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CIRCUMSPICE

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C. F. GABBA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

VOL. I.
TEORIA

DELLA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

ESPOSTA

ᎠᎪ

C. F. GABBA
Professore ordinario della R. Università di Pisa

VOLUME PRIMO

SECONDA EDIZIONE
RIVEDUTA E ACCRESCIUTA DALL'AUTORE
CON RIGUARDO ALLA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA

TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO - EDITRICE
33, VIA CARLO ALBERTO, 33
1884

UM!
Diritti di traduzione e riproduzione riservati alla Società editrice.
PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE
76

La prima edizione di quest'opera è esaurita , ed io


ho consentito che se ne facesse una seconda , atteso
che la opportunità del tema in essa trattato non possa di
sua natura venir mai meno . Se nei primi anni dopo
la riforma del diritto civile italiano , la frequenza
J dei casi transitori civili ha dovuto necessariamente

a essere maggiore che molti anni dopo, è però ancor


lontano il tempo in cui non ci possano più essere
questioni di quel genere , suscitate dalla nuova legisla-
zione italiana . Ma diventando sempre meno frequenti

le questioni di retroattività del Codice civile, perpetua


rimane la occasione di consimili quistioni , sia per le
novelle di diritto civile vere e proprie , sia per le nuove
leggi di altre specie qualunque, le quali in qualsivo-
glia maniera modifichino o innovino diritti od obblighi
privati dei cittadini . E se nel campo del giure civile ,
GALIA RAAL. L I. 1

200807
2 PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

propriamente detto , l'epoca della codificazione si fa


ogni giorno più remota , pel diritto commerciale è giunta
appena ora , e il diritto penale ancor aspetta , epperò
in questi ultimi la giurisprudenza transitoria italiana
ha ancora davanti a sè tutta intiera quella messe di
applicazioni e di indagini , che nel gius civile viene
ormai sfruttata da sedici anni a questa parte . Non
passa poi anno senza che in materie politiche o
amministrative di ogni specie , non escano leggi , o
decreti , o provvedimenti di vario genere , i quali in
diverse guise innovano o modificano il diritto esistente,
e danno anche essi frequenti occasioni a quistioni di
diritto transitorio o di retroattività , potendo benissimo
esserci diritti quesiti e inviolabili anche d'indole pub-
blica . E così le dottrine generali intorno alla retro-
attività delle leggi , nel mentre a tutto quanto il campo

della legislazione si applicano , e non ad una parte sol-


tanto , ed anzi propriamente la stessa funzione legislativa
in generale e per sè medesima considerano , in quanto
ella è necessariamente , e sempre in qualche modo e
misura, innovazione del diritto esistente , hanno perenne

opportunità e incessanti e sempre nuove occasioni di


applicazione . Sono una specie di editto perpetuo , che
regola in ogni e qualunque materia il passaggio dal
diritto anteriore a quello creato da una legge nuova .

L'opera che io ripresento al pubblico è realmente


una delle più note in Italia . Come essa rispondeva
ad un vero e urgente bisogno della nostra giurispru-
denza , specialmente civile , così fu ben presto av-
vertita e adoperata da moltissimi , e coll' andar del
tempo accadde che nessuna grave questione di diritto.
transitorio civile venisse trattata in Italia senza che

contendenti e giudici facessero loro pro dei materiali


PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE 3

in essa contenuti , e non credessero di dover tener

conto delle opinioni , favorevoli o contrarie alle loro ,


ivi professate. Questi fatti hanno per me un grandis-
simo valore, perchè mi sono nuovo stimolo a mantenere
con continui studi quest'opera al livello dei progre-
dienti lumi della scienza , e dei progredienti bisogni
della pratica . Quanto al giudizio portato dai giurecon-
sulti italiani e forestieri intorno alla medesima , io
non mi inganno di certo , e credo anche adempiere
un dovere verso quel rispettabilissimo pubblico , affer-
mando che esso ha riconosciuto così la vastità e la
difficoltà del subbietto , come l'arditezza dell ' intrapresa
a cui io mi sono accinto . Trattasi infatti di conside-

rare dal punto di vista transitorio tutto il quanto


campo del diritto positivo , civile e penale , privato e
pubblico , di ricercare dapprima i principî generali che
tutto quel campo dominano , poi quelli via via meno
generali per ciascuna provincia e per le minori par-
tizioni , e finalmente i generali principii riunire e con-
temperare per risolvere i principali casi pratici di
ciascheduna specie di quistioni . Una sintesi così
estesa, una riduzione di tante e così disparate materie
ad unità di principii , non è mai stata tentata da
nessuno scrittore di giurisprudenza transitoria . Cor-
rispondentemente le difficoltà della speculazione sono
grandissime in un lavoro di tal genere , perchè le
cause di errore , i punti di vista inopportuni , le
apparenze ingannevoli sono infinite e incessanti nel

dominare tanta congerie di particolari , sia di casi


pratici accaduti e possibili , sia di opinioni di dotti e
di decisioni di Tribunali di ogni tempo e paese . Tutti
i metodi del ragionamento giurisprudenziale è mestieri
adoperare onde superare quelle difficoltà ; tutto il
4 PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

dizionario della giurisprudenza bisogna compulsare ,


e talvolta mi è stato anche necessario inventare

locuzioni nuove per fermare debitamente nuove col-


leganze di idee . E dove maggiori erano le difficoltà ,
io mi sono trovato solo e senza sussidio , epperò

costretto ad una ancor più grande contenzione di


spirito.
Tutto ciò hanno capito e riconosciuto i miei onesti
lettori . Tutti hanno capito e riconosciuto di avere
davanti a sè un'opera originale , un tentativo di spe-

culazione giurisprudenziale , non tentato finora , e dif-


ficilissimo . E conseguentemente nessuno può essersi
meravigliato di avere trovato in così esteso lavoro
mende tutte proprie dell ' indole sua , sconosciute
soltanto a chi siffatte difficoltà non ha mai dovuto

affrontare. È questa appunto la conseguenza , a cui


io volevo venire , dopo quella premessa ; imperocchè la
nuova edizione a cui io mi accingo ha appunto per

iscopo di emendare la prima , dovunque mi sono accorto


che questa ne abbisogni . Non per altra via infatti si
possono successivamente migliorare opere scientifiche
di questo genere ; poichè sono vaste sintesi , gli è
soltanto riportando l'occhio sul totale , che si possono
scorgere le imperfezioni delle parti , cioè le disar-
monie di queste col tutto . Certamente , se Dio mi
darà vita , io non toglierò la mano da questa mia

opera , fintantochè mi sembrerà mancare qualcosa


all'ideale che vi presiede . Il quale in ciò consiste che
la parte generale, contenuta nel primo volume, trovisi
veramente con tutte le altre in così organica e vitale
connessione , come il cervello umano con tutti i nervi
e i movimenti delle diverse parti del corpo umano .
PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE 5

In questa seconda edizione , oltre alle necessarie

correzioni , e aggiunte di notizie omesse nella prima ,


io mi sono proposto di tener conto di tutte le nuove
pubblicazioni , e di tutti i più importanti giudicati ,
posteriori a quella . Delle prime per verità è scarso il
numero, in Italia e fuori , grande invece quello delle
seconde , e queste non di rado presentano anche
quistioni pratiche non prevedute nella prima edizione .
Da tutti questi materiali io procurerò di ricavare tutto
il possibile profitto . E così spero che l'opera mia possa
riuscire sempre più rispondente alle esigenze della
scienza e a quelle della pratica , e anche sempre più
meritevole del favore di cui l'onorarono i giurecon-
sulti italiani e i forestieri .

Pisa , 30 giugno 1882.

C. F. GABBA.
INTRODUZIONE

De jure civili si quis novi quid instituit


is omnia , quae ante acta sunt, rata
esse patitur.
Cic. in Verr. II, 1 , cap. 41 .

L'ordine giuridico , forma e compagine dell'ordine sociale , è al


pari di questo mutabile e progressivo . Nuove idee e nuove abi-
tudini generano nuove relazioni fra gli uomini , e il diritto,
regola di quelle umane relazioni che sono mezzi per l'indivi-
duo onde raggiungere gli scopi della esistenza , non può non
mutarsi e non progredire esso pure in modo corrispondente .
La storia del diritto espone ed apprezza intimamente le fasi per
cui è più passato fino ad oggi lo svolgimento del giure , la filo-
sofia del diritto ne rintraccia nella natura dell'uomo e della
società le più riposte cagioni , ed il finale indirizzo .
Fra le condizioni indispensabili del progresso giuridico, come
di qualunque altro progresso dell'umana associazione , principa-
lissima è di certo questa, che esso non possa mai andar disgiunto
dalla giustizia . Le nuove leggi , introducendo nuovi tipi di re-
lazioni fra gli uomini, o modificando quelli già riconosciuti ,
debbono proporsi di avvantaggiare in pari tempo la società e
l'individuo, col soddisfare a quegli interessi generali che a quelle
relazioni si riferiscono, e coll'assicurare egualmente a ciascuno
8 INTRODUZIONE

degli individui fra i quali le medesime vengono istituite, tutta


quella utilità che ne può ritrarre. La scienza della legislazione ,
e più ancora quella pratica sapienza , che dai libri non si im-
para , guidano il legislatore al conseguimento di tali scopi .
Non sono però soltanto quelle dianzi enumerate le esigenze
della giustizia di fronte ad ogni legge nuova. Ve ne hanno altre,
non meno importanti, le quali si riferiscono all'influenza che le
leggi nuove possono esercitare sui diritti già posti in essere, sui
rapporti giuridici già costituiti anteriormente, e non ancora svolti
in tutte le loro conseguenze .
Codesta influenza può manifestarsi in differenti maniere .
Talvolta una legge nuova ha per iscopo suo dichiarato, o per
suo inevitabile effetto, il sopprimere o il trasformare istituzioni
giuridiche esistenti, e con esse i diritti individuali che ne dipen-
dono. Altre volte una legge nuova , emanando nuovi principî ,
o modificando principi esistenti, non introduce però sostanziali
innovazioni negli istituti giuridici riconosciuti e vigenti. In questi
casi , che sono in realtà i più comuni , l'influenza della legge
sui rapporti anteriormente costituiti , non può nondimeno venire
esclusa in tesi generale .
Invero, quantunque il progresso della società , al pari del
medesimo svolgersi della natura , sia di regola lento e continuo,
non saltuario e violento, ciò nondimeno la società ha essa pure
le sue rivoluzioni , come la natura può andar soggetta ai cosi
detti cataclismi. Istituzioni diventate incompatibili coi progressi
fatti dalla società in altri lati, che trovansi in istretto rapporto
con quelle , perchè l'egoismo ha impedito che chi si avvantag-
giava delle prime cedesse spontaneamente di mano in mano
qualche cosa alle esigenze del bene pubblico, debbono poi un
giorno finire crollando ad un tratto, per opera di una legge
che le sopprima. In questo modo noi abbiamo veduto scompa-
rire in Francia e in altri Stati d'Europa i feudi e i majorascati,
nella Russia la servitù della gleba, negli Stati Uniti d'America la
così detta schiavitù di colore, nel nuovo Regno d'Italia parecchie
corporazioni religiose . Chi può mettere in dubbio la legittimità, la
giustizia delle abolizioni, a cui cospirano in pari tempo l'intol-
INTRODUZIONE 9

lerabile egoismo di pochi , e l'imperiosa legge del bene generale ?


Nessuno però può mettere in dubbio neppure che riforme di
tal natura non siano di natura eccezionale .
Più comuni invece sono quelle riforme, le quali hanno sol-
tanto per iscopo di modificare non sostanzialmente istituti giu-
ridici riconosciuti, ed esse, benchè principalmente mirino a dar
norma ai futuri negozi , non disconoscendo quelli già posti in
essere, pur nondimeno agiscono non di rado anche sulle rela-
zioni giuridiche anteriormente costituite, i cui effetti non siano
ancora intieramente consumati . È un errore il dire che la legge
non abbia di mira che i negozi futuri , quando con questo si
intenda escludere affatto dal novero di quei negozi gli effetti di
rapporti giuridici anteriori al cominciato vigore della nuova legge .
Siccome questa , svolgendo principî giuridici già ammessi , non
fa in sostanza che dedurne conseguenze migliori , cioè più con-
formi a giustizia , così non vi ha ragione, generalmente parlando,
per cui , nel mentre essa tende a dare un migliore assetto ai
nuovi rapporti che verranno costituiti in seguito , non debba
proporsi eziandio di rettificare le conseguenze di quelli già esi-
stenti.

Questa proposizione ci pare evidente , e ci fa meraviglia che


da quasi nessuno scrittore sia stata posta a base degli studi del
cosi detto giure transitorio ( 1 ) . Suolsi invece affermare in tuono
assoluto e generale che le leggi nuove non possono applicarsi che
a casi futuri. Secondo questo linguaggio ogni retroattività di legge
è una ingiustizia, retroattività ed ingiustizia sono una sola cosa.
Ma se ciò fosse vero, come mai si potrebbe spiegare il fatto che
non poche volte la giurisprudenza applica la legge nuova a rap-

(1 ) I Rudhart nelle sue Controversen im Code Napoleon ha compresa in tutta


la sua ampiezza l'importanza di questo principio, e la sua opera non è appunto che
un ampio svolgimento dell'idea che il medesimo debba essere posto a fondamento
degli studi di diritto transitorio. Anche al Merlin non è sfuggita questa verità , onde
egli pure dice : la retroattività è la regola (Rép. v . Compét. p. 3) . Recentemente
il Theodosiades intravide pure la pratica utilità di tale principio in alcuni passi del
suo libro (Essai sur la non rétroactivité des lois). Egli dice p. 185) ; la loi nouvelle,
toujours préférable à l'ancienne, doit recevoir la plus large et la plus prompte
application, toutes les fois qu'elle n'entraine aucun inconvénient.
10 INTRODUZIONE

porti giuridici già costituiti ? Siano pure infrequenti ed eccezio-


nali cosiffatte applicazioni , il giureconsulto però non potrebbe
mai neppure proporsi la quistione se un dato effetto di un
rapporto giuridico anteriore debba essere regolato da una legge
nuova , ove egli non comprendesse che la tendenza naturale di
ogni nuova legge è di dominare in generale tutti i casi pratici del-
l'indole di quelli da essa contemplati , sorti dopo il comincia-
mento del suo vigore, nella quale generalità di casi si compren-
dono tanto quelli che hanno un'origine posteriore ad essa legge ,
quanto quelli nascenti da negozi giuridici anteriori .
Nel mentre però noi affermiamo che dall'impero della nuova
legge non si possono in modo assoluto escludere gli effetti di re-
lazioni giuridiche anteriormente costituite , pel solo motivo di
questa anteriorità di origine , dobbiamo in pari tempo ricono-
scere, che in concreto, per questo motivo appunto , la retroat-
tività delle leggi non può verificarsi che raramente, e come per
eccezione. Invero noi ragioniamo qui di leggi che non hanno la
mira di sovvertire nessuna istituzione esistente per giovare alla
società , ma soltanto di correggere e migliorare il regime della
società , senza infliggere a nessun cittadino la perdita di un
diritto . Ciò essendo, giustizia vuole che nello applicar la legge
nuova a rapporti giuridici costituiti anteriormente , si rispettino
tutti quei diritti che dall'una o dall'altra delle parti, fra le quali il
rapporto venne posto in essere , siano stati acquistati con questo
fatto , si restringa per conseguenza l'impero della legge nuova a
quegli effetti dei rapporti giuridici anteriori, che per loro natura
non si possono dire veri diritti acquisiti dall'una parte o dall'altra,
fin dall'origine del rapporto, in modo irrevocabile . Diversamente
operando, la giurisprudenza offenderebbe la giustizia , perchè
toglierebbe ad un cittadino il suo diritto per darlo ad un altro ,
1
senza che la necessità pubblica lo volesse, e contraddicendo anzi
al carattere della legge medesima che vorrebbe applicare. Egli
è però facile comprendere che gli effetti e le conseguenze di un
rapporto giuridico qualunque , le quali non contengano materia
di un vero e proprio diritto acquistato dalle parti, non possono
essere che poche e veramente eccezionali . Imperocchè il maggior
INTRODUZIONE 11

numero di quei rapporti sono posti volontariamente da coloro


fra cui intercedono , o dai loro autori , e nel conchiudere gli
affari sogliono gli uomini spingere più lungi che possono le loro
previsioni e i loro calcoli . Per ciò appunto noi dicevamo poc'anzi ,
che l'impero di una legge nuova sui rapporti giuridici anteriori ,
o in altri termini la retroattività delle leggi , è di sua natura
limitata a pochi casi , ed in certo modo eccezionale .
Se noi ora vogliamo formulare in termini generali i limiti
della pratica applicazione delle leggi nuove, che hanno soltanto il
proposito di modificare non sostanzialmente istituti di diritto rico-
nosciuti e vigenti , dobbiamo dire che essa comprende non soltanto
i futuri negozi , ma eziandio tutti quei futuri effetti di negozi
anteriormente costituiti , i quali non si possano ritenere diritti
acquisiti di uno qualunque degli individui , fra i quali il rap-
porto intercede (1 ) .
Ma se difficilmente può essere questione se un dato rapporto
giuridico sia posteriore o no alla legge nuova , si può domandare
invece quali siano i criteri pratici coi quali contraddistinguere i
diritti veramente acquisiti mediante rapporti anteriori ad essa
legge . Codesta ricerca interessa altamente la giustizia, e ognuno
comprende che davanti alla grandissima varietà delle giuridiche
relazioni e delle innovazioni legislative , non è possibile additare
quei criteri senza molte e minuziose considerazioni .
Codeste considerazioni occuparono da molto tempo i giure-
consulti , con titolo non meno vario del modo in cui vennero
condotte.

Alcuni , come Chabot de l'Allier, le chiamarono questioni di


diritto transitorio, altri , come il Weber e il Mailher de Chassat,
teoria della retroattività delle leggi , altri finalmente , come il
Lassalle , teoria dei diritti acquisiti.

(1) Tutto il sin qui detto mi par chiaro. Ma pur troppo sono pochi i lettori di
un libro, i quali stimino necessario leggerne la prefazione, e ciò spiega come qualche
superficiale e pretenzioso scrittore siasi permesso di citare quest'opera intercalando
un non davanti alla parola retroattività , come per correggere un mio lapsus calami,
il quale facesse pensare ciò che io non avessi inteso , nonchè detto e professato
espressamente !!
12 INTRODUZIONE

Fra tutte queste denominazioni , la seconda ci sembra prefe-


ribile alla prima ed alla terza. Invero il chiamare diritto tran-
sitorio il complesso de' principi giuridici che regolano il pas-
saggio dall'antica legge alla nuova , è una espressione infelice,
la quale può sulle prime indurre a credere che siano tran-
sitori que' principi medesimi , come è transitoria l'occasione.
della loro applicazione . Chi poi riduce lo studio di cui
ragioniamo alla determinazione dei diritti acquisiti , non fa
comprender bene che questa determinazione ha per iscopo di
fissare i limiti dell'applicazione delle leggi nuove agli effetti dei 1
rapporti giuridici anteriori alle medesime , e non può quindi
andare disgiunta dalla determinazione dei casi nei quali questa
applicazione può farsi , pel non verificarvisi veri e propri diritti
acquisiti. La denominazione : teoria della retroattività delle leggi,
appunto perchè non lascia alcuna oscurità sul vero oggetto delle
ricerche di cui si tratta , e lo enuncia in termini generali , che
lo comprendono in tutti i suoi lati , ci sembra andare esente
dai difetti avvertiti nelle altre due, e quindi preferibile ad esse .
Esporre i principî che regolano l'applicazione delle leggi nuove
ai rapporti giuridici anteriori , e propriamente tanto delle leggi
le quali hanno lo scopo diretto di abolire o modificare sostanzial-
mente istituzioni esistenti , quanto delle leggi che mirano soltanto
a correggere e svolgere ulteriormente qualche parte del sistema
giuridico , in altri termini , additare le condizioni e i limiti
della retroattività dell'una e dell'altra specie di leggi , tale è
l'assunto che noi ci proponiamo nella presente opera.
Noi ci siamo accinti a codesto lavoro scientifico, convinti come
siamo dell'utilità pratica che esso potrebbe avere in questo mo-
mento in Italia , quando a noi fosse dato di non mostrarci af-
fatto inferiori al nostro tema. Tutte le parti della legislazione
hanno subito fra di noi mutamenti più o meno estesi e profondi ;
altre li subiranno fra poco, altre ancora , dopo esser già state
modificate una volta , dovranno essere ritoccate presto o tardi una
seconda. Un cosi esteso e rapido succedersi di leggi nuove deve
certamente dar luogo ad incessanti e svariatissime occasioni di
risolvere questioni pratiche di diritto transitorio. Ma fra le tante.
INTRODUZIONE 13

opere di giurisprudenza pratica uscite in Italia in questo secolo,


e in questi ultimi anni , nessuna , che noi sappiamo , è special-
mente dedicata a queste importantissime questioni ; ci parve
quindi giunto il momento di contribuire, per quanto stava nelle
nostre forze , a colmare questa lacuna.
Noi non ci dissimuliamo le difficoltà dell'argomento . Per ve-
rità fra tutte le questioni che presenta la giurisprudenza, quelle
nelle quali si ricerca , non quale sia il significato e la pratica
efficacia di una data legge , ma qual legge si debba applicare
ad un dato caso , fra due o più che sembrerebbero disputarselo ,
e questo punto debba essere definito non con criteri esteriori ,
ma investigando l'intima natura del caso stesso, sono certamente
fra le più difficili . Stabilire poi principî metodici generali onde
risolvere questioni di tal natura , è intrapresa ancor più ardua ,
se si pensa alla grandissima varietà che possono presentare
questioni siffatte.
Noi non avremmo neppure ardito di affrontare così gravi
difficoltà , se non avessimo trovato nelle opere pubblicate finora
intorno alla retroattività delle leggi , copiosi materiali , ed ampio
sussidio alle nostre forze. È questa una circostanza, sulla quale
ci interessa moltissimo che il lettore di quest'opera rivolga la
propria attenzione .
Molto è stato scritto intorno alle condizioni ed ai limiti delle
retroattività delle leggi, e molte decisioni sono state pronunciate
da autorevoli tribunali intorno a molte importanti questioni. Pur
troppo non si può dire che il lungo lavoro di tanti intelletti
sia riuscito a costituire un corpo di dottrine universalmente
ricevuto, che anzi , se vi ha materia , nella quale la varietà dei
casi doveva essere di ostacolo al conseguimento di un tale ri-
sultato , è certamente quella di cui ragioniamo . Non sono pochi
tuttavia i punti nei quali la giurisprudenza teorica e pratical
dell'effetto retroattivo delle leggi ha stabilito saldi principi , e
rispetto a moltissimi altri, nei quali codesto risultato non è ancor
stato raggiunto, tanta luce è però stata gettata dalle opposte ar-
gomentazioni , che non ci pare infondata la speranza di potere
14 INTRODUZIONE

far progredire di un nuovo passo codeste difficili ricerche , usu-


fruttando in savia guisa gli studi già fatti dagli altri .
Nel valerci delle fatiche dei nostri predecessori noi terremo
egual conto delle dottrine degli scrittori e di quelle dei tribu-
nali. Imperocchè le prime vogliono esser studiate onde poter
salire alle più elevate ragioni dei principî pratici , le seconde
pongono sott'occhio a chi studia i varî elementi di cui constano
i tipi delle differenti fattispecie , i varì aspetti che quei tipi pos-
sono assumere in concreto. Indispensabili riguardi , onde evitare
i soliti scogli delle dottrine giurisprudenziali , più frequenti che
mai nella materia della retroattività delle leggi, lo stabilire cioè
i principî a troppa distanza dalle applicazioni , o in troppa vici-
nanza a queste, il peccare cioè di astrattezza, oppure il trasfor-
mar troppo facilmente la decisione di un singolo caso in regola
generale ; l'un procedere e l'altro conducenti a dottrine ingiu-
stificate, e feconde di inevitabili errori.
Utile principio metodico ci è sembrato nella trattazione del
nostro tema, il coordinare l'esposizione dei principî ad una previa
accurata classificazione delle materie . Dopo Chabot de l'Allier, il
quale non si curò affatto di dare una forma sistematica alla
trattazione delle questioni transitorie , tutti gli altri scrittori di
codesta materia hanno cercato di ordinarla secondo le affinità e
le differenze degli argomenti che essa comprende , e noi crediamo
che sia questa una opportunissima preparazione onde arrivare
ad una teoria saida e completa . Imperocchè in tal guisa appunto
e solamente , si cansa l'accennato pericolo di stabilire principî
apparentemente fondati , in realtà o troppo ristretti di fronte ad
argomenti dei quali non si ebbe occasione di tener conto, o
troppo estesi , a motivo di una precipitata generalizzazione . Ma-
nifesto è poi non meno che quel duplice pericolo sarà più o
meno sicuramente evitato, secondochè la distribuzione siste-
matica dei casi pratici sarà determinata da una più o meno
attenta considerazione dei vari loro caratteri, o da un maggiore
o minore accorgimento nell'assegnare fra i medesimi quelli che
si debbano ritenere di preferenza come decisivi nello studio di
cui si tratta.
INTRODUZIONE 15

Noi siamo lontani dallo aspettarci che il risultato delle nostre


ricerche abbia corrisposto alla serietà dei nostri propositi , ed
allo zelo con cui ci ponemmo ad effettuarli . Saremmo abbastanza
lieti se la presente opera venisse giudicata non affatto inutile
ai cultori delle scienze giuridiche, e ciò sperando, la presentiamo
al pubblico .
·
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Collezioni e Giornali di Giurisprudenza pratica


citati nel presente trattato.

Collection Nouvelle, di Devilleneuve e Carette.


DALLOZ. - Répertoire de législation et de jurisprudence, Nouv.
ed. Paris 1853. Voce Lois , Ch . IV, n . 182-304 (T. xxx. p.
97-161 ) e passim.
DALLOZ. Id . Recueil périodique dal 1845 in poi.
Journal du Palais .
Recueil général des lois et des arrêts , fondato da Sirey e conti-
nuato dopo il 1831 da Devilleneuve e Carette.
Pasicrisie belge.
Decisioni del Supremo Tribunale di Revisione di Parma , raccolte
da Francesco Melegari. Reggio , Calderini e C. 1855.
Decisioni delle Gran Corti Civili in materia di diritto, pubblicate
dal Cav. Michele Agresti. Modena , Zanichelli e C. 1862 .
Giurisprudenza degli Stati Sardi , compilata dall'avvocato Filippo
Bettini. - Torino, Pomba e C., e la sua continuazione :
Giurisprudenza italiana. Torino, Unione Tipografico- Editrice .
Annali di Giurisprudenza , Raccolta di decisioni , etc. per opera
di una società di giureconsulti toscani . - Firenze 1839-
1866 , e la continuazione dal 1866 in poi col titolo : Annali
della Giurisprudenza italiana.
Foro Italiano - Roma.
Monitore dei Tribunali , di Milano.

NB. Nel citare nel corso di quest'opera le suindicate ed altre collezioni


abbiamo fatto uso delle seguenti abbreviature :
A. G. Annali di Giurisprudenza. G. La Giurisprudenza .
C. N. Collection nouvelle . M. T. Monitore dei Tribunali .
A. Collezione dell'Agresti . 2. Collezione dello Zini.
B. Collezione del Bettini. D. R. Dalloz , Répertoire .
F. I. Foro Italiano . D. P. Dalloz , Périodique.
G. I. Giurisp. italiana. I. P. Journal du Palais.
L. La Legge. P. B. Pasicrisie Belge.
M. Collezione del Melegari. R. G. Recueil Général.
PARTE PRIMA

PROLEGOMENI

CAPITOLO I

Soggetto della presente Opera.

Noi ci proponiamo di ricercare e di esporre quei pratici


criteri , mediante i quali contraddistinguere i casi giuridici
sottoposti all'impero di una nuova legge, quantunque occasio-
nati da fatti giuridici, o relazioni di diritto poste in essere pre-
cedentemente alla medesima. Diciamo fatti o relazioni di diritto.
Imperocchè sebbene sia vero che ogni diritto oritur ex facto,
tuttavia egli è vero non meno che l'origine di un diritto risiede :
o in relazioni poste in essere dal concorso di più volontà, o in
atti unilaterali della volontà umana , o finalmente in contingenze
dalle quali la legge li fa provenire . Queste due ultime sorgenti
dei diritti vogliono essere distinte dalla prima , e lo possono,
ove le si chiamino fatti , in un significato più ristretto di questa
24 PARTE PRIMA

parola , e contrapposto alla parola relazioni ; noi ci serviamo


appunto di cotesto linguaggio (1 ) .
Tale è il concetto generale del subbietto dei nostri studi ;
analizziamolo, onde determinarne viemeglio il contenuto .
Occasione di tali ricerche è un ovvio riflesso , a cui dà luogo
in ogni giurista l'apparizione di una legge , la quale contenga
nuovi principì di diritto, qualunque sia l'oggetto cui essa con-
cerne . Dinanzi a codesto fatto il giurista si accorge facilmente
di due cose : primieramente, non potersi negare in modo asso-
luto ad una legge nuova ogni effetto retroattivo , cioè ogni e qua-
lunque influenza sulle ulteriori conseguenze dei fatti e rapporti
1 di diritto che si avverarono sotto l'impero della legge prece-
dente , essendo manifesto l'intento della nuova legge di modi-
ficare per lo avvenire il sistema giuridico in quel punto che
forma oggetto delle sue disposizioni ; secondariamente, non po-
tersi neppure assoggettare totalmente quelle conseguenze alla
nuova legge , come vi saranno assoggettati i rapporti futuri ,
senza offendere in molti casi la giustizia , cioè senza interdire
ingiustamente a chi ha osservato la legge anteriore quei diritti
che in questo modo egli si era procacciati.
L'una verità e l'altra sono evidenti del pari : la prima corri-
sponde a quella legge del progresso sociale, per cui dalle cose
passate alle nuove non si viene per salti , ma per lente trasfor-
mazioni ; la seconda corrisponde a quell'altra legge del patto
sociale, per cui il cittadino , come osserva Beniamino Constant,
(Mon. du 1er juin 1828 , p . 755 ) , in ricambio dell'osservanza
della legge ottiene certi diritti.

( 1 ) Nel § 14 della Introduzione al Diritto territoriale univers. prussiano ,


tutti gli oggetti delle leggi , e le origini dei diritti si riducono a handlungen
e begebenheiten, cioè ad atti e fatti ; laonde vi si dice : le leggi nuove non
potersi applicare ad atti e fatti anteriormente accaduti. La stessa locuzione
si trova nel codice civile generale austriaco . Essa equivale in sostanza a
quella da noi adottata , perchè gli atti umani o sono relazioni di diritto
fra due o più persone, o sono disposizioni unilaterali , da cui provengono
diritti ad altre persone , e le contingenze dalle quali provengono diritti a
certe persone senza il concorso della loro volontà possono anche chiamarsi
fatti in generale in contrapposto ad alti.
PROLEGOMENI 25

Queste due verità però sembrano al giurista essere in colli-


sione fra di loro, ove non vengano assegnati opportuni confini
all'applicazione pratica dell'una e dell'altra , epperò egli è tratto
a ricercare codesti confini , cioè a determinare in quali casi la
legge possa influire sulle conseguenze di fatti o rapporti giuri-
dici anteriori , senza violare diritti acquisiti, e in quali non lo
possa.
Tale è l'occasione, e tale è l'oggetto vero e proprio degli studi
intorno alla retroattività delle leggi . Esso verrà ancor più chia-
ramente compreso , ponendo mente alle materie che a questi
studi non appartengono .

CAPITOLO II

Leggi interpretative e rettificative .

Anzitutto non v' ha dubbio non entrare nel campo della teoria
della retroattività delle leggi l'apparente retroattività attribuita
da tutte le legislazioni alle leggi cosi dette interpretative, siano
civili , siano penali , siano d'ordine privato, siano d'ordine pub-
blico (1 ).

Le leggi interpretative non si possono dir nuove ; in esse il legi-


slatore, per adoperare un'espressione di Ulpiano in altra occasione
( L. 21 , § 1 , qui testam . fac. poss. ) non dat , sed datum significat ,
cioè non esprime un nuovo concetto, ma non fa che svolgere dalle
espressioni di una legge precedente un concetto che in essa era
implicato, benchè ciò non sia stato compreso finora dagli inter-
preti . Invero lo svolgimento dei principî giuridici , come bene

(1 ) In senso affatto diverso, può dirsi colle Cassazioni di Torino 20 marzo


1868 (A. G. 11 , 1 , 134) , 6 giugno 1874 (G. I. xxvi , 1 , 780 ) e di Firenze
27 dicembre 1872 ( ib . xxiv, 1. 781 ) apparente l'effetto retroattivo dato
dal Giudice ad una legge nuova , identica sull'argomento alla legge an-
teriore.
26 PARTE PRIMA

osserva il Lassalle (p . 443) , è di una duplice natura , cioè sto-


rico o logico. Il primo consiste nello avvertire nuovi lati , o
nuove attinenze di istituzioni giuridiche, non vedute per lo
addietro , e nel farne oggetto di nuovi principi ; il secondo con-
siste nel dedurre , col soccorso della riflessione , da principî già
ammessi tutte le conseguenze di cui sono capaci , e che sono
potenzialmente, vi ac potestate, racchiuse in essi . Il secondo svol-
gimento allorquando vien fatto dal legislatore , devesi appunto rite-
nere vera e propria interpretazione della vis ac potestas della legge
precedente. Imperocchè nessuno evidentemente può esplicare un
concetto meglio di chi lo ebbe a formulare . Siccome poi ella è
pur cosa evidente che non vi può essere diritto quesito in virtù
di una legge male intesa, così il legislatore può e deve preten-
dere che una vera e propria legge interpretativa obblighi tanto
per lo passato, come per lo avvenire, cioè cominci ad avere effetto
per tutti i cittadini dal momento in cui cominciò ad avere vigore
la legge interpretata, colla quale la legge interpretativa essenzial-
mente si confonde. Di qui la retroattività più apparente che reale
della legge interpretativa sui rapporti giuridici non ancor total-
mente effettuati , cioè pendenti al momento della sua emanazione .
A ragione adunque Giustiniano stabilisce in generale nella
Nov. 19 (praef. in f. ) : ea quae per interpretationem adjiciuntur,
in illis obtinere debere, in quibus legibus interpretatis locus est ;
e nella Nov. 143 pr . , in un caso speciale : quam interpretationem
non in futuris tantummodo casibus, verum in praeteritis etiam
valere sancimus, tamquam si nostra lex ab initio cum interpre-
tatione tali a nobis promulgata fuisset.
Codesto principio è stato anche sempre ricevuto nel sistema
giuridico di tutti i popoli moderni , o per opera dei legislatori ,
o per opera dei giureconsulti.
Il diritto territoriale prussiano del 1794 dichiara nella Intro-
duzione (§ 4) : « l'interpretazione di una legge anteriore, trovala
necessaria e debitamente pubblicata dal legislatore , devesi ap-
1
plicare in tutti i casi giuridici non ancor decisi » .
Nel Codice Napoleone il principio in discorso non trovasi
esplicitamente enunciato ; cionondimeno esso è quasi unanime-
PROLEGOMENI 27

mente propugnato dagli scrittori , ed applicato dai tribunali (1 ).


Nel Belgio lo stesso principio è sancito nell'articolo 25 della
legge sull'Organizzazione giudiziaria . Notevoli sono su questo
proposito le seguenti sentenze : Cassazione francese : 2. term .
anno Ix ( Merlin , Répert. Divorce Sect. 4 , § 10 , p . 777 ), 22
vend . anno x (ib . ) , 13 brumale anno ix , 22 brumale anno x ,
18 termidoro anno x , 22 marzo 1806 ( ib . p . 803) , 19 ottobre
1808, 4 marzo 1817 (R. G. t . XVII , 1 , 241 ) , 20 dic. 1843 (R. G.
44, 1 , 13), 29 agosto 1865 ( 1. P. 76, p. 1153); Cassazione del
Belgio 25 giugno 1850 (2) ; Corte di Venezia 31 luglio 1874

(1 ) V. Malleville (Analyse, t. 1. p. 9), Merlin (Questions de droit, Chose


jugée §. 8. et passim) , Dalloz ( R. v.º Lois , cap. IV , n. 188-191 segg. ) ,
Merlin , Repert . v. Ess. retroact. , Sect. 3-8-13. Pel diritto criminale in par-
ticolare v. Morin , Repert. de dr. crimin . v . Eff. retroact. n. 3, e Dictionn .
d. dr. crimin. v. Eff. retroact. n. 3, Carnot, Comment sur le code pen.
art. 4 , Haus, Cours de dr . crimin . n . 89, Meynne, Essai sur la retroactiv.
des lois repressives , n. 103 , Seeger, Ueb. d. rückvirkende Kraft neuer.
Strafgesetze , Tubinga 1862 p. 177 , Mailher de Chassat (vol . 1. pag. 126
segg. ), Demolombe ( Cours d. dr. civ . 1, cap. iv. n. 121 ) . Marcadé (n . 44).
Anche il Grenier nel suo discorso al Corpo legislativo intorno alla legge
14 flor. anno II , sui figli naturali disse : Lorsqu'une loi interprétative
devient nécessaire, les contestations qui s'étaient élevées sur l'application de
la loi obscure, et qui ne sont pas definitivement jugées, doivent l'être d'après
la loi déclarative ou interprétative » . --- Nel libro preliminare al progetto
del Codice civile si legge (Tit . 4, art. 23) « La loi n'a point d'effet rétro-
actif. Néanmoins la loi explicative d'une autre loi précédente règle même le
passé, sans préjudice des jugements en dernier ressort , des transactions et
décisions arbitrales passées en état de chose jugée. Dissentono il Duvergier
sur Toullier, tomo XXVIII , p. 244, nota 4 , il Meyer , Institutions judiciaires,
cap. VI, p . 79 e seg. , e in Italia il compianto mio amico Prof. Precerutti,
il quale vorrebbe addirittura abolito l'istituto delle leggi interpellative ,
attesi i facili abusi a dauno di diritti quesiti (v . Legge , 22 giugno 1867 ) .
(2) Come si riconosca in una legge il carattere interpretativo, disputano
i Giureconsulti . Alcuni opinano che il legislatore debba egli stesso attri-
buirglielo espressamente (v . Trib . Sup . di Revis . parm . ap . Melegari , II
p . 19 ) , altri, come il Bergmann (p . 63), la considerano una questione di
fatto che il Giudice deve liberamente appurare. A me pare impossibile che
dal tenore stesso della legge interpretativa non abbia a risultare chiaramente
questo suo carattere .
28 PARTE PRIMA

(G. I XXVIII , 11, 20) , Corte dei Conti 1 novembre 1870 (L. XIII,
II , 112 ) , Corte di Lucca 29 aprile 1875 (ib . XVI , 1 , 111 ) , Cas-
sazione di Napoli 7 luglio 1866 (A. G. 1 , 1 , 88) , Cassazione di
Torino 7 marzo 1872 ( ib. vi , 1 , 57).
Importa però non disgiungere il principio generale di cui
parliamo dalle sue indispensabili limitazioni , provenienti logi-
camente dalle medesime considerazioni generali sulle quali il
principio si fonda.
1. L'efficacia retroattiva di una legge interpretativa non può
attribuirsi a quegli articoli della medesima , nei quali per avven-
tura essa a) introduca una novità , cioè un qualche principio
che non si possa dire virtualmente contenuto nella legge inter-
pretata ; oppure b ) modifichi in qualunque guisa o misura
l'espresso disposto della legge interpretata .
Cosi pensano il Mailher de Chassat (1. p . 131 ) , il Lassalle
(p . 446) , il Marcadé (art. 2, n° 45) ( 1 ) , e noi aderiamo alla loro
opinione , benchè non tutti gli scrittori pensino egualmente . Il
Frantzke (cit . da Mailher ib . ) , il Bergmann ( p . 199 ) , il Seeger
(op . cit. p . 9 ), opinano invece che ogni qualvolta il legislatore
abbia dichiarato di emanare una legge interpretativa , questa
sola circostanza basti per darle retroattività , qualunque ne
sia il contenuto. Ma questa ragione non ci pare convincente .
Imperocchè , dovendosi per regola generale por mente più alla
realtà che alle parole, l'evidente novità di tutta o di una parte
di una legge che si chiama interpretativa , deve indurre piut-
tosto a ritenere che il legislatore non abbia parlato esattamente
di quello che a commettere in suo nome una evidente ingiustizia(2) .

(1) Narra il Marcadè che nel 1835, essendo sorto dissidio fra la Corte
di Cassazione e le Corti di appello , sul punto di decidere se in un dato
caso una citazione si dovesse fare entro otto giorni , o tre anni , venne
richiesta una interpretazione al potere legislativo . Questo emanò una legge
che fissò un intervallo di tre mesi. Questa legge , dice il Marcadé , era
evidentemente nuova, e non interpretativa, e quindi non la si potè appli-
care ad atti anteriori alla sua pubblicazione.
(2) Lassalle ( p . 446) adduce in conferma il § 3. L. 23. C. mand. 1 ,
nel quale Giustiniano dispone che l'interpretazione da lui data alla lex
Anastasiana sulle cessioni debba avere effetto soltanto in futuris ¦

F
PROLEGOMENI 29

II. L'efficacia retroattiva delle leggi interpretative non può


! neppure estendersi ai rapporti giuridici perfezionati e ultimati
mediante transazione o sentenza passata in giudicato . Codesto
canone è sancito nella succitata Nov. 19, ( cap . I ) colle parole :
exceptis illis causis , quae ante quam hae leges a nobis lalae
essent, vel sententia judicis , vel transactione decisae sunt. Esso
è l'applicazione di più generali principii intorno ai limiti della
retroattività , del quale noi ragioneremo in seguito ( V. sotto,
Cap. v) .
Ella è opinione generale dei giureconsulti che non vi siano
altri affari finiti , su cui non possa influire una legge interpre-
tativa , fuorchè quelli accennati nella Nov. 19 , e che la sentenza
del giudice , della quale ivi si parla , sia unicamente la sentenza
passata in giudicato (1 ) . Quanto alla sentenza definitiva , sulla
quale pende un giudizio d'appello, è opinione universale che
essa possa venir riformata dal giudice d'appello in conformità.
ad una legge interpretativa , per avventura emanata dopo la sua
promulgazione . Tale è in particolare l'avviso di Kierulff (p . 72),
di Chabot de l'Allier (2. pag . 210) di Mailher de Chassat (1. p . 129) ,
di Bergmann ( p. 20) . Ma quest'ultimo scrittore opina altresì
(p. 201 ) che la legge interpretativa possa avere per effetto

post praesentem legem casibus. Ciò non si spiega soltanto, come dice l'Im-
peratore , ne videamur in tanta temporum nostrorum benivolentia aliquid
acerbius admittere, ma eziandio e meglio col riflesso , che l'interpretazione
giustinianea contiene un principio affatto nuovo, cioè la perdita del diritto
di credito nel cedente, il quale abbia fatta una finta donazione al cessio-
nario o ad una interposta persona onde eludere la legge Anastasiana , la
quale non toglieva al cessionario il suo diritto in conseguenza della viola-
zione del suo disposto . Dello stesso avviso sembra essere anche il Kie-
rulff ( p. 72. nota in f. ) . Al Bergmann però ( p . 199 nota 205 ) non è
sfuggito il contrario esempio della Nov. 145 interpretativa della L. un C
de raptu virg. , da Giustiniano dichiarata applicabile non in futuris tan-
tummodo casibus , verum etiam in praeteritis , e nella quale tuttavia si
prescrive cosa contradditoria alla legge interpretata , lo che è vero ed
evidente.
(1 ) V. Corte di Bordeaux 15 Maggio anno 13 (ap . Chab. de l'All. 2.
p. 210) .
30 PARTE PRIMA

di accordare un rimedio contro una sentenza , a torto creduta


inappellabile. E ciò par giusto anche a noi , alla condizione però
che la legge interpretativa sia stata emanata dentro il termine
che essa concede per l'ulteriore rimedio. Nè meno indubitabile
sembrami il principio proclamato in Francia dalla legge 27 no-
vemhre 1790, e dalla Costituzione dell'anno II ( art. 256) , che
cioè la Corte di Cassazione è in obbligo di conformarsi alle
leggi emanate in forma di interpretazione in tutti i casi nei
quali , dopo una prima cassazione , il secondo giudizio viene.
attaccato coi medesimi mezzi del primo » ( 1 ) . Essendo la legge
interpretativa una mera dichiarazione della legge interpretata ,
e quindi virtualmente contenuta in questa , tanto il giudice
d'appello quanto la Corte di Cassazione , applicandola , non
introducono in sostanza nella loro sentenza elementi estranei
alla lite , nello stato in cui questa era allorquando venne loro
sottoposta. (V. il Cap . 4) .

Ciò che si è detto rispetto alle leggi interpretative, vale anche


rispetto alle leggi rettificative, a quelle leggi cioè che correggono
un errore incorso nel testo di una qualche legge precedente.
S'intende però , come ben osserva il Merlin ( Rép . V. Eff.
retroact. Sez. 3, § 14) , e dopo di lui il Meynne (op. cit. p. 104) ,
un mero errore di spedizione , cioè di stesa o enunciazione di
un principio prestabilito, non già un errore di principio com-
messo propriamente dal legislatore, nel qual caso la legge re-
tificativa sarebbe veramente una legge nuova (V. Sirey Code
civil annoté art. 282 ).

( 1 ) Mailher de Chassat ( ib ) .
PROLEGOMENI 31

CAPITOLO III

Leggi confermative , e ripristinatorie .

Dalle leggi interpretative , le quali chiariscono il significato di


una legge anteriore , voglionsi distinguere le leggi così dette
confermative (lex confirmatoria , bestätigendes Gesetz), le quali
non fanno che accertare la sussistenza di una legge , la quale
si dubitava che avesse perduto vigore .
Non v'ha dubbio, come insegnano concordemente gli scrit-
tori (1 ) , che anche le leggi confermative hanno effetto sui negozi
pendenti. Siccome però codesto effetto consiste in sostanza nel
confermare l'opinione che già si poteva avere , e da taluno
anche era propugnata , intorno alla esistenza di un'altra legge,
così non si può dire propriamente che la legge confermativa
abbia un effetto suo proprio, non che un effetto retroattivo, e
appena può ritenersi che se ne debba ragionare in un discorso
intorno alla retroattività (2).
Non è del resto lecito il supporre che un legislatore voglia
abusare di una legge falsamente chiamata confermativa , per

(1) V. Lynker (th. 43), Henne §. 24, Weber §. 28, Bergmann pag. 64.
Domat , Les lois civiles, etc. Liv. prélim. T. 1 , Sect . 1. §. XIV, Glück ,
Pandect. Part. 1. §. 21.
(2 ) Il Weber (p . 61. nota 36) adduce un bell'esempio di applicazione
di una legge confermativa. Si agitava nel Brunswick nel 1775 una con-
troversia giudiziale intorno a un diritto consuetudinario relativo ai testa-
menti. Pendente il processo , una ordinanza sovrana riconobbe come
esistente quella consuetudine. Gli appellanti respinsero l'applicazione di
siffatta dichiarazione sovrana come lex nova futuros tantum casus concer-
nens. Il Tribunale Superiore respinse questa eccezione , dichiarando, fra
le altre cose , quella ordinanza declaratoria , et consuetudinis ab immemo-
riali tempore jam introductae , uti ab ante tacite , nunc expresso consensu
munitae, confirmatoria.
32 PARTE PRIMA

ridar vigore per lo passato ad una legge che realmente avesse


cessato di averlo. Che se codesto abuso venisse commesso , e il

legislatore non ordinasse espressamente l'applicazione di quel-


l'antica legge , più non vigente , ai negozi pendenti , il Giudice
non dovrebbe permettersela pel solo motivo che la pretesa legge
. confermativa portasse questo nome.
Neppure avrebbe effetto una legge confermativa rispetto ai
negozi pendenti , in quei punti nei quali per avventura conte-
nesse qualche nuovo principio, che nella legge confermata non
fosse contenuto . La contraria opinione di Lynker ( 1. c . ) e di
Henne ( 1. c . ) a ragione è respinta dal Weber ( p . 54, nota 29) .

Dalle leggi confermative si distinguono quelle che ripristinano


leggi le quali hanno cessato di imperare . (herstellende Gesetze)
Siffatte leggi non possono manifestamente influire che sui negozi
futuri (1 ) . Il Weber però ( p . 65) osserva giustamente che se
una legge avesse indebitamente cessato di essere applicata, come
p . es . per contrarius usus e dal legislatore fosse stata ristabilita,
il Giudice potrebbe applicarla a casi giuridici , da essa contemplati,
anteriori a quel ristabilimento .

CAPITOLO IV

Leggi retroattive .

Ella è pure cosa evidente che non può formare oggetto dei
nostri studi l'applicazione delle leggi alle quali la volontà del
Legislatore accorda espressamente l'effetto retroattivo sui diritti
anteriormente acquisiti (2) .

(1 ) Weber p. 64. Bergmann p. 66 .


(2) Ciò osservano anche il Georgii , p. 174 , il Waechter, 2 , 186 ,
nota 49, e il Neber p. 181 .
PROLEGOMENI 33

Leggi di queta natura si incontrano nella storia di tutti i


popoli civili (1 ) , di rado però , e quasi sempre in epoche di
rivoluzione , allorquando un popolo distrugge istituzioni diven-
tate incompatibili colle idee e colle tendenze che in lui sotten-
trarono alle antiche. Quasi sempre eziandio le abolizioni di
esistenti istituzioni si fanno in nome di principii di giustizia
che hanno sempre esistito , o che per lo meno erano già pro-
fessati al tempo fino al quale si fa risalire la retroattività della
legge abolitiva , e in questa circostanza appunto ritrovano la
loro giustificazione . Imperocchè , come osserva giustamente il
Mailher de Chassat ( I , 150 ) , la giustizia di una abolizione di
diritti esistenti può togliere a questa il carattere di retro-
attività agli occhi del filosofo , se non a quelli del Giure-
consulto . Quando p. es . fu proposta nel seno della Convenzione
la famosa legge del 17 nevoso anno II , la quale faceva retroagire
il principio dell'uguaglianza de' sessi nella successione legittima
sino ai 14 luglio 1789, disse il relatore Berlier : le règne de la
nature et de la raison avait pris naissance le 14 juillet 1789 ;
faible encore à cette époque , il avait commencé dès ce temps ,
colle quali parole egli veniva piuttosto a scusare che a negare
la retroattività di quella proposta , il cui merito non è qui il
luogo di giudicare .
Le leggi di cui parliamo possono talvolta dare origine a dubbi
e contestazioni intorno all' estensione che il Legislatore abbia
voluto dare all' effetto retroattivo. Ma queste contestazioni vo-
gliono essere risolute coi principii che presiedono alla teoria
dell' interpretazione delle leggi . Il principio che le leggi ecce-
zionali si interpretano restrittivamente, vorrà essere particolar-
mente ricordato nel risolvere tali quistioni (2) (2 bis) .

(1 ) Veggansi esempi nel Capit. X.


(2) Di tal natura è per esempio la quistione agitata davanti ai Tribunali
prussiani dopo il 1848, se cioè l'art. 4 delle Costituzione del 5 decembre
1848, e poi del 31 decembre 1850 , il quale sancisce : « tutti i Prussiani
sono eguali davanti alla legge : privilegi di condizione non sono più am-
messi » , avesse per effetto di abolire l'impedimento matrimoniale della
disuguaglianza di condizione fra nobili e borghesi o contadini Dir. territ.
pruss . II , 1 , 830-33) . Molti Tribunali , e la stessa Corte Suprema , avevano
GAPB Retr. Leggi. v. I. 3
34 PARTE PRIMA

Un solo principio può desumersi dalla teoria della retroattività


onde regolare l'applicazione delle leggi espressamente retroattive ,
e questo esse hanno comune colle leggi retroattive per natura,
cioè colle leggi interpretative ; noi lo esporremo nel capitolo
seguente.

CAPITOLO V

Retroattività impossibile.

Tuttte le leggi retroattive , siano tali per arbitrio del legislatore ,


o lo siano per natura loro, cioè come leggi interpretative , o
per la natura dell'oggetto su cui cadono , non possono però
mai avere per effetto di sconvolgere rapporti giuridici con-
sumati e finiti anteriormente alla loro emanazione. Invero ,
considerare come non avvenuto un fatto consumato in virtù
della legge vigente , o viceversa , non per impedire ulteriori.
conseguenze del fatto o della omissione , ma per attribuire a
taluno un diritto qualunque fin dal momento in cui il fatto of
l'omissione , or considerata come non avvenuta o come avvenuta ,

sulle prime ritenuta l'affermativa , ma più tardi la Corte Suprema adottò


l'opinione contraria in due sentenze , l'una del 25 novembre 1853 , l'altra
del 24 novembre 1856. Il Lassalle ( p . 458 e segg. ) combatte vittoriosa-
mente queste sentenze , ma la quistione appartiene alla dottrina dell'inter-
pretazione delle leggi , piuttosto che a quella della retroattività . Di tal
natura fu eziandio la importante questione agitata in Lombardia dopo il
1814 , se nella Repubblica Cisalpina fossero stati aboliti o no i feudi in
modo implicito, colle due leggi 6 term. anno v, e 2 fior . anno vi , colla
prima delle quali erano stati aboliti i maiorascati , e colla seconda gll
usufrutti progressivi . V. Basevi ( G. ) Dello scioglimento dei feudi nel ter-
ritorio della Repubblica Cisalpina , Milano 1844.
(2 bis) Non si presume quindi mai l'arbitraria retroattività della legge ,
come ebbe ad osservare anche la Corte di Casale 1 ° maggio 1868 ( G. I.
XX , 2 , 354).
PROLEGOMENI 35

ebbe luogo , è finzione impossibile , è mostro giuridico , che il


legislatore non può volere , nè devesi mai supporre che abbia
voluto. La legge può concedere qualche cosa per l'avvenire, ma
concedere per lo passato è assurdo proposito, per l'ovvia ragione
che ciò che è accaduto non può farsi che non sia tale . Allor-
quando un rapporto giuridico è stato consumato, l'oggetto del
diritto non esiste più nella sua individualità , esso si è confuso
nel patrimonio , diventando materia a cui non si può più tener
dietro nelle sue ulteriori trasformazioni . Cosi ovvio principio.
può nondimeno talvolta esser perduto di vista in qualche pra-
tica applicazioue, epperò voleva essere da noi qui ricordato (1 ) .
Importa ora di determinare quali siano i modi nei quali i rap-
porti giuridici ottengano quella finale perfezione , che li sottrae
all'azione di qualunque legge posteriore, benchè retroattiva.
Tali modi sono : la transazione , la sentenza passata in giudi-
cato , e il pagamento . Non tutti questi modi però convengono
egualmente alle leggi retroattive per la natura loro, e a quelle
che le sono per volontà del legislatore.
Che gli affari finiti mediante transazione o sentenza inappel-
labile siano irretrattabili di fronte a qualunque legge posteriore ,
sia interpretativa ,
sia arbitrariamente retroattiva , è principio
universalmente ammesso e confermato da parecchie leggi romane .
Veggansi per esempio : l . 2 , § 23 , C. de vel . jur. enucl. ( 2 )

(1 ) Anche il Weber ( p. 42 ), ponendo i caratteri delle quistioni di gius


transitorio, credette opportuno di osservare colla sua solita finezza : << in
< ogni caso basta ad impedire la retroattività di una legge il riflettere che
<< in questo modo le si darebbe validità in un tempo anteriore alla sua
<< esistenza , senza che sia necessario di addurre in appoggio diritti acqui-
« siti , lo che non è neppur sempre possibile » . Esempi di retroattività
impossibili pel motivo accennato nel testo vedi nelle sentenze : Corte di Fi-
renze 12 marzo 1872 (A. G. vi , 2, 159), Corte dei Conti 6 novembre 1867
( L. XII , II , 319) , 12 dicembre 1867 (ib . vIII, 1 , 144) , Cassazione di Firenze
18 novembre 1873 (A. G. VIII , 1 , 47), Cassazione di Torino 12 maggio 1871
(G. VIII , 441) .
(2) Quae jam judiciali sententia finita sunt, vel amicali pacto sopita ,
hæc resuscitari nullo volumus modo.
36 PARTE PRIMA

-
l. 22 , § 1. C. de sacros. eccl. (1 ) 1. un, in f. C. de
contr. jud. (2) - -- 1. ult. § ull.
1. 17 C. de fide instrum . (3)
C. de legit. hæred. (4) Nov. 19 pr. e c. 1 (5) .
Quanto alle sentenze definitive, contro alle quali pende una
appellazione o un ricorso in Cassazione , non è dubbio per noi che
su di esse debba influire ogni e qualunque legge retroattiva , per
mera volontà del legislatore, emanata pendente la causa (6) . Vera-
mente la Novella 115 , che regola le appellazioni , non è conforme
a quel principio, dicendo : leges illas ab arbitris servari volumus,
quæ tempore sententiæ aut certe relationis obtinebant , licet
postea legem ferri contingat , quæ novum quid disponat , et vim
suam ad præterita quoque negotia referat. Dalle quali parole.
potrebbesi desumere che tutte le leggi retroattive , non inter-
pretative , non potessero mai applicarsi alle cause pendenti
all'atto della loro attuazione. E veramente qualche Tribunale ,
p . es. la Corte di Venezia 15 novembre 1871 (L. xi , 1 , 1068)
tenne quell' avviso , ma noi crediamo che il citato passo di
Giustiniano fosse da lui suggerito da meri riguardi di equità e
come correttivo delle arbitrarie retroattività che egli troppo
frequentemente si permetteva in onta alla giustizia ed alla
scienza. Non è ella infatti irragionevole cosa che il Giudice
abbia mai e a nessun patto a dichiarare un diritto con-

(1) Quam oportet non solum in casibus, quos futurum tempus creaverit ,
sed etiam in adhuc pendentibus et judiciali termino vel amicabili compositione
necdum sopitis obtinere.
(2) Quae etiam ad praeterita negotia referri sancimus , nisi transactionibue
vel judicationibus sopita sint.
(3) Quae tam in postea conficiendis instrumentis, quam in his, quae jam
scripta , nondum autem absoluta sunt , locum habere praecipimus, nisi iam
super his transactum sit , vel judicatum , quae retractari non possunt.
(4) Si qui autem casus jam evenerunt , et per judicialem sententiam vel
amicabilem transactionem sopiti sunt, nullam sententiam ex hac lege retracta-
tionem.
(5) Cap . 1. exceptis illis causis , quae , antequam hae leges a nobis latae
essent , vel sententia judicis, vel transactione sopitae sunt.
(6) V. Kierulff, 1 , p . 71. Vangerow , Leitfaden . Vol. 1 , p . 47 .
Bergmann, p. 146. Waechter, II, 187.
PROLEGOMENI 37

trario alla legge vigente ? Ora la legge vigente in ogni negozio


o causa pendente , e certamente la legge attuale , se ed ogni
qualvolta questa è per qualsivoglia titolo retroattiva. E questa
nostra opinione è confermata anche da parecchi giudicati ; v. p . es .
Cassazione di Napoli 26 marzo 1874 (G. I. xxvi , 1 , 497 ) , 3 di-
cembre 1866 ( G. P. 1 , 374 ) ; Corte d'Appello di Firenze 8
maggio 1866 (A. G. 1 , 2 , 51 ) , 7 maggio 1870 ( ib . IV , 2 ,
238-239 ) .
Il pagamento è pure , come osservano il Bergmann (p . 156)
e il Waechter (vol . 2 , p . 187 ) , un modo di ultimare i rapporti
giuridici , irretrattabile mediante una legge posteriore , a cui
l'arbitrio del legislatore abbia data forza retroattiva . In vero
non è la solutio effettuazione completa , e termine dei rapporti
obbligatori , e forse che la circostanza dell' essere avvenuto il
pagamento senza previo litigio, cioè nè in virtù di transazione ,
nè in virtù di sentenza passata in giudicato, potrà modificarne
l'essenziale carattere ?

Ma il pagamento non è un modo con cui un rapporto obbliga-


torio possa ritenersi finito di fronte ad una legge posteriore che
interpreti quella in virtù della quale il pagamento ebbe luogo .
Invero , non appena la legge interpretativa abbia attribuito
alla legge in virtù della quale il pagamento ebbe luogo , un
significato differente da quello che fu causa del pagamento ,
sorge in chi ricevette il pagamento l'obbligo di restituirlo a chi
erroneamente si credette debitore . E se quegli non restituisce
spontaneamente, questi può costringervelo mediante la condictio
indebiti. Insegnano infatti i giureconsulti che l'errore scusabile
intorno al diritto dà luogo alla ripetizione dell' indebito ( 1 ) ;
ma chi è più degno di scusa di colui il quale errò per colpa
del medesimo legislatore, colpa da questo in certo modo con-
fessata col modificare e correggere le proprie espressioni ?
Una sentenza della Cassazione di Parigi delli 19 ottobre 1808
( R. G. ix , 1 , 47) applicò la massima suesposta nella seguente
fattispecie. Un tale Chaudurié avea presentato il giorno 8 mess .
anno xi all'Ufficio di Registrò un atto di vendita d'immobili ,
(1 ) V. Vangerow, Pand. §. 625.
38 PARTE PRIMA

stipulato davanti ad un notaio dell'Isle de France, pel valore di


16920 piastre ; il ricevitore avea percepite 1106 lire di diritto.
proporzionale, credendovisi autorizzato dalla legge del 22 frim.
anno VII. Posteriormente all'avvenuto pagamento , due Avvisi del
Consiglio di Stato decisero che gli atti di quella natura dovessero
andar sottoposti a un diritto fisso . In base a questi avvisi il signor
Chaudurić domandò davanti al Tribunale civile di Lorient la re-
stituzione del diritto proporzionale da lui pagato, e il Tribunale
accolse la sua domanda. La sentenza del Tribunale di Lorient
venne tenuta ferma dalla Cassazione contro il ricorso del fisco .

A proposito dell' impossibile effetto delle leggi nuove in un


tempo anteriore alla loro attuazione , dobbiamo però sin d'ora
osservare che tale principio non impedisce al legislatore e al
giudice di tener calcolo di fatti accaduti prima della nuova
legge nello apprezzare fatti accaduti dopo . Parecchi esempi
di tal genere offre la dottrina della retroattività ; come in ma-
teria di prescrizione, e in materia di recidiva penale , e in altre ,
delle quali ragioneremo nei rispettivi luoghi nel seguito di
quest' opera.

CAPITOLO VI

Abolizione dell'effetto retroattivo .

La retroattività , come può essere attribuita ad una legge ,


cosi le può esser tolta posteriormente . Ciò accade quando quella
retroattività venga riconosciuta ingiusta e contraria alla pubblica
prosperità . Ne porgono esempio le leggi 5 flor. e 9 frutt. anno
III , e 3 vendemm . anno iv, colle quali venne tolto l'effetto re-
troattivo alla legge 17 nevoso anno 11 sulle succession (1 ) .
Una legge abolitiva dell'effettó retroattivo, è retroattiva essa
pure, nel senso che riguarda il passato. Per conseguenza nello
(1 ) V. Capit . X.
PROLEGOMENI 39

applicarla si devono rispettare i limiti generali dell'efficacia delle


leggi arbitrariamente retroattive. (V. capitolo precedente ) .
Non vi ha dubbio pertanto che se , allorquando l'abolizione
dell'effetto retroattivo viene emanata , un negozio giuridico è
stato perfezionato in virtù della anteriore legge retroattiva , in uno
dei modi additati precedentemente, non può essere rescisso in
virtù dell' abolizione di quella legge . Soltanto i negozi pen-
denti , sui quali non si è ancora avverato in uno di quei modi
l'effetto retroattivo ora abolito, e che avrebbero dovuto , dalla
loro origine , essere regolati secondo una legge anteriore, ven-
gono sottoposti a questa legge , ora ripristinata pei casi sorti
sotto il suo impero . A ragione quindi la Corte d'Appello di Agen,
con sentenza delli 17 gennaio 1807 (1 ) , dichiarò che una dona-
zione dei beni presenti e futuri fatta in un contratto di matri-
monio sotto l'impero di una legge che permetteva questa sorta
di disposizioni , benchè momentaneamente annullata dalla legge
delli 17 nevoso anno II , avea ricuperata tutta la sua forza in
virtù della legge 3 vendem . anno 4, il cui art . 9 aboliva l'effetto
retroattivo della legge dell'anno II .

CAPITOLO VII

Conclusione dei Capitoli precedenti .

Dalle cose dimostrate nei precedenti capitoli , scende una fa-


cile conchiusione intorno all' indole delle leggi e dei casi giu-
ridici , cui deve propriamente aver di mira una teorica intorno
alla retroattività delle leggi .
Poichè le leggi essenzialmenre retroattive, sia per arbitrio del
legislatore, sia per la loro natura di leggi interpretative o con-
fermative o rettificative, non interessano i nostri studi , ne con-
segue che questi non si possano riferire che alle leggi non
(1 ) Jurisprud . du XIX siècle , Donat. déguis . n . 3.
40 PARTE PRIMA

aventi nessuno dei suddetti caratteri. Tali non possono essere


evidentemente che le leggi nuove, contenenti nuovi principi giu-
ridici , e non dotate per mera volontà del legislatore di virtù
retroattiva a danno di diritti acquisiti.
Di fronte a codeste leggi , le quali per loro natura rispettano
i diritti anteriormente acquistati , la teoria della retroattività si
propone appunto, siccome abbiamo osservato da principio , di
ricercare : se ed in quali casi possa loro accordarsi , senza ledere
diritti acquisiti , una influenza retroattiva , cioè una influenza
sulle ulteriori conseguenze di fatti e relazioni giuridiche anteriori.
Che si intenda poi in generale per diritto acquisito, emerge
pur chiaramente dalle cose da noi dette precedentemente (cap . V)
intorno ai rapporti giuridici consumati e finiti. È diritto acquisito
generalmente parlando , ogni conseguenza legittima di un fatto
o di una relazione giuridica , posta in essere in un modo con-
templato e regolato dalla legge, fintantochè non è stata effet-
tuata. L'appellativo acquisito (cioè soltanto acquisito) (1 ) significa
appunto che il diritto non è stato ancora consumato, ma esiste
soltanto in potenza , e che questa sua esistenza potenziale ha
saldo appoggio in un modo di agire o in fatto contemplato e
regolato da una legge anteriore.

(1 ) 0 , come dice Kierulff ( p . 66 ) ogni fatto concreto , al quale non


« è ancora stata concretamente applicata la disposizione che vi si riferisce
«< e che ne fa nascere un diritto » . E il giurecousulto Jac. Reinhardt (citato
da M. d. Ch . 1. 157 ) definisce così i diritti acquisiti : quaecumque negotia,
quae ante legem novam latam, quoad essentiam suam fuerunt perfecta, licet
consummationem suam et suos effectus ab actu demum post legem novam
futuro , eoque non extensivo , adhuc expectent , ea ad praeterita omnino
referenda sunt , adeoque ex anterioribus legibus , nequaquam vero ex lege
nova lata , dijudicanda.
PROLEGOMENI 41

CAPITOLO VIII

Il principio della non retroattività delle leggi


teoricamente considerato.

Che le leggi non debbono retroagire , è un aforismo antico


come la civiltà . Il Lassalle osserva (1 ) che la filosofia greca e
romana gli aveano dato quella certezza scientifica della quale
si ragiona nella nota legge dell' imperatore Teodosio , riferita
nel Codice di Giustiniano , L. 7 de legibus. Da Giustiniano in
poi questo principio è rimasto dettame inconcusso non meno
nella pubblica opinione dei popoli civili , che nelle loro legisla-
zioni.
Noi riferiremo in un capitolo successivo le disposizioni posi-
tive del diritto romano e delle principali legislazioni moderne
intorno alla non retroattività delle leggi. Per ora ci limitiamo
ad osservare che tanto il primo quanto la maggior parte delle
seconde , se furono chiari ed espliciti nel porre il principio
generale , non si curarono del pari di precisarne le pratiche
conseguenze . Determinare queste conseguenze rimase ufficio della
giurisprudenza.
In questo lavoro giurisprudenziale però non si tardò a rico-
noscere che l'aforismo : non dover le leggi essere retroattive ,
in non pochi casi non può essere applicato , nei quali devesi
invece applicare la legge nuova a fatti e rapporti giuridici ante-
riormente costituiti. Il vero e proprio limite all'efficacia delle
leggi nuove sui fatti e rapporti giuridici anteriori fu sempre
riconosciuto, e verrà anche dimostrato in tutto il corso di que-
st'opera, essere, come venne già da noi accennato nel capitolo
precedente , i veri e propri diritti acquisiti mediante quei fatti

(8) P. 8 , dove cita un passo di Cicerone in Verrem ( 1. c . 41 ) citato


anche da Savigny (VIII , 394), e un passo di Platone nel Teeteto .
42 PARTE PRIMA

e rapporti . La giurisprudenza non ha mai esitato a dare efficacia


retroattiva alle leggi nuove, allorquando ciò fosse possibile senza
ledere nessuno di quei diritti.
Poste queste cose , quale giudizio dovremo noi fare intorno
a quell'aforismo ?
Dovremo noi dire, come dissero molti , che il principio della
non retroattività delle leggi , al pari di molti altri principi , am-
mette delle eccezioni , e che sono appunto di natura eccezionale
quei casi , nei quali una legge nuova influisce sulle conseguenze
di fatti e rapporti giuridici anteriori ?
Codesta proposizione, benchè frequentemente enunciata , non
è esatta. Imperocchè le pretese eccezioni al principio di cui di-
scorriamo, provenendo dalla natura medesima dell'oggetto a cui
il principio si riferisce , cioè dalla natura della legge, non sono
propriamente tali , come sono invece vere e proprie eccezioni
quelle che talvolta accade di dovere ammettere ad un dato prin-
cipio per ragioni estrinseche, cioè in virtù di un'altro principio
riferentesi esso pure al medesimo oggetto del primo . Dice otti-
mamente il Lassalle su questo proposito (p. 12) : « quando una
pretesa eccezione proviene dalla stessa intima natura del prin-
cipio , non si ha una vera e propria eccezione , essendochè it
limite di un oggetto è la più completa determinazione del me-
desimo ».

L'aforismo adunque : le leggi non essere retroattive, è troppo


generale ; è questo il giudizio che noi dobbiamo farne.
Onde esprimere i giusti confini del medesimo , o come dice
il Lassalle, per dargli la forma più determinata , bisogna aggiun-
gervi l'enunciazione della causa per la quale la retroattività delle
leggi è veramente inammissibile, e mancando la quale diventa.
vero il principio contrario. Questa causa non essendo altro che
il rispetto dei diritti acquisiti , si dovrà sostituire a quella for-
mola quest'altra più esatta e più completa : le leggi non possono
essere retroattive in modo di violare diritti acquisiti.
Con questa correzione noi non intendiamo di mancare del
dovuto rispetto all'opinione comune dei legislatori e dei popoli
civili , nè di sconoscere che appunto la generalità di cui fu ri-
PROLEGOMENI 43

vestito il principio di cui discorriamo , ne suscitò quella persua-


sione così generale e così efficace che tutti conoscono . Vi ha
una circostanza la quale spiega e fino ad un certo punto giu-
stifica quella inesattezza di espressione .
Questa circostanza è la poca frequenza dei casi nei quali le
leggi possono realmente influire sulle conseguenze di fatti e rap-
porti giuridici anteriori , senza ledere diritti acquisiti . La prova
di codesta asserzione risulterà dal seguito di quest'opera , ma,
a prima giunta come abbiamo già osservato precedentemente (1 ) ,
non è difficile intravederne a prima giunta la verità , chi pensi
che la maggior parte dei rapporti giuridici sono posti in essere
dall'umana volontà , e che ogni uomo suole spingere più lontano
che può la previsione delle conseguenze del proprio operato .
Ciò posto, i casi di retroattività, i quali , come abbiamo detto
poc'anzi , non sono veramente eccezionali , se si ha riguardo
alla natura dei motivi su cui riposano, rivestono un'apparenza
di eccezionalità per la circostanza , meramente estrinseca , di
quella loro poca frequenza. Codesta apparenza potè e dovette
agire sulla mente dei più , ed anche su quella dei legislatori ,
i quali , come abbiamo avvertito disopra , per la maggior parte
non analizzarono l'applicazione pratica del generale dettato , che
da quella apparenza venivano indotti a formulare . In questo
modo il principio medesimo venne accettato, e sanzionato ; prin-
cipio, lo ripetiamo, il quale, se non è assolutamento vero, non
manca però di apparente verità .
Che se, come abbiamo dimostrato, la retroattività delle leggi
non è ingiusta , se non allorquando viola diritti acquisiti , noi
non possiano certamente seguire l'esempio di non pochi scrit-
tori , i quali , pur riconoscendo una tale verità , sogliono tut-
tavia congiungere all'idea della retroattività quella d'ingiustizia ,
e non chiamano retroattività nessuna giusta applicazione di una
legge a fatti e rapporti giuridici anteriori . Noi avremo cura
invece di distinguere la retroattività giusta dall'ingiusta .
Per l'istesso motivo noi dobbiamo biasimare la locuzione di
Lassalle, il quale chiama retroattività apparente quella che noi
(1) V. l'Introduzione di quest'opera.
44 PARTE PRIMA

diciamo giusta retroattività . Tutte le volte che una legge in-


fluisce sulle conseguenze di fatti e rapporti giuridici ante-
riori , essa è realmente ed apparentemente retroattiva , ma ogni
qualvolta essa retroagisce giustamente , manca in questo fatto
anche ogni apparenza di ingiustizia . Apparente è soltanto ,
come dicemmo , la verità di una formola generale , in cui agli
anzidetti casi , benchè non frequenti , non viene fatta allusione .

Non riguarda propriamente la Giurisprudenza transitoria la


quistione se la ingiusta retroattività sia tale difetto di una legge
da permettere ai giudici di rifiutarne l'applicazione per titolo
d'incostituzionalità . Solo per incidente osserviamo che tale opi-
nione è certamente inammissibile , ove il principio della non
retroattività della legge non si trovi iscritto nella costituzione di
uno Stato, e in questo senso devesi approvare la sentenza della
Cassazione di Parigi 15 aprile 1863 (1 ) . Che se la costituzione
dello Stato proclami espressamente quel principio, la proposta
quistione non può essere affermativamente risoluta se non da
chi segua la dottrina della giurisprudenza degli Stati Uniti
d'America , che la costituzionalità di una legge possa essere dai
tribunali apprezzata non soltanto rispetto alle esteriori forme ,
ma eziandio rispetto all'interno contenuto dagli atti del potere
legislativo .

( 1 ) J. P. vol . 75 , p. 14 .
PROLEGOMENI 45

CAPITOLO IX

Il principio della non retroattività delle leggi

nel Diritto Romano , e nel Diritto Canonico.

§ 1.

Diritto Romano .

Il principio della non retroattività delle leggi , inteso nel modo


additato nel capitolo precedente , è di certo altrettanto evidente
quanto fondamentale in ogni bene ordinata società . Come tale,
esso non poteva sfuggire al sentimento giuridico degli antichi
Romani (1 ) , ed è appunto nel Romano Diritto che noi lo troviamo
chiaramente e ripetutamente proclamato con aforismi , i quali
si perpetuarono nella tradizione giuridica dei popoli moderni,
e furono ripetuti in tutte le moderne legislazioni .
Moltissimi passi della legislazione giustinianea si possono ad-
durre a pro del principio della non retroattività delle leggi .
Fra essi vogliono essere specialmente notate : una costituzione
di Anastasio, riferita nel Codice (L. 65, de decurion . i . f. ) , dove
si dice: quum conveniat leges futuris regulas imponere, non prae-
teritis calumnias excitare (2), e la celebre legge di Giustiniano
7, C. de legib.:

(1 ) Notevole è nella 2ª verrina (cap. 41 ) il modo in cui Cicerone cen-


sura un editto di Verre, concepito così : qui ab A. Posthumio, 12. Fulvio
censuribus, postre ea fecit, fecerit ... Dice Cicerone : quis unquam edixit isto
modo? Quis unquam ejus rei fraudem, aut periculum proposuit edicto, quae
neque post edictum , neque ante edictum providere potuit ?
(2) In questa legge , osserva il Kierulff ( p . 68 ) , come nella L. 12. in
f. C. de suis et legit. haered. la parola negotium significa qualunque rela-
zione giuridica , o qualunque fatto da cui una tal relazione possa provenire
(Verhältniss). ― Per l'interpretazione della L. 7. C. de leg., veggansi,
fra gli altri giureconsulti , Azone , Comment. ad Cod. L. 65 de decurion ;
Jac. de Belviso (ap. Bergmann p. 80. n. 73); Donello, Comment. jur. civ.
lib. 1. c. 5 ; Jac . Menochio , Dec. 240 n. 3. 4. 14 , Brunnemann ad l . 7.
C. de leg.; Lynker Th . 5 ; Voet ad Pand. L. 1. t . 3. n. 17 ; Henne §. 21 ,
Bergmann p. 92.
46 PARTE PRIMA

Leges et constitutiones futuris certum est dare formam negotiis,


non ad facta praeterita revocari, nisi nominatim et de praeterito
tempore et de adhuc pendentibus negotiis cautum sit (1 ) .
La seconda parte di questa legge ci sembra a torto censurata
dallo Struve (p . 65) come riconoscimento di un potere illimitato
del legislatore , di emanar leggi retroattive e manomettere di-
ritti quesiti ; a noi pare più discreto interpretarla come ricono-
scimento della possibilità in generale di siffatte leggi e mano-
missioni , la quale possibilità non può certamente escludersi ,
come abbiamo osservato disopra. Non è quindi per noi meno
preziosa la seconda parte di detta legge , che la prima , nella
dottrina della retroattività . Contiene poi la prima parte una esatta
e completa enumerazione delle specie di fatti compiuti , ai quali
non può giungere di regola la retroattività di una legge nuova.
Essi sono i fatti consumati, o totalmente præterita, e i fatti non
compiuti , negotia pendentia , cioè fatti cominciati sotto una
legge anteriore , o in altri termini , le ulteriori conseguenze di
fatti posti in essere sotto l'impero di una legge anteriore (2) .
Se non che di fronte a tali parole, quantunque chiare , nasce
spontanea la domanda , se e come si concilii quel principio

(1 ) Questa costituzione era già contenuta nel codice Teodosiano (C. 3 de


constit. princ.): omnia constituta , non praeteritis calumniam faciunt , sed
futuris regulam imponunt .
(2) Altri passi di minore importanza , nei quali è applicato lo stesso
principio sono : la L. 29 C. de testam .; finisce questa legge colle seguenti
parole : quid enim antiquilas peccavit, quae praesentis legis inscia, pristinam
secuta est observationem ?; -- L. un. C. de rei uxoriae act.: instrumenta
jam confecta viribus carere non patimur, sed suum expectare eventum ; ---
L. 23. §. ult. C. mandati : in futuris post praesentem legem casibus haec
observari censemus ; Nov. 18 cap. 8. i . f. , Nov. 89 cap . 7 , L. 53 p .
C. de episc. et cler. , L. 18 C. de testibus, L. 35 C. de loc. cond. , L. un. §
ult. i. f. C. de rei ux. act . , L. 8 C. de natur . lib. , L. 29 C. i . f. de test.
et quemadm. , L. un . § 15 C. de caduc. toll. , L. 12 C. De suis , L. 14
i . f. C. de leg. per. , L. 15 § 5 C. eod. , L. 18 ult. C. de comm . serv. man.
L. ult. C. de pignor. , L. ult. C. qui pot. in pign . , L. un. C. de pistor. , L.
5. C. qui milit . poss., Nov. 7 cap . 1 i . f. , Nov. 22 cap. 1 , Nov. 38 cap . 1,
Nov. 49 cap . 1 , Nov. 66 cap. 1 , 84, Nov. 68, cap. 1 , Nov. 73 cap. 9, Nov.
76 cap. 1 , Nov. 99 cap. 1 , Nov. 158 praef. i. f.
PROLEGOMENI 47

coll'altro che le leggi si debbono applicare colla maggiore am-


piezza possibile ; in altri termini , se le ulteriori conseguenze dei
fatti anteriori, delle quali nella citata legge si parla , non debbano
avere qualche altro carattere, oltre a quello della provenienza
loro , perchè vadano affatto esenti dall'impero della legge nuova .
Le quali domande equivalgono a quest'altra : se , dato il principio
generale contenuto nella l . 7, C. de legib. , non vi siano casi ,
non frequenti , e , se si vuol dire , eccezionali , nei quali il giu-
dice possa scostarsi da quel principio, e quali siano questi casi .
La scienza ha sempre compreso doversi rispondere affermati-
vamente a tutte queste domande e di qui è sorta la teoria
dell'effetto retroattivo ; ma nel diritto giustinianeo noi non le
troviamo nè risolute, nè contemplate. Non sono poche le costi-
tuzioni imperiali aventi effetto retroattivo (1 ) ; che anzi la stessa
legislazione giustinianea fu messa in vigore tutta quanta retro-

(1 ) P. es. la L. 27 C. de usuris : jubemus etiam eos , qui ante eandem


sanctionem ampliores, quam statutae sunt, usuras stipulati sunt, ad modum
eadem sanctione taxatum ex tempore lationis ejus suas moderari actiones ;
L. 17. C. de fide instrum : quae tam in postea conficiendis instrumentis,
quam in his, quae jam scripta, nondum autem absoluta sunt , locum habere
praecipimus, nisi jam super his transactum sit vel judicatum, quae retra-
ctari non possunt.; -- L. 22. §. 1. C. de S. S. Ecclesiis : quam (praero-
gativam) oportet non solum in casibus quos futurum tempus creaverit, sed
eliam in adhuc pendentibus et judiciali termino vel admirabili compositione
necdum sopitis oblinere ; - L. 23. § 2. ib .: haec autem omnia observari
sancimus et in his casibus, qui vel postea fuerint nati , vel jam in judicium
deducti sunt.: - L. 3. § . 4. in fin C. de quadr. praescr.: quae ergo pro
augusto honore et cautela res accipiendum nostra statuit aeternitas, haec tam
sublimitas tua quam caeteri omnes judices nostri observare festinent , ex eo
tempore valitura, quo motu divino imperiales suscepimus infulas ; -— L. un.
§. 4. C. de contr. jud.: quae etiam ad praeterita negotia referri sancimus ;
- L. ult. C. de pact . pign .: si quis igitur tali contractu laborat , hac
sanctione respiret, quae cum praeteritis praesentia quoque depellit et futura
prohibet ; V. anche L. 17 C. si cert pelat., L. 45 C. de episc. et cler. , L. 9
C. de natur. lib. , Nov. 12 cap . 4. , Nov. 21 cap. 2, Nov. 98 cap. 1 , Nov.
115 cap . 1 , Nov. 69 praef. i . f. , Nov. 143 praef., Nov. 34 , Nov. 108 , in
epil., Nov. 142 cap. 2, Nov. 84 cap . 2, Nov. 159 cap. 3, Nov. 19 praef.
e cap. 1 , Nov. 115 cap. 1 : in omnibus praedictis casibus illas leges a cogni-
48 PARTE PRIMA

attivamente (1 ) ; ma in nessun passo noi troviamo additato un


principio generale che giustifichi per talune specie di casi la
retroattività , e autorizzi e guidi il giudice ad applicarla anche
là dove il legislatore non l'abbia espressamente ordinata.
Taluni interpreti hanno creduto di poter desumere massime
pratiche, limitative del principio generale contenuto nella 1. 7
C. de leg. , da alcune singole costituzioni , nelle quali si at-
tribuisce alla legge effetto retroattivo. Cosi p. es . il Weber
(p . 16) dalla 1. 27 C. de usuris crede potere inferire il canone
generale che : « allorquando una nuova legge disapprova certe
pretese, precedentemente riconosciute, senza dir nulla espres-
samente intorno ai casi pendenti , debbano i creditori , diventati
tali prima della pubblicazione di quella legge , limitare le loro
pretese a ciò che è consentito dalla medesima » . Codesto modo-
di argomentare però non è senza grave pericolo . Imperocchè
talvolta il legislatore ordina la retroattività di una legge, mosso
non tanto dalla natura dell'argomento , quanto dalla particolarità
delle circostanze di luogo e di tempo , in mezzo a cui vive ,
cosicchè il suo provvedimento ha veramente natura eccezionale ,
ne può erigersi in principio ; ma quali sono i criteri onde sicu-
ramente distinguere i casi di questa natura da quelli nei quali
una deroga ad un principio generale racchiude essa pure un
principio, intuito dal legislatore ? I Weber appunto ci sembra
aver data alla L. 27 C. de usuris una importanza scientifica che

toribus servari decernimus , quae tempore sententiae aut certe relationis


obtinebant ; tametsi contingerit postea legem promulgari novi aliquid dispo-
nentem, et tenorem suum ad praeterita quoque negotia referentem . A queste
disposizioni si aggiungano gli abusi fatti della retroattività delle leggi
interpretative (V. sopra p . 28 nota 1 i. f. ).
(1 ) L. 2. §. 23. C. de vet . jure enucl. Leges nostrae suum oblinere robur
ex tertio nostro felicissimo sancimus consulatu , .... in omnibus causis, sive
quae postea concesserint, sive quae in judiciis adhuc pendent , nec eos judi-
cialis vel amicalis forma composuit. Vi hanno giureconsulti , come per
es. Bergmann ( p . 72. nota 65 ) , i quali , confrontando il testo latino di
questa legge coll' originale greco , ritengono che Giustiniano non abbia
veramente inteso di dare forza retroattiva che àlle Istituzioni e alle
Pandette.
PROLEGOMENI 49

forse non le spetta, Giustiniano può avere data retroattività al


nuovo limite legale dell'interesse convenzionale del danaro , mosso
dalla singolare enormità degli abusi che si permettevano gli
usurai del suo tempo ; in altre circostanze egli avrebbe forse
accettato l'opposto principio, che è pur stato seguito dalla mag-
gior parte dei moderni scrittori.
Senza affermare col Weber (p. 14) e collo Struve (1. c . ) che
nel diritto giustinianeo il principio della non retroattività è ri-
conosciuto più colle parole che coi fatti , e che la 1. 7 C. de
legib. è una formola del dispotismo imperiale , noi dobbiamo
riconoscere che nel diritto giustinianeo il principio della non
retroattività non è stato sufficientemente analizzato , nè debita-
mente limitato . Il legislatore non ne ebbe che una intuizione
indeterminata e quasi volgare , cosicchè la teoria dell' effetto
retroattivo rimase tutta da farsi.

§ 2.

Diritto Canonico.

Il Diritto Canonico ha ripetuto il principio generale del Diritto


Romano intorno alla non retroattività delle leggi , senza aggiun-
gervi nulla di essenziale . Il passo più rimarchevole che vi si legge
intorno a questa tema è il seguente: « quoties novum quid statuitur,
» ita solet futuris formam imponere, ut dispendiis praeterita non
» commendet , ne detrimentum ante prohibitionem possint igno-
>> rantes incurrere , quod eos postmodum dignum est vetilos sus-
tinere; » — (Cap. 2, 1. de constitut . ) declaramus constitutionem ,
quam nuper supra præferendis in perceptione portionis majoribus
et consuetis servitiis , a minoribus exhibendis , edidimus , non ad
præterita , sed ad futura tantum extendi , cum leges et constitu-
iones futuris certum sit dare formam negotiis, non ad præterita
trahi , nisi nominatim in iis de præteritis caveatur (Cap . XIII ,
ib.); pæna criminis ex tempore legis est, quæ crimen inhibuit,
nec ante legem nulla rei damnatio est, sed ex lege (c . 3, C. 32
quæst. 4. ).
GABBA Retr. Leggi. v. I. 4
50 PARTE PRIMA

CAPITOLO X

Il principio della non retroattività delle leggi


nelle legislazioni moderne .

§ 1.

Legislazioni moderne fino al principio del secolo presente.

Nell'età moderna , fino alla pubblicazione di intieri codici in-


torno alle differenti parti del diritto , le quistioni transitorie non
poterono presentarsi ai giureconsulti come costituenti una parte
della giurisprudenza , distinta dalle altre , e a cui corrisponde
uno speciale complesso di principì. Perciò si vide sorgere la
teoria della collisione fra leggi di territori differenti prima della
teoria della collisione fra leggi di tempi diversi . Alla prima non
mancò mai l'occasione , fin dai tempi medievali , nella coesistenza
di molteplici statuti locali in un medesimo stato , e fu anzi più
estesa in quei tempi che non lo sia al presente. Quanto alla
seconda , la giurisprudenza si limitò quasi dovunque a propu-
gnare in generale il principio che le leggi non sono retroattive,
nel senso che i diritti acquisiti sono inviolabili , e ad ammettere
limitazioni al medesimo , senza ricercare i criteri che guidar
devono nell'applicare il principio generale ai differenti casi pra-
tici , e che giustifichino quelle limitazioni .
L'importanza però del gran principio della non retroattività ,
intesa questa come violazione di diritti acquisiti , fu ancor più
sentita dai popoli moderni che dagli antichi , sia per la più dif-
fusa cognizione delle sociali esigenze , sia per le stesse aumen-
tate occasioni di offendere quel principio nei frequenti rivolgi-
menti dei moderni Stati.
La costituzione degli Stati Uniti dell' America settentrionale
(art. 1 , sez . x , § 3) contiene la disposizione : che non si possa
emanare nessuna legge retroattiva (ex post facto law ) o che
alteri le obbligazioni nascenti dai contratti (impairing the obli-
PROLEGOMENI 51

gations of contracts) (1 ) . La costituzione della Norvegia ( § 97 )


dichiara del pari « che a nessuna legge possa darsi effetto re-
troattivo ». Anche nella Francia due successive costituzioni ,
quella del 24 giugno 1793, e quella del 22 agosto 1795 , sanzio-
narono lo stesso principio ; l'una , rispetto alle leggi penali ,
dichiarando che : l'effet rétroactif donné à une loi serait un
crime (2); e l'altra , rispetto a tutte le leggi , dicendo : aucune
loi, ni criminelle , ni civile, ne peut avoir d'effet rétroactif (3) .
Se non che in quell'epoca di rinnovazione sociale , che inter-
cedette fra la rivoluzione del 1789 e lo stabilimento del primo
impero napoleonico , la naturale impazienza dei riformatori fran-
cesi li condusse più d'una volta , ed anche senza necessità , ad
emanar leggi retroattive . Ella è cosa evidente che le vere e
grandi rivoluzioni sociali non si fanno senza distruggere istitu-
zioni , e quindi diritti esistenti , e niuno dubita per esempio
che l'abolizione dei privilegi della notte famosa del 4 agosto
1789 , e l'abolizione delle sostituzioni in virtù della Legge 25
ottobre 1792 (4) non fossero violazioni di diritti acquisiti , nè

( 1 ) La prima parte della disposizione concerne le leggi penali , la


seconda , manifestamente, il diritto privato patrimoniale, il quale appunto,
come in seguito si vedrà , è la parte del diritto privato meno esposta ad
azione retroattiva delle leggi nuove. ( Conf. Schlief , Die Verfassung der
nordamerikanischen Union , Lipsia 1880, p . 325 e segg.) .
( 2 ) Il passo citato comincia così : la loi qui punirait des délits commis
avant qu'elle existât , serait une tyrannie ; l'effet rétroactif etc.; cosicchè
gli autori di quella costituzione aveano di mira di preferenza le leggi
penali ; ma il Merlin racconta che la maggioranza del comitato di costitu-
zione disapprovava siffatta limitazione del principio.
(3) Anche nel 1848 vi fu nell' Assemblea Nazionale chi ( Dabeaux e
Demante ) propugnò l'introduzione del principio della non retroattività
nella costituzione . Odillon Barrot vi si oppose , pel motivo che le leggi
favorevoli sogliono essere retroattive.
(4) L. d. 25 ottobre 1792. Art . 1. Toutes substitutions sont interdites et
prohibées à l'avenir. Art. 2. Les substitutions faites avant la publication du
présent décret, par quelques actes que ce soit, qui ne seront pas ouvertes à
l'époque de la dite publication , sont et demeurent abolies et sans effet. Art. 3 .
Les substitutions lors de la publication du présent décret, n'auront d'effet
qu'en faveur de ceux seulement qui auront alors recueilli les bien substi-
tués, ou le droit de les réclamer. Lois civ. intermédiaires. Tom. 1. p . 336.
52 PARTE PRIMA

che non fossero anche giusti e indispensabili provvedimenti. Ma


quando le passioni popolari sono state accese in nome di buoni
e santi principì , è facile , ed anzi enivitabile , che trasmo-
dino in ingiustizie. La salute pubblica , le esigenze del progresso
furono addotte ben presto in Francia per giustificare misure
retroattive, in argomenti nei quali l'azione delle nuove leggi si
sarebbe dovuta e potuta aspettare dal tempo, senza manomet-
tere nessun diritto acquisito. Le più memorabili di codeste
ingiustizie furono la Legge 17 nivôse anno II , e la Legge 5
brumaire dello stesso anno. Colla prima di queste leggi si
annullarono tutte le donazioni fra vivi , posteriori al 14 luglio
1789 , tutte le istituzioni contrattuali , le disposizioni causa
mortis fatte ed eseguite o da esiguirsi dal giorno 14 luglio
1789 in poi (1 ) . Colla seconda furono ammessi i figli naturali

(1 ) Ecco i principali articoli della L. 17. niv . an . II . Art . 1. Les dona-


tions entre-vifs , faites depuis et compris le 14 juillet 1789, sont nulles.
Toutes celles au même titre, legalement faites antérieurement , sont main-
tenues. Les institutions contractuelles et toutes dispositions à cause de
mort , dont l'auteur est encore vivant , ou n'est décédé que le 14 juillet
1789, ou depuis, sont nulles , quand même elles auraient été faites anté-
rieurement. Art. 2. Les dispositions contractuelles , antérieures au 14
juillet 1789 , qui renferment en même temps des libéralités entre vifs et
irrévocables, sous quelques dénomination qu'elles aient été conférées , et
une institution dans les biens à venir, n'auront leur effet que pour le don
entre vifs , et non pour les biens résultant de l'institution , si l'instituant
vit encore , ou n'est mort que le 14 juillet 1789 ou depuis . Art. 27. La
présente loi sera exécutée dans tous les cas qu'elle embrasse, non obstant
toutes renonciations, transactions et jugements intervenus antérieuremeut
à la présente loi . Art. 58. La présente loi est déclarée , dans tous ses
points , commune à toutes les parties de la république , même à celles
dont l'union a été prononcée depuis le juillet 1789. L'enormità di
queste disposizioni sorprende ancor più , se le si confrontano con quelle
della legge 8 aprile 1791 (Lois civ . intermed. T. I. p . II . ) , la quale intro-
dusse l'eguaglianza delle parti nella successione intestata , e tolse ogni
effetto a patti e rinunzie contrarie a tale principio, soltanto per l'avvenire,
rispettando in pari tempo le istituzioni contrattuali , e le successioni reci-
proche dei coniugi , delle quali esisteva già il titolo quando entrava in
vigore la nuova legge, ma che non erano ancor state effettuate .
PROLEGOMENI 53

alla successione dei genitori , aperte dal 14 luglio 1789 in


poi (1) .
Quale scompiglio dovessero codeste leggi produrre in tutta
la Francia , ognuno può facilmente figurarsi . Ben presto le si
dovettero emendare ; infatti l'effetto retroattivo della Legge 17
nivôse anno II venne abrogato dalla Legge 9 fructidor anno III (2) ,
a cui tenne dietro più tardi nello stesso senso la Legge 18 pluv.
anno V (3), e l'effetto retroattivo della Legge 5 brum. anno II
venne tolto dalla Legge 3 vendemmiaire anno IV (4) .
Abrogato l'effetto retroattivo delle leggi dell'anno secondo , il
gran principio del rispetto dei diritti acquisiti ricuperò nella
coscienza del popolo e dei legislatori francesi quella sovrana
importanza che per un momento era stata disconosciuta. Da

(1 ) L. 5 brum II. Eccone i principali articoli. Art. 1. Les enfants


actuellement existants , nés hors de mariage , seront admis aux succes-
sions de leurs pères et mères , ouvertes depuis le 14 juillet 1789. Ils le
seront également à celles qui s'ouvriront à l'avenir, sous la réserve portée
par l'art. 10 ci - après . Art. 2. Leurs droits de successibilité sont les mêmes
que ceux des autres enfants. Art. 10. A l'égard des enfants , nés hors
de mariage , dont le père et la mère seront encore existants lors de la
promulgation du Code Civil , leur état et leurs droits seront en tout point
réglés par les dispositions du Code. (L. civ . intermèd. T. II p. 14) .
(2) L. d. 9 fructid . III. La Convention nationale decrète que les lois
des 5 brumaire et 17 nivôse II , concernant les divers modes de trans-
mission des biens dans les familles , n'auront d'effet qu'à compter des
époques de leur promulgation. ( L. civ . interméd . T. II . p. 319 ) .
(3. L. d. 18 pluv. V. Art . 1. Les avantages , prélèvemens , préciputs ,
donations entre-vifs, institutions contractuelles et autres dispositions irré-
vocables de leur nature, légitimement stipulées en ligne directe avant la
publication de la loi du 7 mars 1793 ( questa legge proibiva di favorire
in nessun modo nella eredità un discendente più degli altri ) et in ligne
collatérale, ou entre individus non parens, antérieurement à la publication
de la loi du 5 brumaire an 11 , auront leur plein et entier effet , confor-
mément aux anciennes lois , tant sur les successions ouvertes jusqu'à ce
jour que sur celles qui s'ouvriraient à l'avenir. L. civ. interméd. int. T. III .
p. 73.
(4) L. d. s . vendem . IV. Art. 13. La loi du 12 brumaire II. n'aura
d'effet qu'à compter du jour de sa publication . L. civ. interm . T. 2. p. 829.
54 PARTE PRIMA

quell'epoca infatti la transizione dalle leggi antiche alle nuove


si fece in Francia con quella scrupolosa osservanza della giu-
stizia , per cui i giureconsulti francesi tanto contribuirono , come.
in seguito vedremo, ai progressi della giurisprudenza transitoria.

Contemporaneamente alle suesposte vicende della legislazione


francese , facevasi in Prussia il primo tentativo di ridurre la
teoria della retroattività delle leggi ad un sistema di principii.
L'Introduzione e la Patente di Promulgazione del Diritto terri-
toriale universale prussiano del 1794 contengono principii ge-
nerali per la soluzione delle principali questioni di diritto tran-
sitorio. Frutto di lunghi e pazienti studi , questi canoni , se non
costituiscono , come osserva anche il Bergmann ( p . 209 ) , un
sistema completo, ne contengono però le basi , e , come furono
di grande giovamento alla giurisprudenza prussiana , cosi ebbero
anche molta influenza sulle dottrine e sulle legislazioni poste-
riori della Germania . Certamente , se i compilatori del Codice
Napoleone avessero posto mente a questa parte delle legislazione
prussiana , se ne sarebbero giovati , e in questo modo la giu-
risprudenza transitoria sarebbe stata recata ben presto cosi in
Francia , come in molti altri Stati , ad un alto grado di perfezione.
Noi riteniamo indispensabile il qui riprodurre i principali
canoni di gius transitorio della legislazione prussiana , attesochè
la loro importanza scientifica ci farà ritornare su di essi più
volte nel corso di quest'opera.
L'Introduzione al Diritto territoriale universale prussiano
contiene i principii più generali intorno agli effetti delle leggi
nuove ; la Patente di Promulgazione contempla più specialmente
le quistioni transitorie (1 ) .

(1) Si leggono nell' Introduzione le seguenti disposizioni :


«Nuove leggi non si possono applicare ad atti e fatti già accaduti » (§. 14).
L'interpretazione che il legislatore trovi necessario di dare ad una
legge precedente, ove sia stata debitamente pubblicata , deve prevalere in
tutti i casi giuridici non ancor decisi » (§ . 15 ) .
« Quando sia stata soltanto mutata la forma esteriore di un atto , e
questa prescrizione debba essere osservata in tutti quegli atti , i quali
PROLEGOMENI 55

I principali canoni contenuti in quest'ultima , sono i seguenti :


«< Chiunque al tempo della pubblicazione del presente Codice
<
si trovi in possesso , valido e legittimo secondo le precedenti
leggi , di una cosa o di un diritto qualunque , deve essere
tutelato contro chicchessia , nè deve patir molestia nè pregiudizio
alcuno nel godimento e nell'esercizio di tal facoltà sotto qualsiasi
pretesto desunto dal nuovo Codice (§ 8) .
Che se dopo la pubblicazione del presente Codice nascano
processi in occasione di un atto o fatto anteriore , e le leggi
anteriori da applicarsi al caso siano dubbie ed oscure, cosicchè
sul significato e sull' applicabilità delle medesime siano state.
adottate dai tribunali opinioni differenti , devesi preferire quella
opinione che si accorda colle prescrizioni del Codice, o che più
le si avvicina » (§ 9) .
<< Potendo accadere frequentemente che un atto o fatto , dal
quale nascono diritti contestati fra le parti , siano bensi accaduti
prima della pubblicazione di questo Codice, ma le conseguenze
loro si verifichino soltanto posteriormente , troviamo necessario
statuire per tali casi le seguenti norme . In tali casi vuolsi
aver sempre riguardo alla circostanza , se sia rimasto ancora in
potere di colui , dei cui diritti od obblighi si tratta , e dipenda
esclusivamente della sua libera volontà , il determinare con
dichiarazioni od altrimenti le conseguenze giuridiche dell'ante-

sono ancora suscettibili di mutazione , la legge deve aver determinato a


tal uopo un termine sufficiente » ( §. 16) .
<< Atti anteriori , i quali per difetto di formalità sarebbero invalidi a
tenore delle leggi antiche , diventano validi , se quando sorge su di essi
contestazione , vi si riscontrano le formalità necessarie secondo le leggi
nuove» (§. 17) .
« La diminuzione di una pena stabilita da una legge anteriore giova
anche a quel delinquente, sul quale quella pena al tempo della pubblica-
zione della nuova legge non è ancora stata eseguita » (§. 18).
Che se da un'azione illecita provengono diritti privati , vuolsi avere
riguardo alle leggi , che vigevano al tempo dell'azione » (§ . 19) .
« Ove sia dubbio se un reato sia stato commesso prima o dopo la pub-
blicazione della legge nuova , devesi nel commisurare la pena aver riguardo-
alla legge più mite » (§. 20) .
56 PARTE PRIMA

riore atto o fatto, il porle in modo diverso da quello statuito


nel nuovo Codice ; oppure se tale modificazione non sia più nel
potere e nell' arbitrio di colui cui l'atto o il fatto concerne .
Nel secondo caso anche le anteriori conseguenze giuridiche
devonsi tuttavia giudicare secondo le leggi anteriori , che furono
in vigore al tempo in cui accadde l'atto o il fatto . Nel primo
caso al contrario , quand'anche l'atto o il fatto fosse anteriore ,
ma non fosse intervenuta nessuna modificazione di tal natura ,
nel giudicare le conseguenze giuridiche avvenute soltanto dopo
il cominciato vigore del presente Codice , si applicheranno le
disposizioni di questo » (§ 10) .
<<< Tutti i contratti , i quali furono conchiusi prima del comin-
ciato vigore del presente Codice , sia rispetto alla loro forma e
al contenuto, sia rispetto alle conseguenze giuridiche , devonsi
esclusivamente regolare secondo le leggi del tempo in cui ven-
nero conchiusi , benchè soltanto più tardi si muova azione per
l'esecuzione o la rescissione , o pel pagamento dell' id quod
interest (§ 11 ).
<< I testamenti e le altre disposizioni di ultima volontà , che
siano state fatte prima del cominciato vigore del presente Co-
dice ( 10 giugno 1794 ) , devonsi in tutto e per tutto giudicare
secondo le prescrizioni delle leggi anteriori , benchè la morte
del testatore non avvenisse che più tardi ; nè per questa specie
di disposizioni devesi aver riguardo alcuno alla circostanza che
le si potessero o no modificare nell'intervallo di tempo fra la loro
confezione e il giorno in cui il Codice entrò in attività » ( § 12) .
« La successione intestata fra genitori e figli , ed altri membri
della famiglia , in quanto la medesima possa essere modificata
da legittime dichiarazioni del testatore , se si è aperta prima
del 1 ° giugno 1794 , devesi regolare secondo le leggi anteriori ,
se si è aperta dopo, e il de cujus non vi ha introdotta nessuna
valida modificazione, devesi regolare secondo le disposizioni del
nuovo Codice (§ 13) .
<«< I rapporti giuridici dei coniugi , i quali si unirono in ma-
monio prima del 1° giugno 1794, debbono , finchè si tratti di
diritti ed obblighi fra vivi , come pure in caso di scioglimento
PROLEGOMENI 57

giudiziale del matrimonio , essere giudicati secondo le leggi del


tempo in cui il matrimonio fu conchiuso . Rispetto alla succes-
sione ereditaria invece, in quanto la medesima non sia deter-
minata da contratti , disposizioni di ultima volontà , leggi pro-
vinciali o statuti , il coniuge superstite, in ogni caso di successione
che si avveri dopo il 1 ° giugno 1794, ha libertà di eleggere o
le leggi vigenti al tempo in cui il matrimonio fu conchiuso , o
quelle contenute nel presente Codice » (§ 14).
<< Siccome è detto in questo Codice che le ipoteche legali e
tacite conservano bensi la loro anteriore poziorità in confronto
del vero debitore e dei suoi eredi , come anche in un concorso
che si apra sui beni o sulla eredità del debitore, ma non pas-
sano a carico del terzo possessore, il quale non venne in pos-
sesso come erede del debitore, se non quando gli fossero note
fin dal momento dell'acquisto , oppure si trovino iscritte nei
registri ipotecari , cosi vien prefisso un termine di tre anni per
la iscrizione di tali ipoteche , in guisa che l'avente diritto , il
quale si presenti per la iscrizione prima del 1 ° giugno 1797 ,
vi debba essere ammesso, quand'anche nel tempo intermedio il
fondo sia passato ad un possessore differente da quello contro
il quale egli acquistò il diritto , oppure ai di lui eredi » (§ 15 ) .
<<< Siccome è altresi prescritto , che le servitù reali , le quali
non sono additate da nessun segno o apparecchio che cada sotto
gli occhi , e tuttavia scemano il valore del fondo serviente , non
possono essere fatte valere contro un terzo possessore di quel
fondo , che non si provi esserne stato edotto o non sia erede
del suo antecessore , se non erano già iscritte nei registri delle
ipoteche al tempo del cambiamento di possesso, oppure se dal
possessore del fondo dominante non se ne chieda debitamente
l'iscrizione dentro due anni dal mutamento di possesso , così
viene ora prescritto che , quand ' anche nell' intervallo fra la
data della presente Patente e il 1° giugno 1797 , accadessero
mutamenti di possesso rispetto a tali fondi servienti , ciò non-
dimeno il termine di due anni , dentro il quale devesi doman-
dare l'iscrizione , debbasi computare soltanto dal 1 ° giugno
1794 , (§ 16).
58 PARTE PRIMA

<«< Rispetto alla prescrizione in particolare , i casi di prescri-


zioni già compiute prima del 1 ° giugno 1794, voglionsi giudi-
care esclusivamente secondo le leggi anteriori , quand'anche le
facoltà o le eccezioni che ne sono sorte , possano esser fatte
valere soltanto più tardi . Rispetto a quelle prescrizioni invece ,
per le quali il termine legale finora richiesto non è ancora
decorso al 1 ° giugno 1794 , si devono pienamente applicare
tutte le prescrizioni del nuovo Codice . Se però per il compimento
di una prescrizione cominciata prima del 1 ° giugno 1794 si
richiedesse nel nuovo Codice un lasso di tempo minore di quello
richiesto dalle leggi precedenti , colui , il quale si vorrà giovare
di tale prescrizione più breve, dovrà computare la durata della
medesima soltanto dal 1 ° giugno 1794 » (§ 17) .

$ 2.

Legislazione francese imperiale .

II Code civil ha consacrato nell'art. 2º il principio della non


retroattività , cioè del rispetto dei diritti acquisiti , colle parole :
la loi ne dispose que pour l'avenir ; elle n'a point d'effet rétroactif.
Questo principio si trova poi applicato in parecchi articoli
del Codice , come p. es. nell'articolo 691 e nell'articolo 2281 .
Nel primo di questi articoli il legislatore, dopo avere statuito
che il possesso , anche immemoriale, non basta per stabilire le
servitù continue non apparenti , e le servitù discontinue , appa-
renti o no , soggiunge : sans cependant qu'on puisse attaquer
aujourd'hui les servitudes de cette nature , déjà acquises par la
possession , dans les pays où elles pouvaient s'acquérir de cette
manière. - Nell'articolo 2281 il legislatore francese, fra le due
opposte opinioni intorno all'influenza delle leggi nuove intorno
alla prescrizione , sulle prescrizioni incominciate e non finite ,
preferisce quella che sulle prime sembra la più conforme al
principio generale . Les prescriptions , vi si dice : commencées à
PROLEGOMENI 59

l'époque de la publication du présent litre , seront réglées con-


formément aux lois anciennes.
Anche in altre parti della legislazione imperiale noi incon-
triamo speciali disposizioni le quali rivelano uno scrupoloso
rispetto dei diritti acquisiti . Cosi p . es . nell'art . 544 del Code
de commerce si dice : en cas de faillite, les droits et actions des
femmes , lors de la publication de la présente loi seront réglés
ainsi qu'il suit , nell'art. 557 : les dispositions portées en la pré-
sente section ne seront point applicables aux droits et actions des
femmes , acquis avant la publication de la présente loi. --- La

Legge 3 settembre 1807 sull'interesse convenzionale del danaro ,


dichiara all'art. 5 : il n'est rien innové aux stipulations d'intérêt,
par contrats ou autres actes faits jusqu'au jour de la publication
-
de la présente loi (1 ) . La Legge del 4 luglio 1811 per l'or-
ganamento dei dipartimenti anseatici dichiara : les droits civils
résultants des lois et usages en vigueur dans les départements des
Bouches de l'Elbe , des Bouches du Weser et de l'Ems supérieur ,
ainsi que ceux résultants des actes et conventions d'une date
certaine antérieure à la mise en activité du Code Napoléon dans
les dits départements , sont et demeurent assurés aux parties, même
en ce qu'ils auraient de contraire aux dispositions du dit Code,
et lors même que la jouissance de ces droits ne s'ouvrirait
- Un Decreto Imperiale del
qu'après sa mise en activité (2) .
18 agosto 1810 (3) dichiara : che les décisions rendues par
décrets impériaux antérieurs à la loi 8 mars 1810, el pronon-
çant explicitement ou implicitement des expropriations pour cause
d'utilité publique , recevront leur exécution selon la loi du 16
sept. 1807, sans qu'il soit besoin de recourir aux tribunaux.
Il Code pénal del 1810 contiene pure un principio generale
che fa riscontro all' articolo 2 del Code civil , e che si legge
nell'articolo 4 , cosi concepito : nulle contravention , nul délil ,
nul crime , ne peuvent être punis de peines qui n'étaient pas
prononcées par la loi avant qu'ils fussent commis.

( 1 ) Corps des droit fr. T. III. p. 100 .


(2) Ch . 14 Sect. 1. art. 149.
(3) Corps de dr . fr. T. III. p. 116. cs.
60 PARTE PRIMA

Evidente è la tendenza legislativa che ha dato origine a tutti


i principii , generali e speciali , surriferiti . Quei principii gene-
1
rali però sono ben lontani dal poter servire di guida al giudice
in tutte le quistioni pratiche di diritto transitorio ; ciò non è
meno evidente. Un insieme di canoni pratici , anche soltanto
fondamentali , intorno alla retroattività delle leggi , fu appunto
uno dei desiderati della legislazione imperiale francese ( 1 ) . Su
tre argomenti soltanto del Codice Civile noi abbiamo in questa
legislazione principii di tal natura , contenuti nelle tre Leggi
del 25 germinal, del 6 e del 14 floréal dell' anno II , la prima
delle quali concerne l'adozione , la seconda il divorzio , la terza
i diritti dei figli naturali (2). Su di un solo argomento del

(1) Dal Discours préliminaire della Commissione legislativa si rileva che


non furono date più minute disposizioni intorno alla teoria della retroal-
tività , per non invadere il campo della giurisprudenza . Anche nel Progetto
di Codice Civile dell' anno VIII non si volle introdurre un articolo che
era stato proposto intorno alla retroattività delle leggi interpretative , pel
motivo che non è facile precisare i caratteri di tali leggi . Quell'articolo
suonava cosi : « la loi interprétative d'une loi précedente aura son effet du
jour de la loi qu'elle explique, sans préjudice des jugemens rendus en dernier
ressort, des transactions, des décisions arbitrales et autres passées en force de
chose jugée ».
(2) Le principali disposizioni contenute in queste tre leggi erano in
sostanza le seguenti : Legge 25 germ . anno II . Doversi le adozioni fatte
prima del Codice regolare secondo la legge anteriore , quantunque non
presentino nessuna delle condizioni imposte dopo a questo contratto .
(Art. 1 ) Potere l'adottato anteriormente alla legge 23 marzo 1803 ( Lib.
I. Tit. VIII. Code Civil . ) , e minorenne, rinunciare all'adozione dopo aver
raggiunta la maggior età . ( Art. 2 ) Nel caso in cui una adozione sia
stata anteriormente fatta mediante contratto autentico , disposizione fra
vivi o a causa di morte, doversi eseguire quell'atto o quella disposizione
secondo la loro forma e tenore. ( Art . 3 ) In difetto di atti autentici ,
dichiaranti ciò che l'adottante volle dare all'adottato, questi dover godere
tutti i diritti accordati dal Codice Civile , se nei sei mesi che terranno
dietro alla pubblicazione del Codice , l'adottante non si presenti davanti
al giudice di pace del suo domicilio, per dichiarare che la sua intenzione
non fu di conferire all' adottato tutti i diritti di successibilità che spette-
rebbero ad un figliuolo legittimo . ( Art. 4 ) Nel caso anzidetto dovere
PROLEGOMENI 61

Codice penale abbiamo una legge transitoria del 23 luglio 1810 ,


concernente la scelta delle pene ( 1 ) .
La ragione di questa lacuna sta nell' indole dei tempi , nei
quali fu emanata la legislazione imperiale francese . In quei
tempi la teoria del diritto transitorio non era ancor stata abba-
stanza studiata dai Giureconsulti ; sviata dai principii fondamen-
tali di questa teoria durante una parte del periodo delle leggi
intermediarie , la mente dei Giureconsulti vi era stata ricondotta
dalle migliori tendenze della legislazione nuova , ma questo
richiamo non poteva produrre che più tardi i suoi effetti , e
precisamente durante l'applicazione della stessa nuova legisla-
zione, siccome infatti accadde , e noi in seguito vedremo .

i diritti dell'adottante, quanto alla successibilità , essere ridotti ad un terzo


di quelli che spetterebbero ad un figlio legittimo (Art . 5) .
― La legge 6 flor. XI , statuisce che i divorzi pronunziati da ufficiali
dello stato civile, o con sentenza giudiciale prima della pubblicazione del
titolo del Codice Civile relativo al divorzio, avranno i loro effetti confor-
memente alle leggi che esistevano prima di questa pubblicazione . Rispetto
alle domande fatte anteriormente a quell' epoca , esse continueranno ad
essere istruite, i divorzi saranno pronunziati e avranno i loro effetti con-
formemente alle leggi che esistevano al momento della domanda.
La legge 14 flor. XI , dispone che il Codice Civile si applichi per
regolare lo stato e i diritti dei figli naturali , i cui genitori siano morti
dopo la promulgazione della legge 12 brumajo anno 2 fino a quella del
Codice Civile.
(1 ) Il decreto imperiale 23 luglio 1810 sanci il principio : che i delitti
commessi prima della pubblicazione del Code pénal , e minacciati dalle
anteriori leggi penali di una pena più forte di quella comminata da
questo Codice, debbono esser puniti colla pena meno grave (V. Chauveau
et Hélie Th. d . Code pén. 1. p. 35) . La stessa opinione era stata sancita
da un Arrêté del Consiglio di Stato 29 prair. anno VIII , rispetto al con-
flitto fra il nuovo Codice penale e la legge 29 niv. VII , adducendone per
motivo che il est de principe en matière criminelle , qu'il faut toujours
adopter l'opinion la plus favorable à l'humanité comme à l'innocence.
62 PARTE PRIMA

§ 3.

Legislazioni germaniche

durante e dopo il primo impero francese.

Importanti cambiamenti di legislazione ebbero luogo al prin-


cipio di questo secolo anche in molte parti della Germania ,
alcune delle quali vi furono spinte dall ' influenza delle idee e
della politica francese . Caduto Napoleone, e ritornata la Germania
padrona di sè stessa , in parecchi degli Stati , i quali prima fa-
cevano parte o della Confederazione o dell' Impero, la legisla-
zione subi anch'essa dei nuovi cambiamenti. Nell'una occasione
e nell'altra quasi tutti quegli Stati emanarono disposizioni tran-
sitorie più copiose di quelle pubblicate in Francia durante il
primo Impero . Parecchie di quelle disposizioni meritano di
essere conosciute e meditate , sia per la loro intrinseca impor-
tanza , sia perchè la varietà dei punti di vista che esse presen-
tano , fu poscia eccitamento e materia a studii sistematici dei
giureconsulti tedeschi intorno alla dottrina della retroattività.
Noi citeremo di preferenza le principali disposizioni transitorie
del Baden , di Francoforte , dell' Austria , di Lubecca , di Am-
burgo , dell' Annover , dell' Oldenburgo , della Prussia Renana ,
del Wurtemberg, siccome quelle che ci sembrano più degne di
considerazione.

Nel Granducato di Baden , il Codice Napoleone , venne posto


in vigore a datare dal 1 ° luglio 1809, con aggiunte a parecchi
articoli , e colla premessa di una Patente di Promulgazione
(3 febbraio 1809 ) , nella quale principalmente si trovano dispo-
sizioni transitorie. La maggior parte di queste si riferiscono a
speciali argomenti , separatamente considerati , sono quindi meno
generali di quelle contenute nel Diritto territoriale prussiano,
da noi precedentemente riferite .
PROLEGOMENI 63

Il canone più generale , e la cui novità di fronte al diritto


romano , francese e prussiano non ha bisogno di commento , è
il seguente : « le ulteriori conseguenze di un fatto , alle quali
avea dato diritto una legge anteriore, possono essere modificate
da una legge emanata prima che il caso si avveri , senza che
ciò si possa dire retroattività » (Aggiunta all'art . 2 del C. C. ) (1 ) .
Da questa massima fondamentale il legislatore Badese dedusse
fra le altre conseguenze quella : che i rapporti patrimoniali dei
coniugi , occasionati da matrimoni anteriori al cominciato vigore
del Codice Civile, dovessero, due anni dopo quest'epoca , essere
regolati secondo la nuova legislazione ( Pat . di Promulg . § X) ,
e l'altra che la lesione ultra dimidium si dovesse dopo l'attua-
zione del Codice Civile regolare , secondo i principii di questo
Codice (ib. § X. III) . In pari tempo il legislatore Badese si
scosto da quella premessa , mosso forse dalla equità , disponendo

(1 ) 11 Brauer, commentatore del Codice Napoleone pubblicato nel Baden ,


giustificava nel seguente modo quel principio : « Ogniqualvolta i contraenti
lasciano che il legislatore regoli le future conseguenze del loro contratto,
danno a divedere che ad essi non cale una norma immutabile di tali
conseguenze , essendo la volontà del legislatore soggetta a cambiamenti
non meno di quella di un testatore ; altrimenti essi medesimi avrebbero
stabilito quelle norme nel loro contratto ; danno a divedere che intendono
lasciare quelle conseguenze in balia ai cambiamenti che la legge vi intro-
durrà in mira del pubblico bene , mutandosi i tempi e le circostanze ;
mostrano infine di riconoscere la mutabilità degli effetti delle umane azioni,
e di volerla affidare alla sapienza del legislatore , onde non doversi un
giorno per avventura pentire di non aver agito così. Chi ne dubiti , non
ha che a configurare un caso simile, nel quale una decisione analoga non
può esser dubbia. Se Tizio , vivente , ha legato a Caio una casa con un
podere , e Caio , che lo sa , promette a Sempronio , che pure lo sa , di
dargli questa o quella parte di quel podere, chi non troverà ragionevole,
che se poi Tizio cambia d'avviso , e revoca il legato , oppure ne toglie
la parte promessa da Caio a Sempronio, questa promessa non abbia alcun
effetto ? Imperocchè era tacita condizione della promessa , che il podere
rimanesse legato a Caio, e se Tizio avesse voluto obbligarsi in ogni caso,
le parti avrebbero dovuto accordarsi a quest'uopo , e non lasciar tutto
dipendere da una disposizione , di sua natura mutevole » , ( passo citato
da Bergmann , 349).
64 PARTE PRIMA

che l'usufrutto legale dei genitori , cominciato prima dell'attua-


zione del nuovo Codice , dovesse continuare anche dopo , in
conformità alle leggi anteriori ( ib. § VIII ) , e che i figli naturali
nati prima di quell'epoca dovessero anche in seguito conservare
i diritti di successione intestata ai loro genitori , accordati dalle
leggi vigenti al tempo della loro nascita ( ib . § VII ) ( 1 ) .

( 1 ) Ecco le principali disposizioni della Patente di Promulgazione . §. IV.


Questo Codice , giusta il 20 articolo e l'aggiunta al medesimo , può appli-
carsi al passato, non retroattivamente , ma con effetto soltanto su future
conseguenze di atti anteriori . §. VII. Il capitolo intorno ai figli naturali
devesi applicare a tutti quegli illegittimi , i quali vengano alla luce dopo
il cominciato vigore del Codice , senza distinzione fra quelli concepiti
prima o dopo. -- La condizione giuridica di tutti i figli illegittimi nati
prima del 1 ° luglio , vuol essere giudicata intieramente secondo le ante-
riori leggi , e quindi quelli fra i medesimi , i quali o per sentenza giudi-
ziale o per spontaneo riconoscimento ottennero un padre , si devono
considerare come riconosciuti , non nel senso di questo Codice , ma
soltanto in relazione agli alimenti. § . VIII. Il principio che l'usufrutto
legale dei genitori cessi col 18° anno di età dei figli si può applicare
soltanto a quel patrimonio , che tocca in via ereditaria ai figli dal 1 ° luglio
1809 in poi , mentre quanto al patrimonio precedentemente acquistato ,
che non era esente da onere di usufrutto , il diritto conceduto dalla legge
ai genitori sussiste vita durante o fino alle seconde nozze , nè potrebbe
quindi venir loro tolto, senza dar forza retroattiva alla legge. - S'intende
del resto che quei genitori , i quali continuano nell' usufrutto a tenore
delle leggi anteriori , hanno anche l'obbligo di dotare le figlie e di assi-
stere i figli , obbligo non più sussistente nei matrimoni conchiusi dopo
l'attuazione di questo Codice. § . X. Siccome di gravissimo imbarazzo
sarebbe il continuare l'applicazione delle differenti leggi e consuetudini
anteriori ai matrimoni conchiusi prima dell'attuazione di questo Codice ,
così nel mentre concediamo che fino al 1 ° gennaio 1812 i matrimoni ora
sussistenti vengano giudicati secondo quelle leggi , ogniqualvolta accada.
di giudicare intorno ad uno scioglimento di matrimonio od alla separa-
zione dei beni , e ciò affinchè le persone precedentemente coniugate
possano in quell'intervallo imparare a conoscere la nuova specie di comu-
nione , od anche , ove questa a loro non piaccia , statuirne un' altra con
un nuovo contratto, vogliamo che dopo il 1 ° gennaio 1812 tutti i matri-
moni , benchè conchiusi prima del 1 ° gennaio 1810 ( epoca da cui cominciò
ad aver vigore la parte del Codice riguardante i patti nuziali ), se i rap-
PROLEGOMENI 65

A Francoforte , benchè il Code civil vi sia stato messo in


vigore col 1° gennaio 1811 , tuttavia il principio contenuto
nell'articolo 2 del medesimo fu inteso ed applicato assai più
restrittivamente che in Francia , e in modo affatto diverso da
quello in cui lo intese e lo applicò il legislatore Badese. Le

porti matrimoniali non siano stati fissati mediante contratto prima di quella
epoca , o nell'intervallo fra l'una e l'altra , vengano regolati dalle leggi
nuove rispetto al loro scioglimento , così come accade rispetto ai matri-
moni conchiusi dopo il 1 ° gennaio 1810. Ib . I diritti di successione inte-
stata , accordati da questo Codice , non ricevono applicazione che nelle
eredità deferite dopo il 1 ° luglio 1809 ; tutte le altre eredità , deferite prima,
benchè ancora giacenti , e non ventilate , rimangono sottoposte alle leggi
anteriori. § XI. Rispetto alla forma interna delle disposizioni di ultima
volontà , anteriormente fatte , la si deve dopo il luglio 1809 giudicare
secondo le leggi sotto l'impero delle quali ebbero efficacia per la morte
del disponente . Per conseguenza ciò che a queste leggi non si conforma
deve aversi come non scritto, e ciò , che per confermarvisi dovrebbe subire
alcune modificazioni , non può avere effetto che dentro questi nuovi con-
fini , e perciò colui , il quale non voglia che tal caso si verifichi , deve
ritoccare e modificare l'anterior sua disposizione di ultima volontà , per
concepirla nel modo che più gli convenga , dato il nuovo ordine di cose.
§ XIII. Nel titolo della compra e vendita , l'azione per lesione al disopra
della metà non potrà , dopo il luglio 1809, aver luogo rispetto a compere
precedentemente conchiuse , fuorchè nel modo determinato dalla nuova
legislazione . § XIV. Quanto alla fideiussione , il giorno in cui questa venne
interposta , e non quello in cui fu conchiuso l'affare principale , influisce
sul decidere se la fideiussione debbasi considerare come conchiusa prima
o dopo il luglio 1809 , e quindi con quale legge debba essere regolata .
S XV. Fin tanto che non sia decorso il termine prescritto per l'iscrizione
e conservazione dei diritti d'ipoteca , tutti i diritti di questa natura , che
siano stati validamente costituiti giusta le leggi precedenti , continueranno
ad essere ritenuti validi , ed applicati secondo queste leggi. § XVI. Tutti i
processi di espropriazione forzata , cominciati prima del giorno 1 ° gennaio
1810, col quale cominciò ad avere effetto la relativa parte del Codice, si
dovranno ultimare in conformità alle leggi anteriori , e all'ordine anteriore
delle prelazioni , affinchè nel frattempo i Giudici si possano istruire intorno
al nuovo modo di trattare quelle quistioni , e i creditori , i quali nel nuovo
ordine non troverebbero più quella sicurezza che aveano prima , si pos-
sano provvedere guarentigie conformi alla nuova legislazione .
GABBA Retr. Leggi. v. I. 5
66 PARTE PRIMA

Ordinanze Sovrane e le Decisioni del Consiglio di Stato su


quistioni speciali di diritto transitorio sono dettate dalla per-
suasione che il divieto della retroattività metta in salvo non
soltanto i diritti acquisiti , ma eziandio le semplici aspettative .
Per esempio, una Ordinanza del 25 luglio 1810 dichiarò che la
proibizione delle sostituzioni fedecommissarie , contenuta nel-
l'art. 896, fosse da applicare soltanto ai casi futuri , e il Consiglio
di Stato dichiarò non soltanto che i rapporti patrimoniali dei
coniugi , uniti in matrimonio prima dell'attuazione del C. N. ,
si dovessero esclusivamente giudicare secondo le leggi vigenti
al tempo del matrimonio ( Parere del 23 febbraio 1811 ) , ma
eziandio che l'avere i figli raggiunto il 18° anno di età , o
l'essere stati precedentemente emancipati , non faccia perdere
ai genitori l'usufrutto legale a cui le leggi anteriori avessero
attribuita una durata maggiore ( ib . ) . Soltanto rispetto alla
forma dei testamenti , il legislatore di Francoforte fu meno
indulgente del francese , perchè impose la rinnovazione de' te-
stamenti anteriori al nuovo Codice , per conformarli alle pre-
scrizioni di questo, dentro un anno dall'attuazione del medesimo
(Parere del Cons . di Stato del 22 dicembre 1810 (1 ) .

(1) Vedi Bergmann p. 377 e seg. Non è senza interesse il cono-


scere la motivazione dei surriferiti pareri del Consiglio di Stato di Fran-
coforte. « Sulla quistione : quali principi , dopo l'introduzione del nuovo
Codice, debbano regolare i rapporti patrimoniali dei coniugi , il cui matri-
monio è anteriore a quell'epoca , il Consiglio di Stato, considerando : che
al momento della conchiusione del matrimonio prima dell'introduzione del
Codice, in difetto di patti scritti, i coniugi si sono incontestabilmente sot-
toposti al diritto che vigeva nel loro domicilio al tempo in cui il matri-
monio fu conchiuso ; che quel diritto è stato accettato dai coniugi per
libero accordo , ed è diventato oggetto del medesimo contratto di matri-
monio ; che non produce differenza l'essere stata la volontà dei coniugi
espressa per iscritto , oppure data a divedere mediante tacito riferimento
alle leggi e consuetudini vigenti nel loro domicilio al tempo della conchiu-
sione del matrimonio ; che i medesimi , omettendo di fare un contratto
differente, hanno chiaramente dimostrato di volersi sottomettere alle norme
legislative allora vigenti ; che questo tacito contratto fu conchiuso per tutta
la durata del matrimonio, e non soltanto per la durata di quelle leggi ,
PROLEGOMENI 67

Il legislatore austriaco è stato parco di disposizioni transitorie


nel Codice Civile del 1811 (17 giugno) . Notevole però è la for-

che per conseguenza una nuova e diversa legge non può togliere valore
a quel contratto , è d'avviso ecc . » .
Sulla quistione : se dopo l'introduzione del nuovo Codice , l'età di 18
anni , o, prima ancora , la emancipazione dei figli faccia cessare l'usufrutto
legale anche per quei genitori , ai quali esso era già precedentemente toc-
cato, o ai quali sarebbe in generale spettato secondo le leggi anteriori
per tutta la loro vita , il Consiglio di Stato, considerando : che in questa
quistione, analogamente a quanto si è detto rispetto ai diritti patrimoniali
dei coniugi , i genitori , precedentemente uniti in matrimonio, possedono
un diritto acquisito al gius di usufrutto legale , vigente al tempo della
conchiusione del matrimonio ; che questo usufrutto legale dei genitori è
strettamente connesso coi diritti patrimoniali dei coniugi ; che per conse-
guenza , se il gius di usufrutto dei coniugi superstiti non venisse giudicato
secondo le leggi anteriori , si darebbe alla legge nuova effetto retroattivo ,
contrariamente all'art. 2 del Codice, è d'avviso che ; ecc . ( Parere del 23
febbraio 1811 ).
« Sulla quistione : se i testamenti fatti secondo le precedenti leggi e
formalità , siano validi , ove il testatore muoia dopo il 1 ° gennaio 1811 , il
Consiglio di Stato, considerando che le disposizioni del Codice rispetto
alla successione ereditaria , e alle materie connesse, reagiscono profonda-
mente su tutta quanta la legislazione civile ; che per conseguenza il con-
tinuato vigore delle antiche leggi non potrebbe andar disgiunto da conse-
guenze dannose per la giurisprudenza ; che nessun testamento , fatto prima
del 1 ° gennaio , ed aperto posteriormente , potrebbe eseguirsi nel suo
contenuto, ove questo non si conciliasse colle disposizioni del nuovo
Codice, che tuttavia la osservanza delle nuove forme esterne testamentarie
non può esigersi prima che le leggi relative si possano ritenere pienamente
conosciute , ed abbiano realmente acquistata virtù obbligatoria ; che per
la mutazione e rinnovazione delle ultime volontà , siccome di un negozio
di sommo interesse pel cittadino , vuolsi accordare un termine sufficiente ;
che durante questo termine si debbono considerare come validi i testamenti
aperti nel medesimo, sia rispetto alle forme, sia rispetto alle disposizioni
che non contraddicano alle nuove leggi , è di avviso che il contenuto
di tutti i testamenti fatti prima del 1 ° gennaio 1811 , ed aperti dopo que
st'epoca , si giudichi esclusivamente secondo le disposizioni del Codice ,
ma , rispetto alle forme , per la validità di tali testamenti si conceda il
Lermine di un anno , dal 1 ° gennaio 1811 fino al 1812 , e dentro questo
68 PARTE PRIMA

mola colla quale trovasi enunciato in questo Codice il principio


generale della non retroattività delle leggi. L'equivalenza di
questo principio coll'altro del rispetto dei diritti acquisiti , equi-
valenza che noi abbiamo posta a base della presente opera, come
principio veramente fondamentale, e che secondo noi tutti i le-
gislatori hanno sempre compresa e intesa , benchè la maggior
parte non l'abbiano espressamente enunciata , è invece espressa
nel § 4 di quel Codice colle seguenti parole : « le leggi non re-
troagiscono ; non hanno quindi nessuna influenza su atti ante-
riori , e su diritti precedentemente acquistati » . — La Patente di
Promulgazione rende ancor più caro quel concetto, nei termini
seguenti : « Noi abbiamo statuito nel Codice che le leggi non
debbono retroagire ; perciò questo Codice non può avere influenza
alcuna su atti anteriori al giorno in cui cominciò ad avere vi-
gore , e su diritti già acquisiti secondo le leggi anteriori , sia
che tali atti consistano in negozi giuridici bilaterali , sia che
consistano in dichiarazioni , le quali il dichiarante medesimo.
potrebbe modificare, e rendere conformi alle disposizioni con-
tenute nel presente Codice . Per conseguenza anche le prescri-
zioni ed usucapioni , cominciate prima dell'attuazione di questo
codice, si devono giudicare secondo le leggi anteriori . Se taluno
volesse giovarsi di una prescrizione od usucapione , per la quale
nel nuovo Codice fosse fissato un tempo più breve che nelle
leggi precedenti , dovrebbe computare questo termine più breve
dal momento in cui il Codice attuale ottiene virtù obbligatoria » .

termine ogni testatore sia obbligato a rinnovare il suo testamento secondo


le nuove forme, se vuole che abbia effetto . ( Parere del 22 dicembre 1810 ) .
È pure non senza interesse il parere del Consiglio di Stato sulla qui-
stione : se al coniuge superstite , senza riguardo ai matrimoni preceden-
temente conchiusi , debbasi porre a fianco un tutore surrogato in confor-
mità del Codice. Considerando : che, quantunque i diritti patrimoniali dei
coniugi precedentemente uniti in matrimonio si debbano continuare a
giudicare secondo le antiche leggi , tuttavia questa massima non limita il
potere legislativo dello Stato nelle opportune disposizioni , il Consiglio di
Stato è d'avviso che, morendo un coniuge dopo l'introduzione del Codice,
si nomini un tutore surrogato all'altro coniuge superstite.
PROLEGOMENI 69

Nella città di Lubecca venne emanata una Ordinanza del 4


maggio 1814, concernente l'ordinamento giudiziario e le quistioni
transitorie , in occasione della seconda abolizione delle leggi
francesi (1 ) . In questa Ordinanza è posto come principio fonda-
mentale il seguente : « tutti i diritti realmente ( wirklich) acqui-
siti mediante atti giudiziali o stragiudiziali , contingenze e con-
tratti , o in virtù della legge , debbonsi giudicare secondo la
legislazione vigente al tempo in cui vennero acquistati » (§ 75) .
Da questo principio generale il legislatore credette poter dedurre
molte conseguenze relative a tutti i principali istituti giuridici (2) .

(1 ) Giova sapere che nella città di Lubecca in un breve giro di anni


accaddero le seguenti mutazioni di leggi. Dal 20 agosto 1811 fino al 19
marzo 1813 furono in vigore le leggi francesi ; dal 19 marzo fino al
3 giugno 1813 furono ripristinate le antiche leggi vigenti prima del 20
agosto 1811 ; dal 4 giugno fino al 5 dicembre 1813 riebbero vigore le
leggi francesi ; dal 6 dicembre 1813 in poi furono ripristinate per la
seconda volta le leggi antiche.
(2) Ecco le principali disposizioni di questa Ordinanza :
Pei tempi nei quali si deve considerare come ristabilito l'antico diritto
debbono applicarsi anche le relative regole processuali . - Il rimedio della
Cassazione viene trasformato in quello della revisione . - I termini pro-
cessuali si regolano del pari secondo quelle leggi ( §§ 52-73) . - Le suc-
cessioni intestate sono regolate dalle leggi vigenti al tempo della delazione
della eredità. ( § 75) . - Le tutele cominciate prima del Codice , e da
questo non modificate , continuano nella loro primitiva natura . -— Il tutore
surrogato si cambia immediatamente in contutore. - Cessano le tutele
della madre e dell'ava cominciate sotto il Codice . - Il padre è liberato
dal tutore surrogato. La curatela dei minorenni emancipati continua
fino al compimento del 25° anno di età . - Coloro i quali sono diventati
maggiorenni a 21 anno, secondo il C. N. , ridiventano minorenni , col
- La cura-
permesso però di domandare la dichiarazione di maggior età . —
tela delle donne è ristabilita . Sono ammesse nuove indagini sulle
interdizioni pronunciate vigendo il C. N. , come pure sulle misure prese
in rispetto ad assenti (§§ 77-86 ) . — Nei matrimoni conchiusi vigendo il C. N. ,
è ridata la facoltà di modificare il contratto matrimoniale nelle forme sta-
bilite dalle leggi nuove, e previa pubblica notizia , per non compromettere
i diritti dei terzi (§ 88 ). La comunione dei beni secondo le antiche leggi
di Lubecca è ristabilita pei coniugi uniti in matrimonio vigendo il C. N. ,
a meno che essi dichiarino dentro sei settimane dopo l'emanazione della
70 PARTE PRIMA

Determina p . es. che le leggi di stato personale si applichino


immediatamente, che il regime patrimoniale dei coniugi statuito
dalla legge anteriore, in difetto di espresse pattuizioni , nei ma-
trimoni conchiusi prima della legge nuova , si trasformi ipso

Ordinanza transitoria , di voler mantenere la comunione secondo quel


Codice, e salvo il diritto dei terzi , di far valere dentro sei mesi i diritti
che per avventura avessero alla continuazione di quella comunione ($ 90) .
I testamenti fatti vigendo il C. N. , conservano la loro validità quanto
alla forma ed al contenuto, se la successione si apri prima del decorso
del 18 marzo , oppure fra il 3 giugno e il 5 dicembre 1813. Rispetto alle
successioni apertesi dopo il 13 marzo fino al 3 giugno 1813 incl. e dopo
il 5 dicembre 1813 , quei testamenti conservano bensì la loro validità
quanto alla forma , se questa corrisponde al disposto delle leggi francesi ,
ma colla limitazione dell'art . 92. Quanto alla capacità del testatore e al
contenuto del testamento però , si debbono osservare le leggi anteriori
al 20 agosto 1811 ( § 91 ) - I testamenti olografi dovranno, entro quattro
settimane dalla pubblicazione dell' Ordinanza , essere consegnati al Presi-
dente del Tribunale d'Appello, e se ciò non sarà stato fatto, perderanno
la loro validità anche rispetto la forma ( § 92) . -
— Tutte le iscrizioni fatte
negli antichi libri ipotecari della città di Lubecca conservano la loro vali-
dità e priorità , siano stati o no i relativi diritti ipotecari debitamente
iscritti nei registri delie ipoteche secondo le leggi francesi , senza danno
però di quei diritti di poziorità , i quali fossero stati acquistati mediante
iscrizione durante la legislazione francese , in conseguenza di colpevole
omissione di un precedenle creditore ( § 93 ) . - Il compimento delle
prescrizioni cominciate prima del 20 agosto 1811 viene giudicato rispetto
alla durata , secondo le leggi allora vigenti , non computandosi però lo
intervallo fra il 19 marzo 1813 e il giorno della pubblicazione della pre-
sente Ordinanza . Rispetto al compimento delle prescrizioni cominciate
dopo il 20 agosto 1811 , che non erano ultimate secondo le leggi fran-
cesi nel 18 marzo 1813, decide la legge che attribuisce loro una durata
maggiore ; non computando del pari l'intervallo fra il 19 marzo 1813
e il giorno della pubblicazione della presente Ordinanza . - Per tutte
le prescrizioni non ancora compiute nel giorno 18 marzo 1813 sono
applicabili le attuali norme di legge intorno alla validità del titolo ed
alla buona fede ( § 96 ). - I diritti di poziorità , espressamente fondati
nelle leggi francesi , ed acquistati durante l'impero delle medesime , var-
ranno soltanto nei concorsi che si apriranno dentro sei mesi dopo il 6
dicembre 1813 ( § 97) .
PROLEGOMENI 71

jure in quello statuito da questa legge, a meno che i coniugi


espressamente vi si oppongano , e salvi i diritti dei terzi ; -
che in certi testamenti fatti sotto l'impero di una legge ante-
riore , e non ancora aperti sotto l'impero della legge nuova ,
debbano osservarsi alcune nuove formalità ; - che le prescrizioni
in corso al momento della emanazione della legge nuova siano
regolate da questa in tutti i loro requisiti . Vi hanno però anche
delle disposizioni , le quali contraddicono al principio fondamen-
tale, come p . es.: che le ipoteche anteriori alla legge abolita ,
e non iscritte in conformità di questa legge, abbiano ciò non-
dimeno vigore dal giorno della loro primitiva iscrizione , salvi
soltanto i diritti dei terzi , e che la poziorità accordata dalle
leggi anteriori a crediti sorti sotto il loro impero , continui sol-
tanto per un certo tempo dopo l'attuazione della legge nuova.
Disposizioni di questa sorta ebbero unicamente origine dall'av-
versione del legislatore di Lubecca al diritto francese, e questa
circostanza basta a rendere sospette le mire che presiedettero
all'Ordinanza in discorso e quindi a scemarne la scientifica im-
portanza.

In Amburgo usci pure una Ordinanza transitoria del 28 luglio


1814 , concernente il Dirttto Civile , in occasione del ristabili-
mento del diritto antico amburghese , e dell' abolizione delle
leggi francesi (1 ) . Questa Ordinanza contemplava tutte le princi-
pali materie del Diritto Civile, e conteneva norme in molta parte
conformi a quelle adottate nella stessa occasione a Lubecca (2) .

(1 ) In Amburgo dal 20 agosto 1811 fino al 31 marzo 1813 era stato in


vigore il diritto francese ; dal 31 marzo fino al 30 maggio 1813 era stato
ristabilito l'antico diritto ; dal 30 maggio 1813 fino al 31 maggio 1814 era
stato ripristinato il diritto francese , abolito per la seconda volta a datare
da quest'ultimo giorno.
(2) Le principali disposizioni dell' Ordinanza transitoria amburghese
sono le seguenti.
§. 1. Gli intervalli di tempo nei quali il diritto amburghese rimase
sospeso , e furono in vigore le leggi francesi , non influiscono modificando
nè abolendo i diritti fondati nel diritto amburghese , o posti in essere
72 PARTE PRIMA

Anche l'Ordinanza transitoria amburghese aveva per suo prin-


cipio fondamentale il rispetto dei diritti acquisiti , imperocchè

mediante atti giuridici prima o dopo il ristabilimento delle leggi francesi,


a meno che durante l'impero di queste leggi non siano stati dichiarati
non esistenti o si siano estinti in virtù di decisioni passate in giudicato ,
o di contratti irrescindibili , o di irretrattabili rescissioni. § 2. 1 diritti
privati realmente acquistati sotto l'impero delle leggi francesi mediante
contratti od altri negozii giuridici , continuano anche dopo il ristabilimento
del diritto amburghese , nelle loro conseguenze ed effetti , in quanto questi
a tenore di quelle leggi avrebbero potuto essere statuiti dalla volontà dei
privati, e quindi non vi contraddicono. L'esecuzione ed ultimazione
dei negozi giuridici che continuano ad avere effetto dopo il cessato vigore
delle leggi francesi , devonsi giudicare secondo il diritto amburghese rista-
bilito , a meno che in un contratto o in altri affari giuridici sia stato
fermato qualche principio in proposito. § 3. Gli affari giuridici privati
compiuti sotto l'impero delle leggi francesi , che sarebbero invalidi soltanto
per difetto o per imperfezione delle formalità richieste da queste leggi ,
ma che non furono dichiarati tali con sentenza passata in giudicato ,
devonsi riputar validi rispetto agli effetti , che , se fossero validi , avreb-
bero dopo il ristabilimento delle leggi amburghesi , ove appena per sè
medesimi abbastanza determinatl e certi , e siano forniti di quelle formalità
che sarebbero richieste dalle leggi amburghesi , fra le quali però non si
deve esigere in casi di questa natura la cooperazione del curatore del
sesso . § 4. Se intorno al proprio significato delle leggi francesi sorgono
dubbi rispetto ad un negozio o caso giuridico da giudicarsi secondo quelle
leggi , vuolsi preferire quel significato che coincida colle disposizioni del
diritto amburghese e comune , o che meno se ne discosti . § 5. Se una
azione è stata respinta per un motivo fondato soltanto nel diritto francese,
estraneo al diritto amburghese , o soltanto per una nullità di forma pro-
cessuale , la si può riproporre di bel nuovo . § 6-7. La domanda di inden-
nità per avvenuta fecondazione illegittima non può più essere ammessa ,
quando la coabitazione abbia avuto luogo sotto l'impero delle leggi fran-
cesi . Ma se la coabitazione continuò dopo l'abolizione di quelle leggi ,
cosicchè la nascita illegittima si possa ritenere causata da concepimento
avvenuto durante l'impero del diritto amburghese ristabilito, la domanda
potrà essere ammessa . § 8. Tutti i reciproci diritti ed obblighi fra genitori
e figli legittimi , o legittimati mediante susseguente matrimonio , siano
concernenti i beni , siano concernenti le persone, debbonsi ritenere immu-
tati dopo il ristabilimento del diritto amburghese. § 9. I matrimoni con-
chiusi sotto l'impero delle leggi francesi , benchè non rivestiti delle forme
PROLEGOMENI 73

una precedente legge del 30 maggio 1814, di cui quella Ordi-


nanza non doveva essere che lo svolgimento, aveva dichiarato :

volute da queste leggi , purchè siano stati celebrati coll' intervento del
sacerdote secondo le leggi patrie ristabilite , si devono considerar come
validi. § 10. Rispetto ai matrimoni conchiusi sotto l'impero delle leggi
francesi , non è ammissibile il divorzio per motivi contemplati unicamente
da quelle leggi ; tuttavia i processi di scioglimento del matrimonio , pen-
denti al momento in cui cessò il vigore di quelle leggi , devonsi decidere
secondo le medesime. § 11. I rapporti personali fra coniugi uniti in ma-
trimonio sotto l'impero delle leggi francesi , e i diritti e i doveri che vi
si riferiscono , col ristabilimento del diritto amburghese si cambiano , e
vengono determinati esclusivamente da questo . §§ 12 , 13 , 14. I rap-
porti patrimoniali dei coniugi si mutano anch'essi col ristabilimento del
diritto amburghese . Se nei matrimoni conchiusi sotto l'impero delle leggi
francesi nulla si pattuì intorno a tali rapporti , si applica la comunione dei
beni secondo il diritto amburghese , dal momento del ristabilimento di
questo . I patti espressi conservano vigore in quanto non contraddicano a
proibizioni della legge nazionale che limitano il privato arbitrio. § 15.
L'eredità è regolata dalle leggi vigenti al tempo della sua delazione . § 16.
I testamenti fatti sotto l'impero delle leggi francesi rimangono validi ri-
spetto alle forme anche dopo il ristabilimento del diritto amburghese , ad
eccezione soltanto dei testamenti olografi . Tutto il rimanente, ad eccezione
soltanto della capacità del testatore al tempo in cui il testamento fu fatto,
e della disposizione dell'art . 1036 del C. N. ( ') , e in particolare l'intrin-
seca validità della disposizione , se il testatore è morto dopo il ristabili-
mento del diritto amburghese , devesi giudicare secondo questo , e come
se il testatore avesse fatto il suo testameuto dopo quest'epoca . Anche
l'art. 968 del C. N. non osterà alla validità del testamento reciproco fra
coniugi ( " ) . § 17. I testamenti olografi fatti sotto l'impero delle leggi
francesi , ad eccezione solamente di quelli dei genitori rispetto ai figli ,
rimarranno validi soltanto per tre mesi dopo la pubblicazione di questa
Ordinanza , a meno che prima del decorso di questo termine venissero

Les testaments postérieurs , qui ne révoqueront pas d'une manière ex-


presse les précédents , n'annulleront dans ceux- ci que celles des dispositions y
contenues qui se trouveront incompatibles avec les nouvelles , ou qui y seront
contraires.
(" ) Un testament ne porra être fait dans le méme acte par deux ou plu
sieurs personnes, soit au profit d'un tiers , soit à titre de disposition réciproque
et mutuelle.
74 PARTE PRIMA

<
«< tutti i diritti realmente (wirklich) acquistati secondo le leggi
francesi devono conservare pienamente la loro validità , e devonsi

depositati presso il giudice , oppure fossero resi solenni nelle forme pre-
scritte dal diritto amburghese. § 18. I contratti di società , che furono resi
pubblici secondo le prescrizioni del diritto francese, possono venir modi-
ficati o disciolti dai contraenti , dandone però pubblico avviso, affinchè le
terze persone interessate possano salvare i diritti che loro per avventura
spettassero . § 19. I privilegi di crediti , che hanno solo fondamento nelle
leggi francesi , cessano insieme a queste col ristabilirsi del diritto ambur-
ghese , il quale solo deciderà quali crediti si debbano ritenere privilegiati,
ed in quale misura . § 20. Parimente i diritti ipotecari di talune persone,
basati totalmente ed immediatamente sulle leggi francesi , e validi senza
iscrizione , cessano col ripristinamento delle leggi amburghesi , le quali
sole decideranno se ed in quanto ne nasca fondata pretesa ad una ipoteca
tacita. § 21. Che se al tempo delle leggi francesi i privilegi e le ipoteche
accennate nel § 20 vennero anche iscritte, esse non varranno però in nessun
caso in confronto di tutti gli altri immobili presenti e futuri di colui contro
il quale sono iscritti , dopo il ristabilimento del diritto amburghese , ma
soltanto avranno effetto sul fondo sul quale sono state realmente iscritte,
e ciò dicasi eziandio rispetto alle iscrizioni ipotecarie prese in virtù del-
l'art. 2123 (hypothèque judiciaire). § 22. Tutte le iscrizioni accennate nel
§ 21 , che si estendono a tutti i beni immobili , presenti e futuri , dovranno
essere cancellate d'ufficio , come contrarie al sistema ipotecario ristabilito.
§ 23. Le iscrizioni ipotecarie convenzionali , sorte originariamente sotto
l'impero delle leggi francesi , sono e rimarranno valide anche se fossero
per avventura difettose a tenore del C. N. , purchè siano chiaramente
indicati : il creditore ipotecario , l'oggetto dell'iscrizione , il fondo , e il
proprietario del medesimo , come basterebbe secondo il diritto amburghese .
§ 24. Le prescrizioni che vennero cominciate prima del 20 agosto 1811 ,
o nel frattempo fra il 31 marzo e il 30 maggio 1813 , secondo il diritto
amburghese, e non furono ultimate secondo il medesimo durante l'impero
delle leggi francesi , si riterranno interrotte negli intervalli di quello impero
soltanto quando l'interruzione sarebbe fondata nel diritto amburghese, ed
anche in tutti gli altri punti dovranno essere giudicate secondo questo di-
ritto . Che se le prescrizioni vennero ultimate negli intervalli della signoria
delle leggi francesi , le si dovranno ciò nondimeno giudicare totalmente
secondo le leggi amburghesi ristabilite , se non fossero ancora oggetto di
sentenza passata in giudicato, nè di irretrattabile transazione. § 25. Pre-
scrizioni , cominciate soltanto sotto l'impero delle leggi francesi , e non
ancora compiute , devonsi regolare sacondo queste leggi rispetto ai requi-
PROLEGOMENI 75

giudicare secondo quelle leggi » . Ma l'Ordinanza transitoria violò


in alcune speciali applicazioni un tale principio, ancor più che
non vedemmo aver fatto la legislazione di Lubecca , e per gli
stessi motivi di questa , cioè per una profonda antipatia contro
la dominazione francese , e per zelo di reazione , o , come di-
cono, di restaurazione. Per esempio l'Ordinanza transitoria am-
burghese prescrive che l'esecuzione ed ultimazione dei negozi
giuridici posti in essere sotto l'impero delle leggi abolite , e
che continuano sotto l'impero delle leggi nuove , siano regolate
secondo queste leggi , a meno che con un contratto od altri-
menti sia stato fissato qualche principio differente . Codesto prin-
cipio , non accompagnato da altre limitazioni , poteva compro-
mettere anche veri e propri diritti acquisiti . Lo stesso deve
dirsi anche dell'altro principio , che i dubbi sorti nella inter-
pretazione delle leggi abolite debbansi risolvere colla scorta
delle leggi nuove , adottando quel significato che meno si scosti
da queste .

La legislazione dell'Annover, dopo la cessazione del dominio


Napoleonico , diventò una delle più ricche di disposizioni transi-
torie . Tre successive Ordinanze transitorie vi furono emanate,

siti del loro cominciare , ma rispetto alla loro durata e a tutti gli altri
requisiti giuridici si devono giudicare totalmente secondo le leggi ambur-
ghesi , ed anche le prescrizioni contemplate negli articoli 2271 , 2272, 2273
del C. N. , le quali non solo cominciarono sotto l'impero delle leggi fran-
cesi , ma potrebbero anche essere ultimate in ragione del tempo decorso
dopo queste leggi , si avranno per non finite , e se non vi ha su di esse
nè sentenza passata in giudicato , nè irretrattabile transazione , verranno
giudicate totalmente secondo il diritto amburghese. § 29. Nei fallimenti
dichiarati sotto il dominio francese, ma non ancora regolati in modo de-
finitivo , le leggi amburghesi ristabilite determineranno la classificazione
dei creditori , e il riparto della massa concursuale , e i crediti sorti prima
del 20 agosto 1811 , e nel tempo intermedio fra il 31 marzo e il 30 maggio
1813 verranno giudicati secondo il diritto amburghese , mentre i crediti
sorti sotto l'impero delle leggi francesi verranno giudicati secondo le leggi
francesi , in quanto rispetto a questi crediti non sia stata data preceden-
temente qualche altra disposizione.
76 PARTE PRIMA

la prima , del 23 agosto 1814 , per tutto il Regno , tranne il .


Principato di Hildeshein , e i Circoli di Meppen ed Emsbüren ,
la seconda , del 14 aprile 1815 , pel suddetto Principato , la
terza , del 13 settembre 1815 , pei suddetti Circoli , tutte tre
insieme contenenti non meno di 435 articoli , molti dei quali
però sono identici fra di loro.
I principi fondamentali del diritto transitorio annoverese si
trovano riepilogati in alcune disposizioni generali , colle quali
comincia la prima delle suindicate Ordinanze (1 ). Uno di questi

( 1 ) Le Disposizioni generali della prima Ordinanza Annoverese sono


le seguenti :
I rapporti giuridici privati , devonsi giudicare , rispetto al tempo in cui
il diritto patrio rimase sospeso, secondo le leggi forestiere Disp. gen. n . 1 ) .
– I diritti privati acquistati con atti e contratti validi durante la sospensione
delle antiche leggi patrie, rimangono validi. I loro effetti e conseguenze ,
in quanto secondo le nostre leggi potrebbero essere determinate dal pri-
vato arbitrio , nè quindi contraddicono ai divieti contenuti in esse leggi ,
devonsi anche in seguito determinare secondo le leggi forestiere , e nello
interpretarle , fino a prova del contrario , devesi ritenere che le parti
prendessero tacitamente per base quelle leggi . S'intende però che tutti
cotali diritti valgono soltanto rispetto alle parti , le quali concorsero al loro
acquisto , nè possono offendere nè la costituzione del paese , nè i diritti
del padrone del suolo , nè altri diritti di terzi basati sugli statuti o sulle
consuetudini nazionali . ( ib . num . II ) . —I diritti provenienti direttamente
dalla legge, in virtù della straniera legislazione, rimangono di regola validi ,
purchè durante l'impero di quella legislazione si siano verificate tutte le
condizioni , dalle quali la medesima ne faceva dipendere l'acquisto , e quindi
siano stati completamente acquistati prima che quella legislazione perdesse,
vigore ( ib. num. III ) . I negozi e contratti compiuti sotto l'impero della
legislazione forestiera colle solennità da questa prescritte , sussistono ,
rispetto alla forma , anche in seguito , e quando è fuor di dubbio la buona
fede e la volontà degli interessati , anche la trascuranza di una formalità
richiesta da quella legislazione, ma superflua e accidentale per le leggi patrie,
non può nuocere alla validità del negozio, se sono state osservate le formalità
prescritte dalle patrie leggi. Rispetto ai testamenti si daranno speciali
disposizioni. ( ib . num . IV ) . — Azioni illecite commesse durante l'impero
delle leggi forestiere , siano proprie o d'altrui , in quanto di queste ultime
debba rispondere un terzo , vengono giudicate secondo le leggi patrie
rispetto ai loro effetti civili , a meno che le pretese d'indennità siano state
PROLEGOMENI 77

principi è il seguente : « tutti i diritti privati acquistati durante


l'impero delle leggi forestiere abolite ,rimangono validi » . E
questa proposizione si trova collocata dopo l'altra più generale :
<< che i rapporti giuridico-privati delle persone , rispetto al tempo
in cui il C. N. fu in vigore , devonsi giudicare secondo questo
Codice, come a schiarimento della medesima.
Da questi canoni generali il legislatore annoverese deduce.
molti corollari degni di essere conosciuti e meditati , come per
es . , che le tutele officiose poste in essere sotto l'impero del
C. N. , essendo veri e propri contratti , sussistano anche dopo il
ristabilimento del diritto patrio annoverese , quantunque questo
non riconosca siffatto istituto, e trattisi di argomento attinente
allo stato personale ; - che i compromessi , fatti sotto l'impero.
delle leggi abolite , continuino ad essere eseguiti e giudicati se-
condo tali leggi rispetto all'oggetto ed all'effetto loro (1 ) .

determinate da sentenze passate in giudicato o da contratti ( ib . num . V) .


- Rapporti giuridici aboliti dalla legislazione straniera contro il principio
della non retroattività ( come per es. feudi , fedecommessi e simili) , ven-
gono ripristinati , e soltanto si possono conservare i vantaggi conseguiti in
virtù di fatti allora accaduti , quando siano vantaggi che si possano pos-
sedere indipendentemente dal cessato loro titolo , e che non siano stati
tolti a persone cui avrebbero aspettato in virtù delle leggi patrie , fosse
anche intervenuta a danno di tali persone una sentenza passata in giudi-
cato ( ib. num . VI ) .
(1 ) Dalle tre Ordinanze transitorie pubblicate nell'Annover, il Bergmann
(pag. 455 e segg. ) raccoglie le seguenti massime fondamentali , che noi
qui riproduciamo nell'ordine medesimo seguito da questo autore.
I diritti ed obblighi reciproci fra genitori e figli emancipati , secondo le
disposizioni della legislazione forestiera , si continueranno a giudicare se-
condo questa , in quanto l'emancipazione sia stata accettata dai figli , e
questi si trovino nel godimento dei diritti congiunti con essa . ( 1ª Ordin .
$ 13 ). - Tutti i diritti di stato personale , che concernono le persone
degli interessati , dal 1 ° maggio 1815 in poi , saranno determinati dalle
leggi ristabilite , tranne i casi espressamente eccettuati. Tutti i diritti pa-
trimoniali nascenti dallo stato personale verranno giudicati a) secondo le
leggi vigenti al tempo in cui sorsero , se furono posti in essere mediante
dichiarazioni di volontà degli interessati ; b) secondo le leggi ristabilite ,
se non dipendono dal privato arbitrio degli interessati ( 1ª Ordin. §§ 9. 10.
78 PARTE PRIMA

Egli è però a deplorare che anche il legislatore annoverese ,


accanto a quelle ed altre molte sapienti disposizioni siasi per-

3 Ordin. § 6. 7 ) . Tutti i contratti e le disposizioni unilaterali ,


i diritti e gli obbligi nascenti dalle medesime , vengono giudicati con
quelle leggi sotto l'impero delle quali furono compiuti , rispetto alla loro
origine , ed alla loro forma , alla loro interpretazione , alla durata dei loro
effetti , in quanto questi non violino prescrizioni imperative o proibitive.
delle leggi ristabilite , e rispetto al loro scioglimento , in quanto questo
non sia la conseguenza di una successiva dichiarazione di volontà o di un
nuovo atto . ( 2ª Ordin . § 6. 3ª Ordin. § 3 ). -- Le conseguenze giuri-
diche di tutte le azioni lecite, che non contengano espresse dichiarazioni
di volontà , come anche degli atti illeciti , rispetto ai loro civili effetti , o
di altre contingenze , alle quali la legge connette giuridiche conseguenze,
vengono pure giudicate secondo quelle leggi sotto l'impero delle quali
ebbero luogo . ( 2ª Ordin . § 8. - - 3ª Ordin. § 5). Nei casi nei quali le
leggi ristabilite accordano una restituzione in intiero contro un affare
conchiuso , questa restituzione deve essere giudicata secondo le medesime.
( 2ª Ordin. § 7. - 3ª Ordin . § 4 ) . -— La validità degli atti di ammini-
strazione, intrapresi durante la sospensione delle leggi patrie da tutori e
curatori , devesi giudicare in tutti i casi , nei quali questa Ordinanza non
fa eccezione , secondo le leggi forestiere. Tuttavia i minorenni , e coloro
ai quali le nostre leggi attribuiscono jura minorum , potranno valersi della
restituzione in intiero contro atti giudiziali e stragiudiziali dei loro tutori
e curatori durante la sospensione delle leggi patrie, trattisi di atti positivi
o negativi , nella misura fissata dalla patria legislazione. A tale uopo vien
loro accordato un termine di quattro anni , che per coloro i quali al tempo
della pubblicazione di questa Ordinanza hanno già raggiunta la maggior
età , decorrerà dal giorno di quella pubblicazione , e per tutli gli altri de-
correrà dal giorno in cui la maggior età verrà raggiunta. Contro le sen-
lenze giudiziali emanate durante l'impero delle leggi forestiere, i minorenni
non potranno valersi della requête civile fondata in quelle leggi ( 1ª Ordin .
§ 30 ). Gli sponsali che non furono spontaneamente abbandonati durante
l'impero dell'antica legislazione e quello delle leggi estere, daranno diritto
ad una azione alla conclusione del matrimonio , e in caso di differente
matrimonio della parte che si ritira , ad indennità , quand'anche fosse stata
emanata una contraria sentenza , passata in giudicato, sotto l'impero della
legge estera ( 1ª Ordin . § 37 ) . Tutti i matrimoni conchiusi durante
l'impero della legislazione forestiera rimangono validi , in quanto le leggi
patrie non li proibiscano. I matrimoni che sussistono , dovranno essere
benedetti dal sacerdote , se già non lo furono ( 2ª Ord. § 46 — 3ª Ordin.
PROLEGOMENI 79

messo di introdurre alcune massime retroattive , incompatibili


colla giustizia , e più gravi ancora di quelle che noi abbiamo

$ 43 ) . Che se , durante l'impero della legislazione forestiera , un ma-


trimonio fosse stato conchiuso soltanto colla forma religiosa , trascurato
l'atto civile , lo si dovrà ciò nondimeno considerar come valido : ma quelle
terze persone le quali avessero per avventura già acquistato diritti in con-
seguenza dello scioglimento di un matrimonio siffatto , che già avesse avuto
luogo per la morte di uno dei coniugi , li conserveranno . Parimenti , se
dopo un matrimonio conchiuso in tal maniera , un coniuge , in vista della
nullità del medesimo secondo la legge estera , fosse passato ad altro ma-
trimonio , questo sussisterà , e il primo si consid rerà come valido per
tutti gli effetti civili , soltanto fino alla conchiusione del secondo ( 2ª Ord.
$ 47.3 Ord . § 44 ). Gli atti preparatori al matrimonio , compiuti
sotto l'impero delle leggi francesi si considerano come non avvenuti , se
il matrimonio non è ancor stato conchiuso , benchè sia stato deciso intorno
a qualche opposizione con sentenza passata in giudicato . ( 1ª Ord . § 36) .
Le cause di divorzio , che si avverarono sotto l'impero della legisla-
zione forestiera , potranno esser fatte valere anche dopo il ristabilimento
della patria legislazione, fuor del caso di volontaria rinunzia , quand'anche
vigendo quella legislazione sia stata emanata una sentenza passata in giu-
dicato , che respinse tale azione ( 1ª Ord . § 39. - 2a Ord. § 52. -
3a Ord. §. 49 ). Il divorzio può essere domandato per cagioni sorte
sotto l'impero della legislazione forestiera , soltanto se la legge patria le
riconosca del pari , quand'anche sotto la precedente legislazione sia stato
iniziato il relativo procedimento ( 1ª Ordin. § 42.2 Ordin. § 52. -
3a Ord. § 49 ), Le separazioni di letto e di mensa pronunziate sotto
l'impero delle leggi forestiere continuano a sussistere , in quanto possano
condurre allo scioglimento del matrimonio ( 1ª Ordin . § 43. 2a Ordin .
§ 55.3ª Ord. § 52 ). --- Nei matrimoni conchinsi sotto l'impero delle
leggi forestiere sussistono le convenzioni fatte nella forma voluta da quelle
leggi , e vengono giudicate secondo le medesime. La comunione legale
però , quand' anche le parti abbiano dichiarato in termini generali , e senza
speciali stipulazioni , di volervisi sottomettere , viene totalmente abolita dal
giorno della pubblicazione di questa Ordinanza , rispetto ai coniugi con-
traenti ; e quindi tali matrimoni , rispetto al regime patrimoniale dei co-
niugi , verranno considerati come se fossero stati conchiusi prima della
introduzione delle leggi forestiere , senza patti matrimoniali ( 1ª Ordin.
$$ 45-46 ). Onde salvare però meglio che si possa i diritti dei terzi per
avvent ura acquistati sul patrimonio che fu già sottoposto alla comunione
legale , i beni coniugali , già obbligati in loro favore , rimarranno tali per
80 PARTE PRIMA

notato in altre leggi transitorie di quei tempi , sicchè troppo


apertamente e inopportunamente rivelino le cosi dette tendenze

due anni ancora dal giorno della pubblicazione di questa Ordinanza ,


cosicchè in questo intervallo quei creditori possano provvedere ai loro
interessi mediante sicurtà o ipoteca , costituita dalla moglie , o in altro
modo. Decorso questo termine , quei creditori che non si curarono di
assicurare i loro diritti , incolperanno a sè medesimi , se le loro pretese
verranno giudicate secondo le prescrizioni del diritto patrio . ( 1ª Ord . § 47 ).
- È permesso ai coniugi di modificare i loro rapporti patrimoniali finora
esistenti , mediante contratti , i quali però devono essere conchiusi alla
presenza del Presidente del Tribunale del loro domicilio. ( 2ª Ordin . § 57 .
3 Ordin. §55 ) . - Questi nuovi patti però devono essere notificati al
Giudice tre mesi prima , e il Giudice deve renderli noti al pubblico col
mezzo dei pubbblici fogli ( 2ª Ord . § 58.8ª Ord. § 56 ) . - Le legitti-
mazioni per susseguente matrimonio , che ebbero luogo durante l'impero
delle leggi forestiere, rimangono valide , ove appena si verifichino in esse
i requisiti voluti dalle leggi patrie . ( 1ª Ord. § 8 ) . I rapporti personali
e patrimoniali fra genitori e figli sono regolati dal diritto patrio esclusi-
vamente . I frutti scaduti durante l'impero delle leggi forestiere, rimangono
a chi aveva il diritto di percepirli in virtù di queste leggi , ma la sostanza
patrimoniale deve essere restituita a chi vi ha diritto secondo la legge
patria, non ostante qualunque decisione giudiziale che fosse intervenuta
in contrario . ( 1ª Ord . §§ 11-12. 2ª Ord . § 21. 3 Ord . § 18 ) . — 1
padri però non sono obbligati a dotare le figlie maritate sotto l'impero
delle leggi forestiere . ( 2ª Ord. ib . - 3ª Ord . ib . ). - Tutti i diritti ed
obblighi reciproci fra genitori e figli naturali non legittimati vengono re-
golati dalle leggi patrie, in quanto queste differiscano dalle leggi forestiere.
Acquisti fatti per avventura sotto l'impero di queste leggi , e in conformità
alle medesime , ma contrariamente alle leggi patrie , sono validi sia rispetto
alla sostanza patrimoniale , sia rispetto ai frutti , a meno che terze persone
avessero una pretesa fondata contro i figli illegittimi . Tali persone possono
essere specialmente : il coniuge superstite bisognoso , e i discendenti legit-
timi , se in virtù dell'eredità toccata agli illegittimi secondo la legge fore-
stiera furono lesi in diritti a loro conceduti dal diritto patrio , e sottratti
al privato arbitrio . ( 1ª Ord. § 9 ) . L'obbligo del padre di alimentare i
figli illegittimi e di pagare le spese di battesimo e di puerperio , viene
ristabilito in conformità alla legislazione patria . Quest'obbligo avrà forza
retroattiva per l'epoca delle leggi forestiere , avendo però il Giudice equo
riguardo alle condizioni patrimoniali del padre , non ostante sentenze pas-
sate in giudicato , le quali avessero assolto il padre illegittimo in confor-
PROLEGOMENI 81

reazionarie , più forti appunto nell' Annover che in qualunque


altra parte della Germania , dopo la caduta del primo impero

mità al diritto forestiero. ( 1ª Ord. § 10. 2º Ord. § 19. - 3a Ord . § 16 ).


- I diritti dl successione intestata , e in particolare : le presunzioni da
applicarsi nel caso che sia incerto chi di più chiamati all'eredità abbia
sopravvissuto, la capacità a succedere , l'ordine della successione , il diritto
successorio dei figli naturali e del coniuge superstite , in quanto quest'ul-
timo non sia stato già determinato mediante valido contratto , i termini
per l'adizione dell'eredità , sia che questa abbia luogo semplicemente , sia
che col beneficio dell' inventario , la rinunzia all'eredità , l'obbligo della
collazione , vengono regolati secondo le leggi vigenti al momento della
morte del de cujus. ( 1ª Ord. § 78. - 2a Ord. § 85. 3a Ord. § 85 ).
Soltanto l'immissione definitiva nei beni di un assente , pronunciata
sotto l'impero delle leggi forestiere , è riconosciuta dopo l'abolizione di
queste leggi. ( 2ª Ord. § 43. - 3ª Ord. § 40 ) . — Le disposizioni di ultima
volontà , aperte sotto le leggi forestiere , verranno totalmente giudicate
secondo quelle leggi ( 1ª Ord . § 65. 2ª Ord . § 71. - 3ª Ord. § 71 ) .
--
Nelle successioni aperte sotto le leggi francesi non si avrà riguardo a
queste leggi , in quanto neghino a taluno la facoltà di succedere per non
essere cittadino , o per morte civile. Queste persone ricupereranno i diritti
a loro conceduti dalle leggi patrie . ( 1ª Ord . § 78 ). I testamenti fatti
sotto l'impero delle leggi forestiere , ed aperti dopo l'abolizione di queste
leggi , quanto alle forme verranno giudicati secondo le leggi del tempo in
cui vennero fatti . ( 1ª Ord. § 25. 3ª Ord. § 72 ). - I testamenti olografi
però continueranno ad avere effetto soltanto per sei mesi dopo la pubbli-
cazione dell' Ordinanza transitoria ( 1ª Ord . § 73. - 3ª Ord. § 74 ). - - I
testamenti privilegiati quanto alla forma esterna , secondo le leggi forestiere,
e fatti da persone ancor viventi ; cioè da militari o marinai , conservano
validità soltanto durante l'assenza dei loro autori dallo Stato , che si pro-
tragga al di là della pubblicazione di questa Ordinanza , e soltanto nell' inter-
vallo di tempo fissato dalle leggi francesi . ( 1ª Ord . § 74 ) . — I testamenti ,
che dopo il mese di marzo 1812 vennero fatti in quegli uffici e tribunali,
ai quali l'antica legittima costituzione venne applicata coll' allontanamento
totale o temporaneo delle autorità straniere , dovranno , in questo straor-
dinario intervallo , rispetto allo loro esterne formalità , venire giudicati
coll'antico o col nuovo diritto , secondo l'intenzione manifestata dal testa-
tore , in qualunque tempo questi sia morto. Anche il contenuto essenziale
verrà regolato nell'un modo o nell'altro , a meno che il disponente sia
morto subito dopo il cessato impero delle leggi forestiere , nel qual caso
si applicherà soltanto la legge patria. Nel rimanente si dovranno osservare
6
GABBA Retr. Leggi. v. I.
82 PARTE PRIMA

napoleonico . Tali sono p . es. le disposizioni : che la comunione


dei beni , pattuita fra coniugi sotto l'impero del C. N. , e in

tutte le precedenti disposizioni concernenti i testamenti . ( 1ª Ord . § 77) .


Per regola generale , il contenuto essenziale dei testamenti , aperti dopo il
ristabilimento del diritto patrio , devesi giudicare secondo questo diritto .
( 1ª Ord . § 72 ). Coloro i quali secondo le leggi forestiere erano stati
liberati dalla tutela , o per aver raggiunto il 21 ° anno di età , o per eman-
cipazione , ma non hanno ancora compiuto il 25° anno di età , ritornano
sotto tutela secondo il diritto patrio ; a meno che ottengano subito la venia
etatis ( 1ª Ord . § 14.2 Ord. § 24. 3ª Ord. § 91 ) . - Le tutele
statuite dalle leggi forestiere , e non dal diritto patrio cessano coll'aboli-
zione di quelle leggi , e viceversa vengono ristabilite le tutele prescritte
dal diritto patrio e non ammesse dalle leggi forestiere . ( 1ª Ord . §§ 19.
32. 33. 2ª Ord . §§ 29. 42. 44. 3a Ord . §§ 26. 39. 41 ) . -
- I tutori ,
costituiti in virtù delle leggi forestiere, ed incapaci secondo il diritto patrio,
vengono allontanati. ( 1ª Ord. § 19. --- 2ª Ord. § 35. -- 3ª Ord . § 32). -
I tutori , costituiti sotto l'impero delle leggi estere , e conservati in carica
dopo il ristabilimento del diritto patrio , debbono dar cauzione e rendere
conto in conformità del diritto patrio . ( 1ª Ord . § 26. — 2ª Ord. § 35. -
3ª Ord . § 32 ) . Il sistema della tutela devesi ordinare conformemente al
diritto patrio ristabilito . ( 1ª Ord . §§ 19-28. 2a Ord . §§ 19-28 . 3a
Ord . §§ 26-35 ) . - La tutela officiosa , introdotta dalle leggi forestiere , e
quindi posta in essere mediante contratto , è mantenuta ( 1ª Ord . § 29.
2a Ord . § 89. - Gli effetti prodotti dalle tutele costituite
3ª Ord . § 36 ) . —
sotto l'impero delle leggi forestiere , durante questo periodo , si devono
esclusivamente giudicare secondo queste leggi . 1ª Ord . § 18. 2ª Ord.
$ 26. -- 3ª Ord . § 23. — 11 rendiconto fatto dal tutore al suo pupillo
diventato maggiorenne sotto l'impero delle leggi forestiere , e poi ridiven-
tato pupillo per l'abolizione di queste leggi , deve essere sottoposto a
nuova revisione. ( 1ª Ord . § 16. 2 Ord. § 27.3 Ord . $ 24 ). --
I minorenni , e le altre persone parificate ai minorenni secondo il diritto
patrio , possono domandare la restituzione in intiero accordata da questo
contro i loro tutori per fatti compiuti dai medesimi vigendo le leggi estere.
( 1ª Ord. SS 30-31. - 2 Ord. $$ 40-41 . 3ª Ord . $$ 37-38 ) . - Tutti
i processi pendenti vengono continuati nelle forme e colle regole stabilite
dalle leggi patrie , e quindi anche tutte le istanze già presentate devono
essere giudicate con tali leggi. Devonsi per eccezione seguire le regole
della procedura forestiera , allorquando gli atti processuali , che rimangono
a fare , si fondino su di una sentenza passata in giudicato , emanata du-
rante l'impero delle leggi forestiere , per modo che si debbano riguardare
PROLEGOMENI 83

conformità di questo senz'altra aggiunta , cessi col giorno della


pubblicazione dell'Ordinanza transitoria ; - che i beni acquistati

come conseguenze della medesima. ( 1ª Ord . § 82 ). - Quanto alla esecu-


cuzione provvisoria , l'ammissibilità della medesima , in quanto si possa
separare dalla forma dell'esecuzione , e non sia cambiata dalle seguenti
speciali prescrizioni , devesi giudicare colle leggi forestiere . ( 2ª Ordin.
SS 126-130 . - 3ª Ord. SS 124-129). Il diritto di ritenzione degli av-
vocati e procuratori per atti eseguiti sotto l'impero delle leggi forestiere è
abolito ( 2ª Ord . § 158. 3a Ord. § 147). La forma della prova te-
stimoniale , nei casi nei quali questa prova sia stata ammessa , è determi-
nata dalle leggi patrie. Così pure rispetto ai documenti privati avrà luogo
l'attuale processo di agnizione e difensione , se l'autenticità non sia stata
provata. ( 1ª Ord. § 86. - 2a Ord. SS 136-145. 3a Ord. SS 135-144 ).
- Se al tempo in cui la prova viene esibita , vi sono disposizioni di legge
meno rigorose di quelle che vigevano al tempo in cui accadde il fatto da
provarsi , le si devono di preferenza applicare . Qualunque sia quindi la
data del fatto da provarsi , e la sua importanza , la prova testimoniale
potrà sempre essere prodotta , ed anche si potranno adoperare come mezzi
di prova i documenti privati senza data certa . ( 1ª Ord . $$ 91-92 . -
2ª Ord . SS 137-140. 3a Ord . SS 136-139 ) . - I registri ecclesiastici
tenuti durante l'impero delle leggi forestiere , abolite queste leggi , potranno
essere prodotti in giudizio come documenti pubblici . ( 1ª Ord . §§ 2-3. --
2a Ord. $$ 13-14. - 3a Ord. SS 10-11 ). La delazione e il ritiro del
giuramento , così nei processi pendenti , come nei processi futuri si po-
tranno fare nei limiti consentiti dalle leggi patrie . ( 2ª Ord . § 144.
3ª Ord . § 143 ) . Se le leggi patrie hanno resa più difficile una prova ,
si potrà fare uso di quelle prove più facili che erano consentite al tempo
in cui accade l'azione che si deve provare. ( 2ª Ord. § 137. - - 3a Ord.
§ 136 ). - I rimedi contro le sentenze , già posti in opera , si potranno
continuare, quantunque le leggi patrie non li animettano ; soltanto la forma
dei medesimi sarà regolata dalle leggi patrie , in quanto queste avessero
sostenuto qualche nuova istituzione ad un'altra abolita ( 1ª Ord . SS 84-89.
- 2ª Ord. §§ 132-133 . - 3ª Ord . SS 131-134 ). - I compromessi fatti
sotto l'impero delle leggi forestiere , benchè non nella forma prescritta da
queste leggi , vengono tuttavia giudicati secondo le medesime rispetto al
l'oggetto ed effetto loro , e le sentenze arbitramentali inappellabili devono
essere eseguite dal tribunale , al quale è sottoposta la parte soccombente.
Che se nel compromesso non si rinunciò a rimedi , questi non potranno
consistere che nell' appellazione o nella querela di nullità . ( 1 Ord . § 90).
-Le nullità processuali , intervenute sotto l'impero delle leggi forestiere ,
84 PARTE PRIMA

da una persona sotto l'impero del C. N. , in conseguenza della


morte civile di un'altra , possano essere ricuperati da quest'ul-

devonsi giudicare secondo le leggi medesime. ( 1ª Ord . § 83. - 2ª Ord.


§§ 126-142. 3ª Ord . §§ 125 141 ) . — L'allodificazione dei fondi è consi-
derata come nulla , in tutti i feudi senza eccezione , così che il nesso
feudale , tanto se sciolto mediante uno speciale negozio , quanto se altri-
menti , vien riguardato come se non avesse mai cessato di esistere sotto
l'impero delle leggi forestiere. ( 1ª Ord. § 94 ). - L'omissione però di
pagamento del canone durante l'impero delle leggi forestiere non nuocerà,
ed anche se in quel periodo accaddero più mutazioni di proprietari , non
si pagherà che un solo laudemio ( 1ª Ord . § 101 ). - La successione
feudale è ristabilita anche in quei casi , nei quali durante l'impero delle
leggi forestiere i beni siano passati ad un erede allodiale. ( 1ª Ord . § 95) .
Il successore feudale rivendicante ha il dovere di pagare i migliora-
menti che abbiano aumentata la rendita del fondo , secondo il valore che
hanno al momento in cui il feudo viene restituito. Se il rivendicante è
colui stesso che alienò il fondo , oppure persona che risponda dell'operato
dell' alienante , si dovrà dare all'espropriato una indennità secondo le
leggi patrie , e in generale per ogni altra evizione per parte di agnati , si
dovrà restituire il prezzo di compera. ( 1ª Ord . §§ 96-98 ) . - Tutti i diritti
di pegno costituiti sul feudo rivendicato perdono il loro effetto a tenore
delle leggi patrie ( 1ª Ord. § 102 ). --- Dal canto loro gli acquirenti dei
feudi in discorso possono domandare in confronto degli alienanti e dei
loro eredi la rescissione del contratto e la restituzione del prezzo e delle
migliorie. ( 1ª Ord . § 99 ). - - I rivendicanti del feudo debbono rispettare
i contratti di affitto di breve durata , che per avventura fossero stati sti-
pulati sul feudo ( 1ª Ord . §§ 98. 100 ). Decisioni passate in giudicato e
transazioni , che fossero contrarie alle suesposte disposizioni , devonsi con-
siderare come nulle . ( 1ª Ord . § 103 ) . Anche le annullazioni di fede-
commessi , fatte dalle leggi forestiere , sono rivocate : i beni fedecommissari
alienati potranno essere rivendicati dai successori nel fedecommesso , o
dal medesimo alienante , negli stessi modi e alle stesse condizioni come i
beni feudali ( 1ª Ord . §§ 104-105 ) ( * ) . Le servitù legali , in quanto non
siano state acquistate mediante sentenza passata in giudicato, devono essere
determinate dal diritto patrio ristabilito . ( 2ª Ord . § 62. 3ª Ord. § 61 ) .
Rispetto alle cose mobili , ad eccezione di quelle smarrite e rubate , il

(* ) La 2ª e la 3ª Ordinanza invece rispettarono le allodificazioni e le alienazioni


di beni fedecommissari , compiute sotto l'impero delle leggi forestiere . ( 2ª Ordinanza
§§ 109 , 112. - 3a Ord. §§ 105 , 108 , 110 ).
PROLEGOMENI 85

tima ; che il nuovo limite legale degli interessi convenzionali


si applichi anche ai contratti stipulati sotto le leggi anteriori ;

loro possesso , cominciato sotto l'impero del C. N. , varrà anche dopo


come legittimo titolo di acquisto. Soltanto le cose rubate o smarrite po-
tranno essere rivendicate dal proprietario dentro tre anni ( 2ª e 3ª Ordin .
§ 67 ). Le relazioni giuridiche tra fondi , rispetto alle servitù legali e
alla distanze delle nuove costruzioni e piantagioni , dopo il ristabilimento
del diritto patrio , verranno regolate da questo. Le costruzioni però e le
piantagioni già fatte , rimangono soggette a quelle leggi sotto l'impero delle
quali sono state fatte. ( 2ª Ord . § 59. - 3a Ord . § 58 ). L'obbligo del-
l'usufruttuario di prestare cauzione devesi giudicare secondo le leggi ,
sotto l'impero delle quali l'usufrutto è cominciato . ( 2ª e 3ª Ord. § 65. ) —
Gli interessi del denaro già pagati sotto l'impero delle leggi forestiere , o
che si dovranno pagare alla prossima scadenza dopo il ristabilimento del
diritto patrio , non si potranno ridomandare , nè si potranno compensare
col capitale. ( 1ª Ord . § 801. 2ª e 3ª Ord . § 88 ) . - Nei contratti l'in-
tenzione delle parti e l'estensione degli effetti devonsi determinare secondo
le norme giuridiche vigenti al tempo in cui il contratto venne conchiuso .
( 2ª Ord. § 6. 3ª Ord. § 3 ). Nei contratti di affitto la durata della
tacita rilocazione è determinata dalle leggi del tempo in cui il contratto
di locazione è finito , e dovrebbe essere continuato colla rilocazione.
(2ª e 3ª Ord. § 90 ) . - Il diritto del compratore di una cosa locata , di
scacciare il conduttore , se non è espressamente statuito nel contratto di
locazione , devesi regolare secondo quelle leggi che vigevano al tempo in
cui il contratto di compera è stato conchiuso ; l'indennità invece , che in
questo caso è dovuta dal locatore che vende , al conduttore , è determinata
dalle leggi vigenti al tempo in cui il contratto di locazione è stato con-
chiuso. (2º e 3ª Ord . § 91 ) . Il limite degli interessi legali , dal giorno
del ristabilimento del diritto patrio , è determinato da questo , benchè gli
interessi abbiano cominciato a decorrere precedentemente . ( 2ª e 3ª Ord .
§87 ). Un diritto di poziorità di credito , acquistato prima della intro-
duzione delle leggi forestiere, sussiste sempre , quantunque durante l'im-
pero di quelle leggi sia stato irregolarmente iscritto , od anche non sia
stato iscritto affatto , se il creditore ne fu impedito , senza sua colpa , da
politiche circostanze. ( 1ª Ord . §§ 58 , 59 , 62 ) . Anche gli altri creditori
ipotecari , anteriori al C. N. , i quali per qualunque motivo non avessero
fatto iscrivere i loro crediti durante l'impero di quel Codice, conserveranno
il loro diritto d'ipoteca , purchè venga indenizzato chi , in difetto di quella
iscrizione , e passato il termine dalle leggi forestiere prescritto per la
medesima , avesse per avventura acquistato un diritto ipotecario poziore,
86 PARTE PRIMA

- che i beni feudali venduti a terze persone , in conseguenza


della abolizione dei feudi , possano essere rivendicati dal succes-
sore feudale ; - che le somme promesse e non ancor pagate ad
un surrogato nel servizio militare , sotto l'impero delle leggi
francesi , nel caso che il surrogato non sia morto nè sia diventato.
incapace di lavorare , possano essere equamente diminuite (1 ) ».

Nella città di Brema il passaggio della legislazione francese


al diritto patrio ristabilito fu regolato da una Ordinanza tran-
sitoria del 13 agosto 1814. Principio fondamentale di questa
Ordinanza è il seguente : « tutti i diritti che durante l'impero
delle leggi francesi sono già stali realmente acquistati in virtù
di atti giudiciali o stragiudiciali , di contingenze o di contratti,
rimangono pienamente assicurati alle parti contraenti e interes-

e purchè , se dopo il decorso di quel termine , il fondo su cui doveva


cadere l'iscrizione , è stato venduto , ora non si molesti il compratore del
medesimo. ( 1 Ord . §§ 59-60 ) . Tutti i privilegi e le ipoteche acquistate
durante l'impero delle leggi forestiere mediante atto notarile , o privato
chirografo , ma non iscritte nei registri ipotecari , mentre secondo quelle
leggi avrebbero dovuto esservi iscritte , rimangono senza effetto contro gli
acquirenti dei fondi che vi sono soggetti. ( 1ª Ord . § 63). Tutti i pri-
vilegi e le ipoteche , sia rispetto alla loro durata e ai loro effetti , sia
rispetto al modo di loro estinzione , devonsi giudicare secondo le leggi
vigenti al tempo della loro origine . ( 2ª Ord . § 102. — 3ª Ord . § 98) .
Le prescrizioni già ultimate sotto l'impero delle leggi forestiere , in virtù
di queste leggi , continuano a considerarsi come tali ( * ) . Le prescrizioni
estintive , non ancora ultimate , devonsi giudicare secondo le leggi vigenti
allorquando sorse il diritto da prescrivere. Le prescrizioni acquisitive
invece , non ancora ultimate , vengono giudicate col diritto patrio , sia
rispetto ai loro requisiti , sia rispetto al possesso ; nei casi però nei quali
il diritto forestiero non ammetteva una così fatta prescrizione , il decorso
della medesima si computerà dal ristabilimento del diritto patrio ( 2ª Ord .
$$ 66-68 . - 3 Ord . §§ 69-70 ) .
(1 ) Questa singolarissima disposizione trovasi sancita in una Ordinanza
del 18 maggio 1815, riferita da Bergmann ( nota 727 ) .

(*) La prima Ordinanza stabilisce invece il curioso principio che le prescrizioni


estintive ultimate sotto l'impero delle leggi forestiere , in un lasso di tempo minore
di quello statuito dal diritto patrio , si debbano considerare come non avvenute ( § 49)*
PROLEGOMENI 87

sale , a tenore di tali leggi , atti , e contratti » ( § 2 ) . Il legisla-


tore di Brema è stato fedele a questo principio generale in tutte
le disposizioni speciali contenute in quella Ordinanza , e non si
è permesso nessuna misura retroattiva eccezionale. Per esempio,
mentre i legislatori dell'Annover permettevano la rivendicazione.
dei beni feudali , resi allodiali sotto l'impero del C. N. , e passati
nel dominio di terze persone , quello di Brema invece dichiarò
che i possessori di terre , i quali non sarebbero stati capaci di
questo acquisto secondo le leggi anteriori al C. N. , e che erano
diventati possessori sotto l'impero del medesimo, non potessero
essere molestati nel loro possesso , purchè provassero di avere
acquistato durante quell' intervallo di tempo (1 ) .

(1 ) Ecco le principali disposizioni dell' Ordinanza transitoria di Brema :


Le procedure per divorzio o per separazione , cominciate sotto l'impero
del Codice Napoleone , si proseguiranno colle norme stabilite da questo
Codice. ( 56 ). I diritti patrimoniali dei coniugi vengono regolati se-
condo il contratto di matrimonio , se contratto vi fu ; in difetto di questo
contratto , la comunione dei beni statuita dal C. N. , si trasformerà , dal
momento dell'abolizione del medesimo , nella comunione universale dei
beni secondo il diritto di Brema , ove i coniugi dentro il periodo di quattro
mesi dall'attuazione dell'Ordinanza ( 1° settembre 1814 ) non abbiano fatta
una dichiarazione contraria ( §§ 11-13 ) . I diritti personali dei genitori,
e i diritti patrimoniali connessi coi medesimi , si mutano immediatamente
col ristabilirsi della patria legislazione . La cessazione però della patria
podestà , e parimenti la cessazione dell' usufrutto dei genitori , avvenute
sotto l'impero del C. N. , continuano ad essere tenute ferme. ( §§ 5-6 ) . —
L'azione dei figli naturali onde ottenere gli alimenti , è ammessa , siano
quei figli nati prima o durante l'impero del C. N. L'azione della madre
illegittima contro il padre illegittimo , per il fatto della fecondazione, non
è ammessa , se questo fatto accadde sotto l'impero di quel Codice . (§§ 3-4).
I tutori surrogati si cambiano in contutori . La tutela della madre cessa ,
ove questa sia passata o passi a seconde nozze . I consulenti giudiziali ,
nominati sotto il C. N. , non possono continuare le loro funzioni , se non
dopo che il caso sia stato nuovamente investigato . ( §§ 7-10 ) . La suc-
cessione intestata si deve totalmente regolare secondo la legge del tempo
del suo aprimento . ( § 16 ) , — Le disposizioni di ultima volontà , fatte sotto
l'impero del C. N , quanto alla forma ed alla capacità giuridica dal dispo-
nente , vengono giudicate secondo qnel Codice , ed ottengono effetto se li
88 PARTE PRIMA

Nell'Oldemburgo il ristabilimento del diritto patrio , in luogo


del diritto francese abolito, fu regolato da un'apposita Ordinanza

loro contenuto sia conforme al medesimo , nè siano state revocate da


posteriori disposizioni , fatte sotto l'impero del diritto patrio ristabilito .
Le sostituzioni però , contenute in tali testamenti , benchè contrarie al
C. N. , debbono tuttavia aver effetto ( § 17 ) . -
— I testamenti olografi , fatti
sotto l'impero del C. N. , ad eccezione soltanto di quelli tra genitori e
figli , devono essere depositati o suggellati da due membri del Senato ,
per avere effetto dopo l'abolizione di quel Codice . ( § 18 ) . - L'onere
della prova , nei casi nei quali non fosse ancora stata emanata sentenza
interlocutoria prima dell' abolizione del C. N. , o sentenza successiva
alla assunzione della prova , verrà regolato secondo il diritto attuale .
Secondo questo diritto si regoleranno pure le presunzioni , il cui valore
non sia ancor stato giudicato. - La prova testimoniale , ove non sia
ancor decorso il termine per esibirla , o nulla sia stato ancor deciso in-
torno alla sua anticipata assunzione , verrà pure ammessa in conformità
al diritto attuale . ( §§ 48-50 ). - I possessori di terre , che non sarebbero
stati capaci di questo acquisto secondo le leggi anteriori al C. N. , e che
lo diventarono sotto l'impero di questo , rimarranno tali , purchè provino
che l'acquisto del possesso ebbe luogo in questo intervallo. Altrimenti , o
dovranno diventar cittadini , o alienare il fondo a persone capaci , oppure
ottener concessione di conservarlo. Quest'obbligo incumberà pure a coloro
che diventeranno padroni di una terra in virtù di diritti reali acquistati
sotto l'impero del C. N. , e che non ne sarebbero capaci a tenore delle
leggi patrie. ( §§ 31-32 ) . Il diritto e la giurisprudenza francese si ado-
pereranno per interpretare le espressioni tecniche contenute in contratti
orali e scritti , conchiusi sotto l'impero del C. N. ( § 20 ) . Le azioni per
conservare , annullare , rescindere , restituire in intiero , chiedere ripara-
zione di un danno , si giudicheranno secondo il C. N. , se sotto l'impero
di questo Codice ebbero origine . Ai contratti di locazione- conduzione ,
conchiusi sotto l'impero del C. N. , si applicherà l'art. 1743 di questo Co-
dice , anche se la traslazione della proprietà avrà luogo dopo il ristabili-
mento del diritto patrio . Che se il locatore o il conduttore non è nel caso
di avere per sè le condizioni di quell'articolo , il compratore lo lascierà
sul fondo fino alla prossima epoca di sfratto ( § 22). - Le divisioni che
a termine degli articoli 466 , 840 del C. N. , per difetto di alcune formalità
non sarebbero a considerarsi che come provvisorie , verranno considerate
come definitive dal 1 ° gennaio 1816 in poi , se prima di quest' epoca non
saranno state impugnate da nessun interessato , salvo il diritto di chi po-
tesse domandare restituzione in intiero a termini del C. N. Le rinunzie ad
PROLEGOMENI 89

transitoria del 25 luglio 1814 , la quale merita la medesima lode


che noi abbiamo data poc'anzi alla legge transitoria di Brema.
Principi fondamentali di quella Ordinanza sono i seguenti : « tutti
i diritti e gli obblighi , provenienti immediatamente dalle leggi
francesi , cessano di esistere , ad eccezione di ciò che a titolo.
di tali leggi fosse già stato precedentemente acquistato, ed en-

eredità non ancor deferite , che siano state fatte sotto l'impero del C. N. ,
non sono nulle a termini dell'art. 1130 di questo Codice , potranno gli
interessati domandarne l'annullamento per altri motivi . - I
( § 29 ) . —
contratti di rendita perpetua vengono conservati in vigore , e l'art. 1911
del C. N. , non vi sarà applicato . ( § 23 ). La validità dei crediti devesi
sempre giudicare colle leggi del tempo nel quale ebbero origine o furono
assicurati mediante contratti . ( § 58 ) . La priorità dei creditori nei con-
corsi o nelle contestazioni di priorità sorte prima del ristabilimento del
diritto patrio , verrà giudicata secondo il C. N. , e in quelle sorte dopo
quest'epoca verrà giudicata secondo il diritto patrio . ( § 58 ) . I privilegi
su cose mobili , sorti sotto l'impero del C. N. , non avranno effetto che sui
mobili acquistati in quel periodo di tempo . ( § 68 ) . L'istituto francese
delle iscrizioni ipotecarie viene conservato , sia rispetto all'acquisto ed alla
conservazione di diritti ipotecari , sia rispetto all'estinzione di diritti non
iscritti. La rinnovazione decennale delle ipoteche è abolita. ( § 25 ). - Le
prescrizioni ultimate sotto l'impero del C. N , sono tenute ferme. La pre-
scrizione delle azioni nate prima della attivazione del C. N. , e non ancor
presentate dopo l'abolizione del medesimo , devesi giudicare secondo il
diritto patrio , a meno che venissero in questo modo a durare più di 30
anni , in casi nei quali la prescrizione fosse di 30 anni secondo il C. N. ,
e i 30 anni fossero decorsi sotto l'impero di questo Codice . -- Le prescri-
zioni , cominciate e non finite sotto l'impero del C. N , continuano dopo
l'abolizione di questo , se il diritto patrio le ammette ; ma la durata loro
sarà quella fissata da questo diritto . Che se il termine prescrizionale fis-
sato da questo Codice fosse in qualche caso di tanto più breve del ter-
mine fissato dal C. N., che verrebbe ad essere trascorso per intiero prima
dell'abolizione di quel Codice ( 1º settembre 1814 ) , lo si prolungherà fino
al 1 ° gennaio 1816. Le usucapioni cominciate prima della introduzione
del C. N. , e dichiarate inammissibili da questo Codice , si considerano
come se durante l'impero del medesimo fossero state sospese . L'interru-
zione di tali usucapioni viene ammessa soltanto in quei casi nei quali
ebbe luogo un atto o fatto , che avrebbe un tale effetto secondo il diritto
patrio. (§§ 33-34 ).
90 PARTE PRIMA

trano in luogo dei medesimi i diritti nascenti dalle leggi e con-


suetudini ristabilite. Al contrario tutti i diritti privati nascenti
immediatamente da atti , unilaterali o bilaterali , leciti od ille-
citi , i quali si provino essere accaduti durante l'impero delle
leggi francesi in conformità alle medesime , come pure quelli
nascenti da sentenze passate in giudicato , rimangono assicurati
ad ognuno anche in avvenire , anche rispetto a ciò che fosse
contrario alle disposizioni del diritto patrio ristabilito , tanto se
sia stata promossa , quanto se non sia stata promossa azione
intorno ai medesimi. Atti , posti in essere durante l'impero
delle leggi francesi , ai quali queste leggi non attribuiscono ef-
fetto alcuno, non danno origine ad alcuna pretesa dopo il rista-
bilimento dell'antico diritto » ( § 2 ) . A comprovare quanto il
legislatore oldemburghese fosse sinceramente penetrato dei sue-
sposti principi , basti il notare che , a differenza di quasi tutte
le leggi transitorie pubblicate in Germania in quell'epoca , egli
conservò la maggior età di coloro che l'aveano raggiunta a ter-
mini del diritto francese (1 ) .

( 1 ) L'ordinanza transitoria Oldemburghese , contiene le seguenti prin-


cipali disposizioni :
I negozi giuridici posti in essere sotto l'impero del C. N , e intorno ai
quali non vi ha speciale disposizione , vengono giudicati anche in avvenire.
secondo le prescrizioni del diritto francese ; nè le leggi ristabilite possono
essere invocate per ottenere annullamento o rescissione in tali negozi , sia
in tutto sia in parte , nè per ottenere una restituzione in intiero ( § 10 ) .
Se un'azione è stata respinta per solo difetto di forme processuali ,
senza che nulla sia stato trattato nè deciso sul merito , la si potrà di nuovo
proporre ( 11 ) . · Quando sia dubbio il significato di una legge francese
che si debba applicare , nè il dubbio si possa togliere della interpretazione
dottrinale , si adotterà quel significato che meglio corrisponda al diritto
attuale ( § 23 ) . - Lo stato personale dei coniugi si cambia immediatamente
in conformità al diritto attuale L'ammissibilità delle domande di divorzio
e di annullamento anche nei processi pendenti , viene giudicata secondo
il diritto attuale ( § 25 ) . — I rapporti patrimoniali dei coniugi , non rego-
lati da contratto , vengono definiti secondo le leggi patrie dal giorno del
ristabilimento di queste , salvi però i diritti dei terzi ( § 6 ) . — I figli di
famiglia , non ancor emancipati , nè diventati maggiorenni secondo il C. N. ,
al giorno in cui il diritto patrio venne ristabilito , rimarranno soggetti alla
PROLEGOMENI 91

Nelle provincie prussiane che erano state staccate dal regno ,


e sottoposte alle leggi francesi , e che nel 1814 furono restituite,

patria podestà conformemente alle disposizioni di questo diritto . L'usufrutto


materno è abolito ; l'usufrutto paterno , cessato per avere il figlio raggiunto
il 18 ° anno di età , indipendentemente da emancipazione , è ristabilito
(§ 3 ). - L'obbligo di dotare e di collocare i figli viene giudicato secondo
la legge del tempo in cui ha luogo il matrimonio dei medesimi. Un ob-
bligo di alimenti , cominciato sotto l'impero del C. N. , e non ammesso
dal diritto patrio , continua ciò non ostante dopo il ristabilimento di questo
diritto (§ 7 ). Le successioni intestate sono regolate dalla legge vigente
al tempo della morte. La collazione delle donazioni fatte sotto l'impero
del C. N. , devesi giudicare col diritto attuale ( § 8 ) . - La forma esterna
e le interne solennità di testamenti fatti sotto l'impero del C. N. , sono
regolate secondo questo Codice . Ma se in tali testamenti furono osservate
soltanto le forme prescritte dal diritto patrio ristabilito , queste saranno
riputate sufficienti . La materia dei testamenti verrà interpretata secondo
le leggi del tempo in cui il testamento venne fatto , ma le disposizioni
testamentarie saranno valide soltanto ove siano conformi alle leggi vigenti
al tempo della morte ( § 9 ) . La maggiore età acquistata sotto l'impero
del C. N. , viene mantenuta. (§ 5 ) . -- I minorenni emancipati conservano
la condizione loro attribuita dal Codice , finchè non se ne mostrino indegni
( § 3 ) . ---- I processi pendenti quando venne ristabilito il diritto patrio ,
vengono continuati secondo questo diritto. I termini perentori fissati dalle
leggi francesi e decorrenti al momento della loro abolizione , vengono so-
spesi (§ 15 ). I tribunali competenti secondo le leggi attuali possono
essere richiesti di dare esecuzione a sentenze già emanate ed a documenti
notarili . (§ 16 ). L'ammissibilità dei mezzi di prova viene gindicata
secondo il diritto attuale , senza riguardo al tempo , in cui ebbe luogo
l'atto da provarsi , quand' anche il processo fosse pendente quando il
C. N. , venne abolito , purchè il mezzo di prova non sia stato dichia-
rato inammissibile , e la causa non sia in tale periodo , da non potersi
più addurre nuovi mezzi di prova ( § 19 ) . ww L'ammissibilità dei rimedi
contro sentenze emanate sotto l'impero delle leggi estere viene giudi-
cata con queste leggi ( § 26 ). L'arresto personale in cause civili non
ha luogo nei casi verificatisi sotto l'impero del C. N. , se il diritto attuale
non lo concede . ( § 17 ) . Processi anteriori , che rimasero sospesi du-
rante l'impero delle leggi estere , possono venir continuati , senza che
valga l'obbiezione della perenzione dell'istanza secondo il diritto francese
(§ 22 ) . -- L'acquisto della proprietà , avvenuto sotto l'impero del C. N.
senza tradizione , anche nei casi ne' quali questa è voluta dal diritto patrio
ristabilito , non può essere impugnato riferendosi a questo . ( § 14 ).
92 PARTE PRIMA

l'abolizione di quelle leggi fu regolata da una Ordinanza tran-


sitoria del 9 settembre 1814. Questa Ordinanza non contiene
principi generali , ma le sue speciali disposizioni dimostrano che
il legislatore prussiano di quel tempo , lungi dall'avere dimen-
ticato i canoni di gius transitorio contenuti nel Diritto Univer-
sale Prussiano del 1794 (vedi sopra pag. 54 e segg . ) , attribuiva
alle leggi nuove una virtù retroattiva ancor meno grande di
quella che in quel Codice fosse riconosciuta . Cosi p . es. l'Ordi-
nanza succitata non ripete la disposizione del Diritto Universale.
Prussiano ( vedi sopra pag. 56 ) , che soltanto le conseguenze
di atti e fatti compiuti sotto l'impero della legislazione ante-
riore , le quali non possano essere regolate con nuove disposi-
zioni da coloro cui gli atti o i fatti medesimi concernono ,
debbono essere giudicate secondo quella legislazione (1 ) .

(1 ) Le principali disposizioni dell' Ordinanza transitoria prussiana del 9


settembre 1814 sono le seguenti :
I diritti e i doveri fra coniugi , ed anche il regolamento dei loro rap-
porti in caso di separazione matrimoniale , vengono desunti dalle leggi
vigenti al tempo della conchiusione del matrimonio. Le domande però di
divorzio , presentate dopo il 1 ° gennaio 1815 , dovranno essere giudicate
col diritto universale prussiano , purchè non si facciano valere circostanze
che accaddero precedentemente , e alle quali la legge di quel tempo non
attribuiva un tal effetto. ( §§ 9-10) . - I diritti dei genitori sono regolati
dalla legge nuova . L'usufrutto paterno viene ristabilito , tranne i casi nei
quali la patria podestà fosse cessata sotto l'impero del C. N. L'usufrutto
materno cessa immediatamente ( § 14 ) . I figli illegittimi nati prima del
1° gennaio 1815 , ottengono i diritti loro attribuiti dal Diritto Universale
Prussiano , in quanto le leggi anteriori li negassero . In difetto però di
valido riconoscimento della paternità , non avranno luogo nè domande di
indennità da parte della donna sedotta , nè pretese di alimenti pel tempo
decorso fino al 1 ° gennaio 1815. ( §§ 11 ). - Le forme delle disposizioni
di ultima volontà saranno giudicate colla legge del tempo in cui vennero
fatte , sino alla fine dell'anno 1815. Dopo quest'epoca si dovranno appli-
care le forme prescritte dal D. U. P. , a meno che si dimostri che per
tutto quell'anno il testatore fu nella impossibilità di fare un testamento
secondo queste forme . ( § 6 ). ---- La successione intestata è regolata dalla
PROLEGOMENI 93

Notevole più di tutte le altre leggi germaniche transitorie del


principio di questo secolo in materia di diritto civile , è certa-
mente la Ordinanza transitoria virtemberghese del 12 settembre
1814. Essa è opera del chiaro giureconsulto Georgii , autore di
una pregevole operetta sul nostro tema (vedi Bibliografia) , e si
distingue dalle altre per maggior sobrietà e maggior carattere
scientifico. Quell'ordinanza pone fra gli altri il generale prin-
cipio che i contratti si devono totalmente giudicare secondo le
leggi del tempo in cui furono conchiusi , anche in tutti i punti
non espressamente regolati dalle parti contraenti (§ 5) , e l'altro
che i tribunali non potranno mai permettersi di dare effetto re-
troattivo alla legge col pretesto del bene pubblico , ma soltanto
quando il legislatore ciò abbia espressamente ordinato ( § 6 ) .
È poi una novità , tutta propria di questa ordinanza , quell'altro
principio che nei concorsi giudiziari , ove si debbano collocare
crediti sorti sotto l'impero di legislazioni differenti , e i cui
principi siano anche diversi in materia di priorità di crediti ,
debbasi applicare di preferenza la legge vigente all'epoca del-
l'apertura del concorso . A nostro giudizio è questo un errore
teorico, tutto proprio del Georgii , il quale vide una difficoltà
insuperabile dove questa propriamente non esisteva , e credette
di superarla con un espediente tutto esteriore ed empirico .
Avremo occasione di ritornare su questo argomento nel seguito
di quest'opera (1) .

legge del tempo in cui si è aperta. Ciò nondimeno i contratti validamente


fatti sotto l'impero del C. N. , non si possono impugnare. ( § 8 ) . La
maggior età , acquistata sotto l'impero del C. N. , è conservata . - I con-
tratti devono essere totalmente giudicati secondo la legge del tempo in cui
vennero conchiusi ( § 5 ) . -- Il limite massimo dell'interesse convenzionale,
fissato dalle leggi patrie , si applicherà anche ai contratti fatti sotto l'im-
pero del C. N. , per le scadenze di interessi che avranno luogo dopo
l'abolizione del medesimo ( § 13 ) . --— La classificazione dei crediti di pa-
recchi creditori , nei casi di contestazioni di priorità sorte fra i medesimi
dopo il 1° gennaio 1815 , si farà secondo le leggi prussiane , senza riguardo
alle leggi vigenti al tempo in cui i crediti medesimi ebbero origine ( § 15 ).
(1) Ecco il tenore dell' Ordinanza transitoria virtemberghese del 12 set-
tembre 1814 :
94 PARTE PRIMA

Se noi ora ripensiamo al contenuto delle differenti legisla-


zioni germaniche delle quali abbiamo tenuto discorso finora ,

§ 1. La retroattività delle leggi virtemberghesi viene esclusa non soltanto


rispetto a fatti anteriori , che si devono riguardare come consumati e fi-
niti prima della introduzione delle medesime , ma anche rispetto a quelli,
le cui conseguenze durano ancora dopo quella introduzione , in quanto
l'obbligato in virtù della legge nuova avesse acquistati coll'anteriore ne-
gozio un anteriore diritto che lo autorizzerebbe anche dopo la pub-
blicazione della legge virtemberghese , ad atti o pretese che colle
norme di queste ultime non si accorderebbero . - § 2. I diritti dei sudditi ,
nascenti immediatamente ed esclusivamente dalla legge , p. es. i diritti
dalla legge attribuiti specialmente a certe classi , persone , o cose , e dai
quali nasce soltanto la possibilità dell'acquisto di un diritto privato, senza
che il suddito abbia applicata a sè stesso la legge mediante un atto giu-
ridico , non si debbono riguardare con diritti acquisiti . Nessuno quindi
può pretendere che una nuova legge non gli venga applicata , per avere
goduto sotto l'antica legge dei vantaggi che non erano entrati ancora nel
suo diritto privato , e che ora egli deve perdere in virtù della legge nuova.
- § 3. Gli atti , coi quali taluno può acquistare diritti privati , che esclu-
dano l'applicazione della nuova legge , devono essere stati idonei all'acquisto
di un diritto privato al tempo e nel luogo in cui l'atto venne eseguito . —
§ 4. Espresse stipulazioni delle parti contraenti , ove il contratto sia stato
conchiuso nella forma prescritta dalla legge del tempo , e senza violare
nessuna legge imperativa o proibitiva allora vigente , non possono più
essere private d'effetto da leggi posteriori , nelle quali il legislatore non
abbia espressamente manifestata la sua volontà che la legge debba retro-
agire. § 5. I contratti si devono totalmente giudicare secondo le
leggi del tempo in cui furono conchiusi , anche in tutti i punti non
espressamente regolati dalle parti contraenti , sia rispetto al loro conte-
nuto , alle conseguenze giuridiche che ne provengono , sia rispetto al
loro adempimento , e alla loro rescissione , finchè non si tratti di leggi
imperative o proibitive in modo assoluto , ma bensi di leggi , la cui
sanzione ha luogo soltanto in difetto di una espressa determinazione
contrattuale , e le quali per conseguenza potevano dalle parti venire
assunte come loro proprio volere , ed anche lo furono realmente in modo
tacito , per non avere le parti medesime fatta una differente espressa
pattuizione. S 6. I diritti acquistati mediante titoli di diritto privato
impediscono sempre l'applicazione di nuove leggi che vi contraddicano ,
eccettuati i casi nei quali la volontà suprema dello Stato , per motivi
prevalenti di pubblico bene , si trova indotta a sacrificare anche diritti
PROLEGOMENI 95

possiamo facilmente accorgerci dei progressi che fecero gli studi


di gius transitorio nel primo ventennio di questo secolo , e di
quelli che a quest' epoca ancor restavano a fare.

acquisiti . Siccome però un caso di questa natura deve essere apprez-


zato e dichiarato dal solo legislatore , e non mai dal giudice , così i
tribunali non potranno mai permettersi di dare effetto retroattivo alla
legge col pretesto del bene pubblico , ma soltanto quando il legislatore
ciò abbia espressamente ordinato , o almeno si possa desumere con
sicurezza questa sua intenzione dal contenuto e dal tenore della legge.
§ 7. Motivo speciale di applicare una nuova legge alle ulteriori con-
seguenze di un negozio giuridico anteriore , posto in essere sotto l'im-
pero di un'altra legge , si è la collisione di differenti rapporti giuridici
rispetto alla giuridica priorità dei crediti che ne dipendano , sui quali
si debba pronunciare con una sola sentenza giudiziale , p . es. in una
procedura di espropriazione forzata , applicando agli uni la legge antica ,
agli altri la nuova , le quali leggi appunto simultaneamente non si
possano applicare. In ogni caso di questa specie la legge nuova devesi
applicare a tutti i contendenti. § 8. Rispetto al diritto ereditario dei
coniugi , i quali siansi uniti in matrimonio prima della pubblicazione
delle leggi Virtemburghesi nelle provincie di nuovo acquisto , serviranno
di norma i patti successori , oppure le disposizioni testamentarie di questi
coniugi , siano esse anteriori o posteriori a tale pubblicazione. - § 9.
In difetto di tali disposizioni , il diritto ereditario di quei coniugi , sia
rispetto alla comunione dei beni , sia rispetto alla porzione statutaria ,
nel caso di scioglimento del matrimonio , posteriore alla introduzione.
del diritto Virtemberghese , si dovrà giudicare conformemente al diritto
successorio che vigeva nel luogo in cui i coniugi erano domiciliati ,
come sudditi o come cittadini , al momento della conclusione del ma-
trimonio , e nel tempo in cui questa conchiusione ebbe luogo . Vuolsi
eccettuare il caso , in cui l'anteriore legislazione avesse posteriormente
emanato speciali disposizioni in proposito , le quali si dovranno imme-
diatamente applicare. § 10. Nei concorsi nei quali hanno luogo
collisioni fra gli statuti dei territori antichi e il diritto Virtemberghese ,
i crediti che si riferiscano ad anteriori negozi giuridici , verranno
considerati come validi anche davanti ai tribunali Virtemberghesi , ove
la forma dei negozi , dai quali i crediti provengono , sia conforme alle
leggi del luogo e del tempo in cui vennero posti in essere. 11.
Per conseguenza le ipoteche verranno riconosciute come pubbliche dai
tribunali Virtemberghesi , purchè siano rivestite dalle forme prescritte.
per le ipoteche pubbliche nel tempo e nel luogo della loro costituzione ,
96 PARTE PRIMA

Invero , mentre la legislazione transitoria prussiana del 1794


per la maggior sua parte si aggira dentro concetti teorici , et
formola regole ipotetiche ed astratte, nelle legislazioni successive
invece noi vediamo il concetto fondamentale della non retroat-
tività delle leggi determinarsi e concretarsi , e la sua identità
col principio del rispetto dei diritti acquisiti venire espressa-
mente dichiarata nelle leggi di Lubecca , di Amburgo, di Annover,
del Baden , dell'Oldemburgo e del Virtemberg . In pari tempo
noi riscontriamo in quasi tutte queste leggi principi concreti
relativi a pratiche quistioni , e rispetto a molte di queste qui-
stioni uniformi .
A che cosa si devono attribuire codesti progressi , se non alla
influenza degli studi teorici intorno alla retroattività ? Codesti
studi occuparono seriamente i giureconsulti europei al principio
di questo secolo , e ciò accadde tanto in Francia , quanto in altri

fossero anche forme prescritte dal diritto comune . § 12. La sentenza


pronunciata in un giudizio di espropriazione intorno al contenuto ma-
teriale delle pretese nascenti da anteriori negozi giuridici , oppure la qui-
stione , se e quanto si possa pretendere , devesi pienamente regolare
secondo lo statuto vigente quando quel negozio venne posto in essere. -
§ 13. Se in un concorso vengono accampate pretese , tutte nate sotto
l'impero del precedente statuto , la collocazione delle medesime devesi
fare totalmente secondo le prescrizioni di quello statuto . Se concorrono
invece pretese nate sotto legislazioni differenti , anteriori alla Virtember-
ghese , la collocazione loro devesi fare esclusivamente secondo le leggi
Virtemberghesi intorno alla priorità. - § 14. Lo stesso vale rispetto agli
interessi , in quanto alcuni statuti collochino gli interessi , in tutto od in
parte , nello stesso posto del capitale. Se concorrono soltanto crediti sorti
sotto l'impero dell'antico statuto , gli interessi vengono collocati confor-
memente a questo . Se invece concorrono crediti sorti sotto l'impero del-
l'antica , ed altri sorti sotto l'impero della nuova legislazione Virtember-
ghese , essi vengono tutti senza distinzione collocati nello stesso posto col
capitale . - § 15. Se sotto la precedente costituzione erano permessi inte-
ressi convenzionali superiori al cinque per cento , nella procedura di espro-
priazione gli interessi anteriori alla introduzione delle leggi Virtemberghesi
verranno calcolati secondo l'antico diritto ; da quest'epoca in poi la quan-
tità degli interessi verrà misurata secondo il Rescritto Generale del 12
settembre 1798.
PROLEGOMENI 97

paesi in occasione dell'applicazione delle leggi napoleoniche ,


e per opera di interpreti di queste . Chabot de l'Allier in Francia
(1809 ) Weber , Gönner , Georgii in Germania ( 1811 ) , Meyer in
Olanda (1813), furono gli instauratori di questa importantissima
parte dellla giurisprudenza , che prima d'allora era stata soltanto
intraveduta , e parzialmente considerata da pochi giureconsulti.
I tribunali si ammaestrarono nelle opere di quegli scrittori , e
così le leggi transitorie succitate, che vennero dopo di loro, po-
terono, come dicemmo, segnare un progresso in confronto delle
legislazioni che le aveano precedute , e in particolare della prus-
siana e della francese.
Accanto però ai suaccennati pregi , le legislazioni transitorie
del primo ventennio di questo secolo ci presentano eziandio una
grande divergenza di principî intorno a molti importanti argo-
menti. Non poche di esse inoltre contengono violazioni ma-
nifeste del gran principio della intangibilità dei diritti acqui-
siti , cagionate in gran parte , siccome già avvertimmo , da pas-
saggere antipatie contro il precedente ordine di cose. Questi
difetti corrispondono alla prima ed imperfetta fase , in cui si
trovava ancora in quel tempo la Giurisprudenza transitoria ,
benchè felicemente inaugurata dai succitati scrittori . Gli studi
fatti nei differenti paesi non erano ancora cosi numerosi , da
occupare la pubblica attenzione , e da poter influire reciproca-
mente gli uni sugli altri da paese a paese , in modo da susci-
tare una opinione dominante sulle più gravi questioni . Questo
risultato non poteva essere ottenuto che molto tempo dopo ;
oggidi ancora , come abbiamo già più volte osservato , esso è
lontano dell'essere pienamente conseguito . Egli è certo però
che a misura che si accrebbe successivamente il numero degli
scrittori di tali materie , e la pratica dei tribunali rispetto alle
medesime , anche i legislatori ebbero una guida sempre più
sicura , e corsero sempre minori pericoli di adottare massime e
provvedimenti erronei od ingiusti.

GABBA Retr. Leggi, v. I. 7


98 PARTE PRIMA

$ 4.

Leggi transitorie italiane anteriori alla Costituzione

del nuovo Regno d'Italia.

Chi studia le principali produzioni legislative in materia di


diritto transitorio non può dimenticare le leggi transitorie pub-
blicate in più di uno degli ex- Stati ora riuniti nel nuovo Regno
d'Italia . Occasione di tali pubblicazioni fu la introduzione di
nuovi Codici civili e penali.
Tutte queste leggi sono degne di lode per la rettitudine del
criterio , e per il profondo rispetto dei diritti acquisiti che pre-
siedettero alla loro compilazione. Di ciò due furono le principali
cagioni. Anzitutto quel profondo sentimento del diritto, e quella
moderazione e prudenza che furono sempre caratteri della civiltà.
italiana ; poi anche l'essere state quasi tutte quelle opere legi-
slative intraprese in epoche di pace , e a molta distanza dai
rivolgimenti politici che seguirono anche in Italia la caduta del
primo impero napoleonico , cosicchè lo zelo di ristaurare il
passato non fu per nulla fra i motivi delle medesime , ed anche
gli studi che intorno alla retroattività in particolare erano stati
fatti dal principio del secolo in poi , vi poterono essere messi
a profitto.
Noi presceglieremo fra le leggi transitorie dei suddetti Stati
quelle emanate intorno al diritto civile : nel Ducato di Parma ,
Piacenza e Guastalla nel 1820 ; nel Regno di Sardegna nel 1837;
nel Ducato di Modena nel 1852.

Il Codice Civile promulgato nel Ducato di Parma , Piacenza e


Guastalla il giorno 4 gennaio 1820 , conteneva una Appendice
di leggi transitorie , composta di 39 articoli (1 ) .

(1) Ecco le principali disposizioni della legge transitoria parmense:


Le madri vedove che al momento della pubblicazione del presente Codice
hanno acquistato diritto di usufrutto sui beni già devoluti ai loro figli
PROLEGOMENI 99

Il legislatore non si diparte da principii generali , ma le speciali


disposizioni da lui date sciolgono molte fra le più gravi quistioni

minori , lo ritengono pel tempo e con i carichi e modi stabiliti dalle Leggi ,
in vigore delle quali lo acquistarono (Art . 9 ) . — 1 figli che al giorno della
pubblicazione del presente Codice sono nello stato di legale, o di volontaria
emancipazione, non ricadono sotto l'altrui podestà (Art. 10 ). -- Rispetto
a quei figli , che al giorno della pubblicazione del presente Codice non
hanno compito l'età degli anni diciotto, e non sieno legalmente , o volon-
tariamente emancipati , i loro padri continuano nel godimento dell'usufrutto
sopra i beni dei figli stessi a norma delle disposizioni di questo Codice
( Art . 11 ) . - I padri che hanno perduto l'usufrutto dei beni spettanti ai
loro figli , i quali al giorno della pubblicazione del presente Codice avevano
compita l'età di anni diciotto , non lo riacquistano , quantunque gli stessi
figli sieno ancora minori d'anni ventuno (Art. 12 ) . - Quelli che al mo-
mento della pubblicazione del presente Codice si trovassero in qualunque
maniera emancipati restano soggetti alle disposizioni del medesimo Codice
(Art. 13) . Coloro che si trovano interdetti o dichiarati assenti continuano
ad essere considerati tali dalla legge (Art. 14) . - Chi era assoggettato al
consulente giudiziario a norma della legge precedente , continuerà ad
esservi sottoposto , finchè non sia o formalmente interdetto a norma delle
disposizioni del presente Codice , o sciolto dall'autorità del consulente
( Art. 15 ). I tutori , che in conformità delle passate leggi avevano
assunta una tutela , continueranno ad esercitarla , ancorché il presente
Codice la deferisse ad altra persona , senza che siano obbligati di dare
fideiussione , o di chiedere la conferma del Pretore. Continueranno nello
stesso modo in qualità di tutori ad aniministrare li beni degli assenti coloro
che a norma delle passate leggi ne sono stati incaricati. Dovranno ciò
nonostante le predette persone uniformarsi al presente Codice per ciò che
riguarda l'amministrazione posteriore e gli effetti della medesima, come pure
i conti della passata amministrazione si dovranno rendere nei modi dal
suddetto Codice stabiliti (Art. 16). -- Saranno pure tenuti di farsi iscrivere
entro il termine di un mese dalla pubblicazione del Codice nel registro
delle tutele a norma dell' articolo 346 del Codice stesso , ed avranno pur
uopo le disposizioni dell'articolo 349 e seguenti ( Art . 17 ) . — I tutori
surrogati saranno considerati come tutori onorari , e ne eserciteranno le
incumbenze . Negli affari tuttora pendenti , in cui i tutori surrogati hanno
dovuto prender parte , continueranno ad assistervi essi soli sino alla loro
ultimazione , quando anche a norma del presente Codice vi fosse d'uopo
di un tutore speciale ( Art. 18 ) . — L'enfiteusi , e livelli ecclesiastici , e le
altre annue prestazioni ecclesiastiche , o spettanti a mani morte , tanto
100 PARTE PRIMA

transitorie nel modo il più favorevole non solo ai veri e proprii


diritti acquisiti , ma talvolta persino a mere aspettative . Cosi

perpetue quanto temporarie , non cessano di essere sottoposte alle disposi-


zioni della Prammatica del 25 ottobre 1764 , e della Dichiarazione del 26
maggio 1768 ( Art. 19 ). - L'affrancazione accordata dalle indicate leggi
si farà pagando in danaro effettivo il capitale corrispondente all' annuo
canone originario in ragione del cinque per cento , coll' aumento però di
un sesto del canone stesso pei beni enfiteutici o livellari , in compenso
del laudemio , del diritto di retratto e di qualsivoglia altro diritto deri-
vante dalla disposizione della legge o dalla convenzione ( Art. 20 ) . —
L'enfiteusi , i livelli , e fitti perpetui laicali possono egualmente affrancarsi
in conformità della legge del 29 dicembre 1790 , pubblicata in questi Stati
li 11 agosto 1808 ( Art . 21 ). L'enfiteusi , i livelli , e fitti temporari ,
che dalla legge riferita all'articolo antecedente vengono eccettuati dall'af-
francazione , sono quelli che trovansi ristretti ad un determinato numero
di anni , o di generazioni ( Art. 22 ) . - La facoltà di affrancare portata
dalla citata legge del 1790 , finchè non sia esercitata , non cambierà la
natura dei beni soggetti all'affrancazione, i quali continueranno ad essere
regolati dalle convenzioni dell'investitura ( Art . 23) . Le spese dell'af-
francazione sono a carico di chi ne approfitta ( Art. 24 ). I diritti di
usufrutto , uso, ed abitazione , acquistati sotto le precedenti leggi , o per
contratto, o per ultima volontà , sono in ogni rapporto regolati dalle me-
desime leggi (Art. 25) . Le servitù continue non apparenti , e le discon-
tinue apparenti o non apparenti , che all'epoca della pubblicazione del
Codice civile francese fossero già state acquistate col possesso, nei luoghi
in cui potevano acquistarsi in questa maniera , restano conservate (Art. 26).
-Le sostituzioni ordinate a termine degli articoli 1048 e segg. del Codice
civile francese o in testamento , il di cui autore fosse già morto all'epoca
della pubblicazione del presente Codice in questi Stati , o per atto di do-
nazione irrevocabile anteriore alla stessa epoca , sono conservate, e saranno
eseguite in conformità dei detti articoli 1048 e segg. ( Art . 27 ). La
stessa disposizione avrà luogo per le sostituzioni , le quali , tuttochè ordi-
nate posteriormente alla pubblicazione del Codice civile francese , furono
però conservate dal decreto 14 pratile anno XIII ( Art 28 ) . Rispetto
alle sostituzioni , di cui nell'articolo precedente , che non fossero state
trascritte in conformità del citato Codice civile francese , se ne dovrà fare
trascrivere l'atto in cui sono ordinate , e la nota dei beni che vi furono
sottoposti , col dare alle medesime la pubblicità ordinata nell'articolo 711
del presente Codice. Queste formalità saranno eseguite entro un anno dal-
l'epoca della pubblicazione del Codice presente ; in difetto di che avranno
PROLEGOMENI 101

p. es. vien conservato in conformità alla legge anteriore l'usu-


frutto legale paterno , cominciato sotto la medesima ; - viene

luogo le disposizioni degli articoli 712, 713, 714 e 715 di questo medesimo
Codice ( Art. 29 ) ( * ) . - Le donazioni irrevocabili fatte in qualunque
tempo anteriormente alla pubblicazione del presente Codice da chi venga
a inorire dopo la detta pubblicazione non potranno ridursi , se non quando
si troveranno eccedere la porzione disponibile da questo medesimo Codice
stabilita (Art. 30). La validità delle ipoteche e dei privilegi preesistenti
alla pubblicazione del presente Codice , non che la preferenza tra questi
medesimi privilegi continuerà ad essere determinata daile leggi vigenti
all'epoca , in cui ne fu acquistato il diritto ( Art. 31 ). - Le iscrizioni di
tali privilegi ed ipoteche fatte sino al momento della pubblicazione del
presente Codice rimarranno soggette alle disposizioni delle Leggi che fu-
rono in vigore sino al momento stesso della detta pubblicazione . Le noti-
ficazioni però che se ne facessero dopo la pubblicazione del presente Co-
dice saranno valide e regolari , quand'anche non siano fatte che in confor-
mità delle disposizioni di questo medesimo Codice ( Art. 32 ) . - Le ipo-
teche legali preesistenti alla pubblicazione di questo Codice , le quali erano
esenti dall'obbligo dell'iscrizione , per conservare il loro grado, dovranno
essero notificate entro di un anno a partire dal giorno della medesima
pubblicazione. Notificate entro questo termine , conserveranno il grado
loro assicurato dalle leggi anteriori. Passato l'anno , senza che le dette
ipoteche siano state notificate, non avranno più grado se non dal momento,
in cui ne sarà fatta la notificazione ( Art. 33 ). - Le notificazioni delle
ipoteche contro i beni dei mariti e dei tutori potranno e rispettivamente
dovranno chiedersi e farsi eseguire dalle persone che hanno obbligo o
facoltà di domandarne la rinnovazione a norma dell'articolo 2207 di questo
Codice : e ciò sotto le pene ivi stabilite , dovendosi applicare ai tutori
surrogati quanto nel citato articolo è stato disposto per li tutori onorari
( Art. 34). Quelli che per conservare i loro privilegi colla iscrizione o

(*) La Sovrana Dichiarazione 27 novembre 1829 al numero 31 dichiara : Per virtù


del Decreto del 3 giugno 1805 il quale ordinò che dal di primo luglio di quello stesso
anno tutte le disposizioni del Codice civile francese fossero esecutorie nei Ducati di
Parma , Piacenza e Guastalla , furono il detto giorno 1º luglio 1805 annullate nei tre
Ducati tutte le rinunzie fatte a successioni future allora non per anche aperte, tanto
se le rinunzie erano supererogatorie, essendo state fatte sotto uno Statuto il quale
escludeva i rinunzianti da quelle successioni medesime a cui essi avevano rinunziato,
quanto se esse erano contrattuali , essendo state fatte sotto uno Statuto , il quale
non li escludeva. Contuttociò non è tolto l'effetto nè alle transazioni nè alle sentenze
passate irrevocabilmente in giudicato, le quali fossero state respettivamente stipulate
o proferite intorno alle rinunzie predette.
102 PARTE PRIMA

mantenuta la maggior età in chi l'abbia raggiunta sotto le pre-


-
cedenti leggi ; — i diritti di usufrutto e di uso , acquistati sotto
quelle leggi , continuano ad essere regolati dalle medesime ;
le prescrizioni cominciate sotto il C. N. , continuano secondo
le disposizioni di questo Codice . - Sembra inconciliabile collo
spirito dominante in questa legge transitoria la riducibilità delle
donazioni fatte anteriormente alla pubblicazione del Codice par-
mense , se , morendo il donatore dopo quest'epoca , risultino
eccedere la porzione disponibile fissata da questo Codice .

