Abstract: We know some versions of an Orphic Hymn to Zeus: a) the
oldest version, annotated in the Derveni papyrus, b) the second, quo-
ted in the Pseudo-Aristotelian De Mundo, c) the longest of the ver- sions, included in the Rhapsodies, and d) two fragments of what seems to be a hitherto unknown version of the Hymn, quoted in a Florentine papyrus that contains references to Euripides. In this paper the four versions are analyzed in the context of the evolution of the Orphic literary and religious traditions. The evolution of the Hymn proves to be a sort of scale model of the evolution of Orphi- sm itself. Keywords: Orphica, Greek literature, Greek religion, Zeus. 1. LINNO A ZEUS ORFICO: VERSIONI, ADATTAMENTI, IMITAZIONI Ci sono arrivate diverse versioni di un Inno a Zeus attribui- to a Orfeo, nelle quali troviamo un nucleo sufficientemente coe- rente e ripetuto, ma anche svariati ampliamenti e trasformazio- ni. Si pu dire che, in una certa misura, la storia delle versioni di questo inno riproduce in scala quella della letteratura e del- la dottrina orfiche. Da una parte, un materiale tradizionale che si riutilizza e si modifica costantemente in opere di epoche differenti, in linea con levoluzione stessa del pensiero svilup- pato da questo gruppo religioso. Dallaltra, incorpora elementi che, pur non essendo orfici, si incardinano in questa tradizione, mentre alcuni ampliamenti del nucleo pi antico rimangono al di fuori dellambito orfico, e sono manipolati per adattarli ad altre forme di pensiero, senza dubbio per il prestigio di Orfeo e per lassenza di gerarchie religiose o scuole poetiche orfiche che potessero conservare i testi in un modo relativamente canonico e liberi da influenze esterne 1 . Possiamo cos constatare che li- * Questo lavoro fa parte di un progetto pi ampio, finanziato dal Mi- nisterio de Ciencia y Tecnologa spagnolo (HUM2006-09403). Desidero ringraziare Paola Corrente che ha fatto la traduzione in Italiano. 1 Cfr. al proposito F. Casadess, Adaptaciones e interpretaciones es- toicas de los poemas de Orfeo, in Actas del XI Congreso Espaol de LINNO A ZEUS ORFICO. VICISSITUDINI LETTERARIE, IDEOLOGICHE E RELIGIOSE* RFIC 137, 2009, 56-85 deologia orfica influisce su altri autori. Ci sono una serie di fat- tori che rendono difficile la nostra analisi: a) Non sappiamo se linno fosse unopera indipendente. Nel- la prima e terza versione che studieremo esso sembra essere par- te di una teogonia. Nella seconda trasmesso in forma indiret- ta e non ne conosciamo il contesto, anche se niente esclude che, anche in questo caso, si possa considerare proveniente da una teogonia. Nella quarta manca addirittura il contesto. b) Linno, nelle sue differenti forme, un prodotto di una let- teratura che circolava in un ambiente circoscritto, fatto che im- plica il dar per scontato princpi ideologici che sono a conoscenza solo di quel gruppo specifico. c) I versi sono sempre trasmessi frammentariamente e sono ci- tati da altri autori, cosicch non sappiamo se quanto ci arri- vato in ciascun caso sia o no la totalit dellinno, n fino a che punto una versione pi antica potesse presentare gi versi o ele- menti propri di una versione successiva, non citati da chi ce li ha trasmessi. Di fronte a tali difficolt dobbiamo prendere alcune decisio- ni metodologiche: a) Vediamo che in tutte le versioni dellinno il poeta fa af- fermazioni delle quali alcune fondamentali che non si spie- gano da sole, ma che presuppongono che chi ascolta o legge sia al corrente dei fondamenti di quanto si dice. Ci pu ascriversi o al fatto che il poeta ricorra allintertestualit, allinterno del- la cornice ideologica del gruppo religioso, presupponendo che coloro che ascoltano conoscano altre opere del corpus orfico, o al fatto che ciascuna delle versioni dellinno formava parte di una teogonia e si spiegava alla luce di ci che in essa era stato narrato precedentemente. Le due possibilit, ovviamente, non si escludono. b) Nella nostra analisi dobbiamo ricorrere al resto del mate- riale di cui disponiamo sulla religione e sul pensiero orfico, per cercare di chiarire i riferimenti. c) In mancanza di soluzioni alternative, lavoreremo su ci che ci arrivato, come se si trattasse delle versioni complete dellinno (bench ci risulti che la quarta non completa). Prima di tutto LINNO A ZEUS ORFICO 57 Estudios Clsicos, I, ed. por A. Alvar Ezquerra, J. F. Gonzlez Cas- tro, Madrid 2005, 309-318; Id., Orfismo: usos y abusos, in Koins L- gos. Homenaje al profesor Jos Garca Lpez, ed. por E. Caldern, A. Morales, M. Valverde, Murcia 2006, 155-163. Sullorfismo cfr. Orfeo y la tradicin rfica: un reencuentro, coord. por A. Bernab, F. Casa- dess, Madrid 2008. dobbiamo escludere che ci sia stato solamente un inno antico, del quale diversi autori hanno citato parti differenti 2 . Una volta chiarite queste premesse, intraprender lanalisi delle versioni del poema. 2. LA VERSIONE DEL PAPIRO DI DERVENI. PRECEDENTE Troviamo la versione pi breve e pi antica dellInno a Zeus nel Papiro di Derveni, un testo complesso in cui si trattano di- verse questioni religiose e filosofiche e la cui parte principale un commento anonimo, che sembra doversi datare intorno alla met del IV secolo a. C. Il poema oggetto del commento, secon- do lautore del testo, di Orfeo. Riteniamo che risalga agli ini- zi del V secolo a. C. o che possa essere addirittura precedente 3 . Il commentatore cita e commenta alcune parti del poema, per cui ne conosciamo solo ci che possiamo ricostruire a partire dal- le citazioni del commento 4 . Il commento non lascia dubbi sul fatto che linno si inseriva nella teogonia, per cui necessario inquadrarlo nel contesto del- lopera. Tutto sembra indicare che la Teogonia di Derveni fosse un poema breve, che narrava i fatti in modo schematico e allu- ALBERTO BERNAB 58 2 Come vuole M. Forderer, Der orphische Zeushymnus, in Gno- mosyne. Menschliches Denken und Handeln in der frhgriechischen Literatur. Festschrift fr Walter Marg zum 70. Geburtstag, hrsg. von G. Kurz, D. Mller, W. Nikolai, Mnchen 1981, 227-234. 3 Sul Papiro di Derveni, cfr. Studies on the Derveni papyrus, ed. by A. Laks, G. W. Most, Oxford 1997; R. Janko, The Derveni papyrus: an interim text, ZPE 141, 2002, 1-62; Id., Reconstructing (again) the opening of the Derveni papyrus, ZPE 166, 2008, 37-51; F. Jourdan, Le Papyrus de Derveni, Paris 2003; G. Betegh, The Derveni papyrus. Cosmology, theology, and interpretation, Cambridge 2004; A. Bernab, Textos rficos y filosofa presocrtica. Materiales para una compara- cin, Madrid 2004, 149186; Poetae Epici Graeci. Testimonia et Frag- menta. Pars II: Orphicorum et Orphicis similium testimonia et frag- menta, Fasciculi 1 et 2, Monachii et Lipsiae 2004-2005, fasc. 3, Beroli- ni et Novi Eboraci 2007 (a partire da questo momento, si alluder ai frammenti contenuti in questopera semplicemente con OF seguito dal numero); The Derveni papyrus, ed. by T. Kouremenos, G. M. Parsso- glou, K. Tsantsanoglou, Firenze 2006; Casadess, Adaptaciones cit. (n. 1), 459-494. 4 Cfr. A. Bernab, La thogonie orphique du Papyrus de Derveni, Kernos 15, 2002, 91-129, dove si possono trovare i dettagli filologici della ricostruzione; Id., The Derveni theogony: many questions and some answers, HSPh 103, 2007, 99-133. sivo, in una sorta di riassunto di una trama che il poeta suppo- ne conosciuta da chi ascolta. Il verso iniziale del poema (OF 3), che in seguito troviamo ripetuto pi volte, nella stessa forma o in unaltra molto simile, convertito in una sorta di sigillo dei poemi orfici 5 , restringe luditorio: Parler per chi lecito, chiudete le porte, profani. Di conseguenza, saranno gli iniziati, appartenenti al gruppo religioso dei seguaci di Orfeo, coloro che potranno accedere al contenuto della teogonia, sia perch possiedono una conoscenza previa, iniziatica, di ci che viene detto loro, sia perch si tro- vano in un determinato stato rituale (che presuppone non aver commesso ingiustizie e aver compiuto determinati precetti), sia per entrambe le cose. Subito dopo ci viene indicato il progetto del poema: tratta (OF 4) degli di che nacquero da Zeus, monarca pi che potente. , quindi, un poema teogonico, che tratta della creazione del mondo e degli di a opera di Zeus, e della presa del potere olim- pico. In medias res, il poeta ci narra che Zeus riceve da suo pa- dre, Crono, il potere (o qq ), determinato dagli di, e la sua for- za (OF 5). Si suppone che assuma un potere legittimo (0c oqofov) che lo converte nel sovrano degli di e degli uomini. Ma, come risaputo, in greco oqq significa anche principio. In questo modo, la frase si pu interpretare anche nel senso che Zeus as- sume il principio, la possibilit di essere il primo nel tempo. Di seguito vedremo come ci sia fattibile, ossia, come questi possa sovvertire la linea del tempo. La forza che il dio riceve nelle sue mani da suo padre far s che la capacit virtuale di avere il potere si converta nella capacit reale di esercitarlo. Successivamente, Zeus fa visita a Notte (OF 6) che, essendo secondo il poema la divinit primor- diale, conosce tutto ci che succeder nel mondo. Pertanto, gli pu dire come conservare il potere, potere che insiste il poe- ta legittimo (0ci). Senza dubbio egli aveva bisogno di un consiglio come questo, dal momento che i suoi predecessori lo avevano perso per mano dei rispettivi figli. Notte non aveva re- gnato, ma Urano (Cielo), suo figlio, detronizzato dal suo di- scendente Crono, cui tocca la stessa sorte quando proprio Zeus gli strappa il potere (come si dir pi avanti in OF 10). Se- LINNO A ZEUS ORFICO 59 5 A. Bernab, La frmula rfica cerrad las puertas, profanos. Del profano religioso al profano en la materia, Ilu 1, 1996, 13-37. guendo i consigli di Notte e di Crono che, allo stesso modo, gli profetizza qualcosa che non sappiamo (OF 7) probabilmente lavvertimento lo avverte della possibilit di essere a sua volta detronizzato lui stesso , Zeus inizia il suo mandato con un pri- mo passo quanto meno scioccante, dal momento che divora il fallo di Cielo (OF 8). Dobbiamo supporre che, come accade in tutte le versioni che conosciamo di questo mito fin dalla Teogonia di Esiodo, Cielo era stato castrato da Crono quando gli aveva strappato il pote- re, affinch non avesse discendenza. A differenza di quanto si verifica in Esiodo (Th. 178-190), nella teogonia orfica il fallo di Cielo non cadde nel mare 6 , ma dovette rimanere fra il cielo e la terra (fatto che ne spiegherebbe lidentificazione da parte del commentatore con il sole, col. XIII 9). Per comprendere i motivi dellazione di Zeus, dobbiamo par- tire dalla constatazione che, nei miti arcaici, avere nel ventre per inghiottimento e avere nel ventre per gestazione sono la stessa cosa. In questo modo, la condotta di Zeus risponde al ten- tativo di evitare la possibilit di essere detronizzato, ma ha an- che un secondo proposito, del quale fino ad ora non eravamo a conoscenza: ri-creare il mondo. Nel mondo degli uomini la successione reale imposta dalla morte del predecessore. Nel mondo divino, gli di che vengono dopo sono meno importanti dei loro predecessori e, siccome sono immortali, non c nessun motivo che obblighi un dio a essere ri- levato nel potere. In quanto dio supremo che e continuer ad essere, Zeus non pu avere predecessori (deve essere il primo del- la genealogia) n successori normali (che cercherebbero di de- tronizzarlo). Per contrastare i pericoli che gli erano stati vatici- nati nelle profezie, Zeus inghiotte il fallo del primo dio, e in que- sto modo rimane incinto della totalit di ci che esiste (che, es- sendo prodotto del fallo di Cielo, penetrano anchesso nel suo ventre), e si converte in una specie di madre universale, degli di e del mondo (OF 11-12). Il poeta gioca inoltre con i signifi- cati di q fi (OF 11) e dei suoi derivati, qfi cfo (OF 10) e q oo- fo (OF 16), poich ci dice che lintelligente (qfi cfo) Zeus, quan- do prende il potere, riceve, insieme con la dignit regia degli di, anche la qfi, un concetto complesso che combina la saga- cia, la previsione, la flessibilit di spirito e la simulazione 7 . E concepir (nel doppio senso di concepimento fisico, ossia gesta- ALBERTO BERNAB 60 6 Perci, nel poema di Derveni, Afrodite non nasce dal fallo di Cie- lo, ma da una eiaculazione di Zeus (P.Der. col. 21, 1 sgg., OF 15). 7 M. Detienne, J. P. Vernant, Les ruses de lintelligence. La mtis des Grecs, Paris 1974. Cfr. anche G. Scalera McClintock, La teogonia zione, e concepimento intellettuale, nel senso di pianificazione intelligente), di modo che, divorando il fallo di Cielo, possiede lingegno necessario per riorganizzare la creazione, che adesso non sar pi caotica, come quella dei suoi predecessori, ma ra- zionale. Zeus, incinto del mondo, padre e madre universale, ritorna alle origini e risulta essere cos il primo, non solo in importan- za, ma anche il primo nella sequenza di tutti gli di. Il verso se- guente riassume la nuova situazione (OF 13): Adesso re di tutto e lo sar sempre. Zeus detiene la o qq , che contemporaneamente il potere e la situazione iniziale del gnos. Con il suo gesto, sovverte il tempo e rid alla luce coloro che erano stati i suoi predecessori, cos da rimontare la linearit delle generazioni degli di e risultare pre- decessore e successore di se stesso, ed evitando cos la possibilit di essere rilevato nel potere. Il regno e il dominio razionale di Zeus sulluniverso sono in questo modo garantiti e la storia co- smogonica pu ricominciare. a questo punto che, come in una climax, si colloca linno del quale ci stiamo occupando, che sar seguito dai dettagli del- la ricreazione del mondo. 3. LINNO A ZEUS DEL PAPIRO DI DERVENI Consideriamo, dunque, il testo 8 e la traduzione. Zct qm fo [c vcfo, Zct] tofofo [oqixcqotvo] Zct xcqo[q , Zct co]oo, Aio o cx []ovfo fc f[txfoi] [Zct voiq ovfmv, Zct ovfmv ccfo] oi qo Zct pooict , Zct o oqo oovfmv oqixcqotvo. LINNO A ZEUS ORFICO 61 di Protogono nel Papiro Derveni. Una interpretazione dellorfismo, Filos. e Teol. 2, 1988, 139-149: 142; F. Casadess, Metis, el nous, el aire y Zeus en el papiro de Derveni, Faventia 18, 1996, 75-88; C. Ca- lame, Figures of sexuality and initiatory transition in the Derveni theogony and its commentary, in Studies on the Derveni papyrus cit. (n. 3), 6580: 73. In Esiodo Mqfi appare personificata come sposa di Zeus (Th. 886 sgg.). Il dio la inghiotte mentre incinta, per evitare di essere detronizzato dal figlio che sarebbe nato da lei (v. 358). Sulla pos- sibile relazione fra lesiodica Mq fi e la divinit egizia Mati, cfr. Ch. Faraone, Egyptian Maat and Hesiodic Metis, Mnemosyne 57, 2004, 177-208. 8 Ricostruito a partire dalle citazioni del commentatore. Per i det- tagli, v. OF 14 e apparato critico. Zeus nacque primo, Zeus ultimo, dal fulgente fulgore. Zeus testa, Zeus centro, a opera di Zeus tutto artisticamente confor- mato. Zeus alito di tutto, Zeus di tutto destino. Zeus sovrano, Zeus signore di tutto, dal fulgente fulgore. Il poeta riassume in pochi versi i risultati della condotta di Zeus, che lo collocano al centro della storia dellassetto del mon- do. Concentra la sua visione del dio supremo in un inno brevis- simo, di quattro versi, la cui unit concettuale risalta per mez- zo di un espediente formale, luso dello stesso epiteto tradizio- nale o qixc qotvo nel primo e nellultimo di essi. Mediante la ripetizione del nome di Zeus, accompagnato da successive definizioni, il poeta insiste sul fatto che il dio asso- lutamente tutto 9 . Questo tipo di fraseologia si ritrovava gi in alcuni autori arcaici, dai quali gli orfici sembrano averla trat- ta 10 . Tuttavia, ci che peculiare del testo orfico che si espri- ma la situazione di Zeus per mezzo di un paio di apparenti con- traddizioni: Zeus nacque primo, Zeus ultimo e Zeus testa, Zeus centro. Ci non altro che una dimostrazione della passione orfica per le dichiarazioni paradossali, della quale abbiamo an- che altri esempi 11 . In Zeus i contrari si integrano armonicamente, in una forma despressione che ci fa ricordare anche alcune formule di Era- clito 12 . Come ovvio, non si tratta solamente di esprimere un pa- radosso gratuito, ma di pretendere che il paradosso abbia un sen- so, che trasmetta un messaggio religioso, pi intenso, considera- to in grado di suscitare maggiore interesse. ALBERTO BERNAB 62 9 Laggettivo tutto appare cinque volte in quattro versi. 10 Cfr., per esempio, Semon. fr. 1, 1-2 West: fco c v Zct cci po- qt xfto ovfmv oo cofi xoi fi0qo oxqi 0c ci. Zeus, quello del tuono rimbombante, possiede la fine di tutto quanto esiste, e dispone di ci come vuole; Terpand. fr. 3 Gostoli (= PMG 698, 1 Page): Zct o vfmv o qo , o vfmv o q fmq. Zeus, principio di tutte le cose, guida di tutte le cose. 11 Per esempio, il corpo, una sepoltura (om ooq o, OF 430) o quel- le che appaiono nelle lamine di Olbia OF 463: vitamortevita (pio, 0ovofo, pio), 464: paceguerra, veritmenzogna (ci qqvq o co, o q - 0cio ct oo) e 465: menzognaverit, corpoanima ([ct oo] o q0cio, om o tq ). Cfr. A. Bernab in Orfeo y la tradicin cit. (n. 1), 867-896. 