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ERCOLANESI
bollettino
del centro internazionale per
lo studio dei papiri ercolanesi
fondato da Marcello Gigante
42/2012
direzione
Graziano Arrighetti
Knut Kleve
Francesca Longo Auricchio
ESTRATTO
ORNELLA SALATI
MITOGRAFI E STORICI
IN FILODEMO
(DE PIETATE, PARS ALTERA)
MACCHIAROLI EDITORE
CRONACHE ERCOLANESI - NUOVA SERIE
QUESTA PUBBLICAZIONE
REALIZZATA CON IL PATROCINIO
DELLA PROVINCIA DI NAPOLI
E DEL COMUNE DI ERCOLANO
SI AVVALE DI UN CONTRIBUTO
DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
E DELLA REGIONE CAMPANIA
Questo «BOLLETTINO» pubblica in volumi annuali articoli di papirologia e archeologia ercolanesi. La Direzione si impegna a procedere alla selezione
qualitativa dei contributi da pubblicare sulla base di una valutazione formalizzata e anonima di cui è responsabile il Comitato Scientifico. Tale sistema
di valutazione si avvale anche di esperti esterni al suddetto Comitato. Il testo va inviato al seguente indirizzo: auricchi@unina.it in versione Word e Pdf. Font
Times New Roman; per il greco usare Unicode, preferibilmente IFAO - Grec Unicode. Si raccomanda di indicare l’indirizzo al quale l’autore desidera ricevere
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© Macchiaroli Editore
Notiziario 323
In the second part of De pietate, Philodemus attacks false beliefs about the gods MITOGRAFI E STORICI
introduced by poets and theologians. The polemic is developed using long lists of IN FILODEMO
mythical examples and thus several authors are quoted. This paper aims to collect
and analyse the quotations of mythographers and historians dealing with cosmogony (DE PIETATE, PARS ALTERA)
and the characteristics of gods and heroes. These excerpts show how Greek authors
shaped the mythological tradition and introduced new versions. In addition, they
provide a better understanding of how Philodemus quoted the authors and how he
elaborated mythical traditions through his philosophical point of view. Finally, the
nature and range of these quotations help us to throw light on the question of
Philodemus’ source(s). ORNELLA SALATI
Keywords: Philodemus, On Piety, mythographers
Sono grata alla Prof.ssa Luisa Breglia per DESÚS, Orfeo y la tradición órfica, I (Madrid DEBIASI, Naupavktia ~ ΔArgou`ç nauphgiva,
avermi iniziata allo studio degli storici «fram- 2008), pp. 291-324; BERNABÉ, Poemas = A. «Eikasmos» 14/2003, pp. 91-101; DEBIASI,
mentari» e aver seguito, sempre con infinita BERNABÉ, Poemas sobre el mundo, la vida, el Epica = A. DEBIASI, L’epica perduta. Eumelo,
disponibilità, l’elaborazione del lavoro. Un alma, el Más Allá. Himnos y epigramas. Poe- il Ciclo, l’occidente, Hesperìa, Studi sulla
ringraziamento va, inoltre, ai revisori che con sía mántica, in ID.-CASADESÚS, Orfeo y la tra- Grecità d’Occidente a c. di L. BRACCESI, vol.
i loro validi consigli hanno migliorato note- dición órfica cit., pp. 393-422; BERTELLI = L. XX (Roma 2004); DETIENNE = M. DETIENNE,
volmente il testo. Soltanto mia, ovviamente, BERTELLI, “C’era una volta un mito...”: alle ori- Maestri di verità della Grecia antica (Roma
rimane la responsabilità di eventuali errori e gini della storiografia greca, in De tuo tibi, 1977), tr. it. di Les maîtres de vérité dans la
lacune presenti in esso. Omaggio degli allievi a Italo Lana (Bologna Grèce archaïque (Paris 1967); DIELS = H.
1996), pp. 49-85; BREGLIA PULCI DORIA = L. DIELS-W. KRANZ, Die Fragmente der Vorso-
Abbreviazioni bibliografiche: ABBAMONTE- BREGLIA PULCI DORIA, Osservazioni sulla Teo- kratiker, I (Berlin 19526); DOLCETTI = P. DOL-
CONTI BIZZARRO-SPINA = G. ABBAMONTE-F. gonia di Epimenide, in FEDERICO-VISCONTI, CETTI, Ferecide di Atene. Testimonianze e
CONTI BIZZARRO-L. SPINA, L’ultima parola. L’a- Epimenide cretese cit., pp. 279-311; BRUNT = frammenti (Alessandria 2004); DORANDI = T.
nalisi dei testi: teorie e pratiche nell’antichità P.A. BRUNT, On Historical Fragments and Epi- DORANDI, Storia dei filosofi. Platone e l’Aca-
greca e latina, Atti del terzo Colloquio italo- tomes, «CQ» 30/1980, pp. 477-494; BÜCHE- demia (PHerc. 1021 e 164), La Scuola di Epi-
francese (Napoli 2004); AMARANTE = F. AMA- LER = F. BÜCHELER, Philodemos PERI EUÇE- curo, Collezione di testi ercolanesi diretta da
RANTE, Eschilo nei papiri ercolanesi, «CErc» BEIAÇ, «JhClPh» 11/1865, pp. 513-541 = M. GIGANTE, vol. XII (Napoli 1991); FOWLER
28/1998, pp. 133-150; ANGELI-COLAIZZO = A. ID., Kleine Schriften, I (Leipzig, Berlin 1915), = R.L. FOWLER, Early Greek Mythography, I
ANGELI-M. COLAIZZO, I frammenti di Zenone pp. 580-612; CALAME = C. CALAME, Le funzio- (Oxford 2000); GEL = H.G. LIDDELL-R.
