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Molto di più che semplice stretching …

Dopo un periodo allenante particolarmente intenso fatto spesso di sacrifici e rinunce diventa quanto mai opportuno
concedersi del tempo per “riequilibrarsi strutturalmente” ed è in questo che entra in gioco l’utilizzo dello stretching.
Ovviamente (per chi vi si è dedicato…) l’allenamento svolto nell’anno non deve rappresentare una alibi per non fare
nulla; anzi è questo il momento ideale per dedicarsi ad attività che facilitino la rigenerazione fisica, mentale e perché
no anche da eventuali “acciacchi” avuti durante i precedenti mesi.
Si potrebbero elencare tante di discipline utili allo scopo: massofisioterapia, massaggio sportivo, tecniche cranio-
sacrali, riflessologia plantare e tante altre ma in queste poche righe cercheremo di proporre delle normali
esercitazioni basate su varie tecniche di stretching giustificandone anche la grande utilità posturale che ormai è
opinione comune attribuirgli.
Con il termine di stretching (letteralmente allungamento) introdotto dal californiano “Bob Anderson” negli anni ’80,
ci si riferisce ormai da quasi 30 anni a una serie di posizioni che hanno lo scopo di migliorare l’elasticità miofasciale e
conseguentemente anche la mobilità articolare.
Da allora si sono sviluppate e revisionate ulteriori tecniche, tra le principali ricordiamo:

- Statico o Passivo ( Anderson 1980);


- Balistico;
- Post-isometrico o P.N.F. (Kabat 1950 – Knott e Voss 1968);
- Globale Attivo ( Souchard 1995);

Soprattutto lo stretching alla “bob anderson” ed il P.N.F. risultano molto utili pur avendo un fondamentale difetto:
considerano il corpo di un individuo come un’entità formata da tanti singoli muscoli, per cui ogni posizione mira a
stirare un muscolo o un gruppo muscolare senza preoccuparsi di quanto avviene in altre parti del corpo. In realtà, gli
studi pionieristici di una geniale fisioterapista francese, Françoise Mézières, dimostrano che nel corpo umano i
muscoli appaiono concatenati e reagiscano come un muscolo unico, il movimento di un solo segmento provoca il
coinvolgimento di tutti gli anelli di questa catena muscolare; le figure di seguito danno dimostrazione di questa
continuità muscolo-fasciale che ancora tutt’oggi, grazie agli studi di autori come Myers, continua ad evolversi (fig.1, 2
e 3).

Fig. 1 Fig. 2 Fig.3


Catena statica posteriore Catena statica anteriore Catene Miofasciali
( da Francoise Mézières) (da Francoise Mézières) (da Thomas W. Myers)

Durante lo stretching, di conseguenza, lo stiramento di un muscolo favorirebbe l’accorciamento di un altro. Questo è