12 Come per esempio Heraclit. fr. 77 Marcovich (fr. B 67 D.K.): Dio: giornonotte, invernoestate, guerrapace, sazietfame, ecc. (o 0co qc qq ctqqovq, cim v 0cqo, oco ci qq vq, xoqo io xf). Le contraddizioni che si predicano del dio e che sarebbero in- conciliabili nellambito umano si risolvono in quello divino. Zeus, con limmensa sagacia di cui lo ha dotato lassorbimento della q fi ha potuto rendere possibile limpossibile e frenare la profezia che pesava sui monarchi divini, secondo cui questi era- no destinati a vedersi rimpiazzati dai propri discendenti. I pa- radossi non sono paradossi in quanto tali, sono piuttosto la so- luzione di quello che sarebbe un problema senza soluzione, sal- vo che per Zeus. Cerchiamo di approfondire ci che lanonimo poeta vuole dirci. Nel primo paradosso, il poeta usa il verbo ivooi che in gre- co significa diventare, cambiare, ma anche nascere. Questo gli permette di giocare con il doppio valore del verbo. Zeus nacque per ultimo (alla fine della sequenza genealogica Not- teCieloCronoZeus), ma, mediante latto di inghiottire il fallo di Cielo, divenne il primo, poich il fallo di Cielo, dotato di unimmensa capacit di generare, penetra nel suo ventre (e con esso tutto ci che Cielo aveva creato) ed egli sar il nuovo proge- nitore di tutto, ma in un certo qual modo anche madre, poich rimasto incinto della totalit della creazione e va a partorirla. Non c contraddizione nemmeno nel fatto che Zeus sia testa e centro. Entrambe sarebbero idee contraddittorie prese nel loro valore specifico, quando rendono, cio, il concetto di luogo, ma non lo sono quando si usano come designazioni metaforiche. Zeus testa, perch governa e inizia lordine (nuovo) del mondo. Ed anche centro, perch occupa una posizione centrale nella sto- ria del mondo. C un prima e un dopo Zeus, che accumula in lui tutta la storia anteriore, dato che possiede la conoscenza del- le profezie di Notte, la capacit generatrice di Cielo e il potere di Crono, suo padre. E adesso, incinto di tutto luniverso che ritornato allunit in lui, rigenerer la molteplicit 13 . Zeus si trasforma cos nel centro assoluto, ha concentrato sa- pere e poteri, ha assunto la storia anteriore e inizier la storia posteriore. Tutto prende forma da lui, poich il creatore del nuovo ordine. Il verbo fctm, che chiude il secondo verso, spe- cifico per designare lattivit dellartista o dellartigiano. Inol- tre, appare al perfetto (il tema che in greco esprime il risultato presente di unazione passata) con il nome di Zeus non in no- minativo questa volta, ma in genitivo, con valore dagente. Il mondo descritto dal poeta come unopera darte ben struttu- LINNO A ZEUS ORFICO 63 13 Riscontriamo nel poema, quindi, un tentativo di risolvere il pro- blema filosofico della relazione fra lunit e la molteplicit. Cfr. A. Ber- nab, Lo uno y lo mltiple en la especulacin presocrtica: nociones, modelos y relaciones, Taula 27-28, 1998, 75-99. rata che il risultato della saggezza di Zeus, lartigiano del mon- do. Unopera che fu fabbricata da Zeus (azione passata), ma che stabile e ordinata per sempre (risultato presente). La posizione centrale di Zeus nel mondo si riflette anche nel- la posizione centrale che linno occupa nel poema ed rafforza- ta con mezzi stilistici, come per esempio il chiasmo del verso 3: voiq o vfmv, Zct o vfmv ... oi qo. Lidea di uno Zeus che ali- to di tutto, come se fosse una specie di soffio divino, vivificato- re di tutte le cose, ci richiama immediatamente alla mente Anas- simene e, ancor di pi, Diogene di Apollonia 14 , che postula le- sistenza di un soffio divino, che anima luniverso. Lidentifica- zione con la Moira, che la personificazione del destino, ha sen- so se Zeus, assunta la saggezza di Notte, che conosce tutti gli oracoli, a conoscenza di quanto succeder, e se la sua organiz- zazione razionale del nuovo universo gli permette di controllare lorganizzazione del tempo 15 . Il breve inno si chiude con riferimenti al potere assoluto di Zeus, per mezzo di due parole che sembrano essere sinonimi (po- oict e o qo ), ma che non lo sono pi di tanto: la prima quel- la tradizionale, Zeus come re convenzionale degli di; la secon- da, una traduzione caricata di nuovi significati, poich in o q- o percettibile il duplice senso che concentra i due significa- ti che nei precedenti dellinno aveva oqm, governare e essere il primo (in un ordine). Zeus non solo il re, anche il primo governante, nonostante sia lultimo. Il genitivo o o vfmv, denso di significati grazie alla ripetizione dello stesso aggettivo nel pas- so, sostiene la solida definizione del dio che il poeta ha saputo ALBERTO BERNAB 64 14 Cfr. Anaxim. fr. B 2 D.K.: oiov q tq , qqoi v, q q cfc qo o q q otoo otxqofci qo , xoi oov fov xo oov vct o xoi o q q cqic ci. Come la no- stra anima, dice, che aria, mantiene la nostra coesione, cos anche il mondo intero lo comprende un alito, laria. Cfr. Diog. Apoll. fr. 9 Laks (fr. B 5 D.K.): xoi oi ooxci fo fqv vo qoiv c ov ci voi o o q q xoot cvo to fmv ov0qmmv, ... ot fo oq oi fot fo 0co ooxci ci voi xoi c i o v o - qi 0oi xoi ovfo oiofi0cvoi xoi cv ovfi c vci voi. xoi c ofiv ot oc cv o fi q cfcci fotfot. Quindi mi sembra che ci che porta con s lintendi- mento ci che gli uomini chiamano aria. ... Essa stessa, in effetti, mi sembra che sia la divinit e che tutto raggiunga, tutto disponga e in tutto risieda. Non c nemmeno una cosa che non partecipi di essa. 15 Calame, Figures of sexuality cit. (n. 7), 74. Da parte sua, L. J. Alderink, Creation and salvation in ancient Orphism, Chico 1981, 28 segnala che Moira un attributo proprio di Zeus e, pertanto, non ester- no al dio stesso. Cfr. anche G. Ricciardelli Apicella, Orfismo e inter- pretazione allegorica, BollClass 3 ser. 1, 1980, 116-30: 118 sgg.; Be- tegh, The Derveni papyrus cit. (n. 3), 202-204. trasmetterci in questi quattro versi come riassunto della situa- zione: Zeus 16 il principio, la fine e il centro del mondo, di cui inoltre artigiano divino e governante, principio materiale e in- telligente, e controlla il destino di tutte le cose. 4. SECONDA VERSIONE DELLINNO Un inno simile al precedente, un po pi lungo e con rimar- chevoli novit, appare citato nel trattato pseudoaristotelico De Mundo. Se, come pi che probabile, questa la versione alla quale Platone fa allusione in un passaggio delle Leggi 17 , sareb- be posteriore a quella di Derveni, e anteriore al IV sec. a. C., epoca del filosofo. Il testo di questa versione il seguente: Zct qm fo cvcfo, Zct tofofo oqixcqotvo Zct xcqoq , Zct cooo, Aio o cx o vfo fcftxfoi Zct t0q v oiq fc xoi otqovot oofcqocvfo. Zct o qoqv c vcfo, Zct opqofo ccfo vtqq Zct voiq ovfmv, Zct oxoofot tqo oqq Zct ovfot q i o, Zct qio qoc ocqvq Zct pooict , Zct oqo oovfmv oqixcqotvo ovfo oq xqt o ot0i qoo c otq0c cx xo0oqq xqooiq ovcvcxofo, cqcqo qcmv. Zeus nacque primo, Zeus ultimo, dal fulgente fulgore. Zeus testa, Zeus centro, ad opera di Zeus tutto artisticamente confor- mato; Zeus fondamento della terra e del cielo stellato. Zeus nacque maschio, Zeus fu ninfa immortale, Zeus alito di tutto, Zeus impulso del fuoco instancabile, Zeus radice del mare, Zeus il sole e la luna, Zeus sovrano, Zeus signore di tutto, dal fulgente fulgore. Poich, dopo averlo tenuto nascosto a tutti, di nuovo alla molto di- lettevole luce dalle sue sacre viscere li restitu, artefice di opere formidabili. Prima di tutto, occorre chiarire che gli ultimi due versi si ri- feriscono a come Zeus ricreer il mondo dopo aver custodito LINNO A ZEUS ORFICO 65 16 Ps.Arist. Mu. 401a 25, cfr. Apul. Mu. 37 (OF 31). 17 Pl. Lg. 715e: Il dio che, come dice anche lantico testo, possiede il principio, la fine e il centro di tutti gli esseri, si incammina diretta- mente verso il suo fine seguendo le rivoluzioni della natura, cfr. lo sco- lio al passo (317 Greene): lantico testo allude allorfico, che il se- guente: [cita i versi 23]. Cfr. Casadess, in Orfeo y la tradicin r- fica cit. (n. 1), 1263 sgg. 5 5 tutte le cose nel suo seno. Sono versi di transizione, che non ap- partengono allinno stricto sensu, ma che servono per allacciar- lo alla continuazione della narrazione della teogonia. I limiti del- linno li definisce, come nella versione anteriore, la ripetizione dellepiteto o qixc qotvo. Che anche nella versione di Derveni ci fossero dei versi di transizione, non possiamo n negarlo n af- fermarlo. Di conseguenza, linno passato da quattro a sette versi e sem- bra essere una versione ampliata del primo 18 . I primi due versi sono identici alla versione di Derveni, per nel verso 3 si ag- giunge una nota nuova alle definizioni di Zeus, che adesso de- signato come fondamento della terra e del cielo. Non sembra per niente nuovo. Se Zeus configurer il cosmo, sar al tempo stes- so il fondamento dei suoi due poli, superiore e inferiore, il cie- lo e la terra. Ma, nel mondo mitico, Terra e Cielo non sono so- lamente spazi delluniverso, sono anche divinit. E forse non estraneo allinteresse del poeta nel menzionare proprio loro, il fatto che gli iniziati orfici, una volta giunti nellAldil, doves- sero pronunciare un verso molto simile: Figlio sono di Terra e di Cielo stellato, come parola dordine davanti ai guardiani, che lasciavano passare alla privilegiata sede dei beati solamente quel- li che la conoscevano 19 . Al verso 4, di nuovo la descrizione del dio sfida ogni logica, poich presuppone una contraddizione. Laddove per luomo possibile avere solo un sesso, la divinit, ancora una volta, as- sume le possibilit polari, poich divino e pu farlo. In que- sto modo Zeus divent maschio e ninfa, ossia, in un momento determinato, acquist le capacit fecondatrici di tutte le cose. In greco ninfa un concetto complesso che supera di molto quello di ragazza o sposa. Le ninfe sono esseri dai moltepli- ci aspetti nellantichit, uno dei quali era fungere da partenai- re agli di per generare eroi 20 . Facendosi maschio e ninfa (cer- to, una ninfa speciale, essendo immortale, a differenza delle nin- fe, che sono mortali), Zeus appare come lorigine di tutta la fe- condit del mondo, in quanto lui stesso fecondatore e capace di partorire. Incinto della totalit delluniverso, il ventre di Zeus ALBERTO BERNAB 66 18 Lalternativa sarebbe che lInno nella versione del Papiro di Der- veni contenesse anche tutti o alcuni dei versi aggiunti, e che il com- mentatore non avesse ritenuto necessario menzionarli. Ma una tale pos- sibilit indimostrabile. 19 A. Bernab, A. I. Jimnez San Cristbal, Instructions for the Netherworld. The Orphic gold tablets, Leiden 2008, 39-44. 