In occasione della pubblicazione del Codice Civile Albertino


venne pubblicata nel Regno di Sardegna una Regia Patente delli

trascrizioni avevano in forza delle leggi precedenti un tempo indefinito a


iscrivere o trascrivere , saranno obbligati di farne la notificazione entro il
termine stabilito dal presente Codice, e computabile dall'epoca della pub-
blicazione del Codice stesso . Quelli che per conservare i loro privilegi
avevano obbligo d'inscriverli entro un tempo determinato , non avranno
per conservare colla notificazione i privilegi medesimi , se non quel tempo
che all'epoca della pubblicazione del presente Codice mancava al compi-
mento del termine stabilito dalle leggi antecedenti. Le notificazioni che si
facessero dopo il detto termine non produrranno se non l'effetto di cui
nell'articolo 2157 del presente Codice (Art . 35) . Il privilegio accordato
al padrone nell'articolo 2140 del presente Codice pei crediti di mezzadria ,
avrà luogo nelle mezzadrie incominciate prima della pubblicazione del
presente Codice , e pe'crediti a quest'epoca già contratti in concorso però
di creditori posteriori all'epoca stessa (Art. 36). La specie delle prove
da ammettersi per le obbligazioni anteriori alla pubblicazione del presente
Codice resta determinata dalle Leggi , sotto le quali furono contratte le
stesse obbligazioni ( Art. 37 ). - Le prescrizioni a tempo determinato
incominciate all'epoca della pubblicazione del Codice civile francese, e che
non restarono interrotte in forza delle disposizioni del medesimo Codice ,
seguiteranno ad essere regolate in conformità delle leggi anteriori al Co-
dice stesso . Le prescrizioni però incominciate prima dell'epoca suddetta ,
e per cui secondo le leggi anteriori si richiederebbero ancora più di
trent'anni , si perfezioneranuo col decorso di anni trenta da computarsi
dalla stessa epoca ( Art. 38 ). -- Le prescrizioni cominciate sotto il regime
del Codice civile francese continueranno ad essere regolate dal detto Co-
dice ( Art. 39 ).
PROLEGOMENI 103

6 dicembre 1837 per antivenire i dubbi che potessero insorgere


nel passaggio dall'antica alla nuova legislazione (1 ) .

(1 ) Stimiamo opportuno di trascrivere tutti gli articoli di questa Patente.


Il figlio nato in paese straniero da padre che ha perduto il godimento
dei diritti civili di suddito , benchè sia già maggiore di età al giorno in
cui sarà in osservanza il Codice , può acquistare la qualità ed i diritti di
suddito , qualora entro l'anno successivo faccia la dichiarazione di cui
nell'art. 20 , ed adempia le altre condizioni ivi prescritte (Art . 1 ) . — Gli
eredi presuntivi che avessero ottenuto la cura dei beni di un assente , 0
quelli che avessero diritto di essere in essa cura preferiti , od associati in
conformità delle leggi anteriori , avranno gli stessi diritti che loro compe-
terebbero se l'assenza fosse stata dichiarata dopo l'osservanza del Codice ,
purchè sieno trascorsi cinque anni dal giorno della sparizione dell'assente
o dall'ultime di lui notizie : il tempo trascorso prima dell' osservanza del
Codice sarà per tale effetto computato e si riunirà col tempo posteriore.
Ciò non di meno non saranno i medesimi dispensati dagli obblighi e dalle
formalità ulteriori prescritte dal Codice relativamente all'ammissione in
possesso dei beni dell' assente , e non avranno li diritti attribuiti dal Co-
dice sui frutti provenienti dai beni dell'assente se non che dalla data
tale immissione in possesso. I legatari , donatari , e tutti coloro che avessero
sui beni dell'assente diritti dipendenti dalla condizione della morte di esso ,
potranno parimente esperirli in conformità delle disposizioni del Codice.
(Art. 2). -- Le disposizioni dell'art 185 del Codice relative alle indagini
sulla paternità non sono applicabili ai figli nati prima dell' osservanza del
Codice medesimo . Per essi si osserveranno a tal riguardo le leggi ante-
riori (Art . 3). I figli che all'epoca dell'osservanza del Codice , si tro-
veranno emancipati in conformità delle leggi anteriori , non ricadranno
sotto la patria podestà , e continueranno a godere gli effetti della emanci-
pazione ( Art. 4). L'usufrutto che in forza della patria podestà compe-
teva al padre sui beni pervenuti al figlio per successione o donazione
prima dell' osservanza del Codice , sarà conservato al padre in conformità
delle leggi anteriori ( Art. 5 ) . L'usufrutto accordato dall'art . 233 del
Codice alla madre vedova sui beni del figlio minore , non si estende ai
beni che già fossero pervenuti in piena proprietà al figlio prima dell'os-
servanza del Codice ( Art. 6 ). In quella parte dei Regi Stati , in cui
secondo le leggi attualmente vigenti , cessa l'usufrutto al padre , ed alla
madre vedova per l'età di annni 18 del figlio , se questi all'epoca dell'os-
servanza del Codice non sarà ancora pervenuto alla detta età , il padre e
la madre continueranno a goderne per tutto il tempo stabilito dalla nuova
legge. Quanto però ai beni pervenuti al figlio dalla successione paterna ,
104 PARTE PRIMA

Nei 21 articoli di questa Patente sono contemplate molte delle


quistioni transitorie più discusse , e ci sembrano risolute con

la madre vedova non continuerà a goderne che sino al compimento degli


anni 18 del figlio . Se il figlio fosse già pervenuto all'età di 18 anni , il
padre e la madre non acquisteranno più alcun diritto al detto usufrutto
( Art. 7 ) . — Quelli che all'epoca dell'osservanza del Codice saranno già
maggiori a seconda delle leggi anteriori , continueranno ad essere tali ,
quantunque non abbiano ancora compito l'età prescritta dalla nuova legge
(Art. 8). - Quelli che per ragion d'età sono soggetti alla tutela a tenore
dalle leggi vigenti prima dell'osservanza del Codice , continueranno ad
esservi sottoposti per tutto il tempo stabilito dal Codice, ed in conformità
del medesimo (Art . 9 ). Saranno pure soggetti alla tutela i minori che
per la loro età non vi sarebbero più sottoposti secondo le leggi vigenti ,
la tutela ne sarà assunta dal tutore testamentario, ove esista , ed in difetto
dalla madre , o dagli ascendenti , cui il Codice la dà di pien diritto , e
quelli non essendovi , verrà ai detti minori nominato un tutore a termini
del Codice . In quest'ultimo caso il curatore , ove lo abbiano , dovrà far
istanza per la deputazione del tutore , e ne adempirà intauto i doveri.
Qualora però tali minori avessero già compiuta l'età di anni 18 , saranno
considerati come minori abilitati , ed ove non lo abbiano , sarà loro no-
minato il curatore in conformità dello stesso Codice ( Art. 10 ) . Le
interdizioni , sia per causa di demenza o furore , sia per causa di prodiga-
lità , come pure le deputazioni di tutore, curatore, o consulente giudiziario ,
pronunciate da qualsiasi Tribunale o delegato Regio investito dell'autorità
opportuna , anche in casi particolari , conserveranno il loro effetto. Ri-
guardo però alla capacità di disporre per atto d'ultima volontà , si osser-
verà il disposto del Codice ( Art. 11 ). I tutori , curatori ed altri
amministratori , di cui negli articoli precedenti , si uniformeranno alle
disposizioni del Codice sia quanto all'amministrazione loro affidata , sia
quanto al rendimento dei conti ( Art. 12 ) . Le disposizioni degli articoli
942 , 943, 944 , 945 , 946 , 947 e 948 , per quanto riguarda le successioni
che si deferiranno posteriormente all'osservanza del Codice , sono anche
applicabili alle femmine dotate e collocate in matrimonio anteriormente ,
senza riguardo alle consuetudinarie rinunzie che nell'atto dotale avessero
fatte , conforme alle disposizioni della Legge allora vigente , salvo al do-
tante di valersi della disposizione dell'articolo 1526 del Codice per fare
stabilire in vita sua l'ammontare della dote. In tal caso si prenderà per
base il patrimonio posseduto dal donante al tempo in cui si farà la do-
manda , senza però che la dote costituita possa essere diminuita ( Art . 13) .
- Le disposizioni del Codice contenute nel tit . 4 , lib. 3 , sono applicabili
PROLEGOMENI 105

accorgimento anche maggiore che nella legislazione parmense.


Cosi p . es . mentre il legislatore conserva la maggior età in chi

rispetto alle successioni già aperte prima dell'osservanza del medesimo ,


all'erede che intende di godere del beneficio d'inventario , se non sarà a
quel tempo ancora istituito il giudicio di concorso ; ma se tale giudicio
già fosse istituito , si osserveranno le leggi anteriori (Art. 14) . - Le do-
nazioni tra vivi divenute perfette prima dell'osservanza del Codice, saranno
regolate dalle leggi anteriori in ciò che riguarda la rivocabilità o riduzione
di esse . Le donazioni come sovra di beni suscettibili d'ipoteca , fatte
anteriormente all'osservanza del Codice , saranno soggette alla trascrizione
entro mesi sei dall'osservanza dello stesso Codice , ed in conformità del-
l'art. 1134 , ed in mancanza di trascrizione entro il suddetto termine , si
applicheranno pure alle donazioni sovraccennate le disposizioni , di cui
nei successivi articoli 1135, 1136 , 1137 , (Art 15 ) . - Le rendite fondiarie
si in denaro, che in derrate, costituite prima dell'osservanza del Codice ,
a titolo d'enfiteusi , albergamento , od altra concessione d'immobili , o di
beni considerati a guisa d'immobili , sono regolate dalle leggi anteriori.
Nondimeno se la rendita è costituita a perpetuità , sarà soggetta al ritratto
in conformità del disposto dagli articoli 1943 e 1944 del Codice : ove la
costituzione della rendita importasse la prestazione di laudemio in caso di
alienazione , al capitale dovuto per il riscatto si aggiungerà l'ammontare
di due laudemi . Il riscatto non potrà effettuarsi contro la volontà del con-
cedente durante la vita del medesimo ( Art. 16 ) . Qualora sul dominio
diretto di beni soggetti alla rendita esistano , o possa temersi che siano
prese iscrizioni di privilegio od ipoteca , il debitore della rendita potrà
devenirne al riscatto mediante contemporaneo deposito del prezzo ; egli
dovrà in tal caso far trascrivere nel registro del Conservatore delle ipo-
teche l'atto di riscatto e farne inserire l'estratto nella Gazzetta della di-
visione , e in difetto in quella di Torino , e passati trenta giorni dalla
trascrizione e mesi tre dall'atto di riscatto , dovrà fare le notificazioni
prescritte dall'articolo 2306 del Codice di tutti i creditori che avessero
iscritto. I detti creditori entro il termine di quaranta giorni successivi
alla notificazione , saranno ammessi a fare sulla sussistenza e regolarità
dell'atto di riscatto quelle opposizioni che credessero del loro interesse.
Non essendovi entro tal termine opposizioni , il riscatto s'intenderà compito,
ed i creditori non potranno più esperire i loro diritti che pel prezzo . Non
essendovi iscrizioni alla scadenza dei detti giorni trenta , e di detti mesi
tre , il prezzo sarà liberamente esigibile dal padrone diretto. Fino alla
scadenza dei varii termini sovra indicati , il debitore della rendita sarà
tenuto a continuarne il pagamento ( Art. 17) . - Rispetto ai censi , ed
106 PARTE PRIMA

l'ha raggiunta a tenor delle leggi precedenti , sottopone invece


alla tutela i minori che per la loro età non vi sarebbero più
sottoposti secondo quelle leggi ; e mentre applica le nuove leggi
successorie a tutte le eredità aperte dopo la pubblicazione del
nuovo Codice , dichiara essere regolata dalle leggi anteriori la
riducibilità delle donazioni tra vivi divenute perfette prima
dell'osservanza del nuovo Codice . La moderazione poi del
legislatore sardo traspare principalmente nell'aver egli conser-
vato il diritto di insistenza ai conduttori di fondi , benchè limi-
tandone la durata a due anni , e nell'avere completamente
sottoposto alle leggi anteriori tutte le rendite fondiarie costituite
sotto l'impero delle medesime.

Il Codice Civile messo in attività col 1° febbraio 1852 negli


Stati Estensi , contiene una Appendice di Disposizioni transitorie ,

altre rendite anteriormente costituite mediante capitale , si osserveranno


le leggi anteriori ; vi sarà però applicabile la disposizione del numero 1 .
dell'art. 1945 ( Art. 18). I privilegi ed ipoteche acquistate anteriormente,
e che sono state dispensate dall' iscrizione col Regio Editto 16 luglio 1822,
dovranno essere iscritte negli uffizi delle ipoteche entro mesi sei dall'os-
servanza del Codice , in conformità delle disposizioni del medesimo , se-
zione 2 , capo 5 , titolo 22 , libro 3 : ciò mediante , conservano il grado
della rispettiva loro origine , in difetto non l'avranno se non dal giorno
dell'iscrizione ( Art. 19 ). 1 crediti anteriori al Regio Editto ipotecario
del 16 luglio 1822 , che avevano privilegio od ipoteca non solo sugli stabili ,
ma anche sui mobili e crediti , ed il di cui privilegio od ipoteca furono
col citato Editto conservati mediante iscrizione , quanto ai mobili e crediti
nell'ufficio delle ipoteche della dimora del debitore , ove già non siano
stati iscritti , potranno ancora esserlo entro il termine di mesi sei dall'os-
servanza del Codice , prendendo però grado dalla data solamente dell'i-
scrizione. Quelli poi fra i detti crediti che a termini dell'articolo 155 del
Regio Editto ipotecario del 1822 non erano soggetti all'iscrizione , e che
non ne sono esenti secondo il Codice , potranno parimente essere iscritti
come sovra nel termine suddetto di mesi sei e conserveranno , ciò mediante ,
il grado della loro origine. Trascorso il detto termine di mesi sei non
potrà più essere presa iscrizione per quanto riguarda i mobili e crediti
( Art. 20 ) . Gli inquilini ai quali secondo le leggi attualmente vigenti.
competa il diritto d'insistenza , continueranno a goderne per due anni
dall'osservanza del Codice in conformità delle leggi medesime (Art. 21 ).
PROLEGOMENI 107

composta di 55 articoli (1 ) . Queste disposizioni sono identiche.


a quelle della legislazione Albertina in tutti gli argomenti

(1 ) Ecco gli articoli principali:


Il figlio di famiglia , che al momento dell'attuazione di questo Codice
ha compiuti gli anni venticinque , è sciolto dalla patria podestà ( Art. 6 ).
- I tutori , che in conformita della passata legislazione avevano assunta
la tutela , continuano ad esercitarla , ancorchè questo Codice la deferisca
ad altre persone. Devono però uniformarsi al nuovo Codice , per ciò che
riguarda l'Amministrazione posteriore , gli effetti della medesima , ed il
rendimento dei conti. Devono altresì farsi inscrivere entro due mesi
dall'attuazione del nuovo Codice nel registro delle tutele di che nell' arti-
colo 380 , sotto pena dell'emenda dei danni verso i terzi , e della rimozione
dalla tutela , a termini dell'altro art. 296 ( Art . 7 ) . -— Quelli che all'attua-
zione del presente Codice si trovano in qualunque maniera emancipati ,
non sono dispensati dall'osservanza delle disposizioni del presente Codice,
che riguardano la condizione degli emancipati ( Art. 8 ) . --- Gl' interdetti
ed i sottoposti a mandatario irrevocabile , o a consulente, rimangono nella
condizione in cui si trovano ( Art. 9 ). -- Il padre di famiglia , che al
momento dell'attuazione di questo Codice gode dell' usufrutto legale sui
beni del figlio , continua nel godimento stesso, sino a tanto che vive, coi
diritti e carichi fissati dalla legge che lo concesse (Art. 10 ) . - La madre
vedova , che al momento dell'attuazione di questo Codice si trovi nel caso
contemplato dall' articolo 130 , ha diritto per lo avvenire all'usufrutto ivi
accordato ( Art. 11 ) . L'usufruttuario , che all'attuazione del Codice
abbia già corrisposta l'annua tassa di assicurazione in caso d'incendio ,
venendo a verificarsi questo infortunio , gode del benefizio dell'art. 498
(Art. 12 ) . I diritti di usufrutto , uso ed abitazione acquistati sotto le
precedenti leggi , o per contratto , o per ultima volontà , sono per ogni
rapporto regolati dalle medesime ( Art. 13 ). - Le servitù continue non
apparenti e le servitù discontinue , apparenti o non apparenti , che al
momento dell'attuazione di questo Codice sono state acquistate col pos-
sesso , nei luoghi in cui potevano acquistarsi in tale maniera ; restano
conservate . In caso di contestazione , può farsene la prova anche mediante
testimoni a termini della cessata legislazione (Art. 14 ) . -— Ai piantamenti
fatti in confine , ed alla distanza fissata dalle leggi preesistenti , non si
applicano le disposizioni di questo Codice (Art . 15). Il lucro dotale dalla.
cessata legislazione concesso al marito , in caso di sopravvivenza alla
moglie , rimane in vigore in ordine ai matrimoni precedenti all'attuazione
di questo Codice ( Art. 16 ). - Le disposizioni testamentarie fatte innanzi
all'attuazione di questo Codice dagl' interdetti , dai prodighi , e dai minori,
108 PARTE PRIMA

comuni all'uno ed all'altra. Il legislatore modenese però ne ha


contemplati alcuni che al legislatore sardo erano sfuggiti , e

sono mantenute in vigore , quando siano fatte colle solennità prescritte


dalla cessata legislazione , fermo poi , quanto alla capacità di disporre del
prodigo interdetto , il prescritto dall' articolo 687 ( Art. 17 ) . Il diritto
della separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede , in ordine alle
eredità verificate prima dell'attuazione di questo Codice , è regolato dalle
leggi vigenti al tempo dell'aperta successione , ( Art. 18 ) . - Le primoge-
niture , i fedecommessi , e le sostituzioni anteriori all'attuazione di questo
Codice continuano a sussistere giusta le disposizioni della cessata legisla-
zione (Art. 19). Rimangono in pieno vigore i patti di futura successione
stipulati prima dell'attuazione di questo Codice , e sono retti dalle leggi
sotto il cui impero seguirono ( Art. 20 ) . Le donazioni irrevocabili fra
vivi fatti in qualunque tempo anteriormente all'attuazione di questo Codice
da chi venga a morire dopo dell'attuazione , non sono soggette a riduzione ,
se non quando si trovino eccedenti la porzione disponibile in conformità
di questo Codice medesimo ( Art. 21 ) . -- Le donazioni legittimamente
fatte prima d'ora restano ferme ad ogni effetto di ragione , sebbene non
accettate dal donatario , dai di lui eredi o aventi causa ( Art. 22 ) - Le
donazioni causa mortis fatte prima dell'attuazione di questo Codice riman-
gono ferme , purchè sieno conformi alla cessata legislazione , e senza
pregiudizio della quota disponibile , come nel precedente art. 21 (Art. 23).
- Le disposizioni degli articoli 1633 , 1637, 1640 di questo Codice non si
estendono ai livelli fatti innanzi all'attuazione della nuova legge (Art. 24).
Questa non si applica neppure ai patti speciali sul modo e prezzo di
francazione dei livelli anteriori alla medesima attuazione ( Art. 25 ) . - Si
estende però ai livelli anteriori il gius di prelazione nel caso di vendita
di cui nell'articolo 1630 di questo Codice ( Art. 26 ) . Le disposizioni
degli articoli 1672 , 1673 , 1674 , 1675 , 1676 , si applicano anche alle loca-
zioni stipulate sotto l'impero della cessata legislazione ( Art. 27 ) . Lå
validità dei privilegi e delle ipoteche preesistenti all'attuazione del presente
Codice , nonchè la preferenza fra gli uni e le altre , continua ad essere
determinata dalle leggi vigenti al tempo in che ne fu acquistato il diritto
(Art. 28). Le iscrizioni , che si eseguiscono dopo l'attuazione di questo
Codice , sebbene si riferiscano a titoli anteriori al medesimo , non sono
valide ove non siano fatte in conformità dello stesso Codice ( Art . 29) . —
Le ipoteche legali , perfette per sè medesime , perdono l'anteriorità loro
accordata dalla legge preesistente indipendentemente dall'inscrizione , se
non sono inscritte entro un anno dall'attuazione di questo Codice. Decorso
l'anno , l'ipoteca si misura dal giorno in cui ne sarà fatta l'inscrizione
PROLEGOMENI 109

anche questi li ha regolati favorevolmente ai diritti acquisiti.


Cosi p. es. ha tenuto in vigore il lucro dotale concesso al

(Art. 30). - L'inscrizione delle ipoteche legali deve chiedersi dai mariti ,
dai già obbligati a dotare e loro eredi , e dai tutori ; possono anche farsi
eseguire dalle persone indicate dall'art . 2192. I Giusdicenti sono obbligati
di invigilare perchè i tutori inscrivano l'ipoteca legale ( Art. 31 ) . — I
mariti ed i tutori , che omettono di chiedere l'inscrizione entro il termine
stabilito dall'art. 30 , sono tenuti di stellionato , ed il tutore decade anche
dalla tutela . Gli obbligati a dotare e loro eredi , non che i tutori sono
tenuti all' emenda dei danni ( Art. 32 ) . Quelli , che per conservare i
loro privilegi coll' inscrizione o trascrizione avevano , in forza delle leggi
precedenti , un tempo indefinito ad inscrivere o trascrivere , sono obbli
gati di chiedere l'inscrizione o la trascrizione entro il termine di sei mesi
computabili dal giorno dell'attuazione di questo Codice ( Art. 33) . — Quelli,
che per conservare i loro privilegi avevano obbligo di inscriverli entro
un tempo determinato , non hanno , per conservare coll'iscrizione i pri-
vilegi medesimi , se non se quel tempo che al giorno dell'attuazione di
questo Codice mancherà al compimento del termine stabilito dalle leggi
precedenti ( Art . 34 ) . Le iscrizioni , che si facessero dopo spirati i ter-
mini fissati nei precedenti due articoli , non acquistano efficacia se non
dal giorno dell'inscrizione ( Art . 35 Tutte le inscrizioni per titolo
d'ipoteca o di privilegio indistintamente vive all'epoca dell'attuazione del
presente Codice , devono rinnovarsi negl' infradicendi modi e termini
(Art. 36 ). La denunzia si eseguisce presentando all'uffizio delle ipoteche
due note conformi nelle quali è trascritto uno degli esemplari della prima
inscrizione , o la sua copia autentica , appostavi annotazione in calce che
specifichi i diversi trapassi subiti dal credito , quando n'è il caso , e la
data della inscrizione , o dell'ultima rinnovazione ( Art. 37) . - Se vive il
debitore originario , e sia ancora possessore dei beni vincolati , deve
chiedersi la rinnovazione in testa ed a capriccio dei medesimi eredi , in-
dicando individualmente il loro nome , cognome e luogo di domicilio ,
nonchè la provenienza dei beni , sopra i quali intendesi rinnovare l'inscri-
zione predetta ( Art. 39 ) . -- Se i beni vincolati sono passati in dominio
di successori a titolo particolare , la rinnovazione deve chiedersi in testa
ed a carico dei medesimi , indicandoli come sopra , e devono altresi spe-
cificarsi i beni sui quali si fa la rinnovazione , nonchè la loro provenienza
(Art. 40 ) . È valida l'enunciativa dei trapassi dei beni in origine vin-
colati , nonchè dei possessori e successori tanto a titolo universale , che
particolare , qualora sia conforme alle risultanze dei registri del Catasto ;
e se in questi fossero errori o mancanze , l'inscrizione è tuttavia efficace
110 PARTE PRIMA

marito dalla cessata legislazione , e i patti successori stipulati


prima dell'attuazione del nuovo Codice. Una sola disposizione

a carico del vero e reale possessore dei suddetti beni ( Art. 41 ) . Le


iscrizioni soggette alla rinnovazione ordinata dalla legge 3 giugno 1323 ,
che furono poscia mantenute vive , devono rinnovarsi entro l'anno 1853
(Art. 42 ). -- Le altre inscrizioni e rinnovazioni la cui durata decennale ,
secondo le cessate leggi , termina prima della fine dell'anno 1854 , debbono
essere rinnovate innanzi alla rispettiva loro scadenza . Quella la cui durata
terminerebbe nell'intervallo fra la promulgazione e l'attuazione di questo
Codice saranno rinnovate nel mese di febbraio 1852 ( Art. 43 ) . --- Le
inscrizioni o rinnovazioni poi , la cui durata , a termini delle cessate leggi ,
si protrarrebbe oltre l'anno 1854 , debbono essere rinnovate entro l'anno
medesimo ( Art . 44 ) . Omettendosi la rinnovazione , entro i termini
rispettivamente prescritti nei precedenti tre articoli , si perde il favore.
della originaria inscrizione . Si può per altro , finchè non sia estinto il
gius dell'ipoteca o privilegio , prenderne nuova inscrizione , la cui efficacia
si misura dal giorno della sua data (Art. 45 ). — La rinnovazione eseguita
entro i termini predetti conserva all'iscrivente il grado della originaria
inscrizione sino a che il gius dell'ipoteca o privilegio sia esercitabile a termini
di ragione (Art . 46) . Contro i terzi possessori , in favore dei quali sia
verificata la prescrizione di che negli articoli seguenti 50, 51 , non può nè
inscriversi ipoteca , nè rinnovarsi la precedente inscrizione , per qualsiasi
titolo o causa , sotto comminatoria dell'emenda dei danni , e d'una multa
corrispondente al mezzo per cento sul valore del titolo inscritto (Art. 47).
- Gli acquirenti o donatori , che a garanzia dei loro possessi hanno ipo-
teche o privilegi , non possono nè inscriverli , nè rinnovare la precedente
inscrizione , nel caso in cui pel disposto dai citati due articoli 50, 51 sieno
resi sicuri nel loro possesso , sotto la comminatoria surriferita ( Ari . 48 ) .
-- Qualunque terzo possessore è in diritto di dimandare in via sommaria
la cancellazione delle inscrizioni dipendenti da titoli , che siano prescritti
in forza delle disposizioni portate dai ripetuti articoli 50, 51 (Art. 49).
Le azioni tutte reali dipendenti sia da titoli di proprietà o dominio , che
d'ipoteea o privilegio , esistenti all'epoca dell'attuazione del Codice del ces-
sato Regno d'Italia s'intendono prescritte ed estinte al compiersi dell'anno
1851 , in faccia a qualunque terzo possessore , che al termine dell'anno
stesso conti a suo favore un pacifico possesso di venti anni non mai stato
interrotto nemmeno in via di azione preventiva. L'azione in prevenzione
può sempre intentarsi a tutela del proprio diritto, e per impedire il corso
della prescrizione suddetta , in tutti quei casi in cui l'esercizio attuale del
diritto , a cui l'azione d'esso si riferisce, sia tenuto in sospeso da un ter-
PROLEGOMENI 111

retroattiva si riscontra nel Codice Civile Estense , e consiste nel


rimettere sotto la patria podestà gl'individui che ne erano usciti
in virtù delle precedenti leggi , e che non hanno ancora compiuto
il venticinquesimo anno al momento dell'attuazione del nuovo
Codice. Questo principio però ha il suffragio di parecchi auto-
revoli scrittori intorno alla retroattività , come vedremo nel se-
guito di quest'opera. Non era tuttavia stato accolto nella legge
transitoria degli Stati Sardi.

§ 15.

Recenti leggi transitorie.

Fra le più recenti leggi transitorie sono principalmente degne


di considerazione : quella del 2 gennaio 1863, emanata in Sas-
sonia in occasione della pubblicazione del nuovo Codice Civile.
Sassone , e quella del 30 novembre 1865 , emanata in Italia per

mine o da una condizione dal cui evento dipende (Art . 50). - Le azioni
tutte contemplate nell'articolo precedente , ma derivanti da titoli posteriori
all'attuazione del suddetto Codice del cessato Regno d'Italia , resteranno nei
suenunciati modi prescritte ed estinte , decorsi che siano cinquant'anni
dalla loro origine , e venti di pacifico possesso nel terzo possessore come
sopra (Art . 51 ) . Nel caso di passaggio dei fondi in più possessori , il
possesso del primo terzo possessore si congiunge a quello dei successivi
per ogni effetto di ragione ( Art. 52) . - Colle premesse disposizioni non
s'intende nulla innovato in ordine alle prescrizioni , le quali fossero già
compiute o per compiersi in periodo di tempo più breve, per effetto delle
leggi precedenti , sotto il cui impero sia già incominciato a decorrere il
periodo di tempo che le riguarda rispettivamente (Art. 53) . - Le prescri-
zioni tutte delle azioni si reali che personali , anteriori al presente Codice,
continuano a decorrere contro gli obbligati e loro eredi nei modi e ter-
mini stabiliti dalle leggi sotto cui nacquero i titoli stessi , purchè però non
oltrepassino anni trenta dalla data della pubblicazione del Codice medesimo
( Art. 54 ) . La qualità delle prove da ammettersi per le obbligazioni
anteriori all'attuazione del presente Codice , resta determinata dalle leggi
sotto le quali furono contratte le stesse obbligazioni (Art. 55) .
112 PARTE PRIMA

regolare l'attuazione del Codice Civile del nuovo Regno (1 ) .


Noi abbiamo voluto separare queste leggi dalle altre sullo stesso.
argomento , perchè in molti punti della dottrina della retroat-
tività esse rappresentano un vero progresso in confronto delle
leggi precedenti , e in particolare anche delle leggi italiane delle
quali abbiamo parlato dianzi.
L'Ordinanza Sassone , composta di 28 articoli (2), non con-
templa quegli argomenti sui quali la giurisprudenza era già
stabilita e pacifica , come p. es. l'influenza delle leggi nuove
sullo stato personale , e regola invece di preferenza quegli
argomenti intorno ai quali le recenti dottrine sulla retroattività.

(1 ) Sotto la stessa data furono pubblicate in Italia disposizioni transitorie


relative al Codice di procedura civile , al Codice di procedura penale , e
al Codice di commercio , successivamente vennero pubblicate disposizioni
transitorie per Mantova e per le provincie di Venezia 26 marzo 1871 , per
la provincia di Roma 27 novembre 1870 , anteriormente alla legge 30
novembre 1865 , disposizioni transitorie erano state pubblicate nell'Emilia
nel 1860. Di tutte queste altre leggi italiane , in quanto differiscono da
quelle del 1865 , terremo conto nel corso di quest'opera di mano in mano
che se ne presenterà l'occasione .
(2) Gli articoli più importanti sono i seguenti :
Cominciando dal momento in cui il Codice civile entra in osservanza ,
gli intereressi convenzionali per il godimento concesso di una somma di
denaro , non potranno superare il sei per cento ; e per le ragioni non ipo-
tecarie fino a cinquanta talleri , e scadenti non oltre un semestre , non
potranno superare l'otto per cento ; eccettuato : 1 ° se ed in quanto il
Governo avrà determinato un limite degli interessi più alto del legale ; 2°
se ed in quanto l'Autorità in singoli casi , previa cognizione dei fatti ,
impartirà un tale permesso ; 3° per negozii propriamente mercantili , per-
tinenti all'industria , e per prestiti a vantaggio del traffico e dell'industria
manifatturiera ; 4° quando in un mutuo conchiuso per una impresa arri-
schiata , il creditore assumerà contemporaneamente il pericolo in modo che,
verificandosi questo , il debitore sia liberato dall' obbligo di restituire
( Art 4 ). — Eccettuati i casi specificati nei precedenti §§ dal 1 al 4 , i
negozii giuridici nei quali fu apertamente o celatamente oltrepassato il tasso
stabilito nel precedente paragrafo , o fu agito contrariamente al disposto
dei §§ 670-681 del Codice civile , saranno nulli , anche allorquando non
concorrano gli estremi dell'usura punibile (Art. 5) . Per quanto concerne
i negozii giuridici che sono stati conchiusi prima del tempo in cui il Codice
PROLEGOMENI 113

hanno corretto le antiche. Noi troviamo per es . in questa Or-


dinanza abbandonato per la prima volta il principio del C. N. ,

civile entra in vigore , la capacità di agire delle parti , al pari della forma
dei negozii , saranno a giudicare col diritto vigente al tempo della stipu-
lazione dell'affare ( Art. 6 ). - Pei requisiti dell' acquisto e della perdita
dei diritti sopra cose , si prenderà norma da quelle leggi che vigevano al
tempo in cui si avverò il fatto dal quale proviene l'acquisto o la perdita
del diritto in questione . All' incontro la sostanza e l'effetto di un diritto
sopra cose acquistate prima del momento in cui il Codice civile entra in
vigore, saranno giudicati , cominciando da quel momento , secondo il Codice
civile ( Art. 7) . - Per quanto concerne l'usucapione e la prescrizione , i
casi in cui è stata compiuta prima del tempo in cui il Codice civile entra
in vigore , dovranno giudicarsi secondo il diritto attuale (") (Art . 8 ) . — Se
nel Codice civile l'usucapione e la prescrizione è concessa in un caso in
cui fino ad ora non lo era , potrà iniziarsi dal solo momento in cui ha
vigore il Codice ( Art. 9 ) . - Se il Codice civile l'ha abolita in un caso
nel quale era sinora lecita , non potrà più essere compiuta dal momento
in cui entra in vigore il Codice (Art. 10). -- Se il Codice civile ne dimi-
nuisce gli effetti , ne conseguiranno quei soli attribuitile dal Codice, quando
essa si compia dopo la di lui attuazione ( Art. 11) . - Se il Codice civile
ne aumenta gli effetti , la usucapione la prescrizione che ha cominciato
prima dell'attivazione del Codice , ma non fu compiuta che dopo , avrà
soltanto gli effetti inerenti a lui secondo la legge attuale. L'usucapione o
prescrizione coi nuovi effetti introdotti dal Codice , non potrà cominciare
che dal tempo della di lui attivazione ( Art. 12 ) . - Se il Codice civile ne
diminuisce i requisiti , il tempo della usucapione o prescrizione decorso.
anteriormente all'attuazione del Codice andrà giudicato secondo il diritto
attuale , e quello decorso dopo l'attuazione , secondo il Codice ( Art. 13 ).
-Se il Codice civile ne aumenta i requisiti , essa potrà cominciare solo
dal momento in cui il Codice entra in vigore ( Art. 14 ) . - Se il Codice
civile ha introdotto nuovi modi di interruzione dell'usucapione o prescri-
zione, ed ha tolto quelli ora ammessi , il tempo della usucapione o prescri-
zione che è decorso anteriormente all'attuazione del Codice, si giudicherà
secondo il diritto attuale , e quello decorso dopo , secondo il Codice (Art.
15 ) . Se il Codice civile , senza portare innovazione riguardo agli altri
requisiti della usucapione o prescrizione, allunga semplicemente il tempo
dell'una o dell' altra , tutte le usucapioni o prescrizioni che decorrono al
momento dell'attuazione del Codice , cadranno sotto il medesimo ( Art.

(*) Diritto attuale, cioè quello che va a cessare in virtù del Codice nuovo.
GABBA Retr, Leggi, v. I. 8
114 PARTE PRIMA

e di molti altri Codici moderni , che le usucapioni e le prescri-


zioni , cominciate sotto una precedente legge ora abolita , deb-

16). Se il Codice civile senza portarne innovazione agli altri requisiti della
usucapione o prescrizione , abbrevia semplicemente il termine dell'una of
dell'altra , rispetto alla usucapione o prescrizione, che è cominciata primal
dell'attuazione del Codice , ma non è ancora compiuta , spetterà a chi usu-
capisce o prescrive di scegliere se voglia far valere il diritto attuale o il
Codice ; però se sceglie quest'ultimo, non sarà computato nel termine della
usucapione o prescrizione il tempo decorso prima dell'attuazione del mede-
simo ( Art. 17 ) . -- Riguardo alle obbligazioni , non avranno alcuna appli-
cazione le disposizioni del Codice civile che trattano della origine , della
sostanza e degli effetti delle obbligazioni sopra i casi avverati prima del-
l'attuazione del Codice ( Art . 18 ) . Se il Codice civile riconosce nuove
cause di estinzione delle obbligazioni , esso troverà applicazione anche alle
obbligazioni che erano già nate prima che il Codice entrasse in vigore, in
quanto la causa colla quale è connessa l'estinzione dell'obbligazione sia sorta
dopo quel momento ( Art. 19 ) . Se il Codice civile ha abolite cause di
nullità o di impugnativa delle obbligazioni , l'obbligazione resterà nulla ed
impugnabile anche dopo l'attuazione del Codice, quando la nullità o l'impu-
gnativa derivi secondo il diritto attuale da un fatto che è accaduto prima
(Art. 20 ) . - Per le pretese alimentarie dei figli illegittimi contro il loro
padre , serviranno di norma le disposizioni del Codice , dal momento che
entra in vigore , anche quando la nascita illegittima sia accaduta prima ;
semprechè le pretese non siano già state decise , o composte mediante
transazioni o altrimenti ( Art. 21 ). La successione legittima nei casi
nei quali il defunto è morto prima dell'attuazione del Codice , sarà giu-
dicata secondo il diritto attuale , e nei casi nei quali la morte del de cujus
è seguita dopo , secondo il Codice civile ( Art. 22 ) . Relativamente alla
successione testamentaria , le ultime volontà espresse prima dell'attuazione
del Codice e i cui autori siano pur morti prima di quest'epoca , si do-
vranno giudicare secondo il diritto attuale tanto rispetto alla capacità di
agire e alla particolare capacità del de cujus di fare un atto di ultima
volontà , quanto rispetto alla forma. Invece se il de cujus ha fatto prima
di quel momento un atto di ultima volontà , ma è morto dopo, il Codice
civile darà norma per giudicare della capacità dell' onorato di acquistare
per atto di volontà , della validità intrinseca di quest'atto, e in particolare
anche dei diritti di legittima ( Art. 23 ) . — Ai patti successorii posti in
essere prima dell'attuazione del Codice si applicheranno le disposizioni
del §. 23, in quanto vale il diritto attuale pei requisiti della loro stipula-
zione ; ma quando invece il de cujus muore sol dopo quel momento , la
PROLEGOMENI 115

bano per regola generale continuare conformemente a quella


legge , il quale principio francese è concordemente condannato
dai giureconsulti moderni . - Quest' Ordinanza ha sancito altresì
per la prima volta , seguendo del pari l'insegnamento dei migliori
giureconsulti moderni , il principio che le quistioni reali pro-
priamente dette , vertenti cioè sulla sostanza e sugli effetti dei
diritti reali , devono, al pari delle questioni di stato personale ,
essere decise secondo la legge nuova , benchè le cose che ne
sono oggetto siano state acquistate sotto la legge precedente ,
purchè tali quistioni siano sorte posteriormente alla nuova legge .
- Notevole è non meno la dottrina di questa Ordinanza intorno
all'influenza della legge nuova sulle obbligazioni poste in essere
anteriormente. Nessuna legge transitoria anteriore ha regolato
questo punto in modo così chiaro e completo . Il legislatore
Sassone distingue le questioni intorno all'origine , alla sostanza
ed agli effetti di tali obbligazioni , da quelle intorno alla loro
estinzione ;rispetto alle prime riconosce l'impero della legge
precedente , le seconde invece sottopone alla legge nuova.
Dottrina codesta , che ha dei contradditori , ma che tuttavia i
moderni studi intorno alla retroattività condussero parecchi
giureconsulti ad accettare , e che il legislatore Sassone non fu
certamente temerario nello adottare , qualunque sia del resto il
nostro giudizio intorno alla medesima .

successione ereditaria pattizia si regolerà secondo il Codice civile , spe-


cialmente riguardo alla inofficiosità per violati diritti di legittima (Art. 24) .
Rispetto ai rapporti patrimoniali dei coniugi , si applicheranno le di-
sposizioni del Codice civile colle quali è stato innovato o definito con
maggior precisione il diritto dell'amministrazione o dell'usufrutto del ma-
rito sulle facoltà della moglie , dal momento in cui il Codice entra in
osservanza , anche riguardo ai matrimoni conchiusi prima ( Art. 25 ). —
Le disposizioni del Codice civile sull'obbligo di accasare i figli maschi
varranno soltanto pei matrimoni che si conchiuderanno dopo la sua at-
tuazione ( Art. 26 ). - Le prescrizioni del Codice civile sullo scioglimento
del matrimonio si applicheranno dal momento della sua attuazione anche
a riguardo ai matrimoni già prima contratti ; dopo quel momento non
potrà in particolare essere sciolto un matrimonio per motivo contemplato
nel diritto attuale , ma non più riconosciuto nel Codice ( Art. 27 ) .
116 PARTE PRIMA

Le disposizioni transitorie italiane del 1865 ( 1 ) hanno certa-


mente pregi scientifici superiori a quelli delle leggi transi-

(1 ) Riproduciamo qui per intiero i 48 articoli di cui constano queste


Disposizioni transitorie.
Coloro che secondo le leggi anteriori hanno perduto la cittadinanza , pos-
sono riacquistarla uniformandosi al disposto dell'art. 13 del nuovo Codice
civile. Alla moglie ed ai figli minori dello straniero, che acquistasse la
cittadinanza secondo le leggi anteriori, è applicabile la disposizione dell'ultimo
capoverso dell'art. 10 del nuovo Codice. Alla moglie ed ai figli minori di
colui che ha acquistato la cittadinanza in paese estero prima dell'attua-
zione del nuovo Codice, sono applicabili le disposizioni dei due capoversi
dell'art. 11 dello stesso Codice , salvo la disposizione dell' art . 12 del
Codice medesimo (art. 1 ). - Coloro che secondo le leggi anteriori sono
incorsi , indipendentemente da condanna penale , nella perdita dei godi-
menti dei diritti civili , ritenendo la qualità di suddito o cittadino , possono
riacquistare il godimento di tali diritti adempiendo entro l'anno dall'at-
tuazione del nuovo Codice alle condizioni stabilite nell' art. 13 del mede-
simo. Non adempiendo a tali condizioni nel detto termine , sono reputati
stranieri dal giorno dell'attuazione dello stesso Codice ( art. 2 ) . - Fino
alla promulgazione di un Codice penale per tutte le provincie del Regno ,
la condanna alla pena di morte , dell'ergastolo dei lavori forzati a vita
traggono seco la perdita dei diritti politici , della potestà patria e maritale,
e la interdizione legale al condannato . L'interdizione legale toglie al con-
dannato la capacità di amministrare i suoi beni , di alienarli , ipotecarli o
disporre altrimenti che per testamento. Al condannato interdetto legalmente
è nominato un tutore per rappresentarlo ad amministrare i suoi beni nel
modo stabilito dal nuovo Codice per gl'interdetti giudizialmente. Le di-
sposizioni riguardanti i beni degli interdetti giudizialmente sono applicabili
ai beni del condannato interdetto legalmente ; a questo non può essere
assegnato che un tenue sussidio a titolo di alimenti . L'amnistia , l'indulto,
la grazia che condona o cominuta la pena , fa cessare l'interdizione legale
del condannato , ammessochè la commutazione abbia luogo in altra pena
alla quale sia congiunta per legge l'interdizione medesima ( art. 3 ).
La condizione di coloro che per effetto di condanne penali pronunziate
prima dell'attuazione del nuovo Codice sono incorsi nella perdita del go-
dimento o dell'esercizio dei diritti civili , continua ad essere regolata dalle
leggi anteriori ; ma le incapacità civili non più ammesse dall'articolo pre-
cedente cessano di diritto dal giorno dell'attuazione del detto Codice (art . 4 ).
- Gli eredi presunti che avessero ottenuta l'immissione nel possesso
temporaneo dei beni dell'assente , o quelli che avessero diritto di esservi
PROLEGOMENI 117

torie che erano state emanate prima in differenti province del


Regno . Noi vi troviamo per es. più completa , e quasi sempre

associati o preferiti secondo le leggi anteriori , hanno gli stessi diritti che
loro competerebbero se l'assenza fosse stata dichiarata dopo l'attuazione
del nuovo Codice . Essi non hanno però i diritti attribuiti dallo stesso Co-
dice sui frutti dei beni dell'assente , se non dal giorno dell'attuazione del
medesimo ( art. 5 ) . -- Le disposizioni degli articoli 189 , 190 e della
prima parte dell'art . 193 del nuovo Codice non sono applicabili ai figli
nati o concepiti prima della sua attuazione , sono ai medesimi applicabili
le disposizioni delle leggi anteriori ( art . 7 ). Le cause di opposizione
-
al matrimonio , di nullità del medesimo , o di separazione dei coniugi ,
che fossero pendenti davanti le autorità ecclesiastiche al giorno dell'attua-
zione del nuovo Codice , saranno portate per cura della parte più diligente
davanti il tribunale civile del luogo in cui si agita il giudizio . Se la causa
già si agitasse in secondo od ultimo grado , e ci fosse una sentenza non
ancora passata in giudicato , la causa sarà proseguita e la sentenza potrà
essere impugnata davanti la Corte d'Appello del luogo in cui fu promosso
il giudizio (art. 6) . w —
w w w .ican I procedimenti di adozione già iniziati al giorno della
attuazione del nuovo Codice , saranno continuati davanti la Corte d'appello
secondo le norme stabilite nel Codice medesimo ( art. 8 ) . - I figli di
famiglia che al giorno dell'attuazione del nuovo Codice avessero compiuto
gli anni ventuno , od avessero contratto matrimonio , sono sciolti dalla
patria podestà. Quelli che al detto giorno non hanno compiuto gli anni
ventuno , e non trovansi nello stato di legale o volontaria emancipazione ,
sono soggetti alla patria podestà , o alla tutela giusta le disposizioni dello
stesso Codice ( art. 9) . - L'usufrutto legale già spettante ai genitori sui
beni dei loro figli , che non siano legalmente o volontariamente emancipati ,
è conservato e spetta ai medesimi a norma del nuovo Codice. Ove l'usu-
frutto competesse ai genitori anche dopo la maggiore età o l'emancipazione
dei figli , è loro conservato pel tempo che rimane a decorrere secondo
le leggi anteriori ; quando però tale tempo eccedesse il termine di un
anno dall'attuazione del detto Codice , l'usufrutto cesserà allo scadere
dello stesso anno . L'usufrutto legale spettante agli altri ascendenti secondo
le leggi anteriori cessa coll' attuazione del nuovo Codice , e spetta ai ge-
nitori , se ve ne sono, a norma delle disposizioni in esso contenute (Arti-
colo 10 ). - Se giusta le leggi anteriori l'usufrutto è cessato per l'età di
anni diciotto del figlio , senza che questo sia legalmente o volontariamente
emancipato , i genitori lo riacquistano coll'attuazione del nuovo Codice
-
per il tempo e secondo le regole stabilite nel medesimo ( art. 11 ).
Coloro che a norma delle leggi anteriori avessero assunto una tutela , con-
118 PARTE PRIMA

conforme ai migliori suggerimenti della scienza la parte che


risguarda lo stato personale. - Rispetto alle donazioni noi vi

tinuano ad esercitarla. Nei casi in cui il nuovo Codice attribuisse ad un


ascendente o al coniuge la tutela , se questa è esercitata da un'altra per-
sona , o quando più siano i tutori secondo le altre leggi , il consiglio di
famiglia da radunarsi giusta l'art. 14 del presente decreto delibererà chi
debba preferirsi nella tutela , salvo richiamo al tribunale civile ( art. 12) .
- I protutori nominati secondo le leggi anteriori continuano nell'esercizio
delle loro funzioni . Il tutore surrogato ed il tutore onorario sono conside-
rati come protutori. Ove più siano i tutori onorari , si provvederà a norma
del capoverso dell' articolo precedente. Quando secondo le leggi anteriori.
non vi fosse l'ufficio di protutore , il consiglio di famiglia nominerà un
protutore ( art. 13 ) . - Anche per la tutela già esposta al giorno dell'at-
tuazione del nuovo Codice è costituito un consiglio di famiglia permanente
giusta le disposizioni del medesimo . Sono obbligati a chiedere la convo-
cazione di tale consiglio, entro tre mesi dall'attuazione dello stesso Codice,
i tutori , i protutori e le altre persone indicate nell' art . 250 del Codice
medesimo , sotto le pene in esso stabilite. La convocazione può anche
ordinarsi d'ufficio dal pretore , o sull'istanza del pubblico ministero o del
sindaco del comune ( art. 14 ). - Le cauzioni avute sui tutori e le ipo-
teche competenti sui loro beni secondo le leggi anteriori continuano a
sussistere , salvo ciò che è stabilito negli articoli 37 , 38 , 39 , 40 e 41 ,
finchè l'anzidetto consiglio di famiglia non abbia provveduto giusta le
disposizioni dell'art . 292 del nuovo Codice civile e non siansi eseguiti i
dati provvedimenti . Il consiglio di famiglia delibererà in proposito nella
sua prima adunanza . Lo stesso ha luogo nel caso in cui l tutore non
avesse avuto cauzione o questa non fosse obbligatoria secondo le leggi
---
anteriori ( art 15 ). Le disposizioni contenute nei precedenti articoli
si osserveranno anche nella tutela dei minori indicati negli articoli 261 e
262 del nuovo Codice , in quanto possono avere applicazione ( art . 16 ) .
- I minori che al giorno dell'attuazione del nuovo Codice siano eman-
cipati od abilitati , od abbiano contratto matrimonio, saranno soggetti alle
disposizioni da esso stabilite per gli emancipati ( art. 17 ) . Le interdi-
zioni , le inabilitazioni e qualsiasi deputazione di tutore , curatore o con-
sulente giudiziario , pronunziate dalle autorità giudiziarie secondo le leggi
anteriori , continuano ad avere il loro effetto finchè non siasi altrimenti
provveduto dall'autorità giudiziaria , sull'istanza di qualunque interessato
o del pubblico ministero , a norma delle disposizioni stabilite nel nuovo
Codice. Riguardo però alla capacità di disporre per testamento
si osserveranno le disposizioni dello stesso Codice ( art. 18 ) . — I
PROLEGOMENI 119

troviamo risoluta per la prima volta la quistione della legge


che deve regolarne la collazione , stabilendosi che vi si debba

consigli di famiglia e di tutela , i tutori , i protutori , i curatori e


gli altri, amministratori accennati nei precedenti articoli , devono uni-
formars alle disposizioni del nuovo Codice nell'esercizio delle funzioni
loro affidate dal giorno della sua attuazione ( art. 19 ) . Le piazze di
speziale e di farmacista , per le quali non sono ancora stabilite le norme
di liquidazione giusta l'ultimo capoverso dell'art. 1 della legge Sarda 3
maggio 1857 n. 2185 , continuano come beni ad essere regolate dalle leggi
anteriori , salvo ciò che è stabilito riguardo ai privilegi e alle ipoteche
inerenti alle dette piazze dagli art. 37 , 38 , 39 , 40 e 41 del presente de-
creto ( art. 20) . - Le servitù continue non apparenti e le servitù discon-
tinue, sieno , o non sieno apparenti , le quali al giorno dell'attuazione del
nuovo Codice sono state acquistate col possesso secondo le leggi anteriori ,
sono conservate ( art. 21 ) . Le disposizioni del nuovo Codice contenute
nel titolo Delle successioni sono anche applicabili alle femmine già dotate
o maritate ed ai loro discendenti , e saranno prive di effetto le rinunzie
che abbiano fatte nell'atto dotale od altrimenti in conformità delle leggi
anteriori , tanto se queste escludano le femmine dalla successione, quanto
se le ammettano coi maschi . Le dette disposizioni sono pure applicabili
ai professi religiosi , non ostante le rinunzie fatte dai medesimi giusta le
leggi anteriori . Le stesse disposizioni sono anche applicabili alle successioni
tra ascendenti e discendenti legittimati , non ostante qualunque rinunzia
o clausola contraria espressa nell'atto o decreto di legittimazione ( art. 22).
I testamenti per atto privato o stragiudiziale fatti a norma delle leggi
anteriori , prima dell'attuazione del nuovo Codice , non produrranno alcun
effetto se non sono scritti , datati e sottoscritti di mano del testatore, ove
la successione si apra dopo decorsi due mesi dalla detta attuazione
( art. 23 ). - I fedecommessi , i maggioraschi , e le altre sostituzioni fede-
commesssarie ordinate secondo le leggi anteriori sono sciolti dal giorno
dell'attuazione del nuovo Codice. La proprietà della metà dei beni è at-
tribuita al possessore nel giorno 1 ° gennaio 1866 , e la proprietà dell'altra
metà è riservata al primo o ai primi chiamati nati o concepiti al detto
giorno , salvo l'usufrutto al possessore. La divisione dei beni può essere
promossa tanto dai possessori , quanto dai primi chiamati . Nei maggio-
raschi e fedecommessi dotati in tutto o in parte dallo Stato , la nuda pro-
prietà della metà riservata al primo chiamato , se questo non esiste al
1° gennaio 1866 , o di una quota proporzionale al concorso dello Stato
nella dotazione , è devoluta al patrimonio dello Stato ( art. 24 ) . - Allo
adempimento degli obblighi e dei pesi inerenti al fedecommesso o mag-
120 PARTE PRIMA

applicare la legge nuova ; opinione questa , che ha molti fautori ,


-
e che non si può quindi ritenere infondata . Anche la que-

giorasco sono tenuti i possessori anzidetti , e dopo la loro morte per una
metà i loro eredi e per l'altra metà i primi chiamati , compreso lo Stato
nel caso espresso nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente ( art. 25).
- Le disposizioni del nuovo Codice relative al benefizio d'inventario
sono anche applicabili alle successioni aperte prima dell'attuazione del
medesimo , quando l'erede secondo le leggi anteriori sia ancora in diritto
di accettare col detto benefizio (art. 26 ). - Tutte le donazioni ricevute
perfette prima dell'attuazione del nuovo Codice sono regolate dalle leggi
anteriori , anche in ciò che riguarda la revocabilità , la risoluzione o la
riduzione di esse . Se la quota legittima fissata dal nuovo Codice è minore
di quella stabilita dalle leggi anteriori , la riduzione ha soltanto luogo a
norma dello stesso Codice ( art 27 ) . Le donazioni fatte ai discendenti
prima dell'attuazione del nuovo Codice sono soggette a collazione secondo
le norme in esso stabilite. Le persone indicate nell'art. 22 del presente
decreto anche devono conferire ciò che hanno ricevuto in occasione delle
loro rinunzie ( art. 28 ) . Le rendite , le prestazioni e tutti gli oneri
gravanti beni immobili a titolo di enfiteusi , subenfiteusi , censo, alberga-
mento od altro simile , costituite sotto le leggi anteriori , sono regolate
dalle leggi medesime . Il dominio utile dei beni enfiteutici si devolverà
però giusta le norme di successione si legittima come testamentaria sta-
bilite nel nuovo Codice , senza riguardo alle vocazioni in favore di un
determinato ordine di persone contenute negli atti d'enfiteusi ( art. 29) . —
È fatta facoltà agli enfiteuti o debitori di rendite semplici o fondiarie
costituite sotto le leggi anteriori di redimere il fondo o riscattare la ren-
dita giusta le norme rispettivamente stabilite negli articoli 1564 e 1784
del nuovo Codice , non ostante qualunque patto in contrario , e salve le
originarie convenzioni di affrancazione o riscatto più favorevoli agli enfi-
teuti o debitori ( art. 30 ) . Per determinare il capitale e la quota di
audemio da pagarsi per l'affrancazione secondo l'articolo precedente ,
sono reputate perpetue : 1 ° le concessioni dichiarate perpetue nei modi
e nei documenti che ne tengono luogo ; 2° le concessioni delle quali non
sia espressa la dovuta ; 3° le concessioni a cui riguardo si sia riconosciuta
o si possa riconoscere obbligatoria per consuetudine od altrimenti , le
indeterminate innovazioni dell' investitura ; 4° le concessioni fatte a favore
di una famiglia , linea o discendenza in infinito e senza limiti di grado o
di generazioni ; 5 le concessioni che dovessero ancora divenire per cento
o più anni dall'attuazione del nuovo Codice. La concessione si presume
sempre perpetua , salvo consti il contrario dal titolo definitivo ( art . 31 ) .
PROLEGOMENI 121

stione, come si debba fare la riduzione delle donazioni anteriori


nel caso che la quota fissata dal nuovo Codice sia minore di

Le disposizioni dei tre articoli precedenti si applicano anche alle enfi-


teusi già rese affrancabili da leggi anteriori al presente decreto . Nulla
però è innovato alle norme stabilite dalle dette leggi per l'affrancazione
delle enfiteusi di cui spetti il dominio diretto ad un corpo morale, in quanto
riguarda : 1º i modi di pagamento più favorevoli agli utilisti ; 2º i criterii
stabiliti per determinare se un'enfiteusi sia perpetua o temporanea . La
facoltà di consolidare l'utile col diretto dominio , spettante al direttario
giusta le precedenti leggi di affrancazione , non può più esercitarsi dopo
l'attuazione del nuovo Codice , se la domanda non fu proposta prima se-
condo le stesse leggi ( art. 32 ) . - Gli articoli 1932 e 1942 del nuovo
Codice non sono applicabili agli atti che hanno acquistato data certa , ed
alle sentenze pronunziate prima dell'attuazione dello stesso Codice . Gli
effetti di tali atti e sentenze sono regolati dalle leggi anteriori , salvo ciò
che è stabilito nei due articoli seguenti . Ove le leggi anteriori stabilissero
per l'efficacia della traslazione riguardo ai terzi una formalità diversa dalla
trascrizione , e tale formalità non fosse eseguita al giorno dell'attuazione
del nuovo Codice , si deve al detto effetto far eseguire la trascrizione a
norma del Codice medesimo ( art. 33 ) . Se giusta le leggi anteriori la
rivocazione , rescissione o risoluzione dell'atto producesse effetto soltanto
riguardo ai terzi che avessero acquistato diritti sull'immobile dopo la
domanda giudiziale , indipendentemente dalla trascrizione di essa , questa
deve a tale effetto trascriversi entro un mese dal giorno in cui viene
proposta. Ove la domanda fosse stata proposta prima dell'attuazione del
nuovo Codice , ma non fosse ancora pronunziata la sentenza che dichiara
la rivocazione , rescissione o risoluzione , basta al detto effetto che sia
trascritta le sentenza entro un mese dal giorno in cui sarà passata in giu-
dicato ( art. 34 ). Il venditore , il cui privilegio , o la cui ipoteca fosse
estinta al giorno dell'attuazione del nuovo Codice, può conservare , riguardo
ai terzi , l'azione di ripetizione che gli competesse secondo le leggi ante-
riori , facendo iscrivere tale azione entro sei mesi dall'attuazione del Codice
medesimo (art. 35 ) . - I privilegi , le ipoteche e le prenotazioni compe-
tenti , giusta le leggi anteriori , sono conservati in conformità della mede-
sima , osservate però le disposizioni stabilite in appresso ( art. 36 ) . - I
privilegi e le ipoteche che secondo le leggi anteriori fossero efficaci riguardo
ai terzi ancorchè non iscritte , o per la cui iscrizione competesse ancora
giusta le stesse leggi un termine utile che eccedesse l'anno dal giorno
dell'attuazione del nuovo Codice , devono essere iscritti entro il detto anno
per conservare il loro grado. Quando il termine utile per l'iscrizione non
122 PARTE PRIMA

quella fissata dalle leggi anteriori , è risoluta , e rettamente ,


col disporre che il nuovo Codice debba di preferenza essere

decorresse giusta le leggi anteriori nel rapporto del terzo acquirente e dei
suoi aventi causa , se non dal giorno della trascrizione del titolo di acquisto ,
della voltura o di simile formalità nei pubblici registri , il privilegio e la
ipoteca devono inscriversi entro un mese dall'attuazione del nuovo Codice
per conservare i loro effetti secondo le leggi anteriori . Le prenotazioni
concesse sotto le leggi anteriori e non iscritte prima dell'attuazione del
nuovo Codice , non hanno effetto se non sono iscritte nei dieci giorni
dalla detta attuazione ( art. 37 ) . - I privilegi e le ipoteche si generali
come speciali , e le prenotazioni competenti giusta le leggi anteriori , e non
iscritti al giorno dell'attuazione del nuovo Codice , si devono iscrivere
nelle forme e colle indicazioni stabilite dallo stesso Codice. I privilegi e
le ipoteche che secondo le dette leggi furono iscritti senza denominazione
di una somma di denaro , o senza specifica designazione degli immobili ,
devono essere nuovamente iscritti colle indicazioni stabilite dal nuovo Co-
dice entro un biennio dall'attuazione del medesimo per conservare il loro
grado. Se al giorno dell'attuazione del nuovo Codice gli immobili appa-
riscono nei libri censuari passati agli eredi o ad altri aventi causa del
debitore , i privilegi , le ipoteche e le prenotazioni , che non siano iscritti
contro i detti possessori , devono essere nuovamente iscritti anche contro
questi ultimi, giusta l'art. 2006 dello stesso Codice , entro un biennio dal-
l'attuazione del medesimo , per conservare il loro grado . Questa disposi-
zione non si applica alle provincie toscane ( art. 38 ) . - I privilegi e le
ipoteche indicate nell'articolo 37, come pure i privilegi , le ipoteche e le
prenotazioni indicate nei due capoversi dell'art. 38, che non siano iscritti
nelle forme e nei termini in essi stabiliti , non hanno effetto e non pren-
dono grado che dall'iscrizione fatta giusta il nuovo Codice ( art. 39). -
Le nuove iscrizioni dei privilegi e delle poteche indicate nei due capo-
versi dell'art. 38 , saranno eseguite senza pagamento di tassa e spese di
carta bollata. Le disposizioni del nuovo Codice relativamente alle persone
cui incombe l'obbligo d'eseguire le iscrizioni , sono applicabili alle stesse
persone , eccettuati i cancellieri e i notai anche per le nuove iscrizioni
anzidette ( art. 40 ) . Le rinnovazioni delle iscrizioni prese prima della
attuazione del nuovo Codice , devono farsi nelle forme stabilite in esso, e
colle indicazioni espresse negli articoli 1987 e 2006 dello stesso Codice
( art. 41 ). I privilegi e le ipoteche competenti secondo le leggi ante-
riori possono essere ridotte nei casi e per le cause espresse nel nuovo
Codice. La riduzione e la cancellazione dei privilegi e delle ipoteche è
sempre fatta nelle forme stabilite dallo stesso Codice ( art. 42 ) . Il diritto
PROLEGOMENI 123

applicato. - Savia è la disposizione che nei fedecommessi

disciolti , e costituiti intieramente da privati , una metà dei beni


spetti al possessore nel giorno dell'attuazione del nuovo Codice ,
e una metà al primo o primi chiamati , nati o concepiti in quel
giorno. Nell'argomento poi della prescrizione, se il legislatore
Italiano non ebbe al pari del Sassone del 1862 , il coraggio di

o benefizio di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede, com-


petente a norma delle leggi anteriori , potrà esercitarsi anche dopo l'attua
zione del nuovo Codice , adempiendo alle formalità da esso volute , sem-
prechè non sia decorso il termine stabilito dalle dette leggi per esercitarlo
(art. 43 ). --- Gli atti fatti giusta le leggi anteriori nei giudizi di purgazione
o di spropriazione forzata , che saranno pendenti al giorno dell'attuazione
del nuovo Codice , sono regolati dalle stesse leggi , sia per gli effetti che
possono produrre , sia pei termini che si trovassero in corso al giorno
anzidetto ( art. 44 ) . - Quando secondo le leggi anteriori non fosse neces-
saria la trascrizione del titolo o l'iscrizione dell'ipoteca legale a favore della
massa dei creditori nelle proporzioni , o del precetto di pagare o dell'asta
di pignoramente nelle spropriazioni , si deve trascrivere il titolo , il pre-
cetto o l'atto di pignoramento degli immobili , od iscrivere l'ipoteca legale
nei 4 mesi dall'attuazione del nuovo Codice. Ove però sia stata prunun-
ciata una sentenza che secondo le dette leggi debba essere trascritta , si
trascriverà la sentenza medesima ( art. 45 ). - L'arresto personale ac-
cordato in materia civile , prima dell'attuazione del nuovo Codice , non
può aver luogo se non nei casi , nei quali è permesso dal Codice stesso.
Ai debitori già arrestati sono altresì applicabili tutti i benefizi del nuovo
Codice. Il minor termine da questo fissato per la durata si computa in
ogni caso dal giorno del seguito arresto ( art . 46 ). -- Le prescrizioni co-
minciate prima dell'attuazione del nuovo Codice sono regolate dalle leggi
anteriori . Nondimeno le prescrizioni cominciate prima della detta attua-
zione e per le quali , secondo le leggi anteriori , si richiederebbe ancora
un tempo maggiore di quello fissato dal nuovo Codice , si compiono col
decorso del tempo fissato in esso , computabile dal giorno dell'attuazione
del medesimo ( art. 47 ) . Nelle materie che formano soggetto del nuovo
Codice , cessano di aver forza dal giorno dell'attuazione del medesimo
tutte le altre leggi generali o speciali , come pure gli usi e le consuetu-
dini , a cui il Codice stesso espressamente non si riferisca . Continuano ad
aver forza le disposizioni vigenti nelle diverse provincie del regno, riguar-
danti i modi di conservare gli atti sì pubblici come privati , e gli uffiziali
autorizzati a rilasciarne le copie ( art. 48 ).
124 PARTE PRIMA

emanciparsi totalmente dall'erroneo principio francese , segui


però almeno in parte i suggerimenti della giurisprudenza mo-
derna , col disporre che le prescrizioni cominciate prima del-
l'attuazione del nuovo Codice , e per le quali secondo le leggi
anteriori si richiederebbe ancora un tempo maggiore di quello
voluta da quel Codice , si debbano ritenere compiute col decorso
del tempo stabilito , dalla nuova legislazione , computabile dal
giorno dell'attuazione del medesimo.

§ 6.

Conchiusione.

Dalle notizie che noi abbiamo date nei precedenti paragrafi


intorno allo svolgimento del gius transitorio nella legislazione
romana e canonica e nelle principali legislazioni moderne , e
dai confronti che abbiamo fatti fra queste legislazioni , emergono
conchiusioni di molta importanza .
Anche in questa parte del diritto come in tutte le altre , i
concetti dei legislatori si sono venuti determinando sempre più
col progredire della civiltà. Codesta determinazione consistette
precisamente in ciò che dal volgare e vago dettato che le leggi
non debbano retroagire, andò svolgendosi , é diventò finalmente
persuasione generale il principio che la vera ragione e il
༣༩ སྙ་༢,༤༤
vero limite della retroattività delle leggi consistono unicamente.
M
nel rispetto dei diritti acquisiti » .
Nell'applicazione però di questo fondamentale principio le
legislazioni moderne , non trovando una sufficiente guida nel
Diritto Romano , furono sulle prime molto discordi , e questa
discordia si fece più grande , ogni qualvolta alcuni legislatori ,
invece di seguire imparzialmente i dettami della ragione e della
giustizia , si lasciarono dominare da odio del passato , e da
politici risentimenti .
Oggidi non poche parti della Giurisprudenza transitoria sono
uniformemente regolate dai legislatori con principii diventati
PROLEGOMENI 125

inconcussi . Il numero di questi principii è anche maggiore al


fir
presente di quello che fosse soltanto al cominciare di questo
secolo.
Tutti i suindicati progressi , che ci presenta la storia delle
leggi transitorie , non ebbero in altro la loro cagione , che in
corrispondenti fatti nel campo della dottrina . La teoria della
retroattività , appena toccata nelle fonti romane , si svolse pro-
gressivamente nei tempi moderni col progredire della filosofia ,
e delle applicazioni di questa alla compilazione ed alla riforma
delle leggi .
Se quindi le legislazioni odierne presentano ancora nella
materia transitoria gravi lacune , gli è dalle indagini teoriche
soltanto che se ne può aspettare il rimedio . Che se molto
rimane da farsi onde perfezionare la teoria della retroattività ,
i frutti però che si ebbero dagli studi dei nostri predecessori ,
ci devono incoraggiare a sperarne degli altri , e ad adoperarci
per conseguirli .

CAPITOLO XI

Fonti de ' principii intorno alla retroattività delle leggi .

La storia del principio della non retroattività delle leggi ci fa


comprendere quali sieno i caratteri che distinguono questa parte
della giurisprudenza dalle altre , o per qual via si debbano rin-
tracciare i principii di cui ella si compone. Siccome nel Diritto
Romano non esisteva una teoria della retroattività , la quale pure
potesse diventare diritto comune dei popoli moderni , siccome i
giureconsulti si accinsero soltanto in tempi a noi vicini a svol-
gere , o per meglio dire , a costituire quella teoria , e soltanto
sopra alcuni argomenti riuscirono finora a fare accettare uni-
versalmente certe massime, cosi chiaro riesce che la teoria della
126 PARTE PRIMA

retroattività delle leggi , a differenza dalle altre parti della giu-


risprudenza , deve , come insegna il Savigny ( p . 402 ) , essere
desunta principalmente dalla natura delle cose, secondo i dettami
della retta ragione. Nelle altre parti della giurisprudenza lo
studioso ha un punto di partenza , una base fissa , o nel Diritto
Romano , o in certi principii di diritto accettati da tutti o da
quasi tutti i popoli appartenenti a questa o a quella famiglia o
fase di civiltà , quali sono p . es . certi principii del Diritto ger-
manico , o del Codice Napoleone ; in questa invece , il Diritto
Romano non offre allo studioso che poche massime , e in gran
parte affatto positive ; le legislazioni moderne non gli additano
che poche regole generali , nelle quali tutte si accordano, mentre
nel dedurne le conseguenze , come anche nel determinarne i
limiti e le eccezioni , sono ben lontane dallo accordarsi . Tutte
le legislazioni p . es. statuiscono che i diritti acquisiti non si
possano violare da una legge nuova , che le leggi sullo stato
personale si applichino immediatamente , che i contratti si deb-
bano sempre regolare secondo la legge del tempo in cui vennero
conchiusi ; ma poi alcune di esse eccettuano dall'impero della
legge nuova certe vantaggiose condizioni personali già acquistate ,
che altre non rispettano , alcune limitano l'applicazione della
legge , sotto cui il contratto venne conchiuso , ai veri e proprii
effetti del contratto , sottraendone invece le così dette conse-
guenze , altre non fanno questa distinzione. Ed è appunto a
cagione di questa incertezza di opinioni , che le disposizioni
transitorie , per la massima parte, finora non vennero in nessuno
Stato incorporate nel Codice civile o penale come principii
inconcussi , ma furono emanate o di volta in volta in occasione
di modificazioni di questa o quella legge speciale , oppure in
apposite Ordinanze transitorie relative ad un intiero Codice ,
nelle quali disposizioni ed Ordinanze poi i legislatori sogliono
essere guidati, oltrechè da scientifici principii , anche da riguardi
di convenienza e di opportunità , momentanei e passeggieri .
In tale condizione di cose , chi volesse negare che il libero
ragionamento sia la fonte principale di una teoria della retro-
attività delle leggi , dovrebbe ritenere che di altre fonti più
PROLEGOMENI 127

sicure si potesse far uso , cioè della consuetudine e dell'autorità


de' concordi giudicati , del che appunto noi non potremmo
convenire. Come si può infatti parlare di consuetudine nel gius
transitorio , mentre le occasioni di considerarne e risolverne i
problemi , sono di loro natura poco frequenti , e di poca durata ?
Oltredichè , le quistioni transitorie sono troppo elevate, perchè
il buon senso del popolo possa convenientemente risolverle ;
esse non sorgono neppure dove il diritto non sia stato formulato
e consegnato in leggi per opera dei filosofi , e non sia diventato
esso medesimo una scienza . Rispetto alla auctoritas rerum
similiter judicatarum , noi ammettiamo che la si possa adoperare
utilmente nel costruire una teoria della retroattività delle leggi ,
neghiamo soltanto che sia fonte principale della medesima .
Invero , se altrimenti fosse , come si spiegherebbe il fatto della
discordanza delle leggi transitorie su tanti argomenti ? Questa
discordanza delle leggi , oltre all'ingenerare essa medesima ,
presuppone in parte altresi discordanza fra le giurisprudenze di
Stati aventi pure identiche istituzioni di diritto privato , e ciò è
vero, e risulterà provato nel corso di quest'opera , sia rispetto
al modo in cui fu applicato alle quistioni transitorie il Diritto
Romano , sia rispetto al modo in cui vi fu applicato il Codice
Napoleone ne' molti Stati moderni che lo adottarono .
Abbiamo detto che principalmente dalla retta ragione , cioè
mediante l'uso della medesima , si ottiene una teoria della
retroattività delle leggi . Ora aggiungiamo a quella proposizione ,
onde completare il nostro concetto , che , se non principalmente ,
secondariamente , o per meglio dire parzialmente , quella teoria
si deve desumere altresi dalla auctoritas rerum similiter judi-
catarum , in quegli argomenti , nei quali le giurisprudenze dei
moderni popoli civili , aventi comunione di istituti giuridici , si
siano accordate.
Tali sono a nostro avviso l'indole e le fonti della teoria che
noi dobbiamo svolgere . Chiunque abbia studiate le principali
opere intorno alla retroattività delle leggi , si sarà accorto di
leggieri che intorno alla natura di questo tema e al modo di
trattarlo non dominarono mai idee differenti da quelle che noi
128 PARTE PRIMA

abbiamo esposte . Quasi tutti gli scrittori di diritto transitorio.


per adoperare le parole di Blondeau ( p. 278) , hanno compreso
che in tali quistioni , nella deficienza di disposizioni legislative,
il Giudice deve prendere per norma le stesse considerazioni che
potrebbero determinare il legislatore. E veramente tutto è detto.
intorno all'indole de' nostri studi , affermando che in essi , a
differenza da tutte le altre discussioni giurisprudenziali , il giu-
reconsulto deve il più delle volte porre anzitutto i principii e
poscia applicarli , surrogarsi per un istante al legislatore , per
riprendere dopo il più modesto suo ufficio .
Pochi scrittori , fra i quali l'acuto e dotto Bergmann , invece
di costruire liberamente la teoria del diritto transitorio , si
sforzarono di desumerla dalle legislazioni positive , scarse e
incomplete come sono su tale argomento. Il Bergmann in par-
ticolare si è immaginato che altra sia la teoria della retroattività
secondo il diritto romano, altra secondo il diritto francese , ed
ha adoperata tutta l'acutezza del suo ingegno per dedurre
generali principii dalle poche e sparse leggi transitorie romane
è francesi. Ma come mai ha egli potuto supporre che , ad onta
di tanta scarsità di precetti , esistesse cionondimeno un completo
sistema di idee nella mente di quei legislatori ? E come mai ,
aggiungendo tanto del proprio al contenuto di quelle leggi ,
egli non si è accorto di farla piuttosto da legislatore che da
interprete ? Quand' anche del resto la teoria della retroattività
si debba costituire in occasione della interpretazione di un
Codice positivo , noi crediamo che fino a tanto che la scienza
non abbia reso possibili legislazioni complete sulle questioni
transitorie , l'ufficio dell' interprete non sia in gran parte diffe-
rente da quello dello scienziato , e che ogni legislatore , in questa
come in qualunque altra materia , benchè nol dica , intenda però
ciò che il Codice civile austriaco ( § 7 ) e il Codice civile italiano
( Tit. prelim. art. 3) espressamente dichiarano, che cioè , allor-
quando nè colla interpretazione diretta , nè mediante l'interpre-
tazione analogica si possa chiarire l'intenzione del legislatore ,
debbasi risolvere la questione ricorrendo ai principii generali
del diritto .
PROLEGOMENI 129

CAPITOLO XII

Difficoltà di una teoria

intorno alla retroattività delle leggi .

La teoria della retroattività presenta gravi difficoltà , nascenti


principalmente da due cagioni , cioè : A ) dall'indole complessa
di molti istituti giuridici , B ) dalla indeterminatezza del signifi-
cato di molte espressioni tecniche , adoperate dalle leggi e dalla
giurisprudenza .
A ) Molti istituti giuridici attengono in pari tempo a differenti
ordini di principii ; ora il non perder di vista nessuna di tali
attinenze non è sempre cosa facile ; il prescegliere poi fra le
medesime la principale , onde fissare il punto di vista dal quale
l'istituto medesimo debba essere considerato , è sovente cosa
meno facile ancora. Ma se il giureconsulto erra nell'un senso o
nell'altro , verrà certamente a principii o troppo generali o af-
fatto sbagliati. Prendiamo ad esempio l'eredità e il matrimonio .
È principio comunemente insegnato dagli scrittori di gius
transitorio , che l'eredità è regolata dalla legge vigente nel
tempo in cui ella viene ad aprirsi , e ciò pel motivo che l'eredità
di una persona è quella soltanto che si apre al momento della
sua morte. In pari tempo si ammette generalmente che se il
de cujus fece durante la sua vita una donazione inter vivos ,
l'inofficiosità e la riducibilità di questa debbansi regolare secondo
la legge del tempo in cui quella donazione fu fatta. Or bene
questo secondo principio non è evidentemente una limitazione.
del primo ? E il primo non appare per conseguenza essere troppo
generale ? Ma questa soverchia generalità si comprende anche a
prima giunta ove si rifletta all'occasione di tale principio . Del-
l'eredità di una persona , si dice , non si può parlare prima
GABBA Retr. Leggi. v. I. 9
130 PARTE PRIMA

che sia morta , e ciò è vero , ma è vero soltanto nel senso che
per titolo ereditario nulla si possa avere da chicchessia dei beni
di un defunto , prima di quell'epoca . Non è egualmente vero
invece , che le disposizioni tra vivi , limitate dalla legge a favore
del diritto ereditario dei successori presuntivi del disponente,
debbano perciò essere parificate alle trasmissioni ereditarie , ed
essere quindi sottoposte alla medesima legge da cui queste sono
regolate. Imperocchè, ad onta di tali limitazioni , le disposizioni
suddette non perdono il carattere di alienazioni tra vivi , e non
concernono l'eredità che indirettamente. Adunque il principio
in discorso è troppo generale, e vuol essere meglio determinato
col dire l'eredità di una persona è quella soltanto che si apre
alla morte della medesima , e devesi regolare secondo le leggi
vigenti in quel tempo rispetto a tutti coloro i quali acquistino
qualche cosa dal de cujus a titolo ereditario » . Ma se quella
formola poco precisa è stata ciò nondimeno adottata da molti
scrittori , ciò vuol dire che il connettere all'idea di eredità quella
di disposizioni tra vivi , indirettamente, influenti sulla eredità ,
è una associazione di idee che sulle prime può facilmente
sfuggire.
Quale influenza debba avere una legislazione matrimoniale.
sui matrimoni precedentemente contratti , è quistione variamente
risoluta dai giureconsulti . Alcuni opinano che i nuovi principii
di gius matrimoniale , p . es . l'abolizione o l'introduzione del
divorzio , si applichino eziandio ai matrimoni anteriori , altri

pensano invece che gli effetti di questo contratto non possano


essere regolati che dalla legge sotto la quale venne costituito.
Evidentemente la soluzione di questa quistione dipende dal
concetto che si abbia della vera natura del rapporto matrimo-
niale . Chi lo consideri come un rapporto contrattuale , deve
opinare nel secondo modo ; chi invece ritenga essere il carattere.
contrattuale del matrimonio meno importante della sua attinenza
collo stato personale dei cittadini , deve risolvere la quistione
nel primo modo. Ma può facilmente accadere che uno sia colpito
prima dalla circostanza che il rapporto coniugale emana da un
contratto , oppure dalle attinenze del medesimo colle leggi sullo
PROLEGOMENI 131

stato personale , e sciolga la quistione senza ricercare se per


avventura essa non presenti un altro lato.
B ) Non poche espressioni , delle quali conviene far uso nella
teoria della retroattività delle leggi , non hanno un preciso
significato, cioè il significato delle medesime non venne concor-
demente stabilito dai giureconsulti. Ciò accade di preferenza
rispetto a termini , i quali non esprimono fatti o rapporti giu-
ridici di una specie determinata. Accade p . es. di dover porre
principii speciali rispetto alle così dette facoltà di legge , con-
trapposte ai veri e proprii diritti quesiti . Ma che cosa s'intende
per facoltà di legge , considerata da questo punto di vista ?
Nella maggior parte dei trattati di giurisprudenza transitoria
non si trova fatta questa domanda generale, limitandosi i giu-
reconsulti ad analizzare e svolgere nelle loro conseguenze le
singole facoltà accordate dalle leggi positive. Infatti taluni con-
siderano come semplice facoltà , e non diritto, qualunque facoltà
data dalla legge di conseguire una cosa ponendo in essere un
dato fatto, e quindi opinano che quando questo fatto non siasi
ancora avverato , la legge possa inibire di porlo in essere con
quell'effetto ; altri invece niegano al legislatore questo diritto ,
ed attribuiscono al privato un vero e proprio diritto acquisito
in casi nei quali i primi pel suddetto motivo non lo riconoscono .
Il Meyer p . es. ritiene che la facoltà data dalla legge d'impu-
gnare un contratto per avvenuta lesione debba essere regolata
dalla legge vigente al tempo in cui la relativa azione viene.
presentata in giudizio , mentre quasi tutti gli altri scrittori
opinano invece che la parte lesa abbia pel fatto stesso dell'av-
venuta lesione un diritto acquisito ad impugnare il contratto ,
diritto che nessuna legge posteriore può togliere o modificare.
Egli è adunque di grande importanza negli studi di gius tran-
sitorio i ben precisare il significato della espressione facoltà
di legge, intorno al quale gli scrittori sono tanto discordi. Lo
stesso può dirsi di molte altre espressioni , non meno usitate
nè meno importanti di quella nei nostri studi.
Le accennate difficoltà di una teoria della retroattività delle
leggi sono evidentemente di tale indole e frequenza , che ben si
132 PARTE PRIMA

possa dire non esservi altra parte della giurisprudenza , nella


quale maggiormente si richieda un'analisi paziente e minuta dei
singoli argomenti , ed una perfetta precisione nel dare ai termini
il loro significato. Ognuno quindi , il quale intraprenda si deli-
cate ricerche deve anzitutto abituarsi a non credere mai troppa
la diligenza nel perscrutare le più lontane attinenze degli istituti
giuridici , e nel rintracciare e fingere tutti i possibili aspetti dei
singoli casi , mutandosi le circostanze o gli elementi che li co-
stituiscono .
Non del tutto senza ragione , riputati scrittori , come il
Sirey (1 ) e il Demolombe ( n . 40 ) , asserirono la teoria della
retroattività non presentare principii assoluti. Attesa invero
quella grande variabilità di circostanze , fra le quali un dato
caso può presentarsi , ne consegue che pochi principii molto
comprensivi non possano bastare alla soluzione di tutte le qui-
stioni pratiche intorno alla retroattività . Non è già che si debba
rinunciare alla ricerca sia di un principio fondamentale , di sua
natura generalissimo , il quale abbracci tutto il campo delle
quistioni transitorie , sia di principii , meno generali di questo ,
ma che tuttavia concernano intiere parti della teoria ; che anzi
la stessa impossibilità di prevedere tutte le quistioni che nelle
differenti parti del sistema giuridico si possono presentare ,
rende manifestamente necessarie tali generalità. Ma il prudente
giureconsulto non deve ristarsi dal determinare sempre mag-
giormente le sue dottrine , col sostituire ad un canone generale
altri sempre più concreti , cioè sempre meno lontani dalla pra-
tica applicazione .

(1) Vedi Annali letterari di Heidelberg , gennaio 1811 .


PROLEGOMENI 133

CAPITOLO XIII

Sussidi allo studio della retroattività delle leggi .

Benchè la teoria dell' effetto retroattivo sia ancor lontana dal


costituire un vero corpo di dottrine , ordinato e completo , non
è a dirsi però che oggidi la si possa trattare senza tener conto
di ciò che è stato scritto e fatto sinora in tale argomento.
Anzitutto vi hanno , come abbiamo già osservato più volte ,
parecchie quistioni , intorno alle quali esiste veramente una
opinione comunemente ricevuta dagli scrittori e dai tribunali ,
e le quali per conseguenza voglionsi considerare come risolute.
Codeste soluzioni non possono certamente essere conosciute se
non collo studio delle opere degli scrittori e delle collezioni dei
giudicati. Questo medesimo studio può del resto condurre fa-
cilmente a scoprire nuove massime , le quali , quantunque non
ancora espressamente affermate e propugnate , siano però tanto
strettamente connesse con quelle che già sono universalmente
ricevute , da poterlesi perciò ritenere certe e inconcusse del pari.
Nella maggior parte delle quistioni transitorie , intorno alle
quali dominano tuttora opinioni disparate , lo studio degli au-
tori e dei giudicati non è meno indispensabile ; imperocchè ,
siccome noi abbiamo già avvertito nella introduzione di questa
opera , gli è soltanto col tener conto dei vari punti di vista.
dai quali furono considerati i differenti argomenti , e dei vari
tentativi che si fecero onde accomodarvi dei principii , che uno
può , in questa materia come in tutte le altre soggette a di-
scussione , formarsi convinzioni appropriate alle vere difficoltà,
che a tutte rispondano , senza farne sorgere delle altre ; pratiche
in una parola.
Sia poi che si tratti di quistioni risolute , sia che si tratti di qui-
stioni tuttora controverse , non v' ha dubbio che anche lo studio
134 PARTE PRIMA

delle leggi transitorie , emanate nei tempi moderni , può essere va-
lido sussidio . Imperocchè siccome i legislatori sogliono affermare e
confermare colle loro sanzioni le convinzioni giuridiche domi-
nanti nel loro tempo e in mezzo al loro popolo , così i principii
di gius transitorio contenuti nelle leggi possono servir di guida
e di lume nell'uso delle opere degli scrittori e delle collezioni
dei giudicati. Nè vuolsi dimenticare che la stessa autorità dei
legislatori può essere un criterio ed un argomento onde sce-
gliere e propugnare una fra parecchie opinioni , come la più
giusta e la più opportuna. A chi non parrebbe invero il più
delle volte temeraria impresa il sostenere un avviso contrario
a quello che si trovasse iscritto nella maggior parte delle legi-
slazioni ?
Se non che nel giovarsi delle legislazioni positive si deve pro-
cedere cautamente , e distinguendo caso da caso . Altra è l'im-
portanza scientifica di principii che si trovino sanciti in parec-
chie legislazioni , altra è quella di principii che una sola o poche
ammettano , e le altre contraddicano . Nella prima ipotesi , quei
principii non si potranno , come dicemmo dianzi , facilmente
rifiutare ; seconda invece non potranno essere accettati
nella
se non dietro un accurato esame , siccome accade rispetto a
qualunque opinione individuale . Non sarà neppur raro il caso
che una massima transitoria , adottata in qualche legislazione ,
debbasi rigettare come suggerita piuttosto dalla ragione di Stato ,
cioè dalla opportunità dei tempi e dei popoli , che dal rispetto
di veri diritti acquisiti (1 ) , ed anche talvolta suggerita piuttosto
da passioni passeggiere , come p . es . da avversione ad un pre-
cedente ordine di cose , che dall'amore della giustizia , del che
noi adducemmo sopra non pochi esempi desunti nella storia del
principio della non -retroattività nelle legislazioni positive . Chi
non investighi attentamente queste varie eventualità nelle leggi

(1 ) Dice il Savigny ( p. 308 ) « Qualunque legge transitoria , quando ol-


trepassa i confini di una semplice istruzione , e giudica e ordina un effetto
retroattivo qualunque , è affatto positiva , quindi intieramente dipendente
dalle circostanze e dai bisogni del tempo , e non l'espressione di una
regola giuridica valida per tutti i tempi e le circostanze » .
PROLEGOMENI 135

positive transitorie , invece di giovarsene nei suoi studi , potrà


facilmente esserne fuorviato e condotto a dottrine infondate od

ingiuste.

CAPITOLO XIV

La teoria della retroattività delle leggi

e il diritto internazionale privato .

A detta di parecchi giureconsulti , vi ha grande analogia fra


la teoria della retroattività delle leggi , e il cosi detto diritto.
internazionale privato , cosicchè questa parte della giurispru-
denza possa gettar molta luce su quella.
Primo fu il Weber ( p . 179 ) ad insegnare che in quei casi
nei quali si può applicare la legge nuova ad anteriori contin-
genze , si possa anche applicarla a contingenze verificatesi in
estero Stato , sulle quali si debba decidere nello Stato , e che
non si possa applicare la legge nuova in quei casi nei quali la
legge estera dovrebbe essere applicata invece della nazionale .
Dopo di lui il Meyer ( p . 36 ) affermò in generale che i medesimi
principii regolano gli effetti dei diritti acquisiti , e quelli delle
obbligazioni contratte sotto una legge differente da quella vigente
nel luogo dell'esecuzione . Il Savigny ( pref. p . vII , e introd . p . 7. )
ammise del pari l'analogia fra la teoria della retroattività e il
cosi detto diritto internazionale privato , osservando che , mentre
nella prima si studia il passaggio degli istituti giuridici sotto
l'impero di una nuova legge , avvenuto per volontà di un legi-
slatore , nella seconda si studia il passaggio degli istituti giuri-
dici sotto un'altra legge , avvenuto per volontà degli individui ,
sia perchè essi hanno mutato il loro domicilio , sia perchè hanno
prescelto per la esecuzione dei loro rapporti giuridici un luogo
differente da quello in cui questi vennero posti in essere. Mosso
136 PARTE PRIMA

da tale analogia , il Savigny svolse in una medesima parte del


suo Sistema del diritto romano odierno , l'una dopo l'altra ,
quelle due teorie , e le associò l'una all'altra anche nella de-
nominazione , chiamando la prima : teoria dei confini di tempo,
e la seconda : teoria dei confini di luogo delle leggi . Codesto
esempio di Savigny ebbe parecchi imitatori , fra i quali voglionsi
citare fra i tedeschi l'Unger ( op . cit . ) , e fra i francesi il Demo-
lombe ( 1. n. 36 ) (1 ) . Recentemente il Lassalle ( p . 367 ) dichiarò
che , ponendo i principii che regolano l'efficacia retroattiva delle
leggi , si vengono a porre in pari tempo anche quelli che deb-
bono regolare la collisione fra leggi di luoghi diversi , essendo ,
egli dice , affatto indifferente che la volontà si sottometta ad
una legge nuova nel tempo , oppure ad una legge nuova nello
spazio.
Che vi siano rapporti fra quei due ordini di idee e di studi,
noi pure lo ammettiamo , se non che ci par necessario indagarli
attentamente , e additare eziandio le differenze che intercedono
fra i medesimi , più che non abbiano fatto i succitati scrittori.
Imperocchè il Savigny non ha giustificata affatto quella sua as-
serzione , del che gli fa rimprovero il Lassalle ( ib . ) ; questi poi ,
e il Weber e il Meyer prima di lui , sembranmi avere esaminato
l'argomento in modo alquanto superficiale.
La connessione fra la teoria delle cosi dette collisioni di tempo
e quella delle cosi dette collisioni locali delle leggi , consiste in
ciò che il concetto completo del diritto acquisito non è soltanto
il concetto di un diritto acquistato in un tempo determinato ,
ma il concetto eziandio di un diritto acquistato in un determi-
nato luogo. Senza bisogno di essere Kantiani , si può dire con
Lassalle che tutti i fenomeni del mondo sensibile , e quindi
anche i fenomeni giuridici , sono reali e concreti nel tempo e

(1 ) Le conflit des lois , c'est-à-dire , la lutte , la rivalité entre deux


lois différentes , se disputant l'empire sur les mêmes personnes , sur les
mêmes choses , peut se présenter : sous le rapport du temps , entre deux
lois du même pays , l'une ancienne , l'autre nouvelle ; sous le rapport des
lieux , entre deux lois de pays différents , entre les lois nationales et les
lois étrangères » .
PROLEGOMENI 137

nello spazio. Come adunque un diritto acquisito per volgere di


tempo non muta , così non muta neppure per mutazioni di
luogo , cioè per il passaggio delle persone , fra le quali il rap-
porto giuridico intercede , in un luogo differente da quello in
cui lo posero in essere . L'un concetto è complemento dell'altro,
e questa è la loro connessione.
Tale connessione però è meramente esteriore , perchè lo stesso
principio non dà ragione del non mutarsi dei diritti acquisiti
per mutarsi di tempo , e del non mutarsi i medesimi per mutar
della sede di coloro fra cui il rapporto giuridico intercede . La
ragione per cui le leggi non possono retroagire , violando di-
ritti acquisiti , si è che il legislatore non può togliere ai citta-
dini ciò che essi hanno , mentre la ragione per cui un rapporto
giuridico sottoposto alla legge di un dato luogo , non può pas-
sare sotto la signoria di un'altra legge , nel territorio della
quale le parti siansi trasferite , gli è unicamente l'interpreta-
zione della volontà delle parti stesse , cioè l'impossibilità di
ritenere che esse vogliano e disvogliano le medesime cose. In-
fatti , mentre lo Stato ha interesse ad estendere le leggi nuove
anche ai rapporti giuridici già esistenti , pur di non violare
diritti acquisiti , esso non ha invece nessun interesse a sotto-
porre alle proprie leggi i rapporti giuridici dei forestieri , e
basta quindi al legislatore di riconoscere che un dato rapporto
giuridico dipenda da una legge estera , perchè permetta l'appli-
cazione di questa nel territorio dello Stato , se l'ordine pubblico
non ne venga turbato . Più di un progresso nel diritto interna-
zionale privato è stato fatto appunto in vista dell' essere indif-
ferente per lo Stato che i forestieri seguano una legge estera
piuttosto che la legge dello Stato (1 ) . Per tal motivo eziandio
(1 ) È questo per esempio il principale motivo che adduce il Mittermajer
del principio moderno che l'eredità dei forestieri si regoli secondo la legge
estera (Deut. privatr. ). Anche la Gran Corte Civile di Napoli in una deci-
sione dell'anno 1854 , riferita dal Rocco ( Tratt. di Dir. Civ. intern . Livorno
1859, p. 247 ) sullo stesso argomento , considerava che : « non interessa
alcuno del regno che per un contratto presso di noi ignoto , o per un te-
stamento che le nostre leggi non permettono , si trasmetta il dominio degli
stabili» , e per queste e simili ragioni adottava il principio dell'applicazione
della legge personale al regolamento della successione di un forestiero .
138 PARTE PRIMA

la teoria della retroattività delle leggi , invece di essere parallela


a quella delle collisioni delle leggi nello spazio , è piuttosto in
certo modo posteriore a questa , perchè la retroattività non può
essere discussa che di fronte a casi avvenuti in un tempo e in
un luogo determinato.
L'analogia fra le due teorie il Savigny e il Lassalle credono
eziandio dimostrare dicendo , che il passaggio di un rapporto
giuridico sotto la giurisdizione di uno Stato, a cui non appar-
tengono coloro fra i quali il rapporto intercede , è analogo al
passaggio del medesimo sotto l'impero di una legge nuova
nello Stato in cui ebbe esistenza. In ambedue i casi , essi dicono ,
si ha collisione fra due leggi , agenti l'una dopo l'altra sul
medesimo rapporto.

Noi non neghiamo che fra quelle due astratte ipotesi vi sia
un'apparente analogia . Ma quello che più importa di investigare
si è se a quell'apparenza corrisponda la realtà. Di ciò appunto
noi non ci possiamo persuadere. Invero, in che consiste l'impero
della nuova legge in ciascuna delle anzidette ipotesi ? Quando in
uno Stato viene emanata una legge nuova , questa influisce
sui rapporti giuridici precedentemente costituiti , non rispettando
che i diritti acquisiti ; quando invece un rapporto giuridico sot-
toposto ad una legge estera viene a contatto coll'organismo.
giuridico dello Stato , la legge lo rispetta qual è , nè si propone
che di astenersi da qualunque influenza sul medesimo , e su
tutte le sue conseguenze , siano esse veri e proprii diritti ac-
quisiti , od anche soltanto semplici aspettative. Nell'un caso
adunque l'impero della legge nuova è positivo, e noi lo vediamo
giungere talvolta persino a retroattività lesiva di diritti acquisiti ,
nell'altro invece l'impero della legge nuova è negativo , cioè
semplicemente tutorio , cosicchè soltanto impropriamente possa
chiamarsi tale. Ciò posto, la pretesa analogia fra i due casi in
discorso si riduce ad una mera apparenza , a cui si arresta
soltanto chi istituisca il confronto fra quei casi in termini troppo
generali ed astratti.
Nelle cosi dette collisioni delle leggi nello spazio , lo studio
del giureconsulto consiste unicamente nel ricercare a quale
PROLEGOMENI 139

luogo l'intenzione delle parti e i loro interessi di preferenza si


riferiscano. Nelle collisioni delle leggi nel tempo invece, lo studio
del giureconsulto non è già di determinare di qual tempo siano
le leggi a cui l'intenzione o l'interesse delle parti si riferiscano ,
ma bensì di investigare se un dato istituto o rapporto giuridico,
il cui svolgimento e la cui durata abbraccia tempi diversi , debba
o no essere successivamente sottoposto a leggi diverse , per la
natura della cosa o per la volontà del legislatore , qualunque
sia la intenzione espressa o presumibile delle parti. Perchè vi
fosse analogia fra l'un problema e l'altro , bisognerebbe che
anche per lo estendersi degli effetti di un dato istituto o rap-
porto giuridico a luoghi differenti , questo potesse andar sog-
getto successivamente alla legge di più luoghi , il che non ac-
cade mai. E perchè questa differenza ? Pel motivo già accennato
superiormente , che cioè mentre lo Stato ha spesse volte inte-
resse ad applicare nuovi e differenti principii alle persone e
alle cose a lui sottoposte, egli non ha invece mai alcun interesse
a sottrarre alla legge estera le persone e le cose appartenenti
ad altri Stati , per sottoporle alla propria.
Infatti , mentre , per esempio, è principio di diritto transitorio.
che le leggi sullo stato personale si applichino immediatamente
a tutti i cittadini dello Stato, purchè non si violino i loro diritti
acquisiti , invece è massima del diritto internazionale privato
che ad un forestiero domiciliato in estero Stato si attribuisca
quello stato personale e quella capacità , che la legge estera
determina. Lo stesso dicasi delle leggi concernenti le cose , le
quali leggi possono mutarsi nello Stato in cui le cose sono si-
tuate , mentre nessuno Stato può in generale pretendere di ap-
plicare le proprie leggi alle cose che non sono situate nel pro-
prio territorio . Nella teoria dei contratti poi , mentre la massima
parte degli scrittori di diritto transitorio opinano che una legge
nuova possa modificare in alcuni casi , e a certe condizioni , le
conseguenze di contratti anteriormente conchiusi , quasi tutti
gli scrittori di diritto internazionale privato opinano invece che
in quei casi la legge del contratto , determinata o dal luogo in
cui il contratto venne posto in essere , o da quello in cui deve
140 PARTE PRIMA

ricevere esecuzione , debba essere riconosciuta ed applicata tal


quale , senza restrizione nessuna , in qualunque altro luogo e
Stato .

Il Meyer ed il Lassalle adducono come prova dell'analogia fra


le due teorie i principii dell'una e dell'altra intorno alle forme
degli atti giuridici , e intorno alla capacità . Come nel diritto
transitorio , essi dicono ( ib. ) , la forma degli atti si giudica
sempre secondo la legge del tempo in cui gli atti stessi vennero
posti in essere , cosi nel Gius internazionale privato la si giu-
dica dovunque secondo la legge del luogo in cui si compierono.
E come nel diritto transitorio la capacità è regolata in ogni
tempo dalla legge attuale , così nel diritto internazionale privato
è principio che la capacità si muti col mutarsi del domicilio
della persona .

Ma nel mentre cosi ragionavano , quei due egregi scrittori


non riflettevano a due circostanze. L'una si è , che l'uso della
forma forestiera negli atti e contratti fatti all'estero non è ob-
bligatorio , ma soltanto facoltativo , potendo benissimo il citta-
dino osservare anche in estero Stato la forma nazionale , mentre
la nuova forma prescritta da una legge nuova toglie ogni appli-
cabilità alla precedente . L'altra circostanza è l'incompatibilità
dell'idea di conflitto fra le due legislazioni di Stati differenti ,
coll'idea di traslazione di domicilio da uno di questi Stati nel-
l'altro. Nella maggior parte dei rapporti internazionali privati,
e appunto nel giudicare la capacità delle persone , il solo do-
micilio equivale al domicilio accompagnato dalla nazionalità , e
decide esclusivamente intorno alla legge da applicarsi. Quando
per conseguenza una persona ha trasferito il suo domicilio in
estero Stato, la sua capacità concerne d'ora in avanti esclusiva-
mente lo Stato estero , come prima concerneva esclusivamente
la società nazionale. Conflitto non vi può essere fra le due
legislazioni , mentre noi non possiamo confrontare il diritto
internazionale privato col diritto transitorio, se non come due
diverse specie di conflitti fra leggi differenti , cioè fra le leggi
di un solo e medesimo Stato , e fra leggi di Stati differenti.
Conflitto vi può essere fra due legislazioni di differenti Stati
PROLEGOMENI 141

rispetto alla capacità personale , quando si tratti di regolare la


capacità di un individuo il quale , essendo domiciliato in uno
Stato , si trovi ed agisca in un altro ; ma in questo caso , lungi
dal modificarsi la capacità di quell' individuo in virtù della legge
del secondo Stato , la teoria del giure internazionale privato
insegna che la capacità del medesimo è di regola determinata
dalla sua legge nazionale o dalla legge del suo domicilio.
Dal fin qui detto noi possiamo conchiudere che fra la teoria
delle collisioni delle leggi nel tempo e quella delle collisioni
delle leggi nello spazio , non vi ha nè intrinseca connessione, nè
vera analogia. Vi ha soltanto fra l'una e l'altra una corrispon-
denza meramente logica , consistente in ciò che i diritti acquisiti
non possono essere regolati che dalla legge sotto la quale ven-
nero acquistati , sia per ragion di tempo , sia per ragion del
luogo in cui i rapporti giuridici vennero posti in essere (1 ).

CAPITOLO XV

Estensione degli studi intorno alla retroattività.

La generalità dei termini , nei quali è enunciato il tema della


presente opera , addita già di per sè al lettore l'estensione del
campo delle nostre ricerche , gli fa cioè comprendere che noi
dobbiamo ricercare in tutte le parti del sistema giuridico i di-
ritti acquisiti che le leggi nuove , a qualunque specie esse ap-
partengano , devono rispettare .

(1 ) Dello stesso avviso da noi propugnato in questo capitolo sembra


anche essere il Dott. B. Schmid (op. cit . p . 143 ), il quale pure afferma :
« il succedersi di differenti legislazioni nel medesimo Stato , e in coesi-
stenza di differenti legislazioni in diversi Stati , devonsi giudicare dal punto
di vista essenzialmente diversi » . Ma non si dispone poi lo Schmid a giu-
dicare nè a precisare il significato e il valore di tale affermazione.
142 PARTE PRIMA

Per conseguenza , non soltanto il Diritto civile , ma anche il


Diritto processuale , e il Diritto penale e il Diritto pubblico
possono e devono essere da noi considerati dal punto di vista
dell'effetto retroattivo delle leggi ( 1 ) . Tutte le leggi invero hanno
per iscopo e per effetto di conferire diritti ai cittadini : tutte
adunque devono rispettare certi confini nell' influire sulle con-
seguenze di fatti e rapporti giuridici posti in essere anterior-
mente alla loro attuazione.

In realtà la maggior parte delle opere intorno alla non re-


troattività delle leggi contemplano quistioni attinenti a tutti quei
rami della giurisprudenza , ad eccezione di uno solo , cioè del
Diritto pubblico. Ma questa ci pare una imperdonabile lacuna.
Chi pensi alle qualità giuridiche conferite dalle leggi politiche
a persone o classi di persone , e ai rapporti giuridici contrat-
tuali che possono intercedere fra i cittadini e lo Stato , scorge
subito la pratica verità della precedente nostra proposizione :
nascere anche dal gius pubblico diritti acquisiti , perchè tutte
le leggi hanno per iscopo e per effetto di attribuire dei diritti.
Non è a credersi però che la distinzione dei varii rami della
giurisprudenza possa e debba servire di base alla classificazione
dei fatti e rapporti giuridici , coi quali si possono acquistare
diritti ; questa classificazione non può nè deve farsi invece che
a norma delle fonti immediate di quei diritti , e della loro in-
trinseca natura , siccome verrà chiarito nel capitolo seguente.

(1 ) Anche il Lassalle ( p . 26-27 ) opina che il principio fondamentale


intorno alla retroattività delle leggi deve essere tale da abbracciare tutte
le parti del diritto .
PROLEGOMENI 143

CAPITOLO XVI

Ordine da seguirsi nella esposizione della teoria

della retroattività.

La partizioni di un trattato , cioè il modo di distribuire le


materie che vi debbono essere considerate , è lavoro di fonda-
mentale importanza . Imperocchè la distinzione delle materie
serve di occasione e di base alla distinzione dei principii , e per
conseguenza , ove le prime non vengano separate e raggruppate
secondo i loro essenziali caratteri , deve accadere eziandio che
i secondi risultino insufficienti o per soverchia generalità , o per
soverchia ristrettezza . Dovendosi poi necessariamente riparare a
queste imperfezioni nella trattazione delle singole quistioni , non
si potranno evitare distinzioni soverchie, e frequenti ripetizioni,
e quindi l'esposizione verrà a mancare di esattezza e di chia-
rezza . Meno ancora poi sarà facile allo studioso di servirsi dei

principii contenuti nell'opera per risolvere quistioni che in


questa non si trovino considerate .
. Egli è evidente che codeste difficoltà sono maggiori nella
esposizione del diritto transitorio , attesa la speciale natura di
questi studi , che venne da noi precedentemente posta in chiaro .
Come abbiamo avvertito in una precedente occasione , nella
teoria della retroattività delle leggi si deve cominciare dallo
stabilire i principii fondamentali . Noi determineremo quindi
anzi tutto i caratteri generali , sia negativi , sia positivi , del
diritto acquisito. Imperocchè nessun caso pratico , al quale si
riferisce la teoria della retroattività , può essere a prima giunta.
riconosciuto come tale , se la mente del giureconsulto non sia
colpita dalla presenza o dall'assenza o dal dubbio intorno all'e-
sistenza di un diritto acquisito, cioè dei caratteri comuni a tutti
i diritti di questa natura .
144 PARTE PRIMA

In seguito noi distingueremo le varie classi di diritti acquisiti ,


corrispondenti alla varia loro origine concreta , e per ciascuna
classe indicheremo i corrispondenti canoni generali di diritto
transitorio. Imperocchè l'origine dei diritti essendo la stessa
cosa che il modo in cui vengono posti in essere e acquistati ,
il considerare le varie origini che i diritti possono avere ,
veramente la più sicura via onde giungere a principii di gius
transitorio , che siano comprensivi e pratici ad un tempo . Sa-
ranno questi i canoni generali della nostra teoria , che nella
trattazione dei singoli casi si tratterà soltanto di contemperare
opportunamente , avuto riguardo ai varii lati ed elementi costi-
tutivi dei singoli istituti giuridici .
Nell' applicazione di quei canoni ai singoli casi pratici pren-
deremo per guida la distinzione degli elementi fondamentali di
cui il sistema giuridico si compone . Seguendo l'esempio del
Savigny , del Vangerow, del Keller , e di altri molti , noi rite-
niamo che gli elementi costitutivi del sistema giuridico si ridu-
cano ai seguenti : le persone subbiettivamente considerate ;
le cose , considerate astrattamente da questo o quel diritto
reale ; - i diritti reali ; - le obbligazioni ; -i rapporti per-
sonali di famiglia ; - l'eredità ; la tutela giudiziale dei di-
ritti . - Ciascuna di queste materie adunque ci fornirà occasione
di dedurre dai principii generali altri più particolari , appro-
priati ad essa , e questi principii noi verremo poscia applicando
ai singoli istituti giuridici , e alle principali controversie , che
a ciascuna materia si riferiscono .
Egli è vero che la suesposta enumerazione suol essere fatta.
dai succitati scrittori in opere che riguardano il Diritto privato ,
ma questa circostanza non ci può essere addotta a modo di
obbiezione , come se essa fosse di ostacolo a quella estensione
che noi ci siamo precedentemente proposti di dare all'opera
nostra , nella quale , come dicemmo , noi non terremo conto
del solo gius privato , ma di tutte le parti della legislazione.
Imperocchè ogni diritto è individuale ,
e qualunque ne sia la
occasione , non può non avere per oggetto elementi della sfera
giuridica individuale . Non vi ha quindi quistione intorno a nessun
PROLEGOMENI 145

diritto acquisito , attinente a qualunque parte del sistema giuri-


dico , la quale non si possa connettere coi principii di gius
transitorio corrispondenti all' una o all'altra delle materie suin-
dicate. E per esempio, il gius transitorio in materia di diritto .
e delle prerogative politiche personali e il gius transitorio
penale possono formar parte del gius transitorio delle persone
considerate subbiettivamente , il gius transitorio in materia di
imposta è parte di quello dei beni astrattamente considerati .
Rispetto all'ordine progressivo degli argomenti enumerati ,
gli scrittori suaccennati non sono cosi concordi come nella fon-
damentale loro distinzione . Ma noi non credemmo necessario
confrontare le varie opinioni , onde presceglierne una . Codesto
problema dell'ordinamento delle materie nelle opere giuridiche
ci è sempre sembrato dover essere differentemente risoluto
secondo la varia natura di tali opere. Altra è la distribuzione
delle materie in un Codice , ed altra in un trattato (1 ) , ed
anche il vario punto di vista da cui può essere considerato il
diritto nei varii trattati influisce sulla medesima. In un trattato
di Diritto transitorio in particolare , dei rapporti famigliari per-
sonali ci sembra doversi ragionare nella parte che riguarda le
persone subbiettivamente considerate , perchè , come si vedrà
a suo luogo, i medesimi principii regolano tutte queste materie .
Delle successioni ci sembra doversi ragionare prima delle ob-
bligazioni , perchè vi hanno quistioni di gius transitorio intorno
ai contratti , che non si possono trattare senza premettere alcuni
principii di gius transitorio delle successioni.
Dal fin qui detto ci pare giustificata nella esposizione della
teoria della retroattività la seguente distribuzione delle materie.

Canoni generali intorno alla retroattività.

A) Determinazione del concetto generale di diritto acquisito.


B) Principii di gius transitorio corrispondenti al modo di ori-
gine dei diritti .

(1 ) Vedi i miei Studi di legislazione civile comparata , Milano 1862 , vo-


lume I Introduzione .
GABBA Retr. Leggi. v. I. 10
146 PARTE PRIMA

Canoni pratici e applicazioni .

A) Principii di gius transitorio personale.


B) Principii di gius transitorio reale.
C) Principii di gius transitorio delle successioni .
D) Principii di gius transitorio delle obbligazioni .
E) Principii di gius transitorio processuale.

A quest'ordine ci atterremo nello svolgimento dell'universa


dottrina della retroattività delle leggi. Soltanto alla esposizione
dei canoni generali premetteremo l'analisi delle dottrine fon-
damentali dei più autorevoli scrittori del diritto transitorio.
PARTE SECONDA

CANONI GENERALI

INTORNO ALLA RETROATTIVITÀ DElle leggi

LIBRO PRIMO

Dottrine fondamentali dei più autorevoli scrittori

intorno alla retroattività delle leggi. I

Prima di intraprendere la esposizione dei generali principii


che a noi sembrano più giusti intorno ai confini dell'influenza
delle leggi sulle conseguenze di fatti o relazioni giuridiche poste
in essere prima della loro attuazione , ci sembra opportuno
l'esaminare quelli che a tale scopo furono proposti dai più au-
torevoli scrittori . Imperocchè in questa maniera noi faremo co-
noscere ai lettori il vero stato attuale di questa parte della
giurisprudenza , affinchè ne scorgano i bisogni e quindi possano
apprezzare convenientemente i tentativi che noi faremo onde
soddisfarli.
148 PARTE SECONDA

Cinque sono, per quanto a noi è noto, gli assiomi che finora.
furono posti a base della teoria dell'effetto retroattivo , cioè : -
1° che in codeste ricerche sia precipuo criterio l'intenzione
espressa dal legislatore ; -2° che siano giustamente retroattive ,
cioè applicabili a conseguenze di fatti e rapporti giuridici ante-
riori , senza che nessuno possa dolersi di lesione di un diritto
quesito, le leggi connesse coll'ordine pubblico, quelle cioè che
furono emanate per ragioni di pubblica utilità ; —3) che siano
giustamente retroattive le leggi cosi dette favorevoli , quelle cioè
che migliorano, e non lo possano essere quelle che peggiorano
la condizione dei cittadini ; 4) che siano giustamente retroat-
tive le leggi che concernono l'essere o il modo di essere dei di-
ritti , non lo possano essere invece quelle che concernono l'ac-
-
quisito dei medesimi ; 5) che siano giustamente retroattive
le leggi concernenti l'individuo, senza influire su atti della sua
volontà , non lo possano essere invece leggi che concernono tali
atti.
Noi esamineremo separatamente ciascuno di tali assiomi .

CAPITOLO I

Criterio desunto dalle espressioni della legge.

Il Bergmann , e recentemente il Bornemann ( 1 ) , sono fra i


più autorevoli scrittori intorno all'effetto retroattivo, che propu-
gnarono la prima fra le dottrine fondamentali precedentemente
enumerate . Noi ci varremo delle parole del Bergmann onde dare
una esatta nozione di tale dottrina .
Dice il Bergmann ( p . 16 ) : « si intende da sè che anzitutto
si deve por mente al modo in cui le nuove leggi si esprimono ,

(1) Erörter. im . Geb. des Preuss. Rechts , Berlin 1856, fasc . 1 p . 1-64.
CANONI GENERALI 149

ed è veramente incomprensibile come mai si abbia data così


poca importanza a questo riguardo nelle ricerche intorno alla
retroattività » . « Che se , egli soggiunge , le parole del legisla-
tore non fossero chiare su quel punto , cioè non fosse chiaro
se il legislatore consideri le nuove conseguenze di fatti anteriori
come qualità di questi fatti medesimi , o piuttosto come qualità
del rapporto giuridico che ne provenne , e che dura tuttavia ,
si dovrebbero a tali conseguenze applicare le leggi nuove » . Ed
a giustificare quest'ultima proposizione egli riflette (p . 17) , che
<< i cittadini devono considerare le norme giuridiche vigenti
attualmente come le migliori , e come le sole giuste pel tempo
presente , e quindi riconoscere come suprema norma del loro
agire la conformità degli attuali rapporti colle medesime ».
Chiunque consideri le surriferite proposizioni , si deve con-
vincere facilmente della insufficienza e dei pericoli pratici della
dottrina che andiamo esaminando . Siccome , se da una parte è
fuor di dubbio che il legislatore , il quale ha il potere di far
persino leggi retroattive , deve essere anzitutto interpretato e
obbedito in quello che abbia detto o inteso circa i limiti del-
l'applicazione della legge , d'altra parte non è meno ovvio che
quasi tutte le leggi non regolano questo punto , senza di che
non si sarebbe mai pensato a far teorie intorno alla retro-
troattività (1 ), così il risultato pratico della dottrina di cui par-
liamo consiste , nella maggior parte dei casi , nello applicare le
leggi nuove alle conseguenze dei rapporti giuridici anteriori ,
pel motivo che la legge nuova , la migliore di tutte nel tempo

( 1 ) Lo stesso dice il Lassalle rispetto al Bornemann . « L'infinita mag-


gioranza delle leggi esistenti non contiene nè disposizioni espresse , nè
disposizioni implicite intorno alla loro efficacia transitoria , e ciò dicasi
pure rispetto all'infinita maggioranza delle leggi future . Ogniqualvolta però
la intenzione del legislatore non è espressa , e vuol quindi essere inter-
pretata , si deve ammettere che il legislatore abbia voluto ciò che la natura
della cosa richiede , e quindi invece di prendere per norma l'intenzione
del legislatore , che dovrebbe toner luogo della natura scientifica della
cosa , si ricorrerà a questa , e la si porrà in chiaro , onde conoscere quella▸
(pag. 31 ).
150 PARTE SECONDA

presente , deve avere la più estesa efficacia . In tal maniera il


principio professato in teoria , si trasforma , all'atto pratico , in
un altro , e quest'altro è tale , che non si possa esitare a chia-
marlo falso e pericoloso , senza mancar di rispetto nè al Berg-
mann , nè ai suoi seguaci. Invero il risolvere le questioni di
retroattività col preferire la legge nuova , tutte le volte che il
legislatore non abbia espressamente o tacitamente dichiarato il
contrario , gli è lo stesso che negare affatto il bisogno di una
giurisprudenza transitoria , e , mettendo in un fascio diritti acqui-
siti e aspettative, legittimare i più gravi abusi della retroattività .
Dice il Bergmann che le leggi nuove devono ricevere la più
completa applicazione possibile , massima giusta , e che noi pure
abbiamo posta a base della teoria della retroattività , ma questa
massima , onde essere giustamente applicata , vuol essere limi-
tata dal rispetto dei diritti acquisiti , e questi possono e devono
essere investigati anche allorquando lo stesso legislatore non li
ha definiti , come appunto il più delle volte si vede accadere .
Noi dobbiamo aggiungere però , per amore del vero , che al
Bergmann la sua dottrina non si poteva presentare in quell'a-
spetto che noi vi abbiamo ravvisato, perchè in molti casi , nei
quali si sogliono far quistioni intorno alla retroattività , a lui
sembrava che le parole della legge nuova contenessero appunto
una evidente risposta. Ecco i principali di tali casi , e il modo
in cui quello scrittore ne ragiona.
Se una legge , egli dice ( p . 20 ) , è concepita in questi termini :
non si potrà promuovere azione per interessi convenzionali supe-
riori al 5 per cento , oppure in questi altri termini : non si
potrà promuovere azione per dimostrare la paternità naturale ,
od anche nei termini seguenti : non si potrà agire per far pro.
nunciare lo scioglimento di un matrimonio , fuorché nel caso di
adulterio , - non vi può essere dubbio che il legislatore ha

inteso di colpire in tutti quei casi tanto le azioni fondate su-


fatti posteriori alla legge , quanto quelle basate su fatti anteriori
alla medesima.
Noi siamo persuasi che se le nuove leggi intorno a un più
basso limite dell'interesse convenzionale , e intorno al divieto
CANONI GENERALI 151

della ricerca della paternità e al divorzio fossero state realmente


concepite nei termini immaginati dal Bergmann , codesta circo-
stanza non sarebbe stata dimenticata , fra le altre ragioni , da
coloro i quali sostennero la retroattività di simili leggi ; ma non
ci possiamo persuadere che quei termini per sé soli sarebbero
bastati per decidere la quistione . Imperocchè ci par valido ob-
bietto a siffatta argomentazione , che , siccome l'azione per far
valere un diritto è una conseguenza di questo , e siccome i di-
ritti acquisiti non si possono presumere aboliti , ma devono
essere stati o espressamente o tacitamente , in modo sicuro
però , tolti dal legislatore , così in ciascuno dei suesposti esempi
non si possa ritenere che la legge abbia avuto di mira oltre
alle azioni nascenti da casi futuri , anche quelle nascenti da casi
anteriori alla sua attuazione , se non dimostrando che queste
ultime non abbiano per base veri e proprii diritti acquisiti.
Cosi pure, ove una legge dica : che per una certa specie di
errori non si possa ritenere invalido un contratto, nè promuovere
azione nè eccezione per impugnarlo » , mentre al Bergmann (p . 23)
sembra chiaro che queste parole comprendano tanto i contratti
già conchiusi , quanto quelli che si conchiuderanno in avvenire ,
a noi pare invece che siffatta ragione di attribuire al legislatore
una simile intenzione , non valga più della ragione contraria
desunta dal principio che i diritti acquisiti prima della
legge nuova si debbono rispettare . Lo stesso diciamo per una
ragione analoga rispetto ad una legge cosi concepita ( ib . p . 33 ) :
« nessun testamento è valido , se non è contenuto in un docu-
mento sottoscritto da selle testimoni » .
Ognuno comprende che ove l'intento retroattivo di una legge
si ammetta cosi facilmente come ha fatto il Bergmann nei sur-
riferiti esempi , e non accorgendosi di prendere si gravi abbagli ,
le quistioni intorno alla retroattività si sciolgono per la maggior
parte con poca fatica , e la teoria della retroattività viene ad
essere semplificata di molto ; ma se ciò spiega come quel dotto
giureconsulto ha potuto credere pratico il suo principio fon-
damentale , conferma in pari tempo che questo suo modo di
vedere non era che una illusione .
152 PARTE SECONDA

Il Bergmann pone termine all'esposizione della sua dottrina


col dire ( p . 39 ) che gli effetti di rapporti giuridici posti in
essere anteriormente alla legge nuova , continuano ad essere
regolati secondo la legge anteriore , se la legge nuova non ha
sottratto al privato arbitrio la determinazione dei medesimi .
Questa proposizione è bensì un corollario evidente delle premesse
di quell'autore , e specialmente della interpretazione che egli
ha dato alle leggi proibitive poc' anzi riferite , ma chi la con-
sideri per sè medesima vi scorgerà una nuova prova dell' erro-
neità del principio fondamentale da lui professato . Imperocchè
non poche essendo le leggi proibitive limitanti la privata con-
trattazione , quella massima apre l'adito ad un gran numero di
violazioni dei diritti più saldamente acquistati , cioè di quelli
nascenti dai contratti.
In conclusione , la dottrina che noi combattiamo si fonda in
sostanza sul supposto che la generalità dei termini di una legge
imperativa o proibitiva basti a darle efficacia sulle conseguenze
di fatti e rapporti giuridici anteriori , non meno che sui fatti
o rapporti giuridici futuri , e noi dobbiamo appunto por termine
alla nostra critica affermando il principio contrario : non doversi
mai intendere che il legislatore voglia manomettere diritti acqui-
siti, quando le espressioni della legge non li aboliscano , oppure
quando non rimarrebbe inefficace il disposto della legge, riferen-
dolo unicamente ai casi futuri.

CAPITOLO II

Criterio desunto dalle attinenze coll'ordine pubblico ,

e dall'indole proibitiva delle leggi.

Più di uno scrittore e più di una volta i tribunali hanno


creduto di potere sciogliere quistioni transitorie coll' investigare
se una data legge attenesse o no all'ordine pubblico. Parve
CANONI GENERALI 153

loro che una volta dimostrata questa attinenza , la retroattività


della legge si dovesse ammettere , e che nel caso contrario la
si dovesse negare. Più frequente ancora è questo modo di ra-
gionare fra persone , che non avendo fatto speciali studi intorno
alla teoria della retroattività , si lasciano guidare , come suole
accadere in casi siffatti , da prime apparenze. E per verità ,
siccome è pregiudizio dominante fra chi ha soltanto cognizioni
superficiali intorno a questa parte della giurisprudenza , il rap-
presentarsi l'effetto di una legge nuova sulle conseguenze di
fatti e rapporti giuridici anteriori come un fatto eccezionale , e
non come un risultato naturale di ogni legge , ogniqualvolta
veri e propri diritti acquisiti non vi si oppongano , così è ra-
gionevole che i più non trovino migliore giustificazione di quello
effetto che l'ordine pubblico o il pubblico bene , solito motivo
o pretesto delle leggi eccezionali. È facile dimostrare la vanità
di questa dottrina .
Osserviamo anzitutto col Lassalle ( pag. 26-37 ) che , mentre
è una verità fondamentale , da noi avvertita e dimostrata più
sopra ( pag. 142 ), cheil principio fondamentale della teoria
della retroattività devesi potere applicare del pari al privato
diritto e al diritto pubblico e penale , quella dottrina invece ,
applicata al diritto penale e al pubblico , condurrebbe a con-
seguenze ingiuste , da tutti ripudiate , e da coloro medesimi
che la professano . Tali sarebbero p . es . l'applicare la legge
penale a fatti anteriori alla medesima , e il privare della citta-
dinanza coloro che l'avessero acquistata in un modo non con-
templato da una nuova legge intorno alla medesima . Oltracció
chi crede giustificata la retroattività dall'attenere una legge
all'ordine pubblico , o dimentica essere un forte interesse pub-
blico anche il rispetto dei diritti acquisiti , oppure , se ciò am-
mette , deve dare per oggetto alla ricerca dei limiti dell' effetto
retroattivo non già l'interessare o no una data legge l'ordine.
pubblico , ma l'esservi o no in presenza della medesima diritti
acquisiti che si devono rispettare , abbandonando così il punto.
di vista adottato da principio. Finalmente noi osserviamo che ,
se anche il principio di cui ragioniamo fosse giusto in teoria ,
154 PARTE SECONDA

risulterebbe ciò nondimeno poco utile e pericoloso nella pratica ,


essendo di sua natura molto elastico il concetto dell' utilità e
dell'ordine pubblico , come tutti sanno . Chi può invero tracciare.
un confine fra l'ordine privato e l'ordine pubblico, fra il bene
privato e l'interesse della società ? Chi non sa che le leggi pri-
vate presentano ad ogni tratto limiti , modalità e condizioni
suggerite da ragioni di pubblico interesse ? Ben si può dire
senza temerità che due uomini , i quali si mettessero a sciogliere
questioni transitorie con quel fallace criterio dell'ordine pubblico
e della pubblica convenienza , in pochissimi casi si potrebbero
accordare . Al solo legislatore , osserva giustamente il Weber
(p . 189 nota 102 ) , spetta l'ordinare la retroattività per tale
motivo (1 ).
La dottrina della retroattività negli argomenti che attengono
all'ordine pubblico ha sostanziale affinità con un'altra , meno
vaga ed apparentemente assai più plausibile , e in realtà soste-
nuta da valenti giureconsulti , l'ultimo dei quali fu il Lassalle,
colla dottrina cioè della retroattività delle leggi proibitive.
Diconsi leggi proibitive tutte quelle le quali vietano che si
ponga in essere un dato rapporto giuridico , non ammettono
cioè che un dato rapporto possa essere validamente costituito .
Tali sarebbero p . es . il divieto del patto di anticresi , il divieto
della ricerca della paternità naturale , il divieto del patto di
quota-lite. Or bene, scrittori , come Giovanni Voet (ad Pandectas,
De ritu nuptiarum ) , Henne ( § . 19 ) , Pfeiffer ( p . 411 ) , il già
citato Bergmann ( v. sopra pag . 149 ) , Lassalle ( pag. 193 e
segg. ) , opinano che le leggi proibitive , per questo carattere
soltanto , passino sopra ad ogni privato riguardo , od anche ai
diritti acquisiti , onde raggiungere la pienezza della loro appli-
cazione. Egli è vero che nel formolare codesta teoria i succitati
scrittori non le assegnano tutti i medesimi limiti ; il Bergmann
(p . 167, nota 167 ) p. es. opina che la efficacia retroattiva delle

(1 ) Dice il Weber : ai tribunali non ispetta il promuovere la pubblica


prosperità , nè la facoltà di ledere per questo motivo un diritto acquisito,
se la legge non lo prescrive » .
CANONI GENERALI 155

leggi proibitive , o annullanti , come egli le chiama , debbansi


piuttosto desumere dall'espressa volontà del legislatore , che
dalla natura del loro effetto , e il Lassalle ( p . 235 ) non attri-
buisce propriamente efficacia retroattiva che a quelle leggi proibi-
tive , le quali vietano un determinato diritto, o, come egli dice ,
un determinato contenuto giuridico ( rechtsinhalt ) , non quelle
che vietano questo o quel modo di porlo in essere . Ma siccome
il Bergmann opina ( v . sopra p . 147 ) che le leggi proibitive
siano quasi tutte concepite in modo da far comprendere l'in-
tenzione del legislatore che debbano retroagire , e le ragioni
colle quali il Lassalle dimostra la sua tesi dentro confini meno
estesi di quelli che le assegnano altri , sono in sostanza le me-
desime di cui si vale li Bergmann , cosi fra le opinioni dei due
scrittori vi ha una intrinseca affinità .

Occasione prossima della dottrina , che le leggi proibitive sieno


retroattive , può essere stato , a nostro credere , il fatto che i
più noti esempi di retroattività si riscontrano in leggi di tal
natura ; cosi p . es . le leggi che hanno abolito i maiorascati ,
vietarono in pari tempo la costituzione di simili rapporti giu-
ridici e la continuazione di quelli già costituiti . La cagione
principale però di siffatta persuasione non può essere stata che
una speciale importanza e virtù attribuita da alcuni giurecon-
sulti al concetto di divieto , per sè medesimo considerato . Parve
loro che ad un divieto del legislatore non si potesse contraddire
nè con nuovi fatti nè con fatti già posti in essere , perchè nel
divieto ravvisavano un atto di sovranità , più grave che nel
semplice comandare , e quella maggior gravità si identificava
per loro in una più forte esigenza dell'ordine pubblico . Ecco
perchè noi dicevamo poc' anzi che la dottrina della retroattività
delle leggi concernenti oggetti che interessano l'ordine pubblico ,
e quella della retroattività delle leggi proibitive sono intima-
mente connesse , e sostanzialmente identiche .
Non vi ha dubbio che la seconda dottrina non presenta le
imperfezioni da noi riscontrate nella prima , e che in particolare
il riconoscere il carattere proibitivo di una legge è più facile
che lo assegnare l'attinenza del suo oggetto coll'ordine pubblico.
156 PARTE SECONDA

Ma ad onta di questi minori inconvenienti , neppure la dottrina


della retroattività delle leggi proibitive può essere accettata , sia
confrontandola coi fatti , sia considerandone il fondamento scien-
tifico .

Se fosse vero che le leggi proibitive , per questo solo loro


carattere , sono retroattive , come si potrebbe conciliare con
questa premessa il fatto che tante leggi di tal natura non sono
considerate retroattive dalla maggior parte degli scrittori ? Legge
proibitiva è l'abbassamento del limite dell' interesse convenzio-
nale del denaro , eppure la maggior parte dei giureconsulti e
dei legislatori opinano che gli interessi più elevati , anterior-
mente a quella legge pattuiti , si possano percepire anche dopo ;
proibitiva è la legge che impedisce la ricerca della paternilå
naturale , eppure quasi tutti i legislatori e giureconsulti opinano
che siffatto divieto non osti al proseguimento delle azioni pen-
denti al momento in cui quella legge entrò in vigore . E se una
legge abolisse l'adozione , è opinione generale dei giureconsulti
che essa lascerebbe sussistere le adozioni poste in essere ante-
riormente.

Come poi la circostanza del proibire implichi per sè sola la


intenzione del legislatore di dare alla legge effetto retroattivo,
per quanto noi ci siamo sforzati di comprenderlo , non ci siamo
potuti riuscire .Noi non comprendiamo come per proibire ci
vogliano più gravi ragioni che per comandare , non compren-
diamo del pari come mai , ogniqualvolta il legislatore non abbia
espressamente imposta la retroattività , e il raggiungimento dello
scopo della legge non renda necessario l'attribuire al legislatore
siffatta intenzione , l'avere egli proibito un fatto o una relazione
giuridica qualunque , dispensi dal ritenere che abbia voluto
anche in tal caso rispettare i diritti acquisiti , essendo questo
rispetto di tanta importanza scientifica e pratica , da doversi
pensare appunto che il legislatore non abbia voluto mancarvi ,
quando il pensar . ciò non sia impedito dall'una o dall' altra
delle anzidette circostanze . Se p. es. una legge è cosi concepita :
i feudi sono aboliti , nessuno può dubitare che questa legge
proibitiva abbracci non soltanto l'avvenire , ma anche il presente ,
CANONI GENERALI 157

perchè , essendo i feudi fra le istituzioni di perpetua durata ,


chi voglia toglierli per l'avvenire debba distruggere quelli che
esistono ora. Ma quando una legge è , p . es . , così concepita : « è
vietato pattuire un interesse superiore al 6 per cento , questo
divieto si applicherà ai soli contratti futuri , e lascerà sussistere
nei loro effetti quelli già stipulati , appunto perchè questo risul-
tato soddisfa in pari tempo il legislatore e la giustizia , e quegli
nulla ha detto che autorizzi a non attribuirgli una cosi ragio-
nevole intenzione .
Per tali ragioni non è da meravigliare se vi furono valenti
giureconsulti fra gli oppositori di quella dottrina . Il Savigny
p . es. ( p . 436 ) dichiara : « doversi rigettare la proposizione che
nuove leggi proibitive possano alterare la natura di contratti
precedentemente conchiusi » . Prima di lui un rinomato inter-
prete del Codice civile austriaco , lo Zeiller (ap . Bergmann p . 394)
dichiarò pure che : « diritti già acquistati non possono essere tolti
da una legge posteriore la quale limiti tali diritti , od anche
totalmente li abolisca » . Anche il Weber ( p . 191 ) non ammette
che l'efficacia retroattiva di leggi annullanti si possa desumere
d'altronde che dalle loro medesime espressioni (1 ) .
Abbiamo fatto conoscere poco sopra il nuovo aspetto , col
quale la dottrina della retroattività delle leggi proibitive fu
presentata dall'ingegnoso ed eloquente Lassalle. Se p . es. egli
dice ( p . 266 ) una legge permette che si acquisti la maggior
età col matrimonio , ma in pari tempo proibisce che la si ac-
quisti mediante lo stabilimento di una separata economia ( be-
sondere wirthschaft ) (2) , quest'ultima proibizione non può in-
fluire su coloro , i quali siano già diventati maggiori in questa
maniera : imperocchè , essendo aperto l'adito alla maggior età
mediante il matrimonio , l'influire sulla maggior età di quelle
persone sarebbe un retroagire sullo speciale atto col quale
esse pervennero all' età maggiore . Se invece una legge proibisce

(1) Egli adduce in questa occasione l'esempio della nota legge ult. C. d
pactis pignorum.
(2) Questo modo di acquistare la maggior età è ammesso da qualche
Codice, e p . es. dal Codice civile austriaco ( § 174 ) .
158 PARTE SECONDA

p. es. i fedecommessi , e gli oneri feudali , o la irredimibilità


delle rendite perpetue , essa ha necessariamente per effetto di
rendere inefficaci per l'avvenire auche i diritti di tal natura
acquistati mediante contratti anteriori , perchè siffatte proibizioni
impediscono che quei diritti possano venir posti in essere d'ora
in avanti mediante qualsivoglia allo o disposizione individuale ,
li tolgono affatto dalla sfera della proprietà dell'individuo . La
ragione poi che il Lassalle adduce dell'efficacia retroattiva di
queste leggi proibitive si è ( pag. 194 e segg. ) che l'unica fonte
del diritto è la coscienza collettiva dell'intiero popolo , cosicchè
non è possibile giuridicamente che l'individuo voglia sottrarsi a
questa comunione della sostanza del diritto , e in ogni contratto
devesi fin dal principio sottintendere la clausola che il diritto.
stipulato in esso , per sè o per altri , duri fintantochè la legis.
lazione continui ad ammetterlo (1 ) .
A noi sembra che i surriferiti argomenti del Lassalle non
siano nè chiari nè saldi , cosicchè questo illustre giureconsulto
non abbia fatto che rendere più manifesta l'infondatezza della
dottrina di cui ragioniamo, mentre si era proposto di darle un
aspetto nuovo e più convincente.
Il Lassalle comincia con una distinzione , nuova bensi nella
scuola cui egli appartiene , ma che ci pare destituita di fonda-
mento. Per qual ragione le leggi , che proibiscono soltanto un
certo modo di acquistare un diritto , non devono essere retroat-

( 1 ) Prima del Lassalle, il Gönner aveva già addotto il medesimo argo-


mento , non per sostenere la generale retroattività delle leggi proibitive ,
ma per dimostrare che in alcuni casi eccezionali un legislatore può espres-
samente manomettere diritti acquisiti. Dice il Gönner : « nessun cittadino
ha diritto in confronto del legislatore alla durata di una legge , che anzi
il carattere di mutabilità inerente ad ogni legge positiva fa sì che il citta-
dino , acquistando un diritto dipendente dalla sanzione del legislatore, non
consegue che una facoltà condizionata alla conservazione della legge » . Lo
Struve ( pag. 145), riportando questo medesimo passo , osserva : « che sif-
fatta dottrina fa del legislatore un padrone assoluto della vita , dell'onore ,
della libertà , della proprietà di tutti i suoi sudditi , senza guarentigia alcuna.
contro manifeste violazioni di questi diritti , rispettabili fra tutti gli altri » .
CANONI GENERALI 159

tive , mentre lo devono essere quelle che divietano assolutamente


un dato diritto o rapporto giuridico ? Il Lassalle non ce lo dice,
e a noi non riesce di comprenderlo. Se la retroattività deve
essere un effetto del carattere proibitivo , o , come dice il Las-
salle , assoluto di una legge , questo carattere noi lo troviamo
tanto nella prima specie di leggi , quanto nella seconda , non
essendoci gradi nel concetto di proibizione , più di quello che
ve ne siano nel concetto dell' assoluto . Se una legge, proibendo i
feudi , toglie questo diritto dal patrimonio degl' individui , una
altra legge , proibendo che si diventi maggiorenne collo stabilire
una separata industria , toglie dal campo del possibile giuridico
questo modo di acquistare la maggior età ; dove è la differenza
fra i due casi rispetto all'effetto della proibizione ? Ciò è tanto
vero , che il Lassalle medesimo in qualche caso sostiene l'efficacia
retroattiva di una legge proibitiva , e dà quindi importanza pre-
valente all'intento proibitivo della legge , quantunque l'oggetto
della medesima sia piuttosto un dato modo di acquistare un
diritto , che il diritto medesimo astrattamente considerato. Egli
sostiene p. es . con una lunga dimostrazione ( p . 279 e segg . )
che la nota legge 27 C. de usuris non è per nulla ingiustamente
retroattiva , e che anche in difetto di espressa disposizione del
legislatore , ogniqualvolta questi abbassi il limite legale dell' in-
teresse convenzionale , non soltanto in avvenire non si possa
pattuire un interesse più elevato , ma neppure in virtù di un
patto anteriore a quella legge un tale interesse possa pretendersi
ulteriormente. Imperocchè , egli dice , in questo caso è cessato
( untergegangen ) il diritto di pattuire più del 6 per cento. Ep-
pure una legge siffatta non tanto proibisce che si possa percipere
in generale, un dato interesse , quanto che lo si possa percipere
in un dato modo , cioè mediante un contratto di mutuo ; distin-
zione codesta che ci pare meno cavillosa di quella fatta dal
Lassalle fra il divieto dell'acquisto della maggior età , mediante
un fatto proprio del minorenne in generale , e l'acquisto della
medesima mediante una cosi detta separata economia in parti-
colare. Oltracciò nella pratica quella distinzione fra il divieto di
un diritto in generale e il divieto di un modo particolare di
160 PARTE SECONDA

acquistare un diritto , non può farsi dietro sicuri criterii , e


riesce il più delle volte affatto immaginaria , benchè il Lassalle
asserisca ( p. 256 ) che , attentamente considerando , non possa
riescire mai dubbia.

Il principio poi che il Lassalle invoca onde sostenere la sua


tesi rispetto alle leggi che proibiscono un diritto in generale,
e qualunque sia il modo del suo acquisto , oltre che non vi ha
ragione per cui convenga meno all'altra specie di leggi proibi-
tive da lui contrapposta a quella , non vale in realtà in nessun
caso a giustificare l'effetto retroattivo di una legge per la sola
circostanza di essere questa proibitiva. Imperocchè altrimenti
bisognerebbe sostenere che nessuno possa mai conservare un
diritto acquisito non ostante la posteriore proibizione di questo
diritto , senza disturbar l'ordine e arrestare il progresso della
società ; la qual proposizione sarebbe evidentemente gratuita ed
esagerata . E guai se così non fosse ; la società verrebbe data
in balia ad un dispotismo spaventevole anche per socialisti più
spinti del Lassalle , il quale ebbe la fortuna di non accorgersene.
Se per es. nel Codice Giustinianeo non ci fosse la legge 27 de
usuris , forsechè la legge 26 dello stesso titolo non sarebbe una
importante innovazione economica ? Vi hanno bensi dei casi ,
nei quali una legge proibitiva deve essere applicata retroattiva-
mente per non contraddire al principio che l'individuo non può
colle sue disposizioni e pattuizioni impedire un ulteriore svol-
gimento dei concetti giuridici , ma sono casi nei quali la neces-
sità dell'effetto retroattivo non nasce già dal carattere proibitivo
della legge , ma bensi dalla natura del diritto , a cui la legge
si riferisce , come abbiamo già osservato più sopra. Tali furono
per es . le abolizioni dei feudi e dei maggioraschi , istituzioni ,
come osservammo , di perpetua durata , che bisogno distruggere
nel presente per liberarne la società nell'avvenire . Il Lassalle
adduce appunto siffatti esempi , quando vuol giustificare la re-
troattività delle leggi proibitive di un diritto in generale : ma
non ne adduce altri , e , come non ebbe di mira che quei casi ,
non si potè accorgere che l'argomento desunto dalla necessità
del progresso del diritto non conveniva del pari a molti altri
CANONI GENERALI 161

casi , cioè a tutti quelli , nei quali l'oggetto della legge non sia
una istituzione giuridica di perpetua durata , i quali casi però
egli sottopose intanto inavvedutamente alla sua formola , e alla
sua argomentazione .
Vi ha dunque una parte di vero nella dottrina del Lassalle ,
di cui ragionammo fin qui , ma egli non seppe assegnare a quel
vero il suo giusto valore ; credette spiegarlo , dando importanza
sostanziale ad un carattere meramente accidentale , e da questa
inesatta analisi fu condotto ad una infondata generalizzazione.
Questa conclusione , a cui pur troppo si viene tante volte nello
studio delle opinioni scientifiche di uomini rispettabilissimi , ci
preserva di per sè sola , e preserverà fors ' anche il nostro lettore,
dal dubbio che la precedente nostra critica non sia stata co-
scienziosa.

CAPITOLO III

Dottrina della retroattività delle leggi favorevoli .

Quando nel 1848 un membro dell'Assemblea Nazionale fran-


cese propose che nella Costituzione della Repubblica venisse
iscritto il principio della non retroattività delle leggi , Odillon
Barrot si oppose a tale proposta , osservando che non tutte le
leggi non sono retroattive , che le leggi favorevoli in particolare
ricevono immediatamente la più ampia applicazione . Codesto
principio della retroattività delle leggi favorevoli è realmente ,
a detta del Bergmann ( p . 317 ) , uno dei canoni del diritto tran-
sitorio francese.

Per verità la giurisprudenza ci offre non pochi esempi di leggi


favorevoli , di leggi cioè che migliorano la situazione delle persone ,
alle quali si riferiscono , dotate d'immediata applicazione anche
GABBA Retr. Leggi. v. I. 11
162 PARTE SECONDA

a casi e negozi giuridici anteriormente posti in essere . Tali per


esempio sono le leggi penali che statuiscono una pena più mite
di quella comminata da leggi anteriori , e le quali si applicano
anche ai reati precedentemente commessi ; tali sono eziandio
tutte le leggi sullo stato personale , per le quali si accorda ai
cittadini che si trovano in un rapporto di dipendenza da altri
o una maggior libertà , o libertà completa , o maggiori facilità.
di conseguirla .
Ma anche le leggi non favorevoli si applicano immediatamente
a casi e negozi giuridici anteriori , tutte le volte che ciò si possa
fare senza ledere diritti quesiti . Vi ha p . es . chi ritiene che la
proibizione della ricerca della paternità debba applicarsi eziandio
ai figli illegittimi già nati , la cui paternità non sia ancora stata
dichiarata conformemente alle leggi anteriori , appunto perchè
non iscorge in questa retroattività lesione alcuna di diritto
.
acquisito.
Le stesse leggi favorevoli poi non si applicano retroattivamente,
quando in questa maniera si lederebbe il diritto acquisito di
una persona , per favorirne un'altra , altrimenti quel principio,
applicato al diritto patrimoniale , equivarrebbe alla retroattività
.
di tutte quante le leggi che a questo si riferiscono , non essen-
dovene alcuna , la quale non sia più vantaggiosa della legge
precedente , all ' una o all'altra delle parti fra le quali un di-
ritto reale o un diritto contrattuale intercede .
Per conseguenza , la dottrina della retroattività delle leggi
favorevoli si risolve in una traduzione della massima fonda-
mentale del diritto transitorio , da nessuno revocata in dubbio ,
che ogni nuova legge debba ricevere la più larga applicazione
compatibile col rispetto dei diritti acquisiti , e in una parziale
applicazione di questo principio ad alcune specie di leggi , come
sono le penali , o quelle sullo stato personale , pel caso in cui
queste migliorino la condizione giuridica delle persone . Essa è
quindi ben lontana dall'essere un criterio pratico fondamentale
nella teoria della retroattività . Non è del resto neppure un utile
criterio pratico speciale nella cerchia limitata delle leggi , alle
quali può essere applicata ; essendochè l'ammettere in generale.
CANONI GENERALI 163

la retroattività delle leggi , purchè non si violino diritti acquisiti ,


gli è di certo un ammettere implicitamente altresì la retroatti-
vità di quelle leggi favorevoli in particolare , le quali non fanno
che accrescere i diritti acquisiti di una persona , senza ledere
gli altrui .

CAPITOLO IV

Dottrina di Savigny.

La larghezza di vedute , e la giustezza di concetti che si am-


mirano nelle opere del Savigny, fanno si che anche le idee da
lui poste a base della teoria dei confini di tempo dell' applica-
zione delle leggi , meritino maggiore attenzione di quelle dei
suoi predecessori . Non fa quindi maraviglia che , mentre molti
applaudono a quella dottrina , non pochi la combattano, fra i
quali , e più seriamente degli altri , il Lassalle.
Il grandissimo conto che ognuno deve fare dell'autorità del
Savigny , ha indotto anche noi a studiare attentamente la sua
dottrina intorno alla retroattività ; ma da codesto studio noi
siamo usciti colla convinzione che essa non ha saldo fondamento
scientifico , e nelle pratiche applicazioni riesce piuttosto peri-
colosa che utile . Prima di esporre le ragioni di un tale giudizio ,
noi esporremo i principii , nei quali quella dottrina sostanzial-
mente si risolve.
Il Savigny comincia dal distinguere i diritti acquisiti dalle
mere aspettative , e dalle astratte facoltà o di tutti gli uomini
o di intiere classi ( pag. 386 e segg . ) , ed applicando queste
premesse , egli dice ( p . 414 ) che lo stato personale in partico-
lare non costituisce che eccezionalmente un diritto acquisito ,
cosicchè , secondo lui , il vero campo delle quistioni transitorie
sarebbe il diritto patrimoniale.
1644 PARTE SECONDA

Base di tutta la dottrina savigniana è poi la distinzione fra


le leggi che si riferiscono all'acquisto (erwerb) , e quelle che si
riferiscono all'essere ( dasein ) , cioè all'essere o non essere dei
diritti . Per acquisto dei diritti il Savigny intende ( p . 375 ) la
congiunzione di un diritto con un individuo ; cioè il trasformarsi
un istituto giuridico astratto in rapporto giuridico personale .
L'essere dei diritti egli intende ( ib . ) il riconoscimento di un
istituto giuridico in generale per parte della legge : dal qual
riconoscimento si desume se l'istituto medesimo sia o non sia,
oppure se egli sia in questo o quest'altro modo . Cosi p . es . la
legge ammette o non ammette l'istituto della decima , ma la
legge ammette altresì o la decima irredimibile , o la decima
accompagnata da redimibilità ( p. 376 ) . Corrispondentemente a
tale distinzione , egli divide le leggi in due classi : leggi che
concernono l'acquisto o la perdita dei diritti ( p . 3781 ) , e leggi
che concernono l'essere o non essere , o il modo di essere dei
diritti.
Ciò premesso , il Savigny pone due principii fondamentali per
risolvere tutte quante le questioni intorno all'effetto retroattivo .
Rispetto alle leggi che regolano l'acquisto dei diritti vale
secondo lui il principio : che le nuove leggi non possono mano-
mettere diritti acquisiti ( p . 385 ) , principio , del quale egli pure
riconosce l'identità col dettato volgare : le leggi non poter essere
retroattive ( ib . ) . Rispetto alle leggi che concernono l'essere o il
non essere o il modo di essere dei diritti , egli pone un principio.
diametralmente opposto ; il principio cioè che le nuove leggi
retroagiscono , che esse non possono lasciar sussistere diritti
acquisiti ( p . 517 ) .
Tanto le leggi della prima specie però , quanto quelle della
seconda , aggiunge il Savigny ( p . 507 , p . 571 ) , possono eccezio-
nalmente venire applicate in modo contrario al principio addi-
tato per ciascuna di esse . Codeste eccezioni ai suesposti principii
non possono però mai a suo avviso essere introdotte dal Giudice ;
ma devono essere espressamente e senza ambiguità ordinate dal
Legislatore ( p. 508 ) .
CANONI GENERALI 165

Tali sono le idee di cui sostanzialmente si compone la dottrina


del Savigny. Noi crediamo però opportuno , onde completare la
base della nostra critica , il soggiungere che nello applicare i
suoi principii , l'autore annovera fra le leggi sull'acquisto dei
diritti , quelle concernenti i seguenti argomenti : la capacità di
agire , la forma giuridica degl' istituti di diritto , l'influenzal
dell'età , del sesso e delle condizioni intellettuali , i titoli dei
diritti reali , la prescrizione e l'usucapione , gli effetti dei con-
tratti , la validità dei testamenti , il diritto di successione inte-
stata , i diritti patrimoniali dei coniugi ; e fra le leggi sull'essere
dei diritti egli annovera quelle che aboliscono la schiavitù , i
feudi , i majorascati ; quelle che introducono od aboliscono il
divorzio , o che proibiscono le donazioni fra conjugi ; le leggi
sui diritti dei figli illegittimi , e in generale le leggi che aboli-
scono istituti di diritto .
Come la distinzione delle leggi relative all'acquisto e di quelle
relative all'essere dei diritti è fondamento di tutta la dottrina .

del Savigny , cosi noi non possiamo accettare questa dottrina


appunto perchè di quella distinzione non ci possiamo persuadere .
Siffatta distinzione invero è diversamente formulata dal Savigny
in diverse occasioni . In sul principio ( p . 375) egli parla di legge
sull'essere o non essere dei diritti , nel senso di leggi : sul ri-
conoscimento di un istituto giuridico in generale ( auf die Aner-
kennung eines Rechtsinstituts im allgemeinen ), e queste leggi
appunto egli contrappone a quelle sull'acquisto dei diritti .
Successivamente ( p . 376 ) egli assimila alle leggi sull'essere o
sul non essere , quelle sull'essere in questo o quel modo un dato
istituto giuridico ; subito dopo ( p . 377) egli comincia a parlare
di leggi sull'essere o sul modo di essere dei diritti , e questo
linguaggio conserva poi in tutto il rimanente del suo trattato .
Il Savigny non si è accorto che variando in tale maniera le
sue espressioni , e passando prima dalla locuzione essere o non
essere all'altra essere in questo od in quel modo , poscia dall'e-
spressione istituti di diritto a quella di diritti semplicemente ,
egli passava in realtà da un concetto ad altro ben differente, e
si esponeva quindi al pericolo che la sua ultima conclusione
166 PARTE SECONDA

non potesse partecipare della evidenza della prima sua propo-


sizione , non avendo nulla di comune con essa . Or bene : codesto
vizio appunto della dottrina del Savigny , non avvertito finora ,
è il lato debole da cui sembra a noi che la si possa vittoriosa-
mente combattere. Imperocchè noi diciamo : o la distinzione ,
di cui si ragiona , viene intesa nel primo modo in cui il Savigny
la presenta , cioè come contrapposizione delle leggi sull'acquisto.
dei diritti e delle leggi sull'essere o non essere un istituto giu-
ridico , ed allora la dottrina savigniana è bensi degna di questo
nome , ma non è nè nuova , nè esatta. Oppure quella distinzione
viene intesa nei due altri modi , cioè , o come contropposizione
delle leggi sull'acquisto dei diritti e delle leggi sull'essere o
non essere , e sul modo di essere di istituti giuridici ; o come
contrapposizione delle leggi sull'acquisto e delle leggi sulla du-
rata dei diritti, e in ambedue i casi quella dottrina non merita
neppure un tal nome , perchè non ha senso veruno nè in teoria ,
nè in pratica. Eccone la dimostrazione .
Che le leggi tutte si possano distinguere in due classi , in
quelle cioè che introducono o aboliscono istituti giuridici , e in
quelle che , svolgendo questi istituti , pongono le condizioni
dell'acquisto dei singoli diritti contenuti nel concetto di ogni isti-
tuto , è cosa evidente e che nessuno può revocare in dubbio .
Imperocchè ognuno sa che istituti giuridici e singoli diritti
sono i concetti elementari del sistema giuridico . Ma se noi
diciamo , come pur dice da principio il Savigny , che le leggi
di quella prima specie sono retroattive , e che non lo sono quelle
della seconda , che cosa affermiamo in sostanza con tali parole ?
Non ci par difficile scoprirlo . Siccome la retroattività di una
legge , la quale introduca un istituto affatto nuovo , non può
essere neppure immaginata , così la retroattività delle leggi
sull'essere o sul non essere degl' istituti giuridici , si risolve in
concreto nelle retroatttività delle leggi sul non essere di istituti
giuridici esistenti , cioè nella retroattività delle leggi proibitive
di tali istituti , e quindi quella proposizione non è altro in
sostanza che una parziale affermazione della pretesa massima :
che le leggi proibitive si applicano retroattivamente . Questa
CANONI GENERALI 167

massima appunto il nostro lettore sa essere stata sostenuta da


parecchi , molto tempo prima del Savigny , e da questo espli-
citamente condannata , a buon diritto , siccome erronea e peri-
colosa.
Noi non possiamo invece accordare , e neppur comprendere
come altri pensi , che tutte le leggi o concernano l'acquisto dei
diritti , o concernano il modo di essere degl' istituti giuridici.
Imperocchè in che cosa consiste il modo di essere degl'istituti
giuridici , se non nella qualità e nei limiti dei diritti , che in
occasione e in virtù di essi possono essere acquistati ? Se per
esempio un legislatore statuisse che in virtù dell'adozione non
si potesse acquistare il diritto di portare il nome dell' adottante ,
questa legge non cambierebbe forse la sostanza , e quindi il
modo di essere dell'adozione , e non modificherebbe in pari
tempo i principii intorno ai modi di acquistare un nome di
famiglia ? Quella pretesa distinzione adunque non sussiste ,
perchè gli oggetti contrapposti rientrano in realtà l'uno
nell'altro , e non ne formano che uno solo. Che se uno affermi
che la prima delle due specie di leggi , delle quali ora si parla ,
abbia per suo carattere la retroattività , l'impossibilità di distin-
guere quella specie dall'altra , farà si che nella pratica , in nome
e in virtù di un tale principio , egli applicherà retroattivamente
qualsiasi legge. Nel caso immaginato dianzi si dovrà giudicare ,
contro la giustizia e il buon senso, che le persone precedente-
mente adottate non possano d'ora innanzi portare il nome del-
l' adottante.
Analoghe osservazioni possiamo fare rispetto alla distinzione
delle leggi intorno all'acquisto, e delle leggi intorno alla durata
dei diritti. Che anzi in questo caso la vanità e il pericolo pra-
tico della distinzione sono ancor più facili a vedersi che nel
caso precedente . Imperocchè ogniqualvolta il legislatore fa ces-
sare un singolo diritto , che è parte di un istituto , impedisce
in pari tempo che in virtù di questo istituto lo si possa acqui-
stare , e quindi chi pensa che le leggi sulla durata dei diritti
siano retroattive , dovrà nella pratica modificare le conseguenze
di anteriori acquisti , ogni qualvolta non si conciliino con una
168 PARTE SECONDA

legge di tale natura ; oppure rimarrà per lo meno esitante e


senza lume di principii , nello scegliere fra la retroattività o la
non retroattività di essa legge. Infatti , nella quistione se una
legge , la quale abbassi il limite dell'interesse convenzionale ,
debbasi applicare o no agli anteriori contratti di mutuo , nei
quali si fosse pattuito , in conformità alle leggi precedenti , un
interesse più elevato , noi vediamo il Savigny ed il Lassalle
venire ad opposte conclusioni , partendo da principii sostanzial-
mente identici ; il primo ( p. 437 ) condannare la legge 27 .
C. de usuris , perchè crede che questa legge concerna non
l'essere o il non essere , ma l'acquisto di un diritto ; l'altro
(p. 280 ) approvarla , appunto perchè ritiene che questa legge
tolga sussistenza al diritto di percepire un interesse maggiore
di quello che essa consente.
La dottrina del Savigny adunque è veramente non nuova nè
esatta , se la si intende come una ripetizione in termini diffe-
renti del principio della retroattività delle leggi proibitive ; senza
senso in teoria, e pericolosa nella pratica , se la si vuole inten-
dere o dare ad intendere come dottrina della retroattività delle
leggi intorno all'acquisto , e della non retroattività delle leggi
intorno al modo di essere degli istituti giuridici , o alla durata dei
diritti.
Come mai la mente del Savigny ha potuto rimaner soddisfatta
di così manchevoli concetti ? Noi dobbiamo rispondere a questa
domanda , affinchè una favorevole prevenzione , basata sulle non
comuni qualità intellettuali di un tanto uomo , non metta in
diffidenza qualche nostro lettore , quand' anche la precedente
nostra analisi lo avesse persuaso .

Noi diremo questa volta del Savigny quello che Orazio disse
di Omero : quandoque dormitat . L'errore del Savigny ebbe ori-
gine da inavvedutezza , e si compiè nell'equivoco . Egli si diparti
da un concetto intelligibile , benchè erroneo , dal concetto cioè
della retroattività delle leggi sull'essere o non essere degl'isti-
tuti giuridici ; la novità di queste espressioni lo sedusse , e gli
impedi di scorgere l'identità di un tale principio con quello.
della retroattività delle leggi proibitive , da lui esplicitamente
CANONI GENERALI 169

condannato ; poscia , invece di analizzare la sua premessa , egli


fu condotto da superficiali affinità , e da non giustificate sosti-
tuzioni di vocaboli alla formola finale : retroattività delle leggi
sulla durata dei diritti ; non retroattività delle leggi sull'acquisto
dei diritti ; formola sostanzialmente diversa dalla prima , ma
che egli , pervenutovi in quella maniera , stimò fosse una mera
traduzione di quella , e , senza analizzarla direttamente , preferi
come nuova , e ritenne applicabile non meno di quella , da cui
gli pareva d'averla dedotta. Dominato da siffatta persuasione ,
formatasi in modo tutto formale , e , per così dire , esteriore ,
il Savigny, quantunque intravedesse la difficoltà pratica del di-
stinguere le leggi sulla durata dei diritti , da quelle sull'acquisto
dei medesimi , non vi si fermò sopra , non comprese che quella
difficoltà è piuttosto una vera impossibilità , e affermò , ( p . 378,
p. 521 ) che si può superare la difficoltà « esaminando attenta-
mente il senso e l'intenzione delle nuove leggi ; colle quali
parole egli non si accorse di abbandonare il suo preteso prin-
cipio , per seguire una dottrina ben differente e non meno inu-
tile nelle pratiche applicazioni , che infondata in teoria . Ed è
una curiosa circostanza che il Savigny intravide la difficoltà
dell'applicazione del suo ultimo principio precisamente rispetto
alle leggi relative al modo di essere degl' istituti giuridici (p . 521 ) ,
nella quale materia appunto è stato facile a noi dimostrare l'as-
soluta inapplicabilità della formola savigniana .
Tutto ciò rispetto al discorso teorico del Savigny. Nelle appli-
cazioni poi è accaduto a questo autore quello che accade a tutti
i sostenitori di un sistema sbagliato : di scordarsi cioè del sistema,
e di ragionare col solo buon senso ; felice dimenticanza nel caso
nostro , perchè il buon senso del Savigny è realmente dei meno
comuni. In tutte le questioni , che egli tratta sotto la rubrica:
acquisto dei diritti , il Savigny non perde già il tempo a ricer-
care , se le singole leggi , di cui tratta , contemplino l'acquisto
o l'essere o il modo di essere dei diritti , ma , al pari di tutti
gli altri giureconsulti , investiga , se il diritto , della cui conser-
vazione si tratta , sia veramente acquisito o no , e quando si
trova costretto a sostenere la retroattività , come nella maggior
170 PARTE SECONDA

parte delle quistioni sullo stato personale , non ne dà già per


ragione l'appartenere il caso piuttosto alle leggi sulla durata
dei diritti , ma bensi il non riscontrarvisi un vero e proprio
diritto acquisito . Sotto la rubrica poi : essere (o non essere) dei
diritti noi troviamo poche applicazioni , e queste relative a leggi ,
la retroattività delle quali è dimostrata non coll'uso della for-
mola corrispondente alla rubrica , ma col riflesso che si tratta
di leggi abolitive , le quali senza retroattività non possono avere
effetto alcuno ( 1 ) neppure per l'avvenire ; oppure col riflesso
che non si tratti neppure di veri diritti , ma di semplici aspet-
tative. Non ha già tentato il Savigny in questa parte di esten-
dere le sue applicazioni a tutte le leggi che hanno per effetto
l'essere o il non essere o il modo di essere dei diritti , e fu
bene per lui ; questo criterio lo avrebbe condotto molto lontano ,
ma fuor di strada.
In conclusione , ponendo mente più ai fatti che alle parole ,
noi possiamo dire che la vera dottrina del Savigny non è già
quella che par contenuta nelle formule da lui inventate ; ma
bensi una dottrina molto più semplice , e che tutti possono
comprendere , la dottrina cioè che per regola generale tutte
le leggi si possono applicare a conseguenze di fatti e rapporti
giuridici anteriori , quando con ciò non si violino diritti acqui-
siti. Nell'applicazione di questa dottrina le considerazioni del

( 1 ) A pag . 522 ( in princ . ) il Savigny dichiara che appartengono di pre-


ferenza alla categoria delle leggi sull'essere dei diritti , quelle di natura ri-
gorosamente proibitiva e assoluta , colla quale proposizione egli connette
duc sbagli. Prima di tutto egli contraddice a quanto affermò precedente-
mente (pag 436 ) contro la dottrina della retroattività delle leggi proibitive ;
poi non avverte, ciò che pure avrebbe potuto desumere dalle sue mede-
sime applicazioni relative all'essere dei diritti ( V. sopra), che cioè , fuori
del caso di una retroattività espressamente imposta dal legislatore , anche
le leggi più assolute , cioè le leggi abolitive , non si applicano retroattiva .
mente , se non quando e perchè altrimenti non se ne otterrebbero gli
effetti neppure per l'avvenire.
CANONI GENERALI 171

Savigny ci potranno essere molto utili , mentre le sue formule


teoriche non ci potrebbero che imbarazzare e fuorviare (1 ) .

CAPITOLO V

Teorica del Lassalle .

Nessun giureconsulto ha trattata la teoria della retroattività.


delle leggi con idee nuove , così elevate e larghe , e in pari
tempo cosi vicine alla verità , e feconde di utili applicazioni ,
come Ferdinando Lassalle. L'opera di questo scrittore è uno
dei pochi esempi moderni , che ci provano quanto sia utile
preparazione agli studi giuridici la famigliarità colla filosofia
e colle leggi fondamentali dell ' umano pensiero . Dalla filo-

( 1 ) La critica del Lassalle ( pag. 14-26 ) è sostanzialmente identica alla


nostra. Il Lassalle dice p . es . a pag. 17 : « le medesime leggi , secondo
che le si riguardino dal punto di vista dell'individuo , oppure da quello
del loro oggetto , sono nel primo caso leggi sull'acquisto , e nel secondo
leggi sull'essere dei diritti , cosicchè questa distinzione non riposa che su
astratte categorie intellettuali , le quali in ultimo risultato rientrano l'una
nell'altra e non danno alcun saldo principio di distinzione » , e a pag. 20 :
La regola del Savigny , che le leggi concernenti l'essere o il modo di
essere dei diritti debbano retroagire , non dice altro in sostanza fuorchè
l'antico dettato dei giureconsulti francesi , che tutte le disposizioni , pro-
venienti dal pubblico diritto, sono retroattive » . - Prima del Lassalle la
suesposta dottrina del Savigny era stata disapprovata da Boecking ( Pand.
d. röm. Privatr. Bonn , 1853 1. p . 317 ) , da Scheurl (Beitr. z. röm. Recht .
Erlangen, 1853) , da Bornemann ( op . cit p. 8. seg. ), da Christiansen (Ueber
erworb. Rechte , Kiel , 1856 p. 95 , p. 107 ) . Quest'ultimo osserva essere
strano che il Savigny ritenga non applicarsi il principio della non retroat-
tività ad un'intiera categoria di leggi , dopo avere dimostrato che quel
principio emana dalla stessa essenza della legge . E anch'egli dice spesse
volte arbitraria la collocazione che fa il Savigny delle differenti leggi nel-
l'una o nell' aitra delle categorie da lui distinte.
172 PARTE SECONDA

sofia hegeliana invero , della quale si era nutrito , il Lassalle


acquistò quell'abitudine , o , per meglio dire , quella tendenza
a non perder mai di vista la realtà anche nelle più elevate
astrazioni , per la quale appunto , più che pei concreti risultati ,
l'hegelianismo fu benemerito del pensiero moderno .
Onde giustificare il principio fondamentale che deve servir di
scorta in tutte le quistioni intorno alla retroattività , il Lassalle
risale alle ultime ragioni del principio : che le leggi non devono
avere forza retroattiva .
Per lui , già lo dice lo stesso titolo dell'opera sua , non re-
troattività delle leggi , e rispetto dei diritti acquisiti sono identici
concetti ; lungi dal ripetere l'errore del Savigny, che la giuris-
prudenza in due grandi parti si divida , ad una delle quali con-
venga il principio della non retroattività , all'altra il principio
contrario , il Lassalle ritiene che in tutte le parti del sistema
giuridico si possono presentare casi di retroattività , e la deter-
minazione di questi casi non fa consistere in altro che nella
determinazione dello stesso concetto di diritto acquisito. Ma per
ben determinare questo concetto , bisogna cominciare dal porre
principii che spieghino il perchè diritti di questa natura devono
essere rispettati ; il Savigny non comprese questa necessità , e il
Lassalle a buon diritto ne lo rimprovera ( p . 15 ) . Quali ora
siano le idee del Lassalle su tale proposito , noi non possiamo
farlo comprendere meglio al nostro lettore , che riferendo le
stesse parole di questo scrittore .
« Il concetto della retroattività , egli dice ( pag . 56 e segg. ) ,
<
è il concetto di una violazione della libertà e della responsabilità
dell'uomo. Per questo motivo la retroattività è inammissibile.
Lo stesso delinguente viene punito in quanto lo si consideral
come un essere libero e volontario ; imperocchè egli sapeva quale
pena era comminata al suo delitto , e se non ostante lo commise ,
ne ha volontariamente accettate le conseguenze . Di fronte alla
retroattività di una legge , l'individuo può dire al legislatore e
al giudice : se la legge avesse attribuito fin d'allora queste con-
seguenze al mio operato , io non avrei agito cosi , perchè io era
libero di agire o di non agire . Se ad onta di questa discolpa lo
CANONI GENERALI 173

si condanna , questa condanna non gli può essere presentata


come la conseguenza della sua libera scelta , della sua spontanea
volontà ; ma si risolve in una positiva violenza , accompagnata
da frode. Lo stesso può dirsi rispetto al diritto privato . Impe-
rocchè questo non è altra cosa che l'effettuazione della libera
volontà dell'individuo. Se quindi una legge posteriore colpisce
retroattivamente l'azione libera di un individuo , la volontà di
costui ne viene svisata e trasformata in un'altra.... Una legge
siffatta ha ex post per effetto che l'individuo abbia voluto e fatto
altra cosa che non volle , gli fa violenza , e cozza collo stesso
concetto del diritto , il quale consiste appunto nella effettuazione
della libera volontà . Una legge siffatta non è neppure una legge ,
ma è il non diritto assoluto , è la distruzione dell'idea del di-
ritto in generale .... Oltre alla libera volontà , anche il sapere ed
il pensiero dell'individuo vengono negati e distrutti da una legge
retroattiva .... Siccome ciò che si vuole , presuppone necessaria-
mente un pensiero , e il volere ha per base il pensare , cosi
anche il pensare e il sapere dell'individuo vengono violentemente
snaturati e trasformati in altri da una legge retroattiva. La
libera determinazione , il pensare e il volere , che non esistono
all'infuori della spontaneità dell'individuo , lo spirito medesimo ,
vengono resi passivi da una legge retroattiva . e lo spirito vien
considerato e trattato come cosa senza volontà » .

In altri termini , l'ultima ragione del rispetto dei diritti ac-


пил
quisiti è per il Lassalle l'inviolabilità della personalità umana ,
e la inseparabilità del concetto del diritto da quello di una
persona che pensa e che vuole liberamente. Dimostrazione co-
desta , che già era stata data dallo Stahl ( 1 ) , e al di là della

(1) I diritti acquisiti , dice lo Stahl , ( Rechtsphil . 3ª ed . vol . 2. p . 338),


sono contrapposti ai diritti connaturali all' uomo , ma a questi medesimi
appartiene il diritto di essere difeso nei diritti acquisiti . Soltanto a condi-
zione dell' inviolabilità di tutti i diritti legittimamente acquistati , l'uomo
ottiene pienamente il valore di persona . Imperocchè dal concetto della per-
sona è inseparabile l'agire per avere una situazione personale , e l'essere
sicuri della medesima . Persona è un subbietto attivo : se quindi l'uomo
deve essere persona , i suoi atti devono essere riconosciuti , e così pure
i diritti , che coi suoi atti vennero acquistati »> .
174 PARTE SECONDA

quale non è certamente possibile spingersi coll' astrazione . Non


può essere al certo dal punto di vista filosofico che le si fac-
ciano serie obbiezioni ; queste , se mai ve ne saranno, potranno
cadere soltanto sul pratico uso , che il Lassalle abbia fatto di
si elevato principio .
Strettamente connesso colle surriferite considerazioni è il se-

guente corollario che il Lassalle soggiunge subito dopo : « L'in-


dividuo, egli dice ( p . 60 ) , può fare le obbiezioni anzidette al
legislatore soltanto nei casi , nei quali verrebbe annullata o
sfigurata un'azione libera , un atto della libertà individuale
da una legge posteriore . Quei diritti al contrario , dei quali la
legge circonda l'individuo , senza il concorso della volontà in-
dividuale , non sono che attributi e facoltà generali , che sussi-
stono soltanto sulla base della legge che li concede , e quindi
scompaiono con essa ».
Codesto corollario appunto contiene tutta la dottrina fonda-
mentale del nostro autore intorno alla retroattività. Egli la
riassume infatti ( p . 65) in codeste due proposizioni :
a) non può retroagire nessuna legge , la quale concerne
l'individuo in relazione ad atti della sua volontà;
b) deve retroagire ogni legge , la quale concerne l'individuo ,
astrazione facendo da atti della sua volontà , e quindi colpisce
immediatamente le sue qualità involontarie , spettanti a tutti gli
uomini o per legge di natura o per fatto della società ; oppure
lo colpisce mediatamente soltanto , col modificare le istituzioni
organiche della società .
Secondo il Lassalle adunque i diritti acquisitisi , su cui la legge
non può influire retroattivamente , sono diritti che furono posti
in essere mediante atti dell'umana volontà , e in questa circo-
stanza appunto risiede la ragione , per cui la retroattività della
legge è giuridicamente impossibile. Questa è in sostanza la dot-
trina del Lassalle , che noi ora dobbiamo esaminare e apprezzare .
Noi abbiamo detto da principio che questa dottrina racchiude
molto di vero ; ora determineremo maggiormente il nostro giu-
dizio col dire che il lato debole della medesima non esiste.
già , come si è veduto di parecchie altre dottrine , nella erro-
CANONI GENERALI 175

neità od insufficienza del punto di vista fondamentale, ma bensì ,


e soltanto in ciò che essa non abbraccia tutti i casi , ma la
maggior parte , e rispetto a questi non è del tutto sicura . Le
quali cose dicendo , dobbiamo subito soggiungere che per quella
parte di vero che contiene , la dottrina lassalliana è un felice.
trovato non soltanto per la teoria , ma altresi nella pratica .
Invero , un gran pregio di questa dottrina si è che essa for-
nisce un criterio eminentemente pratico e in pari tempo stret-
tamente filosofico , non tanto per distinguere i veri diritti ac-
quisiti , quanto per eliminare da questa categoria tutto ciò che non
vi appartiene , e mettere quindi sulla retta via onde pervenire
a giuste decisioni nella più gran parte , per non dire nella quasi
totalità delle quistioni transitorie . Siccome queste vertono quasi
sempre intorno a rapporti giuridici posti in essere dall'attività
individuale , chè tali sono appunto per la massima parte i giu-
ridici rapporti ; cosi col principio del Lassalle , ponendo mente
ad una circostanza di facile verificazione , se cioè un preteso
diritto acquisito si possa ricondurre ad un atto giuridico di chi
si pretende leso , si viene a rispondere , con una grande pro-
babilità di non errare , ad una domanda per dir cosi pregiudi-
ziale , alla domanda cioè , se la quistione di cui si tratta sia
possibile , abbia fondamento o no. Chiunque ha esperimentato
quanto è vasto il campo delle quistioni transitorie , e difficile
l'orientarvisi , deve comprendere quanto possa giovare l'avere
un criterio , il quale valga anche soltanto a far conoscere che
cosa non vi possa appartenere . La pratica utilità del criterio
del Lassalle noi l'abbiamo appunto conosciuta nella pratica .
Imperocchè tutte le volte che nei nostri studi siamo venuti a
constatare un qualche diritto acquisito , che non fosse stato
posto in essere ipso jure , ci siamo accorti che la vera causa
della nostra decisione era il pensiero di un atto determinato
intrapreso da taluno con quella intenzione . Il medesimo senso
comune sanziona il principio del Lassalle , imperocchè quale più
convincente risposta si ode fare a chi accampa una pretesa
senza fondamento , che dicendogli : che cosa avete fatto per ac-
quistarvi un tale diritto ?
176 PARTE SECONDA

Ma come dicevamo , il criterio fornito dal Lassalle , benchè


valga nella maggior parte dei casi , e giovi sempre a semplifi-
care la posizione delle quistioni , non vale però in tutti i casi ,
e non decide mai assolutamente intorno alla possibilità di nes-
suna quistione. Imperocchè , quantunque sia vero che la maggior
parte dei rapporti giuridici sono posti dall'umana volontà , e
quindi la maggior parte dei diritti acquisiti lo sono per mezzo
di atti volontari ; egli è però vero altresì che alcuni diritti na-
scono direttamente o indirettamente per opera della legge, ipso
jure. Il Lassalle ha proposta una formula che non comprende.
questa seconda categoria di diritti , e quindi coll'uso della me-
desima questi diritti non si possono avvertire , ed escluso che
un preteso diritto acquisito sia tale in virtù in un atto di vo-
lontà , non è escluso che lo sia per opera esclusivamente di
quell'altra fonte , che è la legge . Egli è vero che al Lassalle
non è sfuggita questa obbiezione , ma la risposta che egli vi fa
non ci par vittoriosa . Imperocchè egli dice (p . 361 ) che « i di-
ritti nascenti apparentemente dalla legge , cioè da fortuite con-
tingenze o da fatti di terze persone , in realtà vengono concepiti
come occasionati da un atto ideale di volontà (geistige Willens-
action ) » . Or bene , codesta origine
ideale , appunto perchè
tale , non ci sembra potersi assimilare alla reale , nè avere la
stessa importanza scientifica di questa . Senza ricorrere a sotti-
gliezze di tal natura , la dottrina del Lassalle avrebbe potuto
essere facilmente completata : aggiungendovi un principio rela-
tivo alla seconda categoria di diritti acquisiti ; a quella cioè dei
diritti che sorgono totalmente per opera della legge, od ipso jure.
Abbiamo anche detto che la dottrina del Lassalle , nei casi ,
nei quali può essere applicata , non basta per fare ammettere
la esistenza di un vero e proprio diritto acquisito , ma soltanto
permette di potere con sicurezza escludere pretese che non ab-
biano realmente quel carattere . Questa appunto ci pare la prin-
cipale imperfezione della dottrina lassalliana , la quale perciò
viene ad avere un'importanza meramente negativa , e ad essere
come dicemmo , insufficiente. Imperocchè , stando alla formula
del Lassalle , parrebbe che , una volta dimostrato provenire da
CANONI GENERALI 177

un atto determinato della volontà di un individuo un dato di-


ritto , questo si dovesse senz'altro ritenere acquisito , in modo
che nessuna legge lo potesse manomettere ; la qual cosa non ci
sembra ammissibile, e il Lassalle medesimo non ammise , come
ce lo dimostra il seguito dell'opera sua. Ricorriamo ad esempi .
Supponiamo che un individuo abbia rinunciato ad una eredità ,
permettendolo la legge imperante ; se al tempo della morte di
colui alla cui eredità fu rinunciato , vige una legge la quale
proibisce ed annulla consimili patti , è opinione predominante
fra gli scrittori e i legislatori, che la rinunzia in discorso ri-
manga senza effetto. Supponiamo eziandio che un individuo
abbia fatto , a termini di legge , formale opposizione ad un
dato matrimonio , e la sua opposizione sia stata accettata ; se
posteriormente viene emanata una nuova legge che nega a
quell'individuo la facoltà di opporsi a tale matrimonio , non
vi ha dubbio che questo potrà essere conchiuso . Nell' un caso
e nell'altro noi abbiamo retroattività non lesiva di alcun diritto
acquisito , quantunque in virtù della medesima si privi d'effetto
un atto determinato, posto in essere onde conseguire un diritto
consentito dalla legge. Generalizzando , noi possiamo dire che
vi hanno casi nei quali atti di volontà intrapresi per acquistare
diritti in conformità della legge , rimangono ciò nondimeno
senza effetto , o in altri termini , che mentre quasi sempre i
diritti acquisiti sono la conseguenza di atti di volontà degli
individui , posti in essere a tale scopo , non può dirsi però che
acquisiti siano sempre, e quindi inviolabili da una legge nuova ,
i diritti provenienti da una tal fonte . Perciò appunto noi dice-
vamo che la dottrina del Lassalle è piuttosto negativa che posi-
tiva , e quindi insufficiente.
Nell'ideare la sua formula invero è sfuggito al Lassalle che
nelle ingiuste retroattività gli uomini non veggono soltanto ,
come egli ha benissimo osservato , offese alla personalità , la
quale viene sacrificata alla ragione dello Stato , ma vedono al-
tresi veri danni , vere diminuzioni del loro patrimonio personale
e materiale. Imperocchè il diritto acquisito non è soltanto una
GABBA Retr. Leggi. v. I. 12
178 PARTE SECONDA

manifestazione del pensiero e della volontà dell'uomo , ma è


altresi un positivo aumento o miglioramento della sua situazione
giuridica ; e quindi il non diritto nascente della ingiusta retroat-
tività della legge , al pari di tutti gli altri , non è tollerato dagli
uomini non soltanto perchè offende l'umana dignità , ma ezian-
dio , e per lo meno altrettanto , perchè scema il ben essere , e
produce un positivo nocumento . Infatti nel secondo degli esempi
da noi proposto dianzi , colui la cui giusta opposizione al ma-
trimonio di un terzo riman priva d'effetto , non risente da ciò
peggioramento alcuno della propria situazione personale , non
che del suo patrimonio , e per questo motivo appunto l'effetto
retroattivo che egli subisce non gli toglie alcun diritto acqui-
sito , non è una ingiustizia . Codesto secondo carattere della
ingiusta retroattività , senza del quale essa non può dirsi le-
siva di veri e proprii diritti acquisiti , è appunto un elemento
importante , che manca nella dottrina del Lassalle , cosicchè ,
anche soltanto per questo motivo, non la si possa dire completa .
Facile è del resto il rendere ragione di questa omissione nella
teoria lassalliana. Essa è occasionata dalla medesima altezza del
punto di vista da cui il Lassalle ha considerata la retroattività.
Non è possibile , come già abbiamo osservato , andare più in
là dell'astratta nozione della personalità umana per giustificare
il rispetto dei diritti acquisiti , ma in questa come in tutte le
altre astratte considerazioni , si coglie bensi il punto di partenza
del concetto che si vuole spiegare , punto di partenza comune
a questo e ad altri concetti , ma non si vedono le ragioni ulte-
riori per le quali questi concetti si vengono a determinare , e
a distinguere gli uni dagli altri.
Il carattere affatto negativo , e quindi l'insufficienza della
dottrina del Lassalle si manifesta anche sotto altri rispetti . In
questa dottrina , concepita sotto il predominio dell'idea della
personalità umana e della sua inviolabilità , non si ha di mira
che l'individuo , e non si curano abbastanza le altre esigenze
dell'ordine giuridico . Non basta invero , per ammettere una
ingiusta retroattività , che la legge spogli un individuo di un
diritto acquistato con un atto della sua volontà , ed aggiungiamo
CANONI GENERALI 179

pure , di un diritto che avea realmente migliorata la sua con-


dizione giuridica personale o patrimoniale. Bisogna indagare
eziandio se l'oggetto di quel diritto fosse tale che in virtù di
quel determinato atto giuridico potesse entrare veramente , cioè
immediatamente , nel patrimonio di una persona . Nel primo
degli esempi poc' anzi proposti , il diritto acquisito in virtù di
una altrui rinunzia ad una data successione , va perduto senza
ingiustizia nessuna , se al tempo della morte di colui , della cui
successione si tratta , vige una legge che proibisce simili ri-
nunzie , appunto perchè tale è la natura della successione ere-
ditaria , che di un vero e proprio diritto alla medesima non si
possa parlare prima della morte del de cujus.
In conchiusione, la dottrina fondamentale del Lassalle, parzial-
mente vera in teoria , e utile nella pratica , non può in questa
però andar disgiunta da uno studio accurato di tutti i caratteri
del diritto acquisito , dei quali essa presceglie e pone sott'occhio
uno solamente. Il Lassalle medesimo fu del resto ben lontano dal
credere che quella sua dottrina bastasse per risolvere qualunque
quistione di retroattività . Imperocchè altrimenti non si spieghe-
rebbe come quell'illustre autore avesse proposto nel corso della
sua opera parecchi altri criterii più concreti di quel suo fonda-
mentale , di uno dei quali noi abbiamo avuto già occasione di
parlare (v. sopra p. 153 e segg . ) , e dei rimanenti avremo oc-
casione di tener conto nel seguito di questi studi . Oltracciò ,
bisogna pure convenire che chi si proponga di premettere un
principio fondamentale , semplicissimo e generalissimo , ad una
teoria così complessa , come quella della retroattività delle
leggi , non può non presentarne uno che non sia insufficiente .
Forse il torto dell'illustre Lassalle è stato in sostanza uno

solo , e precisamente quello di dar troppa importanza alla scelta


di un principio di tal natura , ma niuno esiterà a riconoscere
che questo torto è compensato dal gran servigio da lui reso a
questa parte della giurisprudenza , mettendone in luce il vero.
oggetto e il vero assunto , quali sono : i diritti acquisiti , e i
caratteri pratici distintivi di questi diritti .
180 PARTE SECONDA

CAPITOLO VI

Conchiusione .

Gli studi fatti nel presente capitolo ci conducono ad una


prima conchiusione , analoga a quella che abbiamo dedotta dallo
esame delle leggi transitorie positive . Come questo esame ci ha
fatto scorgere che il progresso dei tempi rese sempre più chiaro
e più generale nelle legislazioni il principio che la retroattività
delle leggi , in quanto è ingiusta , non può consistere in altro
che nella violazione di diritti acquisiti , e che il rispetto di
questi diritti è il solo limite all'efficacia delle leggi nel tempo ,
così la critica delle varie maniere nelle quali si tentarono di risol-
vere i problemi della giurisprudenza transitoria ci ha fatto ri-
levare che tutte le soluzioni , nelle quali non si ebbero princi-
palmente di mira i caratteri distintivi dei diritti acquisiti , o
furono germe di errori , o non ebbero alcun pratico valore .
Tali furono le teorie nelle quali piuttosto che ai caratteri dei
diritti acquisiti , si diede valore a quelli delle leggi che li pos-
sono concernere. L'ultimo e il più ingegnoso scrittore intorno
alla retroattività delle leggi ha dato a questa teoria il suo vero
aspetto , ed ha messo i cultori della medesima sulla vera strada ,
dalla quale è da sperarsi che non usciranno in avvenire .
Un'altra non meno importante conchiusione dei nostri studi
intorno alle varie dottrine fondamentali sulla retroattività , si è ,
che vano è lo sforzo di ridurre tutta questa teoria ad un prin-
cipio generalissimo e in pari tempo di facile applicazione per
la sua semplicità . Il solo scrittore che avendo un esatto concetto
della natura delle questioni transitorie , volle ciò nondimeno
ricercare un principio siffatto , venne a formulare un canone
CANONI GENERALI 181

vero bensì , ma incompleto e insufficiente . Codesta sorte non


può non toccare a chiunque si accinga alla stessa intrapresa .
Imperocchè la nozione generale di diritto acquisito è una no-
zione complessa , nella quale si deve tener conto non solo delle
condizioni subbiettive di chi ha acquistato il diritto , ma eziandio
dell'oggetto di questo , e di tutti gli altri pratici interessi che
alla retroattività si connettono . Certamente , come abbiamo già
detto in altro luogo (v. pag. 32 ) , la teoria della retroattività
deve incominciare colla esposizione di principii generali , e questa
coll'esposizione di un principio supremo , dal quale tutti gli
altri si deducano per via di successive determinazioni ; ma tutti
questi principii devono essere considerati come formanti un
insieme , e necessarii gli uni agli altri , cosicchè i più generali ,
presi per sè soli , non prestino altro ufficio che di porre il
giureconsulto sulla retta via onde pervenire alla soluzione di
questa o quella quistione , soluzione che poi soltanto principii
più particolari , appropriati al caso , valgono a suggerire.
182 PARTE SECONDA

LIBRO SECONDO
1

Determinazione

del concetto generale di diritto acquisito

Nell'introduzione alla presente opera noi abbiamo dimostrato


che il principio della non retroattività delle leggi non ha valore
scientifico se non lo si traduca nell'altro : non potere la legge
nuova violare diritti precedentemente acquisiti ; che , non offen-
dendo diritti di questa natura , ogni nuova legge deve ricevere
la più ampia applicazione a tutto ciò che il suo contenuto con-
cerne , trattisi di fatti o rapporti giuridici del tutto nuovi , op-
pure di conseguenze di fatti o rapporti giuridici anteriori. Senza

questa premessa , noi dicevamo allora , lo stesso problema fon-


damentale della giurisprudenza transitoria diventa impossibile
a risolversi , non distinguendosi , fra i due opposti casi della
influenza e della nessuna influenza della legge nuova su conse-
guenze di fatti o rapporti giuridici anteriori , quale sia normale e
quale eccezionale , mentre d'altra parte non si può ritenere in
nessun caso , senza cadere nell'assurdo , che una legge qualunque
venga applicata dal giureconsulto per motivi non comuni a tutte.
le altre , e non insiti nello stesso generale concetto di legge .
Il modo in cui si andò svolgendo la dottrina della retroatti-
vità nelle leggi positive e nelle opere degli scrittori confermò
E
pienamente quella premessa . Imperocchè noi vedemmo il concetto
del diritto acquisito sostituirsi nelle legislazioni moderne alle
PARTE SECONDA 183

vaghe disposizioni del diritto romano , e i migliori trattatisti


recenti delle quistioni transitorie o essere persuasi che tutta
questa parte della giurisprudenza riducesi ad analizzare ed ap-
plicare quel concetto , oppure accontentarsi di idee vaghe e
cadere in petizioni di principio per sostenere dottrine differenti ,
e in questo secondo caso dimenticare talvolta il loro sistema ,
e subire inavvertitamente l'impero del principio voluto abban-
donare , sciogliendo rettamente alcune particolari quistioni . Per
tutti questi fatti ben si può dire che ormai la giurisprudenza
transitoria ha assunto finalmente il suo vero aspetto , e che i
nuovi studi e le nuove dottrine intorno alla medesima non pos-
sono consistere che in nuove analisi , e in nuove applicazioni
del concetto di diritto acquisito .
In sostanza dunque , l'analisi e l'applicazione di questo con-
cetto dovranno costituire il contenuto anche di questa opera .
Alla prima in particolare si riduce la ricerca dei canoni gene-
rali , dai quali ci siamo proposti di cominciare .
Non paia superfluo al nostro lettore che noi richiamiamo ancora
una volta alla nostra mente ed alla sua un riflesso che ci è già stato
suggerito dall'esame delle principali dottrine intorno alla retroat-
tività. In una breve formula non si dee pretendere di concen-
trare tutta l'analisi del concetto fondamentale . Come le quistioni
transitorie sono molte e svariatissime , così i principii che vi
si riferiscono non possono essere tutti racchiusi in una propo-
sizione generalissima , e se la posizione di quei principii deve
consistere nella determinazione di un generale concetto , del
concetto cioè di diritto acquisito , l'analisi di questo non può
non essere molto minuta , onde avvertire tutti i lati che esso
presenta , tutti gli aspetti che può assumere nella pratica.
184 CANONI GENERALI

1
I

CAPITOLO I

H
Di alcune definizioni del diritto acquisito.
1

Benchè il concetto del diritto acquisito non abbia , come di-


cevamo poc'anzi , vera utilità nella giurisprudenza transitoria ,
ove non lo si analizzi diligentemente , per assegnare la debita
importanza a ciascuno degli elementi di cui si compone , e a
tutti gli aspetti che può assumere in concreto, ciò nondimeno ,
siccome in tutte le ricerche analitiche si parte da una pro-
posizione generale per venire ad altre speciali e particolari ,
cosi in questa , di cui ci andiamo occupando, il prestabilire una
buona definizione generale del diritto acquisito è certamente
un indispensabile avviamento alle ulteriori considerazioni. Ma
siffatta definizione non può evidentemente riuscir buona , ove
chi la proponga non sia persuaso che ad essa deve tener dietro
H
una più minuta analisi , e che tanto quella come questa devono
mirare all'applicazione, e presentare pratica utilità . Pur troppo
la maggior parte degli scrittori , non avendo avuto finora , come.
dimostrammo , un giusto concetto della natura delle quistioni
transitorie , proposero bensi definizioni generali del diritto ac-
quisito , ma null'alro aggiunsero intorno al vero convenuto di
questo concetto , e le loro definizioni per conseguenza riescirono
vaghe od inesatte. L'esame delle principali fra le medesime
non ci sarà inutile preparazione onde proporne una alla nostra
volta.
Chabot de l'Allier ( pag. 88 ) dice : essere diritti acquisiti
quelli che erano irrevocabilmente conferiti e definitivamente.
acquistati prima del fatto , dell'atto o della legge che si vuole
opporre onde impedire il pieno e intiero godimento di questi
diritti » . Questa definizione , osserva benissimo lo Struve (pa-

H
PARTE SECONDA 185

gina 162 ) , pecca d'inesattezza . « Imperocchè diritti acquisiti


possono essere benissimo revocabili , o in altri termini , anche
diritti revocabili non esistono se non sono stati acquistati . Se
A regala a B una cosa qualunque , il donatario acquista certa-
mente un diritto sulla cosa donata , eppure questo diritto è
incontestabilmente revocabile per parecchi motivi » ( 1 ) .
Blondeau ( pag. 280 ) intende per diritto acquisito , o come
egli dice effettivo , quello che ha già cominciato a produrre
reali vantaggi ; definizione codesta ancor più inesatta della pre-
cedente , attesochè quantunque il diritto acquisito sia sempre
implicito in qualche fatto anteriore voluto dall'uomo , o reso
efficace dalla legge , questo fatto però non è esso medesimo un
diritto , molto meno può essere confuso coi diritti che ne pro-
vengono.
Meyer ( pag. 15 ) definisce diritti acquisiti « quelli che diven-
tarono proprietà di colui che li esercita , cosicchè costui può
goderne e disporne nel modo più assoluto » . Anche il Merlin
( Effet rétroact. sect . 3. § . 1. n . 3) dice : « essere diritti acqui-
siti quelli che sono entrati nel nostro dominio e che non ci può
più togliere colui da cui li abbiamo » . Ambedue queste defini-
zioni non peccano d'inesattezza , ma sono troppo generali . Im-
perocchè in esse non si fa nessuna distinzione fra i diritti con-
sumati in tutti i loro effetti , e quelli che o in tutto o in parte
non sono ancora stati effettuati. Queste due definizioni però
hanno un pregio che manca a quelle riferite prima , distinguono
cioè chiaramente quei diritti i quali dall'individuo furono ac-
quistati coll'effetto che non possano più essere mutati da future
leggi , da quelli i quali , benchè acquisiti , ciò nondimeno , per
loro natura rimangono in balia della legge ; di quest'ultima

(1 ) Anche il Bergmann dice (pag . 405 ) acquisiti i diritti provenienti da


fatti concreti , sia che i singoli effetti di questi fatti siansi già avverati o
no , sia che l'avente diritto sia venuto in possesso o no , purchè il diritto
sia stato acquistato a norma della legge del tempo in modo irrevocabile.
Questa definizione è però evidentemente meno inesatta di quella di Chabot
de l'Allier.
186 CANONI GENERALI

specie sono per es . i diritti di stato personale. Tanto il Meyer


quanto il Merlin ebbero presente alla mente questa distinzione
quando dissero che i diritti acquisiti , che la legge non può
violare , devono essere oggetto della proprietà o del dominio
dell' individuo .
Il Reinhardt , la cui definizione è già stata da noi riferita.
precedentemente ( v . pag. 34 nota 1 ), considera diritti acqui-
siti quelli nascenti da negozii già posti in essere perfettamente
prima della legge nuova , ma i cui effetti non sono ancor stati
consumati . Questa definizione manca certamente di esattezza ,
perchè contempla soltanto i diritti acquisiti mediante rapporti
giuridici posti in essere dall'umana volontà , ma ha un pregio
che manca alle definizioni citate precedentemente , quello cioè
di far risaltare la distinzione fra diritti consumati e diritti
soltanto acquisiti , e quindi il proprio significato di quest'ul-
tima espressione nella giurisprudenza transitoria .
Lo stesso giudizio noi dobbiamo fare della definizione data
da Spangenberg (1 ) , il quale dichiara acquisiti i diritti nascenti
da atti (handlungen) , posti in essere perfettamente sotto la
antica legge , ma le cui conseguenze ed effetti non ancora si
avverarono .
Il Demolombe ( op . cit. n . 40 ) considera diritti acquisiti « le
conseguenze di fatti compiuti sotto l'impero della legge an-
tica » . Codesta definizione non difetta che di quella pratica
determinazione che noi abbiamo poc'anzi constatata ed en-
comiata nelle definizioni di Meyer e di Merlin .
Migliore di tutte le precedenti è la nozione del diritto acqui-
sito data dal Savigny. Anzitutto egli non riferisce questa espres-
sione che alle conseguenze di fatti giuridici passati , e precisa-
mente alle conseguenze non ancora avverate , essendochè , egli
dice , ben si può impedire che accada ciò che non è accaduto
ancora , ma non si può considerar l'accaduto come se non lo
fosse ( pag. 382 ) . Da ciò emerge che , secondo il Savigny , di-
ritto acquisito è ogni diritto fondato su di un fatto giuridico

(1 ) Comment. ueb. d . C. Napol. 1810. Vol. 1. §. 82.


PARTE SECONDA 187

accaduto , ma che non venne ancora fatto valere ; nella quale


definizione sono comprese tutte le specie di diritti acquisiti ,
e in pari tempo la definizione stessa non è troppo generica ,
ma appropriata all' indole speciale delle quistioni transitorie.
Aggiunge poi il Savigny ( pag. 381 ) che il diritto acquisito
si contrappone del pari alle astratte facoltà di tutti gli uomini
o di alcune classi di uomini , e alle mere aspettative , appog-
giate sulla legge precedente , e tolte di mezzo dalla legge
nuova , e propriamente costituisce un oggetto di indipendente
signoria della volontà individuale. Codesta osservazione de-
termina praticamente il concetto del diritto acquisito , riferen-
dole soltanto ai diritti di loro natura privati , e che sono ,
come dice il Savigny , oggetto della signoria individuale , la
quale signoria il Meyer e il Merlin vedemmo avere significata
colle espressioni proprietà e dominio . Se non che la qualifica
di indipendente attribuita dal Savigny a tale signoria , non è
un concetto di sua natura semplice e chiaro . Non dice il Sa-
vigny che cosa intenda con quella parola. Taluno potrebbe
identificare quella indipendenza colla irrevocabilità del diritto.
acquisito , perchè un diritto irrevocabile è indipendente affatto
dall'arbitrio altrui , ma noi abbiamo già osservato collo Struve
che un diritto acquisito può anche essere revocabile. Neppure
quell' indipendenza può intendersi nel senso che il diritto più
non dipenda da condizione alcuna , imperocchè , come dimo-
streremo in seguito , o come del resto ognuno facilmente com-
prende , un diritto acquisito può benissimo essere condizionato .
Posteriormente al Savigny , adoperossi il Christiansen onde
chiarire, maggiormente che non avesse fatto il suo predecessore,
il concreto aspetto del diritto acquisito . Seguace dello Stahl ,
il Christiansen chiama diritto subbiettivo il diritto acquisito ,
imperocchè egli considera i principii giuridici contenuti nella
legge , come mera possibilità dei diritti degli uomini , come
diritto obbiettivo il quale si fa concreto nei singoli individui
che ne diventano subbietti , e cosi assume il carattere di sub-
188 CANONI GENERALI

biettivo nell'atto stesso in cui viene acquistato ( pag . 32 ) ( 1 ) .


L'origine del diritto subbiettivo , secondo il Christiansen
(pag. 30 ) consiste in un fatto del subbietto medesimo , o in
circostanze accidentali , per le quali l'astratta possibilità di un
diritto viene concretamente determinata ( pp . 28-29) , qualunque
sia del resto questa determinazione , e foss ' anche soltanto una
determinazione rispetto allo spazio od al tempo , come se per
esempio una legge accordasse agli abitanti di una data città
o provincia l'esenzione dalle imposte , oppure accordasse a
tutto il popolo questa esenzione per un certo numero di anni
( pp . 32-33 ) . Secondo il Christiansen adunque si direbbero ac-
quisiti tutti i diritti che avendo la loro astratta possibilità
nella legge , si congiunsero ad un subbietto e ricevettero in
pari tempo una qualche determinazione concreta in virtù di
qualche fatto idoneo per legge a produrre un tale risultato (2) .
Certamente questa definizione data dal Christiansen sostituisce
al vago concetto del Savigny : signoria indipendente della vo-
lontà , quello meno vago di incorporazione col subbietto , ma
questo concetto è difettoso alla sua volta , perchè manca di
esattezza. Imperocchè vi hanno diritti immedesimati col sub-
bietto , e che ciò nondimeno non si possono dire acquisiti ,

( 1 ) Dice lo Stahl ( op . cit . vol . I. pag. 279 ) : « Il diritto in senso subbiet-


tivo , cioè il diritto dell' uomo , che in tutte le situazioni della vita gli
spetta , è la stessa forza insita in lui , e quindi un vero centro al quale
egli riferisce tutto il mondo esteriore come oggetto della sua signoria ; il
contenuto delle norme giuridiche viene corrispondentemente determinato » .
(2) E singolare che il Christiansen ritenga bastare per produrre un di-
ritto concreto qualunque determinazione dei diritto astratto, e non essere
sempre necessario che il subbietto del diritto venga determinato . Come
si può conciliare questa proposizione col principio che il diritto concreto
è subbiettivo? Come può essere subbiettivo un diritto di cui non sia deter-
minato il subbietto ? Forse che negli esempi riprodotti nel testo il sub-
bietto non è determinato , se non individualmente , almeno come parte di
!
un tutto , cioè di una determinata collettività di persone ?
PARTE SECONDA 189

all'effetto che le leggi nuove li rispettino . Tali sono per es . per


la maggior parte di diritti di stato personale (1 ) .

(1 ) Nella definizione del Christiansen non si fa neppure distinzione


fra i diritti acquisiti e consumati , e quelli soltanto acquisiti e non intie-
ramente consumati. Ma questo silenzio non è nel Christiansen una dimen-
ticanza , ma proposito deliberato, perchè questo autore propugna niente-
meno che la massima inaudita ( pag . 106 ) : « che se una nuova legge
dispone sul contenuto di un diritto acquisito , contrariamente a questo
diritto , deve essere applicata ai diritti già acquistati » . Alla distinzione
del Savigny di leggi sull'acquisto e di leggi sulla durata dei diritti , egli
sostituisce quella di leggi sull'acquisto e di leggi sul contenuto dei diritti ,
le quali ultime secondo lui non concernono soltanto l'essere o il non essere
dei diritti , ma eziandio il vero e proprio contenuto dei medesimi ( p . 107) .
Per lui il solo limite alla retroattività è l'impossibilità giuridica di desu-
mere dal passato l'oggetto di una disposizione ( pag . 100 ) , la quale re-
troattività noi abbiamo appunto già avvertito ( pag . 27 ) non poter mai
formare oggetto di quistioni transitorie. Siccome la presente nostra opera ,
al pari di tutte le altre sulla retroattività , è una continua protesta contro
siffatta dottrina , così noi non perderemo qui il tempo a combatterla . Solo
osserveremo che il Christiansen non ha potuto insistere sulla medesima
senza contraddirsi , e senza toglierle nell' applicazione quella generalità
che le attribui nella formula teorica. In un luogo ( pag . 120 ) egli dice
che : « l'indole e il grado dell'efficacia dei rapporti obbligatorii devonsi
totalmente giudicare secondo la legge del tempo in cui tali rapporti furono
costituiti » . Altrove ( pag . 122) pare che egli restringa la retroattività delle
leggi sul contenuto dei rapporti giuridici , alle leggi proibitive , perchè
sostiene la retroattività di una legge che abbassa il limite dell'interesse
convenzionale del danaro , col dire che i patti anteriori di un interesse
più elevato si trovano in collisione con quella legge , dopo che essa venne
attuata. Altrove ancora ( pag . 133 ) pare che egli non ritenga applicabile
il suo principio ai contratti , se non nei casi nei quali le conseguenze ul-
teriori di un contratto non sieno state prestabilite nel contratto medesimo ,
perchè dice che ove i rapporti patrimoniali dei coniugi siano stati regolati
con un contratto , nuove leggi non possono avere sui medesimi influenza
nessuna . Una premessa sbagliata ed insostenibile non poteva produrre ri-
sultati differenti. A pochi giureconsulti , i quali cominciarono la trattazione
di un tema con tanta elevatezza di considerazioni , quanta se ne ammira
nelle premesse teoriche del Christiansen , può così bene applicarsi come
a costui il detto di Orazio : desinit in piscem ecc .
190 CANONI GENERALI

Della nozione del diritto acquisito proposta da Lassalle ab-


biamo già dimostrata l'insufficienza nel Capitolo precedente (1 ) .
Se noi ora richiamiamo alla mente i pregi e i difetti delle
definizioni precedentemente esaminate , ben possiamo dire che
nessuna di esse è soddisfacente appieno , ma che in esse tro-
vansi sparsi gli elementi di una buona definizione , per chi li
sappia riunire .

CAPITOLO !!

Denefizione generale del diritto acquisito .

Confrontando le varie maniere nelle quali è stato definito il


diritto acquisito , si scorge anzitutto che questo vi è stato con-
siderato da due lati differenti : a) da quello della sua origine ,
b) da quello della sua attinenza coll'interesse dell'individuo .
Emerge altresi da quel confronto che taluni hanno considerato
il diritto acquisito ,astrazione facendo dalla speciale opportu-
nità della definizione per gli studi intorno alla retroattività ,
altri lo definirono con questa mira.
Queste due osservazioni ci serviranno di guida nel proporre
alla nostra volta una definizione del diritto acquisito . Rispetto
alla prima ,a noi pare indispensabile il non perdere di vista
nessuno di quei due lati del concetto che vogliamo definire .
Imperocchè abbiamo veduto che ove non si tenga conto del

(1) Non parliamo della nozione del diritto acquisito data dal Kalindero
e dal Theodosiades. Tanto l'uno ( pag . 27 ) quanto l'altro ( pag . 541 ) eb-
bero l'infelice idea di considerare i diritti acquisiti , non totalmente con-
sumati , come specie di aspettative , più fondate e più degne di rispetto
di quelle che tutti gli altri giureconsulti chiamano con tal nome , e distin-
guono affatto dai diritti acquisiti , a cui le contrappongono .
PARTE SECONDA 191

pratico interesse , in virtù del quale l'individuo si ribella nel-


l'animo suo contro una legge lesiva d'un diritto quesito , ac-
cade di assumere nella definizione talune specie di diritti , i
quali per loro natura sono e rimangono sempre in balia della
legge . Rispetto alla seconda , richiamiamo un riflesso da noi
già fatto al principio di questi studi ( pag . 33-34 ) , che nella
teoria della retroattività l'espressione diritti acquisiti non si
prende nel suo significato più generale , che comprenderebbe
anche i diritti consumati , ma significa propriamente e soltanto
quei diritti che furono acquistati , ma non sono ancora stati
effettuati o consumati.
Poste queste cose , a noi pare che il concetto generale del
diritto acquisito si possa definire nei termini seguenti :
È acquisito ogni diritto , che a ) è conseguenza di un fatto
idoneo a produrlo in virtù della legge del tempo in cui il fatto
venne compiuto , benchè l'occasione di farlo valere non siasi pre-
sentata prima dell'attuazione di una legge nuova intorno al
medesimo , e che b) a termini della legge , sotto l'impero della
quale accadde il fatto da cui trae origine , entrò immediatamente
a far parte del patrimonio di chi lo ha acquistato.
Che in questa definizione siano osservati i riguardi accen-
nati dianzi , e che ella sia quindi completa e pratica , ci
sembra evidente . Noi abbiamo poi detto che il diritto quesito
è conseguenza di un fatto in generale , perchè questa espres-
sione fatto presa nel più lato senso comprende certamente i
fatti e le relazioni giuridiche, da noi distinti al principio di
quest'opera , assegnando alla parola fatti un significato meno
esteso . Abbiamo anche detto : fatto compiuto , perchè , come
osserva benissimo lo Spangenberg ( 1. cit . ) , quando l'origine ,
da cui si vuol ripetere un diritto , non sia perfetta come la
legge del tempo vorrebbe , questa legge non può avere una
efficacia che la legge posteriore debba rispettare . Egli è poi
facile a comprendere che , dicendo essere inviolabili da una
legge nuova i diritti acquisiti che fanno parte del patrimonio di
una persona , affermasi implicitamente non essere diritti acqui-
192 CANONI GENERALI

siti le mere possibilità o astratte facoltà giuridiche , nè le sem-


plici aspettative .
Noi confidiamo per conseguenza che la definizione da noi
proposta raccolga in sè i pregi , ed eviti i difetti sparsi in quelle
precedentemente esaminate . Ma questo risultato eclettico , oltre
che non può dirsi una scoperta , neppure può arrecare gran
soddisfazione allo studioso del nostro tema. Se altri troverà
che quel concetto generale possa veramente essere adottato
come principio fondamentale nella teoria della retroattività ,
noi non possiamo intanto dimenticare che in una materia tanto
complessa , il principio fondamentale , benchè indispensabile e
retto , non ha tuttavia pratica utilità se non come punto
di partenza per trovare principii più concreti , dedotti da quello.
per via di successive determinazioni . Non ci par necessario il
far qui toccar con mano al lettore tutti i dubbii che la sue-
sposta definizione , nella vaghezza dei suoi termini , non vale
a risolvere ; il nostro lettore se ne avvedrà nell'analisi che noi
gli sottoporremo di quella definizione . Questa analisi , alla
quale ora passiamo , ci darà veramente il sistema dei canoni
generali della teoria della retroattività.

CAPITOLO III

Analisi del concetto del diritto acquisito .

Lo studio che noi ora intraprendiamo non può avere altra


guida fuorchè i reali caratteri del tema che ne forma l'oggetto ;
riguardi di altra natura non vi si richiedono , e sarebbe , per
esempio , un errore il credere che l'estensione del concetto
del diritto acquisito fosse differente pel legislatore e pel giu-
dice. Egli è certo che il legislatore può avere minor rispetto
di certi diritti acquisiti che di certi altri , per la differente
PARTE SECONDA 193

natura dei loro oggetti , ed anche per la varia natura della


loro origine , mentre al giudice apprezzamenti di questa natura
sono interdetti . Ma prima di manomettere per qualsiasi motivo
un diritto acquisito , il legislatore deve riconoscerlo in modo
sicuro , e questo riconoscimento appunto si fa unicamente con
criterii desunti dalla natura della cosa , e quindi scientifici , e
comuni al legislatore ed al giudice .
Come abbiamo già detto precedentemente , l'analisi del con-
cetto di diritto acquisito consiste nel distinguere e nell'ap-
prezzare ciascheduno degli elementi di cui quel concetto si
compone , e nello studiare le leggi della loro combinazione.
Conformemente a codesta logica esigenza il nostro studio as-
sumerà il seguente andamento . Prima noi considereremo sepa-
ratamente il contenuto del concetto di diritto , e quello del
concetto di fatto acquisitivo ; poscia riprenderemo la considera-
zione del diritto acquisito nella totalità sua , e continueremo
lo svolgimento e la determinazione di questo concetto colla
scorta dei canoni formulati nella precedente analisi .

SEZIONE I

Il Diritto concreto o subbiettivo.

§ 1.

Diritto obbiettivo e subbiettivo .

Tutte le volte che noi affermiamo la concreta esistenza di un


diritto , questa nostra affermazione ha due oggetti : 1 ° l'esistenza
di un fatto , dal quale o in virtù del quale noi riteniamo sia
sorto il diritto ; 2° l'esistenza di una legge , la quale da quel
fatto fa provenire il diritto. Prima che in concreto sorga il
diritto , esso trovasi in istato di mera possibilità in una legge ,
la quale contempla un dato modo di agire o di essere degli
GABBA Retr. Leggi. v. I. 13
194 CANONI GENERALI

individui , e nell'ipotesi del medesimo attribuisce loro una data


facoltà giuridica.
Codesta mera possibilità del diritto concreto , la quale si
confonde coll'esistenza di una legge , astrazion facendo dalla
sua applicazione , parecchi filosofi alemanni chiamano diritto
obbiettivo o norma giuridica , mentre chiamano subbiettivo il
diritto concreto , cioè quello proveniente dal verificarsi il fatto
presupposto dalla legge. Qualunque sia il giudizio che si voglia
portare intorno a queste espressioni , la suddetta distinzione
non solo è vera , ma è altresi premessa indispensabile della
teoria della retroattività , la quale , come in seguito si vedrà ,
si desume quasi tutta dallo studio dei caratteri del diritto con-
creto e subbiettivo , e dei fatti acquisitivi dei diritti . Siccome
però il diritto concreto è posteriore alla legge che ne racchiude
la possibilità , così noi comincieremo l'analisi della nozione
del diritto acquisito da quella del diritto in astratto , nella sua
relazione colla legge.

§ 2.

Continuazione.

Il Diritto e la Legge.

Il diritto considerato in astratto , cioè come norma giuridica,


è di sua natura positivo , come insegnano i moderni cultori
della filosofia del giure , cioè il diritto non esiste se non perchè
è realmente riconosciuto come tale da tutti i cittadini , e costan-
temente applicato come necessaria conseguenza di un dato fatto o
modo di essere dell'individuo . In altri termini , si può dire che il
diritto emana dalla legge , presa questa parola nel suo più lato
significato , che comprende qualunque fonte del diritto , vigente
in uno Stato . Invero , fintantochè la convenienza di regolare in
un dato modo la condotta degli uomini associati non è che una
PARTE SECONDA 195

convinzione di pochi o di molti , ma non della generalità dei


cittadini , e non è da questi affermata e conformata in uno di
quei modi , per una di quelle vie che si dicono fonti del
diritto , per quanto quella convinzione sia giusta e salda , non
può essere imposta a nessuno come norma giuridica , mentre
le vere norme di questa natura , quelle cioè che dalla generalità
dei cittadini sono riconosciute e praticate come tali , vengono
imposte a chicchessia , senza ricercare se egli ne sia persuaso
o no , e senza tener conto della contraria persuasione che per
avventura egli avesse , e sono imperiose e irresistibili in virtù
soltanto di quel generale consenso , e finchè questo persiste ,
quand'anche la scienza realmente le trovasse in tutto od in parte
imperfette. Nè può essere altrimenti , data la natura dell'umana
società , nella quale il diritto è in sostanza una esigenza del-
l'ordine verso l'individuo , e deve quindi essere una esigenza
reale , cioè effettivamente manifestata dalla società , secondo il
giudizio che questa fa del proprio essere e dei proprii bisogni .
Da questa premessa scende la conseguenza che non si può
ammettere nessun diritto concreto , il quale non abbia il suo fon-
damento in una legge o norma giuridica vigente al tempo al
quale il diritto risale , che non provenga cioè da un fatto al
quale una norma giuridica positiva , del tempo in cui quel fatto
accadde , attribuiva una tale virtù.
Questa proposizione è una delle fondamentali nella teoria
della retroattività . Precisiamone il pratico valore.
Anzitutto essa vale rispetto a qualunque fonte giuridica rico-
nosciuta nel luogo e nel tempo in cui si pone l'origine di un
diritto concreto . Sia che a questo si dia per fondamento una
norma giuridica consuetudinaria , sia che gli si dia per fonda-
mento un apposito ed esplicito precetto del potere legislativo ,
egli è sempre necessario che si possa dimostrare la norma giu-
ridica essere veramente tale , cioè positiva nel suesposto signi-
ficato di questa parola . Tale dimostrazione consiste nello accer-
tare : 1 ° che la fonte da cui la norma giuridica si ripete , fosse
veramente riconosciuta nel luogo e nel tempo in cui pretendesi
avere avuto origine il diritto ; 2º che da quella fonte la norma
196 CANONI GENERALI

giuridica realmente provenisse . Il primo punto si chiarisce , ri-


ferendosi alla costituzione giuridica della società nel luogo e nel
tempo di cui si tratta ; il secondo si chiarisce o servendosi degli
speciali mezzi di prova che le leggi del tempo e del luogo pre-
stabiliscono per tale oggetto , o facendo uso della interpretazione .
Cade qui in acconcio il ripensare alla apparente retroattività
delle leggi interpretative . ( V. sopra p. 125 e segg. ) . 1
E vale l'anzidetto , qualunque sia l'indole della legge o norma
giuridica , di cui si tratta , sia essa cioè imperativa , o proibitiva ,
o semplicemente dispositiva . Nei limiti infatti consentiti da
quest'ultima , tutto ciò che l'individuo fa , gli può procacciare
diritti , che dalla legge egli ripete ; e dalla contravvenzione ad
un comando o ad un divieto della legge , chi la commette non
può ritrarre nessun diritto ; altri invece ne desume il diritto di
far valere il non diritto del primo e di farne suo pro , e questo
diritto proviene da quel comando o divieto della legge .

§ 3.

Continuazione.

Della pretesa assenza di legge.

Più d'una volta fu disputato nel foro francese se vi possano


essere diritti acquisiti in un tempo nel quale su di una data
materia non esistevano leggi , nè autorità di conformi giudi-
cati , in altri termini , se una legge nuova possa applicarsi a
fatti accaduti in un tal tempo , almeno come interpretazione
di quello incerto stato della giurisprudenza. Parecchi scrittori
e più di un tribunale opinarono più di una volta affermati-
vamente.
Il Procuratore Imperiale presso la Corte Imperiale della Senna
diceva nelle sue conclusioni , adottate da questo tribunale in
una sentenza delli 25 ventoso anno XIII (1 ) : « il Codice civile

(1 ) R. G. V. 2 , p . 94 .
PARTE SECONDA 197

non può avere influenza su diritti anteriori , quando per deci-


dere le questioni relative a questi diritti esistano leggi chiare
e positive ,oppure una giurisprudenza costante e invariabile.
Ma quando si adducano invece leggi oscure , nelle quali ogni
parte trova ciò che vuole , sentenze che a vicenda si distrug-
gono , opinioni dottrinali contradditorie , se in tale stato di
cose si presenta un Codice destinato a regolare per sempre le
relazioni civili , e il quale raccoglie in sè l'esperienza di secoli ,
e i lumi dei più sapienti giureconsulti , non lo si dovrà ri-
guardare come la guida più sicura , come la più rispettabile.
autorità ? > La Corte Regia di Limoges , in una sentenza del
10 febbraio 1817 (1 ) , sanciva la stessa massima , dicendo che
per un fatto anteriore alla sua pubblicazione il Codice civile.
può essere invocato , « se non come legge , almeno come ra-
gione scritta , quando non vi sia altro mezzo di arrivare ad
una decisione » - La Corte di Cassazione di Parigi accoglieva
pure quella massima in una sentenza del 20 agosto 1820 (2) ,
nella quale , rispetto alla tutela in particolare , si dice che « in
qualunque tempo la tutela abbia avuto principio , i diritti ri-
spettivi dei tutori e dei minori devono essere regolati secondo.
il Codice civile , a meno che lo fossero stati altrimenti prima
della pubblicazione di questo Codice , o da leggi positive , ov-
vero, in difetto di queste , da una serie di conformi giudicati » .
Lo stesso avviso tenne la Cassazione di Parigi in una sentenza
del 1 maggio 1815 (3 ) (* ) , e così pure la Corte Regia di Lione in
una sentenza 25 marzo 1820 (4) . In Italia , e dopo l'attuazione
del Codice civile italiano , seguirono quell'avviso la Corte di
Cassazione di Torino in una sentenza 14 settembre 1876 ,
quella di Palermo in altra del 15 febbraio 1876 (5) , quella

(1 ) Ib. p. 122.
(2) R. G. XX , 1 , 87 .
(3) R. G. 15. 1. 279.
(4) D. R. 10, 252.
(5) Circ. Giurid. di Palermo , vol . 7 , fasc . 7 , p. 186 e segg.

() V. altre sentenze consimili della stessa Cass. ap. Ch . de l'All. voce Code civil.
198 CANONI GENERALI .

di Napoli in due sentenze 11 aprile e 15 luglio 1878 ( 1 ) , e la


Corte di Bologna in una sentenza 17 settembre 1875 (2) .
Più d'uno scrittore segui la medesima dottrina , come p. es.
il Domat (3) , il Weber ( p . 196-208 ) , il Mailher de Chassat
(1 , p . 140 e seg. ) . Dice il Weber (p . 199) : non si può dubitare
che in una quistione pendente , il giudice può seguire quella
opinione , che la nuova legge conferma , e che gli sembri
» conciliabile colle leggi e colle analogie di legge esistenti
prima ». E il Mailher de Chassat ( 1. c. ) : « ove su di una
» data materia non esista nè legge , nè giurisprudenza , nè con-
>> formità di opinioni dottrinali , cosicchè la si possa dire man-
>> cante affatto di regola , la legge nuova può esservi applicata
» senza che con ciò si ledano i diritti acquisiti di nessuno , e
» producendo soltanto l'effetto di estendere il beneficio di una
» legislazione regolare a fatti anteriori che ne erano privi ».
Ad onta di tante autorità, a noi non riesce di trovare altro
fondamento alla dottrina in discorso , fuorchè equivoci , senza
dei quali non ci sembra neppure possibile la presente contro-
versia.
Invero , l'ipotesi di una questione giuridica , intorno alla
quale non esistano affatto principii idonei a risolverla , non ci
sembra possibile in una società civile , provveduta di leggi e di
giudici . Imperocchè il sistema delle leggi racchiude elementi o
principii coi quali si possono risolvere tutte quante le questioni ,
siano o non siano espressamente contemplate da apposite di-
sposizioni , e coll'uso dell'interpretazione o estensiva o restret-
tiva , o diretta , o analogica i giudici devono decidere qualunque
quistione venga loro sottoposta . Che cosa significherebbe l'ob-
bligo imposto ai giudici di non rifiutarsi mai di decidere una
controversia , se in realtà si potessero dare questioni da non
sapersi risolvere ? Codesta ipotesi non può evidentemente veri-

(1 ) 11 aprile 1878 in causa Branco-Romano ; 15 luglio 1878 in causa


Invitti-Patti ( Giur . ital . XXX , 1 , 1 , p. 237 ) .
(2) G. I. XXVIII , 1 , 129.
(3) Les lais civiles , Liv. Prelim . Tit. 1. Sec. 2. 1. p. XIV .
PARTE SECONDA 199

ficarsi che in una società eslege , se pure queste due parole


possono stare riunite : diremo meglio , non può verificarsi che
nel passaggio dallo stato estrasociale allo stato sociale . In que-
st'ultimo soltanto si può dare che non vi siano principii spe-
ciali intorno a qualche quistione o negozio giuridico , ma non
accade mai che un giureconsulto , in difetto di tali principii ,
non sappia desumere dalle leggi esistenti la decisione del caso ,
dovesse egli ricorrere ai principii del diritto naturale , substrato
ultimo delle leggi positive , al quale parecchi legislatori espres-
samente lo rimandano (1 ) . Ciò posto , la quistione , a cui si
riferiscono le surriferite decisioni , manca evidentemente di base
concreta.
Un altro equivoco della dottrina in discorso consiste nello
scambiare l'autorità scientifica della legge nuova coll'obbligo
pel giudice di applicarla ai casi non contemplati affatto dalle leggi
anteriori. Non v'ha dubbio che allorquando il giudice si trova
propriamente libero di risolvere un caso di tal genere secondo
il suggerimento della recta ratio , egli non può non dare un
gran peso all'opinione preferita dalla legge nuova , dato però
e posto in sodo che questa legge sia stata esclusivamente
ispirata da motivi razionali , e non da riguardi di mera oppor-
tunità ( 2) . Ma egli non è , nè può essere obbligato a proce-
dere cosi ; la libertà sua ,per essere piena ed intiera , deve
anche consistere nel criticare e nel ripudiare affatto l'opinione
seguita dalla legge nuova , appunto perchè questa non è in
quel caso per lui che una opinione. E quasi noi diremmo che
anche seguendo tale opinione , egli dovrebbe evitare di men-
zionare la legge nuova , affinchè non ci fosse la menoma appa-
renza di attribuirle valor di legge anzichè di opinione. È quello
veramente il solo caso in cui il giudice può permettersi di giu-
dicare le leggi del suo tempo .

( 1 ) Vedi C. C. austr. § 7 e C. C. ital . tit . prel . art 3.


(2) Il giudice ha anche la libertà di accogliere quale ragione scritta i
criteri contenuti in una legge abrogata , come dichiarò la Cassazione di
Firenze 9 dicembre 1870 (Gazz. dei Trib. di Genova XXIII , I , 129) .
200 CANONI GENERALI

Ci conferma in tal modo di pensare la stessa titubanza


con cui i citati scrittori propugnano la dottrina contraria. Il
Chabot de l'Allier soggiunge che : « tanta è la tendenza ad
allargare l'applicazione della legge esistente creduta più equa ,
che molti errori si commetterebbero , ove non si proclamasse
la più rigorosa osservanza della non retroattività delle leggi » .
Il Weber afferma : il giudice deve anche ora decidere il
caso come lo avrebbe deciso se la legge nuova non esistesse ,
ma egli può anche prendere consiglio dalla legge nuova , come
ratio scripta . E il Mailher de Chassat ( ib. p . 142) soggiunge
pure al passo riportato , che « i tribunali devono però evitare
col massimo studio di trascendere le proprie attribuzioni , di-
ventando Corti di equità » . Da queste ambagi non si esce
fuorchè mutando strada , e lasciando intieramente alla piena
libertà del giudice il dar valore o no alla legge nuova , come
.
dottrinale autorità , nei casi in discorso.
Notisi poi che in pratica lo iscrivere in una legge nuova
l'obbligo del giudice di uniformarvisi nei casi non contemplati
dalle leggi anteriori , aprirebbe facilmente la strada ad in-
giuste retroattività . Non è sempre facile infatti il definire se la
legge nuova sia stata veramente ispirata soltanto da motivi ra-
zionali , se essa non contenga elementi positivi , e d'altra parte
è comodo espediente per non approfondire il diritto anteriore,
il trovarlo oscuro ed inestricabile senza il lume e la guida
della legge nuova. Lo stesso Weber ci sembra aver male appli-
cato il suo principio , nell'esempio che egli ne adduce . Se una
legge anteriore nulla stabilisce circa la presunzione della morte.
di un assente , egli trova ( p. 198 ) che a tal lacuna si possa
applicare una legge nuova , la quale definisca quel punto . Ma
questa nuova disposizione di legge è propriamente diritto po-
sitivo , e non dettato della mera ragione , onde il caso par-
rebbe che si dovesse più rettamente risolvere secondo il diritto.
anteriore , reputando sempre vivi coloro di cui non è provata
la morte , almeno fino al termine della prescrizione dei diritti
di cui si tratta . Quantunque siffatta presunzione sia per sè me-
desima certamente poco razionale , finchè però il legislatore non
PARTE SECONDA 201

la sbandisce dal diritto vigente , ha dovere il giudice di stretta-


mente attenervisi . Ora se ha potuto errare in tal guisa un
Weber , quanti errerebbero minori di lui , se la sua fallace
dottrina venisse accettata , e , peggio ancora , eretta in disposi-
zione di legge ?
Da ultimo osserverò che nulla prova contro la dottrina da noi
combattuta l'essere la medesima stata accettata da parecchie
legislazioni positive , come p. es. la prussiana del 1794 ( vedi
sopra p. 55) , l'ordinanza transitoria amburghese del 1814 ( ib.
p. 72), e quella oldemburghese dello stesso anno ( ib. p . 90 ).
Ragioni di opportunità hanno suggerito queste leggi , e appunto
parvero necessarie perchè il principio in esse contenuto non
fu creduto evidente di per sè stesso .

$ 4.

Unità della legge da applicarsi .