Sidonio, «CErc» 9/1979, pp. 47-133; ARRI- ni di un racconto genealogico: Acusilao di Argo SCOTT-H.S. JONES, A Greek-English Lexicon
GHETTI = G. ARRIGHETTI, Cosmologia mitica di e la nascita della storiografia, in P. ANGELI (Oxford 19739); GIGANTE = M. GIGANTE, Ri-
Omero e Esiodo, in ID., Esiodo. Letture criti- BERNARDINI, La città di Argo. Mito, storia, tra- cerche Filodemee (Napoli 19832); GIGANTE,
che (Milano 1975), pp. 146-213; ARRIGHETTI, dizioni poetiche, Atti del Convegno interna- Filodemo = M. GIGANTE, Filodemo in Italia
Esiodo = G. ARRIGHETTI, Esiodo. Teogonia zionale (Roma 2004), pp. 229-243; CAMERON (Firenze 1990) = Philodemus in Italy. The
(Milano 1997); BALLABRIGA = A. BALLABRIGA, = A. CAMERON, Greek Mythography in the Books from Herculaneum, tr. by D. OBBINK
Le Soleil et le Tartare. L’image mythique du Roman World (Oxford 2004); CASADESÚS = F. (Ann Arbor 1995); GIGANTE, Altre Ricerche =
monde en Grèce archaïque (Paris 1986); BER- CASADESÚS, El Papiro de Derveni, in BERNABÉ- M. GIGANTE, Altre Ricerche Filodemee (Na-
NABÉ = A. BERNABÉ, Poetae Epici Graeci. Te- ID., Orfeo y la tradición órfica cit., pp. 459- poli 1998); GIGANTE, Epigrammi = M. GI-
stimonia et fragmenta, I (Stuttgart, Leipzig 494; CAVALLO = G. CAVALLO, Libri scritture GANTE, Il libro degli Epigrammi di Filodemo
1996), Orphicorum et Orphicis similium testi- scribi a Ercolano, I Suppl. a «CErc» 13/1983; (Napoli 2002); GOMPERZ = TH. GOMPERZ,
monia et fragmenta, II fasc. 1 (München, CIAMPA = S. CIAMPA, I poeti ellenistici nei pa- Philodem über Frömmigkeit. Herkulanische
Leipzig 2004), fasc. 2 (München, Leipzig piri ercolanesi di Filodemo, «CErc» 36/2006, Studien, II (Leipzig 1866); GROTTANELLI = C.
2005), Musaeus : Linus : Epimenides : Papyrus pp. 87-102; COLLI = G. COLLI, La sapienza GROTTANELLI, La parola rivelata, in G. CAM-
Derveni : Indices, fasc. 3 (Berlin, New York greca, Dioniso:Apollo:Eleusi:Orfeo:Museo: BIANO-L. CANFORA-D. LANZA, Lo spazio lette-
2007); BERNABÉ, Teogonia = A. BERNABÉ, La Iperborei :Enigma, I (Milano 1977), Epime- rario della Grecia antica. La produzione e la
Teogonia di Epimenide, in E. FEDERICO-A. VI- nide:Ferecide:Talete:Anassimandro:Anassi- circolazione del testo, I 1 (Roma 1992), pp.
SCONTI, Epimenide cretese, Quaderni del Di- mene:Onomacrito, II (Milano 1978); COSTA = 219-264; GUIDORIZZI-MELOTTI = G. GUIDO-
partimento di Discipline storiche “E. Le- V. COSTA, Filocoro di Atene. Testimonianze e RIZZI-M. MELOTTI, Orfeo e le sue metamorfosi.
pore”, Università Federico II, Napoli (Na- frammenti dell’Atthis, I (Tivoli 2007); CRÖ- Mito, arte, poesia (Roma 2005); HENRICHS =
poli 2001), pp. 195-216; BERNABÉ, Derveni = NERT = W. CRÖNERT, Memoria Graeca Hercu- A. HENRICHS, Die “Erdmutter” Demeter (P.
A. BERNABÉ, The Derveni Theogony: Many lanensis (Leipzig 1903, Hildesheim 1963); Derveni und Eurip. Bakch. 275 f.), «ZPE»
Questions and Some Answers, «HSPh» DARBO PESCHANSKI = C. DARBO PESCHANSKI, 3/1968, pp. 111 s.; HENRICHS, New Edition =
103/2007, pp. 99-133; BERNABÉ, Teogonías = La citation dans l’Antiquité. Actes du Collo- A. HENRICHS, Towards a New Edition of
A. BERNABÉ, Teogonías órficas, in ID.-F. CASA- que du PARSA (Millon 2004); DEBIASI = A. Philodemus’ Treatise on Piety, «GRBS»
autore o a un solo scritto, ma ebbe a sua disposizione un materiale ampio e morte» di Filodemo, in Ricerche Filodemee
vario, consultato sia direttamente sia attraverso l’ausilio di fonti intermedia- cit., pp. 182, 233. Cf., inoltre, Cic., Nat. deor.
I 122: liber est Epicuri de sanctitate; ma anche
rie, e che comprendeva scritti d’argomento filosofico-religioso 24 insieme a I 115: de sanctitate, de pietate adversus deos
epitomi di narrazioni mitiche. 25 libros scripsit Epicurus.
Certamente una fonte importante per Filodemo fu, anche nella seconda 27 C’è inoltre il riferimento ad altre opere (ejn
parte del trattato, Epicuro. 26 Riflessioni di carattere teologico compaiono a[lloiç), in cui Epicuro pure avrebbe parlato
nella prima delle Massime capitali, 27 nell’Epistola a Meneceo 28 e nell’Epistola della natura degli dèi.
a Erodoto 29 e costituiscono l’argomento principale dei libri 12 e 13 del Peri; 28 Cf. §123: to;n zw`ion a[fqarton kai; ma-
kavrion.
19Cf. GIGANTE, Altre Ricerche, pp. 129-136; VI 349 = XIX GOW-PAGE = XXIII GIGANTE) 29 Cf. §77 sulla necessità di non confondere
ID., Epigrammi; SIDER. così intrisa di dottrina mitologica. A questo gli dèi con fenomeni celesti e di conservare la
20 Cf., ad esempio, la preghiera agli dèi (A.P. proposito cf. le osservazioni di GIGANTE, Fi- maestà di tutti gli ojnovmata per riferirsi a essi.