20 Cfr. F. Dez Platas in F. Dez Platas, J. C. Bermejo Barrera, Lec- turas del mito griego, Madrid 2002, 189. fertile, femminile. Il dio non divide la scena con una compa- gna femminile. Il verso 5 inizia come il terzo della versione precedente, ma nel mezzo cambia. Nella versione primitiva si mescolavano due qualit diverse, una materiale, la condizione di alito del mondo, e laltra riferita al destino degli esseri. Il poeta di questa ver- sione, probabilmente, ha voluto guadagnare in coerenza e svi- luppare un motivo tematico che era stato trattato gi dai filo- sofi presocratici, quello degli elementi, la cui formulazione pi conosciuta di Empedocle, anche se non fu mai del tutto estra- nea al pensiero orfico 21 . Per il poeta orfico, Zeus non solo aria, anche fuoco e (nel prosieguo, al verso 6), acqua manifestata nella sua forma pi ampia, il mare. Tuttavia, invece di conti- nuare con lultimo degli elementi, la terra, il poeta ritorna a cambiare la prospettiva e si riferisce ai due corpi celesti pi ti- pici: il sole e la luna. Il motivo di questo cambio potrebbe facilmente essere che gli orfici concepivano lidea che la luna fosse una specie di terra celeste 22 , per cui poteva comparire al posto della terra. Ma, inol- tre, dato che il sole e la luna sono decisivi per misurare il tem- po, dire che Zeus il sole e la luna come dire che responsa- bile e garante dellordine del tempo. In un certo qual modo, si recupera il concetto di Moi qo con il quale si definiva Zeus nella prima versione. Essendo Zeus il fondamento del tempo, a co- noscenza anche di tutto ci che succede, discerne il destino di tutti e di tutto. LINNO A ZEUS ORFICO 67 21 Infatti, vari lavori sono stati dedicati a mettere in risalto analo- gie e differenze fra Empedocle e gli orfici in queste formulazioni. E cos M. L. West, The Orphic poems, Oxford 1983, 108 si fa eco di un suggerimento di W. Burkert sviluppato poi dallo stesso W. Burkert, in Orfeo y la tradicin rfica cit. (n. 1), 579-589 che ci che pi simile allo Zeus degli inni che stiamo studiando, uno Zeus che assorbe luniverso e lo rigenera da se stesso, lo Sfero di Empedocle, allo stes- so modo un essere divino in cui gli elementi si trovano uniti, prima che avvenga lavanzata di Discordia e la divisione dello Sfero dia luogo ad altri esseri. Cfr. anche G. Betegh, Empdocle, Orphe et le papyrus de Derveni, in Les anciens savants: tudes sur les philosophies pr- platoniciennes, runies par P.-M. Morel, J. F. Pradeau, Paris 2001, 47- 70; Bernab, Textos rficos (n. 3), 57-62 e C. Megino, Orfeo y el Or- fismo en la poesa de Empdocles: influencias y paralelismos, Madrid 2005 e in Orfeo y la tradicin rfica cit. (n. 1), 1105-1140. 22 OF 157. Un frammento delle Rapsodie (OF 155) presenta persino unimmagine della luna come popolata da citt e da case. Il verso 7 ripete il 4 della prima versione, e ne ha la stessa funzione, chiudere stilisticamente lunit dellinno allinterno di una teogonia. Vediamo, quindi, che la seconda versione mantiene intatte le idee di base della prima: Zeus monarca assoluto e principio di tutte le cose, artigiano divino e alito delluniverso, ma aggiun- ge una nuova caratteristica del dio, quella di assumere in se stes- so ambo i sessi, e una proposta pi precisa sulla configurazione del mondo in quanto composto da quattro elementi, simile a quella di Empedocle. 5. TERZA VERSIONE DELLINNO La versione pi ampia di questo inno che ci sia arrivata ap- pare nelle Rapsodie 23 , la teogonia orfica pi recente che cono- sciamo e che dobbiamo situare in epoca tardoellenistica, intorno al primo secolo a. C. Il poema cominciava con la descrizione di unoscurit confusa, in cui si ritrovavano mescolati i quattro ele- menti. In seguito, nasce Tempo e, da lui, Etere e Abisso. Tempo foggia nellEtere un uovo cosmico, risplendente, e al suo inter- no si va configurando un essere divino chiamato con molti nomi: Fanes (risplendente o manifestato), Primogenito, Ingegno (Metis) ed Eros, ciascuno dei quali allude a un tratto della sua personalit divina: la creazione della luce, la sua condizione di primo nato, lintelligenza pratica e la capacit di riproduzione sessuale. Un altro epiteto, Ericepeo, risulta pi opaco. Anche il suo aspetto complesso, dal momento che si compone dei tratti caratteristici di diversi animali (fiere, rettili e uccelli), come se fosse una specie di archianimale dal quale nasceranno poi tutti gli altri esseri viventi. Di conseguenza, anchegli andro- gino 24 . Fanes rompe il guscio e, una volta nato, si unisce ses- sualmente con se stesso e d luogo a Notte, con cui in seguito si ALBERTO BERNAB 68 23 OF 243, cfr. L. Brisson, Proclus et lorphisme, in Proclus lecteur et interprte des anciens, publ. par J. Ppin, H. D. Saffrey, Paris 1987, 43-104 (= Orphe et lOrphisme dans lAntiquit grcoromaine, Al- dershot 1995, V). 24 Su Fanes, cfr. U. Bianchi, Protogonos. Aspetti dellidea di Dio nelle religioni esoteriche dellAntichit, SMSR 28, 1957, 115-133; West, The Orphic poems cit. (n. 21), 70 sgg.; 103 sgg.; 203 sg.; 231 sgg.; C. Calame, Eros initiatique et la cosmogonie orphique, in Orphisme et Orphe, en lhonneur de Jean Rudhardt, d. par Ph. Borgeaud, Genve 1991, 227-247; R. Turcan, Phanes, LIMC VII 1, 1994, 363-364; G. Casadio, Il vino dellanima. Storia del culto di Dioniso a Corinto, Sicione, Trezene, Roma 1999, 110 sgg. unisce per generare Cielo e Terra. Terminato il suo compito, cede il regno dei cieli a Notte, ma questa delega suo figlio Cielo. Il poema continua con la generazione dei discendenti di Cie- lo e Terra, il pi importante dei quali Crono. Questi spodesta suo padre, si unisce a sua sorella Rea e genera vari figli, che va ingurgitando man mano che vengono alla luce, perch una pro- fezia lo ha avvertito che sar spodestato da uno di loro. Quando nasce Zeus, Rea lo sottrae a suo padre, al quale in- vece d una pietra avvolta in fasce. Una volta cresciuto di na- scosto, Zeus evira Crono, a cui Demetra ha preparato un ban- chetto con abbondante idromele per farlo ubriacare. Quando Zeus si fa carico del potere e dello scettro di Fanes, probabile che Notte e/o Crono lo avvertano che pu perdere il potere per mano dei suoi discendenti, ma Zeus lo evita divorando il suo pri- mo antenato, Fanes. Cos facendo, rimane incinto di tutta la creazione (OF 241): Dopo essersi impadronito del vigore del primogenito Ericepeo, alberg la forma corporea di tutte le cose nel suo ventre cavo e mescol nelle sue membra la potenza e il potere del dio, e perci tutto si riforgi allora dentro Zeus. La splendida altezza del vasto etere e del cielo, la dimora del mare inesauribile e della terra gloriosa, il grande Oceano e il Tartaro, il confine della Terra, i fiumi, il mare senza limiti e tutto il resto, cos come i felici immortali tutti, di e dee, e quante cose erano nate e quante dovevano nascere pi tardi si fecero una 25 sola nel suo seno; nel ventre di Zeus erano naturalmente unite. Appena Zeus ha in grembo tutti gli esseri divini e mortali, e prima di procedere alla sua nuova creazione, appare la terza ver- sione dellInno a Zeus: LINNO A ZEUS ORFICO 69 25 Il poeta segnala rigorosamente che si passati dalla molteplicit allunit, cosa che, di nuovo, ricorda lo schema di Empedocle. W. Burkert, Da Omero ai magi. La tradizione orientale nella cultura gre- ca, Venezia 1999, 79-80 mette in evidenza la somiglianza di questa espressione (in greco ot vo ccvfo) con una delle varianti di un verso di Parmenide (B 8, 4) in cui si definisce lessere come otov otvocvc . Su questa e altre somiglianze di Parmenide con la poesia orfica cfr. W. Burkert, Das Promium des Parmenides und die Katabasis des Pyt- hagoras, Phronesis 14, 1969, 1-30 e Bernab, Textos rficos cit. (n. 3), 129-136. 5 10 Zct qm fo c vcfo, Zct tofofo oqixcqotvo, Zct xcqoq , Zct cooo, Aio o cx ovfo fc ftxfoi. Zct oqoqv c vcfo, Zct oq0ifo ccfo vtqq. Zct t0qv oi q fc xoi otqovot oofcqocvfo. Zct pooict, Zct otfo oovfmv oqicvc0o. cv xqofo, ci ooimv, cvc fq co oqo oovfmv, cv oc oc o pooi ciov, cv mi fooc ovfo xtxci foi, tq xoi t omq xoi oio xoi oi0qq vt fc xoi qoq xoi Mq fi, qmfo cvcfmq xoi Eqm otfcqq ovfo o q cv comi Zqvo fooc omofi xcifoi. fot oq foi xcqoq cv iociv xoi xoo qoomo otqovo oi q ci, ov qtocoi oqi c0ciqoi o ofqmv oqoqc mv cqixocc qcqc0ovfoi, fotqco o o qofcqm0c oto qtocio xcqofo, o vfoiq fc ot oi fc, 0cmv oooi otqovimvmv, o ofo o q c io fc xoi ovfiomoo ocqvq vot oc oi o ctoq pooiqio o q0ifo oi0q q, mi oq ovfo xtci xoi qqocfoi otoc fi <cofiv> otoq ot f cvoq otfc xfto otoc cv oooo, q q0ci Aio ot o tcqcvco Kqovimvo moc cv o 0ovo fqv xcqoqv cci qoc voqo. om o oc oi cqiqcc , ociqifov, ooftqcixfov, o fqoov, opqio tiov, tcqcvc moc fcftxfoi moi c v xoi ofc qvo xoi ctqco vmfo 0coio o qq ct qtpi q, fc qtc oc oi ccqtovfo, fqi ci o vfo ofo0, icqq oc oi ccfo vqot oi o fc oqfciq oqcmv f oicivo xoqqvo cooq oc m vq poqtqco oioo 0ooooq xoi o vfot to fq oc pooi 0ovo cvoo0i qioi To qfoqo f ct qm cvfo xoi coofo ciqofo oiq. ovfo o o oxqto ot0i qoo c otq0c ccv o o xqooiq qoqcqciv oi, 0coxco q cmv. Zeus nacque primo, Zeus ultimo, dal fulgente fulgore. Zeus testa, Zeus centro, ad opera di Zeus tutto conformato ad arte; Zeus nacque maschio, Zeus fu imperitura ninfa, Zeus, fondamento della terra e del cielo