Come non può mai reputarsi mancante la legge , cioè il di-


ritto obbiettivo da applicarsi ad un caso giuridico , così neppure
si possono applicare al medesimo caso due leggi , emanate in
tempi diversi . Il contrario ripugna alla ragione , poichè ogni
fatto giuridico , come ogni fatto in generale , accade in un tempo
determinato , e il criterio della scelta della legge da applicare
ad ogni singolo fatto giuridico, è appunto lo stesso criterio onde
discernere il tempo in cui si debba reputare acquistato il di-
ritto corrispondente .
Siffatto canone razionale è da tutti ammesso in astratto e
in generale , ma nelle pratiche applicazioni accade talvolta che
lo si dimentichi e vi si contravvenga . Importa quindi averlo
sempre presente nelle controversie transitorie . Bensi giova notare
sin d'ora essere un errore inverso al precedente, e da evitarsi
non meno , il disconoscere , per male inteso amore dell'unità
della legge , la possibilità e la necessità di decomporre taluni
202 CANONI GENERALI

casi giuridici complessi , in parti distinte , aventi ognuna tempo


e legge propria e diversa .
La pratica importanza di questi avvertimenti non può essere
posta in chiaro che dal seguito dei nostri studi.
In virtù dell'anzidetto principio non può ammettersi neppure
che una legge , rimasta finora inapplicabile , perchè ne faceva
difetto un'altra , che la prima manifestamente supponeva come
indispensabile complemento , possa venire applicata a casi
posti in essere sotto il suo impero , non appena soprag-
giunga quell' altra legge che finora mancava. Verrebbe meno
altrimenti nel diritto obbiettivo quella unità , che è pure suo
razionale requisito , e con ingiusta retroattività ridarebbesi ad
una legge anteriore una efficacia , che essa appunto non avea
in difetto di quella unità , rispetto a casi surti allorquando
questo difetto esisteva . In altri termini , una legge nuova non
può applicarsi retroattivamente , nè per togliere una oscurità
della legge anteriore , nè per attuarne una parte rimasta in
sospeso . Epperò sapientemente decise la Corte di Cassazione di
Torino con sentenza 21 agosto 1875 (1 ) , che la perenzione del-
l'istanza non può farsi valere contro una interruzione di pre-
scrizione , avvenuta mediante istanza giudiziale , vigendo una
legge che tale effetto attribuiva bensì alla perenzione , e sotto
il cui impero la prescrizione era cominciata , ma che al mo-
mento in cui la prescrizione incominciava , coesisteva con una
legge di procedura , la quale ignorava affatto l'istituto della
perenzione dell'istanza .

$ 5.

Continuazione.

Della Legge intermedia .

Quale , cioè di qual tempo sia la legge , ed anzi l'una legge


da applicare ad ogni singolo caso giuridico , è il generale còm-

(1) G. I. xxvIII , I , 214.


PARTE SECONDA 203

pito di tutta quanta la dottrina della retroattività delle leggi ,


il comune significato dei tanti e svariati problemi che quella
dottrina abbraccia. Si tratta in ogni caso di definire se vi
abbia diritto quesito , e quale , e da qual fatto proveniente ,
sia che trattisi di diritto o fatto di per sè stante , oppure
di conseguenza di un diritto o fatto preesistente . Talvolta ac-
cade eziandio , come in seguito più chiaramente vedremo , che
i fatti acquisitivi di un diritto non siano semplici , ma com-
plessi , cioè risultanti da parecchi distinti avvenimenti , i quali
o si devono riunire in un solo concetto, oppure si devono confron-
tare fra di loro, onde sceglierne uno come prevalente e deci-
sivo. Ciò accade per esempio nelle quistioni intorno alla ricercal
della paternità , alla punizione dei reati , alle successioni testa-
mentarie. Ora appunto i casi di tale specie porgono occasioni
ad un generale riflesso , di molta importanza nella dottrina
della retroattività delle leggi , che ci sembra opportuno avver-
tire fin d'ora.
Allorquando per determinare il fatto e il tempo decisivo nel-
l'acquisto di un diritto , e nella scelta della legge da applicare
al medesimo , è necessario tener conto di parecchi fatti e mo-
menti successivi , il tempo intermedio fra i medesimi non si
considera affatto , la legge intermedia fra quelle vigenti nei
diversi momenti del caso complesso di cui si tratta , non ha im-
portanza alcuna , e deve essere affatto trascurata.
Anche questo è un canone di tutta evidenza , perchè riposa
intieramente sul principio di contraddizione (1 ) . Escluso infatti
che altre fasi o momenti del caso in quistione , oltre quelli
determinati , possano avere influenza alcuna sull'acquisto del
diritto , sulla scelta della legge da applicarsi , sarebbe contrad-
dizione il por mente a fasi o momenti intermedi fra quelli .
Quando un diritto non è ancora acquistato , e se si possa
acquistare o no , deve decidere un ulteriore avvenimento, e la

( 1 ) E quindi è manifesto errore la dichiarazione della Corte di Macerata


23 luglio 1872 (A. G. VI , 2, 487 ) : « che una legge di sua natura transitoria
possa abrogare una legge precedente » .
204 CANONI GENERALI

legge vigente nel tempo di questo, assurdo egli è il reputare che


una legge intermedia , in qualunque modo formulata , possa
impedire o rendere impossibile l'acquisto, prima che quell'ul-
teriore avvenimento sia accaduto , e quella ulteriore legge sia
o non sia stata promulgata. Manca l'oggetto , il punto d'ap-
poggio, per così dire, all'applicazione di tal legge . Se un fatto vi
fosse, cui applicare la legge intermedia , sarebbe anche compiuto
il caso giuridico , e di legge intermedia non vi sarebbe luogo
a discorrere . Fra l'essere e il non essere non vi ha maggior-
mente un termine medio nelle quistioni transitorie , di quello
che in qualunque altra specie di ragionamenti.
Chiaro è il fin qui detto , ma astratto del pari. E astratta-
mente ragionando , il lettore durerà fatica a comprendere quale
sia la pratica importanza del principio in discorso . Eppure
questa non è poca . Lo si vedrà in seguito in molte quistioni , e
specialmente in quelle concernenti il diritto personale e il di-
ritto di successione.

§ 6.

Continuazione.

Oggello concreto della legge e del dirillo.

Affinchè un diritto si possa dire concreto , occorre anzitutto


che esso abbia un concreto oggetto , e siccome ogni diritto ha
il suo fondamento nella legge , cosi a quel concreto oggetto
deve pur riferirsi la legge medesima . Non può darsi diritto , nè
norme di diritto o legge , il cui oggetto consista in una mera e
indeterminata negazione.
Ogni nuova norma giuridica invero è nuova determinazione
di un concetto anteriore, perchè consiste nello avvertire e va-
lutare un fatto non considerato prima dal legislatore , o un
lato che egli non vide o non volle vedere in un fatto di cui
tenne già conto . Ogni nuova norma di diritto solleva , per dir
PARTE SECONDA 205

cosi , a positività l'indifferente , arricchisce di un concetto


nuovo la coscienza giuridica e la legislazione di un popolo .
Può bensi una legge consistere tanto nell'affermare , quanto
nel negare un diritto nell'ipotesi di un dato fatto , ma nell'un
caso e nell'altro il legislatore ha di mira determinati fatti e
circostanze , in virtù delle quali egli afferma o nega . In qua-
st'ultimo caso , se la ragione della legge consiste nell'assenza
di un fatto o di una circostanza , non è mai arbitrario il valore
che il legislatore dà a quest'assenza , perchè quel fatto o quella
circostanza è tale che il legislatore ha motivo di pensarla ,
attesa la natura del caso e la naturale connessione dei concetti
di cui questo si compone . Se per conseguenza noi ammettessimo
che potesse essere norma giuridica la esclusione di un diritto ,
che non implicasse nel legislatore la considerazione di certi fatti
e una determinazione ulteriore di un anteriore principio , noi
pronunzieremmo l'assurda opinione che vi potesse essere un
pensiero senza contenuto e senza punto di partenza .
Da tale riflesso proviene un importante canone generale. Il
canone cioè : non potersi dare diritto acquisito a che non venga
emanala una legge nuova , la quale regoli una materia finora
non contemplata affatto dalla legislazione. Non può cioè un
cittadino ragionevolmente pretendere che per non essere stata
vincolata finora la sua libertà in un dato argomento , non lo
debba neppur essere in avvenire , senza che rimanga violato un
suo diritto di libertà , acquistato soltanto per non avere la
legge finora considerato quell' argomento nè esplicitamente nè
implicitamente , nè direttamente nè indirettamente .
Il seguito dei nostri studi farà scorgere pratico il valore anche
di questa massima , che ben può dirsi uno dei postulati fondamen-
tali della teoria della retroattività, postulato che in sè contiene la
necessaria conciliazione fra il rispetto dei diritti acquisiti e lo
svolgimento progressivo delle idee giuridiche. Fin d'ora osser-
viamo che in virtù appunto del canone in discorso, tutte le leggi
nuove che svolgono e completano le leggi anteriori , nella parte
.
che riguarda la mera esecuzione o conservazione dei diritti da
206 CANONI GENERALI

quelle conferiti , si applicano retroattivamente , cioè anche ai di-


ritti già acquistati. Ma non poche altre applicazioni dello stesso
principio avremo occasione di incontrare.

SEZIONE II

Il diritto elemento del patrimonio .

§ 1.

Il diritto e l'individuo .

Affinchè un diritto si possa dire acquisito , non basta che sia


concreto , cioè verificato rispetto all'individuo in virtù di un
idoneo fatto , ma occorre altresi , giusta quanto fu detto sopra
nella definizione , che sia diventato propriamente elemento o
parte del patrimonio individuale . Non ogni diritto concreto ,
un diritto cioè che un individuo può in qualche modo dir suo ,
è anche parte del suo patrimonio. Vi hanno moltissimi diritti
che non si possono chiamare acquisiti , cioè facenti parte del
patrimonio di chi li possiede . Tutti infatti ammettono , per
esempio , che i diritti acquistati da una persona alla sua nascita ,
o in processo di tempo pel solo fatto di appartenere a un deter-
minato Stato , o per mere circostanze fisiche naturali , come la
cittadinanza , i diritti di minorenne e di tutelato , possono
quando che sia da una nuova legge venire immutati e dimi-
nuiti. E cosi pure tutti ammettono che i doveri incumbenti ad
una persona per quel solo fatto , o per quelle sole circostanze ,
possono quando che sia venire accresciuti o diminuiti da una
legge nuova , senza che la persona possa dolersi di nessuna vio-
lazione di un proprio diritto .
Da questi soli esempi emerge anzitutto che i diritti concreti,
non acquisiti , di cui parliamo , non sono già eccezioni o limi-
PARTE SECONDA 207

tazioni fatte ad un diritto quesito anteriore , nel quale i mede-


simi trovino radice od occasione , ma bensi diritti che per niun
caso possono ricollegarsi col vero e proprio patrimonio della
persona. Sono diritti anteriori ad ogni e qualunque operosità
sia della persona a cui appartengono , sia di altra qualunque ,
il cui fatto si comunichi in nessun modo alla prima . Essi rap-
presentano invece la possibilità dei veri e proprii diritti con-
creti e individuali , cioè acquisiti ad un singolo individuo , e
formanti parte del suo patrimonio . Sono in certa guisa gli ele-
menti ultimi di cui si compongono i diritti individuali , e che
questi suppongono prima di venir posti in essere . Egli è infatti ne-
cessario che un individuo sia cittadino di uno Stato , che sia giunto
ad un certo grado di maturità fisica e spirituale, che conservi
la integrità delle facoltà del suo spirito , affinchè possa dispie
gare la operosità propria , far valere in qualunque modo la
propria individualità , acquistando diritti , e componendosi il
proprio patrimonio giuridico . Ed è del pari necessario che an-
zitutto ci siano cose esterne materiali , capaci di diventare og-
getti di diritto , affinchè gli individui acquistino diritti concreti
su quelle cose , e si compongano più specialmente il loro
patrimonio materiale . Ove manchino le prime e fondamentali
condizioni , vien meno la stessa base , lo stesso ambiente della
vita giuridica , del patrimonio giuridico individuale .
Ciò posto, chiaro riesce il perchè i diritti in discorso , lungi
dal potersi dire acquisiti , e facienti parte del patrimonio di
una persona , siano e rimangono sempre in balia del legislatore ,
e possano ad ogni momento venire immutati da una legge.
nuova , ed anche riescono chiari gli oggetti loro , e quindi i
criteri per distinguerli e classificarli .
Come ogni punto d'appoggio è affatto distinto dalla forza
che gli è applicata , e rimane del tutto al di fuori di questa ,
così ripugna alla ragione , è manifesta petizione di principio
lo ammettere che il patrimonio giuridico individuale investa le
sue stesse premesse di fatto , cominci al di là del suo stesso
principio , cioè al di là di ogni umana operosità. Si avrebbe
208 CANONI GENERALI

cosi un diritto al diritto , il quale è non senso , perchè man-


cherebbe affatto la persona , contro cui si potesse farlo valere.
La possibilità dei veri e proprii diritti individuali , le condi-
zioni o premesse fondamentali dei medesimi , sono date dalla
civile convivenza , e dalla legge che la governa , e per natura loro
devono sempre restare in potere della società e della legge ,
senza mai diventare diritto quesito , inviolabile , dell'individuo .
Il diritto quesito non può cominciare se non dopo che su
quelle basi , e dietro quelle premesse , l'individualità umana si
è fatta valere , si è affermata nella peculiarità sua , o per
operosità propria , o per virtù di quella d'altrui , od anche
di estrinseche e fortuite circostanze , personali all'individuo.
Il diritto quesito è individuale non soltanto nel senso , che ad
un individuo appartiene , ma altresi nel senso che esso collegasi
direttamente colla individualità , coi caratteri proprii e distin-
livi di questa , entrando esso pure in quel novero. Non già che
il diritto quesito sia sempre e necessariamente , come fu detto
da qualche scrittore , il frutto dell'operosità di colui che lo
possiede ; esso può anche provenire dalla operosità di un'altra
persona , a cui il possessore è in qualche maniera sottentrata ,
come si vede per esempio nei diritti di successione , e può
anche essere un mero attributo della legge ad un individuo ,
costituito in date circostanze e condizioni a lui personali . Ma
non si può mai dare diritto quesito senza che una di quelle
ipotesi siasi verificata , alle quali tutte è comune l'affermazione
della individualità coi suoi proprii caratteri , che da tutte le
altre la distinguono , perchè s'aggiungono ai caratteri ed alle
condizioni fondamentali comuni a tutte quante le persone , ap-
plicandole e determinandole nelle più diverse guise .
E sono manifestamente duplici le premesse fondamentali di
tutti i diritti quesiti , anteriori a questi , e mere condizioni della
loro possibilità , incapaci quindi di formare oggetto alla loro
volta di diritti di tale natura. Le une riguardano la persona ,
considerata come membro dello Stato , o come costituita in
date condizioni fisiche , indipendenti affatto dalla sua volontà ,
PARTE SECONDA 209

e aventi efficacia sulla capacità sua di acquistare i diritti e doveri ;


le altre riguardano le cose materiali esteriori , oggetti possibili
dei diritti patrimoniali , e da questo punto di vista considerate .
Lo stato personale cioè , e la condizione o stato giuridico delle
cose materiali , considerate come obbietto dei diritti. Sono
questi a detta del Mailher de Chassat ( vol. 1 , p. 176) « gli ele-
menti generali del corpo sociale , sui quali agendo , la legge
non retroagisce » . Di quali diritti e doveri di stato e capacità
personale un individuo sia capace , e debba considerarsi subbietto ;
di quali diritti siano possibile oggetto le cose materiali , spetta
sempre ed unicamente alla legge dello Stato il definire. E finchè
nell'una e nell'altra materia la legge non sia stata applicata
a vantaggio di qualche individuo , ogni modificazione che essa
subisce , produce immediatamente il suo effetto sulle persone e
sulle cose esistenti , cui essa concerne . Si possono dire ele-
mentari o fondamentali anch'esse le leggi che regolano lo
stato e la condizione personale degli individui , e quelle che
regolano la condizione giuridica delle cose e i diritti di cui
queste possono essere oggetto. E contro l'immediata applicazione
loro non si possono concepire diritti quesiti , se non limitata-
mente a quei positivi effetti , da esse contemplati , che già ne
siano stati dedotti nei modi e nelle condizioni che esse stabi-
liscono , non mai per escludere effetti nuovi , che la legge
antica non contemplava affatto , od anche escludeva , se in
questa seconda ipotesi nulla fu fatto onde applicare e assi-
curare il beneficio di tale divieto.
Sono certamente diritti concreti quelli personali o reali che la
legge riconosce negli individui , indipendentemente dalla loro
operosità . Imperocchè essi pure sorgono negli individui in
virtù di fatti materiali , quali sono la nascita , una data condi-
zione fisica personale , l'acquisto di cose materiali ; ma del
patrimonio individuale propriamente non fanno parte , nè
quesiti si possono reputare , se non se e nella misura in cui
qualche positivo loro effetto , espressamente contemplato dalla
legge , e nei modi e alle condizioni dalla legge prestabilite, sia
già stato posto in essere da qualche individuo a proprio van-
GABBA Retr, Leggi, v. I. 14
210 PARTE SECONDA

taggio . Diritti concreti e quesiti sono quelli soltanto che dentro


la cerchia del potere consentito dalle leggi concernenti le persone
e le cose , mirano ad un determinato effetto , da esse leggi con-
templato in modo esplicito o implicito, e sorgono negli individui
o per virtù dell'umana operosità , o per diretta virtù della legge
medesima , in seguito a fatti e circostanze e nei modi e alle con-
dizioni da essa prestabilite.
Anche questa è dottrina di fondamentale importanza nella
giurisprudenza transitoria. Si può dire infatti che su di essa
riposa tutta quanto il gius transitorio personale e reale .

§ 2.

Utilità del diritto.

Diritto pubblico. - Privilegi e concessioni.

Oltre all'essere fondato in una legge , e concreto , e stretta-


mente collegato coll' individualità , giusta quanto su tali pro-
positi è stato sopra osservato , i diritti degli individui , onde
potersi considerare parte del patrimonio individuale , e a
questo titolo acquisiti e inviolabili , devono altresi aver natura
di vere e proprie utilità degl'individui medesimi . E di queste
utilità due sono le specie : utilità personali subbiettive , dette
anche personalissime ; cioè stati , o gradi di dignità ; e utilità
materiali , o patrimoniali propriamente dette.
In generale non si può concepire diritto senza associarvi
l'idea di un vantaggio per l'individuo che ne è subbietto .
Ma non ogni e qualunque utilità , non ogni e qualunque inte-
resse , subbiettivo o materiale , che l'individuo abbia di posse-
dere ed esercitare un diritto, può essere ugualmente considerato
nello studiare il concetto del diritto quesito , e le ragioni
della sua inviolabilità. Affinchè l'individuo possa reputare in-
giusta ed intollerabile offesa il disconoscimento di un suo
diritto per opera del legislatore , egli è mestieri che l'oggetto
CANONI GENERALI 211

e l'utilità di quello concernano propriamente la sua per-


sonale o privata individualità . Imperocchè nella sfera privata
appunto il cittadino è intangibile dallo Stato e dalla legge , e
dispiega e viene formando la sua propria individualità , che da
tutti gli altri lo distingue . Nella sfera pubblica invece , nei
diretti rapporti cioè in cui egli si trova collo Stato, in ordine a
scopi o funzioni di pubblico interesse , il cittadino è sempre
ed unicamente soggetto alle pubbliche esigenze , e diritti indi-
viduali non ha , se non quali e quanti e finchè le leggi di
gius pubblico glieli attribuiscono e consentono . E quando di-
ciamo essere veri e proprii e inviolabili diritti individuali quelli
racchiusi nella cerchia privata dell'umana esistenza , intendiamo
diritti concreti , surti sulla base di quelli che sopra dicemmo
diritti elementari o elementi generali del diritto , in virtù di
fatti e contingenze proprie dei singoli individui . Quegli ele-
mentari diritti sottostanno anch'essi , come sopra notammo ,
all'azione immediata di ogni nuova esigenza dello Stato e della
legge , alla pari dei diritti d'indole pubblica , propriamente detta,
onde si comprende , benchè non si possa approvare , che molti
giureconsulti ascrivano i primi ed i secondi ad una sola e me-
desima categoria , e colle stesse ragioni spieghino l'azione in-
cessante ed immediata dello Stato e della legge sugli uni e
sugli altri .
Sono adunque diritti individuali , facienti parte del patrimo-
nio , epperò acquisiti ed inviolabili quelli soltanto , che a tutti i
caratteri sovra enunciati aggiungono anche quello di essere
privati , cioè di rappresentare e contenere una privata utilità.
Tutti i diritti invece , che si possono dire pubblici , oppure
d'indole politica nel lato senso di questa espressione , non sono
mai quesiti e inviolabili . O in altri termini , tutte quante le leggi
concernenti interessi pubblici di qualunque genere , si applicano
immediatamente , e i corrispondenti diritti e doveri degli indi-
vidui si mutano o modificano immediatamente in virtù di quelle
leggi.
Quest'ultimo canone è stato più volte riconosciuto e applicato
dalla nostra Giurisprudenza . Vedansi per esempio : Corte di
212 PARTE SECONDA

Roma 26 giugno 1872 ( 1 ) , Cassazione di Torino 29 aprile 1875 (2) ,


2 dicembre 1868 (3), Tribunale di Ravenna 18 marzo 1875 (4) ,
Corte di Firenze 18 febbraio 1867 (5) , Corte di Torino 23 luglio
1867 (6) , Cassazione di Torino 11 febbraio 1870 (7) , Corte di
Lucca 7 settembre 1878.

Svariati sono i possibili oggetti dei diritti e dei doveri pub-


blici o politici degli individui , che una legge nuova può sempre
togliere e in ogni guisa modificare senza ingiusta retroattività ,
cioè senza offesa di un vero e proprio diritto quesito . Talvolta
sono vere e proprie prerogative politiche , come diritto di
eleggere o di essere eletto , dignità di Deputato , Senatore , 0
Pari , talvolta sono diritti d'indole privata , come p . es . le
esenzioni giudiziali dei Membri del Parlamento in molti Stati
costituzionali , concesse per mere ragioni d'indole politica ,
e collegate con quella qualità od ufficio. Talvolta sono veri
e proprii diritti o facoltà di agire , come per esempio il
diritto di caccia concesso dallo Stato ; talvolta sono mere
esenzioni , come per esempio l'esenzione di certe categorie
di persone dal servizio militare , o da certe contribuzioni o
tasse di qualunque genere . E in tutti gli addotti casi , la vera
natura de' diritti di cui si tratta , è piuttosto quella di meri
attributi o concessioni dello Stato , che non di diritti acquisiti ;
attributi o concessioni revocabili sempre , e mutevoli secondo
il beneplacito del legislatore , attesa la natura degli oggetti
o interessi su cui cadono .
Non tutte del resto le concessioni dello Stato ai privati riman-
gono soggette alla libera disposizione del legislatore . Tali sono
soltanto quelle che propriamente cadono su oggetti od interessi

( 1 ) G. I. xxiv, 2 , 404.
(2) L. XV, 1 , 530.
(3) G. vi , 121 .
(4) L. XV, 1 , 454.
(5) A. G. 1 , 2 , 99.
(6) G. IV, 581 .
(7) Gazz . G. XXII , 11 , 56.
CANONI GENERALI 213

pubblici o politici , oppure quelle che avendo un oggetto pa-


trimoniale , limitano o scemano un qualche diritto dello Stato.
Quelle invece che hanno un oggetto patrimoniale , e nelle
quali lo Stato apparisce datore nel modo stesso in cui lo po-
trebbe essere un privato , non sono revocabili e mutevoli come
le prime . Onde giustamente la Cassazione di Firenze in una
sentenza 11 aprile 1878 (1 ) , e la Cassazione di Roma in una
sentenza 5 febbraio 1878 (2), dichiararono che una dote asse-
gnata per legge dallo Stato ad una causa pia , non cessa di
essere dovuta per la semplice ragione che una nuova legge
non includa siffatta prestazione nel bilancio passivo dello Stato ,
oppure la metta a carico d'altri. Concessioni di questo genere
possono talvolta anch'esse perdere il loro effetto per una ra-
gione ben diversa da quella per cui le concessioni in materia
politica o pubblica. Lo possono cioè in virtù dell'altro canone
del Giure transitorio , di cui tratteremo nel seguito di quest'o-
pera , che a nessuna istituzione può assicurarsi perpetua durata .
Ma questo principio ha pure per effetto , come pure a suo tempo
diremo, che alla prestazione perpetua abolita ne venga sostituita
un'altra equivalente , temporanea o momentanea , a titolo di
riscatto . Analogamente le esenzioni privilegiate o privilegi che
hanno oggetto patrimoniale , e non limitano nè scemano nessun
diritto dello Stato , sono diritti acquisiti esse pure . Siccome
però sogliono essere gratuite , e inoltre per la natura loro
non aumentano propriamente il patrimonio di coloro cui sono
concedute , così egli è certamente in facoltà del legislatore
il revocarle quandochessia , senza nessun obbligo di risarcimento
verso i concessionari . Soltanto il carattere di diritto quesito
delle esenzioni in discorso fa sì che l'abolizione loro debba
essere espressamente ordinata dal legislatore , nè si possa
desumere da una legge nuova , la quale soltanto statuisca in
generale non essere ammissibili esenzioni cosiffatte . In questo
senso appunto decise la Corte di Lucca in una sentenza

(1 ) A. G. 1881 , 1 , 115.
(2) Ib. 1878, 1 , 139.
214 PARTE SECONDA

del 25 giugno 1874 ( 1 ) a proposito del privilegio di esazione


della Banca Toscana. - Se poi una concessione d'indole pri-
vata o patrimoniale , anzichè essere direttamente conferita dalla
legge dello Stato ad una determinata categoria di persone , e
quindi nei singoli casi , a determinati individui , è lasciata in
podestà del Giudice , o di altra autorità , egli è manifesto che
sintantochè l'autorità competente non abbia fatto uso di tale
podestà sua , non vi ha diritto quesito da accampare al van-
taggio semplicemente sperato (2) .
Revocato o modificato un diritto o della esenzione , avente na-
tura pubblica o politica per l'oggetto su cui cade , o pel titolo
da cui emana , può tuttavia rimanere all'individuo spogliato it
diritto a risarcimento . Ciò accade se il diritto o la concessione
.
concerne in qualche modo gli interessi patrimoniali del conces-
sionario , come per esempio una concessione ferroviaria , una
concessione di acqua pubblica , una licenza di caccia o di porto
d'arme , una esenzione da tributo od imposta di qualsivoglia
specie , e se la revoca o la modificazione del diritto o della esen-
zione a ) rompe un contratto oneroso posto in essere fra lo
Stato e il privato , oppure , b ) indipendentemente da un tale
contratto , cagiona direttamente e necessariamente un danno
al privato cui il diritto o la esenzione vien ritolta . In tali
casi è manifesta esigenza della giustizia che lo Stato compensi
o risarcisca il privato , e tutti ne convengono rispetto al primo
dei due accennati casi ; molti ne dissentono invece rispetto
al secondo , e a parer nostro s'ingannano . Non è infatti
disconosciuto nè menomato il diritto dello Stato da chi vi

appone per condizione il rispetto dei diritti dei privati ; poichè


nessun diritto si può concepire senza limiti e condizioni ,
che lo conciliano con altri diritti concorrenti e collidenti col

primo . Ed è certamente diritto del privato che lo Stato non


si valga della libertà di accordargli gratuitamente ciò che egli
non potrebbe pretendere , al solo scopo di recargli un danno

( 1 ) G. I. xxvII , 2 , 329.
(2) Concorda Cassazione Torino 5 dicembre 1867 (M. T. 1867 , 1135).
CANONI GENERALI 215

maggiore di quello che avrebbe avuto , se la concessione


gli fosse stata rifiutata. La contraria dottrina spinge il diritto
dello Stato fino all'assurdo , dandogli in piena balia gli inte-
ressi dei cittadini , e se vi ha tempo in cui siffatta pretensione
è incomportabile nella civil società , gli è certamente il nostro .
E per le stesse ragioni , se la concessione fu conferita mediante
contratto oneroso , ma il danno proveniente dal ritoglimento della
medesima , supera l'ammontare del compenso originariamente
pattuito , lo Stato non può liberarsi da ogni responsabilità colla
sola restituzione di quest'ultimo , ma deve prestare in più ciò
che manca a compiere il risarcimento.
Conseguentemente , non è dubbio p . es . che lo Stato non of-
fende nessun diritto quesito , ritogliendo ad una compagnia
ferroviaria la concessione di una linea accordatale , ma egli
deve rimborsarle tutto il valore degli enti espropriati . Simil-
mente una licenza di caccia o di pesca può sempre essere
ritolta anche prima della sua scadenza , compensando però
adeguatamente i portatori della medesima. Anche una conces-
sione di acque demaniali può sempre essere ritolta dallo
Stato al privato concessionario , come sentenziò la Corte di
Venezia 7 marzo 1876 (1 ) ; ma se fu pagato un compenso per
la medesima , questo si deve in tutto o in parte restituire ,
come ebbe a dichiarare la Corte di Ancona in una sentenza
7 febbraio 1880 ( 2) , e , occorrendo , deve lo Stato aggiungervi
il restante ammontare dell'effettivo danno da lui cagionato.
Del pari può sempre lo Stato abolire esenzioni d'imposta di
qualunque genere , senza offesa di diritto quesito ; lo che sen-
tenziarono anche la Corte di Roma 25 giugno 1875 (3) , e la
Cassazione di Firenze 28 dicembre 1868 (4), 8 aprile e 17 set-
tembre 1875 (5) . Nè fa ostacolo la circostanza che nella conces-
sione della esenzione si possa ravvisare un contratto espresso

(1 ) G. I. XXVIII , 2 , 525
(2) F. J. 1880, 1 , 911 .
(3) G. I. XXVII , 2, 882.
(4) A. G. 1868, 1 , 305.
(5) G. I. xxvII , 1 , 1 , 926 .
216 PARTE SECONDA

o tacito , come opinarono la Cassazione di Torino 20 dicembre


1866 (1 ) , la Cassazione di Firenze 6 marzo 1873 (2) , la Corte
di Venezia 7 marzo 1876 (3) , la Corte di Torino 21 marzo
1866 (4) , e la Corte di Messina 9 luglio 1867 ( 5) . Ciò special-
mente dicasi se la esenzione contrattuale dall'imposta abbia
carattere di perpetuità . In ogni caso , ove il ritoglimento della
esenzione cagioni un reale danno al privato , questo danno deve
essere risarcito dallo Stato , come ebbe a dichiarare la Corte
di Roma in due sentenze 10 dicembre 1871 e 21 aprile 1875 (6) .
Similmente l'abolizione d'un pubblico impiego dà diritto ad
indennità a chi ne fosse stato precedentemente investito in
virtù di contratto oneroso , come ebbe a dichiarare la Cassa-
zione di Palermo in una sentenza 22 marzo 1875 (7) .
Debbasi poi o non debbasi risarcimento ai privati , cui si
ritolga una concessione d'indole pubblica , vantaggiosa al loro
patrimonio , non si può ammettere che la concessione sia stata
effettivamente ritolta , ove il legislatore a ) non abbia espressa-
inente , o in altro chiaro e sicuro modo manifestata cosiffatta
sua intenzione , oppure , b) la legge nuova non abbia indiret-
tamente reso impossibile nel fatto l'ulteriore esercizio del
diritto in quistione . La sola circostanza che una legge nuova
abbia statuito in generale l'inammissibilità delle concessioni od
esenzioni della specie in discorso , meno ancora , la sola circo-
stanza dell'emanazione di una legge costituzionale che proclami
in generale l'inammissibilità od anche l'abolizione di ogni e
qualsivoglia privilegio , può avere virtù di far cessare illico et
immediate le concessioni , le esenzioni e i privilegi della cate-
goria di cui andiamo parlando , che fossero già stati accordati .
Ciò ebbero a dichiarare anche la Corte di Roma nella citata

(1) G. IV, 23.


(2) Giorn. dei Trib. di Milano ( cess. ) v, 365.
(3) ib. XXVIII , 2 , 525.
(4) G. III , 169.
(5) A. G. 1 , 2 , 542.
(6) A. G. 1872 , 2 , 29. Id . Cass . Fir . 11 Dic. 1871 , Betti-Finanze.
(7) G. I. XXVII , 1 , 578.
CANONI GENERALI 217

sentenza 11 dicembre 1871 , la Cassazione fiorentina nella pur


citata sentenza 28 dicembre 1868 e la Cassazione di Torino in
una sentenza 24 maggio 1882 (1 ) . Ed ovvia ne è la ragione ,
quantunque quei diritti non siano veramente e propriamente
acquisiti al pari delle esenzioni privilegiate patrimoniali , di cui
parlammo poc' anzi . La legge generale non deroga di sua na-
tura alla legge speciale , mentre questa deroga a quella . Ol-
tracció vi ha una certa analogia fra le concessioni e i privilegi
in materia giuridico-pubblica , sopravviventi ad una legge nuova
che in generale li proscrive , e i diritti di stato personale so-
pravviventi ad una legge nuova , che li rende impossibili. La
sola differenza fra i due esempi sta in ciò , che i diritti di
stato personale possono essere quesiti , e quando sono tali , non
possono essere più ritolti dalla legge , mentre le concessioni
e i privilegi in discorso non sono mai diritti quesiti , e possono
quindi venire ritolti senza ingiustizia da una nuova legge, purchè
tale sia la certa prescrizione di questa .
Da ultimo osserviamo intorno alla retroattività delle leggi in
materia pubblica o politica , che l'influenza della medesima può
farsi sentire anche rispetto a relazioni giuridico-private , occa-
sionate da preesistenti istituti od ordini politici , e aventi
in questi una necessaria presupposizione. Egli è chiaro che se
per gli avvenuti mutamenti nelle leggi in discorso , un con-
tratto od un altro rapporto giuridico- privato qualunque, diventa
impossibile ad eseguirsi , essa viene anche giuridicamente a
risolversi e cessare. Cosi per es. , introdotto il monopolio.
governativo del tabacco dove prima questa industria era libera,
molti contratti privati , relativi all'esercizio della medesima , e
posti in essere precedentemente , ma non ancora eseguiti , non
possono più esserlo d'ora in avanti. Soltanto le disposizioni
transitorie che accompagnano le innovazioni legislative in
discorso , possono sospenderne gli indiretti effetti giuridico-
privati , od attenuarne il rigore . Richiedesi però una vera e
propria impossibilità di lasciar sussistere le relazioni giuridico-

(1) M. T. 1882.
218 PARTE SECONDA

private occasionate da istituzioni ed ordini politici anteriori ,


dopo che questi furono mutati , affinchè si possa ammettere che
quelle relazioni vengano per tal motivo a cessare e risolversi .
E tale impossibilità è duplice , materiale cioè , o morale , secon-
dochè i nuovi ordini abbiano tolto addirittura i mezzi onde
dar effetto alle relazioni in discorso , oppure la continuazione
di queste venga a frustrare gli scopi a cui quelle innovazioni
devono servire . E da tal punto di vista dobbiamo nuovamente
convenire colle già citate sentenze della Cassazione torinese
23 luglio 1867 e del Tribunale di Ravenna 18 marzo 1875 (1) .
E conveniamo altresì colle pur citate sentenze della Corte di
Roma 26 giugno 1872 e della Cassazione di Torino 29 aprile
1875 , le quali tennero ferme talune relazioni giuridico - private ,
poste in essere sotto l'impero di istituzioni politiche abolite ,
ma non per sè medesime incompatibili colle istituzioni nuove .
Se poi lo Stato abbia facoltà di porsi al disopra delle re-
gole suesposte , nella mira di cancellare ogni traccia del pas-
sato ; se in particolare egli possa disconoscere e annullare espres-
samente privati diritti occasionati bensì da ordini politici
aboliti , ma che oramai possono sussistere per sè medesimi e
continuare , è quistione codesta , che trascende la scienza del di-
ritto, e spetta piuttosto alla politica. Ragioni di pubblico interesse ,
superiori alle formali esigenze del diritto , una giustizia più
alta e più larga di quella privata e individuale , non è ufficio
del Giureconsulto nè l'escludere nè l'affermare , sia in questo ,
sia in qualunque altro argomento . Egli può dire soltanto
che ragioni siffatte non tolgono valore agli ordinari principii
del diritto , ove non si convertano in espresse ingiunzioni . E di
queste noi incontreremo pur troppo più d'una nel corso dei
nostri studi.

( 1 ) Giustamente anche il Ministero dell' Interno ritenne ( V. Legge XII ,


II , 275) che un contratto conchiuso da un Comune vigendo l'antica legge
comunale, ma diventato impossibile a eseguirsi dopo emanata la legge co-
munale nuova , perde ogni valore .
CANONI GENERALI 219

§ 3.

Concrete utilità dei diritti.

I diritti concreti , riconosciuti dalla legge , aventi natura di


quesiti , e di veri incrementi del patrimonio o vere utilità
private dell'individuo, possono venir classificati secondo i loro
concreti oggetti nel modo seguente . 1 ° Diritti a vantaggiose
condizioni personali subbiettive ; 2º diritti a vantaggi patrimo-
niali , nel più lato senso di questa espressione, quale comprende ,
oltre a determinate prestazioni vantaggiose , qualunque altro
vantaggio patrimoniale , compreso anche quello di correre
semplicemente un'alea ; 30 diritti ad azioni giudiziali per otte-
nere vantaggiose condizioni personali , o vantaggi patrimoniali ;
4° diritti di opporsi a pretese altrui , detti anche eccezioni ;
5º diritti di non sopportare oneri o privazioni maggiori di
quelle imposte da una legge in occasione di certi atti o fatti;
6º diritti di conseguire dati scopi di privata utilità , mediante
certi fatti imposti dalla legge , e debitamente posti in essere .
Non è difficile comprendere che l'enumerazione suesposta è
completa. Invero tutte quante le leggi hanno per effetto o
di attribuire vantaggi , o di imporre oneri , o di prescrivere
un dato modo di agire. Di quest'ultima specie sono per es.
tutte le leggi di procedura , sia negli affari civili e penali , sia
negli affari attinenti alla pubblica amministrazione . Egli è poi
evidente che i vantaggi che la legge può attribuire sono di due.
specie , come di due specie sono gli umani interessi , i quali
o attengono al patrimonio propriamente detto , o attengono
alla dignità subbiettiva della persona , e diconsi personali in
istretto senso , od anche personalissimi . E quelli della prima
specie sono pur manifestamente alla lor volta di duplice natura ,
secondochè positivi sono , o negativi , cioè consistenti nel
preservare il patrimonio da una pretesa altrui , piuttosto che
220 PARTE SECONDA

nell' arricchirlo con una pretesa propria. È ovvio del pari che
i vantaggi conferiti dalla legge al cittadino , qualunque sia la
loro natura , non sempre si verificano immediatamente , e
senz ' altra condizione che un fatto acquisitivo ; talvolta è ne-
cessario che vengano richiesti giudizialmente da colui nello
interesse del quale il fatto è accaduto , e in questo caso ,
prima ancora che in seguito alla giudiziale richiesta il van-
taggio siasi ottenuto , emana dalla legge ed è acquistato il di-
ritto alla richiesta medesima od azione. L'opinione di Meyer
(p . 86 ) che non siano acquisiti quei diritti , per far valere i
quali si richieda un'azione giudiziale , e che per conseguenza
a tali diritti si debba applicare la legge vigente al tempo in
cui l'azione viene promossa , è opinione che quell'autore
non giustifica , e intrinsecamente erronea, siccome dimostreremo
nella parte pratica di quest'opera . Che da una legge la quale
ha per effetto di imporre un onere o una privazione non possa
provenire nel cittadino altro diritto , fuorchè di non sopportare
un onere o una privazione maggiore , non è d'uopo dimostrare .
E neppure vi ha bisogno di dimostrare che , allorquando una
legge impone al cittadino un dato modo di agire , il quale non
è per sè medesimo nè un vantaggio, nè un onere , il cittadino
ha il diritto che il suo atto conforme alla legge non rimanga
frustraneo , ma conduca realmente allo scopo utile pel quale è
stato richiesto ed eseguito .
CANONI GENERALI 221

SEZIONE III

Dei fatti acquisitivi

$ 1.

Caratteri distintivi dei fatti acquisitivi

nella teoria della retroattività.

I diritti concreti , cioè i diritti appartenenti a determinati


individui conformemente alla legge, vengono acquistati mediante
falli. Jus oritur ex facto , donde fu desunto quell'altro dettato :
da mihi factum et dabo regulam . La legge invero permette ai
cittadini di acquistare certi diritti nell'ipotesi di fatti determi-
nati , o di determinate configurazioni di certi fatti , e finchè
una persona non può dimostrare che quell' ipotesi si è verifi-
cata a suo riguardo , vi ha possibilità del diritto , ma non di-
ritto concreto , e molto meno diritto acquisito . Cosi per es. , se
una legge statuisce che coloro i quali pagheranno allo Stato
una certa somma potranno essere liberati dal militare servizio ,
fintantochè non viene l'occasione di pagare quella somma , e
realmente non la si pagò , nessuno può pretendere che non
si emani una legge posteriore la quale abolisca la precedente.
La nuova legge non toglierebbe a coloro i quali fossero nati
sotto l'impero della legge abolita altro che la possibilità di
approfittarne a tempo debito e nei debiti modi . Pare sulle
sulle prime impossibile che nella giurisprudenza transitoria si
confonda un diritto diventato concreto mediante l'acquisto ,
colla sua mera possibilità ; ma chi rifletta che questa possibilità
222 PARTE SECONDA

può essere formulata eziandio come diritto al diritto , e che


essa è pure connessa con un fatto , col fatto cioè della esistenza
di una persona non incapace di approfittare del diritto di cui
si tratta , concederà meno difficilmente che un simile abbaglio
possa prendersi sia anche talvolta stato preso .
Affinchè da un fatto provenga un diritto individuale con-
creto e quesito , egli è mestieri che vi si riscontrino taluni
particolari caratteri , i quali non si devono mai perdere di vista.
nelle quistioni transitorie.
Anzitutto il fatto acquisitivo deve consistere in una modalità
di quella situazione in cui ognuno si trova per il solo fatto di
essere uomo o cittadino di uno Stato.
Invero , noi abbiamo già avvertito nell'introduzione alla pre-
sente opera , che il rispetto dei diritti acquisiti si fonda in so-
stanza sul rispetto dell'individuo , in quanto questi ha agito
in modo conforme alla legge per conseguire quei diritti ,
la quale parola agire , presa nel più ampio significato, esprime
non solamente le manifestazioni positive della volontà , ma
eziandio il solo contegno legale , benchè negativo , di fronte ad
un atto esercitato da altri su di noi o ad una fortuita contin-
genza del vivere sociale , dal quale atto o dalla quale contingenza
la legge sola fa provenire un dato diritto. Ora l'uomo può
considerare come elementi della propria individualità , distinta da
quella di ogni altro , quegli attributi che non soltanto egli non
ha comuni cogli altri , ma i quali eziandio o per fatto proprio ,
o per virtù di contingenze di cui è stato passivo , si distaccano ,
per così dire , dal fondo degli attributi universali a tutti gli
uomini da tutti i cittadini , solo perchè tali .
È questo in sostanza il medesimo concetto, già da noi esposto
sopra , quando ragionavamo del diritto quesito in generale , e
negavamo questo carattere ai diritti di cui la legge dello Stato
investe i cittadini anteriormente ad ogni determinazione della.
loro volontà , ad ogni vantaggiosa modificazione della loro
personale condizione . Tali diritti ci si presentano ora destituiti
altresì di veri e proprii fatti acquisitivi , nel senso che a questa
espressione vuolsi attribuire nella dottrina della retraottività .
CANONI GENERALI 223

Epperò da quest' altro punto di vista noi veniamo un'altra


volta a riconoscere la retroattività di ogni nuova legge intorno allo
stato delle persone , cioè la immediata applicazione di quelle
leggi a chiunque non abbia già ricavato dalla legge precedente
qualche vantaggio , non ammesso dalla nuova , in virtù di spe-
ciali contingenze o modi di essere, proprii alla sua individualità .
L'importanza del principio esposto dianzi è grandissima nei
nostri studii . Pochi l'hanno avvertita , e fra questi il Lassalle , il
quale però lo ha imperfettamente formulato. Egli infatti afferma
essere diritti acquisiti quelli soltanto acquistati con atti della
umana volontà , epperò dimentica i non pochi diritti che
si acquistano in virtù di involontarie contingenze individuali , per
opera della legge . Intravide egli però anche quest'altra parte
della verità , e si sforzò di trovare un atto per lo meno ideale
di volontà persino nelle acquisizioni prodotte da fatti nei quali
l'individuo rimane del tutto passivo ; l'erroneità del quale
pensamento noi abbiamo già accennata (v. sopra p . 176), e avremo
occasione in seguito di rendere più manifesta .
Come nel subbietto del diritto quesito deve campeggiare
l'individualità , cosi pure è necessario che determinata sia la
persona contro la quale il diritto quesito viene asserito, e anche
questo carattere del diritto quesito deve essergli impresso dal
fatto acquisitivo , onde esso proviene . Non tutti i diritti privati
sono racchiusi fra due o più persone determinate ; ve ne ha
una intiera categoria , che si dicono assoluti , appunto perchè
esistono sine respectu ad cæteras personas. Tali i diritti reali ,
i diritti di succedere , gli stessi diritti di stato personale. Ma
finchè tali diritti non vengono in qualche modo disconosciuti
o lesi da altre persone , e in quanto non si pensa alla possi-
bilità di tali fatti , e alla conseguente affermazione del diritto
in occasione dei medesimi e contro chi li disconobbe od of-

fese , intanto non si possono dire nè concepire come diritti


acquisiti . E acquisiti si pensano e si dicono in tale occasione nella
misura medesima dell'ingiusto disconoscimento e dell' ingiusta
lesione. Così p. es. il diritto di proprietà, assoluto per sè
medesimo , è relativo e quesito di fronte all'autore del me-
224 PARTE SECONDA

desimo o ai suoi aventi causa , ed è pure relativo e quesito


di fronte ad un usurpatore o turbatore qualunque , sia come
diritto di rivendicazione , o come actio negatoria , o come azione
possessoria. Finchè un diritto assoluto , personale o patrimo-
niale , non viene a determinarsi nel suddetto modo , rimane
sotto la costante azione del legislatore , come sopra si è veduto
(pag. 209 ) .
S'intende del resto che oltre ai suddetti necessarii caratteri ,
il fatto acquisitivo non può produrre un vero e proprio diritto
quesito , ove non concorrano in quest'ultimo, per sè medesimo
considerato , i requisiti esposti nelle due precedenti sezioni .
Come dicemmo da principio , la dottrina del diritto quesito è
in sostanza il risultato di una sintesi dei principii concernenti
ciascuno dei suoi due elementi componenti , che sono il diritto
obbiettivamente considerato, e il fatto acquisitivo, che trasforma
quello da obbiettivo in subbiettivo o individuale.
Giova qui però riflettere ad un canone transitorio , il quale
viene giustificato dall'uno e dall'altro dei due punti di vista
suddetti . Ed è il canone : non potersi ritenere diritti quesiti i
privilegi , cioè le esenzioni privilegiate di date persone o ca-
tegorie di persone dal comune diritto , per ragioni giuridiche-
pubbliche , o politiche , come neppure lo sono le concessioni
di qualunque genere in materia di pubblica spettanza . I pri-
vilegi infatti , oltre a non essere diritti quesiti per la stessa
natura giuridica degli oggetti su cui cadono , non lo sono al-
tresi , perchè difettano di veri e proprii fatti acquisitivi , da cui
provengono. Invero ogni diritto di tal natura , quantunque a ter-
mini della legge che lo conferisce , abbia la sua occasione in una
dala circostanza o condizione personale, la colleganza però fra
questa premessa di fatto e quel diritto è casuale affatto ed
estrinseca , ed anzichè su di un motivo di ragione , riposa
immediatamente sulla volontà del legislatore ( priva lex ) . II
Kierulff , il quale più di ogni altro ha compresa la vera natura
dei privilegi in generale , dice oltimamente (pag. 54 ) : « il pri-
vilegio è vera compenetrazione ( indifferenza ) della legge e del
diritto subbiettivo ; in esso cioè la legge astratta e la sua con-
CANONI GENERALI 225

creta attuazione , come facoltà o come obbligo , non si possono


distinguere . La legge assume in questi casi incontanente la
natura concreta di diritto , e il diritto è immediatamente dato
colla legge , e costituisce tutto il contenuto di questa » .

§. 2.

Delle varie specie di individualità.

Le cose fin qui dette intorno alla connessione subbiettiva o


concreta del diritto cogli individui , ed alla necessità della de-
terminazione degli individui mediante i fatti acquisitivi dei di-
ritti , si applicano indifferentemente a tutte le specie di indi-
vidualità che la legge dello Stato riconosce capaci di diritti .
Si applicano per conseguenza non meno alle individualità col-
lettive o persone morali , che alle fisiche , e per esempio non
vi ha dubbio che le società , i comuni , le provincie , le cor-
porazioni di qualunque specie , sono capaci di diritti quesiti
non meno rispettabili di quelli delle persone fisiche , ove si
tratti di diritti basati su di una legge ad esse persone appli-
cabile , non elementari nè politici , ed acquistati in virtù di fatti
acquisitivi , in conformità dei principii fin qui esposti .

§. 3.

Requisiti essenziali dei fatti acquisitivi.

I fatti , in virtù dei quali si acquistano i diritti , non pro-


ducono questo effetto , se non presentano tutti i requi-
siti essenziali prestabiliti dalla legge dalla quale desumono
una tale efficacia. Mancando anche uno solo , ed anche in parte
soltanto , di tali requisiti , il fatto acquisitivo non produce il
suo effetto , e rimane tutt'al più fatto compiuto bensì , ma in-
validamente compiuto .
Lungi dal potersi acquistare nessun diritto mediante un fatto
acquisitivo nullo od invalido per legge , colui a danno del quale
GABBA Retr, Leggi. v. I. 15
226 PARTE SECONDA

fosse stata inosservata la legge su tale argomento , acquista per


questo fatto medesimo un pieno diritto che non si ottenga l'effetto
divisato, e che l'avversario gli dia quella riparazione che la legge
statuisce in virtù di principii generali o appropriati al caso spe-
ciale . Anche questo è un importante principio della teoria della
retroattività , del quale avremo occasione in seguito di ripar-
lare . Cosi per es . da un testamento invalido nessun diritto
discende direttamente , ma ne proviene indirettamente quello
di succedere ab intestato ; da un contratto nullo per violenza
nessun diritto contrattuale discende , ma nasce per opera della
legge in chi fu passibile della violenza il diritto di rifiutarsi
alla esecuzione del contratto , e di essere restituito in intiero .
I requisiti essenziali comuni dei fatti acquisitivi , senza dei
quali questi fatti non producono effetto alcuno , sono i se-
guenti : 1 ° che i fatti acquisitivi siano compiuti ; 2º che siano
stati posti in essere in tempo idoneo ; 3° che colui che se ne
vuol giovare , abbia la capacità prescritta dalla legge ; 4° che
siano state osservate le formalità prescritte dalla legge sotto
pena di nullità.

a) Continuazione.

Perfezione dei fatti acquisitivi. Aspettativa.

Qualunque sia l'indole dei fatti mediante i quali si acqui-


stano i diritti , è principio generale che i fatti acquisitivi devonsi
essere verificati per intiero, prima che si possano dire acquistati i
diritti che quei fatti sono destinati a produrre. Non v' ha dubbio per
esempio che fintantochè il termine prescrizionale non è decorso
per intiero , non vi ha diritto acquistato mediante la prescri-
zione , e che prima della morte del possessore attuale , non ha
il primo chiamato al fedecommesso diritto acquisito di succe-
dere , che una legge nuova non possa togliergli , ma soltanto
aspettativa.
I fatti acquisitivi invero altri sono semplici , altri complessi.
I semplici sono quelli i quali si compiono in un solo istante ,
cioè non presentano parti successive , separate necessariamente
CANONI GENERALI 227

da intervalli di tempo . Sono complessi quelli i quali si com-


pongono di parti che si compiono separatamente e a distanza
di tempo l'uno dall'altra. E in tre diversi modi possono essere
complessi i fatti acquisitivi , secondochè: a ) una medesima
persona intraprenda una serie di atti in un periodo più o
meno lungo di tempo ; oppure b ) due o più persone debbano
intraprendere , ciascheduna separatamente dall'altra , un fatto
proprio e distinto ; oppure c ) ad un determinato atto di una
persona si debba aggiungere un avvenimento che non istà
nel potere di quella . Del primo caso ci porge esempio l'usu-
capione , la quale implica una lunga serie di atti ripetuti
del possessore persuaso di essere padrone . Del secondo caso
ci porgono esempio : la successione testamentaria , la quale
suppone l'esistenza di un valido testamento e l'accettazione
per parte dell' erede istituito ; la riduzione delle donazioni , la
quale presuppone il fatto di una donazione e quello del risul-
tare la donazione inofficiosa alla morte del donante ; la succes-
sione intestata , la quale si verifica per la morte del proprie-
tario e per la successiva accettazione dell'erede chiamato dalla
legge . Del terzo caso ci porgono esempio sia le trasmissioni unila-
terali dei diritti , sia le convenzioni , quando l'efficacia di queste
è fatta dipendere dal successivo verificarsi di una condizione.
Sorge qui la domanda , se , allorquando una parte soltanto di
un fatto acquisitivo complesso siasi verificata , e quindi non
sia ancora acquistato il diritto di cui il fatto medesimo dovea
essere origine , non siavi almeno in colui il quale si trova , per
dir così , in via di acquistare , il diritto di perfezionare l'ac-
quisto , specie di diritto al diritto , basato sulla parte verifica-
tasi del fatto acquisitivo. Codesta domanda sorge naturalmente
al riflettere che le leggi positive ammettono espressamente in
qualche caso un diritto di tal natura ; per es. il diritto di ac-
cettare una eredità deferita può dall'erede chiamato , e morto
prima dell'accettazione , venir trasmesso ai proprii eredi .
In termini generali e assoluti non si può rispondere nè affer-
mativamente nè negativamente alla suesposta domanda . Vi hanno
certamente casi nei quali il diritto in discorso si verifica ,
228 PARTE SECONDA

altri in cui non si verifica , secondo che il caso presenta o no


uno speciale carattere idoneo a tale effetto .
Codesto carattere può essere , a parer nostro , uno qua-
lunque dei seguenti : a ) che il fatto non ancora accaduto
sia di sua natura immancabile ; b ) che non sia più in potere
di colui in confronto del quale il diritto è asserito , l'im-
pedire il fatto che manca a perfezionare la trasmissione ,
se però questo fatto è una vera e propria condizione non
cassato ; c) che l'acquisto a cui deve dare luogo il compi-
mento del fatto incompiuto abbia la sua radice in un anterior
diritto quesito , di cui non sia che uno svolgimento , oppure
una trasformazione. All'infuori di queste tre ipotesi , noi cre-
diamo che i fatti acquisitivi , non ancora completi , produ-
cano una mera aspettativa , e non contengano un diritto
acquisito al loro compimento. Rendiamo più chiaro il concetto
di ciascuna di tali ipotesi.
Allorquando all'acquisto di un diritto non si richiede più
che un avvenimento, il quale deve necessariamente verificarsi ,
l'avvenire non è meno certo del presente , e questa certezza
si risolve nel diritto quesito attuale di profittare del fatto che
ancor manca , quando si sarà avverato . Se per esempio a taluno
viene promessa una cosa in un determinato giorno futuro , la
persona obbligata non può più esimersi dal pagamento , e il
diritto dello stipulante , corrispondente a tale obbligo , è un
diritto acquisito , che fa parte del suo patrimonio e che egli
può trasmettere ai suoi eredi . In tali casi (1 ) , la condizione
di un fatto futuro immancabile viene aggiunta non tanto per
sospendere quanto per differire il diritto , analogamente a
quanto si legge nella l . 79 D. in princ. de condit . et de-
monstr. (2) , e nella . 9 D. § 1. de novat. (3) .

( 1 ) Conf. Sanchez de matrim . Lib . V. Disp . II . n . 2 .


(2) Heres meus cum morietur, Titius centum ei dato : purum legatum
est, quia non conditione , sed mora suspenditur , non potest enim conditio
non existere.
(3) Qui sub conditione stipulatur , quae omnimodo extitura est , pure
videtur stipulari.
CANONI GENERALI 229

Se invece un diritto è fatto dipendere da una condizione


potestativa , che cioè lo stipulante ha in poter suo di compiere
o no , oppure casuale , che cioè non è in potere nè dello sti-
pulante nè del promittente il fare che si compia o non si
compia, non sempre sorge nello stipulante , finchè la condi-
zione non si è verificata , o non è dimostrata impossibile a
verificarsi , un diritto quesito ad aspettare il giorno in cui il
dubbio si deve sciogliere , diritto trasmissibile per conseguenza
sia inter vivos , sia mortis causa. Su questo proposito la giu-
risprudenza , appoggiata alle leggi romane , e specialmente alla
1. 5. § 2. D. quando dies legat. (1 ) , l . 104. § 1. D. de leg. I, (2) ,
§ 4. J. de verb. oblig. (3) , § 25. J. de inutil. stipul. (4), l. 73
§ 1 D. ad leg. falc . ( 5) , distingue fra i diritti condizionati
nascenti da stipulazioni o contratti , e quelli nascenti da dispo-
sizioni di ultima volontà. Rispetto ai primi essa ammette che
si possano trasmettere agli eredi , se la condizione è casuale ,
o potestativa , ma se però in quest'ultimo caso la potestatività
non si avvera dalla parte del promittente. Rispetto ai diritti

(1) Sed si sub conditione sit legatum relictum , non prius dies legati
cedit , quam conditio fuerit impleta ; ne quidem si ea sit conditio , quæ
in potestate sit legatarii.
(2) Lucio Titio , si is heredi meo tabellas , quibus ei pecuniam expro .
miseram , dederit , centum dato ; Titius deinde , antequam tabellas heredi
redderet , decesserat ; quaesitum est an heredi ejus legatum deberetur ;
Cassius respondit , si tabulae fuissent , non deberi , quia non redditis his,
dies legati non cessit.
(3) Ex conditionali stipulatione tantum spes est debitum iri , eamque
ipsam spem in heredem transmittimus , si , priusquam conditio existat ,
mors nobis contigerit.
(4) Cum quis sub aliqua conditione stipulatus fuerit , licet ante condi-
tionem decesserit , postea existente conditione , heres ejus agere potest.
Idem est et ex promissoris parte.
(5) Magna dubitatio fuit de his , quorum conditio mortis tempore pendet,
idest, an quod sub conditione debetur, in stipulatoris bonis adnumeretur,
et promissoris bonis detrahatur. Sed hoc jure utimur, ut , quanti ea spes
obligationis venire possit , tantum stipulatoris quidem bonis accedere vi-
deatur, promissoris vero decedere .
230 PARTE SECONDA

condizionati , nascenti da disposizioni di ultima volontà , la


giurisprudenza non ne ammette la trasmissione agli eredi
dell'erede o del legatario premorto allo adempimento della
condizione , qualunque sia la natura di questa. Siffatta dottrina
viene giustificata col dire che nella prima specie di casi vi ha
nello stipulante un vero diritto anche prima che sia venuto il
giorno decisivo , che lo stipulante è creditore fin dal giorno
della stipulazione , mentre ciò non accade rispetto all' onorato
prima che la condizione siasi verificata (1 ) . - Tale è la comune

dottrina dei giureconsulti circa l'efficacia delle vere e proprie


condizioni sull'acquisto e sulla trasmissione dei diritti .
A noi sembra del tutto erronea l'opinione che l'esposta
dottrina possa accettarsi tal quale nella giurisprudenza transi-
toria , onde determinare l'efficacia retroattiva di una legge
nuova , emanata mentre pende la condizione di un acquisto
contrattuale o testamentario . Se infatti un privato non può
escludere un altro dal possesso di una cosa o di un diritto ,
ove non siasi avverata la condizione apposta all'acquisto di
quella cosa o diritto , egli ha invece il diritto di ritenersi
sicuro da ogni molestia per parte del legislatore , pendente
la condizione , perchè questa non dal legislatore è stata im-
posta , ma dalla privata volontà , e di fronte al legislatore
la condizione fa una cosa sola col fatto acquisitivo o titolo
del diritto pendente. Una nuova legge sulle condizioni dei
contratti o dei testamenti non può avere effetto retroattivo ,
perchè non lo può avere in generale una legge nuova sui
contratti già perfezionati , e sui testamenti diggià aperti.
I diritti condizionati adunque, posti in essere vigendo una legge
anteriore, non possono mai trovare ostacolo all'effettuazione loro
nella legge nuova , sotto il cui impero la condizione si avveri ,

(1) L. 42 § 1 D. de oblig. et act. « Ipse cui sub conditione legatum est,


pendente conditione non est creditor , sed tunc cum extiterit conditio ,
quamvis eum , qui stipulatus est sub conditione , placet etiam pendente
conditione , creditorem esse » . V. anche Voet ad Pand . lib . 28 tit. 7. n . 26 ;
lib. 36. tit. 2. n. 3 ; lib. 45. tit. 1. n. 19.
CANONI GENERALI 231

ove si tratti di vera e propria condizione , sia potestativa , sia


casuale. Questo principio è generalmente professato dagli
scrittori, intorno alla retroattività , i quali si sono occupati
di questo argomento . Se non che taluno , come per esem-.
pio Herrestorff ( pag. 61 ) , afferma il principio in termini
troppo generali , cioè non apponendovi, i limiti e i requisiti
suesposti , senza avvedersi della necessità delle distinzioni su-
indicate (1 ) .
Abbiamo detto finalmente che un diritto quesito d'acquistare ,
in virtù di un fatto acquisitivo incompleto , si ha eziandio
allorquando l'ultimo acquisto a cui si mira ha la sua radice in
un diritto quesito anteriore . Nei casi invero di questo genere ,
i singoli diritti , potenzialmente contenuti in un fondamentale
diritto acquisito , e non ancora effettuati , si debbono ritenere.
come già acquisiti essi pure , cosicchè la loro attuazione non
è che uno svolgimento o una trasformazione di quel diritto ,
e i fatti speciali conducenti a quella attuazione , lungi dal porre
in essere quei diritti ex novo , non siano che condizioni affinchè
per essi ottenga il suo effetto il diritto fondamentale da cui quelli
provengono . Se altrimenti fosse , impossibile sarebbe la teoria
della retroattività , la quale appunto si aggira intorno ai di-
ritti acquisiti bensi , ma non ancora effettuati in tutte le loro
conseguenze , come più chiaro apparirà da tutto il seguito, dei
presenti studi. Cosi per esempio, quesito il diritto ad una cosa
comperata , è anche quesito il diritto al risarcimento della ritar-
data consegna di quella cosa ; il secondo è contenuto dal primo,
è uno svolgimento o naturale conseguenza di questo. Del pari
il diritto all'azione giudiziale è acquisito dal momento in cui
il credito è sorto , quantunque il fatto acquisitivo di quel

( 1 ) Herrestorff ( 1. c . ) osserva però opportunamente che non contraddice


al carattere di diritto acquisito , che può avere un diritto condizionato.
la l. 159 § 1 D. De reg. jur. : non videtur perfecte cujusque id esse quod
ex casu auferri potest. Imperocchè il caso , egli dice , di cui si parla in
questa legge , non può intendersi che nel senso di un avvenimento che
può essere prodotto per arbitrio altrui.
232 PARTE SECONDA

diritto non è soltanto quello da cui il credito è nato , ma


eziandio il rifiuto del debitore di pagare ; ma se non si rite-
nesse che il diritto all'azione è inseparabile dal diritto di cre-
dito , questo ultimo diritto verrebbe ad essere affermato e negato
nello stesso tempo , potendosi dire che il diritto di agire giu-
dizialmente non sia che una trasformazione del medesimo
diritto per cui si agisce (1 ) .
Dovendosi ravvisare , come già abbiamo detto , mere aspet-
tative in tutti quei casi nei quali un fatto acquisitivo compiuto
non presenta nessuno dei caratteri precedentemente enumerati ,
ne consegue in particolare che non si possa ammettere diritto
acquisito , allorquando ciò che manca al fatto acquisitivo non
è nè un fatto immancabile di sua natura , nè una condizione
casuale , o potestativa per il creditore , aggiunta ad un credito
già posto in essere (2) , nè lo svolgimento o la trasformazione
di un diritto anteriore , già pienamente quesito, ma effettuato
soltanto in parte . Noi abbiamo una conferma di ciò nelle
disposizioni del diritto romano intorno alla trasmissione del
diritto ereditario . Questa trasmissione era ammessa nel romano
diritto soltanto nei casi espressamente indicati (V. l. 3 § 30 ,
1. 4 D. de Senatusc . Silan .; l. 4 § ult. l. 5 D. de bon . poss.
cont. lab.; l . 30 pr . l . 86 pr. D. de adq. v. omitt. hered.; l.
un . C. de test. mil .; l . 18 § 13 e 19 C. de jure delib .; l. un .
C. de his qui ante ap. tab. ) . In tutti gli altri casi vigeva la
regola generale : hereditas , nondum adita , non trasmillitur
ad heredes ( l. 7 C. de jure delib. ) . La ragione di questo
principio stava in ciò che , per diritto romano , il fatto acqui-
sitivo della eredità era complesso , e comprendeva anche
l'adizione , e, mancando questa , non vi era un vero diritto
quesito all'adizione , che si potesse , come tale , trasmettere ai
proprii eredi (3) .

(1) Is qui actionem habet ad rem recuperandam , ipsam rem habere videtur,
1. 15 D. de reg. jur.
(2) Conf. quanto alle aspettative nascenti da contratti e da fatti dell'uomo
in particolare , Cass . Torino 10 marzo 1875 ( G. I. XII , 1 , 355 ) .
(3) Conf. C. C. it. art. 939.
CANONI GENERALI 233

Non bisogna del resto confondere le vere e proprie con-


dizioni , mancanti all'acquisto di un diritto , colle vere e
proprie parti successive del fatto acquisitivo di un diritto ,
non ancora avverate , quantunque le une e le altre siano com-
prese nel lato senso della espressione : fatto acquisitivo incom-
pleto. Allorquando a completare il fatto acquisitivo manca una
vera e propria parte di questo , non vi ha diritto quesito ,
cioè diritto all'acquisto di un diritto , a meno che , e soltanto
se quella parte sia , come sopra dicemmo , un fatto di sua na-
tura immancabile . In tutti gli altri casi , la perfezione dello
acquisto può essere impedita da una sopraggiunta legge nuova ,
che statuisca altri estremi del diritto di cui si tratta. Può
dirsi in tutti questi casi col Rintelen ( pag. 23 ) che ogni parte
o fatto costitutivo del fatto acquisitivo complesso , è regolata
dalla propria legge . E ciò appunto spiega il ricordato canone
del Diritto Romano circa l'eredità non adita . L'adizione era
pei Romani vero e proprio elemento o parte essenziale della
successione ereditaria , cioè del fatto acquisitivo del diritto di
eredità. Non lo è invece per la maggior parte dei Codici moderni ,
i quali per conseguenza ammettono nell'erede un diritto quesito
alla stessa accettazione della eredità.
Osserviamo da ultimo che per equità il legislatore può tal-
volla tutelare e parificare a diritti acquisiti le mere aspettative.
Vedremo in seguito parecchi esempi di concessioni siffatte .
Ma egli è appena necessario l'avvertire che se il legislatore
non introduce espressamente una eccezione al principio gene-
rale che i fatti acquisitivi incompiuti ingenerano mere aspet-
tative , il Giudice non può ammetterle di propria autorità .

b) Continuazione.

Tempo idoneo dei fatti acquisitivi.

I fatti acquisitivi ,
onde produrre il loro effetto devono al-
tresi , come abbiamo osservato al principio di questo paragrafo ,
essere posti in essere in tempo idoneo . A quest'uopo quei fatti
234 PARTE SECONDA

devono di regola essere posteriori o almeno contemporanei alla


attuazione della legge , in virtù della quale hanno l'effetto di
ingenerare un diritto. Imperocchè i fatti acquisitivi sono parte
integrante della legge che attribuisce o riconosce i corrispon-
denti diritti , epperò non possono cominciare prima che la
legge medesima diventi efficace ; sono l'ipotesi da cui la legge
li fa dipendere .
Talvolta però può accadere che da fatti accaduti vigendo
una legge anteriore , la legge nuova desuma effetti giuridici
del tutto nuovi. E molta vaghezza di idee regna fra gli scrit-
tori su questo pure importantissimo punto della dottrina tran-
sitoria. Chi attentamente consideri la precedente proposizione ,
scorge che essa non è per nulla una eccezione al generale prin-
cipio espresso dianzi , e che anche in proposito si può stabilire.
una dottrina semplice e chiara. I soli fatti posti in essere in
passato , ai quali una legge nuova può attribuire nuovi effetti
giuridici , sono vere e proprie condizioni di fatto, per loro na-
tura durevoli , cominciate prima della legge nuova e persi-
stenti sotto l'impero di questa. E sono condizioni di fatto del-
l'ordine personale o dell'ordine reale , sia privato , sia pubblico,
che una legge nuova di ordine privato o pubblico può benis-
simo considerare ed apprezzare differentemente dall'antica , in
virtù dei principii esposti sopra (pag . 207) intorno alla libera
ed immediata azione della legge sulle premesse fondamentali ,
o sui cosi detti elementi generali , personali e reali , dei diritti .
Onde in sostanza l'apparente eccezione al canone formulato
poco sopra , si risolve in una ripetizione , sotto altro aspetto ,
di altri canoni , altrettanto sicuri della dottrina transitoria ,
e che non collidono per nulla con quello . Ed è appena
d'uopo , del resto, avvertire che i nuovi effetti giuridici asse-
gnati da una legge nuova ed una condizione di fatto , personale
o reale, cominciata prima della sua attuazione , e persistente
dopo di questa , non possono cominciare se non da quell'at-
tuazione in poi.
Cosi per esempio , introdotta per la prima volta la legitti-
mazione per susseguente matrimonio , non è dubbio che in
CANONI GENERALI 235

virtù di questa legge diventano legittimi anche i figli nati


prima della sua introduzione da persone uniti dopo la loro
nascita in matrimonio che ancor sussiste . Ma questo effetto non
comincia se non dal giorno della introduzione della nuova
legge. Nel tempo trascorso fra il matrimonio e l'introduzione
del nuovo istituto , i diritti acquistati dai figli legittimi non po--
trebbero essere oggetto di pretesa per parte dei figli legitti-
mati , come pure , se il matrimonio fosse cessato prima che
l'istituto in discorso venisse attuato , questo non potrebbe rice-
vere nessuna applicazione. Similmente , una data condizione
rispettiva di due fondi , rustici od urbani , può ingenerare diritti
di servitù fra i medesimi , tanto se quella condizione sia co-
minciata dopo la legge introduttiva di tali servitù , quanto se sia
cominciata prima.
Ne si può derogare agli esposti principii , argomentando da
una pretesa unità di concetto , che la legge nuova istituisca tra
fatti accaduti in tempi diversi . Cosi per esempio non si po-
trebbe valutare all'effetto della prescrizione il possesso anteriore
alla legge introduttiva della prescrizione , insieme al possesso
posteriore , perchè i molteplici atti successivi di possesso , quan-
tunque unificati nel concetto di possesso trentennale o decen-
nale , non cessano di essere distinti : e da non potersi in
nessuna guisa confondere colle vere e proprie condizioni di
fatto durevoli , di cui ragionavamo sopra. E nessun giureconsulto
infatti ha mai pensato diversamente intorno al modo di calco-
lare la prescrizione.
E ancor più chiara si rende la suesposta dottrina , affermando
che non mai da fatti umani , posti in essere sotto una legge
anteriore , può una legge nuova far provenire effetti giuridici ,
ai quali non avrebbero potuto quei fatti secondo quella legge
fornire occasione in nessun modo. Son invero per esempio
fatti umani gli atti di possesso , di cui poc' anzi dicevamo . La-
onde giustamente la Corte di Casale , con sentenza 4 aprile
1868 (1 ) , dichiarò non potersi argomentare la costituzione di

(1 ) G. V. 437.
236 PARTE SECONDA

una servitù per destinazione del padre di famiglia da un


fatto che sotto una legge anteriore non aveva tale carattere
né tale effetto .
Fanno vera eccezione alle esposte regole i fatti umani pe-
nali , nella dottrina transitoria delle pene . Non pochi esempi
questa dottrina ci porge di tali fatti , che nell'applicazione
delle leggi penali occorre considerare e calcolare, quantunque
accaduti prima dǝll'attuazione di queste leggi . E ciò perchè ,
come a suo luogo vedremo, i criterii direttivi del gius transi-
torio penale sono , in molti argomenti , diversi affatto da quelli
che valgono rispetto ai veri e proprii diritti quesiti di ordine
privato .

c) Continuazione.
Condizione subbiettiva delle persone.

Chiunque pone in essere volontariamente un fatto acquisitivo


di un diritto , o si vuole prevalere di un fatto da cui discende
un diritto a suo favore per opera della legge , deve aver pos-
seduta la capacità prestabilita dalla legge , nel tempo da essa
indicato ; altrimenti la sua pretesa è inammissibile , ed egli
ha agito inutilmente. La capacità invero di chi si vuol preva-
lere di un fatto di tal natura , può considerarsi come uno
dei requisiti del fatto stesso , poichè il concetto di questo
inchiude l'idea di una persona che o lo pone in essere , o
almeno esiste al momento in cui esso compiesi a suo van-
taggio . E il generale concetto di capacità comprende tanto la
capacità di agire ( ted . handlungsfähigkeit ) , quanto la capa-
cità del diritto in generale (ted . rechtsfähigkeit) .
La capacità di acquistare , o è generale , a ragione di certe
qualità inerenti al subbietto, o è speciale di classi o specie di
atti . Se poi il fatto acquisitivo di un diritto è semplice (v . sopra
pag. 227 e segg. ), la capacità non si richiede nell'acquirente
che in un momento solo , cioè quando il fatto viene posto in
essere ; se invece è complesso , la capacità si richiede nell'ac-
CANONI GENERALI 237

quirente o in un solo momento , per es. quando viene posta


in essere la parte più essenziale , e veramente decisiva del
fatto acquisitivo , oppure in più momenti , cioè in tutti i mo
menti in cui si compiono le successive parti di quel fatto , se-
condo le norme esposte in proposito più sopra . Cosi per es. la
capacità di fare un contratto si richiede all'atto del contratto ; la
capacità di acquistare in virtù di una stipulazione condizionata
ad un fatto immancabile , basta che esista al momento della
stipulazione ; la capacità di trasmettere la propria eredità per
mezzo di un testamento , se trattasi di naturale , o come dice
il Savigny , fisica capacità , basta che esista al momento in cui
si fa il testamento , se trattasi invece di capacità giuridica , la
si richiede in due momenti , quando cioè il testamento vien
fatto , e alla morte del testatore . Più speciali regole in pro-
posito verranno da noi esposte quando applicheremo a casi
pratici i generali principii che ora andiamo svolgendo .
Principio fondamentale della teoria della retroattività rispetto
alla capacità personale è il seguente : la capacità , sia natu-
rale, sia giuridica , di acquistare o trasmettere qualsivoglia
diritto , deve essere quella prescritta dalla legge del tempo in cui
viene posto in essere il fatto dell'acquisto o della trasmissione.
Codesto principio è universalmente ammesso dagli scrittori ,
e non può rivocarsi in dubbio , essendo implicitamente con-
tenuto in quell'altro più generale , che i fatti acquisitivi non
possono essere riconosciuti per tali , ove non concorrano in
essi tutti i requisiti voluti dalla legge.
Analogamente , per acquistare o trasmettere validamente un
diritto , sia mediante un proprio fatto , sia in occasione e per
virtù di un fatto indipendente dalla propria volontà , è neces-
sario che la persona acquirente o obbligata , vada esente da
dolo , da errore , da violenza . E quali siano gli estremi onde
risulta il dolo , la violenza , l'errore , quali siano gli effetti gin-
ridici di queste condizioni subbiellive delle persone, si deve sempre
giudicare secondo la legge vigente allorquando venne posto in
essere il fatto da cui proviene il diritto o l'obbligo di cui si
tratta.
238 PARTE SECONDA

d) Continuazione.
Formalità dei fatti acquisitivi.

La legge circonda spesse volte di speciali formalità i fatti


umani da cui certi diritti provengono , e prescrive che ove
quelle manchino , i diritti non si producano . Egli è quindi
pure fondamental principio della teoria della retroattività , che
le formalità dei fatti acquisitivi devono essere quelle statuite
dalla legge vigente al tempo in cui i fatli furono compiuti. Gli
è con questa legge che si deve giudicare se un dato fatto ac-
quisitivo sia vincolato o no a certe forme , quali siano queste
forme , quale sia l'effetto della loro totale o parziale inosser-
vanza (1 ).
I giureconsulti distinguono le formalità esterne e le interne
degli atti coi quali si pongono in essere i diritti ; per esempio
formalità interna del testamento era nel diritto romano l'isti-
tuzione dell'erede. Il principio generale da noi esposto dianzi
applicasi tanto all'una quanto all'altra specie di formalità . Il
decidere però quali si debbano nei singoli casi ritenere for-
malità interne di un atto , dà luogo talvolta a dispareri ed a
quistioni , come per esempio il giudicare se sia formalità in-
terna oppure contenuto del testamento l'unione di parecchi
testamenti di persone diverse in un solo atto , o il cosi detto
testamento congiuntivo. Di questa e di altre consimili quistioni
terremo discorso nella parte pratica di quest'opera.

§ 4.

Della convalescenza materiale e formale.

Ogniqualvolta un preteso fatto acquisitivo manca di uno qua-


lunque dei caratteri che sarebbero necessarii in virtù dei prin-
cipii fin qui esposti , non è possibile che ne nasca un diritto .

(1 ) V. Cass. Firenze , 18 dic . 1871 ( A. G. 1. 410 ) .


CANONI GENERALI 239

Vi hanno però scrittori i quali opinano che , se dopo essere


stato posto in essere un rapporto giuridico con un vizio di
quella specie , viene emanata una legge nuova , la quale toglie
vigore all'anterior prescrizione che è stata violata , quel rap-
porto rimane tacitamente sanato, e produce gli effetti che aveano
avuto di mira i suoi autori , dal momento in cui la nuova
legge è posta in vigore. E questa essi chiamano , col linguaggio
del diritto romano , convalescenza , della quale si possono di-
stinguere due specie , quella materiale , che si riferisce ai re-
quisiti intrinseci del fatto acquisitivo , e quella formale , che
si riferisce alle esteriori formalità del medesimo.
Principale propugnatore della convalescenza materiale è il
Lassalle . " Allorquando , egli dice ( pag . 311 ) , viene abolita

una legge proibitiva , la quale vietava all'individuo di poter


dare esistenza giuridica ad un determinato contenuto della sua
volontà ; se questa sussiste ancora al tempo di quell'abolizione ,
essa ottiene da quel momento in poi giuridica esistenza , es-
sendo venuto meno l'unico impedimento che le si opponeva » .
Egli applica questa sua dottrina al matrimonio , insegnando
( p. 422 ) che se , vigendo una legge la quale dichiarava im-
possibile un matrimonio fra persone di differente religione , o
legate da vincolo di parentela di un certo grado , o apparte-
nenti a differenti classi sociali , venisse contratto un matrimonio
contrariamente a uno di questi impedimenti , siffatto matrimonio
potrebbe diventar valido , e produrre tutti gli effetti di matri-
monio valido , dal giorno dell'attuazione di una legge che to-
gliesse di mezzo l'impedimento . Unico ostacolo , egli soggiunge ,
a questa e ad altre convalescenze materiali di rapporti giuri-
dici , è la sentenza giudiziale o una transazione conchiusa sulla
esistente causa di nullità.
A dimostrare la sua tesi il Lassalle si vale di un duplice
argomento , della ragione cioè , e dell'autorità del diritto ro-
mano e della giurisprudenza moderna. Un rapporto giuridico
invalidamente contratto , ma cionondimeno conservato ed ese-
guito da chi vi ha interesse , fino al momento in cui la causa
di nullità viene tolta da una legge nuova , è bensi agli occhi
240 PARTE SECONDA

del Lassalle un mero fatto che tende ad assumere carattere


giuridico , e non lo può assumere finchè la legge vi si oppone ,
ma che non può non assumerlo non appena è cessato l'ostacolo ,
per l'abolizione della legge da cui dipendeva l'invalidità . OI-
tracció , sicccome vi hanno certamente casi , nei quali una nuova
legge abolitiva di una legge precedente , è la espressione della
coscienza giuridica nazionale , la quale anche prima della ema-
nazione della nuova legge approvava ciò che non permetteva
la legge antica , anche questa circostanza pare al Lassalle
( p . 322 ) giustificare talvolta la convalescenza di cui egli ra-
giona. - Nel Diritto Romano crede il Lassalle di trovare un

valido appoggio nei testuali esempi di convalescenza di rap-


porti giuridici per mutazione di circostanze di fatto , e nello
istituto della ratiabizione . Rispetto ai primi egli cita la l. 4.
e la . 65 § . 1 D. de ritu nuptiarum , nelle quali è detto che
il matrimonio di un impubere , e quello di un Senatore con
una liberta , o di un magistrato provinciale con una donna.
della provincia , benchè invalidi in origine , diventano legittimi
e validi quando l'impubere raggiunga la pubertà , il Senatore
perda questa qualità , e il magistrato provinciale esca di carica.
Codesti mutamenti di fatto non possono , a suo credere , avere
un effetto , che non valgano a produrre del pari analoghi mu-
tamenti di legge . Rispetto alla ratiabizione , il Lassalle osserva ,
che come il soppraggiungere della medesima attribuisce allo
operato di una persona il carattere di mandato , che prima
non aveva , così una legge nuova , abolitiva di una anterior
legge proibitiva , racchiude una tacita ratifica di ciò che contro
la legge anteriore sia stato fatto e non abbia finora avuto giu-
ridica validità . — Finalmente crede il Lassalle che il principio
della convalescenza materiale si trovi applicato in quella mas-
sima giurisprudenziale , ammessa da tutti gli scrittori del di-
ritto transitorio, che una donazione inofficiosa non possa essere
ridotta , dopo la morte del donante , in conformità della legge
sotto la quale venne fatta , se a quell'epoca sia vigente un'altra
legge la quale attribuisca ai legittimari una porzione di ere-
dità minore di quella determinata dalla legge anteriore .
CANONI GENERALI 241

Noi non possiamo approvare la dottrina del Lassalle, e cre-


diamo speciose le ragioni che egli ne adduce . Per noi la pre-
tesa convalescenza dei rapporti giuridici invalidi , pel soprag-
giungere di una legge che abolisca la causa della invalidità ,
è un principio affatto immaginario , e non soffre invece ecce-
zione alcuna il principio contrario che la legge nuova , come
non può togliere effetto ai rapporti giuridici validamente con-
chiusi sotto l'impero di una legge precedente , così non può
neppure attribuirlo ai rapporti giuridici invalidi in virtù della
legge sotto cui vennero conchiusi .
Invero , quando un atto giuridico venne posto in essere
violando la legge vigente intorno alle sue essenziali condizioni ,
non si può ammettere che chi ebbe parte in tale atto siasi mai
aspettato di poterne desumere quelle conseguenze giuridiche
che l'atto produrrebbe nell'ipotesi contraria . Che se in taluni
casi le leggi considerano la semplice esecuzione di una obbli-
gazione nulla , come una rinunzia alla eccezione di nullità , e
vera convalescenza tacita (1 ), questa però , oltre al non essere
principio generale , è l'effetto di un nuovo fatto degli originari
disponenti o contraenti , e non di sopraggiunte circostanze in-
dipendenti dalla loro volontà . Se quel posteriore fatto non
accade , oppure non potrebbe accadere , con virtù sanatoria ,
attesa l'indole del negozio , egli è impossibile il supporre col
Lassalle nei disponenti o nei contraenti , che non hanno fatto
valere la causa di nullità , la persistente intenzione di recipro-
camente obbligarsi . Imperocchè siffatta supposizione è peggio
che gratuita , ripugnando alla legge . Per tali ragioni appunto
i giureconsulti romani , lungi dall'insegnare la dottrina della
convalescenza materiale per mutazione di legge , posero il
principio generale : quod ab initio vitiosum est , non potest tractu
temporis convalescere (2) , e a questo principio ammisero bensi
talune eccezioni , fra le quali vi hanno quelle citate dal
Lassalle medesimo , ma soltanto in casi nei quali non già

(1 ) Confr. art. 1309 del Cod. civ. it.


(2) L. 29 D. de reg. jur.
GABBA Retr Leggi. v. I. 16
242 PAKTE SECONDA

l'abolizione della legge , la cui violazione ha ingenerato una


nullità , ma bensì la cessazione della circostanza di fatto da
cui la legge avea fatto nascere la nullità , produce la conva-
lescenza. Del resto non è neppure un principio generale del
Diritto Romano la convalescenza per mutate circostanze di
fatto ; ricordiamo soltanto la regola Catoniana e la l. 210 D.
de reg. jur. quae ab initio inutilis fuit institutio , ex post
facto convalescere non potest . Ed anche nel Diritto Canonico ,
la convalescenza per mutate circostanze di fatto non è una
massima generale ; ce lo prova , fra le altre cose , il pre-
cetto della rinnovazione del consenso in seguito alla dispensa
di un impedimento dirimente , accordata in costanza di matri-
monio (1).
Il Lassalle , oltre che non si dà pensiero d'investigare se la
convalescenza materiale per mutazione di circostanze di fatto ,
sia un principio generale del Diritto Romano , ritiene poi ,
senza neppur giustificare codesto suo avviso , che il cessare
nella legislazione una causa di nullità , si possa equiparare al
cessare in un singolo caso il fatto da cui la nullità è fatta
provenire dalla legge : ritiene , in altri termini , che dalla con-
valescenza materiale per mutate circostanze di fatto , ove si
ammetta che questa sia un principio generale , si possa inferire
la convalescenza materiale per mutazione di legge , parendogli
l'una e l'altra giuridicamente equivalenti . È questa un'altra
premessa erronea della dottrina che noi esaminiano . La con-
valescenza materiale per mutazione di circostanze di fatto, nei
casi in cui l'ammettono i romani giureconsulti , è intrinseca-
mente diversa dalla convalescenza materiale per mutazione di
legge , inventata dal Lassalle . Della prima si rende ragione.
interpretando la medesima legge che è stata violata ; in quanto
che nel caso per es. contemplato nella l. 4. D. de ritu nuptiar. ,
il giureconsulto Pomponio mostra di aver ritenuto che la legge

( 1 ) V. Kutschker, Das Eherecht der Katol. Kirche , Vienna 1856-58 , vo-


lume 5. pag. 309. Codesta prescrizione è ripetuta nel Dir. Univ. Terr .
Pruss . art. 956-919 , riportati da Lassalle (p . 331 nota).
CANONI GENERALI 243

prescrivendo l'età della pubertà in chi vuol contrarre valido


matrimonio , sia abbastanza osservata se anche soltanto nel
corso del matrimonio quella condizione si verifichi ; ora la
intenzione del legislatore è sempre misura e norma nello
interpretar quella dei privati , finchè non sia manifesta la
opposizione della seconda alla prima . Ma nella pretesa con-
valescenza materiale per mutazione di legge , siccome l'evan-
tualità dell'abolizione di una legge non può essere contemplata
dall'autore della medesima , così non è neppur possibile in
nessun modo il ricollegare questa abolizione coll'osservanza
della legge abolita.
Evidente è poi la sostanziale differenza che vi ha fra la pre-
tesa convalescenza materiale per mutazione di legge e la ra-
tiabizione . Un negozio che ottiene efficacia in virtù di una
posteriore ratifica ,era stato posto in essere fin da principio
sub spe rati, e appunto perciò , in virtù della ratifica acquista
carattere di mandato fin dall' origine , mentre quella pretesa
convalescenza , a detta del medesimo Lassalle , non produrrebbe
effetto che per l'avvenire , dal giorno cioè dell'attuazione della
nuova legge abolitiva.
Finalmente , anche il principio di gius transitorio relativo
alle donazioni , che il Lassalle invoca come un argomeoto di
analogia a sostegno della sua dottrina , ha ben altro carattere
da quello che il celebre scrittore sembra attribuirvi in questa
occasione. Una donazione che al momento della morte del do-
nante sarebbe rescindibile se l'inofficiosità venisse giudicata
secondo la legge del tempo in cui è stata fatta , ma che non
lo è invece , e realmente non viene ridotta , giudicandone se-
condo la legge vigente al tempo della morte del donante , non
può essere considerata come una donazione invalida la quale
per mutazione di legge diventi valida , sia perchè ridurre una
donazione non è invalidarla , sia , e principalmente, perchè già
fin da quando la donazione è stata fatta , si sapeva che della
sua inofficiosità si sarebbe giudicato secondo la legge vigente
alla morte del donante.
244 PARTE SECONDA

Il fin qui detto non impedisce però che una legge nuova possa
qualche volta ordinare eccezionalmente , per motivi di equità ,
la convalescenza di rapporti giuridici , invalidamente posti in
essere a termini di una legge anteriore . Purchè , s'intende ,
quei rapporti non abbiano ancora prodotto nessun effetto , e
lo possano per sè medesimi ancor avere , e nessuno abbia fatto
valere a proprio vantaggio di nullità dei medesimi secondo il
diritto anteriore. E nella legislazione giustinianea si incontrano
parecchi esempi di tal genere ; veggansi per esempio : Nov.
21, Nov. 129 , l. 51 C. de epist . et cler. , l. ult. C. de transact.
4. Dai quali passi molto leggermente inferisce lo Schaaf (p. 428
e segg. ) la generale dottrina della convalescenza che noi
diciamo materiale , dei giuridici negozi , ove appena la legge
nuova sia motivata dalla cessazione di quelle circostanze che
aveano cagionato la precedente , o dalla mutata opinione del
legislatore intorno alle medesime (1 ) .
La convalescenza formale degli atti giuridici , cioè il potere
un atto giuridico , invalido per inosservanza delle forme volute
dalla legge sotto pena di nullità , diventar valido al momento
in cui viene attuata una legge nuova , che abolisce quelle
forme , ha più numerosi fautori della convalescenza materiale.
Il Lynker (2 ) ( Th . 43 ) l'ammette dietro l'autorità dell'esempio
della . ult. § ult . C. de quadr. praescr. , nella quale si con-
fermano fin dal principio del regno di Zenone le donazioni
fattesi reciprocameute fra l'imperatore e l'imperatrice , quan-
tunque non vi siano state osservate le formalità legali. Henne
(§. 25) l' ammette pure , riferendosi alla . 25 C. de donat. int.

(1 ) Che se in qualche legittimo modo la nullità iniziale di un atto è


stata sanata , non potrà di certo invocarsi una legge nuova per far rivivere
la nullità (Corte di Firenze 3 luglio 1879 M. T. 1879 , 962 ) .
(2) La monografia di Lynker è veramente opera di Gerolamo Mühlpfort,
che la pubblicò come dissertazione inaugurale , essendo Lynker preside
della facoltà . (Altre dissertazioni inaugurali ebbero questa sorte a detta di
Hugo (Storia del Diritto § 20) . Per es. la Disputatio inauguralis de origine
successionis testamentariae, comunemente attribuita a Cristiano Tommasio ,
fu in realtà opera di Enrico Bessel ).
CANONI GENERALI 245

v. et. u. , nella quale certe donazioni , invalide per le leggi


anteriori , diventano valide se vengano specialmente confermate
nel testamento del donante . Il Meyer ( pag . 62 e segg . ) sostiene
la stessa opinione rispetto ai testamenti in particolare , rite-
• nendo che un testamento fatto senza tutte le formalità essen-
ziali prescritte dalla legge del tempo , abbia cionondimeno ef-
fetto , se la legge vigente al tempo della morte del testatore
si accontenti di quelle forme che il testatore ha osservate (1 ) .
Il Lassalle ( p. 437 e segg. ) propugna la convalescenza formale
di tutti gli atti e negozi giuridici , in virtù della posteriore
abolizione delle forme esteriori che in quegli atti o negozi
non siano state osservate , quando si tratti di forme probatorie ,
e non già di formalità , senza delle quali non si possa ammet-
tere in generale che la volontà sia stata civilmente espressa. Per
distinguere l'una specie di forme dalle altre , egli insegna che si
debba investigare se , indipendentemente dalle formalità im-
poste e non osservate , l'atto o il negozio giuridico di cui si
tratta , possa o non possa essere altrimenti provato. Nel primo
caso la formalità non osservata è a suo parere del primo ge-
nere , nel secondo caso è del secondo . Così per es. rispetto
alle speciali forme del matrimonio , siccome questo negozio
non può essere provato in nessun altro modo , cosi bisogna
ritenere che la legge abbia inteso di togliere ogni valor civile
alla volontà di unirsi in matrimonio altrimenti manifestata ;
trattandosi invece del contratto di mutuo, pel quale dalla legge
sia richiesta la forma scritta , siccome l'obbligo del mutuatario
può sempre produrre i suoi effetti , anche ove sia altrimenti
provato , per es. mediante la di lui confessione , così non si
può ritenere che il legislatore abbia considerato come un atto
privo di ogni valore un contratto di tal natura conchiuso in
una forma diversa dalla scritta . Per conseguenza , egli dice ,
un matrimonio conchiuso senza l'osservanza delle formalità
prescritte dalla legge non potrà diventar valido ove una legge.

( 1 ) Lassalle attribuisce la stessa opinione anche al Suarez rispetto ai


testamenti in particolare (p . 342 ) .
246 PARTE SECONDA

posteoiore introduca una forma eguale a quella arbitrariamente


praticata ; mentre potrà invece diventar valido , in tale ipotesi e
in tal maniera , un contratto di mutuo non conchiuso per iscritto
quando questa forma era voluta dalla legge. Oltre ai citati
scrittori , parecchie volte anche le legislazioni positive hanno
convalidato atti e negozi giuridici invalidamente conchiusi per
difetto di forme . In Francia , successive Dichiarazioni del 24
marzo 1745 e del 26 gennaio e 6 marzo 1751 convalidarono i
testameuti stesi dagli scrivani dei notai in parecchie provincie .
Una disposizione di Luigi XIV del 6 marzo 1654 convalidò i
testamenti ricevuti dai pastori del Rossiglione , senza che vi
fosse fatta menzione della lettura. Un Decreto del 7 settembre
1791 dell'Assemblea Costituente convalidò in parecchi Diparti-
menti i testamenti per atto notarile , nei quali i notai non
aveano constatata l'impossibilità del testatore di firmare. Nel
Granducato di Baden la Patente di Promulgazione del C. N.
dichiarò ( §. 11 n. 3 ) validi i testamenti fatti anteriormente ,
benchè non in conformità alle leggi vigenti , purchè vi si ri-
scontrassero le forme prescritte dal nuovo Codice . « Devesi
supporre , disse il legislatore badese , che il testatore abbia
voluto che la sua disposizione venisse conservata sotto ogni
forma legalmente possibile » . Nella Prussia una legge del 27
febbraio 1816 dichiarò validi i matrimoni contratti nelle pro-
vincie Renane e nella Vestfalia , durante la signoria francese ,
colla sola benedizione nuziale e senza le forme civili prescritte
dal C. N. sotto pena di nullità (1 ) . - Notevolissimo è poi il
fatto che la legislazione civile prussiana , nella introduzione
(§. 17 , v. sopra pag. 58 ) , sancisce in termini generali il
principio della convalescenza formale . Altre leggi transitorie ,
come per es . quella di Lubecca (v. sopra pag . 69) , di Amburgo
(v. sopra pag . 71 ) , dell'Annover ( v. sopra pag. 75 ) , hanno
pur sancita la regola in discorso in alcuni speciali argomenti.
E qualche volta la giurisprudenza si lasciò andare a siffatta
dottrina , anche in difetto di una legge positiva che la sta-

(1) Anche i figli nati da tali matrimoni vengono dichiarati legittimi .


CANONI GENERALI 247

tuisse. Cosi per es. abolito dal C. N. l'obbligo della insinua-


zione delle donazioni , gli atti di questo genere posti in essere
prima senza quella formalità , furono dichiarati validi dalla
Corte di Limoges 10 gennaio 1810, e dalla Cassazione di Parigi
in tre successivi giudicati 17 aprile 1811 , 23 agosto 1814 , 3
giugno 1835 .
Ad onta di tali e tante autorità , la dottrina di cui ragioniamo
è combattuta dalla maggior parte dei più autorevoli scrittori .
La combattono p . es . il Weber ( pag . 94 e 95 ) , il Bergmann
(pag. 129 ) , lo Zeiller (1 ) , il Merlin ( R. v. Effet . rétr. V. 588),
il Savigny ( pag . 409 e segg. ) , e il Grandmanche de Beaulieu
( pag . 89-90 ) . Il Bergmann poi osserva ( 1. c . ) che nel Diritto
Romano nulla si riscontra che accenni a siffatta dottrina. La
stessa massima generale surriferita del Diritto territoriale prus-
siano , a detta del Lassalle ( pag. 342 n . 3 ) è stata più volte
dal Tribunale Supremo di Berlino dichiarata inapplicabile ai
contratti bilaterali , ad onta dei termini generali in cui è con-
cepita ( 2) . E constata il medesimo Lassalle ( pag . 347 ) che la
generalità dei giureconsulti tedeschi e francesi non accetta la
dottrina da lui propugnata.

Noi crediamo che in questa materia l'opinione dominante sia


anche la vera . La convalescenza formale per mutazione di legge

(1 ) Comment. ueb. d. allg. bürg Gesetzb. für Oesterr. Vol. 1 , p. 47 .


(2) Dapprima pensarono i Tribunali prussiani , a quanto dice il Rintelen
(p, 74 e segg. ), di restringere il disposto del § 17 ai soli atti unilaterali ,
ed alle formalità non essenziali. Ma il Rintelen ripudia giustamente siffatta
interpretazione . Non val però meglio la sua , che applica il celebre para-
grafo agli atti giuridici in generale , che per difetto di forma sarebbero
invalidi soltanto , e non intrinsecamente nulli . È infatti inammissibile che
il diritto d'impugnare un atto invalido e non nullo , vada perduto a chi
lo acquistò, in virtù di una mutazione della legge formale. E di ciò con-
venne, a detta dello stesso scrittore (ib . ), il Tribunale Supremo di Berlino,
il quale in successive sentenze 19 maggio 1848, 8 settembre 1844, 9 marzo
1872 , ebbe a dichiarare che il nuovo Codice mercantile tedesco, coll'abo-
lire la necessità della scrittura pei negozi di un valore superiore a 50
talleri , non ha virtù di convalidare i negozi di tale categoria conchiusi
verbalmente vigendo il Landrecth. Oramai la Giurisprudenza prussiana si
è emancipata affatto dal canone in discorso .
248 PARTE SECONDA

non ci pare concetto più razionale di quello della convalescenza


materiale , e per motivi non meno convincenti. Come bene os-
serva il Savigny (l . c . ) , allorquando un atto o negozio giuridico
non è stato rivestito delle forme ordinate dalla legge sotto
pena di nullità , ciò può così facilmente essere accaduto per
ignoranza della legge , come perchè l'agente non intendeval
realmente di fare un atto serio e definitivo , ma tutt'altra cosa ,
p. es. una mera preparazione del vero suo testamento . Un tal
dubbio non si scioglie da sè , e mentre esso sussiste , noi non
possiamo pretendere di valerci dell' abolizione della forma
prescritta dalla legge anteriore per convalidare la volontà del-
l'agente , la quale potrebbe non esserci stata mai. Il dire col
legislatore badese ( V. pag . 240) che la volontà del testatore ,
non espressa nelle debite forme , deve essere cionondimeno
rispettata ove appena lo si possa , è quindi una petizione di
principio .
Codesta grave obbiezione non è indebolita menomamente
dalla distinzione di Lassalle fra le forme probatorie e quelle
senza delle quali non vi ha affatto volontà civile . Imperocchè
noi non possiamo comprendere come mai , non osservandosi
una formalità qualunque prescritta per qualunque motivo dalla
legge sotto pena di nullità , si possa cionondimeno manifestare
una volontà che abbia valore civile . Non neghiamo che le for-
malità degli atti possono essere ordinate dal legislatore pel
mero scopo di giovare alla prova , ma questa circostanza non
può tenersi in conto nel determinare l'effetto della inosservanza
di quelle formalità , ove siano state prescritte sotto pena di
nullità . L'argomento poi che il Lassalle crede di poter desu-
mere dall'esempio delle legislazioni positive , è ben lontano .
dal far dubitare dell' evidenza della dottrina contraria alla sua .
Noi abbiamo già avvertito precedentemente ( pag . 134 ) che nei
nostri studi l'uso dell'autorità delle leggi positive dev'essere
fatto con cautela , affine di non prendere l'eccezione per la
regola , di non scambiare cioè quelle ragioni affatto speciali
che un legislatore può avere avuto in un dato tempo e luogo
di scostarsi da un principio generale , colla persuasione ch'egli
CANONI GENERALI 249

nudrisse del principio contrario . Infatti le speciali disposizioni


legislative ,riferite superiormente , o furono suggerite dalla
stessa pubblica opinione che non aveva approvato una prece-
dente legge formale , neppur quando vigeva , o furono equi
temperamenti della retroattività di una interpretazione autentica
della legge formale anteriore , od anche furono dettate da mo-
tivi meno plausibili dei precedenti , p. es. da avversione ad
una anterior legislazione connessa con un dato ordine politico.
Il primo caso noi riscontriamo nella citata legge prussiana del
1816, il secondo nelle citate leggi francesi del secolo passato ,
il terzo nelle accennate disposizioni di alcune leggi transitorie
germaniche del principio di questo secolo. Soltanto la legge.
prussiana e la legge badese , da noi riferite , ci si presentano
come il frutto di una persuasione teorica di quei legislatori ,
contraria alla dottrina da noi sostenuta ; ma anche di queste
due legislazioni una soltanto non esitò a formulare tale dottrina
in termini generali , cosicchè in fin dei conti non vi ha contro
di noi che una sola fra tutte le legislazioni antiche e moderne ,
la quale unicità è pure un argomento in nostro favore . E noi
possiamo quindi associarci col Savigny ( p . 410 ) nel giudicare
come un vero sbaglio ( missgriff) quella massima prussiana ,
che la stessa giurisprudenza di quel paese cominciò col restrin-
gere nelle sue applicazioni , e fini coll'abbandonare del tutto .

Tanto in materia di convalescenza materiale , quanto in materia


di convalescenza formale , la giurisprudenza italiana si attenne
fedelmente finora ai principii propugnati qui sopra. Vedansi
fra le altre decisioni : Corte di Brescia 9 luglio 1874 (1 ) , Corte
di Firenze 3 luglio 1879 (2) .

(1) M. T. xv , 848.
(2) Giorn. dei Tribun . di Milano , 1879, 962.
250 PARTE SECONDA

§ 5.

Acquisto dei diritti , volontario e involontario.

I fatti , in virtù dei quali si acquistano diritti , oltre a potersi


classificare secondo la differente interna loro struttura , della
quale già sopra ragionammo ( v . p . 227 e segg. ) , anche lo pos-
sono secondo la volontarietà od involontarietà del loro effetto .
Da questo secondo punto di vista , i fatti acquisitivi si possono
ascrivere a tre differenti classi : 1ª dei fatti posti in essere vo-
lontariamente dall' uomo col proposito di far sorgere un diritto ;
2ª dei fatti posti in essere volontariamente dall'uomo senza lo
scopo di dare origine ad un diritto , ma dai quali il diritto
sorge per opera della legge ; 3ª dei fatti involontari e fortuiti ,
dai quali ancora sorgono diritti per opera della legge .
È infatti un aforismo giuridico noto a tutti , che i diritti
nascono o per opera dell'individuo o per opera della legge ;
ma siccome dal nulla l'uomo non può trarre nessuna cosa , e
neppure il diritto , così il vero significato di quel dettato è
questo che i diritti nascono da fatti bensì , ma o da fatti che
gl'individui pongono in essere per acquistarli , o da fatti nei
quali la legge trova una ragione sufficiente per attribuire di-
ritti , benchè gli autori dei medesimi non abbiano avuta codesta
mira , od anzi abbiano avuta una mira contraria , oppure i
fatti stessi non siano stati oggetto e risultato del volontario
agire di nessuno . Importa qui subito riflettere che la di-
stinzione dei diritti posti in essere per opera dell'uomo o per
opera della legge non ha veramenie significato nè importanza
che ove la si riferisca all'origine immediata , cioè ai veri e
proprii fatti acquisitivi dei diritti concreti ; essa non ha più
senso alcuno ove la si riferisca all'origine remota di quei
diritti , cioè alla provenienza delle norme giuridiche . Queste
ultime emanano tutte quante da un'unica fonte , che è la
coscienza giuridica nazionale , la quale , mediante la pubblica
CANONI GENERALI 251

opinione e il pubblico costume , impera del pari sui cit-


tadini e sui legislatori .
I fatti acquisitivi dei diritti , posti in essere dalla volontà
dell'uomo , sono suscettibili anch'essi alla loro volta di distin-
zione , secondochè siano l'opera di più volontà concernenti ad
un medesimo scopo , oppure siano l'opera di una volontà sola.
I fatti principali della prima specie sono le convenzioni . I fatti
della seconda specie non sono in concreto che atti coi quali
una persona costituisce un diritto ad un'altra. I giureconsulti
li chiamano atti unilaterali , e tali sono p. es. i conferimenti
di cariche e dignità , le istituzioni di erede , le rinunzie a fa-
vore di determinate persone. Acquistare un diritto con un
fatto proprio senza il concorso di nessun altra persona , è cosa
raramente possibile in una società civile ; un tale acquisto non
è possibile invero che rispetto a cose che a nessuno apparten-
gano , e che ognuno possa appropriarsi , occupandole per il
primo . All'infuori dei casi di siffatte appropriazioni , il con-
cetto di un acquisto per fatto proprio e senza il concorso di
nessun'altra persona , si risolve praticamente nel concetto di
un' appropriazione illecita , cioè di un non diritto. Gli atti
unilaterali però coi quali una persona trasmette ad un'altra
un diritto , non producono codesto effetto prima che l'altra
abbia dichiarato di accettare. Cosi p. es. senza l'accettazione
dell'erede istituito non può aver luogo successione testamen-
taria , e la rinunzia ad una eredità in favore di una o di più
persone , se non è accompagnata o seguita dall'accettazione
dell'eredità per parte di chi è favorito , non può produrre la
trasmissione del diritto avuta di mira dal rinunziante . Che se
talvolta , come p . es. nel caso di successione testamentaria , fra
l'atto unilaterale diretto alla trasmissione di un diritto , e
l'acquisto di questo mediante l'accettazione , vi ha un intervallo
di tempo durante il quale non può concepirsi che quell'atto
conservi la sua efficacia se non per opera della legge , questa
circostanza non toglie all'acquisto di cui si tratta il carattere
di acquisto per opera dell'uomo , ove la legge consideri quei
due fatti come se fossero contemporanei , siccome appunto
252 PARTE SECONDA

accade rispetto alla successione basata su di una dichiara-


zione di ultima volontà.
I fatti acquisitivi di un diritto per opera della legge abbiamo
detto essere atti volontari intrapresi da una persona senza
l'intenzione di dare origine ad un diritto , oppure fatti invo-
lontari , non accompagnati da intenzione alcuna . Osservi anzi-
tutto il nostro lettore che in codesta occasione noi prendiamo
l'espressione atti volontari nel suo più largo significato , che
comprende non soltanto gli atti positivi , ma eziandio quelle
omissioni di cui una persona è fatta responsabile dalla legge.
Gli atti volontari dai quali per legge emergono diritti , sono
alla lor volta di due specie : a) atti intrapresi per offendere un
diritto altrui , quali sono p . es. i delitti e gli illeciti danneg-
giamenti in generale ; b) atti intrapresi per uno scopo qualun-
que , che non consista nel porre in essere quel diritto che
la legge ne fa derivare. In quest'ultima categoria di fatti
acquisitivi noi troviamo due sottospecie : a ) degli atti volontari
intrapresi da una persona allo scopo di acquistare un diritto
per sè , e dai quali la legge fa provenire anche un diritto per
altri : tale è p. es . il secondo matrimonio del vedovo con figli ,
dal quale il Diritto Romano (l . 3 pr . l . 5 Cod . de sec. nupt . )
faceva nascere nei figli del primo letto il diritto di proprietà
sui lucri nuziali del primo matrimonio ; b) degli atti volontari
intrapresi per uno scopo che non esiste nell'acquistare un
diritto , e dai quali cionondimeno la legge fa nascere un di-
ritto nel loro autore ; tale p. es . il continuato possesso della
cosa altrui , in buona fede acquistata , dal quale possesso la
legge fa nascere la proprietà nel possessore per titolo di pre-
scrizione .
Anche fatti involontari , abbiamo detto , producono talvolta
per opera della legge un diritto ; cosi p. es . morendo taluno
senza testamento , la di lui eredità passa per legge a certe
persone ; l'accidentale confusione o commistione di cose che
non si possono più separare può dar luogo al diritto di co-
munione (communio incidens ) ; l'alluvione e l'avulsione fanno
nascere un diritto di proprietà che prima non esisteva.
CANONI GENERALI 253

In conclusione : non vi ha diritto quesito , il quale non


ripeta la sua origine o dall'attività umana diretta allo scopo
di porlo in essere , o dalla legge , e tanto nell'un caso quanto
nell'altro non possa ricondursi ad un fatto acquisitivo spettante a
qualcuna fra le sottospecie da noi distinte per ciascuno di essi .

§ 6.

Dei dirilli acquisiti immediatamente


per opera della legge . .

Siano opera della legge o della volontà dell'uomo , i diritti


sono sempre ed egualmente quesiti e inviolabili , ove i fatti
acquisitivi siano perfezionati , e i diritti siano concreti e for-
manti parte del patrimonio privato della persona secondo i
principii esposti precedentemente . Nulla è in particolare più
certo nella dottrina transitoria , della inviolabilità dei diritti.
conferiti immediatamente dalla legge. Eppure non tanto fra gli
scrittori quanto nella giurisprudenza tale verità non suoi essere
chiaramente compresa , nè di rado viene disconosciuta ; e molta
confusione regna su tale proposito anche fra gli scrittori.
Talvolta non si distinguono col pensiero le leggi d'ordine
pubblico da quelle d'ordine privato , oppure il diritto privato
si considera insieme al penale , o nel diritto privato non si
pensano separatamente le leggi cadenti su quelli che sopra
dicemmo diritti elementari , dagli altri che sulla base di quelli
vengono posti in essere , e frutto di siffatte confusioni d'idee è
appunto l'erronea opinione che i diritti acquisiti immediatamente
per opera della legge non siano inviolabili come quelli posti in
essere dall'umana volontà (1 ) . Ma chi abbia del diritto quesito

(1 ) Ciò è detto p . es . in parecchie sentenze della Cassazione di Firenze :


26 novembre 1868 ( A. G. 2 , 1 , 241 ) , 30 dicembre 1867 ( ib . 1 , 1 , 390 ,
2 maggio 1872 (Gazz. dei Trib . di Genova , XXIV, 1 , 497 ) , e in una sen-
tenza della Cassazione di Torino 3 dicembre 1869 ( G. VII , 119 ) . La vera
dottrina si trova invece in una sentenza della Corte di Napoli 17 gen-
naio 1873 ( L. XIII , 173 ) .
254 PARTE SECONDA

quel giusto concetto , che siamo venuti esponendo finora , e


non ne perda di vista i requisiti , sia quanto ai suoi oggetti ,
sia quanto alla sua genesi nel subbietto , non può far differenza
nessuna fra diritti acquistati immediatamente per opera della
legge o per opera della umana volontà .
Un argomento strettamente collegato col discorso dei di-
ritti acquisiti immediatamente per opera della legge , è
quello delle cosidette facoltà di legge . Anche intorno a queste
le idée dei giureconsulti sono spesse volte inesatte e confuse ,
ed anche per questa via molti di loro riescono alla falsa dot-
trina da noi combattuta poc' anzi. Dedichiamo a tale argo-
mento il paragrafo che segue.

§ 7.

Continuazione.

Delle facoltà di legge.

Dice benissimo il Pinto ( p . 153 ) che per concorde insegna-


mento di tutti gli scrittori le semplici facoltà di legge non si
possono eguagliare ai veri e proprii diritti quesiti. Noi pure
siamo d'avviso che le facoltà di legge , finchè rimangono tali ,
possono essere abolite da una legge nuova , senza ingiusta re-
Ma che cosa s'intende per facoltà di legge ? Noi
troattività .
abbiamo già avvertito in una precedente occasione ( p . 127-
128 ) che una esatta determinazione di questo concetto in uno
dei desiderati della giurisprudenza transitoria , ed ora aggiun-
giamo che senza questa determinazione non vi ha principio
del gius transitorio , il quale non corra pericolo di rimanere
inefficace . Imperocchè , tutti i diritti essendo per loro natural
facoltativi , e tutti provenendo o mediatamente o immediata-
mente dalla legge , colui il quale non abbia un chiaro concetto
delle differenze essenziali fra i diritti acquisiti e le semplici
facoltà , dette anche da taluni impropriamente « diritti facolta-
CANONI GENERALI 255

tivi , può facilmente ravvisare una mera facoltà in un vero


diritto acquisito, oppure cadere nell'errore opposto.
Semplici facoltà di legge , non diritti acquisiti , e quindi su-
scettibili di abolizione per opera di una legge posteriore ,
sarebbero per es. , a nostro avviso , la facoltà di testare , il
retrait successoral , il retrait lignager del diritto consuetudinario
francese (1 ) , la facoltà accordata da talune leggi ai coniugi di
istituirsi eredi reciprocamente. In tutti i casi nei quali una
persona non avesse ancor fatto uso di una di tali facoltà al
momento in cui venisse posto in vigore una legge che l'abo-
lisse , noi opiniamo colla maggior parte degli scrittori , che
quella persona non potrebbe più pretendere di farne uso da
quel momento in poi . Sarebbe invece per es. a nostro avviso ,
un vero diritto acquisito la facoltà di scegliere , dipendente da
una obbligazione alternativa (2) , la facoltà di ricomperare , in-
clusa in un contratto di vendita (3), la facoltà di modificare
le convenzioni matrimoniali , attribuita dalla legge ai coniugi ,
quand'anche non ripetuta nel contratto di matrimonio (4).
Dall'indole di codesti esempi si possono desumere i carat-
teri distintivi delle facoltà di legge , contrapposte ai diritti
acquisiti , e la ragione della retroattività delle leggi che le
aboliscono .
Tutti quanti i diritti sono facoltativi , e si decompongono
in molte e svariate facoltà di fare o di pretendere. Conse-
guentemente le facoltà non possono venir contrapposte ai veri
e proprii diritti , se non intendendole anteriori ai medesimi ,
e semplici mezzi onde acquistarli . Codesta anteriorità ad ogni
e qualsivoglia diritto è il solo criterio sicuro e assoluto onde
contraddistinguere le facoltà dai diritti quesiti , imperocchè ,
prescindendo da quello , non v'ha definizione possibile della
facoltà , che non si possa anche ai veri e proprii diritti quesiti

(1 ) Es . addotto anche da Mailher de Chassat , p . 284 .


(2) Ib. p. 159.
(3) Es . addotto anche da Merlin Rép. Eff. rétr. sect. 3. §. 3, art. 1. n . 3.
(4) Ib.
256 PARTE SECONDA

applicare. Se si dicesse per es . che le facoltà hanno per oggetto


semplicemente il fatto acquisitivo di un diritto , mentre questo
ha per oggetto una concreta utilità personale o patrimoniale ,
tale definizione sarebbe manifestamente applicabile anche a
quegli effetti o conseguenze dei diritti quesiti , le quali , per
effettuarsi richiedono un atto dell'avente diritto , come per es.
la risoluzione di un contratto , la quale suppone la domanda
giudiziale di chi ha diritto di far valere la causa risolutiva . Ac-
quisito un diritto qualunque , tutte le facoltà nascenti dal mede-
simo sono diritti quesiti essi pure, perchè ed in quanto si possano
assumere nel generale concetto di quel diritto, e facciano una cosa
sola col medesimo (v. sopra p. 232 ) .
In particolare tutti gli scrittori convengono che le facoltà
nascenti dai contratti possono essere esercitate anche dopo la
emanazione di una legge , la quale intorno alle medesime sta-
bilisca differenti principii . Cosi per es . non vi ha dubbio ,
osserva il Mailher de Chassat ( I. p . 159 e 182 ) , che colui il
quale ha stipulato alternativamente due cose differenti , e colui
il quale ha venduto col patto di ricompera , possono esercitare
l'uno la facoltà di scegliere , l'altro la facoltà di ricomperare ,
anche dopo l'attuazione di una legge , la quale per avventura
non ammetta simili stipulazioni nei casi contemplati dalla legge
precedente , o non le ammetta nei termini ed alle condizioni
statuite da questa . Così pure afferma il Merlin ( ib . ) , che
se nel contratto di matrimonio è inerente la clausola che i
coniugi possano in costanza di matrimonio modificare le con-
venzioni matrimoniali , questa facoltà non può essere tolia
loro da una legislazione posteriore . Non fa poi differenza che
le facoltà nascenti dai contratti siano state preventivamente
contemplate dai contraenti , o siano stabilite dalla legge con-
cernente i contratti. Cosi a modo di esempio la facoltà accor-
data dalla legge a chi ha costituito una rendita , di far rescin-
dere il contratto nel caso che il debitore non paghi per un
certo numero di anni consecutivi , è certamente un diritto
acquisito alla rescissione del contratto , e una legge posteriore
non può ně modificarlo nè toglierlo .
CANONI GENERALI 257

Taluni giureconsulti per verità misero in dubbio la tesi


generale che le facoltà giuridiche nascenti da contratti , e in
generale da atti della umana volontà non possano essere tolte
da una legge posteriore , riflettendo che molte di quelle facoltà
sono scritte nella legge in previsione di eventualità anormali ,
che fanno ostacolo al vero e proprio effetto e scopo voluto e
contemplato dai contraenti o disponenti . Cosi p . es. fu ritenuto
da parecchi che appunto la suaccennata facoltà di domandare la
rescissione del contratto di rendita costituita , pel mancato paga-
mento di più annate consecutive , sia una conseguenza del con-
tratto di rendita , unicamente determinata dalla legge , e che una
legge nuova possa quindi toglierla ai contratti già posti in essere,
ove non siasi ancora verificata . Ma noi non possiamo accettare
codesta opinione , nè la più generale dottrina , cui ella si collega.
Imperocchè egli è pure un principio inconcusso del diritto transi-
torio, che noi avremo nuova occasione di giustificare e di svolgere
ampiamente più sotto , essere affatto indifferente che le conse-
guenze dei fatti giuridici siano espressamente pattuite nei con-
tratti , oppure stiano scritte soltanto nella legge che li regola , se
l'indole della loro connessione con quei contratti è tale da ren-
derle diritti acquisiti in virtù dei medesimi .
Non fa poi differenza alcuna che una facoltà giuridica di-
scenda da un diritto acquisito per opera dell'umana volontà ,
oppure da un diritto quesito immediatamente per opera della
legge . Poichè sopra vedemmo essere quelli due modi equipol-
lenti onde acquistare i diritti , egli è chiaro che gli effetti o
la potenzialità di questi si devono intendere e giudicare nello
stesso modo e cogli stessi principii , qualunque sia l'indole
del loro acquisto . Ed egli è chiaro altresì che le facoltà
provenienti da diritti conferiti immediatamente dalla legge ,
sono scritte anch'esse tutte quante ed unicamente nella legge.
Tali facoltà adunque sono diritti quesiti esse pure , che una
legge posteriore non può nè togliere nè modificare .
Se le semplici facoltà , onde poter essere distinte dai diritti ,
devono non potersi ricollegare a nessun diritto di già quesito
sia per opera dell'umana volontà , sia per opera della legge ,
GABBA Retr, Leggi. v. I. 17
258 PARTE SECONDA

devono cioè essere anteriori a qualsivoglia diritto quesito , ne


consegue chiaramente che elle possono essere soltanto facoltà
provenienti dalla legge in materie sottoposte all'arbitrio del le-
gislatore . Epperò giustamente le si chiamano facoltà di legge , e
questa espressione , rettamente intesa colla scorta dei più gene-
rali principii intorno alla genesi dei diritti e al diritto acquisito ,
non può riferirsi ad altre facoltà fuorchè a quelle . Imperocchè
nè la volontà umana può conferire ad altrui una facoltà del tutto
nuova , e senza radice in nessun diritto anteriore dell'acqui-
rente , se non per attribuire a costui un vero e proprio diritto ,
revocabile o irrevocabile ; nè di altra natura sono le facoltà
conferite totalmente ed esclusivamente dalla legge colla mira
.
di avvantaggiare gli individui che essa contempla. Ma la legge
conferisce anche talune facoltà senza la mira di recar vantaggio
agli individui , e soltanto per ragioni di sociale convenienza ,
di cui essa è sola e liberissima interprete. E tali sono tutte
le facoltà contenute nelle leggi concernenti quelle che sopra
chiamammo premesse generali o elementi di tutti quanti i con-
creti diritti , cioè nelle leggi concernenti le persone e la pro-
prietà e gli altri diritti reali , e tanto la proprietà inter vivos ,
quanto la successione ereditaria o mortis causa. Tali facoltà , ed
esse sole , fintantochè non siano state ridotte a determinati con-
creti effetti , nel mentre sono anteriori ad ogni e qualsivoglia
diritto quesito degli individui , non sono neppur veri e proprii
diritti quesiti ad un individuo per opera della legge. Sono
facoltà di legge , distinte per ogni verso dai diritti quesiti , ed
esse facoltà sole hanno questo carattere , e quella generica
espressione vuol essere soltanto in questo senso interpretata ,
perchè abbia un chiaro e plausibile significato (1 ) .

(1 ) Parmi rispondere a questo concetto il passo di Bartolo : (in L. omnes


pop. D. de Just. et jure n. 47) : aut jus quesitum est in antiqua lege , tunc
lex antiqua servanda , modo lex antiqua tribuat jus sine aliquo facto , sed
ex mera et pura voluntale et dispositione legis , et sine facto et ministerio
alicujus; aut vero ut jus quæratur factum hominis desideratur, nec jure
et lege jus quæritur , sed factum aliquod requiritur ; tunc illa lex aut con-
suetudo servanda , sub qua tale factum incidit.
CANONI GENERALI 259

Intese in tal senso le facoltà di legge , riesce manifesto e


incontestabile anche il comune insegnamento , che tali facoltà ,
fintantochè non siano state esercitate , possono venire abolite
da una legge nuova , senza ingiusta retroattività . Imperocchè
l'esercizio della facoltà produce una condizione vantaggiosa
personale o patrimoniale , la quale è materia di un vero e
proprio diritto quesito per l'individuo , quantunque il legisla-
tore abbia emanato il relativo provvedimento per vedute e
scopi affatto impersonali . Ma finchè quel fatto non è accaduto,
l'individuo cui la legge ha conferito una delle facoltà in di-
scorso , non ha che una mera aspettativa di quel vantaggio o
diritto , la quale non può fare ostacolo all' emanazione di una
legge nuova differente , ed alla immediata e piena applicazione
della medesima. Pincipio codesto , il quale si risolve nella dot-
trina dell'applicazione immediata delle leggi intorno alle per-
sone , alla proprietà , alle successioni ereditarie , dottrina che
noi abbiamo già accennata in una precedente occasione, e che
nel seguito di quest'opera verremo applicando , ed esattamente
determinando . Il noto canone della revocabilità delle facoltà di
legge non esercitate , non è in sostanza che una sintesi ed
una riproduzione , sotto altra forma e in termini diversi , di
altri egualmente noti canoni fondamentali della teoria della.
retroattività delle leggi . Noi almeno non possiamo intenderla
ed accettarla che in quel senso e sotto tale aspetto .
Egli è però comune insegnamento che le facoltà di legge non
possono più essere tolte a chi le ha , ove il fatto che ne forma
l'oggetto sia stato anche soltanto incominciato ; in questo caso
esse diconsi comunemente appropriate , e si equiparano ai di-
ritti quesiti. Dice i Merlin ( Rép. Effet. rétr. Sect . III. §. 1 .
V. 537) : « finchè le facoltà non prendono il carattere di diritti ,
sono sempre ed essenzialmente revocabili ; il legislatore non
fa un contratto , quando accorda una facoltà ; egli permette ,
ma non si obbliga , egli conserva sempre il diritto di ritirare
il suo permesso , e coloro , ai quali il permesso è rivocato
prima che ne abbiano fatto uso , non hanno alcun pretesto per
dolersene » . Egli è evidente che «་ l'uso » , di cui parla il Merlin ,
260 PARTE SECONDA

può essere anche soltanto l'incominciala esecuzione dell'atto for-


mante oggetto della facoltà : perchè se l'esecuzione fosse finita ,
essendosi acquistato il diritto che è il risultato dell'esercizio
della facoltà , non vi sarebbe più luogo a parlare di questa.
Il suesposto principio ci sembra doversi accettare , non perchè
sia di rigorosa giustizia , ma perchè imperiosamente voluto
dall'equità . Noi abbiamo infatti statuito precedentemente , che ,
fintantochè i fatti acquisitivi non siano compiuti , non vi hanno
di regola diritti acquisiti in virtù dei medesimi (V. sopra p . 221 ) .
A differenza però dagli altri fatti acquisitivi incompleti , le fa-
coltà di legge non ancora esercitate per intiero , possono avere
l'aspetto di vantaggi individuali , resi possibili da quel mede-
simo legislatore , che ora ne impedisce il completo consegui-
mento . Meritano quindi il benigno riguardo di equipararne il
cominciato esercizio al completo e finito ; ma allora soltanto lo
meritano , quando veramente l'effetto a cui mira l'attore si possa
reputare un vantaggio per lui , benchè il legislatore avesse piut-
tosto di mira , come si è detto , le generali convenienze e l'or-
dine dello Stato.
S'intende però che siffatto principio può applicarsi soltanto
se il privato cui la facoltà spetta ponga in essere dal canto
suo tutto ciò che è necessario onde esercitarla ; e nella maggior
parte dei casi abbia sporto relativa azione o domanda alla com-
petente autorità . Non potrebbe quindi chi avesse cominciato
a costruire ad una distanza dal vicino , consentita dalla legge
vigente , pretendere di continuare nella costruzione dopo che
sopraggiunse una legge la quale prescrive una distanza minore .
Ma invece l'azione sporta onde conseguire una dichiarazione
giudiziale di paternità naturale , giustamente si ritiene dai più
dover seguire il suo corso anche dopo l'attuazione di una
legge che divieta quella dichiarazione. Imperocchè l'antica.
legge mirava di certo a favorire i figli naturali , accordando
loro quell'azione , e sarebbe dura cosa che quel vantaggio an-
dasse perduto a chi aveva fatto ciò che da lui si richiedeva
onde assicurarselo , ma non vi è riuscito per cause indipen-
CANONI GENERALI 261
if
denti dalla volontà sua , quale per es . il ritardo del giudice.
3.
nel conoscere del caso , o fors ' anche un brevissimo ritardo

nella prolazione della sentenza definitiva .
Tale è la nostra dottrina intorno alle facoltà di legge . Non
reggono davvero di fronte alla medesima non poche decisioni
consegnate negli annali della giurisprudenza , e risentono pur
troppo quella vaghezza ed imperfezione di idee , che già dicemmo
dominare non meno nella dottrina delle facoltà di legge , che
in quella dei veri e proprii diritti quesiti per opera della legge.
Valga un esempio fra gli altri.
Fra le leggi messe in vigore nei Paesi Bassi , quando
questi furono incorporati all'Impero francese , eravi quella del
29 nevoso anno XIII , relativa all'educazione , a spese dello
Stato , di un figlio in ogni famiglia che ne avesse già sette
viventi. Per molti anni nessuno invocò l'applicazione di quella
legge , finchè nel 1845 e nel 1846 parecchie azioni di tal ge-
nere furono istituite contro il fisco , e l'Alta Corte le accolse .
In seguito a ciò una legge del 26 marzo 1857 abrogò espres-
samente la legge del 29 nevoso anno XIII . Allora sorse quistione
se un padre , il quale prima di questa abrogazione avesse fatto
dentro i tre mesi dalla nascita del figlio la notifica prescritta
dalla legge francese , potesse anche dopo reclamare il beneficio
accordato da questa. L'Alta Corte decise affermativamente con
sentenza delli 11 giugno 1857 , considerando fra le altre cose :
che la notifica della nascita del figlio era stata fatta prima
dell'abrogazione della legge del nevoso , e quindi quando
questa legge era in pieno vigore , che questa legge , benchè
non accordasse che un mero favore , imponeva però allo
Stato l'obbligo di accordarlo , cosicchè ciò che il legislatore
avrebbe potuto prima riguardare come un favore , e che per
lui era voluntatis , era diventato poscia per lui un obbligo le-
gale , e quindi necessitatis ; che ciò nondimeno il legislatore
poteva indubbiamente abolire la legge in discorso per l'avve-
nire , come infatti l'aboli , ma questa abolizione non poteva
menomamente retroagire togliendo diritti acquisiti in virtù
della legge anteriore , e quindi legalmente posseduti , dovendo
262 PARTE SECONDA

i diritti acquisiti essere rispettati tanto se emanino puramente


dalla legge , quanto se si fondino su di un contratto » . Codesta
decisione ci sembra erronea , quantunque il Pinto ( p. 153 )
l'approvi. Imperocchè anzitutto l'esenzione suddetta non era
una facoltà dell'individuo , ma un obbligo dell'agente delle
imposte . In qualunque modo del resto la si consideri , l'oggetto
suo cadeva manifestamente nella cerchia del diritto pubblico
delle imposte , nel quale , come già ebbimo ad avvertire più
sopra ( p . 216 ) non vi hanno diritti acquisiti , e quindi molto
meno facoltà di legge , intangibili da una legge posteriore . Il
solo diritto quesito in materia di imposte è di non sopportare
una imposta maggiore di quella statuita dalla legge attual-
mente in vigore .
Anche talune sentenze di tribunali italiani , come per esempio
Cass . Torino 7 Dic . 1871 ( 1 ) , 3 Dic . 1869 ( 2) , Cass . Firenze 2
Maggio 1872 (3) , le quali pongono il canone generale che le
facoltà , aventi il loro fondamento nella legge , cessano col so-
pravvenire di una legge che più non le riconosce , ove non
siano già state esercitate » , non sono di certo da commendarsi .
Peccano anch'esse di quella soverchia generalità , che ha do-
minato finora su questo punto della scienza . Giustamente invece
sentenziò il Tribunale di Genova , 31 Marzo 1869 (4) che la
facoltà di dimandare la comunione del muro del vicino , ac-
cordato dall'art. 614 del Codice Albertino nel caso ivi con-

templato non può più esercitarsi dopo la promulgazione del


Codice civile italiano .

(1) G. IX , 33.
(2 ) Ib. 119.
(3) Gazz. dei Trib. di Genova XXIV, 1 , 497.
( 4 ) L. XI , 1 , 263.
CANONI GENERALI 263

§ 8.

Continuazione.

Delle azioni giudiziali in generale , e delle azioni

pendenti in particolare .

È costume di molti scrittori del diritto transitorio di assimi-


lare le azioni giudiziali alle facoltà conferite dalla legge , che
questa può togliere senza ingiusta retroattività finchè non
siano state esercitate . Dice il Weber ( p. 137 ) : « non si può
sostenere che leggi le quali non tanto concernono il diritto , che
viene fatto valere giudizialmente , quanto l'ammissibilità dell'a-
zione giudiziale , non si possano applicare a pretese provenienti
da fatti anteriori senza attribuir loro una ingiusta retroattività .
Soltanto si deve non dimenticare che quel principio non si può
applicare a leggi , le quali in pari tempo regolino il giudiziale
procedimento , e determinino il contenuto del diritto pel quale
si procede » . Codesto pensamento del Weber è , ripetiamo , co-
mune a molti scrittori delle nostre materie. Soggiunge poi il
Weber ( ib. ) che se un'azione giudiziale è stata sporta prima
dell'attuazione di una legge nuova che la dichiara inammissibile ,
questa legge non vi si potrebbe applicare senza commettere una
ingiusta retroattività » . E codesta proposizione è pur comune-
mente accettata , e colla precedente concorre a costituire una
dottrina invalsa fra molti circa l'influenza che le nuove leggi
intorno alle azioni giudiziali possono avere sulle azioni na-
scenti da negozi anteriori , dottrina la quale può essere formu-
lata nei seguenti termini : le azioni giudiziali permesse da
una legge anteriore possono essere tolte da una legge nuova,
anche rispetto ai diritti acquisiti sotto l'impero della prima
legge , purchè non siano state sporte prima dell'attuazione della
legge nuova , ed a quest'epoca si trovino ancora indecise » .
Evidente è l'analogia di questa dottrina con quella pur comu-
nemente accettata , intorno alle facoltà di legge . Per questo
motivo noi non potevamo dispensarci dal farne parola nella
presente occasione.
264 PARTE SECONDA

Noi non possiamo approvare la pretesa assimilazione delle


azioni giudiziali in generale, alle facoltà di legge . Come abbiamo
già osservato in una precedente occasione ( p . 231 ) , le azioni
giudiziali sono esse pure diritti acquisiti , ogniqualvolta servono
a far valere diritti cosiffatti , o in altri termini , sono conse-
guenze , nelle quali codesti diritti si trasformano ed otten-
gono un equivalente. E di vero come sarebbe illusorio l'acqui-
stare un diritto senza avere in pari tempo la sicurezza di farlo
valere , quando non venga spontaneamente soddisfatto , un
diritto acquisito non può non implicare nella sua virtù e nel
suo stesso concetto l'azione corrispondente conceduta dalle
leggi del tempo in cui è stato acquistato . Obbiettano taluni
scrittori , fra i quali il Pfeiffer ( p . 416 ) , che il divieto di pro-
cedere giudizialmente per un diritto qualunque è una legge
proibitiva , e perciò essenzialmente retroattiva , ma noi abbiamo
già dimostrato affatto insussistente (v. sopra p. 155) la pretesa
retroattività delle leggi proibitive . Per noi adunque un'azione
giudiziale , che tende a far valere un diritto acquisito , ed è perciò
diritto acquisito essa pure , non cessa di poter esser prodotta
in seguito ad una legge nuova che più non l'ammette, se non
allorquando questa legge espressamente lo proibisca .
A parer nostro , le azioni giudiziali non possono venir tolle
da una legge posteriore a quella nella quale hanno radice , se
non allorquando , lungi dall'essere diritti acquisiti al momento
dell'attuazione della legge nuova , non siano in questo momento
che semplici facoltà di legge , aventi radice nella legge anteriore. In
tale ipotesi eziandio l'essere stata sporta l'azione al momento in cui
viene attuata la legge nuova , può talvolta bastare , giusta quanto
abbiamo detto poc'anzi (p . 260), onde conservarla e proseguirla
sotto l'impero di quella legge , perchè la presentazione dell'a-
zione non è in tal caso che l'esercizio della facoltà che forma il
substrato dell'azione . Egli è poi un fatto , pure da noi osser-
vato poco sopra (ib. ), che le facoltà di legge sogliono appunto.
consistere in azioni giudiziali , e così , mentre noi abbiamo ri-
dotto entro più stretti confini il principio che la presentazione
di un'azione in giudizio vale sola a preservarla dall'azione re-
CANONI GENERALI 265

troattiva di una legge che l'abolisce , abbiamo additata in


pari tempo l'origine di questo canone , che suole presentarsi
affatto isolato nelle comuni teorie intorno alla retroattività
delle leggi nuove.
Suolsi propugnarlo infatti , considerando non già l'argomento
delle azioni giudiziali nella sua generalità , ma soltanto spe-
ciali esempi di queste , dei quali esempi non si avverte la
specialità , epperò non si scorge che il generalizzare la solu-
zione adottata rispetto ai medesimi , non è illazione giustificata.
Gli è un fatto facile a constatare a chiunque consulti sul tema
in discorso le più note opere di diritto transitorio , che l'opi-
nione della retroattività delle leggi abolitive di azioni giudiziali
è stata quasi sempre desunta da esempi di mere facoltà di
legge , di cui l'azione giudiziale è un modo di esercizio , e ,
più particolarmente , di facoltà di legge , nelle quali i privati
a cui spettano , possono ravvisare un vero vantaggio personale .
Tale per esempio l'azione per la ricerca della paternità natu-
rale della retroattività che i più riscontrarono nell' abolizione
dell'azione per lo scioglimento del matrimonio, e in quella della
ricerca della paternità . Ma l'una azione e l'altra sono vere fa-
coltà di legge , d'indole personale , e come tali possono venir
tolte da una legge nuova , finchè non furono esercitate .
In generale parlando , le azioni giudiziali che una legge
nuova può togliere , fintantochè non siano state esercitate , cioè
sporte al giudice , sono quelle soltanto aventi la loro radice in
diritti reali o personali , di cui può sempre il legislatore deter-
minare e modificare a suo piacimento gli effetti e le conse-
guenze , e non aventi in pari tempo il carattere di individuali
o privati vantaggi . Imperocchè tali azioni rivestono il carattere.
di vere facoltà di legge , e di facoltà che una incominciata ese-
cuzione non converte in diritti acquisiti , secondo quanto noi
abbiamo detto in proposito nel paragrafo precedente . Laonde
una legge nuova può retroattivamente impedire o sospendere
l'esercizio di un'azione di divorzio , o di un'azione di rivendi-
cazione di cosa che essa ascriva al demanio pubblico . Impe-
rocchè è tanto libero il legislatore di determinare quali cose
266 PARTE SECONDA

possano essere oggetto di privata proprietà , e quali siano


gli effetti di questa , come di permettere o di proibire lo scio-
glimento del matrimonio . Rispetto a tali oggetti il privato non
può desumere dalle leggi vigenti fuorchè semplici facoltà di
legge , ademibili sempre finchè non siano state trasformate in
concreti effetti o diritti.
Tutte le azioni giudiziali invece , che a mere facoltà di legge
non si possono ridurre , nell'esposto significato di tale espres-
sione , sono intangibili dalle leggi nuove, perchè hanno sempre
natura di veri e proprii diritti quesiti , sia per opera della
legge , sia per opera dell' umana volontà.
Consuoua col fin qui detto una memorabile sentenza della
Corte di Cassazione di Parigi , relativa all'applicazione del
celebre decreto di Napoleone I , del 17 marzo 1808 , sui crediti
degli Ebrei (1 ) .

(1) Le disposizioni principali di questo Decreto erano le seguenti:


Les engagements pour prêts faits par des Juifs à des mineurs sans l'au-
torisation de leurs tuteurs , à des femmes sans l'autorisation de leurs
maris , et à des militaires sans l'autorisation de leurs capitaines ou chefs
de corps , sont nuls de plein droit , en ce sens qu'il ne peut en naître
aucune action devant les tribunaux ( art. 3 ). Les Juifs ne peuvent
exiger d'un particulier non commerçant aucune lettre de change, billet à
ordre ; obligation ou promesse sans prouver que la valeur en a été fournie
entière et sans fraude . Toute créance , dont le capital sera aggravé d'une
manière patente ou cachée , par la cumulation d'intérêts à plus de cinq
pour cent , est réduite par les tribunaux , elle est même annulée si l'intérêt
réuni au capital excède dix pour cent ( art. 4 ) . ― Nul Juif ne peut se
livrer au commerce , qu'à la charge de prendre une patente , et de la
faire renouveler chaque année (art. 5) . - Les actes de commerce faits
par des Juifs non patentés sont de nulle valeur, ainsi que les hypothèques
prises pour les créances qui en résultent ( art. 6 ) . Les contrats non
commerciaux souscrits au profit de Juifs non patentés , sont soumis à
révision ( art . 7 ) . Les Juifs ne peuvent prêter sur nantissement qu'au-
tant qu'il en est dressé acte par devant notaire, constatant la numération
des espèces ( art 8 ) . Il Decreto in discorso fu però emanato per la
durata di soli dieci anni. Gli Ebrei di Livorno non vi furono sottoposti .
Giova notare che disposizioni consimili alle surriferite erano già in vigore
da molto tempo contro gli Ebrei dell'Alsazia e nella Contea di Avignone .
CANONI GENERALI 267

In questo decreto fra le altre cose si disponeva ( art . 3 )


<«< che le obbligazioni nascenti da mutui fatti da Ebrei a minori
senza l'autorizzazione dei tutori , a mogli senza l'autorizzazione
dei mariti , e a militari senza l'autorizzazione dei capitani o
dei capi di corpo , sono nulle di pien diritto , nel senso che non
ne può nascere azione alcuna davanti ai tribunali » . Surse qui-
stione se codesta disposizione si applicasse o no anche ai cre-
diti della natura di quelli da essa contemplati , acquistati prima.
della sua attuazione , e la Corte d'Appello di Colmar in un caso
sottoposto alla sua decisione ritenne l'opinione negativa. Inter-
posto ricorso in Cassazione , questa con sentenza 7 giugno 1810
respinse il ricorso e tenne ferma la sentenza appellata . « Con-
siderando , dice la Corte , che l'art. 3 del Decreto 17 marzo 1808
non può essere applicato che ai contratti posteriori alla sua
pubblicazione , perchè non vi ha in esso disposizione che di-
chiari doverselo applicare ai contratti anteriori » (1 ) . Evidente-
mente la Cassazione fu determinata dal riflesso che le azioni
giudiziali sono esse pure diritti perfettamente acquisiti , allorchè
discendono da diritti anteriori aventi questa stessa natura.
E riceve pur conferma la esposta dottrina dalle vicende per
le quali passò la così detta action en rabattement durante la
legislazione francese del secolo scorso .
Dicevasi action en rabattement l'azione che le consuetudini
vigenti a Tolosa accordavano al debitore espropriato , onde ri-
cuperare dall'aggiudicatario l'immobile aggiudicatogli . Dentro
dieci anni dalla aggiudicazione poteva il debitore rabattre le
décret, cioè evincere l'aggiudicatario rifondendogli il prezzo a
cui l'immobile era stato da lui acquistato , e le altre spese da
lui sopportate . Una legge del 25 agosto 1792 aboli tale azione,
ed estese l'abolizione anche alle aggiudicazioni fatte anterior-
mente. Ma poco dopo , cioè il 12 febbraio 1793, un'altra legge
della Convenzione Nazionale modificò la legge precedente , or-
dinando ( art. 2 ) che le disposizioni di questa si dovessero
soltanto applicare alle aggiudicazioni posteriori al 25 agosto
1792. Successivamente una legge del 17 Germinale anno II

(1 ) R. G. 10. 1. 315. - D. R. 9. 875.


268 PARTE SECONDA

modificò la surriferita disposizione della legge 12 febbraio 1793 ,


ordinando che la concessione accordata da questa non dovesse
durare al di là del 1 ° Vendemmiale anno III , e che dopo quest'e-
poca non si potesse più ricevere nessuna azione en rabattement,
occasionata da aggiudicazioni anteriori al 25 agosto 1792. Ma
anche questa disposizione venne rivocata da una legge posteriore
del 25 Brumaio anno VI , la quale prescrisse che tutte le azioni
en rabattement , nascenti da aggiudicazioni anteriori al 25 agosto
1792 , si potessero produrre durante il decennio accordato dalle
leggi antiche.
La legge 25 agosto 1792 aveva certamente violato un diritto
acquisito dei debitori espropriati sotto l'impero della legislazione
di Tolosa , e le leggi posteriori , le quali a poco a poco ripri-
stinarono pienamente quel diritto , furono un omaggio al prin-
cipio che le azioni giudiziali , quando non si possono conside-
rare come mere facoltà di legge , sono diritti acquisiti al pari
ed in virtù dei titoli giuridici da cui emanano . La Convenzione
Nazionale , rivocando la succitata legge 17 Germinale II , di-
chiarò che essa racchiudeva des dispositions de rétroactivité
également contraires à la justice et à la déclaration des droits,
ma a ben più forte ragione ciò si potea dire rispetto alla legge
25 agosto 1792 , della quale la legge del Germinale non era ,
come si è veduto , che un rimasuglio. Invero l'azione en rabat-
tement , provenendo dal fatto della aggiudicazione interveniente.
fra l'aggiudicatario e il debitore espropriato, aveva propriamente
natura contrattuale , come dice il Merlin ( 1. c. Sect . III , § 3 ,
art. 3 , n . 11 ) ed anche il Lassalle ( pag. 179 ) , era cioè uno degli
effetti del contratto , racchiusi nello stesso concetto di questo .
Anzichè mera facoltà concessa dalla legge che regola la proprietà
degli immobili , quell'azione era una conseguenza , legale bensi ,
ma tacitamente pattuita anch'essa , di quel contratto di vendita
della cosa espropriata , che costituisce la sostanza giuridica di
ogni espropriazione forzata (1 ) .

(1 ) Noi pure crediamo col Merlin ( ib . ) che fosse retroattiva la legge del
17 Germinale , anno II , perchè si la loi peut abréger le délai d'un retrait
purement légal , elle n'a pas le même pouvoir à l'égard d'un retrait à la fois
CANONI GENERALI 269

Osserviamo da ultimo che la dottrina da noi propugnata in-


torno alle azioni giudiziali ha per sè l'autorità di autorevolis-
simi giureconsulti , quali lo Struve (p . 78) e l'Unger (p . 137) (1 ) .

CAPITOLO IV

Estensione del diritto acquisito .

Procedendo sempre più oltre nella determinazione del con-


cetto del diritto acquisito , se finora abbiamo posto in chiaro i
caratteri distintivi di questo , e determinata la sua base nei
fatti acquisitivi e nella legge imperante sui medesimi , ora
dobbiamo dar opera a precisarne la obbiettiva estensione . O a
meglio dire , se questa obbiettiva estensione del diritto quesito
noi abbiamo finora considerata dal punto di vista della indole
degli oggetti su cui il diritto può cadere , ora considerarla
dobbiamo dal punto di vista degli effetti suoi . Quali effetti di
un diritto quesito si possono considerare propriamente tali , di

légal et tacitement conventionnel. Il Lassalle ( p . 180 ) afferma che il Merlin


contraddice in questo passo a ciò che egli avea detto prima ( 1. c . ) , che
cioè anco rispetto ai diritti contrattuali la legge può en subordonner l'e-
xercice à cettes formalités, à cettes diligences, à cettes conditions qu'il lui
plait. Su di ciò ritorneremo più volte ragionando della durata dei diritti
acquisiti Dal canto suo però il Lassalle ritiene pure ingiustamente retro-
attiva la legge del Germinale , per il motivo che non bastava la sola vo-
lontà di ricuperare il fondo, perchè il debitore lo potesse ricuperare , ma
si richiedevano altresi mezzi economici , che il debitore non poteva procu-
rarsi in un lasso qualunque di tempo . Il quale argomento non esclude
affatto quello del Merlin , ma lo spiega e lo conferma .
(1) La legge transitoria amburghese del 1814 ( v. sopra p. 71 ) non ha
seguito nel § 5 il principio che l'ammissibilità di un'azione giudiziale si
debba giudicare secondo la legge del tempo in cui fu posto in essere il
titolo da cui essa proviene , ma quel paragrafo , anzichè da scientifici
motivi , fu suggerito da ostilità contro l'abolita legislazione francese.
270 PARTE SECONDA

guisa che , ammesso il diritto , non si possa l'effetto rifiutare ,


e la medesima legge regga l'uno e l'altro ? Questa è la gene-
rale domanda che noi ora ci proponiamo. Vero è che già
qualcosa noi abbiamo detto anche su questo proposito nelle
precedenti nostre considerazioni , e precisamente dove ragio-
nammo dello svolgimento dei fatti acquisitivi , i quali oltre ad
essere punto di partenza , sono eziandio costante substrato e
dei diritti quesiti in tutto lo svolgimento di questi , epperò
diconsi loro fondamento (v. sopra p. 207 e segg. ) . Epperò l'analisi
che ci rimane a fare viene in sostanza a riprendere generali
canoni , esposti già prima in altra occasione , e frammisti con
altri , onde svolgerli ex professo , e precisarne appieno tutta
la razionale virtualità. Egli è proprio delle filosofiche specula-
zioni , che il subbietto loro non si presenti mai esclusivamente
da un lato solo ; che nel considerarne una parte od aspetto ,
se ne preoccupino più o meno sempre anche gli altri , c
che per conseguenza ciò che dal più particolare o dal più
speciale s'intitola , si risolva in una ripresa e determinazione
ulteriore di cose già intravedute , e da qualche altro punto di
vista affermate . Non per altro motivo sono eziandio così facili
le contraddizioni nelle speculazioni di tal genere , e soltanto
gli stolti ne fanno le meraviglie , benchè i filosofi pongano
ogni studio ad evitarle.
Ilanno appunto quasi sempre l'aspetto di quistioni intorno
agli effetti di un diritto quesito anteriore, si riducono quasi sempre
a quistioni di tal genere le controversie di gius transitorio nella
pratica giurisprudenza . Se un dato diritto debba reputarsi que-
sito o no , e quindi intangibile o no da una legge posteriore ,
si ricerca quasi sempre nella pratica , riferendo quel diritto ad I
un altro anteriore , indubbiamente quesito , col quale il primo
debbasi o no reputare siffattamente collegato , che l'ammissione
di quello tragga seco anche l'ammissione di questo , che questo
cioè sia compreso nell' orbita o nella razionale estensione di
quello .
Ora l'estensione obbiettiva del diritto quesito verrà da noi
considerata in relazione a differenti punti , che sono : a) gli ef
CANONI GENERALI 271

fetti e le conseguenze dei diritti quesiti , aventi anch'esse natura


di tali diritti ; b) le semplici forme o i modi di esecuzione e di
assicurazione dei diritti ; c) le cose materiali , formanti oggetto
dei diritti ; d) la durata dei diritti nel tempo .

§ 1.

Effetti e conseguenze del diritto acquisito.

L'effetto di un diritto a ) può di sua natura comprendere


parecchie prestazioni differenti contemporanee , oppure b ) ne
può comprendere di successive al sopraggiungere di ulteriori.
fatti preveduti o impreveduti , oppure avvertendosi ulteriormente
circostanze che fin dall'origine accompagnavano l'acquisto del
diritto ; e questi successivi diritti provenienti da un primo ,
possono essere quesiti al pari e pel medesimo titolo di questo .
In concreto cioè il diritto acquisito si presenta o come unità
semplice , o come complesso di parecchie facoltà o diritti , i quali
o coesistono. o si attuano successivamente in date circostanze.
In qualunque modo però si avveri la connessione dei diritti
o facoltà in un diritto complesso , ella deve avere un fondamento
nella legge , cioè deve essere posta od ammessa dal medesimo
legislatore. Invero , se in generale ogni diritto ha il suo fon-
damento nella legge , in particolare anche tutto ciò che lo
completa o ne consegue , deve essere dalla legge riconosciuto e
statuito . Se altrimenti fosse , da un qualunque diritto acquisito
si potrebbe di leggieri dedurne qualunque altro , e come siffatta
maniera di connettere i diritti e gl'interessi è stata sbandita
dalla determinazione del danno dato , cosi neppure può essere
introdotta nella determinazione delle conseguenze degli acquisti.
La legge poi in due diverse maniere connette fra di loro diritti
differenti , cosicchè l'acquisto dell'uno tragga seco quello del-
l'altro . a ) Essa li dichiara coesistenti , sicchè il diritto acces-
sorio sia vero e proprio effetto del principale , oppure b ) li
272 PARTE SECONDA

fa essere successive conseguenze gli uni degli altri . E questo


secondo modo si riferisce tanto alle conseguenze eventuali ,
quanto a quelle prestabilite dagli stessi contraenti o disponenti ,
e tanto alle eventuali conseguenze di fatti sopraggiunti , quanto
all'eventuale avvertimento e discoprimento di circostanze ine-
renti fin dall'origine all'acquisto.
Del primo modo ci porgono esempio il diritto di usufrutto
legale connesso col diritto di patria podestà , il diritto di
ipoteca o privilegio connesso con certi crediti , il diritto che
la legge attribuisca alla vedova , come tale e solo perchè tale ,
a certe prestazioni dagli eredi del marito , durante l'anno del
lutto (1 ) . Tanto in questi come in tutti gli altri casi di diritti
che la legge fa sorgere insieme , il principio che l'accessorio
segue la sorte del principale fa si che quello fra i diritti coe-
sistenti , il quale ha natura di principale , conferisca al diritto
accessorio la sua medesima inviolabilità , e talvolta anche la
sua stessa natura . Non è quindi dubbio fin d'ora per noi che
gli stessi principii di gius transitorio concernenti la patria po-
destà , valgono eziandio per l'usufrutto da questa nascente , e
che il diritto d'ipoteca legale congiunto ad un credito , pur ri-
manendo reale , non può essere però meno rispettato da una
legge nuova , di quello che il principal diritto di credito .
Del secondo modo ci porgono esempio la rivocazione della
donazione per sopravvenienza di prole del donante o per ingra-
titudine del donatario , la rescissione della vendita per titolo di
lesione enorme , il diritto di ricompera o riscatto dell'immobile
venduto . E questi successivi diritti , o conseguenze , la legge con-
templa sia a) con disposizioni concernenti le singole specie di di-

( 1 ) La Cassazione di Firenze con sentenza 20 novembre 1877 ( F. I. 1880 ,


1 , 124 ) dichiarò applicabile anche alle vedove maritate sotto l'impero di
leggi anteriori , il disposto dell'art. 1415 del Codice civile italiano circa
le prestazioni dovute alla vedova durante l'anno del lutto. Questa deci-
sione ci pare giusta , data la premessa che quelle prestazioni debbansi
non soltanto alle vedove dotate , ma anche all' indotata , sul qual proposito
disputano i giureconsulti nostri. V. L. GALLAVRESI , I diritti della moglie
indolata, Milano 1882 , Bernardoni.
CANONI GENERALI 273

ritti , sia b) con disposizioni concernenti parecchie specie contem-


poraneamente . Cosi p. es. una legge dispone che la donazione dà
al donante il diritto di rivocare la sua liberalità , se il donatario si
dimostri ingrato verso di lui ; un'altra legge dispone che chiunque
ha diritto alla prestazione di una cosa , può anche pretendere ri-
sarcimento del ritardato pagamento . Sono però egualmente quesiti
quei diritti i quali oppariscono conseguenze di un diritto anteriore
in virtù di una legge speciale , come quelli che tali appariscono
in virtù di una legge generale . Se quindi una legge speciale attri-
buisce al donante il diritto di rivocare la donazione , ove il dona-
tario si mostri ingrato verso di lui , ed una legge generale statuisce
che il ritardato pagamento dà diritto a risarcimento , è cosi
perfettamente acquisito nell'un caso il diritto di revoca della
donazione , ad un donante verso il quale il donatario sia stato
ingrato , come è acquisito nell'altro caso ad ogni creditore non
soddisfatto in tempo debito , il diritto di pretendere dal debi-
tore moroso , oltre al pagamento, il risarcimento dell'arbitrario
ritardo.

Importa però sommamente il determinare quelle conse-


guenze di un diritto quesito , le quali si debbano conside-
rare come diritti acquisiti esse pure , prima ancora che
siansi avverate. Imperocchè il concetto d'effetto o conseguenza
può essere variamente inteso , in senso cioè più o meno esatto
e rigoroso , e veramente le più gravi dissensioni fra gli scrit-
tori del gius transitorio consistono appunto nel modo di ap-
prezzare date pretese in relazione a diritti precedenti , per de-
cidere se quelle si debbano considerare virtualmente contenute
in questi , inseparabili da essi . Noi ritorneremo molte volte su
questa quistione nella parte pratica dei nostri studii , ora dob-
biamo investigare i generali principii che la riguardano .
Coerentemente a quanto dicemmo sopra circa i fatti acquisi-
tivi complessi , e la relazione fra successivi loro elementi
(p. 226 e segg . ) , noi possiamo qui stabilire come principio gene-
rale che le conseguenze di un diritto acquisito sono a ritenersi
esse pure dirilli acquisiti insieme a questo e in virtù di questo,
allorquando le si possono considerare come svolgimento del con-
GABBA Retr. Leggi, v. I. 18
274 PARTE SECONDA

cetto del diritto medesimo , o come sue trasformazioni . Diciamo


svolgimento del concetto di un diritto ogni ulteriore diritto.
cagionato da una eventualità contemplata fin dal principio ,
come una fase certa o probabile dell'effettuazione del primo .
Diciamo trasformazione di un diritto un altro diritto equivalente
al medesimo, cagionato da una eventualità anormale , posteriore
al fatto acquisitivo del primo diritto , o posteriormente disco-
perta , la quale ne ritarda o rende impossibile la divisata effet-
tuazione . Così per es. il diritto del venditore con patto di ri-
cupera svolgesi nel diritto di ricupera , il diritto del direttario
nella enfiteusi svolgesi nel diritto al laudemio , quando venga
alienato il fondo enfiteutico ; il diritto del venditore leso
enormemente si trasforma in diritto alla rescissione della
vendita , il diritto del donante trasformasi in diritto di revocare
la donazione ove gli sopraggiunga prole , o il donatore gli si
dimostri ingrato , il diritto del direttario si trasforma in diritto
alla caducità dell'enfiteuta , ove questi cada in mora di un
certo numero di annate di canone , come pure si trasforma in
diritto all'azione giudiziale ogni credito non soddisfatto .

§ 2.

Continuazione .

Prima di determinare viemaggiormente l'esposta dottrina circa


i diritti quesiti in virtù della stretta loro colleganza con altri
aventi siffatto carattere , importa sommamente l'avvertire essere
cosa affatto indifferente che quella colleganza sia opera della
espressa volontà dei contraenti o disponenti , dentro i limiti
dalla legge consentiti , oppure si trovi unicamente statuita nella
legge.
È principio inconcusso in giurisprudenza che nel determinare
gli effetti giuridici degli atti umani non si deve soltanto aver
riguardo alle espresse dichiarazioni dei disponenti , ma eziandio
alla legge vigente nel luogo e nel tempo in cui l'atto fu fatto ,
CANONI GENERALI 275

dovendovi ritenere che i disponenti siansi tacitamente riferiti


a questa legge , e l'abbiano tacitamente assunta nella loro
disposizione.
Leggesi nel Digesto : 1. 64. de reg. jur.: si non pareat quid
actum est , erit consequens, ut id sequamur, quod in regione ,
in qua actum est , frequentatur; e nella l . 144 eod. tit. §. 1 :
in stipulationibus id tempus spectatur qui contrahimus. Da
questi canoni la giurisprudenza antica avea desunto la mas-
sima : eadem est vis taciti ac expressi , e l'altra : in contrac-
tibus tacite veniunt quae sunt moris et consuetudinis . Nelle
opere dei primi interpreti del Diritto Romano nel Medio- Evo
viene insegnato che le consuetudini sono un tacito complemento.
dei contratti , in tutti quei punti che esse concernono , e che
i paciscenti non hanno espressamente contemplati. Per esempio
Baldo ( Cons. 83 n . 3 ) dice : sicut natura non separatur a
proprio subiecto, ita nec communis usus et consuetudo a contractu ,
cui natura inest , et consuetudo informat omnem dispositionem ,
etiamsi non sit dictum . Da tal massima fu naturale il passaggio
al principio richiamato diansi , attesochè , sostituitesi le leggi
e gli statuti alle consuetudini , diventarono quelle il diritto vi-
gente che in regione frequentatur , e ad esse quindi si ritenne
che i contraenti o disponenti si riferissero in modo tacito al
di là delle loro espresse dichiarazioni. Troppo lungo sarebbe
il riportare qui le parole colle quali i più autorevoli giurecon-
sulti hanno formulato quel principio . Noi ci limiteremo a ri-
ferir quelle di alcuni .
Fra gli antichi interpreti del Diritto Romano , Bartolo ( Comm.
in dig. lib. 1. n. 28) , parlando dello statuto che concerne i
contratti , dice : transit in contractum vel quasi . Fra i giurecon-
sulti francesi dell'epoca consuetudinaria , il celebre Dumoulin
( ap . Chab . de l'All. vol . 1. p . 33 ) pone la massima ; « tutto
ciò che è nello statuto , diventa convenzionale » , e il Pothier
( ib .) , trattando delle convenzioni matrimoniali in particolare ,
scrive : « queste convenzioni sono invariabili non soltanto in
quanto sono espressamente contenute nel contratto di matri-
monio , ma eziandio in quanto sono virtuali ed implicite , e
276 PARTE SECONDA

si suppongono intervenute fra le persone che hanno conchiuso


il matrimonio ».
Frutto ed esposizione di tali insegnamenti è stato l'art. 1135
del C. N. , nel quale è detto : « le convenzioni non obbligano
soltanto a tutto ciò che in esse trovasi espresso , ma eziandio
a tutte le conseguenze che l'equità , l'uso e la legge danno
all'obbligazione , secondo la natura di questa » (1 ) . Tutti gli
interpreti hanno accettato questo principio nella sua generalità .
Cosi per es. il Merlin ( Rép. eff. rétr. p . 255 ) , riferendosi del
pari alle convenzioni matrimoniali , dice che la regola della
inviolabilità dei diritti nascenti dalle convenzioni espresse dei
coniugi si applica del pari alle convenzioni sottintese nel con-
tratto , in virtù della legge sotto la quale il contratto è stato
posto in essere , essendochè questa legge regola i diritti rispet-
tivi dei coniugi , non come legge , ma come contratto tacito ».
E altrove (v. Loi §. 6. n . 2 ) egli dice in termini generali che
« se i contraenti non hanno espressamente adottato la legge ,
sotto l'impero della quale contrattarono , dalla circostanza che
il contratto è stato posto in essere nel territorio in cui la
legge vige , si può argomentare che i contraenti si sono con-
venzionalmente sottoposti alle sue disposizioni , e queste di-
sposizioni debbono essere eseguite vi conventionis » . Lo stesso
dice il Mailher de Chassat ( 1. p. 286 e segg. ) .
Che se pacifico ed evidente è il principio in discorso nella
determinazione degli effetti e delle conseguenze degli atti e dei
contratti posti in essere vigendo una data legge, evidente è pure
e pacifica l'applicazione del principio medesimo nella dottrina
della retroattività. Tutti gli scrittori di questa convennero prima
di noi nel ritenere e nell'insegnare che oltre alla espressa e
lecita volontà dei disponenti, e non contraddicendo a questa , la
legge sotto la quale un atto giuridico qualunque è stato posto in
essere , deve determinare le conseguenze dell'atto , anche dopo
l'emanazione d'una legge nuova e differente, sotto l'impero della
quale alcune di tali conseguenze si avverino .

(1 ) Questa stessa proposizione si trova ripetuta nell'art. 1124 del Codice


Civile Italiano.
CANONI GENERALI 277

Stimiamo opportuno lo addurre anche in questa occasione


le testimonianze di alcuni fra i più autorevoli scrittori . Dice
il Chabot de l'Allier ( p. 180 ; « quand' anche l'esecuzione di
un contratto sia stata differita , essa deve però sempre , al pari
del contratto medesimo da cui non può essere separata , essere
regolata dalla legge che regola il contratto. In una parola ,
nulla , assolutamente nulla , deve essere innovato , alterato, nè
mutato , da una legge nuova , negli effetti di una convenzione
irrevocabile , anteriori alla pubblicazione di essa legge. È questo
uno di quei principii che si possono dire fondamentali e sacri ,
perchè hanno per base la ragione , la giustizia , e la fede in-
violabile dei contratti ». Il Bergmann ( p. 38 ) osserva che : « a
buon diritto si può affermare che , ove un rapporto giuridico
sia stato posto in essere in conformità alle leggi anteriori , esso
non possa avere se non quegli effetti che in quel tempo sono
stati validamente iniziati : ma d'altra parte debba avere tutti
gli effetti che le leggi anteriori attribuivano alla volontà del
privato , dovendosi ritenere che questi li abbia fatti oggetto
della sua volontà , se ed in quanto la sua disposizione non
manifestò una volontà contraria » . Egli riconosce che « spesse
volte si è abusato della finzione di una tacita volontà dei pri-
vati », ma ciò nondimeno egli dichiara doversi « senza difficoltà
ritenere che allorquando un rapporto giuridico sia stato total-
mente posto in essere dalla volontà del privato sotto l'egida.
della legge , le singole parti di quel rapporto , che la legge
determina in difetto di contraria disposizione , debbansi consi-
derare come volute dal privato medesimo » . Il Savigny (p . 435)
dice non meno esplicitamente : il diritto di un contratto de-
vesi sempre determinare secondo la legge che esisteva al tempo
in cui il contratto fu conchiuso » . E poco dopo egli soggiunge :
la pretesa della continuata efficacia di tutte le regole giuri-
diche concernenti le varie quistioni intorno agli effetti dei con-
tratti , indipendentemente da qualsiasi mutamento della legisla-
zione , è veramente un diritto acquisito , che deve essere tenuto
fermo di fronte a qualunque nuova legge. Codesta regola , dice
pure il Savigny ( p . 436 ) , è indispensabile alla sicurezza del
278 PARTE SECONDA

commercio , ed alla fiducia nella inviolabilità degli effetti dei


contratti (1).
Un cosi esplicito consenso dei più autorevoli scrittori ebbe
influenza anche sui legislatori . Il principio generale che le
conseguenze dei contratti e delle obbligazioni si debbano sempre.
regolare secondo le leggi , vigendo le quali i contratti e le
obbligazioni furono posti in essere , noi lo troviamo espressa-
mente confermato da parecchie legislazioni positive , come per
esempio dalla Prussiana del 1794 ( Pat . di promulg . art . XI ,
v. sopra p . 90 ) , dall'Annoverese del 1815 (1ª Ord.ª num . II
v. sopra p . 71 ) , dalla Virtemberghese del 1814 ( Ord.ª trans.
a
§. 5 , ib. pag. 91 ), e dalla Sassone del 1863 ( Ord . trans. ar-
ticolo 8. ib. p. 112 ) .

$ 3.

Continuazione.

Conseguenze del diritto acquisito.

Riprendendo ora il discorso degli effetti dei diritti acquisiti


complessi , osserviamo che , mentre ben poca difficoltà presenta
il discernere la colleganza di effetti contemporanei , moltissima
invece ne presenta il discernere la colleganza di effetti succes-
sivi o conseguenze ; il distinguere cioè le vere e proprie conse-
guenze di un diritto quesito , aventi natura di diritti quesiti
esse pure , da quelle che tali non sono . È questo veramente
uno dei più scabrosi argomenti della giurisprudenza transitoria ,
se non è il più scabroso di tutti . Mentre cioè tutti gli scrittori
sono concordi nella tesi generale che le conseguenze degli atti
giuridici e dei contratti si devono in ogni tempo regolare secondo
la legge sotto il cui impero gli atti e i contratti vennero posti

( 1 ) Conf. anche la dichiarazione del Consiglio di Stato di Francoforte


riferita sopra a pag. 66, nota 1ª .
CANONI GENERALI 279

in essere , trattisi di conseguenze contemplate espressamente


dai disponenti dentro il limite della libertà concessa loro da
quella legge , oppure dalla legge medesima statuite in difetto
e senza contraddizione di espresse dichiarazioni dei disponenti ,
sono poi tutt'altro che concordi nelle particolari disposizioni
di questo generale principio . E propriamente , se si ha riguardo
allo stato dell'opinione e della giurisprudenza su tale proposito ,
bisogna ritenere predominante la dottrina che l'applicazione
della legge del tempo in cui un atto o contratto fu posto in
essere , alle conseguenze non espressamente pattuite dai disponenti,
non può farsi se non con opportune distinzioni , salvo poi a
formulare , e a rinascere il disaccordo nel formulare cotali
distinzioni .
Molti scrittori presero una via del tutto falsa onde uscire
dalla difficoltà . Si appigliarono cioè a criterii estrinseci e acci-
dentali nel distinguere conseguenze da conseguenze , e così
furono tratti a confondere , o non trovarono il modo di netta-
mente separare conseguenze collegate in modi affatto diversi
col diritto acquisito a cui vengono ricondotte , e quindi aventi
una importanza affatto diversa rispetto al medesimo . E appunto
in quella guisa e per quella via si ingenerò nella quistione in
discorso quella incertezza e disparità e vera confusione di idee
che ognuno può constatare nei relativi scritti e giudicati . Taluni
per es. giudicano se la conseguenza di un diritto acquisito sia o
no diritto acquisito essa pure , secondo che la conseguenza abbia
o no bisogno di un'azione giudiziale onde essere fatta valere .
Criterio codesto , mancante affatto di sostanziale valore , impe-
rocchè noi abbiamo dimostrato sopra che le azioni giudiziali
hanno talvolta carattere di veri diritti acquisiti , cioè insepa-
rabilmente congiunti con quel diritto che mirano a far valere.
(v. sopra p . 263 e segg . ) . Altri scrittori giudicano pure variamente
su quel punto, secondo che la conseguenza di che si tratta sembra
loro prevedibile e preveduta , o no , dai contraenti o disponenti .
Criterio estrinseco anche questo , e per la subbiettività sua
esposto a così differenti interpretazioni , che non si possa at-
tribuirgli nessun valore scientifico , nè pratica utilità. A ragione
280 PARTE SECONDA

osserva il Bergmann ( p . 38) che della previsione e della tacita


e presunta intenzione dei disponenti si può facilmente aba-
sare , sia reputando diritti acquisiti conseguenze che non
vi ha nessuna ragione pratica di considerar tali , sia assu-
mendo l'impossibilità della previsione come ragione suffi-
ciente per disconoscere quel carattere in certe conseguenze ,
che pur ne sono certamente rivestite . Ne si accorgono i par-
tigiani di quel fallace e vano criterio che nell'applicarlo prati-
camente essi argomentano poi le previsioni dei disponenti
dalla concreta indole della conseguenza di che si tratta , di
guisa che abbandonano in realtà l'asserita loro premessa ,
lasciano guidare da altre ben diverse e meno formali , che però
non dichiarano nè determinano.
Confrontata con tali fallaci dottrine , quella da noi esposta nel
paragrafo precedente circa i successivi effetti o conseguenze dei
diritti quesiti , inseparabili da questi , e partecipi della loro stessa
natura , apparisce manifestamente immune dagli stessi vizi. Non
sono infatti accidentali ed estrinseci criterii , e neppur subbiettivi
ed ambigui , quelli dello svolgimento e della trasformazione di un
diritto acquisito nelle conseguenze sue , che noi abbiamo proposti
onde discernere fra tali conseguenze quelle che sono pure diritti
acquisiti e inviolabili , da quelle che sono invece diritti nuovi ,
da acquistarsi con nuovo e proprio titolo o fatto acquisitivo .
Ma la nostra dottrina ha ora bisogno di venire giustificata
di fronte ad un'altra , più accreditata di quelle dianzi censurate ,
e seguita anche non rade volte dalla pratica giurisprudenza .
Alludiamo alla nota distinzione che molti reputati scrittori in-
trodussero nel discorso di quelle che noi chiamiamo conseguenze
dei diritti acquisiti , chiamando alcuni di esse effetti anzichè
conseguenze , e ad altre riservando e restringendo questo secondo
appellativo. E ciò allo scopo di ravvisare diritti quesiti nelle
prime soltanto , e non anche nelle seconde.
CANONI GENERALI 281

$ 4.

Continuazione.

Dottrina di Blondeau , Meyer e altri.

Primo autore della distinzione fra effetti e conseguenze dei


contratti , osserva giustamente il Grandmanche de Beaulieu
( p. 93 ) (1 ) essere stato il Blondeau ( 1. c . ) . Secondo questo
scrittore il criterio di tale distinzione risiede nella prevedibi-
lità delle conseguenze dei contratti , chiamando egli veri e
proprii effetti quelle conseguenze che dai contraenti potevano
essere prevedute , conseguenze (suites) nello stretto senso della
parola quelle che non lo potevano , « Importa , egli dice , di non
>> confondere coi veri effetti degli atti leciti ( promesse , dispo-
>> sizioni , contratti , quasi-contratti ) , certi diritti od obbligazioni
» che solitamente vengono annoverati fra le conseguenze dei
» contratti. Le disposizioni concernenti le une e le altre si
» trovano , male a proposito , riunite e confuse nel nostro Co-
» dice e negli autori. Le disposizioni della prima specie , alle
» quali non è mai applicabile la legge nuova , sono semplici
interpretazioni della volontà dei privati ; esse esprimono l'in-
>> tenzione che si deve attribuire alle parti contraenti , quando
>> hanno dichiarato di porre in essere un dato contratto , o
>> quando si sono servite di una data espressione. L'oggetto di
» queste disposizioni è di facilitare ai giudici l'interpretazione
>> dei contratti e di prevenire gli arbitrii , servono inoltre a di-
» stribuire la perdita , quando le parti contraenti allegano in-
» tenzioni contradditorie . Se una legge nuova adotta una inter-
» pretazione differente per certi atti , questa legge non può
» applicarsi agli atti anteriori alla sua promulgazione , perchè
» quand' anche l'interpretazione adottata dalla legge anteriore

(1) De l'étendue de l'autorité des lois , Thèse pour le doctorat , Paris 1853.
282 PARTE SECONDA

» fosse erronea , essa avea ciò nondimeno regolate le speranze


» delle parti contraenti.... Le disposizioni della seconda specie
>> si riferiscono meno ai contratti e quasi-contratti , in sè con-
» siderati , che a fatti accessori sopraggiunti nelle circostanze
» nelle quali i primi avevano collocate le parti ; i diritti e gli
obblighi che esse attribuiscono sono piuttosto modificati dal
» rapporto giuridico posto in essere in virtù del contratto o
>> del quasi-contratto , di quello che ne siano un risultato . Tali
» sono p. es . l'obbligo di guarentigia delle quote in caso di
>> divisione , quello di sopportare la riduzione del fitto in caso di
» distruzione d'una intiera raccolta , di subire la perdita della
> cosa quando si è in mora di consegnarla , di eseguire il re-
>> impiego in caso di rimborso di capitali sostituiti. Effetti di
» questa natura i contraenti non hanno potuto aspettarseli ,
perchè non hanno potuto prevedere i fatti accessori da cui
» dipendono , e siccome il legislatore nelle disposizioni che vi si
» riferiscono, non regola tanto le conseguenze della convenzione,
» quanto quelle di certi nuovi fatti , considerati nella ipotesi in
>> cui la convenzione ha posto le parti , così le leggi nuove , ri-
» spetto a tutte le questioni che suppongono uno di tali fatti
» accaduti dopo la loro attuazione , devonsi applicare anche ai
» rapporti giuridici posti in essere sotto la legge antica ».
Questa dottrina del Blondeau è stata accettata da parecchi
giureconsulti francesi , e p . es . da Merlin ( Rép. Eſſel, rétroact.
pag. 262 e segg. ) , da Mailher de Chassat ( 1. 328 ), da Dalloz
(xxx. p. 97-161 ) , da Kalindero (p . 129 e segg . ) . Quest'ultimo
dice: ciò che ci determina ad adottare la distinzione fra ef-
fetti e conseguenze dei contratti si è che , se noi applicassimo
la legge antica a tutte le conseguenze dei contratti , verremmo
a dare alla convenzione una estensione maggiore di quella che
le parti ebbero di mira , e sottoporremmo alla legge che allora
vigeva , fatti che hanno soltanto una connessione remota col
contratto , e che perciò appunto non sono caduti in mente alle
parti » . L'identità di questa maniera di pensare con quella del
Blondeau non potrebbe essere più evidente .
CANONI GENERALI 283

La distinzione introdotta dal Blondeau venne poi anche accet-


tata dal Meyer ( p . 84 e segg . ) , il quale per la maggior fama
che si acquistò fra i trattatisti della giurisprudenza transitoria ,
contribui più di ogni altro a diffonderla fra i giureconsulti. Se
non che alle espressioni effelli e conseguenze il Meyer sostituisce
quelle di conseguenze necessarie e immediate (suites nécessaires
et immédiates) e di conseguenze accidentali e remote (suites
accidentelles et éloignées) ; del resto dalla lettura di questo au-
tore facilmente si rileva come anche per lui la ragione di fare
una tale distinzione , e di sottoporre alla legge vigente al tempo
del contratto soltanto le conseguenze necessarie ed immediate,
è quella stessa per la quale il Blondeau non ritiene doversi
regolare con tal legge quelle che egli chiama conseguenze dei
contratti , contrapposte agli effetti , cioè il non avere i contraenti
pensato alle conseguenze accidentali e remote del contratto, il
non essere stati determinati al contratto anche da un tale
pensiero . Per tal motivo tutti gli scrittori dianzi citati riten-
gono sostanzialmente identica la distinzione di Blondeau e
quella di Meyer , e adoperano promiscuamente le espressioni
adottate dall'uno e dall'altro . Non vuolsi però dimenticare che
prima del Meyer , e quasi contemporaneamente al Blondeau ,
l'illustre Weber (p . 109 ) aveva affermato esservi una intiera
categoria di conseguenze dei contratti , quella cioè delle con-
seguenze che si possono far valere soltanto col ministero del
giudice ( officio judicis ) , alle quali si deve dal giudice appli-
care non già la legge vigente al tempo in cui le conseguenze
si verificano , ma la legge vigente al tempo in cui la lite viene
introdotta.
Il Meyer ha veramente fusi insieme i pensamenti del Blondeau
e del Weber, e resa la dottrina di cui ragioniamo più completa.
e meno indeterminata di quello che essa fosse per opera di
quei due autori . Pel Meyer sono conseguenze nel senso di
Blondeau , e, secondo il suo proprio linguaggio , conseguenze
accidentali e remote dei contratti : a ) quelle che suppongono
un nuovo fatto posteriore al contratto , come p. es. la reciprocal
garanzia delle quote che si devono i compadroni , in seguito
284 PARTE SECONDA

alla divisione della cosa comune , l'interesse dovuto in seguito


alla mora nel pagamento , la rivocazione di una donazione per
il fatto di sopravvenienza di figli al donante ; b ) quelle che
suppongono una nuova dichiarazione di volontà per parte di
uno dei contraenti , come per es. la concessione di una dila-
zione al pagamento , questa sia ammessa in seguito a
dove
domanda del debitore ; c ) quelle che per essere fatte valere
esigono una domanda giudiziale ed una decisione del giudice ,
come p. es. la rescissione del contratto di vendita per titolo
di lesione enorme , la rivocazione della donazione per l'ingra-
titudine del donatario . Secondo lo stesso autore poi le conse-
guenze delle due prime specie , siccome si verificano contem-
poraneamente al fatto o alla dichiarazione di volontà da cui
provengono , si debbono regolare secondo la legge vigente al
tempo di quel fatto o di quella dichiarazione , quella invece
della terza classe , non verificandosi che per virtù della sen-
tenza del giudice , si devono regolare secondo la legge vigente
al momento in cui la relativa domanda giudiziale venne intro-
dotta.
Errerebbe però chi credesse che la dottrina di Blondeau e
di Weber , perfezionata dal Meyer , sia stata uniformemente
applicata dai suoi sostenitori , ed anzi questo punto merita di
essere considerato , onde poter comprendere la sorte che quella
dottrina incontro presso la maggior parte dei giureconsulti , e
onde poterla convenientemente apprezzare .
Molte sono le quistioni transitorie intorno alle conseguenze
remote dei contratti , nelle quali differenti partigiani della dot-
trina in discorso vengono ad opposte conclusioni . Noi rimar-
cheremo alcune delle più importanti .
I Meyer ( pagg. 85-88 ) e il Weber (p. 199 ) opinano , come
già notammo , che la rescissione di un contratto di vendita per
titolo di lesione enorme si debba giudicare secondo la legge.
del tempo in cui l'azione viene introdotta . L'opposto avviso
seguono il Merlin ( R. v° eff. rétr. p. 265 ) , il Dalloz (xxx ,
n° 390) , il Mailher de Chassat ( p . 333) , e il Kalindero ( p . 131 ) .
Quest'ultimo crede di confutare l'opinione del Meyer, partendo
CANONI GENERALI 285

dalle stesse sue premesse. Imperocchè , egli dice , la lesione è


un vizio che affetta il contratto fin dalla sua origine , oltracciò
il venditore leso , il quale ha dovuto cedere a un estremo bi-
sogno di danaro , ha potuto e dovuto contare sul beneficio della
rescissione accordatogli dalla legge allora vigente , e lo stesso
compratore che ha approfittato della miseria del venditore , ha
dovuto prevedere e temere la sanzione di quella legge .
Abbiamo pur detto che rispetto alla rivocazione delle donazioni
il Meyer ( pagg. 91-92 ) opina che si debba giudicare secondo
la legge del tempo del contratto quella cagionata dall'inadem-
pimento delle condizioni espresse nel medesimo , si debba in-
vece giudicare secondo la legge del tempo in cui nacque la
prole del donante , la rivocazione della donazione per questo
titolo , attesochè questa si opera ipso jure , e si debba final-
mente giudicare secondo la legge del tempo in cui l'azione
venne introdotta , la rivocazione per titolo di ingratitudine del
donatario , siccome quella che non si opera ipso jure , ma vuol
essere giudizialmente domandata. Anche queste opinioni del
Meyer non sono adottate da tutti gli altri scrittori della sua
scuola. Per es . il Blondeau ( 1. c . nota 9) , il Merlin ( 1. c . p . 267) ,
il Mailher de Chassat ( vol . 1 , p. 330 ) opinano che la rivoca-
zione della donazione per sopravvenienza di figli al donante ,
sia un effetto e non una conseguenza del contratto di donazione ,
e debba quindi essere giudicata secondo la legge del tempo in
cui questo contratto è stato posto in essere. Il Mailher de Chassat
poi ( p . 332 , considera del pari come un effetto del contratto
di donazione la rivocazione di questa per la ingratitudine del
donatario. Anche la eccezione desunta dal Senatoconsulto
Velleiano non potrebbe secondo il Meyer ( p . 95 ) essere pro-
posta dalla moglie , vigendo una legge che l'avesse abolita ,
contro un'azione desunta da una fideiussione da lei prestata
sotto l'impero di una legge anteriore che l'ammetteva , impe-
rocchè egli osserva essere quella eccezione una conseguenza
remota , e non un vero e proprio effetto del contratto di fide-
iussione , poichè il Diritto Romano permette alla moglie di ri-
nunziarvi all'atto del contratto , e le toglie quindi il carattere
286 PARTE SECONDA

di necessaria conseguenza di questo . Il Merlin invece ( 1. c .


sect. 11 , art. 1 , 11 ) e il Dalloz ( vol . xxx , numeri 246 , 252 )
sono di avviso contrario, perchè la circostanza dell'essere sorta
l'eccezione in discorso contemporaneamente al contratto , li
induce a considerarla come un effetto vero e proprio , e non
come una conseguenza remota di questo .
Prima che noi ci facciamo ad investigare il valore scientifico
della dottrina suesposta , ci pare opportuno l'indagare quale
influenza essa abbia esercitata sulle legislazioni , e quale im-
portanza le si attribuisca nell'odierna giurisprudenza transitoria .
Sul primo punto tutto è detto coll'affermare che , ad eccezione
della legge transitoria amburghese del 1814 ( § 2. v. sopra p. 72),
tutte le altre leggi transitorie emanate in Europa nel secolo
attuale , accettarono come massima fondamentale quella conse-
gnata nei § 11 della Patente di promulgazione del diritto ter-
ritoriale Prussiano , da noi precedentemente riferita ( v. sopra
p. 56) (1 ) . Cagione di questo fatto fu non solamente l'autorità
della legislazione prussiana , ma eziandio la novità della dottrina
del Meyer al tempo in cui quelle leggi transitorie vennero per
la maggior parte pubblicate , e la contraddizione in cui essa

( 1 ) Alcune leggi transitorie però ammettono la dottrina di Meyer in


qualche particolare applicazione , per es. quella del Baden del 1809
rispetto alla rescissione della vendita per lesione oltre la metà (§ XIII ,
v. sopra p . 65), la 2ª e la 3ª Ordinanze transitorie annoveresi del 1814 ,
e 1815 (v. sopra pag. 78 ) rispetto alle cause di scioglimento dei contratti,
ed ai nuovi titoli di restituzione in intiero , e la legge transitoria sassone
1863 ( §§ 18, 19 e 20 , sopra pag . 114 ) rispetto alle nuove cause di estin- 1
zione delle obbligazioni in generale . Ma le stesse Ordinanze annoveresi
affermano il principio generale dell' inapplicabilità della legge nuova agli
effetti delle obbligazioni anteriormente costituita ( ib . ), e un'uguale dichia-
razione è pur fatta dalla legge sassone . Tutte le altre leggi transitorie hanno
seguita totalmente , o in modo tacito o in modo espresso , la dottrina op-
posta a quella di Blondeau e di Meyer. Fra quelle che l'hanno formulata
nel modo più chiaro e completo voglionsi citare le leggi transitorie di
Brema del 1814 ( § 22 , v. sopra pag . 88 ) , quella dell' Oldemburgo dello
stesso anno ( § 10 , v, sopra pag . 90 ) , e quella del Wirtemberg pure del
1814 ( § 5, v, sopra pag . 94 ) .

1
CANONI GENERALI 287

era coll'insegnamento di riputati scrittori di diritto transitorio


al principio del nostro secolo , fra i quali voglionsi ricordare
il Dabelow (ap . Struve p. 169) ( 1 ) , e il Bergmann ( p . 39) (2) .
Successivamente all' emanazione delle prime leggi transitorie
al principio del nostro secolo , la dottrina di Blondeau e di
Meyer, dopo avere fatti non pochi proseliti autorevoli , special-
mente in Francia , come disopra si è veduto, ed avere esercitata.
non poca influenza anche sulla giurisprudenza pratica , siccome
si vedrà meglio nel seguito di quest'opera , cominciò a perdere
credito (3) , ed è oggimai contraddetta unanimamente dagli ultimi
più accreditati scrittori della giurisprudenza transitoria. Infatti
l'opinione che Struve ( p. 178 nota a ) propugnava nel 1838 ,
non potersi distinguere le conseguenze immediate dei contratti
e delle obbligazioni , dalle remote , nè applicare a queste retro-
attivitamente la legge nuova (4), venne poi sostenuta da Savigny
( p . 435) , da Unger ( pag . 137 ) , da Demolombe ( n ° 54 , 57 ) e
da Lassalle ( pag. 185 , e 192) , ed oggi da pochissimi è com-
battuta , fra i quali dal Rintelen (p. 49-50 ) . Ognuno sa che
quelli sono appunto i più autorevoli scrittori recenti del
diritto transitorio, e basta anche soltanto riflettere alla grande.
autorità degli insegnamenti del Savigny, per comprendere qual

(1 ) Dice il Dabelow : tutte le leggi che hanno avuto vigore sin qui si
applicano al giudizio intorno alla validità degli atti e negozi giuridici an-
teriormente posti in essere ed ai loro effetti , come pure a tutto ciò che
è connesso con questi effetti , in modo prossimo o lontano » .
( 2) Il Bergmann dice : anche le più remote conseguenze di anteriori
negozi giuridici si giudicano secondo la legge vigente al tempo in cui i
negozi medesimi vennero posti in essere » ; se non che, fedele alla dottrina
dell'effetto retroattivo delle leggi proibitive , egli soggiunge : « alla condi-
zione però , che tali conseguenze siano espressamente o tacitamente am-
messe dalle leggi nuove » .
(3) Questo fatto avvertiva già il Pinto (1. c . p. 167).
(4) Diversamente pensa lo Struve ( p . 24 ) rispetto a quelle nuove con-
seguenze che , essendo incominciate sotto l'impero della legge anteriore
si prolungano o si ripetono durante l'impero della legge nuova . Vedi la
dottrina che a noi par migliore in proposito , sopra a pag . 234 .
288 PARTE SECONDA

colpo sia stato recato recato da lui solo nella dottrina di Blon-
deau e di Meyer nell'opinione dei giureconsulti teorici e pratici .
Si può quindi affermare senza temerità che quella dottrina è
ormai del tutto esautorata , a tal che la giurisprudenza pratica
nelle materie che essa riguarda , non tarderà ad assumere un
ben differente indirizzo . Ci conferma in questa opinione il ve-
dere come anche taluni scrittori recenti , i quali certamente
non si possono paragonare per dottrina e per autorità a quelli
dianzi nominati , ed hanno raccolte e svolte le opinioni più
ricevute , piuttosto che ne abbiano proposte di proprie , non
esitarono a porsi anch'essi fra gli avversari del Blondeau e del
Meyer. Tali sono il Grandmanche de Beaulieu ( 1. c . p . 93) , e
il Theodosiades ( p . 170 ) . Ella è pur circostanza degna di es-
sere avvertita , che gli scrittori citati dianzi si accordano so-
stanzialmente anche nei motivi pei quali rigettano la dottrina
di Blondeau e di Meyer. Il Savigny p . es . ( 1. c . ) adduce prin-
cipalmente il riflesso che in tutti i casi che il Meyer vorrebbe
eccettuare dall'applicazione della legge vigente al tempo del
contratto , si tratta di conseguenze che i contraenti potevano
benissimo pensare al momento del contratto , e che devonsi
quindi ritenere aver eglino in quel momento prevedute . Il
Lassalle , il quale non esita a chiamare la dottrina di Meyer
del tutto falsa e senza base di principii (falsch und principlos),
osserva pure rispetto al celebre esempio desunto dalla rivoca-
zione delle donazioni , che tanto la rivocazione per sopravve-
nienza di figli , quanto quella per ingratitudine del donatario
si devono ritenere prevedute dal donante , e tacitamente assunte
nel contratto , se la legge del tempo della donazione le con-
teneva , cosicchè il donante abbia inteso appunto di apporre
tali riserve all'effetto della sua liberalità.

Noi pure siamo d'avviso che la dottrina in discorso manchi


di base razionale e di pratica opportunità. Tutte le volte che
nelle conseguenze dei diritti quesiti , cioè negli effetti di questi
non diretti ed immediati , ma occasionali ed eventuali , epperò
posteriori agli immediati e diretti , voluti e posti come tali
dai disponenti e dalla legge ; tutte le volte che in tali conse-
CANONI GENERALI 289

guenze riscontrarsi il carattere di svolgimento o di trasformazione


dell'originario diritto quesito , secondo la esposta definizione di
quei concetti (v. § precedente) , esse hanno per noi carattere di
altrettanti diritti quesiti , ed ogni altra distinzione ci sembra
inutile , e falsa quella del Blondeau e del Meyer. Per essi non
sono diritti quesiti , ma semplici remote conseguenze, tutte quelle
che i contraenti non potevano prevedere od aspettarsi all'atto
del contratto , ma come mai non si sono eglino accorti che o la
previsione di cui ragionano, è una previsione che si deve con-
statare di volta in volta nei singoli casi , e può essere così bene
come non essere , oppure è una previsione che si deve presu-
mere possibile in tutti i casi e per tutti i contraenti , e questa
non può avere altro contenuto che la legge vigente , e non
può non estendersi fin dove questa si estende ? I dire che in
generale chi pone in essere un contratto , prevede o si aspetta
certe conseguenze del contratto , e non certe altre , perchè
queste sono meno vicine delle prime , non può non essere in
ogni caso , come bene osserva il Savigny nel caso della dona-
zione , una gratuita supposizione. Infatti , invece di additare
come si distinguano le conseguenze prevedibili all'atto del con-
tratto , da quelle che non possono essere prevedute , tanto il
Blondeau quanto il Meyer si accontentano di sostituire al cri-
terio della prevedibilità , l'uno un'enumerazione di casi pratici ,
l'altro l'enunciazione di alcune classi di casi , lasciando così
un vuoto fra la loro dottrina e l'applicazione , e facendo quella
apparire , anche ai meno perspicaci , affatto gratuita , e , come
ben disse il Lassalle , mancante di principii. Del resto la pre-
vedibilità o meno delle conseguenze di un contratto non è
criterio sufficiente per distinguere quelle che hanno vera na-
tura di diritti acquisiti , da quelle che non l'hanno , ed è questa
un'altra imperfezione della dottrina che andiamo combattendo .
Noi però non ne facciamo troppo carico al Blondeau ed al
Meyer , perchè pensiamo che in quell'errore sono caduti gli
stessi più autorevoli loro avversari , per es . il Savigny ed il
Lassalle , i quali , come vedemmo poco sopra , per sostenere la
loro tesi , credettero ottimo e sufficiente mezzo il dimostrare
GABBA Retr. Loggi. v. I. 19
290 PARTE SECONDA

che potevano essere prevedute tutte quelle conseguenze che il


Blondeau e il Meyer aveano dichiarate imprevedibili. Per noi
sono diritti acquisiti anche quelle conseguenze , occasionali od
eventuali dei medesimi , le quali , venendo prevedute e pensate dai
disponenti o dal legislatore , avrebbero rappresentato loro una
parte dello stesso vero scopo o interesse del diritto , o un equi-
valente del medesimo , in altri termini , uno svolgimento o una
trasformazione del diritto quesito , nel vero e proprio senso
additato sopra di tali espressioni , avrebbero potuto agire sui
disponenti come cause determinanti alla disposizione ; il quale
effetto non può evidentemente venir meno a cagione della
lontananza , o di una indiretta relazione in cui le conseguenze
si trovino coll'atto o contratto , cioè col fatto acquisitivo da cui
provengono .
Più manifesta ancora si rende la fallacia della dottrina del I
Meyer, a chi rifletta che la prevedibilità delle conseguenze dei
contratti , su cui quella dottrina si fonda , oltre all'essere un
concetto vago e inopportuno per le ragioni dette dianzi , è poi
altresì una espressione a cui il Meyer attribuisce due significati
differenti. Invero , quando egli esclude dal novero dei diritti
acquisiti contrattuali la rivocazione della donazione per ingra-
titudine o per sopravvenienza dei figli , la imprevedibilità che
egli attribuisce a queste conseguenze è connessa essenzialmente
colla lontananza della medesima dal contratto , mentre invece ,
quando egli non considera diritto acquisito la rescissione della
vendita per lesione enorme , e quindi giudica imprevedibile
tale conseguenza , non può certamente desumere l'imprevedi-
bilità dalla lontananza della conseguenza dal contratto , ma
bensi da una circostanza ben differente , quale è appunto la
logica impossibilità che uno dei contraenti pensi a far rescin-
dere il contratto al momento stesso in cui lo pone in essere ,
e voglia cionondimeno « seriamente obbligarsi » (pag. 37 ) . In
questa maniera il criterio della prevedibilità , su cui è basata
la dottrina del Meyer, non è più degno di un tal nome , e
dice benissimo il Theodosiades (pag. 270 ) che tutta questa
dottrina riposa « su di un terreno mal fermo (sur un sol
CANONI GENERALI 291

mouvant ) » . Ma in quell'errore non caddero fra i contradditori


del Meyer , il Savigny e il Kalindero ( v. sopra p . 352 ) , affer-
mando fra le altre cose che le cause di rescissione si devono rite-
nere pensate dai contraenti all'atto stesso del contratto . Impe-
rocchè se , come è davvero , la rescissione equivale al contratto ,
diventato impossibile ad eseguirsi giusta il suo espresso tenore
o il vero suo spirito , devesi anche ritenere che i contraenti
abbiano pensato a siffatta eventualità e conseguenza , se pur
sapevano chiaramente ciò che facevano, e tutto ciò che dal fatto
loro si potevano aspettare .
Nella giurisprudenza nostra , e precisamente dopo il Codice
Civile italiano , non mancarono decisioni opposte alla dottrina
da noi propugnata qui sopra. Cosi per es . l'applicazione della
legge nuova ai casi di inadempimento del contratto verificatosi
sotto l'impero di quello , venne ammessa dalla Cassazione di
Napoli 22 luglio 1869 (1 ) ; alle rescissioni dei contratti per
eventi sopraggiunti in quello stesso periodo , dalla Corte di
Appello di Firenze 4 maggio 1870 (2) ; al danno dato nell' ese-
cuzione del contratto , parimenti in quel periodo , dalla Corte
d'Appello di Ancona 1 ° giuguo 1869 (3) ; e persino alla in in-
tegrum restitutio ex capite minorennitatis dalla Cassazione di
Roma 17 marzo 1879 (4) . Ma la dottrina di gran lunga predo-
minante è certamente quella della esclusiva applicazione della
legge sotto il cui impero il diritto venne acquistato ; vedansi
infatti , fra le moltissime decisioni che qui si potrebbero ricor
dare , Cassazione di Torino 9 febbraio 1871 (5) , Cassazione di
Firenze 3 gennaio 1870 (6 ), Cassazione di Torino 10 dicembre
1868 (7) , Cassazione di Napoli 5 dicembre 1876 ( 8 ) , Corte di

(1) A. G. III . 1 , 310.


(2) Ib . 11 , 359.
(3) Ib. 230.
( 4) F. I. 1880 .
(5) G. I. XXIII , 1 , 113.
(6) A. G. IV , 1 , 7.
(7) Gazz. dei Trib. di Gen. XX , II , 584.
(8 ) L. XVI.
292 PARTE SECONDA

Appello di Genova 22 maggio 1868 (1 ) , Cassazione di Firenze


7 febbraio 1870 ( 2 ) e 6 febbraio 1875 ( 3 ) , rispetto agli
effetti dei contratti in generale ; di nuovo la Cassazione di
Torino 10 dicembre 1868 e la Cassazione di Roma 31 marzo
1879 (4) rispetto a ulteriori effetti del diritto acquisito , che noi
abbiamo chiamato svolgimenti di questo ; Cassazione di Napoli
13 febbraio 1879 (5) , Cassazione di Torino 28 agosto 1868 (6)
e Corte d'Appello di Firenze 17 marzo 1869 ( 7) rispetto a ulte-
riori effetti del diritto quesito , che noi abbiamo chiamato tra-
sformazioni del medesimo .

§ 5.

Continuazione.

Conseguenze improprie del diritto acquisito .

La disparità e incertezza delle dottrine circa gli effetti e le con-


seguenze dei diritti quesiti sono in una piccola parte occasionate
dalla stessa generalilà di quei concetti , i quali si possono ap-
plicare tanto a veri e proprii effetti , a vere e proprie conse-
guenze , quanto a effetti e conseguenze che tali non sono . Onde
taluni scrittori furono tratti a soverchiamente estendere il diritto
quesito , specialmente dal lato delle conseguenze ulteriori , ed
altri , per correggere siffatte esagerazioni , anzichè precisare
meglio e debitamente restringere quel concetto , desumere cioè
dalla stessa sostanza del medesimo il criterio di una più esatta
interpretazione , si fecero invece a ricercarlo al di fuori , in

(1) Gazzetta dei Tribunali di Genova . xxi , 1 , 696 .


( 2) L. x , 1 , 305.
(3) A. G. IX, 2 , 412.
(4) G. I. XXVII , 1. 685.
(5) G. I. 1880. XXXII , I , 217.
(6) L. VIII , 1, 910.
(7 ) A. G. III , 2, 27.
CANONI GENERALI 293

caratteri e circostanze del tutto accidentali dei diritti quesiti .


Non sarà quindi inntile il confermare e chiarire sempre più la
dottrina nostra su quel proposito , facendoci ad avvertire ed
enumerare quelle fra le conseguenze dei diritti quesiti , che dir
si possono improprie.
Alcune conseguenze improprie appariscono tali , ponendo.
mente all' indole della loro connessione coi diritti quesiti , altre
ponendo mente all'indole del loro oggetto . Ragioneremo suc-
cessivamente delle une e delle altre.
Dal primo punto di vista non si possono certamente consi-
derare conseguenze di un diritto quesito , aventi esse pure
questa natura , e da regolarsi sempre secondo la legge sotto il
cui impero il diritto venne acquistato , gli atti processuali onde
far valere questo giudizialmente. Gli atti processuali diciamo ,
non già le azioni giudiziali , cioè il diritto di invocare la protezione
del giudice ( v . sopra p. 263 e segg. ), e tali atti sono anzitutto.
quegli stessi mediante i quali le azioni vengono sporte . Le norme
della procedura infatti non sono differenti a seconda delle
differenti categorie dei diritti , intorno ai quali può sorgere
giudiziaria contestazione , non presentano perciò una vera e
propria connessione coi medesimi . Sono esse inoltre prestabilite
dal legislatore , non già interpretando la volontà di coloro fra i
quali può sorgere una lite , ma con tutt'altra mira , e pro-
priamente per riguardi di pubblica utilità . Laonde , se anche
per alcune categorie di diritti acquisiti è stabilita una speciale
procedura , od una massima speciale rispetto a questo o quel
punto del processo , come p. es . rispetto al foro del contratto ,
all'arresto del debitore , devesi ritenere bensi che i contraenti
intendano prevalersi di quelle particolari disposizioni , ma
non si deve in pari tempo perdere di vista che , attesa appunto
la natura di tali disposizioni , i contraenti medesimi non pos-
sono non subordinare la loro aspettativa alla conservazione
della legge processuale vigente al tempo del contratto, in modo
di non aver ragione di dolersi come di una sofferta ingiustizia ,
se quella legge venga in seguito ad essere cambiata . In tesi ge-
nerale : le nuove leggi processuali si applicano ad ogni caso da esse
294 PARTE SECONDA

contemplato , che sotto il loro impero si verifichi , in qualunque


tempo sia stato acquistato il diritto di cui si tratta , e tanto se la
nuova legge sia più favorevole della precedente a chi fa valere
un dato diritto, quanto nella ipotesi contraria.
In tesi generale diciamo : imperocchè l'applicazione imme-
diata di una nuova legge processuale non può essere scompa-
gnata dal riguardo agli atti di procedura già compiuti per
avventura dai privati sotto l'impero della legge anteriore . In
certi casi , che a suo tempo noi cercheremo di determinare ,
il compimento di un atto procedurale fa acquistare il diritto
all'effetto corrispondente. Esiste cioè un vero e proprio diritto
quesito procedurale, che limita il principio generale suesposto,
nella sua concreta applicazione : del qual diritto quesito non
è questo il luogo di ragionare.
Similmente , per titolo di estrinseca e accidentale connessione ,
non può reputarsi quesito col diritto il mezzo di prova con
cui dimostrarlo in giudizio. Per verità la dottrina oggi domi-
nante su tale proposito , è contraria ed opposta alla nostra .
Generalmente si ritiene che il diritto alla prova sia insepara-
bile dal diritto da provare , e quesito con questo , mentre noi
siamo convinti invece che per il solo fatto di avere acquisito
un diritto , non si è acquisito in pari tempo il diritto di provarlo
in un dato modo, in caso di contestazione . E noi siamo persuasi
del pari esservi casi nei quali il principio nostro non si può
applicare , ma ciò per ragioni desunte da speciali circostanze
dei casi , le quali a quel principio per nulla contraddicono . Di tali
casi, e in generale della concreta applicazione del principio da noi
fin d'ora propugnato in materia di prova , noi ragioneremo in
altra parte di questa opera. Qui riflettiamo soltanto al manifesto
difetto di essenziale connessione fra il diritto e il modo di

provarlo , al manifesto scambio che si fa comunemente fra il


dirillo alla prova , e il diritto ai mezzi di prova . Per tal motivo
noi non esitiamo ad annoverare i mezzi di prova fra quelle ulte-
riori conseguenze di un diritto quesito, che non sono diritti que-
siti esse pure , che impropriamente si designano con quel nome .
CANONI GENERALI 295

Ancora non si possono reputare proprie conseguenze dei


diritti quesiti quelle provenienti da giuridiche relazioni poste-
riori al titolo o fatto acquisitivo dei medesimi , differenti affatto da
questo fatto o titolo, collegate con esso unicamente per la iden-
tità dell'oggetto . Di quelle relazioni l'anterior fatto è soltanto
l'occasione , quelle sono mere conseguenze occasionali di questo ,
non conseguenze vere e proprie. Laonde giustamente afferma
il Theodosiades ( p. 175 ) che la rinunzia , la novazione , la re-
missione , la compensazione dei crediti , devono essere rego-
late dalle leggi del tempo in cui accaddero quei fatti o rapporti
giuridici , e non già da quelle del tempo in cui fu acquistato
il diritto rinunziato , novato o rimesso , o il più antico dei due
crediti compensati . E rettamente altresì la Corte di Casale con
sentenza 22 marzo 1869 (1 ) dichiarò doversi la divisione di una
eredità regolare secondo la legge sotto il cui impero accade, e
non già secondo la legge sotto il cui impero venne acquistata
l'eredità.

§ 6.

Continuazione.

Per l'indole dell'oggetto su cui cadono non possono consi-


derarsi nè effetti nè conseguenze vere e proprie dei diritti
quesiti, nè quindi diritti quesiti esse pure , quelle consistenti
in una data condizione personale , cioè in un dato grado di
personale capacità. Può darsi benissimo che sulla esecuzione
di un contratto eserciti influenza la condizione personale of
un dato grado di capacità di una delle parti o di ambedue , ma
non per questo la legge che su questo proposito vigeva allor-
quando il contratto venne stipulato , può considerarsi come
sottintesa nel contratto medesimo , e sua parte integrante .
Mutando in seguito la legge personale , l'esecuzione del con-

(1) G. I. XXII , 1 , 389.


296 PARTE SECONDA

tratto non può non risentirne l'effetto e adattarvisi. A questo


generale principio sottraggonsi soltanto quei casi nei quali la
condizione personale, il grado di capacità si possano considerare
diritti quesiti di stato personale , secondo gli speciali principii
che su questo proposito esporremo in altra parte di questa
opera. E talvolta può accadere che un diritto di stato personale
si acquisti per virtù di un rapporto giuridico dipendente appieno
dalla libertà dei privati , come per es. dal contratto di matri-
monio molte leggi fanno nascere la maggior età , diritto quesito
di stato personale che una legge posteriore non può più rito-
gliere . Ma ove il diritto personale di cui si tratta non si possa
reputare quesito in virtù degli speciali principii del diritto.
transitorio personale , la colleganza del medesimo con un rap-
porto giuridico di altra natura , e in particolare con un con-
tratto , non vale certamente a giustificare una diversa e con-
traria opinione . Ciò non già perchè non possa essere interesse
e causa determinante quel rapporto giuridico un dato stato
personale , o grado di capacità dei contraenti o di uno di
questi , ma perchè lo stato e la capacità personale sono , come
già notammo ( v. p . 208 ) , oggetti di libera disposizione del
legislatore , indipendenti affatto dalla volontà e dalle pattui-
zioni dei privati .
Tale è pure l'opinione di Chabot de l'Allier ( vol. I.
p . 31-43 ) e di Grenier ( ap . Chabot de l'Allier ib . p . 41 ) .
E più volte anche i tribuuali sentenziarono in quel senso .
Cosi per es . una sentenza della Corte d'Appello di Rouen del
24 giugno 1880 (1 ) dichiarò che una donna maritata sotto l'im-
pero della consuetudine di Normandia , la quale proibiva alla
moglie di prestar cauzione , potesse prestarla sotto l'impero
del Codice Napoleone , benchè questo suo obbligo non potesse
essere fatto valere sui beni dotali . E parecchie sentenze hanno
pure stabilito la massima che le disposizioni del Codice Napoleone
intorno all'autorizzazione maritale si debbano applicare anche
alle donne maritate sotto differenti principii del diritto consue-

(1) R. G. 2 397. - D. R. 2. 401 .


CANONI GENERALI 297

tudinario , tanto se questi principii fossero più restrittivi di


quelli contenuti in quel Codice , quanto nel caso contrario.
Codesta massima è anch'essa giusta , perchè noi vedremo in
seguito che non meno può essere tolta o ristretta da una legge
nuova , senza ingiusta retroattività , la libertà naturale della
donna maritata sotto un regime matrimoniale che non esigeval
l'autorizzazione maritale , di quello che una legge nuova possa ,
senza ingiusta retroattività , abolire l'obbligo di quella autoriz-
zazione , imposto da una legge precedente . Una sentenza della
Corte d'Appello di Bruxelles delli 11 giugno 1812 ( 1 ) , ed un'altra
della Corte di Cassazione di Parigi del 12 maggio 1814 (2) di-
chiararono che la donna maritata sotto l'impero della consue-
tudine di Normandia , la quale proibiva alla moglie di testare.
senza l'autorizzazione del marito , potesse , dopo l'abolizione
di quella consuetudine , testare liberamente , la quale opinione
pure propugnata dal Chabot de l'Allier ( 1. c. ) , dal Merlin
(R. v. testamen . , sect . 1. § . 2. art. 3 ) , e dal Duranton ( 1 .
n. 53 ) (3) . Invece , due successive sentenze della Corte di Cas-
sazione di Parigi , l'una del 21 Germinale anno 12 (4 ) , l'altra
del 20 Termidoro dello stesso annno (5) , dichiararono che la

(1 ) C. N. 4. 2. 131 .
( 2) R. G. 14. 1. 114. - C. N. 4. 1. 561. - D. R. 10. 142.
(3) Il contrario è però stato deciso dalla Corte d'Appello di Bruxelles ,
con sentenza delli 11 giugno 1812 ( C. N. 4. 2. 131 ) . Non contraddice
invece alle sentenze riferite nel testo una sentenza della Corte di Cassa-
zione di Parigi delli 19 gennaio 1807 ( C. N. 2. 1 , 335. — D. R. 10.
141 ) , la quale dichiarò che una moglie , a cui lo statuto matrimoniale
proibiva di testare senza l'autorizzazione del marito , non possa testare
liberamente in virtù delle leggi del nuovo domicilio da essa acquistato in
seguito a separazione di letto e di mensa. Lo stesso osserva anche il
Chabot de l'Allier ( 1. p . 47 ) . E infatti non si potrebbe ammettere una
tale contraddizione che da chi credesse di potere argomentare , per ana-
logia , dalle dottrine del così detto diritto internazionale privato a quelle
della giurisprudenza transitoria , ma l'erroneità di questa opinione noi
abbiamo già dimostrata precedentemente (v . sopra p. 135 e segg. ) .
(4) R. G. 4. 1ª Part. pag. 142.
(5) Ib.
298 PARTE SECONDA

donna maritata , la quale prima della pubblicazione del Codice


Napoleone avesse litigato in prima e in seconda istanza senza
autorizzazione del marito , non potesse più proseguire la lite
davanti alla Corte di Cassazione se non con quella autorizza-
zione . La stessa massima venne pure sancita poco dopo da una
sentenza della Corte d'Appello di Agen del 7 Pratile anno 13 (1 ) .

S. 7.

Continuazione.

Conseguenze dopo la morte dei disponenti.

Effetti o conseguenze delle disposizioni della legge o dell'uomo,


costitutive di diritti , e occasionate da eventualità posteriori alle
disposizioni medesime , sono per eccellenza gli acquisti di diritti
dopo la morte di colui da cui i diritti provengono , se al
medesimo è superstite colui al quale i diritti sono costituiti. Se
e quando siffatte conseguenze debbansi reputare diritti quesiti ,
in altri termini , se e quando si possa ammettere un diritto
quesito a conseguire qualcosa dal patrimonio di un defunto
per un titolo che risale alla vita di questo , è grave argomento.
della dottrina della retroattività , ove si pensi alla pratica sua
importanza , e alla sua razionale connessione con tutte quante
le più generali premesse della dottrina medesima . Non è però
difficile nè controverso argomento, quantunque gli scrittori so-
gliano trattarne separatamente le varie parti ed aspetti , anzichè
ridurle e collegarle tutte quante a sistema di principî.
Diritti privati contro un defunto si possono acquistare per
titoli inter vivos , e per titoli mortis causa .
Ogni rapporto giuridico , un contratto per esempio, posto in
essere fra due persone , senza riguardo all'eventualità della

( 1 ) Ap. Ch. de l'All . , 1 , p. 44.


CANONI GENERALI 299

morte dell' una o dell'altra di esse , dicesi inter vivos , e molte


volte gli effetti del medesimo possono verificarsi indifferente-
mente durante la vita di entrambe le parti , oppure dopo la
morte di una di esse o d'ambedue . Quando l'una o l'altra di
queste due ultime ipotesi si verifica , l'avvenuta morte non ha
alcuna importanza rispetto al rapporto giuridico di cui si
tratta , imperocchè la persona del defunto è reputata conti-
nuare senza interruzione nell'erede del medesimo . Suppone
bensi quella continuazione e persistenza di persone l'istituto
della successione ereditaria , ma su codesta base il rapporto
giuridico si volge appunto come se gli originari subbietti
dei diritti e degli obblighi fossero sempre superstiti , epperò
quel rapporto conserva fino alla consumazione sua il carattere
di rapporto inter vivos , che aveva da principio .
Mortis causa i diritti si possono acquistare in due differenti
modi.
Talvolta 1 ) l'acquisto è l'effetto di un vero e proprio contratto ,
col quale furono stipulati diritti sotto condizione della premo-
rienza dello stipulante al promittente , e da percepirsi quindi
dalla eredità di questo . E la stipulazione può essere a) di cose
singole , come per es. la dote promessa per dopo la morte del
costituente , e cosi pure la donatio mortis causa del Diritto

Romano , in quanto questa differiva dal legato , oppure b ) di


tutta o di parte dell'eredità , sia in proprietà , sia in semplice
usufrutto , come nel contratto o patto successorio . Talvolta invece
l'acquisto è 2 ) un diritto di successione e di legato , per virtù
di testamento , oppure 3) è un diritto d'eredità , conferito im-
mediatamente dalla legge.
Questi differenti casi vogliono essere da noi distintamente
considerati.

Un contratto da eseguirsi dopo la morte del promittente , è


certamente un fatto acquisitivo complesso , perchè l'acquisto
non ne proviene se la morte dello stipulante non preceda
quella del promittente . Ed è propriamente un fatto acquisitivo
complesso in quanto è condizionato sospensivamente a quella
prevenienza , la quale condizione , giusta l'intendimento delle
300 PARTE SECONDA

parti , non dipende dalla volontà del promittente , onde , in


conformità ai principii esposti sopra ( p . 228) , non è dubbio che
il diritto dello stipulante è quesito fin da quando il contratto è
stato perfezionato . E quesito essendo , nessuna legge posteriore
lo può disconoscere o togliere o scemare , e se anche , per una
strana ipotesi , alla morte del promittente la successione eredi-
taria non fosse più ammessa dalla legge dello Stato come istituto
giuridico , noi non dubitiamo asserire che i contratti di quel
genere dovrebbero in quella ipotesi venire nonostante rispet-
tati . Imperocchè contratti sono , e se è libero al legislatore
il non permetterli , non è del pari in facoltà sua dar loro altri o
minori effetti , che quelli inerenti alla loro giuridica natura ;
il legislatore che permette contratti da effettuarsi dopo la morte
dei paciscenti , si impegna implicitamente a garantirne l'effetto
in quel tempo , e quindi anche a tener fermo rispetto ai paci-
scenti l'istituto della eredità , che egli abolisse per avventura
rispetto a tutti gli altri. Avvenuta questa abolizione , essa
avrebbe certamente la immediata o retroattiva applicazione
propria di tutte le leggi reali , ma al pari di queste dovrebbe
rispettare i diritti che già i privati acquistato avessero col
porre in essere tutti gli atti necessari dal canto loro a tal fine ,
fra i quali diritti quesiti sarebbevi appunto nella ipotesi il diritto
di percepire qualcosa dell'eredità , od anche di ereditare , in
virtù di un vero e proprio contratto richiesto a tal uopo dalla
legge anteriore.
Diversamente stanno le cose rispetto all'acquisto della suc-
cessione per testamento o per legge.
Rispetto a quest'ultimo , egli è chiaro che il fatto acquisitivo
della eredità per virtù della legge , è la morte del de cuius ,
congiunta a un certo grado di parentela del medesimo con uno
dei suoi superstiti . Radici anteriori nella vita di quelle due
persone il diritto in discorso non ha affatto , epperò non è
questa per noi l'occasione di ragionarne.
La successione per testamento è un acquisto mortis causa ,
che ha la sua occasione , anzi il suo fondamento in un atto
anteriore di colui da cui il diritto proviene . Si dovrà perciò
CANONI GENERALI 301

ritenerlo affine agli altri acquisti mortis causa , di cui si parlò


poc'anzi ; vi si potranno in qualche modo applicare i generali
principii esposti precedentemente intorno alle conseguenze dei
fatti acquisitivi ? In altri termini , può egli ritenersi che il
testamento perfetto sia un fatto acquisitivo , da cui l'acquisto
della eredità proviene come una conseguenza , o meglio , che
dal perfetto testamento nasca un diritto quesito , di cui il
diritto del successore testamentario , alla morte del testatore ,
sia uno svolgimento od una trasformazione , e quindi una conse-
guenza avente essa pure carattere di diritto acquisito come
quel primo diritto o promessa da cui proviene ?
Il testamento è anzitutto un atto unilaterale , e ben si può
dire in generale che gli atti unilaterali , benchè compiuti in
conformità alla legge, non possono di per sè soli fare acquistare
un diritto ad altrui. Imperocchè l'atto unilaterale , avente pure
il carattere di costituzione e di trasmissione d'un diritto , non
è veramente che una metà del fatto acquisitivo , il quale di
quella trasmissione si compone , e della accettazione di colui
a cui favore è intrapreso . Ora noi sappiamo (v. sopra p . 233 )
che le distinte e successive parti vere e proprie dei fatti ac-
quisitivi complessi , non si possono considerare come svolgi-
menti e trasformazioni di quelle anteriori , epperò vogliono
essere separatamente regolate ciascuna secondo la propria legge .
Come mai è egli possibile ravvisare nell'accettazione di una pro-
messa altrui , uno svolgimento o una trasformazione di questa
promessa , anzichè un fatto di per sè stante , al pari di quella
promessa medesima ? Già per questo motivo adunque egli è
impossibile argomentare dalla perfezione del testamento un
diritto acquisito , nè del testatore , nè d'altri , alla trasmissione
della eredità agli eredi o ai legatari.
Oltre all' essere una trasmissione unilaterale , incompleta ,
di diritti , il testamento è anche una trasmissione del tutto
eccezionale , e questa circostanza conferma nuovamente la pre-
cedente conclusione . Il testamento , a differenza di tutti gli
altri atti giuridici dell'umana volontà , deve produrre il suo
effetto , cioè dare occasione all'accettazione dell'onorato , dopo
302 PARTE SECONDA

la morte del testatore o trasmittente il diritto , in un tempus


inhabile , come dicevano gli antichi giuristi , perchè , lungi dal
poter mai la trasmissione e l'accettazione coincidere , esse invece
sfuggonsi reciprocamente , e succedonsi l'una all'altra. In ciò ap-
punto consiste la eccezionalità della trasmissione testamentaria ,
confrontata con tutte le altre costituzioni di diritti , sia inter
vivos, sia mortis causa . Conseguentemente , non che addurre la
perfezione del testamento come titolo di un diritto acquisito di
succedere , al testatore medesimo non può attribuirsi diritto
acquisito alla efficacia delle sue disposizioni , ma soltanto in gene-
rale diritto a non aver fatto un atto vano , e ciò ancor soltanto se
e fintantochè la libertà di testare venga ammessa dal legislatore .
Non si può invece quello stesso limitato diritto concepire come
assoluto, come tale cioè che di per sè solo valga ad escludere la
libertà del legislatore di sopprimere o di limitare in qualunque
modo la libertà di testare . Sarebbe infatti leggiero e vano discorso
l'affermare che pel solo fatto di permettere il testamento in
date forme e modi , il legislatore si impegni di fronte a tutti
i viventi , che di tale facoltà faranno uso , a rispettare e far
valere dopo la morte i loro testamenti ; onde io non dubito.
che , se per una strana ipotesi , già fatta poc'anzi in altra
occasione , venisse un giorno abolita la facoltà di testare, questa
nuova legge , d'indole reale , toglierebbe ogni effetto non meno
ai testamenti già fatti , che a quelli per avventura fatti dopo ,
ove la morte del testatore si avverasse durante l'impero di
legge siffatta ; come non dubitai poc'anzi che in quella mede-
sima ipotesi continuerebbero invece ad avere effetto tutti i
contratti mortis causa ei patti successorii posti in essere
prima (1 ) .
Ravvicinando le cose anzidette , se ne può inferire che in
virtù del testamento , perfetto a termini di legge , a ) non è

( 1 ) Il diritto di testare è gius naturale per ragioni affatto estranee al


diritto privato individuale, dal quale erroneamente furono desunti in altri
tempi tutte le obbiezioni contro il medesimo. Veggansi in proposito la
mia Philosophie du droit de succession . Bruxelles 1858. Ma le quistioni di
diritto transitorio sono invece tutte quante quistioni di diritto individuale.
CANONI GENERALI 303

acquisito il diritto a succedere , prima della morte del testatore ;


b) non è acquisito neppure al testatore medesimo il diritto
alla efficacia delle disposizioni testamentarie , c) ma soltanto
al testatore è acquisito il diritto che il suo testamento non si
consideri come atto vano od inidoneo , fintantochè la libertà di
testare sia riconosciuta , e quantunque le condizioni della me-
desima per ciò che direttamente concerne l'atto di testare ,
venissero da posteriori leggi immutate . Tutti canoni codesti i
quali verranno chiariti e sviluppati , là dove ex professo noi
tratteremo del gius transitorio testamentario , sia quanto alla
forma , sia quanto alla sostanza dei testamenti.
Tali sono i generali principii concernenti le conseguenze ,
cioè l'estensione dei diritti acquisiti , dopo la morte dei dispo-
nenti.

Ora ci sembra opportuno confermare quei principii , appli-


candoli ad una importante quistione di diritto transitorio , che
suol essere trattata dagli scrittori in questa occasione .

§. 8.

Continuazione. ·

Il douaire coutumier.

La quistione a cui dianzi alludevamo , è stata agitata spe-


cialmente in Francia , ma non qui soltanto , e la sua importanza
scientifica è manifesta nel discorso della estensione obbiettival
del diritto acquisito .
È la quistione : se la legge francese del 3 maggio 1803 , la
quale aveva regolata la forma e la qualità dei doni da coniuge a
coniuge nel contratto di matrimonio , ed aboliti tutti gli antichi
statuti su questa materia , avesse lasciato sussistere il douaire.
304 PARTE SECONDA

coutumier (1 ) come conseguenza di un matrimonio conchiuso


prima di quella legge (2) , a profitto del coniuge superstite ,
sui beni dell' altro coniuge defunto posteriormente alla mede-
sima. Molti ne trattarono , fra i quali il Chabot de l'Allier
(vol . 2 p. 24 e seg. ) , il quale espone la quistione nel modo
seguente.
I fautori della soluzione affermativa osservano : non potersi
considerare i douaire coutumier come un diritto acquisito di
nessuno dei coniugi , attesochè non si sappia quale di essi
rimarrà superstite all'altro ; - essere il diritto successorio
reciproco dei coniugi , sottoposto all'arbitrio del legislatore
finchè il matrimonio non si disciolga per la morte di uno di
essi, come vi è sottoposta la facoltà di divorziare ammessa dalla
legge sotto la quale il matrimonio è stato conchiuso ; - il si-
lenzio dei contraenti il matrimonio intorno ai lucri del coniuge
sopravvivente , autorizzare bensi a ritenere che essi abbiano
voluto riferirsi alla legge vigente su tale proposito , ma codesta
supposizione non implicare menomamente che i contraenti non
abbiano voluto sottomettersi alla legge vigente al tempo dello.
scioglimento del matrimonio , anzichè alla legge del tempo in
cui il matrimonio è stato contratto ; - doversi ritenere che i
coniugi abbiano tacitamente adottata la legge del tempo in cui
il matrimonio si discioglie , come fu insegnato dal Ferrière (3)
e da altri interpreti del diritto consuetudinario , e fu anche
ammesso dall'antica giurisprudenza , e specialmente dal Tribu-
nale di Tours in due sentenze , l'una del 23 dicembre 1580 ,
l'altra del 17 ottobre 1657 , colle quali fu deciso che i diritti del
coniuge superstite sui beni del coniuge predefunto , essendo

( 1 ) Diritto di usufrutto spettante al coniuge superstite sui beni del coniuge


defunto in virtù della consuetudine (coutume) . Il douaire fissato nel con-
tratto di matrimonio dicevasi préfix. La quantità del douaire coutumier
era varia secondo le varie consuetudini.
(2) E prima anche della legge 17 Nivôse anno II , la quale (art. 61 ) avea
già abolite le leggi e consuetudini anteriori interno alla trasmissione dei
beni per successione o donazione.
(3) Comment. sur la cout. de Paris ( ap. Chabot de l'Allier. Vol. 1. p . 61 ).
CANONI GENERALI 305

il matrimonio stato conchiuso prima della riforma della con-


suetudine della Touraine , e l'altro coniuge essendo morto dopo
questa riforma , si dovessero regolare secondo la consuetudine
riformata , e non secondo la consuetudine antica ; - finalmente ,
essere principio incontrastabile che tutti i diritti successorii
devono essere regolati dalla legge che è in vigore al momento
dell'apertura della successione. - Rispondono gli avversari :
essere il douaire coutumier oggetto del contratto di matrimonio
in virtù del tacito riferimento dei contraenti alla legge vigente
intorno al medesimo , in tutti i punti che essi non hanno re-
golati espressamente nel contratto ; - essere il diritto al douaire
coutumier veramente acquisito dal momento del contratto , e
soltanto l'esercizio del medesimo sospeso fino al momento della
morte dell'uno o dell'altro dei coniugi ; - se cosi non fosse ,
le consuetudini non avrebbero accordato , come accordavano ,
alla moglie diritto d'ipoteca sui beni del marito dal giorno
del matrimonio , anche per quel titolo ; - anche nei patti
successorii differirsi fino alla morte di un coniuge il diritto
del coniuge superstite di succedere al primo , e cionondimeno
tutti convenire che il patto successorio conferisce immediata-
- esservi parecchi giudicati
mente un vero diritto acquisito ;
di autorevoli tribunali in argomenti analoghi a quello della
presente quistione , i quali preferiscono appunto la consuetudine.
a cui tacitamente si riferiscono i coniugi , alla legge successoria
vigente al tempo della morte di uno di essi , e cioè una sen-
tenza di Cassazione del 27 gennaio anno XII , che statuisce
(Chabot de l'Allier , vol . 2 , pag . 51 ) : essere irrevocabile
diritto di chi contrasse matrimonio sotto l'impero della con-
suetudine di Looz , quello di acquistare la proprietà dei mobili
del coniuge al quale è sopravvissuto , secondo il disposto di
quella consuetudine » ; un'altra sentenza di Cassazione delli 8
Pratile anno XII , pronunziata conformemente all'avviso del Pro-
curatore Generale Merlin , che statuisce ( ib . pag . 55) : « essere
diritto irrevocabile di chi contrasse matrimonio sotto l'impero
della consuetudine di Lovanio , quello di ottenere l'usufrutto
degli immobili , e la proprietà dei mobili lasciati dall'altro
GABBA Retr, Legoi, v. I. 20
306 PARTE SECONDA

coniuge predefunto , a tenore di quella consuetudine » ; una


sentenza della Corte d'Appello di Treviri del 5 gennaio 1807
( ib . p . 63 ) , la quale dichiara : « non essere cessato per la pub-
blicazione del Codice Napoleone il diritto attribuito dalle con-
suetudini dell'antica contea di Reifferscheid al coniuge diventato
tale sotto l'impero di essa , di acquistare la proprietà del mo-
biliare compreso nella comunione matrimoniale , nel caso che
sopravvivesse all'altro coniuge ; una sentenza della Corte d'Ap-
pello d'Angers , 30 agosto 1808 ( ib . pag . 61 ) , nella quale è di-
chiarato che il douaire coutumier , stabilito dalla consuetudine.
dell'antica provincia di Anjou , spetti alla vedova , maritatasi sotto
l'impero di questa consuetudine , benchè il marito sia morto sotto
l'impero del Codice Napoleone ; - finalmente la stessa opinione
essere stata propugnata dal Grenier ( Des donat . et des testam .
2. pag. 470), il quale affermò che : « il douaire coutumier della
moglie è un diritto acquisito di questa fin dal giorno del ma-
trimonio , come se vi fosse stata una esplicita convenzione ,
della quale la disposizione della legge è un equivalente, quan-
tunque l'aprimento di un tale diritto successorio sia fatto di-
pendere dalla condizione della sopravvivenza della moglie al
marito ».

La seconda opinione è anche propugnata da Herrestorff ( pa-


gina 124 ) , da Georgii ( pag . 179 ) , da Schaaf ( pag. 268 ) , dal
Tonso ( pag. 345 ) , e oltre che dalle citate sentenze , è pure

stata proclamata da una sentenza della Corte Superiore di


Bruxelles 13 marzo 1823 (1 ) , da un manifesto del Reale Senato
di Savoia 20 settembre 1823, dalla legge transitoria virtember-
ghese del 1814 ( §8 , v. sopra pag. 95) , e dall'articolo 14 della
legge transitoria del Ducato di Arenberg del 28 gennaio 1808
per la introduzione del Code Napoléon (2) . Fra gli scrittori è
solo a rifiutarla , senza però combatterla , il Wächter ( vol . 2 ,
pag. 177 nota 25) . Noi pure la preferiamo, per ragioni conformi
appieno ai generali principii propugnati più sopra .

