotata i revisori considerano il presupposto della continuit aziendale uscente dalla relazione finale d'esercizio. Negative equity. Il patrimonio netto non deve essere negativo e non deve mostrare un trend in peggioramento. Break even results. Come detto, la perdita aggregata non deve superare il limite posto per il periodo di monitoraggio Overdue payables. Non devono esserci debiti residui inadempiuti in corso verso altri club al 30 Giugno dell'anno in cui ha inizio il torneo organizzato dalla federazione. l'UEFA Club Financial Control Body 34 che pu chiedere in caso di situazione allarmante ulteriori informazioni alle societ, tra cui il bilancio d'esercizio se quest'ultimo visualizza: un rapporto costi del personale/totale dei ricavi superiore al settanta per cento; un rapporto tra posizione finanziaria netta/ammontare dei ricavi maggiore di uno. Il CFC pu sanzionare le societ attraverso ad esempio il blocco dei tesseramenti o trattenere i compensi spettanti al club in merito alla loro partecipazione a competizioni UEFA. L'organo riporta la situazione ai
32 In Italia viene indicata come clausola Paolillo ( ex amministratore delegato Internazionale F.C.) 33 Prof. Claudio Sottoriva, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facolt di Economia: L'applicazione del Financial fair Play in Italia: confronto con il Manuale delle Licenze UEFA edizione 2012 e primi risultati dell'indagine condotta. 34 Www.uefa.org
due organi disciplinari dell'UEFA che verificano la gravit delle inadempienze. Ovviamente la nuova regolamentazione non stata accettata dai club senza riserve e perplessit, alcuni hanno mostrato l'intenzione di ricorrere ai tribunali europei addirittura. Innanzi tutto, bloccare l'intera gestione economico-finanziaria di una societ calcistica potrebbe risultare in contrasto all'art. 17 della Carta di Nizza 35 riguardo al diritto di propriet che recita: ogni individuo ha il diritto di godere della propriet dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredit. Nessuno pu essere privato della propriet se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusto indennit per la perdita della stessa. L'uso dei beni pu essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall'interesse generale. Rafforza tale tesi l'Avvocato Leandro Cantamessa, il legale dell'A.C. Milan asserendo che l'UEFA, essendo un organo situato in svizzera, non avrebbe potest legislativa in merito, inoltre questa direttiva va a ledere diritti fondamentali proclamati dall'Unione Europea e questo non di certo il fine delle Federazione che invece si occupa dello sviluppo del calcio e della sua organizzazione a livello di vecchio continente. 36
In realt , vediamo come la normativa sia oltre che importante, quasi indispensabile nel modo in cui va a limitare un sistema esponenzialmente al collasso; nel ultimi anni abbiamo visto l'ingresso di grandi magnati nel mondo del pallone che coprivano le perdite della societ calcistica (contratti per pagare giocatori fior fior di milioni ed alle
35 Www.europarl.europa.eu 36 3 Aprile 2012, lezione presso l'Universit Statale di Milano in merito all'applicazione del Fair Play Finanziario.
volte molto di pi del loro valore) ricapitalizzando di volta in volta con le loro ingenti disponibilit. Questo ha effetti devastanti sulla concorrenza ed ha fatto lievitare i prezzi di cartellini ed ingaggi, enormemente pi del dovuto (pensiamo alla situazione dello Sceicco Mansur proprietario del Manchester City o lo Sceicco Al-Khelaifi proprietario del Paris Saint-Germain che hanno totalmente distrutto il calciomercato spendendo cifre esorbitanti per giocatori normali, con questo una piccola societ sempre pi in difficolt nel acquistare talento e non vediamo come la situazione possa arrestarsi se non attraverso una regolamentazione ad hoc). Un modo sicuramente valido per superare la difficolt relativa al diritto di propriet sarebbe quello di instaurare pienamente la direttiva europea a livello nazionale e che questa fosse recepita da ogni Federazione, prendendo ad esempio il caso italiano. 37
Sempre secondo i club, le norme poste dalla Federazione sono in contrasto con gli articoli 45 e 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europa che rispettivamente trattano la libera circolazione di persone e la libera concorrenza. Con il Fair Play Finanziario, il classico trasferimento una volta trovato l'accordo tra le due societ e poi tra la societ ed il calciatore per l'ingaggio sar molto pi complesso. La societ acquirente non pu procedere all'acquisto se l'operazione crea uno squilibrio tra costi e ricavi perch rischierebbe le sanzioni UEFA prima elencate, perci stiamo vedendo sempre con pi intensit club che vendono prima ci comprare calciatori, squadre che sono attentissime al monte ingaggi (che quindi procedono a cessioni di giocatori dal cartellino pesante, vedi l'A.S. Roma dopo l'avvento della
37 Donato Biancosino, L'introduzione del fair Play Finanziario nel calcio in Italia: vincolo o opportunit?, 2012.
propriet statunitense ha ceduto tutti i suoi talenti pi pagati per prendere giovani di grandi prospettive), e altre che attuano una politica rivolta sopratutto ai giovani da crescere in casa a costo zero ( Internazionale F.C., A.C. Milan in prima fila hanno ristretto di molto le loro uscite). La critica riguarda la limitazione forzata al calciomercato, fonte fino ad ora imprescindibile per i guadagni dei club; infatti senza l'acquisto dei campioni una squadra difficilmente si piazzer nelle prime posizioni che sua volta garantiscono ricavi maggiori (premi delle federazioni e diritti tv) entrando in un circolo vizioso al ribasso: meno ricavi quindi meno uscite. Infatti la critica mossa da Stefano Bastianon 38 , riguarda il principio di non discriminazione. Secondo lo studioso la normativa UEFA non calcola le sostanziali differenze regolamentari presenti all'intero dei singoli paesi nonch le diverse modalit di ricavi che questo genera nei club da Stato a Stato. Come abbiamo visto in Italia la spartizione dei diritti Tv la voce di ricavo maggiore nei bilanci delle squadre, per questo la diversificazione delle entrate indispensabile per la sopravvivenza di un club. In Inghilterra infatti il modello funziona alla perfezione, lo stadio di propriet che genera maggiori introiti, nonch un forte merchandising con penetrazione internazionale. Inoltre la UEFA non cura minimamente l'aspetto relativo alle differenze fiscali all'intero dei paesi (anche se il fair-play finanziario calcola l' EBT , l'earning before taxes), sappiamo infatti che in Spagna vige una situazione favorevolissima per quanto riguarda la tassazione sugli
38 Stefano Bastianon, Dal trattato di Lisbona al nuovo regolamento UEFA sulle licenze per club e sul fair-play finanziario, in Rivista di Diritto Sportivo del Coni, n.1, 2012.
ingaggi dei giocatori, sopratutto dopo la Legge Beckham 39 . Essa prevedeva per gli stipendi molto alti, un aliquota al ventiquattro per cento anzich al quarantatr per cento. Nel 2010 poi la Spagna aveva modificato tale assetto, rendendo la Legge valida solo per chiunque guadagnasse pi di seicento mila Euro l'anno. Normativa poi definitivamente abrogata nel Gennaio 2012. Per concludere, risulta molto utile analizzare il trend dei ricavi delle otto societ pi redditizie d'Europa spiegato nel seguente grafico 40 :
39 Decreto spagnolo n. 687/2005. Modificata poi nel 2012 ed abrogata nel 2012. 40 Deloitte Football Money League , Ed.2012 per la stagione 2010/2011
2.4 L'importanza degli stadi di propriet dei club.
___ Una comparazione tra la situazione italiana e quella europea.
Riprendendo il discorso sulla trasformazione del calcio da sport ed evento sociale, a business e spettacolo, dalle analisi sul fair-play finanziario appena fatte abbiamo capito quindi che ora pi che mai per le societ importantissimo portare quanta pi gente allo stadio e fidelizzarli al brand. E proprio la questione stadio il punto dolente per la situazione
italiana. Infatti i ricavi da gara hanno un incidenza molto bassa sul fatturato totale delle societ nostrane e questo perch gli stadi sono di propriet dei comuni ed i club non influiscono sul loro utilizzo (ricordiamo che sono utilizzati per eventi, concerti ecc). La differenza diventa sostanziale quando compariamo il nostro sistema a quello di altri paese europei, su tutti il Regno Unito, da sempre esempio di anticipazione dei tempi. In Inghilterra le squadre possiedono il proprio stadio e sono una fonte di ricavo con pi incidenza ne loro bilanci. Attraverso i biglietti, i bar, i ristoranti, gli skybox ma sopratutto durante la settimana con i cinema, lo store dedicato al club, il museo, insomma le attivit commerciali connesse sono numerose e questo fornisce un flusso di cassa notevole per le inglesi fidelizzando il tifoso che si sente sempre pi a casa nel proprio stadio. Sopratutto la diversificazione degli introiti permette alle squadre d'oltremanica di non dipendere dai diritti Tv ( in Inghilterra e germania le entrati dai diritti televisivi pesano sul totale per il ventitr per cento, in Spagna per il trentatr per cento invece). 41
In Italia le presenze negli stadi sono costantemente in calo di anno in anno, con l'unica eccezione per le squadre che disputano la Champions League; questo causato sicuramente dalla situazione devastata nei nostri impianti, non idonei per questo tipo di business. La capienza troppo elevata e molte volte la presenza della pista d'atletica rende la visuale sfavorevole (gli stadi inglesi hanno una media di quarantamila posti e sono progettati esclusivamente per le partite di calcio); sopratutto la propriet eluderebbe il pagamento dei