facilmente percepibile: flettendosi in avanti come per volersi toccare le punte dei piedi, si avverte, spesso, una
tensione nella muscolatura posteriore delle cosce e sul dorso ma se si presta attenzione alla posizione della nuca si
scoprirà che avrà assunto una posizione arcuata, accorciata. Allungando la nuca si avvertirà un’accentuazione della
tensione dietro alle gambe o lungo la colonna.
Agendo su un muscolo si agisce in realtà sull’insieme del corpo. Dopo questo dovuto chiarimento, senza entrare
troppo nello specifico di ogni singola tecnica, è giusto dire che ognuna presenta limiti e pregi e che in relazione ad
esse le semplici esercitazioni che tratteremo avranno come “bersaglio” alcuni di questi muscoli e/o catene muscolari
maggiormente coinvolte in varie disfunzioni posturali, fermo restando che qualora dovesse insorgere del dolore,
durante l’esecuzione, bisognerà astenersi da quella specifica esercitazione ed eventualmente consultare il medico.
Lo studio e l’applicazione di queste tecniche hanno sempre trovato terreno fertile nell’ambito ludico-sportivo. Questo,
però, è da considerarsi una limitazione operativa quanto concettuale tipica del mondo occidentale. Infatti in Oriente è
ormai noto come filosofie, diverse per cultura, hanno inteso il concetto di salute e benessere in modo alternativo al
nostro, dimostrando uno spiccato interesse per l’estensibilità muscolare e la mobilità articolare, tanto da crearne delle
discipline correlate con eccellenti risultati sotto il profilo psico-fisico come lo yoga e il tai chi chuan.
Questo concetto di benessere essenzialmente olistico, socialmente ci ha coinvolto poco anche se con discipline quali
l’Osteopatia, la Chinesiologia e la Chiropratica qualcosa sembra che stia cominciando a cambiare, comunque molta
strada rimane ancora da fare.
Nel frattempo il continuo approfondimento e studio delle varie tecniche di stretching hanno consentito importanti
applicazioni in campo rieducativo-riabilitativo. Infatti, anche grazie alla diffusione del concetto di disfunzione
osteopatica (limitazione anatomica di un movimento fisiologico organico), ci si è sempre resi più conto
dell’importanza che limitazioni funzionali quali le retrazioni, i trigger point hanno nel determinare direttamente o
indirettamente patologie muscolari, osteoarticolari e a volte anche organiche.
Lo stretching da solo, spesso inserito in un contesto più ampio di riequilibrio posturale (detto anche rieducazione e/o
ginnastica posturale), si pone come tecnica elettiva nel trattamento di tali problematiche.
Prima di proporre le esercitazioni è giusto esporre un breve elenco di consigli da considerare nell’effettuarli:
- E’ utile effettuare un minimo di riscaldamento, una camminata di 5 minuti circa va più che bene;
- Cercare di imitare le posizioni precisamente ma arrivandoci con gradualità e progressione (lavorare sia il lato
destro che sinistro);
- Ogni esercitazione deve iniziare assumendo la posizione e ricercando tensione che non dovrà mai essere
“dolore” ma quantomeno fastidio;
- La tensione che si deve ricercare deve essere mantenuta per un tempo che va ben oltre i canonici 30”, si
parla almeno di 80/100”. Questo per permettere un efficace allungamento della componente connettivale del
muscolo che si presenta già naturalmente resistente e rigida, vera causa di tanti dolori e restrizioni del
movimento;
- E’ essenziale coordinare una respirazione continua e rilassata allo svolgimento delle varie esercitazioni
permettendo così una diminuzione del tono muscolare e quindi un più efficace allungamento;
- Per ottenere guadagni permanenti in lunghezza muscolo-fasciale bisognerà fare attenzione ad applicare forze
deboli alla tensione d’allungamento percepita, questo per evitare delle reazioni (riflessi neuro-muscolari)
indesiderati;
- Nel caso di tremori ingestibili (detti anche fascicolazioni) occorrerà diminuire la tensione al minimo per poi
riiniziare gradualmente;
- Nel caso la tensione di allungamento dovesse essere elevata o protratta per troppo tempo si potranno
verificare fenomeni di minima riduzione del microcircolo ematico con conseguenti fenomeni di parestesie
(formicolio, bruciore, ecc), in questo caso si dovrà sospendere momentaneamente l’esecuzione per
riprenderla alla scomparsa della sintomatologia;
Dopo aver esposto queste basilari indicazioni e senza addentrarci in argomenti esclusivamente neuro-fisiologici si
possono fornire di seguito varie posizioni in cui si useranno primariamente tecniche di stretching statico e anche
tecniche di stretching globale attivo (S.G.A.). Questo mix esecutivo presenta un miglior rapporto ““facilità
seeccuuzziioonnee// aapppprroocccciioo a coppie (o individuale)”” rispetto aadd aallttrree tteeccnniicchhee che necessitano di conoscenze ee aatttteennzziioonnii
d’es
più ssppeecciiffiicchhee.

1^ Esercitazione:

Dalla posizione in appoggio su un ginocchio e con l’altro piede aderente al suolo, estendere il tronco all’indietro; il compagno
aiuta nel movimento per raggiungere la massima estensione dietro. Il ginocchio dell’arto interessato dall’allungamento deve
sempre stare appoggiato a terra.
Prioritariamente si ha l’allungamento dei muscoli estensori della gamba (quadricipite), del retto femorale, del retto dell’addome
(se si riuscirà, con attenzione, ad estendere il capo verso il dietro ) e del tibiale anteriore.

2^ Esercitazione:

dalla posizione in ginocchio con le mani al suolo dietro (come sostegno); il compagno aiuta a sporgere le spalle all’indietro, per
raggiungere la posizione di massima estensione della colonna vertebrale (per facilitare porre un asciugamani o un piccolo cuscino
tra glutei e caviglia).

Prioritariamente si ha l’allungamento dei muscoli estensori della gamba, del retto femorale e del retto dell’addome.

3^ Esercitazione:

Può essere considerato un’alternativa alla precedente. Dalla posizione in decubito prono con un arto inferiore esteso e l’altro
flesso, il compagno con una mano al ginocchio e l’altra alla caviglia cerca di avvicinare il tallone verso il gluteo. Se il movimento
e’ fatto con troppa facilità si intensificherà l’esecuzione prendendo il ginocchio dell’arto flesso ed estendendo l’anca dello stesso
lato fino al limite del movimento (da fare con molta cautela).
Prioritariamente si ha l’allungamento del muscolo ileopsoas, del retto femorale, del retto dell’addome e degli estensori del
ginocchio.

