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generica, ma tutto quello che riesco a dire.

Lui, che ha capito,


viene in mio soccorso e interviene come se mi stesse interrompendo, quando non avrei saputo
continuare e dire davvero qualcosa di mio. Si tiene sulle generali
per non mettermi in difficolt,
come se stesse facendo una lezione alle montagne e ai pozzi, ai samaritani del futuro. Ma ci sono io
sola ad ascoltarlo e so che sta
parlando a me perch allinizio
mi ha detto: Credimi, donna
(Gv 4, 21). Dopo quel credimi
ero disposta a credere a qualunque cosa avesse detto, e quelle
parole di salvezza risuonavano in
me pi dolci della pi onesta dichiarazione damore.
Quando mi chiam donna, cera qualcosa di arcano in quella
parola, come un insieme di rispetto assoluto, di comprensione
originaria, di fiducia incondizionata, di affidamento del
mondo. Ogni parola che segu
era una puntuale risposta alle mie
domande pi nascoste. Adesso,
mi diceva, tu puoi adorare Dio
Padre, in spirito e verit. Lo puoi
adorare nella verit del tuo cuore.
Non fu pi difficile per me in
quel momento e da quel momento pensare a un Dio padre, perch
cera lui davanti a me. Io che non
ho mai conosciuto mio padre e
che non ho avuto accanto a me
un uomo che sia riuscita ad aiutare a diventare padre, un padre vero. Il Padre cerca questi adoratori, mi diceva, ed era come se mi
dicesse, guarda che il Padre cerca
te. Riconosci la verit della tua
vita davanti a lui, cos lo potrai
adorare, senza paura.
Lo adori in spirito quando ti siedi
e quando ti alzi, quando vieni al
pozzo e quando torni carica dacqua. Quando lavori, il tuo cuore
adora. Quando dormi e quando
vegli, il tuo cuore adora. Non sei
tu che cerchi lui, lui che viene a
cercarti. Da allora, ogni mia difesa crollata. Sono davanti a lui
squadernata. E compresa.
Andrea Mardegan

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MUSICA

Il tempo di Messiaen
V un passo del Doktor Faustus
di Mann che fa riflettere. Serenus
Zeitblom, lhistoricus del romanzo (nel cui nome gi una segreta allusione: tijd bloem, in Olandese, significa fiore del tempo),
vi afferma che colpa del tempo (Schuld der Zeit) se larte ,
ai giorni nostri, divenuta un concentrato di difficolt di ogni ordine e tipo (die Kunst stockt und zu
schwer worden ist..). Basterebbe
allora, occorre chiedersi, eliminare il tempo, questo tempo, per tornare a unarte pi vera, pi pura?
Uno se lo domanda ascoltando il
Quatuor pour la fin du Temps di
Olivier Messian, per clarinetto,
violino, violoncello e pianoforte,
scritto nel 1941 nel campo di concentramento di Grlitz, in Sassonia. Abolire il tempo e cooperare
allavvento del Messia o non
sfruttare piuttosto il tempo umano, tempo della lettura e dellascolto, tempo libero e sociale,
tempo del lavoro e dello svago,
per riempire il vuoto che ancora ci
separa dagli schata, dalle cose
ultime? Come fare per colmare
il senso di un tempo labile, tempo
dellattesa, tempo che resta, che
comincia a finire, come lo chiama Giorgio Agamben (Il tempo
che resta. Un commento alla Lettera ai Romani, Bollati Boringhieri, Torino 2000)?
Lo straordinario Quatuor di Messiaen racconta gli avvenimenti
dellApocalisse, in pratica commenta quanto accade, o quanto il
credente suppone che accada,
una volta terminato il tempo
umano e iniziato quello eterno. Il
credente, colui che nulla deve temere, non pu che gioire, rallegrarsi per la fine prossima e salu-

tare pleno corde ac ore lavvento


dei Novissimi. Eppure, che cosa
accade? Il pezzo va per le lunghe,
pare quasi voler sospendere il
tempo anzich avviarlo alla sua
fine ultima e naturale. Leffetto
escatologicamente paradossale
questo: io gioisco per lAvvento
del Messia ma, anzich affrettarne la venuta (come fanno Franck
nelle Batitudes o Berlioz nella
Marche au supplice della Symphonie Fantastique o Verdi nel
Dies irae della Messa da Requiem), decido di rallentarne il
corso. Decido di differire, di procrastinare, di rimandare. La musica in questo caso il katchon
o quid detineat, ci che trattiene il figlio di perdizione dal manifestarsi (2 Ts 2,6). La suspensio
temporis del pezzo di Messiaen
non d adito a equivoci, il senso
delloperazione chiaro: il tempo va fermato a ogni costo, lApocalisse va scongiurata.

