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HARVARD LAW LIBRARY .

Received 27, 1903


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C. F. GABBA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

VOL . III .
TEORIA C

DELLA

RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI

ESPOSTA

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C. F. GABBA
Professore ordinario della R. Università di Pisa

VOLUME TERZO

TERZA EDIZIONE
RIVEDUTA E ACCRESCIUTA DALL'AUTORE
CON RICHIAMO ALLA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA

TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO - EDITRICE
33 - Via Carlo Alberto - 33
1897
G

Diritti di traduzione e riproduzione riservati alla Società editrice.

Rec . May 27, 1913


ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

Principii pratici ed applicazioni

LIBRO SECONDO

PRINCIPII DI GIUS TRANSITORIO REALE .

Essendo le cose materiali mezzi diretti o indiretti , al 1


soddisfacimento di tutti gli umani bisogni , ne consegue

che i rapporti giuridici , aventi per oggetto le cose, costi-


tuiscano una delle più importanti divisioni del sistema del
diritto . Dicesi Diritto Reale il complesso dei principii

concernenti quei rapporti , sia che riguardino le cose ma-


teriali in quanto possono essere oggetto dei rapporti mede-
simi, sia che riguardino direttamente questi rapporti , e i
diritti che ne scaturiscono . Codesta parte del sistema giu-
ridico voleva certamente essere considerata distintamente
dalle altre anche nelle discussioni di gius transitorio ; non

soltanto perchè la retta applicazione dei canoni generali


della giurisprudenza transitoria vi dà occasione a norme
pratiche speciali , ma eziandio perchè qualcuna fra le stesse
massime fondamentali della giurisprudenza transitoria
concerne specialmente il diritto reale , come già fu avvertito
nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , p . 208-209) .

Ma prima di intraprendere siffatte ricerche , ci sembra


indispensabile investigare e definire in generale quali siano
6 PARTE TERZA

2 i veri e propri confini del Diritto Reale , o in altri termini


i caratteri delle vere e proprie quistioni di Diritto Reale.
Vere quistioni e leggi attinenti al Diritto Reale sono
per noi quelle che : 1 ° riguardano la condizione giuridica
delle cose materiali , cioè determinano : a) le qualità giu-
ridiche delle medesime , e b) i diritti dei quali date cose
materiali possono essere oggetto , oppure : 2° statuiscono
in astratto quali diritti reali siano ammissibili , oppure :
3º assegnano gli effetti e l'estensione dei singoli diritti reali .

Non basta quindi per noi che una legge o quistione con-
cerna le cose materiali soltanto indirettamente , per essere
reale ; epperò non attiene al gius reale il diritto di successione
mortis causa, oggetto del quale non sono propriamente i beni
mobili o gli immobili lasciati dal defunto , ma la stessa
totalità del patrimonio ereditario , avente natura di univer-

sitas juris , e la rappresentazione della persona del defunto


rispetto alla medesima . Non basta neppure che sulla legge
o quistione di che si tratta influisca principalmente la
natura fisica dei beni , come per es . accade nel divieto di
alienare i beni immobili dotali , perchè , ad onta di quella
circostanza , la legge può non avere propriamente per suo
contenuto e scopo il regolare un diritto reale , considerato
per sè stesso , come appunto il divieto dell'alienazione degli
immobili dotali non regola propriamente il diritto di pro-
prietà sugli immobili , astrattamente dalle persone a cui
questi appartengono , ma regola quella proprietà in quanto
spetta ad una donna maritata , e colla mira di tutelare
quest'ultima. Siffatto divieto per conseguenza appartiene
piuttosto al diritto famigliare che al reale. Laonde giusta-
mente la Corte d'appello di Genova , 17 maggio 1873 ( 1 ) ,
e la Corte d'appello di Venezia , 25 dicembre 1874 (2 )
dichiararono non riferirsi alle doti stipulate vigente il Co-

(1) G. 1 , xxv, 1 , 389.


(2) M. T. , v, iv, 8 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 7

dice austriaco le disposizioni del Codice civile italiano in


materia di inalienabilità dotale , e a torto invece la Cassa- 3
zione di Napoli , 3 febbraio 1866 ( 1 ) , dichiarò essere quelle
disposizioni statuto reale , anzichè personale . Siano poi
mobili od immobili le cose materiali , la realità delle leggi
e delle quistioni cui esse dànno occasione , si deve sempre
determinare secondo gli esposti criteri . È falsa , come bene
ha dimostrato il Savigny ( 2) , l'antica dottrina che i beni
mobili debbano sempre essere governati dalle leggi per-
sonali , cioè dalle leggi vigenti nel domicilio o presso la
nazione del proprietario , tanto se sia conosciuta la loro
sede quanto se non lo sia , e il Codice civile italiano ha
dato certamente un lodevole esempio coll'abbandonarla (3 ) .
Posta così in chiaro l'indole e la estensione delle qui-
stioni di Diritto Reale , meno difficile diventa il procedere
con ordine e con sicuri criteri nelle relative considerazioni .

CAPITOLO I.

Della condizione giuridica delle cose materiali .

Già nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , p . 207


e segg.) noi abbiamo osservato che tutto ciò che attiene

alla mera possibilità dei veri e propri diritti concreti ,


acquisiti agli individui , la condizione giuridica cioè delle
persone, e delle cose materiali , per sè medesime conside-
rate, e prima ancora che siano diventate subbietti ed ob-

bietti di concreti diritti , rimane in potere del legislatore ,

( 1 ) G. I., xvi , 1 , 79.


(2) V. SAVIGNY, Syst., § 366.
(3) Veramente nel Codice italiano il principio in discorso non è espresso
nel modo più chiaro, perchè nell'art. 7 del titolo preliminare si legge : i beni
mobili sono soggetti alla legge della nazione del proprietario, salve le con-
trarie disposizioni della legge del paese nel quale si trovano. Quest'ultima
clausola però fa sì che la lex rei sitae si debba applicare di preferenza
anche alle cose mobili , quando almeno la sede di queste sia conosciuta.
8 PARTE TERZA

le cui norme in proposito sono da applicarsi immediata-


mente a tutte le persone e cose esistenti .
4 Da questa fondamentale premessa discende anzitutto la
conseguenza che tutte le leggi concernenti le qualità giuri-
diche delle cose materiali, si applicano immediatamente a
tutte le cose esistenti. Tali qualità sono per esempio : la
mobilità e l'immobilità , la divisibilità e l'indivisibilità ,
l'alienabilità e l'inalienabilità , l'essere una cosa principale

od accessoria, di privato o di pubblico dominio ( 1 ) .


Tutti gli scrittori convengono in questo canone . Veg-
gansi fra gli altri : Chabot de l'Allier (vº Comm. conjug. ) ,
Bergmann (p . 116 in nota) , Mailher de Chassat ( 1 , p . 175 ) ,

( 1 ) Anche nel D. R. il principio in discorso è accettato. Vedasi in prova


la L. 17 , C. De sacros . eccl. , relativa all'inalienabilità dei beni della Chiesa.
Vi si legge fra le altre cose : locum autem habent praedicta et in futuris
ecclesiasticis rebus, et in praeteritis aut praesentibus. Il BERGMANN Osserva
(1. c .) sull'appoggio della Nov. 7 , cap. 1 , che la proibizione dell'alienazione
dei beni della Chiesa è inapplicabile alle tradizioni già avvenute ed ai negozi
giuridici già conchiusi. Lo SCHAAF (pag. 438) non ammette che possa
dirsi in generale voluta dal legislatore la retroattività delle leggi reali . In
ciò egli è coerente alla sua premessa (v. Vol . II, pag. 17) che non si possano
affatto stabilire massime generali di gius transitorio , o in altri termini che
la volontà del legislatore intorno all'estensione dell'applicazione di una legge
nuova non possa essere sicuramente determinata fuorchè di caso in caso ,
mentre tutti coloro i quali pongono una massima generale transitoria qua-
lunque, ritengono in sostanza che in una data e intiera specie di casi, per
la stessa natura di questi , debbasi attribuire al legislatore una data inten-
zione circa i limiti dell'applicazione della legge da lui emanata. Ma l'appli-
cazione che lo SCHAAF fa della sua dottrina nell'argomento attuale, è una
prova novella della insostenibilità e fallacia della medesima. Egli dice che
anche il divieto dell'alienazione delle cose ecclesiastiche potrebbe in qualche
caso , secondo la vera intenzione del legislatore , non essere applicabile alle
cose già esistenti . Se per es. , gli istituti ecclesiastici esercitassero a pro della
Chiesa il commercio , il divieto dell'alienazione delle cose ecclesiastiche non
potrebbe, egli dice, applicarsi alle cose già comperate da questi istituti, ma
non ancora rivendute quando quella legge venne attuata . Noi conveniamo
collo SCHAAF che in tale singolare ipotesi dovrebbe accettarsi la sua opi-
nione . Non si tratterebbe allora però di cose ecclesiastiche, ma del com-
mercio degli istituti ecclesiastici ; il divieto in discorso non si applicherebbe
a questo commercio , perchè non vi si riferirebbe menomamente , come nep-
pure il divieto del commercio degli istituti ecclesiastici avrebbe per effetto
di impedire che si rivendessero le cose già comprate per essere rivendute.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 9

Merlin (p . 253 suiv. ) , Unger ( p . 135 ) , Grandmanche de


Beaulieu (I , p . 175 ) , Theodosiades (p . 98 ) , Pfaff e Hofmann 5
(p . 153 ) . E la Cassazione di Torino , 31 dicembre 1894 ( 1 ) ,
dichiarò che la qualifica di acqua privata o pubblica deve
farsi in conformità alla legge attuale . Osservisi del resto
che, se dalle leggi in discorso venissero esentate le cose
materiali esistenti , lo scopo del legislatore verrebbe mani-

festamente in gran parte frustrato .


Havvi però una rilevantissima differenza fra le persone
e le cose nello applicare le leggi concernenti la qualità o
la condizione giuridica delle une e delle altre . E questa è
che non vi hanno limitazioni dell'immediata applicazione
delle leggi concernenti le qualità giuridiche delle cose
materiali , mentre vi hanno limitazioni dell'immediata

applicazione delle leggi concernenti le qualità giuridiche e


subbiettive della persona (Vol . II , pag . 29 e segg. ) . Non
vi hanno cioè diritti quesiti ad un dato stato giuridico
delle cose materiali , come vi hanno diritti quesiti a dati
stati personali degli individui . E ciò ben si comprende ;
imperocchè, mentre una qualità personale può molte volte
essere considerata come un grado di personale dignità ,
che , una volta conseguito , non deve poter più essere ritolto ,
le cose materiali invece possono per virtù di legge perdere
il carattere giuridico che aveano prima , ad acquistarne un
nuovo , senza che questo mutamento di per sè solo debba
reputarsi violazione di un diritto quesito del proprietario .
L'immediata applicazione di una nuova qualifica attri-
buita dalla legge ad una data specie di cose , vuol dire che
dal giorno dell'attuazione della nuova legge tutte le cose
esistenti di quella specie devono essere considerate e trat-
tate in conformità alla legge medesima per tutti gli effetti
giuridici che la nuova qualifica è destinata a produrre .
Come abbiamo già avvertito nella Parte Generale di questa

(1) M. T. , 1895, 283.


10 PARTE TERZA

opera (Vol . I , pag . 342) , ogni e qualunque diritto quesito


su di una data categoria di cose materiali , genericamente
designate, vuolsi effettuare interpretando questa generica
designazione secondo il significato che la legge le attribuiva
allorquando l'acquisto è accaduto , se trattisi di un diritto
di non continuato esercizio , e interpretandola invece se-
condo il significato che le attribuisce la legge vigente al
6 momento di ogni singola applicazione , se trattisi di un
diritto di continuato esercizio . Concordano Meyer (p . 80) ,

Merlin (sez . 303 , art . 3 , n . 2 ) , Mailher de Chassat (I , p . 288 ) ,


Theodosiades (p . 98 ) , Pacifici - Mazzoni (Ist . , 1 , p . 461 ) ,
Herrestorf (p . 137 ) ; Tonso (p . 345 ) invece , e Pfaff e Hof-
mann ( p . 153 ) vogliono in ogni caso osservata la legge
sotto il cui impero il negozio giuridico è stato posto in
essere . Ed egli è chiaro del pari che la mutata qualifica
di una cosa, per es . da privata in pubblica , non può di
per sè sola far perdere un diritto già acquistato sulla me-
desima , e che ora non potrebbesi più acquistare in virtù
appunto della nuova qualifica attribuita alla cosa. Di che

si vedranno pratiche applicazioni nel discorso intorno alla


servitù d'acqua .

CAPITOLO II.

Continuazione.

Dicendo che le nuove leggi intorno alle qualità giuridiche


delle cose materiali si applicano immediatamente a tutte
le cose esistenti , si dice implicitamente che dal giorno
dell'attuazione di queste leggi non si possono più acqui-

stare sulle cose quei diritti che sono diventati incompa-


tibili colla nuova qualità attribuita alle cose , imperocchè
dalle qualità giuridiche delle cose si deduce di quali diritti
esse possano o non possano essere oggetto . Talvolta però
la legge stabilisce esplicitamente che un dato diritto possa
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 11

o non possa avere per oggetto cose materiali di una data

specie. Or bene , è principio generale , ammesso da tutti gli


scrittori della giurisprudenza transitoria , che la possibilità
di acquistare o di far valere un diritto qualunque rispetto ad
una data cosa materiale, deve sempre essere regolata dalla
legge vigente nel giorno dell'acquisto o dell'esercizio del diritto
medesimo.

Prima conseguenza di questo canone è l'impossibilità


di perfezionare l'acquisto di un diritto che la legge nuova
più non riconosce , se l'acquisto non era già stato perfe-
zionato al momento in cui questa legge è stata posta in

vigore. Se per esempio la legge nuova più non permette


che si acquisti sugli immobili mediante prescrizione una 7
servitù discontinua , o una servitù continua non apparente ,
non vi ha dubbio che le prescrizioni di questo genere , non
ancora ultimate nel giorno in cui la nuova legge viene
attuata , non possono più essere continuate dopo questo
giorno . Ciò fu pure dichiarato dalla Corte di cassazione di

Parigi colla sua sentenza del 31 agosto 1825 ( 1 ) , appli-


cando l'art . 691 del C. N. , e venne poi esplicitamente sta-

tuito dal legislatore italiano nell'art . 21 delle Disposizioni


transitorie per l'attuazione del Codice civile del Regno
d'Italia . Similmente la Corte d'appello di Genova dichiarò ,
in una sentenza 15 dicembre 1874 ( 2 ) , che una fabbrica
appena cominciata prima , non può essere continuata dopo
l'attuazione del Codice civile italiano, in onta alle dispo-
sizioni di questo Codice rispetto alle distanze legali fra gli
edifici ; e la Cassazione di Roma dichiarò , con sentenza

13 maggio 1878 ( 3 ) , che un acquedotto scavato sul fondo


altrui per diritto di servitù legale , e non ancora ultimato
quando entrò in vigore il Codice civile italiano , non può

(1 ) R. G. , 26 , 1 , 28 .
(2) Gazz. dei Trib. di Genova , xxvII , 1 , 663.
(3) F. 1., 1878 , 3, 1 , 645.
12 PARTE TERZA

essere proseguito se non in conformità alle prescrizioni


di questo Codice intorno a quella servitù . Così pure il
divieto della rivendicazione delle cose mobili si applica,
come osservano Bergmann (pag . 175 ) , Pfaff e Hofmann
(p . 155 ) , anche a tutte le cose mobili già esistenti.
Ma se un diritto qualunque , avente per oggetto una cosa
materiale , è stato acquistato , ma non ancora esercitato
allorchè venne attuata una nuova legge che più non lo
ammette , potrà esso nondimeno venire esercitato dopo ?
Suppongasi , per esempio , che una legge proibisca il seque-
stro degli stipendi dei pubblici funzionari , e che un se-
questro di questo genere sia stato accordato sotto la legge

antica , ma non ancora eseguito quando venne attuata la


legge nuova .
8 È sfuggita alla generalità dei giureconsulti la distinzione

fra la possibilità di acquistare un dato diritto avente per


oggetto una cosa materiale , dopo l'attuazione di una nuova
legge che più non lo riconosce , e la possibilità di eserci-
tare dopo una tale attuazione un diritto di quella specie
solamente acquistato sotto l'impero della legge precedente.
Essi sogliono affermare , come l'Unger ( p . 135 ) , in termini
generali , che dopo l'attuazione di una legge escludente
certe cose dal novero degli oggetti di certi diritti , questi
diritti non possono più essere esercitati , la quale propo-
sizione si applica tanto ai diritti non ancora acquistati ,
quanto ai già acquistati e non ancora esercitati . Si accor-
gono però nelle pratiche applicazioni che quella formola
è troppo generale , e introducono eccezioni alla mede-
sima, che la oscurano , e mettono nell'incertezza chi deve

applicarla.
Fedeli al principio che i diritti acquistati devono essere
rispettati , noi riteniamo che per regola generale i diritti
di qualunque specie, non più riconosciuti dalla legge nuova
rispetto a certe cose materiali, devono poter essere esercitati
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 13

anche dopo l'attuazione di essa legge , se furono debitamente


acquistati sotto l'impero della legge antica. Il contrario può
essere ammesso soltanto in quei casi nei quali tal sia la
chiara intenzione del legislatore , oppure ciò sia necessario
affinchè la legge non diventi illusoria .
In omaggio al principio anzidetto il supremo Consiglio
di Modena, con sua decisione del 17 luglio 1828 ( 1 ) , di-
chiarò che , quantunque le nuove leggi più non ammettes-
sero l'ipotecabilità dei beni mobili , pur nondimeno con-
servasse efficacia anche dopo la loro attuazione un'ipoteca
di tal genere , spettante ad una moglie per la sua dote in
virtù della legislazione anteriore. Parimenti è opinione di

Proudhon (De la propr. , n . 302 ) , di Theodosiades ( p . 131 ) , 9


e di altri , che , sebbene dalla legge 11 brumale anno VII
(art. 6) le rendite perpetue siano state dichiarate beni
mobili , epperò non suscettibili d'ipoteca , ciò non ostante
continuino a sussistere con pieno effetto anche dopo quella
legge le ipoteche di rendite perpetue debitamente costituite
sotto l'impero della legislazione anteriore che le ammet-
teva (2 ) . Per lo stesso principio noi riteniamo che una
legge divietante il sequestro degli stipendi dei pubblici
funzionari non potrebbe avere per effetto di togliere valore
ad una sentenza che avesse accordato un tale sequestro ,

ma non fosse ancora stata eseguita sotto l'impero della


legge precedente , perchè siffatta sentenza è un fatto acqui-
sitivo del diritto di togliere al soccombente il possesso
della cosa che forma oggetto del sequestro . Lo stesso do-
vrebbesi dire , a nostro avviso , se il diritto al sequestro

(1 ) Riferita dal CHIESI , Sistema ipotecario, Firenze 1855, vol . III , pag. 74 .
(2) Ci pare però infondata l'opinione del PROUDHON (ib . ) che se l'iscri-
zione di una ipoteca di tal genere, debitamente costituita prima dell'attua-
zione della legge che più non l'ammette, non sia stata poi in tempo debito
rinnovata, non possa più essere reiscritta coll'effetto che l'ipoteca prenda
grado dal giorno della nuova iscrizione. La rinnovazione dell'ipoteca con-
serva bensì il grado di questa, ma non il titolo che esiste e si conserva di
per sè.
14 PARTE TERZA

fosse stato acquistato mediante espressa pattuizione , avve-


nuta sotto l'impero della legge precedente che lo permet-
teva , epperò noi non possiamo aderire alla contraria mas-
sima seguita in questo caso dalla Corte di cassazione di
Torino colla sentenza 17 maggio 1866 ( 1 ) . Successivamente
però a questa sentenza la legge 18 maggio 1866 sancì
appunto l'opinione da noi qui propugnata , alla quale ebbe a
conformarsi la stessa Cassazione di Torino in una sentenza
15 settembre 1873 ( 2) .

10 Non mancano in questo tema delle qualità delle cose


materiali , e della possibilità od impossibilità di esercitare
certi diritti rispetto alle medesime , esempi di leggi le quali
rivelano la manifesta intenzione del legislatore che ven-

gano applicate ambe a diritti già acquistati , ma non


ancora esercitati , impedendone l'esercizio .
Per esempio una legge che divieti la vendita all'estero
di granaglie o di altri mezzi alimentari , non può eviden-
temente venire applicata soltanto all'avvenire , imperocchè
frattanto , secondo l'opinione del legislatore , il popolo pati-
rebbe la fame, mentre a prevenirla o ad alleviarla egli
crede necessario assicurare il consumo in paese delle der-

rate che vi si trovano . Questa decisione è accettata da


tutti i giureconsulti , per es . fra gli antichi da Bergmann
(p . 175 ) , fra i moderni da Unger (pag. 125 , num. 39).
Taluni però, e fra essi l'Unger (ib . ) e lo Schuster (ap . Unger
ib. ) , hanno creduto che qualunque legge la quale metta
fuori di commercio una data specie di cose materiali deb-
basi applicare senza riguardo a diritti anteriormente acqui-
siti : altri fra i quali Bergmann ( ib . ) , Hüttner ( ap . Unger ,

( 1 ) A. G. , 1866-67 , 1 , 1 , 47. La Corte di cassazione argomenta dall'ordine


pubblico, dicendo che " la legislazione sugli stipendi appartiene essenzial-
mente al diritto pubblico amministrativo ,. Noi abbiamo già censurato
(v. Vol. I , pag. 150 e segg.) il criterio dell'ordine pubblico , che da molti pur-
troppo viene largamente applicato nella giurisprudenza transitoria.
(2) M. T. , xiv, 1037.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 15

ib.) , Stubenrauch (ib . ) , Holzschuher (ib .) , hanno scorto


nell'addotto esempio una eccezione al principio fonda-
mentale del rispetto dei diritti acquisiti . Errarono mani-
festamente gli uni e gli altri . Invero egli è facile scorgere
che una legge divietante il commercio di certe cose , non
transitoriamente e fino a nuovo avviso , ma per sempre ,

e come per fermare un principio giuridico generale , può


in qualche caso venire applicata soltanto nell'avvenire ,
senza contraddire nè alla ragione nè alla intenzione del
legislatore . Giustiniano per esempio nella Nov. 7 , cap . I
statuisce che la legge della inalienabilità delle cose spet-
tanti alla Chiesa (v . L. 22 , Cod . De sacros . eccl.) deve
essere applicata soltanto in posterum , cosicchè la medesima
lasci sussistere i contratti di vendita dei sacri arredi , con-

chiusi per avventura prima della sua attuazione . E per


verità non si può dire che in tal modo ridotta la legge ad 11
avere effetto soltanto in avvenire , e rispetto agli arredi
sacri non ancora venduti o fabbricati al momento della

sua attuazione , non debba produrre in sufficiente misura


l'effetto che il legislatore ebbe di mira . Invano l'Unger
sostiene la sua opinione col dire che il diritto di disporre
delle cose materiali non è che una mera possibilità , la cui
effettuazione può essere impedita dalla legge , imperocchè
questo argomento , oltre allo escludere affatto l'esistenza

di diritti acquisiti nel campo del gius reale , sovverte la


stessa distinzione fra la mera possibilità del diritto e il
diritto acquisito , che è fondamentale nella dottrina tran-
sitoria, e il cui criterio risiede in qualunque fatto in virtù
del quale un individuo profittò di una facoltà datagli dalla
legge (v. Vol. I, p . 222 e segg. ) .
Anche una legge la quale abolisse l'indefinita divisibi-
lità dei fondi nell'interesse dell'agricoltura , dovrebb'essere
applicata non soltanto in avvenire , ma eziandio ai diritti

già acquisiti alla divisione ora proibita , per es . mediante


16 PARTE TERZA

convenzione o sentenza giudiziale che pose termine ad


una comunione di proprietà immobiliare . Imperocchè non
può ammettersi che il legislatore abbia avuto una diffe-
rente intenzione , ove si rifletta che altrimenti sui fondi
nuovamente divisi in virtù di una convenzione o di una
sentenza precedente , verrebbero resi per sempre impossi-
bili quegli scopi che il legislatore si è proposto limitando
la divisibilità .
Così pure, in virtù delle cose da noi dette nella Parte
Generale di quest'opera (Vol . I , pag. 352 e segg.) , egli è
ad affermarsi in tesi generale che ogni e qualunque diritto
perpetuo , avente per oggetto cose materiali , ove sia stato
abolito dalla legge , cessa eziandio in coloro che lo aves-
sero acquisito sotto l'impero di una legge precedente .
Avremo in seguito occasione di praticamente applicare
codesto principio , specialmente in materia di enfiteusi e
di fedecomessi .

12 CAPITOLO III .

Dell'ammissibilità dei diritti reali


astrattamente considerati .

A questo secondo capo della trattazione del Diritto

Reale si riconducono : a ) l'introduzione di nuovi diritti


reali ; b) l'abolizione di diritti reali esistenti . Di ciascuno
di questi argomenti noi ragioneremo separatamente nel-
l'ordine in cui li abbiamo enunciati . Conviene però qui

subito notare che , siccome talvolta l'introduzione di un


nuovo diritto reale può essere implicita abolizione di un
altro diritto reale ammesso dalla legge anteriore , così nello
applicare i canoni transitori circa l'introduzione di nuovi

diritti reali bisogna talvolta aver riguardo anche ai canoni


transitori circa l'abolizione di diritti di tal natura .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 17

§ 1.

Della introduzione di nuovi diritti reali,

del diritto acquisito reale.

Tutte quante le leggi che introducono nuove figure di


diritti , hanno per iscopo il far sorgere nuovi diritti da
certi fatti , i quali o potranno in seguito accadere , o già
sussistono ed hanno natura di fatti permanenti , o perma-
nenti condizioni di fatto . Conseguentemente si può ben

dire in tesi generale che anche le leggi introduttive di


nuovi diritti reali , ricevono immediata applicazione . Ciò
vuol dire che non appena si verifichi dopo la loro attua-
zione un fatto della specie contemplata , sorge il diritto ,
oppure questo sorge nel giorno stesso di quell'attuazione
in virtù di un fatto permanente già posto in essere , e
sussiste finchè dura questo fatto . Ma anche quelle leggi ,

al pari di tutte le altre che introducono nuovi diritti , non


sono retroattive nel senso che non modificano gli effetti ,
vantaggiosi a qualcuno , già attuati mediante relativi fatti
o contratti accaduti sotto l'impero delle leggi precedenti ,
e ai fatti permanenti e cominciati sotto l'impero delle
precedenti leggi non attribuiscono effetti nuovi per il
tempo passato .
Ciò che in proposito vi ha di speciale nel Diritto Reale , 13
si è che gli effetti giuridici del possesso di una cosa ma-
teriale , di un diritto reale qualunque su questa cosa , non
si possono reputare assicurati a vantaggio di nessuno , e
veri diritti quesiti di nessuno , per il solo fatto del possesso
della cosa e del diritto reale , quand'anche la legge vigente
al momento dello acquisto della cosa e del diritto li con-
templi ed ammetta . Non corre qui il confronto cogli effetti
giuridici dei contratti e delle obbligazioni , perchè non si
possono i singoli effetti del diritto reale, come quelli delle
GABBA - Retr. leggi, III. 2
18 PARTE TERZA

obbligazioni , considerare propriamente svolgimenti , o trasfor-


mazioni del diritto quesito , nel senso dato a queste parole
nella Parte Generale (Vol . I , p . 279) . Essendo in piena
balia del legislatore il prestabilire i modi e i limiti nei
quali i cittadini possono disporre ed usare di quell'ele-
mento della sociale eccnomia , che sono le cose materiali ,

ne consegue che nessun cittadino possa accampare di


fronte al legislatore un diritto quesito a un dato uso di
quelle cose, prima di averlo effettivamente praticato e
posto in atto . Come dice benissimo il Rintelen (l . c . , p . 23) ,
nei diritti reali il fatto acquisitivo non dà norma di per sè

solo rispetto alle conseguenze di quei diritti , o agli atti


futuri che in virtù dei medesimi si potranno esercitare ,

imperocchè questi atti , finchè non siano stati effettiva-


mente posti in essere , sono sempre regolati dalla legge
vigente nel tempo in cui vengono intrapresi . Chè del resto
gli effetti dei diritti reali non vengono accampati di fronte
a nessuna persona determinata , ma contro l'intiera società ,
essendo il diritto reale per natura sua assoluto e sine

respectu ad caeteras personas . Lo stesso acquisto contrat-


tuale di un diritto reale non può fondare la pretesa a desu-

mere contro l'altro contraente nessuno speciale effetto


contemplato dalla legge sotto il cui impero il contratto
venne stipulato , per la sola ragione che questa legge lo
ammetteva , se per avventura , prima che l'effetto di che si
14 tratta sia stato posto in atto , venga emanata una legge

che più non lo ammetta , e il contratto non lo abbia , in


modo espresso o tacito , indubbiamente contemplato.
Noteremo più sotto , ragionando delle servitù personali ,
una deroga apparente , ma non reale , ai principî suenun-
ciati .

In virtù di questi principî vuolsi affermare col Chri-


stiansen (pag. 114 ) , che i diritti reali nuovamente introdotti
dalla legge sorgono immediatamente in chiunque si trovi nella
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 19

condizione di fatto contemplata dalla legge rispetto alle cose


materiali di cui si tratta . Non osta cioè a siffatta origine
immediata del nuovo diritto l'essere cominciato il possesso
della cosa vigendo una legge che il diritto in discorso non
riconosceva .

Giustamente quindi ebbe a sentenziare la Cassazione di


Napoli , 12 marzo 1854 ( 1 ) , spettare al proprietario del-
l'ultimo piano di una casa il diritto di sovraedificare senza
il permesso di uno degli altri proprietari di piani , attri-

buitogli dall'articolo 564 del Codice civile italiano , quan-


tunque la casa sia stata edificata vigendo una legislazione ,
che siffatto diritto non ammetteva . E anche giustamente
la Corte d'appello di Napoli , 23 ottobre 1868 ( 2 ) , dichiarò
che , per virtù dell'art. 613 del Codice civile italiano , coloro
che per derivare acqua da un fiume , avevano appoggiato
una chiusa alle sponde, senza il consenso dei proprietari ,
e non avendo autorità di ciò fare secondo le leggi ante-
riori , non possono essere costretti a togliere quella chiusa ,
quand'anche pendesse lite in proposito allorchè il detto
Codice venne attuato . Così pure è a ritenersi che , se una
legge nuova, come per es . il Codice civile italiano ( art . 592-
598) , a chi non può accedere al proprio fondo senza attra-
versare il fondo altrui , o non può condurre nel proprio
fondo una corrente d'acqua che gli appartiene , senza fare
attraversare a quest'acqua il fondo altrui , accorda il diritto
di passaggio o di acquedotto sull'altrui fondo , codesti
diritti possono essere fatti valere non solo da chiunque
dopo l'attuazione della legge nuova si trovi nella condi-
zione di poterne approfittare , ma eziandio da chiunque in
tale condizione già a quell'epoca si trovava . Imperocchè
in questo ultimo caso l'antica e persistente condizione di
cose non produce il nuovo effetto che per l'avvenire.

(1 ) G. I. , xxvi , 1 , 333.
(2) A. G., III, 2, 68.
20 PARTE TERZA

Ma se una legge nuova stabilisce certe distanze da osser-


varsi nelle costruzioni , nelle escavazioni e nelle pianta-
gioni , non vi ha dubbio che non si potrà in virtù di tal
legge far distruggere le costruzioni , colmare le scavazioni ,
15 rimuovere le piante che all'epoca dell'attuazione della
medesima si trovassero a distanza minore di quella ch'essa
impone. Imperocchè mediante siffatte costruzioni , pianta-
gioni , e scavazioni , il proprietario ha effettivamente profit-
tato di una libertà che la legge anteriore gli dava e che la
legge nuova gli nega . Ciò ebbe anche a dichiarare espres-
samente , rispetto agli alberi piantati , la Cassazione di
Napoli in una sentenza 6 febbraio 1873 ( 1 ) , e rispetto
alle finestre aperte nella parte di muro comune innalzata
da uno dei condomini , la stessa Cassazione , 12 dicembre
1871 (2) . Vuolsi invece consentire con Pacifici-Mazzoni
(Ist., 1ª ed . , Vol . II , pag . 188 , nota i. f.) , che la legge
nuova intorno alle distanze deve essere applicata alle
costruzioni appena incominciate .
Disputano i giureconsulti se possa essere retroattiva la
legge che il conduttore di un fondo rustico od urbano , il
quale secondo il Diritto Romano poteva essere espulso dal
compratore del fondo , ove il contrario non fosse stato pat-
tuito nel contratto di locazione , abbia invece il diritto di
rimanere sul fondo in caso di vendita di questo , anche
in difetto di un patto espresso . Una legge siffatta sosti-
tuisce di certo al diritto personale del conduttore un
vero e proprio diritto reale , e si può dire quindi introdut-
tiva di un diritto reale nuovo . La quistione appartiene

quindi anche alle presenti ricerche , quantunque noi do-


vremo ritornare su di essa , esponendo il diritto transitorio
delle obbligazioni , e del contratto di locazione in parti-
colare .

(1) Gazz. dei Trib. di Napoli , xxiv, 555.


(2) G. , 1x , 223.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 21

Taluno pensa che la legge in discorso applichisi retro-


attivamente anche ai contratti di locazione anteriormente

conchiusi, affermando che nessun diritto acquisito si viola


in tal maniera , attesochè , quantunque si tratti di un con-
tratto anteriore , l'applicazione della nuova legge però si
fa soltanto in occasione di vendita posteriore all'attuazione
di questa. Tale è l'opinione di Christiansen (1. c . ) . Altri , 16
come il Savigny (p . 425) , e il Theodosiades (p . 181 ) , sono
del contrario avviso , scorgendo invece in chi locò sotto
l'impero della legge precedente , il diritto acquisito di tras-
mettere al compratore la facoltà di espellere il conduttore .
Di queste due opinioni la seconda pare anche a noi la
vera. Imperocchè il fatto da cui ha veramente la sua
prima origine sia il diritto del locatore di non difendere

il conduttore contro il compratore , sia il diritto del con-


duttore di insistere sul fondo locato , dopo la vendita di
questo, non è già propriamente la vendita , la quale nel-
l'ipotesi è accaduta sotto l'impero della legge nuova, ma
il contratto di locazione posto in essere sotto l'impero
della legge precedente . Come la legge nuova ripone d'ora
in avanti nel contratto di locazione il fatto acquisitivo del
nuovo diritto reale che essa introduce , la legge antica
invece riponeva nello stesso contratto il fatto acquisitivo
di un diritto personale che è incompatibile con quel diritto
reale . E il precedente proprietario aveva già fatto proprio
il diritto ammesso dalla legge allora vigente , di potere
alienare l'immobile senza aver riguardo alle locazioni su
di esso consentite ; lo aveva fatto proprio , tacitamente
bensì , collo stipulare lo stesso contratto di locazione , nel
quale era implicita per ambedue i contraenti la clausola ,
che , venduto il fondo , il conduttore potesse essere man-
dato via dal compratore ; essendo appunto regola generale 17
dell'interpretazione dei contratti , che entrambi i contraenti
si intendano avere promesso e stipulato ogni giuridico
22 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

effetto , diretto e indiretto , attribuito dalla legge vigente ,


in modo espresso o tacito , alla convenzione fra di loro
conchiusa.

§ 2.

Dell'abolizione o diminuzione dei diritti reali.

Analogamente a quanto dicemmo nel precedente para-


grafo rispetto alla introduzione di nuovi diritti reali , e per
le stesse ragioni ivi esposte , possiamo ora affermare altresì

che le leggi abolitive o diminutive di diritti reali ricevono


immediata applicazione. Intendiamo per leggi diminutive di
diritti reali quelle che tolgono taluni effetti di essi , o facoltà
in essi racchiuse , oppure diminuiscono la durata di tempo,
per cui possono essere validamente costituiti .

E qui pure l'immediata applicazione della legge vuolsi


intendere non disgiunta dal rispetto dei diritti reali , già
posti in essere , e propriamente acquisiti . Ne consegue ,
p . es . , che i censi riservativi , o rendite fondiarie , che ave-
vano natura di diritti reali e davano materia ad azione

reale , secondo le leggi sotto il cui impero vennero costi-


tuite , conservano tale natura ed effetto anche dopo l'at-
tuazione del Codice civile italiano (art . 1780) , che più
non ammette . E ciò discende anche dall ' articolo 29,
Dispos . transit . civ . it . del 30 novembre 1865 (v . Vol . I,
p. 119) , che mantiene in vigore le leggi anteriori pei censi
anteriormente costituiti ( 1 ) .
Ma ciò che sia diritto quesito reale , si deve qui pure
intendere giusta le cose osservate nel paragrafo prece-
dente . Non è quesito cioè il diritto di disporre in un dato

( 1) Invece i censi consegnativi , o censi detti bollari dalla nota bolla di


Pio V, furono sempre meri crediti , assistiti da ipoteca. V. Cassaz . Roma,
9 marzo 1888 (F. 1. , 1888 , I , 396) , 8 agosto 1891 ( G. I. , 1892, I, 1 , C92) , e Cass.
Torino, 28 maggio 1880 ( M. T. , 1880 , 664) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 23

modo di una cosa materiale , pel solo fatto che questa cosa
sia stata acquistata vigendo una legge , che tale disposi-
zione ammetteva . Richiedesi altresì che la facoltà in qui-
stione sia stata realmente esercitata , o che sia stata dedotta ,
espressamente o tacitamente , in un contratto posto in es-
sere fra il possessore e un'altra persona . Ridotta , per es . ,
dall'art . 518 del Codice civile italiano a trent'anni la du-
rata di un usufrutto costituito a favore di un corpo morale ,
non potranno gli usufrutti di questa categoria , anterior-
mente costituiti , durare per più di trent'anni dal giorno
dell'attuazione di quel Codice.
Che se una legge espressamente retroattiva abolisce un

diritto reale anche in coloro che già l'abbiano quesito , non


è dubbio che tale abolizione dà diritto a compenso dei
danneggiati , ove questo compenso non sia incompatibile
o coll'espresso tenore della legge , o coll'indole del diritto

abolito . E ben si comprende quest'obbligo di risarcimento


al riflettere che le abolizioni in discorso risolvonsi in vere

e proprie espropriazioni , fatte per moltissime persone in


massa, anzichè individualmente . Se per es . viene abolita
la servitù di pascolo spettante alla Comunità sulle terre 18
private , gli utenti di quella servitù devono essere risarciti ,
e ciò infatti ordinarono in Toscana due leggi : 23 novembre
1833 , 15 luglio 1840 , rispetto agli usi civici di pascolo
nella Maremma toscana , mentre non fu dato invece com-
penso di sorta per l'abolizione degli stessi diritti in altre

parti del Granducato . Ma se , per una impossibile suppo-


sizione , venisse abolita la proprietà privata delle terre , il
risarcimento dei privati spossessati sarebbe impossibile ,
perchè in un colla proprietà delle terre sparirebbe ben
presto anche la possibilità dello stesso concetto di capitale
mobiliare .
24 PARTE TERZA

CAPITOLO IV.

Dell'acquisto dei diritti reali.

L'acquisto dei diritti reali , al pari dell'acquisto di qua-


lunque altro diritto , può essere considerato in relazione :
a) alla capacità di acquistare , e b) ai titoli , e ai modi del-

l'acquisto ( 1 ).
Rispetto alla capacità di acquistare diritti reali , vale
anche per questi diritti il principio generale che la capa-
cità di porre in essere un atto costitutivo o traslativo di

un diritto deve essere giudicata rispetto ad ogni singolo


atto secondo la legge vigente al tempo in cui esso venne
posto in essere (v. Vol . I , p . 238 ) ( 2) .
19 Rispetto ai titoli di acquisto dei diritti reali , tutti con-
vengono che dei medesimi devesi giudicare secondo la

(1) Egli è noto però che la distinzione del titolo e del modo non è più
considerata al giorno d'oggi di così generale applicazione, come lo era per
lo passato .
(2) Le leggi intorno alla capacità di acquistare e possedere certe cose
materiali non cessano mai di essere leggi personali , neppure se le cose di
che si tratta siano immobili . Soltanto nel diritto internazionale privato il
concetto di legge reale , o di realità di una legge, applicasi non solo ai veri
e propri diritti reali che le hanno per oggetto, ma anche alla capacità dei
medesimi, quando questa sia regolata da leggi speciali, aventi riguardo alla
specialità delle cose, per esempio ai beni stabili in particolare. Ciò perchè
l'intiero regime giuridico di una data specie di cose materiali può assumere
l'aspetto di interesse pubblico del paese dove le cose esistono, ed essere
quindi in ogni sua parte regolato dalla legge di questo Stato con apposite
leggi. Ma anche la legge internazionale privata, da applicarsi alla capacità
di acquistare e possedere date cose materiali , e ai modi di acquisto delle
medesime, è quella soltanto vigente nel giorno in cui l'acquisto è accaduto.
- Un tristo esempio , e degno di essere denunziato alla generale esecra-
zione, di legge ingiustamente retroattiva in materia di capacità di possedere
beni immobili, ha dato il Governo Russo , ordinando nel 1865 , e rinnovando
nel 1885 (8 gennaio) l'ordine che nessun Polacco possa acquistare beni
immobili, nè per donazione, nè per testamento , nè per compra-vendita, nei
nove Governi occidentali della Russia, già appartenenti al Regno di Polonia,
e dando anche forza retroattiva a questo divieto .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 25

legge vigente quando ciascuno di essi venne posto in es-


sere (v. Vol . I , p . 240) .
Lo stesso principio però vale anche pei modi d'acquisto
dei diritti reali , consistenti in atti distinti e separati dal

titolo acquisitivo , talvolta richiesti dalla legge affinchè il


passaggio del diritto dal costituente all'acquirente si possa
dire consumato. Tale è per esempio nel Diritto Romano
e nel diritto civile austriaco la tradizione effettiva della
cosa materiale , sulla quale il diritto reale viene esercitato .
La circostanza che gli atti di questa specie , e particolar-
mente la tradizione , siano posteriori a quelli in cui risiede
propriamente il titolo costitutivo del diritto reale , non im-
pedisce che si possano considerare come facenti una sola
unità coi medesimi , perchè questi , senza quelli , non pro-
durrebbero l'effetto a cui sono destinati , cioè la traslazione
del diritto reale . Epperò la necessità della tradizione , o di
qualunque atto equivalente ad essa ( 1 ) , deve giudicarsi
esclusivamente a seconda della legge del giorno in cui il
titolo costitutivo del diritto reale venne posto in essere , e

non già secondo una legge posteriore . Una legge che nuo-
vamente introduca la tradizione della cosa in un paese

dove prima essa non era necessaria all'acquisto dei diritti 20


reali , non potrà certamente imporla a coloro i quali aves-
sero già acquistato diritti di tal natura col mero consenso .
Reciprocamente una legge che tolga la necessità della tra-

dizione , imposta dalla legge precedente , non potrà avere


per effetto di far considerare come acquistato un diritto
reale , imperfettamente costituito per mancanza di tradi-
zione sotto l'impero della legge precedente ; non potrà
farlo considerar tale per il tempo passato , perchè non si
può far cominciare retroattivamente un diritto in un tempo
in cui ne mancavano le condizioni ; non potrà farlo con-

(1 ) Come per es. , l'intavolazione dei diritti reali nei libri fondiari secondo
parecchie legislazioni germaniche.
26 PARTE TERZA

siderar tale per l'avvenire , perchè in questo modo verreb-


bero lesi i diritti acquistati , per il fatto appunto della
mancata tradizione , sia dall'alienante , sia da terze persone .

Tale è pur l'opinione di Weber (p . 109) , di Savigny (p . 420) ,


di Unger (p . 135 ) , di Lassalle ( p . 257 ) , di Schmid (p . 122) ,
di Mazzoni (T. 1 , n . 48 ) , di Pfaff e Hofmann (p . 154 ) . La
legge transitoria oldemburghese del 25 luglio 1814 ( § 15 ,
v. Vol . I , p . 92 , i . n . ) ha seguìto lo stesso avviso .

CAPITOLO V.

Continuazione.

Della trascrizione in particolare .

Vi ha però una formalità , che fa parte del sistema di


traslazione dei diritti reali secondo parecchie legislazioni

moderne , e che per la specialità della sua natura , o per


dir meglio dei suoi effetti , non può ricevere l'applicazione
dei suesposti principii , ed a buon diritto ha dato occasione
a quistioni transitorie alquanto intricate e molto dibattute .
Essa è la trascrizione, istituto d'invenzione francese , intro-
dotto dalla legge 11 brumale anno VII , modificato poi
essenzialmente dal Codice Napoleone , più tardi ripristi-
nato nel Belgio colla legge dell'8 dicembre 1851 , in
Francia colla legge del 23 marzo 1855 , e accolto nel Co-
dice civile italiano , il cui relativo titolo ( XXII) è una com-
binazione delle due leggi sunnominate .
21 La trascrizione, in tutte quante le legislazioni che l'am-
misero , non è una formalità necessaria affinchè i diritti

reali sui beni immobili vengano trasferiti dall'alienante


all'acquirente , ma soltanto affinchè i medesimi si consi-

derino acquistati in confronto dei terzi . Non si può quindi


affermare che la trascrizione sia un atto , posteriore bensì
al titolo costitutivo del diritto reale , ma senza del quale
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 27

questo titolo non può produrre il suo effetto , come ciò può
dirsi della tradizione , e della iscrizione nei libri pubblici
giusta il sistema di pubblicità vigente in alcuni Stati della
Germania. Neppure si può dire propriamente , come si dice
da molti , che senza la trascrizione l'acquisto non esista
in faccia ai terzi , imperocchè uno il quale abbia acquistato
un diritto reale soggetto a trascrizione da chi non aveva
trascritto il proprio anteriore acquisto , può benissimo ope-
rare la trascrizione alla sua volta . Il vero e proprio effetto
della trascrizione è unicamente quello di assicurare chi
abbia acquistato e trascritto il proprio acquisto , in con-
fronto di chi abbia acquistato precedentemente lo stesso
diritto , o un diritto reale qualunque sullo stesso fondo ,
ma non abbia fatto alla sua volta la trascrizione . All'in-

fuori di questi casi di conflitto fra diritti aventi per oggetto


il medesimo fondo , la trascrizione non ha scopo nè pra-

tica utilità , epperò essa non è neppure obbligatoria , ma


semplicemente facoltativa , e non fuor di proposito è detta
da molti una formalità necessaria alla conservazione , an-
zichè alla traslazione ed all'acquisto dei diritti reali sugli
immobili .

Noi abbiamo già additato in altri scritti ( 1 ) i difetti teo-


rici e pratici dell'istituto della trascrizione . Ora soggiun-
geremo soltanto essere ben naturale che gli equivoci e i
malintesi che circondano questa istituzione nella mente
dei più , e che hanno contribuito ad acquistarle quel favore 22
di cui gode , abbiano ingenerato dispareri ed oscurità nelle
quistioni transitorie di cui la medesima è oggetto . Noi
crediamo che a rischiarare codesta materia sia necessario

aver ben presente l'esatto concetto della trascrizione ,


esposto dianzi . Da questo concetto invero si può desumere
(1) V. Studi teorico-pratici intorno all'istituto della trascrizione ( Firenze,
Niccolai , 1869) , riprodotti nelle nostre Quistioni di diritto civile, 2ª ediz . ,
Torino 1885, pag. 3 e segg .: anche le nostre Quistioni di diritto civile, vol. I,
pag. 182, Torino, Bocca, 1897.
28 PARTE TERZA

un principio direttivo per la trattazione di tutte quelle


quistioni.
Poichè la trascrizione non è condizione da cui dipenda

il vero e proprio effetto delle trasmissioni dei diritti reali ,


ma è soltanto un mezzo , una premessa per regolare l'even-
tualità di conflitti fra diritti reali conferiti dal medesimo
alienante sulla medesima cosa a differenti persone , all'in-
saputa le une delle altre , non vi può essere per essa quella
impossibilità di regolarla in modo retroattivo , che abbiamo
dimostrata rispetto alla tradizione ed alle altre formalità
propriamente necessarie per la costituzione dei diritti reali .

Una legge nuova intorno alla trascrizione , sia che a) in-


troduca per la prima volta questa istituzione , o sia che
b) l'abolisca , può venire applicata anche a diritti reali
anteriormente costituiti , purchè l'azione della medesima
non si estenda a conflitti già surti fra quei diritti mede-
simi ed altri diritti prima del giorno della sua attuazione .
Questa riserva è consentanea ai due canoni fondamentali
della teoria della retroattività , da noi già esposti nella
Parte Generale di quest'opera (v . Vol . I, pagg. 276 e segg.,

314 e seguenti) : che cioè le conseguenze eventuali dei


diritti devono essere regolate dalla stessa legge di questi

e che questa medesima legge deve anche regolare le even-


tuali collisioni fra il diritto acquisito e un diritto poste-
riore. Alcune applicazioni dell'esposto principio lo rende-
ranno più chiaro .

Ad a) Se la trascrizione è stata introdotta per la prima


volta in uno Stato , non v'ha dubbio che la potranno in-
traprendere tanto coloro che hanno acquistato sotto l'im-
pero della legge anteriore qualche diritto suscettibile di
23 trascrizione , quanto coloro i quali acquisteranno un diritto
di tale natura dopo l'attuazione della legge nuova . La
trascrizione però di diritti acquistati sotto l'impero della

legge anteriore non può avere per effetto di togliere di


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 29

mezzo altri diritti pure acquistati sotto quella legge , e


confligenti coi primi, ma che senza la trascrizione avreb-

bero potuto ancora essere fatti valere .


Supponiamo per esempio che la legge anteriore non
sottoponesse ad iscrizione il privilegio dell'alienante o del
venditore, e che il proprietario di un immobile acquistato
sotto l'impero di quella legge , e sul quale immobile gravi-
tava il privilegio di un venditore anteriore , benchè non
ancora iscritto , trascriva il proprio acquisto sotto l'impero
della legge nuova , e prima ancora che quel privilegio sia
stato iscritto . A nostro avviso la trascrizione in discorso

non potrà avere l'effetto d'impedire l'iscrizione ulteriore


del privilegio , quantunque sotto l'impero della legge nuova
il privilegio del venditore o dell'alienante non possa più
essere iscritto dopo che l'immobile uscì dal patrimonio
dell'acquirente e il nuovo acquisito venne trascritto . In
altri termini , il conflitto fra il privilegio di un alienante
anteriore e il diritto di proprietà dell'ultimo acquirente ,
essendo sorto sotto l'impero della legge anteriore , deve
potersi terminare anche sotto la legge nuova in quello
stesso modo in cui avrebbe potuto essere terminato sotto
l'impero della legge anteriore , cioè mediante iscrizione

del privilegio in confronto di qualunque possessore del


fondo , e in qualunque tempo , fino a che non sia passato
il termine prescrizionale , da computarsi secondo le spe-
ciali regole di gius transitorio relative a quest'argomento .
Seguendo la contraria opinione , il creditore privilegiato si
troverebbe facilmente defraudato , senza fatto nè colpa sua ,
del proprio diritto , non essendo facile che egli arrivi ad iscri-
vere il suo privilegio prima che il proprietario del fondo tra-
scriva il proprio acquisto in conformità della legge nuova,
se il secondo non indugia ad approfittare di questa legge.
Non si può negare che sia un grave inconveniente , do- 24
pochè è stato introdotto l'istituto della trascrizione , il
30 PARTE TERZA

lasciare sussistere senza iscrizione diritti di ipoteca acqui-


stati sotto l'impero della legge anteriore , e che questa
dispensava da iscrizione . Imperocchè egli è certo che ,
in difetto di speciali disposizioni transitorie , il difetto di
pubblicità non può opporsi ad ipoteche , e in generale a
diritti reali acquistati prima che quella pubblicità venisse
ordinata dalla legge ( 1 ) . Ma appunto può facilmente il
legislatore togliere di mezzo quell'inconveniente , ordinando ,
come pel primo ordinò il legislatore francese colla legge
7 brumale anno V ( 2) , che le ipoteche anteriormente ac-
quistate debbano essere iscritte dentro un certo termine ,
passato il quale non possano più essere iscritte sugli im-
mobili rispetto ai quali sia stata fatta una trascrizione di
acquisto (v . Vol . I , p . 334) .
Cade qui in acconcio un'altra fattispecie , analoga alla
precedente , e che è molto discussa e variamente risoluta

dagli interpreti della legge francese del 23 marzo 1855 .


Tizio si è fatto accordare una ipoteca da Caio suo debi-
tore , e Caio ha venduto a Sempronio il fondo dato in ipo-
teca ; la vendita era perfetta e l'ipoteca non era ancora
stata iscritta quando la suddetta legge è andata in attività .
Prima della legge 23 marzo 1855 era in vigore in Francia
25 l'art. 834 del Code de procédure civile, ora abolito in forza
di quella legge , secondo il quale articolo il creditore ipo-

(1) In Prussia, dopo la legge 5 maggio 1872, introduttiva della pubblicità


di tutti i diritti reali mediante il Grundbuch , sorse quistione se l'iscrizione
di un precedente diritto di proprietà, fatta nel termine a ciò prescritto, potesse
essere impugnata da chi pretendesse di avere acquistato un poziore diritto
sul medesimo immobile, vigendo la legislazione precedente. E il RINTELEN
(pag. 85 e segg.) sostiene la negativa, mentre il contrario ritenne il Tribu-
nale Superiore di Berlino in una sentenza 12 marzo 1875. A noi pare più
giusta l'opinione del RINTELEN, perchè, decorso il termine per l'iscrizione
degli anteriori diritti di proprietà nel pubblico libro, non è più possibile
neppure l'impugnativa di una iscrizione già fatta, la quale impugnativa ten-
derebbe in sostanza ad una nuova iscrizione.
(2) V. sentenza della Cassazione di Parigi, 19 novembre 1817 (Pasic.,
2 serie, Vol . 8, pag. 639).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 31

tecario poteva iscrivere l'ipoteca anche dopo la trascri-


zione della vendita del fondo dato in ipoteca , ma dentro
i quindici giorni dalla trascrizione . Or si domanda se ,
avendo Sempronio trascritto il proprio acquisto dopo l'at-
tuazione della legge 23 marzo 1855 , Tizio possa iscrivere
la sua ipoteca dentro i quindici giorni dalla trascrizione ,
come lo avrebbe potuto in virtù del citato articolo , oppure
se non lo possa in virtù della legge nuova .
Il Troplong (De la transcription, n . 354) professa la
seconda opinione. Imperocchè , egli dice , ogni trascrizione
posteriore alla legge 23 marzo 1855 non è nè può essere
che la trascrizione voluta da questa legge , e non già quella

contemplata dall'art . 834 del Cod . de proc. civ.; deve quindi


produrre gli effetti voluti da detta legge , ed escludere l'in-
scrizione ulteriore di ipoteche accordate dal precedente
proprietario in qualunque epoca anteriore .

Noi non possiamo assentire alla opinione del Troplong ,


e crediamo invece che nel caso in questione l'ipoteca accor-

data sotto la legge anteriore debba potersi inscrivere anche


dopo l'attuazione della legge nuova , e dopo la trascrizione
fatta conformemente alla medesima . Noi non scorgiamo
ragione di non applicare in questo caso il principio gene-
rale che le nuove leggi sulla trascrizione non possono avere
effetto di togliere di mezzo diritti acquisiti in virtù delle
leggi antiche, principio del quale la giurisprudenza ha fatto ,
come in seguito vedremo , tante applicazioni . Non vediamo

in particolare alcuna sostanziale differenza fra il caso in


discorso e quello supposto precedentemente , perchè ci pare
la stessa cosa che la trascrizione venga introdotta per la
prima volta , oppure acquisti in virtù di una legge nuova
un effetto che non aveva in virtù di una legge precedente

rispetto a diritti acquistati sotto l'impero di questa legge .