41 Gioacchino Roberto Di Maio, in L'economia del calcio, una prospettiva comparata italia- Inghilterra, 2011.
canoni di locazione annuale che assai pesano per le casse dei club. Inoltre il parametro principale proprio la capacit della squadra di portare persone allo stadio, questo si riflette notevolmente sul discorso relativo alla capienza. I nostri stadi andrebbero ridotti in numero di posti di circa il trenta o il quaranta per cento a seconda della citt e tenendo ben presente alcuni parametri da cui non si pu prescindere considerando l'attrazione verso l'impianto: sicuramente dobbiamo considerare la squadra in questione, la sua storia, il prestigio ecc; la visibilit della partita aello stadio; la capienza come detto; il livello di usura dello stesso;la grandezza della citt che lo ospita ( ovvio che citt come Roma e Milano dovranno optare per uno stadio con pi posti rispetto a Torino o Udine) e sicuramente la posizione in classifica ricoperta negli ultimi anni dalla squadra. Bisogna in realt considerare che episodi di violenza, prezzi e servizi offerti, il fatto che ormai tutto il campionato comodamente visionabile da casa con le pay-tv, gli scandali del pallone ( calcioscommesse, Calciopoli) e difficolt nel reperire il biglietto dovuto a politiche totalmente scoraggianti, non hanno di certo aiutato l'affluenza media negli stadi di anno in anno. L'esempio di efficienza come di consueto proviene dal Regno Unito, si tratta del famoso Old Trafford, lo stadio che ospita le partite casalinghe del blasonato Manchester United; parliamo di una macchina perfetta che genera ricavi costantemente per la squadra inglese: con 27 CCTV ed un sistema di sicurezza di livelli eccelsi, conta 76.212 posti a sedere, con skybox privilegiati per le aziende che acquistano piccole platee per tutta la stagione per intrattenere i clienti con 4.973 posti,
manto erboso riscaldato, un ristorante, il Red Caf, un museo ed un megastore dove acquistare i prodotti ufficiali dei Red Devils. Lo stesso impianto del Chelsea, lo Stamford Bridge sorto nella prestigiosa Fulham Broadway contiene 35.000 posti a sedere, venti aree ristorante, settanta skybox, un albergo ed il megastore aperto tutta la settimana. importantissima, vista l'onerosit della spesa sulla costruzione di un nuovo impianto, la presenza di un investitore esterno a cui sar dovuta la cessione dei diritti del nome per un numero esatti di anni. In Inghilterra ricordiamo che oltre all'Arsenal con il suo Emirates Stadium (dal nome della famosa compagnia aerea), troviamo il JJB Stadium del Wigan Athletic, il Britannia Stadium dello Stoke City ed il Reebok Stadium dei Bolton Wanderers. Bisogna soffermarci sull'eccellenza dello stadio dei Gunners 42 . Il suo costo complessivo di cinquecentosettantatr (573) milioni di euro, contratti con un debito a lungo termine con scadenza nel 2031, di cui 150 sono stati versati dalla Fly Emirates, la compagnia aerea di Dubai, con un contatto di sponsorizzazione molto pi ampio che prevede sia il jersey-sponsor sia la cessione del naming right fino al 2016. Dal vecchio impianto, il glorioso Highbury Park, l'Arsenal ha generato circa duemila appartamenti (Highbury Square) da cui ha ricevuto un ingente guadagno. L'Emirates Stadium intanto pesa sui ricavi del club per il trentacinque per cento che gli ha permesso di raddoppiare addirittura i ricavi sfruttando anche la posizione predominante che ha la squadra del Nord di Londra in tutta la citt ( il pi popolare club dei 16 presenti
42 Rimando anche al sito ufficiale dei Gunners, www.arsenal.com
nella capitale inglese). Altro esempio da sottolineare, la famosa Amsterdam Arena, casa del club leggendario Ajax F.C., inaugurato nel 1996, conta cinquantaduemila posti a sedere attaccati al campo, con cinquantaquattro SkyBox vendibili, dodici SkyRoom, otto Skylounge, millecinquecento posti business e venti VIP, un museo dedicato alle glorie del club, un bar ed un area capiente per organizzare eventi nei periodi in cui il campionato fermo. Intelligentemente il progetto venne presentato durante la candidatura della citt ai giochi olimpici del 1992 e perci finanziato per il ventinove per cento pubblicamente dalle istituzioni locali e nazionali e per il quarantasei per cento con capitale proprio, il sette per cento va addebitato alle tasche del club di Amsterdam, un finanziamento per il venticinque per cento ed infine un pool di societ che formarono i c.d. founders e contribuirono per il sedici per cento. Il costo totale dell'impianto riguard centoventisette milioni di euro. Sorto sempre per far fronte ad un impegno internazionale, l'Allianz Arena, dove il Bayer Monaco gioca le sue partite in casa, fu costruito per i mondiali ospitati dalla Germania nel 2006. Anch'essa una struttura multifunzionale polivalente, con sale conferenza, ristoranti, locali di intrattenimento, megastore, e spazi dove accogliere i clienti importanti del club. Finanziato ovviamente dall'Allianz per novanta milioni di euro e tramite le cessioni delle azioni del Bayer a Adidas e Audi nel 2002, costato complessivamente trecentoquarantasei milioni di euro. Abbiamo visto quindi in tre diverse realt come risulta fondamentale il finanziamento esterno per la costruzioni di questi mega-impianti,
questo per non pesare troppo sull'indebitamento dei club, anche in virt del discorso fatto precedentemente sulla nuova normativa relativa al fair-play finanziario.
2.4.2 Lo Juventus Stadium
Dopo aver analizzato le eccellenze degli impianti europei, andiamo a descrivere l'unica realt italiana che riesce ad oggi a competere (almeno sul piano finanziario) con i colossi stranieri, la Juventus. Dal 2011 la Juventus l'unica compagine italiana di Serie A a possedere il proprio stadio e quindi ad usufruire di tutti i benefici connessi. Sorto dalle ceneri del vecchio Stadio Delle Alpi il nuovo Juventus Stadium o abbreviato a J Stadium, conta esattamente quarantuno mila posti a sedere con sessantaquattro SkyBox. Negozi, ventuno bar, otto ristoranti, il museo dedicato e un importantissimo parcheggio di quattro mila posti completano la favolosa opera. Anch'esso si situa tra gli stadi multifunzionali, con fini di diversificazione
dei ricavi ed andando attrarre tifosi ed appassionati durante tutto l'arco della settimana. Il finanziamento arrivato dalla societ Sportfive, che si anche aggiudicata il naming right con un contratto da settantacinque milioni di euro fino al 2023. L'investimento non stato indifferente: l'impianto costato in totale centocinquanta milioni di euro cos ripartiti: venti milioni al Comune di Torino; centocinque la costruzione della struttura; ventitr tutte le opere accessione comprensive del centro commerciale rivenduto successivamente a NordConad. L'investimento stato coperto attraverso due finanziamenti dell'Istituto di Credito Sportivo per sessanta milioni , tramite la cessione del naming right a SportFive per quarantadue milioni ed infine con la vendita del centro commerciale a NordConad per 18,35 milioni di euro; per il resto e per il 2012 si fatto affidamento ai flussi di cassa generati dalla societ Juventus. Viene riportato di seguito il bilancio della Juventus negli esercizi 2010/2011 e 2011/2012 43 per raffrontare ma sopratutto evidenziare i benefici di cui il club ha goduto dall'inaugurazione del proprio stadio.
43 Diego tar in L'impatto dello Juventus Stadium sul futuro del club pubblicato in La Biblioteca del tifoso bilanciato, www.tifosobilanciato.it
Come si evince dalla tabella i ricavi sono maggiorati di circa nove milioni di euro, sembra una cifra di poco conto, ma dobbiamo calcolare che esattamente il 56,3% della crescita degli introiti in bilancio provengono dallo J Stadium, pari a 23,5 milioni di Euro. Ricordiamo l'importante incremento degli abbonamenti ed il fatto che la diminuzione dei posti disponibili ha portato ad avere un sold out in ventitr partite du venticinque. I ricavi medi per gara sono quasi raddoppiati
Bisogna considerare che fare uno casa tutta propria per i tifosi in Italia una novit assoluta, e per un popolo cos calciofilo questo genera una corsa al biglietto, ma anche all'abbonamento che come possiamo ben notare ha inciso molto alle casse juventine; non da ultimo l'effetto del tutto esaurito fa crescere l'attesa per la partita successiva e rende magico l'evento, che attraverso un passaparola cittadino scatena la caccia al biglietto aumentando notevolmente i ricavi da gara, che infatti incrementano addirittura del centonovantadue per cento ( debito dire che l'incremento dovuto principalmente dai prezzi medi dei biglietti maggiorati e dall'offerta sugli SkyBox e le premium seat). In sostanza lo Juventus Stadium ha fornito al club bianconero un vantaggio competitivo importantissimo che forse non sarebbe mai arrivato se la squadra avesse continuato a giocare nei vecchi impianti; vantaggio che si esplica in una maggiore capacit di investimento sul
mercato dei calciatori e sul loro ingaggio, ma sopratutto in ottica futura, di rispetto delle norme di Fair-Play Finanziario grazia alla diversificazione dei ricavi (non dimentichiamo che la formazione juventina costantemente ai vertici del campionato di calcio italiano da ormai tre anni, e cio dalla stagione di inaugurazione dell'impianto). Riguardo alla situazione finanziaria lo J Stadium, produce circa ventitr milioni di euro di Free Cash Flow che consentono di avere a fine anno 16,5 milioni di euro di Excess cash Flow pronti ad essere utilizzati sul mercato. Un enormit in confronto alle altre realt italiane. Ma allora davvero lo stadio di propriet la frontiera che permette di sanare tutti i problemi del calcio italiano? Sembra troppo riduttivo porre la crisi del pallone solo a questo (molti sostengono che sarebbe risolto anche il problema della violenza del tifo, infatti il tifoso con uno stadio della sua squadra sarebbe meno propenso ad infrangere le regole e la societ potrebbe investire di pi nella sicurezza dell'impianto), bisogna contare che non scontato che un nuovo impianto produca i benefici sperati, questo dipende in realt da tre fattori determinanti: Il numero di partite giocate in casa dalla squadra il ricavo medio per spettatore il load factor (percentuale di riempimento dello stadio). Ultimamente la societ pi avanti nel panorama italiano nella costruzione di una nuova realt l'A.S. Roma che con l'avvento della nuova propriet statunitense si messa subito come primo obiettivo quello di costruire la nuova casa giallorossa; ma hanno subito impattato con la difficile burocrazia italiana (questo uno dei motivi che scoraggia moltissimo gli investitori stranieri nel nostro pallone).
Si trovato il luogo e gli investitori, lo stadio dovrebbe essere pi piccolo del trentasei per cento rispetto allo Stadio Olimpico con quarantasette mila posti disponibili tutti a sedere, sessantacinque SkyBox, quattromila posti VIP e tutti i servizi che lo renderebbero multifunzionale. Il costo stimato da KPMG 44 sarebbe di centoquaranta milioni di euro. Il ritorno sarebbe assicurato in pochissimo tempo ed il progetto gioverebbe enormemente per le casse della squadra capitolina che vanterebbe un vantaggio in termini di tempo sulle altre rivali.