Filodemo discute il problema della formazione del cosmo e della nascita delle
prime entità che hanno dato origine al resto del mondo. Il filosofo (o la sua
fonte) 47 riporta le posizioni di vari autori, attraverso una sorta di elenco, ap-
parentemente privo di un ordine sistematico: alcuni sono citati in forma ano-
nima (tinºevç, ejm mevn ªtiçiºn, ejn dev tiçin) altri esplicitamente, come l’autore
della Titanomachia, Acusilao, Museo, Epimenide; non è seguito un criterio
cronologico, né di genere e i poeti sono mescolati ai prosatori; infine si passa
con grande libertà da teogonie che individuano due principi originari, a quelle
che ne riconoscono uno soltanto e poi, di nuovo, a credenze politeistiche, con
la triade di Museo e la coppia di Epimenide. In realtà le diverse teorie sono
tutte accomunate dal fatto che pongono alle origini dell’universo elementi
naturali e astratti; in seguito (PHerc. 247 VI a ll. 6 ss.) Filodemo cita le cre-
denze di Omero, di autori anonimi, di Pindaro e di Ferecide di Siro che ve-
dono, invece, protagoniste divinità concrete, rispettivamente Oceano e Teti,
Crono e Rea, Zeus e Hera, Cibele e Zas. Tutti fanno riferimento a uno stadio
diverso e successivo, in cui la formazione del cosmo si è già compiuta e gli dèi
si uniscono tra loro per generare altri dèi. 48 Filodemo pare non soffermarsi e
47 Secondo KIRK-RAVEN-SCHOFIELD, p. 19 n. 2,
discutere nel dettaglio nessuna delle teorie riportate; evidentemente, in que-
Filodemo avrebbe attinto le sue notizie, in sto caso, l’intento del filosofo è quello di dimostrare la profonda varietà, e
particolare su Epimenide, dalla teologia di quindi l’inconsistenza, delle credenze cosmogoniche più antiche.
Eudemo.
5. tºekei`n: il verbo tivktw, per indicare le generazioni e le nascite degli dèi, ri-
48
HENRICHS, New Edition, p. 78 n. 30, ri-
corre di frequente nel De pietate; cf. PHerc. 242 II b l. 28; 1088 V l. 28; 1088
tiene, invece, che l’ordine seguito da Filo-
demo corrisponda all’antico canone cronolo- II b l. 26; 1648 I l. 5; 1602 VI l. 10 (dubium).
gico dei più antichi poeti, con la sola ecce- 6. ejk Nukto;ç: cf. Hom., Il. XIV 259 (Nu;x dmhvteira qew`n); Arist., Met. 1071b
zione di Museo nominato prima di Omero. (oiJ qeolovgoi oiJ ejk Nukto;ç gennw`nteç). La Notte riveste un ruolo particolar-
punto di vista l’autore non mostra grande originalità e sembra piuttosto limi- servazioni di TORTORELLI GHIDINI, Figli della
terra, pp. 163-254; BERNABÉ, Derveni, pp. 99-
tarsi ad una ripresa in prosa di temi e motivi già esiodei (cf. il giudizio di 133; ID., Teogonías, pp. 291-324; CASADESÚS,
Clem. Alex., Strom. VI 26, 8 = FGrHist 2 T 5: ta; de; ÔHçiovdou methvllaxan pp. 459-494.
eijç pezo;n kai; wJç i[dia ejxhvnegkan Eu[mhlovç te kai; ΔAkouçivlaoç oiJ iJçtorio- 50Cf. Hes., Theog. 124; Aesch., Ag. 265, 279,
gravfoi). Inoltre Acusilao concorda con Esiodo anche circa l’antichità e l’im- dove si dice che Giorno è figlio di Notte.
portanza di Eros, come testimoniato da Plat., Symp. 178a-c (= FGrHist 2 F 51 Cf. BERNABÉ, I, p. 11 (che avanza anche il
6a). Filodemo non spiega che cosa lo storico intendesse per Chaos. La defi-
nome di Arctino); WEST, Eumelos, pp. 109
nizione pavnth/ a[gnwçtoç che leggiamo in Damascio (cf. FGrHist 2 F 6b) non ss.; DEBIASI, Epica, pp. 71-81.
appartiene di certo al nostro, ma al filosofo che, nell’esposizione delle antiche 52 Cf. anche Theog. 811-814. Sulla conce-
teogonie, introduce molto del suo pensiero, secondo il quale all’Uno, rite- zione esiodea del Chaos cf. WEST, pp. 192 s.;
nuto inconoscibile, seguono sempre due elementi e poi una triade intellegi- ARRIGHETTI, pp. 146-213; HÖLSCHER, pp. 127-
bile. Inoltre non si può neanche stabilire, sulla base dei frammenti superstiti 145; BALLABRIGA, pp. 259-264; KIRK-RAVEN-
in cui si fa menzione del Tartaro (cf. FGrHist 2 F 8; 19), se l’Argivo condivi- SCHOFIELD, pp. 34-41.
desse la stretta relazione tra il Chaos e il Tartaro presente nella Teogonia esio- 53Sulla questione dell’arché in Acusilao cf.
dea. CALAME, pp. 235 s.
III PHerc. 242 II a sinistra pars + PHerc. 247 II, p. 81 Schober = FGrHist 2
F 11
6 to;n Prw- Omero
teva de; mavntºin ”Omh- così descrive
roç w|de diagrºavfei: l’indovino Proteo:
247 II «gevrwn a{liªoç nhmhr- «veridico vecchio del mare
(initium col.) th;ç ajqavnªatoç Prw- immortale Proteo»
teuvç» kaiv tªineç kat- e alcuni dissero che
e<i`>pon Forkªuvoç ei\- questi fosse figlio di Forci
5 nai tou`ton, ªa[lloi dev e altri che Forci fosse
tineç Eijdo≥ªqevaç to;n figlio di Idotea
Fovrkun, kai; ªejk Fovr- e che da Forci nacquero
kou Graivaç ªÔHçivodoç le Graie (lo hanno detto) Esiodo
kai; ΔAkouçivlªaoç. e Acusilao.
242 II a 7 d’ eijçavgºw≥n Luppe, Philodem 8 diagrºavfei Kassel, Fowler, ou{twç grºavfei
Luppe, Philodem, çuggrºavfei Schober 247 II 1 all N 3 sq. kaiv tªineç katº⁄e<i`>pon
Luppe, Philodem, t ª...º⁄ egon Schober, kai; pªavlin tine;çº ⁄ uiJo;n Fovrkªuoç ... façi Jensen
in Schoberi MS 5 ªa[lloi de;º Luppe, Philodem, ªfhçi, kai;º Schober 6 Eijdo≥ªqevaç to;n
Luppe, Philodem, Eijdªou`ç patevra Schober
Nel lungo discorso circa le morti divine Filodemo non manca, ancora una
volta, di mostrare il carattere fantasioso e paradossale della tradizione mitica:
se nell’universo creativo dei poeti e dei mitografi perfino gli dèi sono soggetti
alla morte, non diversamente gli uomini possono aspirare a raggiungere l’im-
mortalità. Questo sembra essere il senso della digressione del filosofo che in-
terrompe quasi bruscamente i racconti sulla fine degli dèi e sposta l’atten-
zione su alcune figure di esseri umani che, anche in tarda età, ottennero il
dono di divenire immortali.