Neppure noi comprendiamo come il Troplong creda di 26
poter conciliare quella opinione coll'altra pur da lui pro-
32 PARTE TERZA

fessata (n . 353 ) , che se nella fattispecie in discorso la tra-


scrizione di Sempronio fosse stata fatta prima della legge
del 23 marzo 1855 , e nel giorno dell'attuazione di questa
legge non fossero anco decorsi i quindici giorni di cui si
parla nell'art . 834 del Cod . de proc. civ. , Tizio conserve-
rebbe il diritto di aspettare ad iscrivere la sua ipoteca fino
al termine di quel periodo . Imperocchè la nuova legge non
può maggiormente aver per effetto che diritti acquistati
prima della sua attuazione siano violati mediante trascri-
zioni fatte prima , di quello che mediante trascrizioni fatte
dopo la sua attuazione . Non è decisivo l'argomento del
Troplong che una trascrizione fatta dopo l'attuazione
della legge nuova non possa essere che una trascrizione
conforme a questa legge , e quindi debba produrre tutti gli
effetti assegnatile da questa , e nel tempo da questa indi-
cata . Imperocchè tale proposizione non esclude per sè sola
ogni e qualunque restrizione a favore di diritti anterior-

mente acquistati , e particolarmente a favore di ipoteche


anteriormente acquistate, le quali si potevano iscrivere
dentro quindici giorni dall'avvenuta trascrizione di una
ulteriore alienazione dell'immobile dato in ipoteca .
Non tutte le leggi moderne intorno alla trascrizione
hanno rispettato il principio che la trascrizione degli atti
anteriori di acquisto non può togliere effetto alle ipo-
teche e ad altri diritti acquistati sotto una legge anteriore ,
secondo la quale essi non cessavano di poter essere fatti
valere se non dopo decorso il periodo prescrizionale . La
legge francese del 23 marzo 1855 statuisce bensì all'art. 11

che agli atti posti in essere anteriormente e aventi data certa ,


e alle sentenze anteriormente emanate non si estenda la

necessità della trascrizione , affinchè siano opponibili ai


terzi , ma non dice che , ove le medesime vengano tra-
scritte , questa trascrizione non possa nuocere ad altri
27 diritti di nessuna specie , anteriormente acquistati sui me-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 33

desimi immobili . La legge belgica del 18 dicembre 1851


(art. 1 ) e le disposizioni transitorie per l'attuazione del
Codice civile italiano (art . 37 ) hanno invece sfuggito pie-

namente l'ingiusta retroattività di cui parliamo . Ambedue


queste leggi introdussero la pubblicità di tutte le ipoteche
e privilegi nello stesso tempo in cui venne introdotta nei
rispettivi Stati la trascrizione , ed accordarono il termine
di un anno per l'iscrizione dei privilegi e delle ipoteche
anteriormente acquistate e dispensate dall'iscrizione , con-
servando alle medesime , iscritte dentro quel termine , il
grado loro assegnato dalla legge del tempo in cui vennero
acquistate , senz'altra condizione , e quindi ad onta eziandio
della trascrizione di un acquisto anteriore , avvenuta dentro
lo stesso termine . Le disposizioni transitorie italiane con-
tengono poi anche un altro lodevole provvedimento , sug-
gerito pure dal principio che il nuovo istituto della tra-

scrizione non può essere adoperato a danno di diritti


precedentemente acquistati . È massima adottata dal legis-

latore italiano (v . C. C. I. , art . 1931 ) rispetto alla maggior


parte delle azioni di risoluzione dei contratti immobiliari ,
che queste non possano esser fatte valere se non rispetto
a coloro i quali abbiano acquistato l'immobile posterior-
mente alla trascrizione della domanda giudiziale ; ma egli
è evidente che questa massima non avrebbe potuto senza
ingiustizia venire applicata alle azioni risolutorie prece-
dentemente acquistate , e che non erano ancora state
seguite nè da domanda giudiziale , nè da trascrizione . Per
questa ragione appunto , fra le disposizioni transitorie in
discorso ve ne ha una ( art . 35 ) , che al venditore avente
azione di risoluzione della vendita in virtù della legge
anteriore dà il mezzo di conservare tale azione mediante
iscrizione della medesima dentro sei mesi dall'attuazione

del Codice civile , e questa disposizione merita certamente


approvazione . Ma perchè il legislatore italiano non ha
GABBA - Retr. leggi, III. 3
34 PARTE TERZA

esteso lo stesso provvedimento , o non ne ha applicato


28 un altro analogo , a tutte le altre azioni di risoluzione

delle alienazioni di beni immobili ? Il perchè noi non lo


scorgiamo, epperò non possiamo che deplorare cosiffatta
omissione .

Ad b) L'influenza retroattiva di una legge abolitiva


dell'istituto della trascrizione fu per molto tempo uno

degli argomenti più controversi della giurisprudenza del


Codice Napoleone . Fino all'emanazione della legge 23 marzo
1855 gli interpreti di quel Codice furono discordi nel deci-
dere se la trascrizione fosse ancora una formalità neces-

saria affinchè gli acquisti di diritti reali sui beni immobili


potessero venire opposti ai terzi oppure non fosse che una
formalità preliminare alla purgazione delle ipoteche . La
prima opinione sostenuta da Comte (v . Sirey , 12 , part. 2ª ,
p . 217) , e recentemente da Paul Pont (Des priv. et des
hypoth. , Vol . I , pag . 254) , non riesci a prevalere , e fu
dominante invece la seconda opinione , professata , fra gli

altri , da Duvergier ( Vente, n . 24) e da Troplong ( Vente ,


pref. , pag. 34 e segg. , e n . 894 e segg.) . Questi ultimi, e
con essi la maggior parte dei giureconsulti francesi sono

anche d'avviso che sotto l'impero del Codice Napoleone ,


e anteriormente alla legge 23 marzo 1855 , la vendita per-
fezionata col solo consenso avesse l'effetto di sospendere
l'iscrizione delle ipoteche costituite sul fondo alienato , o ,
come dicono , di purgare di per sè sola il fondo da tali
ipoteche. Ma quale dovesse essere l'influenza del Codice

Napoleone , in tal modo interpretato , sugli effetti degli


acquisti fatti e non trascritti vigendo la legge del brumale
anno VII , la quale esigeva la trascrizione allo scopo e agli
effetti medesimi pei quali la ripristinò poi la legge del 1855 ,
non furono sempre concordi le opinioni e i giudicati , e la
stessa Corte di cassazione su questo punto non fu sempre
dello stesso avviso .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 35

Concordia vi fu sempre nel ritenere che , abolita la tra-


scrizione come condizione dell'efficacia degli acquisti in
confronto dei terzi , non potesse la mancanza della mede- 29
sima venir fatta valere contro chi avesse acquistato sotto

l'impero della legge anteriore , da


chi avesse acquistato
sul medesimo immobile lo stesso od un altro diritto sotto

l'impero del C. N. , ed anche avesse operato la trascrizione


del proprio acquisto nei modi e allo scopo ammessi da
questo Codice , cioè per servire alla procedura di purga-
zione. Così per es. la Corte d'appello di Nîmes con sen-
tenza 11 giugno 1807 ( 1 ) , dichiarò che una vendita fatta ,
ma non trascritta sotto l'impero della legge del brumale
anno VII , dovesse prevalere ad una vendita posteriore
fatta dallo stesso precedente proprietario sotto l'impero
del C. N. , e trascritta dal nuovo acquirente ; e la Corte
di cassazione di Parigi con sentenza 16 ottobre 1810 ( 2 )
dichiarò doversi tener fermo un diritto di usufrutto accor-

dato , ma non trascritto sotto l'impero della legge del bru

male, in confronto di un gius d'ipoteca accordato sullo


stesso immobile dato in usufrutto sotto l'impero del Codice
Napoleone.
Tali decisioni devono certamente essere approvate . Impe-
rocchè, abolita la trascrizione come formalità necessaria

alla perfezione degli acquisti , codesta abolizione toglie


d'ora in poi a chicchessia il diritto di esigerla non sol-
tanto rispetto ad acquisti ulteriori , ma anche rispetto ad
acquisti anteriori che non furono trascritti . In altri termini ,
l'abolizione in discorso ha prosciolto gli antichi acquirenti

che non trascrissero dall'obbligo della trascrizione , di fronte


a coloro che in avvenire acquisteranno qualche diritto col-
lidente col loro .

L'argomentazione però dei succitati tribunali non coin-

( 1 ) R. G., 9, 2, 31 ; C. N. , 22, 259 ; Pasicr., 1ª parte , 1ª serie, Vol . 2 , p . 148.


(2) R. G., 11 , 1 , 25; C. N., 3, 1 , 244; Pasier., ib. , Vol. 5, p. 634.
36 PARTE TERZA

cide pienamente colla nostra . Ambedue adducono l'argo-


mento dell'immediata trasformazione ipso jure avvenuta
per il fatto dell'abolizione in discorso nei diritti imperfet-
tamente acquistati prima , i quali diritti da quel momento
30 e per quel solo fatto sono diventati incommutabili , ma non
hanno di mira se non il conflitto sorto fra quei diritti ed
altri acquistati da altre persone dopo l'attuazione della
nuova legge abolitiva . In tal maniera le citate sentenze
aprono l'adito all'opinione certamente erronea , che anche
i conflitti sorti fra differenti diritti acquistati da diverse

persone sul medesimo immobile sotto la legge abolita ,


debbansi d'ora in avanti regolare secondo la legge nuova,

o in altri termini , che , abolita la trascrizione, la mancanza


di questa non possa d'ora in avanti venire fatta valere
rispetto ad acquisti fatti e non trascritti sotto l'impero
della legge anteriore , neppure da chi avesse già acquistato ,
in virtù appunto di questa legge , il diritto di prevalersi
in un modo qualunque di tale mancanza di trascrizione .
Questa opinione venne infatti affermata e applicata espli-
citamente in parecchie decisioni relative ad un importante
problema di gius ipotecario , ma poi venne riconosciuta
erronea e abbandonata .

Si domandava se le ipoteche accordate , ma non iscritte ,


vigendo la legge del brumale anno VII , su beni poscia ven-
duti , ma l'alienazione dei quali non era stata trascritta
vigendo quella legge , potessero venire iscritte dopo l'at-
tuazione del Codice Napoleone .

Tenne l'opinione negativa la Corte di cassazione di


Parigi in una sentenza dell'8 maggio 1810 ( 1 ) , colla quale
dichiarò che i creditori ipotecari di chi aveva venduto

l'immobile ipotecato , sotto l'impero della legge del bru-


male, non si potessero più ammettere sotto l'impero del
Codice Napoleone ad esperimentare la loro azione ipote-

(1 ) Pasic., 1ª parte, 1ª serie , Vol . 5, pag. 528.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 37

caria sull'immobile alienato , quantunque l'alienazione non


fosse mai stata trascritta . Furono poi dello stesso avviso
la Corte di Rennes in due sentenze , l'una del 23 marzo
1812 ( 1 ) , l'altra del 22 luglio 1813 ( 2) , la Corte di Torino 31
in una sentenza dell'11 dicembre 1812 (3 ) la Corte di
Parigi in una sentenza del 9 febbraio 1814 ( 4) , la Corte
di Rouen in una sentenza dell ' 8 gennaio 1834 (5 ) . Tutte
queste decisioni riposavano in sostanza sui medesimi mo-
tivi , e principalmente sulla convalidazione che avrebbero

ottenuta ipso jure tutte le vendite non trascritte sotto l'im-


pero della legge del brumale , pel solo fatto dell'attuazione

del Codice Napoleone . La Corte d'appello di Torino enunciò


questo argomento più chiaramente di tutte le altre colle
seguenti parole : " egli è evidente essere stata intenzione
degli autori del Codice civile di restituire alle vendite i loro
naturali effetti ; in altri termini l'acquisto , che senza la
trascrizione non sarebbe stato perfetto e consolidato sotto
la legge del brumale , diventò perfetto e fu consolidato in
virtù del solo contratto e senza trascrizione , dal momento
che il Codice civile venne attuato (6).

Codesta argomentazione però era sbagliata nella sua


premessa. La pubblicazione del Codice Napoleone aveva
certamente avuto per effetto di convalidare e perfezionare
gli acquisti anteriori non trascritti , avendo abolito la tra-
scrizione che le anteriori leggi richiedevano affinchè gli
acquisti fossero perfetti ed efficaci in confronto dei terzi ,

(1) Pasic. 1ª parte, 1ª serie, Vol . 4, pag. 310 ; C. N. , 4, 2, 71 .


(2) R. G., 15, 2, 25; C. N., 4, 2, 215 ; Pasic., ib. , pag. 550.
(3) R. G., 15, 2, 74 ; C. N. , 4 , 2, 579 ; Pasic., ib . , pag . 822.
(4) R. G., 25, 2, 172; C. N. , 7, 2, 287.
(5) R. G., 14, 2 , 25 ; C. N. , 4 , 1 , 406.
(6) Il est bien évident qu' il a été dans les intentions des auteurs du Code
civil de rétablir les ventes dans leur efficacité naturelle , ..... en d'autres termes
l'acquisition qui sans la transcription n'aurait pas été parfaite et conso-
lidée sous la loi de brumaire, est dévenue parfaite et s'est consolidée en vertu
du seul contrat et sans transcription dès que le Code civil a paru .....
38 PARTE TERZA

ma siffatta convalidazione erasi compiuta soltanto di fronte


a coloro i quali avessero già acquistato diritti dal mede-
simo, prima che fosse stata operata la trascrizione dell'alie-
32 nazione da lui fatta , e in vista di tale omissione . Chi aveva

acquistata un'ipoteca dall'alienante sul fondo alienato ,


vigendo la legge del brumale, posteriormente all'aliena-
zione e prima della trascrizione dell' alienazione , oppure
chi l'aveva acquistata prima che l'alienazione fosse stata
fatta , ma non l'aveva iscritta vigendo la legge del brumale ,
e ad onta dell'alienazione susseguita e non trascritta , aveva
certamente agito sulla fede di quella legge , nella fiducia
cioè che, mancando la trascrizione , l'avvenuta alienazione
non ostasse all'acquisto del suo diritto ipotecario , nè alla
conservazione del medesimo ad onta della mancata e dif-

ferita iscrizione . Se tutto ad un tratto questa sua fiducia


avesse dovuto mancare di fondamento , perchè una legge
nuova avesse permesso che gli venisse opposto ciò che
finora non sarebbe stato possibile di opporgli , cioè l'alie-
nazione in discorso , resa efficace anche in suo confronto
ad onta della mancanza di trascrizione , egli sarebbesi
trovato spogliato del suo diritto senza alcuna sua colpa ,
per solo arbitrio della legge nuova , e quindi per una retro-
attività manifestamente ingiusta . E questo ragionamento

concorda appieno colle dottrine generali da noi esposte


nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , pag. 240 e

segg. ) , in materia di convalescenza materiale dei negozi


giuridici , in virtù di una legge nuova .
Per tali ragioni l'opinione suesposta non venne sempre
adottata dai tribunali ; la Corte di cassazione di Parigi in
particolare non tardò ad abbandonarla. Infatti l'opinione
contraria, cioè che l'abolizione della legge del brumale
anno VII non avesse sospeso la possibilità di iscrivere le
ipoteche accordate sotto l'impero della medesima su beni
immobili venduti prima o poi dal debitore , ma la vendita
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 39

dei quali non fosse ancora stata trascritta quando venne


attuato il Codice Napoleone , è stata adottata da non
poche decisioni di Corti d'appello e della Corte di cassa-
zione , e diventò finalmente massima costante presso que-
st'ultima. Fra le decisioni della prima specie possiamo 33
citare le seguenti : Corte d'appello di Bruxelles del
31 agosto 1808 ( 1 ) ; Corte d'appello di Angers , 23 agosto
1809 ( 2) ; Corte di Bordeaux , 11 aprile 1810 (3 ) ; Corte di
Lione, 14 marzo 1811 ( 4 ) ; Corte di Torino , 2 ottobre
1811 (5 ) ; Corte di Rouen , 24 febbraio 1812 ( 6 ) . Di tutte
queste sentenze però soltanto quella di Angers può dirsi
veramente favorevole all'opinione che noi propugniamo ;
le altre hanno bensì dichiarato la stessa massima , ma non
perchè paresse alle rispettive Corti ingiustamente retroat-
tiva la massima contraria , bensì perchè esse furono del-
l'opinione che il Codice Napoleone non avesse per nulla
abolito la necessità della trascrizione , sancita dalla legge
del brumale , la quale opinione , come abbiamo di sopra
avvertito, fu poi generalmente abbandonata , quantunque
abbia sempre avuto qualche fautore , anche ai giorni nostri .
La motivazione della sentenza di Angers collima invece
perfettamente colle cose da noi dette poc'anzi , epperò ci
sembra opportuno il riferirla . " ..... Nella fattispecie il di-
ritto del creditore era ancora integro quando venne attuato
il Codice Napoleone , perchè l'acquirente non aveva tra-
scritto ; la nuova legge non avendo impero che nell'avve-
nire , il contratto di vendita anteriore a questa legge è
rimasto imperfetto in confronto dei terzi , e non potè venir

(1 ) R. G., 9, 2, 45 ; C. N. , 2, 2, 134 ; Pasic. , 1ª parte, 1ª serie, Vol . 2,


pag. 439.
(2) R. G., 13, 2, 137 : C. N. , 3, 2, 59 ; Pasic., ib. , 2 serie , Vol . 7, p. 41.
(3) R. G., 11 , 2 , 87 ; C. N. , 3 , 2, 252 ; Pasic. , 16, 1ª serie, Vol . 3 , p . 266.
(4) R. G. , 11 , 2, 454 ; C. N. , 3, 2, 445 ; Pasic. , ib. , p . 590.
(5) R. G., 12, 2, 257 ; C. N. , 3 , 2, 572 ; Pasic. , ib., Vol . 4 , pag. 145.
(6) R. G., 12, 2, 303 ; C. , 4, 2, 43 ; Pasic. , ib., pag. 265 .
40 PARTE TERZA

consolidato e dispensato dalla trascrizione per il solo fatto


dell'attuazione della medesima ; per conseguenza il credi-

tore ha sempre conservato il diritto acquisito di fare


l'iscrizione , fintantochè non sia stata fatta la trascrizione
del contratto di vendita , nè l'acquirente potrebbe impu-

gnare tale iscrizione come avvenuta fuori di tempo , se


non provando di aver già trascritto al momento dell'iscri-
34 zione medesima ",. La Corte di cassazione di Parigi tenne

lo stesso avviso nelle sentenze : 13 dicembre 1813 ( 1 ) ,


19 novembre 1817 ( 2) , 4 gennaio 1820 ( 3) , 11 luglio

1820 ( 4) . Con queste successive sentenze si può dire che


l'opinione da noi propugnata sia ormai diventata sicura
nella giurisprudenza francese. La Corte di cassazione fu
mossa in sostanza dalle stesse considerazioni su cui si ba-

sarono le sentenze d'appello dianzi riferite , ma qualche


volta le formulò con maggior precisione , come , per es. ,
nella decisione del 19 novembre 1817 , nella quale si legge :
66
..... atteso che il Codice civile non contiene alcuna dispo-
sizione, la quale abbia dispensato gli antichi acquirenti
dall'obbligo di far trascrivere il loro contratto per le antiche
ipoteche, ecc. " , colle quali parole è dato ad intendere
chiaramente che le vendite anteriori devono essere tra-

scritte per avere effetto soltanto rispetto ai terzi che


abbiano acquistato diritti sugli immobili venduti , anterior-
mente all'attuazione del Codice civile .

CAPITOLO VI .

Della perdita dei diritti reali.

Tenuto fermo il concetto del diritto acquisito reale posto


in un capitolo precedente ( Cap . III , § 1 ) , la perdita dei
(1) R. G. , 14, 1 , 46 ; C. N. , 4 , 1 , 485 ; Pasic. , ib., Vol. 7 , pag. 464.
(2) R. G., 18, 1 , 85 ; C. N. , 5, 1 , 385 ; Pasic., ib . , 2ª serie, Vol . 8, pag. 638.
(3) R. G. , 20, 1 , 171 ; C. N. , 6, 1 , 161 ; Pasic., ib. , Vol . 7 , pag. 313.
(4) R. G., 21 , 112 ; C. N. , 6, 1 , 274; Pasic., ib. , e Vol. 10, pag. 14.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 41

diritti di tal natura vuole essere a parte considerata , non


meno dell'acquisto . Escludiamo qui dal concetto di perdita
di un diritto reale acquisito , l'abolizione del medesimo in
generale od in astratto , della quale dicemmo precedente-
mente (Cap . III , § 2 ) . Anche ne escludiamo la prescrizione ,
della quale ragionammo nella Parte Generale di quest'opera
(Vol. I , pp . 360 e segg . ) . Ci riferiamo qui soltanto a quei 35
modi di perdita di un diritto reale, che dipendono da un
fatto volontario , o da una omissione di colui a cui il diritto
appartenga . Rispetto a questi modi non vi ha differenza
fra la perdita di un diritto reale , e quella di un altro diritto
quesito qualunque. Si può quindi in generale affermare che
una legge nuova non può introdurre modi nuovi coi quali si
perdano diritti reali costituiti sotto l'impero di una legge
anteriore. Bensì nello applicare codesto generale principio

non bisogna mai perdere di vista lo speciale rapporto in


cui si trovano le conseguenze dei diritti reali , cioè i singoli
diritti o facoltà di indole reale , racchiuse nel generale

concetto di un dato diritto reale , con questo diritto mede-


simo, e colla scorta di tale criterio bisogna sapere adat-
tare alle dette conseguenze i generali canoni esposti nel
primo volume di quest'opera (p . 276 e segg . ) intorno agli
effetti e alle conseguenze dei fatti acquisitivi e dei diritti .
Subisce l'esposto canone una limitazione rispetto agli
istituti giuridico-reali perpetui (v . Vol . I , p . 352 e segg. ) ,
e un'altra ne subisce rispetto ai modi di esecuzione e di
assicurazione dei diritti acquisiti e alle leggi nuove intorno
ai medesimi (v . Vol . I , p . 319 e segg. ) . Veramente i diritti
reali , in ispecie sugli immobili , sono più di tutti gli altri
frequente oggetto di provvedimenti rispetto all'esercizio
ed alla esecuzione loro anche nelle legislazioni moderne .
I grandi interessi della pubblicità e della certezza dei diritti
immobiliari , della sicurezza del privato commercio di tali
beni contro inaspettate pretensioni basate su diritti ante-
42 PARTE TERZA

riori , suggerirono ovunque nuovi modi di constatare i


diritti reali immobiliari , nuove formalità per acquistarli e
trasmetterli , ed anche limiti e forme nuove per farli valere.
I quali provvedimenti tutti devono di natura loro ricevere

applicazione non soltanto ai futuri acquisti , ma anche agli


anteriori ed agli effetti ulteriori di questi , e possono tutti
quanti risolversi , in caso d'inosservanza , in perdite dei
diritti quesiti , non contemplate affatto dalla legge sotto il
36 cui impero l'acquisto è accaduto . Noi abbiamo anzi già
sopra ragionato di uno speciale argomento di questo ge-
nere, cioè dell'applicazione immediata di una legge nuova

in materia di trascrizione degli acquisti immobiliari . Altri


consimili avremo occasione di considerare nella materia

del diritto ipotecario e altrove .

CAPITOLO VII.

Dell'estensione e degli effetti dei diritti reali .

Il generale principio della dottrina della retroattività in


materia di estensione ed effetti dei diritti reali , è implicito
nelle cose fin qui dette intorno a questi diritti , e special-
mente intorno alla nuova introduzione ed alla abolizione
dei medesimi .

In generale cioè si può affermare che , alla pari di tutti


gli altri diritti quesiti, anche i diritti acquisiti reali com-
prendono tutti gli effetti e abbracciano tutta la durata presta-
bitita dalla legge sotto il cui impero l'acquisto è accaduto
(confr. Vol . I , pag. 274 e segg . , p . 346 e segg. ) . Bisogna
però intendere nella enunciazione del principio in discorso
l'espressione diritto acquisito reale nel significato che le
abbiamo dato più sopra (pag. 17 ) , dove dimostrammo che
i singoli effetti di un diritto reale vanno considerati come
altrettanti diritti a sè, ma che diritti acquisiti non si possono
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 43

reputare a termini della legge sotto il cui impero il diritto


fondamentale è stato posto in essere, ove essi pure sotto l'im-
pero di quella medesima legge non sieno stati esercitati, oppure
non siano stati , espressamente o tacitamente , ma certamente, 37
dedotti nell'originaria convenzione. Conseguentemente il di-
ritto acquisito reale si estende propriamente soltanto a
tutto ciò che logicamente non si può separare dai singoli
effetti del diritto medesimo , già attuati o assicurati da
convenzione. Abolito , per esempio , il diritto di rivendica-
zione di una cosa mobile , non vi ha dubbio che siffatto
effetto del diritto di proprietà sulla cosa medesima non è
più possibile , tanto per coloro che l'abbiano acquistata
prima di quella abolizione , quanto per coloro che l'abbiano
acquistata dopo . Ma se prima che l'azione di rivendica-
zione venisse abolita , taluno l'aveva già sporta al giudice ,

egli potrebbe proseguirla (v . Vol . I , pag . 257 e segg . ) ,


cioè avrebbe quesito per tal fatto il diritto al seguito della
procedura, senza del quale l'azione giudiziale rimarrebbe

infruttuosa. E introdotto per la prima volta , o abolito il


canone dell'art . 1951 , che l'ipoteca si estende anche alle
somme pagate dagli assicuratori dell'immobile ipotecato ,
lo si applicherà non meno alle ipoteche costituite prima
che a quelle costituite dopo ( 1 ) .
E ciò si concilia pienamente colla dottrina generale intorno
agli effetti e alle conseguenze del diritto quesito (Vol . I ,
pag. 279). Imperocchè codesti effetti e conseguenze di-
cemmo essere diritti quesiti anch'esse , allorquando si pos-
sono considerare come svolgimento o trasformazione del
concetto del diritto da cui provengono , il quale carattere
appunto dicevamo or ora non potersi attribuire alle sin-
gole facoltà che per legge sono contenute nel concetto di
un diritto reale.

(1 ) Cass . Torino, 13 maggio 1869 (implicite), Ann. di Giur . , 1869, 1, 269.


44 PARTE TERZA

Del pari voglionsi ben distinguere gli effetti propri del


diritto reale , da quelli che sono piuttosto effetti del titolo su
cui il diritto medesimo in ogni singolo caso riposa . Gli effetti
della seconda specie sono piuttosto diritti convenzionali ,
e l'applicazione della legge nuova ai medesimi va regolata
secondo i principii del giure transitorio delle obbligazioni .
Così , per es. , il diritto di ritenzione del pegno va regolato
secondo la legge sotto il cui impero venne costituito il
pegno, e non già , come vorrebbero Pfaff e Hofmann

(p . 160 ) , secondo quella sotto il cui impero il pegno devesi


restituire . Noi non crediamo quindi col Theodosiades
(pag. 123 ) che, introdotto per la prima volta il principio
contenuto nell'art. 2082 del Code civil , e nell'art . 1888 del
Codice civile italiano , che cioè il creditore con pegno possa

ritenere questo , nonostante che dovrebbe restituirlo , se


nel giorno della dovuta restituzione diventò esigibile un
altro suo credito anteriore non garantito da pegno verso

il medesimo debitore , possa questa nuova legge applicarsi


ai pegni anteriormente costituiti , in qualunque tempo sia
surto il credito posteriore. Imperocchè pel contratto di
pegno il debitore aveva sotto la precedente legge acquisito
38 il diritto alla restituzione della cosa oppignorata , non ap-

pena fosse stato estinto il debito pel quale il pegno era


stato costituito , e questo diritto convenzionale non gli può
essere da nessuna legge posteriore tolto nè menomato .
Analoghe considerazioni avremo occasione di fare più tardi
rispetto alla enfiteusi , la quale è pure un istituto giuridico
reale e convenzionale ad un tempo , e deve essere distinta-
mente e diversamente considerata in ordine a questi due
aspetti . Molti giudicati confermano questa generale dot-
trina. Veggasi , fra gli altri nostri , Cassazione di Torino ,
24 febbraio 1880 ( 1 ) .

(1) G. , 1880, 317.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 45

Finalmente osserviamo che, avendo noi poc'anzi affer-


mato che gli effetti dei diritti reali , quando non sono de-
dotti in contratto , non hanno carattere di veri e propri
diritti quesiti , finchè non siano stati effettuati , ne consegue

che una legge intermedia fra l'acquisto di un diritto reale e 39


l'effettuazione di un dato effetto di questo , non può avere virtù
d'impedire l'effetto medesimo, nè di modificarlo in nessuna
guisa , se al momento in cui questo effetto potrebbe prodursi a
termini della legge sotto il cui impero il diritto venne acqui-

sito, quella legge intermedia non è più in vigore. È questa


un'applicazione della generale dottrina della legge inter-
media, esposto nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I ,
pag. 203 e segg .). Ci sembra avere contravvenuto a così

sicuro principio una sentenza della Cassazione di Firenze ,


30 maggio 1883 ( 1 ) , la quale dichiarò obbligatoria la rin-
novazione delle enfiteusi ecclesiastiche toscane , all'estin-
guersi della linea degli enfiteuti , a termini della Patente
Leopoldina del 1769 , anche se trattisi di enfiteusi costi-
tuite prima di quella Patente , e se l'estinzione della linea

siasi verificata dopo l'abolizione della Patente medesima .


Questa , emanata dopo la costituzione d'una enfiteusi di
quella specie, e abolita in virtù dell'attuazione del Codice

civile italiano prima che l'eventualità dell'estinzione della


linea originariamente chiamata si verificasse , era propria-
mente una legge intermedia , la quale aveva perduto vigore
prima che fosse venuto il caso di applicarla . Qual connes-
sione mai si scorge fra l'enfiteusi in discorso e siffatta

legge , onde si possa argomentare che quella sia stata mo-


dificata irrevocabilmente da questa ? Nessuna al certo ; nè
vale il dire in contrario che la Patente Leopoldina fosse
una legge reale ; imperocchè , intesa a questo modo la
retroattività delle leggi reali , non tanto differenzierebbero
queste leggi da molte altre, le quali solamente a nuovi

(1 ) F. 1., 1884, 1 , 152.


46 PARTE TERZA

fatti si applicano , quanto piuttosto le si esimerebbero dalla


stessa razionale esigenza dell'applicazione di ogni e qua-
lunque legge , che cioè siavi un fatto a cui l'applicazione
si riferisca .

Degl'istituti giuridici reali di perpetua durata abbiamo


già fatto cenno più sopra ( p . 14) .

40 CAPITOLO VIII .

Le nuove leggi reali emanate pendente l'appellazione .

In virtù di quanto abbiam detto in generale nella Parte


Generale di quest'opera ( Vol . I , pp . 36 , 37 ) , le leggi di
diritto reale, che al pari di quelle intorno allo stato e alla
capacità personale , sono per loro natura retroattive , cioè
applicabili immediatamente , hanno questa virtù anche
pendente una lite avente per oggetto una quistione di di-
ritto reale . Ciò ebbe a dichiarare il Tribunale di Anversa
in una decisione 7 termidoro , anno XII , riferita da Chabot
de l'Allier ( 1 ) , e più recentemente dichiararono altresì la
Corte d'appello di Napoli , 23 ottobre 1868 ( 2) , la Corte
d'appello di Firenze , 7 maggio 1870 ( 3) , e la Cassazione
di Torino , 2 febbraio 1871 ( 4) .

CAPITOLO IX .

Dei singoli diritti reali.

I principii generali di gius transitorio reale , esposti nei


precedenti capitoli , devono ora venire applicati ai singoli
diritti reali . In questo studio noi prenderemo a considerare
quegli argomenti e quelle quistioni che furono principal-
mente trattate dalla giurisprudenza e dagli scrittori del
gius transitorio , o di cui può suggerire il pensiero l'esame

(1) Voce Servitudes. (3) A. G., IV, 2, 238.


(2) A. G., III, 2, 334. (4) Ib., v, 1 , 42.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 47

delle principali leggi transitorie moderne . Seguiremo poi


l'ordine comunemente adottato nella enumerazione dei

diritti reali ; tratteremo cioè successivamente della pro-

prietà, del possesso , del pegno e dell'ipoteca , della servitù ,


dell'enfiteusi , della superficie .

§ 1. 4.1

Della proprietà.

Quali cose possano diventare oggetto di proprietà , è


la prima indagine che si presenta nello studio di questo
diritto , ed è anche un argomento intorno al quale , in virtù
dei principii precedentemente esposti , ogni legge nuova
ha effetto retroattivo . In altri termini , una legge la quale

a) escluda dalla appropriazione privata una data specie di


cose, oppure b) introduca nel novero delle cose appropria-
bili una data specie di cose che prima ne erano escluse ,
nel primo caso applicasi immediatamente a tutte le cose
esistenti di quella data specie , nel secondo caso può essere
messa a profitto immediatamente da chiunque trovisi
nella possibilità giuridica di farlo .
Una legge per es. , la quale , al pari della francese del
21 aprile 1810 , separi dalla proprietà del soprasuolo quella
del sotto suolo , e quest'ultima tolga ai privati ed avochi
allo Stato , il quale possa concederne l'uso a chi voglia ,
applicasi certamente non meno alle miniere già aperte nel
giorno della sua attuazione , che a quelle che verranno
aperte dopo . Non ingiustamente quindi la legge pubblicata
in Italia il 20 novembre 1859 , ad imitazione della citata
legge francese , ordina nelle disposizioni transitorie (art . 118 )
che chiunque pretenda aver diritto di proprietà sopra una
miniera debba nel termine di due anni farne consegna al

Governatore della Provincia . Reciprocamente , come osserva

anche il Rintelen (p . 36 ) , adottato il principio della libertà


48 PARTE TERZA

delle miniere , in un paese, in cui prima queste erano og-


getto di concessione dello Stato , siffatto nuovo principio
applicasi non meno alle miniere già esercitate che a quelle
non esercitate ancora .

Opina il Kalindero (p . 93 ) che leggi nuove della prima


specie non si possano giustamente applicare senza dare
42 un compenso ai precedenti proprietari o concessionari.

Noi pure siamo di questo avviso ; perchè abbiamo già affer-


mato poco sopra (p . 20) , che il danno risentito dai privati
per effetto dell'abolizione di un diritto reale deve , se ed in
quanto ciò è possibile , venire risarcito dallo Stato . La

proprietà in particolare , per essere , come dicemmo , un


diritto acquistato in confronto dell'intiera società , anzichè
di determinati individui , non potrebbe venire abolita su
di una data cosa o specie di cose materiali , e non venire
surrogata da un equo compenso , senza che l'azione imme-
diata o retroattiva di siffatta legge fosse giusta soltanto
formalmente . In realtà le leggi abolitive della proprietà
privata delle miniere hanno inteso di soddisfare codesta
esigenza della giustizia , col prescrivere che il concessio-
nario di una miniera debba sborsare una rendita annua

al proprietario del soprasuolo.


Appartiene alle leggi introduttive di una nuova specie
di proprietà quella che attribuisce agli autori di opere
intellettuali od artistiche la così detta proprietà intellettuale
od artistica . Codesta classificazione però noi applichiamo
soltanto alle leggi che veramente s'intitolano dalla pro-
prietà intellettuale od artistica , e soltanto in vista di questa
intitolazione ; che se una legge regolasse la materia dei
diritti degli autori con un altro titolo , e per es . con quello
di legge sui diritti degli autori delle opere dello ingegno,
adottato dalla legge italiana 19 settembre 1882 , noi non
la annovereremmo fra le leggi concernenti la proprietà ,
ma piuttosto fra le leggi politico - economiche . Dal canto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 49

nostro noi non crediamo che di proprietà si possa esatta-

mente parlare rispetto alle produzioni intellettuali , e nep-


pure crediamo che , qualunque sia il concetto adottato da
un legislatore circa i diritti degli autori , basti a fare anno-
verare questi diritti fra i reali la circostanza dell'intento

loro negativo , cioè esclusivo delle arbitrarie contraffazioni ,


perchè siamo anche noi dell'avviso , oggidì dominante ,

che a contraddistinguere i diritti reali non basti por mente


all'azione negatoria da cui sono accompagnati , ma deb- 43

basi por mente eziandio alla natura dell'oggetto loro , che


sia una cosa materiale .

Certo si è, come abbiamo già osservato poc'anzi , che


l'immediata applicazione di qualunque legge introduttiva
di una nuova specie di proprietà consiste soltanto nella
possibilità immediatamente accordata a chiunque si trovi
nel caso , di approfittare della legge nuova . Per conse-
guenza, una volta introdotta la così detta proprietà intel-
lettuale od artistica , non solo chiunque farà una pubbli-
cazione letteraria od artistica sarà assicurato contro le

arbitrarie contraffazioni , ma eziandio chiunque avrà già


fatta una tale pubblicazione sarà assicurato contro le
future contraffazioni della medesima. Ma le arbitrarie con-

traffazioni già fatte sotto l'impero della legge anteriore ,


e i cui effetti non siano per anco finiti , perchè , per es . , ri-
mangano ancora copie dell'opera contraffatta in mano di
chi fu autore della contraffazione , dovranno essere assimi-
late a quelle che dopo l'attuazione della legge nuova si
facessero , cosicchè per es . quelle copie debbano da questo
momento andar perdute per chi le fece ?
No certamente . Introdurre una nuova cosa nel campo
degli oggetti possibili della proprietà, non è mai un ledere
il diritto acquisito di nessuno ; talvolta però è un limitare
il campo della naturale libertà di chi prima poteva senza
bisogno di verun titolo speciale approfittare di ciò che
GABBA - Retr. leggi, III.
50 PARTE TERZA

d'ora in avanti sarà di esclusiva appartenenza di alcuni .


Ciò appunto si verifica nell'argomento di cui ragioniamo ;
imperocchè quando la riproduzione delle opere dell'ingegno
era libera a tutti , ognuno poteva lucrare con questo mezzo ,
e non soltanto l'autore . Or bene , se in conseguenza della

limitazione apportata dalla legge nuova alla naturale


44 libertà dei cittadini , taluno verrebbe a risentire un danno
qualunque , è giusto che o questo danno venga impedito ,
o che venga risarcito . Nell'argomento in discorso , costi-
tuito l'autore proprietario delle sue produzioni intellettuali
pubblicate prima dell'attuazione della legge nuova , coloro
i quali sotto l'anteriore legislazione avessero intrapresa

una riproduzione di tali pubblicazioni , e non l'avessero


ancora totalmente esaurita , avranno il diritto di non per-

dere il valore delle copie rimaste . Ciò non tanto in virtù


di un loro diritto quesito a spacciarle , quanto in virtù del
diritto naturale di ognuno di non soffrire un danno per
aver fatto uso di una naturale libertà . Così infatti provvi-
dero tutte le legislazioni intorno alla proprietà letteraria ;
per es . la prima legge italiana del 25 giugno 1865 sui
diritti d'autore disponeva (art . 41 ) che le copie riprodotte
prima da chi non aveva il diritto d'autore , e non ancora
spacciate, e così pure gli strumenti rimasti della riprodu-
zione , o venissero ceduti a chi possiede il diritto d'autore
contro pagamento , o rimanessero inadoperati nelle mani
del riproduttore , col diritto in quest'ultimo di venir com-
pensato dei frutti del capitale impedito , fintantochè sus-
sista il diritto di autore .

Come la determinazione degli oggetti su cui può cadere


il diritto di proprietà , così anche quella dei vari modi nei
quali la proprietà può essere fatta valere su quegli oggetti ,
è sempre in potere della legge . Ma le relative nuove dispo-
sizioni di legge non si applicano di regola ai diritti acqui-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 51

siti, a meno di espresso comando del legislatore . Rispetto


però agli istituti giuridici reali di perpetua durata , sap-
piamo (v. Vol . I , p. 352 e segg. ) che un tal comando
è implicito in ogni nuova legge che abolisca taluno di
essi , e stabilisca nuove norme per la sua cessazione ,

non già limitisi a disciplinarne diversamente l'interna


economia. In questo senso può convenirsi con Kalindero
(p . 89) e con Theodosiades ( p . 160) , che tutto quanto 45
il sistema della proprietà di qualunque specie di cose , può
sempre venir nuovamente regolato dalla legge con effetto
immediato su tutti i rapporti giuridici esistenti , della specie

da essa contemplata . Gli è in virtù di tali principii , che


sul finire del secolo passato in Francia , e in tutta Europa
nel secolo presente , furono rinnovate e tanto migliorate le
condizioni economiche della società civile , aprendo un così

largo campo al lavoro ed alla libertà, impastoiati in mille


guise per tanti secoli precedenti . Le Disposizioni transi-
torie italiane per l'attuazione del Codice civile hanno abolito
in virtù dei medesimi principii le sostituzioni fedecommis-
sarie , e le stesse Disposizioni e il Codice civile italiano

hanno pure introdotto grandi innovazioni nel regime della


enfiteusi . E innovazioni importanti introdusse pure la

legislazione italiana rispetto alla proprietà del Tavoliere


della Puglia , e agli ademprivi della Sardegna .
Ma anche nel procedere a codeste innovazioni del regime
della proprietà , il legislatore deve rispettare quanto può
i diritti acquisiti , se non nella loro forma attuale , almeno
sotto quella della indennità . Così il legislatore italiano ,
abolendo i fidecommessi , conservò però la totalità delle
rendite dei medesimi agli attuali possessori per tutta la

loro vita, e tutti coloro i quali scrissero intorno alla libe.


razione del suolo ( Grundentlastung) in Germania , furono
sempre d'avviso , come ci attestano il Mohl (Polizeiwissen-
schaft, t . II , f. 133 ) , e lo Stein (Die Entwährung , Stoccarda
52 PARTE TERZA

46 1868 , p . 187 ) , che non si potessero prosciogliere i conta-


dini dai molteplici diritti signoriali che li gravavano , tranne
quello della padronanza personale , e dell'amministrazione
della giustizia , senza una congrua indennità . Questa venne
infatti accordata in tutte le provincie austriache nelle
quali il suolo fu sgravato ; nel 1853 e nel 1854 lo fu
anche nell'Ungheria e nei territori annessi a questo Regno.

La capacità di acquistare e trasmettere la proprietà va


distinta dalla capacità di essere proprietario . La prima è
una capacità speciale pei singoli atti mediante i quali la
proprietà si acquista , la seconda si riferisce alla persona
del proprietario , anteriormente ai singoli atti d'acquisto .
La stessa distinzione viene fatta dai giureconsulti rispetto

a tutti quanti i diritti (v . Vol. I , p . 238 e segg .) . Or bene


tanto rispetto alla prima , quanto rispetto alla seconda
specie di capacità vale il principio generale (ib . ) , che ogni
singolo atto d'acquisto deve essere giudicato in ognuno
dei contraenti secondo la legge vigente nel giorno in cui
quell'atto venne perfezionato . La mancanza di capacità
non può neppure mai essere sanata da una legge poste-
riore , in virtù delle cose da noi dette nella Parte Generale
di quest'opera, intorno alla convalescenza materiale (vedi

Vol . I , pagg. 241 e segg .) .


Che se una legge nuova disconosce in certe persone la
capacità di acquistare e possedere certe cose , ella dovrà
bensì , come ogni e qualunque legge in materia di capacità
personale, venire subito applicata (v . Vol . II , pag. 20) , ma
non potrà avere per effetto di far cessare il diritto di pro-
prietà , di che si tratta , in chi l'aveva acquistato , e ne era
capace a termini di una legge anteriore . Ne dissente il

Merlin (ib. ) , ma tale è invece l'opinione anche dell'Unger


(pag . 134 ) . E la stessa opinione è pure stata seguita da
positive legislazioni . L'Ordinanza transitoria di Brema
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 53

del 13 agosto 1814 (v . Vol. I , p . 88 , in n . ) dispose che 47


coloro i quali non sarebbero stati capaci di posseder terre
secondo le leggi anteriori al C. N. , ma che lo fossero di-
ventati sotto l'impero di questo Codice , rimarrebbero tali .
Il legislatore austriaco nell'Ordinanza del 5 ottobre 1853
(ap . Unger, ib. , nota 20) similmente dispose che gli Ebrei ,
dichiarati d'ora innanzi incapaci di posseder terre , potes-
sero però conservare le terre acquistate sotto l'impero
delle leggi anteriori , quand'anche la tradizione delle me-
desime non fosse ancora stata fatta , nè l'acquisto fosse
ancora stato iscritto nei pubblici libri . Una massima con-
traria non potrebbe a parer nostro venire applicata dal
giudice , se non quando il legislatore l'avesse espressa-
mente statuita , regolando in pari tempo il modo di appli-
carla retroattivamente . In Italia, per esempio , la legge
7 luglio 1866 sull'abolizione delle corporazioni religiose ,
e quella del 15 agosto 1867 sulla liquidazione dell'asse
ecclesiastico spogliarono espressamente la così detta ma-
nomorta religiosa ed ecclesiastica del loro patrimonio , e
con minuziose norme regolarono il relativo procedimento .
Ma non avrebbero i conventi e gli istituti ecclesiastici
perduta ipso jure la proprietà dei loro beni , se la legisla-
zione italiana avesse statuito soltanto in generale che
quegli enti non si dovessero più considerare capaci di
possedere .

L'acquisto della proprietà suol essere considerato dal


punto di vista del titolo , e dal punto di vista del modo .
I titoli di acquisto della proprietà , siano essi legali , o posti
in essere dalla volontà umana, sono o non sono ammis-
sibili e validi a termini della legge vigente nel giorno in
cui vennero posti in essere . Ciò osserva anche il Weber
(pag. 88), e discende dalla generale dottrina dei fatti acqui-
sitivi (v. Vol . I , pagg. 226 e segg. ) . Se , per es . , siasi o no
54 PARTE TERZA

verificato un acquisto mediante accessione , devesi decidere


secondo la legge vigente nel giorno in cui accadde il fatto

48 dal quale si vorrebbe far dipendere l'accessione , onde


giustamente la Cassazione di Napoli , con sentenza 4 agosto
1882 ( 1 ) , dichiarò doversi le antiche leggi applicare alle
relazioni giuridiche fra proprietario del suolo , e terzi edi-
ficanti sul medesimo , se le costruzioni sul suolo altrui
accaddero sotto l'impero di quelle leggi . Ed anche giu-
stamente fu dichiarato dal Consiglio di Stato francese il
29 dicembre 1819 ( 2 ) , che una preda marittima dovesse
riputarsi legittima , malgrado la revoca delle leggi che
l'avevano permessa , se , all'epoca in cui fu fatta , i capitani
del vascello predatore non avevano ancor potuto avere
cognizione della revoca , per non essere stata debitamente
promulgata a loro riguardo la legge relativa . Fu invece

una violazione dell'esposto principio la costituzione di


Giustiniano (c . 3 , C. De quadr . praescr.) che anche le alie-
nazioni già fatte dall'Imperatore di cose a lui non appar-
tenenti , dovessero ritenersi per valide , al pari di quelle
che venissero fatte per l'avvenire ( 3 ) .
I modi d'acquisto della proprietà , come osserva anche
il Weber ( ib . ) , devono pur essere sempre giudicati secondo
la legge vigente nel tempo a cui si vorrebbe far risalire
l'acquisto . Ciò applicasi particolarmente al requisito della
tradizione , come abbiamo già osservato precedentemente .
Una legge nuova invece , la quale imponga nuovi modi

(1 ) C. N. , 6, 2, 175.
(2) A. G. , 1883 , 1 , 14.
(3) Osserva però giustamente lo SCHAAF (pag. 394) che l'Imperatore Giu-
stiniano non poteva facilmente astenersi da una ingiusta retroattività nel-
l'atto che promulgava una legge essenzialmente ingiusta. Anche l'ingiustizia
e l'errore hanno la loro logica. Conveniamo anche collo SCHAAF (pag . 454)
che la 1. 6, C. De bon. quae lib. , la quale attribuisce ai figli di famiglia la
proprietà dei beni acquistati senza il concorso del patrimonio del padre,
non poteva venire applicata agli acquisti di tal genere già avvenuti , e che
secondo le leggi anteriori appartenevano al padre.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 55

o abolisca gli antichi modi di conservazione della pro-


prietà , specialmente in confronto dei terzi , si applica anche
alle proprietà precedentemente acquistate , ma con effetto
soltanto per l'avvenire , e senza pregiudizio dei diritti per
avventura già acquistati dai terzi . L'effetto retroattivo di 49

una legge nuova intorno alla trascrizione in particolare


è già stato da noi studiato precedentemente (v . sopra,

Cap . V) .

La perdita della proprietà è quasi sempre accompagnata


dall'acquisto della medesima per parte di un'altra per-
sona. Questo acquisto però ha un differente carattere
secondochè sia l'effetto : a) di una volontaria o di una giu-
diziale trasmissione , come nei contratti , nelle successioni
testamentarie , nella espropriazione forzata , oppure b) di
un fatto posto in essere bensì dalla volontà del proprie-
tario precedente , ma a cui la legge soltanto dà l'effetto di
far perdere la proprietà a profitto di un'altra persona ,
come per es. , le seconde nozze , e la inosservanza di una
formalità di conservazione della proprietà , oppure c) sia

l'effetto di un provvedimento introdotto dalla legge per


ragioni di ordine pubblico , come per es . della espropria-
zione per causa di pubblica utilità .

Rispetto ai casi della prima e della seconda specie , le


nuove leggi intorno alla trasmissione della proprietà po-
tranno avere applicazione soltanto nell'avvenire , e non ai
contratti nè ad altri fatti già posti in essere prima della
loro attuazione . Rispetto ai casi invece della terza specie ,
le leggi nuove si applicheranno di certo immediatamente
a tutte le proprietà da esse contemplate . Quanto alla espro-
priazione per causa di pubblica utilità in particolare , il
legislatore può di certo mutare , ogniqualvolta gli paia , le
leggi che la concernano , in virtù del generale principio
che il sistema della proprietà è ordinato e determinato
56 PARTE TERZA

dallo Stato secondo il suo beneplacito . Non v'ha dubbio


neppure che le procedure di espropriazione per causa di
pubblica utilità , già cominciate , devono essere continuate
in conformità alle nuove regole che venissero emanate
intorno al loro andamento. Bisogna però distinguere le

norme processuali intorno a tale espropriazione , da quelle


50 concernenti i diritti privati , sia dell'espropriato , sia di
coloro che in qualunque modo hanno causa da lui , e na-
scenti dal fatto stesso della espropriazione. Tutti questi
diritti , appunto perchè nascono dal fatto della espropria-
zione , devonsi considerare acquisiti nel giorno in cui la
espropriazione venne decretata, e propriamente nella mi-

sura e nei modi determinati dalla legge vigente in quel


giorno . Una legge posteriore non deve poterli modificare ,
nè a vantaggio dell'espropriato , nè a vantaggio dell'espro-
priante. Ciò deve dirsi specialmente rispetto alla misura
della indennità dovuta all'espropriato . Non possiamo quindi
approvare il disposto dell'articolo 100 della legge italiana

del 25 giugno 1865 sull'argomento di cui parliamo , che


la fissazione delle indennità , del pari che ogni altra ope-
razione posteriore , debbasi regolare secondo questa legge
in tutte le espropriazioni incoate e non ultimate nel giorno
in cui la medesima venne attuata . Non lo possiamo appro-

vare , in quanto l'articolo non distingue i casi nei quali la


espropriazione fosse stata pronunziata prima di quel giorno ,
da quelli nei quali ancora non lo fosse .

L'estensione del diritto di proprietà è il complesso :

a) delle facoltà che spettano al proprietario onde far valere


questa sua qualità ; b) dei limiti imposti all'esercizio della
proprietà ; c) dei diritti che al proprietario di una data
cosa spettano rispetto ad un'altra pel motivo della pro-
prietà della prima ; d) delle facoltà che il proprietario di
una data cosa può esercitare in virtù di tale sua qualità ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 57

rispetto a cose spettanti ad altre persone . Su tutti questi


punti il legislatore può sempre stabilire massime nuove ,
che si applicano immediatamente a tutte le proprietà
esistenti.

Ad a) Come abbiamo già osservato precedentemente ,


sono mere facoltà di legge i diritti che spettano al pro-
prietario onde far valere questa sua qualità . Come tali
esse devono essere state effettivamente esercitate , affinchè 51
una nuova legge non possa toglierle , senza ledere un vero
diritto acquisito . Non v'ha dubbio per conseguenza che
una legge abolitiva della rivendicazione delle cose mobili
non solo toglie , come già dicemmo ( p . 43 ) , questo diritto
ai proprietari di cose mobili non ancora uscite senza loro
volontà dal loro possesso , ma eziandio , come bene osserva
l'Unger (pag. 136 ) , si applica ai casi di rivendicazione di
tali cose, già surti sotto l'impero della legge precedente ,
ma che non fossero ancora stati definitivamente giudicati .
Reciprocamente una nuova facoltà attribuita da una legge
nuova al proprietario può venire esercitata anche dai già
proprietari , a cui la legge anteriore non la concedeva .

Onde giustamente la Cassazione di Napoli in una sentenza


del 12 marzo 1874 ( 1 ) , dichiarò che il proprietario del-
l'ultimo piano di una casa , divisa per piani fra distinti
proprietari , può valersi dell'articolo 564 del Codice civile

italiano, che gli permette di elevare un piano superiore ,


anche senza il consenso degli altri proprietari di piani , se
non ne deriva alcun danno a questi ultimi . E similmente
è a ritenersi che un diritto di finestra , acquistato per mera
prescrizione vigendo il Codice albertino , impone al ser-
viente , dopo la pubblicazione del Codice civile italiano ,
l'obbligo di fabbricare a distanza di tre metri , a termini
dell'art . 590 , quantunque quest'obbligo egli non avrebbe
avuto in quel caso , vigendo il primo dei due Codici .

(1 ) G. I., xxvi , 1 , 333.


58 PARTE TERZA

Noi non possiamo invece convenire nella tesi adottata


da parecchi giudicati italiani , che una finestra , aperta
prima dell'attuazione del Codice civile italiano , nel proprio
edificio verso il fondo del vicino , jure proprietatis , non
sia diritto quesito , nè dia quindi facoltà all'utente di esi-
gere che il vicino fabbrichi a distanza non minore di tre
metri a termini dell'articolo 590 di quel Codice . Senten-
52 ziarono in tal guisa , per es . , la corte di appello di Firenze ,
3 aprile 1873 ( 1 ) , la Corte di appello di Genova , 24 maggio
1869 (2 ) , la Corte di appello di Torino , 17 aprile 1871 ( 3 ) ,
14 gennaio 1873 ( 4) , la Cassazione di Torino , 2 luglio
1875 (5) , la Cassazione di Firenze , 2 marzo 1872 ( 6 ) . Non
fu invece di tale avviso la Cassazione di Roma in una

sentenza 10 giugno 1881 ( 7 ) , e la stessa Cassazione di


Torino ebbe ad abbandonarlo in parecchie sentenze , quali

per esempio : 24 febbraio 1880 ( 8 ) , 10 giugno 1882 ( 9) ,


29 dicembre 1883 ( 10 ) . Mentre infatti il detto articolo 590
contempla i diritti di finestra , acquistati per convenzione
o altrimenti, ci sembra un errore il pretendere che fra
questi altri titoli di acquisto del diritto di finestra non
possa figurare la stessa e semplice proprietà , che sia stata
esercitata effettivamente in quella maniera , vigendo una
legge che un tale suo effetto riconosceva . Siffatta opinione
contraddice apertamente al canone di gius transitorio , da
noi dimostrato e costantemente applicato , che gli effetti
dei diritti reali possono bensì venire tolti o immutati da

(1 ) A. G. , VI, 2, 157.
(2) Gazz. d. Trib. di Genova, xxII, 1 , 364.
(3) G., VIII , 387.
(4) G. I., xxv, 2, 14 .
(5) lb., xxviii, 1 , 266.
(6) A. G. , VII, 2, 157.
(7) G. 1. , 1876, 1 , 527.
(8) F. 1.
(9) M. T. , 1882, 905.
(10) F. I., 1884, 1, 688.
PRINCIPIJ PRATICI ED APPLICAZIONI 59

una legge nuova , con retroattivo o immediato effetto ,


finchè non siano stati esercitati o dedotti in una conven-

zione , ma diventano veri e propri diritti quesiti intangi-


bili in virtù di quei fatti . Non sarà una vera e propria ser-
vitù il diritto ad una finestra aperta jure proprietatis , poichè
la servitù attiva aggiunge alla proprietà qualcosa che già
questa non conteneva in sè ; ma che importa ciò ? È un
diritto quesito quello di cui si tratta , e ciò basta perchè
venga parificato ad un gius di servitù quesito per conven- 53
zione o per prescrizione. L'errore che noi combattiamo.

ha appunto per causa il falso preconcetto che per fruire


dell'articolo 590 il diritto di finestra debba essere una

servitù , o lo fosse nella mente del legislatore . In realtà


però il tenore di quell'articolo non suffraga siffatto pre-
concetto , poichè in esso è menzione di diritto acquistato
di finestra in generale .
Ad b) Dei limiti del diritto di proprietà avremo mi-
gliore occasione di ragionare in un capitolo successivo ,
relativo alle servitù .