2.5 Dal punto di vista del consumatore: i tifosi.
Non bisogna dimenticarsi assolutamente la figura dei tifosi. L'analisi fatta fino ad ora ha toccato punti di giurisprudenza, punti burocratici e normative messe in atto dalle pi alte cariche europee in merito di riscossa del gioco calcio. Non scordiamo per, che prima di tutto questo sport un attivit ludica, di interesse sociale, permeato nelle masse nel tempo; interessa prima
44 European Stadium Insight, KPMG
di tutto il popolo. Quella marea di persone che vive giorno per giorno l'amore per la propria citt, per i propri colori e che tramuto tutto questo in passione per la squadra di appartenenza. In Italia (ma anche in Inghilterra o in Grecia), il calcio vissuto in maniera viscerale, alcune volte troppo: molte volte ci si lasciati andare ad episodi incresciosi che hanno sconvolto l'opinione pubblica, subito pronta a puntare il dito, ad etichettare la massa di gente che frequenta lo stadio come criminali o teppisti. Venerd 2 febbraio 2007, al Massimino di Catania di gioca il derby di Sicilia: Catania-Palermo. Fuori dallo stadio esplodono dei tafferugli che coinvolgono le forze dell'ordine dove perse la vita Filippo Raciti colpito a morte da un tifoso catanese (anche se la sentenza di secondo grado scarcer il tifoso dando la colpa della morte ad una retromarcia di un camioncino del Carabinieri). la mattina dell'11 Novembre del 2007 quando Gabriele Sandri 45 , un dj romano, si mette in viaggio per seguire la sua squadra del cuore, la Lazio che quel pomeriggio avrebbe disputato la gara di campionato contro l'Internazionale. La sua corsa venne fermata alla stazione di servizio di Badia al Pino nei pressi di Arezzo da un colpo d'arma da fuoco sparato dall'agente Spaccarotella esploso dalla stazione di servizio opposta addirittura. Una tragica coincidenza che scosse enormemente il mondo calcistico; si parl di scontri tra tifosi nell'autogrill sfociati nella morte del ragazzo, dissero che nella macchina c'erano oggetti atti a procurare danno, dissero tante cose; la verit che quell'agente impreparato, agitato, ed
45 Www.gabrielesandri.it, per non dimenticare.
inadeguato a portare un arma spar, togliendo la vita ad un ragazzo che sul sedile posteriore stava riposando. Non un ultras (termine che troppe volte si usa inflazionandolo in senso negativo verso teppisti che poso c'entrano con gli ultras), non un teppista, ma un ragazzo come tanti la cui unica colpa era trovarsi in quel posto, in quel momento. Ecco l'esasperazione a cosa ha portato. A due morti incredibili, inaccettabili. Come quelle di Antonio de Falchi, Vincenzo Paparelli, Vincenzo Spagnolo, Antonino Curr, tutti morti inspiegabili che non hanno avuto giustiziae forse mai ci sar. Sin dai suoi albori il calcio ha visto episodi di violenza contornare le partite; questo perch come detto, non si tratta solo di una partita, ma di una storia, in quell'uno contro uno si scontra una rivalit di territorio. Una sfida campanilistica che affonda le radici nella storia d'Italia, di quel paese diviso in tantissime piccole realt, l'una contro l'altra. Questi odi regionali o cittadini arrivano su un campo di calcio dove di stagione in stagione ci si gioca l'onore. Per il popolo la domenica diventa il giorno in cui sfogare le frustazioni della settimana, l'alienazione lavorativa, i disagi: alle ore 15 della domenica ognuno sfoga le sue repressioni in quei novanta minuti dove ci si estranea da tutto e da tutti, ci si scorda dei problemi in famiglia, e la mente va soltanto ai propri undici giocatori. un oppio dei popoli. necessario. Senza calcio sarebbe un mondo diverso forse. Non la sede per decretare cosa sia giusto o sbagliato, ma di descrivere le varie realt da ogni punto di vista. Negli anni '70 esplode la violenza del tifo; si organizzano gruppi importanti di ultras che vivono per il proprio team, lo seguono ovunque,
le maggiori squadre hanno sempre al seguito uno di questi collettivi: la Roma ha il Commando Ultr Curva Sud, il Verona ha le Brigate Gialloblu, il Milan ha la Fossa dei Leoni. Questi agiscono da difensori dei loro colori in tutto e per tutto. Sostanzialmente non si fa nulla fino agli anni 2000, gli stadi sono alla stregua delle scorribande di chiunque voglia venire a contatto o con la polizia o con le forze dell'ordine. Le trasferte sono ancora peggio. In Inghilterra la stessa cosa, il movimento Skinhead, nato dall'alienazione della working class verso il sistema si trasferisce negli stadi attraverso i cosiddetti hooligans. Mettono a ferro e fuoco gli stadi di tutto il paese con episodi che fanno rabbrividire. Fu Margaret Thatcher che attraverso una politica di repressione fortissima (indagini di Scotland Yard che prelev direttamente dalle loro abitazioni tutti gli esponenti pi importanti delle maggiori crew), delle regolamentazioni degli stadi atte ad eliminare il problema alla radice (aumento vertiginoso dei prezzi dei biglietti per scoraggiare le classi sociali meno agiate, divieto di alzarsi dal proprio seggiolino, divieto di striscioni bandiere, tornelli all'entrata degli stadi, CCTV ovunque), riusc ad eliminare il problema negli impianti ma assolutamente non concluse nulla per quanto accadeva fuori da essi. Da noi si arriva a questi inutili mezzi soltanto a met degli anni 2000, con il cosiddetto Decreto Pisano 46 si prevede: la videosorveglianza in tutti gli impianti superiori a diecimila posti con arresti in differita; i biglietti nominali, numerati che assegnano un posto a persona; inasprimento per le pene per il lancio di oggetti; stop al bagarinaggio fuori gli stadi; adeguamento obbligatorio degli stadio agli standard di
46 Decreto Legge n.162, del 17 Agosto 2005, Decreto Antiviolenza negli stadi.
sicurezza europei; predisposizione alla presenza degli steward, cio personale addetto al servizio pubblico. Come abbiamo visto dai due fatti elencati in precedenza queste assurde norme piuttosto che eliminare un problema, ne ha hanno creati di molti altri, tra cui il rendere impossibile andare allo stadio, sopratutto per quella fetta di tifosi uncommitted. Dopo i fatti di Catania bisogna intervenire: ci pensa il Decreto Amato 47 . Prevedeva 48 innanzi tutti un forte inasprimento delle pene riguardanti i reati di violenza negli stadio e nelle vie confinanti; viene altres vietato l'uso di striscioni offensivi, razzisti o che incitano alla violenza; si conferma l'arresto differito; finch gli stadi non saranno a norma le partite in quegli impianti si svolgeranno a porte chiuse; massimo quattro biglietti vendibili a persona; ma sopratutto il concetto di D.A.S.P.O. ( Divieto di accedere alle manifestazioni sportive) viene enormemente rafforzato, essendo possibile anche per i minorenni, nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa della manifestazioni stesse. La criticit fondamentale del DASPO risiede sopratutto nel fatto che emesso sulla base di una semplice denuncia e non di un procedimento penale, sopratutto viene concesso troppo facilmente e mai sulla base di prove certe. Inoltre non tiene definitivamente lontani i soggetti macchiati di atti violenti . Il cambio di rotta definitivo si ha nel 2010, l'anno di debutto della
47 Www.interno.gov.it 48 Tramutato in Legge 4 Aprile 2007, n.41
Tessera del tifoso. Una Card dedicata del club, che funge da fidelizzazione, dove il tifoso spende in merchandising e carica il biglietto acquistato direttamente su di essa. Voluta fortemente dal Ministro Roberto Maroni, ha permesso l'acquisto degli abbonamenti annuali soltanto ai possessori di tale card togliendo moltissime persone dalle curve (ricordiamo che per ottenerla necessario il nulla osta della questura che controlla la presenza di DASPO a carico o di precedenti penali); non dimentichiamo che rappresenta un costo, e prevede la presenza di un microchip fornito da una Banca collegata. Tutti strumenti che controllano molto efficacemente il tifoso. Ma quanto veramente un provvedimento di pubblica sicurezza? E quanto invece un provvedimento volto a favorire le banche, le casse dei club e le pay-tv? Meno gente va allo stadio e pi costretta ad abbonarsi alle emittenti televisive per guardare le partite, perch ricordiamo come un tifoso committed non rinuncerebbe mai a seguire la sua squadra. Intorno alla Tessera del Tifoso sono poi state attuate politiche all'interno dello stadio volte a scoraggiare chi ancora no avesse provveduto a sottoscriverla. Come dice l'intestazione del paragrafo quello che si cercava di fare era di mettersi dalla parte del consumatore, troppe volte dimenticato e troppe volte accusato e di far comprendere quanto invece sia importante ( se non fondamentale ed indispensabile) a questo sport. Queste le risposte ad una semplice domanda: Cosa vuol dire per te tifare la tua squadra? Iniziando con una citazione importante, tratta dal film Febbre a 90, tratto da un Bestseller di Nick Horby: Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose, dopo un po' ti si mescola tutto in testa e non riesci pi a capire se la vita fa
schifo perch l'Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono arrabbiami per l'Arsenal quando avrei dovuto arrabbiarmi per altre cose, ho preteso troppo dalla gente che amo. Ok va bene tutto, ma non lo so, forse qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro: come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai 2-1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce, stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient'altro nella testa e poi il fischio dell'arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te cos importante, che il casino che hai fatto stato un elemento cruciale in tutto questo, rende la cosa speciale perch sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio; e la cosa stupenda che tutto questo si ripete, continuamente, c' sempre un'altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio e che male c' in questo? Anzi piuttosto confortante se ci pensi...
Davide: Nessuno sceglie se tifare o no, nessuno decide se voler gioire o soffrire; come nessuno sceglie se amare o no. Tifare amare, ed la cosa pi bella del mondo.
Alessandro: "Il tifo potrebbe avere mille aggettivi, forse quello che pi di tutti riesce a inquadrare il significato di questa parola e' PASSIONE. Solamente con la Passione uno riesce a superare la delusioni, gli sforzi, le alzate all'alba per seguire la tua squadra in trasferta, i canti a squarciagola sotto la pioggia, di sera, giorno, estate e inverno. Il tifo
non si pu spiegare, e' una cosa che viene dal profondo, che ti fa senti' parte di qualcosa di pi grande, che ti fa sentire come se fossi tu in campo a lottare per guadagnare un metro, un fallo laterale, un calcio di rigore. Tifare vuol dire sostenere la tua squadra nel bene e nel male, soffrire per lei, starle accanto, sussurrarle quanto ti fa arrabiare per poi urlare fino allo svenimento quando segni un gol. Il tifo e' vita, e' un orgasmo, e' adrenalina.....e' passione."
Carlo: Tifare una squadra di calcio significa scegliere di prendere consapevolezza di ci che si , collegare la proprio identit al contesto in cui si vive e si cresce, alla sua storia e alle sue particolarit, dandole un'espressione che non autoreferenziale ma relazionale al massimo livello. Ripercorrere i passaggi che hanno accompagnato questa scelta significa recuperare emozioni, ritrovare il pretesto che ha dato vita ad un' amicizia fraterna, il motivo di viaggi per destinazioni fino al giorno prima sconosciute, lo sbalordimento per il fatto di sentirsi in un istante parte di un qualcosa cominciato decenni prima della propria stessa nascita, quasi fosse una dimensione senza orizzonti temporali, compiacersi per aver trovato, almeno in un ambito della vita, giustificazioni al razionalmente ingiustificabile, verso se stessi e verso gli altri, senza dover fare appello a credenze trascendenti come avviene nell'irrazionale religioso, ma con la goliardia e la leggerezza della contingenza quotidiana. Il tifo l'unica e pi compiuta metafora capace di racchiudere in s ogni fase della vita.
Davide: Parteggiare per un Team, i cui atleti e la cui storia ti rappresenta. Del quale ti senti parte anche se fisicamente non scendi
in campo. Come fosse amore per una persona della quale senti la necessit spasmodica giornaliera, invece di una persona un'entit astratta. Che con il tempo fa parte di te, con la quale discuti e ti chiarisci, l'attacchi ma alla fine sempre la difendi; e far parte di te per sempre nel bene e nel male, come un grande Amore".
