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Microeconomia Forme di Mercato

Appunti di lezione.

Gianluca Cassese

` Milano Bicocca,
Dipartimento di Statistica - Universita
Edificio U7, stanza 2097

E-mail address: gianluca.cassese@unimib.it

c Dipartimento di Statistica, Universit`a Milano Bicocca


Indice
Elenco delle figure

vii

Calendario delle lezioni

ix

Prefazione

xi

Parte 1.
Capitolo 1.

Comportamento individuale

Preferenze, scelta e domanda

1.

Introduzione

2.

Preferenze

3.

Assiomi

4.

La rappresentazione numerica delle preferenze

Capitolo 2.

Domanda individuale

1.

Il consumatore

2.

Massimizzazione dei profitti

12

3.

Minimizzazione dei costi

13

Parte 2.
Capitolo 3.

Il Mercato

15

Equilibrio di mercato: concorrenza perfetta

17

1.

Il modello competitivo

17

2.

Il fallimento della concorrenza

19

Capitolo 4.

Equilibrio di mercato: il monopolio

21

1.

Il modello monopolistico

21

2.

Unapplicazione: il modello Klein-Monti

22

3.

La sopravvivenza dei monopoli

27

4.

Discriminazione dei prezzi

28

Parte 3.
Capitolo 5.

Oligopolio

33

Cournot

35

1.

Il modello

35

2.

I limiti alla capacit`


a produttiva

37

Capitolo 6.
1.

Stackelberg

39

Variazioni congetturali

40
iii

iv

INDICE

Capitolo 7.

Bertrand

43

1.

Il modello

43

2.

I vincoli alla capacit`


a produttiva

44

3.

La scelta della capacit`


a

46

Capitolo 8.

Hotelling

47

1.

Il modello

47

2.

La strategia di prezzo

48

3.

La strategia della qualit`


a

49

4.

Collusione

49

5.

La localizzazione pura

51

6.

Molte imprese

51

Capitolo 9.

La differenziazione dei prodotti

53

1.

Il modello di Dixit e Stiglitz

53

2.

Il modello di Shaked e Sutton

54

Parte 4.

Cartelli e Collusione

Capitolo 10.

La collusione

57
59

1.

Il modello base

59

2.

La fragilit`
a dei cartelli

61

3.

La fragilit`
a dei cartelli nel modello lineare

63

4.

Collusione multiperiodale

63

Parte 5.

Lentrata sul mercato

Capitolo 11.

I mercati contendibili

67
69

1.

La contendibilit`
a

69

2.

Le strategie

70

3.

Le barriere strategiche allentrata

72

Parte 6.

Esercizi e soluzioni

73

Esercizi dal Capitolo 1

75

Esercizi dal Capitolo 2

77

Esercizi dai Capitoli 3 e 1

81

Esercizi dal Capitolo 5

85

Esercizi dal Capitolo 6

89

Esercizi dal Capitolo 7

93

Esercizi dal Capitolo 8

97

Esercizi dal Capitolo 4

101

INDICE

Parte 7.
Bibliografia

Testi desame

105
111

Elenco delle figure


3.1 La determinazione della quantit`
a prodotta in concorrenza perfetta

17

3.2 Geometria dei costi

19

3.3 Modello lineare e concorrenza perfetta

20

4.1 La determinazione della quantit`


a prodotta in monopolio

22

4.2 La discriminazione dei prezzi

30

8.1 La minimizzazione del massimo di due funzioni

50

11.1Configurazione non sostenibile

70

11.2Configurazione sostenibile

71

11.3La domanda lineare

83

11.4Equilibri di Cournot, Fusione e Stackelberg

90

11.5Lequilibrio del mercato

95

vii

Calendario delle lezioni


Giorno

Data

Orario

Aula

Argomento

Mercoled`

4/5 13:30 - 16:30 U7 - 17 Introduzione. Preferenze e scelta

Gioved`

5/5 10:30 - 12:30 U7 - 17 Preferenze, scelta e domanda

Venerd`

6/5 13:30 - 16:30 U7 - 16 Funzione di spesa e funzione di profitto

Mercoled`

11/5

13:30 - 16:30 U7 - 17 Esercitazione

Gioved`

12/5

10:30 - 12:30 U7 - 17 Equilibrio di mercato: concorrenza

Venerd`

13/5

13:30 - 16:30 U7 - 16 Equilibrio di mercato: monopolio

Mercoled`

18/5

13:30 - 16:30 U7 - 17 Oligopolio: Cournot

Gioved`

19/5

10:30 - 12:30 U7 - 17 Oligopolio: Stackelberg

Venerd`

20/5

13:30 - 16:30 U7 - 16 Oligopolio: Bertrand

Mercoled`

25/5

13:30 - 16:30 U7 - 17 Esercitazione

Gioved`

26/5

10:30 - 12:30 U7 - 17 Oligopolio: Hotelling

Venerd`

27/5

13:30 - 16:30 U7 - 16 Oligopolio: Differenziazione

Mercoled`

1/6 13:30 - 16:30 U7 - 17 Esercitazione

Venerd`

3/6 13:30 - 16:30 U7 - 16 Oligopolio: Cartelli e stabilit`a

Mercoled`

8/6 13:30 - 16:30 U7 - 17 La decisione di entrata

Gioved`

9/6 10:30 - 12:30 U7 - 17 I mercati contendibili

Venerd`

10/6

13:30 - 16:30 U7 - 16 Esercitazione

Esame: lesame si svolger`


a in forma scritta.

ix

Prefazione
In queste pagine ho raccolto, con laiuto di Valeria Gattai, gli appunti del corso di Microeconomia (Forme
di mercato) impartito al biennio del corso di laurea magistrale in Statistica dellUniversit`a di Milano-Bicocca
quanto mai opportuno specificare che si tratta di appunti di lezione e che sono stati
nellA.A. 2008-09. E
approntati esclusivamente allo scopo di fornire un adeguato supporto agli studenti. Non ho alcuna pretesa
di originalit`
a se non nella scelta delle fonti dalle quali attingere. Luso di questi appunti non `e consentito
(ne consigliato) per altre finalit`
a che la preparazione dellesame. Al contrario la segnalazione di qualsivoglia
errore, formale o materiale, sar`
a accolta con grande gratitudine.
Chiunque, nonostante la lettura di queste note, avesse maturato un qualche interesse intellettuale per
gli argomenti del corso `e senzaltro incoraggiato ad approfondire gli argomenti trattati su qualcuno dei testi
riportati in bibliografia. Per la mia esperienza il testo di Kreps [3] `e forse quello pi`
u completo e istruttivo,
sebbene indiscutibilmente molto prolisso. Il libro di Green, Mas-Colell e Whinston [1] `e indicato soprattutto
per chi prediliga un approccio pi`
u formale e meno intuitivo di quello seguito da Kreps. Il manuale di Varian
[5] `e dei tre quello pi`
u datato e pi`
u semplice: si da gran risalto ai problemi della massimizzazione vincolata e
della dualit`
a ma `e molto povero in tema di teoria dei giochi. Infine il volume di Polo [4] `e un libro monografico
dedicato alla teoria delloligopolio con un livello di formalizzazione molto contenuto ma un forte accento sugli
aspetti economici.
Una gran parte del limitato valore di questi appunti sta nel fatto che quasi tutti i capitoli sono corredati
con un piccolo numero di esercizi. Lutilit`a degli esercizi sta da un lato nel fatto che essi forniscono una
chiara indicazione delle difficolt`
a insite nellesame e unopportunit`a per prepararsi a dovere. Dallaltro, gli
esercizi sono spesso parte integrante del programma nel senso che forniscono lopportunit`a di approfondire
alcuni aspetti o di introdurne altri. In ogni caso quelli che si trovano in queste note sono stati preparati da
Valeria Gattai a cui va tutta la mia riconoscenza per un tale apporto e per aver contribuito a migliorare
almeno un po il contenuto di queste pagine.

xi

Parte 1

Comportamento individuale

CAPITOLO 1

Preferenze, scelta e domanda


1. Introduzione
Nonostante la grande praticit`
a di poter trattare le decisioni di un agente economico sulla base del
presupposto che egli disponga di una funzione di utilit`a, questa propriet`a risulta difficile da comprendere ed
ha, nella storia del pensiero economico, ingenerato la confusione che la teoria neoclassica si fondasse in modo
preponderante su di un tale presupposto. Una confusione analoga si `e generata a proposito della funzione di
produzione che `e spesso stata considerata un autentico a priori della teoria neoclassica dellimpresa senza
in realt`
a esserlo.
La pi`
u moderna teoria economica di ispirazione neoclassica, che si sviluppa ad opera di Arrow e Debreu,
ha mostrato come possa farsi a meno di supporre data una funzione di utilit`a o di produzione. Tali concetti
vengono infatti sostituiti da nozioni pi`
u intuitive e generali quali quella di ordinamento di preferenza e
insieme delle possibilit`
a produttive, rispettivamente.
Nei prossimi paragrafi cercheremo di illustrare brevemente tali concetti e di sviluppare il loro contenuto
economico.
2. Preferenze
Come si `e detto la teoria neoclassica della scelta si basa su di un unico presupposto ossia che lindividuo
considerato di volta in volta il consumatore, limpresa, una data collettivit`a trovandosi di fronte a due
opzioni x, y tra tutte quelle idealmente disponibili, tratte cio`e da un insieme dato X, sappia decidere quale
preferisce. Possiamo immaginare che la relazione binaria  emerga da un test effettuato sottoponendo di
volta in volta ad un dato soggetto diverse coppie di alternative e registrando la preferenza dichiarata. In tal
caso la scrittura x  y `e un modo sintetico per dire che allintervistato `e stata sottoposta lalternativa tra x
e y ed egli ha scelto x.
Tuttavia potremmo trovarci di fronte a risposte che non possono essere classificate comodamente utilizzando il criterio . In effetti possiamo pensare che lintervistato risponda dicendo che conosce bene x e y e
che le considera perfettamente equivalenti. Oppure potrebbe dire che non sa nulla di x e di y e che pertanto
non saprebbe assolutamente cosa scegliere. In tal caso dobbiamo concludere che y  x (e che x  y) il che
si scrive pi`
u comodamente come x  y. Questo `e un modo sintetico per scrivere che lintervistato, posto di
fronte alla scelta tra x e y non ha scartato x. Come abbiamo visto le ragioni potrebbero essere molteplici. Si
dice in tal caso che  rappresenta un ordinamento di preferenza in senso debole. Nei casi visti nellesempio,
in cui in realt`
a si ha tanto x  y che y  x scriviamo pi`
u sinteticamente x y il che spesso si indica col dire
che lagente risulta indifferente tra x e y.
Sebbene risulti perlopi`
u equivalente descrivere le preferenze tramite lordinamento forte o quello debole,
una differenza si coglie per`
o nellinterpretazione del concetto di indifferenza.
Consideriamo due opzioni, x e y, tra le quali il soggetto da noi intervistato non `e in grado di esprimere
alcuna preferenza, ossia non sa scegliere. In tal caso, da quel che si `e detto, dobbiamo concludere x y.
3

1. PREFERENZE, SCELTA E DOMANDA

Tuttavia nel dire che lagente si dichiara indifferente tra x e y vi `e una certa forzatura poiche dirsi indifferente
implica comunque la capacit`
a di comparare le due alternative mentre, nellescludere x  y e y  x, lagente
potrebbe intendere semplicemente di non essere in grado di dare nessuna valutazione relativa tra x e y. Si
noti infatti che vale necessariamente la propriet`a seguente:
(1.1)

per ogni coppia

x, y X

si ha

x  y,

oppure y  x

oppure entrambe

Ci si riferisce a questa propriet`


a dicendo che lordinamento di preferenza debole  `e completo, ossia che
si applica allintero insieme X delle scelte. Questa prima propriet`a di completezza non appartiene invece
allordinamento forte. Quali altre propriet`
a possiamo ragionevolmente attenderci che siano soddisfatte?
3. Assiomi
La teoria economica ha suggerito di considerare queste condizioni relativamente allordinamento forte:
(S1) irriflessivit`
a: non esiste alcun x X tale che x  x
(S2) asimmetria: se x  y allora non pu`o aversi y  x
(S3) transitivit`
a negativa: se x, y, z X e x  y allora o x  z o z  y.
Utilizzando come punto di partenza le preferenze in senso debole, si considerano in genere le seguenti
propriet`
a (oltre alla completezza gi`
a vista sopra):
(W1) riflessivit`
a: per ogni x X, x  x1 ;
(W2) transitivit`
a: z  x e y  z implicano y  x
Quanto alla relazione di indifferenza, essa soddisfa le medesime propriet`a di quella di preferenza debole,
ossia riflessivit`
a e transitivit`
a (ma non completezza).
Evidentemente,  `e irriflessiva se e solo se  e sono riflessive; la transitivit`a di  equivale alla
transitivit`
a negativa di . Si dice che e  rappresentino la parte simmetrica e la parte asimmetrica di ,
rispettivamente.
Queste restrizioni, comunemente indicate come assiomi del corrispondente sistema di preferenze, potrebbero a prima vista sembrare ovvie ma meritano comunque qualche commento. La prima condizione `e
tradizionalmente considerata una condizione di consistenza. Per comprenderla immaginiamo che essa sia
violata, ossia che vi sia unopzione di scelta x X tale che x  x. Questo significa, in termini del nostro
test immaginario, che abbiamo dato la medesima etichetta, x per lappunto, a due opzioni che il soggetto
in questione considera differenti al punto da sancire una chiara preferenza per luna verso laltra. Questo
potrebbe ad esempio accadere se avessimo classificato due PC semplicemente come computer sebbene i
relativi processori appartengano a due generazioni differenti. In altre parole, una violazione del primo assioma indica che la classificazione delle scelte non corrisponde a quella formulata dal soggetto che `e chiamato
a scegliere e vi `e dunque una incongruenza tra i criteri di scelta effettivi e la nostra descrizione di essi.
La propriet`
a di transitivit`
a `e anchessa significativa poiche garantisce che le preferenze espresse effettivamente rappresentino un valido criterio di scelta. Immaginiamo che x, y, z X rappresentino una violazione
di tale assioma nel senso che x  y, y  z ma z  x. Si ha in tal caso un ciclo nelle preferenze: sottoponendo
1Questa propriet`
a`
e in realt`
a gi`
a implicita nella completezza

3. ASSIOMI

di volta in volta una coppia di alternativa al nostro agente economico, ne riceveremmo una risposta sempre
diversa tale che egli non sappia di fatto effettuare una scelta definitiva tra x, y e z.
Non `e difficile osservare nella realt`
a una simile, paradossale situazione. Poniamo ad esempio che vi sia
una collettivit`
a di tre agenti, a, b e c chiamati a scegliere tra tre opzioni, x, y e z ed aventi il seguente sistema
individuale di preferenze:
x

dove il numero indicato nella tabella corrisponde alla posizione relativa della opzione indicata in colonna
nellordinamento delle preferenze dellagente riportato sulla riga. Evidentemente, tale gruppo di individui si
trova in difficolt`
a se deve votare secondo una procedura binaria. Infatti se la procedura prevede di votare
dapprima tra x e y e poi lopzione vincente contro z, si avr`a che alla prima votazione prevale y (poiche
ottiene i voti di a e di b), alla seconda prevale z che raccoglie i voti di a e c. Tuttavia se lordine di votazione
fosse stato y contro z e il vincente contro x nelle due votazioni sarebbero passate in sequenza le mozioni z e
x. Dunque, seguendo la prima procedura si approva lopzione z; seguendo al seconda, lopzione x. Due esiti
diversi per lo stesso insieme di alternative: il paradosso del voto maggioritario.
Lesempio chiarisce che violazioni dellultimo assioma, quello di transitivit`a, rendono di fatto indecifrabile
il processo decisionale poiche le sole preferenze del decisore (nellesempio la collettivit`a) non sono sufficienti
a produrre una decisione univoca. Questa situazione emerge molto frequentemente negli esempi tratti dalla
scienza politica e in particolare nelle teoria del voto. Un classico teorema che si deve ad Arrow afferma che
in una collettivit`
a lunico sistema di voto che garantisca lassenza di cicli delle preferenze ed una serie di altre
propriet`
a che qui non interessa discutere `e un sistema nel quale le decisioni sono prese da un solo agente, il
dittatore. Questo incredibile risultato di Arrow ha originato una vasta letteratura che si occupa, tra le altre
cose, di come debbano essere disegnate le istituzioni della Comunit`a Europea dopo lallargamento perche sia
garantita lefficienza del processo decisionale.
Altre propriet`
a vengono talvolta aggiunte a quelle gi`a viste. La pi`
u accettabile sotto il profilo dellintuizione economica `e la
monotonicit`
a: x, y X e x y implicano x  y
della quale esiste una versione forte:
monotonicit`
a stretta: x, y X e x y e x 6= y implicano x  y
Spesso si utilizza un concetto ulteriore per la cui formulazione `e per`o necessario supporre che X sia uno
spazio normato
non saziet`
a locale: se x X e > 0 allora esiste y X tale che kx yk e y  x.
Inoltre `e spesso conveniente introdurre anche propriet`a topologiche:

1. PREFERENZE, SCELTA E DOMANDA

continuit`
a: per ogni x X gli insiemi V x {y X : y  x} e Vx {y X : x  y} sono aperti
in X.
Questultima propriet`
a non ha una facile interpretazione economica, ma `e estremamente utile sotto il profilo
analitico, come vedremo.
4. La rappresentazione numerica delle preferenze
Certamente un modo assai semplice di rappresentare le preferenze `e quello di avere una scala numerica.
Se ad esempio le opzioni di scelta - ossia gli elementi di X - sono redditi o comunque hanno una immediata
quantificazione monetaria, allora `e semplice decidere sulla base del criterio del reddito maggiore. In generale,
possiamo chiederci se esista una funzione U : X R tale che
(1.2)

xy

se e solo se

U (x) U (y),

x, y X

Non `e difficile notare che una tale funzione, se esiste, `e una rappresentazione anche dellordinamento
forte, nel senso che
xy

se e solo se

U (x) > U (y),

x, y X

Inoltre, se esiste una funzione come la U allora le preferenze forti soddisfano le propriet`a viste in precedenza: irriflessivit`
a, asimmetria e transitivit`a negativa. Consideriamo ora il problema inverso ossia di
un ordinamento  riflessivo, completo e transitivo e ci chiediamo se esso ammetta una rappresentazione
numerica. Dapprima considereremo il caso speciale in cui  `e anche monotono e continuo.
4.1. Un caso speciale. Immaginiamo che lo spazio X sia lineare e tale che limn tn x = tx per ogni
x X e ogni successione htn inN che converga a t in R (questo `e ad esempio il caso se X `e uno spazio
normato). Supporremo inoltre che X ammetta un elemento e X tale che te  t0 e se e solo se t > t0 e che
per ogni x X entrambi gli insiemi V x e Vx (definiti pi`
u sopra) se non vuoti contengano un elemento della
forma te per t R. Data lipotesi di monotonicit`a questa situazione copre il caso X = Rk con k > 0 - si
prenda e come vettore unitario. Cerchiamo di rappresentare numericamente le preferenze . Naturalmente
si tratta di un esercizio molto facile se per caso tutti gli elementi x, y di X sono tali per cui x y: sar`
a
sufficiente porre U (x) = 1 qualunque sia x. Consideriamo il caso in cui via sia una qualche coppia x, y X
tale che x  y.
Fissiamo x X e consideriamo gli insiemi
(1.3)

T x = {t R : te V x }

Tx = {t R : te Vx }

Consideriamo quegli elementi x X tali che T x , Tx 6= . Sotto lipotesi che le preferenze siano continue,
entrambi questi insiemi sono aperti. Infatti se t T x vi `e un intorno U di te incluso in T x e un intorno D
di t tale che t0 D implica t0 e U T x ossia t D T x . Lo stesso identico argomento si applica a Tx .
Siccome la retta `e connessa, vi deve essere un elemento t non incluso in T x Tx e dunque tale che te x;
inoltre, essendo le preferenze monotone, vi pu`o di fatto essere un solo elemento con tali caratteristiche: lo si
indichi come t(x). Definiamo quindi

(1.4)

U (x) =

se

t(x) se

se

Tx =
T x , Tx 6=
Tx =

4. LA RAPPRESENTAZIONE NUMERICA DELLE PREFERENZE

Si noti che questa definizione non genera difficolt`a perche il caso T x = Tx = `e equivalente al caso
V x = Vx = ed implica x y per ogni y X e labbiamo escluso in principio.
Per verificare che la funzione U sia una rappresentazione numerica delle preferenze, consideriamo il caso
x  y nel quale necessariamente U (x) > e U (y) < . Se U (y) = o U (x) = la disuguaglianza
U (x) > U (y) `e ovvia; altrimenti osserviamo che U (x)e x  y U (y)e: per la transitivit`a negativa
ci`
o implica, U (x)e  U (y)e e, per la monotonicit`a, U (x) > U (y). Osserviamo che x y implica, per la
transitivit`
a negativa, (V x = V y e Vx = Vy e dunque) T x = T y e Tx = Ty : dunque U (x) = U (y). Se
quindi si ha U (x) > U (y) possiamo escludere il caso y  x cos` come il caso x y e non resta pertanto che
concludere x  y il che conclude la dimostrazione. In altre parole la funzione t : X R `e la rappresentazione
numerica delle preferenze che stavamo cercando. Si noti che tale funzione `e anche continua, poiche linsieme
{y X : U (y) > U (x)} = {y X : y  x} `e per ipotesi aperto cos` come {y X : U (y) < U (x)} per ogni
x X.
Naturalmente ogni trasformazione monotona (e continua) di U `e anchessa una rappresentazione (continua) delle preferenze. Ad esempio, U 0 (x) = arctan(U (x)) che `e anche limitata. Questa osservazione ha
unimportanza notevole poiche dovrebbe trattenerci dal cadere in un errore assai comune. Il fatto di avere
associato un numero ad ogni possibile scelta, non significa che grandezze quali U (x) U (y), che pure sono
ora calcolabili, abbiano un concreto significato economico. Non possiamo ad esempio dire che la preferenza
per x `e doppia rispetto a quella per y. Parimenti, non ha significato economico calcolare la preferenza media
o la varianza delle preferenze. Si tratta infatti di quantit`a che non sono invarianti rispetto alla scala della
rappresentazione, mentre le preferenze che stiamo rappresentando hanno per lappunto questa propriet`
a.
Diciamo che lutilit`
a `e da intendersi come una grandezza ordinale e non cardinale, utile cio`e per raffrontare
due oggetti in senso relativo ma non in senso assoluto.
4.2. Il caso generale. Il teorema che abbiamo dato ha una portata limitata, soprattutto per il fatto
che abbiamo utilizzato la propriet`
a di continuit`a che non ha un chiaro contenuto economico. Non `e tuttavia
una propriet`
a indispensabile. La dimostrazione `e un po complicata e si trova in tutti i dettagli nel bellissimo
volume di Kreps [2].
Si pu`
o dimostrare che qualunque ordinamento di preferenze  su un insieme X ammette una rappresentazione numerica purche sia completo e transitivo e vi sia un sottoinsieme numerabile Z X tale che per
ogni x, y X con x  y esiste un z Z tale che x  z  y. Questultima propriet`a puramente matematica
`e tuttavia importante e non pu`
o essere eliminata.
Iniziamo col definire una funzione di utilit`a su Z = {zn : n N}. Poniamo arbitrariamente u1 = 1/2.
Immaginiamo che linsieme {un : n = 1, . . . , N 1} sia tale che 0 un 1 per n = 1, . . . , N 1 e zn  zm
se e solo se un > um . Se zN zn per qualche n = 1, . . . , N 1, si ponga uN = un ; altrimenti si scelga
uN R compreso strettamente tra i due estremi
(1.5)

inf{un : xn  xN , n = 1, . . . , N 1} > sup{un : xN  xn , n = 1, . . . , N 1}

(dove convenzionalmente si pone inf = 1 e sup = 0). Non `e difficile concludere che zn  zm se e solo
se un > um e che 0 un 1 per n, m = 1, . . . , N . Definiamo la funzione V : Z R implicitamente
ponendo V (xn ) = un , n = 1, 2, . . .. Anche in tal caso non `e difficile concludere che V `e una rappresentazione
delle preferenze limitatamente a Z. Consideriamo ora un generico x X e poniamo (nuovamente con la
convenzione inf = )
(1.6)

U (x)

X
{xn Z:xxn }

V (xn )2n

1. PREFERENZE, SCELTA E DOMANDA

Per la transitivit`
a e lipotesi circa Z, x  y se e solo se {z Z : y  z} ( {z Z : x  z} il che implica
U (x) > U (y). Viceversa si ipotizzi che y  x. Allora z Z e x  z implicano y  z per la transitivit`
a
negativa e dunque {xn Z : x  xn } {xn Z : y  xn } dunque, per la (1.6), U (y) U (x): dunque
U (x) > U (y) esclude che possa aversi y  x e pertanto implica x  x. Si noti che 0 U (x) 1 per ogni
x X.

CAPITOLO 2

Domanda individuale
Date le preferenze che assumeremo senzaltro ammettere una rappresentazione numerica `e facile descrivere formalmente il problema di ogni agente economico, sia esso un consumatore, unimpresa od altro. Si
tratta semplicemente di risolvere il problema
(2.1)

max U (x)
xB

dove B contrassegna linsieme delle scelte ammissibili per lagente. Se per esempio si tratta di un consumatore, B rappresenta linsieme di tutte le scelte di consumo compatibili col suo insieme di bilancio. Pi`
u in
generale B descrive linsieme dei vincoli ai quali lagente deve sottostare nelle sue scelte e di volta in volta
muta col problema preso in esame.
1. Il consumatore
Dal punto di vista del consumatore, dato un reddito disponibile Y e i prezzi p Rk dei beni, il problema
da risolvere `e
(2.2)

V (p, Y )

max

U (x)

B(p, Y ) {x Rk+ : p x Y }

dove

xB(p,Y )

Talvolta si ipotizza che il reddito Y provenga da dotazioni di beni di cui il consumatore disporrebbe
esogenamente. In tal caso il vincolo di bilancio prende la forma della disuguaglianza p (x ) 0.
Nella (2.2) abbiamo fatto implicitamente una serie di ipotesi. Anzitutto che la scelta coinvolga dei
panieri di k possibili beni. Secondo, che i consumi di ciascuno di questi beni siano quantit`a positive. Inoltre,
circostanza forse ancora pi`
u significativa, abbiamo supposto che il consumatore non debba soggiacere ad
alcun altra restrizione se non quella indotta dal proprio potere dacquisto. Abbiamo cio`e fatto astrazione
dal fatto che su taluni mercati non si pu`
o acquistare una quantit`a a piacere per lesistenza di indivisibilit`
a,
cos` come abbiamo supposto che la spesa sia una funzione lineare dei prezzi, il che elimina contratti pi`
u
complicati che contemplano la possibilit`
a di sconti o di tariffe speciali. Nel caso di reddito da dotazioni, il
vettore x viene in genere descritto come consumo netto.
Si noti che, qualora le funzioni implicate siano differenziabili in modo opportuno, allora il problema (2.2)
si risolve massimizzando la funzione Lagrageana seguente
(2.3)

(x, p, Y, ) = u(x) + (Y p x)

la cui condizioni del primo ordine sono

0
=
pn

xn

0
= (Y p x)
(2.4)

px Y
9

n = 1, . . . , N

10

2. DOMANDA INDIVIDUALE

La soluzione del sistema (2.4), se esiste, viene indicata col simbolo x (p, Y ) e viene denominata funzione di
domanda (o anche funzione di domanda marshalliana). Ovviamente
V (p, Y ) = U (x (p, Y ))

(2.5)

e la funzione V viene denominata funzione valore o anche funzione di utilit`


a indiretta.
Come vedremo, la funzione di utilit`
a indiretta `e uno strumento piuttosto importante poiche consente
una descrizione completa del comportamento del consumatore in funzione della variabili di mercato. In linea
di principio, sebbene la cosa prospetti in realt`a notevoli difficolt`a pratiche, lutilit`a indiretta potrebbe essere
inferita dal comportamento del consumatore sul mercato. Dunque, sempre in linea teorica, la (2.5) potrebbe
consentire di risalire dallutilit`
a indiretta alla funzione di utilit`a originaria, U . Gli esercizi riportati alla fine
di questo capitolo richiedono esattamente di esplicitare tale legame. Il punto, per`o, `e che la (2.5) consente
di valutare lutilit`
a solo in corrispondenza della scelta ottima x e non fornisce informazioni ulteriori. Se
tuttavia la funzione (p, Y ) X `e suriettiva ossia se per ogni x X esiste una coppia (p, Y ) tale che
x = x (p, Y ) allora lasciando variare i prezzi ed il reddito possiamo ricostruire lintera funzione di utilit`
a.
Linterpretazione del moltiplicatore nella (2.4) ha un significato economico particolare sul quale torneremo. Infatti dato che, se le preferenze sono non sazie, deve valere necessariamente p x (p, Y ) = Y
(altrimenti vorrebbe dire che una parte della capacit`a di acquisto del consumatore rimane inutilizzata),
segue per differenziazione
N
X

pn

n=1

xn
=1
Y

si giunge alla conclusione seguente:


(2.6)


N
N
X
X
V
u
xn
xn
=
=

p
=
n
Y
xn xn =x Y
Y
n=1
n=1
n

ossia il moltiplicatore non `e che lutilit`


a (indiretta) marginale del reddito ovvero lincremento marginale
dellutilit`
a massima conseguibile allaumentare del reddito.
Naturalmente abbiamo sorvolato su taluni aspetti matematici, primo fra tutti che la funzione valore sia
ben definita. Notiamo che se i prezzi sono strettamente positivi, allora il vincolo di bilancio `e un insieme
compatto. Pertanto se la funzione di utilit`a `e continua, tale massimo esiste, dunque la V `e definita. Inoltre
se le preferenze sono non sazie, allora `e facile verificare le propriet`a seguenti:
(1) V `e omogenea di grado zero e quasi-convessa 1;
(2) strettamente crescente in Y e non crescente in p;
(3) separatamente continua in p per p  0 e in Y per Y 0.
La funzione di utilit`
a indiretta non descrive altro che il massimo livello di utilit`a che pu`o raggiungersi
per un dato livello dei parametri. Includendo od escludendo dalla lista dei parametri talune grandezze si
ottengono diversi concetti di utilit`
a indiretta. Ad esempio potremmo definire la grandezza
(
)
N
X
N 1
(2.7)
V (x1 , p, Y ) = max u(x1 , y) : y R+
,
pn yn Y
n=2
2

nella quale cio`e la quantit`


a x1 del bene 1 `e lasciata costante . Nel seguito faremo spesso ricorso ad una
funzione di utilit`
a che, oltre alle quantit`
a consumate, include il reddito e/o i prezzi. Un tipo particolarmente
1Ossia, se x, y X, V (x) V (y) e [0, 1] allora V (x + (1 )y) V (x).
2Spesso `
e comodo risparmiare sulla notazione ed omettere talune delle variabili che compaiono tra gli argomenti delle

suddette funzioni. Spesso la faremo senza avvertimenti particolari (ad esempio nella (2.9)).