( 1 ) Ap. Merlin , Rep. Gains de survie , p . 257.


(2) Riferito da Bergmann , nota 424 .
CANONI GENERALI 307

Il diritto di usufrutto , cha formava l'oggetto del douaire


coutumier , era bensi stabilito dalla legge , ma faceva parte del
contratto di matrimonio , cioè formava vero e proprio oggetto
di questo , sia perchè è generale principio che lex transit in
contractum ( v. sopra p . 275 ) , sia perchè quel diritto era ve-
ramente acquisito allo stipulante fin dal momento della con-
clusione di quel contratto . Non era più infatti in potere del
marito disporre altrimenti dell' usufrutto dei beni assegnati
alla moglie eventualmente come dovario , ed anzi la moglie.
era assistita da ipoteca sui beni del marito , durante il matri-
monio , a guarentigia di quel diritto di usufrutto . O lo si con-
sideri quindi come donazione mortis causa irrevocabile , o lo
si consideri come una successione ereditaria contrattuale , egli
è certo che la legge permetteva di contrattare su quel diritto ,
e che i coniugi contrattarono , tacitamente bensi , intorno al
medesimo , cioè operarono un vero e proprio acquisto da
farsi valere dopo la morte dell'obbligato , validissimo come
tale e benchè tale , giusta i principii da noi esposti nel
paragrafo precedente. E a noi pare che anche il Savigny suf-
fraghi tale avviso , affermando ( pag . 497 ) che la successione
dei coniugi «< in quanto è semplice svolgimento e ulteriore effetto
di rapporti giuridici patrimoniali già esistenti durante la vita ,
si regola secondo la legge del tempo in cui quei rapporti
vennero posti in essere » . Imperocchè risale appunto il dovario
della vedova ad un diritto da lei acquistato già fin dalla con-
clusione del matrimonio , ed assicuratole durante la vita del
marito per tacito effetto del contratto matrimoniale.

§ 9.

Continuazione.

Effetti dei diritti acquisiti rispetto ai terzi .

Nel suo esercizio un diritto quesito può trovarsi in collisione


con diritti consimili o diversi di terze persone , aventi per og-
308 PARTE SECONDA

getto le medesime case . Vi hanno qui due o più rapporti


giuridici , distinti e indipendenti tra di loro , collegati soltanto
dalla comunanza dell'oggetto . Manifestamente questa colleganza ,
affatto estrinseca , non impedisce che i subbietti di quei diritti
distinti e indipendenti , siano terzi gli uni di fronte agli altri .
E come res inter alios acta , tertiis nec prodest nec nocet , ne
consegue che i veri e proprii effetti de' diritti quesiti , o le con-
seguenze loro aventi anch'esse carattere di diritti acquisiti se-
condo i principii esposti precedentemente , non possono essere
per nulla scemati da diritti di terze persone, acquisiti dopo sui
medesimi oggetti . In altri termini , fra persone che sono terze le
une di fronte alle altre rispetto ai medesimi oggetti , il diritto
anteriore prevale al posteriore collidente con esso , in tutta
quella estensione di effetti e di conseguenze che al primo è
assegnata dalla legge sotto il cui impero venne acquistato . Il
conflitto però fra successivi diritti sul medesimo oggetto suol
essere considerato e regolato dalle leggi , le quali definiscono
quali effetti ciaschedun diritto possa avere rispetto ai terzi ,
cioè ai diritti collidenti di questi. E tale provvedimento legi-
slativo consiste nello assegnare a ciaschedun diritto i suoi
proprii confini , cioè nello scemare più o meno i naturali effetti
del diritto anteriore a vantaggio del diritto posteriore . Così
p. es . gli articoli 1080 , 1088 , 1235 , 1308 , 1511 , 1553 , 1787
del Codice civile italiano , appongono a condizione della effi-
cacia sui terzi della rescissione , o revocazione, o risoluzione di
differenti contratti , l'essere stata la relativa domanda giudiziale.
trascritta anteriormente all'acquisto di quei terzi . Il canone
adunque poc'anzi formulato si traduce in quest'altro , che un
posteriore diritto di un terzo , collidente con un anteriore diritto
quesito , non può limitare , nè scemare , nè modificare quest'ul-
timo in misura diversa da quella stabilita dalla legge sotto il
cui impero esso venne acquistato , cioè più generalmente par-
lando : la collisione di diritti quesiti , distinti e separati, rispetto
ad un medesimo oggetto , viene regolata rispetto a ciascuno di
essi dalla legge vigente in proposito allorquando il diritto ante-
riore è stato acquistato. Per tal guisa il rapporto in cui ogni
CANONI GENERALI 309

diritto quesito devesi trovare di fronte ad eventuali diritti po-


steriori collidenti , viene a far parte integrante di ciaschedun.
diritto , fin dal momento in cui esso venne acquistato , e in
virtù di una sola e medesima legge . E nessun principio è più
giusto e più ragionevole di questo.
Molte ne sono le applicazioni tanto nella cerchia del diritto
delle obbligazioni , quanto in quella del diritto reale , e in
quella delle relazioni fra il diritto delle obbligazioni e il di-
ritto reale . Dà per esempio occasione ad applicare l'esposto
canone il concorso dei creditori nel giudizio di graduazione ,
più particolarmente la graduazione dei creditori ipotecari , e
cosi pure l'efficacia della risoluzione di un acquisto immobi-
liare sui terzi acquirenti di diritti reali sull'immobile , e la
preferenza da darsi ad uno fra varii acquisti di una stessa
cosa materiale , collidenti fra loro . E tutti quanti gli scrittori
del gius transitorio hanno contemplato e risoluto quistioni di
tal genere , ma fra le quistioni transitorie più diversamente riso-
lute , e in cui minore è la concordanza delle opinioni , e meno
frequente la coerenza di ogni singolo scrittore con sè me-
desimo , v'hanno certamente anche queste. Lo che si deve al
non solersi l'intiera materia in discorso nella totalità sua con-
siderare , prima di scendere ai particolari aspetti della mede-
sima , nè un generale principio , che tutta quanta la domini ,
collocare in una completa introduzione teorica alla giurispru-
denza transitoria . Noi confermeremo e chiariremo viemmeglio
gli esposti canoni generali nella parte applicativa o pratica di
quest'opera .
Qui soggiungiamo soltanto che un solo scrittore contraddice
apertamente alla suesposta dottrina in tutta la sua generalità ,
ed è il Georgii.
Opina il Georgii che qualunque conseguenza di un negozio
giuridico possa essere sottoposta alla legge nuova , sotto l'im-
pero della quale si verifica , e non debba quindi venir con-
siderata come diritto acquisito contrattuale , allorquando il
negozio giuridico , e il diritto che ne discenderebbe in virtù
dell'antica legge , collidano per modo con un negozio giuridico
.
310 PARTE SECONDA

posteriore a questa legge e con un diritto nascente da essa ,


che l'uno o l'altro negozio o diritto debba essere sacrificato .
Imperocchè , egli dice , quando si verifica una collisione di
tal natura , l'applicazione della legge nuova a tutti gli in-
teressati è la cosa più naturali , e quindi più giusta . Ed egli
applica codesto suo principio al caso che in una procedura di
espropriazione si debbano collocare sul fondo espropriato
crediti ipotecari di varia data , parte anteriori , parte posteriori
ad una nuova legge intorno all'ordine di priorità fra le ipo-
teche. Se per es . , egli dice , una legge ha statuito che l'ipo-
teca tacita legale debba concorrere colla ipoteca pubblica a
norma di data , e poi una legge nuova pospone in generale
le ipoteche tacite legali alle pubbliche , e in una procedura di
espropriazione avviata sotto l'impero della legge nuova con-
corrano due ipoteche , l'una legale acquistata anteriormente ,
l'altra pubblica , iscritta posteriormente all'attuazione della
legge nuova , la prima dovrà perdere la sua priorità legale a
vantaggio della seconda. E tale dottrina venne da Georgii
anche introdotta nella legge transitoria Virtemberghese del 1814
(§ 7. v. sopra pag. 96 ) .
Ma , nonchè approvare le precedenti disposizioni del Georgii ,
noi duriamo persino fatica a comprendere come mai questo
valente giureconsulto abbia potuto scorgere una collisione fra
i due crediti ipotecari che egli contrappone . Imperocchè egli
è evidente che il primo creditore ha il diritto acquisito di pas-
sare innanzi per ragione di tempo a qualunque altro il quale
abbia una ipoteca pubblica posteriormente acquistata sotto
l'impero di qualunque nuova legge , e , ciò posto , egli è evi-
dente del pari che il secondo creditore non può pretendere di
passare davanti se non a quei creditori della prima specie , la
cui ipoteca tacita legale sia stata acquistata dopo l'attuazione
della legge nuova (1 ) .

(1 ) Anche la Redazione dell'Archiw für die civilistiche Praxis ( 3º vol. ,


fasc. 2°, pag. 187 , nota a) combatte la suesposta dottrina di Georgii , e
con ragioni sostanzialmente identiche alle nostre , conchiudendo che « una
CANONI GENERALI 311

Meno estesa nella sua cerchia d'applicazione , ma altrettanto


erronea quanto l'opinione del Georgii , è la dottrina del Rin-
telen ( p . 50 ) , che un contratto possa essere impugnato da un
creditore di uno dei contraenti , diventato tale dopo la stipu-
lazione del contratto , e in base ad una legge posteriore del
pari a quest'ultimo . E fra le parziali applicazioni della dottrina
contraria alla nostra , fatte nella giurisprudenza italiana , vo-
glionsi fin d'ora rammentare una sentenza della Corte d'Ap-
pello di Venezia , 4 giugno 1878 (1 ) in materia d'interessi
ipotecari , e un' altra della Corte d'Appello di Roma , 1 ° luglio
1882 ( 2) , in matnria di privilegio dell ' Erario per titolo di arre-
trati d'imposta fondiaria.
Non è poi a confondersi col discorso degli effetti dei diritti
quesiti rispetto ai terzi , quello della impossibilità di un acquisto
diretto a pro di terze persone . Ma non è inopportuna occasione.
lo avvertire in questo punto anche siffatta impossibilità. Essa
non ha bisogno di dimostrazione ; terzi non possono desumere
diritti da fatti ai quali non hanno concorso , per l'ovvia ragione
che per essi non esiste fatto acquisitivo . I fatti acquisitivi infatti
noi sappiamo dover essere posti in essere da coloro medesimi che
ne profittano , quando non ingenerino diritti per mera volontà
della legge . Giustamente il Chabot de l'Allier ( 1. 42 ) insegna
quindi che, se all'atto del matrimonio i coniugi avessero stipulato
che le loro successioni si dovessero dividere fra i loro figli ,
conformemente alle disposizioni delle consuetudini allora esi-
stenti , questa stipulazione non impedirebbe che la successione
dei figli venisse regolata da una legge differente , la quale fosse
in vigore all'epoca della morte dell'uno o dell'altro dei coniugi.
Imperocchè , non intervenendo i figli nel contratto di matri-
monio dei loro genitori , i loro diritti non possono mai essere

insolubile collisione di diritti acquisiti in tempi differenti secondo differenti


legislazioni , non esiste, e che il sacrificare o il diminuire con tal pretesto
un diritto acquisito sotto la tutela d'una legge anteriore , è una impossi-
bilità giuridica » .
(1 ) Temi Veneta III , 365.
(2) F. I. 1882.
312 PARTE SECONDA

considerati come vere e proprie conseguenze di quel contratto .


Ciò che il Chabot ha detto nella ipotesi da lui fatta , varrebbe
certameute anche di fronte a chi affermasse essere la succes-
sione dei figli ai genitori , secondo la legge successoria del
tempo in cui il matrimonio dei genitori venne conchiuso , una
consegnenza del contratto di matrimonio, un diritto dei geni-
tori medesimi , acquisito tacitamente in virtù del gius vigente.
al tempo in cui quel contratto venne posto in essere .

§ 10.

Dei modi di esecuzione e di assicurazione dei diritti acquisiti.

Afferma il Merlin ( 1. c. Sect . III , § 3 , art . 3 , n. 11 ) che


la legge può sottoporre ogni specie di diritti acquisiti , a
quelle formalità , cautele (diligences), e condizioni che le piac-
ciano . Locchè in altri termini significa essere retroattive , cioè
applicabili anche ai diritti già quesiti tutte le nuove forme o modi
stabiliti dalla legge circa la loro esecuzione od esercizio .
Codesta massima del Merlin è giusta nella generalità sua ,
ma abbisogna di essere ben precisata nei suoi obbietti , senza
di che ella potrebbe facilmente avere per effetto di revocare
in dubbio o contraddire ogni più sicuro canone della dottrina
delle retroattività , e lo stesso concetto del diritto quesito .
1 modi e le forme , a cui allude il Merlin , e a cui noi pure
alludiamo ora , s'intendono non avere rapporto coll'oggetto
del diritto quesito , non essere cioè parti od elementi delle.
prestazioni della persona obbligata , o degli atti dell'avente
diritto , nè quindi immedesimati con questi. Le forme o i modi
di esecuzione o di esercizio di un diritto che accompagnano
gli atti sia dell'obbligato , sia dell'avente diritto , epperò fanno
una cosa sola con questi atti medesimi , e con questi costitui-
scono l'oggetto del diritto , non possono manifestamente essere
regolati da altra legge fuorchè da quella sotto il cui impero venne
acquistato il diritto di che si tratta. Sono forme , o modi , ai
CANONI GENERALI 313

quali , per la stretta colleganza colla sostanza , cioè coll'oggetto


o effetto del diritto , applicasi il detto : forma dat esse rei,
sicchè a parte dalla sostanza o dall' effetto del diritto non si
possono considerare , nè regolare con una legge differente . E
ciò dicasi tanto se si tratti di forme che accompagnano gli
effetti veri e proprii , oppure le conseguenze , quesite anch'esse ,
dei diritti quesiti , secondo i principii dimostrati precedente-
mente.
Onde giustamente la Cassazione di Torino in una sentenza
22 marzo 1882 (1 ) dichiarò essere la esecuzione dei contratti
esclusivamente regolata dalla legge vigente all'epoca della loro
stipulazione. Ed erroneamente invece il Rintelen (p . 32) afferma
doversi l'esercizio dei diritti regolare secondo la legge sotto il
cui impero ogni singolo atto relativo viene posto in essere .
Dalla quale erronea premessa egli desume la non meno erronea
tesi che il decidere se la separazione oppure la percezione dei
frutti ne faccia acquistare la proprietà , dipenda dalla legge
vigente in ogni singolo caso di separazione o di percezione .
Non ha riflettuto il Rintelen che il preferire l'una o l'altra di
quelle due dottrine è sempre un determinare o misurare in
questo o quel modo la estensione o quantità obbiettiva del
diritto ai frutti , la quale determinazione non è indifferente a
chi conferisce o acquista quel diritto , e deve essere fatta in
modo invariabile all'atto di tale conferimento od acquisto. Il
quale riflesso vale in ogni altro caso o quistione di quel genere ;
si può cioè sempre dire che il modo di esercitare o eseguire
un diritto , cioè la qualità e le condizioni tutte , e di qualunque
genere , degli atti da cui l'esercizio od esecuzione risulta , co-

stituiscono in pari tempo l'essere di questi atti , e l'oggetto o


sostanza del diritto , nè possono quindi da altra legge venir
regolate se non da quella , sotto il cui impero il diritto venne
acquistato , senza negare e rendere del tutto vano il principio
della inviolabilità dei diritti quesiti .

( 1 ) M. T. 1882.
314 PARTE SECONDA

Unica eccezione all'anzidetto canone offrono quei modi di


esecuzione dei diritti che per natura loro si collegano diret-
tamente con istituzioni di pubblico ordine . Come tali essi ri-
sentono l'immediata azione di ogni nuova legge intorno alla
pubblica istituzione con cui sono collegati , e mutano corri-
spondentemente. Cosi , per esempio , mentre , come vedremo in
altra parte di quest'opera , la solutio o pagamento delle obbliga-
zioni , va in tutlo regolata secondo la legge del tempo in cui
la obbligazione venne costituita , i mutamenti però che vengono
introdotti nel sistema monetario dello Stato , esercitano indiffe-
rentemente la loro efficacia sui diritti a prestazioni di danaro ,
quesiti prima o dopo l'attuazione di tali nuove leggi. È questa
una necessità di fatto, anzichè di ragione , e lo stesso può dirsi
di tutti i consimili casi . Ma come semplice necessità di fatto essa
devesi conciliare colle razionali esigenze , epperò la inevitabile
osservanza delle nuove leggi intorno al sistema monetario non
è d'ostacolo , e deve andar congiunta col rispetto dei diritti
quesiti , regolando in tal guisa l'uso della nuova moneta nel
soddisfacimento di quelli , che l'intrinseco valore pecuniario dei
medesimi rimanga incolume . Sul quale argomento pure ritor-
neremo in altra parte di quest'opera. Che se per l'indole della
innovazione monetaria riesca impossibile conciliare il rispetto
di questa coll'integra prestazione del valore intrinseco pecu-
niario del diritto quesito , si avrà bensi in questo caso una
vera offesa del diritto quesito , nella sostanza sua , e una vera e
propria deroga ai suesposti principii , ma per volontà del legi-
slatore , cioè per virtù di una legge essenzialmente retroattiva .
Cosi per es . , introdotto il corso forzoso di carta- moneta dello
Stato , egli è certo che questo nuovo modo di pagamento ap-
plicasi non meno ai debiti anteriormente costituiti , che a quelli
costituiti dopo , e che questa applicazione non può farsi rispetto-
ai primi , suppleudo al valore effettivo della carta-moneta la
differenza col valore nominale , chè altrimenti verrebbe frustrato
lo scopo della nuova legge monetaria . Ma appunto per ciò sif-
fatta lesione dei diritti quesiti è tutta ed esclusiva opera del
legislatore , e non trova nessun appoggio nella dottrina transi-
CANONI GENERALI 315

toria circa le forme e i modi di esecuzione dei diritti. - Si-


milmente una legge che autorizzi la temporanea sospensione
del pagamento di certi debiti , la cosi detta moratoria , applicasi
bensì anche ai debiti anteriormente contratti , la cui scadenza
avverisi dopo la sua attuazione ; ed anche questa è retroattività
voluta dal legislatore , e tutt'altro che applicazione di una pre-
tesa distinzione fra i modi e le forme delle prestazioni obbli
gatorie e la sostanza di queste , distinzione inammissibile non
meno in generale ed in astratto , che nella speciale e concretal
dottrina della retroattività.
Modi o forme di esecuzione o esercizio dei diritti che una
legge nuova può regolare anche rispetto a diritti anteriormente
quesiti , sono atti , o formalità , o condizioni di atti , che la legge
impone o permette alle persone fra le quali una relazione giu-
ridica intercede, e durante l'esercizio od esecuzione di questa , al
di là delle singole prestazioni che formano il vero e proprio
oggetto od effetto del diritto e dell'obbligo , sia a) per assicurare
quelle prestazioni medesime , e quindi in generale il fine utile
della relazione giuridica ; sia b ) per conciliare i diritti e gli
obblighi nascenti dalla relazione giuridica coll'interesse che terze
persone abbiano sul medesimo oggetto di questa , o con un qua-
lunque interesse generale della società civile. Le leggi che pre-
scrivono modi o forme di tal genere, devono essere applicate non
solo ai casi futuri , ma anche ai diritti già quesiti , in quanto
ciò sia possibile a farsi.
Sono modi o forme quelle di cui parliamo , che si aggiun-
gono bensì ai veri e proprii effetti dei diritti quesiti , ma che
con questi non si possono confondere , se anche in un più
generale significato della espressione effetti dei diritti si pos-
sano comprendere, e realmente non di rado vengono compresi .
Non si possono confondere , come non si confondono gli organi
accessori e complementari con quelli essenziali di un tutto or-
ganico , nè la sostanza propria di un ente coi legami che lo
collegano ad un altro differente , nè il rimuovere un ostacolo
od un pericolo col raggiungimento diretto di un fine. Sono
forme anch'essi , quegli atti o prestazioni , dell'agire in virtů
316 PARTE SECONDA

di un diritto quesito , considerato questo agire nella tota-


lità sua , in ordine al fine ultimo suo , anzichè nelle singole
sue parti , che hanno pure le proprie forme o modi , laonde
domina nelle prime la ragione di opportunitá , mentre domina
invece nelle seconde la ragione della necessità , e propriamente
.
necessità razionale. E sono anche i modi di agire , gli atti
di quella prima specie, sorgente di diritti da persona a persona ,
ma non di diritti che si possano mai reputare acquisiti , nel
senso proprio di questa parola . Imperocchè mentre sono pedis-
sequi sempre a diritti acquisiti , tali sono però sempre , con-
trapponendosi a questi non solo come accessorii ed esteriori
complementi , ma eziandio , e ciò che più monta , come interessi
e fini , che o non riguardano direttamente nessuna delle persone
fra le quali il diritto intercede , oppure non si collegano affatto
in modo razionale e necessario coll'interesse e col fine proprio
della giuridica relazione. E in ciò appunto risiede il motivo
della retroattività delle leggi concernenti siffatti modi o forme.
Sono leggi codeste piuttosto regolamentari che organiche dei
singoli istituti giuridici ; che emanano provvedimenti piuttosto
che non costituiscano diritti acquisiti ; che hanno di mira
l'interesse generale , cioè l'ordine della civile convivenza , anzichè
il privato interesse ; che hanno assai più affinità colle leggi di
procedura , poichè statuiscono anch'esse un dato modo di pro-
cedere , che non colle leggi attributive di diritti , o sostantive ;
epperò sono per loro natura retroattive , cioè non si può
mai obbiettare contro l'applicazione loro un preteso diritto
quesito , desunto da una consimile legge anteriore , abrogata.
Codesta retroattività delle leggi concernenti le semplici
modalità di esercizio dei diritti, è un importantissimo com-
plemento della dottrina del diritto acquisito. Questo fonda-
mentale concetto viene cosi a ricevere una nuova determina-
zione , e propriamente viene cosi a meglio chiarirsi la dottrina
degli effetti e delle conseguenze dei diritti , a cui ultimamente
eravamo giunti per via di successive analisi e determinazioni
del concetto generale di diritto quesito. D'ora in avanti adunque
è per noi un canone da non perdersi di vista nelle controversie
CANONI GENERALI 317

pratiche transitorie , quello dell'applicazione immediata ai di-


ritti quesiti , di ogni nuova legge concernente semplici modalità
di esecuzione o di esercizio di quei diritti , in quanto ciò rimanga
possibile a farsi.
Certa è poi la piena consonanza di un tal canone , inteso nel
suesposto modo , coi principii esposti più sopra sia intorno al
concetto del diritto quesito in generale , sia intorno alle re-
lazioni del diritto quesito coi fatti acquisitivi , sia intorno ai
suoi effetti ed alle conseguenze . In tutti quei ragionamenti
il criterio dominante fu per noi sempre quello della sostan-
zialità del diritto quesito, sceverato da ogni elemento estrinseco
e accidentale . Perciò noi assegnammo successivamente al diritto
quesito i caratteri di attributo individuale , di utilità privata ,
di elemento del patrimonio , di necessità logica di mezzo a
fine , di padronanza , circoscritta bensì dentro la sfera dei veri
e proprii effetti , ma estesa non meno agli effetti mediati , 0 o
conseguenze , che agli immediati . Ora il dire che l'oggetto del
diritto quesito , in ogni fase della attuazione di questo , in
ogni specie di effetti e conseguenze da lui inseparabili , si cir-
coscrive ulteriormente dentro la cerchia degli atti e delle pre-
stazioni propriamente ed essenzialmente , cioè razionalmente ,
costitutive di quegli effetti o conseguenze , è manifestamente
uno schiarimento ulteriore della sostanzialità del diritto que-
sito , aggiunto a quelli richiamati dianzi , e complementare dei
medesimi.
E più particolarmente ancora , la esposta dottrina delle mo-
dalità di esercizio dei diritti quesiti è determinazione della so-
stanza e degli effetti del diritto acquisito , in quanto quelle ,
anzichè dalla esposta volontà degli individui , emanano dalla
legge . Se cioè noi dicemmo sopra (vedi pag . 274 e 275 ) che
l'essere gli effetti e le conseguenze del diritto acquisito dichia-
rati dai disponenti oppure statuiti dalla legge nel silenzio di
quelli , non decide della natura della colleganza fra il secondo ed
i primi , poichè questi dall'una e dall'altra fonte si possono
contemporaneamente ed egualmente desumere ; cosi ora dob-
biamo soggiungere che quegli effetti legali dei diritti quesiti ,
318 PARTE SECONDA

i quali hanno natura di semplici modalità dell'esercizio di questi,


non si devono mai considerare come effetti o conseguenze loro so-
stanziali e inseparabili . In realtà nelle costituzioni volontarie di
diritti , siano unilaterali , siano bilaterali , e in queste ultime spe-
cialmente , non soglionsi affatto contemplare i provvedimenti re-
golamentari di cui andiamo parlando. In un contratto di società
mercantile, per esempio , nulla si suole specificare nè circa la pub-
blicità degli atti sociali , nè circa i doveri degli amministratori ri-
spetto ai soci , o dei singoli soci di fronte alla società nella durata
di questa , nè circa nessun altro punto dell'interno ordinamento
o sistema della società . E con tale silenzio i disponenti e con-
traenti rimettonsi bensi in modo tacito alla legge , ma non
perchè essi intendano di fissare per sempre per sè e fra sè le
forme di agire statuite dalla legge vigente , bensi perchè
comprendono di non avere interesse nè ragione di preferire.
una data forma piuttosto che un'altra , e che il dar norme in
proposito è di esclusiva spettanza della legge , cui pertanto
lasciano piena libertà di emanare provvedimenti nuovi , e
di modificare gli esistenti , ogni qualvolta e nel modo che le
sembri opportuno . È questa , in altri termini , una parte di di-
ritto legale , che non può mai assumere natura di diritto que-
sito per via di tacito richiamo , a cui cioè il noto canone lex
transit in contractum non può mai venire applicato .
Non crediamo difficile l'applicazione pratica della dottrina in
discorso .

Anzitutto notiamo che la pratica importanza della medesima


non è eguale in tutte le parti del diritto , in tutte le specie
degli istituti giuridico -privati .
Gli istituti giuridici , che in pochi atti determinati consistono
e si consumano , prestano manifestamente assai minore occasione
a provvedimenti regolamentari , a prescrizioni legali circa le
modalità di esercizio , di quello che gli istituti complessi e di
lunga durata o indefinita. Imperocchè in ragione appunto della
maggiore complessità e della più lunga durata , della più grande
estensione cioè nello spazio e nel tempo , crescono i punti di
contatto fra i diritti di due o più persone determinate , e gli
CANONI GENERALI 319

interessi dei terzi e della società intiera , crescono gli stessi

pericoli pei diritti di quelle persone , e quindi si aumentano pel


legislatore le occasioni di intervenire a tutela di quegli interessi
e diritti. Una società anonima , per esempio , offre manifesta-
mente , per le anzidette ragioni , molto maggior campo a prov-
vedimenti di quel genere, di quello che un contratto di permuta
o di deposito , e l'enfiteusi del pari un campo assai maggiore
che non la donazione . E questa è la ragione per cui più d'uno
scrittore del diritto transitorio fu tratto a considerare e costi-
tuire a parte i così detti diritti di effetto continuato , come
soggetti eccezionalmente all'azione di ogni legge nuova in ge-
nerale . Dottrina che qualche tribunale ebbe pure ad accogliere ,
e , per esempio , la Cassazione di Firenze in una sentenza 22
febbraio 1875 (1 ) , dove si legge che « i diritti dipendenti dalla
legge ed esercitantisi in tratto progressivo possono essere sempre
modificati dal legislatore » . Dottrina erronea e inammissibile.
nella generalità sua , come quella che a nessun motivo razio-
nale si appoggia , e sovverte invece tutta quanta la teoria della
retroattività ,nè altra sorgente ha fuorchè una svista ed una
confusione di idee , cioè lo avere scambiate le disposizioni di
legge , concernenti le semplici modalità di esercizio dei diritti
acquisiti , coi veri e proprii effetti o conseguenze sostanziali
di questi. Già sopra ( pag . 234 ) noi abbiamo additato quei
fatti continuati , che per eccezione non hanno carattere di diritti
acquisiti, inviolabili ; più sotto , quando tratteremo della esten-
sione dei diritti acquisiti nel tempo , addurremo un'altra cir-
costanza , che per nuova eccezione sottrae i fatti continuati ai
generali canoni della retroattività delle leggi ; e completeremo
così la teoria di tali fatti nel giure transitorio .
Quantunque però le relazioni giuridiche per loro natura
poco complesse , e di poca durata nel tempo , prestino minore.
occasione ai provvedimenti regolamentari legislativi di cui
andiamo parlando , ed all'azione retroattiva dei medesimi ,
non è a dirsi però che non li comportino affatto . Quando

(1 ) L. XV, 1 , 224.
320 PARTE SECONDA

infatti il legislatore non ha occasione di regolare l'esercizio


diretto ed immediato di un diritto , come lo intesero i
privati o la legge per opera dei quali il diritto fu quesito ,
egli può avere invece occasione di regolarne effetti indiretti
ed eventuali , più o meno remoti . Cosi , per esempio , di qua-
lunque obbligazione si tratti , è possibile la mora in solvendo,
e i definire le semplici modalità della costituzione in mora è
a ritenersi ufficio del legislatore , ed oggetto di un provvedi-
mento regolamentare , applicabile non meno ai diritti già que-
siti , che a quelli da acquistarsi in avvenire. Onde sta veramente
che la dottrina , che ora andiamo esponendo , domina tutto
quanto il campo del diritto , completa tutta quanta la teoria
della retroattività , perchè in qualche misura, varia bensì , a tutte
quante le parti della medesima vi ha occasione di applicarla .
Ancora per comprendere la vera importanza pratica della
dottrina in discorso , e rettamente applicarla , conviene avver-
tire che i provvedimenti legali a cui alludiamo, non conducono ,
neppure indirettamente , ad una nuova e vera e propria utilità ,
che aumenta il patrimonio di qualcuno. Imperocchè , ove que-
st'ultimo effetto si avveri , ciò che la nuova legge accorda è una
facoltà di legge , la quale non si può disgiungere dal diritto
quesito che le porge occasione , epperò non si può applicare
a diritti quesiti anteriori , se l'anterior legge non l'ammetteva ,
come nell'opposta ipotesi non si potrebbe disconoscerla rispetto
a quei diritti , senza sovvertire tutta quanta la dottrina della
retroattività , e specialmente gli esposti principii intorno alle
facoltà di legge ed alle conseguenze dei diritti quesiti ( vedi
p. 254 e 271 ) . In altri termini , le modalità di esercizio dei diritti
si possono desumere dalla legge nuova anche rispetto a diritti
quesiti anteriormente , semprechè non racchiudano , nonchè
nuovi diritti immediatamente attribuiti dalla legge , neppure
facoltà legali di acquistare diritti nuovi . E ciò ebbe a senten-
ziare anche la Corte di Cassazione di Firenze , in una decisione
17 marzo 1869 (1) , nella quale dichiarò : « che le garanzie

(1 ) M. T. xvi , 495.
CANONI GENERALI 321

pattuite in un contratto o concesse dalla legge , anco in man-


canza di patto , per lo adempimento di una obbligazione , co-
stituiscono pel venditore un diritto quesito , che non può es-
sergli tolto da una legge posteriore » .
Veniamo ora a più particolarmente considerare le varie specie
di modalità di esercizio o esecuzione dei diritti , delle quali
andiamo parlando .
Sono esse : a) mezzi o modi onde semplicemente constatare e
accertare un diritto , oppure b ) modi o mezzi onde soltanto.
prevenire l'abuso del diritto , e assicurare il fine della relazione
giuridica , oppure finalmente c ) veri e proprii mezzi assi-
curativi .

Giustamente quindi ad a ) la Corte d'Appello di Venezia , in una


sentenza 21 aprile 1865 ( 1 ) dichiarò doversi applicare anche
alle enfiteusi anteriori all' attuazione del Codice civile italiano
gli articoli 1563 e 2136 di questo Codice intorno al diritto del
concedente l'enfiteusi alla rinnovazione del documento a spese
dell'enfiteuta , e non ostare a ciò il disposto dall'art . 25 della
legge transitoria civile , che le enfiteusi già costituite debbano
essere regolate dalle leggi anteriori.
Ad b) Giustamente pure la legge transitoria 14 dicembre 1882
per l'attuazione del nuovo Codice di commercio statuisce (art. 4)
doversi anche alle società mercantili già esistenti a quell'epoca ,
applicare gli articoli 104, 140, 142, 147, 151 , 153, 163 capov. ,
167 , 172-175 , 177 , 179 , 180 , 183-185 , 246-248 , 250 , perchè
veramente tutti questi articoli sono disposizioni regolamentari ,
e semplici modalità dell'esercizio dei diritti nascenti dalla so-
cietà mercantile.
Ad c) In materia di veri e proprii mezzi assicurativi , bisogna
distinguere quei mezzi i quali consistono in diritti , o facoltà
giuridiche , cioè facoltà conducenti ad aumento del patrimonio
mediante l'acquisto di un diritto , dagli altri. Quanto ai primi , la
legge nuova non può mai applicarsi a diritti quesiti anteriori ,
come ebbe a statuire anche la dianzi ricordata sentenza della

(1 ) A. G. III , 2 , 27.
GABBA Retr. Legg . v. I. 21
322 PARTE SECONDA

Cassazione di Firenze ; ogni diritto dev' essere anche da quel


punto di vista regolato dalla propria legge. E non fa pro-
priamente differenza che si tratti di diritti attribuiti imme-
diatamente dalla legge a scopo assicurativo , verificandosi
un dato pericolo , o pur che si tratti di facoltà di legge .
Laonde , p . es . , se al sopraggiungere di una data contingenza
pericolosa per il creditore , abbia questi il diritto di domandare.
una guarentigia ipotecaria al debitore , si deve sempre decidere
secondo la legge sotto il cui impero il creditore è surto ; del
pari i decidere se il creditore abbia in quel caso diritto
legale ed immediato di ipoteca . E similmente ,
se per mero
scopo di assicurare il diritto proprio abbia il creditore diritto.
di domandare la risoluzione del contratto , devesi decidere.
unicamente secondo la legge , sotto il cui impero il contratto
venne conchiuso . Sono invece mezzi assicurativi dei diritti
governati dalla legge attuale , quelli che mutano bensi le rela-
zioni del creditore e del debitore fra di loro , epperò non si
possono confondere coi semplici mezzi di procedura , ma non
scemano in pari tempo , nè aumentano il patrimonio e il
diritto di nessuno di loro . E tali mezzi e provvedimenti
devonsi applicare indifferentemente ai diritti già acquistati e a
quelli da acquistarsi in avvenire . Cosi , p . es . , la separazione
della dote dai beni del marito , in caso di separazione coniu-
gale , o in altro caso di pericolo corso rispetto a que' beni
dalla moglie , devesi in ogni tempo , e rispetto ad ogni e
qualunque dote , regolare secondo la legge attuale , senza ri-
guardo a leggi anteriori. E del pari la necessità di rinnovare
la iscrizione dell'ipoteca dotale , devesi in ogni tempo desu-
mere dalla legge attuale , qualunque fosse in proposito la
legge sotto il cui impero la dote venne costituita . Sui quali
due ultimi punti noi ritorneremo in altra parte della presente
opera.
Può darsi tuttavia caso , singolarissimo per verità , in cui i
principii dianzi esposti subiscano una deroga , in materia di
assicurazione reale. Se il relativo disposto della legge non con-
cerna una data specie di diritti , ma sia generalissimo ai diritti
CANONI GENERALI 323

d'ogni specie , il legame in cui esso viene a trovarsi co' sin-


goli diritti o contratti è così rilassato , da non potersi consi-
derare come parte integrante , e vera e propria conseguenza
inseparabile dei medesimi , ma piuttosto come provvedimento di
ordine sociale in materia privata , e quindi , e nonostante la
natura del suo oggetto , mutevole col mutar delle leggi , senza
riguardo alle leggi anteriori. Un caso di tal genere , si è
verificato ,
che io sappia , una volta sola , epperò noi non
avremmo avuto motivo neppure di supporlo , senza questo
unico esempio di fatto , nè ora possiamo lasciarci tentare a de-
sumerne un canone scientifico .

È il caso della cosi detta prenotazione ipotecaria , vigente nelle


provincie italiane soggette al Codice civile generale austriaco .
Era dessa una provvisoria iscrizione di crediti non liquidi ,
condizionati o indeterminati , da convertirsi poscia in iscrizione
ipotecaria ,che prendeva data dal giorno della prenotazione .
La si accordava a qualunque creditore di quel genere , benchè
egli non avesse nessun titolo all'ipoteca , nè convenzionale , nè
testamentario , nè legale . Stranissima istituzione davvero , inge-
neratasi piuttosto per virtù di consuetudine forense , che per
espressa disposizione della legge (1 ) .
Or bene , sostituita alla legislazione austriaca l'italiana nelle
provincie d'Italia già suddite dell'Austria , a noi pare che giu-
stamente le disposizioni transitorie civili del 1865 ( art. 36, 38, 39)

(1) Divenne cioè consuetudine nei paesi governati dal Cod . civ. austr. l'in-
terpretare in quel modo l'art . 453 di quel Codice . Quest'articolo però secondo
alcuni giureconsulti darebbe alla prenotazione il carattere di anticipata iscri
zione di un documento ipotecario mancante di alcuna delle formalità volute
dalle norme intorno alle iscrizioni ipotecarie , secondo altri esso potrebbe
giustificare tutt' al più la anticipata iscrizione di un credito munito di un
titolo all'ipoteca , il quale titolo non si potesse ancora provare, ma dovesse
provarsi dopo . Poche quistioni furono più agitate di questa fra gl'inter-
preti del C. C. austriaco. Vedi il riassunto della controversia in un
articolo di Helm nella Vierteljahresschr. di Haimerl , 1855 , p. 268. Quanto
all'uso delle prenotazioni del già regno Lombardo- Veneto , vedi Basevi ,
Annot. prat. al C. C. austr. , 6ª ediz . , p . 185.
324 PARTE SECONDA

abbiano tolto ai creditori il diritto di guarentire ipotecariamente


i loro crediti per via di semplice prenotazione , in difetto di titolo.
alla iscrizione ipotecaria ,invocando la legge austriaca sotto
il cui impero il credito fosse stato posto in essere.
Dicemmo più sopra che le leggi concernenti le modalità di
esercizio dei diritti possono anche avere per iscopo di conciliare
i diritti di coloro fra i quali una relazione giuridica intercede ,
coi diritti dei terzi , oppure con un altro qualunque interesse
generale della società civile .
Rispetto ai diritti dei terzi , abbiamo già parlato sopra (p . 308)
della virtù retroattiva di leggi che hanno propriamente per
iscopo di dirimere il conflitto fra i medesimi , e che lo dirimono
assegnando preferenza ad uno o a taluni di quei diritti , in
confronto degli altri . Ora noi alludiamo invece a quelle leggi ,
che hanno piuttosto per iscopo il prevenire il conflitto fra i
diritti di persone diverse , prescrivendo taluni modi all'eser-
cizio del diritto anteriore . Codesti modi e le relative leggi si
applicano immediatamente , in quanto sia possibile , a tutti
quanti i diritti cui esse concernono , quand' anche quesiti sotto
una legge anteriore , che nulla di consimile prescriveva. Tali
sono ,per esempio , le leggi italiane che vogliono trascritte
in pubblici registri molte azioni di risoluzione , rescissione ,
e simili , di contratti aventi per oggetto cose immobili (arti-
colo 1933 Cod . civ. ital . ) , affinchè possano avere effetto sui terzi
possessori . Mentre quella trascrizione è indubbiamente obbli-
gatoria anche per le azioni nascenti da contratti posti in essere
prima del nuovo Codice civile italiano , e sotto leggi che nulla.
di consimile prescrivevano, non è invece applicabile alle ipoteche
anteriori tacite , attesa la impossibilità del contrario , la uuova
legge della pubblicità di tutte quante le ipoteche. Può tuttavia
il legislatore ordinare appositamente norme e modalità speciali
per la supplettiva pubblicità di diritti reali già costituiti , e rimasti
occulti. E provvedimenti di tal genere si trovano appunto negli
articoli 36-40 delle disposizioni transitorie civili italiane del 1865 .
Rispetto agli altri interessi generali della società , oltre a
quello racchiuso nel rispetto dei diritti dei terzi , la compe-
CANONI GENERALI 325

tenza della legge a ordinare speciali modi dell'esercizio dei


privati diritti , e la retroattività di tali provvedimenti , cioè
l'immediata applicazione loro anche all'esercizio di diritti già
quesiti , non hanno bisogno di dimostrazione . L'affinità colle
leggi tntorie dei diritti dei terzi , è ovvio e sufficiente argo-
mento. Esempi pratici di provvedimenti legislativi di quella
specie non mancano , benchè sogliano presentarsi anche sotto
altro aspetto . Così , per esempio , le leggi intorno al regime
delle società mercantili , nel mentre , come sopra notammo ,
mirano anzitutto a tutelare i soci gli uni di fronte altri
altri , preservano in pari tempo il civile consorzio da gravi
e talvolta gravissimi pericoli economici . E le leggi intorno al
modo di esercitare i diritti reali , specialmente immobiliari ,
la cui retroattività riposa , come dimostreremo in altra parte
di quest'opera , su proprii e speciali principii , sono sempre
leggi tutrici di generali interessi della società civile , collegati
colle cose materiali , e specialmente coi beni immobili .
Qualunque poi sia lo scopo pratico delle leggi concernenti
le modalità d'esercizio dei diritti , importa por mente ad una
conseguenza che siffatte leggi possono avere , e questa osserva-
zione è parte integrante , complemento indispensabile della
dottrina che siamo venuti esponendo , e , con questa e come
questa , della intiera teoria della retroattività . L'inosservanza
cioè d'una semplice modalità d'esercizio di un diritto , può
benissimo trar seco la perdita di questo , ove la legge abbia
fatto codesta comminatoria , epperò la retroattività delle leggi
concernenti le semplici modalità di esercizio dei diritti può tal-
volta indurre una nuova causa di estinzione dei diritti quesiti ,
non contemplata affatto dalla legge sotto il cui impero i diritti
vennero acquistati . Cosi , per esempio , non trascritta un'azione
di risoluzione di un contratto , avente per oggetto beni immo-
bili , va perduto il diritto a rivendicare l'immobile contro di
un terzo che abbia acquistato un diritto sul medesimo , ante-
riormente alla trascrizione , e posteriormente alla attuazione
della legge che prescrive siffatta modalità di esercizio del di-
ritto contrattuale. E non rinnovata in tempo debito la iscrizione
326 PARTE SECONDA

ipotecaria , va perduto il diritto al grado ipotecario , acquistato


vigendo una legge che quella rinnovazione non esigeva.
Questo effetto nulla in sè racchiude che ripugni alla procla-
mata inviolabilità del diritto acquisito , nè quindi vale di per
se solo a far mettere in dubbio la dottrina fin qui esposta .
Imperocchè l'inviolabilità del diritto quesito non è a confon-
dersi colla incolumità del medesimo di fronte a futuri eventi.

La prima significa non potere la legge nuova manomettere il


contenuto o la sostanza del diritto quesito, nè in modo diretto ,
nè in modo indiretto ; ma il diritto inalterato nella sostanza sua ,
può ben perire per circostanze del tutto estrinseche sopraggiunte ,
le quali possono tanto essere mere contingenze di fatto , quanto
leggi nuove inosservate , che soltanto ne regolino l'esteriore
manifestazione od esercizio . Le une contingenze e le altre sono
dello stesso valore e dell'indole stessa , di fronte alla sostanza
del diritto quesito e all'inviolabilità di questo ; e come il le-
gislatore non può assicurare l'incolumità del diritto quesito di
fronte alle contingenze del primo genere , cosi neppure la può
di fronte a quelle del secondo , poichè egli non può , in nessuna
maniera e per nessun pretesto , impegnarsi a non emanare
nuovi provvedimenti , che per avventura gli sembrino necessarii ,
intorno alle estrinseche modalità di esercitare i diritti .

§ 11 .

Continuazione.

Delle pretese conseguenze nuove attribuite dalla legge


ai diritti acquisiti .

L'analisi fin qui da noi condotta circa l'estensione del diritto


acquisito , specialmente in quelle conseguenze le quali si avve-
rano durante l'impero di una legge nuova , ci pone in grado
di giustamente apprezzare una singolare dottrina di alcuni scrit-
tori del giure transitorio.
CANONI GENERALI 327

Afferma il Lassalle (p . 181 ) che le conseguenze affatto nuove


attribuite da una legge ad una data specie di contratti , possono
applicarsi ai contratti di questa specie , anteriormente posti in
essere , purchè il fatto da cui la nuova conseguenza immedia-
tamente proviene , sia totalmente in potere dl colui , il quale
in virtù di questa conseguenza viene a perdere in tutto od in
parte un suo diritto . Ed applicando codesta clausola , egli
opina (p. 192 ) che , introdotto per la prima volta il principio
della revocabilità delle donazioni per la sopravvenienza di figli
al donante , codesto principio non si possa applicare alle do-
nazioni anteriori , come vi si applicherebbe quello relativo alla
revoca della donazione per ingratitudine del donatario , perchè
quel fatto non è al par di questo in potere del donatario .
Anche il Merlin ( Rep . voce eff. retroact. Sect . III , § III ,
art. VI , II ) aveva insegnato prima del Lassalle , che le nuove
cause di risoluzione dei contratti si possono applicare ai con-
tratti anteriori , se derivino da fatti posteriori alla legge nuova,
e dipendano unicamente dalla volontà della parte contro la
quale si deve domandare la risoluzione » .
Vi hanno poi legislazioni moderne , le quali vanno anche più
in là del Lassalle e del Merlin ; per esempio quella del Baden
del 1809 dà esplicitamente efficacia retroattiva alle nuove cause
di estinzione delle obbligazioni ( § IV e XIII , vedi sopra p. 63),
purchè siano sorte dopo l'attuazione della legge nuova , e
senza distinguere fra quelle cause che si avverano per volontà
di chi deve sentirne danno , e quelle che si avverano indipen-
dentemente da questa volontà (1 ); e la legislazione sassone del
1863 (vedi sopra p. 114) ha pure adottata in parte la dottrina
precedentemente dimostrata , applicandola alle nuove cause di
estinzione delle obbligazioni.
Il nostro lettore si maraviglierebbe assai se noi accettassimo
dottrina siffatta , o in qualche modo transigessimo con essa.

(1) Questa stessa legislazione attribuisce alla legge nuova anche l'effetto
di modificare le conseguenze dei contratti anteriori , contemplate dalla legge
anteriore.
328 PARTE SECONDA

Nè cause risolutive , nè altre conseguenze qualunque dei diritti


acquisiti si possono con altra legge regolare , fuorchè quella
sotto il cui impero l'acquisto è avvenuto. Non ha in particolare
nessun valore la distinzione del Lassalle e del Merlin fra le
conseguenze nuove dei diritti acquisiti , che provengono da fatti
posteriori alla nuova legge , e posti nella volontà dei subbietti
di quei diritti , e le conseguenze provenienti da fatti di altra
natura. Chiunque dal contratto o dalla legge si trova obbligato
a certi fatti , oppure esposto a certe eventualità , ha indubbia-
mente quesito il diritto di non reputarsi obbligato ad altri
fatti , siano positivi , siano negativi , diversi da quelli , nè
esposto ad eventualità nuove , siano o non siano i nuovi fatti
e le nuove eventualità , contemplate da una nuova legge ,
dipendenti dalla sua volontà. Prima che nessuno possa aspet-
tarsi dal subbietto del diritto acquisito l'osservanza di un pre-
cetto nuovo , soltanto perchè questa osservanza sarebbe pos-
sibile al subbietto , questi si aspetta e deve infallibilmente
aspettarsi che nessuno da lui pretenda fatti od omissioni mag-
giori di quelle o diverse da quelle che gli impone il titolo.
acquisitivo del suo diritto . Ciò che questo titolo non esige ,
può omettersi con pieno diritto , e non diventa obbligatorio
per la sola ragione che non sia impossibile a farsi . La possi-
bilità o l'impossibilità materiale della osservanza di una legge
nuova non decide della applicazione di questa a diritti acqui-
siti anteriori , a meno che tutta quanta la dottrina del diritto
quesito non si voglia abbandonare e lasciar cadere nel nulla ,
assidendola su di un fondamento cosi incerto , e del tutto
estrinseco e accidentale . Ne varrebbe in contrario lo argomen-

tare dal poco valore razionale della nostra tesi , in quei casi
in cui la eventualità nuovamente regolata dal legislatore , non
fosse stata preveduta affatto da questo in un'epoca anteriore ,
di guisa che in tali casi la esclusione della legge nuova in
omaggio all'anteriore fosse un far prevalere ad un positivo
.
e razionale concetto una negazione cieca ed inconsapevole. Per
quanto sia seducente a prima giunta codesto pretesto , esso non
toglie però che la retroattività della legge nuova , anche nei
CANONI GENERALI 329

casi anzidetti , non sia una sorpresa per l'avente diritto , incon-
ciliabile di sua natura con quella sicurezza dei diritti , che è ine-
stimabile bene degli individui , epperò criterio razionale esso
pure , ed anzi direttivo di tutta quanta la dottrina della retro-
attività delle leggi . Che se quel pretesto valesse , verrebbesi a
riproporre in altri termini , ed a risolvere in modo opposto a
quello già da noi seguito (v. sopra p . 196) , anche la questione
dell'assenza di legge nel passato , e dell'applicazione retroattiva
di una legge nuova onde supplire al silenzio della legislazione
precedente .
Di conseguenze nuove di diritti acquisiti è lecito ragionare.
soltanto in senso improprio. E ciò in due casi soltanto.
L'uno di questi è dato dalle leggi prescriventi semplici
modalità o forme di esercizio dei diritti , e dagli effetti della
inosservanza delle leggi medesime , fra i quali effetti può essere
talvolta , come noi avvertimmo nel precedente paragrafo , la
stessa perdita di un diritto quesito . Ma quelle modalità e forme
non toccano la sostanza dei diritti , e la perdita di questi , oc-
casionata dalla inosservanza di quelle , non alla nuova legge
vuolsi attribuire , ma piuttosto allo stesso subbietto del diritto ,
il quale non ha obbedito alla legge senza aver quesito il diritto
di disubbidirle . Sono queste quindi improprie conseguenze
nuove di diritti acquisiti , per virtù di una legge nuova .
L'altro caso consiste in quelle conseguenze dei diritti , che
nuove sono soltanto perchè una legge nuova le ha affermate ,
mentre la legge anteriore , razionalmente intesa , le racchiudeva
essa pure in modo implicito. Giustamente quindi la Cassazione.
di Torino in una sentenza del 14 dicembre 1876 (1 ) ebbe a
dichiarare applicabile anche alle ipoteche anteriormente costi-
tuite , l'articolo 1966 del Codice civile italiano , per cui l'ipoteca
si estende a tutti i miglioramenti e alle accessioni della cosa
ipotecata , siccome principio antico quanto il diritto civile , e
quanto la elementare verità che in diritto l'accessorio segue
la sorte del principale. E analogamente potrebbe ritenersi ap-

( 1 ) M. T. XVII , 1229.
330 PARTE SECONDA

plicabile anche alle obbligazioni già costituite, l'art. 1173 del Co-
dice civile italiano , il quale dispone che , non essendo indicato
il termine della esecuzione di una obbligazione , tocca al giudice
fissarlo. Anche questo principio , nuovamente scritto nella legge ,
può nondimeno reputarsi ammesso e praticato anche prima ,
e sempre , e dovunque , essendo suo fondamento una necessità
di fatto , mentre il precedente riposava su di una necessità di ra-
gione. In ambedue i principii , espressamente enunciati nel Codice.
civile italiano, non vi ha di nuovo, in confronto di leggi anteriori
che non li esprimevano , se non quella espressa enunciazione . La
legge nuova non ha con essi immutato per nulla il diritto esi-
stente , onde è ancor meno che improprio discorso, il chiamar
nuova quella legge , e nuovi gli effetti suoi rispetto a diritti ac-
quisiti, poichè tali effetti sarebbero stati ammessi del pari , e lo
furono anche sempre vigendo la legge anteriore , per la vis ac
potestas, se non per la lettera di questa.
In proprio senso , conseguenze nuove di diritti acquisiti
non si danno mai , a meno che le imponga una grave ed evi-
dente ragione di moralità . Si sa che la legge morale è supe-
riore a tutte le altre , epperò anche nella dottrina della retro-
attività i limiti che la morale apporta talvolta a sicurissimi
canoni , non hanno bisogno di essere giustificati in nome e per
mezzo della dottrina medesima. Non vi ha diritto quesito contro
la morale , e ciò è quanto dire che il rispetto del diritto quesito
su cui tutta la giurisprudenza transitoria si fonda , deve cedere.
alle esigenze di una legge nuova , ispirata ed imposta da gravi
ed evidenti ragioni di onestà e di costumatezza.
In altri termini , tutte le volte che una persona , la quale ha
posto in essere un fatto qualunque, non potrebbe opporsi all'ap-
plicazione di una legge posteriore , la quate in ragione di tale fatto
le imponesse maggiori doveri di quelli che le impongono le leggi
vigenti, senza che tale sua pretesa fosse gravemente e manifestamente
immorale, devesi ritenere che nulla osti realmente a siffatta appli-
cazione, e non la si possa dire lesiva di un diritto acquisito , o
ingiustamente retroattiva. Codesto canone è già stato formulato
da parecchi giureconsulti , specialmente francesi . Così , p . es . il
CANONI GENERALI 331

Merlin (Rep. v. Loi § 9, n. 2) dichiara che « non retroagisce real-


mente una legge, la quale , facendo rivivere un diritto scritto nel
Codice eterno e imprescrittibile della natura , cancella colla sua
onnipotenza gli atti che durante il silenzio di questa offesero
i più sacri diritti dell'uomo » . E benchè taluno , come per
esempio il Mailher de Chassat ( p. 151 ) , osservi che siffatto
argomento convenga meglio al filosofo che al giureconsulto ,
noi non siamo di questo avviso . Imperocchè , mentre noi con-
veniamo non solo col Mailher de Chassat , ma con tutta la
scuola della filosofia del diritto , che il concetto di legge o
codice della natura » è molto indeterminato , e che appunto
per questo motivo si credette più di una volta di poterlo ado-
perare per giustificare leggi retroattive ed ingiuste ( 1 ), non
crediamo però che in quella proposizione del Merlin non si
racchiuda un concetto chiaro e una opinione saggia , purché
ciò che egli dice in termini generali intorno ai diritti naturali ,
si restringa alle esigenze della moralità. Non sono queste al-
trettanto intelligibili e certe quanto sono imperiose ? E non è
forse pur troppo possibile che le leggi non siano talvolta abba-
stanza concordi colla moralità , e si migliorino appunto col-
l'interpretarla più rettamente e col maggiormente rispettarla ?
Che se una legge nuova si dimostra più morale di una legge
precedente nel determinare le conseguenze delle umane azioni ,
come non sarà difficile il dimostrare codesto suo carattere ,
cosi non potrà neppur mancare il suffragio del sentimento
morale dei cittadini all'applicazione che se ne faccia immedia-
tamente a tutti coloro , i quali si trovino nelle circostanze
da essa legge prevedute , quand ' anche le medesime risalgano
ad una legge anteriore , che le tollerava . Ognuno scorgerà in

(1 ) In un rapporto fatto alla Convenzione Nazionale circa alcune petizioni


occasionate dalla famosa legge del Nevoso (v. sopra p . 133) , il Berlier non
si peritava di giustificare codesta legge, dicendo : le règne de la nature et de
la raison avait pris naissance le 14 Juillet 1789; faible encore à cette epoque,
il ne s'était, il est vrai , élevé à sa hauteur que depuis, mais il avail com-
mencé dès ce temps ; et sans rétroagir vous avez voulu faire accorder les
effets avec leur cause, etc.
332 PARTE SECONDA

quest'ultima applicazione una correzione della soverchia indul-


genza della legge anteriore , e sarà pronto a qualificare di mala
fede e di disonestà la pretesa che taluno sollevasse di non
rispondere di quei fatti o circostanze , se non a termini e
nella misura della legge anteriore.
Deve però , come già dicemmo , essere grave e manifesta
l'immoralità di una pretesa , affinchè le si possa disconoscere
il carattere di diritto quesito , che pur le spetterebbe in virtùů
dei generali principii della giurisprudenza transitoria. Soltanto
a questa condizione il principio che noi ora propugniamo si
distingue da quello suesposto del Merlin , nè può maggiormente
far pericolare nella pratica il principio sommo del rispetto dei
diritti acquisiti , di quello che mal si concilii con esso nel campo
razionale e speculativo.
Tra le non poche applicazioni di tal canone nella dottrina
della retroattività , noi avvertiamo fin d'ora quella che offre la
revoca delle donazioni per titolo di ingratitudine del donatario .
La legge che nuovamente introduce siffatta revoca , applicasi
di certo anche alle donazioni già poste in essere , perchè non
potrebbe il donatario accampare un diritto quesito in contrario ,
senza insorgere spudoratamente contro un elementare dettato
della naturale onestà , grave e manifesto al certo nel più alto
grado.

§ . 12.

Delle cose materiali che sono oggetto dei diritti acquisiti.

Nel determinare l'estensione oggettiva dei diritti acquisiti egli


è certamente necessario anche il definire su quali cose materiali
questi diritti si esercitano , ove tale sia il loro oggetto , siano essi
cioè di indole patrimoniale. Ella è cosa evidente che , qualunque
sia la fonte di un diritto quesito patrimoniale , oggetto di questo
non possono essere se non quelle cose che o il legislatore o il
privato ha designate per tali . Non è meno evidente che per
CANONI GENERALI 333

comprendere quali cose il legislatore o il privato abbiano desi-


gnate per tali , bisogna interpretare le parole di cui essi hanno
fatto uso, giusta il significato di queste parole al momento in cui
fu consumato e compiuto il fatto acquisitivo . Quel significato
poi , se usuale , deve essere desunto dall'uso invalso in quel
momento , se legale , deve essere desunto dalla legge in allora
.
vigente . L'applicazione però di questi principii fu talvolta tro-
vata difficile , e diede origine a dispareri . Ove trattisi in parti-
colare di una disposizione dell'umana volontà , la quale debba
avere effetto in un tempo lontano dalla sua confezione , quale
per esempio il testamento , oppure debba avere un effetto
continuato per un tempo indeterminato , quale è per esempio
il contratto matrimoniale , il quale influisce sui beni dei coniugi
fino allo scioglimento del matrimonio , e se posteriormente.
alla disposizione l'uso o la legge abbiano allargato o ristretto
il significato di una parola esprimente una specie di cose ma-
teriali , e adoperata nella disposizione medesima , nacque il
dubbio se , dopo una tale variazione , gli effetti della disposizione
si debbano determinare secondo il significato che la parola
aveva al tempo in cui la disposizione venne fatta , o secondo
quello che le è stato nuovamente attribuito. Siffatta quistione
si presentò più di una volta nella effettuazione dei testamenti
e dei contratti matrimoniali , specialmente a motivo della diffe-
renza che vi ha fra le legislazioni moderne e le antiche nello
annoverare certe cose materiali piuttosto fra i beni mobili che
fra gli immobili , e viceversa.
Noi siamo dell'avviso di coloro i quali pensano che la varia-
zione del significato legale della espressione beni mobili o beni
immobili, od altre consimili , debba influire , dopo l'attuazione
della legge relativa , anche sulle disposizioni , sia testamentarie ,
sia inter vivos anteriormente poste in essere , e le quali o abbiano
effetto o continuino ad averlo posteriormente alla nuova legge ;
in quest'ultimo caso applicando la nuova legge alle cose su cui
l'effetto della disposizione si avvera dopo l'attuazione di quella ,
e applicando la legge antica a quelle cose su cui l'effetto della
disposizione si è avverato durante l'impero della medesima .
334 PARTE SECONDA

La ragione di questa dottrina non è già che gli statuti reali


si applicano immediatamente a tutte le cose materiali che essi
concernono (v. sopra pag. 209) , imperocchè nell'attuale quistione
le qualità materiali delle cose non sono considerate come
cause determinanti dei diritti che su di esse possono esercitarsi ,
ma piuttosto come mere occasioni dei diritti che una persona ha
voluto costituire sulle medesime . Egli è unicamente nella vera
e propria intenzione dei disponenti che quella ragione risiede .
Invero colui il quale fa una disposizione testamentaria sulle
cose mobili o sulle cose immobili in generale , oppure confe-
risce al proprio coniuge certi diritti sui beni dell' una o del-
l'altra specie , che già gli appartengono , o che gli apparterranno
sia durante il matrimonio , sia dopo lo scioglimento di questo ,
deve ritenersi avere avuto di mira e aver voluto designare sol-
tanto il carattere specifico di tali beni , cioè il concetto giuridico
della mobilità o della immobilità , lasciando alla legge vigente
al tempo in cui il testamento avrà effetto , o in cui i singoli
acquisti di beni durante il matrimonio si faranno (1 ) , il deter-
minare quali cose vi saranno sottoposte , e se certe cose lo
dovranno essere o no .

Noi opiniamo per conseguenza che una disposizione testamen-


taria avente per oggetto i beni mobili o i beni immobili in
generale , debbasi , alla morte del testatore , applicare a quei
beni che sono mobili od immobili secondo la legge vigente in
quel momento , e che le disposizioni di un contratto matrimo-
niale aventi pure un tale oggetto , si debbano applicare a quei
beni che sono mobili od immobili secondo la legge del tempo
in cui ciascuno di essi entra nel patrimonio dell ' uno o dell'altro
coniuge.

(1) Non vale quindi in contrario il giusto riflesso del Demolombe ( nu-
mero 46): « che per conoscere il significato dei termini bisogna considerare
il dizionario , o la legge del tempo in cui un atto è stato fatto » , impe-
rocchè il vero significato dei termini in discorso non è che la definizione
giuridica della mobilità o della immobilità , astrattamente considerate ,
definizione uniforme e costante in tutte le legislazioni.
U

CANONI GENERALI 335

La dottrina da noi propugnata dianzi non è oggidi contrad-


detta totalmente che da pochi , nel cui numero sono il Kalindero
(p. 86 ) e il Theodosiades ( p . 98 ) . L'applicazione che noi ne
abbiamo fatta in particolare al testamento , consuona coll'avviso
di Meyer ( p . 79-81 ) , di Merlin ( 1. c. sect . III , § . III , arti-
colo III , n . 2) , il Grandmanche de Beaulieu ( p . 60) , e di altri
scrittori ; è , come osserva il Pinto ( p. 162 ) , dominante fra i
moderni giureconsulti . Anche l'applicazione che noi ne abbiamo
fatta al contratto matrimoniale , consuona coll'avviso di auto-
revoli scrittori , quali sono per esempio il Merlin ( 1. c . ) e il
Mailher de Chassat ( I. p . 288 ) . La contraria opinione però è
sostenuta anch'essa da giureconsulti autorevoli , per esempio
dal Duvergier (pag. 28 , 50 ), dal Demolombe ( n . 46 ) e dal
Dalloz (1 ) . La giurisprudenza dei tribunali su questo argo-
mento è varia anch'essa , ma più spesso favorevole all' opi-
nione da noi propugnata . Talune sentenze poi si citano a
sostegno dell'opinione contraria alla nostra , le quali in realtà
non sono tali. Così per esempio : Corte d'Appello di Rouen
del 12 dicembre 1807 (2), tre sentenze della Corte d'Appello
di Bruxelles , cioè la prima del 21 agosto 1814 (3) , la seconda
del 25 aprile 1817 (4) , la terza delli 8 febbraio 1849 (5) , ed
una della Corte di Cassazione di Parigi delli 11 novembre 1818 (6) .
Queste stabiliscono bensi che talune cose , considerate immobili
al tempo della conchiusione del matrimonio , e poscia conside-
rate mobili dal Codice Napoleone , ritengono il primitivo loro
carattere , e non possono quindi formare oggetto del diritto di
proprietà attribuito al coniuge superstite dalla consuetudine.
sotto il cui impero il matrimonio è stato conchiuso , se lo scio-
glimento del matrimonio ebbe luogo dopo l'attuazione di quel
Codice. Ma tutte quante si riferiscono a cose che erano già state

(1) D. R. voce Lois , n. 259 , 319.


(2) R. G. vol . 8. § . 2. p. 7.
(3) D. R. 10. 166 .
(4) Jurisp . du XIX Siècle, vol . 1. p . 475. n . 488-489.
(5) D. R. 10. 166.
(6) V. Merlin , 1. c. pag. 255-56.
336 PARTE SECONDA

acquistate da uno dei coniugi anteriormente alla legge nuova .


Cita poi il Dalloz (1 ) a sostegno della opinione sua due sentenze
della Cassazione di Parigi 27 gennaio 1840 e 22 marzo 1841 ed
una della Corte di Roma 6 maggio 1840 , ma egli stesso (2)
adduce in senso contrario : Cassazione di Parigi 11 marzo 1829 ,
29 aprile 1845 , 4 agosto 1845, 16 agosto 1841 e Corte di Lione
24 febbraio 1847.

§ 13.

Durata dei diritti acquisiti , nel tempo.

L'estensione obbiettiva dei diritti acquisiti può anche venire


considerata in relazione al tempo , e da questo punto di vista
si dice durata dei diritti medesimi.
La durata dei diritti non è sempre determinata dallo stesso
titolo su cui essi riposano. Lo è talvolta , sia per opera dei
contraenti , come per esempio in un contratto di società o di
locazione , e in altri molti , sia per opera della legge la quale
proibisce che un certo diritto venga costituito per più di un certo
tempo , come per esempio il Codice civile italiano proibisce una
durata della ordinaria comunione dei beni al di là di dieci
anni ( articolo 681 cod . civ . ital . ) , e un contratto di locazione
d'opere per tutta la durata della vita del locatore (art. 1628) .
Allorquando nell'uno o nell'altro modo la durata del diritto
acquisito non è determinata dallo stesso titolo , e fin da quando
venne posto in essere il fatto acquisitivo del medesimo , è a
dirsi in generale che un diritto acquisito dura fintantochè non
siansi prodotti e consumati tutti gli effetti e le conseguenze
che ne formano parte integrante , giusta i principii e nei limiti e
alle condizioni esposte qui sopra.

(1) I. c.
(2) Ib.
CANONI GENERALI 337

Ma oltre alla durata , così ai limiti della estensione dei diritti.


nel tempo , inerenti per così dire ai diritti medesimi , perchè
aventi origine e causa comune con questi , vi hanno altresi limiti
di tempo , posti dal mero arbitrio del legislatore , non per ri-
guardo a private convenienze , ma per mere ragioni di pubblica.
utilità.

E propriamente : a ) vi hanno diritti , che per loro natura e


sin dall'origine sono destinati a durare solamente quanto il legi-
slatore reputa conveniente , e che questi può quindi far cessare
quando voglia , onde , corrispondentemente , vi hanno limiti alla
durata di certi diritti nel tempo , che il legislatore può statuire
quali e ogniqualvolta li vuole durante il periodo del loro esercizio .
E vi hanno b) limiti della durata dei diritti , posti dal legisla-
tore coll'effetto che al di là dei medesimi non si possano i diritti
esercitare . I limiti della prima specie concernono propriamente
la sostanza del diritto , quelli della seconda invece concernono
piuttosto l'esercizio del medesimo ; e mentre gli uni e gli altri
hanno la loro ragione nel pubblico e sociale interesse , nei
primi però questo interesse investe il diritto fin dall'origine
sua , nei secondi invece trae occasione piuttosto dalla eventua-
lità di corrispondente azione giudiziale. E i diritti della prima
specie sono eccezionali per natura loro , mentre è invece regola
comune a tutta l'intiera categoria dei diritti patrimoniali la
limitata durata dell'azione giudiziale onde esercitarli , cioè la
prescrittibilità dell'azione dopo il decorso del tempo stabilito
dal legislatore.
La dottrina dell'azione retroattiva delle leggi concernenti la
durata di tempo dei diritti , è non poco complessa , attesa la
suesposta varietà di quel limite alla estensione obbiettiva dei
diritti . E più ancora che complessa , essa è delicata , a motivo
della facilità di confondere insieme diverse specie di limiti di
tempo , e di non apprezzare debitamente la vera importanza
dell' elemento della durata di fronte a tutti gli altri elementi
del diritto . Bisogna quindi anzitutto procedere con giusto ordine
nella trattazione di questa materia , e a tal fine noi ragioneremo
prima dei diritti la eui durata è per natura loro ad libitum
GABBA Retr, Leggi, v. I. 22
338 PARTE SECONDA

del legislatore , poscia dei veri e proprii limiti prescrizionali , e


di quelli che tali non si possono dire, pur essendo congiunti ai
singoli diritti , sia che per volontà delle parti siano stati sta-
biliti , sia che per disposizione della legge.

§. 14.

Continuazione.

Degli istituti giuridici di perpetua durata .

Nessuna volontà , nè di un privato , nè dello stesso legislatore ,


può dar legge ai posteri in perpetuo . A molta distanza dal
termine della nostra vita , gli interessi , i bisogni , le idee dei
nostri posteri hanno incerta e imprevedibile natura , che
li sottrae ai presunti nostri calcoli , e quindi ad ogni ra-
gionevole pretensione per parte nostra , di regolarli anticipa-
tamente secondo il nostro capriccio . Sempre ed in perpetuo
sono quindi in ogni umano discorso modi di dire che non
si possono seriamente interpretare a rigore di parola , e ciò è
a dirsi specialmente nel campo del diritto , dove a distanza
di secoli il contrario avviso risolverebbesi molte volte nel far
servo il legislatore di opinioni e di volontà impraticabili od
assurde .
Per tali ovvie ragioni gli istituti giuridici di perpetua durata
furono sempre oggetto di speciali considerazioni nella dottrina
della retroattività delle leggi . E tali istituti hanno sempre una
base o substrato patrimoniale , sia che a) in diritti reali di
determinate persone consistano , come l'enfiteusi , l'usufrutto
progressivo , il fedecommesso , sia che b) in fondazioni pie of
altrimenti utili al pubblico , come in generale gli istituti di
beneficenza , sia che c) in pari tempo racchiudano fondazioni
patrimoniali di pubblica e privata utilità , come le corporazioni ,
i benefizi ed i feudi. Non sono poi mai da confondersi , nè
in particolare gli istituti della prima categoria suaccennata , coi
semplici diritti reali elementari , perpetui anch'essi per natura
CANONI GENERALI 339

loro , come la proprietà e la servitù , i quali diritti sono pur


considerati a parte , come già dicemmo , nella teoria della
retroattività , ed anche lo sono , come diremo in altra parte
di questo paragrafo , in modo analogo a quello che fra poco .
esporremo , rispetto alle istituzioni di cui discorriamo . Istituti
non sono diritti elementari , ma complessi varii di questi , se-
condo concetti o tipi varii e variabili , di indole ed origine
tutta pratica .
Che sugli istituti giuridici di perpetua durata l'azione re-
troattiva di nuove leggi , ispirate da condizioni e bisogni e idee
nuove del civile consorzio , sia senza paragone maggiore che non
sui passaggieri diritti individuali e specialmente patrimoniali ,
nessuno dura fatica ad ammettere , e non fu mai negato asso-
lutamente da nessuno . È una opinione codesta , essenzialmente
e strettamente collegata colle premesse razionali suesposte. Ma
nel precisare la natura e la quantità dell'azione di una legge
nuova sulle istituzioni in discorso , non sono concordi , e neppure
ben definite le idee degli scrittori.
Secondo il Bornemann ( pag. 9 e segg . ) per esempio ,
tutti quanti gli istituti giuridici di perpetua durata possono
essere modificati dal legislatore come gli piaccia , e soltanto
allorchè una legge nuova li trasformi totalmente, o li abolisca ,
i diritti acquisiti in virtù dei medesimi non possono essere
incondizionatamente sacrificati . Il Savigny (pag. 379 ) invece
afferma di professare una contraria opinione . Egli dichiara che
nella dottrina della retroattività non si può far differenza tra
i diritti che durano perpetuamente e quelli che hanno una
durata passeggiera ; poi soggiunge che rispetto ai primi , it
principii intorno alla retroattività hanno una importanza senza
paragone maggiore che rispetto ai secondi » , ma non ispiega
in che cosa consista questa maggiore importanza . Quando però
il Savigny si fa a dare esempi di quelle leggi concernenti la durata
dei diritti , che egli reputa retroattive (v. sopra p . 166 , 167) ,
li desume ( pag . 523) tutti appunto dalle leggi abolitive di isti-
tuti giuridici perpetui , onde può ben ritenersi che in realtà.
anch'egli non iscorge in codesti istituti materia di un vero e
proprio diritto acquisito .
340 PARTE SECONDA

Noi pure siamo di codesto avviso , e propriamente nostra


opinione si è che : gli istituti giuridici perpetui non sono maleria
di un vero e proprio diritto acquisito, ove si considerino nella
totalità loro, non già considerati in relazione a determinati in-
dividui che attualmente ne fruiscono. Un vero diritto acquisito,
rispettabile al pari di qualunque altro , ci sembra quello di chi ,
in virtù di un idoneo fatto acquisitivo , è diventato subbietto
concreto del diritto o dei diritti racchiusi in uno di tali istituti.
Non ci par necessario il dimostrare la seconda parte della
nostra proposizione . Tutti ne convengono , e infatti tutti i le-
gislatori , i quali abolirono istituti giuridici perpetui , con-
servarono , almeno in parte , a coloro che ne erano in godi-
mento , i vantaggi patrimoniali che ne ritraevano , o almeno
accordarono loro una indennità per la perdita dei medesimi ,
col che diedero a divedere che nella loro mente tali persone
erano rivestite di un vero diritto acquisito , e che rispetto ad
esse la decretata abolizione contrariava la massima generale
che i diritti acquisiti sono inviolabili (1 ) . I fedecommessi per

(1 ) Rispetto alle indennità in conseguenza di abolizione di esistenti isti-


tuti giuridici , il Lassalle professa e svolge ampiamente (pag. 229 e segg. )
la dottrina che la si debba accordare « quando si abolisca il rapporto giuri-
dico per sè medesimo » , non la si debba accordare quando si abolisca
soltanto un modo di esercitarlo » . Cosi per es . secondo lui l'abolizione
della schiavitù non produce diritto d'indennità nei proprietari degli schiavi ,
mentre lo produce invece l'abolizione delle prestazioni fondiarie e delle
corvées, perchè la schiavitù , una volta abolita , per nessun titolo può ri-
nascere , mente quelle prestazioni , abolite come conseguenza perpetua
della schiavitù della gleba , possono tuttavia risorgere come effetto di una
convenzione bilaterale. Egli cita in appoggio le leggi francesi abolitive
del regime feudale , e specialmente la legge del 4 agosto 1789 , la quale
statui che les droits et devoirs tant féodaux que censuels qui tiennent à la
mainmorte réelle ou personnelle et à la servitude personnelle sont abolis sans
indemnité, et tous les autres déclarés rachetables. Cita pure la legge prus-
siana del 2 marzo 1850 , la quale coincide in sostanza colle suaccennate
leggi francesi . A noi pare che alla distinzione proposta dal Lassalle si
possa sostituirne un'altra più chiara , che cioè l'indennità o il riscatto si
debbano accordare per l'abolizione di diritti patrimoniali o di altri diritti ,
CANONI GENERALI 341

esempio furono dovunque aboliti , decretando la divisione della


sostanza fedecommessaria fra l'investito del fedecommesso e i
primi chiamati (1 ) ; le enfiteusi furono in molti stati decretate

i quali influiscono sulla condizione patrimoniale , non invece per l'aboli-


zione di diritti che o non interessino il patrimonio , come per es . la giu-
risdizione feudale , oppure , aboliti , non rechino danno a nessuno , come
per es. la manomorta. Le citate leggi francesi e prussiana non hanno evi-
dentemente seguito un altro criterio. Lo stesso dicasi delle molte leggi
posteriori , emanate in vari Stati d'Europa , secondo quel modello . La
distinzione proposta dal Lassalle non coincide con quella anzidetta , e in-
vero, come si potrebbe giustificare col principio del Lassalle il fatto, pure
encomiato universalmente , che l'Inghilterra profuse tanti milioni di lire
sterline per compensare i proprietari degli schiavi da essa emancipati nei
suoi possedimenti ? Di certo la schiavitù è un rapporto giuridico, il quale,
una volta abolito , non può più essere riprodotto nè imitato con nessun
altro negozio giuridico . Oltracciò la distinzione lassalliana non è facile ad
applicarsi , checchè l'autore dica in contrario ( p . 256 in f.) . Infatti , chi
ben consideri , si accorge di leggieri che , mutato nomine , essa è in so-
stanza identica a quella del Savigny fra le leggi intorno all'essere , e quelle
intorno all'acquisto dei diritti , distinzione che il Lassalle medesimo ha
rifiutata , precisamente per quel motivo (v. sopra pag. 171 i n.).
(1 ) Intorno alla destinazione dei beni fedecommissari , dopo l'abolizione
dei fedecommessi perpetui , le legislazioni moderne convengono tutte
quante nel seguire un sistema che troviamo sostanzialmente accolto anche
nelle Disposizioni transitorie italiane pel Codice civile all'art. 24 (v . sopra
p. 116-117 nota ) . La proprietà dei beni fedecommissari , dichiarati liberi ,
suol essere divisa fra i possessori e i primi chiamati. Il Lassalle disap-
prova questo sistema , e propugna ( pag. 399 e segg. ) l'opinione che i beni
svincolati si debbano trasmettere ai parenti del fondatore, della linea che
era in possesso del fedecommesso , secondo le norme della successione
intestata . Il principale argomento che il Lassalle adduce a sostenere questa
tesi si è che il fondatore del fedecommesso ebbe l'intenzione di beneficare
non già questo o quello de ' suoi discendenti , ma in generale la sua fa-
miglia , cosicchè quest'ultima , la quale ha sempre conservato una specie
di alto dominio ( V. Dir . terr. pruss. , Part . 2 , Tit. 4 , § 72 , e C. C. G.
austr. § 629) sul fedecommesso , quando questo éra posseduto da uno dei
suoi membri , ora che il possesso individuale del medesimo è cessato per
sempre, viene ad avocare i beni fedecommissari esclusivamente a se stessa
nella totalità de' suoi membri. Codesto ragionamento è inconsistente , e
342 PARTE SECONDA

redimibili , assicurando ai direttarii un capitale corrispondente


alla rendita enfiteutica della quale venissero ad essere privati .
L'indennità però , o l'equivalente , e in generale il rispetto al
diritto acquisito dell'individuo che fruisce di una istituzione
perpetua abolita non convengono manifestamente che ai van-
taggi materiali percepiti da quelle persone . Vantaggi mera-
mente personali , cioè condizioni personali di qualunque specie,
di cui un individuo sia rivestito in confronto della intiera so-

cietà , non sono suscettivi di compenso materiale , e l'abolizione


loro incondizionata è l'effetto naturale di quella azione retroat-

tutt'al più specioso . Imperocchè, dato pure e non concesso che tutti i pa-
renti viventi del fondatore del fedecommessso , appartenenti alla linea dei
chiamati , abbiano un diritto acquisito sulla sostanza fedecommissaria, questo
diritto acquisito però non ha e non ha potuto mai avere altro oggetto che
la successione fedecommissaria , e non può quindi per sè stesso conver-
tirsi in diritto di dominio . Non è poi concepibile come una successione
ab intestato si possa aprire a grande distanza di tempo dalla morte del
de cujus , e meno ancora in virtù di un atto di fondazione che avea pre-
cisamente di mira di escludere una tale successione. Tutti i sofismi del
Lassalle non valgono ad oscurare codesta verità , universalmente com-
presa , che, abolendosi i fedecommessi , i soli diritti acquisiti , che voglionsi
rispettare, sono quelli dei possessori , che gli altri successibili o chiamati
al fedecommesso non hanno che una mera aspettativa , bene inteso alla
successione fedecommissaria , e non ad altro . Per conseguenza l'avere
molte leggi assegnato una parte dei beni fedecommissari svincolati ai
primi chiamati dopo i possessori , non fu che l'effetto di un riguardo
d'equità. Ciò traspare dalla stessa legge 13 Nevoso anno IX della Com-
missione esecutiva di Piemonte , colla quale abolendo i fedecommessi e
liberando i beni fedecommissari nelle mani dei possessori , fu data agli
ulteriori chiamati una assignation équitable , e a torto il Lassalle adduce
(p. 420) questa legge in appoggio della sua opinione. Egli è del resto fuor
di dubbio che nello abolire istituzioni perpetue, l'avere riguardo non sol-
tanto ai diritli acquisiti , ma eziandio a fondate e prossime aspettative è
procedere prudente e commendevolissimo . Lo osserva anche il Savigny ,
e prima di lui osservollo il Blondeau ( 1. c . ) , il quale fu tanto dominato
da tale persuasione , da non riuscire a stabilire una netta distinzione fra
le mere aspettative , per quanto prossime e degne di equo riguardo , e i
veri e proprii diritti acquisiti.
CANONI GENERALI 343

tiva , da cui sono per natura loro accompagnate le leggi intorno


allo stato personale , come chiariremo in altra parte di que-
st'opera .
Ma se i diritti acquisiti individuali , originati dalle istituzioni
giuridiche perpetue devono essere rispettati , epperò , in caso
di abolizione o di una qualunque trasformazione delle istituzioni
stesse , devono essere rispettati almeno mediante equivalente
o compenso , non può invece essere dubbio il diritto del legisla-
tore di sopprimere o di trasformare le istituzioni giuridiche per-
petue esistenti , ogni qualvolta e in qualunque modo che il pub-
blico bene gli suggerisca . È pur questo un principio certissimo
della dottrina transitoria , siccome quello che strettamente si
collega colla natura degli enti in discorso , considerata in rela-
zione con quella del diritto individuale , e colla essenza di ciò
che s'intende diritto acquisito . Questo diritto, il cui fondamento
come da noi venne posto in chiaro , riposa sul rispetto dell'indi-
viduo , non è però sconfinato , come non è sconfinata la stessa
sfera della umana individualità . Se l'estensione obbiettiva del
diritto acquisito è da una parte racchiusa dentro limiti ra-
zionali , additati da una accurata analisi del concetto di quel
diritto , d'altra parte ella deve pur essere racchiusa dentro quei
limiti che la ragione non meno sicuramente statuisce fra il

diritto dell'individuo e quello della società . E se da quest'ul-


timo punto di vista eziandio si comprende e si giustifica la
inesistenza di un vero e proprio diritto acquisito rispetto a

quelli che già più volte noi abbiamo chiamati elementi o


premesse fondamentali di ogni e qualunque diritto , e sui
quali ritorneremo in altra parte dell'opera presente , non si
comprende meno e non è meno giustificata dallo stesso punto
di vista la inammissibilità di un diritto acquisito individuale
a regolare e vincolare in perpetuo le umane relazioni , quan-
d'anche una disposizione individuale di tal genere , e in quei
termini , sia stata posta in essere , permettendolo la legge vi-
gente. Il fatto poi , cioè l'esempio di tutte quante le legislazioni
d'ogni tempo , e specialmente delle moderne , dimostra che
il canone giuridico da noi qui propugnato fu anche sempre e
344 PARTE SECONDA

dovunque inteso ed ammesso dalla pubblica opinione dei popoli


civili. Inutile il venir qui enumerando esempi che ogni nostro
lettore conosce e ricorda in gran copia.
Può tanto dirsi del resto che il legislatore ha facoltà di abolire
o trasformare a seconda dei nuovi bisogni sociali le istituzioni
giuridiche perpetue , quanto che una legge la quale divieta o
sottopone ad ordini del tutto nuovi le istituzioni di quel genere,
applicasi non meno a quelle già esistenti che a quelle poste in
essere posteriormente. Di queste due formule però la seconda
è più conforme al proprio linguaggio della dottrina della retroat-
tività , imperocchè una legge di quel genere non raggiungerebbe
certamente i fini sociali a cui tende , se ricevesse applicazione
soltanto alle istituzioni perpetue da costituirsi in avvenire , e
d'altra parte ogni legge siffatta è anche sempre motivata dalla
già troppo lunga durata di ordini giuridici reputati erronei e
perniciosi.
Abbiamo detto che le istituzioni giuridiche perpetue esistenti
possono venire abolite o trasformate da una legge nuova secondo.
i nuovi bisogni e le nuove idee del civile consorzio . Lo possono
cioè senza offesa di nessun vero e proprio diritto quesito indi-
viduale . Importa però precisare il significato della seconda di
quelle due espressioni .
Errerebbe chi credesse potere il legislatore senza ingiustizia
immutare l'interno ordinamento delle istituzioni in discorso ,
nel mentre continua a lasciarle sussistere , o potersi in questo
caso retroattivamente applicare le nuove leggi intorno a quel-
l'ordinamento . Siffatta dottrina sarebbe inconciliabile coi prin-
cipî fin qui propugnati intorno al rispetto dei diritti acquisiti
ed alla giusta retroattività delle leggi nuove . Siccome ciò che
costituisce in una eccezionale condizione le istituzioni in discorso
nella dottrina della retroattività , è propriamente la perpetuità
loro , così egli è chiaro che anche la giusta azione di una legge
nuova sulle medesime è quella soltanto che a tale perpetuità
si indirizza , e che mira a togliere questa di mezzo . È il per-
petuo effetto di una volontà individuale , ciò che trascende la
sfera del diritto dell'individuo ; è il sospendere quandochessia
CANONI GENERALI 345

un effetto che l'individuo avrebbe voluto perpetuo , ciò che la


legge può fare per diritto suo , e senza offendere il diritto di
quello ; ma finchè una istituzione giuridica perpetua è ricono-
sciuta dalla legge come tale , ogni innovazione che la legge intro-
duca nell'interno ordinamento di ente siffatto non applicasi mag-
giormente a quelli di tale spccie che già esistono, di quello che
le nuove leggi si applichino in generale agli istituti e alle re-
lazioni giuridiche preesistenti . Quelle trasformazioni adunque
delle istituzioni giuridiche perpetue , le quali non hanno per
effetto di far
cessare questa perpetuità , epperò si risolvono in
mutamenti qualunque dell' interno loro ordinamento , non pos-
sono venire applicate retroattivamente , a meno che il legislatorc
espressamente non lo ingiunga . Se , per esempio , una legge nuova
introduce nuovi principi circa la successione nell'enfiteusi , la
caducità o l'estinzione del diritto enfiteutico , la trasmissione
inter vivos dei beni enfiteutici , essa non può applicarsi alle
enfiteusi già costituite , le quali continuano ad essere regolate
rispetto a tutti quei punti secondo le leggi sotto il cui impero
vennero poste in essere . Verità codesta , riconosciuta sempre
dalle legislazioni positive , e , fra le altre , dalla legislazione
italiana , leggendosi nell'articolo 29 del D. R. 30 novembre
1865 che le enfiteusi e le subenfiteusi del pari che i censi e
le altre consimili prestazioni perpetue gravanti beni immobili ,
sono regolate dalle leggi anteriori ; e soltanto rispetto alla suc-
cessione ereditaria nei beni enfiteutici disponendo espressamente
il capoverso del medesimo articolo che le leggi nuove si deb-
bano applicare alle enfiteusi già costituite , la quale seconda
disposizione è una parziale deroga alla prima , e , se non fosse
espressa nella legge , non avrebbe mai potuto essere supplita
dalla interpretazione . - Un esempio di trasformazione d'isti-
tuzione giuridica perpetua , rivolta direttamente contro la per-
petuità , ci porgerebbe una legge la quale soltanto limitasse ad
un certo numero di anni la durata di quella istituzione. Onde
giustamente la Corte d App . di Venezia in una sentenza 6 aprile
1873 (1 ) ebbe a dichiarare applicarsi anche agli usufrutti per-

(1 ) L. XIII , 829 .
346 PARTE SECONDA

petui già costituiti ai corpi morali , il disposto dell'art . 518 del


Codice civile italiano, che ne stabilisce a trent'anni la massima
durata.

§. 15.

Continuazione.

Dei termini di tempo per l'esercizio dei diritti acquisiti.

Come già avvertimmo in un precedente paragrafo ( § 13) , taluni


diritti sono fin dalla loro origine costituiti per un certo tempo
soltanto . E questo termine di tempo o viene statuito dalla stessa
volontà umana , se il diritto ha questa origine , oppure viene
statuito dalla legge , sia nell'atto stesso di costituire un diritto ,
che ha in essa la sua origine e non nell'umana volontà , sia
per interpretare la volontà umana rispetto ai diritti posti in
essere da questa , se la medesima non si è dichiarata su tale
proposito. In tutti questi casi il termine dentro il quale il diritto
deve essere esercitato , fa parte integrante del diritto medesimo,
e non è a confondersi per nulla coi veri e proprii termini pre-
scrizionali . Eppure codesta confusione è generalmenie fatta
dagli scrittori , e anche la giurisprudenza dei tribunali non ha
avuto il più delle volte migliore intuito della verità .
La prescrizione non ha che fare colla limitata durata , o
meglio colla temporaneità di un diritto. Quella è pure una
limitazione di tempo , ma rispetto a diritti i quali senza quel
precetto della legge sarebbero perpetui ; questa invece è la limi-
tata durata di un diritto , che di sua natura non potrebbe
essere perpetuo . Quella colpisce i diritti per così dire dal di
fuori , questa si immedesima invece coll'essere loro , e fa parte
dello stesso loro concetto . Quella emana soltanto dalla legge ,
questa può tanto emanare dalla legge , quanto dalla volontà
umana, e , quando emana dalla legge , ha l'aspetto o di limita-
zione della volontà , cioè della libertà di disporre e di pattuire ,
o di interpretazione d'una volontà non dichiarata.
CANONI GENERALI 347

Ciò posto , egli è chiaro che , come rispetto ad ogni altro ele-
mento integrante del diritto acquisito , cosi rispetto a quello della
durata nel tempo , la legge da applicare è sempre quella sotto
il cui impero il diritto venne acquistato . In altre parole , il
termine di tempo per l'esercizio di un diritto acquisito , non
può essere abbreviato nè prolungato da una legge posteriore allo
acquisto , al di qua o al di là della durata stabilità dalla legge
del tempo nel quale il diritto venne acquistato . o dalla volontà
dei disponenti , manifestata in relazione a quella legge.
Discussa la quistione in discorso nella giurisprudenza del
code civil e del codice civile italiano di preferenza in relazione.
al termine di tempo dentro il quale può essere esercitato il
diritto di riscatto , o il patto di ricupera di una cosa venduta ,
l'opinione contraria alla nostra è stata seguita dalla Cassazione
di Parigi 19 gennaio 1836 (1 ) , dalla Corte di Montpellier 8
aprile 1840 ( 2) , dalla Corte di Milano 29 maggio 1874 , dalla Cass .
di Roma 1º dicembre 1876 (3) e 21 febbraio 1880 ( 4) , dalla Corte di
Perugia 15 marzo 1880 (5) , dalla Corte di Roma 14 luglio 1882 (6)
e dalla Corte di Macerata 1 ° maggio 1879 (7) . L'opinione invece
da noi propugnata è stata seguita dal Senato di Torino 10
febbraio 1846 ( 8 ) , dalla Cassazione di Torino 14 febbraio 1853 (9)
e 10 dicembre 1868 (10) e dalla Corte di Trani 26 luglio 1882 (11 ) .
Tra gli scrittori poi la prima opinione è stata adottata dal
Merlin (12), e condannata invece dallo Struve , dall'Unger , e dal

(1 ) D. R. Nantissement n. 219.
(2) Ib. Vente n. 1480.
(3) A. G 1877, 1 , 330.
(4) F. I. 1880 , 1 , 867.
(5) G. I. XXXII , 2 , 233 .
(6) F. I. 1883.
(7) G. 1879, 468.
(8) G. I. I. c. in nota.
(9) Ib.
(10) G. 1869, 49.
(11 ) F. I. 1883.
(12) V. sopra p. 268 i. n
348 PARTE SECONDA

Lassalle ( 1 ) : ed anche le leggi positive più d'una volta con-


fermarono l'opinione da noi propugnata , come p. es. la legge
francese 21 gennaio anno VI , già da noi ricordata in altra
occasione ( 2) , e recentemente la legge transitoria italiana 14
dicembre 1882 ( art. 18 ) per l'attuazione del nuovo Codice di
Commercio .
Va del resto da sè che , se la durata di un diritto è stata
pattuita espressamente perpetua , oppure dichiarata tale dalla
legge vigente , in difetto di espressa pattuizione o disposizione
volontaria , ella può essere abbreviata da una legge posteriore ,
la quale , stabilendo per quel diritto una durata minore , ap-
plicasi di sua natura anche ai diritti di quella specie , già prima
costituiti. Ciò in virtù dei principi esposti nel paragrafo pre-
cedente intorno ai diritti perpetui . E veramente non poche
delle sentenze giudiziali a noi contrarie , ricordate poc' anzi ,
checchè abbiano dichiarato in termini generali , furono deter-
minate dalla circostanza che nei rispettivi casi si verificava di
patti di riscatto stipulati in perpetuo , o senza determinazione
di tempo , sicchè non hanno in realtà contro di noi quel va-
lore che a prima giunta sembrerebbe .
Osserveremo da ultimo che la dottrina da noi propugnata in
questo paragrafo è una diretta e conseguente applicazione in
particolare eziandio di quella più generale intorno alle azioni
giudiziali , da noi precedentemente esposta (v . sop . Cap. III , § 8);
e che il tentativo fatto da qualche scrittore di distinguere e
diversamente giudicare i casi di durata del diritto , pattuita
espressamente , e quelli di durata stabilita dalla legge , è vano
ed erroneo del tutto , come quello che ha contro di sè i più
elementari principi della giurisprudenza , non chè della dottrinal
della retroattività in materia di relazione tra il diritto e la
legge (v. sopra p . 194) .

(1 ) V. sopra p . 269.
(2) V. sopra p. 268.
CANONI GENERALI 349

§ 16.

Continuazione.

Della prescrizione acquisitiva ed estintiva.

Diritti , o a meglio dire azioni che per la natura loro , cioè


fin dall' origine loro e per virtù del titolo volontario o legale
da cui nascono , non sono limitate ad una certa durata ,
vengono non di meno ridotte dentro certi confini di tempo.
dalla legge , mediante l'istituto della prescrizione . Le leggi con-
cernenti la prescrizione , suggerite come sono da meri riguardi
di comune utilità , massimo dei quali , come insegnavano i
Romani , è la sicurezza della proprietà , non contemplano singo-
larmente , e con speciali disposizioni , i singoli istituti del di-
ritto privato , ma abbracciano contemporaneamente intiere cate-
gorie dl diritti , cioè intiere specie e sottospecie di questi .
Apparisce cosi anche esteriormente la prescrizione uno speciale
istituto del diritto privato , distinto da tutti gli altri , benchè , in
certo senso , complementare di essi tutti. Come tale esso deve
pur venire considerato nella dottrina della retroattività delle
leggi , e lo fu infatti sempre da tutti gli scrittori di questa.
Da qual punto di vista si debba considerare la prescrizione
nel gius transitorio , il mio lettore può già avere in parte rac-
colto dai paragrafi precedenti . Non ha certamente che fare il
discorso di questo tema con quello dei diritti sottoposti per
loro natura all'arbitrio dei legislatori , quanto alla durata (v. §
prec. ); imperocchè la prescrizione è bensi una creazione della
legge , ma per ragioni di pubblica utilità , e senz'altro riguardo
alla natura dei singoli diritti , se non per determinare le esi-
genze dell' utilità pubblica rispetto ai medesimi . Gli istituti pri-
vati invece , perpetui di loro natura , cadono appunto per questa
loro natura , e rispetto alla durata loro , sotto l'arbitrio del legi-
slatore. Neppure si collega menomamente il discorso della pre-
scrizione con quello della limitata durata di certi diritti , ine-
rente ai medesimi fin dall'origine per la natura loro (v. § 14) ,
350 PARTE SECONDA

e ciò per le ragioni già esposte ( ib . ) , alle quali aggiungiamo


soltanto che colui medesimo il quale per mezzo della prescri-
zione è in via di aumentare il proprio patrimonio , sia assicu-
rando un acquisto , sia liberandosi da un'azione di credito ,
non può di certo equiparare l'aspettativa sua di compiere la
prescrizione nel tempo stabilito dalla legge sotto cui essa è
cominciata , a quella di chi ha acquistato un diritto essenzial-
mente temporaneo , di non esserne privato dopo un breve de-
corso di tempo . Imperocchè la seconda aspettativa ha il suo
fondamento nello stesso titolo del diritto , la prima invece lo
ha in una legge che per ragioni del tutto pubbliche si aggiunge
a quel titolo , e lo modifica dal lato della sua efficacia nel
tempo . La quistione transitoria in materia di prescrizione è
propriamente quistione del diritto che si possa o no attribuire
o negare a chi è in via di avvantaggiarsi o di perdere in virtù
di una prescrizione in corso , ad invocare in suo favore la legge
sotto cui la prescrizione è cominciata , quantunque il diritto a
favore del quale o contro il quale la prescrizione viene allegata ,
senza essere di sua natura soggetto per la durata all'arbitrio
del legislatore , neppure includa per natura sua e fin dall'ori-
gine una data durata qualunque nel tempo .
Siffatta quistione è stata variamente risoluta dagli scrittori ,
o a dir meglio , la maggior parte di questi , e anche delle le-
gislazioni positive hanno seguita una dottrina , la quale , a parer
nostro , non regge al martello della scienza . Ha quindi bisogno
anche questa parte della dottrina transitoria di essere ripresa
in accurato esame , e rischiarata coi lumi dei principî generali
più sicuri in materia di diritto acquisito . Tale è appunto il
compito , al quale noi ora ci accingiamo .
Osserviamo anzitutto che , sebbene la prescrizione sia un
istituto comune al diritto civile e al diritto criminale , della
prescrizione penale però devesi ragionare con principii affatto
differenti da quelli che presiedono alla dottrina della prescri-
zione civile. Imperocchè la prescrizione penale , essendo una
condizione dell' applicazione della pena , partecipa anch'essa
della natura di questa , e siccome la pena , lungi dall'essere
CANONI GENERALI 351

una utilità del cittadino , è un onere , o per meglio dire una


privazione che s'infligge al delinquente , così anche la prescri-
zione della pena , fintantochè non è compiuta , è anch'essa sfa-
vorevole e non vantaggiosa al delinquente , mentre la prescri-
zione civile , finchè non è compiuta , è evidentemente una
protezione del diritto , pel quale è introdotta. Attesa una tale
differenza ed anzi opposizione di natura fra le due specie di
prescrizione , il discorso intorno all'una deve essere affatto sepa-
rato da quello intorno all'altra , e noi ci riserviamo appunto di
ragionare intorno alla prescrizione della pena , quando espor-
remo i principii del gius transitorio penale , siccome è pur
costume di tutti gli scrittori intorno alla retroattività delle
leggi.
Quanto alla prescrizione civile , prima che noi esponiamo il
nostro modo di vedere , ci sembra opportuno il ricordare la
storia e lo stato presente delle relative dottrine.
Notevole è la differenza delle opinioni circa la efficacia delle
nuove leggi in materia di prescrizione , fra gli scrittori anteriori
alle codificazioni civili della fine del secolo scorso e del prin-
cipio del presente , e quelli più recenti .
L'opinione dominante nella prima schiera di scrittori era
quella, che la prescrizione facesse parte integrante del diritto
acquisito ,fosse un diritto acquisito essa medesima , cosicchè
una volta cominciata sotto una data legge , dovesse continuare
e compiersi conformemente alla medesima. Tale era l'opinione
di Lynker (Mühlpfort , ap . Bergmann , 35 , 36) . Anche il Proudhon
diceva (Dr. civ. franc. t . 1. p . 41 ) : « la legge nuova non potrebbe ,
senza effetto retroattivo , abbreviare l'esercizio di un diritto.
esistente e che si può far valere , essendochè un diritto di
questa natura è acquistato per tutta la sua estensione e la sua
durata » . E nelle discussioni preparatorie del Codice Napoleone
il Bigot-Préameneu ( ap. Marcadé n . 61 ) diceva : la sola cir-
costanza che un diritto eventuale è congiunto alla prescrizione
incominciata , basta a far si che questo diritto debba dipendere
dalla legge anteriore ». Anche il Malleville ( ap. Herrestorff
352 PARTE SECONDA

p. 115 ) opinava che le prescrizioni incominciate dovessero


compiersi in conformità della legge sotto la quale ebbero prin-
cipio , per non contraddire all'articolo 2º del Codide Napo-
leone .
Frutto di tale dottrina fu , tra gli altri , l'articolo 2281 del
Code civil, nel quale si dice che « le prescrizioni cominciate
all'epoca della pubblicazione di questo titolo ( 25 marzo 1804 )
saranno regolate conformemente alle leggi antiche » . Codestal
massima generale subisce due sole eccezioni : la prima conte-
nuta nel suddetto articolo, subito dopo il passo riferito dianzi ,
che cioè « le prescrizioni incominciate , e per le quali si richie-
derebbero ancora , a tenore delle leggi antiche , più di tren-
t'anni , computati dall'epoca dell'anzidetta pubblicazione , si
ultimeranno dopo il decorso di anni trenta ». Un'altra eccezione
al principio dell' inapplicabilità della legge nuova alle prescri-
ztoni in corso , trovasi nel C. N. all'art. 691 , nel quale si legge :
«< le servitù continue non apparenti , e le servitù discontinue ,
apparenti o no , non possono venire costituite che mediante
titoli ; il possesso anche immemoriale non basta per stabilirle.
Non si possono però impugnare le servitù di tal sorta già
acquistate mediante il possesso , nei luoghi in cui le si potevano
acquistare in tal maniera » . Lo che è quanto dire che le pre-
scrizioni acquisitive di servitù delle due specie suddette , se
non ancora ultimate al momento della emanazione di quest'ar-
ticolo di legge, non possono essere continuate da quel momento
in poi in virtù della legge antica , ma rimangono sospese per
sempre in virtù della legge nuova .
Da tali principii la giurisprudenza moderna desunse una
quantità di conseguenze , un vero corpo di dottrina , che oggi
si può dire accolto nella maggior parte dell'Europa conti-
nentale . Si argomentò per esempio : a) che il principio gene-
rale consegnato nell'articolo 2281 del Code civil si applica non
soltanto alle prescrizioni civili contemplate dal Codice Civile ,
ma eziandio a quelle contemplate da leggi speciali , come
per es . alla prescrizione dei biglietti all'ordine, e a quella in ma-
CANONI GENERALI 353

teria di registro (1 ) ; - b) che non soltanto la durata , ma


eziandio gli altri requisiti delle prescrizioni in corso ( 2), e in
particolare le cause di sospensione e i modi d'interruzione ,
debbano essere giudicati secondo la legge sotto la quale le
-
prescrizioni cominciarono (3) ; c) che la prescrizione comin-
ciata sotto una legge anteriore non può essere abbreviata dalla
legge nuova , fuorchè nel caso contemplato dall'art. 2281 , sia
che si tratti di prescrizione contro una persona privilegiata ,
che non sia più tale secondo la legge nuova (4) , oppure nel caso

(1) C. d'Appello di Riom 22 dicembre 1820 , ( R. G. 22. 2. 39) ; Parigi


6 maggio 1815 ( R. G. 16. 2. 67 ). - Corte di Cass . 3 novembre 1813
( R. G. 14. 1. 75 ) 12 giugno 1822 ( R. G. 22. 1. 319 ) e 21 luglio 1823
(R. G. 24. 1. 354). In contrario la Corte d'Appello di Parigi 2 maggio 1816
( R. G. 17. 2. 63) e Rouen , 13 dicembre 1813 (R. G. 14. 2. 104 ) .
(2) Per esempio fu deciso che il difetto di trascrizione non osti alla pre-
scrizione acquisitiva , se questa cominciò prima che la trascrizione del
titolo acquisitivo fosse imposta dalla legge . Cass . 1 ° agosto 1810 ( R. G.
10. 1. 317 ) Contra C. d'App . di Parigi 10 febbraio 1808 ( R. G. 8. 2. 289) .
La Corte d'App. di Bordeaux , 30 agosto 1826 ( C. N. 8. 2. 283 ) ritenne
pure quest'ultimo avviso nel caso che la prestazione fosse stata interrotta
dopo l'applicazione di quella legge .
(4) Corte d'Appello di Bordeaux 19 marzo 1841 ( D. R. 7. n . 1114 ) .
Quanto alla sospensione della prescrizione , v. sentenza della C. d'App.
di Parigi 25 febbraio 1826 (R. G. 28. 2. 142 ) , Bordeaux , 15 gennaio 1835
( R. G. 35. 2. 248 ) , C. di Cass . 20 giugno 1848 ( R. G. 48. 1. 497 ) ,
Toulouse 27 agosto 1833 ( R. G. 34. 2. 97 ) , Grenoble 20 gennaio 1834
( R. G. 34. 2. 617 ) , Nancy 31 luglio 1834 ( R. G. 35. 2. 458 ) , Aix 14
giugno 1838 ( R. G. 38. 2. 495) . Quanto all' interruzione v. sentenza della
Corte d'App. di Aix 2 gennaio 1826 ( C. N. 8. 2. 171 ).
(4) Cass . 10 marzo 1828 ( R. G. 28. 1. 129 ) . La Cassazione ritenne però
in due sentenze 1 ° marzo e 2 agosto 1837 ( R. D. 36. 312 ) c he ove la
prescrizione sia stata continuata , prima dell'attuazione della legge nuova,
da una persona , alla quale la legge anteriore non accordava una prescri-
zione privilegiata , il tempo decorso sotto l'impero di questa legge debba
essere calcolato in parte soltanto , e precisamente in una parte determi-
nata dal rapporto fra la durata della prescrizione privilegiata e quella
della prescrizione ordinaria. Ma codesta dottrina non ci par giusta , atte-
sochè essa parte dal supposto , erroneo secondo noi , che colui il quale
GABBA Retr. Leggi. v. I. 23
354 PARTE SECONDA

di abbreviamento di prescrizione di certi diritti , come per es. di


rate di fitto (1 )
d'interessi scaduti ( 2 ) , di rendite fondiarie
parimenti scadute (3) ; - d) che il termine di trent'anni
accennato nella seconda parte dell'art. 2281 deve essere decorso
per intiero dopo l'applicazione del relativo titolo del C. N. ,
senza di che si farebbe dire al legislatore che dopo l'emana-
zione della legge nuova le prescrizioni incominciate prima non

succede ad un altro nel possesso prescrizionale , non lo rappresenti com-


pletamente in tale possesso, anche rispetto alla durata del medesimo . La
Corte di Cass . infatti seguì il principio contrario in 2 sentenze del 9 maggio
1838 ( R. G. 38. 1. 395) e del 24 febbraio 1840 ( D. R. 36. 1134 ) . La stessa
massima era stata prima seguita dalla Corte d'Appello di Bordeaux in una
sentenza delli 23 luglio 1835 ( R. G. 362. 188 ) . Il Mailler de Chassat
(2º p. 291 ) biasima quelle due sentenze di Cassazione per un altro motivo .
Il privilegio di chi cominciò a prescrivere , egli dice , non può continuare
nel successore , almeno dopo l'emanazione dell'art. 2281 , perchè l'am-
missibilità di una prescrizione privilegiata si riferisce alla prescrittibilità
del diritto dal punto di vista della persona del prescrivente . Ora la pre-
scrittibilità dei diritti è ritenuta anche in Francia , come in seguito
vedremo , doversi regolare secondo la legge nuova , anche rispetto alle
prescrizioni incominciate sotto una legge anteriore . Ma , senza contraddire
al canone a cui il Mailher de Chassat si riferisce , noi osserviamo però
che se fosse lecito interpretare così largamente l'espressione prescrittibilità
di un diritto , l'art. 2281 del C. N. verrebbe ad essere completamente
sovvertito, nè sarebbe più possibile dargli nessuna applicazione . --- S'in-
tende da sè che se l'alienazione di un immobile, appartenente già a persona
privilegiata nella prescrizione , ebbe luogo dopo l'applicazione del C. N. ,
la prescrizione privilegiata non può cominciare. Cassazione 8 aprile 1825
(D. R. 36. 1121 ) .
( 1 ) Cass. 15 marzo 1813 ( C. N. 4. 1. 298 ) , 1 ° giugno 1813 (C. N. 4. 1. 303) .
(2) Cass . 24 prair. 8. ( R. G. 1. 2. 249 ) , C. d'Appello di Bruxelles 26
marzo 1813 ( C. N. 4. 2. 284), Parigi 24 giugno 1818 ( R. G. 19. 2. 34 ) .
Questa medesima sentenza però ritenne sottoposte alla prescrizione deter-
minata dal C. N. le rate d'interessi scadute dopo la pubblicazione di quel
Codice. Contr. la sentenza del 30 giugno 1825 della Corte d'App . di Limoges
( R. C. 26. 2. 170 ) . Noi non siamo dell'Avviso di Kalindero ( p. 191 ) che
questa giurisprudenza sia in contraddizione col disposto dell'art. 2281 C. N.
(3) V. Duranton (n . 69), Corte d'Appello di Parigi 23 giugno 1813
( R. G. 19. 2. 206) . Contr. Cass . 25 aprile 1820 (R. G. 20. 1. 407) .
CANONI GENERALI 355

possano durare un tempo maggiore di anni trenta , computati


dal principio della prescrizione , e quindi si arrecherebbe alla
massima generale contenuta nella prima parte dell'articolo una
limitazione così grande , che non si potrebbe comprendere
perchè il legislatore non l'avesse esplicitamente statuita , oppure
non avesse a dirittura sostituita a quella massima un'altra
-
concepita affatto differentemente ( 1 ); e ) che il principio
contenuto nell'art. 2281 si applica alla durata della prescri-
zione anche nei casi uei quali , dopo l'emanazione del relativo
titolo del C. N. , le prescrizioni cominciate prima avessero con-
tinuato per tutto il tempo , al quale questo Codice le ha ridotte
per l'avvenire (2); - f) che la massima generale sancita dal-
l'art. 2281 si applichi tanto alla prescrizione estintiva , quanto
alla prescrizione acquisitiva od usucapione (3) .
Come dicevamo poc'anzi , i surriferiti principii sono veramente
accettati nella maggior parte del continente europeo. Il canone
generale infatti , statuito nell'articolo 2281 del Code civil , si
ritrova in parecchie legislazioni europee , modellate sulla fran-
cese , ed anche in talune , delle quali non si può dire altrettanto.
Tra le prime ricordiamo il Codice Albertino (art. 2414) , le leggi
civili del regno delle due Sicilie (art. 2187) , il Codice Parmense
(Disp. trans. art. 38 v. sopra p. 102) , il Codice Estense (Disp.
trans. art. 54 v. sopra p. 111 ) , il Codice civile italiano (Disp.
trans. art. 47 v. sopra p. 123 ) . Fra le seconde ricordiamo la
legislazione austriaca del 1811 (4) ,
l'Ordinanza transitoria di
Lubecca del 4 maggio 1814 (5) , 2ª e 3ª Ordinanza transitoria
annoverese (6), in queste ultime però rispetto alla prescrizione

( 1 ) C. d'App . di Bordeaux 22 luglio 1835 ( D. R. 36. 1130) Cass . 5 aprile


1837 ( R. G. 37. 1. 702) . Contr. Cass. 12 novembre 1832 (D. R. 36. 1130) .
( 2 ) Cass. 28 dicembre 1813 ( R. G. 14. 1. 92 ), 10 marzo 1828 ( R. G.
28. 1. 129) .
( 3 ) Cass. 21 dicembre 1812 ( R. G. 13. 1. 182 ) , 28 dicembre 1813
( R. G. 14. 1. 92 ).
( 4 ) V. sop . p. 68.
( 5 ) V. sop . p. 70.
( 6 ) V. sop . p. 86.
356 PARTE SECONDA

estintiva solamente ; il Motuproprio toscano 2 maggio 1836


(art. ccxv ) , e la successiva legge 7 gennaio 1838 (art. 172) .
Ad onta però di una cosi rapida ed estesa diffusione , non
meno presto si suscitò , come già dicemmo , contro quella dot-
trina una decisa opposizione fra i medesimi commentatori del
C. N. e nella stessa Francia. Forse l'autorità della legislazione
prussiana del 1794 contribui a far sorgere i primi dubbi intorno
alla giustezza della dottrina , di cui discorriamo . Imperocchè
gli è certamente in quella legislazione (1 ) che noi troviamo
per la prima volta sancita la massima che non vi ha diritto
acquisito in una prescrizione non compiuta , massima professata
oggidi universalmente dagli scrittori , benchè non adottata che
da un'infima minoranza di legislatori . Certo si è che la mas-
sima generale contenuta nella prima parte dell'art . 2281 del
C. N. , non è seguita da nessuno scrittore intorno alle quistioni
transitorie nel nostro secolo , ed è pure abbandonata da tutti
i commentatori del C. N. , ad eccezione del Duranton (p . 69 )
e del Kalindero ( p. 185 e segg. ) . Veggansi in prova Bergmann
(p . 35-36) , Weber ( p . 147 e segg. ) , Herrestorff (p . 114-115) ,
Kierulff ( p . 70 ) , Wächter ( p. 179) , Vangerow ( p . 26, nota 2) ,
Savigny ( p . 427 e segg . ) , Christiansen (p . 119 ) , Pinto (p . 172 ) ,
Theodosiades ( p . 109 e segg . ) , Merlin ( R. v. Prescr. sect . 1 .
§ 3. n. 8, 9 e 10 ) , Dalloz ( P. 36 , 306 ) , Duvergier (ad . Toull .
n . 81 ) , Troplong (Prescr. n. 1175) , Demolombe (n. 61 ) , Mar-
cadé ( n . 57 ) , Unger ( p . 146 ) . Taluni scrittori del diritto tran-
sitorio che non hanno trattato particolarmente questa quistione ,
hanno però stabilito principii generali , dai quali discende
intorno alla medesima una opinione conforme a quella oggi
dominante . Cosi per es . il Meyer non investiga l'influenza di
una legge nuova intorno alla prescrizione , sulle prescrizioni in
corso ( v. p. 97 , n. 1 ) , ma avendo già stabilita la regola che
le eccezioni le quali non producono effetto se non sono pro-
mosse dal convenuto , devonsi regolare secondo la legislazione
vigente al tempo in cui vengono proposte ( p . 95 ) , non v'ha

(1) V. sup . pag. 58.


CANONI GENERALI 357

dubbio che questa regola , il cui valore scientifico non è ora


il momento di investigare , dovrebbesi secondo lui applicare
anche alla eccezione della prescrizione .
Se noi ricerchiamo la cagione di cosi generale dissenso dal-
l'antica dottrina consegnata nell'art. 2281 del C. N. , troviamo
che tutti gli scrittori suaccennati concordano nel biasimare
quella dottrina pel riflesso che , fintantochè la prescrizione non
è ultimata , il prescrivente non ha che una semplice aspettativa
di acquistare. Il Theodosiades ( p. 109 ), pel quale le esigenze.
dell'ordine pubblico sono un criterio nella dottrina della retro-
attività , aggiunge a quel riflesso anche l'altro , che la prescri-
zione è essenzialmente un principio di ordine pubblico . Ma ciò
che a noi importa anche più del fondamento che si dà alla
nuova dottrina , sono i limiti o i modi nei quali essa viene
intesa dai Giureconsult .
Si possono ritenere massime di gius transitorio generalmente
accettate oggidi nel campo della scienza , se non in quello della
giurisprudenza pratica in materia di prescrizione, le seguenti (1 ):
a) L'azione della nuova legge sulle prescrizioni in corso si
avvera anzitutto rispetto all'ammissibilità o meno di una data
prescrizione in generale (2) . Se la legge nuova dichiara impre-
scrittibile un diritto , che finora si potè prescrivere , oppure
introduce la prescrizione per un diritto , che non vi fu sotto-
posto finora , si opina comunementa nel primo caso che le
prescrizioni , cominciate in virtù
della legge anteriore , non
possano essere continuate sotto l'impero della legge nuova ,

(1 ) Comunemente suolsi addurre fra i principii fondamentali in materia


di prescrizione anche quello che : le prescrizioni compiute in conformità
di una data legge, non possono più essere private d'effetto posteriormente » .
Ma benchè questa proposizione sia vera , essa è però estranea alle attuali
ricerche, le quali , come dicemmo da principio, non concernono, nè posson
concernere che le prescrizioni non finite al momento della emanazione di
una legge nuova sulla prescrizione . Richiamiamo del resto in questa occasione
le cose dette a pag. 34 e seg .
(2) V. per es . Weber ( p . 148 ) , - Mail. d. Ch. ( 2. 289. 5 ) , - Mar-
cadé (n . 61 ).
358 PARTE SECONDA

nel secondo che la prescrizione possa venire cominciata sotto


l'impero della legge nuova anche rispetto a diritti posti in
essere anteriormente . b ) Efficace è del pari sulle prescri-
zioni in corso ogni legge nuova intorno ai requisiti della pre-
scrizione . Se la nuova legge impone un requisito che la legge
anteriore non imponeva , oppure ne abolisce in tutto od in
parte uno che la legge anteriore statuiva , tanto la nuova
esigenza , quanto la nuova abolizione si applicano alle prescri-
zioni in corso al momento dell'applicazione della nuova legge .
c) Nuovi modi d'interruzione o di sospensione della prescrizione
si applicano del pari alle prescrizioni in corso. d ) In virtù
però dei principii stabiliti in b) ed in c) non si deve mai dare
alla legge nuova efficacia retroattiva fino al tempo anteriore
alla medesima , e quindi nè si può far carico al prescrivente
di non aver soddisfatto ad un requisito non contenuto nella
legge anteriore , finchè questa imperò , nè si può ritenere in-
terrotta per lo addietro una prescrizione per un motivo che non
era tale secondo la legge anteriore . Vero è che qualche fautore
della convalescenza materiale (v . sop . p . 232 e segg. ) ritiene che,
abolito un requisito della prescrizione voluto dalla legge anteriore ,
ricuperi valore giuridico una prescrizione a cui quel requisito
sia mancato fino al momento di quella abolizione , ma questa
opinione non può essere approvata per le ragioni già da noi
-
addotte contro la convalescenza materiale in generale (3) .
e) L'aumento di durata della prescrizione si applica alle pre-.
scrizioni in corso . Un solo scrittore , che noi sappiamo , pensa
il contrario , ed è il Kalindero ( p . 186 ) , il quale ne adduce
la ragione che quantunque il possessore non abbia che una
fuggevole speranza , una debole aspettativa , non è giusto che al
pericolo che egli corre se ne aggiunga un altro. Lo che dicendo ,
il Kalindero non si è accorto che il suo argomento riguarda sol-
tanto la prescrizione acquisitiva , mentre la tesi abbraccia anche
-
l'altra specie di prescrizione. f) La diminuzione di durata ,

(3)Il Weber ( p . 151 ) combatte in particolare anche questa applicazione


di quell' erroneo principio .
CANONI GENERALI 359

cioè l'abbreviazione della prescrizione non può dirsi in gene-


rale avere per effetto che la prescrizione , cominciata e non finita
sotto una legge che esigeva una durata più lunga , si debba
giudicare compiuta col decorso del tempo prescritto dalla legge.
nuova. Di questa massima universalmente ricevuta , tutti gli
scrittori convengono nell'assegnare la medesima ragione. Tutti
cioè riflettono che , adottando la massima contraria , si verrebbe
necessariamente a violare l'ineccepibile principio che la retro-
attività non può mai consistere nell'attribuire a fatti anteriori ,
e nel tempo in cui accaddero , una efficacia giuridica non con-
sentita dalle leggi di quel tempo. Imperocchè , se al momento
dell'attuazione della legge che statuisce una prescrizione più
breve , fosse decorsa della prescrizione cominciata anteriormente
una parte bensi , ma più lunga del nuovo termine prescrizio-
nale , si dovrebbe ritenere in virtù di tal massima che la pre-
scrizione fosse stata ultimata prima dell'attuazione della legge
nuova , quindi in un tempo in cui la legge vigente statuiva il
contrario , e quando nessuno degli interessati poteva avere una
tale opinione , la qual cosa , oltrechè ripugnerebbe , come di-
cemmo , ai principii fondamentali intorno alla retroattività ,
sarebbe per sè medesima un mostro giuridico , inconcepibile ,
e d'impossibile attuazione . Come si debba però applicare la
nuova legge , che abbrevia la durata di una prescrizione , alle
prescrizioni in corso al momento della sua attuazione , i giure-
consulti non sono tutti d'accordo nel determinare . Taluni ,
come per es. il Weber ( p . 156-57 ) , il Christiansen (p . 119 )
e il Rintelen (p . 46), opinano che dal momento dell'attuazione
della nuova legge debba in ogni caso cominciare una nuova
prescrizione in conformità della medesima. Il Weber osserva
che se in virtù di codesta soluzione può darsi il caso che taluno
debba compiere la prescrizione dopo un tempo maggiore di
quello che rimaneva della prescrizione cominciata sotto la legge
precedente , codesta circostanza però non può valere come ob-
biezione , attesochè può anche darsi il caso opposto . Altri ,
come per es. il Wächter ( p . 181 ), combattono l'opinione pre-
cedente pel motivo che essa conduce in taluni casi ad un pro-
360 PARTE SECONDA

lungamento della prescrizione incominciata , il quale risultato


è contrario alla dichiarata intenzione del legislatore di abbre-
viare il termine prescrizionale. Epperò , nella impossibilità di
applicare la legge nuova alla parte già decorsa della prescri-
zione , essi reputano che ogni parte si debba giudicare secondo
la legge in essa vigente , la parte cioè della prescrizione decorsa
prima della nuova legge , secondo la legge antica , e quella che
ancor manca al compimento della prescrizione , secondo la
legge nuova (1 ) . Altri ancora , e fra questi il Savigny ( p . 431 ) ,
e il Theodosiades ( p . 112 ) , evitano tutti gli scogli che presenta
la soluzione della presente questione, col suggerire che si lasci
in facoltà del prescrivente il compiere la prescrizione secondo
la legge antica , oppure il ricominciarla e il compierla secondo
la nuova. In questa maniera non potrà mai darsi il caso che
si ritenga compiuta la prescrizione prima dell'attuazione della
legge nuova , e neppure che si obblighi a ricominciare la pre-
scrizione per la più breve durata statuita dalla legge nuova
colui , il quale più presto prescriverebbe compiuto il termine
statuito dalla legge antica , e decorso già in parte per lui (2) .
E siccome non è mai a supporsi che uno voglia impiegare
maggior tempo a completare una prescrizione cominciata sotto
la legge precedente , che non gliene vorrebbe onde intrapren-
derne e compierne una nuova sotto la legge nuova , giustamente
il legislatore può statuire che le prescrizioni già cominciate.
prima della legge nuova , e per le quali , secondo la legge

(1 ) I Wächter reca questo esempio . Se sono trascorsi 6 anni della


prescrizione di 30 anni stabilita dalla legge precedente , ed ora una legge
nuova riduce la prescrizione dello stesso diritto a 5 anni , si dirà che sotto
la legge antica è decorso 115 (secondo essa legge) del termine prescrizio-
nale, e quindi i rimanenti 415 saranno determinati secondo la legge nuova ,
e sommeranno a 4 anni . Tale è pure l'opinione di Bergmann ( p. 36 ) di
Vangerow ( ib. ), e di Schmid ( pag. 128).
(2 ) Il Rintelen ( p. 48 ) osserva giustamente che la scelta suddetta non
può essere lasciata ai privati , ma deve essere fatta una volta per sempre ,
cioè con un principio generale , dai legislatori .
CANONI GENERALI 361

anteriore , si richiederebbe ancora un tempo maggiore di quello


fissato dalla legge nuova , si compiono col decorso del tempo
fissato in questa legge , computabile dal giorno dell'attuazione
della medesima . E ciò è appunto statuito dalla legislazione
prussiana del 1794 ( 1 ) , dall'austriaca del 1811 ( 2 ) , dalla sas-
- g) Sono fi-
sone del 1863 (3) e dall'italiana del 1865 (4) .
nalmente concordi gli scrittori moderni nel ritenere che la
quistione dell'influenza di una nuova legge sulla prescrizione.
rispetto alle prescrizioni in corso , è sempre la medesima , cioè
presenta sempre il medesimo aspetto , sia che si tratti della
prescrizione estintiva , sia che si tratti della prescrizione acquisi-
tiva od usucapione . Il solo Duvergier ( not . (a) al num . 81 di
Toullier) è di opinione contraria , e crede giusto che alle prescri-
zioni acquisitive si applichi esclusivamente la legge sotto la quale
cominciarono , rispetto a tutti i loro requisiti , pel motivo che
gli atti positivi dell'usucapiente hanno ingenerato in costui una
viva speranza , una forte aspettazione , la quale non esiste invece
nel debitore prescrivente , e che la legge non potrebbe equa-
mente deludere . Il Savigny ha certamente espressa l'opinione
generale dei giureconsulti dicendo ( p. 427 ) che ad onta delle
sostanziali differenze , che vi hanno fra la prescrizione estintiva
e l'usucapione , nella quistione attuale però si deve por mente
alla loro intrinseca affinità (innere verwandtschaft) , e si può
quindi trattare di ambedue contemporaneamente e dallo stesso.
punto di vista.

(1 ) V. sup . p. 58. Il Savigny ( p. 433) riferisce una legge prussiana del


31 marzo 1838, la quale riduce a 2 e 4 anni la prescrizione di certi diritti ,
che prima era statuita a 30 anni , e dichiara che i nuovi termini prescri-
zionali debbano decorrere soltanto dal 31 dicembre 1838 , ad eccezione
del caso in cui a compiere la prescrizione mancasse un tempo minore
di quello stabilito dalla nuova legge , nel qual caso la prescrizione si
compie a termini della legge precedente.
(2) V. sup. pag. 68.
(3 ) v. sup. pag. 113
(4) Disp. trans . art. 47 ( v. sopra p. 123) . Lo stesso statuisce la legge
transitoria del 14 dicembre 1882 per l'attuazione del nuovo Codice di
commercio italiano (art. 18-19 ) .
62 PARTE SECONDA

Chi rifletta al complesso delle massime suindicate , comprende


di leggieri che sulle rovine dell'antica dottrina si venne for-
mando nel nostro secolo una nuova , ben differente da quella ,
e in pari tempo completa , ed armonica in tutte le sue parti.
Codesto rimarchevole fatto non poteva rimanere senza influenza
sulla giurisprudenza pratica e sulle legislazioni positive ; scarsa
bensi , e più ancora su quella che su queste. Imperocchè dove
è chiaro il disposto della legge , poco margine rimane all'inter-
pretazione , e la massima parte dei popoli europei non sono
meno obbedienti all'esempio francese in fatto di civile legisla-
zione , che in altri argomenti di minore importanza. Crediamo
opportuno aggiungere brevi cenni sull' uno e sull' altro
punto.
Più di una volta i tribunali , specialmente italiani , ebbero
occasione di qualificare il principio generale contenuto nell'ar-
ticolo 47 delle Disposizioni transitorie civili del 1865 , come
non scientifico , e di mera equità. Cosi p. es. la Corte d'Appello
di Firenze 7 maggio 1874 (1 ), la Corte di Ancona 24 aprile
1875 (2) , e la Cassazione di Torino 6 aprile 1872 (3) .
Vuolsi pure attribuire all'influenza delle nuove dottrine in-
torno alla retroattività delle nuove leggi sulla prescrizione ,
l'opinione adottata da più di un interprete del C. N. , ma non
adottata , come si vide più sopra , dai tribunali , che l'articolo
2281 di detto Codice nella sua prima parte non si possa appli-
care alle prescrizioni statuite da leggi speciali , come p . es .
dalle leggi mercantili . Di questo avviso sono fra gli altri il
Merlin ( 1. c . ) (4) , e il Mailher de Chassat ( 1. c. p. 295 ) . La
stessa cagione ci spiega pure come parecchi tribunali abbiano
dichiarato : che alle prescrizioni in corso applichisi omnina-
mente la legge nuova , ove questa non abbia espressamente sta-

(1 ) A. G. VIII , 2 , 190 .
(2) G. I. XXVII , 1 , 478 .
(3) L. XII , 1 , 679.
(4) Lo censura il Dalloz ( R. 36 , n. 306).
CANONI GENERALI 363

tuito doversi aver riguardo alla legge anteriore (1 ) , il principio


contenuto nell'art . 2281 non si applichi alla prescrittibilità dei
diritti , astrattamente considerata (2), e neppure ai requisiti
della prescrizione , dei quali si debba giudicare, per ogni periodo
della prescrizione , secondo il disposto della legge corrispon-
dente (3 ) . Lo stesso può dirsi dell'opinione , pure adottata più
volte dai tribunali francesi , che ove , a compiere una prescri-
zione cominciata sotto una legislazione anteriore manchino più
di 30 anni , la riduzione della medesima ad anni trenta , sta-
tuita dalla seconda parte dell'art. 2281 C. N. , si debba fare
computando nel termine anche il tempo decorso prima del-
l'attuazione di quel Codice ; la quale opinione può avere ma-
nifestamente per conseguenza di far considerare prescritto un
diritto in un tempo in cui il C. N. non vigeva , e la legge
anteriore lo rendeva impossibile (4) . Tutte opinioni codeste ,
che mal si accordano collo spirito sia dell'art. 2281 del C. N. ,
sia dell'art. 47 delle Disposizioni transitorie per l'attuazione
del Codice civile italiano .
Fra le legislazioni recenti , due sole finora si sono totalmente
scostate dal C. N. , nella materia della retroattività delle leggi
intorno alla prescrizione ; e queste sono il Codice civile del
Canton Ticino , e il Codice civile sassone del 1863 , del quale
noi abbiamo riportato in altro luogo di quest'opera le relative
disposizioni (5) . Il primo statuisce ( art . 1226 ) in generale : le

( 1 ) Cass. di Torino 6 aprile 1872 , ( A. G. vi , 1 , 142 ) ; ma il contrario


ritennero la Cass . di Palermo 30 luglio 1870 ( Circ . Giur . I , 63), e 9 agosto
1870 (M. T. 10, 244) , e la Cass. Torino 26 giugno 1871 (ib. XII , 133).
(2) Cass . 10 febb . 1812 , 31 apr. 1815 , ( D. R. 36 , 1130 ).
(3) V. Dalloz ( R. 36 , n . 1123) . Ciò pure decisero la Cassaz . di Torino
17 nov. 1870 (A. G. vi , 1 , 398 ) , e la Corte di Ancona 24 aprile 1875 ( G.
I. XXVII , 1 , 478).
(4) Cass. Parigi 12 novembre 1832 ( D. R. 36 , n. 1130 ) . Contr . una
sentenza della Corte d'App. di Bordeaux 23 luglio 1835 ( ib . ) , e della stessa
Corte di Cass . 8 marzo 1842 ( D. P. 42. 1. 154 ) ( ib . ) V. le relative osser-
vazioni del Dalloz (D. R. ib . ) .
(5) V. sopra pag. 123 .
364 PARTE SECONDA

prescrizioni già compiute all'epoca della attivazione del pre-


sente Codice saranno operative ; quelle che sono in corso deb-
bono compiersi secondo le sue disposizioni . La legislazione
sassone , partendo dallo stesso principio fondamentale , ha fatti
suoi , nelle ricordate disposizioni , tutti i corollari che da quel
principio noi vedemmo precedentemente aver derivati la mo-
derna giurisprudenza teorica . Essa è quindi in tal maniera un
vero controaltare del Codice Napoleone . L'attuale legislazione
civile italiana , posteriore alla sassone , non ne ha seguito lo
esempio , ma la cagione di questo fatto merita di essere ricor-
data nella presente occasione. La quasi totalità dei giurecon-
sulti incaricati di formulare le disposizioni transitorie per la
attuazione del nuovo Codice Civile italiano era contraria alla
dottrina consegnata nell'art. 2281 del C. N. , e volle che nei
verbali delle relative discussioni si rendesse manifesto questo
suo dissenso (1 ) ; ciò nondimeno essa non si risolvette ad in-
´trodurre nella legge principii differenti , perchè non osò disco-
starsi dal sistema prevalso nella maggior parte dei Codici moderni ,
e nelle stesse legislazioni vigenti fino allora in Italia . È inutile
che noi giudichiamo il valore di questo motivo .
Oramai ci pare di avere riassunto in un quadro esatto e chiaro
la storia e lo stato attuale della quistione , di cui ci andiamo
occupando , sia nelle legislazioni positive , sia nelle opinioni
dei giureconsulti teorici e pratici . Or ci conviene riprenderne
alla nostra volta lo studio , ed esprimere il nostro modo di
vedere intorno alla medesima.
Noi pure non esitiamo a dichiararci contrarii al principio.
generale contenuto nella prima parte dell'art. 2281 C. N. , in
vista appunto della generalità dei suoi termini . Non a torto ci
sembra farsi a quell'articolo da tanti giureconsulti l'obbiezione ,
che nella prescrizione incominciata e non finita non vi ha ma-
teria di vero e proprio diritto acquisito. Imperocchè riferendo
quell'obbiezione alla situazione giuridica di chi in virtù della
prescrizione deve essere liberato da un'azione ( prescr. estint . ) ,

( 1 ) Proc . verb. della Commiss . pel C. C. 1. Tor . 1866 , pag. 833-35.


CANONI GENERALI 365

od acquistare un diritto reale ( prescr . acquis . ) , noi non vediamo


appunto che da lui possa essere acquistato un diritto prima
che il termine prescrizionale sia decorso per intiero , e con
tutti i requisiti voluti dalla legge . Come potrebbe essere altri-
menti ? Si dirà forse che colui , il quale sta prescrivendo il
proprio debito , ha acquisito fin dal principio , cioè fin dal
momento , in cui sorse nel creditore il diritto di agire contro
di lui , il diritto di ultimare la prescrizione a termini della
legge vigente in quel momento ? Ciò non è possibile , perchè
un fatto iniquo , quale è spesse volte il non pagare senza
essere richiesti , non può avere per conseguenza un diritto , e

precisamente il diritto di non pagare . Si dirà che colui il quale


ha acquistato un diritto reale senza legittimo titolo , ha pure
acquisito fin da quel momento implicitamente il diritto di con-
tinuare e compiere l'usucapione a termini della legge allora
vigente ? Ripugna alla ragione che all'acquisto di un diritto
sia necessaria nell'acquirente l'ignoranza dell'acquisto medesimo ,
e tale sarebbe appunto il caso del preteso diritto acquisito alla
usucapione , di cui ora parliamo , ove il principio dell' usuca-
pione sia stato accompagnato da buona fede . Nel caso contrario
si oppone al preteso diritto acquisito lo stesso ostacolo accen-
nato dianzi rispetto a molti casi di prescrizione estintiva , cioè la
intrinseca iniquità della pretesa . Tanto poi la liberazione dall'a-
zione , quanto l'acquisto di un diritto reale mediante la prescri-
zione , estintiva o acquisitiva , sono diritti , che invece di essere
implicitameute contenuti nel fatto da cui la prescrizione ha co-
minciamento , risultano in pari tempo da quel fatto e da tutte le
altre successive circostanze volute dalla legge , fino a che la prescri-
zione non sia stata ultimata. Imperocchè , introducendo la pre-
scrizione , il legislatore dice in sostanza che colui al quale non è
stato richiesto per un certo tempo il suo debito o la cosa illegit-
timamente posseduta , non può più essere molestato coll'azione.
nascente dal credito, o colla rivendicazione . Epperò , fintantochè
il tempo della prescrizione non sia decorso per intiero , colui
il quale si vuol giovare della medesima , lungi dal possedere.
un diritto quesito , ha una mera aspettativa di un tale diritto,
366 PARTE SECONDA

essendo incompiuto il fatto acquisitivo , e non potendosi mani-


festamente la parte che rimane a compiersi , cioè il tempo non
ancora decorso , reputarla formante una unità razionale, e in-
separabile colla parte compiuta , giusta i principii da noi esposti
precedentemente intorno ai fatti acquisitivi complessi , e alle con-
seguenze vere e proprie dei diritti acquisiti (v. § I. e seg. di
questo cap . ) (1) .
Tale e tanta è manifestamente l'indole e la gravità degli addotti
argomenti , da non ammettere serie obbiezioni , e neppure consen-
tire che di quegli argomenti si limiti l'applicazione ad una parte
soltanto , anzichè estenderla alla totalità dell'argomento in discorso .
Se nella prima edizione di quest'opera noi non fummo alieni
dal considerare a parte la situazione giuridica di colui contro
il quale la prescrizione si va compiendo , per desumerne il diritto
quesito del medesimo a non vedere abbreviato il termine pre-
scrizionale stabilito dalla legge sotto il cui impero la prescri-
zione è cominciata , e in questa guisa e misura limitare la
applicazione del principio generale propugnato sopra , e delle
ragioni in cui il medesimo si appoggia , poi ci siamo dovuti
accorgere della erroneità di tale nostra opinione, ed ora fran-
camente la ripudiamo . Imperocchè se è vero in generale ciò
che osserva il Wächter (1. c. p. 179 , n . 136 inf. ) , non doversi
cioè considerare il tema presente dal solo punto di vista del
prescrivente , trascurando quello di colui contro cui si prescrive ,
non è vero del pari che il secondo punto di vista conduca a
conchiusioni diverse dal primo . Se infatti non si può ammet-
tere nel prescrivente il diritto quesito a che non venga pro-
lungato il termine prescrizionale statuito dalla legge sotto il
cui impero la prescrizione è cominciata , neppure si può am.
mettere in colui contro il quale corre la prescrizione , il diritto
a che il termine di questa non venga abbreviato. Al primo
diritto osta , come notammo , o l'ignoranza del prescrivente o

(1 ) Dice benissimo il Wachter ( 1. c . p. 179, nota 31 ) : « essere soltanto


possibile al principio della prescrizione l'acquisto di un diritto col mezzo
di questa , e non avere certamente colui , il quale cominciò la prescrizione ,
un diritto acquisito a questa possibilità.
CANONI GENERALI 367

l'ignoranza di colui contro cui egli prescrive ; al secondo si


oppone un altro motivo razionale , non meno forte di quello ,
quando non osti la immoralità della pretesa. Egli è assurdo
cioè che colui il quale , sapendo di possedere un diritto
e di poterlo quandochessia esercitare , pur non lo esercita ,
misuri anticipatamente il proprio indugio a termini e rigore.
della vigente legge sulla prescrizione . Vi ha contraddizione fra
noncuranza e calcolo , e il diritto ad una data quantità di ne-
gligenza ripugna al principio che jura scripta sunt vigilantibus.
E ciò vale per la grande generalità dei casi di tal genere. Che
se non è escluso potersi in taluni rari casi protrarre l'esercizio
di un diritto non per mera negligenza , ma per riguardi di
altra natura , sia verso la persona del debitore , sia verso altre
persone attinenti a questo , riguardi i quali distolgano il cre-
ditore persino da átti interruttivi della prescrizione , in tali casi
se una legge nuova , la quale abbrevia il termine prescrizionale ,
se avrà virtù di decidere l'avente diritto a farlo valere, non si
potrà dir questi spogliato del diritto di indugiar più a lungo ,
ma piuttosto prosciolto per volontà sua da un obbligo dello
stesso genere, che da sè medesimo si era imposto. Se la nuova
legge non avrà quella virtù , e l'avente diritto , non esercitan-
dolo non ostante , e neppure interrompendo la prescrizione ,
verrà a soffrir danno , egli dovrà ancora imputare a sè medesimo
codesta perdita , perchè egli avrà in tal guisa condonato sponta-
neamente un debito , che nel più breve termine prescrizionale
poteva e sapeva di potere esercitare. Ne varrebbe ricordare
oltre agli anzidetti casi , gli altri ben differenti di non eserci-
tato diritto per impossibilità di ciò fare , perchè l'impossibilità
di far valere pienamente un diritto non include sempre quella
eziandio di interrompere la prescrizione , ed ove ciò sia , vuolsi
distinguere l'impossibilità vera e propria da quella che è
soltanto morale . La prima esime dall'azione retroattiva di
ogni legge , vecchia e nuova , sulla prescrizione , pel noto
principio : agere non valenti non currit præscriptio . La seconda
non vale a dar base ad un vero e proprio diritto quesito di
non agire , come avvertimmo dianzi. Che se al Kalindero (pa-
368 PARTE SECONDA

gina 191 ) , il quale ha appunto confuso le due impossibilità


suddistinte , non si può tuttavia negare potersi dar caso in cui
nè incuria , nè riguardo a nessuno , ma qualche altro ostacolo
faccia protrarre l'esercizio di un diritto , come per esempio la
ragionevole dilazione dopo il ritorno da un viaggio , questa
considerazione però è di nessun valore in appoggio del preteso
diritto quesito al non abbreviamento del termine prescrizionale.
Non solo nè tanto perchè quod bis aut semel evenit prætereunt
legislatores, quanto perchè casi di tal natura appena si pos-

sono dare nella pratica , se si riflette , per esempio , che le


prescrizioni estintive sono tutte di anni , e non di mesi nè di
giorni , epperò la più breve di quelle appena può essere minore
della massima durata di un lontano viaggio , ai nostri giorni
specialmente. Egli è certo del resto che nella grandissima ge-
neralità dei casi il non esercizio di un diritto conosciuto , ha
per vera ed unica sua causa l'incuria , onde rispetto ai mede-
simi l'inesistenza del diritto quesito in quistione è abbastanza
dimostrata dall'inammissibilità di un diritto quesito alla negli-
genza. E siccome la grandissima maggioranza dei casi di pre-
scrizione estintiva è invece contrassegnata in chi ne è vit-
tima , dall' ignoranza del diritto proprio in coloro a cui
spetta , quel diritto quesito è in generale a negarsi , e suffi-
cientemente escluso in generale , sia perchè dall'ignoranza non
può ragionevolmente desumersi un diritto quesito , avente ap-
punto per oggetto l'ignoranza ; sia perchè le leggi , dalle quali
provengono quei diritti che gli uomini hanno senza volerlo ,
vigilantibus non dormientibus scripta sunt. La sola via plausibile.
onde dimostrare il diritto quesito al non abbreviamento della
prescrizione estintiva , sarebbe il ridurre questa particolare tesi
a quella più generale da noi sviluppata sopra , che la durata
nel tempo è un elemento integrante del diritto quesito (§ preced . ) .
E per questa ragione appunto noi abbiamo nella precedente
edizione (vol . 1. p . 288 ) seguita una opinione opposta a quella
che ora propugniamo , ma non è ragione che valga secondo
la migliore persuasione nostra attuale. Imperocchè non è pro-
priamente elemento integrante del diritto quesito , siccome
CANONI GENERALI 369

abbiamo avvertito sopra ( p . 336 ) , se non quella quantità di


durata del diritto , che al momento dell' acquisto di questo
venne prestabilita dalla volontà umana in conformità della
legge , o dalla legge direttamente , insieme a tutti gli altri
elementi del diritto , e per gli stessi fini ed interessi . La qual
cosa non può dirsi al certo , come abbiamo pure dimostrato
(v. sopra pag. 346) , rispetto al termine prescrizionale statuito
dalla legge vigente allorquando il diritto venne acquistato . Di
guisa che il voler applicare a quel termine i generali principii
intorno alla durata dei diritti acquisiti , considerata elemento
integrante di questi , è disconoscere la vera natura dell'uno o
dell'altra , è commettere una grave e funesta confusione di
idee del tutto diverse e distinte . Quando in particolare non si
trova apposta nessuna durata determinata ad un diritto quesito ,
non per questo si deve intendere attribuita al medesimo, come
naturale suo effetto , la durata del termine prescrizionale , più
che gli si possa intendere attribuita una durata perpetua , nella
quale seconda ipotesi la retroattività della nuova legge prescri-
zionale sarebbe convalidata dagli esposti principii intorno ai
diritti perpetui ( v. sopra p . 338 e segg . ) . Non è ammissibile la
prima ipotesi , perchè assai più ragionevole è invece il ritenere
che o il privato il quale concorse all'acquisto del diritto , o il
legislatore che glielo attribui senza il di lui concorso , ab-
biano inteso che subito o al più presto il diritto , possibile
ad esercitarsi , venisse esercitato . Di fronte al quale vago
intendimento , la legge della prescrizione , limitando e abbre-
viando gli indugi , determina bensi in una sua parte il con-
cetto del diritto di cui si tratta , ma fa a questo un'aggiunta
del tutto indifferente al concetto suo e all'intendimento dei suoi
autori . E , come tale , essa legge ha ragione di completare a suo
modo il vago intendimento di chi ha costituito il diritto senza
assegnargli una durata determinata , fintantochè il diritto non
sia stato esercitato ; poichè la ragione sta tutta in quella va-
ghezza , la quale dura ed è sempre la medesima finchè di fatto
chi possiede il diritto non abbia posto termine agli indugi ,
esercitandolo .
GABBA Retr. Leggi. v. I. 21
370 PARTE SECONDA

Dicendo noi che la prescrizione dei diritti acquisiti non può


essere oggetto di un diritto acquisito alla sua volta , nè parte
integrante di un diritto cosiffatto ; ed in altri termini la prescri-
zione , sia acquisitiva , sia estintiva , finchè non è compiuta , ẻ
sempre in balia del legislatore , non intendiamo però che questi
possa far uso di tale sua facoltà senza riguardo alcuno . Se per
esempio il legislatore statuisse che dentro pochi giorni si compies-
sero prescrizioni in corso, alle quali la legge anteriore assegnava
la durata di anni , siffatta legge sarebbe certamente giusta in
sè, cioè conforme agli esposti principii intorno al gius tran-
sitorio della prescrizione , ma sarebbe anche iniqua in pari
tempo. Imperocchè in molti casi essa potrebhe veramente ren-
dere impossibile l'esercizio di diritti ben conosciuti da coloro
cui appartengono , e volontariamente da loro per qualsivoglia
causa non esercitati . Fosse anche questa causa semplicemente
l'incuria , troppo grave pena sarebbe la perdita del diritto ,
cioè la procacciata impossibilità di esercitarlo . Non si possono
adunque nella esplicazione loro gli esposti principii disgiungere
dai riguardi della equità , la quale in nessuna parte del diritto
ha più appropriata occasione , e ragione più urgente di con-
temperarsi coi rigorosi dettati della ragione giuridica . Appena
però può reputarsi importante nella pratica siffatto riflesso ,
chi veda aver già tanto predominio l'equità nella maggior
parte delle leggi positive intorno alla prescrizione , da sosti-
tuirsi totalmente al rigoroso diritto , convertendo in gius que-
sito quella che il Demolombe ( 1. c . n . 61 ) e il Kierulff ( 1. c.
p. 70 i. n . ) e tutti quanti i savi giureconsulti reputano sem-
plice aspettativa.
Veniamo ora a formulare gli speciali canoni pratici di una
dottrina transitoria della prescrizione , basata sulle premesse
generali suesposte.
Importa anzitutto distinguere le leggi introduttive o abolitive
della prescrizione , da quelle che soltanto modificano le leggi
preesistenti intorno alla medesima.
Una legge che introduce per la prima volta la prescrizione di
determinati diritti , non può applicarsi che a fatti , sia di pos-
CANONI GENERALI 371

sesso , sia di non esercizio dei diritti medesimi , posteriori alla


sua introduzione. Gli atti anteriori , per quanto numerosi , e
per lungo tempo durati , non possono essere computati a favore
di chi si vuol prevalere dalla nuova legge , insieme ai posteriori .
Ciò noi abbiamo già osservato sopra ( p . 235 ) , e benchè la
Cassazione di Firenze , in una sentenza 17 febbraio 1868 (1 ) ,
abbia tenuto l'avviso contrario , noi non ci possiamo rimuovere
dal nostro . Imperocchè , altrimenti , volendo attribuire a quegli
anteriori fatti un carattere e un valore che la legge anteriore
non ammetteva , e per avventura lo stesso carattere e valore dei
fatti consimili posteriori alla legge nuova , si viene a dare
effetto a questa , e a supporla esistente e operante prima ancora
che esistesse , la quale è assurda e inammissibile retroattività .
Occorre una espressa distinzione del legislatore affinchè si
possa ritenere il contrario , e costruire la prescrizione con
fatti ed elementi anteriori alla sua introduzione . Non potrebbe
però il legislatore arrivare per quella via fino al punto di re-
putare compiuta una prescrizione prima ancora che venisse
introdotta , lo che sarebbe del resto logica e massima conse-
guenza dell'opinione da noi ripudiata. E neppure egli po-
trebbe far cominciare dal giorno dell'attuazione della legge
nuova l'opponibilità di quella prescrizione . Nell'avvenire poi ,
cioè tenendo conto di fatti posteriori alla legge introduttiva
della prescrizione , questa legge dovrebbe certamente essere
applicata indifferentemente a diritti acquistati prima e dopo la
sua attuazione . Imperocchè non può ragionevolmente attribuirsi
un diverso intendimento al legislatore , se i fini a cui tende il
nuovo provvedimento devono essere pienamente conseguiti.
Abolita una data specie di prescrizione , come infatti può ac-
cadere ed è accaduto rispetto a talune prescrizioni acquisitive in
particolare , non possono certamente venire continuate le pre-
scrizioni di quel genere , già incominciate. Soltanto quelle già
compiute rimangono tali , e con tutti gli effetti civili statuiti
dalla legge sotto il cui impero si compierono . Ciò ebbero anche

(1 ) A. G. II , 1 , 15.
372 PARTE SECONDA

a dichiarare la Cassazione di Torino , 16 agosto 1881 ( 1 ) e la


Cassazione di Firenze , 18 novembre 1873 ( 2) , 19 gennaio 1874 (3 ) .
Che se la legge nuova , ammettendo al pari dell'antica una
data specie di prescrizione , differisce da quella soltanto rispetto
ai requisiti della prescrizione , sorge anzitutto la quistione del-
l'applicabilità della medesima alle prescrizioni di quel genere ,
che si trovano in corso al momento della sua attuazione . Dico
la quistione , imperocchè a prima giunta può sembrare che ,
non esistendo diritto quesito alla continuazione e al compimento
delle prescrizioni incominciate , neppure ci sia diritto di far
valere sotto l'impero della legge nuova la parte di prescri-
zione decorsa vigendo l'antica , e che coll'attuazione della
legge nuova debba la prescrizione ricominciarsi da capo ,
qualunque sia stata la durata della parte della medesima ,
trascorsa vigendo la legge precedente . Ma questa è vana appa-
renza , e la quistione vuol essere risoluta in modo affermativo .
Se valesse infatti quel motivo , bisognerebbe esigere il ricomin-
ciamento della prescrizione , anche quando fra la legge antica
e la nuova non ci fosse differenza alcuna circa i requisiti di
quella, la qual cosa ripugna anzitutto al senso comune , ed è
poi anche da escludersi per validi motivi razionali , i quali si
attagliano egualmente all'uno e all'altro dei suddetti casi. Non
è supponibile invero che anche la semplice aspettativa di com-
piere la prescrizione a termini della legge sotto il cui impero
venne incominciata , aspettativa che in taluni casi può essere
anche assai vicina al diritto quesito , cioè al suo compimento ,
voglia il legislatore disconoscere e sacrificare , quando egli nol
dice , e quando non c'è ragione perchè lo voglia. E questa
ragione non esiste tutte le volte almeno che rispetto ai nuovi
requisiti della prescrizione non sia impossibile scindere e sepa-
rare i distinti periodi in cui la prescrizione è durata sotto le due
leggi successive . All'infuori di questi casi , sui quali ritorneremo

(1 ) M. XXII , 918 .
(2) A. G. VIII , 1 , 47 .
(3) Ib. IX , 1 , 94.
CANONI GENERALI 373

fra poco , vuolsi invece ritenere che il legislatore , modificando


i requisiti della prescrizione , sia acquisitiva , sia estintiva , in-
tenda che l'osservanza dei medesimi non escluda la continua-
zione delle prescrizioni in corso ; rispetto a queste cioè , quella
osservanza debba esigersi soltanto in quella parte che ne
rimane , bastando nella parte già decorsa l'osservanza dei
requisiti imposti dalla legge anteriore , affinchè quella parte
si computi insieme a quella che rimane a decorrere per
formare un solo tutto. In altri termini , vuolsi affermare
che in lesi generale una sola e medesima prescrizione , sia
acquisitiva , sia estintiva , può benissimo svolgersi sotto leggi
diverse , le quali statuiscono differenti requisiti della mede-
sima , venendo giudicata ogni parte di essa , rispetto ai re-
quisiti suoi proprii , secondo la legge vigente nel tempo della
medesima. Principio codesto , che nessun legislatore ha discono-
sciuto e nessuno scrittore ha messo in dubbio , ma il cui vero
fondamento nessuno ha ricercato , bastando a tutti la sola fa-
vorevole testimonianza del senso comune (1 ) .
Abbiamo accennato dianzi a eccezionali casi di tal differenza

fra la legge antica e la nuova circa i requisiti della prescrizione ,


per cui non sia possibile applicare ciascheduna legge alla ri-
spettiva parte di prescrizione , decorsa durante il suo impero.
Tali sono i casi di nuovi requisiti della prescrizione , i quali
per la natura loro accompagnano questa dal principio alla fine ,
ně possono quindi ammettersi in una ulteriore parte di essa ,
ove siano mancati al principio , e appunto in questo momento.
non siansi verificati . Se per esempio di legge anteriore non
esigeva la buona fede nel prescrivente , e la esige invece la
legge nuova , constatata in una prescrizione in corso quando
la seconda legge venne emanata , la mala fede del prescrivente
in un momento qualunque anteriore ad essa legge , non v'ha
dubbio che un tal difetto , non considerato affatto dalla legge

(1 ) Anche nella presente giurisprudenza questo principio è generalmente


ammesso . V. Cass . Torino 21 agosto 1870 , e Sup. Corte di Vienna 12 aprile
1854 (Glaser, Entscheid. des oberst k. k. Gerichtsh : vol . 1 , pag. 18 Vienna) .
374 PARTE SECONDA

antica , impedisce non ostante il proseguimento e la ultimazione


della prescrizione sotto l'impero della legge nuova. Lo stesso
dicasi della differenza fra le due leggi circa l'idoneità del titolo
da cui trae origine il possessore idoneo alla usucapione . Nei
casi di questo genere però non tanto la legge nuova si applica
ad un periodo della prescrizione in corso , anteriore alla sua
attuazione , quanto piuttosto discorda dalla legge anteriore nel
giudicare di fatti comuni all'impero di entrambe , e rimasti
sotto l'impero della prima quali erano sotto l'impero della
seconda.
Fatte tali riserve , il principio anzi esposto non è di difficile
applicazione.
I requisiti della prescrizione sono di tre principali specie :
aj di tempo , b) di titolo , c) di modi di agire , o di circostanze
personali sia del prescrivente , sia di colui contro cui corre la
prescrizione.
Rispetto al tempo o alla durata della prescrizione , l'applica-
zione del principio in discorso ha per effetto che : 1° se la
nuova legge prolunga il termine prescrizionale stabilito dalla
legge anteriore , le prescrizioni in corso debbono essere continuate
pel tempo necessario a compiere il termine nuovamente stabilito,
computando il tempo già decorso sotto la legge anteriore. Questo
canone non ha bisogno di ulteriore dimostrazione. Se invece.
la nuova legge abbrevia il termine prescrizionale stabilito dalla
legge anteriore , l'applicazione della prima legge alle prescri-
zioni in corso non può farsi nello stesso modo in tutti i casi.
2º Se quando viene attuata la legge nuova , manca a completare
una prescrizione in corso una parte del tempo richiesto per com-
pierla nel più breve termine da quella legge stabilito , la pre-
scrizione deve essere continuata soltanto fino al raggiungimento
di quel termine. Ed anche questo canone non ha bisogno di
ulteriore conferma . Ma se quando viene attuata la legge nuova ,
a) non mancherebbe più nessun tempo , affinchè una prescri-
zione in corso raggiungesse la minor durata stabilita da quella
legge , oppure b) si trovasse che anzi quella minor durata
sarebbe già decorsa tutta sotto l'impero della legge ante-
CANONI GENERALI 375

riore , come si applicherà la legge nuova a quella prescri-


zione ? La legislazione positiva italiana del 1865 (v. sopra p . 123)
non distingue un tal caso dal precedente , e statuisce in gene-
rale che 3° se ad ultimare le prescrizioni in corso secondo la
legge anteriore richiedasi maggior tempo di quello fissato dalla
legge nuova , la prescrizione debba continuare per quel minor
tempo, computabile dal giorno dell'attuazione della nuova legge.
Per verità codesto principio non è rigorosamente razionale . Per
esso infatti si vengono a confondere e trattare egualmente i
due ben diversi casi di una prescrizione non ultimata secondo
nessuna delle due leggi , ed una prescrizione non ultimata sol-
tanto secondo la legge antica . E mentre da una parte siffatta
regola si appoggia sulla premessa , da noi ripudiata , del diritto
quesito alla prescrizione , cioè della prevalenza della legge sotto
cui la prescrizione è cominciata , su ogni altra successiva ,
d'altra parte essa viene a privare del beneficio della nuova
legge ogni prescrivente , che si trovi nel giorno dell'attuazione
di questa avere posseduto per più lungo tempo di quello di
cui quella legge si accontenta . Il quale risultato pratico è in-
pari tempo contrario allo spirito della legge nuova , e ai
principii fondamentali della dottrina transitoria in materia di
prescrizione ; ed anzi è contrario al primo appunto perchè è
contrario ai secondi. Onde anche a noi parrebbe più giusta
l'opinione del Rintelen ( 1. c . ) , non immaginata finora da altri ,
nè quindi approvata nè combattuta da nessuno , l'opinione cioè
che se nel giorno dell'attuazione della nuova legge , una pre-
scrizione si trovi avere durato già per tutto il tempo voluto da
essa legge , o per un tempo maggiore , la si debba considerare
compiuta e opponibile da quel giorno medesimo . Se non che
la poca equità , e i pratici inconvenienti di siffatta opinione ,
non hanno bisogno di essere qui additati con ragioni già da
noi esposte più sopra in altra occasione ( v. p . 370 ) . Onde in
conclusione anche noi accettiamo l'anzidetta regola , ma come
un suggerimento dell'equità , come una deroga alle rigorose
esigenze della ragione per motivi di pratica opportunità .
376 PARTE SECONDA

Quanto agli altri requisiti della prescrizione , essi consistono ,


dicemmo , a ) in qualità giuridiche del titolo da cui la prescri-
zione trae origine ; b) in modi di agire , o in circostanze per-
sonali , sia del prescrivente , sia di colui contro cui corre la
prescrizione . Così per esempio la legge può statuire che un
dato titolo sia o non sia idoneo a fondare il possesso e la
prescrizione , oppure che il possesso di certi beni debba essere
accompagnato da trascrizione del titolo d'acquisto , affinchè
serva alla prescrizione , o che la prescrizione rimanga interrotta
o sospesa in virtù di certi atti per parte di colui contro cui si
prescrive , o in virtù di certe condizioni di stato personale del
medesimo , o di certe personali relazioni fra quello e il prescri-
vente.
Delle differenze fra l'antica legge e la nuova circa il titolo ori-
ginario del possesso e della prescrizione, abbiamo già ragionato
poc'anzi . Rispetto ai requisiti della prescrizione , siano positivi ,
siano negativi , i quali concernano sia i modi di agire , sia le
circostanze personali di coloro fra i quali la prescrizione si opera ,
in particolare eziandio rispetto ai modi di sospensione e di in-
terruzione della prescrizione , voglionsi distinguere due ipotesi.
Può darsi cioè che la legge nuova sia sotto quei rispetti più
rigorosa della legge anteriore sotto cui venne cominciata la
prescrizione in corso , e può darsi il contrario . 4° Se la nuova
legge aggiunge nuovi requisiti di qualcuna delle specie anzidette ,
oppure rende più complicati i requisiti voluti dalla legge ante-
riore, le prescrizioni non compiute al momento della sua attua-
zione , non potranno compiersi successivamente se non a condi-
zione che i nuovi requisiti , o la parte nuova aggiunta a quelli
già imposti dalla legge anteriore , si verifichino anch'essi, ove ciò
sia possibile. Non si potrà però mai impugnare la prescrizione
nella parte decorsa vigendo la legge anteriore , pel motivo del
difetto di quei nuovi requisiti . E per converso 4° : Se la nuova
legge allevia i requisiti di qualcuna delle specie anzidette , sia
col toglierne alcuno , sia col scmplificarlo , le prescrizioni non
ultimate al momento della sua attuazione , si compiranno vali-
damente colla sola osservanza di essa in quella parte che la possa
CANONI GENERALI 377

concernere. Non si potrà però mai invocare la legge nuova, onde


sostenere la convalidazione di una prescrizione , la quale nel
tempo decorso sotto l'impero della legge precedente non avesse
presentato qualcuno dei requisiti voluti da questa legge , ed ora
aboliti dalla legge nuova . Ambedue gli esposti canoni discendono
chiaramente dalle premesse nostre ; l'ultimo in particolare si
appoggia eziandio ai generali principii da noi professati in
materia di convalescenza materiale per virtù di legge nuova
(v. sopra p. 238 e segg . ) . Non hanno quindi bisogno nè di
ulteriore dimostrazione , nè di amplificazione . E con essi riceve
il suo complemento la dottrina della retroattività in materia
di prescrizione, più conforme , a parer nostro, alle vere esigenze
della ragione e della scienza.
Occorre appena che noi osserviamo doversi i principii fin qui
esposti applicare indifferentemenle alle prescrizioni ordinarie ,
ed alle cosi dette prescrizioni più brevi. Fra le quali due
specie di prescrizione infatti non si suole fare differenza dalla
giurisprudenza pratica , neppure applicando il canone statuito
dall'art. 2281 del C. N. , e dell'art . 42 delle Disposizioni tran-
sitorie civili italiane dell'anno 1865. Vedansi in prova le sen-
tenze : Corte di Modena 27 aprile 1867 (1 ) e Cassazione di
Napoli 6 agosto 1870 (2) .
Similmente egli è appena d'uopo avvertire che il discorso
degli effetti giuridici della prescrizione non ha che fare colla
suesposta dottrina transitoria circa le prescrizioni in corso .
Quel punto vuolsi piuttosto definire secondo i generali principii
transitorii intorno ai titoli o fatti acquisitivi dei diritti , epperò
deve essere in ogni singolo caso regolato secondo la legge sotto
il cui impero la prescrizione si è compiuta . Ciò dicasi però , se non
si tratti di quistioni di diritto reale , e degli speciali principii
di questa parte del gius transitorio , che esporremo altrove e
chiariremo nelle applicazioni loro in ordine a quel punto di vista.

(1 ) A. G. VI , 1 , 398.
(2 ) Gazz . Procur. v, 414.

FINE DEL VOLUME PRIMO.


INDICE DEL VOLUME I

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Pag. 1


INTRODUZIONE D 7
BIBLIOGRAFIA 17

2272288
PARTE PRIMA.

PROLEGOMENI.

Capitolo I. Soggetto della presente opera 23


II. Leggi interpretative e rettificative " 25
III. Leggi confermative e ripristinatorie . 31
D IV. Leggi retroattive 32
» V. Retroattività impossibile 34
D VI. Abolizione dell'effetto retroattivo . " 38
» VII. Conclusione dei capitoli precedenti 39
» VIII. Il principio della non retroattività delle leggi teori-
1

camente considerato D 41
IX. Il principio della non retroattività delle leggi nel
Diritto Romano e nel Diritto Canonico .
ཀྱི་

§ 1. Diritto Romano · • D 45
§ 2. Diritto Canonico . D 49
» X. Il principio della non retroattività delle leggi nelle
legislazioni moderne :
385353

§ 1. Legislazioni moderne fino al principio del secolo


presente . 50
§ 2. Legislazione francese imperiale .
§ 3. Legislazioni germaniche durante e dopo il primo
impero francese · 62
§ 4. Leggi transitorie italiane anteriori alla costi-
tuzione del nuovo Regno d'Italia • 98
§ 5. Recenti leggi transitorie . D 111
§ 6. Conclusione 124
380 INDICE

Capitolo XI. Fonti dei principii intorno alla retroattività delle leggi Pag. 125
}) XII. Difficoltà di una teoria intorno alla retroattività delle
leggl .. 129
D XIII. Sussidi allo studio della retroattività delle leggi • 133
>> XIV . La teoria della retroattività delle leggi e il diritto
internazionale privato Σ 135
XV. Estensione degli studi intorno alla retroattività . • 期 141
} XVI. Ordine da seguirsi nella esposizione della teoria
della retroattività » 143

PARTE SECONDA.

CANONI GENERALI
INTORNO ALLA RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI .

LIBRO PRIMO.

Dottrine fondamentali dei più autorevoli scrittori intorno alla


retroattività delle leggi В 147
Capitolo I. Criterio desunto dalle espressioni della legge.. 期 148
« II. Criterio desunto dalle attinenze coll'ordine pubblico,
e dall'indole proibitiva delle leggi .. B 152
» III. Dottrina della retroattività delle leggi favorevoli D 161
IV. Dottrina di Savigny » 163
>> V. Teorica del Lassalle D 171

LIBRO SECONDO .

Determinazione del concetto generale di diritto acquisito 182


Capitolo I. Di alcune definizioni del diritto acquisito 184
" II. Definizione generale del diritto acquisito . D 190
III. Analisi del concetto del diritto acquisito . 192
Sezione I. Il diritto concreto o subbiettivo .
§ 1. Diritto obbiettivo e subbiettivo • 193
§ 2. Continuazione. Il diritto e la legge 194
§ 3. Continuazione. Della pretesa assenza di legge 196
§ 4. Unità della legge da applicarsi . D 201
§ 5. Continuazione. Della legge intermedia. 202
§ 6. Continuazione. Oggetto concreto della legge e del
diritto 204
INDICE 381

Sezione II . Il Diritto elemento del patrimonio.


§ 1. Il diritto e l'individuo . Pag. 206
§ 2. Utilità del diritto. Diritto pubblico . Privilegi e
concessioni . 210
219
§ 3. Concrete utilità dei diritti.
Sezione III. Dei fatti acquisitivi .
§ 1. Caratteri distintivi dei fatti acquisitivi sulla
teoria della retroattività . 221
§ 2. Delle varie specie di individualità . } 225
§ 3. Requisiti essenziali dei fatti acquisitivi 225
a) Continuazione. Perfezione dei fatti acquisi-
226
tivi. Aspettativa . .
b) Continuazione. Tempo idoneo dei fatti acqui-
sitivi 233
c) Continuazione . Condizione subbiettiva delle
236
persone .
d) Continuazione. Formalità dei fatti acquisitivi » 238
238
§ 4. Della convalescenza materiale e formale . .
§ 5. Acquisto dei diritti , volontario e involontario . 250
§ 6. Dei diritti acquisiti immediatamente per opera
253
della legge .
254
§ 7. Continuazione. Della facoltà di legge .
§ 8. Continuazione. Delle azioni giudiziali in gene-
rale, e delle azioni pendenti in particolare . 263
Capitolo IV. Estensione del diritto acquisito 269
§ 1. Effetti e conseguenze del diritto acquisito . D 271
D 274
§ 2. Continuazione
§ 3. Continuazione . Conseguenze del diritto acquisito 278
§ 4. Continuazione. Dottrina di Blondeau , Meyer
e altri . 281
§ 5. Continuazione. Conseguenze improprie del di-
292
ritto acquisito
295
§ 6. Continuazione
§ 7. Continuazione. Conseguenze dopo la morte dei
298
disponenti .
§ 8. Continuazione. Il douaire coutumier 303
§ 9. Continuazione. Effetti dei diritti acquisite ri-
307
spetto ai terzi . •
§ 10. Dei modi di esecuzione e di assicurazione dei
• 312
dirilli acquisiti . .
§ 11. Continuazione. Delle pretese conseguenze nuove
attribuite dalla legge ai diritti acquisiti. . D 326
382 INDICE

§ 12. Delle cose materiali che sono oggetto dei diritti


acquisiti . Pag. 332
$ 13. Durata dei diritti acquisiti , nel tempo . 336
1
§ 14. Continuazione. Degli istituti giuridici di per-
petua durata . • » 338
§ 15. Continuazione. Dei termini di tempo per l'e-
sercizio dei diritti acquisiti . 346
§ 16. Continuazione. Della prescrizione acquisitiva
ed estintiva • D 349

A
1

1
C. F. GABBA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

VOL . II .
TEORIA

DELLA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

ESPOSTA

ᎠᎪ

C. F. GABBA
Professore ordinario della R. Università di Pisa.

VOLUME SECONDO

SECONDA EDIZIONE
RIVEDUTA E ACCRESCIUTA DALL'AUTORE
CON RICHIAMO ALLA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA

TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO - EDITRICE
33, VIA CARLO Alberto, 33
Dicembre 1884 .
Diritti di traduzione e riproduzione riservati alla Società editrice.

1
PARTE TERZA

Principii pratici ed applicazioni

LIBRO PRIMO

PRINCIPII DI GIUS TRANSITORIO PERSONALE .

Le relazioni che intercedono fra gli uomini nella società


possono essere distinte in due grandi categorie. L'individuo

ha continuamente bisogno dei suoi simili onde esercitare util-


mente la propria attività, sia che si associ con altri onde
raggiungere un vantaggio comune , sia che scambi i prodotti
della propria attività e i propri servigi coi prodotti e servigi
altrui . Di qui nascono i molteplici e svariatissimi rapporti della
vita quotidiana, i quali forniscono alla scienza economica e a

quella del diritto la maggior parte del loro contenuto . Ma oltre


a queste relazioni , di loro natura passeggiere, e per la massima
parte coordinate piuttosto ai mezzi che ai fini della esistenza ,
l'individuo ne ha eziandio di durevoli , che investono per di-
versi lati la totalità del suo essere , e che attengono stretta-
mente allo stesso fine della vita, e ne effettuano una parte .

Diconsi queste relazioni personali per eccellenza , o relazioni


di stato personale. L'uomo invero nasce e vive membro di uno
Stato , membro di una famiglia, consegue nello Stato una po-
sizione corrispondente ai suoi meriti, e queste qualità e rela-
zioni, mediante le quali egli adempie ai gravi doveri dell'amor
GABBA Retr. leggi, II 1
2 PARTE TERZA

di patria , e dell'amore dei parenti, esercitano una costante


influenza sul viver suo sempre e dovunque egli si ritrova. Esse
esprimono ed effettuano l'alta destinazione morale dell'uomo ,
nella quale l'interesse dell'individuo si concilia e si confonde
coll'interesse generale, nè l'umana associazione sarebbe un
ente organico, ma soltanto una massa inorganica di isolate

individualità, se non si vedessero gli uomini raggruppati sta-


bilmente intorno a molteplici centri di vita, coordinati e su-
bordinati fra di loro, principalissimi fra i quali sono appunto

lo Stato e la famiglia . Per tal ragione le relazioni di cui par-


liamo servono in certo modo di base a tutto quanto il sistema
dei diritti individuali , sono anteriori a tutte le altre relazioni

giuridiche, e noi pure nello applicare i generali principii del


gius transitorio , ci siamo proposti di cominciare da esse (v. Vol . I,

pag. 144).

CAPITOLO I.

Natura e contenuto delle relazioni di stato personale.

Tutte quante le relazioni di stato personale, partendo dal-


l'individuo, mettono capo, come dicemmo poc'anzi , allo Stato
e alla famiglia, alle relazioni cioè di cittadinanza e di paren-
tela, e , mediante queste, ai fondamentali concetti dell'ordine.

sociale e dell'ordine famigliare . Codesta importante verità è


stata finora intraveduta da pochissimi scrittori di diritto tran-
sitorio, quali sono l'Herrestorff (pag. 199 ) (1 ) , e il Grand-
manche de Beaulieu (vedi infra) .

( 1 ) « Le leggi sui diritti delle persone determinano per la massima parte


lo stato delle singole persone nelle loro generali relazioni colla rimanente
società civile, e con quella più particolare della famiglia » . Herrestorff non
svolge poi questo concetto ; altrimenti non avrebbe conservata l'espressione :
per la massima parte. Egli non si arrischiò a dire tutte, perchè non si
addentro abbastanza nell'argomento.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 3

Veramente, ove si adoperi la parola Stato nel più lato suo


significato che equivarrebbe a quello di società civile , può
anche dirsi che tutte le relazioni di stato personale intercedano
in sostanza fra l'individuo e lo Stato, comprendendo nell'or-
dine di questo anche l'ordine famigliare . Lo che appunto noi ab-
biamo pure affermato nella Parte generale di quest'opera (Vol . I,
p. 208 ) . E ne conseguiterebbe ciò che ivi noi dicemmo , che cioè
tutte le relazioni di stato personale riguardano la persona consi-

derata come membro dello Stato , oppure come costituita in date


condizioni fisiche, indipendenti dalla sua volontà , che hanno effi-
cacia sulla capacità sua di acquistare diritti e doveri . Imperocchè
l'individuo ha diritti verso la civile associazione non solo come

membro attivo della medesima, ma eziandio come uomo sol-


tanto , a cui il soccorso di quella è fisicamente necessario . Ma

ora, dovendo noi più particolarmente di quelle relazioni ragio-


nare, stimiamo opportuno adoperare la parola Stato in più
ristretto senso , cioè in quello di politica aggregazione , distinta
affatto da ogni privata colleganza , epperò le relazioni di stato
personale in due categorie raccogliamo , secondo che allo Stato
in proprio senso ricollegansi , oppure alla famiglia . Le prime
sono aspetti vari del concetto generale di cittadinanza , cioè di
appartenenza di un dato individuo a una data aggregazione
politica, le seconde sono aspetti vari del concetto generale di
famiglia, cioè di colleganza per titolo di matrimonio o di pa-
rentela.

Per comprendere però tutta l'estensione della relazione per-


sonale di cittadinanza , bisogna considerare il cittadino non
solo nelle prerogative che egli ha comuni con tutti gli altri,
ma eziandio in quelle che sono connesse colla posizione , col-
l'ufficio o colla carica da lui individualmente conseguita, e che

del pari gli competono di fronte a tutta la società ; e non solo


nelle sue normali condizioni di esistenza , ma eziandio in quelle
anormali , provenienti sia dal fatto suo , sia da cagioni indipen-
4 PARTE TERZA

denti dalla sua volontà . In queste ultime lo Stato ha piut-


tosto diritti verso l'individuo che doveri , oppure accade il

contrario , mentre da tutte le altre relazioni fra l'individuo e


lo Stato i diritti e i doveri di entrambi si compensano ed equi-

librano . Condizioni personali anormali dell'individuo di fronte


allo Stato sono : a) quelle nascenti dalla violazione delle leggi ,
che ingenera nel cittadino il dovere di ripristinare con sacri-
ficio proprio l'ordine sociale disturbato, e nella società il
diritto di esigere tale riparazione ; b) quelle nascenti da im-
perfezioni naturali o accidentali dello svolgimento delle umane
facoltà , necessario pel pieno esercizio di tutti i diritti che le
leggi attribuiscono al cittadino. Di quest'ultimo genere sono

per esempio la condizione del minorenne , e quella del mag-


giorenne incapace intellettualmente di provvedere da sè ai
propri interessi . Gli individui che si trovano in condizioni per-
sonali di questo genere hanno il diritto di essere assistiti dalla
società, e questa ha il dovere di assisterli . Certamente le leggi
che determinano la condizione giuridica di chi ha commesso un
delitto , in ragione di questo fatto , e quella del minorenne o di
chi ha mente non sana, sono leggi sullo stato e sulla capacità
personale, e da tutti gli scrittori sono considerate in questo
modo . Ma se noi ci domandiamo fra chi sorgano le relazioni

giuridiche di stato e di capacità che le leggi desumono da


quelle anormali condizioni , noi scorgiamo appunto che esse
intercedono fra l'individuo e l'intiera società, sono cioè, come

dicemmo poc'anzi , modificazioni della relazione personale di


cittadinanza. Imperocchè egli è chiaro che l'obbligo della pena.
intercede propriamente fra il cittadino e tutta quanta la so-
cietà , e che le limitazioni della capacità giuridica , sia del
delinquente condannato , sia del minorenne , sia dell'interdetto,
influiscono sul contegno di queste persone verso tutte le altre
che possono avere rapporti giuridici con esse .
Le relazioni giuridiche personali sono durevoli per loro
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 5

natura, mentre le altre relazioni giuridiche, cioè quelle d'in-


dole economica, sono per la massima parte di passeggiera
durata, e se queste, a differenza di quelle, non trascendono la
vita di determinati individui, ciò non accade , se non perchè i

superstiti in cui esse passano , reputansi formare una sola per-


sona coi loro predecessori . Ma siffatti caratteri distintivi delle

relazioni giuridiche in discorso sono piuttosto esteriori ; consi-


derate nella loro essenza, esse presentano una ben più impor-
tante differenza.

Le relazioni di stato personale, a differenza da tutte le altre,


sono regolate dalla legge con norme tutte quante imperative,
e rimangono sempre sotto il potere delle leggi . Imperocchè
esse hanno sostanza etica , costituiscono la base e il più vitale
tessuto del sociale organismo, il quale è condizione per la
esistenza civile degli individui, e non può quindi in quella più
essenziale sua parte nè essere lasciato in balia del privato ar-
bitrio , nè trovare nei privati interessi un ostacolo al suo svol-
gersi e trasformarsi . Sono bensì anche le relazioni di stato
personale, nel massimo loro numero , opera della volontà degli
individui, ma non nel senso e coll'effetto che questi possano

applicare a sè medesimi le relative leggi con quella libertà di


deroghe e di modificazioni, che è lecita e usitata rispetto alle
leggi puramente dispositive, bensi sottomettendosi puntualmente
ad ogni e qualunque precetto o divieto. Emanino poi diretta-
mente dalla legge senza il concorso di fatti volontari , oppure

questa seconda ipotesi si avveri , le relazioni e i diritti di stato


personale possono sempre venire modificate dal legislatore,
come egli crede più confacente, negli effetti e nelle conseguenze
loro, secondo le esigenze etico - sociali da cui le relazioni me-
desime trassero origine , e che sostanzialmente le informano ,
e sarebbe assurdo il pensare altrimenti .
Sono queste premesse fondamentali della trattazione del di-
ritto transitorio personale , già da noi poste in sodo nella Parte
6 PARTE TERZA

Generale di quest'opera, dove (p . 209) dicemmo altresì che le


leggi di stato personale , al pari di quelle concernenti le cose
materiali considerate come oggetti possibili di diritti patrimo-
niali reali , sono di loro natura elementari e fondamentali come
gli oggetti su cui cadono, epperò , a differenza dalle altre leggi
concernenti le relazioni giuridiche patrimoniali , non possono

trovare ostacolo alla immediata applicazione loro in diritti


quesiti individuali , nello stesso senso e modo in cui lo tro-
vano quelle altre leggi.
Quale poi sia propriamente la differenza fra l'applicazione
delle leggi personali , e quella delle leggi patrimoniali dal
punto di vista del diritto degli individui, è il vero e proprio
assunto del presente studio . Se cioè le fondamentali premesse
del diritto transitorio personale sono quelle dianzi accennate,

in esse risiede in pari tempo la difficoltà di quello studio . Im-


perocchè ella è pur cosa evidente che, per quanto in tali
materie il diritto della società sia poziore di quello degli

individui , non può tuttavia ammettersi che il legislatore possa


manomettere e sovvertire, come e quando egli voglia, quella
condizione personale che i cittadini si sono costituiti sotto
l'egida delle leggi esistenti . Un diritto quesito devesi pure
ammettere nelle materie personali , per quanto le leggi che
governano queste siano differenti , per indole, dalle leggi pa-
trimoniali, ma non si scorge del pari a prima giunta quale
sia il vero contenuto e quali siano gli esatti confini di un
tale diritto , onde conciliarlo col carattere assoluto o impe-
rativo , e colla immediata applicazione delle leggi di stato
personale.
Continuando ad avvertire i generali caratteri propri delle
relazioni di stato personale, notiamo che i diritti e i doveri a
cui esse danno origine, benchè siano distribuiti e collegati in
modo da produrre un tutto ordinato ed armonico, non sono
però sempre esattamente corrispettivi fra loro, nè si svolgono
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 7

sempre dallo stato personale da cui emanano , come vere e


proprie conseguenze di questo , secondo il proprio significato
che noi già dicemmo doversi attribuire alla parola conseguenza

nella giurisprudenza transitoria . La cagione della loro connes-


sione consistendo tutta nel concetto dell'ordine sociale e mo-

rale che per essi viene effettuato , la necessità logica vi domina


meno che nelle relazioni patrimoniali , e quindi anche meno
facilmente vi trovano applicazione quei concetti di razionale
svolgimento e trasformazione che tanta parte già vedemmo
avere nella dottrina del diritto quesito patrimoniale (v . Vol . I ,
pag. 273) , e cogli effetti ivi additati . Il qual riflesso consuona
e coincide con ciò che già poc'anzi in generale dicevamo circa
i ben diversi caratteri del diritto quesito nel giure personale
e nel giure patrimoniale. Cosi per es . il diritto che ha il cit-
tadino di concorrere alle pubbliche cariche , alle quali abbia la
idoneità prescritta dalle leggi, non è certamente il corrispet-
tivo del dovere che egli ha di pagare le imposte, quand' anche
il pagamento di una data somma d'imposta sia la condizione.

di quel diritto ; bensì l'ordine sociale e la giustizia esigono che


vi siano imposte, e che i cittadini i quali ne paghino una certa
quantità, abbiano certi diritti politici . Lo stesso diritto poi che
al cittadino compete di concorrere alle pubbliche cariche ,
benchè si possa dire in lato senso una conseguenza di tale
qualità, non è però conseguenza così logicamente e necessa-
riamente connessa col concetto di cittadinanza , che questo
concetto e il carattere di cittadino vengano alterati , ove le condi-
zioni dalle quali dipende l'idoneità a quelle cariche non riman-
gano per chiunque ha rivestito quel carattere quali erano de-
terminate dalla legge allora vigente . Imperocchè non da astratti
concetti, e in via razionale, ma dall'utile reale della società

sono desunte quelle condizioni , e chiunque diventa cittadino


sa che le esigenze dello Stato verso di lui possono coll'andar
del tempo mutarsi . Cosi pure il diritto che ha il marito di auto-
8 PARTE TERZA

rizzare certi atti giuridici della moglie , non è certamente il


corrispettivo del dovere che gl'incumbe di prestare alla moglie
i mezzi di sussistenza , ma quel diritto e questo dovere hanno
contemporaneamente la loro origine e la loro ragione nel con-
cetto dell'ordine famigliare . Il diritto poi che ha il marito di
domandare la separazione per adulterio della moglie, benchè
sia una conseguenza dello stato coniugale e della qualità di
marito , non è però logicamente e necessariamente connesso
con tale stato , sicchè questo si debba ritenere alterato e meno-
mato, ove quel diritto non sia più ammesso a vantaggio di un
marito che diventò tale quando vigeva quella legge, e che ora
si troverebbe sventuratamente nel caso di prevalersene . Impe-

rocchè i diritti personali dei coniugi non sono già desunti dal
concetto astratto di matrimonio, di marito o di moglie , ma
dalle esigenze della morale pubblica e privata, le quali sono
suscettibili di più o meno perfette , e quindi varie interpre-
tazioni.
È pure carattere proprio e distintivo delle relazioni giuri-

diche personali il loro contenuto. Questo è sempre di una o


dell'altra delle due specie seguenti. O consiste : a) nel dovere
di agire o di non agire in un dato modo in confronto o di altri
cittadini, o di altri membri della famiglia, oppure di fare certe

prestazioni allo Stato o ad altri membri della famiglia , sia di


personali servizi, sia di altra utilità , a ragione soltanto della
qualità personale di cittadino o di membro della famiglia ;
oppure consiste b) nel diritto di agire o di non agire in un
dato modo in confronto di altri cittadini, o di altri membri

della famiglia. Della prima specie di effetti ci porgono esempio


tutti gli speciali doveri dei magistrati , l'obbligo del minorenne
di non fare certi atti giuridici che le leggi non gli permettono,
l'obbligo della moglie di non fare certi atti giuridici determi-
nati dalla legge , senza l'autorizzazione del marito , l'obbligo
di tutti i cittadini al servizio militare, e l'obbligo del padre di
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 9

alimentare la prole. Della seconda specie di effetti ci porgono

esempio : il diritto che ogni cittadino ha di concorrere alle


pubbliche cariche, e di porre in essere tutti quei rapporti giu-
ridici che le leggi dello Stato riconoscono ; il diritto del marito
di essere capo della famiglia ; il diritto di chi ha la patria po-
destà di non dare cauzione a motivo dell'usufrutto legale sui
beni dei figli . Vuolsi poi notare che talvolta a certi diritti di
stato personale, consistenti in dati modi di agire in confronto
altrui, e specialmente di altri membri della famiglia, vanno
congiunti diritti patrimoniali sui beni di tali persone . Così
per es. al diritto di patria podestà va congiunto l'usufrutto
legale sul patrimonio del figlio . Codesti diritti patrimoniali
però , siccome fu già da noi precedentemente osservato
(v. Vol . I , pag. 272) , essendo strettamente connessi coi diritti

personali che ne sono causa , partecipano della sorte di questi ,


come l'accessorio segue il principale .

Le relazioni di stato personale, in quanto attribuiscono


diritti o doveri di agire o di non agire in un dato modo , con-
feriscono in sostanza una capacità giuridica , oppure la limi-
tano, e in generale influiscono sulla capacità giuridica delle per-
sone. Per questo motivo le relazioni medesime soglionsi anche
dire relazioni di stato e di capacità fra le persone. Codesta perso-
nale capacità dalla relazione di cittadinanza è conferita in con-
fronto di tutti gli altri uomini , e dalla relazione di famiglia è
conferita invece in confronto di determinate persone . Ed altra

è capacità di possedere un diritto , come osservano i giurecon-


sulti tedeschi (rechtsfähigkeit), altra è capacità di esercitare
un diritto (handlungsfähigkeit). L'una e l'altra sono una de-
terminata misura di potere, una data quantità di indipendenza

o autonomia individuale, oppure di dipendenza dalla volontà


altrui , che può essere volontà di un pubblico ufficiale , oppure
volontà di un'altra persona privata , alla cui autorità taluno è
sottoposto .
10 PARTE TERZA

Differiscono però i giureconsulti tedeschi dai francesi nel


modo di intendere il rapporto fra lo stato personale e la capa-

cità. Per la maggior parte dei primi l'espressione stato personale


(Zustandder Person an sich) non è contrapposta a quella di capa-
cità, come se i due concetti fossero separati, ma comprende
invece tutte quante le relazioni personali che intercedono fra
gl'individui a cagione di certe personali qualità che essi rive-
stono , sia di fronte all'intiera società, sia di fronte alla fami-

glia ( 1 ). Pei secondi invece lo stato personale si risolve in


quelle durevoli qualità giuridiche delle persone, dalle quali
provengono le relazioni personali utili alle medesime . Dice il
Grandmanche de Beaulieu (p . 40) : « lo stato della persona è

l'insieme delle qualità che ha la persona nella società e nella


famiglia, e alle quali la legge congiunge il godimento di certi
diritti, o di certi doveri ; la capacità personale è qualunque
qualità personale , influente sull'esercizio dei diritti » ; e poi lo
stesso autore soggiunge (ib .) : « la capacità è l'insieme delle
condizioni di età , di sesso , di fisico e intellettuale svolgimento ,
di sanità, alle quali la legge connette l'esercizio più o meno
esteso , secondo i casi , dei diritti che essa ha già attribuiti in
virtù dello stato personale » . In conseguenza di queste pre-
messe i giureconsulti francesi propendono in generale a con-
siderare lo stato personale come un diritto , cioè come una con-
dizione giuridica vantaggiosa, mentre collocano nella categoria

(1) Il Savigny (vedi pag. 414,493) ed altri dopo di lui, fra i quali l'Unger
(p. 130, 139 ) , distinguono il diritto concernente lo stato personale, e il diritto
famigliare. Questa distinzione ci pare più filosofica che giurisprudenziale,
sembrandoci affatto arbitrario il non considerare stato personale il matri-
monio, la patria podestà, la tutela, l'emancipazione, come appunto non le
considera il Savigny. Infatti egli si trovò poi costretto a suddistinguere gli
argomenti del diritto famigliare in quelli che propriamente appartengono a
questa parte del gius transitorio, e in quelli che spettano piuttosto al diritto
transitorio personale. Così per es. , parlando del matrimonio, egli osserva
(pag. 495 ) che l'autorizzazione maritale fa parte del discorso intorno allo
stato delle persone .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 11

delle semplici capacità , qualunque situazione personale , la


quale tragga seco la diminuzione di certi diritti , cioè doveri
piuttosto che diritti . Codesto pensiero è stato anche espli-
citamente formulato dal Theodosiades (pag . 66 ) ( 1 ) .
Evidentemente il significato che noi abbiamo dato alle
espressioni in discorso non coincide nè coll'uno , nè coll'altro
dei due riferiti dianzi, ma si tiene in certo modo nel mezzo fra
ambedue. Anche per noi, come pei giureconsulti francesi, lo
stato personale è la base delle relazioni personali , e risiede
propriamente nelle durevoli qualità di cittadino e di membro
di una famiglia, dalle quali hanno origine tali relazioni . Ma noi
non conveniamo coi giureconsulti francesi nel modo in cui essi
distinguono lo stato dalla capacità personale . Per noi la ca-
pacità personale non è che uno degli effetti dello stato per-
sonale, attesochè questo o attribuisce diritti, o impone doveri
di agire o di non agire in date maniere . Quelle condizioni di

età , di sanità , ed altre , dalle quali i giureconsulti francesi


fanno provenire le relazioni di capacità , distinte da quelle di
stato personale, siccome danno origine in realtà a relazioni
personali fra il singolo cittadino e tutta la rimanente società ,
così vengono ad essere mere modificazioni dello stato perso-
nale di cittadinanza . In questa maniera noi siamo condotti
eziandio a condannare il preteso carattere di diritto utile che
quei giureconsulti attribuiscono allo stato personale. Non è
invero arbitraria asserzione il negare che sia vero stato perso-

nale quello del condannato ad una pena qualunque , quello del


minorenne mentecatto , perchè la condizione giuridica di co-
storo è svantaggiosa , nel senso che la legge si propose di li-
mitare i loro diritti , piuttosto che di accrescerli ?

(1 ) « L'état des personnes constitue un droit acquis, une propriété qui


doit être aussi assurée que les autres propriétés ».
12 PARTE TERZA

CAPITOLO II.

Della retroattività delle leggi concernenti lo stato


e la capacità delle persone .

Che le leggi concernenti lo stato e la capacità delle per-

sone debbano, come già dicemmo (v. sopra p . 5 , 6) , applicarsi


immediatamente a tutte le persone che si trovano nelle con-
dizioni contemplate da esse leggi , e non soltanto a quelle che
entreranno in tali condizioni in avvenire , è pure canone accet-
tato universalmente dai giureconsulti . In tal senso , e non altro ,
quelle leggi si possono anche dire, e sogliono infatti venir

chiamate, e noi pure le chiameremo retroattive. Veggansi in


conferma di queste asserzioni : Merlin (Rép . vº Eff. rétr. c .,
pag . 223 e segg . ) , Chabot de l'Allier (1 , pag. 39 e pass.) ,
Weber (pag. 79 ) , Meyer (pag. 20 , 24 , 30 , 46 ) , Bergmann
(pag . 112 ) , Herrestorff ( pag. 199) , Spangenberg (ap . Struve ,
pag. 179) , Georgii (pag. 161 ) , Mailher de Chassat ( 1 , 205 ) ,
Duvergier (sur Toullier, p . 11 , e segg. ) , Demolombe (n . 45),
Marcadé ( n . 46 ), Dalloz ( 1. c . , n . 208) , Duranton ( n . 50 ) ,
Pinto (pag. 136) , Savigny (pag . 414), Unger (pag. 130 ) ,
Schmid ( pag. 121 ) , Wächter ( 2 , pag. 183 ) , Christiansen
(p . 29 , 30) , Lassalle (p . 76 , 371 e segg. ) , Grandmanche de
Beaulieu (p . 44 ) , Theodosiades ( p . 64 , 66 e segg . ) , Rintelen
(pag. 33 ) . Un solo scrittore, che noi sappiamo, e questi è
lo Schaaf (pag. 425 e segg. ) , nega quel principio , e propugna
una differente dottrina , della quale noi terremo conto più
sotto . Alcuni però, fra i quali il Grandmanche de Beaulieu e il
Theodosiades, ammettono la retroattività delle leggi concernenti.
la capacità personale, e la negano per quelle che concernono
lo stato delle persone, corrispondentemente alla distinzione che

essi fanno tra stato e capacità, e che noi abbiamo riferita più
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 13

sopra (v . p . 9). Come gli scrittori, così pure sono i tribunali


concordi nel riconoscere la retroattività delle leggi di stato e di
capacità personale , cioè la immediata applicazione loro a tutte
le persone esistenti . Vedi Cassazione di Parigi , 6 giugno 1810 ,
12 giugno 1815 (1 ), e le seguenti decisioni italiane : Tribunale
di Castiglione delle Stiviere , 11 aprile 1874 (2) ; Cassaz . di
Firenze , 26 maggio 1873 (3) ; Cassaz . di Torino , 23 dicembre
1875 (4) ; Corte di appello di Firenze , 2 marzo 1866 (5) ;
Cassazione di Torino , 30 giugno 1870 (6) ; Cassazione di
Firenze , 15 marzo 1875 (7 ) ; Cassazione di Torino , 7 febbraio

1872 (8), e 28 agosto 1868 ( 9) ; Corte d'appello di Torino ,


3 marzo 1868 ( 10) ; Cassaz . di Torino , 5 febbraio 1880 (11 ) ,
e 23 gennaio 1880 ( 12) , Corte d'appello di Venezia , 23 marzo
1880) (13 ) . Fra le legislazioni positive , la maggior parte ,
anzichè formulare astrattamente il suesposto principio , lo

applicano a casi speciali , ogniqualvolta non vi si oppongano


ragioni di pratica e pubblica utilità , che i legislatori hanno
certamente il diritto , ed anzi il dovere di apprezzare forse più
nelle materie transitorie che in altre. Alcune legislazioni però

contengono anche massime generali intorno a questa parte del


gius transitorio , e fra le altre voglionsi qui citare la legge
transitoria di Brema del 1814 (§ 5 , 6 , Vol. I , p . 87) , quella

dell'Oldemburgo dello stesso anno (§ 25 , ib . , p . 90 ) , e il Pro-


getto di Codice civile dei Paesi Bassi del 1820 (art. 32) (14 ) .

( 1) Ap. MERLIN, pag. 223.


(2) M. T., xv, 969.
(3) A. G., vii, 1 , 269.
(4) G. I., xxvIII, 1 , 295.
(5) A. G., 1 , 2, 66.
(6) Gazzetta dei Tribunali di Genova, XXII, II, 399.
(7) A. G., IX, 1 , 212.
(8) G. ix, 275. ( 9) Ib. , vi , 17.
( 10) Ib., v, 410. (11 ) F. 1. , 1880.
(12) G. , I. 1880. (13) Ib.
( 14) « L'état des personnes et des choses est jugé d'après la loi présente >>
(v. PINTO, pag. 139).
14 PARTE TERZA

Del pari è generalmente ammesso dai giureconsulti l'altro

principio, da noi pure già avvertito in generale (v. sopra p . 6) ,


a complemento del precedente, che anche in materia di stato
e di capacità personale vi sono e vi devono essere diritti.
acquisiti . Si possono consultare in proposito, fra gli altri il
Grandmanche de Beaulieu (1. c . ) , il Theodosiades (1. c.) , il
Georgii (1. c . ) , il Merlin (1. c. ) , il Pinto (1. c. ) , e il Lassalle
(pag . 307 ) , i quali tutti ne traggono poi l'illazione, che un
dato grado di capacità personale , acquistato in conformità
alla legge, non può più essere tolto da una legge posteriore .
Ed anche la Corte di Cassazione di Parigi dichiarò pure in

una sentenza del 20 maggio 1806 (1 ) : « le leggi che re-


golano e modificano lo stato delle persone , migliorando la
loro condizione , devono, per la stessa natura delle cose , e pel
favore dovuto allo stato delle persone , applicarsi immediata-
mente dopo la loro promulgazione » . Di questo canone il
valore razionale noi indagheremo più sotto .

Noi vogliamo ora riprendere in considerazione le due su-


esposte proposizioni, che cioè le leggi sullo stato e sulla capa-
cità personale hanno effetto retroattivo , e che nondimeno illi-
mitata non può essere l'azione retroattiva delle leggi personali ,
che cioè anche diritti quesiti personali ci devono pure essere ,
inviolabili da qualunque legge nuova.

Sembra sulle prime che non vi sia reale differenza fra i


limiti di tempo nell'applicazione di nuove leggi intorno allo
stato ed alla capacità delle persone , e quelli dell'applicazione
di qualunque altra legge . Noi abbiamo infatti già posto come
principio fondamentale del gius transitorio (v . Vol . I , Introd.)
che tutte quante le leggi si applicano retroattivamente, purchè
non si ledano veri e propri diritti acquisiti , sicchè la così detta
applicazione retroattiva della legge personale, salvi i diritti

(2) Ap. MERLIN, 1. c., pag. 223.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 15

acquisiti personali , sembra corrispondere appieno all'applica-


zione retroattiva della legge contrattuale in tutti quei punti

nei quali non si offendono diritti acquisiti contrattuali . Ma chi


ben rifletta, l'apparente analogia fra l'applicazione retroattiva
delle leggi sullo stato personale , e quella di altre leggi, è me-
ramente formale, ed una reale differenza intercede fra l'una e

l'altra, per ciò che il concetto del diritto acquisito ha una


estensione assai minore nel campo del gius personale , di

quello che in altre parti del diritto, e per esempio nel diritto
contrattuale. Invero , quando si afferma la retroattività delle
leggi sullo stato e sulla capacità personale , si ha principal-

mente di mira quell'efficacia di esse leggi che consiste nel far


si che una persona , la quale, in virtù del suo stato, aveva un
certo diritto in confronto di altre o di un'altra, non lo abbia
più d'ora innanzi, pur rimanendo in quello stato, o che una
persona, la quale, al verificarsi di certe contingenze, avrebbe
potuto agire in un dato modo in confronto di altre o di

un'altra, non lo possa più d'ora innanzi, se di quella facoltà


non ha già fatto uso . Cosi, per esempio, abolito l'usufrutto
legale paterno, codesto diritto deve cessare , come in seguito
dimostreremo, anche in chi ne fosse precedentemente inve-
stito , a meno che la legge, per ragioni di equità , non ordini
espressamente il contrario ; ed abolito il divorzio , non si pos-
sono più sciogliere in questo modo, come pur vedremo in
seguito , neppure i matrimoni conchiusi precedentemente .
Esempi codesti, ed altri molti consimili, i quali si collegano
con ciò che noi dicemmo poco sopra circa il ben diverso
carattere dei così detti effetti o conseguenze nel diritto per-
sonale e nel diritto patrimoniale (v . sopra pag. 7) . Gli effetti
invero e le conseguenze nascenti dai diritti patrimoniali , sono
generalmente diritti quesiti esse pure, come quelli da cui pro-
vengono, e in virtù di quelli , e nello stesso tempo di quelli, sic-
come è stato già da noi dimostrato nella Parte Generale (vedi
16 PARTE TERZA

Vol . I, p . 271 e segg. ) . Conseguentemente il concetto del diritto


acquisito ha un campo molto più esteso nel diritto contrattuale
1
che nel diritto personale, e corrispondentemente la retroattività
od applicazione immediata ha un ben diverso significato concreto

secondo che si applichi alle leggi di diritto personale , oppure


alle leggi di diritto patrimoniale .

Vuolsi qui del resto subito osservare che, oltre all'avere


effetto retroattivo sui diritti nascenti da una condizione giuri-

dica personale anteriormente attribuita , il quale effetto , come


dicemmo sopra, è ciò a cui principalmente si pensa da chi
afferma la retroattività delle nuove leggi sullo stato e sulla
capacità delle persone, queste leggi fanno pur cessare immedia-
tamente qualunque stato personale svantaggioso che esse più non
ammettono. Imperocchè, anche prima di avere precisato il
concetto del diritto quesito in materia personale, ognuno facil-

mente scorge che quell'effetto di una nuova legge di tal ge-


nere, mentre è voluto dalla naturale retroattività delle leggi
personali, non può essere contrastato dal diritto quesito di

nessuno . Imperocchè non è diritto, ma onere, una svantag-


giosa condizione personale in chi vi si ritrova, nè terze per-
sone , che per avventura ne ritraggano vantaggio , possono
accampare diritti a che la medesima continui, essendo le leggi
personali , come già dicemmo , suggerite da riguardi di morale.
e pubblica convenienza piuttosto che da riguardi al comodo
.
individuale di nessuna privata persona.

Ma prima di farci a determinare ancor più da vicino il conte-


nuto e i limiti concreti del diritto acquisito nelle materie di stato
e di capacità personale , ci pare utile soffermarci alquanto intorno
all'opinione dello Schaaf, unico oppositore, che noi sappiamo ,
del principio che le leggi intorno allo stato ed alla condizione.
personale sono retroattive. Siffatta opinione non offre soltanto
interesse per la sua connessione colla dottrina fondamentale.
di quello scrittore intorno alla retroattività delle leggi , ma
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 17

eziandio , e principalmente , perchè il suo autore pretende


basarla sul Diritto Romano, sicchè , ove non la si esamini

accuratamente , essa può suscitare intorno ad un principio


universalmente ricevuto , dubbii tanto gravi , quanta è l'autorità
del Romano Diritto.

CAPITOLO III .

La retroattività delle leggi concernenti lo stato


e la capacità personale, e il Diritto Romano.

Secondo lo Schaaf (pag. 425 e seg. ) le leggi sullo stato e


sulla capacità personale agiscono talvolta immediatamente, tal-
volta in un avvenire più o meno lontano « secondo le circo-
stanze » . Se un dato stato personale , egli dice , si riferisce ad
un ordine di cose che è in totale contraddizione colle nuove

idee giuridiche, le nuove leggi che esprimono queste idee agi-


ranno su di esso immediatamente ; se invece le nuove idee giu-
ridiche e le nuove leggi non fanno che modificare rispetto a
quello stato l'ordine di cose a cui esso si connette , lo stato me-

desimo potrà continuare a sussistere . Imperocchè, egli continua


col linguaggio del Savigny, nell'un caso le nuove leggi concer-
nono propriamente l'essere dei diritti , nell'altro invece l'acquisto
dei medesimi . Codesta speciale dottrina di Schaaf non è che una
particolare applicazione di quella sua fondamentale (pag. 359)
che la retroattività delle leggi e i limiti della medesima non si
possono assegnare con principii generali , ma si devono di caso
in caso determinare , avuto riguardo ai veri e speciali motivi di
ogni singola legge, cioè agli scopi che il legislatore realmente.
si propose . Noi non staremo ad apprezzare codesta generale
dottrina, la quale non è altro in sostanza che una differente.

enunciazione di quella di Bergmann , già da noi esaminata (vedi


sopra Vol, I, p . 48 e segg. ) ; piuttosto apprezzeremo gli argo-
GABBA ---- Retr. leggi, II 2
18 PARTE TERZA

menti che lo Schaaf pretende desumere dal Diritto Romano ,


in relazione al diritto personale .

Opina lo Schaaf che le disposizioni transitorie contenute nella


Nov. 54 , c . I , nella L. un . , § 13 , C. de lat. libert. toll. , nel c . I ,
Nov. 76 , contraddicano al principio della retroattività delle leggi
sullo stato personale, e si spieghino invece ricorrendo alla ra-
gione di quelle leggi.
Nel primo dei citati luoghi, Giustiniano , dopo avere abolito
lo stato personale detto libertas latina , il quale stato , fra le altre
cose, attribuiva all'antico padrone il diritto di succedere al li-
berto , dichiara che l'abolizione non si applichi alle persone at-
tualmente viventi nella condizione di latinità, e rimanga ai pa-

troni di esse il diritto di ripeterne i beni in conformità delle


leggi anteriori (1 ) . La ragione di questa disposizione è secondo
Schaaf (p . 359 ) la seguente . L'abolizione della libertà latina non
era la conseguenza dell'abolizione della schiavitù, ma soltanto

l'abolizione dei diritti dei padroni di schiavi nel caso di certe


manomissioni ; non vi era quindi bisogno di far cessare imme-
diatamente ogni vestigio di quella condizione personale , come
vi sarebbe stato , se fosse stata tolta di mezzo la stessa istituzione
fondamentale, d'onde la libertà latina era provenuta, cioè la
schiavitù . - Nel secondo luogo citato , Giustiniano dopo avere

statuito il principio generale che la prole nata da un servo e


da una donna libera segue la condizione della madre, soggiunge
che tal legge debba applicarsi però soltanto a coloro che na-
sceranno in avvenire, non alle persone già nate al momento
della sua promulgazione ( 2) . Anche questa legge, dice lo Schaaf

(1) Si quidem liberti jam mortui sunt, et bona eorum quasi Latinorum
his, quorum intererat , aggregata sunt, vel adhuc vivunt, nihil ex hac
lege innovetur, sed maneant apud eos jure antiquo firmiter detenta et
vindicanda. In futuris autem libertis praesens constitutio locum sibi
vindicet.
(2) (Cap. 1) Sancimus, ut omnes, qui nati sunt a tempore legis, iique
soli, ab abscriptitia conditione liberi sint, si quidem ex liberis mulieribus
nati fuerint; omne vero, quod praeteriit, antiquae legi servetur.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 19

(p . 426 ), è inconciliabile col principio della retroattività delle


leggi sulla condizione personale , e ciò nondimeno essa è da com-
mendarsi, attesochè non miri a introdurre una importante mu-
tazione nello stato personale , una radicale innovazione nei prin-
cipii che regolano la condizione servile, ma soltanto a togliere
di mezzo la ripugnanza che donne libere potevano avere ad un
matrimonio con uomini non liberi , e il pericolo che figli di una

donna libera, e non liberi del pari, venissero trascurati dalla


madre loro, continuando del resto a sussistere l'istituto della
schiavitù e la trasmissione ereditaria di questa. Nel terzo

luogo citato Giustiniano decide negativamente la quistione se


il principio stabilito nella Nov. 5 , cap . 5 , che cioè l'entrare in
un monastero faccia perdere la proprietà dei beni anteriormente
posseduti, e la trasferisca nella corporazione , si dovesse appli-
care anche ai monaci professi prima dell'applicazione di quella
Novella. L'imperatore giustifica la sua decisione col dire : si quis,
nulla ejusmodi lege lata , monasterium ingressus sit, qui fieri
poterit, ut ordo legis invertatur, atque ab illis exigatur, qui antea
monasterium ingressi sunt, ut illa faciant quae, prius ignorata,
divina nostra constitutione innovata sunt? Tali sono le leggi

romane che lo Schaaf contrappone alle altre, che hanno dato


efficacia retroattiva a nuove leggi sullo stato personale, e delle
quali noi ragioneremo in seguito ; lo Schaaf ne conchiude che
nel Diritto Romano la retroattività delle leggi concernenti lo
stato personale è tutt'altro che un principio riconosciuto .
Noi non possiamo accettare questa conchiusione . Anzitutto
noi richiamiamo qui un riflesso che già più volte abbiamo
avuto occasione di fare, che cioè talvolta i legislatori si sco-
stano dal rigoroso diritto per ragioni di equità o di pubblica
utilità. Non è certamente infondato il supporre che riguardi di
questa natura abbiano suggerito a Giustiniano le prime due
succitate disposizioni , e che tanto la prima quanto la seconda
mirassero a risparmiare al padrone dello schiavo la perdita di
20 PARTE TERZA

diritti che esso aveva inteso di conservare , concedendo allo


schiavo una emancipazione imperfetta, o il matrimonio con
una persona libera . Che del resto gl'interpreti del diritto al

tempo di Giustiniano non propugnassero per la maggior parte


le opinioni sanzionate in quelle disposizioni imperiali , ce lo
prova il fatto medesimo della emanazione di queste , le quali
nella contraria ipotesi sarebbero state superflue . Le giustifica-
zioni che dà lo Schaaf delle due prime leggi da lui citate, non
sono concludenti , perchè si fondano sull'arbitraria opinione che
le riforme contenute nelle medesime non fossero , per così dire,
abbastanza radicali, cosicchè al legislatore non potesse parere
tanto urgente l'applicarle, da attribuire loro effetto retroattivo .

Quale è il criterio per distinguere quelle mutazioni dello stato


personale che sono tanto gravi da trar seco la retroattività, da
quelle che tali non sono ? Lo Schaaf non ce lo dice , e intanto,
altri può ben ritenere che qualunque nuova legge , la quale, al
pari di quelle in discorso , faccia cessare totalmente uno stato
personale qualunque , sia riforma importante ed urgente abba-
stanza per avere quell'effetto . Nè più concludente dell'argomento
di Schaaf ci sembra quello con cui il Savigny vuol giustificare

la disposizione transitoria (L. un . , C. de lat . libert . toll . ) . Egli dice


(p . 505 ) che questa legge concerne l'emancipazione , e la limi-
tazione del patrimonio congiunta con essa, e perciò è giusta .
Nessuno nega che la legge in discorso riguardi l'emancipazione ,
essa non la riguarda però onde prescrivere norme agli eman-

cipanti , ma bensì per abolire (latinam libertatem resecare) uno


stato personale proveniente da certe emancipazioni , è quindi ,
siccome convengono tutti i giureconsulti , da Bergmann (p . 96 )
in poi, una legge sullo stato personale, e non sui requisiti di
un atto della umana volontà. Anche il Lassalle non ci sembra

ragionar rettamente , quando per giustificare teoricamente la


legge suddetta, osserva (pag. 373 ) che , essendo l'emancipazione
un atto libero del padrone, gli effetti della medesima devono
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 21

rimaner sempre sottoposti alla legge del tempo in cui l'eman-


cipazione venne fatta, ove non si voglia snaturare quell'atto .
Se questa ragione stesse, tutte quante le condizioni personali
che si svolgono in seguito ad un contratto , sarebbero intangi-
bili, del qual principio ognuno vede quante applicazioni si po-
trebbero fare, e quanto lontane da principii universalmente ri-
cevuti, per es . nella materia del matrimonio. Il vero si è che

lo stato personale, essendo regolato dal legislatore secondo le


esigenze sovrane dell'ordine morale e pubblico , può essere mu-
tato senza riguardo a privati interessi, e quindi non tenendo
conto di atti e contratti fra privati , dai quali non può mai na-
scere un vero e proprio diritto acquisito che li abbia per og-
getto . Ma egli è anche vero che la immediata applicazione di
ogni nuova legge di stato personale può venir sospesa o limi-
tata dal legislatore per riguardi di equità e di pratica oppor-
tunità. E tale e non altra è a nostro credere la ragione dei due
provvedimenti in questione dell'imperatore Giustiniano . Egli
non ha voluto che i patroni e i domini di liberti o di schiavi
risentissero troppo danno dalle due nuove leggi, epperò ha vo-
luto conservare ai patroni il diritto di succedere ai liberti la-
tini già esistenti, e ai domini il diritto sui già nati schiavi da
padri schiavi e da donna libera.

Ci rimane a considerare la disposizione transitoria contenuta


.

nella Nov. 76 , c. I. Ciò che l'imperatore statuisce in questa No-


vella, non ha che fare col diritto personale, e quindi non presta
alcun appoggio alla dottrina dello Schaaf. La Novella 76 , come
pure la Nov. 5 , la cui applicazione è regolata dalla prima, anzichè
il diritto personale , concernono il diritto patrimoniale , cioè la
devoluzione dei beni del monaco al monastero , nel caso in cui

quegli non abbia disposto altrimenti prima di professare (1 ) . Che


ora i beni dei monaci già professi non debbano in virtù della

( 1 ) Nel cap. v della Novella v si legge : illud quoque decernimus, ut is,


qui monasterium vult ingredi, ante quam in monasterium venerit pote-
22 PARTE TERZA

Novella 5 reputarsi proprietà del monastero per la sola ragione


che quei monaci non ne abbiano altrimenti disposto , mentre
dalle precedenti leggi non erano obbligati a ciò fare onde scan-
sare quell'effetto , è non soltanto conforme al buon senso , ma
anche pienamente conforme ai fondamentali principii del di-
ritto transitorio . Gli è appunto ciò che dice Giustiniano mede-
simo nelle parole riferite sopra . Gli è ciò che riflette ottima-
mente lo stesso Schaaf (p . 308) : « siccome la perdita della
proprietà consideravasi da Giustiniano come tacitamente con-
sentita dal monaco, non potevasi di certo un tale consenso at-
tribuire a chi , essendo entrato nel monastero prima della ema-
nazione della Novella 5 , non aveva in nessuna maniera potuto
pensare a quella perdita » (1 ) . È fondamentale canone della
dottrina transitoria che il trapasso dei diritti si regoli sempre

secondo la legge vigente nel tempo in cui accadde il fatto che


vi ha dato occasione . Nè poteva quindi , prima della Novella 5 ,
l'ingresso di un monaco nel monastero , senza aver disposto al-
trimenti dei beni suoi propri , operare la traslazione di questi
beni al monastero , perchè la legge allora vigente non attribuiva
a tali circostanze un tale effetto .

Che se nulla provano contro la retroattività o applicazione


immediata delle leggi personali i passi del Diritto Romano ad-
dotti dallo Schaaf, non mancano invece passi di quel Diritto , i
quali indubbiamente suffragano quella tesi , certissima nella
scienza.

Cosi per esempio la L. 42 , § 2, C. de episc. et cler . applica


tanto ai vescovi attuali quanto ai futuri, e tanto rispetto alle

statem habeat rebus suis eo quo velit modo utendi. Illum enim ingre-
dientem res omnino sequentur, quamquam se eas inferre non expresse
dixerit, neque ullo modo earum dominus amplius erit.
(1) Anche il Bergmann afferma (p. 120 ) che, non accettando l'opinione san-
cita da Giustiniano, coloro i quali fossero entrati in un monastero prima della
emanazione della Novella v, verrebbero ad essere trattati come se loro inten-
zione fosse stata quella di trasferire il loro patrimonio al monastero.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 23

cose dai primi già acquistate, quanto rispetto a quelle che i me-
desimi acquisteranno in avvenire , il divieto fatto ai vescovi in ge-
nerale di donare e di legare ciò che abbiano acquistato dopo
l'ordinazione (1 ) . Cosi pure la L. 53 dello stesso titolo del C. de
episc. et cler. applica a tutti i curiali l'abolizione della capacità,
che prima spettava a questa classe di persone, di conseguire l'e-
piscopato ( 2) . E la Nov. 81 ( 3) applica del pari retroattivamente
la disposizione in essa contenuta che i figli di famiglia vengano
emancipati mediante il conseguimento per grazia imperiale di
certe cariche e dignità , ordinando l'imperatore che non soltanto
escano dalla patria podestà quei figli di famiglia ai quali tali
onori verranno in seguito conferiti , ma cessino eziandio di es-
sere sottoposti alla patria podestà quei figli che già li avessero
conseguiti . Similmente la Novella 19 (4) dichiara che la legit-
timazione per susseguente matrimonio si applica anche ai figli
illegittimi nati prima della introduzione di questa istituzione .
Secondo il Lassalle poi ( pagg . 377 , 378 ) l'ispezione del testo
greco della Novella 5 , e della Nov. 123 persuaderebbe eziandio
che la liberazione accordata allo schiavo nel cap. 17 della prima ,

ove lo schiavo siasi fatto monaco , e nel capo 1º della seconda ,


ove lo schiavo faccia parte del clero , si dovesse applicare

(1) A torto il Bergmann (pag. 121 , nota) afferma che la L. 42, § 2, C. de


episc. et cler. è eccezionale , mentre il capo 1 della Novella 76 è conforme ai
veri principii. Sono invece entrambe giustissime e pienamente conformi
ai principii ; ma ciascuna nella propria sfera di principii. La prima con-
cerne propriamente il diritto personale, la seconda no, come ho dimostrato
sopra.
(2) Quae omnia in futurum volumus tempus, quoniam nunc primum
a nobis inventa sunt ; non pertinente ullo modo hac lege, ut diximus, ad
eos qui semel tali dignitate sacerdotali decorati sunt.
(3) Sive parentes superstites, sive mortui fuerint, quaestiones vero illac
aut sententia aut transactione finem nondum acceperint, omnino ita
dijudicandas esse ut nostra lex dixit.
(4) Sive quis nunc in potestate aliena sit, qui hisce honoribus aut ma-
gistratibus quos antea enumeravimus fruitur, sive postea futurus sit,
etiam hunc sequatur jus suae potestatis.
24 PARTE TERZA

non solo ai casi futuri, ma eziandio ai già avvenuti , cioè agli


schiavi che già fossero diventati monaci o preti prima dell'at-
tuazione di quelle leggi .

CAPITOLO IV.

Concetto del diritto acquisito nelle materie di stato personale.

Che nelle materie di stato personale vi siano e vi debbano


essere diritti acquisiti , quantunque per regola generale le leggi
su tali materie abbiano effetto retroattivo , tutti gli scrittori
convengono, ma quali siano i caratteri e i confini di tali diritti

non convengono del pari. È questa veramente quistione fon-


damentale del gius transitorio personale , e noi veniamo ora a
discuterla .

Tutti gli scrittori ammettono che, abolita una capacità per-


sonale qualunque, l'applicazione retroattiva di questa legge non
può togliere validità nè efficacia agli atti e negozi giuridici posti
in essere precedentemente in virtù di quella capacità . Per verità
questo principio non ha bisogno di essere dimostrato rispetto
agli atti e negozi compiuti e finiti , ove si richiamino le cose
da noi dette intorno alla retroattività impossibile (v. Vol. I ,

pag. 34) . Non si accordano però tutti gli scrittori nell'appli-


care tale principio a quei rapporti giuridici , i quali , essendo
stati posti in essere in virtù di una capacità abolita, sono per
loro natura durevoli anche dopo questa abolizione . Il Merlin ,
per es. (pag. 225) , opina che non sarebbe lesiva di alcun diritto
acquisito una legge la quale obbligasse i forestieri a vendere le

loro proprietà immobiliari acquistate nello Stato , e il Weber


(pag. 84 ) è d'avviso che se una legge accordasse ad una cor-
porazione artigiana il diritto esclusivo di esercitare una certa
industria in un dato luogo, non potrebbero più continuare il
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 25

libero esercizio di questa industria coloro che l'avessero eser-


citata fino al momento della attuazione di quella legge .
Noi non siamo dell'avviso di questi due scrittori , perchè non
comprendiamo come mai la circostanza dell'essere un rapporto
o negozio giuridico più o meno durevole di sua natura possa
influire sul rispetto e sulla intangibilità di tutto ciò che è stato
fatto e compiuto osservando la legge vigente. Opiniamo invece
col Mailher de Chassat (1 , p . 209) che la legge immaginata da
Merlin sarebbe veramente lesiva del diritto acquisito di pro-

prietà , e quindi non si potrebbe applicarla se non nei precisi


termini in cui il legislatore ebbe a formularla. Se veramente il
legislatore volesse obbligare i forestieri che già possedono beni
immobili nello Stato , a vendere , dovrebbe dichiararlo , facendo
una disposizione espressamente retroattiva . Similmente nell'i-

potesi finta dal Weber noi crediamo che il diritto acquisito dei
liberi industriali continuerebbe a sussistere, e cosi opinarono

appunto il Leyser (ap . Weber, p. 34) e il suo commentatore.


Müller (ib. ) , in occasione di una disputa di tal genere , insorta
a que' tempi in Germania, e dalla quale anche il Weber prese
occasione per formulare quella sua tesi generale . La nostra opi-
nione è pur divisa dal Wächter (pag . 176) e dal Bergmann
(pag. 114 e 118 ), ed è conforme eziandio al § 7 della legge
virtemberghese sui pubblici ufficiali (Wächter , ib . , nota 22) ,
dove è detto che , sebbene i capi di provincia non possano

acquistare in essa beni stabili , pur nondimeno rimangono questi


beni a quei capi di provincia che li avessero precedentemente e
validamente acquistati . Anche nel Diritto Romano si trova appli-
cato lo stesso principio. La L. 65 , C. de decurion . , per esempio ,
deroga in parte alla L. 64 eod. sotto l'influenza appunto del
principio in discorso . Invero , la L. 64 contiene una costituzione
di Zenone, la quale toglie a tutti i Decurioni presenti e futuri
l'esenzione che le leggi anteriori loro accordavano dai gravi
oneri del loro stato, nel caso che avessero conseguite certe ca-
26 PARTE TERZA

1
riche onorifiche, e la susseguente L. 65 contiene una costitu-
zione di Anastasio , la quale deroga alla precedente a vantaggio
di quei Decurioni i quali prima della costituzione di Zenone
avessero conseguita una delle cariche anzidette .

La vera quistione però circa il diritto acquisito in materia


di stato e di capacità personale ha propriamente per oggetto
non i negozi compiuti prima della emanazione di una legge T

nuova, in virtù di una capacità prima riconosciuta, ma la pos-


sibilità di porne in essere dei nuovi , cioè la possibilità di con-
servare quella capacità posteriormente a tale emanazione . Su

questo proposito furono propugnate, come già dicemmo , diffe-


renti dottrine.

Una dottrina che conta molti fautori, specialmente fra i giu-


reconsulti francesi , è quella racchiusa in una sentenza della
Cassazione di Parigi da noi citata superiormente (v. pag. 14) ,

che cioè non si applichino retroattivamente quelle leggi sullo


stato personale, le quali peggiorano la condizione delle persone.

È quindi diritto acquisito , secondo la dottrina, quello di con-


servare una condizione personale qualunqne , più favorevole di
una nuova , introdotta da una legge posteriore . Ma questa dot-
trina, a parer nostro , ha due gravi difetti ; l'uno di non abbrac-

ciare tutti i casi , l'altro di non riposare su di un criterio ben


determinato e di facile applicazione . Invero , si comprende be-
nissimo che colui il quale si trova in uno stato personale essen-
zialmente vantaggioso , si creda in diritto di conservarlo di
fronte a qualunque legge nuova, ma codesto diritto non può
ragionevolmente accampare chi si trovi in uno stato personale.
che non gli venne costituito allo scopo di recargli un vantaggio
e di accrescere il suo ben essere. Il prodigo, per esempio , po-
trebbe forse accampare un diritto acquisito per sottrarsi all'ap-
plicazione di una legge nuova , la quale rendesse più ristretti i
suoi diritti, e per esempio sostituisse al suo curatore un tutore?
No certamente; perchè se in questo caso il tutore peggiorerebbe
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 27

in un certo senso la condizione del prodigo , anche il curatore


però non gli era stato assegnato dalla legge per fargli cosa gra-
dita. La giurisprudenza infatti non ha mai esitato a ritenere
che le nuove leggi sulla condizione del prodigo e delle altre
persone sottoposte si debbano applicare retroattivamente, benchè
in qualche caso sia stata incerta , come in seguito vedremo , nel
determinare le modalità del cambiamento di condizione di ta-

luna di quelle classi di persone . Rispetto poi alle condizioni


personali essenzialmente vantaggiose, il dire che esse non pos-
sono trasformarsi in condizioni meno vantaggiose in virtù di
una legge nuova , senza distinguere fra lo stato personale con-
siderato nel suo generale concetto , e le singole conseguenze del
medesimo, può condurre alla conchiusione che anche le nuove
leggi le quali tolgono qualche diritto annesso ad un dato stato
personale da una legge anteriore, non si possano applicare im-
mediatamente, la quale opinione sarebbe certamente erronea ,
perchè diametralmente contraria alle retroattività delle leggi
personali . Così per es . , abolita la facoltà di divorziare , potreb-
besi addurre la dottrina in discorso per sostenere , contro

l'opinione universale, che tale abolizione non si applicasse ai


matrimoni conchiusi sotto l'impero della legge precedente , con-

siderando appunto la perdita di quella facoltà come una legge


meno favorevole, come un peggioramento della precedente con-
dizione dei coniugi .

Altri ha pensato, come pur si è veduto di sopra (v . p . 10-11 ) ,


che diritto acquisito sia lo stato personale contrapposto alla
capacità, la quale sola rimarrebbe quindi sottoposta all'azione
immediata delle leggi nuove . Codesta dottrina , come in seguito

vedremo , si accosta più delle altre alla verità , ma ha il difetto.


di riposare su di un concetto inesatto , perchè troppo ristretto,
dello stato personale . Imperocchè, come noi abbiamo già os-
servato di sopra, lo stato personale non è sempre uno stato
vantaggioso, se anche questo solo deve poter costituire un di-
I

28 PARTE TERZA

ritto acquisito , e stato e capacità sono poi due concetti che non 1
si possono separare e contrapporre, perchè lo stato non è in

sostanza altra cosa che un complesso di capacità (v . sopra) .


In virtù di quest'ultima verità si comprende facilmente che la
dottrina in discorso deve , nell'applicazione, cadere in contrad-
dizione con sè stessa, allorquando una legge nuova accordi ad
una classe di persone una capacità che esse prima non avevano
a motivo della loro sottoposizione ad altre persone , lo stato e le
attribuzioni delle quali escludevano nelle prime siffatta capacità ;
in ogni caso di questa specie il rispetto dello stato personale
.
escluderebbe da una parte l'applicazione della legge nuova ,
mentre l'opposto principio professato rispetto alla semplice ca-
pacità la reclamerebbe invece dall'altra .
Lassalle ha proposto (p . 380 e seg .) una dottrina differente.
dalle precedenti, e che discende dal suo principio fondamentale I
da noi precedentemente riferito (v . Vol . I , p . 171 ) . Secondo
lui è diritto acquisito qualunque capacità giuridica , la quale
sia stata conseguita mediante un atto di libera volontà . Ve-
dremo in seguito qualche applicazione che il Lassalle mede-
simo desume da tale premessa . Per verità, se la dottrina las-
salliana sullo stato personale fosse tutta racchiusa in quella
generale proposizione, essa non sarebbe bensi abbastanza pra-
tica, ma l'unica sua imperfezione teorica consisterebbe nella
arbitraria restrizione dei fatti acquisitivi della capacità a quelli

posti in essere dalla volontà umana ( 1 ) . Ma il Lassalle trasforma


affatto , o meglio distrugge quel suo generale principio , col sog- 1

( 1 ) Non si dimentichi però che il Lassalle, come abbiamo già osservato 1


(Vol . I, p . 176) , scorge fatti acquisitivi volontari in molti casi nei quali sem-
brerebbe ad altri difficile il supporli . Nella materia dello stato in particolare,
la dottrina del Lassalle conduce a ravvisare un diritto acquisito anche in
uno stato che cominci nell'uomo colla nascita, imperocchè da quella che il
Lassalle chiama identità di persone e di volontà nel seno della famiglia
si può dedurre che il padre acquista pei figli lo stato che questi vengono ad
avere colla nascita, cosicchè questo stato è in certo modo acquistato dai figli
medesimi mediante una geistige willensaction.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 29

giungere che le leggi sullo stato personale sono tutte quante


retroattive senza limite nessuno , ove siano assolute, ove cioè
escludano totalmente dal campo del diritto personale una qua-

lunque facoltà componente lo stato delle persone . In questa


maniera non sono più possibili diritti acquisiti di stato perso-
nale , e una dottrina immaginata dall'autore col proposito di
combattere l'opinione dominante che le leggi sullo stato per-
sonale siano retroattive, finisce col sostituirvene un'altra assai

più sovversiva . Infatti il Lassalle non si perita (p . 383 ) di af-


fermare che lo stato di coniuge verrebbe ad essere distrutto da
una legge la quale abolisse il matrimonio , nello stesso modo in
cui la facoltà di divorziare verrebbe ad essere tolta da una legge
la quale abolisse il divorzio (1 ) . Egli è vero che a guisa di cor-
rettivo ad una dottrina cosi esorbitante, il Lassalle introduce
la distinzione fra le leggi imperative e le leggi assolute , sostiene
per es. (p. 379 ) , che la legge contenuta nella Nov. 5 , cap . 5 ,
non è retroattiva , perchè non assoluta , e che lo è invece la L. 42,

C. de episc. et cler. , perchè assoluta , ma , non additando egli in


pari tempo, un criterio ben determinato onde distinguere le
leggi assolute dalle non assolute, quella clausola da lui apposta
alla sua dottrina non fa che aggiungere l'incertezza agli altri
gravi pericoli della medesima ( 2) .