Il riferimento a Glauco (PHerc. 242 II a ll. 3 ss.), per il quale è riportata la te-
stimonianza di Aristotele, precede la menzione, più dettagliata, di Proteo, la
cui vicenda è esposta attraverso la citazione diretta di Omero. In forma ano-
nima, invece, Filodemo riporta poi l’opinione di quanti considerano Forci il
padre dell’indovino. Il problema del legame genealogico tra i due personaggi
offre lo spunto al filosofo per registrare le ulteriori contraddizioni della tra-
dizione che attribuisce al dio, di volta in volta, una diversa discendenza. A
questo proposito s’inserisce dunque la testimonianza di Acusilao, citato,
come sempre nel De pietate, in maniera rapida e indiretta e, con grande pro-
babilità, in associazione con Esiodo. Infine, quello di Proteo è seguito da un
terzo e ultimo esempio di Titono (PHerc. 247 II ll. 9 ss.), con il quale si con-
clude l’intero discorso e ha inizio un nuovo argomento.
12. ÔHçivodoç: Theog. 306 ss. La stirpe nata dall’unione di Echidna e Tifone
non può che essere interamente costituita da mostri: per metà fanciulla e per
metà «serpente prodigioso, terribile e grande» (vv. 299 s.) è Echidna, mentre
Tifone è immaginato con cento teste di serpente, capaci di emettere fuoco e
suoni di ogni genere (vv. 821 ss.). 68
13. ΔA≥kouçivlaoç: cf. anche FGrHist 2 F 14 (= Schol. in Nic., Ther. 12a) in cui
si dice che tutti gli animali che mordono sono derivati dal sangue di Tifone,
secondo un precedente offerto già da Hes., Theog. 183-187.
15. kuvºna: l’integrazione di Gomperz, p. 14, è da preferirsi, a mio avviso, a
quella di Schober, perché più soddisfacente per quanto riguarda il numero
delle lettere. Non solo. Non del tutto scontata appare la determinazione di
Cerbero come «cane».
15 s. Kevrbe⁄ªron: cf. Hes., Theog. 311 s., dove l’animale è definito ΔAidevw
kuvna calkeovfwnon, / penthkontakevfalon, ajnaideva te kraterovn te. Qui è
semplicemente detto «cane immortale». Forse l’aggettivo potrebbe essere
un’aggiunta del filosofo o più probabilmente della sua fonte. Cf. anche la
versione di Hecat. FGrHist 1 F 27 che fa di Cerbero un comune serpente ve-
lenoso, il cui morso manda le vittime all’inferno. 69
17. tºeratwvdh: il termine indica non solo creature dalla natura mostruosa,
ma, come tali, anche inverosimile. Cf. l’uso di terateiva in PHerc. 229 V ll. 10
68 Sulle somiglianze, anche dal punto di vista
s., p. 254 Obbink per indicare tutto ciò che è falso e assurdo.
fisico, tra il Tifone esiodeo e il mostro Seth 18. tevknºa: la congettura di Gomperz, p. 14, mi sembra alquanto probabile,
della tradizione orientale cf. WEST, p. 386. In soprattutto se si considera che con lo stesso termine i figli nati da Echidna e
generale sul rapporto tra il poeta e la lettera- Tifone sono definiti anche nel testo esiodeo (v. 308: hJ d’ uJpokuçamevnh tevketo
tura del Vicino Oriente cf., da ultimo, I. kraterovfrona tevkna).
RUTHERFORD, Hesiod and the literary Tradi-
tions of the Near East, in F. MONTANARI-A.
18 ss. Cf. Hes., Theog. 523-525, in cui è descritto il supplizio inflitto a Pro-
RENGAKOS-C. TSAGALIS, Brill’s Companion to meteo da parte dell’«uccello dalle ampie ali». Nulla, invece, è detto nel
Hesiod (Leiden, Boston 2009), pp. 9-35. poema circa la genealogia dell’animale che potrebbe essere allora una novità
69Sul frammento di Ecateo cf. G. NENCI,
introdotta da Ferecide.
Eracle e Cerbero in Ecateo Milesio, «PP» 21 ss. FGrHist 3 F 7b (dubium). Il contenuto delle linee era ricostruito da
41/1955, pp. 130-136. Gomperz sulla base di Schol. in Ap. Rhod. II 1248-1250a (= FGrHist 3 F 7):
12 ss. ”Omhrªoç: cf. Il. II 6 ss., in cui Zeus invia ad Agamennone il Sogno cat-
tivo sotto le sembianze di Nestore.
16 s. ÔErmh` Dªio;ç a[gº⁄gelon: cf. Hom., Od. V 29.
18. th;n «Irin: cf. Hom., Il. XXIV 169. Hes., Theog. 266 s., racconta che la
dea nacque dall’unione di Taumante e dell’oceanina Elettra, insieme alle Ar-
pie. Inoltre, nell’opera esiodea, Iris è detta messaggera del solo Zeus e ha il
compito di portare il gran giuramento degli dèi e attingere con il boccale
d’oro l’acqua di Stige, quando sorge qualche contesa fra le divinità (vv. 780-
787). Poiché tramite tra gli dèi e gli uomini, la dea è anche considerata la per-
sonificazione dell’arcobaleno (cf. Il. XI 27; XVII 547). In Ep. ad Pyth. 109, 9,
Epicuro dà invece una spiegazione fisica della formazione dell’arcobaleno,
per dimostrare che, diversamente da quanto si pensa, non è affatto uno stru- 76
Alle ll. 6-12 Filodemo dice: pepªovº⁄hntai
mento di cui gli dèi si servono per comunicare con gli uomini. d’aujtªoi`ç kai;º ⁄ uJphretou`nªteç a[lº⁄loiç
e[nioi: la credenza che Iris sia al servizio anche di Hera è riportata dal filosofo qeoi`ç kai; ªqhteuvº⁄onteç ouj movnªon qeº⁄oi`ç
in forma anonima, ma l’esempio si trova già in Hom., Il. XV 143 s. ajlla; kai; ajnªqrwv⁄poiçº. Cf. quanto già osser-
20. ΔAkouçivlaç: la forma non ricorre altrove nel De pietate. Probabilmente è vato da SCHOBER, ad loc.: «Philodemus deos
un errore di distrazione da parte dello scriba che, subito dopo, alla l. 26, uti- irrisisse videtur qui adeo non omnipotentes –
quales a vulgo putantur – essent, ut inferio-
lizza la forma consueta ΔAkouçivlaoç. In alternativa, si può anche credere che res essent kai; pragmavtwn».
tale forma risalga alla fonte da cui il filosofo attingeva la versione sul ruolo di 77Cf. P.M. FRASER-E. MATTHEWS, A Lexicon
Iris. Il nome ΔAkouçivlaç esiste, infatti, ed è attestato, tra il III e il II sec. a.C.,
of Greek Personal Names, I (Oxford 1987),
nella Grecia insulare 77 ed è adoperato, in riferimento al nostro, anche da p. 24.