Ad c) Ebbimo già occasione di avvertire poc'anzi


(p . 50) che l'acquisto della proprietà mediante accessione ,
cioè l'estensione del diritto del proprietario rispetto ad
altre cose accessorie a quella da lui posseduta , può sempre
venire nuovamente regolato dal legislatore , ma che in ogni
singolo caso deve essere retto dalla legge vigente nel giorno
in cui accadde il fatto dal quale l'accessione si ripete . Non
v'ha dubbio , come bene osserva il Mazzoni ( 1 , 44) , che ,
per es . , le isole, isolette ed unioni di terre che si sono
formate nei letti dei fiumi o torrenti navigabili o atti al
trasporto , vigendo il Diritto Romano che li attribuiva ai

proprietari rivieraschi , rimarranno proprietà di costoro


anche dopo l'attuazione di una legge, la quale , come, per
es. , il Codice civile italiano (art . 443 ) , ne attribuisce invece
la proprietà allo Stato .
60 PARTE TERZA

Ad d) Il proprietario di una cosa può avere come tale


qualche facoltà su cose spettanti ad altri ; egli può averla
ottenuta direttamente dalla legge , o può essersela acqui-
stata mediante contratto . Può la facoltà avere per obbietto
atti costituenti il contenuto di una servitù , oppure può

avere per obbietto l'acquisto di una cosa spettante ad altri ,


che non è accessione della sua . Quanto alle facoltà della
seconda specie , se sono convenzionali , non v'ha dubbio che
una legge nuova non può toglierle , benchè non ancora
54 esercitate ; se sono legali , soltanto l'esercizio può esimerle
dall'azione retroattiva di una legge nuova che le abolisca .
Per esempio, il Codice civile estense del 1852 accordava
in certi casi ( art . 1608 ) al proprietario di un fondo il
diritto di espropriare un fondo altrui cui il primo circon-
dasse da tre lati ; ora non v'ha dubbio che un diritto di
questo genere , appunto perchè ha natura di mera facoltà

di legge, ove non sia stato esercitato in quelle provincie


prima dell'attuazione del Codice civile italiano , non lo
potrà più essere dopo , attesochè questo Codice non lo
ammette .

§ 2.
Continuazione. Della comunione.

Cade qui in acconcio il discorso della proprietà comune ,


o della comunione , poichè i diritti e doveri dei compro-
prietari determinano l'estensione della proprietà parziale
di ciascheduno di essi .

L'origine della comunione deve certamente venir rego-


lata secondo la legge vigente nel tempo a cui essa risale .

Vale questo principio tanto per la comunione convenzio-


nale, quanto per la successoria testamentaria e per la
legale, come per esempio la communio incidens, e la comu-
nione successoria ab intestato . Così pensa anche Kalindero
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 61

(pag. 104) . A buon diritto quindi la Corte di cassazione


di Parigi con sua sentenza del 9 marzo 1819 ( 1 ) , confer-
mativa di una sentenza della Corte d'appello di Lione del
19 gennaio 1817 , dichiarò che non si dovessero conside-

rare a termini dell'art. 664 del C. N. comproprietari del


tetto di una casa , all'effetto che la riparazione di questo
incombesse ai medesimi proporzionatamente , i differenti
proprietari dei differenti piani di una casa , la cui proprietà
fosse stata divisa sotto l'impero di una consuetudine ante- 55
riore , la quale addossava tale riparazione al solo pro-
prietario del piano più elevato . Analogamente la Corte
d'appello di Casale , in una sentenza 22 maggio 1868 ( 2 ) ,
confermativa d'altra precedente del 31 gennaio 1868 del
Tribunale di prima istanza di quella città , dichiarò che ,
dopo l'attuazione del Codice civile italiano , il cui art . 556
accorda al proprietario d'uno stabile contiguo ad un muro
altrui , la facoltà di renderlo comune , ove l'altro stabile al
di là del muro non sia un edifizio destinato all'uso pub-
blico, non possa tale facoltà esercitarsi in confronto di

un edifizio di tal natura da chi non soltanto aveva acqui-


stato l'edifizio contiguo vigendo il Codice civile albertino ,
che quella restrizione non conosceva , ma aveva anche
ottenuto analoga sentenza giudiziale vigendo quel Codice .
Se però la nuova legge intorno ai diritti dei comproprie-
tari non fa propriamente che stabilire un qualche limite
all'esercizio della proprietà sulla cosa comune, limite che
abbia natura di vera e propria legge reale , applicasi cer-
tamente anche alle comunioni già esistenti . Onde giusta-
mente ritennero le Corti d'appello di Casale , 22 maggio
1868 ( 3 ) , di Torino , 11 settembre 1869 ( 4) , di Firenze ,

(1) R. G., 19, 1, 303.


(2) G. , v, num . 27.
(3) Gazz. Trib., xx, 360.
(4) Ib . , xxii , 132.
62 PARTE TERZA

7 maggio 1870 ( 1 ) , 11 luglio 1873 (2) , di Lucca, 11 luglio


1873 ( 3 ) , che anche ai muri contigui e comuni , già esi-
stenti , si applica il disposto dell'art. 586 del Codice civile ,

il quale vieta al vicino che ha innalzato il muro comune


di aprire luci e finestre nella maggiore altezza.
In generale poi tutti gli effetti della comproprietà , che
56 si risolvono in diritti di ciaschedun condomino sulla cosa
comune, o verso gli altri condomini per occasione di questa
cosa , regolansi del pari secondo la legge vigente nel giorno
in cui la comproprietà venne costituita . Ciò perchè la
comunione , benchè sia una modalità della proprietà , ha
in pari tempo somiglianza coi contratti , onde i Romani la

qualificavano di quasi - contratto (L. 3 , § 3 , D. Comm. divid .) ,


e quindi valgono anche per essa i principii del diritto
transitorio delle obbligazioni . Giustamente quindi il nostro
Consiglio di Stato , in tre decreti 11 marzo 1874 (4) ,
10 febbraio 1877 ( 5) , 31 gennaio 1877 ( 6 ) , dichiarò che
nei consorzi idraulici costituiti prima dell'attuazione delle
nuove leggi italiane , debbansi rispettare sempre gli ante-
riori contratti , nè le nuove leggi si possano applicare

fuorchè in modo di rispettare scrupolosamente i diritti


acquisiti con quei contratti .
Anche le mere formalità relative all'esercizio dei diritti

nascenti dalla comproprietà può la legge imporre alle rela-


zioni di tal genere , già poste in essere ; e ciò in conformità
ad un generale principio , da noi esposto nella Parte prima
di quest'opera (v . Vol . I , pag . 319 ) . Epperò giustamente
la Corte di cassazione di Parigi con sentenza del 27 feb-
braio 1838 ( 7) dichiarò che le forme stabilite dal C. N.
(1 ) A. G. , vII , 2, 527.
(2) Ib., iv, 2, 328.
(3) lb. , vii , 2, 527.
(4) G. I. , xxvi , 2, 11 .
(5) F. 1., 11 , ш , 117.
(6) Gius. d. Cons. di Stato , 11 , 58.
(7) R. G. , 38, 1 , 216 ; I. P., 8, 1 , 504.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 63

per la divisione della proprietà comune dovessero appli-


carsi anche alle successioni aperte vigendo la legislazione
anteriore .

Che se la comproprietà è perpetua di sua natura , non vi


ha dubbio che ogni nuova legge che o la fa cessare , o
l'abolisce, oppure ne limita la durata , la si deve applicare
senza riguardo all'epoca dell'origine di quella . Ciò in virtù di
un generale principio , già tante volte da noi ricordato nel corso

di quest'opera. Introdotto per es . il principio che uno dei 57


comproprietari del muro comune non sostenente un di lui

edificio , possa abbandonare il proprio diritto di compro-


prietà , e il conseguente obbligo di contribuire alla ripara-
zione del muro , di questa facoltà potranno approfittare
anche i comproprietari di muri divisorii costruiti sotto una
legge precedente , la quale non accordava un tale diritto ,
a meno che questo principio fosse stato dedotto in una
convenzione . E del pari è a ritenersi applicabile anche alla
comunione già costituita , il precetto del Codice civile ita-
liano (art. 681 ) , e che questo rapporto di diritto , qualunque
ne sia l'origine , non possa, contro la volontà di un condo-
mino , avere una durata maggiore di dieci anni .
In materia di comproprietà o comunione , è degna di
menzione la quistione spesse volte agitata nella giurispru-
denza del Codice civile italiano , se gli articoli 570 , 571 di
questo Codice , i quali dànno al proprietario di un pezzo
di terreno il diritto di domandare la comunione del muro

di un edifizio altrui , il quale o si trovi sulla linea di con-


fine fra le due proprietà , o ad una distanza minore di un
metro e mezzo da quella linea , allo scopo di fabbricare sino
contro a quel muro , ove il proprietario vicino non prefe-
risca di prolungare il suo edifizio fino alla linea suddetta ,
si applichino anche agli edifizi costruiti vigendo una legge
che siffatte disposizioni non conteneva .
L'opinione affermativa è stata adottata in un gran
64 PARTE TERZA

numero di giudicati , quali per es .: Corte d'appello di Milano ,


4 aprile 1873 ( 1 ) , Corte d'appello di Firenze , 7 maggio
1870 ( 2-3 ) e 3 aprile 1873 ( 4 ) , Corte d'appello di Torino ,
58 3 dicembre 1869 (5) , 14 gennaio 1873 (6 ) , e 17 aprile
1871 (7) , Cassazione di Torino , 7 febbraio 1872 ( 8),
2 luglio 1875 ( 9 ) . E la negativa fu adottata da ben pochi
giudicati , fra i quali uno della Cassazione di Torino , 7 feb-
braio 1872 ( 10) .

Delle due opposte opinioni , a me pure sembra preferi-


bile la prima, come quella che direttamente discende dai
principii fin qui esposti intorno all'azione retroattiva o
immediata delle leggi introduttive di nuovi diritti reali , e
di ogni nuova legge intorno all'estensione ed agli effetti

del diritto di proprietà . Contro questi principii e le ragioni


loro non vale l'obbietto che la Cassazione di Torino nella

sentenza 7 febbraio 1872 desume dai pratici inconvenienti


dell'opinione da essa rifiutata. Imperocchè le ragioni di
utilità generale che hanno suggerito al legislatore italiano
gli articoli suddetti , sono appunto di tale indole e gravità ,
che non ammettono distinzione fra edifizi vecchi e nuovi ,
fra edifizi nuovi che si erigono a grande vicinanza di altri
già costruiti , vigendo una legge anteriore differente , ed

altri già costruiti vigendo una legge nuova .


S'intende del resto che l'applicazione retroattiva degli
articoli 570-571 del Codice civile italiano presuppone che
il proprietario del muro di cui viene chiesta la comunione ,

(1 ) A. G. , VII , 2, 232.
(2) Ib. , iv, 2, 237.
(3) Ib . , 2, 238-239 .
(4) Ib. , vi, 2, 157.
(5) G. , VII, 119.
(6) G. 1., xxv, 2, 14.
(7) G. , viii , 387.
(8) Giorn. delle Leggi, 11 , n. 6 .
(9) G. 1., XXVIII, 1 , 266.
( 10 ) M. T. , xiii, 298.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 65

non avesse già sotto la legge anteriore quesito un diritto


incompatibile con quella applicazione , per esempio un diritto
di luce o di prospetto . E ciò pure ammettono tutte le sen-
tenze ricordate sopra a favore della nostra tesi . Se non che ,
mentre la Corte di Firenze , 3 aprile 1873 , la Corte di
Torino , 14 gennaio 1873 , 3 dicembre 1869 , 17 aprile
1871 , e la Cassazione di Torino , 2 luglio 1875 non repu- 59
tarono sufficiente ad escludere l'applicazione degli articoli
in discorso una finestra per luce o prospetto aperta sotto
la precedente legislazione jure dominii soltanto , e non come
vera servitù od anche come servitù acquistata per semplice
prescrizione , quest'altra loro dichiarazione noi abbiamo già
sopra censurata (v . p . 57 ) . Non crediamo invece che si possa
reputare diritto quesito , all'effetto dell'art . 590 Cod . civ . it. ,

il diritto accordato da una legge anteriore, a chi abbia


costruito un edificio , di avere a tergo uno spazio libero ,
cioè in cui non si possa edificare . Ciò pensano il Duranton
(Dr. civ. , V, n . 316 , § 5 ) , ed il Pacifici - Mazzoni ( Istit . , vol . I ,
n. 48) , e dichiarò la Cassazione di Firenze , 4 febbraio
1892 ( 1 ) , ma noi non ne possiamo convenire , perchè non è
diritto quesito , come abbiamo già più volte detto , un effetto
legale del diritto di proprietà , o di un diritto reale qua-
lunque , finchè non è stato esercitato , o dedotto in conven-
zione , è un semplice effetto del diritto medesimo , che
rimane in balia della legge . Si contraddicono del resto i
fautori dell'opposta soluzione , i quali ammettono in pari
tempo che il detto spazio libero debbasi , dopo l'attua-
zione del Cod . civ. it . , ridurre dentro i limiti stabiliti da
questo.
Ritorneremo sul tema della comunione , e alcune altre
cose aggiungeremo , trattando delle successioni ereditarie .

(1) A. G. , 1892, 1 , 73.

GABBA Retr. leggi, III. 5


66 PARTE TERZA

§ 3.

Del possesso.

Giustamente i moderni giureconsulti annoverano il pos-


sesso fra i diritti , attesochè dal fatto del possesso proven-
gono conseguenze giuridiche, e veri e propri diritti del
possessore in confronto dei terzi ; diritti differenti bensi

secondo i vari requisiti di quel fatto . Il possesso annuale


dà il diritto agli interdetti possessorii , il semplice possesso
dà il diritto alla reintegranda ; il possesso prolungato per

tutto il tempo voluto dalla legge , e accompagnato da giusto


titolo e buona fede , oppure scompagnato da questi requi-
siti, dà diritto alla usucapione ordinaria o straordinaria ; e
allorquando la usucapione non siasi compiuta a vantaggio
del possessore , la buona o la mala fede di costui può ancora
influire sulla estensione degli obblighi circa la restituzione
dei frutti. Tutti codesti diritti nascenti dal possesso dànno
eziandio occasione a considerazioni transitorie .

Anzitutto , se di una cosa materiale sia o non sia possi-


bile un possesso giuridico , cioè avente giuridici effetti ,
vuolsi decidere secondo la legge del tempo rispetto al quale
il possesso viene affermato . Onde giustamente la Cassa-
zione di Torino , in una sentenza 14 febbraio 1878 ( 1 ) , e
la Cassazione di Firenze , in una sentenza 17 gennaio
60 1868 ( 2 ) , dichiararono applicarsi immediatamente l'arti-
colo 630 del Codice civile italiano, il quale non ammette
possesso giuridico delle servitù discontinue .

In generale poi sono di applicazione immediata le nuove


leggi retroattive alle azioni possessorie , sia che le ammet-
tano o le neghino , sia che soltanto ne regolino i requisiti
e l'esercizio . Non soltanto queste nuove leggi si applicano

(1 ) G., v , 622.
(2) A. G. , II , 1 , 15.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 67

al possesso preesistente, del pari che al possesso comin-


ciato dopo la loro attuazione , ma eziandio le azioni pos-
sessorie di cui sorse l'occasione e il diritto vigendo la legge

anteriore, si potranno o non si potranno intraprendere


dopo l'attuazione delle leggi nuove secondo il disposto di
queste e alle condizioni da queste stabilite. Ciò ebbe a
dichiarare anche la Cassazione di Firenze , 28 novembre
1878 (1 ) . Se per es . in uno Stato , in cui erano ammesse
azioni possessorie rispetto alle cose mobili , viene intro-
dotta la massima contraria , dopo l'attuazione di questa
massima non saranno più possibili procedure possessorie
rispetto a cose mobili , il possesso delle quali fosse stato
turbato vigendo la legge anteriore . Che se cose dichiarate
immobili dalla legge anteriore , sono invece dichiarate
mobili dalla legge nuova , non sarà più possibile dopo la
attuazione di questa legge esperimentare l'azione posses-
soria rispetto a tali cose . Ciò dichiarò anche la Corte di cas-
sazione di Parigi , in una sentenza del 20 luglio 1828 ( 2 ) ,
rispetto alle rendite fondiarie .

Se, in particolare , un'azione possessoria, non più am-


messa dalla legge attuale , fosse stata già sporta quando
questa legge andò in attività , noi non crediamo che l'at-

tore abbia quesito il diritto di continuare la relativa pro-


cedura. Imperocchè nella Parte Generale di quest'opera
noi dicemmo già ( Vol . I , p . 264 , 268) che la contestazione
giudiziale tramuta le facoltà di legge in diritti quesiti allora 61
soltanto , quando l'effetto a cui mira l'attore si possa repu-
tare un vantaggio per lui , cioè un tale vantaggio , che gli
andrebbe perduto se l'azione non venisse proseguita . Ora
colui al quale è interdetto l'uso dell'azione possessoria,
può sempre ricorrere , collo stesso effetto finale , all'azione

petitoria.

(1) A. G., XIII, 1 , 158.


(2) D., R., v° Lois, n. 263.
68 PARTE TERZA

Anche rispetto ai requisiti del possesso , dai quali dipende


l'ammissibilità dell'azione possessoria , la legge nuova ha

effetto retroattivo . Introdotto per es. il requisito della


durata di un anno affinchè il possesso possa essere fatto
valere contro il turbatore, qualunque anterior possesso
che al momento dell'attuazione della legge nuova non

aveva una tale durata, ha cessato da quel momento di


poter essere difeso fino a che l'anno non sia decorso .

All'acquisto della proprietà mediante il possesso conti-


nuato per un certo tempo stabilito dalla legge , si possono
applicare le cose da noi dette intorno alla prescrizione
nella Parte Generale di quest'opera . Ivi (pag . 386 ) noi
abbiamo affermato che dei requisiti del possesso necessari

affinchè la prescrizione si compia , conviene giudicare per


ogni periodo del possesso secondo la legge in esso vigente .
Ciò ha la sua ragione nella premessa che quei differenti
periodi si debbono separatamente considerare e giudicare.
Gli effetti della buona o della mala fede del possessore

rispetto all'estensione dell'obbligo di restituzione dei frutti


della cosa posseduta , e del diritto al compenso di spese
fatte , si devono giudicare secondo la legge vigente in ciascun
periodo della percezione dei frutti , e non già secondo la
legge che dà regola alla rivendicazione. Ciò perchè quel
diritto è appunto un effetto del diritto reale di possesso ,
il quale effetto , al pari di tutti gli effetti dei diritti reali
in generale , diventa diritto quesito allorquando , come già
più volte dicemmo , sia stato effettivamente attuato . Ora
62 il fatto del possesso trae o non trae seco immediatamente
l'effetto del diritto ai frutti della cosa posseduta , a termini
della legge vigente nell'atto in cui il possesso viene eser-
citato .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 69

§ 4.
Delle servitù.

Onde rettamente applicare alle servitù i principii gene-


rali del gius transitorio reale, bisogna dipartirsi dalla con-
siderazione dei rapporti fra il diritto di servitù e il diritto
di proprietà. Le servitù sono limitazioni del diritto di

proprietà, introdotte o a vantaggio di una data persona


(servitù personali ) , o a vantaggio di un fondo , rustico o
urbano , distinto da quello su cui gravita la servitù , e spet-
tanti a un differente proprietario (servitù prediali) . Le
servitù sorgono poi o per diretta opera della legge , o per
diretta opera dell'uomo . L'assegnare la debita importanza
all'indole e alla provenienza delle servitù nel determinare
l'efficacia retroattiva delle nuove leggi che le riguardano ,
è un problema alquanto difficile , e che non ci sembra sia
stato finora completamente e convenientemente risoluto .
Rispetto all'introduzione di nuove servitù prediali legali
in particolare, non è dubbio che le relative leggi , come
ebbero a dichiarare la Corte d'appello di Venezia , 7 luglio
1876 ( 1 ) , e la Cassazione di Torino , 24 febbraio 1880 ( 2 ) ,
si applicano immediatamente a tutti quanti gli immobili .
Vuolsi però qui ricordare una osservazione già fatta pre-
cedentemente (v . p . 19) , che cioè le leggi di quel genere
non possono mai avere per effetto di far demolire fabbriche

nè piantagioni , nè altri lavori fatti sia sopra terra , sia


dentro terra, vigendo una legislazione che li permetteva
senza limite nessuno , o dentro limiti minori di quelli sta-
biliti dalla legge nuova . Per converso noi opiniamo col 63
Mailher de Chassat (2 , pag. 337 ) che , se la legge nuova
permette una condizione di cose che la legge anteriore

aveva divietato collo imporre una servitù ora abolita o

(1) G. I. , 1877, 2, 97.


(2) Ib., 1880, 1, 769.
70 PARTE TERZA

modificata , le opere fatte in onta alla legge anteriore prima


dell'attuazione della legge nuova , potranno continuare a
sussistere sotto la protezione di questa . Imperocchè il
diritto di far demolire ciò che è stato costruito in con-

traddizione a un proprio diritto di servitù , è una facoltà


di legge , la quale , fintantochè non è stata esercitata , può
essere tolta . Che se anche la demolizione fosse stata doman-

data , oppure ottenuta dal giudice , ma non eseguita , dopo


l'attuazione della legge nuova nessun atto esecutivo di quel
genere potrà più farsi , benchè il contrario pensi il Mailher
de Chassat ( 2 , pag . 338 ) . Non già che chi ha domandato
la demolizione non abbia il diritto di continuare nell'eser-

cizio della facoltà accordatagli dalla legge anteriore, ma


siccome colui , la cui opera fosse stata demolita in virtù
della legge antica , potrebbe poi ricostruirla in virtù della
legge nuova, così l'applicazione dell'antica legge non
avrebbe in tal caso altro effetto che quello di recare un

inutile danno , nisi ut officiat , come dicevano i Romani ,


epperò deve essere interdetta , introducendo un'eccezione
ad un principio accertato dalla dottrina della retroatti-
vità, in omaggio a quel principio fondamentale di tutta
quanta la giurisprudenza : non est malitiis indulgendum. In
armonia con questa dottrina la Corte di appello di Na-
poli in una sentenza 23 ottobre 1868 ( 1 ) ebbe a dichia-
rare , che una diga operata dall'utente dell'acqua di un
fiume su di un punto della sponda appartenente ad altro
proprietario senza il consenso di questo , e in onta al
disposto dalla legge vigente , continua a sussistere di pieno
diritto dopo la pubblicazione del Codice civile italiano , che
tale facoltà all'utente concede (art . 613 ) . E la Corte d'ap-
pello di Firenze ebbe a dichiarare in una sentenza 5 maggio
61 1871 (2 ) , che una finestra aperta sul fondo del vicino , non

(1) A. G., 1869 , 2, 47.


(2) Ib. , 1871 , 2, 197 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 71

in conformità al diritto anteriore al Codice civile italiano ,

può continuare ad essere tenuta aperta dopo l'attuazione


di
questo Codice , se alle disposizioni di questo Codice cor- .
risponda. - "
Eziandio è da notare che , in virtù dei gene-
rali principii intorno all'acquisto dei diritti reali (v. sopra

p. 24) , una nuova servitù legale non può desumersi da


fatti dell'uomo, e da convenzioni , a cui la legge , vigente
quando vennero poste in essere , non attribuiva un tale
effetto , onde giustamente la Corte d'appello di Casale
dichiarò in una sentenza 4 aprile 1868 ( 1 ) , che la desti-
nazione del padre di famiglia non possa addursi come
titolo di servitù in un tempo in cui la legge vigente non
la considerava tale , e la Corte d'appello di Venezia dichiarò
in una sentenza 30 marzo 1877 ( 2) , non applicarsi alle
divisioni anteriori al Codice civile italiano l'art . 595 di

questo Codice , che dalla divisione fa nascere la servitù.


reciproca di passaggio fra i condividenti . Vuolsi final-

mente osservare che , allorquando una servitù legale è


accessoria ad uno stato personale , l'esistenza e la durata
della medesima non tanto sono regolate dal gius transi-
torio speciale delle servitù legali , quanto piuttosto dal gius
transitorio personale . Ciò in virtù del generale canone della
dottrina della retroattività (v . Vol . I , pag . 277 ) che il diritto
principale conferisce al diritto accessorio la sua medesima

inviolabilità . Di questo canone noi abbiamo già fatto appli-


cazione all'usufrutto nascente dalla patria potestà (vedi
Vol. II, pag . 231 ) .
Dissentono gli scrittori circa l'estensione e l'efficacia
delle leggi abolitive delle servitù . In questo proposito è
dottrina invalsa che si debba far distinzione fra le servitù

legali , e quelle poste in essere totalmente per opera del-


l'uomo , e che le prime, non le seconde , possano essere 65

(1) G., v , 437.


(2) M. T., 1877, 621.
72 PARTE TERZA

abolite dal legislatore con effetto retroattivo sulle servitù


già acquistate. Noi non possiamo sottoscrivere a questa
dottrina, e le ragioni del nostro dissenso risulteranno dalla

esposizione e dallo svolgimento di quella dottrina che ci è


parso bene di adottare .

Noi crediamo , e Pfaff e Hofmann sono del nostro avviso


(p . 157 ) , che nella quistione dell'efficacia retroattiva delle
leggi abolitive di servitù , sia fondamentale la distinzione

fra le servitù prediali e le servitù personali ( 1 ) . Queste


ultime, una volta costituite, possono o non possono venire
tolte o modificate da una legge nuova secondo gli speciali
principii di gius transitorio , che si addicono al titolo giu-
ridico-privato da cui emanano ; le prime invece lo possono
o non lo possono secondo i generali principii del gius
transitorio in materia d'introduzione, di abolizione, di
titoli e modi di acquisto , di estensione ed effetti dei diritti
reali .

Invero , come già sopra (pag . 42) ebbimo occasione di


osservare, le servitù personali non sono modi di usare

delle cose materiali , e quasi modi di essere di queste cose


in relazione alle persone , ma piuttosto parziali godimenti ,
frammenti del diritto di proprietà, già ammesso e quale è
ammesso dalla legge . Onde quei riguardi di generale utilità
che presiedono all'ordinamento della condizione giuridica
delle cose , e dànno alle leggi reali vere e proprie un carat-
tere loro speciale , e retroattiva efficacia , non presiedono
del pari alle leggi intorno alle servitù personali , che per
conseguenza alle vere e proprie leggi reali non si possono
equiparare, nè sono retroattive per le stesse ragioni e nello

(1) Questa distinzione era già stata quasi intraveduta da SCHAAF (p. 321) ,
il quale per combattere la dottrina di BERGMANN, che le servitù legali già
acquistate possano venire tolte da una legge nuova che le abolisce, perchè
tali servitù sono di perpetua durata, non ebbe d'uopo che riflettere esservi
servitù legali di durata non perpetua, come per es., l'usufrutto legale
paterno.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 73

stesso modo di queste. Le nuove leggi intorno alle servitù


personali non sono che innovazioni nella misura del diritto

del dominante in confronto del diritto del proprietario 66

serviente, o nella cautela dell'un diritto e dell'altro . Non


escono quindi dalla cerchia del diritto privato non solo ,
ma altresì degli interessi privati e reciproci di due per-
sone ; mentre le leggi reali vere e proprie , che concernono
cioè direttamente l'uso materiale delle cose per parte dei

privati , si ispirano , come dicemmo , alle convenienze gene-


rali della società , e propriamente alle convenienze fonda-
mentali di un dato ordinamento delle cose materiali ,

anteriore ad ogni privata disposizione , e sono quindi leggi


fondamentali esse stesse , epperò retroattive , cioè da appli-
carsi subito a tutte le cose e a tutti i diritti reali esistenti

(v . Vol . I , pagg. 208-209) . Oltracciò le servitù personali


non sono mai di indole perpetua , mentre lo sono invece
le prediali , e anche per questa ragione queste e non quelle
sono sempre in balia di ogni legge nuova che intorno ad
esse venga emanata . Ella è quindi ragionevole cosa che
per es . l'abolizione dell'usufrutto legale paterno , od una
qualunque modificazione di questo usufrutto , abbia efficacia
su tutti i diritti di tal genere già acquistati , perchè tale è
pure l'efficacia delle nuove leggi intorno alla patria podestà ,
della quale , come già osservammo , l'usufrutto paterno è
un accessorio. Se una legge nuova possa agire sui diritti
di usufrutto conferiti al coniuge superstite dalla legge

anteriore , sotto il cui impero accadde il matrimonio ,

vedremo più tardi , quando esporremo il gius transitorio


delle successioni .
Abbiamo detto che le servitù prediali sono di regola
perpetue ; servitus ad tempus constitui non potest , epperò ,
come tutte le altre istituzioni perpetue , possono , anche
per questa ragione , venir quando che sia fatte cessare dal
legislatore. Questo riflesso non è sfuggito al Savigny
74 PARTE TERZA

(pag. 523 ) . Non vale qui l'obbietto dello Schaaf (pag . 322) ,
che non sono impossibili leggi abolitive di servitù per-
petue , le quali intendano lasciar sussistere le servitù già
acquistate . Ogniqualvolta si dia uno di questi casi ,
67 l'esposto principio non verrà certamente applicato , e ciò
perchè il legislatore avrà espresso , o altrimenti fatto capire
una contraria intenzione , mentre il principio in discorso
riguarda precisamente quei casi , nei quali , mancando una
espressa dichiarazione del legislatore intorno ai limiti del-
l'efficacia retroattiva dell'abolizione di una servitù pre-
diale , quei limiti non possono evidentemente venir desunti
che dalla stessa natura della legge , per se medesima con-
siderata .

Soltanto alle servitù prediali adunque , e senza riguardo


al fondamento loro , noi dobbiamo riferire il comune inse-
gnamento : che per regola generale le servitù legali possono
venir tolte da una legge nuova ; insegnamento che noi
troviamo veramente presso moltissimi scrittori , e , fra gli
altri , presso Bergmann (pagg . 38 , 176 ) , Bauer (pag . 48 ) ,
Chabot de l'Allier (v . Servitudes , Vol . III , pag . 244) ,
Savigny (pag . 421 ) , Unger (pag . 136 ) , Schaaf (pag. 301 ) ,
Mailher de Chassat ( 2 , pag. 335 ) , Dalloz ( n . 313 ) , Mazzoni
( 1 , n . 45 ) . Anche il Diritto Romano , osserva il Bergmann
(pag. 176 ) , riconobbe lo stesso principio , come si rileva
dalla L. 13 , C. De aedif. priv . ( 1 ) . Le legislazioni moderne
lo enunciarono pure più di una volta esplicitamente , come
per esempio il Codice Napoleone e il Codice civile italiano
.
a proposito dell'abolizione dell'acquisto delle servitù
discontinue , o continue non apparenti , mediante la pre-
scrizione, e prima ancora , e in termini ancor più generali ,
le due ordinanze transitorie annoveresi del 1816 (v . Vol . I ,
(1) In questa Costituzione Giustiniano, interpretando una costituzione di
Zenone, quae de servitutibus loquitur, conchiude dicendo : caeteris videlicet
omnibus, quae non per zenonianam legem innovata sunt, sed veteribus legibus
comprehensa, in sua firmitate in omni loco manentibus.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 75

pag. 79, in nota) . Parecchi giudicati seguirono la stessa


dottrina ; vedasi per es . , Cassazione di Torino , 2 febbraio
1871 ( 1 ) , Corte d'appello di Firenze , 7 maggio 1870 ( 2) ,
Corte d'appello di Roma , 24 aprile 1879 ( 3 ) , Cassazione 68
di Napoli , 16 maggio 1867 (4) , Corte di appello di Venezia ,
2 agosto 1877 (5) , Corte di Milano , 7 marzo 1871 ( 6 ) ,
Corte di appello di Firenze , 7 maggio 1870 ( 7 ) , Cassazione
di Torino, 2 febbraio 1871 ( 8 ) , 24 febbraio 1880 ( 9 ) . E
giustamente dichiarò la Corte d'appello di Firenze nella
ricordata sentenza che le leggi nuove in materia di servitù
legali si applicano anche alle liti pendenti .
In tesi e per regola generale dicemmo essere retroattive

le leggi abolitive di servitù prediali . Questa regola subisce


quindi alcune limitazioni , e queste si riconducono alla dot-
trina generale già esposta sopra da noi intorno al diritto
quesito reale . Osservano infatti il Chabot de l'Allier (1. c . ) ,
e il Dalloz ( 1. c . ) , che le leggi abolitive di servitù prediali
non sono retroattive allorquando a costituirle sia concorsa
anche una convenzione, oppure allorquando il dominus
servitutis abbia con qualche fatto o segno qualunque ma-

nifestata la volontà di acquistare la servitù ; la quale dot-


trina sul diritto quesito di servitù risponde appieno alle
cose da noi dette circa il diritto quesito reale e circa l'abo-
lizione dei diritti reali (v . pagg . 17 , 22 , 42 ) .

Invero che un diritto di servitù , posto in essere mediante


convenzione , sia intangibile da una legge posteriore , non
è d'uopo dimostrare . Fra le servitù prediali poi , cui titolo

(1) A. G., 1871 , 1 , 42.


(2) Ib., 1871 , 11, 237.
(3) lb. , 1879, 11 , 262.
(4) L. , vii , 1 , 845 .
(5) F. 1., Rép., 1 , 783.
(6) G. 1., XXIX , 2, 97.
(7) Ib., 1870, 2, 237.
(8) lb. , 1871 , 1 , 42.
(9) Ib., xxxi , 1 , 769.
76 PARTE TERZA

è la legge, ve ne ha talune che non direttamente per opera


della legge sono poste in essere, ma indirettamente , cioè
dopo che fra due persone è stata posta in essere una con-
venzione su di un altro oggetto , per es . la divisione di un
69 fondo comune , e come tacita e immediata conseguenza di
tale convenzione , se le parti nulla in contrario abbiano
stabilito . Queste servitù impropriamente si dicono legali ,
imperocchè qualunque legge che regola un rapporto obbli-
gatorio qualunque per uno scopo qualunque , ed anche per
stabilire una servitù , è propriamente legge di quel negozio ,
e, come dicono i giureconsulti , transit in contractum , ove
le parti che hanno posto in essere il rapporto medesimo ,
non abbiano stabilito una legge diversa fra di loro . Che
una legge posteriore , differente da quella sotto il cui
impero una servitù venne in quel modo costituita , non
tolga per ciò solo questo diritto a chi lo ha , è tanto con-
forme a ragione, quanto che una legge nuova non possa
togliere una servitù espressamente stipulata. Una legge
nuova la quale dispone che da una data convenzione , o da
un altro qualunque rapporto obbligatorio più non sia occa-
sionata , come per lo addietro , una data servitù , non è
propriamente legge abolitiva di questa servitù , ma sol-
tanto è legge abolitiva del titolo e del modo di acquisto
della servitù medesima . Ora noi sappiamo che leggi con-

cernenti il titolo e il modo di acquisto dei diritti reali non


sono mai retroattive (v . sopra pag . 25 ) . Noi non compren-

diamo però come mai il Chabot de l'Allier e il Dalloz ,


applicando la loro dottrina, abbiano potuto approvare la
decisione della Corte di cassazione di Parigi del 17 termi-
doro anno XIII ( 1 ) , che una legge la quale stabiliva che i
servizi reciproci istituiti di fatto fra due fondi appartenenti
al medesimo patrimonio , diventino vere e proprie servitù
sui fondi medesimi , quando il patrimonio venga diviso ,

(1) Pasicr., 1 serie, C. d. cass., Vol. 4, pag. 86.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 77

non abbia più nessuno effetto dopo la promulgazione del


Codice Napoleone, rispetto a fondi provenienti da una divi-
sione fatta anteriormente al medesimo , ove si tratti di
servitù che questo Codice più non ammette .
Certo egli è altresì che col fatto di esercitare una servitù
dalla legge concessa , ma non immediatamente costituita da
essa, il subbietto attivo della medesima acquista un diritto 70

che nessuna legge posteriore può disconoscere o menomare.


È questa un'applicazione non solo di analogo principio ge-
nerale, poco sopra esposto , ma altresì del generale principio
che le facoltà legali , esercitate , e convertite in vantaggio
della persona che le esercita , diventano diritti quesiti irre-

trattabili (v . Vol . I , pag . 257 ) . Se per es . una legge abolisse


il diritto appartenente ai frontisti di un'acqua , la quale
prima era privata , e poi venne tramutata in pubblica di
derivare da questa la quantità d'acqua necessaria all'irri-
gazione dei fondi , potrebbero anche dopo tale abolizione

continuare a derivare quell'acqua i frontisti che già ne


avessero cominciata la derivazione allorquando l'acqua
aveva carattere privato . Anche la Corte di cassazione di

Firenze del 2 maggio 1868 ( 1 ) ebbe a dichiarare , che i


diritti acquistati sotto le precedenti leggi su corsi d'acqua
diventati pubblici in virtù del nuovo Codice , siano quesiti
e irretrattabili, per la ragione dell'essere stati quei diritti
resi permanenti e quasi incorporati nel fondo mediante

opere manufatte (v . sotto pag. 85) .

Rispetto alla efficacia retroattiva delle leggi che modi-


ficano l'estensione delle servitù , vale pure la distinzione
fatta sopra fra servitù personali e servitù prediali . Quanto
alle prime , gli effetti loro vanno giudicati coi principii di
gius transitorio appropriati al titolo da cui emanano .
Quanto alle seconde , se convenzionali sono , e sia che da

( 1) Annali di Giurispr. Ital. , Vol . 2, parte 1ª , sez. 1ª , pag. 11 .


78 PARTE TERZA

una apposita convenzione immediatamente provengano , o


sia che tacitamente provengano da una convenzione di
altra natura , da cui la legge le fa nascere , l'estensione e
gli effetti loro sono regolati dalla legge sotto il cui impero
la convenzione venne stipulata . Se legali sono , cioè nascenti
per opera della legge da una data condizione di fatto dei

fondi rustici od urbani , l'estensione e gli effetti loro sono


sempre in potere della legge , come in generale gli effetti
71 dei diritti reali , finchè non siano stati posti in essere me-
diante effettivo esercizio , o mediante convenzione (v . sopra

pag. 42) . Giustamente quindi la Cassazione di Torino in


una sentenza 29 dicembre 1883 ( 1 ) ebbe a dichiarare che

le finestre di prospetto aperte sul fondo del vicino , jure


proprietatis , vigendo una legislazione anteriore al Codice
civile italiano , debbano , dopo l'emanazione di questo

Codice , venire munite di inferriata . Quanto poi agli effetti


delle servitù , in senso stretto intesi , cioè alle singole pre-
tese del dominante, siccome quasi sempre e quasi tutte
sono poste in essere e contenute nel primo esercizio che
della servitù viene fatto , così può ben dirsi in generale
che gli effetti e l'estensione delle servitù prediali legali
sono regolati dalla stessa legge sotto il cui impero il diritto
di servitù venne acquistato .
Che se l'effetto della servitù prediale legale sia una

mera facoltà del dominante o del serviente , e questa

facoltà , benchè posseduta sin dalla costituzione della ser-


vitù, non sia effettivamente mai stata esercitata da colui
a cui spettava, non vi ha dubbio , in virtù dei generali

principii esposti intorno al diritto acquisito reale , che una


legge nuova può toglierla , non meno nelle servitù già

costituite , che in quelle da costituirsi . Onde giustamente


fu ritenuto dalla giurisprudenza nostra che l'art . 590 del
Codice civile italiano si applichi anche alle servitù di pro-

(1) F. I. , 1884 , 1 , 687.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 79

spetto , acquistate vigendo il Codice albertino per mera


prescrizione , quantunque l'art . 614 di questo Codice dispo
nesse in contrario . Veggansi le seguenti decisioni : Corte
d'appello di Torino , 3 dicembre 1869 ( 1 ) , Corte di Genova ,
31 marzo 1869 (2) , 15 dicembre 1874 (3 ) , Corte di Brescia ,
6 dicembre 1873 (4) , Cassazione di Torino , 7 dicembre 72
1871 (5 ) , 22 luglio 1874 ( 6 ) , 21 maggio 1882 ( 7 ) , 9 marzo
1882 ( 8 ) , 17 febbraio 1882 ( 9) , Cassazione di Roma ,
10 giugno 1881 ( 10) . Contro : Corte d'appello di Casale ,
19 febbraio 1867 ( 11 ).

Abolendo il legislatore, e con effetto retroattivo , cioè


immediato , servitù prediali , perpetue di loro natura ,
devono al certo venire risarciti i diritti acquisiti . Noi
abbiamo anzi desunto dalle servitù prediali , o miste di
prediale e di personale , gli esempi addotti sopra di quel
risarcimento . E , come pure accennammo sopra , il legisla-

tore italiano seguì quel principio , nell ' abolire colla legge
23 aprile 1865 i diritti di ademprivio e di cussorgia in
Sardegna, poichè dispose (art . 2 ) che i Comuni subentrati
al Demanio nella proprietà dei beni colpiti da quelle ser-
vitù , dovessero compensare gli antichi proprietari dei
diritti aboliti .

Comune è poi a tutte quante le servitù , legali o poste

in essere per fatto dell'uomo , il principio che la legge può


imporre tanto alle servitù esistenti quanto a quelle che

(1 ) G., vii, 119.


(2) L., XI , 1 , 263 .
(3) Gazz. dei Trib. di Genova , xxvII , 1 , 663 .
(4) M. T. , 1873, 306.
(5) A. G., 1871 , 1 , 118.
(6) M. T. , 1874, 945.
(7) lb., 1882, 350.
(8) lb., 602.
(9) lb., 1882, 350.
(10) Ib. , 1881 , 678.
( 11) G., xiv, 250.
80 PARTE TERZA

verranno acquistate in avvenire , nuove forme di esercizio


ed innovazioni (v . Vol . I , pag. 319 e segg .) . Così per es . ,
come osserva il Gönner (pag. 162 ) , il legislatore può im-
porre anche la trascrizione delle servitù già acquistate, e
così pure il principio introdotto nel Codice civile italiano
(art. 659 ) , che l'autorità giudiziaria possa in taluni casi
obbligare gli utenti di un corso di acqua a formare tra di
loro un consorzio , è applicabile non meno a coloro che già
erano utenti quando il Codice venne attuato , che a quelli
che lo diverranno in seguito .

E non soltanto può il legislatore abolire , con effetto


retroattivo , servitù perpetue ; egli può anche modificarne a
suo piacimento il contenuto . Ciò osserva giustamente anche
il cons . Bertolini ( M. T. , 1879 , pag . 259) . Nè osta a ciò
quanto abbiamo osservato nella Parte Generale ( Vol . I ,
pag. 359) circa le istituzioni giuridiche di durata per-
petua , che dicemmo potersi dal legislatore abolire ma non
trasformare , imperocchè le istituzioni , che ivi avevamo di
mira, non erano creazioni della legge, come infatti lo
prova l'esempio addottovi della enfiteusi .

$ 5.

Continuazione.

Della servitù di presa d'acqua in particolare .

Fra le servitù prediali merita speciale menzione quella


di presa d'acqua , attesa la sua particolare importanza
per l'Italia . Che i generali principii transitorii intorno
73 alle servitù si applichino anche alla presa di acqua ,
non è dubbio , come osserva il più recente scrittore di
questa materia, il Gianzana (1 ). Imperocchè il diritto di

( 1 ) Nelle due eccellenti opere : Le acque nel diritto civile italiano,


Torino 1879-1880 , Vol. I, p. 430 ; e Teorica delle acque private, Torino 1884,
pag. 613.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 81

derivare un'acqua , sia pubblica , sia privata , non solo è


dal Codice civile italiano annoverato fra le servitù , ma tale

è veramente la sua natura , perchè diritto spettante al pro-


prietario di un predio o d'un edificio su di un immobile
altrui , che è appunto un corso d'acqua pubblico o privato ,
e diritto inseparabile dal fondo dominante , necessario

all'uso di questo , e di perpetua durata . Ne osta a tale


carattere del diritto di presa d'acqua la circostanza che ,
per determinarne l'estensione e gli effetti , accada molte
volte di dover ricorrere al diritto delle obbligazioni , come

bene osserva lo stesso Gianzana ( 1 ) , e prima osservò

anche il Romagnosi ( 2) . La stessa osservazione può farsi


rispetto a tutte le altre servitù, anzi rispetto a tutti i diritti
reali ; ma questi diritti , se per essere posti in essere hanno
molte volte bisogno della volontà dell'uomo , nella sostanza
loro però , cioè nell'idoneità dell'oggetto , negli effetti loro
tra le persone fra cui intercedono , e rispetto alle cose ,

sono regolati , come sappiamo , dalla legge , e in modo a


cui la volontà delle parti non può derogare . Il diritto delle
obbligazioni non è quindi applicabile se non per definire ,
dentro i limiti statuiti dalla legge, l'indole , l'estensione
e gli effetti delle servitù in generale , e di quella d'acqua
in particolare , poste in essere mediante rapporti obbliga-
torii . Talvolta può eziandio quel diritto applicarsi in ma-
teria di servitù d'acqua , rispetto a rapporti obbligatorii
cui dia occasione l'uso in comune di un medesimo corso

d'acqua fra parecchi proprietari ; per esempio , rispetto ai


consorzi d'acqua ; ma in questo caso il rapporto obbliga-
torio è distinto dalla servitù cui si riferisce , mentre ha
occasione da questa , e non può derogare ai principii di 74
diritto , concernenti il contenuto e gli effetti essenziali di

questa .

(1) Le acque, Vol . I , pag. 112.


(2) Ib.
GABBA Retr. leggi, III
82 PARTE TERZA

Fondamentale premessa del diritto concernente la ser-


vitù di presa d'acqua , è la distinzione fra le acque pubbliche
e le private . Imperocchè, secondo che le acque sono pub-
bliche o private, differenti sono i titoli per l'acquisto di
quella servitù , e anche differenti principii regolano l'invio-
labilità del relativo diritto acquisito .
Non è dubbio , in virtù dei generali principii preceden-
temente esposti circa l'immediata applicazione delle leggi
concernenti le qualità giuridiche delle cose ( v . sopra p . 8) ,
che i nuovi canoni circa la pubblicità delle acque , e in
particolare circa l'appartenenza di determinate acque piut-
tosto al Demanio pubblico , o al patrimonio dello Stato ,
ricevono immediata applicazione . Onde può accadere che
acque, pubbliche fino ad oggi , assumano il carattere di
private , e reciprocamente , se oggi entra in vigore una
legge che muta nell'un senso o nell'altro l'appartenenza
delle acque di cui si tratta . E non è dubbio neppure che ,
diventata privata un'acqua , pubblica fino ad oggi , cessano
di avere vigore rispetto alla medesima le precedenti dispo-
sizioni di legge circa i titoli e i modi e le condizioni del-
l'acquisto e dell'uso del relativo diritto di servitù o di
presa ; come per converso non è dubbio , che , diventata

pubblica un'acqua , la quale non era tale fino ad oggi , non


possono più d'ora in avanti i privati acquistare diritti sulla

medesima, a termini delle leggi precedenti , ma soltanto in


conformità delle leggi nuove . Nell ' una ipotesi e nell'altra
però i diritti d'acqua anteriormente acquistati rimangono
inviolabili.Tutte queste proposizioni hanno bisogno di
essere attentamente chiarite e dimostrate .

Esclusa dal novero delle acque pubbliche un'acqua che


prima era tale , non v'ha dubbio che i privati potranno
continuare ad usarne senza più pagare nessun canone al
75 Demanio , e potranno liberamente usarne per la prima
volta , se già prima non ne facevano uso , rispettando sol-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 83

tanto i diritti quesiti dagli altri a termini delle leggi pre-


cedenti . Ciò ebbe a dichiarare la Cassazione di Parigi in
una sentenza 21 febbraio 1810 ( 1 ) rispetto agli utenti del
torrente Tidone in Piemonte, non più appartenente al

Demanio dal giorno dell'attuazione del Codice Napoleone


in Piemonte e dell'abolizione delle antiche leggi piemontesi ,
che anche i torrenti ascrivevano al Demanio pubblico .

Per converso, ascritta al Demanio pubblico una cate-


goria di acque , che prima erano private, d'ora innanzi
non potranno i privati operar prese di tali acque per loro
vantaggio , se non se ed in quanto la nuova legge lo con-
senta , ed alle condizioni imposte da questa . Ma che cosa
dovrà dirsi delle prese d'acqua già operate da privati su
quelle acque , a termini delle leggi anteriori ?
Vi ha qui una distinzione da fare. O la nuova legge ,
dichiarando pubblica l'acqua in quistione , esclude in pari
tempo che d'ora in avanti possa essere usata per nessun
titolo dai privati , oppure , senza escludere il privato uso
dell'acqua , lo condiziona soltanto ad una concessione
governativa .
Nella prima ipotesi , difficile per verità ad accadere , non
può essere dubbio che le servitù di acqua , anteriormente
acquisite a termini delle leggi precedenti , cessano di aver
valore coll'attuazione della legge nuova . Imperocchè la

nuova legge avrebbe in sostanza escluso una cosa mate-


riale , il corso d'acqua , dal novero delle cose appropriabili
ai privati , e noi sappiamo che ogni legge di tal genere
riceve immediata applicazione a tutte le cose materiali esi-
stenti . Nè potrebbero i privati danneggiati da quella nuova
legge , in tal modo applicata , pretendere dallo Stato verun
risarcimento , non trattandosi nè di legge espressamente , 76
cioè arbitrariamente , retroattiva , nè di una concessione
dello Stato abolita (v . Vol . I , pag . 322 ) , nè dell'abolizione
(1) R. G., x, 1 , 173-174.
84 PARTE TERZA

di una istituzione giuridica perpetua ( ib . , p . 352 ) (v . sopra


pag. 22). Bensi equa cosa sarebbe che nella configurata
ipotesi il legislatore assegnasse ai privati danneggiati quel
risarcimento che essi non avrebbero vero e proprio diritto
di pretendere .
Nella seconda ipotesi , i diritti d'acqua anteriormente
acquistati sussisterebbero certamente anche dopo l'attua-
zione della legge nuova (v . sopra pag. 77) . Imperocchè
questa legge non avrebbe già escluso affatto l'acqua di che
si tratta dalla privata appropriabilità , ma soltanto avrebbe
stabilito principii nuovi circa i titoli idonei del diritto dei
privati. Ora in materia di titoli d'acquisto dei diritti reali ,
noi abbiamo già sopra osservato che ciaschedun acquisto
vuol essere sempre giudicato secondo la legge vigente nel
tempo a cui risale il suo titolo ( pag . 25 ) , il che è quanto
dire che un titolo idoneo all'acquisto di un diritto reale
non può perdere la sua efficacia dopo l'attuazione di una
legge che più non lo ammette . Ciò è stato sempre ricono-
sciuto dalla giurisprudenza in materia di servitù d'acqua
in particolare. Vedasi per es .: Corte d'appello di Catanzaro ,
20 agosto 1877 ( 1 ) , Cass . di Firenze , 2 marzo 1868 (2 ) ,
Cassazione di Torino , 17 luglio 1882 (3) , 24 maggio
1882 (4) .

E in virtù del medesimo principio , le stesse abolizioni


dei diritti di feudalità furono nella giurisprudenza intese
nel senso che non soltanto non fossero invalide le conces-

sioni d'acqua fatte ai privati dai signori feudali in virtù


della feudale signoria , la qual cosa appunto esclusero le
77 succitate sentenze della Cassazione torinese, ma che
eziandio gli stessi signori feudali , o i loro aventi causa ,

(1) F. I. , 1877 , 1 , 1058.


(2) A. G. , 11 , 1 , 11 .
(3) F. 1. , 1883 , 1 , 302.
(4) A. G. , 1883, 1 , 482.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 85

conservassero il diritto sulle acque , già sottoposte alla


feudale signoria , in quanto delle acque medesime avessero
effettivamente fatto uso a vantaggio dei loro possessi .

Vedansi in proposito le seguenti decisioni : Cassazione di


Torino, 29 maggio 1879 ( 1 ) , 17 luglio 1882 ( 2 ) , Cass . di
Roma , 12 marzo 1880 ( 3) , 29 ottobre 1878 (4) , Cass . di
Napoli , 1° agosto 1871 (5) , Cassazione di Palermo ,
10 ottobre 1878 (6 ) , 17 luglio 1880 ( 7 ) , Corte d'appello
di Catania , 13 aprile 1883 ( 8) .
Se, rimanendo fermo il carattere giuridico di certe
acque, la nuova legge non fa che innovare i principii rela-
tivi ai titoli dell'acquisto della servitù d'acqua , sia intro-
ducendone di nuovi , sia abolendo o modificando i prece-

denti , valgono in proposito i canoni già stabiliti sopra


circa tali mutamenti di legge rispetto alle servitù in gene-

rale , e quelli ancora più generali , esposti nella Parte


Generale di quest'opera circa il rispetto dei diritti quesiti .
Non è possibile , cioè, che i nuovi canoni intorno ai titoli
della servitù d'acqua abbiano virtù di perfezionare acquisti
di diritti di questo genere , imperfettamente posti in essere ,
o nulli addirittura a termini di una legge anteriore . Sol-
tanto uno stato di fatto posto in essere illecitamente a
termini della legislazione abolita , potrà talvolta diventare
inviolabile , e produrre effetti giuridici in avvenire , per
opera della legge nuova (v . sopra pagg. 8 , 70) ; non mai
però un possesso continuato vigendo una legge anteriore

e inefficace di fronte a questo , potrà essere calcolato


insieme al possesso posteriore onde fondare una prescri- 78
(1) G. , 1879, 433.
(2) F. I., 1883, 1 , 302; G., 1882, 504.
(3) A. G. , vi , 2, 120.
(4) Ib., 1879, 1 , 373.
(5) Circ. Giur. , 1879 , 140 .
(6) G., 1880, 1252.
(7) G. 1., IV, xxII , 1 , 1252.
(8) F. L. , 1883, 1 , 411 .
86 PARTE TERZA

zione acquisitiva del diritto d'acqua (v . Vol . I , pagg . 237 ,


383) . Che se la nuova legge introduce un esempio nuovo
di servitù d'acqua , e trattisi propriamente di servitù
legale, non è dubbio che essa dovrà applicarsi immediata-
mente all'atto e dal momento della sua attuazione . Quanto
poi alle nuove abolizioni o modificazioni delle leggi pre-
cedenti circa i titoli della servitù d'acqua , bisogna far
distinzione fra le servitù su acque private e quelle su
acque pubbliche . Rispetto alle prime , egli è fuori di dubbio
che esse non possono avere effetto nessuno sui diritti

d'acqua acquistati a termini delle leggi anteriori , nè per


dare fondamento ad impugnativa della originaria validità
del titolo di quei diritti , nè per impedire l'ulteriore eser-
cizio dei medesimi , a meno che si tratti di una servitù
legale di presa d'acqua . In questa ultima ipotesi la nuova
legge abolitiva di un dato diritto legale di presa d'acqua

privata, agisce certamente in modo retroattivo , cioè subito ,


anche sui diritti di tal genere esercitati fino ad ora in virtù
della legge anteriore , come in generale giudicammo avere
tale immediata azione tutte le leggi abolitive di servitù
prediali legali (v . pag. 74) . Farebbero eccezione a tale

regola soltanto i casi , nei quali il diritto d'acqua , accor-


dato dalla legge , fosse stato posto in essere per mezzo di

una convenzione, sia in modo esplicito , sia in modo im-


plicito (v . pag. 43 ) . Ma rispetto alla servitù di presa
d'acqua pubblica , l'effetto di una nuova legge abolitiva o
modificativa di una legge anteriore circa il titolo idoneo ,
vuol essere con principii alquanto differenti considerato .
Le acque pubbliche demaniali , siano o non siano appar-
tenenti al patrimonio dello Stato, non possono diventare
oggetto di diritto dei privati per mero fatto di questi , ma
soltanto per una concessione dello Stato . Ciò posto , ne
possiamo subito derivare una prima conchiusione.
Se di fatto un'acqua pubblica fosse stata per lo addietro
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 87

sfruttata da privati , i quali di sola loro volontà avessero 79


operato prese a loro vantaggio , il legislatore avrebbe , a
nostro credere , ad ogni istante il diritto di spossessare
quei privati del loro godimento . Epperò se una legge nuova
dichiarasse ciò che , del resto , è sempre stato vero anche
prima, cioè che non si ammettono sull'acqua pubblica ser-
vitù di privati , le quali non siano state costituite mediante
concessione o relativa convenzione , a noi sembra che sif-
fatta legge avrebbe virtù di far cessare le prese d'acqua

privata , cui titolo fosse il mero possesso , quand❜anche


immemoriale. Equo sarebbe per verità , che il legislatore ,
ove appena l'interesse dello Stato lo consigliasse , dero-
gasse espressamente a tale rigorosa conseguenza a favore
dei possessi esistenti , e veramente ebbe a provvedere così
un'ordinanza francese del 1669 , riferita da Gianzana (1 ) ,
concernente i mulini , le chiuse , i ponti natanti sulle acque

navigabili , e lo stesso statuiva la legge italiana 10 agosto


1884 sulla derivazione delle acque pubbliche ( art . 24) . Ma

in difetto di siffatte espresse disposizioni , noi crediamo


che il giudice dovrebbe applicarle non meno a danno del
possesso immemoriale , che di ogni nuovo possesso ultro-
neamente esercitato dai privati in avvenire ( 2) . Ma stanno
contro di noi parecchi giudicati italiani , come per es .:
Cass. di Torino , 29 maggio 1866 ( 3 ) , 24 gennaio 1879 (4) ,
27 aprile 1871 (5 ) , 18 maggio 1871 (6 ) , 20 maggio
1879 ( 7) , e sta contro di noi Gianzana ( 8 ) .