1. IL CONSUMATORE

11

semplice di tali funzioni `e la seguente


(2.8)

V (x1 , p, Y ) = V (x1 ) + Y

Nelle applicazioni, inoltre, la funzione di utilit`a indiretta `e particolarmente utile, a differenza della funzione di utilit`
a tout court, poiche consente di determinare quantit`a quali il massimo prezzo che il consumatore
sarebbe disposto a pagare pur di consumare una data quantit`a del bene. Si tratta semplicemente di risolvere
per pris
1 lequazione
pris
1 (x1 , Y ) sup {z R+ : V (0, Y ) V (x1 , Y z)}

(2.9)

ossia il prezzo maggiore che il consumatore `e disposto a pagare in unopzione prendere o lasciare che limpresa
intendesse proporgli. Questo prezzo viene spesso indicato con lespressione prezzo di riserva.
Abbiamo inoltre sorvolato sulla unicit`
a della soluzione della (2.4) che abbiamo dato per scontata parlando

di x (p, Y ) come di funzione di domanda. Lunicit`a `e garantita se la funzione di utilit`a soddisfa inoltre la
seguente propriet`
a di concavit`
a:
U (x + (1 )y) > U (x) + (1 )U (y)

0<<1

In tal caso la soluzione `e unica e viene indicata come


(2.10)

x(p, Y ) argmax {U (x) : x B(p, Y )}

Non `e difficile osservare che la funzione di domanda `e omogenea di grado zero.


Associato al problema della massimizzazione dellutilit`a dato il vincolo di bilancio vi `e quello della
minimizzazione della spesa per dato livello di utilit`a, ossia
(2.11)

e(p, u) min{p x : U (x) u}

La funzione e viene in genere chiamata funzione di spesa e soddisfa le seguenti propriet`a: Inoltre si dimostrano
le seguenti propriet`
a:
(1) la funzione e `e omogenea di grado 1 nei prezzi;
(2) e `e strettamente crescente in u e non decrescente in p;
(3) e `e concava in p.
` chiaro che i problemi (2.2) e (2.11) sono interdipendenti, o, come si dice tecnicamente, in relazione di
E
dualit`
a. Si noti nuovamente che se la funzione di utilit`a `e continua la funzione di spesa `e necessariamente
ben definita. La soluzione del problema (2.11) viene chiamata funzione di domanda hicksiana e indicata con
h(p, u) ossia
(2.12)

h(p, u) argmin {p x : U (x) u}

Sussistono alcune importanti relazioni tra le funzioni introdotte in questi paragrafi quanto meno se
le preferenze sono continue ed i prezzi strettamente positivi, come supporremo senzaltro. In particolare
possiamo evidenziare quanto segue:
(2.13)

e(p, u) = p h(p, u)

Ci`
o segue direttamente dal presupposto dellesistenza del minimo nella (2.11).
Se le preferenze sono monotone vale inoltre
(2.14)

U (h(p, u)) = u

12

2. DOMANDA INDIVIDUALE

dalla (2.14) seguono anche:


(2.15)

V (p, e(p, u)) = u

(2.16)

e(p, V (p, Y )) = Y

e, infine,
h(p, V (p, Y )) = x (p, Y )

(2.17)

Tutte queste relazioni che bisognerebbe avere la pazienza di dimostrare per bene, contengono alcune
indicazioni nel caso che vi sia un sufficiente grado di differenziabilit`a.
Infatti, differenziando la (2.15) rispetto ai prezzi si ottiene
0=

V e
V
+
pi
Y pi

Differenziando la (2.14) e tenendo conto delle condizioni del primo ordine della (2.11) si ha
0=

k
k
X
X
hi
U hi
=
pi
x
p
p
i
j
j
i=1
i=1

j = 1, . . . , k

dunque
e
h
= hi (p, u) + p
= hi (p, u)
pi
pi
concludiamo
(2.18)

xi (p, Y ) =

e
V /pi
=
pi
V /Y

Questa relazione `e meglio nota come legge di Roy o identit`a di Roy. Il significato economico di questa relazione
si pu`
o cogliere immaginando di osservare un aumento infinitesimo del prezzo pi . Per continuare a comprare
esattamente la medesima quantit`
a xi (p, Y ) che acquistava prima dellaumento, il consumatore avr`a bisogno
di aumentare il reddito di xi dpi unit`
a. Naturalmente se potesse disporre di un tale aumento del reddito il
nostro consumatore potrebbe anche scegliere di spenderlo diversamente e cio`e di non acquistare esattamente
lo stesso paniere che comprava prima. Se egli sceglie di modificare i propri acquisti ci`o modificher`a il suo livello
di massima utilit`
a. Dunque `e lecito attendersi che una variazione (dpi , xi dpi ) accresca lutilit`a massima. La
legge di Roy ci dice che invece essa rester`a invariata e che dunque possiamo fare astrazione dal problema
della sostituzione tra consumi se questi sono scelti in modo ottimale.
2. Massimizzazione dei profitti
Il problema del consumatore descritto pi`
u sopra ha una diretta analogia con quello della produzione. La
differenza `e duplice. Da un lato `e una scelta del tutto condivisibile quella di porre come funzione di utilit`
a
dellimpresa semplicemente il profitto. Secondariamente, la produzione a differenza del consumo sottosta
ad alcune restrizioni tecnologiche delle quali `e necessario tenere conto. Ossia non tutte le combinazioni
produttive sono tecnicamente fattibili.
In genere la produzione pu`
o essere vista come un processo di trasformazione di input in output. Dunque
ciascun processo produttivo pu`
o essere visto come un vettore z Rd in cui talune componenti sono positive e
rappresentano le quantit`
a prodotte del corrispondente bene; altre sono negative e rappresentano le quantit`
a
utilizzate del corrispondente fattore produttivo. Linsieme Z descrive tutte le combinazioni di input ed

3. MINIMIZZAZIONE DEI COSTI

13

output che sono fattibili sotto il profilo tecnico. Se q Rd rappresenta il vettore dei prezzi di input ed
output, allora il profitto dellimpresa che decide il piano produttivo y Y sar`a pari a q y.
Le ipotesi sullinsieme Z delle possibilit`a produttive sono tipicamente le seguenti:
(1) se z Z e z 0 z allora z 0 Z;
(2) 0 Z;
(3) se z, z 0 Z e 0 1 allora z + (1 )z 0 Z.
Inoltre, `e consuetudine classificare alcune situazioni interessanti. Si dice che la tecnologia presenta
rendimenti di scala:
(1) non crescenti se z Z e 0 1 implicano z Z;
(2) costanti se z Z e 0 implicano z Z;
(3) non decrescenti se z Z e 1 implicano z Z;
Inoltre, talvolta il vettore z di input netti viene decomposto in due vettori scrivendo z = (x, y) di
quantit`
a positive x X e y Y che rappresentano rispettivamente gli input e gli output del processo
produttivo. Per ogni livello produttivo y Y `e possibile definire linsieme dei requisiti produttivi
X(y) {x X : (x, y) Z}
La scomposizione del vettore di output netti corrisponde alla decomposizione del vettore dei prezzi come
q = (w, p) in cui w `e il vettore dei prezzi degli input e p quello dei prezzi degli output.
In genere linsieme X(y) soddisfa le seguenti propriet`a:
(1) se x X(y) e x0 x allora x0 X(y);
(2) X(y) `e convesso.
Il problema dellimpresa pu`
o dunque vedersi come:
(2.19)

(q) max{q z : z Z}

o equivalentemente

(w, p) max{p y w x : (x, y) Z}

Con y(p, w) e x(p, w) indichiamo la soluzione di (2.19), ossia, (w, p) = p y(p, w) w x(p, w)
Sotto le ipotesi fatte pi`
u sopra la funzione profitto `e omogenea di grado 1, continua e convessa.
Osserviamo che
(q)
qi
(2.20)

z(q)
+ zi (q)
pi


z(q)
+ zi (q)

z z=z(q) qi

= q
=

= zi (q)
Questo risultato `e noto come lemma di Hotelling.
3. Minimizzazione dei costi
Analogamente a quanto fatto per la teoria del consumatore anche per limpresa esiste una funzione di
spesa che qui si chiama funzione di costo ed `e definita come
(2.21)

c(y, w) min{w x : x X(y)}

La soluzione della (2.21) viene denominata domanda (condizionale) di fattori e si indica con x(w, y). In altri
termini, c(w, y) = w x(w, y).

14

2. DOMANDA INDIVIDUALE

Anche per la funzione di costo esiste una relazione del tutto simile alla (2.20)
c(w, y)
wj
(2.22)

x(w, y)
+ xj (w, y) = xj (w, y)
wj

c
x(w, y)

+ xj (w, y)
x x=x(w,y)
wj

= w
=

= xj (w, y)
Questo risultato `e noto come lemma di Shepard.

Parte 2

Il Mercato

CAPITOLO 3

Equilibrio di mercato: concorrenza perfetta


1. Il modello competitivo
Le imprese considerano i prezzi dati, ossia reputano di non poter esercitare alcuna influenza sul livello
dei prezzi tramite le proprie decisioni di investimento. Ci`o equivale a supporre che il peso della produzione
individuale sul totale del mercato sia nullo. Un modo per modellare tale situazione `e quello di supporre che
vi sia un continuum di imprese rappresentato dalla distribuzione uniforme sullintervallo [0, 1].
Il problema delle singola impresa `e dunque il seguente:
max pq c(q)

(3.1)

Immaginando che la funzione di costo sia differenziabile con derivata dc(q) /dq M C(q), la condizione del
primo ordine diviene:
(3.2)

p = M C(q)

La condizione (3.2) si rappresenta comodamente in termini grafici, come nella Figura 3.1 sottostante nella
quale si mostra come un punto nel quale valesse p > M C(q) non potrebbe certo risultare ottimale essendovi
modo di aumentare i profitti tramite un aumento della quantit`a prodotta. Se i costi marginali M C hanno
un andamento infine crescente, allora un tale incentivo ad aumentare la quantit`a prodotta porter`a prima o
poi a raggiungere la soluzione ottimale q nella quale p = M C(q ).
Possiamo fare al riguardo tre considerazioni

MC

q1

q0

q*

Figura 3.1. La determinazione della quantit`a prodotta in concorrenza perfetta


17

18

3. EQUILIBRIO DI MERCATO: CONCORRENZA PERFETTA

(1) la (3.2) non tiene conto della disuguaglianza q 0, ossia la considera automaticamente vera con
segno stretto. Pi`
u in generale la condizione del primo ordine dovrebbe essere
p M C(q) 0

(3.3)

(p M C(q))q = 0

(2) immaginando che i costi marginali siano una funzione monotona della quantit`a prodotta e in particolare che, per via dei rendimenti di scala decrescenti, dM C(q) /dq > 0, allora dalla (3.2) si
deduce
q = f (p)

con

df
=
dq

d2 C
dq 2

1

chiaro che da questa espressione, e sotto le opportune condizioni sui costi, si pu`o dedurre che
E
effettivamente la quantit`
a prodotta sar`a positiva
(3) Il fatto che il profitto venga massimizzato non garantisce che il massimo livello del profitto sia
effettivamente positivo. In effetti nella (3.2) non compaiono i costi fissi, ossia tutti quei costi
sostenuti dallimpresa per poter produrre ma indipendenti dalla quantit`a prodotta. Taluni di
questi costi sono irrecuperabili (sunk costs) nel senso che, anche qualora limpresa decidesse di
ritirarsi dal mercato, essi rimarrebbero una voce del passivo. Immaginate il mercato delle TLC in
cui gli operatori possono entrare sul mercato solo pagando una licenza. Una volta fatto ingresso sul
mercato tale costo non potr`
a pi`
u venire recuperato. La decisione di produrre, allora, non dipende
da queste voci di costo. La (3.2) pu`o allora interpretarsi dicendo che fintanto che p > M C(Q) la
decisione di aumentare la produzione di ununit`a ha senso economico poiche laumento dei costi
che segue `e pi`
u che coperto dallaumento dei ricavi totali. Dunque, anche se i profitti totali fossero
negativi, aumentare la produzione servirebbe a ridurre le perdite.
Un altro modo di considerare questultimo punto `e il seguente. Se q > 0, allora > 0 implica



p C(q)
M C(q) C(q)
d C(q)
0< 2 = 2 =
2 =
q
q
q
q
q
dq
q
I costi medi, C(q)/q vengono in genere indicati pi`
u semplicemente con lacronimo inglese AC(q). Dunque, in
concorrenza perfetta le imprese hanno profitti positivi solo se i costi medi sono crescenti e questa circostanza
si verifica se e solo se M C > AC. Una rappresentazione grafica del possibile andamento dei costi `e tracciata
nella Figura 3.2
La minimizzazione dei costi medi (e dunque lesaurimento del tratto nel quale essi decrescono) viene considerato in genere un criterio di efficienza produttiva, nel senso che `e socialmente desiderabile che le imprese
riescano a produrre almeno quanto necessario a raggiungere la scala ottimale di produzione. Diversamente
ci troveremmo nella situazione paradossale di imprese che, a fronte di una riduzione dei prezzi, potrebbero
accrescere la produzione. Si noti che se esistono costi fissi, perche i costi medi siano crescenti, `e senzaltro
necessario che lo siano i costi marginali. Lipotesi che spesso, per ragioni di comodo, faremo di costi marginali
costanti, esclude che unimpresa operante in concorrenza perfetta possa coprire i propri costi fissi.
Il fatto che in concorrenza le imprese potrebbero in linea di principio avere profitti negativi, ossia che
possa valere M C(q) < AC(q) `e una situazione problematica sulla quale dovremo tornare in seguito. Per ora
osserviamo solo che se anche le imprese nel breve preferiscono comunque produrre, ex-ante nessuna di esse
entrerebbe mai in un mercato con queste caratteristiche. Qual `e dunque la forma di mercato adeguata ad
un mercato in cui il livello della domanda `e talmente basso da non consentire ad imprese concorrenziali di
coprire il minimo dei propri costi medi?

2. IL FALLIMENTO DELLA CONCORRENZA

19

AC(q),
MC(q)
AC(q)
MC(q)

p
concorrenza

Figura 3.2. Geometria dei costi


Naturalmente `e sempre possibile aggregare il gran numero di imprese concorrenziali in ununica impresa.
` sufficiente costruire la grandezza seguente
E
X

Q(x) =

qi

{i:M Ci (qi )=x}

La funzione Q pu`
o essere interpretata come funzione di offerta aggregata o di mercato poiche misura la
quantit`
a complessivamente prodotta da tutte quelle imprese i cui costi marginali sono pari a x ossia che
soddisfano la (3.2) in corrispondenza di un prezzo a pari a x. Questa costruzione `e tuttavia una mera
rappresentazione di comodo poiche il mercato pu`o ben vedersi come ununica impresa ma nelle proprie scelte
questa impresa `e inconsapevole dellimpatto esercitato sul mercato.
1.1. Concorrenza nel modello lineare. Consideriamo il caso in cui la domanda (inversa) ed i costi
abbiano forma lineare, ossia
(3.4)

p = A Bq

c(q) = F + cq

Questo semplice modello ci servir`


a per numerosi esempi.

con A > c
Applicando i risultati visti precedentemente

otteniamo ossia
(3.5)

p = c,

q=

Ac
,
B

= F

dove q indica qui la quantit`


a complessivamente prodotta dallinsieme di tutte le imprese. Se le imprese sono
tutte identiche e distribuite uniformemente sullintervallo [0, 1] allora q coincide anche con la quantit`a dalla
singola impresa.
Il modello lineare e lequilibrio di concorrenza si rappresentano in termini grafici nella Figura 3.3
2. Il fallimento della concorrenza
Il risultato precedente si pu`
o leggere anche in negativo. Se la domanda di mercato `e particolarmente
contenuta tale cio`e da non poter coprire il minimo dei costi medi le imprese in concorrenza perfetta sono

20

3. EQUILIBRIO DI MERCATO: CONCORRENZA PERFETTA

p
A

Ac
B

A
B

Figura 3.3. Modello lineare e concorrenza perfetta


destinate ad avere profitti negativi ossia non `e possibile nel lungo periodo fornire quel determinato bene in
condizioni concorrenziali. Il modello competitivo richiede dunque una dimensione del mercato sufficientemente ampia rispetto alla scala tecnica efficiente. Se ad esempio la tecnologia produttiva implicasse elevati
costi fissi e dunque richiedesse ampi volumi di produzione per poter coprire i costi medi, la fissazione del
prezzo al costo marginale potrebbe non consentire profitti positivi. Questa situazione si adatta abbastanza
bene a mercati caratterizzati da grandi immobilizzazioni, quali le reti di trasmissione dei dati (tipicamente
la telefonia).
Immaginiamo che il singolo consumatore possa acquistare al pi`
u una unit`a del bene in questione e che
la sua funzione di utilit`
a (indiretta) sia del tipo
U (x) = u + bx + dy

u, b, d > 0

dove x {0, 1} e y rappresenta il reddito residuo del consumatore. Se il prezzo di vendita `e p allora lutilit`
a
conseguita del consumatore acquistando il bene ammonta a u + b + d(y p); se invece non lacquista la sua
utilit`
a `e u + dy. La disponibilit`
a ad effettuare lacquisto `e equivalente alla disuguaglianza dp b. Se ad
esempio fosse b/d > M C allora i consumatori sarebbero disponibili a pagare un prezzo pi`
u elevato di quello
di concorrenza ossia sarebbero ben felici di avere un mercato non concorrenziale purche in grado di garantire
la produzione del bene ad un prezzo non superiore a b/d.

CAPITOLO 4

Equilibrio di mercato: il monopolio


1. Il modello monopolistico
A differenza del mercato concorrenziale, in una situazione di monopolio limpresa `e consapevole di
poter influenzare il prezzo dei beni a seconda della quantit`a che essa decide di produrre. In altre parole,
`e consapevole che il prezzo di mercato si forma sulla base di una funzione del tipo p(q) la quale `e detta
in genere funzione di domanda inversa. Per funzione di domanda si intende infatti in genere la relazione
q = q(p): supporremo che tale relazione possa sempre invertirsi.
Limpresa monopolistica decide il livello della propria produzione sulla base del criterio
max p(q)q c(q)

(4.1)

Al solito, supponendo che la funzione di domanda sia differenziabile si ottiene la condizione


(4.2)

dp
q + p M C(q) 0
dq

con uguaglianza se q > 0

Immaginando che valga q > 0 si ottiene quindi






1
dp q
= p[1 + p ] = p 1 +
MC = p 1 +
dq p
q
dq p
dp q
`e lelasticit`
a del prezzo rispetto alla quantit`a e q =
quella della quantit`a rispetto al
dq p
dp q
prezzo. Dunque si conclude che
dove p =

(4.3)

pmon =

MC
pcp
=
> pcp
1
1
1+
1+
q
q

Lultima disuguaglianza discende q < 1 al di fuori della quale la (4.3) non ha senso compiuto matematicamente. Infatti, il caso q 1 non consente di ricavare una soluzione ben fatta. Per capirlo, supponiamo
` facile capire che in tale caso deve necessariamente aversi q = kp1 , ossia pq = k. Dunque
che q = 1. E
i ricavi totali sono costanti; con q > 1 i ricavi costanti sono una funzione crescente dei prezzi e dunque
una funzione decrescente della quantit`
a. Dunque una decisione di accrescere la quantit`a non solo accresce i
costi (nella misura in cui, come supponiamo, M C 0) ma anche riduce i ricavi: converr`a allora allimpresa
ridurre il proprio livello produttivo fintanto che non si abbia q < 1.
Dalla (4.3) notiamo inoltre che in monopolio il livello dei prezzi `e superiore a quello di concorrenza
e dunque quello della produzione inferiore. Inoltre i profitti dellimpresa sono senza dubbio superiori a
quelli conseguiti in concorrenza. Nel caso ad esempio di costi lineari del tipo C(q) = cq + F , i profitti del
| |

p
F mentre in concorrenza sarebbero pari a F . In particolare i prezzi
monopolista ammontano a cq 1|
p|

ed i profitti di monopolio si avvicinano a quelli di concorrenza quanto pi`


u elevata `e, in termini assoluti,
lelasticit`
a della quantit`
a ossia quanto pi`
u ridotta quella di prezzo.
21

22

4. EQUILIBRIO DI MERCATO: IL MONOPOLIO

p
A

A+c
2

Ac
2B

Ac
B

A
2B

A
B

Figura 4.1. La determinazione della quantit`a prodotta in monopolio


1.1. Monopolio nel caso lineare. Consideriamo il caso in cui la domanda (inversa) di mercato abbia
forma lineare, trattato nel paragrafo 1.1 con domanda e costi come nella (3.4). Applicando i risultati visti
precedentemente otteniamo la condizione del primo ordine
0 = A 2Bq c
ossia
(4.4)

q=

Ac
,
2B

p=

A+c
,
2

1
B

Ac
2

2
F

Si nota che la quantit`


a prodotta `e la met`
a di quella prodotta in concorrenza e che i prezzi sono superiori.
Inoltre, per valori numerici ragionevoli, i profitti sono positivi anche in presenza di costi fissi.
Nella Figura 4.1 viene illustrato lequilibrio monopolistico nel caso lineare
2. Unapplicazione: il modello Klein-Monti
Valuteremo ora lapplicazione del modello monopolistico nellambito di un mercato specifico, ossia il
mercato del credito. Il monopolista `e in questo contesto la banca. In particolare la banca esercita un
cospicuo potere di mercato su due mercati contemporaneamente: quello del credito e quello dei depositi. Ci
chiediamo in che modo questo modello sia in grado di spiegare i tassi attivi e passivi della banca.
2.1. Il profitto della banca. Lattivit`a della banca si pu`o riassumere in modo molto sintetico nel
seguente mastrino del conto capitale:
P assivo

Attivo

Depositi (D)

Prestiti (L)

Capitale (K) Titoli (B)


Riserve (Re)

2. UNAPPLICAZIONE: IL MODELLO KLEIN-MONTI

23

Naturalmente, ciascuna delle voci del conto capitale sar`a remunerata ad un tasso corrispondente: indichiamo con rD il tasso sui depositi, con rL quello sui prestiti, con r quello sui titoli e con quello sulla
riserva obbligatoria. `e importante distinguere tra riserva libera ed obbligatoria: una data percentuale k
dei depositi deve obbligatoriamente essere detenuta dalla banca sotto forma di riserva, mentre la rimanente
parte viene accantonata per decisione autonoma della banca ed `e remunerata al tasso di mercato, r. Dunque
Re = kD + Re dove Re `e la riserva libera.
Si osservi inoltre che nella maggior parte dei casi, limportanza relativa del capitale rispetto alla raccolta
`e davvero assai modesto di modo che possiamo semplificare ulteriormente ponendo K = 0.

(4.5)

D = Re + B + L ossia

(1 k)D = Re + B + L

Considerando inoltre che la raccolta dei depositi e lerogazione dei prestiti implica alcuni costi operativi,
lespressione del profitto della banca diviene:
= kD(1 + ) + (B + Re )(1 + r) + L(1 + rL ) D(1 + rD ) C(L, D)
ossia, tenendo conto della (4.5),

(4.6)

= D [k + (1 k)r rD ] + L(rL r) C(L, D)

La banca mira a massimizzare i profitti data la domanda di prestiti e lofferta di depositi. In particolare,
le imprese richiedono fondi a seconda del tasso prevalente cos` come i risparmiatori offrono depositi a seconda
del tasso al quale questi sono remunerati. Le corrispondenti funzioni di comportamento possono pertanto
scriversi come
D = D(rD )

L = L(rL )

la prima funzione crescente e la seconda decrescente. Assumiamo inoltre che


D0 =

dD
6= 0
drD

e L0 =

dL
6= 0
drL

Nella massimizzazione del profitto abbiamo dunque le condizioni del primo ordine:

(4.7)

(4.8)

C 0
= D0 [k + (1 k)r rD ] D
D
rD
D

C 0
= L0 (rL r) + L
L
rL
L

Osserviamo che sotto le nostre ipotesi la (4.7) e la (4.8) possono riscriversi come:
C
D

D
= k + (1 k)r rD rD
rD D0


1
= k + (1 k)r rD 1 +
D

e
C
L

=
=

L
rL r + rL
rL L0


1
rL 1 +
r
L

24

4. EQUILIBRIO DI MERCATO: IL MONOPOLIO

ossia
(4.9)

rD =

0
k + (1 k)r CD
1
1+
D

rL =

r + CL0
1
1+
L

0
dove abbiamo posto CD
= C /D , CL0 = C /L e

L =

rL L0
L

D =

rD D0
D

ossia lelasticit`
a delle due funzioni L(rL ) e D(rD ) rispettivamente.
Dunque il nostro semplice modello ci fornisce indicazioni piuttosto precise sulla struttura dei tassi bancari
attivi e passivi e del corrispondente differenziale o spread. Cerchiamo di evidenziare li aspetti di maggior
rilievo.
Anzitutto, come `e ben noto dalla teoria del monopolio/monopsonio, i tassi vengono fissati tramite
lapplicazione di un coefficiente di mark-up sui costi marginali dei prestiti e di un coefficiente di mark-down
sui ricavi marginali dei depositi. Lentit`
a di tali coefficienti dipende dalla relativa elasticit`a della funzione
di domanda od offerta dunque, in ultima analisi, dal grado di concorrenzialit`a dei mercati. Quanto
maggiore `e lelasticit`
a su uno dei due mercati, tanto minore risulter`a essere il coefficiente applicato ossia
tanto pi`
u il corrispondente tasso si avviciner`a ai relativi costi marginali. Per il mercato dei depositi, il
ricavo marginale, astraendo dai costi operativi, consiste nel tasso medio sulle riserve bancarie (libera ed
obbligatoria), k + (1 k)r; parimenti, il costo marginale per il mercato dei prestiti consiste principalmente
nel tasso sui titoli.
In secondo luogo i due mercati, quello dei prestiti e quello dei depositi, sono quasi del tutto autonomi
luno dallaltro. Se infatti 2 C /DL = 2 C /LD = 0 come peraltro `e economicamente plausibile
allora non vi `e nessun termine nel valore di equilibrio di uno dei due tassi che dipenda dallaltro1. Se ad
esempio la banca subisse un innalzamento dei costi relativi alla erogazione del credito, il tasso sui depositi non
ne risentirebbe. Parimenti, un innalzamento del coefficiente di riserva obbligatoria, k, lascerebbe invariato
il tasso praticato alle imprese. Lunica componente che influenza entrambi i tassi bancari, e nella stessa
direzione, risulta essere il tasso sui titoli. Un innalzamento di questo tasso, dovuto ad esempio ad una
politica monetaria restrittiva, determina un pi`
u elevato tasso di interesse tanto sui depositi che sui prestiti,
sebbene lo spread tra i due tassi aumenti in quanto
rD
1k
1
rL
=
<
=
r
1 + 1 /D
1 + 1 /L
r

Osserviamo inoltre che il coefficiente di riserva obbligatoria ha effetto (negativo) sul tasso sui depositi solo
nella misura in cui essa venga remunerata ad un tasso, , inferiore al tasso di mercato, r. Poiche il caso
> r non ha senso economicamente, osserviamo che remunerando la riserva obbligatoria al tasso di mercato,
la distinzione tra riserve libere e obbligatoria sarebbe ininfluente dal punto di vista dei profitti della banca
(come si vede chiaramente dalla (4.6)) e dunque non avrebbe rilevanza ai fini della determinazione dei tassi.
1Questa caratteristica verr`
a meno nel paragrafo successivo, una volta abbandonata lipotesi di massimizzazione del profitto

2. UNAPPLICAZIONE: IL MODELLO KLEIN-MONTI

25

2.2. Il mercato dei prestiti e dei depositi. Proviamo ora ad analizzare il comportamento della banca laddove il suo obiettivo primario non sia la massimizzazione del profitto. In effetti, la moderna economia
dellimpresa suggerisce con chiarezza che lobiettivo del profitto massimo `e pi`
u verosimile laddove lamministrazione e la propriet`
a dellimpresa coincidano poiche `e lazionista a voler vedere massimizzato il valore di
mercato della propria partecipazione. Diversamente, laddove propriet`a e controllo siano chiaramente separati, gli amministratori si preoccupano del livello del profitto solo nella misura in cui esso risulti eccessivamente
basso. In tal caso, infatti, gli azionisti potrebbero cedere le proprie quote e limpresa potrebbe essere scalata
(e dunque il management rimosso) ovvero gli azionisti potrebbero essi stessi promuovere la sostituzione degli
amministratori2. Molto spesso gli amministratori mirano a massimizzare limportanza del proprio ruolo la
quale si identifica con la quota di mercato dellimpresa.
Per tradurre questa semplice considerazione in termini del nostro modello, la banca potrebbe essere
interessata ad espandere il volume del credito erogato, pur facendo salvo un livello minimo del profitto. In
altri termini, indicando con (rL , rD ) la funzione del profitto descritta nella (4.6), il problema diviene ora

max L(rL )

rL ,rD

sotto il vincolo

(rL , rD ) 0

dove con 0 abbiamo indicato una soglia minima di profitti, esogenamente fissata.
Dal punto di vista matematico si tratta di un problema di massimizzazione vincolata che si pu`o affrontare
col metodo dei moltiplicatori di Lagrange ossia risolvendo il seguente problema
max

rL ,rD ,0

L(rL ) + ((rL , rD ) 0 )

sotto il vincolo

((rL , rD ) 0 ) = 0

Le condizioni del primo ordine sono pertanto

(4.10)

(4.11)

(4.12)



C 0

0
0
= L + L (rL r) + L
L
L +
rL
rL



C 0

= D0 [k + (1 k)r rD ] D
D
rD
rD
0

((rL , rD ) 0 )

Osserviamo anzitutto che, poiche per ipotesi, L0 > 0 dalla (4.10) ricaviamo la conclusione che necessariamente > 0 e dunque, dalla (4.12), che (rL , rD ) = 0 e, dalla (4.11), che /rD = 0. Pertanto, dal
paragrafo precedente sappiamo che

rD =

0
k + (1 k)r CD
1 + 1 /D

La (4.10) pertanto si trasforma nella

(4.13)

rL =

r + CL0 1
1 + 1 /L

2Si vedano a tale proposito le considerazioni svolte nella parte di queste note dedicata alla corporate governance

26

4. EQUILIBRIO DI MERCATO: IL MONOPOLIO

dove il valore della variabile si calcola utilizzando la (4.12) 3.