Pierpaolo: Cosa vuol dire per me tifare la mia squadra? Io non tifo la mia squadra. Io amo la mia squadra. Io amo i miei colori. Io amo quella maglia. "Tifare la mia squadra" significa fare 12000 km per andare a vedere la tua squadra in Champions, farne altri 4000 per vedere la tua squadra giocare a Verona o Catania. "Tifare la mia squadra" significa non dormire nella settimana pre-derby. Significa non dormire per vedere la tua squadra giocare le amichevoli pre-campionato negli USA. Significa vivere in funzione di quei colori. Essere tifoso non facile, ma la cosa pi bella del mondo.
Niccol: Vuol dire mettere la sveglia alle 3:30 di notte per vedere Fiorentina-Cagliari perch sei a Sydney, vederla e non riuscire pi a prendere sonno perch ha vinto 3-0.
Irene: Tifare amare. amare qualcosa al di sopra di tutto. percorrere chilometri, dedicare tutti i week end e impiegare tutte le proprie risorse per innamorarsi ancora di pi. far parte di un tutto che pi grande di te, che composto da altre persone accomunate dallo stesso amore per un'ideale. Tifare provare quelle emozioni che non puoi sentire grazie a nessun'altra cosa o persona, condividere un sentimento enorme con persone che non conosci ma che senti vicine
come non mai ogni domenica. Chi non c' dentro non potr mai neanche provare a capire cosa vuol dire e cos possono provare ad impedirci di andare allo stadio, a tesserarci, a tassarci ma un sentimento cos forte non si pu e potr estinguere mai.
Monia: Tifare amare non a caso si dice " io sono della ..." si usa il verbo essere nel senso di "appartenere" la tua squadra qualsiasi sia di qualsiasi sport qualcosa a cui appartieni e che ti appartiene. Sei suo/a nella stessa misura in cui lei tua. Tifare il ricordo della mano del nonno che accompagna il nipote allo stadio, tifare la famiglia che ti scegli, tifare condividere, tifare soffrire, gioire, piangere, esultare, ridere... tifare unire, mai dividere.
Alessio: Chi non ama il gioco del calcio, si perde qualcosa nella vita, cos diceva Bertrand Russell. E da qui che parte tutto,dallamore per questo gioco,dalla voglia di vedere sempre quel pallone rotolare in un prato verde che sia del campo sotto casa o che sia dello stadio pi importante dEuropa. Solo in pochi hanno pero la fortuna di calcare quei campi da protagonisti allora ecco che nella maggior parte dei casi lamore diventa tifo. Il tifoso la parte bella di questo sport,chi non tifa non comprende come un ragazzo di una fascia det dai 20 ai 30 anni o un uomo ancora pi adulto possa soffrire,piangere,star male per una semplice partita di calcio o per una finale persa ai rigori; come possa sbraitare per settimane, mesi, anni ricordando un fuorigioco inesistente o un rigore inventato che hanno contribuito alla perdita di un campionato intero eppure essere tifoso racchiude tutto questo. Una vittoria o una sconfitta incidono sul morale, rendono una giornata
amara o felice perch lamore questo, felicit quando tutto va bene e amarezza quando le cose vanno nel peggiore dei modi. Il tifoso sente i propri colori come una seconda pelle; c chi rinuncia alle vacanze estive per seguire la propria squadra, chi fa rinunce giornaliere per comprare un biglietto, solo per essere presente ad un evento che gli potrebbe permettere di essere felice per una settimana intera fino alla partita dopo. Senza tifo il calcio perderebbe di qualit, questo facilmente riscontrabile dati alla mano con le partite giocate a porte chiuse a causa di sanzioni per la maggior parte delle volte ridicole, prese da Istituzioni che si permettono di giudicare quanto un coro verso un avversario o una citt diversa di quella di appartenenza sia pi o meno offensivo, non capendo, non essendo tifosi cosa si vuole trasmettere. Il tifo non ha et. Essere tifoso si porta dentro da bambini fino ad unet pi adulta e paradossalmente con il passare degli anni lamore cresce invece di diminuire per questo che non si superer mai questa fase perch in un calcio con scandali allordine del giorno, la parta sana rimarr sempre quella rappresentata dai tifosi.
La parola pi usata amore. Perch privarli di questo amore?
CAPITOLO III La Competitive balance ed alcune soluzioni per migliorarla
I__ Introduzione
Dopo aver visto un susseguirsi di fatti ma anche di atti normativi che hanno modificato profondamente la storia di questo sport alcune volte trasformandolo, bisogna analizzare il principio cardine di ogni processo che ultimamente le istituzioni calcistiche stanno applicando: la competitive balance. Partiamo dal presupposto oggettivo, che l'incertezza del risultato basilare per una buona riuscita di un evento sportivo. Ecco la competitive balance proprio l'indicatore che misura l'equit di una competizione ed a cui tutti fanno riferimento quando si tratta di sanare la crisi del calcio. Abbiamo gi visto come la contrattazione collettiva dei diritti Tv sia stato un atto normativo sorto in tal senso, non di meno il Fair-Play Finanziario. Si vedr quindi inizialmente come viene calcolata, quali indicatori vengono utilizzati per soppesare la CB in modo da capire anche la validit e l'applicabilit di questo principio al calcio. Poich di contro utile considerare un modello opposto, se vogliamo, di sport e cio cos come lo interpretano negli Stati Uniti. Sloane 49 ci dice che che le squadra hanno obiettivi diversificati, infatti posso comportarti come profit maximizer (ed il caso delle squadre statunitensi), oppure come utility maximizer (il caso delle leghe
49 P.J. Sloane, The economics of professional football, the football club as a utility maximizer, Sc.J. Of Political Economics, vol.4 n.2 , 1971
europee) 50 , perci non possiamo prescindere dal considerare il modello d'oltreoceano, come esempio di equit competitiva prendendo alcune direttive utilizzate appunto per mantenere un alto grado di incertezza. Dal momento in cui il calcio diventa fenomeno prettamente economico, inevitabile fare calcoli di questo genere e non analizzare la situazione se non da un punto di vista numerico e di indici. La criticit si rivela nel momento in cui riportiamo tutto ad un livello pi basso, che quello dell'interesse popolare, il calcio come fenomeno di massa come nel paragrafo dedicato al tifo. per indispensabile lo studio della CB perch permette di delineare la domanda di sport da parte del pubblico scindendo come ha ben fatto Szymanski 51 i tifosi committed dai tifosi uncommitted, come abbiamo visto nei paragrafi scorsi. I primi sono i tifosi per antonomasia,quelli di cui abbiamo parlato nello scorso capitolo, i secondo gli appassionati dello sport e senza un particolare trasporto. Il tifoso committed in realt poco bada all'incertezza del campionato, quanto pi se la sua squadra riesce ad arrivare in una posizione importante a fine anno, questo rende la domanda anelastica e la teoria di una maggiore CB decade di rilievo. I tifosi uncommitted invece sono pi interessati alla bellezza della partita o dell'intero campionato, perci fanno molta attenzione all'incertezza del campionato. Diciamo che Leghe e Club tendono a voler accaparrarsi l'interesse di quest'ultima parte di pubblico, anche se sopratutto in Italia o in paesi
50 N.Giocoli, L'equilibrio sul campo quando i club hanno obiettivi differenti: l'esperienza recente della Serie A di calcio, 47 R.S.A. Della Societ Italiana Economisti, 2006. 51 Szymanski, Income inequality, Competitive Balance and the attractiveness of Team Sport, some evidence and a natural experiment from English soccer, in The Ec. Journal, vol. III, n.469, 2001, F69-F84.
come il Regno Unito, la fetta di tifosi committed molto ma molto ampia.
3.2 La misurazione della Competitive Balance
Il primo a parlare di economia nella sport fu Simon Rottemberg 52 in un articolo all'Universit di Chicago, trattando il tema del mercato del lavoro dei giocatori di baseball (non stupisce che il tema sia stato discusso preliminarmente negli Stati Uniti). Fu anche il primo ad elaborare il concetto secondo cui l'incertezza del risultato indispensabile per accaparrare l'interesse del pubblico e da qui nasce l'idea della Competitive Balance e del fatto che un campionato deve avere un adeguato grado di equilibrio. Uno squilibrio continuato della lega porterebbe ad una diminuzione di interesse del pubblico con relativa perdita economica. Perci pi cresce il grado di competizione, pi cresce l'incertezza del risultato finale e quindi maggiore la competitive balance: direttamente proporzionale poi alla situazione finanziaria: a fare la differenza nel calcio sono i giocatori di talento, che per essere acquistati necessitano di debite cifre in denaro, perci pi il campionato equilibrato e pi le forze economiche delle societ che ne prendono parte sono altrettanto equilibrate.
52 S.Rottemberg, The Baseball players' Labour market, in Journal of Political Economics, vol.64 n.3, 1956
A Rottemberg si deve il contributo relativo all' invariance principle (principio di invarianza) il quale afferma che il libero mercato che naturalmente procede all'allocazione ottima del talento calcistico/sportivo e che tutte le politiche messe in atto per tutelare la competitive balance non sar mai tanto efficace 53 . Sloane poi a puntare il focus sugli obiettivi che i club si prefissano e quindi a dividerli come gi visto in squadre profit maximizer ed in squadre utility maximizer; ci dice che i club dovrebbero avere anche altri obiettivi come il seguito dei tifosi, la sopravvivenza, le vittorie e la protezione della lega d'appartenenza. Ovviamente quindi le societ interessate alla gloria, alle vittorie ed ai successi (calcolando che questo porta poi a maggiori introiti), saranno meno interessate ad avere una maggiore competitive balance. Un contributo fondamentale alla teorizzazione della CB lo da poi Szymanski 54 quando divide l'incertezza in tre tipi: Incertezza del match Incertezza della stagione sportiva incertezzadel campionato La prima ovviamente si riferisce alla variabilit del singolo incontro. La seasonal uncertainty indica lo sviluppo di gare eque in una stagione e infine la championship uncertainty si riferisce alla tendenza di un numero ristretto di club a dominare i campionati di un tot anni. 55
La situazione ipotizzata, che non si discosta poi enormemente dalla realt, quella in cui le squadre pi ricche diventano sempre pi ricche
53 P.J. Sloane, Rottenberg and the Economics of sport after 50 years: an evoluation, IASE working paper 06-08, 2006 54 S.Szymanski, The economic design of sporting contests, in Journal of Ec. Lit. 41, 2003 55 R.Caruso e I.Verri in, Competitive Balance dopo la sentenza Bosman: il caso della pallavolo in Italia, in Riv. Di Diritto ed Economia dello sport, Vol V, Fasc.1, 2009
a discapito delle piccole societ con cui il gap aumenta costantemente (grazie ai bonus da vittoria, la capacit di spendere e la normativa sui diritti Tv), questo avr una ripercussione su esiti scontati dei campionati con graduale perdita di interesse sopratutto tra le fasce dei tifosi uncommitted e quindi meno spesa da parte di questi ultimi verso il sistema calcio. Andiamo quindi a dare un sguardo agli indicatori che descrivono l'incertezza della stagione. Il pi importante e utilizzato la Deviazione Standard e considera la percentuale di vittorie sul numero totale degli incontri che ogni squadra disputa nella stagione considerata 56 . La situazione di massimo equilibrio si verificherebbe nel caso in cui tutti i club vincerebbero e perderebbero lo stesso numero di incontri e cio il cinquanta per cento. In realt, maggiore la deviazione da questa cifra di vittorie e maggiore lo squilibrio del campionato. Questa la tabella che ci mostra la deviazione standard del nostro campionato di Serie A contando le stagioni che vanno dal 1948/1949 al 2005/2006 57 , dove per MM5 si indica la Media Mobile quinquennale
56 K.Goosens, Competitive Balance in European Football: Comparison by adapting measures: National measure of seasonal imbalance and top 3, in Riv. Diritti ed Economia dello sport, col 2, n.2, 2006 57 N.Giocoli, L'equilibrio sul campo quando i club hanno obiettivi differenti: l'esperienza recente della Serie A di calcio, Dip. Scienze Economiche, Universit di Pisa.