stellato, Zeus il re, Zeus lo stesso progenitore primo di tutte le cose, unica forza, unico dio, gran progenitore, re di tutte le cose, unico corpo sovrano, in cui tutte queste compiono il proprio ciclo, fuoco, acqua, terra ed etere, notte e giorno e Metis, primo procreatore, ed Eros che molto diletta. Ed che tutto ci si alberga nel gran corpo di Zeus; la sua testa, certamente, e il suo bellaspetto a vedersi il cielo splendente, intorno al quale i suoi capelli doro ALBERTO BERNAB 70 5 10 15 20 25 30 5 10 ondeggiano resi belli da brillanti astri; due corni taurini doro possiede alluno e allaltro lato: lalba e il tramonto, i sentieri degli di celesti; sono i suoi occhi il sole e la luna che gli va incontro. La sua intelligenza letere regio, senza inganni, imperituro, con cui tutto ode e medita; e non c nessun mormorio n voce n rumore n suono che sfugga alludito di Zeus, il potente figlio di Crono; tale limmortale testa e lintendimento che possiede. E il suo corpo raggiante, infinito, imperturbabile, intrepido, di membra robuste, forti, cos configurato: le spalle, il petto e lampia schiena del dio sono aria potente ed dotato di ali con le quali vola sopra le cose. Il suo ventre sacro la terra, madre universale, e le inaccessibili cime dei monti. Nel centro, sono la sua vita le onde del mare dal profondo ruggito e del ponto. E lultimo fondamento, le radici nel seno della terra, il Tartaro rugginoso e gli estremi confini della terra. E dopo aver occultato tutto, di nuovo alla molto dilettevole luce si accingeva a restituirlo dalle sue stesse viscere, artefice di meraviglie. Notiamo come la poesia orfica si sviluppi su se stessa. Nono- stante questa versione abbia trenta versi (consideriamo, ancora una volta, gli ultimi due versi come la transizione alla teogonia), vi ritroviamo ancora i primi quattro versi della seconda, anche se il terzo e il quarto appaiono in un altro ordine: limpressione che il poeta abbia preferito cominciare dalla componente bio- logica (i due sessi di Zeus) per seguire poi con la cosmica (esse- re il fondamento della terra e del cielo). La sostituzione di opqofo immortale con oq0ifo imperitura come qualifi- cativo di vtqq, d al verso 3 un tono meno personale e pi co- smico. Daltra parte, il poeta fa scomparire i versi 5 e 6 della reda- zione anteriore, in cui si accumulavano in modo eterogeneo tre elementi (alito, fuoco, mare) e due corpi celesti (sole e luna). Il nuovo autore preferisce separare le due idee, come vedremo. Lantico verso 7 adesso il 5, ma con uninteressante modifi- ca. Il poeta disfa o qo signore e il gioco linguistico che esso comportava, con il doppio significato primo in una gerarchia e nel tempo, ma che sovrabbondava nellidea gi espressa da re (pooict ) e lo sostituisce con unallusione alla sua identit (ot - fo). Fa la sua apparizione una nuova parola, oqicvc0o primo progenitore, invece della ripetizione di oqixc qotvo dal fulmine splendente, che serviva per chiudere la struttura dellinno. Con LINNO A ZEUS ORFICO 71 15 20 25 30 questa nuova parola (che, daltra parte, recupera lo qo perduto con loqi del composto), il poeta esprime lidea che Zeus non solo ha fabbricato il mondo, a guisa di artigiano (fc ftxfoi v. 2), ma che lo ha anche generato. Inoltre, non ripetendo o qixc qotvo, la struttura non si chiude e linno pu estendersi per pi versi. Ai versi 6 e 7 si introduce una nuova caratteristica di Zeus, la sua unit: un solo potere o forza (xqo fo ha entrambi i si- gnificati), di carattere divino, che determina il corso degli av- venimenti e un solo corpo. In pi, questo unico corpo il corpo delluniverso. probabile che lespressione cvc fq co (gran- de progenitore), del verso 6 non abbia altra funzione che glos- sare o chiarire il significato dello strano composto o qicvc0o del verso precedente 26 . Ai versi 78 esplicito e completo il riferimento ai quattro elementi, adesso non pi designati in forma poetica 27 , ma con i loro nomi ordinari: fuoco, acqua, terra, etere. Aggiungendo (v. 7) che questi compiono il loro ciclo il poeta si posiziona nel- lambito di quelle speculazioni filosofiche che analizzavano la forma in cui gli elementi si combinano o si trasformano 28 . Il poeta include Eros nel ciclo, cosa che ci ricorda uno dei principi attivi di Empedocle. Non ritroviamo, per, il suo con- trario, la Discordia, al posto della quale appare Metis, lInge- gno. Il motivo di una tale differenza pu essere che Empedocle postula uneterna alternanza ciclica fra il momento in cui tutti ALBERTO BERNAB 72 26 Questo strano vocabolo compare solo in un altro passo orfico (OH 14, 8), nel Corp. Herm. fr. 29, 6 e nel poeta tardo Nonno (Par. Ev. Io. 1, 46). 27 Si ricordi che nella seconda versione si parlava di voiq invece che di aria, e di ovfot q io, radice del ponto, invece che di acqua. 28 Per esempio, Heraclit. fr. 66 Marcovich (fr. B 36 D.K.): tq ioiv 0ovofo tomq cvco0oi, toofi oc 0o vofo q v cvc o0oi, cx q oc tomq i vc- foi, c toofo oc tq . Per le anime morte acqua; per lacqua morte terra, ma dalla terra nasce lacqua e dallacqua, lanima, che a sua volta imitato in un altro attribuito a Orfeo (OF 437): c ofiv t omq tqi 0ovofo, t oo fcooi oc oio cx o toofo <c c> oi o, fo o` c x oi o o iv t omq, cx fot oq tq oov oi 0c qo o ooootoo. lacqua per lani- ma morte. Per le acque, la terra; dallacqua nasce la terra e dalla ter- ra, a sua volta, lacqua, e da questa, lanima, che si converte nelletere universale. Il passo orfico ci richiama alla mente anche la presenta- zione dellevoluzione del mondo che troviamo in Empedocle, con lal- ternarsi di generazione e morte delle cose, concepite come combinazio- ne e disgregazione cicliche degli elementi e, nella fraseologia, Crisippo SVF 914 Arnim: qovot cv oi xtxci foi fo ovfo, tempi, in cui tutte le cose compiono il proprio ciclo. gli elementi si ritrovano armoniosamente mescolati nello Sfero e il momento contrario in cui tutti si ritrovano dissociati nel do- minio della Discordia. E invece, il poeta orfico considera che il ciclo ha luogo una volta sola, dallunit alla molteplicit caoti- ca nella creazione di Fanes, e da questa allunit, quando Zeus lo inghiotte e, infine, la definitiva molteplicit, questa volta or- dinata e intelligente, della creazione di Zeus. Poich non narrer altre alternanze di associazioni e dissociazioni, il poeta non ha bisogno di un principio antagonista di Eros. Daltra parte, la coppia Metis ed Eros si giustifica nella nuo- va creazione: la prima, lintelligenza pratica necessaria per ge- nerare le cose in un modo intelligente, e il secondo, il principio sessuale della posteriore moltiplicazione degli esseri. Per chiu- dere questo insieme, il poeta si riferisce a notte e a giorno (v. 8) perch include nellambito delluniverso di Zeus anche i cicli del tempo ordinato 29 . In questo modo il poeta ci mostra completa la struttura spaziale e temporale delluniverso contenuta in Zeus. Il verso 10 funziona da transizione, poich riassume la situa- zione e prepara la descrizione che seguir, mediante luso di una congiunzione causale o q, che servir a spiegare ci che succede veramente: che tutte le componenti della creazione che sono sta- te enunciate, gli elementi, i misuratori del tempo, il destino del- le cose, lingegno per svilupparle e lamore per generarle, si ri- trovano adesso (xci foi un perfetto con valore di presente) nel corpo del grande Zeus. Tutto questo permette al poeta di abbordare unimmagine vi- gorosa, nella quale non descrive pi un momento transitorio in illo tempore, anteriore allordine attuale, ma una situazione che la presente, secondo cui lUniverso si identifica con il corpo del dio, Zeus 30 . LINNO A ZEUS ORFICO 73 29 Lallusione combinata agli elementi e alla notte e al giorno (o al sole e alla luna) la ritroviamo in altri frammenti orfici. In una lami- na di Thurii (OF 492, 5) si enunciano in serie: aria, fuoco, la Madre (cio, la terra), Nestis (una divinit siciliana, che rappresenta lacqua), notte e giorno. Inoltre, in un giuramento orfico (OF 619, 2 sg.) leg- giamo fuoco, acqua, terra, cielo, luna e sole come entit sulle quali si giura. 