Osserviamo per paragone con la (4.9) ricavata pi`
u sopra, che il tasso sui prestiti sar`a certamente inferiore
a quello che consente di massimizzare i profitti, ossia che la banca offre uno sconto alle imprese allo scopo di
incrementare il pi`
u possibile il volume dei prestiti erogati.
Per rendere la nostra analisi ancora pi`
u generale, supporremo che la banca intenda massimizzare tanto
il volume dei prestiti che dei depositi. Il problema precedente diviene pertanto
max

rL ,rD ,0

L(rL ) + (1 )D(rD ) + ((rL , rD ) 0 )

dove indica il peso relativo del mercato dei prestiti rispetto a quello dei depositi. Si ottengono le condizioni
seguenti:

(4.14)

(4.15)

= L0 +

rL

rD
0 = ((rL , rD ) 0 )

(4.16)

(1 )D0 +

Nuovamente osserviamo che in equilibrio deve aversi > 0 e dunque (rL , rD ) = 0 . Inoltre,

(4.17)

rL =

r + CL0 1
1 + 1 /L

rD =

0
k + (1 k)r CD
+ (1 )1
1 + 1 /D

Evidentemente, il tasso di interesse sui depositi `e superiore a quello relativo alla condizione di massimo
profitto, cos` come il tasso sui prestiti risulta essere inferiore. Lentit`a dello scostamento rispetto ai valori
risultanti dalla massimizzazione del profitto dipende dallimportanza assegnata dalla banca alla propria
posizione sul corrispondente mercato. Inoltre, a differenza che nel caso precedente, anche in assenza di costi
operativi (dunque assumendo C = 0) i due tassi rD e rL risultano tra loro legati. Infatti differenziando la
(4.16) rispetto a rD e rL si ottiene:
0=

drL +
drD
rL
rD

da cui si conclude infine (secondo il teorema della funzione implicita) che


/rD
rL
=
>0
rD
/rL
Osserviamo infatti che rD risulta superiore al valore che massimizza il profitto, di modo che /rD < 0;
in modo speculare si conclude che /rL > 0. Un innalzamento, ad esempio, del coefficiente della riserva
obbligatoria, riduce il tasso sui depositi e con esso quello sui prestiti.
3Naturalmente per poter calcolare in modo esplicito sarebbe necessario conoscere esplicitamente le funzioni D(r ) e
D

L(rL ). Tuttavia possiamo osservare che, essendo il tasso rL inferiore al valore che massimizza i profitti, si ha /rD > 0.
Pertanto, un innalzamento di , determinando un aumento di rD , produce un aumento dei profitti, ossia / > 0. Inoltre,
se 0 `
e inferiore al massimo livello del profitto, allora per sufficientemente alto > 0 . Pertanto, la (4.12) ammette sempre
una soluzione

3. LA SOPRAVVIVENZA DEI MONOPOLI

27

3. La sopravvivenza dei monopoli


La teoria trattata pi`
u sopra `e perfettamente adeguata a descrivere lequilibrio di un mercato in cui
gi`
a esista un monopolio. Non `e invece adeguata a spiegare da dove nasca il monopolio e se esso possa
sopravvivere nel corso del tempo. La domanda non `e irrilevante poiche la necessit`a di proteggere un mercato
monopolistico dallingresso di altre imprese potrebbe far s` che la politica di mercato seguita dal monopolista
si discosti da quella descritta dalla teoria.
Consideriamo il caso di unimpresa che stia valutando la possibilit`a di entrare in un mercato ad esempio
quello della telefonia nel quale opera un monopolista. Naturalmente una questione cruciale `e quella relativa
alla reazione del monopolista ad un eventuale ingresso. Sebbene non abbia un gran senso dal punto di
vista strategico, immaginiamo che lipotesi sia che la quantit`a prodotta attualmente dal monopolista rimarr`
a
invariata anche dopo leventuale ingresso sul mercato di una nuova impresa. Una circostanza nella quale una
tale assunzione non `e del tutto campata per aria `e quella nella quale la variazione delle decisioni produttive
richiedano un lungo periodo di tempo per poter essere attuate.
Poniamo dunque che il monopolista, indicizzato con 0, abbia scelto di produrre la quantit`a q0 = (A
c0 )/2B propria del caso lineare. Se adesso dovesse entrare una nuova impresa essa si troverebbe ad affrontare
il seguente problema

max
q


A + c0
Bq1 q1 C1 (q1 ) F1
2

dove F1 + c1 q1 `e la funzione di costo dellentrante. Ponendo A1 =

A+c0
2

e supponendo A1 > c1 , si nota

facilmente come il nuovo entrante si ritrova ad essere a sua volta monopolista sebbene soltanto per la parte
residua del mercato. La soluzione ottimale `e pertanto data da
A1 c1
2B
Si noti che i prezzi si modificano ora poiche la quantit`a totale prodotta `e
q1 =

A + A1 c 0 c 1
A + c0 + 2c1
P =
2B
4
Di conseguenza i profitti del vecchio monopolista diventano ora
Q=

(A c0 )2 + 2(A c0 )(c1 c0 )
F
8B
Se si raffronta questa grandezza con quella calcolata nella (4.4) non possiamo che concludere che il monopo0 =

lista ha subito delle perdite dallingresso dellimpresa concorrente sul mercato. In effetti tenendo conto della
disuguaglianza

A+c0
2

> c1 si conclude che

0
(A c0 )2 + 2(A c0 )( A+c
c0 )
(A c0 )2
2
F =
F
8B
4B
dove il lato di destra raffigura, come si ricorder`a, i profitti originari del monopolista.

0 <

Tuttavia tale ingresso potrebbe essere scoraggiato fissando una quantit`a q diversa da quella di monopolio.
Il profitto della nuova entrante in funzione della quantit`a prodotta dal monopolista `e infatti:
1 (q0 ) = (A B(q0 + q1 ))q1 c1 q1 F1
ed il suo valore massimo


2
1 A Bq0 c1
=
F1
B
2
Per scoraggiare lingresso sar`
a pertanto sufficiente fissare la produzione q al livello

A c1 2 F1 B
ex
q0 =
B
1 (q0 )

28

4. EQUILIBRIO DI MERCATO: IL MONOPOLIO

che `e certamente meno di quanto si produce in concorrenza perfetta ma senza dubbio superiore a quanto
produrrebbe di norma il monopolista in quanto, applicando la disuguaglianza ( A1 2c1 )2 B1 F1 > 0 si ottiene
q0ex >

A c0
A A1
=
B
2B

Il prezzo diviene
pex = c1 + 2

p
F1 B

ossia leggermente superiore ai costi marginali del nuovo entrante.


Tuttavia questa scelta non `e indolore per il monopolista poiche gli consente di conseguire un livello del
profitto inferiore, pari a

(A c0 )(A c1 2 F1 B) (A c1 2 F1 B)2
F0
B
Consideriamo il caso in cui c0 = c1 = B = F1 = 2, F0 = 0 e A = 8. Se il monopolista segue la regola
=

originale consegue profitti pari a 36/16 = 2, 25; se cerca di ostacolare il nuovo entrante consegue profitti pari
a 4.
Dunque, il timore di nuovi concorrenti potrebbe indurre il monopolista a deviare dalla massimizzazione
del profitto. Incontriamo qui per la prima volta il concetto di concorrenza potenziale. Sulle politiche di
prevenzione della concorrenza potenziale dovremo tornare nel seguito.
4. Discriminazione dei prezzi
In questo capitolo come in tutti i precedenti e in tutti i successivi abbiamo fatto una importante assunzione: che i prezzi fossero lineari ossia che venisse fissato un prezzo unitario indipendente dalla quantit`
a
acquistata. Ci sono numerosi esempi del fatto che non sempre questa politica `e la migliore. Essenzialmente
tutte le tariffe prevedono costi fissi e fasce di prezzo cosicche il prezzo unitario pagato dai consumatori `e
differente a seconda della quantit`
a acquistata. Si parla in tal caso di discriminazione del prezzo.
Immaginiamo che vi siano N consumatori e che ciascuno di essi abbia unutilit`a indiretta per il singolo
bene in questione pari a V n (x, Y n z) definita come nella (2.7). Ammettiamo che il monopolista disponga
di molte informazioni e in particolare conosca esattamente le funzioni V n ed anche i redditi Y n e poniamo
che contempli la possibilit`
a di vendere a ciascun consumatore la quantit`a xn . Naturalmente `e anche in grado
di calcolare il prezzo di riserva di ciascun consumatore e pertanto `e in grado di proporre a ciascuno lofferta
prendere o lasciare rappresentata dal prezzo di riserva. In altre parole, di risolvere il problema
(N
!
)
N
X
X
n
n
n
n
n
n
n
(4.18)
max
z C
x
: V (0, Y ) V (x , Y z )
n=1

n=1

Come ci ricorda Kreps, le condizioni del primo ordine di questo problema sono:
!
N
n
n
X
V
n
n V
1 = n
e
M
C
x
=

Y n
xn
n=1
ossia
(4.19)

MC

N
X
n=1

!
x

V n /xn
V n /Y n

Dunque il monopolista agisce in modo da uguagliare il rapporto tra utilit`a marginale del consumo e del
reddito per ogni consumatore esistente sul mercato. Tale rapporto misura in un certo senso la disponibilit`
a
a pagare dei consumatori ed `e evidente che se qualcuno avesse un valore pi`
u elevato di tale disponibilit`
a,
allora il monopolista troverebbe conveniente spostare la produzione verso di lui. La disponibilit`a a pagare

4. DISCRIMINAZIONE DEI PREZZI

29

dovr`
a inoltre uguagliare il costo marginale della produzione per le stesse ragioni per le quali costo marginale
e prezzo si uguagliano in concorrenza perfetta.
In effetti c`e una certa analogia con il mercato concorrenziale. In un mercato concorrenziale, mettendo
insieme la (2.4), la (3.2) e la (2.6) si ottiene
MC

N
X

!
x

n=1

n
V n /xn
1 du
=

=p
V n /Y n
dxn

Questo risultato ci porta alla conclusione che utilizzando una discriminazione completa del prezzo il monopolista finisce in realt`
a non solo per accrescere i propri profitti ma, sorprendentemente, per produrre
esattamente la medesima quantit`
a che produrrebbe in concorrenza perfetta. Il punto `e che con prezzi lineari
produrre quanto in concorrenza non `e profittevole per un monopolista (nonostante i prezzi eccedano i costi
marginali) poiche accrescere la produzione significa abbassare i prezzi non solo dellultima unit`a prodotta ma
di tutte le unit`
a precedenti. Ci`
o ovviamente non accade se il monopolista pu`o discriminare e quindi vendere
ad esempio la quantit`
a di monopolio al prezzo di monopolio e le unit`a aggiuntive a prezzi pi`
u bassi ma pur
sempre superiori ai costi marginali.
Notiamo che in questo contesto i prezzi saranno altamente non lineari in quanto essi potranno variare
da consumatore a consumatore ed anche a seconda delle quantit`a acquistate. Si parla in tal caso di discriminazione di prezzo del terzo tipo, cio`e appunto di prezzi che possono dipendere tanto dal criterio oggettivo
della quantit`
a acquistata quanto da quello soggettivo della persona che acquista (e della sua disponibilit`
aa
pagare). Si parla in tal caso di discriminazione dei prezzi del primo tipo. Si ha discriminazione del secondo
tipo allorche il prezzo unitario differisce a seconda del numero di unit`a acquistate; si ha discriminazione del
terzo tipo quando il prezzo unitario pagato non dipende dal numero delle unit`a ma non dallidentit`
a del
consumatore.
Questultimo criterio `e in realt`
a spesso problematico perche molti mercati (ma non tutti) sono anonimi,
ossia il venditore non conosce lidentit`
a dellacquirente. In tal caso la politica di prezzo descritta implicitamente dalla (4.19) non pu`
o essere applicata. I casi in cui `e possibile discriminare sulla base dellidentit`
a dei
consumatori sono quelli in cui il produttore `e in grado di tenere ben separati i diversi mercati su cui opera,
come la diversificazione dei prezzi del cinema sulla base dellet`a.
Una illustrazione assai semplice delle conclusioni precedenti si ha nel caso lineare, come rappresentato
nella Figura 4.2. Immaginiamo che la vendita del bene in questione possa essere organizzata con una serie
di contrattazioni distribuite nel tempo. In effetti non `e insolito verificare che un determinato prodotto venga
dapprima offerto sul mercato a certe condizioni di prezzo ma che, ad unofferta successiva, queste condizioni
vengano riviste al ribasso. Si crea in tal modo una discriminazione dei prezzi in cui consumatori diversi pagano
prezzi diversi a seconda del momento in cui effettuano il proprio acquisto. Graficamente, il monopolista vende
dapprima la quantit`
a q1 =

Ac
2B

realizzando i profitti 1 che nella Figura 4.2 sono rappresentati con larea

grigia tratteggiata. Conclusasi questa contrattazione, il monopolista si trova di fronte una quota residua
del mercato che si rappresenta ancora come una domanda lineare dopo aver spostato lasse verticale in
corrispondenza del punto q1 . Su questa porzione del mercato che ha come intercetta verticale A1 =
il monopolista pu`
o ancora realizzare profitti positivi pari a 2 fissando la quantit`a q2 =
n

processo iterativo `e tale per cui alla fase n il monopolista fissa la quantit`a q =
quantit`
a prodotta nei diversi stadi della contrattazione ammonta a
q=

X
n1

qn =

Ac X 1
Ac
=
n
2B
2
B
n1

Ac
2n B .

A1 c
2B

A+c
2

Ac
4B .

> c,

Questo

Complessivamente la

30

4. EQUILIBRIO DI MERCATO: IL MONOPOLIO

p
A

1
2
3
c

q1 = q mon

q 2 q3

q conc

A
B

Figura 4.2. La discriminazione dei prezzi


Dunque si giunge anche in questo semplice esempio alla conclusione che un monopolista che discriminasse
i prezzi tramite offerte successive finisce per produrre complessivamente quanto in concorrenza perfetta.
Dunque una forma di mercato monopolistica in assenza di discriminazione porta ad un equilibrio che `e
socialmente inefficiente nel senso che `e possibile accrescere la produzione senza danneggiare i consumatori
ed accrescendo i profitti del produttore.
Questa conclusione `e largomento principale per il quale, nella teoria cos` come nella pratica, il monopolio
viene considerato un sinonimo dellinefficienza e si ritiene desiderabile promuovere la concorrenza laddove
possibile. Listituzione di autorit`
a per la concorrenza e il mercato, ad esempio nel contesto comunitario,
trova giustificazione in questa semplice analisi.
4.1. Discriminazione del primo tipo. Un esempio classico e significativo di discriminazione del terzo
tipo `e quello nel quale un monopolista allingrosso vende a un certo numero di monopolisti al dettaglio i
quali operano su mercati perfettamente segmentati sui quali possono ben prevalere prezzi del tutto differenti
(ad esempio potrebbe trattarsi di Coca Cola e dei suoi rivenditori nei diversi paesi)4. Immaginiamo che
i dettaglianti siano n = 1, . . . , N e che su ciascun mercato al dettaglio prevalga una domanda lineare del
tipo pn = An Bn xn . Il dettagliante n ha costi Cn (xn ) = (cn + qn )xn dove cn `e il costo produttivo vero
e proprio e qn `e il prezzo pagato al monopolista allingrosso. Come sappiamo dai paragrafi precedenti, il
prezzo praticato, la quantit`
a fornita e i profitti conseguiti sul mercato al dettaglio saranno (si veda la (4.4))
(4.20)

xn =

An c n q n
,
2Bn

pn =

An + c n + q n
,
2

n =

(An cn qn )2
4Bn

Per il monopolista allingrosso, la domanda inversa proveniente dal mercato n-mo ammonta dunque a
qn = An cn 2Bn xn = A0n Bn0 xn con An cn = A0n e 2Bn = Bn0 . Pertanto, egli intender`a fissare i
prezzi, le quantit`
a (e dunque i profitti del dettagliante) nel modo seguente (immaginando che vi sia un costo
4Seguiamo qui [3, pp. 362 e ss.] abbastanza da vicino.

4. DISCRIMINAZIONE DEI PREZZI

31

variabile costante pari a c)


A0n + c
An c n + c
An cn c
(An cn c)2
=
xn =
n =
2
2
4Bn
16Bn
Si noti che il monopolista allingrosso diversifica i prezzi tra i vari mercati se e solo se la quantit`
a

(4.21)

qn =

An cn varia tra luno e laltro. Tuttavia, se egli pu`o praticare prezzi lineari potr`a accrescere ulteriormente
il proprio profitto. Il modo pi`
u facile di fare ci`o `e di aggiungere al costo unitario fissato come sopra una tassa di
concessione ossia un pagamento fisso Fn che ciascun dettagliante dovr`a pagare per il solo fatto di aver diritto
a vendere al dettaglio i suoi prodotti. Ci sono molti esempi nel settore della distribuzione che si avvicinano a
questo esempio. Come verr`
a fissato allora Fn ? Ovviamente sar`a il pi`
u alto possibile ma dovr`a essere tale da
lasciare profitti non negativi al dettagliante. Poiche questi ammontano ora a n = (An cn qn )2 /4Bn Fn
si potr`
a allora fissare
(An cn qn )2
4Bn
ed estrarre in tal modo tutto il profitto possibile dal dettagliante. In tal modo il profitto totale conseguito
Fn =

dal monopolista allingrosso sul mercato n-mo ammonterebbe a


(An cn qn )2
An cn qn
+
2Bn
4Bn
Massimizzando tale espressione rispetto a qn si ottiene
qn + c
0=
ossia
qn = c
2Bn
Il fatto sorprendente di questultimo risultato `e che il monopolista allingrosso finisce per praticare il
(qn c)xn + Fn = (qn c)

prezzo di concorrenza al rivenditore al dettaglio. Questo perche ci`o consente di massimizzare le vendite senza
dover rinunciare ai profitti grazie alla tassa di concessione Fn . Si noti che i profitti del dettagliante sono per
definizione nulli e il prezzo e la quantit`
a al dettaglio diventano ora
An cn c
An + cn + c
pn =
2Bn
2
cio`e gli stessi valori che risulterebbero se il monopolista allingrosso potesse commercializzare direttamente
xn =

i propri prodotti.

Parte 3

Oligopolio

In precedenza abbiamo trattato i casi della concorrenza perfetta e del monopolio. Si tratta evidentemente
di casi estremi ed `e ragionevole pensare che la quasi totalit`a dei mercati si trovi in una posizione intermedia
tra i due. In particolare `e ragionevole pensare che le imprese dispongano di un qualche potere di mercato
pi`
u o meno rilevante sebbene solo in casi specifici si trovino ad essere le uniche a produrre. Ed anche in
tali casi particolari spesso non `e consentito loro di seguire le politiche monopolistiche descritte pi`
u sopra
poiche i mercati caratterizzati dalla presenza di una sola impresa sono spesso attentamente regolamentati e
monitorati da specifiche autorit`
a.
Non `e per`
o solo per ragioni di realismo che `e importante abbandonare i due casi polari della concorrenza
e del monopolio. In un contesto oligopolistico si pone anche un problema decisionale per certi aspetti
nuovo: le decisioni di ciascuna singola impresa non possono prescindere dalle decisioni che ci si attende dalle
imprese concorrenti. Gli effetti sul profitto individuale delle decisioni di produzione dipenderanno infatti
dalle analoghe decisioni prese dalle altre imprese. Dunque ciascuna impresa, prima di fare le proprie scelte,
dovr`
a elaborare una ragionevole congettura circa il comportamento delle imprese rivali. Cosa significhi che
una congettura sia ragionevole `e naturalmente una questione assai complessa. Certamente, per`o, possiamo
dire che `e irragionevole supporre che le altre imprese agiscano senza tenere conto del proprio livello di profitto.
In realt`
a lequilibrio di mercato in un contesto oligopolistico `e una nozione assai pi`
u complessa che
nei semplici casi della concorrenza e del monopolio e chiama direttamente in causa i concetti di soluzione
elaborati dalla Teoria dei Giochi e particolarmente il concetto di soluzione dovuto a Nash. La pi`
u ampia
e completa trattazione della teoria dei giochi fatta ad un livello elementare si trova nel manuale di Kreps
[3], al quale senzaltro rimandiamo non avendo modo di approfondire questo tema in poche pagine. Diciamo
solo che lequilibrio di Nash `e un concetto di equilibrio minimale: si richiede solamente che nessuno dei
giocatori abbia alcun concreto incentivo, una volta nota la scelta degli altri partecipanti, a modificare le
proprie decisioni. Si tratta di un criterio minimale in due sensi. Primo, perche il concetto di equilibrio ha a
che fare per sua natura con lidea che la situazione, in mancanza di elementi nuovi, non debba modificarsi
e dunque che i partecipanti non debbano rivedere le proprie decisioni. Ma `e minimale anche nel senso che
spesso nelle situazioni analizzate emergono molteplici equilibri di Nash. In tal caso, evidentemente, un tale
concetto di equilibrio non `e sufficiente a fornire delle predizioni univoche ed `e necessario introdurre ulteriori
criteri che consentano di selezionare una particolare soluzione rispetto ad unaltra. Nei giochi sequenziali
il criterio che pi`
u frequentemente adotteremo `e quello di perfezione nei sottogiochi o, equivalentemente, di
consistenza dinamica.

CAPITOLO 5

Cournot
Il modello di Cournot `e una semplicissima estensione dl modello di monopolio basata sullipotesi che il
mercato sia popolato da un numero finito di imprese, N . Ciascuna di queste agisce autonomamente dalle
rimanenti. Evidentemente, nel caso N = 1 questo modello coincide con quello del monopolio, mentre ci
attendiamo che con N dovrebbe aversi la convergenza verso il modello concorrenziale.
1. Il modello
Abbiamo dunque q =

PN

n=1 qn

(5.1)

e il problema della singola impresa diviene:


!
N
X
max p
qn qn cn (qn )
qn

n=1

Si noti che in linea di principio ammettiamo la possibilit`a che le diverse imprese abbiano differenti strutture
di costo. Al solito la condizione del primo ordine, in tutto simile alla (4.2), `e:


dp qn
M Cn (qn ) + n = p(1 + p n ) M Cn (qn ) + n
0=p 1+
dq p
ossia
(5.2)

p(1 + p n ) M Cn (qn ) 0

dove abbiamo posto n =

qn
q ,

(p(1 + p n ) M Cn (qn ))qn = 0

la quota di mercato dellimpresa n-ma. Facciamo senzaltro lipotesi che vi sia

produzione, ossia q > 0, poiche il caso opposto non riveste grande interesse. Dunque,
(5.3)

p=

M Cn n
1 + p n

con

n 0, n n = 0

La (5.3) consente di derivare numerose conclusioni, in particolare circa il rapporto tra questa specifica
forma oligopolistica e, alternativamente, concorrenza e monopolio.
Cominciamo col determinare quali siano le imprese che producono e quali no. Ricordando che p < 0 e
osservando che 0 = n n = n M Cn p(n + p n2 ) si conclude
n2 =

p M Cn
n
p|p |

ossia

p M Cn 1
p
|p |
n =

(5.4)

se

p > M Cn

se p M Cn

Dunque vengono escluse dalla produzione tutte e sole quelle imprese i cui costi marginali minimi risultino
superiori al prezzo fissato sul mercato. In altre parole non producono quelle imprese che si troverebbero al
di fuori del mercato anche in concorrenza perfetta. Inoltre un indicatore osservabile del potere di mercato `e
dato dal parametro

P M Cn
P

che misura il mark-up dei prezzi sul costo marginale.

In secondo luogo, le quote produttive di ciascuna impresa sono determinate esclusivamente dai costi
marginali: le imprese con costi pi`
u bassi avranno la quota maggiore. Se i costi fossero i medesimi, allora
35

36

5. COURNOT

necessariamente n = N 1 , il peso economico della singola impresa `e pari al suo peso campionario. In
questultimo caso speciale, ossia di imprese identiche, possiamo anche ottenere qualche conclusione circa il
ruolo del numero di imprese sul meccanismo di mercato. Infatti, il prezzo si avvicina a quello di concorrenza
(resp. di monopolio) quanto maggiore (resp. minore) `e il numero delle imprese presenti sul mercato.
Infine osserviamo che la (5.3) `e perfettamente definita tranne nel caso che vi sia qualche n = 1, . . . , N
tale che p < n1 : il caso p < 1 risulta pi`
u problematico. Addirittura nel caso di imprese simmetriche
`e sufficiente che sia verificata la condizione p > N .
Le conclusioni raggiunte circa il livello dei prezzi hanno, ovviamente, una diretta implicazione circa la
quantit`
a prodotta, dato che la domanda di mercato `e una funzione decrescente dei prezzi. In un mercato
caratterizzato dal comportamento alla Cournot ed imprese identiche si produce un quantit`a complessiva
intermedia tra quella che caratterizza la concorrenza e quella che caratterizza il monopolio.
1.1. Cournot nel modello lineare. Si torni al modello lineare esposto nella (3.4). La condizione del
primo ordine (5.2) diviene ora
AB

N
X

qn Bqn c = 0

n=1

ossia, ponendo qn =

j6=n qj ,

(5.5)

A B qn c
2B

qn =

La (5.5) raffigura la funzione di reazione dellimpresa n ossia la sua risposta ottimale alle scelte delle imprese
concorrenti.
Dunque,
qn

(5.6)

1 Ac
N +1 B
1
N
A+
c
N +1
N +1

N Ac
N
+1 B
2
1 Ac
B N +1

Dunque la quantit`
a `e funzione crescente del numero N di imprese e converge alla quantit`a prodotta in
concorrenza perfetta per N ; i profitti decrescono con N e tendono a 0.
Si noti che la soluzione `e simile anche nel caso che i costi marginali, sempre costanti, possano differire
tra unimpresa e laltra. Infatti sommando rispetto a n si ha
0 = N A N Bq Bq

N
X

cn = N A N Bq Bq N c

n=1

dove si `e posto c = N 1

PN

n=1 cn .

