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Enzo Tonti
Introduzione elementare
al metodo degli elementi finiti
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i
Indice
1
Introduzione
1.1 Precisiamo i termini . . . . . .
1.2 Gradiente di uno scalare . . .
1.3 Flusso di calore . . . . . . . .
1.4 Prima equazione costitutiva . .
1.5 Equazione di bilancio . . . . .
1.6 Seconda equazione costitutiva
1.7 Equazione fondamentale . . .
1.8 Divergenza di un vettore . . .
1.9 Lequazione di Poisson . . . .
1.10 Come descrivere le sorgenti . .
1.11 Le condizioni al contorno . . .
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7
7
9
13
14
15
17
18
19
21
23
24
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29
31
32
33
35
37
39
43
49
49
50
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INDICE
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
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53
54
56
57
59
A Punti di Gauss
A.1 Intervallo canonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A.2 Intervallo generico . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A.3 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
63
65
69
69
B Regola di Cramer
71
i
i
INDICE
Prefazione
Questo libretto si propone di fornire una introduzione elementare al
metodo degli elementi finiti. Con lespressione metodo degli elementi
finiti si intende un metodo per la risoluzione numerica di una equazione differenziale, sia essa alle derivate totali o parziali. Pi`u precisamente
si tratta di un metodo per approssimare una equazione differenziale con
un sistema di equazioni algebriche.
Il termine elementare implica che
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INDICE
i
i
Capitolo 1
Introduzione
1.1
Precisiamo i termini
Definiamo alcuni termini che sono di uso comune nello studio dei campi.
Campo fisico. Col termine campo fisico si intende uno stato fisico
dello spazio o della materia che vi e` contenuta. Cos` la presenza della
forza di gravit`a viene interpretata come dovuta alla presenza del campo
gravitazionale; la presenza della attrazione tra due magneti viene attribuita alesistenza di un campo elettrico; la conduzione del calore viene
attribuita allesistenza di un campo termico; ecc.
Campo stazionario. Un campo si dice stazionario quando in esso
scorre un flusso il quale per`o non varia col tempo. Tipico e` il campo
termico (flusso di calore); il campo della conduzione elettrica (flusso
di carica); il campo della diffusione (flusso di materia); ecc. Il termine
stazionario si applica anche a campi variabili nel tempo in modo periodico: questo significa che in ogni punto del campo le grandezze variano
ma riprendono il loro valore ad intervalli uguali di tempo. Questo e` il
caso di unonda stazionaria che si propaga entro un mezzo materiale,
quale il campo acustico, nel vuoto, come il campo elettromagnetrico.
7
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i
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
Campo statico. Un campo si dice statico quando in esso non c`e flusso di qualcosa, ne di massa, ne di energia, ne di carica, ovvero nulla
fluisce e tutte le grandezze che lo descrivono sono costanti nel tempo.
Campo variabile. Quando il campo non e` ne statico ne stazionario, allora si dice variabile. Tali sono il campo termico non stazionario, il campo elettromagnetico, il campo elastodinamico, il campo
fluidodinamico, ecc.
Le sorgenti. Ogni campo e` generato da delle sorgenti. Queste sorgenti possono trovarsi nella regione in cui il campo e` considerato o
essere esterne ad esso. In questultimo caso la loro influenza sulla regione considerata si descrive mediante le condizioni al contorno come
preciseremo pi`u avanti.
Potenziale del campo. Lo studio di un campo ha come fine la determinazione di una o pi`u grandezze scalari o vettoriali che dipendono dal
posto e dal tempo e che prendono i nomi di potenziali del campo.
I campi pi`u comuni sono:
il campo termico nel quale le sorgenti sono le fonti di calore e
come potenziale la temperatura T (t, x, y);
il campo elettrostatico che ha come sorgenti le cariche elettriche
e come potenziale e` il potenziale elettrico (x, y);
il campo magnetostatico, quale quello prodotto da un magnete
permanente o da un elettromagnete percorso da corrente costante,
che ha come sorgenti le correnti elettriche ed il cui potenziale e`
~ y), che prende il nome di potenziale vettore;
un vettore A(x,
il campo elastico, ovvero il campo di un corpo continuo deformabile elasticamente, che ha come sorgenti le forze e come potenziale lo spostamento ~u(t, x, y) di ogni punto del corpo deformabile;
i
i
1.2
Con riferimento alla figura (1.1), se si versa dellacqua su un piano inclinato questa scende portandosi dalle zone a quota maggiore a quelle
a quota minore. Inoltre lacqua fluir`a tanto pi`u velocemente quanto
maggiore sar`a la pendenza del piano. Per caratterizzare la pendenza di
i
i
10
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
un piano basta valutare langolo che il piano forma con quello orizzontale. La pendenza pu`o essere espressa dando la tangente dellangolo che il piano inclinato forma con il piano orizzontale: scriveremo
g = tan(). Tale tangente e` anche uguale allincremento di quota per
unit`a di percorso nel piano orizzontale.
y
q
z
fi
a)
b)
s
c)
d)
{scivola}
Dal momento che un piano in coordinate cartesiane si descrive mediante una equazione del tipo
{EF12}
z(x, y) = a + b x + c y
(1.1)
si vede che la tangente dellangolo e` data dallincremento della funzione z per unit`a di lunghezza misurata sul piano orizzontale e nella
direzione ortogonale alle linee di livello.
Questa pendenza si visualizza sul piano orizzontale dal fatto che
le linee di livello corrispondenti a quote che differiscono di una unit`a,
ad esempio di un metro, sono pi`u vicine (pendenza maggiore) o pi`u
lontane (pendenza minore). Rimane per`o da indicare anche la direzione
delle linee di livello o, che e` pi`u comodo, la direzione della normale
alle linee di livello. Infatti le linee del piano inclinato che hanno la
massima pendenza, dette linee di pendio, sono ortogonali alle linee di
livello. Queste due informazioni, entit`a della pendenza e direzione delle
linee di pendio si possono riunire in un vettore che abbia la direzione
delle linee di pendio ed il cui modulo sia uguale allincremento per
i
i
11
z
y
!(
dx
dy
)
(1.2)
{EF14}
possiamo scrivere il differenziale dz come prodotto scalare di due vettori: il vettore ~g di componenti z/x, z/y ed il vettore d~r di componenti
dx, dy:
dz = ~g(~r) d~r
(1.3)
{EF53}
~g(~r) =
z~ z ~
i+
j
x
x
(1.4)
{EF16}
i
i
12
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
gradiente maggiore
gradiente minore
{equi1}
dx
T
T
T
T
T
T
dy
{EF41}
dT =
dx +
dy +
dz =
(1.5)
x
y
z
x
y
z
dz
possiamo scrivere il differenziale dz come prodotto scalare di due vettori: il vettore ~g di componenti T/x, T/y, T/z ed il vettore d~r di
componenti dx, dy, dz:
{EF15}
dT = ~g(~r) d~r
(1.6)
i
i
13
1.3
Flusso di calore
giacitura di massimo fl
~
n
A max
A
~r
x
~
nmax
Q max
~r
y
{giacitura}
Considerando diverse giaciture si elementi piani passanti per il punto ~r, il flusso per unit`a di area Q/A varier`a. E` intuitivo che esista una giacitura per la quale tale rapporto risulter`a massimo: indichiamo con ~nmax
il versore di tale direzione orientata e con (Q/A)max il valore massimo
del rapporto.