4^ Esercitazione:

Dalla posizione da supino con le braccia lungo i fianchi e le spalle ben appoggiate al suolo, gli arti inferiori estesi che formano un
angolo retto con il tronco sostenuti dal compagno, il compagno nel sostenere gli arti deve facilitare una flessione dorsale dei piedi
(punta dei piedi verso l’addome) estendendo le ginocchia unite del soggetto. E’ molto importante ricordarsi che durante questa
esercitazione è necessario effettuare uno “scivolamento” della parte posteriore della nuca verso l’alto questo per rendere più
efficace l’allungamento.

Allungamento della catena cinetica posteriore.

5^ Esercitazione:

Dalla posizione da seduto con gli arti inferiori semi piegati, flessione del busto avanti con le braccia che strisciano al suolo fra i
piedi; il compagno con le mani ai lati della colonna vertebrale nel tratto dorsale asseconda la posizione di massimo allungamento
con la dovuta cautela. Far si che la colonna cervicale (senza nessuna forzatura) si rilassi sotto il suo peso.
Allungamento della catena cinetica postero-superiore, degli adduttori femorali e dei peronieri.

6^ Esercitazione:

Dalla posizione da seduto (cercando di tenere la colonna perpendicolare al suolo), con un arto inferiore esteso e l’altro flesso con
il piede appoggiato al suolo oltre la linea del ginocchio. La mano omolaterale al ginocchio flesso (dello stesso lato) va appoggiata
al suolo dietro e l’altra deve impugnare la parte esterna del ginocchio; il compagno fissa la posizione di massima torsione del
busto.

Allungamento generalizzato dei muscoli rotatori del tronco.

7^ Esercitazione:

Dalla posizione da supino con le braccia in fuori (lateralmente) e arti inferiori estesi, avvicinare un piede alla volta verso la mano
del lato opposto facendo attenzione a non staccare dal suolo le spalle e la porzione medio/alta della colonna; il compagno con le
mani in appoggio alla spalla ed impugnando il piede o il ginocchio cerca di aiutare il soggetto a tenere la posizione di massimo
allungamento.
Allungamento dei muscoli rotatori del tronco e dei flessori di gamba (con ginocchio ben esteso).

8^ Esercitazione:

Dalla posizione da seduto (cercando di tenere la colonna perfettamente perpendicolare al suolo) con le piante dei piedi a contatto
tra loro e le ginocchia flesse a circa 90° appoggiare le mani alle caviglie; il compagno con appoggio delle mani sulle ginocchia
cerca di aiutare lentamente l’abduzione (abbassamento verso il suolo) delle ginocchia.

Allungamento degli adduttori e dei muscoli intrarotatori del femore.

9^ Esercitazione:

Dalla posizione in decubito supino con gli arti inferiori flessi e con le piante dei piedi a contatto tra loro, le braccia lungo i
fianchi e le spalle ben aderenti al suolo, far scivolare la nuca verso l’alto; il compagno impugnando le caviglie cercherà di
assecondare il movimento di massima raccolta al petto. In sostituzione del compagno può essere svolto a parete. Da evitare per
soggetti con problemi alle ginocchia e alla colonna lombare.
Prioritariamente si ha l’allungamento dei muscoli adduttori femorali e della zona lombare.

10^ Esercitazione:

Dalla posizione in decubito prono braccia in fuori con il capo in torsione verso il lato opposto a quello del compagno; il
compagno impugnando la caviglia cerca di avvicinare il piede alla spalla opposta prendendo come punto fermo l’altra spalla, fino
a raggiungere la massima estensione. E’ abbastanza difficile da eseguire e per questo va fatto con la dovuta cautela.

Allungamento dei muscoli rotatori del tronco e dei flessori di coscia (ileopsoas e retto femorale) . Se durante l’esercitazione si
avrà “l’attenzione” di coinvolgere nell’allungamento anche l’arto superiore del lato dov’è rivolto il capo (cercando di allontanarlo
dal corpo per intenderci) se fatto bene la sensazione di tensione si avvertirà sia sul pettorale che sulla muscolatura propria del
braccio/avambraccio.

De Martino Christian
Dott. in Scienze Motorie, Chinesiologo
Personal Fitness trainer I.S.S.A.
Postural Fitness Trainer I.S.S.A.

Per ulteriori informazioni visitare il blog www.coscienze.wordpress.com

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