Una stasi
assoluta
Si posti, qui, davanti a unapoteosi della lentezza che fa il verso alle grandi forme di Wagner,
Bruckner, Mahler. Ma, a differenza di questi ultimi, che allinterno dei loro pezzi inseriscono
dei motori di senso, dei triggers emotivi tesi a innescare il
processo bifasico tensione-distensione (il Tristano ne storicamente lesempio pi saliente),
Messiaen annulla qualunque tensional device, elimina tutto ci
che potrebbe in qualche modo
implementare lorientamento
temporale di chi ascolta e accele-

Il quartetto composto da Fabrizio Giovannelli, Vittorio Ceccanti, Alberto Bologni e Remo Pieri con Ugo Pagliai.

rarne il vissuto soggettivo (quello non misurabile, quello percorribile soltanto attraverso la
mediazione simbolica di santAgostino e Bergson). Mediante
la stasi assoluta, quella di unamorosa, interminabile meditazione sullEssere, Messiaen offre, in
base al proprio modo di vedere e
di sentire, una via di scampo a
quanto Mario Luzi aveva chiamato linfinito dolore del tempo. Anzich guardare in avanti e
perseguire la conversione del
presente nellavvenire, Messiaen
rincorre perpetuamente sono
parole sue la conversione dellavvenire nel passato (lavenir
en pass). Il risultato di una
piattezza davvero apocalittica.
Pensiamo, ascoltando Messiaen,
a certi desolati paesaggi dello
scomparso regista Tarkovskij, o a
quelli fatati e inquietanti di Bergman, o agli interminabili campi
lunghi dellungherese Bla Tarr.
A differenza, per, dei nominati,
i quali prediligono le tinte fosche
e luggia umorale delle giornate
invernali, piovose e nevose, le

pagine di Messiaen trasudano serenit e luce e bagliori diffusi.

Ugo Pagliai afono,


ma straordinario
Abbiamo di recente ascoltato il
capolavoro di Messiaen nellinterpretazione del bel quartetto formato da Fabrizio Giovannelli (al pianoforte), Vittorio Ceccanti (al violoncello), Alberto Bologni (al violino), Remo Pieri (al clarinetto).
Con il contrappunto di testi biblici
declamati da un Ugo Pagliai per
loccasione afono ma, come sempre, straordinario, e a una convincente e perentoria Alessia Innocenti. Un Ceccanti in stato di grazia, e vorremmo dire di beatitudine, ha ricamato, a occhi chiusi, assorto, sulle ultime note di Louange lEtrnit de Jesus, la quinta
sezione del Quatuor, un mi armonico acuto e dolcissimo, lungo,
interminabile come leternit di
Ges. Il suo violoncello (un Carlo
Annibale Tononi del 1720) pareva
lo strumento di un angelo adoran-

te. Il mi armonico si ripeter ancora alla fine, allultima battuta


del Quartetto, affidato questa volta al violino, lo strumento che Alberto Bologni suonava facendolo
trasumanare, con un suono sussunto a un tale punto di rapimento estatico, a una tale bellezza cristallina, che il violino non pareva
pi un violino ma una diafana cetra cherubica, sfiorata a lode e
vanto del Creatore. Il miracolo
conclusivo: due cambi darco leggerissimi, impalpabili, che non si
avvertivano, mentre si percepiva
un unico e lungo respiro filato,
unesalazione come quella di
unanima che ritorni a Dio.
Fabrizio Giovannelli tratta il pianoforte, nel Presque lent, impalpable, lointain di Vocalise, in maniera dolcemente percussiva, suonando staccato dove scritto, senza il
pedale che tutto slava e ottunde,
ma appoggiando bene i suoni, a
uno a uno, infilandoli come perle,
talch lo staccato non si avverte
pi (solo Gould riesce a fare qualcosa di simile nellultima registrazione delle Goldberg, quella del

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1981 effettuata per la Sony). Grazie a un jeu perl di rara fattura,


Giovannelli regala limpressione
di trovarsi immersi in un corso
dacqua non pi umana, che dovrebbe scorrere nel tempo ma che,
non essendovi pi il tempo, sta immota (laqua permanens indica,
nel gergo crittografico degli antichi
alchimisti, il Mercurio dei Saggi, la
quinta essentia). Remo Pieri non
da meno nel suo strumento, il clarinetto. Un passo di eccellenza
quello desordio, Liturgie de cristal, i cui trilli e svolazzi vanno
eseguiti, secondo lindicazione autografa del compositore, comme
un oiseau. Pieri un concertista
di fama indiscussa, di rango internazionale: il suo Abme des oiseaux uno dei pi belli che abbiamo mai ascoltato, in lui la virtuosit non appare mai disgiunta dalla
ricerca di un timbro caldo, suadente, molto francese. Il concerto
del 2 febbraio, svoltosi nellauditorium di san Micheletto alla presenza di un pubblico strabordante, seduto in terra e per ogni dove, faceva parte della stagione promossa
dalla vitalissima e benemerita Associazione Musicale Lucchese ed
era preceduto da una dotta conferenza di Gabriella Caramore e da
un incontro con padre Benedetto
Mathieu, frate camaldolese molto
noto e amato in Lucchesia. Visioni
dellApocalisse, questo il titolo del
progetto complessivo, ideato e curato da Fabrizio Giovannelli. Il
presidente dellAssociazione dal
1998 Marcello Parducci, il suo direttore artistico (di nomina recentissima) il pianista Simone Soldati, a sostenerne lattivit sono, fra
le altre, la Fondazione Banca del
Monte di Lucca e la Fondazione
Cassa di Risparmio di Lucca. Il 2
febbraio scorso lApocalisse stata scongiurata: lunghi, affettuosi,
interminabili applausi hanno salutato gli interpreti alla fine del concerto, contribuendo ad allontanare
da noi la minaccia del tempo, lesca tesaci da questo dieu sinistre, questo joueur avide, come
Baudelaire lo chiama, qui gagne
sans tricher.