(1) Acque private, pag. 654. Dico sembra, perchè veramente il testo del-
l'Ordinanza del 1669, riferito da GIANZANA, dice : esimersi i diritti del detto
genere acquistati par titre et possession valable, e soltanto un'Ordinanza
del 1683, esplicativa della precedente, dice : per titolo o possesso ; mentre
poi una legge francese del 19 ventoso anno 6 dice soltanto fondés en titres.
(2) Ciò pensa anche MANTELLINI , Lo Stato e il Cod. civ. , V. II , p . 106 e segg.
(3) G., III, 335.
(4) lb., x, 196.
(5) Bettini, x, 11 , 475.
(6) G., 1871 , 411.
(7) F. 1. , 1879, 11.
(8) Le acque, Vol . I, pag. 431 , e Acque private, pag. 686 .
88 PARTE TERZA
80
Questo competentissimo scrittore argomenta contro la
nostra tesi dalla conciliabilità fra il concetto di acqua pub-

blica e quello di diritti privati sulla medesima ; dall'art . 615


del Codice civile italiano e 132 della Legge sui lavori pub-
blici , i quali articoli statuiscono che ogni nuova conces-
sione d'uso d'acqua da parte dello Stato s'intende fatta
senza pregiudizio dei diritti acquisiti legittimamente ; e
dagli inconvenienti gravissimi che la combattuta tesi pro-
durrebbe nella pratica .

Ma codesti argomenti non ci persuadono. Cominciando


infatti dall'ultimo , noi non istaremo tanto a dire che addu-
cere inconveniens , non est solvere argumentum , quanto piut-
tosto osserveremo che in vista appunto degli inconvenienti
pratici che può avere l'opinione da noi seguìta, ove questi
si verifichino , noi abbiamo suggerito poc'anzi al legislatore
un provvedimento di equità , che dal rigoroso diritto si
discosta ; e che del resto non si può astrattamente esclu-
dere che i vantaggi concreti provenienti allo Stato dal
principio da noi propugnato non abbiano talvolta a sor-
passare il danno che ne risentono i privati . Quanto poi al
disposto degli articoli di legge suaccennati , a noi pare che
il diritto legittimamente acquisito , di cui ivi si parla , non
possa essere un diritto d'uso d'acqua pubblica , acquistato
da privati per mezzo del solo e semplice possesso . E final-
mente, la conciliabilità del concetto di acqua pubblica con

quello di diritti privati sull'acqua medesima ammettiamo


noi pure, chè diritto privato è certamente una concessione
governativa di quell'acqua ; ma noi non possiamo invece
conciliare l'idea di acqua pubblica , di acqua spettante al

Demanio pubblico od allo Stato , e di apprendibilità della


medesima per mera volontà e ultroneo possesso dei privati ,
e questo è il vero fondamento della dottrina nostra , che
finora noi non troviamo nè demolito , nè scosso .

Riprendendo la premessa che servitù di presa d'acqua


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 89

non può spettare ai privati sulle acque pubbliche , se non


in virtù di una concessione dello Stato . Veniamo ora a 81

considerare quale sia il valore di queste concessioni e dei


diritti privati per esse acquistati , di fronte a future leggi
e in virtù del generale principio dell'inviolabilità dei diritti
acquisiti.
Abbiamo già avvertito nella Parte Generale di quest'opera
(Vol. I , pag. 211 ) che le concessioni dello Stato ai privati ,

aventi bensì un oggetto patrimoniale , ma che limitano o


scemano un diritto dello Stato , benchè siano pel privato
diritti acquisiti , pur nondimeno possono venire ritolte ai
privati, al pari di qualunque altra concessione . Questo
generale principio , applicato alle concessioni di acqua
pubblica , trae seco la conseguenza che queste concessioni
possano quando che sia venire ritolte ai privati concessio-
nari . E ciò ebbero sempre a dichiarare i tribunali nostri ;
veggansi per es. le sentenze già citate nella Parte Gene-
rale ( 1 ) Corte di Venezia , 7 marzo 1876 , Corte di Ancona ,
7 febbraio 1880 , e , oltre a queste , Cassazione di Roma ,
29 ottobre 1878 (2) , e Cassazione di Torino , 24 maggio
1882 (3 ) . Per qual via poi si faccia la revoca in discorso ,
poco importa nella disamina di questo punto ; dovesse
anche accadere per legge , come opina Gianzana (4) , non
ne verrebbe che la revoca non colpisse un diritto acquisito
mentre è appunto un precetto legislativo il rispetto dei
diritti acquisiti . L'essenziale si è che la concessione d'acqua
pubblica , al pari di ogni altra concessione dello Stato ai
privati , pur essendo diritto quesito , è però sempre revoca-
bile, perchè acquistato sotto condizione di revocabilità . E

questo è generale principio , che ci pare più difficile ad


oppugnare che a dimostrare . Ne consente anche Mantel-
(1) 1b. , pag. 215.
(2) Vedi sopra pag. 85 , nota 3.
(3) A. G., 1882, 1, 482.
(4) Acque private, pag. 688 .
90 PARTE TERZA

82 lini ( 1 ) , e non ce ne smuove la contraria , non lieve autorità


di Gianzana ( 2) . Questi infatti nega la revocabilità ad nutum
della concessione in discorso , quando essa non sia espli-
citamente mentovata nel tenore della concessione medesima,
e finchè non esista una legge che proclami in generali
termini un tale principio . Ma poichè è della natura di ogni
concessione dello Stato ai privati , concernente la cosa
pubblica, il poter quando che sia lo Stato revocarla , non
pare necessario che la concessione o la legge espressamente
lo dichiarino , nè il loro silenzio in proposito può nulla
provare in contrario . Che se non di vera e propria con-
cessione d'acqua pubblica ai privati si tratti , ma di una
cessione che lo Stato abbia fatto ad un privato di tutto
intiero il suo diritto su di un corso d'acqua pubblica , egli
è ancor più chiaro che il privato può , quando che sia , venire
spogliato del suo diritto . Imperocchè a quel secondo caso
vuolsi piuttosto applicare l'altro generale principio esposto
sopra (pag. 83 ) , che una legge nuova , la quale muti il
carattere giuridico di determinate acque , e in particolare
talune che private erano , renda pubbliche , applicasi im-
mediatamente , senza riguardo ad altro diritto dei privati ,
fuorchè alle prese d'acqua effettivamente da essi operate
a proprio vantaggio . E di ciò pure non dubitò mai la giu-
risprudenza nostra , sia rispetto ai diritti feudali sulle
acque pubbliche , sia rispetto alle privative per altro titolo
concedute da un Governo a private persone su acque di

tale categoria . Vedasi su quest'ultimo proposito la già


citata sentenza della Cass . di Roma , 12 marzo 1880 (3 ) .
Revocata una concessione d'acqua pubblica ad un pri-
vato , è dovuto o no a quest'ultimo il risarcimento del
danno soffertone ?

(1) L. c., pag. 103 .


(2) L. c., pag. 685 e segg.
( 3) Vedi sopra pag. 85, nota 4.
PRINCIPIJ PRATICI ED APPLICAZIONI 91

La Cassazione di Roma nella dianzi ricordata sentenza

29 ottobre 1878 (pag. 85) ha seguito l'opinione negativa ;


e soltanto ha dichiarato avere diritto il privato a restitu- 83
zione del prezzo da lui pagato , se per avventura la conces-
sione dell'acqua pubblica sia stata fatta non gratuitamente ,
ma a titolo oneroso . Contro l'opinione del dovuto risarci-
mento a chi viene spogliato di una concessione di Stato
insorge Gianzana , e il contrario sentenziarono pure la
Cass. di Torino , 25 giugno 1874 ( 1 ) , la Corte d'appello di
Roma , 22 aprile 1875 ( 2) , e la Cassazione di Firenze ,
30 dicembre 1875 ( 3) . Lo stesso è anche espressamente
statuito dalla citata legge italiana 10 agosto 1884 , sulla
derivazione delle acque pubbliche (art. 13 ) , di guisa che
nella giurisprudenza italiana è , dopo quella legge , impos-
sibile propugnare una diversa tesi . Nel campo della scienza
però noi persistiamo nella opinione affermativa , consona
a generali principii da noi propugnati nel primo volume
di quest'opera ( Vol . I, pag . 211 e segg. ) . E dello stesso
avviso è anche l'esimio giureconsulto Claps (4) .
Che infatti il prezzo per avventura pagato per una con-
cessione onerosa , sia di acque pubbliche , sia di altro qua-
lunque diritto dello Stato , debba essere , in caso di revoca
della concessione, restituito in tutto o in parte , è cosa evi-
dente, e non ha che fare colla quistione del risarcimento
dei danni recati al privato per virtù di quella revoca ( 5) .
La restituzione del prezzo è una mera conseguenza della
rescissione dell'originario contratto , mentre il risarcimento
sarebbe una conseguenza dello stesso fatto di avere lo
(1) G., 1874, 1595.
(2) A. G., 1876, 11 , 23.
(3) F. 1., 1, 1 , 284.
(4) CLAPS, Le antiche concessioni ed occupazioni sul mare (pagg. 40-41 ) ,
Napoli 1896.
(5) Ci fa meraviglia che questa osservazione sia sfuggita a FILOMUSI-
GUELFI nelle sue osservazioni alla sentenza citata in nota (3 ) , e che egli com-
batta ugualmente la restituzione del prezzo ed il risarcimento.
92 PARTE TERZA

Stato , da se medesimo e da sè solo , rescisso il contratto


che lo vincolava al privato ; onde la seconda cosa può
negarsi da chi ammetta la prima, e può e deve discutersi
indipendentemente affatto da questa . E noi crediamo che
lo Stato debba risarcire il privato del danno recatogli colla

revoca sia di una concessione d'acqua pubblica, sia di


un'altra concessione qualunque di una cosa pubblica , e lo
debba non per mera equità ( 1 ) , ma per vera e rigorosa

giustizia. Imperocchè , se è vero in generale che qui suo


84jure utitur, nemini facit injuriam , non per ciò solo si può
dire che lo Stato possa del suo diritto di revocare una
concessione far uso senza darsi pensiero del danno che al
privato ne derivi , domandandosi appunto se a quel diritto
non vada congiunto l'obbligo di non danneggiare il con-
cessionario revocando la concessione. Ora il contrario non

si può di certo asserire adducendo il solo esempio del


precario fra privati , il quale è contratto revocabile sempre
ad nutum del concedente , e senza obbligo di sorta dal canto
di questo . Nel precario privato infatti la cosa conceduta
in uso viene per sè sola considerata ; trattasi cioè dell'uso
di quella cosa , quale essa è , e per quei vantaggi che da
tale uso direttamente si ritraggono . Nelle concessioni
invece di un'acqua pubblica , il godimento di questa fa

una cosa sola col godimento della proprietà del concessio-


nario , con una vera e propria economia agricola o mani-
fatturiera , e talvolta coll ' intiera economia del concessio-
nario . La sospensione quindi dell'uso della concessione ha
un'importanza affatto differente nel secondo caso e nel
primo ; e mentre nel precario privato il concessionario fin
dall'origine del negozio era e doveva essere preparato a
vedere quandochefosse interrotto il proprio godimento , in
quell'altra concessione invece , benchè anch'essa revocabile

ad nutum, è ragionevole il supporre , ed anzi irragionevole


(1) Come pensa FILOMUSI - GUELFI , 1. c .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 93

il non supporre, che fin dall'origine il concessionario non


si aspettasse che un così grande sovvertimento dei suoi
interessi, quale dalla revoca della concessione sarebbe

conseguitato , non avesse il concedente a permettersi senza


risarcirlo ; che il concedente dal canto suo non intendesse

condizionato in quella stessa guisa il diritto che egli si


riservava ; che fra i due contraenti non fosse tacitamente
convenuto in quel senso . Come mai vorrebbe altrimenti un
privato impetrare dallo Stato una concessione di quella
natura , pur riconoscendone la costante revocabilità ? Che

se quel tacito patto si ammette , e propriamente lo si am-


mette come rispondente all'indole del negozio di cui si
tratta , chiaro egli è che la relativa pretesa è pienamente 85
giuridica , cioè di vera e propria giustizia contrattuale .
Eadem vis taciti ac expressi. E per ogni altra concessione
dello Stato ai privati , alla quale convenga del pari l'esposto
riflesso , vale altresì il principio del dovuto risarcimento
del danno recato al privato colla revoca della concessione .
Non altro è il senso e il fondamento della nostra dottrina

generale esposta nella Prima Parte di quest'opera circa il


risarcimento dei privati in seguito a revoca di concessioni
dello Stato . Non è nuovo del resto che chi esercita un

diritto proprio, debba , nonostante , risarcimento , ad onta


del dettato qui suo jure utitur, ecc. , o , meglio , contro la
letterale interpretazione di questo dettato . Un altro
esempio infatti ce ne porgerà più sotto la trattazione
della quistione , se lo Stato , le Provincie , i Comuni debbano
o no risarcire i privati pel danno recato a questi , per
mezzo di innovazioni introdotte nel suolo pubblico ( 1 ) .
Riposa quindi su di una più generale dottrina circa i titoli
del risarcimento ciò che noi qui sosteniamo in particolare
rispetto al risarcimento del concessionario dell'acqua pub-
blica, spogliato della concessione, e per tale circostanza
(1) Veggasi più sotto in questo stesso Volume.
94 PARTE TERZA

ci pare che quest'ultima opinione nostra si raccomandi a


maggiore considerazione .
Trattisi poi di diritto d'uso d'acqua privata o d'acqua
pubblica, e finchè, rispetto a quest'ultima , il legislatore
lascia sussistere una concessione avvenuta , la validità del
titolo a cui quel diritto risale vuol essere sempre giudicata
secondo la legge sotto il cui impero il relativo fatto o
negozio è stato posto in essere . Se quindi un diritto
d'acqua fosse stato acquistato mediante semplice possesso ,
senza titolo , o fosse stato acquistato mediante il possesso
immemoriale , ed anche si trattasse di una presa d'acqua
non apparente , il diritto in tal guisa acquistato a termini

86 di una precedente legislazione , dovrebbe essere sempre


rispettato anche vigendo una legge nuova , che diverse
norme in proposito stabilisse ; lo che ebbero a sentenziare :
Cassazione di Torino , 6 febbraio 1850 ( 1 ) , Corte di appello
di Torino , 16 gennaio 1857 ( 2) , 18 aprile 1874 ( 3). Sem-
prechè , s'intende , la prescrizione sia anche decorsa per

intiero vigendo la legge anteriore . Rispetto alla prescri-


zione del diritto d'acqua , cominciata e non finita quando
venne attuata una nuova legge , che in proposito differisce
dall'antica, voglionsi applicare i generali canoni della dot-
trina transitoria della prescrizione (v . Vol . I , p . 360 e segg.).

Similmente i requisiti formali del titolo voglionsi secondo


la legge giudicare , sotto il cui impero il titolo venne posto
in essere. E quanto alla trascrizione degli acquisti di diritti
d'acqua , i principii di gius transitorio sono da desumersi

da precedenti nostre considerazioni (v . pag . 26 e segg. ).


Certamente non potrà mai applicarsi la legge nuova onde
far risalire l'origine della servitù d'acqua ad un tempo , la

(1) Diario forense, Vol. 55, pag. 193.


(2) Bettini, vi, 2 , 607 .
(3) G. , 1874 , 481. Vedi altre sentenze ap. GIANZANA, Le acque, 1, 857,
nota 2.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 95

cui legge non riconosceva il titolo di che si tratta . Onde ,


come ebbimo già ad osservare in una precedente occasione
(pag. 76), e come sentenziarono la Corte d'appello di
Torino, 7 febbraio 1867 ( 1 ) , e la Corte d'appello di Casale ,
4 aprile 1868 ( 2) , non sarà lecito ripetere una servitù tra
due fondi da una alienazione precedente , per titolo di
destinazione del padre di famiglia , mentre la legge di quel
tempo non ammette siffatto titolo della servitù .

Rispetto al modo di usare del diritto d'acqua , agli effetti


che da questo diritto si possono derivare , valgono i prin-
cipii esposti sopra in generale circa l'efficacia retroattiva

delle nuove leggi intorno agli effetti dei diritti reali


(pag. 42 e segg .) .

Introdotta una nuova servitù legale d'acqua , non è 87

dubbio, giusta quanto dicemmo sopra in generale , circa


le nuove servitù prediali legali ( p . 77 e segg . ) , che subito
ne potranno profittare tutti coloro che si trovino nel caso
preveduto dalla legge. Così per es . , introdotta per la prima
volta la servitù dell'acquedotto coattivo giusta l'art . 598
e segg. del Codice civile italiano , chiunque soddisfi e si
attenga al disposto di questi articoli , potrà prevalersene .
E, per converso , abolita una servitù legale , non potranno
più, non che intraprendersi, neppure continuarsi i lavori
intrapresi onde profittare della opposta legge precedente ;
ma i diritti di tal genere , già perfettamente acquistati
vigendo questa legge , sono inviolabili ; per es . , un acque-
dotto coattivo già posto in essere, non potrebbe certa-
mente essere fatto demolire , se per avventura venisse
abolita la legge in nome e virtù della quale venne scavato

e messo in opera (v. sopra pag. 70) . Come poi la legge


nuova può attribuire nuove servitù legali d'acqua a
chiunque trovisi nel caso da essa contemplato , così essa

(1) G., 4, 161 .


(2) Ib. , 5, 437.
96 PARTE TERZA

vuol anche essere immediatamente osservata da tutti

rispetto alle nuove norme, che essa introduce rispetto


all'esercizio delle medesime , in quanto ciò non abbia per

oggetto di disconoscere e violare diritti acquisiti .


Se dunque la legge nuova dà all'utente dell'acqua un
diritto , sconosciuto alla legge anteriore , egli potrà farne
uso in avvenire , se però non sia intervenuta in contrario
una espressa convenzione . E se l'utente avrà anche posto
in essere a quello scopo , vigendo l'antica legge , qualche
fatto che questa vietava , e che avrebbe potuto in virtù
di questa venir tolto , ma non lo fu , quel fatto sussisterà
validamente dal giorno dell'attuazione della legge nuova ,
se ed in quanto questa lo ammette (v . sopra pag . 70) .
Onde giustamente la Corte d'appello di Napoli , colla più
volte ricordata sentenza 23 ottobre 1868 dichiarò che

ss l'avente diritto all'uso dell'acqua , può , dopo l'attuazione


del Codice civile italiano , mantenere una parata costruita
sul fondo del serviente senza la volontà di questo , e in onta
anche al disposto delle LL. civili napoletane , valendosi
d'ora innanzi della facoltà concessagliene dall'art . 613 di
quel Codice. Similmente noi opiniamo col Gianzana ( 1 ) , e
collo Scotti (2 ) , che la norma dell'art . 626 del Codice
civile italiano circa le acque sorgenti o sfuggite , ma ratte-
nute nell'alveo di un canale sottoposto ad una utenza per

ruota , può applicarsi anche alle utenze già costituite , in


quanto non vi si opponga il titolo o il possesso . Ed anche
opiniamo con Gianzana (3 ) che il disposto dell'art . 627 di
detto Codice, che dà diritto alla permutazione del turno
fra utenti d'una medesima acqua , in quanto non ne venga
danno agli altri , può essere invocato nelle utenze già costi-
tuite , se non vi si oppone il titolo o il possesso . Per con-

(1) Acque private, p . 846.


(2) Arch. Giur. , Vol. XII , pag. 44.
(3) Ib. , pag. 847.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 97

verso opiniamo con Gianzana (1 ) che la prescrizione del-


l'articolo 578 circa le cautele da osservarsi nell'aprire

sorgenti , o scavare , approfondare , allargare canali e acque-


dotti , sono applicabili , dal giorno dell'attuazione del detto
Codice, anche ai canali e acquedotti già esistenti ; locchè
ebbe anche a dichiarare la Cassazione di Roma , 13 maggio

1878 (2 ) . E del pari , non essendo dal vigente Codice civile


italiano riconosciuto il così detto diritto di insistenza , am-

messo e praticato anticamente in alcune provincie italiane ,


e segnatamente nei territori appartenenti al Ducato di
Milano, il diritto cioè alla prolungazione di una concessione
d'acqua, in origine temporaria , mediante adeguato com-

penso, non è dubbio per noi , come non lo è per Gianzana ( 3) ,


che siffatta pretesa non potrebbe, vigendo quel Codice,

venire accampata , allegando soltanto gli usi antichi , od 89


anche leggi , noi soggiungiamo , che già non fossero state
in un singolo caso effettivamente applicate. E ciò avea
pure riconosciuto il Senato di Casale in una sentenza
31 maggio 1840 (4) , vigendo il Codice albertino , che pure
non faceva cenno alcuno di quel diritto , abbandonando la
contraria giurisprudenza iniziata con una precedente sen-
tenza 16 dicembre 1838 ( 5 ) . Ma se , vigendo una prece-

dente legislazione , già fosse stato in un dato caso fatto


valere, e riconosciuto fra le parti il diritto in discorso , non
è dubbio , come bene osserva Gianzana ( 6 ) , e come ebbe a
dichiarare la Cassazione di Milano, 13 dicembre 1861 ( 7) ,

che, anche vigendo una legislazione che quel diritto non


ammette , potrebbe sempre farlo valere chi lo avesse in
qualche guisa acquistato .
(1) Arch. Giur., vol. XII , pag. 646.
(2) F. 1. , 1878 , pag . 636.
(3) Ib., pag. 611 .
(4) Ap. GIANZANA, ib. , pag. 610.
(5) Ib., pag. 609.
(6) Ib., pag . 611 .
(7) Coll. Offic., 1861 , pag . 169 .
GABBA - Retr. leggi, III. 7
98 PARTE TERZA

Abbiamo avvertito al principio di questo paragrafo che


in materia di diritto d'acqua , oltre alle leggi reali concer-
nenti propriamente la servitù d'acqua , vuolsi anche avere
riguardo alle convenzioni cui la medesima abbia dato occa-
sione fra le parti interessate. Questo punto vuol essere ora
ripreso in particolare considerazione .
Se per convenzione è stato acquistato un diritto d'uso
d'acqua, la validità della convenzione vuol essere giudicata
secondo i principii del diritto transitorio dei contratti . Ma
anche se la convenzione determina in qualunque modo il
diritto d'acqua, nel contenuto e negli effetti suoi , vuol
essere secondo quei principii interpretata e applicata , e
ciò può benissimo avere la conseguenza , come già più di
una volta abbiamo avvertito sopra, che ne risulti corri-
spondentemente limitata e impedita l'applicazione retro-
90 attiva o immediata di una nuova legge intorno a quel
diritto . Se poi la convenzione ebbe propriamente per iscopo
di istituire e regolare rapporti obbligatorii , occasionati
soltanto dall'uso dell'acqua fra le parti interessate , e
aggiunti ai veri e propri rapporti di diritto reale o di ser-
vitù fra le parti medesime , anche in tal caso non è dubbio
che i principii di gius transitorio da applicarsi sono esclu-
sivamente quelli propri del diritto delle obbligazioni e dei
contratti . In questo proposito meritano particolare men-
zione i consorzi fra co-utenti di un medesimo corso d'acqua ,

pubblica o privata .
I consorzi d'acqua sono colleganze di proprietari , i

quali hanno in comune l'uso d'un corso d'acqua per la


irrigazione , oppure in comune si difendono contro il peri-
colo minacciato alle loro terre da certe acque , o in comune

intendono al prosciugamento e alla bonifica di terreni


paludosi ( 1 ) . Siano essi stati costituiti per libera volontà

(1 ) La Cassazione di Torino , in una sentenza 23 settembre 1881 (M. T. ,


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 99

degli interessati , oppure coattivamente per ingiunzione


del giudice, hanno sempre natura di contratti , epperò le
norme che li regolano , cioè le norme concernenti sia le
prestazioni dei consorti , sia l'interna gestione dei comuni
interessi , una volta che i consorzi furono costituiti , devono
sempre desumersi dal contratto o dalla legge a cui risale
l'origine di ogni singolo consorzio . Nuove leggi intorno ai
consorzi d'acqua non si applicano per virtù loro immedia-
tamente ai consorzi esistenti , come se fossero leggi reali ,

quali non sono in realtà . Ciò statui pure la legge italiana


29 marzo 1873 sui consorzi di irrigazione (art . 657 e segg.) ,

e dichiararono pure la Cassazione di Torino , 25 aprile


1877 ( 1 ) , e il Consiglio di Stato italiano , 11 marzo 1874 ( 2 ) ,
e 10 febbraio 1877 ( 3 ) . Questo generale principio riceve
limitazione soltanto rispetto a quella parte del regolamento 91
di un consorzio esistente , che propriamente concerna

argomenti su cui non può cadere diritto quesito dei pri-


vati, come sarebbe la determinazione dell'autorità compe-
tente a dirimere i litigi fra i consorti , o la relativa pro-
cedura . E lo stesso dicasi di quei punti in cui le regole

vigenti in un consorzio colleghinsi collo stesso essenziale


concetto del diritto d'uso d'acqua , che serve di base al
consorzio , o degli effetti di questo diritto , sui quali punti
egli è manifesto che quelle regole devonsi in ogni tempo
uniformare alla legge vigente .

Se però una legge nuova intorno ai consorzi d'acqua


non riceve applicazione immediata , per la sua natura
stessa , ai consorzi esistenti , è bene in facoltà del legisla-
tore di ordinare espressamente siffatta applicazione . E ciò
pure dispose la legge italiana 20 marzo 1865 sui lavori

1881 , pag. 1643) dichiarò i consorzi in discorso enti misti di società e di


comunione, cioè enti a sè.
(1) G. , 1877, pag. 464.
(2) G. I., 1874, I , 12.
(3) F. I., 1877, 1 , 116 .
100 PARTE TERZA

pubblici , ingiungendo dentro tre anni la revisione degli


statuti e regolamenti dei consorzi di difesa e di bonifica ,
onde conformarli alle nuove sue disposizioni . Ma giusta-
mente la Cassazione di Torino , in una sentenza 8 marzo
1884 ( 1 ) ebbe a dichiarare che, non essendo in detta
legge espressamente detto che l'inosservanza dell'accennata

prescrizione tragga seco la giuridica cessazione dei rela-


tivi consorzi , questi debbansi reputare sussistenti , e i
loro statuti e regolamenti conservare vigore anche dopo
il decorso del triennio , senza che sia accaduta la revisione
suddetta.

92 $ 6.

Continuazione. Dell'uso e dell'usufrutto in particolare .

È comune ed evidente insegnamento che della costitu-


zione e della durata delle servitù di uso e di usufrutto si

debba giudicare in ogni tempo secondo la legge vigente


nel giorno a cui viene assegnata l'origine dell'uso e del-
l'usufrutto , legale o volontario . È pure comune insegna-
mento che la legge possa togliere l'usufrutto legale paterno
già costituito (v . Vol . II , pag. 233 e segg.) , ma non possa
togliere l'usufrutto legale successorio , del pari già costi-
tuito . Non vengono però conciliati questi principii con
quell'altra dottrina , pur dominante , che le leggi abolitive
di servitù legali si applicano anche alle servitù già acqui-
state , e noi non vediamo possibile tale conciliazione in

modo soddisfacente , fuorchè distinguendo , come noi


facemmo sopra (v . pag. 84) , le servitù personali dalle
prediali , e quelle regolando secondo la natura del titolo.

da cui hanno origine . Il Kalindero (pag . 96 ) ha osservato

(1 ) M. T. , 1884, 1052. Similmente il Consiglio di Stato nei suoi Pareri.


17 febbraio 1877 (F. I., 1877 , 1 , 116) , 13 gennaio 1877 , 6 febbraio 1878
(Giur. d. Cons. di Stato, 11 , 584, 1 , 312) .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 101

bensì che l'usufrutto legale successorio, una volta acqui-

stato , non può essere tolto da una nuova legge , perchè è


fondato sullo stesso diritto ereditario ; ma anche l'usu-
frutto legale paterno ha un fondamento nella patria
podestà, e avrebbe quindi potuto anche il Kalindero essere
facilmente condotto al pari di noi a sospettare che in
generale l'usufrutto , legale o non legale , e più in generale
ancora tutte le servitù personali , legali o non legali , aves- 93
sero il loro fondamento immediato nel titolo giuridico dal
quale il legislatore le fa nascere , e da questo fondamento
desumessero il loro carattere giuridico , e la possibilità o

l'impossibilità di venir fatte cessare da una legge abolitiva .


È pure principio generalmente accettato , e chiaramente
formulato dal Dalloz ( 1 ) , che gli effetti delle servitù di uso
e di usufrutto , e in genere delle servitù personali , debbono
essere sempre in ogni caso regolati secondo la legge del
giorno in cui l'uso o l'usufrutto venne costituito , senza far
distinzione fra uso e usufrutto legale o volontario . E questa

non è che una apparente deroga al generale principio


esposto sopra (pag. 42 ) , che i singoli effetti dei diritti reali

possono sempre venire modificati da una nuova legge ,


finchè non siano stati effettivamente posti in essere
dedotti in un contratto .

La relazione tra la persona dell'usufruttuario e del- 94


l'usuario da una parte e quella del proprietario dall'altra ,
prevale nel concetto proprio e specifico di quelle servitù
personali , alla relazione tra la persona e la cosa ; e per tal
ragione appunto gli effetti propri di quei diritti si devono
ritenere , e sono universalmente ritenuti sottoposti in ogni
tempo alla legge sotto il cui impero i diritti medesimi ven-
nero costituiti . Di tale principio furono fatte, tra le altre ,
le seguenti giustissime applicazioni .

(1) DALLOZ, vo Usufruit, § 76.


102 PARTE TERZA

L'obbligo dell'usufruttuario di dar cauzione deve essere


determinato conformemente alla legge sotto il cui impero
l'usufrutto venne costituito . Lo insegnano fra gli altri ,
Merlin (pag. 257 ) , Dalloz (n . 264), Mailher de Chassat
(2 , 232) , Proudhon ( 1 , pag. 40) , Duranton ( Comm . , art . 2 ,
Cod . Nap. ) , e lo dichiararono le seguenti sentenze : Corte
95 d'appello di Bordeaux , 29 aprile 1809 ( 1 ) , Corte di cassa-
zione di Parigi , 11 novembre 1818 (2) , Corte d'appello di
Bourges , 28 giugno 1826 ( 3) .
Surta questione se, in un usufrutto costituito anterior-

mente al Codice Napoleone, la vendita fatta, dopo l'attua-


zione di questo Codice , di frutti pendenti al momento in
cui l'usufrutto venne a cessare , dovesse essere tenuta ferma
in virtù del medesimo Codice , salvo il diritto del proprie-
tario di riscuotere il prezzo dal compratore , oppure dovesse
considerarsi come non avvenuta in virtù della legge sotto
il cui impero l'usufrutto venne costituito , e la quale non
la permetteva , la Corte di cassazione di Parigi , confer-
mando una sentenza della Corte regia di Douai , tenne
giustamente la seconda opinione nella sua sentenza del
"
21 luglio 1818 (4). Attesochè, dice la Corte, conforme-
mente ai principii ed alle leggi che erano in vigore prima
della pubblicazione del Codice civile sull'usufrutto , le
vendite che l'usufruttuario avesse consentite dei frutti
naturali e industriali , anche scaduti , perdevano ogni effetto
alla morte dell'usufruttuario , e il proprietario aveva diritto
di ripetere tutti i frutti venduti che ancora fossero stati
pendenti ; che sotto l'impero di tali leggi appunto fu fatto
l'atto del 12 piovoso anno 12 , col quale la contessa di G.
si riservò l'usufrutto del fondo da lei dato come nuda

(1) R. G., 9, 2, 317 ; C. N. , 3, 2, 62 ; D., R. , 1. c.


(2) D. , R. , 1. c .
(3) A. G., 27, 2, 139 ; C. N., 8, 2, 249 ; D. , R., 1. c.
(4) MERLIN, R. , 1. c. , pag. 257 ; D. , R. , 1. c. , num. 264.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 103

proprietà al signor F.; che per conseguenza queste leggi


e principii soltanto devono regolare gli effetti dell'atto e
i diritti che ne sono provenuti , sia a favore dell'usufrut-
tuario, sia a favore del nudo proprietario , o dei loro aventi
causa, perchè, essendo questi diritti stati acquistati defini-
tivamente al momento dell'atto , non poterono poi venir
cambiati nè modificati , sia nella essenza loro , sia nei loro
effetti, a danno di una delle parti , senza il di lei formale 96
consenso e soltanto mediante atti dell'altra parte , quan-

tunque questi atti siano stati fatti sotto l'impero di una


legge nuova, la quale sotto alcuni rapporti ha modificato
gli antichi principii intorno all'usufrutto , ma non può
avere effetto retroattivo nè regolare gli usufrutti irrevoca-
bilmente costituiti mediante contratti anteriori alla sua

pubblicazione ; che per conseguenza la denunziata sen-


tenza, decidendo che gli alberi non tagliati quando morì
la contessa di G. appartengono al signor F. , non ha violato
le disposizioni del Codice civile invocate dal ricorrente ,
perchè tali disposizioni non sono applicabili alla fatti-
specie, ecc .
Per la stessa ragione del doversi considerare acquisiti
nel giorno stesso della costituzione dell'usufrutto tutti i
diritti nascenti da questo , venne pur deciso dalla Corte
d'appello di Bourges con sentenza 2 marzo 1807 ( 1 ) , e
dalla Corte di appello di Casale in una sentenza 10 ot-
tobre 1843 ( 2 ) , che la continuazione delle locazioni , con-

sentite dall' usufruttuario , dovesse , dopo la cessazione


dell'usufrutto , essere ammessa e regolata secondo le leggi
anteriori al Codice Napoleone , sotto il cui impero l'usu-
frutto era stato costituito e la locazione era stata consen-

(1 ) C. N. , 2, 2, 207.
(2) MANTELLI, Vol . 14, App. , pag. 10. Una dotta memoria sulle locazioni
dell'usufruttuario dal punto di vista transitorio, scrisse l'esimio S. GIANZANA,
in causa Giusti-Castellazzi , Mortara 1877 .
104 PARTE TERZA

tita, e non secondo quel Codice , quantunque sotto l'impero


del medesimo l'usufrutto fosse venuto a cessare . Che se

anche la locazione fosse stata stipulata dall'usufruttuario


dopo l'attuazione del Codice Napoleone , la Corte d'ap-
pello di Parigi giustamente dichiarò con sentenza del
18 agosto 1825 ( 1 ) , che la sola circostanza dell'essere
l'usufrutto stato costituito anteriormente a quel Codice ,
escluderebbe ancora l'applicazione del medesimo nel deci-
97 dere se e come la locazione potesse durare dopo l'estinzione
dell'usufrutto accaduta sotto l'impero del Codice stesso .
-
È superfluo l'osservare che la determinazione dell'epoca
in cui si collochi la costituzione dell'usufrutto deve essere

fatta con appropriati principii . La Corte di cassazione di


Parigi dichiarò con sentenza del 4 maggio 1825 ( 2) , che
le locazioni consentite da una donna maritata sotto la

consuetudine di Normandia , e nella sua qualità di usu-


fruttuaria dei beni del marito a titolo douaire giusta la
consuetudine medesima , dovessero , rispetto alla loro durata ,
venir regolate secondo il Codice civile , se il douaire si fosse
aperto vigendo questo Codice . E questa opinione è giusta ,
data la premessa che il douaire coutumier fosse diritto

quesito alla morte del marito , e non nel giorno stesso


della conclusione del matrimonio . Chi si diparta da una con-

traria premessa deve assai prestamente risolvere in opposto


modo anche la suddetta quistione (v . Vol . I , pag. 310 ) .

Finalmente è comune opinione che la durata dell'usu-


frutto debbasi pur regolare secondo la legge o la dispo-
sizione , unilaterale o bilaterale , che lo ha posto in essere .
Lo insegnano fra gli altri Proudhon ( Cod. de droit franç. , 1 ,
pagg . 40 , 8 ) e Mailher de Chassat ( 2 , 232) . La questione
però se possa essere fatto cessare l'usufrutto per titolo di
abusi commessi dall'usufruttuario, fu dichiarato dalla

(1 ) R. G. , 26, 2, 32 ; C. N. , 8 , 2, 131 ; D. R., l . c., n . 264.


(2) R. G. , 26, 1 , 24; C. N. , 8 , 1 , 153.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 105

Corte di cassazione di Parigi , con sentenza del 5 feb-


braio 1818 ( 1 ) doversi decidere secondo la legge sotto il 98
cui impero accaddero i fatti di abuso da essa colpiti di
quella pena, anzichè secondo la legge sotto il cui impero
l'usufrutto venne costituito , e la quale siffatta pena non
comminava . Ma noi non possiamo convenire in questa
decisione, parendoci piuttosto che della stessa esistenza
dell'abuso in discorso debbasi giudicare secondo la legge ,
sotto il cui impero l'usufrutto' venne costituito . Nè d'altra
parte ci pare questo caso grave abbastanza onde appli-
care la dottrina già esposta nella Parte Generale di
quest'opera (Vol . I, pag. 339 ) , circa la retroattività delle

leggi che mirano a togliere e reprimere una grave e


manifesta immoralità .

$ 7.

Del pegno, dell'ipoteca e dei privilegi.

È anche questo uno degli argomenti più importanti e


più vasti della giurisprudenza transitoria . Specialmente
nella materia delle ipoteche , la quale tocca in pari tempo
all'interesse privato ed alla prosperità economica nazio-
nale , sursero nel secolo nostro molte e gravi quistioni
transitorie , in seguito alle rilevanti innovazioni che furono

introdotte nel regime ipotecario dietro i suggerimenti del-


l'economia politica , e ponendo a base i due principii della
pubblicità e della specialità . Noi esporremo dapprima

alcune massime fondamentali , comuni al pegno ed alla

ipoteca , cioè propriamente al pegno semplice e al privi-


legio sui mobili , alla semplice ipoteca e alla ipoteca pri-
vilegiata sugli immobili . Poscia verremo trattando in
particolare le principali quistioni transitorie attinenti al
diritto ipotecario .

(1) R. G., 19, 1 , 126.


106 PARTE TERZA

Abbiamo già esaminato nella Parte Generale del gius


transitorio reale , quale sia l'effetto retroattivo di una legge
escludente una certa specie di cose dal novero degli oggetti

del pegno o della ipoteca , come per es. se venga abolita


l'ipoteca dei beni mobili , o vengano dichiarate mobili le
rendite fondiarie , che prima erano oggetti possibili di
ipoteca (v . sopra pagg . 13-14 ) .
Come un diritto di pegno o di ipoteca una volta acqui-
stato non perisce per il solo fatto che una nuova legge non
permetta più di acquistarlo sulle cose che ne sono l'og-
getto , così neppure in nessun altro caso e con nessun
99 altro pretesto un diritto acquisito di quella natura può
essere tolto dal legislatore a chi ne è investito . È uno dei
principii fondamentali e universalmente riconosciuti del

gius transitorio del pegno e della ipoteca , che tanto il


pegno semplice , quanto il privilegio sui mobili , e tanto

l'ipoteca semplice , quanto l'ipoteca privilegiata , una volta


costituiti debitamente a termini della legge vigente , siano
irretrattabili , cioè non possano venir tolti da una legge
posteriore . Troviamo iscritto questo principio in tutte le
legislazioni transitorie civili che furono suggerite dalla
scienza , e non da profane mire di reazione . Veggansi per
esempio : la legge transitoria badese del 1 ° luglio 1809
(§ XV, v. Vol . I di questa opera , pag . 67 , i . n. ) , quella di
Lubecca del 4 maggio 1814 ( § 93 , ib . , p . 73 , i . n . ) , quella
di Virtemberg del 12 settembre 1814 ( § 11 , ib. , p . 96 , i . n . ) ,
quella annoverese del 14 aprile 1815 ( § 102 , ib . , pag . 87 ,
i . n . ) , quella di Brema del 13 agosto 1814 (§ 68 , ib . , p . 90 ,
i . n . ) , quella dell'ex-Ducato di Parma del 4 gennaio 1820
(art. 31 , ib . , pag. 101 , i . n . ) , quella dell'ex- Regno di Sar-
degna del dicembre 1838 (art . 19 , ib . , pag . 107 , i . n . ) ,
quella dell ' ex-Ducato di Modena del 1 ° febbraio 1852
(art . 28 , ib. , pag . 108 , i . n . ) , quella del Regno d'Italia del
30 novembre 1865 ( art . 36 , ib . , pag . 120 , i . n . ) . Lo stesso
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 107

principio seguì la legge belgica del 16 dicembre 1851 per


la riforma del regime ipotecario ( Dispos.transit . , art . 1-2) ( 1 ) .
Pochissime leggi disconobbero siffatto principio, mosse da
antipatia verso un precedente ordine giuridico , e per es. la
legge transitoria amburghese del 28 luglio 1814 , la quale
abolì tutti i privilegi basati unicamente sul diritto francese ,
e le ipoteche acquistate in virtù di queste leggi e dispen-
sate da iscrizione , ed anche le ipoteche acquistate ed
iscritte vigendo quelle leggi su tutti i beni immobili pre- 100
senti e futuri del debitore (v . Vol . I , pag. 74 , i . n . ) .
Coerentemente all'anzidetto principio ebbe a sentenziare
la Corte d'appello di Casale , 4 luglio 1868 ( 2) , valere sotto
il vigente Codice civile italiano privilegi e ipoteche che
questo non ammette, ma che furono costituiti vigendo
una legislazione anteriore . E la Corte d'appello di Firenze ,
12 marzo 1869 ( 3) , dichiarò pure sussistere anche sotto
l'impero del Codice civile italiano il privilegio acquistato
dalla moglie toscana sulla universalità dei mobili del
marito , in virtù della legge toscana 2 maggio 1836. A
torto invece sembraci avere la Corte d'appello di Brescia ,

4 giugno 1878 (4) , dichiarato non spettare al direttario ,


in una locazione ereditaria costituita sotto l'impero del
Codice civile austriaco , il privilegio per un triennio di
canone , se il triennio sia maturato vigendo il Codice civile
italiano , che siffatto privilegio non ammette . Eziandio è a
ritenersi con Orefici ( v . Mon , dei Trib. , 1884 , nn . 14 , 15 ) ,
che una ipoteca, debitamente acquistata e iscritta , non può
perder valore perchè il debitore sia stato dichiarato fallito ,

(1 ) I BERGMANN cita eziandio come contenenti lo stesso principio


(pag. 334) i decreti 22 settembre 1808 , 20 gennaio e 31 dicembre 1809 , rela-
tivi alla promulgazione del C. N. nel regno di Vestfalia, e un decreto del
1813 (pag. 568) relativo alla promulgazione di quel Codice a Francoforte
sul Meno .
(2) A. G., 11, 2, 444.
(3) lb., 111 , 2, 27.
(4) Temi Veneta, III , 365.
108 PARTE TERZA

vigendo una posteriore legge, la quale tolga efficacia alle

ipoteche iscritte contro il fallito dentro un certo termine


anteriore all'epoca a cui fu riportata la cessazione dei
pagamenti . Il creditore ipotecario ha diritto di non cor-
rere maggior alea , rispetto all'efficacia della sua iscri-

zione , di quella che gli facesse correre la legge , sotto il


cui impero l'iscrizione è stata fatta .

L'esposto principio conviene tanto al pegno ed alla


ipoteca legale quanto alla convenzionale . I diritti invero

che sono acquistati immediatamente per opera della legge


non sono meno rispettabili di quelli acquistati immedia-
tamente per opera dell'uomo (v . Vol . I , pag . 256 ) , nè il
pegno e l'ipoteca sono per loro natura perpetui , cosicchè
possano essere fatti cessare da una legge nuova , senza
riguardo alla loro origine . Le legislazioni da noi accennate
precedentemente non fanno infatti nessuna distinzione fra
diritti legali e diritti convenzionali di pegno o d'ipoteca,
semplici o privilegiati . Anche gli scrittori non sono meno
unanimi dei legislatori nell'estendere il principio di cui
ragioniamo anche al pegno e all'ipoteca legale , e fra i più
espliciti voglionsi citare Wächter ( 2 , p . 184) , Unger (p . 136),
Pfaff e Hofmann ( p . 158 ) . Fa meraviglia che questa una-
101 nimità non sia perfetta , pel dissenso del Bauer ( pag . 53)
e del Bergmann (pag . 43 ) . Quest'ultimo asserisce in ter
mini generali che tutte quante le prelazioni accordate
dalla legge , continuano a sussistere , una volta acquistate,
fintantochè una nuova legge non le abolisca . Il Bauer
afferma che una prelazione qualunque , accordata dalla
legge a determinati creditori , è una concessione che il
legislatore può così liberamente togliere come dare, che
la classificazione dei crediti deve sempre essere conforme
alla legge vigente allorquando viene intrapresa , e poscia
si fa ad enumerare i privilegi mobiliari e immobiliari e le
ipoteche legali , che per non essere ammesse dal diritto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 109

virtemberghese , non potrebbero più sussistere dopo il


ripristinamento di questo , benchè acquistate prima , vigendo
il Codice Napoleone. Ma il Bauer toglie egli medesimo
ogni apparenza di ragione alla sua dottrina , asserendo poi
(pag. 57 ) che per non frodare i creditori i quali fecero
assegnamento sui privilegi o sulle ipoteche legali accor-
date dalla legge allorquando contrassero coi loro debitori ,
il legislatore dovrebbe espressamente adottare la dottrina
contraria , come se una così potente ed evidente ragione
non bastasse a far considerare eziandio come scientifica-

mente vero il principio che Bauer ha voluto rappresentare


come solamente opportuno.

Nè fa poi differenza alcuna che l'acquisto dei diritti in


discorso risalga al fatto acquisitivo medesimo da cui ripe-
tono l'origine, oppure che si debbano considerare come

conseguenze di tale fatto , e così indirettamente acquistati


(v. Vol . I , pag. 276 e segg. ) . Noi reputiamo quindi che a
torto la Corte d'appello di Nîmes con sentenza del
16 giugno 1813 ( 1 ) abbia deciso non ispettare ipoteca.
legale alla moglie per l'aumento della dote , se questo
aumento venne fatto vigendo il Codice Napoleone , il quale
(art. 1543) lo proibisce in costanza di matrimonio , quan- 102
tunque il matrimonio fosse stato conchiuso vigendo una
legge che siffatta proibizione non conteneva , e la ipoteca
dotale estendeva anche all'aumento posteriore della dote .
Similmente noi crederemmo che , se la dote venisse aumen-

tata vigendo una legge che all'aumento della dote non


estendesse l'ipoteca dotale , codesta estensione cionondi-
meno dovrebbe essere accordata , se ciò disponeva la legge
sotto il cui impero il matrimonio fu conchiuso . Imperocchè
l'aumento della dote è una conseguenza eventuale bensì

della costituzione originaria della dote , ma talmente con-


nessa con questo fatto , da non poterne essere separata
(1) C. N. , 4, 2, 326 .
110 PARTE TERZA

(v . Vol. I , pag. 276 e segg . ) , cosicchè debba essere esclu-


sivamente regolata dalla legge di questo fatto medesimo ,
quantunque questa legge differisca da quella sotto il cui
impero la dote fu aumentata , e qualunque sia questa
differenza .

Fu disputato se una legge nuova , abolitiva di una ipo-


teca legale , la cui occasione sia un fatto durevole di sua
natura, non debbà venire applicata almeno a quella parte
della durata di quel fatto , che decorre sotto l'impero di
essa legge . Per esempio il Codice civile del Regno d'Italia
non dà al figlio sottoposto alla patria podestà , e il cui
patrimonio sia amministrato dal padre , una ipoteca legale
sui beni di questo a guarentigia dei debiti che egli possa
contrarre verso il figlio durante la sua amministrazione ,
la quale ipoteca accordava invece il Codice civile albertino
(art . 2224) . Si domandò se , rimanendo saldo un diritto di
tal genere acquistato da un figlio in virtù del Codice

albertino rispetto ai debiti contratti dal padre ammini-


stratore prima dell'attuazione del Codice civile italiano ,
non dovesse il medesimo cessare in virtù di questa attua-
zione e pei debiti contratti dopo . Noi crediamo che a buon
diritto la Corte d'appello di Casale nella sua sentenza del
14 luglio 1868 ( 1 ) abbia giudicato negativamente . Impe-
103 rocchè non si può dire di rispettare una ipoteca legale
acquistata in virtù di una legge anteriore , ove le si attri-
buisca una durata minore di quella che la legge anteriore
prestabiliva ; ora il Codice civile albertino nell'argomento
suaccennato considerava certamente l'amministrazione

paterna come un tutto inscindibile in parti , ed accordava


al figlio una ipoteca sui beni del padre a guarentigia di
qualunque debito che il padre avesse contratto verso di
lui in qualunque momento della sua amministrazione .
Bensì l'ipoteca legale, surta o aumentata per nuovi debiti

( 1) Ann. di Giurispr . ital. , 1868, parte 2ª , pag. 444.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 111

del padre vigendo la nuova legge , dovrà essere iscritta


nei modi e termini da questa legge stabiliti ( v . Vol . I ,
pag. 319 e segg. ) .

§ 8.

Continuazione - Delle ipoteche in particolare .

Continuando l'analisi e l'applicazione del principio fon-


damentale suesposto , che i diritti quesiti di pegno e di
ipoteca sono inviolabili , un'altra conseguenza ne possiamo
dedurre, ed è che in particolare della validità formale di tale

acquisto devesi sempre decidere secondo la legge vigente


nel giorno in cui l'acquisto venne perfezionato . Ciò è pure
espressamente sancito dalla legge transitoria virtembur-

ghese del 12 settembre 1814 ( § 11 , v . Vol . I , pag . 96 , i . n . ) .


Per conseguenza , ove la costituzione del pegno o dell'ipo-
teca fosse stata difettosa dal lato della forma , in modo da
renderla inefficace a termini della legge anteriore, nessuna

legge posteriore che regolasse differentemente quella ma-


teria, potrebbe ridarle validità ed efficacia nè per il pas-
sato , nè per l'avvenire. Ciò è conforme alla dottrina da
noi svolta nella Parte Generale di quest'opera (v. Vol . I ,

p. 224 e segg . ) intorno alla convalescenza . Colui in parti-


colare , il quale non abbia debitamente iscritto un privilegio
od una ipoteca acquistata per qualunque titolo , ha soltanto
la facoltà di rinnovare o correggere la iscrizione, finchè
non sia accaduto qualche fatto che giuridicamente glielo
impedisca, ma coll'effetto che la nuova iscrizione abbia
efficacia soltanto dal giorno della rinnovazione o corre- 104
zione . Egli non può avere altro diritto , nè una legge nuova
può accordargliene altro .

Non sarebbe però ingiustamente retroattiva una legge ,


la quale ad una ipoteca non ancora iscritta , ma che lo
dovrebbe essere, desse effetto in avvenire anche in con-
112 PARTE TERZA

fronto dei terzi , non ostante il difetto di iscrizione . In


altri termini , una legge abolitiva dell'obbligo della iscri-
zione di una data categoria di ipoteche , si applica anche
alle ipoteche di tale categoria già acquistate , ma non
ancora iscritte nel giorno della sua attuazione . Imperocchè
una ipoteca non iscritta , e che avrebbe dovuto esserlo , è
acquistata in faccia al debitore soltanto , ma non è costi-
tuita affatto , e non è già soltanto irregolarmente costituita
in faccia ai terzi ; se essa viene dispensata dalla iscrizione ,
questa dispensa tiene luogo della iscrizione , e dal giorno
di tale dispensa , e da questo giorno soltanto , i terzi ven-
gono a trovarsi per effetto della legge nuova in una situa-
zione non differente da quella in cui si sarebbero trovati
se la legge antica fosse stata osservata . Una simile dispensa
venne introdotta dal Codice Napoleone (art . 2135 , 2195 )
rispetto alle ipoteche legali dei minorenni e delle mogli , le
quali avrebbero dovuto venire iscritte a termine della legge
11 brumale anno VII ; e la giurisprudenza dichiarò più di
una volta che tale dispensa dovesse applicarsi anche alle
ipoteche già acquistate sotto l'impero delle leggi anteriori ,
fintantochè le medesime spettassero alle persone dei mino-
renni o delle mogli , non ai loro eredi . Possono vedersi in
proposito le sentenze : 25 febbraio 1831 della Corte Regia
di Parigi ( 1 ) , 27 novembre 1812 della Corte Regia di
Agen ( 2), 1 ° maggio 1815 della Corte di cassazione di

Parigi ( 3 ) , 20 giugno 1831 della Corte Regia di Gre-


noble (4) . E il Chabot de l'Allier (Vol . II, pag. 339 e
105 segg. ) sostiene che la stessa dispensa applicasi anche alle
ipoteche legali in discorso acquistate sotto l'impero di una
legislazione anteriore alla legge 11 brumale anno VII , e

(1) R. G., 31 , 2, 184.


(2) C. N. , 2, 404.
(3) R. G., 15 , 1 , 277 ; C. N., 5, 1, 44.
(4) R. G., 32, 2, 622.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 113

che per non essere state iscritte a termini di questa legge


sotto l'impero di essa , non fossero però state perdute in
virtù di una trascrizione d'acquisto dell'immobile che ne
è l'oggetto . Egli è però necessario , lo ripetiamo , che l'ipo-
teca legale anteriormente acquistata , e non ancora iscritta ,
potesse ancora venire iscritta a termini della legge ante-
riore, affinchè si applichi la dispensa dalla iscrizione ,
accordata dalla legge nuova . Certo si è per esempio che ,
siccome a termini della legge del brumale anno VII nes-
suna ipoteca poteva più venire iscritta dopo la vendita e
la trascrizione della vendita del fondo , così una ipoteca

legale non iscritta sotto l'impero di quella legge prima


dell'avvenuta trascrizione, non poteva più godere della
dispensa dalla iscrizione a termini del Codice Napoleone .
Il Chabot de l'Allier combatte a ragione (ib . , pag. 344 e
segg. ) l'opinione contraria che taluni aveano preso a soste-
nere, e adduce a conforto della sua tesi una sentenza della
Corte d'appello di Bruxelles del 13 luglio 1808 ( 1 ) , e
un'altra della Corte di cassazione di Parigi del 17 maggio

1809 (2 ) . Noi non comprendiamo però come mai lo stesso


autore, dopo avere abbracciato (pag. 334) l'opinione da
noi combattuta più sopra (v . pag. 35 e segg . ) , che l'abo-
lizione della necessità della trascrizione onde purgare gli

immobili dalle ipoteche non iscritte si applichi anche alle


alienazioni dell'immobile ipotecato avvenute sotto l'impero
della legge anteriore , sostenga (pag. 343) che , ad onta di
una alienazione siffatta , l'ipoteca legale , acquistata e non
iscritta prima della legge nuova , possa godere della dispensa
dalla iscrizione, da questa legge accordata . Imperocchè più
logico a noi parrebbe il ritenere che , parificata dalla nuova
legge la semplice alienazione avvenuta sotto la legge ante- 106
riore, alla trascrizione dell'alienazione , l'ipoteca legale , che

(1) Pasicr., 1 serie, C. d'app., vol. 2, pag. 409.


(2) Ib., C. di cass. , vol . 5, pag. 328.
GABBA Retr. leggi, III.
114 PARTE TERZA

dopo la trascrizione non avrebbe potuto più essere iscritta


in virtù della legge antica , non possa d'ora in avanti nė
venire iscritta nè venir dispensata dalla iscrizione , dopo la

semplice alienazione , in virtù della legge nuova . Anche a


parer nostro le ipoteche legali , acquistate ma non iscritte
vigendo la legge dell'11 brumale anno VII su di un immo-
bile che poi sotto l'impero della stessa legge era stato
alienato , ma senza trascrizione della alienazione , potevano
benissimo dopo la pubblicazione del titolo del C. N. intorno
ai privilegi ed alle ipoteche diventare efficaci anche in
confronto dei terzi ad onta della mancanza di iscrizione ,

ma precisamente perchè noi pensiamo altresì che l'abolita


necessità di trascrivere non si possa mai applicare retro-

attivamente , e che in particolare i suddetti creditori ipo-


tecari conservarono anche dopo la pubblicazione di quel
titolo il diritto loro conferito dalla legge anteriore di iscri-
vere la loro ipoteca fintantochè non fosse stata trascritta.
un'alienazione del fondo ipotecato .