Vamplew 58 ha poi calcolato la deviazione e la competitive balance per il campionato scozzese dal suo inizio e cio la stagione 1890/1891 fino al 1914/1915 concludendo che la Scottish League rappresenta l'esempio portante di squilibrio competitivo, sopratutto considerando i vicini competitors inglesi. Un altro contributo al calcolo della variazione standard venuto da Quirck Fort 59 quando studiano l'equilibrio competitivo del baseball in America, la MBL, del Football NFL, e del Basket NBA dalla stagione 1901/1902 alla stagione 1990/1991 concludendo che: a better measure of dispertion of W/L percentages for a league is the standard deviation of the distribution of W/L percentages, which is calculates as follow: for each team, calculate the difference between the team's W/L percentage for season and the league average; square the difference for each team. Add these figures for all team in the league, and then divide the total by the number of team in the league. Take the square
58 W.Wamplew in, The economic of a sport industry: Scottish gate-money football, 1890-1914, in The Economic Hi.Rev. Vol. 35, n.4, 1982. 59 J-Quirck, R.Fort, in, Pay Dirt: the business of professional team sport, Princeton University Press, 1992
root and you have the standard deviation of the league W/L percentages for the season, ecco spiegato l'esatto metodo di calcolo della deviazione standard. Un altro metodo molto usato, anche perch di semplice applicazione, quello del Range che consiste nella misura della differenza tra la pi alta e la pi bassa percentuale di vittoria delle societ in un determinato lasso di tempo. Pi alto tale valore e pi chiaramente alto lo squilibrio e quindi la differenza tra un club forte ed uno debole. L'HHI index (Herfindhal-Hirchman Index), indica la concentrazione di campionati vinti in una lega nel tempo da parte di un team, calcolando poi la somma dei quadrati di questo indice per ogni team per un determinato lasso di tempo avremo un parametro che, minore sar e maggiore sar la competitive balance per il campionato in esame. Anche se per il campionato italiano considerando gli ultimi venti anni sembra essere piuttosto alto, la criticit di tale indice sta nel fatto di non considerare la lotta per il titolo o per le prime posizione andando solamente a calcolare le vittorie finali. Infine, l'Indice di Concentrazione di Gini, sviluppato appunto dallo studioso Corrado Gini e ripreso da Schmidt e Berri nel 2001 misura la distribuzione delle percentuali di successo in un campionato. Matematicamente molto complesso nel calcolo, si tratta di un numero che va da zero a uno dove lo zero verifica la situazione di maggiore equilibrio, dove ogni team va a vincere esattamente il cinquanta per cento degli incontri e di contro la cifra uno la massima concentrazione di potere, quando una squadra vince ogni partita. Riportiamo di seguito mutuando il contributo di K. Goossens il calcolo dell'indice di Gini utilizzando la curva di Lorenz per il campionato
Italiano, quello Greco e quello tedesco per le stagioni dal 1963/1964 al 2004/2005 60
Se fino al 2006 l'indice di Gini sembrava essere in costante crescita, dopo Calciopoli e lo strapotere Inter e poi Juventus, la crescita stata esponenziale facendo del nostro uno dei campionati pi scontati d'Europa. Passiamo ora ad elencare i maggiori indicatori della misura dell'incertezza relativa ai campionati. Il primo, il pi semplice, intuitivo e gi in parte descritto si basa sul lavoro messo a punto da Rottenberg 61 , il quale da subito comprese che la misura pi immediata per comprendere la competitive balance o la quantit di talento per team guardare il numero di campionati vinti.
60 K.Goossens, 2006. 61 Rottengerb, 1956
Nei campionati europei aperti, con retrocessioni, impossibile avere una situazione con ogni squadra vincente dello stesso numero di campionati anche se sarebbe bello avere una situazione pi equilibrata nell'albo d'oro. In Italia infatti notiamo subito una forte concentrazione di campionati vinti da Juventus, Internazionale e Milan in confronto alle altre compagini. La Top K Ranking invece va a vedere il numero di squadre che si posizionano a fine campionato in una determinata posizione k in classifica. Questo prendendo ad esempio le prime tre posizioni, ci dice quante volte le stesse squadre concludono tale traguardo. Se c' un notevole turnover tra un anno ed un altro vuol dire che il campionato ben competitivo. In Italia ad esempio nella decade degli anni ottanta, otto societ diverse hanno occupato le prime tre posizioni, nella decade successiva invece erano dieci, questo significa che per la K Ranking l'equilibrio della Serie A aumentato. Sicuramente completa quest'ultimo parametro, la Misura BSV (dal nome dei tre studiosi che la misero in atto, Buzzacchi, Szymanski e Valletti 62 ); basata sull'identit dei team, una misura dinamica della frequenza con cui questi ultimi ottengono successi sportivi. Innanzi tutto, ipotizzano una stagione con competitivit perfetta, dove ogni squadra ha a disposizione la stessa quantit e qualit di talento e quindi viene stabilita la frequenza con cui un club rientra nelle prime k posizioni della classifica di un campionato durante un numero determinato di stagioni. Le frequenze cos ottenute vengono sommate per determinare il
62 Contributo del 2003.
numero di team che in teoria dovrebbe essersi posizionato in uno dei k posti almeno una volta nel periodo di tempo preso in considerazione. Poi viene messa a confronto questa ipotesi con la realt, quindi il numero reale viene rapportato al numero della teoria il cui numero uscente la misura BSV; il numero va da zero a uno, maggiore la vicinanza allo zero e minore la competitivit del campionato. Oltre ad essere pi preciso rispetto al Top K Ranking ci permette di calcolare oltre alle prime posizioni anche le ultime e quindi la lotta per la retrocessione. Dopotutto, dobbiamo tener conto che essendoci un ricambio fisso in quelle posizioni, i club variano di anno in anno. Questa la misura BSV per le prime tre posizioni del campionato di Serie A dal 1949 al 2006 63
63 Michela Pierini, Diritti Tv e Competitive Balance nel calcio professionistico italiano: un'analisi law and economics, universit di Pisa, anno accademico 2008/2009
Nonostante alcuni indicatori ci dicano il contrario, sappiamo con certezza che l'equilibrio competitivo in netto calo e che l'Italia uno dei paesi con il pi basso turnover alla vittoria, almeno se rapportata ai pi grandi campionati europei (non considerando paesi come Scozia, Romania, Grecia dove poche realt forti esistono e si spartiscono ogni anno il bottino). Questo sicuramente dovuto alla normativa sui diritti Tv e negli ultimi anni dal vantaggio competitivo ottenuto dalla Juventus con lo stadio di propriet, ma anche da altri fattori che abbiamo ampiamente illustrato. Mentre invece il nostro campionato vede un ricco turnover per la lotta alla retrocessione, con un alto tasso di competitivit; che sia quindi un segnale del declino della Serie A? Ma sopratutto cosa si pu fare per invertire questa tendenza ed avere veri club outsider che a fine anno si laureano campioni senza le aspettative e gli investimenti da capogiro delle grandi? Mi viene da pensare alla favola Borussia Dortmund in Germania che per due anni mise dietro di se il potentissimo Bayern Monaco, o il Montpellier in Francia. Sono appunto solo favole? questo il punto a cui si tenter di dare risposta nel prossimo paragrafo.
3.3 Le soluzioni possibile e il modello USA
I_I__ Possibili modelli applicabili
Bisogna chiedersi quindi se c' la possibilit di intervenire verso alcuni parametri distorsivi della competitive balance, per migliorare quindi l'equit dei campionati europei. La strada sembrerebbe quella dove i club pi ricchi donino parte delle loro disponibilit, alle squadre meno ricche, o meglio aiutino in termini economici e di spartizione di parte degli introiti con gli ultimi della classe. Chiaramente gli esempi pi diretti di soluzioni alternative provengono dallo stato dove sorta la sports economics e dove si sviluppata esponenzialmente, gli Stati Uniti; dovremo capire, se in fondo questo modello esportabile alle realt europee. Anche se i due esempi divergono notevolmente, sia per organizzazione delle competizioni, per regolamento e per struttura fondante dello sport (nato sicuramente prima in Europa e nato con altri scopi, come quello di diletto sociale e di massa); nella piccola tabella seguente vengono elencati alcune differenze fondamentali tra lo sport Europeo e quello Statunitense:
Tutti aspetti che andremo a spiegare pi avanti, intanto ci serve specificare che nei campionati americani si giocano molti pi incontri rispetto ai nostri calcistici e questo dovuto in parte al fatto che le squadre si incontrano pi di due volte a stagione ma sopratutto alla presenza dei play-off a fine anno che decretano il vincitore definitivo, sia in ultimo al fatto che la durata del campionato molto pi
concentrata in termini di tempo rispetto al contesto del vecchio continente. Inoltre non esistono competizioni internazionali come la nostra Europa League o Champions League ma soltanto la stagione completa della lega di appartenenza. Un modello, inventato dai gi citati Quirk e Fort, cerca di dare un contributo importante verso un miglioramento della competitive balance: la cosiddetta proposizione di invarianza. Parte dall'ipotesi di un offerta di talento fissa nel mercato e che le distribuzioni rimangano interne ad esso e ipotizzando che i club abbiamo come unico obiettivo quello di massimizzare il profitto, a parit di altre condizioni dimostrato che nessun sussidio dai club ricchi verso quelli meno ricchi pu giovare al grado di competitive balance del campionato 64
Il modello stato verificato empiricamente pi volte con esiti ben diversi da quelli rivelati dai primi studiosi, Szymanski 65 su tutti ha rilevato come la proposizione di invarianza come teoria viene meno se, alcune componenti di introito di importante entit non vengono distribuite tra i club oppure se l'obiettivo dei club la massimizzazione della gloria ( proprio questo il punto di maggiore criticit, infatti gli obiettivi dei club non saranno mai eterogenei), della vittoria, oppure infine, se l'offerta di talento elastica. In realt i metodi pi efficaci e che agiscono direttamente sull'equilibrio competitivo dei campionati risultano essere appunto quelli mutuati dalle organizzazioni USA: il Revenue Sharing, la distribuzione dei ricavi provenienti dalla cessione dei diritti Tv e dei biglietti per il match; il
64 Quirk e Fort, 1995. 65 Szymasnki, 2003.
Salary Cap, il limite massimo in termini di denaro che un team pu spendere per l'acquisizione di talento ed infine un meccanismo tipico del Basket NBA che quello del draft, attraverso il quale da la possibilit prima dell'inizio della stagione, alle squadre arrivate ultime di scegliere per prima tra una vasta selezioni di grandissimi talenti che si affacciano al professionismo (principalmente si tratta dei giocatori che arrivano dalle Universit americane), o provenienti dall'estero (abbiamo visto come Andrea Bargnani, cestista italiano, fu scelto dai Toronto Raptors proprio tramite il draft). Andiamo meglio a spiegare questi modelli. Per Salary Cap si intende il tetto massimo che una Federazione o una Lega impone ai club appartenenti relativamente alla spesa per acquisire talenti. Questo limite fissato di anno in anno ed basato sulla previsione della percentuale dei ricavi. Chiaramente sono i grandi club a risentirne per primi vedendo ingabbiate le loro ipotetiche possibilit di spesa, mentre le piccole realt spenderebbero sempre meno del limite fissato. L'obiettivo nel porre un Salary Cap, sarebbe quello di equilibrare le forze sul campo rendendo il campionato pi competitivo e quindi appetibile, ma l'effetto diretto in verit si realizza nella diminuzione del prezzo dei giocatori di talento vista la minore competizione tra le squadre per procacciarselo, con conseguente decremento della percentuale degli scambi. La criticit fondamentale del tetto ingaggi quella di un grave problema di enforcing, visto che risulterebbe molto complicato farlo rispettare dai club, sopratutto i pi blasonati e che hanno un fatturato si ampia portata.