i
i
14
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
1.4
Dal momento che il calore va dalle regioni a temperatura maggiore verso quelle di temperatura minore ci possiamo attendere che tanto maggiore e` il gradiente di temperatura, tanto maggiore sar`a la quantit`a di
calore che fluisce per unit`a di area. Si sperimenta la seguente legge costitutiva che lega il vettore densit`a di flusso di calore con il gradiente di
temperatura:
~q = k ~g.
{EF46}
(1.10)
La costante k si chiama conducibilit`a termica. Il segno meno e` richiesto dal fatto che il calore fluisce nel senso delle temperature decrescenti
mentre il gradiente va nel verso delle temperature crescenti. Enunciata
a parole questa legge dice che la quantit`a di calore che transita attraverso un elemento di superficie piana tangente ad una superficie isoterma per unit`a di area e per unit`a di tempo e` proporzionale al salto di
temperatura per unit`a di lunghezza misurato perpendicolarmente alla
superficie.1
1
Questa e` la legge elementare della conduzione termica introdotta dal fisico francese Biot nel 1804 ed usata estensivamente da Jean Baptiste Joseph Fourier, fisicomatematico francese che la us`o nel suo celebre libro Theorie analytique de la chaleur.
pubblicato nel 1822. E` nota come legge elementare di Fourier.
i
i
1.5
15
Equazione di bilancio
Abbiamo introdotto il vettore gradiente ~g della temperatura come vettore che indica in ogni punto la direzione perpendicolare alla superficie
isoterma passante per il punto e che ha come modulo lincremento di
temperatura per unit`a di percorso in direzione perpendicolare allisoterma.
Abbiamo quindi introdotto il vettore densit`a di flusso di calore ~q che
indica in ogni punto la direzione di massima quantit`a di calore per unit`a
di area e che ha come modulo il calore per unit`a di area (dopo aver fatto
il limite per larea che tende a zero).
Abbiamo quindi scritto la relazione sperimentale (ed intuitiva) che
lega i due vettori nel caso che il materiale sia isotropo2 .
Ora, per completare la trattazione della conduzione termica, dobbiamo esprimere il bilancio termico. Vediamo di che si tratta. Consideriamo un volume interno alla regione e supponiamo che in essa si generi
del calore: questo in parte fluir`a verso lesterno ed in parte rimarr`a nel
volume aumentandone la temperatura. Si pensi ad una stanza (il volume), ad un calorifero (la sorgente termica). Se le finestre sono chiuse
la quantit`a di calore che esce e` trascurabile rispetto a quella che rimane
nella stanza e quindi la temperatura della stanza cresce. Se invece le
finestre sono aperte il calore generato esce dalla stanza e la temperatura
della stanza rimane pressoche costante.
Il bilancio termico si esprime nella relazione
calore generato = calore accumulato + calore uscente.
(1.11) {EF48}
ovvero
Qgen = Qacc + Qusc
(1.12) {EF30}
i
i
16
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
z
~
n5
~
k
P5
~
n4
~
n2
P2
P4
P1
x
~
n1
P3
~
j
~
n3
P6
~
i
~
n6
{grad-div}
Qgen = dxdydzdt
(1.13)
Calore accumulato. Il calore accumulato produce un aumento dellenergia termica U entro il volume:
{EF32}
u
Qacc = dt U = dt u(x, y, z, t)dxdydz = dtdxdydz
t
(1.14)
avendo indicato con dt U la variazione nel tempo dellenergia interna. Si noti che un differenziale totale si pu`o scrivere come somma dei
differenziali parziali nella forma
{EF36}
u
u
dx + dy
x
y
(1.15)
in cui abbiamo fatto uso della notazione d x u, dy u per i differenziali parziali che era in uso nella matematica del secolo XIX.
i
i
17
#
"
~q ~ ~q ~ ~q ~
i+
j+
k dxdydzdt
=
x
y
z
"
#
q x qy qz
=
+
+
dxdydzdt
x
y
z
(1.16) {EF33}
Fatte queste premesse lequazione di bilancio (1.12) si pu`o scrivere
"
#
u
q x qy qz
+
+
dxdydzdt = dxdydzdt +
dxdydzdt
(1.17) {EF34}
t
x
y
z
donde, eliminando i differenziali si ottiene
u q x qy qz
+
+
+
.
=
t
x
y
z
(1.18) {EF35}
1.6
i
i
18
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
(1.20)
{EF67}
{EF68}
C
T
V
(1.21)
{EF69}
(1.22)
{EF39}
u
dt
t
(1.23)
1.7
Equazione fondamentale
i
i
{EF49}
19
Nel caso particolare in cui non vi sia generazione distribuita di calore lequazione si riduce a
" 2
#
T 2 T 2 T
T
c
k
+ 2 + 2 =0
Fourier
(1.25)
t
x2
y
z
nota come equazione di Fourier. Se la conduzione termica e` a regime,
ovvero se la temperatura non varia col tempo la (1.24) si riduce a
#
" 2
T 2 T 2 T
+ 2 + 2 =
Poisson
(1.26) {EF42}
k
x2
y
z
nota come equazione di Poisson3 Nel caso in cui anche la sorgente
manchi4 , lequazione si riduce a
2 T 2 T 2 T
+ 2 + 2 =0
x2
y
z
(1.27) {EF43}
Laplace
1.8
Divergenza di un vettore
Facendo riferimento alla figura (1.4) possiamo dare una definizione intrinseca, cio`e indipendente dal sistema di coordinate, del gradiente di
uno scalare e della divergenza di un vettore e` espressa dalle formule
seguenti:
Z
Z
~q(P) dS~
u(P) dS~
4
grad u = lim
V0
div ~q = lim
V0
(1.28) {F19}
i
i
20
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
lesterno del volume. Quando le operazioni indicate da questi due integrali vengono eseguite su un parallelepippedo con gli spigoli paralleli
ad un sistema di assi cartesiani ortogonali, come indicato in figura (1.4),
si perviene alle espressioni cartesiane del gradiente e della divergenza.