Quanto agli effetti del diritto d'ipoteca , chi voglia esat-


tamente determinare la parte da farsi alla legge sotto cui
l'ipoteca è sorta , e alle leggi posteriori , deve anzitutto
premettere una considerazione già da noi fatta più sopra
rispetto a tutti quanti i diritti reali .
Come noi abbiamo già sopra avvertito (pag . 44) , tanto
nell'ipoteca , quanto in ogni e qualunque diritto reale
bisogna accuratamente distinguere gli effetti propri del
singolo diritto di cui si tratta , e gli effetti propri del titolo
su cui quel diritto riposa . Sia la volontà umana , o sia la
legge che attribuisce a taluno un diritto d'ipoteca , od altro
diritto reale qualunque , gli è certamente a quella origi-
naria costituzione o titolo che si vuol risalire per definire
107 se il diritto sussista , e su quali cose , e con qual data o
precedenza , e simili altri punti che non hanno che fare
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 115

colla sostanza del diritto di che si tratta. Le relative qui-


stioni sono quindi quistioni sul titolo del diritto , e non
sugli effetti propri e reali di questo . Ma se trattisi di defi-
nire quali atti possa il creditore ipotecario porre in essere
onde esercitare il suo diritto , quale effetto abbia il diritto
d'ipoteca rispetto ai terzi , o creditori del medesimo debi-

tore , o acquirenti dell'immobile ipotecato , le relative qui-


stioni concernono propriamente i sostanziali effetti del
diritto d'ipoteca , sono vere e proprie quistioni di diritto
reale. Corrispondentemente alla diversa indole delle qui-
stioni , differenti devono anche essere le leggi con cui

risolverle. Le quistioni della prima specie , che dicemmo


concernere piuttosto il titolo del diritto reale , che la so-
stanza di questo diritto , devono certamente venire sempre
risolute secondo la legge sotto il cui impero il titolo venne

posto in essere . Le quistioni invece della seconda specie ,


concernenti la sostanza del diritto d'ipoteca , gli effetti

reali proprii di questo diritto , vogliono essere risolute


secondo i generali principii esposti in un precedente
capitolo (Cap . VII) .

Principali fra le quistioni transitorie concernenti il titolo


dell'ipoteca , sono quelle che hanno per oggetto : la priorità
del credito ipotecario , l'estensione del credito ipotecato , la
determinazione dell'oggetto dell'ipoteca . Principali fra le
quistioni transitorie concernenti gli effetti reali propri del
diritto d'ipoteca , sono quelle che hanno per oggetto : le
forme esterne per la conservazione del diritto d'ipoteca ,
le facoltà del creditore ipotecario onde pervenire al sod-
disfacimento del suo diritto , e le relazioni del creditore
ipotecario coi terzi creditori del debitore con ipoteca , e

coi terzi possessori dell'immobile ipotecato . Tratteremo


successivamente di tutte queste quistioni nell'ordine in cui
le abbiamo enumerate .

La priorità attribuita al credito dal pegno o dall'ipoteca ,


116 PARTE TERZA

108 al pari di quella attribuita dalla legge col nome di privi-


legio ad un semplice credito chirografario , in confronto di

altri crediti , costituisce un diritto quesito , il quale , come


bene osservano , fra gli altri scrittori , il Georgii (p . 185 ) ,
il Kalindero p . 162) , e il Bianchi ( Corso elem . di Cod . civ . it.,
Vol . I , pag. 168) , non può essere tolto da nessuna legge
posteriore . In altri termini , e parlando delle ipoteche in
particolare , il grado assegnato a queste dalla legge vigente
nel giorno in cui ne fu acquistato il diritto , non può andar
perduto , se le condizioni appostevi dalla prima legge siano
state pienamente adempiute. Egli è possibile bensì che per
l'omissione di una iscrizione o di altra formalità conser-

vativa qualunque , imposta da una legge nuova ad una


ipoteca che non vi era sottoposta dalla legge sotto cui

venne acquistata, il creditore ipotecario perda il grado che


prima aveva . Ma in tal caso l'osservanza della legge nuova
era obbligatoria anche ai creditori ipotecari già esistenti ,
in virtù dei generali principii intorno alle forme di conser-
vazione dei diritti , che noi avremo più sotto occasione di
richiamare in materia d'ipoteca . Il principio anzidetto è
anche stato confermato da Giustiniano nella L. 12 , C. qui
potior in pign. , introduttiva del privilegio della dote , cui
l'Imperatore attribui poziorità contra omnes mariti creditores,
licet anterioris sint temporis privilegio vallati ; il § 3 di questa
legge esclude che siffatta poziorità possa applicarsi alle
doti già costituite e in confronto di diritti già acquistati
sui beni di mariti viventi : quam legem ex praesenti tempore

locum habere sancimus , et non retrorsum referimus . Il solo


scrittore che abbia sostenuto il principio contrario è il
Bauer, ma codesta opinione è strettamente connessa con
un'altra dottrina dello stesso autore , da noi già esposta e

censurata più sopra (p . 108) . Conseguentemente , se più


ipoteche avrebbero un differente grado in virtù della legge
sotto il cui impero vennero costituite , non può loro venire
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 117

attribuito un medesimo grado da una legge posteriore , e

giustamente la Corte d'appello di Napoli , con sentenza 109


23 marzo 1873 ( 1 ) , dichiarò non potersi retroattivamente
applicare l'articolo 2008 del Codice civile italiano circa la
parità di grado di più ipoteche , le cui note d'iscrizione

furono contemporaneamente presentate . Similmente sono


da approvarsi quelle sentenze , le quali decisero che l'arti-
colo 2135 del C. N. , il quale accorda alla moglie un'ipoteca
per le somme dotali provenienti da successioni pervenutele
o da donazioni fattile durante il matrimonio , per indennità
dei debiti contratti insieme al marito , e per l'impiego dei

suoi beni immobili alienati , dal giorno soltanto in cui la


successione venne deferita , o la donazione venne fatta , o
l'obbligazione o la vendita venne posta in essere , non si

dovesse applicare alle donne maritate sotto l'impero della


legge 11 brumale anno VII , la quale accordava alle mede-
sime per tutti quei titoli un'ipoteca legale dal giorno del
matrimonio o del contratto di matrimonio . Così decisero

la Corte Regia di Lione il giorno 11 aprile 1823 ( 2 ) , la


Corte Regia di Metz il giorno 18 luglio 1820 ( 3 ) , e la
Corte Regia di Colmar il giorno 14 maggio 1821 (4) .
Così pensa pure il Mailher de Chassat (2 , pag . 217) .
Dalla inviolabilità del grado dell'ipoteca la giurispru-

denza dedusse poi buon diritto quella eziandio del grado


della surroga in un'ipoteca altrui . Prima dell'attuazione
della legge del 23 marzo 1855 era in Francia ricevuto il
principio che la priorità nella surroga , sia convenzionale ,
sia legale , nell'ipoteca legale della moglie, si dovesse desu-
mere dalla data del titolo in cui o per cui l'ipoteca fosse
stata conferita o legalmente acquistata . Quella legge statuì

(1) Gazz. Procur. , viii, 473.


(2) R. G. , 24, 2, 121 ; C. N. , 7 , 2, 92.
(3) Pasicr., 1 serie, C. d'app., vol . 2, pag. 123.
(4) Pasicr., 2 serie , C. d'app. , vol . 6 , pag. 449 .
118 PARTE TERZA

invece che la priorità di tale surroga si dovesse desumere


110 dalla data dell'iscrizione della medesima nei registri ipo-

tecari . Rispetto però alle surroghe già accadute sotto le


precedenti legislazioni fu dichiarato giustamente dai tribu-
nali che la priorità loro si dovesse anche dopo la nuova
legge determinare secondo la regola antica , e non secondo
la nuova. Lo dichiararono in particolare le seguenti sen-
tenze : Corte d'appello di Rennes , 2 luglio 1858 ( 1 ) ,
Corte di cassazione di Parigi , 19 maggio 1860 ( 2) , e
27 aprile 1866 ( 3) .

Il diritto acquisito di ipoteca si applica precisamente a


quei crediti ai quali venne attribuito , e non può venire da
una legge posteriore nè ristretto ad una parte soltanto
del credito o ad alcuni soltanto dei crediti pei quali venne
acquistato , nè allargato ad un credito maggiore o ad altri
crediti oltre a quello pel quale venne costituito . Ciò vale
per tutte quante le ipoteche , e in particolare per le ipo-
teche legali non meno che per le convenzionali . Noi non
possiamo quindi approvare l'opinione adottata da parecchi
giureconsulti che una legge nuova possa estendere le ipo-
teche già acquistate ad un credito maggiore , o restringerle
ad un credito minore di quello stabilito dal titolo origi-
nario , convenzionale o legale, da cui l'ipoteca proviene ,
salvi i diritti di priorità per avventura acquistati da altri
creditori prima dell'attuazione di essa legge. Opina per
esempio il Kalindero ( pag . 167 ) che una legge , la quale
aumentasse il numero delle annate di interessi per le quali

un creditore ipotecario può essere collocato allo stesso


posto come per il capitale , potrebbe benissimo venire appli-
cata anche alle ipoteche già acquistate . Ed anche la Corte

(1) J. P., vol . 70, pag. 142.


(2) 1b. , vol. 71 , pag. 981.
(3) Ib. , vol . 77 , pag. 928.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 119

di cassazione di Parigi , con sentenza 15 gennaio 1828 ( 1 ) ,


e la Corte di cassazione di Roma con sentenza 16 ottobre 111

1882 ( 2 ) dichiararono estendersi , sotto l'impero del Codice


civile francese e del Codice civile italiano , a due annate
d'interessi oltre a quella in corso, un'ipoteca acquistata

sotto l'impero della legge 11 brumale anno VII e della


legislazione pontificia, che una minore efficacia rispetto
agli interessi le attribuivano . Ma per converso la Corte
d'appello di Brescia , con sentenza 4 giugno 1878 (3 ) ,
dichiarò non estendersi il privilegio del locatore ereditario ,
vigendo il Codice civile italiano , a tre anni di canone ,
benchè ciò prescriva il Codice civile austriaco , sotto il cui
impero la locazione ereditaria venne costituita , se il triennio
di canoni arretrati si compiè sotto l'impero del primo
Codice .

Strettamente connesso colle precedenti considerazioni è


il tema dell'efficacia retroattiva di nuove leggi intorno alla
riduzione delle ipoteche. Veramente la riduzione delle ipo-
teche , potendo tanto cadere sulla somma del credito iscritto ,
quanto sui beni ipotecati , concerne il discorso degli effetti

del titolo ipotecario tanto in relazione al primo , quanto in


relazione al secondo di quei capi . Ma appunto noi veniamo
ora a ragionarne dall'uno e dall'altro punto di vista , poichè
il primo si collega colla trattazione presente , e il secondo
non può essere separato dal primo .
Gli scrittori del diritto transitorio sogliono contemplare
di preferenza il caso della nuova introduzione della ridu-

zione ipotecaria dove prima questa era sconosciuta , ma


anche il caso inverso può fingersi , quello cioè che la ridu-
zione delle ipoteche venga abolita dove prima era ammessa .

(4) R. G., 28, 1 , 222 ; C. N. , 9, 1 , 11 .


(5) F. 1. , 1882.
(2) Temi Veneta , 11 , 365.
120 PARTE TERZA

E rispetto a questo secondo caso noi opiniamo che chi


acquistò in qualsivoglia modo un diritto d'ipoteca vigendo
una legge che ne ammetteva in certi casi l'ulteriore ridu-

112 cibilità , non possa mai più opporsi , neppure allegando una
legge nuova , alla domanda di riduzione che il debitore o

un avente causa dal debitore gli faccia conformemente


alla prima legge , o in altri termini noi crediamo che ove
il debitore abbia in virtù di quella prima legge acquistato
un diritto alla riduzione , questo diritto non gli possa essere
tolto da una legge posteriore . Il primo caso fornisce materia
a più lungo discorso .

Introdotto novellamente il principio della riducibilità


delle ipoteche , dove prima non era ammesso , come per
esempio, non ammettevanlo in Francia la legge 11 bru-
male anno VII e quelle anteriori a questa , discordi sono
le opinioni circa la possibilità di applicare il nuovo prin-
cipio alle ipoteche anteriormente acquistate, senza far
distinzione del resto fra la riduzione dell'aumentare del

credito e quella della quantità dei beni .


I fautori dell'opinione affermativa adducono l'indole della
nuova legge, la quale secondo essi non contempla propria-
mente la sostanza del diritto ipotecario , ma piuttosto l'iscri-
zione ipotecaria , restando inalterata e piena la sicurezza
del creditore di essere pienamente soddisfatto del suo cre-
dito . Questo è infatti il principale argomento addotto nelle
sentenze che ritennero quell'opinione , cioè in una della
Corte d'appello di Aix dell'11 fruttidoro anno XII ( 1 ) ,
in altra della Corte d'appello di Parigi del 13 nevoso
anno XIII (2 ) e in una terza della Corte d'appello di Nîmes
del 19 maggio 1807 (3) . Codesto argomento non piace ai

( 1 ) CHABOT DE L'ALLIER, C. G. , pag. 306 ; R. G. , 5, 2, 424.


(2) R. G., 5, 2, 101 ; C. N. , 2, 2, 15.
(3) MAILHER DE CHASSAT (2, pag. 215) ; Pasicr. , 2 serie, C. d'appello ,
vol . 6, pag. 649.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 121

fautori dell'opinione contraria , i quali sono per verità in


un maggior numero , e taluni autorevolissimi , come per
esempio , avanti a tutti il Chabot de l'Allier (1. c . , § 1 ) , e
poscia il Mailher de Chassat ( 1. c . ) , il Kalindero (pag. 165 ) ,
e recentemente fra gli italiani il Bianchi ( op . cit . , n . 130) .
Tutti questi giureconsulti negano la retroattività della 113
nuova legge intorno alla riduzione delle ipoteche , allegando
il rispetto dei diritti acquisiti , e in particolare l'ingiusta
manomissione che in tal maniera si farebbe non già della
forma e del modo di esecuzione , ma della stessa sostanza
del diritto d'ipoteca . La riduzione , dice il Chabot de l'Allier ,
non è solamente un modo di esecuzione del diritto d'ipo-
teca, ma è altresì , come lo indica la stessa espressione , un
togliere al diritto una parte del suo contenuto , un dimi-
nuire in parte il pegno attribuito a credito ; essa colpisce
adunque e altera la stessa sostanza del diritto , poichè di
una ipoteca generale può fare una ipoteca limitata Per
queste medesime considerazioni l'efficacia retroattiva della
nuova legge in discorso non venne accettata da parecchie
decisioni giudiziali , e per es . dalle seguenti : Corte d'ap-
pello di Agen , 4 fruttidoro anno XIII ( 1 ) , Corte d'appello
di Parigi, 18 luglio 1807 ( 2 ) , Corte d'appello di Caen ,
16 febbraio 1808 (3) , Corte d'appello di Besançon ,
22 giugno 1809 (4) .
Ad onta di tante e si poderose autorità noi non pos-
siamo accedere a questa seconda opinione , in quella gene-
ralità ed assolutezza che i suoi fautori le attribuiscono .

Noi siamo d'avviso che , ove l'ammontare del credito ipo-


tecario o la determinazione dei beni ipotecati non siano

contenuti in una convenzione , si possano benissimo ridurre

(1 ) CHABOT DE L'ALLIER , 1. c.; R. G., 5, 2, 183 ; J. P. , 1806 , 1 , pag. 9 .


(2) J. P., 7, 2, 403.
(3) R. G. , 9, 2, 29 ; CHABOT DE L'ALLIER , ib.
(4) R. G., 13, 2, 318 ; J. P., 1810, 3, 44 ; CHABOT DE L'ALLIER, ib.
122 PARTE TERZA

in virtù di una legge nuova anche le ipoteche acquistate


vigendo una legge che tale riduzione non conosceva od
esplicitamente escludeva . Se , all'infuori del detto caso , il
ridurre una iscrizione ipotecaria anteriore alla legge nuova
fosse veramente uno scemare il diritto del creditore , tale
114 sarebbe certamente il carattere e l'effetto di siffatta misura

anche in confronto di una iscrizione posteriore alla legge


nuova , e l'istituto della riduzione delle ipoteche dovrebbe
dirsi essenzialmente ingiusto e riprovevole ; or come mai
nessun giureconsulto , e nessuno in particolare dei fautori
dell'opinione che noi ora combattiamo , ebbe a pronun-
ziare siffatto giudizio ? Checchè si pensi su questo punto ,

certo si è che almanco il legislatore , il quale ha introdotto


l'istituto in discorso fu persuaso di non commettere con
ciò una ingiustizia , di non ledere cioè il diritto del credi-
tore ipotecario ; ed egli è non meno certo che nessuna
legge ammette la riduzione ipotecaria , ove l'ammontare
del credito o la determinazione dei beni contengansi in una

convenzione o in una sentenza giudiziale ( 1 ) . Noi non siamo


però meno persuasi che tale opinione è conforme ai dettami
della scienza . Che una ipoteca , di cui l'oggetto o l'ammon-
tare del credito per cui venne accordata, è stato determi-
nato mediante esplicita convenzione , o mediante quel surro-
gato di una convenzione che è la sentenza giudiziale , non
possa essere ridotta in nessuno di quei capi , cosicchè nep-
pure sia lecito al legislatore lo statuire il principio contrario ,
non può essere dubbio , attesochè in tale ipotesi il diritto
acquisito dal creditore ipotecario è perfettamente deter-
minato, e non può in particolare essere lecito al debitore
di addurre la sproporzione fra l'ammontare del credito e
l'entità dei beni ipotecati , per domandare al giudice che
parte di questi beni venga liberata dal vincolo ipotecario ;
codesta riduzione non potrà mai essere fatta che mediante

( 1 ) V. per es . , art. 2025 Cod . civ. ital.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 123

nuova convenzione fra il debitore e il creditore . Ma allor-

quando l'ammontare del credito iscritto o la quantità dei


beni ipotecati non fu determinata nè mediante convenzione ,
nè mediante decisione giudiziale , il caso ci sembra molto
diverso dal precedente ; in questo caso il creditore ha bensì
perfettamente acquistato il suo diritto d'ipoteca , ma un 115
diritto non bene determinato , epperò questa determina-
zione ci sembra che il debitore possa avere la facoltà di

richiedere senza ledere con ciò il diritto quesito del cre-


ditore . Certamente codesta riduzione , specialmente rispetto
aibeni sui quali l'ipoteca è già stata iscritta , tocca e scema ,
come dicono gli scrittori citati , la sostanza del diritto
iscritto dal creditore , ma questo diritto acquistato me-
diante l'iscrizione non è il vero e proprio diritto ipotecario

originariamente acquistato , e anteriore alla stessa iscri-


zione, il qual diritto nell'ipotesi in discorso non era per
avventura siffattamente determinato . È il difetto appunto

di questa distinzione che ci sembra in pari tempo l'origine


e la condanna dell'opinione che noi combattiamo . Finchè
il debitore ipotecario non fa che invocare la legge nuova
onde assegnare all'obbligo suo la vera e precisa sua entità ,
e ciò pretende riferendosi a circostanze posteriori all'ori-
gine dell'ipoteca , e per le quali o il debito venne scemato ,
o l'originaria indeterminatezza dell'ipoteca venne a risol-
versi in un concreto eccesso di guarentigia ipotecaria , egli
non manomette la sostanza dell'obbligo suo originario , e
in certa guisa provvede soltanto al modo d'esecuzione di
quell'obbligo , il qual modo di esecuzione , che non intacca
per nulla la sostanza del diritto , noi abbiamo già detto
nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , p . 319) rimaner
sempre in balia di ogni nuova legge o provvedimento legis-
lativo . L'opinione da noi propugnata è anche stata adot-
tata dalla legge transitoria civile italiana (art . 42 , v . Vol . I ,
p. 121 , in nota).
124 PARTE TERZA

Noi ci accordiamo del resto con Chabot de l'Allier ( ib . ,

p . 308 ) nel ritenere che la riduzione delle ipoteche non


può applicarsi retroattivamente alle ipoteche legali , con
maggior ragione che alle ipoteche convenzionali . Impe-
rocchè per noi il criterio onde ammettere od escludere
tale retroattività non è riposto nell'origine dell'ipoteca ,
116 ma nel contenuto del suo titolo acquisitivo , qualunque

esso sia, secondochè racchiuda o no la determinazione


dell'ammontare della somma del credito o quella dei beni

ipotecati . Quand'anche una ipoteca sia convenzionale , se


però la somma del credito non venne fissata da conven-
zione, ma fu determinata dal creditore soltanto , oppure

se l'ipoteca fu convenuta anche sui beni futuri del debi-


tore, come il C. N. ( art . 2130) permette , potrà , a nostro
avviso , accordarsi anche retroattivamente al debitore la
facoltà di domandarne la riduzione . A torto il C. N. vietò

(art . 2161 ) la riduzione delle ipoteche convenzionali , senza


eccettuarne quelle accordate sui beni futuri , le quali vera-
mente avrebbero meritato di essere in proposito assimi-

late alle legali e giudiziarie ; e infatti disputarono molto


gli interpreti di quel Codice se la riduzione delle ipoteche
convenzionali sui beni futuri si dovesse ammettere ad

onta di quell'articolo , opinione che a noi pure , come al


Chiesi (Sist. ipot . , Vol . V , pag . 45 ) , sembra infondata . Il
Codice civile italiano , il quale ( art. 1977 ) non permette a

nessun patto ipoteche convenzionali sui beni futuri , non


ha cionondimeno ripetuto il divieto dell'art . 2161 del C. N. ,
e con miglior consiglio stabili intorno alle riduzioni un

principio generale , che a tutte quante le ipoteche può


essere applicato , siano legali o convenzionali o giudiziali .
Sembraci poi un corollario ragionevole delle cose sud-
dette il ritenere che , attuata una legge , la quale , al pari
dell'italiana , ammetta la riduzione di tutte le ipoteche
indistintamente , allorquando non sia determinata la
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 125

somma del credito o l'oggetto dell'ipoteca , sia mediante


convenzione , sia mediante sentenza giudiziale , questo prin-
cipio debba essere applicato alle ipoteche convenzionali
anteriormente acquistate , quand'anche la legge anteriore
divietasse la riduzione delle medesime.

Come rispetto alla estensione del credito guarentito ,


così anche rispetto all'estensione dei beni sui quali cade
l'ipoteca deve per regola generale , come osserva il Chabot 117

de l'Allier (v° Hypoth . , § 2) , essere sempre determinata


dalla legge o dalla convenzione da cui fu posta in essere ,
e non può venire ristretta nè allargata da una legge nuova .
Imperocchè tanto l'uno elemento quanto l'altro sono egual-
mente essenziali al diritto ipotecario , e non è meno acqui-
sito e inviolabile il diritto del creditore rispetto al primo
che rispetto al secondo.

A buon diritto quindi un Decreto emanato nel Regno


d'Italia il 25 ottobre 1808 ( 1 ) , le Disposizioni transitorie
della legge ipotecaria belgica del 1851 (art . 19 ) , e poscia
le Disposizioni transitorie per l'attuazione del Codice civile
del Regno d'Italia ( art . 39) conservarono espressamente

le ipoteche legali e convenzionali sui beni futuri , acqui-


state sotto l'impero delle leggi precedenti , e non più
ammesse dal nuovo sistema ipotecario , ordinandone la
iscrizione speciale rispetto ad ogni immobile acquistato
successivamente dal debitore . La stessa opinione venne
difesa in Italia dal valente consigliere Melegari ( 2 ) , e in

Francia dal Kalindero (pag . 166) , e fu contraddetta sol-


tanto dall'Ordinanza transitoria amburghese del 28 lu-
glio 1814 (§ 22 , v . Vol . I di quest'opera , pag . 76 , i . n . ) .
Più volte anche la giurisprudenza pratica ha proclamato

(1) Boll. delle leggi del regno d'Italia, parte 2ª, pag. 883.
(2) MELEGARI, Decis. del sup. trib. di revis. di Parma, Reggio 1855 , vol. 5 ,
pag. 357.
126 PARTE TERZA

l'esposta dottrina. Così per esempio la Corte d'appello


di Bourges con sentenza 19 giugno 1824 ( 1 ) dichiarò
che l'articolo 551 del Codice di commercio del 1807 , il

quale restringe l'ipoteca legale accordata alla moglie dal-


l'articolo 2135 C. N. , in caso di fallimento del marito ,
ai soli beni immobili da questo posseduti nel giorno della
celebrazione del matrimonio, non si dovesse applicare

alle donne maritate prima dell'attuazione del Codice di


commercio ; e lo stesso dichiarò la Corte di cassazione

118 di Parigi con sentenza 9 aprile 1854 ( 2 ) anche rispetto


alle obbligazioni sottoscritte dalla moglie insieme al ma-
rito dopo l'attuazione di quel Codice . Giustamente invece
ebbe a dichiarare la Corte d'appello di Firenze con sen-
tenza 12 marzo 1869 ( 3 ) che il privilegio conferito dalla
legge toscana 2 maggio 1836 alla moglie sull'universalità
dei mobili del marito , sussiste , se posta in essere vigente
quella legge , anche dopo l'attuazione del Codice civile

italiano , che più non lo ammette. Similmente è a rite-


nersi che , sebbene il Codice civile italiano non ammetta
privilegi generali sui mobili e sugli immobili , come li
ammette il C. N. ( art . 2104) e taluno dei Codici civili che
prima vigevano in Italia , e ai crediti privilegiati sulla
generalità dei beni immobili accordi soltanto una prefe-
renza in confronto dei crediti chirografari sul prezzo degli

immobili del debitore , dopo soddisfatti i creditori ipote-


cari (art . 1963 ) , pur nondimeno i privilegi di quel genere
acquistati per avventura prima dell'attuazione di quel
Codice in virtù di qualcuna delle antiche legislazioni ,
continueranno a sussistere anche dopo , purchè vengano

iscritti sugli immobili a termini dell'articolo 36 delle


disposizioni transitorie per l'attuazione del Codice mede-

( 1 ) D. , R. , voce Faillite, n . 1077.


(2) Ib.
(3) A. G., III , 2, 27.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 127

simo. Non si può invece approvare l'ordinanza transi-


toria di Brema del 13 agosto 1814 , dove stabilisce (§ 68 ,
v. Vol . I, di quest'opera , p . 89 , i . n . ) che i privilegi sui
mobili , surti sotto l'impero del C. N. , non avranno effetto
che sui mobili acquistati durante l'impero di quel Codice,
limitando così l'estensione obbiettiva data a quei privi-

legi dalla legislazione anteriore , e il diritto alla quale era


non meno acquisito e da rispettarsi dello stesso diritto
al privilegio .

Alcuni giureconsulti opinano che , se una legge nuova


aumenta l'estensione dei beni su cui cade una ipoteca

legale , debbasi tal legge applicare anche alle ipoteche già


costituite, salvi i diritti di priorità per avventura acqui-
stati da altri creditori prima dell'attuazione della legge 119
nuova sui beni a cui questa estende l'ipoteca . Noi non
possiamo però dividere questa opinione , e pensiamo invece
col Chabot de l'Allier (v° Hypoth . , § 11 ) che il principio
esposto precedentemente non soffra eccezione alcuna , nep-
pure rispetto alle nuove estensioni di ipoteche legali .
Imperocchè non potendo essere retroattiva , come in se-
guito vedremo , una legge introduttiva di una nuova ipo-
teca legale , neppure può essere retroattiva una legge
estensiva di una ipoteca di questo genere . Noi opiniamo
quindi eziandio col citato scrittore ( ib . ) che l'articolo 2123
del Codice Napoleone , il quale sottopone all'ipoteca giudi-
ziale non soltanto i beni che il debitore possedeva nel

giorno del giudizio , ma quelli eziandio che il medesimo


verrà in seguito acquistando , non si possa applicare alle
ipoteche giudiziali acquistate sotto l'impero della legge
11 brumale anno VII , che i beni futuri del debitore non
contemplava . Contraddicono alla esposta dottrina le sen-
tenze del 3 gennaio 1844 ( 1 ) e del 10 aprile 1850 (2)

(1) D., R., voce Faillite, n . 1036 .


(2) J. P., vol. 55, pag . 874 .
128 PARTE TERZA

della Corte di cassazione di Parigi , colle quali fu deciso


che la moglie di un commerciante maritata prima del 1838
sotto l'impero dell'antico Codice di commercio francese ,
il quale all'articolo 541 le accordava ipoteca , in caso del
fallimento del marito , soltanto sui beni posseduti da
questo nel giorno della celebrazione del matrimonio , po-
tesse dopo la pubblicazione del nuovo Codice di commercio ,
avvenuta in quell'anno , al verificarsi del fallimento del

marito approfittare dell'art . 563 di questo nuovo Codice ,


il quale accorda alla moglie del commerciante fallito ipo-
teca anche sui beni pervenuti al marito durante il matri-
monio mediante successione o donazione fra vivi o testa-

mentaria . Ma per quanto ingegnosa sia l'argomentazione


adoperata a sostegno di questa tesi , specialmente dalla
seconda delle citate decisioni , essa non ci persuade . Leg-

120 gesi infatti in quella sentenza : " attesochè l'articolo 2121


del Codice civile accorda una ipoteca legale alle mogli
sui beni dei loro mariti , in modo generale , e qualunque
sia la professione dei medesimi ; attesochè per frenare
le frodi che compromettevano la sicurezza del commercio ,
e arricchivano le mogli a danno dei creditori dei falliti ,
il Codice di commercio restrinse l'ipoteca legale agli immo-
bili che i commercianti falliti possedevano nel giorno

della celebrazione del matrimonio ; attesochè questa restri-


zione eccedeva lo scopo del legislatore , perchè i beni pro-
venienti da successione o donazione non potevano essere

considerati come comperati col danaro dei creditori e


colla mira di toglierne il valore per mezzo dell'ipoteca
legale ; attesochè quando fu riveduto il titolo del Codice
di commercio relativo ai fallimenti , la legge 28 maggio
1838 modificò la disposizione troppo restrittiva di quel
Codice , cui sostituì l'articolo 563 , che accorda ipoteca
legale alle mogli non soltanto sugli immobili posseduti

dai loro mariti all'epoca del matrimonio , ma eziandio su


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 129

quelli che in seguito loro fossero pervenuti , sia per suc-


cessione , sia per donazione tra vivi e testamentaria ;
attesochè dalla legge 28 maggio 1838 in poi l'articolo 563
è diventato il diritto comune, e ha governato l'ipoteca

delle mogli in tutti i fallimenti aperti posteriormente ; atte-


sochè, applicando questo articolo alle donne maritate
prima della pubblicazione di detta legge, benchè sianvi

creditori chirografari anteriori a quest'epoca , non gli si


dà un ingiusto effetto retroattivo , perchè quei creditori
non avevano rispetto alla moglie del fallito e contro
l'ipoteca reclamata da essa diritti acquistati definitiva-
mente, e conferiti irrevocabilmente ; che i loro titoli infatti

non davano loro nessuna causa di preferenza , nessun di-


ritto singolare o speciale sugli immobili del loro debitore ,

il quale poteva validamente alienarli o ipotecarli ; che , sot-


toposti così alle eventualità delle convenzioni fatte dal
fallito , finchè questi avesse conservato il libero esercizio
dei suoi diritti , tanto più quei creditori debbono sotto-
porsi alle modificazioni legislative volute e suggerite dal 121
pubblico interesse e dalla esperienza ; attesochè del resto
il fallimento solo dava ai creditori il diritto di fare restrin-
gere l'ipoteca legale delle mogli in virtù dell'articolo 551

del Codice di commercio ; che l'apertura del fallimento è


sempre un fatto cadente sotto l'impero della legislazione
attuale , e che questo fatto eccezionale non ha rispetto ai
crediti surti anteriormente , il carattere nè le conseguenze

di una condizione , a cui si possa applicare l'articolo 1179


Codice civile ; attesochè la sentenza impugnata constata
che D. falli alla fine dell'anno 1849 , e che gli immobili
sui quali la convenuta fu collocata provenivano dalla suc-
cessione del padre di D. morto nel 1824 ; attesochè in tali
circostanze giudicando che la signora D. aveva un'ipo-
teca legale su questi immobili , la Corte Regia di Gre-
noble non ha violato l'articolo 2 del Codice civile nè
GABBA Retr. leggi, III. 9
130 PARTE TERZA

quindi l'antico articolo 551 del Codice di commercio, e


che essa fece una giusta applicazione dell'art . 563 dello
stesso Codice , ecc . , . Ma a questo ragionamento noi rispon-
diamo : che la ragione dell'art . 541 del vecchio Codice di
commercio francese non esclude che l'ipoteca assegnata

dal medesimo alla moglie dal commerciante sia meno


estesa di quella accordatale dalla legge 28 maggio 1838 ;
che i creditori chirografari del commerciante fallito non
aveano bensì quesito nessun diritto sui beni acquistati dal
commerciante per successione o per donazione dopo il
suo matrimonio , ma che avea invece quesito il commer-
ciante medesimo col suo matrimonio il diritto di appog-

giare il proprio credito mercantile anche su quei beni , e


che ad ogni modo la moglie del commerciante , maritata
vigendo l'art. 541 del Codice di commercio , aveva quesito

ipoteca legale soltanto sui beni posseduti dal marito al-


l'atto della convenzione matrimoniale ; che l'eventualità
del fallimento del marito commerciante , in qualunque
tempo avveratasi , non è che una condizione onde la

moglie faccia valere il proprio diritto di ipoteca , quale


122 ebbe ad acquistarlo col matrimonio , e le condizioni dei
diritti acquisiti noi sappiamo non ostare per nulla alla
perfezione ed irrevocabilità di questi (v . Vol. I , pag. 231 ) .
Collegasi col discorso della estensione dell'ipoteca
rispetto ai beni su cui cade, la quistione se , introdotto per
la prima volta nella legislazione il principio che le somme
dovute dagli assicuratori per la rovina o pel deteriora-
mento delle cose soggette a privilegio od ipoteca , siano
vincolate col pagamento dei crediti privilegiati od ipotecati ,
lo si debba applicare anche ai privilegi e alle ipoteche
costituite vigendo una legislazione , che quel principio non
statuiva . La Cass . di Torino in una sentenza 23 dicembre

1873 ( 1 ) seguì l'opinione negativa , e noi pure , come

(1) M. T. , 1874, 56.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 131

abbiamo già detto sopra (pag . 100) preferiamo questa


opinione, essendoci ricreduti già nella 2ª edizione di
quest'opera (Vol . III , pag . 122) , del contrario avviso

esposto nella prima . Imperocchè , per quanto buone siano


le ragioni per le quali col legislatore si debba ritenere che
il diritto del creditore ipotecario trasfondesi , a preferenza
ed esclusione di qualunque altro creditore , nel diritto sulla
indennità di assicurazione , quando la cosa ipotecata sia
perita , egli è però sempre vero che la designazione dei
beni sottoposti al vincolo ipotecario , contenuta nel titolo
da cui l'ipoteca proviene , non contemplava fra quei beni
la detta indennità , prima che una legge espressamente
congiungesse questa a quelli . E se in difetto di una tal

legge la giurisprudenza ( 1 ) ha sempre ritenuto che l'inden-


nità in discorso non ispetti al creditore ipotecario , appunto
perchè fra la medesima e i beni periti o deteriorati non
intercede razionalmente un vero e proprio nesso di sostan-

ziale unità ed identità , questo stesso motivo impedisce di


applicare retroattivamente la legge suddetta, la quale ,
per avere d'ora in avanti statuito quel nesso , non potè 123
tuttavia attribuirgli una necessità razionale , che propria-
mente non gli spetta , e che sola varrebbe a giustificare
codesta retroattiva applicazione (confr . Vol . I , pag. 276
e segg.) . Contrariamente pensa il Rintelen (pag. 162) , il

quale però illogicamente restringe l'opinione sua ai danni


patiti dalla cosa ipotecata dopo l'attuazione della legge
nuova.

In virtù di analoghe considerazioni noi non possiamo


ora neppure più insistere sulla opinione emessa nella
prima edizione di quest'opera (Vol . III , pag. 100 ) che ,

introdotto per la prima volta in uno Stato il principio che


il creditore ipotecario possa domandare un supplemento

(1) V. Cass. Parigi , 28 giugno 1831 , e DURANTON, 12, n. 182, 20, n. 328 ;
TROPLONG, Hypoth. , n. 890 ; PERSIL, Assur. terr., n. 44.
132 PARTE TERZA

di ipoteca, od anche il pagamento del credito in caso di


perdita dei beni ipotecati , o di un grande deterioramento
dei medesimi , debbasi questo principio applicare anche
alle ipoteche costituite sotto una legge che non lo con-
teneva.

Per converso non è dubbio neppure che l'ipoteca debbasi


estendere a tutto ciò che da una legge nuova viene dichia-
rato accessione della cosa ipotecata , come ebbe a dichia-
rare la Cassazione di Torino in una sentenza 14 settembre

1876 (1 ) . Imperocchè ci pare questa una diretta conse-


guenza del generale principio della dottrina transitoria che

la qualità giuridica delle cose è sempre determinata dalla


legge vigente quando se ne discute (v . sopra , pag . 8),
combinato coll'altro ancor più generale principio della
giurisprudenza , che l'accessorio segue la natura e la
sorte del principale (confr. Vol . I, pag . 277) .
Veniamo ora a ragionare dei veri e propri effetti giuri-
dico-reali del diritto d'ipoteca .

124 $ 9.

Continuazione. - Della iscrizione delle ipoteche.

Affinchè il diritto di ipoteca possa produrre i veri e


propri suoi effetti giuridico - reali , le moderne legislazioni
esigono quasi tutte una formalità sconosciuta affatto al
Diritto Romano , e la quale , per essere indispensabile ai
detti effetti , non si può da questi separare, e al pari di

questi forma oggetto essa pure di leggi giuridico-reali .


Tale è la formalità dell'iscrizione dell'ipoteca in appositi

libri pubblici , che da tutti gli interessati possono essere


consultati allo scopo di conoscere esattamente e facilmente
quale sia la condizione giuridica di ogni proprietà che può

(1) M. T., 1876, 1229.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 133

essere oggetto d'ipoteca . In questi libri le ipoteche devono


essere iscritte , e in questo modo rese pubbliche , e l'iscri-
zione deve farsi con speciale indicazione di ogni singolo
immobile sottoposto all'ipoteca . In alcuni Stati questa
iscrizione si fa in relazione , o , come dicono , in testa ai
singoli fondi , e tale è il sistema vigente nella maggior
parte degli Stati della Germania ( 1 ) ; in altri Stati l'iscri-
zione si fa in relazione alle persone tra le quali l'ipoteca

è costituita. In alcuni Stati tutte quante le ipoteche devono


essere iscritte onde avere efficacia , e tale è il sistema adot-
tato dal Codice civile del Regno d'Italia , in altri la iscri-
zione o pubblicità delle ipoteche è soltanto una regola
generale , a cui si danno alcune eccezioni . Di tali due dif-
ferenze la seconda soltanto è essenziale, ma tende a spa-

rire affatto , prevalendo dappertutto il principio generale , e


senza eccezioni , della pubblicità ipotecaria .
Dovunque i due principii della pubblicità e della specialità
delle ipoteche furono introdotti , essi vennero applicati a
buon diritto anche alle ipoteche anteriormente acquistate 125
in un tempo in cui quei principii erano sconosciuti . Impe-
rocchè siffatta innovazione , che il Savigny (pag . 428 ) im-
propriamente chiama introduzione di un nuovo sistema
ipotecario , non è in realtà che l'imposizione di una nuova
formalità per la conservazione e per l'efficacia pratica di
un diritto , ed ogni formalità di questo genere noi sappiamo
(v. Vol . I , pag. 319) potersi imporre senza ingiusta retro-
attività anche a diritti già acquistati , allo scopo di con-
servarli per l'avvenire . Bensì è giusto il riflesso della Cas-
sazione di Torino in una sentenza 26 gennaio 1881 ( 2 ) ,
che , come la ragione , così anche la misura delle esigenze
della legge nell'imporre nuove formalità alle ipoteche ante-
riormente acquistate , risiedono nella vera necessità di

(1) V. i già citati nostri Studi teorico-pratici intorno alla trascrizione.


(2) F. 1., 1881 , pag. 625.
134 PARTE TERZA

togliere in tal guisa l'incertezza di quei diritti . Siccome poi ,


non venendo osservata una nuova formalità imposta dalla
legge onde conservare diritti già acquistati , i subbietti di
questi diritti possono , per questa sola omissione , venirne
privati, senza che possano fondatamente dolersene per la
sola ragione che siffatta perdita non sarebbe stata possibile
vigendo la legge anteriore (ib . , pag . 334) , così a buon
diritto le moderne legislazioni , imponendo la formalità
della iscrizione anche alle ipoteche anteriormente acqui-
state, aggiungono la sanzione che, omettendosi dentro il

tempo prescritto la iscrizione di tali ipoteche , vada per-


duta la priorità ipotecaria desunta dalla data del titolo , e
soltanto rimanga possibile ai creditori di fare una iscri-
zione posteriore , prima che i beni soggetti alla ipoteca
siano passati in altre mani , ottenendo però quella sola
priorità che sarà corrispondente al giorno della ritardata
iscrizione. Non era infatti necessario comminare la perdita
del già acquisito diritto ipotecario per il fatto della ritar-
126 data iscrizione , essendochè lo scopo della legge era quello

soltanto di non permettere che le ipoteche anteriori con-


tinuassero al di là di un certo tempo ad avere efficacia
anteriormente alla loro pubblica manifestazione.
Per tali ragioni l'obbligo di iscrivere dentro un certo
tempo anche le ipoteche anteriormente acquistate , e che
le leggi anteriori non ordinavano che fossero iscritte , e la
decadenza dalla originaria priorità di tali ipoteche ove
l'iscrizione loro non sia fatta dentro il termine prescritto ,
sottentrando alla originaria priorità quella corrispondente
al giorno della fatta iscrizione , sono principii transitorii
fondamentali circa la iscrizione ipotecaria , adottati dalle
moderne legislazioni , e che la teoria della retroattività non
può che confermare . Noi li riscontriamo per es. , nella più
volte citata legge francese delli 11 brumale anno VII ,
nella Patente di promulgazione del Codice Napoleone a
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 135

Francoforte del 1 ° gennaio 1811 , nella legge transitoria


napoletana del 3 gennaio 1809 ( 1 ) , nella Legge transitoria
parmense del 4 gennaio 1820 (art . 31-36 , ib . , pp . 101-102 ,
i . n.), nella Patente transitoria sarda del 6 dicembre 1837

(articoli 18-20, ib. , pagg. 105-106 , i . n . ) , nelle Disposizioni


transitorie della legge ipotecaria belgica del 1851 ( art. 1 ) ,

nelle Disposizioni transitorie per l'attuazione del Codice


civile italiano del 30 novembre 1865 (articoli 37-43 , ib. ,

pagg. 120-121 , i . n . ) . Ed anzi talvolta è persino accaduto


che il legislatore , nello aggiungere nuove formalità conser-
vative alle ipoteche già costituite , esigesse più che non
richiedeva rispetto alle ipoteche avvenire , e così per esempio
le Disposizioni transitorie civili italiane del 1865 ( art . 38 )
vogliono che le ipoteche anteriori , sottoposte a nuova

iscrizione, perchè mancanti di designazione della somma


e degli immobili , non solo rinnovinsi facendo menzione 127
di questi elementi , ma eziandio contro gli eredi od altri
aventi causa dal debitore.
L'applicazione retroattiva dell'istituto della iscrizione.
ipotecaria dà occasione a talune avvertenze e quistioni ,
che meritano di essere studiate .

Le ipoteche anteriormente acquistate devono essere


iscritte in virtù della legge nuova , se nel giorno dell'attua-
zione di questa non hanno ancor raggiunto il pieno loro
effetto . In questa ipotesi non vi ha pretesto di sorta che
possa dispensare dall'obbligo della iscrizione . A ragione
quindi la Corte di cassazione di Parigi dichiarò con sen-
tenza del 5 febbraio 1828 ( 2) che un creditore ipotecario ,

il quale avesse trascurato di fare iscrivere la propria


ipoteca, mentre altri creditori ipotecari avevano fatto
iscrivere la loro , fosse decaduto dalla priorità che gli

(1) V. AGRESTI, Decis. delle Gran Corti civili, Modena 1858 , vol . II ,
pag. 363.
(2) R. G. , 28, 1 , 142 ; C. N., 9, 1 , 26.
136 PARTE TERZA

spettava, quantunque nel giorno dell'attuazione del titolo

relativo alle ipoteche egli fosse già diventato proprietario


dell'immobile ipotecato . Imperocchè come tale acquisto
non aveva fatto cessare il diritto ipotecario dei creditori
posteriori , così neppure poteva esimere l'acquirente credi-
tore anteriore dall'obbligo di conservare la propria priorità
in confronto di quei creditori mediante l'iscrizione . Ma
quando si dirà che l'effetto della ipoteca sia stato pie-
namente ottenuto , cosicchè cessi l'obbligo di iscriverla
conformemente alla legge nuova ?
La medesima quistione soglionsi proporre gli scrittori
della giurisprudenza ipotecaria trattando della rinnova-
zione delle iscrizioni per determinare fino a qual epoca la
medesima sia necessaria. In realtà , siccome la rinnova-
zione delle iscrizioni ipotecarie e la iscrizione delle ipo-
teche tendono al medesimo scopo , che è di conservare un

128 diritto ipotecario già acquistato , così può ben dirsi che le
varie opinioni e argomentazioni esposte circa la durata
dell'obbligo della rinnovazione si possono ripetere tali e
quali rispetto alla durata dell'obbligo della prima iscri-
zione nuovamente introdotta . Noi terremo conto di questa
analogia nel rispondere alla quistione suesposta .
Può sembrare a taluno che la iscrizione novellamente

imposta non sia necessaria , se nel giorno dell'attuazione


della legge nuova trovisi aperto il concorso sui beni del
debitore. Tale infatti è, rispetto alla rinnovazione , l'opi-

nione di Persil (Du rég . hypoth . , art . 2154 , i . f.) e di Carabelli


(op . cit. , § XLIX , 8 ) , e da parecchie sentenze di tribunali
italiani e francesi è stata confermata , per es . dalle seguenti :

Tribunale d'appello di Milano del 30 giugno 1825 ( 1 ) e


10 agosto 1853 ( 2 ) , Senato lombardo-veneto , del 12 set-

(1 ) ZINI, Giur. prat . , vol. VIII, pag. 181 e segg.


(2) Gazz. dei Trib. di Milano , 1854 , n. 66.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 137

tembre 1848 ( 1 ) , e del 20 febbraio 1849 ( 2) , Corte Impe-


riale di Grenoble del 20 febbraio 1809 ( 3 ) , Corte Imperiale
di Parigi del 17 luglio 1811 (4) , e del 9 marzo 1812 (5 ) ,
Gran Corte civile di Napoli del 28 gennaio 1829 (6 ) . Se
ne adduce da tutti per ragione il carattere giuridico del
concorso, cioè l'effetto che questo ha di " fissare irrevo-
cabilmente , i diritti dei creditori gli uni di fronte agli
altri , cosicchè neppure nessuno abbia più bisogno di con-
servare d'ora in avanti i propri diritti già acquistati
quando il concorso venne aperto . La Gran Corte civile di

Napoli nell'addotta sentenza aggiunge anche il riflesso


che : " il concorso dei creditori nel patrimonio li rende ,
ciascuno a riguardo dell'altro , pienamente scienti del
rango dei propri crediti relativamente ai crediti altrui ,. E 129
il Carabelli aggiunge pure un altro argomento desunto
dalla dottrina della prescrizione . La durata decennale
della iscrizione è , dic'egli , un termine prescrizionale del
diritto ipotecario iscritto , e la rinnovazione è un modo
di interruzione di tale prescrizione, ma non è l'unico modo ;
un altro modo di interruzione è la stessa apertura del con-
corso , e la denunzia o insinuazione di tutti i crediti e
diritti che i terzi hanno in confronto del fallito .

Ad onta di tali e tante autorità noi non possiamo accet-


tare l'opinione che nè la rinnovazione delle iscrizioni ipo-
tecarie, nè la prima iscrizione novellamente introdotta non
siano necessarie dopo l'apertura del concorso sui beni del
debitore. Noi siamo del contrario avviso , che fu già pro-

pugnato fra i francesi dal Troplong (Priv . et hypoth. , 2146 ,


n. 660 bis) , fra gli italiani dal Chiesi (op . cit . , Vol . 4 , n . 914) ,

(1) Eco dei Trib. di Venezia, 1852, pag. 296.


(2) Ib. , pag. 259.
(3) Pasicr., 1 serie, C. de cass . , vol. V, pag. 449.
(4) Pasicr., 1 serie, C. d'app. , vol . V, pag. 69.
(5) R. G. , 12, 2, 408.
(6) AGRESTI, op. cit. , vol. III , pag. 363.
138 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

e venne eziandio confermato , rispetto alla prima iscrizione ,


da una sentenza della Corte di cassazione di Parigi del
15 dicembre 1809 (1 ). Imperocchè la pubblicità delle
ipoteche è una istituzione di pubblico interesse , e come
tale non può cessare di essere un dovere pei cittadini , se
non quando sia veramente cessata la ragione su cui riposa.
La ragione dell'iscrizione e della rinnovazione delle ipo-
teche è di impedire che un diritto ipotecario venga fatto
valere in confronto del possessore di un immobile , senza
che il possessore ne conosca l'esistenza . Siffatta ragione
non può manifestamente venir meno se non quando la
stessa ipoteca sia venuta a finire , o perchè il creditore vi
abbia rinunciato , o perchè il creditore abbia pienamente
conseguito l'effetto a cui quella è destinata . Fintantochè
uno di questi fatti non siasi avverato , l'ipoteca sussiste ,
e la ragione dell'iscrizione o della rinnovazione non può
maggiormente cessare , di quello che si possa mai esclu-
130 dere l'immobile di che si tratta dalla sfera delle cose che

sono in commercio . Or bene l'apertura di un concorso


non è certamente pei creditori ipotecari nè un fatto che
implichi rinunzia al loro diritto d'ipoteca, nè un fatto
equivalente al pieno e totale esercizio del diritto ipote-
cario . Rispetto ai terzi il concorso non è neppure un fatto
che escluda ulteriori trasmissioni di proprietà degli immo-
bili gravati da ipoteca , attualmente compresi nella massa
concursuale ; imperocchè, come osserva giustamente il
Chiesi , un concordato fra i creditori e il debitore può
sospendere o modificare il corso dell'ordinaria procedura
di fallimento ; il debitore può ridiventare libero possessore
degli immobili ipotecati , e può in seguito alienarli ad
altre persone terze . Non può quindi essere stata mente
del legislatore quella di condonare l'iscrizione o la rinno-

vazione ipotecaria dopo l'apertura del concorso sui beni

(1) Pasicr ., 1ª serie, C. d. cass ., vol . V, pag . 449.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 139

del debitore, mentre era suo scopo quello di preservare

i terzi dal pericolo della occultezza dei vincoli ipotecari,


finchè questo pericolo sussista . I nostri avversari , i quali

argomentano dalla inalterabilità dei rapporti giuridici fra


creditore e debitore in conseguenza del concorso , o dalla
sicura e perfetta notizia che i creditori del fallito otten-
gono dei loro rispettivi diritti per mezzo della denunzia
di questi nella procedura concursuale , trascurano l'inte-
resse dei terzi estranei al fallimento , perdono di vista la
vera ragione della istituzione dell'iscrizione ipotecaria ,
epperò danno un debole fondamento alla loro opinione .
Questa opinione del resto non si regge neppure rispetto
alla rinnovazione in particolare , ad onta della riferita
argomentazione del Carabelli . Imperocchè , quand'anche
il periodo decennale della rinnovazione fosse un vero ter-
mine prescrizionale , come quello scrittore asserisce , gra-
tuita rimarrebbe la di lui sentenza che altro mezzo vi

fosse di interrompere tale prescrizione oltre a quello ,

affatto speciale , dalla legge introdotto . Erronea però ci


sembra la nozione che il Carabelli vuol dare di quel

periodo decennale ; la prescrizione dell'iscrizione ipote- 131


caria, che sarebbe in sostanza prescrizione del grado della
ipoteca, è un concetto inammissibile in diritto , perchè il
grado dell'ipoteca non è propriamente un diritto a sè , che
possa fare oggetto di vera e propria e separata prescri-
zione . Che se anche una separata prescrizione del grado
ipotecario fosse ammissibile , a nulla gioverebbe l'inter-
romperla, potendo sempre il grado dell'ipoteca andar

perduto insieme allo stesso diritto d'ipoteca , e la prescri-


zione di questo diritto non potendo essere interrotta nè
mediante l'iscrizione , nè mediante la rinnovazione , giusta
l'opinione del maggior numero dei giureconsulti , accolta
anche nel Codice civile italiano (art. 2127 ) . Collimano

colle ragioni suesposte i motivi della citata sentenza della


140 PARTE TERZA

Cassazione di Parigi del 1809 : " attesochè dagli arti-


coli 37 , 38 , 39 della legge 11 brumale anno VII risulta
66
l'obbligo per tutti i creditori indistintamente di iscrivere
le loro ipoteche anteriori alla pubblicazione della legge ,
46
e di fare questa iscrizione nel periodo di tempo da essa
4
indicato , onde conservare alle ipoteche il grado nascente
66
dal titolo del credito ; che del pari ne risulta pei cre-
66
ditori, i quali avessero differita l'iscrizione al di là di
66
quel periodo , avere la loro ipoteca il grado corrispon-
66
dente al giorno della fatta iscrizione ; che queste regole
66
non ammettono eccezione alcuna, ecc . „ . E di vero ,

finchè l'ipoteca esiste , perdura anche la ragione della sua


iscrizione , epperò a questo principio non può introdurre
alcuna eccezione altri che lo stesso legislatore .
Affine alla questione precedentemente discussa è l'altra ,
se vi sia, e quale sia il periodo della procedura di espro-
priazione in cui cessi la necessità della conservazione del
diritto ipotecario mediante nuova iscrizione . La stessa
quistione fanno i giureconsulti rispetto alla rinnovazione
delle iscrizioni ipotecarie , e la controversia agitata su
questo punto è considerata dal Troplong (op . cit. , arti-
colo 2151 , n . 720 ) una delle più ardue del regime ipote-
132 cario . Anche in questa questione tutto si riduce a ricer-
care se e quale periodo della procedura di espropriazione
faccia conseguire all'ipoteca il pieno e totale suo effetto .
Fra le varie opinioni state pronunziate su questa qui-
stione ve ne hanno alcune oggidì generalmente abban-
donate . Tale è per es . l'opinione che l'ipoteca abbia
raggiunto il pieno suo effetto , e non vi sia più obbligo di
rinnovarne l'iscrizione , non appena sia stato praticato il
pignoramento o saisie degli immobili ipotecati ed ora
sottoposti ad esecuzione . Questa opinione patrocinata
in Francia dal Persil (Du règ. hypoth. , art. 2154, n . 6 ) , e
in Italia dal Carabelli, almeno in certi casi (op . citata ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 141

§ XLIX, nn. 10-12) , suffragata da alcune decisioni di Corti


d'appello francesi , e da alcune del Senato lombardo-
veneto, fu condannata dalla Cassazione di Parigi con
sentenza del 31 gennaio 1821 ( 1 ) . La Cassazione di Parigi
condannò pure con due sentenze , 9 agosto 1821 (2) ,
18 agosto 1830 ( 3 ) , l'altra opinione che la rinnovazione
della iscrizione ipotecaria non fosse necessaria dopo la
notificazione del bando venale ai creditori iscritti , ed
anche questa opinione è oggidì abbandonata dalla gene-
ralità degli scrittori e dei tribunali . A ragione l'una opi-
nione e l'altra vennero in diritto francese abbandonate ,

imperocchè , come osservano i compilatori della Pasi-


crisie ( 1ª Serie , Vol . 5º, p . 51 , i . n . ) , tanto il pignora-
mento o saisie, quanto la notificazione del bando venale
non impediscono nè al debitore nè al terzo possessore
di costituire nuove ipoteche sul fondo sottoposto alla
esecuzione (4) , e questi nuovi creditori ipotecari avrebbero
certamente interesse e diritto di opporre ai precedenti il

difetto di pubblicità della loro ipoteca per la omissione


della rinnovazione . Conseguentemente noi diremo eziandio
che nè il pignoramento nè la notificazione del bando
venale ai creditori iscritti dispensano i creditori ipotecari
dall'obbligo di conservare il loro diritto d'ipoteca me- 133
diante la iscrizione per la prima volta introdotta dalla
legge.
Le opinioni fra le quali oggidì si dividono i giurecon-
sulti sono le seguenti : a) che la rinnovazione diventi su-
perflua dopo la definitiva aggiudicazione dell'immobile

espropriato ; tale è l'opinione di Troplong (op . cit . , n . 718


e segg. ) e di Duranton ( t . 20 , n . 163 ) ; vi ha però un'im-

(1 ) Pasicr. , 2 serie, C. d. cass. , vol . x , pag. 183.