Nonch si riscontra un problema di efficienza sia per quanto riguarda il fatto che porterebbe inevitabilmente a veder diminuiti i ricavi totali di un campionato, sia perch il modello si adatta malvolentieri ai sistemi europei con campionati nazionali da una parte, ma che si intersecano con la stagione dei campionati internazionali. Perci in una Champions League (dove competono i migliori club d'Europa di ogni nazione), troveremo dei club di uno Stato, dove vige il modello di Salary Cap nettamente svantaggiato rispetto ad un altra societ che milita in un campionato che non impone tale limite agli ingaggi ( quindi i giocatori migliori si trasferirebbero dove il Salary Cap non sarebbe presente come vincolo). La soluzione sarebbe quindi adottare questa soluzione in un contesto europeo. Per adesso presente in NFL (Football americano), NHL (hockey sul ghiaccio, NBA (basket), nei campionati di Rugby in Inghilterra e nella Lega di Rugby (National Rugby League) e nella Lega calcistica (Australian Football League) Australiana. In Italia una svolta in tal senso c' stata: per volere del Presidente del CONI, Giovanni Malag e del Presidente della FIGC, Giancarlo Abete, stato inserito il Salary Cap nella Serie B per la stagione corrente 2013/2014, con sanzione ed ammende per chi non rispettasse le nuove direttive. Nello specifico, per i contratti firmati da questa stagione non si potranno firmare contratti oltre i trecento mila euro. Per Revenue Sharing si intende la distribuzione di parte dei ricavi da una societ ad un altra, come avviene ad esempio con la ripartizione dei diritti Tv vista nel primo capitolo. Lo spostamento avverrebbe dal club grande al club piccolo in base al bacino d'utenza e la quantit di tifosi. Quanto realmente utile una
dottrina del genere per aumentare direttamente la competitive balance e quindi la distribuzione del talento in un campionato. A livello teorico, la distribuzione dei ricavi influisce direttamente sulla capacit economica dei club, andando a pareggiare le differenze sotto questo punto di vista e perci permettendo a piccole societ di spendere di pi sul mercato per l'acquisto di giocatori di qualit superiore. Sappiamo per, come altri parametri (diversificazione dei ricavi) intervengono per determinare la portata finanziaria dei club. Studi hanno provato invece come questo dipende dall'obiettivo dei club. 66 ; se le squadre hanno come obiettivo quello della massimizzazione del profitto, entrambe ridurrano la richiesta di talento ed il loro mercato vedendo invariati i ricavi marginali a fine anno; se invece l'obiettivo quello della massimizzazione delle vittorie, il club spendendo tutto il ricavato per l'acquisizione di talento, vedr incrementare per tutto il tempo del beneficio la sua domanda di giocatori importanti e la grande societ invece vedr diminuire la portata del suo mercato; l'equilibrio si otterr quando si intersecano le due domande ed in quel momento si avr il punto di massima competitive balance, con la conseguenza naturale che il costo del talento aumenter e la situazione giover sicuramente ai calciatori con un alto tasso tecnico. La realt ben diversa dalla teoria, essendo pi pragmatici, sappiamo come i club abbiamo tutti obiettivi differenti, con strategie diverse quindi, gli effetti riscontrabili empiricamente sono che il grande club ridurr i suoi acquisti o cercher di differenziare i ricavi per mantenere
66 Ksenne, 2005
sempre lo stesso standard di spesa, mentre il piccolo club che ha come obiettivo quello della massimizzazione del profitto sempre vedr il suo ricavo marginale rimanere invariato (sicuramente si abbasser il prezzo dei cartellini dei giocatori talentuosi) In tutto ci l'aumento della competitive balance comunque assicurato 67 . Nel nostro continente pi di un esperto intervenuto per asserire verso l'importanza del Revenue Sharing come modello applicabile e di sicuro impatto sui ricavi delle societ e quindi sull'equilibrio competitivo. Abbiamo gi visto che questo avvenga anche in Italia attraverso la ripartizione dei diritti Tv e quanto questo incida sui bilanci dei nostri club. Infatti soffermandoci su questo aspetto il nostro paese quello che pi di tutti ha sfruttato l'impatto televisivo sul mondo del calcio gi dai primi anni 90. I migliori club in quanto a fatturato nel 2009 sono stati nell'ordine: Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Bayern Monaco, Arsenal, Chelsea, Liverpool e Juventus. Di questi i ricavi da diritti Tv incidono sul Real Madrid per il quaranta per cento, sul Barcellona per il quarantatre per cento, sul Manchester United per il trentasei per cento, sul Bayern Monaco per il ventiquattro per cento, sull'Arsenal per il trentaquattro per cento, sul Chelsea per il trentotto per cento, sul Liverpool per il quaranta per cento, ma sulla Juventus per il sessantacinque per cento 68 . Situazione analoga per tutti i club italiani con i pi alti fatturati,
67 Consideriamo sempre che le regole siano uguali per tutti in Europa almeno. Nella situazione contraria ritroveremo club avvantaggiati dalla normativa nazionale che possono permettersi spese pi ampie ed altri che non godono di questi privilegi competere nello stesso campionato internazionale. 68 Deloitte Football Money League 2009.
Internazionale, Milan e Roma che non riescono a diversificare le loro fonti di guadagno (molto dipende come abbiamo visto dagli stadi di propriet). Si spesso elogiato il modello imposto dagli inglesi ed il loro campionato per virtuosit ma ad onor del vero, la Lega che propone il sistema pi efficiente sotto ogni punto di vista quella tedesca. La Bundesliga infatti ha i club con i bilanci pi sani in Europa, gli stadi pi nuovi ed efficienti (aiutati sicuramente dal recente campionato mondiale ospitato), e le partite pi incerte. Il campionato tedesco ha il pi alto grado di competitive balance, anche in presenza di un colosso come il Bayern Monaco non mancano le sorprese, negli ultimi anni si visto trionfare infatti squadre come il Borussia Dortmund, lo Stoccarda, il Wolfsburg che si sono laureati campioni di Germania senza i favori del pronostico. inoltre il campionato con il minor indebitamento che ammonta a 610 milioni di euro, per l'Italia ne conta due milioni e la Premier League 3,5 milioni. Questo sicuramente dovuto alla miglior distribuzione delle risorse economiche attuata nel paese, che consente una diversificazione dei ricavi quasi perfetta e come abbiamo visto si tramutata in un equilibrio competitivo importante: la gente pi appassionata, spende di pi, va pi allo stadio e porta con se la famiglia con pi serenit.
3.3.2 Modello USA Il sistema di riferimento come detto rimane comunque quello degli Stati Uniti. Uno studio 69 sulla NBA, conclude che la competitive balance pu essere definita come: Quanti diversi team hanno vinto un titolo Quanti diversi team hanno raggiunto un imortante piazzamento ai playoff Quanti diversi team hanno avuto un cattivo piazzamento o non si sono piazzati per i playoff per un determinato tempo Quanta correlazione esiste tra il piazzamento di un team di un anno e di quello successivo Quanto spesso vince un team
Pi frequente in realt si usa definire la competitive balance come la variet del gruppo di team che competono per il titolo su un determinato periodo di tempo La tabella seguente mette in relazioni le prime posizioni delle principali leghe statunitensi, NFL,NHL,NBA,MLB con la Premier League:
69 Www.82games.com
# of Teams finishing at least once in last 10yrs as # of teams (yrs since Top8)
League Cha mps Top Two Top Four Top Eight 4+ Yrs 10+ Yrs NFL 7 13 21 27 14 7 NHL 9 14 23 26 14 4 NBA 6 10 16 25 14 4 MLB 8 13 21 24 14 6
PL (UK 4 5 8 17 n/a n/a
Come notiamo, l'NBA non sembra godere di un elevata competitivit, infatti solo sedici dei trenta team hanno raggiunto la top four negli ultimi dieci anni sopratutto se consideriamo la MLB e la NFL con un ricambio molto pi elevato. La spiegazione di questo sarebbe da attribuire innanzi tutto al fatto che il Basket americano avulso da colpi di fortuna, infatti i playoff si giocano alla meglio dei sette match disputati in un tempo molto ristretto dove il team pi forte alla lunga esce sempre fuori; inoltre uno sport con pochi giocatori in campo che decidono l'esito delle gare, quindi il talento ha un incidenza maggiore sul risultato, in sostanza, un grande giocatore da solo pu decidere le partite e fa molto la differenza. Per questo l'NBA va molto a periodi, finch una franchigia ha alle sue dipendenza un giocatore importante questa arriver ogni anno tra le top four sino al momento in cui questo giocatore non smette o cambia
maglia; ma gli scambi non sono cos ricorrenti come nel calcio (salta subito all'occhio Lebron James che per anni ha da solo fatto arrivare i Cleveland Cavaliers, la squadra che l'aveva ingaggiato al draft, tra le prime del torneo finch non ha cambiato maglia volando verso Miami e facendo vincere a quest'ultima gli ultimi tre titoli). Per rafforzare questa tesi pensiamo al Tennis, il gioco singolo col pi basso livello di competitive balance, dove abbiamo forse per anni ed anni i tornei pi scontati dello sport. Se notiamo poi la situazione della Premier League inglese, sei squadre solo hanno raggiunto la top four nelle ultime stagioni; secondo gli americani paghiamo la non presenza del Salary Cap e un non determinato Revenue Sharing, la non presenza dei playoff a fine anno ed una stagione quindi pi corta per numero di gare, il tutto porta ad una bassissima competitive balance. Comunque l'NBA non minimamente paragonabile al livello di equilibrio presente ad esempio nel Football NFL, dove oltre ad un incredibile Salary Cap, ci sono moltissimi giocatori per squadra e la presenza dei play-off a chiudere la stagione, rendono questo sport accattivante, appetibile ed incerto. Possiamo invece affermare con certezza che il fatto di trovare nell'NBA un piccolo numero di giocatori in campo da una parte peggiora si la competitive balance ma nel lungo termine, con il collaudato sistema di draft si avranno sempre squadre diverse che lotteranno per il titolo e grazie al tetto sugli ingaggi i trasferimenti, sono pochi e riguardano per lo pi talenti minori. Ma l'eccellenza americana sicuramente mostra tutti i suoi vantaggi quando si parla degli impianti sportivi della NFL.