30 Cfr. W. Kranz, Kosmos und Mensch in der Vorstellung frhen Griechentums, NGG 1938, 121161. Questa presentazione dei fatti cos differente dalla precedente, ha fatto sorgere lipotesi che il poeta ab- bia introdotto un inno indipendente (i versi 1030) con una concezione diversa da quella che animava ci che lo precede e lo segue (il ritorno al mondo molteplice e separato da Zeus); cfr. West, The Orphic poems cit. (n. 21), 241. Si tratta di una trovata poetica e concettuale straordinaria, anche se non del tutto nuova. In effetti, alcuni autori hanno os- servato precedenti o paralleli orientali di questa immagine di- vina 31 . La questione stata ripresa recentemente da Burkert 32 , che segnala, da una parte, paralleli letterari, come un inno as- siro a Ninurta in cui diverse divinit formano parte del corpo del dio: Il tuo volto il Sole, i tuoi occhi sono Enlil e Ninlil; Anu e Antu sono le tue labbra, la tua testa Adad, il tuo collo Marduk 33 . Ma anche paralleli iconografici, come alcune immagini egizie che ci mostrano differenti di racchiusi in una figura pi gran- de 34 , o bronzi del Luristn con rappresentazioni di di che cre- scono o nascono da un altro 35 . Tali paralleli ci indicano che nel bacino del Mediterraneo orientale, a partire dal VI sec. a. C., si registra una specie di crisi del politeismo e una ricerca di nuo- ve interpretazioni nelle quali si cerca di raggiungere una certa unit degli di. Nel testo orfico si va oltre, portando tale affanno totalizzante dal mondo degli di al mondo fisico, alluniverso nel suo insieme. ALBERTO BERNAB 74 31 R. Reitzenstein, H. H. Schaeder, Studien zum antiken Synkretis- mus aus Iran und Griechenland, Leipzig 1926, 69 sgg.; A. Olerud, Li- de du Macrocosmos et du Microcosmos dans le Time de Platon, Upp- sala 1951, 128 sgg.; West, The Orphic Poems cit. (n. 21), 240 sg. Uni- dea simile appare formulata in P.Mag. 12, 238 sgg. (II 74 Preisen- danzHenrichs = 13, 762 sgg., II 122 P.H.): octqo oi, o c x fmv o o - vc mv, o ovfoxqofmq, ... mi ot qovo xcqoq , oi 0q q oc om o, q oc o oc, fo oc cqi o[c] ov tomq, mxcovo. Vieni da me colui dei quattro venti, lon- nipotente ... la cui testa il cielo, il cui corpo letere, i cui piedi sono la terra; ci che c intorno a te lacqua e loceano e Corp. Herm. fr. 10, 11. Cfr. pi esempi in West, The Orphic Poems cit. (n. 21), 240 sg. 32 W. Burkert, in Orfeo y la tradicin rfica cit. (n. 1), 579 sgg. 33 A. Falkenstein, W. von Soden, Sumerische und Akkadische Hym- nen und Gebete, Zrich 1953, 258 sg.; B. R. Forster, Before the Mus- es. An anthology of Akkadian literature, Bethesda 1993, 619 sg.; si veda anche One god or many? Concepts of divinity in the ancient world, ed. by B. N. Porter, Chebeague 2000, 152. 34 Studiate da E. Hornung, Komposite Gottheiten in der gyptis- chen Ikonographie, in Images as Media, ed. by Ch. Uehlinger, Fri- bourg 2000, 1-20. 35 Analizzati da A. Alfldi, Der iranische Weltriese auf archolo- gischen Denkmlern, Jahrb. Schweiz. Gesellsch. Ur- und Frhg. 40, 1949-1950, 17-54. Nel nostro testo, si descrive luniverso strutturato in tre par- ti, bench lestensione della descrizione di ciascuna sia tanto pi lunga quanto pi importante considerata la suddetta parte. La pi importante la testa (vv. 11-21), poi il corpo (vv. 22-28), e la meno importante sarebbe quella che corrisponde ai piedi (vv. 29- 30). La testa il cielo, e le stelle sono ornamento dei suoi capelli (vv. 12-13). I suoi corni doro corrispondono allalba e al tra- monto, rappresentano, cio, i sentieri celesti (vv. 14-15); le luci dei suoi occhi corrispondono al sole e alla luna (contempora- neamente corpi celesti e misuratori del passar del tempo in mesi e anni). Nella testa di Zeus ha sede lintelligenza, identificata con letere. Gi i tragici fanno coincidere occasionalmente lete- re con Zeus 36 e gli stoici, con lanima delluniverso 37 cos come con lintelletto (vot ), origine di tutte le cose e principio reggen- te delluniverso. E questo intelletto etereo sar allo stesso modo assimilato a Zeus 38 . curioso che questa divinit che sente tut- to senza udito riconduca limmagine del divino alle antiche spe- culazioni di Senofane su un dio il pi somigliante a un essere onnisciente che un greco potesse immaginare 39 . Nel verso 21 il poeta ripete che tutte le componenti che sono state appena men- zionate configurano la testa e lintelletto di Zeus e ritorna a quanto enunciato nel verso 11, in quella che si chiama una strut- tura ad anello. Fra il verso 22 e linizio del 29 compresa la descrizione del corpo di Zeus, identificato con la terra. Il poeta magnifica la bellezza, solidit e imperturbabilit del mondo-Zeus, il suo esse- re infinito, mediante una serie di aggettivi (vv. 22-23). Il petto e le spalle di Zeus sono laria, e questi appare come un dio ala- to che si muove per ogni dove. La descrizione del poeta risulta qui meno ardita di quella che aveva fatto secoli prima Senofa- ne, di un dio che tutto muove con la mente 40 . LINNO A ZEUS ORFICO 75 36 Per esempio, A. frr. 162 e 70 Radt; E. fr. 941 Kannicht, proba- bilmente come riflesso delle speculazioni filosofiche della sua epoca. 37 Chrysipp. SVF 821 Arnim. 38 Letere come origine di tutte le cose: Chrysipp. SVF 580 e 1067 Arnim; principio rettore delluniverso: Chrysipp. SVF 642 e 1061 Ar- nim; identificato con Zeus: Chrysipp. SVF 1077 Arnim. 39 Xenoph. fr. 27 GentiliPrato: Tutto egli vede, tutto egli pensa, tutto egli sente (ot o oqo i, oto oc voci , ot o oc f oxot ci), fr. 26 Gen- tiliPrato: Non simile ai mortali n nel corpo n nellintelligenza (otfi oco 0vqfoi oi ooi io ot oc vo qo). Cfr. Bernab, Textos rficos cit. (n. 3), 125 sgg. 40 Xenoph. fr. 28 GentiliPrato: Senza sforzo, con la decisione che Lautore dellinno descrive poi (vv. 26-27) il ventre di Zeus, che si identifica con la terra, una identificazione che raccoglie lantico dualismo che mostra la terra nelle cosmogonie, in cui allo stesso tempo uno spazio fisico e unentit femminile dotata di un ventre fertile. Zeus appare cos come un dio fecondo, do- tato della capacit di dare la vita. Sebbene lepiteto oq fmq, madre universale (27), sia quello tradizionale per riferirsi alla terra 41 , il poeta ci offre a mo di no- vit limmagine della terra trasformata nel ventre di Zeus, ma- schio e femmina, che feconda e concepisce. I monti formano par- te del suo addome perch, gi a partire da Esiodo, nelle cosmo- gonie si assimilano alla terra 42 . E il poeta dice che il mare la sua cintura (28-29) perch secondo la cosmogonia antica, loceano si concepisce come un anello dacqua che circonda la terra. Nella sezione successiva (molto breve, in quanto formata so- lamente dal finale del verso 29 e dal 30) ci aspetteremmo un ri- ferimento ai piedi del dio. E invece il poeta ci parla dellultimo fondamento (to fq po oi) come se stesse descrivendo una scul- tura monumentale o un tempio, ma immediatamente modifica la metafora iniziale per utilizzare un paragone con il mondo del- la natura, quando si riferisce alle radici nel seno della terra. In questo modo ci presenta Zeusuniverso come una grande scul- tura e, in parallelo, come un albero ben fermo sulle proprie ra- dici, come una struttura viva. Naturalmente, la parte pi bassa del corpo di Zeus viene a corrispondere con linframondo, il Tar- taro, che la tradizione situava nel luogo pi basso della struttu- ra del mondo. Le tre parti di Zeus sono cos le tre zone che com- pongono luniverso: la testa, il cielo, sede degli di; il corpo, la terra e il mare, sede degli esseri umani e delle altre creature del nostro stesso ambiente; la parte inferiore, il mondo sotterraneo, sede dei morti. ALBERTO BERNAB 76 gli d il suo giudizio, tutto lo compie e fr. 29 Gentili-Prato: E sem- pre rimane nello stesso posto, senza muoversi in assoluto, e non gli adeguato cambiare da un posto allaltro. 41 A. Pr. 90: oqfo q fc q , Meleagr. AP 7, 461, 1: Hoq foq q , Nonn. D. 48, 7: oqfoqi Ioiqi, cfr. 13, 35 sg.: Pciq oqfmq, epi- gramma del II a. C. (OF 568) 2: ovfmv Mofqq, Epigr. Gr. 823, 3 Kaib.: 0coi oqfmqi Pciqi. 42 In Hes. Th. 129, la Terra, dopo aver creato Cielo uguale a se stes- sa, gener i grande monti (civofo o otqco oxqo ) e in Il. 20, 58, in una battaglia di dimensioni cosmiche fra gli di, si citano giunte an- che lillimitata terra e le eccelse cime dei monti (oi ov o ciqcoi qv o - qc mv f oi civo xo qqvo). LINNO A ZEUS ORFICO 77 Una volta completata la descrizione dallalto verso il basso (dallimportante al meno importante) del mondo-Zeus, il poeta ricorre a un paio di versi di transizione per ritornare alla nar- razione della teogonia, il cui episodio successivo sar la creazio- ne degli di e delle componenti della natura come creature di uno Zeus fecondo e incinto delluniverso. A differenza dei ver- si 8-9 della seconda versione, compare ovfo neutro, pi gene- ralizzante del maschile o vfo. La creazione di Zeus, a differenza della personalizzazione della versione anteriore, che faceva rife- rimento piuttosto agli di, a una teogonia, appare adesso riferi- ta a tutto luniverso, come una cosmogonia. Daltra parte, inve- ce di o vcvc xofo restitu, leggiamo c cv qoqc qciv, si accin- geva a restituirlo. Infine, cqcqo, una parola il cui significa- to prossimo a descrivere ci che terrificante o temibile, so- stituito da 0c oxco, meraviglioso, che privo di tali connota- zioni. Riassumendo, nella versione delle Rapsodie si conservano an- cora elementi di base della prima variante dellinno, come lat- tribuzione a Zeus delle caratteristiche di monarca assoluto, ar- tigiano divino, principio e centro delle cose, bench adesso non ne sia pi lalito vitale. Della seconda, si mantiene il carattere bisessuale del dio e si perfeziona la teoria dei quattro elementi, che adesso si susse- guono ciclicamente, daccordo con un ordinamento del tempo rappresentato dal giorno e dalla notte e obbediendo a due prin- cipi attivi, ereditati dal divorato Fanes: Eros e Metis, amore e intelligenza. Al di l di questa definizione, molto pi comples- sa di quella delle versioni precedenti, e il riferimento, nel fina- le, a una nuova creazione, appare un passaggio, forse preso da un inno independente, in cui il poeta ci presenta una brillante immagine panteista dove luniverso si vede identificato con il dio supremo, razionale e intelligente (dotato di Metis, stabilita