(2) Pasicr. , 2 serie, C. d. cass., vol. x , pag. 369.
(3) Pasicr., 1ª serie, C. d. cass., vol . xiv, pag. 778.
(4) É noto che su questo punto la giurisprudenza italiana è tutt'altro che
concorde.
142 PARTE TERZA

portante differenza fra questi due scrittori , che in seguito


esporremo ; b) che diventi superflua dopo l'aggiudicazione
non solo , ma eziandio dopo la produzione dei titoli nel giu-
dizio di graduazione ; tale è l'opinione di Sirey (R. G. , 30,

2ª parte , § 25 ) e di Merlin (Répert. , v° Inscript. hypoth. ,


§ 8 bis, nº 5 ) ; c) che diventi superflua dopo la chiusura del
giudizio di graduazione ; tale è l'opinione di Dalloz ( Répert. ,
vº Hypoth. , n . 9) ; d) che diventi superflua soltanto dopo
il pagamento del prezzo di aggiudicazione ; tale è l'opinione
del Chiesi (op . cit . , n. 993) . Le stesse opinioni si pos-
sono ripetere tali e quali rispetto alla iscrizione novella-
mente introdotta , e noi dobbiamo quindi attentamente esa-
minarle, prima di esporre il nostro modo di vedere .
Delle quattro suesposte opinioni sembraci che la seconda

e la terza non possano essere preferite alla prima , cosicchè ,


se si dovesse fra quelle quattro opinioni sceglierne una ,
dovrebbe la scelta cadere o sulla prima o sull'ultima . In
altri termini noi non vediamo ragione per cui l'aggiudica-
zione dell'immobile espropriato non possa rendere su-
perflua la rinnovazione della iscrizione , se il giudizio di
graduazione non è stato aperto o non è stato chiuso . Ci
pare che la semplice aggiudicazione debba bastare a tale
effetto , o che , se non basti , l'aprimento o la chiusura del
giudizio di graduazione non possa influire per nulla sulla
decisione della quistione . Imperocchè il soddisfacimento
dei creditori iscritti mediante il prezzo di aggiudicazione

non è reso più sicuro dalla sola circostanza che la gradua-


zione sia stata avviata od anche la relativa sentenza sia

134 stata pronunciata . Se pendente il giudizio di graduazione


l'aggiudicatario non fa il deposito del prezzo , i creditori
iscritti non si troveranno in una situazione veramente

diversa da quella in cui erano quando la sentenza di aggiu-


dicazione è stata emanata , se non quando non solo la defi-
nitiva sentenza di graduazione sarà stata pronunciata , ma
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 143

il deposito del prezzo o il pagamento sarà stato effettuato .


Non vale l'obbietto che prima dell'apertura del processo

di graduazione i creditori iscritti e non esproprianti non si

possano dire propriamente aver fatto uso del loro diritto ,


imperocchè oltre che questo argomento è del tutto formale ,
e non giova che alla prima delle due opinioni in discorso ,
esso non ha poi alcun valore ove si pensi che , se la sen-
tenza di aggiudicazione è stata pronunciata prima dell'apri-
mento del giudizio di graduazione , e quindi prima che nes
suno dei creditori iscritti avesse fatto valere il proprio
diritto in confronto dell'aggiudicatario , questi però nell'atto
di acquisto si è obbligato a pagare tutti i creditori che nel
giudizio di graduazione si sarebbero presentati e che nella
definitiva sentenza di graduazione sarebbero stati ricono-
sciuti e collocati , epperò non può eccepire contro nessuno
di quei creditori la omessa rinnovazione fra la sentenza di

aggiudicazione e l'aprimento del giudizio di graduazione .


Rimane dunque a decidere se la necessità della rinno-
vazione, e quindi anche la necessità della prima iscrizione
novellamente introdotta , cessino dopo la sentenza di aggiu-
dicazione , o soltanto dopo l'avvenuto pagamento .
Coloro i quali opinano che la vendita all'incanto faccia
cessare la necessità di rinnovare la iscrizione ipotecaria ,

reputano che mediante l'aggiudicazione l'effetto dell'ipoteca


sia pienamente raggiunto . Quest'ultima tesi è stata più volte
propugnata con ragioni che noi troviamo chiaramente com-
pendiate in una sentenza della Corte di cassazione di Torino ,

del 1 ° luglio 1865 ( 1 ) . " Attesochè il diritto di seguito (2) , 135


inerente all'ipoteca , è esaurito dal di della delibera , e i
beni subastati passano liberi da ogni privilegio od ipoteca
nel deliberatario, pagando questi il prezzo ai creditori
allora iscritti secondo il rispettivo loro rango , nel cui inte-

(1 ) Collezione delle sentenze di Cassazione , anno 1865 .


(2) Infelice traduzione dell'espressione francese : droit de suite.
144 PARTE TERZA

resse ed a cui istanza è seguita la vendita ; che invero dal


dì della vendita , venendo sostituito all'immobile ipotecato
il prezzo del medesimo che in forza della intervenuta nova-
zione il deliberatario si è personalmente obbligato di cor-
rispondere ai creditori iscritti , l'ipoteca ha ottenuto il pieno
suo effetto , e se il pagamento ordinariamente non ha luogo
che dopo l'emanazione della graduatoria , ciò però non
esclude che esso sia dovuto ai creditori aventi diritto al

medesimo sin dal giorno stesso della vendita , e che da


tale epoca siano pure dovuti i relativi interessi ; imperocchè
la graduatoria non essendo attributiva , ma soltanto dichia-
rativa dei diritti dei creditori , quali esistevano all'epoca
della vendita , in qualunque tempo quella avvenga , risale
pur sempre nei suoi effetti all'epoca anzidetta ; ecc . „ . Così
ragionano in sostanza anche il Duranton , il Troplong e il
Carabelli ; così ragionò anche la Corte di cassazione di

Parigi in una sua sentenza del 5 aprile 1808 ( 1 ) , e poscia


il Senato lombardo -veneto in una sua decisione del 9 feb-

braio 1846 ( 2) , e ne inferirono che dunque dopo l'aggiu-


dicazione dello stabile espropriato la rinnovazione della
iscrizione ipotecaria manchi affatto di ragione , sia anzi
una contraddizione al concetto del pieno conseguimento
dell'effetto dell'ipoteca mediante l'espropriazione e l'aggiu-
dicazione avvenute . Il Codice civile albertino (art . 2242)
accolse pure questa dottrina .

I fautori però della medesima sono ben lungi dal pro-


136 fessarla in modo assoluto e generale , e senza eccezione
alcuna. Il Troplong (op . cit . , n . 722 bis) e il Carabelli
(op. cit . , p . 14) dicono espressamente che la loro opinione

vale rispetto alle ipoteche iscritte prima della espropria-


zione , e se il primo acquirente all'incanto paghi , oppure

(1) Pasicr., 1ª serie, § 5 , Cass. , vol . 5º, pag. 5.


(2) Giornale di giurispr. pratica di BERETTA, 1846, pag. 69, e CARABELLI
(1. c.).
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 145

un ulteriore acquirente in un ulteriore incanto praticato a


rischio del primo acquirente che non abbia adempiuto agli
obblighi assunti in confronto dei creditori iscritti , ma non
vale invece rispetto ai terzi i quali acquistino l'immobile
in via amichevole dall'aggiudicatario che non abbia pagato ,
e per di più abbia anche venduto l'immobile per proprio
conto, e neppure vale rispetto ai nuovi creditori ipotecari
che per avventura abbiano ottenuto un'ipoteca in confronto
di uno di quei terzi . Questi nuovi acquirenti e creditori ,
insegnano i citati giureconsulti , non hanno il dovere di
riconoscere le ipoteche già iscritte sul fondo precedente-
mente espropriato , se non sono state debitamente conser-
vate , nè in particolare se ne fu omessa la rinnovazione
dopo l'avvenuta aggiudicazione.
Codesta riserva era certamente imposta dai fondamen-
tali principii del diritto ipotecario , nè valgono contro di
essa le obbiezioni del Duranton ( 1. c . , n . 166 ) , il quale
ritiene superflua la rinnovazione dell'iscrizione dopo la
aggiudicazione , sia che l'immobile venga rivenduto per
conto dei creditori , sia che venga rivenduto per conto del-
l'aggiudicatario , e in questo ultimo caso anche se il nuovo
acquirente lo abbia gravato di nuove ipoteche . Dice il
Duranton che in ogni caso l'aggiudicatario non può tra-
smettere ai suoi successori l'immobile acquistato se non
colle ipoteche di cui era gravato e che avevano ottenuto
il loro effetto , ma ciò non è appunto vero se non a patto
che le ipoteche siano state debitamente conservate , ove il
secondo acquirente non sia aggiudicatario egli stesso in
un incanto operato contro il primo per titolo di inadem-
pimento dei patti d'acquisto e a tutto rischio di lui . Altri-

menti , osserva giustamente il Chiesi ( op . cit . , n . 99 , vol . IV , :::7


p. 392) , in ogni caso di vendita volontaria si dovrebbe rite-

nere cessato l'obbligo di rinnovare le iscrizioni ipotecarie.


Ma se giusta per se medesima è la riserva apposta alla
GABBA - Retr. leggi, III. 10
146 PARTE TERZA

dottrina in discorso , essa fa in pari tempo apparire questa

medesima dottrina come incerta e pericolosa nella pratica .


Imperocchè, se dopo la sentenza di aggiudicazione l'omis-
sione della rinnovazione , o della prima iscrizione nuova-
mente introdotta , deve nuocere o non nuocere ai creditori

iscritti , secondochè l'aggiudicatario , non avendo pagato ,


venderà o non venderà per proprio conto l'immobile aggiu-
dicatogli , e il nuovo acquirente costituirà o non costituirà

sul medesimo ipoteche, non si può dunque dire quello un


suggerimento , un principio praticamente sicuro . Imperocchè
lungi dal poterlo riconoscere vero e sicuro all'atto di appli-
carlo , il decidere in proposito dipende invece da eventualità
posteriori a tale applicazione .
Questo è appunto il riflesso pel quale noi non possiamo
convenire nell'opinione in discorso , e che ci sembra dover
bastare a dissuaderne chicchessia . Noi pure converremmo
col Troplong e col Carabelli che la rinnovazione dell'iscri-

zione ipotecaria fosse superflua dopo l'aggiudicazione del-


l'immobile ipotecato , e quindi anche riterremo superflua
dopo questo fatto la prima iscrizione novellamente intro-

dotta , se i creditori iscritti non potessero poi in nessun


caso trovarsi in presenza di nuovi acquirenti e creditori
ipotecari , non aventi alcun rapporto con essi . In tal caso
le ragioni addotte da quegli scrittori parrebbero anche a
noi convincenti e decisive , perchè ragioni relative appunto

alle sole persone fra le quali l'espropriazione si agita , che


sono i creditori iscritti , il primo aggiudicatario , e gli aggiu-
dicatari ulteriori. Ma siccome quell'ipotesi non sempre si

verifica , e , non verificandosi , i principii fondamentali del


gius ipotecario darebbero ai nuovi acquirenti e creditori ,
138 estranei alla procedura di espropriazione , il diritto di ecce-
pire la mancata rinnovazione o prima iscrizione poste
riormente alla aggiudicazione , così quella opinione e le
ragioni su cui si appoggia ci sembrano parziali , e non atte
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 147

a decidere la quistione totalmente e nella sua generalità .


Accettare siffatta opinione come il vero intendimento del
legislatore , non ci pare possibile senza attribuire a questo
una imprudenza ingiustificabile e veramente senza esempio .
Dice benissimo il Chiesi (1. c . , p . 387 ) : " se vi è un caso
in cui l'aggiudicazione non possa dare alle iscrizioni il loro
effetto legale , questo solo caso basta a persuadere che
l'aggiudicazione definitiva del fondo espropriato non può
essere considerata come il punto vero dal quale le iscri-
zioni ottengono il loro legale effetto . Per noi l'inten-
dimento del legislatore nella quistione attuale non può
scientificamente supporsi quello di condonare la rinnova-
zione , o la prima iscrizione novellamente introdotta , fin-
tantochè vi sia pericolo che i creditori iscritti e non sod-
disfatti si trovino in presenza di terze persone , acquirenti

o creditori ipotecari , estranee alla espropriazione . Vero è


che in codesta maniera il difetto di rinnovazione o di prima
iscrizione dopo l'aggiudicazione definitiva se lo potranno
eccepire fra di loro i creditori iscritti durante il giudizio
di graduazione , anche nel caso in cui non siasi verificata
l'eventualità in vista della quale noi sosteniamo l'opinione

nostra , ma quante volte le leggi producono certi inconve-


nienti onde evitarne di maggiori , e nella necessaria loro
generalità approdano anche a persone o a casi , pei quali
soltanto non sarebbero state escogitate ? Non sarà poi
inutile l'osservare che la dottrina da noi propugnata nel-

l'attuale quistione è sostanzialmente analoga a quella che


abbiamo esposta circa la rinnovazione e prima iscrizione
delle ipoteche dopo l'apertura del concorso sui beni del
debitore ipotecario . Imperocchè anche rispetto al concorso
sarebbesi potuto distinguere fra il caso in cui i beni del
fallito venissero distratti , e quello in cui ritornassero nella
di lui libera disposizione in seguito a concordato , e nel 139
primo caso sostenere la non necessità della rinnovazione
148 PARTE TERZA

ipotecaria e della iscrizione ipotecaria nuovamente intro-


dotta , dopo l'apertura del concorso , sostenerne invece la
necessità nel secondo . Ma questa dottrina avrebbe avuto
gli stessi pericoli pratici e la medesima sconvenienza
teorica che abbiamo additato nella dottrina analoga del
Troplong e del Carabelli circa la rinnovazione posteriore
alla definitiva aggiudicazione .

L'opinione da noi propugnata ha per sè anche la lettera


del Codice civile italiano per ciò che riguarda la rinnova-
zione , cosicchè per analogia noi riteniamo che anche la
prima iscrizione novellamente introdotta non sia certa-
mente superflua nell'intendimento del legislatore italiano
dopo l'avvenuta aggiudicazione . Imperocchè l'art . 2003 di
quel Codice statuisce che l'obbligo della rinnovazione per
conservare gli effetti delle precedenti iscrizioni cessa nel
caso di espropriazione forzata coll'iscrizione dell'ipoteca
legale nascente dalla vendita all'incanto contro il compra-
tore pel pagamento del prezzo . Lo che è quanto dire che ,
se questa ipoteca legale del venditore non venisse iscritta,

l'obbligo della rinnovazione continuerebbe , colle ordinarie


conseguenze in caso di omissione , e che la iscrizione del-

l'ipoteca legale suddetta è un surrogato della rinnovazione.


Per verità codesta interpretazione è stata riprovata da una
sentenza della Corte di cassazione di Torino del 7 maggio
1869 ( 1 ) , nella quale è detto che l'ipoteca legale nascente
dalla vendita all'incanto è introdotta soltanto allo scopo

di guarentire i creditori chirografari del debitore espro-


priato dalla concorrenza dei creditori ipotecari e chiro-
grafari del deliberatario ; ma questa interpretazione ci
sembra far violenza alle espressioni della legge, e non
confortata con ragioni plausibili neppure in apparenza .

140 Imperocchè , se si dovesse ritenere che la ipoteca legale in

(1 ) M. T. , 1869, n. 22.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 149

discorso non riguardasse i creditori ipotecari dell'espro-


priato , per la ragione che deve essere iscritta dal cancel-
liere del tribunale , bisognerebbe anche ritenere che nello
stesso Codice civile italiano l'ipoteca legale della moglie.
(art. 1969 , 4°) non fosse introdotta a vantaggio di questa ,

perchè l'obbligo di iscriverla spetta al marito e al notaio


(art. 1982 ) , e che a vantaggio del venditore non fosse intro-
dotta la ipoteca legale a guarentigia del prezzo non pagato
(art . 1969 , 1º) perchè l'obbligo di iscriverla incombe al
conservatore delle ipoteche nell'atto di trascrivere l'alie-
nazione (art . 1985 ) .

Ci rimane ora a dire dell'ultima delle opinioni enume-


rate , di quella cioè che l'obbligo della rinnovazione non
cessi prima dell'avvenuto pagamento dei creditori iscritti
sul fondo espropriato . Considerando questa opinione iso-
latamente , ci pare che meriti di essere corretta e comple-
tata aggiungendo e parificando al pagamento del prezzo ,
il deposito di questo . Così corretta e completata , l'opinione
del Chiesi ci sembra la sola giusta e sicura , tanto in teo-
rica quanto in pratica . Invero , avendo noi combattuto le
altre opinioni , e principalmente l'ultima esaminata , alle-
gandone il pericolo pratico e la teorica sconvenienza ,
attesochè sia sempre possibile anche dopo l'aggiudicazione
che terzi acquirenti o creditori ipotecari eccepiscano il
difetto di rinnovazione o di prima iscrizione , ora dobbiamo
inferirne che dunque prima del pagamento o del deposito
del prezzo non cessi l'obbligo della rinnovazione , o della
prima iscrizione novellamente introdotta , perchè soltanto
dopo l'uno o l'altro di quei fatti l'accennata eventualità
può dirsi veramente diventata impossibile.

Domandano finalmente gli scrittori del diritto ipotecario


se e fino a quando la rinnovazione delle iscrizioni ipotecarie
sia necessaria pendente il processo di purgazione delle ipo-
150 PARTE TERZA

141 teche iscritte. Anche questa questione può ripetersi alla


prima iscrizione novellamente introdotta.

Due sono principalmente le opinioni che in tale argo-


mento dividono i giureconsulti . Vi ha chi pensa cessare
l'obbligo della rinnovazione dopo che il terzo possessore
ha fatto ai creditori iscritti notificazione del suo acquisto ,
e offerta di pagarli col prezzo notificato , e tale è l'opinione
fra gli altri , del Troplong (op . cit . , art . 2154 , n . 723 ) e
del Duranton (op . cit . , art . 2154 , n . 167 ) . Altri , fra i quali
il Chiesi ( op . cit . , n . 993 ) , opinano invece che l'obbligo
della rinnovazione non cessi se non dopo il pagamento

dei creditori o il deposito del prezzo per parte del terzo


possessore . I fautori della prima opinione però differi-
scono fra di loro nel senso che alcuni , e fra questi il
Troplong, non ammettono cessato l'obbligo della rinno-
vazione dopo l'avvenuta notificazione e offerta di paga-
mento , se non alla condizione che , spirati quaranta giorni
dopo quel fatto , nessuno dei creditori iscritti domandi
l'incanto , e il terzo possessore paghi o depositi il prezzo ,
altri invece , e fra questi il Duranton , appongono soltanto
la condizione che l'incanto non venga dopo quaranta

giorni domandato da nessun creditore .


Se noi dovessimo scegliere fra l'avviso del Troplong e
quello del Duranton , non sarebbe certamente a questo
ultimo che daremmo la preferenza . Imperocchè il Du-
ranton ci condurrebbe a ritenere che , se nel frattempo
fra il decorso dei quaranta giorni e il pagamento o depo-
sito del prezzo , il terzo possessore avesse costituito nuove
ipoteche sul fondo che dev'essere purgato , oppure avesse
venduto questo fondo ad altri , queste terze persone non
potessero eccepire ai creditori iscritti precedentemente il
difetto di rinnovazione , la quale sentenza , come giusta-
mente osservano il Chiesi (loc . cit . ) e il Persil ( op . cit. ,
art. 2154 , n . 5 ) , contraddirebbe al concetto della pubbli-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 151

cità ipotecaria. Ma neppure l'opinione del Troplong ci


sembra soddisfacente . Imperocchè l'effetto pratico di questa
opinione sarebbe che i creditori iscritti , non rinnovando 142
l'iscrizione dopo la notificazione , correrebbero il rischio
di perdere la priorità , se , dopo i quaranta giorni dalla
notificazione , il terzo possessore non pagasse nè deposi-
tasse il prezzo , oppure venisse avviata la procedura di
espropriazione dietro domanda di qualche creditore .
Questa dottrina è manifestamente analoga a quella dello
stesso autore intorno alla non necessità della rinnovazione

dopo la sentenza di aggiudicazione nella procedura di


espropriazione , epperò obbiezioni analoghe a quelle che
noi già facemmo alla seconda si possono sollevare anche
contro la prima . Non è maggiormente possibile , a parer
nostro , nel primo caso che nel secondo ritenere che il

legislatore abbia inteso di far dipendere la necessità della


rinnovazione da circostanze che al momento in cui la
iscrizione dovrebbe essere rinnovata non si possono con

certezza prevedere . Più ragionevole ci sembra invece la


opinione che anche dopo avviata la procedura di purga-
zione il legislatore non abbia inteso di prosciogliere il
creditore ipotecario dall'obbligo di rinnovare l'iscrizione
prima che i creditori iscritti siano stati pagati , oppure il
prezzo sia stato depositato . Noi concludiamo quindi col
Chiesi (loc . cit .) che , non ostante la notificazione e l'of-

ferta del prezzo per parte del terzo possessore , i credi-


tori iscritti debbono allo scadere del decennio rinnovare

la loro iscrizione, e che quest'obbligo cessa soltanto dopo


il pagamento o il deposito del prezzo , sia che nessuno dei
creditori abbia domandato l'incanto , sia che l'incanto sia
stato domandato e sia stata anche fatta l'aggiudicazione
del fondo sottoposto a purgazione . La stessa conchiusione
applichiamo alla prima iscrizione ipotecaria novellamente
introdotta dal legislatore .
152 PARTE TERZA

Ci conferma in questa opinione l'autorità del Codice


143 civile italiano , il quale ( art. 2003 ) non dispensa i credi-
ditori iscritti dall'obbligo della rinnovazione dopo avviata
la procedura di purgazione , finchè non sia stata iscritta
a vantaggio della massa di quei creditori l'ipoteca legale
del venditore ( art. 2042) .

Voglionsi accuratamente distinguere le nuove leggi


introduttive della iscrizione ipotecaria dove questa forma-
lità non era praticata , da quelle che regolano la iscri-
zione già accolta e vigente nel sistema ipotecario come
condizione indispensabile per l'acquisto e la validità del-
l'ipoteca. Invero per tutti i creditori ipotecari i quali acqui-
starono il diritto all'ipoteca dopo l'introduzione del sistema
della pubblicità ipotecaria , l'iscrizione della loro ipoteca
non è soltanto un dovere , ma è anche un diritto acqui-
stato insieme alla ipoteca , affinchè questa ottenga il suo
effetto . Siffatto diritto quesito alla iscrizione dev'essere
rispettato alla pari di qualunque altro . Emanata quindi
una legge , la quale , ad es . della legge francese del 3 set-
tembre 1807 , statuisse non potersi iscrivere l'ipoteca giu-
diziale nascente da un giudizio di ricognizione di scrittura,
a termini dell'art. 2123 C. N. , prima della scadenza del
debito confessato nel documento , siffatta legge si appli-
cherebbe certamente alle sentenze di quella specie ema-

nate dopo la sua attuazione , quand'anche l'obbligazione


attestata nel documento avesse una origine anteriore.

Imperocchè l'ipoteca giudiziale è propriamente un effetto


della sentenza , e non già dei diritti dichiarati da questa.
Ciò ebbe a dichiarare anche la Corte di cassazione di

Parigi con sentenza del 5 giugno 1833 ( 1 ) . Ma se una sen-


tenza di ricognizione di scrittura fosse stata emanata
prima del giorno dell'attuazione della legge suddetta , nè
(1 ) R. G. , 34, 1, 644.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 153

prima di questo giorno l'ipoteca giudiziale da essa nascente


fosse stata iscritta , sarebbe la legge nuova ostacolo alla
iscrizione fintantochè l'obbligazione riconosciuta non fosse 144
anche scaduta ? Noi non lo crediamo , visto che la nuova
legge in discorso non dichiarò essa stessa di essere una

interpretazione della legge precedente (v. Vol . I , pag. 25 ) ,


imperocchè altrimenti , negandosi al creditore il diritto di
iscrivere anche prima di quell'epoca la propria ipoteca ,

gli si toglierebbe propriamente il diritto ipotecario acqui-


stato mediante la sentenza in confronto di altri creditori

i quali dopo la sentenza e prima della scadenza del debito


riconosciuto avessero ottenuto ed iscritto una ipoteca a
carico del medesimo debitore.

Si domanda se alle ipoteche acquistate , ma non ancora


iscritte vigendo un sistema di pubblicità ipotecaria , si
applichi una legge nuova che stabilisca in certi casi un

termine per la iscrizione, e per es . una legge nuova che


invalidi la iscrizione dentro un certo periodo anteriore al-

l'apertura del concorso , oppure la vieti dopo l'apertura di


una successione beneficiaria sui beni del debitore . Sulle

prime parrebbe di no , perchè altrimenti il creditore ipo-


tecario , il quale soltanto per effetto della legge nuova si
trovasse non avere iscritto in tempo la propria ipoteca.

acquistata vigendo una legge che nessun termine fissava


alla iscrizione fuorchè il termine prescrizionale , patirebbe
un danno che l'antica legge gli dava diritto di non pre-
vedere. Ma , ben riflettendo , quest'opinione è erronea , e
l'addotto argomento non sussiste . Imperocchè nel supposto

caso non si può dire propriamente che la legge anteriore


guarentisse al creditore l'efficacia della iscrizione fatta
dentro il termine in cui la legge nuova la divieta , ma piut-
tosto si deve dire che la legge anteriore nessun termine
prestabiliva alla iscrizione fino al decorso della prescri-
zione , e per tutto questo tempo lasciava che la iscrizione
154 PARTE TERZA

fosse efficace o inefficace secondochè il creditore avesse


o non avesse avuto la fortuna di antivenire le eventualità

che possono rendere inutile una iscrizione ipotecaria senza


145 il fatto del creditore . La legge nuova adunque non toglie

al creditore ipotecario anteriore un diritto ad un termine


più lungo , che veramente la legge antica non gli aveva
dato , e neppure muta sostanzialmente la situazione di lui

rispetto alla sicurezza dell'effetto della iscrizione , perchè


anche fatta nel tempo in cui la legge nuova più non la
permette , l'iscrizione avrebbe potuto sempre riuscire fru-
stranea per altri motivi , per es . perchè un altro creditore
ipotecario, il quale avesse posteriormente acquistato il suo
diritto d'ipoteca , fosse stato più sollecito nell'iscriverla .
Ma se la legge anteriore avesse fissato una più corta
minima distanza fra il giorno dell'iscrizione dell'ipoteca e

il giorno dell'apertura del concorso sui beni del debitore ,


anche in questo caso la legge nuova dovrebbesi applicare ,
e non l'antica , alle iscrizioni fatte sotto l'impero di quella ,
d'ipoteche acquistate sotto l'impero di questa ? Noi cre-
diamo di sì , perchè anche in questo caso può dirsi che
quel minor termine non garantiva di per sè solo l'efficacia
dell'iscrizione ipotecaria , se per avventura o il concorso
fosse stato aperto dentro il termine prefisso all'iscrizione ,
oppure un creditore posteriore avesse iscritto anteriormente

la propria ipoteca . L'esposta dottrina è professata anche


dal Chabot de l'Allier (op . cit . , v° Hypoth. , § VI ) , il quale
afferma che le ipoteche acquistate in Francia , ma non
iscritte sotto l'impero della legge 11 brumale anno VII
che introdusse l'iscrizione ipotecaria , non potevano venire
utilmente iscritte sotto l'impero del Code civil se non dentro
i termini indicati dall'art. 2146 di questo Codice . Questa

opinione del Chabot de l'Allier non è mai stata contrad-


detta dalla giurisprudenza .

Ben diversa opinione porteremmo se si trattasse di un


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 155

termine all'iscrizione ipotecaria fissato non già vigendo il


sistema della pubblicità ipotecaria , ma all'atto stesso d'intro-
durre questo sistema . Imperocchè in questo caso venendo
imposta l'iscrizione ad ipoteche non solo già prima acqui-
state, ma anche già efficaci al pari di quelle acquistate e 146
iscritte di poi , ingiusto sarebbe l'ordinare l'iscrizione di
tali ipoteche per modo che invece di conservarle per tal
mezzo, i creditori cui spettano le perdessero , cioè ne per-
dessero tutta l'utilità , che sarebbe la stessa cosa . Per tal
maniera la legge nuova toglierebbe ai creditori ipotecari
anteriori un diritto non solo acquistato vigendo la legge
anteriore , ma eziandio posto da questa legge perfettamente
al sicuro , senza bisogno di alcun altro fatto o formalità .
L'esposta opinione è difesa anche dal Chabot de l'Allier

(op . cit. , vº Hypoth . , § VI) , e prima di lui lo era pure stata


più volte dal Merlin (ib . ) in parecchie requisitorie alla
Corte di cassazione di Parigi . Dice il Merlin : " l'art . 2146
del C. N. che dichiara senza effetto le iscrizioni ipotecarie
fatte nel termine dentro il quale sono nulli gli atti intra-
presi prima dell'apertura del fallimento , e nulla del pari
fra i creditori di una successione l'iscrizione fatta da uno

di essi dopo l'apertura della successione , e nel caso d'ac-


cettazione dell'eredità con beneficio dell'inventario , questa

disposizione , dice il Chabot de l'Allier , non può applicarsi


alle ipoteche acquistate sotto l'impero delle leggi anteriori
a quella del brumale anno VII che prima introdusse la
pubblicità ipotecaria , e iscritte sotto l'impero del Code civil.
Imperocchè la ragione del citato articolo si è di impedire.
che nell'intervallo di tempo da esso contemplato si con-
traggano nuovi debiti, i quali sarebbero quasi sempre
simulati o fraudolenti , e che la condizione d'un creditore
si migliori a pregiudizio degli altri , ma questo motivo non
può convenire alle ipoteche acquistate prima ancora della
legge del brumale , se il fallimento non avvenne che sotto
156 PARTE TERZA

l'impero del detto Codice . In questo caso il diritto d'ipoteca


era acquistato ed esisteva molto tempo prima del falli-
mento , e dall'essere il medesimo stato sottoposto da una
legge nuova alla formalità dell'iscrizione onde conservarlo

147 e affinchè producesse i suoi effetti , non segue che questa


formalità nulla aggiunga al titolo , cosicchè non la si possa

intraprendere che un certo tempo prima del fallimento .


Oltracciò la legge parla di un'iscrizione che conferisce
l'ipoteca , e in virtù della quale l'ipoteca è acquistata ,
mentre le ipoteche anteriori alla legge del brumale
anno VII già erano state acquistate indipendentemente
dall'iscrizione , ed ora col mezzo di questa non possono
che venir conservate ,. Lo stesso avviso e per gli stessi

motivi fu pure confermato più volte dai tribunali ; si pos-


sono vedere in proposito non meno di cinque sentenze
della Cassazione di Parigi : 17 dicembre 1807 ( 1 ) , 18 feb-
braio 1808 ( 2 ) , 5 aprile 1808 ( 3) , 15 dicembre 1809 (4),
31 dicembre 1821 ( 5 ) , 3 maggio 1843 ( 6) , una sentenza
della Corte d'appello di Torino del 2 ottobre 1811 ( 7 ) , ed
un'altra della Corte d'appello di Parigi del 7 dicembre
1831 ( 8 ) . Le prime tre sentenze di Cassazione furono ema-
nate dietro requisitoria del procuratore generale Merlin .

Al regime dell'iscrizione ipotecaria appartiene anche


l'obbligo di rinnovarla dentro un certo periodo di tempo .
La rinnovazione dell'iscrizione ipotecaria è imposta da
quasi tutte le legislazioni che ordinano l'iscrizione nei

registri ipotecari in relazione alla persona del creditore e


(1 ) CHABOT DE L'ALLIER, 1. c.
(2) Ib.
(3) Ib.
(4) Pasicr. , 1ª serie, C. d. cass. , vol . 5º, pag. 449.
(5) R. G. , 22, 1 , 100 ; C. N., 6, 1 , 547.
(6) R. G. , 44, 1 , 3691 ; J. P. , 43, 2 , 91 .
(7) R. G., 12, 2, 257 ; C. N. , 3, 2, 572.
(8) R. G. , 32, 2, 129.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 157

del debitore, ed è veramente utilissima onde facilitare l'uso


di registri siffattamente ordinati , mentre non è a dirsi lo
stesso rispetto alle iscrizioni ipotecarie fatte in relazione
agli immobili ipotecati, e non è infatti richiesta nel sistema 148
ipotecario di molti Stati germanici . Vale certamente anche
per la rinnovazione il principio di gius transitorio comune
a tutte quante le formalità conservative dei diritti , che
cioè il legislatore può sempre introdurne di nuove , e sop-
primere anche retroattivamente quelle già vigenti , con
effetto sui rapporti giuridici posti in essere sotto una legis-
lazione anteriore , e ancora persistenti . Potrà quindi il
legislatore tanto ordinare la rinnovazione di iscrizioni già

fatte vigendo una legge che la rinnovazione non ordinava ,


e a tal uopo prefiggere un termine , quanto dispensare
dalla rinnovazione le iscrizioni che dovrebbero essere rin-
novate, prorogare o abbreviare il termine della rinnova-

zione di iscrizioni già fatte . Il Codice civile del Regno


d'Italia (art . 2001 ) ha sostituito alla rinnovazione decen-
nale prescritta dalle leggi anteriori , la rinnovazione tren-
tennale . Le Disposizioni transitorie civili italiane del 1865

( art . 41 ) non permettono che però questo nuovo termine


si applichi immediatamente alle iscrizioni già fatte , ma
esigono che prima vengano fatte le rinnovazioni che si

trovavano in corso quando il nuovo Codice civile venne


attuato . - Rispetto alla quistione se il divieto d'iscrivere

ipoteche dentro un certo termine designato dalla legge, e


per es . in una data prossimità all'apertura del fallimento.
del debitore , o dopo l'adizione beneficiata dell'eredità del
medesimo , si applichi anche alle rinnovazioni, il Chabot de

l'Allier (1. c . , § VII) osserva giustamente doversi risolvere


cogli stessi principii coi quali fu risoluta l'altra quistione
dell'effetto retroattivo di quel divieto rispetto ad ipoteche già
acquistate senza bisogno di iscrizione , ed ora per la prima
volta sottoposte a questa formalità (v . sopra p . 153 e segg.) .
158 PARTE TERZA

L'iscrizione ipotecaria , come può essere introdotta , così


può venire abolita o dispensata , o per tutte le ipoteche , o
per alcune soltanto . Come abbiamo già osservato sopra
149 (pag. 112 ) , la dispensa dall'iscrizione tiene luogo di iscri-
zione per tutte quelle ipoteche , le quali avrebbero dovuto ,
in virtù di una legge precedente , venire iscritte , ma non
lo furono , e il diritto delle quali sussiste tuttora dopo l'at-
tuazione della nuova legge . Ciò fu riconosciuto in Francia
rispetto alle ipoteche delle mogli e dei minori , che non
erano state iscritte sotto l'impero della legge del brumale
anno VII , ma il cui fondamento , cioè il matrimonio o la

minore età , perduravano quando venne attuato il Codice


Napoleone , il cui articolo 2131 dispensò le ipoteche di tal
genere dall'obbligo dell'iscrizione. Noi abbiamo qui sopra
(ib . ) indicato eziandio parecchie decisioni di tribunali fran-
cesi , le quali adottarono l'esposta opinione . A queste de-
cisioni ora possiamo aggiungerne alcune altre , cioè un'altra
decisione della Corte regia di Grenoble del 28 gennaio
1818 ( 1 ) , che dichiarò non andare esenti dalla rinnova-
zione decennale le ipoteche dotali iscritte sotto l'impero
della legge del brumale anno VII , se le mogli a cui spet-
tavano fossero morte prima dell'attuazione del Codice
Napoleone ; una decisione della Corte suprema di Napoli
del 26 aprile 1833 ( 2) , che sanci la stessa massima che
trovasi nella già citata (pag. 112 ) sentenza della Cassa-
zione di Parigi del 1 ° maggio 1815 , cioè che gli eredi
della moglie morta vigendo una legge che esigeva l'iscri-
zione dell'ipoteca dotale , ma senza aver fatto iscrivere la
propria ipoteca dotale, non possono giovarsi di una legge
nuova che dispensi l'ipoteca medesima dall'iscrizione
finchè dura il matrimonio ; una sentenza della gran Corte

(1 ) C. N. , 5, 2, 347.
(2) AGRESTI , op . cit. , vol. 5º, pag. 147. V. le belle considerazioni aggiunte
dal compilatore.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 159

civile di Napoli del 13 settembre 1833 ( 1 ) , dichiarativa


della stessa massima ; quattro decisioni della Corte d'ap-
pello di Bruxelles : del 25 luglio 1807 ( 2 ) , del 10 maggio
1809 ( 3) , del 27 luglio 1809 ( 4) , del 15 gennaio 1813 ( 5 ) ; 150
una decisione della Corte d'appello di Colmar del 22 marzo
1816 (6) ; tre decisioni della Corte di cassazione di Parigi
del 14 febbraio 1815 ( 7 ) , del 1 ° dicembre 1824 ( 8 ) , e del
28 agosto 1827 ( 9) , le quali tutte concernono l'effetto
retroattivo della dispensa dall'iscrizione accordata dal C. N.
alla ipoteca dei minorenni , rispetto alle ipoteche di questa
specie acquistate , ma non iscritte sotto la legge del bru-
male anno VII , che invece l'iscrizione esigeva , e risolvono
questa quistione nello stesso modo in cui vedemmo essere
stata risoluta la quistione medesima rispetto all'ipoteca
dotale. Le ipoteche dispensate dalla iscrizione che
avrebbe dovuto essere fatta in virtù di una legge prece-

dente, ma che venne omessa , prendono però grado sol-


tanto dal giorno dell'attuazione della legge nuova con-
tenente siffatta dispensa , ove nell'intervallo di tempo
anteriore a questa legge altre ipoteche siano state iscritte
sui beni del medesimo debitore . Ma se fra l'origine delle
ipoteche in discorso e l'attuazione della legge nuova nes-
sun'altra ipoteca sia stata iscritta in confronto del debi-
tore , in tal caso , e solamente in tal caso , come osserva il
Chabot de l'Allier (1. c . , pag . 315 , i . f. ) , la dispensa dalla
iscrizione conserva a quelle ipoteche la loro priorità
originaria .

(1) Ib.
(2) R. G., 7, 2, 1008 .
(3) C. N., 3, 2, 70.
(4) lb., 3, 5, 109.
(5) Ib., 4, 2, 240.
(6) R. G. , 20, 1 , 482.
(7) lb. , 16, 1 , 363 ; C. N. , 5 , 1 , 54.
(8) C. N. , 7, 1, 574.
(9) lb., 8, 1 , 678.
160 PARTE TERZA

L'iscrizione e la rinnovazione delle ipoteche anteriori al


nuovo sistema di pubblicità ipotecaria devono certamente
essere fatte nelle forme e nei modi voluti dalla legge nuova .
Però questa può giustamente statuire qualche regola spe-
151 ciale rispetto a tali ipoteche in quei punti nei quali l'ap-
plicazione del nuovo sistema alle medesime sarebbe , se
non impossibile, molto difficile . Per esempio non vi ha
dubbio che la speciale designazione degli immobili riesce
difficile e corre pericolo di rimanere incompleta rispetto
alle ipoteche generali precedentemente costituite . Non si
può quindi biasimare la legge dell'11 brumale anno VII
che non impose sotto pena di nullità la specializzazione
delle ipoteche convenzionali poste in essere anteriormente ,
siccome fu dichiarato da parecchie decisioni , e per esempio :

della Corte d'appello di Liegi dell'8 agosto 1811 ( 1 ) , della


Cassazione di Parigi dell'11 novembre 1812 (2) , del
30 gennaio 1815 (3), e del 4 luglio di questo stesso
anno (4 ). La legge belgica invece del 16 dicembre 1857
(art. 9) , e la legislazione transitoria civile italiana del

1865 (art. 38 ) esigono la speciale designazione degli im-


mobili ipotecati anche nelle iscrizioni delle ipoteche ante-
riori , ed anzi ingiungono che si rinnovino in tal maniera
le anteriori iscrizioni che quella designazione non conte-
nessero . Avvertasi però che in virtù dei principii già

esposti nella Prima Parte di quest'opera (Vol . I , pag. 247


e segg. ) intorno alla convalescenza formale , le nuove dispo-
sizioni di legge intorno all'iscrizione ed alla rinnovazione
non possono mai avere per effetto di convalidare iscrizioni
o rinnovazioni anteriormente fatte senza l'esatta osser-

vanza delle leggi allora vigenti . Non si devono quindi imi-

(1) R. G., 12, 2, 238 : C. N., 3, 2, 344.


(2) R. G. , 16 , 1 , 129 ; C. N., 4 , 1 , 221 .
(3) R. G. , 15, 1 , 262 ; C. N. , 5 , 1 , 71 .
(4) R. G., 16, 1 , 129 ; C. N. , 5, 1 , 71.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 161

tare nè la legge transitoria amburghese del 28 luglio 1814


(§ 23 , v. Vol . I di quest'opera , pag. 76 , i . n . ) , nè quelle
annoveresi del 23 agosto 1814 ( ib . , pag . 86 , i . n . ) , le quali
stabilirono un contrario principio . Tutt'al più potrebbe il
legislatore statuire che le anteriori iscrizioni rimanessero
d'ora in avanti formalmente convalidate in confronto sol- 152

tanto dei creditori ipotecari che in avvenire iscrivessero


nuove ipoteche sul medesimo immobile. Così appunto
dispose la legge transitoria di Lubecca del 4 maggio 1814
(§ 93 , ib . , pag . 73 ) .

$ 10.

Continuazione. - Degli effetti giuridico- reali


del pegno e dell'ipoteca .

Come più sopra osservammo (pag. 115 ) , fra gli effetti


giuridico- reali del diritto di pegno e d'ipoteca vi hanno
altresì gli atti che il creditore pone in essere onde eserci-
tare il suo diritto , atti che sono in certa guisa relazioni
dirette del creditore colla cosa datagli in guarentigia
del suo diritto . Ed ancora sono tali effetti le rela-

zioni che per occasione del diritto di pegno o di ipoteca


.
vengono a intercedere fra il creditore e terze persone , che
o sono altri creditori del proprietario del pegno o della
ipoteca , oppure terzi possessori delle cose pignorate o
ipotecate . Sono anzi tutti questi i veri e propri effetti giu-
ridico -reali dei diritti in discorso , e noi veniamo ora a
discorrerne nell'ordine in cui li abbiamo accennati .

Il diritto di pegno o d'ipoteca , semplice o privilegiato ,


dà facoltà al creditore di spiegare azione reale sulla cosa
data in pegno od ipoteca, e di procacciarsi direttamente
il soddisfacimento del credito mediante quella cosa nelle
forme volute dalla legge . E appunto perciò il creditore
ipotecario può perseguitare la cosa in mano di chiunque
GABBA - Retr. leggi, III. 11
162 PARTE TERZA

la detenga , di convenire cioè questo detentore affinchè


consenta all'attore di ritrarne il soddisfacimento del pro-
prio diritto , ove non preferisca di sborsare l'importo
153 pecuniario del medesimo . Ma circa il modo di esercitare

siffatta azione reale pel detto scopo vi hanno differenze fra


il pegno e l'ipoteca , e fra le diverse legislazioni rispetto a

ciascuno di questi diritti .


In generale si può affermare , in virtù del generale ca-
none della dottrina della retroattività in materia di effetti

veri e propri giuridico - reali dei diritti reali (v . sopra p . 42) ,


che gli atti e le forme dell'esercizio del diritto di pegno e
d'ipoteca sulle cose che ne formano l'oggetto , sono sempre
regolati dalla legge vigente nel tempo in cui quegli atti e
quelle forme vengono adoperate. Ma anche di un così
chiaro e semplice canone le applicazioni pratiche non sono
sempre facili e piane.
Per esempio , nel Diritto Romano anteriore a Costantino
era usitato nella costituzione del pegno il così detto patto

commissorio , cioè l'applicare al pegno la lex commissoria,


di guisa che , ove il debitore non pagasse , la cosa data in
pegno diventava proprietà del creditore , e questi in tal
modo veniva soddisfatto , senz'altro procedimento nè mi-
nistero giudiziale. Or bene , se un tale patto fosse stato
apposto alla costituzione del pegno o della ipoteca , per-
mettendolo la legge imperante, quale effetto avrebbe su di
esso una legge nuova che lo divietasse ? L'imperatore Co-
stantino risolvette la quistione nella L. ult. , Cod . de pact.

pignor. , dando effetto retroattivo alla abolizione del patto


commissorio del pegno : si quis igitur tali contractu laborat,
hac sanctione respiret, quae cum praeteritis praesentia quoque
repellit, et futura prohibet ; ma se questa retroattività sia
stata giusta , discutono i moderni giureconsulti , e a dir
vero i più la condannano come ingiusta . Già i Glossatori
furono di questo avviso , leggendosi nella Glossa alla costi .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 163

tuzione suddetta , e propriamente alla parola praeteritis :


nisi hoc diceretur, non traheretur ad praeterita sec. L. 7 , C.
de leg . Fra i giureconsulti moderni tale è pure l'opinione
di Bergmann ( p . 193 , i . n . ) e di Savigny ( p . 423) , l'ultimo
dei quali considera la detta legge come una disposizione
affatto eccezionale , e di indole tutta positiva , al pari della 154
L. 27 , C. de usuris , epperò con questa la dichiara persino
inapplicabile in quei paesi nei quali oggidì il Diritto Ro-
mano sia accettato come legge vigente. E noi pure siamo
dello stesso avviso . Imperocchè, in virtù del patto com-
missorio , la costituzione del pegno assume una speciale
natura , diventa una specie di vendita anticipata e condi-
zionata del pegno al creditore , e la condizione non in altro
consiste che nel mancato pagamento del debito . L'inappli-
cabilità della proibizione del patto commissorio ad un
contratto di tal natura , posto in essere quando la legge
lo permetteva, anzichè una deroga al generale principio
della retroattività delle nuove leggi circa gli effetti giuri-
dico-reali dei diritti reali , è una legittima applicazione

dell'altro non meno generale e non meno sicuro principio ,


che i contratti sono sempre ed esclusivamente regolati
dalla legge sotto il cui impero vennero stipulati . Nè vale
l'obbietto del Christiansen (p. 113 ) che la detta legge ro-
mana, dichiarando riprovevole e inammissibile il patto
commissorio nel pegno , debba di sua natura applicarsi
tanto al passato come al futuro , perchè noi abbiamo già
dimostrato nella Parte Generale di quest'opera (v . V. I,
pagg. 150 e segg .) l'infondatezza della dottrina della retro-

attività delle leggi proibitive , e la irretroattività di una


legge nuova ispirata dalla morale , quando ciò che la legge
divieta non sia una grave e manifesta immoralità . Noi
pensiamo quindi col Savigny che la costituzione costanti-
niana contenga un'espressa retroattività , la quale parve

giusta all'imperatore in vista della eccezionale gravezza


164 PARTE TERZA

degli abusi del patto commissorio al suo tempo , al che


accenna anche l'introduzione della costituzione : quoniam
inter alias captiones praecipue commissoriae pignorum legis
crescit asperitas .

Come dicemmo dianzi , la procedura relativa al soddisfa-


cimento coattivo del creditore pignoratizio è governata

dalla legge attuale . Questo principio , oltre a discendere


155 dai fondamentali canoni del diritto transitorio reale, è
anche suffragato dai canoni fondamentali del diritto tran-
sitorio procedurale , che noi esporremo in più inoltrata
parte di quest'opera . Non v'ha dubbio quindi che , intro-

dotta l'actio quasi serviana in un paese dove per avventura


questa non fosse ancor conosciuta , l'applicazione se ne
dovrebbe subito fare anche alle ipoteche anteriormente
costituite . Non v'ha dubbio neppure che il modo di con-
durre l'espropriazione forzata , sia del debitore , sia del
terzo possessore , debba essere per regola generale gover-
nata dalla legge attuale . Ma se fra il metodo attuale della
espropriazione forzata e quello vigente quando l'ipoteca
venne costituita , o adottato , permettendolo la legge ante-
riore , nell'atto stesso di quella costituzione , vi fossero dif-
ferenze, processuali bensì , ma di tanta rilevanza pratica
da produrre una sensibile differenza nell'utilità , o , come
dicono , nel valore economico dell'ipoteca rispetto al cre-

ditore , dovrebbe ancora quel principio venire applicato ,


o non sarebbe invece il caso di limitarne l'applicazione
per rispetto del diritto acquisito d'ipoteca ?
La seconda opinione è stata qualche volta adottata
dalla giurisprudenza . Per esempio , anteriormente alla legge
2 giugno 1841 che modificò l'art . 742 del Code de procé
dure civile, era permesso in Francia pattuire che , in difetto
di pagamento nel termine stabilito , potesse il creditore ,
dietro semplice precetto e senza bisogno di saisie , nè di
altra formalità , mettere all'incanto i beni ipotecati con
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 165

semplice ministero di notaio ; ma questo patto venne proi-


bito dalla suddetta legge , onde sorse quistione se tale di-
vieto si dovesse applicare anche ai patti di esecuzione

parata, anteriormente conchiusi . Or bene la Corte d'appello


di Bordeaux tenne l'opinione negativa in due successive
sentenze , l'una del 25 giugno 1841 ( 1 ) , l'altra del 10 marzo
1842 ( 2) , e la Corte d'appello di Pau fu pure dello stesso 156
avviso in una sua sentenza del 28 gennaio 1842 ( 3 ) . Ma
noi non possiamo accedere ad opinione siffatta , perchè ci
pare che il comodo privato non possa prevalere a quella
generale utilità , che, come abbiamo avvertito , presiede a
tutta quanta la legislazione di diritto reale e suffraga lo
stesso canone fondamentale dell'efficacia retroattiva di

leggi siffatte . Oltredichè , ricorre qui ancora il generale


canone intorno all'azione immediata o retroattiva delle

leggi concernenti le forme di conservazione ed esecuzione


dei diritti (Vol . I , p . 319) . E non osta a questa soluzione
ciò che dicemmo poc'anzi circa la non retroattività di una
legge abolitiva del patto commissorio ; imperocchè in

questo patto dicemmo potersi ravvisare una vendita con-


dizionata , al che nulla di simile può ravvisarsi in quel-
l'altro caso . Epperò , onde , contrariamente a quanto ave-
vamo affermato nella prima edizione di quest'opera (V. III ,

pag. 98 ) , noi dichiarammo già nella seconda (V. III , p . 156 ) ,


che , se mai l'azione quasi serviana venisse abolita nel di-
ritto ipotecario , codesta applicazione applicherebbesi non
meno alle ipoteche già costituite , che a quelle da costi-
tuirsi in avvenire . Concorda con questa opinione , in una

materia analoga, una sentenza della Corte d'appello di


Palermo, 5 luglio 1876 (4) . E siccome nel diritto di pegno

(1) R. G. , 42, 2, 226 ; Pasicr., 3ª serie , C. d. Fr. , 2ª parte, pagg . (227) -151 .
(2) Pasicr., ib.
(3) R. G., 42, 2, 225 ; Pasicr. , ib.
(4) G. I., 1876, 1, 931 .
166 PARTE TERZA

variano talvolta le disposizioni positive delle leggi circal


la facoltà spettante al creditore pignoratizio di persegui-
tare la cosa mobile pignorata in terze mani , noi siamo
d'avviso che siffatta persecuzione non potrebbe più intra-
prendersi in un caso in cui la legge nuova più non l'am-
mettesse, quand'anche il diritto di pegno fosse stato

acquistato vigendo una legge che invece quella persecu-


zione permetteva . Che se la relativa azione giudiziale fosse
già stata sporta , vigendo la legge anteriore , la prosegui-
bilità della medesima vuol essere giudicata in modo ana-
logo a quella dell'azione di rivendicazione nel caso analogo
(v . sopra pag . 57) .
Nell'esercizio del suo diritto reale , il creditore ipotecario
può nuocere non tanto al diritto , quanto all'interesse di
terze persone aventi ipoteca sullo stesso immobile , oppure
acquirenti dell'immobile ipotecato . Prescindiamo dall'ipo-
tesi di collisione di diritti per tutte queste persone , sia
perchè essa è prevenuta dalle regole concernenti il grado
o la priorità ipotecaria , sia perchè ad ogni e qualunque
157 conflitto di diritti si applicano nella dottrina transitoria i
generali principii esposti nella Prima Parte di quest'opera
(v . Vol. I, pagg . 314 e segg . ) . Ma anche soltanto in vista

dei collidenti interessi fra creditori ipotecari , e fra credi-


tori ipotecari e terzi possessori , le legislazioni positive
contengono provvedimenti , la cui efficacia transitoria tal-
volta merita attenta considerazione .

Per esempio , per ciò che riguarda le relazioni giuridiche


fra differenti creditori guarentiti col medesimo immobile,
salve le quistioni di priorità fra i medesimi , si è fatta di-
scussione circa l'effetto retroattivo dell'articolo 2011 del
Codice civile italiano . Questo articolo dispone che , se un

creditore avente ipoteca su di un dato immobile si trovi


perdente, perchè sull'immobile medesimo siasi soddisfatto

un altro creditore ipotecario anteriore , il quale però aveva


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 167

ipoteca anche su altro immobile , possa il primo creditore


iscriversi come surrogato al secondo nell'ipoteca spet-
tante a questo sull'altro immobile . Si è dimandato se questa
disposizione debbasi applicare anche a creditori ipotecari ,
il cui diritto sia stato acquistato prima dell'attuazione del
Codice civile italiano .

L'opinione affermativa è stata adottata da due sentenze ,


l'una del 26 giugno 1868 del Tribunale civile di Milano ,
l'altra del 14 ottobre successivo della Corte d'appello della
stessa città ( 1 ) , ed anche a noi sembra da preferirsi a
quella opposta che avevamo adottato nella prima edizione
di quest'opera (Vol . III , pag . 82 ) . Siccome infatti il credi-
tore ipotecario perdente in virtù dell'esercizio del diritto
ipotecario del creditore anteriore , viene iscritto in luogo
di questo sull'altro fondo a questo pure ipotecato , così la
situazione dei creditori iscritti pure su quell'altro fondo
posteriormente a quello che ha esperimentato il diritto
d'ipoteca, non è sostanzialmente mutata , ma soltanto acci-
dentalmente , per essere passata la medesima iscrizione
ipotecaria anteriore da una persona ad un'altra . Soltanto 158
l'alea a cui era esposto il diritto di quei creditori ipotecari
posteriori è tolta di mezzo , senza che nessuno di costoro
perda del proprio a vantaggio altrui , e senza che il pro-
prietario possa dolersi di non approfittare egli medesimo
di quell'alea , altrimenti che facendo aperta professione

di mala fede, di grave e manifesta immoralità (v . Vol . I ,


pag. 339) .

Fra i provvedimenti legislativi occasionati dal conflitto


di interessi fra il creditore ipotecario e i terzi possessori

dell'immobile ipotecato , il più importante è il diritto attri-


buito da molte legislazioni a quei possessori , ove non

siano essi pure obbligati personalmente , di liberare l'im-


mobile dai vincoli ipotecari , offrendo il prezzo d'acquisto

(1) M. T., 1868, 1032.


168 PARTE TERZA

in pagamento ai creditori iscritti . La relativa procedura


dicesi purgazione delle ipoteche.
Evidenti sono le ragioni di pubblico interesse che hanno
suggerito un tale sistema allo scopo di facilitare la con-
trattazione sulla proprietà fondiaria . Or bene , non vi può
esser dubbio che, venendo introdotta la procedura di pur-

gazione ipotecaria in uno Stato nel quale prima non era


ammessa, potrebbero giovarsene anche i terzi possessori
di immobili ipotecati , acquistati sotto l'impero della legge
anteriore . Ricorre qui infatti il canone generale dell'azione
retroattiva o immediata delle leggi concernenti gli effetti
giuridico - reali dei diritti reali , ed oltracciò trattasi di una
facoltà di legge al tutto nuova , che non è in contraddi-
zione col diritto di nessuno , e che giova al possessore ,

senza nuocere nè all'autore di lui , nè ai creditori iscritti .


Epperò il legislatore austriaco , il quale aveva lasciato sus-
sistere nel già Regno lombardo-veneto la procedura di
purgazione introdottavi durante il primo Regno d'Italia ,
riordinandola poi nel 1820 , estese espressamente le nuove

regole anche alle vendite sia giudiziali , sia volontarie an-


teriormente fatte (v . Carabelli , Diritto ipotecario , Milano
159 1864 , Vol . II , pagg. 484 e segg .) . Ma se la procedura di
purgazione venisse abolita dove prima era ammessa , questa
abolizione si applicherebbe certamente anche a quei terzi ,
i quali avessero acquistato gli immobili ipotecati , vigendo
la legge anteriore , a meno che il legislatore disponesse
espressamente in contrario . Se poi una procedura di pur-
gazione intrapresa da quei possessori prima dell'attuazione
della legge nuova , possa essere continuata sotto l'impero
di questa, è quistione da risolversi coi canoni del diritto

transitorio procedurale, che noi esporremo in una ulteriore


parte di quest'opera .
Che se una legge nuova attribuisse al terzo possessore
dell'immobile ipotecato la qualità di debitore personale ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 169

siccome ebbe a statuire una legge prussiana del 5 maggio


1872 , niun dubbio che questo nuovo principio di diritto ,
come osserva anche il Rintelen ( pag . 165 ) , non si appli-
cherebbe ai terzi possessori che avessero acquistato l'im-
mobile ipotecato vigendo la legge anteriore .

$ 11 .

Continuazione.

Dell'introduzione di nuove ipoteche legali.