(1 ) Anche il Weber ( p. 79) afferma che una legge nuova può far cessare
totalmente qualunque stato personale precedentemente acquistato ; ma non
insiste su questa affermazione, e non pare quindi che ne abbia misurata tutta
la pratica importanza.
(2) Molto tempo prima del Lassalle il Georgii ( p. 161 ) aveva dato per
fondamento al diritto acquisito in materia di stato personale « il fatto od atto
da cui la legge fa nascere in una persona un dato stato o capacità ». Questa
formola è meno ristretta di quella di Lassalle, perchè comprende anche
azioni fatte non da chi diventa subbietto del diritto personale ; infatti il
Georgii, come in seguito vedremo, desume il diritto di ricercare la pater-
nità dal fatto della fecondazione illegittima. La dottrina di Georgii però ha
in compenso un altro difetto, quello cioè d'essere poco pratica. Imperocchè
l'autore non determina l'estensione obiettiva del diritto acquisito personale,
come ne ha determinata l'origine e il fondamento. - Noi non abbiamo
30 PARTE TERZA

Prima di ricercare quali siano il contenuto e i limiti del


diritto acquisito in materia di stato personale, egli è oppor-

tuno riflettere alle ragioni per le quali si ritiene che in tale


materia debbano esservi diritti acquisiti , non possano cioè le

leggi nuove essere retroattive senza limitazione nessuna .


Siccome la dignità personale è interesse non minore del ben
essere materiale, così un grado di capacità, una volta acqui-
stato, e il quale realmente accresca la personale dignità , non
deve essere meno rispettato dalla legge , di quello che un au-
mento del patrimonio economico . Perchè si condanna la retro-
attività delle leggi sui diritti patrimoniali, se non per la ragione
che essa sconvolgerebbe la situazione economica di tutti i cit-
tadini , quella situazione che questi si sono formati sotto l'egida
della legge, e che non avrebbero cercata se non avessero cre-
duto di farvi sopra sicuro assegnamento ? Or bene , se le nuove
leggi potessero permettersi di sconvolgere da un momento
all'altro la condizione personale dei cittadini , l'inconveniente
di codesto fatto sarebbe certamente maggiore del precedente ,

attesa l'importanza assai più profonda e più estesa degl'inte-


ressi che in questo caso verrebbero ad essere lesi . Noi ci ma-
ravigliamo che il Lassalle abbia con tanto sangue freddo dato

riportata nel testo neppure l'opinione di Bergmann (pag. 114, 118) « che la
immediata efficacia delle leggi sullo stato e sulla capacità personale possa
ammettersi soltanto rispetto ai diritti personali, provenienti dal « rango o
ceto » di una persona nello Stato, non rispetto a quelli acquistati in altra
maniera. Questa opinione, manifestamente troppo generale, condurrebbe
a negare a dirittura che di regola le leggi sullo stato e sulla capacità per-
sonale siano retroattive , si applichino cioè immediatamente a tutte le per-
sone che trovansi nel casò da esse preveduto. Non è più degna di con-
siderazione delle precedenti la dottrina del Grandmanche de Beaulieu ( p. 41 )
che lo stato delle persone abbia sempre per origine un contratto, o vero
o supposto. Questa dottrina è anche più ristretta di quella di Lassalle, che
desume il diritto acquisito personale da fatti volontari in generale. Anche
il Grandmanche de Beaulieu (pag. 42) al pari di Lassalle, e prima anzi di
questo, fa valere pel figlio il fatto del padre, cioè il matrimonio di questo,
per spiegare l'origine dei diritti che spettano al primo all'atto stesso della
nascita (v. sopra pag. 23, nota 1 ) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 31

in balia al legislatore la conservazione o la distruzione di qua-

lunque stato personale . Se dunque, per una ipotesi impossibile,


uscisse una legge che abolisse il matrimonio , potrebbero es-
sere impunemente violati i coniugali doveri, precedentemente
contratti con si solenni promesse ? Basta pensare a quelle per-
sone che si trovassero già da molto tempo unite in matri-

monio , per comprendere la crudeltà , non che l'ingiustizia di


siffatta opinione .

Egli è vero che le leggi sullo stato personale sono impera-


tive, e non dispositive , che i diritti di stato personale sono
determinati dal legislatore secondo le esigenze della morale e
e del pubblico bene, piuttosto che colla mira di soddisfare a
individuali pretensioni, ma tutto ciò non equivale al dire , nè
conduce a ritenere che tali leggi , in quanto attribuiscono al
cittadino uno stato personale vantaggioso , non mirino altresì
a conferire a singole persone i vantaggi di tale stato . Ciò posto ,
l'individuo il quale ha raggiunto uno stato personale vantag-

gioso, ha realmente acquistato un diritto al medesimo , e può


pretendere che la legge nuova lo rispetti, con non minor fonda-

mento di quello con cui egli pretende il rispetto di qualunque


altro diritto acquisito , e per esempio dei diritti acquisiti patri-
moniali. Se e quando poi si debba ritenere propriamente e vali-
damente acquistato uno stato personale, è questione da decidersi
giusta i generali principii intorno ai caratteri del diritto acqui-
sito, in quanto questi principii si possano in tale materia appli-
care, locchè appunto noi andiamo ora investigando (1 ) .
Se noi ora avviciniamo le cose anzidette a quelle che di-
cemmo in un capitolo precedente intorno alla natura dei diritti.

di stato personale, facilmente ne desumiamo il contenuto e i


limiti del diritto acquisito in codesta materia .
In generale possono dirsi diritti acquisiti personali quei diritti

(1 ) Lo stesso ebbe a dichiarare la Corte d'appello di Roma, 14 gennaio


1880 (F. I. 1880, 1 , 161 ).
32 PARTE TERZA

i quali appartengono immediatamente alla persona rivestita di


un dato stato personale , sono direttamente vantaggiosi ad essa

persona , e costituiscono in pari tempo la vera sostanza dello


stato medesimo. Tale è per noi in generale il contenuto , e tali
sono in generale i limiti del diritto acquisito in materia di stato
personale. Anche la Corte d'appello di Roma ebbe a formu-
lare lo stesso canone in una sentenza 5 novembre 1877 ( 1 ) .
Invero i diritti nascenti soltanto eventualmente da uno stato

personale, per quanto siano vantaggiosi ed importanti , non


hanno però, come abbiamo veduto di sopra (v. pag. 7) collo

stato medesimo quella logica e necessaria connessione , che è


indispensabile affinchè le conseguenze di un diritto acquisito
qualunque , siano diritti acquisiti esse pure . Un diritto perso-
nale però, il quale nasca bensi immediatamente da un dato stato.
dell' individuo , ma non sia vantaggioso direttamente a chi ne
è rivestito, non può dirsi neppure acquisito, nel senso che una
legge nuova non lo possa manomettere . Imperocchè l'interesse
privato che accompagna un tale diritto non è forte abbastanza
per controbilanciare il pubblico interesse che ne esige la ces-
sazione. Così per es. lo stato di coniuge, una volta acquistato ,

non si può più perdere in virtù di una legge retroattiva , ma il


diritto del marito di autorizzare la moglie può essere tolto da
una legge posteriore, attesochè da questo diritto non proven-
gano al marito se non vantaggi indiretti. Ma se anche un di-

ritto personale proviene immediatamente da uno stato personale ,


ed è direttamente vantaggioso alla persona , tutto ciò non
basta ancora ad esimerlo dall'effetto retroattivo di una legge
posteriore che più non lo riconosca ; a ciò si richiede altresi
che il diritto medesimo sia veramente un elemento essenziale

dello stato personale , cosicchè ove colui , a cui appartiene, cessi


di possederlo , trovi essenzialmente mutata la propria situa-
zione, e reso impossibile uno di quegli scopi dai quali era stato
(1) F. I. 1877, 1, 10.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 33

veramente determinato ad acquistarla . Cosi per es. anche per


questo motivo l'abolizione dell'autorizzazione maritale avrebbe

effetto retroattivo , mentre non lo potrebbe avere l'abolizione


del diritto spettante al marito di godere dei frutti della dote.
-
Tutti quei diritti di stato personale , ai quali manca l'uno o
l'altro dei suindicati requisiti , sono sottoposti all'effetto retroat-
tivo delle nuove leggi , ed appunto su questi casi non infre-
quenti di retroattività si fonda principalmente il canone gene-
rale della retroattività delle leggi in materia personale (1 ) .
È un generale principio l'anzidetto , e come tale abbisogna
di essere completato colle necessarie determinazioni , che sono
altrettante limitazioni del suo letterale enunciato .

Vuolsi inverò osservare che lo stato personale non è materia


nè fonte di diritti acquisiti, ove esso stato o questi diritti siano di
natura politica. Ciò in virtù del generale principio esposto già
nella parte generale (Vol . I , p. 211 ) che le leggi concernenti
interessi pubblici , di qualunque genere, si applicano immedia-
tamente, mutando e modificando i corrispondenti diritti e doveri
degli individui . Non fa poi differenza che un diritto personale
d'indole pubblica o politica sia una vera e propria preroga-
tiva d'onore , come per es. il diritto di eleggere o di essere
eletto a pubblici uffici , la qualità di deputato , di senatore o di
pubblico funzionario , oppure sia un diritto d'indole privata , col-
legato come accessorio ad una qualità personale politica, come
per es . le esenzioni dal diritto ordinario , civile e penale accor-
date ai deputati o ai senatori . Le une e le altre sono mere
concessioni del legislatore, le quali cessano immediatamente, o
si modificano all'entrare in vigore una legge nuova che le
abolisce o le modifica . Nè in simili casi vi può essere luogo

neppure a risarcimento di sorta alcuna , giusta le dottrine già

( 1 ) Ciò intende sostanzialmente anche il RINTELEN , quando pure in


generale afferma ( p . 188 ) che gli effetti dello stato personale sottostanno
all'impero delle leggi nuove.
GABBA - Retr. leggi, II 3
34 PARTE TERZA

esposte su tale materia nel citato luogo (ib. , p . 214 e segg .) .


Per ciò che riguarda in particolare i pubblici funzionari od im-
piegati, si deve tener ben distinta la natura e il contenuto poli-
tico di tali uffici , dal rapporto meramente contrattuale che tra
lo Stato intercede e quelle persone , in quanto le medesime si
sono obbligate a prestare l'opera propria mediante compenso
o stipendio . Certamente un impiegato di qualunque categoria
non può pretendere di rimanere tale, dopo che la legge ha
abolito il suo ufficio , o di esercitare le funzioni sue giusta la
legge sotto il cui impero venne nominato, se una legge poste-
riore le ha in qualsivoglia modo mutate o modificate. E ciò
risponde al canone della retroattività delle leggi concernenti
qualità personali di indole pubblica o politica . La Corte di Ge-
nova ebbe a riconoscerlo in una sentenza del 7 aprile 1874 (1 )
e la Cassazione di Roma in una sentenza 13 aprile 1882 (2 ) .
Ma il contratto patrimoniale posto in essere fra l'impiegato e
lo Stato o l'azienda pubblica , a cui esso presta servizio , non
ha che fare col canone anzidetto , e deve essere regolato coi

principii del diritto transitorio contrattuale , come diremo a


suo luogo.
Avendo poi detto che il diritto acquisito di stato personale

non può essere che un diritto vantaggioso all'individuo , ne con-

segue che la legge nuova può sempre abolire uno stato svan-
taggioso , e può anche migliorare qualunque stato personale .
Invero il rispetto dei diritti acquisiti ha la sua ragione nell'in-
teresse dell'individuo , e noi abbiamo anche osservato prece-
dentemente che i diritti di stato personale presentano questa

differenza dai diritti patrimoniali , che possono essere tolti ad

un individuo , senza che un altro possa obbiettare l'offesa di


un diritto proprio, collegato col diritto abolito .
Ma se la legge può sempre abolire del tutto , o rendere meno

(1) Gazzetta dei Tribunali di Genova, XXII, 1 , 233.


(2) A. G. 1882 , 1 , 118.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 35

svantaggioso uno stato personale , svantaggioso di sua natura,


essa non può sempre invece peggiorarlo od aggravarlo . In propo-
sito voglionsi distinguere quegli stati, i quali, benchè diretta-
mente e immediatamente svantaggiosi , ridondano però indi-
rettamente al bene di coloro che vi si ritrovano , da quelli che la
legge introduce per infliggere all'individuo un male meritato .
Esempi dei primi sono tutte quante le sottoposizioni di persone
incapaci, in tutto o in parte, a governare i propri interessi , alla
autorità di altre persone ; esempio principale dei secondi è lo
stato del delinquente, cui incombe l'obbligo della pena. I primi
subiscono senza dubbio l'effetto retroattivo o immediato di nuove

leggi che li aggravano , i secondi no , e ciò non già in virtù dei

generali principii della teoria della retroattività, ma in onta ai


medesimi, e per riguardi speciali di equità , concordemente os-
servati dalle legislazioni positive, come noi renderemo chiaro
nella speciale trattazione della retroattività delle leggi penali .
È pure una limitazione della retroattività delle leggi modi-

ficanti uno stato personale svantaggioso , limitazione prove-


niente del pari da un motivo estrinseco ai generali principii
della retroattività, quella che in alcuni casi è cagionata dalla
emanazione di una sentenza giudiziale . Allorquando uno stato
personale svantaggioso , attribuito all'individuo come giusta re-
tribuzione del suo malvagio operare, viene mitigato da una
legge posteriore, questa legge agisce retroattivamente in virtù

delle cose anzidette rispetto a quei delinquenti contro i quali


non sia stata ancor pronunciata una sentenza di condanna ,
non già dopo che la sentenza condannatoria sia stata pronun-
ciata. Ciò vuole il rispetto dell'autorità della cosa giudicata ; ed
anche su questo punto noi ritorneremo quando tratteremo in
particolare della retroattività delle leggi penali . In tutti gli
altri casi invece, la sentenza giudiziale , benchè passata in giu-
dicato , non fa ostacolo all'azione retroattiva di una legge
nuova la quale migliori lo stato di una persona . Cosi, per es. ,
36 PARTE TERZA

se venisse abolita ogni limitazione della capacità giuridica dei


prodighi, non vi ha dubbio che questa legge toglierebbe effetto
alle sentenze di interdizione o di inabilitazione anteriormente

pronunciate per prodigalità . Ciò perchè ogni sentenza di tal

genere non è tanto un atto di giustizia , quanto piuttosto un


provvedimento , apparentemente e immediatamente soltanto ,

come già dicemmo, svantaggioso per l'individuo cui esso con-


cerne , ma in realtà è indirettamente inteso al maggior bene
del medesimo . Soltanto il rispetto della cosa giudicata potrebbe
far si in alcuni casi di questo genere, che da uno stato perso-
nale fissato da una sentenza non si passasse ad un altro senza
una nuova dichiarazione giudiziale ; sul qual punto , come sul-
l'intiero argomento in discorso , ritorneremo pure in altri luoghi
di quest'opera .
Che se la sentenza dichiarativa di un dato stato personale
non sia che un mezzo onde ordinare relazioni giuridiche di
altra natura fra il subbietto di quello stato ed altre persone,

notiamo fin d'ora che quella sentenza è irrevocabile, ove lo


siano del pari quelle altre relazioni da essa regolate . Per tal
ragione la dichiarazione del fallimento determina indubbia-

mente in modo irrevocabile anche la capacità personale del fal-


lito , nè questa può essere modificata da una differente legge
posteriore . Lo che stabilisce anche la legge transitoria 14 di-
cembre 1882 per l'attuazione del nuovo Codice di commercio

italiano, dicendo in generale (art. 16) che gli effetti delle di-
chiarazioni di fallimento pronunziate prima del nuovo Codice ,
sono regolati dalle leggi anteriori.

La retroattività o immediata applicazione di ogni nuova


legge di stato personale applicasi non meno alle persone mo-
rali che alle fisiche . A differenza però dalle persone fisiche , le

morali non possono per la natura loro accampare mai un di-


ritto quesito di stato personale ; quella retroattività cioè non
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 37

soffre rispetto alle persone della seconda specie quelle limita-


zioni, che ella subisce rispetto alle persone della prima specie.
Qualunque sia la vera dottrina filosofica intorno alla essenza
delle persone morali , e al rapporto fra la libertà dei privati
e il diritto dello Stato nella loro fondazione, la giurisprudenza

non può non iscorgere in esse una creazione della legge, e la


piena e costante sudditanza ad ogni nuova disposizione del le-
gislatore, sia circa la esistenza e la durata loro , sia circa le
funzioni e le condizioni delle medesime. La qual cosa ebbe a
dichiarare anche la Corte d'appello di Roma in una sentenza
13 dicembre 1872 ( 1 ) . Deve però essere chiaro l'intendimento
del legislatore che l'ente o persona morale di che si tratta non
debba più essere riconosciuta in avvenire , o lo debba soltanto
a certe condizioni, e con certi effetti o diritti . Imperocchè , esi-
stendo le persone morali , a differenza delle fisiche , in virtù
di uno speciale riconoscimento e di una apposita costituzione
per parte dello Stato, può questi benissimo rispettare e con-
servare il fatto proprio rispetto alle persone già esistenti , nel
mentre statuisce nuovi principii sullo stesso argomento , e ciò
devesi anzi ritenere, ove quell'intendimento non sia inconci-
liabile colla lettera e collo spirito della legge nuova . Ciò ebbe
pure a notare la Corte di Lucca in una sentenza 30 maggio
1874 (2).

CAPITOLO V.

Dello stato e della capacità delle persone, subbiettivamente


considerate , cioè in relazione all'intiera società od allo Stato .

Noi dobbiamo ora intraprendere lo studio delle principali


questioni pratiche del gius transitorio personale, applicando ad
esse i principii enunciati nei capitoli precedenti . Coerentemente

(1 ) L. xIII, 11, 133.


(2) G. 1. xxvi, 1 , 2, 187.
38 PARTE TERZA

alla nostra premessa , che lo stato e la capacità personale pos


sono essere considerati da due punti di vista , ai quali si ricon-
ducono tutte le questioni di gius transitorio personale , dal
punto di vista cioè delle relazioni dell' individuo collo Stato e
da quello delle relazioni dell' individuo colla famiglia , comin-
cieremo il nostro studio dalle questioni che si connettono col
primo di quei punti.
Le relazioni personali dell'individuo collo Stato determi-
nano la condizione del primo , anteriormente all'uso che egli
faccia della propria attività onde porre in essere i vari rap-
porti della vita privata , costituiscono in certo modo la base
sulla quale quell' attività si viene poi dispiegando . Esse met-
tono capo alle seguenti qualità personali , che noi verremo suc-
cessivamente considerando : libertà, estimazione civile, cittadi
nanza , morte civile , assenza , sesso , minore e maggiore età ,

tutela, interdizione e inabilitazione, diritti e prerogative poli-


tiche, violazione delle leggi penali . Vuolsi osservare che i di-
ritti nascenti da codeste qualità possono avere per oggetto non
soltanto il fare, ma anche il non fare , cioè l'esenzione da qualche
onere , e che i diritti stessi possono essere accompagnati da
doveri verso l'intiera società o lo Stato .

Del gius transitorio penale però noi non tratteremo nel


seguito di questo capitolo, ma sibbene a parte , riservandolo
come ultimo tema del gius transitorio personale . A ciò ne
induce il riflesso che il diritto penale costituisce una parte
distinta della legislazione, cosicchè anche nella giurisprudenza
transitoria esso dà origine a parecchie speciali e importantis-
sime questioni .

§ 1.
Della libertà e della schiavitù.

La libertà è oggidi presso tutte le nazioni incivilite un diritto.


naturale d'ogni uomo, e non può quindi essere considerata
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 39

come diritto acquisito (v . Vol . I , pag. 207 e segg. ) . Soltanto


dove esista la schiavitù come istituzione dello Stato , la libertà

può diventare un diritto acquisito per gli schiavi liberati in un


modo riconosciuto dalla legge . Ma se in uno Stato , in cui la
schiavitù di una intiera classe di persone fosse stata abolita,

per una ipotesi impossibile essa venisse ripristinata, codesta


infausta legge agirebbe pur troppo anche su coloro che aves-
sero acquistato precedentemente la libertà, e ciò ancora pel
motivo che le qualità fondamentali delle persone , sono piut-

tosto premesse fondamentali dei diritti , che non veri e propri


diritti acquisiti (ib. ).
Che l'abolizione della schiavitù giovi immediatamente , come

afferma il Savigny (pag . 534) , a tutti coloro che si trovano in


condizione servile , è principio riconosciuto universalmente , e
che fu sempre seguito da tutti i legislatori che ne ebbero l'oc-

casione . Lo stesso dicasi rispetto a quegli stati intermedi fra la


libertà e la schiavitù , che fossero dalla legge contraddistinti con
un proprio nome, e riconosciuti come vere istituzioni dello

Stato . Se poi l'abolizione delle istituzioni di cui parliamo debba


essere seguita da indennità a vantaggio di coloro che ne sof-
frissero danno , non può essere nostro assunto il ricercare
(v . Vol. I , pag. 340 , in nota) .

§ 2.

Della estimazione civile e della infamia.

Le leggi degli odierni popoli civili non si arrogano più , come


le antiche , di assegnare l'estimazione civile o l'infamia come.
una conseguenza giuridica di certi fatti o modi di vivere . Noi

non possiamo quindi far parola di un tale argomento negli at-


tuali studi , se non nell'interesse della teoria , e per addurre una
ipotesi di più onde chiarire i suesposti principii. Nell'ipotesi
adunque, assai poco probabile, che in uno Stato venisse intro-
40 PARTE TERZA

dotto il principio che certi modi di vivere o certe professioni


traggano seco l'infamia, quella infamia cioè, che il Diritto Ro-
mano chiamava immediata , noi conveniamo col Savigny (p . 419 )
che siffatta legge si applicherebbe a tutti coloro che si trovas-
sero nella condizione prevista dalla legge , e che i medesimi
non avrebbero nessun diritto acquisito a persistere nella me-
desima , senza incorrere nell'infamia . Nell'ipotesi contraria (1 ),
che cioè l'esistente istituto dell'infamia legale venisse abolito ,
non si può dubitare neppure che tale abolizione avrebbe ef-

fetto retroattivo , come afferma l'Unger ( pag. 133) , attesochè


nessun ostacolo e nessun diritto acquisito può mai opporsi alla
abolizione retroattiva di qualunque stato personale svantag-
gioso (v. sopra pag. 32).

§ 3.

Della cittadinanza.

La cittadinanza , cioè l'appartenere come membro ad uno


Stato, era nell'antico Diritto Romano condizione indispensabile
pel godimento dei diritti civili , e quindi lo stato personale per
così dire fondamentale , di cui tutti gli altri non erano che mo-
dificazioni . Nel diritto moderno si andò sempre migliorando la

condizione giuridica dei forestieri , avvicinandola a quella dei


cittadini in tutti i diritti non politici, cosicchè oggidi in qualche

Stato, come per es. nel Regno d'Italia (Cod . civ . ital . , 1. I , t . I ,
art. 3) , i forestieri sono ammessi al godimento di tutti i di-
ritti civili , senza condizione nè formalità alcuna , ed in altri , come

per es. , in Francia , la stessa massima è invalsa nella pratica ,


benchè non sia apertamente sancita dalla legge ( 2) . La citta-

( 1 ) Questa ipotesi si è verificata ultimamente nel 1853, in seguito alla


introduzione del Codice civile austriaco nel Regno di Ungheria.
(2) Il C. N. non accorda i diritti civili ai forestieri se non alla condizione
che abbiano avuta l'autorizzazione di stabilire il loro domicilio in Francia.
Ma quali diritti spettino ai forestieri domiciliati in Francia senza autoriz-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 41

dinanza adunque è in ogni Stato e sistema giuridico una con-


dizione personale fondamentale, benchè l'importanza della me-
desima rispetto alla conseguente capacità dei concreti diritti
possa esser diversa in tempi e luoghi differenti . Come stato
personale, la cittadinanza è certamente regolata da leggi che
si applicano immediatamente a tutti coloro che trovansi nelle
condizioni da esse prevedute . Vediamo ora quali siano i limiti
precisi di questa applicazione , e a quest'uopo consideriamo se-
paratamente l'acquisto e la perdita della cittadinanza .

La qualità di cittadino appartiene agl'individui o per na-


scita, o per averla acquistata, cioè per naturalizzazione . Egli è
evidente che soltanto in questo secondo caso la cittadinanza
può dirsi diritto acquisito . Egli è evidente del pari che ogni
nuova legge intorno ai modi di acquisto della cittadinanza si
applica immediatamente a tutti coloro che, non essendo citta-

dini, vorrebbero diventarlo . E le azioni pendenti , cioè le do-


mande già inoltrate per conseguire la cittadinanza , vanno sotto-
poste , come pensa il Demolombe (n . 21 ) , alla legge nuova , e
non a quella sotto il cui impero vennero presentate . Trattasi
qui infatti di una vera facoltà di legge, cadente su materie re-
golate dal legislatore assai più nella mira della pubblica conve-
nienza, che in quella di recar vantaggio a singole persone , ep-

zazione, oppure non domiciliati, se ad essi non spettano i diritti civili, quel
Codice non dice. Anche la giurisprudenza non è mai riuscita a determinarli
(vedasi l'esposizione di questa quistione in KALINDERO, pag. 46 e segg.; in
MAILHER DE CHASSAT, 1 , pag. 205 e seg.; e VALETTE, Explic. du liv. prem.
du C. N., pag. 17) , cosicchè prevalse nella pratica l'opinione che spettino ai
forestieri tutti i diritti civili che la legge espressamente loro non interdica,
la quale interdizione, dopo l'abrogazione degli articoli 626 e 912 del C. N.
in virtù della legge 14 luglio 1819, si verifica oggidì soltanto negli arti-
coli 14-16 del C. N. , relativi alla competenza giudiziale, e in alcune dispo-
sizioni della legge sull'arresto personale. Nè poteva essere diversamente,
ove si pensi che il concetto del jus civile, che avevano i Romani , non ha
più alcuna base nel diritto moderno, e che l'importanza della cittadinanza,
come stato personale fondamentale, si connetteva appunto pei Romani a
quel concetto.
42 PARTE TERZA

però tale facoltà non si trasforma in diritto acquisito per il solo


fatto di esercitarla mediante formale domanda alla competente

autorità (v. Vol. I, p . 260 ) . I fatti però , in vista dei quali la legge
fa diventar cittadino chi non lo è, possono essere di due specie
differenti : o tali che di loro natura non possano verificarsi se
non dopo l'attuazione della legge nuova , come se questa pre-
scriva l'adempimento di una formalità del tutto nuova , oppure
fatti che possano essersi verificati rispetto ad una data persona
anche prima di quell'attuazione , come per es. , se la legge di-
chiari cittadino chiunque abbia soggiornato nello Stato per un

certo tempo , attendendo ad una determinata professione . Ri-


spetto ai primi, non può essere dubbio che la legge nuova si
applica a tutti coloro pei quali si avverino i fatti e le circostanze
da essa contemplate, e a tali persone soltanto , e a tale condi-

zione . Rispetto ai secondi, si ha luogo a distinguere . O la per-


sona di cui si tratta non era già rivestita della qualità di citta-
dino di nessuno Stato, e certamente la legge nuova si applica
ad essa, dal giorno della sua attuazione , oppure quella persona
aveva già una cittadinanza, e questo caso non può essere deciso
senza aver prima ragionato della perdita della cittadinanza .
La cittadinanza può essere perduta in virtù di certi fatti del
cittadino , ai quali la legge attribuisce un tale effetto . Che una
legge qualunque su codesto argomento si applichi immediata-
mente a tutti i cittadini pei quali si verifichino quei fatti dopo
la sua attuazione, e in questo senso sia retroattiva, tutti gli au-
tori ne convengono , e ciò discende direttamente dai generali
canoni della retroattività in materia personale. Giustamente
quindi la Cassazione di Torino con sentenza 20 marzo 1882 (1 )
e la Cassazione di Roma con sentenza 23 gennaio 1880 (2) ,
dichiararono che il diritto di optare per la cittadinanza estera ,
conceduto dall'art. 8 del Codice civile italiano al figlio nato

(1) G. I. XXXIV, 1 , 387.


(2) Ib., xxxII, 1 , 200.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 43

nello Stato da un forestiero stabilitovi , non possa essere invo-


cato da persona nata vigendo il Codice albertino , che siffatto
diritto non accordava . Imperocchè la nascita accaduta sotto
quella legge anteriore era un fatto compiuto , e irretrattabile
quanto all'effetto dell'acquisto della cittadinanza dello Stato . Ma

la perdita della cittadinanza può immaginarsi eziandio in un


altro modo , in virtù cioè di una legge la quale ne privi diretta-
mente coloro che ne sono investiti ; ora una legge di questa

natura è giuridicamente possibile , senza ingiusta retroattività ?


Il Merlin afferma (pag. 224) che la legge non può spogliare

il cittadino di questa sua qualità , l'abbia egli dalla nascita, op-


pure l'abbia acquistata per un modo qualunque di naturaliz-
zazione. Tale è pure l'opinione di Mailher de Chassat (I , pa-
gina 204) , di Kalindero (pag . 40) , e di Theodosiades (pag . 66 ).
Merlin ne dà poi una dimostrazione , che agli altri è sembrata
superflua. Riflette il Merlin che , tanto nell'un caso quanto nel-
l'altro , la cittadinanza è un diritto acquisito per contratto del-
l'individuo collo Stato , epperò non è meno degna di rispetto di
qualunque diritto contrattuale.

Noi pure siamo di avviso che la legge non possa spogliare


il cittadino di questa sua qualità , in qualunque modo sia surta ,
ma non in tutti i casi per la stessa ragione , e in nessun caso
per la ragione addotta da Merlin . Se la cittadinanza appartiene
ad una persona per nascita , essa non è per noi diritto acqui-
sito, ma ciò nondimeno essa è inviolabile per una ragione for-
tissima, quantunque estranea al diritto transitorio , per la ragione
cioè che non è supposizione possibile in concreto quella di
una legge la quale tolga di mezzo la trasmissione della citta-

dinanza da padre in figlio ; una legge siffatta distruggerebbe lo


Stato , è quindi logicamente impossibile , non meno di una legge
che abolisca ogni proprietà individuale (1 ) . Se invece la cittadi-

( 1 ) Dice benissimo il MAILHER DE CHASSAT ( ib. ) : « una legge siffatta man-


cherebbe nel suo bel nascere di ogni autorità, cosi pel passato come per
44 PARTE TERZA

nanza è stata acquistata mediante un idoneo fatto della persona,


noi la diciamo inviolabile in virtù del generale principio che

qualunque stato personale vantaggioso , e debitamente acquistato , -


deve essere rispettato dalla legge . Non c'è bisogno di ricorrere
ad altri argomenti , quando soccorre abbastanza un principio
così evidente e generale . L'argomento del resto addotto dal
Merlin ci par poco concludente , perchè l'idea di un contratto
fra il cittadino e lo Stato in materia di diritti personali mal si
concilia colla subordinazione di questi diritti, e delle leggi che
li riguardano , alle esigenze del bene e dell'ordine sociale.
Similmente noi non crediamo che lo stato di cittadino possa

eccezionalmente essere perduto , come dice il Kalindero ( ib .) , in


virtù del distacco di una parte del territorio dello Stato per for-

mare uno Stato nuovo , o per accrescerne un altro . Infatti si è


veduto più di una volta in questi ultimi tempi lasciarsi agli abi-
tanti di provincie cedute da uno Stato ad un altro, facoltà di
optare fra la cittadinanza dello Stato a cui il loro territorio ve-
niva ceduto , e la conservazione della cittadinanza anteriore ,
cosicché quest'ultima non potesse venir da loro perduta per
mero arbitrio della legge , ma per loro propria volontà. Codesto
provvedimento è una debita applicazione del principio che lo
stato di cittadinanza, al pari di qualunque altro stato vantag-
gioso , debitamente acquistato , non può più essere rivocato dalla
legge, il qual principio di evidente giustizia non ammette
eccezione.

Non sarebbe però completo il discorso intorno all'azione re-


troattiva di una legge nuova in materia di perdita della cittadi-
nanza, se non si tenesse conto di una circostanza tutta propria

l'avvenire >>. - I GRANDMANCHE DE BEAULIEU (pag. 142 ) considera la cit-


tadinanza sorta all'atto della nascita come un diritto acquisito dal figlio in
virtù del contratto matrimoniale del di lui padre. Questa opinione si con-
nette con una dottrina dello stesso autore, da noi precedentemente accen-
nata (v. sopra pag. 30, in nota).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 45

alle leggi che in generale riguardano i diritti dei forestieri .


Questa materia è regolata non soltanto dalla legge nazionale,
ma anche dai principii del così detto diritto internazionale pri-
vato . Bisogna quindi porre in armonia con questi principii anche
gli speciali canoni del diritto transitorio personale , e questo lato
delle questioni transitorie personali non può venir trascurato,
se la relativa dottrina deve essere completa, e rispondente ap-

pieno ai bisogni della pratica . Imperocchè tutti quanti i canoni


del diritto personale , ed anzi del diritto privato in generale,
possono anche essere considerati dal punto di vista internazio-

nale privato , cioè dei diritti del forestiero , o del conflitto pos-
sibile fra due diverse legislazioni di differenti Stati, e talvolta
da tal punto di vista , e nelle applicazioni che al medesimo si
collegano , subiscono limitazioni e deroghe . E di cosi fatte limi-
tazioni se ne incontrano in particolare nel diritto transitorio, e
appunto nella dottrina transitoria della cittadinanza , di cui
stiamo ragionando . E di vero , quantunque in tesi generale si
debba dire che una legge nuova non può direttamente e im-
mediatamente spogliare del diritto di cittadinanza chi ne è ri-
vestito , pur nondimeno questa regola può subire eccezione ,
allo scopo di porre in armonia la legislazione dello Stato con

quello di un paese straniero . Cosi , per esempio, mentre in tesi


generale non può perdere la cittadinanza dello Stato una per-
sona , appartenente ad una categoria cui una legge nuova
tale qualità disconosca, una legge però, la quale, come l'art. 14
del Codice civile italiano , statuisca diventar forestiera una ita-
liana maritata ad un forestiero , si applica senza dubbio , dal

giorno della sua attuazione , anche alle cittadine già maritate


con forestieri , specialmente se , come quello stesso articolo , la
legge nuova faccia dipendere tale perdita della cittadinanza
dello Stato , dall'avere la donna acquistata col matrimonio la
cittadinanza del marito . Imperocchè siffatta disposizione di legge

è manifestamente suggerita da un principio di diritto interna-


46 PARTE TERZA

zionale privato, e tende allo scopo di conciliare fra di loro due


differenti legislazioni di diversi Stati .
Riprendiamo ora in più particolare esame l'argomento del-
l'acquisto della cittadinanza in virtù di fatti accaduti prima
della attuazione della legge nuova.

In proposito fu sollevata questione in Francia in seguito alla


legge del 30 aprile 1790 , la quale disponeva che tous ceux qui,
nes hors du royaume de parents étrangers, sont établis en France,
sont réputés Français, et admis, en prêtant le serment civique, à
l'exercice des droits de citoyens actifs, après cinq ans de domicile
continu dans le royaume, s'ils ont en outre ou acquis des immeu-
bles, ou épousé une française . Nessuno dubitava, ed a ragione,
che fosse conforme a giustizia l'applicazione di questa legge

nell'avvenire , attesochè coloro i quali dopo quella legge fossero


venuti a stabilirsi in Francia, e quivi avessero posto in essere

uno dei fatti dalla legge contemplati, si potevano considerare


come persone che avevano agito col proposito di acquistare la
cittadinanza francese ; dubitavasi invece che la legge si potesse

applicare del pari a coloro i quali prima della sua promulga-


zione già si fossero trovati nelle condizioni da essa previste, in
modo che dovessero essere considerati francesi da quel mo-
mento in poi. Rispetto a queste persone, da una parte l'opinione
affermativa pareva abbastanza giustificata dal generale principio

della immediata applicazione delle leggi sullo stato personale ,


dall'altra l'opinione negativa pareva più conforme a giustizia ,
cioè non sembrava giusto che una legge nuova attribuisse a
a fatti posti in essere prima della sua emanazione, effetti del
tutto differenti da quelli per i quali erano stati posti in essere ,
quand' anche non si dubitasse che il legislatore considerava
l'acquisto della cittadinanza francese come un vantaggio e non
come un onere . I fautori di questa seconda opinione conside-
ravano appunto il « giuramento civico » , di cui parla la legge
del 1790 , come una tacita dichiarazione di volere approfittare
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 47

di questa legge, e come condizione indispensabile per diventar


cittadini in virtù di essa . Tali differenti opinioni furono di-
scusse principalmente nel caso memorabile del maggiore Mac
Mahon , imputato di fellonia , di diserzione, e di frode nei patti
del suo matrimonio , e al quale si volevano applicare , fra le
altre , le leggi d'allora sugli emigrati . Il Mac Mahon , era già
stabilito in Francia da più di cinque anni, e vi si era anche
ammogliato con una francese prima del 30 aprile 1790 ; due
anni dopo egli aveva lasciata la Francia , senza aver prestato il
giuramento contemplato dalla legge di quel giorno . Il processo
del Mac Mahon fu sottoposto successivamente a tre diverse
Corti d'appello , e occasionò due sentenze della Corte di cassa-
zione di Parigi . La Corte d'appello di Orléans nella sua deci-
sione del 12 Termidoro anno XIII , sentenziò , fra le altre cose ,
nel caso di Mac Mahon : « che un atto di naturalizzazione è un

vero contratto fra il Governo che adotta e lo straniero adottato ;


che questo contratto , al pari di tutti gli altri contratti , esige il
mutuo e reciproco consenso ; che questo consenso deve essere
formale o risultare da atti espressi e positivi ; che per conse-
guenza qualunque disposizione generale che dichiari natura-
lizzata una certa classe di cittadini non può applicarsi in realtà
se non a quegli individui che abbiano domandata o accettata
la naturalizzazione » . Le due sentenze di Cassazione però (1 ) ,

che furono pronunziate in quella causa , non hanno sciolta la


quistione su cui versava principalmente la citata sentenza di
Orléans, e il Mac Mahon fu sottoposto alla legge sugli emigrati ,

indipendentemente dall'essere egli diventato cittadino francese


in virtù della legge del 1790 , e per motivi differenti da quello
(v. Lassalle, pag. 80 , nota 1 ) .
Noi pure reputiamo incontestabile il canone , che il legis-

latore non può far diventare cittadino dello Stato una persona ,
per titolo di fatti e circostanze avveratesi rispetto alla me-

(1) L'una del 30 piovoso , l'altra del 22 marzo 1806.


48 PARTE TERZA

desima in un tempo anteriore, nel quale ella era già rivestita


di una differente nazionalità . Noi ci associamo quindi al Las-
salle (1. c . ) nel lodare l'ultima delle surriferite conchiusioni della
Corte d'appello di Orléans ; senonchè alla domanda di natura-
lizzazione noi non troviamo ragione di non equiparare qualunque
altro fatto a cui la legge nuova attribuisca la stessa virtù di fare
acquistare la cittadinanza dello Stato . Nella ipotesi speciale della
legge francese del 30 aprile 1790 noi stimiamo che non a torto
opinassero taluni che il « giuramento civico » , da essa contem-
plato, fosse condizione indispensabile per diventare cittadino
francese in virtù di essa, siccome atto equivalente ad una tacita
dichiarazione di volere approfittare della legge . Noi approviamo
eziandio l'opinione di Lassalle (1. c . ) che non poteva bastare a
costituire il Mac Mahon cittadino francese in virtù della sud-

detta legge, la circostanza che il medesimo non aveva fatta


alcuna espressa dichiarazione contraria , siccome aveva opinato
il Merlin nella sua requisitoria alla Corte di cassazione nella
causa in discorso ; imperocchè di tale dichiarazione non è fatto
cenno alcuno nella legge . Ma per qual ragione noi siamo del-
l'esposto avviso ? Non già per la ragione addotta dalla Corte
d'appello d'Orléans , che cioè la naturalizzazione abbia natura
contrattuale, la qual ragione, oltre che è poco scientifica per
motivi da noi già esposti (v. sopra p . 43-44 ) si risolve eziandio
in una petizione di principio. La ragione da cui noi siamo mossi

consiste nel principio dimostrato precedentemente, che cioè la


legge non può direttamente spogliare un cittadino di questa sua
qualità, senza che egli abbia fatto nulla , e che nulla sia accaduto

a suo riguardo , che valga di titolo a tale spogliazione . Combinato

però siffatto principio coll'altro, pure esposto sopra, che nel


diritto transitorio, come in generale nel diritto privato , la legge
dello Stato deve essere conciliata colla legge estera , ogniqual-

volta sorgerebbe altrimenti un conflitto fra le due leggi . Impe-


rocchè da questo secondo principio manifestamente discende.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 49

che una cittadinanza estera non può essere disconosciuta in


chi la possiede, onde attribuirgli per forza la cittadinanza dello
Stato, che nel paese estero non verrebbe riconosciuta . Il Mac
Mahon in particolare non poteva essere diventato cittadino fran-
cese senza alcun fatto suo , immediatamente per opera della legge

del 30 aprile 1790 , senza che egli avesse perduto senza alcun
fatto proprio, e immediatamente per opera di quella legge, la
cittadinanza inglese di cui prima era rivestito (1 ) .

§ 4.
ione
Continuaz .

Se la cittadinanza è un diritto che non può più essere tolto a


chi l'abbia acquistato , gli effetti della medesima però , i singoli
diritti che essa conferisce, possono essere modificati da leggi
posteriori. Dice giustamente il Merlin ( 1. c . , pag . 225) che il
legislatore potrebbe , senza ingiusta retroattività, privare tutti
quanti i cittadini dei diritti civili , e che così fatta legge sarebbe
pessima bensì, ma non ingiusta . E non vi ha distinzione a fare
tra effetti essenziali e non essenziali dello stato di cittadinanza

(v. sopra pag. 32) .


È questo anzi il solo stato personale a cui quella distinzione

non si possa applicare senza cadere in una petizione di prin-


cipio . Imperocchè dalla cittadinanza non discendono positivi
diritti, ma piuttosto semplici capacità fondamentali ai diritti

( 1 ) Il Lassalle opina che quand'anche la legge 30 aprile 1790 avesse fatto


diventare il Mac Mahon cittadino francese, ad onta che egli non avesse
prestato << giuramento civico », ciò nondimeno egli avrebbe cessato di
essere tale in virtù della Costituzione del 5 settembre 1791 , la quale (Tit. 2,
art. 3) prescrive espressamente quel giuramento come condizione indispen-
sabile dell'acquisto della cittadinanza. Ma il Lassalle ha troppo conceduto
agli avversari del Mac Mahon ; la Costituzione del 1791 non poteva spogliare
della cittadinanza francese coloro che l'aveano già acquistata, come bene
osservò il Merlin nella citata requisitoria, prevedendo egli pel primo l'ob-
biezione del Lassalle (vedi LASSALLE , pag . 83 , nella nota ).
GABBA - Retr. leggi, II
50 PARTE TERZA

civili e politici , le quali capacità sono di loro natura in pieno


e costante arbitrio del legislatore (v . Vol . I , pag. 209) . Nè , per
la stessa ragione , vi ha distinzione a fare nell'applicare le nuove
leggi intorno agli effetti della cittadinanza, tra la cittadinanza
per nascita, e quella acquistata per naturalizzazione . Come pure
rispetto a quest'ultima ogni nuova legge intorno agli effetti giu-
ridici della medesima , applicasi indifferentemente alle natura-
lizzazioni già accadute, e a quelle avvenire . Soltanto per equità
può talvolta la legge provvedere diversamente, come per es .
una legge francese dell'11 dicembre 1849 intorno alla natu-
ralizzazione , la quale (art. 5) conservò ai forestieri naturalizzati

dal Governo provvisorio l'eleggibilità all'Assemblea nazionale .


Qualunque poi siano le modificazioni introdotte dalla legge

rispetto agli effetti della cittadinanza , e senza far distinzione fra


cittadini nati , e naturalizzati , i principii generali intorno alla
retroattività esigono che le cagioni di tali modificazioni non
possano produrre effetto se non per quelle persone rispetto
alle quali siansi verificate posteriormente all'emanazione della
legge. Lo che già notammo poco sopra (pag. 42) in particolare
rispetto alle cause che fanno perdere la cittadinanza. Erra però
il Kalindero quando insegna (pag . 41 ) che i fatti ai quali la
legge attribuisce questo effetto , onde realmente produrlo , de-
vono essere cominciati dopo la pubblicazione di essa legge.
Noi dobbiamo qui rammentare un principio generale da noi
stabilito nella prima parte di quest'opera (v . Vol . I, pag. 234),

che cioè anche fatti cominciati prima dell'attuazione della legge


nuova possono andar sottoposti all'impero di questa, e produrre
gli effetti che questa legge loro attribuisce, ove perdurino oltre
quel momento . Cosi per es. se una legge statuisce che perda
la cittadinanza chi faccia parte di una data associazione sta-
bilita in estero Stato, oppure abbia preso servizio militare in
in un estero Stato , non v'ha dubbio per noi che non solo
perderanno la cittadinanza coloro i quali entreranno in uno di
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 51

quelli ordini, oppure prenderanno quel servizio in avvenire , ma


anche coloro i quali, essendovi già entrati, o avendolo preso
prima dell'attuazione della legge, vi rimarranno, o lo conser-

veranno anche dopo . La nostra opinione è anche stata adottata


espressamente da due decreti pubblicati in Francia, l'uno addi

30 luglio 1791 , l'altro addi 6 aprile 1809 ( 1 ) . A torto il Ka-


lindero (pag. 43 ) adduce a sostegno della sua opinione il decreto
francese del 26 agosto 1811 , il quale stabiliva che in avvenire
i Francesi non potessero prendere servizio militare in estero
Stato se non a condizione di rientrare in Francia in caso di

guerra, essendo evidente che dopo l'emanazione di quel decreto


non avrebbero potuto in caso di guerra rimanere all'estero quei
francesi i quali vi avessero preso servizio militare anteriormente.

§ 5.

Continuazione .

Gli effetti dello stato di cittadinanza si riducono alla capa-

cità di acquistare i diritti privati in generale, e quei diritti po-


litici che la costituzione dello Stato consente, ed all'obbligo di

certe prestazioni verso lo Stato. Delle capacità di diritto in


generale riprenderemo più sotto il discorso , nel seguito della
trattazione del diritto transitorio personale . Aggiungeremo qui

invece alcune considerazioni rispetto alla efficacia retroattiva


delle leggi concernenti le prestazioni dovute dai cittadini allo
Stato .

Queste prestazioni sono di due specie : altre pecuniarie , se

( 1 ) Il Decreto 30 luglio 1791 dichiarava che « ogni cittadino francese, il


quale domandasse, ottenesse o conservasse l'affiliazione ad un ordine di
cavalleria o ad altra corporazione stabilita in estero Stato, e fondata su
distinzioni di nascita, perderebbe la qualità di cittadino » ; il Decreto 6
aprile 1809 ingiungeva ai Francesi , i quali avessero preso servizio militare
all'estero, o vi esercitassero pubbliche funzioni, con o senza autorizzazione,
di rientrare in Francia in caso di ostilità fra i due Stati, sotto pena della
confisca dei beni, e in certi casi, della morte civile (vedi KALINDERO , 1. c. ) .
52 PARTE TERZA

il cittadino possiede una certa quantità di beni o di rendita ,


altre personali , se il cittadino ha raggiunta una certa età e
trovasi nel pieno sviluppo delle sue forze . Le prime diconsi
imposte, le seconde si riducono al servizio militare.
Il diritto transitorio in materia di imposte si compendia nel
principio che colui il quale non abbia pagata una imposta già
scaduta, non può essere obbligato a pagarla in una quantità
maggiore di quella fissata in tale ipotesi dalla legge vigente al
tempo in cui l'imposta avrebbe dovuto esser pagata . Questo evi-
dente principio è stato molte volte applicato dalla giurispru-
denza italiana . Veggansi per es.: Corte di Brescia, 11 luglio
1866 (1 ) , Corte di Napoli , 5 agosto 1867 ( 2 ) , Corte di Palermo ,
22 febbraio 1867 (3 ) , Corte di Milano , 16 giugno 1866 (4) .
Oltre al diritto però di non pagare se non quella quantità di
imposta che è conforme alla legge del tempo in cui l'imposta
è scaduta, un altro diritto in materia di imposta può essere una

esenzione da questa specie di oneri , del quale diritto , se ed in


quanto possa dirsi acquisito , abbiamo già tenuto parola nella
Parte generale di quest'opera (Vol . I, pag. 215-216 ) .

Anche rispetto al servizio militare si può stabilire un prin-


cipio analogo a quello stabilito dianzi rispetto alle imposte, cioè :
colui il quale siasi illecitamente sottratto al militare servizio, non
può essere di poi costretto , a motivo di tal fatto, a prestare un
servizio militare più lungo di quello stabilito in quella ipotesi
dalla legge da lui violata. -- Le esenzioni dal servizio militare

meritano di essere qui particolarmente considerate, onde ben


determinare l'influenza che una legge nuova possa avere su di

esse, dopo che siano state accordate .


Il titolo di tali esenzioni può essere duplice : sia perchè un

( 1 ) M. T. viii, 267.
(2) Massime del Notariato, vi , 412.
(3) Gazzetta dei Tribunali di Napoli, xx, 810.
(4) M. T. VII, 692.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 53

individuo appartenga ad una data categoria di persone, sia per


l'avvenuto pagamento di una tassa , dalla legge determinata .
Ciò posto, nell'uno e nell'altro di tali casi può sorgere la que-

stione se l'esenzione dal militare servizio , debitamente conse-

guita, sia veramente un diritto acquisito che nessuna legge


posteriore possa manomettere .
Conformemente a quanto già dicemmo nella Parte generale
(Vol. I, pag. 212 ) noi non crediamo che siavi un vero e pro-
prio diritto acquisito in nessuno di quei due casi , ma una sem-
plice concessione dello Stato , che per natura sua non è mai
irrevocabile. E di vero , lo stato personale di chi venne dichia-
rato esente dal servizio militare per un titolo fondato nella
legge, non si può dire diritto acquisito perchè gli manca un ca-
rattere essenziale di tutti i veri e propri diritti di tal natura ,
di essere cioè fondato su di una legge che miri a recare una
utilità all'individuo ( vedi Vol . I , pag . 210 ) . A colui invero il
quale , nella ipotesi della emanazione della legge suddetta , vo-
lesse argomentare dal fatto dell'ottenuto certificato di esenzione ,
per tacciare il legislatore di ingiusta violazione di un suo diritto.
quesito , si potrebbe rispondere : in che cosa fate voi consistere.
il vostro diritto e l'utilità che esso vi procura, se non nel rifiu-

tare l'opera vostra alla patria che ne abbisogna ? Imperocchè


il legislatore non vi aveva esentato una volta dall'obbligo di
servire la patria, se non perchè non gli parevate idoneo a ser-
virla, ed ora vi chiama a prestar quel servizio , perchè crede che
la patria possa ora giovarsi anche dell'opera vostra . Si aggiunge
a queste ragioni anche l'altra che le esenzioni dal servizio mi-

litare sono in sostanza diritti politici, e che diritti di questa na-


tura non possono mai formare il substrato di veri e propri diritti
acquisiti di stato personale (ib . , pag . 212) . - Che se la esen-

zione venne conseguita mediante il pagamento della tassa di


esonero , la legge non sarebbe ingiustamente retroattiva, obbli-

gando al servizio militare gli individui esoneratine in tal ma-


54 PARTE TERZA

niera, purchè ella ordinasse in pari tempo la restituzione a


quelle persone di una parte proporzionale del danaro sborsato

onde ottenere l'esonerazione (ib . , pag. 214 ) .

In pratica però l'abolizione retroattiva delle esenzioni dal ser-


vizio militare non potrebbe essere ammessa dal giudice , se non
quando il legislatore espressamente la ordinasse . Una legge la
quale semplicemente dichiarasse non più ammissibile una data
specie di quelle esenzioni , senza altro aggiungere, non potrebbe
certamente essere applicata alle persone che già fossero state
dichiarate esenti per un titolo qualunque , e ciò per una ragione
tutta pratica, consistente nel modo in cui si suole esigere il ser-
vizio militare in tutti gli Stati moderni . In questi infatti il ser-
vizio militare non è già una prestazione richiesta ripetutamente
per un certo numero d'anni, ma una prestazione che viene im-

posta o che viene condonata a chi abbia raggiunta una certa


età, e per un determinato numero d'anni successivi . Ciò essendo ,
non è possibile supporre che il legislatore il quale abolisce una
data specie delle esenzioni in discorso , intenda dare , anche se
non lo dica espressamente , a questa abolizione l'effetto di

obbligar taluno a prestar servizio militare per una parte soltanto


della sua ordinaria durata , imperocchè un cosiffatto servizio ,
più breve, riuscirebbe affatto eccezionale nel sistema militare.
dello Stato .

Chi confronti le legislazioni positive nella materia del ser-


vizio militare coi principii suesposti, vi scorgerà di leggieri
disposizioni che se ne scostano, e che attribuiscono talvolta
i diritti che con quei principii non si possono giustificare.
La ragione di tali disposizioni non è altro che l'equità , la quale
è naturalmente un indispensabile elemento delle leggi tendenti
ad imporre degli oneri ai cittadini . Per es. la legge pubblicata
nel 1868 in Francia intorno al servizio militare, mentre abo-
lisce l'esonerazione mediante il pagamento di una tassa, e vi
sostituisce quella della libera surrogazione, attribuisce però ai
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 55

giovani sottoposti alla leva dell'anno corrente, il diritto di optare


fra l'uno espediente e l'altro . Nessuno al certo può pensare che
questi giovani avessero un diritto acquisito ad esonerarsi me-
diante pagamento , come permettevano le leggi anteriori.

§ 6.
Della morte civile.

La morte civile è uno stato personale in cui, secondo alcune


legislazioni de' tempi andati , cadeva il delinquente condannato
a certe gravissime pene . Oggidi la morte civile è scomparsa da
tutte le legislazioni dei popoli civili , siccome finzione legale
che non può ammettersi in tutte le sue logiche conseguenze
senza soverchia crudeltà . I giureconsulti francesi danno poi
impropriamente il nome di morte civile anche allo stato per-
sonale di coloro i quali hanno fatta professione in un ordine.
monastico , ed hanno cessato da quel momento in poi di poter
disporre dei loro beni ed acquistarne di nuovi . Impropriamente
dicesi questo stato morte civile, imperocchè alcune conseguenze
vi mancano della vera e propria morte civile pronunziata con
sentenza criminale , quella per es . dello scioglimento del matri-
monio . Ciò nondimeno noi non stimiamo inutile nè inoppor-
tuno il ragionare in questa occasione dell'uno e dell'altro degli
anzidetti stati personali, seguendo l'esempio della maggior parte
degli scrittori che ci hanno preceduti.
In generale si può dire che tanto l'abolizione della morte
civile penale, quanto quella della morte civile dei religiosi pro-
fessi, in seguito alla soppressione dei monasteri, approdano
immediatamente a tutti coloro i quali o sono incorsi in un

reato che traeva seco la morte civile, od hanno fatta professione


in un ordine religioso . Questo principio generale ammesso da
tutti gli scrittori, è una diretta conseguenza di un altro ancor
più generale che presiede a tutto il diritto transitorio perso-
56 PARTE TERZA

nale. L'applicazione però di tale principio dà luogo a distin-


zioni e considerazioni pratiche, differenti per ciascuno di quei
due casi di morte civile .
Se la morte civile è stata soltanto meritata dall'autore di un

delitto, ma non gli è ancor stata inflitta con una sentenza che
lo condanni ad una di quelle pene che la traggono seco , l'abo-
lizione fattane da una legge nuova ha certamente per effetto

che il delinquente non vi possa più essere condannato . Ma se


il delinquente è già incorso nella morte civile in virtù di una
condanna effettivamente pronunciata contro di lui , l'abolizione
della morte civile non può approdargli ; egli rimarrà civilmente
morto in virtù della sentenza . È questa un'applicazione di un
generale principio già da noi avvertito poco sopra (pag. 35) .
Tutti gli scrittori ne convengono , e fra gli altri il Merlin (1. c . ,
pag. 226 ) , il Mailher de Chassat (pag. 212) , il Pinto (pag . 140)
e il Theodosiades (pag . 81 ) . Bisogna che il legislatore disponga

espressamente che l'abolizione della morte civile debba giovare


anche ai delinquenti condannati , perchè il giudice le possa at-
tribuire questo effetto . Siffatta disposizione è stata data in realtà
da più di un legislatore . Per es. la legge francese del 3 set-
tembre 1792 (art . 5 ) ordinava : « la pena dei ferri , della re-
clusione, della galera , della detenzione, non potendo , secondo
il Codice penale, essere perpetua, la perpetuità delle galere o
della prigione, altre volte in uso, è abolita da questo giorno
in poi per tutti coloro che vi siano stati condannati . Per con-
seguenza i condannati che avranno subito pene di questa specie

per un tempo eguale al più lungo termine assegnato dal Codice

penale alla pena dei ferri e della reclusione, saranno immedia-


tamente richiamati dalle galere e messi in libertà, senza bisogno
di nessun giudizio » . Questa legge implicava necessariamente
la cessazione immediata della morte civile pei già condannati
alle pene da essa abolite, perchè appunto le sole condanne di

questo genere traevano seco la morte civile . Anche la legge del


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 57

31 maggio 1854 che aboli la morte civile in Francia , dispone


espressamente (art. 5) che gli effetti della morte civile abbiano
a cessare per l'avvenire riguardo ai condannati attualmente.

morti civilmente, salvi i diritti acquisiti dai terzi . Così pure le


disposizioni transitorie pubblicate per l'attuazione del Codice
civile italiano sanciscono (art. 4) che le incapacità civili con-
seguenti alle condanne criminali , e dalle nuove leggi non più
ammesse, cessino di diritto pei già condannati dal giorno del-
l'attuazione di detto Codice (v . sopra Vol . I , pag . 57 , i . n . ) .

Giusta invece sembraci l'opinione del Merlin (1. c. ) , divisa anche


dal Pinto (1. c . ) , che il decreto del Principe Sovrano delle Pro-
vince Unite dell'11 dicembre 1813 , in virtù del quale (art . 7)

la pena dei lavori forzati a perpetuità venne abolita, e surro-


gata dalla detenzione non eccedente la durata di anni venti ,
non potesse approdare a coloro i quali fossero già stati con-
dannati a quella pena in virtù del Codice penale del 1810 , fa-
cendo cessare per essi la morte civile che secondo quel Codice
(art. 18) conseguitava a tali condanne. Imperocchè , dice benis-
simo il Merlin, la morte civile di quelle persone era stata con-
sumata in virtù dell'esecuzione di una sentenza ; per farle rivi-
vere civilmente, mentre quelle sentenze conservavano tutta la
loro forza, sarebbe stato necessario che il citato decreto lo
avesse espressamente ordinato , lo che esso non fece.
Soppresse le corporazioni religiose, e tolto ogni valor civile
alle professioni di coloro che ne facevano parte, non vi ha
dubbio che queste persone rientrano nella vita civile con tutti
quei diritti che in questo momento loro possono spettare, e
cessa così immediatamente quella specie di morte civile in cui
esse trovavansi . Non possono però tali persone in virtù del loro
ritorno alla vita civile pretendere quei diritti di cui potrebbero
trovarsi attualmente in possesso se non avessero fatta la pro-
fessione ; chè altrimenti si darebbe effetto alla legge nuova in
un tempo anteriore alla sua promulgazione, e si violerebbero
58 PARTE TERZA

in questo modo i diritti acquisiti di quelle terze persone che in


luogo dei religiosi professi avessero acquistato ciò che questi
avrebbero potuto acquistare se ne avessero avuta la capacità.
I giusti confini della retroattività della legge in discorso non
possono in nessun caso essere difficili a stabilire . Non vi ha

dubbio per esempio che fu soverchiamente riguardosa la legge


francese del 26 marzo 1790 , la quale , regolando l'applicazione
della legge del 19 febbraio precedente che aveva soppresso le
congregazioni monastiche, dispose che i religiosi usciti dai mo-
nasteri rimanessero incapaci di succedere , e non potessero ri-
cevere mediante donazione o testamento se non rendite e pen-
sioni vitalizie . Il diritto di succedere non è acquisito , come

vedremo nel seguito dei nostri studi , prima della morte del
de cujus, e per conseguenza non può essere nel novero di quei
diritti, che il religioso uscito da una corporazione soppressa non
può acquistare senza violare il diritto altrui . Soltanto sulle ere-

dità già deferite prima della soppressione della corporazione ,


il religioso non può più avere alcuna giusta pretesa in virtù
di quella soppressione . Infatti una legge francese posteriore alla
dianzi citata, cioè una legge del 18 vendemmiale anno 2 , de-
rogando alla prima, dispose « che i già religiosi professi e le
religiose venissero ammessi alle successioni cui fossero in se-
guito chiamati, in concorso cogli altri coeredi » , la quale dispo-
sizione venne poi confermata dalle leggi del 9 fruttidoro anno 3 ,
e del 3 vendemmiale anno 4. Lo stesso principio ha sancito anche
la legislazione transitoria italiana del 1865 (v. Vol . I , pag. 119 ,
i . n . ) (1 ) .

(1 ) R. G. 5, 2ª part., p. 322 ; D. R. 1 , 9.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 59

§ 7.
Dell'assenza .

L'assenza è uno stato personale, che la legge contempla e


regola allo scopo di preservare i diritti sia strettamente per-

sonali , sia patrimoniali dell'assente ; perciò le leggi che riguar-


dano l'assenza fanno certamente parte delle leggi intorno allo
stato personale. Questa proposizione si applica a qualunque le-
gislazione intorno all'assenza , e in particolare anche a quelle
legislazioni , come sono quasi tutte le odierne , le quali, contem-
perando i riguardi dovuti alla persona dell'assente con quelli
che pur si devono all'intiera società , e specialmente col ri-
guardo che i beni non possono essere lasciati per lunghissimo
tempo senza un padrone noto e visibile, attribuiscono ai pre-
senti certi diritti sui beni dell'assente, che limitano e diminui-
scono i diritti di questo (1 ) . Siccome le legislazioni di questa
specie non diminuiscono in tal modo i diritti dell'assente se
non dopo una certa durata dell'assenza, e quindi la salva-
guardia di quei diritti considerano come scopo principale del
regime dell'assenza , cosi, ad onta di tale circostanza , questo
regime è veramente anche in esse legislazioni una parte del
diritto di stato personale .

Ciò posto, non v'ha dubbio che ogni nuova legge sull'assenza
si deve applicare non soltanto alle assenze che si verificheranno
dopo la sua attuazione, ma eziandio alle assenze cominciate prima,
e che continuano dopo quel momento. Questo principio è con-
fermato anche da alcune legislazioni positive, fra le quali vo-

glionsi annoverare la parmense del 1820 (v . Vol . I , p . 99 , i . n . ) ,


la sarda del 1837 ( p . 103 , i . n . ) , e l'italiana del 1865 (p . 117 , i.n . ) .
La Corte d'appello di Poitiers in una decisione dell'11 piovoso

( 1 ) Intorno ai vari modi di regolare l'assenza nel diritto civile, vedi i miei
Studi di legislazione civile comparata, capit. IV. Milano, Lombardi, 1862.
60 PARTE TERZA

anno 13 ( 1 ) , e la Corte d'appello di Colmar in una decisione


del 26 giugno 1823 ( 2) dichiararono che le regole prescritte
dal Codice civile in materia di assenza debbonsi applicare anche
alle assenze anteriori , ove gli effetti dell'assenza non siano stati
fatti valere che dopo la promulgazione di detto Codice . Questo
principio è giusto, ma non abbastanza generale , attesochè anche

effetti di assenze anteriori, cominciati ma non finiti prima della


emanazione della legge nuova, debbonsi uniformare alle dis-

posizioni di questa . Veniamo ad alcune applicazioni .


Supponiamo che in una località governata da una legisla-
zione, la quale al pari dell'austriaca, conservi agli assenti tutti
i loro diritti , anche eventuali , fino all'avvenuta dichiarazione di

morte ( 3) , venga introdotto il moderno regime delle assenze


secondo il C. N.; non vi ha dubbio che i beni degli assenti non
ancora dichiarati morti diverranno oggetto , secondo i casi, o
del possesso provvisorio , o del possesso definitivo degli eredi
presuntivi, se questi ne faranno domanda . I beni invece degli
assenti dichiarati morti, e già distribuiti definitivamente fra gli
eredi presuntivi , rimarranno a costoro, perchè nel sistema della
legislazione austriaca la dichiarazione di morte pone fine ai
veri e propri effetti dell'assenza (4) . Supponiamo invece il caso
inverso ; in questo caso non v'ha dubbio che soltanto il pos-

sesso definitivo accordato sotto la legge precedente agli eredi


presuntivi dell'assente, verrà rispettato, e non il possesso prov-
visorio ; imperocchè il primo pone fine ai veri e propri effetti
dell'assenza, ed è vera e propria successione mortis causa an-
ticipata, il secondo invece è un effetto dell'assenza cominciato

(1) R. G. 5, 2ª part., p . 3, 22 ; D. R. 1 , 9.
(2) Ib.
(3) V. pag. 59, i. n.
(4) Anche la legge transitoria civile pubblicata nell'Umbria con decreto
26 novembre 1860 ( art. 2) dichiara nulla essere innovato pel caso in cui la
morte sia stata dichiarata a mente del § 1647 del Regolamento giudiziario
pontificio del 10 novembre 1834.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 61

e non finito quando venne attuata la nuova legislazione. Questa


opinione è stata anche espressamente adottata in una legge
transitoria dell'Annover (v . Vol . I , p . 81 , i . n . ) nell'occasione del
ristabilimento dell'antico diritto annoverese , il quale , al pari

dell'odierno diritto austriaco , conservava intatti tutti quanti i


diritti degli assenti fino alla dichiarazione della morte di questi .
Nella prima però delle anzidette due ipotesi, in quella cioè
della nuova introduzione del regime delle assenze secondo il
C. N. e il Codice civile italiano , vuolsi por mente ad una inte-
ressante quistione . Come è noto (v. art . 26 Cod . civ . italiano) ,
quel regime ammette al possesso provvisorio dei beni dell'as-
sente quelle persone che sarebbero stati suoi eredi legittimi ,

se egli fosse morto nel giorno delle ultime notizie . Ora si do-
manda con qual legge debbansi quelle persone determinare ,
se per avventura nel giorno delle ricevute ultime notizie dell'as-
sente fosse stata in vigore una legge successoria differente da
quella sotto il cui impero devesi conferire il possesso provvi-
sorio . Sembra sulle prime che delle due leggi debbasi prefe-
rire la prima, ripugnando che si considerino eredi legittimi al
momento di una finta apertura della successione, persone che

non lo sarebbero state , se l'apertura della successione fosse stata


vera. Ma, ben riflettendo , quella opinione è erronea , e la seconda
delle due leggi in discorso deve essere di preferenza applicata .

Imperocchè lo scopo del cosi detto possesso provvisorio dei beni


dell'assente, è in sostanza un avviamento a quella successione ,
che la legge deferisce agli eredi dell'assente col titolo di pos-
sesso definitivo . Ora questo possesso definitivo , introdotto nuo-
vamente dalla legge, non può manifestamente essere accordato
che a quelle persone, le quali dalla legge medesima sono con-
siderate eredi legittimi . Queste stesse persone adunque devono
anche ritenersi chiamate prima al possesso provvisorio, se , bene
inteso , esistevano nel giorno delle ultime notizie dell'assente e
in questo senso soltanto deve intendersi la espressione della
62 PARTE TERZA

nuova legge : « quelle persone che sarebbero state eredi legit-


time nel giorno delle ultime notizie » . Questo giorno cioè designa
unicamente le persone dei successori, ma non la legge succes-
soria. Solamente se si provi la morte dell'assente in un'epoca
anteriore alla legge nuova, devesi il diritto di successione legit-
tima desumere dalla legge anteriore ; ma tale ipotesi è estranea
al regime delle assenze, e trattasi in essa di un vero e proprio
diritto quesito di succedere, anteriore alla legge nuova, se anche
la legge civile intorno all'assenza contempli il conflitto fra tale
diritto e il possesso provvisorio o definitivo (Conf. art . 34, 39 ,
Cod. civ. ital. ).

Nel passaggio poi da un regime dell'assenza ad un altro af-


fatto nuovo , si devono tener fermi quei parziali provvedimenti
dell'antico regime , i quali per avventura siano comuni e con-
vengano anche al nuovo . Così per es. , la legislazione transitorial

parmense del 1820 ( art . 16 , v . Vol . I, pag . 99 , i . n . ) con-


serva l'amministrazione dei beni degli assenti a quei tutori i
quali ne fossero stati rivestiti secondo le antiche leggi , e ciò
perchè il Codice civile parmense ha conservata la tutela degli
assenti dichiarati , quantunque abbia adottato in pari tempo
l'istituzione del possesso provvisorio dei beni loro per parte
degli eredi presuntivi (1 ) .
Cosi pure, nel passare da un regime dell'assenza ad un altro

affatto nuovo, si può computare la durata dell'assenza ante-


riore alla nuova legge, per dar luogo a quegli effetti che la legge
nuova fa dipendere da una certa durata dell'assenza . È questa
una conseguenza di un principio da noi esposto e dimostrato
nella Parte generale di quest'opera (v . Vol . I , p . 234) . Retta-

( 1 ) Anche la legge transitoria civile italiana del 1865 ( art. 5 ) dichiara


che il curatore od amministratore nominato giusta le leggi anteriori ai
beni di un assente, continuerà nel suo ufficio, senza pregiudizio però dei
diritti concessi dal nuovo Codice agli eredi presunti, che potranno essere
dai medesimi esercitati, purchè siano decorsi i termini all'uopo stabiliti dal
Codice medesimo.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 63

mente perciò la Corte diCassazione di Parigi in una sentenza del


17 novembre 1808 ( 1 ) statui che nel dichiarare l'assenza , dietro
domanda presentata sotto l'impero del C. N. , si potesse cal-
colare la durata dell'assenza anteriormente al Codice , per com-

pletare i quattro anni decorsi senza notizie dell'assente, che


secondo quel Codice sono necessari per tale dichiarazione . Lo
stesso principio è pur contenuto nella legge transitoria sarda
del 1837 (v . Vol . I , pag . 103 , i . n .) .
Se invece di così importanti cambiamenti , come sono quelli
accennati fin qui , la legge nuova modifica soltanto il prece-
dente regime delle assenze, ma non lo trasforma , non v'ha
.
dubbio del pari che gli effetti dell'assenza, già cominciati e non
finiti, si dovranno , dopo la pubblicazione della legge nuova ,
modificare corrispondentemente a questa legge . Così , per

esempio , decise rettamente la Corte d'appello di Rouen con


una sentenza 7 dicembre 1840 ( 2) che l'erede presuntivo di
un assente , al quale sia stato accordato il possesso provvisorio
dei beni di questo , deve dar cauzione nonostante che al mo-
mento in cui l'assente scomparve o mandò le ultime sue no-
tizie, avesse imperato una legge che non imponeva obbligo
siffatto.

Soltanto i diritti patrimoniali definitivamente acquistati dai


presenti sui beni dell'assente non possono essere rivocati da
una legge nuova intorno al regime dell'assenza. Non osta la
circostanza che tali diritti siano stati attribuiti come risolubili

nel caso che l'assente ricompaia, imperocchè noi sappiamo (vedi


Vol . I , pag. 230 ) che l'essere un diritto rivocabile di sua na-
tura non esclude che possa dirsi acquisito , ove il fatto acqui-
sitivo da cui esso proviene sia stato posto in essere per intero .
Abbiamo osservato di sopra che il possesso definitivo dei beni
dell'assente, accordato dal C. N. e da molti altri Codici , non

(1) R. G. 41 , 2, 209.
(2) R. G. 9, 1 , 104.
64 PARTE TERZA

potrebbe essere tolto a chi lo avesse conseguito , ove , al si-


stema di quei Codici ne venisse sostituito un altro , secondo
il quale quel possesso o non potesse affatto essere accordato
o non fosse venuto ancora il tempo di accordarlo . Lo stesso
dicasi rispetto ai diritti che sarebbero toccati all'assente e
che fossero stati devoluti ad altre persone invece di lui , ove
al regime dell'assenza secondo il C. N. , subentrasse un altro il
quale , al pari del Codice civile austriaco , prescrivesse che i di-
ritti devoluti all'assente debbonsi acquistare in suo nome dal
suo curatore fino a tanto che l'assente non sia stato dichiarato
morto.

§ 8.

Delle differenze di sesso .

Nelle odierne legislazioni l'influenza del sesso sulla capacità


e sulla condizione giuridica si riduce a ciò che le donne subi-
scono particolari limitazioni non tanto nella capacità di acqui-
stare, quanto nella facoltà di disporre durante lo stato di ma-
trimonio ; all'infuori di questo stato , le donne hanno oggidi la
stessa capacità di acquistare e di disporre che hanno gli uomini ;
la curatela o tutela del sesso in particolare (sexus tutela) è

scomparsa affatto dalle legislazioni odierne . Nell'ipotesi però ,


meramente teorica (1 ) che la curatela o tutela del sesso venisse
ristabilita, non v'ha dubbio che, in virtù del principio fonda-
mentale del diritto transitorio personale, siffatta legge si appli-
cherebbe immediatamente a tutte le donne esistenti , quand' anche
elle avessero già raggiunta la maggior età . Questa è anche l'opi-
nione di Savigny ( p . 417 ) , di Grandmanche de Beaulieu (p . 85) ,

di Schmid (p . 121 ) e di Christiansen ( p . 111 ) . Quest'ultimo


poi osserva giustamente che siffatta applicazione alle donne

( 1 ) La curatela del sesso venne ristabilita a Lubecca dopo l'abolizione del


C. N. (v. vol. I , pag. 69, in nota) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 65

maggiorenni non violerebbe il diritto acquisito della maggior


età (v . § seguente) , ma soltanto ne limiterebbe gli effetti , es-
sendo che da una parte la tutela non esclude la distinzione
fra minore e maggiore età, ed è talvolta anche nelle odierne le-

gislazioni applicata ai maggiorenni , d'altra parte noi sappiamo


che, se i diritti acquisiti di stato personale non possono essere
distrutti, i loro effetti possono essere modificati dalla legge con
effetto immediato o retroattivo (v. sopra pag . 32).

§ 9.

Della minore e della maggiore età.

Nelle odierne legislazioni la minore età è la condizione giu-


ridica di chi non ha ancor raggiunta l'età dalla quale la legge
fa cominciare per regola generale la piena libertà di disporre
e di obbligarsi, specialmente nel campo del diritto patrimoniale.
La maggiore età è la condizione giuridica di chi ha raggiunto
la detta età, oppure , indipendentemente da ciò, trovasi in una
condizione dalla quale la legge fa provenire le stesse conse-
guenze giuridiche dell'età maggiore ; tale è, per es . , in alcune
legislazioni lo stato matrimoniale. Durante la minor età l'indi-

viduo è sottoposto alla potestà patria o tutoria, oppure a quella


di un curatore , se è stato emancipato ; colla maggior età cessa
nelle legislazioni odierne la potestà patria o tutoria, e l'auto-
rità del curatore del minorenne emancipato . Mentre però la
maggior età, considerata in contrapposizione all'età minore , è
un concetto meramente negativo , perchè non racchiude altro
se non appunto la cessazione dell'età minore , il concetto della

minor età invece racchiude i reciproci diritti e doveri di chi ha


la patria potestà e del figlio di famiglia, del tutore e del pupillo ,
del curatore e del minorenne emancipato . Noi ci riserviamo di
parlare più avanti della patria potestà , della tutela , e dell'eman-
cipazione ; qui ci limiteremo a considerar la condizione del
GABBA Retr. leggi, II 5
66 PARTE TERZA

minorenne primieramente in modo affatto generale, poi rispetto


allo speciale argomento del passaggio dalla minore alla mag-
giore età.

In generale si può dire che , in virtù del noto principio fonda-


mentale del gius transitorio personale, la condizione del mino-
renne è sempre regolata dalla legge attuale , può modificarsi cioè
col mutare della legislazione. Imperocchè la minor età è una
condizione personale sorta colla nascita per opera della legge ,
epperò non ha natura di diritto acquisito , ma è anteriore ad ogni
diritto di questo genere ( v . Vol . I , pag . 208 e seg . ) . Potranno
quindi le nuove leggi anche peggiorare la condizione del mino-
renne, ogni qual volta ciò non implichi la cessazione di una
vantaggiosa condizione personale , acquistata propriamente dal
minorenne. Le applicazioni di questi principii noi vedremo nella
esposizione del gius transitorio personale famigliare .
Qualunque siano però i cambiamenti della legislazione rispetto
alla condizione giuridica dei minorenni , i singoli atti di un mi-
norenne dovranno sempre essere giudicati secondo la legge che
vigeva al tempo in cui furono posti in essere . È questa un'ap-
plicazione del generale principio di gius transitorio intorno alla

capacità di chi pone in essere un rapporto giuridico qualunque


(v. Vol . I, pag. 237 ) . Conseguenza pratica di tal massima si è

che la restituzione in intiero ex capite minorennitatis si deve


sempre giudicare secondo la legge del tempo in cui venne co-
stituito il rapporto giuridico , contro il quale la restituzione è
domandata (v. anche Vol . I , pag. 360) (1 ) . Propugna questo

principio, fra gli altri scrittori , lo Schmid (pag. 120) ( 2) .

( 1) Questo principio è stato disconosciuto dalle leggi transitorie annove-


resi (v . Vol. I, pag. 82, in nota).
(2) Ma se la legge nuova ha diminuito la durata della minor età, il ter-
mine per far valere la restituzione in intiero contro un atto posto in essere
sotto l'impero della legge anteriore decorrerà certamente dalla cessazione
della minor età secondo la legge nuova. Corte d'appello di Parigi, 18 feb-
-
braio 1809 (G. R. 9, 2, 247 ; C. N. 1 , 1 , 932 ; D. R. 3, 687) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 67

Anche l'applicabilità del S. C. Macedoniano ai mutui passivi


contratti da minorenni si deve giudicare secondo la legge vi-
gente al momento in cui venne contratto il mutuo di cui si
tratta , e quindi nè si potrà, come bene osserva il Lassalle
(pag. 257 ), applicare retroattivamente il suddetto senatocon-
sulto , nè potrà ritenersi valido un mutuo conchiuso in onta al
medesimo , prima che venisse abolito, e in virtù di questa abo-
lizione (v. anche Vol . I , pag . 120-291 ) .
Nel determinare poi se un individuo sia minorenne o mag-

giorenne, punto veramente principalissimo nell'argomento di


cui trattiamo, devesi certamente per massima generale appli-
care la legge attuale . Voglionsi però distinguere due casi :
a) che la legge attuale faccia cominciare la maggior età prima
che non lo facesse la legge precedente : b) che la legge
attuale ritardi l'epoca della maggior età al di là del mo-
mento in cui la legge precedente la faceva cominciare.
Nel primo caso non v'ha dubbio, e tutti gli scrittori ne con-
vengono, ad eccezione del solo Herrestorff (1 ), che coloro i
quali si trovino aver raggiunta l'età stabilita dalla legge nuova ,
al momento dell'attuazione di questa, devono essere conside-
rati immediatamente come maggiorenni, e quelli che la rag-
giungeranno dopo quel momento , dovranno essere considerati

tali non appena l'avranno raggiunta , senza aver riguardo al-

cuno, in ambedue le ipotesi , alla legge anteriore. Rispetto al


secondo caso i giureconsulti non sono d'accordo in tutti i

(1) Herrestorff opina che i ventun anni compiuti prima della emanazione
del C. N. , non possono far considerare maggiorenne una persona dal mo-
mento dell'emanazione di questo Codice, in virtù dell'art. 488 : che altrimenti
si darebbe vigore alla legge in un tempo anteriore alla sua promulgazione :
che per conseguenza tali persone devono rimanere in quella condizione
nella quale si trovavano al momento di quella promulgazione. Pare impos-
sibile che Herrestorff non abbia avvertito che la sua obbiezione starebbe
soltanto se in virtù dell'art. 488 del C. N. si volesse considerare maggio-
renne una persona fino dal momento in cui compiè il ventunesimo anno
prima della nuova legge, lo che nessuno ha mai pensato .
68 PARTE TERZA

punti. Tutti convengono, e non è certo possibile dubitarne ,


a) che prorogata l'epoca della maggior età, coloro i quali fos-
sero ancor minorenni al momento dell'attuazione della legge
nuova, rimangono tali fino alla cessazione della minor età se-

condo la legge nuova , ma discordano invece le opinioni sul


punto b ) se la proroga della maggior età abbia per effetto
altresì di far ritornare nell'età minore coloro i quali fossero
diventati maggiorenni in virtù della legge precedente . Coloro i
quali opinano non potersi più perdere la condizione di mag-
giorenne una volta acquistata , limitano appunto in questo modo
il principio generale che della minore o della maggiore età si
debba decidere secondo la legge attuale . È questa una delle
quistioni più discusse del diritto transitorio.

La prima occasione di discutere questa quistione l'offerse la


legislazione della Provincia di Utrecht, nella quale l'antica
massima che i maschi diventassero maggiorenni a ventidue
anni, e le femmine a ventiquattro , fu abbandonata nel 1659 ,
stabilendosi invece che tanto i maschi quanto le femmine di-
ventassero maggiori di età a venticinque anni . Gli Stati Ge-
nerali di quella Provincia dichiararono, con un rescritto del
1° giugno di quell'anno , che loro intenzione non era stata di
rendere minorenni coloro i quali avessero raggiunta la maggior
età secondo la legge antica al momento della pubblicazione.
della nuova . La stessa opinione venne poco dopo sostenuta
in linea storica da Abramo da Wesel (ap . Merlin , loc . cit . ,

pag. 241).
In seguito alla pubblicazione della legge francese del 20 set-
tembre 1792 , la quale introdusse la maggior età a ventun anni ,
surse in Francia la stessa quistione che era stata agitata in
Utrecht, rispetto a qualche consuetudine francese , come , per
esempio , quella di Normandia, la quale stabiliva la mag-
gior età a vent'anni compiuti . Il Meyer (p . 47 ) fu dei primi
scrittori che si pronunciarono in favore dell'opinione che la
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 69

proroga della maggior età faccia ritornare minorenni i già


maggiorenni, ed anzi egli dice maravigliarsi che non vi sia
concordia di opinioni su questo punto. La ragione che egli
adduce si è che la tutela fu introdotta nell'interesse dei mino-

renni, ed è perciò uno stato favorevole a queste persone. Dopo

Meyer la stessa opinione fu sostenuta da quasi tutti i giure-


consulti francesi , fra i quali voglionsi citare il Blondeau
(n. 4) (1 ), il Merlin (p . 241 ), il Mailher de Chassat (1 , p . 259),
il Grandmanche de Beaulieu (p . 54 ) , il Demolombe (n . 45 ) , e
il Theodosiades (pag. 45 e 88) . Qualche legislazione transi-
toria accettò la stessa opinione , per es . quella di Lubecca
del 1814 (v. Vol . I, p . 64, in nota). Qualche giudicato venne
pure a confermarla, e fra gli altri una sentenza della Corte
d'appello di Torino del 17 maggio 1806 (2), la quale dichiarò
ricaduti nello stato di minorenni in virtù dell'art . 488 del C. N. ,

quegli individui i quali avessero conseguita la maggior età

prima degli anni ventuno in virtù di qualche consuetudine .


Non si può tuttavia ritenere che l'opinione in discorso sia la più
conforme allo spirito ed alle tendenze della giurisprudenza fran-

cese , ove si rifletta alla massima generale contenuta nella già


riferita sentenza della Cassazione di Parigi del 20 maggio 1806
(v. sopra pag. 12 ) , ed eziandio alla massima prevalsa in tale
giurisprudenza in una materia analoga alla presente , nella
materia cioè della emancipazione dalla tutela, della quale
ragioneremo in seguito (v . sotto § 10 ) . Tutti poi i sunnomi-
nati scrittori francesi ripetono l'argomento addotto dal Meyer.
Il Merlin , per es . , dice (1. c . ) che il legislatore, facendo ridi-
( 1 ) Il Blondeau pone in questo luogo il seguente principio generale : « le
leggi che determinano in quali circostanze un individuo è incapace di am-
ministrare i propri diritti o di adempiere le proprie obbligazioni , e quelle
che nell'interesse delle persone incapaci stabiliscono misure conservatrici,
devono ricevere un'applicazione immediata ».
(2) R. G. 7, 2, 11 , 147. Il MEYER cita pure ( 1. c.) una sentenza della Corte
d'appello di Nimes del 24 brumaio anno 13, la quale stabilisce la stessa
massima.
70 PARTE TERZA

ventare minorenni i già maggiorenni , si vale del diritto che gli


spetta di proporzionare nei cittadini la libertà di esercitare i
propri diritti al grado e all'estensione delle loro facoltà intel-
lettuali, e che, siccome non v'ha ingiusta retroattività nel sot-

toporre ad interdizione in virtù di una nuova legge un mag-


giorenne che gode della pienezza della sua libertà, così non

ve ne può essere nel far ritornare un maggiorenne nello stato


di minorenne in virtù di una legge nuova . Taluni poi, e per

esempio il Merlin , adduce altresì un argomento di analogia,


desunto dal diritto internazionale privato . Come il cambia-
mento di domicilio , per consenso di valenti giureconsulti, e
fra gli altri del Rodemburg , del Lauterbach , di Paolo Voet
(ap. Merlin, p . 240) , fa sì che la minorità cessi e la maggior
età si acquisti quando lo determina la legge vigente nel nuovo
domicilio , cosi , osserva il Merlin , per analogia , anche il cam-
biamento di legislazione nel medesimo domicilio potrà avere
per effetto di anticipare o di ritardare, od anche di far cessare
lo stato di maggiorenne . Fra gli scrittori tedeschi l'opinione
del Meyer e del Merlin ha pure avuto non pochi seguaci, fra
i quali voglionsi ricordare Bergmann (pagina 173 ) , Weber
(p. 85 ) (1 ) , Daniels ( 2) , Hiersemensel ( 3 ) , Holzschuher (4) e
Unger (p . 141-132) .
L'opinione opposta alla precedente, già accettata dagli Stati
Generali di Utrecht e da Abramo da Wesel, ha trovato pa-
recchi fautori anche nel nostro secolo . Nel 1826 essa venne

propugnata dallo Spandaw in un'apposita dissertazione (5) .

(1 ) Induciamo questa opinione del Weber dalla sua asserzione: che le leggi
sullo stato personale siano ingiustamente retroattive allora soltanto quando
si applichino per giudicare della validità di atti o rapporti giuridici posti in
essere precedentemente.
(2) Lehrbuch, I, 156 ( ap. LASSALLE , p. 381 ) .
(3) Ergänzungen zum Allg . Landrecht, 1 , 47 (ib. ) .
(4) Casuistik, 1 , p . 42, art. 24 (ap. UNGER).
(5) De statu personae majorennibus jure gallico tributo, post promul
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 71

Dei sostenitori però di tale opinione il più autorevole fu certo


il Savigny. Secondo questo (pag . 415 ) , la maggior età è un
diritto acquisito al momento in cui è stata raggiunta , e il
farvi ritornare coloro che ne sono usciti sarebbe ingiusta re-

troattività. L'opinione del Savigny è stata ripetuta dal Pinto


(pag. 138 ) , dal Vangerow (1 , pag. 69 ) , dallo Schmid (pag. 120)
e dal Christiansen (p . 41 ) . Essa è stata anche seguitata dalla
maggior parte delle legislazioni , e fra le altre dalla legislazione
transitoria oldemburghese del 1814 ( v . Vol . I , p . 88 , in nota),
dalla prussiana di quello stesso anno per le province al di là
dell'Elba (ap . Savigny, pag . 416 ) , e del 1817 per Erfurt e
Wandersleben (ib . ) , dal Progetto di Codice civile pei Paesi
Bassi (art. 32 , 33 ) (1 ) , dalla legislazione austriaca nella Patente
del 20 aprile 1815 (art . 4 ) , la quale conservò la maggior età a
quegli abitanti del Regno Lombardo - Veneto e del Regno d'Il-
liria che l'avessero conseguita a ventun anni compiuti secondo
il C. N. , dal Decreto del Commissario Imperiale del 14 febbraio
1848 per lo stesso regno e rispetto a coloro che fossero diven-

tati maggiorenni a ventun anni per decreto dei Governi Prov-


visorii , e finalmente dalla Patente di Promulgazione ( art . XII)
del Codice civile austriaco nella Transilvania ( 2) . Anche la
legge transitoria sarda del 1837 conservò (art . 4 ; v. Vol. I ,
pag. 103 , in nota) la maggior età a chi l'avesse conseguita a
tenore del Codice Napoleone .

gatum novum codicem belgicum non tollendo, sed lege transitoria ipsis
confirmando. Groninga (ap. PINTO, p. 145).
( 1 ) V. PINTO, p . 139 , art. 32 : « lo stato delle persone e delle cose è giudi-
cato secondo la legge presente »; art. 33 : « questa regola però non ha effetto
rispetto allo stato delle persone e delle cose, che sia stato già irrevocabil-
mente acquistato prima della presente legge. Così colui il quale è diventato
maggiore d'età secondo una legge anteriore, rimane tale, benchè la legge
nuova prolunghi la durata della età minore ».
(2) Però la citata Patente del 20 aprile 1815, e quella del 23 marzo 1852
per Cracovia stabiliscono che la maggiore età speciale per la conclusione
del matrimonio deve essere giudicata secondo la legge nuova ( v. UNGER ,
p. 131 , nota 6 in fine).
72 PARTE TERZA

Fra le due opposte opinioni surriferite ne fu immaginata e


propugnata anche una terza , consistente nel ritenere inviola-

bile la maggior età acquisita mediante un fatto positivo , come


sarebbe per es. una dichiarazione giudiziale, una concessione
.
sovrana, la conchiusione di un matrimonio, e nel ritenere in-

vece che la maggior età , conseguita altrimenti, per es . pel


solo compimento di una età determinata, debba cessare in
coloro che non abbiano ancor raggiunta l'età fissata dalla
legge nuova . Questa opinione ebbe per principale suo fautore
il Lassalle (pag. 74, 266 e 391 ) . La maggior età semplice-
mente conseguita pel raggiungimento di una certa età non è
per questo scrittore un diritto acquisito , e in ciò egli non fa

che applicare la sua dottrina fondamentale che i diritti acqui-


siti presuppongono atti positivi dell'umana volontà (v. Vol. I,
pag . 171 e segg . ) . Propendono verso la stessa opinione il Du-
vergier (p . 11 e segg. ), e il Kalindero (pag. 73) . L'opinione di
questi scrittori è certamente la meno seguita , e non venne
sinora sanzionata da nessuna legislazione positiva.

Noi siamo dell'opinione che la maggior età, una volta acqui-


stata, non può più essere tolta da una legge posteriore senza
ingiusta retroattività . A noi pare che chi non considera la

maggior età, una volta conseguita , come diritto acquisito , sia


necessariamente condotto a negare la stessa tesi generale di-

mostrata sopra, e accettata da tutti i giureconsulti , che nel


campo del gius personale vi devono essere e vi sono diritti

acquisiti . Infatti la ragione principale che si adduce onde pro-


pugnare la retroattiva applicazione di una legge che proroga
l'epoca dell'età maggiore, è l'asserire che legge siffatta ha di
mira il bene dell'individuo e gli è quindi vantaggiosa ; or bene ,

se questa ragione bastasse, non vi sarebbe condizione perso-


nale che la legge nuova non potrebbe sovvertire , appunto
perchè a qualunque sovvertimento di questo genere si può
sempre attribuire lo scopo e l'effetto di migliorare realmente ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 73

se non apparentemente, la condizione personale dell'individuo .

Chi però ammette in generale l'esistenza di diritti acquisiti nel


campo del diritto personale (v . sopra p. 34) non deve in con-
creto riconoscere un di quei diritti tutte le volte che la legge,
attribuendo ad un individuo uno stato personale, ne migliora
realmente la condizione : e come si può negare che tale sia lo
scopo ed il carattere della legge che, dati certi fatti, attribuisce
al cittadino la maggior età? Egli è vero che la legge non rico-

nosce il cittadino per maggiorenne a una data età , se non


perchè le esigenze del pubblico ordine, e specialmente il do-
vere di difendere l'individuo contro i pericoli della intellettuale
e morale immaturità , lo permettono e consigliano, ma egli è
vero non meno che il cittadino , una volta diventato maggio-
renne, ha acquistato verso tutti gli altri un perfetto diritto ad
essere trattato come tale , e che nello affermare e nel sostenere
questo diritto anche di fronte al legislatore egli si trova nella
stessa situazione come se difendesse qualunque altro diritto
acquisito , potendo egli addurre anche in quel caso la più grave
delle ragioni che ostano alla ingiusta retroattività , la ragione

cioè che, scemato il rispetto ai diritti acquisiti , diventa impos-


sibile al cittadino il fare assegnamento sulla propria condizione
giuridica, benchè posta in essere conformemente alla legge.
Per qual motivo il legislatore dovrà far pesare sul cittadino le
conseguenze dei propri errori, se improvvida fu la legge abo-
lita, più nelle materie di stato personale , che nelle altre ? Si
pensi che un vantaggioso stato personale , quello di maggio-
renne in particolare , è un grado di dignità civile, la perdita
del quale è certamente dolorosa, ed è quindi inconveniente
non minore dei vantaggi che i fautori della retroattività in di-
scorso crederebbero derivarne.

Rispetto poi all'essere la maggior età un diritto perfetta-


mente acquisito per la maniera in cui viene conseguita, noi
non ne possiamo dubitare, in virtù delle cose dette su questo
74 PARTE TERZA

punto nella parte generale della presente opera. Noi abbiamo


dimostrato che un diritto si acquista o per opera dell'uomo o
per virtù della legge , in seguito ad un fatto acquisitivo , posto
in essere dall'umana volontà , oppure altrimenti accaduto , a
cui la legge attribuisce l'effetto di far nascere un diritto . Or
bene la maggior età talvolta è diritto acquisito per opera del-
l'uomo, come per es. quando proviene dal matrimonio , talvolta
lo è per opera della legge, come per es . quando siasi raggiunta
.
una data età , se pure in questo secondo caso eziandio non si
voglia scorgere un acquisto per fatto dell'uomo , riflettendo che
il raggiungimento dell'età voluta per essere dichiarato maggio-
renne non basta ove il minorenne non siasi altresì condotto in

modo da non demeritarsi il nuovo suo stato , e quindi implica


in certo modo anche il fatto dell'uomo . Nell'un caso e nell'al-

tro essa è dunque un diritto perfettamente acquisito . Non ha


quindi, a nostro credere, nessun fondamento la distinzione pro-
posta da Lassalle e da altri , fra la maggiorità conseguita col
matrimonio o per concessione sovrana, e quella conseguita pel
solo fatto naturale di aver raggiunto una età determinata ; la
dottrina del Meyer , del Merlin , e dei loro seguaci è assoluta-
mente erronea , da qualunque lato la si consideri, e neppure
in parte può essere accettata . Questa medesima osservazione

era stata fatta prima di noi dal Pinto (pag. 138 ) , le cui parole
non stimiamo inutile riferire. « Una volta, egli dice , che è com-

« piuto il fatto dal quale la legge fa provenire un dato stato e


<< una data capacità, egli è affatto indifferente che questo fatto
<< abbia la sua ragione d'essere nella libera volontà dell'uomo ,
<< oppure in un avvenimento fortuito , non avendo questa di-
<< stinzione alcun fondamento nel diritto . Forse che l'erede ab

« intestato, investito della successione , ha un diritto meno per-


« fettamente acquisito dell'erede contrattuale ? Eppure nel
<< primo caso il diritto emana per opera della legge dal caso
« fortuito della parentela col defunto , e nel secondo caso emana
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 75

a da un contratto posto in essere dall'umana volontà . Ciò che

« vale pel diritto acquisito sui beni, dee valere certamente


<< anche per un diritto acquisito ad una qualità personale , che
<< la legge connette al compimento di un fatto qualunque » .
I fautori dell'opinione da noi combattuta obbiettano, come
già notammo , l'analogia dei principii del diritto internazionale

privato. Noi abbiamo già additato nella parte generale di


quest'opera (vedi Volume I , pag . 135 e seguenti ) le pro-
fonde differenze che intercedono fra le quistioni sorte dalla
collisione fra le diverse leggi cui una persona successivamente
si sottopone, mutando domicilio , e quelle sorte dalla collisione
fra le diverse leggi che si succedono in un medesimo luogo , e
da tali differenze noi abbiamo dedotto che l'analogia del cosi
detto diritto internazionale privato non può essere invocata
come argomento nel campo delle quistioni transitorie ; stimiamo
quindi superfluo il venir qui parzialmente confutando la sud-
detta obbiezione. Giustizia vuole però che noi ricordiamo aver
già il Mailher de Chassat (1 , pag. 259-260 ) avvertita l'insus-
sistenza dell'argomento che Merlin ed altri desumono dall'ana-
logia dei cambiamenti di domicilio . Colui , dice benissimo il
Mailher de Chassat , il quale , cambiando domicilio , non può di-
ventar maggiorenne che ad una età più remota, fa il sacrificio
volontario del suo diritto ; la legge invece, indipendentemente
da qualunque volontà individuale, regola lo stato personale
secondo le esigenze del pubblico bene . È questa in sostanza
la differenza che noi pure avvertimmo fra le questioni interna-
zionali private e le questioni transitorie in generale , se non
che il Mailher de Chassat credette che l'intendimento di una

nuova legge che proroghi la maggior età sia quello di toglierla


a coloro che già l'avessero conseguita, lo che a noi sembra
un errore . Noi non indagheremo del resto se veramente nel
diritto internazionale privato il cambiamento di domicilio sot-
toponga l'individuo alla legge personale del luogo in cui egli
76 PARTE TERZA

si è ultimamente domiciliato ; mentre il Merlin e il Lassalle ed

altri ritengono l'opinione affermativa , il Savigny invece (p . 168 ) ,


e prima di lui Hert (ap . Savigny, 1. c. ) e Bornemann (ib . ) pen-
sano il contrario (1 ) .

§ 10.

Della tutela e della emancipazione dalla tutela .

La tutela è uno stato di sottoposizione di un individuo ad


un altro , allo scopo che il secondo protegga il primo e ne
diriga la condotta al bene , e in pari tempo ne amministri
i diritti e gli interessi . Questo stato di limitata capacità giu-
ridica è attribuito dalla legge a tutte quelle persone le quali,

o per ragione di età, oppure , anche essendo maggiorenni,


per insufficienza intellettuale sono considerate come affatto
incapaci di governare da sè la propria vita e i propri beni.
Qualunque siano le persone sottoposte a tutela, i principii di
legge che regolano questo stato, cioè i diritti e i doveri reci-

proci del tutore e di chi è sottoposto a tutela, sono quasi


sempre i medesimi ; per questo motivo nel presente paragrafo
noi intenderemo riferirci contemporaneamente alla tutela dei
minorenni e a quella dei maggiorenni . Le questioni speciali
però che riguardano la prima, noi tratteremo nel presente pa-
ragrafo , e quelle invece che riguardano la seconda considere-
remo in un paragrafo successivo , destinato al tema della in-
terdizione .

Principio fondamentale del gius transitorio rispetto alla tu-


tela è il seguente : le nuove leggi intorno alla tutela si applicano
immediatamente alle tutele già aperte, e a tutte le persone esi-

stenti le quali si trovano nelle condizioni contemplate dalla legge.

( 1 ) II SAVIGNY (ib. ) cita anche in appoggio una convenzione fra la Prussia


e la Sassonia dell'anno 1821. Egli però non si fa carico della contraria
opinione di Lauterbach, Rodemburg e Paolo Voet, (v. sopra pag. 70) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 77

Convengono generalmente i giureconsulti in questo principio ,


e fra gli altri Savigny ( pag. 504) , Schmid ( pag. 141 ) , Grand-
manche de Beaulieu (pag . 53 ) , e Theodosiades (pag . 88 ) . Ne
dissente Herrestorff (pag . 216 , 217 ) , e questa sua opinione è
analoga a quella da lui professata intorno all'influenza delle
leggi nuove sulla minore e sulla maggiore età (v. sopra pag. 67 ) .
A quel principio generale però noi aggiungeremo una clausola,
nella quale non convengono del pari tutti i giureconsulti , ma
che implica un principio da noi dimostrato nel paragrafo pre-
cedente , la clausola cioè che l'applicazione immediata di una
legge nuova sulla tutela non può avere per effetto di far ridi-
ventare minorenni le persone che avessero raggiunta in qua-
lunque modo la maggior età (v. § prec.).

Il suesposto principio non può essere rettamente applicato


alle varie questioni del gius transitorio tutelare , ove non si di-
stinguano anzitutto i differenti lati dell'istituto della tutela, e
a quest'uopo noi considereremo partitamente : a) la costitu-
zione e l'ordinamento della tutela, b ) l'amministrazione tute-
lare, c) la cessazione della tutela .
Della costituzione e dell'ordinamento della tutela. In tutti i

casi nei quali la nuova legge costituisce la tutela, vi devono


essere sottoposte tutte le persone esistenti, le quali si trovino.
in uno qualunque di tali casi . Se , per esempio, la legge nuova
introduce la tutela del prodigo invece della semplice curatela ,
non v'ha dubbio che i prodighi sottoposti a curatore già prima
.
della emanazione della nuova legge, dovranno mutare stato , e

per la stessa via per la quale avevano ottenuto un curatore ,


verranno sottoposti ad un tutore .
Ella è quistione molto dibattuta se si debbano riconoscere
le emancipazioni dei minorenni avvenute sotto la legge prece-
dente, in modi che la legge nuova non riconosce . Questa qui-
stione surse in Francia in seguito alla pubblicazione del C. N. ,
poichè questo Codice sottopone alla tutela, o del genitore su-
78 PARTE TERZA

perstite o degli ascendenti o di persona nominata dal consiglio


di famiglia, quei minorenni i quali siano usciti dalla patria po-

destà senza essere stati emancipati dal padre , mentre secondo


il Diritto Romano vigente nelle provincie della Francia dette di
diritto scritto (pays de droit écrit) erano esenti dalla tutela quei
minorenni usciti dalla patria podestà per la morte del padre, i

quali avessero raggiunta la pubertà . Si domandò se i minorenni


diventati puberi dopo la morte del padre nelle province di di-
ritto scritto , dovessero o no andar sottoposti alla tutela , con-
formemente al disposto del Codice Napoleone .
Questa quistione si connette coll'altra più generale , se la
legge nuova intorno ai modi di emancipazione dei minorenni
dalla tutela si possa applicare retroattivamente , facendo ritor-
nare nello stato di tutela chi ne fosse uscito mediante un modo

di emancipazione non più ammesso dalla legge . Evidente è


l'analogia di questa quistione con quella precedentemente trat-
tata intorno alla efficacia retroattiva di una legge , la quale non

ammetta la maggiore età in qualche caso in cui l'ammetteva


la legge precedente . Si comprende quindi che quei giurecon-
sulti, i quali opinano dover ritornare in minor età quei mag-
giorenni i quali non abbiano ancor l'età prescritta dalla legge
nuova per uscire dall'età minore , opinino altresì dover ritor-
nare in tutela il minorenne che ne sia stato emancipato in un
modo che la legge attuale più non ammette, e adducano del-
l'una opinione e dell'altra consimili ragioni . Non vi ha dubbio ,
per es., che le espressioni generali del Blondeau da noi riferite.

precedentemente (v . sopra pag . 69 , nota 1 ) , si applicano non


meno alla seconda quistione che alla prima, e cosi infatti le
intende anche il Merlin (1. c. , p . 242) . Più esplicitamente am-
mettono in termini generali la retroattività delle nuove leggi
intorno ai modi di emancipazione il Merlin (p . 241 ) , il Grand-
manche de Beaulieu (p . 53 ) e il Theodosiades (p . 88 ) . Il Ka-
lindero (p. 73 ) , coerentemente ad una distinzione da lui fatta
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 79

a proposito della maggior età, e da noi precedentemente rife-


rita (v. sopra pag. 72 ) , opina che, se il minorenne fu eman-
cipato individualmente ed espressamente, continua a rimanere
sui juris, quand' anche la legge nuova non ammetta più il modo
in cui avvenne l'emancipazione , oppure , ammettendolo , ritardi
l'età e le condizioni alle quali possa accadere ; se invece il mi-
norenne fu emancipato in modo tacito e per sola virtù di legge,
come, per es. , per avere conseguita una carica o raggiunta una
età determinata, venga sottoposto a tutela in virtù della legge
nuova . Lo stesso autore soggiunge poi che l'emancipazione, ot-
tenuta mediante il matrimonio, ha natura di espressa ed indi-

viduale , e per conseguenza non può essere distrutta dalla legge


nuova . Anche il Lassalle ( pag. 76 ) , coerentemente ad una di-
stinzione da lui fatta e da noi riferita precedentemente a pro-

posito della maggior età (v. sopra pag. 72) , opina che la legge
nuova non possa far cessare l'emancipazione dalla tutela ,
quando la medesima sia stata conseguita mediante atti volon-

tari del minorenne, lo possa invece quando sia stata raggiunta


unicamente in virtù di una certa età fissata dalla legge . - Le
leggi transitorie sono discordi nell'attuale quistione . Alcune ,
come per es. la parmense del 1820 (v . Vol . I , pag. 99 , in
nota) , e l'estense del 1852 (ib . pag. 107 , in nota) , conservano
ai minorenni l'emancipazione dalla tutela da essi conseguita
sotto leggi precedenti , altre invece, come per esempio le leggi
transitorie annoveresi del 1814 e del 1815 (ib . , pag . 82 , in

nota), e la legge transitoria sarda del 1837 (art . 10 , ib . ,


pag . 104 , in nota) , li fanno tornare in tutela se la legge nuova
non ammette il modo in cui vennero emancipati in virtù della
legge anteriore .

Le ragioni addotte dalla maggior parte degli scrittori che


propugnano la retroattività delle nuove leggi intorno ai modi

di emancipazione dalla tutela, sono le stesse colle quali i me-


desimi sostengono la retroattività della legge che ritarda l'e-
80 PARTE TERZA

poca dell'età maggiore (v. § precedente), e la principale si è


che le nuove leggi intorno all'emancipazione devonsi intendere
aver di mira in realtà, se non anche in apparenza, una miglior

protezione delle persone a cui si riferiscono . Noi pure risol-


veremo la questione in discorso analogamente a quanto di-
cemmo intorno alla inviolabilità dello stato di maggiorenne ,
una volta conseguito .

Per noi lo stato di emancipazione in generale, e dalla tutela


in particolare, è un diritto acquisito, come lo è lo stato di mag-
giorenne; l'uno e l'altro sono gradi di capacità conseguiti con-
formemente alla legge, e devono quindi essere egualmente rispet-
tati dalla legge nuova . Sta bene che la nuova legge , ritardando
l'epoca della emancipazione dalla tutela, o non ammettendo
qualche altro caso di emancipazione ammesso dalla legge pre-
cedente , abbia di mira, al pari di questa, il bene dei minorenni,
e soltanto creda di proteggerli meglio , ma ciò non impedisce
che ogni qualvolta la legge riconosce in un minorenne la qua-
lità di emancipato , intende di conferirgli un grado di civile di-
gnità che non aveva, e quindi un vantaggio che può essere
substrato di un vero diritto acquisito . La distinzione poi fra le
emancipazioni tacite e le espresse non regge , come dimo-
strammo non reggere la distinzione fra la maggior età acqui-
stata in modo tacito e quella acquistata in modo espresso , e

per le medesime ragioni da noi addotte in quella occasione .


Nel caso particolare, di sopra mentovato , della introduzione
della tutela dei minorenni orfani di padri e puberi, in un paese

dove la pubertà facea cessare la tutela di tali persone, noi


siamo d'avviso che i minorenni già puberi al momento in cui

quella legge venne introdotta, non possano venire sottoposti


di bel nuovo a tutela. L'emancipazione prodotta sia dal rag-
giungimento della pubertà, se il padre mori durante l'impu-
bertà del figlio , sia dalla stessa morte del padre , se il figlio
diventò pubere quando era sottoposto alla podestà patria, sem-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 81

brano a noi doversi considerare del pari come diritti acquisiti e


inviolabili. Non ci smuove da questa nostra convinzione l'auto-
rità degli scrittori citati dianzi rispetto alla quistione generale ,

cui la presente speciale si connette, e di quelli che nella qui-


stione presente sostengono l'opinione contraria alla nostra , quali
sono per es . il Proudhon (Cours de droit français , chap . 4,
sect. 1 , n. 6 , ap . Merlin , p . 242) , il Merlin (ib . ) , e il Mailher de
Chassat ( 1 , p . 261-262) . Imperocchè le ragioni addotte da
questi scrittori nell'attuale questione non sono per lo più che
applicazioni della generale loro premessa, da noi combattuta ,
che la nuova legge, abolendo qualche caso di emancipazione
ammesso dalla legge precedente , intenda meglio provvedere
ai bisogni e agl'interessi delle persone che essa concerne . Sol-
tanto il Proudhon argomenta in modo riciso e tutto formale
dal principio che le leggi sullo stato e sulla capacità personale
si applicano retroattivamente, cioè immediatamente a tutte le
persone esistenti , principio che egli poi non determina nè li-
mita mediante il concetto del diritto acquisito personale.

« L'emancipazione, egli dice, impedisce che il minore , il quale


ha oltrepassati i quindici anni, ricada sotto la podestà della
madre, perchè la legge attuale gli permette allora di essere
sui juris, ma se, avendo meno di quindici anni , il minorenne

fosse stato emancipato sotto la legge precedente, egli dovrebbe


ricadere sotto la podestà tutoria della madre , perchè la legge
nuova non gli permette di essere sui juris a quella età » .

Ma se la nostra opinione ha contro di sè l'autorità di pa-


recchi autorevoli giureconsulti , non le è mancato però più di
una volta il suffragio di autorevoli tribunali , e della stessa
Corte di cassazione di Parigi . Notevole fra le altre è la sen-
tenza della Corte d'appello d'Aix del 19 frimaio, anno 13 ( 1 ) ,
la quale statui che un minore dei paesi di diritto scritto , uscito

di tutela prima della emanazione del C. N. , per avere raggiunta


(1) R. G. 5, 2, 121 ; C. N. 2, 2, 9 ; D. R. 12, 693.
GABBA Retr. leggi, II 6
82 PARTE TERZA

la pubertà, poteva sotto l'impero di quel Codice stare in giu-


dizio colla sola assistenza del suo curatore , senza che la madre
avesse diritto di rappresentarlo come tutrice. I considerandi
di questa sentenza ci paiono meritevoli di essere riferiti .
<< Considerando che il Codice civile ha proclamato come
principio fondamentale , che la legge non dispone che per l'av-
venire, cioè non ha effetto retroattivo , effetto che bisognerebbe
attribuirle, per far ritornare sotto la podestà dei genitori il
minore che la legge ne aveva liberato , e il quale aveva goduto
per parecchi anni di questa libertà ; considerando che la di-

stinzione fra gli statuti personali e gli statuti reali non è salda ,
perchè la legge non distingue, e perchè il principio generale
che le leggi non sono retroattive (1 ) non può essere arbitra-
riamente limitato ; che lo stato civile , essendo un diritto non
meno prezioso della proprietà dei beni mobili ed immobili, ciò

che la legge dichiara non potersi fare rispetto alla proprietà ,


non può essere a più forte ragione permesso rispetto allo stato
civile ; considerando essere sofisma il dire che non vi ha effetto

retroattivo soltanto ove non si annullino gli atti fatti preceden-


temente dal minorenne assistito dal suo curatore , e non lo si ob-
blighi a restituire alla madre i frutti percepiti ; considerando

esservi effetto retroattivo tutte le volte che si toglie ad un cit-


tadino un diritto acquisito , e si fanno ritornare le cose nello
stato donde sono uscite ; che non bisogna del resto confondere
l'esercizio del diritto col diritto in sè medesimo ; che non si

retroagisce sull'esercizio del diritto sia quando non si annul-


lano gli atti che sono stati fatti , sia quando non si pretende
la restituzione dei frutti percepiti ; ma che si retroagisce sul

( 1 ) Rammentiamo che le espressioni : retroattivo, retroattività sono ado-


perate dai giureconsulti francesi in un significato differente da quello in cui
noi lo prendiamo in quest'opera. Per noi la retroattività non è per sè sola
una ingiustizia, e quindi quella che i Francesi chiamano retroattività in
senso odioso , noi chiamiamo piuttosto ingiusta retroattività ( v. Vol. I,
pag. 9-10).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 83

diritto acquisito , quando lo si estingue ; che nel caso attuale


si tratta di far cessare il diritto acquisito dal minore divenuto
capace in paese di diritto scritto di godere dei propri beni, e
di fare certi atti coll'assistenza del curatore ; che si altera e si
snatura il suo stato col togliergli la facoltà di litigare colla sola
assistenza del curatore che egli si è dato, e di disporre senza
il concorso di chicchessia, se non della proprietà fondiaria, al-
meno dei frutti e dei redditi di questi beni ; considerando che
non si può addurre in questo caso l'analogia dell'autorizza-
zione richiesta per le mogli rispetto ai loro beni parafernali ;
che non è certo che secondo lo spirito della legge del 26 ven-
toso anno 11 questa autorizzazione sia necessaria alle donne

maritate prima di questa legge in un paese di diritto scritto ;


d'altronde questa autorizzazione è una protezione voluta dalla
debolezza del sesso , mentre nel caso attuale si tratterebbe di

togliere al minore in un col suo stato il godimento delle sue


proprietà ; la prima legge essendo favorevole può essere inter-
pretata estensivamente ; la seconda, avendo il carattere opposto,
deve essere ristretta nei limiti che essa si è dati ; conside-

rando non esservi nella legge alcuna disposizione , dalla quale si


possa indurre che sia stata mente del legislatore di far decadere
il minore dei paesi di diritto scritto , dal diritto acquistato col-
l'emancipazione prodotta dalla morte del padre ; che l'arti-
colo 372 del Codice Napoleone, dicendo che il figlio rimane
sotto l'autorità del padre o della madre fino alla maggior età,
o finchè non sia stato emancipato , suppone necessariamente
che non sia divenuto sui juris prima che la legge venisse at-
tuata , chè in questo caso bisognerebbe piuttosto farlo ritor-
nare sotto la patria podestà , e non potrebbe rimanere sotto
un'autorità dalla quale la legge l'avrebbe trovato sciolto ; che
l'art . 384 dispone evidentemente soltanto per l'avvenire , perchè

dice : e il padre e la madre, e il superstite di loro avranno il go-


dimento, ecc .; considerando che, dopo aver deferita la tutela
84 PARTE TERZA

alla madre, la legge permette al padre , nell'art . 391 , di modifi-


carne l'esercizio col dare alla madre un consulente speciale ,

senza il cui avviso ella non potrà fare alcun atto relativo alla tu-
tela, e che questa disposizione, la quale non poteva essere ese-
guita che nelle tutele future, esclude ogni applicazione della
legge alle tutele anteriori ; che il padre di famiglia, il quale pre-
feriva di lasciare al suo figlio minorenne l'amministrazione dei
suoi beni, piuttosto che darne l'usufrutto alla madre , non
avrebbe mancato di far uso della facoltà conceduta dal-

l'art. 391 , se avesse preveduto che contro la sua intenzione


la vedova godrebbe del suo patrimonio di preferenza al figlio ;
di modo che , applicandosi ai minori dei paesi di diritto scritto ,
la legge nuova commetterebbe una doppia ingiustizia, di con-
traddire la volontà del padre e di applicare ai minori la legge

che nuoce ai loro interessi , mentre si potrebbe farli fruire della


parte che loro è vantaggiosa ; — considerando che la quistione ,
essendo stata proposta al Gran Giudice, Ministro della Giusti-
zia, nel caso appunto di un minore di una provincia di diritto
.
scritto , che si supponeva essere caduto in istato di tutela e

sotto la podestà della madre dopo la pubblicazione del Codice,


il Ministro, al quale i principii del Diritto romano sono altret-
tanto famigliari quanto le leggi nuove, non esitò a rispondere
che la legge non disponeva che per l'avvenire , e non toglieva
al minore alcuno dei diritti che egli aveva acquistati prima in
virtù delle leggi antiche, ecc . » .
Non tutti i surriferiti considerandi si possono certamente

ritenere scientificamente importanti , nè concludenti ; e noi non


possiamo censurare le critiche fatte dal Merlin (p . 243 ) a molti
di essi, e specialmente a quelli desunti dalle disposizioni te-
stuali del Codice Napoleone ; ma giustissime ci sembrano le
cose dette dalla Corte intorno al rispetto dei diritti acquisiti
nella materia dello stato personale . Anche il paragone fatto
dalla Corte fra la retroattività della legge sulla tutela dei mi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 85

norenni e quella della legge che introduce l'autorizzazione ma-


ritale ci sembra erroneo, sia perchè, come bene osserva il
Merlin , la questione sull'effetto retroattivo della seconda legge,
se non era ancor decisa affermativamente quando la Corte di
Aix emanava il suo giudicato, lo poteva essere però in seguito ,
come infatti lo fu, e noi vedremo più sotto ; sia perchè la retro-
attività di tal legge può e deve essere ammessa, come noi dimo-
streremo pure in seguito, senza contraddire menomamente alla
non retroattività della legge sulla tutela dei minorenni .

Contraddicono al riferito giudicato della Corte di Aix una


sentenza della Corte di Nîmes del 24 brumaio anno 13 (1 ) ,
una della Corte di Montpellier del 3 fruttidoro dello stesso
anno ( 2) , ed una della Corte di Torino del 17 maggio 1806 (3 ) ,
ma la seconda di queste sentenze venne cassata dalla Corte
di cassazione di Parigi con sentenza del 6 aprile 1808 (4)
per le seguenti ragioni. « Atteso l'art. 390 del Codice civile ,

dal quale risulta che i figli minorenni non devono cadere sotto
la tutela del padre o della madre loro , se non quando non
siano stati emancipati ; atteso che nella fattispecie Fanny Vey-
rans, essendo pubere al momento della pubblicazione del ti-
tolo 10 del Codice civile, e per conseguenza riputata eman-
cipata, non era soggetta alla tutela di diritto stabilita da questo
articolo, e che la Corte di Montpellier, coll'annullare la sen-
tenza emanata contro la suddetta Fanny Veyrans ha falsamente
applicato l'art. 390 del Codice civile , e contravvenuto all'au-
torità della cosa giudicata, cassa ecc. » .
Mentre i nuovi casi di tutela non si applicano a quei mino-

renni i quali prima dell'emancipazione dalla nuova legge fos-

(1) D. R. 12, 728 ; C. N. 2, 2, 3.


(2) Citata dal MAILHER DE CHASSAT ( 1 , pag . 262).
(3) R. G. 7, 2, 1047. Questa sentenza dichiarò revocato il compromesso
sottoscritto da un maggiorenne ridiventato minorenne dopo la promulga-
zione del Codice civile.
(4) R. G. 8, 1, 211 ; C. N. 2, 1, 511 ; D. R. 12, 694.
86 PARTE TERZA

sero stati emancipati in qualunque modo, non v' ha dubbio


invece che si applicano retroattivamente a quei minorenni, pei
quali la sottoposizione a tutela costituisce un miglioramento
del loro stato personale . Se per es. ad una legge la quale at-
tribuisce alla madre vedova la patria podestà sui figli mino-
renni (1 ) , sottentrasse un'altra, la quale non le attribuisse che
la podestà tutoria, si cambierebbero immediatamente in tutrici
quelle madri le quali al momento dell'attuazione della legge
nuova si trovassero nell'esercizio della patria podestà . Questa
opinione discende dal principio che le leggi le quali anche sol-
tanto migliorino uno stato personale svantaggioso si applicano
retroattivamente (v . sopra p. 34-35), essendo meno svantag-
gioso lo stato di pupillo di quello di figlio sottoposto alla po-
destà patria, se si ha riguardo alla estensione dei diritti del
minorenne. Non può di certo ostare a questa applicazione un

preteso diritto di chi era rivestito della patria potestà , a con-


servarlo, imperocchè la patria podestà , e parimenti qualunque
altra podestà di una persona su di un'altra , non è attribuita
dalla legge nell'interesse individuale di chi ne è rivestito , mentre
noi sappiamo che il diritto acquisito è sempre un diritto in-
trodotto dalla legge per l'individuale utilità di chi lo consegue .
1
Se la nuova legge intorno alla tutela dei minorenni designa
in qualche caso all'ufficio di tutore una persona diversa da
quella designata dalla legge precedente , oppure regola in modo
diverso dalla precedente la capacità all'uffizio di tutore , o in-
troduce nuove cause di incapacità o di esclusione o di di-
spensa , oppure abolisce qualcuna delle vigenti, anche queste
disposizioni si devono immediatamente applicare a tutti i tutori
costituiti, sia facendoli cessare ipso jure dall'ufficio , sia auto-
rizzandone la rimozione, o dando loro facoltà di farsene eso-

nerare , od anche permettendo a taluno che dalla legge ante-


riore sarebbe stato chiamato alla tutela, ma non rivesti questo

(1 ) Come per es. la legge italiana attuale.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 87

uffizio per un ostacolo rimosso dalla legge nuova , di chiedere


di sottentrare al tutore attuale . Tutto ciò discende direttamente
dal principio fondamentale , ed è pur dichiarato in termini ge-
nerali dalla legislazione transitoria annoverese (v. Vol . I , p . 82,

in nota) (1 ) . A buon diritto quindi la Corte d'appello di Casale


con sentenza 7 febbraio 1868 ( 2 ) dichiarò dovere il padre che
riconobbe il proprio figlio naturale sottentrare al tutore nomi-
nato a questo dal consiglio di famiglia, non appena applicato
il Codice civile italiano , e conformemente all'art . 184 di questo

Codice ; e la Corte d'appello di Torino in una sentenza del 4


gennaio 1806 ( 3 ) , e la Corte d'appello di Bordeaux in una
sentenza del 6 messidoro anno 12 (4 ) , dichiararono che la
madre , chiamata alla tutela dei figli minorenni dall'art . 390 del
C. N. , potesse pretendere di esercitare questo suo diritto ad
esclusione di chi fosse rivestito dell'uffizio tutelare in virtù del

Diritto Romano o di altra legge anteriore . Con ugual ragione


la legge transitoria di Lubecca del 1814 (v . Vol . I , pag . 69 , in
nota) dichiara cessata la tutela della madre e quella dell'ava
cominciata sotto l'impero del C. N. Parecchie leggi positive
però conservano nell'uffizio di tutore chi non vi sarebbe chia-
mato secondo la legge nuova, purchè del resto sia capace nè
soggetto ad esclusione in virtù di questa legge . Così dispon-
gono per esempio le leggi transitorie parmense del 1820 (vedi
Vol. I , p . 99 , in nota) , estense del 1852 ( ib . , p . 107 , in nota) ,
e italiana del 1865 (art . 12 , ib . , p . 117 , in nota) (5) .
La nuova legge intorno alla tutela deve applicarsi immedia-
tamente alle tutele già costituite, anche per ordinarle , cioè per

(1) V. anche la legislazione transitoria di Lubecca del 1814 , la quale fa


cessare la tutela della madre e dell'ava ( Vol. I , pag. 64, in nota) .
(2) G. v, 183.
(3) R. G. 6, 2, 94.
(4) R. G. 4, 2, 150.
(5) Questa legge però (art. cit. ) sottrae dalla eccezione la tutela defe-
rita dal nuovo Codice civile ad un ascendente o al coniuge.
88 PARTE TERZA

determinare le persone e le autorità che devono concorrere al-


l'esercizio delle medesime. Può darsi quindi che in virtù di
essa legge cessino dall'ufficio loro persone o autorità che la
legge precedente avea chiamato a parte dell'ufficio tutelare ,
come pure può darsi il caso contrario . Se per esempio la nuova
legge non ordina l'istituzione di un consiglio di famiglia, op-
pure l'assistenza del tutore surrogato o del contutore, non v'ha
dubbio che cesseranno immediatamente dall'ufficio i consigli

di famiglia e i tutori surrogati, precedentemente costituiti (1 ) .


Reciprocamente si dovrà costituire un consiglio di famiglia o
nominare un tutore surrogato o protutore nelle tutele prece-
dentemente costituite, e nelle quali l'uno o l'altro di quegli
istituti non era richiesto dalla legge anteriore , a differenza
dalla nuova. Ciò dispone in particolare la legge transitoria
civile italiana del 1865 (art . 14) .

Gli oneri del tutore debbonsi pure regolare , tanto rispetto


ai tutori da costituirsi , quanto rispetto a quelli già costituiti ,
conformemente alla legge nuova, sia alleviandoli , sia aumen-

tandoli . Anche questa è una conseguenza del principio fonda-


mentale del diritto transitorio o personale . Se quindi venisse

per es . abolita l'ipoteca legale del pupillo sui beni del tutore ,
non v'ha dubbio che questi beni cesserebbero di essere vincolati
dal giorno dell'attuazione della nuova legge . Imperocchè , quan-

tunque il diritto all'ipoteca legale, una volta acquistato , sia


inviolabile al pari di tutti gli altri diritti acquisiti, in particolare.

però è pure un principio di diritto transitorio , da noi avver-


tito , e applicabile in codesto caso , che i diritti accessorii se-
guono la sorte dei principali (v . Vol . I , pag . 272 ) . L'ipoteca
legale del pupillo è certamente un diritto accessorio a quello
di essere tutelato ; ora , come il gius delle tutele si può mu-
tare pel mutare delle leggi che lo determinano , così anche

( 1 ) Vedi quanto al tutore surrogato la legge transitoria di Lubecca


(Vol. I , pag. 69, in nota).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 89

quel diritto deve cessare quando una legge nuova più non lo
ammette . Cessata però l'ipoteca legale di un pupillo in virtù
della nuova legge, e dal momento della sua attuazione , non
cesserà di potersi far valere il diritto ipotecario del pupillo per
quelle ragioni che fossero sorte a suo vantaggio verso il tutore
sotto l'impero della legge precedente ; imperocchè altrimenti
si violerebbe il principio che la legge non può avere alcun ef-
fetto anteriore alla sua attuazione . Reciprocamente , intro-

dotta l'ipoteca legale del pupillo sui beni del tutore , questa
legge si applicherà anche alle tutele anteriormente costituite ,
e che durano tuttora, ma, onde non offendere il principio che
l'azione della legge non può farsi sentire se non dopo la sua

attuazione, l'ipoteca legale nuovamente introdotta non si ap-


plicherà alle tutele già costituite se non rispetto a quella parte
di gestione del tutore, che avrà luogo posteriormente all'at-
tuazione della legge nuova . Questo principio è stato seguito

dalla Corte d'appello di Bruxelles in una sentenza del 27 lu-


glio 1809 (1 ) . Anche l'obbligo del tutore alla cauzione
deve essere regolato in conformità alla legge nuova , sia nelle
tutele future , sia in quelle già costituite . Se la legge nuova in-
troduce un tale obbligo dove prima non era imposto , i tutori
già nominati vi saranno tenuti ; se invece la legge nuova lo
abolisce dove prima esisteva , i tutori che già avevano prestato
cauzione , potranno domandare di esserne svincolati. Quest'ul-

tima opinione è stata adottata da più di un tribunale francese ,


dopo l'introduzione del C. N. , il quale , come è noto , non ob-
bliga il tutore a prestar cauzione . In tal senso giudicarono la
Corte d'appello di Torino il giorno 5 maggio 1810 ( 2 ) , e la
Corte d'appello di Caen il giorno 23 novembre 1812 ( 3) . Il
contrario avviso però tenne la Corte d'appello di Bruxelles in

(1 ) C. N. 3, 2, 109.
(2) R. G. 11, 2, 36 ; C. N. 3, 2, 265 ; D. R. 12, 714.
(3) R. G. 13, 2, 71 ; C. N. 4, 2 , 201 ; D. R. 12, 766.
90 PARTE TERZA

una sentenza del 6 maggio 1812 (1 ) , e poscia la Corte di


cassazione di Parigi in una sentenza del 10 novem . 1813 ( 2 ) .
Disse la Corte di Bruxelles : « attesochè, coll'accettare la tu-
tela , Smaelen si è sottoposto agli oneri che questo incarico gli
imponeva, e per conseguenza a quello di dar cauzione , poichè
egli era espressamente sottoposto a questa obbligazione , sia
per l'atto stesso di nomina , sia in virtù della legge vigente a
quell'epoca ; attesochè l'ipoteca legale accordata sui beni
del tutore dal Codice civile non ha liberato il signor Smaelen

dalle obbligazioni positivamente congiunte alla tutela di cui si


tratta » . E la Corte di cassazione disse : « attesochè nel caso

in quistione non trattavasi dello stato della interdetta , ma delle


obbligazioni assunte dal tutore nominatole prima della pub-
blicazione del Codice civile e sotto l'impero della consuetudine
di Ipres ; che perciò senza violare menomamente il principio
che le disposizioni del Codice civile sullo stato delle persone
devonsi applicare immediatamente al momento della loro pub-
blicazione, la Corte di Bruxelles ha potuto e dovuto tener
ferme le obbligazioni contratte dal ricorrente al momento
della sua elezione a tutore dell'interdetta , e conservare così i

diritti acquisiti alla medesima prima della promulgazione del


Codice civile ; attesochè le disposizioni di questo Codice sul-
l'ipoteca legale dei beni del tutore non hanno liberato i tutori
dalle obbligazioni assunte anteriormente , e che per conse-
guenza la Corte di Bruxelles non ha violato l'art. 1 del Co-

dice, ecc . » . Errarono ambedue le Corti, a parer nostro , nel


considerare l'obbligazione del tutore alla cauzione , astrazione

facendo dalla sua causa ; esse non rifletterono che l'obbliga-


zione patrimoniale del tutore alla cauzione, essendo un acces-
sorio del suo ufficio , attiene allo stato personale , anzichè
al diritto patrimoniale , e quindi , al pari degli altri doveri

(1) C. N. 4, 2, 111 ; D. R. 12, 766.


(2) R. G. 14, 1 , 21 ; C. N. 41 , 462 ; D. R. 12, 766.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 91

e diritti di stato personale , deve cessare , non appena la


legge cessi d'imporla . Siccome il ragionamento di ambedue le
Corti non ha evidentemente altra sostanziale premessa che la

suaccennata considerazione , così pure a buon diritto noi non


ne siamo rimasti persuasi . Che se la legge nuova, senza

abolire la cauzione del tutore, dà facoltà al consiglio di fa-


miglia di optare fra questa guarentigia e quella dell'ipoteca le-
gale , non v'ha dubbio che questa scelta potrà farsi anche ri-
spetto alle tutele anteriormente costituite . Tale è il sistema
seguito dal Codice civile italiano ( art . 282 ) , e dalla relativa
legge transitoria (art . 15) .
Dell'amministrazione tutelare. Anche questa, come bene

osserva il Grandmanche de Beaulieu ( pag. 54) , deve unifor-


marsi alla legge attuale, sia che trattisi di tutele costituite
prima, sia che trattisi di tutele costituite dopo l'attuazione
della medesima . Ciò statuiscono anche le leggi transitorie par-

mense (v. Vol . I , pag . 99 , in nota) , sarda (ib. , pag . 104) , ed


estense (ib. , p . 107 , in nota) . Che cosa possa o non possa fare
il tutore di per sè solo , per quali atti abbia bisogno del con-
corso altrui, e in particolare del contutore o protutore , del
consiglio di famiglia , e del giudice , e quali siano le attribu-
zioni di ciascheduno di questi vari organi dell'amministra-
zione tutelare, si deve in ogni tutela determinare secondo la
legge vigente al tempo in cui si debbono intraprendere i sin-
goli atti dell'amministrazione, e non secondo la legge del
tempo in cui la tutela è stata costituita . A ragione quindi il
Consiglio di Stato di Francoforte, interpellato se in virtù del-
l'applicazione del C. N. , il coniuge superstite , essendo morto
l'altro coniuge prima dell'attuazione di quel Codice, dovesse
ricevere un contutore, diede una risposta affermativa (Parere
del 23 febbraio 1811 , v. Vol . I , pag. 68 , in nota) .

Conseguenza del principio esposto dianzi è pur quella, san-


cita dalla legislazione transitoria annoverese (v . Vol . I , pag. 78 ,
92 PARTE TERZA

in nota), che gli effetti delle tutele si devono giudicare se-


condo la legge del tempo in cui i medesimi ebbero luogo . Im-
perocchè l'amministrazione tutelare consta di una serie di

atti successivi , ciascuno dei quali deve essere regolato secondo


la legge vigente al tempo in cui venne posto in essere . Le ob-
bligazioni del tutore in particolare , e i diritti del pupillo verso
il tutore si devono giudicare secondo la legge vigente al tempo
in cui si compierono i fatti onde nasce la responsabilità del
tutore o il diritto del pupillo . Anche questo principio è stabi-
lito in termini generali dalla citata legislazione annoverese
(ib. , pag. 78 , in nota) . Non varrebbe l'obbiettare che la tutela

è un quasi-contratto, e come tale deve essere sempre regolata ,


quanto ai suoi effetti e quanto alle obbligazioni che ne na-
scono, secondo la legge del tempo in cui venne incominciata .

Imperocchè una tale finzione non può prevalere alla realtà che
l'amministrazione tutelare consta , come dicemmo poc'anzi , di

una serie di atti separati e distinti gli uni dagli altri , e che
per conseguenza l'applicazione immediata della legge nuova

agli atti di amministrazione compiutisi sotto il suo impero ,

applicazione voluta dai generali principii del gius transitorio ,


può farsi senza alcun sovvertimento di rapporti esistenti e di
diritti acquisiti . Non manca alla nostra opinione l'appoggio di
qualche autorevole giudicato, e tale è per esempio una sen-
tenza della Corte d'appello di Caen del 23 novembre 1812 ( 1 ) .
In questa sentenza la Corte di Caen dichiara in termini gene-
rali che « la nuova legge sulla tutela applicasi , tanto rispetto

al diritto, quanto rispetto alla forma, a tutto ciò che sia per
accadere dopo la sua promulgazione, senza aver riguardo alla
circostanza che l'avvenimento, il quale diede luogo alla tutela,
sia anteriore alla legge nuova » . — Con qual legge si debba

giudicare la restituzione in intiero di un tutelato contro gli atti


del tutore, si può desumere , per analogia , dalle cose da noi
(1 ) R. G. 13, 2, 71 ; C. N. 4, 2, 201 ; D. R. 12, 766.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 93

dette nel paragrafo precedente (v. sopra pag . 66 ) intorno alla


restituzione in intiero dei minorenni.
Della cessazione della tutela. Emanata una nuova legge

intorno alla tutela , si dovranno desumere da essa anche le ca-


gioni ed i modi di cessazione delle tutele cominciate prima.
della sua attuazione, e continuate dopo di questa . Che se un

modo qualunque di cessazione introdotto dalla legge nuova ,


già si fosse verificato al momento dell'attuazione di essa legge.
rispetto a qualche minorenne tutelato , questo cesserebbe ipso
jure da quel momento di essere pupillo , e acquisterebbe quella
maggiore o minore libertà che la legge nuova gli concedesse.
A ciò non si oppone un preteso diritto del tutore più di quello
che già vedemmo (v. sopra p . 86) potersi opporre un preteso

diritto di chi abbia la patria podestà , alla trasformazione di


questa in tutela. Se quindi , per es . , alla legge che fa durare la
tutela fino alla maggiore età sottentrasse un'altra , la quale la
facesse cessare quando il minorenne raggiunge la pubertà , i
minorenni puberi al momento dell'attuazione di questa legge ,
diverrebbero emancipati ipso jure da questo momento . Cosi
pure , emanata una legge, la quale dichiari il matrimonio causa

di emancipazione , tutti i minorenni sottoposti a tutela , i quali


fossero già uniti in matrimonio al momento di quella emana-
zione, si dovrebbero considerare da quel momento in poi come
emancipati . Questa opinione è stata pure adottata da una sen-
tenza della Corte d'appello di Torino del 7 fruttidoro ,
anno 12 (1 ) . Concorre a sostenere la stessa opinione il prin-
cipio da noi esposto nella parte generale di quest'opera, che
anche fatti anteriori all'attuazione della legge nuova possono

produrre nuovi effetti in virtù di questa legge , ove la durata


loro si protragga sotto l'impero di essa (v . Vol . I , pag . 234 ) . Ma
se la legge nuova fa cessare in un dato caso la tutela del mi-
norenne per sostituirvi la patria podestà, la si dovrà applicare
(1 ) R. G. 4, 2, 71 .
94 PARTE TERZA

del pari retroattivamente ? Ci riserviamo la trattazione di questa


quistione quando esporremo il gius transitorio della patria po-
destà . Cosi pure ci riserviamo d'investigare nel paragrafo se-
guente quale effetto abbia sulle tutele dei maggiorenni già
costituite, una legge nuova la quale introduca un caso di ces-
sazione di tale tutela, se in quel caso già si trova una di quelle
persone al momento in cui essa legge viene attuata . Che se le

persone sottoposte a tutela quando viene emanata la legge


nuova , non si trovano già in uno di quei casi , nei quali questa
legge fa cessare la tutela, andranno sottoposte alla medesima
in avvenire , se e quando in uno di quei casi verranno a tro-
varsi . Può dirsi quindi colla legge transitoria sarda del 1837
(v. Vol . I , p . 104 , in nota) che la tutela , cominciata prima del-
l'attuazione della legge nuova, e conservata dopo questo mo-

mento, dura pel tempo determinato da essa legge .

§ 11 .

Della interdizione e della inabilitazione.

Delle curatele speciali in particolare.

Lo stato d'interdizione è quella personale condizione in cui


si trova, in virtù di sentenza giudiziale, un maggiorenne al
quale è stata tolta la facoltà di disporre delle cose proprie e
di obbligarsi, ed è stato assegnato un tutore o curatore che ne
amministra gl'interessi senza la di lui cooperazione , e colle
norme e cautele stabilite dalla legge . L'inabilitazione è

parimente uno stato di limitata capacità giuridica, e propria-


mente capacità di disporre , in cui può trovarsi una persona
maggiorenne in virtù di sentenza giudiziale, ma le restrizioni
in essa contenute sono minori assai di quelle racchiuse nella

interdizione. I Codici moderni , nei quali l'inabilitazione è


contemplata, e tali sono il Codice Napoleone e gli altri che
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 95

lo imitarono, fra i quali l'italiano , la fanno consistere nella


incapacità dell' inabilitato di fare certi atti di amministra-
zione senza il concorso di un curatore assegnatogli dal giudice.
Rispetto alle cause della interdizione e della inabilitazione , il
principio adottato dai Codici suddetti è il seguente : vengono
interdetti coloro nei quali è constatata una grave deficienza o
perturbazione delle facoltà intellettuali ; vengono soltanto ina-
bilitati coloro , le cui condizioni intellettuali non siano così
anormali, ed i prodighi.
Come abbiamo già osservato al principio del paragrafo pre-
cedente, la nuova legge intorno ai casi nei quali un maggio-
renne può essere sottoposto a tutela come interdetto , deve
essere immediatamente applicata, al pari di quella intorno ai
casi di tutela di un minorenne . Lo stesso dobbiamo ora dire ri-
spetto alla legge nuova intorno ai casi di inabilitazione . L'una

proposizione e l'altra sono applicazioni del principio fondamen-


tale del gius transitorio personale. La Cassazione di Torino , in
una sentenza 30 giugno 1870 (1 ), proclamò anch'essa tale
dottrina rispetto all'inabilitazione del sordo - muto , sottentrata
nel Cod. civ. ital , all'interdizione pronunziata da qualche legis-
lazione vigente anteriormente in Italia. Che se la nuova legge
non differisce dalla precedente nell'ammettere l'interdizione in
certi casi determinati, ma soltanto nei modi di procedere alla
interdizione in generale, nessuno potrà pretendere che un'an-
teriore sentenza di tal natura venga tolta di mezzo per sosti-
tuirvene un'altra, osservando le forme stabilite dalla legge
nuova. Ciò ebbe a dichiarare la Corte di Bruxelles in una sua

sentenza del 22 agosto 1807 (2) , e per noi discende dalle cose
dette nella parte generale di quest'opera intorno alle formalità

( 1 ) A. G. 1871 , 1 , 101.
(2) C. N. 2, 2, 296. Questa sentenza tenne ferma l'interdizione incorsa sotto
l'impero della consuetudine di Gand , quantunque questa la facesse risultare
dalla semplice nomina di un curatore per determinati atti.
96 PARTE TERZA

degli atti e negozi giuridici (v. Vol . I, pag. 238). In virtù

di quel medesimo principio abbiamo pur dimostrato nel para-


grafo precedente essere un altro canone, applicabile tanto alla
tutela dei minorenni quanto a quella dei maggiorenni , che la
legge nuova debba applicarsi immediatamente anche alle tu-
tele anteriormente costituite , e da essa non tolte di mezzo ,

rispetto all'ordinamento della tutela, ai diritti e agli obblighi


del tutore, alla cessazione della tutela. Analogamente noi dob-
biamo ora dire che, introdotta una nuova legge intorno ai
rapporti fra l'inabilitato e il suo curatore, ai diritti dell'uno e
dell'altro , ai modi coi quali l'inabilitazione può cessare , in
tutti questi punti la legge nuova si dovrà applicare anche alle
inabilitazioni pronunziate prima della sua attuazione , ove essa
-
però le lasci sussistere ancora . Questi sono principii gene-

rali ; ora noi verremo facendone alcune applicazioni alle prin-


cipali quistioni pratiche surte rispetto ad essi nella giurispru-
denza transitoria .
Venendo abolita l'interdizione o l'inabilitazione in un caso

in cui la legge anteriore la prescriveva , si domanda quale in-


fluenza avrà la legge nuova sulle domande presentate , o azioni
pendenti al momento in cui essa venne attuata . Il Merlin (1. c . ,
pag. 223 ) e il Mailher de Chassat ( 1 , p . 206) sono d'avviso
che tali azioni non si possano proseguire, e rimangano del tutto
prive di effetto . Noi pure siamo di questo avviso, in virtù delle
cose da noi dette nella parte generale di quest'opera (v. Vol . 1 ,

pag. 254 e 399 , 263 e seg. ) intorno alle azioni pendenti e alle
facoltà di legge in generale. Imperocchè noi abbiamo veduto
in quella occasione che il rispetto di un'azione pendente al
momento dell'attuazione di una legge nuova che più non l'am-
mette, suppone che l'azione stessa possa essere ricondotta ad

un diritto acquisito , oppure sia in certi casi l'esercizio di una


facoltà di legge , ma tanto nell'una quanto nell'altra ipotesi egli
è certamente necessario , affinchè l'azione conservi la sua effi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 97

cacia dopo l'attuazione della legge nuova, che sia vantaggiosa


a chi ha il diritto di esercitarla ; ora chi dirà che l'azione com-

petente ad alcune persone di far interdire altre persone sia stata


introdotta dalla legge a vantaggio delle prime? Notisi poi che
l'azione è pendente fintantochè non ci sia rispetto alla me-
desima una cosa giudicata, onde giustamente la Corte d'appello
di Casale con sentenza 16 marzo 1866 ( 1 ) dichiarò doversi la
nuova legge intorno alla interdizione applicare anche alle rela-
tive domande, sulle quali pendeva ricorso in appello quando
quella legge venne attuata.
Che se in un caso nel quale la legge anteriore ammetteva
l'azione di interdizione, la legge nuova ammette invece soltanto
quella per la inabilitazione , come per es . è accaduto nel pas-

saggio dall'antica legislazione francese al Codice Napoleone, e


recentemente nel passaggio dalle legislazioni vigenti nel Lom-
bardo -Veneto , in Piemonte e nella Toscana alla nuova legisla-

zione italiana, rispetto alla condizione del prodigo , potrà l'azione


pendente per la interdizione trasformarsi in azione per la ina-
bilitazione , e come tale venir continuata ? L'opinione afferma-
tiva è stata adottata dal Tribunale d'appello di Rouen in una
sentenza delli 8 floreale anno 12 ( 2) , e a noi pure sembra che
questa decisione non possa essere censurata . Il suddetto Tribu-
nale addusse per motivo il giusto riflesso che la domanda d'in-
terdizione deve essere giudicata secondo la legge vigente al
tempo del giudizio , e a noi sembra eziandio che tale decisione

rispondesse a quella economia di giudizi che è principio fon-


damentale della procedura, specialmente nelle quistioni transi-
torie, e in virtù del quale devesi curare nel passaggio dall'an-
tica alla nuova legislazione , che non rimangano inutili gli atti
processuali già compiuti sotto l'antica legge . Per queste stesse
ragioni ci sembra doversi commendare la decisione della Corte

(1) G. III, 317.


(2) R. G. 4, 2, 664 ; D. R. 6, 379 ; Pasicrisie, 1 Serie, 1809, pag. 312.
GABBA - Retr. leggi, II 7
98 PARTE TERZA

di Bruxelles del 7 fruttidoro anno 11 (1 ) , la quale dichiarò


potere i giudici d'appello , riformando una sentenza di interdi-

zione, nominare un semplice consulente legale al convenuto ,


quantunque la sentenza appellata fosse stata emanata prima del
Codice Napoleone (2 ).
Più gravi quistioni sono quelle che si riferiscono all'influenza

che debba avere sulle inabilitazioni e sulle interdizioni già pro-


nunciate una legge la quale in determinati casi sostituisca l'in-
terdizione alla inabilitazione , oppure reciprocamente . Noi con-
sidereremo separatamente ciascuna delle due ipotesi .
Se in un caso la legge nuova ammette l'interdizione , mentre
la legge precedente ammetteva soltanto l'inabilitazione , quale
influenza avrà la legge nuova sugl'inabilitati vigendo la legge
precedente ? Questa quistione non sogliono proporsi gli scrit-
tori di gius transitorio , perchè la maggior parte delle legisla-
zioni moderne hanno sostituito l'inabilitazione alla interdizione

del prodigo , e questo caso suol essere appunto di preferenza


considerato nel discutere intorno ai cambiamenti di legislazione
dei quali ora si ragiona (3 ) . Per questa stessa ragione nella
maggior parte delle legislazioni positive non si possono trovare
disposizioni su tale argomento. Il Codice civile olandese del
1838 è anzi il solo a nostra notizia che si possa citare in questa
occasione . Esso dispone (v . Pinto , p . 146 ) : che « i maggiorenni
ai quali è nominato un consulente giudiziale , rimangono in questo
stato (d'inabilitazione) anche dopo l'introduzione delle nuove
leggi , salvo la facoltà accordata al giudice di sostituirvi l'inter-
dizione » . Codesta disposizione pare a noi contener la miglior

(1) R. G. 4, 2, 451 ; Pasicrisie, ib. (v. nota prec. ) , p . 261 .


(2) Il Commissario del Governo aveva fatto analoghe conclusioni , osser-
vando 1º che gli statuti personali ricevono applicazione immediata, 2º che
la domanda di un consulente giudiziale è compresa in quella della inter-
dizione.
(3) Alcune poche legislazioni moderne però hanno precisamente sostituito
alla inabilitazione del prodigo, ammessa dal C. N. la piena interdizione ; e
tali furono l'austriaca del 1811, e l'olandese del 1838 (v. PINTO, p . 146 ).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 99

soluzione della quistione suesposta. Invero nessuno può dubi-


tare che la nuova legge, la quale sostituisce in un dato caso la
interdizione alla inabilitazione, debba essere immediatamente
applicata . Quanto poi al modo in cui debba farsi l'immediata
applicazione di quella legge, esso non può certamente consi-
stere in un cangiamento immediato ed ipso jure dell'inabilitato
in interdetto , nel modo istesso in cui il minorenne trasmutasi

in maggiorenne al momento in cui viene attuata una legge la


quale anticipa l'età maggiore. Invero noi non abbiamo mai
detto , ed ora dobbiamo escludere che l'immediata efficacia delle
leggi sullo stato personale si debba in ogni caso far consistere in
una efficacia ipso jure. Vi possono essere casi nei quali le con-
dizioni dell'applicazione della legge nuova siano tali da ri-
chiedere l'intervento del giudice , e in tali casi l'immediata effi-
cacia della legge medesima consiste solo nella possibilità d'un
immediato intervento del giudice , sia ex officio, sia dietro do-
manda. Uno di tali casi è appunto quello del cambiamento del-
l'inabilitazione in interdizione . Tanto l'inabilitazione quanto la
interdizione sono costituite mediante sentenza ; come si può

quindi ammettere che il prodigo inabilitato diventi interdetto ,


senza che il giudice lo dichiari tale? La circostanza che l'inter-

dicendo si trovi già inabilitato non osta alla necessità di una


nuova sentenza d'interdizione , perchè anche in tale ipotesi i due
stati rimangono distinti l'uno dall'altro , e l'interdizione non può
certamente essere considerata come una continuazione dell'ina-

bilitazione . Ciò si fa ancor più chiaro ove si pensi all'effetto che


l'opinione da noi combattuta avrebbe sul consulente giudiziale
dell'inabilitato. Egli si trasformerebbe contemporaneamente in

tutore , mentre altra cosa è l'essere semplice consulente giudi-


ziale, altra l'essere tutore, e questo ufficio è ben più gravoso di

quello , cosicchè non è possibile che uno , il quale abbia consentito


ad assumere il primo , si trovi d'improvviso imposto il secondo ,
senza essere neppure interpellato . L'immediata applicazione.
100 PARTE TERZA

quindi della legge che sostituisce l'interdizione all'inabilitazione ,


consiste in ciò che il giudice possa essere immediatamente in-
vocato , od anche, secondo il sistema seguito dalla legislazione
olandese, possa determinarsi ex officio a dichiarare interdetto
l'inabilitato e a sostituire un tutore al consulente giudiziale o
semplice curatore (1 ) .
La quistione inversa della precedente , quella cioè, se e quale
influenza abbia sulle precedenti interdizioni una legge la quale
in certi casi più non l'ammetta , e vi sostituisca la semplice ina-
bilitazione, è una delle più dibattute, specialmente fra i giure-
consulti francesi . Essa è surtá in Francia dopochè il C. N. aboli
la interdizione del prodigo (2) , e sottopose questo soltanto ad un
consulente giudiziale per certi atti di amministrazione . Lo stesso
mutamento di legislazione la fece sorgere anche in altri paesi .
In Italia dopo la pubblicazione del Codice civile italiano , il quale
pure sottopone il prodigo alla sola inabilitazione , si fece la

stessa domanda in qualche provincia , ove prima del 1866 i pro-


dighi venivano interdetti , cioè nelle provincie lombarde , venete,
toscane e sarde .

Tre soluzioni differenti furono date alla quistione in discorso


dai tribunali e dagli scrittori . Gli uni ritengono che le sentenze
d'interdizione per causa di prodigalità pronunziate sotto la legge
precedente abbiano perduto ipso jure ogni effetto dal giorno del-

(1) II SAVIGNY (pag. 149) , e l'UNGER ( p . 132) dicono in termini generali


che si applicano immediatamente le nuove leggi che attenuano o aggravano
la condizione del prodigo. Essi non soggiungono altro, e non distinguono il
caso che la legge nuova modifichi soltanto la precedente senza sostituire
uno stato ad un altro , da quest'ultimo caso . Perciò noi non potremmo senza
temerità interpretare la loro opinione contrariamente alle cose dimostrate
nel testo. Nel caso che la legge nuova modifichi la condizione giuridica del
prodigo senza mutarla affatto, l'asserzione dei succitati scrittori viene a
confermare in un caso speciale un canone generale da noi esposto al prin-
cipio di questo paragrafo.
(2) Tale innovazione era già stata avvertita dal Ministro di giustizia con
due circolari, l'una del 1 ° floreale anno 7 , e altra del 16 vendemmiale anno 8
(v. MEYER, pag. 48 ) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 101

l'attuazione della legge nuova ; — altri pensano invece che


quelle sentenze siansi convertite ipso jure in mere attribuzioni
di consulente giudiziale o curatore ; ― altri finalmente opinano
che le sentenze medesime abbiano conservato tutti i loro effetti

anche dopo l'attuazione della legge nuova, fintanto che i pro-


dighi, contro i quali sono state pronunziate , non abbiano do-
mandato e ottenuto il proscioglimento della interdizione , e la
nomina di un semplice consulente.

La prima opinione è stata seguita dalla Corte di cassazione


di Parigi in una sentenza del 20 maggio 1806 (1 ) pei motivi
seguenti . « Considerando che l'art . 489 del Codice civile per-
mette di fare interdire coloro soltanto che si trovano in abituale

stato di imbecillità , demenza e furore ; che l'art . 513 permette


alla famiglia soltanto di far nominare al prodigo un consulente ,
dal quale deve essere assistito nelle transazioni , nelle liti , nelle
alienazioni, ecc .; che le leggi le quali regolano o modificano
lo stato delle persone , migliorandone la condizione , debbono
per la stessa loro natura e pel favore dovuto allo stato perso-
nale, venire applicate dal giorno medesimo della loro promul-
gazione ; che per conseguenza dopo la pubblicazione del Codice
civile l'individuo prima dichiarato prodigo ha cessato d'essere
interdetto ; che la sola limitazione della sua libertà in virtù del-
l'art. 513 del Cod . civile consiste in ciò che gli può essere proi-

bito di transigere, litigare , alienare , ecc . , senza l'assistenza di


un consulente datogli dal tribunale ( 2 ) , dal che segue che le
azioni a lui spettanti devono essere esercitate da lui coll'assi-
stenza del consulente ; che nessuno può esercitarle durante la
di lui assenza, e che la sentenza impugnata , la quale giudicò
contrariamente, è in opposizione coll'art . 513 del Codice civile ,

( 1 ) R. G. 6, 1 , 263 ; Pasicrisie, 1ª Serie, C. d. Cass., vol. 4, p. 245.


(2) Nella fattispecie i tutori di un prodigo interdetto prima dell'attuazione
del C. N. in Piemonte, aveano domandata posteriormente a quest'epoca la
nullità di alienazioni fatte dal prodigo prima della interdizione.
102 PARTE TERZA

cassa, ecc . » . Egli è vero che il Meyer ( pag . 48 ) interpreta


questa sentenza nel senso che la Cassazione abbia ritenuto es-

sersi trasformata ipso jure l'interdizione del prodigo in semplice


inabilitazione, e quindi crede che la medesima si concilii col-

l'altra sentenza dello stesso tribunale, del 6 giugno 1810 , che


noi riferiremo fra poco . Ma l'opinione del Meyer non è seguita
da nessun altro giureconsulto francese, e non lo è in partico-
lare nè dal Chabot de l'Allier (n . 3 , p . 6 , vº Prodigue), nè da
Merlin (1. c . , p . 248 ) , i quali tutti interpretano la riferita sen-
tenza nel senso che il prodigo interdetto abbia ricuperato in
virtù del C. N. la pienezza dei suoi diritti. Siccome però la
stessa Corte di cassazione nella già mentovata sentenza del
6 giugno 1810 asseri che in quella del 20 maggio 1806 avea
dichiarato non già essere il prodigo ridiventato pienamente ca-
pace , ma soltanto non potere il curatore esercitarne i diritti

durante la di lui assenza , così non sarà inutile il por mente al


modo con cui il Meyer giustifica l'anzidetta asserzione . Egli os-
serva che la sentenza del 20 maggio 1806 adduce per motivo
di cassazione la violazione dell'art. 513 del C. N. per parte

della sentenza impugnata , e ne inferisce che dunque la Corte


di cassazione intendeva di considerare il prodigo in questione

come sottoposto a consulente giudiziale , perchè il suddetto ar-


ticolo determina appunto le attribuzioni di questo consulente .
Ma il Meyer non ha riflettuto che, avendo la Corte dichiarato ,
poche righe prima , che quel prodigo avrebbe potuto essere sot-
toposto a curatore, la susseguente citazione dell'art . 513 non
poteva avere, secondo la mente della Corte medesima , altro
significato fuorchè quello di escludere che l'impugnativa delle
alienazioni fatte dal prodigo prima della interdizione avesse

potuto essere promossa neppur dal curatore del prodigo du-


rante la sua assenza, se un curatore gli fosse stato assegnato .
La seconda osservazione della Corte fa colla prima un solo di-
scorso, e non può quindi essere considerata isolatamente . Ciò
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 103

che assicura non avere la Corte nella sentenza del 20 maggio


1806 ritenuto la trasformazione ipso jure dell'interdizione in
inabilitazione , e del tutore in curatore , è , come bene osserva
il Merlin ( ib . ) , l'uso della espressione può essergli proibito, la
quale fa comprendere essere stata mente della Corte che il

Codice civile avesse bensi sostituita all'interdizione del prodigo ,


pronunziata da una sentenza anteriore , la facoltà di assegnare
al medesimo un consulente giudiziale, ma non avesse trasfor-
mato immediatamente, e in virtù della sola sua attuazione , il
curatore dell'interdetto in consulente giudiziale . Per conse-
guenza la Corte di cassazione, sentenziando nei termini surri-

feriti , non fu evidentemente mossa da altro che dal principio


generale: doversi le leggi intorno allo stato personale appli-
care retroattivamente, cioè immediatamente a tutte le persone
esistenti .

La seconda opinione è pure stata sancita dalla Corte di cassa-


zione di Parigi nella già mentovata sentenza del 6 giugno 1810 (1 ) ,
e sostanzialmente per la stessa ragione da cui la Corte si era
dipartita nella sentenza del 20 maggio 1806. Ecco i motivi di
quella sentenza , nella parte concernente la quistione attuale .
<<< Atteso che le sentenze , le quali pronunziarono interdizioni di
prodighi prima della pubblicazione del Codice , non sono state
annullate da nessuna legge ; che questo Codice non ha neppure

abolita questa specie di interdizione, ma l'ha soltanto modifi-


cata, statuendo l'art . 518 che al prodigo può essere proibito di
litigare , transigere , mutuare , ricevere un capitale mobile resti-
tuito , e sdebitarne il restituente, alienare o vincolare i propri
beni senza l'assistenza di un consulente nominato dal giudice ;
che da questa modificazione risulta che le interdizioni già pro-
nunziate , e tuttora esistenti al momento della pubblicazione

del Codice, furono ipso jure ridotte negli effetti loro alle proi-

(1 ) R. G. 10, 338 ; Pasic., la serie, C. d. cass. , vol . 5, pag. 550. Questa sen-
tenza ne confermò una della Corte d'appello di Bruxelles.
104 PARTE TERZA

bizioni indicate nell'art. 513 , perchè le leggi che regolano lo

stato delle persone colpiscono l'individuo al momento stesso


della loro emissione , e da questo momento lo rendono capace
od incapace secondo le loro disposizioni ; che per le stesse ra-
gioni quelle sentenze ed interdizioni conservano il loro vigore
e i loro effetti dentro i limiti delle proibizioni consentite da

quel medesimo articolo ; che in realtà tali sentenze e interdi-


zioni, non essendo state annullate da nessuna legge , ma sol-
tanto modificate dal Codice, non si potrebbero privare di forza
e di effetto , fuorchè annullandole, la qual cosa non si potrebbe
fare senza commettere un eccesso di potere, pronunziando una

nullità che nessuna legge pronuncia, ed estendendo la modifi-


cazione al di là dei suoi limiti , e senza violare l'art . 514 che
esige per la revoca dell'interdizione le stesse formalità richieste

per pronunziarla, e finalmente senza privare arbitrariamente gli


interdetti di un soccorso e di una guarentigia che l'umanità
esige per essi , che la legge loro accorda , e che queste sentenze
loro assicurano ; che nella sentenza di questa Corte del 20 mag-
gio 1806 nulla vi ha che non sia conforme a questi principii ;
che tale sentenza dichiara soltanto che, avendo il Codice resti-
tuito agl'interdetti l'esercizio delle loro azioni , spetta ad essi lo
esercitarle personalmente coll'assistenza di un consulente , nè i
curatori possono più esercitarle da soli nell'assenza di quelli
e a loro insaputa ; ma che coll'avere dichiarata questa incom-
petenza dei curatori, la sentenza non ha del pari dichiarato il
ritorno degl'interdetti per causa di prodigalità ad una capacità
assoluta ; atteso finalmente che dalle cose anzidette risulta che
col dichiarare non avere il signor Roisin ricuperato in virtù
delle nuove leggi la pienezza dei diritti di cui fu privato dalla
provvisoria sentenza d'interdizione del 30 agosto 1792, e non
avere questa sentenza perduta ogni efficacia, la sentenza impu-
gnata non violò alcuna legge e si conformò alle regole di questa
materia, la Corte rigetta, ecc . » . - Con questa sentenza si ac-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIO NI 105

corda sostanzialmente un'altra della Corte di Montpellier del


1° luglio 1840 (1 ) .
L'opinione sanzionata da questa sentenza ha pur trovato au-
torevoli difensori fra gli scrittori ; tali sono per es. il Meyer e

il Mailher de Chassat . Il primo (p . 48 e segg. ) riflette che la


legge nuova , non riconoscendo per l'avvenire la prodigalità
come causa sufficiente d'interdizione, non può neppur permet-

tere che rimangano interdetti per lo avvenire quelli che lo fu-


rono in passato per quel motivo , cosicchè la legge medesima
ha per effetto di revocare immediatamente al suo apparire co-
tali anteriori interdizioni. Egli soggiunge però (p . 50 ) che sic-
come in virtù dell'azione immediata della legge nuova si deve
trasformare lo stato d'interdizione dei prodighi in discorso , in

quello di semplice sottomissione ad un consulente giudiziale ,


così questo carattere verrà assunto dal tutore del prodigo no-
minato sotto l'impero della legge precedente. Il secondo (p . I ,
p. 267) aggiunge alle ragioni del Meyer anche il riflesso che ,
essendo nel più compreso il meno , il precedente tutore del pro-
digo può ridursi all'ufficio di semplice consulente senza bisogno
di una nuova dichiarazione giudiziale e in virtù soltanto della
legge nuova.
Prima che noi passiamo alla terza delle opinioni enunciate
qui sopra, stimiamo opportuno il soffermarci a considerare

l'attuale argomento nel generale suo aspetto , e ad apprezzare


le due opinioni riferite dianzi.
Noi crediamo coi tribunali e cogli scrittori summentovati che
alla presente quistione devesi applicare il principio fondamen-
tale del gius transitorio personale, e che le interdizioni , delle
quali è discorso, potrebbero essere fatte cessare senza ledere
alcun diritto acquisito di stato personale . Non occorre di certo
per giustificare questa retroattività, riflettere colla Corte di cas-
sazione di Parigi nella seconda sua sentenza surriferita , che la

(1) R. G. 2, 4, 314 ; Pasier. 1840, 2 partie, p. 342.


106 PARTE TERZA

legge nuova, abolitiva dell'interdizione del prodigo , migliora la


situazione di questo . Imperocchè , lasciando in disparte l'osser-
vazione che il legislatore non dichiara un tale intendimento ,
noi non ammettiamo in tesi generale col Meyer ed altri la pre-
tesa retroattività delle leggi che migliorano lo stato personale
(v. sopra p . 11 e p . 29) . Neppure ci sembra che possa ostare
alla immediata applicazione della legge abolitiva della interdi-
zione del prodigo la circostanza che questa interdizione sia stata
posta in essere mediante sentenza . Codesta obbiezione fu mossa

più d'una volta, come vedremo in seguito, dai fautori dell'ul-

tima fra le tre opinioni esposte . Ma noi abbiamo già osservato


in una precedente occasione (v . sopra pag. 35) che soltanto le
sentenze pronunziate in materia penale fissano lo stato perso-
nale in modo che una legge nuova non lo possa più cambiare ,
ed ora, ritornando su questo punto , noi ci associamo piena-
mente alle giudiziose osservazioni del Meyer (pag. 50) . « Ob-
biettasi , osserva questo scrittore, la differenza che intercede

fra l'incapacità risultante dalla legge, come per es. la minor


età, e quella che risulta da una sentenza , come l'interdizione ,
e dicesi che la minor età, essendo introdotta dalla legge , può
cessare in virtù di un cambiamento della legge, mentre occorra
una nuova sentenza per togliere effetto ad una sentenza ante-
riore, e ciò per la nota regola : unumquodque dissolvitur eo modo,
quod fuerit colligatum . Egli è molto facile rispondere a questa
obbiezione, la quale potrebbe ammettersi , se esatta fosse la
distinzione che si fa tra l'incapacità risultante dalla legge e
quella risultante da una sentenza ; ma in sostanza tutte quante
le incapacità sono pronunziate dalla legge, e la sentenza non
fa che dichiarare l'esistenza di fatti ai quali la legge deve essere

applicata. Tanto la sentenza d'interdizione per furore, demenza ,


imbecillità , quanto quella per prodigalità , dichiarano l'esistenza
di fatti cui la legge annette l'interdizione , ma questa sentenza

non costituisce per sè sola l'incapacità . Se l'età minore produce


.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 107

incapacità senza bisogno di sentenza, gli è che d'ordinario si


constata facilmente l'età di una persona, ma se nascesse qualche
dubbio in proposito, come se per es . un minore pretendesse
di aver raggiunta l'età maggiore , e di avere i diritti di un maggio-
renne in virtù di una legge precedente, la sentenza che respin-
gesse questa pretesa , dichiarandolo minorenne, avrebbe lo stesso

effetto della sentenza d'interdizione , e tuttavia l'incapacità di


quello sarebbe sempre il risultato di una disposizione della
legge » . A queste ragioni replicano parecchi scrittori e alcuni
tribunali, come in seguito vedremo , che la legge statuisce espres-
samente doversi con una nuova sentenza togliere l'interdizione
pronunziata, e citano l'art . 512 del C. N. , sostanzialmente ri-

petuto da tutti i Codici civili posteriori modellati su quello (1 ) ,


nel quale articolo è detto che « l'interdetto , pel quale sia ces-
sata la causa dell'interdizione , non può ricuperare la pienezza
della capacità civile, prima che il giudice abbia tolto di mezzo
· l'interdizione con una nuova sentenza » . Questo argomento

sembra forte a prima giunta, ma , ove ben si consideri , lo si


trova non confacente al caso in quistione. Imperocchè la ces-
sazione della causa dell'interdizione, di cui si parla nel citato
articolo , non si può confondere col cessare di essere conside-
rata dalla legge nuova come causa d'interdizione quella che era
dichiarata tale dalla legge anteriore ; quell'articolo non ha ap-
punto di mira che la ordinaria cessazione di una tal causa , cioè
l'essersi mutate per modo le condizioni subbiettive dell'inter-
detto , che questi non possa più rimaner tale senza ingiustizia .
Che se, come abbiamo dimostrato fin qui, i generali prin-
cipii intorno alla retroattività delle leggi concernenti lo stato
personale vorrebbero che , abolita una volta l'interdizione del
prodigo, le anteriori sentenze d'interdizione per titolo di pro-
digalità perdessero ipso jure ogni effetto , noi non approveremo
perciò l'opinione sostenuta nella sentenza della Cassazione di
(1) V. per es. art. 338 del Cod. civ. italiano.
108 PARTE TERZA

Parigi del 20 maggio 1806 , riferita precedentemente . Noi non


la possiamo approvare per un motivo superiore ai principii
suaccennati , cioè per interpretare ragionevolmente l'intenzione

del legislatore , quando questi aboliva l'interdizione del pro-


digo , e vi sostituiva l'inabilitazione.
L'intenzione del legislatore , noi abbiamo già detto nella
Parte Generale di quest'opera (v . Vol . I, pag. 149 ) , deve essere
anzitutto interpretata e rispettata nel fissare i limiti dell'appli-
cazione di una legge ; i principii teorici di giurisprudenza
transitoria suppliscono appunto al difetto di norme contenute
nelle stesse leggi positive intorno ai limiti del loro effetto re-
troattivo . Nell'attuale quistione , dice benissimo il Merlin (1. c . ,
p. 247 ) , non vi ha altra bussola fuorchè l'intenzione del legis-
latore ; Meyer (pag . 49) e Chabot de l'Allier (pag. 7 ) prima del
Merlin, Mailher de Chassat (pag . 256) ed altri , dopo , pensa-
rono egualmente, e tutti si accordano appunto nell'escludere
per tal motivo , che una nuova legge , sostituendo all'interdi-
zione l'inabilitazione del prodigo , possa avere per effetto di

rendere pienamente capaci, neppur momentaneamente , i pro-


dighi, interdetti sotto l'impero della legge anteriore ; noi ci
associamo pienamente a questi giureconsulti in tale pensiero .
Imperocchè , si può dire colle parole di Chabot de l'Allier (ib . ) :
che egli è un accusare il legislatore di funestissima imprevi-
denza, il supporre ch'egli abbia avuto l'intenzione di restituire.

immediatamente la libera e intiera disposizione dei suoi beni


ad un uomo che era stato interdetto dai tribunali per causa di
prodigalità, lasciandolo così senza guarentigia nè soccorso , in
balia alla sua passione , e fornendogli anzi i mezzi di dissipare
il resto della sua fortuna .

Esclusa l'opinione consegnata nella sentenza della Cassa-


zione di Parigi del 20 maggio 1806 , egli è facile comprendere
che per conciliare nell'attuale quistione i principii generali di
gius transitorio personale colla suaccennata ed evidente inten-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 109

zione del legislatore , due sole vie rimangono aperte : o ritenere


che l'interdizione siasi immediatamente trasformata, in virtù

della legge nuova , in semplice inabilitazione , e il precedente


curatore in semplice consulente , oppure ritenere che la
interdizione rimanga in vigore fintantochè non venga fatta
cessare da una nuova sentenza che vi sostituisca l'inabilita-

zione. Nel primo modo si darebbe piena e immediata applica-


zione alla legge nuova, sia rispetto all'abolizione dell'interdi-
zione del prodigo , sia rispetto alla sottoposizione del medesimo
ad un consulente giudiziale ; nel secondo modo quell'imme-
diata applicazione consisterebbe soltanto nel potersi subito
invocare una sentenza che regolasse la condizione del prodigo
secondo la nuova legge. Il primo di questi modi coincide colla
seconda opinione , che noi ci siamo da principio proposti di
esaminare ; vediamo se noi possiamo accettarla col Meyer, col
Mailher de Chassat, e colla sentenza della Cassazione di Parigi
del 6 giugno 1810 .
Quei due scrittori non spiegano veramente come e perchè
la precedente sentenza d'interdizione del prodigo si possa e si
debba cambiare , quanto agli effetti , in una sentenza di sem-
plice inabilitazione ; al Meyer ( p . 50 in f. ) sembra questa una
evidente applicazione del principio che le nuove leggi sullo
stato personale si applicano immediatamente ; il Mailher de

Chassat (1 , pag. 266 ) dichiara che siffatta opinione non è con-


forme al rigor dei principii , ma pur l'ammette, principalmente
perchè vi scorge una piena effettuazione del duplice intendi-
mento del legislatore, di non lasciare cioè , neppure per un
momento, il prodigo in piena balia di se stesso , e di non egua-
gliarne però la condizione a quella di un demente . La Corte
di cassazione di Parigi nei surriferiti motivi della sentenza del
6 giugno 1810 dimostra evidentemente la stessa persuasione
del Meyer, e di più adduce l'argomento dell'autorità della sen-
tenza d'interdizione.
110 PARTE TERZA

Tutte queste non ci sembrano ragioni, e in pari tempo gravi


difficoltà c'impediscono di approvare l'opinione in discorso .
Invero la pratica utilità, o per dir meglio la comodità di
una opinione non può bastare, come parve al Mailher de Chas-

sat , ragione sufficiente per ammetterla, e meno ancora ove essa


discostisi dai rigorosi principii . Quanto alla ragione addotta
dalla Cassazione di Parigi, di rispettare l'autorità della sentenza
d'interdizione , abbiamo già dimostrato sopra quanto manchino
di fondamento . L'evidenza poi , alla quale si appellano la
stessa Corte e il Meyer , ci sembra impedita da talune obbie-
zioni non meno evidenti per noi , e di una forza che riescirà
forse evidente anche ad altri . Come può ritenersi applicata
davvero la nuova legge intorno all'inabilitazione del prodigo ,
se, mentre questa esige che l'inabilitazione venga pronunziata
dal giudice causa cognita , e con apposita sentenza , si sotto-
pone il prodigo ad un consulente senza esigere questa sen-
tenza ? Che una sentenza interdizionale possa tener luogo di
una sentenza d'inabilitazione, o convertirsi in questa , noi non
ci sappiamo persuadere , e in ciò appunto ci sembra il più
grave obbietto alla dottrina che andiamo esaminando . Una
sentenza non si può convertire in un'altra, e in generale nes-

sun rapporto giuridico può convertirsi in un altro rapporto ,


più di quello che una cosa materiale possa convertirsi in
un'altra cosa materiale . Non si deve di certo esagerare il

rispetto della cosa giudicata fino a ritenere che uno stato


personale , determinato da una sentenza giudiziale passata
in giudicato , debba continuare a sussistere anche dopo l'at-
tuazione di una legge la quale più non ammetta un tale
stato ; ma d'altra parte non è mai lecito, e neppure nelle ma-
terie di stato personale, aver così poco rispetto di una sen-
tenza, da farle produrre effetti che essa non contiene e che
soltanto si potrebbero ottenere mediante una sentenza nuova .
Tale è appunto quel rispetto alla cosa giudicata, a cui noi al-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 111

ludevamo in un precedente paragrafo (v . sopra p . 35-36) , toc-


cando incidentalmente della questione attuale . Se , considerata
soltanto in relazione ai principii generali del gius transitorio
personale, la legge nuova dovrebbe togliere effetto alle prece-
denti sentenze d'interdizione del prodigo , non potrebbe in
virtù dei medesimi principii conservarle in parte soltanto , per
far loro tener luogo di sentenze di altra natura . Neppure al
legislatore è possibile far dire ad una sentenza ciò che essa
non ha detto , dandole effetti diversi da quelli che essa statuisce.
Che poi siffatta trasformazione si concilii col rispetto della cosa
giudicata, ed anzi sia una conseguenza di questo rispetto , come
affermò la Corte di cassazione di Parigi, noi possiamo ancor

meno comprendere . Il Mailher de Chassat sembra aver preveduta


questa obbiezione , e avervi voluto rispondere, riflettendo , come
si è veduto sopra, che nel più è compreso il meno , e chè per
conseguenza una sentenza di interdizione può ben ridursi agli
effetti della semplice inabilitazione . Ma come mai non si avvide
questo egregio scrittore che il meno è compreso nel più sol
quando si tratti di cose della medesima specie , e che tali non
sono l'interdizione e l'inabilitazione , appunto perchè la legge
le distingue l'una dall'altra , col dare a ciascuna per fonda-
mento una sentenza speciale ?
Il Merlin (1. c ., pag. 247) ha pure intraveduta la suesposta
obbiezione, avvertendone un lato che ha veramente una par-

ticolare importanza . Egli osserva che il tutore del prodigo


non si può trasformare ipso jure in curatore senza ledere
principii inconcussi di diritto, e veramente è questo uno degli
effetti in cui maggiormente si manifesta la giuridica impossi-
bilità della trasformazione da noi combattuta . Come si può
presumere, egli dice, che il legislatore abbia voluto trasfor-

mare un amministratore nominato da un consiglio di famiglia


in un consulente, il quale, secondo l'art. 513 del Codice Na-
poleone non potrebbe essere nominato che dal giudice , e , ciò
112 PARTE TERZA

che più monta, trasformare un amministratore che non si po-


teva esimere da questo ufficio senza legittima dispensa , in un
consulente il quale potrebbe non accettare di esserlo, e , dopo
avere accettato , potrebbe in qualunque tempo dimettersi ?
Queste osservazioni sono analoghe a quelle che noi facemmo
più sopra in questo medesimo paragrafo (v . sopra pag. 104 )
trattando la quistione inversa della presente .

Noi non possiamo dunque ammettere neppure la seconda


delle opinioni che ci siamo proposti di esaminare .
Che se noi abbiamo negato che la sentenza d'interdizione
del prodigo possa perdere ogni effetto , in modo di restituire

al prodigo la piena capacità civile , senza andar contro all'in-


tenzione del legislatore di non lasciare questa persona in balia

di se stessa, e non abbiamo neppure ammesso che quella sen-


tenza possa trasformarsi in sentenza d'inabilitazione , senza
sovvertire principii giuridici inconcussi , che cosa ci rimane a
pensare onde conciliare e rispettare in pari tempo questi prin-
cipii e quella intenzione ?
Il solo modo di raggiungere questo duplice scopo sembraci
consistere nel tener ferma provvisoriamente la precedente

sentenza d'interdizione del prodigo, che avrebbe dovuto per-


dere ogni effetto in virtù dei generali principii del gius transi-
torio personale , fintantochè il giudice non abbia pronunziato
sentenza d'inabilitazione , rivocando la prima. È questa l'ul-

tima delle opinioni accennate da principio ( p . 106 ) , e per essa ,

mentre si lascia campo all'inabilitazione del prodigo voluta


dalla legge nuova, e nel modo prescritto da questa, cioè me-
diante una nuova sentenza, si soddisfa eziandio all'intenzione
.
del legislatore che nessun prodigo rimanga neppure per un
istante in piena balia di se stesso . Egli è vero che in questa
maniera rimane inapplicato il principio fondamentale del gius
transitorio personale , e che per qualche tempo un individuo
viene a trovarsi in uno stato che la legge nuova più non am-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 113

mette, ma, lo ripetiamo, tutto ciò è conforme all'intenzione

del legislatore rettamente interpretata , e deve quindi ammet-


tersi , a costo di scorgervi una eccezione a quel principio , ma
una eccezione voluta dal legislatore . Egli è però vero altresì
che, siccome abbiamo già notato, in tal maniera si viene in
certo modo a dare applicazione immediata anche all'abolizione
dell'interdizione, col rendere cioè immediatamente possibile
che la interdizione medesima venga fatta cessare mediante la
presentazione di una domanda d'inabilitazione .

Taluno potrebbe però obbiettare che, per non offendere un


principio di diritto , ammettendo la trasformazione della inter-
dizione in inabilitazione, noi ne offendiamo un altro , ammet-
tendo che rimanga in vigore la sentenza d'interdizione del
prodigo dopo l'abolizione di questo istituto , e con ciò noi ve-
niamo a scegliere fra due vie precisamente la peggiore . Impe-
rocchè l'opinione da noi rifiutata avrebbe su quella che adot-
tiamo il vantaggio di mettere il prodigo nella condizione
assegnatagli dalla legge nuova , subito dopo l'attuazione di

questa .
A questa obbiezione noi rispondiamo che il principio
della immediata applicazione delle leggi personali , e in gene-
rale il principio che le leggi devono ricevere la più ampia
applicazione possibile senza ledere diritti acquisiti , possono
venire limitati e ristretti negli effetti loro dal legislatore per

buone ragioni di equità e di convenienza ; cioè il legislatore


può, in virtù di ragioni di questa natura , volere che una legge
personale , o di qualunque altra specie, tardi ad essere appli-
cata in certi casi , nello stesso modo e per le stesse ragioni per
le quali egli potrebbe ritardare la stessa pubblicazione della
legge . Il principio invece che una sentenza non possa essere
snaturata nel suo significato e nei suoi effetti , è manifesta-
mente fra quelli che il legislatore non può mai permettersi di
violare , perchè l'impossibile giuridico ha la stessa gravità
GABBA - Retr. leggi, II 8
114 PARTE TERZA

dell'impossibile fisico , e non si può quindi neppur mai sup-


porre che egli abbia voluto proporselo .
L'opinione da noi seguita conta eziandio il maggior numero
di fautori , ed è la più frequentemente accolta dalle legisla-
zioni positive. La propugnano fra gli altri il Chabot de l'Allier

(v° Prodigue, Vol . III , pag. 6 ) , lo Struve (pag. 203) , il Merlin


(1. c . , p. 427), il Dalloz (R. art . Lois, n. 241 ) , il Kalindero

(p. 79 ) , e il Theodosiades (p . 95 ) . Le ragioni però che hanno de-


terminato questi scrittori non sono per la maggior parte iden-
tiche alle nostre . In generale si dà molto peso all'argomento ,
da noi combattuto , che l'art. 512 del C. N. esige una sentenza
per togliere l'interdizione come per costituirla. Dove però tutti i
fautori di questo avviso si accordano, gli è nello escludere
l'annullamento totale della sentenza d'interdizione per non

contraddire all'intenzione del legislatore . Che anzi il Chabot ,


il quale non aveva pensato affatto alla seconda soluzione della

quistione secondo la citata sentenza di Cassazione del 1810 ,


non adduce dell'opinione suesposta altra giustificazione che
quella .
Fra le leggi positive che hanno seguita l'opinione da noi
sostenuta, voglionsi citare : la parmense del 1820 (v. Vol . I ,
pag. 99 , in nota) , la sarda del 1837 ( ib . , pag. 104 , in nota) ,
l'estense del 1852 ib . , pag . 107 , in nota) , la legge transitoria
civile per l'Umbria del 26 novembre 1860 (art . 5 ) (1 ) , e l'ita-

liana del 1865 (ib . , pag . 118 , in nota) ( 2) .

Non manca neppur la conferma di sentenze giudiziali al-


l'opinione da noi difesa . Già nell'occasione di quel processo

(1 ) Questa legge eccettua però da tale principio le interdizioni che non


fossero state pronunciate da un tribunale ordinario.
(2) Affatto eccezionale e cagionata in gran parte da quella diffidenza
verso l'amministrazione francese al principio del secolo, che inspirò più di
una volta le leggi transitorie tedesche di quell'epoca fu la disposizione della
legge transitoria di Lubecca del 1814 , che si dovessero fare nuove indagini
intorno alle sentenze d'interdizione pronunziate sotto l'impero della legisla-
zione civile francese.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 115

che diede luogo alla riferita sentenza della Cassazione di Parigi


del 20 maggio 1806 , la minoranza di quella Corte era stata
d'avviso che il curatore del prodigo dovesse continuare ad
agire in di lui nome ed a rappresentarlo fintantochè il prodigo
non avesse fatto levare la interdizione con una nuova sentenza

(v. Chabot de l'Allier, 1. c. ) . La suddetta sentenza di Cassazione


riformava una decisione della Corte d'appello di Torino . Pre-
cedentemente la stessa opinione era stata adottata da una sen-
tenza della Corte d'appello di Lione del 2 pratile anno 12 (1 ) ,
e posteriormente lo fu da una sentenza della Corte d'appello
di Rennes del 14 giugno 1819 ( 2) . Dell'art. 18 della legge
transitoria italiana 30 novembre 1865 molte furono le appli-

cazioni ; v. per es . : Cassazione di Torino , 18 dicembre 1873 (3) ,


e 5 febbraio 1880 (4 ) , Cassaz . di Roma , 27 ottobre 1877 ( 5) .

Se invece di modificare o trasformare in qualche caso la


interdizione inflitta dalla legge anteriore , la legge nuova l'abo-
lisse totalmente , non lasciandone più sussistere alcuna parte ,
quest'abolizione avrebbe certamente effetto immediato sulle
interdizioni già pronunziate. Ciò direbbesi , per es. (v. sopra

pag. 36) , se la legge nuova togliesse affatto la prodigalità dal


novero delle cause che possono giustificare una diminuzione
qualunque della capacità giuridica. Le cose da noi già dette
intorno al nessun valore della sentenza passata in giudicato di
fronte ad una legge nuova sullo stato personale vengono in
conferma di tale principio .

Qualunque siano però le differenze fra la legge nuova e l'an-

( 1) C. N. 9, 530 ; Pasier., Jurispr. des tribun. et des Cours d'appel,


1ª part., pag. 308.
(2) Pasicr. ib., 2ª part. , 1819, pag. 138.
(3) Giornale delle Leggi, 1874, 206.
(4) F. I. 1880.
(5) G. 1. xxx, 1 , 308.
116 PARTE TERZA

tica nella materia della interdizione e della inabilitazione , non

vuolsi mai dimenticare il principio (v . sopra pag . 26 ) che gli


atti giuridici , posti in essere dall'interdetto o dall' inabilitato
sotto l'impero della legge precedente , devono essere esclusiva-
mente giudicati secondo questa legge ( 1 ) . Ciò dicasi in partico-
lare sia rispetto alle ulteriori conseguenze della invalidità di un
atto e negozio giuridico , posto in essere da chi fosse stato inter-
detto o inabilitato sotto l'impero della legge precedente, e non
lo fosse più sotto l'impero della legge nuova, sia rispetto alla
efficacia di una sentenza d'interdizione o d'inabilitazione , pro-

nunziata sotto l'impero della legge nuova, su atti e fatti posti


in essere dall'interdetto o dall'inabilitato sotto l'impero della
legge precedente . Fu quindi ingiustamente retroattiva la pro-
posta fatta e accettata nel seno del Comitato di legislazione
francese li 2 settembre 1793 (Lois civ. interm. , t . I , p . 380,

ap . Bergmann , nota 333) di dare effetto alle obbligazioni poste


in essere da un prodigo sottoposto ad interdizione in virtù delle
leggi antiche, e prima che tale interdizione fosse stata abolita .
Nè meno ingiusta sarebbe l'opinione che , abolita una legge la
quale non avesse permesso che in nessun caso s'impugnassero
gli atti giuridici di un prodigo dichiarato , anteriori a questa
dichiarazione , e sostituitavene un'altra la quale permettesse
invece tale impugnativa , a certe condizioni , per es . se la prodi-
galità fosse stata notoria anche prima della dichiarazione sud-
detta e al momento in cui fosse stato posto in essere un dato
atto , si potesse applicare la seconda legge ad atti posti in essere
da un prodigo sotto l'impero di quella prima legge .
Non è ugualmente piano il caso inverso a quello esposto
dianzi , e diede infatti occasione ad un importante processo ul-
timato da una sentenza della Cassazione di Parigi del 18 no-
vembre 1806 (2).

( 1 ) Confr. Cass. di Firenze, 15 dicembre 1870 ( A. G. iv, 2, 393) .


(2) D. R. 9, 570 ; Pasicr., 1ª serie, Cour. de cass ., Vol. iv, pag . 350.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 117
bilitazione, t
Un tale Operti piemontese era stato sottoposto a con-
1g. 26 che
dall'inabil sulente giudiziale nel messidoro anno 12 , mediante sentenza

sere esclusi basata sull'articolo 513 del Codice Napoleone . Anteriormente


alla sentenza ed alla promulgazione di quel Codice in Pie-
asiin car
monte, Operti aveva confessato di essere debitore verso un tal
nvaliditàd
se statointe Canosio della somma di 10,815 lire piemontesi . Fattosi il Ca-
nosio a reclamare il pagamento dell'anzidetta somma , l'Operti
edente,e
obbiettò che egli si trovava già in istato di prodigalità quando
rispetto
avea fatta quella dichiarazione , e per conseguenza quest'atto
tazione.
non poteva avere forza alcuna , quantunque il consulente giudi-
efatti pe
ziale fosse stato nominato dopo , attesochè le leggi sarde vigenti
mpero quando fu rilasciato il chirografo ammettevano la nullità delle
iva la
obbligazioni assunte dal prodigo anche prima della dichiara-
legislan
zione di prodigalità , se la prodigalità fosse stata notoria quando
I, p.
quelle obbligazioni si contraevano . Si offeriva quindi l'Operti
zioni di provare mediante testimoni le circostanze del fatto in qui-
virtude H
stione . Replicava il Canosio che , essendo l'Operti stato dichia
la abd
rato prodigo dopo l'attuazione del C. N. , le obbligazioni da lui
a legge
contratte precedentemente a tale dichiarazione , non potevano
e
Iguass
essere impugnate, opponendovisi le disposizioni di questo Co-
a yu dice, e in particolare gli articoli 303 , 504 , 513. Il Tribunale
mettess
di prima istanza di Torino ammise la domanda del Canosio e
aprit ordinò il pagamento della obbligazione . Ma la Corte d'appello
ne su
di Torino annullò la sentenza dei primi giudici , e ordinò la
in dr
prova testimoniale offerta dall'Operti . Avendo il Canosio ricorso
esse
in Cassazione , la Corte di cassazione di Parigi respinse il ri-
corso, e tenne ferma la sentenza della Corte di Torino pei se-

[ic_ guenti motivi : << attesochè la Corte d'appello non avrebbe potuto
011- applicare alla quistione le disposizioni del Codice civile enun-
ciate nel ricorso dell'attore , senza dar loro effetto retroattivo ,
poichè si trattava della validità di una obbligazione anteriore
alla promulgazione di quel Codice ; attesochè , dovendosi la qui-
stione decidere secondo le leggi sarde, la sentenza impugnata ,
118 PARTE TERZA

coll'ammettere la prova dei fatti articolati dall'Operti non fece


che applicare giustamente quelle leggi, respinge , ecc . » (vedi
Chabot de l'Allier, voc. Prodigue, pag . 10-15 ) .
La vera difficoltà di tale quistione risiede propriamente in
ciò che, mentre da una parte gli atti anteriori alla interdizione ,
e intorno ai quali si discute , essendo stati posti in essere sotto
la legge precedente , sembrano doversi potere annullare per ti-
tolo di notoria prodigalità in virtù di essa legge , d'altra parte
essendo codesta possibilità di annullamento, astrattamente con-
siderata, una conseguenza della sentenza d'interdizione , sembra
che non la si debba ammettere per non offendere la legge nuova,

sotto il cui impero la sentenza d'interdizione venne pronunziata .


Noi crediamo però che da questa difficoltà si possa uscire, e che
vi siano buone ragioni per approvare le due riferite conformi
sentenze. Imperocchè, senza negare che l'annullabilità o meno

degli atti del prodigo , anteriori alla sentenza d'interdizione , sia


quistione intorno agli effetti di questa sentenza , vuolsi però av-
vertire che, imperando una legge la quale permette che quegli
atti si annullino date certe condizioni , ogniqualvolta un prodigo

contrae o in qualunque maniera si obbliga verso chi dovea co-


noscere il suo difetto dominante, acquista col fatto medesimo
della sua obbligazione il diritto di farla annullare in virtù di
tal legge (v. Vol . I , pag. 243) , ma un diritto condizionato alla

pronunzia della sentenza d'interdizione . Or bene , i diritti con-


dizionati noi sappiamo (ib . , pag . 228 ) che si debbono parificare
ai perfettamente acquisiti , fra gli altri casi anche in quello che
la condizione non possa essere impedita da colui al quale re-
cherebbe danno , come appunto nel caso presente il creditore
del prodigo nè ha la facoltà di farlo interdire , nè ha quella di
opporsi alla sua interdizione . Vero è che nel caso in quistione
.
la condizione apposta al diritto del prodigo si verifica sotto
l'impero di una legge che non vi attribuisce tale effetto , ma
nessuna legge nuova può certamente impedire che prima della
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 119

sua emanazione venisse anticipatamente assegnato ad un dato


fatto un valore differente che quello che essa vi attribuisce .

In questo paragrafo e nel precedente noi parlammo della cu-


ratela e della tutela propriamente considerate , cioè come di
condizioni personali di minorenni o di maggiorenni . La cura-
tela però ha questo di speciale che può anche essere costituita
ad hoc, cioè per speciali affari , epperò chiamarsi curatela spe-
ciale . Se ora intorno a questa differisce la legge nuova dalla
precedente sotto il cui impero una data curatela speciale venne
costituita, i principii di gius transitorio da applicare sono ana-
loghi a quelli già esposti intorno alla curatela personale . Ve-
nendo cioè abolita in un dato caso una curatela speciale , ces-

sano di aver effetto quelle già costituite ; epperò commise , a


nostro credere, un grave errore la Corte d'appello di Venezia ,
dichiarando in una sentenza 24 febbraio 1880 (1 ) che una
curatela costituita ad una eredità giacente, vigente il Codice
civile austriaco il quale l'ammetteva , continui a sussistere
anche dopo l'attuazione del Codice civile italiano, che più non
considera l'eredità giacente come persona giuridica. - Se la

legge nuova sostituisce un'altra persona a quella che per la


legge precedente aveva veste di nominare il curatore speciale ,
il curatore nominato vigendo la legge precedente continua
nelle sue funzioni sino a tanto che non sia stato revocato da

chi per la legge nuova ne ha il potere, e ciò perchè ogni atto


fatto a termini di legge conserva il suo vigore giuridico fino a
che non si verifichi il caso in cui lo debba perdere in virtù
di una legge nuova . Onde giustamente la Cassazione di Torino
in una sentenza 26 gennaio 1870 ( 2 ) ebbe a dichiarare che
il curatore nominato dal giudice a un figlio illegittimo , vigendo
il Codice civile austriaco, può continuare a rappresentarlo in

(1 ) G. I. XXXII , 2, 883.
(2) M. T. x1, 175.
120 PARTE TERZA

un giudizio di paternità anche dopo l'attuazione del Codice


civile italiano , che dà quella rappresentanza alla madre.
Un curioso esempio di curatela , che differisce in pari tempo
dalla personale, e da quella ad hoc , era in qualche paese della
monarchia austriaca la curatela volontaria, costituita da un mag-

giorenne a se medesimo . Abolita da una legge nuova siffatta


curatela, noi opiniamo , contrariamente ad una decisione della

Corte suprema di Vienna 27 maggio 1857 (1 ) , che ogni cura-


tela di tal genere, già costituita, debba ipso jure ed ipso facto
cessare, anche se la volontaria deputazione del curatore sia
stata confermata da sentenza del giudice . Ciò in conformità ai
principii da noi propugnati intorno alla retroattività delle leggi
personali , e all'efficacia delle sentenze giudiziali in confronto
di ogni nuova legge di tal genere.

§ 12.

Dei diritti e delle prerogative politiche.

I diritti e le prerogative pubbliche o politiche sono certa-


mente anch'esse un elemento importante dello stato delle per-
sone, considerate nei loro rapporti colla intiera società . Tali
intendiamo, come già abbiamo avvertito nella Parte Generale
di quest'opera (Vol . I , p . 212 ) , quei diritti che cadono propria-
mente su oggetti od interessi pubblici , o che, avendo un og-

getto patrimoniale , limitano o scemano un qualche diritto


dello Stato . E quelle prerogative intendiamo, per le quali , chi
ne è investito , partecipa in qualche modo all'esercizio del su-
premo potere dello Stato.
È per esempio un diritto politico l'esenzione dalle imposte ,

che spetti ad una data classe di persone o ad una parte di ter-


ritorio, ed è propriamente un diritto che limita l'esercizio del
potere amministrativo finanziario ; è una prerogativa politica

(1 ) Coll. Glaser, 1 , n. 368.


PRINCIPI PRATICI ED APPLICAZIONI 121

l'appartenere ad una classe o ad un corpo, i cui membri ab-


biano per tutta la loro vita una parte nella confezione delle
leggi , come per esempio alla classe e al corpo dei Senatori o
dei Pari, e questa prerogativa attiene all'esercizio della stessa.
sovranità sociale o del potere legislativo . Talvolta le prerogative
di questo genere sono accompagnate da un emolumento che si
percipe dal pubblico erario ; come per es . i Senatori dell'Im-

pero francese ricevevano uno stipendio per tutta la loro vita ,


ma non per questo motivo l'esercizio di tali prerogative può
considerarsi come un rapporto di locazione e conduzione d'o-
pera, intercedente fra lo Stato e coloro che sono rivestiti delle
medesime, a somiglianza dei rapporti di questo genere che
sogliono porsi in essere fra privati . Non si devono quindi con-
fondere colle prerogative politiche le pubbliche cariche , quan-
tunque d'indole politica . Queste cariche hanno in parte natura
di locazioni e conduzioni d'opera fra lo Stato e certe persone, e
sono quindi sotto certi aspetti anche rapporti giuridico - privati,
benchè intercedenti fra un cittadino e lo Stato ; possono essere

tanto offerte quanto chieste ; vengono esercitate in modi più o


meno determinati , e colla minaccia di giudiziale responsabilità
se codesti modi non vengano osservati ; sogliono essere retri-
buite, e in questo caso coloro i quali le chieggono o le accettano
hanno tanto di mira la morale soddisfazione di possederle ,

quanto il vantaggio pecuniario che le accompagna ; per tutte


queste ragioni il discorso intorno alle pubbliche cariche nel
diritto transitorio appartiene piuttosto alla parte di questo in
cui si ragiona dei contratti , che non all'attuale in cui si tratta
dei diritti di stato personale. - Diritti e prerogative poi di

indole politica, come per es. di non pagare certe imposte,


d'inviare un rappresentante al Parlamento, possono tanto ap-
partenere ad individui, quanto a collettività di persone , come
potrebbero essere corporazioni , comuni , provincie , e nell'un
caso e nell'altro la loro natura è la stessa .
122 PARTE TERZA

Pochi scrittori si domandarono se tali diritti si possano ri-

tenere acquisiti nel senso che nessuna legge possa toglierli a


coloro che ne sono legalmente rivestiti . Fra gli altri lo Struve
(pag. 271 , 275) , il Wächter (Vol . II , pag. 183 ) , lo Schaaf
(pag. 298), e il Lassalle (pagg . 81 , 199 e segg . ) hanno rivolta
speciale attenzione a questo argomento, ma nessuno di loro lo
ha completamente svolto . I due ultimi rispondono negativa-
mente a quella domanda ; il primo invece vi risponde differen-
temente secondo il diverso modo in cui quei diritti vennero
conseguiti .
Coerentemente a quanto abbiamo già detto nella Parte Ge-
nerale (Vol . I , p . 212), noi pure siamo dell'avviso di Wächter,
di Schaaf, di Lassalle, che i diritti e le prerogative d'indole
pubblica o politica non si possono mai dire diritti acquisiti, ma
sono piuttosto mere concessioni dello Stato, che questo può sempre
ritogliere. Nulla infatti di ciò che appartiene alla propria opera
d'azione dello Stato può mai diventare privata proprietà, nè può

mai entrare nel patrimonio di un privato se non per uscirne


nello stesso modo in cui vi è entrato , non appena cioè il pubblico
interesse esiga quella seconda cosa, come precedentemente aveva
consentito o voluto la prima. Dice benissimo il Wächter : « rigo-
rosamente parlando, anche i diritti singolari d'intiere classi di
persone o di cose sono acquistati mediante quello speciale fatto
col quale sono connessi (che taluno sia soldato , nobile , prete , ecc . ) ,
e col quale s'identificano in un subbietto determinato . Ma siffatte
prerogative non danno diritto a quei vantaggi che la legge ne
fa nascere , se non finchè la legge è in vigore . Imperocchè , sic-
come la cagione per cui tali diritti sono surti , non è che la con-
formità di certe qualità personali alla legge vigente , così la
durata loro è la stessa durata di questa legge , e devono mutarsi
e cessare insieme alla medesima , al pari di qualunque altra
qualità legale di una persona » . Notisi del resto che anche i
principii da noi esposti nella Parte Generale (Vol . I , p . 338 e
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 123

segg. ) intorno alle istituzioni perpetue concorrono molte volte


a dimostrare il diritto del legislatore di togliere di mezzo diritti

e prerogative d'indole politica. Imperocchè non di rado siffatti


diritti sono appunto congiunti con istituzioni di tal natura,
come per es . le prerogative dei nobili furono per molto tempo

una conseguenza del sistema feudale . E precisamente da


questo lato viene il tema attuale considerato da Lassalle ( 1.c. )
nella ingegnosissima confutazione del concetto del diritto ac-
quisito formulato dallo Stahl (1 ) . Sentenze di tribunali

italiani , conformi alla esposta dottrina , abbiamo già ricordate


nella Parte Generale (Vol . I, p. 211 e 215) ; aggiungiamo a
queste una sentenza della Corte di cassazione di Roma

16 marzo 1882 (2) .


Dissente dalle precedenti opinioni lo Struve in più di una
applicazione pratica . Per esempio , ragionando (1. c . ) del diritto
di esenzione dalla imposta, egli lo ritiene acquisito e inviola-
bile in chi l'abbia conseguito nei modi costituzionali , non in
chi l'abbia ottenuto per concessione di un Sovrano che non
aveva questa competenza , come per esempio da un Principe
dell'Impero germanico . Non ha riflettuto lo Struve che, come
coll'andar del tempo le stesse costituzioni politiche e i governi
si cambiano , e da legittimi diventano illegittimi , così anche gli
atti dei governi, e in particolare le loro concessioni possono
cessare di essere rispettate pel solo mutarsi delle sociali condi-
zioni. Neppure possiamo convenire collo Struve quando afferma
(pag. 277 ) che la dignità di Pari di Francia , conferita sotto il
regno di Luigi XVIII e di Carlo X, era un diritto acquisito , di
cui si poteva bensì impedire l'ulteriore trasmissione ereditaria,

(1 ) LO STAHL (Philos. d . Rechts, 3ª ed. , vol. 2 , p . 336 ) definisce il diritto


acquisito : << quello che proviene da atti umani, oppure da un dato stato di
cose ». Lassalle dimostra eloquentemente i pericoli di questa definizione ,
che lo Stahl rese poi anche peggiore, soggiungendo : « che la necessità può
giustificare la violazione di qualunque diritto acquisito ».
(2) G. I. 1882.
124 PARTE TERZA

ma non si potevano spogliare coloro che ne erano rivestiti ,


senza ingiustizia e all'infuori di un'epoca rivoluzionaria . Dicasi
pure rivoluzione un cambiamento nella costituzione politica ;
non tanto importano le parole quanto i principii , ed or chi
dirà che ogni nazione non abbia il diritto di sostituire al modo
in cui è governata, un altro che ritiene migliore ? E una volta
abolita la Paria, come potranno meglio sussistere i Pari già
nominati , di quello che se ne possano creare di nuovi ?
Che se i diritti e le prerogative d'indole politica possono es-

sere tolte da una legge nuova anche a coloro che già ne sono
rivestiti, non ne segue però che sia giusto del pari l'applicare
una legge siffatta senza aver riguardo alcuno alle conseguenze
che risentiranno i privati colpiti da essa . Non cessa di essere
leso un diritto , perchè i danni provenienti dalla lesione siano
stati riparati, nè il diritto spettante allo Stato di manomettere
in certi casi certi diritti, lo esime dall'obbligo di indennizzare
i privati cui i diritti appartenevano . Codesto obbligo è infatti
riconosciuto dalla generalità degli scrittori , ed anche dai legis-
latori lo fu parecchie volte , cosicchè il dirne qualche parola è
veramente indispensabile complemento della dottrina che an-
diamo esponendo .
Discordano gli scrittori nel determinare i casi, cioè i di-
ritti e le prerogative che non si possano abolire senza inden-
nità ai possessori . Secondo alcuni , come per es. il Reyscher

(ap . Wächter, I , 183 , n . 39 ) e lo Stahl ( op . cit . , pag. 538 e


segg .) , l'indennità dovrebbe essere data sempre , qualunque sia
la natura del diritto abolito . Ma questa opinione è combattuta
dai più , fra gli altri dal Wächter (ib . ) e dal Lassalle (v. sopra
Vol . I, p . 340 , nota 1 ) , ed è facile comprenderne l'infondatezza .
Per qual motivo invero ed in qual modo si darà un equivalente
pecuniario di dignità e prerogative, la cui importanza è tutta
morale ? Dice benissimo il Wächter, non esservi maggior ragione

di riparare pecuniariamente diritti di tal natura, che non ve ne


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 125

sarebbe di dare una indennità ai minorenni dopo abolita la


restituzione in intiero ex capite minorennitatis.
Il Lassalle opina (1. c . ) che non si debbano indennizzare i
possessori di diritti aboliti , ove in seguito all'abolizione di questi
diritti l'oggetto dei medesimi non possa più ottenersi con nessun
altro diritto, lo si debbano invece , se l'abolizione colpisca piut-
tosto il titolo di una certa prestazione, che non la prestazione
medesima, la quale potrebbe diventare oggetto di un altro di-
ritto . Cosi per es. egli opina che non si debba veruna indennità
ai possessori di schiavi dopo l'abolizione della schiavitù , e la si
debba invece ai possessori di un diritto di decima dopo l'abo-
lizione dei diritti feudali sulle terre , non essendo più possibile ,

egli dice, nel primo caso ottenere con nessun altro titolo da
nessuna persona i servigi degli schiavi di una volta , mentre nel

secondo caso la prestazione abolita può ottenersi con un altro


titolo , per esempio mediante contratto di locazione . Noi ab-
biamo già additato in una precedente occasione (1. c .) la pratica
inopportunità di questa dottrina , la quale poi è di sua natura
così poco determinata , che soltanto arbitrariamente si può
dichiararla applicabile o inapplicabile ad un dato caso .
In armonia con ciò che su questo proposito noi abbiamo già
affermato nella Parte Generale (pag . 214 ) , noi opiniamo che,

anche all'infuori di un contratto oneroso interceduto fra il pri-


vato e lo Stato, indennità deve essere data ai possessori di diritti
politici aboliti, i quali abbiano sostanza patrimoniale, oppure in-

teressino in qualche modo il patrimonio ; estimandosi nell'un caso


il valor pecuniario di tutto il diritto , nell'altro quella parte o
quel lato soltanto che interessa il patrimonio (1. c .) . Ciò pure eb-
bero a dichiarare la Corte di cassazione di Torino , 27 aprile
1871 (1 ) , la Corte d'appello di Roma in due sentenze 27 aprile
1875 ( 2) , 11 dicembre 1871 ( 3 ) ; la Corte di Messina , 9 lu-

( 1 ) M. T. x11, 471 .
(2) L. xv, 1 , 494. (3) A. G. vi, 2, 26.
126 PARTE TERZA

glio 1867 ( 1 ) , la Corte di cassazione di Torino , 20 dicembre


1866 (2) . A questo avviso ci sembra propendere anche il Wä-
chter (1. c .) . Crediamo quindi , contro il parere di Lassalle , do-
versi approvare quelle legislazioni le quali , abolendo la schia-

vitù, accordarono una indennità ai proprietari di schiavi , perchè


la schiavitù non era soltanto un rapporto di personale sogge-

zione, ma anche di prestazioni d'opere utili economicamente ,


e la cui immediata cessazione , od anche soltanto un immediato
riordinamento , oneroso per il proprietario , non poteva non
diminuirne il patrimonio , e talvolta eziandio cagionarne la
rovina (3) .

L'esposto principio si applica tanto a diritti di perpetua du-


rata, quanto a temporanei soltanto . Rispetto alle concessioni
di questa seconda specie vuolsi qui soltanto osservare che la
indennità può talvolta consistere nella semplice restituzione
della tassa che sia stata pagata come vero e proprio corrispet-
tivo della concessione (4) .
Egli è soltanto collo applicare rettamente e pienamente il

principio in discorso , che un legislatore può dimostrarsi con-


sapevole delle vere condizioni del progresso , il quale non può
mai andar disgiunto dalla giustizia, nè esigere dall'individuo
sacrifici che non siano veramente necessari allo Stato .

(1 ) Ib. 1 , 2, 542.
(2) G. IV, 33.
(3) Anche negli Stati Uniti d'America quando cominciò l'ultima guerra
per l'abolizione della schiavitù si ebbe l'idee di indennizzare i padroni degli
schiavi ; Lincoln fu tra i fautori di questo provvedimento. Ma l'idea venne
poi abbandonata, e pare che i fatti non abbiano dato finora ragione a coloro
che l'avversarono . - Nel 1859 furono aboliti in Austria, senza indennità, i
così detti radicirte Gewerbe , cioè diritti di tener bottega , radicati nel
possesso di certe case o fondi. Nel 1882 il deputato Lienbacher propose alla
Camera dei deputati di Vienna il risarcimento di quei diritti aboliti, e tale
proposta venne respinta , solo perchè tardiva.
(4) Non si dovrebbe restituire la tassa pagata pel conseguimento di titoli
onorifici, quando questi venissero aboliti. Imperocchè nessun Governo può
ardire di dichiarare roba venale le onorificenze che esso accorda, nè queste
possono mai essere ritenute tali dai cittadini.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 127

CAPITOLO VI .

Dello stato e della capacità delle persone considerate


in relazione alla famiglia.

La seconda grande categoria delle relazioni personali com-


prende, come dicemmo precedentemente (v . sopra p . 3) , le
relazioni famigliari. La famiglia si compone dei genitori e della
prole, e le relazioni famigliari intercedono appunto : a) fra i ge-
nitori considerati come coniugi , o in altri termini fra un con-
iuge e l'altro , b) fra i genitori e la prole , e reciprocamente .
Tanto le prime, quanto le seconde danno poi luogo a suddi-
stinzioni, secondo che si tratti dei diritti e dei doveri speciali
del marito o della moglie , del padre o della madre. Le se-
conde in particolare danno luogo ancora ad un'altra distinzione,
secondo che si abbia di mira la normale convivenza dei figli
con ambedue i genitori, oppure si considerino i rapporti di
quelli con ciascheduno di questi sia nel caso di avvenuta sepa-
razione dei coniugi , sia nel caso che l'uno o l'altro dei genitori
abbia sopravvissuto all'altro .
Colla morte di ambedue i genitori viene a cessare la famiglia

nel proprio e stretto senso della parola . Se i figli , o alcuno di


essi trovasi in tale età da avere ancor bisogno dell'assistenza e
della direzione che gli prodigavano i genitori , lo Stato non li
lascia in balia di loro stessi , e supplisce in qualche modo al
difetto dei genitori mediante gli istituti della tutela e della cu-
ratela, ma appunto perchè queste sono istituzioni dello Stato ,
sia che trattisi di minorenni , sia che trattisi di maggiorenni ,

noi riferiamo i rapporti personali che ne nascono piuttosto alle


generali relazioni fra l'individuo e lo Stato , che alle famigliari ,
e perciò ne abbiamo ragionato nel capitolo precedente .
Crediamo invece che si connetta naturalmente col discorso

intorno ai rapporti famigliari quello intorno ai rapporti perso-


128 PARTE TERZA

nali nascenti dalla illegittima procreazione. Famiglia è vera-

mente un legame morale e giuridico nascente da giusto matri-


monio , ma quantunque il concubinato e la procreazione fuori
di matrimonio siano un surrogato dei rapporti matrimoniali ,
condannato dalla legge , questa però ne fa nascere conseguenze

giuridiche, sia fra l'uomo e la donna che illegittimamente si


congiunsero , sia fra essi e la prole nata in virtù della loro con-
giunzione . Ciò essendo , si può dire che vi hanno relazioni per-

sonali , le quali imitano in qualche modo le vere e proprie


relazioni famigliari , e di quelle relazioni cade naturalmente il
discorso in seguito a queste .

Non può quindi far meraviglia che la materia del diritto per-
sonale famigliare abbia dato occasione a molte e frequenti con-
troversie, e che queste meritino di essere dibattute colla massima
accuratezza .

§ 1.

Della promessa di matrimonio .

Le discussioni di gius transitorio intorno alle relazioni per-


sonali di famiglia devono certamente incominciare dal matri-
1
monio, che è fondamento della famiglia nel vero e proprio senso
di questa parola . Ora, siccome il matrimonio comincia alla sua
volta a diventare oggetto del diritto , quando è anche soltanto
promesso, cosi questa promessa costituirà propriamente il primo
argomento delle ricerche di gius transitorio intorno al ma-
trimonio.

Gli effetti giuridici degli sponsali sono stati differentemente


intesi e regolati da differenti legislazioni , e propriamente le
principali differenze si riscontrano confrontando le legislazioni
odierne colle antiche . Il Diritto Romano antico riconosceva come

pienamente obbligatoria la promessa di matrimonio , accordava

una azione (actio ex sponsu) per l'adempimento della medesima ,


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 129

e in caso di non giustificato rifiuto di uno qualunque degli


sposi ad adempirla , l'azione traeva seco la condanna nell'id

quod interest. Posteriormente questa condanna nell'id quod


interest venne abolita, e fu invece imposto allo sposo ricalci-

trante l'obbligo di pagare quattro volte il valore delle arre


sponsalizie (v. Voet . , ad Pand. , L. 23 , tit . I , num. 22), finchè
una costituzione di Leone ed Antemio, accolta nel Codice giu-
stinianeo, L. 5, C. De spons , ridusse quell'obbligo alla perdita
delle arre date , ed alla doppia restituzione delle arre ricevute ,
e in pari tempo tolse ogni effetto alla clausola penale che in
avvenire venisse aggiunta agli sponsali ; tutto ciò pel motivo che
in contrahendis nuptiis libera potestas esse debet. Questo sistema
venne poi modificato e reso più oneroso allo sposo ricalcitrante

da una costituzione dell'imperatore Leone ( Nov. 18 ), e in se-


guito il Diritto Canonico fece degli sponsali un impedimento
impediente il matrimonio, e ripristinò l'azione per l'adempi-
mento di quella promessa . Le legislazioni moderne sono ritor-

nate quasi tutte sostanzialmente al sistema giustinianeo . Esse


non ammettono azione all'adempimento della promessa di ma-
trimonio, restringono in generale i diritti dello sposo , ingiusta-
mente abbandonato , alla restituzione delle arre ed alla ripara-
zione del danno realmente sofferto ( 1 ) ; il più recente dei Codici
civili, l'italiano , statuisce negli articoli 53 , 54, che « la pro-
messa scambievole di futuro matrimonio non produce obbliga-
zione legale di contrarlo , nè di eseguire ciò che si fosse con-
venuto pel caso di non adempimento della promessa » , e

ristringe il diritto dello sposo ingiustamente abbandonato << al


rimborso delle spese fatte per causa del promesso matrimonio >
».

( 1) La giurisprudenza francese è generalmente contraria all'azione en


dommages et intérêts ( id quod interest) per mancato adempimento degli
sponsali senza giusto motivo ; non ammette neppure la stipulazione di una
clausola penale a vantaggio dello sposo ingiustamente abbandonato, stipu-
lazione permessa dalla Novella 18 ( vedi PAILLIET, Manuel du droit civil,
10ª ed ., Bruxelles 1855, Vol. 1 , pag. 71 , nota d).
GABBA - Retr. leggi, II 9
130 PARTE TERZA

Egli è indubitato che le moderne legislazioni , nel seguire l'e-


sempio della legislazione giustinianea intorno agli sponsali ,
furono mosse dallo stesso riguardo alla libertà del consenso al
matrimonio .

Le quistioni transitorie che si possono fare intorno agli


sponsali si riferiscono a variazioni nelle leggi positive , del ge-
nere di quelle dianzi riferite, sia cioè rispetto alla virtù obbli-
gatoria della promessa di matrimonio , sia rispetto alle conse-
guenze economiche dell'inadempimento di essa . Venendo
emanata una legge la quale abolisca l'azione per la conchiu-
sione del promesso matrimonio , o diminuisca la prestazione
pecuniaria dovuta dallo sposo ingiustamente recalcitrante , op-
pure venendo emanate leggi opposte a queste , quale sarà la
loro influenza sugli sponsali posti in essere , ma non ancora
adempiuti sotto l'impero di una legge precedente, la quale per
avventura avesse contenuto disposizioni contrarie o diverse
su quegli argomenti ? Tali sono le quistioni transitorie in
discorso .

Considerazione fondamentale in questa materia si è quella

della natura delle leggi intorno alla promessa di matrimonio .


Sarebbe un errore il considerare queste leggi unicamente come
leggi contrattuali , quantunque gli sponsali siano essi medesimi

un contratto, cioè una promessa data da una parte ed accet-


tata dall'altra . Lo Struve (pag . 243) fu di questa opinione, ma

a buon diritto non la divise nessuno degli altri non molti scrit-
tori di gius transitorio che trattarono questo tema . Gli sponsali
sono bensi, quanto alla forma, un contratto , ma nella sostanza ,
che più importa, essi mirano alla conchiusione del matrimonio ,
sono quindi fra le condizioni di questo , condizioni naturali ,
non essenziali , ma pur condizioni . Ciò posto , essendo il matri-
monio uno stato personale, ne consegue che gli sponsali atten-
gano strettamente a questo stato, e che il discorso intorno alla
efficacia retroattiva di una nuova legge intorno ai medesimi
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 131

faccia parte di quello intorno all'efficacia retroattiva delle nuove


leggi intorno al matrimonio , o in altri termini che i principii
regolatori della prima debbano trascegliersi opportunamente
fra quelli che regolano la seconda .
Or bene le nuove leggi intorno al matrimonio , come in se-

guito vedremo , e come discende dai principii generali già


esposti intorno al diritto acquisito personale (v. sopra Cap . IV) ,
si applicano retroattivamente, cioè immediatamente a tutti i
matrimoni esistenti e a tutte le questioni già surte, e non

ancora definite rispetto a un dato matrimonio , con questo solo


limite, che della esistenza e validità di un matrimonio , con-

chiuso precedentemente , si possa decidere soltanto a tenore


delle precedenti leggi . Gli sponsali non pongono in essere
uno stato personale, ma preparano soltanto da lontano la
costituzione dello stato matrimoniale ; essendo per sè, come

già dicemmo , condizione preparatoria di un matrimonio che


non esiste ancora , ne consegue che gli effetti degli sponsali,
cadenti sotto l'impero di una legge matrimoniale diversa da
quella sotto il cui impero gli sponsali furono posti in essere, de-
vono essere esclusivamente regolati dalla prima legge . Ciò dicasi
tanto rispetto all'obbligazione assunta dallo sposo di contrarre

matrimonio , quanto rispetto all'obbligazione patrimoniale na-


scente dalla inesecuzione della promessa . Quanto alla seconda
obbligazione però si deve intendere che la legge nuova non può
applicarsi agli sponsali posti in essere, e non ancora eseguiti
sotto l'impero della legge precedente, se non nel caso che le due
leggi non differiscano nel regolare la prima obbligazione , cioè
quella di contrarre il matrimonio promesso . Veniamo a spie-
gare ed applicare questi principii .
Se in un paese in cui dalla promessa di matrimonio la
legge faceva nascere azione alla conchiusione del matrimonio ,
conformemente ai generali principii intorno alle obligationes
faciendi, viene messa in vigore una legge nuova che tale
132 PARTE TERZA

azione più non riconosce, da questo momento in poi non si


potrà più pretendere di promuovere una tale azione per una

promessa di matrimonio fatta e non eseguita sotto l'impero


della legge antica . Il diritto che si vorrebbe in tal caso far
valere appartiene alla categoria dei diritti personali, ma non
è, come vedemmo , fra i diritti personali che dalla legge nuova
devono essere rispettati , non è quindi un vero e proprio diritto
acquisito , e noi sappiamo che il diritto all'azione è compreso
nel diritto che si vuol far valere , ove questo possa dirsi un vero

e proprio diritto acquisito (v . Vol . I, pag. 266 ) . Convengono


di ciò pienamente l'Unger (pag. 140 ) e il Lassalle ( pag . 302 ) .
Che se al momento dell'attuazione della suddetta nuova legge
era già presentata una domanda giudiziale basata sulla legge
anteriore, anche in questo caso dovrà seguirsi la legge nuova,

e l'azione pendente non potrà più essere proseguita . Impe-


rocchè noi abbiamo bensi dichiarato nella Parte Generale

(ib . , pag. 254 e segg. ) che le azioni pendenti , per se medesime


considerate, non sottostanno all'effetto retroattivo di una legge
nuova che più non le ammette, quando siano modi di eserci-
tare e di convertire in diritto una semplice facoltà di legge ;
ma dove non può esistere vero e proprio diritto quesito , nep-
pure avvi materia a facoltà di legge , che mediante il suo eser-
cizio in quel diritto si trasformi. Non bisogna perdere di vista
nell'attuale discussione, e nelle altre affini, che la promessa di

matrimonio non ingenera nè uno stato, nè un diritto in cui


l'individuo possa riposare , ma è soltanto un mezzo , un pas-
saggio allo stato e ai diritti personali matrimoniali . Anche di
ciò convengono i due citati scrittori ; il Lassalle poi (1. c .) , av-
verte che se anche fosse stata emanata e fosse passata in giu-
dicato una sentenza condannatoria alla conchiusione di un

matrimonio , abolito il principio dell'obbligatorietà degli spon-


sali, non potrebbesi più domandare l'esecuzione di tale sen-
tenza . Noi pure siamo di questo avviso , e crediamo che non
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 133

ne possa dubitare chi rifletta che la sentenza , non mutando la


natura del diritto che dichiara, non può sottrarre all'impero
di una legge nuova un diritto che appunto di sua natura vi
sarebbe sottoposto, il quale principio fu già da noi in altre
occasioni applicato . - Le cose fin qui dette ricevono nuova

conferma dallo scopo stesso di una legge abolitiva dell'obbli-


gatorietà della promessa di matrimonio ; imperocchè, essendo
questo scopo , come è dichiarato nel Codice Giustinianeo , di
custodire la libertà dei matrimoni , si può ritenere che anche
l'intenzione di chi emanò quella legge si opponga all'applica-

zione di una legge contraria anteriore , in tutti i casi nei quali


noi l'abbiamo negata in virtù di più generali principii .
Se la differenza fra la legge antica e la nuova intorno all'ob-
bligatorietà degli sponsali fosse l'inversa di quella supposta nel
caso precedente, cioè la legge nuova riconoscesse obbligatoria
la promessa del matrimonio, mentre non la riconosceva l'antica ,

anche in questo caso la legge nuova dovrebbe applicarsi agli


sponsali stipulati, ma non eseguiti prima della sua attuazione ;
chi avrebbe potuto rifiutarsi di mantenere la promessa sotto
l'impero della legge precedente, non lo potrebbe più dopo che
questa legge fosse stata abolita. A taluno potrà parere sulle
prime che in questo modo la legge nuova non tanto regoli gli
effetti degli sponsali stipulati sotto la legge precedente , quanto
piuttosto attribuisca a quel rapporto giuridico una virtù obbli-
gatoria che non poteva avere al momento in cui fu posto in es-
sere. Ma quell'apparenza dileguasi al riflettere che nell'ipotesi in
discorso coll'applicare retroattivamente il principio della obbli-
gatorietà degli sponsali non si fa in sostanza che rimuovere un

ostacolo al naturale effetto delle anteriori promesse di matri-


monio , all'effetto cioè che il matrimonio abbia luogo in virtù
della promessa data , il quale effetto incontrava appunto un
ostacolo nella legge precedente, che non accordava azione giu-
diziale basata su tale promessa. Per sostenere che cionondi-
134 PARTE TERZA

meno l'effetto retroattivo in discorso faccia produrre ad un


atto giuridico una conseguenza che gli autori del medesimo

non potevano aspettarsi in virtù della legge anteriore , bisogna


ammettere che, vigendo una legge la quale non dà azione ci-
vile per far valere gli sponsali , nessuno si supponga promettere
un matrimonio sul serio e coll'intenzione di obbligarsi , almeno
moralmente . Ma questa supposizione è appunto contraria alla
morale, e chiunque adducesse siffatta ragione contro l'effetto
retroattivo che noi propugniamo , pretenderebbe di far nascere
il diritto da una grave ed evidente immoralità ; or bene , gli è
appunto un principio già da noi esposto nella Parte Generale
.
di quest'opera (v. Vol . I , pag . 330 ) che la legge può sempre
attribuire nuove conseguenze a fatti anteriori alla sua attua-
zione, se trattasi di ragionevoli conseguenze che il legislatore
anteriore potè interdire per ragioni di pubblica convenienza ,
ma che gli agenti non potrebbero rifiutare senza contraddire a
se medesimi ed alla morale. La prima Ordinanza transitoria
annoverese del 1815 ( v . Vol I , pag . 74 , in nota) ebbe pure a
seguire la stessa dottrina.

La legge nuova intorno agli sponsali può anche differire.


dall'antica nel determinare le conseguenze patrimoniali della
non adempiuta promessa di matrimonio. Per decidere quale
influenza debba avere in tal caso la legge nuova rispetto a

sponsali posti in essere sotto la legge anteriore , bisogna di-


stinguere due differenti ipotesi, secondochè la legge nuova
intorno a quelle conseguenze si accordi coll'antica nell'apprez-
zare l'obbligatorietà della promessa di matrimonio , oppure non
vi s'accordi.

Se le due leggi si accordano nel dare o non dare azione


giudiziale contro chi promise un matrimonio , e differiscono

soltanto nell'assegnare l'indennità dovuta da chi non adempie


una tale promessa, la legge nuova non si potrà applicare a
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 135

promesse di matrimonio date sotto l'impero della legge prece-


dente ; l'indennità occasionata dall'inadempimento delle mede-
sime dovrà essere misurata secondo il disposto della seconda
legge. Imperocchè in tale ipotesi nulla osta all'applicazione
del generale principio che le conseguenze degli atti e dei
contratti si giudicano secondo la legge sotto il cui impero gli
atti e contratti vennero posti in essere ; la legge nuova , se

anche può essere stata immaginata allo scopo di tutelar meglio


la libertà dei matrimoni, si presenta però coll'aspetto di una

legge di ordine economico o patrimoniale. Viene in conferma


del nostro avviso la citata L. 5 , tit . 5 , C. De spons. , nella quale gli

imperatori Leone ed Antemio, dopo avere abolita la pena del


quadruplo delle arre, imposta dalle leggi precedenti a chi ar-
bitrariamente recedesse dagli sponsali , soggiungono : nisi spe-
cialiter aliud ex communi consensu inter contrahentes de eadem

quadrupli ratione placuerit ; imperocchè negli sponsali con-


chiusi sotto la legge anteriore alla predetta costituzione la pena
del quadruplo delle arre era certamente pattuita per tacito ri-
ferimento ad essa legge (v . Vol . I , pag . 275 ) . Dobbiamo quindi
ritenere che la costituzione medesima, secondo la mente dei
suddetti imperatori, non fosse applicabile agli sponsali posti
in essere anteriormente .

Se invece le due leggi non si accordano nè sul punto della


obbligatorietà della promessa di matrimonio, nè sul punto
delle conseguenze economiche dell'arbitrario inadempimento
della medesima, in tal caso anche rispetto a quelle conse-
guenze la legge nuova dovrà applicarsi agli sponsali anterior-
mente stipulati . Imperocchè, essendo evidentemente principale
l'effetto diretto di una promessa , cioè l'adempimento di questa ,
e secondario l'effetto dell'inadempimento , anche la disposizione
di legge concernente le conseguenze economiche del colpevole
inadempimento della promessa di matrimonio viene ad essere
secondaria ed accessoria rispetto ad un'altra disposizione della
136 PARTE TERZA

stessa legge relativa all'obbligatorietà della promessa mede-


sima , e poichè questa , come già dimostrammo , si applica retro-
attivamente, lo stesso effetto dovrà avere anche quella . Gli è
infatti un principio generale anche della giurisprudenza transi-
toria (v. Vol . I , pag . 272 ) che il diritto accessorio segue la
sorte del diritto principale .

§ 2.

Dei requisiti e degli atti precedenti il matrimonio.