nel- la sua testa). Il possedere Metis ed Eros fa di lui un dio che, da un lato quasi onnisciente, responsabile dellordine e della con- figurazione delle cose che formano le sue parti, ma che dallal- tro anche fecondo, generatore di tutti gli esseri da un ventre femminile e generatore. Eppure il fatto pi caratteristico della terza versione che il poeta passato dal riassumere lacca- duto nella teogonia, come sarebbe successo nelle versioni ante- riori, a produrre unimmagine pi complessa di un Zeus-uni- verso, andando molto pi in l di un semplice bilancio degli eventi della teogonia. La difficolt maggiore del passo comprendere come si pu conciliare laffermazione secondo la quale Zeus assume la tota- lit degli di e delle cose che sono per poi generare di nuovo lu- niverso e le divinit (3132), fatto che implica che il mondo si trova allinterno del dio in un momento della cosmogonia, asse- rendo che il mondo e continua a essere (come indica luso di un perfetto di stato) Zeus e che le distinte parti delluniverso sono le parti del corpo divino. Ci sarebbe possibile conciliare en- trambe le immagini solo intendendo che il poeta ha usato una particolare strategia narrativa, secondo cui cambia il suo punto di vista posizionandosi nel momento della transizione, di modo che descrive la situazione come uno stato, e in questo modo, sot- tilmente, ci fa vedere che, anche se in un secondo momento Zeus crea il mondo, questultimo sar sempre Zeus. 6. UNA NUOVA VERSIONE Nel 2005 Bastianini pubblic parzialmente un papiro fioren- tino che contiene citazioni di Euripide e una versione fino a ora sconosciuta dellInno a Zeus che stiamo studiando, adesso pub- blicato nellultimo volume dei Papiri della Societ Italiana 43 . Il testo il seguente: [Oqqc m] 44 [Zct ] o vfmv o qq , Zct [cooo, Zct oc fc]ctfq Zct t ofo, [Zct xoi 0ovi]o xoi ovfio c ofiv, [Zct o qoqv, Zct ] 0qt o iv Zct oc [fo o vfo] [o ]vfo xt xmi qoivmv, [Zct oqq , cooo] f[c]ctfq xoi ot vofoi [Zct ov, Zct ]o [v] c<c>i otfo c v ot fm i 45 . Di Orfeo: Zeus principio di tutte le cose, Zeus centro e Zeus fine, Zeus eccelso, Zeus sotteraneo e marino. Zeus maschio, Zeus femmina, e poi Zeus tutte le cose, lui che fa apparire tutte le cose in circolo, Zeus principio, centro, fine, e Zeus pu tutto, Zeus tiene tutto lui stesso in se stesso. ALBERTO BERNAB 78 43 G. Bastianini, Euripide e Orfeo in un papiro fiorentino PSI XV 1476), in Euripide e i papiri, a cura di G. Bastianini, A. Casanova, Firenze 2005, 227-242: 235 sgg.; PSI 15, 1476. Ho incluso questo fram- mento in Bernab, OF fasc. 3, addenda et corrigenda, come OF 688a, dove si possono vedere i dettagli filologici e gli autori delle proposte di integrazione. 44 [c Oqqixm v] Bastianini, Euripide e Orfeo cit. (n. 43). 45 ot fmi Bastianini, Euripide e Orfeo cit. (n. 43). 5 Chiaramente linno non completo: dapprima, viene citato ci che sembra essere il principio, mentre luso di o iv pi avanti indica che stata omessa una parte e, infine, riportato un mez- zo verso seguito da altri due, che potrebbero essere il finale del- linno. Ancora, notiamo profonde alterazioni. La prima, che non ci sono riferimenti a c vcfo. La seconda, che, al posto della metaforica xcqoq incontria- mo oqq . curioso, perch la presenza di o qq in questo conte- sto non nuova. Gi il commentatore del Papiro di Derveni glos- sa xcqoq , nel secondo verso della prima versione, in questi ter- mini 46 (sfortunatamente il testo lacunoso 47 ): dicendo che le cose che sono hanno testa (Orfeo) allude enigmatica- mente al fatto che ... testa ... il principio della costituzione ... (oqq ivcfoi ot[ofo ocm, probabilmente delle cose che sono). Il commentatore intende, quindi, che testa una designa- zione metaforica per principio. Da parte sua, anche Platone usa oqq per parafrasare il verso in quella che chiama antica narrazione (la cosa pi probabile che si tratti della versione che denominiamo Teogonia Eudemia 48 ): In effetti, il dio che, come dice anche lantica narrazione, contiene il principio, la fine e il centro (oqqv fc xoi fcctfqv xoi coo) di tut- te le cose che sono, ecc. Inoltre, la variante o qq appare in Plutarco e in altre fonti che citano o parafrasano questo passaggio 49 . Analogamente, si trova nel cosiddetto Testamento di Orfeo, in realt unimita- zione ebrea di uno Hieros logos orfico 50 : LINNO A ZEUS ORFICO 79 46 Col. 17, 13-14. 47 I punti sospensivi corrispondono a lacune nel testo. 48 Pl. Lg. 715e. 49 Riferimenti: Plut. Def. orac. 436D (OF 31 V), Comm. not. adv. Stoic. 1074D (OF 31 VI), Ach. Tat. fr. 65, 4 Di Maria (OF 31 VIII), Procl. Theol. Plat. 6, 8 (VI 40, 1 SaffreyWesterink, OF 243 VI), Sch. Pl. Lg. 715e (317 Greene, OF 31 IV, che ci chiarisce che ooiov oc o - ov c ci fo v Oqqixov), Sch. Gal. l, 363 (ed. Moraux, ZPE 27, 1977, 22). Parafrasi: I. AI 8, 280: oqq xoi fco fm v oo vfmv. Ap. 2, 190: o qq xoi coo xoi fco otfo (sc. o 0co ) fmv o vfmv. 50 Su cui si veda soprattutto Ch. Riedweg, Jdischhellenistische Imitation eines orphischen Hieros Logos. Beobachtungen zu OF 245 und 247 (sog. Testament des Orpheus), Tbingen 1993, e in Orfeo y la tradicin rfica cit. (n. 1), 379392, cos come OF 377-378 con la bi- bliografia citata. Che ha egli stesso il principio, il centro e la fine 51 . Cos dice la narrazione degli antichi. Nel suo studio sulle diverse forme in cui si trasmette questo verso, Magnelli considera la variante con oqq banalizzante, mentre Rescigno, nella sua nota al testo, la spiega come facile suggestione, provocata dalla sua originaria parafrasi platonica 52 . possibile che adesso si debba modificare questa idea, giac- ch nel nuovo testo papiraceo incontriamo, in contrasto con le versioni anteriori che contrapponevano testa e centro per chiu- dere il verso con lallusione al lavoro artigianale di Zeus sul mon- do, la stessa contrapposizione che c in Platone: principio, cen- tro, fine (che fa allusione, probabilmente, alleternit di Zeus). impossibile determinare se principio, fine e centro sia una citazione disattenta di Platone o se la variante gi esisteva allepoca del filosofo, come non si pu affermare nemmeno se lapparizione di o qq nella versione del papiro fiorentino e/o in Plutarco sia dovuta del tutto o in parte alla sua presenza in Pla- tone. Il secondo verso presenta Zeus come eccelso, sotterraneo e ma- rino, vale a dire, occupando tutti gli spazi possibili delluni- verso, il terrestre, lacquatico e laereo. Sembra suggerirsi fin da ora lidea di un Zeus coincidente con luniverso, che gi vede- vamo nelle Rapsodie. La prima parte del terzo verso, Zeus maschio, Zeus femmi- na, rielabora in modo meno poetico il terzo verso delle ultime due versioni: Zeus nacque maschio, Zeus fu immortale: imperi- tura ninfa. Laspetto pi curioso, inoltre, che il principio di questo verso appariva citato in Diogene di Babilonia 53 , e Ba- stianini, che segnala il tono chiaramente stoicizzante dellinno, si chiede se sia la fonte della citazione di Diogene di Babilonia 54 , domanda alla quale credo che non si possa che dare una rispo- sta affermativa 55 . Il resto del frammento presenta intensificati gli elementi stoi- ci: ALBERTO BERNAB 80 51 o qq v otfo cmv xoi cooov qoc fcctfqv. 52 E. Magnelli, Una congettura a Cleante ed una nota orfica, A&R 39, 1994, 8591: 88; A. Rescigno, Plutarco. Leclissi degli oracoli, Na- poli 1995, 465 sg. n. 435. 53 Philodem. De Piet. P.Hercul. 1428, col. 8, 14-10, 8, cfr. Philode- mus, On piety, I, ed. by D. Obbink, Oxford 1996, 19-20 (= Diogen. Babyl. fr. 33 [SVF III 217, 17 Arnim]). 54 Bastianini, Euripide e Orfeo cit. (n. 43), 238-240. 55 Cfr. A. Bernab, Are the Orphic verses quoted in P. Soc. Ital. Zeus tutte le cose, lui che fa apparire tutte le cose in circolo, Zeus principio, centro, fine, e Zeus pu tutto, Zeus tiene tutto lui stesso in se stesso. Si esprime un panteismo in cui Zeus tutte le cose, onni- potente e contiene tutto in se stesso. Ma se riflettiamo bene, non si tratta che di uno sviluppo meno poetico dei versi 5-7 della ter- za versione: Zeus il proprio progenitore primo di tutte le cose, unica forza, unico dio, gran progenitore, re di tutte le cose, unico corpo sovrano, in cui tutte esse compiono il loro ciclo. Nella versione del papiro, come in quella delle Rapsodie, si insiste sulle idee di identit autosufficiente (ot fo ), totalit (o) 56 e onnipotenza (c v xqo fo, ot vofoi ov) di Zeus, e sul fatto che nel suo seno abbia luogo una successione ciclica (xtxo, xt- xcifoi). Da un punto di vista letterario, lultima versione la meno poetica; allinterno di un linguaggio pi preciso e filosofico, le frasi sono dirette e, quanto al contenuto, decisamente stoiche. Almeno in ci che ci stato trasmesso, non rimane niente della relazione dellinno con la trama della teogonia, del processo che vede Zeus diventare da ultimo primo (essendo tutto ed eterno, questo Zeus non nasce n per primo n per ultimo e, semplice- mente perch non nasce, il verbo i vooi non c nel passo). Si direbbe che andata perduta interamente la connessione con la storia che aveva dato luogo alle altre tre versioni, allo strata- gemma di Zeus per convertirsi nella prima divinit, anche nel tempo, pur essendo nato per ultimo. Tuttavia, sosterrebbe lidea che linno si trovava ancora in una versione della teogonia il fat- to che Diogene di Babilonia citi, come elementi precedenti del- la stessa opera 57 , il verso Zct o qoqv, Zct 0q t insieme a un chia- ro riferimento alla nascita di Atena. LINNO A ZEUS ORFICO 81 XV 1476 and in Diogenes of Babylon SVF 33 references to a same work?, CErc 38, 2008, 97-101. 