Mentre la legge nuova non può manomettere in nessuna


maniera i diritti d'ipoteca anteriormente acquistati , può
invece introdurne di nuovi . Or si domanda se le ipoteche
legali nuovamente introdotte si debbano applicare soltanto
a quei negozi giuridici che in avvenire verranno conclusi ,
oppure anche a quelli già posti in essere sotto l'impero
della legge anteriore, e perduranti sotto l'impero della
nuova.

La legislazione francese, come osservò fra i primi il


Bergmann (pag. 308 ) , sembra avere adottato la seconda
opinione , perchè l'art. 2135 del C. N. dice che l'ipoteca
legale in esso attribuita ai minori , agli interdetti ed alle 160
donne maritate , non potrà nuocere ai diritti acquistati dai
terzi prima della sua pubblicazione , colle quali parole fa
comprendere , che , salvo il rispetto dovuto a tali diritti ,
quelle ipoteche si applicheranno immediatamente alle tu-
tele ed ai matrimoni posti in essere sotto l'impero dell'an-
teriore legislazione , e ancora sussistenti . Certamente nella
giurisprudenza francese siffatta opinione è invalsa e sicura ,
come lo provano , rispetto all'ipoteca della moglie in par-
ticolare , le seguenti decisioni : Corte di cassazione di
Parigi, 1º febbraio 1816 ( 1 ) , Corte d'appello di Bruxelles ,
(1) R. G., 16, 1 , 39; C. N., 5, 1 , 246.
170 PARTE TERZA

24 dicembre 1806 ( 1 ) , Corte d'appello di Parigi , 23 gen-


naio 1810 (2). Dello stesso avviso sono il Christiansen

(p . 112) , il Bauer ( pp . 24 , 53 ) e il Weber (p . 175 ) . D'av-


viso opposto sono invece il Bergmann (pp . 308 e 116 , i. n. ) ,
il Savigny (p . 421 ) , e Pfaff e Hofmann (p. 158 ) . Per essi
ogni ipoteca legale nuovamente introdotta non può appli-
carsi che a diritti nascenti da futuri negozi giuridici , e
non eziandio a diritti già sorti da negozi posti in essere
vigendo la legge anteriore , neppure colla riserva del rispetto

dei diritti ipotecari antecedentemente acquistati da altri


creditori verso il medesimo debitore .

La seconda opinione pare anche a noi , come tesi gene-


rale, la più giusta . Imperocchè, come osserva il Bergmann ,
non soltanto i diritti ipotecari già acquistati da altri cre-
ditori voglionsi considerare nell'attuale quistione , ma
eziandio il diritto del debitore, il quale, ponendo in essere
sotto la legge anteriore quel negozio , da cui ora si vor-
rebbe, in virtù della legge nuova , far sorgere un'ipoteca,
sapeva che fra gli oneri suoi verso il creditore non vi era

quello dell'ipoteca , e non potrebbe quindi ora sopportare


quest'onere nuovo , senza che la sua condizione giuridica
161 venisse ingiustamente e arbitrariamente modificata e peg-

giorata. A questo diritto acquisito , come ad ogni altro,


non è possibile deroga , se non per l'espresso comando
del legislatore .

Ma, come dicemmo poco sopra , è questa una tesi gene-


rale , tale cioè che ammette qualche speciale limitazione.
E veramente , allorquando la nuova ipoteca legale sia di
natura sua un diritto accessorio ad una relazione di stato

personale , l'applicazione della medesima , anche per occa-


sione di fatti accaduti sotto una legge anteriore , ci sembra

una rigorosa conseguenza del generale canone stabilito

(1) R. G., 7, 2, 45 ; C. N. , 2 , 2, 184 .


(2) C. N. , 3, 2, 193.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 171

nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , pag. 277 ) che


l'accessorio segue la sorte del principale , e che una legge

nuova in materia patrimoniale può applicarsi immediata-


mente ai negozi già posti in essere , ove il diritto patrimo-
niale di che si tratta non sia che un diritto accessorio ad

un diritto di stato personale . Conseguentemente noi non


possiamo disapprovare il citato art . 2135 del C. N. , e in
generale diciamo che le nuove ipoteche legali introdotte
a favore della moglie , dei pupilli e simiglianti , applicansi
ipso jure non meno ai matrimoni e alle tutele già costi-
tuite , che a quelle avvenire . Bensì noi ci troviamo questa
volta nel singolare caso di trovare nel diritto giustinianeo
una dottrina più restrittiva della nostra . Imperocchè Giu-
stiniano , nell'accordare alla moglie un'ipoteca tacita sui
beni del marito , dispone : L. un . , § 16 , C. de rei ux . act.:
quae omnia in his tantummodo dotibus locum habere censemus ,

quae post hanc legem datae fuerint vel promissae, vel etiam
sine scriptis habitae ; instrumenta enim jam confecta viribus
carere non patimur, sed suum expectare eventum. Egli è però
necessario , affinchè rettamente si applichi l'anzidetto ca-
none , che il nesso di accessorietà dell'ipoteca legale al
rapporto personale sia certo e inscindibile . Ragione per
cui , dovendosi ritenere , ed essendo generalmente ritenuto
nella giurisprudenza italiana , che all'ipoteca legale accor-
data dal Codice civile italiano alla donna maritata , pos-

sano i coniugi nel contratto di matrimonio rinunziare , 162


non è facile ad ammettersi che tale ipoteca spettasse , dal
giorno dell'attuazionsi di detto Codice , anche alle donne.
già maritate nei paesi che erano prima governati dal Co-
dice civile generale austriaco , il quale siffatta ipoteca legale
non conosce .
Ciò che si è detto dianzi intorno all'ipoteca in generale ,
vale di certo in particolare anche rispetto all'ipoteca pri-
vilegiata . Introdotto un nuovo privilegio ipotecario , oppure
172 PARTE TERZA

attribuita questa qualità ad un'ipoteca legale già ammessa


dalla legge, il Bergmann ( p . 126 , i . n .) , il Savigny (p . 422 ) ,
Pfaff e Hofmann (p . 160) , insegnano giustamente che la
nuova legge si applicherà soltanto ai negozi giuridici futuri ,
e non anche per l'avvenire a negozi giuridici posti in essere
sotto la legge precedente . Per esempio , accordato alle mogli
un privilegio sui beni del marito con preferenza su tutti gli
anteriori creditori ipotecari del medesimo , come l'accordò
Giustiniano nella L. 12 , § 1 , C. qui pot . in pign . ( 1 ) , di questo
privilegio non potranno godere le donne maritate sotto l'an-
teriore legislazione , ma quelle soltanto che si mariteranno
dopo l'attuazione della legge nuova. Ciò è di tutta evi-
denza, come egli è pure evidente che in materia di privi-
legi non vi ha distinzione da fare fra diritti accessorii o
non accessorii ad uno stato personale. Imperocchè in
nessun caso può ammettersi che un creditore già guaren-
tito da ipoteca o da pegno , abbia a rimanere postergato
ad un creditore posteriore , in virtù di una legge che non
esisteva affatto quando il primo creditore ottenne la propria
guarentigia .
E per questa medesima ragione noi non conveniamo col

Savigny e col Bergmann che , introdotto un nuovo privilegio


ipotecario , per es. il privilegio dotale giustinianeo , questo
163 debba essere applicato nei casi avvenire , coll'effetto che
anche coloro , i quali , vigendo il diritto anteriore , avessero
già acquistato ipoteca sui beni diventati poscia oggetto del
nuovo privilegio , vengano posposti al posteriore creditore
privilegiato . Noi reputiamo invece che il nuovo privilegio
non soltanto debbasi applicare ai soli casi avvenire , ma
eziando non possa nei casi avvenire essere opposto se non

( 1) Sancimus ex stipulatu actionem, quam mulieribus jam pro dote resti-


tuenda dedimus, cuique etiam tacitam donavimus inesse hypothecam, potiora
jura contra omnes habere mariti creditores, licet anterioris sint temporis pri-
vilegio vallati.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 173

a quei creditori anteriori alla costituzione del privilegio , i


quali avranno acquistato il loro diritto ipotecario dopo l'at-
tuazione della nuova legge , non eziandio a quelli i quali

l'avranno acquistato sotto l'impero della legge anteriore .


Non vi ha infatti nessuna differenza fra chi diventò credi-

tore con pegno o con ipoteca prima del matrimonio , of


dopo il matrimonio del debitore , se in quell'epoca non
esisteva affatto la legge che dà alla donna maritata un
privilegio su tutti i creditori del marito . Tutti quei credi-
tori acquistarono sotto la legge allora vigente non soltanto
il proprio diritto d'ipoteca o di pegno , ma quello eziandio
di non perdere il vantaggio della loro guarentigia reale ,
se non a termini di quella legge ; questi due diritti sono
inseparabili , e insieme costituiscono il diritto quesito di
quei creditori . Se in virtù di una legge nuova , e per effetto
di un fatto qualunque posteriormente accaduto , quei cre-
ditori dovessero vedere frustrato il loro diritto d'ipoteca o
di pegno, ciò non potrebbe accadere che in onta al prin-

cipio dell'inviolabilità dei diritti acquisiti , e attribuendo al


legislatore la facoltà di manomettere arbitrariamente i
diritti privati dei cittadini . I citati scrittori non possono
essere assoluti dell'incoerenza delle loro dottrine , se non
ammettendo che non abbiano pensato menomamente ai
creditori ipotecari, ma soltanto al diritto del debitore ,
allorquando sostennero che i creditori ipotecari o pigno-
ratizi dovessero subire l'effetto del nuovo privilegio , ma

non dovessero subirlo quando il fatto , da cui il privilegio


è occasionato , fosse accaduto anteriormente alla costitu-
zione del pegno o dell'ipoteca .

Afferma il Bergmann , a conforto della sua dottrina , che 164


dal diritto di credito non consegue che il creditore non
debba in avvenire trovarsi posposto ad altro creditore
posteriore. Ma questa osservazione ci pare del tutto fuori
di proposito , allorchè si tratti di creditori guarentiti da
174 PARTE TERZA

pegno o da ipoteca . Un creditore chirografario può certa-


mente rimanere posposto ad un altro creditore chirogra-
fario posteriore , il quale sia riuscito in un modo qualunque
a farsi pagar prima , ma il creditore con pegno o con ipo-
teca ha precisamente acquistato il diritto di soddisfarsi sulla

cosa ipotecata prima di qualunque altro creditore poste-


riore , a meno che, allorquando egli acquistò il diritto di
pegno o d'ipoteca , abbia potuto prevedere la possibilità
che posteriormente taluno acquistasse un privilegio po-
ziore , per essere esistita fin d'allora una legge che questo
privilegio accordava a certi creditori . Se altrimenti fosse ,
a che gioverebbe l'ipoteca , e a che scopo sarebbe stata acqui-
stata ? E migliore non è quell'altro argomento del Savigny ,
che i creditori ipotecari , ai quali nuocerebbe un privilegio
posteriormente acquistato in virtù di legge nuova , possono
dal canto loro antivenire il danno con opportuni mezzi ,
non appena quel pericolo apparisca . Quali saranno questi
mezzi ? Il mezzo migliore che il creditore aveva di assicu-
rare il suo diritto era certamente l'ipoteca , ma se questa
vien meno o corre pericolo , il solo rimedio efficace sarà

quello di ottenere un'altra buona ipoteca , la qual cosa non


dipende certo soltanto dalla volontà del creditore. Dice il
Savigny potrà il creditore ipotecario far valere addirit-
tura il suo diritto ipotecario ; ma se la scadenza del cre-
dito non è ancor giunta , con qual titolo potrà il creditore
accampare una simile pretesa ? Finalmente tanto il Berg-
mann quanto il Savigny adducono l'autorità del Diritto

Romano , e propriamente del § 3 della già citata L. 12 , C.


qui pot. in pign. , in cui è detto che il privilegio nuovamente
attribuito alla dote non si applicherà che in avvenire :
165 quam legem ex praesenti tempore locum habere sancimus , et

non retrorsum referimus. Anche questo argomento ci pare


poco efficace . Finchè non ci venga dimostrato che quelle
parole non retrorsum nella mente di Giustiniano si riferi-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 175

scano soltanto ai matrimoni già accaduti , e non eziandio


alle ipoteche già costituite sui beni dei mariti , in altri
termini non concernano tutti quanti i diritti acquisiti
prima della nuova legge , noi crediamo che questa seconda
interpretazione debba essere preferita come la più con-
forme a giustizia . Del resto , quand'anche l'interpretazione
seguita da quegli scrittori si dovesse ritenere la più giusta ,
noi non dubiteremmo perciò dell'opinione nostra e delle
ragioni con cui l'abbiamo convalidata , perchè a tutti è
noto quanto frequenti siano nella legislazione giustinianea
le ingiuste retroattività.

Se una nuova ipoteca legale , non privilegiata , viene


introdotta per mero interesse dello Stato , non ci pare
dubbio che essa debba applicarsi immediatamente , cioè
possa trovare la sua occasione anche in fatti già accaduti
vigendo una legge che quell'ipoteca non conosceva, e
continuati sotto l'impero della nuova. Imperocchè una
legge di tal genere è d'indole politica , e si fonda su quella
signoria dello Stato sull'individuo , alla quale non si pos-
sono segnare limiti per mezzo di criteri del mero diritto
privato. Epperò noi troviamo retta la decisione della Cas-
sazione di Napoli , 25 febbraio 1869 ( 1 ) , che anche ai man-
dati di cattura già emanati applichisi il disposto dell'arti-
colo 1969 , al . 5 , del Codice civile italiano , che attribuisce
allo Stato un'ipoteca legale per la riscossione delle spese
di giustizia , e pel risarcimento dei danni della parte civile ,
sui beni di coloro contro i quali sia stato spiccato man-
dato di cattura.

(1) A. G., III , 1 , 98.


176 PARTE TERZA

166
$ 12 .

Della durata e della estinzione delle ipoteche.

Essendo l'ipoteca in pari tempo un accessorio del cre-


dito cui essa guarentisce , un patto distinto , e un diritto
reale di per sè stante, la durata e l'estinzione di essa pos-
sono essere determinate da differenti circostanze , atti-
nenti ad uno qualunque di quei tre aspetti .
Se dallo stesso obbligo principale , o credito guarentito

dalla ipoteca , si vuole argomentare se l'ipoteca sussista


ancora , o se in un dato modo siasi estinta , cotesta deci-
sione deve certamente farsi in ogni tempo in conformità
della legge , vigendo la quale quell'obbligo venne posto in
essere , come tutte quante le quistioni relative agli effetti
e alle conseguenze di una obbligazione sono sempre rego-

late da quella legge . Se dal contratto stesso d'ipoteca , o


da un nuovo patto intervenuto rispetto alla medesima, per
esempio da una rinuncia al diritto d'ipoteca , vuolsi desu-
mere se questo diritto siasi veramente estinto , e in qual
tempo e misura, ancora per il motivo detto dianzi ogni

questione di tal genere dovrà essere sempre decisa se-


condo la legge vigente al tempo in cui quel contratto o
patto fu posto in essere . Se invece la quistione intorno
alla sussistenza del vincolo ipotecario ha per oggetto il
diritto reale considerato in sè medesimo , i principii onde

risolverla si potranno desumere dalla dottrina transitoria


generale intorno alla perdita dei diritti reali , ed anche
dalla particolare dottrina dell'influenza retroattiva di leggi
abolitive di ipoteche legali . Vi ha però fra gli altri modi
comuni di estinzione dei diritti reali uno meritevole di

speciale considerazione nella sua applicazione al diritto


d'ipoteca. Tale è la prescrizione.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 177

Rispetto alla prescrizione del diritto d'ipoteca vi hanno


rilevanti differenze fra il Diritto Romano e le legislazioni
moderne , ed anche tra queste legislazioni medesime . Il 167
Diritto Romano ammette per es . una prescrizione dell'a-
zione ipotecaria a vantaggio del debitore rimasto posses-
sore del fondo , distinta e diversa da quello del credito
assistito dalla ipoteca , perchè , mentre a questa seconda
prescrizione assegna il termine di trent'anni , alla prima
invece assegna il termine di anni quaranta (L. 7 , § 1 , C.
de praescr. 30 vel 40 ann . ) . Molte legislazioni moderne
invece, e fra le altre il Codice Napoleone (art . 2180 ) e il
Codice civile italiano ( art . 2030) , con più saggio ed equo

consiglio non ammettono prescrizione dell'azione ipotecaria


distinta da quella dell'azione personale, finchè il fondo
ipotecato rimanga nelle mani del debitore . La differenza
fra i due sistemi si risolve in una abbreviazione dell'an-

tico termine prescrizionale per opera delle leggi anzidette .


Ciò posto , nel passaggio dall'antico sistema al nuovo le
prescrizioni delle azioni ipotecarie , cominciate e non finite
sotto l'impero delle antiche leggi , verranno abbreviate nel
senso e nel modo che abbiamo detto nella Parte Generale
di quest'opera ( v . Vol . I , pp . 376 e segg. ) . Differisce

poi il C. N. dal C. C. I. nel regolare la prescrizione dell'a-


zione ipotecaria a vantaggio di un terzo possessore , perchè ,
mentre il C. N. ( 1. c . ) assegna a questa prescrizione la
stessa durata della prescrizione acquisitiva del dominio ,
il C. C. I. (1. c . ) invece le assegna in ogni caso la durata
di anni trenta . La differenza fra le due leggi è in questo

caso inversa a quella del caso precedente, e nel passaggio


dalla prima delle due leggi alla seconda noi diremo , con-
formemente a quanto già affermammo in termini più ge-
nerali nella Prima Parte di quest'opera (v . Vol . I , p . 387) ,
che le prescrizioni non ultimate allorquando la legge nuova
venne attuata, dovranno durare ancora fino a compiere il
GABBA -- Retr. leggi, III. 12
178 PARTE TERZA

termine più lungo stabilito dalla nuova legge . Tale dot-


trina non è adottata dalla maggior parte delle legislazioni
moderne , siccome noi abbiamo osservato nell'anzidetta
168 occasione (p . 363 ) , e non lo è in particolare dal C. N.
(art . 2281 ) , nè dalla legge transitoria italiana (art . 47 ) ,
ma ciò nondimeno essa è la più conforme alla ragione e
alla scienza dei nostri giorni ; e la legislazione sassone del
1863 l'ha pure adottata .

§ 13 .

Del diritto d'enfiteusi e del diritto di superficie.

L'enfiteusi viene annoverata fra i diritti reali , e ciò basta


perchè noi dobbiamo discorrerne in questo luogo . Ma quella
espressione non è del tutto esatta . Imperocchè reale è cer-
tamente il diritto che l'enfiteuta ha sulla cosa , detto do-

minio utile, e vero jus in re aliena , perchè il diritto sulla


cosa enfiteutica direttamente si esercita , e sine respectu ad
caeteras personas ( 1 ) . Ma il dominio diretto sulla cosa enfi-

teutica è una specie di jus dormiens , che soltanto nei casi


di caducità apparisce e viene esercitato come tale , e nor-
malmente si appalesa come diritto ad un canone annuo ,
ed anche talvolta come diritto a ricognizione mediante il
laudemio , entrambi diritti guarentiti dal fondo livellare , e
il cui soddisfacimento si può esigere in confronto di qua-
lunque possessore , ma nell'essenza loro piuttosto personali
che reali . Ed oltre alla prestazione del canone e del lau-
demio, altri rapporti giuridici intercedono fra il direttario
e l'utilista , rispetto ai quali si può ripetere la medesima
osservazione . Tali sono il diritto di prelazione , il diritto
di affrancazione , il diritto di caducità e di devoluzione , e
anche questi rapporti giuridici e diritti hanno piuttosto
natura personale che reale , perchè direttamente fra per-
(1 ) Conf. POGGI , Sistema livellare toscano, Firenze 1842 , vol. 1 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 179

sona e persona si esercitano , ed anzi hanno vera e propria


natura contrattuale, attesa la reciprocità che fra loro li 169
collega . E veramente l'enfiteusi , considerata come istituto
giuridico, ha natura di contratto , onde i romanisti la chia-

mano quinto contratto consensuale , qualunque sia il titolo


su cui riposa , se si ha riguardo alla reciprocità dei diritti
che ne provengono fra direttario ed utilista , ed all'indole
personale delle prestazioni in cui questi diritti consistono.
Ha poi anche l'enfiteusi carattere di diritto successorio ,
quando sia perpetua e trasmissibile lungo una linea deter-

minata di discendenti del primo utilista . Ma siccome in


tale caso la trasmissione ereditaria dei beni enfiteutici ,
benchè dal lato degli eredi abbia natura di vera sostitu-
zione fedecommissaria , è però una trasmissione pattizia ,
o come dicono i pratici , ex pacto et providentia , così anche
da tal punto di vista predomina nell'enfiteusi il carattere
contrattuale , cioè la trasmissione ereditaria di essa è in
sostanza una successione convenzionale .

Poste tali cose , chiaro apparisce che nella trattazione


della enfiteusi in diritto transitorio , ricorre la distinzione
da noi posta sopra (pp . 44, 115 ) , e già in altre occasioni

applicata, fra quegli effetti del diritto reale che piuttosto


al titolo del diritto , e quelli che a questo diritto medesimo
si riconducono come veri e propri suoi effetti giuridico-
reali . Applicando questa distinzione al diritto di enfiteusi ,
noi dovremmo riservare alla parte di quest'opera concer-
nente i contratti tutte le quistioni transitorie che per gli
anzidetti riflessi avrebbero aspetto contrattuale , ma non lo

faremo , appunto perchè un puro e semplice carattere con-


trattuale non ispetta mai , come dicemmo , alle relazioni
giuridiche fra direttario ed utilista . E soltanto alcune di
quelle quistioni noi tratteremo piuttosto nella parte dei
contratti , che in quella dei diritti reali , e precisamente
quelle nelle quali il carattere contrattuale più spiccato
180 PARTE TERZA

apparisce . Ancora per la intima colleganza dei diritti reali


*
nascenti dall'enfiteusi con diritti di altra natura , avremo
170 occasione in questo paragrafo di aver riguardo anco alla
successione pattizia nelle enfiteusi perpetue .
I diritti spettanti all'enfiteuta sul fondo enfiteutico sono
negli effetti loro sottoposti al canone transitorio generale
in materia di effetti giuridico - reali dei diritti reali , cioè per
regola generale anche i singoli effetti giuridico - reali di quei
diritti sono regolati dalla legge vigente nel tempo in cui
vennero posti in essere . Se quindi per es . una legge nuova
statuisse che all'enfiteuta non ispetti il tesoro trovato nel
fondo enfiteutico , questo principio applicherebbesi di certo
anche alle enfiteusi già costituite rispetto ai tesori non
ancora ritrovati . In realtà ciò che possa o non possa fare
l'enfiteuta nel fondo enfiteutico , non differisce da ciò che

può o non può fare il proprietario, onde l'applicazione di


ogni nuova legge in materia di diritti dell'enfiteuta sul

fondo enfiteutico si confonde quasi sempre coll'applica-


zione immediata di ogni nuova legge circa il diritto di pro-
prietà immobiliare . Il diretto dominio invece, anche quando
venga direttamente fatto valere sul fondo , per es . in caso
di consolidazione , non può andar sottoposto alla medesima
regola . Imperocchè anche in quel caso i diritti del direttario
sono reciproci agli obblighi , e alla inosservanza degli ob-

blighi dell'utilista , e quindi hanno , come dicemmo sopra,


prevalente aspetto contrattuale , sicchè con altri criteri

vuolsi definire se e in quanto la legge nuova debbasi ap-


plicare , se per es . la consolidazione del dominio diretto

coll'utile sia ammissibile , e a quali condizioni .


Può darsi però che per un'altra via , e da un altro punto
di vista la legge nuova si applichi al diretto dominio , e
agli effetti di questo sul fondo enfiteutico , e in confronto
dell'utilista , se in particolare si tratti di enfiteusi perpetua.
Imperocchè cotesta perpetuità, come in seguito avremo
PRINCIPI PRATICI ED APPLICAZIONI 181

occasione di ripetere , conferisce alla legge nuova intorno


alle enfiteusi efficacia immediata e retroattiva anche in
casi nei quali questa efficacia sarebbe esclusa dalla natura

del diritto e della quistione di cui si tratta . Un esempio di 171


tal genere ci offrono la legge francese 11 brumale anno VII ,

la quale (art. 7 ) escluse dagli oggetti delle ipoteche le ren-


dite perpetue d'ogni genere , già dichiarate redimibili , fra
le quali erano anche le enfiteusi perpetue, e il Codice Na-
poleone, il quale (art . 530 ) dichiarò mobili tutte le rendite

perpetue o vitalizie . In virtù di queste due leggi il diritto

del direttario nelle enfiteusi perpetue è stato trasformato


da diritto reale di dominio in diritto personale di credito ,
assistito da ipoteca legale sul fondo enfiteutico , a titolo di
una supposta vendita di questo all'enfiteuta , e la efficacia
retroattiva di esse leggi non è mai stata messa in dubbio
da alcuno . Bensi fu giustamente deplorata dai francesi
giureconsulti quella abolizione di una istituzione impor-
tantissima, fatta in forma implicita , e quasi per svista .
Ragione per cui i giureconsulti francesi opinarono che l'abo-
lizione, senza compenso veruno , di un diritto riconosciuto
dalla legislazione anteriore fu una grave ingiustizia , e le
legislazioni emanate in Italia posteriormente al C. N. ( 1 )
e ad esempio di questo , non lo imitarono però su quel
proposito . Che anzi taluni interpreti sono proclivi , come
già sopra vedemmo ( p . 13 ) , a considerare come valide ,
anche dopo e non ostante le dette leggi francesi , le ipo-
teche antecedentemente costituite sopra rendite enfiteu-
tiche perpetue ; altri , come il Mailher de Chassat (v . p . 321
e segg.) , si adoperano a rivendicare la speciale natura e
il peculiare diritto dell'enfiteusi temporaria , che la legge

( 1) Il Codice albertino non ammette l'enfiteusi, ma le disposizioni tran-


sitorie che lo accompagnano dichiarano (art. 16, v. Vol . I di quest'opera ,
pag. 105) che le enfiteusi già costituite debbano essere regolate secondo le
leggi anteriori.
182 PARTE TERZA

del brumale e il Codice Napoleone non contemplano affatto,


ma che neppure contemplava la legge 4 agosto 1789 , che
prima sanci la redimibilità di tutte le rendite perpetue, e
172 che la legge 18-29 dicembre 1790 aveva espressamente
riconosciute , limitandone (art . 1 ) la durata a novantanove
anni .

Le relazioni giuridiche fra il direttario e l'utilista , ap-


punto perchè hanno , come dicemmo , natura contrattuale,
sono in tesi generale da regolarsi secondo le leggi del
tempo in cui l'enfiteusi venne costituita . E questo principio
è infatti stabilito dalla legge transitoria civile italiana
(art. 29 , v. Vol . I , p . 119 , i . n . ) . Nella pratica però il detto
principio fu trascurato affatto nelle sostanziali innovazioni

che il contratto di enfiteusi ha subito nella maggior parte


delle moderne legislazioni . La mira di migliorare la con-
dizione dei coltivatori del suolo , e quella eziandio di faci-
litare il commercio degli immobili e di favorire il credito
fondiario , diminuendo i vincoli della proprietà immobi-
liare, ispirarono quelle riforme , e specialmente l'adozione
del principio della redimibilità o affrancazione delle ren-
dite livellari . Talvolta eziandio , più che da considerazioni
d'indole economica , i legislatori furono , benchè fuori di
proposito , mossi da mire politiche , cioè dal disegno di
abbattere la costituzione feudale , feconda dei cosi detti
diritti signoriali, fra i quali a torto veniva annoverata l'enfi-
teusi . Ciò accadde specialmente in Francia mediante le già
citate leggi del 4 agosto 1789 e del 18-29 dicembre 1790 .
Le quistioni transitorie enfiteutiche originano appunto
per la massima parte dalle moderne riforme a cui l'enfi-

teusi è stata sottoposta . Importa quindi premettere qualche


cenno intorno alle seconde, prima di venire a discorrere
delle prime . A tal uopo conviene distintamente conside
rare le enfiteusi perpetue e quelle temporanee ( 1 ) .
( 1) Il bisogno di riforma delle enfiteusi era da gran tempo sentito in
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 183

Le enfiteusi perpetue , come tutte le istituzioni e i 173


diritti reali di perpetua durata , sono certamente sotto-
poste sempre alla legge attuale , o in altri termini il legis-
latore ha sempre la facoltà di stabilire nuove regole in-
torno alle enfiteusi perpetue già costituite , e le nuove
leggi intorno a questa materia si applicano anche alle
enfiteusi già costituite, semprechè il legislatore non le
abbia espressamente riservate . Due condizioni però si
richiedono affinchè leggi siffatte siano giuste ; la prima
è una reale utilità e necessità sociale del nuovo prov-
vedimento , la seconda è il rispetto dei diritti acquisiti ,
almeno mediante sostituzione ai medesimi di altri diritti

o compensi equivalenti all'atto in cui vengono aboliti


(v. sopra pag. 230) . Una riforma della materia enfiteutica,

la quale ecceda le reali esigenze del bene pubblico , è


ingiusta , ma anche una riforma voluta dal pubblico bene
pecca d'ingiustizia, se i privati ne risentano una diminu-
zione del loro patrimonio .
Nessuna legislazione più della toscana-leopoldina del
1769-1785 ( 1 ) ci appare dominata dall'intendimento di
proporzionare scrupolosamente la riforma dei livelli già
costituiti a quelli che in allora si reputavano reali bisogni
della società . Quella legislazione concerneva soltanto i

Italia, prima della fine del secolo scorso , non solo nell'interesse dell'eco-
nomia pubblica , ma anche onde accertare meglio i diritti reciproci del
direttario e dell'utilista. Noi crediamo che da quest'ultimo punto di vista
principalmente si spieghi l'uso della parola livello nell'Alta Italia, per desi-
gnare un affare imbrogliato e lungo, che dà più noie che vantaggi, e allu-
dendo certamente di preferenza al direttario .
(1) Consta delle seguenti leggi :
Legge 2 marzo 1769 sui livelli di mano -morta non - esente, contratti
per il passato.
Leggi 23 marzo e 29 settembre 1774, 17 giugno 1776 , 2 giugno 1777
sui livelli di mano- morta esente da contrarsi per l'avvenire .
Legge 24 maggio 1783 sui livelli di mano - morta esente già contratti per
il passato.
Legge 22 ottobre 1785 sui livelli di mano -morta non esente da con-
trarsi per l'avvenire (v. POGGI , vol . 1, pag. 158) .
184 PARTE TERZA

livelli di cui fossero direttarie le mani-morte , e lasciava


sussistere per le enfiteusi private le leggi precedenti , perchè
reputavasi appunto che non ci fosse allora bisogno di una
più estesa riforma . A tutti i livelli di mano-morta già
contratti o da contrarsi in avvenire applicava il principio
174 della libera disponibilità per parte dei possessori , ad onta
di pazioni o vocazioni successive già stipulate ( 1 ) . Rego-
• disponibilità , introdusse nuovi
lando poi quella libera
principii intorno alla prestazione del laudemio rispetto a
tutti i livelli di mano-morta già costituiti , ma l'abolizione
della necessità del consenso del direttario per alienare il
fondo enfiteutico , e così pure l'abolizione del diritto di
prelazione o di retratto per l'acquisto del fondo enfiteutico,
applicò soltanto ai livelli già costituiti delle così dette

mani-morte non- esenti , cioè sottoposte alle leggi di ammor-


tizzazione e incapaci di qualunque acquisto ( 2) . Applicò
tanto ai livelli di mano-morta esente, quanto a quelli di
mano -morta non- esente, sia costituiti , sia da costituirsi , il
principio della riallivellazione coattiva in caso di aliena-

zione, o in difetto di legittima disposizione del livello, ma


la riallivellazione coattiva per qualunque altra causa di
devoluzione naturale o colposa applicò retroattivamente
soltanto ai livelli di mano -morta non- esente ( 3 ) . Attribui

all'enfiteuta la proprietà dei miglioramenti fatti sul fondo


livellare, ma questa innovazione applicò retroattivamente
soltanto ai livelli di mano-morta non- esente già costituiti,
ed anzi rispetto a questi stessi livelli ne restrinse l'ap-
plicazione ai miglioramenti che sarebbero stati fatti dopo

l'attuazione della legge nuova , e vi sottrasse quelli fatti

(1) POGGI, ib. , pag. 164 .


(2) Ib. , pagg. 165-167 . Manimorte non - esenti erano le Chiese, le persone o
Corporazioni ecclesiastiche e religiose, e certi corpi e stabilimenti laici espres.
samente designati , ib. , pag. 157 .
(3) Ib., pp. 169-174.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 185

precedentemente ( 1 ) . Introdusse il principio della affranca-


bilità delle enfiteusi , e lo applicò a tutte le enfiteusi per-
petue, sia costituite, sia da costituirsi , a favore di mani-

morte non- esenti ed esenti , ma ne sottrasse le enfiteusi


ecclesiastiche sia costituite , sia da costituirsi ( 2) .
Ben diverso fu lo spirito che in materia di enfiteusi per-
petue predominò nella legislazione francese dopo la rivo- 175

luzione . Quell'istituzione fu , come già dicemmo , dal Con-


siglio di Stato (3 ) reputata essenzialmente politica e feudale ,
epperò venne compresa nell'abolizione di tutte le rendite

signoriali, pronunciata dalle leggi 4 agosto 1789 , 15 marzo


1790 , 17 luglio 1793. Nel Codice Napoleone l'enfiteusi
non venne ripristinata , cosicchè sotto il regime di questo
Codice essa non può più essere costituita secondo la vera
sua natura , ed anzi non poca fatica durarono i giurecon-
sulti francesi per dimostrare che almeno le enfiteusi tem-
poranee, costituite prima delle succitate leggi , avessero
conservata la loro antica natura anche dopo l'attuazione
delle medesime.

Le sunnominate leggi francesi non ebbero quasi nessun


effetto in Italia. Il già citato decreto imperiale del 29 agosto
1809 manteneva in vigore le enfiteusi perpetue costituite
in Toscana, non risparmiando però l'ingiustizia dell'aboli-
zione del laudemio senza indennità . Anche nel primo Regno

d'Italia gli statuti municipali in materia enfiteutica veni-


vano confermati con decreto del ministro di giustizia del
15 maggio 1809 (4) . Ne poteva essere differentemente .

(1) POGGI, pp. 174-179.


(2) Id. , ib. , pag. 179-184.
(3) Pareri del Consiglio di Stato del 1 ° marzo 1808, 17 gennaio 1809,
approvati rispettivamente il 7 marzo 1808 e il 2 febbraio 1809 (v . POGGI , ib.,
pag. 256, nota 1 ) . Avvertasi che secondo la costituzione giudiziaria fran-
cese di quel tempo, dopo tre ricorsi in Cassazione rendevasi necessaria
una interpretazione autentica, la quale veniva elaborata dal Consiglio di
Stato e poi approvata dall'imperatore e convertita in decreto imperiale.
(4) V. Basevi, I paragrafi del Cod . civ. austr. , Milano 1859, 7ª ed . , § 1146.
186 PARTE TERZA

L'istituzione livellare possiede in Italia da lunghissimo


tempo una pratica importanza , di cui le altre nazioni , e

la Francia in particolare , non hanno idea , e in Italia ap-


punto era impossibile che si commettesse o si tollerasse

l'errore in cui i legislatori francesi erano caduti , di con-


fondere l'enfiteusi colle rendite signoriali e col regime feu-
176 dale . Nella Toscana il decreto imperiale del 15 maggio 1809
venne abrogato dopo la restaurazione granducale del
1814 ( 1 ) . Di poi la legislazione enfiteutica fece in Italia
grandi progressi , ma la cieca ostilità della legislazione
rivoluzionaria francese contro quell'istituzione non ebbe
mai parte alcuna in quei progressi , ed è tanto estranea
alle idee giuridiche degli italiani , che lo stesso Codice civile
italiano del 1865 contempla e regola l'enfiteusi (lib . 3 ,
tit. 8 ) , benchè contemporaneamente ad esso siano state
emanate importanti riforme delle enfiteusi già costituite .
Le leggi italiane di questo secolo intorno all'enfiteusi
hanno continuato ed ampliato la riforma leopoldina del
secolo scorso . L'hanno però ampliata in modo che l'intento
di quelle si possa dire affatto diverso dall'intento di questa ,
ed anzi contrario . Imperocchè , mentre la legislazione livel-
lare leopoldina tendeva , al dire del Poggi (pag . 250) , a
fare dell'enfiteusi una istituzione nazionale , invece le mo-
derne leggi , e particolarmente l'ora vigente legislazione
italiana , tendono evidentemente a farla scomparire me-
diante il principio dell'affrancabilità , incondizionatamente
ammessa, ed estesa a tutte quante le enfiteusi . Di fronte a
questi principii ci pare quasi una contraddizione l'aspet-.
tarsi che nuove enfiteusi abbiano a venire in seguito costi-
tuite ; imperocchè, essendo lo scopo di chi concede un fondo

in enfiteusi , quello di procurarsi una rendita , o perpetua ,


o temporaria per una serie determinata di anni , tale è
appunto uno scopo che ad ogni tratto può venire frustrato

(1 ) V. POGGI , op. cit . , 1 , pag. 274 .


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 187

dall'altro contraente mediante l'affrancazione del canone ,

affrancazione che non si può impedire con nessun patto


che tenga.
L'affrancabilità di tutti i livelli è certamente la sostan-

ziale riforma moderna del sistema livellare , e la sola che


sia stata applicata retroattivamente , cioè anche ai livelli
già costituiti . Imperocchè le altre riforme , e particolar- 177
mente l'abolizione del laudemio , e quella dei diritti di de-
voluzione e di preferenza (art. 1565 ) , introdotte nel vigente
Codice civile italiano ( art . 1562 ) , non si applicano ai livelli

già costituiti ( 1 ) , ed anzi , come abbiamo già avvertito


precedentemente , la legge transitoria civile del 30 novem-
bre 1865 conserva per regola generale ai livelli già costi-
tuiti l'applicazione delle leggi anteriori . L'affrancabilità
dei livelli è poi estesa dall'attuale legislazione del Regno
d'Italia tanto alle enfiteusi perpetue quanto alle tempo-

ranee. A questa riforma adunque noi dobbiamo ora rivol-


gere tutta la nostra attenzione .

Noi non dubitiamo che , una volta introdotto il principio


dell'affrancabilità delle rendite enfiteutiche perpetue , questo

principio debba essere applicato alle enfiteusi già costituite ,

quand ' anche il legislatore espressamente non l'abbia detto ;


tale retroattività è imposta dallo stesso carattere di perpe-
tuità di quella istituzione, come noi abbiamo già avuto più
volte occasione di osservare . Ma noi non ci possiamo in-

vece persuadere colla stessa facilità dell'intrinseca giustizia

di tale principio . Invero le moderne legislazioni lo hanno


desunto in sostanza dall'art . 530 del C. N. (C. C. I. , arti-
colo 1783 ) : che sono affrancabili tutte le rendite perpetue

stipulate come corrispettivo della cessione di un immobile


a qualunque titolo . Quell'articolo poi del Codice Napoleone
non una ripetizione della già citata legge rivoluzio-
che18-20
è del
naria dicembre 1790 , il carattere della quale è

(1) Conf. Proc. verbali delle Comm. spec., pag. 765.


188 PARTE TERZA

stato definito dal Cambacérès (ap . Mailher de Chassat, c . 2 ,


pag. 313 ) , dicendola : " non fondata su principii di legis-
lazione , ma tutta politica e di circostanza , ( 1 ) . In altri
termini , l'art . 530 del C. N. non è che la riproduzione di
178 una legge inventata allo scopo di combattere la classe dei

così detti privilegiati , i quali erano in pari tempo i grandi


proprietari , e suffragata dalla fallace opinione già mento-
vata precedentemente che tutte le rendite perpetue gravi-

tanti sulle terre fossero di origine e di indole signoriale o


feudale . Or bene l'enfiteusi ha tutt'altra origine e tutt'altra
indole , almeno in Italia . Essa è stata inventata, e fu sa-
pientissimo espediente , onde sottoporre a coltivazione terre
infruttifere e abbandonate , che nessuno voleva comperare
nè prendere in affitto ; col regime feudale essa non ebbe
mai nessuna connessione , e lungi dall'essere stata un og
getto di sfavore e di odio , fu sempre ed è ancora oggidi
riguardata in Italia come un efficace strumento per far

progredire l'agricoltura nazionale . Per conseguenza , në


l'affrancabilità delle enfiteusi perpetue , nè quella di nes-
sun'altra rendita perpetua può essere giustificata in Italia
con quelle ragioni colle quali si credette di giustificarla in
Francia, benchè ai legislatori italiani non sia stata sugge-
rita da altro che dall'esempio francese . La si potrà forse
giustificare con argomenti di politica economia , quali
sono la libertà dei fondi , la facilità di metterli in com-

mercio , il miglioramento della classe agricola ? Noi non


possiamo crederlo più di quello che lo credessero i sapienti

autori della legislazione toscana -leopoldina , i quali nel


riordinare l'enfiteusi per farle produrre maggiori vantaggi,
non si appigliarono al principio dell'affrancazione obbli
gatoria di tutti i livelli , nè più di quello che abbiano dovuto
crederlo gli stessi autori del Codice civile del regno d'Italia ,

(1) Un telle loi n'est pas fondée sur des principes de législation, elle est
toute politique, toute de circonstance.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 189

i quali hanno voluto conservare l'enfiteusi nell'atto stesso

in cui resero quasi impossibile il costituirne di nuove , col


sancirne l'universale redimibilità , a qualunque distanza di
tempo dalla sua costituzione . D'altronde quel concetto
della libertà dei fondi è vago di sua natura , e non ci pare
che escluda l'onere di un canone volontariamente consen-

tito . La commerciabilità poi dei fondi enfiteutici , come

osserva il Poggi ( ib . , pag. 265 ) , è provata dal fatto che 179


quei fondi si sono sempre potuti vendere come gli altri ,
meno il capitale della rendita ( 1 ) . La prosperità della classe
agricola non può neppure essere addotta come seria obbie-
zione contro un contratto , il quale non tende ad altro che
ad aumentare i terreni coltivati e la produttività di essi .
Che se anche si potesse dimostrare che a tutti questi scopi
gio vasse l'abolizione delle enfiteusi perpetue , non sarebbe
questa però mai una così grande utilità da bilanciare il
rispetto dovuto ai contratti liberamente consentiti e ai
diritti acquisiti contrattuali . Soltanto si potrebbe forse
ritenere che l'affrancazione fosse di grande interesse so-
ciale rispetto ai livelli di mano - morta , attesochè non si

possa negare che meglio giovi allo Stato avere proprietari


i privati, anzichè le mani-morte , epperò la legislazione
toscana-leopoldina , la quale limitò l'affrancazione appunto
ai soli livelli di mano -morta , ci pare improntata di ammi-
rabile sapienza . In conclusione , il principio dell'universale
affrancabilità delle enfiteusi ci sembra non potersi dimo-

strare neppure con argomenti economici , epperò non avere


maggior fondamento nella legislazione italiana di quello
che lo abbia nella legislazione francese . L'applicazione in
particolare di quel principio alle enfiteusi già costituite ci
sembra , come è sembrata anche al Mailher de Chassat

(1)
disbor......
so anzi più facilmente degli altri, perchè richiedevano minor
190 PARTE TERZA

(1. c . ) ( 1 ) , una ingiusta retroattività a danno di diritti acqui-


siti contrattuali .
180 Ci conferma in tale opinione il riflettere col Mailher de
Chassat (1. c .) ( 2) che l'affrancamento delle enfiteusi per-
petue presuppone che il fondo enfiteutico non sia realmente

nelle mani dell'enfiteuta gravato da altro diritto che dal


canone e dalle eventuali prestazioni spettanti al direttario
concedente , che in altri termini all'enfiteuta spetti la pro-

prietà del fondo livellare , come a chi paga una rendita


fondiaria spetta la proprietà del fondo alienato per la
costituzione della rendita . Tale era veramente , come fa

osservare il Mailher de Chassat , l'opinione dei legislatori


francesi del 1791 rispetto alle enfiteusi temporanee , e
quindi a più forte ragione doveva esserlo rispetto alle enfi-
teusi perpetue . Nella legge del 15 settembre e 16 ottobre
1791 relativa al riscatto dei diritti signoriali temporanei
è detto espressamente all'articolo 1 : " sarà in facoltà sia
del possessore attuale del fondo a titolo di enfiteusi , di
rendita, non perpetua , sia del concedente proprietario della
"
( 1 ) Ecco il passo di MAILHER DE CHASSAT : rendre rachetables des rentes
foncières, irrachetables de leur nature, puisque par une fiction , absurde sans
doute, mais qui n'entrait pas moins comme élément nécessaire dans la for-
mation du contrat de bail à rente, la rente, représentant matériellement l'im-
meuble concédé, participait ainsi de sa nature, était bien anéantir rétroacti-
vement un contrat consommé selon les conditions qui lui étaient propres, et
duquel étaient nés des droits acquis . A l'égard des redevances provenant de
baux emphyteotiques perpétuels ou à location perpétuelle, etc. , la rétroactivité
reposait, non seulement sur le motif précédent, mais encore sur un nouveau
motif, et la loi ne se bornait pas à altérer des contrats anciens sous le rap-
port de l'irrédimibilité des rentes, elle allait jusqu'à altérer en outre le
caractère même du contrat emphyteotique ou à location perpétuelle, dont
émanaient les redevances ; car elle considérait comme propriétaire absolu,
réel, exclusif l'emphyteote ou le concessionnaire, qui dans l'exactitude des
principes n'avait que de certains droits limités sur la chose concédée, et
dépouillait ainsi le véritable propriétaire d'un droit qu'il ne pouvait perdre,
ou dont il ne pouvait être exproprié, selon l'expression de DUMOULIN , que
par un véritable contrat d'aliénation , tel que la vente, la donation , le bail
à rente, etc. , .
(2) Vedi la nota precedente.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 191

rendita , avente diritto alla proprietà riversibile , di affran-


care i preesistenti diritti signoriali , fissi o casuali E il

Merlin (Quest. de droit, voce Emphytéose, § 5 ) non esita a


dichiarare che, a senso di quella legge e di altre , e delle
relazioni che le hanno precedute , " il dominio di proprietà
e la vera qualità di proprietario risiede presso l'enfiteuta " ·

Ma tale opinione è al tutto erronea , contraria del pari alla


giurisprudenza antica e alla moderna , e ai dì nostri spo-
gliata anche di quell'apparenza di verità , che le poteva 181
dare presso i meno esperti la vecchia distinzione del do-
minio diretto e del dominio utile . Che se l'enfiteuta non è

proprietario del fondo livellare , come può egli affrancare


il fondo non suo dall'onere del livello ? Come può spettare
all'enfiteuta lo stesso diritto che spetta al pagatore di una
rendita fondiaria e collo stesso effetto , se la situazione
dell'uno è affatto differente da quella dell'altro ? Se dunque
la legge statuisce che l'affrancazione del livello ha per
effetto di far diventare l'enfiteuta pieno ed esclusivo pro-
prietario del fondo livellare , ciò statuendo essa spoglia in
realtà il direttario non soltanto del diritto al canone, ma

eziandio della proprietà del fondo , che a lui è sempre spet-


tata e non all'enfiteuta , e lo spoglia di questa proprietà.

senza alcun compenso ; è quindi anche per questo titolo


una legge ingiustamente retroattiva , perchè lesiva senza
compenso, e, per giunta eziandio , per un errore imperdo-
nabile, di un vero e perfetto diritto di proprietà .
Applicata alle enfiteusi temporanee l'affrancabilità ci
sembra ancor più evidentemente ingiusta , di quello che
applicata alle enfiteusi perpetue . Imperocchè nelle enfiteusi
temporanee è ancor più manifesta l'intenzione del conce-
dente di riservare a sè la proprietà del fondo enfiteutico ,
e quindi il duplice diritto di lui a questa medesima pro-
prietà e al canone livellare. L'ingiustizia dell'affrancazione
di queste enfiteusi può talvolta , come osservò uno dei com-
192 PARTE TERZA

pilatori del Codice civile del regno d'Italia ( 1 ) , raggiungere


una singolare gravità , come per es . se si vogliano affran-
care quando manca pochissimo tempo a compire la durata
pattuita . Oltracciò , qualunque opinione uno abbia intorno
alla pubblica utilità dell'affrancazione delle enfiteusi tem-
poranee , e intorno al vero oggetto dell'affrancazione , questa
è condannata irrevocabilmente anche dal principio , diven-
182 tato oramai inconcusso nel corso dei presenti studi , che
soltanto le istituzioni di perpetua durata , non mai contratti
o istituzioni passeggiere , possono essere manomesse re-

troattivamente da riforme legislative . Questo riflesso non


è per noi meno vero e decisivo per essere sfuggito al Sa-
vigny, il quale (pag . 523 ) pone in termini generali , e senza
nessuna restrizione , l'enfiteusi fra quelle istituzioni delle

quali il legislatore può liberamente disporre come gli


piaccia . L'irredimibilità delle enfiteusi temporanee era stata
riconosciuta dalla legislazione toscana-leopoldina, lo fu poi
anche dalla legge sarda del 13 luglio 1857 , ma ciò nondi-
meno il principio contrario venne adottato dalla legge
civile transitoria italiana del 1865 (art. 30) , la quale sol-
tanto ordinò che il prezzo del riscatto di queste enfiteusi
fosse più elevato di quello voluto pel riscatto delle enfiteusi
perpetue . Con forti ragioni l'opinione che noi seguiamo
era stata propugnata anche in seno della Commissione di

revisione del Progetto del Codice civile del regno d'Italia ( 2) ,


e siccome non ci fu dato di trovare che quelle ragioni
siano state efficacemente combattute ( 3 ) , e ciò nondimeno
l'opinione contraria prevalse , noi sospettiamo che anche
questa volta l'esempio francese , consegnato nella già citata

(1) Proc. verb., pag. 777 .


(2) Specialmente dal professore ENRICO PRECERUTTI, vedi nota prece-
dente .
(3) A pag. 777 dei Proc. verb. si legge che , in seguito alle accennate
obbiezioni, il principio della redimibilità delle enfiteusi temporanee fu
lasciato in sospeso ; poi si trova menzionato quel principio come accettato
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 193

legge del 15-16 ottobre 1791 , abbia dato il tratto alla


bilancia. Questa legge però poteva parer buona ai francesi
per una circostanza che fortunatamente non si è avverata
in Italia, la circostanza cioè che dominava allora in Francia
quella forte avversione contro l'istituto dell'enfiteusi in
generale, che condusse persino all'abolizione delle enfiteusi

perpetue senz'altro compenso fuorchè la capitalizzazione


del canone .

Un'altra riforma di minore importanza introdotta nelle 183


moderne leggi intorno all'enfiteusi , riguarda la successione
nelle medesime . Molte enfiteusi solevansi per lo addietro
costituire col patto che non potessero essere alienate dal-
l'enfiteuta , ma dovessero invece trasmettersi ad una serie

determinata di successori , laonde dicevansi enfiteusi pa-


zionate , o ex pacto et providentia . Coteste enfiteusi risolve-
vansi, come già dicemmo , in veri fedecommessi enfiteutici ,
nei quali il più delle volte le femmine non potevano suc-
cedere.

Già la riforma livellare toscana -leopoldina aveva dimi-


nuito l'effetto delle pazioni rispetto ai livelli di manomorta ,
ordinando che in avvenire esse non avessero effetto se non
quando il possessore non avesse disposto intorno al livello

sia per atto tra vivi sia per atto di ultima volontà (1 ) . In
Francia l'abolizione dell'enfiteusi pattizia fu una conse-

guenza dell'abolizione e del divieto di ogni sostituzione


fedecommissaria in generale . In Italia esse rimasero in
vigore dappertutto fino ad epoca assai recente. La prima
legge che le abolì fu la legge sarda del 24 gennaio 1856 ;
poscia la stessa abolizione venne pronunciata in Toscana
dalla legge 23 marzo 1860 , e finalmente in tutto il Regno

dalla Commissione, ma che cosa sia accaduto in seno a questa fra quella
prima deliberazione e la decisione della quistione, i Processi verbali non
dicono .
(1) V. POGGI, op. cit. , vol. 1 , pagg. 166-174.
GABBA - Retr. leggi, III. 13
194 PARTE TERZA

cessarono le pazioni enfiteutiche col 1 ° gennaio 1866 in


virtù della legge transitoria civile del 25 novembre 1865
(art. 29) .
Intorno alla giustizia di questa abolizione non vi può
essere dubbio , una volta che si ammetta la giustizia del-
l'abolizione dei fedecommessi . Non tutte però le leggi abo-

litive delle pazioni enfiteutiche riservarono il diritto dei


primi chiamati dopo l'attuale possessore , a similitudine di
una analoga disposizione usitata nell'abolizione dei fede-
commessi . La citata legge toscana del 1860 lo riservò
(art. 18 ) , e così pure non lo disconobbe la legge italiana
184 del 1865 , del che l'effetto si è che venga ritardata la ces-
sazione della successione pazionata dopo la morte dei primi
chiamati , e non già che si dividano i beni svincolati fra
il possessore e i primi chiamati , come appunto soglionsi
dividere i beni fedecommessi dichiarati liberi.

Considerando ora in se medesimo il riscatto delle enfi-

teusi perpetue , osserveremo che il legislatore il quale voglia


attuarlo ha il dovere di commisurare quanto meglio possa
il prezzo del riscatto ai lucri percepiti dal direttario . In
codesta commisurazione non basta certamente il tenere

calcolo del solo canone, ma è necessario altresì mettere in


conto i lucri eventuali , almeno i meno incerti e i meno

infrequenti . Il laudemio in particolare appartiene appunto


a quest'ultima categoria, e noi quindi non possiamo che
lodare la Commissione che elaborò il progetto del Codice
civile del regno d'Italia , di non avere accettata la proposta
contraria , che da uno dei suoi membri era stata fatta ( 1 ) .
L'art. 30 della legge transitoria civile italiana del 25 no-
vembre 1865 assegna infatti al direttario , oltre al capitale
corrispondente al canone , anche la metà di un laudemio ,

(1) Proc. verb., pagg. 764-765.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 195

se trattasi di riscatto di enfiteusi perpetue, tre quarti se


trattasi del riscatto di enfiteusi temporanee .

Che se la legge intorno al riscatto delle enfiteusi mira a


favorire piuttosto l'utilista che il direttario , ciò è piena-
mente conforme al suo spirito . E per questo stesso motivo
si comprende anche il disposto dell'articolo 32 della legge
transitoria italiana del 1865 , che i livellari di corpi morali
possano , anche dopo la pubblicazione delle nuove norme
intorno all'affrancamento , giovarsi delle più favorevoli di-
sposizioni contenute per avventura nelle leggi anteriori
sia rispetto ai modi di pagamento , sia rispetto ai criteri
per distinguere le enfiteusi perpetue dalle temporanee . Non
si può certamente addurre a sostegno di questa disposi- 185
zione un diritto acquisito , nascente da leggi che non erano
ancora state applicate .
Osserviamo da ultimo che il diritto di redimere l'ob-

bligo del canone enfiteutico , una volta introdotto , è una


vera e propria facoltà di legge , la quale al pari di tutte
le altre non fa acquistare un diritto prima che sia stata
esercitata , e fino a questo momento può venir tolta e
sottoposta a nuove condizioni e formalità da una legge
nuova.

Rispetto alla cessazione od estinzione delle enfiteusi la


regola teorica è certamente quella dell'applicazione della
legge vigente nel giorno in cui l'enfiteusi venne posta in
essere. La natura contrattuale dell'enfiteusi non può di
certo consentire che l'estinzione dell'enfiteusi venga rego-

lata con legge diversa da quella che regola tutti gli altri
suoi effetti . In concreto però anche la estinzione delle enfi-
teusi perpetue già costituite può accadere per nuove cause
introdotte dal legislatore . Riprova di ciò è la stessa appli-
cazione retroattiva della redimibilità di tali enfiteusi , della

quale fu dianzi ragionato .


196 PARTE TERZA PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI

Della legge intermedia nelle enfiteusi , e degli errori a


cui la medesima può dare e ha dato talvolta occasione
nella dottrina transitoria , abbiamo già toccato preceden-
temente (pag. 45 ) .

Il diritto di superficie , in senso romano ( 1 ) , è pure un


diritto reale , in virtù del quale taluno ha facoltà per-
petua e alienabile di godere pienamente di un edificio
altrui , o su terreno altrui , mediante corresponsione di
un' annua pensione (2) . Anche questo è un diritto reale
in re aliena al pari dell'enfiteusi , e non un dominio utile
sulla cosa che ne forma l'oggetto (3 ) . Nel Diritto Romano
186 il gius di superficie distinguevasi dall'enfiteusi , essendo
l'oggetto e lo scopo dei due rapporti giuridici differente.
Siccome però fra i due diritti vi ha una sostanziale ana-
logia nell'essere il proprietario distinto dall'utilista , nel-
l'essere il diritto del primo ordinariamente limitato al
conseguimento dell'annuo canone, ben presto vennero ac-
comunati ambedue in un solo e medesimo concetto , quasi
due sotto - specie di un medesimo tipo giuridico , al quale
concetto corrisponde nella lingua italiana il vocabolo li-

vello , applicato all'un diritto ed all'altro . Da ciò consegue


che i principii transitorii esposti precedentemente intorno
all'enfiteusi , applicansi anche al diritto di superficie, o
livello di edifici.