Innanzi tutto ricordiamo che la lega di football distribuisce in maniera omogenea i proventi dalla cessione dei diritti Tv, i ricavi dalla vendita dei biglietti dei match appartengono per il sessanta per cento alla squadra di casa e per il quaranta per cento alla squadra ospite. Il trenta per cento dei ricavi quindi proviene dallo stadio: naming right, parcheggio, ristoranti, Privilege Box), sopratutto questo tipo di voce in bilancio non assolutamente soggetta a share di alcun tipo, quindi diviene essenziale per la sopravvivenza dei team. La rivoluzione nella NFL avvenne a met anni 90 quando tutte le squadra si trasferirono in nuovi impianti di loro propriet. La crescita media dei ricavi da stadio stimata intorno all'85% di cui ben il cinquantaquattro per cento derivato dalla vendita dei biglietti. Conseguenza dell'aumento del prezzo relativo ma sopratutto dalla crescita dei posti disponibili (gli impianti dell'NFL sono enormi rispetto agli stadi europei di calcio) e non da ultimo per l'aumento dei posti privilege, delle SkyBox per le aziende ad un costo sicuramente elevato. Una volta visto il funzionamento del modello USA di sports economics, ci si chiede se possibile importare questi sistemi nel vecchio continente. A dire il vero ci si sta provando (il Fair-Play Finanziario ne un esempio), tramite un introduzione in punta di piedi del Salary Cap ed una sorta di Revenue Sharing sui diritti Tv, ma quello che pi rende impossibile l'omologazione della dottrina americana l'organizzazione dei campionati. In Europa siamo abituati a Leghe con retrocessioni e promozioni e non a campionati chiusi dove arrivare ultimo potrebbe essere anche un vantaggio (ricordiamo il Draft dell'NBA), abbiamo competizioni
internazionali come la Champions League che mal si adattano a meccanismi come il Draft. Inoltre differente l'approccio con cui si vive lo sport, il calcio da noi una questione quasi di vita (vedi paragrafo sul tifo), una questione di campanilismo tra citt che inevitabilmente in una sport di cos ampia portata geografica come ad esempio l'NFL non potr mai esistere. Negli Stati Uniti si va allo stadio per passare il tempo, comprarsi la maglia della propria squadra cittadina, mangiare durante il match e passare un bel pomeriggio in famiglia; in Italia o in molti paesi Europei andare a vedere la proprio squadra del cuore quasi una sofferenza emotiva.
Appendice
Intervista al giornalista Massimo Caputi
Durante la stesura del mio lavoro ho avuto l'onore ed il piacere di interloquire scambiandoci dei punti vista con il noto giornalista della RAI, del Messaggero e di RTL 102,5, Massimo Caputi. Massimo Caputi nasce a Roma nel 1961 ed inizia la sua carriera facendo servizi tv e radiocronache per emittenti come GBR e TeleRegione. Nel 1986 arriva a Telemontecarlo per effettuare le telecronache per il Mondiali di Calcio in Messico. Voce inconfondibile, insieme al compianto Giacomo Bulgarelli svolge telecronache per tutti gli incontri dei campionati mondiali e quelli europei fino agli anni 2000 quando approda in Rai a Quelli che il calcio come esperto e commentatore. Dal 2011 collabora con l'emittende radiofonica RTL 102.5. Dal 2013 Responsabile della Redazione Sportiva de Il Messaggero.
Il mio lavoro nasce per cercare una correlazione disciplina relativa alla distribuzione dei diritti Tv e la diminuzione sostanziale dell'equilibrio competitivi nel nostro campionato, d'accordo con questa tesi? Sicuramente il calcio italiano a livello di Serie A regolato praticamente dagli introiti dei diritti televisivi, diciamo che per una societ di calcio gran parte dei ricavi deriva dai diritti televisivi, il resto frutto dei biglietti venduti allo stadio, delle sponsorizzazioni e dell'eventuale merchandising. Significa che hanno una rilevanza straordinaria, non solo per determinare le differenze, ma in molti casi per la sopravvivenza stessa di alcune societ, se non ci fosse questo molti non riuscirebbero nella gestione annuale delle finanze. In molti casi la squadre in previsione di tale entrata spendono sul mercato determinate cifre mettendole a garanzia. chiaro che la differenza sostanziale tra l'Italia e gli altri paesi, dove si, per tutti l'incidenza dei diritti televisivi importante, ma non cos determinante come da noi: troviamo stadi di propriet sfruttati al meglio, ed una situazione di merchandising molto pi sviluppato. Mi trovo d'accordo sul fatto che i diritti televisivi mantengono ed allo stesso tempo rafforzano le differenze: Juventus, Milan, Internazionale, Roma e Napoli si dividono la fetta di torta pi importante, il divario che c'era non fa altro che aumentare. Il dislivello enorme.
Questo forse perch la disciplina va a favorire i grandi club piuttosto che le piccole realt? Questo da una parte non scontato, ma potrebbe essere
regolamentato meglio. In Inghilterra ad esempio hanno una disciplina molto pi equa nella ripartizione e nella mutualit del mercato, ma non credo che da noi cambierebbe di molto le cose. Anche in virt dei meriti sportivi, sappiamo come una piccola squadra raramente arriva nelle top tre del campionato, mentre negli ultimi dieci anni le squadre che occupano quelle posizioni sono sempre le stesse. Sicuramente sarebbe un metodo pi equo e pi democratico. La grande lotta in Lega proprio su questo, le grandi non mollano un centesimo cercando di mantenere le loro prerogative.
Come si arriv alla situazione attuale di vendita dei diritti tv? All'inizio era la Lega o in prima persona o per mezzo di un altro soggetto interposto che rappresenta tutti i club nella trattativa per decidere il quantum con le emittenti. In realt fu l'ex Presidente dell'As Roma, Franco Sensi a battersi a gran voce per ottenere la contrattazione soggettiva dei diritti. Successe che Roma, Lazio, Fiorentina e Parma fecero un cartello e furono i promotori della nascita di un secondo attore rispetto a Tele+ con cui interagire e fissare il miglior prezzo e nacque Stream. La Melandri, riport la vendita ai diritti collettivi e questo quando, a livello televisivo avvenne la fusione tra le due emmittenti nell'unica piattaforma SkyItalia. La Lega a quel punto distribuisce i diritti in base al bacino d'utenza e poi in base ai meriti sportivi ma in minima parte.
Il modello Statunitense di sport pu essere applicato in Italia/Europa? In America il funzionamento totalmente diverso, le squadre sono sempre le stesse, non scordiamoci che molti team sono falliti. C' anche un altro aspetto che non va sottovalutato, c' un tetto d'ingaggi stabilito, poi le singole societ possono si autonomamente spendere di pi per alcuni giocatori, ma solo fuori dal contratto e con formule particolari che molto difficile pensare che si possa riprodurre nel calcio italiano ed europeo. Ci sono alcuni presidenti, vedi De Laurentiis del Napoli, che ha cercato di parlare di fare un campionato europeo sulla falsa riga del Basket NBA.
Quello non accrescerebbe ancor di pi il divario tra i top club d'Europa e le piccole societ? Si, non sono, perderebbero sicuramente d'interesse i campionati nazionali, inoltre quel campionato rimarrebbe una paradiso di denaro per pochi eletti mentre le squadre pi piccole rimarrebbero nell'oblio della stagione a quel punto secondaria. Un Catania non arriverebbe mai a giocarsi quel campionato ad esempio.
A mio avviso l'Italia molto indietro rispetto ad altre Leghe in Europa. Noi siamo indietro per molti motivi: noi siamo indietro per le strutture sopratutto, negli ultimi anni, in Germania, in Inghilterra, le societ
hanno degli immobili, hanno la possibilit di avere un indotto per tutti i giorni, da noi purtroppo non cos; gli stadi non sono di propriet, non c' intorno alla societ un contatto settimanale e quotidiano.
L'introduzione di un Salary Cap possibile? Assolutamente no finch non immesso anche negli altri paesi se no saremmo penalizzati ulteriormente,la verit che avere gli impianti giusti, avere una tutela maggiore del marchio, poter vendere il merchandising ufficiale senza contraffazioni,cercare di rendere il prodotto complessivo pi appetibile, permetterebbe alla stessa Lega ed alle societ di guadagnare di pi anche con i diritti venduti all'estero. chiaro che in questo momento la differenza la fa la crisi economica, che in Italia fa si che non ci sia una societ che possa competere con le potenze Arabe che si sono imposte in Inghilterra o in Francia.
Ecco perch queste realt non vengono attratte dalla Serie A, che invece vede la presenza di investitori come l'americano Pallotta nella Roma o l'indonesiano Thoir nell'Inter, giustamente pi cauti ed equilibrati negli investimenti? Non arrivano certi capitali perch innanzi tutto, i loro interessi sono dettati dai loro obiettivi ed il loro commercio, quindi citt come Londra o Parigi trovano uno sbocco diretto, anche perch ci sono delle condizioni fiscali totalmente diverse, uno straniero che viene qui in
Italia, non trova agevolazioni fiscali, non ha tutele legislative (merchandising, investimenti) e per costruire lo stadio di propriet la burocrazia fa aspettare svariati anni. Il binomio Fly Emirates con Londra molto pi diretto visti anche gli interessi commerciali della compagnia aerea di Dubai. Anzi, al di la del fattore stadio, la presidenza Pallotta nella Roma sta facendo molto, con soli due anni, adesso trovano una squadra molto competitiva a livello tecnico, tra le top three in Italia comprando tra i migliori talenti italiani e non ma sopratutto sul piano del marketing e delle sponsorizzazioni si mossa con grande efficacia: ricordiamo gli accordi con colossi come Nike, Volkswagen e Disney.
Secondo lei quanto paga il calcio italiano i vari scandali degli ultimi anni: Calciopoli, calcioscommesse e doping? Non credo, credo piuttosto che il campionato italiano non pi competitivo come gli anni scorsi, perch economicamente ripeto abbiamo grandi difficolt e quindi non siamo in grado anche a livello internazionale di lottare per i titoli come sette o otto anni fa. Infatti i migliori talenti scelgono il campionato inglese piuttosto che quello spagnolo sopratutto con Barcellona e Real Madrid. Anche li ci troviamo di fronte a societ anomale, con soci che garantiscono un introito importante e costante a prescindere da tutto, hanno agevolazioni fiscali importanti che in Italia non abbiamo. Come si pu ad oggi competere con queste situazioni o con lo Sceicco che pu spendere fior fior di milioni per un solo giocatore.