56 Ci nonostante, lidentificazione fra Zeus e il Tutto potrebbe ve- dersi anche nellaffermazione che Zeus chiamato Ho v (il nome del dio Pan), in Dam. Pr. 123bis (III 162, 15 Westerink, OF 86), derivante dal- la cosiddetta Teogonia di Ieronimo ed Ellanico, una teogonia orfica che fu scritta fra lEudemia (dalla quale proviene la seconda versione dellinno) e le Rapsodie (fra cui si include la terza), sulla quale, cfr. OF 6989. 57 Cfr. n. 51. Il testo dice: E che questo ci che vuole dire dalla Limpressione che si tratti di un adattamento stoico in cui le impostazioni delle versioni anteriori, gi influenzate dallo stoi- cismo, si portano allestremo. In effetti, depongono a favore di questa appropriazione stoica dellinno tanto la citazione di Dio- gene di Babilonia, quanto il fatto che uno dei riferimenti di Plu- tarco a questo poema 58 termini con lespressione come essi stes- si dicono, che indica chiaramente che i seguaci di questa scuo- la si sentirono attratti da esso e che, probabilmente, non si li- mitarono a citarlo, ma vi intervenirono, utilizzando materiali non solo antichi, ma anche nuovi, con il proposito di accentua- re i tratti coincidenti con il pensiero stoico. Tutto ci si situa al- linterno della nota inclinazione degli stoici ad adattare le pro- prie dottrine a quelle degli autori antichi (per confermare le pro- prie teorie con il prestigio dei poeti ispirati dellantichit), di cui sappiamo grazie a varie fonti 59 . 7. ECHI IN AMBITO GIUDEOCRISTIANO Sarebbe duopo riferirsi allinteresse che linno risvegli fra i ALBERTO BERNAB 82 sua testa e Zeus maschio, Zeus femmina (fot fo o q c [c]o0oi fo c x fq xcqoq xoi Zct oqqqv Zct 0qt), in un passo in cui si tratta del vero senso del mito della nascita di Atena dalla testa di Zeus; cfr. Ber- nab, Orphic verses quoted in PSI 1476 cit. (n. 55). 58 Plut. Comm. not. adv. Stoic. 1074D (OF 31 VI). 59 Si vedano Philodem. De Piet. (P.Hercul. 1428 VI 16 sgg., 80 sg. Gomperz, cfr. A. Henrichs, Die Kritik der Stoischen Theologie im PHerc. 1428, CErc 4, 1974, 5-31: 17; D. Obbink, A quotation of the Derveni papyrus in Philodemus On piety, CErc 24, 1994, 111135: 113); Chrysipp. fr. 1078 (SVF II 316, 16 Arnim); Cic. Nat. deor. 1, 41 (Chrysipp. fr. 1077 [SVF II 316, 12 Arnim]), cfr. OF 1133. Su stoici e orfici, cfr. W. K. C. Guthrie, Orpheus and Greek religion. A study of the Orphic movement, London 1952 2 , 75 sgg., 235, 255 sgg.; A. Bou- langer, Le salut selon lorphisme, in Mmorial Lagrange, Paris 1940, 69-79: 71; P. Boyanc, Remarques sur le Papyrus de Derveni, REG 82, 1974, 91-110: 93 sgg.; 108; West, The Orphic Poems cit. (n. 21), 36, 53, 58 sgg., 89 sg., 113, 183, 193 sgg., 205, 218 sg., 222 sgg., 238 sg., 243, 261; L. Brisson, Les Thogonies orphiques et le Papyrus de Der- veni, RHR 202, 1985, 389-420: 409 sg. (= Orphe et lOrphisme cit. [n. 23], I); P. Kingsley, Ancient philosophy, mystery, and magic. Empe- docles and Pythagorean tradition, Oxford 1995, 124; A. Bernab, Plu- tarco e lorfismo, in Plutarco e la Religione. Atti dell VI Convegno plutarcheo, Ravello, 29-31 maggio 1995, a cura di I. Gallo, Napoli 1996, 63-104: 68 sg., 72, 79, 84; A. Long, Stoic studies, Cambridge 1996, 65 e soprattutto, Casadess, Adaptaciones cit. (n. 1), Orfismo cit. (n. 1) e in Orfeo y la tradicin rfica cit. (n. 1), 13071338. neoplatonici, ma questa una questione ampia e trattata in modo competente da Brisson 60 , sulla quale non saprei apporta- re niente di nuovo. Tuttavia, meritano una menzione gli echi del- linno in ambito giudeocristiano. Gi ne abbiamo visti alcuni, come la parafrasi di Flavio Giuseppe 61 e lallusione nel cosid- detto Testamento di Orfeo (OF 378.3536). Anche allinterno del mondo cristiano, il poema ebbe una grande risonanza e fu copiosamente citato dai Padri della Chiesa 62 ma, prima ancora dei cristiani, si volle vedere un influsso dellinno in Ges stes- so. Cos stato osservato che la frase di Ges io sono lalfa e lomega (il primo e lultimo), il principio e la fine 63 non ha pa- ralleli nella letteratura rabbinica, per cui Quispel la segnala come lunico passaggio del Nuovo Testamento in cui si pu ve- dere linfluenza del pensiero orfico 64 . 8. CONCLUSIONE Attraverso le diverse versioni dellinno e i suoi echi in altri autori, abbiamo visto come il movimento religioso orfico, nel cor- so della sua storia, abbia affinato i propri postulati ideologici, in uno sviluppo cui non fu estranea levoluzione filosofica. Ab- biamo verificato che esistevano processi di osmosi fra la tradi- zione orfica e il resto della tradizione filosofica e letteraria gre- ca. Da una parte, diversi autori influiscono sul testo orfico: sul- le prime versioni dellinno, alcuni poemi in cui un tipo di ten- denza arcaica a segnalare una posizione preminente di Zeus su- gli altri di si formula in dichiarazioni brevi e solenni che lo in- dicano come principio e guida di tutte le cose 65 ; poi, i Presocra- tici, soprattutto Empedocle, con la teoria dei quattro elementi, ed Eraclito, con mezzi formali in cui si associano alla divinit coppie di elementi contraddittori; pi avanti, forse Platone e, LINNO A ZEUS ORFICO 83 60 Specialmente Brisson, Proclus cit. (n. 3) e Damascius et lOr- phisme, in Orphisme et Orphe, en lhonneur de Jean Rudhardt, d. par Ph. Borgeaud, Genve 1991, 157209 (= Orphe et lOrphisme cit. [n. 23], VI). 61 I. AI 8, 280, Ap. 2, 190, cfr. n. 47. 62 Cfr. lapparato di fonti di OF 377 e 378. 63 Ap. Io. 21, 6; 22, 13. 64 G. Quispel, The Demiurge in the Apocryphon of John, in Nag Hammadi and Gnosis: Papers read at the first International Congress of Coptology (Cairo, December 1976), ed. by R. McL. Wilson, Leiden 1978, 133: 17; cfr. M. Herrero de Juregui, Tradicin rfica y cris- tianismo antiguo, Madrid 2007, 347 sg. 65 Cfr. n. 9. con sicurezza, gli stoici contribuiscono a configurare le nuove versioni. Dallaltra, gli stessi presupposti orfici esercitano la propria influenza su altri autori, come nel caso di Platone che, nelle Leg- gi, basa la sua definizione di divinit su quella orfica 66 e, in se- guito, gli stoici, che fanno un uso massiccio dellinno per la loro visione panteista delluniverso, ancora, i neoplatonici, che lo si- stemano a mo di solido appoggio delle loro speculazioni, nella convinzione che Platone si era basato diffusamente sui poemi or- fici, e finanche gli ebrei e i cristiani, che vi vedono elementi uti- li. Se vera la valutazione di Quispel, verrebbe effettivamente a configurarsi un influsso sul Nuovo Testamento. A volte, sono gli stessi autori (come Platone o gli stoici) che, al contempo, esercitano e ricevono influenze dalla letteratura e dal pensiero orfico, in un processo tanto complesso quanto ap- passionante. Nel caso degli stoici spesso difficile sapere se un passaggio orfico stato influenzato dai seguaci di questa scuo- la o se si tratta di una idea orfica sfruttata poi dalla dottrina della Sto. Il risultato che, da una prima versione dellinno formato da quattro versi nei quali si riassume il risultato della condotta di Zeus per evitare la sua detronizzazione, dove laspetto fonda- mentale era la relazione fra ordine cronologico e gerarchia di potere, e in cui si vedeva Zeus come un artigiano divino, alito e destino del mondo, si passa a una seconda versione in cui si in- serisce nella struttura anteriore la teoria dei quattro elementi e in cui ritroviamo gi un certo incremento degli elementi stoici. Nella terza, si va molto pi in l, rendendo la divinit e il mon- do una cosa sola. A una tale configurazione non sembrano esse- re stati estranei, da una parte, vecchi influssi orientali, egizi, mesopotamici e iranici, sviluppatisi intorno al VI sec. a. C. e, dallaltra, le speculazioni di poetifilosofi greci come Senofane ed Empedocle, ma soprattutto lapporto della Sto. Nella quar- ta, scompare la relazione fra ordine cronologico e gerarchia di potere che si era mantenuta nelle tre anteriori e sembra addi- rittura scomparire lidea di Zeus come artigiano divino. Si d maggiore importanza, al contrario, allidea panteistica di uno Zeustutto 67 . Assistiamo, pertanto, a un lungo percorso delle versioni del- ALBERTO BERNAB 84 66 Cfr. F. Casadess, Influencias rficas en la concepcin platnica de la divinidad (Leyes 715e 7717a 4), Taula 3536, 2002, 1118. 67 Cfr. A. Bernab, The gods in later Orphism, in The gods of an- cient Greece. Identities and transformations, ed. by J. B. Bremmer, A. Erskine, Edinburgh (in stampa). linno, durante il quale differenti dottrine vi hanno successiva- mente lasciato la loro impronta, e ci fa di questo poema una specie di modello in scala dellevoluzione dellorfismo nel suo in- sieme 68 . ALBERTO BERNAB LINNO A ZEUS ORFICO 85 68 Sullargomento cfr. A. Bernab, La tradizione orfica dalla Gre- cia classica al Neoplatonismo, in Modi di comunicazione tra il divino e lumano, a cura di G. Sfameni Gasparro, Cosenza 2005, 107-150.