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Il tempo
vince sempre
Il tempo, a differenza dei compositori e della loro musica, non
ama le gherminelle. Tempus omnia vincit, si legge spesso sulle
meridiane dei nostri antichi borghi. Il tempo vince sempre, e lo fa
magari senza colpo ferire, magari
senza sparger sangue, eppure i
suoi dardi non a caso gi Newton ricorre, nei suoi Principia
Mathematica, alla metafora della
freccia del tempo colpiscono
sempre nel segno ( tout coup,
spiega lautore dei Fleurs). Quello della freccia del tempo un
concetto che si usa perch quasi
tutti i processi fisici a livello microscopico sono simmetrici rispetto al tempo, vale a dire che le
equazioni usate per descriverli
hanno la stessa forma se la direzione del tempo invertita. Solo
quando noi descriviamo i fenomeni a livello macroscopico, dellosservabile, il tempo acquista il
verso e la direzione di un vettore
caratteristico. Ma verso e direzione vengono meno allorch vediamo un bel film, assistiamo a uno
spettacolo che ci coinvolge,
ascoltiamo un brano estatico come il Quatuor di Messiaen (o uno
avvincente come il Vorspiel del
Tristan wagneriano). Larte dei
suoni consegna nelle nostre mani
laffascinante ipotesi di una reversibilit del tempo. Nel Talmud il
Messia afferma: Arrivato il tempo per la mia comparsa, io non
devo ritardare (Talmud Sanhedrin, 98a). Eppure, il Quatuor di
Messiaen il cui scopo dichiarato
quello di convertir lavenir en
pass ritarda il tempo, lo muta
di segno e, se trattiene lAnticristo dal rivelarsi, per anche di
inciampo allavvento del Messia.
Larte estatica si pensi alla cantillatio gregoriana, al salmodiare
del rito ortodosso, al gagaku dei
templi scintoisti, al canto armonico tibetano e mongolo-tuvano
potrebbe ben prestarsi, vero, a
unificare la relativit generale di

Einstein con la meccanica quantistica e a determinare cos, secondo il vaticinio del fisico Julian
Barbour, la fine del tempo. Ma
potrebbe anche finire asservita,
larte estatica, agli scopi inconfessabili della nuova Gnosi, la quale
vorrebbe, cos come aveva auspicato Filone di Alessandria e come
vorr ancora Mircea Eliade in Le
sacr et le prophane, annullare il
tempo cattivo per sostituirlo col
tempo buono delle origini e del
mito, surrogando cos il disegno
del Creatore con uno spurio. Il
matematico e filosofo Pavel Florenskij affronta largomento nel
suo saggio Il tempo e lo spazio,
del 1924 (compreso nella raccolta
di scritti Lo spazio e il tempo nellarte, Adelphi, Milano 1995).
Nelle icone dellarte bizantina ,
scrive Florenskij, la manifestazione unitaria delleternit, lepifania del suo centro immobile,
dove c pace, equilibrio e autosufficienza (ivi, p. 192). Questi
stessi termini si possono adoperare per definire Messiaen e il tempo del sacro che traluce dal suo
Quatuor. Tutto sta nel vedere
quale senso assegnare a questa
percezione dellEterno ricreata
dalla musica, se un senso umano
o uno divino, e come e a quale
scopo sfruttare il sovrappi di
tempo che il rallentamento artificiale della percezione regala allascoltatore: Et haec omnia adicientur vobis (E tutto il resto vi
sar dato in sovrappi, Mt 6, 33).
La musica, proprio come il dio
delloracolo invocato nel noto
frammento eracliteo citato da Plutarco, non dice e non nasconde,
pi semplicemente accenna. La
musica non ci chiede di amministrare il tempo che ancora non
possediamo, ma ci offre una possibilit ulteriore, quella di aggiungere altro tempo a quello che gi
possediamo (santAgostino ne
parla come di un regalo divino:
merces temporalium, lo chiama
nellomelia De sermone Domini
in monte). Tutto qui.
Carlo Alessandro Landini

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