Cic., De or. II 53 (= FGrHist 2 T 8). L’intervento dell’Argivo sulla tradizione 78 Secondo DOLCETTI, p. 256, il frammento
mitica precedente consiste nel meglio precisare le funzioni di Iris, generaliz- proverrebbe dal libro VIII dell’opera di Fe-
zandole: da ambasciatrice del solo Zeus è elevata ad ambasciatrice di tutti gli recide, in cui l’autore ricordava il servizio di
dèi. Nel far questo l’autore si è forse ispirato a un luogo dell’Iliade (XV 144), Apollo presso Admeto: in tale contesto il ri-
in cui, a proposito della dea, si dice già che è qeoi`çi metavggeloç ajqanavtoiçi. ferimento al «messaggero di tutti gli dèi» si
22 s. Ferekuvdhç dΔ oJ ΔAqh⁄nai`oç: FGrHist 3 F 130. La medesima operazione inseriva nel racconto del tentativo da parte
sua di rubare i buoi custoditi dal dio (cf. Ant.
di definire i compiti di un messaggero divino la compie Ferecide nei con- Lib. XXIII 2), oppure si spiegava con l’in-
fronti di Hermes. 78 Anche in questo caso, come credo, il mitografo riprende venzione della siringa, in cambio della quale
e chiarisce un particolare della tradizione omerica (cf. h.Merc. 3: a[ggelon Apollo gli dono; la verga d’oro (cf. Apollod.
ajqanavtwn ejriouvnion). III 10, 2).
24. ta;ç ÔArpuivaç: in Omero (Od. I 241; XX 77 s.) sono creature dalla straor- 79
Cf. anche Il. XVI 149-151 dove si racconta
dinaria velocità, capaci di eguagliare quella dei venti. 79 Esiodo (Theog. dell’unione dell’Arpia Podarghe con Zefiro.
Filodemo descrive le lotte intraprese dalle prime divinità per la conquista del
potere. Le più importanti tra queste servirono anche a dare una sistemazione
definitiva dell’universo e a garantire la stabilità dell’ordine divino; sono
quindi ricordate la Titanomachia, lo scontro tra Zeus e Tifone e l’imprigio-
namento degli Ecatonchiri da parte di Urano. Sembra che il filosofo sia
mosso dalla volontà di criticare in particolare due aspetti della tradizione mi-
tica: la raffigurazione della divinità come essere litigioso e incline allo scontro
e la concezione del Tartaro quale luogo di prigionia. Va, infine, sottolineato il
fatto che Filodemo, ancora una volta, citi Acusilao insieme a Esiodo. Proprio
la frequenza di tale associazione 100 fa pensare che il filosofo leggesse lo sto-
rico non direttamente, ma attraverso una fonte intermedia che metteva a con-
fronto la sua versione con quella esiodea. 101
ANDRONE DI ALICARNASSO
I PHerc. 242 IV a + PHerc. 247 IV b + PHerc. 242 IV b. Cf. Fr. II Acusilao.
II PHerc. 433 VIII. Cf. Fr. VIII Acusilao.
Un’ulteriore citazione, costituita dalla sola menzione dell’autore e della sua
opera, era ricostruita da Bücheler, p. 590, in PHerc. 242 IV a ll. 25 s. (=
FGrHist 10 F 2) nel seguente modo: “Andrªwn ⁄ ejn toi`ç Ǻungenikoªi`ºç. La
congettura dello studioso, accolta poi da Schober, p. 80, si basava sul fatto
che, più avanti, in PHerc. 242 IV a l. 11, proprio l’autore di Alicarnasso è ci-
tato da Filodemo riguardo alla triste vicenda di Asclepio, incenerito dal ful-
mine di Zeus. Tuttavia, nella sua ricostruzione, Bücheler non teneva conto
delle lettere visibili nel disegno napoletano, dove, in modo chiaro, prima
106
della lacuna, si legge, alla l. 25, la sequenza andra e, alla l. 26, la sequenza un- Cf. Il. XI 601 ss.
genikwç. Per queste ragioni, dunque, ho scelto di non riportare il fram- 107 Il testo non diverge da quello edito da
ARISTODICO
I PHerc. 433 VI a. Cf. Fr. I Stesimbroto.
109Cf. OBBINK, p. 116: «it looks as though the
mention of Apollodorus of Athens con-
cluded the criticism of the poets which CLIDEMO DI ATENE
comes earlier in the treatise. It may have also
provided the transition to the criticism of the I PHerc. 1428, fr. 3 + PHerc. 248 II. Cf. Fr. I Filocoro.
philosophers».
110
Cf. il latino accommodare introdotto da
Cic., Nat. deor. I 41, per spiegare il processo EPIMENIDE DI CRETA
sincretico della religione e della filosofia gre-
che. I PHerc. 1610 III + PHerc. 247 VI a. Cf. Fr. I Acusilao.