Infatti
"
#
6
1
1
1
1 X
u(Pk ) ~nk =
u(x + , y, z) u(x , y, z) ~i + ... + ...
grad u = 3
2
2
k=1
"
#
6
1
1 X
1
1
~q(Pk ) ~nk =
div ~q = 3
q x (x + , y, z) q x (x , y, z) + ... + ...
k=1
2
2
{F20}
(1.29)
6
da cui
{F21}
u ~ u ~ u
+j
+k
grad u = ~i
x
y
z
div ~q =
q x qy qz
+
+
x
y
z
(1.30)
= +~i + ~j + ~k
x
y
z
{F22}
(1.31)
{F23}
grad u = ~i
+ ~j
+ ~k
u = u
(1.32)
x
y
z
e la divergenza della forma
"
#
q x qy qz
div ~q = +~i + ~j + ~k
[q x ~i + qy ~j + qz ~k] =
+
+
= ~q
x
y
z
x
y
z
{F24}
(1.33)
avendo applicato formalmente la regola del prodotto scalare tra un operatore vettoriale ed un vettore. Si ottiene in tal modo una notazione
6
i
i
21
~q = k ~v
~q = .
(1.35) {F26}
k u =
(1.36) {F27}
Il simbolo si legge laplaciano. Se si compongono le stesse tre equazioni scritte in notazione vettoriale (1.35) si ottiene lequazione
k u =
k2 u = .
(1.37) {F28}
u 2 u 2 u
k
+
+
= .
in coordinate cartesiane
x2 y2 i z2
2
2
2
k x
2 + y2 + z2 u =
k u =
in forma intrinseca
k2 u =
in forma intrinseca
(1.38) {F29}
1.9
Lequazione di Poisson
In molte teorie di campo della fisica, assegnata la sorgente del campo descritta da una funzione (x, y, z) si richiede di determinare il potenziale del campo descritto da una funzione u = u(x, y, z) legato alla
sorgente dalla equazione differenziale
" 2
#
2
2
k
+
+
u(x, y, z) = (x, y, z)
(1.39) {F14}
x2 y2 z2
i
i
22
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
Conduzione termica:
~p = grad T
{EF08}
~q = k ~p
(1.40)
~p = grad
{EF09}
(1.41)
Campo elettrostatico:
Z
{EF11}
E~ d ~L
E~ = grad
~ = E~
D
(1.42)
Campo magnetostatico:
M =
{EF40}
~ d ~L
H
~ = grad M
H
~ = H
~
B
(1.43)
{EF13}
~v d ~L
~v = grad
~q = ~v
(1.44)
P0
i
i
1.10
23
Campo termico. Le sorgenti termiche sono i generatori di calore quali le resistenze elettriche; i caloriferi; i frigoriferi; le fiamme, quali la
fiamma ossidrica, le fornaci, i fornelli; le combustioni nucleari nellinterno di un reattore nucleare; gli spot laser, ecc. Raramente le sorgenti
di calore sono distribuite sullintera regione ove si considera il campo: in questi casi occorre conoscere la quantit`a di calore erogata dalla
sorgente nellunit`a di tempo e nellunit`a di volume. Indicheremo con
(t, x, y, z) tale grandezza.
Pi`u spesso la sorgente e` contenuta entro una regione V contenuta in
e di essa si conosce lammontare totale di calore per unit`a di tempo
uscente dalla regione. In questi casi si pu`o considerare la regione V
esterna ad e considerare il bordo di V, che si indica con V, come
una parte del bordo di , come indicato in figura (??).
Figura 1.5. fuoco Una sorgente distribuita entro una regione V pu`o
essere considerata esterna alla regione del campo.
{num}
Si pu`o allora considerare la potenza termica Q (in watt) che attraversa il contorno V e ipotizzare che essa sia uniformemente distribuita
sulla superficie con densit`a (watt/metro2 ). Ne viene che la superficie
del volume V diventa una parte del contorno della regione e quindi
la grandezza indica il calore entrante per unit`a di superficie attraverso questa parte del contorno. In altre parole leffetto della sorgente si
risente tramite le condizioni al contorno.
Campo elettrico. E` raro che vi sia una carica elettrica distribuita entro tutta la regione con densit`a (x, y, z): e` pi`u facile che si trovi distribuita sulle superfici di conduttori. Cos` se consideriamo la superficie
di una scatola metallica chiusa la carica si distribuisce sulla superficie
con una densit`a variabile da punto a punto della superficie ripettando
i
i
24
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
la legge che la superficie di un conduttore sia equipotenziale. Nel caso particolare che la superficie metallica sia sferica e in assenza di altri
corpi conduttori, per ragioni di simmetria, la densit`a di carica si distribuisce uniformemente sulla superficie. Se per`o la superficie chiusa ha
forma generica o se vi sono altri conduttori nelle vicinanze la densit`a
di carica e` , a priori, sconosciuta. In questo caso conviene comportarsi
come descritto nel paragrafo precedente considerando la scatola metallica (o le scatole metalliche) come esterne alla regione e la densit`a di
carica, a priori sconosciuta, come distribuita sul contorno della regione
. Anche in questo caso quindi la sorgente si fa sentire attraverso le
condizioni al contorno.
Quanto al fatto essenziale che la densit`a di carica sul contorno della regione non sia conosciuta indica che occorre procedere per tappe
successive. Si pu`o dapprima ipotizzare che su ciascun conduttore la
densit`a sia uniforme e andare a calcolare il campo risolvendo lequazione differenziale di Laplace, come vedremo dopo. Successivamente
dopo aver constatato che il potenziale elettrico non e` costante sulla superficie di ciascun conduttore si procede alla assegnazione di una nuova
densit`a di carica superficiale usando opportuni criterii al fine di avvicinarsi ad una distribuzione di carica che renda la superficie di ogni
conduttore equipotenziale. In questo processo occorre sapere quale e` la
carica presente su ogni conduttore.
1.11
Le condizioni al contorno
i
i
25
sar`a indicato con . Tale contorno si pu`o dividere in due o pi`u parti in ciascuna delle quali o e` assegnato il valore della temperatura o e`
assegnato il calore entrante.
@
potenziale
assegnato
flusso
assegnato
@
flusso assegnato
u
k
potenziale
assegnato
@u
k
@n
k r 2u =
u
potenziale
assegnato
flusso assegnato
{contorno}
@u
@n
u
@u
k
@n
Il vettore ~q permette di calcolare il flusso8 Q attraverso una superficie piana infinitesima di area A mediante la formula
u
Q
= ~q ~n = k ~v ~n = k u ~n = k .