Dunque
q=

N A N c
(N + 1)B

ed anche,
qn =

A + N (
c cn ) cn
A c
c cn
=
+
(N + 1)B
(N + 1)B
B

Concludiamo che ciascuna impresa produce in media la quantit`a

A
c
(N +1)B

pi`
u una componente che `e diretta-

mente proporzionale a c cn ossia alla riduzione dei costi marginali rispetto al valore medio.
Calcoliamo quindi i prezzi ed i profitti i quali ammontano rispettivamente a

2
A + N (
c cn ) cn
1
A + N c
p=
n =
Fn
N +1
N +1
B

` PRODUTTIVA
2. I LIMITI ALLA CAPACITA

37

I profitti sono positivi se e solo se


p
A + N c
Fn B + cn <
N +1
Lespressione dei profitti diviene poi particolarmente semplice nel caso di unidentica struttura dei costi:

2
Ac
1
n =
F
N +1
B
e dunque i profitti sono positivi in tale caso se e solo se
Ac
N +1<
FB

(5.7)

La (5.7), sebbene ottenuta sotto condizioni moto speciali, ci consente alcune considerazioni piuttosto
` evidente in tal caso
generali circa levoluzione dei monopoli. Consideriamo anzitutto il caso F = 0. E
che i profitti delle imprese operanti in un mercato alla Cournot saranno sempre positivi (purche A < c) il
che implica un certo ottimismo circa il prevalere della forma concorrenziale su quella monopolistica. Salvo
che vi siano restrizioni legali o comunque di natura extra-economica (quali ad esempio lesclusivit`a della
tecnologia), la possibilit`
a di realizzare profitti positivi `e destinata ad attrarre un numero via via maggiore di
imprese il cui progressivo ingresso sul mercato implica una graduale riduzione del profitto e la convergenza
alla concorrenza perfetta. Oltre allesistenza di barriere generali allentrata, questo processo `e destinato ad
interrompersi se vi sono significativi costi fissi. Infatti se vi sono costi fissi, allora il mercato potr`a sopportare
solo un numero massimo N di imprese. Il valore di N dipende in modo positivo da A, ossia dal livello
della domanda, e da B 1 , ossia dalla sensibilit`a della domanda al prezzo ed in modo negativo dai costi, sia
fissi F che variabili c. Se trascuriamo il vincolo dei numeri interi possiamo dunque concludere che nel corso
del tempo le imprese operanti sul mercato raggiungeranno il lato di destra della (5.7). In tal caso la quantit`
a
prodotta e il prezzo prevalente saranno rispettivamente
(5.8)

q =

Ac p
F/B
B

p = c +

FB

Questi valori, come `e facile intuire, approssimano abbastanza bene quelli prevalenti in un mercato perfettamente concorrenziale ed anzi coincidono con essi nel caso in cui non vi siano costi fissi. Si ricorder`
a,
tuttavia, che il modello concorrenziale che prescrive luguaglianza tra prezzi e costi marginali non consente
alle imprese di sopravvivere in presenza di costi fissi. Dunque possiamo interpretare la (5.8) come una sorta
di equilibrio di concorrenza sostenibile, nella quale cio`e la concorrenza tra imprese non giunge al punto da
distruggere il mercato, con i costi di benessere che questa eventualit`a comporta per i consumatori e per
lintero sistema economico.
2. I limiti alla capacit`
a produttiva
Abbiamo visto che talune imprese potrebbero finire fuori del mercato se in equilibrio si trovassero ad
avere costi marginali superiori al prezzo: si tratta di un esito endogeno che dipende dalla struttura della
domanda.
Vi possono essere per`
o anche ragioni specifiche perche limpresa sia esclusa dal mercato. Qui in particolare ci interessa discutere dei limiti derivanti dalla capacit`a produttiva. Immaginiamo che limpresa n non
possa produrre pi`
u del quantitativo kn > 0 che `e dato dalla tecnologia di cui essa attualmente dispone. Il
problema visto precedentemente si trasforma ora leggermente poiche dobbiamo tenere conto di un vincolo
di non negativit`
a nella forma qn kn . Se indichiamo con n il moltiplicatore di Lagrange ad esso relativo

38

5. COURNOT

otteniamo la condizione del primo ordine seguente:


(
p[1 + n p ] M Cn n
(5.9)
n (kn qn )

Per comprendere il senso economico della (5.9) poniamoci nel caso in cui i costi marginali sono i medesimi
` evidente che in tale caso se il vincolo di capacit`a `e stringente, ossia n > 0, si avr`
per tutte le imprese. E
a
una riduzione della quota di mercato rispetto a quelle imprese per che producono al disotto della propria
capacit`
a massima. Comprensibilmente.

CAPITOLO 6

Stackelberg
Una delle caratteristiche del modello di Cournot visto in precedenza `e la simmetria tra le imprese. Non
necessariamente, a dire il vero, le imprese debbono avere gli stessi costi ma esse risultano simmetriche dal
punto di vista strategico, poiche nessuna di esse ha alcun vantaggio sulle altre. Il modello di Stackelberg
che ora prenderemo in esame si propone di superare questo modo di vedere. Effettivamente la concorrenza
oligopolistica raramente si svolge tra imprese di pari importanza: in generale spesso vi `e una tra queste che
vanta un qualche vantaggio strategico rispetto alle altre.
Immaginiamo che unimpresa n = 1 sia leader, ossia possa scegliere il proprio livello delloutput prima
degli altri. Le sue decisioni avranno pertanto influenza su quelle delle imprese cosiddette followers. Di tale
influenza limpresa leader cercher`
a di approfittare. Si noti che siamo inpresenza di una diversa struttura
strategica ed il concetto di risoluzione del gioco opportuno `e differente da quello precedente.
In particolare, per n > 1 il problema `e quello consueto visto nella (5.2)
p[1 + n p ] = M Cn
Si noti che ci`
o definisce implicitamente una funzione qn (q1 ). Infatti se q1 cresce qn deve diminuire poiche
altrimenti si avrebbe una variazione del membro di sinistra rimanendo costante quello di destra. In particolare
immaginando che il termine pp n = dp /dq qn rimanga pressoche costante, ogni aumento di q1 inducendo
un ribasso del prezzo di mercato, deve accompagnarsi ad una riduzione dei costi marginali e se, come stiamo
supponendo in queste pagine, ci troviamo nel tratto crescente ci`o significa una riduzione della quantit`
a
prodotta. Il leader `e dunque consapevole che un aumento di q1 induce una riduzione di qn per n = 2, . . . , N .
P
Indichiamo con q1 la quantit`
a prodotta da tutte le imprese diverse dalla 1, ossia q1 = n2 qn . Il leader `e
in grado di conoscere la funzione q1 = q1 (q1 ). Dunque il suo problema di massimizzazione del profitto da
luogo alla seguente condizione del primo ordine
(6.1)

M C1 = p + dp /dq [1 + d
q1 /dq1 ]q1 = p[1 + p (1 + (1 1 )q1 )]

dove q `e lelasticit`
a della somma della quantit`a prodotta dalle altre imprese rispetto alla scelta produttiva
del leader. Dunque
(6.2)

p=

M C1
1 + p (1 + (1 1 )q1 )

0.1. Il modello lineare. Anche per questo modello possiamo calcolare la soluzione nel semplice caso
di un modello lineare. Come abbiamo visto nella (5.5) a pagina 36, la quantit`a ottimale da produrre per i
follower s ammonta a
qn =

Ac 1
qn
2B
2
39

n = 2, . . . , N

40

6. STACKELBERG

Sommando rispetto a n = 2, . . . , N si ottiene


q1

(N 1)

N
Ac 1 X

qn
2B
2 n=2

(N 1)

N
Ac 1 X

(q qn )
2B
2 n=2

=
=
=
=

Ac 1
((N 1)q q1 )
2B
2


Ac
(N 1)
q
B


Ac
(N 1)
q1 q1
B


N 1 Ac
q1
N
B
(N 1)

ossia
N 1 A c q1
+
N
B
N
Per sostituzione otteniamo lespressione della funzione del profitto del leader,


N 1
B
1
1 = A
(A c) q1 c q1 = (A c Bq1 )q1
N
N
N
q = q1 + q1 =

da cui si ricava la condizione del primo ordine seguente:


0 = A c 2Bq1
ossia
Ac
2B
In altre parole il leader produce esattamente la medesima quantit`a del monopolista e dunque assai pi`
u del
q1 =

follower il quale produce invece


qn =

1 Ac
N 2B

Complessivamente si ha inoltre
q=

2N 1 A c
,
N
2B

p=

A + (2N 1)c
,
2N


1 =

Ac
2

2

1
,
BN


n =

Ac
2N

2

1
B

I profitti del leader e dei followers vanno paragonati con quelli ottenuti nella (5.6) per il modello di Cournot
nel caso lineare. Si osserva facilmente che il leader fa profitti pi`
u elevati mentre il follower pi`
u ridotti; inoltre
i profitti del leader sono comunque pari a quelli del monopolista ma divisi per N .
1. Variazioni congetturali
La condizione del primo ordine (6.1) ricavata sopra consente una interessante generalizzazione. In fondo
in tutti i modelli visti finora la variabile discriminante riguarda la reazione che le imprese si aspettano da
parte delle imprese concorrenti quando esse modificano la propria quantit`a prodotta. Possiamo riferirci a
tale grandezza come variazione congetturale e indicarla con f (q1 ). In tal caso la condizione del primo ordine
dellimpresa 1 `e semplicemente
(6.3)

M C1 = p + p0 (1 + f 0 )q1

1. VARIAZIONI CONGETTURALI

41

Nel modello di Stackelberg la variazione congetturale pu`o essere calcolata esattamente dalla funzioni di
reazioni delle imprese follower. Imprese operanti in concorrenza perfetta immaginano che la quantit`a complessivamente prodotta muti al variare della propria produzione, dunque f 0 = 1. Nel caso di monopolio ed
anche in quello di Cournot, le imprese non considerano di avere influenza sulle scelte produttive altrui, dunque f 0 = 0. Infine nel caso di collusione che tratteremo tra breve, possiamo supporre f 0 = q1 /q1 ottenendo
quindi la condizione M C1 = p + p0 q.
Lapplicazione della teoria dei giochi ai modelli di oligopolio nasce dal desiderio di non lasciare indeterminate la variazioni congetturali ma di fornire, piuttosto, unadeguata spiegazione.

CAPITOLO 7

Bertrand
Il modello di Bertrand `e per molti versi un modello classico. Non tanto per il realismo delle ipotesi quanto
piuttosto per le conclusioni assai nette che esso consente di raggiungere e i problemi che esse sollevano. In
poche parole il modello di Bertrand afferma che in situazioni specifiche la presenza di un numero assai
limitato di imprese, anche solo 2, `e sufficiente per ottenere una configurazione di equilibrio identica a quella
concorrenziale vista precedentemente. In particolare il livello del profitto si riduce ai minimi e diviene, in
presenza di costi fissi perfino negativo. Lelemento cruciale di questo modello `e la duplice ipotesi per la
quale le imprese hanno unampia capacit`
a produttiva, essendo ciascuna in grado di servire lintero mercato,
la variabile strategica `e il prezzo e i beni sono tra loro omogenei. Il mercato dei servizi telefonici risponde
abbastanza bene a queste ipotesi.
1. Il modello
Immaginiamo il caso estremo in cui vi siano due sole imprese sul mercato e che esse producano il medesimo
bene, ovvero che gli agenti considerino le due produzioni come perfettamente omogenee. La variabile prezzo
`e dunque discriminante per i consumatori. In particolare la domanda q1 del bene prodotto dallimpresa 1
dipender`
a dai prezzi praticati dalle due imprese nel modo seguente:

q(p1 )
se p1 < p2

0
se p1 > p2
q1 (p1 , p2 ) =

1 q(p ) se p = p
1
1
2
2
Lipotesi che in caso di prezzi identici le imprese si dividano equamente il mercato `e naturalmente una
semplificazione del tutto irrilevante.
Immaginiamo per comodit`
a che i costi marginali delle imprese siano costanti di modo che
ci (qi ) = Fi + ci qi
Per identificare lequilibrio di Nash dobbiamo considerare vari scenari e valutare se in ciascuno di essi sussista
o meno lincentivo per le imprese a comportarsi in modo diverso. Consideriamo le cose dal punto di vista
dellimpresa 1.
(1) p1 c1 . In questa situazione quanto pi`
u limpresa produce quanto pi`
u essa perde. I suoi profitti
infatti ammontano a 1 = F1 (c1 p1 )q1 dove q1 `e la quantit`a eventualmente prodotta dallimpresa 1. I profitti saranno dunque sempre non superiori a F1 il livello che si consegue scegliendo
p1 = c1 che risulta pertanto la scelta ottima;
(2) c1 p2 . In questo caso limpresa 1 fisser`a p1 = c1 . Infatti in tal modo copre i costi marginali e,
qualora p2 = c1 , si prende met`
a del mercato mentre se p2 < c1 non riesce comunque a competere;
(3) p2 > c1 . In tal caso limpresa ha mercato solo se fissa un prezzo intermedio tra p2 e c1 , ad esempio
1
2 (p2 + c1 ):

esso garantisce comunque la copertura dei costi marginali (dunque non implica perdite)

e, nel caso p2 > c1 , consente di accaparrarsi lintero mercato.


43

44

7. BERTRAND

Mettendo insieme i tre casi esaminati non `e difficile rendersi conto che lunico intervallo di prezzi ragionevoli
per limpresa 1 `e c1 < p1 < p2 se p2 > c1 oppure p1 = c1 ; parimenti il prezzo dellimpresa 2 verr`a a trovarsi
nellintervallo c2 < p2 < p1 oppure p2 = c2 . Poiche i due intervalli sono incompatibili tra loro, bisogner`
a
che una delle due imprese produca al proprio costo marginale, ad esempio p2 = c2 , e che laltra si collochi
nellintervallo (c1 , c2 ) se c1 < c2 oppure p1 = c1 nel qual caso limpresa 2 potr`a ulteriormente rivedere le
proprie scelte e porre p2 (c1 , c2 ). Se invece dovesse valere c1 = c2 = c allora lunica soluzione possibile e
p1 = p2 = c.
In altre parole, se le imprese sono tra loro identiche la concorrenza di prezzo le porta a fissare il prezzo
al proprio costo marginale, uguale tra le due. Se invece dovesse valere c2 < c1 , allora si avrebbe p1 = c1 e
c2 < p2 < c1 . In tal caso limpresa meno efficiente viene eliminata dal mercato e non produce nulla. Tuttavia
la sua presenza non `e irrilevante poiche limpresa che rimane non `e libera di fissare il prezzo a proprio piacere,
come farebbe invece un autentico monopolista, ma deve comunque rispettare il vincolo p2 < c2 violando il
quale la concorrenza dellaltra impresa tornerebbe ad essere effettiva.
Dunque anche in un contesto molto prossimo a quello monopolistico si hanno esiti del tutto comparabili
con quelli concorrenziali. In particolare, come gi`a notato parlando di concorrenza perfetta, lesistenza di
costi fissi implica che le imprese debbano conseguire profitti negativi e che dunque lequilibrio di mercato
sia in realt`
a sostenibile. Inoltre, la concorrenza alla Bertrand seleziona le imprese pi`
u efficienti e consente
di esercitare una pressione concorrenziale anche ad imprese che non siano attualmente operanti sul mercato.
Si introduce cos` il concetto di concorrenza potenziale sul quale torneremo parlando di mercati contendibili.
In realt`
a rimane una piccola incertezza. Laddove c2 < p2 < p1 limpresa 2 `e libera di fare quel che
vuole e i suoi profitti sono funzione crescente del prezzo. Conviene fissare il prezzo pi`
u alto possibile ma
tale valore `e appunto p1 che rimette limpresa 1 in condizioni di competere. Tuttavia `e evidente che p1 = p2
non sar`
a mai una soluzione ottimale per limpresa 2. In termini strettamente matematici dovremo allora
concludere che non esiste soluzione; pi`
u creativamente immagineremo che limpresa 2 fissi il prezzo a livello
p1 -50 centesimi.
2. I vincoli alla capacit`
a produttiva
Immaginiamo ora che le due imprese descritte pi`
u sopra debbano rispettare un vincolo di capacit`
a
produttiva, ossia qn kn . Per semplicit`
a poniamo uguali i costi marginali. Ci chiediamo quali conseguenze
abbia un tale vincolo sulle strategie di prezzo delle due imprese.
La novit`
a sta nel fatto che in tale situazione potrebbe risultare perfettamente plausibile la politica
dellimpresa 1 di fissare p1 > p2 perche cos` facendo limpresa concorrente potr`a comunque produrre pi`
u di
k2 lasciando pertanto libera una parte del mercato sulla quale limpresa 1 `e di fatto monopolista. Nel caso
in esame, limpresa 2 si troverebbe monopolista su quella quota di mercato che `e descritta dalla funzione di
domanda residua pk2 (q) p(k2 + q)1.
Si tratta di valutare se i profitti di monopolio cos` conseguiti siano sufficienti a compensare limpresa 1
per la perdita della quota k2 del mercato. In caso contrario, limpresa 1 troverebbe preferibile competere
con limpresa 2 sui prezzi, come gi`
a visto nel paragrafo precedente. Evidentemente la risposta dipende
dallammontare della capacit`
a produttiva dellimpresa concorrenziale.
Indichiamo con q(c) la dimensione del mercato qualora le due imprese vendano la propria produzione ad
un prezzo corrispondente al costo marginale. Indichiamo inoltre con qi (kj ) la quantit`a ottimale da produrre
1Si noti che implicitamente abbiamo assunto che la produzione dellimpresa 2 si ripartisca uniformemente tra tutti i

consumatori.

` PRODUTTIVA
2. I VINCOLI ALLA CAPACITA

45

per limpresa i qualora limpresa j produca in corrispondenza della propria capacit`a massima. Ossia qi (kj )
risolve lequazione
dP
q (kj ) + P (qi (kj ) + kj ) = c
dq i
Teniamo inoltre in evidenza il prezzo p(k1 + k2 ) stabilito dal mercato qualora le imprese vendano entrambe
lintera capacit`
a produttiva. Si tratta in sostanza del minimo prezzo che il mercato potr`a mai offrire di
pagare, in corrispondenza del massimo livello di offerta.
La soluzione che stiamo cercando richiede di ragionare su alcuni casi separatamente. Una conclusione
generale si pu`
o tuttavia formulare: lequilibrio di Nash, se esiste, si ha nel caso

(7.1)

p1 = p2 = max{p(k1 + k2 ), c}

Per dimostrare questa affermazione procediamo per esclusione. Innanzitutto osserviamo che la strategia
pi < max{p(k1 + k2 ), c} non ha senso economico poiche implica che limpresa produca o al disotto del proprio
costo marginale oppure al disotto del minimo prezzo che il mercato `e disposto a offrire. Poniamo dunque
il caso che p2 > p1 max{p(k1 + k2 ), c}. Questo non pu`o essere un equilibrio nel senso di Nash. Infatti,
se 1 ne ha la possibilit`
a vorr`
a espandere quanto pi`
u possibile la produzione finendo o col coprire lintera
domanda di mercato (ed obbligando 2 a non produrre nulla) oppure con lessere razionata. Nel primo caso
sar`
a limpresa 2 a voler cambiare strategia; nel secondo limpresa 1 pu`o comunque alzare leggermente il
prezzo senza superare quello fissato dallimpresa 2: in tal modo continuer`a a produrre k1 ma ad un prezzo
pi`
u alto. Consideriamo invece il caso che p2 = p1 > max{p(k1 + k2 ), c}. In questa circostanza non pu`
o
essere che siano entrambe le imprese razionate dunque ve n`e almeno una che potrebbe incrementare i propri
profitti diminuendo i prezzi in modo impercettibile ed incrementando di conseguenza la produzione. Dunque
neppure questo pu`
o essere un equilibrio di Nash. Ovviamente non abbiamo ancora mostrato se e sotto quali
condizioni la condizione (7.1) effettivamente corrisponda ad un equilibrio.
Caso 1: ki qi (kj ) per entrambe le imprese. Osserviamo che in corrispondenza della (7.1) si
ha che o entrambe le imprese sono necessariamente razionate (e dunque non possono aumentare la propria
produzione) oppure producono in corrispondenza del proprio costo marginale. In entrambi i casi ridurre il
prezzo non avrebbe senso poiche non porterebbe che ad una riduzione dei profitti. Un aumento del prezzo,
invece, potrebbe risultare ottimale solo se limpresa deviante, poniamo la 1, si avvicinasse in tal modo alla
quantit`
a ottimale q1 (k2 ). Tuttavia ci`
o non pu`o essere poiche, per ipotesi, q1 (k2 ) k1 . Dunque lequilibrio `e
senzaltro rappresentato dalla (7.1): entrambe le imprese producono in corrispondenza della propria capacit`
a
massima ed hanno il medesimo prezzo, ossia p1 = p2 = max{p(k1 + k2 ); c}.
Caso 2: ki q(c) per entrambe le imprese. Questo `e senza dubbio il caso pi`
u semplice poiche
corrisponde al modello di Bertrand originale: ciascuna impresa `e in grado di coprire lintera domanda di
mercato ai propri costi marginali. Come si `e visto lunico equilibrio `e p1 = p2 = c (infatti, p(k1 + k2 ) < c).
Caso 3: qi (kj ) < ki < q(c) per almeno una delle due imprese. Si tratta del caso pi`
u difficile da
trattare: infatti non esiste alcun equilibrio di Nash. Infatti, la configurazione (7.1) non `e ora un equilibrio
poiche limpresa 1 ha incentivo a deviare essendo per ipotesi in grado di produrre la quantit`a q1 (k2 ) che `e
ottimale qualora q2 = k2 . Il fatto che non vi sia alcun equilibrio in strategie pure non esclude che vi possa
essere un equilibrio in strategie miste. Questo punto esula dal nostro specifico interesse. Tuttavia gli autori,
Kreps e Scheinkman, dimostrano che nel caso in esame lequilibrio in strategie miste da luogo ad un livello
del profitto atteso inferiore a quello del follower nel gioco di Stackelberg.

46

7. BERTRAND

3. La scelta della capacit`


a
Veniamo ora alla scelta della capacit`
a produttiva immaginando che essa avvenga in una fase precedente
quella nella quale vengono determinati i prezzi. Abbiamo visto che lesito di Betrand si ha in realt`a solo in
un caso.
Immaginiamo che la funzione di costo dellimpresa sia ora
c(qi ) = F + rki + cqi
dove r `e dunque il costo relativo alla installazione della capacit`a produttiva.
Anche ora conviene suddividere il problema in alcuni casi particolari.
caso 1. In questo caso, come si `e visto, le due imprese producono in corrispondenza della propria
capacit`
a massima, al prezzo p(k1 + k2 ) e conseguono pertanto profitti pari a
(7.2)

i (ki , kj ) = p(ki + kj )ki F (c + r)ki

La massimizazione del profitto `e in tutto e per tutto simile a quanto avviene nel modello di Cournot, in
quanto entrambe le imprese decidono simultaneamente la propria quantit`a. Dobbiamo ovviamente verificare
che la soluzione di tale caso effettivamente appartenga alla regione che stiamo considerando in questo caso.
Osserviamo che lespressione (7.2) `e in tutto simile a quella rilevante per calcolare la quantit`a qi (kj ) con
la differenza che i costi marginali sono ora maggiori e, per conseguenza, il livello ottimale della produzione
necessariamente inferiore: ossia, ki qi (kj ) il che garantisce che effettivamente ci troviamo nel caso 1.
Quanto ai rimanenti casi 2 e 3 `e facile osservare che i profitti conseguiti in entrambi sono pari rispettivamente a quelli di Bertrand (e dunque negativi) e del follower di Stackelberg. In entrambi i casi inferiori
ai profitti di Cournot e decrescenti nel livello della capacit`a produttiva istallata. Le due imprese, di conseguenza, hanno incentivo a trovarsi in queste regioni e decideranno di investire il minimo possibile in capacit`
a
produttiva, dunque ki = ki .

CAPITOLO 8

Hotelling
Come abbiamo visto nel modello di Bertrand la concorrenza pu`o avere esiti distruttivi qualora vi sia
elevata elasticit`
a dellofferta e della domanda. Questultimo elemento deriva in quel modello dalla ipotesi che
i beni offerti sul mercato dalle diverse imprese siano perfetti sostituti e che dunque debba necessariamente
prevalere un unico prezzo. Tuttavia, cos` come abbiamo visto che linvestimento in capacit`a produttiva pu`
o
rappresentare una via duscita dal paradosso di Bertrand, cos` anche linvestimento in qualit`a, generando la
differenziazione dei prodotti pu`
o attenuare lelasticit`a della domanda e modificare il risultato di Bertrand.
Questo tema `e loggetto del modello di Hotelling che, pur essendo un contributo assai vecchio alla teoria
economica, ha avuto una certa riscoperta in tempi relativamente recenti. Daltronde, che le imprese investano
in modo cospicuo al solo scopo di differenziare il proprio prodotto `e un fatto assai evidente. In qualche misura
il modello di Hotelling pu`
o considerarsi la giustificazione offerta dalla teoria economica al marketing.

1. Il modello
Due imprese operano sul mercato scegliendo due variabili cruciali: la collocazione del prodotto sul
mercato e il prezzo di vendita. Queste scelte avvengono in tempi successivi, dapprima la collocazione e poi
il prezzo. Si tratta quindi di un gioco sequenziale nel quale il concetto di soluzioni maggiormente adeguato `e
quello di equilibrio perfetto nei sottogiochi. Per ottenere questa soluzione `e utile adottare un procedimento
a ritroso ossia di induzione allindietro. Dapprima si analizza la miglior politica di prezzo per ogni dato
collocamento, e poi si valuta quale sia la scelta migliore circa il posizionamento del prodotto.
Anzitutto va chiarito che tanto i prodotti quanto i consumatori si caratterizzano per un elemento che
chiameremo tipo e che rappresentiamo come una variabile distribuita sullintervallo [0, 1]. Lutilit`
a, ad
esempio, che il consumatore di tipo t deriva dal consumo del bene i (i = 1, 2) `e data dallespressione:
(8.1)

Ut (Pi , xi ) = ut pi (xi t)2

Si tratta di una funzione di utilit`


a monetaria in cui lutilit`a diminuisce quanto pi`
u il prodotto si allontana
dal tipo ideale del consumatore, t. La variabile xi pu`o alternativamente essere 0 o 1: la decisione da
prendere `e solo se acquistare o meno il prodotto. Ogni scostamento dal tipo ha la medesima importanza,
indipendentemente dalla circostanza che sia una deviazione in difetto o in eccesso.
Possiamo pensare al tipo come ad una specifica caratteristica del prodotto che pu`o essere assente t = 0
o presente in vari gradi. Si pensi alla presenza di conservanti nei prodotti alimentari. Ciascun consumatore
gradisce una determinata proporzione di tali sostanze. Tuttavia `e possibile offrire uninterpretazione geografica del modello in cui t identifica la dislocazione del consumatore il quale vorr`a senzaltro rivolgersi al
produttore a lui pi`
u prossimo (ad esempio per minimizzare i costi di trasporto).
Dobbiamo ricordare che questo modello di Hotelling ha conosciuto anche numerose applicazioni alla
teoria politica, nella quale i produttori sono in realt`a schieramenti politici, i consumatori gli elettori e la
dislocazione ha a che fare con lopinione degli elettori su di una specifica questione.
47

48

8. HOTELLING

La forma quadratica del costo che appare nella (8.1) `e ovviamente solo una delle possibili rappresentazioni
matematiche del costo della distanza. Unaltra sarebbe ad esempio la distanza assoluta, |xi t|. Il vantaggio
della distanza quadratica `e la differenziabilit`a; tuttavia una certa parte dei risultati che si ottengono in questo
modello dipendono da questa scelta. Unaltra assunzione che ha un significato economico specifico ma che
non `e neutra, `e quella secondo la quale i consumatori sono distribuiti in modo uniforme sullintervallo [0, 1].
La funzione di frequenza cumulata sar`
a indicata con G(t). Supporremo convenzionalmente che sia limpresa
1 quella che si colloca pi`
u a sinistra, ossia assumeremo x1 < x2 . Usiamo inoltre la notazione x = x1 + x2
Dalla (8.1) `e facile concludere che il consumatore t-mo decider`a di acquistare il bene 1 se e solo se
p1 + (x1 t)2 p2 + (x2 t)2
ossia se e solo se




p2 p1
1 p
1
+x =
+x
2 (x2 x1 )
2 x
dove abbiamo scelto di semplificare un po la notazione ponendo p = p2 p1 e x = x2 x1 . La domanda
t

che limpresa 1 si trova di fronte `e dunque data dalla somma delle quantit`a acquistate da tutti i consumatori
e, poiche ciascuno di questi pu`
o solo acquistare o non acquistare, dalla percentuale di consumatori che sceglie
il prodotto dellimpresa 1. Dunque,


1 p
(8.2)
D1 =
+x
2 x

D2 = 1 D1 =

1
2


2x

p
x

Si tratta evidentemente di scegliere p1 e x1 in modo da massimizzare i profitti.