FERECIDE DI ATENE
I PHerc. 242 V a + PHerc. 247 V b, pp. 78 s. Schober = FGrHist 3 F 165
Kavçto- Che Castore sia stato ucciso
117 G. SCHMID, Philodemea cit. ra dºe; uJpo; Ei[da tou` da Ida figlio di
118 Così anche SCHOBER, p. 103. ΔAfaºr≥evwç kath{i}- Afareo (con le frecce)
fine dei Dioscuri, 120 ma senza precisare alcuni dettagli fondamentali della vi- 100, secondo il quale il titolo, derivato dalla
cenda, come il nome del colpevole. Questo è allora fornito da Filodemo at- locuzione ajpo; th`ç nauphgivaç, nasconde-
traverso la testimonianza congiunta dell’autore dei Cipria e di Ferecide di rebbe, in realtà, un’allusione non al topo-
nimo Naupatto, ma alla costruzione di Argo,
Atene. la nave per antonomasia. Argomento dell’o-
pera sarebbe dunque, la saga argonautica. Lo
28 s. Ei[da tou` ⁄ ªΔAfaºr≥evwç: in FGrHist 3 F 127 Ferecide dà anche il nome studioso sostiene, inoltre, l’ipotesi di un’i-
della madre di Ida, Arena. Nella tradizione l’eroe è, insieme a Linceo, consi- dentità tra lo sconosciuto autore dei Nau-
derato cugino dei Dioscuri: i loro padri, Afareo e Tindaro discendono, in- pavktia ed Epimenide che pure compose un
fatti, da Periere (cf. Apollod. I 9, 5; III 10, 3). poema sulla «costruzione della nave Argo e il
viaggio di Giasone verso i Colchi in 6500
29 s. kath{i}⁄ªkontºivçqai: già in Hom., Il. IX 559 l’arco è lo strumento ado- versi» (cf. D.L. I 111 = FGrHist 457 T 1 = 8
perato da Ida per colpire i suoi avversari; per questo motivo è forse poco pro- ªB 1º COLLI = T 1 BERNABÉ). Secondo lo stu-
babile il verbo suggerito da Luppe, Fragmenta, p. 30 n. 4, che è anche vox dioso, p. 100 n. 52, alla presunta identifica-
rara. L’integrazione, accolta nel testo e proposta da Bücheler, p. 583, è di zione tra i due autori non farebbe alcuna dif-
certo plausibile dal punto di vista testuale, ma potrebbe dare problemi per ficoltà il fatto che Filodemo menzioni, in
rapporto allo stesso contesto, prima oJ ta;
ragioni di spazio; in alternativa si potrebbe allora suggerire una voce del Naupavktia pohvçaç e poi, in PHerc. 247 Vb
verbo katatoxeuvw, che ricorre anche in PHerc. 242 IV b ll. 24 s., proprio in ll. 18 s., ΔEpimenivdhç (cf., supra, Fr. II Epime-
un frammento di Ferecide. nide). Sull’argomento cf. anche ID., Epica,
1. oJ ªta; Kupriaka;: con qualche dubbio Gomperz, p. 18, ipotizzava che l’a- pp. 62-69. Sugli interessi di Epimenide per la
nonimo poeta fosse l’autore dei Naupavktia, 121 citato anche in PHerc. 1609 V saga degli Argonauti cf. MELE, pp. 270-274.
ll. 7 s. (attraverso la perifrasi oJ ta; Naupa⁄ªktiaºka; çungravyaç); tuttavia la 122 Lo stesso studioso poi nel commento
congettura ta; Naupavktia è poco probabile per ragioni paleografiche. È più esprime i suoi dubbi al riguardo, cf. JACOBY, I
facile, invece, che si tratti del poeta dei Cipria, menzionato più volte nel corso a Kommentar, p. 428: «es ist nicht sicher,
dass das Zitat sich auf die Harpyen bezieht».
del trattato, soprattutto in PHerc. 1815 ll. 1 ss. per la nascita di Elena, sorella
123
dei Dioscuri (= F 10 Bernabé). Il poema trattava con certezza della morte di Secondo invece DEBIASI, p. 100 n. 49, la
Castore, come sappiamo dalla testimonianza di Clem. Al., Protr. II 30, 4-6 menzione di Ferecide avrebbe a che fare con
la morte delle Arpie e il dev indicherebbe non
(= F 8 Bernabé), che peraltro attesta proprio la forma Kupriaka; (oJ ta; un mutamento, ma una variante sul tema in-
Kupriaka; poihvmata gravyaç), congetturata da Obbink per ragioni di spazio, trodotta da Eschilo, Ibico e Teleste. A detta
anche se la forma solitamente impiegata da Filodemo è quella tradizionale di dello studioso, infatti, la morte della Arpie è
Kuvpria (cf., ad esempio, PHerc. 1602 V ll. 7 s., p. 105 Schober). un argomento trattato con certezza dal mito-
2 s. Ferekuvº⁄dhç oJ ΔAªqhnai`oç: nella raccolta di Jacoby, è riprodotto un testo grafo, mentre nulla si conosce a proposito di
un suo interesse per Castore. Tuttavia, il già
in base al quale la testimonianza di Ferecide è collegata all’argomento suc- citato F 127 della raccolta di Jacoby po-
cessivo sulla morte delle Arpie. 122 Che il nome del mitografo sia legato invece trebbe dimostrare che la vicenda dei Dio-
alla vicenda della morte di Castore e non a quella delle Arpie mi pare confer- scuri era nota a Ferecide e da lui narrata al-
mato dal dev che si legge alla l. 4 e che segna l’inizio di una nuova citazione, 123 l’interno dell’opera.
di cui il nostro non fa parte e che comprende invece Eschilo, Ibico e Teleste 124
Sulla citazione di Eschilo cf. AMARANTE,
(ªAijçº⁄cuvloç dΔ ªejn Finei`º ⁄ kai; Ei[buªkoç kai; Teº⁄levçthç ªpoiou`çinº). 124 Sulla pp. 137 s.
15. noçou`ntaç: cf., ad esempio, Hom., Il. XV 24-30 sulle sofferenze di Eracle
perseguitato da Hera e h.Ap. 45 ss.; 91 s. sulle peregrinazioni e i dolori di La-
tona partoriente.
18 ss. La ricostruzione proposta da Luppe, Götter, p. 69, restituisce un par-
ticolare importante come il ruolo ostile esercitato da Hera. Tuttavia, bisogna
riconoscere che essa incontra alcune difficoltà dal punto di vista paleogra-
fico: il riferimento alla dea non è del tutto sicuro a causa delle esigue tracce
visibili alla l. 18, subito dopo la lacuna. Inoltre, nel disegno napoletano, sem-
bra che la linea 17 non termini con il nome di Latona; per ragioni di spazio
si potrebbe allora congetturare, con Schober, p. 94, ªkaº⁄tav in luogo di ªdiºav.
Un uso causale della preposizione con accusativo è già attestato in Hom., Od.
III 72; cf. GEL, s.v. katav.
21. D≥iva: sulle sofferenze del parto di Zeus cf. Hom., Il. V 875; 880; h.Ap. 308
s.; h.Min. 4.
23 s. Çofo⁄klh`ç: fr. 810 Radt.
24 s. Eºujripiv⁄dhç: il riferimento è ovviamente alla tragedia Hercules furens.