A
n
(1.46) {F31}
Con lespressione flusso termico intendiamo il calore che passa per unit`a di
tempo.
i
i
26
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
espressione
u 2 u 1
u 2 u 1 b
u 4
= lim
lim
u cos u ~t
a0
t a0 a
b
a
(1.47)
{F32}
sup
iso erfi T2
ter ci
me
grad T
T1
~t
x
x
{derivata-normale}
T(P )
T(P )
P
P
k 2 u(x, y) = (x, y)
u(x, y)
i
i
27
isolante
flusso uscente
nullo
~q
T1
temperatura
assegnata
{adiabatico}
T2
temperatura
assegnata
i
i
28
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
alla pompa
{membrana}
problema misto
problema di Neumann
k u =
problema
di
Dirichlet
u| = assegnato
k u =
A
k
u
=
u| = assegnato
k = assegnato
k = assegnato
n
n B
A B =
{KE56}
(1.49)
Come capita sempre nella vita, e` facile porre un problema... ma il
difficile e` il trovare la soluzione! Cosa fare se la regione ha una forma generica, oppure se la funzione (x, y) non ha una semplice forma
analitica, o addirittura se e` assegnata in forma numerica, oppure se le
condizioni al contorno sono complicate? Non rimane altro che rivolgerci ad un metodo numerico. Uno di questi metodi numerici, certamente
il metodo pi`u usato, e` il metodo degli elementi finiti.
i
i
Capitolo 2
Elementi finiti
nellunidimensionale
Consideriamo un problema unidimensionale descritto da una variabile
di configurazione u(x) e da una variabile di sorgente s(x). Sia [a, b]
lintervallo entro il quale le due funzioni sono definite ed esse siano
legate da una relazione del tipo
d2 v(x)
= s(x)
k
dx2
v|a = c
dv
k = d
dx b
(2.1)
{F36}
con k costante assegnata. Le condizioni al contorno non sono omogenee. Questa equazione, lineare e non omogenea, ammette una soluzione
in forma chiusa solo se la funzione sorgente si pu`o integrare due volte
in forma analitica.
Ad esempio se s(x) = sin(x) e lintervallo e` [0, ] la soluzione e`
!
1
1
x+c
v(x) = sin(x) + d +
k
k
(2.2) {Y087}
29
i
i
Condizioni al contorno omogenee La prima cosa da fare e` di trasformare lequazione in modo da avere condizioni al contorno omogenee.
A questo scopo possiamo considerare una generica funzione (x) che
soddisfi le condizioni non omogenee al contorno assegnate, ovvero
(a) = c
{RU71}
k 0 (b) = d
(2.3)
{RU72}
(2.4)
{RU02}
donde
m=
{RU73}
d
k
km = d
(2.5)
d
q=c+ a
k
(2.6)
quindi la funzione e`
{RU74}
{RU75}
d
(x) = c + (a x)
k
A questo punto facendo il cambiamento di funzione
u(x) = (x) + v(x)
(2.7)
(2.8)
si vede che, se la funzione v(x) soddisfa le condizioni al contorno omogenee v(a) = 0 e v0 (b) = 0, allora la funzione u(x) soddisfa quelle non
omogenee imposte nel problema (2.1). Infatti
{RU76}
(2.9)
i
i
31
{FR29}
2.1
du
k = 0
dx b
u|a = 0
(2.10)
La divisione in elementi
u(x)
u(x)
uh u i
uh ui
x
he i
x
a
he i
{funz-forma7}
i
i
2.2
Nh (x)
x
h e i
u
N i (x)
h e
uh
1
ui
x
a)
b)
he i
Figura 2.2. a) Le funzioni di forma di un elemento unidimensionale; b) la loro combinazione lineare d`a la funzione approssimata
nellinterno dellelemento.
{funz-forma4}
Nhe (xh+1 ) = 0
Nh (xh ) = 1
{DZ56}
(2.12)
N e (x ) = 0
N e (x ) = 1
h+1
h+1
h+1
Si constata che il segmento di retta della figura (2.2b) pu`o scriversi nella
forma sintetica
{G11}
e
u e (x) = Nhe (x) u h + Nh+1
(x) u h+1
(2.13)
i
i
2.3
33
Nh (x) =
0
per x xh1 e per xh+1 x
N h1
(2.14) {G12}
u
1
xh-1
N h2
e1
x
uh
1
xh
a)
uh N h
xh
x
e2
xh+1
b)
xh-1
1
xh e xh+1
Nh x
{funz-forma8}
i
i
u(x)
u h u h+1
x
h h+1
{funz-forma6}
Introdotte le funzioni di forma nodali possiamo scrivere la funzione approssimante come combinazione lineare delle funzioni di forma
nodali ovvero
n
X
{B09}
u (x) =
u h Nh (x)
(2.15)
h=1
ovvero la dipendenza dal tempo viene assorbita nelle funzioni u h (t) che diventano cos` analoghe alle coordinate libere (o lagrangiane) qh (t) della dinamica.
O Ricordiamo che una funzione di una o pi`u variabili pu`o essere espressa in modo approssimato come combinazione di lineare di certe
funzioni k (x) nella forma
{G15}
u(x) =
n
X
ck k (x).
(2.17)
k=1
i
i
35
(2.18) {G16}
2.4
Il metodo di Galerkin
n
X
d2 Nh (x)
h=1
dx2
u h s(x)
(2.19) {G18}
E` evidente che la soluzione u(x) del problema renderebbe nullo tale residuo. Dobbiamo ora trovare un criterio che ci consenta di determinare
i migliori coefficienti u h della combinazione lineare.
O. Il criterio che useremo nasce dallosservazione che in uno
spazio tridimensionale se un vettore e` nullo sono nulle le sue tre componenti.
Se si scelgono tre vettori linearmente indipendenti ~e1 , ~e2 , ~e3 , cui si da il nome
di vettori base, e si considerano i tre prodotti scalari del vettore per i tre vettori
base
~r = 0
implica
~e1 ~r = 0
~e2 ~r = 0
~e3 ~r = 0.
(2.20) {G19}
Detto a parole: se un vettore e` nullo, i prodotti scalari del vettore per i versori
degli assi sono nulli e viceversa. Questo criterio si pu`o prendere come spunto
i
i
(w, r) =
w(x) r(x)dx
(2.21)
{G20}
h=1
si pu`o considerare lintegrale come lestensione della nozione di prodotto scalare dai vettori alle funzioni. Ne viene che, indicando con
w1 (x), w2 (x), ...wn (x)
{G21}
(2.22)
che, una volta risolto, fornisce una n-pla di valori u k . Il meccanico teorico
russo Galerkin nel 1915 ha scelto come funzioni peso le stesse funzioni di
forma per cui le relazioni (2.24) diventano
Z b
{GT23}
(2.25)
Ni (x) r(x; u 1 , u 2 , ...un ) dx = 0
per
h = 1, 2, ..., n
a
(2.27)
i
i
37
ovvero
b
Z
{G26}
a
"
#
d2 u (x)
Ni (x) k
s(x) dx = 0
dx2
i = 1, 2, 3, ...n.
(2.28)
Secondo atto: si effettua una integrazione per parti sulla derivata seconda al fine di abbassare lordine delle derivate:
"
d u (x)
k Ni (x)
dx
#b
+
a
Ni (x) s(x) dx = 0.