2. La strategia di prezzo
Come abbiamo detto sopra, consideriamo momentaneamente dati i tipi x1 < x2 e concentriamo lattenzione sulla strategia del prezzo. Dalle condizioni del primo ordine


1 p
p1 M C 1
0 = D1 + (p1 M C1 )dD1 /dp1 =
+x
2  x
 2x
(8.3)
1
p
p2 M C2
0 = D2 + (p2 M C2 )dD2 /dp2 =
2x

2
x
2x
Dalla (8.3) otteniamo le funzioni di reazione delle due imprese, ossia la scelta del prezzo ottimo delluna in
funzione del prezzo fissato dallaltra. In particolare:
(
p1 (p2 ) = 1/2[p2 + M C1 + x x]
(8.4)
p2 (p1 ) = 1/2[p1 + M C2 + x (2 x)]
ossia
(
(8.5)

p1

1/3[2M C1 + M C2 + x (2 + x)]

p2

1/3[2M C2 + M C1 + x (4 x)]

Dunque abbiamo calcolato il livello ottimale dei prezzi il quale, come ben si vede dalla (8.5) dipende
dalla scelta del tipo di prodotto. Calcoliamo ora il livello dei profitti

(8.6)

181 [(c2 /x ) + 2(2 + x)c + x (2 + x)2 ]

181 [(c2 /x ) 2(4 x)c + x (4 x)2 ]

Il caso speciale M C1 = M C2 = c `e particolarmente interessante. Si ricava allora dalla (8.4)


p1 = c + 1/3x (2 + x)

e p2 = c + 1/3x (4 x)

4. COLLUSIONE

49

e
(8.7)

181 x (2 + x)2

181 x (4 x)2

` facile concludere che i profitti sono funzione crescente del parametro che pu`o legittimamente interE
pretarsi come espressione della preferenza per la diversit`a. Infatti lintero modello si basa sul fatto che se
il mercato gradisce la diversificazione dei prodotto questo consente alla imprese di ridurre lelasticit`a della
domanda al prezzo che, come visto nel modello di Bertrand, `e lelemento che distrugge ogni possibilit`
a di
profitto. Si noti infatti che nel caso x1 = x2 necessariamente p1 = p2 = c e dunque si torna al modello di
Bertrand.
3. La strategia della qualit`
a
Consideriamo ora il problema di come scegliere nel modo migliore il tipo di prodotto. Non `e difficile
dalla (8.7) derivare la seguente espressione:
1
= 181 (x2 3x1 2)(2 + x) < 0
x1
Ci`
o significa che per limpresa 1 `e desiderabile differenziarsi al massimo dallimpresa 2 e cio`e porre x1 = 0.
Al contempo, data una tale scelta si ha

2
= 181 (4 x22 ) > 0
x2 x1 =0
Dunque anche per limpresa 2 sar`
a desiderabile differenziarsi quanto pi`
u possibile scegliendo la collocazione
x2 = 1.
I prezzi e i profitti di equilibrio divengono:
p1 = p2 = c +

1 = 2 =

Si noti che questa conclusione rimane vera anche nel caso pi`
u generale ma solo se limpresa 2 `e quella
ad avere una struttura di costi meno efficiente, ossia se c > 0. Infatti ad entrambi i profitti marginali
dovremmo aggiungere il medesimo termine

c

1
+2
2x2

che `e positivo se limpresa 2 `e quella con costi maggiori. In tal caso limpresa 2 avr`a un incentivo ancora
maggiore a differenziarsi accrescendo x2 , mentre limpresa 1 potrebbe non averne affatto. Per un valore
sufficientemente elevato di questultimo termine, infatti, si potrebbe avere come scelta ottima x1 = 1 e
x2 = 0. In altri termini, la differente struttura dei costi risolve unambiguit`a del modello di Hotelling, ossia
quale delle due imprese debba trovarsi nella parte alta del mercato. Con costi identici questo problema non
ha soluzione perche ciascuna delle due imprese potrebbe trovarsi indifferentemente sui due lati del mercato.
Vi `e quindi un problema di coordinamento da risolvere.
4. Collusione
Anche nel caso di costi identici, la soluzione vista pi`
u sopra coincide con quella che prevarrebbe in
condizioni collusive, ossia se vi fosse un unico soggetto a decidere il posizionamento sul mercato delle due

50

8. HOTELLING

x12

x 2 x1

x1

Figura 8.1. La minimizzazione del massimo di due funzioni


produzioni. Assumiamo p1 = p2 = p. Chiaramente sceglieranno il prodotto x1 tutti coloro per cui vale
t x/2, purche lutilit`
a complessivamente conseguita sia positiva, ossia purche
p u (x1 t)2

0 t x/2

Analogamente per il bene 2 deve valere la disuguaglianza:


p u (x2 t)2

x/2 t 1

Poiche entrambe le disuguaglianze devono valere per ogni t nel supporto, avremo
( 
)
2
x2 x1

2
2
(8.8)
p u max x1 ;
; (1 x2 )
2
Se, ad esempio, si avesse x1 > 1 x2 , x , allora sarebbe possibile ridurre x1 ottenendo con ci`
o di
ridurre il valore del massimo che figura sul lato destro della (8.8). Poiche il profitto massimo si consegue
in corrispondenza del prezzo massimo, la scelta delle quote x1 e x2 in condizioni di collusione implica
x1 = x . Seguendo il medesimo ragionamento fatto sopra osserviamo che se 1 x2 > x = x1 , allora `e
possibile accrescere x1 e x2 in modo da avere 1 x2 = x e, inconseguenza di ci`o, aumentare i profitti.
Questo argomento `e facilmente comprensibile guardando la Figura 8.1 nella quale la linea spessa rappresenta
il massimo tra le due funzioni raffigurate ed il minimo si trova, evidentemente, nel punto in cui esse si
intersecano.
In sintesi la massimizzazione dei profitti porta necessariamente con se la conclusione
x1 = 1 x2 =

x2 x1
2

ossia

x1 = 1/4, x2 = 3/4, p = u /16

Dunque se fosse un unico soggetto a scegliere il posizionamento dei prodotti sul mercato la differenziazione sarebbe pi`
u contenuta di quanto accada nel modello di Hotelling. In effetti ci`o si verifica perche la
differenziazione implica delle esternalit`
a: quando unimpresa accresce il proprio differenziale rispetto allaltra
le sottrae delle quote di mercato di modo da accrescere il proprio profitto ma non necessariamente il profitto

6. MOLTE IMPRESE

51

aggregato. In condizioni competitive vi `e dunque un eccesso di differenziazione che favorisce i consumatori


estremi rispetto a quelli mediani.
5. La localizzazione pura
Esamineremo ora il medesimo modello, lasciando tuttavia alle imprese il solo strumento della scelta della
localizzazione, essendo i prezzi dati. Linteresse per questo caso `e duplice. Da un lato potremmo considerare
questa situazione come il secondo stadio di un gioco multiperiodale nel quale le imprese scelgono dapprima
i prezzi e, dati questi, la localizzazione. Daltro canto, abbiamo gi`a ricordato che il modello di Hotelling si
utilizza anche nella scienza politica identificando gli schieramenti politici con le imprese. Un partito pu`
o
tuttavia decidere unicamente come collocarsi nello schieramento politico ma la variabile prezzo non trova
alcun corrispettivo in questo contesto.
In tal caso limpresa/partito 1, che si colloca a sinistra dello schieramento, riceve profitti pari a
1 =

1
(p c)x
2

Tale quantit`
a `e massima in corrispondenza di x1 = x2 cosicche lunico equilibrio simmetrico `e caratterizzato
da piattaforme identiche con x1 = x2 = 1/2. I due partiti si concentrano pertanto sullelettore mediano.
La ragione di questo risultato, simmetricamente opposto a quello del classico modello di Hotelling, `e che i
consumatori/elettori che si trovano nelle code della distribuzione non cambiano preferenza in seguito ad uno
spostamento verso il centro poiche questo non modifica la distanza relativa bens` quella assoluta: per un
elettore di sinistra votare un partito di centro-sinistra `e pur sempre preferibile allalternativa di votare un
partito di centro-destra, nonostante le distanze tra i due partiti si siano fatte minori.
6. Molte imprese
Il gioco di Hotelling pu`
o essere esteso senza troppe complicazioni per considerare un numero arbitrario
di imprese, N . Avremo dunque le variet`
a x1 , . . . , xN con limpresa n che produce una variet`a intermedia
tra n 1 e n + 1. Perche la posizione delle imprese sia pienamente simmetrica, poniamo anche che la
variet`
a prodotta dallimpresa N sia intermedia tra quella dellimpresa N 1 e dellimpresa 1. In tal modo
la rappresentazione geometrica non potr`
a pi`
u essere quella lineare vista in precedenza bens` quella circolare.
Se la funzione di utilit`
a delagente t `e del tipo (8.1), allora egli preferir`a la variet`a n alla n + 1 se e solo
se
t

1
2

pn+1 pn
+ xn+1 + xn
(xn+1 xn )

e preferir`
a la variet`
a n alla n 1 se e solo se


1
pn pn1
t
+ xn1 + xn
2 (xn xn1 )
Assumendo come prima che la distribuzione dei consumatori sulla circonferenza sia uniforme, la domanda
complessiva per la variet`
a n ammonta a


1
pn+1 pn
pn1 pn
(8.9)
Dn =
xn+1 xn1 +
+
2
(xn+1 xn ) (xn xn1 )
La condizione del primo ordine diviene dunque


1
pn+1 2pn + M Cn
pn1 2pn + M Cn
0=
xn+1 xn1 +
+
2
(xn+1 xn )
(xn xn1 )

52

8. HOTELLING

da cui si ricava infine il prezzo ottimale per limpresa n:




1
pn+1 (xn xn1 ) + pn1 (xn+1 xn )
(8.10) pn (pn1 , pn+1 ) =
M Cn +
+ (xn+1 xn )(xn xn1 )
2
xn+1 xn1
Nellipotesi di costi identici le imprese vorranno fissare il medesimo prezzo e distanziarsi uniformemente luna
dallaltra, come nel modello a 2 sole imprese. La (8.10) diviene allora

n
1

, xn = , Dn =
, n =
N2
N
2N
2N 3
Linteresse per questa conclusione sta nel fatto che troviamo conferma dellosservazione gi`a fatta a

(8.11)

pn = M C +

proposito del modello di Cournot e per la quale laumento del numero delle imprese presenti sul mercato
riconduce lequilibrio verso la concorrenza perfetta.

CAPITOLO 9

La differenziazione dei prodotti


Il modello di Hotelling descritto nel capitolo precedente ci offre lopportunit`a di trattare con solo qualche
minore variazione matematica il tema della differenziazione verticale. Come abbiamo visto, nel modello di
Hotelling le imprese sono differenti per localizzazione, ossia non esiste una gerarchia assoluta tra i prodotti
poiche ciascun consumatore preferisce scostarsi il meno possibile dal proprio tipo. Possiamo parlare in tal
caso di differenziazione orizzontale nel senso che la qualit`a dei prodotti non `e pi`
u o meno elevata bens` pi`
u
o meno vicina al tipo del consumatore. La situazione cambia ovviamente nel caso in cui tutti preferiscano,
a parit`
a di prezzo, la qualit`
a pi`
u elevata ovvero se esiste una chiara gerarchia nella qualit`a dei prodotti.
La prima differenza rispetto al modello di Hotelling `e che ora la qualit`a `e una caratteristica per cos` dire
oggettiva e non pi`
u una variabile strategica.
1. Il modello di Dixit e Stiglitz
Nel modello di Dixit e Stiglitz laspetto preso in esame `e quello della differenziazione orizzontale. I
consumatori presentano una funzione di utilit`a nella quale rientra in modo esplicito la preferenza per la
variet`
a. Infatti vi sono N beni ed i consumatori hanno preferenze descritte dalla funzione di utilit`a seguente
PN
x
1
(9.1)
U (x1 , . . . , xN ) = n=1 n

Essi si trovano inoltre ad affrontare un vincolo di bilancio che prende la forma


N
X

(9.2)

pn xn = M

n=1

Il parametro (che nel seguito non rivestir`a un interesse particolare) compare nella versione originale di
Dixit e Stiglitz ed indica che solo una parte del reddito potrebbe essere disponibile per finanziare i consumi.
Evidentemente, nel caso = 1, per il consumatore non fa alcuna differenza la composizione della produPN
zione aggregata poiche conta esclusivamente il totale, n=1 xn . Questo
dei beni perfetti sostituti.
P`e il caso
PN
N
1

Al contrario, per < 1 vale come noto la disuguaglianza n=1 xn >


.
n=1 xn
Massimizzando la funzione di utilit`
a si trova le seguenti condizioni del primo ordine:
x1
= pn
n

n = 1, . . . , N

dalla quali otteniamo xn = (pn ) 1 ed anche


N
X

xn =

n=1

N
X

pn xn = M

n=1

Ricaviamo cos` la funzione di domanda

xn = pn 1 P

(9.3)

N
n=1

pn 1

1Si consideri, a titolo desempio, N = 10 e x = 10 per n = 1, 2, . . . , 10.


n

P
N

n=1

xn

= 100 = 102
53

Si ha

PN

n=1

xn = 10 10 = 101+ e

54

9. LA DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI

Dunque lelasticit`
a di prezzo della domanda del bene n ammonta a 1/(1 ) (in valore assoluto).
Applichiamo ora questo modello di domanda ad una struttura di mercato nella quale per ogni variet`
a vi
`e un solo monopolista, ossia in cui ciascuna impresa produce un bene differenziato da quello delle altre.
Applicando la formula di prezzo propria del monopolio, si ottiene che il prezzo verr`a fissato dallimpresa n
al livello
pn = 1 M Cn

(9.4)

La (9.4) indica che, laddove vi sia preferenza per la diversit`a (ossia < 1), il prezzo eccede il costo
marginale. Se invece i beni sono perfettamente sostituibili gli uni agli altri, allora il prezzo viene fissato al
livello del costo marginale, conformemente a quanto visto nel modello di Bertrand. In effetti in questultimo
caso, i consumatori sceglieranno di consumare il bene che costa meno e dunque i produttori vorranno fissare
il prezzo pi`
u basso possibile senza scendere al disotto dei costi marginali.
In presenza di costi fissi e con costi marginali e medi costanti e pari a cn , i profitti saranno positivi se e
PN
solo se Fn (pn cn )xn = pn xn (1 ). In termini aggregati ci`o implica n=1 Fn M (1 ) ossia
N M
dove abbiamo posto F N = N 1

PN

n=1

1
FN

Fn . Poniamo il caso speciale nel quale i costi siano identici per tutte

le imprese, dunque Fn = F e cn = c. In tal caso si avr`a pn = 1 c e


xn =

M
N c

Inoltre, se il numero N delle imprese operanti `e cresciuto fino al punto di annullare ogni profitto, si deriva
(9.5)

F = (1 1)cx = px(1 )

da cui si conclude
N = M

1
F

xn =

F
1 c

2. Il modello di Shaked e Sutton


Laccezione un po speciale in cui gli autori di questo modello intendono il concetto di differenziazione
verticale `e racchiuso nella funzione di utilit`a seguente:

(9.6)

Um (xn = 1, pn ) = (m pn )un

dove ui indica lutilit`


a ricavata dal consumo del bene n-mo e m `e il tipo che misura limportanza della qualit`
a
rispetto al prezzo e che supporremo sia distribuito uniformemente sullintervallo [a, b]. Si noti che m pu`
o
equivalentemente interpretarsi come il livello del reddito di cui dispone lindividuo: in questultima accezione
il termine m p indica il reddito residuo.
Poiche supporremo 0 < u1 < . . . < uN e vogliamo considerare il caso in cui la qualit`a possa anche essere
molto bassa, ossia u1 < a, `e necessario modificare leggermente il modello di Hotelling introducendo lipotesi
di un limite inferiore alla distribuzione del reddito. u0 contrassegna il livello dellutilit`a conseguito se non si
effettua alcun consumo.
Anzitutto, il consumatore preferir`
a acquistare il tipo 1 anziche non fare alcun acquisto se e solo se
mu0 < (m p1 )u1 ossia
m>

p1 u1
p1 r1 m1
u1 u0

2. IL MODELLO DI SHAKED E SUTTON

55

dove abbiamo implicitamente definito


(9.7)

rn =

un
un un1

mn = pn1 (1 rn ) + pn rn

n = 1, . . . , N

e p0 = 0.
Naturalmente la scelta potrebbe volgere verso beni di altro tipo e in particolare il consumatore preferir`
a
il tipo n rispetto al tipo n 1 se e solo se
m>

pn un pn1 un1
= mn
un un1

e dunque se e solo se lagente `e sufficientemente ricco.


Osserviamo che, come sarebbe ovvio aspettarsi, una struttura dei prezzi nella quale pn pn+1 non
avrebbe alcun senso economico poiche lascerebbe limpresa n-ma senza mercato alcuno potendosi avere un
maggior livello di utilit`
a ad un prezzo inferiore2. Restringiamo allora lattenzione a strutture dei prezzi
strettamente crescenti rispetto alla qualit`
a. Parimenti possiamo limitarci a considerare il caso in cui mn >
mn1 poiche nel caso opposto m > mn1 implicherebbe m > mn : gli unici consumatori disponibile a
scegliere il bene n 1 contro il bene n 2 sarebbero tuttavia pi`
u inclini ad acquistare il bene n anziche n 1
ed anche in tal caso non ci sarebbe mercato per il bene n 1.
Venendo alla massimizzazione del profitto dobbiamo osservare che in questo modello produrre una qualit`
a
superiore consente un vantaggio ossia di indurre, col ribasso del proprio prezzo, anche il ribasso del prezzo
dellimpresa che produce la quantit`
a immediatamente inferiore. Portando tale strategia al limite, le imprese
di maggior qualit`
a possono giungere ad escludere quelle di qualit`a inferiore. Immaginiamo che le imprese non
sopportino alcun tipo di costi e consideriamo anzitutto le condizioni del primo ordine dellimpresa leader, la
quale conta su di un segmento di mercato pari a (mN , b] ed ha pertanto profitti pari a
N = pN

b mN
ba

Da questa si deriva la condizione del primo ordine seguente:


0=

b pN 1 (1 rN ) 2pN rN
ba

da cui a sua volta si ottiene la soluzione


(9.8)

pN =

1 b(uN uN 1 ) + pN 1 uN 1
2
uN

Si noti che
1 b(uN uN 1 ) + buN 1
1
= b
2
uN
2
Parimenti, limpresa di qualit`
a n avr`
a profitti pari a
m
n+1 mn

mn a

ba
m

a
n+1
n = p n
mn+1 a > mn

ba

0
mn+1 < a
pN

Il lato di destra rappresenta la domanda per i beni di qualit`a n. Evidentemente, se mn+1 < a tutti i
consumatori preferiscono il bene n + 1 al bene n e dunque per i beni di qualit`a uguale o inferiore a n non vi
`e mercato.
2Sostituendo p p
e i consumatori con reddito inferiore a pn1 preferiscono
n
n1 nella (9.7) si ottiene mn pn1 . Poich

accontentarsi del livello di riserva u0 e non comprare nulla anzich


e acquistare n 1, si conclude che per ognuno di essi c`
e una
alternativa strettamente preferibile allacquisto di n 1.

56

9. LA DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI

Massimizzando i profitti si ottiene la condizione del primo ordine seguente:


0 = mn+1 + 2mn [(1 rn+1 ) rn ] (1 rn )pn1
Dunque limpresa fisser`
a i prezzi secondo la regola
pn

pn

<

1 pn+1 un+1 (un un1 ) + pn1 un1 (un+1 un )


2
un+1 (un+1 un1 )

Si noti che
1 pn+1 un+1 (un un1 ) + pn+1 un1 (un+1 un )
2
un+1 (un+1 un1 )
1
=
p
2 n+1
 (N n)
1
b
<
2

Si noti inoltre che, dalla condizione del primo ordine si deduce


0 = mn+1 2mn + (1 rn+1 )pn + (1 rn )pn1 < mn+1 2mn
ossia

 (N n)
1
1
< mn+1 <
b
2
2
Questo risultato `e interessante poiche la distanza tra i prezzi ed anche tra le soglie di reddito mn `e di
mn

tipo geometrico ossia i prezzi decrescono in modo esponenziale al decrescere della qualit`a. Ci`o `e necessario
affinche ciascuna impresa non soffra troppo della concorrenza dellimpresa che la domina direttamente e
sapendo che limpresa da questa dominata dovr`a supinamente accettare un tale tetto ai propri prezzi se
vorr`
a operare sul mercato.
Unimplicazione rilevante `e che alcune imprese potrebbero essere escluse dal mercato. In particolare
tutte quelle il cui indice n soddisfa la disuguaglianza
 (N n+1)
1
b<a
2
ossia
(9.9)

n<N

ln(a/b)
ln(1/2)

Dunque se ad esempio a = 2K b allora limpresa n < N K `e esclusa dal mercato. In questo caso
dunque laumento del numero dei prodotti, ossia di N , non ha alcun effetto oltre una certa soglia poiche le
imprese che si aggiungono rimarranno fuori dal mercato o si sostituiranno ad altre gi`a operanti. Altra cosa
sarebbe invece se per ogni qualit`
a di beni prodotti vi fossero pi`
u imprese in concorrenza tra loro.

Parte 4

Cartelli e Collusione

Abbiamo finora considerato situazioni nelle quali le imprese seguono il paradigma della teoria dei giochi
non cooperativi, ossia ciascuna segue un proprio criterio sebbene spesso, in analogia col dilemma del prigioniero, questo approccio produca esiti non efficienti per la collettivit`a. Daltro canto, la stessa realt`a empirica
suggerisce che talvolta le imprese si uniscono in un cartello per ottenere condizioni maggiormente favorevoli.
Lesistenza di cartelli `e tuttavia un elemento problematico e solleva numerose questioni interessanti relative
alla sostenibilit`
a.

CAPITOLO 10

La collusione
Lidea del comportamento collusivo si riassume nellobiettivo di rendere massimi non gi`a i propri profitti
individuali bens` i profitti aggregati. In qualche modo `e come se le N imprese esistenti sul mercato si
comportassero alla stregua di ununica impresa. La forma esplicita di tali accordi collusivi pu`o variare
notevolmente nella realt`
a, andando dalla fusione ad una semplice pratica non esplicitata tra le imprese. Il
pi`
u delle volte per poter partecipare ad un cartello le imprese devono sottoscrivere taluni accordi nei quali
viene esplicitamente regolato il comportamento di ciascuna. La necessit`a di una forma scritta, come si vedr`
a,
nasce dalla considerazione che i cartelli sono soggetti al rischio del comportamento opportunistico di alcune
imprese partecipanti.
1. Il modello base
Lobiettivo `e dunque quello seguente
(10.1)

max

q1 0,...,qN 0

N
X

(
p

n=1

N
X

!
qn

)
qn cn (qn )

n=1

Come vedremo subito, i vincoli di non negativit`a hanno un ruolo importante da giocare in questo modello ed
`e dunque bene tenerne conto esplicitamente.

dp

p + dq q M Cn + n
(10.2)
n qn

, q
n

Dalla (10.1) deriviamo le condizioni del primo ordine seguenti:


=
=

0
dove

q=

N
X

qn ,

i = 1, . . . , N

n=1

La (10.2) consente un certo numero di conclusioni. Anzitutto consideriamo il caso M Cn = c, ossia il


caso in cui le imprese hanno i medesimi costi. Se ne deduce
(10.3)

p=

c
1 + p

ossia la medesima condizione ottenuta in condizioni di monopolio. Ovviamente se il profitto aggregato


corrisponde a quello del monopolista, quello individuale sar`a presumibilmente pari ad un N -mo di tale
quantit`
a. Dobbiamo sottolineare che questo `e in realt`a solo un esito verosimile poiche non vi `e nulla nella
(10.1) che dica in che modo il profitto totale vada ripartito tra le imprese partecipanti. Anzi, questo `e
senzaltro uno dei problemi maggiori allinterno di un cartello di imprese. Come gi`a visto dal raffronto tra
monopolio e Cournot, la quantit`
a prodotta in condizioni di collusione `e inferiore a quella prodotta nel modello
di Cournot. Infatti in questultimo schema ciascuna impresa avendo come obiettivo il proprio profitto non
tiene conto del fatto che le proprie scelte produttive implicano unesternalit`a: laumento della quantit`
a
prodotta riduce il prezzo e quindi i profitti per tutte. Pertanto nel modello di Cournot le imprese finiscono
per produrre troppo nel senso che si danneggiano lun laltra senza aver alcuno strumento per concordare
preventivamente le proprie decisioni di produzione.
59

60

10. LA COLLUSIONE

Torniamo al caso generale in cui le imprese possono avere costi diversi. Non `e difficile ricavare dalla
(10.2) la conclusione
M C n M C m = n m

(10.4)

n 6= m

Nonostante la sua semplicit`


a, la (??) ci dice che in un cartello la produzione viene effettuata solamente
da quelle imprese il cui costo marginale corrisponde al minimo di tutto il cartello. Infatti, M Cn > M Cm
implica n > m 0 e dunque qn = 0. Le altre imprese infatti non sono sufficientemente efficienti per poter
produrre poiche lo spostamento della produzione dalle imprese con alti costi a quelle con costi pi`
u bassi
di per se accresce il profitto collettivo. Questa situazione particolare rende evidente quale sia il problema
della suddivisione dei profitti allinterno dei cartelli. Poiche ad alcune imprese potrebbe essere chiesto di non
produrre affatto, a quale titolo potrebbero queste partecipare alla spartizione dei profitti? C`e da attendersi
infatti che la distribuzione dei profitti avvenga in ragione del contributo alla produzione.
Si osservi che se venissero escluse dal cartello le imprese con costi marginali pi`
u elevati le quantit`
a
prodotte dalle imprese rimanenti continuerebbero a soddisfare la (10.2) se i prezzi rimanessero invariati al
livello dato dalla (10.3). Tuttavia per quel livello dei prezzi potrebbero esservi imprese tali che p > M Ci >
M C. Per queste, in assenza di costi fissi rilevanti, produrre una quantit`a positiva `e comunque redditizio.
Tuttavia, la produzione di imprese meno efficienti modificherebbe il prezzo e abbasserebbe i profitti anche
per le imprese efficienti consorziate in un cartello per ipotesi.
Dunque, sebbene sia inverosimile che imprese che non partecipano alla produzione del cartello ricevano
una quota proporzionale dei profitti totali, tuttavia non `e verosimile neppure che queste possano essere
escluse senzalcun costo. Potrebbe infatti verificarsi il caso che ai prezzi fissati dal cartello qualcuna delle
imprese escluse dal cartello abbia incentivo a produrre alterando in tal modo le condizioni del mercato. In
tal caso per convincere le imprese meno efficienti a rimanere fuori dal mercato `e necessario che esse siano
debitamente remunerate.
Infine, si torni al problema (10.1). Si noti che il problema si pu`o riscrivere in modo equivalente nel modo
seguente
(10.5)

max p(q)q
q0

minP

{q1 0,...,qn 0:

N
X

N
n=1

qn =q}

Cn (qn )

n=1

ossia nel modo


max p(q)q C(q)

(10.6)

q0

dove abbiamo definito


(10.7)

C(q) =

minP

{q1 0,...,qn 0:

N
X
N
n=1

qn =q}

Cn (qn )

n=1

Da questa riscrittura impariamo che il problema affrontato dalle imprese che partecipano ad un cartello
si suddivide naturalmente in due problemi distinti. Il primo, come determinare la quantit`a complessivamente
prodotta, `e del tutto analogo a quello del monopolista. Una volta stabilita la quantit`a aggregata, si pone il
problema di come minimizzare il costo complessivo necessario per produrre tale quantit`a, ossia il problema
(10.7). Dunque, la quota produttiva assegnata a ciascuna impresa risponde solo ed unicamente ad un
problema di minimizzazione dei costi complessivi, ossia di efficienza.

` DEI CARTELLI
2. LA FRAGILITA

61

Si osservi che le condizioni del primo ordine della (10.7) sono

M Cn + n
n qn
= 0

(q PN q ) = 0
n=1 n

da cui si ricava il valore del moltiplicatore , pari a


PN
M Cn qn
= n=1
q
ossia alla media dei costi marginali, ponderata per la quantit`a prodotta dalle singole imprese.
1.1. Collusione nel modello lineare. Poniamoci una volta di pi`
u nel contesto del modello lineare
visto nel paragrafo 1.1 nel quale la funzione di domanda e di costo hanno la forma (3.4).
Consideriamo due tipi di imprese, luna con costi c1 q e c2 q rispettivamente, con c2 > c1 . Per semplificare
le cose supponiamo che vi sia una sola impresa per ciascuno dei due tipi. Come si `e visto pi`
u sopra la
soluzione di collusione `e identica a quella di monopolio (ad eccezione dei costi fissi), dunque

2
A c1
1
1 A c1
q2 = 0, q = q1 =
, p = (A + c1 ), m =
2B
2
B
2
Dunque limpresa 2 rimane essenzialmente fuori dal mercato. Dobbiamo per`o immaginare che essa partecipi
comunque agli utili. Infatti se le due imprese operassero individualmente si avrebbe, secondo il modello di
Cournot,
(10.8)

q1 =

A 2c1 + c2
,
3B

q=

2A c2 c1
,
3B

p=

A + c2 + c1
,
3

C
1 =

1
B

A 2c1 + c2
3

2

Osserviamo che la quantit`


a prodotta `e superiore nel caso le due imprese agiscano separatamente e dunque
i profitti inferiori. Infatti

2 
2 
2 
2
A 2c1 + c2
A 2c2 + c1
A c1 c2
A c1
+

3
3
3
2
Limpresa 1 `e dunque disponibile a pagare allimpresa 2 un ammontare pari a

2
1 A 2c2 + c1
min
B
3
purche questa si astenga dal partecipare al mercato. Contemporaneamente, limpresa 2 sa di poter chiedere
allimpresa 1 fino a
max

(

A c1
2

2

A 2c1 + c2
3

2 )

Tra questi due estremi, min < max , si svolge la trattativa tra le due imprese.
2. La fragilit`
a dei cartelli
Sebbene i cartelli rappresentino una soluzione efficiente al problema di come allocare la produzione
allinterno di un determinato insieme di imprese operanti sullo stesso mercato, tuttavia non `e una soluzione
nel senso di Nash. Ci`
o praticamente significa che non `e verificata la condizione per la quale, date le scelte
degli altri componenti il cartello, la singola impresa ha incentivo a modificare le proprie scelte. In altre
parole, nonostante lefficienza, le imprese partecipanti ad un cartello hanno un incentivo a violare gli accordi
produttivi.