26 s. ΔAcºaio;ç ejn Eªi[º⁄ridei: fr. 20 Snell. Lo scambio di ei per i è comune
all’interno del trattato filodemeo. Questo, tuttavia, è l’unico caso in cui il
dittongo è utilizzato in luogo di i±. Cf. Crönert, p. 30; Schober, p. 67.
28 s. Ferºekªuvdhç oJº ΔAqh⁄ªnai`ºoç: La citazione di Filodemo è brevissima e si
limita a informarci che, nella sua opera, l’autore aveva narrato dell’odio di
Hera nei confronti di Dioniso. Alla storia del dio appartiene anche FGrHist
3 F 90a-e; cf., in particolare, F 90c in cui si racconta che le Iadi, per paura di
Hera (dia; to;n ”Hraç fovbon), affidarono Dioniso infante a Ino.
VII PHerc. 1428, fr. 4, p. 109 Schober = FGrHist 3 F 166
ªFeº-
rekuvdhç <oJ> ΔAªqhnai`oç: (...) Ferecide d’Atene;
Çimmivaç dΔ oJ ªÔRovdioç th;n invece Simmia di Rodi
aujth;n ÔEçtiva≥ªn kai; (dice) che sono la stessa
Ma≥iv≥a≥n, Provxªenoç Hestia e Maia, poi Prosseno
5 d’ oJ ta; Calkid≥ªika; po- autore dei Chalcidicá
w`n th;n aujtªh;n ei\nai (dice) che sono la stessa
Calkivda kai; Kªuvmin- Calcide e Cumindi
din kai; Kovmb≥ªhn. e Combe.
4 Ma≥iva≥ ≥n Luppe, Papyrusfragmenten, Obbink, Daº⁄mªivºan Schober (secutus Gomperz)
5 sq. poº⁄w`n Henrichs, De pietate (secutus Philippson), Obbink, po<i>º⁄w`n Luppe, Papy-
rusfragmenten, tantum wn Schober 8 Kovmb≥hnº Henrichs, De pietate, Obbink, komuç
Schober
Del presente frammento, oltre ai disegni, sia nella serie napoletana sia in
quella oxoniense, si conserva anche l’originale papiraceo. L’argomento in
esso trattato si deduce facilmente dal contesto: il filosofo critica il carattere
FILOCORO DI ATENE
I PHerc. 1428, fr. 3 + PHerc. 248 II, p. 114 Obbink = p. 109 Schober =
FGrHist 328 F 185 = OF 398 (II) Bernabé
6 ªkajn E negli
t≥oi`ç ”Umnoiç d’ ΔO≥r≥f≥ªeu;ç Inni Orfeo,
pºara; Filocovrwi Gh`n presso Filocoro, dice che
kºai; Dhvmhtra th;n Terra e Demetra sono
248 II aujth;n ÔEçtivai, ªkaqo; la stessa Hestia, come anche
(initium col.) kai; Çofoklh`ç ejªn ΔInav- Sofocle nell’Inaco
cwi th;n Gh`n Mh≥ªtev- dice che Terra è
ra tw`n qew`n fhªçin, la Madre degli dèi,
5 ejn Triptolevmwªi de; invece, nel Trittolemo
kai; ÔEçtivan ei\nªai: che (scil. Terra) è Hestia;
Kleivdhmoç de; ªÔRevan Clidemo poi racconta che
Mhtevra qew`n, o{≥ªper Rea è la Madre degli dèi,
kajn toi`ç ÔIeroi`ç lªov- la qual cosa alcuni hanno
10 goiç tine;ç ejxenªhnov- esposto anche nei Discorsi
caçin, Melaniªppiv- sacri, e Melanippide
dhç de; Dhvmhtrªa kai; dice che Demetra è
Mhtevra qew`n fªh- la Madre degli dèi
çin mivan uJpavrcªein e la sola
15 kai; Televçªthç ejn Di- e Teleste nelle Nascite
o;ºç Gonaªi`ºç taªujto; di Zeus afferma che anche
kºai; ÔRevan çt≥ª Rea è la stessa cosa ...
127 Su Epaphroditos cf. B.K. BRASWELL-M.
1428, fr. 3, 6 vel ªejn Obbink (iam Philippson), ªejn de; Schober 7 do..ª N, vel de;≥ k≥a≥ªi; Ob- BILLERBECK, The Grammarian Epaphroditus.
bink, de;, ªwJç Luppe, Papyrusfragmenten, ªwJç kai; Schober 248 II 1 eçtinª N, ªkaqo; Scho- Testimonia and Fragments (Bern 2008).
stato già notato da Schober, ad loc., ed è confermato da Obbink, pp. 117 ss. 145
OBBINK, p. 124, arriva a concludere che
2 s. Çofoklh`ç ejªn ΔInavº⁄cwi: TrGF 4, 269a, 51 Radt. La nostra conoscenza «Philochorus drew his citation of the Hymn
dell’opera sofoclea si deve soprattutto ad altri due testi papiracei, PTebt. 692 from the Derveni commentary itself. In other
words, Philodemus cites a quotation by
e POxy. 2369. In quest’ultimo, al v. 51, si legge: ijwv, Ga`, qew`n ªma`terº, dove il
Philochorus of the Derveni papyrus». Tutta-
sostantivo è integrato da Lobel sulla base del testo filodemeo. 146 Cf., anche via, le differenze stesse nel modo di riportare
Philoct. 392 s.: pambw`ti Ga`, / ma`ter aujtou` Diovç. il verso invitano forse a una maggiore pru-
5. ejn Triptolevmwªi: TrGF 4, 615 Radt. La diversa identificazione di Terra denza e a ritenere che siamo di fronte a due
non più con la Madre degli dèi, come nell’Inaco, ma con Hestia, è forse do- testi che, pur tenendo presente la medesima
materia orfica, sono pero; indipendenti tra
loro.
135Cf. anche Eur., Phoen. 685-687, dove De- l’Atthis, in cui Filocoro riferisce dell’inter- 146
Sulle citazioni di Sofocle in Filodemo cf.
metra è identificata con Terra: Damavthr qeav, pretazione di alcuni çhmei`a.
G. AURIELLO, Sofocle nei papiri ercolanesi,
/ pavntwn a[naçça, / pavntwn de; Ga` trofovç. 137Cf. anche FGrHist 328 T 2, dove Filocoro «CErc» 28/1998, pp. 151-161 (in partic. p.