(2.29) {G27}
2.5
A questo punto si tratta di valutare gli integrali per ottenere esplicitamente il sistema algebrico lineare che risolto fornir`a le u h desiderate.
Possiamo scrive lultima equazione nella forma pi`u espressiva
b
Z
a
Z
a
"
d u (x)
Ni (x) s(x) dx + k Ni (x)
dx
#b
(2.30) {G30}
a
i
i
Z b
Z b
dx =
k
u h dx
k
dx
dx
dx
dx
a
a
h=1
#
n "Z b
dNh (x)
dN
(x)
i
dx u h
=
k
dx
dx
h=1
fih u h
=
h=1
(2.31)
{G31}
avendo posto
{G32}
fih =
Indichiamo con sh e con ch i due termini a secondo membro dellequazione (2.29). Abbiamo scelto la lettera s in quanto e` liniziale di
sorgente, la lettera c in quanto e` liniziale di contorno e la lettera f in
quanto iniziale di fondamentale. Avremo:
{G33}
si =
Ni (x) s(x) dx
a
"
d u (x)
ci = k Ni (x)
dx
4
#b
(2.33)
a
n
X
fih u h = si + ci
(i = 1, 2, ...n)
(2.34)
h=1
i
i
2.6
39
Secondo lequazione (2.32) il calcolo dei coefficienti comporta il calcolo dellintegrale del prodotto delle derivate delle funzioni nodali sullintero dominio. Poiche per i due nodi di bordo le funzioni nodali sono
formate solo da un tratto in salita e da un tratto in discesa, come mostra
la figura (2.5) dobbiamo distinguere tre casi:
u
1
x
xh-1
x2
a=x1
xh+1
xh
xn-1
b=xn
{tanteforme}
fh,h =
= k
dNh
k
dx
a
Z
xh "
xh1
= k
"
#2
dx
1
xh xh1
1
xh xh1
#2
dx + k
!
1
+
xh+1 xh
xh+1
xh
"
xh+1 xh
#2
dx
(2.35) {G36}
Caso i = h = 1.
f1,1 =
Z
a
"
dN1
k
dx
#2
dx = k
x2
x1
"
1
x2 x1
#2
1
dx = k
x2 x1
!
(2.36) {GY36}
i
i
"
dNn
k
dx
#2
dx = k
xn
xn1
"
1
xn xn1
#2
!
1
dx = k
xn xn1
(2.37)
{GR36}
a=x1
b=xn
xh+1
xh
u
1
x
xh-1
a=x1
b=xn
xh+1
{tanteforme1}
fh1,h
{GT38}
xh
xh
k
xh 1
1
1
dx
xh xh1 xh xh1
(2.38)
i
i
41
fh+1,h
{G38}
xh+1
k
xh
1
1
dx
xh+1 xh xh+1 xh
(2.39)
Si noti che la matrice fondamentale, oltre ad essere simmetrica, ha
gli elementi non nulli sulla diagonale principale e sulle due diagonali
adiacenti ovvero e` tri-diagonale.
Se i nodi non sono contigui non esiste un elemento comune, ovvero
lintersezione tra i due insiemi di elementi e` vuota, e perci`o fhk = 0.
si =
Ni (x) s(x) dx =
e1
Ni (x) s(x) dx +
Z
Ni (x) s(x) dx
(2.40) {G40}
e2
x2 x
s(x) dx
s1 =
x1 x2 x1
Z xh
Z xh+1
x xh1
xh+1 x
sh =
s(x) dx +
s(x) dx
xh+1 xh
xh1 xh xh1
xh
Z xn
x xn1
s(x)dx
sn =
x x
xn1
(2.41) {H10}
n1
Questi integrali possono essere effettuati analiticamente, quando e` possibile, o numericamente: in questultimo caso il metodo pi`u usato e`
quello dei punti di Gauss che presentiamo in Appendice (A).
Nel caso in cui la sorgente sia uniforme, indicato con s0 il suo valore
i
i
s0 (x2 x1 )
s1 = s0
N1 (x) dx =
x1
Z xh+1
s0 (xh+1 xh1 )
sh = s0
Nh (x) dx =
xh1
Z xn
Nn (x) dx =
s0 (xn xn1 ).
sn = s0
2
xn1
(2.42)
{H11}
{H13}
d u (x)
cn = k
dx
#
=0
(2.44)
{H14}
per i = 1
per i = 2, 3, ...(n 1)
per i = n
(2.45)
Quindi il termine al bordo non si pu`o calcolare nei nodi in cui e` assegnata la funzione; e` nullo per tutti i nodi interni; e` nullo negli estremi in cui
la derivata e` nulla (quando d = 0) mentre uguaglia il valore assegnato
i
i
{DR42}
43
...
(2.47) {DR72}
2.7
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
Un esempio semplicissimo
===================================================
esempio del metodo degli elementi finiti
===================================================
Risolviamo una equazione del II ordine
nellintervallo: [0,1];
- k*u(x) = s(x)
ponendo per k il valore 3 e usando
il metodo degli elementi finiti.
Esaminiamo un caso a soluzione nota e confrontiamo
i risultati ottenuti con il FEM con quelli teorici.
Consideriamo la funzione
u(x) = x*x*x;
u(x) = 3*x*x
u(x)= 6*x;
la funzione s(x) risulta s(x) = -18*x;
Come condizioni al contorno del problema imponiamo
il valore della funzione ad una estremit`
a
con u(0)=0 e il valore del flusso allestremit`
a
opposta (valore del flusso per x=1) u(1)=3.
clear % azzera le variabili in memoria
clc % pulisci finestra di testo
i
i
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
%
===================================================
seleziona modalita grafica
===================================================
close % chiudi finestra grafica precedente
h1 = figure(1); % apre una finestra grafica
set(h1, Units, normalized,...