62

10. LA COLLUSIONE

Consideriamo infatti il caso di costi identici (dunque tutte le imprese producono). Ricordiamo dalla
(10.1) che i prezzi ammontano a
p=

MC
1 + p

Ricalcolando il livello ottimale della produzione per la singola impresa si ottiene la condizione seguente del
primo ordine:
(10.9)

p[1 + p n ] M C > p[1 + p ] M C = 0

Ci`
o significa che in corrispondenza dellequilibrio collusivo esiste un forte incentivo per le imprese che partecipano al cartello ad accrescere la produzione. La ragione sta nuovamente nel fatto che, laddove prevalga il
criterio del profitto individuale, nascono delle esternalit`a: il cartello non accresce la produzione poiche tiene
conto del complessivo impatto di tale decisione sui prezzi ma la singola impresa riversa parte di tale impatto
sui profitti delle rimanenti imprese e dunque dalla decisione di accrescere la produzione sopporta un costo
assai minore, proporzionato alla propria quota di mercato.
La formazione di cartelli `e dunque un elemento problematico per la teoria economica, una sorta di
paradosso. E non solo nel caso in cui alcune imprese siano meno efficienti di altre, visto in precedenza. Di
quali strumenti deve dotarsi un cartello per poter bilanciare gli incentivi individuali a rompere gli accordi?
Si noti che il problema ha una portata assai pi`
u ampia e ricade nel vasto capitolo dei beni pubblici.
Laccordo collusivo considerato qui non `e diverso da molte situazioni nelle quali esiste un bene comune ed un
costo individuale che `e necessario sostenere affinche tale bene sia reso disponibile. Lesempio pi`
u evidente `e
quello nel quale, dato il contributo cn sostenuto dallindividuo n-mo, lammontare del bene fornito `e pari a
PN
N 1 n=1 xn , la media dei contributi di tutti i partecipanti. Possiamo allora immaginare che la funzione di
utilit`
a dellindividuo ennesimo sia
PN
Un (x1 , . . . , xN ) = b

n=1

xn

cxn

Dovendo scegliere quanto contribuire, si terr`a conto della condizione


b
c
N
Dunque anche se il beneficio conseguito dal bene pubblico ammonta a b > c pu`o ben darsi il caso in
valga b < N c per cui nessun individuo desideri, sul piano individuale, partecipare alla produzione. Questa
situazione pu`
o considerarsi paradigmatica di tutte le istituzioni politiche e sociali e si incontra spesso nella
applicazioni della teoria dei giochi alla scienza politica.
Lanalisi svolta fino a qui si `e basata sul comportamento di una singola impresa, supponendo che le
altre tengano fede agli impegni collusivi. In altre parole non abbiamo dato una nozione di equilibrio ma
semplicemente abbiamo mostrato che la soluzione collusiva non `e un equilibrio di Nash. Possiamo per`
o
immaginare che lalternativa al cartello sia che ciascuna impresa decida autonomamente quanto produrre,
ed in tal caso si perviene allequilibrio corrispondente al modello di Cournot.
La domanda che vogliamo ora affrontare `e se vi sia qualche mezzo per rendere stabili gli accordi collusivi.
Intuitivamente vi deve essere qualche costo derivante dalla rottura degli accordi affinche questi ultimi risultino
stabili. Parte di tali costi richiede di analizzare un contesto multiperiodale poiche in un solo periodo di tempo
per definizione al comportamento scorretto della singola impresa non pu`o seguire alcuna ritorsione.

4. COLLUSIONE MULTIPERIODALE

63

3. La fragilit`
a dei cartelli nel modello lineare
Ritorniamo ulteriormente sul modello (3.4) di pagina 19. Il profitto di collusione corrisponde a quello
monopolistico ed ammonta dunque per la singola impresa a

2
Ac
1
n =
BN
2
Consideriamo il caso in cui la prima impresa prenda in esame la possibilit`a di deviare da un tale accordo.
N 1Ac
In tal caso essa prende per data la produzione x
1 =
realizzata dalle imprese concorrenti. La
N
2B
massimizzazione del profitto produce come risultato la condizione seguente:
c = A Bx
1 2Bx1
da cui si ricava
A c Bx
1
AcN +1
=
2B
4B
N
Dunque la quantit`
a complessiva e il prezzo sono pari rispettivamente a
x1 =

A(N + 1) + c(3N 1)
A c 3N 1
e p=
4B
N
4N
Conseguentemente il profitto di deviazione per limpresa 1 ammonta a

2 
2
Ac
N +1
(N + 1)2
(N 1)2 + 4N
1 = 1

= 1
= 1
> 1
4B
2
N
4N
4N
x=

1 / cresce quante pi`


Dunque lincentivo a deviare, commisurato al rapporto
u sono le imprese coinvolte
1
nel cartello.
4. Collusione multiperiodale
Consideriamo ora un contesto nel quale le decisioni produttive debbano essere ripetute ad ogni periodo
t = 1, . . . , T . Il profitto intertemporale conseguito dallimpresa ammonta a
(10.10)

(T ) =

T
X
t=1

t
(1 + r)t

dove t `e il profitto conseguito in ogni singolo periodo e r `e il tasso di interesse che supporremo costante nel
tempo. Lobiettivo dellimpresa `e dunque il valore attuale del flusso di profitti futuri. Poniamo = (1+r)1 .
Lesistenza di una serie di periodi futuri, ossia della ripetizione del gioco, modifica le conclusioni raggiunte precedentemente perche ora, a differenza del gioco uniperiodale, le conseguenze delle azioni correnti
potrebbero aversi nei periodi successivi. Se ad esempio un impresa viola gli accordi di cartello potrebbe nei
periodi successivi subire costi che non si colgono nellambito di un solo periodo.
Consideriamo ad esempio la strategia cosiddetta tit-for-tat o anche trigger strategy. Limpresa segue
la strategia collusiva fintanto che non si verifica una violazione e la abbandona in favore del criterio della
massimizzazione del profitto individuale appena si verifica una violazione. Ci chiediamo se giocare una simile
strategia sia un equilibrio di Nash.
La risposta dipende dalla durata del gioco, in particolare dal fatto che lorizzonte sia finito o meno. Se
`e finito, la risposta `e negativa come `e facile comprendere dal seguente ragionamento. Il gioco che si gioca
nellultimo periodo `e a tutti gli effetti un gioco uniperiodale, dunque se anche nessuna impresa ha violato i
patti precedentemente, senzaltro lo faranno tutte nellultimo periodo. Il penultimo periodo, essendo noto
lesito del gioco in quello successivo, `e anchesso assimilabile ad un gioco uniperiodale e pertanto nessuna
impresa ha incentivo a rispettare i patti. Ragionando in questo tipico procedimento allindietro si giunge alla

64

10. LA COLLUSIONE

conclusione che le imprese non rispetterebbero mai laccordo di cartello. In effetti questo comportamento
sleale `e un equilibrio di Nash poiche, se perseguito da tutte le altre imprese, nessuna, individualmente
considerata, avrebbe interesse a comportarsi diversamente. Dunque anche nel contesto multiperiodale al
collusione non `e un equilibrio di Nash se il gioco si ripete un numero finito di volte.
Consideriamo ora il caso del gioco di durata infinita, in cui la funzione obiettivo `e dunque
(10.11)

t t

t=1

La differenza, rispetto al caso con orizzonte finito considerato in precedenza, sta nel fatto che non esiste ora
un periodo finale nel quale le azioni delle imprese sono prive di conseguenze successive e dunque il problema
non pu`
o vedersi come la somma di tanti giochi uniperiodali. Per verificare se giocare la trigger strategy sia
un equilibrio di Nash, identifichiamo tre distinti livelli di profitto uniperiodale. Il profitto di collusione, di
e rispettivamente. Si noti che, dallanalisi precedente, corrisponde
deviazione e individualistico, ,
a quello conseguito violando laccordo che viene invece
allequilibrio di Cournot, a quello di collusione e
> > .
rispettato dagli altri. Naturalmente, come abbiamo gi`a visto,
Immaginiamo che tutte le imprese giochino la trigger strategy e valutiamo se ad una singola impresa
risulti conveniente allontanarsi dalle regole del cartello ad una qualche data futura, T . In tal caso, fino alla
data T nessuno ha ancora deviato e quindi il profitto conseguito `e quello cooperativo; alla data T limpresa
per ricevere da T + 1 in poi, causa la strategia giocata dagli
rompe gli accordi conseguendo il profitto
altri. Dunque

t =

per t < T
per t = T
per t > T

da cui si ottiene ,
T +1

T
T
T +
) (
)]
+
=
+
[(
1
1
1
1
) (
) la quale si interpreta come il
La risposta sta dunque nel segno della grandezza (

guadagno netto scontato di una deviazione dagli accordi di cartello. In particolare il profitto intertemporale
`e funzione crescente di T se e solo se (si ricordi che < 1)
(10.12)

< = +

1
r

ossia
(10.13)


r<

ovvero

>

In tal caso la strategia ottimale prevede che si ponga T = ossia che si rispettino gli accordi e dunque si segua
la trigger strategy la quale risulta pertanto un equilibrio di Nash. Nel caso opposto, se la (10.12) `e violata,
allora converr`
a violare gli accordi e, in particolare, farlo quanto prima possibile: in effetti in presenza di un
tasso di sconto conviene conseguire subito lextraprofitto relativo alla rottura del cartello anziche attendere.
Si noti che il lato destro della (10.12) dipende in modo inverso dal tasso di interesse. Un innalzamento di
questultimo di entit`
a sufficiente a invertire la disuguaglianza rende conveniente abbandonare la strategia
del colpo su colpo per allontanarsi dal cartello. Lorizzonte temporale infinito e il taso di interesse basso
contribuiscono a rendere maggiormente oneroso il costo di abbandonare il cartello.
j
T +1
1Utilizzando la nota formula per la quale PT t =
.
t=j

4. COLLUSIONE MULTIPERIODALE

65

Lanalisi precedente potrebbe dare limpressione che la stabilit`a dei cartelli dipenda in modo esclusivo
dal tasso di interesse e non dalle misure poste in essere dal cartello stesso. Ci`o tuttavia non `e del tutto
corretto in quanto la durata del periodo t, t + 1 pu`o interpretarsi come il tempo necessario al cartello per
verificare eventuali deviazioni e procedere a punirle. Quanto pi`
u breve si fa questo periodo tanto inferiore
dovr`
a essere il tasso di interesse da applicare e dunque quanto pi`
u efficace la deterrenza e stabile il cartello.
4.1. Il modello di Bertrand. Nel caso ad esempio del modello di Bertrand, la collusione consente
alle imprese di fissare il prezzo al livello di monopolio e dunque conseguire profitti complessivi pari a quelli
del monopolista. Consideriamo un cartello di N imprese: = N 1 mon . Rompendo gli accordi limpresa
deviante abbassa di pochissimo il prezzo e si accaparra lintero mercato percependo pertanto profitti pari
= mon . Infine se nessuna impresa coopera ciascuna vende al costo marginale e i
approssimativamente a
profitti sono nulli = 0. La (10.12) diventa pertanto
1
N 1
da cui si comprende che la possibilit`
a di mantenere gli accordi dipende in modo (inverso) dal numero delle
r<

imprese partecipanti. Questa conclusione ripristina almeno in parte un principio che pareva contraddetto
dal modello statico di Bertrand e cio`e quello per il quale lesito concorrenziale `e maggiormente verosimile
in presenza di numerose imprese. In effetti parlando del modello di Bertrand non avevamo considerato in
modo esplicito la possibilit`
a per le imprese di colludere tra loro.
4.2. Il modello di Cournot. Nel caso di concorrenza alla Cournot abbiamo in caso di collusione, come
nel caso visto pi`
u sopra, le imprese riescono a produrre in corrispondenza della configurazione di monopolio.
Il profitto individuale ammonta dunque a
1
=
BN

Ac
2

2

Se una delle imprese devia da tale accordo far`a senzaltro profitti pi`
u elevati. Consideriamo il caso del
modello lineare (3.4) visto sopra.
Se le imprese non colludono ed operano secondo il tradizionale modello di Cournot, allora il loro profitto

2
1 Ac
sar`
a, come gi`
a visto, =
. Pertanto il cartello potr`a sopravvivere se e solo se
B N +1
r<

(N 1)2
4
4N
<
2
2
(N + 1) N + 3
N

Possiamo notare che il termine di destra `e senzaltro minore di 1 per ogni N 1 e che tende a 0 quando N
aumenta. Dunque anche nel caso del modello di collusione con strategie di quantit`a laumento del numero
delle imprese rende sempre pi`
u difficile mantenere gli accordi di collusione. Si noti che la conclusione non
dipende ne dai parametri del mercato (e particolarmente dalla dimensione A del mercato) ne dalla struttura
dei costi marginali. Naturalmente parte di queste conclusioni potrebbe mutare al di fuori del modello lineare
considerato qui.

Parte 5

Lentrata sul mercato

Abbiamo gi`
a avuto alcune occasioni di osservare nei capitoli precedenti che il prezzo prevalente sul
mercato `e influenzato non solo dalla concorrenza delle imprese che operano in esso ma anche da quella
esercitata da imprese che potrebbero farvi ingresso. Si tratta di un tema cruciale delleconomia industriale
sia sul lato della teoria che delle applicazioni.
Questa osservazione ci introduce al tema oggetto di questultima parte nella quale vogliamo studiare un
mercato caratterizzato da imprese in posizione asimmetrica, alcune gi`a operanti o, come si dice, insediate ed
altre potenziali entranti. In molti casi sar`
a sufficiente limitarsi a considerare due sole imprese. Le domande
che ci interessa porre sono: quale influenza esercita la presenza di imprese potenziali entranti sul mercato?
esistono strategie tramite le quali le imprese insediate possono scoraggiare lingresso di nuove imprese e quali
sono i relativi costi?
Tre sono i punti cruciali da tenere a mente. Primo: la decisione di entrare o meno in un mercato
sta a monte di qualunque altra quali quelle inerenti la quantit`a prodotta o il prezzo di vendita. Pertanto,
nella logica degli equilibri perfetti nei sottogiochi `e la decisione che deve essere presa per ultima, una volta
determinate le scelte ottime nel caso limpresa entri o non entri. Secondo, la scelta di entrare dipende in
modo cruciale dal comportamento che ci si attende dalle imprese gi`a operanti in risposta allingresso di
un nuovo concorrente. Questo punto `e determinante e caratterizza le differenze che intercorrono tra i vari
approcci. Terzo, il problema perde ogni interesse se limpresa insediata ha la possibilit`a di rivedere le proprie
strategie di prezzo/quantit`
a in modo istantaneo. Infatti in tal caso essa non `e tenuta a prendere nessuna
decisione prima dellingresso dellimpresa potenziale concorrente potendo aspettare leffettivo ingresso sul
mercato.

CAPITOLO 11

I mercati contendibili
La contendibilit`
a1 vuole essere una nozione diversa da quella di concorrenza, sebbene ad essa correlata.
In questo approccio le imprese non operanti sul mercato possono esercitare un modo assai specifico di
competere con quelle insediate ossia possono decidere di partecipare temporaneamente al mercato secondo
una strategia comunemente detta hit and run. Se le imprese insediate producono al di sopra dei propri costi
medi (e dunque realizzano profitti), allora una nuova impresa che pure non potrebbe stabilmente operare sul
mercato riuscirebbe tuttavia ad entrare sul mercato e vendere la propria produzione ad un prezzo inferiore
rispetto a quello fissato dallimpresa insediata. Cos` facendo essa si accaparrerebbe unampia parte di mercato
e conseguirebbe profitti positivi. Naturalmente i presupposti perche una tale strategia risulti fattibile sono
necessari alcuni requisiti: (i ) che non vi siano rilevanti costi irrecuperabili (o sunk costs) i quali inciderebbero
sulla profittabilit`
a di una simile strategia e (ii ) che quanto meno nel breve periodo le imprese insediate non
abbiano la possibilit`
a di modificare i propri prezzi e rendere cos` inefficace liniziativa della nuova entrante.
Vediamo di rendere maggiormente precisi questi concetti con una semplice formalizzazione.
1. La contendibilit`
a
Definiamo anzitutto una configurazione di mercato {qn ; p : n = 1, . . . , N } come ammissibile se
N
X

qn = q(p)

pqn C(qn ) 0

n=1

ossia il mercato viene soddisfatto e ciascuna impresa ha profitti non negativi. Si osservi che immaginiamo
unidentica struttura dei costi.
Una configurazione di mercato {qn ; p : n = 1, . . . , N } `e sostenibile se non esiste alcuna coppia (q 0 , p0 )
quantit`
a prezzo tale che q 0 q(p0 ), p0 p e p0 q 0 C(q 0 ) 0. In altre parole affinche la configurazione sia
sostenibile non deve essere possibile che unimpresa offrendo un prezzo inferiore riesca a coprire una parte
del mercato e fare profitti positivi.
Un mercato si dice contendibile se non ammette equilibri che non siano sostenibili. Non `e difficile
concludere che in un mercato contendibile i prezzi di equilibrio devono trovarsi in corrispondenza del minimo
dei costi medi e che pertanto i profitti devono essere nulli. Evidentemente questa `e la stessa conclusione valida
per la concorrenza perfetta. La differenza per`o rispetto al modello concorrenziale sta nel fatto che in un
equilibrio contendibile, cos` come nellequilibrio del modello di Bertrand, il numero delle imprese potrebbe
` altres` ovvio che un equilibrio concorrenziale `e anche
in linea di principio anche essere assai limitato. E
sostenibile.
Dunque luguaglianza tra prezzo e costo medio `e un condizione necessaria. Possiamo osservare che anche
altre condizioni necessarie devono valere. Notiamo anzitutto che se la configurazione {qn ; p : n = 1, . . . , N } `e
PN
C(q 0 )
sostenibile e q = n=1 qn , allora necessariamente deve valere p
per qualunque livello di produzione
q0
1In questa parte seguiamo abbastanza da vicino il testo di Polo [4]
69

70

11. I MERCATI CONTENDIBILI

Costi Medi

Figura 11.1. Configurazione non sostenibile


tale che q 0 q il che implica tra laltro
C(qn )
C(q 0 )
p inf
0
q q
qn
q0
Naturalmente vale la disuguaglianza qn q, dalla quale si trae la conclusione
C(q 0 )
C(qn )
= p = inf
0
q q
qn
q0

(11.1)

n = 1, . . . , N

In una configurazione sostenibile, dunque, tutte le imprese si trovano a produrre in corrispondenza del
minimo dei costi medi sul tratto [0, q]. Nella Figura 11.1, ad esempio, viene illustrata una configurazione di
mercato che non `e sostenibile, in quanto il prezzo non corrisponde al minimo dei costi medi sul tratto [0, q].
Ci`
o significa che non vi possono essere inefficienze dal lato dei costi2. Inoltre, necessariamente,
N
X
n=1

ed, in particolare,

PN

n=1

C(qn ) = inf
C(q 0 )
0
q q

N
X
qn
inf
C(q 0 )
0
q 0 q
q
n=1

C(qn ) C(q). Dunque la funzione di costo deve soddisfare una propriet`


a di

superadditivit`
a per la quale la suddivisione delloutput tra pi`
u imprese produce una riduzione dei costi
complessivamente sostenuti dal mercato. Dunque la contendibilit`a promuove lefficienza anche in presenza di
costi medi decrescenti e dunque di rendimenti di scala crescenti. Si veda la Figura 11.2 per una illustrazione
grafica. In tal senso si tratta di un ampliamento delle classiche propriet`a del modello competitivo.
2. Le strategie
Immaginiamo due imprese che producano con costi variabili costanti e pari a c e costi fissi totali pari a
F . Una delle due imprese `e gi`
a insediata sul mercato ed `e indicata col suffisso i; laltra decide se entrare per
un solo periodo e viene indicata col suffisso e.
2Si raffronti questa conclusione con quella raggiunta a proposito della distribuzione delle quote produttive allinterno di

un cartello.

2. LE STRATEGIE

71

Costi Medi

Figura 11.2. Configurazione sostenibile


I costi operativi delle due imprese per la durata di un anno ammontano dunque a
(11.2)

Ci (q) = cq + F

Ce (q) = cq + F +

dove `e il costo in cui incorre limpresa entrante quando, al momento di smobilizzare i popri investimenti,
tenta di recuperare i costi fissi sostenuti. Potremmo pensare a come ad un costo di liquidazione o anche
come ad un costo di uscita dal mercato.
La sequenza delle mosse `e la seguente: inizialmente limpresa i sceglie il prezzo pi ; in seguito la seconda
impresa sceglie se entrare; infine e, se entra, fissa il proprio prezzo pe . Per trovare un equilibrio di Nash
perfetto nei sottogiochi procediamo a ritroso.
Supponiamo che e abbia deciso di entrare. Fissare pe pi naturalmente non consente alcun profitto,
mentre per c < pe < pi limpresa avr`
a interesse, col la struttura dei costi vista pi`
u sopra, a produrre
quanto pi`
u possibile perche ci`
o riduce i costi medi: dunque qe = q(pe ) e i profitti conseguiti saranno e =
(pe c)qe F dunque saranno positivi se e solo se
pi pe c +

F +
F +
>c+
pmin
q(pe )
q(pi )

Dunque entrando limpresa e realizza profitti positivi se e solo se pi > pmin ; se tale disuguaglianza non vale,
allora, potendo comunque conseguire profitti nulli senza entrare sul mercato, limpresa e preferir`a restare
fuori dal mercato.
Quanto allimpresa i essa sa che se fissa pi > pmin allora limpresa entrante potr`a mettere in atto una
strategia hit and run ed accaparrarsi tutto il mercato, lasciando allimpresa i di sostenere i costi fissi pari a
F : dunque i = F . Diversamente, per pi pmin , limpresa i sa di aver scongiurato lingresso di e e che
dunque pu`
o fissare i prezzi a piacere. Essa dunque sceglier`a pi = min{pmin , pm } pi dove pm `e il prezzo di
monopolio. Immaginando che i profitti realizzati in corrispondenza a pi = pi siano positivi si conclude che
la scelta ottimale sar`
a pi = pi e limpresa e non entra.
Naturalmente potrebbe benissimo darsi il caso in cui pi = pm in cui limpresa insediata `e libera di fissare
il prezzo al suo livello di monopolio senza incorrere nel rischio di unentrata hit and run sul mercato. Ci`
o

72

11. I MERCATI CONTENDIBILI

accade se pmin > pm e in particolare quando `e sufficientemente elevato. Allestremo opposto potremmo
trovare il caso in cui i profitti realizzati in corrispondenza di pi sono negativi, sebbene necessariamente
maggiori di F , e dunque la configurazione di mercato risulterebbe non sostenibile.
Spesso tra gli esempi citati a supporto della teoria dei mercati contendibili si ritrova quello delle rotte aeree nel quale lingresso su di una particolare rotta non implica in genere costi fissi3. In assenza di
regolamentazioni eccessivamente protettive, lingresso anche solo temporaneo di una compagnia su di una
determinata tratta `e pressoche privo di impedimenti. Tuttavia questo stesso esempio non soddisfa una delle
condizioni della teoria dei mercati contendibili ossia che per limpresa insediata occorra del tempo per rivedere le proprie strategie di prezzo. Chiaramente se una tale revisione `e istantanea, allora non vi `e alcun
bisogno di ribassare preventivamente il prezzo paventando lingresso di una nuova concorrente.
3. Le barriere strategiche allentrata
La teoria dei mercati contendibili ci offre lesempio di una situazione nella quale limpresa gi`a insediata
riesce ad impedire lingresso di una nuova concorrente grazie ad una profonda asimmetria che contraddistingue le due imprese e che, in ultima istanza, si risolve nel fatto che limpresa insediata ha il vantaggio della
prima mossa e pu`
o farne uso per influenzare il gioco a proprio vantaggio.
Questa osservazione richiama un tema importante nella teoria dei giochi, ossia quello della credibilit`
ae
della differenza tra minaccia e impegno irreversibile.

3Quanto meno per una compagnia che gi`


a opera su altre rotte e che decida semplicemente di spostare un aereo da una

rotta ad unaltra.

Parte 6

Esercizi e soluzioni

Esercizi dal Capitolo 1

Esercizio 1. , [3, pp. 88-89] Sia  una relazione di preferenza su X e siano  e le corrispondenti relazioni
di preferenza debole e di indifferenza. Si dimostri quanto segue:
(1)  `e asimmetrica se e solo se  `e completa;
(2)  `e negativamente transitiva se e solo se  `e transitiva;
(3)  `e asimmetrica, irriflessiva e negativamente transitiva solo se `e riflessiva, simmetrica e transitiva.

Soluzione dellesercizio 1. Si ricordi che: (i ) x y `e equivalente a x  y e y  x; (ii ) che x  y `e equivalente


a y  x e (iii ) che x  y `e equivalente a y  x. Lesercizio non `e che unapplicazione di queste definizioni.
(1) x  y equivale a y  x e dunque implica, se  `e asimmetrica, x  y ovvero y  x:  `e dunque
completa. Viceversa, se  `e completa e x  y, ossia y  x, allora necessariamente x  y o,
equivalentemente, y  x.
(2) Assumiamo che  sia negativamente transitiva e che x  y e y  z. Se allora x  z, ossia z  x,
deve anche valere o y  x (il che contraddice x  y) oppure z  y (il che contraddice y  z). Se
invece  `e transitiva, z  x e y  z implicano y  x ovvero x  y. Dunque necessariamente x  y
implica x  z o z  y.
(3) x x `e equivalente a x  x ossia a x  x: dunque `e riflessiva se e solo se  `e irriflessiva.  `e
negativamente transitiva se e solo se  `e transitiva il che implica che sia a sua volta transitiva.

Esercizio 2.

, [3, pp.

90] Si consideri linsieme X = [0, 1] [0, 1] e le preferenze forti  definite

implicitamente su X col dire che (x1 , x2 )  (x01 , x02 ) se ricorre una di queste due circostanze:
(1) x1 > x01 ;
(2) x1 = x01 e x2 > x02 .
Si mostri che queste preferenze sono asimmetriche e negativamente transitive ma non ammettono una
rappresentazione numerica.
Soluzione dellesercizio 2. Anzitutto x1 > x01 esclude x1 = x01 e dunque esclude x0  x. Daltronde, anche
x1 = x01 e x2 > x02 esclude tanto x01 > x1 che x?2 > x2 e dunque nuovamente esclude x0  x. Lordinamento
`e dunque asimmetrico. Poniamo che x  y e che z sia arbitrario. Allora o si ha x1 > y1 nel qual caso deve
valere anche z1 > y1 (e dunque z  y) oppure z1 < x1 (e dunque x  z) oppure x1 = y1 ma x2 > y2 nel
qual caso deve anche aversi o z1 > y1 (e dunque z  y) oppure z1 < x1 (e dunque x  z) oppure ancora
x1 = z1 = y1 e x2 > z2 (e dunque ancora x  z) oppure z2 > y2 ( e dunque ancora z  y). Tuttavia `e
75

76

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

evidente che questo ordinamento non pu`


o contenere un sottoinsieme numerabile e denso. Per ogni x R
consideriamo un numero razionale rx tale che
U (x, x) < rx < U (x, x + 1)
Dato che le preferenze sono lessicografiche, allora rx > ry se e solo se x > y il che implica che ad ogni x R
corrisponda uno ed un solo numero razionale rx ossia che vi sia una relazione biunivoca tra R e i razionali,
il che `e impossibile in quanto `e noto che R non `e numerabile.

Esercizi dal Capitolo 2

Esercizio 3. , [5, p. 118] Un consumatore ha una funzione di utilit`a indiretta del tipo:
Y
min{p1 , p2 }

V (p1 , p2 , Y ) =

(1) Quale sar`


a la funzione di utilit`
a di questo consumatore?
(2) Quale sar`
a la funzione di spesa?
(3) Quale sar`
a la funzione di domanda?