La deliberazione di conchiudere il matrimonio , contenuta

negli sponsali, non può produrre alcun effetto , se prima della


conchiusione del contratto non siano stati adempiuti tutti i
requisiti e non siano stati posti in essere certi atti preparatorii
imposti dalla legge . Noi prendiamo ora appunto a considerare
codesto stadio che precede il matrimonio , per determinare
l'influenza retroattiva di una nuova legge che in esso venisse
emanata intorno a quei requisiti ed a quegli atti.
Onde poter conchiudere un valido matrimonio è necessario
che gli sposi abbiano una certa età, e trovinsi in condizioni
normali d'intelligenza, di volontà, e di fisica costituzione , che
non siano vincolati da un matrimonio precedente , che non si
trovino l'uno rispetto all'altro in un certo grado di parentela ,
che ne abbiano avuto licenza o dai genitori o da altre persone

a cui per legge siano sottoposti , che non nascondano il difetto


di nessuna di quelle qualità che la legge, quantunque non

esiga, permetta però a ciascheduno degli sposi di esigere dal


canto dell'altro e in pari tempo riconosce come essenziali al
matrimonio . Non tutte queste condizioni hanno la stessa im-
portanza per l'ordine pubblico ; talune sono piuttosto di pri-
vato che di pubblico interesse , come per esempio la fisica.
idoneità alla congiunzione dei sessi . Rispetto a quelle che
presentano veramente un pubblico interesse , la legge ne ordina
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 137

eziandio la constatazione per opera di speciali autorità dello


Stato , e a quest'uopo essa autorizza anche i cittadini, o tutti
quanti indistintamente o alcuni soltanto, secondo la varia na-
tura delle condizioni , e in taluni casi eziandio il Pubblico Mi-
nistero , a portare a notizia di quelle autorità il difetto di tali
condizioni, e talvolta anche ad opporsi formalmente alla con-
chiusione del matrimonio . Affinchè poi le autorità che presie-
dono alla conchiusione dei matrimoni , e coloro cui la legge

impone il dovere o dà la facoltà di denunziare alle prime


l'esistenza di qualche impedimento , o di opporsi formalmente
al matrimonio , possano più facilmente adempiere quel dovere
o valersi di quella facoltà, la legge ordina che il proposito di
conchiudere il matrimonio venga reso pubblico , e che trascorra
un certo tempo dalla pubblicazione del matrimonio alla cele-
brazione . In tal maniera sorgono nuove e positive condizioni
o formalità del matrimonio , oltre alle negative del non difetto
delle qualità e relazioni personali suindicate , le condizioni
cioè della pubblicazione del matrimonio e del legale anda-
mento delle opposizioni che al matrimonio fossero state fatte .
Egli è evidente che intorno a tutti i punti suenunciati le leggi
possono variare, e precisamente nel mentre si sta preparando
il matrimonio , e non è ancora avvenuta la celebrazione .
Durante questo stadio l'azione della legge nuova non può
essere la stessa, qualunque sia l'argomento che essa concerne .
Se la legge introduce qualche nuovo requisito personale,
bisogna por mente alla circostanza che il medesimo sia di

quelli che le autorità sovrastanti al matrimonio possano con-


statare ed esigere, e che qualche terza persona possa far valere ,
per esempio il non essere i coniugi parenti fra di loro in un
certo grado, oppure sia di quelli che i soli sposi abbiano il
diritto di esigere o di condonare , come per es . , il non essere
lo sposo stato condannato ad una pena infamante . Nel primo
.
caso la legge nuova avrà immediato effetto nel senso che, se
138 PARTE TERZA

il matrimonio non è ancora stato celebrato , qualunque persona


nuovamente autorizzata a farvi opposizione potrà presentare

un atto di questo genere all'autorità competente , ed anche


l'autorità competente dovrà investigare se un tale impedi-
mento esista, e all'uopo far sospendere l'atto di celebrazione ;
tutto ciò quand'anche prima dell'attuazione della nuova legge
gli sposi fossero già stati licenziati a conchiudere il matri-
monio . La prima Ordinanza transitoria annoverese del 1814
(v. Vol . I , pag. 79 , in nota) concorda pienamente colla prece-
dente proposizione . Nel secondo caso l'effetto immediato della
legge nuova sarà meramente facoltativo , e non potrà uscire
dalla coscienza degli sposi , nel senso che quello sposo nel

quale si avveri la circostanza preveduta dalla legge avrà un


motivo di più, cioè un motivo d'interesse , oltre all'obbligo di
lealtà , di non celare all'altro sposo tale circostanza , la quale ,
altrimenti, dopo la conchiusione del matrimonio potrebbe es-
sere addotta dal secondo per domandare l'annullamento di
questo contratto .

Se la nuova legge concerne le formalità preliminari del


matrimonio , essa riceverà immediata applicazione, come tutte
le leggi intorno ai rapporti fra i cittadini e le autorità dello
Stato e intorno al contegno di queste autorità. Ciò deve dirsi
però in virtù dei principii fondamentali del giure transitorio
in materia di formalità (v. Vol. I, pag. 238 ) , o del giure transi-
torio processuale, anzichè di quello delle persone . Se la legge
nuova regola diversamente dall'antica la procedura di opposi-
zione al matrimonio , le nuove regole si applicheranno imme-
diatamente alle opposizioni pendenti e non ancora ultimate .
Lo stesso dicasi rispetto al modo di fare le pubblicazioni o
denunzie matrimoniali . Ma se la legge nuova aumentasse il

numero delle pubblicazioni , quale sarebbe l'influenza di questa


legge sulle formalità preliminari dei matrimoni non ancora
celebrati ? Coerentemente ai principii generali del gius transi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 139

torio processuale, che noi svolgeremo più tardi , vuolsi distin-


guere il caso che la procedura di pubblicazione del matrimonio
.
non fosse ancora ultimata conformemente alla legge abolita ,
dal caso contrario . Nel primo caso si dovrà fare anche la
pubblicazione imposta dalla legge nuova ; nel secondo caso
basteranno le pubblicazioni fatte in conformità della legge
precedente, perchè ogni procedura ultimata rimane tale, come
a suo luogo vedremo , finche lo scopo a cui essa serve è rico-
nosciuto dalla legge . Il Kalindero ( pag . 52) non fa la distin-
zione dianzi accennata , e perciò afferma in termini generali
che la nuova pubblicazione imposta dalla nuova legge debbasi
eseguire da chiunque non abbia ancor celebrato il matrimonio.

§ 3.

Della validità del matrimonio e delle domande di nullità.

Conchiuso il matrimonio, per giudicare se questo sia va-


lido o no , la legge da applicarsi è esclusivamente quella vi-
gente al momento della conchiusione ; in altri termini, la vali-

dità o nullità di un matrimonio giudicasi esclusivamente secondo


la legge vigente al tempo in cui il matrimonio è stato conchiuso.
Questo canone non è speciale al gius transitorio personale,
ma è una chiara e diretta applicazione del principio fonda-
mentale di tutto il diritto transitorio : che onde porre in essere
qualunque nuovo rapporto giuridico si devono osservare le
leggi vigenti intorno al medesimo . Gli è appunto per questo
motivo, come si vide nel paragrafo precedente , che fino alla
conchiusione del matrimonio gli sposi debbono farsi carico di
ogni nuova legge che venga emanata su tale argomento . Per
lo stesso motivo la maggior parte degli scrittori del gius tran-
sitorio matrimoniale convengono in quel canone e ne fanno il
loro punto di partenza. Si possono vedere fra gli altri Struve

(pag. 231 ) , Reinhardt ( ap . Sav. , 1. c. , nota g ) , Merlin ( 1. c . ,


140 PARTE TERZA

pag. 227) , Savigny (pag. 494), v. Dalloz (R. , v° Lois , n . 217 ) ,


Unger (pag. 139) , e Kalindero (pag . 51 ) . Anche le legislazioni
positive hanno sempre rispettato quel principio (1 ) . Se non
che tanta ne è l'evidenza , che soltanto pochi legislatori

hanno stimato opportuno di esprimerlo ; fra i pochi vuolsi


citare il legislatore amburghese del 1814 (v . Vol . I , p . 72-73 ,
in nota) (2).

L'esposto principio non soffre eccezione nessuna, qualunque


sia il lato da cui si consideri la validità del matrimonio . Trat-

tisi di capacità personale , o di altri personali requisiti dei


contraenti, o di forma di celebrazione , gli è soltanto colla
legge vigente al momento della conchiusione del matrimonio
che si deve decidere se il matrimonio sia o no stato conchiuso

ad onta di qualche impedimento, e quale sia l'efficacia dell'im-


pedimento che per avventura venga constatato. La giurispru-
denza non ha in realtà mai fatto nessuna distinzione fra

impedimento e impedimento nell'applicare il principio in di-


scorso. Vedansi per es .: Corte d'appello di Torino , 14 lu-
glio 1801 (3 ) , Corte d'appello di Venezia , 14 novembre
1872 (4) , Corte d'appello di Roma , 14 gennaio 1880 (5 ) ,
Corte di cassazione di Torino , 13 ottobre 1873 ( 6 ).
Importa pure moltissimo alla retta intelligenza del principio
in discorso il riflettere che esso non vuol già dire che si debba

(1 ) Appena si può dire che facciano eccezione al principio in discorso le


costituzioni 8, 9, Cod. De sec. nupt.; l'ipotesi a cui si riferisce l'imperatore
Zenone è affatto singolare.
(2) Soltanto le seconda Ordinanza annoverese §§ 46, 47 e del pari la terza
(§§ 43, 44, vedi Vol . 1 , pag. 78, nota) hanno applicato le leggi patrie rista-
bilite al giudizio della validità dei matrimoni conchiusi sotto l'impero della
legislazione francese abolita. Noi abbiamo già fatto notare ( ib. ) il carattere
eccezionale di molte disposizioni transitorie annoveresi di quel tempo.
(3) R. G. 2, 44 ; C. N. 2, 2, 277 ; D. R. 10, 83 ; Pasicr. 1ª serie, 2ª part.
Jurisp. d. C. d'app., p. 178.
(4) Gazzetta dei Tribunali di Genova, xxv, I, 489 .
(5) F. I. 1880.
(6) A. G. vII, 1 , 453 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 141

soltanto giudicare secondo la legge vigente al momento della


conchiusione del matrimonio, se questo fosse o non fosse va-
lido ab initio, cosicchè ora rimanga a ricercare se per giudi-
care della validità del matrimonio posteriormente alla sua
conchiusione si debba applicare quella legge , e non altra , op-

pure si possa , almeno in qualche caso , applicare la legge


posteriore. Quel principio significa propriamente che in qua-
lunque tempo posteriore alla conchiusione di un dato matrimonio

non può questo giudicarsi per valido o per invalido, se non risa-
lendo al giorno della sua conchiusione, e applicando la legge
vigente in quel giorno, qualunque mutazione sia accaduta dipoi
nella legge matrimoniale, e in costanza di quel matrimonio .
La pratica importanza del precedente schiarimento è facil-
mente intraveduta da chi ha presente il discorso da noi fatto
nel primo volume di quest'opera intorno alla convalescenza
materiale e formale dei rapporti giuridici . Gli è appunto al
contratto di matrimonio che quella dottrina viene più fre-
quentemente applicata . Mentre il solo Bergmann (pag. 30) ,
che noi sappiamo, insegna potersi addurre una causa di nul-
lità nuovamente introdotta per invalidare matrimoni anterior-
mente conchiusi, non pochi invece pensano che le variazioni
della legge intorno ai requisiti materiali o formali del matri-
monio , o in altri termini intorno agli impedimenti o alle forme
del matrimonio , possano avere l'effetto di convalidare matri-

moni già conchiusi, a cui ostasse qualche impedimento, o


mancasse in tutto o in parte la forma prescritta dalle leggi
anteriori . Di tale avviso sono , fra gli altri, il Mailher De Chassat
(t. 1 , p . 217 ) , il Kalindero (p . 52 ) , il Theodosiades ( p . 66 ) ,
lo Schaaf (pag. 428-433 ) e il Lassalle (pag. 315-335 ) . I due
ultimi poi adducono come valido argomento in pro della loro
dottrina l'esempio della legge prussiana del 27 febbraio 1816 ,
la quale convalidò i matrimoni conchiusi nella Vestfalia col

solo rito religioso durante l'impero del Codice Napoleone .


142 PARTE TERZA

Noi ricordiamo al nostro lettore le gravi ragioni che abbiamo


già esposte nella Parte Generale di quest'opera (v. Vol . I,
pag . 278 e seg. ) contro la dottrina della convalescenza , e che
sarebbe superfluo il ripetere in questa occasione.
Il principio che della validità od invalidità di un matri-
.
monio si deve sempre ed esclusivamente giudicare secondo
la legge vigente al momento in cui il matrimonio fu conchiuso ,

non soffre per noi nessuna eccezione . Neppure nel caso che
l'inosservanza di un requisito legale del matrimonio fosse stata
commessa quando stava per entrare in vigore una legge già
promulgata e abolitiva del medesimo , potrebbe la legge nuova
convalidare il matrimonio nullo per l'inosservanza della legge
anteriore . La contraria opinione, sostenuta fra gli altri dal
Delvincourt (t. 1 , pag . 14), non è che un'applicazione speciale
di una dottrina più generale intorno all'efficacia retroattiva
delle leggi sui fatti o negozi giuridici posti in essere nell'in-

tervallo fra la promulgazione di quelle e il principio del loro


vigore. Anche questa dottrina è stata vittoriosamente combat-

tuta dal Merlin (Rep. , v° Lois, n. IX) . Soltanto una legge posi-
tiva può indurre il giudice a pronunziare la convalescenza in
discorso , e noi non escludiamo che talvolta il legislatore possa
avere sufficienti motivi di pubblicare una legge siffatta ; l'esi-

stenza di leggi di questo genere, e per es . della citata legge


prussiana del 1816 , è nuova conferma dell'insufficienza delle
ragioni che si adducono in pro di un principio, il quale , se
fosse vero, potrebbe essere applicato dal giudice senza aspet-
tare il comando del legislatore .

Gli effetti delle nullità matrimoniali debbonsi pur sempre


regolare secondo la legge vigente al momento della conchiusione
del matrimonio. Noi abbiamo qui di mira propriamente quegli
effetti che riguardano immediatamente i coniugi ; altri effetti
meno diretti , concernenti per esempio la legittimità o l'illegit-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 143

timità della prole , considereremo in altra occasione . Quella


proposizione ha ora bisogno di essere chiarita e determinata.
Effetto di una nullità matrimoniale è anzitutto il doversi

per tal motivo considerare il matrimonio o come inesistente , o


come nullo , o come solamente annullabile, e , in questi due ul-
timi casi , come tale che possa o non possa essere convalidato (1 ) .
Or bene il decidere intorno a questo punto deve essere un'ap-
plicazione della legge vigente quando il matrimonio venne
conchiuso . Se il legislatore permettesse di togliere di mezzo
una nullità matrimoniale , che , per la legge vigente quando il
matrimonio venne conchiuso, non avrebbe potuto più essere

cancellata , offenderebbe con ciò il diritto acquisito contrattuale


di quello fra i coniugi , il quale in virtù della legge precedente
avrebbe potuto prevalersi di quella nullità per far dichiarare
non esistente il matrimonio .
È pure un effetto di certe cause di nullità del matrimonio ,

il poter essere tolte posteriormente in uno dei modi indicati


dalla legge , sia mediante dispensa , sia mediante ratifica , sia
mediante l'inutile decorso del termine dentro il quale sarebbesi
dovuta chiedere la dichiarazione d'invalidità, o in altri modi

ancora. In questa materia però non si può dire in modo asso-


luto che si debba applicare la legge, sotto il cui impero il ma-
trimonio venne conchiuso . Invero , se la legge nuova non fa
che mutare la forma di taluno di quei modi di convalidazione ,
per es . dà nuove norme intorno alla maniera di domandare la

dispensa posteriore, oppure prescrive che la convalidazione del


matrimonio debba essere seguita da una nuova dichiarazione.

( 1 ) Il diritto territoriale prussiano distingue soltanto i matrimoni nulli


dagli invalidi ; chiama nulli quei matrimoni « i quali a motivo di qualche
impedimento non possono sussistere in nessun tempo (§ 933) ; invalidi quei
matrimoni « ai quali dall'origine si oppongono impedimenti legali, ma che
possono diventar validi in seguito per la rimozione di tali impedimenti »
($ 934) . Secondo questo Codice il difetto del consenso paterno rende il ma-
trimonio soltanto invalido (§ 972) .
144 PARTE TERZA

del consenso, oppure abolisce questo principio , in tutti questi


casi, e negli altri analoghi, la legge nuova dovrà essere appli-
cata di preferenza all'antica, appunto perchè la differenza fra
l'una e l'altra non è che di forma . Se la legge nuova introduce
qualche nuovo modo di convalidazione, sia conservando , sia
abolendo gli antichi , si applicherà del pari la legge nuova , se
i nuovi modi di convalidazione , sostituiti agli antichi , non diffe-
riscono da questi non essere sottoposti alla volontà di am-
bedue i coniugi o di uno solo di essi , in quei casi nei quali la
legge anteriore attribuiva ad ambedue i coniugi, oppure ad uno
solo di questi , il diritto di impugnare il matrimonio , cosicchè si
possa dire non essere opera della legge, ma degli stessi coniugi,
la cessazione della nullità di cui si tratta . Se quindi , per es. , la

legge nuova permette a quello fra i coniugi, che ingannò l'altro


intorno a qualche essenziale circostanza , di opporre alla do-
manda di nullità un'eccezione sconosciuta alla legge anteriore,
e nascente da fatti posteriori al matrimonio, non dipendenti
dalla volontà dell'altro coniuge, la legge nuova non potrà es-

sere su quel punto applicata retroattivamente , perchè ciò lede-


rebbe il diritto acquisito e contrattuale del coniuge ingannato .

La nullità od invalidità del matrimonio dà luogo a corri-

spondenti azioni o domande, affinchè il matrimonio venga di-


chiarato nullo . Queste azioni competono , secondo la varia
natura della causa di nullità, o soltanto ai coniugi , o ad uno
solo di questi , oppure a terze persone indicate dalla legge , sia
unitamente ai coniugi, sia separatamente da essi . Si domanda
quale sia l'influenza retroattiva di una legge nuova circa l'am-
missibilità delle azioni di nullità del matrimonio .

Che la legge nuova non possa togliere nè ad ambedue i


coniugi, nè ad uno qualunque di essi l'azione di nullità basata
sulla legge vigente quando il matrimonio venne conchiuso , è
principio che non richiede dimostrazione, siccome inseparabile
.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 145

da quello esposto e dimostrato sopra , che cioè l'originaria


nullità del matrimonio non può essere cancellata da una legge

posteriore. Imperocchè la ragione di questo canone , siccome


abbiamo veduto sopra , è tutta riposta nella natura contrattuale
del matrimonio , o in altri termini, le nullità in discorso ven-
gono mantenute tal quali, in vista appunto delle azioni che
all'uno o all'altro dei coniugi ne provengono .

Ma se la legge nuova togliesse per avventura ad una terza


persona il diritto di far valere una nullità matrimoniale , accor-
datole dalla legge anteriore, non avrebbe essa effetto alcuno
sui matrimoni già conchiusi ?
Noi non lo crediamo , appunto perchè il rispetto della legge
sotto cui il matrimonio venne conchiuso , è in sostanza un
omaggio al contratto , un principio di diritto contrattuale . Se
ciò è , non vi ha ragione alcuna di non applicare la nuova
legge sul matrimonio là dove essa non concerne i coniugi ,
come appunto non concerne i coniugi la facoltà di domandare.

la nullità del matrimonio, spettante ad una terza persona


estranea al contratto . Rispetto ad argomenti di questo genere
riprendono vigore nel diritto matrimoniale i generali principii
del gius transitorio personale, e , primo fra tutti , quello del-
l'applicazione retroattiva o immediata di ogni nuova legge
sullo stato delle persone, che non offende nessun diritto acqui-
sito. Supponiamo che la legge vigente conceda soltanto al
padre, e non conceda a nessuno dei coniugi il diritto di do-

mandare la dichiarazione di nullità del matrimonio per difetto


di consenso paterno ; se un matrimonio venne conchiuso ad

onta di questo impedimento, e prima che il padre del coniuge


minorenne ne domandasse l'annullamento , uscì una legge che
più non ammette la nullità del matrimonio per tale causa, chi

avrà giusta ragione di dolersi, se in virtù di questa legge s'impe-


dirà a quel padre di più presentare la sua domanda ? Nessuno
dei coniugi al certo, perchè la legge, sotto cui il loro matri-
GABBA - Retr. leggi , II 10
146 PARTE TERZA

monio fu conchiuso , non attribuiva loro il diritto di domandare


l'annullamento ; forse il padre medesimo ? Neppure , perchè
anche nel campo del diritto personale non si può ragionare di
gius quesito (v . sopra p . 34 e Vol . I , p . 210) , se il diritto di cui
si tratta non ridonda ad utilità di chi lo possiede , ma tale non è
certamente il carattere di quel diritto del padre ; esso è piuttosto
un attributo conferitogli dalla legge per il buon ordine della
famiglia, e che la legge può togliere per lo stesso o per altri
motivi. Che se il diritto accordato dalla legge anteriore al

padre, lo fosse stato anche ad uno dei coniugi , abolita da una


nuova legge la causa di nullità del mancato consenso paterno ,
e quindi , come poc'anzi dimostrammo , cessata in qualunque
padre dissenziente dal matrimonio del figlio la facoltà di pro-
porre quella causa di nullità dopo entrata in vigore quella
legge, sussisterebbe invece la facoltà medesima in quel coniuge
cui la legge precedente l'avesse attribuita, fintantochè egli non
l'avesse perduta in uno dei modi legali di convalidazione del
matrimonio , secondo le cose esposte sopra . Tanto nell'uno

poi, quanto nell'altro dei casi supposti dianzi, non varrebbe


per conservare al padre il diritto di domandare la nullità del
matrimonio, la circostanza ch'egli avesse già presentato la

domanda nel giorno in cui la legge nuova entrò in vigore .


Imperocchè noi abbiamo già avvertito nella Parte Generale
.
(v. Vol . I , pag. 265 ) che la pendenza dell'azione non basta
per sè sola , e senza nessun altro riguardo , a far considerare
come veramente acquisito un diritto o una pretesa qualunque
di stato personale.
La legge nuova però , mentre può togliere a terze persone
la facoltà loro accordata dalla legge precedente di domandare
la nullità di un matrimonio conchiuso sotto l'impero di questa

legge, non può inversamente attribuire tale facoltà a terze


persone cui la legge anteriore non l'avesse attribuita. Impe-
rocchè altrimenti si verrebbe a togliere ai coniugi quel prezioso
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 147

diritto , e veramente diritto acquisito contrattuale, di decidere


essi soli se il conchiuso matrimonio debba o non debba sus-

sistere . Di fronte a codesta ragione non avrebbe alcuna impor-


tanza neppure l'indole della terza persona contemplata dalla
nuova legge ; fosse anche il Pubblico Ministero , le ragioni, per
quanto gravi, di pubblico ordine, da cui la nuova legge fosse
stata suggerita, non potrebbero prevalere al rispetto del diritto
acquisito dei coniugi.
Si è fatta quistione intorno alla legge da applicarsi circa il
diritto spettante in alcuni casi agli eredi di un coniuge di chie-
dere l'annullamento del matrimonio del defunto, il quale non
abbia promosso tale azione, o non l'abbia condotta a termine.
Si è domandato se a tale argomento applicar si debba la legge
vigente al tempo della conchiusione del matrimonio , oppure
quella vigente quando mori il coniuge di cui si tratta, o final-
mente la legge vigente al momento in cui l'erede vorrebbe
sporgere l'azione . Noi riteniamo che la legge da applicarsi sia
la seconda fra le enumerate dianzi, cioè quella vigente nel
giorno dell'apertura dell'eredità del coniuge defunto . Per ve-
rità la ragione di questo modo di pensare è al di fuori delle
dottrine fin qui esposte , poichè il caso in quistione attiene
bensì al gius transitorio matrimoniale, ma sostanzialmente non
vi appartiene. Il diritto accordato dalla legge agli eredi di un
coniuge di promuovere dentro un certo tempo o condurre a
termine l'azione per la dichiarazione di nullità del matrimonio
del defunto , ha bensì per oggetto un rapporto giuridico per-

sonale, ma in sostanza non è che un mezzo per far valere le


ragioni patrimoniali componenti l'eredità, ha quindi carattere
piuttosto patrimoniale che personale . Tanto ciò è vero , che gli
stessi discendenti del coniuge defunto non possono promuo-

vere o proseguire l'azione in discorso , se non sono anche eredi


del loro ascendente ( 1 ) . Il coniuge vivente invece non si vale
(1) V. C. N., art. 184, e C. C., art. 104.
148 PARTE TERZA

dell'azione di nullità del matrimonio , ove questa gli spetti , se


non perchè il ben essere suo morale , ed anzitutto la sua mo-
rale dignità non solo non ne lo distolgono, ma anzi glie lo
consigliano . Or bene tutti i diritti dell'erede sono regolati ,
come vedremo a suo luogo , dalla legge vigente nel giorno della
morte del de cujus ; per conseguenza il diritto d'impugnare il
matrimonio di costui non può appartenere all'erede se non a
termini della legge da cui è regolato anche il rimanente acquisto
dell'eredità. Questa opinione è stata pure adottata, e per lo
stesso motivo , dalla Corte di cassazione di Parigi in una sen-
tenza del 28 dicembre 1831 ( 1 ) . Disse la Corte circa il punto
attuale di quistione : « attesochè si tratta di statuire intorno
alle reciproche pretensioni delle parti alla successione del si-
gnor F.; che il diritto ad una successione non può essere
subordinato all'epoca in cui convenne all'una delle parti d'in-
tentare l'azione ; che per conseguenza gli è la legge del tempo
della morte che deve servire di regola ; che la morte del si-
gnor F. è anteriore al Cod . civ. , e quindi l'art . 184 di questo
Codice non può applicarsi al caso , ecc . » .

Riassumendo le precedenti osservazioni , possiamo dire che


l'azione di nullità del matrimonio non può essere promossa da

persone alle quali già non spettava a termini della legge sotto
cui il matrimonio venne conchiuso , ma che a tali persone può

venir tolta dalla legge nuova, purchè non si tratti di uno qua-
lunque dei coniugi .

Che se la legge nuova non può impedire , nè sostanzialmente


modificare le dirette conseguenze delle nullità matrimoniali ,
nè può , in particolare, togliere ai coniugi l'azione di nullità
basata sulla legge precedente, può tuttavia prescrivere nuove
formalità o nuovi termini per far valere quelle conseguenze ed

(1) R. G. 32, 1, 358 ; D. R. 32, 1 , 28 ; Pasier., 2ª serie, Vol. 5, pag. 474.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 149

azioni. Ciò avvertono il Merlin (1. c . , p . 227) , e il Dalloz (R.,

vº Lois, n. 217 ) , e discende da principii da noi esposti nella


Parte Generale di quest'opera (v. Vol . I , p . 312 e segg.).

§ 4.

Dello stato di coniuge e dei rapporti personali dei coniugi.

Il canone dimostrato nel paragrafo precedente, che la vali-


dità di un matrimonio non può essere giudicata in nessun
tempo se non colla legge vigente nel giorno della conchiusione ,
equivale a quest'altro : che lo stato di coniuge, acquistato con-
formemente alla legge, non può più essere perduto in virtù di
una legge posteriore, che abolisca la prima . Noi abbiamo già
esposto in altre occasioni questo principio (v. sopra p . 31 ) ,
e parecchi autorevoli scrittori, fra i quali il Blondeau ( 1. c . ,
n. 5 ) , il Merlin (1. c . , pag. 227 ) , il Duvergier (v. Vol . I , ib .) ,
e il Pinto (pag. 141 ) , ne hanno pure avvertito l'importanza .
Lo stato di coniuge è l'effetto fondamentale e più immediato
del matrimonio rispetto alla persona di coloro che lo hanno
conchiuso ; esso è il diritto personale dei contraenti, che tutti
gli altri in sè comprende. Noi dobbiamo dunque dipartirci dal
principio dianzi esposto per investigare e determinare i limiti
dell'applicazione della legge nuova agli effetti del matrimonio
che concernono direttamente la persona dei coniugi .
Codesta determinazione deve farsi colla scorta dei criteri

precedentemente stabiliti (v . p . 31-32) intorno alla vera natura


dei diritti acquisiti di stato personale. Per conseguenza, prima
di ogni altra cosa , noi dobbiamo ricercare quali si intendano
diritti veramente sostanziali contenuti nello stato di coniuge ,
che non si possano togliere senza ledere il più fondamentale
diritto acquistato mediante il contratto di matrimonio.
Non ci sembra difficile rispondere a questa domanda , ricor-
dando la nota definizione del matrimonio data da Giustiniano
150 PARTE TERZA

(§ 1 , I. De pat. potest. ) : viri et mulieris conjunctio , individuam


vitae consuetudinem continens. La sostanza del matrimonio , ciò
che distingue questo stato dal concubinato, è dunque il diritto
reciproco dei coniugi di congiungere ogni loro potere e facoltà
pel bene di ciascheduno , e il diritto di ciaschedun coniuge di
non essere arbitrariamente abbandonato dall'altro . Tutte le

altre disposizioni della legge , sia per determinare più concre-


tamente quei diritti, sia per additare i mezzi onde effettuarli ,
benchè abbiano alla loro volta per effetto di attribuire qualche
facoltà giuridica sia ad ambedue i coniugi , sia all'uno o all'altro
di essi , non hanno , rispetto al matrimonio , sostanziale impor-
tanza, e per conseguenza le facoltà giuridiche provenienti da
esse leggi non si possono dire veri e propri diritti acquisiti per-
sonali, come quelli contenuti nella succitata definizione . La

reciproca assistenza , e l'esclusione dell'arbitrario scioglimento


del matrimonio, questi, e non altri, sono i diritti acquisiti essen-
ziali, componenti lo stato personale di coniuge.
Di ciò convengono pure generalmente gli scrittori di gius
transitorio e le leggi intorno a questa materia. È generale
insegnamento che i rapporti personali dei coniugi sono regolati
dalla legge vigente al momento in cui sorgono, e non da quella
sotto cui il matrimonio venne conchiuso (1 ) ; ma per siffatti rap-

porti i giureconsulti sogliono appunto intendere quelli che fra


i coniugi intercedono dentro la cerchia tracciata dal concetto
più generale del matrimonio , cioè dai diritti veramente essen-
ziali allo stato di coniuge . Noi non possiamo che sottoscrivere
a siffatta proporzione .

Per conseguenza , se , per un supposto poco probabile , ve-

(1) V. BAUER, p. 38. - Una legge transitoria prussiana del 1814 (v. Vo-
lume 1 , pag. 89, in nota) dispone che : « i diritti e i doveri fra i coniugi, ed
anche il regolamento dei loro rapporti in caso di separazione matrimoniale ,
vengono regolati dalle leggi vigenti al tempo della conchiusione del matri-
monio »; ma in questo passo hannosi certamente di mira i rapporti patri-
moniali, attesochè fra coniugi separati non rimangono più che questi.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 151

nisse permessa la poligamia in uno Stato in cui vigeva la


monogamia, della nuova legge non potrebbero certamente
profittare i mariti diventati tali anteriormente , e le cui mogli
ancora esistessero e non vi acconsentissero ; imperocchè altri-
menti toglierebbesi a queste mogli il diritto acquisito della
totale ed esclusiva conjunctio coi mariti loro , e le si spoglie-
rebbero del più essenziale elemento dello stato personale acqui-
stato col matrimonio . Cosi pure, se, per un supposto non meno
improbabile, venisse introdotta l'istituzione del libello di re-
pudio dato dal marito alla moglie, non potrebbe di certo essere
ripudiata nessuna moglie che fosse diventata tale vigendo il
principio della indissolubilità del matrimonio . Che se si

tratti di diritti o rapporti personali dei coniugi , di loro natura


non essenziali al matrimonio , giusta il significato ' attribuito
dianzi a questa espressione, più frequenti sono le differenze
fra le leggi , e meno ipotetiche le applicazioni degli esposti
principii.
Anzitutto i veri rapporti personali dei coniugi debbono es-
sere attentamente distinti dai patrimoniali contrattuali . Ciò che
il marito o la moglie possono o non possono fare, sia separa-
tamente, sia congiuntamente, rispetto ai beni conferiti nella
società coniugale all'atto della conchiusione del matrimonio , o
acquistati dall'uno o dall'altra successivamente, è argomento
del gius matrimoniale bensì , ma nella parte sua patrimo-
niale, anzichè personale. Imperocchè il regime patrimoniale
dei coniugi, dotale o di comunione, non è così necessaria-
mente congiunto col concetto del matrimonio, che questo
sia impossibile se non vi sia dote, o se durante il matrimonio
non si facciano da nessuno dei coniugi acquisti da mettere in
comune. Affatto diverso è il carattere dei rapporti che fra i
coniugi intercedono in ragione soltanto di questa loro qualità ,
e prescindendo dall'avere i medesimi conferito nella società
.
coniugale beni dotali o beni comuni . Quelli sono veramente
152 PARTE TERZA

rapporti personali , quand' anche abbiano eziandio importanza


economica, come, per es. , l'obbligo del marito di alimentare.
la moglie, l'obbligo della moglie di non obbligarsi civilmente.

senza il consenso del marito. Non vi ha quindi maraviglia che ,


mentre i rapporti personali dei coniugi sono generalmente re-
golati, come dicemmo , dalla legge vigente al momento in cui
sorgono, quelli patrimoniali invece sono di regola governati
dalla legge sotto cui il matrimonio venne conchiuso . La pre-
cedente considerazione è già stata fatta da più di un giurecon-
sulto, come, per es . , dal Dalloz (v. Lois, n . 220) , dal Mailher
de Chassat (1 , p . 219 , 223 ) , e dal Demolombe ( n . 44 in fine ) ,
a proposito della quistione transitoria circa l'alienazione del-
l'immobile dotale , del qual tema noi ci riserviamo di parlare
quando tratteremo del matrimonio come contratto patrimoniale ,
quantunque i nominati giureconsulti non lo separino dal trat-
tato del gius transitorio matrimoniale personale .
Vuolsi inoltre avvertire che i rapporti personali dei coniugi ,
che la legge civile determina, sono essenzialmente accessorii
a quelli determinati dalla legge di natura e dalla legge morale .
Gli essenziali rapporti matrimoniali sfuggono alle norme posi-
tive , non che alla coazione della legge ; questa non fa che
assicurarli, attribuendo opportunatamente al marito e alla
moglie certi diritti che si possono , occorrendo , far valere
coattivamente in confronto dell'altro coniuge . I principali però

fra questi diritti sono attribuiti al marito verso la moglie, come


per es . il diritto di aver seco la moglie nel proprio domicilio ,
il diritto di dare o negare il suo consenso a certi atti giuridici
della moglie concernenti il di lei patrimonio .
Facciamo ora alcune applicazioni delle suesposte dottrine .
Se viene mutata la legge intorno ai mezzi coattivi accordati
al marito per costringere la moglie a rimanere nel domicilio
coniugale, e per es. al diritto della coazione diretta viene sosti-
tuito quello della coazione indiretta mediante pena pecuniaria,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 153

o sequestro di una parte delle rendite, come è prescritto dal


nuovo Codice civile italiano ( art. 133 ) , non v'ha dubbio che
il nuovo principio si applicherà non solo ai matrimoni da con-

chiudersi, ma anche ai già conchiusi . Imperocchè , mentre è


essenziale al matrimonio e allo stato di marito, che la moglie
non possa arbitrariamente abbandonare il domicilio coniugale ,
altrettanto non si può dire rispetto ad un mezzo piuttosto che
ad un altro di ottenere questo scopo , attesochè , qualunque sia il
mezzo adottato dalla legge vigente , bisogna crederlo più idoneo
di ogni altro.
Più frequentemente discussa è l'influenza retroattiva di una
legge nuova intorno all'autorizzazione maritale . Venendo in-
trodotta l'autorizzazione maritale in un paese dove prima le

mogli godevano piena libertà di disporre dei loro beni para-


fernali e di obbligarsi , oppure accadendo l'opposto , o venendo
mutati i limiti dell'autorizzazione maritale , sia per allargarli ,

sia per restringerli , in tutti questi casi le donne maritate prima


dell'attuazione della legge nuova, continueranno o non conti-
nueranno nello stato personale attribuito loro dalla legge an-
tica, oppure si dovranno fare distinzioni , per dar preferenza ,
secondo i casi, all'una o all'altra legge ?

Noi abbiamo già avuto un'altra occasione di toccare di


questo argomento nella Parte Generale della presente opera
(v. Vol. I, pag. 296-297 ) , ed ivi abbiamo affermato che, a
nostro avviso, la legge nuova intorno all'autorizzazione mari-
tale deve sempre essere applicata senza distinzione di casi ;
abbiamo anche accennato scrittori e sentenze di tribunali che

tennero il medesimo avviso . Ora , riprendendo a considerare


questa nostra proposizione, poche parole ci basteranno per
dimostrarla . Invero , se la legge nuova abolisce l'autorizzazione
maritale, oppure la ristringe a minor numero di casi , non si

offende certamente nessun diritto di stato personale, ma sol-


tanto si migliora lo stato personale delle donne già maritate
154 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

(v. sopra pag. 32) coll'applicarla anche ad esse ; nè il marito


potrà reputare offeso un diritto da lui acquistato mediante il

contratto di matrimonio , perchè, come abbiamo appunto di-


mostrato nella mentovata occasione , coi contratti non si pos- I
sono acquistare diritti di stato personale da far valere ad onta
di una legge posteriore che li abbia aboliti . Se invece la legge
nuova introduce per la prima volta l'autorizzazione maritale ,
oppure ne allarga i confini stabiliti dalla legge precedente ,

anche in questi casi nessun diritto acquisito, nè personale , nè


contrattuale , osta all'immediata applicazione di essa legge alle
donne già maritate . Imperocchè, nella prima ipotesi, la legge
nuova non fa che diminuire la naturale libertà delle donne

maritate , e quindi non toglie ad esse nè uno stato , nè un di-


ritto acquisito (v. Vol . I , pag. 208) ; nella seconda ipotesi, nè
la moglie può addurre contro l'applicazione della legge nuova
un diritto contrattuale , nascente dal matrimonio , a non essere

maggiormente limitata nella sua libertà , nè può la medesima


allegare un diritto acquisito personale dello stesso contenuto ,
poichè la sottoposizione della moglie alla maritale autorizza-
zione non è uno stato per lei vantaggioso , nè quindi può essere
da lei considerato come un diritto quesito di stato personale
(v. sopra pag. 31 ).
Oltre agli scrittori già mentovati in una precedente occa-
sione dianzi ricordata, convengono pure nell'opinione suesposta

lo Struve (pag. 245) , il Meyer (p . 54) , il Merlin (1. c . , p . 228 ) ,


il Bauer (pag. 33-39) , il Wächter (pag . 188) , il Kalindero
(pag. 55 ), il Mailher de Chassat (1 , pag . 220) , il Demolombe
(n. 44), il Duranton (n . 52) , il Theodosiades (p . 85 ) , il Mar-
cadé e il Mazzoni (Istit. di dir. civ. ital. , Vol . I, pag. 40) . II

solo Herrestorf (pag . 219) vuole in ogni caso che la condizione


personale della moglie di fronte al marito sia quella statuita
dalla legge sotto il cui impero il matrimonio fu contratto , ma

non pare, a dir vero, che egli abbia ben compreso la vera na-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 155

tura della quistione, poichè adduce a sostegno della sua opi-


nione la Nov. 22 , cap . 47 , la Nov. 68 , cap . 1 , e la Nov. 76,
cap. 1 , in tutti i quali luoghi non si tratta di capacità della
moglie , nè di altri diritti personali , ma bensi di diritti patri-
moniali bensi nascenti dal matrimonio (1 ) . Non tutti però

quegli scrittori deducono la retroattività della nuova legge


intorno alla capacità della moglie dal principio generale che i
rapporti personali dei coniugi sono sempre regolati dalla legge
attuale. Il Grandmanche de Beaulieu e il Merlin (1. c. , p . 229)
adducono la ragione molto generica dell'ordine pubblico e
morale (2) ; il Kalindero dà per ragione il riflesso che già per
sè medesimo il matrimonio è uno stato di assoggettamento

della moglie al marito , quasichè la quistione del più e del meno


non dovesse essere gravissima in questo come in molti altri casi.
Alle sentenze citate in quella medesima occasione testè
mentovata dobbiamo ora aggiungere una sentenza della Corte
d'appello di Torino del 20 messidoro , anno 13 ( 3 ) , che di-
chiarò doversi applicare anche alle donne già maritate la legge

( 1 ) Nella relazione che venne fatta al Tribunato, a nome della sezione di


legislazione, sul titolo Del matrimonio, il giorno 23 ventoso anno 11, le dis-
posizioni degli articoli 215-218 del Code civil, vennero presentate come tali
che si dovessero applicare soltanto in avvenire. Ma questo pensiero è
espresso in modo affatto incidentale, cosicchè non si può dire che sia stata
mente dell'oratore di risolvere una quistione, e di scegliere una fra due
opposte opinioni ( veggasi il relativo brano presso MERLIN, 1. c. ) . Che anzi,
osserva benissimo il Merlin, le ragioni addotte dall'oratore per giustificare
quegli articoli si conciliano coll'opinione contraria.
(2) Il vago concetto dell'ordine pubblico diede origine a qualche obbie-
zione per parte di chi non lo riscontrava nelle leggi in discorso. Obbiet-
tavano che se il difetto di autorizzazione fosse una nullità di ordine pub-
blico, non sarebbero soli il marito, la moglie e i loro eredi a poterla opporre
(C. N., art. 225). Il MERLIN risponde (ib., p . 230 ) che , se l'obbiezione stesse ,
non sarebbe d'ordine pubblico neppure qualche altra nullità, che tuttavia
tutti considerano come tale, e per es. quella proveniente dal difetto di
consenso degli ascendenti o del consiglio di famiglia al matrimonio del
minorenne, che il Codice permette pure soltanto a certe persone di far
valere.
(3) Pasicr., 1 ser. , 2ª part. Jur. d. Trib. ou C. d'app., p . 488.
156 PARTE TERZA

che esige il consenso del marito per stare in giudizio , ed anzi


l'applicò all'azione della moglie contro il marito medesimo per
ottenere gli alimenti fuori del domicilio coniugale ( 1 ) , una
sentenza della Corte d'appello di Limoges del 22 giugno
1828 ( 2 ) , la quale applicò pure a tutte le donne maritate anche
prima dell'attuazione del C. N. la legge che richiede il con-
senso del marito per alienare i beni parafernali , due sentenze
della Corte di cassazione di Parigi , l'una del 2 gennaio

1832 (3) , l'altra del 7 dicembre 1836 (4) , le quali diedero


la stessa applicazione alla legge che interdice alla moglie di
assumere obbligazioni sui propri beni parafernali , due sentenze
della Corte di cassazione di Torino , l'una del 6 settembre
1867 (5 ) , l'altra del 13 marzo 1869 (6) , una sentenza della
Corte d'appello di Milano del 15 dicembre 1868 ( 7 ) , ed
un'altra della Corte d'appello di Brescia del 1 ° giugno
1871 ( 8 ) , le quali tutte dichiararono applicarsi anche alle
cause pendenti, quando venne attuato il nuovo Codice civile

italiano , l'art . 134 di questo Codice , il quale dispone che la


donna maritata non possa stare in giudizio senza l'autorizza-
zione del marito . Fra tutte le succitate sentenze, quella della

Cassazione di Parigi del 1836 espone chiaramente nei suoi

( 1 ) Secondo il Codice civile italiano ( art. 136, 2º ) la moglie separata dal


marito per colpa di questo , non ha bisogno della maritale autorizzazione.
(2) Pasicr., 2º ser., 2ª part. Jur d. C. roy. et d. C. d'Et., p. 166.
(3) Pasicr., 2ª ser., C. de Cass., Vol . 6, p. 108.
(4) R. G. 37, 1 , 416 ; Pasicr., ib., Vol. 7, p . 20.
(5) Ann. di Giurispr. ital., Vol. 1, pag. 413. La motivazione però di questa
sentenza è veramente singolare. Vi è detto che il principio dell'autorizza-
zione maritale per istare in giudizio attiene all'ordine giudiziario, e per
questa ragione appunto se ne ordina l'applicazione immediata anche alle
donne già maritate. Le leggi giudiziarie non sono nel Codice civile ; non si
poteva cercare un argomento peggiore per sostenere un principio univer-
salmente ricevuto per tutt'altra ragione.
(6) M. T. 1869 , 342.
(7) Ib. 1868, 983.
(8) lb. 1871 , 509.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 157

motivi le stesse ragioni da noi addotte . « Visti gli articoli 217


e 1576 del Codice civile ; attesochè queste due disposizioni ,
regolando lo stato e la capacità delle donne maritate, sono
statuti personali ; che gli statuti di questo genere ricevono
esecuzione allo stesso momento in cui vengono emanati ; che
per conseguenza dal giorno della promulgazione dei due titoli

del C. C. , ai quali appartengono le succitate disposizioni , lo


stato e la capacità della signora L. furono regolati da questo
Codice, qualunque siano del resto la data e le condizioni del
contratto di matrimonio , ecc . » .

Vi hanno però scrittori, e fra questi ricordiamo lo Struve


(1. c. ) , i quali opinano che, se nel contratto di matrimonio
venne espressamente pattuito per l'uno o per l'altro dei coniugi
un dato grado di capacità, nessuna legge nuova su questo
argomento possa avere per effetto di togliere vigore a quel
patto ; che si deve pensare di questa opinione ?
Noi crediamo necessaria una distinzione. O la legge nuova
permette, come permetteva la precedente, di regolare nel con-
tratto di matrimonio la capacità personale dei coniugi o di uno
qualunque di essi , e in tal caso ogni patto di tal natura , sti-
pulato sotto l'impero della legge precedente, dovrà conservare
il suo pieno vigore anche sotto l'impero della legge nuova .
Oppure la legge nuova divieta simili patti, e stabilisce norme
invariabili intorno ai rapporti personali dei coniugi, e in questo
caso qualunque patto anteriore che dalla legge nuova differisca ,
perderà ogni effetto dal giorno dell'attuazione di questa . In-
vero, soltanto in questo secondo caso , la legge nuova avrebbe
natura di vera legge sullo stato personale, mentre nel primo
essa farebbe piuttosto parte della legislazione intorno al con-
tratto di matrimonio ; ora in materia di stato personale noi
abbiamo già avvertito nella Parte Generale (v . Vol . I, p . 296 )

che il contratto non può resistere alla legge .


Come rispetto all'autorizzazione, cosi pure rispetto alla limi-
158 PARTE TERZA

tazione contenuta nel Senatoconsulto Velleiano , si dovrà sempre,

come osservano il Mailher de Chassat (1 , p . 220) , e il Grand-


manche de Beaulieu (p . 55 ), applicare la legge vigente quando

ebbe luogo ogni singola intercessione della moglie pel marito .


La Corte di cassazione di Parigi in due sentenze , l'una del
27 agosto 1810 ( 1 ) , l'altra del 5 marzo 1811 ( 2) , decise che
l'abolizione di quel Senatoconsulto si applica anche alle donne
maritate sotto l'impero del medesimo , senza ledere con ciò le
convenzioni matrimoniali, estranee affatto a questo argomento .

« Considerando , dice la Corte nella prima delle citate sentenze ,


che il S. C. Velleiano era uno statuto puramente personale , e

indipendente dalle convenzioni matrimoniali ; che l'incapacità


nascente dal medesimo è stata tolta dal C. C .; che infatti il
cap. 1 , tit. 14, che definisce la fideiussione, non adottò in
nessuna delle sue disposizioni la proibizione fatta alle donne
dal S. C. Velleiano ; che l'art . 1125 conferisce a chiunque,
senza nessuna eccezione , il diritto di obbligarsi e di contrat-
tare ; che l'art. 1125 non permette alla moglie di impugnare
i propri obblighi per titolo d'incapacità , fuorchè nei casi pre-
visti ; che le leggi romane, ordinanze, statuti e consuetudini

che si oppongono al Codice, furono espressamente abrogate


dall'art. 73 ; finalmente che la fideiussione di cui si tratta fu
stipulata dopo la promulgazione del Codice civile, ecc . » .
Anche la facoltà di donare o di fare altre liberalità spetta o

non spetta ai coniugi, e in una misura maggiore o minore ,


secondo la legge vigente quando si compieva ciascuno di tali
atti, e non già secondo la legge vigente quando il matrimonio
venne conchiuso . Imperocchè , come bene osserva il Savigny
(pag. 527 ), lo scopo di una legge , la quale, per avventura ,
tolga o limiti quella facoltà, non è altro che quello di conser-
vare il matrimonio in tutta la sua purezza.

(1 ) Pasicr., 1ª ser. , C. d. Cass., Vol. 5, p . 614.


(2) Ib., Vol. 6, pag. 76.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 159

Molti scrittori aggiungono alle discussioni transitorie intorno


agli effetti del matrimonio rispetto ai coniugi , quella intorno
al modo di provare il matrimonio e lo stato di coniuge ; ma
noi ci riserviamo di trattare questo argomento in più lontana
occasione, quando esporremo i principii del gius transitorio
intorno alle prove .

§ 5.

Della separazione dei coniugi.

Fra gli effetti del matrimonio, e propriamente fra gli effetti


eventuali , vi ha la separazione dei coniugi . Non vi può essere
dubbio che le cagioni della separazione devono essere giudi-
cate secondo la legge vigente al tempo del giudizio , e non se-

condo la legge sotto il cui impero venne conchiuso il matri-


monio, e neppure secondo la legge vigente al tempo in cui
l'azione venne presentata. Conseguentemente non può accordarsi
separazione dei coniugi per cause non più ammesse dalla legge
attuale, e verificatesi vigendo la legge precedente, e per converso
nessuna causa di separazione, introdotta dalla legge nuova, potrà
essere applicata ad un matrimonio anteriore, ove ella siasi veri-

ficata totalmente vigendo la legge anteriore, e non , in parte al-


meno, dopo l'attuazione della legge nuova . E con quest'ultima
proposizione intendiamo potersi benissimo la separazione dei
coniugi domandare e accordare in vista di un fatto , cioè di

una condizione personale di fatto , cominciata sotto l'impero


della legge precedente, continuata sotto l'impero della legge
nuova, e da questa per la prima volta contemplata come causa
di separazione (v . Vol . I , p . 234 ) . Che se per avventura venisse
pubblicata una legge, la quale introducesse una causa di sepa-
razione, totalmente riposta nell'arbitrio di qualcuno dei coniugi,
legge siffatta non potrebbe applicarsi ai matrimoni anteriori,
siccome lesiva dell'essenziale diritto di ognuno dei coniugi di
160
PARTE TERZA

non essere abbandonato arbitrariamente dall'altro (v . sopra

pag. 150).
Identica alla suesposta è in sostanza la dottrina del Merlin
(1. c. , pag. 223 ) intorno all'effetto retroattivo di una nuova
legge sulla separazione ; e tale dottrina s'accorda pure colla
legge francese del 20 settembre 1782 , la quale , mentre abo-
liva (§ 1 , art. 7 ) la separazione di letto e di mensa , dichiarò
annullate ed estinte tutte le domande di separazione non an-

cora giudicate. Collimano pure con tale dottrina due sentenze


della Corte di cassazione di Torino , 2 ottobre 1866 (1 ) , 7 gen-
naio 1869 (2) .

Non tutti gli scrittori però , nè i legislatori adottarono pie-


namente quel modo di pensare. Per esempio il Mailher de
Chassat (1 , pag. 230-231 ) e il Kalindero (pag. 64) opinano

che le cause pendenti di separazione devonsi poter continuare,


qualunque sia la differenza fra la legge nuova e l'antica . Il
legislatore olandese del 1833 (art . 39 , v. Pinto , pag . 143 )

rispettò pure le azioni pendenti di separazione per una causa


non più riconosciuta. Ma questi fatti non ci smuovono dalla
nostra convinzione . Noi ammettiamo che un legislatore possa

avere buone ragioni di equità e di pratica convenienza onde


scostarsi da qualunque più rigoroso principio del diritto tran-
sitorio ; crediamo invece che l'opinione sostenuta dai citati
scrittori non s'accordi coi più saldi principii di questo ramo

di giurisprudenza . Noi pure abbiamo dimostrato a suo luogo


(v. Vol . I, pag. 264 e segg. ) che le azioni pendenti devono
essere rispettate quando sono trasformazioni di diritti già ac-
quistati, oppure quando esse medesime pongono in essere e
concretano un diritto, ma tanto l'una quanto l'altra ipotesi
suppone alla sua volta che si abbia un oggetto idoneo di sua
natura al vero e proprio acquisto di un diritto ; or bene i di-

( 1) G. 1. xxvIII, 2, 259.
(2) A. G. II, 1 , 39.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 161

ritti di stato personale per regola generale mancano appunto


di tale carattere, come noi abbiamo dimostrato (v . sopra p . 15

e pag. 32) , e come , fra gli altri scrittori , afferma esplicita-


mente il Weber (pag. 79).

La separazione dei coniugi ha pure alla sua volta i propri


effetti ; e a più forte ragione della separazione medesima,
questi effetti devono per regola conformarsi alla legge attuale ,
anzichè a quella sotto il cui impero la separazione venne
pronunziata . Tale è pure l'opinione del Dalloz (R. , vº Lois,
n. 217 , in f. ) , ed anche questa opinione ha il suffragio di giu-
dicati italiani, come, per es. , della Corte di cassazione di To-
rino 14 settembre 1869 (1 ) , e 18 marzo 1871 ( 2) . Se quindi
l'effetto della separazione fosse per l'uno o per l'altro dei
coniugi l'acquisto di un maggior grado di capacità , e , per es . ,
fosse per la moglie innocente la liberazione dalla autorità

maritale, codesto effetto non potrebbe , in virtù degli stessi


principii generali del gius transitorio personale, essere rispet-
tato se non fintantochè una nuova legge non statuisse un prin-
cipio diverso . Ciò in virtù della generale retroattività delle leggi
di stato personale , e , in particolare altresì, della più volte av-
vertita inefficacia della cosa giudicata contro l'immediata ap-

plicazione di quelle leggi (v. sopra p. 35-36) . Il contrario fu


ritenuto da una sentenza della Corte d'appello dell'Aia , 27
aprile 1814 ( 3 ) , ma questa sentenza, giustamente censurata

( 1) G. I. xx1 , 1 , 641 .
(2 ) L. XI, 1 , 477.
(3) Ap. DALLOZ (1. c., n. 518 nota). Ecco la motivazione di questa sentenza.
<< Attesochè le conseguenze di una separazione fra coniugi devono essere
<< giudicate secondo la legge vigente al momento della separazione ; -- atte-
<< sochè la separazione avvenuta fra l'appellante e il di lei marito fu stipu-
<< lata e pronunziata nel 1801 , e quindi sotto l'impero della legge di quell'e-
<< poca ; attesochè a quell'epoca una donna separata dal marito in seguito
<< a condanna giudiziale pronunziata dopo il contratto di separazione, era
<<< liberata dalla podestà maritale e poteva obbligarsi senza l'autorizzazione
<< nè il consenso del marito ; attesochè, per conseguenza, l'appellante non si
GABBA - Retr. leggi , II 11
162 PARTE TERZA

dal Dalloz, è intieramente basata sulla falsa premessa che le


conseguenze di una separazione fra coniugi debbano essere
giudicate secondo la legge vigente nel momento della sepa-
razione.

Fra gli effetti della separazione potrebbe esservi anche il


divorzio , quando per esempio la legge ordinasse che, dopo un
certo tempo , la separazione dei coniugi potesse convertirsi in
divorzio dietro domanda di uno dei coniugi (v . art . 310 C. N.) ;
a tale effetto si applicheranno i principii che esporremo intorno
alle cause del divorzio .

§ 6.

Dello scioglimento del matrimonio e del divorzio.

La durata del vincolo matrimoniale , finchè non lo ha sciolto


la morte , è variamente regolata dalle legislazioni , secondochè
queste seguono il principio della dissolubilità o quello della
indissolubilità del matrimonio , e , nel primo caso , secondo il
vario modo in cui regolano lo scioglimento del vincolo . Tutti
i trattatisti delle quistioni transitorie hanno studiato l'influenza
retroattiva di una legge nuova intorno allo scioglimento del
matrimonio ed al divorzio , e si accordarono nei principii fon-
damentali , ma non in tutte le loro applicazioni . L'argomento
è dei più importanti del diritto transitorio personale .
Principio universalmente seguito si è che : una legge, la quale
introduca, od abolisca il divorzio, oppure muti le cause del di-
vorzio, deve essere applicata non solo ai matrimoni conchiusi
dopo, ma anche a quelli conchiusi prima della sua attuazione.
Veggansi fra gli altri scrittori : Struve ( pag. 246) , Merlin ( 1. c . ,
pag. 232) , Mailher de Chassat ( 1 , pag. 229) , Pinto (p . 142),

<< trovava nel caso di aver bisogno di una autorizzazione per obbligarsi me-
<< diante l'atto in questione, o di ricorrere, in difetto della medesima, al Pub-
<< blico Ministero, annulla il ricorso, ecc. ».
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 163

Savigny (p . 524) , Unger (p . 140) , Dalloz (R. , v° Lois , n. 221 ) ,


Kalindero ( p . 55 ) , Schmid ( pag . 138) , Grandmanche de Beau-
lieu (pag. 50) , Lassalle (pag . 77) , Theodosiades (pag. 66).
Anche i legislatori furono sempre di quell'avviso ; ce lo pro-
vano fra le altre la legge francese 20 settembre 1792 , che
introdusse per la prima volta il divorzio in Francia, la legge
dell'8 maggio 1816 , che ve lo aboli , e la recente legge del
luglio 1884 , che ve lo ripristinò (Disp. trans. , art . 1-2) ;
così pure la legge transitoria del Baden del 1809 (v. Vol . I ,
pag. 64 , in nota) , quella di Amburgo del 1814 (ib . , pag. 73 ) ,
le annoveresi degli anni 1814 e 1815 (ib . , pag . 79 ) , la
prussiana del 1814 (§§ 9-10 , pag. 92), la sassone del 1863
(ib. , pag. 115 ) ( 1 ). La giurisprudenza dei tribunali anche

essa non ha mai seguito una diversa dottrina. L'italiana ,


in particolare, non ebbe , a dir vero , occasione di applicarla,
non essendo stato mai il divorzio ammesso in Italia, e soltanto
il Tribunale di Bologna in una sentenza 8 giugno 1874 (2) si
lasciò andare al proclamare l'esorbitante massima che in ma-
teria di scioglimento del matrimonio debbesi sempre applicare
la legge, sotto il cui impero il matrimonio venne conchiuso .
Evidente è la consonanza di quel principio coi canoni fon-
damentali del gius transitorio personale. Come dice benissimo
.
il Blondeau, « le cause dello scioglimento del matrimonio ,
non essendo una mera conseguenza di tale contratto , nè un
risultato dei matrimoniali rapporti , ma essendo invece avveni-
menti fortuiti e incerti, se la legge nuova viene a stabilire che
tali cause non avranno più gli effetti che ebbero per lo passato ,
questa legge potrà bene applicarsi anche ai matrimoni ante-

riori . Imperocchè nessuno dei coniugi potè lusingarsi di con-

(1) In Italia, dopo la pubblicazione del Codice civile italiano, non vi ha


dubbio che gli Ebrei e gli acattolici, i quali primi potevano divorziare, non
ne hanno avuto più licenza.
(2) Riv. Giud. di Bologna , 11, 155.
164 PARTE TERZA

tinuare a godere dei vantaggi congiunti col suo stato , al so-


praggiungere di circostanze nelle quali il legislatore decide
che questo stato si deve modificare » . Noi abbiamo infatti

dimostrato a suo luogo (v . sopra) che il non essere neces-


sarie nè implicite molte delle conseguenze legali dei rapporti
giuridici personali , è uno dei principali caratteri di questi
rapporti . Il Merlin applica pure all'attuale argomento quel-
l'altro principio, non meno sicuro del gius transitorio personale,
che le leggi intorno allo stato e alla capacità personale sono
concepite con minor riguardo al comodo privato che al pub-
blico ordine . « Il legislatore, dice il Merlin (1. c . ) , sia che
permetta, sia che vieti il divorzio , non si regola secondo la
volontà espressa o presunta dei coniugi quando si unirono
in matrimonio , ma bensì secondo le esigenze del pubblico or-
dine . Infatti vana sarebbe la riserva della facoltà di divorziare ,
che si facessero due coniugi uniti in matrimonio sotto l'impero
di una legge proibitiva del divorzio , e invano, nell'ipotesi con-
traria, due coniugi rinunzierebbero alla facoltà di chiedere il
divorzio » . L'ipotesi fatta dal Blondeau (ib . ) di una legge che
lasci in facoltà dei coniugi di permettersi o no il divorzio , è
veramente superflua, appunto perchè fino ad ora nessuna le-
gislazione ha considerato il divorzio come materia contrattuale ,
ma bensì come elemento dello stato personale , il quale stato ,
anche se venne posto in essere mediante contratto , non è pro-

priamente contrattuale che in alcune più essenziali sue conse-


guenze, come di sopra si è veduto. Data quella ipotesi , si dirà
certamente col Blondeau che non si potrebbe applicare retroat-
tivamente una legge la quale si scostasse bensì dalla espressa

pattuizione di certi coniugi, ma coll'aspetto di interpretare i


contratti di matrimonio . Noi soggiungeremo poi alla nostra

volta che, attuata una legge nuova, la quale vietasse di far


patti per ammettere o per escludere il divorzio , o regolasse
questa materia con massime imperative, e non semplicemente
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 165

dispositive, perderebbero ogni effetto le pattuizioni contrarie


fatte sotto una legge anteriore che le permetteva (arg. sopra

pag. 157).
Che se tanto l'abolizione quanto l'introduzione del divorzio
si applicano ai matrimoni già conchiusi , come a quelli che si
conchiuderanno , rispetto alla seconda ipotesi però non si vuol
perdere di vista un riflesso che già facemmo rispetto alla se-
parazione, e che in questa materia del divorzio è sfuggito a
tutti gli scrittori , fuorchè al solo Kalindero (pag . 57 e segg. ) .
Le cause del divorzio non devono risolversi nell'arbitrio di uno

dei coniugi di far sciogliere il matrimonio , e , quando siano tali ,


non possono applicarsi ai matrimoni già conchiusi , essendochè

altrimenti si toglierebbe a tali matrimoni l'essenzialissimo ef-


fetto che nessuno dei coniugi possa abbandonare l'altro arbi-

trariamente, effetto che , dopo la introduzione di siffatte cause


di divorzio , cesserebbe per verità di potersi dire essenziale
al matrimonio , ma che prima poteva dirsi veramente diritto
acquisito mediante il matrimoniale contratto . Osserva giu-
stamente il suddetto scrittore che il divorzio per incompa-

tibilità d'umore, ammesso dalla legge francese del 1792 , ed


escluso dal C. N. , risolvevasi in un vero ripudio di un coniuge

per parte dell'altro , e quindi venne ingiustamente applicato da


quella legge anche ai matrimoni anteriormente conchiusi (1 ) * .

( 1 ) Il Kalindero trova lo stesso carattere arbitrario anche nel divorzio


per demenza o per assenza dell'altro coniuge, pure ammesso dalla legge
del 1792 , ma noi non ne possiamo convenire, attesochè nè l'una circostanza
nè l'altra sono prodotte da quel coniuge che le adduce per ottenere il
divorzio. Neppure possiamo convenire col KALINDERO ( pag. 59 ) che il C. N. ,
abolendo il divorzio per incompatibilità d'umore anche nei matrimoni con-
chiusi sotto l'impero della legge del 1791 , abbia commesso una ingiusta
retroattività ; il diritto di divorziare per tal motivo non si poteva ritenere
un diritto acquistato di stato personale in virtù di quei matrimoni ( v. sopra
pag. 32 ? ).
(*) Dello scioglimento di un matrimonio rato, non consumato, dopo
l'attuazione del Codice civile italiano. - A complemento delle cose dette
circa l'azione retroattiva delle leggi sul divorzio, e in particolare di una legge
166 PARTE TERZA

Venendo ora all'applicazione del principio generale sovra


esposto , è quistione delle più dibattute fra gli scrittori di questa
parte del diritto transitorio , se nello applicare ai matrimoni

che proscrive il divorzio, stimiamo opportuno avvertire che a tale principio


non si potrebbe sfuggire introducendo in qualche caso la distinzione fra
causa di divorzio, e causa di risoluzione del matrimonio. Questa distin-
zione è stata appunto immaginata nella celebre causa Garibaldi-Raimondi
da un celeberrimo avvocato, il quale accumulò sofismi sopra sofismi, onde
ottenere, come ottenne, una sentenza, che io fui primo a denunziare al-
l'Italia come un servizio e una misura politica. Massimo di quei sofismi
fu il rappresentare lo scioglimento del matrimonio rato non consumato,
quale era possibile per dispensa pontificia quando vigeva il diritto canonico
matrimoniale, come una risoluzione del contratto pel verificarsi di una
condizione risolutiva. Io ho combattuto questa strana tesi nella mia Con-
futazione della sentenza della Corte d'appello di Roma in causa Gari-
baldi-Raimondi ( Milano, Richiedei, 1880), ristampata nelle mie Quistioni
di diritto civile (Torino, Chiantore, 1882) , ed ora riporto in questa nota la
parte più sostanziale di quella critica.
Lo scioglimento per dispensa pontificia del matrimonio rato non consu-
mato, è vero scioglimento del matrimonio, cioè vero divorzio, impossibile
quindi dopo l'attuazione del Codice civile italiano, che siffatta dispensa più
non ammette, e vano è il ricorrere alla dottrina delle cause di risoluzione
dei contratti per sostenere l'opinione contraria. La giurisprudenza invero
insegna che quelle cause sono di due specie. Le une, vere e proprie condi-
zioni risolutive, tacite od espresse, inerenti ai contratti medesimi ; le altre ,
cause di scioglimento surte posteriormente alla conclusione di quelli. Le
prime fanno sì che le parti si considerino l'una di fronte all'altra, come se
non avessero mai contrattato. Le seconde fanno sì che le parti si considerino
reciprocamente sciolte da ogni obbligo per l'avvenire. Le prime danno occa-
sione di applicare, fra gli altri , il principio : resoluto jure dantis, resolvitur
et jus concessum ; le seconde no. Delle prime sono esempio la clausola re-
solutoria tacita dell'inadempimento del contratto, e le molteplici condizioni
cui i contraenti possono alligare con effetto risolutivo le loro stipulazioni.
Delle seconde sono esempio il dissenso o il consenso contrario in ogni e
qualunque contratto non ancora eseguito, o non ancora esaurito nei suoi
effetti, e, nel matrimonio in particolare, per consenso dell'avvocato suddetto
e dei giudici che lo seguirono, ne sono esempio le ordinarie cause del divorzio,
dove questo sia ammesso, come per es. il consenso di entrambi i coniugi, l'a-
dulterio, la condanna criminale di un coniuge, i maltrattamenti inflitti da un
coniuge all'altro. Queste cause infatti fanno cessare, sciolgono il matrimonio
per l'avvenire soltanto ; e ben a ragione nè quei giureconsulti, nè altri mai
hanno sognato che là dove il divorzio è ammesso, benchè soltanto lo sia per
cause dichiarate, il matrimonio abbia natura giuridica di contratto condi-
zionato, cioè concluso colla condizione risolutiva tacita che non avvenga
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 167

già conchiusi una legge nuova introduttiva del divorzio o di


qualche nuova causa di questo, sia necessario che la causa del
divorzio siasi verificata in quei matrimoni dopo l'attuazione

nessuno di quei fatti che per legge sono motivi sufficienti ad invocare e con-
seguire lo scioglimento.
O condizione risolutiva adunque, o semplice causa di scioglimento poste-
riore al contratto, o l'una cosa o l'altra ; di mezzo non c'è nulla, fuorchè
l'equivoco. O la non consumazione, accompagnata da grave causa, è vera e
propria condizione risolutiva del matrimonio, o essa non è che una causa
di scioglimento, simile giuridicamente alle ordinarie cause di divorzio ; l'una
cosa o l'altra doveva francamente dichiarare la suaccennata sentenza, che
invece non dichiarò nè l'una, nè l'altra. La non consumazione del matrimonio,
condizione risolutiva , et quidem tacita, di questo contratto, tale e non altro
è il senso dell'arcana colleganza fra scioglimento del matrimonio per quel
titolo e conclusione del medesimo , che i giudici del 26 dicembre 1879 e i loro
collaboratori designarono vagamente colle frasi causa de praeterito, causa
risolutiva congenita, causa risolutiva nascente dall'originaria costitu-
zione e modalità del vincolo. Tale e non altro è il quid dimidium fra
annullamento e scioglimento, che è perno e punto vitale dell'argomentazione
di quei giureconsulti. È questo il Proteo cui essi alternano a piacimento i
nomi di causa o azione di nullità, di causa o azione di scioglimento, la
radice, la fonte prima delle contraddizioni, degli equivoci e delle oscurità
in cui essi sono perennemente involti. O intendere in quel modo il senso
arcano dei loro discorsi, o rinunziare a intenderli affatto in nessun modo, e
quindi essere costretti a condannare e mettere da parte la sentenza e i suoi
commentari, come enigmi e non sensi.
Ma è egli poi lecito considerare la non consumazione del matrimonio
come condizione risolutiva tacita di questo contratto ?
Anche qui la giurisprudenza risponde di no con ragioni insuperabili per
certezza e gravità.
Anzitutto il giure canonico non consente opinione siffatta , perchè esso
non permette scioglimento di matrimonio rato e non consumato , se non
quando e perchè concorrano gravi cause a giustificarlo. Sono queste cause
il fondamento prossimo della domanda e della sentenza di scioglimento, e
non il solo difetto di consumazione. Il non essere stato consumato il matri-
monio è una mera condizione negativa, sine qua non, perchè lo scioglimento
si possa ottenere ; se le gravi cause non vi si aggiungono, lo scioglimento
è impossibile. Ma che le gravi cause non siano nè de praeterito, nè conge-
nite al vincolo, nè effetti della costituzione o della modalità del vincolo,
non vi ha d'uopo dimostrare. Sorprende davvero il meschino artificio con
cui i giudici del 26 dicembre 1879 e i loro cooperatori, per confondere le
idee proprie e le altrui intorno alla vera natura giuridica dello scioglimento
del matrimonio non consumato, ne trascurano affatto un elemento essen-
ziale, nell'atto stesso in cui si danno l'aria di precisarla scientificamente .
168 PARTE TERZA

della legge nuova, oppure basti che siasi verificata sotto l'im-

pero della legge anteriore che il divorzio non ammetteva . È


quistione analoga ad altra da noi già risoluta poco sopra

È poi il ragionare di matrimonio risolubile ab initio, per la condizione


risolutiva della non consumazione, un contraddire apertamente al principio,
inconcusso e fondamentale, del diritto matrimoniale antico e moderno, che
il matrimonio non si possa concludere sotto condizione risolutiva. Il quale
principio, benchè sulle prime possa non parere , non è meno sicuro nel diritto
canonico che nel civile moderno, e, rispetto alle condizioni risolutive in
particolare è certissimo nel primo come nel secondo. Nè l'uno e l'altro
diritto fanno poi differenza tra condizioni risolutive, espresse o tacite, e ,
quanto alle risolutive tacite, fra quella della non consumazione del matri-
monio , e un'altra qualunque. Ciò perchè , come tutti sanno , non può
essere in arbitrio dei coniugi il conservare il matrimonio o il farlo cessare,
e non è quindi ammissibile che all'atto di porre in essere il vincolo coniugale
essi pensino a future circostanze, dipendenti dalla loro volontà, che ne pos-
sano impedire gli effetti, se non col proposito di evitarle e di prevenirle.
Ragion per cui, dove il divorzio è ammesso, le cause legittime di questo non
operano, se non perchè le fa valere il coniuge che le patisce , e non già quello
che le fa nascere, e la sentenza del giudice che pronunzia il divorzio ha il
carattere morale, e in parte anche giuridico, di castigo inflitto a chi infranse
i doveri coniugali.
Che se fosse possibile attribuire allo scioglimento del matrimonio per non
consumazione, il carattere giuridico di effettuazione di una condizione riso-
lutiva del contratto, perchè non si dovrebbe dire lo stesso di ogni e qua-
lunque causa di divorzio ? Imperocchè non è a dubitare che anche la non
consumazione del matrimonio è un fatto posteriore alla conclusione di questo.
Eppure nessun giureconsulto ha mai osato affermare la seconda cosa ; chi
oserà affermare la prima?
Nè vale l'addurre contro i suddetti argomenti la parola dirimi adoperata
dal Tridentino a proposito dello scioglimento del matrimonio rato, per la
solenne professione di uno dei coniugi. L'argomento si risolve in una peti-
zione di principio, essendo quella appunto una generica espressione, che può
tanto designare l'annullamento, quanto lo scioglimento, perchè essa ha di
mira soltanto il risultato pratico e ultimo dell'essere tolto di mezzo il ma-
trimonio, locchè può accadere nell'uno e nell'altro di quei modi. Gratuito
affatto è l'asserire che quel dirimi, sia nel suddetto caso di scioglimento ,
sia in quello analogo di che ora si discute, voglia significare propriamente
scioglimento per causa insita nel contratto, anzichè per causa del tutto
posteriore a questo. Non oportet jus calumniari. Del resto non manca nel
diritto canonico qualche speciale principio intorno agli effetti del matri-
monio rato non consumato, che è manifestamente e assolutamente inconci-
liabile colla tesi della risoluzione di quel matrimonio ex tunc, sia per
dispensa pontificia, sia per la professione religiosa di uno dei coniugi. Tale
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 169

rispetto alla separazione, onde ciò che noi diremo rispetto


alla prima, varrà altresì , analogamente, come conferma e

è il principio che l'adulterio, accompagnato dalle altre circostanze volute da


quel diritto, può valere come impedimentum criminis, anche se commesso
da una persona legata da vincolo di matrimonio rato non consumato. Lo
dice espressamente il SANCHEZ (ap. KUTSCHKER, op. cit., Vol. 3, pag. 408) :
non autem requiritur matrimonium consummatum, et sufficit matri-
monium, quamvis celebratum sit divortium . Il che significa avere in quel-
l'argomento il matrimonio rato una virtù propria, pari a quella del matri-
monio perfezionato colla consumazione, la quale propria virtù non si concilia
affatto col concetto di un matrimonio soggetto all'arbitrio dei contraenti,
quale sarebbe nella dottrina della risolubilità per omessa consumazione.
Non è dunque condizione risolutiva del matrimonio per diritto canonico
la non consumazione ; affermare il contrario è manifesto e gravissimo errore
giuridico.
Non esiste dunque quel termine medio fra annullamento e scioglimento
del matrimonio, che la sentenza del 26 dicembre 1879, e i giureconsulti che
vi cooperarono, immaginarono, ma non definirono ; il cui vago concetto è
pernio dell'apparente loro dimostrazione, fondamento della loro tesi : che lo
scioglimento del matrimonio non consumato possa avere effetti eguali a
quelli dell'annullamento ; tesi da cui provennero gli equivoci e le oscurità
dominanti dal principio alla fine in tutti i loro ragionamenti.
Non è dunque possibile che la non consumazione del matrimonio produca
nè in diritto canonico, nè in nessun altro diritto del mondo, effetti giuridici
eguali a quelli dell'annullamento.
Non è altra dunque la natura giuridica della non consumazione del matri-
monio, se non quella di ogni altra vera e propria causa di scioglimento o di
divorzio.
E non lo è per la stessa confessione degli autori della sentenza del 26 di-
cembre 1879. Imperocchè se, trovatisi nella necessità di uscire un pochino
dall'equivoco, e di dare un qualche apparente fondamento alla conclusione
cui volevano pervenire, essi ammisero, a costo anche di contraddirsi, che la
questione fosse di scioglimento di matrimonio, il dare poi il giusto senso a
queste parole non era più nel loro arbitrio, e non era quindi lecito ad essi
dissentire da ciò che in proposito la scienza insegna ed impone.
Ciò che noi abbiamo fin qui propugnato , riceve piena conferma dalla legge
austriaca 25 maggio 1868, la quale ebbe appunto per iscopo di abolire in
Austria il diritto matrimoniale canonico, introdottovi dalla Patente impe-
riale 8 ottobre 1856, da quella stessa Patente che fu in vigore in Lombardia
fino al 28 ottobre 1860 , e dalla quale la sentenza 26 dicembre 1879 pretende
desumere nell'attore il diritto quesito di essere liberato dal vincolo coniu-
gale per titolo di non consumazione. Or bene, che cosa ha disposto il legis-
latore austriaco rispetto a siffatta pretesa ?
Ecco che cosa si legge nell'art. IV della legge austriaca 25 maggio 1868.
170 PARTE TERZA

ulteriore schiarimento di ciò che già dicemmo rispetto alla


seconda.
La seconda delle due suaccennate opinioni è propugnata dal

Merlin (p . 222 ) , dal Mailher de Chassat (1 , p . 230) , e dal Dalloz


(R., v° Lois , n . 222) ; la prima invece è propugnata dal Savigny
(p . 266), dall'Unger (p . 140, nota 51 ) , dal Lassalle (p . 78) , dal
nostro Mazzoni (1. c . , pag . 42, nota 1 ) , e dal Rintelen (p . 55) .
Parecchie legislazioni positive hanno pur seguito questo se-
condo avviso , fra le quali l'Ordinanza transitoria prussiana del

<< Per l'applicazione della presente legge vengono emanate le seguenti


disposizioni transitorie :
3
<< § 1. Trattandosi di validità di un matrimonio contratto sotto l'impero
della Patente 8 ottobre 1856, se ne deve decidere secondo il disposto di
questa Patente e delle altre disposizioni contemporaneamente pubblicate
« Lo scioglimento, del pari che la separazione di letto e di mensa, rispetto
ad un matrimonio concluso prima dell'attuazione della presente legge, de-
vesi invece, dal giorno di questa attuazione, giudicare esclusivamente se-
condo le disposizioni della legge civile e della legge presente ».
Nè contraddice la giurisprudenza italiana, come pure fu asserito, alla
nostra dottrina circa il vero carattere dello scioglimento del matrimonio
rato non consumato, e l'inammissibilità del medesimo dopo l'attuazione del
Codice civile italiano. Si adducono in contrario tre sentenze d'appello : Corte
di Napoli, in causa Scognamiglio-Angelillo, Corte di Genova, 21 luglio 1874,
in causa Rocca-Brambilla, Corte di Venezia, 14 novembre 1872 , in causa
Thiene-Vaccari , e due sentenze di tribunale : Genova, 25 ottobre 1874, in
causa Rocca-Brambilla, Napoli, 1 ° maggio 1868, in causa Scognamiglio-
Angelillo. Ma in realtà, delle tre decisioni di Corti d'appello, due, quelle
di Napoli e di Venezia, non dicono nulla affatto, nè in via principale,
nè in via incidentale, e neppure fanno riserva di sorta alcuna rispetto
alla questione dell'odierna dissolubilità di un matrimonio concluso vigendo
il diritto canonico , per titolo di non consumazione ; la terza , quella di
Genova, non fa che toccare in via incidentale quella questione, ma senza
risolverla, e riservandone la soluzione.
Rimangono sole decisioni concernenti la questione, quelle del tribunale
di Genova e del tribunale di Napoli. Ma queste sentenze si contraddicono,
perché l'una considera caso di nullità quello che l'altra considera caso di
scioglimento di matrimonio.
E così, a due sole sentenze di tribunale, et quidem contraddittorie, ridu-
cesi tutta quanta la patria giurisprudenza , che i giureconsulti da noi
censurati osano asserire favorevole ad una tesi, repugnante ai più sicuri
principii del diritto transitorio e del diritto matrimoniale.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 171

1814 (§ 10 , v. Vol . I , pag . 89 , in nota) ( 1 ) , e la legge transi-


toria olandese del 1833 (art . 41 , v. Pinto , pag. 143) . La giu-

risprudenza pratica è anch'essa rimasta incerta intorno a


questa quistione, come lo provano le contraddittorie sentenze
che accenneremo in seguito . Noi siamo convinti che nell'at-
tuale argomento possono essere di molto giovamento i principii
generali esposti nella prima parte di quest'opera, sia per ve-
nire ad una soluzione soddisfacente, sia per conciliare fra di
loro e colla dottrina migliore, certe opinioni di giureconsulti
e decisioni di tribunali finora credute inconciliabili . Ma

prima occorre determinare esattamente lo stato attuale della


quistione.
Il Mailher de Chassat e il Dalloz non fecero in sostanza che

ripetere le ragioni del Merlin . Quest'ultimo però non ha di-


scusso propriamente la quistione, ma piuttosto la considerò
come risoluta in Francia da due leggi consecutive , cioè da
quella più volte menzionata del 1792 , e dalla legge transitoria
del 26 germinale anno 11. La prima di queste due leggi sta-
tuiva nell'art . 6 , che dal giorno della sua attuazione tutte le
domande di separazione , e le sentenze non eseguite , sarebbero
rimaste estinte e sospese, e che i coniugi avrebbero potuto
domandare il divorzio . Disponendo così, la legge del 1792 ,
dice il Merlin, ha deciso chiaramente che il divorzio può es-
sere domandato anche per fatti anteriori alla pubblicazione
della legge. In altri termini, il Merlin ha voluto dire, e assai
giustamente, che la surriferita disposizione permetteva eviden-
temente di giovarsi nel nuovo processo per divorzio dei fatti
già addotti nel precedente processo di separazione . Anche la
legge del 26 germinale anno 11 , dice il Merlin , collo statuire

che le cause pendenti per divorzio possono venir proseguite a

(1 ) E così pure le tre leggi transitorie prussiane del 1816 : per la Sassonia
(p. 11 ), per la Prussia occidentale ( p. 11 ) , e per Posen (p . 11 ) ; v. Savigny,
1. c., pag. 516 in nota, e pag. 213.
172 PARTE TERZA

termini dalle leggi sotto le quali vennero presentate, fa com-


prendere chiaramente che le domande le quali verranno pre-
sentate dopo l'attuazione della legge nuova potranno essere
giudicate secondo quest'ultima, a qualunque epoca risalgano i
fatti, alle quali elle si appoggiano . Tanto il Merlin, quanto il
Mailher de Chassat, e il Dalloz , non hanno poi menomamente
investigato se l'opinione seguita dal legislatore francese nel
1792 , e secondo loro , anche nell'anno 11 , riposi veramente
su motivi generali , in modo che la si possa elevare , come essi
fecero , a principio scientifico .
Altro argomento che pare assai valido agli accennati scrit-

tori, si è quello contenuto in una sentenza della Corte d'appello }

di Torino del 21 floreale anno 12 (1 ) , riformatoria di una


sentenza del Tribunale di prima istanza di quella città . « At-
tesochè , sebbene sia vero , rispetto ai matrimoni conchiusi
prima della pubblicazione del Codice civile, che ciaschedun
coniuge aveva acquistato il diritto all'indissolubilità del vincolo ,
questa indissolubilità del vincolo però ripugnava in alcuni casi
alla natura e all'essenza di ogni contratto sinallagmatico , e
non si fondava che su leggi ed opinioni religiose , la cui forza
coattiva cessò col nuovo sistema di tolleranza introdotto dalle

leggi, cosicchè non tanto si tratta di violazione di un diritto ,


quanto piuttosto di emancipazione e di ritorno ad una bene
ordinata libertà ; attesochè , se a leggi di questo genere si

potessero applicare i generali principii intorno alla retroattività


e ai diritti acquisiti , dovrebbesi ammettere il divorzio per de-
menza, o per assenza di cinque anni, o per allontanamento da
due anni, locchè sarebbe evidentemente contrario all'intenzione
del legislatore, il quale non ammise in via transitoria che la
continuazione delle istanze già pendenti per le cause suddette
all'epoca della legge nuova ; ed essendo questo il solo caso di
eccezione previsto dalla legge quanto alle cause anteriori ,
( 1) R. G 5, 29. — D. R. 11 , 259.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 173

ne segue che in tutte le altre disposizioni essa legge debbasi


riguardare come esplicativa del diritto comune , e debba es-
sere applicata a tutti i matrimoni anteriori indistintamente ;
attesochè, lungi dal considerare l'azione pel divorzio come
una pena, i legislatori l'hanno presentata come un rimedio al
male, e come giovevole ad ambedue i coniugi, locchè esclude
qualunque idea di diritti violati , o di convenzioni infrante ;
attesochè, finalmente, la privazione di certi diritti e vantaggi
matrimoniali, pronunziata dalla legge contro il coniuge conve-
nuto nel processo di divorzio , non può sotto nessun rapporto
essere confusa colle pene inflitte ad un delitto ; essa è soltanto
una dichiarazione e determinazione che fa la legge nuova della
indennità che il coniuge , contro cui il divorzio è domandato,
avrebbe dovuto all'altro coniuge in virtù della legge anteriore
a titolo di separazione , ecc. » .
A queste ragioni il Dalloz (1. c . ) aggiunge anche la conside-

razione che la ragione della legge, la quale ammette la do-


manda di divorzio per certi fatti determinati, si è che questi
pongono i coniugi in tale situazione l'uno di fronte all'altro,
che la continuazione del matrimonio non possa essere per

ambedue che una sorgente d'infelicità ; il qual risultato può


essere indifferentemente prodotto da fatti anteriori o posteriori
all'attuazione della legge sul divorzio .
I partigiani dell'opposta opinione spendono assai meno pa-
role per dimostrarla. Il Savigny e l'Unger non fanno che espri-
merla nel tuono di chi fonda la propria convinzione sull'evi-
denza, e Lassalle soggiunge soltanto che l'opinione contraria
alla sua sarebbe la più scandalosa (schreiendste) delle retroat-
tività ( 1 ) . Anche la motivazione della succitata sentenza del

(1 ) Egli è strano che il Lassalle ( pag. 18 e pag. 10) attribuisca al Savigny


l'opinione contraria alla sua propria, e si sforzi di argomentarla da tutt'altri
luoghi del System des heut. röm . rechts , fuorchè dalla pagina 526, dove il
Savigny professa esplicitamente la stessa opinione sostenuta dal Lassalle.
174 PARTE TERZA

Tribunale di prima istanza di Torino , riformata poi , come si


vide, in appello , è breve e in tuono aforistico : «
< attesochè è
massima del diritto , religiosamente rispettata da tutte le legisla-
zioni, e posta in capo allo stesso Codice dove si contiene la

legge sul divorzio , che la legge non deve avere effetto retroat-
tivo ; attesochè in virtù di tale principio , nella discussione in-
torno ad una domanda presentata per fatti anteriori alla pub-
blicazione delle nuove leggi , si deve ricorrere alle leggi antiche ,
e non alle nuove , ecc . » .
Noi pure non possiamo esitare un istante a seguire la se-
conda delle due surriferite opinioni , ogniqualvolta la domanda
di divorzio sia basata su singoli fatti compiuti e finiti sotto l'im-
pero della legge precedente. In questo caso sembra anche a
noi evidente che il volere applicare la legge sul divorzio ad un
matrimonio anteriore, adducendo la generale retroattività delle
leggi sullo stato personale, sia un abusare di questo principio,
spingendolo oltre un limite che nessuna legge può mai varcare ,
il limite cioè del tempo in cui non erano ancora accaduti i
fatti a cui la legge vorrebbesi applicare ; codesta specie di re-
troattività noi l'abbiamo dichiarata impossibile fin dal principio
dei nostri studi (v . Vol . I , pag . 34) . La riferita argomentazione
del Tribunale di prima istanza di Torino non potrebbe essere
per noi nè più giusta nè più stringente .
Ma può darsi che i fatti , in base ai quali il divorzio viene
domandato , non siansi esauriti prima dell'attuazione della
legge nuova, costituiscano cioè una di quelle durevoli condi-
zioni di fatto, che già nella Parte Generale (Vol. I, pag. 234 )
abbiamo avvertito potersi calcolare dalla legge nuova , avendo
riguardo non solo a ciò che sotto il suo impero è accaduto ,
ma anche a ciò che è accaduto prima. E tale ipotesi può
avverarsi , o perchè : a ) i fatti che danno causa al divorzio sono
complessi, cioè risultano dall'insieme e dalla successione di
molti fatti minori, i quali abbracciano un periodo di tempo
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 175

occupato successivamente da due leggi diverse, oppure : b) per-


chè quei fatti, essendo semplici, protraggono gli effetti loro al
di là della durata della legge, sotto la quale cominciarono .
Della prima specie ci porgono esempio l'incompatibilità di ca-
rattere fra i coniugi, se essa vale come causa del divorzio , e
le ingiurie gravi ei mali trattamenti ; ambedue questi concetti
racchiudono in sè l'abitualità dei fatti a cui si riferiscono .

Della seconda specie ci porge esempio la condanna criminale


di un coniuge, nel caso che la pena non fosse ancor stata in-
tieramente scontata allorquando venne attuata la legge che la
riguarda come giusta causa di divorzio . Se all'una o all'altra

di queste specie appartengono i fatti accaduti prima dell'attua-


zione della legge sul divorzio , e pei quali il divorzio viene ora
domandato , noi crediamo che questa domanda debbasi accet-
tare e giudicare secondo quella legge. Facile ce ne sembra la
dimostrazione .

a) Se i fatti di cui si tratta sono complessi , o per meglio


dire, si risolvono nell'abitualità di certi rapporti fra i coniugi ,
quella parte dei medesimi che è accaduta sotto l'impero della
legge anteriore, viene considerata dal giudice non per porla a
carico di chi ne fu l'autore , ma soltanto per giudicare la vera
importanza e gravità di quella parte che accadde sotto l'impero
della legge nuova. Se, per esempio , una moglie domanda il di-

vorzio , allegando gli abituali maltrattamenti inflittile dal marito ,


ma nel breve tempo trascorso dopo che il divorzio è stato
permesso quei maltrattamenti non poterono essere che pochi ,
e la moglie prova che il marito già da molto tempo prima.
di quell'epoca aveva l'abitudine di offenderla in quella ma-
niera e nelle medesime circostanze in cui l'offese di poi , il
giudice potrà benissimo , a parer nostro, ammettere l'abitua-
lità delle gravi offese e permettere il divorzio in virtù della
legge nuova . Imperocchè , sentenziando così, il giudice non
viene propriamente a punire il marito delle offese da lui com-
176 PARTE TERZA

messe sotto l'impero della legge precedente , ma soltanto ha


riguardo a tali offese per determinare il vero carattere degli
atti illeciti commessi dal marito sotto l'impero della legge

nuova , ritenendo che egli abbia veramente percosso od altri-


menti maltrattato la moglie anche in quest'epoca per abituale
mancanza di rispetto ai doveri del suo stato . Oltracciò sarebbe
a dir vero anche ridicola nel suesposto caso l'inazione del
giudice, il quale aspettasse che la moglie ricevesse molte altre
percosse od offese per ritenere che il marito avesse ancor l'abi-
tudine di maltrattarla. Superfluo è del resto l'avvertire che se
le nuove offese fossero accadute in circostanze affatto differenti

da quelle fra cui erano accadute le precedenti, e il cambia-


mento fosse a vantaggio del marito , non potrebbe il giudice
decidere in quella maniera .
Due sentenze, fra le quali una di Cassazione , confermano le
cose anzidette . Con sentenza del 20 piovoso anno 13 la Corte
d'appello di Bruxelles ( 1 ) ammise una domanda di divorzio
presentata da una moglie contro il marito per ingiurie gravi
e cattivi trattamenti tanto prima, che dopo il 1 ° ottobre 1793,
epoca in cui entrò in vigore la legge sul divorzio del 1792. Il

marito ricorse in Cassazione, pretendendo che fosse stata data


una ingiusta retroattività a quella legge, ma la sezione dei ri-
corsi della Corte di cassazione di Parigi respinse il ricorso con
sentenza del 12 febbraio 1806 (2) , osservando «< che la Corte
d'appello non aveva avuto unicamente riguardo ai fatti ante-
riori al 1793 , ma eziandio a quelli accaduti dopo , e quindi il
rimprovero di ingiusta retroattività rimaneva senza fonda-
mento » .

b) Se i fatti di cui si tratta sono semplici, ma non esauriti


vigendo la legge anteriore, persistendo essi anche sotto l'impero
della legge nuova, potranno dopo l'attuazione di questa diven-

( 1 ) Pasicr., 1ª ser. Jur. d. C. d. France et d. Belg., Vol . 1, p. 140.


(2) Pasicr., 1ª ser. C. d. Cass., Vol. 4, pag. 194.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 177

tare causa di scioglimento di un matrimonio anteriore, poichè


per la parte che ne rimane dopo quell'epoca essi possono
considerarsi come attuali, quantunque per il cominciamento
loro si possano considerare come anteriori . Se, per esempio ,
una moglie domanda il divorzio allegando una condanna cri-
minale, subita e non ancora scontata intieramente dal marito

prima dell'attuazione della legge che per tal causa ammette lo


scioglimento del matrimonio , il divorzio potrà essere accordato ,
perchè il trovarsi il marito in prigione al momento in cui la
domanda viene presentata è un fatto attuale , qualunque del
resto sia il tempo in cui è cominciato, ed ogni fatto attuale.
nelle materie di stato personale suol essere regolato dalla legge
attuale. Differente sarebbe il caso ed opposta la decisione , se ,

in luogo di trovarsi ancora servo di pena , il marito ne fosse


già stato intieramente liberato quando la legge sul divorzio
venne posta in vigore . In questo caso la condanna criminale.

apparterrebbe alla categoria dei fatti anteriori , ai quali giusta


le cose dette precedentemente quella legge non potrebbe es-
sere applicata . Non varrebbe l'obbiettare , come fu detto in

una sentenza del Tribunale di prima istanza di Torino del


22 termidoro anno 9 (1 ) , che non si può dare ad una con-
danna penale un effetto ignorato dalla legge sotto il cui impero
venne emanata . Imperocchè, se anche non troppo giustamente
il Dalloz affermi ( 1. c . , n . 222) non potersi ritenere che il ma-
rito sarebbesi astenuto dal delinquere, se avesse saputo che il

suo delitto avrebbe potuto cagionare il divorzio , questo viene


accordato nel caso suesposto non come pena del marito , ma
come diritto della moglie , e propriamente come diritto di stato
personale, cioè come il miglior modo di regolare in tali circo-
stanze i matrimoniali rapporti.
Anche le cose dette dianzi ricevono conferma da giudiziali
decisioni . La Corte d'appello di Torino , riformando con deci-
( 1 ) V. nota 1 , pag. 5 .
GABBA - Retr. leggi, II 12
178 PARTE TERZA

sione del 25 maggio 1808 (1 ) quella menzionata dianzi del


Tribunale di prima istanza della stessa città, accordò il divorzio
ad una donna , il cui marito era stato condannato a nove anni

di ferri con sentenza del 22 termidoro anno 9 , prima che il


C. N. venisse pubblicato in Piemonte . Nei motivi della sentenza
la Corte avverti esplicitamente essere stata per lei circostanza
decisiva il trovarsi il marito ancor sottoposto alla pena quando

venne emanata la legge sul divorzio . « Atteso , dice la Corte ,


che la pena a cui venne condannato il marito , e che ora egli
subisce nel bagno di Tolone , è senza dubbio infamante ;
che le leggi regolatrici dello stato delle persone esercitano il
loro impero dal momento della loro pubblicazione , e per con-
seguenza, qualunque sia l'epoca della condanna, basta che,
quando fu promulgata la legge sul divorzio l'attrice fosse con-

giunta in matrimonio con persona colpita d'infamia in virtù di


sentenza passata in giudicato, perchè potesse invocare il dis-
posto della legge medesima ; che non si può dire interpretarsi
troppo estesamente la legge del divorzio, applicandola ai casi
che l'hanno preceduta, nè aggiungersi una pena non compresa

nella disposizione della legge, coll'attribuire a quei casi l'effetto


del divorzio ; imperocchè il Codice , coll'ammettere fra le cause
del divorzio la condanna di uno dei coniugi ad una pena infa-

mante, non ha inflitto una pena, ma soltanto ha regolato i


diritti dei cittadini francesi e lo stato delle persone, e, per con-

seguenza, basta che al momento della pubblicazione della legge,


lo stato e la condizione delle persone siano quali la legge esige

per dar luogo al divorzio, affinchè vi si possa ricorrere senza of-


fendere nessun diritto acquisito » . Anche la Corte d'appello
dell'Aia, nel decidere colla sua sentenza del 13 aprile 1813 ( 2)

( 1 ) D. R. 11 , 930 ; Pasicr., 1ª ser., Jur. d. C. d. Fr. et d. Belg., Vol. 11 ,


pag. 370.
(2) R. G. 14, 2, 91 ; D. R. 915 ; Pasier., 1ª ser., Jur. d. C. d'app. , Vol. IV,
pag. 678.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 179

che alle separazioni volontarie di letto e di mensa , avvenute


prima dell'attuazione del C. N. , non si applichi l'art . 310 di
questo Codice, venne indirettamente a confermare l'opinione
suesposta. L'articolo suddetto permette al coniuge convenuto
nel giudizio di separazione , di domandare il divorzio dopo tre
anni dall'avvenuta separazione , se l'altro coniuge non si voglia
riunire con lui . Or bene, quantunque gli effetti della separa-
zione siano regolati dalla legge sotto il cui impero si compiono
(v. sopra p . 161 ) , nella separazione volontaria però non vi ha
nè attore nè convenuto , e non tanto si applica la legge quanto

piuttosto questa viene a confermare la volontà del cittadino ,


sottraendone quindi l'oggetto all'influenza di leggi posteriori .
Ma con quella decisione la Corte dell'Aia ammise in pari tempo
in modo implicito che l'art. 310 del C. N. avrebbe potuto
essere applicato alle separazioni pronunziate mediante sentenza
giudiziale prima dell'attuazione di quel Codice . E tale opinione
discende pure dalle cose sopraddette ; imperocchè ciò che esige
l'art . 310 del C. N. affinchè il divorzio possa essere accordato ,
si è che quando lo si domanda siano decorsi tre anni dalla

separazione, e che il coniuge che ottenne la separazione non


voglia riunirsi coll'altro ; ora il tempo decorso è sempre in
certo modo un fatto che si compie nel momento attuale , poichè
questo suol venire indicato in relazione ai precedenti , e quindi
il decorso di tre anni può dirsi un fatto che si compie al ter- .
mine del terzo anno , il qual termine , nell'ipotesi in discorso ,
si è appunto verificato sotto l'impero della legge nuova che ne
desume una causa di divorzio .
Fa meraviglia davvero che nè al Merlin nè al Dalloz, nè ad

altri siasi presentata la distinzione esposta poco sopra , nel di-


scutere intorno allo scioglimento del matrimonio per fatti an-
teriori alla legge sul divorzio . Come mai non hanno essi av-
vertito che, se il loro principio fosse giusto , la riferita decisione
della Corte di Torino del 25 maggio 1808 , che essi citano in
180 PARTE TERZA

loro sostegno, dovrebbesi applicare anche al caso che prima


della attuazione della legge sul divorzio , il marito avesse già

scontato intieramente la pena , locchè è manifestamente inam-


missibile ? Più strano ancora riesce che tutti quei giureconsulti
abbiano pure addotto a sostegno della loro ipotesi la riferita

decisione di Cassazione del 12 febbraio 1806 , la quale, come

già notammo (p . 176) , avverte espressamente che i fatti ad-


dotti per ottenere lo scioglimento del matrimonio eransi com-
piuti in parte eziandio dopo la pubblicazione della legge intro-
duttiva del divorzio , la quale osservazione avrebbe potuto
bastare di certo per metterli sulla via di fare le distinzioni da
noi precedentemente avvertite.
Tutta l'argomentazione di quei giureconsulti si riduce quindi
all'autorità della sentenza del Tribunale di prima istanza di
Torino del 21 floreale anno 12 , e delle leggi sul divorzio del
1792 e dell'anno 11 (v. sopra, p . 173-174). Ma di queste due
leggi, una sola , cioè la prima , statuisce veramente la tesi ge-
nerale del Merlin e dei suoi seguaci ; la seconda, col disporre
che la legge nuova sul divorzio debbasi applicare a tutte le
domande di divorzio presentate dopo la sua attuazione, non
ha detto se le cause di divorzio debbano essere anteriori of

posteriori a quella legge . Del resto noi abbiamo già più volte
avvertito nel corso di quest'opera che le leggi positive non

sono sempre emanate per mere ragioni giuridiche , e quindi


non si possono sempre assumere come principii nella dottrina
della retroattività.

In conclusione , noi conveniamo con chi pensa non potersi


dissolvere un matrimonio per fatti anteriori all'attuazione della
legge sul divorzio , in quanto si intendano fatti già compiuti e
totalmente consumati quando quella legge venne attuata ; sol-
tanto ove si tratti di fatti in quell'epoca non ancora compiuti
intieramente , o non consumati del tutto , noi conveniamo coi
fautori della tesi contraria.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 181

§ 7.

Continuazione.

Uno speciale argomento, solitamente non avvertito , ma pur


non senza importanza nella dottrina transitoria del divorzio , è
quello dell'influenza di una legge nuova intorno al medesimo ,
oppure di una legge che lo abolisca, rispetto ai processi pen-
denti quando quella legge venne posta in vigore.
Se noi confrontiamo le leggi positive su tale argomento ,
siamo condotti anzitutto a distinguere l'abolizione di una o
più cause di divorzio precedentemente ammesse , dalla totale
abolizione del divorzio . Nel primo caso le azioni pendenti sono

rispettate da parecchie legislazioni , e per esempio dalla legge


transitoria francese del 26 germinale anno 11 (v. sopra, p . 171 ) ,

dalla legge transitoria amburghese del 1814 ( § 10 , v. Vol . I ,


pag. 73 , in nota) , da quella di Brema dello stesso anno
(§ 56 , ib . , pag. 87 ) , e dalla prussiana del 9 settembre pur di
quell'anno (§ 10 , ib . , pag. 92) . Non sono rispettate invece
dalle tre Ordinanze transitorie annoveresi del 1814 e del 1815

(1 Ordinanza, § 42 ; 2ª Ordinanza, § 52 ; 3 Ordinanza , § 49 ,


ib . , p . 79) , dalla oldemburghese del 1814 ( § 25 , ib. , p . 90),
e dalla sassone del 1863 ( § 27 , ib . , pag . 115 ) . Nel secondo
caso non si sono trovati modernamente che pochissimi Stati ;
l'esempio più memorabile di abolizione del divorzio ce lo porge
di certo la già mentovata legge francese dell'8 maggio 1816 ,
e gli articoli 2 e 3 di questa legge convertono tutte le do-
mande e istanze per divorzio in domande e istanze per sepa-
razione di letto e di mensa (1 ).

Analogamente a quanto abbiamo detto poco sopra ( p . 161 )

(1) Toutes demandes et instances en divorce pour causes déterminées,


sont converties en demandes et instances en séparation de corps ; les juge-
ments et arrêts, restés sans exécution par le défaut de prononciation du
divorce par l'officier de l'état civil conformément aux articles 227, 264, 265,
182 PARTE TERZA

rispetto alle azioni pendenti di separazione fra coniugi, noi


siamo pure d'avviso che le azioni pendenti per conseguire il
divorzio perdono ogni effetto, e non si possono più proseguire
quando sia stata attuata una legge che abolisca o la causa su
cui l'azione si fonda , o il divorzio in generale e per qualunque

causa. Noi non crediamo che in linea teorica si possa far di-
stinzione fra questi due casi, perchè ci sembra che le stesse
ragioni militino per dare efficacia retroattiva alla legge nuova
in entrambi . L'azione pendente nelle materie di stato personale
non può, come già abbiamo più volte avvertito , essere para-
gonata alle azioni pendenti in altre materie , che talvolta pos-
sono venir considerate come diritti acquisiti . Imperocchè, men-

tre ciò noi sappiamo non avverarsi , se non perchè l'azione abbia
la sua radice in un diritto acquisito anteriore, oppure perchè

l'azione tramuti in diritto quesito una semplice facoltà , i diritti


di stato personale non sono quesiti se non eccezionalmente per
tutt'altri caratteri e circostanze, e si risolvono sempre nel pos-

sesso di un vero e proprio stato personale nei suoi essenziali


elementi considerato (v. sopra, pag. 5 e seg. , 26 e seg.) . La
stessa ragione adunque, per la quale, dopo l'attuazione di una
legge abolitiva del divorzio , non si può domandare lo sciogli-
mento di un matrimonio conchiuso prima di quell'epoca , è
pur quella per cui dopo quell'avvenimento non si può prose-
guire una domanda di divorzio anteriormente presentata . Ciò
che diciamo rispetto al divorzio in generale, deve pur valere
rispetto a singole cause di divorzio ; la natura della pretesa è
la medesima dal canto del subbietto , soltanto rispetto al legisla-
tore l'importanza pratica di far cessare la seconda azione è

minore di quella di far cessare la prima , ma ciò non può influire


-
266 du C. C. , sont restreints aux effets de la séparation (art. 2) . — Tous
actes faits pour parvenir au divorce par consentement mutuel sont annulés ;
les jugements et arrêts rendus en ce cas, mais non suivis de la prononcia-
tion du divorce, sont considérés comme non avenus, conformément à l'ar-
ticle 294 (art. 3) ».
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 183

sulla natura dei principii da applicarsi all'un caso ed all'altro ,


perchè gli è appunto fuor della competenza del giudice l'ap-
prezzare quella varia importanza. Si possono del resto appro-
vare quei legislatori i quali, appunto per ta! riguardo , man-
tennero efficacia alle azioni pendenti per una singola causa di
divorzio nuovamente abolita.

Sembrano di opinione differente dalla suesposta il Merlin ,


il Mailher de Chassat, e il Dalloz , i quali, come si vide sopra
(pag. 171 ) , riferiscono il contenuto della legge transitoria del
26 germinale anno 11 , senza far nessuna riserva rispetto a
quella parte di essa in cui si conservano le azioni pendenti
per cause di divorzio abolite . A questo fatto noi non diamo
una grande importanza, perchè quegli scrittori non hanno

addotto alcuna ragione dell'opinione che sembrano avere . Più


esplicito è il Kalindero (pag. 62), il quale biasima la surriferita
disposizione della legge francese dell'8 maggio 1816 , ma sic-
come egli non adduce altro argomento fuorchè il rispetto delle
facoltà di legge che siano state esercitate, cosi noi stimiamo
superfluo il combattere la di lui opinione dopo le cose dette.
dianzi . Che se al Kalindero sembra soverchio arbitrio quello
della legge suddetta, di convertire le istanze per divorzio in
istanze per separazione, anche di ciò non possiamo convenire,
attesochè in tal caso il diritto minore comprendevasi nel mag-

giore, e poteva sussistere in seguito alla cessazione di questo (1 ) .

Pronunziato il divorzio , appena si può dire che da questo

fatto provengano rapporti giuridici fra le persone prima unite


in matrimonio ; però il divorzio è anch'esso un fatto giuridico
che produce le sue conseguenze . Or si domanda con qual legge
si dovranno regolare queste conseguenze ?

( 1 ) Non so con qual fondamento il RINTELEN (p . 54) adduca il Savigny


tra i fautori dell'opinione da noi qui combattuta. Il relativo passo nel Sy-
stem noi non riuscimmo a trovare. Ci è però grato osservare che il RIN-
TELEN (ib.) pensa come noi.
184 PARTE TERZA

Analogamente a quanto dicemmo rispetto alla quistione ana-


loga in materia di separazione , e sempre in nome dei principii
generali di gius transitorio personale, noi rispondiamo che gli
effetti personali del divorzio, in qualunque tempo pronunziato e
sotto qualunque legge, si devono sempre regolare secondo la legge
vigente al tempo in cui se ne deve giudicare. Non è possibile
applicare al divorzio principii transitorii differenti da quelli che
si applicano al matrimonio, nè la circostanza che il divorzio

suol essere pronunziato con sentenza giudiziale può fare osta-


colo all'immediata applicazione di qualunque nuova legge che
ne concerna gli effetti , perchè noi sappiamo (v . sopra , p . 39 ,
111 e 169 ) che la sentenza giudiziale non cambia la natura
dei rapporti di stato personale, nè li sottrae all'azione retroat-
tiva di leggi nuove .
Ciò posto, non si può esitare a risolvere affermativamente la
quistione trattata dal Dalloz (n. 224), dal Mailher de Chassat
(1 , pag. 235) , e dal Kalindero (pag . 62) , se la proibizione che
fa l'art. 295 del C. N. ai coniugi divorziati di riunirsi , fosse
applicabile ai coniugi che aveano divorziato prima dell'emana-
zione del C. N. , e in virtù della legge 24 settembre 1792 , la
quale permetteva la riunione . Uno solo però di quegli scrittori ,
il secondo , è del nostro avviso. Gli altri due sono dell'opinione
opposta, e pretendono desumerla dallo spirito della legge . Os-
serva il Dalloz che, siccome dalle discussioni fatte nel Consiglio
di Stato e nel Tribunato (1 ) risulta che la proibizione conte-

(1) L'oratore del Consiglio di Stato, relatore della legge 25 germinale,


anno XI ( ap . MAILHER DE CHASSAT, 1 , 237 ) , propugnava pure la limitata
applicazione dell'art. 295 del C. N. ai soli divorzi futuri, dicendo : che sa-
rebbe grande ingiustizia regolare colla legge nuova i diritti risultanti dalle
sentenze che sotto l'impero dell'antica legge pronunziarono il divorzio ; che
si darebbe alla legge nuova effetto retroattivo ; che ad una legge più indul-
gente non si devono applicare le disposizioni convenienti ad una più severa ;
che nella fiducia di una riunione permessa dalla legge , i coniugi separati
dalle burrasche rivoluzionarie non ricorsero al divorzio che per salvare le
loro fortune dalla devastazione ; che la morale pubblica respinge l'idea di
perpetuare siffatta separazione ».
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 185

nuta nel citato articolo fu introdotta per temperare in qualche


modo la funesta facilità colla quale la legge permetteva il di-
vorzio , così la possibilità della riunione dei coniugi devesi con-
siderare come un complemento essenziale dei divorzi accordati
sotto l'impero della legge precedente , e non può quindi essere
interdetta a quei divorziati i quali in virtù appunto di quella
legge si vorrebbero riunire. Ma a questo ragionamento si può
obbiettare che anche il divieto della riunione dei coniugi di-

vorziati non può mancar di avere le sue ragioni di ordine


morale e pubblico, ragioni stimate dal legislatore migliori e
più potenti di quelle del principio anteriore e contrario ; che
se cionondimeno la legge nuova non dovesse essere immedia-
tamente applicata, non sarebbe più possibile giustificare nes-
suna applicazione retroattiva di una legge sullo stato personale ,
perchè vi si potrebbe sempre opporre un ragionamento ana-
logo a quello del Dalloz . Il Kalindero osserva che , siccome il
divieto ai coniugi divorziati di riunirsi , venne introdotto onde
distogliere maggiormente dal divorzio, così esso non avrebbe
alcuna efficacia e non corrisponderebbe alla intenzione del le-
gislatore , se lo si applicasse ai coniugi diventati tali quando
quel divieto non vigeva . Ma neppur questa ci sembra una va-
lida obbiezione. Imperocchè, dato pure che sia quello uno
degli scopi del divieto in discorso , lo che il Kalindero non ha
dimostrato , non possiamo però accordare che sia lo scopo unico
nè il principale ; ci sembra invece principale quello di impedire
che per via di successivi divorzi e riunioni fra le medesime

persone , si snaturi affatto il concetto del matrimonio , e di


nome soltanto si distingua dal concubinato (1 ) , il quale scopo
vuol certamente essere raggiunto così rispetto ai divorzi acca-
duti prima, come rispetto a quelli accaduti dopo l'attuazione
di quel divieto.

(1 ) Lo stesso pensiero espresse il Treilhard, il quale, riferendosi appunto


a siffatta ipotesi, disse : on se jouerait du divorce ( v. DALLOZ, 1. c., n. 225).
186 PARTE TERZA

Neppur difficile ci sembra il risolvere un'altra quistione


che attiene agli effetti del divorzio , e che è trattata parimenti
dai giureconsulti francesi dianzi nominati ; la quistione cioè , se ,
abolito il divorzio , e abolita la legge che lo accordava alla con-
dizione che i coniugi divorziati non si potessero rimaritare se
non con altre persone, sia diventata lecita la riunione di con-

iugi fra i quali il divorzio fosse stato pronunciato sotto l'impero


di quella legge . Egli è bensì vero che la legge abolitiva del

divorzio non può togliere efficacia ai divorzi precedentemente


pronunziati , i quali sono veri fatti compiuti e irretrattabili , e
neppure può essere applicata agli effetti dei medesimi, che
siansi anteriormente verificati, ma rispetto a quegli effetti , che
in virtù della legge precedente verrebbero a verificarsi dopo
l'attuazione della legge abolitiva, ci pare evidente che questa
abbia virtù di sospenderli e di renderli impossibili . In altri ter-
mini , la legge abolitiva del divorzio impedisce che in base alla
legge precedente non solo si accordino nuovi divorzi , ma anche
soltanto si attribuiscano a divorzi anteriori nuove conseguenze

eventuali, che già non si fossero verificate e consumate sotto


l'impero della medesima . Potranno adunque i coniugi divor-
ziati riunirsi fra di loro, dopo l'abolizione del divorzio , quan-
tunque la legge abolita non lo avrebbe permesso , appunto
perchè codesto divieto poteva considerarsi come una mera
conseguenza eventuale del divorzio, una conseguenza cioè di
cui i divorziati non si sarebbero accorti se non quando fosse
loro parso conveniente il riunirsi . Dello stesso avviso sono il
Dalloz (1. c . , n . 225) e il Kalindero (pag. 63) , i quali si pro-
pongono tale quistione in ordine alla più volte menzionata
legge dell'8 maggio 1816. L'uno e l'altro però argomentano

principalmente anche questa volta dallo scopo e dall'intenzione


del legislatore, il qual modo di ragionare non si può facilmente
approvare quando quello scopo manifesto non sia , quale ap-
punto non è , come sopra si vide, lo scopo del divieto ai con-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 187

iugi divorziati di riunirsi fra di loro . Il Dalloz ha però aggiunto


un altro argomento più fondato, e diremo anche più giuridico ,
non potersi cioè condannare una retroattività, la quale, al pari
di quella in discorso , lungi dal nuocere a qualcuno , ridonda
a vantaggio di tutti ; ma codesto riflesso, per sè giustissimo ,
non era qui necessario , attesochè conducono , come vedemmo ,
allo stesso risultato gli speciali principii del gius transito-
rio personale . Di contrario avviso è il Mailher de Chassat
(1 , p . 237 ) , il quale si appoggia principalmente alla ragione
addotta dal guardasigilli Peyronnet (ib . ) , al rispetto cioè della
legge sotto il cui impero il divorzio è stato pronunziato ; ar-
gomento codesto , che noi abbiamo appunto combattuto nel
sostenere dianzi la tesi contraria.

Non ci pare invece neppur possibile la domanda, se l'abo-


lizione del divorzio lasci sussistere nelle persone divorziate
sotto l'impero della legge precedente, il diritto riconosciuto
da essa legge di rimaritarsi con altre persone. In vero, come
si potrebbe conciliare la risposta negativa col rispetto e colla
irretrattabilità dei divorzi pronunziati validamente prima di
quella abolizione ? Ci fa meraviglia che siffatta opinione non
sia stata seguita dal già ricordato ministro Peyronnet in quella
stessa occasione in cui sostenne , con qualche apparenza di
verità, l'inviolabilità dell'abolita legge sul divorzio rispetto al
divieto dei coniugi di riunirsi. Il Peyronnet (ib. ) addusse per
ragione che « la legge francese non permette un secondo ma-
trimonio durante la vita del primo coniuge » , ma ciò equivale
a dire che la legge francese del 1816 riguarda come non av-

venuti i divorzi precedentemente pronunziati , e quindi si ri-


solve in un'asserzione ripugnante ai più saldi principii scienti-
fici (1 ) , e per giunta affatto gratuita. Anche il Dalloz (1. c . ,
n. 226) , il Mailher de Chassat (1 , pag. 239 ) , e il Kalindero

(1 ) Pur troppo non contraria alle tendenze del partito a cui apparteneva
il Peyronnet, il quale fu ministro con Polignac, e uno degli autori delle ce-
188 PARTE TERZA

(pag. 63 ) sono unanimi nel combattere siffatta opinione ( 1 ) . Il


nostro avviso concorda pure con una sentenza della Corte di
appello di Nancy del 30 maggio 1826 ( 2) .

§ 8.

Dei rapporti fra i genitori e la prole.

I rapporti fra i genitori e la prole sono diritti di quelli verso


questa, e reciprocamente. I primi hanno per la maggior parte
per iscopo lo stesso bene dei figli , sono facoltà attribuite dalla

legge ai genitori, affinchè essi possano adempiere il loro dovere


di educare la prole e di metterla in grado di poter bastare a
se medesima ; alcuni invece sono attribuiti dalla legge ai ge-
nitori in ricambio dei benefizi che questi prodigano a quelli .

Tanto gli uni quanto gli altri sono governati dai generali prin-
cipii del gius transitorio personale , e quindi si devono sempre
determinare secondo la legge attuale , a meno che includano
uno stato o un grado di capacità personale, che secondo quei
principii si possa dire acquisito .
Noi ragioneremo di tali rapporti e diritti secondo l'ordine
della loro importanza .

lebri Ordinanze di luglio, che tanto contribuirono alla rivoluzione parigina


del 1830.
( 1 ) Il DALLOZ osserva molto argutamente, confrontando le due opinioni
del Peyronnet sulla riunione dei coniugi divorziati, e sul nuovo matrimonio
dell'uno o dell'altro dei medesimi con terze persone : « siffatta dottrina, sup-
pone in pari tempo sussistente e sciolto il matrimonio. Se lo si reputa sus-
sistente, si proibisca un secondo matrimonio con altre persone, ma si per-
metta ai coniugi di riunirsi , e si proclami la legittimità dei figli , che da
questa riunione provenissero ; chè la finzione procede nei suoi effetti come
la verità; se lo si reputa non più sussistente, si permetta ai già coniugi di
conchiudere un nuovo matrimonio con altre persone, e non si dica più che
la legge francese non permette un secondo matrimonio durante la vita del
primo coniuge ».
(2) Pasier., 2 ser. , C. d'app., Vol. 8, pag. 538.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 189

a) Della legittima e della illegittima procreazione.

Il primo e il più importante effetto che il matrimonio pro-


duce rispetto ai genitori ed alla prole, è certamente la legitti-
mità, stato che sorge quando siansi verificate certe circostanze
determinate dalla legge . Queste circostanze consistono in
estremi di fatto relativi alla nascita della prole, dai quali la
legge fa nascere la presunzione di legittima procreazione , pre-
sunzione che dura fintantochè non è combattuta con prove

contrarie, da quelle persone, ed in quei modi , e dentro i termini

che la legge prestabilisce. Per esempio , le legislazioni sogliono


presumere legittimo, cioè concepito durante il matrimonio , il
figlio nato non prima di centottanta giorni dalla celebrazione ,
nè dopo trecento giorni dallo scioglimento o annullamento di
esso ; permettono però al padre, e in alcuni casi ai di lui eredi ,

di provare il contrario con certi mezzi di prova , e , rispetto al


figlio nato non in costanza del matrimonio, attribuiscono il di-

ritto d'impugnare la presunzione di legittimità a chiunque vi


abbia interesse (v. C. C. I. , art . 163-169) . Or bene , ogni qual-
volta una donna maritata ha partorito , sia in costanza di ma-
trimonio, sia dopo che il matrimonio venne annullato o sciolto ,
in un tempo non minore del minimo , non maggiore del massimo
prestabilito dalla legge vigente, dal momento della nascita la

prole possiede lo stato di legittimità , e cosi pure da quel mo-


mento la madre e il marito di essi acquistano lo stato di genitori
legittimi. Quantunque la legge permetta a ciascuna di tali per-
sone, e ad altre ancora , di provare che quello stato loro non
appartiene in realtà , ciò nondimeno, fintanto che questa im-
pugnativa non venne intrapresa , lo stato medesimo è acquistato
e posseduto .
Questo stato però, e il modo in cui sorge, presentano spe-
ciali caratteri, che richiedono la più attenta considerazione .
190 PARTE TERZA

Lo stato di figlio o di genitore legittimo , nascente dal veri-


ficarsi gli estremi di una presunzione di legge , è certamente
attribuito immediatamente dalla legge, mentre lo stato di con-
iuge sorge per opera dell'uomo . Non si può dubitare tuttavia

che quello stato non sia un diritto acquisito , cioè nell'essenza


sua inviolabile da qualunque legge posteriore (v. sopra p . 34) .
Inoltre lo stato di figlio o di genitore legittimo , nel mentre è
acquisito per opera della legge, riposa, come dicemmo , su di
una presunzione juris tantum, e anche per questo carattere
differisce dallo stato di coniuge, e in generale dagli stati per-

sonali posti in essere per un fatto dell'uomo . Mentre questi


per virtù di certi fatti sono acquistati pienamente e definitiva-
mente , quello invece lo è soltanto fino a tanto che non venga
esibita prova contraria da chi ne ha il diritto ; mentre rispetto
ai primi la fallace opinione della loro esistenza viene distrutta
col provare che non si avverarono i fatti coi quali avrebbero
dovuto essere acquistati , rispetto al secondo invece la fallace
opinione di sua esistenza viene distrutta non solo col dimo-

strare che in un dato caso non si verificarono i fatti dai quali


la legge fa nascere la presunzione di legittimità, ma eziandio ,
I
ove l'esistenza di tali fatti non sia contestata, coll'esibire qual-
cuna delle prove a cui la legge attribuisce virtù di togliere
efficacia a quei fatti, cioè la legale presunzione nascente da essi .
Poste tali cose, veniamo a considerarne le pratiche conseguenze .

Se ad una legge , la quale presume legittimo il figlio nato


dalla moglie non dopo trecento giorni dallo scioglimento del
matrimonio , sottentra un'altra la quale diminuisce il maximum

della presumibile gestazione , e lo riduce per es , a duecentot-


tanta giorni, questa seconda legge non potrà certamente essere
applicata in una contestazione sorta sotto il suo impero intorno
alla legittimità di un figlio nato il trecentesimo giorno dopo
la morte del marito di sua madre, e sotto l'impero della legge
precedente.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 191

Ma se i trecento giorni , o in generale un intervallo di tempo


non più lungo della massima gestazione presunta dalla legge
precedente, ma troppo lungo secondo il disposto della legge
nuova, venisse a compiersi sotto l'impero di questa , si do-
vrebbe anche in tale caso applicare alla prole la presunzione
di legittimità nascente dalla legge anteriore ? In altri termini ,
lo stato di legittimità si acquista colla nascita o col solo con-
cepimento ?
Colla nascita noi diciamo, e non col solo concepimento ,

epperò noi riteniamo che nella suaccennata mutazione di legge ,


la legge nuova debba applicarsi anche ai figli concepiti sotto
la legge anteriore. Non è possibile invero raffigurarsi la pre-
sunzione della legittimità od illegittimità dei natali, se non
come un effetto della nascita e delle circostanze da cui questa
è accompagnata. Quella espressione medesima lo dice ; egli è
unicamente sulle circostanze della nascita che si fonda la pre-

sunzione in discorso; questa non ha e non può avere altra


base . Ciò ebbe a dichiarare anche la Corte di cassazione di

Torino in una sentenza 22 ottobre 1881 (1 ) .


Coloro, e fra gli altri il Kalindero (p . 66 ) , i quali ritengono
doversi nella suddetta ipotesi presumere e considerare il figlio
come legittimo , ad onta che sia nato sotto l'impero della legge
nuova che escluderebbe tale presunzione , sostengono la loro
opinione col dire che « la legge anteriore assicurò a quel
figlio il beneficio del concepimento legittimo , sotto la condi-
zione che nascesse dentro i trecento giorni dalla morte del
marito » . Codesto argomento non ci soddisfa , perchè ci sembra
riposare su di una gratuita asserzione. Invero , come si dimostra

che la legge anteriore avesse realmente quella intenzione ? Si


parla di beneficio, altrimenti detto favor legitimitatis, ma lo
scopo di favorire non è mai un criterio che valga per inter-
pretare le leggi , quando il legislatore medesimo non lo stabi-

(1) M. T. , xx11 , 1084.


192 PARTE TERZA

lisca, quantunque non si possa negare al legislatore il potere


di far leggi di favore per questo o quello scopo, le quali leggi
hanno sempre il carattere di leggi eccezionali . Vedremo in

seguito come infatti l'anzidetto favore abbia determinato qualche


legislatore ad estendere anche ai concepiti qualche diritto di
stato personale, che a rigore non avrebbe potuto cominciare
che colla nascita . Per conseguenza, ogniqualvolta il legislatore
non abbia dichiarato espressamente che la legge intorno alla
presunzione di legittimità, sia del parto serotino , sia del parto
precoce, debbasi applicare in modo di favorire la prole di cui
si tratta, è gratuito l'attribuirgli siffatta intenzione.
Del resto, se il favor legitimitatis sembra ad alcuni giure-
consulti motivo sufficiente onde applicare nel suesposto caso

la legge vigente al tempo del concepimento, anzichè quella


vigente al tempo della nascita serotina, è facile comprendere
che il medesimo riguardo giustificherebbe l'opinione contraria
nel caso inverso . Supponiamo che , vigendo una legge, la quale
presume legittimo il figlio nato dalla vedova trecentoquindici
giorni dopo lo scioglimento del matrimonio , nasca un figlio da
una vedova il cui marito sia morto da più di trecento giorni, ma

non trecento quindici giorni prima, e sotto l'impero di una


legge che ammetteva quella presunzione soltanto fino a trecento
giorni ; in questo caso il beneficio o il favore della legittimità
vorrebbe che si applicasse a quel figlio la legge vigente al

momento della nascita, e non la legge anteriore. Quel criterio


adunque, oltre al non essere giuridico , perchè arbitrario , non
lo è anche a motivo della varietà delle sue pratiche conseguenze .

Quest'ultimo è realmente il principale difetto dell'opinione


che noi combattiamo . Affinchè la medesima contenesse un ra-

zionale principio e generale , bisognerebbe che ella si risolvesse


nel dare in tutti i casi la preferenza alla legge vigente al tempo
del concepimento sulla legge vigente al tempo della nascita.
Che se noi poniamo mente allo stesso concetto di « legge vi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 193

gente al tempo del concepimento » , contrapposto a quello di


legge vigente al tempo della nascita » , scorgiamo una nuova
e insuperabile difficoltà contro l'opinione in discorso , nella
logica impossibilità da noi additata sopra di quella medesima
contrapposizione . Invero , siccome onde presumere che un
figlio sia stato veramente concepito per opera del marito della
donna da cui è nato, la legge ha riguardo alla distanza di
tempo fra la nascita e certi fatti da essa determinati , così non
si può , finchè la prole non è nata, parlare, come fanno i
nostri avversari, di concepimento avvenuto in un tempo piut-

tosto che in un altro , sotto l'impero di una, anzichè d'altra


legge, senza cadere in una petizione di principio .
Le cose fin qui dette intorno al parto serotino si applicano
anche al parto precoce . Se un figlio è nato dentro i centottanta.

giorni dalla conchiusione del matrimonio , sotto l'impero di


una legge che per tal circostanza lo presume legittimo , in qua-
lunque tempo si abbia poi a discutere intorno alla legittimità
della sua nascita , non sarà lecito applicare una legge diversa
da quella. Che se il figlio è nato prima dei centottanta giorni ,
e la legge anteriore a quella sotto cui è nato , lo considererebbe
legittimo , se fosse ancora in vigore, non si potrà neppure in

questo caso applicare la legge anteriore invece dell'attuale, per


favorire la legittimità. Il contrario avviso non potrebbe essere
sostenuto che colle ragioni da noi già combattute a proposito
del parto serotino .
Che se la presunzione di legittimità si regola sempre se-
condo la legge vigente al tempo della nascita della prole , non
si deve però confondere la presunzione medesima coi mezzi di
provarla. Come si possa provare che la prole è nata da donna
legittimamente coniugata , e fra il centottantesimo giorno dalla
conchiusione e il trecentesimo giorno dallo scioglimento del
matrimonio, è argomento dello speciale gius transitorio delle.
prove.
GABBA Retr. leggi, II 13
194 PARTE TERZA

Non è poi la presunzione di legittimità juris et de jure, ma


juris tantum, cioè può essere impugnata con prove contrarie.
Ed anche il tema della legge da applicarsi a tale impugnativa
appartiene al gius transitorio delle prove .

Quantunque il gius transitorio delle prove debba venire da


noi ampiamente trattato in altra parte di quest'opera, reputiamo
opportuno il distaccare fin d'ora da quella generale trattazione e
qui esporre la parte concernente non soltanto lo stato personale
di legittimità, ma in genere ogni e qualunque stato personale .
È nostra ferma persuasione , che ampiamente giustificheremo
nell'accennata ulterior parte di quest'opera, che le leggi pro-
batorie sono di loro natura generalmente retroattive , cioè ap-
plicabili non meno ai fatti accaduti prima della loro attuazione ,
che a quelli accaduti sotto il loro impero. Quanto alle prove
dello stato personale in particolare, noi reputiamo pure che
esse debbono di regola essere condotte secondo la legge vigente, in
qualunque tempo siano accaduti i fatti da provare . Eppure egli
è appunto nella materia personale che il principio contrario è
più solennemente proclamato da molti giureconsulti , e non v'ha
dubbio che il pensiero di questa applicazione conferisce non
piccola parte di autorità alla stessa generale dottrina della non
retroattività delle leggi probatorie, che trova anche oggi così
numerosi partigiani . Quale è il fondamento di quella opinione ,
quale ne è propriamente il valore scientifico ?
Quel fondamento è duplice a parer nostro. Da una parte il
riflesso che il grado di facilità o di difficoltà assegnato dal le-
gislatore alla dimostrazione o al disconoscimento dei rapporti
di stato personale , non è soltanto determinato da obbiettive
considerazioni , cioè dalla reale facilità o difficoltà di scoprire

il vero, ma altresì da quegli altri e più elevati riguardi di so-


ciale convenienza, che dominano sovranamente il sistema le-
gislativo dei diritti personali. Onde si conclude che nella ma-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 195

teria personale la prova sia, più che in qualunque altra parte


del sistema giuridico , strettamente collegata coll'essenza del
diritto, e ancor si conclude che le esistenti relazioni giuri-
diche di quel genere non siano veramente e debitamente
rispettate da una legge nuova, ove questa non lasci sussistere
anche il sistema delle prove a cui quelle si collegano e si
appoggiano . D'altra parte suffraga altresì potentemente l'opi-
nione in discorso, il solito favore della legittimità , vago con-

cetto, la cui vaghezza appunto induce alla sistematica osser-


vanza della legge probatoria sotto il cui impero sorse ogni fatto
e circostanza che si voglia addurre come prova o come base
di presunzione in ogni questione circa la esistenza o la inesi-
stenza dello stato di legittimità.
Che i surriferiti argomenti siano più speciosi che saldi , non
è difficile dimostrare .

Quanto al primo, ben si può dire che questo nuoce tanto ,


quanto sembra giovare all'opinione in esame, cioè che esso
ritorcesi facilmente contro i partigiani della medesima . E di vero ,
ammesso pure, e noi ne conveniamo appieno , che il sistema
probatorio in materia di stato personale sia dominato dagli
stessi riguardi di convenienza morale a cui si ispira il sistema
dei diritti materiali delle persone in ogni civile legislazione, ne
consegue manifestamente che , modificandosi in qualunque
guisa le idee del legislatore intorno a quei riguardi di conve-
nienza, sia che queste modificazioni ne abbiano prodotto di
corrispondenti nel sistema dei diritti personali e in quello
delle prove relative , o sia che ne abbiano prodotto soltanto in
quest'ultimo , in ambedue i casi la nuova legge probatoria
deve essere applicata immediatamente e universalmente , per
le stesse ragioni e nel modo stesso per cui in quella guisa ven-
gono applicate e diconsi retroattive tutte le nuove leggi in

materia di diritti personali . Sarà egli possibile che le leggi


probatorie in tal materia vengano rappresentate poco meno
196 PARTE TERZA

che come leggi personali esse pure , e poi si neghi , rispetto alle
prime, un principio certissimo rispetto alle seconde , prove-
niente appunto da quella loro speciale natura ? La parifica-
zione di quei due ordini di leggi adunque non può logicamente
fornire che un motivo di più onde accettare la tanto combat-
tuta tesi della retroattività delle nuove leggi probatorie in ma-

teria personale. Dico un motivo di più , e per verità non ne-


cessario e neppure il più proprio . A parer nostro il miglior
fondamento di quella tesi risiede nella razionale necessità della
medesima, in virtù, e soltanto in virtù della speciale natura
delle leggi probatorie in qualsivoglia argomento di diritto .
Imperocchè per quanto non si possa negare che nell'ordinare
il sistema delle prove in materia personale, il legislatore sia
guidato non solamente dal riguardo alla verità, ma eziandio
da riguardi di altro genere, pur nondimeno non si può asserire
che le prime considerazioni non siano le principali e veramente
motrici, senza di che neppure si potrebbe propriamente di-
scorrere di leggi probatorie in quella materia, come in nes-
sun'altra. Quanto al cosi detto favore della legittimità , nessuno
vorrà tacciarci di temerità se noi gli neghiamo valore di cri-

terio giuridico non meno in materia di prova che in qualunque


altra, argomentando anche soltanto dalla vaghezza di quel
concetto, e dalla incompatibilità fra i due concetti di diritto e
di favore. La sola plausibile maniera di intendere e di appli-
care quel preteso canone, è quella di tener saldo e impregiu-
dicato lo stato legittimo in chi lo ha una volta debitamente

acquistato , ma questo principio, valevole nelle questioni proba-


torie come in tutte le altre , e non nelle sole questioni transi-
torie, ma anche nella generale applicazione delle leggi concer-
nenti lo stato legittimo a casi posti sotto il loro impero, non
può maggiormente contraddire al canone della retroattività

delle nuove leggi probatorie in materia di stato personale, di


quello che il generale rispetto dei diritti quesiti contraddica
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 197

alla generale dottrina della retroattività delle nuove leggi pro-


batorie in nessun'altra parte del sistema giuridico.
Ciò che vi ha di speciale nel sistema delle prove in materia
di stato personale , è a nostro avviso soltanto la circostanza

che in quella materia , a differenza di tutte le altre, non rade


volte il fatto medesimo , o la serie di fatti da cui si argomen-

tano date qualità e relazioni personali, costituiscono uno stato


personale, si immedesimano con questo . Così , per es . , l'atto

di nascita, il possesso , costituiscono di per sè soli , general-


mente parlando , uno stato personale, cioè una condizione per
sonale di fatto , che è qualcosa di ancor più concreto ,
che non sogliano essere in altre materie le prove precostituite
nella eventualità di una futura contestazione . Ma quella
peculiarità non arricchisce di nessuno speciale principio la
dottrina delle nuove leggi probatorie , nè deroga in nulla
ai generali canoni della medesima, applicati ai diritti perso-
nali . Quei fatti della vita personale, che sono in pari tempo
condizioni o stati di persone e prove di queste medesime
condizioni e stati, non cessano di essere vere e proprie prove

precostituite, epperò prove da giudicarsi esclusivamente se-


condo la legge sotto il cui impero vennero poste in essere ,

in virtù di un canone generale del diritto probatorio , che noi


svolgeremo e giustificheremo a suo luogo . Soltanto si può
dire che nella materia personale , il rispetto dei diritti quesiti
e quello delle prove precostituite coincidono molte volte e si

confondono insieme, la qual cosa non ha riscontro nelle altre


parti del sistema del diritto . Ond'è che se , per es . , venisse abo-
lito in Italia l'art . 173 dell'attuale Codice civile, e permessa la

libera impugnativa dello stato di legittimità, quantunque ba-


sata contemporaneamente sull'atto di nascita e sul conforme
possesso , coloro i quali al momento di quell'abolizione si tro-
vassero nel caso da quell'articolo configurato potrebbero op-
porsi all'azione retroattiva della nuova legge probatoria , tanto
198 PARTE TERZA

coll'asserire di essere in possesso di un vero e proprio diritto

quesito di stato personale, inviolabile, quanto coll'asserire che


le prove precostituite, dell'atto di nascita e del possesso con-

forme a quell'atto , non possono, nè disgiuntamente nè unita-


mente, venire apprezzate con legge diversa da quella sotto il

cui impero vennero poste in essere ; cioè tanto coll'allegare un


diritto quesito di stato personale, quanto coll'allegare un diritto
quesito alla prova . In altri termini , in materia di prova e di
impugnativa tanto della legittimità quanto di ogni altro stato
personale, la legge da applicarsi è quella vigente nel tempo in
cui la prova viene esibita, a meno che nella persona di cui si
tratta siansi avverate sotto l'impero di una legge anteriore cir-
costanze di fatto, le quali, a termini di essa legge, erano in pari
tempo prove precostituite dello stato personale in quistione, ed
elementi del medesimo.

Ma in tutti i casi nei quali l'applicazione di una nuova legge


probatoria non disconosce nè una prova precostituita , nè uno
stato personale precedentemente acquistato, in tutti quei non
pochi casi nei quali si tratta di nuove regole probatorie dettate
unicamente per norma dei giudici , e i cui obbietti non hanno
nessuna colleganza con atti e fatti preordinati e costituiti prima
.
onde porre in essere e comprovare uno stato personale , la legge
nuova deve essere retroattivamente applicata , cioè a tutti i casi
non decisi, a qualunque epoca i medesimi appartengano . Se
p. es . venisse in uno Stato introdotta per la prima volta la re-
gola : pater est quem justae nuptiae demonstrant, chi vorrebbe
seriamente sostenere che siffatto elemento della prova o del-

l'impugnativa della legittimità non si dovesse applicare anche


ai matrimoni già posti in essere ed alla prole già nata dai
medesimi ? Ma per converso , introdotto in Francia colla legge
6 dicembre 1850 , in Italia coll'articolo 163 del Codice civile ,

il principio che il marito possa impugnare la legittimità del


figlio nato fra il limite minimo e il massimo della gestazione
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 199

dalla moglie dopo la legale separazione , non lo si è potuto

certamente applicare alla prole nata fra tali circostanze prima


della attuazione della legge nuova .

Concorda pienamente coll'esposta dottrina la sentenza del


18 aprile 1873 della Corte d'appello di Milano, la quale di-
chiarò applicarsi anche a prole nata prima dell'attuazione del
Codice civile italiano gli art. 173 , 174 di questo Codice circa la
prova della legittimità in difetto della ordinaria presunzione
della medesima (1 ) .
Non è però a confondersi col tema dei modi di provare o
di impugnare sia lo stato di legittimità , sia qualunque altro
stato personale , l'altro ben diverso della ammissibilità o meno
di tale prova o impugnativa, per se medesima e astratta con-
siderata . Il qual secondo tema non può veramente in pratica
riferirsi ad altri casi fuorchè a quello del possibile divieto della
prova della naturale paternità e a quello del possibile divieto
della impugnativa della legittimità , acquistata in date circo-
stanze. Del primo caso tratteremo più volte nel discorso della

parentela illegittima, il secondo vuol essere nella presente oc-


casione considerato.

In taluni casi la impugnativa della legittimità è vietata dalle


leggi ; per es. dall'art . 173 del Codice civile italiano è vietata

allorquando la legittimità è comprovata dalla nascita e dal con-


forme possesso di stato . Se ora domandasi quale efficacia abbia

un simile divieto rispetto a matrimoni posti in essere e a prole


nata dai medesimi prima della sua attuazione, noi non esitiamo
a rispondere che quel divieto ha efficacia retroattiva , cioè si
applica anche a quei matrimoni e a quella prole . Ciò in virtù.
del generale principio della retroattività delle leggi di stato
personale, e del non potere la prole, nata vigendo la legge
precedente , accampare un diritto quesito contro l'applica-
zione della legge nuova . Imperocchè non potrebbe quella

( 1 ) M. T., XIV, 442.


200 PARTE TERZA

prole allegare diritto quesito a provare la propria figliazione


naturale in luogo della legittima , essendo quello uno stato
personale meno vantaggioso (v. sopra pag. 34) , nè ricave-
rebbe alcun maggior vantaggio da far valere una figliazione
legittima diversa da quella apparente, oltrecchè in ambedue
i casi la sua pretesa apparirebbe gravemente immorale, in ra-
gione del grave scandalo da cui sarebbe accompagnata (vedi
Parte I, p . 330) . E in tale senso giudicarono anche la Corte
d'appello di Roma con sentenza 16 novembre 1878 ( 1 ) , e la
Corte di cassazione di Roma, con sentenza 28 giugno 1879 (2) ,
entrambe nella celebre causa Lambertini - Antonelli ( 3 ) .
Rispetto alle altre norme non propriamente probatorie, rela-
tive all'impugnativa della presunzione di legittimità , non ci può
essere dubbio che devono essere desunte del pari dalla legge
vigente quando la prova viene esibita. Ciò dicasi , per es . , della
determinazione delle persone, a cui spetta il diritto di quella
impugnativa, e ai termini dentro i quali la medesima deve es-
sere sollevata . Soccorre qui anche un generale canone di pro-
cedura, che noi svolgeremo pure in altra parte di quest'opera.

Il Merlin insegna invece ( 1. c . , art . VII , 1 , p . 234) che in tali


argomenti la legge nuova non può rendere più difficile la prova
della figliazione di quello che lo fosse al momento in cui si
acquistò lo stato di figlio, cioè al momento della nascita, la
quale dottrina è stata accettata generalmente dai giureconsulti
francesi , come attesta anche il Pinto (pag . 144 ) . Ma quel dare
al giudice la facoltà di scegliere o la legge del tempo della na-
scita od una legge posteriore, secondo il maggior vantaggio
della prole , non ci pare un principio giuridico , nè un principio
determinato, più che non ci sia parso nell'argomento della

( 1 ) A. G., 1878 , III , 429.


(2) Ib., 1879, 1, 429.
(3) Intorno a questa celebre causa vedi le mie due Memorie col titolo
In causa Lambertini – Antonelli, state pubblicate l'una a Firenze, 1878,
Nicolai, l'altra a Pisa, 1882, Nistri.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 201

prova diretta della legittimità . E se il Merlin adduce a questo


proposito il solito favore della legittimità, anche a lui si indi-
rizzano le censure che noi abbiamo già fatte poco sopra di
tale argomento .

Abbiamo fin qui considerato la figliazione legittima, suppo-


nendo che non vi sia contestazione intorno alla validità del

matrimonio , del quale la si considera come un effetto . Se il


matrimonio non fosse stato validamente conchiuso , la prole
nata dalla moglie nelle condizioni dalle quali proviene la pre-
sunzione della legittimità, si dovrebbe ancora riputar legittima
od illegittima secondo il disposto della legge vigente al mo-
mento della nascita. Se quindi, per es . , questa legge disponeva
che i figli presunti nati da un tale matrimonio dovessero essere
legittimi, ove appena uno dei coniugi avesse ignorato l'esi-
stenza della causa di invalidità al momento della conchiusione

del matrimonio , ma posteriormente fosse stata emanata una


legge la quale esigesse a tal uopo la buona fede di ambedue
i genitori , questa legge non potrebbe essere invocata per con-
testare la legittimità di quei figli . Imperocchè anche i requisiti
del matrimonio da cui è nata la prole si possono considerare
come circostanze ed estremi della nascita medesima .
Che se mancasse affatto l'ordinario fondamento della pre-

sunzione di legittimità, non essendoci prova di conchiuso ma-


trimonio, o venendo la procreazione del matrimonio impugnata
per titolo di supposizione di parto , le prove ammissibili in tal
caso onde dimostrare la legittimità dovrannosi desumere dalla
legge vigente quando la contestazione viene sollevata . Ciò in
virtù dei generali principii esposti sopra intorno alla prova dello

stato personale . Non è dubbio quindi per noi che l'art . 174
del Codice civile italiano, concernente appunto quella ipotesi,
debbasi applicare non meno ai casi accaduti prima, che a
quelli accaduti dopo la sua attuazione.
202 PARTE TERZA

b) Della patria podestà e della emancipazione


dalla patria podestà.

Tutti quei diritti i quali competono ai genitori in confronto


dei figli, in conseguenza di legittimo matrimonio , considerati

complessivamente, costituiscono la patria podestà.


La patria podestà è un diritto attribuito immediatamente
dalla legge ai genitori legittimi in occasione e al momento
della nascita della prole . Imperocchè , sebbene la nascita della
prole sia un effetto voluto e prodotto dai genitori , essa dipende
però principalmente eziandio dal concorso di naturali circo-
stanze e condizioni , le quali non si possono volontariamente
produrre, nè tampoco si possono esattamente assegnare . Non
è però la patria podestà un vero diritto acquisito personale di
chi lo abbia legalmente conseguito, imperocchè non è un di-
ritto introdotto a vantaggio dei genitori , ma piuttosto è un
ufficio ad essi attribuito a pro dei figliuoli ed a vantaggio

dell'umana società . Soltanto nei primordi dell'incivilimento ,


quando la famiglia teneva luogo dello Stato , ed anche nell'in-
terno della famiglia il diritto confondevasi colla forza, la
podestà patria era una specie di dominio del padre sui figli ;
nelle società moderne e cristiane ogni potere di una persona

su altre riguardasi unicamente come una autorità delegata


al fine di proteggere altrui .
Non essendo la patria podestà un vero e proprio diritto
acquisito di chi ne è rivestito, ne consegue che ogni nuova
legge intorno alla patria podestà si deve applicare non solo a
coloro che ne verranno rivestiti in avvenire, ma anche a coloro

che già lo sono al momento in cui la legge viene attuata.


Questo principio è generalmente ammesso dagli scrittori, e ,
fra gli altri, dal Blondeau (1. c . ) , dal Bauer (pag . 41 ) , dallo
Struve (pag . 263 ) , dal Meyer (pag. 54) , dal Chabot de l'Allier
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 203

(Vol . I, pag. 29 , 40) , dal Merlin (1. c . , pag. 236) , dal Savigny
(pag. 500) , dall' Unger (pag. 142) , dal Dalloz (1. c. , n . 234) ,
dal Mailher de Chassat (1 , pag . 243, 248), dal Demolombe
(n. 43) (1 ) , dal Grandmanche de Beaulieu (pag . 53) , dal Theo-
dosiades (pag. 54) , e dal Mazzoni (l . c. , pag. 43) . Il solo Her-
restorff si mostra anche in questa occasione del tutto ignaro
dei veri principii su cui riposa il diritto transitorio personale .
Egli sostiene (pag. 224) che la patria podestà, una volta acqui-
stata, non si possa più perdere se non per motivi contenuti
nella legge sotto il cui impero ebbe origine , e adduce come
argomenti la L. 24, C. De agric . , congiunta colla Nov. 54 ,
praef. e cap. 1. Ma in questi passi di legge si ragiona della
condizione personale in genere di certe persone , e non della
patria podestà in particolare , e quantunque vi sia detto non
applicarsi retroattivamente una legge che migliora la condi-
zione di quelle persone ( 2) , questa disposizione però non può
prevalere alle gravi ragioni su cui si basa l'opposto principio,
fondamentale nella teorica del gius transitorio personale , e
rimane del tutto e solamente positiva.

Onde applicare opportunamente il canone esposto dianzi


noi distingueremo coll' Unger ( 1. c . ) e con altri , l'origine , la
estensione o gli effetti, e la cessazione della patria podestà .

1) Dell'origine della patria podestà.

In generale si può dire : che la legge attributiva della patria


podestà a certe persone costituite in determinate condizioni, si

applica immediatamente a tutti coloro i quali al momento in

( 1 ) II DEMOLOMBE osserva giustamente che la patria podestà non si può


considerare come un effetto essenziale del matrimonio, cui si debba appli-
care la legge vigente al tempo del matrimonio. Questa osservazione coincide
coi nostri principii generali intorno al diritto transitorio personale (v. sopra
pag. 34)
(2) La legge che i nati dal matrimonio di un adscriptitius con una donna
libera siano liberi essi pure.
204 PARTE TERZA

cui la legge entra in vigore si trovano in tali condizioni . Tutti


gli scrittori citati poc'anzi professano codesta opinione . Noi
soggiungeremo però subito che la precedente regola non può
applicarsi ogniqualvolta vi si opponga un diritto acquisito per-
sonale di altri individui sui quali la patria podestà dovrebbe
essere esercitata. Veniamo ad alcune applicazioni.
Se, per ipotesi , la legge di uno Stato non accordasse al padre
la podestà patria sui figli legittimi, non v'ha dubbio che , venen-
dovi tale podestà introdotta, ogni padre si troverebbe ipso jure
rivestito di tale potere. Siffatta ipotesi si è verificata in una
provincia di Francia, cioè in quella di Senlis , al momento
della introduzione del C. N. La consuetudine di Senlis non

ammetteva podestà patria : puissance paternelle n'a lieu . Quando


entrò in vigore il C. N. , il quale attribuisce la podestà patria ad
ambedue i genitori , non v' ha dubbio che ne furono immedia-
tamente rivestiti i genitori prima sottoposti a quella consuetu-
dine . Il Merlin fu dapprincipio dell'opposto avviso (v. Rép. ,
Puiss. patern., sect . 7 , n. 2) , ma poi mutò sentenza (v. Rép. ,
Eff. rétr. , pag. 236) , e per ottime ragioni. Imperocchè, egli
dice benissimo , la legge ha sempre il potere di regolare, come
le sembra meglio , i doveri dei figli verso i genitori ; che se non
si può negare che in tal maniera la condizione dei figli nati
sotto l'impero della consuetudine di Senlis è diventata meno
vantaggiosa, questo peggioramento però non implica la viola-
zione di un diritto acquisito, non essendo tale quello stato di
emancipazione in cui i medesimi erano stati posti dalla legge
sotto cui erano nati . Questa del Merlin è veramente un'ottima
argomentazione ; imperocchè noi pure, fra i fondamentali prin-
cipii della dottrina della retroattività, abbiamo posto quello
dell'essere il diritto quesito una determinazione o modifica-
zione dell' individualità umana, quale essa è al principio suo,
per il solo fatto della nascita (v. Vol. I, pag. 208) . Per

converso, una legge nuova , la quale abolisce la patria podestà


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 205

in un caso in cui una legge anteriore l'ammetteva, avrebbe


l'effetto di far immediatamente cessare ogni podestà siffatta,
costituita sotto la seconda legge . Ciò ebbe anche a ritenere la
Corte di cassazione di Torino in una sentenza 23 maggio

1882 (1 ) , dichiarando cessata coll'attuazione del Codice alber-


tino la patria podestà dell'avo sui nipoti , ammessa dall'ante-
riore diritto piemontese .

Introdotta una legge, la quale , come il C. N. (art . 372) e il


Codice civile italiano (art. 220) , attribuisce anche alla madre la
patria podestà , non v' ha dubbio che ogni madre, di cui sia
vivo il marito, viene ad essere immediatamente rivestita di tale
prerogativa .
Che se una legge nuova attribuisce la patria podestà alla
madre vedova , assumeranno tale podestà quelle vedove le
quali pel diritto anteriore avevano soltanto una podestà tutoria
sui loro figli minorenni ? Questa quistione è già stata discussa
molte volte davanti ai tribunali italiani, perchè il C. C. I. non
solo attribuisce ad ambedue i genitori durante il matrimonio
la patria podestà sui loro figli , come gliela attribuisce il C. N. ,
ma, a differenza di questo Codice , l'attribuisce eziandio (arti-
colo 220) a qualunque dei genitori rimanga superstite all'altro .
Essa non è però che un esempio pratico di una quistione più
generale, se cioè un nuovo caso di patria podestà, introdotto
dalla legge nuova , debbasi applicare anche a quei genitori , i
cui figli minorenni in virtù della legge anteriore fossero in qua-
lunque modo usciti dalla patria podestà. Di questo argomento
passiamo ora a ragionare .

L'uscita dalla patria podestà, l'emancipazione dalla mede-


sima, nel significato più generale di questa espressione , può
avere in concreto due aspetti differenti , secondochè a) il mi-
norenne acquisti uno stato di maggior libertà, come per es.

(1 ) M. T. 1882 , 775.
206 PARTE TERZA

lo stato di minore emancipato, giusta il proprio significato di


questa espressione nelle legislazioni moderne , oppure b) non
acquisti una libertà maggiore, rimanga sotto l'autorità di un
genitore superstite, costituito in semplice tutore, o di altro
tutore qualunque .

Nella prima ipotesi l'investigazione dell'effetto retroattivo


di una legge che in un dato caso non ammette l'emancipazione
dalla patria podestà , è analoga a quella da noi già fatta in un
capitolo anteriore (v. sopra pag. 76 e seg. ) intorno alla eman-
cipazione dalla tutela . Vale rispetto alla prima tutto ciò che noi
abbiamo detto rispetto alla seconda , sia circa lo stato attuale
della quistione e alle differenti opinioni e ragioni addotte in-
torno alla medesima, sia circa la soluzione che a noi sembra
migliore . Infatti gli scrittori del diritto transitorio personale
sogliono trattare della emancipazione dei minorenni in gene-
rale , avendo di mira contemporaneamente l'emancipazione
dalla tutela e quella dalla patria podestà . Del resto ciò che noi
abbiamo detto dianzi è pure conseguenza del principio gene-
rale da noi esposto (p . 80) intorno alla natura giuridica dello
stato di emancipazione in generale , intendendo quella eman-
cipazione che conferisce al minorenne maggior libertà , cioè
un grado di civile dignità che prima non aveva.
Anche parecchie legislazioni positive, fra le quali l'Ordinanza
transitoria di Brema del 1814 ( §§ 5-6 ; v . Vol . I , pag . 84 in
nota) , l'oldemburghese dello stesso anno (§ 3 , ib . , pag. 87 in
nota) , la Patente transitoria sarda del 1837 ( articolo 4 ; ib. ,
pag. 100 in nota) , e la legge transitoria civile italiana del 1865
(art. 9 ; pag. 115 in nota), dichiarano intangibile lo stato dei

minorenni usciti dalla patria podestà senza cadere sotto l'au-


torità di un tutore .

La seconda ipotesi è connessa esclusivamente coll'istituto


della patria podestà, attesochè il tutore in nessuna legislazione
può mutar posizione di fronte al pupillo, mentre il genitore
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 207

superstite può in talune legislazioni tramutarsi in semplice tu-


tore . Ciò nondimeno anche in questo argomento la quistione
transitoria : se in virtù di una legge nuova si possano far ritor-
nare sotto la patria podestà quei minorenni i quali in virtù
della precedente legislazione si trovavano sotto la semplice
autorità tutoria di un genitore superstite, si risolve nel deter-
minare se quei minorenni abbiano o non abbiano un diritto
acquisito , che li sottragga all'applicazione della legge nuova .
Prima di esporre il nostro avviso in proposito, vogliamo inve-
stigare lo stato attuale della quistione.
Nella giurisprudenza francese mancò l'occazione di discu-
tere se i figli sottoposti all'autorità tutoria del genitore super-
stite potessero ricadere in virtù di una legge nuova sotto la
patria podestà dello stesso genitore . Imperocchè il C. N. non
accorda al genitore superstite , sia questi il padre o sia la madre ,
altra autorità sui figli, fuorchè la tutoria. Argomentando però
da quistioni affini alla presente, noi dobbiamo ritenere che quei
giureconsulti e quei tribunali francesi , i quali vedemmo sopra
(pag. 80 e seg. ) opinare che i figli liberati dalla tutela per
aver raggiunta la pubertà , secondo il disposto di alcune con-
suetudini anteriori al C. N. , dovessero ricadere sotto la tutela

della madre in virtù di quel Codice, a più forte ragione avreb-


bero attribuito , senza esitazione alcuna, forza retroattiva ad
una legge la quale avesse trasformato l'autorità tutoria del
genitore superstite in podestà patria , essendo molto meno svan-
taggioso in questo secondo caso , che nel primo, il cambiamento
introdotto nella condizione giuridica del minorenne . Quegli
scrittori e quei tribunali invece i quali non giudicarono rica-
duti sotto la tutela del genitore superstite i figli già emancipati
dalla podestà tutoria del medesimo in virtù della pubertà , ad-
ducendo il motivo che le facoltà congiunte con quella eman-

cipazione non possono più essere tolte senza ingiustizia, op-


pure applicando il noto principio francese che soltanto le leggi
208 PARTE TERZA

personali favorevoli possono retroagire, avrebbero potuto esi-


tare ed anche dividersi in contrarie sentenze nel decidere la

quistione attuale , secondochè avessero scorto o no nella con-

dizione giuridica del figlio sottoposto alla podestà tutoria del


genitore superstite qualche vantaggio , che senza violare un
diritto acquisito non avrebbe potuto essergli tolto col ripristi-
nare la podestà patria di quel genitore . Il solo Chabot de l'Al-
lier tra i francesi ammise l'effetto retroattivo di cui andiamo

ragionando, avendo dichiarato (1 , pag. 39, 40 ) in termini ge-


nerali ed astratti che qualunque persona uscita dalla patria
podestà vi può essere fatta rientrare da una legge nuova.
In Italia lo stesso legislatore il quale attribui alla madre
vedova, del pari che al padre vedovo , la podestà patria, sembra
avere anche statuito che questa legge si debba applicare imme-
diatamente alle madri vedove , le quali secondo le anteriori le-
gislazioni erano semplicemente tutrici dei loro figli . Imperocchè
l'articolo 9 delle disposizioni transitorie per l'attuazione del
Codice civile italiano dispone che : « i minorenni di ventun
anno , i quali non trovansi in istato di legale o volontaria
emancipazione, sono soggetti alla patria podestà o alla tutela
giusta le disposizioni di detto Codice » . Ora può facilmente
ritenersi che l'emancipazione di cui si ragiona nel citato arti-
colo sia quella propriamente detta , in virtù della quale il mino-
renne non può più cadere nello stato di tutela . Sul fondamento

appunto di quell'articolo , in tal modo interpretato, parecchie


decisioni di tribunali italiani dichiararono rivestite della po-

destà patria le madri vedove che prima erano semplici tutrici


dei loro figli , che non si trovassero già costituiti in istato di
legale o volontaria emancipazione. Tali furono le decisioni :
della Corte di cassazione di Firenze del 29 novembre 1866 ( 1 ) ,
della Cassazione di Torino , 18 luglio 1866 (2) , della Corte

( 1) Annali della Giurispr. Ital., Vol . I , parte 1 , pag. 54.


(2) M. T. 1866, 774 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 209

d'appello di Modena del 28 dicembre 1866 ( 1 ) , della Corte


d'appello di Milano del 3 febbraio 1867 (2), della Corte d'ap-
pello di Casale del 23 marzo 1866 ( 3 ) . E in virtù dello stesso
generale principio dell'applicazione immediata della nuova
legge intorno alla patria podestà della madre, la giurispru-
denza nostra ritenne altresi : aver perso ogni vigore , coll'attua-
zione del Codice civile italiano , la nomina già eseguita in virtù
del testamento paterno , di una persona , alla quale i figli siano
affidati per la educazione, con esclusione della madre ; Cassa-
zione di Firenze , 15 marzo 1875 (4) ; - cessare del pari dal-
l'ufficio loro i consulenti, per avventura imposti alla madre dal
testamento paterno, per l'amministrazione dei beni dei figli
minorenni ; Corte di Casale, 17 dicembre 1872 (5 ) ; — rima-
nere invece in ufficio per la sola amministrazione dei beni dei
figli minorenni il contutore nominato alla vedova superstite dal
padre predefunto ; Corte di Modena , 28 dicembre 1866 (6 ) ; —
non doversi deferire al consiglio di famiglia le contestazioni
insorte dopo l'attuazione del nuovo Codice civile, fra la vedova
e l'amministratore dei beni dei figli , nominato prima dal padre
nel suo testamento, e rimasto in ufficio, ma doverlesi deferire
al tribunale ; Corte di Milano , 28 marzo 1868 ( 7 ) ;. non

( 1) Ib., parte 2ª, pag. 81 .


(2) Ib. , pag. 218.
(3) V. il Giornale La Giurisprudenza, anno V, pag. 385. Soltanto la
Corte d'Appello di Modena nella citata sentenza non stimò superfluo il pre
mettere alla sua decisione il solito vaghissimo principio dell'ordine pubblico :
<< considerando che le leggi relative allo stato delle persone, siccome d'or-
dine pubblico, al momento della loro attuazione obbligano tutti, e conferi-
scono dei diritti, i quali , non essendo di durata maggiore di quella della legge
medesima di cui seguono la sorte, possono essere modificati e aboliti qualora
venga a modificarsi o ad abolirsi la legge che li conferì » . Il Mazzoni (p. 44)
ammette pure l'effetto retroattivo dell'ultimo capov. dell'art. 220 del C. C. I.
(4) A. G. , Ix, 1, 211 ; contro : Corte d'app. di Roma, 23 agosto 1872 (G. 1.,
XXIV, 2, 597, e xxv, 2, 759).
(5) Gazz. dei Trib. di Genova, xxiv, 1 , 813.
(6) A. G., 1, 2, 81.
(7) G. , v, 512.
GABBA Retr. leggi, II 14
210 PARTE TERZA

potere neppure il tutore nominato nel testamento del padre,


continuare, dopo l'attuazione del Codice civile, la rappresen-
tanza dei figli minorenni nelle liti pendenti fra questi e la
madre vedova, ma dovervisi sostituire un curatore speciale a

termini di quel Codice ; Corte di Milano , 3 febbraio 1867 ( 1 ) ;


-
dovere però la madre vedova di figli minorenni , investita
della patria podestà dal giorno dell'attuazione del nuovo Go-
dice civile, se rimaritata in quell'epoca , convocare il consiglio
di famiglia a sensi dell'articolo 237 di quel Codice ; Corte di
Casale , 23 marzo 1868 ( 2) , e Corte di Lucca , 26 agosto
1870 (3) . - Ed anche ritenne la giurisprudenza nostra non
essere mestieri di giudiziale sentenza onde costituire la madre
vedova nella patria podestà attribuitale dal Codice civile ,

ma doversi invece reputare decaduti ipso jure e ipso facto nel


giorno dell'attuazione di quel Codice, i tutori dei figli mino-
renni , entrati legalmente in funzione dopo la morte del padre ;
Cassazione di Firenze, 29 novembre 1866 (4), e la sentenza
del giudice essere in tal caso necessaria soltanto ove il tutore
sia stato giudizialmente sostituito alla madre medesima, già
investita della tutela dei figli minorenni, per titolo di mala am-
ministrazione , od altro consimile ; Corte di Torino , 9 luglio
1867 (5).

Se noi ora consideriamo la quistione colla scorta dei prin-


cipii fondamentali del gius transitorio personale, scorgiamo
anzitutto che l'ammissibilità o meno della trasformazione del-

l'autorità tutoria del genitore superstite in podestà patria sui


propri figli, dipende dal potersi o no riscontrare nell'anterior

passaggio dalla patria podestà alla tutela un acquisto di qualche


vantaggio , che or dovesse , ma giustamente non potesse ,

( 1 ) A. G., 1, 2, 218.
(2) G., v, 384.
(3) M. T., XII , 717.
(4) A. G. 1, 2, 218.
(5) G., IV, 524.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 211

andar perduto pel ritorno dalla tutela alla podestà patria . Im-
perocchè noi sappiamo (v. sopra pag. 34) che i diritti acqui-
siti personali sono vantaggiose condizioni personali legittima-
mente acquistate, e che perciò non possono più essere tolte ;

sappiamo altresì che lo stato di persona sottoposta ad un'altra


non può essere peggiorato col pretesto che lo scopo ultimo di
ciò sia il miglior bene della persona stessa, quando lo stato
sia provenuto da fatti preordinati dalla legge onde alleviare
una condizione personale anteriore ancor meno vantaggiosa
(v. sopra pag. 34 i. f. , 38 , 85 , 104) .
Noi abbiamo già affermato in una precedente occasione
( v. sopra pag. 86 ) che lo stato di minorenne sottoposto a
tutela è meno svantaggioso di quello di minorenne sottoposto
alla patria podestà, pel motivo che il secondo ha minori diritti
del primo . Invero la tutela per regola generale non attribuisce
al tutore quel diritto all'usufrutto sul patrimonio avventizio del
minorenne, che in quasi tutte le legislazioni è un attributo di
chi ha la patria podestà . È questa la principale differenza fra
quei due stati del minorenne, imperocchè rispetto alla condi-
zione propriamente personale del medesimo , cioè alle limita-
zioni della sua capacità giuridica, non vi hanno sostanziali dif-
ferenze fra l'uno stato e l'altro . Diremo noi dunque per quella

sola circostanza, che il passaggio dalla sottoposizione alla po-


destà patria, allo stato di pupillo , sia propriamente un muta-
mento introdotto dalla legge a vantaggio del minorenne , e
quindi un vero e proprio acquisto di una condizione personale
irrevocabile ?

Per rispondere affermativamente a questa domanda biso-


gnerebbe potere ammettere che l'usufrutto legale spettante a
chi ha la patria podestà fosse un elemento essenziale di questa
podestà, cosicchè la legge, sottraendo alla medesima una per-
sona, si ritenesse avere avuto principalmente di mira di far
godere a questa l'esenzione dall'onere patrimoniale dell'usu-
212 PARTE TERZA

frutto paterno. Imperocchè noi abbiamo stabilito (vedi sopra


pag. 32) il principio generale che i diritti di stato personale
per dirsi acquisiti devono essere sostanziali allo stato di cui
si tratta.

Or bene tale non è propriamente la natura e l'importanza


dell'usufrutto legale di chi ha la patria podestà . Di questi due
diritti il primo è accessorio al secondo ; questo è solo veramente
personale, il primo è patrimoniale, e propriamente un mezzo
onde esercitare il secondo, e quindi subordinato e secondario
al medesimo . Or se il diritto di usufrutto legale non è un es-
senziale attributo di chi ha la podestà patria, neppure si può

dire che la mancanza di quel diritto costituisca una essenziale


differenza fra quella podestà e l'autorità tutoria , ed una infe-
riorità della seconda di fronte alla prima.
Ciò posto, la sostituzione dell'autorità tutoria all'autorità
patria può bensi dirsi un miglioramento nella condizione del
minorenne, ma non l'acquisto di un vero diritto personale di
non ritornare sotto la patria podestà , perchè il vantaggio con-
seguito con quella prima mutazione non ha i caratteri del di-

ritto acquisito di stato personale , cioè gli manca di essere


essenziale allo stato personale di chi è sottoposto alla tutela .
Volendo ora applicare le cose fin qui dette alla trasforma-
zione della patria podestà in podestà tutoria, e al ritorno da
questa a quella nella stessa persona di un genitore superstite ,
noi distinguiamo anzitutto due ipotesi differenti, secondochè
l'autorità tutoria del genitore superstite andasse accompagnata

dall'usufrutto legale dei beni avventizi del figlio , al pari della


patria podestà (1 ) , oppure il genitore tutore non avesse quel
diritto più che non l'abbiano gli altri tutori . Nel primo caso

(1 ) Secondo il C. N., art. 384, il genitore superstite, che è semplice tutore


dei figli (art. 390 ), conserva l'usufrutto legale. Nel Codice albertino soltanto ,
la madre vedova è semplice tutrice dei figli, ma anch'essa conserva l'usu-
frutto legale ( art. 235).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 213

non si potrebbe fare obbiezione nessuna al ritorno del figlio


sotto la podestà patria del genitore , imperocchè fra questa
podestà e la tutoria non vi sarebbe rispetto al figlio nessuna
differenza rilevante, non che essenziale . Nel secondo caso quel
ritorno dovrebbe ancora ammettersi, a nostro avviso , perchè ,

non essendo la sottoposizione a tutela anzichè alla patria po-


destà un essenziale miglioramento dello stato personale del
minorenne, non si può considerare acquisito da questo il di-
ritto di rimanere in tutela dopo la prima cessazione della po-
destà patria del suo genitore. Il ritorno dalla tutela nella patria
podestà si risolve quindi essenzialmente in un modo diverso di
attribuire e distribuire l'autorità cui il minorenne è sottoposto ,

la quale mutazione, affatto estrinseca e formale, noi sappiamo


(v. Vol. I , pag. 316) poter sempre il legislatore introdurre nei
rapporti giuridici esistenti (1 ) .
Questa opinione riceve conferma , per via di analogia , da al-
cune decisioni di tribunali francesi , i quali dichiararono sotto-
posti alla tutela della madre vedova, in virtù del C. N. , quei
figli i quali al momento dell'attuazione di questo Codice erano
sottoposti alla tutela testamentaria, od altra , di terze persone .
Imperocchè la tutela anteriore non traeva seco l'usufrutto le-

gale al pari della tutela legale del genitore superstite secondo


il C. N. Tali furono le decisioni : della Corte d'appello di Agen

(1 ) Noi non neghiamo però che anche l'opinione contraria alla nostra
possa essere sostenuta, con qualche apparenza di ragione, da chi dissenta
da noi nel giudicare l'importanza della esenzione dall'onere dell'usufrutto
legale rispetto allo stato personale del minorenne sottoposto alla tutela,
anzichè alla patria podestà del genitore. Ed anche di fronte all'art. 9 delle
leggi transitorie per l'applicazione del C. C. I. l'opinione contraria alla nostra
potrebbe in qualche modo essere propugnata. Bisognerebbe sostenere che
l'espressione emancipazione legale, usata in quell'articolo, si debba inten-
dere anche nel senso di una emancipazione parziale, quale è contenuta nel
passaggio dalla sottoposizione alla podestà patria alla sottoposizione a tu-
tela, almeno rispetto al diritto dell'usufrutto legale spettante a chi è rive-
stito di quella podestà (Arg. la sentenza della Corte d'appello di Agen,
citata nel testo. V. sotto pag. 220).
214 PARTE TERZA

del 7 pratile anno 13 ( 1 ) ; della Corte di cassazione di Parigi


dell'8 dicembre 1807 (2) , la quale respinse il ricorso contro
la prima, e della Corte d'appello di Torino del 6 messidoro

anno 13 (3) .
Analogamente a quanto dicemmo circa l'immediata appli-
cazione delle leggi che attribuiscono alla madre vedova la
patria podestà su figli minorenni, devesi anche ritenere che
una legge la quale, come la vigente italiana, attribuisca al
padre naturale la tutela sul figlio riconosciuto, ha virtù di fare
immediatamente cessare la tutela ad altre persone attribuita
rispetto a quei figli dalla legislazione anteriore . E ciò ebbe
a dichiarare anche la Corte di Casale in una sentenza 7 feb-
braio 1868 (4).

2) Della estensione o degli effetti della patria podestà.

Dell' usufrutto legale paterno in particolare.

Quali diritti competano e quali doveri incumbano al padre, e


in generale a chi ha la patria podestà, rispetto ai figli, devesi
sempre giudicare secondo la legge attuale, e non già secondo la
legge sotto il cui impero fu conchiuso il matrimonio, o surse la
podestà medesima . Questo principio , formulato dall' Unger
(pag. 142), è pur consentito dalla generalità dei giureconsulti ,
e sancito da alcune legislazioni positive, fra le quali dalla Or-
dinanza transitoria amburghese del 1814 (§ 8 , v. Vol . I, pa-

gina 72 , in nota) , e dalle Ordinanze transitorie annoveresi (ib . ,


pag . 80 , in nota) . Esso dipende da quello ancor più generale
che presiede a tutto il diritto transitorio personale, imperocchè,
siccome abbiamo già più volte avvertito, la patria podestà, non

(1) Pasic., 1ª ser., Jur. p. Trib. et d. C. d'app. , Vol. I, pag. 459.


(2) Pasic., 1ª ser., Jur. de la C. de Cass., Vol . III , pag. 598.
(3) Pasic., 1 ser., Jur. d. Trib. et d. C. d'app., Vol . I, p. 419.
(4) G., v, 183.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 215

essendo introdotta a vantaggio dei genitori , non può mai rive-


stire il carattere di diritto acquisito.
Molte e facili sono le applicazioni del suesposto principio .

Osservano per esempio giustamente molti giureconsulti ,


fra i quali il Mazzoni (pag . 44), che il diritto di castigare i
figliuoli deve essere sempre esercitato dal padre in quel modo
che è consentito dalla legge attuale . Cosi pure si desumono
soltanto da questa legge le attribuzioni di chi ha la patria po-
destà rispetto all'amministrazione del patrimonio dei figli , e in
particolare rispetto agli atti più importanti della medesima .
Se per es. in uno Stato nel quale chi ha la patria podestà ab-
bisogna dell'approvazione del tribunale soltanto per certi atti
di quell'amministrazione , venisse emanata una legge consimile
all'austriaca, la quale parifica pienamente il padre al tutore ri-
spetto alla gestione dei beni dei figli minorenni, non v'ha dubbio

che questa legge dovrebbesi immediatamente applicare anche


alle persone precedentemente rivestite della podestà patria. Per
converso , una legge la quale dispensi chi ha la patria podestà
dal richiedere la giudiziale autorizzazione onde muovere lite
nell'interesse dei figli , applicasi immediatamente anche alle
cause di tal genere già pendenti , rispetto al proseguimento
della lite nelle ulteriori istanze . E ciò ebbe a dichiarare la
Corte di cassazione di Firenze in una sentenza 2 maggio
1867 (1). - L'educazione dei figli , quantunque presso tutti
i popoli civili non dipenda dalla direzione e dal comando delle
pubbliche autorità , può cionondimeno ad ogni istante venir re-
golata da nuove leggi immediatamente applicabili a tutte le
famiglie . Vuolsi però qui osservare che in codesta materia
delle leggi sulla educazione dei figli la prudenza legislativa
esige talvolta che se ne sospenda l'applicazione rispetto ai
matrimoni già conchiusi , non tanto perchè vi si opponga un
vero e proprio diritto acquisito , quanto perchè conviene tur-
(1) A. G., 1, 1, 237.
216 PARTE TERZA

bare il meno possibile l'ordine delle famiglie . Per questo mo-


tivo la legge francese del 19 dicembre 1790 dichiarò appli-
cabile soltanto in avvenire un decreto del 17 agosto di quell'anno

concernente la prole nata da matrimoni misti ( 1 ) . Anche il Berg-


-
mann (pag. 261 ) approva questa legge . L'obbligo di do-
tare è pur regolato dalla legge vigente al momento in cui si
giudica intorno alla domanda della dote. Ciò dicasi però ,
intendendo che il matrimonio non sia ancora accaduto ; che se

il matrimonio è accaduto , l'obbligo di dotare devesi giudicare


secondo la legge vigente al tempo del matrimonio , come dis-
pone espressamente la legge transitoria oldemburghese del 1814
(vedi Vol. I , pag . 91 , in nota) . Anche le Ordinanze transitorie
annoveresi del 1814 e 1815 (ib. , pag. 80 , in nota) seguirono
lo stesso principio, disponendo che l'obbligo di dotare le figlie
maritate sotto l'impero delle leggi francesi, le quali , come è
noto , non ammettono siffatto obbligo , si dovesse giudicare se-
condo quelle leggi . Che se il padre della sposa è intervenuto
nei patti nuziali , il misurare i suoi obblighi nascenti dai patti
medesimi , secondo la legge allora vigente, è anche un'appli-
cazione del principio fondamentale (v . Vol . I , pag. 271 e seg. )
che tutte le conseguenze dei fatti ed atti giuridici vengono
sempre regolate secondo la legge vigente al tempo in cui quelli
vennero posti in essere. Ed anche alla stessa conchiusione si

viene, applicando i generali principii in materia di diritti acqui-


stati immediatamente per opera della legge (v. Vol . I , p . 253 ) .

(1 ) L'assemblée nationale considérant que la loi ne peut pas


avoir effet rétroactif, décrete que la loi du 1774, concernant les enfants
nés et à naître des mariages mixtes entre des catholiques et des protes-
tants, sera exécutée à l'égard des enfans nés et à naître des dits mariages
mixtes contractés avant le décret de août, et que les dispositions de ce
décret ne seront appliquées qu'aux enfants nés des mariages mixtes con-
tractés depuis cette époque du 17 avut (Lois civ, interméd. 1, pag. 75).
Osserviamo soltanto che il motivo della ingiusta retroattività fu male a
proposito invocato.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 217

Più particolareggiato esame merita lo stato delle opinioni


intorno all' influenza retroattiva delle leggi nuove circa l'usu-
frutto legale spettante a chi ha la patria podestà. Riservandoci
di ragionare più tardi intorno alla connessione fra la cessa-
zione della patria podestà e quella dell'usufrutto legale , ora
considereremo quest'ultimo nel periodo in cui la podestà patria
esiste e viene esercitata.

Riguardo fondamentale in codesta materia è l'indole della


connessione intercedente fra l'usufrutto legale e la podestà

patria . Il Merlin dice benissimo (1. c . , pag. 239 ) che l'uno


non è veramente inseparabile dall'altra , e infatti non si spie-
gherebbe altrimenti come vi fossero legislazioni, per es . l'au-
striaca, le quali non attribuiscono al padre siffatto diritto ,
e come la legislazione civile francese ed altre lo attribuisca ad

una classe di tutori , cioè a quei padri o a quelle madri che


per la morte dell'altro coniuge hanno perduta la patria po-
destà ed assunta invece la tutela . In altri termini , l'usufrutto

legale è un effetto non essenziale della patria podestà . Ol-


tracciò , attesa l'eterogeneità dei diritti sui beni e dei diritti

strettamente personali , la connessione fra l'usufrutto legale e


la podestà patria , come abbiamo già osservato nella Parte

generale di quest'opera (Vol . I , pag. 272 ) , è quella di un acces-


sorio al principale, il primo dei quali, come tutti sanno , segue
le sorti del secondo . Per l'una circostanza e per l'altra l'usu-
frutto legale deve sempre essere regolato secondo la legge
attuale, imperocchè noi sappiamo che si regolano appunto così
tutti gli effetti non essenziali degli stati personali vantaggiosi,

e che per regola generale la patria podestà può essere re-


troattivamente modificata da leggi nuove . Noi diremo quindi
col Weber (pag . 86-87 ) , col Savigny (pag . 503), coll' Unger
(pag. 142 ) , e col Duranton (n . 55 ) che la legge nuova si ap-
plica a tutti i genitori, e ai figli esistenti e ai beni avventizi
che questi ultimi posseggono al momento della sua attuazione,
218 PARTE TERZA

sia che essa introduca per la prima volta, o sia che abolisca l'usu-
frutto legale, o sia che ne abbrevii o ne prolunghi la durata . Co-
desto principio è seguito dalla generalità dei giureconsulti , e
da non poche legislazioni. Ora esaminiamo distintamente le
singole sue parti .
a) Se l'usufrutto viene introdotto per la prima volta in
uno Stato nel quale la patria podestà non comprendeva tal
diritto , oppure viene introdotto in un colla stessa podestà patria
in uno Stato in cui questa podestà non era ammessa , non v'ha
dubbio, come osservano il Merlin (pag. 238) , il Dalloz (n . 238 ) ,
e il Grandmanche de Beaulieu (pag . 53) , che dal giorno del-
l'attuazione di tal legge spetterà il diritto di usufrutto a tutti
coloro che hanno la patria podestà , e sui beni dei figli loro
che prima ne erano esenti. Anche la legge transitoria estense

del 1852 (art. 11 , v . Vol . I , pag . 107 , in nota) segui questa


massima rispetto all'usufrutto della madre vedova, e la legge
transitoria civile italiana del 1865 (art . 11 ) la seguì quanto
all'usufrutto dei genitori in generale, la quale massima ebbe
appunto effetto nella sua generalità nelle provincie italiane sot-
toposte prima alla legislazione austriaca. In tal senso decisero

pure la Corte d'appello d'Amiens in una sentenza del 20 agosto


1817 (1 ) , e la Corte di cassazione di Parigi in una sentenza
dell'11 maggio 1819 ( 2) che confermò la prima, le quali due
decisioni dichiararono appartenere l'usufrutto legale in virtù
del C. N. su tutti i beni dei figli , a quei padri i quali , essendo
già tutori al momento dell'attuazione di quel Codice per la
morte della moglie e in virtù delle consuetudini dell'Artois e
di Boulogne, non aveano però da queste leggi siffatto diritto .
Ma se la legge nuova sottopone i beni dei figli all'usufrutto
legale in casi nei quali secondo la legge anteriore esso più non

(1) Pasic., 2 ser. , Jur. de Trib. et d. C. d'app. , Vol. V, pag. 512.


(2) Pasic., 2 ser., Jur. de la C. de Cass., Vol . IX, pag. 404.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 219

sussisterebbe , rinascerà l'usufrutto a vantaggio di coloro i quali


lo avessero appunto perduto a termini della legge anteriore ?
Noi crediamo doversi qui distinguere due casi . O l'usu-
frutto viene ristabilito insieme all'autorità patria o tutoria,
cui prima i figli sottostavano, oppure viene ristabilito senza
che si muti in pari tempo la condizione personale del figlio
e l'indole della sua soggezione . Nel primo caso applicansi
al ristabilimento dell'usufrutto le cose da noi dette prece-

dentemente circa il ristabilimento della podestà tutoria e della


podestà patria, nel secondo caso noi crediamo che l'usu-
frutto legale deve rinascere senza che si offenda il diritto di
nessuno . Per esempio , se la legge nuova dispone che l'usu-
frutto legale duri fino alla maggior età del figlio , mentre la
legge anteriore lo facea cessare quando il figlio avea compiuto
i diciott'anni, rinascerà quel diritto in quei genitori i cui figliuoli

avessero già compiuto i diciott'anni , ma non fossero ancor mag-


giorenni secondo la legge nuova al momento in cui questa venne
attuata . Ciò dispone anche espressamente la legge transitoria
civile italiana del 1865 (art . 11 , v. Vol . I , pag. 115 in nota) ,
e disposizioni analoghe trovansi nell' Ordinanza transitoria ol-

demburghese del 1814 (§ 3 , ib . , pag. 91 , in nota) , e in quelle


prussiane del 1814 per le province al di là dell'Elba ( ib . , pa-
gina 92 , in nota) e del 1816 per la Prussia occidentale e per
Posen (v. Savigny, pag. 504, nota v) . Cosi pure, se la legge
nuova attribuisce l'usufrutto legale alla madre vedova e tutrice
dei propri figli, la quale in questa qualità non aveva quel di-
ritto in virtù della legge anteriore, o se la legge nuova attri-
buisce alla madre tutrice la patria podestà, e con questa l'u-
sufrutto che nella precedente sua qualità non aveva sui beni

dei figli , nell'un caso e nell'altro rinascerà l'usufrutto legale a


carico di tutto il patrimonio di quei figli i quali al momento
dell'attuazione della legge nuova erano ancor sottoposti alla

autorità della madre, ed erano diventati esenti dall'usufrutto


220 PARTE TERZA

per la morte del padre avvenuta sotto l'impero della legge


precedente.
Le precedenti soluzioni sono pur generalmente ammesse
dai giureconsulti , ma ebbero cionondimeno qualche contrad-
dittore . Il Weber, il quale, come vedemmo sopra (pag. 217) ,

ammette potersi retroattivamente introdurre e abolire , abbre-


viare e prolungare l'usufrutto legale paterno , sembra ritenere
(pag . 87 ) che non si possa ripristinarlo , quando sia cessato
in virtù della legge anteriore che gli assegnava una più breve

durata. Più esplicitamente, e prima del Weber avea sostenuto


lo stesso avviso l'Herrestorff (pag . 65 , 85 , 89 ) , il quale ad-
dusse per ragione un preteso diritto acquistato del figlio al
non rinnovamento dell'usufrutto. Anche la legge transitorial
sarda del 1837 ( art . 6 , v. Vol . I , pag. 103 , in nota) dispone

che non rinasca nelle madri vedove, per continuare in confor-


mità della legge nuova, l'usufrutto da esse già posseduto sotto
l'impero della legge precedente, rispetto ai beni del figlio sui
quali quel diritto fosse già cessato . Lo stesso avviso , e preci-
samente per la ragione che si debba rispettare il diritto acqui
sito del figlio, venne sostenuto dalla Corte d'appello di Agen
in una sentenza del 7 pratile anno 13 , da noi precedentemente
citata in altra occasione (v. sopra pag . 213 , nota (¹ ) .
La Corte di Agen , nel mentre riteneva che in virtù della
promulgazione del C. N. spettasse alle madri vedove la tutela

legale dei loro figli , prima sottoposti ad altra tutela qualunque,


non riteneva invece che in virtù di quel Codice potesse rina-
scere in tali madri il diritto di usufrutto legale, di cui aveano
gia goduto i mariti loro , e che era cessato colla morte di questi,
rispetto ai beni che i figli già possedevano vivente il loro padre .
« Imperocchè, dice la Corte d'Agen , quella parte della legge
nuova che regola l'usufrutto dei beni dei figli , non attiene al-
l'ordine pubblico al pari di quella che introduce la tutela della
madre superstite , ma piuttosto attiene agli interessi privati dei
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 991

cittadini fra di loro . Essa non deve adunque applicarsi che ai


beni dei quali il figlio non aveva il godimento , quando il Co-
dice venne posto in vigore . Per la morte del padre il figlio ha
ereditato la piena e libera proprietà dei beni propri, questo
diritto fu da lui assolutamente e irrevocabilmente acquistato , e
quindi togliendolo a lui per favorire la madre, la legge avrebbe
un effetto ingiustamente retroattivo » .
È facile scorgere la vanità di questa argomentazione . L'usu-
frutto legale era cessato sui beni spettanti ai figli prima del-
l'introduzione della tutela della madre secondo il C. N. , non

perchè il legislatore avesse voluto accordare ai figli quel van-


taggio , ma piuttosto perchè esso era la conseguenza della libe-
razione dalla patria podestà, che sola il legislatore aveva avuto
di mira di accordare ai figli . Non essendo quindi la cessazione
dell'usufrutto legale un diritto propriamente acquistato dai
figli , nulla può opporsi al ristabilimento del medesimo . Or si

comprende facilmente come il riferito passo della sentenza di


Agen non sia stato approvato dai più autorevoli giureconsulti
francesi, fra i quali dal Merlin (1. c. , pag. 239) , dal Mailher
de Chassat (1 , pag. 246-47 ) , e dal Dalloz (1. c . , n . 238 ) . Que-
st'ultimo osserva benissimo che per gli stessi motivi pei quali
il legislatore si permette di far cessare o di far durar meno
l'usufrutto legale acquistato dal padre sotto una legge anteriore
e differente, egli può eziandio far cessare l'esenzione dall'usu-

frutto medesimo , quand' anche si volesse ritenere che la legge


anteriore avesse inteso di assicurare al figlio il godimento per-
sonale di tutti i suoi beni (1 ). Anche la Corte Regia di Parigi

(1 ) Non dell'ugual forza è l'altro argomento addotto dai tre citati scrittori ,
che il figlio non poteva pretendere che l'amministrazione del suo patrimonio
per parte del padre continuasse ad essere gratuita. Imperocchè il legislatore
non dice che l'usufrutto legale sia principalmente un salario del padre, e
la filosofia del diritto non parmi che possa conciliare l'idea di salario col-
l'alto concetto morale della podestà patria.
922 PARTE TERZA

in una sentenza del 3 germinale , anno XII ( 1 ) aveva seguito


l'opinione opposta a quella adottata l'anno dopo dalla Corte
di Agen .

b) Se la legge nuova attribuisce all'usufrutto legale una


durata più lunga di quella stabilita dalla legge precedente ,
perchè non considera più come causa di cessazione una circo-
stanza qualunque a cui quella legge dava questo effetto , non
v'ha dubbio che se questa circostanza non si è ancora verifi-
cata, il qual caso apparterrebbe alla categoria di quelli consi-
derati sotto la lettera precedente, continueranno per tutto il
tempo statuito dalla legge nuova i diritti di usufrutto comin-

ciati sotto l'impero della legge precedente . Come già avver-


timmo (pag. 217 ) , anche il Weber è di questo avviso . Lo
stesso è pur disposto dalla legge transitoria civile sarda del

1837 (art . 7 , v. Vol . I , p. 104 , in nota) , e dalla legge transi-


toria civile italiana del 1865 (articolo 10 , ib. , pag. 117 ,
in nota ) .

c) Se la legge nuova abolisce affatto l'istituto dell'usu-


frutto legale, chi trovasi in possesso dell'usufrutto al momento
dell'attuazione di essa legge , e in virtù della legge precedente ,

non può conservarlo dopo quel momento. Non vi può essere


diritto acquisito all'usufrutto legale, più che non vi possa es-
sere ad altro effetto qualunque , non essenziale, della patria
podestà o dello stato di padre . Di ciò convengono tutti i giu-
reconsulti, ad eccezione del solo Herrestorff (1. c . ) . Anche
l'ordinanza transitoria oldemburghese ( § 3 , v. Vol . I , pag. 91 ,

in nota), e un'ordinanza transitoria prussiana dello stesso anno


(§ 14, ib . , pag. 92, in nota) applicarono lo stesso principio ,
abolendo l'usufrutto legale della madre, surto sotto l'impero
del C. N. Soltanto per equità parecchi legislatori hanno con-
servato l'usufrutto legale a chi lo aveva acquistato in virtù di

(1 ) R. G., v, 2, 174 --- Pasic. 2 ser. Jur. de Trib. et C. d'app. , Vol. I,


pag. 306.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 223

una legge precedente, ora abolita . Così, per es. , il legislatore


austriaco col Decreto Aulico 12 dicembre 1817 conservò ai

genitori l'usufrutto legale acquistato in virtù dell'art . 384


del C. N. nelle provincie componenti il Regno d'Italia di Na-
poleone I. Una disposizione analoga leggesi nella Patente

Imperiale del 29 novembre 1852 (n . 3) colla quale venne


promulgato il C. C. A. nel Regno d'Ungheria (1 ) .
d) Se la legge nuova si limita ad assegnare una durata
minore all'usufrutto legale, non essendo però del tutto estinta
l'autorità del padre sul figlio , essa avrà certamente effetto re-
troattivo , cioè immediato , e farà cessare in conformità alle

sue disposizioni i diritti di usufrutto legale cominciati sotto


l'impero della legge precedente. Anche in questo argomento
però i riguardi di equità indussero parecchi legislatori a sco-
starsi dal rigoroso diritto . Così la legge transitoria del 26 no-
vembre 1860 per le Provincie dell'Emilia (art . 4) , e la legge
transitoria civile italiana del 1865 (art . 10 , ib . , pag . 117 , in
nota) pongono il principio generale che l'usufrutto legale ac-
quistato dai genitori sui beni dei figli in virtù delle leggi ante-
riori , possa continuare in conformità di queste leggi anche
dopo l'emancipazione dei figli , ma l'una e l'altra (11. cc . ) limi-
tano poi questo principio, disponendo che l'usufrutto in di-
scorso non possa durare che un certo tempo al di là della

( 1 ) V. UNGER , l . c. , nota 58- Due commentatori del C. C. A. , il Winiwarter


e lo Stubenrauch, considerano erroneamente queste disposizioni positive
come mere applicazioni del principio che i diritti acquisiti si devono rispet-
tare. La stessa erronea opinione ebbe anche l'autore della citata legge
badese, nella quale se ne adduce per motivo che altrimenti darebbesi forza
retroattiva alla legge. Ed anche il Consiglio di Stato di Francoforte opinò
nel 1811 (v. Vol. I , pag. 67, in nota ) che non si sarebbe potuto far cessare
l'usufrutto legale paterno prima del tempo in cui avrebbe dovuto cessare
secondo la legge sotto il cui impero fu acquistato, senza ingiusta retroatti-
vità. Ma di questa opinione quel consiglio si rese ragione senza contraddire
all'indole retroattiva delle leggi intorno agli effetti della patria podestà ;
esso considerò l'usufrutto legale paterno come uno dei diritti patrimoniali
dei coniugi, e il suo errore sta tutto in questa premessa.
924 PARTE TERZA

emancipazione (1 ) . Ma se l'usufrutto legale o una parte di esso


fosse congiunta col fatto stesso della emancipazione , come
praemium emancipationis, siccome è disposto nel Diritto Ro-
mano, dovrebbe nonostante cessare quel diritto per l'attua-
zione di una legge che facesse cessare l'usufrutto legale colla
emancipazione ? Noi non esitiamo a rispondere affermativa-
mente, perchè non ci sembra possibile considerare il diritto in
discorso come un vero e proprio equivalente della emancipa-
zione , senza snaturare quest'ultima . L'emancipazione è uno
stato della persona emancipata , e non un atto lucrativo del-
l'emancipante ; per conseguenza anche nel caso suddetto l'usu-
frutto legale conserva la sua natura di accessorio al rapporto
personale fra il genitore e il figlio , e può essere quando che
sia modificato dal legislatore senza ingiusta retroattività. --
Concorda col fin qui detto la già ricordata sentenza della Corte
d'appello di Torino del 7 fruttidoro anno 12 (2 ) .

3) Della cessazione della patria podestà.

Che la patria podestà debba immediatamente cessare , non


appena si verifichi uno dei casi e dei modi stabiliti dalla legge
vigente, è opinione universalmente accettata.

Quanto all'usufrutto legale in particolare , egli è cosa evidente ,


come bene osserva il Dalloz (n . 237 ) , che debba disparire ,
al pari di qualunque effetto , al cessar della causa . Invero se ,

come dicemmo sopra (pag. 221 ) , devesi applicare retroattiva-

(1 ) Veramente nessuna delle leggi italiane citate nel testo sotto la let-
tera d) dichiara che la disposizione eccezionale in esse contenuta si applichi
soltanto ai beni del figlio che già erano sottoposti all'usufrutto sotto la
legge anteriore. Lo dichiara invece la citata legge badese, e la stessa
clausola è pur contenuta nelle leggi austriache citate sotto la lettera c) .
Tuttavia, per l'autorità di questi esempi , e più ancora perchè una tale
limitazione è conforme allo spirito delle leggi eccezionali in discorso, non
ci parrebbe temerario tentativo quello di introdurla nella interpretazione
delle leggi suddette.
(2) Pasic. Jur. d. Trib. et d. C. d'app., Vol. I , pag. 361 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 225

mente una legge la quale abbrevia la durata dell'usufrutto le-


gale prima ancora che cessi del tutto il potere dei genitori sul
figlio, come, per es . , nel caso della emancipazione, a più forte.
ragione ciò dovrà dirsi nei casi in cui quel potere sia del tutto
cessato . Non mancano decisioni giudiziali in conferma di questo
principio . Cosi , per es. , la Corte di Besançon in una sentenza
del 2 luglio 1811 (1 ) dichiarò che, avendo la legge 28 agosto
1792 liberato i figli maggiori di ventun anno dalla patria po-

destà, l'avo che godeva dei beni del nipote morto sotto la sua
podestà, non avea potuto continuare nel suo possesso dopo
l'attuazione di quella legge . Questa sentenza venne poi confer-
mata da un'altra della Cassazione di Parigi del 5 agosto 1812 (2) .
La stessa Corte di cassazione dichiarò di bel nuovo lo stesso

principio nella sentenza del 26 luglio 1810 (3 ) . In tutte le


riferite sentenze però fu ammesso che l'usufrutto legale potesse
in virtù delle leggi anteriori continuare sui beni del figlio o
del nipote, anche dopo la morte dell'uno o dell'altro , purchè
non venisse oltrepassata l'epoca in cui egli avrebbe raggiunto
la maggior età. Ciò perchè la legge 28 agosto 1792 non aveva
ancora introdotto il principio che l'usufrutto legale cessa colla
morte del figlio , cosicchè la giurisprudenza dovette applicare
anche a questo usufrutto la L. 12 , C. De usuf. ( 4). Non v'ha
dubbio del resto , che, introdotto quel principio, come lo intro-
dussero infatti il C. N. e gli altri Codici moderni , il canone
generale sopra enunciato ha un'altra occasione di essere ap-
-
plicato . Confermò pure tal canone, in termini ancor più
generali, la Corte d'appello di Torino in una sentenza del
7 fruttidoro anno 12 (5 ) , nella quale dichiarò che le restrizioni

(1 ) Ap. DALLOZ, l . c. , n. 237.


(2) Pasic. Jur. de la C. de Cass., 1 ser. , Vol. VI , pag. 574.
(3) Ib., Vol. V, pag. 599.
(4) Vedi le osservazioni degli editori della Pasic. nel luogo citato nella
nota (1).
(5) Pasic., 2 ser. , Jur. d. Trib. et d. C. d'app., Vol . I, p . 361 .
GABBA - Retr. leggi, II 15
226 PARTE TERZA

e modificazioni dell'usufrutto legale paterno, introdotte dal


C. N. , possono applicarsi, senza ingiusta retroattività, anche

ai padri che già fossero in possesso dell'usufrutto al momento


in cui quel Codice entrò in vigore .
Anche rispetto alla cessazione totale dell'usufrutto legale
alcune legislazioni positive si sono scostate dai rigorosi prin-
cipii suesposti , per equo riguardo alle aspettative dei genitori
investiti di quel diritto in virtù di leggi anteriori . Così , per es . ,

la legge transitoria badese del 1809 (§ VIII , v. Vol . I , p . 64 ,


in nota) rispettò l'usufrutto legale acquistato dal genitore in
virtù della legge anteriore per tutta la vita del figlio . Lo stesso
disposero la legge transitoria sarda del 1837 (art . 5 , ib . , p . 105 ,
in nota) e la legge transitoria estense del 1852 (art. 10 , ib . ,
pag. 105 , in nota) . La legge transitoria civile del 26 novembre

1860 per le provincie dell'Emilia , e la legge transitoria civile


italiana del 1865 applicarono anche alla maggior età il prov-
vedimento riferito sopra (p . 223 ) rispetto alla emancipazione.
Nessuna legislazione però, la quale abbia fatto cessare la po-

destà patria colla minor età del figlio , ha mai spinto i riguardi
di equità fino a conservare l'usufrutto legale per tutta la vita
del figlio a quel genitore il quale l'avesse acquistato sotto una
legge che faceva durare la patria podestà per tutto quel tempo .

§ 9.

Dell'obbligo legale degli alimenti fra parenti.

I rapporti giuridici famigliari , benchè principalmente inter-


cedano fra il marito e la moglie, e fra i genitori e i figli fin-
tantochè questi sono sottoposti alla legale autorità di quelli ,
non sono però totalmente racchiusi fra tali confini . La succes-
sione legittima , per es. , può essere considerata come parte
integrante del sistema giuridico famigliare, e in essa la paren-

tela acquista una importanza assai estesa, perchè anche in un


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 227

grado assai lontano diventa titolo di un rilevantissimo diritto .


Ma anche fra viventi la parentela può talora assumere giuri-
dica importanza all'infuori dei rapporti di coniuge, di genitore ,
di figlio , e questo accade allorquando fra vicini parenti sorge
per legge un obbligo di alimenti a motivo della indigenza di

uno di essi . Mentre non è questo ancora il luogo di trattare


della successione ereditaria, cade qui invece in acconcio il
discorso dell'obbligo legale degli alimenti .
Che una legge nuova , la quale attribuisce diritto ed obbligo
di alimenti per titolo di parentela a persone, a cui non lo at-
tribuivano le leggi anteriori , debbasi a tutti i viventi appli-
care, senza riguardo al tempo in cui sorse il grado di parentela
di cui si tratta , dichiarò la Corte di Venezia con sentenza

30 agosto 1880 (1 ) , e non può essere oggetto di quistione .


Disputasi invece se , pubblicata una legge nuova , la quale
differisca dalla precedente nello assegnare i gradi di parentela
dai quali sorge l'obbligo degli alimenti , e l'ammontare di
questi , debbano corrispondentemente cessare o venire modifi-
cati gli obblighi già surti in virtù della legge precedente .
L'ordinanza transitoria oldemburghese del 1814 (v . Vol . I,
pag. 91 , in nota) risolvette il supposto quesito negativamente,
e considerò come vero diritto acquistato e intangibile quello
una volta surto in taluno in virtù della legge vigente circa
l'obbligo in discorso . Sottoposta la stessa quistione alla Corte
di cassazione di Firenze, questa la risolvette invece affermati-
vamente con sentenza delli 30 dicembre 1868 ( 2) . I conside-
randi di questa decisione ci paiono meritevoli di essere qui
riferiti.

« Attesochè i diritti che ripetono la loro origine dalla legge ,


e all'acquisto dei quali non è necessario il fatto dell'uomo (e
tale è appunto quello degli alimenti sussidiari entro certi gradi

(1) G. I., 1880.


(2) Ann. di Giurisp. Ital., Vol. I, parte I, pag. 390.
228 PARTE TERZA

di parentela) , sono per loro natura irretrattabili soltanto pel


tempo passato, ma non per l'avvenire. E se piaccia al legisla-
tore di usare la prerogativa di abolire l'obbligo della presta-
zione degli alimenti , la sua legge è applicabile senza ingiu-
stizia anche a chi li godeva , perchè nulla toglie , che fosse
stato concesso irretrattabilmente e che potesse dirsi quesito , e
solo fa cessare un diritto che non poteva durare , poste le altre
condizioni, più della sua causa , e come ogni altro diritto che
dipende dallo stato delle persone , aveva insita la condizione che
la legge non fosse mutata . Perlocchè, come una legge che con-
ceda gli alimenti a chi prima non vi aveva diritto , obbliga
immediatamente, senza che il parente possa opporre il gius

quesito di non prestarli , così una legge che li neghi fa cessare


l'obbligazione di prestarli, senzachè l'alimentato possa opporre
il gius quesito di goderli ; attesochè è indifferente che gli
alimenti fossero stati tassati con sentenza, se si considera
che questa non aveva fatto se non dichiarare il diritto che

era scritto nella legge allora vigente ; e poichè quel diritto


era tale che poteva essere tolto da una legge nuova , es-
sendo ciò avvenuto per la promulgazione del Codice civile ,
anche la sentenza aveva cessato di avere efficacia , siccome
avrebbe cessato di averla nel caso di morte dell'alimentante ,
secondo dispone l'articolo 146 di detto Codice . Perlocchè
la Corte, che questo dichiarò, non diede retroattività alla

legge , perchè non offese alcun diritto quesito ; attesochè


giustamente la Corte trasse argomento dall'ultima parte del-
l'articolo 10 della legge transitoria per l'attuazione del Codice
civile, là dove, abolendo a riguardo di alcuni ascendenti
l'usufrutto ad essi concesso sui beni dei loro discendenti

dalle leggi anteriori, lo dichiara cessato riguardo a quelli che


già lo godevano ; è infatti ufficio della legge, specialmente se
transitoria, professare in un caso particolare un principio che
serva di criterio alla giurisprudenza per decidere i casi si-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 229

mili ..... » . Ugual decisione della stessa quistione fece la Corte


d'appello di Firenze in una sentenza 4 maggio 1870 (1 ) .
Come ben si vede , tre sono i principali argomenti contenuti
nei surriferiti considerandi : il primo , che il diritto in quistione
tragga origine immediatamente dalla legge e non dal fatto del-
l'uomo ; il secondo , che il diritto medesimo sia una mera con-
cessione della legge ; il terzo , che esso diritto attenga allo
stato delle persone .

Noi pure siamo dell'opinione adottata nella surriferita sen-


tenza, e crediamo che solo per mera equità il legislatore ol-
demburghese abbia sancito l'avviso contrario . Ma dei motivi
addotti dalla Corte di cassazione di Firenze uno solo ci par

buono, e ci sembra anche sufficiente à dimostrar quella tesi.


L'obbligo degli alimenti fra parenti di un certo grado , è vera-
mente un effetto di questo grado , attiene quindi strettamente
allo stato personale , e la legge che lo riguarda è legge di stato
personale (v. Vol . I , p . 272) . Come tale , essa devesi applicare
retroattivamente, cioè immediatamente a tutte le persone che

trovansi nel caso da essa contemplato . D'altra parte il diritto


spettante ad un parente di percepire gli alimenti da un altro

parente per titolo di indigenza in un caso contemplato dalla


legge, non si può dire nè un effetto immediato, nè un effetto

sostanziale dello stato di parente in quel dato grado , cosicchè


non gli si può neppure attribuire la natura di diritto acquisito
di stato personale (v . sopra , pag. 34) . Nè fa differenza alcuna
che la prestazione degli alimenti si facesse per lo addietro in
virtù di sentenza , oppure per spontanea osservanza della legge ;
le considerazioni della Corte fiorentina su questo proposito

sono giustissime, e noi abbiamo già esposto in una precedente


occasione (v . sopra p . 35-36) un analogo principio generale
intorno all'importanza della cosa giudicata nelle materie di
stato personale. Erra invece a parer nostro la Corte nell'asse-

( 1 ) M. T., XI, 972.


230 PARTE TERZA

rire che i diritti nascenti immediatamente dalla legge possano

anche venire aboliti retroattivamente ; noi abbiamo dimostrato

a suo luogo il principio contrario (Vol . I , pag. 253) . Nè mi-


gliore ci sembra l'altro argomento desunto dalla revocabilità
delle concessioni di legge ; imperocchè, prescindendo dal caso
che un diritto patrimoniale conceduto dalla legge ad una per-
sona in confronto di un'altra, abbia la sua radice in una rela-
zione di stato personale, le concessioni di tal natura sono di
regola a reputarsi veri e propri diritti quesiti (v . Vol . I , p. 213 ) .
Giustamente ci sembra invece la Corte argomentare dall'ana-

logia dell'art. 10 della legge transitoria civile italiana, perchè ,


come l'usufrutto legale paterno è accessorio ad un diritto di
stato personale, cioè alla patria podestà , così pure il diritto
agli alimenti fra parenti può dirsi accessorio ad un dato rap-
porto di parentela.

Analogamente a quanto abbiamo detto rispetto agli alimenti


fra parenti, vuolsi pure ritenere che i diritti attribuiti dalla

legge alla vedova, durante l'anno del lutto, verso i parenti del
marito, siano regolati dalla legge vigente in quel tempo . Im-

perocchè tali diritti non si possono considerare nè come effetti


del contratto matrimoniale, nè come diritti accessorii ad un
rapporto di parentela . E in tal guisa ebbe pure a decidere la
Cassazione di Firenze con sentenza 20 novembre 1873 (1 ) .

§ 10 .

Della parentela civile.

Naturale complemento del discorso intorno ai rapporti di


famiglia si è quello intorno alla cosi detta parentela civile , vin-
colo artificiale posto in essere mediante un atto giuridico , onde
tener luogo di parentela nascente da legittima procreazione .

(1) F. I., 1 , 1880, 124.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 231

Il modo più comune di parentela civile si è l'adozione , isti-


tuto romano che si è sempre mantenuto in Italia, e fu intro-

dotto anche presso nazioni non latine, le quali accettarono il


romano diritto (1 ) . Quistioni transitorie intorno a questo argo-
mento sursero per la prima volta in Francia nello applicare il
disposto della legge che la concerneva , la quale era stata pro-
mulgata parecchi anni dopo che una legge anteriore aveval
ammesso in generale la possibilità dell'adozione , senza nulla
soggiungere di particolare intorno alla medesima ( 2) .-
Sembra sulle prime che le quistioni transitorie relative alla
adozione debbano presentare qualche difficoltà per la duplice
attinenza di questo istituto alla materia delle convenzioni e a
. quella dello stato personale . L'adozione è certamente un con-

tratto , come osservano anche il Chabot de l'Allier (1 , 13 ) , il

Merlin (1. c . , pag. 235 ) , il Mailher de Chassat (1 , pag. 252),


e il Kalindero (pag. 70) ; ma con questo contratto si pongono
in essere gli stati personali di genitore adottivo e di figlio adot-
tivo . Per noi che nella parte generale di quest'opera (Vol . I ,
pag. 295) abbiamo apprezzato l'influenza del contratto sulle

condizioni di stato personale , riescirà agevol cosa lo additare


i principii direttivi del gius transitorio dell'adozione.
Anzitutto egli è fuori di dubbio che il giudicare intorno alla
validità delle forme dell'adozione, alla capacità dell'adottante
e dell'adottato, dev'essere un'applicazione della legge vigente
al tempo in cui l'adozione venne conchiusa . Ciò discende dai
generali principii (Vol . I , pag. 236 , 238 ) intorno ai requisiti
di forma e di capacità dei fatti acquisitivi. Propugnò valida-
mente lo stesso avviso il Berlier nella esposizione dei motivi

( 1 ) In Italia venne esclusa l'adozione da uno dei progetti preparatorii del


C. C. I., ma fu poi accolta in questo Codice e regolata da principii consimili
a quelli del C. N.
(1 ) In Francia l'adozione venne introdotta dalla legge 16 frim. anno 3, ma
non venne regolata che dalla legge 23 maggio 1803, la quale diventò poi il
titolo VIII, 1. 1 , del C. N.
232 PARTE TERZA

della legge transitoria francese del 25 germinale anno 11 (1 ) ,


il cui contenuto venne da noi riferito nella Parte generale di
quest'opera (Vol . I , pag . 60 , in nota) . Lo confermarono pure
parecchie decisioni dei tribunali francesi , e per esempio la sen-
tenza del 16 fruttidoro anno 12 della Corte di cassazione di

Parigi ( 2 ), due sentenze della Corte d'appello di Besançon ,


l'una del 18 gennaio 1808 ( 3 ) , l'altra del 4 agosto dello stesso
anno (4) ; una sentenza della Corte d'appello di Parigi del-
l'11 ventoso dell'anno 12 (5 ) , una sentenza della Corte d'ap-
pello di Nîmes del 14 marzo 1812 ( 6 ) ; una sentenza della
Corte d'appello di Caen del 6 termidoro , anno 13 (7) ; quattro
altre sentenze della Corte di cassazione di Parigi , la prima del
24 novembre 1806 ( 8 ) , la seconda del 13 dicembre 1809 (9 ) ,
la terza del 12 novembre 1811 (10 ) , la quarta del 23 dicembre
1816 (11 ).

Rispetto al contenuto vero e proprio , od agli effetti dell'a-


dozione, voglionsi distinguere quelli relativi alla successione
fra il genitore e il figlio adottivo, da quelli relativi alle rela-
zioni personali fra l'uno e l'altro . Questi sono i principali
ed essenziali , quelli sono accessorii ed eventuali . Al diritto
.
successorio nascente dall'adozione si applicano i principii da
noi esposti nella Parte generale di questa opera (Vol . I,
pag. 298 e 399) intorno alle conseguenze dei contratti , che
si verificano dopo la morte dell'uno o dell'altro contraente .

( 1 ) V. CHABOT DE L'ALLIER , I , pag. 2 .


(2) Pasic., I sér., 1 part., Vol . III , pag. 451 .
(3) Ib. , 2 part. , Vol. II , pag. 264.
(4) Ib., pag. 420.
(5) Ib., 2 part., Vol. I, pag. 297.
(6) Ap. CH. DE L'ALLIER, I , pag. 7.
(7) lb., pag. 9.
(8 ) Pasic., 1 ser., 1 part., Vol. IV, pag. 355.
(9) 1b., Vol. V, pag. 444.
(10) Ib. , Vol. VI, p 277.
(11) Ib., Vol. VIII , p. 436.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 233

Ora ci rimangono a considerare i diritti personali nascenti


dall'adozione .

La generalità degli scrittori insegna che questi diritti possono


essere modificati dal legislatore , alla pari di quelli nascenti dalla
paternità e dalla figliazione legittima o naturale ; il Dalloz (1. c . ,
num. 229 ) fra gli altri è il più esplicito nello affermarlo . Ep-
pure l'adozione è un contratto ; come si concilia quel principio
.
colla inviolabilità dei diritti contrattuali ? Ed ove quel principio

generale sia giusto , quali ne sono i confini ? Il Theodosiades

(pag . 80) afferma che l'adozione, una volta costituita , non può
più essere distrutta, ma non dice se questo sia per avventura
a suo avviso il limite dell' influenza retroattiva di leggi nuove
sulle adozioni anteriori.

Noi abbiamo detto a suo luogo (Vol . I , pag . 296 ) che i di-

ritti di stato personale , quand'anche siano stati posti in essere


mediante contratto , non si possono però ritenere acquisiti , nel
senso che una nuova legge non li possa togliere o scemare, se

non in quanto , prescindendo dal contratto da cui nascono ,


presentino i caratteri generali del diritto acquisito di stato
personale . In altro luogo (v. sopra pag . 34) noi abbiamo defi-
nito che cosa s'intenda per diritto acquisito di stato personale,
e quindi dobbiamo ora ritenere che una legge nuova intorno
all'adozione possa bensi influire sulle adozioni anteriormente
conchiuse, ma dentro i limiti di quella definizione.
Segue da ciò manifestamente che , abolito l'istituto dell'ado-
zione, questa abolizione non possa, come ben dice il Theodo-
siades (1. c.) , togliere esistenza alle adozioni precedentemente
costituite. Non si può dire però che, all' infuori di quella legge,
tutte le altre leggi che modificassero l'istituto dell'adozione ,
dovrebbero essere retroattive ; altre influenze meno gravi pos-
sono rimanere interdette al legislatore sulle adozioni anteriori.
Se non che quest'ultima proposizione non potrebbe essere pie-
namente dimostrata senza molte e varie ipotesi . Se per esempio
234 PARTE TERZA

una legge ordinasse che il figlio adottivo non potesse portare

il nome di famiglia dell'adottante , noi crediamo che questa


legge non si potrebbe applicare alle persone adottate prece-
dentemente. Imperocchè ci sembra veramente essenziale quel-
l'effetto dell'adozione , posto che questa sia un mezzo artificiale
di supplire alla mancanza di discendenti naturali . Noi non con-
sentiamo invece col Savigny (pag . 500) , il quale pensa non es-
sersi potuta applicare alle adozioni anteriori la legge di Giu-
stiniano che tolse all'adottante la patria podestà. La patria
podestà invero non è un prodotto dell'adozione secondo quasi
tutte le legislazioni , e già da ciò si può arguire che l'una non
sia effetto sostanziale dell'altra (v. sopra pag. 34) . Oltracciò ,
siccome l'adozione può farsi tanto di persona sottoposta a

patria podestà, quanto di persona non sottoposta, così è ra-


gionevole il pensare che l'essenziale scopo dell'adottante sia

piuttosto di beneficare e di continuare il nome della sua fami-


glia, che di esercitare una forte autorità sul beneficato e futuro
suo successore .

CAPITOLO VII.

Della parentela naturale.

Dal discorso intorno alla parentela legittima è razionale il


passaggio a ragionare della parentela illegittima, la quale ,
benchè dalla legge morale divietata, e trattata con disfavore
dalla legge civile, viene però da quest'ultima per ragioni di
ordine e di giustizia presa in considerazione, e circondata. di
speciali diritti e doveri . Anche in questo campo sursero qui-
stioni transitorie, e talune molto vivamente dibattute dai giu-
reconsulti . Le principali riguardano la dichiarazione della
procreazione illegittima, e la misura dei diritti dei figli illegit-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 235

timi verso i loro genitori legalmente conosciuti . Noi tratteremo


separatamente dell'uno argomento e dell'altro .

§ 1.

Della dichiarazione della procreazione illegittima .

La procreazione illegittima, cioè lo stato di genitore natu-


rale di fronte a una determinata persona, e reciprocamente ,
può essere dichiarata in due maniere : a) spontaneamente dal
padre o dalla madre illegittima , che riconoscono la propria
prole, oppure b) giudizialmente, in seguito a domanda e prove
esibite dalla prole medesima, ove la legge conceda quest'azione .
L'uno e l'altro di siffatti modi vogliono essere da noi separa-
tamente considerati .

a) Del riconoscimento della prole naturale.

Il riconoscimento della prole naturale è una libera dichia-


razione, fatta da taluno nei modi prescritti dalla legge, di es-
sere il dichiarante genitore illegittimo di una determinata
persona. Allorquando il riconoscimento sia stato fatto nelle

forme e nei modi voluti dalla legge vigente, nessuna legge

posteriore lo può considerare come insufficiente a produrre


quegli essenziali effetti personali, che gli attribuiva la legge
sotto la quale venne fatto . È questo un principio di diritto
transitorio, che discende dai canoni più generali (v. sopra
pag. 34) senza bisogno di dimostrazione ; la Corte di Brescial

ebbe ad applicarlo al riconoscimento di un figlio adulterino ,


avvenuto sotto l'impero del Codice civile austriaco , in una
sentenza 6 agosto 1873 ( 1 ) . Quanto poi agli effetti nuovi attri-
buiti dalla legge al riconoscimento , avremo in seguito occasione

(1 ) M. T. 1873, 895.
236 PARTE TERZA

di ricercare se ed in quanto essi applichinsi ai riconoscimenti


anteriori, specialmente in materia di successione.
Dissentono invece gli scrittori di gius transitorio nel deci-
dere se una legge nuova, la quale assegni alla facoltà di rico-
noscere la prole naturale confini più ristretti o più ampi di
quelli assegnatile dalla legge anteriore , debbasi o no applicare
alla prole illegittima nata e non riconosciuta sotto l'impero di
questa.
Il C. N. (art. 335 ) e le altre legislazioni moderne non per-
mettono il riconoscimento dei figli nati da incestuoso o da
adulterino congiungimento ; se in una legislazione anteriore
siffatta restrizione non esisteva, la si dovrà cionondimeno ap-
plicare ai figli illegittimi nati sotto l'impero di quella ? Il Merlin
(1. c. , pag. 235 ) opina che la nuova legge in discorso non deb-

basi applicare alla prole illegittima nata prima della sua attua-
zione, e che per conseguenza questa prole possa essere vali-
damente riconosciuta anche dopo . Prima di lui avea professato

la stessa opinione Herrestorff (pag. 96 ) , e dopo la propugnò


pur caldamente il Kalindero (pag . 68) . A quest'ultimo basta
che la prole naturale sia stata anche soltanto concepita sotto
l'impero della legge anteriore, perchè i genitori la possano
validamente riconoscere in qualunque epoca posteriore . Im-
perocchè, egli dice, in tale ipotesi la prole ha una figliazione ,
che per diventar certa , non ha d'uopo che di essere dichiarata
in buona forma, in qualunque tempo .
Noi non possiamo aderire a tale opinione, imperocchè , vo-
lendo ritenere che nella ipotesi in discorso vi sia un diritto
quesito al riconoscimento, a chi lo si attribuirebbe ? Non cer-

tamente alla prole, perchè il riconoscimento è un atto giuri-


dico, libero e spontaneo del genitor naturale ; forse a questo
ultimo ? Neppure, perchè il genitore naturale aveva bensì dalla
legge anteriore la facoltà di riconoscere la propria prole, ma
appunto perchè di questa facoltà non si valse finchè quella
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 237

legge fu in vigore, non può pretendere di conservarla dopo


che la medesima fu abolita. Che se egli avesse esercitato in
tempo debito quella facoltà, in tal caso avrebbe acquistato lo
stato di genitor naturale, e questo sarebbe un diritto quesito.
che nessuna legge posteriore gli potrebbe togliere . Ciò vogliono
i generali principii intorno alle facoltà di legge, da noi esposti
nella parte generale di quest'opera (Vol . I , pag . 254 e seg. ) .
Non sussiste l'argomento addotto dal Kalindero , essendo peti-
zione di principio l'affermare esistente anche prima del rico-
noscimento la figliazione illegittima, la quale abbisogna appunto

di quell'atto onde produrre giuridici effetti . E il nostro avviso


¿ pure propugnato dal Demolombe (n . 42) con argomenti con-

simili , e dal Grandmanche de Beaulieu (pag. 48 ) (1 ) . Una sen-


tenza della Corte d'appello di Grenoble del 6 febbraio 1845 ( 2)
lo segui pure, dichiarando non potersi dopo l'attuazione del
C. N. riconoscere la prole adulterina, benchè nata sotto l'im-
pero della legge 12 brumale anno 2 , la quale permetteva sif-
fatto riconoscimento . Ed anche nessuna legge , che noi sappiamo ,
ha mai differentemente provveduto, neppure in via transitoria .
L'articolo 7 , per esempio, della legge transitoria civile italiana
del 1865 (v . Vol . I , pag. 117 ) esime bensi dagli articoli 189 ,
190 , e dalla prima parte dell'art . 193 i figli illegittimi nati o
concepiti vigendo una legge anteriore , ma non dall'articolo 180 ,
il quale vieta in certi casi il riconoscimento della prole naturale.
Ben altra è la quistione , se un riconoscimento di prole na-
turale, che oggi sarebbe vietato dalla legge, possa reputarsi
per non fatto ove sia stato posto in essere vigendo una legge
anteriore che lo permetteva. Qui la risposta non può essere che

negativa ; un atto giuridico compiuto a termini di legge non


può maggiormente impugnarsi in virtù di una legge nuova, per

( 1 ) 11 GRANDMANCHE copiò in questa occasione quasi letteralmente il


DEMOLOMBE, senza neppur citarlo.
(2) Pasic., 3 ser., 2 part., p. 579.
238 PARTE TERZA

ragione della sua essenza, che per ragione della sua forma. E
così pure sentenziò la Corte d'appello di Casale il 1 ° maggio
1868 (1 ) .

Certo è del pari che i riconoscimenti di prole illegittima


nata vigendo una legge anteriore , debbono farsi nei modi vo-
luti dalla legge nuova, come ebbe a dichiarare la Corte di
cassazione di Firenze in una sentenza 27 marzo 1878 (2) .

b) Della giudiziale dichiarazione della illegittima procreazione.


Della ricerca della paternità in particolare.

Quando la procreazione illegittima non è stata spontanea-


mente riconosciuta dai genitori , non vi è altro mezzo di deri-
varne diritti, fuorchè procacciandone dichiarazione giudiziale .
Tutte le legislazioni si accordano nel permettere la così detta
ricerca della maternità naturale , e le sole differenze fra
esse in proposito , ed anche le sole quistioni transitorie in-
torno a questa materia, sono relative ai mezzi di prova . Dif-
feriscono invece le odierne legislazioni circa la così detta ri-
cerca e la dichiarazione giudiziale di paternità . Dopochè il C. N.
coll'art. 340 aboli il diritto di provare la paternità naturale ,
che il Diritto Romano ammetteva, e che da Giustiniano in
poi era stato praticato fra i popoli europei, e per eccezione lo
concedette nel caso di ratto , le legislazioni moderne si divisero
su questo propositoin due ben distinte categorie . Quelle po-
steriori al Codice Napoleonico , e per la massima parte fatte.
a somiglianza di questo , vietano la ricerca della pater-
nità ; le altre, e in particolare tutte le legislazioni dei popoli
germanici e dell' Europa settentrionale, permettono invece che
la paternità naturale venga giudizialmente provata e dichia-

(1) G. I. , xx. 2, 354.


(2) G. 1 , 1878, 970.
PRINCIPII PRATICI ED APLICAZIONI 239

rata (1 ) . In pari tempo , in più di uno degli Stati in cui venne


introdotto il divieto della ricerca della paternità naturale , nè
da una legge transitoria vennero esattamente determinati i

limiti dell'applicazione di questo nuovo principio, surse la qui-


stione se i figli illegittimi, nati ma non riconosciuti nè dichiarati

tali sotto l'impero della legge precedente, potessero ricercare


la paternità anche dopo l'attuazione della legge nuova che tale
ricerca proibisce . È questa una delle quistioni più dibattute
nella giurisprudenza transitoria.
La discrepanza delle opinioni si manifestò subito fra i primi
trattatisti delle quistioni transitorie al principio del nostro se-
colo. Ritennero retroattivo il divieto della ricerca della pater-
nità il Weber (p . 236 ) (2) , il Lassaulx (ap . Weber , 1. c . ) , il
Pfeiffer (ib .) , il Bergmann ( nota 385 ) , il Meyer (pag. 101 ) ;
tennero invece contraria sentenza Herrestorff (pag . 96 e 207 ) ,
Struve (pag. 233) , Merlin (1. c . , p . 235 , e Quest . d. droit,
v Légitimité, § 2 ) . Questa seconda opinione fu poi propugnata
eziandio dal Georgii (pag. 161 , nota 16 ) , dal Winiwarter
(ap. Unger, p . 142) , dallo Stubenrauch (ib . ) , dal Dalloz (n . 231 ,

232) . La prima opinione ebbe pure autorevoli partigiani in


tempi a noi vicini , e fra gli altri il Savigny (p . 529 ) , l'Unger
(1. c.) , e il Demolombe (n . 442 ) . Ultimamente si associarono a
questo partito il Grandmanche de Beaulieu (pag. 43) , il Theo-
dosiades (pag. 78) , e l'avvocato Volpi (pag . 365) . Vuolsi però
notare che la generalità dei fautori della prima opinione ammet-
tono che , ove l'azione per la dichiarazione di paternità natu-

(1 ) Chi voglia avere più esatte nozioni intorno allo stato attuale di questa
controversia, può consultare il nostro opuscolo intitolato : La quistione fem-
minile e la Principessa Dora d'Istria , Firenze, Succ. Le Monnier, 1865, e
la nostra memoria : La dichiarazione della paternità illegittima, e l'arti-
colo 189 del Codice civile italiano , inserita nell'Annuario delle scienze
giuridiche, sociali e politiche, Hoepli 1881 .
(2) Con perfetta coerenza di idee il WEBER (p. 142) afferma pure che,
rivocato il divieto della ricerca della paternità , di tal revoca si possono gio-
vare tanto i figli naturali nati prima, quanto quelli nati dopo.
240 PARTE TERZA

rale sia stata presentata prima dell'attuazione della legge nuova ,


il giudizio possa essere proseguito dopo quest'epoca . Ciò di-
chiarano in particolare il Meyer e il Weber ; soltanto il Pfeiffer
nega esplicitamente qualunque distinzione fra quel caso e
l'altro in cui l'azione non sia stata neppure presentata sotto
la legge anteriore.

Non tutte le legislazioni positive degli Stati , nei quali avrebbe


potuto sorgere la controversia di cui ragioniamo , l'hanno de-
finita . Talune conservarono il diritto di ricercare la paternità
ai figli illegittimi nati sotto l'impero di una legge che l'ammet-
teva, e tali furono, per es . , la legge transitoria badese del 1809

(v. Vol. I , p . 64 , i . n . ) , la legge transitoria sarda del 1837 ( art . 3 ,


ib. , p. 103 ) e l'italiana del 1865 (art. 7 , ib . , p . 117 , i . n . ) Sol-
tanto la legislazione rivoluzionaria francese attribui esplicita-
mente azione retroattiva al divieto della ricerca della paternità .
La legge del 12 brumale anno 2 , che per la prima volta intro-
dusse il principio ripetuto poi dall'art . 340 del C. N. ( 1 ) , accordò
il diritto di provare la paternità mediante dimostrazione del pos-
sesso di stato secondo la legislazione anterioresoltanto a quei
figli naturali , i cui genitori fossero morti prima della sua pro-
mulgazione ; col che implicitamente negò che la sola circostanza
della nascita anteriore all'attuazione della legge nuova bastasse

per far conservare il diritto alla prova della paternità naturale


coi mezzi probatorii consentiti dalla legge anteriore , ed anche
tolse ai figli naturali della indicata categoria di potere pro-

vare la paternità con tutti quei mezzi .


Nel silenzio delle leggi positive la giurisprudenza dei tribu-
nali non fu meno incerta di quello che siano varie le opinioni
degli scrittori.

L'inapplicabilità della legge abolitiva della ricerca della pa-

(1) Vedi due sentenze della Corte di cassazione di Parigi del 3 ventoso
anno 11 , e del 26 marzo 1806 ( Pasic., 1 ser. , 1 part., Vol. III, pag. 4 ; — ib.,
Vol. 4, pag. 216).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 241

ternità naturale ai figli naturali venuti alla luce prima dell'at-


tuazione di tal legge, fu ammessa costantemente, secondo la te-
stimonianza del Meyer (1. c . , n . 2 ) , dal Tribunale di prima istanza
di Amsterdam . Lo stesso autore adduce pure ( ib . ) tre sentenze
del 14 agosto , del 19 e del 22 settembre 1809 della Corte di

cassazione del regno di Vestfalia , dichiarative dello stesso prin-


cipio . Similmente la giurisprudenza francese nel decidere let
quistioni transitorie surte dalla citata legge 12 brumale anno 2º ,

mirò piuttosto a restringere l'effetto retroattivo di questa legge .


Cosi, per es., la Corte di cassazione di Parigi con sentenza
del 14 termidoro anno 8 (1 ) , cassando due conformi sentenze
del Tribunale civile del Calvados, e del Tribunale civile del

dipartimento della Manica, dichiarò potersi la paternità natu-


rale dimostrare coi mezzi di prova consentiti dalla legislazione
anteriore al 4 giugno 1793 ( 2) , dai figli illegittimi il cui padre
fosse morto prima dell'attuazione della legge di quel giorno .
Egli è vero che la stessa Corte di cassazione con due posteriori
sentenze, l'una del 26 marzo 1806 ( 3 ) , l'altra del 3 ventoso
anno 11 (4) ebbe a dichiarare non esser lecito ai figli naturali
venuti alla luce sotto l'impero della legge 4 giugno 1793 , od
anche prima dell'attuazione di questa legge, i genitori dei
quali fossero morti dopo l'attuazione della legge 12 brumale
anno 2 , restringere la loro domanda ai diritti accordati dalla.
prima legge, e in pari tempo dimostrare la paternità coi mezzi

( 1 ) Pasic., 1 ser. , 1 part. , Vol . II , p. 588.


(2) La legge 4 giugno 1793 attribuiva ai figli illegittimi il diritto di suc-
cedere ai loro genitori nel modo che sarebbe stato poi determinato. Questa
determinazione venne data colla legge 12 brumale anno 2. I mezzi di prova
accennati nel testo sono contenuti nel Diritto romano e nel decreto della
Convenzione Nazionale del 19 flor. anno 2 (V. MERLIN, Quest. d. dr., voca-
bolo Légitimité, § 2º) . Questo decreto sancisce non aver alcun valore la
dichiarazione di paternità fatta inserire negli atti dello stato civile da una
moglie a carico di persona differente dal suo marito.
(3) Pasic., vedi pag. prec. nota ( 1 ) .
(4) Pasic., ib.
GABBA - Retr. leggi , II 16
242 PARTE TERZA

di prova accordati dalla medesima . Queste decisioni però non


furono tanto ispirate dalla convinzione che la nascita non faccia
acquistare il diritto alla prova della paternità , quanto piuttosto
parvero necessarie onde non mettere le accennate due leggi in
contraddizione fra loro circa un medesimo caso e il medesimo

subbietto . Invero, siccome la legge 12 brumale anno 2 , di cui


noi esamineremo in seguito il contenuto , accorda ai figli na-
turali diritti maggiori di quelli che loro accordavano le leggi
anteriori, ma in pari tempo non permette che la paternità na-
turale venga investigata , così se sotto l'impero di quella legge
fosse stato lecito ai figli naturali della categoria suindicata far
valere la legge 4 giugno 1793 , o qualche altra anteriore , sa-
rebbe potuto accadere che le medesime persone avessero la
qualità giuridica di figli o di padri naturali in virtù della prima
legge, e non l'avessero in virtù della seconda . Soltanto per
evitare l'inconveniente di questa contraddizione , e , per adope-
rare le espressioni della Corte, onde non disconoscere l'indi-

visibilità dello stato personale, furono emanate quelle decisioni .