Position, [0.5 0.5 0.45 0.5]);
whitebg(h1, black) % colore di fondo
hold on % piu tracciamenti sulla stessa finestra
zoom on % ingrandire limmagine
===================================================
grafico funzione esatta
===================================================
XX = 0:0.01:1; % crea il vettore delle ascisse
N = size(X,2); % numero colonne del vettore
for i = 1:N;
valori della funzione u
UU(i) = XX(i)*XX(i)*XX(i);
end
plot(XX,UU);
% grafica la funzione
===================================================
divido in intervalli (anche diseguali)
===================================================
X = [0 0.2 0.4 0.5 0.6 0.8 1]; % assegna nodi
n = size(X,2); % numero elementi del vettore X
k = 3;
% costante materiale
imposizione delle condizioni al contorno:
valutiamo u(0) e la assegniamo ad U(1);
U(1) = 0 % valore iniziale [U= 0]
valutiamo u(1)
Duf = 3; % valore finale della derivata [Duf= 3*1*1]
d = k*Duf;
===================================================
calcolo dei coefficienti
===================================================
i
i
45
i
i
%
%
%
%
%
x3=(B+C)/2+(C-B)/2*g1; x4=(B+C)/2+(C-B)/2*g2;
le funzioni da integrare sono:
da integrare su [A, B]:
F= (x-A)*(-18*x)/(B-A);
da integrare su [B, C]: G=(C-x)*(-18*x)/(C-B);
Pertanto i valori degli integrali nei
rispettivi intervalli sono:
S1=((x1-A)*(-18*x1)+(x2-A)*(-18*x2))/2;
S2=((C-x3)*(-18*x3)+(C-x4)*(-18*x4))/2;
da cui il valore del coefficiente S(h) risulta:
S(h)=S1+S2;
end
% ---------% coordinate estremi dellultimo intervallo
A=X(n-1); B=X(n);
% coordinate dei punti di Gauss dellultimo intervallo:
x1=(A+B)/2+(A-B)/2*g1; x2=(A+B)/2+(A-B)/2*g2;
S(n)=((x1-A)*(-18*x1)+( x2-A)*(-18*x2))/2;
% ===================================================
%
termini di contorno C(i)
% ===================================================
% C(1) non si pu`
o calcolare: e del resto non serve.
for h = 2:(n-1)
C(h) = 0;
end
C(n) = d;
% Sommo i termini di sorgente con quelli di bordo
SC(1)=0; % valore iniziale della U
for h = 2:n
SC(h) = S(h) + C(h) ;
end
% ===================================================
%
Risoluzione del sistema fondamentale
% ===================================================
% Risolviamo il sistema:
U = f \ SC;
i
i
47
i
i
i
i
Capitolo 3
Elementi finiti nel
bidimensionale
3.1
La divisione in elementi
Per semplicit`a ci limiteremo ad esporlo per una maglia composta solamente di triangoli. Faremo riferimento alla risoluzione dellequazione
di Poisson (1.48) che ha condizioni al bordo miste.
Innanzi tutto approssimiamo il bordo con una poligonale. Indichia la regione contenuta nella poligonale. Quindi dividiamo la
mo con
in tanti triangoli. Linsieme dei triangoli prende il nome di
regione
rete o di maglia (inglese: mesh). Sar`a bene fare in modo che i triangoli
siano abbastanza regolari ovvero prossimi allequilatero: triangoli con
un angolo ottuso o triangoli stretti e lunghi saranno da evitare, se non altro per ragioni... estetiche! Questo requisito di regolarit`a migliora anche
la bont`a della soluzione approssimata. I triangoli che si trovano sul bordo devono avere i loro lati appoggiati ai lati della poligonale. I vertici
dei triangoli saranno chiamati nodi e i triangoli stessi saranno chiamati
elementi. Indicheremo un nodo tipo con la lettera h ed un elemento tipo
con la lettera e. Indicando con M il numero di nodi avremo
h = 1, 2, ...M.
(3.1)
{H15}
49
i
i
50
3.2
u e (P) = me + pe x + qe y
(3.2)
{H17}
u
u
(x x0 ) +
(y y0 ) + ...
u(P) = u(x0 , y0 ) +
x x0 ,y0
y x0 ,y0
(3.3)
u(P) m + p x + q y
(3.4)
i
i
u(x,y)
u(x,y)
R
x
{funz-forma2}
R
y
a)
51
b)
u = me + pe x1 + qe y1
1
u 2 = me + pe x2 + qe y2
(3.5) {H19}
u = me + pe x + qe y
3
u 1 y1
1 x1 u 1
e
1
u 2 y2 ; q =
1 x2 u 2
2Ae
u 3 y3
1 x3 u 3
(3.7)
{H21}
i
i
52
1
2A
pe = 1 (y y )u + (y y )u + (y y )u
2
3 1
2
1 1
1
2 1
2Ae
i
1 h
(x
y
x
y
)
+
(y
y
)x
+
(x
x
)y
N
(P)
=
2
3
3
2
2
3
3
2
2Ae
1 h
e
N
(P)
=
(x
y
x
y
)
+
(y
y
)x
+
(x
x
)y
3
1
1
3
3
1
1
3
2Ae
1 h
N3e (P) =
(x
y
x
y
)
+
(y
y
)x
+
(x
x
)y
1
2
2
1
1
2
2
1
2Ae
{H24}
(3.10)
che sono tre funzioni affini. Queste funzioni, che prendono il nome di
funzioni di forma dellelemento, sono rappresentate in figura (3.2).
N1e(x, y)
N2e(x, y)
1
1
2 1
1
2 1
N3e(x, y)
3
ue(x, y)
u3
u1
N1e(x, y)
1
3
{funz-forma5}
u2
N3e(x, y)
N2e(x, y)
2
i
i
53
e
u (x2 , y2 ) = u 2 = u 1 N1e (x2 , y2 ) + u 2 N2e (x2 , y2 ) + u 3 N3e (x2 , y2 )
u e (x , y ) = u = u N e (x , y ) + u N e (x , y ) + u N e (x , y )
3 3
1
1 1 3 3
2 2 3 3
3 3 3 3
{H25}
(3.11)
e questo comporta che sia
N1e (x1 , y1 ) = 1
N2e (x1 , y1 ) = 0
N3e (x1 , y1 ) = 0
(3.12) {H26}
3.3
Non si pu`o dire sommando in quanto tutte le funzioni di forma nodali Nhe (P)
hanno valore 1 nel nodo h e quindi la loro somma darebbe una funzione che, nel nodo
h, varrebbe 5 o 6 o 7 a seconda di quanti elementi hanno il nodo h in comune.
i
i
54
Nh (x, y)
Nh (x, y)
1
h
y
x
a)
L' h
L''
Fh
b)
y
i
{H27}
Si pu`o scrivere
X
N
(P)
=
Nhe (x, y)
eE(h)
Nh (xh , yh ) =
1
{funz-forma3}
se x , xh e y , yh
(3.13)
3.4
Il metodo di Galerkin
Lobiettivo che si vuole perseguire e` quello di determinare con qualche criterio i valori nodali approssimati u h della funzione u(x, y) che
forniscano una soluzione approssimata u (x, y) del problema iniziale. A
questo fine consideriamo la funzione
{H29}
(3.15)
Qualora u (x, y) fosse la soluzione dellequazione di Poisson, la funzione r(x, y) sarebbe nulla. Per questa ragione essa si chiama residuo
dellequazione.
La funzione u (x, y) data dalla equazione (3.14) dipende da M parametri u h . Come determinarli? Consideriamo un opportuno insieme di
funzioni linearmente indipendenti
{H30}
(3.16)
i
i
55
per h = 1, 2, ...M.
(3.18) {H32}
(3.19) {H33}
i
i
56
Secondo atto.