Soluzione dellesercizio 3. Scriviamo piuttosto

p1

Y
V (p, Y ) =

p2

se

p1 < p2

se

p1 = p = p2

se

p1 > p2

Notiamo che per p1 6= p2 la funzione `e differenziabile sia rispetto a Y che a p1 e a p2 . Si pu`o pertanto
utilizzare la relazione nota come legge di Roy (2.18) per determinare la funzione di domanda di ciascuno dei
due beni:
xi (p, Y ) =

V (p, Y ) /pi
V (p, Y ) /Y

i = 1, 2

Si ottiene pertanto:

p1
x1 (p, Y ) =
?

se

p2
x2 (p, Y ) =
?

p1 < p2

se p1 = p = p2
se p1 > p2

se

p1 > p2

se p1 = p = p2
se p1 < p2

In altri termini lintero reddito viene speso nel bene meno costoso. Gi`a da questa formulazione verbale
emerge come il consumatore sia del tutto indifferente tra i due beni ma si limiti a considerare i rispettivi
prezzi.
La funzione di spesa si ottiene dalla (2.15) ponendo
e(p, u)
=u
min{p1 , p2 }
e dunque
e(p, u) = u min{p1 , p2 }
Per quel che concerne la funzione di utilit`a diretta, osserviamo che xi (p, Y ) non `e definita per p1 = p2
mentre in ogni altra situazione vale la relazione
min{p1 , p2 } =
77

Y
x1 + x2

78

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

Poiche in ogni caso con preferenze non sazie p1 x1 + p2 x2 = Y si vede facilmente che tale relazione vale in
realt`
a per ogni coppia di prezzi positivi. Dunque concludiamo
V (p, Y ) =

Y
= x1 + x2
Y /(x1 + x2 )

e siccome V (p, Y ) = U (x1 , x2 ) possiamo congetturare che U (x1 , x2 ) = x1 + x2 sia una possibile rappresentazione delle preferenze. In effetti, se sostituiamo il vincolo di bilancio (con segno di uguaglianza) nella
funzione di utilit`
a otteniamo


Y
p1
+
x1 1
p2
p2
La derivata rispetto a x1 `e sempre crescente (risp. decrescente) se e solo se p1 < p2 (risp. p1 > p2 ) il che
porta alla scelta di massimizzare la spesa in x1 ponendo uguale a 0 la quantit`a acquistata di x2 .

Esercizio 4. , ibidem Considerate la funzione di utilit`a indiretta:


V (p1 , p2 , Y ) =

Y
p1 + p2

(1) Quali sono le funzioni di domanda?


(2) Qual `e la funzione di spesa?
(3) Qual `e la funzione di utilit`
a diretta?

Soluzione dellesercizio 4. Si procede come nel caso precedente, per determinare la funzione di domanda di
ciascuno dei due beni:
xi (p, Y ) =

V (p, Y ) /pi
Y /(p1 + p2 )2
Y
=
=
V (p, Y ) /Y
1/(p1 + p2 )
p1 + p2

i = 1, 2

Notiamo implicitamente che V (p, Y ) /Y > 0 e che dunque le preferenze dovranno essere monotone. Inoltre,
sfruttando la (2.15) si conclude che la funzione di spesa avr`a la forma seguente
e(p, u) = (p1 + p2 )u
Consideriamo il caso di preferenze continue, prendiamo il reddito per dato e scriviamo pn2 = 2n e pn1 =
1 2n . Evidentemente, pn1 + pn2 = 1 e dunque la quantit`a domandata dei due beni rimane invariata al
pn
variare dei prezzi e pari a Y . Poniamo y1n = Y 2n , y2n = Y + 1n 2n e y n = (y1n , y2n ). Evidentemente
p2
pn1 y1n + pn2 y2n = Y . Siccome il paniere x `e il migliore tra quelli che soddisfano il vincolo di bilancio si ha
x  y n ; inoltre y n (Y, Y + 1) > (Y, Y ). Ne risulta, se le preferenze sono continue, che (Y, Y + 1) (Y, Y )
e dunque che U (x1 , x2 ) = min{x1 , x2 } `e una possibile rappresentazione delle preferenze. Non `e difficile
verificare che in effetti `e questo il caso.

Esercizio 5. , [3, p. 91-2] Considerate la funzione di domanda marshalliana seguente:


xi (p1 , p2 , Y ) =

Y
pi + 2pj

i, j = 1, 2, i 6= j

ed assumete che il paniere x1 (p, Y ), x2 (p, Y ) sia strettamente preferito ad ogni altro x tale che p x Y .
(1) Qual `e la funzione di utilit`
a diretta?
(2) Quali le preferenze?

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

79

Soluzione dellesercizio 5. Anche in questo caso si tratta di risalire dalla funzione di domanda marshalliana
alla funzione di utilit`
a. Nuovamente facciamo uso della definizione

Esercizi dai Capitoli 3 e 1


Esercizio 6. Considerate un mercato caratterizzato da funzione di domanda lineare del tipo: q = a bp,
dove q indica la quantit`
a complessivamente prodotta e p il prezzo. Lunica impresa presente sul mercato
presenta costi marginali (e medi) costanti e pari a c.
(1) Determinate il prezzo e la quantit`a dequilibrio ed offritene una rappresentazione grafica.
(2) Calcolate lelasticit`
a della domanda al prezzo (intesa come numero positivo). Come varia lelasticit`
a
al variare del parametro b?
(3) Spiegate se lequilibrio di monopolio, di cui al punto 1), cade nel tratto elastico o anelastico della
curva di domanda. Questo risultato ha valenza generale? Perche?

Soluzione dellesercizio 6.
(1) Il monopolista risolve il seguente problema di massimizzazione4:
max(p c)(a bp)
p

da cui si ricavano le condizioni di primo ordine per il prezzo:


a bp b(p c) = 0
e il prezzo dequilibrio di monopolio:
a + bc
A+c
=
con B = b1 , A = a/b
2b
2
che, sostituito nella funzione di domanda, consente di ricavare la quantit`a offerta sul mercato dal
p=

monopolista:
q=

a bc
Ac
=
2
2B

come nella Figura 4.1.


(2) Lelasticit`
a della domanda al prezzo, intesa come numero positivo, viene calcolata in base alla
formula:
 |q | =

dq p
dp q

dunque, nel nostro caso:


bp
p
=
a bp
Ap
da cui si vede chiaramente che, allaumentare di b, il numeratore della frazione aumenta ed il
=

suo denominatore diminuisce: lelasticit`a della domanda al prezzo `e dunque funzione crescente del
parametro b. Questo risultato poteva essere ricavato anche in modo pi`
u intuitivo: Ricordiamo,
4Limpostazione di questo problema `
e diversa da quella vista in classe poich
e la massimizzazione avviene rispetto al prezzo

anzich
e alla quantit`
a. Tuttavia la differenza `
e irrilevante poich
e il monopolista, controllando la quantit`
a, esercita un pieno
controllo sul prezzo. Si noti che la funzione di domanda inversa `
e p = A Bq con B = b1 e A = a/b
81

82

ESERCIZI DAI CAPITOLI ?? E ??

infatti, che la pendenza della curva di domanda inversa `e nel caso in esame `e 1/b = B e che, a
parit`
a di unit`
a di misura, date due curve di domanda, quella con pendenza inferiore presenta una
maggiore elasticit`
a.
(3) Calcoliamo  , ovvero lelasticit`
a della domanda nel punto dequilibrio:
 =

A+c
a + bc
=
a bc
Ac

Dal momento che il numeratore della frazione `e chiaramente maggiore del denominatore e questultimo `e positivo,  > 1: il punto dequilibrio cade sul tratto elastico della curva di domanda. Questo
risultato ha valenza generale. Infatti il ricavo marginale nel nostro caso `e M R = p (pa p)q.
Sfruttando la formula per il calcolo dellelasticit`a al prezzo, il ricavo marginale pu`o essere riscritto
come
M R = p(1 1/)
Dal momento che, in equilibrio, il monopolista uguaglia il beneficio marginale del produrre ununit`
a
aggiuntiva (M R) con il costo addizionale che ci`o comporta (M C), e che il costo marginale `e maggiore
o uguale a 0, abbiamo che:
p(1 1/) = M R = M C 0
ovvero 1 1/ 0 che equivale alla condizione  1. In altre parole, lequilibrio di monopolio cade
sempre nel tratto elastico della curva di domanda dove, cio`e, lelasticit`a della domanda al prezzo
supera lunit`
a.

Esercizio 7. Considerate un mercato con funzione di domanda lineare del tipo p =


quantit`
a complessivamente prodotta e p il prezzo, e funzione di costo C(q) = cq.

a q
dove q indica la
b b

(1) Rappresentate graficamente la curva di domanda, avendo cura di specificare le sue intercette e la
pendenza.
(2) Calcolate lequilibrio di concorrenza perfetta ed indicatelo sul grafico.
(3) Determinate il surplus del consumatore, del produttore e totale. A quali aree corrispondono sul
grafico?
(4) Supponete, ora, che sul mercato operi una sola impresa e calcolate lequilibrio di monopolio.
(5) Determinate il surplus del consumatore, del produttore e totale in questa nuova situazione, ed
offritene una rappresentazione grafica.
(6) Mostrate come varia la perdita secca di monopolio al variare del parametro b.
Soluzione dellesercizio 7. La curva di domanda si rappresenta come segue:
(1) Si veda la Figura 11.3.
(2) In concorrenza perfetta le imprese, price taker, fissano un prezzo pari al costo marginale: p = c.
Sostituiamo la funzione di domanda e otteniamo:
a q
= A Bq = c
b
b
Da cui si ricavano facilmente la quantit`a ed il prezzo dequilibrio in concorrenza perfetta: q = a bc
e p = c. Graficamente la situazione `e raffigurata nella Figura 3.1.

ESERCIZI DAI CAPITOLI ?? E ??

83

A = a/b

B =

1
b

a = A/B

Figura 11.3. La domanda lineare


(3) Il surplus (o sovrappi`
u) del consumatore (CS) `e definito come larea compresa tra la curva di
domanda ed il prezzo dequilibrio. Nel nostro caso (si veda la Figura 3.1):
CS = (A c)

Ac
(A c)2
=
2B
2B

Il surplus del produttore `e pari al suo profitto. Dal momento che le imprese perfettamente concorrenziali applicano un prezzo pari al costo medio e marginale, ottengono profitti nulli: = 0. Il
surplus totale (W ) `e dato dalla somma del sovrappi`
u del consumatore e del produttore. Nel nostro
caso esso coincide con CS:
W =

(A c)2
2B

(4) Si veda la soluzione dellEsercizio 1.(1).


(5) Il surplus del consumatore `e ora:
CS = (A

A+c Ac
(A c)2
)
=
2
4B
8B

quello del produttore


=

(A c)2
4B

dunque quello totale


3(A c)2
8B
(6) La perdita secca di monopolio (WL) `e la differenza di surplus totale tra lequilibrio di concorrenza
W =

perfetta e quello di monopolio:


WL =

(A c)2
3(A c)2
(A c)2
(a bc)2

=
=
2B
8B
8B
8b

84

ESERCIZI DAI CAPITOLI ?? E ??

Allaumentare di b aumenta il denominatore e diminuisce il numeratore della frazione, dunque


W L diminuisce. Il risultato `e certamente compatibile con quelli ricavati allEsercizio 1.(1). Infatti
allaumentare di b abbiamo dimostrato che aumenta lelasticit`a, il mercato `e meno concentrato o,
in altre parole, pi`
u vicino ad un regime concorrenziale, quindi il sovrappi`
u totale `e maggiore.
(7) Con discriminazione di primo tipo il surplus totale coincide con quello concorrenziale; la differenza
`e che `e diversamente ripartito (infatti va tutto al monopolista sotto forma di profitto, mentre CS
`e nullo). Dunque non vi `e perdita netta.

Esercizio 8. Considerate un mercato monopolistico con costi marginali (e medi) costanti e pari a c e
funzione di domanda, non lineare, del tipo q = p , dove q indica la quantit`a, p il prezzo e > 1.
(1) Determinate il prezzo e la quantit`a dequilibrio.
(2) Determinate il prezzo e la quantit`
a dequilibrio nellipotesi che lo stesso mercato operi in concorrenza
perfetta.
(3) Calcolate la perdita secca di monopolio e rappresentatela graficamente.
Esercizio 9. Un monopolista fronteggia la seguente curva di domanda: p = ab ln q, dove p indica il prezzo
e q la quantit`
a.
(1) Determinate lelasticit`
a della domanda al prezzo.
(2) Supponendo che i costi marginali (e medi) siano costanti e pari a c, determinate il prezzo e la
quantit`
a dequilibrio Determinate lelasticit`a della domanda al prezzo.
Soluzione dellesercizio 9.
(1) Lelasticit`
a ammonta a
=

dq p
q a b ln q
a b ln q
=
=
dp q
b
q
b

(2) Si ha
b
q + p = c ossia
q

p=c+b

acb
b
q=e

Esercizi dal Capitolo 5

Esercizio 10. Considerate un mercato sul quale sono presenti tre imprese, che offrono un prodotto omogeneo
con costi marginali (e medi) nulli. La funzione di domanda inversa `e p = 1 q dove q rappresenta la quantit`
a
e p il prezzo. Le imprese competono alla Cournot.
(1) Calcolate le quantit`
a, i profitti ed il benessere sociale in equilibrio. Rappresentate graficamente.
(2) Nellipotesi che le imprese 1 e 2 si fondano, dando origine ad una nuova impresa 0 (che compete
alla Cournot con la restante impresa 3, calcolate le quantit`a, i profitti ed il benessere sociale in
equilibrio. Rappresentate graficamente.
(3) Ritenete che ci siano incentivi alla fusione? La fusione `e auspicabile dal punto di vista sociale?
Perche?
(4) Nellipotesi che tutte e tre le imprese si fondano, dando origine ad ununica realt`a produttiva,
calcolate la quantit`
a, il profitto ed il benessere sociale. Rappresentate graficamente.
(5) Confrontate i punti (1), (2) e (4) in termini di sovrappi`
u del consumatore e commentate

Soluzione dellesercizio 10.


(1) Ciascuna delle tre imprese (infatti esse presentano costi uguali, dunque possiamo ragionare per
simmetria) che competono alla Cournot, risolve il seguente problema di massimizzazione, rispetto
alla quantit`
a:
max(p ACn )qn = (1 qn qn )qn
qn

da cui si ricavano le condizioni di primo ordine per la quantit`a:


0 = 1 2qn qn
Risolvendo si ottiene la funzione di reazione (o di risposta ottima) dellimpresa n, che esprime la
qn ottimale in funzione delle quantit`a prodotte dalle altre imprese:
q1 =

1 q1
1 q2 q3
=
,
2
2

q2 =

1 q1 q3
,
2

q3 =

1 q1 q2
2

Mettendo a sistema le tre funzioni di reazione, e risolvendo per la quantit`a, si ottiene: q1 = q2 =


q3 = 1/4.
In equilibrio, il surplus dei consumatori, dei produttori e sociali risultano pari, rispettivamente,
a: CS = 9/32, n = 1/16 e W = 15/32.
(2) Ciascuna delle due imprese (imprese 0 e 3) che competono alla Cournot, risolve il precedente
problema di massimizzazione, rispetto alla quantit`a dal quale si ottiene la funzione di reazione gi`
a
vista prima, ossia
qi =

1 qj
2
85

86

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

Mettendo a sistema le due funzioni di reazione, e risolvendo per la quantit`a, si ottiene:


q0 = q3 =

1
3

(ovviamente, essendo le imprese simmetriche sul lato dei costi, esse producono la stessa quantit`
a)
Sostituendo nella funzione di domanda si conclude:
p =

1
,
3

CS =

2
,
9

i =

1
,
9

W =

4
9

(3) Per capire se ci sono incentivi alla fusione, occorre considerare il punto di vista delle imprese 1
e 2, ovvero quelle coinvolte dalla fusione stessa. Confrontando i loro profitti al punto 1) e 2),
concludiamo che non vi `e incentivo alcuno, in quanto 1/16 > 1/18. Inoltre, confrontando W e
W , notiamo che la fusione non aumenta il benessere sociale, infatti 15/32 > 4/9.
(4) Se tutte le imprese con costi uguali si fondono in ununica realt`a produttiva, il mercato diventa
monopolistico. Il monopolista, secondo quanto visto nel testo, produrr`a la quantit`a q =

Ac
2B

1
2

da cui si conclude
p =

1
,
2

CS =

1
,
8

1
,
4

W =

3
8

(5) Mano a mano che il numero di imprese si riduce, il mercato diventa sempre pi`
u concentrato e,
dunque, il sovrappi`
u dei consumatori diminuisce: CS = 9/32 > CS = 2/9 > CS = 1/8.

Esercizio 11. Considerate un mercato nel quale N > 1 imprese competono alla Cournot. La domanda di
mercato `e p = A Bq, dove p indica il prezzo, q la quantit`a complessivamente prodotta, mentre A e B sono
parametri positivi; limpresa i-esima presenta costi totali Ci = cqi , con c > 0.
(1) Calcolate il prezzo e la quantit`
a dequilibrio.
(2) A quanto ammontano i profitti della i-esima impresa in equilibrio? Mostrate che essi sono funzione
decrescente di N .
(3) Supponete, ora che le n imprese si fondano, dando origine ad ununica impresa. Calcolate il prezzo
e la quantit`
a dequilibrio.
(4) Ritenete che ci siano incentivi alla fusione, dal punto di vista della i-esima impresa? Perche?

Soluzione dellesercizio 11.


(1) Ciascuna delle tre imprese (infatti esse presentano costi uguali, dunque possiamo ragionare per
simmetria) che competono alla Cournot, risolve il problema di massimizzazione gi`a visto dal quale
si ottiene, la funzione di reazione (si veda la (5.5) a pagina 36)
qn =

A B qn c
2B

Dal momento che le N imprese presentano gli stessi costi, possiamo procedere per simmetria e
porre qn = (N 1)qn ottenendo (si veda la (5.6)):
qn =

Ac
B(1 + N )

p =

A + Nc
1+N

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

87

(2) In base ai risultati precedenti, i profitti della generica impresa i, in equilibrio, risultano pari a

2
Ac
1
i =
N +1
B
Dalla formula risulta chiaro che, allaumentare di N diminuiscono i profitti della i-esima impresa,
poiche N si trova al denominatore.
(3) Se le N imprese con costi uguali si fondono, il mercato diventa monopolistico e dunque, come
sappiamo,
Ac
A+c
, p=
2B
2
(4) Per capire se ci sono incentivi alla fusione, da parte della i-esima impresa, dobbiamo confrontare i
q=

suoi profitti nel caso di Cournot e di monopolio. Il profitto complessivo di monopolio `e



2
Ac
1
=
2
B
dunque quello individuale
2
Ac
1
2
BN
Non `e difficile verificare che questa quantit`a `e sempre strettamente maggiore del corrispondente


n =

livello di profitto conseguito in assenza di fusione, calcolato al punto precedente.

Esercizio 12. Considerate due imprese che competono sulla quantit`a, fronteggiando una funzione di domanda p = 4 q, dove p indica il prezzo e q = q1 + q2 . Limpresa 1 presenta costi totali C1 = q1 ,
C2 = 2q2 .
(1) Determinate prezzo, quantit`
a e profitti delle due imprese in equilibrio ed offritene una rappresentazione grafica.
(2) A quanto ammontano surplus dei consumatori e benessere sociale? Rispondete graficamente ed
analiticamente.

Esercizio 13. Considerate un mercato caratterizzato dalla seguente funzione di domanda: p = 8 q.


(1) Determinate lequilibrio di un monopolista i cui costi totali di produzione siano C = 2q. A quanto
ammontano i profitti del monopolista in equilibrio?
(2) Determinate ora lequilibrio nellipotesi che nel mercato operino due imprese, A e B, che competono
sulla quantit`
a e presentano costi totali di produzione uguali: CA = 2qA e CB = 2qB . A quanto
ammontano i profitti dei duopolisti?
(3) Supponente che le imprese A e B si fondano. Determinate il nuovo equilibrio ed i profitti.
(4) Considerate ora il caso in cui i duopolisti abbiano costi diversi. In particolare: CA = qA e CB = 2qB .
Determinate lequilibrio del duopolio ed i profitti dei duopolisti.
(5) Determinate lequilibrio del mercato nellipotesi che i duopolisti di cui al punto 4) decidano di
fondersi. A quanto ammontano i profitti in questo caso?

Esercizio 14. Un turista che desideri raggiungere le Canarie da Milano pu`o scegliere tra due compagnie
aeree: AriaEuropa (AE) e Iberica (I). Esse offrono un servizio assolutamente identico e competono sulla
quantit`
a (ovvero, in questo caso, sul numero di passeggeri trasportati). I costi totali per le due imprese sono:

88

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

CAE = 2qAE e CI = 4qI , dove qAE e qI indicano, rispettivamente, il numero di passeggeri trasportati da
AriaEuropa e Iberica.
(1) Sapendo che la domanda di mercato `e p = 12 q, dove q = qAE + qI , determinate lequilibrio e
rappresentatelo graficamente.
(2) A quanto ammontano i profitti delle due imprese in equilibrio? Calcolateli ed indicate sul grafico
le aree corrispondenti.
(3) Determinate lequilibrio nellipotesi che AriaEuropa e Iberica competano nei prezzi, invece che nelle
quantit`
a.
(4) Se le imprese potessero scegliere, quale tipo di competizione preferirebbero? Perche?

Esercizio 15. Due imprese competono sulla quantit`a nel mercato A, caratterizzato da funzione di domanda
q2
lineare del tipo: p = 1 q. I costi di produzione sono pari a C(qi ) = i con i = 1, 2.
2
(1) Calcolate lequilibrio di Cournot.
(2) Supponete, ora, che limpresa 2 abbia la possibilit`a di vendere lo stesso bene, in quantit`a x2 , anche
(q2 + x2 )2
sul mercato B. In questo caso, i suoi costi di produzione, ammontano a
. La funzione di
2
domanda, sul mercato B, `e lineare e pari a p = b x2 . Calcolate le quantit`a dequilibrio nel caso
in cui limpresa 1 sceglie q1 e limpresa 2, simultaneamente, x2 e q2 .

Esercizio 16.

Considerate un duopolio di Cournot con domanda lineare p = 1 q, in cui le imprese

producono con costi marginali (e medi) nulli.


(1) Rappresentate graficamente le funzioni di risposta ottima e calcolate lequilibrio di Cournot con
riferimento alle quantit`
a, al prezzo ed al profitto delle due imprese.
(2) Il proprietario della prima impresa (proprietario A) acquista dal proprietario della seconda impresa
(proprietario B) una partecipazione finanziaria nella seconda impresa per una quota [0, 1] del
capitale. In base a questa partecipazione, il proprietario A percepisce una frazione dei profitti
dellaltra impresa, ma non partecipa alla gestione di questa.
(a) Scrivete le funzioni di profitto totale dei proprietari A e B.
(b) Calcolate le funzioni di risposta ottima delle due imprese, rappresentatele graficamente ed
evidenziate la variazione rispetto al caso precedente.
(c) Calcolate lequilibrio di Cournot con riferimento alla quantit`a, al prezzo ed ai profitti delle due
imprese e dei due proprietari.
(d) Analizzate come variano le quantit`a, il prezzo ed i profitti delle due imprese e dei due proprietari
al variare di .

Esercizi dal Capitolo 6

Esercizio 17. Il mercato delle biciclette `e popolato da due imprese, la Ride (R) e la Bike (B), che fronteggiano una curva di domanda del tipo: p = 10 q, dove p indica il prezzo, q la quantit`a complessivamente
prodotta. Le due imprese sono simmetriche sul lato dei costi, con Ci = 2qi , i = R, B.
(1) Considerate in seguente gioco di mercato: al tempo 1 la Ride decide quanto produrre; al tempo 2
la Bike sceglie il suo volume di produzione. Determinate lequilibrio di mercato.
(2) Supponete, ora, che le due imprese scelgano simultaneamente il loro volume di produzione. Determinate il nuovo equilibrio.
(3) Partendo dalla situazione descritta al punto precedente, ritenete che una fusione sarebbe auspicabile
per la Ride? E per la Bike? Spiegate.
(4) Rappresentate graficamente gli equilibri di cui al punto (1), (2), (3) e indicate quale `e preferibile
dal punto di vista dei consumatori.

Soluzione dellesercizio 17.


(1) Si tratta del modello di Stackelberg: risolvo per induzione a ritroso, partendo dal secondo stadio in
cui limpresa B (follower ) risolve il seguente problema di massimizzazione, rispetto alla quantit`
a
qB :
max(8 qB qR )qB
qB

da cui ricaviamo
8 qR
2
Al primo stadio, limpresa R (leader ) massimizza il suo profitto rispetto alla quantit`a qR , data la

qB
=

funzione di reazione di B
max = (8 (4 qR /2) qR )qR
qR

Ricaviamo

qR

= 4. Dunque

qB
= 2,

q = 6,

p = 4,

R = 8,

B = 4

Pur avendo costi uguali, limpresa leader (R), grazie al vantaggio della prima mossa, riesce ad
ottenere un profitto maggiore.
(2) Se le imprese scelgono simultaneamente il loro volume di produzione, applichiamo il modello di
Cournot. Ciascuna verr`
a a trovarsi lungo la propria curva di reazione
qi =

8 qj
2

dunque risolvendo per sostituzione, qi = 8/3, p = 14/3 e i = 64/9.


89

90

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

Fusione

14/3

Cournot

Stackelberg

16/3

Figura 11.4. Equilibri di Cournot, Fusione e Stackelberg


Ora che le imprese giocano simultaneamente, la simmetria iniziale sul alto dei costi si riflette
in termini di output e profitto.
(3) Se i duopolisti con costi uguali si fondono, dando origine ad ununica impresa, il mercato diventa
monopolistico. Il monopolista, come abbiamo visto nella (4.4) a pagina 22, produce la quantit`
a
q = 4. Dunque:

qB
= qR
= 2,

p = 6,

B = R = 8

Confrontando i livelli del profitto vediamo che la fusione `e auspicabile per entrambe, in quanto
consente di ottenere profitti maggiori.

(4) Il surplus dei consumatori `e pari allarea della funzione di domanda in corrispondenza del punto
di equilibrio. Essa risulta chiaramente maggiore nel caso dellequilibrio di Stackelberg anziche di
Cournot. Dunque, per i consumatori `e preferibile lequilibrio di Stackelberg.

Esercizio 18. Considerate un duopolio con prodotto omogeneo: le imprese competono sulla quantit`
a e
hanno costi nulli. Limpresa L (Leader ) sceglie qL per prima e limpresa F (Follower ) sceglie qF per seconda.
La curva di domanda di mercato `e p = 1 q.
(1) Individuate la funzione di risposta ottima dellimpresa F , le quantit`a prodotte, il prezzo ed i profitti
delle due imprese in equilibrio.
(2) Supponete, ora, che le due imprese scelgano le quantit`a simultaneamente. Prima che ci`o avvenga, il
proprietario di L (continuiamo a chiamare le imprese L e F anche se, giocando simultaneamente, ha
pi`
u senso parlare di Leader e Follower ) assume un manager che decide qL al suo posto, competendo
con il proprietario di F che decide qF in prima persona. Il proprietario di L offre al suo manager una

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

91

retribuzione sL cos` definita: sL = (p )qL k dove `e un parametro qualunque e k rappresenta


una sorta di franchise fee che il manager paga al proprietario. Lutilit`a del manager, in caso non
accetti il contratto offerto dal proprietario, `e nulla. Individuate lequilibrio di Nash nelle quantit`
a.
Come il proprietario fisser`
a inizialmente il parametro ?
(3) Confrontate lequilibrio cos` raggiunto con quello del punto 1) e commentate.

Esercizio 19. La funzione di domanda `e lineare e pari a: p = 18 q1 q2 q3 .


(1) Supponete che il timing sia il seguente: al tempo 1 limpresa 1 sceglie q1 ; al tempo 2 limpresa 2
sceglie q2 ; al tempo 3 limpresa 3 sceglie q3 . Di quale modello di oligopolio si tratta?
(2) Calcolate le quantit`
a ed il prezzo dequilibrio.
(3) Supponete, ora, le imprese scelgano simultaneamente il loro volume di produzione. Di quale modello
di oligopolio si tratta?
(4) Calcolate le quantit`
a ed il prezzo dequilibrio.
(5) Ritenete che limpresa 1 benefici di questa nuova situazione? Perche?

Esercizio 20. Considerate un mercato nel quale operano tre imprese, che fronteggiano una funzione di
domanda del tipo: p = 1 q e producono con costi marginali (e medi) nulli.
(1) Supponete che le imprese competano nelle quantit`a e che scelgano il volume di produzione ottimale
secondo il timing seguente: al tempo t = 1 limpresa 1 sceglie q1 ; al tempo t = 2 limpresa 2 sceglie
q2 , avendo osservato q1 ; al tempo t = 3, limpresa 3 sceglie q3 , avendo osservato q1 e q2 . Calcolate
le quantit`
a ed il prezzo dequilibrio.
(2) Supponete, ora, che il gioco avvenga in modo simultaneo. Calcolate le quantit`a ed il prezzo
dequilibrio.
(3) Quale delle tre imprese `e indifferente tra le situazioni descritte ai punti 1) e 2)? Perche?
(4) Se la competizione avvenisse nei prezzi, anziche nelle quantit`a, quale delle tre imprese preferirebbe
questa situazione alle precedenti?

Esercizi dal Capitolo 7

Esercizio 21.
Considerate un mercato nel quale N > 1 imprese competono alla Bertrand. La domanda di mercato `e
p = A Bq, dove p indica il prezzo e q la quantit`a complessivamente prodotta, mentre A e B sono parametri
positivi; limpresa i-esima presenta costi totali Ci = cqi , con c > 0.
(1) Calcolate il prezzo e la quantit`
a dequilibrio.
(2) A quanto ammontano i profitti della i-esima impresa in equilibrio?
(3) Supponete, ora che le n imprese si fondano, dando origine ad ununica impresa. Calcolate il prezzo
e la quantit`
a dequilibrio.
(4) Ritenete che ci siano incentivi alla fusione, dal punto di vista della i-esima impresa? Perche?