Questo un momento particolare, ma io sono dell'idea che in questo momento il calcio italiano deve aguzzare l'ingegno: cio deve andarsi a investire su giocatori giovani e costruirli, magari in seguito anche cederli, ma attraverso queste importanti operazioni di plusvalenze reperire i ricavi per attrezzare al meglio le proprie rose.(vedi cessione di Edinson Cavani da parte del Napoli). Siamo in queste condizioni. Piuttosto prendiamo esempio dalla Germania, dove non ci sono Sceicchi Arabi ad investire ma stanno ottenendo ottime gestione, come il Bayern Monaco che pu operare sul mercato a grandi cifre. Bisogna avere la forza di prendere talenti che non sono stelle affermate ma giovani promesse. La Juventus con Pogba e Vidal ne l'esempio. La Roma con la sua rosa anche. chiaro che bisogna investire sul settore tecnico, una rete importante di osservatori preparati che conoscono bene il panorama internazionale calcistico. Cos possiamo controbattere questo strapotere economico, con il nostro sapere calcistico, anche se un operazione che non si risolve in poco tempo. Anche il Fair-Play Finanziaio si sta rivelando inefficace a livello europeo poich solo noi lo stiamo applicando ed a nostre spese.
Conclusioni
Fin qui si parlato dei problemi del calcio, andando a toccare tutti gli eventi pi importanti che hanno portato alla sua trasformazione. Si visto che come ad oggi questo gioco muova cifre esorbitanti ma influenza anche molti portatori di interesse; si visto per, anche come ci si trovi di fronte ad una profonda crisi. Gli stadi si stanno svuotando ed anche l'interesse verso il calcio in Tv in calo; sempre meno persone spendono per il proprio Club e le cause di tutto ci sono state ben esplicate nei paragrafi precedenti. La situazione italiana la peggiore, i diritti Tv coprono per pi del 50% gli introiti dei club, totalmente dipendenti da questa fonte di ricavo; inoltre la competitive balance del nostro campionato ne sta risentendo moltissimo. Sappiamo come questo abbia un influenza diretta sulla capacit di attrazione: se i cos detti tifosi committed seguiranno sempre la propria squadra e spenderanno sempre per essa, i tifosi uncommitted saranno sempre pi attratti verso una competizione incerta, o comunque avvincente fino alla fine. L'ultima disciplina sui diritti Tv che ha riportato la vendita centralizzata della Lega cercava appunto di portare equilibrio, attraverso pi metodi di spartizione degli introiti cercando di dare sostegno alla societ pi piccola. Sar perch l'interesse delle big ha avuto la meglio, sar perch la suddivisione per bacino d'utenza in relazione al numero di abitanti o la percentuale riguardante i risultati conseguiti in classifica vanno ancor di pi a privilegiare le solite squadre, che dopo anni, la situazione non ha fatto che peggiorare.
Quindi importante che si ponga l'attenzione su nuovi metodi di approvvigionamento per tutte le societ. Come dice Paolo Piani 70 , direttore del settore tecnico di Coverciano, si passati dal calcio dei Massimino, al calcio de Massimo, citando due presidenti: uno, Angelo Massimino ex-presidente del Catania famoso per la sua genuinit ed incarnava il calcio passionale di una volta, quello fatto da un padrone della societ, un allenatore ed una rosa calciatori; l'altro, Massimo Moratti, inquadra invece il calcio di questi anni (forse prima dell'avvento di investitori stranieri), e la sua trasformazione verso il business che conosciamo. Quindi con organigrammi infiniti, composti da: Direttori Marketing, Team Manager, Responsabili PR, Esperti di Match Analisys, Scout, Gestori dell'immagine del giocatori, consulenti legali e gestori dei diritti Tv solo per citarne alcuni. Basta confrontare un almanacco del 1980 e quello del 2013 per vedere come le personalit all'interno di una societ sono infinite e con i ruole pi complessi e disparati, per non lasciare nulla al caso. In questo calcio bisogna ottenere ricavi non solo tramite la Tv, ma come i migliori esempi tedeschi e/o inglesi ci insegnano, anche dalla Pubblicit, dallo stadio di propriet e dal marketing. Anche se, secondo la Football Money League 2014 71 , Real Madrid e Barcellona sono le squadre con il fatturato pi alto, rispettivamente 519 milioni di euro e 482 milioni di euro, sappiamo come la Premier League e la Bundesliga tedesca rappresentino i modelli di diversificazione quasi perfetti, ottenendo ricavi attraverso il classico 30:30:30 e cio: il 30% dalla distribuzione dei diritti Tv, il 30% dallo stadio e l'altro 30% dal
70 Paolo Piani, intervento al Master managemente sportivo Luiss, 2014. 71 Football Money League, Deloitte, 2014.
Merchandising. Infatti l'Inghilterra nella classifica stilata da Deloitte piazza ben otto squadre. Alle due spagnole seguono il Bayer Monaco con 431 milioni di euro di fatturato, il Manchester United con 423M, il Paris Sant-Germain con 399M. La prima italiana la Juventus al nono posto con 272 milioni di euro. Il balzo pi grande sicuramente stato quello del Psg che in tre anni ha quadruplicato i suoi ricavi, grazie anche all'investimento arabo. Da non sottovalutare l'apparato delle sponsorizzazioni sulla maglia: semrpe al Barcellona il contratto con la Qatar Fundation frutta 30 milioni l'anno, al Manchester City quello ocn la Etihad Airways ben 25 milioni; mentre per le sponsorizzazioni tecniche, l'Adidas sborsa 38 milioni di euro l'anno con un contratto fino al 2020. Legare il proprio nome ad un marchio importante da visibilit al club, da prestigio e quindi maggiori ricavi in tutto il globo. Ricordiamo che il calcio un fenomeno globale, lo sport pi facile da praticare ovunque. Ma ricordiamoci sopratutto che il denaro non il fine ultimo delle societ calcistiche, ma un mezzo per arrivare al suo fine: le vittorie. Perci forse, i club si sono tutti trasformati in Profit maximizer, sulla scia delle squadre americane: perch un uomo d'affari investe in una squadra di calcio? Per passione: quello che accadeva prima, un imprenditore investiva nel suo territorio per pura affermazione sociale. Per un ritorno di immagine: quindi l'investitore compra un club per avere una notoriet che prima non possedeva (l'esempio della famiglia Della Valle alla Fiorentina lampante)
Per ricavo: si investe nella squadra per poter ottenere ricavi di fine stagione, attraverso costanti plusvalenze da cessione calciatori. Ad oggi l'unica societ italiana che vanta questo risultato l'Udinese, ma anche negli ultimi due anni la Roma americana. Per creare un azienda di entertainment : ed l'esempio pi calzante con il modello USA, ricavi e costi si equivalgono a livello gestionale, ma si ricercano nuove forme di introito, come quelle derivanti dallo stadio e tutto il suo contorno. La Juventus sotto questo profilo abbiamo visto che si sia messa subito in una posizione di vantaggio competitivo rispetto alle altre, anche se ha dovuto aspettare pi di 10 anni affinch l'iter burocratico passasse. Questo stato in grande problema italiano: gli innumerevoli cavilli burocratici che interessavano comuni, regioni, stato e societ rendevano difficile se non impossibile costruire un impianto sportivo multifunzionale in un tempo soddisfacente; ma proprio di Dicembre 2013 la proposta avanzata in Governo dal PD per smaltire questo iter- legislativo, attraverso ci, il progetto di costruzione dovrebbe vedere luce entro 340 giorni dalla sua presentazione. Sotto questa spinta normativa, si mossa l'A.s.Roma per far approvare il suo impianto, e recentemente, ha visto luce una conferenza di Lega Pro voluta anche dal Presidente del Coni, Malag, sull'impiantistica: in questa vetrina, Maurizio Stirpe, presidente del Frosinone Calcio ha presentato il suo impianto e si parlato di come adesso sia molto pi veloce ed agevolato investire nello sport nel proprio territorio. Basta pensare anche, come sia pi facile per le squadre di Leghe minori, o per citt pi piccole costruire impianti multifunzionali che oltre al bene del calcio, facciano il bene della comunit, siano un punto di ritrovo,
tolgano magari ragazzi dalla strada e promuovano il benessere attraverso lo Sport. Dobbiamo dire che in questo il Presidente Malag si sta dando molto da fare, va apprezzato e supportato, affinch il nostro calcio ma sopratutto il nostro sport in generale possa risorgere. Per non parlare di come lo Stadio di propriet permetta ai nostri club di Serie A di tornare a competere con i colossi europei nelle varie Coppe, creerebbe posti di lavoro, circolazione di denaro e sicuramente maggiore interesse del popolo laddove si registra un calo della partecipazione del tifoso. Uno stadio aperto tutti i giorni con negozi, cinema, ristoranti a tema, musei del Club, si responsabilizzerebbe lo spettatore e si gonfierebbero i fatturati. Riprendendo il modello Usa di cui si parlato nell'ultimo capitolo, la soluzione a molti problemi di equilibrio competitivo potrebbe essere proprio quella del Revenue Sharing: cio di ricavi di ogni genere spartiti per tutti i club della Lega. Economicamente avremo club con quasi la stessa capacit finanziaria ed avremmo eliminato molte discriminanti che generano squilibrio quasi abissale tra una e l'altra squadra. Difficile se non impossibile importare lo sport USA in Europa, per i motivi gi elencati, cio per l'assenza dello spettro retrocessione per le squadre, per avere una Lega chiusa, per la mentalit che muove i presidenti e per il livello di compenetrazione sociale e di impatto sulla massa che il calcio possiede. Un tifoso di una squadra italiana non comprerebbe mai una maglia ufficiale sapendo che una percentuale del prezzo pagato andr ad una squadra sua rivale. C' una competizione sottostante che rende impossibile pensare ad un
calcio meno passionale, ad un calcio stile teatro, per le famiglie; insomma impossibile pensare al calcio come un mero entertainment. Credo che il capitolo dedicato alla voce dei tifosi ben spieghi cosa significa questo sport per la gente. composto da padri che accompagnano i figli ogni domenica alla loro partita e magari portano anche il pullman della squadra, portano le borracce ai ragazzi, e tutto gratuitamente, per passione. Ci sono calciatori che rifiutano contratti stellari e possibilit di vittoria certa per rimanere della squadra di cui sono tifosi sin da bambini, sempre per passione, ed una cosa che non si pu spiegare a chi non parte integrante di questo sport. per questo che l'aspetto economico e quello aggregativo/sociale, non sono affatto distinguibili, non sono mai separabili ma devono imparare a convivere inesorabilmente. Proprio per questo, dopo il Calcio Scommesse, dopo Calciopoli, dopo il Doping, dopo aver visto calciatori viziati che guadagnano un enormit e che sono solo esempi negativi per la societ, il calcio pu e deve porsi su un altro piano: vista la grande capacit di catalizzare l'attenzione, deve essere un esempio per promuovere magari la lotta al razzismo, la salvaguardia dell'ambiente (in questo la costruzione di nuovi stadi sostenibili potrebbe essere d'aiuto), la promozione della salute e del benessere. Deve assolutamente uscire dalle pagine patinate dei gossip e riprendersi il rispetto della societ che invece non ha mai smesso questo sport, ad oggi in grande crisi.
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