{H34}
avendo indicato con D un domino piano si pu`o effettuare una integrazione sulla derivata seconda al fine di abbassare lordine delle derivate.
Avendo a che fare con funzioni di due variabili occorre avere a disposizione una formula che generalizzi la regola di integrazione per parti:
questa e` la identit`a di Green
Z
Z
Z
g
2
{H35}
dL
f g dD.
(3.21)
f g dD
f
n
D
D
D
Applicando questa identit`a allequazione (3.19) questultima diviene
Z
Z
Z
u (P)
dL + k
k
Nh (P) u (P) dD
Nh (P)
Nh (P) (P)dD = 0
n
{H36}
(3.22)
che pu`o scriversi nella forma pi`u espressiva
Z
Z
Z
u (P)
dL.
k
Nh (P) u (P) dD =
Nh (P) (P)dD + k
Nh (P)
n
{H37}
(3.23)
In questo modo non e` pi`u necessario imporre alla funzione u (P) di essere derivabile due volte. Questo fatto costituisce un passaggio essenziale in quanto le funzioni di forma Nh (P), che sono funzioni del tipo a
piramide, non ammettono la derivata prima e seconda nel nodo h.
Otteniamo in tal modo tante equazioni del tipo (2.29) quante sono
le incognite. E questo il metodo di Galerkin.
3.5
Mediante la formula (3.14) possiamo esprimere la funzione approssimata u (P) in termini delle funzioni di forma: si ottiene
Z
Z
Z
M
X
u (P)
dL
k
Nh (P) Nk (P) u k dD =
Nh (P) (P)dD + k
Nh (P)
n
k=1
{H38}
(3.24)
i
i
57
Ponendo
Z
chk = k
Nh (P) Nk (P) dD
sh =
Nh (P) (P)dD
u (P)
4
dL
Nh (P)
ch = k
n
{H39}
(3.25)
chk u k = sh + ch
con
h = 1, 2, ...M 0
(3.26) {H40}
k=1
I coefficienti chk sono gli elementi di una matrice che prende il nome di matrice fondamentale o matrice del sistema [18, p.142]. Essa e`
chiamata matrice delle capacit`a termiche nella conduzione termica, delle capacit`a elettriche nella elettrostatica, di rigidezza nella meccanica
dei solidi, ecc.
3.6
Ricavo analitico.
N e
y2 y3
=+
2Ae
x
N1e
x2 x3
y
2Ae
N2e
y3 y1
=+
x
2Ae
N2e
x3 x1
=
y
2Ae
N3e
y1 y2
=+
x
2Ae
N3e
x1 x2
=
y
2Ae
(3.27) {I10}
i
i
58
j
h
Ljy j
a)
Lhy
Ljx
nh
dh
i
linee di livello
Nhe(x;y)
x
Lhx
i
b)
dh
Lh
h
i
e
j
c)
Lh
{uscente1}
{I11}
1
~nh .
dh
(3.28)
{I12}
1
Nh dh
2
(3.29)
e quindi
{I13}
1
1
1
~nh =
Lh ~nh =
Lh ~nh .
dh
d h Lh
2Ae
Come si vede dalla figura (3.4) il vettore Lh ~nh e` dato da
Nhe =
{I14}
per cui
{I15}
Nhe =
(y j yi )~i + (x j xi )~j
2Ae
(3.30)
(3.31)
(3.32)
i
i
59
Le componenti cos` ottenute coincidono con quelle date dalla formula (3.27).
3.7
Calcolo dei chk . A causa del fatto che ogni funzione di forma Nh (P) e`
nulla al di fuori del supporto h (la base della piramide) ogni integrale
pu`o essere ristretto ad h . Ne viene che linesteso a tutto il dominio
tegrale esteso ad h pu`o scomporsi nella somma degli integrali estesi ai
singoli elementi che lo costituiscono, come mostra la figura (3.5).
k
k
qn
e
h
L
h
L
qn
a)
Rh
contorno
b)
Rh \ Rk
contorno
chk = k
XZ
eJ
{intorni}
(3.33) {I16}
Dal momento che i gradienti sono costanti gli integrali indicati si possono calcolare esplicitamente. Si ottiene
Z
Z
yk yh y p yk xk xh x p xk
e
e
N
(P)
N
(P)
dD
=
+
dD
h
k
e
2Ae
2Ae
2Ae
2Ae
e
1 h
(y
y
)
(y
y
)
+
(x
x
)(x
x
)
=
k
h
p
k
k
h
p
k
4Ae
(3.34) {I17}
i
i
60
eE(h)
i
i
61
R
e` uguale a L Nh qn dL. Dal momento che solo due tratti di
bordo, L0 ed L00 sono adiacenti al nodo h, indicati con q0n
e q00n i flussi medi entranti il termine al bordo si riduce a
1
(L0 q0n + L00 q00n ), come si vede dalla figura (3.3b).
2
i
i
62
i
i
Appendice A
Punti di Gauss
{Gauss}
Ci proponiamo di indicare un procedimento veloce per valutare lintegrale di un polinomio p(x) entro un intervallo chiuso e limitato [a, b]. Si
noti che lintegrale di un polinomio si pu`o sempre eseguire con esattezza in quanto siamo in grado di eseguire gli integrali dei singoli monomi
con la formula
Z b
1 k+1
b ak+1 .
(A.1) {POL1}
xk dx =
k+1
a
Lobiettivo nostro e` per`o di mostrare che lintegrale di un polinomio si
pu`o fare ancora pi`u velocemente, sempre in modo esatto, utilizzando i
valori del polinomio in pochi punti xk dellintervallo: saranno questi i
punti di Gauss.
Linteresse di questo calcolo rapido sta nel fatto che ogni funzione
continua si pu`o approssimare (uniformemente) con un polinomio (teorema di Weierstrass). Quindi se si deve fare lintegrale di una funzione
continua entro un intervallo finito [a, b] si pu`o fare lintegrale di un polinomio che approssimi la funzione entro tale intervallo. Ne viene che
un procedimento veloce per fare lintegrale esatto di un polinomio e` nel
contempo un procedimento veloce per fare lintegrale approssimato di
una funzione continua.