Tale motivo parve anche sufficiente al Merlin ( Quest . d. dr. , l . c . )
e al Dalloz (n . 232 ). ― Nella giurisprudenza italiana, quan-
tunque la questione teorica circa il diritto quesito alla ricerca.
della paternità sia stata tolta dalla legge transitoria, pur non
di meno più di una volta venne incidentalmente contemplata.
E quel diritto quesito si trova ammesso in una sentenza della
Corte d'appello di Modena, 12 gennaio 1880 (1 ), e in altra
della Cassazione di Torino, 20 luglio 1881 ( 2 ) . Generalmente
però si può ritenere che i tribunali nostri quel diritto quesito
non ammettono ; chè altrimenti non si comprenderebbe come
numerosi giudicati abbiano restrittivamente interpretato il dis-
posto dell'articolo 7 delle disposizioni transitorie civili del
1865. Tali sono , per es . , i giudicati che giustamente dichia-

( 1 ) M. T., XXI , 490.


(2) M. T., xx1, 990 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 243

rano quella disposizione poter giovare soltanto alla prole natu-


rale , non anche ai terzi : Cassazione di Firenze , 23 dicembre

1880 (1 ), 7 marzo 1881 ( 2) , Cassazione di Torino , 16 luglio


1874 ( 3) . E quelle altresì che pur giustamente dichiararono
non potersi la concessione del detto articolo 7 estendere a co-

loro i quali vorrebbero provare la propria figliazione naturale ,


impugnando uno stato di legittimità comprovato dal possesso
di stato e dal conforme atto di nascita , in onta al disposto del-
l'articolo 173 del Codice civile italiano : Corte d'appello di
Roma, 16 novembre 1878 , Corte di cassazione di Roma, 28

giugno 1879 (4) .


Prima di esaminare e di decidere la grave controversia
circa la efficacia retroattiva di una legge abolitiva della

ricerca della naturale paternità, ci par necessaria una con-


siderazione intorno alla vera natura della controversia me-

desima. Vi ha taluno il quale ripone questa fra le quistioni

transitorie sulla prova, e pensa doverlasi risolvere coi principii


relativi al gius quesito in materia di prova . Di tale avviso di-
chiarasi il citato Volpi , ed egli non dà altra ragione del suo
avviso , fuorchè dicendo essere impossibile che la legge per-
metta la prova di certi fatti passati con mezzi probatorii che
essa riconosce insufficienti a provare i medesimi fatti in avve-
nire . Anche il Merlin (11. cc . ) sembra propendere a tale avviso .
Imperocchè una delle principali sue obbiezioni al Meyer è
quella desunta dal principio, professato anche da questo autore
e da molti altri , che le prove debbansi in ogni tempo regolare
colla legge vigente al tempo in cui accadde il fatto da provarsi .
Noi non possiamo accettare cosiffatta opinione . Invero prima
di pensare al modo di provare certi fatti , è a porsi mente alla

(1) G. J., 1881.


(2) A. G. , 1881 .
(3) M. T., xv, 920.
(4) V. sopra pag. 200.
244 PARTE TERZA

convenienza di permettere la prova dei fatti medesimi ; ora la


storia e i motivi della legge che divieta la ricerca della pater-
nità c'insegnano essere appunto stata la creduta sconvenienza

di questa ricerca il vero motivo per cui la si volle divietare .


Siffatta sconvenienza però attiene a considerazioni d'ordine pri-

vato e pubblico, e poichè ha per materia rapporti personali , ed


ebbe per effetto un cambiamento nella legislazione, rientra nel

campo della dottrina del gius transitorio delle persone . Vano


sarebbe l'obbiettare che una legge la quale vieta la così detta
ricerca della paternità , si risolve in sostanza nel dire non po-
tersi la paternità naturale provare se non col mezzo del rico-
noscimento . Imperocchè , lasciando in disparte che la ragione
di una legge non è meno rilevante della formola in cui con-
siste, neppure sarebbe esatto formulare in tal modo il conte-
nuto di quella legge . Il riconoscimento non è tanto un mezzo
di prova della paternità , quanto piuttosto il bisogno di questa

prova surge in difetto del riconoscimento, sicchè la legge in


discorso non viene ad essere altro fuorchè un semplice divieto

di provare la paternità ; il qual divieto agisce bensì nel campo


delle prove, ma deve avere la sua ragione al di fuori di questo
campo . Più grave potrebbe sembrare l'obbiezione di chi, ripren-
dendo un argomento da noi addotto dianzi , dicesse essere l'im-
possibilità della prova della paternità sufficiente sconvenienza
onde giustificarne il divieto , benchè questa sconvenienza non
esca dal campo delle prove . Se non che la storia del diritto ci

insegna che non già una creduta impossibilità, ma la difficoltà


della prova in discorso consigliò il disposto dell'art . 340 del
C. N.; e come potrebbe essere altrimenti, se noi vediamo la
ricerca della paternità naturale permessa dalla maggior parte
delle legislazioni odierne ? Sarebbe egli supponibile che tanti
legislatori non avessero distinto in questa materia il possibile
dall'impossibile ? Or bene la difficoltà di una prova non è certo
un motivo sufficiente di proibirla, e meno ancora di proibirla
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 245

con effetto retroattivo . Non fu quella del resto la sola cagione.


del divieto della prova della paternità naturale ; ma lo furono
eziandio , come afferma lo stesso Volpi , considerazioni di ordine
morale, e per es. l'interesse della pace delle famiglie , che altri-
menti potrebb'essere spesse volte e facilmente conturbata .
In conclusione, da qualunque parte si consideri , l'attuale
quistione sempre ci si presenta come essenzialmente attinente
al gius transitorio personale .
Noi pure siamo d'avviso col Meyer , col Weber, col Savigny
e coll'Unger che il divieto della ricerca della paternità è di sua
natura retroattivo, e che per conseguenza questa azione non possa
essere proposta dopo l'attuazione di siffatta legge da chi avrebbe
potuto proporla, ma non la propose sotto l'impero della legge
precedente. Non è per noi necessario l'addurre a sostegno di
tale opinione, come fecero alcuni nostri predecessori , l'erronea
dottrina della retroattività delle leggi proibitive , o quella della
retroattività delle leggi attinenti all'ordine pubblico , dottrine
che noi abbiamo totalmente rifiutate nella Parte Generale di

quest'opera . Per noi il pensare in tal modo è la conseguenza

del non poter ravvisare nel fatto della nascita o del concepi-
mento illegittimo sotto l'impero di una legge che permette la
ricerca della paternità , un vero e proprio diritto quesito di
presentare quest'azione . Invero noi non neghiamo che al

momento della nascita legge siffatta conferisca al figlio ille-


gittimo il diritto di provare chi sia stato il suo genitore , ma
noi abbiamo altresì posto in chiaro a suo luogo (v . Vol . I ,
pag. 258 , 264, 265) , che le azioni giudiziali , non radicate in
anteriori diritti , ma attribuite immediatamente dalla legge , non
sono veri diritti quesiti, ma semplici facoltà di legge , le quali
possono essere tolte da una legge nuova , finchè non siano state
esercitate . Colui al quale spetta un'azione di tal natura , e nel
caso nostro la prole naturale avente il diritto di ricercare la
paternità, finchè non abbia dato al suo diritto un aspetto e un
246 PARTE TERZA

contenuto concreto , facendo obbietto dell'azione una determi-

nata persona, non può dire di possedere un diritto utile , quale


.
dicemmo (v . Vol. I , pag. 210) essere sempre il diritto acqui-
sito ; egli non ha che la possibilità di giovarsi di quel diritto ,
cioè di applicarlo concretamente , e quella possibilità non può
essere di ostacolo all'emanazione di una legge nuova , che più

non l'ammetta e la precluda . In questo momento soltanto


egli si accorgerà di avere un diritto utile, un vero e proprio
diritto acquisito, e prima di tal momento egli ha una mera
facoltà di legge che al gius quesito si contrappone .

Anche il Meyer fermò la sua attenzione sulla circostanza che


il diritto di ricercare la paternità , quale è attribuito dalla legge
alla prole naturale al momento della nascita o del concepi-
mento, è un diritto indeterminato e vago , se non che poi , nello
apprezzare questa circostanza, egli ricadde nella sua dottrina

generale che non siano diritti acquisiti tutti quelli per far va-
lere i quali sia mestieri proporre una domanda giudiziale ; dot-
trina erronea e pericolosa, che noi abbiamo già esposta ed
esaminata nella Parte Generale di quest'opera (v . Vol . I , p . 284

e segg.) . A buon diritto il Merlin (1. c . ) obbietta al Meyer la


soverchia generalità di siffatta dottrina , la quale viene a
togliere il carattere di gius quesito a diritti pienamente de-
terminati e concreti in virtù del titolo su cui riposano . Ma
questa giustissima osservazione del Merlin noi non colpisce ,
appunto perchè noi pure ne conveniamo , e diamo alla nostra

opinione, conforme a quella del Meyer, un fondamento ben


diverso da quello assegnatole da questo scrittore . Nè maggior-
mente ci colpisce l'osservazione del Georgii (1. c . ) , che il fatto
dell'illegittima fecondazione, alla pari di tutti gli altri fatti del-
l'umana volontà , debba avere quelle giuridiche conseguenze

che gli attribuiva la legge sotto il cui impero fu compiuto . Im-


perocchè questa osservazione , quand' anche valer potesse rispetto
ai diritti patrimoniali della prole illegittima in confronto dei geni .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 247

tori , non può applicarsi del pari alla semplice constatazione


del rapporto di filiazione naturale , che di quei diritti è anterior
condizione o premessa .

Gli altri giurenconsulti i quali hanno professato l'opinione


contraria alla nostra , o non hanno addotto ragioni , oppure non
ragionarono in modo sostanzialmente diverso dal Merlin e da

Georgii. Le leggi poi che hanno sancito l'opinione contraria alla


nostra non ci commuovono , perchè noi ravvisiamo in esse un
mero suggerimento dell'equità .
Ma se l'azione giudiziale per la ricerca della paternità natu-
rale non è un diritto quesito dalla stessa nascita della prole ,
assumerà essa quella natura all'atto in cui venga presentata ,

sicchè da questo momento ingeneri un vero diritto quesito.


alla prosecuzione del processo , diritto che una legge nuova
non possa manomettere ?

Il Meyer (1. c . ) e il Weber (1. c . ) , e parecchi altri scrittori


rispondono affermativamente . E noi pure siamo di questo av-
viso , come già ebbimo ad avvertire in una precedente occa-
sione (Vol . I, pag . 260) . Ciò perchè , quantunque in tesi gene-
rale le azioni giudiziali , aventi carattere di mere facoltà di legge,

non si possano reputare intangibili per opera di una legge


nuova pel solo fatto della loro presentazione in giudizio , se
non quando abbiano un oggetto patrimoniale, non lo possano

quindi nella materia meramente personale (v. Vol . I , p . 260 ,


265 ), pur nondimeno noi sappiamo altresi che tal regola com-
porta alcune eccezioni . Sappiamo cioè (ib . ), che in ogni ma-
teria, e quindi anche nella personale , l'azione giudiziale eserci-
tata deve poter essere proseguita anche sotto l'impero di una
legge nuova, quando l'effetto a cui mira l'attore sia un van-

taggio per lui (Vol . I, p . 260 ) , e s'intende un vantaggio vero


e proprio , cioè reputato tale non meno dal privato che dal
legislatore. Ora l'azione di paternità naturale ha certamente
un tale carattere, come già pure osservammo ( ib . ) , epperò il
248 PARTE TERZA

diritto quesito di proseguirne l'esercizio anche dopo l'aboli-


zione della ricerca della paternità noi possiamo ammettere
con tanta coerenza ai nostri più generali principii , con quanta
ebbimo a risolvere negativamente più sopra (p . 182 ) l'analoga
quistione rispetto alle azioni pendenti di separazione coniugale
o di divorzio .

Fin qui noi abbiamo ragionato nell'ipotesi di un mutamento


di legge, in virtù del quale la ricerca della paternità naturale ,
per lo addietro permessa, venga ad essere proibita in avvenire .
L'ipotesi contraria però è anch'essa possibile . In questo caso
può farsi domanda se della nuova facoltà potranno valersi figli
naturali venuti alla luce e non riconosciuti sotto l'impero della
legge precedente.
La risposta non può essere dubbia . Soccorrono qui i gene-
rali principii (v . Vol . I , p . 207 e segg. ) intorno alla inammis-
sibilità di un diritto quesito a quelle elementari condizioni delle
persone e delle cose, che precedono ogni umana operosità .
Esse sono premesse dei veri e propri diritti acquisiti , e come
tali rimangono sempre nel potere del legislatore . L'introduzione
quindi della ricerca della paternità naturale ridonda a imme-
diato vantaggio anche della prole naturale già nata o concepita
anteriormente, come l'abolizione di quella ricerca dicemmo tor-
nare a danno anche di quella prole. Tale è anche stato sempre

l'opinione dei tribunali lombardi, dopochè al C. N. fu sostituito


nel 1816 il Codice civile generale austriaco . Citansi in propo-

sito cinque sentenze del Tribunale di prima istanza di Milano


a di 19 giugno 1818 ( 1 ) ; dello stesso Tribunale a di 18 luglio
1826 ( 2) ; del Tribunale d'appello di Milano a di 5 ottobre
1826 (3) , confermativa della precedente ; ancora del Tribunale

(1) ZINI, Raccolta di Giurisprudenza pratica, Vol. V, pag. 29.


(2) Ib., Vol. XII, pag. 97.
(3) Ib.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 249

di prima istanza di Milano a di 29 marzo 1831 ( 1 ) , e del Tri-


bunale d'appello di Milano a di 2 settembre di quell'anno ( 2) ,
confermativa della precedente .

Quanto alla prova della illegittima procreazione , noi non pos-


siamo che richiamare le cose dette sopra (p. 194 e segg .) circa la
prova dello stato personale in generale . In virtù di quei principii
noi non dubitiamo di asserire che , siccome lo stato di illegitti-
mità, quando non si celi dietro una legittimità apparente, non
può manifestamente essere cominciato fra circostanze aventi il
carattere di vere e proprie prove precostituite, così , per regola
generale, la paternità e la maternità legittima si devono sempre
provare coi mezzi e modi additati dalla legge vigente nel tempo
in cui la relativa contestazione si deve decidere. Molte legisla-
zioni positive però , fra le quali l'italiana del 1865 (v . Vol . I ,
p. 117 , i . n . ) , statuiscono il contrario , e , riservando il diritto
di ricercare la paternità naturale alla prole nata o concepita
vigendo una legge che siffatta ricerca ammetteva, vogliono in
pari tempo che i relativi mezzi di prova si desumano pure
da quella legge . Coerentemente i tribunali nostri seguirono lo
stesso principio rispetto alla prova della maternità naturale ;
veggasi per es . la sentenza della Corte d'appello di Torino ,
12 marzo 1867 (3) . Ma siccome quel positivo disposto della
legge transitoria italiana è manifestamente suggerito dalla mira
di favorire le persone suddette, così noi non potremmo dar
tutti i torti a chi opinasse potersi, anche in presenza di quella

disposizione , concedere a quelle persone di profittare di un


mezzo di prova conosciuto soltanto alla legge attuale . Cosi

decise infatti la Corte d'appello di Venezia, 18 marzo 1883 (4) .

(1) Ib.
(2) Ib.
(3) G., IV, 349.
(4) A. G. , VII , 2, 275.
250 PARTE TERZA

Se non che siffatta opinione , rispondendo appieno in astratto


alla per me più sicura dottrina transitoria delle prove, trova
in concreto un grave ostacolo nel riflesso che una legge , la
quale, come la nostra, non conosce ricerca della paternità
naturale, non può contenere norme probatorie veramente ap-
propriate alla medesima, quali sogliono incontrarsi in ogni
legge che quella ricerca permette .

§ 2.

Continuazione . Della legge intermedia in materia


di ricerca di paternità naturale.

Applicando qui una delle più importanti dottrine da noi in-


trodotte nella teoria della retroattività delle leggi , dobbiamo
dire che, se la legge attuale attribuisce il diritto di ricer-
care la paternità naturale a persone nate o concepite in un
tempo anteriore, non osterebbe menomamente all'esercizio di

tale diritto la circostanza che fra il tempo della nascita del


figlio naturale e quello della emanazione della legge attuale ,
fosse stata in vigore un'altra legge, la quale avesse proscritto
quel diritto , senza ammettere eccezioni al suo divieto . Il con-
trario ebbe a dichiarare la Corte d'appello di Bologna in una

sentenza 8 marzo 1875 ( 1 ) , ma la più retta dottrina fu seguita


dalla Corte d'appello di Modena in una sentenza 12 gen-
naio 1880 (2) .
E invero se, vigendo la legge anteriore, o intermedia fra la
nascita del figlio naturale e l'emanazione della legge attuale ,
l'azione di paternità fosse stata promossa, e dai tribunali fosse
stata respinta, non la si potrebbe di certo riproporre vigendo
la legge nuova, ostandovi la cosa giudicata. Ma poichè nel
primo periodo di tempo l'azione proposta non fu , non si vede

(1) A. G. , IX, 2, 173.


(2) G. I. , XXXII, 1, 2, 565.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 251

perchè non la si possa proporre nel secondo , invocando l'attore.

la legge ora imperante . Non esiste la legge per chi e pei casi
ai quali non vi fu occasione di applicarla. Una legge che
divieta la ricerca della paternità, non toglie pel solo fatto
di essere stata promulgata questo diritto a chi già lo posse-
deva, ed era nel caso di esercitarlo , ma soltanto glielo toglie
ove il medesimo tenti di farlo valere in onta ad essa, e fallisca

nel suo intento perchè il giudice non accolga la domanda .


Finchè questa domanda non viene presentata da chi ne avrebbe
avuto licenza da una legge anteriore, la legge nuova è bensi
un ostacolo a presentarla , ma essa non ha virtù di fissare
per sè sola invariabilmente lo stato personale di nessuno ,
nel modo istesso in cui una legge che permette la ricerca della
paternità naturale non ha neppure quella virtù , fintantochè la
relativa domanda non sia stata presentata in giudizio .

§ 3.

Dei diritti dei figli naturali .

Tutte le leggi attribuiscono certi diritti alla prole naturale in


confronto di quelle persone che siano state legalmente ricono-
sciute per genitori . Non si confondano tali diritti con quelli che
la legge attribuisce alla prole naturale in virtù di un fatto poste-
riore alla nascita e al riconoscimento , come sarebbero per es .
i diritti di successione intestata , o di porzione legittima della
eredità dei genitori, i quali non sorgono propriamente che al
momento della morte dei genitori ; di questi ultimi noi ragio-
neremo trattando del gius transitorio delle successioni .
Si domanda, se e quale efficacia retroattiva rispetto a figli
naturali già riconosciuti in un modo legale, possa avere una
legge nuova intorno ai diritti di tali persone provenienti diret-
tamente dal fatto della nascita.

Discordi sono su questo argomento le opinioni degli scrit-


252 PARTE TERZA

tori . Lo Struve (pag . 25) , il Weber (pag . 83 ) , il Bergmann


(p . 126) , il Savigny (p . 528 ) , l'Unger (p . 142) , il Christiansen
(p. 126 ), il Chabot de l'Allier (1 , 224 e segg. ) , e il Mailher
de Chassat (1 , pag. 256) sono d'avviso che una legge nuova ,
la quale aumenta o diminuisca i diritti nascenti dal fatto della
procreazione naturale a pro della prole, si applichi immediata-
mente anche alla prole naturale riconosciuta a termini della
legge precedente . Di contrario avviso sono l'Herrestorff (p . 207 ) ,
il Merlin (p . 235 ) e il Rintelen (p . 59 ) . Questi ultimi scrittori
dichiarano in particolare che l'azione della prole naturale per
ottenere gli alimenti dai genitori , essendo di diritto naturale,
una volta acquistata, può ben essere accresciuta o diminuita ,
-
ma non può venir tolta affatto da una legge posteriore . — Le
legislazioni transitorie sono pure discordi. La prima opinione
fu introdotta nella Ordinanza transitoria sassone del 1863

(art. 21 , v. Vol. I , pag. 114 , in nota). In maggior numero sono


invece le legislazioni che hanno sancita la retroattività di nuovi

principii più favorevoli alla prole naturale ; tali sono per es .:


la legge transitoria prussiana del 9 settembre 1814 (§ 11 , ib . ,
p . 78 , in nota) , le Ordinanze annoveresi del 1814 e 1815 ( ib . ,
pag. 92, in nota) , e l'Ordinanza transitoria di Brema del 1814

(§ 3-4 , ib. , pag. 87 , in nota) . Quest'ultima in particolare con-


tiene la stessa dichiarazione che noi abbiamo dianzi riportata
dal Merlin e da altri giureconsulti. -Anche la giurisprudenza

pratica francese ha più di una volta seguito quest'ultimo avviso ,


come in seguito vedremo . Nella giurisprudenza italiana i
responsi non furono sempre concordi . L'opinione che i diritti
in discorso debbansi determinare secondo la legge sotto il cui

impero accadde la nascita della prole naturale , fu per esempio


accolta dalla Corte di Venezia , 25 marzo 1880 ( 1 ) , dalla Corte
di Torino , 9 luglio 1867 ( 2 ) , dalla Corte di Firenze , 4 maggio

(1) G. I. , 1880.
(2) A. G., 1, 2, 469.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 253

1870 (1 ) , dalla Cassazione di Napoli , 10 luglio 1882 ( 2 ) , dalla


Corte di Perugia , 31 maggio 1880 ( 3) . La contraria opinione
fu seguita invece dalla Corte di Milano, 30 agosto 1880 (4) , e
6 giugno 1879 (5 ) , e dalla Cassazione di Torino, 20 dicembre
1878 (6 ) . Bisogna però avvertire che la prima opinione è stata
in particolare applicata alla sola prestazione degli alimenti dal
padre ai figli naturali . Rispetto ai diritti di altro genere , non
si può desumere dalle addotte sentenze una dottrina analoga .
Che anzi il diritto , in particolare, di portare il nome del genitore
che lo riconobbe, attribuito dal Codice civile italiano (art . 185 )
al figlio naturale riconosciuto , fu dichiarato non spettare ai figli
naturali dichiarati giudizialmente in Italia secondo la cessata
legislazione austriaca, dalla Cassazione di Torino , 5 febbraio
1880 (7 ) . Ed anche bisogna avvertire che alcuni giudicati ita-
liani , i quali negarono a figli naturali dichiarati giudizialmente a
termini della legislazione austriaca , maggiori diritti verso il
padre, che quella legislazione non accordasse , furono mossi dal
riflesso che l'azione di paternità, contemplata dai §§ 163 , 166
del Codice civile generale austriaco sia sostanzialmente diversa
dalla vera e propria dichiarazione di paternità naturale ; opinione
codesta, che noi non dobbiamo discutere , perchè attiene piut-
tosto alla giurisprudenza transitoria italiana che alla generale
dottrina della retroattività della legge, ma che ha per sè una
sentenza della Cassazione di Torino , 17 agosto 1881 (8) a

sezioni unite, ed altra dalla Corte d'appello di Venezia , 25 set-


tembre 1883 (9) .

Prima di esporre la nostra opinione sull'argomento , ci


pare opportuno investigare di quale natura siano i diritti

dei quali si tratta , parendoci che la suindicata discrepanza delle

(1 ) M. T., x1, 972. (6) lb., 133.


(2) G. I., 1882. (7) M. T., xx1, 666.
(3) lb., 1880. (8) M. T., XXII, 850.
(4) M. T. , XXI, 998. (9) A. G., xvII, 2, 624.
(5) lb., xx, 616.
254 PARTE TERZA

opinioni si colleghi strettamente col modo di vedere degli au-


tori anche su quest'altro punto . Vi ha chi opina che l'azione
dei figli naturali per ottenere gli alimenti, e così pure le altre
azioni dei medesimi per far valere diritti inter vivos verso i
genitori che li abbiano riconosciuti , siano actiones ex delicto, e
quindi abbiano scopo e carattere penale . Da ciò consegui-
rebbe che le nuove leggi intorno a tali azioni non si potes-
sero applicare alle procreazioni illegittime ed ai riconosci-
menti avvenuti anteriormente . Altri invece considera i rapporti
giuridici inter vivos fra i figli naturali riconosciuti e i loro ge-
nitori , come attinenti essenzialmente allo stato personale , e da
questa premessa deduce l'effetto retroattivo delle nuove leggi
intorno ai medesimi . Dal primo avviso non sembra dissentire
il Savigny (pag. 597 e nota 9 ) , il quale però dà maggiore im-
portanza al secondo , e quest'ultimo è pur l'avviso del Chri-
stiansen (1. c .) .

Noi pure siamo del primo avviso , e riteniamo quindi che i


diritti dei figli naturali , non soltanto verso il padre , ma verso
ambedue i genitori possano venire ampliati o scemati da una
legge nuova, e quindi si debbano sempre regolare secondo la

legge vivente allorquando vengono fatti valere . Imperocchè,


qualunque sia il titolo giuridico assegnato ai diritti medesimi ,
siano questi nascenti o no ex delicto, certamente essi sono
diritti di stato personale , o accessorii allo stato personale , e
questo carattere deve solo decidere della scelta della legge da
applicarvi. Ora noi sappiamo che tutti i diritti di stato perso-
nale, o accessorii a questo stato , sono sempre regolati dalla
legge attuale . Devesi dunque ritenere che anche i diritti della

prole illegittima verso i genitori suoi , possano venir sempre


ampliati o diminuiti da una legge nuova . Salvi s'intendono
sempre i diritti di tal genere già acquisiti , quelli cioè che già
costituiscono un elemento essenziale dello stato di quelle per-

sone (v. sopra p . 34) . Cosi per es . se , per una strana supposi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 255

zione, venisse abolito il diritto della prole riconosciuta ad avere


gli alimenti, noi non crediamo che questa legge potrebbe ap-
plicarsi a coloro che avessero già acquistato quel diritto .

Non vogliamo abbandonare il tema della retroattività delle


leggi concernenti i diritti dei figli naturali riconosciuti verso i
loro genitori , senza dire una parola intorno alle molte contro-
versie suscitate in proposito in Francia in sul finire del secolo
scorso, e al principio del presente.
La citata legge 4 giugno 1793 aveva stabilito in generale
che i figli illegittimi avrebbero succeduto ai loro genitori nel
modo che sarebbe stato in seguito determinato . Venne dipoi
promulgata la legge 12 brumale , anno 2 , la quale statui (art . 1 )
che i figli illegittimi attualmente esistenti potessero partecipare
alla successione dei loro genitori apertasi dopo il 14 luglio
1789 , perchè provassero ( art . 8 ) il possesso di stato di figli
naturali, producendo scritti pubblici o privati del padre, oppure
comprovando di avere ricevuto costanti e non interrotte cure

dal padre , si quanto al mantenimento che quanto all'educa-


zione. La stessa legge statui pure (art . 2) che quelle persone
potessero poi partecipare alla successione dei loro genitori che
si fosse aperta in seguito , nei modi ed alle condizioni che
avrebbe stabilite il Codice civile . Questa legge ebbe uno schia-
rimento nella legge transitoria del 14 floreale, anno 11 (v. Vol . I ,
p. 61 , in nota), la quale dichiarò che il Codice civile avrebbe

dovuto essere applicato onde regolare lo stato e i diritti dei


figli naturali nati non soltanto dopo la sua promulgazione ,
ma eziandio nell' intervallo fra questa promulgazione e quella
della legge 12 brumale, anno 2. Ora il Codice Napoleone
statuisce all'articolo 756 che i figli naturali non hanno diritti
sulla successione dei genitori, se non siano stati riconosciuti

legalmente. Fu appunto questa parola legalmente che diede


origine a dubbi e controversie.
256 PARTE TERZA

Si domandò se la legalità del riconoscimento , rispetto ai


figli naturali venuti alla luce prima dell'emanazione del C. N. ,
e rispetto alle successioni apertesi dopo il 12 brumale anno 2 ,
dovesse essere giudicata secondo questo Codice , oppure secondo
il diritto anteriore. Questo diritto ammetteva riconoscimenti in

forma privata, o per via di sentenza basata su indizi , od anche


per via di transazione giudiziale , mentre il C. N. esige (art . 334)
che il riconoscimento , per essere valido , debba essere fatto o
nell'atto di nascita, oppure in forma autentica . Opinavano gli
uni che il riconoscimento della prole nata prima del C. N. ed
anche della legge 12 brumale , anno 2 , in qualunque modo
fatto , purchè in modo non condannato dal diritto e dalla giu-
risprudenza del tempo , dovesse valere anche per l'esercizio dei
nuovi diritti successorii , attribuiti dal C. N. alla prole naturale ;
chè altrimenti sarebbesi dato al C. N. un ingiusto effetto re-
troattivo . Rispondevano gli altri che la legge 12 brumale, la
quale aveva abolita la ricerca della paternità , perchè il legisla-
tore non aveva fiducia in questa prova , non poteva intendere
per riconoscimento legale fuorchè quello che il C. N. avrebbe
dichiarato tale (1 ) ; che non si poteva neppur chiamare legale
un riconoscimento accaduto in conformità al diritto anteriore.

al C. N. , perchè fino a quest'epoca non vi era stata legge alcuna


intorno a questo argomento ; che del resto il legislatore avea

(1) Questa fu in particolare opinione espressa in via consultiva dal Comi-


tato di legislazione della Convenzione Nazionale, in un rapporto riferito da
CHABOT DE L'ALLIER ( I , p . 137 ) . Vi si dice fra le altre cose : il ne serait pas
juste d'accorder aux probabilités acquises sur la paternité par des an-
ciennes formes, une faveur qu'elles ne doivent point avoir. Ces sortes de
preuves, et les jugements rendus en conséquence, n'ont pu jamais établir
le fait de la paternité, sur lequel la nature a jeté un voile impénétrable ;
les jugements et les adjudications prononcées doivent, à la vérité, être
exécutés, tant à l'égard des enfants qu'à celui de la mère ; mais il n'en
peut jamais résulter une preuve de filiation équivalente à une reconnais-
sance d'enfant, et elles ne peuvent jamais produire un droit de successi-
bilité.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 257

piena facoltà di imporre nuove condizioni per l'acquisto di


diritti che esso per la prima volta introduceva.
Questo secondo modo di vedere prevalse nella giurispru-
denza. E propriamente si fecero tre distinzioni : tra i figli
naturali il cui padre fosse morto dopo la pubblicazione della

legge 12 brumale , anno 2 , quelli il cui padre fosse morto


prima della pubblicazione di questa legge, ma dopo quella
del 4 giugno 1793, e quelli finalmente il cui padre fosse
morto prima di questa seconda epoca . Quanto ai primi si
richiese un riconoscimento in forma autentica. Quanto ai se-

condi si applicò il già citato art. 8 della legge 12 brumale ,


anno 2 ; quanto ai terzi fu ammessa la prova della filiazione
con tutti i mezzi di prova riconosciuti dalla legge sotto l'impero
della quale la prole era nata, ma soltanto coll'effetto di otte-
nere gli alimenti , soli attribuiti ai figli naturali dal diritto ante-
riore alla legge 4 giugno 1793 (v . Merlin , Quest. d. dr. , 1. c . ,
pag. 214-215 , Dalloz , n . 232 , Mailher de Chassat, l . c. ) (1 ) .
Queste soluzioni soddisfecero la generalità dei giureconsulti .
Rispetto alla prima categoria di figli naturali in particolare
parve sufficiente argomento quello della indivisibilità dello stato
personale di paternità , attesochè, come diceva la Corte di cas-
sazione di Parigi nella sentenza del 26 marzo 1806 (v . sopra
p . 241 ) , uno non può essere padre nel caso in cui la prole
naturale chieda soltanto gli alimenti , e non esserlo quando
essa chieda di succedere ab intestato (2) .

(1 ) II MERLIN (ib . ) dichiara retroattivo l'art. 8 del 12 brumale anno 2,


ma riconosce come non ingiusta questa retroattività, trattandosi di nuovi
diritti conferiti da quella legge. Il MAILHER DE CHASSAT dichiara pure
retroattiva la prima delle surriferite soluzioni, ma soggiunge che essa è
contenuta nello spirito , se non nel testo della legge 12 brumale anno 2.
(2) Si agitarono poi molte quistioni per definire se certi riconoscimenti,
avvenuti sotto l'impero della anteriore legislazione, avessero il carattere di
liberi e spontanei . Tali questioni costituiscono la quasi totalità del lungo
articolo di CHABOT DE L'ALLIER, voc. Enfans naturels (Vol. I , p. 111-234),
ma non hanno importanza alcuna per la nostra teoria.
GABBA Retr. leggi, II 17
258 PARTE TERZA

Prima di esprimere la nostra opinione sulla controversia


surriferita, riflettiamo trattarsi in essa principalmente non di
diritti inter vivos de' figli naturali riconosciuti verso i loro ge-
nitori, ma di diritti successori . Questi ultimi , siccome noi ab-

biamo già osservato precedentemente (sopra p . 251 ) , non si


possono considerare come diritti di stato personale , nè come
oneri imposti dalla legge alla paternità naturale, e per conse-
guenza l'effetto retroattivo delle leggi che li concernono vuolsi

determinare con principii ben differenti da quelli che noi ab-


biamo esposti precedentemente .
Fin d'ora noi non possiamo escludere che una legge possa ,
senza ingiusta retroattività , non considerare come sufficiente

uno stato personale ammesso da leggi anteriori, onde conse-


guire nuovi diritti successori da essa introdotti . Se però il C. N.
art. 756 , e la legge 12 brumale , anno 2 non contenessero pre-
cise norme circa la prova della filiazione naturale onde conse-
guire il diritto di succedere , non vi ha dubbio per noi che i
riconoscimenti fatti regolarmente a termini del diritto anteriore
sarebbero stati sufficienti perchè di quella legge approfittassero
anche i figli naturali precedentemente riconosciuti . Esigendo
invece ambedue quelle leggi anche pei figli naturali , il cui
pare fosse morto prima della loro promulgazione, un ricono-
scimento diverso da quello di cui si accontentava il diritto ante-
riore, non fanno già carico a nessuno di non averle osservate
prima che fossero promulgate , ma soltanto non si accontentano
dell'osservanza della legge anteriore per l'acquisto di diritti che
questa legge non ammetteva, e che quelle introdussero per la

prima volta ; e questa non è certamente un ' ingiustizia , come


bene osserva il Merlin ( 1. c . ) .
Venendo ora al particolare , noi non possiamo approvare
l'art. 8 della legge 12 brumale, anno 2 , in quanto esso (v . M.
d . Ch . , 1 , p . 257 in f. ) toglie ai figli naturali, il cui padre
fosse morto prima della promulgazione di essa legge , e dopo
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 259

quella della legge 4 giugno 1793 , il diritto di prevalersi di un


riconoscimento regolarmente fatto secondo il gius anteriore ,
onde ottenere soltanto gli alimenti . Noi ci associamo al Mailher
de Chassat (ib.), il quale trova ingiustamente retroattiva siffatta
disposizione, che toglie a quei figli un effetto dell'avvenuto rico-

noscimento e un vero diritto quesito . Per questo stesso motivo


noi non possiamo neppure approvare l'opinione invalsa , come
dicemmo , nella giurisprudenza francese , che i figli naturali , il
cui padre fosse morto dopo la promulgazione della legge del
brumale, non potessero valersi del riconoscimento fatto a ter-

mini del diritto anteriore, per ottenere gli alimenti . L'argo-


mento dell' indivisibilità dello stato personale, addotto dalla
Cassazione di Parigi, e ripetuto dal Merlin e dal Mailher de
Chassat, ci pare poco concludente, attesochè per evitare una
irregolarità giurisprudenziale, ci par troppo il conculcare un
diritto quesito , sanzionato dal diritto naturale , recando così
una grave offesa alla giustizia ed all'umanità . A noi pare che
in ambedue i casi suaccennati meglio sarebbe stato se il legis-
latore e i giudici avessero rispettato gli stessi diritti acquisiti
che erano stati rispettati nei figli naturali , il cui padre era morto
prima della pubblicazione della legge del 4 giugno 1793. Su
quest'ultimo punto sono fra le altre da consultarsi le seguenti
sentenze : Corte d'appello d'Amiens, 11 floreale anno 12 ( 1 ) ;
Corte d'appello di Parigi , 25 pratile , anno 13 ( 2 ) ; Corte di
cassazione di Parigi , 1 mess. , anno 13 (3) ; Corte d'appello
di Montpellier, 28 gennaio 1806 (4) ; Corte d'appello di Be-
sançon, 24 marzo 1809 (5) , alle quali sentenze noi abbiamo
già fatto allusione poco sopra ( 247 ) . Della sentenza di Mont-
pellier in particolare stimiamo opportuno riferire in parte i

(1) Pasic., 1 ser., 2 part., Vol . I , pag. 312.


(2) Ib., p. 472.
(3) Ib., 1 part., Vol. IV, p. 46.
(4) Ib., 2 part., Vol. I , p . 548 .
(5 ) Ap. CH. D. L'ALLIER, Vol. II , p. 223.
260 PARTE TERZA

considerandi . « Considerando che la legge , coll'avere accordato


un nuovo diritto ai figli naturali, potè benissimo imporre a
questa concessione le condizioni che le parvero opportune ; ma
che, a termini dell'art . 2 C. C. non potendo la legge avere effetto
retroattivo, essa non potè neppure privare i figli naturali esi-
stenti al momento di sua promulgazione, dei diritti già acqui-
stati da essi a quest'epoca ; attesochè , allorquando venne
promulgata la legge del 4 giugno 1793 , la prima che parlò di
successibilità dei figli naturali , lo stato del sig , N. era consta-
tato dall'atto di sua nascita e da un possesso non contestato
di figlio illegittimo del sig. M.; considerando che in questa
qualità la natura e la giurisprudenza assicuravano al signor N.
gli alimenti in confronto del padre e dei di lui eredi , alimenti
di cui nessuna legge ebbe poi a privarlo , ecc . » .

§ 4.

Dei diritti della madre illegittima.

Non tutte le legislazioni si accordano nel regolare i doveri


del padre illegittimo verso la madre per il fatto del concepi-
mento . Il C. N. e gli altri Codici che non ammettono ricerca
di paternità, non possono evidentemente ammettere neppure
diritti ed azioni di tal natura ; le legislazioni invece che la ri-
cerca della paternità non interdicono , differiscono soltanto nella
misura dei diritti in discorso . Talune danno alla madre illegit-

tima diritto alle sole spese di battesimo e di puerperio , altre


le danno anche , ove sia del caso, diritto a compenso per la
perduta verginità .
Or si domanda se , abolita in uno Stato una legge della se-
conda specie, e sostituitavi una della prima, questa nuova legge
debba applicarsi eziandio alle donne che illegittimamente par-
torirono in seguito ad un concepimento accaduto sotto l'impero
della legge anteriore .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 261

Le opinioni dei giureconsulti sono divise. Tiene la negativa


il Brauer (ap . Lass . , p . 186 , i . n . ) nel caso in cui la nascita
illegittima sia accaduta sotto l'impero della legge nuova , e

rispetto alle sole spese di puerperio ; ciò pel motivo che ogni
fatto deve essere regolato dalla legge, sotto il cui impero si è
compiuto . Dello stesso avviso è il Lassalle (ib . e pag. 301 ) , e
senza distinguere caso da caso, purchè trattisi di azioni pre-
sentate sotto l'impero della legge nuova, attesochè questa legge ,
essendo proibitiva, deve avere immediata e retroattiva applica
zione . Di contrario avviso è lo Struve (p. 235) , e non si perita
di sostenere la sua opinione anche di fronte all'art. 340 del
C. N.; imperocchè , egli dice , essendo le azioni di cui si tratta,
una conseguenza dell'avvenuto concepimento , e questo essen-
dosi compiuto sotto l'impero della legge antica , rivestono il
carattere di diritti quesiti che la legge nuova non può mano-
mettere . La stessa opinione è pur stata accolta dal legislatore
amburghese del 1814 (v . Vol . 1 , p . 67 in n . ) , e dall'annoverese
pur di quel tempo (ib. , p . 76 in nota).
Noi pure siamo d'avviso che i diritti della madre illegittima
verso il padre, ove la legge ne ammetta , sorgano e siano quesiti
dal momento del concepimento, in qualunque tempo sia poi acca-
duto il parto, e debbano quindi essere regolati dalla legge vigente
in quel momento . Quei diritti invero non sono tanto diritti per-
sonali , quanto diritti corrispondenti ad una vera obbligazione
civile, nascente da una specie di contratto tacito intervenuto
fra l'uomo e la donna al momento della congiunzione da cui
il concepimento provenne . Che se un patto espresso, col quale
l'autore del concepimento si fosse obbligato a corrispondere
qualcosa alla donna come riparazione del perduto onore e per
gli alimenti del figlio, dovrebbe esattamente eseguirsi , come
ebbe pure a giudicare la Corte di Appello di Besançon nella già
citata (p. 254) sentenza del 24 marzo 1809 , perchè non dovrà
essere ugualmente mantenuto un tacito patto ? Si inganna del
26 2 PARTE TERZA

resto il Brauer nel distinguere il caso in cui il parto sia accaduto


sotto l'impero della legge nuova, da quello in cui anche il parto
siasi effettuato sotto l'impero della legge antica . Imperocchè ,
come bene gli risponde il Lassalle , dopo il concepimento il parto

non si può impedire , e questo è quindi inseparabile da quello .


Noi soggiungeremo che al momento del concepimento il diritto
della donna è quesito , benchè condizionato alla sopraggiungenza
del parto (v . Vol . 1 , p . 228 ) . Rispetto poi all'argomento con cui
il Lassalle sostiene l'opinione contraria alla nostra , stimiamo
inutile ribatterlo, dopo aver già tante volte condannata la dot-
trina sulla quale quell'argomento riposa . Rammentiamo soltanto
al nostro lettore le cose da noi dette in particolare intorno alla
retroattività delle leggi abolitive di azioni giudiziali aventi natura
di diritti acquisiti (Vol 1 , p . 264) .

§ 5.

Della legittimazione.

La legittimazione della prole naturale si fa nelle moderne


legislazioni in due maniere, o mediante decreto del Principe ,
o in virtù di susseguente matrimonio .
Non v'ha dubbio che la esistenza o non esistenza della legit-
timazione devesi giudicare secondo la legge vigente al tempo
in cui il decreto è stato emanato , o il matrimonio è stato con-
chiuso . Su quest'ultimo punto in particolare veggansi in con-
ferma la sentenza della Corte di cassazione di Parigi , 7 luglio
1824 (1 ) , e un'altra della stessa Corte del 5 maggio 1836 (2) .
Se poi il primo dei due modi di legittimazione venga per la
prima volta introdotto in uno Stato , non si può dubitare che

(1 ) C. N. , 7, 1 , 492 - - D. R., 8, 606- Pasic., 2 ser., C. d. Cass. , Vol. XI ,


pag. 65.
(2) R. G. , 36, 1 , 374 - D. C., 36, 1 , 199 – Pasic. , ib. , Tab . gén ., voc. Lê-
gitimat., n. 7.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 263

della facoltà di invocare il sovrano decreto potranno giovarsi i

genitori naturali anche rispetto alla prole già nata prima della
introduzione di quella legge . Imperocchè nessun diritto acqui-
sito viene leso in tal maniera, e il decreto che si invoca giova
alla prole illegittima e a nessuno nuoce.
Che se in uno Stato venga per la prima volta introdotta la
seconda maniera di legittimazione , non avrà questa legge nes-
suna influenza sulla esistente prole naturale , i cui genitori si
fossero già uniti in matrimonio , senza averla potuta legittimare?

I pochi scrittori di gius transitorio, i quali trattano della legit-


timazione, rispondono a questa domanda negativamente . Cite-
remo fra gli altri il Savigny (p . 500) , e l'Unger (pag . 143 ) .
Non ci sembra però che questi autorevoli giureconsulti ab-
biano considerato troppo attentamente il tema in discorso , ve-
dendoli esprimere quella opinione incidentalmente e senza darne
ragioni. A prima giunta , chi considera la legittimazione per sus-
seguente matrimonio come un effetto di questo , può esser tratto a
credere che vi si debba applicare la legge sotto il cui impero il
matrimonio venne contratto . Ma , oltrechè gli stessi veri e proprii
effetti non essenziali del matrimonio possono sempre venire da

una legge nuova modificati (v. sopra p . 149 ) , la legittimazione


per subsequens matrimonium non è vero e proprio effetto del
matrimonio, ma piuttosto un nuovo stato personale , occasio-
nato in pari tempo dalla nascita della prole illegittima , dal
riconoscimento di questa , e dal matrimonio dei genitori della
medesima. La quistione adunque si riduce a decidere se la
legge nuova possa far profittare la prole naturale , nata prima
della sua attuazione , del matrimonio conchiuso pure prima di

quest'epoca dai genitori suoi , onde acquistare uno stato , im-


possibile ad acquistarsi per tal via secondo la legge anteriore .

Ora la risposta affermativa è per noi una diretta applicazione


del principio generale da noi propugnato nella prima Parte
di quest'opera (vol . 1 , p . 234) , che la legge nuova può sempre
264 PARTE TERZA

attribuire, nuovi effetti a condizioni di fatto preesistenti e du-


revoli , sia dell'ordine personale, sia dell'ordine reale . Nessun
diritto quesito si offende in tal modo , purchè la legittimazione
si faccia cominciare dal giorno dell'attuazione della legge nuova ,
se il riconoscimento della prole è stato fatto prima, e se quindi

rimangono intatti i diritti per avventura acquistati dai figli


legittimi nell'intervallo fra la nascita loro e l'attuazione della
legge nuova. Del resto le leggi che ammettono l'istituzione in
discorso non richiedono la coincidenza della legittimazione colla
conclusione del matrimonio, mentre statuiscono che la legit-
timazione in discorso possa farsi anche a vantaggio di figli

naturali premorti, e i cui discendenti sopravvivano (v. C. N. ,


art. 334, C. C. I. , art . 196 ) , e che si operi posteriormente al
matrimonio la legittimazione di figli naturali che i coniugi non
abbiano prima riconosciuti (v . C. C. I. , art . 197 ) . E vi ha dif-
ferenza meramente formale fra il provenire da un matrimonio
nuovi effetti in virtù di nuove sopraggiunte circostanze di fatto ,
siccome vedesi accadere negli esempi suesposti, e il provenirne

effetti nuovi in virtù di sopraggiunto cambiamento di diritto .


L'opinione da noi qui propugnata ebbe in Italia il suffragio
di una sentenza della Corte d'appello di Catania , 2 giugno
1874 (1 ) , e di un'altra della Corte d'appello di Genova, 21 lu-
glio 1874 ( 2).
Che se la nuova legge differisca dalla precedente nel deter-
minare i casi e gli estremi della legittimazione per susseguente

matrimonio, ella si deve certamente applicare ad ogni legitti-


mazione di tal genere non ancora compiuta, sia che il ricono-
scimento della prole accada dopo la attuazione della legge
nuova, o sia che dopo quest'epoca accada il matrimonio dei
genitori illegittimi . Non è dubbio quindi che, dopo l'attuazione

del Codice civile italiano , non è possibile la legittimazione per

( 1 ) G. I., xxvi , 769.


(2) Giorn. dei Trib. di Milano (cessato), Iv, 98.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 265

via di matrimonio susseguente a favore di nati illegittimi da per-


sone legate fra loro da vincolo di parentela in terzo grado , o
in secondo di affinità, di computazione civile, le quali persone
erano escluse da tale beneficio in virtù dell'art . 173 , 1º del

Codice albertino , non ripetuto nel Codice civile italiano ( vedi


art . 195 e 180) . Non è più possibile invece la legittimazione
di prole adulterina in virtù del matrimonio susseguente dei
genitori, dopochè il Codice civile italiano è stato attuato , e se
quel matrimonio accade vigendo il medesimo, quantunque la
prole sia nata sotto l'impero del Codice civile generale austriaco ,
il quale ne ammetteva la legittimazione per quella via (v. Ba-
sevi, Annotazioni al Codice civ. gen. austriaco, § 161 , n . 7 e 8 ) .
266

APPENDICE

AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Della retroattività in materia penale

CAPITOLO I.

Introduzione.

Come abbiamo già osservato nella Parte Generale di que-


st'opera (Vol . I , pag. 145 ) , vi hanno sufficienti attinenze fra il

diritto delle persone e il diritto penale, perchè nello svolgere


la teoria della retroattività delle leggi si debba passare da quello

a questo, e la trattazione del secondo argomento diventi una


appendice della trattazione del primo . Invero l'applicazione
delle pene risolvesi in una sfavorevole condizione personale , sia
per le sofferenze inflitte ad espiazione del delitto , sia per la dimi-
nuzione della libertà e della capacità giuridica del delinquente .
Egli è vero che fra le leggi penali e le altre leggi intorno allo
stato personale intercede una grandissima differenza , consistente
in ciò che, mentre le seconde hanno di mira la subbiettiva con-
dizione degli individui , le prime invece contemplano certi fatti
che sono azioni punibili e delittuose . Ma questa differenza non
è tale che ammetter si debba una sostanziale affinità fra le re-

gole dell'applicazione delle nuove leggi penali, e quelle dell'ap-


plicazione delle nuove leggi civili aventi per iscopo il distribuire
i diritti fra i cittadini in relazione e proporzione a fatti posti

in essere il più delle volte dalla loro volontà. Imperocchè la


giustizia penale non è distributiva come la civile, ma piuttosto
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 267

attributiva , cioè attribuisce l'obbligo della pena , e ciò bensì in


occasione del reato e in proporzione dell'entità di questo , ma

in virtù di principii e riguardi superiori e contrari all'interesse


ed alla volontà del delinquente .

Per tal motivo i principii direttivi dell'applicazione retroat-


tiva delle leggi penali ci sembrano piuttosto far parte di una
completa dottrina circa la retroattività del diritto personale,
cui distinto carattere vedemmo apputo (sopra pag . 5) essere la

indipendenza dei suoi principii dalle supposte intenzioni e dagli


interessi dei privati . Quali siano le fondamentali regole razionali
per l'applicazione retroattiva delle nuove leggi penali noi abbiamo
già accennato nel Libro 1º , là dove ragionammo ( pag . 38-39)
delle condizioni personali sfavorevoli e delle nuove leggi intorno
alle medesime . Or non si tratta per noi che di riprendere in
esame quelle regole , di meglio determinarle, e di completarle
con altri necessari elementi desunti da ordini di idee differenti

da quello dell'astratta natura della legge penale .


Quest'ultima osservazione è di particolare importanza . La
dottrina della retroattività delle leggi penali, quale è oggi uni-

versalmente ricevuta, non proviene da sole necessità razionali ,


ma eziandio da pratici riguardi, sia di equità , sia di politica
prudenza, che da molto tempo furono avvertiti e apprezzati
dagli scrittori e dai legislatori . Chi non distingue questa dupli-
cità di elementi nella dottrina in discorso , viene necessariamente
alla spiacevole e pericolosa conseguenza di contraddire a prin-
cipii ricevuti universalmente, e profondamente radicati nel pen-
siero e nelle leggi dei popoli moderni .
Tale è l'assunto che noi ora ci proponiamo . E nello eseguirlo ,

noi cominceremo colla esposizione dei principii fondamentali


che reggono tutta quanta la materia, poi distingueremo e trat-
teremo ciascuna delle speciali quistioni trattate dai giurecon-
sulti . Soltanto le quistioni e gli speciali principii attinenti alla
procedura penale riserveremo in parte ad un'altra e più remota
268 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

occasione , cioè alla esposizione dei principii del gius transitorio


comuni alla procedura civile e alla penale .
Il gius transitorio penale è una delle parti della teoria della
retroattività che più furono coltivate nei moderni tempi . Vi
diedero occasione le molte riforme legislative in materia penale ,

che segnalarono il finire del secolo passato, e l'attuale fino a


noi. Alle collezioni del Merlin e del Dalloz, ed alle opere citate
nella bibliografia generale anteposta a tutta la presente opera ,
si possono aggiungere quasi tutti i reputati trattatisti del diritto
e dei Codici penali moderni, e le seguenti opere speciali, che
siamo venuti a conoscere soltanto nel corso della pubblicazione
di quest'opera :
BERNER, Wirkungskreis des Strafgesetzes nach Zeit, Raum,
und Personen (p . 50-75) Berlin 1853 ;
SEEGER, Ueber die rückwirkende Kraft neuer Strafgesetze,
Tübingen T862 ;
SCHMID, Die Herr schaft der Gesetze nach ihrenr äumlichen
und zeitlichen Grenzen im Gebiete des bürgerlichen und pein-
lichen Rechts, i . f. , Jena 1863 ;
MEYNNE, Essai sur la rétroactivité des lois répressives , mém .
cour. Bruxelles 1863.

Queste due ultime opere ci parvero di molto e singolare


pregio ; la prima per l'accuratezza delle indagini storiche, la
seconda per l'ordine e la larghezza, come anche per la chia-
rezza della trattazione.

CAPITOLO II.

Dottrina odierna circa l'effetto retroattivo delle leggi penali .

Avendo noi già osservato che nella materia della retroattività


della legge penale vuolsi tener conto non soltanto di ciò che

la ragione giuridica impone, ma eziandio di ciò che da riguardi


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 269

e considerazioni pratiche può essere suggerito, ci sembra il


modo migliore di dare alla nostra investigazione un oggetto
ben determinato e concreto quello di esporre dapprima ciò che
vien comunemente ammesso dagli scrittori e dai legislatori , e
poscia ricercarne e apprezzarne le ragioni , il valore , e le più
importanti applicazioni .
Sono oggidì principii universalmente ricevuti , e sanzionati
anche dalla maggior parte delle legislazioni , i seguenti :
I. La legge penale non può avere effettto retroattivo , nel
senso che nessuna azione può essere dichiarata reato , nè il suo
autore può essere punito, se non in virtù di una legge anterior-

mente pubblicata e messa in vigore.


Questo principio nel comune discorso fu da molto tempo tra-
dotto nel noto adagio : nulla poena sine lege. Le più esplicite
dichiarazioni del medesimo noi troviamo anzitutto nella legis-
lazione rivoluzionaria francese in sul finire del secolo passato ,

e propriamente nella dichiarazione dei diritti dell'uomo (arti-


colo 8 ) (1 ) , e nelle due costituzioni : del 24 giugno 1793 (arti-
colo 8 ) ( 2 ) , e del 5 fruttidoro anno III (art. 14) ( 3) . La costi-
tuzione degli Stati Uniti prescrive pure espressamente le leggi
penali ex post facto (v. Vol . I , p . 50 ) . Non fu meno esplicito il
Code pénal del 3 brumale anno IV, all'art . 2 , che suona : « nes-
sun atto, e nessuna omissione può riputarsi delitto se non rac-
chiude contravvenzione ad una legge anteriormente promul-
gata » , e il Code pénal del 1810 , all'art . 4 , che suona : « nessuna
contravvenzione , nessun delitto , nessun crimine può esser punito
con pene che non erano comminate dalla legge prima che ve-

(1) La loi ne peut établir que des peines strictement et évidemment


nécessaires, et nul ne peut être puni qu'en vertu d'une loi etablie et
promulguée antérieurement au délit, et légalement appliquée.
(2) L'effet rétroactif donné à la loi serait un crime, vedi Vol . I, p. 43.
(3) Aucune loi, ni criminelle ni civile ne peut avoir d'effet rétroactif
ibidem (*).-
(*) Non è meno esplicita la Costituzione belgica, art. 9 : nulle peine ne peut étre établie ni
appliquée qu'en vertu de la loi.
270 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

nissero commessi » . Identica disposizione noi troviamo in tutti


i Codici penali d'Europa, e per es. nel Codice penale italiano
del 20 novembre 1859 ( art . 3) , nel Codice penale prussiano

del 14 aprile 1851 (§ 2 ) , nel nuovo Codice penale belgico del


9 giugno 1867 (art. 2) , e nel Progetto di Codice penale pel
Regno d'Italia (art . 2) (1 ) .
II. Se la legge penale vigente al tempo del giudizio è più
mite di quella stabilita dalla legge vigente al tempo della esecu-
zione del reato, la prima legge viene applicata retroattivamente.
III. Se la legge penale vigente al tempo del giudizio è più
severa della legge vigente al tempo della esecuzione del reato , si
giudica secondo questa legge.
Questi due ultimi principii soglionsi compendiare in uno così
formolato se la legge penale vigente al tempo della esecuzione
del reato e quella vigente al tempo del giudizio sono di gravità
differente, si giudica secondo la legge più mite.
Questo principio è affatto moderno, come verrà dimostrato
più sotto . Noi lo troviamo consegnato con differenti locuzioni
nella quasi totalità delle moderne legislazioni , come si può ve-
dere nella Introduzione al diritto territoriale universale prus-

siano (§§ 18 , 20, ap. Seeger) (2) ; nel Codice penale fran-
----
cese 25 settembre 1791 , art. ult. (3) ; — in un Decreto della

(1 ) Presentato al Ministro di Grazia e Giustizia con una relazione della


Commissione compilatrice in data 17 maggio 1868 .
(2) La regola del § 18 della citata Introduzione trovasi riprodotta anche
in leggi posteriori prussiane, anteriori al nuovo Codice penale del 1851 , e
per es. nella Patente del 9 settembre 1814, § 16, in quella del 9 novembre
1816 per la Prussia occidentale e per Posen , nell'Ordine di Gabinetto del
22 luglio 1816, § 20, nella Patente del 15 novembre 1816 , § 17 per la Sas-
sonia, nella Patente del 21 giugno 1825, § 23 per la Vestfalia (ap. SEEGER,
pag. 67).
(3) Pour tout fait antérieur à la publication du présent Code, si le
fait est qualifié crime par le lois actuellement existantes et qu'il ne le
soit pas par le présent Code, ou si le fait est qualifié crime par le présent
Code, et qu'il ne le soit pas par les lois anciennes, l'accusé sera acquitté,
sauf à être puni correctionnellement, s'il y échet.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 271

Consulta Straordinaria per gli Stati Romani del 19 luglio 1809


(ap . Dalloz, v. Lois, n . 367 , nota 3) ; nel Decreto 23 luglio
1810 per l'applicazione de' Codici criminali in Francia (1 ) ;
nel Rescritto Bavarese, 12 febbraio 1814 (2) ; - nella Patente

Oldemburghese del 14 settembre 1814 (ap . Seeg. , p . 74 ) --


nella legge transitoria olandese del 16 maggio 1829 (art . 26) ;
nella Patente di promulgazione del Codice penale del Regno
di Sassonia del 30 marzo 1838 (art. IV, ib. , p . 73 ) ; nella

legge penale di polizia virtemberghese del 2 ottobre 1839 (ar-

ticolo 108 , ib . , p . 72) ; - nella Patente brunswikese del 10 luglio


1840 (§ 5 , ib .) ; - nel Regolamento pontificio sui delitti e
sulle pene del 20 settembre 1832 (art. 2) ; nella Patente

di promulgazione virtemberghese del 5 marzo 1839 (art . 2-6 ,


-
ib.) ; in quella d'Annover dell'8 agosto 1840 (§ 6-8 , ib. ,
pag. 73) ; in quella d'Assia Darmstadt del 17 settembre 1841
(art. 3-5 , 6-8 , ib . , pag. 78) ; -in quella della Sassonia Altem-
burghese del 3 maggio 1841 (n . IV- VI , ib . , pag. 74) ; in

quella badese del 6 maggio 1845 ( § 6 , ib. , pag . 72 ) in


quella pel Nassau del 17 maggio 1849 (§ 3 , ib .) ; in quella
di Coburgo del 29 novembre 1850 (art . 4-6 , ib. , pag . 76 ) ; -
nella Patente di promulgazione del Codice penale prussiano del
14 aprile 1851 (art. IV- VII) ; ― in quelle dei Codici penali
emanati nel 1850 per Weimar, Sondershausen , Rudolfstadt,
Meiningen, Reuss, Gotha, Anhalt (ib. , pag . 73) ; - nella Pa-

tente di promulgazione del Codice penale austriaco del 27 mag-

(1 ) Les Cours et Tribunaux appliqueront aux crimes et aux délits


les peines prononcées par les lois pénales existantes au moment où ils
ont été commis ; néanmoins, si la nature de la peine prononcée par le
nouveau Code pénal était moins forte que celle prononcée par le Code
actuel (de 1791) , les cours et tribunaux appliqueront les peines du nou-
veau Code.
(2) Num. 1. « È massima riconosciuta che, differendo l'antica legge penale
e la nuova, un reato commesso prima dell'attuazione della legge nuova,
ma giudicato posteriormente, devesi punire con quella fra le due pene,
che è la più mite » (ap. SEEGER, p . 71 ).
272 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

-
in quella pel Regno di Sassonia del
gio 1852 (art . IX) ;
--
13 agosto 1855 (§ 6-8 , ib. , pag. 75) ; in quella per Fran-
coforte del 16 settembre 1856 (art. 4, ib . ) ; nel Codice
- nel nuovo
penale italiano del 20 novembre 1859 (art. 3) ;
- nel Progetto
Codice penale belgico del 9 giugno 1867 (1 ) ;
di Codice penale del Regno d'Italia (art . 3) ( 2) .
Quest'ultimo lavoro legislativo non solo enuncia il principio
generale alla pari di tutte le altre leggi sunnominate, ma sog-
giunge altresì pel primo alcune regole più speciali per appli-
carlo , facendo pro dei suggerimenti degli scrittori, come in
seguito verrà da noi avvertito .

CAPITOLO III.

Storia degli esposti principii .

Nell'antico Diritto Romano, primo fonte di tutto il giure

moderno, noi non troviamo tracce del secondo fra i principii


accennati nel capitolo precedente, cioè della retroattività della
legge penale meno severa o più favorevole . Il primo poi di quei
principii , cioè non potersi applicare la legge penale ad un fatto
posto in essere in epoca in cui nessuna legge lo condannava ,
non sembra esser diventato certo e sicuro prima dell'epoca

imperiale . Nell'epoca repubblicana , che è la più remota a cui


si possa risalire nel tessere la storia del diritto moderno , gli
scrittori non convengono tutti che quel principio fosse univer-

(1) Art. 2 (capov. ). Si la peine établie au temps du jugement diffère


de celle qui était établie au temps de l'infraction , la peine la moins
forte sera appliquée.
(2) Art. 3, § 1. Se la nuova legge toglie dal novero dei reati un fatto
punito dalla legge anteriore, cessano di diritto tutti gli effetti del proce-
dimento e della condanna.
§ 2. Se la pena stabilita dalla legge al tempo del reato e quella sta-
bilita da leggi posteriori fossero diverse, deve essere applicata la più mite.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 273

salmente sentito e comunemente applicato . Non ci sembra inop-


portuno il considerare questo punto con qualche attenzione .
Ciò da cui ebbe occasione l'accennato dissenso fra gli espo-

sitori del diritto penale romano dell'epoca repubblicana , è il


difetto di documenti legislativi o di altre testimonianze di quel-
l'epoca , le quali definiscano in termini generali i limiti della
applicazione della legge penale, e l'aversi invece copia di testi-
monianze parziali , e di leggi speciali , le quali alludono a prin-
cipii differenti ed opposti al suddetto , oppure possono essere
e sono variamente interpretate .

Celebre è anzitutto in questa controversia un passo di Cice-


rone nella seconda Verrina , cap . 42. Era stata emanata nel-
l'anno 585 a . u. c. la legge Voconia , la quale proibiva alle
persone iscritte nella prima classe di censo di istituire eredi
persone di sesso femminile . Questo divieto era stato esteso dal
pretor Verre ai non censi, ed applicato anche ai testamenti fatti

prima del relativo suo editto, colle parole : qui ab A. Postumio.


Q. Fulvio censoribus postve ea ... (S. C. Virginem mulieremve)

haeredem FECIT FECERIT (1 ) ecc. Contro questa retroattività


insorse Cicerone colle seguenti parole : Voconia lex te videlicet
delectabat? Imitatus esses ipsum illum Voconium, qui lege sua

haereditatem ademit nulli neque virgini neque mulieri : san.xit in


posterum, qui post eos censores census esset , ne quis haeredem vir-
ginem neve mulierem faceret. In lege Voconia non est FECIT FE-
CERIT, neque in ulla praeteritum tempus reprehenditur, nisi ejus
rei, quae sua sponte tam scelerata et nefaria est, ut etiam si
lex non esset, magno opere vitanda fuerit.
Da questo passo ciceroniano tre cose sembrano potersi con
sicurezza dedurre 1 ° che onde applicare al passato una legge

( 1 ) La L. Voconia era stata emanata sotto il Consolato di Marcio Fi-


lippo e Corn. Servilio Capione , e l'ultimo censo (anno 580 a. u . c. ) era
stato tenuto dai censori Aulo Postumio , e Quinto Fulvio ( v. BACHOFEN ,
Die lex voconia, Basilea 1842, p . 24-39) .
GABBA - Retr. leggi, II 18
274 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

penale bastava che questa fosse concepita colle parole fecit fe-
cerit, delle quali la prima avrebbe indicato ciò che fosse già T
accaduto prima della emanazione della legge , e la seconda ciò
I
che in seguito accadrebbe , o venisse ad essere riconosciuto per
accaduto ; 2º che anche in difetto di tali parole , la retroattività I
della legge penale doveva intendersi quando essa colpiva fatti
la cui iniquità fosse evidente , e additata dal senso morale di
ognuno ; 3° che ove nè l'una nè l'altra delle anzidette circo-

stanze si verificasse, per regola generale la legge penale non


si doveva applicare retroattivamente .
Tali furono infatti le illazioni della maggior parte degli scrit-

tori, e fra gli altri del Birnbaum (ap . Zach. , p . 68) , e dello
Zachariae (pag. 68-74) . Questi scrittori sono quindi d'avviso
che anche nell'epoca repubblicana la retroattività della legge
penale fosse considerata una ingiustizia , e che se questo prin-

cipio fu leso più di una volta nelle lotte dei partiti politici ,
locchè dicevasi legem de aliquo extra ordinem ferre, tali esempi

non abbiano scientifica importanza , appunto perchè occasionati


da passioni anzichè da principii e da convinzioni . Lo Zachariae
( p. 71 ) porta qui l'esempio del celebre processo di Publio
Clodio . Dopo i fatti accaduti fra Clodio e Milone e i rispettivi
loro servi nella via Appia, il Senato ordinò che si procedesse
.
contro Milone veteribus legibus tantummodo (1 ). Fu l'ira par-

tigiana di Pompeo che gli fece proporre e vincere in Senato la


L. Pompeja de vi, e poi quella de ambitu , prevedendo che queste
nuove leggi verrebbero applicate a Milone , come infatti accadde , I
giusta la testimonianza di Asconio , per quella stessa cagione .
Ma nel Senato non mancò in quella occasione chi svelò e con-
dannò la proposta di leggi siffatte, e questi fu il tribuno Celio ,
il quale qualificò la prima di quelle leggi privilegium odiosum
contro Milone .

( 1) Cic. pro Mil., c. 6 : decernebat enim, ut veteribus tantummodo le-


gibus extra ordinem quaereretur.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 275

Tale è pur l'opinione di un recente e reputatissimo esposi-


tore del diritto criminale romano , del Rein (Crimin . Recht.
d. Röm., pag. 228 ) . Questi è anzi d'avviso che neppure la
espressione fecit fecerit valga a dare ad una legge penale ef-
fetto retroattivo , e che il fecit in particolare « non si riferisca
al tempo anteriore alla emanazione della legge, ma bensì alla
successiva punizione , dovendo la pena colpire chi abbia posto
in essere quel dato fatto » .
Più recentemente insorse contro la suesposta e comune opi-

nione il Seeger . Egli pone invece (pag. 1 ) come tesi generale.


che << ai Romani bastava che un fatto fosse degno di pena

perchè venisse effettivamente punito dal popolo , o mediante le


quaestiones istituite da esso ; la pena giudicavasi giusta anche
se al tempo in cui il reato era stato commesso non fosse stata
comminata pena di sorta, oppure una pena più mite ; l'incon-

dizionata retroattività delle leggi penali era quindi la regola, an-


zichè l'eccezione » . Secondo il Seeger adunque (p . 36 ) le leggi

penali romane dell'epoca repubblicana non erano retroattive


allora soltanto quando in esse leggevasi la clausola post hanc
legem rogatam, od altra somigliante . Trovasi clausola siffatta ,
osserva il Seeger, in molte leggi dell'epoca repubblicana , e per es .

nella tavola bantinica (1 ) , nel frammento di legge agraria riferito


da Gino ( 2 ) , nella tavola eracleense ( 3) , nell'antichissima L. Tri-
bunicia prima (4) , nel fragm . L. Papiriae de sacramento (5) ,
nella L. Julia Municipalis (6 ) , nel S. C. De acquaeductu riferito
da Frontino ( 7 ) , nella L. Julia , de adulteriis coërcendis ( 8) , nella

( 1 ) Lin. 5, 13 , 16-19 ex hac lege ; lin . 14 post hac ; lin . 21 post hanc
legem rogatam (v. HAUBOLD, Inst. jur. rom. lit., p. 74-75).
(2) Cap. IV, ex hac lege ; ib. ap. SEEG . , p . 9 nota.
(3) Ex hac lege lin. 17-19 ib., p . 103 , ib.
(4) Ap. SEEG., ib.
(5 ) HAUBOLD, p. 3, ib.: post hoc.
(6) Tab. heracl. lin. 97, 107 , 140 : adversus ea ; ap. SEEG., ib.
(7) II, 127 : si quis adversus ea commiserit. ib.
(8) D. h., L. 12, ne quis posthac stuprum, etc.
276 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

L. Quinctia, de aquaeductibus (1 ) , nella L. Thoria (2), nella L. De


scribis (3) , nella L. Falcidia (4) .
Un primo argomento del Seeger è l'affermare che « la più
gran parte, e la quasi totalità dei delitti pubblici , secondo le
idee romane, e per la poca estensione che aveva allora il di-
ritto penale pubblico , cadevano nel novero delle azioni intrin-
sicamente ed evidentemente delittuose , alle quali , secondo il
detto di Cicerone, la legge penale può applicarsi retroattiva-
mente » (p . 4 ) .
Un altro argomento, e il principale, è per il Seeger la cir-
costanza che in tutte le leggi penali repubblicane, di cui ci è
rimasta memoria , si trova quella locuzione fecit fecerit, o in
generale la duplice indicazione del fatto punito , nel tempo
passato e nel futuro (p . 9) . Egli adduce in prova i seguenti
frammenti :

Lex Cornelia, de sicariis : qui tribunus militum legionibus


quattuor primis, quive quaestor, tribunus plebis. Quive in
senatu sententiam DIXIT DIXERIT, qui eorum COIT COIERIT , CON-

VENIT CONVENERIT, quo quis judicio , publico condemnaretur ; (5 ).


Ib) nel capitolo relativo all'avvelenamento : qui venenum
malum FECIT FECERIT · quicumque fecerit, vendiderit, emerit,

habuerit, dederit (6) .


Lex Julia, municipalis (tab , heracl . lin . 110-123 ) : quei .

furti . quod ipse . FECIT . FECERIT . condemnatus . pactusve .


est . erit . queive . judicio . fiducio . « (fiduciae? ) pro socio .

(1 ) Post hanc legem rogatam , ap. Seeger, p. 15.


(2) RUDORFF, Zeitschr. f. geschichtl. Rechtswiss, Vol. X, p. 152, 153 ;
c. VII, lin. 18 ; VIII , lin . 19 ; ib.
(3) BRISSONNIUS, De formulis ( Paris 1583) , II , p. 158, lin. 41 , 65, ecc.
ante hanc legem; ib.
(4) D. L. 1 pr. h. t., qui cives romani sunt, qui eorum post hanc legem
rogatam testamentum facere volent.
(5) Cic. p. Cluen., c. 54, 55, 56.
(6) Ib.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 277

tutelae . mandatei . injuriarum . deve . d . m . ( = dolo malo)


condemnatus est erit, ecc. (1) .

Lex Silia, de ponderibus : si qui magistratus adversus hac


D. M. pondera modiosque vasaque publica, modica minora ma-

jorave FAXIT JUSSERITVE fieri (2).


S. C. De imperio Vespasiani : si quis hujusce legis ergo
adversus leges rogationes plebisve scita senatusve consulta fecit
fecerit sive quod eum ex lege rogatione plebisve scito s. v. c. fa-
cere oportebit non fecerit hujus legis ergo id ei ne fraudi esto (3) .
Lex Servilia, repetundarum lin . 3ª : quantum pecuniae . .

ablatum captum coactum conciliatumve aversumve sit (4).


Fa poi anche menzione il Seeger ( pag . 14 ) della L. Sem-
pronia di C. Gracco, in virtù della quale fu ucciso il consolare

Popilio, principale motore delle stragi che nove anni prima


erano state fatte da straordinarie commissioni senatorie contro

i partigiani di Tiberio Gracco ; ―― delle Leggi di Cn . Pompeo


sulla vis e sull'ambitus (p . 21 ) , la retroattivià delle quali non
viene contestata da nessuno , e fu già da noi accennata in una
precedente occasione ; delle leggi generali sulla responsa-

bilità dei giudici ( p . 40 ) , le quali , al pari delle citate leggi Sem-


pronia e Cornelia, furono sempre applicate retroattivamente .
A rendere anche più forte l'argomento desunto dalle leggi
positive, il Seeger opina (pag . 7) che a dare effetto retroattivo
alla legge penale non era neppur necessario che questa conte-
nesse la formula fecit fecerit, e che neppur Cicerone nel riferito
passo della seconda Verrina afferma la necessità di quella for-
mula a tal uopo . Secondo il Seeger anche una sola di quelle due
parole avrebbe significato doversi la legge applicare ai delitti
commessi prima della sua attuazione . Il fecit in particolare

(1 ) HAUBOLD, p. 122-126.
(2) HAUBOLD, p. 1 .
(3) Ib., p . 223.
(4) Klenze, Philol. Abh . andl. , 1839, p. 70, 71 , ap. SEEG., p. 40 .
278 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

abbraccerebbe in tutta la estensione del suo significato ogni

delitto accaduto in qualunque tempo anteriore al momento in


cui la legge viene applicata . Più ovvio è secondo lui lo stesso
significato rispetto alla parola fecerit (1 ) .
Ciò che poi finisce di persuadere il Seeger della sua opinione
si è che la retroattività delle più odiose leggi penali repubbli-
cane non fu sovente giudicata dai contemporanei con quel ri-
gore con cui l'avrebbero giudicata uomini imbevuti dei principii
che in tale materia sono oggidi professati . Vellejo Patercolo ,
narrando la storia della Lex Sempronia, e dei sentimenti su-
scitati da essa fra i Romani , approva l'applicazione che ne
venne fatta retroattivamente a Rupilio Pompilio (2) . La legge
di Pompeo sulla vis, che doveva essere applicata retroattiva-
mente a Milone e ai suoi partigiani , non fu già censurata dai
contemporanei per questo motivo , ma per tutt'altri , contro i
quali, dice il Seeger (p . 21 ) , quella legge avrebbe potuto es-

(1 ) II SEEGER cita AULO GELLIO , Noct. att., XVII , 6 , il quale cita alla sua
volta una spiegazione data da P. Nigidio, contemporaneo ed amico di Ci-
cerone, alle dubbiose parole della L. Atinia : « quod subreptum erit ». Se-
condo Nigidio le due parole subreptum erit prese insieme, come futuro
secondo del passivo, significherebbero tanto il passato quanto l'avvenire ;
soltanto considerate separatamente, si riferirebbero solamente all'avvenire .
Tanto più, dice il SEEGER, l'ultima cosa deve ritenersi rispetto al futuro
esatto dell'attivo, essendo questo per se stesso una sola parola. Adduce
inoltre la linea 101 della tab. heracl. nella L. Julia municip., nisi quei sti-
pendia fecerit; un frammento di una legge sconosciuta, presso Haubold,
p. 469 : isque locus, ubi quis , adversus ea humatus sepultusve eritpurus
et religione solutus esto ; il S. C. , De Bacchan . , lin . 23-26, dove il fecissent
è adoperato nello stesso modo come il fecerit; il frammento di una legge
repetund., forse della L. Julia, rep., presso HAUBOLD, p. 140 : pecuniam ce-
perit; la L. Servilia, repetundarum secondo la restituzione fattane da
KLENZE : abstulerit, ceperit, coëgerit, conciliaverit, averterit ; finalmente
la quarta proposizione rimastaci del S. C., De imperio Vespasiani: utique
quos ...
. senatui . populoque . romano . commendaverit . quibusve suf-
fragationem . suam . dederit . promiserit . eorum comitiis quibusque .
extra ordinem ratio habeatur.
(2) VELL. PAT., II , 7. Eadem Rupilium Popiliumque, qui consules
asperrimi in Tib. Gracchi amicos saevierant, postea judiciorum publi-
corum merito oppressit invidia.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 279

sere molto più facilmente difesa che contro la taccia di retro-


attività, se questa taccia fosse stata allora cosi odiosa come ai

tempi nostri lo sarebbe . Lo stesso Cicerone nella famosa ora-


zione pro Milone (c . 5) che ebbe pur tutta la comodità di scri-
vere dopo il processo , e nella seconda Filippica (c. 9), rivolse i
suoi attacchi piuttosto contro i provvedimenti processuali , cui
era stato sottoposto Milone, che contro la legge stessa . E Cesare

(De bello civ. III, 1 ) ragionò nello stesso modo per giustificare
la sua proposta di restituzione a favore dei condannati .

Per ultimo , osserva il Seeger (pag. 28 ) che prima che si


pubblicassero leggi penali con effetto retroattivo, nel sistema
giuridico repubblicano si erano veduti più di una volta i ma-
gistrati nella pienezza del loro imperium punire senza che esi-
stesse legge speciale da applicarsi al caso . Cosi per esempio
la Lex Valeria contro il ristabilimento dei re fu posteriore alla

punizione della congiura che a tale scopo era stata fatta (1 ) , e


il S. C. De Bacchanalibus fu posteriore alla punizione che già
era stata fatta degli osceni eccessi che gli avevano dato occa-
sione ( 2 ) . Nè la nota legge delle 12 Tavole : privilegia ne irro-
ganto, osta, secondo il Seeger , all'asserita retroattività delle leggi
penali repubblicane. Imperocchè il vero significato di quella
legge (p . 34-36 ) era soltanto che non si potesse con una legge
infliggere ad una persona una pena , prima e senza che venisse
fatto regolare giudizio . E infatti nota il Seeger (p . 36 ) che la
Lex Clodia, tanto riprovata da Cicerone , era appunto concepita
in quella maniera, e che Cicerone non prese di mira la retro-
attività della legge , ma soltanto il non costituzionale suo con-
tenuto , in virtù del quale la condanna era già decisa , e il
processo colle sue forme tutelari e coi mezzi di prova veniva
ad essere anticipatamente escluso .
(1) LIV., II, 8.
(2) Id., XXXIX , 8-19 . Che anzi il S. C. De Bacchan., non sembra essere
stato ( id., c. 14) che una ripetizione sotto altra forma di un altro precedente
che il Senato avea emanato sul caso concreto.
280 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Abbiamo voluto riferire le principali ragioni addotte pro e

contro la tesi della retroattività delle leggi penali di Roma re-


pubblicana, perchè l'esame e il confronto delle medesime ci
furono occasione di formarci alla nostra volta una opinione

che non ci pare destituita di fondamento e che ora veniamo


ad esporre .

Noi crediamo che la verità non sia dalla parte di coloro i


quali pensano come Birnbaum, Zachariae e Rein, che il prin-
cipio della non retroattività ispirasse la legislazione penale re-
pubblicana . Di fronte ai tanti esempi storici di leggi penali di
quel tempo , retroattive , di fronte alla stessa autorità di Cice-

rone che per una intiera classe di leggi penali ammette l'effetto
retroattivo , quell'opinione ci sembra affatto insostenibile . Lo
Zachariae (p . 89) sembra far molto caso dell'essere stato noto
e sacro ai Romani il principfo della non retroattività della
legge civile , quasi ci fosse qualche analogia fra quest'ultimo
principio e quello della retroattività della legge penale ; ma
noi non vediamo l'opportunità di siffatta osservazione, atte-
sochè la non retroattività della legge penale, come dimostre-
remo a suo luogo , ha significato e fondamento ben diverso da

quello della non retroattività della legge civile , e oltracciò ,


quand'anche tal differenza non esistesse , a tutti è noto che il
diritto penale de ' Romani fu ben lungi dall'avere carattere
scientifico e dal formare un corpo di dottrine che si possa con-
frontare col loro diritto civile .

Ma anche l'opinione sostenuta dal Seeger non ci pare da


seguirsi, benchè non così lontana dal vero come la precedente .
Noi non vogliamo discutere col Rein (p . 228 , ap . Seeger, p . 40)
se le parole fecit fecerit attribuissero veramente alla legge pe-
nale effetto retroattivo (1 ), nè col Seeger se lo stesso effetto

potesse produrre una sola di quelle due parole isolatamente

( 1 ) Su questo proposito ci pare abbastanza chiara l'opinione di CICERONE


nel surriferito passo della seconda Verrina.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 281

usata. Per noi non ci può essere argomento che basti a dimo-
strare la tesi del Seeger di fronte a certi fatti che questo me-
desimo autore conosce e menziona. Come si può asserire con
lui che i Romani dell'epoca repubblicana ignorassero affatto il
principio della retroattività della legge penale, mentre Cice-
rone afferma tanto nettamente questo principio, col dire che
soltanto in alcuni casi non lo si seguitava ? E tanta era l'im-
portanza di tale principio per Cicerone , che nel citato passo
della seconda Verrina, alle parole da noi sopra riferite egli
soggiunge : atque in his ipsis rebus multa videmus ita sancta

esse legibus, ut ante facta in judicium non vocentur.


L'asserzione di Cicerone è un fatto certo e rilevante, contro

cui la dottrina di Seeger , in quanto vi si oppone , non può che


infrangersi . Lo stesso Seeger osserva (pag. 38) che le leggi
penali concernenti reati di poca gravità , come per es. la L. Cor-
nelia, de falsis, in quanto concerneva l'incompetente fabbri-
cazione di monete, ma non la vera falsificazione , non si appli-
cavano retroattivamente, e la medesima cosa osserva (pag. 39)
rispetto a talune leggi penali processuali , come per es . la
L. Vatinia, de alternis consiliis rejiciendis ; come si conciliano
codesti fatti colla generale ed assoluta proposizione , che tutte
le leggi penali repubblicane fossero retroattive ?
Che se nè questa dottrina è ammissibile , nè la contraria, ci
sembra però che in quella del Seeger ci sia molto più di vero
che in quella dello Zachariae, e degli altri citati scrittori. Se
non tutte , però la maggior parte delle leggi penali repubbli-
cane erano retroattive ; ridotta entro questi confini , l'opinione
di Seeger ci par giusta , e da doversi seguitare . Se non tutte ,
però la maggior parte di quelle leggi concernevano una qualche
res sua sponte scelerata ac nefaria, cioè qualche delitto ricono-

scibile per tale ed evidente ad ognuno ; e perchè tali leggi


erano retroattive, come Cicerone ci insegna, doveano far si

che la retroattività della legge penale fosse principio dominante


282 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

nella mente dei giureconsulti e del popolo . Questa è l'opinione


che noi professiamo , e che sola deduciamo dalle considera-
zioni del Seeger. Facile ce ne sembra la ' dimostrazione.

Che la maggior parte delle leggi penali repubblicane doves-


sero concernere reati evidenti ad ogni uomo dotato di senso
morale, non vi d'uopo dimostrarlo , perchè in ogni tempo tale
è sempre stato il contenuto delle leggi penali . Che poi le leggi
penali circa tali reati fossero nel periodo repubblicano retro-
attive, lo prova anzitutto in modo irrefragabile l'autorità di
Cicerone nel più volte menzionato passo della seconda Ver-
rina. Viene poi eziandio a confermare la stessa opinione il fatto
che tutte le leggi penali repubblicane, la cui retroattività è
provata dai frammenti che ce ne sono rimasti, sono appunto
leggi di tal natura . Nessuno potrà mai giudicare diversamente
la L. Sempronia, le leggi Pompeiane de vi et de ambitu , la L. Ser-
vilia, repetundarum, la L. Cornelia , de sicariis , e tali erano
pure la L. Silia, de ponderibus, e la L. Julia, municipalis, in
quelle parti e sanzioni che abbiamo sopra riferite,
Per ben comprendere però come nell'epoca repubblicana la
retroattività delle leggi peñali intorno a delitti evidenti fosse
tanto frequente, bisogna por mente al modo in cui la giustizia
penale veniva allora amministrata . Non era un magistrato che
applicasse a casi speciali i principii di diritto contenuti nelle
leggi o nell'editto , siccome avveniva nella amministrazione
della giustizia civile . La giustizia penale era amministrata dal
popolo , cosicchè ogni delinquente , come bene osserva il Seeger
(pag. 31 ) , si doveva aspettare di soffrire quella pena che al
momento del giudizio sarebbe stata giudicata proporzionata , o
in altri termini, si doveva aspettare che per ogni singolo caso
venisse emanata una legge nuova e speciale. In questo modo
.
avveniva che frequenti fossero le leggi penali , e che ogni legge
avesse l'aspetto di una giusta ed esatta interpretazione e sod-
disfazione della giustizia assoluta. Che anzi la cagione per la
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 283

quale il popolo, che prima di essere giudice era legislatore ,


faceva uso di questa sua podestà rispetto a singoli casi , era
appunto il sentimento della giustizia, e della necessità di una
condegna espiazione di ogni delitto . Ben s'intende che nello
apprezzare il valore di un singolo reato si cedeva molte volte

alla passione , e principalmente all'odio del partito politico


contrario, di che si ebbero prove non dubbie, a testimonianza

di tutti gli storici , nell' occasione in cui furono emanate le


leggi Pompeiane de vi e de ambitu . Ci sembra però che s'in-
gannino coloro, e non son pochi per verità, i quali collo Za-
chariae non scorgono in quelle leggi penali altra cosa che il
prodotto delle passioni politiche , e pensano che gli autori delle
medesime non se ne rendessero altra ragione , nè altra sod-
disfazione ne provassero fuorchè quella di essersi vendicati .
Tanto non fu mai nè potè mai essere corrotto il sentimento
giuridico dei repubblicani di Roma , che non cercassero di
ammantare e di coonestare anche lo sfogo dell'odio di partito
con qualche più nobile idea , e questa idea non poteva essere
che quella di proporzionare esattamente la pena alla malizia
di ciascheduno . Questa idea , e non già il disconoscimento in-
consapevole, per cieche passioni di partito , di uno dei prin-
cipii più necessari all'ordine civile, fu la causa dell'essere
state emanate nell'epoca repubblicana tante leggi penali retro-
attive. Quando il Senato Romano accettava le rigorose pro-
poste di Pompeo a danno di Milone, era mosso certamente da
passione politica ; ma se la strage di Clodio , e le corruzioni
operate da Milone , non avessero avuto caratteri di speciale
gravità, non preveduti dalle leggi anteriori (1 ) , possiamo noi
credere che quel consesso avrebbe accettato le proposte pom-
peiane, o che queste sarebbero neppur state fatte ?

Ciò spiega il fatto notato dal Seeger, che le leggi Pompeiane

(1 ) Per es. dalla legge Plotia de vi, anteriore a quella di Pompeo, e se-
condo la quale venne accusato de vi M. Saufeio ( Zach., p . 73) dopo Milone.
284 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

proposte in odio principalmente di Milone non siano state dalla

maggioranza dei Senatori riconosciute come ingiustamente re-


troattive, e perciò respinte. La maggior parte vi avranno ve-
duto l'applicazione di un principio generale , e universalmente
accettato, del principio cioè , accennato da Cicerone , che le
leggi penali potessero essere retroattive onde colpire l'autore
di una azione manifestamente delittuosa con una pena propor-

zionata alla sua gravità. Lo stesso riflesso spiega in partico-


lare anche il silenzio di Cicerone intorno alla retroattività di

tali leggi. Può egli supporsi che Marco Tullio , il quale nella
seconda Verrina era insurto così fortemente contro l'effetto

retroattivo dato ad un editto in materia civile, sarebbesi ristato


dal fare le medesime eccezioni contro la retroattività di una

legge penale , se egli non avesse veramente consentito colla

pubblica opinione del tempo circa l'ammissibilità di leggi spe-


ciali per delitti di una specie gravissima e affatto nuova? Nè
al fin qui detto si oppone il fatto che, giusta la testimonianza
di Appiano (De bello civ. , II , 23) , e di Plutarco (Vita di Ca-
tone, c. 48) , Cesare e Catone nella accennata assemblea sena-
toria notassero e riprovassero l'effetto retroattivo delle leggi
pompeiane ; che anzi questo fatto sembraci venir messo nella
sua vera luce dalle cose anzidette, potendosi pensare che Ce-
sare e Catone credessero sufficienti contro Milone le leggi esi-
stenti senza bisogno di farne di nuove , e queste stimassero
retroattive appunto perchè , e soltanto perchè contemplassero
reati già contemplati in tutte le loro caratteristiche circostanze
da leggi anteriori.
Ci conferma nella esposta opinione ciò che , giusta l'opinione
di molti autorevoli giureconsulti , il Diritto Romano disponeva
intorno alle stesse azioni delittuose accennate nel più volte
menzionato passo della seconda Verrina , da un altro punto di
vista . I delitti in cui Cicerone ravvisa una res sua sponte scele-
rata ac nefaria sembranmi essere quegli stessi che nelle fonti
DELLA RETROATIIVITÀ IN MATERIA PENALE 285

romane chiamansi probra natura turpia, in contrapposizione ai


probra civiliter (1 ) . La distinzione fra i delitti naturali e i de-
litti civili potrà essere senza alcun valore nel diritto penale
odierno, come pensano infatti generalmente i moderni crimi-
nalisti, ma non per questo è meno chiara nel Diritto Romano .
Or bene, rispetto ai reati della prima specie è parso prima di

tutti a Feuerbach (Lehrb . d. peinl . R. , § 86 ) che da parecch


passi delle fonti giustinianee risulti chiaramente non potersi
l'ignoranza della legge addurre per iscusa neppur da quelle
persone che di regola possono scusarsi coll'ignoranza della
legge violata (2) . Questa dottrina è poi stata seguita dal mag-

gior numéro dei giureconsulti posteriori , e fra gli altri , dal


Rorshirt (ap . Berner , pag. 33 ) , dal Wächter (ib. , pag. 36 ) ,
dall'Heffter ( ib .) , dal Savigny (Sist . d. heut. R. R. , Vol . III ,
pag. 389) ( 3) , e quantunque abbia trovato i contraddittori ,

fra i quali il Luden (ap . Berner, pag. 34 , 35 ) , e recente-


mente il Berner (p . 26-36 ), non cessa per noi di essere una
dottrina molto probabile , cioè sufficientemente basata nelle
fonti (4 ) . Che se rispetto ai delitti manifesti ed evidenti ad

(1 ) L. 42, D. De verb. signif.: Probra quaedam natura turpia sunt,


quaedam civiliter et quasi more civitatis ; ut puta furtum, adulterium
natura turpe est ; enim vero tutelae damnatio, hoc non natura turpe est,
sed more civitatis ; nec enim natura turpe est quod potest etiam in homi-
nem idoneum incidere - L. 1, § 3, D. De furtis :.... quod lege naturali
prohibitum est admittere.
(2) Cioè i minorenni , le donne, i contadini e i soldati. I passi notati dal
FEUERBACH Sono i seguenti : L. 7, § 4, D. De jurisd.; t. 38 , § 2, 4, 7, ad
leg. Jul., de adult.; L. 2, C. De in jus voc.
(3) II SAVIGNY ed altri prima di lui la fondano anche su altri passi che
sono : L. 4, De incestis ; L. 1 , § 10, L. 4 pr. , D. ad S. C. Turp.; L. 25, § 2,
D. De S. C. Silan.; L. 7 pr. et § 4, D. De jurisd.; L. 2, § 1 , D. Si quis in
j. voc.; L. 15 pr. et § 5, ad leg . Corn . de fals.; L. 51 , De his qui sibi
adscrib.
(4) LO ZACHARIAE (pag. 22, 23, 69) nota che la distinzione fra natura
turpia e civiliter probra è poco determinata nelle fonti romane, e che per
esempio CICERONE annovera nella prima specie di azioni le contravvenzioni
alla L. Cornelia, nummaria e testamentaria, che invece i moderni anno-
verano fra i delitti civili. Lo stesso dice lo ZACHARIAE essere accaduto nella
286 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

ognuno, i Romani escludevano l'ignoranza della legge penale


soltanto per questo motivo , c'è da farsi meraviglia se rispetto
agli stessi delitti e per lo stesso e solo motivo sembrasse loro
giustificata l'applicazione retroattiva di quella legge ; o piut-
tosto l'un principio non armonizza coll'altro , cosicchè l'un
l'altro si chiamano e si completano ? Nell'un argomento e nel-

pratica del diritto inglese, applicando la distinzione fra i mala in se e i


mala prohibita. Anche il BERNER ( p. 27) fa la stessa osservazione a pro-
posito delle idee romane intorno all'incesto, che si annovera fra i delitti
naturali, se commesso fra ascendenti e discendenti , e fra i soltanto civili,
se commesso tra fratelli e sorelle. Noi conveniamo con queste osservazioni,
ma non crediamo però che siano un motivo sufficiente di negare l'impor-
tanza di quella distinzione nel sentimento morale e giuridico dei Romani.
Anche la distinzione fra jus naturale, gentium , civile non è la più de-
terminata nelle fonti romane ( v. SAVIGNY, Syst. , Vol. 1 , App . 1 ) , e ciò
nondimeno chi oserebbe affermare che pei Romani quei concetti non fos-
sero abbastanza chiari , e non dominassero il sistema del diritto ? E chi
non vede che la prima distinzione è strettamente connessa colla seconda,
e che ambedue mutuamente si corrispondono ? Il BERNER nega poi (p. 36)
ogni fondamento alla dottrina che fa dipendere l'ammissibilità della scusa
di aver ignorato il diritto , dall'essere il delitto naturale o civile. Non è
questo il luogo di discutere minutamente le osservazioni del BERNER in-
torno a ciascuno dei passi delle fonti, coi quali si suole dimostrare tale
dottrina, ma noi non possiamo astenerci dal dichiarare che il BErner ci
sembra aver ragione in parte, non in tutto. Conveniamo con lui che la
maggior parte dei passi addotti dal SAVIGNY possono ricevere un'altra
spiegazione, conveniamo eziandio che la scusabilità dei delitti civili pel
titolo dell'ignoranza del diritto non può dedursi dalle fonti romane con
quella certezza e generalità che pur solitamente le si attribuiscono, ma
la inammissibilità di quella scusa rispetto ai delitti natura turpia sem-
braci che a torto il BERNER giudichi del pari non sufficientemente dimo-
strata dalle fonti romane, e, ridotta entro questi limiti, la comune dottrina,
dal BERNER combattuta, sembraci accettabilissima . Egli è vero che quella
inescusabilità è dichiarata una sola volta nelle fonti, e precisamente nella
L. 28, § 2, D. ad leg. Jul., de adult., ma per compenso i termini di questo
paragrafo sono chiarissimi : mulier tum demum eam poenam , quam
mares, sustinebit, quum incestum jure gentium prohibitum admiserit ;
num si sola juris nostri observatio interveniet , mulier ab incesti cri-
mine erit excusata. Questo passo poi, in quella parte che riguarda i fatti
natura turpia non è contraddetto da alcun altro delle fonti, come invece
avviene nell'altra parte che risguarda i delitti civili (v. L. 1 , C. De interd.
matr.). Si aggiunge la corrispondenza del passo medesimo colla citata
L. 42, De verb. sign., colla quale il primo ha una manifesta relazione ;

I
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 287

l'altro si vede la giustizia penale dominata esclusivamente da


considerazioni di ordine morale , non contemperate , come so-

gliono essere nella scienza penale odierna , con quelle di civile


convenienza e di pratica opportunità .

CAPITOLO IV.

Continuazione.

Il Diritto Romano imperiale e giustinaneo.

Durante l'epoca imperiale, fino a Giustiniano , scemarono gli


ostacoli al comprendimento delle gravi ragioni di ordine e di
interesse pubblico , sulle quali si appoggia il più fondamentale
principio della dottrina della retroattività delle leggi penali .
L'ufficio del giudice non era confuso con quello del legislatore ,
per essere cessata l'amministrazione popolare della giustizia ;
erano cessate anche le politiche dissensioni e le guerre dei
partiti, cui tante volte avea servito di arme la giustizia . Non
troviamo infatti in quest'epoca quasi più nessun esempio di
legge penale retroattiva . Uno, affatto isolato , riscontriamo nel
Codice Teodosiano IV, 18 de plagiar . , const. un . , ed è una co-

stituzione di Costantino , la quale eccettua soltanto i già con-


dannati da una pena più grave novellamente introdotta ( 1 ) .

si aggiunge ancora che nel Diritto romano la parte penale non acquistò
mai aspetto scientifico , cioè non fu mai corpo sistematico di dottrine ,
cosicchè sia meno incivile in questa parte, di quello che sarebbe nel gius
civile, il desumere una dottrina da un passo isolato. Per tutte queste cir-
costanze a noi pare , contro l'avviso del BERNER , che la dottrina della
inescusabilità dei delitti natura turpia per titolo di ignoranza di diritto
sia sufficientemente basata nelle fonti romane, come si pensa comunemente,
quantunque non la si trovi in termini così generali dichiarata in nessun
luogo, lo che del resto hanno sempre concesso i partigiani di quella dot-
trina (v. SAVIGNY, ib . , p. 390).
(1 ) V. SEEGER, p. 46 , e GOTOFREDO, Comm . al C. I. , Lione 1665 , Vol. 3,
pag. 156.
288 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Troviamo invece nello stesso Codice Teodosiano , III , 12 de


inc. nupt., const . 3, e nelle Novelle 12 , c . 3, e 129 c . 4 di
Giustiniano passi nei quali si attribuisce effetto retroattivo ad
una legge penale più mite . Nel primo passo si tolgono retro-
attivamente le pene stabilite nel cap . 1 , eod. tit . per certi casi
dell'incestus juris civilis. Nel secondo , Giustiniano, dopo avere
introdotto nuove e più gravi pene per gli incestuosi , soggiunge :
et hoc quidem sequens tempus habeat post praesentem nostram
legem currens. Quod vero jam transactum est, nec omnino relin-
quimus obnoxium , nec omnibus modis sub acerbam indignationem
submittimus; sed si quae incestae factae sunt nuptiae, siquidem
contigerit eas qualibet modo dissolvi, sine reatu sint. Nel terzo
passo Giustiniano , dopo avere abolito parecchie incapacità ci-
vili dei Samariti, attribuisce a questa abolizione effetto retro-
attivo ; e dice : quum..... in futurum humani simus, quomodo in
praeterita cum rigore inquiremus ? Se poi si pon mente ad un
passo di S. Ambrogio (De Abraham patriarcha , lib. 1 , c. 4),
riferito anche nel Decreto di Graziano (caus . 32 , qu . 4 , can . 3) ,

pare che nel quinto secolo dell'èra cristiana il principio della


non retroattività della legge penale fosse entrato nel dominio
della pubblica opinione . Poena criminis ex tempore legis est,
quae crimen inhibuit, nec ante legem ulla rei damnatio est, sed
ex lege. In termini più chiari e più efficaci non potrebbe cer-
tamente quel principio venire espresso .

Noi non troviamo però nelle costituzioni degli Imperatori


un passo che si possa paragonare a quello dianzi riferito , il
quale esprima e confermi in termini generali il principio della
non retroattività delle leggi penali . È un errore in cui caddero
la maggior parte degli scrittori , da Bartolo in poi , e che il
Seeger ha avvertito pel primo (pag . 47 ) , quello di considerare
come una enunciazione di detto principio la L. 1 pr .., D. De
poenis, desunta dal libro VIII, Disputationum di Ulpiano , e la
quale dice : quoties de delicto quaeritur, placuit non eam poenam
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 289

subire quem debere, quam conditio ejus admittit eo tempore, quo


sententia de eo fertur, sed eam, quam sustineret, si eo tempore

esset sententiam passus, quum deliquisset. In questa legge la


parola conditio non significa già il delitto commesso , o il me-
rito di essere punito, come pur dovrebbe, se essa legge fosse
l'enunciazione del principio della non retroattività della legge
penale . Quella parola significa piuttosto la condizione perso-
nale, o lo stato del delinquente, il quale stato può decidere
della scelta della pena da infliggersi , e conseguentemente la
legge vuol soltanto dire che al cambiamento di stato del delin-

quente non si deve aver riguardo nel punirlo , se accadde dopo


che il delitto è stato commesso (1 ) . In sostanza la legge in
discorso dice bensì che un cambiamento di stato personale , il

quale è un cambiamento di mero fatto , posteriore al delitto ,


non può retroagire fino all'epoca del delitto , ma non già che
qualunque altra mutazione di fatto , e molto meno che anche
una mutazione di diritto o di legge , sopraggiunta dopo la per-

petrazione del delitto , non possa avere effetto sul delinquente


al momento in cui gli si infligge la pena.
Poco probabile ci sembra l'opinione di Seeger che la nota
L. 7, C. De legib, et const. si riferisca anche al diritto penale .
Non già perchè la parola negotium non si possa applicare anche
al processo penale e al delitto , ma perchè il dare formam non
può esprimere l'effetto della legge penale , mentre esprime in-
vece benissimo quello della legge civile, che i cittadini seguono
nel commercio giuridico , dando uno speciale e corrispondente
aspetto ai negozi loro . Conforme alla nostra è pur l'opinione
dello Zachariae (pag. 30 , n. 48).

(1 ) Ciò è chiarito dal seguito della legge, e in particolare dal § 1º: proinde
si servus crimen commiserit, deinde libertatem consecutus dicetur, eam
poenam sustinere debet, quam sustineret si tunc sententiam passus fuis-
set, quum deliquisset.

GABBA Retr. leggi, II 19


290 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO V.

Continuazione.

Il Diritto Canonico.

Un notevole progresso fece il riconoscimento della non re-


troattività della legge penale mediante il Diritto Canonico.
Un rescritto di Gregorio III, del 593 (cap . I , X , De con-
stitut. , 1 , 2), dichiara in termini generali che le diminuzioni
di diritto , inflitte dalla legge , si possono applicare soltanto a
coloro i quali abbiano contravvenuto alla legge . Le pene sono
certamente in quel novero , e quindi ad esse pure si riferisce
il rescritto del Pontefice . Quoties novum quid statuit, ita solet

futuris formam imponere ut dispendiis praeterita non com-


mendet: ne detrimentum ante prohibitionem possint ignorantes
incurrere, quod eos post modum dignum est sustinere.
Più chiara, ed anzi , come dicemmo poco sopra , più efficace
di qualunque altra , è l'enunciazione della non retroattività della

legge penale fatta colle parole di S. Ambrogio nella caus. 32 ,


qu . 4, con. 3, e da noi riferite poco sopra (pag. 284).

CAPITOLO VI.

Continuazione .

I giureconsulti italiani dal secolo XIII al XV.

Risorta la giurisprudenza in Italia , i Glossatori pei primi , e


dopo di loro i molti commentatori italiani delle leggi romane
e canoniche contribuirono non poco a preparare quella com-

munis opinio intorno alla retroattività della legge penale, che


oggidi si trova sanzionata da quasi tutte le legislazioni posi-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 291

tive . Codesto merito dei giureconsulti italiani di quei tempi è


stato riconosciuto dal Seeger (pagg. 50, 58 e 68, nota 1 )
meglio che da altri, e con una imparzialità veramente rara,
specialmente in uno scrittore tedesco .
Il principio che la legge penale non possa applicarsi retro-
attivamente , che in particolare un'azione , non delittuosa quando
venne commessa, non possa diventar tale in virtù di una legge
posteriore , noi troviamo concordemente insegnato da tutti
quei giureconsulti , siano civilisti o canonisti . Il Seeger cita in
questo proposito i Glossatori delle Decretali, Enrico de Se-

gusio (Summa Decret. , tit . X, De constit . , n . 21 , ad v. in fu-


turis etiam arctati) e Innocenzo IV (al cap . 2 e cap . 2 d . tit. ) ,
e fra i Romanisti Giacomo da Belvisio ( ad Nov. 117 , cap . 1 )

e Bartolo (Comm. ad D. de I. et I. , 1 , 9, n. 49-51 ) . Quest'ul-


timo però limitava quel principio ai soli casi nei quali al mo-
mento della perpetrazione del reato fosse comminata una pena
ordinaria e condegna , e non una pena differente, maggiore o
minore del giusto per motivi particolari , nel qual caso invece
egli opinava che si dovesse applicare la legge penale vigente
al tempo della sentenza . Tale dottrina di Bartolo ci dice il

Seeger (pag. 57) essere stata predominante nel secolo XV, e


in conferma di ciò egli cita Giovanni Battista de Caccialupis
(Repet. ad omnes populi, n . 84), Tudiscus (ad cap . ult. X, De
convit. , n. 12), Antonio da Butrio (ib . , n . 1 , 19) , Giovanni da
Imola (ib. , n . 14 ) , Angelo Aretino e Augusto Riminese (Tract.
de malef. , rubr. dictum Sempronium, n . 5-7) .
Anche il principio che la legge penale più mite debba appli-
carsi ai reati anteriori fu per la prima volta compreso ed inse-
gnato da più di un giureconsulto italiano dell'epoca suddetta .
Il primo ad insegnarlo fu, secondo il Seeger (pag. 52) , Ric-
cardo Malumbrano (1 ) . Questo giureconsulto infatti decise in

(1 ) Veggasi ALBERICO DA ROSCIATE, Comm. sup. Cod. ad const. 7 de


legg ., n. 8 e 9 e SAVIGNY, St. del D. R. nel M. E. , Vol. VI, pag. 53, ed. ted.
292 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

tal senso la quistione insorta a Padova, come si dovesse pu-


nire una contravvenzione al divieto del commercio del sale

con Venezia , commessa mentre la pena comminata era di


100 lire, che erano poi state ridotte a sole 25 prima del giu-
dizio . Bartolo, e prima di lui Giacomo da Belvisio (1. c . ) , Cino
Pistoiese, Lect. sup. Cod. , L. 7 , De leg. ) , e Alberico da Rosciate

(ad eand. const., eod. tit. ) insegnarono pure che le mitigazioni


delle pene già inflitte giovino anche ai condannati alle pene
medesime prima che tali mitigazioni fossero state introdotte (1 ) .
Più tardi Bartolomeo da Saliceto (Comm. sup . Cod. ad const. 7,

De leg. , n. 2, 3) rimise in onore l'insegnamento del Malum-


brano, che era stato dimenticato.
Avverte però il Seeger (p . 57 ) che questa opinione non fu
la prevalente fra i giureconsulti italiani del secolo XV . Piut-

tosto prevalse in quest'epoca l'opinione che ogni reato si do-


vesse punire secondo la legge vigente al tempo in cui fosse
stato commesso , non avendo riguardo a legge posteriore, la
quale avesse accresciuto o diminuito la pena . In questo modo
il principio della non retroattività della legge penale veniva
inteso nel senso che non fosse maggiormente retroattiva la
legge penale più mite che la più severa.
Appunto in questi termini si esprime il Gandino nel Tra-
ctatus de maleficiis (tit . De poenis reorum, n. 17 ) . Quivi è detto
che , se una lesione corporale era punita colla multa di 100 lire
al momento in cui venne cagionata , questa pena deve essere
inflitta al reo , non avendo riguardo ad una legge posteriore
che l'abbia accresciuta o diminuita . Tenne pure questa opi-

nione Baldo (super Decret. , cap . ult. X, De constit . , n . 7 ) , il


quale ne addusse per ragione l'essere la pena di diritto posi-
tivo , e nella sua forma ed origine determinata dal luogo e dal

(1) Fingono il caso di una legge la quale ammetta la possibilità di riscat-


tarsi dal bando mediante pagamento di una somma di danaro, e questa legge
dicono applicabile ai già puniti di bando.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 293

tempo . Anche Ranieri di Forli (repet . de leg. omnes populi D.


de I. et I. , n. 63) ( 1 ) fu dello stesso avviso , e più tardi lo fu-
rono Angelo Aretino , e Augusto Riminese e gli altri nominati
insieme a questi poco sopra.

CAPITOLO VII.

Continuazione.

I giureconsulti moderni sino alla fine del secolo XVIII.

L'insegnamento dei giureconsulti italiani dal secolo XIII

al XV non andò perduto nei tempi successivi . Il grande prin-


cipio che le leggi penali non sono retroattive , del quale con-
vennero prima i Glossatori , poi Baldo e Bartolo e le loro scuole,

ottenne maggior diffusione per opera dei giureconsulti dei se-


coli XVI e XVII . Egli è bensì vero che il Connano (Comment.
jur. civ. , lib. 1 , c. 9 , §§ 9-10) ripetè la dottrina esposta da
Cicerone nella seconda Verrina, e cercò di appoggiarla anche
al diritto giustinianeo , ma la sua opinione, osserva opportuna-
mente il Seeger (p . 50 ) , non venne ripetuta dal Donello (Com-
ment. jur. civ. , 1 , 5 ) , nè dal Cujacio (Exposit. novell. ad nov. 12 ,
19 , 66 , 115. Neapol . 1758 , t . II, pagg . 1050 , 1068 , 1110 ,
1139 ) , e nulla valse contro l'opinione opposta di Mariano
Socino (jun. cons. , Vol . I , Venet . 1580 , cons . 21 , ser . 13 ) , del
cardinal Tosco (Conclus. jur. , concl . 264 , n . 35) , e del Fari-
naccio (fragm. crim . v. lex . , n . 39 ) , i quali continuarono le
tradizioni dei giureconsulti italiani dei secoli precedenti , e
colla fama che ottennero pari al valore, furono veramente , e

( 1 ) RANIERI però non ammetteva la retroattività di una legge penale,


la quale, in luogo della pena pecuniaria dell'omicidio, avesse accordato la
pena capitale (V. ALBERICO DA ROSCIATE, ad const. 7, De leg., n. 9, § tertia
quaestio).
294 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

l'ultimo in ispecie , ristauratori della scienza criminale in


Europa.
Il Seeger osserva (p . 60) che fu precisamente sull'autorità
dei giureconsulti italiani dianzi nominati , e specialmente del
Farinaccio, che il principio della non retroattività della legge
penale si introdusse nel secolo decimosesto in Germania. Il
Farinaccio trovasi poi citato in una decisione della facoltà giu-
ridica di Tubinga del 1659 ( 1 ) , e nella Dissertazione di Lynker
(Mühlpfort) (2) pubblicata la prima volta a Jena nel 1681 .

Lo stesso dicasi del principio che la legge nuova più mite


devesi retroattivamente applicare, o che fra due leggi penali
differenti, l'una vigente al tempo della perpetrazione del de-
litto , l'altra al tempo della sentenza, devesi applicare la più
mite. Questo principio , intorno al quale non furono concordi
i giureconsulti italiani dei secoli precedenti , ebbe nuova auto-
rità dal Socino , dal Tosco e dal Farinaccio, e per opera spe-

cialmente di quest'ultimo si fece larga strada e cominciò a


prevalere nelle scuole del suo tempo . Le parole del Farinaccio ,
nelle quali tale principio è espresso , meritano di essere ricor-
date, poichè non se ne potrebbero immaginare di più chiare
e precise.
Lex, constitutio, seu statutum novum, quando minuit poenam
statuti antiqui, tunc in imponendis poenis inspiciatur tempus
sententiae. Ideo talis poena novae legis, constitutionis seu sta-
tuti, imponetur etiam pro delictis praeteritis non punitis.
Tali insegnamenti , che in Italia furono sempre continuati ,
non potevano cadere in dimenticanza neppure in altri paesi ,
ma dovevano invece fruttificar dovunque sempre più nei secoli
successivi. Quanto alla Germania in particolare, il Seeger cita
(pag. 61 ) molti nomi di criminalisti tedeschi, i quali scrissero
nei secoli XVI e XVII , e propugnarono il principio della non

(1) Cons. Tubing, Vol. IV, cons. 54, n. 16, 17, ap. SEEGER .
(2) V. Vol. I, pag. 19.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 295

retroattività della legge penale, e dice essere già stato nel

primo di quei secoli talmente radicato quel principio nell'uso


del foro, che allorquando taluni legislatori vollero applicata
retroattivamente qualche legge penale, non mancarono di di-

chiararlo esplicitamente (1 ) . Anche la retroattività della legge


nuova più mite fu accettata generalmente in Germania , benchè
non così presto come il principio precedente . Nel secolo XVII
essa era entrata nell'uso forense di Sassonia (ib. , pag. 63) , e
fu propugnata dai due più valenti scrittori tedeschi , i quali al-
lora trattarono della retroattività della legge penale, cioè dal

Lorenz (ib. , pag. 63 , 65) nella sua operetta citata nella Bi-
bliografia generale della presente opera (vol . I , p . 19) , e dal
Quistorp nella quinta edizione (1794) dei suoi Principii di
diritto penale (§ 5) . Fu sotto l'impero di queste tradizioni
che nella Introduzione al Diritto Universale Prussiano venne
dichiarata la retroattività della nuova legge penale più mite

(§§ 18-20, v. sopra p . 270) , e dato un esempio che le legis-


lazioni del nostro secolo , specialmente germaniche, non pote-
vano che imitare, come infatti già vedemmo avere imitato .
Anche nelle altre scuole giuridiche d'Europa i principii in
discorso erano nel secolo XVIII generalmente accettati dagli
scrittori e dall'uso forense . Che anzi i medesimi diventarono

ben presto una mera applicazione di una dottrina più gene-


rale , che noi troviamo propugnata dal Voet (ad Pand. , 1. 3 ,
n. 17) e dal più gran numero dei giureconsulti francesi e olan-
desi del secolo scorso , e la quale vien riferita non meno al
diritto penale che al diritto civile . Alludiamo alla dottrina della
retroattività delle leggi favorevoli , e della non retroattività
delle leggi odiose, della quale abbiamo già additato (Vol . I ,
pag. 161 ) i pericoli ove la si applichi al diritto civile, ed ab-

( 1 ) Una disposizione retroattiva contenuta nel Capitoli elettorali di


Carlo VII del 1742 , diede appunto occasione allo scritto di REINHARDT,
citato nella bibliografia generale a pag. 20, Vol. I di quest'opera.
296 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

biamo anche osservato col Bergmann essere la medesima una


delle dottrine transitorie predominanti in Francia. Or si com-
prende di leggieri come in virtù della dottrina medesima non

dovessero tardare ad essere formulati i moderni principii circa


la penale retroattività, non appena in Francia od altrove ne
fosse data occasione dalla pubblicazione di un Codice speciale
intorno ai delitti ed alle pene. Ciò accadde appunto in Francia ,
come già notammo (v. sopra p . 270-271 ) , quando venne ema -
nato il Codice penale del 1810 , cui tenne dietro il decreto
del 23 luglio dello stesso anno .

Dai precedenti cenni storici risulta che i tre principii sui


quali oggidì riposa la dottrina della retroattività della legge
penale, sono di origine al tutto moderna , siccome quelli che ,
quasi del tutto ignorati dai Romani e da Giustiniano , comin-
ciarono ad essere insegnati dai Glossatori , e poscia , accolti dai
criminalisti italiani del secolo XV, si fecero strada e si radica-
rono a poco a poco nella giurisprudenza di tutti i paesi di
Europa (1 ).

(1 ) Soltanto nell'Inghilterra e nella Scozia i principii ricevuti da molto


tempo sul continente d'Europa non sono stati pienamente accettati. Nell'In-
ghilterra la responsabilità dei ministri in faccia al Parlamento o vien fatta
valere mediante un bill of attainder, che è un vero privilegio nel senso
romano, oppure mediante processo contraddittorio, dietro accusa (impea-
chement) della Camera dei Comuni, e mediante sentenza della Camera dei
Lordi come Corte di giustizia penale, la quale infligge una pena non com-
minata prima. Però ambedue questi procedimenti sono da molto tempo
fuori d'uso , e del rimanente è accettato anche in Inghilterra il principio
nullum crimen, nulla poena sine lege. Nella Scozia la Suprema Corte di
giustizia ( Supreme Criminal Court) ha il potere di punire con pena arbi-
traria (ma non capitale, nè di mutilazione ) qualunque azione punibile, non
contemplata dalle leggi penali ( v. HUME, Comment. on the law of Scotland,
respecting crimes, Edimb. 1819, Vol. I , pag. 12 ). Anche in Francia fu
violato il principio della non retroattivilà della legge penale da un Decreto
Imperiale del 1 ° maggio 1812, art. 8, 10, il quale venne dichiarato dalla
Corte di cassazione di Parigi, con sentenza del 21 maggio 1847, essere stato
posto fuori di vigore dalla Carta costituzionale del 1830 (v. BOITARD ,
Leçons sur les Codes pénal et d'instr. crim. all'art. 4 del C. P. ) . La stessa
opinione era anche stata sostenuta dagli avvocati Ledru-Rollin, Pailliet,
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 297

CAPITOLO VIII.

Delle leggi penali interpretative, e di quelle espressamente


retroattive.

Valgono in generale anche pel diritto penale le cose che


nella parte generale di quest'opera abbiamo detto (Vol . I , p . 25)
intorno alle leggi interpretative , ed a quelle espressamente re-
troattive. S'intende da sè che tanto la transazione quanto il

pagamento , non verificandosi nel campo del gius penale , non


possono considerarsi come limiti dell'azione retroattiva della
legge penale.

Quanto alle leggi interpretative in particolare, le quali in-


novino realmente qualche cosa nella legge interpretata , noi
crediamo che l'effetto retroattivo dipenda dalla natura della
innovazione. Se questa è un aggravamento della legge ante-

riore , non la si dovrà applicare retroattivamente , sia per le


ragioni da noi già addotte in generale per la non retroattività
delle interpretazioni innovatrici (v. Vol . I , pag. 28 ), sia per
la ragione speciale che le nuove leggi penali più severe non si
possono mai applicare retroattivamente . Ci fa meraviglia che
l'accuratissimo Seeger, sostenendo (p . 177 ) la tesi generale
dell'effetto retroattivo delle interpretazioni innovatrici , non
siasi accorto che nel caso suddetto quella tesi contraddice a
un principio fondamentale e inconcusso della penale retroatti-
vità . Che se l'innovazione contenuta nella legge interpretativa
è una mitigazione della legge precedente, in questo caso la si
applicherà retroattivamente , in omaggio al principio che la
nuova legge penale più mite ha effetto retroattivo.

Se una legge penale interpretativa , innovatrice o no, la


quale mitiga il disposto che si attribuiva alla legge penale an-
Coffinières, Rachet ed altri nel 1832, avendo il Governo, nel dichiarare lo
stato d'assedio in Parigi, considerato come vigente quel decreto imperiale
(vedi SEEGER, pag. 95, nota 1 ) .
298 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

teriore , viene emanata dopo che intorno ad un dato reato è


uscita e passata in giudicato la sentenza , quale efficacia la
medesima possa avere rispetto a questa sentenza , devesi giu-
dicare con principii analoghi a quelli che avremo occasione di
esporre più tardi circa l'effetto che hanno in generale le nuove
leggi penali sulle sentenze già passate in giudicato .
Leggi penali espressamente retroattive non sono ormai più
possibili presso alcun popolo civile, ed è quindi inutile sup-
porle teoricamente .

CAPITOLO IX.

Apprezzamento filosofico dell'odierna dottrina


circa la penale retroattività .

Abbiamo già veduto quanto siano concordi le legislazioni e


gli scrittori odierni , nel ritenere che la legge penale non può
essere retroattiva , e che fra le due leggi , antica e nuova, deb-

basi la più mite applicare ai reati commessi vigendo la legge


antica ; abbiamo anche veduto come tali principii siansi venuti
lentamente e profondamente radicando nella moderna giuris-
prudenza. Ora è necessario esaminare se quei principii siano
giusti, e in caso affermativo , quali migliori ragioni se ne pos-
sano addurre , attesochè quest'ultima disamina sia il solo mezzo
onde comprenderne il vero significato e i limiti pratici , e quindi
rettamente applicarli .
Tutti gli scrittori i quali hanno trattato con metodo scien-
tifico il problema della retroattività delle leggi penali, sono
risaliti ai principii fondamentali del diritto di punire , e dopo
avere esposto il proprio modo di pensare intorno a questo ar-
gomento, ne hanno desunto, a mo ' di corollario, la soluzione.

di quel problema. Questo metodo non ci sembra sufficiente ,


ma pur commendevole ed anzi indispensabile , nè ci par diffi-
cile il dimostrare l'una cosa e l'altra.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 299

Quando si cercano i principii fondamentali della dottrina


della retroattività penale, si ha principalmente la mira di ap-
prezzare convenientemente due canoni opposti, oggidì univer-
salmente ricevuti , quello cioè della non retroattività della legge
penale più severa, e quello della retroattività della legge pe-
nale più mite . Ora egli è manifestamente impossibile che una
sola e medesima premessa possa bastare a dar ragione del-
l'un canone e dell'altro , quando la premessa consista in una
dottrina intorno alle ragioni ed allo scopo della pena ; impe-

rocchè queste ragioni e questo scopo sono sempre gli stessi ,


qualunque sia il contenuto della legge penale , trattisi di una
legge più severa o di una legge più mite . Una premessa , qua-
lunque ella sia , può bastare soltanto a giustificare l'uno o
l'altro di quegli opposti principii, cosicchè ne rimanga sempre
uno a dimostrare da un altro punto di vista, e con considera-
zioni di altra natura.

Qualunque però sia quello dei due principii che dimostrar


si possa colla generale teoria intorno alle ragioni ed allo scopo
della pena, egli è pure fuori di dubbio che a siffatta dimostra-

zione non si può rinunciare. Imperocchè, mentre la quantità


dell'effetto che alla legge penale devesi attribuire , comprende
manifestamente in sè il limite di tempo dal quale devesi co-
minciare l'applicazione della pena, o fino al quale questa ap-
plicazione si può far risalire, la quantità medesima viene ad

essere implicita nella dottrina che si professa circa le ragioni


e lo scopo della pena . Questa dottrina conduce necessariamente

a quella conseguenza , e la seconda non può essere più salda-


mente stabilita che deducendola dalla prima.
Prima di esporre la nostra opinione intorno alle ragioni e
allo scopo della pena, e di applicarla alla dottrina della retro-

attività penale , stimiamo opportuno lo esporre e lo apprezzare


le cose dette su tal proposito dai migliori scrittori.
300 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO X.

Continuazione.

Esposizione ed esame di alcune dottrine.

Abegg (pag. 473 , 474) , Van de Poll (pag . 16 ) e Meynne


(pag. 29-32) affermano che tutte le teorie penali , le quali
rappresentano la pena come un mezzo coattivo applicato per
raggiungere uno scopo esteriore, conducono direttamente alla
retroattività della legge penale , quand'anche qualche parti-
giano di tali teorie ( 1 ) abbia voluto sostenere la tesi contraria .
Così per es . essi opinano che la teoria della intimidazione esige
necessariamente l'applicazione retroattiva di una pena nuova ,

la quale sia riconosciuta più idonea dell'antica a colpire gli

animi e a distorglierli dal delitto collo spavento . Anche la


teoria della coazione psicologica, propugnata dal celebre Fe-
uerbach, non può secondo quegli scrittori conciliarsi col prin-
cipio della non retroattività della legge penale. Imperocchè ,
dice l'Abegg , essendo dimostrato dall'esperienza che la legge
penale anteriore non avea l'efficacia supposta dal precedente
legislatore, egli è impossibile che ciò nondimeno si applichi
quella legge a chi la infrause per non averne provato un suf-
ficiente effetto coattivo . E il Meynne viene all'istessa conchiu-
sione, osservando che l'applicabilità di una legge nuova più
severa, è per se medesima una circostanza che aumenta la
pressione della minaccia sull'animo di chi sarebbe disposto a
delinquere. I medesimi scrittori sono poi anche d'avviso che
la teoria dell'emenda giustifica anzi che condannare la retro-
attività penale, attesochè la legge nuova e più severa devesi

(1 ) Abegg colla generalità dei criminalisti tedeschi distingne queste


teorie col nome di relative ; Meynne invece le chiama in generale teorie
utilitarie.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 301

riguardare come mezzo più energico e quindi migliore di otte-


nere la correzione del delinquente.

Il Meynne in particolare è poi altresì persuaso che le così


dette teorie penali assolute , e in particolare quella della espia-
zione, hanno per corollario inevitabile la retroattività della

legge penale. Imperocchè , dice il Meynne (pag . 27 ) , essendo


ogni modificazione della penalità una più esatta misura della
espiazione, deve necessariamente essere applicata anche a co-
loro i quali anteriormente alla nuova legge positiva hanno
violata la legge morale .

Se le critiche surriferite fossero tutte giuste, la conchiusione


sarebbe che tutte quante le teorie intorno ai fondamenti ed
allo scopo della pena conducono alla retroattività della legge

penale. Rimarrebbe , per conseguenza , inesplicabile coi principii


fondamentali della penale filosofia il canone universalmente
ricevuto che la legge penale più severa non si possa retroatti-
vamente applicare . Per questo canone bisognerebbe ricorrere
a considerazioni di altra natura. Noi però non possiamo sotto-
scrivere a tutti questi giudizi.

Noi non comprendiamo come la teoria della coazione psico-


logica abbia per corollario l'applicazione retroattiva della nuova
legge penale più severa . Secondo quella teoria invero fu già
più volte a buon diritto osservato che, ogniqualvolta un de-
litto è stato commesso , la pena viene applicata soltanto per
provare che la minaccia della pena non era una vana minaccia,
e quindi conservarne l'efficacia preventiva mediante coazione
sugli animi dei malvagi in avvenire. Or bene questo scopo può
benissimo venir raggiunto anche quando la legge penale vio-

lata sia stata abolita, ove la si applichi a chi la violò prima del-
l'abolizione . In questo modo i malvagi sanno che la pena non

può mancare ove l'autore del reato sia stato scoperto , e ciò
basta perchè si ottenga lo scopo preventivo delle leggi penali ,
le quali del resto sono sempre soggette a venire abolite o mu-
302 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

tate . Se la nuova legge penale è riconosciuta più idonea a pre-


venire il reato mediante la così detta coazione psicologica sui

malvagi, la sua efficacia non può dimostrarsi che nell'avvenire,


non certo per distogliere dai reati che già sono stati com-
messi ; ma perchè tale efficacia non manchi , ottimo e indispen-
sabile mezzo è il mostrare che lo scoperto autore di un reato
non isfugge all'azione della legge penale da lui violata, neppur
se questa venga abolita , e quantunque sia stata abolita.
Conveniamo invece coi citati scrittori in ciò che essi dicono

rispetto alla teoria della intimidazione, a quella della espia-


zione, e a quella della correzione, se pur quest'ultima può dirsi
teoria penale, lo che noi abbiamo negato in altra scrittura ( 1 ) .
Per conseguenza noi riteniamo che la retroattività della

legge penale più severa è un corollario della teoria della espia-


zione, e di quella della intimidazione, ma non lo è invece
della teoria della coazione psicologica , cosicchè ai fautori delle
prime rimane ad apprezzare con ragioni e considerazioni

estranee alla vera e propria filosofia penale il canone della


non retroattività della legge nuova più severa ; ai fautori del-
l'ultima invece rimane ad apprezzare in tal maniera il canone
della retroattività della legge nuova più mite .

Vien confermata questa conclusione dal fatto notato dal


Seeger (p . 72) che nella maggior parte delle legislazioni pe-

nali germaniche l'applicazione della legge nuova è la regola, e


il riguardo alla legge anteriore meno severa è una eccezione ,
mentre la legislazione penale francese e le altre che la pre-
sero per modello , e così pure la generalità degli scrittori fran-
cesi tengono opposto pensamento (2). Imperocchè la maggior

(1 ) Vedi la nostra opera : Il Pro e il Contro nella quistione della


pena di morte, Pisa, Nistri , 1867.
( 2) II SEEGER divide in tre gruppi le legislazioni penali alemanne, nelle
quali l'applicazione retroattiva della legge nuova è la regola : 1 ) quelle
che eccettuano da tale regola soltanto i reati, cui era comminata prima
una pena più mite ; come la Patente bavarese del 16 maggio 1813, la Pa-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 303

parte delle legislazioni germaniche fu appunto ispirata dall'uno


o dall'altro di quei due principii della intimidazione , e della

espiazione, e dal secondo più ancora che dal primo .


Altre teorie , oltre alle accennate , intorno ai fondamenti ed
allo scopo della pena non sono state esposte , epperò le varie

opinioni intorno alla quistione della retroattivit penale si pos-


à
sono ricondurre all'una o all'altra di quelle . Ora noi dobbiamo
appunto investigar gli argomenti di cui si sono valsi i più
e
riputati giureconsu che hanno trattato della retroattivit della
lti à
legge penale , ed hanno dato fondamento teorico alle loro
opinioni .
Abegg (pag. 486 ) pone a fondamento del diritto penale la
giustizia. La pena, egli dice , si riferisce alla colpa, e soltanto
per mezzo di questa, alla persona del colpevole . Ma la giustizia
e la pena, egli dice pure (p . 476 ) , sono racchiuse nel tempo

tente di promulgazione del Codice penale Sassone del 30 marzo 1838 , la


Patente d'introduzione del Codice penale annoverese dell'agosto 1840 ;
2 ) quelle che ammettono l'applicazione della legge anteriore in tutti i casi
nei quali è più favorevole al delinquente ; come le Patenti di promulga-
zione pel Vurtemberg del 1 ° marzo 1839, per Assia Darmstadt del 17 set-
tembre 1841 , per Francoforte del 16 settembre 1856, pel regno di Sassonia
del 13 agosto 1855 , per la Baviera del 1861 ; 3) quelle che ammettono
l'applicazione della legge anteriore per quei reati che sarebbero stati più
mitemente repressi, avuto riguardo non solo alla quantità della pena mi-
nacciata, ma anche a tutti gli altri elementi del giudizio penale ; come le
Patenti di promulgazione del 1850 per Weimar, Sondershausen, Rudolfstadt,
Gotha ed Anhalt. - - Osserva lo stesso scrittore che anche talune leggi
penali germaniche considerano l'applicazione della legge anteriore come
la regola ; per es. la Patente di promulgazione oldemburghese del 10 set-
tembre 1814, quella della Sassonia Altemburg del 3 maggio 1341 , quella
di Coburgo del 29 novembre 1850, la prussiana del 14 aprile 1851 , l'oldem-
burghese del 6 ottobre 1858. Così pure è di tale avviso la maggior parte
dei criminalisti tedeschi , dai quali fu trattata la quistione della retroat-
tività della legge penale ; perchè la dottrina di Feuerbach, cioè la dottrina.
politica della prevenzione o della coazione psicologica, è in sostanza quella
che nel nostro secolo ha predominato per molto tempo, e che in molte
scuole domina anche oggidì, non meno in Germania che in Francia ed in
Italia. Questo fatto venne pure avvertito da noi nella nostra operetta citata
sopra a pag. 298, nota 1 .
304 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

e nello spazio , hanno un carattere positivo e storico, e per


conseguenza quando una legge ha fissata la pena in relazione

alle circostanze dei tempi e ai costumi , devesi applicare


questa pena e non altra. In altri termini , la non retroattività

della legge penale è per Abegg una esigenza della giustizia , la


non retroattività della legge più severa in particolare non è
una eccezione, ma una applicazione della regola . Ma anche la
retroattività della legge più mite non è per Abegg (p . 481-482 )

una eccezione, bensi una esigenza della giustizia. Imperocchè


non si può , egli dice, continuare ad applicare una legge rico-
nosciuta come troppo severa e quindi ingiusta , quando siasi
dato per base al diritto penale la giustizia , e nient'altro che
questa. Egli riflette che anche prima che una legge troppo se-
vera venga abolita, si fa grazia frequentemente a coloro che
l'hanno violata , cosicchè l'ammettere la retroattività della
legge nuova più mite sia nel fatto il più delle volte una sod-
disfazione della giustizia , voluta dalla pubblica opinione.
Non è sostanzialmente diverso dal ragionamento di Abegg

quello di Van de Poll , il quale pure (pag. 16) sostiene non po-
tersi applicare retroattivamente una nuova legge penale più
severa, per il motivo che ne fu comminata una più mite , e

sostiene (pp . 20 , 21 , 25 ) doversi la legge più mite retroatti-


vamente applicare , per non offendere la giustizia che ha con-
dannato l'anterior legge più severa.
Nel riferito ragionamento noi crediamo scorgere più di una

inesattezza. Primieramente , dato che la giustizia sia il fonda-


mento del Diritto Penale , e che la giustizia si manifesti nel
nel tempo e nello spazio , o in altri termini sia contingente e
progressiva, non ci pare venirne la conseguenza che dunque
una nuova legge penale, che oggi sembra giusta, come ieri
sembrava tale la legge abolita , non si possa senza ingiustizia
applicare a chi ha violato la legge di ieri . Imperocchè anche
l'individuo progredisce colla società, ed è quindi tenuto ad
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 305

accettare le convinzioni che ha la società d'oggi , come e perchè


egli accettava quelle che la società avea ieri . Che anzi , come
ha ben dimostrato il Lassalle, non altro è il fondamento della
retroattività d'ogni legge nuova, dovunque non sia violato un
diritto quesito, fuorchè l'inseparabilità dell'individuo dalla so-
cietà nel giudicare dei modi con cui si regolano le umane rela-
zioni. L'Abegg e il Van de Poll avrebbero dovuto piuttosto
dimostrare che la legge penale vigente ieri ed abolita oggi ,
abbia fatto sorgere in chi ieri fu autore di un reato , un vero

diritto quesito di non essere giudicato con altra legge , e non


accontentarsi di invocare la contingenza della giustizia , la
quale contingenza , lungi dall'implicare che la legge o la giu-
stizia di ieri possa sopravvivere alla legge e alla giustizia d'oggi ,
implica invece che la sola legge o giustizia d'oggi siano meri-
tevoli di questo nome. Un'altra inesattezza ci pare aver com-
messo l'Abegg, adducendo le ragioni della giustizia per appro-
vare la retroattività della nuova legge penale più mite , dopo

avere affermato che la giustizia è contingente , e che ogni


tempo deve essere governato da quei precetti che in esso pa-
iono giusti. Imperocchè a noi pure sembra, come già ebbe ad
osservare su questo proposito lo stesso Van de Poll (pag. 27),
che, tale essendo la natura della giustizia, non sia più facile il
giustificare la retroattività della legge nuova più mite , che il
giustificar quella della legge nuova più severa . In conchiusione ,
noi crediamo non essere riuscito all'Abegg nè al Van de Poll
il dimostrare che da una teoria penale, basata sull'idea della
giustizia, non discenda il canone della retroattività della legge
penale, come tanti altri scrittori hanno pensato .
Dopo la dottrina esaminata dianzi, noi non ne troviamo
altra il cui aspetto sia tanto scientifico come quella del Seeger.
Il Seeger si diparte (pag . 82) dalla premessa che il magi-
stero penale dello Stato deve essere informato da due principii :
la giustizia e la legalità, essendo giusto ciò che si conforma ai
GABRA Retr. leggi, II 20
306 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

dettami giuridici razionali, legale ciò che ha il suo fondamento


nell'ordine giuridico stabilito . Da ciò egli inferisce (pag. 85 )
che nello stabilire le regole relative alla retroattività della
legge penale bisogna accuratamente distinguere l'ufficio del

legislatore da quello del giudice . Rispetto al legislatore , egli


osserva (pag. 83 ) che il bisogno della legalità circoscrive nella

pratica applicazione quello della giustizia , e che il legislatore


può seguire le esigenze della giustizia penale soltanto a con-
dizione di non applicare mai una data legge penale ad un fatto
colpito da un'altra legge anteriore meno severa. Di qui egli-
deduce facilmente (pag. 84 ) che la legge nuova debbasi ap-
plicare ai reati anteriori soltanto ove non sia più severa
della legge anteriore ; che se le due leggi siano di differente
severità , debbasi applicare la legge più mite , sia questa l'an-
teriore o la nuova. Egli conferma questa proposizione coll'os-
servare (pag. 82 , 86 , 92) che, se non fosse l'ostacolo del

principio della legalità , ogni nuova legge penale dovrebbesi


applicare a tutti quanti i casi penali che ancora rimanessero
a decidere, surti prima o dopo l'attuazione della legge nuova ,
e tanto rispetto agli uni quanto rispetto agli altri l'applicazione
di questa legge cadrebbe sempre nel futuro , essendo l'esecu-
zione della pena il vero effetto di questa (pag . 94) . Le nuove
leggi penali, egli osserva, sono suggerite dalla persuasione del
legislatore che o l'entità morale del reato non era stata bene
apprezzata dalla legge anteriore , oppure che gli effetti giuridici
della pena verranno meglio raggiunti colla pena comminata
.
dalla legge nuova, che non con quella comminata dalla legge
antica ; nell'un caso e nell'altro la giustizia , cioè il giusto scopo
della pena, vorrebbe che la legge nuova venisse immediata-
mente applicata a tutti quanti i reati che non fossero ancora
stati seguiti da punizione . - Rispetto al giudice , il Seeger an-
zitutto afferma (p . 113 ) che egli deve prima di ogni altra cosa ,
rintracciare nella legge nuova i limiti che il legislatore abbia
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 307

inteso assegnare all'applicazione di essa . Per regola generale


però il giudice deve , secondo il Seeger, applicare la legge vi-
gente quando si avverò il caso sottoposto alla sua decisione, e
quindi nelle materie penali la legge anteriore, se il reato fu
commesso sotto l'impero di questa (pag. 114) . Ma da tal re-
gola deduce poi , il Seeger conseguenze identiche ai canoni
esposti prima rispetto al legislatore . Imperocchè egli sog-
giunge (pag. 114) che il giudice può applicare la legge nuova
invece dell'antica , ove ci siano ragioni sufficienti di così ope-

rare, e queste ragioni sono quei medesimi riguardi dai quali


deve essere guidato il legislatore, cioè la giustizia non scom-

pagnata dalla legalità . In conclusione pare a noi di poter


dire che per il Seeger la legalità è la sola causa della non
retroattività della legge penale ; che alla legalità si oppone la

giustizia, la quale nel caso di legge nuova più mite esige in-
vece la retroattività , e che la giustizia viene interpretata diret-
tamente dal legislatore, e soltanto indirettamente dal giudice,
in quanto questi interpreta direttamente l'intenzione del legis-
latore . — Completa poi il Seeger (pag. 94-99) la sua dottrina

col dare la debita importanza alle ragioni estrinseche , asse-

gnate comunemente alla non retroattività della legge penale ,


e che egli dice provenire dalle idee moderne intorno al diritto ,
quali sono l'intangibilità della personalità umana dall'arbitrio
dello Stato , e la sicurezza della libertà civile , alle quali ragioni

egli aggiunge anche il riflesso che, siccome la pena dovrebbe


tener dietro immediatamente al delitto, e il contrario suole
accadere soltanto per l'imperfezione delle umane istituzioni ,
così non è giusto che questo ritardo si converta in maggior
danno del delinquente, se durante il medesimo venne emanata
una legge nuova più severa.
Riflettendo su questa dottrina di Seeger, ci pare che con

una più profonda analisi le si possa dare un aspetto più sem-


plice e più chiaro . Quella distinzione dell'ufficio del legislatore
308 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

da quello del giudice non ci pare opportuna mentre si tratta


di stabilire principii teorici intorno all'effetto retroattivo della
legge penale. Ci pare evidente che, nel difetto di canoni posi-
tivi su tale argomento , la situazione del legislatore che li cerca,
sia identica a quella del giudice che deve supplire al silenzio
del legislatore . E infatti l'autore finisce col dichiarare che il
giudice viene in quella materia allo stesso risultato , cui viene
il legislatore, quantunque l'uno e l'altro si dipartano , a suo
avviso , da un punto di vista differente . Del resto l'asserzione

che il giudice debba di regola applicare la legge che è stata


violata , non ci sembra d'importanza decisiva , essendo ugual-
mente certo che il giudice deve applicare la legge vigente, e ,
trattandosi appunto di determinare se questa o quella legge
debba essere di preferenza applicata, la qual quistione è la
stessa pel legislatore e pel giudice . Neppur ci sembra abba-
stanza chiaro il concetto del Seeger intorno alla legalità, da
lui contrapposta alla giustizia. Che la legalità consista nell'ap-
plicazione della legge esistente , è cosa evidente, ma che, tro-
vandosi in presenza l'una dell'altra due leggi , l'una del tempo
in cui il reato fu commesso, l'altra vigente al tempo del giu-
dizio , la legalità consista nell'applicare di preferenza la prima
legge, non è cosa evidente, e che il Seeger non dimostra . Se-
condo il comune intendimento, la legalità è intesa in quel
secondo modo precisamente per quelle ragioni di rispetto alla
libertà e alla personalità umana, d'ordine e di sicurezza, che
il Seeger ha bensi ricordate , ma dichiarandole estranee all'es-
senza della sua dottrina . In conclusione , ci pare che questa
dottrina, schiarita e semplificata , si risolva nel ritenere , che ,
secondo le esigenze della giustizia , ogni legge penale debba
essere retroattiva, e che a questo principio si faccia eccezione,
per ragioni di sociale convenienza, rispetto alle leggi nuove
più severe delle precedenti abolite .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 309

CAPITOLO XI.

Continuazione.

Gli altri scrittori che hanno trattato dell'effetto retroattivo

della legge penale , sia in pubblicazioni speciali , sia in opere


più estese, o non hanno approfondite le ragioni filosofiche
delle loro opinioni , oppure si sono accontentati di quelle ra-
gioni che rifulgono al senso comune, od anche hanno rinun-
ciato a giustificare le opinioni loro , confidando nell' evidenza
delle medesime . Noi ci limiteremo a passare in rivista gli scrit-
tori principali .
Il Weber, toccando di volo l'attuale argomento nel suo breve
trattato intorno alla retroattività in generale (pag. 125-128),
dice essere evidente che nessuno possa venir colpito da una
pena che non era comminata, o non tanto grave , al momento
del suo agire . Che se viene emanata una nuova legge penale
più mite, questa si applicherà anche ai reati anteriori , perchè,
dic'egli , l'accusato potrebbe lagnarsi a buon diritto se si ve-
desse applicare una pena che il legislatore riconobbe per in-
giusta , o per troppo grave .
Lo Zachariae (pagina 12) deduce la non retroattività della
legge penale più severa dalla necessità di tutelare il cittadino
contro l'arbitrio del legislatore, non permettendo che questi si
arroghi verso di quello maggiori diritti che non gli accordava
la legge che è stata sinora in vigore. Non investiga poi lo Za-
chariae se, indipendentemente dalla possibilità dell'accennato
abuso , lo Stato avrebbe o no per sua natura il diritto di esi-
gere una pena più grave, ma più conforme a giustizia , dall'au-
tore di un reato commesso vigendo una legge penale più mite ,
e neppure indaga se la retroattività della legge penale più mite ,
già implicita nell'anzidetto principio , sia o no la conseguenza,
e la sola conseguenza rimasta possibile, del più generale prin-
310 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

cipio che la legge penale sia di regola retroattiva , siccome pur


logicamente sembrerebbe . Aggiunge (p . 34-36) per confermare
il canone della retroattività della nuova legge penale più mite ,

che i mezzi col quale lo Stato conserva il proprio essere deb-


bono avere il carattere di necessari , e non di superiori alla
vera necessità, e che i reati non si possono punire se non in ra-

gione del pericolo che essi cagionano alla società nel momento
della punizione . E qui non investiga se queste ragioni , appli-
cate alla nuova legge penale più severa , non potrebbero per

avventura venir ritorte contro il principio della non retroatti-


vità della medesima.

Il Blondeau (n . 9) dimostra la non retroattività della legge


penale più severa col riflesso che la legge nuova non ha pro-
nunciato pena più grave se non per prevenire più sicuramente
il delitto , il quale effetto non può essere raggiunto se non ri-
spetto ai delitti futuri ; e dimostra la retroattività della legge
più mite col riflesso che, trovata sufficiente una pena più mite ,
non vi ha più nessun vantaggio da conseguire applicando la
pena maggiore ordinata dalla legge anteriore . Egli poi non in-
vestiga se per avventura lo scopo della prevenzione , che non
basta a giustificare la retroattività della nuova legge più severa ,
non esiga per converso la non retroattività della nuova legge
più mite, e se col contrario principio non si perda per avven-
tura il vantaggio di rendere più sicura la prevenzione e di to-
gliere ai malvagi la speranza di potere in nessun modo sfug-
gire alla pena minacciata dalla legge .

Il Van De Poll (pag . 16 ) dimostra la non retroattività della


legge penale più severa , e la retroattività della legge penale
più mite, dipartendosi dal concetto del diritto della società alla
pena. Questo diritto , egli dice , sorge dalla comminazione della

pena ; non può quindi la nuova legge penale più severa essere
applicata a coloro cui non fu comminata. Ma la nuova legge
penale più mite deve essere applicata retroattivamente , perchè
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 311

(p. 19) s'intende che la società abbia implicitamente rinunziato


al diritto che le verrebbe dalla legge anteriore abolita . Non ha
però riflettuto questo scrittore che la seconda sua proposizione
è gratuita finchè non venga dimostrata, e che le ragioni colle

quali si dovrebbe dimostrarla sarebbero le vere e proprie ragioni


della retroattività della nuova legge penale più mite . E quanto
alla prima proposizione non ha preveduto il Van De Poll le fa-

cili obbiezioni che si possono fare a quel suo concetto del di-
ritto dello Stato alla pena . Imperocchè lo Stato non ha soltanto
diritto , ma anche dovere di punire , e questo dovere è il primo
fondamento di quel diritto ; quali poi siano le ragioni per le
quali quel diritto dello Stato , che di sua natura , come ben dice
lo Zachariae (p . 8 ) , è tutto a danno del delinquente , debba es-
sere limitato a ciò che sia già stato comminato dalla legge, il
Van De Poll non dice , e non si avvede che queste dovrebbero
essere le vere ragioni di quella non retroattività .

Il Berner (p . 50-51 ) non dà altra ragione della non retro-


attività della nuova legge penale più severa , fuorchè i pericoli
che altrimenti correrebbe la libertà del cittadino di fronte allo

Stato ; dimostra la retroattività della nuova legge penale più


mite col riflesso che non potrebbe lo Stato applicare la legge an-
teriore più severa, senza contraddire alla sua persuasione circa
l'inammissibilità di quella legge . Ma il Berner dice altresi (ib. )
che formalmente la retroattività della nuova legge penale più
mite non sarebbe giustificata , e dovrebbesi invece applicare la
legge anteriore più severa. Non spiega poi in che senso egli
intenda la espressione formalmente, e perchè vi connetta quella
sentenza . Può darsi che in altri termini quella proposizione di
Berner si risolva nel dire che sarebbe più conforme ai principii
generali il negare la retroattività della nuova legge penale più
mite, e che sia appunto regola quella già additata come tale
dal Seeger, di applicare in ogni caso quella legge penale che
è stata violata col delitto . Ma in questa supposizione anche il
312 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

principio della non retroattività della nuova legge penale più


severa avrebbe potuto essere dimostrato con un'altra ragione
oltre quella addotta dal Berner. In ogni caso la mentovata ri-
serva che questo scrittore ha fatta, accenna ad un ordine di
considerazioni, mancando le quali , la sua argomentazione ri-
mane sconnessa ed incompleta.
Meynne si diparte dalla giusta premessa che ogni nuova legge
penale sia da reputarsi migliore della precedente . Questa pre-
messa condurrebbe evidentemente di per sè sola alla retroatti-
vità di tutte quante le nuove leggi penali , e il Meynne non esita
a dar questo fondamento alla retroattività della legge penale
più mite (pag. 40 ) . Ma rispetto alle nuove leggi penali più
severe egli oppone alla detta premessa l'altra (pag . 38) che,
per essere necessaria , la pena deve essere conosciuta al mo-
mento del fatto . A nostro avviso l'autore avrebbe dovuto riflet-
tere che, dimostrata una volta insufficiente la sua premessa ad
escludere la non retroattività della nuova legge penale più se-

vera, rimane scossa la fiducia nella premessa medesima in quanto


serve di principale fondamento alla retroattività della nuova
legge penale più mite . Egli è vero che il Meynne soggiunge
essere un'altra ragione di tale retroattività la cessata neces-
sità della pena comminata dalla legge precedente, ma perchè
questo argomento avesse molta efficacia bisognerebbe che egli
dimostrasse non potersi collo stesso argomento giustificare la
retroattività della nuova legge penale più severa . Imperocchè

tanto prova la nuova legge più mite non essere più neces-
saria la maggior pena inflitta dalla legge antica , quanto la
nuova legge penale più severa prova la sopraggiunta neces-
sità di aggravare la minor pena che la legge antica comminava .

Il Merlin (1. c . , voce Lois , § 9 , n . 5 , § 10 , n . 2 ; voce Peine,


n. 9 ) ritiene come regola generale che si debba applicare la
legge vigente al tempo in cui il reato fu commesso , e di questa
regola dà per ragione l'utile dei delinquenti, i quali vengono
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 313

ad essere così preservati dall'applicazione di una nuova legge


penale più severa. La retroattività poi della nuova legge penale
più mite egli dimostra col riflettere che altrimenti il principio
della non retroattività della legge penale, introdotto a favore
degli accusati , si convertirebbe in loro danno , e che una legge
penale è ingiustamente retroattiva allora soltanto che essa vuol

influire sul passato a danno di coloro che sono oggetto delle


sue disposizioni . Questa dottrina ci pare la meno scientifica di
quante abbiamo sin qui riferite . L'autore invero non ricerca le
ragioni per le quali il vantaggio del delinquente debba avere
tutta quella pratica importanza che egli vi attribuisce ; non ri-
cerca se un cosiffatto riguardo, del tutto pratico , limiti per av-
ventura qualche altro principio più generale, il quale avrebbe
potuto essere posto a base e punto di partenza della sua dottrina.
Neppure il Dalloz fornisce una dimostrazione scientifica dei

due principii di cui andiamo discorrendo . La non retroattività


della nuova legge penale più severa egli deduce (n . 365 ) dal
rispetto della libertà, e la retroattività della nuova legge penale
più mite giustifica colle parole del Blondeau , la cui dottrina
abbiamo esposta poco sopra .

CAPITOLO XII .

Nostra Dottrina.

L'esame delle varie dottrine esposte intorno alla penale re-


troattività, e ai tre principii fondamentali che in questa materia
sono oggidi universalmente professati dalla pubblica opinione
e dalle legislazioni , fu una riprova convincente di una nostra

precedente affermazione , del non potersi cioè con quella qua-


lunque teoria che si professi intorno alla pena in generale ,
render ragione si della non retroattività della nuova legge pe-
314 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

nale più severa, che della retroattività della nuova legge penale
più mite. Che però nello studiare questa materia si debba risa-
lire ai più generali principii della filosofia penale, e dipartirsi
da questi , noi abbiamo pure avvertito, per il motivo che , do-
vendosi in ogni ricerca rivolgere il pensiero al più lontano punto
di partenza cui la medesima si possa ricondurre, in questa della
penale retroattività quel più lontano punto non può essere altro
che la natura e l'intento medesimo della pena.
Non crediamo necessario di esporre largamente in questa
occasione il nostro modo di vedere intorno ai fondamenti ed
allo scopo della pena , avendolo già fatto in altra pubblica-

zione (1 ) , alla quale ci permettiamo di rinviare nuovamente


il nostro lettore , e della quale ci limitiamo qui a riepilogare
brevemente le più essenziali conchiusioni , che fanno al caso
presente .
Per noi la filosofia penale non può essere ristaurata og-
gidi , fuorchè dandole per fondamento la conciliazione della
teoria morale della pena colla teoria politica, fra le quali ci
sembrano finora dividersi la maggior parte degli scrittori . Primo
a comprendere questo bisogno fu il Rossi , il cui esempio venne
seguito da una intiera scuola di criminalisti , come il De Broglie
Hélie, Haus , Trébutien , Bekker (Theor. d . heut. deuts. Strafr.),
Bertauld ; ma noi ci permettiamo di credere che il bisogno
non sia stato ancor pienamente soddisfatto . Per noi quella con-
ciliazione non può essere ottenuta , se non coll'intendere e col
dimostrare che quelle due teorie si completano e si fondono
insieme, e prima di tutto coll'intendere e col dimostrare che
il concetto dell'ordine morale di relazione è tutt'uno con quello
dell'ordine civile o sociale. La pena è rivendicazione e rista-
bilimento dell'ordine morale , e non ha altra misura fuorchè
la stessa entità morale del delitto , in se medesimo considerato.

(1 ) Il Pro ed il Contro nella quistione della pena di morte, Pisa,


Nistri, 1867.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 315

e in relazione al suo autore ; ma in pari tempo, e nella stessa


misura essa è difesa dell'ordine sociale , prevenzione del delitto ,
e intimidazione dei malvagi, perchè l'ordine morale di rela-
zione non ha altro scopo fuorchè il bene e la sicurezza della
società, e la morale necessità della espiazione penale non ha
senso nè ragione fuorchè come mezzo di sanzionare le leggi
morali della convivenza, che sono le stesse esigenze dell'ordine
e della legge civile . Le esigenze dell'ordine morale e dell'ordine
civile sono in pari tempo sentite , e propriamente nella loro
identità, da ogni uomo appena educato ; epperò la pena fu pure
sempre sentita come una soddisfazione resa alla coscienza mo-
rale del popolo .
Codesta dottrina ci sembra mettere d'accordo la teoria colla

pratica in materia di pene, attesochè da una parte i legislatori e


i giudici errerebbero nel vuoto , se nel commisurare le pene
non seguissero il criterio dell'entità morale del delitto , dall'altra

il popolo non ha mai compresa nè trovata giusta una pena,


fuorchè intendendola come una giusta espiazione del delitto .
Ben si può dire che non sono mancati mai propugnatori della
sovranità delle idee morali nella penale filosofia, e gli stessi

cultori della dottrina della penale retroattività hanno certamente


questo merito ; fra gli altri , l'Abegg, lo Zachariae, il Meynne
(v. special, p . 34-35) e il Seeger . Quest'ultimo anzi ci sembra

professare opinioni molto affini a quelle da noi consegnate


nel citato nostro scritto (1 ) .
Dalla esposta dottrina penale , facile e chiara è l'illazione
circa la quistione della penale retroattività . Se la pena è anzi-

( 1 ) Egli dice, per es. (p . 86), che rispetto ai crimini propriamente detti,
il legislatore considera l'intrinseca malvagità dell'azione, sia in se stessa,
sia in relazione a circostanze passeggiere e contingenti, ma poi soggiunge
che queste ultime hanno così poca importanza in confronto dell'intrinseca
malvagità nella maggior parte dei casi, che in sostanza una e sempre la
stessa è la quantità del reato, la quale soltanto viene in differenti maniere
apprezzata dall'antica e dalla nuova legge.
316 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

tutto e sostanzialmente una esigenza dell'ordine morale , e trova


anzitutto la sua misura nella quantità morale del delitto , ne
consegue che ogni legge penale deve essere applicata a tutti

coloro i quali si trovano aver commesso un delitto da essa


contemplato , e che sia veramente tale di fronte ai principii
morali ed al sentimento morale della nazione . Sia pure la nuova
legge penale più severa della precedente, sia anche un dato
delitto contemplato per la prima volta dalla legge ; siccome
l'anteriore mitezza , o l'anteriore silenzio del legislatore non
era conforme a giustizia, in quanto la giustizia dalla morale
non si separa, non può essere neppur giusto che se ne tenga
conto dopo che l'ingiustizia è stata conosciuta ; e siccome il
sentimento morale del popolo dovette pur essere offeso da
quella indulgenza o da quel silenzio , così nessuno si può la-
gnare che la legge nuova venga retroattivamente applicata,
quasi gli si faccia con ciò sorpresa inaspettata e spiacevole. Nè
vale rispetto al secondo caso l'obbiezione che, se già ci fosse
stata la legge che ora viene emanata per la prima volta, qualche
delinquente sarebbesi astenuto dal reato ; imperocchè l'aspetta-
zione del male come effetto del delitto è talmente imposta dalla
morale , e naturalmente radicata in ognuno , che nella poco
verisimile ipotesi della totale mancanza di pena per un reato

moralmente grave, ognuno saprebbe di dover temere dalla


società stessa quella meritata retribuzione che lo Stato non gli
avrebbe minacciata. Retroattività della legge penale , sia che

questa contempli un reato finora impunito , o sia che soltanto


aggravi la pena statuita da una legge precedente ; retroattività
della nuova legge penale più mite : queste sono per noi altret-
tante conseguenze, e tutte ugualmente sicure, dei principii che
professiamo circa le ragioni e lo scopo della pena .
In altri termini , la retroattività della nuova legge penale più
mite è il solo degli odierni canoni relativi alla penale retroat-
tività, che sembri a noi discendere dai principii fondamentali
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 317

della filosofia penale. Gli altri non ci sembrano potersi dimo-

strare che con ragioni estranee alla penale filosofia , e contrad-


dicendo ai dettami di questa .

Prima di procedere oltre , ci piace l'osservare come le sue-


sposte proposizioni ricevano non piccola conferma dalla testi-
monianza della storia. Non per altro motivo invero noi com-
prendiamo che il principio della non retroattività della legge
penale, non sia stato così nettamente formulato dai Romani,
e dallo stesso imperatore Giustiniano , come lo è dai moderni ,
se non perchè il contrario principio sia il più conforme a
quella dottrina morale della pena , o dottrina della espiazione ,
che appunto la storia del diritto penale ci attesta essere stata
più vivamente sentito , e avere esercitato impero esclusivo e
perfino esagerato nelle prime società . Ci voleva necessaria-

mente molto tempo affinchè i più comprendessero le gravi ra-


gioni di politica prudenza , sulle quali in parte si fonda la
moderna teoria della penale retroattività.

Riprendendo ora il filo dianzi interrotto , dobbiamo osser-


vare che non rade volte i principii di rigorosa giustizia pati-
scono nell'ordinamento dell'umana società limitazioni, sugge-

rite dalla vista di pratici inconvenienti abbastanza gravi, che


dalla applicazione di quei principii conseguirebbero . Siffatte
limitazioni hanno persin dato origine a quel dettato comune ,
che nel governo della società non vi hanno principii assoluti.
Vi ha però a nostro credere una condizione , senza della quale
chi ammetta in generale potersi eccezionalmente sospendere i
principii fondamentali dell'ordine sociale , corre talvolta peri-
colo di scuotere la fede nei principii medesimi . Deve la eccezione
colpire non la totale e immediata applicazione del principio ,
ma soltanto qualche più o meno lontana sua conseguenza .
Imperocchè le conseguenze di questo genere , riferendosi a
qualche fatto che nella enunciazione generale del principio
.
non è contenuto , ma ne suole accompagnare l'applicazione,
318 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

danno ragionevole occasione di contemperare il principio con


riguardi di altra natura, i quali, lungi dal lederlo , servono a
completarlo .
Queste considerazioni convengono perfettamente al principio
della retroattività di tutte quante le nuove leggi penali , che
noi deducemmo dianzi della ragione e dallo scopo della pena.

Vi hanno invero altre ragioni , estranee alla penale filosofia , cioè


del tutto pratiche, ma sufficienti, per esigere in taluni casi la
non retroattività della nuova legge penale .
Su questo proposito noi non possiamo esitare un istante a
far nostro ciò che da tanto tempo e con tanta uniformità è
stato sentito e insegnato dai popoli e dagli scrittori . Sarebbe
un gravissimo abuso del principio della retroattività della
legge penale, il creare delitti nuovi , o l'accrescere la severità
delle pene al solo scopo di vendicarsi e di sfogare odii e pas-

sioni di partito . Eppure la natura umana e l'esperienza delle


cose pubbliche persuadono pur troppo della possibilità di sif-
fatti abusi, e della necessità di prevenirli con opportuni prov-

vedimenti , che sono preziose e indispensabili guarentigie

della libertà , dell'onore , della vita, in una parola dei diritti


naturali dell'individuo di fronte allo Stato . Tutte le franchigie
costituzionali sono limitazioni e restrizioni di principii teorici ,
e ciò nondimeno , e ad onta del tempo che ci volle perchè le
civili nazioni le conquistassero , sono fra le cose più sante della
società moderna ; la non retroattività della legge penale più se-

vera, oppure concernente un reato finora impunito , merita cer-


tamente di essere annoverata fra quelle franchigie . Ottimamente
fecero quei legislatori e popoli i quali iscrissero il grande prin-
cipio della non retroattività della legge penale nei così detti
Statuti fondamentali o Carte costituzionali ; il loro esempio do-
vrebbe essere imitato da tutti gli altri (1 ) .
In conchiusione , dei tre canoni tante volte mentovati , sui

(1 ) V. Vol. I, pag. 51 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 319

quali riposa generalmente ai di nostri la dottrina della penale.


retroattività, soltanto quello della retroattività della legge più
mite è per noi basato sui principii fondamentali della penale.
filosofia ; gli altri due : che un delitto nuovamente contem-
plato dal legislatore non possa imputarsi a chi agi prima di
questa legge, che una nuova legge penale più severa non
si possa applicare a chi commise un delitto sotto l'impero di

una anteriore legge penale più mite, sono per noi principii
indimostrabili con quei principii , e soltanto dimostrabili con
pratici riguardi ai pericoli ed alle necessarie guarentigie della
civile libertà, ma in questo modo pienamente e incrollabil-
mente giustificati .
Che se i canoni in discorso non hanno tutti filosofica neces-
sità, nè sono filosoficamente connessi fra di loro , noi crediamo

tuttavia che si possano praticamente riunire nella formula se-


guente :
Se vi ha differenza fra la legge penale anteriore e la nuova ,
un'azione commessa prima della attuazione della legge nuova ,
ma sottoposta a giudizio posteriormente , deve essere giudicata
con quella fra le due leggi penali che nel confronto apparisce
*più mite.
Questa formula racchiude veramente i tre principii solita-
mente annoverati nella dottrina della penale retroattività . La
differenza invero fra le due leggi può tanto consistere nel-
l'ignorar l'una di esse, mentre l'altra contempla, l'azione di
cui si tratta, e maggior mitezza può dirsi non solo di quella
legge che commina una pena minore , ma eziandio di quella
che non ne commina nessuna.
320 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO XIII .

Delle leggi criminali propriamente dette


e delle leggi di polizia.

Nelle precedenti nostre considerazioni noi abbiamo sempre


ragionato della legge penale in generale, senza distinguere le
leggi concernenti i crimini propriamente detti , e quelle con-
cernenti i minori reati , cioè i delitti e le contravvenzioni . Noi
riteniamo però non poter essere dubbio che le ragioni per cui
delle due leggi, antica e nuova , si deve applicare di preferenza

la legge più mite , convengono a tutti quanti reati di qualunque


categoria, e per conseguenza che quel principio governa non
soltanto la retroattività delle leggi criminali propriamente dette ,
ma eziandio quella delle leggi di polizia . Che anzi rispetto alle
leggi di quest'ultima specie, che non dalla morale sono prin-
cipalmente suggerite, ma piuttosto dall'opportunità e da circo-
stanze contingenti e passeggiere, le ragioni pratiche del prin-
cipio della non retroattività della legge penale sono le sole per
le quali l'applicazione loro non possa essere retroattiva .
Parecchie sentenze di tribunali furono suggerite dall'esposto

principio . La Cassazione di Bruxelles con una decisione del


28 novembre 1853 (1 ) dichiarò che le disposizioni del De-
creto Reale del 2 novembre 1849 sulla polizia degli stabili-
menti pericolosi , insalubri o incomodi non era applicabile ai
depositi d'ossa di animali che già esistevano prima della sua
promulgazione . La Corte d'appello di Gand con sua decisione
del 15 febbraio 1853 ( 2) avea pur statuito la stessa massima
prima della Cassazione , soggiungendo che la preventiva con-
cessione sarebbe stata necessaria per quegli stabilimenti , sol-

(1) Pasicr. Belge, 1854, 39.


(2) Ib., 1863, 124.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 321

tanto se avessero subito cambiamenti che avessero potuto in-

fluire sugli effetti della lavorazione circa la salubrità pubblica


o interna, o danneggiare i vicini . Vuolsi però osservare che la
legge di polizia, mentre non può essere applicata ad atti e fatti
compiuti prima che entrasse in vigore, può tuttavia interdire
la continuazione e la conservazione di quegli atti e fatti ; al
quale capo ove si contravvenga, la legge di polizia non appli-
casi retroattivamente , ma bensì ad un fatto compiuto sotto il
suo impero . Per tal motivo la Cassazione di Parigi con sen-
tenza 9 dicembre 1836 (1 ) decise non potersi dopo la legge

9 settembre 1835 esporre nè vendere incisioni e fotografie già


prima regolarmente pubblicate, senza l'autorizzazione prescritta
dall'art. 20 di detta legge, e la Cassazione di Bruxelles con
decisioni del 10 febbraio 1851 e del 2 agosto 1851 (2 ) non
ammise il ricorso a titolo di ingiusta retroattività contro una
sentenza appellatoria , nella quale a certi pozzi costruiti in
certe condizioni prima di un regolamento di polizia che li
proibiva, era stato applicato questo regolamento, ordinandone
la distruzione . Che poi anche la scelta della pena più mite sia
regola applicabile alle leggi penali di polizia , è pure un prin-
cipio confermato dalla pratica giurisprudenza, e per es. da
una sentenza della Corte d'appello di Pau (3) , la quale di-
chiarò non potere un fatto che sarebbe stato delitto di pesca
secondo una legislazione anteriore , essere considerato tale
mentre nella legge attuale ha cessato di esserlo .

( 1 ) Pasicr., 2ª serie, C. de Cass. , Vol. 19, pag. 32.


(2) Ib., 185 ; 1851 , 1502, 13.
(3) Ap. DALLOZ, v° Lois, n. 369.
16

GABBA - Retr. leggi, II 21


322 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO XIV.

Continuazione.

Delle leggi passeggiere di polizia.

Quantunque in tesi generale le leggi penali di polizia non


siano maggiormente retroattive delle leggi criminali , non vuolsi
però perder di vista che in alcuni casi e per una classe di esse
vero è piuttosto il contrario . Tali sono le leggi di polizia ema-
nate in vista di circostanze passeggiere , e che soltanto per un
certo tempo a) costituiscono un nuovo reato, oppure b) aumen-
tano una pena esistente. Queste due ipotesi vogliono essere
separatamente considerate .

Se la legge di polizia ha costituito temporariamente un


nuovo reato, decorso il tempo in cui la legge doveva aver vi-
gore, e cessata la possibilità dell'atto da essa contemplato , co-
loro i quali la violarono e non furono giudicati quando la legge
era in vigore, possono ancora essere sottoposti a processo e
giudicati a tenore della medesima . È questa una osservazione
fatta dal Seeger (p . 53 , 91 , 117 , 118 ) ( 1 ) , e, a detta del me-
desimo, prima di lui e anche prima di tutti , dal Bekker , e la
quale trova anche appoggio nella giurisprudenza.
Se per es . nella imminenza di una guerra venisse proibita
sotto pena l'esportazione delle polveri piriche dallo Stato , chi
può dubitare che la pena sarebbe dovuta da chi infranse quel
divieto, anche dopo che il medesimo fosse stato tolto e l'esporta-
zione fosse ridiventata libera? Imperocchè qualunque legge pe-

nale , nella quale la rivocazione del divieto sia prestabilita dopo

(1) II SEEGER (pag. 53, nota 1 ) , applicando questo principio, disapprova


la decisione data dal Malumbrano in un caso da noi riferito sopra.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 323

un certo tempo o al verificarsi di un certo avvenimento, oppure


la necessità della rivocazione sia implicita nella stessa indole
del divieto, se quel principio non fosse accettato , diverrebbe in
gran parte illusoria , siccome quella che di sua natura non può
facilmente venire applicata prima della sua rivocazione , a tutti
coloro che l'abbiano violata . Ben si può dir quindi che la re-
troattività è insita nella stessa natura delle leggi in discorso ,
e che queste formano una vera ed unica eccezione al principio
generale della non retroattività delle leggi penali di polizia.
La giurisprudenza , come dicemmo , diede più di una volta
effetto retroattivo a leggi della specie di cui ragioniamo . Il
Seeger (p. 91 , nota 2 ) cita in questo proposito due decisioni
del Tribunale superiore di Prussia, l'una del 1 ° dicembre
1853 (1 ) , l'altra del 18 gennaio 1855 (2) . Anche la Cassa-
zione di Parigi in una sentenza del 4 ottobre 1849 (3 ) fu ispi-
rata dai precedenti riflessi , decidendo che le contravvenzioni

al Decreto 9 agosto 1848 e a quello del 23 aprile 1849 , i


quali aveano conservato fino al 1 ° agosto 1849 l'obbligo dei
proprietari di giornali di dar cauzione, potevano essere punite
anche dopo quest'ultima epoca.

Noi non possiamo però approvare l'opinione di Seeger


(p . 117 , nota 2 , p . 118 , n . 1 ) , che questo autore ci dice anche
essere stata molte volte abbracciata dal Superior Tribunale di

( 1 ) V. GOLTDAMMER, Archiv, Vol. II, pag. 112. In questa decisione si


danno i seguenti motivi del principio della non retroattività penale : « se
il legislatore mitiga o toglie affatto le esistenti leggi penali, sia per mu-
tata convinzione giuridica, sia per riguardi di umanità, o perchè si è con-
vinto che per una certa specie di azioni punibili basti una pena minore
allo scopo della pena, o che certe classi di azioni per l'addietro ritenute
punibili non siano di competenza del giudice penale, sarebbe in pari tempo
contrario alla giustizia e agli scopi che lo Stato si propone col punire, se
chi violò l'antica legge venisse ciò nonostante punito secondo la medesima ».
(2) GOLTDAMMER, Arch., Vol. III , pag. 56. Trattavasi di una contrav-
venzione ad una ordinanza di polizia, che era stata emanata temporaria-
mente per ragioni di pubblica sicurezza, ma poi era stata rivocata.
(3) DALLOZ, Pér., 1849, 5 , part. 323.
324 APPENDICE AL LIBRO 1 DELLA PARTE TERZA

Prussia, che cioè le pene comminate ai contravventori ad una

legge daziaria, oppure ad una legge sull'usura, possano sempre


essere inflitte anche dopo l'abolizione di queste leggi , quan-
tunque non emanate colla mira di temporarietà ( 1 ) . Se ciò
fosse vero , generalizzando ne verrebbe la conseguenza che
tutte quante le leggi penali di polizia si dovessero applicare ,
anche dopo la loro abolizione , agli atti commessi durante il
loro vigore, lo che abbiamo dimostrato non potersi e non so-
lersi ammettere. Imperocchè tutte le leggi di polizia sono occa-
sionate da circostanze di fatto , che o non sono perpetue , o
non hanno sempre la stessa importanza . Noi riteniamo invece
che anche le leggi daziarie , come tutte le altre leggi di polizia ,
debbansi applicare in quella maniera allora soltanto che la
temporarietà delle medesime risulti o dal loro stesso conte-
nuto , o dai loro motivi , o dalle speciali circostanze che le
hanno immediatamente occasionate .

Quando una legge passeggiera di polizia non fa che aumen-


tare la pena comminata ad un reato da una legge preesistente ,
questa disposizione non produce più nessun effetto , quando è
scorso il termine durante il quale essa doveva aver vigore . Im-
perocchè si deve ritenere che lo scopo a cui il legislatore mi-
rava col temporario aumento di pena sia stato raggiunto con
quelle applicazioni della maggior pena , che nel termine pre-
fisso poterono farsi . Una legge invece , la quale , per un certo

(1 ) Una legge prussiana del 27 novembre 1857 permise il libero com-


mercio del danaro per tre mesi . Durante questo trimestre si era dubitato
se si potesse procedere contro chi prima del 27 novembre 1857 avesse vio-
lata la legge sull'usura 15 febbraio 1806. La Corte superiore di Prussia
ritenne l'affermativa in molti casi , a quanto ci dice il SEEGER ( pag. 118 ,
nota 1 , seguendo il GOLTDAMMER, ib. , Vol. V, pag. 857), per il motivo che
la legge del 1857 non aveva tolto il carattere di delitto all'usura illecita,
ma soltanto aveva tollerato questo contratto per tre mesi . A noi pare molto
più logico il ritenere che, appunto perchè nel trimestre l'usura una volta
illecita era permessa, neppur si doveva poter procedere contro chi avesse
stipulata una tale usura prima del 27 novembre 1857.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 325

tempo soltanto , costituisca un nuovo reato di polizia, può essere


applicata anche dopo il decorso di quel tempo , attesochè altri-
menti essa rimarrebbe nella massima parte dei casi illusoria .

CAPITOLO XV.

Delle leggi criminali passeggiere .

Mentre le leggi passeggiere di polizia possono, come di-


cemmo, tanto costituire un nuovo reato , quanto accrescere
una pena già comminata da una legge preesistente, ambedue
queste ipotesi non si possono verificare nella legislazione cri-
minale propriamente detta . I veri e propri crimini sono tali di
fronte alla morale e alla giustizia assoluta, cioè sono tali per
ragioni e circostanze costanti dell'umana natura e della vita
sociale, non mai per ragioni e circostanze passeggiere . Queste
possono invece dar ragione al legislatore di accrescere per un
tempo limitato una pena criminale , già comminata dalla legis-
lazione esistente .

In tale ipotesi , cessato il vigore della legge eccezionale ,


vuolsi ritenere quello che fu detto sul finire del capitolo prece-

dente rispetto alla ipotesi medesima riferita alle leggi di polizia,


e per le stesse ragioni . I delinquenti cioè , non ancora puniti,
quando vigeva quella eccezionale punizione , non potranno più
essere puniti dopo , fuorchè colla pena comminata dal gius
criminale comune .

Questo principio è stato ripetutamente applicato dal Tribu-


nale di cassazione di Parigi in seguito alla legge 29 nevoso ,

anno 6 , la quale comminava la pena di morte agli autori di


furti commessi con violenza e sulla pubblica strada . Questa
legge, suggerita da eccezionali condizioni della pubblica sicu-
rezza , era stata messa in vigore soltanto per un anno (art . 22) ,
326 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

decorso il quale si intendeva rivocata senza bisogno di nuova


dichiarazione . Poscia con altra legge 29 brumale anno 7 la
prima legge venne prorogata fino al 29 nevoso anno 8 , e sol-
tanto dopo questo giorno cessò di essere in vigore . Or bene ,
essendo stati sottoposti a giudizio , dopo il 29 nevoso anno 8,
parecchi casi di furti in quel modo qualificati, e commessi nel
biennio suddetto , il Tribunale di cassazione fu sempre d'avviso

che la pena di morte non si potesse più applicare a quei delin-


quenti . Tali furono le decisioni 8 termidoro anno 8 (1 ) , e 25 ,
26 , 28 floreale ( 2) , 15 , 16 messidoro dello stesso anno (3 ) .
Quasi tutte queste decisioni furono concepite in conformità
alle conclusioni del procuratore di Stato presso il Tribunale
di cassazione , l'illustre Merlin , e adducono come principale
argomento l'avere il legislatore medesimo ordinato che la legge
legge 29 nevoso anno 6 sarebbe stata eseguita fino al 29 ne-
voso anno 8 e non più tardi .
L'avviso del Tribunale di cassazione fu pure accettato dal

Consiglio di Stato in un suo parere del 28 pratile di detto


anno, il qual parere venne approvato dal Governo , e così con-
vertito in legge, giusta il diritto costituzionale francese di quel
tempo (4). Lo stesso ebbe a dichiarare la Cassazione di

Napoli , 3 dicembre 1866 (5) .

(1) Pasicr., 1ª serie, Vol. I, Trib. d. cass., pag. 584.


(2) Ib., pag. 536-537.
(3) Ib., pag. 563.
(4) V. MERLIN, Rép., voce Peine, n. IV.
(5) A. G. 1, 1 , 245.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 327

CAPITOLO XVI .

Della legge penale intermedia.

La maggior parte dei criminalisti e dei trattatisti della nostra


materia si propongono la questione , se , essendo stata nel pe-
riodo intermedio fra la esecuzione di un reato e la condanna

del reo, promulgata una legge più mite di quella che vigeva
nel primo di quei due tempi e di quella che vige nel secondo ,
debba il giudice applicare la prima legge, oppure scegliere la
più mite fra le altre due leggi.
Le opinioni sono differenti . L'applicazione della legge in-
termedia più mite è voluta da Mittermaier (N. Arch. d . Crimi-
nalr. , p. 194, ap. Seeger, p . 127 (1 ) , Hélie (Ch . Ad . et Faust.
Hel. Theor. d. C. pén , éd. belge, num . 47 ) , Haus ( Cours d. dr.
crim., n . 88), Bertauld (Cours de C. pén . , p . 197) , Trébutien
(Cours. élem. du dr. crim. l . , p . 83) , Duverger (Man . d. jug.
d'instr., ch. 1 , n. 8) , Morin (Répert. d . dr. crim. , v. Eff. retr.,
n. 6 ) , Demolombe (n . 65) (2) , Blanche (Étud. prat. sur le C.
pén ., n. 29) , Meynne (p . 83-86) . Opinano invece doversi nel

caso in discorso applicare la legge più mite fra quella vigente


al tempo dell'esecuzione del reato e quella vigente al tempo
della condanna, Van de Poll (pag . 23-24) , Waechter ( Sächs .
Strafr., pag. 122-122 , ap . Seeger , pag . 125 , nota 2 ) , Krug
(Comm. zu dem sächs. Strfgb. , Vol . III , p . 190 , ib . ) , Berner
(p. 55 ) , Seeger ( p . 125-129) . Il Boitard (Sur les C. pén . et
d'instr. crim. , Paris 1847 , pag . 44) è rimasto dubbioso , ma
sembra piuttosto propendere alla seconda opinione , perchè ,

( 1 ) Il solo criminalista tedesco che abbia propugnato tale opinione, come


Osserva il SEEGER, pag. 125 , nota 1 .
(2) Il Van de Poll attribuisce la stessa opinione al Pailliet ( Man . du C.
Pén. all'art. 4, nota 6, n. 3 ) , il quale in realtà non fa che riferire una sen-
tenza di Cassazione senza approvarla, nè disapprovarla.
328 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

dopo aver riferito una sentenza di Cassazione , che applicò la


legge intermedia più mite , soggiunge « essersi forse senten-
ziato alquanto arbitrariamente , ma l'umanità essere sembrata
riguardo prevalente » .
L'opinione predominante fra i criminalisti francesi è anche
stata confermata da parecchie decisioni emanate dalla Corte
di cassazione di Parigi nell'anno 1813 , a dì 9 luglio (1 ) ,
9 settembre (2) , 1 ° ottobre ( 3) . Le più notevoli fra queste
sentenze sono quelle del 9 luglio e del 1 ° ottobre, relative al
reato di furto con violenza ed altre circostanze aggravanti ,

commesso nello Stato romano sotto l'impero della legislazione


penale di questo Stato, e sottoposto a giudizio vigendo ivi il
Codice penale francese del 1810, e dopo che era stato ivi
pure pubblicato nel 1809 il Codice penale del 1791. Quel
reato era punito dalla legislazione romana colla morte, dal
Codice penale del 1791 coi lavori forzati non eccedenti la du-
rata di anni ventiquattro , e dal Codice penale del 1810 coi
lavori forzati a vita . La Cassazione ritenne doversi applicare
la legge intermedia del 1791 , e pei seguenti motivi nella sen-
tenza del 1 ° ottobre, colla quale cassò la sentenza della Corte
di Roma, che aveva condannato l'accusato ai lavori forzati
a vita.

« Visto il decreto della Consulta Straordinaria negli Stati


romani del 19 luglio 1809 , il cui artic . 3 suona : « per ogni
fatto anteriore alla pubblicazione del presente decreto , si ap-

plicherà, in caso di condanna , quella delle due leggi antica o


nuova, che sarà più favorevole all'imputato » ; visto l'artic . 6

( 1 ) Pasicr., 1ª série, Cour d. cass., Vol. VII , pag. 302.


(2) Ib., pag . 385. Con questa sentenza fu deciso che l'infrazione del bando ,
designata come delitto dalla legge antica e non dalla legge intermediaria o
dal Codice penale del 1791 , ma poscia designata nuovamente in quel modo
dalla legge attuale, non può essere punita secondo questa legge, se non ac-
cadde sotto il suo impero.
(3) Ib., pag. 376-388 ; R. G. 4, 391 , 442.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 329

del decreto imperiale 25 luglio 1810, il quale relativamente


all'applicazione del nuovo Codice penale del 1810 dà la stessa
disposizione ; visti gli articoli 1 , 2 , 3 , 4 e 5 , sez . 2, tit. 2 ,
parte 2 del Codice penale del 1791 , che puniva i furti com-
messi con violenza , e con altre circostanze aggravanti , colla
pena dei ferri per un numero maggiore o minore d'anni, ma
non mai a vita , e l'art. 382 del Cod . pen . 1810 , che li pu-
nisce colla stessa pena a vita ; atteso che le leggi antiche degli
Stati romani , sotto l'impero delle quali erano stati commessi
i furti di cui A. C. fu convinto , e pei quali fu condannato ,
davano al giudice facoltà di pronunziare la pena di morte
contro gli autori dei medesimi ; che in virtù del suddetto ar-
ticolo del decreto della Consulta straordinaria , emanato per

mettere in attività il Codice penale del 1791 , essendo state


abrogate le antiche leggi relative alla pena del crimine di
questo genere, A. C. non avrebbe potuto essere condannato
che alla pena dei ferri a tempo , se fosse stato giudicato sotto

l'impero del Codice del 1791 ; che per l'esecuzione dell'arti-


colo 6 del decreto imperiale del 23 luglio 1810 , la Corte
speciale straordinaria non poteva per tal motivo risalire alle
antiche leggi del paese ; ch'essa doveva soffermarsi al Codice.

del 1791 , paragonando la pena di questo Codice con quella


del Codice penale del 1810 , e non condannare quindi il C.
che alla pena dei ferri a tempo per il tempo determinato dagli
articoli 1 , 2 , 3 , 4 , 5 , sez . 2 , tit . 2 , parte 2 del suddetto Co-
dice del 1791 , pena meno forte di quella dei lavori forzati a
vita, prescritta dal Codice del 1810 ; che, pronunziando la
condanna ai lavori forzati a vita, in virtù dell'art . 382 di detto
Codice del 1810 , e paragonando questo Codice colle antiche
leggi del paese, la Corte speciale straordinaria di Roma ha
fallacemente applicato l'articolo 6 del decreto imperiale del
23 luglio 1810 , e violato l'artic . 3 del decreto della Consulta
straordinaria del 19 luglio 1809 , come anche gli artic. 1 , 2 ,
330 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

3, 4, 5, sez. 2, tit. 2, parte 2 del Codice penale del 1791 ,


cassa, ecc. » .

Rilevasi chiaramente dalla suesposta motivazione che due


furono le ragioni per le quali la Cassazione dichiarò doversi
aver riguardo alla legge intermedia . L'uno fu il principio ge-
nerale che nel concorso di parecchie legislazioni penali si
debba applicare di preferenza la più mite ; l'altro fu l'avere la
Cassazione ritenuto che la legge intermedia avesse tolto ogni
e qualunque effetto alla legislazione antica . Ma quanto al primo
motivo la Cassazione non ha poi spiegato per qual ragione

essa mettesse in conto la legislazione intermedia , colla quale


l'accusato non ebbe mai alcun rapporto, insieme colla legisla-
zione antica, vigendo la quale l'accusato commise il reato , e
colla nuova, vigente al momento del giudizio . Si può quindi
ritenere col Boitard che il mero sentimento d'umanità abbia

avuto gran parte in quella decisione . Egli è vero però che anche
al Meynne (p . 83 ) e ad altri parve quella una evidente conse-
guenza del principio che si debba applicare al reo la legge più
favorevole.

Un'altra ragione viene addotta della opinione in discorso


dal Trébutien , dal Demolombe , e da altri , ed è quella di non
potersi senza ingiustizia far pesare sull'accusato il ritardo che

senza di lui colpa fu messo nel giudicarlo , e durante il quale


la legge intermedia perdette vigore.
L'applicazione della legge intermedia più mite, benchè in-
segnata più frequentemente in Francia che altrove , ebbe però
in Germania qualche altro suffragio oltre a quello del Mitter-
maier, cioè il suffragio della legislazione del Virtemberg . Una
legge virtemberghese del 17 giugno 1853 dispose che l'abo-
lizione della pena di morte, pronunciata dall'assemblea di
Francoforte nel 1848 , giovasse ai rei di delitto capitale com-
messo prima di tale deliberazione , e punito dopo il ristabili-
mento di quella pena ( v . Seeger, pag . 128 , nota 1 ) . Anche
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 331

la Corte d'assise di Mannheim tenne lo stesso avviso nella sen-

tenza del 10 ottobre 1856 ( ib . , p . 129) , colla quale dichiarò


che un omicidio commesso nel 1841 , e giudicato sotto l'im-
pero del Codice penale badese, posto in vigore nel 1851 , non
dovesse essere punito colla pena di morte comminata da questo
Codice, ma soltanto colla reclusione a vita, perchè la pena di

morte era stata abolita da una legge 16 marzo 1849. La Corte


addusse per motivo l'essersi quest'ultima legge riferita a tutti

quanti i delitti già commessi , benchè non ancora giudicati .


Ad onta di tante autorità favorevoli alla opinione che la
legge intermedia più mite debba essere applicata, noi non
possiamo accettare questa opinione. Non già per la ragione.
addotta dal Berner ( p . 55 ) , che l'avere il legislatore ristabi-
lito l'antica legge più severa , è una conferma della sua per-
suasione circa la necessità di questa legge . Imperocchè ovvio

è qui il rispondere col Meynne (p . 85) , che anche quando la


legge nuova è più severa dell'antica , il legislatore ha espresso
la sua persuasione circa la penalità, e pur nondimeno ci sono
motivi sufficienti per applicare la legge antica ai delitti com-
messi sotto il suo impero . Neppure per l'altra ragione addotta
dal Berner (ib . ) , non essere equo che coloro i quali hanno
commesso il reato sotto l'impero dell'ultima legge più severa,
vengano sottoposti a tutto il rigore di questa legge , mentre
coloro i quali hanno commesso il delitto sotto l'impero della
legge antica, forse ancor più severa di quella , vengono giudi-
cati secondo la legge intermedia più mite. Imperocchè risponde
vittoriosamente a questo ragionamento il Seeger (pag . 126 ,
nota 1 ) che nella teoria della retroattività delle leggi la diffe-
renza di trattamento di reati della stessa specie , commessi in
tempi diversi , è implicita ed inevitabile, e non può quindi for-
nire a quei delinquenti , i quali vengono più severamente trattati ,
un motivo di lagnarsi , del quale la dottrina debba tener calcolo .
Nè val meglio l'argomento di Van de Poll (pag. 24) che lo
332 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Stato non può rinunziare al diritto di punire, quesito prima


che il reato venisse giudicato . Noi abbiamo già osservato il
poco valore scientifico della dottrina del gius quesito dello
Stato alla pena ; oltracciò ne sembra affatto gratuita l'asser-
zione che a quel diritto quesito , se veramente esistesse , lo
Stato non sia ritenuto rinunziare col solo fatto della emana-

zione di una legge penale più mite . Noi crediamo col Seeger
(p. 114) che l'applicazione della legge intermedia più mite sia
inammissibile per le stesse ragioni sulle quali riposa il prin-
cipio generale della applicazione della legge penale più mite,
e che ciò sia di tutta evidenza specialmente rispetto alle ragioni

che di quel principio furono da noi addotte .


Invero noi abbiamo osservato che in tesi generale la legge

nuova, vigente al tempo del giudizio, è da stimarsi la più


giusta secondo la mente del legislatore, e perciò deve essere
applicata quando non sia più severa della legge anteriore. Ma
questa legge anteriore non può essere che la legge vigente al
tempo in cui il reato fu commesso , non una legge intermedia,
imperocchè per noi la ragione della non retroattività della
legge nuova più severa è onninamente quella di prevenire le
persecuzioni che si volessero fare emanando leggi più severe
in odio di certe persone, la qual mira è inconciliabile col fatto
che tra l'esecuzione del reato e la punizione sia stata emanata
una legge più mite cosi dell'antica come della nuova . Di tal
guisa il principio generale che il delinquente debba essere
giudicato secondo la legge penale più mite non ha nessun
rapporto colla legge intermedia che per avventura sia stata
emanata fra il momento della esecuzione del reato e quello
del giudizio ; a questa legge non si può aver riguardo senza
disconoscere l'origine e la ragione di quel principio .
Gli avversari obbiettano i riguardi di umanità . Ma non sono
appunto questi riguardi una gran parte del fondamento su cui

riposa l'applicazione della legge più mite fra quella vigente al


DELLA ETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 333

momento del reato e quella vigente al momento del giudizio ?


I riguardi d'umanità devono anch'essi applicarsi con ragione-
vole discernimento, ma non sono appunto ragionevolmente ap-
plicati quando vengano riferiti ad un elemento che non ha
nessun rapporto colla quistione che si va discutendo . Dicono
altresì che non deve nuocere all'accusato il ritardo , non im-
putabile a lui , per il quale la legge intermedia più mite non
gli potè essere applicata come legge vigente ; ma si può rispon-
dere col Seeger (p . 125-136 , nota 1 ) che se nessun ritardo
ci fosse stato fra la perpetrazione del reato e il processo e la
sentenza, avrebbe anche potuto essere applicata all'accusato la
legge antica più severa , anzichè l'intermedia più mite .
Un altro argomento, apparentemente scientifico , adoperato
dagli avversari , e specialmente consegnato nelle accennate
sentenze di Parigi e di Mannheim, è la pretesa abolizione della
legge antica in virtù della intermedia più mite , anche a favore
dei delinquenti non ancora giudicati . Ma questa asserzione , di
cui quelle sentenze non danno alcuna dimostrazione , ci pare
affatto gratuita. Piuttosto noi troviamo assai buone ragioni per
rifiutarla . Noi non vediamo invero che si possa dimostrare
quella specie di diritto acquisito che si attribuisce in tal ma-
niera al violatore della legge antica , di approfittare della mitezza
della legge intermedia , per il solo fatto di essere questa stata
emanata, benchè sia poi scomparsa senza essergli stata appli-
cata. Se diritto acquisito fosse possibile in materia penale , il
che abbiamo dimostrato non essere, non potrebbe però na-

scere che da un fatto accaduto sotto l'impero di una legge ,


da cui quel diritto venisse accordato, e quindi nel caso nostro
non si vedrebbe come sotto l'impero della legge intermedia
avessero acquistato diritto al più mite trattamento di questa ,
coloro i quali avessero commesso il delitto sotto l'impero della
legislazione antica . Se poi fosse vero che la legge intermedia
avesse tolto alla legge antica ogni relazione coi delitti commessi
334 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

e non giudicati sotto il suo impero , abolita la legge intermedia


dalla nuova, anche quella non avrebbe più nessun rapporto
coi reati commessi e non giudicati sotto l'impero dell'antica
legge . Ma tale premessa non è vera, perchè altrimenti non si
comprenderebbe come alla legge antica fosse rimasta tanta
importanza pratica da dovere essere confrontata colla inter-

media, finchè questa fosse rimasta in vigore, onde prescegliere


la più mite ; la qual cosa affermò pure la Corte di cassazione
di Parigi nella più volte mentovata sentenza del 1 ° ottobre
1813 , non accorgendosi della contraddizione fra questa pro-

posizione e la precedente . Ed anche, se quella premessa fosse


vera, bisognerebbe ritenere , ciò che nessuno certamente può
ammettere , che, se la legge intermedia fosse stata più severa,
e non più mite dell'antica , e la nuova fosse anche più severa
dell'intermedia , la legge da applicare non fosse l'antica. Il
vero si è che la legge intermedia era destinata ad essere ap-
plicata di preferenza all'antica pei reati commessi e non pu-
niti sotto l'impero di questa, se fosse stata vigente al momento
del giudizio , e che, questa ipotesi non essendosi effettuata, non
rimane da far altro che confrontare la legge antica colla legge

nuova (1 ) .
Noi conveniamo del resto col Seeger (p . 126) che il legisla-

tore possa talvolta, per ragioni di politica prudenza, ordinare


l'applicazione della legge penale intermedia più mite . Per es . ,
dopo la memoranda abolizione della pena di morte pronun-

( 1 ) È strano che quest'ultima osservazione sia sfuggita ai giudici di


Mannheim. Più strano ancora è che il SEEGER ( pag. 128) ammetta che la
legge intermedia più mite debbasi applicare, quando contenga le parole :
pour tout fait antérieur à la publication du présent titre, e non abbia
riflettuto che questa clausola è sempre sottintesa anche quando non è
espressa, cosicchè, se essa bastasse a rendere applicabile la legge inter-
media, la dottrina del Seeger sarebbe fabbricata con una mano, e rovesciata
coll'altra. La detta clausola però è sempre accompagnata da un'altra sottin-
tesa, che cioè , come dicemmo nel testo, il fatto anteriore venga ad essere
giudicato sotto l'impero della legge nuova.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 335

ziata a Francoforte nel 1848 , era certamente un mezzo di di-

minuire l'impopolarità del ristabilimento di quella pena , l'or-


dinare che non la si applicasse almeno a coloro che l'avessero
meritata prima di quell'abolizione . E per verità, la citata legge
virtemberghese, giusta il Seeger (p . 128 , nota 1 ) , non fu con-
siderata dalla maggioranza della Camera dei deputati che
come una benignità del legislatore. Noi non possiamo però
convenire collo stesso autore (p . 130) che in difetto di dispo-
sizione legislativa di tal natura , il giudice abbia facoltà di ap-
plicare la legge intermedia più mite, ove possa attribuire al
legislatore quel benigno intendimento che non ha espresso .
Imperocchè questa interpretazione poche volte sarebbe impos-
sibile, e in questo modo la dottrina che abbiamo sostenuta , e
che nei risultati consuona con quella del Seeger, verrebbe ad
essere sovvertita.

Manifesta è poi la consonanza della nostra dottrina circa


la legge intermedia nel diritto penale, e ciò che noi abbiamo
detto nel Vol . I (pag. 202) circa la legge intermedia in gene-
rale . Quantunque le ragioni di questa generale dottrina non
siano le stesse nel diritto civile e nel penale , atteso il difetto
in quest'ultimo del concetto del diritto acquisito , pur nondi-
meno la generalità delle medesime in tutto quanto il campo
del diritto sembra a noi indiscutibile .

Il nessun valore della legge penale intermedia più severa è


stato anche riconosciuto dalla Cassazione di Napoli , 3 di-
cembre 1866 (1 ) , il contrario invece ritenne la Cassazione di
Firenze, 13 gennaio 1872 ( 2) , onde apparisce che sulla grave
quistione della efficacia della legge penale intermedia la giu-
risprudenza italiana non ha ancora una dottrina chiara e
completa.

(1) A. G. 1, 1, 245.
(2) G. I. xxiv, 1 , 64.
336 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO XVII.

Dell'applicazione della nuova legge penale più mite


nei differenti stadi del processo .

I principii fin qui esposti intorno alla retroattività delle


nuove leggi penali , devono certamente essere presi per norma
da ogni giudice penale , qualunque sia la istanza nella quale
la sentenza deve essere emanata . Nell'applicazione però di
questo canone sogliono gli scrittori della nostra materia distin-

guere il caso della attuazione di una nuova legge penale prima


che venga emanata la sentenza di prima istanza , da quello
della attuazione di legge siffatta dopo l'emanazione della sen-
tenza di prima istanza , e mentre il processo pende davanti ad
una istanza superiore. Noi pure esamineremo separatamente
questi diversi casi.
Se una nuova legge penale è stata attuata prima della deci-
sione di prima istanza , e il primo giudice non ha fatto a fa-
vore dell'accusato il debito confronto di questa legge con
quella vigente al tempo della esecuzione del reato , sia condan-
nando un'azione che quando fu commessa non era criminosa ,
sia punendo un'azione che la legge nuova non considera più
come reato, sia non applicando la più mite fra le pene com-
minate dalle due leggi , non vi ha dubbio che il secondo giu-
dice, e in generale il giudice di una istanza superiore debba
farsi carico della circostanza trascurata dal primo giudice, e
annullarne la sentenza . Ciò ebbero a dichiarare anche la Cassa-

zione di Napoli nella mentovata sentenza 3 dicembre 1866 (1 ) ,


la Cassazione di Torino , 6 luglio 1870 ( 2) , la Cassazione di
Firenze , 27 luglio 1867 ( 3) .

( 1 ) A. G. 1, 1 , 245.
(2) G. 1. xx11 , 2, 254.
(3) Ib., xix , 1 , 559.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 337

Ma se nel caso in discorso la inapplicabilità della legge pe-


nale invocata dal giudice di prima istanza non fosse stata fatta
valere neppure in appello, potrebbesi addurla per la prima
volta nel ricorso in Cassazione contro la sentenza d'appello ?

È principio di procedura criminale che non si possano ad-


durre in Cassazione le nullità commesse in prima istanza e
che non sono state fatte valere davanti al giudice d'appello ,
ma questo principio non si applica alle nullità derivanti da
non applicazione della legge concernente il caso che venne
giudicato . Nullità di codesto genere devonsi poter proporre
davanti a qualunque giudice , fintantochè non si ha un giudi-
cato irretrattabile, e anche davanti alla Corte di cassazione ,
seppur questa deve corrispondere veramente al suo ufficio , di
vegliare al vero ed esatto comprendimento delle leggi e del di-
ritto . Ciò ebbe pure a dichiarare il Tribunale d'appello di
Roma, 23 novembre 1870 (1 ) .
Male ci sembra interpretata dal Dalloz (v° Lois, 376 , a) la
sentenza della Corte di cassazione di Parigi del 18 agosto
1849 (2), nella quale egli crede riscontrare una massima con-
traria a quella enunciata dianzi .
Un tale era stato condannato dal tribunale di Péronne e

poi dalla Corte d'appello di Amiens per reato di illecita distri-


buzione di stampati , contemplato da una legge 21 aprile 1849 .
Il condannato ricorse in Cassazione , adducendo in questa sede
per la prima volta la circostanza che l'imputatagli infrazione
era stata commessa prima del giorno in cui venne conosciuta.

nel Dipartimento della Somma la promulgazione di detta legge .


La Corte di cassazione respinse il ricorso pei seguenti motivi :
<< atteso che questo mezzo non fu proposto davanti al tribu-
nale correzionale di Péronne , nè davanti la Corte d'appello
d'Amiens ; che il fatto su cui il mezzo riposa è l'essere stata

( 1 ) A. G. vi, 1 , 380.
(2) D. P. 59, 1 , 261 .
786

GABBA - Retr. leggi, II 22


338 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

commessa la contravvenzione prima del giorno in cui la legge


21 aprile 1849 fosse conosciuta legalmente nel dipartimento
della Somma ; che i giudici del merito non furono chiamati a
verificare tal fatto che davanti ad essi non venne allegato ; che
da nessuna delle enunciazioni della sentenza impugnata risulta
che l'esecuzione del reato fosse anteriore all'epoca in cui la
legge 21 aprile 1849 divenne esecutoria nel dipartimento
della Somma ; che al contrario dalla sentenza del tribunale di

Péronne, non contraddetto su questo punto dalla sentenza


impugnata, risulta che la distribuzione costitutiva del reato ac-
cadde negli ultimi giorni di aprile e nei primi giorni di maggio ,
cioè in un'epoca nella quale la legge del 21 aprile 1849 era
esecutoria nel Dipartimento della Somma ; che , date queste
circostanze , la sentenza impugnata non ha violato nessuna
delle regole relative alla non retroattività delle leggi , ecc . » .
Se noi non ci inganniamo, la Corte di cassazione fu ben
lontana in questa sentenza dal pronunciare inammissibile il
mezzo desunto dalla applicazione retroattiva di una legge
penale, perchè tal mezzo non fosse stato proposto davanti ai
giudici del merito ; essa ha solamente inteso che nel caso in
quistione, avendo i ricorrenti ammesso taluni fatti i quali esclu-
devano direttamente la pretesa retroattività , non era pos-
sibile discutere intorno a questa in Cassazione , senza tra-
scendere la propria competenza di questo tribunale .
Se fosse luogo a ricorrere in Cassazione contro una sen-
tenza di Corte di assise , non può essere dubbio che in quel
ricorso potrebbesi addurre per la prima volta la ingiusta retro-
atttività commessa dalla Corte d'assise, e non contemplata dal

difensore nelle sue risposte alle conclusioni del Pubblico


Ministero .

Se una nuova legge penale venisse attuata pendente il pro-


cesso davanti una istanza superiore, e fosse possibile miglio-
rare la condizione del condannato , avendo riguardo a quella
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 339

legge, egli è pure fuori di dubbio che il giudice superiore deve


tener conto di quella nuova legge (v. sopra, p . 39) . Così pure
pensano Abegg (pag . 486) , Zachariae (pag. 65), Van de Poll

(pag. 44) , Meynne (p . 107 ) , Merlin (Rep. , voce Peine , IX) .


Vale poi questo principio tanto per il giudice di seconda
istanza in confronto del primo giudice, quanto per il giudice
di terza istanza in confronto del secondo giudice , dove è am-
messo il sistema delle tre istanze in materia penale .
È stato obbiettato che il giudice d'appello o di revisione
deve soltanto esaminare se sussistono i fatti imputati al con-

dannato , e se fu applicata la pena designata dalla legge vi-


gente nel giorno della sentenza del primo giudice. Così infatti
ragionò la Corte criminale del Tevere, in una sentenza del
27 gennaio 1810 , confermativa di una sentenza del Tribunale
di Vicariato di Roma, contro la quale era stato interposto ap-
pello perchè venisse applicata ai condannati il già da noi ci-
tato decreto della Consulta straordinaria del 13 luglio 1809,
che era stato pubblicato dopo la pronunzia della sentenza di
prima istanza, il qual decreto ordinava all'art . 3 che pei fatti
anteriori alla sua pubblicazione venisse inflitta ai condannati
la pena più mite. Avendo però i condannati dal Tribunale del

Vicariato ricorso per quell'istesso titolo in Cassazione , la Corte


di cassazione di Parigi con sentenza del 15 marzo 1810 ( 1 )
cassò e annullò la sentenza della Corte criminale di Roma, pei

seguenti motivi : « udita la relazione del signor Brillat - Sa-


varin, visto l'art . 3 del decreto della Consulta straordinaria del

10 luglio 1809 ; atteso il principio della legislazione fran-


cese ( 2) che la pena non reputasi realmente pronunziata fin-
tantochè esiste un mezzo legale di farla attenuare ; lo che è

tanto vero che il condannato il quale muore prima della sen-


tenza d'appello da lui invocata , muore integri status ; che per

(1) Pasicr., 1ª serie, C. d. cass. , Vol. 5 , pag. 498.


(2 ) È questo un principio comune a tutte le legislazioni.
340 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

tal motivo il tribunale che giudica in ultima istanza è il vero


applicatore della pena ; che questo tribunale devesi conformare

alle leggi esistenti al momento in cui pronunzia la sua deci-


sione ; che per conseguenza la Corte criminale del Tevere ,
vincolata dal citato decreto del 19 luglio, era in obbligo di
confrontare la legge antica colla nuova, onde applicare al reo
la pena più mite ; che tanto più aveva tale obbligo dacchè quel
decreto era evidentemente ispirato da mire di indulgenza pei

condannati ; che , lasciando sussistere per un furto con rottura


la pena della galera a perpetuità, mentre le leggi francesi non
comminavano che la pena di venti anni di lavori forzati al più ,
la Corte criminale del Tevere ha violato il più volte citato de-
creto, e i diversi articoli della legge del 1791 (1 ) , applicabili
a quella specie di furto, la Corte cassa ed annulla » .

Se finalmente una legge penale nuova , più favorevole al


condannato , venisse emanata dopo esaurito il rimedio del-
l'appello , e pendente ricorso in Cassazione , certa cosa ella è
che questa Corte dovrebbe farsi carico di una tal legge. Lo
stesso è a dirsi ove quella nuova legge venisse attuata pendente
il ricorso in Cassazione contro una sentenza definitiva inap-
pellabile, come per es . contro una sentenza della Corte d'as-
sise . Essendo invero la nuova legge penale una esigenza e una
migliore interpretazione della giustizia, ed essendo la necessità.
della pena secondo giustizia , sola giustificazione del penale
ministero , non ci può essere nessun valido motivo perchè
una nuova legge penale più mite non si applichi a tutti quei
delinquenti , che non sono ancora stati irrevocabilmente con-
dannati.
Rispetto al primo punto solenne è la conferma che diede alla

esposta opinione la Corte di cassazione di Napoli nella più volte

( 1 ) Il Codice penale del 1791 era appunto stato pubblicato in Roma, come
si è veduto, col decreto della Consulta straordinaria del 19 luglio 1809.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 341

mentovata sentenza del 3 dicembre 1866 (1 ) . Erano state abo-


lite col 31 dicembre dell'anno precedente le leggi eccezionali
attuate nelle province napoletane pei reati di brigantaggio , e,
insurto un conflitto di competenza fra la Corte di cassazione
di Napoli e il Supremo tribunale di guerra circa il conoscere
dei ricorsi interposti, tuttora pendenti , contro le sentenze dei
tribunali militari , la Corte di cassazione di Napoli era stata
dichiarata competente a tale oggetto dalla Corte di cassazione
di Firenze, delegata a dirimere quel conflitto. Investita di tale

competenza, la Corte di cassazione di Napoli prese il partito


di considerare come nulli i giudicati dei tribunali militari , e
di rinviare le cause alle sezioni d'accusa delle rispettive Corti
di appello. Fu mossa a tale partito dal considerare che, es-
sendo state in virtù della suddetta abolizione ripristinate le
antiche leggi penali più miti, sia rispetto alla nozione dei reati
ed alla misura delle pene , sia rispetto alla procedura , e non
offrendo i procedimenti condotti davanti ai tribunali militari, e
ultimati con sentenza , quelle guarentigie di verità , onde è rive-
stito il processo davanti ai giurati, la necessaria e immediata

applicazione delle leggi ripristinate non poteva appunto consi-


stere che nel ricominciare quei procedimenti in conformità
delle medesime. Noi non ci faremo ad apprezzare la seconda
parte di tale ragionamento ; ciò che fa per l'attuale nostro sub-
bietto si è la dichiarazione della Corte che, equivalendo la ripri-

stinazione delle antiche leggi di diritto comune , all'introduzione


di una nuova legge penale più mite , dovessero perciò quelle leggi
immediatamente applicarsi ai processi pendenti in Cassazione ,
benchè nelle inferiori istanze non vi fosse stata occasione di

applicarle . Essendo anche per noi evidente che « non vi ha


differenza fra una legge penale più mite che sopravvenga ad
antica più dura, ed una legge più mite, che sospesa tempora-

(1) Annali della Giurisprudenza italiana, Vol. 1, p. 1 , sez. 2ª, p . 246,


Firenze, Nicolai.
342 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

neamente da altra di più fiera sanzione , riprende al terminato


tempo l'antico vigore , per farsi il caso dell'applicazione della
regola dell'art. 3 Codice penale » , le ragioni colle quali la
Corte dimostrò che l'antica legge più mite, ripristinata pen-
dente il ricorso in Cassazione, si dovesse ciò nondimeno appli-
care al caso in quistione, vengono veramente a convalidare

l'identica proposizione da noi espressa dianzi . « Attesochè in


pendenza del ricorso in Cassazione non si ha giudicato irrevo-
cabile , nè irretrattabile, quindi non pena diffinitivamente ap-
plicata, e legalmente eseguibile . Ora codesta pena della legge
eccezionale che respinto il ricorso, diverrebbe eseguibile, con-
flige colla pena più mite delle leggi ordinarie ritornate in vi-

gore mentre tuttavia pende il giudizio . Sono quindi due leggi ,


e due pene in presenza , la morta e la rediviva ; e la Corte di

cassazione non può respingere la domanda , perchè la più mite


pena prevalga, senza dichiarare legale ed eseguibile la pena
più aspra mentre è in vigore una sanzione più mite , contro il
testo espresso della legge , contro la sua costante dottrina,
contro la volontà stessa del legislatore, che confinò quelle pene
ad un periodo ristretto ed eccezionale , oltre il quale a nessuno
è dato prorogarle, senza protrarre arbitrariamente il rigore
delle pene eccezionali oltre il termine che al legislatore parve
necessario , epperò senza applicare una pena già divenuta in-
giusta ed eccessiva » .
Rispetto al secondo punto , cioè alla retroattività di una
nuova legge penale più mite , emanata mentre pende il ricorso
in Cassazione contro una sentenza di Corte d'assise , l'opinione

nostra è pur quella di Meynne (pag. 109 ) . « Se la nuova legge


penale, egli dice , non incrimina più il fatto per cui ebbe luogo
il processo e la sentenza, la Corte di cassazione annullerà la
sentenza impugnata, senza pronunziare rinvio davanti a un'altra
Corte o Tribunale. Che se la nuova legge diminuisce soltanto
la pena, la Corte di cassazione non applicherà questa nuova
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 343

pena, non essendo suo ufficio conoscere del merito degli affari ,
ma si limiterà a confermare o annullare la sentenza impu-
gnata, pronunziando nell'un caso e nell'altro il rinvio del

processo ad un'altra Corte o ad un altro Tribunale , per l'ap-


plicazione della legge nuova » . Codeste proposizioni del Meynne
ci sembrano giustissime, ed hanno anche maggiore autorità
per essere state tradotte più volte in legge . Una legge francese ,
22 frimaio anno 8 ( 1 ) , tramutò in delitti , e assegnò alla com-
petenza dei tribunali correzionali parecchi reati che secondo
il Codice penale francese del 1810 sarebbero crimini , da giu-
dicarsi dalle Corti d'assise . Or bene rispetto a quei processi ,

nei quali la Corte d'assise avesse già pronunziato a termini


dell'antica legislazione , al momento in cui quella legge venne
posta in vigore, l'art . 18 della medesima dispose che , se in
quel momento fosse stato pendente ricorso in Cassazione contro
la sentenza della Corte d'assise , dovesse la Corte di cassazione ,
ove confermasse la sentenza, rinviare la causa davanti al Tri-

bunale correzionale del luogo in cui venne incominciata , onde


applicare al condannato la pena comminata dalla legge nuova ;
ove l'annullasse , dovesse rinviare la causa a quel medesimo
Tribunale , onde emanare una nuova sentenza conforme alla
legge nuova. L'istesso scopo ebbe la legge belgica del 29 feb-
braio 1832 (2) , e vi si trova pur ripetuta (art . 6) quella me-
desima disposizione .

( 1 ) Th. d. Cod. pen. per CHAUV. e HEL., 3ª ediz . belga, Vol. III , pag. 465.
(2 ) Ap. MERLIN, Rép. , v° Peine.
344 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO XVIII .

Della influenza della nuova legge penale più mite


sulla cosa giudicata .

L'idea e il sentimento della giustizia, che hanno sempre


guidato e accompagnato la legislazione e l'amministrazione

penale , più che non abbiano compreso molti teorici , non si


possono facilmente conciliare col pensiero che rimangano senza
alcun effetto sui condannati che stanno scontando la pena ,

quelle mitigazioni della legge penale che i giureconsulti si ac-


cordano nel volere applicate alle cause pendenti . Quando la
legge ha dichiarato impunibili certe azioni che le leggi ante-
riori consideravano come reati, oppure ha diminuito grande-
mente la pena comminata ad un certo reato dalla legge ante-
riore, non deve ripugnare ad ogni uomo di retto sentire che
si eseguiscano condanne emanate vigendo l'antica legge , e che
dopo l'abolizione di questa sono diventate ingiuste od eccessive?
Il Lassalle (pag. 356) finge il caso della dichiarata impunità
della resistenza ad un atto illegittimo di un magistrato , in un
paese nel quale siffatta resistenza prima fosse stata punita.
Nel Belgio erano stati condannati nel 1829 il De Potter e il

Ducpétiaux, antesignani della rivoluzione di quel paese contro


il Re d'Olanda, per un reato , che una legge del 26 maggio di
quell'anno tolse dal Codice penale . Molti altri casi analoghi è
facile fingere, o riscontrare nella storia .

È logico il supporre che ogniqualvolta siansi presentate così


gravi discrepanze fra l'antica legge penale e la nuova , quali
appunto per es. sarebbero la cancellazione di un reato dal

Codice penale , o un grande abbassamento della pena commi-


nata , siasi in ogni tempo compresa l'ingiustizia dell'eseguire
condanne basate sulla legge anteriore, e che, in difetto di
legislativi provvedimenti, siasi provveduto mediante sovrani
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 345

decreti di grazia. Ma il cultore della filosofia penale , e più

ancora chi studia la dottrina della penale retroattività , deve


appunto ricercare se la grazia sovrana abbia ad essere l'unico
mezzo di porre in armonia la nuova legge più mite coi giudi-
cati emanati vigendo la legge anteriore, o se qualche generale

principio si possa stabilire intorno all'influenza della nuova


legge penale più mite su quei giudicati . Questa ricerca non è
antica, come già vedemmo non esserlo in generale la teoria
della penale retroattività, ma trovasi però in tutti i moderni
espositori di questa teoria .
Se la quistione si potesse risolvere soltanto col principio
della giustizia assoluta , sarebbe presto risoluta , e si dovrebbe
dire che ogni e qualunque mitigazione della legge penale vuol
essere applicata non meno ai già condannati che a quelli sot-
toposti a processo penale in conformità della legge anteriore.

Cosi infatti ragionano il Blondeau (ap . Merlin, Eff. rétr.) e il


Lassalle (p . 355) . Giustizia veramente vorrebbe che l'esecu-
zione della condanna venisse sospesa o interrotta, secondo i
casi , per adattarla alla nuova legge , e che la condanna dovesse
essere modificata, sia che questa legge diminuisse soltanto la

pena del reato, o sia che fosse più mite dell'antica in qua-
lunque altro elemento del giudizio, come per es. nel porre gli
estremi di fatto del reato , nel determinare le circostanze ag-
gravanti o diminuenti la pena, le cause escludenti l'imputabi-
lità, i modi di abolizione dell'azione penale, gli estremi della
prescrizione dell'azione penale o della pena . Giustizia vorrebbe
eziandio che la modificazione della condanna per conformarla
alla legge nuova, venisse fatta dallo stesso giudice , sia dietro.
istanza di parte, sia ex officio.
Non è però difficile comprendere che senza gravi inconve-
nienti non si potrebbe accettare ed applicare con tanta am-
piezza il principio dell'influenza retroattiva della nuova legge
penale più mite sulle sentenze passate in giudicato , emanate
346 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

a termini della legge penale anteriore. Sono tanto frequenti ,


come la ragione e l'esperienza ci insegnano , i progressi e i
mutamenti nella legislazione penale, sono tanti gli elementi
della penale responsabilità , che se ad ogni mitigazione della
legge penale circa uno qualunque di essi , dovessero ritoccarsi
le sentenze penali anteriori, non ancora eseguite o non intie-

ramente , l'autorità della cosa giudicata penale ne andrebbe


gravemente scossa , e la stessa virtù preventiva delle pene ver-
rebbe molto diminuita (1 ).

Per tale ragione , e per un'altra del tutto formale , e agli


occhi nostri poco concludente , che cioè il giudice ha finito il
suo mandato quando la sentenza è diventata irretrattabile, la
maggior parte degli scrittori opinano che il solo fatto della
emanazione di una legge penale più mite non dà al potere giu-
diziario la facoltà di emendare le sentenze criminali passate

in giudicato sotto la legge anteriore , e non ancora eseguite, o


non intieramente. Tale è l'opinione di Zachariae (pag. 66-67) ,
Meynne (pag. 109-112) , Van De Poll (pag. 35-37 ) , Abegg
pag . 488 ), Seeger (pag. 131 ) , Merlin (Rép. , Eff. rétr. , p . 287),
Dalloz (voce Lois, n. 374), Demolombe (n . 65 ) , Theodosiades
(pag. 208), Berner (pag. 60), Hélie (pag . 39 seg. , 46 ) , Haus
(Cours d. dr. crim. , n . 89) , Trébutien ( Cours élém. d . dr. crim . ,
1 , 2, 2) , Morin (Rép. , voce Eff. rétr . , n . 6) . Eziandio le legis-
lazioni penali che hanno specialmente contemplato questa ma-

(1 ) LASSALLE (pag. 253) fa giustamente notare la differenza che intercede


fra la cosa giudicata civile e la cosa giudicata penale. La prima, egli dice ,
fa acquistare diritti, e ciò è vero, ma sarebbe meglio detto che la sentenza
civile effettua un diritto già acquistato ; la seconda invece non si può dire
che attribuisca, nè che effettui il diritto dello Stato alla pena, perchè la
pena non è propriamente diritto di nessuno, ma una esigenza della giustizia
assoluta. Erra però il Lassalle in quanto crede che questa differenza tragga
seco una minore importanza del rispetto della cosa giudicata penale, impe-
rocchè questo rispetto è in ambedue i casi una condizione indispensabile
dell'ordine generale, senza della quale nessun diritto sarebbe sicuro , e
ognuno si farebbe, secondo il suo potere, giustizia da sè tanto nel civile ,
quanto nel penale.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 347

teria, sancirono la stessa opinione ; per es. , il Codice penale


bavarese del 1813 ( art . 2) , e quello del 1861 (§ 25), il Co-
dice penale del regno di Sassonia del 1838 (art . V) , e quello
del 1855 (§ 7 ) , il Codice penale annoverese del 1840 (§ 7 ) , il
Codice penale badese del 1845 (§ 6 ) , il Codice penale austriaco
del 1803 (i . f. ) , e quello del 1852 (art. IX) , il Codice penale
prussiano del 1851 (art. VII) , il Codice penale di Francoforte
del 1856 (art. 4) . La stessa opinione fu pure accolta in pa-
recchi giudicati di autorevoli tribunali , e per esempio in una
sentenza della Corte di cassazione di Parigi del 10 ottobre
1809 (1 ), nella quale venne dichiarato che un tale condannato
alla relegazione, colla comminatoria di tre anni di lavori pub-
blici in caso di contravvenzione, dovesse sottostare a quest'ul-
tima pena quantunque la condanna fosse stata pronunziata
vigendo l'antico diritto penale toscano, e la contravvenzione
fosse accaduta dopo l'applicazione in Toscana della legge pe-
nale francese del 3 brumale anno IV, la quale non ammetteva
la pena della relegazione .
Noi pure siamo d'avviso che , senza il grave inconveniente
di sovvertire l'autorità della cosa giudicata e di togliere effi-
cacia alle pene, non possa il giudice , di sua propria e sola
autorità, ritornare sulle condanne diventate irretrattabili , per

accomodarle alla nuova legge penale più mite. Ma se al solo giu-


dice non si può attribuire siffatta facoltà, ragion vuole che in
qualche altro modo si soddisfaccia alla esigenza della giustizia ,
in quei casi e in quella misura in cui ciò è possibile senza
pratici inconvenienti . Altro modo non vi ha che sia generale, e
certo e costante, fuorchè il comando del legislatore . Dovrebbe
quindi , a parer nostro, il legislatore a) statuire nel Codice

penale che nessuna pena abolita possa essere applicata nep-


pure in virtù di precedenti sentenze , nè b) che si possa ese-

( 1 ) D. R., voce Lois, n. 374. - - V. anche Cass . Firenze, 31 maggio 1883,


(F. I., 1883).
348 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

guire una condanna pronunziata per un reato non più consi-


derato per tale, e c) dovrebbe altresì , ogni qual volta riformi in
tutto o in parte il sistema delle pene , indicare quali siano le
diminuzioni delle pene statuite dalla legge anteriore , che deb-
bano tornare a profitto dei condannati a termini della mede-
sima, e d) i metodi pratici di questa applicazione . È questa
la soluzione che noi diamo alla quistione della influenza della
nuova legge penale più mite sulle sentenze passate in giudicato .
Essa differisce dalle conclusioni degli altri scrittori, ma noi
crediamo che il confronto con queste giovi a confermarla.
Quasi tutti gli scrittori precedentemente accennati , mentre
niegano al giudice il potere di ritornare sulla cosa giudicata
per adattarla alla nuova legge più mite, affermano che questo
potere spetta al legislatore ; la maggior parte però non dichia-
rano se il legislatore debba in questa materia procedere per

via di principii generali , oppure mediante grazie speciali di


caso in caso . Taluno, come per esempio l'Abegg (1. c. ), opina
che la via della grazia sia bastevole per conciliare le sentenze
già pronunciate colla nuova legge più mite, opinione confutata
benissimo da Waechter (Sächs. Strafr . , p. 120 , nota 7 ), e da

Lassalle (p . 357 ) , il quale ultimo in particolare osserva che la


grazia presuppone sempre che l'azione che dovrebbe essere

punita sia punibile secondo le convenzioni giuridiche attuali .


Pochi scrittori affermano che il legislatore debba stabilire i prin-
cipii generali intorno all'effetto retroattivo in discorso, e questi
pochi sono d'avviso che il legislatore possa e debba statuire
in generale che tutte le mitigazioni della legge penale debbano
approdare ai già condannati a termini della legge anteriore ,
ritoccando opportunamente le relative sentenze. È questa in
particolare l'opinione di Van de Poll (pag. 45-49) , di Dalloz
(loc . cit. , n . 374 i . f. ) , di Seeger (p . 131 , p . 137) .
Questa opinione, tanto diversa dalla nostra, ci sembra erro-
nea per più di un riguardo .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 349

Anzitutto essa non tien conto di quei gravi inconvenienti


pratici che abbiamo sopra avvertito essere inerenti all'illimi-
tato effetto retroattivo della nuova legge penale più mite sulle
condanne anteriori non ancor eseguite , o non intieramente .
Forse che tali inconvenienti saranno minori perchè il giudice

intraprenderà quella retroattiva applicazione della legge nuova


per comando del legislatore , e non da sè solo ? Fa meraviglia
che specialmente il Seeger non siasi accorto di siffatte conse-
guenze, nel mentre egli dimostra di avere un così chiaro con-

cetto di tutta l'estensione che può assumere in concreto il suo


principio . Ben si vede che questo ed altri rispettabilissimi giu-
reconsulti furono principalmente mossi a negare l'applicazione
retroattiva della legge nuova più mite alle sentenze passate in
giudicato, in difetto di legislativa disposizione, non tanto dal
considerare l'argomento nel vero pratico aspetto , quanto dalla
formale creduta inammissibilità di un ritorno del giudice sulla
sentenza diventata irretrattabile.

L'opinione che noi combattiamo riposa eziandio sull'erro-


nea supposizione che nel regolare l'effetto retroattivo delle
leggi il potere del legislatore sia illimitato . Secondo i fautori

di tale opinione il grande principio della autorità della cosa.


giudicata non vincola menomamente il legislatore . Lo dice
espressamente il Seeger (pag . 131 ) : « dirimpetto al potere
legislativo l'importanza della cosa giudicata è soltanto condi-

zionale : formalmente il legislatore ne è affatto indipendente, e


materialmente egli è soltanto obbligato a rispettare la validità
della sentenza, non eziandio a lasciarne accadere pienamente
l'esecuzione » . Noi non possiamo approvare questo modo di
vedere . Per noi il legislatore non può disconoscere più del giu-
dice i diritti acquisiti , la giustizia, le esigenze dell'ordine so-
ciale ; soltanto delle mere opportunità e dei meri riguardi di
equità il legislatore e non il giudice è legittimo interprete, e
per ciò appunto noi abbiamo ammessa la necessità di principii
350 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

legislativi nella materia che andiamo trattando . La saldezza


della cosa giudicata in particolare è così grave esigenza del-
l'ordine sociale , che il legislatore non può dispensarsi dal te-
nerne gran conto , e perciò noi abbiamo detto che la retroatti-

vità della nuova legge più mite sulla cosa giudicata dev'essere
opportunamente limitata .

Facile è ora il comprendere il perchè fino ad ora si poche


legislazioni hanno regolato con principii generali la materia di
cui andiamo ragionando . Gli scrittori porgono in generale ben
pochi lumi ai legislatori . La vaghezza dei concetti di molti sul
da farsi, la soverchia arditezza di talune proposte , non sono

certamente una matura preparazione della invocata innova-


zione legislativa. In questo modo l'imperiosa esigenza della
giustizia, che non rimanga senza influenza sulla cosa giudicata
qualunque grave mitigazione del vigente sistema penale, è stata
finora generalmente soddisfatta mediante atti di grazia , sol-
tanto in pochi Stati mediante principii generali .
Chi però esamini il contenuto delle leggi promulgate fino
ad ora negli Stati d'Europa , allo scopo di conciliare le con-
danne non ancora eseguite , o non intieramente , colla nuova
legge penale più mite , vi troverà valido argomento a pro della
dottrina che noi abbiamo proposta, e fors❜anco motivo di me-
ravigliare che la scienza non ne abbia preso occasione per
propugnare principii generali corrispondenti.
Celebre è la legge francese del 3 settembre 1792. Quando
questa legge fu emanata, era già in vigore da quasi un anno il
Codice penale del 1791 , il quale aveva limitato a venti anni
il massimo delle pene sostituite all'antico sistema penale, e
tuttavia esisteva nei così detti bagni e nelle prigioni un gran

numero di condannati secondo le antiche leggi per tutto il


tempo della loro vita . A favore di queste persone fu emanata
l'anzidetta legge, di cui non ci sembra inutile riportare il
preambolo e le principali disposizioni .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 351

Dice il preambolo : « fra le persone condannate secondo le


antiche forme della procedura criminale , e ancor viventi , può
darsi che ve ne siano molte, il cui giudizio sarebbe stato diffe-
rente, se i giudici avessero potuto combinare il fatto colle cir-
costanze, e pronunziare secondo la loro morale convinzione .
La giustizia e l'umanità reclamano che le si soccorrano , per
quanto è possibile, senza indugio , mediante una legge la quale
ripari alla insufficienza dell'antica procedura, evitando l'arbi-
trio inerente ai rescritti di grazia, e in ogni caso faccia parte-
cipare i condannati viventi dalle mitigazioni che il nuovo Codice
arrecò alle loro pene » . Seguono gli articoli . L'art . 1 accorda
ai condannati a pene afflittive od infamanti con sentenze passate
in giudicato , e dietro processi istruiti secondo le forme ante-
riori a quelle del giuri, la facoltà di richiedere l'abolizione o la
commutazione di quelle pene, ai tribunali criminali dei Dipar-
timenti nei quali i rispettivi processi furono istruiti in prima
istanza. L'art . 2 incarica i tribunali criminali di decidere secondo

la loro persuasione e coscienza , visti gli atti e tutte quelle notizie


che possono chiarire se il delitto , che occasionò la pena pro-
nunziata, fosse scusabile o no. L'art. 3 aggiunge che, se il de-
litto era scusabile, debbasi pronunziare il condono della pena,

qualunque ne sia la specie . L'art . 4 aggiunge pure che se il


delitto non viene trovato scusabile, i giudici esamineranno se
la pena pronunziata è più rigorosa di quella statuita dal vigente
Codice penale contro lo stesso delitto , e in questo caso la ri-
durranno a quella che il colpevole avrebbe subita , se avesse
potuto essere giudicato secondo le disposizioni del Codice pe-
nale . L'art. 5 dispone che a datare dal giorno 3 settembre 1792
cesserà la perpetuità della galera e della prigionia per tutti
coloro i quali vi siano stati condannati anteriormente al Codice
penale del 1791. L'art . 6 conchiude così : « riguardo a tutti
gli altri condannati alle galere o alla prigionia , sia in perpetuo

sia a tempo , i quali non avranno ancora subita la loro pena per
352 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

tutto il tempo fissato dalla sentenza , o per un tempo eguale al


più lungo termine fissato dal Codice penale , la pena , se è della
galera, sarà commutata in quella dei ferri o della reclusione ,
secondo il disposto del Codice penale rispetto al delitto che avrà
dato materia alla condanna, e la pena della prigionia in quella
della detenzione . Tutto il tempo , durante il quale i condannati
avranno subita la pena che loro sarà stata inflitta , verrà loro
computato, di guisa che, se questo tempo eccede od uguaglia
quello fissato dal Codice penale, verranno subito posti in li-
bertà, se gli è inferiore , non subiranno la pena sostituita che
per il tempo necessario a compiere quello fissato dal Codice .

penale >> (1 ) .
Analoga alla citata legge francese è la disposizione contenuta
§ 4 dell'Ordinanza transitoria annoverese in materia penale ,
nel S
del 20 maggio 1814 (2) . Prescrive questo paragrafo la revi-
sione, ed eventualmente la cassazione delle sentenze penali
pronunziate dalle Corti criminali dell' interregno francese e
vestfalico secondo il diritto francese . Ristabilita l'antica legis-
lazione penale annoverese, i giudici dovevano rivedere quelle
sentenze a tenore della medesima , sia quanto alla misura della
pena, sia quanto a tutti gli altri elementi del giudizio penale .
e modificarle in quanto la legge antica annoverese fosse più
mite della francese , non tenendo fermo del processo già ulti-
mato se non la determinazione del fatto , contenuta nel ver-
detto dei giurati .