Esercizio 22.
Considerate due imprese che competono sui prezzi, fronteggiando una funzione di domanda p = 6 q,
dove p indica il prezzo e q la quantit`
a complessivamente prodotta; i costi marginali (e medi) delle due imprese
sono pari a 2.
(1) Determinate i prezzi, le quantit`
a e i profitti delle due imprese in equilibrio.
(2) Supponete ora che, a seguito dellintroduzione di uninnovazione, limpresa 2 riesca ad abbattere i
propri costi marginali, portandoli ad 1. Determinate i nuovi prezzi, quantit`a e profitti in equilibrio.

Soluzione dellesercizio 22.


(1) Le due imprese che competono `
a la Bertrand fissano un prezzo pari al costo marginale, quindi:
p1 = p2 = 2, q1 = q2 = 2, 1 = 2 = 0
(2) Ora limpresa 2 si trova in una posizione di vantaggio rispetto alla rivale in quanto, avendo costi
inferiori, pu`
o decidere di abbassare il prezzo al di sotto di 2 (cio`e al di sotto dei costi marginali
dellimpresa 1, senza incorrere in una perdita (cosa che avverrebbe, invece, per limpresa 1. In altre
parole, mentre limpresa 1 pu`
o fissare solo un prezzo p 2, limpresa 2 ha a sua disposizione anche
il range di prezzi [1, 2]. Come si comporter`a, dunque, limpresa 2? Se il suo prezzo di monopolio
cade nellintervallo [1, 2), essa sceglier`a tale prezzo, in quanto il monopolio `e la forma di mercato
che garantisce maggior profitto allimpresa. Altrimenti limpresa 2 sceglier`a un prezzo leggermente
inferiore a 2 (lo indicheremo con 2 ), accaparrandosi lintero mercato, cio`e producendo 4 + .
Per capire quale delle due strategie sceglier`a limpresa 2, cominciamo a calcolare il suo prezzo
di monopolio, per vedere in quale range cade. Dalla massimizzazione del profitto dellipotetico
monopolista 2, otteniamo pm
2 = 7/2.
93

94

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

Essendo pm
e evidente che, se limpresa fissasse tale prezzo, non si avrebbe un equilibrio,
2 > 2, `
bens` scatterebbe una guerra di ribasso prezzo con limpresa 1, fino a quando questultima non
uscirebbe dal gioco per valori poco pi`
u bassi dei suoi costi marginali, cio`e per p = 2 . Limpresa
2 adotter`
a, quindi, la seconda delle strategie precedentemente descritte e, in equilibrio fisser`
a:
p = 2 , q = 4 + , 4
Limpresa 1, al contrario, non produrr`a nulla e otterr`a un profitto pari a 0. Questo esercizio mostra
un ulteriore risvolto del paradosso di Bertrand: non solo due imprese che competono nei prezzi,
con costi marginali uguali, pur operando in un mercato estremamente concentrato, ottengono un
profitto pari a quello di concorrenza perfetta, ma la guerra di prezzi `e cos` forte che, qualora una
delle due riesca ad abbassare i propri costi ed a rimanere sola sul mercato, in talune circostanze
(come la nostra) non pu`
o comunque operare da monopolista e deve accontentarsi di applicare un
prezzo inferiore rispetto a quello che massimizzerebbe la sua funzione obiettivo.
Esercizio 23. Considerate un mercato caratterizzato da una curva di domanda inversa p = 1 q. Tale
mercato `e popolato da due imprese, egualmente efficienti, che producono con costi marginali (e medi) nulli.
(1) Calcolate prezzo, quantit`
a, profitti e surplus dei consumatori nel caso le imprese competano alla
Bertrand.
(2) Supponete, ora, che una delle due imprese offra un contratto di esclusiva ai consumatori, che li
impegna ad acquistare solamente da lei, in cambio di una compensazione t. Calcolate il prezzo
dequilibrio, il surplus dei consumatori e la compensazione nel caso in cui i consumatori accettino
il contratto desclusiva. Ritenete che limpresa abbia incentivo ad offrire questo tipo di contratto?
Perche?
(3) Supponete, ora, che le imprese competano alla Cournot. Calcolate quantit`a, prezzo, profitti e
surplus dei consumatori in equilibrio.
(4) Ritenete che una delle due imprese avrebbe convenienza ad offrire un contratto di esclusiva, in
questa nuova situazione? Perche?
(5) Rappresentate graficamente gli equilibri di cui al punto 1), 2) e 3).

Soluzione dellesercizio 23.


(1) Risolviamo lequilibrio di Bertrand:
p = 0, q = 1, 1 = 2 = 0, CS =

1
2

(2) Risolviamo lequilibrio di monopolio, con contratto di esclusiva:


max(1 q)q
q

da cui si ricava
1
1
1
1
, q = , = , CS =
2
2
4
8
Per indurre i consumatori allacquisto, limpresa deve offrire loro una compensazione t pari alla
p =

perdita di surplus rispetto al caso precedente


t = CS CS =

3
8

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

95

p
1

Monopolio

1/2

Cournot

1/3

Bertrand
1/2

1/3

Figura 11.5. Lequilibrio del mercato


In base a questi risultati, il profitto del monopolista, al netto della compensazione, `e negativo e,
dunque, limpresa non ha convenienza ad offrire un contratto di esclusiva.
(3) Risolviamo lequilibrio di Cournot:
1 qj
2
Mettendo a sistema le funzioni di reazione dellimpresa 1 e dellimpresa 2, otteniamo:
1
1
=
=
q1 = q2 = p = ,
1
2
3
9
(4) Per indurre i consumatori allacquisto, la compensazione dovrebbe essere pari a:
qi (qj ) =

7
72
Il profitto del monopolista, al netto della compensazione, risulterebbe pari a 11/72 e dunque gli
t = CS CS =

conviene offrire il contratti desclusiva.


(5) Graficamente il problema `e illustrato nella Figura 11.5
Esercizio 24. Considerate un mercato nel quale due imprese offrono un prodotto omogeneo e competono
nei prezzi, con costi marginali (e medi) costanti e pari a ci , i = 1, 2 con c1 < c2 .
(1) Dimostrate che, se il prezzo di monopolio per limpresa 1 ( pm
1 ) risulta compreso tra c1 e c2 ,limpresa
1 fissa tale prezzo e limpresa 2 non produce nulla.
(2) Cosa accade, invece se pm
1 > c2 ?
(3) Confrontate i punti 1) e 2) e commentate quale situazione `e preferibile per limpresa 1.

Esercizi dal Capitolo 8

Esercizio 25. Considerate la versione lineare del modello di Hotelling, su di un mercato di lunghezza
unitaria, dove un monopolista offre due variet`a, localizzate agli estremi del segmento. Le preferenze dei
consumatori per la variet`
a i `e descritte dalla funzione di utilit`a u pi (xi t)2 , dove pi indica il prezzo,
xi la variet`
a acquistata, u `e grande e t, la variet`a ideale del consumatore, `e distribuita uniformemente
sullintervallo. I costi marginali sono nulli.
(1) Calcolate i prezzi di monopolio.
(2) Supponete, ora, che una nuova impresa E entri, offrendo una variet`a x2 = 1/2, cos` che nel mercato
siano presenti, in totale, tre variet`a: quelle collocate agli estremi (x1 = 0 e x3 = 1) e quella
posizionata al centro del segmento unitario. Ricavate la domanda per ciascuna variet`a, i prezzi
dequilibrio ed i profitti dellimpresa entrante e di quella che gi`a operava sul mercato.
(3) Calcolate i prezzi dequilibrio ed i profitti delle imprese nel caso in cui E scelga di posizionarsi al
punto 1 (ovvero offrendo x2 = 1).

Soluzione dellesercizio 25.


(1) Il monopolista, non potendo discriminare, applica un prezzo uniforme a tutti i consumatori; dunque,
per massimizzare il suo profitto, limpresa fissa il prezzo pi`
u alto compatibile con il vincolo di
partecipazione del consumatore pi`
u distante, cio`e quello localizzato a 1/2. Azzerando lutilit`
a del
consumatore localizzato a 1/2:
u p (1/2)2 = 0
Otteniamo p = u 1/4.
(2) Per trovare le funzioni di domanda per le tre variet`a occorre, innanzitutto, ricavare il consumatore
indifferente tra la 1 e la 2 (lo chiamiamo t1,2 ), tra la 2 e la 3 (lo chiamiamo t2,3 ):

t1,2

t2,3


2
1
u p1 t21,2 = u p1
t1,2
2

2
1
2
u p2
t2,3
= u p3 (1 t2,3 )
2

Da cui ricaviamo:
t1,2 = p2 p1

1
4

e
97

t2,3 = p3 p2 +

3
4

98

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

A questo punto siamo in grado di esprimere le domande per le tre variet`a (rispettivamente D1 ,
D2 e D3 ) in funzione dei prezzi:

D1 = t1,2 = p2 p1

1
D2 = t2,3 t1,2 = p3 2p2 + p1 +

D3 = 1 t2,3 = p2 p3 + 1
4
Per trovare i prezzi dequilibrio, massimizziamo il profitto delle due imprese:
Impresa entrante:


1
max 2 = p2 p3 2p2 + p1 +
p2
2
da cui
p2 (p1 , p3 ) =

1
p1 + p3
+
4
8

Impresa gi`
a operante sul mercato:




1
1
max 1+3 = p1 p2 p1
+ p3 p2 p3 +
p1 ,p3
4
4
da cui:
p1 (p2 ) = p3 (p2 ) = p (p2 ) =

p2
1
+
2
8

Mettendo a sistema otteniamo:


1
8
(3) In questo caso limpresa entrante offre una variet`a identica a quella dellimpresa gi`a operante sul
p = p2 = 1/4

= 2 =

mercato in 1; dunque esse competono alla Bertrand in 1, fissando p


= p
= 0 ed ottenendo
2
3
un profitto
=
= 0. Dobbiamo tener presente, per`o, che la vecchia impresa continua ad
2
3
offrire la variet`
a in 0, da cui presumibilmente, ottiene un profitto da sommare a
3 .
Procediamo come al punto 2), trovando il consumatore indifferente tra la variet`a offerta in 0 e
la variet`
a offerta in 1 (lo chiamiamo t1,2 ):
t1,2 :

u p1 t21,2 = u (1 t1,2 )

e cio`e
D1 = t1,2 =

1 p1
2

Da queste condizioni ricaviamo quindi


1 1
1
1
,
= =
2 1
2 4
8
Concludendo, limpresa entrante ottiene un profitto
= 0, limpresa che gi`a operava sul mercato
2
1

ottiene complessivamente:
= 1 + 3 = .
8
p
=
1

Esercizio 26. Considerate la versione lineare del modello di Hotelling: consumatori con massa unitaria
sono disposti lungo un segmento di lunghezza pari ad 1. Le preferenze dei consumatori per la variet`a i sono
descritte dalla famiglia di funzioni di utilit`a: 8 pi (xi t)2 dove pi `e il prezzo, xi la variet`a acquistata e
t la variet`
a ideale. I costi di produzione sono nulli.
(1) Supponete che siano presenti su questo mercato due imprese - limpresa 0 e limpresa 1 - che offrono,
rispettivamente, le variet`
a x0 e x1 , posizionate agli estremi del segmento. Calcolate le domande, i
prezzi ed i profitti delle due imprese in equilibrio.

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

99

(2) Supponete, ora, che una nuova impresa entri e si posizioni nel punto 0, offrendo la stessa variet`
a
dellimpresa 0. Calcolate le domande, i prezzi ed i profitti delle tre imprese in equilibrio.
(3) Nel caso in cui le tre imprese si fondano e sia, dunque, un unico produttore ad offrire x0 e x1 , quale
prezzo fisserebbe in equilibrio? Ritenete che ci siano incentivi alla fusione? Perche?

Esercizio 27. Considerate la versione lineare del modello di Hotelling: consumatori di massa pari a 1 sono
uniformemente distribuiti lungo un segmento unitario e due imprese - limpresa 1 e limpresa 2 - localizzate
nei punti a e 1 b, con 1 a b 0 competono nei prezzi.
(1) Offrite una rappresentazione grafica della situazione sopra descritta e discutete per quali valori di
a e b i beni offerti dalle due imprese sono differenziati o perfettamente sostituibili.
(2) Supponete che i consumatori sopportino un costo di trasporto pari a t per unit`a di lunghezza al
quadrato. Trovate le funzioni di domanda per i due beni, in funzione dei prezzi.
(3) Calcolate lequilibrio nei prezzi, sapendo che i costi marginali (e medi) delle due imprese sono
costanti e pari a c.

Esercizio 28. Considerate un duopolio alla Hotelling nel quale i prezzi sono fissati esogenamente da un
regolatore allo stesso livello p1 = p2 = p, cosicche le imprese scelgono solo la variet`a/localizzazione xi ,
con i = 1, 2. Supponete, inoltre, che i costi marginali (e medi) siano nulli e che x1 [0, 1/2], x1 x2
(ovvero x1 `e la variet`
a a sinistra). Le preferenze dei consumatori sono descritte dalla seguente famiglia
di funzioni di utilit`
a: u pi (xi t) 2, dove pi indica il prezzo di vendita, xi la variet`a/localizzazione
offerta e t la variet`
a/localizzazione ideale, con t uniformemente distribuito sul segmento [0, 1]. Determinate
le variet`
a/localizzazioni ottimali x1 e x2 .

Esercizi dal Capitolo 4

Esercizio 29. Considerate due imprese impiegate nel seguente gioco. Al tempo t = 0, esse decidono se
unire le proprie conoscenze tecnologiche (realizzando, cio`e, un cross-licensing) oppure no: questo stadio si
concretizza in una proposta di cross-licensing da parte dellimpresa 1 ed in una risposta da parte dellimpresa
2, che pu`
o accettare o rifiutare. Al tempo t = 1, se la proposta di cross-licensing `e stata accettata, limpresa
1 propone una quota cL per ogni unit`
a prodotta con la tecnologia comune e limpresa 2 accetta o rifiuta.
E importante tener presente che si realizza cross-licensing se e solo se limpresa 1 lo propone e limpresa 2
lo accetta, unitamente al fatto che la quota cL , suggerita dallimpresa 1, viene approvata dallimpresa 2. In
caso di mancato cross-licensing, le due imprese competono sulla quantit`a, con costi marginali (e medi) nulli
e domanda di mercato p = 1 q1 q2 . In caso di cross-licensing, invece, entrambe le imprese pagano una
royalty alla rivale (ovvero limpresa i riceve dallimpresa j un pagamento Ri = cL qj e competono sulloutput.
(1) Determinate output, prezzo e profitti di equilibrio delle due imprese in caso di mancato crosslicensing.
(2) Determinate output, prezzo e profitti di monopolio.
(3) Determinate output, prezzo e profitti di equilibrio delle due imprese, in funzione di cL , in caso di
cross-licensing.
(4) Calcolate la quota ottimale cL .

Esercizio 30. Considerate un mercato nel quale N imprese competono alla Cournot. La domanda di
mercato `e p = A Bq, dove p indica il prezzo e q la quantit`a complessivamente prodotta; limpresa i-esima
presenta costi totali C(qi ) = cqi , con c > 0. Supponendo che il gioco venga ripetuto un numero infinito di
volte, e che le imprese utilizzino trigger strategies corrispondenti allequilibrio di Nash, trovate il fattore di
sconto critico che rende sostenibile la piena collusione.

Soluzione dellesercizio 30. Il nostro obiettivo `e trovare il fattore di sconto critico che rende sostenibile la
collusione per limpresa i-esima, ovvero:

dove , e indicano, rispettivamente, il profitto dellimpresa i-esima in caso di deviazione, collusione e


punizione. Per trovare , quindi, procediamo per gradi cominciando a ricavare i valori da assemblare nella
formula scritta sopra.
Collusione: questo caso equivale alla situazione di monopolio. Dallesercizio 2.3, sappiamo che il profitto
delli-esima impresa ammonta a:
=

1
BN

101

Ac
2

2

102

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

Punizione: questo caso equivale allequilibrio di Cournot a N imprese. Dallesercizio 2.3, sappiamo che il
profitto delli-esima impresa ammonta a:
1
=
B

Ac
1+N

2

Deviazione: in questo caso dobbiamo ricavare il profitto dellimpresa i quando essa devia e tutte le altre
continuano a colludere. Quindi cominciamo a trovare la risposta ottima dellimpresa i al comportamento
collusivo delle altre N 1 imprese. Dallesercizio 2.3, sappiamo che:
qi =

(A c)(N + 1)
4BN

p=

A(N + 1) + c(3N 1)
4N

= 1

4B

Ac
2

2 

N +1
N

2

A questo punto abbiamo tutte le informazioni per trovare il fattore di sconto critico
=

(N 1)2 (N + 1)2
(N + 1)4 16N 2

Esercizio 31. Considerate un mercato nel quale N imprese competono alla Bertrand. La domanda di
mercato `e p = A Bq, dove p indica il prezzo e q la quantit`a complessivamente prodotta; limpresa i-esima
presenta costi totali C(qi ) = cqi , con c > 0. Supponendo che il gioco venga ripetuto un numero infinito di
volte, e che le imprese utilizzino trigger strategies corrispondenti allequilibrio di Nash, trovate il fattore di
sconto critico che rende sostenibile la piena collusione.

Soluzione dellesercizio 31. 3 Come per lesercizio precedente,



2

2
1
Ac
= 1 Ac
=
= 0
BN
2
B
2
ovvero
= 1

1
N

Esercizio 32. Considerate N imprese, che competono nei prezzi con costi marginali (e medi) costanti e pari
a c. La funzione di domanda di mercato `e q = D(p) ed il fattore di sconto `e . Supponete che il gioco venga
ripetuto un numero infinito di volte e che le imprese utilizzino trigger strategies corrispondenti allequilibrio
di Nash.
(1) Calcolate il valore attuale dei profitti dellimpresa i-ma derivanti dalla collusione.
(2) Calcolate il valore attuale dei profitti dellimpresa i-ma derivanti dalla deviazione.
(3) Qual `e il fattore di sconto critico, che rende sostenibile la piena collusione?

Esercizio 33. Considerate un duopolio con prodotto omogeneo e costi marginali (e medi) costanti e pari
a c, nel quale le imprese operano per infiniti periodi con strategie di prezzo e utilizzano un fattore di sconto
. In ciascun periodo, le imprese fissano simultaneamente il prezzo e osservano, con un periodo di ritardo,
il prezzo scelto dal concorrente. La domanda di mercato `e q = D(p), decrescente e limitata. Se le imprese
fissano lo stesso prezzo, la domanda si ripartisce tra limpresa 1 e 2 secondo le quote di mercato e 1 con
(1/2, 1) 5. Se unimpresa fissa un prezzo inferiore allaltra, naturalmente, tutti i consumatori acquistano
5Ai fini della soluzione dellesercizio non ci interessa spiegare perch
e, con prezzi uguali, i consumatori si ripartiscono in

quote di mercato diverse tra i due produttori

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

103

da lei. Le imprese utilizzano trigger strategies, con punizioni corrispondenti allequilibrio di Nash del gioco
costituente.
(1) Individuate le condizioni affinche limpresa 1 e 2 trovino conveniente deviare da una collusione
tacita che implementa il prezzo collusivo p.
(2) Individuate la condizione affinche esista un equilibrio nel gioco ripetuto che implementa il prezzo p
e dimostrate che la condizione diviene pi`
u stringente al divergere delle quote di mercato (al crescere
di ).
(3) Dimostrate che queste condizioni risultano essere le stesse per qualunque prezzo collusivo p appartenente allintervallo (c, pmon ), dove pmon `e il prezzo di monopolio.

Soluzione dellesercizio 33.


(1) Ragioniamo sui profitti che limpresa 1 e 2 registrano nei tre casi di Punizione, Collusione e
Deviazione, in modo tale da ricavare i due fattori di sconto critici 1 e 2 .
Punizione: Questo caso equivale allequilibrio di Bertrand a 2 imprese. Le imprese fissano lo
stesso prezzo, pari a c. Dunque
(1) = (2) = 0
Collusione: in questo caso le imprese fissano lo stesso prezzo, pari a p e si spartiscono il mercato
secondo le quote e 1 . Dunque
(1) =

(2) = (1 )

Deviazione: nellipotesi che limpresa 1 devii, essa fissa un prezzo p1 = p . Limpresa 2, invece,
continua a fissare il prezzo collusivo p2 = p. Dunque

(1)
=
In base ai risultati precedenti, la condizione affinche limpresa 1 non trovi conveniente deviare
`e:
1 = 1

2 =

(2) Affinche esista un equilibrio nel gioco ripetuto, `e necessario che entrambe le condizioni, trovate
sopra, valgano insieme, ovvero che

e contemporaneamente 1

Dal momento che, per ipotesi, 1/2 < < 1, le due condizioni si riassumono in . E chiaro, quindi, che allaumentare di r, la condizione per la sostenibilit`a della collusione, diventi pi`
u
stringente.
(3) Per dimostrare che le stesse condizioni valgono per qualunque prezzo compreso tra c ed il prezzo
di monopolio, basta svolgere esattamente gli stessi passaggi dei punti 1) e 2) con pM al posto di p.
Esercizio 34. Considerate un mercato nel quale tre imprese competono nei prezzi, con costi di produzione
nulli. La funzione di domanda `e p = 1 q, dove p indica il prezzo e q la quantit`a complessivamente offerta.
(1) Supponendo che le imprese operino per infiniti periodi, ed utilizzino trigger strategies con punizione
corrispondente allequilibrio di Nash del gioco costituente, dite se un fattore di sconto pari a 13/21
renderebbe sostenibile la collusione.

104

ESERCIZI DAL CAPITOLO ??

(2) Come varierebbe la vostra risposta se le imprese competessero nella quantit`a?

Soluzione dellesercizio 34.


(1) Ipotizzando concorrenza alla Bertrand, si ottiene facilmente che
1
12
Dunque, in base ai risultati precedenti
=

=1
= 0
4

13
2
>
3
21
Quindi, un fattore di sconto pari a 13/21 non renderebbe sostenibile la collusione
=

(2) Ipotizzando concorrenza alla Cournot, si ottiene facilmente che:


=

1
12

ossia
=

1
16

=1

4
13
<
7
21

Esercizio 35. Considerate due imprese che operano su mercati separati. Nel primo gli scambi avvengono
ogni periodo (t = 0, 1, 2, . . .) mentre nel secondo avvengono solo nei periodi pari (t = 0, 2, 4, . . .). Le imprese
tentano di colludere in entrambi i mercati, usando trigger strategies con punizioni corrispondenti allequilibrio
di Nash.
(1) Supponete che le imprese competano alla Bertrand e che adottino trigger strategies separatamente
in ciascun mercato; qualora la collusione non avvenga, dimostrate che, con un fattore di sconto pari
a 0, 6, le imprese riusciranno a colludere nel primo mercato, ma non nel secondo.
(2) Considerate, ora, il caso in cui le imprese utilizzino trigger strategies che fanno scattare la punizione
in entrambi i mercati, anche qualora la deviazione avvenga in uno solo. Dimostrate che la collusione
diviene sostenibile con un fattore di sconto pari a 0, 6.

Parte 7

Testi desame

Esame del 26/01/2009


Domanda 1. Si consideri la seguente funzione di utilit`a indiretta:
V (p1 , p2 , Y ) =

Y
2p1 + 3p2

Si calcoli
(1) la funzione di domanda per i due beni;
(2) la funzione di spesa;
(3) la funzione di utilit`
a diretta.
Domanda 2.

Si consideri un mercato caratterizzato dalla funzione di domanda p =

A
con A > 0.
q

Supponete che vi siano N imprese, ciascuna con costi Cn (q) = cq.


(1) Calcolate quantit`
a prodotta, prezzo di equilibrio e profitti individuali nel modello di Cournot;
(2) Considerate il caso N = 3. Come cambierebbe la risposta al punto precedente se limpresa n = 3
c
avesse costi C3 (q) = q?
2
(3) Quale sarebbe lequilibrio del mercato se vi fosse un unico produttore con costi C(q) = aq 2 bq?
Domanda 3. Considerate un mercato alla Hotelling in cui i consumatori, con variet`a ideale t distribuita
sul segmento [0, 1], derivano utilit`
a pari a u pi (xi t)2 quando acquistano la variet`a xi al prezzo pi .
(1) Derivate le curve di domanda quando vengono offerte le variet`a x1 = 0 e x2 = 1.
(2) Supponete che sul mercato operi un monopolista che produce con costi nulli e offre entrambe le
variet`
a. In che modo sceglier`
a le variet`a x1 e x2 e come fisser`a i rispettivi prezzi?

107

Esame del 13/02/2009


Domanda 1. Considerate un consumatore caratterizzato dalla seguente funzione di utilit`a indiretta:
V (p1 , p2 , Y ) =

p
1 p2

, > 0, + = 1

(1) calcolate la funzione di domanda di ciascuno dei due beni;


(2) dopo averne fornito la definizione, calcolate la funzione di spesa;
Domanda 2. Considerate il modello di comportamento della banche di Klein-Monti
(1) Scrivete la funzione del profitto della banca, chiarendo il significato delle singole voci;
(2) Calcolate il tasso sui prestiti e sui depositi in assenza di costi operativi e riserva obbligatoria;
(3) Come si modifica il differenziale sui tassi ad un aumento del tasso di mercato?
Domanda 3. Considerate due imprese che competono sui prezzi in un mercato con domanda p = A Bq.
I costi marginali (e medi) delle due imprese sono pari a c.
(1) Determinate i prezzi, le quantit`
a e i profitti delle due imprese in equilibrio.
(2) Supponete ora che, a seguito dellintroduzione di uninnovazione, limpresa 2 riesca a dimezzare i
propri costi marginali. Determinate i nuovi prezzi, quantit`a e profitti in equilibrio.
(3) Se K `e il costo fisso sostenuto dallimpresa per introdurre linnovazione di cui al punto precedente,
quale sar`
a il massimo livello di costo sostenibile per limpresa?

108

Esame del 29/06/2009


Domanda 1. Considerate la funzione di domanda marshalliana seguente:
xi (p1 , p2 , Y ) =

Y
2pi

i = 1, 2

ed assumete che il paniere x1 (p, Y ), x2 (p, Y ) sia strettamente preferito ad ogni altro x tale che p x Y .
(1) Qual `e la funzione di utilit`
a diretta?
(2) Qual `e la funzione di spesa?
Domanda 2. Considerate un mercato sul quale sono presenti tre imprese, che offrono un prodotto omogeneo
con costi marginali (e medi) nulli. La funzione di domanda inversa `e p = A Bq e le imprese competono
alla Cournot.
(1) Calcolate le quantit`
a, il prezzo ed i profitti delle tre imprese.
(2) Supponete ora che le imprese 1 e 2 si fondano. Calcolate le medesime quantit`a del punto precedente.
Domanda 3.

Considerate un mercato nel quale N imprese competono alla Cournot e la domanda di

mercato `e p = A Bq. Limpresa i-esima presenta costi totali C(qi ) = cqi , con c > 0. Il gioco viene ripetuto
un numero infinito di volte.
(1) Calcolate il livello del profitto individuale intertemporale nel caso in cui le imprese si coalizzino
dando luogo ad un cartello.
(2) Calcolate il profitto dellimpresa i-ma qualora questa abbandoni il cartello alla data t = 2 e le altre
imprese, in risposta, competano alla Cournot.

109

Esame del 9/09/2009


Domanda 1. Considerate N imprese identiche con costi marginali e medi pari a c. La domanda di mercato
`e p = A Bq.
(1) supponete che le N imprese formino un cartello e calcolate, prezzo, quantit`a e profitti in equilibrio.
(2) supponete che unulteriore impresa, con i medesimi costi delle altre, entri sul mercato. Calcolate
lequilibrio nel caso si formi un cartello di N + 1 imprese.
(3) indicate se e in che modo il cartello potrebbe fissare la produzione in modo da escludere lingresso
dellimpresa N + 1 e se tale strategia sia ottimale.
a che un consumatore con reddito m ricava dal consumo (in quantit`a fissa) del bene
Domanda 2. Lutilit`
prodotto dallimpresa n-ma `e mn pn , dove n = 1, 2. Supponete che il reddito sia distribuito uniformemente
sullintervallo [0, 1].
(1) Individuate la funzione di domanda relativa a ciascun bene.
(2) Calcolate il prezzo ed il profitto di equilibrio di ciascuna impresa.
(3) Come cambierebbe la vostra risposta al punto precedente se il reddito fosse distribuito sempre in
modo uniforme ma sullintervallo [0, 2]?
Domanda 3. Considerate il problema della collusione multiperiodale tra imprese.
(1) Mostrate quale sia lequilibrio di Nash se il cartello si estende ad un numero finito di periodi;
(2) Indicate se sia ottimale per limpresa abbandonare il cartello ad una data futura.

Bibliografia
[1] J. Green, A. Mas-Colell, M. D. Whinston, Microeconomic Theory, Oxford University Press: Oxford, 1995.
[2] D. M. Kreps, Notes on the Theory of Choice, Westview Press: Boulder, 1988.
[3] D. M. Kreps, Corso di Micoreconomia, Il Mulino: Bologna, 1993.
[4] M. Polo, Teoria dellOligopolio, Il Mulino: Bologna, 1993.
[5] H. Varian, Analisi Microeconomica, Ca Foscarina: Venezia,

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