Il punto di partenza pu`o essere la costatazione che lintegrale di un
polinomio di primo grado, che e` una funzione affine,
p(x) = a0 + a1 x
(A.2)
{POL2}
63
i
i
64
{POL3}
+1
(a0 + a1 x)dx = 2 a0
J = 2 p(0).
ovvero
(A.3)
p(x) =a0+a1x
-1
-1
-0.5
0.5
-1
1.5
1.5
0.5
0.5
-0.5
-0.5
-1
-1.5
-1
{poli1}
-0.5
0.5
p(x) =a0
-1
-1
1
-1.5
-1
-0.5
0.5
0.5
i
i
65
k=1
A.1
Intervallo canonico
3
d =
=0
d =
=0
(A.6)02
2 1
4 1
1
1
Ne viene che nellintervallo canonico [-1,+1] il valore dellintegrale
dipende solo dai termini di grado pari. Per essi si ha
" 2m+1 #+1
Z +1
2
2m
d =
=
(A.7)03
2m + 1 1 2m + 1
1
Per mantenere lesposizione ad un livello elementare consideriamo dapprima un polinomio di terzo grado poi uno di quinto grado.
i
i
66
+1
+1
a2
J=
(a0 + a1 + a2 + a3 )d =
(a0 + a2 )d = 2 a0 +
3
1
1
(A.8)56
Dal momento che un polinomio di grado tre ha quattro coefficienti si
vede come lintegrale del polinomio nellintervallo considerato dipende
solo dai coefficienti dei termini pari e quindi da due coefficienti.
2
2
3
p(+g) = a0 + a1 g + a2 g2 + a3 g3
p(g) = a0 a1 g + a2 g a3 g .
(A.9)05
Si vede che sommando le due equazioni scompaiono i coefficienti delle potenze dispari, proprio come accade nellintegrale (A.8). Questo e`
conseguenza dellaver utilizzato un itervallo simmetrico rispetto allascissa x = 0. Si ottiene pertanto
p(+g) + p(g) = 2 (a0 + a2 g2 )
(A.10)06
1
g = = 0.5773502692
3
(A.11)
pesi
g1 = 0.5773502692 = 13 w1 = 1
(A.12)
g2 = +0.5773502692 = + 13 w2 = 1
i
i
67
1.5
1.5
1
w1
0.5
0
-0.5
0.5
1.5
1.5
-0.5
-1
w2
w1
g1
g2
-0.5
0.5
w3
g3
0.5
-0.5
-1
w2
g1
-0.5
-1
{poli2}
g1
-0.5
-1
0.5
w1
0.5
g2
-0.5
w1
w2
g1
w3
w4
g3
g2
-0.5
0.5
g4
0.5
Z +1
J =
(a0 + a1 + a2 2 + a3 3 + a4 4 + a5 5 )d
Z +1
(A.13) {B05}
=
(a0 + a2 2 + a4 4 )d
a2 a4
+
.
= 2 a0 +
3
5
Dal momento che un polinomio di grado cinque ha sei coefficienti si
vede come lintegrale del polinomio nellintervallo considerato dipende
solo dai coefficienti dei termini pari e quindi da tre coefficienti.
Nel paragrafo precedente abbiamo visto che e` sufficiente valutare il
polinomio p() in due punti +g e g simmetricamente disposti rispetto
i
i
68
p(0)
= a0
p(g ) = a a g + a g2 a g3 + a g4 a g5 .
1
0
1 1
2 1
3 1
4 1
5 1
(A.14)05
(A.15)06
Se si potesse trovare un g1 tale che g21 = 1/3 e g41 = 1/5 avremmo risolto
il problema. Dal momento che questo non e` possibile proviamo a fare
una combinazione lineare dei due termini usando due coefficienti w2 e
w1 :
J
=
w
p(0)
+
w
p(+g
)
+
p(g
)
2
1
1
1
2
4
=
w
a
+
2
w
a
+
a
g
+
a
g
(A.16)07
2
0
1
0
2
4
1
1
2
4
= (w2 + 2 w1 ) a0 + 2 w1 a2 g1 + a4 g1
Confrontando questa espressione con quella data dalla (A.13) si vede
che dovr`a essere
a2 a4
(w2 + 2 w1 )a0 + 2 w1 a2 g21 + 2 w1 a4 g41 = 2 a0 +
+
. (A.17)08
3
5
Se imponiamo luguaglianza dei coefficienti delle potenze simili otteniamo
w + 2w = 2
2 2 1
w1 g1
= 1/3
(A.18)09
w g4
= 1/5
1
i
i
69
pesi
w2 = + 0.88888888888889 = +8/9
A.2
Intervallo generico
(A.20) {HE6D}
x=
2
2
Infatti questa relazione fa corrispondere a = 1 il valore x = a e a
= +1 il valore x = b. Quindi
! Z +1
!
Z b
ba X
ba
p(x)dx =
p(x())d =
wk p(xk ) (A.21) {HSD6}
2
2
a
1
k
essendo
A.3
!
!
ba
b+a
+
gk
xk =
2
2
(A.22) {JU29}
Esempio
i
i
70
n = 2 g1 = 0.5773502692 w1 = 1
g2 = +0.5773502692 w2 = 1
J 1.9358196 = 0.0320902
n = 3 g1 = 0.7745966692 w1 = 0.5555555556
g2 = 0
w2 = 0.8888888889
g
=
+0.7745966692
w
3
3 = 0.5555555556 J 2.0013889 = 0.0006945
n = 4 g1 = 0.8611363115 w1 = 0.3478548451
g2 = 0.3399810435 w2 = 0.6521451548
g3 = +0.3399810435 w3 = 0.6521451548
i
i
Appendice B
Regola di Cramer
Ricordiamo la regola di Cramer per la risoluzione di un sistema di
equazioni algebriche lineari.
{Cra}
Sistema 22.
(
ax + by = p
cx+dy = q
(B.1) {M34}
e analogamente
(c b a d)y = (c p a q)
(B.2) {C35}
donde
x =
p b
q d
a b
c d
y =
a p
c q
a b
c d
(B.3) {C36}
i
i
72
ax + by + cz = p
dx + ey + f z = q
gx + hy + mz = r
(B.4)34
ax + by
= p cz
dx + ey
= q fz
(B.5)35
gx + hy + mz = r
Risolviamo il sistema delle prime due equazioni con la regola di Cramer
per sistemi 22:
{HYY64}
p cz b
q fz e
x =
a b
d e
{HCX6}
a p cz
d q f z
y =
a b
d e
ep bq b f ce
+
z
ae db ae db
(B.6)
aq d p cd a f
+
z
ae db ae db
(B.7)
i
i
73
donde
{RT4Z}
a b
d e
g(ep bq) h(aq d p) + r(ae bd) g h
z=
=
g(b f ae) + h(cd a f ) + m(ae bd)
a b
d e
g h
Per ragioni di simmetria e` evidente che sar`a anche
p b c
a p
q e f
d q
r h m
g r
x =
y =
a b c
a b
d e f
d e
g h m
g h
c
f
m
c
f
m
p
q
r
c
f
m
(B.10)
(B.11)
{IC6E}
i
i
74
Ad esempio un determinante di ordine 10 ha 10! 3.000.000 di moltiplicazioni che sono tante anche per un calcolatore. Inoltre tali prodotti devono essere poi sommati algebricamente e questo introduce errori di arrotondamento che possono rendere inaccettabile lerrore della
soluzione.
i
i
Bibliografia
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i
i
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