Un'altra legge analoga alla precedente venne promulgata in


Francia nel 1848. Abolita in quell'anno la pena della esposi-
zione, una Circolare del Ministro della Giustizia del 20 aprile
1848 (3 ) dispose che il beneficio di questa legge venisse esteso
anche ai già condannati a quella pena.

(1 ) V. MERLIN, Rép., voce Eff. rétr., sez. 3ª, § 11.


(2) Ap. SEEGER, pag. 144.
(3) D. P. 48, 3, 65.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 353

Le fin qui citate disposizioni hanno il carattere di provvedi-


menti speciali ed isolati , talune hanno anche un carattere ec-
cezionale. Ricercando ora esempi di principii generali e dure-
voli, noi incontriamo per primo l'articolo 18 dell'Introduzione
al Diritto universale territoriale prussiano . Dispone quest'arti-
colo (v. Vol. I , p . 55 , in nota) che : « la diminuzione di una
pena stabilita da una legge anteriore giova anche a quel delin-
quente , contro il quale questa pena non è ancor stata eseguita
al tempo della pubblicazione della nuova legge » . Questa dis-
posizione è veramente memorabile , specialmente se si pensi che
nella sua generalità ella era senza esempio nella storia della
legislazione penale . Nella pratica poi sembra che venisse intesa
ed applicata nel senso di sottoporre a giudiziale revisione tutte
le sentenze penali già pronunziate e diventate irretrattabili ,
avendo riguardo non soltanto al delitto in esse contemplato ,
ma anche alla punibilità dell'individuo (1 ) . Quella disposizione

fu subito seguita da una dichiarazione del Tribunale Camerale ,


che non si dovesse considerare come eseguita (vollzogen) la

punizione pel solo fatto della traslazione del condannato nel


luogo di pena, siccome era stato detto in un Rescritto del
3 ottobre 1791 , e che il Tribunale si sottoponeva « con gioia »
al grave aumento di lavoro che gli veniva ad essere addossato

(Seeg. , p . 69-138 ) . L'articolo in discorso venne abolito , quando


fu promulgato il Codice penale prussiano del 1851 ( art. VIII) .
Un Decreto Ministeriale del 25 maggio 1851 dichiarò che al
metodo introdotto dall'antica legislazione verrebbe sostituito
quello dei rescritti di grazia di caso in caso .
Dopo la citata legge prussiana del 1794 noi non ne troviamo
altra che abbia stabilito un principio generale intorno all'ef-
fetto della nuova legge penale più mite sulle sentenze ante-
riori diventate irretrattabili . Che anzi nel Belgio fu ripetuta-

(1 ) Ciò pare al SEEGER (pag. 144), argomentando da un decreto ministe-


riale prussiano del 1851 , del quale verrà fatta menzione fra poco nel testo.
GABBA - Retr. leggi, II 23
354 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

mente fatta e ripetutamente respinta nel 1829 la proposta di


introdurre un principio siffatto . La prima volta la proposta
venne fatta da una Sezione degli Stati Generali , incaricata di
esaminare il Codice di procedura criminale, e propriamente
venne domandato che tutte quante le sentenze già pronunziate
venissero rivedute, e le pene commutate conformemente al
disposto del Codice penale. Fra le varie obbiezioni fatte dal

Ministero , la principale era quella della santità della cosa giu-


dicata . La seconda volta fu proposta dal signor V. A. De Secus
all'assemblea dei delegati del Belgio una legge , che ordinasse
cessata ogni persecuzione pei fatti commessi prima della legge
nuova, e che secondo questa legge non erano più sottoposti a
punizione , e doversi mitigare o togliere affatto le condanne
pronunziate a termini dell'antica legge, se la nuova comminava I
ai rispettivi delitti una pena minore, o li proscioglieva affatto
da pena. Furono ripetute in questa occasione le stesse obbie-

zioni che erano stata fatte nella prima, e la cosa fu rimessa


alla successiva riunione (v. Van de Poll , p . 45 , 50 ) . Recente-
mente nel progetto di Codice penale pel Regno d'Italia sono
stati introdotti due paragrafi , il cui contenuto è molto affine a
quello del citato articolo 18 della Introduzione al Diritto prus-
siano. Il § 3 dell'art . 3 suona così : « se la pena stabilita dalla
legge anteriore fosse già inflitta con sentenza divenuta irrevo-
cabile, si sostituisce per eguale durata la pena di specie più

mite stabilita dalla legge posteriore, e si riduce al massimo


della durata prefissa dalla legge medesima , qualora lo ecceda » .
E il § 4 : « la legge posteriore più mite si applica altresi agli
effetti legali delle precedenti condanne » . Se questi principii
venissero tradotti in legge, il Codice penale italiano sarebbe al
suo comparire il solo che ammettesse e regolasse con generali
principii l'effetto retroattivo della nuova legge penale più mite
sulle cose giudicate anteriori .
Chi ora confronti il contenuto delle surriferite disposizioni
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 355

legislative, scorgerà di leggieri che il principio della generale


correzione delle sentenze penali , onde uniformarle alla nuova
legge penale, che in qualunque punto ed elemento del giudizio
penale sia più mite dell'antica , due sole volte è stato applicato
in Europa, e ambedue le volte come provvedimento eccezio-
nale. Tale infatti è il carattere della legge francese 3 settembre
1792 , e della legge transitoria penale annoverese del 1814.
Noi abbiamo già avuto più volte occasione nel corso di questa
opera di avvertire lo spirito di politica reazione che ha presie-
duto a tutta la legislazione transitoria annoverese, dopo la ca-

duta del primo Impero napoleonico . Quanto alla legge francese


del 1792 , fu anch'essa ispirata da sentimento ostile al prece-
dente ordine politico e giuridico , e ne è riprova il fatto che nè
gli stessi principii , nè altri analoghi sono stati emanati insieme
al Codice penale del 1810. L'art . 18 della Introduzione al Di-
ritto universale territoriale prussiano non può certamente es-
sere posto nello stesso novero con quelle due leggi , perchè
veramente in esso non si parla che di diminuzione di pena , e
quindi non di altro elemento del giudizio penale, fuorchè della
pena ; che se l'interpretazione è andata molto più in là , come
pare al Seeger essere avvenuto , fu a nostro credere arbitraria

interpretazione . Dirimpetto a codesti fatti non ci pare incom-


petente l'osservare che l'opinione da noi combattuta deve es-
sere veramente quale noi la dipingiamo, cioè sconveniente e
pericolosa nella pratica, poichè non ebbe finora il suffragio di
nessuna legislazione , che sia stata ispirata dalla scienza , e da
nessun'altra specie di riguardi.
Anche un'altra cosa ci insegnano le suesposte notizie sto-
riche, ed è che nessuna legislazione odierna neppur regola la
influenza della nuova legge penale più mite sulla cosa giudi-
cata, assegnandole giusti confini. Ciò non proviene a parer
nostro da altro che dall'essere troppo larghe , anzi eccessive le

proposte fatte finora dai giureconsulti che opinarono doversi


356 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

questa materia regolare in via legislativa . Per tal ragione osiamo


credere che la proposta nostra, moderata com'è in vista delle
pratiche convenienze , possa contribuire ad ottenere al senti-

mento morale dei popoli una soddisfazione, che non le si può


rifiutare, mentre pur deve essere data collà necessaria pru-
denza . Ci congratuliamo poi con noi stessi che il nostro modo
di pensare ottenga autorevole conferma dalla sua conformità

con quello dei compilatori del Progetto del Codice penale del
Regno d'Italia ; che se il legislatore italiano avesse ancor bi-
sogno di incoraggiamento a seguire la via additatagli da quel
Progetto , e la nostra parola avesse quell' autorità che le
manca , noi saremmo lietissimi di essere stati in tempo a far-
gliela pervenire .
Riprendendo ora in esame l'opinione da noi propugnata ,
crediamo opportuno insistere nuovamente sulla nostra propo-
sizione, che ove si tratti di un reato considerato tale dalla legge
nuova come dall'antica, la sola differenza fra le due leggi, di
cui possano giovarsi i già condannati, sia una molto rilevante

differenza nella gravità della pena .

Noi crediamo che, data la punibilità del fatto secondo en-


trambe le leggi penali , l'antica e la nuova , soltanto una molto
maggior mitezza nelle pene sia opportuna occasione di ritoccare
le sentenze penali già diventate irrevocabili, per renderle con-
formi alla seconda legge . Il più volte accennato art . 18 dell'In-
troduzione al Diritto universale territoriale prussiano , e la rife-
rita disposizione del Progetto di Cod. pen. ital. limitano appunto

in quel modo i casi della retroattività in discorso , e noi cre-


diamo che non ci siano buone ragioni per scostarsi da questi
esempi . Invero le gravi differenze nella pena sono quelle che
maggiormente colpiscono gli animi dei più , molto maggior-
mente al certo di quelle relative ad altri elementi del giudizio
penale, come p . es. agli estremi del reato , alle condizioni della

imputazione, all'ammissibilità dell'azione penale . Ora la retro-


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 357

attività, di cui andiamo discorrendo, mira appunto , come di-


cemmo da principio, a dare una soddisfazione al sentimento
morale della cittadinanza. Oltracciò, se si esce dalle differenze

nella gravità delle pene , altre differenze non possono dar luogo
alla retroattività della legge più mite, senza che si abbiano ad
investigare in moltissimi casi circostanze di fatto accadute in

un passato molto lontano , le quali investigazioni il più delle


volte non si possono fare direttamente , nè si possono senza
ingiusto arbitrio limitare al contenuto degli atti del processo ,
nei quali poteva benissimo non essere stato assunto ciò che
dirimpetto alla legge d'allora non era rilevante.
Quanta debba poi essere la differenza fra le pene della legge
antica e quella della legge nuova più mite , affinchè questa
possa applicarsi retroattivamente, noi non possiamo concreta-
mente determinare in modo generale. Troppa è la varietà dei
sistemi penali perchè noi rispondiamo diversamente. Noi non
possiamo certamente approvare il principio prussiano, che qua-
lunque diminuzione di pena dia occasione alla retroattività in
discorso, ma fors ' anche il principio adottato nel Progetto di
Codice penale italiano , che si abbia soltanto riguardo alla dif-
ferenza di specie fra le pene, è troppo ristretto . Se per esempio
un dato reato fosse punito dalla legge anteriore col carcere dai
dieci anni ai venti , e dalla legge nuova col carcere dai cinque
anni ai dieci , non sarebbe giusto , dopo l'attuazione di questa
legge, schiudere la porta del carcere a chi vi fosse stato con-
dannato prima per anni venti , e vi avesse già passato dieci
anni ? Noi ci limitiamo quindi a suggerire al legislatore che
egli ordini la correzione delle sentenze anteriori, se la pena
.
comminata ai rispettivi reati dalla legge nuova è assai meno
grave, sia nella qualità, sia nella quantità, di quella comminata
dalla legge anteriore , e determini poi egli stesso la differenza
di gravità, cui si debba aver riguardo .
È pure ufficio del legislatore lo additare il modo di applicare
358 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

la pena stabilita dalla legge nuova più mite a coloro che hanno

già scontato una parte di quella stabilita dalla legge anteriore .


In questo proposito crediamo non inutile l'additare le imper-
fezioni del sistema seguito dagli autori del Progetto del Codice
penale italiano . Qui non si distingue il caso in cui la pena
nuova più mite sia omogenea a quella abolita, da quello in cui
le due pene siano eterogenee, e si dice in generale doversi
alla pena già inflitta sostituire per eguale durata quella di
specie più mite stabilita dalla legge posteriore ; come si appli-
cherà questo principio ai casi di condanne capitali non ancora
eseguite , poichè il Progetto di Codice penale italiano non am.
mette la pena capitale ? Fra pene poi dello stesso genere , e
soltanto di specie differente , come sarebbero per esempio la
<< reclusione » e la « prigionia » , non ci pare che la pena di

specie più mite, introdotta dalla nuova legge penale , torni a


vantaggio dei già condannati ad una pena della specie più se-
vera, col sostituire la prima alla seconda per lo stesso numero
di anni, purchè non si ecceda il massimo prestabilito dalla
legge nuova. In questo modo potrebbe accadere che chi fosse
stato condannato al minimo della pena di specie più grave,

abolita , venisse ora a sopportare il massimo della pena più


mite stabilita dalla legge nuova . Ciò non è conforme a giu-
stizia , perchè, essendo l'entità del reato misurata appunto
dalla distanza in che la pena inflitta si trova dal minimo e dal
massimo della pena in astratto , non è mai possibile che tale
proporzione si cambi senza disconoscere il vero valore del de-

litto . Gli autori del Progetto italiano furono troppo dominati


dall'idea che le differenze di mera quantità fra le pene non
possano dar sufficiente ragione alla retroattività della nuova
legge più mite sulle sentenze penali anteriori . Meglio essi avreb-
bero fatto, a parer nostro, se , imitando l'esempio della citata
legge francese 3 settembre 1792 , avessero detto che la sosti-

tuzione della specie più mite di pena , introdotta dalla legge


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 359

nuova, debbasi fare secondo le regole stabilite da questa legge ,


e meglio ancora, se avessero dichiarato doversi fare tale sosti-

tuzione osservando la proporzione in cui la pena inflitta si


trovava con quella comminata dalla legge anteriore.

Le cose fin qui dette intorno all'influenza della nuova legge


penale più mite sulla cosa giudicata si applicano eziandio alle
vere e proprie conseguenze delle pene . A ragione quindi il
Progetto di Codice penale del Regno d'Italia, dopo aver ordi-
nato nel § 3 dell'art . 3 ciò che di sopra si è veduto , soggiunge
nel § 4 : « la legge posteriore più mite si applica altresì agli
effetti legali delle precedenti condanne » . Intendonsi per ef-

fetti e conseguenze dirette della condanna, quelle che a ter-


mini della condanna medesima , e della legge penale su cui

questa si appoggia : a) sono vere pene , le quali colpiranno il


condannato , dopo che questi avrà scontato la pena principale,
come per es. la sorveglianza della polizia e la punizione della
inobbedienza ad un precetto contenuto nella condanna ; op-
pure : b) sono pene accessorie che colpiscono il condannato
fin dal momento in cui questi comincia a scontare la pena
principale, come per es. l'interdizione dei pubblici uffici . Tutte
queste conseguenze sono altrettanti elementi della punizione e
della condanna , e per conseguenza deve applicarsi ad ognuna
di esse tutto ciò che concerne l'autorità e l'efficacia della cosa

giudicata penale , e l'influenza della nuova legge penale più


mite sulla medesima . Noi abbiamo già avuto occasione di citare
una sentenza della Cassazione di Parigi del 10 ottobre 1809
(v. sopra p . 347 ) ; la medesima vale ora eziandio come conferma

del principio esposto dianzi, imperocchè la pena occasionata


dall'arbitraria inosservanza del precetto di relegazione , è cer-
tamente un effetto della condanna alla relegazione . Abbiamo
pure osservato in una precedente occasione (v. sopra p . 55 ) che,
esistendo una legge , la quale dia alla nuova legge penale più
360 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

mite , influenza sulla cosa giudicata penale, cessa la morte


civile di chi vi sia stato già condannato, e trovisi civilmente
morto quando viene pronunziata l'abolizione di questa pena .

Rimane ad investigare quale autorità debba essere incari-


cata della correzione delle sentenze penali già pronunziate ,
nei casi e nei limiti sopra indicati.

Il Seeger opina (pag. 134-137 ) che , senza revisione del


processo per parte del giudice , e per opera soltanto di auto-
rità specialmente incaricate possano correggersi le sentenze ,
quando la maggior mitezza della legge nuova consista nel-
l'avere : a) tolta la punibilità dell'azione, oppure, b ) sostituita

alla pena della legge antica un'altra più mite , oppure, c) in-
trodotto od esteso un qualche motivo di estinzione della puni-
bilità, per es. la prescrizione della pena . Crede invece (ib.)
necessaria la revisione del processo per opera del giudice in
altri casi , e per es. quando la legge nuova : a ) abbia introdotto
un nuovo elemento del fatto delittuoso , per es. il requisito di
un certo valore della cosa rubata ; oppure : b) abbia abolita
una circostanza aggravante. Tale opinione è manifestamente
connessa con quella grande estensione che abbiamo già veduto.
attribuirsi dal Seeger all'effetto retroattivo della nuova legge
penale sulle sentenze già passate in giudicato, ed è facile rile-
vare che dentro ai limiti proposti da noi quell'effetto si com-
pierebbe sempre, secondo il Seeger, senza l'opera del giudice ,
e per fatto di altre autorità, quali potrebbero essere per es . le
autorità amministrative preposte alle case di pena.

Di contrario avviso è il Van de Poll (pag. 52-54) , il quale


vuole che in ogni caso la correzione della sentenza facciasi dal

giudice. Egli osserva che l'applicazione della nuova legge pe-


nale è di sua natura spettante al potere giudiziario , e che ,
qualunque elemento del giudizio penale debba essere modifi-
cato conformemente alla legge nuova , la correzione della sen-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 361

tenza può facilmente dare occasione a quistioni non prevedute


dal legislatore, e che il solo giudice può convenientemente
appianare. Anche la legge francese del 3 settembre 1792 de-
feri al potere giudiziario la correzione delle sentenze anteriori.
Noi pure siamo dell'avviso di Van de Poll e degli autori
della citata legge francese . Ci paiono invincibili le ragioni ad-
dotte da quell'autore , e specialmente quella dell'essere in so-
stanza la retroattività di cui si tratta, applicazione di una legge,

e quindi naturalmente spettante al potere giudiziario . Che poi


la retroattività di cui discorriamo implichi veramente una di-
samina minuta e non sempre facile, si comprende al riflettere
che la correzione delle anteriori sentenze a termini della legge
nuova, implica, come noi abbiamo già dimostrato, un calcolo
di proporzione fra la pena inflitta in virtù della legge antica e
quella portata dalla legge nuova . Vi ha poi anche un'altra ra-
gione, che ci pare fortissima, di attribuire al giudice la corre-
zione in discorso , ed è che soltanto il potere giudiziario offre in
un buon sistema costituzionale tutte le necessarie guarentigie
affinchè non si neghi, nè si ritardi a nessun condannato il bene-
ficio arrecatogli dalla nuova legge. Il giudice non ha neppur

bisogno in queste materie che la parte interessata lo invochi ;


egli può anche agire dietro eccitamento del Pubblico Ministero .
Ottima poi ci sembra la regola contenuta nella più volte
citata legge francese del 3 settembre 1792 , che il giudice me-
desimo , il quale ha pronunziato nella causa in prima istanza,
sia quello che corregga a termini della nuova legge la condanna
passata in giudicato. Ci fa meraviglia che il Progetto italiano

non designi l'autorità che deve applicare il § 3 dell'art. 3 già


citato, e stimiamo non inutile consigliare il nostro legislatore
a completare quella disposizione anche su tal punto , adottando
quella stessa massima francese.
Ecco ora il riepilogo delle conclusioni a cui siamo venuti
di mano in mano nel presente capitolo .
362 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Una buona legislazione intorno all'efficacia della nuova

legge penale più mite sulle condanne penali già pronunciate a


termini di leggi anteriori, e passate in giudicato , dovrebbe
contenere i seguenti principii :
1. Una pena abolita non può più essere applicata in virtù
di anteriore sentenza irrevocabile .

2. Un'azione non più considerata delittuosa da una legge


nuova non può più essere, o cessa di essere punita in virtù di
sentenza irrevocabile anteriore a quella legge .
3. Una condanna penale già pronunziata e divenuta irre-
vocabile devesi mitigare o prima di eseguirla, o durante la sua
esecuzione , ove sia stata pubblicata una legge, la quale com-
mini all'autore del delitto di cui si tratta una pena molto meno

grave di quella comminata dalla precedente legge.


4. La minor gravità della pena comminata dalla legge
nuova, sufficiente per giustificare la correzione della condanna

pronunziata , può manifestarsi tanto nella specie, o nella qua-


lità, quanto nella quantità della pena . Egli è pure ufficio del
legislatore il determinare con un principio generale , inserito
nello stesso Codice penale, quale e quanta differenza fra la
pena comminata dalla legge antica e dalla nuova dia motivo
alla correzione delle condanne divenute irrevocabili vigendo la
legge antica, e come si debba fare tale correzione .
5. Non si può applicare retroattivamente la nuova legge
penale alle condanne anteriori , irrevocabili , se essa è più mite
dell'antica nel porre gli estremi del reato, le condizioni , le
circostanze aggravanti o diminuenti l'imputazione, i modi di
estinzione dell'azione penale e della pena.
6. La correzione delle sentenze già divenute irrevocabili ,

per effetto retroattivo della nuova legge penale più mite , deve
farsi dal potere giudiziario , e propriamente dallo stesso giudice
da cui fu emanata la sentenza in prima istanza .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 363

CAPITOLO XIX .

Dell'azione civile risultante dal reato.

Esposti e giustificati i principii fondamentali che regolano la


retroattività delle leggi penali , e additati i limiti , per dir così ,
esteriori, della loro applicazione , quelli cioè rispondenti alla
varia specie delle leggi penali, e alle varie fasi della penale
procedura, noi dobbiamo addentrarci maggiormente nel nostro
tema, e applicare quei principii ai vari elementi della legge e
della giustizia penale.
Ma prima che noi esaminiamo questo campo , egli è neces-
sario che sceveriamo dalle nostre indagini ciò che propriamente

non vi appartienė . Invero dal reato nasce una duplice serie di


conseguenze, penali cioè propriamente dette, e civili . Queste
ultime conseguenze appunto non possono far parte dei nostri
studi.
L'azione civile nascente da un reato è un vero e proprio

diritto acquisito per opera della legge, come già dicemmo


nella Parte generale di quest'opera (v. Vol . I , pag. 252 , 264) ,

e non già una concessione o una mera facoltà di legge, perchè


il diritto alla medesima preesiste in certo modo nello stesso
diritto che col reato è stato leso , e del quale l'azione è desti-
nata ad essere un equivalente. Come diritto acquisito adunque,
l'azione civile nascente dal reato non può essere tolta , nè sce-
mata nel suo contenuto e nel suo valore da una legge poste-

riore. Neppure potrà una legge nuova aumentare il contenuto


di tale azione , perchè, così facendo , essa violerebbe il diritto
acquisito del reo di non sottostare pel fatto proprio ad oneri
maggiori di quelli che gli impone la legge del tempo in cui il
fatto fu compiuto (v . Vol. I , pag. 219) . Potrà però una legge
nuova stabilire nuove forme per l'uso dell'azione in discorso .
364 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Quanto poi alla prescrizione della medesima, naturalmente


connessa con quella dell'azione penale , noi esporremo i prin-
cipii che la regolano quando ragioneremo della prescrizione in
materia penale .

Consimili riflessi furono già fatti dal Merlin (Eff. rétroact. ,


pag. 289) , e dal Dalloz (v° Lois, n. 376 ) . Anche la Corte di

cassazione di Parigi fu guidata dagli stessi principii , dichia-


rando nella sua sentenza dell'11 marzo 1856 (1 ) che le impu-
tazioni e le restituzioni imposte al reo del delitto di usura
dovessero giudicarsi secondo la legge del 19 dicembre 1850
soltanto rispetto ai delitti commessi dopo quest'epoca, e nep-

pure si potessero riferire ad un conto corrente chiuso poste-


riormente a quella legge, ma aperto prima.

CAPITOLO XX.

Vari oggetti a cui si applica il canone fondamentale


della dottrina della penale retroattività.

Il canone fondamentale della dottrina della retroattività

penale, che cioè si debba applicare la legge antica o la nuova,


secondo che l'una o l'altra sia più mite, concerne non sola-

mente la pena, ma in generale tutti gli elementi del giudizio


penale , nessuno eccettuato.

Qualunque sia l'oggetto che la legge penale contempli, basta


questo solo suo carattere, perchè essa influisca direttamente o
indirettamente sulla condizione del reo, e quindi si possa dire

più o meno favorevole al medesimo in confronto di un'altra


legge, e in particolare di una legge anteriore. Tutti gli scrittori
della nostra materia diedero infatti una cotale estensione alle
loro ricerche ; fra gli altri il Van de Poll , l'Abegg , lo Zachariae
e il Meynne ; ed anche la pratica giurisprudenza mirò sempre ,

( 1 ) D. P. 1856, 1ª parte, pag. 407.


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 365

come in seguito vedremo , a dare la maggiore estensione pos-


sibile al principio che fra l'antica legge penale e la nuova
debbasi applicare di preferenza la più mite . Più concretamente
parlando , noi diremo che quel canone è applicabile tanto :
a) all'apprezzamento del fatto imputato al reo , e b) alla de-
terminazione della pena , quanto c ) ai mezzi di cui la giustizia
penale si serve sia per addivenire a quell'apprezzamento e a
quella determinazione, sia per l'esecuzione della pena inflitta .
Altri dicono, meno chiaramente , che il canone in discorso

applicasi tanto al diritto penale materiale, quanto al formale,


od alla procedura . Certo si è che anche il metodo di procedere
delle autorità giudiziarie nell'amministrazione della giustizia
penale , cioè i modi e i mezzi nei quali e coi quali esse chia-
mano a rispondere davanti a sè una persona sospetta di un
reato, e poi acquistano la persuasione dell'operato della me-
desima, pronunziano la sentenza, e le danno effetto , sono
altrettanti punti , nei quali la nuova legge può essere più o
meno favorevole al reo dell'antica , sia coll'esiger più , sia col-
l'esiger meno . Certo è del pari che ogni nuova legge intorno
alla penale procedura , al pari di qualunque altra innovazione
nel sistema penale , si deve supporre più conforme a giustizia
della precedente, e propriamente più idonea di questa ad assi-
curare gli scopi della giustizia penale ; ma se con tale inten-
dimento il legislatore ha emanato una nuova legge processuale
più rigorosa dell'antica, militano talvolta contro l'applicazione
retroattiva di questa legge gli stessi riguardi pratici da noi
addotti per combattere in generale la retroattività delle nuove

leggi penali più severe . Diciamo talvolta, e il ricercare quali


propriamente siano i casi e i limiti della non retroattività delle
leggi procedurali penali , spetta certamente alla dottrina della
penale retroattività , anzichè a quella della retroattività delle
leggi di procedura in generale, alla quale ultima dottrina sarà
dedicata una parte speciale dell'opera presente .
366 APPENDICE AL LIBRO 1 DELLA PARTE TERZA

Volendo ora distinguere ed enumerare i vari elementi del-


l'amministrazione della giustizia penale , cui poi verremo ap-

plicando il canone fondamentale del gius transitorio penale ,


ottimo metodo ci sembra il seguire lo stesso naturale anda-
mento di quell'amministrazione .
Ragioneremo quindi : 1 ° dell'azione penale ; 2° della pre-
scrizione dell'azione penale e della pena ; 3 ° del tribunale
competente ; 4° delle condizioni e degli elementi costitutivi

del reato ; 5° della pena e delle circostanze che l'aggravano o


la diminuiscono ; 6° delle prove ; 7° del rito processuale ;
8° della sentenza e dei rimedi contro la medesima .

CAPITOLO XXI .

Come praticamente si facciano la scelta e l'applicazione


della legge penale più mite.

Nella pratica applicazione del canone fondamentale della


teoria della penale retroattività conviene avere norme oppor-

tune per determinare quale sia veramente la più mite fra due
leggi penali , l'antica e la nuova. Noi dobbiamo ora accingerci
a stabilirle .

Dice benissimo il Meynne (pag. 51-53) che la maggiore o


minore mitezza di una legge penale in confronto di un'altra
si deve ricercare considerando la legge non già in astratto ,
cioè obbiettivamente, ma bensì in relazione al caso pratico di

cui è quistione, o subbiettivamente . Egli osserva benissimo


che per es. una legge, la quale non punisca l'attentato allor-
quando il reato non sia stato consumato per volontaria desi-
stenza del reo , mentre la legge anteriore anche in questo caso

lo puniva, oppure una legge , la quale punisca i semplici favo-


reggiatori del reo meno dei veri e propri complici , mentre la
legge anteriore li puniva tutti egualmente , non sarebbe più
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 367

mite se non in confronto di chi sotto l'impero della legge


anteriore avesse realmente desistito da un reato cominciato e

non consumato, oppure avesse soltanto favoreggiato un reato


altrui , ma non si fosse realmente associato ad un altro nel
commetterlo .

Ora si domanda in che cosa veramente si riveli la maggiore

mitezza di una legge penale confrontata con un'altra , e rife-


rita a un dato caso pratico e a determinate persone.
Noi crediamo doversi qui distinguere le leggi penali dette
materiali, cioè concernenti l'oggetto del penale giudizio , dalle
leggi dette formali o giudiziarie , cioè concernenti l'organizza-
zione dei tribunali e la procedura davanti ai medesimi .
Rispetto alle prime, la maggiore o minore severità della
legge penale si rivela , a parer nostro , nell'uno o nell'altro di

questi due effetti : a) nel rendere o nel non rendere possibile


la punizione dell'imputato ; b) nell'infliggere una pena mag-
giore o minore, cioè più o meno grave. Invero l'effetto ultimo
della giustizia penale cade sull'uomo , e consiste evidentemente
nel punire o nel non punire , e nell'infliggere una determinata
pena anzichè un'altra . Su questi effetti poi possono influire
nei singoli casi pratici le disposizioni della legge, relative a
differenti elementi del giudizio penale . Cosi per es. l'impunità
può essere cagionata dalle disposizioni della legge circa gli
elementi costitutivi del reato , oppure circa le cause escludenti
l'imputabilità, oppure circa la prescrizione dell'azione penale ;
una minor quantità di pena può essere cagionata dai principii
della legge intorno alla qualifica del fatto , oppure intorno alle
circostanze aggravanti, oppure intorno alla scala delle pene .
Ma ogniqualvolta una legge o un principio qualunque di di-
ritto penale dicesi essere più vantaggioso di un altro ad una
data persona, s'intende dire che questa persona , in virtù di
tal legge o principio , verrebbe ad essere impunita, oppure pu-
nita meno gravemente .
368 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Rispetto alle leggi della seconda specie, la maggiore o mi-


nore severità in confronto dell' imputato si rivela : a) nel
rendere indirettamente possibile od impossibile la punizione

dell'imputato ; b) nel rendere più o meno facile la difesa del-


l'accusato . Così per es . la legge che richiede in un dato caso
l'azione privata , è più favorevole al reo di quella che istituisce
l'azione pubblica, e la legge che non permette una condanna
capitale, ove il reato non sia stato provato colla confessione
del reo, o mediante testimoni, è più favorevole al reo di quella
che la permette anche dietro semplici indizi . Ed anche il fa-
vorire più o meno la difesa dell'accusato è un carattere e un
effetto proprio delle leggi penali giudiziarie. Lo scopo invero
dei tribunali e della penale procedura è quello di scoprire la
verità, cui l'imputazione e l'accusa si riferiscono , e quindi
principalmente di procurare e guarentire all'imputato o all'ac-
cusato tutti i mezzi più appropriati onde dimostrare la propria
innocenza e non essere ingiustamente giudicato .
Egli è vero che ogni legislatore si presume aver di mira
la più sicura scoperta della verità, ogniqualvolta introduce
modificazioni nel vigente sistema di procedura penale , ma ciò
nondimeno può darsi , e nel fatto si dà, che un sistema sia
preferibile ad un altro nel raggiungere quello scopo , che qual-
che importante guarentigia del reo manchi in uno e trovisi
invece in un altro . Ella è poi cosa evidente che della retroat-
tività delle leggi penali giudiziarie si può abusare colle stesse
mire colle quali si può abusare di quella delle leggi di diritto
penale materiale ; ed anzi i fatti ci provano che le persecuzioni
politiche si sono anche nel nostro secolo consumate col soc-
corso di tribunali eccezionali, anzichè di nuove punizioni più
rigorose . Quasi tutti gli scrittori di gius transitorio penale hanno
quindi a buon diritto estese le loro considerazioni , ed applicato
il principio della preferenza della più mite fra le due leggi
antica e nuova, anche alla procedura . Nè rade volte , come in

1
DELLA RETROATIIVITÀ IN MATERIA PENALE 369
RZA

seguito vedremo , la pratica giurisprudenza rifiutossi di appli-


gioreon
care retroattivamente una legge giudiziaria, che poneva l'ac-
ela: 0 ?
cusato in una situazione più svantaggiosa di quella in cui lo
a punim
poneva la legge sotto la quale era stato commesso il fatto
difesa d
incriminato. Vuolsi però badare di non dare soverchia esten-
1 dato
sione all'esposto principio. Non si deve già intendere che basti
he istitus
per giustificare o per escludere l'applicazione retroattiva di
conde
una nuova legge giudiziaria , il favorire la medesima più o meno
confessio
della legge anteriore l'impunità dell'imputato o dell'accusato ,
odice
chè in questo modo si offenderebbe la giustizia, invece di meglio
che#3
assicurarla, ma soltanto e propriamente che la legge nuova sia
lere e L
o non sia retroattiva soltanto perchè attribuisca o tolga all'im-
30intest
putato o all'accusato qualche utile guarentigia contro un'in-
giusta sentenza, e soltanto rispetto alla medesima. Ogni gua-
rentigia siffatta è detta dal Meynne (pag. 118 , 119) un mezzo
di difesa , e noi pure crediamo potersi adottare questo concetto
nel porre il principio regolatore della retroattività delle leggi

penali giudiziarie .
Non è per verità sempre facile il decidere se le differenze

fra le leggi penali giudiziarie concernano o no i mezzi di difesa


dell'imputato o accusato , e le guarentigie del medesimo contro
un'ingiusta decisione . La massima difficoltà s'incontra quando
non un punto isolato del sistema penale giudiziario sia stato
modificato , ma tutto il sistema sia stato rimaneggiato per
introdurne uno nuovo . In questi casi non si potrà il più delle
sles
volte definire se una istituzione favorevole , che prima esisteva
ed ora manca , non sia compensata da qualche altra introdotta
UZAD
di nuovo . Per questo motivo appunto noi crediamo che in tali
casi non vi possa essere mai ragione di tenere in vigore l'an-
tico sistema giudiziario pei reati anteriori e pei processi pen-
Tan
denti , fuorchè ove sia fuor di dubbio che il legislatore , promul-
Ican
gando il nuovo sistema , ebbe tutt'altra mira che di perfezionare
il sistema vigente. Ritorneremo a suo tempo su questa propo-
GABBA Retr. leggi, II 24
370 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

sizione , e vedremo come essa consuoni colle dottrine ricevute

dalla giurisprudenza del nostro secolo .

Qualunque poi sia il caso da decidere, il giudice non deve


dimenticare una regola insegnata da quasi tutti gli scrittori ,
ove accada che le due leggi , antica e nuova , differiscano ri-
spetto a parecchi punti contemporaneamente , ma non in tutti
nello stesso senso .

Fingasi per es . che il nuovo Codice penale introduca per


un dato reato una circostanza attenuante sconosciuta al Codice

anteriore, e che in pari tempo commini una pena più grave


di quella comminata dal Codice anteriore allo stesso reato ;
oppure fingasi che , emanata una nuova legge penale su di un
argomento isolato, per es. sull'attentato, questa legge sia più
severa dell'anteriore in qualche punto , meno severa in qualche
altro, e quanto all'attentato in particolare stabilisca la neces-

sità di un principio d'esecuzione, che la legge anteriore non


richiedeva, ma in pari tempo aumenti la pena da quella legge
comminata .

In tutti i casi di questo genere è comune insegnamento

degli scrittori che non si possano applicare al delinquente


contemporaneamente in differenti punti le disposizioni di due
leggi differenti , ma che, considerato il caso nella totalità sua
secondo ciascheduna legge, si confrontino poi le due diffe-
renti soluzioni , onde preferire quella che si trova essere più
favorevole al delinquente, applicare cioè la minore delle puni-
zioni derivanti dalle due leggi . Nei casi finti poc'anzi non si
potrà in pari tempo applicare allo stesso delinquente la pena
minore comminata dalla legge anteriore, e la circostanza atte-
nuante introdotta dalla nuova , nè rispetto allo stesso attentato
richiedere il principio di esecuzione secondo la legge nuova ,
e in pari tempo applicargli la pena più mite comminata dalla
legge anteriore.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 371

Noi pure professiamo quel principio , e ci par facile il dimo-


strarlo. Invero nella dottrina della retroattività penale trattasi
di vedere quale fra due leggi , antica e nuova, debba essere
applicata di preferenza , e il criterio della scelta si ripone nel
minor danno del reo ; il metodo invece che noi combattiamo ,

applica al reo un trattamento che per essere una combinazione


delle due leggi , non è propriamente desunto nè dall'antica

legge, nè dalla nuova . Quel metodo inoltre mira piuttosto ad


infliggere al reo il minor male possibile assolutamente , che ad
applicargli la meno sfavorevole delle due leggi in conflitto ,
mentre per se medesimo quel riguardo al reo non sorgerebbe
se questo conflitto non esistesse , e le stesse ragioni per le
quali fra l'antica legge e la nuova suolsi prescegliere la meno
sfavorevole, vedemmo a suo luogo essere ben altro che un mero
riguardo filantropico ai delinquenti .
Si oppone al principio in discorso il prof. Berner (pag. 54 ),

il quale nega che sia un mescolare insieme le due leggi , antica

e la nuova, il desumere da una di esse il minimo della pena e


dall'altra il massimo , se le due leggi differiscano in senso in-
verso nell'uno e nell'altro punto . Ai signori Chauveau ed Hélie
che affermarono il contrario, il sullodato professore risponde
.
(pag. 55) che se il giudice scende al dissotto del minimo della
legge nuova, per applicare il minimo più basso della legge an-
tica, in realtà si attiene esclusivamente alla legge antica , e per
converso , se non oltrepassa il massimo della legge nuova, meno
elevato di quello dell'antica , si attiene in realtà esclusivamente
alla legge nuova . Ma questo ci sembra un vano discorso . Mentre

il Berner ragiona di applicazione del minimo, e di applicazione


del massimo , i suoi avversari ragionano invece della determina-
zione della pena fra il minimo e il massimo , e della previa posi-
zione di questi due estremi . Egli è nel porre questi due estremi
che i citati autori negano potersi applicare contemporaneamente
le due leggi , cioè l'una per stabilire il minimo , l'altra per
372 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

stabilire il massimo , lo che sarebbe al certo una combinazione


di ambedue ; il prof. Berner è ben lungi dall'avere dimostrato
il contrario .

Tra i molti fautori dell'opinione che non si possano com-


binare le due leggi, antica e nuova, nel decidere il medesimo
caso penale, ma che questo deve essere totalmente ed esclusi-

vamente deciso secondo l'una o secondo l'altra legge, vogliono


essere ricordati , oltre ai citati Chauveau ed Hélie ( Comm . ,
Vol. I, pag. 12) , Abegg ( pag . 497) , Van de Poll (pag . 22) ,
Zachariae (pag. 39) e Seeger (pag. 195 , 176) .
La stessa opinione trovasi sancita in parecchie leggi positive ,
come per es. nella Patente di promulgazione del Codice penale
Sassone del 31 marzo 1838 , § 2 , e di quello del 13 agosto 1855
§ 6 , e in quella del Codice penale di Turingia (ap . Seeger,
pag. 150 e 175, in nota) .
Non meno numerose sono le decisioni di autorevoli tribu-
nali nello stesso senso . Citeremo fra le altre una decisione del

Tribunale superiore di Prussia , riferita dal Berner (pag . 56 )


nei seguenti termini : « non si può ammettere che nel punire
una data azione desumasi la pena parte dall'antico e parte
dal nuovo diritto penale, e mescolando l'un diritto coll'altro.
si addivenga in ultimo risultato ad una pena che non appar-
tiene nè all'uno , nè all'altro . Vuolsi piuttosto decidere quale
sia la pena più mite, considerando anzitutto nella sua totalità.
la pena comminata in ciascun sistema , e confrontando poi le
due pene fra di loro , ecc. » . La Corte di cassazione di Mi-

lano non fu meno esplicita in parecchie sue decisioni , colle


quali confermò ripetutamente la stessa massima. Ricordiamo
fra le altre le sentenze del 7 e del 14 maggio 1864 (1 ) , del
1 ° luglio 1865 (2) . In quest'ultima sentenza quella Corte di-
chiarò che « per la retta applicazione dell'art . 3 del Codice

(1) Collez. delle sent. di Cassazione, detto anno, pag. 189 e 301 .
(2) Ib., anno 1865, pag. 331 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 373

penale (1 ) egli è ufficio dei giudici del diritto l'apprezzare esat-


tamente quale sia la pena della quale dovrebbe essere colpito
il reato secondo la legislazione vigente al tempo in cui fu
commesso, e quale quella da applicarvi secondo la posteriore.
legislazione vigente al tempo del giudizio , senza che in ciò sia
lecito ai medesimi di attenersi ad alcune disposizioni della
precedente e ad altre della posteriore legge penale, dappoichè
verrebbero in tal modo a costituirsi eglino stessi in legislatori ,
e formerebbero in certa guisa una terza legislazione , la quale
più non sarebbe nè l'una , nè l'altra di quelle a cui accenna il
citato articolo 3 » . Lo stesso ebbe a sentenziare la Cassazione

di Firenze , 21 febbraio 1872 ( 2) , in materia di prescrizione


penale.

CAPITOLO XXII.

Dell'istanza pubblica e dell'istanza privata.

È questo il tema da cui ci proponemmo di cominciare le

nostre considerazioni intorno ai progressivi periodi dell'ammi-


nistrazione della giustizia penale. L'istanza privata , che noi
contrapponiamo alla pubblica , è quella che la legge attribuisce
esclusivamente alle persone danneggiate dal reato , ed è condi-
zione necessaria affinchè un dato reato esista ; così per es . se il

marito non intenta l'azione penale di adulterio , nessun altro può


intentarla, e adulterio punibile non esiste. Non è invece istanza
privata l'azione penale che per tutti , od anche per alcuni reati sol-
tanto , può essere intentata da privati non interessati, e agenti in tal
occasione come pubblici funzionari ; una tale azione, o istanza ,
appunto perchè tutti la possono intentare , è da chiamarsi
pubblica. E se intorno al modo in cui quest'ultima deve essere

(1 ) Codice penale Sardo-Lombardo.


(2) A. G. vi, 1 , 83.
374 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

esercitata mutano i principii della legislazione , non v'ha


dubbio , come osservano il Van de Poll (pag. 63) , e il Meynne
.
(pag. 142), che la nuova legge deve essere applicata anche ai
reati già commessi e non ancora puniti. Imperocchè, una volta
ammesso che la società abbia ragione e interesse di ricercare
e di punire gli autori di certe azioni, ogni innovazione circa i
modi nei quali essa esercita un tale suo diritto, deve essere
ritenuta un perfezionamento dell'amministrazione penale , e
non mai un'ingiusta persecuzione di nessuno .
Ma se la legge nuova diversifica dall'antica nel considerare
l'azione privata necessaria all'esistenza ed alla punibilità di un
certo reato, reputano tutti gli scrittori del gius transitorio pe-
nale, e noi dividiamo la loro opinione, che a tal materia si
debba applicare il canone fondamentale della teoria della pe-
nale retroattività. Se cioè la nuova legge abolisce l'azione
pubblica e ammette la sola azione privata, per un reato che
prima era di pubblica azione, quella legge deve essere appli-
cata retroattivamente, cioè anche ai reati commessi e non an-
cora puniti sotto la legge precedente . Nel caso contrario è
invece comune opinione , e anche nostra, che la nuova legge
non possa venire applicata retroattivamente, e che i reati non
.

ancora puniti sotto la legge precedente non possano esserlo ,


se la parte privata a cui spetta intentare l'azione penale, non
la intenta. Invero, ove altrimenti si pensasse, come si potrebbe
non prevedere il pericolo che la legge nuova venisse proposta
colla mira di nuocere a determinate persone, la cui punizione.
a termini dell'antica legge si sapesse ormai diventata impos-
sibile o poco probabile ?
Fra gli scrittori, che seguono le stesse opinioni suesposte ,
ricorderemo Abegg ( pag . 498) , Van de Poll (pag . 63) , Zacha-
riae (pag . 58 ) e Seeger ( pag. 175 ) . Similmente l'applicazione
retroattiva di una legge che abolisce in certi casi l'istanza pub-
blica è voluta dalle Patenti di promulgazione del Codice pe-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 375

nale di Brunswick ( D. , IX, ap . Seeger, pag . 173) , Weimar


(art . 91 , ib . ) , Sondershausen (ib .) , Rudolfstadt (ib . ) , Meiningen
(ib.) , Reuss (ib . ) , Coburgo (art . 5 , ib .), Gotha (art . 7 ) , Sas-
sonia del 1855 (§ 8 , ib .) , Baden del 1845 (§ 7 , ib .) , e del
1851 (§ 8, ib . ) , e dal Codice penale vurtemberghese (art. 3 ,
ib. ) . Tutti questi Codici esigono in pari tempo che si ecciti la
parte cui spetterebbe per la nuova legge il diritto d'intentare
l'azione penale , a dichiarare se di questo diritto voglia far
uso . Gli stessi Codici escludono nei citati luoghi l'azione re-
troattiva della legge che introduca l'istanza pubblica per reati
rispetto ai quali la legge anteriore non ammetteva che l'istanza.
privata . E quest'ultima opinione ebbe in Italia anche il suf-
fragio della Corte d'appello di Roma, 6 aprile 1877 ( 1 ) .

CAPITOLO XXIII.

Della prescrizione dell'azione penale e della pena.

Tutte le legislazioni penali ammettono che il decorso di un


certo lasso di tempo dal giorno in cui fu commesso un reato o
venne pronunziata una condanna penale, che non ebbe effetto.
sul reo, impedisca di per sè solo che si istituisca o si rin-

novi il penale procedimento, o che si applichi la pena . La diffi-


coltà di ottenere la prova di un reato accaduto da molto tempo ,
il riguardo alla penosa situazione del reo per tutto quel tempo
in cui l'autorità fu sulle sue tracce, la minore efficacia che
naturalmente viene ad avere sulla pubblica opinione una pu-
nizione inflitta a molta distanza di tempo dal delitto , sono

ragioni evidentemente bastevoli a giustificare quel principio .


Differiscono però le legislazioni nel fissare la durata della
prescrizione, e le condizioni di questa ; vi ha eziandio qualche

(1) F. 1. 1877, 11, 46.


376 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

legislazione che non ammette affatto la prescrizione di certi


reati, come per es. il Codice penale austriaco del 1803 e così
pure gli antichi Codici penali dell'Annover e della Baviera non
ammettevano la prescrizione dei delitti capitali .
La prescrizione in materia penale è affatto differente dalla
prescrizione civile, come noi abbiamo già avvertito nel volume
primo di quest'opera (p . 350-351 ) . La prescrizione civile è bensi

una istituzione di ordine pubblico , ma di cui il privato può


fare a meno di giovarsi ; la prescrizione penale invece è voluta
dallo Stato nel modo istesso in cui la pena è voluta , epperò il
giudice deve tenerne conto ex officio, se il reo non la eccepisce .
Nella giurisprudenza transitoria in particolare la notata diffe-
renza fra la prescrizione civile e la criminale conduce a con-
siderare l'influenza della legge nuova da punti di vista affatto
differenti . Nel gius civile si ricerca se l'acquisto di un diritto
tragga seco anche il diritto di escludere o di limitare l'azione

retroattiva della nuova legge intorno alla prescrizione ; nel gius


criminale diritti acquisiti non vi possono mai essere contro
l'applicazione di una legge nuova . La retroattività della nuova
legge sulla prescrizione penale può soltanto essere considerata.
e determinata col soccorso di quei principii di pubblico ordine
e di pratica convenienza, che abbiamo posti a fondamento di
tutta la teoria della penale retroattività .
Discordano appunto gli scrittori del gius transitorio nel de-
cidere se ed in quali casi le nuove leggi sulla prescrizione in
materia penale debbano avere effetto retroattivo . Mentre nes-
suno ha mai dubitato , nè potrebbe di certo dubitare che la
prescrizione , sia dell'azione penale , sia della pena, una volta
compiuta, al pari di tutti i fatti compiuti non possa più essere
rivocata da una legge nuova (v. Vol . I di quest'opera , pag. 34 ) ,
non sono invece sempre concordi le opinioni intorno alla legge
da applicare alle prescrizioni che sono in corso quando viene
attuata una legge nuova, differente in qualche punto dall'an-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 377

tica su tale argomento . Anche la giurisprudenza è varia ed


oscillante in proposito . Lo studio di questa quistione però ha
fatto progressi in questi ultimi tempi, specialmente per opera
del Meynne, il quale sottopose ad un esame assennatissimo le
opinioni dei suoi predecessori .

Benchè sogliasi trattare contemporaneamente della prescri-


zione dell'azione penale e della prescrizione della pena, noi
crediamo di dover seguire il contrario esempio , datoci dal
Vazeille e dal Brun de Villeret ( 1 ) . Imperocchè, essendo la
prescrizione della pena una determinazione dell'effetto della
sentenza, noi opiniamo che l'effetto retroattivo della nuova
legge su tale prescrizione si debba determinare con speciale
.
riguardo all'autorità della cosa giudicata.
La nuova legge sulla prescrizione dell'azione penale può
differire dalla precedente : a) circa l'ammissibilità o l'inammis-
sibilità della prescrizione rispetto a un dato reato ; b) circa la
durata della prescrizione ; c) circa gli altri requisiti della me-
desima.

Qualunque siano le discrepanze fra la nuova e l'antica legge


intorno alla prescrizione dell'azione , le differenti opinioni circa
la legge da applicarsi alle prescrizioni correnti , possono ridursi ,
come bene osserva il Meynne , a quattro .

Vi fu chi pensò doversi applicare di preferenza la legge an-


tica . Questa opinione , propugnata fra gli altri dal Bauer
(ap . Van de Poll , p . 69 , nota 1 ) , fu anche la prima accolta
dalla Cassazione di Francia, come lo provano per es . le sentenze
del 6 messidoro anno VII ( 2 ) , e del 24 ventoso anno XIII ( 3 ) .
Principale argomento fu l'art. 2281 del Codice Napoleone,
che si pretese applicare anche alle materie penali , e special-

(1) Traité théor. et prat. de la prescript. en matière criminelle, Paris


1863, pag. 63 e segg.
(2) Pasicr., 1ª sez. , 1ª part., Vol. 1 , pag. 362.
(3) Pasier., ib. , Vol. 3, pag. 602.
378 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

mente il dare per ragione a questo medesimo articolo un pre


teso diritto acquisito del prescrivente a continuare la prescri-
zione secondo la legge sotto la quale la cominciò , ove questa
sia meno rigorosa della nuova , e la mancanza nel prescrivente
di ogni fondamento per aspettarsi una legge meno rigorosa ,
nel caso contrario (v. Meynne , p . 171 ) . Osservarono inoltre i
fautori di quella opinione che dall'avviso contrario verrebbe
una conseguenza , assurda a loro credere , che cioè di due per-
sone le quali avessero commesso lo stesso reato a distanza di
pochi giorni l'una dall'altra , quella che lo avesse commesso
per la seconda dovrebbe aspettare ancor molti anni a compiere
la prescrizione dell'azione , se nel giorno in cui si compisse la
prescrizione a vantaggio di quella che commise il reato per la
prima, venisse attuata una nuova legge che allungasse di molti
anni il termine prescrizionale . Siffatta opinione non conta più
fautori al giorno d'oggi . - Altri pensò , ma anche questa è una
opinione ormai abbandonata , che le prescrizioni correnti sotto
due leggi differenti debbano essere regolate da ambedue le leggi
in proporzione al tempo che decorse sotto l'impero di ciasche-
duna. La stessa opinione noi abbiamo veduto essere stata se-
guita da parecchi scrittori rispetto alla prescrizione civile (v. Vol. I ,
pag. 360) . Nel diritto criminale fra gli scrittori che la propu-
gnarono fu il Merlin , nel suo ufficio di procuratore presso la
Corte di cassazione di Parigi, in parecchi casi che si presen-

tarono nel passaggio dalla legislazione penale del 25 settembre


1791 a quella del 3 brumale anno IV, e a quella del 1808
(v. Merlin , Rép. , voce Prescript. , sez . 1 , § III , X ) . Vedremo in
seguito che il Merlin si ricredette poi di tale opinione . La di-
mostrazione che egli ne diede si riduce al seguente ragiona-

mento . È principio che le leggi antiche conservano il loro


vigore fino a che non siano state abrogate , e che dopo questa
abrogazione, nulla più deve rimanere della loro autorità ; per

conseguenza le prescrizioni che corrono sotto due diverse leggi


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 379

devono essere regolate da ciascheduna legge in quella parte


che ne passò durante il suo impero , il che equivale a dire che
in quello stesso rapporto in cui il tempo trascorso fra il punto
di partenza della prescrizione secondo la legge antica , e la

pubblicazione della legge nuova, si trova col termine prescri-


zionale dell'antica legge , devesi pur trovare il tempo che ri-
mane a compiere la prescrizione col termine prescrizionale

stabilito dalla legge nuova ( 1 ) . L'opinione del Merlin prevalse


per molto tempo nella Corte di cassazione di Parigi , come lo
provano le sentenze del 26 floreale anno 13 (2 ) , 29 aprile (3 ) ,

7 maggio (4) , 23 giugno ( 5 ), 18 agosto 1808 (6 ) .


Una terza opinione è quella dell'applicazione della nuova
legge a tutte le prescrizioni correnti al momento della sua
attuazione. Essa non si è fatta molta strada finora nella giu-
risprudenza pratica, ma conta fra i suoi fautori più d'uno
autorevole scrittore . Tale fu l'insegnamento di Zachariae
(p . 43-45) , e dopo di lui Van de Poll (p . 67 ) , di Haus ( op . cit. ,
n. 239 di 583 , II ) , di Bertauld ( op . cit . , pén. 8 leç . , p . 190) ,
di Wächter (op . cit . , ap . Seeg. , p . 166 , nota 1 ) , e di Meynne
(p . 177 ) . Questi scrittori ne adducono per ragione principale il
non peggiorarsi la condizione del reo , il non infliggersi al reo un
male maggiore di quello che egli abbia meritato , per la circo-
stanza che venga o abolita la prescrizione ammessa e cominciata
sotto l'impero della legge precedente, o che la medesima venga
prolungata, o fatta dipendere da una condizione che la prece-
dente legge ignorava , o che sia più difficile ad avverarsi di un'altra
analoga, imposta da quella legge. Il reo che sperava di com-
piere la prescrizione in minor tempo , o a condizioni meno

(1 ) V. l'esempio riferito in nota a pag. 281 , Vol. I di quest'opera.


(2) Pasicr., 1ª sez . , 1ª part., Vol. 4, pag. 26 .
(3) Ib. , Vol. 5, pag. 73.
(4) lb., pag. 79.
(5) lb., pag. 113.
(6) lb., pag. 152.
380 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

difficili di quelle della legge nuova, aveva una mera aspettativa


o speranza, ma nessun diritto di approfittare della legge antica
sotto cui avea cominciato a prescrivere . Anche il Seeger (pa-
gine 167-168 ) ha per buone cotali ragioni , ma pur non ostante
egli crede che la nuova legge prescrizionale non debba essere
retroattiva, quando nol consenta la natura dei motivi che in-
dussero il legislatore ad emanarla . Se questi motivi sono de-
sunti da circostanze passeggere , come per es. da una maggior
gravità che il legislatore attribuisca a un dato reato , conside-
rato non per sè , ma in relazione alla condizione momentanea
della società , la prescrizione penale resa meno facile dalla legge
nuova , non potrà applicarsi ai reati commessi sotto l'impero
della legge precedente ; il contrario nel caso opposto. Questa
terza opinione è stata pure introdotta nel Codice penale bava-
rese del 1813 ( art . 2 ) , opera del celebre Feuerbach . Fra i

giudicati che l'hanno confermata , voglionsi citare due sentenze


della Corte di cassazione e della Corte d'appello di Bruxelles
del 13 e del 25 marzo 1838 (1 ) .
La quarta ed ultima opinione che ci rimane a menzionare ,
e la più comunemente accettata cosi dagli scrittori, come dalla
giurisprudenza e dalle legislazioni , è l'opinione che si applichi
alle nuove leggi sulla prescrizione il principio fondamentale
.
che presiede a tutta la dottrina della penale retroattività , cioè
sia retroattiva la nuova legge sulla prescrizione penale , se più
favorevole al reo della precedente , non lo sia se meno favorevole .
Fra gli scrittori che l'hanno propugnata voglionsi ricordare
Mailher de Chassat (2 , p . 298), Mangin (Traité de l'act. publ.,
ch . IV, sez. 2 , p . 1 ) , Hélie (op . cit. , III , § 189) , Trébutien
(op. cit . , I , p . 86-89 , ap . Meynne, p. 174, nota 2) , Rauter
(op . cit . , III , n. 852) , Morin ( Rep. , voce Eff. rétr. , n . 16 ) ,
Blanche (op . cit . , art . 4, n . 34) , Favard de Langlade (Rép., voce
Prescr. , sect. 1 , § 4 ) , Dalloz (Rép . , voce Prescr. crim . , § 12 ) ,
(1 ) Ap. SEEGER, pag. 166, nota 1 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 381

Costurier (Tr. de la prescr. en mat . crim. , ch . XV, n . 150 ) ,


Brun de Villeret (op . cit . , n . 100) , lo stesso Merlin (v. Brun
de Villeret, id. ib. ) dopo che si ricredette di un'altra precedente
sua opinione da noi riferita precedentemente, Köstlin ( Syst.,
p. 53 , ap . Seeg. , p. 166 , nota 1 ), Berner ( p . 56 e segg.) , e

Carrara (Progr. P. Gen. , § 770 e segg .) .


Fra le legislazioni l'opinione in discorso trovasi adottata
nella più volte citata Patente brunswickese (§ VIII ) , nella ba-
dese del 1845 ( § 6), e in quella del 1841 (§ 7 ) , così pure nel
Codice penale prussiano del 1851 (art . V) . Anche il Progetto
di Codice penale del Regno d' Italia dispone all'art. 88 : « qua-
lora le disposizioni della nuova legge relativa alla prescrizione
dell'azione penale e delle pene, e quelle stabilite dalle leggi
anteriori fossero diverse , si applicheranno le più favorevoli
all' imputato » . Il Seeger poi ci attesta ( p . 172) che la mede-
sima sentenza può dedursi dai termini generali nei quali è for-
mulato il principio direttivo dell'applicazione retroattiva delle
nuove leggi penali , nei Codici penali che vigevano nel 1862
nel Virtemberg, nell'Assia, nel Nassau, a Francoforte , a Co-
burgo , nell'Austria, nel Regno di Sassonia, nell'Oldemburgo e
nella Baviera.

Nella giurisprudenza francese l'opinione di cui parliamo è


fermamente stabilita, dappoichè la Corte di cassazione di Pa-
rigi con una sentenza 18 giugno 1812 ( 1 ) abbandonò per la
prima volta l'antico sistema che le era stato suggerito dal
Merlin, siccome disopra dicemmo . Causa di tale mutamento fu
la pubblicazione del più volte da noi citato Decreto imperiale
del 23 luglio 1810 , il quale stabili la massima che la nuova
pena più severa dell'antica non si dovesse applicare ai reati
anteriori , avendo la Corte di cassazione creduto di potere esten-
dere quel principio anche agli altri elementi del giudizio pe-
nale , oltre alla pena, della quale soltanto propriamente vi si
(1 ) D. R., voce Lois, n. 383.
382 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

ragiona (1 ). D'allora in poi la Corte di cassazione di Parigi


non si è più scostata dalla nuova sua opinione, come lo pro-
vano le sentenze 30 luglio ( 2 ) , 7 settembre ( 3 ) , 10 dicembre
1812 (4) , 7 gennaio (5) , 22 aprile (6 ) , 6 maggio ( 7) , 4 no-
vembre 1813 ( 8), 29 aprile 1815 (9) , 21 agosto 1817 (10 ) ,
25 novembre 1831 ( 11 ) . Nello stesso senso decise pure la

Corte d'appello di Parigi colla sentenza 8 aprile 1853 (12 ) .


Quanto alle ragioni addotte per sostenere l'opinione ultima
accennata, esse riduconsi in tutti gli scrittori a quelle medesime
che indussero la Corte di cassazione di Parigi ad applicare all'ar-

gomento in discorso il Decreto imperiale del 1810 , checchè si


pensi del resto intorno alla giustezza di questa applicazione . Ecco
per es. le parole di Mailher de Chassat (1. c . ) , le quali consuonano
coll'argomentazione di tutti gli altri fautori dello stesso avviso .
« Ragionando per analogia si dovrà dire che nel modo istesso
in cui la pena più mite pronunziata dalla legge antica o dalla
nuova deve essere preferita , così pure dovrà sempre essere
preferita la prescrizione più breve, statuita dalla legge antica.
o dalla nuova. Gli stessi principii e le stesse ragioni conducono
all'una soluzione e all'altra » . In altri termini , tutti coloro i
quali pensano che la legge nuova e più severa intorno alla

prescrizione non deve essere applicata alle prescrizioni cor-


renti, pensano così perchè ritengono che, una volta stabilita la

( 1 ) Néanmoins si la nature de la peine prononcée par le nouveau Code


pénal était moins forte, etc.
(2) Pasicr., 1ª serie, 1ª part. , Vol. 6, pag. 570.
(3) Ib., pag. 616.
(4) Ap. BRUN DE VILLERET, op. cit. , pag. 79.
(5) Ib., Vol. 7, pag. 79.
(6) Ib. , pag. 210.
(7) Ib., pag. 225.
(8 ) Ib., pag. 417.
(9) Ap. MEYNNE, pag. 174, nota 1 .
(10) Ib., pag. 611.
(11 ) 1b.
(12) lb.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 383

i Par massima della applicazione della più mite fra le due leggi pe-
nali, antica e nuova, questa massima debbasi applicare a tutti
lo pre
cent quanti gli elementi del giudizio penale, niuno eccettuato .

40 Delle surriferite opinioni scorge facilmente il nostro lettore


quali e per quali ragioni debbano essere da noi scartate .

jure & Chi invero pretende che la prescrizione penale si debba re-

3.12 golare secondo la legge vigente al tempo del reato , adducendo

ulting il diritto quesito del prescrivente a non essere sottoposto a

desir processo dopo decorso il tempo a ciò prestabilito dalla legge

all' sotto il cui impero commise il reato , mostra di non avere un

chiều esatto concetto del diritto acquisito . Questo deve , prima d'ogni

Ex altra cosa, essere propriamente introdotto dalla legge a van-


taggio dell' individuo che se ne trova investito , come noi ab-
rand
biamo osservato nella parte generale di quest'opera (Vol . I ,
VISO.
p. 200) ; ora la prescrizione non è di certo stata introdotta

alla onde migliorare la condizione dei rei, ma per considerazioni

ra di tutt'altra natura. Ripugna poi al buon senso che il diritto di

ca prescrivere l'azione penale sia acquisito col fatto di aver com-


messo il reato . Peggiore ancora è l'argomento che alcuni
no
giureconsulti francesi vollero desumere dall'art . 2281 del Co-
Di
dice civile. Questo articolo , come non mancò di osservare il
alla
Merlin ( 1. c . , p . 501 ) , seguito in ciò dal Dalloz (Rép. , 1. c. ,
or-
n. 383 ) , appunto perchè sta nel Codice civile, non può essere
a la
applicato alle materie criminali . Noi abbiamo osservato prece-
14 dentemente le sostanziali differenze che intercedono fra la pre-

scrizione in materia civile , e quella in materia criminale . Del


resto anche nel gius civile noi abbiamo dimostrato nella parte
generale di quest'opera (Vol . I , p . 375 e segg . ) l'inammissibilità
del principio contenuto in quell'articolo , e del modo in cui vi
è formulato . L'ultimo argomento poi , desunto dall'incon-
veniente che, per una sola distanza di pochi giorni fra due
reati, venendo attuata una legge nuova la quale prolunghi il
termine della prescrizione quando sia appena finita la prescri-
384 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

zione del primo reato , continui il secondo reato ad essere pu-


nibile per molti anni , è un argomento senza alcun valore ,
perchè, come bene osserva il Meynne ( p . 180) , esso ritorcesi
contro coloro che se ne valgono . Infatti se una legge nuova
che accorcia il termine prescrizionale non deve essere appli-

cata retroattivamente , ne conseguita che chi abbia commesso


il reato molto tempo dopo di un altro , debba trovarsi libero
da responsabilità penale, mentre l'altro vi sia ancor sottoposto ,
e vi debba rimanere per del tempo .

Quanto poi al primo sistema seguito da Merlin e dalla Corte


di cassazione, non ci pare fuor di proposito l'epiteto di « biz-
zarro , che gli attribuisce il Brun de Villeret (p . 66) . Infatti
mentre quel sistema si propone di conciliare l'antica legge e
la nuova, coll'applicarle ambedue , in realtà però limita l'ap-
plicazione dell'una e dell'altra dentro un periodo di tempo
minore di quello che ciascheduna prestabilisce, e quindi , come
bene osservano il citato autore (p . 57) e il Meynne (p . 178) ,
introduce una prescrizione affatto nuova, che non è nè di una
legge, nè dell'altra . Riflesso codesto, che ebbe pure sostan-
zialmente a fare la Cassazione di Firenze nella citata sua de-

cisione 21 febbraio 1872 (v . p . 373) .


Rimangono la penultima e l'ultima delle quattro opinioni sur-
riferite. L'ultima però non è che un complemento ed una cor-
rezione della penultima , come in generale il canone che fra la
legge penale antica e la nuova debbasi la più mite di prefe-
renza applicare , non è già un disconoscimento della fondamen-

tale verità che le nuove leggi penali debbono a tutti i casi


pendenti applicarsi, ma è piuttosto , come già dimostrammo ,
una modificazione di quel principio, onde conciliarlo coi ri-
guardi di equità e di politica prudenza, propri della penale
giustizia. Conseguentemente la quarta ed ultima delle riferite
opinioni , è quella che noi pure abbracciamo, appunto perchè
essa risolvesi nell'applicare alla prescrizione dell'azione pe-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 385

nale il fondamentale canone della penale retroattività, la cui

ragionevolezza e convenienza non è minore rispetto alla pre-


scrizione dell'azione penale , di quello che ad altro elemento
qualunque dal penale giudizio . E con ciò noi correggiamo nel
tema in quistione ciò che avevamo detto nella prima edizione
di quest'opera, riconoscendo che allora avevamo errato . La
più mite adunque e la più favorevole al reo , delle due leggi,
antica e nuova, in materia di prescrizione , quella si deve di
preferenza applicare ai casi pendenti .
La sola obbiezione di qualche importanza all'opinione da
noi adottata, è quella del Merlin (1. c . , pag. 505 ) , che , appli-
cando la legge nuova prescrizionale retroattivamente , si viene
a sottoporre a questa legge anche l'azione privata nascente dal
delitto , mentre le azioni private prescrittibili sono di regola
sottoposte alla prescrizione stabilita dalla legge del tempo in
cui sono surte . Imperocchè ella è opinione generalmente invalsa
nelle leggi e nella giurisprudenza , come bene dimostra fra gli
altri il più volte citato Brun de Villeret (pag . 284-299) , che
l'azione civile nascente dal reato non può più essere fatta va-
lere dopo che l'azione pubblica è prescritta , quand'anche la si
voglia presentare separatamente in sede civile. Ma noi osser-
viamo che , data l'accessorietà dell'azione civile nascente dal

reato, all'azione penale , non è più ragionevole rappresentare


l'eventuale abbreviazione della prescrizione della prima azione,
come un vero e proprio , cioè diretto effetto dell'abbreviazione
della seconda.

Il Brun de Villeret (pag . 75) si propone la domanda , se e


quale influenza possa avere sulla prescrizione dell'azione pe-
nale, non compiuta, una legge attuata su tale argomento nel-

l'intervallo fra l'epoca del reato e l'attuazione di una terza


legge, vigente all'epoca in cui la prescrizione viene fatta valere.
Coerentemente alle dottrine invalse in Francia intorno all' in-

fluenza della legge penale intermedia, generalmente conside-


GABBA -- Retr. leggi, II 25
386 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

rata, quello scrittore opina che se una legge siffatta modifichi


la prescrizione in senso favorevole al reo , debbasi tenerne
conto anche dopo che è stata abolita . Egli cita a confronto
della sua opinione autori e sentenze , che noi abbiamo già ci-
tate in una precedente occasione (pag. 327 ) ( 1 ) . Noi pure ,
coerentemente a quanto dicemmo in quel capitolo, e per le
ragioni ivi esposte, riteniamo invece che alla legge intermedia
intorno alla prescrizione penale non possa maggiormente aversi
riguardo nel giudicare, di quello che alla legge intermedia in-
torno a qualunque altro elemento del giudizio penale .
Veniamo ora a ragionare della prescrizione della pena .
Questa suole, come dicemmo , venir considerata dagli scrit-
tori della penale retroattività cumulativamente con quella del-
l'azione penale. Noi non abbiamo seguito questo sistema , perchè ,
mentre conveniamo col Carrara (1. c. ) che anche la prescri-
zione della pena è in sostanza una prescrizione dell'azione penale ,
riflettiamo però che la circostanza del concernere la prima gli
effetti di una sentenza giudiziale , non può venir trascurata nel
determinare l'efficacia di una nuova legge intorno alla medesima .
Invero la prescrizione della pena è un vero e proprio ele-
mento ed effetto della sentenza ; il giudice condanna il delin-
quente a poter essere sottoposto ad una certa pena o imme-
diatamente, oppure, nel caso in cui il delinquente evada, o sia
contumace, a potervi essere sottoposto fintanto che non sia

trascorso il termine prescrizionale statuito dalla legge vigente


al momento della sentenza . Se durante il decorso di questa

prescrizione viene emanata una legge nuova intorno ad essa ,


non è quindi possibile applicarvela , senza violare la cosa giu-
dicata, il rispetto della quale non è meno un principio gene-
rale del gius transitorio penale che di tutte le altre parti del
gius transitorio personale (v. sopra pag. 35 e 344) .

(1) Oltre alle sentenze citate a p. 324, il BRUN DE VILLERET cita un'altra
sentenza della Cassazione di Parigi del 13 febbraio 1814.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 387

Egli è vero bensi che anche la cosa giudicata penale può


essere ritoccata per conformarla ad una legge nuova , ma i
principii che noi abbiamo adottati su questa materia non si
possono applicare alla prescrizione della pena , considerata
come uno degli elementi della cosa giudicata penale. Impe-
rocchè la mitigazione dei principii relativi a quella prescrizione
non potrà mai essere considerata come una cosi grave mitiga-

zione della condanna penale , da doverlasi applicare retroatti-


vamente per soddisfare una imperiosa esigenza del sentimento
morale (v. sopra pag. 356).

In un solo caso noi crediamo applicabile retroattivamente


una nuova legge intorno alla prescrizione della pena, ed è
quello della introduzione di questa prescrizione rispetto ad una
data pena , la quale pel diritto anteriore non vi era sottoposta .
In questo caso invero la legge nuova toglie del tutto un effetto ,
di sua natura gravissimo , della condanna pronunciata , cioè la
perpetua durata dell'azione nascente dalla condanna medesima ,
e intesa a darle esecuzione.

Un solo scrittore, che noi sappiamo , il Vazeille (ap. Brun de


Villeret, p . 69), ha notato la sostanziale differenza che vi ha

nel gius transitorio penale fra la prescrizione dell'azione penale


e la prescrizione della pena , e adottata la stessa opinione che
noi propugnammo ; in cosi buona compagnia noi abbiamo
minor timore di esserci fuorviati , col non seguire le pedate del
maggior numero .

Una considerazione comune alla prescrizione dell'azione


penale e a quella della pena, è quella dell'influenza che sul-

l'una e sull'altra possa avere la mutata qualifica del fatto , in


virtù di una legge emanata nell'intervallo fra il reato e il giu-
dizio , o fra la condanna e l'esecuzione di questa .
Se dopo la perpetrazione del reato, e prima del giudizio
penale, una legge nuova attribuisce al reato un carattere più
388 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

grave di quello attribuitogli dalla legge precedente , la prescri-


zione dell'azione penale sarà certamente regolata dalla legge
anteriore, e nel caso opposto lo sarà dalla legge nuova ; non
essendo logico, come bene osserva il Meynne (pag. 186 ) , che
quella legge la quale verrebbe applicata se si trattasse di punire ,
non lo debba essere anche quando si tratta di decidere se si
debba o non si debba addivenire alla punizione. La prescri-
zione dell'azione penale è propriamente le prescrizione di quel-
l'azione che realmente verrebbe intentata, se la prescrizione
.

non vi si opponesse ; deve quindi essere desunta da quella me-


desima legge, la quale in quella ipotesi servirebbe di fonda-
mento all'azione. Che se la nuova legge penale ha cancellato
dal novero dei reati un'azione che era reato sotto la legge
anteriore , non sarà più possibile, dopo l'attuazione di quella
legge, ragionare di prescrizione dell'azione penale per un reato
che ha cessato di avere questo carattere .
Noi non possiamo però convenire nell'opinione adottata dalla
Corte di cassazione di Parigi nella sentenza 13 gennaio 1814 ( 1
che, se la legge nuova ha dichiarato crimine un reato , il quale
secondo la legge precedente era semplice delitto , l'imputato
possa invocare cionondimeno la prescrizione dei delitti sancita
dalla legge nuova, ove questa sia più favorevole di quella san-
cita dalla legge precedente . Imperocchè codesta decisione viene
a contraddire al principio che non si possa nella stessa materia
applicare una legge in parte, e in parte rifiutarla ( v . sopra ,

pag. 370) .
Se dopo la sentenza condannatoria , e mentre corre la pre-
scrizione della pena , una legge nuova dà un altro carattere al
fatto per cui la pena venne pronunciata, vuolsi distinguere
l'ipotesi che per la legge nuova non esista più il reato am-
messo dall'antica, dall'ipotesi di una semplice modificazione
.
della qualifica del reato.

(1) Pasier., 1ª serie, 1ª part., Vol. 7, pag. 501 .


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 389
resc
Nella prima ipotesi non vi ha più luogo di ragionare di
prescrizione secondo nessuna legge, essendochè per i principii
da noi esposti sopra (pag . 362) la sentenza penale non può
più essere applicata , ed è come non fosse stata neppure pro-
unite
nunciata , per il solo fatto dell'attuazione nuova , e dal giorno
se St
di questa attuazione . Ci sorprende che questa riflessione sia
sfuggita al Meynne e al Brun de Villeret .
ques Nella seconda ipotesi, la prescrizione sarà sempre regolata
dalla legge che servi di base alla sentenza condannatoria per
la stessa ragione per cui dicemmo sopra che ad una prescri-
zione della pena, non finita , non si applica una legge nuova ,
la quale soltanto modifichi la durata e le condizioni della
prescrizione nel caso di cui si tratta . La cosa giudicata cioè
deve essere rispettata . Di ciò convengono tutti gli scrittori , et
fra gli altri il Meynne (pag . 184) , e il Brun de Villeret ( p . 70),
i quali per altro è mirabil cosa che non abbiano applicato lo
stesso principio alla durata e alle condizioni della prescrizione .
Ma se la sentenza condannatoria è stata pronunciata in
contumacia, e il condannato si presenta , la nuova qualifica
del reato può benissimo influire sulla prescrizione della pena ,
a favore del condannato . Dichiara la Corte di cassazione di

I Parigi nella sentenza del 25 novembre 1830 (1 ) : attesochè,


dice la Corte, la prescrizione deve essere regolata secondo
quella legge , che nel concorso di due prescrizioni differenti ,
2 può farla riputare acquisita a profitto dell'accusato ; che , nel
fatto, per sentenza della Corte d'assise del Dipartimento del-
l'Orne del 21 febbraio 1821 , e conformemente all'art . 338 del

1 Codice penale, E. G. , allora contumace , fu condannato alla


pena di sei anni di reclusione , come colpevole del furto d'una
cavalla, commesso in luogo chiuso ; che non si presentò onde
purgarsi di questa condanna che il giorno 8 ottobre ultimo
scorso, e che pel fatto di questa presentazione quella sentenza
(1) Pasier., 2 serie, 1ª part., Vol. 14, pag. 815.
390 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

fu immediatamente tolta di mezzo , di pien diritto , in virtù .


dell'art . 476 del C. d'instr . crim.; che per conseguenza egli

non fu più da quel momento passibile se non di pene corre-

zionali , perchè l'art. 2 della legge 25 giugno 1824 è la sola


disposizione espressa che gli possa venire applicata ; che, de-
cidendo non esservi luogo di infliggere attualmente ad E. G.
queste pene, perchè cominciò legalmente a prescriverle dal
giorno della sua condanna contumaciale, e perchè d'allora in
poi sono passati cinque anni , la sentenza impugnata non ha
fatto che applicare la legge del 25 giugno suddetto , ecc . » .
Noi troviamo giustissima la riferita argomentazione , e noi
pure siamo dell'avviso adottato dalla Corte . Invero , poichè la
sentenza contumaciale non impedisce un nuovo processo pe-
nale , ove il condannato si presenti, questo processo deve, al
pari di qualunque altro, farsi dietro un'azione basata sulla

legge attuale , che nell'ipotesi sarebbe una legge nuova, ma


non deve poter farsi , se a termini di questa legge l'azione
penale risulta essere prescritta. È questa per noi un'applica-
zione del principio già enunciato precedentemente , che la
prescrizione dell'azione penale deve essere desunta dalla stessa
legge su cui è fondata l'azione.

Di contrario avviso sono Haus (op . cit. , n. 239) , Meynne

(pag . 184-185 ), Brun de Villeret (pag . 73), ed anche la Corte


di cassazione di Bruxelles in una sentenza del 13 marzo

1838 (1 ) dichiarò : che « la generalità dei termini dell'arti-


colo 635 del Cod. d'instr. crim. (2 ) non permette che si faccia
distinzione fra le sentenze contraddittorie e le contumaciali ;

una costante giurisprudenza ha sempre voluto vent'anni com-


piuti per la prescrizione delle pene inflitte dalle seconde, come
per quella delle pene inflitte dalle prime » . In realtà l'argo-

(1) Pasicr. belge, ap. MEYNNE, pag. 185 .


(2) Les peines portées par les arrêtes ou jugements rendus en matière
criminelle se prescriront, etc.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 391

mento addotto in questa sentenza è pur quello di cui princi-


palmente si valgono i citati scrittori , ma appunto perciò la
loro opinione non ci sembra abbastanza dimostrata , appog-
giandosi piuttosto sull'interpretazione letterale che sull'inter-
pretazione logica di un passo di legge . Ed anche questa volta
noi dobbiamo meravigliare che i citati scrittori non abbiano
approfondito l'esame della differenza che passa fra la prescri-
zione di una sentenza penale pronunziata in contraddittorio e
quella di una sentenza contumaciale, e non abbiano scorto
che dal momento in cui dopo la seconda sentenza viene ria-
perto il processo , quella sentenza non è più considerata affatto ,
rivive l'azione penale, e quindi la prescrizione non può più
essere che prescrizione di quest'azione . La nostra meraviglia
poi giunge al colmo di fronte al Brun de Villeret , il quale ra-
senta da vicino la verità , e pur non la scorge , perchè egli pure

avverte (ib. ) che : « per la comparsa del contumace la con-


danna contumaciale è tolta di mezzo , l'azione pubblica rinasce,

ně può più essere quistione di prescrizione della pena >


» , ma
qui s'arresta, e non prosegue ad avvertire che l'azione pubblica
rinata non può essere che l'azione consentita dalla legge vi-
gente al momento in cui il contumace è ricomparso , e conse
guentemente che la prescrizione di tale azione deve essere
regolata conformemente alla generale dottrina transitoria della
prescrizione penale , cioè secondo la più mite legge per quella
sotto il cui impero il reato venne commesso , e quella attual-
mente imperante .
392 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

CAPITOLO XXIV .

Del giudice competente.

La competenza del giudice è il primo punto che viene esa-


minato quando si intraprende qualunque processo . Esso appar-
tiene al diritto processuale, epperò parrebbe che nella teoria
della retroattività vi si dovesse riferire il principio fondamen-
tale del gius transitorio processuale, sia civile, sia penale , che
la legge nuova si applica immediatamente non meno alle cause
pendenti, che alle future, e, rispetto a queste ultime , non meno
a quelle occasionate da un fatto accaduto prima, che da quelle
occasionate da un fatto accaduto dopo l'attuazione della legge
nuova . Ciò nondimeno nel campo del gius penale vi furono
scrittori e tribunali i quali opinarono non potere la nuova

legge sulla competenza venire applicata retroattivamente , come


la si applica nel campo del gius civile, o almeno esclusero tale
applicazione in certi casi ; altri invece propugnarono la con-
traria sentenza , e non ammisero nessuna eccezione . Questa
controversia appunto noi dobbiamo ora studiare.
< in ma-
Chauveau ed Hélie (n . 50-52 ) sono d'avviso che «
teria criminale la forma fa parte del diritto dell'accusato » , e

quindi pensano che l'autore di un reato non possa essere


giudicato da altro tribunale fuorchè da quello dichiarato com-

petente dalla legge vigente all'epoca del reato . Questa opinione


però non è ammessa dalla maggior parte dei giureconsulti , e
per es . da Bertauld ( op . cit . , pag . 182-190 ) , Trébutien (op .
cit. , I , pag. 84-86 ) , Legraverend ( op . cit . , II , cap . 1 , § 6 ) ,
Rauter (op . cit . , n. 8), Le Sellyer (Tr. d. dr. crim. , n . 1460 ,

ap . Meynne , pag. 132 , nota 1 ) , Duverger (Men. d. jug. d'instr. ,


ch . 1 , n. 9 ) , Blanche (op . cit . , n . 28), Morin ( Rep. , voce Rétr . ,
n. 11 ), Dalloz (loc . cit. , n. 340) , Meynne (pag . 130) , Berner
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 393

(pag. 65-66 ) . Anche Zachariae ammette in tesi generale che


le nuove leggi giudiziarie sono retroattive (pag. 39-40) , quan-
tunque egli poi aggiunga a questo principio alcune restrizioni .
La Corte di cassazione di Parigi ha pure più volte dichia-
rato che una nuova legge di competenza si applica anche a
reati anteriori alla sua attuazione. Possiamo citare in prova le

seguenti sentenze : 24 giugno 1813 ( 1 ) , 25 novembre 1819 ( 2) ,


10 maggio 1822 ( 3 ) , 16 aprile 1831 (4) , 12 ottobre 1848 (5 ) ,
16 marzo (6) , 12 luglio ( 7) , 21 settembre 1850 ( 8 ) , 5 no-
vembre 1852 (9 ) , 12 settembre 1856 (10 ) , 30 giugno 1859 (11 ).
Non meno esplicite furono eziandio parecchie volte le legis-
lazioni nello statuire la retroattività delle nuove leggi sulla
competenza ; per esempio le leggi 18 piovoso , anno IX , e
23 floreale, anno X, e il decreto del 13 luglio 1810 ( arti-
colo 4 ) . Leggi poi che dissero in generale retroattive le nuove
disposizioni intorno all'istruzione delle cause penali , la quale
espressione generale può comprendere anche la competenza
del giudice, sono pur molte, e fra le francesi possiamo citare
il Decreto consolare del 5 fruttidoro , anno IX, la legge 19 pio-
voso, anno XIII , e la legge del 20 dicembre 1815 (art. 19) ,

che stabili le Cours prévôtales . In Italia fu pure ordinato più


volte dal legislatore , dopo il 1859 , che le cause penali pen-

denti venissero portate davanti alle autorità designate dalle


nuove leggi sulla competenza penale, nello stato in cui si

(1) Pasicr., la serie, la part., Vol. 7, pag. 288.


(2) 1b., Vol . 9, pag. 513.
(3) Ib ., 2ª serie, 1ª part. , Vol . 10, pag. 581 .
(4) Ib. , Vol. 15, pag. 199.
(5) D. R., voce Lois, n. 340.
(6) D. R. 1850, 1ª part., pag . 95.
(7) Ib. , pag. 254.
(8) Ib., pag. 335.
(9) D. pag. 1852, 5ª part., pag. 417 .
( 10 ) Id., 1856 , 1ª part. pag. 417.
(11 ) Ap. MEYNNE, pag. 135, nota 1 .
394 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

trovavano . Ciò è prescritto p . es . dalla legge 16 novembre 1860


(art. 1 ) per l'attuazione del Codice di procedura penale nel-
l'Emilia, e dal decreto reale 30 novembre 1865 (art . 1 ) per
l'attuazione di un nuovo Codice di procedura penale per tutto
il regno .
Le ragioni di tanto accordo fra scrittori , legislatori e tribu-
nali si riducono in sostanza a due principali. -- La prima è

l'indole stessa delle leggi sulla competenza , e in generale delle


leggi procedurali , le quali non concernono il diritto degli in-
dividui, ma solo i modi e i mezzi di venire a conoscerlo e

determinarlo . Questo modo e questi mezzi , al pari di tutte le


altre leggi in materia di forme, devono essere scelti e deter-
minati dallo Stato, e non dagli individui , diçe il Berner (p . 65 );
attengono al diritto pubblico , diceva il Dupin all'Assemblea
nazionale di Francia nel 1848 (1 ) . Egli è vero pur troppo , e
nessuno lo nega, che l'introduzione di tribunali eccezionali è

un riprovevole mezzo di intimidazione , per il pericolo che


racchiude di condanne ingiuste , e che in casi di tal fatta
nessun imputato vorrebbe essere distratto dalla giurisdizione
ordinaria, ma tutti pure osservano che in vista di tali casi sol-

tanto non si può stabilire un principio generale . Il Berner poi


(pag. 66) e il Meynne (pag. 130-111 ) riflettono che non nei
principii giurisprudenziali sulla retroattività penale , ma piut-
tosto nello stesso diritto costituzionale dello Stato vuolsi cer-

care la guarentigia contro siffatti abusi ; imperocchè altrimenti ,


quand'anche fosse certo in giurisprudenza che un tribunale
eccezionale non potesse conoscere dei reati commessi prima
della sua installazione , sarebbe sempre libero ad un Governo
tirannico l'ordinare espressamente siffatta competenza mediante
apposita legge ( 2) . Un'altra ragione è l'impossibilità pratica di

( 1 ) Seduta del 4 novembre. V. Hist. parlam . de l'Assembl. nation . franç.,


Bruxelles 1848, tomo vi , pag. 556. Ap . MEYNNE, pag. 133 .
(2) La legge costituzionale belgica provvide a questo bisogno. In essa
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 395

conservare in vigore per alcuni casi soltanto le giurisdizioni che


sono state abolite . Osserva argutamente il Meynne (p . 126 ) che ,

se fosse vera l'opinione da lui combattuta , dopo l'abolizione


dei Parlamenti in Francia, un emigrato rientrato più tardi in
patria, avrebbe potuto declinare la competenza del giuri col
pretesto che gli atti suoi anteriori all'emigrazione sottostavano
alla giurisdizione dei Parlamenti, e che questi dovevano essere
ricostituiti per giudicarlo .

Ma se oggidi universalmente si ammette non scaturire da


un reato il diritto del delinquente di essere perpetuamente
giudicato dal tribunale che sarebbe stato competente quando il

reato fu commesso , non è però opinione generale che le nuove


leggi sulla competenza penale siano sempre e senza eccezione
retroattive. Differenti restrizioni vengono apposte a quel prin-

cipio da differenti autori .

Vi ha chi pensa che l'antica legge sulla competenza debba


essere seguita almeno nei casi nei quali un tribunale si trovava
già investito della competenza allorquando la nuova legge
venne attuata . Questa opinione fu la prima volta propugnata
dal Merlin (Rep . , voce Compétence, § 3) in una sua requisitoria
alla Corte di cassazione di Parigi per una sentenza che venne
poi emanata il 4 messidoro, anno XII (1 ) . « La retroattività ,
egli diceva, è la regola : ma oltre a questo principio ve ne ha
un altro , non meno costante, e che i giureconsulti romani
enunciarono col noto adagio : ubi acceptum semel judicium ,
ibi et finem accipere debet. Che un tribunale non possa più
giudicare , perchè una legge nuova , sopraggiunta durante
l'istruzione, abbia mutato le regole della competenza , ripugna

non è soltanto detto (art. 8 ) che : « nessuno può essere distolto contro la
sua volontà dal giudice che la legge gli assegna » ; ma è altresì proibita
(art. 94) la creazione di commissioni e tribunali straordinari sotto qua-
lunque denominazione.
(1 ) D. R., voce Lois, n. 350 , nota 3.
396 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

.
a tutte le idee ricevute, è un sistema condannato in pari tempo
dalla ragione e dal Diritto Romano » .
L'opinione del Merlin è stata poi seguita da Mailher de
Chassat (2 , p . 255) , Bertauld (op . cit . 8 , lec. ) , Le Sellyer ( op .
cit . , n . 1462) , e Dalloz (b . c. , n . 351 ) . Essa è pur stata accolta
in qualche legge, e per es . nelle leggi francesi 13 gennaio 1792

(art. 7 ) (1 ) e 20 dicembre 1815 , 8 ottobre 1830 , le quali am-


bedue riservarono ai processi pendenti le antiche forme d'istru-
zione che in molti casi per le antiche leggi spettava ai tribunali
civili. La giurisprudenza l'accolse pure parecchie volte , e p . es .
la Corte di cassazione di Parigi nelle sentenze 15 e 28 dicembre
1792 (2) , colle quali applicò la citata legge 13 gennaio di quel-
l'anno , nella citata sentenza 4 messidoro anno 12 , nella sentenza
25 agosto 1809 ( 3 ) , e in quelle del 24 ottobre 1817 (4 ) , 10 mag-

gio 1822 ( 5), 22 settembre 1832 (6) . La penultima sentenza


citata riguardava un delitto di stampa commesso sotto l'impero
della legge 26 maggio 1819 , che ne attribuiva la cognizione
alla Corte d'assise, ma rispetto al quale non era ancora stata
emanata sentenza di rinvio dalla Camera d'accusa , quando fu
attuata la legge 25 marzo 1822 , che restituiva quella cogni-
zione ai tribunali correzionali . La Corte decise nei termini

seguenti : « considerando , sul mezzo di cassazione desunto


dal principio della non retroattività delle leggi, che nel silenzio
della legge rispetto alla sua influenza sul passato , tale principio
.
non è applicabile che alla sostanza (au fond) dei diritti acqui-
siti, e alla punizione dei delitti anteriormente commessi , ma

(1) Toutes les plaintes ou accusations suivies d'informations, anté-


rieures à l'époque de l'installation des tribunaux créés parla loi du sept.
1791, ont dû être jugées non par des jurés, mais par les tribunaux qui
se trouvaient précédemment saisis et dans les anciennes formes.
(2) D. R. ib.
(3) D. R. nota 3.
(4) R. G. 1817.
(5) D. R. ib ., nota 2 ; vedi anche sopra pag. 392.
(6) Ap. MEYNNE, pag. 137, nota 1 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 397

non alle regole colle quali questi diritti e delitti devono essere
conosciuti dai tribunali ; che, se è pur regola che ogni pro-

cesso deve essere giudicato da quel tribunale che già ne im-


prese la cognizione, fintantochè esso non sia stato soppresso ,
e nulla di contrario sia stato ordinato dalla legge che stabili
una nuova competenza , detta regola però non può essere ap-
plicata al caso in questione, perchè al momento della promul-
gazione della legge 25 marzo 1812 nessuna sentenza di rinvio
era ancor stata emanata dalla Camera d'accusa, solo modo
riconosciuto dalle leggi anteriori d'investire della competenza
la Corte d'assise , d'onde risulta che in questo stadio del pro-
cesso, il ricorrente doveva, giusta il mutamento di competenza
introdotto dalla nuova legge 25 marzo 1822 , essere rinviato
alla polizia correzionale, rigetta, ecc . » (1 ) .
Per quanto siano autorevoli le riferite testimonianze , l'opi-
nione del Merlin ha pure trovato autorevoli contraddittori . Non
l'accettano per es . il Mangin (De l'instr. ecr. , II , n . 179) , il
Trébutien ( op . cit. , 1 , tit. 2 ) , il Blanche ( op . cit . , art . 4 , n . 38 ) ,
e il Meynne (pag. 137-138 ) ( 2) . Quest'ultimo riflette che dif-

( 1 ) Questa sentenza stabilisce anche la massima che una Corte d'assise è


investita della competenza a conoscere di un crimine, dal momento e in
virtù della sentenza di rinvio della Camera d'accusa. In materia corre-
zionale i tribunali sono investiti sia mediante rinvio fatto dal regio procu-
ratore, sia mediante citazione diretta in certi casi ( Dalloz, l . c., n. 352) .
(2) II MEYNNE cita in questa occasione il DALLOZ, che noi abbiamo anno-
verato fra i fautori dell'opinione del MERLIN, e precisamente il passo me-
desimo da noi citato : R., voce Lois , n. 351. Noi crediamo che il MEYNNE
non abbia attentamente considerato quel passo . Il DALLOZ dice bensi : cette
dernière opinion est, on ne peut se le dissimuler, plus conforme au prin-
cipe que nous avons reconnu nous mêmes, etc.; ma poi soggiunge : toute-
fois on devrait, ce semble, tempérer l'application de ce principe, toutes
les fois, que l'intérêt du prevenu ou de l'accusé semblerait l'exiger, alors
que la juridiction précédente aurait été régulièrement saisie avant la
promulgation de la nouvelle loi . Non sarebbe però forse indiscreto il dire
che il DALLOZ non ebbe in questa questione una opinione ben determinata ,
e che le sue parole possono essere ugualmente invocate dai sostenitori delle
due opposte opinioni .
398 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

ficilmente si può ammettere che un semplice atto d'istruzione


possa bastare ad impedire la retroattività di una legge di com-
petenza, mentre, rispetto agli altri elementi del giudizio penale ,
la retroattività della legge nuova non riconosce altro ostacolo
fuorchè la cosa giudicata (1 ) . Addentrandosi poi maggiormente
nella quistione, il Meynne riflette eziandio che la combattuta
opinione non ha in sostanza altro fondamento scientifico.

fuorchè la L. 30 , D. De judiciis , ma che questa legge è affatto


estranea alla quistione . Imperocchè in questa legge , egli dice ,
trattasi del quasi - contratto che si fa davanti al giudice civile
mediante la litis contestatio , il quale quasi-contratto non ha
riscontro nel diritto criminale ; molto meno si contempla in
questa legge la possibilità che ad un giudice venga sostituito
un altro non per fatto dei contendenti , ma in virtù d'una legge
nuova, attuata mentre pende il giudizio .
Non mancano poi neppur leggi e decisioni contrarie all'opi-
nione del Merlin . Per es. la già citata legge 26 maggio 1819
(art. 30) dispone che la giurisdizione della Corte d'assise da

essa introdotta pei reati di stampa, si applichi , al pari delle


altre forme processuali da essa ordinate, a tutte le procedure
pendenti , nelle quali non sia intervenuta una sentenza defini-

tiva . Questa disposizione diede occasione alla già citata sen-


tenza della Cassazione di Parigi del 25 novembre 1819 (vedi
sopra, pag. 393) . Prima e dopo quell'epoca la stessa Corte
aveva pur seguito e seguì più d'una volta lo stesso avvisò,
come lo provano le sentenze 6 settembre 1793 (2) , 16 aprile
1831 (3 ), e le già citate (v. sopra , ib . ) del 12 ottobre 1848 , c
del 12 settembre 1856. Nella sentenza del 1831 la Corte di-

chiarò essere di regola , a meno di una contraria disposizione

(1) Noi pure abbiamo stabilito sopra che per ritoccare la cosa giudicata,
onde conformarla alla nuova legge penale, il giudice vi deve essere espres-
samente autorizzato dal legislatore.
(2) Pasicr., 1ª serie, 1ª part., Vol. 1 , pag. 33.
(3) D. R., 1. c., n. 351 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 399

legislativa, che i processi criminali nei quali non vi ha ancora


sentenza definitiva e in ultima istanza , debbano essere conti-
nuati nelle forme e davanti ai tribunali nuovamente istituiti >>

Gli stessi giureconsulti però , i quali ammettono l'applica-


zione retroattiva della nuova legge sulla competenza penale ,

tanto rispetto ai reati già commessi , ma che non avevano an-


cora dato occasione a procedura criminale allorchè la nuova
legge venne attuata, quanto rispetto a quelli pei quali il pro-
cesso non era allora ultimato, non s'accordano nel giudi-
care se debba essere retroattiva anche una legge la quale
istituisca una competenza eccezionale. Accade qualche volta in
qualunque Stato, anche dei meglio governati e costituzionali ,
o per motivo di interne turbolenze, o per meglio organizzare
la difesa di una città contro un nemico esteriore, che si con-

centri il potere amministrativo e il giudiziario nelle autorità


militari, dichiarando la località in istato d'assedio. In virtù di
questa misura, certe determinate categorie di reati, oppure
tutti quanti i reati d'una certa gravità, che si commettono
nel luogo dichiarato in istato d'assedio , dopo questa dichiara-
zione, sono di competenza dei tribunali militari ; ma se questa
competenza si estenda anche ai reati commessi prima di tale
dichiarazione , è una quistione dibattuta fra gli scrittori del
gius transitorio penale . È questa certamente una delle più im-
portanti quistioni transitorie, ove si pensi quanto gravi limita-
zioni subiscano i più preziosi diritti dei cittadini sottoposti al
governo militare , epperò quanto si debbano piuttosto restrin-
gere che allargare i poteri di un tal governo, quando sia stato
eccezionalmente introdotto .
Mailher de Chassat (2 , p . 260-266) non ammette la retro-
attività delle competenze eccezionali di cui parliamo , se non
allorquando la legge sulla quale esse fondansi , sia una legge
permanente dello Stato. Se la proclamazione dello stato d'as-
sedio non è in uno Stato che l'applicazione di una legge
400 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

preesistente su questo argomento , per questo solo motivo essa


non è secondo quello scrittore una misura eccezionale, epperò
la competenza dei tribunali che agiscono in virtù di essa ,
estendesi non meno ai reati già commessi prima che siano
entrati in funzione, che a quelli commessi dopo . Ma se lo stato
d'assedio vien dichiarato in virtù di una legge o di un prov-

vedimento momentaneo , assume in tal caso un carattere

eccezionale , che impedisce di dare alla legge effetto retroat-


tivo (1 ) . Tale è pure l'opinione del Mangin (op . cit . , 2 , p . 279 ) .
Altri, come Kleinschrod (ap . Zachariæ, nota 18 ) , Zachariæ
(pag. 16 ) , Berner (p . 74) , opinano invece che in nessun caso
la competenza di un tribunale eccezionale si applichi retroat- 1

tivamente ai reati commessi prima che siano cominciate le


sue funzioni . Il Berner, fra gli altri, ragiona in proposito nel
seguente modo . Accanto ai tribunali eccezionali continuano
ad esistere e a funzionare i tribunali ordinari , epperò la pos-
sibilità non cessa che dei reati pei quali ebbero competenza i
tribunali eccezionali, ma commessi prima che essi comincias-
sero a funzionare , continuino a conoscere i tribunali ordinari,

come per lo addietro ; che poi quella possibilità si traduca in


atto , non si oppongono le ragioni per le quali i tribunali
eccezionali furono messi in azione, o in altri termini non vi ha
necessità di questa retroattività ; imperocchè il diritto che ha
la società di difendersi con quella misura eccezionale non può
riferirsi che a mali imminenti o futuri, non al passato .
La stessa opinione è stata accolta, a detta dello Zachariæ
(nota 18 ) , nel Codice penale bavarese (P. 2, art. 441-556) ,
come pure lo fu nel Codice penale austriaco del 1803 (P. 1 , 1
§ 500-513) ( 2) . E in tal senso decise anche il Tribunale di

(1 ) Anche il MEYNNE (pag. 127 ) intende così il citato brano del Mailher
de Chassat, il cui linguaggio è in questa occasione veramente infelicissimo.
(2) Tale fu pure l'opinione sostenuta in quell'occasione da ODILON BARROT
(Gazz. d. Trib., n. 2147) .

"
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 401

Laval nella sentenza dell'11 giugno 1832 ( ap . Van de Poll ,


pag. 78 ) , in seguito alla proclamazione dello stato d'assedio
avvenuta nella città di Parigi in virtù di un editto regio del
6 di quel mese, la quale proclamazione fu veramente la prima
occasione della disputa scientifica di cui parliamo . I motivi di

quella sentenza furono i seguenti. « Considerando che i giu-


dici naturali di un delitto o di un crimine, e di ogni imputato

di questi fatti , non possono essere che quelli esistenti nel


giorno in cui i medesimi vennero consumati ; che non può
ammettersi e sarebbe pericolosa l'opinione che l'introduzione
di una giurisdizione, specialmente in vista di fatti già accaduti ,
sia una quistione di mera forma ; che tutto quanto si riferisce
alla costituzione o all'ordine delle giurisdizioni è fondamentale
e sacro , e costituisce per ogni francese un diritto inviolabile
di non rispondere dei fatti propri che davanti a un tribunale
certo e anticipatamente conosciuto , ecc . » .
Altri ancora, come il Van de Poll (pag . 75-80) e il Meynne
(p . 134) sono d'avviso che in ogni caso la competenza di un
tribunale eccezionalmente introdotto si applichi retroattiva-
mente anche ai reati commessi prima della sua installazione .
Essi riguardano come di pura forma siffatta innovazione , e
quindi non pericolosa al diritto ; il Meynne poi osserva eziandio
che, o l'introduzione di siffatti tribunali è permessa da una

legge preesistente , e non la si può dire provvedimento ecce-


zionale in senso odioso , od è l'effetto di una legge eccezionale ,
e il negarle effetto retroattivo non può servire a prevenirne
gli abusi , perchè il legislatore potrà anche permettersi di or-
dinare quella retroattività espressamente. La stessa opinione
è pure stata sostenuta in Francia in due memorande occa-
sioni da due illustri magistrati, cioè nel 1832 dal Persil , pro-
curatore generale presso la Corte d'appello di Parigi, e nel 1848
dal Dupin, procuratore generale presso la Corte di cassazione

di Parigi . Questa Corte ha poi sempre seguito tale opinione ,


GABBA --- Retr. leggi, II 26
402 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

come lo provano le sentenze : 12 ottobre 1848 (1 ), 12 luglio


1850 ( 2) , 21 settembre 1850 ( 3 ) , 30 giugno 1859 (4) .
Abbiamo esposte completamente le varie dottrine che sono
state professate fino ad oggi circa l'azione retroattiva delle
nuove leggi intorno alla competenza penale, ed ora veniamo
ad esporre il nostro modo di vedere .

Noi pure siamo persuasi che quelle leggi , siccome di pura


forma, si applichino eziandio ai reati commessi prima della
loro attuazione, e che la circostanza , in particolare , dell'essere
stata cominciata la procedura davanti ad un altro giudice , vi-
gendo la legge precedente, non osti menomamente a tale re-
troattività. Le ragioni che sono state addotte a questo proposito
da autorevoli nostri predecessori, e che abbiamo riferite sopra,
ci dispensano dal tentarne noi stessi la dimostrazione ; noi

accettiamo pienamente quelle ragioni .


Anche le competenze eccezionali noi crediamo che si deb-

bano applicare non meno ai reati già compiuti prima che


siano state introdotte, che a quelli compiuti dopo . Noi siamo
lungi dal negare che la promulgazione dello stato d'assedio

sia sommamente odiosa , e pericolosa alla libertà dei cittadini ,


e non siamo neppur lontani dall'ammettere che cosiffatta mi-

sura è incompatibile collo spirito di un governo costituzio-


nale , ma siccome non possiamo d'altra parte scorgere nella
sostituzione dei tribunali militari ai civili altro che un muta-

mento di forma , il quale di per sè solo non implica nè una


differenza nella pena, nè una diminuzione nei mezzi di difesa
.

dell'accusato , cosi ci pare inevitabile l'applicarvi il principio.


generale che le nuove competenze penali si applicano anche
ai reati già commessi .

(1) V. sopra pag. 393.


(2) Ib.
(3) Ib.
(4) Ib.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 403

L'obbiezione del Berner che la proclamazione dello stato


d'assedio , come difesa necessaria della società , non possa ri-
ferirsi che ai reati avvenire , ci sembra poco savia ; più ragio-
nevole ci sembra invece l'osservazione di Dupin (ap . Meynne ,
pag. 135) , e di Meynne (ib . ) , che, allorquando lo stato d'as-
sedio viene proclamato per soffocare una insurrezione na-
scente, si andrebbe contro al suo scopo se non lo si applicasse
anche a coloro che già violarono le leggi , ed anzi questi ul-
timi, i quali diedero motivo a quell'eccezionale misura , ver-
rebbero in tal modo trattati più favorevolmente di coloro i
quali in seguito non fecero che obbedire ad un primo im-
pulso ricevuto da loro .

La distinzione poi fra l'istallazione di un tribunale eccezio-


nale, che si faccia in virtù di una legge permanente su tale pro-
posito , e quella che si faccia in virtù di una legge o di un
decreto eccezionale del pari, ci sembra affatto irrilevante , se
veramente, come supponiamo , la mutazione di competenza
non trae seco differenza nella pena e nei mezzi di difesa del-

l'accusato . Imperocchè in tali ipotesi la data della legge non


può essere circostanza tanto decisiva , quanto l'indole del suo
contenuto , che è tutto formale . D'altronde, in che cosa dif-
ferisce la emanazione di una legge eccezionale sulla compe-
tenza, dall'emanazione di una legge permanente sul medesimo
.
subbietto e nella medesima occasione ? Dove una legge di
quest'ultima specie non esiste, penerà poco ad introdurla, non
appena se ne presenti il bisogno , quel legislatore il quale

voglia darle la maggior estensione possibile e sappia che non


potrebbe dare questa estensione ad una legge transitoria.
Che se l'introduzione di una competenza eccezionale fosse
accompagnata altresi da nuove disposizioni di legge circa la
pena ei mezzi di difesa del reo , la quistione muterebbe
aspetto , e dovrebbe essere anche diversamente risoluta . In
questa seconda ipotesi noi crediamo necessaria la distinzione
404 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

che abbiamo rigettata nella prima . O la legge, in base alla


quale è introdotto il nuovo ed eccezionale sistema , è anteriore
ai fatti che diedero occasione di attuarlo , e non potendosi in

tal caso considerarla come legge nuova , la si dovrà applicare


anche a quei fatti, sia rispetto alla competenza , sia rispetto

alla pena ed alla procedura ; oppure la legge in discorso


venne promulgata in vista di dati fatti accaduti, e non la si
potrà applicare ai medesimi in nessuna sua parte, perchè le
nuove leggi penali più severe non si possono applicare retro-
attivamente, nè i soli nuovi principii sulla competenza potreb-
bero nell'ipotesi di cui ragioniamo , aver effetto retroattivo ,
separati dalle altre leggi materiali e formali che i nuovi giudici
dovrebbero applicare .

Mal non si apposero quindi nel 1832 gli avvocati di Pa-


rigi (v. Van de Poll, pag. 77 ) , i quali per combattere l'effetto.
retroattivo della competenza dei tribunali militari in seguito
alla proclamazione dello stato d'assedio del 6 giugno , addus-
sero che siffatta proclamazione, mentre non si basava su al-
cuna legge esistente, aveva poi anche per effetto di sottoporre
i cittadini al Codice penale militare.

CAPITOLO XXV.

Delle condizioni e degli elementi costitutivi del reato.

11 processo penale tende a scoprire l'autore di un'avvenuta

violazione della legge penale, e ad appurare i precisi termini


della imputazione . Dei modi e dei mezzi coi quali il giudice
penale ricerca la verità obbiettiva, sia rispetto al reato acca-
duto, sia rispetto all'autore del me lesimo, ragioneremo più
sotto ; per ora prendiamo a considerare l'imputazione penale
nei suoi rapporti colla situazione subbiettiva dell'imputato , e
nei suoi rapporti colla legge che le serve di base.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 405

Affinchè ad una persona si possa imputare un reato con


effetto di penale responsabilità , fa mestieri che al momento
della perpetrazione del reato ella siasi trovata in pieno pos-
sesso della sua ragione e della sua volontà . È questa una con-
dizione imprescindibile della imputazione .
Or bene, se nel determinare una tale condizione differisce

la legge sotto il cui impero il reato venne commesso , da


quella sotto il cui impero il giudizio viene pronunciato , si
possono distinguere due casi . O le due leggi differiscono nel-
l'ammettere o nel non ammettere l'imputabilità della per-
sona costituita in certe condizioni morali , e si deve appli-
care di preferenza quella che l'imputabilità non ammette ,
e quindi esclude ogni e qualsiasi punibilità ; oppure le due
leggi differiscono soltanto nel misurare l'influenza di quelle
condizioni morali sulla punibilità, concordando del resto nel
non escludere l'imputabilità, e si dovrà applicare di preferenza
la legge che contiene su quel proposito più miti disposizioni .
Che se la legge più mite su quel punto non lo fosse del pari
in altri elementi del giudizio penale, le due leggi dovranno
essere confrontate nel totale risultato dell'applicazione loro al
caso in quistione , giusta quanto dicemmo in un precedente
luogo (366) , e come ebbe a dichiarare anche la Cassazione di

Firenze in una decisione 26 dicembre 1874 (1 ) .


Anche se per qualunque altro motivo, estraneo alla subbiet-

tiva imputabilità dell'autore del fatto illecito , al momento del


giudizio trovasi in vigore ed applicabile al caso in quistione
una qualunque altra causa legittima d'impunità , che non vi-
geva quando il fatto venne perpetrato , non si avrà alcun ri-

guardo , come bene osservano il Meynne (p . 49 ) e il Seeger


(p . 165) , alla legge che vigeva all'epoca del fatto . Tali cause
possono essere il perdono del reo, o la riparazione del danno ,

(1) L. xv, 1, 498.


406 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

quando la legge ammetta questi modi di estinguere la respon-


sabilità penale ; può essere una tal causa anche l'amnistia. Che
anzi quest'ultima può anche essere intermedia tra il reato e il
giudizio , e aver perduto efficacia quando il giudizio viene in-
vocato od ultimato, perchè è legge intermedia la quale espres-
samente si riferisce a reati già commessi e non ancora puniti
(v. sopra, cap . XVI ) .
Un'altra condizione imprescindibile della imputazione , e di
natura obbiettiva , si è ch'ella si riferisca ad un reato contem-

plato non meno dalla legge vigente quando il reato fu com-


messo , che da quella vigente nel giorno del giudizio , non si
riferisca cioè nè ad un reato costituito per la prima volta dalla
seconda legge, nè ad un reato che la prima legge contemplava ,
ma più non contempla la seconda (v. sopra , pag . 269) . La
Corte di cassazione di Francia si scostò una volta con sentenza

24 maggio 1810 (1 ) da questi principii, decidendo che sotto


l'impero del Codice penale del 1810 , il quale non punisce le
sottrazioni commesse tra padre e figlio, si potesse punire una

sottrazione di tal genere commessa sotto l'impero del Codice


penale del 1791 , che la considerava come delitto . Ma in molti
altri casi quella Corte giudicò ben diversamente . Essa dichiarò
per esempio : con sentenza 9 maggio 1806 ( 2) che i principii
contenuti nella costituzione dell'anno 8 e nel decreto del-
l'anno 10 intorno ai delitti dei pubblici funzionari, non si po-

tessero applicare a quei funzionari i quali avesser cessato di


esercitare l'ufficio loro prima dell'attuazione di quelle leggi ;
con sentenza 25 gennaio 1816 ( 3 ) , che la legge 9 novembre
1815 , la quale vietava e puniva l'invocazione in luogo pub-
blico del nome di Napoleone Bonaparte , non si potesse appli-
care a un fatto di tal natura accaduto prima dell'attuazione

(1 ) D. R., I. c ., n . 366, 4.
( 2) D. R., 1. C., Gọ
(3) Ib., 5º.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 407

di quella legge ; con sentenza 3 aprile 1837 (1 ) , che non si


potesse applicare retroattivamente una legge la quale divietava
la fabbricazione di certi prodotti , e quindi sottoponeva a con-

fisca gli utensili della fabbricazione , sottraendoli così ai credi-


tori del fabbricante . Non si deve però confondere l'impu-
nibilità del fatto , secondo la legge, vigente la quale esso venne

posto in essere, colla mera impossibilità di applicare al delin-


quente la legge penale, per circostanze del tutto estrinseche .
Se, per esempio, allorchè il reato venne scoperto, il delinquente
era rifugiato in estero Stato, col quale non esisteva trattato
di estradizione, non potrà quegli di certo pretendere d'invo-
care i suesposti principii onde andar esente dalla estradizione,
e dalla conseguente punizione dopochè quel trattato sarà stato
stipulato (2).
La legge su cui l ' imputazione si basa , le fornisce i suoi ele-
menti costitutivi. Il reato risulta da certi estremi di fatto indi-

cati dalla legge, i quali si debbono essere tutti quanti verificati


nel fatto in quistione , e nel grado e nell'ordine preveduti dalla
legge, affinchè l'autore di quel fatto possa essere dichiarato reo ,
e come tale punito .
Non rade volte le leggi penali differiscono nel porre gli
estremi o gli elementi costitutivi di un reato. Può darsi che
una legge richieda un estremo che un'altra non richiede , e
che l'una, mancando quell'estremo , o qualifichi l'azione illecita
meno gravemente, o cessi dal considerarla come reato, l'altra,

occorrendo anche quell'estremo , le dia invece una qualifica


più grave . Se queste differenze verificansi tra la legge penale
vigente allorchè l'azione illecita venne commessa , e quella vi-
gente nel giorno del giudizio , non vi ha dubbio che dovrà con-

( 1 ) Ib. , 9º. Vedi anche sentenza 9 frimaio, anno X, ap. MEYNNE, pag . 50 ,
nota 1.
(2) La relativa controversia fra gli scrittori del diritto internazionale
vedi esposta dal Calvo, Droit international (Vol. I , De l'extradiction , i. f.).
408 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

siderarsi come legge più mite quella che maggior numero di


estremi di fatto, o più gravi circostanze richiede , anzichè quella
che si accontenta di un numero minore, o di una minore gra-
vità di fatti e di circostanze . Dovrà poi siffatta legge venire.
applicata al caso in quistione , senza altro considerare , ove in
tal modo si ottenga l'impunità dell'imputato ; nell'ipotesi
contraria, la legge che sarebbe più mite nel qualificare l'azione
illecita in quistione , verrà applicata di preferenza allora sol-
tanto quando sia più mite eziandio rispetto agli altri elementi
del giudizio penale ed alla definitiva punizione dell' imputato .
Conformemente a questi principii la Corte di cassazione di
Parigi dichiarò : con sentenza 28 fruttidoro , anno 11 (1 ) che
le antiche leggi piemontesi, giusta le quali era punita come
infanticida e colla morte quella donna che avesse occultata
la gravidanza , e anche senza premeditazione cagionata la morte
del suo neonato , non potessero più venire applicate a fatti ac-
caduti sotto il loro impero , ma giudicati vigendo in Piemonte
le leggi penali francesi , giusta le quali l'infanticidio non po-
teva essere punito colla morte se non essendo dimostrata la
premeditazione ; con sentenza 17 dicembre 1836 ( 2) , che

gli attentati al pudore, commessi sotto l'impero del Codice


penale del 1810 , senza l'estremo della violenza, che da quel
Codice era richiesto perchè quei fatti fossero punibili , non po-

tessero essere puniti venendo giudicati dopo la legge 28 aprile


1832 , la quale non richiedeva quell'estremo .

Il fatto illecito che forma l'oggetto, ed è quindi principalis-

simo elemento della imputazione penale, può constare esso


pure di elementi distinti e separati . Soglionsi contrapporre
codesti reati a quelli che si dicono di fatto passeggiero (facti
transeuntis) , nei quali cioè non si può scorgere una successione

( 1 ) D. R., l. c., n. 366 , 3º.


(2) D. R., ib., 8º.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 409

di periodi o di parti distinte . Ora può darsi che i periodi o le


parti distinte di un medesimo reato cadano in tempi governati
da leggi differenti, e nei casi di questo genere, appunto perchè

più di due leggi possono entrare in considerazione , la scelta


della legge da applicarsi fu sempre particolarmente studiata dai
criminalisti , ed anche dagli scrittori della penale retroattività .
Anzitutto ci sembra doversi ben determinare il concetto dei

fatti illeciti, nei quali non si possono distinguere e separare


un periodo o una parte dalle altre . Codesti fatti non hanno già
d'uopo di compiersi in un attimo o istantaneamente ; essi pos-
sono anche risultare da atti molteplici e successivi i quali ab-
biano occupato un tempo più o meno lungo . Ciò che in essi
vi ha di caratteristico si è che tali atti non hanno per se stessi

nulla di illecito , prescindendo dall'ultimo per cui il fatto ille-


cito si completa, e dalla mira manifesta dell'agente di pervenire
a questo compimento . Egli è in questo compimento del fatto
e nella mira rivolta al medesimo , che quegli atti assumono ca-
rattere illecito , che per se stessi non avrebbero . Ma essi lo

assumono appunto perchè costituiscono o un reato compiuto


o un attentato , e , come bene osserva Hälschner (ap . Seeger,
p . 185 ), vengono assorbiti nell'unità dell'uno o dell'altro di

questi concetti, e non possono venir considerati separatamente


l'uno dall'altro nell'istante di tempo in cui ciascuno di essi
venne posto in essere. Non può quindi essere dubbio che se il
compimento del fatto illecito , sia reato consumato o attentato ,
accadde vigendo una legge diversa da quella vigendo la quale
accadde uno degli atti successivi coi quali venne posto in es-
sere , la legge da applicarsi è la prima, senza alcun riguardo
alla seconda . È una logica necessità che impone questo modo
di procedere . Nessuno può sognare che così facendo si dia alla.

legge nuova effetto retroattivo ; imperocchè anche la legge


nuova, al pari dell'antica, non riguarda come illeciti gli atti
anteriori al compimento del reato , finchè sono considerati a
410 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

parte e come di per sè stanti . Se un omicida appunta il fucile


contro la sua vittima un minuto prima della mezzanotte del
giorno in cui entra in vigore la nuova legge penale , e poi lo
scarica, e uccide appena battuta la mezzanotte , nessuno potrà
mai dubitare che l'omicidio , risultante dall'appuntare del fucile
e dalla scarica micidiale, non sia stato perpetrato vigendo la
legge nuova , e non debba quindi essere punito secondo questa
legge. L'osservazione di Seeger ( p . 186 ) e di Hälschner (ib. ,
p. 196 ) che non si possa scomporre quel fatto in attentato di
omicidio avvenuto sotto la legge antica, e in omicidio consu-
mato sotto la legge nuova , ci pare oziosa , perchè non vi può
essere nessuno cui venga in mente il contrario neppure in
sogno.
I fatti illeciti nei quali si possono distinguere periodi o parti
distinte vengono classificati dai criminalisti nel modo seguente :

reati permanenti , reati continuati, reati abituali . Rispetto a


tutti questi fatti i criminalisti investigano qual conto si debba
fare delle differenti legislazioni penali che possono succedersi

in quei differenti periodi .


Diconsi reati permanenti quelli cui substrato è una protratta
condizione di fatto contraria alla legge penale, come per es. se

un delinquente dimora in un luogo che gli è stato interdetto da


sentenza giudiziale, o se un individuo tiene arbitrariamente

sequestrato un altro sotto qualsiasi pretesto .


Indipendentemente dalla quistione transitoria circa l'in-
fluenza della nuova legge penale rispetto ai reati permanenti ,
tutti i criminalisti si domandano quale sia il momento in cui
il reato in discorso debbasi considerare consumato .

Alcuni opinano che il reato permanente sia stato consumato


col primo atto che vi diede principio , e che la condizione di
fatto susseguente a tale atto sia come assorbita in quel primo
atto. Da questa premessa deducono che, se al momento del

giudizio vige una legge diversa da quella sotto il cui impero


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 411

quel primo atto venne consumato , debbasi applicare al reato


la più mite fra le due leggi, secondo i principii generali della
penale retroattività . Altri opinano invece che il reato non sia
consumato che coll'ultimo atto con cui l'illecito stato di fatto

ebbe fine . Altri ancora opinano che i singoli atti succedutisi in


quello stato debbano essere considerati separatamente . I primi

sono quindi d'avviso che al reato illecito permanente debbasi


applicare esclusivamente la legge vigente al tempo in cui quel-
l'ultimo atto si compiè , e i secondi opinano che debbasi appli-
care ad ogni atto successivo la legge sotto cui venne eseguito .
Di queste tre opinioni l'ultima ci pare di una manifesta
erroneità . Non si può convertire il reato permanente in una serie
di atti illeciti , senza snaturarlo, assimilandolo ai reati conti-

nuati . Neppure possiamo ammettere la seconda opinione ; im-


perocchè la consumazione di un reato deve essere determinata.
dal concetto del medesimo , e non da una circostanza del tutto.
accidentale, qual è appunto la persistenza più o meno lunga
del delinquente nella illecita condizione di fatto in cui si mise
originariamente .
Per noi il reato permanente è consumato non appena è
compiuto il primo atto col quale viene posto in essere quello
stato di fatto in cui poscia il delinquente persiste, non appena

cioè lo stato medesimo viene per la prima volta costituito . La


persistenza però dell' illecito stato di fatto non è per noi , come
per i fautori della prima opinione, un elemento estraneo alla
penale imputazione . Quella persistenza o durata , non essendo
una ripetizione rispetto all'atto originario con cui cominciò ,
chè altrimenti si cadrebbe nel concetto di reato continuato ,
viene a formare bensì con quell'atto una unità ideale , ma non
in guisa che la si consideri compresa nella consumazione di
quell'atto, bensi in guisa che questa consumazione possa es-
sere indifferentemente collocata in qualunque momento di
quella durata.
412 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Per tal motivo noi ci scostiamo dai seguaci della prima opi-
nione anche nella determinazione della legge penale da appli-
care . Per noi basta che lo stato di fatto , formante il substrato

del reato permanente, persista, anche istantaneamente soltanto ,


dopo l'attuazione della legge nuova, perchè il reato possa dirsi
consumato sotto l'impero di questa legge , e debba quindi es-
sere giudicato con questa . Per conseguenza la pena del reato
permanente deve essere per noi desunta dall'ultima legge che
fu in vigore nella sua durata . Che se al momento del giudizio
vige una legge penale differente da quell'ultima , allora sorge
la quistione transitoria, ed è il caso di applicare il canone
fondamentale della penale retroattività .
Tale è pure l'opinione di Le Sellyer ( op . cit . , n . 220 ) e di
Meynne ( pag. 92) , il quale ultimo introduce nella sua dimo-
strazione il concetto di fatto costantemente rinnovato . Il Seeger

(pag. 190-191 ) è dello stesso avviso , nel caso che la legge


punisca lo stato di fatto , come tale, ma non nel caso che essa
punisca il reato in generale, senza distinguere il principio di
1
quel fatto dalla sua durata . Quest'ultima sentenza ci pare
difficile, per non dire impossibile , a dimostrarsi ; imperocchè
nei reati i quali hanno per essenziale loro effetto di porre in
essere uno stato di fatto contrario alla legge , non ci può essere
differenza alcuna fra la legge che accenna allo stato di fatto e

quella che adopera più generali espressioni.


Appunto perchè lo stato di fatto conseguente all'atto origi-
nario nei reati permanenti non può essere eliminato dal con-
cetto del reato e della sua consumazione , è anche possibile
che la legge contempli talvolta la durata di quello stato , come
circostanza influente di per sè sola sulla quantità della pena.

Così per es. nel reato di illecita sequestrazione la pena suol


essere in tutte le leggi proporzionata alla durata della seque-
strazione medesima . Invero, quantunque un reato permanente

possa considerarsi consumato in qualunque momento della sua


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 413

durata , l'essere più o meno numerosi tali momenti è però una


circostanza concreta che può e deve essere calcolata . Siffatta
circostanza concreta può essersi avverata sotto l'impero di una

sola legge , oppure sotto l'impero di leggi differenti . Nel primo


caso è evidente che la si dovrà giudicare secondo quella sola
legge ; che se al momento del giudizio sarà in vigore una legge
differente, si preferirà delle due leggi la meno rigorosa , in virtù
del canone fondamentale della penale retroattività . Nel secondo
caso, qual riguardo si avrà alle differenti leggi che siansi suc-
cedute nella durata dell'illecito stato di fatto ? Suppongasi per

es. che l'illecita sequestrazione di un individuo abbia durato

un mese, e che nei primi quindici giorni vigesse una legge, la


quale puniva quel reato con una data pena qualunque , ove
fosse durato al di là di otto giorni , nella seconda quindicina
sia entrata in vigore un'altra legge , la quale nella stessa ipotesi
punisce il medesimo reato con una pena differente ; come si
dovrà decidere questo caso ?
Benchè parecchi scrittori discutano questo problema sepa-
ratamente da quello della legge sotto il cui impero il reato
permanente devesi ritenere consumato, noi crediamo che i due
.
problemi siano inseparabili, e che quella medesima legge , sotto
il cui impero ritiensi consumato il reato permanente , debba
essere pur quella secondo la quale si apprezzi l'importanza
della sua durata . Per noi dunque dovrà darsi a questa durata
quell'importanza che le viene attribuita dall'ultima legge vi-
gente nel suo corso , che è pure la legge sotto la quale dicemmo
.
sopra doversi ritenere consumato il reato permanente per
l'effetto della punizione .

Il Meynne (1. c . ) è d'altro avviso . Egli opina che l'importanza


della durata debbasi desumere da quella legge sotto il cui
impero ne è trascorsa la maggior parte. Ma questo criterio ci
pare affatto esteriore, epperò non abbastanza scientifico .

Riprendendo ora il discorso della punibilità in generale del


414 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

reato permanente, vediamo con qual legge debbasi giudicare


.
la prescrizione dell'azione penale nascente dal medesimo.
Che la dottrina generale intorno all'influenza della nuova
legge prescrizionale sulle prescrizioni in corso , sia applicabile
anche ai reati permanenti , nessuno dubita , e noi lo affermiamo
del pari rispetto alla nostra dottrina in proposito. Ma nella
pratica applicazione discordano i criminalisti circa il punto di
partenza della prescrizione dell'azione penale rispetto a tali
reati . Coloro che danno importanza soltanto all'atto originario
con cui il reato permanente cominciò , fanno decorrere la pre-
scrizione da quell'atto . Di questa opinione fu il Vächter ( ap .
Seeger, pag. 192) , ed essa venne pure accolta in alcune legis-

lazioni positive, come per es. nel Codice penale prussiano (ap .
Seeger, pag. 193 ) . Altri assegnano una distinta prescrizione.
ai singoli atti , nei quali scompongono il reato permanente .
Altri ancora, partendo dalla premessa che il reato permanente
non è consumato se non al termine dello stato illecito in cui

consiste, vengono alla conseguenza che la prescrizione del-


l'azione penale dei reati di tal natura, cominci a decorrere
soltanto dall'ultimo atto del reo , o in altri termini opinano
che la persistenza dell'illecito stato di fatto sia un'interruzione.

della prescrizione. Quest'ultima opinione ebbe finora il mag-


gior numero di fautori , fra i quali voglionsi ricordare Golt-
dammer, Hälschner, John , Hufnagel (ap . Seeger, pag. 192 ,
nota 1 , c. 3 ) ; venne anche adottata da qualche legislazione ,
come per es. dal Codice penale virtemberghese (ap . Seeger, ib.) .
Di queste tre opinioni noi preferiamo la terza . Ripugna in-
vero alla ragione che si prescriva l'azione penale in confronto
di una persona la quale persiste nel suo illecito operare . Sic-
come poi dicemmo già che non tanto i reati persistenti si con-
sumano coll'ultimo atto del loro autore, quando piuttosto la
consumazione loro si può collocare in qualunque momento

della loro durata , così noi pure pensiamo che, fintanto che
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 415

essi durano, non può prescriversi l'azione penale , e che la


legge sotto la quale comincia a decorrere tale prescrizione non
può essere altra fuorchè quella sotto il cui impero cessò l'il-
lecito stato di fatto che di tali reati forma il substrato . Che se

al momento del giudizio vige una nuova legge intorno alla


prescrizione dell'azione penale , si applicheranno i principii
già esposti intorno alla retroattività delle nuove leggi circa
tale prescrizione .

Riassumendo le cose fin qui dette , noi conchiudiamo che i


reati permanenti, o sono considerati in generale , senza riguardo
alla quantità della loro durata , e finchè persistono sono sotto-
posti a qualunque nuova legge che li contempli , ma non ad
una legge concernente la prescrizione dell'azione penale , perchè
questa non può cominciare se non dopo che sono cessati , e va
sottoposta alla legge vigente al momento di tale cessazione ,

salvo il riguardo alla legge più mite vigente per avventura al


tempo del giudicio ; o vengono considerati specialmente nella

quantità della loro durata, e anche questa quantità deve essere


apprezzata in conformità all'ultima legge penale vigente nella
medesima.

Passiamo ora ai reati continuati . Tali diconsi quei reati i


quali risultano da molti atti illeciti , omogenei e successivi , i
quali si riuniscono nel concetto di un solo reato . Per es . un
ladro che si è proposto di asportare tutto il grano che si trova
in un granaio, eseguisce il suo proposito asportandone diffe-
renti quantità in dieci riprese ; egli non è reo di dieci furti ,
ma di un unico furto , consumato in dieci riprese .
Anche rispetto a questi reati, onde applicare loro il canone
fondamentale del gius transitorio penale, bisogna determinare
anzitutto sotto qual legge si possano dire consumati , e qual
conto si debba fare delle varie leggi emanate per avventura
nei vari periodi della loro durata.
416 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Siccome nel reato continuato lo scopo dell'agente consiste


nella totalità dei singoli reati in cui esso dividesi , così è evi-
dente che la consumazione del medesimo si avvera coll'ultimo

atto che vi dà compimento. Lo si deve quindi punire giusta la


legge vigente nel giorno in cui quell'ultimo atto venne posto
in essere, e le altre leggi che per avventura siano state in vi-
gore nei precedenti periodi non debbono essere messe in conto .
Tale è pure l'opinione di Meynne (p . 93 ) e di Seeger (p . 194) ,
ed anche la Cassazione di Roma ebbe a seguirla in una sua

sentenza 10 aprile 1878 (1 ) .


Professò una ben diversa opinione il Temme (ap . Seeger , ib. ,
nota 1 ) , ed anche il Tribunale superiore di Prussia in una sua
sentenza del 19 dicembre 1859 ( ib . ) , i quali pensarono do-

versi fra le varie leggi applicare la più mite . Ma questo modo


di pensare ci sembra affatto fuori di proposito, perchè , come

dicemmo dianzi , la quistione in discorso non ha alcun rap-


porto colla dottrina della penale retroattività, non è propria-
mente una quistione transitoria . Vane ci paiono anche le
distinzioni e le discussioni che vanno facendo in questa occa-

sione parecchi scrittori tedeschi , citati dal Seeger (ib . e pag. 8

e segg. ) , secondochè gli atti anteriori all'ultimo col quale il


reato continuato ebbe la sua consumazione, fossero o non fos-

sero di loro natura punibili, od avessero un altro carattere


giusta le precedenti legislazioni . Imperocchè quando si ragiona
di un reato continuato, s'intende appunto che tutti i singoli
atti da cui esso risulta , siano reati essi pure della stessa indole ,
e se accadono sotto differenti leggi , siano tali a tenore di tutte
queste leggi .
Che se al momento del giudizio vige una legge differente da
quella sotto il cui impero il reato continuato venne consumato ,
l'influenza retroattiva di questa legge verrà regolata dai prin-
cipii generali intorno alla retroattività penale . E in questo
( 1) A. G. 1878, 1 , 2, 166.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 417

senso decise pure la Cassazione di Roma nella dianzi ricor-


data sentenza 10 aprile 1878 .
Essendo l'ultimo atto di un reato continuato quello col
quale questo viene consumato, discende da questa premessa
anche la conseguenza che la prescrizione dell'azione penale
non possa per tal reato cominciare che da quell'ultimo atto e
conformemente alla legge prescrizionale allora vigente. Questa
opinione fu pure accolta nel Progetto di Codice penale pel
regno d'Italia (art . 79) (1 ) . Che se nel giorno del giudizio sarà

vigente una legge prescrizionale differente da quella sotto cui


la prescrizione del reato continuato cominciò a decorrere , si
applicheranno anche in questo caso i principii già esposti in-
torno all'effetto retroattivo della nuova legge sulla prescrizione
dell'azione penale .

Differiscono dai reati continuati i reati abituali , perchè in

questi la moltiplicità degli atti illeciti di cui constano , non è


contenuta e unificata nel concetto di un solo e medesimo reato ,
ma soltanto vale come abitudine degli atti medesimi , e come
tale costituisce il carattere essenziale di uno speciale reato di
cui quegli atti formano il substrato. Cosi per es . il reato di
usura implica l'abitudine dell'usura , cioè una molteplicità di
atti successivi aventi il carattere di usura, i quali non vengono
puniti se non sono cosi numerosi da costituire un'abitudine,

e in virtù di questa, il reato di usura.


Egli è evidente che se alcuni atti d'usura sono stati com-
piuti vigendo una legge , la quale non contemplava affatto il
reato d'usura , ed altri vigendo una legge che lo contempla e
lo punisce, non si potrà sotto l'impero di quest'ultima legge
calcolare gli atti compiuti sotto l'impero della prima, onde
ammettere l'abitudine e il reato . Ciò sarebbe contrario al ca-

( 1) « La prescrizione corre e) nei reati continuati, dal giorno in


cui cessò la continuazione ».
GABBA - Retr. leggi, II 27
418 APPENDICE AL LIBRO 1 DELLA PARTE TERZA

none fondamentale della dottrina della penale retroattività ,


che un atto lecito non può essere trasformato in atto punibile
da una legge posteriore, nè può produrre effetti dannosi , nep-
pure indirettamente, in virtù di una legge posteriore . Errò a
parer nostro la Corte d'appello di Agen dichiarando in una sua
sentenza del 19 luglio 1854 (1 ) , che, se uno solo dei fatti ,
l'insieme dei quali costituisce il delitto d'usura abituale , fu
consumato sotto l'impero di una legge nuova intorno a questo
delitto , ciò basti perchè il delitto medesimo si consideri con-
sumato sotto l'impero di essa legge, e debba quindi subirne
l'applicazione. In questo modo la Corte di Agen assimilò il
reato abituale al reato permanente, mentre quest'ultimo è
realmente consumato non appena fu posto l'illecito stato di
fatto che ne forma il substrato, e persistendo questo stato di
fatto senza cambiamento, può considerarsi consumato in qua-
lunque istante della sua durata ; nel primo invece la consu-
mazione del reato non esiste se non dopo la ripetizione di un

certo numero di atti illeciti distinti e separati, e non può quindi


ammettersi senza considerare distintamente e nello stesso modo

tutti gli atti di cui il reato si compone .


Per lo stesso motivo noi opiniamo che se gli atti distinti e
successivi, che costituiscono il reato abituale , sono stati com-

piuti sotto differenti leggi , le quali tutte contemplano e puni-


scono il reato, ma in diversa maniera , la legge da applicarsi
non sia per regola generale quella sotto il cui impero fu com-
piuto l'ultimo atto necessario per costituire l'abitudine . Impe-
rocchè , sebbene si possa dire che il reato fu consumato sotto
l'impero di quella legge, ciò nondimeno , se essa fosse più se-
vera delle precedenti , od anche di alcuna soltanto di esse , non
si potrebbe applicarla di preferenza , senza violare, rispetto agli
atti d'usura anteriori, l'ineccepibile principio che una nuova
legge penale non può costituire un reato per il tempo passato ,
(1 ) Journ. du Palais, T. 67, pag. 153.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 419

imperocchè da questo principio discende eziandio che una


nuova legge penale non possa rendere più gravi gli effetti
giuridici, sia diretti , sia indiretti, di un fatto illecito compiuto
sotto l'impero di una legge anteriore meno severa. Si dovrà
dunque, a parer nostro, per regola generale, applicare nel caso
in discorso la più mite fra tutte le leggi penali , siccome quella
il cui contenuto è in pari tempo comune a tutte le altre , sia
anteriori, sia posteriori , escludendo così ogni idea di retroat-
tività a danno del reo , e soltanto rendendola possibile in
qualche caso a vantaggio di lui , la qual cosa non è nè insolita ,
nè irragionevole nel gius transitorio penale . Il Meynne vor-
rebbe invece (1. c . ) preferita la legge sotto il cui impero ac-
cadde il maggior numero dei fatti costituenti il reato abituale,
ma a noi pare che questa circostanza al tutto estrinseca non
possa bastare a giustificare la retroattività di una legge penale
rispetto a fatti compiuti sotto l'impero di una precedente legge
meno severa .

Quanto alla prescrizione dell'azione penale pei reati abituali ,


noi crediamo che non si possa ragionare dell'applicazione alla
medesima di una legge nuova, se non dopo la consumazione
dell'ultimo fatto illecito posto in essere dal reo , perchè soltanto
da questo momento ci sembra poter decorrere tale prescrizione.

Diciamo col Meynne ( pag. 96) imputazione complessa , quella


che ha per oggetto due o più distinti reati commessi dalla

medesima persona . Tale è l'imputazione diretta contro chi


commise successivamente parecchi reati, sia della medesima ,
sia di differente specie, dei quali fu scoperto autore nello stesso
tempo . Il Meynne avverte la quistione transitoria cui può dare
occasione il succedersi di due differenti legislazioni penali ,

l'una delle quali ammetta, e l'altra non ammetta il cumulo


delle pene di reati distinti, compresi nella medesima impu-
tazione.
420 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Si possono fare in proposito differenti ipotesi, secondochè


}
si supponga che tutti i reati sieno stati consumati sotto l'im-

pero della legislazione anteriore a quella , vigendo la quale si


fa l'imputazione, oppure si supponga che alcuni siano stati

consumati sotto l'impero della prima legislazione , gli altri


sotto l'impero della seconda.
Nella prima ipotesi , se la legge vigendo la quale si fa l'im-
putazione non ammette il cumulo delle pene , che ammetteva
invece la legislazione sotto la quale i reati sono stati commessi ,
siccome quella legge è manifestamente meno severa di questa ,

non ci può essere dubbio che quella legge debba essere ap-
plicata. Che se la differenza fra le due leggi è l'inversa della
precedente, non ci può essere dubbio neppure che si debba
applicare la legge anteriore e non la posteriore .
Nella seconda ipotesi noi professiamo col Meynne (p . 98 )
l'opinione che la legge da applicarsi debba sempre essere
la seconda, cioè quella sotto il cui impero alcuni reati vennero
consumati e l'imputazione viene promossa , tanto se la legge
sotto il cui impero vennero consumati i primi reati ammetteva
il cumulo delle pene, mentre non l'ammette la legge sotto
cui vennero commessi gli ultimi e viene promossa l'imputa-

zione, quanto nell'ipotesi inversa . Imperocchè l'ultima legge


ha un proprio campo d'azione distinto da quello della prima ,
e il rapporto che essa pone fra i reati commessi sotto l'im-
pero delle due leggi è propriamente riferimento dei reati
nuovi agli anteriori, onde desumerne un concetto che non
ha radice alcuna nel tempo e nella legge anteriore . Non vi
ha quindi vero e proprio conflitto fra le due leggi , nè bisogno
di scegliere la legge più mite, ma una sola legge vuol essere
applicata, l'ultima, per desumere da fatti in diversi tempi ac-
caduti un solo e nuovo concetto . Nel caso in particolare che la
legge ultima ammettesse il cumulo delle pene, mentre l'ante-
rior legge non lo ammetteva, questa legge esigeva bensì che
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 421

nessuna pena da esse comminata potesse mai venire accre-


sciuta nel caso che parecchi reati venissero compresi in una
sola e medesima imputazione , ma non esigeva nè poteva
esigere che le pene di parecchi reati consumati sotto il suo

impero non venissero cumulate con quelle di altri reati com-


messi sotto l'impero di una legge posteriore , la quale fosse
per ammettere il cumulo delle pene . Le eventuali conse-
guenze dei reati non possono maggiormente essere un diritto
quesito del loro autore, di quello che in generale si possa

ammettere che da un reato sorga nel reo il diritto quesito


di non essere sottoposto che ad una data pena . Ripugne-
rebbe del resto al buon senso e al senso morale un diritto

quesito che si pretendesse consistere nel non essere sot-


toposto all'intiera pena di un reato non ancora commesso ,
per il motivo di averne già commesso degli altri. Oltracciò ,
nel caso in discorso , sia che la pena di un reato commesso
sotto l'impero della legge nuova venga assorbita in quella
di un reato commesso sotto l'impero della legge antica , sia
che si cumulino le pene di reati commessi vigendo la legge
nuova con quelle dei reati commessi vigendo l'antica , sono
questi in sostanza altrettanti modi di apprezzare i reati com-
messi sotto l'impero della legge nuova, il quale apprezzamento
non può manifestamente essere fatto secondo una legge diffe-
rente da questa. Consimili ragionamenti si possono fare ri-
spetto al caso opposto al suddetto , e soli forniscono una rigo-

rosa dimostrazione della preferenza spettante anche in quel


caso alla legge nuova sull'antica.
Analogamente ai casi trattati dianzi, voglionsi pur decidere
quelli in cui due leggi penali successive differiscano soltanto
nell'ammettere o nel non ammettere l'aggravainento della pena

del delitto maggiore in cui sono assorbite le pene dei delitti


meno gravi, concordando del resto nell'escludere il cumulo.
delle pene. Se in particolare alcuni reati sono accaduti sotto
422 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

una legge, la quale non ammette aggravamento della pena del


reato maggiore per concorrenza di minori imputazioni , altri
reati sono accaduti sotto una legge che ammette un tale ag-

gravamento per una tale circostanza, il giudice che decide vi-

gendo la seconda legge , deve applicare l'aggravamento voluto


da essa legge, sia che il reato più grave sia stato consumato
vigendo la seconda legge o sia il caso contrario, imperocchè
in ambedue le ipotesi l'applicazione della legge nuova ha per
sua cagione un concorso di reati che si è verificato durante il

suo impero.

CAPITOLO XXVI .

Della pena e delle circostanze che l'aggravano


o la diminuiscono.

La pena è quell'elemento del giudizio penale a cui tutti gli


altri mettono capo nei loro effetti, e nel quale si risolve in ul-
tima analisi la maggiore o minor severità delle leggi penali .
Questa maggiore o minor severità si può manifestare : I. ) nel-
l'ammettere o nel non ammettere una data pena ; II . ) nella
quantità , III . ) nella qualità delle pene . Noi applicheremo il
canone fondamentale della dottrina della penale retroattività
a ciascuno di questi tre oggetti separatamente .
I. Se la nuova legge penale sotto il cui impero il giu-
dizio viene emanato , non ammette più una data pena che era
comminata dalla legge sotto il cui impero il reato venne con-
sumato, non vi ha dubbio che quella pena non potrà essere
inflitta, e che il giudice dovrà infliggerne un'altra , sostituita
esplicitamente dal legislatore o che vi possa essere sostituita
mediante interpretazione . Noi abbiamo anche già osservato
(v. sopra, p. 362 ) che in tal caso la pena abolita non potrebbe
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 423

neppur essere eseguita , vigendo la legge nuova, in virtù di

una sentenza pronunziata vigendo la legge anteriore . Che se


la pena sostituita a quella abolita fosse per avventura più
grave di questa, noi opiniamo col Meynne (pag. 89 ) che la si
dovrebbe ciò nondimeno applicare, per l'invincibile ragione
.

dell'impossibilità di far diversamente, cioè di eseguire una


pena, la cui abolizione toglie in pari tempo i mezzi materiali
di applicarla .
Le cose anzidette valgono tanto per le pene principali ,
quanto per le pene accessorie. Per converso , se la legge nuova
aggiunge una pena a quella comminata dalla legge anteriore ,
oppure introduce una pena sconosciuta a questa legge, da ap-
plicarsi in qualche caso in cui non si potrebbe applicare la
pena ordinaria, non è dubbio del pari che questa nuova pena
non potrà essere applicata ai reati commessi vigendo la legge
anteriore . Se per esempio la legge nuova aggiunge alla pena.
personale comminata dalla legge precedente, la confisca dei
beni, oppure statuisce per la prima volta l'esecuzione in effigie
contro chi sia stato condannato a morte in contumacia , o una

pena straordinaria contro chi non abbia potuto essere con-


vinto, ma sia rimasto soltanto sospetto del reato , tutte queste
nuove pene non potranno certamente essere applicate a reati
commessi vigendo la legge anteriore . Ciò fu già osservato ri-
spetto al penultimo esempio dallo Zachariæ (p . 49 ) , e rispetto
all'ultimo dall'Abegg (498) e dal Van de Poll (p . 64) .
II . La determinazione della più favorevole fra le due
leggi , antica e nuova , rispetto alla pena , ove questa sia diffe-
rentemente ' commisurata , o differente nelle due leggi , è una
delle ricerche più sottili nella dottrina della penale retroatti-

vità. Noi considereremo separatamente queste due differenze .


Le pene comminate dalle due leggi antica e nuova , dif-
feriscono fra loro soltanto nella quantità, allorquando , essendo
esse della medesima specie, a) la loro matematica misura non
424 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

è la stessa, oppure b) una di esse è in una legge accompagnata


da una pena accessoria, che non è comminata invece dall'altra

legge, oppure c ) ambedue le pene sono accompagnate da pene


accessorie differenti. Questi tre casi vogliono essere separata-
mente considerati , e ciascuno di essi dà occasione a nuove
distinzioni .

Ad a ) Se le due leggi penali comminano due pene


fisse , di durata o di ammontare differente, la pena più mite
sarà certamente quella comminata per un tempo minore, o
che consiste in una minor somma di danaro .

Ad a bis) Ma se le due pene sono racchiuse fra due


estremi un massimo ed un minimo, fra i quali il giudice può

scegliere l'uno o l'altro , oppure qualunque grado intermedio


secondo che le circostanze gli suggeriscono , e se differi-
scono quei due estremi nelle due leggi, quale pena , qual
legge si dovrà considerare più mite ? Qui i criminalisti di-
stinguono vari casi o combinazioni possibili . Può darsi in-
vero 1º che la legge nuova abbia innalzato o abbassato in

pari tempo il limite massimo e il minimo della legge antica,


oppure 2º abbia abbassato il massimo , innalzando il minimo ,
o finalmente 3° abbia innalzato il massimo, abbassando il
minimo.

Nel primo caso la legge nuova sarà più mite se abbassò


contemporaneamente i due estremi , più severa nell'ipotesi
contraria ; in questa seconda ipotesi dovrà seguirsi nella
commisurazione della pena la legge antica , nella prima ipo-
tesi si dovrà invece preferire la legge nuova .
Il secondo e il terzo caso hanno dato occasione a molte e
disparate opinioni, come pochi altri punti della dottrina tran-

sitoria penale . Dal confronto delle varie opinioni è parso a noi


anzi tutto di poter desumere che in quei casi la ricerca della
legge più mite e della pena minore è stata fatta in tre ma-
niere differenti . Gli uni, e sono i più , hanno considerato astrat-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 425

tamente le due leggi e il valore di quelle differenze per sè

medesime ; altri hanno opinato che la quistione si dovesse


risolvere in ogni singolo caso secondo le circostanze di esso ;
altri ancora hanno piuttosto elusa che vinta la difficoltà , col
proporre la combinazione delle due leggi in quello che ognuna
di essa contenga di più favorevole al reo . Di questi tre sistemi ,
il primo e l'ultimo non ci paiono buoni ; noi esporremo ed
apprezzeremo prima questi, e poi diremo di quello che ci sem-
bra da preferirsi .

La maggior parte dei criminalisti si industria di trovare un


criterio astratto per decidere quale sia più mite fra due leggi
che differiscono contemporaneamente nel porre il massimo

e il minimo della pena, ma in senso opposto per l'uno e


per l'altro, e nei due opposti modi in cui ciascheduno di

questi estremi può essere modificato . Ognuno però dei cri-


teri che vennero proposti ci parve inopportuno . Chauveau

ed Hélie (n . 50 ) propongono per criterio il carattere del fatto


punibile, ove esso differisca nelle due leggi . Se cioè il reato
è di una specie più grave in una legge che in un'altra , si
dovrà ritenere che la pena comminata da quella legge sia
anche più grave della pena comminata da questa , senza aver
riguardo ad altre circostanze . Obbietta giustamente il Meynne
(p. 70 ) che il criterio non varrebbe dunque pel caso in cui il
reato fosse della medesima specie in ambedue le leggi . E noi
faremo un'altra obbiezione che ci sembra anche più forte, ed
è, che , la gravità dei reati rivelandosi propriamente nella
entità della pena , e ciò specialmente nelle quistioni transitorie
penali, come abbiamo sopra dimostrato (v. sopra, p . 368) , la
dottrina in discorso risolvesi in una petizione di principio . -

Le Sellyer (op . cit . , pag. 227 ) pone il criterio della pre-


ferenza nel confronto della proporzione in cui fu innalzato
o abbassato un estremo con quella in cui fu abbassato o
innalzato l'altro . « Se la legge nuova, egli dice, ha maggior-
426 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

mente abbassato il massimo della legge antica, di quello che


ne abbia rialzato il minimo, sarà più mite la legge nuova ,
cioè più favorevole al prevenuto , e dovrà essere di prefe-
renza applicata ; se invece la legge nuova ha rialzato il

minimo della legge antica più di quello che ne abbia abbas-


sato il massimo , la legge antica sarà più mite, cioè più favo-
revole all'imputato, e dovrà essere di preferenza applicata .
Analogo ragionamento si può fare nel caso che la legge
nuova abbia rialzato il massimo della pena comminata dalla
legge antica e in pari tempo abbassato il minimo della stessa
pena » . Questa soluzione ci sembra la più ingegnosa e la
migliore di quante furono proposte da chi considerò l'attuale

quistione astrattamente , e non ci persuadono davvero le ra-


gioni colle quali il Meynne (p . 72) vorrebbe dimostrarne l'ir-
ragionevolezza ; bensì ci pare una soluzione insufficiente , per
la ragione, osservata dallo stesso autore (ib . ) , che essa lascia
indeciso il caso in cui la legge nuova abbia abbassato o in-
nalzato il massimo della pena comminata dall'antica legge
in quella stessa proporzione in cui innalzò o abbassò il mi-
nimo della medesima . - La maggior parte dei criminalisti, e

fra gli altri Haus (op . cit . , n . 87 ) , Nypels (Addit. ac. , n . 50 di


Chauveau ed Hélie), Bertauld (op . cit . , 8 lez . , p . 178 ) , Tré-
butien (op . cit. , t . 2, pag. 83 ) , Morin (Rep. , voce Eff. rétr.;
Dictionn ., ib. , n . 5 ) , Meynne (pag. 75 ), ripongono il criterio
decisivo nel confronto delle due pene rispetto al limite mas-
simo, trascurando affatto il limite minimo , e credono quindi
più mite , e di preferenza applicabile la pena il cui limite mas-
simo è meno elevato . Imperocchè il limite minimo della pena,
essi dicono , non è mai fisso nel sistema penale francese , e di
molti altri Stati, in virtù delle cosi dette circostanze attenuanti,
le quali danno al giudice la possibilità di abbassare la pena al
disotto del minimo legale. Questa soluzione è di certo sod-
disfacentissima dovunque vige il sistema delle circostanze
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 427

attenuanti , inaugurato dalla celebre legge del 1832 , ma ap-


punto perciò non è a dirsi scientifica . Imperocchè dove un
tale sistema è in vigore, la quistione viene piuttosto tolta di
mezzo che non risoluta, appunto perchè in tal maniera la diffe-
renza fra le due leggi penali , antica e nuova , non può mai ri-
ferirsi praticamente che al limite massimo delle pene , e non
contemporaneamente e in senso inverso anche al limite
minimo .

Elude pure la quistione chi al pari di Berner (v. sopra,


pag. 370) propone che da ambedue le leggi si desuma ciò che

vi ha di più favorevole al reo , cioè il minor limite massimo da


quella legge in cui lo si ritrova, e il minor limite minimo dal-
l'altra, instituendo così una pena che non è propriamente nè
della legge antica nè della nuova . Noi abbiamo già addotto
sopra (p . 370 ) le ragioni per le quali non si possono in gene-
rale combinare insieme la legge penale antica e la nuova, onde
procurare all' imputato contemporaneamente i vantaggi del-
l'una e dell'altra.

Tutte le dottrine suaccennate hanno poi anche il difetto


osservato dal Dalloz (Rép. , voce Lois, n . 3721 ) , che in virtù di
esse , ogniqualvolta la legge nuova dovrebbe essere consi-

derata più mite dell'antica , quantunque il minimo della pena


vi fosse più alto di quello fissato dalla legge antica , un delin-
quente cui si dovesse appunto applicare il minimo della pena ,
verrebbe in realtà a soffrire una pena maggiore di quella che

avrebbe patita, se fosse stato giudicato prima dell'attuazione


della legge nuova. Questo inconveniente proviene dall'essen-
ziale erroneità dello stesso originario punto di vista da cui
gli accennati scrittori considerano la quistione, erroneità la cui
dimostrazione varrà in pari tempo a giustificare, come fra poco

si vedrà , quell'altro punto di vista che a noi parve migliore e


da adottarsi .

Noi abbiamo già avvertito precedentemente (v. p . 366 ) , fa-


428 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

cendo nostra una osservazione dello stesso Meynne , che la


maggiore o minor mitezza di una legge penale non deve giu-
dicarsi in astratto, ma in concreto, ciò avendo riguardo all'ap-

plicazione che se ne può fare in ogni singolo caso . Questo


principio generale vale anche per le leggi che determinano la
misura delle pene . Si può discorrere di maggiore o minor mi-
tezza di una data legge penale in astratto, ove si tratti di
una legge che deve essere applicata a tutti gli imputati nella
stessa maniera, e, rispetto alle leggi in particolare che deter-
minano le pene, ove si tratti di una legge che commina una
pena fissa, o di una legge che soltanto determina il genere
della pena. Ma ogni e qualunque legge penale che può avere
una differente applicazione in differenti casi , e, in particolare ,
una legge che stabilisce soltanto il massimo e il minimo di
una data specie di pena , fra i quali due estremi si possono sce-
gliere nei differenti casi molti gradi differenti, una legge sif-
fatta non può essere stimata più o meno mite di un'altra in
modo astratto e generale , ma soltanto concretamente e in re-
lazione a casi determinati . Come è vano il discorrere (v . sopra ,

1. c . ) di maggior mitezza di una legge che non punisce l'at-


tentato sospeso per volontaria desistenza , in confronto di
un'altra che lo punisce anche in quel caso , ogni qualvolta

l'imputazione non sia di attentato ma di reato consumato , così


non è meno vano il discorrere di maggior mitezza di una legge
che pone un meno elevato limite massimo della pena, se si
tratta di un delinquente il quale si è meritato il minimo della
pena, anzichè il massimo , e reciprocamente . Questo secondo
discorso è anche assurdo oltre che vano, perchè, dipartendosi
da una astratta maggior mitezza, conduce in concreto , come
abbiamo già fatto rimarcare poc'anzi , ad infliggere al reo la
più grave delle pene fra le quali sarebbe data la scelta . È vera-
mente strano che il Meynne , dopo aver posta quella generale
premessa dianzi ricordata, l'abbia poi si male applicata . Egli
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 429

dice (p . 74) che il giudice non deve indagare se pronunzierà


piuttosto il minimo o il massimo della pena , prima di cono-
scere qual legge penale debba applicare . Ma quale sia la legge
penale da applicarsi è appunto una indagine concreta , che non
si può fare senza aver riguardo al caso in quistione, e senza
vedere se si debba piuttosto adottare il massimo o il minimo

della pena, o avvicinarsi piuttosto all'uno o all'altro di questi


estremi. Una legge penale che deve essere applicata fra due
limiti estremi, si risolve in realtà in tante leggi quanti sono i
gradi possibili della sua applicazione ; e ognuna di queste leggi
o gradi non può essere scelta che di caso in caso , e avuto ri-
guardo alle concrete circostanze di ogni singolo caso .
Per tali ragioni noi siamo d'avviso che, allorquando la legge
antica e la nuova differiscono nel fissare il massimo e il minimo

della pena di una data specie, la scelta della pena più mite si
debba fare dopo aver prima ponderato se nel caso in quistione
debbasi applicare il massimo , oppure il minimo , o qual grado
debbasi adottare fra l'uno estremo e l'altro . Si applicherà

quindi quella minor pena che nell'una o nell'altra legge si tro-


verà corrispondere al grado di intensità prestabilito .
Questa opinione è già stata adottata da valenti scrittori ,
fra i quali ricordiamo Dalloz (ib . , num . 372 ) , Blanche (op .
cit . , num . 33 ) , Hälschner (ap . Seeger, pag. 153 ) , Seeger ( ib . ) .
Quest'ultimo è anzi d'avviso (ib. , nota 1 ), ma non ci pare con

troppo fondamento , che il Goltdammer (ap . Seeger, ib . ) e


il Berner (v . sopra, pagina 368 ) proponendo che dalle due
leggi , antica e nuova , si desumano il massimo e il minimo
meno elevati della pena, per comporne una terza legge penale,
non abbiano in realtà mirato ad altro fuorchè al risultato pra-
tico a cui conduce l'opinione in discorso . La stessa opinione
fu pure adottata dal Tribunale correzionale di Pont - l'Evêque

nella sua sentenza 1 ° agosto 1832 (1 ) , la quale venne annul-


(1 ) D. R., voce Lois, n. 372.
430 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

lata dalla Corte di cassazione di Parigi con sentenza 1 ° feb-


braio 1833 ( 1 ) , per motivi estranei alla presente quistione .
Ad a ter) . Se l'antica legge e la nuova differiscono nel
fissare la quantità della pena, perchè l'una di esse stabilisce
una pena fissa , e l'altra una pena variabile fra un limite mas-
simo ed un minimo , dice benissimo il Meynne (pag. 77 ) che
la scelta della legge penale non può essere dubbia , quando il
minimo della pena secondo una legge sia più elevato , oppure
il massimo della pena sia meno elevato della pena fissa stabi-
lita dall'altra . Imperocchè, così nell'un caso come nell'altro ,
sia che il giudice voglia applicare il massimo della pena , sia
ch'egli voglia applicare il minimo , la legge che stabilisce la
pena variabile sarà sempre da lui riconosciuta come più mite
di quella che stabilisce la pena fissa .
Ma se la pena fissa di una legge è in pari tempo inferiore
al massimo , e superiore al minimo della pena variabile stabi-
lita dall'altra legge, o viceversa , quale delle due leggi si dovrà
applicare ?
Il Meynne ( ib . ) , coerentemente a ciò che disse rispetto ai
casi da noi contemplati nel numero precedente, opina che si
debba confrontare il massimo della pena variabile colla pena.

fissa, e afferma quindi in tesi generale che sarà più mite il


meno elevato fra i due termini di confronto . Che se , essendo

il massimo della pena variabile più elevato della pena fissa , e


dovendosi quindi considerare quest'ultima come più mite in
tesi generale, accadesse in un caso concreto di dover punire
con questa pena un individuo , il quale meriterebbe la minor
punizione possibile, egli osserva che si potrebbe soddisfare alla
giustizia coll'ammissione delle circostanze attenuanti.
Noi pure, coerentemente a quanto dicemmo sotto il numero
precedente, diremo ora col Dalloz (l . c . , n . 371 ) che sarà più
mite e da applicarsi la legge che stabilisce la pena fissa , oppur
(1 ) D. R., voce Lois, n. 372.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 431

quella che stabilisce la pena variabile , secondochè nel caso


concreto si dovrà infliggere al reo il massimo oppure il minimo
della punizione . E ci conforta non poco in questa opinione
l'implicita condanna che il Meynne fa della sua , là dove dice
(pag. 78) che l'opinione del Dalloz è più equa, e che il legis-
latore potrebbe utilmente adottarla con una espressa disposi-
zione . Anche questa volta la nostra opinione è confermata da
autorevoli giudicati . La Corte di cassazione di Parigi con sen-
tenza 26 luglio 1811 (1 ) applicava la pena di 8 anni di ferri
comminata dal Codice penale del 1791 , in un caso per cui il
Codice penale del 1810 , allora vigente, comminava i lavori
forzati a tempo da cinque a venti anni . La Corte decidette in

questo modo perchè , volendo applicare al delinquente la mas-


sima pena, trovava che questa era minore nel Codice del 1791
che in quello del 1810. La stessa Corte, in una sentenza del
5 febbraio 1830 ( 2) , tenne ferma l'applicazione del Codice
penale pubblicato alla Guadalupa nel 1829 ad un reato acca-
duto sotto la legislazione anteriore, ad onta che questa fosse
più mite nel suo complesso , attesochè il giudice poteva in quel
caso desumere la pena inflitta indifferentemente dall'una legis-
lazione o dall'altra .

Ad b) . Veniamo ora a considerare quell'altra differenza


di mera quantità fra le due pene dell'antica legge e della nuova ,
che siano della medesima specie, consistente nell'essere una
delle due pene accompagnata da una pena accessoria , e l'altra
no . Questa differenza implica per verità anche una differenza
di qualità, perchè la pena accessoria è necessariamente ete-
rogenea dalla principale , ma siccome l'accessorio cede al prin-
cipale, così noi abbiamo qui per caratteristica la sola differenza
di quantità fra le pene principali.

Varie ipotesi si possono fare rispetto alla differenza in di-

(1 ) L. R., voce Lois, n. 371 .


(2) Ib.
432 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

scorso. Può darsi che le due pene principali omogenee , siano


anche della stessa quantità, o fissa o variabile, e in ambedue
questi casi egli è evidente in tesi generale che più mite sarà
quella legge penale che alla pena principale non aggiunge al-
cuna pena accessoria . Può anche darsi che , essendo fissa una
delle pene principali , sia variabile l'altra , ma la quantità della
prima superi il massimo della seconda ; in questa ipotesi, se
la pena fissa è appunto quella cui va congiunta una pena ac-
cessoria, è pur evidente che la pena variabile sarà in ogni caso
la più mite. Ma se nella stessa ipotesi la pena accessoria fosse

aggiunta alla pena variabile , oppure se , essendo la pena fissa


inferiore al minimo della pena variabile, la pena accessoria
fosse aggiunta alla pena fissa , od anche se , essendo la pena
fissa minore del massimo , e maggiore del minimo della pena

variabile, la pena accessoria fosse aggiunta all'una o all'altra


di queste pene, quale si dovrebbe ritenere pena e legge più
mite, e quale più severa?
Egli è evidente che in tutti questi casi non si può venire
ad una soluzione soddisfacente, applicando il metodo che noi
abbiamo proposto in altri casi precedenti , di scegliere cioè
quella pena che si trovi matematicamente minore nell'una o

nell'altra legge, dopo aver prima stabilito se al delinquente


debbasi infliggere il massimo o il minimo della pena. Impe-
rocchè non si possono matematicamente confrontare quantità
eterogenee, e per definire se una data pena cui va congiunta
.
una pena di differente specie, sia maggiore o minore di un'altra.

data pena della stessa specie, cui tale aggiunta non è fatta ,
bisognerebbe prima poter tradurre la pena accessoria in una
quantità di pena principale. Ma questo apprezzamento è im-
possibile a farsi dal giudice , ove il legislatore medesimo non
abbia dato in proposito norme positive . Qual è la pena pecu-
niaria, dice benissimo il Meynne, che equivale a un mese o due
di prigionia, o ad altra pena corporale ?
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 433

La difficoltà in discorso non può quindi essere superata che


in qualche modo ben differente dal confronto quantitativo delle
pene. A nessuno di certo verrà in mente di rimettere al delin-

quente medesimo la scelta della pena che gli paia meno grave.
In verità noi non troviamo altra soluzione migliore di quella
suggerita dal Meynne (pag. 79) , di trascurare cioè la pena
accessoria, e di non aver riguardo che alla pena principale .
Invero , attesa la matematica incommensurabilità di una pena

di specie più grave con una di specie meno grave, bisogna pur
ritenere che, per quanto una pena di specie inferiore sia forte,
essa non equivalga mai al grado anche minimo di una pena di

specie superiore. Il Meynne conferma (p . 82) opportunamente


la sua opinione coll'autorità della legge francese 20 febbraio
1832, la quale annoverò (art . 5 ) fra i delitti correzionali i furti

e tentativi di furto, contemplati nell'art . 388 del Codice pe-


nale, e che essa puni col solo carcere , mentre da quel Codice
erano puniti colla reclusione, quantunque alla pena del car-
cere fosse per quei reati in detta legge congiunta anche la pena
pecuniaria.

Che se, applicando i principii esposti precedentemente , ri-


sulta applicabile come più mite la pena principale cui va unita
l'accessoria, s'intende da sè che, ove questa pena accessoria
sia variabile fra un limite massimo ed un minimo , se ne dovrà
applicare il grado corrispondente a quello che fu adottato
rispetto alla pena principale . Se per es. il delinquente fu tro-
vato meritevole del massimo della pena principale, e la legge

da cui questa è desunta vi unisce una pena pecuniaria varia-


bile da un minimo ammontare ad un massimo , si infliggerà al
delinquente anche il massimo della pena pecuniaria ; l'opposto
nel caso opposto .

Ad c) Se le due pene omogenee dell'antica e della nuova


legge, sono accompagnate ambedue da pene accessorie , ma
differenti, può darsi che in pari tempo siano identiche le pene
GABBA - Retr. leggi, II 28
434 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

principali, oppure che queste siano di differente quantità . Nel


primo caso , se la differenza fra le pene accessorie è di mera
quantità, si presceglierà la più mite fra le pene accessorie , colle
stesse regole sovra esposte ad a) ; se invece la differenza fra le
pene accessorie è di qualità , si presceglierà la più mite fra esse
conformemente ai principii che esporremo più oltre (sub III ) .
Nel secondo caso la pena accessoria verrà desunta dalla me-
desima legge da cui la pena principale, giusta le regole esposte
precedentemente ad a bis) , e non avendo riguardo alla pena
accessoria, giusta quanto si è detto dianzi ad b) . Non si ricer-
cherà in particolare la più mite fra le pene accessorie delle
due leggi, non potendosi nel passaggio da una legge penale ad
un'altra desumere la decisione di un singolo caso pratico parte

da una legge, parte da un'altra (v . sopra pag. 370).


III. Quando la pena della legge antica e quella della legge

nuova sono di specie o qualità differente , la scelta della più


mite è in realtà la scelta della specie più mite di pena. Questa
scelta , secondo alcuni autori, come il Goltdammer (ap . Seeger,
pag. 152, nota 1 ) e il Seeger (pag. 151-152 ) , dovrebbesi fare

contemperando il criterio desunto dal posto che una data specie


di pena occupa nella scala penale in confronto di un'altra, col
criterio desunto dalle condizioni individuali del reo . Lo stesso
metodo venne raccomandato ai giudici da qualche legislazione
positiva, e per es . da due Ordinanze del Re di Sassonia , l'una

del 31 marzo 1838 (§ 2) , l'altra del 13 agosto 1855 (§ 6 ),


(ap . Seeger, pag . 150 , nota 1 ) . Ma noi crediamo che il secondo

di quei due criteri sia troppo incerto e contingente, perchè si


possa additare ai giudici, e di più esso ci sembra anche affatto

incompetente nel moderno sistema della giustizia penale, in


cui non si statuiscono pene differenti per le differenti classi e
condizioni sociali . Noi crediamo quindi colla maggior parte

degli scrittori, che solo criterio opportuno e decisivo nell'at-


tuale quistione sia quello desunto dal posto che occupano le
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 435

varie pene nella scala penale . Noi aggiungeremo soltanto che

la scala penale rispetto alla quale si fa quel confronto , deve


essere propriamente quella fissata dalla legge attuale , se per
avventura delle due diverse pene, sancite dalla legge antica e
dalla nuova, quella che è più grave per una legge sia meno
grave per l'altra . Imperocchè l'obbiettiva gravità delle pene ,
non meno dell'obbiettiva gravità dei reati, deve essere giudi-
cata esclusivamente in relazione al tempo in cui la giustizia
viene amministrata e in cui si vuol raggiungere lo scopo

della pena. Quel principio del resto venne anche adottato da


Chauveau ed Hélie (op . cit . , n . 46 , ed . e Nypels), Nypels (ib . ) ,
Haus (op . cit. , n . 87 ) , Bertauld (op . cit. , 8" leç. ) , Trébutien
(op. cit. , 1a
1ª p. , t . 2, c. 1 ) , Blanche (op . cit. , art. 4, n . 31-33 ) ,
Morin (Rep. , voce Eff. rétr. , n . 7 ) , e anche dal Meynne ( p . 65 ) ,
il quale ha veramente trattato con maggiore estensione e mag-
giore accuratezza di tutti i suoi predecessori il difficile tema
della penale retroattività .
La giurisprudenza ci fornisce pure autorevoli testimonianze
a pro del principio in discorso . La Cassazione di Parigi lo ha
sempre riconosciuto ed applicato . In una sentenza 6 novembre

1812 (1 ) essa dichiarò in tesi generale : che « la gravità di una


pena risulta dalla sua stessa natura e dal carattere che la legge
le attribuisce , non dalla durata maggiore o minore nella quale
deve essere subita » . In una precedente decisione del 26 lu-

glio 1811 (2) la stessa Corte aveva dichiarato che un oltraggio


fatto ad un pubblico funzionario nell'esercizio delle sue fun-
zioni, sotto l'impero del Codice penale del 1791 , il quale gli
comminava la pena infamante della detenzione da uno a due
anni, dovesse essere punito colla pena del carcere correzionale ,
comminata allo stesso reato dal vigente Codice penale del 1810 ,
quantunque tal pena correzionale potesse in quel caso venire

(1) Ap. MEYNNE, pag. 67.


(2) Pasicr., 1ª serie, Vol . 6, pag. 219.
436 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

inflitta a termini di quel Codice per una durata massima di


cinque anni . Parve decisiva alla Corte la circostanza che nella
scala penale del Codice penale del 1810 , la pena del carcere
vien dopo le pene infamanti . Posteriormente la Corte di

cassazione di Parigi dichiarò in una sentenza del 18 gennaio


1833 (1 ) , che un'usurpazione di strada comunale , consumata
sotto l'impero del Codice penale del 1791 , che la puniva con
una multa correzionale da 3 a 24 franchi, e giudicata sotto

l'impero della legge 28 aprile 1832 , che la poneva invece nel


novero delle contravvenzioni di polizia, dovesse essere punita
a termini di questa legge , e precisamente con multa da 11 a
15 franchi , essendo le pene di polizia inferiori in grado alle
pene correzionali , quantunque nella fattispecie il minimo quan-
titativo della pena pecuniaria stabilito dalla legge nuova fosse
più elevato di quello statuito dalla legge anteriore. - Altre

sentenze pronunziò la stessa Corte nel medesimo senso nei


giorni 9 frimaio , anno X (2) , 28 fruttidoro, anno XI ( 3 ) ,
18 gennaio 1850 (4) , 7 giugno 1851 (5) .

CAPITOLO XXVII.

Continuazione.

Nel commisurare la pena , conviene aver riguardo alle cir-


costanze che per legge hanno l'effetto di aumentarla o di

diminuirla. Queste circostanze possono essere variamente re-


golate dalle due leggi , antica e nuova, sia rispetto ai loro
elementi costitutivi , sia rispetto alla efficacia loro nella com-

(1 ) Ap. MEYNNE, pag . 67.


(2) Pasier., la serie, Vol. 2, Trib. d. Cass., pag. 321 .
(3) Ap. MEYNNE, pag. 68, nota 1 .
(4) D. 1850, 5ª part. pag. 349.
(5) D. 1851 , 1ª part. , pag. 246 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 437

misurazione della pena . Per regola generale, tanto per un


rispetto quanto per l'altro si deve preferire la più mite fra

quelle due leggi . Ciò ebbe pure a dichiarare la Corte di cas-


sazione di Parigi , rispetto alle circostanze mitiganti in parti-
colare, in una sua sentenza 16 floreale anno II (1 ) .
Fra gli argomenti più discussi dagli scrittori della penale
retroattività a proposito delle circostanze aggravanti è degno
di speciale riguardo quello della recidiva . È generalmente am-
messo nelle legislazioni positive che la ripetizione del mede-
simo reato per cui il reo ebbe già a subire una condanna ,
oppure di un reato della medesima specie di quello per cui
la precedente condanna è stata pronunziata , dia motivo ad un
aumento di pena dell'ultimo reato commesso , per titolo di
recidiva ; ma , se quei molteplici reati sono stati perpetrati
sotto l'impero di differenti legislazioni penali , sorgono due que-
stioni. La prima : se , nell'applicare la pena ad un reato com-
messo vigendo una data legislazione, si possa ammettere la
recidiva pel motivo di uno o più reati commessi sotto una
legislazione precedente . La seconda : come si debba il giudice
contenere, se, risoluto affermativamente il primo punto , diffe-
riscano le due legislazioni circa il concetto e le condizioni
della recidiva.

Non è però la prima vera e propria quistione transitoria ,


come credono generalmente gli scrittori che ci hanno prece-
duti, commettendo uno sbaglio che noi abbiamo già osservato
in altre precedenti occasioni . Invero anche qui non si tratta
di contrapporre una legge vigente all'epoca del giudizio , ad
una legge anteriore che vigeva quando fu commessa l'azione
punibile ; si tratta piuttosto di determinare sotto qual legge
debbasi riputare consumata la recidiva , se i due o più reati
commessi dalla medesima persona, lo furono per avventura
sotto differenti legislazioni . Soltanto , dopo tale determinazione ,
(1) R. G. 4, 2, 37.
438 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

vi è luogo a supporre che all'epoca del giudizio viga una legge


penale differente da quella sotto . il cui impero la recidiva è
accaduta, e di qui sorge propriamente la quistione transitoria
concernente la recidiva.
Che la recidiva si debba ammettere anche in riguardo a
reati commessi vigendo una legislazione anteriore , è general-
mente riconosciuto . Alcune leggi positive lo dichiarano espres
samente, come, per es. , il Codice penale del Brunswick (Pat.
di promulg. , § VIII , ap . Berner, pag . 61 ) , ed il Codice penale
prussiano (art. VI) (1 ) . Lo stesso ebbe pure a dichiarare la
Corte di cassazione di Parigi in una sentenza del 20 giugno

1812 (2) , ed in altra del 16 novembre 1815 ( 3 ) . A buon di-


ritto invalse tale opinione ; imperocchè la recidiva aggrava la
pena, siccome indizio manifesto di più alto grado di pravità
nel delinquente, ma l'importanza morale dei fatti umani si
giudica prescindendo dal tempo e dal luogo, in cui i fatti me-
desimi vennero commessi . Soltanto nell'applicare le esigenze
della morale ai fatti penali non si può considerare reato una
azione compiuta in un tempo in cui era lecita, del quale prin-
cipio vedremo un' applicazione in questo argomento della
recidiva. Che se la legge anteriore, sotto il cui impero ac-
cadde un reato , di fronte al quale quello che ora si punisce.
assume il carattere di recidiva , non avesse contemplato , per

un supposto inverosimile , questa circostanza aggravante , il


giudice potrebbe non ostante ammetterla senza dare alla legge
nuova una ingiusta retroattività . Imperocchè, come ben os-
servò un tribunale bavarese, giusta la testimonianza di Berner
(p. 62) , la recidiva non consiste già nell'essere stato consu-
mato un reato precedentemente a quello che forma oggetto

( 1 ) « La pena della recidiva potrà essere applicata , sia che le precedenti


infrazioni siano state commesse prima dell'attuazione del presente Codice,
o sia che siano state commesse dopo, ecc. ».
(2) Pasicr., 1ª serie, C. d. cass., Vol. 6, pag. 518.
(3) R. G. 19, 1 , 33.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 439

del giudizio , ma nell'essere stato quest'ultimo reato consumato


dopo che un altro od altri lo erano stati prima di esso ; in
questo senso appunto la recidiva si dice circostanza o carat-
tere del reato, su cui pende il giudizio . La quale osservazione.

venne poi tradotta in un Rescritto del re di Baviera , Massimi-


liano Giuseppe, del 10 dicembre 1814 (ap . Berner , pag. 63 ) ,

del seguente tenore : « siccome la recidiva appartiene alle


qualifiche del fatto che aumentano la punibilità, e queste de-
vono essere giudicate secondo le leggi vigenti al tempo , in cui
il reato fu commesso , così non si applica retroattivamente il

nuovo Codice penale, se un reato perpetrato dopo la sua at-


tuazione viene riguardato come recidiva a motivo di una pena
subita sotto l'impero di una legge anteriore » .
Non varrebbe l'obbiettare ciò che sopra noi dicemmo
circa l'abitualità dell'usura , non ostando nel caso presente

ciò che in quello impediva di fondare una imputazione nuova


dei fatti accaduti vigendo una legge anteriore . Imperocchè
non si tratta ora come allora di ammettere esistente un

reato in un tempo in cui la legge vigente non lo ammet-


teva, ma soltanto di avvertire in un reato la semplice circo-
stanza di fatto di essere stato preceduto da reati consimili ,
circostanza che bensì la legge anteriore non avvertiva o diver-
samente apprezzava , ma che non per questo cessa di essere
una mera qualifica di fatto del reato posteriore , inseparabile
dal concetto di questo .

Discordano gli scrittori soltanto nel porre i requisiti della


recidiva risultante dalla ripetizione di un reato sotto l'impero
di leggi differenti .
Si domanda anzitutto se il requisito della identità o della
semplice omogeneità dei reati ripetuti debbasi desumere dalla
legge sotto il cui impero la recidiva viene ammessa , o da una
legge anteriore . Di queste due opinioni noi non possiamo esi-
tare a dare preferenza alla prima, avendo già dichiarato sopra
440 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

che la recidiva è propriamente una qualifica dell'ultimo reato


in confronto dei precedenti , e non reciprocamente . Posto
questo principio, non è possibile senza contraddizione , che

noi qualifichiamo di recidiva il reato, su cui pende il giudizio ,


in confronto di un reato commesso sotto l'impero di una le-
gislazione anteriore, se la legge, su cui il giudizio si fonda ,
non permette un tale confronto , benchè lo permettesse la legge
anteriore .

Si disputa eziandio fra gli scrittori se possa darsi recidiva


in confronto di un reato commesso sotto l'impero di una legge
anteriore, ma che la legge attuale non considera più come
tale . Supponiamo che , ad ammettere la recidiva , sia neces-
saria un'altra ed anteriore condanna per furto , e che una
condanna di questo genere sia stata realmente emanata sotto
l'impero di una legge anteriore , ma in un caso , nel quale la
legge attuale ravviserebbe un reato differente dal furto vero e
proprio ; potrà ciò nondimeno quella condanna essere calco-
lata per la recidiva? In altri termini più generali , nella deter-

minazione della recidiva, la natura del reato consumato sotto


l'impero della legge anteriore dovrà essere desunta dalla sola
qualifica attribuitagli dalla relativa sentenza di condanna , od
anche dalle circostanze di fatto enunciate in questa sentenza

e confrontate colle corrispondenti disposizioni della legge at-


tuale ?

Il Tribunale superiore di Prussia ritenne la prima di queste


due opinioni in un caso , nel quale un tale era stato condan-

nato per furto di pesci dall'acqua corrente , mentre questa sot-


trazione non era più considerata furto dalla legge vigente
all'epoca della pretesa recidiva ( 1 ) . Anche la Corte di cassa-
zione di Parigi, in parecchie sentenze , 11 giugno 1812 ( 2 ) ,

( 1) GOLTDAMMER, art. 1 , pag. 75, 11, pag. 388-394, ap. SEEGER ( pag. 160 ,
nota 2 ), il quale non ci dice la data della sentenza.
(2) Rec. gén., VII, I, pag. 91 .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 441

20 giugno 1812 (1 ) , 16 novembre 1815 (2) , 4 luglio


1828 (3) e 19 luglio 1830 (4), e la Corte di cassazione
di Bruxelles, in una sentenza del 22 giugno 1833 (5 ) , adot-
tarono la stessa opinione , ritenendo la recidiva nel crimine in
casi, nei quali l'antecedente condanna contemplava un reato

che la legge penale allora vigente qualificava di crimine ,


mentre la legge vigente all'epoca della pretesa recidiva lo
considerava soltanto come delitto . Taluni scrittori hanno pur
difeso tale opinione, fra i quali il Van de Poll (pag. 42) e
lo Schwarze (Neues Arch. , 1857 , p . 375-377) , le cui argo-
mentazioni riassumono quanto fu detto dai tribunali per giu-

stificarla . Lo Schwarze invoca il principio della irretrattabilità


della cosa giudicata . Il giudice , egli dice, non ha facoltà di
sottoporre a critica un giudicato anteriore, per decidere in-
torno alla recidiva . L'anteriore giudicato ha posto in sicuro il
fatto che, per es . , il condannato commise un furto ; ciò basta ,
perchè non si possano confrontare le nozioni che di tal reato
porgono le due leggi, e perchè si debba ammettere la recidival

se il delinquente commette di nuovo lo stesso reato , quando


anche per avventura le due leggi non si accordassero nel de-
terminarne gli estremi e le condizioni .
Ad onta delle riferite autorità e ragioni , la contraria opi-
nione ebbe maggior numero di partigiani, fra i quali furono
Chauveau ed Hélie (n . 498) , Nypels (ad Chauveau ed Hé-
lie , n . 397 ) , Haus (n . 364), Rauter ( n . 192) , Legraverend
(p . 179 e 188 ), Seeger (p . 159 ) , Meynne (p . 57 ) . Fu pure
adottata dai tribunali badesi , giusta la testimonianza del Seeger
(p . 16 , nota 1 ) .
Noi pure ci dichiariamo avversari dell'opinione suesposta,

(1) Ib. , XIII , I , pag. 66.


(2) lb., xix, 1 , pag. 33.
(3) Pasicr., 1ª serie, C. d. cass., Vol. 14, pag . 6.
(4) Rec. gen., 31 , 1 , 185.
(5) Ap. MEYNNE, pag. 56.
442 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

e ci pare di poterla efficacemente combattere . Invero , anche


questa volta è per noi decisivo il riflesso che la recidiva è un

carattere dell'ultimo reato , su cui pende il giudizio , e che


l'ammetterla si risolve nell'attribuire a questo reato una mag-

giore gravità per essere il medesimo una ripetizione di un


reato anteriore . Il giudizio della gravità di un reato non si

può fare se non giusta la legge attuale, epperò qualunque cir-


costanza, da cui quella gravità proviene, deve desumere dalla
legge attuale il suo valore ; la circostanza in particolare del-
l'essere già stato commesso il medesimo reato un'altra volta,
dev'essere apprezzata conformemente alla legge attuale , nel
senso che debba essere quello un reato contemplato anche da
questa legge. Oltracciò , l'avere ammesso che, onde poter ri-
scontrare una recidiva nel nuovo reato, la qualità richiesta
nel reato anteriore debba essere desunta dalla legge, sotto il
cui impero questo nuovo reato venne consumato , ci obbliga ,
per non essere incoerenti , a desumere da questa legge anche
gli estremi costitutivi del reato anteriore , di cui l'indole sia
idonea. Nè vale l'obbietto dell'autorità della cosa giudicata ,

perchè l'ammettere la recidiva non è una conseguenza della


condanna anteriore, ma bensì del nuovo reato , di fronte al

quale quella condanna è un fatto distinto e separato . Non si


può sottoporre a nuova critica la cosa giudicata penale tutte
le volte che si tratta dei suoi effetti o della sua esecuzione, ma

allorquando vi si ha riguardo per uno scopo affatto differente


da quelli, è ragionevole che il legislatore ed il giudice la
contemplino in quel modo appunto che da tale scopo è ri-
chiesto (1 ).

Per le stesse ragioni noi crediamo altresì che , se nel reato

( 1 ) Il Tribunale d'appello di Francoforte in una sentenza che venne poi


riformata dalla già riferita decisione del Tribunale superiore di Prussia,
(v. sopra p. 439) aveva detto troppo, come bene osserva il SEEGER ( p . 161 ,
nota), affermando « che la sentenza stabilisce il carattere giuridico dei fatti
soltanto pel momento della decisione e dell'esecuzione ».
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 443

anteriore mancasse qualche elemento voluto dalla legge sotto


il cui impero si fa quistione di recidiva, questa non potrebbe
essere ammessa. Imperocchè non vi ha sostanziale differenza

fra l'essere un dato reato contemplato da una legge e non da


un'altra, e l'essere il medesimo reato contemplato da ambedue
le leggi a condizioni differenti . Nell'un caso manca total-
mente, nell'altro manca soltanto parzialmente in una legge
ciò che è contemplato dall'altra . Noi ci associamo quindi al
Seeger (p. 158 ) nel disapprovare parecchie sentenze del Tri-
bunale superiore di Prussia del 1851 e del 1852 , nelle quali
fu dichiarato non essere necessario alla recidiva che l'anteriore

condanna fosse stata pronunziata contro un individuo , il quale


avesse raggiunta l'età, prima della quale la condanna mede-
sima non avrebbe potuto essere pronunziata secondo la nuova
legge penale. Lo stesso diciamo rispetto ad un'altra sentenza
di quel tribunale , pronunziata nel 1851 , nella quale fu di-
chiarata la recidiva in vista di un'anteriore condanna per
tentativo di crimine , basata su di una legge, la quale non

esigeva nel tentativo tutti i requisiti voluti dalla nuova legge


penale .
Analogamente si possono risolvere le quistioni nascenti dalle
differenze fra le due leggi, antica e nuova, circa la qualifica
del reato , influente sull'ammissibilità od inammissibilità della

recidiva. Se , per esempio , un'azione punita come crimine


sotto l'impero di una legge anteriore , ora abolita , non è più
riguardata che come delitto dalla legge attuale, chi sotto l'im-
pero di questa legge ripeterà una tale azione , sarà reo di una
recidiva di delitto dietro delitto (délit sur délit) , e non già di
delitto dietro crimine (délit sur crime) ; e chi sotto l'impero

della legge attuale commette un crimine omogeneo ad un reato


da lui commesso sotto la legge precedente, e che questa legge
considerava crimine, mentre la legge attuale lo considera de-
litto , non sarà passibile della pena della recidiva , dovunque
444 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

non sia ammessa recidiva di crimine dietro delitto (crime sur


délit) , quale appunto in tale ipotesi si avrebbe. Queste mede-
sime decisioni ha adottato il Meynne (p . 59 , 60) , e per lui

come per noi esse discendono direttamente dalla premessa che


l'idoneità di un reato , commesso e punito sotto l'impero della
legge antica, ad essere confrontato con un altro reato com-
messo sotto l'impero della legge nuova , onde ammettere la
recidiva, dev'essere giudicata in conformità alla legge nuova,
perchè la recidiva è essenzialmente un carattere dell'ultimo
reato commesso e giudicato .
Ma, se la legge nuova considera come crimine un reato che
la legge antica riguardava come delitto, chi fu punito per una
tale azione sotto l'impero della legge antica, ma poi commise
un delitto dello stesso genere sotto l'impero della legge nuova,
dovrà essere giudicato reo di recidiva di delitto dietro crimine,
oppure di delitto dietro delitto ? Il Meynne ( p . 61 ) tiene la se-
conda opinione, osservando che la recidiva è un effetto del reato
punito sotto l'impero della legge antica , e che la legge nuova
non può attribuire ad un tale reato un effetto che la legge an-
tica non ammetteva , senza ingiusta retroattività . Noi non pos-
siamo convenire in tale sentenza, e teniamo l'opinione con-
traria. Imperocchè , noi abbiamo appunto premesso più sopra
che la recidiva non è propriamente un effetto dell'anteriore
punizione , ma del nuovo reato, e che siffatta proposizione è
l'equivalente dell'altra accettata dallo stesso Meynne , che la
recidiva è essenzialmente un carattere , una circostanza del

nuovo reato . Come da tale premessa noi abbiamo già de-


dotto potersi applicare retroattivamente una legge nuova , la
quale ammetta la recidiva rispetto ad un reato, o ad una classe
di reati, rispetto ai quali per avventura non l'ammetteva la
legge anteriore, cosi ora ne dobbiamo dedurre, per non essere
incoerenti, che , nel giudicare della recidiva , si possa retroatti-
vamente applicare una legge nuova , la quale ad un dato reato
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 445

attribuisca una qualifica più grave di quella attribuitagli dalla


legge antica.

Può finalmente la recidiva avere per sua condizione il non


essere decorso più di un certo tempo fra il reato già punito
e quello su cui pende il processo . Molte legislazioni pongono
e determinano questo requisito , e fra le altre la prussiana
(pag. 60), la virtemburghese (art . 126 ) , la bavarese (pag. 71 )

e il Progetto di Codice penale italiano (art. 72). Se la legge,


sotto il cui impero la recidiva è accaduta, statuisce un inter-
vallo di tempo differente da quello statuito dalla legge sotto
il cui impero venne consumato il reato anteriore, noi opiniamo
col Seeger (pag. 163 , 164 ) che la prima disposizione debba
essere esclusivamente applicata , sia l'intervallo di tempo più
corto, o sia più lungo di quello stabilito dalla legge anteriore .

Imperocchè anche questa è una diretta conseguenza del prin-


cipio tante volte invocato in questo capitolo, che la recidiva è
una circostanza del nuovo reato , e non un vero e proprio ef-

fetto dell'anteriore reato che già venne punito . Ciò nondimeno


parecchie legislazioni positive , come osserva il Seeger (p . 164 ),
hanno stabilito che non si possa valutare per la recidiva un
reato, dalla punizione del quale fino all'epoca della consuma-
zione di un nuovo reato sia decorso più del tempo dentro il
quale può ammettersi la recidiva secondo la legge vigente al-
l'epoca del primo reato, quantunque la legge vigente all'epoca
del secondo prefigga un termine più lungo di quello stabilito
dalla prima legge . Codesta disposizione è manifestamente l'ef-
fetto di un errore, consistente nell'applicare il principio fon-
damentale della penale retroattività ad una questione che non
è propriamente transitoria.

La vera questione transitoria rispetto alla recidiva sorge ,


come abbiamo avvertito da principio , nell'ipotesi che la legge
vigente intorno alla medesima all'epoca del giudizio , sia diffe-
rente da quella sotto il cui impero la recidiva è accaduta , cioè
446 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

dalla legge sotto il cui impero fu consumato l'ultimo reato su


cui pende il giudizio . Or bene, in tale ipotesi non vi può es-
sere dubbio che di queste due leggi devesi applicare di prefe-

renza quella più mite, in virtù del principio fondamentale della


penale retroattività . Egli è evidente del resto che , una volta
determinata secondo la più mite fra quelle due leggi l'indole ,

la punibilità, la prescrittibilità dell'azione, la quantità della


pena del reato su cui pende il giudizio , non si può con un'altra
legge giudicare dalla recidiva, che di quel reato è carattere e
circostanza .

Tutti quanti i requisiti e gli effetti della recidiva devono

essere giudicati secondo la più mite fra le due leggi , antica e


nuova. La maggior mitezza della legge poi si rivela , in questo
come in tutti gli altri oggetti del giudizio penale , o nell'esen-
zione totale dalla pena, o nel minor quantitativo di questa.

CAPITOLO XXVIII.

Dell'esecuzione delle pene.

Le cose fin qui dette intorno alla determinazione della pena


non si applicano al modo di esecuzione della medesima. Questo
modo di esecuzione, appunto perchè attiene piuttosto alle forme
.
che alla sostanza della giustizia penale, deve essere sempre

regolato dalla legge attuale, al pari di tutti gli altri elementi

della procedura . Che anzi le stesse pene pronunziate con sen-


tenza passata in giudicato devono , per l'anzidetto motivo , es-

sere eseguite secondo il disposto della legge attuale , come ebbe


a dichiarare la Corte di cassazione di Parigi in una sua sen-

tenza del 28 marzo 1792 ( 1 ) , decidendo che la pena capitale


inflitta prima dell'attuazione del Codice penale del 1791 , do-
( 1 ) D.'R., 1. c., n. 368.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 447

vesse ciò nondimeno venire eseguita nel modo ordinato da


questo Codice .

Il principio generale dianzi esposto è anche ammesso dalla


maggior parte degli scrittori, e in particolare dal Van de Poll

(pag. 37) , dal Bertauld (op . cit . , 8 leç . , pag . 181 ) , dal Meynne
(p . 113 ) , dal Nypels (ad Chauveau e Hélie, n . 51 ) , dal Morin
(Rép. , voce Eff. rétr . , n . 15 ) , e dal Dalloz (l . c . ) . Parecchi scrit-
tori però, e p . es. il Van de Poll , il Nypels , il Morin, il Meynne ,
il Theodosiades (pag. 205), ne limitano l'applicazione , esclu-
dendola in quei casi nei quali il modo di esecuzione della pena ,
ordinato dalla legge nuova , sia più doloroso di quello ordinato
dalla legge sotto il cui impero il reato fu commesso . E per es.
il Meynne (ib . ) disapprova l'art . 7 della legge francese 8 giu-
gno 1850 , giusta il quale i deportati devono essere trasferiti
nei luoghi nuovamente scelti per l'esecuzione della pena della

deportazione. Noi non possiamo convenire in tale opinione , e


col Bertauld crediamo che l'esposto principio non soffra nes-
suna eccezione. Imperocchè, allorquando il legislatore dichiara
che la pena rimane la medesima , pur mutando il modo di sua
esecuzione, non è lecito al giudice dare una differente impor-
tanza a questa mutazione, assimilandola ad un aumento di

pena. Oltredichè, ove non si adotti quel principio nella sua


generalità , si corre rischio di esigere talvolta l'impossibile, cioè
che si faccia uso di mezzi di punizione che, oltre all'essere
stati aboliti, neppure più esistono. Bensi bisogna accuratamente
distinguere nelle leggi concernenti l'esecuzione delle pene , ciò
che attiene propriamente alla forma o al modo di esecuzione ,
da ciò che influisce sulla quantità della pena, risolvendosi in
un aumento o in una diminuzione di questa. Così per es. il
Theodosiades adduce a riprova dell'opinione che noi combat-
tiamo , l'evidente ingiustizia dell'applicazione retroattiva di una
legge che abolisca in un dato caso l'imputazione nella pena
del carcere sofferto prima della condanna ; ma siffatta dispo-
448 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

sizione, chi ben la consideri , fa parte della determinazione


della pena, anzichè regolare il modo di eseguirla , perchè l'im-
putazione o deduzione del carcere sofferto è anteriore a tale
esecuzione, e serve appunto a fissare la pena che deve essere
eseguita.

CAPITOLO XXIX.

Delle prove.

In qualunque sistema di penale procedura non è possibile


che si ammetta la reità dell'accusato , se non è stato provato

prima il fatto (in genere) che diede occasione al processo , poi


la reità (in ispecie) di chi fu accusato come autore di quel fatto .
Questa reità poi non è provata se non dopo che tanto l'accusa
quanto la discolpa furono provate , e in virtù di un confronto
fra le circostanze addotte per sostenere l'una e quelle addotte
per sostenere l'altra . Tutte le legislazioni positive contengono
norme intorno ai mezzi di prova , e propriamente : a ) intorno
al modo di porli in essere, come per es. intorno all'audizione
dei testimoni ; b) intorno ai loro requisiti ; c) intorno alla loro
efficacia probatoria . Rispetto a tutti questi punti le legislazioni
positive possono differire, e in particolare una legge nuova può
differire dall'antica, sia perchè in qualche procedura, come per
es . nella procedura davanti al giuri , la legge che la introduce ,
abolisca tutte quante le regole probatorie stabilite dalla legge
precedente, sostituendovi l'intima convinzione dei giurati , sia
perchè la medesima si scosti dalla legge precedente o circa il
modo di assumere le prove , o circa il grado di efficacia loro
assegnato . Domandano gli studiosi della penale retroattività,
se tali innovazioni si possano applicare anche ai reati com-
messi sotto l'impero della legge precedente, o almeno ai pro-
cessi cominciati sotto l'impero di questa legge .
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 449

La maggior parte degli scrittori rispondono a questa do-


manda affermativamente. Sono fra gli altri di questo avviso il

Blondeau (1. c . ) , il Van de Poll (p . 22 , 62) , e il Berner (p . 72) .


Per essi tutte quante le leggi probatorie penali , senza nessuna
eccezione, appartengono alle processuali , epperò sono retro-
attive di loro natura , cioè applicabili non meno ai processi già
cominciati e ai reati commessi prima della loro attuazione , che
a quelli posteriori alla medesima .

Noi non possiamo aderire a siffatta opinione, formulata in


termini così generali . Finchè si tratta del rito processuale
per l'assunzione delle prove o dei requisiti di esse , noi pure
crediamo che una legge nuova debba essere retroattiva per

le ragioni dianzi riferite. Imperocchè il legislatore nello


stabilire nuove regole intorno a quegli argomenti , è stato
certamente guidato dalla considerazione dell'astratta loro op-
portunità a scoprire il vero , anzichè della loro pratica utilità
alle persone, epperò vien meno la possibilità di applicare ad
esse il canone fondamentale della penale retroattività, come
vien meno il pericolo che se ne abusi , facendone stromento
di vendette e persecuzioni (v. sopra pag. 318 ).
Ma se trattasi invece di nuove regole concernenti la vera e
propria efficacia dei mezzi di prova del reato, cioè quello che
si possa provare con certi mezzi , o che non si possa provare
se non con certi mezzi , noi crediamo che il pratico effetto di
tali regole può essere più o meno vantaggioso agli accusati, e
che per conseguenza vi si possa e debba applicare il canone
fondamentale della penale retroattività . Supponiamo che ad
una legge, la quale permette di opporre ai verbali degli uffi-
ziali di polizia altre prove qualunque , venga sostituita un'altra
che attribuisce a quei verbali la virtù di provare finchè non
vengano impugnati per falso, o che ad una legge , la quale non
ammette condanna capitale che non sia fondata sulla prova
testimoniale, o sulla confessione dell'accusato corroborata da
GABBA Retr. leggi, II 29
450 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

altre circostanze, ne venga sostituita un'altra , la quale anche

in tal caso ammette la prova indiziaria ( 1 ) . Chi non vede che ,


tanto nell'un caso quanto nell'altro , la probabilità per l'accu-
sato di subire la condanna è molto maggiore nella legge nuova
che nell'antica , e che, come dicono lo Zachariae (p . 60-62) ed
il Meynne (pag . 156) , la prova di discolpa è resa più difficile ,
e più facile invece quella della imputazione ? Maggior facilità
di provare l'imputazione o maggior difficoltà di provare la
discolpa, equivalgono a minor facilità per l'imputato di difen-
dersi, epperciò , coerentemente a quanto noi dicemmo più sopra
in generale circa la non retroattività delle leggi processuali
che diminuiscono i mezzi di difesa degli accusati (v. sopra

pag. 368 ) , noi diremo ora collo Zachariae (ib . ) , col Meynne
(ib.) e col Jenull ( ap . Zachariae, nota 116 ) , che le nuove leggi
probatorie, le quali rendono più facile la prova della imputa-
zione, e più difficile la prova della discolpa , non possono es-
sere retroattive.

Voglionsi per altro distinguere attentamente le leggi che ,


mentre esigono una data prova, non fanno in realtà se non deter-
minare un elemento essenziale del reato , dalle leggi probatorie

che non rendono più difficile la prova di discolpa , nè più fa-


cile quella della imputazione. Il Meynne afferma per es. a buon
diritto che, abolita la legge che permette di sventare l'impu-
tazione di calunnia colla exceptio veritatis e colla prova di
questa, tale abolizione non potrebbesi applicare retroattiva-
mente. Ma la legge in discorso , benchè concerna la prova di

discolpa contro l'imputazione di calunnia , non è in sostanza


che una ripetizione , sotto altra forma e con altre parole , della
stessa definizione del reato di calunnia , il quale implica la
falsità, oltre che l'odiosità dell'asserto . Una legge invece , la

(1 ) La prova indiziaria è dichiarata insufficiente per le condanne capitali


nell'Ordinanza penale annoverese del 26 marzo 1822 (ap . ZACHARIAE ,
nota 80) e nel Codice di procedura penale austriaco del 1853.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 451

quale sostituisca al sistema delle prove legali quello dell'intima


convinzione, o reciprocamente, deve essere applicata retroat-
tivamente, come ebbe a dichiarare la Corte di cassazione di

Parigi in una sentenza del 23 ottobre 1807 ( 1 ) , relativa alla


introduzione delle leggi penali francesi nella Liguria. Impe-
rocchè ad un mutamento di sistema non si può , nè astratta-
mente, nè in nessun caso concreto, assegnare un'efficacia nè
diretta, nè indiretta, pregiudicevole al reo . •
In qual significato dovrà ora intendersi la non retroattività
da noi ammessa , collo Zachariae e col Meynne, delle nuove
leggi che rendono più difficile la prova di discolpa dell'ac-
cusato ?

Il Meynne (ib . ) applica in questa occasione un canone ge-


nerale da lui prestabilito (pag . 119 ) , che cioè tutti quanti i
mezzi di difesa dell'accusato sono un diritto acquisito di questo
dal momento in cui è cominciato l'attacco , cioè al principio
.

di ogni singolo stadio della procedura . In quel momento l'im-


putato o l'accusato acquista , secondo il Meynne, un vero e
proprio diritto di difendersi in ognuno di quegli stadi a ter-
mini della legge vigente, diritto che nessuna legge posteriore
gli può togliere . Lo Zachariae invece opina (pag. 82) che i
mezzi di difesa dell'imputato e dell'accusato si debbano desu-
mere dalla legge vigente al tempo del reato, e che nessun'altra
legge li possa togliere o diminuire.

Questa seconda opinione pare anche a noi migliore della


prima. Imperocchè siccome delle nuove leggi penali si può
abusare , appropriandole allo scopo di nuocere a chi abbia
commesso certi reati, ma non sia ancora stato punito, così
nessun miglior mezzo di prevenire tale abuso che l'assicurare

ad ogni delinquente l'egida della legge vigente al tempo del


delitto , tanto rispetto alla prova d'incolpazione e di discolpa ,
quanto rispetto a qualunque altro elemento del giudizio pe-
(1) Pasicr., 1 serie, Vol. 4, pag. 574.
GABBA - Retr. leggi, II 29*
452 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

nale . L'opinione che noi difendiamo ha quindi anche il pregio


di uniformarsi al modo nel quale noi intendemmo la non re-
troattività della legge penale in tutte le altre quistioni finora
discusse nel corso di quest'opera . L'opinione del Meynne al
contrario presenta l'inconveniente di rendere applicabili ad un
medesimo processo differenti legislazioni, se al principio di
ciascheduno stadio del processo fosse stata emanata una legge
nuova intorno al medesimo .

CAPITOLO XXX.

Del rito processuale.

Mentre il concetto generale di leggi processuali comprende


anche quelle concernenti il modo di iniziare il processo , la
competenza e le prove, e generalmente tutte le leggi che ri-
guardano l'amministrazione della giustizia penale, chiamansi
propriamente leggi di rito quelle concernenti la forma del

processo, cioè i vari atti che durante il processo devono essere


intrapresi dai magistrati e dai contendenti, gli uni verso gli
altri, e i modi in cui devono essere compiuti .

È principio generalmente ammesso che le leggi concernenti


le forme processuali si applicano retroattivamente, cioè anche
alle procedure cominciate e non finite sotto l'impero delle leggi
precedenti , non meno nelle cause civili . Veggansi in proposito :
Legraverend (op . cit . , vol . II , cap . 1 , § 6 ) , Mangin (De l'instr. ,
vol . II , n . 179 ) , Bertauld (op . cit . , 8 leç . ) , Trébutien (op . cit. ,
vol. I, t . 2 , pag. 84) , Merlin (Rep. , voce Eff. rétr. , sez 3ª , § 7) ,
Rauter (op . cit . , vol . I , n . 8 ) , Blanche (op . cit . , art . 4 , n . 36) ,
Duverger (Man . d. jug. d'instr . , cap. 1 , n . 9 ) , Morin (Rep. , voce
Eff. rétr. , n . 8 ) , Dalloz (l . c . , n . 340) , Van de Poll (pag. 65) ,
Mailher de Chassat (vol . II , p . 254) , Berner (p. 72) , Meynne
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 453

-
(pag. 141 ) , Theodosiades (pag . 245 ) . — Le legislazioni hanno
pure generalmente adottato quel principio . In Francia per es..
il decreto 5 fruttidoro anno IX lo enunciò nella sua generalità ,
dicendo che tutto ciò che concerne l'istruzione delle cause ,
finchè queste non sono terminate, si regola secondo le forme

nuove, senza offendere il principio di non retroattività, il quale


si riferisce soltanto alla sostanza ( au fond) del diritto » . In
Italia lo stesso principio fu introdotto nella legge 26 novembre
1860 (art. 2 ) per l'attuazione del Codice di procedura penale
nell'Emilia, e poi nelle Disposizioni transitorie del 30 novembre
1865 (art . 2) per l'attuazione del nuovo Codice di procedura
penale. - Non meno costante fu la giurisprudenza nel rico-
noscere ed applicare il principio medesimo. Cosi p . es . la Corte
di cassazione di Parigi dichiarò con sentenza 26 luglio 1811 (1)
che in un processo penale per un reato commesso vigendo il
Codice penale dell'anno IV bastasse domandare ai giurati se
il tale è colpevole, quantunque quel Codice esigesse che nella
domanda ai giurati fosse fatta espressa menzione dell'inten-
zione ; e con sentenza 13 novembre 1835 ( 2 ) , che « il prin-
cipio di non retroattività non si applica alle leggi che stabili-
scono nuove forme d'istruzione o di giudizio , civile o criminale ;
che tali leggi regolano i fatti anteriori alla loro promulgazione ,

quand' anche questi siano già stati occasione di procedimento ,


purchè non sia ancor stata emanata sentenza definitiva intorno-
ai medesimi » .

Osservano però parecchi autori, e fra gli altri Meynne (pa-


gina 145 ) e Theodosiades (p . 250 ) , che tanto nella procedural
criminale quanto nella civile , la retroattività delle nuove leggi
concernenti le forme processuali non può mai avere per effetto

di annullare atti processuali già consumati, e che in virtù di

questo principio un atto processuale , cominciato e non finito

( 1 ) D. R., voce Lois, n. 340.


(2) Ib.
454 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

sotto l'impero della legge precedente, deve poter essere con-


tinuato a termini di questa legge anche sotto l'impero della
nuova, ogniqualvolta verrebbe altrimenti lesa l'unità dell'atto ,

e quindi tolta o scemata l'utilità di quanto fu già operato sotto


l'impero della legge precedente. Il Meynne deduce (ib . ) da tali
premesse che un esame di testimoni cominciato e non finito

sotto l'impero di una legge processuale abolita , deve essere


continuato e finito a termini della legge medesima, anche sotto
l'impero di una nuova legge . Dallo stesso riguardo fu certa-
mente mosso il legislatore italiano ordinando nella citata legge
del 1860 per le provincie dell'Emilia (art. 2 ), e nelle citate
Disposizioni transitorie per l'attuazione del nuovo Codice di
procedura penale italiano (art. 6), che i dibattimenti cornin-

ciati e non finiti al tempo in cui entrerà in vigore il nuovo


Codice, verranno continuati nella forma e giusta le norme
prescritte dalle leggi anteriori di procedura .
A noi pure sembrano sostanzialmente giuste le opinioni sur-
riferite . Le leggi di rito invero, al pari delle altre leggi di
procedura, per loro natura e per regola generale non concer-
nono circostanze influenti sulla determinazione della pena , e
soltanto in piccola parte concernono la difesa dell'imputato o
dell'accusato, in quei riti dai quali questa è accompagnata .

Come tali esse possono certamente venire applicate, di regola ,


in modo retroattivo . Quanto poi agli atti processuali già com-
piuti a termini della legge precedente, il non dichiararli inutili
dopo l'abolizione di questa legge, è logica conseguenza di un
principio fondamentale da noi esposto nella Parte Generale di
quest'opera (Vol . I , pag. 219) , del principio cioè, che quando
il cittadino ha posto debitamente in essere un atto impostogli
dalla legge, ha diritto di ottenerne le conseguenze che la legge
aveva promesse. Siccome però non è esclusa la possibilità che
anche le leggi di rito , al pari di altre leggi processuali da noi
accennate in precedenti occasioni, contengano principii e dis-
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 455

posizioni influenti direttamente o indirettamente sulla puni-


zione, e siccome non bisogna neppur perdere di vista le leggi
concernenti il rito della difesa , le quali possono essere più o
meno vantaggiose all'imputato o all'accusato, cosi noi crediamo
potersi utilmente restringere la generalità del principio che le
leggi di rito processuale sono retroattive . Ci par meglio detto
che queste leggi sono retroattive in quanto non influiscono nè
sulla pena, nè sul diritto della difesa . Codesta proposizione è
già stata propugnata dallo Zachariae (pag. 64), il quale ci
sembra essere stato censurato a torto dai suoi successori , e in
particolare dal Berner (pag . 71 ) , per non avere accettato senza
restrizione il principio della retroattività delle leggi concernenti
le forme processuali .

L'applicazione pratica della formola suesposta non è certa-


mente facile in tutti i casi . Accade talvolta che la circostanza

dell'essere una data legge processuale meno vantaggiosa della


precedente all'imputato all'accusato, faccia credere all'esi-

stenza di una specie di diritto quesito di chi commise il reato


sotto l'impero della legge precedente, diritto quesito ad esclu-
dere l'applicazione della legge nuova. Per non incappare in
errori in codeste indagini, bisogna guardarsi dall'equiparare

leggi processuali semplicemente meno vantaggiose, a quelle


che conducono veramente a punire chi sarebbe stato impunito
secondo la legge antica , o ad aggravare la pena comminata da
questa legge, o che tolgono all'imputato un mezzo di difesa
che la legge antica gli assicurava . Bisogna spogliarsi eziandio
del vano e infondato concetto di un diritto quesito in materia
processuale , specialmente penale, concetto che noi abbiamo

già più di una volta avuto occasione di censurare . Alcune ap-


plicazioni chiariranno meglio il fin qui detto .
Il Van de Poll (pag . 66 ) ricorda gli articoli 5 , 6 , 7 del Code
d'instruction criminelle, concernenti la punibilità dei reati di
un francese e di un forestiero in estero Stato a danno dello
456 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

Stato francese . Certamente questi articoli, quantunque conte-


nuti in una legge di procedura, appartengono però propria-
mente al diritto penale materiale, perchè statuiscono la puni-
bilità di atti non contemplati dal Codice penale francese. Come
tali non saranno certamente retroattivi al pari delle vere e
proprie leggi di procedura.
Neppure si può dubitare che le leggi relative alla organiz-
zazione delle autorità giudiziarie, leggi per loro natura stret-
tamente connesse con quelle di rito, debbano sempre essere
retroattive , cioè applicarsi tanto alle procedure per reati com-
messi vigendo le leggi anteriori , quanto a quelle per reati
commessi dopo l'abolizione delle medesime. Ciò insegnano

tutti gli scrittori, e lo stesso Zachariae (pag. 57 ) , ed ebbe anche


a dichiarare la Corte di cassazione di Parigi in una sentenza

del 6 ottobre 1837 (1 ) . Ma noi non possiamo aderire all'opi-

nione di Abegg (pag . 500 ) e di Zachariae (pag. 64) , che se la


nuova legge diminuisce il numero dei giudici necessari a pro-
nunziare intorno ad una data specie di reati, questa legge non
possa applicarsi ai processi relativi a reati anteriori alla sua
attuazione . Noi siamo col Meynne (pag . 124) dell'opposto av-

viso ; imperocchè , mentre non possiamo negare che quella


nuova legge sia meno vantaggiosa agli imputati dell'antica ,
questo minor vantaggio però consiste soltanto in una minore
probabilità di sentenza giusta in generale , ma in cosi piccola
e incalcolabile misura, che non sarebbe lecito ravvisarvi una

offesa del diritto dei rei , senza offendere davvero in gravissimo


modo lo stesso legislatore .

È pure generalmente vera l'opinione del Meynne (p . 142-144 )


che si applicano retroattivamente le leggi relative alle circo-
stanze che provocano l'azione della giustizia repressiva . Noi
abbiamo però osservato in un precedente capitolo (XIX) che
se una legge nuova sostituisce l'azione pubblica all'azione pri-
(1) Pasicr., 2ª serie, Vol. 19, pag. 580 ; D. R. C. c., n. 340, 4º.
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 457

vata per certi reati, non la si può applicare retroattivamente ,


perchè legge siffatta aumenta per sua natura la probabilità del
reo di essere perseguitato ed accusato . Non ci sembra invece

patire limitazione alcuna la regola insegnata dal Meynne ( ib . ) ,


che dalla legge attuale si devono sempre desumere le regole
intorno al modo di avviare il processo penale davanti alle
differenti autorità giudiziarie .

È anche vera in generale l'opinione dello stesso autore (ib .)


che l'istruzione dei processi penali , di qualunque specie e in
qualunque grado di giurisdizione , deve essere fatta secondo la
legge attuale. Soltanto riguardi di male intesa equità possono
avere indotto qualche legislatore a seguire la massima con-
traria. Per esempio una legge francese del 18 germinale 1792
(art. 7 ) ordinò che tutte le querele ed accuse anteriori alla
installazione dei tribunali criminali secondo la legge 29 set-
tembre 1791 , dovessero essere giudicate non dai giurati , ma

da giudici magistrati secondo le antiche leggi.


Noi non opiniamo invece col Meynne (pag. 153 ) che possa
retroagire soltanto una legge più favorevole della precedente
all'accusato in materia di arresto provvisorio, ma crediamo
che lo possa essere del pari una legge la quale abbia invece il
carattere opposto . Imperocchè nè l'arresto provvisorio è una
pena, nè implica di per sè solo una minore facilità per l'accu-
sato di difendersi contro il suo accusatore.

Opiniamo pure che non si potrebbe applicare retroattiva-


mente una legge che vanno fingendo parecchi scrittori della
nostra materia , cioè una legge che ripristinasse la tortura .
Abegg (pag. 498 ) e Zachariae (pag. 62) sono pure di questo

avviso , e noi li seguiamo , non già perchè la tortura non sia


una mera forma processuale, benchè riprovevole, ma perchè,
oltre all'essere tale , la tortura è pure un male positivo inflitto
all'accusato, cosicchè ricorre qui un principio fondamentale
della penale retroattività, che chi ha commesso un reato sotto
458 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

una data legge , non possa per cagione del medesimo venir

sottoposto per nessun pretesto ad un male che tale legge non


aveva preveduto . Il prof. Berner ( pag. 73 ) ci sembra accon-
tentarsi di troppo poco , quando , per combattere quella opinione ,
non sa addurre altra ragione fuorchè il carattere processuale
della tortura .

Rispetto alla difesa nello stretto senso di questa parola,


cioè a quegli atti processuali col mezzo dei quali l'imputato o
l'accusato ribatte direttamente l'imputazione o l'accusa, o

cerca di rappresentare i fatti che diedero occasione al processo ,


nel modo per lui meno svantaggioso , il principio generale che
la retroattività delle leggi di rito processuale non possa scemare
i mezzi di difesa del reo , conduce alla conseguenza che gli atti
in discorso non possano essere mai nè per l'imputato , nè per
l'accusato minori in numero o in estensione di quelli che gli

assicurava la legge sotto il cui impero accadde il fatto cui


l'imputazione o l'accusa si riferisce . Se per es. questa legge

dava all'imputato il diritto di essere assistito da un difensore


anche nella inquisizione preliminare, noi crediamo che tale
diritto non gli potrebbe esser tolto da una legge nuova che
quella istituzione non ammettesse . Soltanto rispetto alla forma
ed ai termini della difesa propriamente detta, la legge nuova
dovrebbe essere applicata retroattivamente .

CAPITOLO XXXI .

Della sentenza e dei rimedi contro la medesima.

La sentenza è l'ultimo atto della procedura , e dichiara il


diritto, a rintracciare il quale la procedura era destinata. Essa
definisce però veramente il litigio soltanto se contro di essa non

è più ammissibile rimedio di sorta , o , come si suol dire , se la


sentenza ha raggiunto l'efficacia di cosa giudicata. Ciò può
DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 459

accadere, o perchè la sentenza emanata in prima o in una


superiore istanza non possa più essere susseguita da una nuova
sentenza, o perchè nel caso concreto contro la sentenza ema-
nata in prima o in una superiore istanza il rimedio conceduto
della legge non sia più possibile, sia perchè vi abbia espressa-
mente rinunziato chi ne aveva il diritto e vi poteva rinunziare,
sia perchè costui abbia lasciato inutilmente trascorrere il
tempo fissatogli dalla legge per far uso di quel diritto . L'in-
fluenza di una legge nuova sull'appellabilità o inappellabilità ,
e in generale sui rimedi contro le sentenze già emanate in
conformità di una legge anteriore, è uno dei punti più degni
di considerazione nello studio del gius transitorio processuale
penale .

L'appellabilità o l'inappellabilità, la possibilità di revisione.


o di cassazione di una sentenza è una conseguenza di questa ,

epperò deve essere di regola giudicata secondo la legge , vi-


gendo la quale fu la sentenza emanata. Ora la sentenza è un atto
processuale , e come tale è regolata dalla legge attuale ; per
conseguenza, la legge vigente nel giorno in cui la sentenza fu

emanata, e non già quella vigente all'epoca del reato , e neppur


quella vigente quando il processo venne cominciato , dovrà di

regola seguirsi per decidere se e qual rimedio possa darsi


contro la sentenza medesima. In virtù di questo principio la
la Corte di cassazione di Parigi in una sentenza del 6 ottobre
1837 ( 1 ) dichiarò che la legge del 1 ° aprile di quell'anno ,
intorno all'autorità delle decisioni della Corte di cassazione

dopo due rinvii , aveva il carattere di legge di procedura e di


istruzione, epperò dal giorno della sua promulgazione doveva
essere applicata non meno ai processi già cominciati , che a
quelli che fossero stati promossi in seguito, e non meno ai
processi criminali che ai civili .

Discende dal principio anzidetto la conseguenza che , se la


( 1 ) V. sopra pag. 455.
460 APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA

legge sotto il cui impero la sentenza venne emanata, accordava


un qualche rimedio contro di essa , una legge nuova non può
togliere questo diritto a chi lo ha , ma non ne fece ancora uso .
Di ciò convengono generalmente i giureconsulti . Veggansi p . es .
Merlin (Rep. , voce Eff. rétr. , sect . 38 , 9 , VI ) , Bertauld (op .
cit. , 8ª leç . , p . 189 ) , Van de Poll (p. 74 , 75 ) , Dalloz ( 1. c . ,
n. 355 ) , Meynne (pag. 163) , Theodosiades (pag. 263) . Anche
la Corte di cassazione di Parigi affermò lo stesso canone , tanto

pei processi civili quanto pei criminali , nella sentenza 15 maggio


1821 (1 ) . Fra le legislazioni positive lo sancirono pure la legge
transitoria italiana del 26 novembre 1860 (art. 4, 6) per l'at-

tuazione del Codice di procedura penale nell'Emilia , e l'altra


del 30 novembre 1865 (art . 7) per l'attuazione del Codice di
procedura penale pel Regno d'Italia . Se non che suo darsene
per motivo un preteso diritto al rimedio contro la sentenza ,
acquisito dal momento e in virtù della sentenza medesima .
Questo motivo ci par buono soltanto rispetto alle sentenze ci-
vili, le quali, venendo considerate come quasi-contratti , pos-
sono essere fonte e modo d'acquisto di diritti , ma nel diritto
penale la sentenza ha un tutt'altro carattere , come tutt'altra è
l'indole della giustizia penale e della giustizia civile , e non vi
può essere maggiormente diritto quesito in virtù della sentenza
penale, di quello che vi possa essere diritto quesito in virtù
del reato . Come il reo non può allegare un vero e proprio di-
ritto contro l'applicazione di una legge penale più severa,
finchè la pena non gli è stata inflitta con sentenza passata in
giudicato, così egli non può allegare neppure un vero e pro-

prio diritto ai rimedi contro una sentenza di condanna che


non ha ancora la virtù di cosa giudicata . Per noi il canone in
discorso non è altro che una conseguenza ed una applicazione
.
di un altro più generale già tante volte invocato , del canone
cioè che i mezzi di difesa accordati da una legge al reo , non

(1) Pasier., 2ª serie, Vol. 10, pag. 283.


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE 461

gli possono essere tolti da un'altra legge posteriore . Invero i


rimedi contro le sentenze sono al certo fra i più importanti
mezzi di difesa accordati al reo dalla legge processuale ; ep-

però non deve essere lecito al legislatore di interdirne l'uso a


chi vi ha diritto in virtù della legge vigente nel giorno in cui
la sentenza venne pronunziata .

Ciò dicasi del resto tanto per le sentenze pronunziate al


termine del processo , quanto per quelle pronunziate nel corso
di questo , e tanto per le vere e proprie sentenze quanto pei
decreti e per le ordinanze . Ed essendo fondamento unico di
tale principio un benigno riguardo al reo , ne consegue eziandio
che, mentre una legge nuova non può togliere a questo i ri-
medi che potrebbe esperimentare contro la sentenza in virtù
della legge sotto il cui impero la sentenza venne pronunziata ,
potrà invece una legge nuova togliere tali rimedi al Pubblico
Ministero , il quale ne farebbe uso a danno del reo .
Che se giusta la legge vigente nel giorno in cui la sentenza
venne emanata, questa è inappellabile , non vi può essere
dubbio che contro di essa una legge nuova non potrà accor-
dare alcun rimedio , nè a danno , nè a favore dell'accusato . Ciò
pure affermano Van de Poll ( pag. 74) e Zachariae ( pag . 60 ) .
Imperocchè altrimenti si violerebbe il principio, saldissimo nel
diritto penale come nel civile , della ineccepibile autorità della
cosa giudicata (v. sopra pag . 35 e 362) . Ci fa meraviglia che

il Meynne (pag. 165 ) abbia affermato il contrario, e ripreso il


Bertauld (op . cit. , 8ª leç . , pag . 189) , il quale disse applicabile
soltanto nell'avvenire una legge introduttiva di un nuovo ri-
medio contro una sentenza passata in giudicato .
Quanto al rito da osservarsi nello sperimentare i rimedi le-
gali contro le sentenze , egli è certo che lo si deve sempre ed
unicamente desumere dalla legge attuale.

FINE DEL VOLUME SECONDO.


463

INDICE DEL VOLUME II .

PARTE TERZA

Principii pratici ed applicazioni.

LIBRO PRIMO

Principii di gius transitorio personale Pag.


CAPITOLO I. Natura e contenuto delle relazioni di stato personale » 2
II. - Della retroattività delle leggi concernenti lo stato e
la capacità delle persone 12
» III. - La retroattività delle leggi concernenti lo stato e la
capacità personale, e il Diritto Romano · 17
» IV. - Concetto del diritto acquisito nelle materie di stato
personale 24
V. - Dello stato e della capacità delle persone, subbiettiva-
mente considerate, cioè in relazione all'intera so-
cietà od allo Stato . • 37
$ 1. - Della libertà e della schiavitù 38
«
§ 2. - Dell'estimazione civile e dell'infamia • 39
§ 3. - Della cittadinanza . 40
§ 4. - Continuazione 49
§ 5. ― Continuazione 51
§ 6. - Della morte civile · 55
§ 7. - Dell'assenza 59
59 559

§ 8. ---- Delle differenze di sesso 64


- Della minore e della maggiore età >> 65
§ 9.
Ꭶ 10 . - Della tutela e della emancipazione dalla
765

tutela
464 INDICE

§ 11. Della interdizione e della inabilitazione.


Delle curatele speciali in particolare . . Pag. 94
§ 12. Dei diritti e delle prerogative politiche . » 120
CAPITOLO VI. - Dello stato e della capacità delle persone considerate
in relazione alla famiglia 127
§ 1 . - Della promessa di matrimonio . 128
§ 2. - Dei requisiti e degli atti precedenti il ma-
trimonio • >> 136
§ 3. _ Della validità del matrimonio e delle do-
mande di nullità 139
S 4. - Dello stato di coniuge e dei rapporti perso-
nali dei coniugi • >> 149
$ 5. - Della separazione dei coniugi 159
«
$ 6. Dello scioglimento del matrimonio e del di-
vorzio 162
§ 7. Continuazione 181
-
§ 8. Dei rapporti fra i genitori e la prole · >> 188
a) Della legittima e della illegittima pro-
creazione 189
«
b) Della patria podestà e della emancipa-
zione della patria podestà 202
1) Dell'origine della patria podestà 203
2) Dell'estensione o degli effetti della pa-
tria podestà - Dell'usufrutto legale paterno in
particolare • 214
3) Della cessazione della patria podestà » 224
§ 9. - Dell'obbligo legale degli alimenti fra pa-
renti . • 226
§ 10. Della parentela civile 230
CAPITOLO VII. - Della parentela naturale >> 234
§ 1. Della dichiarazione della procreazione ille-
gittima . 235
a) Del riconoscimento della prole naturale »
«
b) Della giudiziale dichiarazione dell'ille-
gittima procreazione - Della ricerca della pa-
ternità in particolare · >> 238
- Continuazione ―
§ 2. Della legge intermedia in
materia di ricerca di paternità naturale 250
INDICE 465

§ 3. ----- Dei diritti dei figli naturali Pag. 251


§ 4. Dei diritti della madre illegittima · 260
§ 5. - Della legittimazione . 262

APPENDICE AL LIBRO I DELLA PARTE TERZA.


DELLA RETROATTIVITÀ IN MATERIA PENALE

CAPITOLO I. - Introduzione . Pag. 266


II. - Dottrina odierna circa l'effetto retroattivo delle
leggi penali · 268
III. - Storia degli esposti principii · 272
IV . - Continuazione. Il Diritto Romano imperiale e
Giustinianeo 287
V. - Continuazione. Il Diritto Canonico 290
VI. - Continuazione. I giureconsulti italiani dal se-
colo XIII al XV »
VII. - Continuazione. I giureconsulti moderni sino alla
fine del secolo XVIII 293
VIII. - Delle leggi penali interpretative od espressa-
mente retroattive . » 297
IX . - Apprezzamento filosofico dell'odierna dottrina
circa la penale retroattività • 298
X. - Continuazione. Sposizione ed esame di alcune
dottrine . . 300
XI. - Continuazione 309
XII. - Nostra dottrina 313
XIII. - Delle leggi criminali propriamente dette e delle
leggi di polizia 320
XIV. -- Continuazione. Delle leggi passeggiere di polizia » 322
XV. Delle leggi criminali passeggiere 325
XVI. Della legge penale intermedia » 327
XVII. - Dell'applicazione della nuova legge penale più
mite nei differenti stadi del processo » 336
XVIII. Dell'influenza della nuova legge penale più mite
sulla cosa giudicata » 344
XIX . -- Dell'azione civile risultante dal reato 363
XX . - Vari oggetti cui si applica il canone fondamen-
tale della dottrina della penale retroattività . » 364
466 INDICE

CAPITOLO XXI . Come praticamente si facciano la scelta e l'ap-


plicazione della legge penale più mite . Pag. 366
XXII. -- Dell'istanza pubblica e dell'istanza privata . » 373
>> XXIII. - Della prescrizione dell'azione penale e della pena >> 375
XXIV. Del giudice competente . . 392
XXV. - Delle condizioni e degli elementi costitutivi del
reato . 404
XXVI. Della pena e delle circostanze che l'aggravano
o la diminuiscono 422
XXVII. - Continuazione 436
XXVIII. Dell'esecuzione delle pene 446
«
XXIX . Delle prove 448
> XXX. Del rito processuale 452
XXXI. Della sentenza e dei rimedi contro la medesima >> 458
ERRATA- CORRIGE

A pag. 267 linea 12 invece di - nel Libro 1° - si legga nella Parte Prima
29 273 99 18 S. C. Sc,
n
LAW LIBRARY
University of Michigan

3 5112 104 911 310

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