136 Cf. FGrHist 328 F 67, proveniente dal- è definito ejxhghth;ç tw`n patrivwn. 153 per la citazione in questione).
cillare della dea, piuttosto che l’inganno da lei compiuto ai danni di Zeus. Il tratti di un mitografo d’età ellenistica che
imita il più celebre autore di Camiro. Sull’o-
termine qeravpaina è proprio del linguaggio del filosofo e compare più volte
pera di Pisandro cf. anche B. GENTILI, Eracle
e a breve distanza nel discorso sui compiti e i doveri di alcune divinità: in omicida giustissimo (Pisandro, Stesicoro e Pin-
PHerc. 1088 VI ll. 17 s., p. 87 Schober, all’interno pero; di una citazione diretta daro), in ID.-G. PAIONI, Il mito greco (Roma
di Saffo (fr. 23 LP), mentre il participio, in funzione di sostantivo, è impiegato 1977), pp. 299-305.
Tra coloro che hanno favoleggiato (l. 11: meºmuqeuvkaçi) sulla conquista del
potere celeste da parte di Zeus, vi è anche Satiro. Questa è per noi l’unica ci-
tazione dell’autore all’interno del trattato, 163 che si presenta, inoltre, partico-
163
Di quest’autore non sappiamo nulla, ma,
larmente ampia e dettagliata: in questo caso Filodemo non si limita a ripor-
come osserva JACOBY, I a Kommentar, p. 498, tare soltanto la vicenda mitica che gli interessa, ma ricorda anche quanto era
non si può escludere che si debba identifi- stato narrato circa la fase precedente sulla formazione dei primi elementi.
care con il più noto Satiro di Callatis, filosofo Grazie alla testimonianza del filosofo, dunque, è possibile per noi ricostruire
peripatetico e autore di Bivoi (e da lui previ- l’intera successione divina proposta da Satiro che si caratterizza, infine, per la
sto nel IV volume dei FGrHist). Anche
presenza di alcune importanti innovazioni.
SCHORN riporta il frammento, ponendolo tra i
dubia. A favore dell’identificazione muove
12 s. Peri; qe⁄w`n: la sequenza para, visibile nel disegno napoletano, si po-
inoltre il fatto che Satiro di Callatis è ben
noto a Filodemo: egli è citato nel PHerc. 558, trebbe spiegare o come un errore nato dalla vicinanza con il gavr, come ri-
che contiene probabilmente una Storia di So- tiene Schorn, p. 475, o come derivata dal cattivo scioglimento di un’abbre-
crate e della sua scuola (fr. 1, 65), p. 65 GIU- viazione, come pensa Luppe, Sukzessions, p. 73, che cita l’esempio di PHerc.
LIANO (cf. F.M. GIULIANO, PHerc. 495-PHerc. 1088 I ll. 8 ss., p. 94 Schober, dove pa⁄ªrºagravªptºouç deve essere corretto in
558 (Filodemo, Storia di Socrate e della sua pe⁄ªrºigravªptºouç. Il titolo dell’opera di Satiro non è altrimenti noto. Cf., a
scuola?) Edizione, commento, questioni com-
positive e attributive, «CErc» 31/2001, pp.
questo proposito, l’espressione oJ tou;ç ajrcaivouç muvqouç çunagagwvn usata da
37-79 = F 18 SCHORN, pp. 120 s., Komm., pp. Dion. Hal., AR I 68 (= FGrHist 20 F 1 = F 31 Schorn), probabilmente per
398 s.). riferirsi al medesimo scritto.
STESIMBROTO DI TASO
I PHerc. 1088 IC + 433 VI a sinistra pars (dextra pars columnae), pp. 84 s.
Schober = FGrHist 107 F 17
Çtºh≥çivm- Stesimbroto,
15 brotoç dªe; levgºei to;n invece, racconta che
Diva para; ªÔRevaçº th`ç Zeus, dopo aver ottenuto
mhtro;ç ªth;nº ajrch;n dalla madre Rea
labovnta ªth;ºn ajr{c}- il potere, ne fu a sua
ch;n pavliªn uJºp’ aujth`ç volta privato dalla stessa
20 ajfaireqh`ªnºai th`i ΔAr- la quale diede
tevmidi tªh`ºi kai; ΔA- la sovranità
qhna`i th;ªnº baçileiv- ad Artemide
an douvçhªçº. mnhmo- e Atena.
neuvei de; kºa≥i; ΔAriçtov≥- E anche Aristodico
25 dikoç oJ t≥a; ªPºeri; Dhv- che ha scritto Su Demetra
mhtroç ajªnºagravyaç menziona la conquista
th`ç uJpo; Dªio;ºç para- del potere
lhvyewç th`ªçº baçi- da parte di Zeus.
le≥ivaç.
16 paia N 1088 IX 17 arçhn N 433 VI a 21 tªh`ºi Luppe, Stesimbrotos, tªeº Schober
29 lçiaç N 433 VI a
Piuttosto discusso è il frammento qui presente, in cui la lettura del nome Ste-
simbroto non è condivisa da tutti gli studiosi. L’argomento, più volte affron-
tato nel corso del trattato, è quello delle guerre fra gli dèi, a proposito delle
quali sembra che Filodemo riporti come esempio una lotta narrata dal nostro
e che vedeva coinvolti, in vario modo, Atena Parthenos e Zeus. In succes-
sione è poi ricordata la Titanomachia (ll. 19 ss.).
CRONACHE ERCOLANESI
CRONACHE
Sarà scritta un giorno sulle pagine di questo ‘Bollettino’ ERCOLANESI
la cronaca della ripresa degli scavi della ‘Villa dei Papiri’
in Ercolano?
La pianta* del Weber cesserà di essere un documento di
archivio o un mero incentivo a ipotesi marginali? bollettino
Sarà descritto un giorno lo scavo di altre ville ercolanesi? del centro internazionale per
La speranza non è incerta, ma è soprattutto in tale voto, lo studio dei papiri ercolanesi
la cui realizzazione esige tuttavia tempi non troppo fondato da Marcello Gigante
brevi, che rinviene giustificazione il titolo di «Cronache
Ercolanesi», organo del Centro Internazionale per lo
Studio dei Papiri Ercolanesi.
direzione
Graziano Arrighetti
Knut Kleve
Francesca Longo Auricchio
* [Riprodotta in copertina]
42/2012
ISSN 0391-1535 MACCHIAROLI EDITORE