(1) È noto che nel diritto odierno il diritto di superficie è vera proprietà
di un edificio, o costruzione qualunque , su terreno altrui.
(2) Nella L. 74, D. De rei vindic. il superficiario è definito : qui in alieno
solo superficiem ita habet ut certam pensionem praestet.
(3) Vedi VANGEROW, Pand., vol . 1 , pag. 636.
197

187
APPENDICE

AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

Delle leggi reali improprie.

Chiamiamo leggi reali improprie tutte quelle leggi , le


quali , mentre non concernono le relazioni giuridiche fra
privati , nonchè i diritti privati reali in particolare , pur
nondimeno sono dotate , al pari delle leggi di ordine pri-
vato-reale , o reali proprie , di efficacia immediata o sulle
persone, o sulle cose, o sugli atti dei cittadini .
Siffatte leggi sono di varia natura . 1 ° Tali sono anzi-
tutto le leggi attinenti alla costituzione politica dello Stato ,
ai diritti e ai doveri incumbenti ai privati cittadini verso
lo Stato , per titolo di sudditanza ; 2 ° Tali sono pure le
leggi attinenti alla pubblica amministrazione e al buon
ordine interno dello Stato ; 3 ° E finalmente sono tali anche

le leggi , che regolano bensì cose e diritti di privata spet-


tanza , ma con criteri di pubblica convenienza , ed eserci-
tando lo Stato rispetto ai medesimi un superiore e preva-
lente diritto .

Tutte queste leggi hanno di comune colle reali vere e


proprie soltanto l'immediata applicazione a persone , cose,
e fatti o relazioni fra le persone , epperò le diciamo leggi
reali improprie. E cotesta efficacia spetta alle leggi mede-
sime in virtù dell'indole loro , cioè dello scopo e del criterio
198 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

che loro presiedono . Sono cioè , come noi già notammo


nella Parte Generale di quest'opera (v . Vol. I , pag . 212 ) ,
188 retroattive o immediatamente efficaci , e lo sono per la
stessa ragione per cui tali dimostrammo essere le leggi reali
proprie e le leggi di stato personale ( v . Vol . I , pp . 208 , 209) ,
cioè per la ragione che il pubblico interesse per natura sua

al privato prevale , e non ammette dilazione ad essere rico-

nosciuto e soddisfatto . Nè , ciò dicendo , noi diventiamo


infedeli al nostro proposito fondamentale (v . Vol . I , p . 150
e segg .) di non introdurre il criterio dell'ordine pubblico
nella discussione dei diritti acquisiti privati . Imperocchè

le leggi di cui ora discorriamo , sono appunto affatto estranee


alla sfera del diritto privato ; noi consideriamo le esigenze
dell'ordine pubblico in materie essenzialmente pubbliche,
e l'azione immediata delle leggi inspirata da quell'ordine
non può mai offendere nessun diritto acquisito dei privati.
Quell'azione retroattiva o immediata non significa già che
le condizioni delle persone , delle cose , e i modi dell'agire
umano, a cui le leggi in discorso riferisconsi , siano diritti

quesiti che le medesime possano manomettere , ma bensì


che quelle condizioni o modi , anzichè diritti quesiti , non
sono altro mai fuorchè stati di fatto , o possibilità di certi
modi di agire , che il legislatore può sempre , come crede ,
regolare e modificare. Che del resto nè i fatti consumati

possono venir disconosciuti e resi infetti neppure dalle


leggi in discorso , nè, se da quei fatti siano sorti veri e

propri diritti quesiti d'indole privata , questi diritti , osser-


viamo fin d'ora , possono mai venire da quelle leggi disco-
nosciuti ed offesi in virtù della loro speciale retroattività.
Che in ogni e qualunque materia attinente di sua natura

all'ordine pubblico dello Stato , i provvedimenti della legge


applichinsi anche ai fatti esistenti , ebbe in generale a rico-
noscere più volte la giurisprudenza italiana . Vedasi per
esempio una sentenza della Corte d'appello di Bologna,
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 199

4 agosto 1876 ( 1 ) . Ma altrettanto certe , quanto quel gene-


rale principio , sono anche moltissime applicazioni pratiche 189
del medesimo , delle quali noi avvertiremo le principali
secondo l'ordine poco sopra additato .
Non è dubbio che una nuova costituzione politica dello
Stato toglie immediatamente vigore ad ogni legge ed or-
dine pubblico e amministrativo preesistente , il quale non
si possa colla nuova costituzione conciliare , come ebbe a

dichiarare la Cassazione di Torino in una sentenza 11 feb-

braio 1870 ( 2 ) . Del pari è certo che tanto il diritto d'eletto-


rato politico attivo e passivo , quanto le attribuzioni dei pub-
blici ufficiali , di qualunque categoria e in qualunque tempo
nominati , sono sempre regolate dalla legge attuale , come
ebbero a dichiarare la Deputazione provinciale di Novara ,
6 novembre 1867 (3 ) , e la Cassazione di Napoli , 19 marzo
1871 ( 4) . Vanamente accamperebbersi contro quelle nuove
leggi , ed altre consimili , diritti quesiti in virtù di leggi e
fatti anteriori , chè diritto quesito contro l'applicazione di
una nuova legge d'ordine pubblico non si può dare , come
dichiarò la Corte d'appello di Torino , 23 luglio 1867 ( 5) .
E coll'immediata applicazione delle leggi in discorso ces-
sano anche necessariamente d'avere effetto ulteriore quelle
convenzioni giuridico- private , che sia fra privati , sia fra
privati e pubblici Corpi siano state poste in essere per
occasione e sulla base delle prime , come ebbero a dichia-
rare il tribunale di Ravenna , 18 marzo 1875 (6 ) , e la Cas-
sazione di Napoli nella citata sentenza 19 marzo 1871 ( 7 ) .
Ma non potrebbe quella immediata applicazione della

(1) G. I., 1876, 2, 831 .


(2) Gazz. Giud., xxx , 11 , 56.
(3) Ib. , viii, 1 , 277 .
( 4) L. , XI , I , 173.
(5) G. , Iv, 581.
(6) L. , xv, 1, 454.
(7) Vedi anche Nota del ministro dell'interno, 27 giugno 1871 ( L. , xii ,
11, 275).
200 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

nuova legge in discorso impedire i giuridici effetti ulte-


riori delle convenzioni giuridico -private che per occasione
190 delle vecchie leggi politiche abolite fossero già state, non
solo perfezionate, ma anche da una sola delle parti con-
traenti eseguite . Onde , per esempio , dichiarò giustamente
la Corte d'appello di Catania , 5 novembre 1870 ( 1 ) che le
donazioni fatte da un monaco all'atto della sua professione ,
non possono essere impugnate nè disconosciute dopo l'at-
tuazione della legge politica da cui furono soppresse le
Corporazioni religiose .
Del pari le leggi in materia di servizio militare, e di
tasse o imposte si applicano immediatamente ; nè per essere
un individuo nato , un affare stato conchiuso , o un interesse
qualunque stato posto in essere prima dell'attuazione di
quelle leggi , può allegarsi diritto quesito a prestare il ser-
vizio militare , o a pagare una tassa od imposta a termini
delle leggi anteriori . Semprechè, s'intende bene , la legge
anteriore non fosse ancora stata applicata o non fosse
ancora venuto il tempo di applicarla alle persone , o agli
affari o interessi di che si tratta , prima che le leggi nuove
entrassero in vigore . Importa quindi moltissimo lo stabi-
lire il punto di tempo nel quale una legge , sia intorno al
servizio militare , sia in materia di tasse, applichisi ai cit-
tadini o agli averi loro , onde conciliare coll'immediata
applicazione di essa il rispetto ai veri e propri diritti que-
siti , di cui la legge medesima nell'applicazione diventi
occasione. Imperocchè , avendo ogni legge di quel genere
per suo oggetto una prestazione del cittadino allo Stato , è

bensì dovere del primo il subirla , e a questo dovere non


può contrapporsi un diritto quesito di semplice negazione ,
ma egli è anche diritto del cittadino , e diritto quesito col
fatto stesso dell'adempimento del dovere , quello di non
sopportare un maggior onere sulla persona e sui beni , di

(1) Giurispr. di Catania, 1 , 41 .


DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 201

quello che imponga precisamente la legge nel momento in

cui dovrebbe essere applicata (v . Vol . I , pag . 221 ) .


In materia di tasse ed imposte in particolare è principio 191 '
di gius transitorio universalmente ammesso , che tanto per
determinare chi sia responsabile della tassa, quanto per
determinare l'importo di questa , vuolsi avere riguardo alla
legge vigente nel giorno in cui furono posti in essere gli
atti od affari colpiti dalla tassa . Onde giustamente la Cas-
sazione di Roma, 16 dicembre 1880 ( 1 ) dichiarò che le
leggi 11 agosto 1870 , 14 giugno 1874 , le quali addossa-
rono solidalmente all'antico e al nuovo esercente la respon.
sabilità della tassa di ricchezza mobile , non si applicano.
alle cessioni di aziende commerciali e industriali , compiute
prima dell'attuazione di quelle leggi . E giustamente pure
la Corte di cassazione di Parigi dichiarò , con sentenza del-
1'8 giugno 1808 ( 2 ) , che l'imposta stabilita sulle bevande
dalla legge del 5 ventoso anno XII dovesse esigersi anche
sulle bevande provenienti da raccolte anteriori ; e , con sen-
tenza del 28 giugno 1836 ( 3 ) , che in seguito a regia ordi-
nanza , la quale aveva esteso il limite daziario d'una città ,
le mercanzie esistenti fra l'antico limite e il nuovo nel

giorno dell'attuazione dell'ordinanza medesima erano sog-


gette al pagamento del dazio . E la Corte di cassazione di

Firenze dichiarò con sentenza del 1 ° dicembre 1866 (4)


che il bollo doganale voluto dal regolamento doganale del-
l'11 settembre 1862 come contrassegno della pagata im-
posta doganale , non fosse necessario per quelle merci , le
quali , introdotte in Italia prima di quel regolamento , por-
tassero a prova del pagamento del dazio imposto dalle
leggi d'allora il bollo prescritto dalle leggi medesime .

(1) F. 1., 1 , 65.


(2) R. G. , 9, 1 , 288.
(3) Ib . , 36, 1 , 683.
(4) Ann. di Giur. it. , vol. 1, 2, 18.
202 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

Quanto alle tasse di registro in particolare , l'importanza


decisiva della data dell'atto per la scelta della legge da
applicarsi fu dichiarata dalla Cassazione di Firenze , 7 feb-
192 braio 1870 ( 1 ) e dalla Corte di Brescia , 17 marzo 1871 ( 2) .
Anche la Corte di cassazione di Parigi che aveva formu-
lato nelle sentenze del 13 dicembre 1809 (3) e dell'11 set-
tembre 1811 (4) la tesi generale che l'articolo 2 del C. N.
non si applicasse in materia di registro , abbandonò poscia
questa dottrina, come lo provano le sentenze del 4 feb-

braio 1834 ( 5) , e del 31 maggio 1836 ( 6 ) , nell'ultima delle


quali dichiarò in termini generali che le leggi di finanza
non possono applicarsi retroattivamente quando il legisla-
tore medesimo non lo ingiunga . Ed anche il Consiglio di
Stato francese formulò lo stesso principio in un'ordinanza
del 24 dicembre 1831 ( 7 ) . Vero è che l'attuale giurispru-
denza francese non segue il principio propugnato di sopra
se non rispetto alle traslazioni o mutazioni di diritti , non

rispetto agli altri atti sottoposti a registro ( 8 ) ; ma questa


distinzione non ha , come osserva anche il Dalloz ( loc . cit . ,
n. 156), valore scientifico , e non si farebbe neppure in
Francia se le leggi positive espressamente non la conte-
nessero .

E non fa differenza nell'applicare i principii suesposti ,


che si tratti di atti privati , oppure di atti pubblici , e quindi
aventi già data certa . Il Dalloz (l . c . , num . 154) vorrebbe
limitato il principio ai soli atti pubblici , e questo avviso fu
pure seguito dalla Corte di cassazione di Bruxelles in una

(1) L., 1870, pag. 305.


(2) M. T. , 1871 , pag. 399.
(3) D. , R., voce Enregistr. , n. 137 .
(4) Ib.
(5) Ib. , n. 140 .
(6) Ib. , n. 142.
(7) Ib. , n. 143.
(8) Ib., n . 146 .
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 203

sentenza del 10 aprile 1825 ( 1 ) , nella quale dichiarò che


la mobilità o immobilità delle cose vendute con atto pri-
vato debbasi giudicare secondo la legge vigente nel giorno
della registrazione . Noi non possiamo seguire questa opi-
nione, perchè non ci convince la ragione che se ne adduce , 193
del non avere gli atti privati data certa di fronte ai terzi
se non dal giorno della loro registrazione ; imperocchè ciò
non esclude che tale data possa essere provata anche con
altri mezzi al solo effetto della commisurazione della tassa

di registrò . L'opinione contraria a quella del Dalloz fu del


resto adottata dalla Cassazione di Parigi in una sentenza
del 12 settembre 1810 ( 2) , e poi dal tribunale della Senna
in una sentenza del 27 agosto 1840 (3 ) , e dal tribunale di
Narbonne in una sentenza del 5 gennaio 1836 (4) .

Concordano sostanzialmente col fin qui detto le leggi


positive in materia di registro , come per es . in Francia la
legge del 5 dicembre 1790 , e poi quelle del 22 frimajo
anno VII (5 ) , del 28 aprile 1816 (art. 59 ) ( 6) , del 18 aprile
1831 (art. 17) ( 7) , del 21 aprile 1832 ; in Italia la legge
del 14 luglio 1866. Quest'ultima legge dispone altresì
(art. 153 ) che , se gli atti posti in essere sotto le leggi
anteriori non dovevano , secondo le medesime , andar sot-
toposti a tassa fuorchè nell'occasione di farne uso, e questa

(1) D. , R. , 1. c., n. 154.


(2) lb. , n. 183.
(3) Ib.
(4) lb.
(5) Vedi per l'applicazione di questa legge le sentenze della Cassazione di
Parigi del 23 frimaio anno XIII ( v . DALLOZ , 1. c . , n . 137) , del 4 nevoso anno X
(ib.) , del 13 dicembre 1806 (ib.) .
(6) les droits établis par la loi nouvelle ne seront perçus que sur les
mutations qui surviendront après sa publication ..... Confr. sentenza della
Cassazione di Parigi, 13 gennaio 1818 ( R. G. , 18, 1 , 243) , e 6 luglio 1818
(R. G. , 18 , 1 , 333) .
(7) Se ne può vedere l'applicazione nelle seguenti sentenze : Cassazione
di Parigi, 4 febbraio 1834 (R. G. , 34, 1 , 97) ; id . , 30 maggio 1836 (R. G. , 36,
1, 464).
204 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

occasione non si è ancora presentata prima dell'attuazione


della legge nuova , questa legge vi debba essere applicata .
Talune leggi poi , e fra le altre l'italiana ultima citata (arti-
colo 151 ) , statuiscono : che gli atti posti in essere ante-
riormente alla legge nuova , e registrati dopo l'attuazione
di questa, non possano fruire della legge anteriore se non

194 per un dato tempo , la quale disposizione non può certa-


mente venir disapprovata nella dottrina della retroattività .
Qualche legge positiva è anzi stata persin troppo riguar-
dosa del passato nell ' ordinare l'applicazione di nuove
tasse sugli atti ed affari ; così per es . una legge prussiana
del 1869 esimette da una tassa di quel genere gli effetti

già posti in circolazione prima della sua attuazione. Vi


furono però anche leggi, le quali disconobbero affatto i
principii in discorso , come , per es . , una legge francese ,
5 dicembre 1790 , la quale (art. 22) applicò la nuova legge
sul registro alle traslazioni di diritti , e agli atti non regi-
strati nel termine voluto dalle leggi anteriori , e così pure

una legge francese 14 termidoro anno IV ( art. 3 ) ( 1 ) , ed


altre 9 vendemmiale anno VI (art . 16 ) , 27 ventoso anno IX
(art. 1 ) ( 2) , 15 maggio 1850 (art. 9 ) .
S'intende poi che la data , a cui vuolsi avere riguardo , è
quella in cui l'atto o negozio è stato sostanzialmente posto
in essere . Onde giustamente fu ' giudicato dalla Corte di
cassazione di Parigi, con sentenza del 2 luglio 1823 (3 ),

che la tassa di mutazione per la successione della moglie


nel douaire debbasi regolare secondo la legge vigente alla

(1 ) .....les actes translatifs de propriété d'immeubles réels sont assujettis à


un droit de 4 %, quelle que soit leur date.....
(2) Per l'applicazione di queste tre leggi veggansi le seguenti sentenze :
Cass. , 2 vent. anno VII ( C. N. , I, 1 , 171 ) ; Cass . , 23 vent. anno IX ( C. N. , 1 ,
1 , 438) ; Cass. , 11 flor. anno IX (R. G. , 1 , 2 , 320) ; Cass . , 4 mess. anno IX
(C. N. , 1 , 1 , 484) ; Cass . , 4 nevoso anno X ( R. G. , 7 , 1 , 937) ; Cass . , 26 frimaio
anno XIII ( C. N. , 2, 1 , 40) ; Cass . 13 dicembre 1809 (R. G. , 10 , 1 , 124) ; Cass. ,
11 settembre 1811 ( C. N. , 3, 1 , 404) .
(3) R. G., 23, 1 , 398.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 205

morte del marito , e non secondo quella vigente nel giorno


del contratto matrimoniale ; con sentenza del 23 marzo

1840 (1 ) , che la tassa di mutazione in virtù di una dona-


zione mortis causa debbasi determinare secondo la legge
vigente nel giorno della morte del donante , e non secondo
quella vigente nel giorno della donazione . Ed anche a buon 195
diritto la citata legge italiana del 14 luglio 1866 dispone
(art. 154) che le successioni , le donazioni e i legati vinco-
lati ad una condizione che siasi verificata sotto l'impero

di essa legge , quantunque il titolo di tali acquisti risalga


ad un'epoca anteriore , debbano andar sottoposti alla tassa
di registro secondo le disposizioni in essa contenute . Ma
non osta alla perfezione dell'atto od affare di cui si tratta ,
in un dato momento , e quindi non consente che al mede-
simo si applichi una tassa stabilita da una legge poste-
riore , la circostanza che gli effetti dell'atto od affare , per

esempio, una promessa di pagamento , appariscano dopo


quel momento , locchè pure ebbe a dichiarare la Corte di
appello di Brescia nella citata sua sentenza . Ed anche se
l'affare che dà occasione alla tassa , sia stato posto in essere

fra le parti vigendo una legge , ma l'approvazione del mede-


simo per parte di superiori autorità abbia avuto luogo
dopo che quella legge cessò di avere vigore , si ha riguardo
alla prima legge , e non alla seconda nella commisurazione
della tassa , come ebbero a dichiarare la Corte d'appello
di Palermo , 22 febbraio 1867 (2) , e quella di Milano ,
16 giugno 1866 ( 3) . Che se l'affare sottoposto a tassa pro-
traesi di sua natura sotto l'impero di più leggi successive ,
constando propriamente di successivi atti , i quali possono
essere distintamente considerati , niun dubbio che ciascuno
di questi atti debba essere sottoposto a tassa a termini

(1) R. G., 40, 1 , 476.


(2) Gazz. dei Trib. di Napoli , xx, 810 .
(3) M. T. , VII, 692.
206 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

della legge vigente , quando esso viene intrapreso . Il qual


principio applicasi specialmente , in parte , alle tasse giu-
diziali , coll'effetto che i singoli atti della lite vengano tas-
sati secondo la legge vigente quando ciascuno di essi viene
intrapreso , senza riguardo al tempo in cui la lite è comin-
ciata e alla legge che allora vigeva . Locchè dichiarò la
Cassazione di Napoli in una sentenza 4 luglio 1867 ( 1 ) .
196
Come le leggi intorno alla costituzione politica dello
Stato ed alle prestazioni incombenti ai cittadini verso di
questo , così anche le leggi concernenti la pubblica ammi-
nistrazione , l'ordine , la sicurezza e la prosperità interna
dello Stato , ricevono immediata applicazione alle persone ,
alle cose, agli atti dei cittadini , e non può esservi diritto
quesito in virtù di legge anteriore ad escludere l'applica-
zione di leggi nuove in tali materie . Ciò fu specialmente
dichiarato rispetto alle leggi intorno alla pubblica igiene ,
dalla Corte d'appello di Torino , 23 luglio 1867 ( 2 ) , e rispetto
alle leggi edilizie dalla Corte d'appello di Firenze , 18 gen-
naio 1867 (3 ) . Le leggi di polizia , in particolare , vengono
immediatamente applicate alle persone e alle cose , come
pure a fatti già posti in essere precedentemente , e ancor
perduranti . Codesta applicazione , specialmente rispetto ai
fatti umani , non può mai dirsi ingiustamente retroattiva ,
cioè non può mai dirsi che , applicando una nuova legge
di polizia , la quale sottopone a nuove condizioni , od
anche divieta fatti posti in essere sotto l'impero di una
legge anteriore , si leda un diritto acquisito del privato ,
imperocchè in codeste materie appunto , attinenti all'ordine
politico dello Stato , nessuna licenza che le leggi concedano
ai cittadini di fare o di non fare una cosa qualunque , si
può mai ritenere accordata in modo irrevocabile . Non

(1) Gazz. dei Trib. di Napoli , xx , 593.


(2) G. , Iv , 581.
(3) A. G. , 1 , 2, 99.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 207

sono invece retroattive le leggi di polizia nel senso che


della inosservanza di loro in un'epoca in cui non erano
ancora in attività, nessuno può essere tenuto responsabile .
Concordano coll'anzidetto le seguenti massime giurispru-

denziali . Rispetto alla polizia delle cose, dichiarò una cir-


colare ministeriale francese del 30 marzo 1832 ( 1 ) , che le

incisioni pubblicate prima del decreto 17 febbraio 1832


dovessero andare sottoposte per l'avvenire alle prescrizioni 197
di questo decreto ; dichiarò la Cassazione di Parigi con
sentenza del giugno 1836 ( 2 ) che un provvedimento muni-
cipale divietante la collocazione dei segni di confine davanti
alle case sulla pubblica via , si applicasse anche ai segni
di tal genere già precedentemente collocati . Rispetto alla
polizia dei fatti umani , dichiarò la Cassazione di Parigi
con sentenza del 22 aprile 1845 ( 3) che la legge del
28 giugno 1833 la quale obbligava gli istitutori primari
a procurarsi un certificato di moralità , fosse applicabile
anche a quegli istitutori i quali , quantunque abilitati prima
dell'attuazione di quella legge , avessero però sospese le

loro funzioni per qualche tempo da quell'epoca in poi . La


stessa Cassazione dichiarò con sentenza del 6 maggio

1846 (4) che la disposizione dell'ordinanza di marina


del 1681 , che fissa l'epoca in cui i proprietari delle bor-
digues (5 ) debbano tenerle aperte , fosse applicabile anche
a coloro i quali avessero acquistato anteriormente un
titolo che gli autorizzava a tener chiuse le bordigues più
lungamente .

Quanto alle esenzioni privilegiate da una tassa od


imposta, l'efficacia retroattiva d'una legge nuova che le

(1) D. , P., 53, 2, 44.


(2) C. N. , 36, 1 , 843.
(3) D., P. , 45, 1 , 375.
(4) D. , P., 46 , 4, 391 .
(5) Specie di chiusa con graticci praticata in riva al mare per pigliar
pesci.
208 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

abolisca è già stata da noi considerata nella Parte Gene-


rale di quest'opera (Vol . I , pag. 215 ) .

Vi hanno , come dicemmo da principio , anche diritti


patrimoniali privati , rispetto ai quali il legislatore ha libera
facoltà di emanare nuove disposizioni per meri riguardi
di pubblica convenienza , applicabili immediatamente , senza
ostacolo di diritti quesiti . Tali sono : 1 ° diritti costituiti
totalmente ai privati dalla stessa legge , come sarebbero ,
198 per es . , la proprietà letteraria e la proprietà industriale ;
oppure 2º diritti che , non creati dal legislatore , e svoltisi
per effetto della naturale libertà del lavoro e del commercio ,
hanno per la natura loro una speciale e diretta attinenza
coi generali e pubblici interessi , e quindi sono continua-
mente soggetti ai limiti, alle condizioni ed ai modi che il

legislatore da quel punto di vista reputa convenienti , come ,


per esempio , il diritto di caccia , di pesca , il diritto di pro-
prietà sui boschi e sulle miniere , il diritto di esigere il
pagamento in una od altra specie di moneta . Non è dubbio
quindi che una nuova legge sulla proprietà letteraria o indu-
striale , come ebbimo già occasione di avvertire (pp . 48-50 ) ,
applicasi non meno ai prodotti letterari e alle invenzioni

e scoperte anteriori , che a quelle posteriori alla legge ;


e così pure applicasi immediatamente ogni nuova legge
sulla caccia , sulla pesca , sulla proprietà forestale , o sul
sistema monetario . Rispetto a quest'ultimo argomento in
particolare , egli è chiaro che , per esempio , una legge intro-
duttiva del corso forzoso della carta monetata , è retroattiva ,
cioè immediatamente applicabile non meno alle precedenti
contrattazioni che alle nuove , ed è anzi il più perfetto
esempio di retroattività di leggi d'ordine pubblico concer-
nenti privati interessi patrimoniali , senza della quale retro-
attività lo scopo della legge sarebbe totalmente frustrato .
Ragione per cui , introdotto il corso forzoso in Italia nel 1866 ,
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 209

la giurisprudenza italiana , con innumerevoli sentenze , che


ognuno può ritrovare nelle collezioni , ritenne che il patto
di pagamento dell'aggio dell'oro non valesse , tanto se
introdotto in un contratto anteriore a quella legge , quanto
se è introdotto in un contratto posteriore , e soltanto pochi
giudicati fecero distinzione fra i due casi . E del pari ritenne
la giurisprudenza italiana che la condizione risolutiva

apposta al contratto di locazione, che il conduttore non


pagasse la pigione o il fitto in carta monetata , non valesse ,
se stipulata prima della legge introduttiva del corso forzoso .
Vedasi in proposito la magistrale sentenza della Cassazione 199
di Torino, 30 dicembre 1879 ( 1 ) .
Finalmente è da avvertire , che talora la legge dello

Stato può manomettere per eccezionali necessità pubbliche


qualunque diritto patrimoniale privato, che nè essa ha
costituito , nè per la natura sua è di regola sottoposto alle
variabili esigenze del pubblico bene interpretato dallo
Stato. Massimo esempio di leggi siffatte è l'espropriazione
coattiva di cose materiali per ragione di pubblica necessità ,

rispetto alla quale, in taluni Stati , come per esempio in


Italia , esiste anche una legge generale . In Italia poi non
solo le cose materiali possono essere per quel titolo espro-

priate , ma anche i diritti degli autori , cioè la così detta


proprietà letteraria .

Sorge ora la domanda se ed in quanto la Stato ema-

nando leggi e provvedimenti d'ordine pubblico , abbia


dovere di risarcire i privati .
La risposta a questa domanda è facilissima .
Ove trattisi di vere e proprie espropriazioni dei privati
a vantaggio dello Stato , manifesto è l'obbligo di questo , o
del concessionario di questo , di risarcire pienamente i

privati della perdita che viene loro inflitta . E quest'obbligo


(1) G. I. , 1880.
GABBA Retr. leggi, III. 14
210 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

è infatti ammesso e osservato da tutte le leggi degli Stati


civili . E di vero in tali casi ciò che è tolto al privato passa
allo Stato , o al concessionario di questo , onde , se risarci-
mento non ci fosse , la espropriazione risolverebbesi in un
vero furto violento a vantaggio dello Stato .
Tutte le volte invece che , agendo con leggi di ordine
pubblico sui privati , lo Stato toglie o scema a questi qualche
loro diritto , senza che di altrettanto si arricchisca il patri-
monio pubblico , obbligo di risarcimento dello Stato verso i

200 privati non ci può essere , se non in quanto questi abbiano


risentito un vero e proprio danno patrimoniale . Ciò posto ,
ella è anzitutto cosa chiara che di quell'obbligo non si ha
a discorrere ove si tratti di diritti non patrimoniali , ma di
diritti essenzialmente politici e pubblici , che siano stati
aboliti o scemati . Non è quindi possibile che una mutazione
nella costituzione politica di uno Stato , o nell'interna
amministrazione, dia diritto a privati , nè a corpi politici
minori , d'essere risarciti dallo Stato per titolo di facoltà
o prerogative perdute. Rimangono quindi sole a conside-
rare in ordine al diritto di risarcimento quelle manomis-
sioni di diritti patrimoniali che la legge dello Stato abbia
statuito per ragione di pubblica necessità , senza che in
pari tempo il patrimonio dello Stato siasene locupletato .
Or ella è pur cosa chiara che nei casi ultimi accennati
lo Stato non può essere tenuto a risarcimento per effetto
delle interdizioni , abolizioni , limitazioni di privati diritti
patrimoniali , per se medesime considerate . Poichè lo Stato

aveva diritto di emanare leggi e provvedimenti di tal


genere , e non usciva dalla propria competenza , emanan-
dole , sarebbe contraddizione l'ammettere che in pari tempo
egli avesse offeso il diritto dei privati , che d'ora innanzi ,
in virtù di quelle leggi e provvedimenti , non avranno più
quelle facoltà e quei mezzi di lucro , che prima possedevano.
Ma se del fatto per se stesso di avere emanate le leggi e i
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 211

provvedimenti in discorso lo Stato non è responsabile verso


i privati a titolo di risarcimento , ben egli sarà obbligato a
risarcir loro il danno effettivo emergente da quelle leggi e
provvedimenti , all'atto in cui questi vengono applicati . E
per tal danno intendiamo o la distruzione di una cosa , o
l'inutile dispendio fatto antecedentemente alla nuova legge
da chi si era posto in grado di approfittare della libertà per-
messa dalla legge anteriore . Onde , per es . , tolto il diritto
di caccia a chi aveva pagato una somma all'erario per
conseguirlo , egli avrà diritto al rimborso di quella somma .
E se venisse abolita la proprietà letteraria , bisognerebbe 201
compensare coloro i quali avessero pagato una somma
per acquistarla dagli autori o loro aventi causa , quando
rispetto a costoro quell'abolizione non venisse sospesa. Lo
stesso dicasi rispetto alla proprietà industriale : onde giu-
stamente un decreto reale sardo del 30 ottobre 1859 statui

(art. 72) che le privative accordate dal cessato Governo


austriaco dovessero continuare ad essere esercitate con-

formemente alle leggi austriache in ciò che non è modificato

dal presente decreto ; e la legge italiana 31 gennaio 1864 ,


che estese a tutto il Regno d'Italia la legge sarda contenuta
nel citato decreto reale del 30 ottobre 1859 , statui (art . 3)

che in nessun caso la durata dei brevetti e privilegi indu-


striali accordati dai cessati Governi degli ex Stati d'Italia
potesse eccedere 15 anni dalla attuazione di essa legge .

Analogamente lo stesso principio la Corte d'appello di


Douai decise con sentenza dell'11 luglio 1846 ( 1 ) , che si
dovesse applicare ai brevetti d'invenzione già accordati ,
la legge del 5 luglio 1844 , la quale statuiva (art . 32 , f. 3)
che decadesse dal brevetto quell' inventore , il quale intro-
ducesse in Francia oggetti fabbricati all'estero , simili a
quelli guarentiti dal suo brevette . Distrutte cose o merci ,
legittimamente possedute e messe in commercio , per ragione
(1) D. , P. , 46, 2, 194 .
212 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

di igiene e di sicurezza pubblica , il valore di quelle cose o


merci dovrebbe essere compensato . E giustamente pure la
Corte di cassazione di Parigi dichiarò in una sua sentenza

12 floreale anno 13 ( 1 ) , che lo Stato può introdurre il


monopolio del tabacco , o di qualunque altra produzione,
senza violare i principii transitorii intorno al sistema della
proprietà , purchè compensi ai privati il danno che essi
verrebbero immediatamente a soffrire in virtù di codesta

nuova istituzione . A più forte ragione può lo Stato abolire ,


senza ingiusta retroattività, le eccezioni per avventura
-
202 esistenti al monopolio già istituito . Quanto alla revoca
delle concessioni governative e all'eventuale diritto di
risarcimento dei danneggiati , abbiamo già esposto i gene-

rali principii da seguirsi nella Parte Generale di questa


opera (v . Vol . I , p . 214 e segg .) , e più sopra in questo
stesso volume ( p . 91 e segg . ) , rispetto alla revoca di con-
cessioni d'acque demaniali in particolare (2 ) .

In materia di risarcimento dovuto ai privati per titolo


di danni recati ai loro patrimoniali interessi da leggi o
provvedimenti d'ordine pubblico emanati dallo Stato , o da
altri corpi pubblici minori , aventi diritto di legiferare nella
propria loro cerchia , vogliamo qui aggiungere lo studio di
un'importantissima quistione , oggi specialmente agitata di
frequente davanti ai Tribunali .

È la quistione se lo Stato , le Provincie, i Comuni pos-


sano , senza ingiustizia , non compensare i danni patrimo-
niali che essi cagionano ai privati indirettamente sol-
(1 ) R. G., 7, 2, 12, 1221 .
(2) Godiamo di vedere che la nostra opinione circa l'obbligo dello Stato
di risarcire il privato del danno recatogli colla revoca di concessioni fat-
tegli , sia in materia di acque pubbliche, sia in qualunque altra materia,
allorchè, la revoca, abbia per effetto di accrescere il patrimonio dello Stato
medesimo , o , in generale parlando , l'entità dei diritti di esso , è seguita anche
da CLAPS, Le antiche concessioni ed occupazioni sul mare e gli art. 427,
430 del Codice civile, Napoli 1896 .
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 213

tanto, nel disporre di cose demaniali che non sono veri e

proprii beni patrimoniali di quelle collettività , ma desti-


nati e consecrati costantemente al pubblico uso . Tali sono
i deterioramenti cagionati alle proprietà private contigue
a strade o spazi pubblici , da lavori e cambiamenti operati
in questi , sia dallo Stato , sia dalle Provincie , sia dai
Comuni , secondo che trattisi di località comprese nel
demanio nazionale , provinciale o comunale . Per esempio ,
una strada pubblica viene alzata od abbassata ; in conse-
guenza di ciò accade che una casa contigua alla medesima
non sia più accessibile che ai pedoni , mentre prima la
porta dava passaggio anche ai veicoli , oppure accade che
il piano terreno non serva più agli usi di prima , o perchè
sia diventato buio od umido ; si fanno lavori e mutazioni

nel corso di un'acqua pubblica, e in conseguenza di ciò un


opificio, il quale era messo in moto da una quantità di
acqua legalmente derivata da quella corrente , viene a pro-
vare un totale o molto grave deprezzamento . In tutti questi
e negli altri consimili casi , lo Stato , la Provincia, il
Comune, di cui non è contestato il diritto a fare le opere 203

che fece, dovrà indennizzare i privati proprietari del danno


che essi risentono nei loro averi in virtù delle opere
medesime ? Codesta quistione è stata agitata molte volte
dagli scrittori e davanti ai Tribunali ; ma , come dicemmo ,

non fu sempre risoluta nello stesso modo . La pratica


importanza della medesima non è poca, specialmente ai

giorni nostri , nei quali vediamo tutte le città , grandi e


piccole , seguire l'esempio dato da alcune capitali d'Europa ,
abbellendo e rinnovando edifizi , piazze o strade , e assu-

mendo sopra di sè la parte principale di queste trasfor-


mazioni .

L'opinione che i danni e i deprezzamenti recati alle pro-


prietà contigue ad una via o piazza pubblica mediante
nuove opere fatte sul suolo di questa via o piazza , non
214 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

debbano essere indennizzati dal pubblico erario , sia nazio-


nale , sia provinciale , sia comunale, fu propugnata in Francia
dal Pardessus , nella 1ª ediz . del suo Trattato delle servitù
(art. 20 e 41 ) , ma poi questo scrittore modificò alquanto
siffatta opinione in una ulteriore edizione di quest'opera
( 1838 , 1 , n . 40 ) ; poscia fu propugnata da Odilon - Barrot,
da Crémieux e da Dupin in una consultazione che questi
tre giureconsulti sottoscrissero insieme nel 1838 ( 1 ) a
vantaggio del Comune di Moulins contro un proprietario,
la cui casa era rimasta 49 centimetri al di sotto della via

pubblica, e così privata di libero accesso , di luce e dello


scolo dell'acqua piovana . In Italia fu propugnata recente-
mente dal compianto professore dell'Università di Catania ,
Salvatore Marchese ( 2) , nell'interesse della Comunità di
Catania contro alcuni proprietari di questa città , le cui
case, in seguito al rialzamento di una strada , erano rimaste
70 centimetri al disotto del livello di questa , e private di

204 accesso idoneo per i veicoli . Furono pure di quell'avviso


l'ing. Cesa-Bianchi di Milano, in un suo voto per quel
Municipio , nell'anno 1857 , e l'avv . A. Righini , pur mila-
nese, in un voto pur diretto al Municipio di Milano nel 1862 .
Nè mancò a tale dottrina il suffragio dei giudicati . In Francia
essa fu accolta dal Tribunale di Nantes in una decisione

28 giugno 1821 (3 ) , la quale venne poscia riformata da


una sentenza della Cassazione di Parigi del 18 gennaio
1826 , delle quali sentenze in seguito parleremo . In Italia
decisero in quel senso il Tribunale civile di Catania , 4 agosto
1864 (4) , e la Corte d'appello di Genova , 13 marzo 1868 (5) .

(1) V. J. P. , col . 30-31 , 30 aprile 1838.


(2) In un opuscolo intitolato : Se può competere indennità ai proprietari
fronteggianti le strade pubbliche nel caso in cui sia da un'amministrazione
comunale cambiato il livello delle medesime, Catania, Galatola, 1868.
(3) J. P., ib.
(4 ) MARCHESE, op . cit. , pag . 47 .
(5) A. G. , 1868 , 11, pagg. 221-222.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 215

La contraria opinione ha per sè un numero di gran


lunga maggiore d'autorevoli scrittori e giudicati , e quando
si pensa che , come in seguito si vedrà , essa non è soste-
nuta da tutti i suoi fautori con gli stessi argomenti , ma
con argomenti molto disparati , si è già per questa circo-
stanza proclivi a ritenere che essa sia la più giusta , come
quella che è prima ancora suggerita ed imposta ai più dal
sentimento dell'equità naturale , che non sia dimostrata
dalla scienza del diritto .

È oggidì opinione invalsa nella giurisprudenza francese ,


e che pare eziandio destinata a prevalere nella giurispru-
denza italiana , che i danni permanenti recati alle proprietà
dei privati, cioè i veri e proprii deprezzamenti di questa
proprietà , occasionati da innovazioni fatte nelle strade ,
nelle piazze pubbliche o in altre località demaniali di uso
pubblico , debbano essere indennizzati dall'erario pubblico ,
sia nazionale , sia provinciale , sia comunale . La propu-
gnano , fra gli scrittori , il Toullier (Dr. civ. fr. , II , nn . 480
e 483 ) , il Proudhon (Dom. public . , II , n . 379 e segg. ) , il
Duranton (Cours de dr . civ . , ed . belga , Vol . III , nn . 293-298 ) ,
l'Husson (Traité de la législ . des trav . publ . et de la corr. 205
en France, II , p . 499) , e il Demolombe (Cours de Code civ . ,
VI , n . 699 ) . Ecco i precisi termini coi quali il citato Husson
formola l'opinione in discorso , rispetto ai Comuni in par-
ticolare . " Allorchè la pubblica amministrazione fa eseguir
lavori sulla pubblica strada , quali sarebbero costruzioni di
cloache , riattamento del lastricato , modificazione delle pen-
denze , fa uso di un diritto al cui esercizio nessuno può
opporsi , imperocchè ogni abitante è obbligato a sopportare ,
personalmente e senza indennità , tutti gli oneri che con-

seguono dal regime municipale , e che sono in pari tempo


autorizzati dalle leggi e dai regolamenti di polizia ; ma

allorquando dall'esecuzione di quei lavori proviene un


danno materiale o un deprezzamento alle proprietà con-
216 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

tigue , è dovuta un'indennità ai rispettivi proprietari . Venne


pure accolta la stessa opinione in numerosi giudicati di
Tribunali francesi . La Corte di cassazione di Parigi l'ha
propugnata ed applicata in parecchie decisioni , e per es. ,
nelle seguenti : 18 gennaio 1826 ( 1 ) , 11 dicembre 1827 ( 2 ) ,
5 luglio 1835 (3) , 6 ottobre 1837 ( 4) , 30 aprile 1838 ( 5 ) ,
10 novembre 1841 (6 ) , 12 luglio 1842 ( 7 ) , 2 maggio 1844 ( 8 ) .
Ecco i precisi termini coi quali la Cassazione di Parigi
ha sostenuto la massima in discorso nella prima delle citate
decisioni , la quale si riferisce ad un caso in cui , per effetto
d'innalzamento del piano di una strada comunale , una casa

contigua era rimasta al disotto di questa per modo che


non poteva più essere adoperata , come prima , per uso di
66
206 osteria. La pubblica amministrazione ha diritto di far
fare lavori anche pregiudizievoli alla privata proprietà in
vista dell'utile pubblico , ma non può usare di questo diritto
senza obbligo di risarcimento , allorquando l'immediato
effetto di tali lavori sia di minare o deprezzare un immo-
bile, nè questa perdita sia compensata per colui che la
subisce da un vantaggio speciale per lui „ . La stessa dot-
trina accolsero pure numerose decisioni di Corti d'appello
francesi , e fra le altre le seguenti : Aix , 11 maggio 1826 ( 9),
Bourges , 28 febbr. 1832 (10 ) , Reims , 23 agosto 1833 ( 11 ) ,
Angers , 28 gennaio 1840 ( 12 ) , Riom , 28 maggio 1838 ( 13 ) ,

(1) J. P., 20 , pag. 63.


(2) Pasier., 2ª ser., C. di cass. , vol . 13 , pag . 690 .
(3) Ap. DEMOLоmbe , 1. c .
(4) Pasicr., 2 ser . , C. di cass. , vol. 19 , pag. 587.
(5) J. P. , 1838 , sotto il giorno indicato .
(6) Ap. DEMOLOMBE , ib.
(7) Ib.
(8) lb.
(9) V. sopra, nota 2.
(10) Pasier., 2a ser., C. d'app. , vol . 10, pag . 476 .
( 11 ) B., vol. 1 , pag. 319.
(12) Pasier. , 2ª ser. , C. d'app. , vol . 12 , pag. 142.
( 13) B. , vol. 1 , pag. 318 , in nota.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 217

Colmar, 14 agosto 1836 ( 1 ) , Nancy , 28 gennaio 1840 ( 2 ) ,


Rouen, 17 luglio 1843 ( 3 ) .
Anche in Italia l'opinione di cui ora parlo fu sempre ,
ed è ancora quella seguita di preferenza da legislatori ,
tribunali e scrittori.

Essa venne infatti espressamente sancita dal Regola-


mento municipale toscano del 10 aprile 1782 , il cui arti-
colo 25 suona: " non ostante le proibizioni di restringere
od ingombrare le strade e i luoghi pubblici , di che al § 1 ,
non si intenderà tolta la facoltà accordata dai nuovi rego-
lamenti ai Consigli generali comunitativi di abbandonare
alcuna delle strade vecchie , quando sia riputata inutile , e
di aprirne delle nuove , ove il bisogno lo richieda , o allar-
gare le presenti a procurarne la più comoda e vantaggiosa
direzione , purchè in caso di occupamento di suolo o di
altro danno siano risarciti i dannificati a termini di
ragione Di questo principio fece poi applicazione il Tri- 207
bunale di prima istanza di San Miniato, in una sentenza
del 9 dicembre 1839 (4) , in un caso di rialzamento di
strada comunale e conseguente danneggiamento di una

casa contigua per maggior difficoltà di accesso e accre-


sciuta umidità del piano terreno , la quale sentenza a noi
pare una delle migliori trattazioni che siansi fatte finora

della presente questione , e fors'anche la migliore di tutte.


Nelle antiche Provincie sarde la stessa dottrina fu sempre
seguita , come lo provano , fra le altre , le due conformi

decisioni del Consiglio d'intendenza di Torino , 23 giugno


1849 (5 ) , e della R. Camera dei conti , 3 dicembre di quel-
l'anno ( 6 ) , in una medesima causa , e la decisione 8 feb-

(1) B. , vol . 1 , pag. 318, in nota .


(2) Ib.
(3) Pasier., 3 ser. , 1843 , pagg . 330, 486 .
(4) A. G., vol. 2, pag. 959 e segg.
(5) B. , vol. 1 , pag. 319.
(6) lb.
218 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

braio 1856 della stessa Camera . Il Municipio di Napoli

ebbe pur sempre la consuetudine di risarcire i privati del


danno dato colle modificazioni del piano stradale (v . Corte
di Napoli , 1870 , sotto) .
Dopo l'attuazione del Codice civile italiano , l'obbligo del
risarcimento in discorso venne ritenuto dalla Corte d'ap-

pello di Napoli , 6 aprile 1870 ( 1 ) , dalla Corte d'appello di


Catania , 15 febbraio 1871 ( 2 ) , dalla Cassazione di Napoli ,
18 giugno 1872 ( 3) , dalla Cassazione di Palermo , 10 feb-
braio 1873 ( 4) , dalla Cassazione di Torino , 23 dicembre
1873 (5 ) , dalla Corte di Genova , 29 marzo 1878 ( 6 ) , dal
Consiglio di Stato , in un Parere , 31 gennaio 1871 ( 7),
dalla Corte d'appello di Bologna , 27 luglio 1883 ( 8 ) , dalla
208 Cassazione di Roma , 1 ° luglio 1882 ( 9 ) , e dalla Cassazione
di Torino , 31 dicembre 1890 ( 10) . Nè meno autorevole di
codesti giudicati è l'adesione fatta al principio dell'inden-
nità , dalla minoranza degli ingegneri di Milano in un rela-
zione del 14 giugno 1874, stesa dal celebre e compianto
ingegnere Cavallini . In questa relazione la questione è trat-
tata sotto l'aspetto teorico - tecnico , nel modo più profondo
e convincente . Notisi che la maggioranza di detto Collegio
non si era già pronunziata in opposto senso , ma piuttosto
si era astenuta dal pronunciarsi affatto . Sono pure parti-
giani del risarcimento in quistione il Borda ( 11 ) , il Sabat-

(1) A. G. , IV, 2, 223.


(2) Ib. , v, 2, 241 .
(3) Ib. , vi , 1 , 399.
(4) Ib. , vi , 1 , 175.
(5) lb.
(6) L. , 1878, 11 , 290 , e G. I. , 1879, 1 , 2, 75 .
(7) Dizion. d'amm. com. e prov. sull'indennità , vol. 2 - BORDA, Dizion. ,
pag. 1202.
(8) Legge sulle espropriazioni, ecc . , Torino 1882, pag. 433.
(9) lb. , 1871 , 11 , 85.
( 10) A. G. , 1891 , 1 , 1234.
(11 ) M. T. , 1884, 654.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 219

tini ( 1 ), e il valente trattatista del diritto delle obbligazioni ,


G. Giorgi ( 2 ) . Soltanto il legislatore austriaco , anterior-
mente al 1859 , si dichiarò contrario a quelle tesi nella
Risoluzione della cancelleria aulica , 8 gennaio 1847 (3) .

Coloro che pensano non competere ai privati nessuna


indennità in nessun caso per titolo di danni occasionati
alle loro proprietà da innovazioni fatte nelle vie , piazze ed
altri terreni demaniali , esclusi dalla privata appropriazione,
argomentano principalmente dalla pienezza della facoltà
di disporre che spetta su tali beni allo Stato , alla Provincia ,
al Comune .

Ciò , essi dicono , che questi enti collettivi possiedono nel


modo istesso dei privati , e come oggetto del loro patri-
monio , per es . , gli edifici demaniali , è bensì sottoposto alle
leggi concernenti i beni della medesima specie spettanti
ai privati , ma ciò che lo Stato , la Provincia , il Comune
posseggono come cosa che non può essere oggetto di pri-
vata proprietà , e sulla quale i privati non possono avere
che un diritto di uso , deve esser governato da leggi ben
differenti , e propriamente lo Stato , la Provincia e il Comune 209

devono poterne disporre liberissimamente , in qualunque


modo e misura che loro sembri voluta dall'utile pubblico
.
a cui questi beni sono destinati . Tale è la motivazione della
Risoluzione aulica austriaca , citata sopra . Oppure affer-

mano che , essendo principio generale potere ognuno

disporre delle cose proprie dentro i limiti dalla legge pre-


stabiliti , e non divietando nessuna legge nè allo Stato , nè
alla Provincia , nè al Comune di disporre dei beni dema-
niali d'uso pubblico in qualunque modo voluto dalla pub-
blica utilità, neppur può da quest'uso provenire nessuna

(1) M. T. , 1884, 654.


(2) Teoria delle obbligazioni, Firenze 1882, vol. V , pag. 258.
(3) Questa Risoluzione però non impedì il milanese De Bosio (Sulla
espropriazione) di sostenere la tesi contraria, come la più conforme allo
spirito del Codice civile austriaco .
220 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

responsabilità nè allo Stato , nè alla Provincia , nè al Comune,


qualunque ne siano le conseguenze anche di fronte ai pri-
vati . Siano pur dannose queste conseguenze , ma del danno
nato , osservano Odilon- Barrot , Crémieux e Dupin nella
consultazione di sopra citata , non risponde l'autore quando
ha agito dentro i termini del suo diritto . Il rialzamento e
l'abbassamento d'una strada è propriamente un fatto che

non eccede i confini della competenza della pubblica ammi-


nistrazione , perchè si consuma totalmente sulla proprietà
demaniale , sia dello Stato , sia della Provincia , sia del
Comune. Ed altri confermano codesto riflesso allegando i

noti aforismi del diritto romano : nemo damnum facit, nisi


qui id facit quod facere jus non habet ( Leg . 151 , Dig . De
reg.jur.) ; juris executio non habet injuriam ( Leg . 13 , § 1 ,
Dig. De injur.) . Per affermare il contrario , aggiungono i
fautori dell'opinione in discorso , bisognerebbe sostenere
che i proprietari contigui alla via , alla piazza , in generale
al terreno demaniale d'uso pubblico , avessero un diritto
all'uso della strada nei modi e nella misura del loro pos-
sesso , ma questo diritto non può essere in nessuna maniera
dimostrato . Imperocchè, osserva il prof. Marchese , l'uso in
discorso spetta ai cittadini soltanto a titolo di cittadinanza ,

jure civitatis, non a titolo di privata proprietà , jure dominii;


questo , rispetto a tali cose , spetta allo Stato , alla Provincia ,

210 al Comune, ed è imprescrittibile di sua natura , cosicchè in


tutti i casi apparterrà all'ente collettivo la facoltà di sta-
bilire i modi e le condizioni dell'uso della medesima , con-
formemente alle esigenze della massa dei cittadini (loc .
cit. , pp . 14-19 ) . E qui altri rinforzano l'argomento , addu-
cendo quest'altro dettato del Diritto Romano : non debet

videri is damnum facere qui eo veluti lucro, quo adhuc ute-


batur, prohibetur, multumque interesse utrum damnum quod
faciat, an lucro quod adhuc faciebat uti prohibeatur (L. 26 ,
Dig. De damn. inf. ) . Sarebbe forse , continuano i fautori
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 221

dell'opinione in discorso , un gius di servitù , che i proprie-


tari contigui al terreno demaniale di uso pubblico avreb-
bero acquistato sul terreno medesimo , coll'effetto che la
pubblica autorità non si potesse permettere nessun atto
che ne impedisse o scemasse l'esercizio , senza essere per
lo meno obbligata ad indennità ? No , certamente , rispon-
dono ; per la stessa ragione per cui le vie e le piazze non
possono essere oggetto di privata proprietà , neppure su tali
cose può spettare a nessuno un vero e proprio diritto di
servitù , il quale sarebbe incompatibile colla destinazione
che a loro spetta e le contraddistingue . Sarebbe forse un
quasi-contratto il fondamento plausibile della pretesa dei

proprietari contigui di essere indennizzati delle conse-


guenze, dannose per loro , delle innovazioni fatte sul ter-
reno demaniale d'uso pubblico , quasichè ci fosse un tacito
patto fra quei proprietari e la pubblica amministrazione ,
di non far uso di quel terreno in modo da produrre quelle
dannose conseguenze se non a quella condizione ? Neppure
codesto argomento varrebbe , rispondono , imperocchè gra-
tuito è il supporre che siffatto contratto sia nelle intenzioni

delle due parti i cui interessi si collidono , anzichè il patto


contrario che è il solo conforme all'interesse del maggior

numera. E finalmente osservano , e questa osservazione fa


specialmente il prof. Marchese (loc . cit . , pag . 73 ) , se l'opi-
nione contraria si dovesse adottare , difficilissimo e quasi

impossibile si renderebbe il miglioramento delle condizioni 211


materiali delle città e delle strade pubbliche secondo i
nuovi bisogni e i nuovi perfezionamenti suggeriti dai tempi
edal progresso , perchè la massa delle indennità che potreb-
bero essere pretese per qualunque danno , anche minimo,
e che dovrebbero essere pagate dal pubblico erario , sarebbe
spesse volte così grande da aumentare a dismisura la spesa
necessaria pei lavori che si vorrebbero fare .

I fautori della contraria opinione argomentano anzitutto


222 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

dalla giustizia naturale . Sembra a loro sovranamente


ingiusto che , mentre la legge attribuisce ai proprietari il
diritto di essere indennizzati di qualunque diminuzione ,
anche minima , della proprietà loro per effetto di una vera
e diretta espropriazione per causa di pubblica utilità , non
debbano conseguire invece alcun compenso di un danno ,
anche gravissimo , recato alla proprietà loro dalla pubblica
autorità , ancora per ragioni di utile pubblico , quale è
appunto una innovazione operata su di una contigua via
o piazza, o altra località demaniale di pubblico uso . Pro-
seguono poi sostenendo che veramente non vi ha differenza

giuridica fra la vera e propria espropriazione , e il deprez-


zamento cagionato indirettamente ad una proprietà privata
in virtù di opere intraprese sul terreno pubblico ; nell'un
caso e nell'altro il danno è opera della pubblica autorità ,
e voluto per il pubblico bene , perchè effetto necessario di

opere credute di pubblica utilità ; conseguentemente a tutti


questi danni si deve applicare il principio del Codice e
dello Statuto costituzionale , che nessuna espropriazione
può farsi , se non previa indennità . Tale è infatti il princi-
pale motivo delle suaccennate decisioni giudiziali francesi
che proclamarono la tesi in discorso . Anche le citate.

decisioni torinesi del 1848 , e quella del Tribunale di San


Miniato del 9 dicembre 1839 si valgono del suaccennato
argomento . Nè diversamente ragiona la minoranza del

212 Collegio degli ingegneri milanesi nella citata relazione ( 1 ) .


E giustamente essa rincalza l'argomento , adducendo la
analogia che v'ha fra i danni in questione , e quelli che sono

semplicemente occasionati dalla vera e propria espropria-


zione di una proprietà privata , e che le leggi vogliono

( 1) Osserva il CAVALLINI essere assurdo che il danno recato al privato


dal nuovo livello stradale debba essere risarcito quando è accessorio ad una
espropriazione parziale ( art . 40 della legge 25 giugno 1865 sulla espropria-
zione per causa di pubblica utilità ) , e non lo debba quando sia principale e
isolato, e magari maggiore di una vera e propria espropriazione.
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 223

risarciti insieme a questa ( 1 ) . Vi hanno però giureconsulti

che nel propugnare la medesima tesi ripudiano siffatto


argomento. Il Demolombe (Vol . IV , n . 700 ) per esempio ,

ed il Consiglio di Stato francese opinano che l'indennità


in questione non si possa pretendere per titolo di avvenuta
espropriazione , ma soltanto per titolo dell'ordinaria respon-
sabilità del danno recato , e che le relative contestazioni

debbano quindi essere definite dall'autorità giudiziaria ,


anzichè dalla amministrativa . Vedansi in proposito le

Ordinanze 23 febbraio , 14 aprile , 6 novembre 1829 ( 2) ,

28 febbraio , 15 giugno 1842 ( 3) , 28 marzo 1843 (4) ,

16 gennaio 1842 del Consiglio di Stato francese (5 ) . Tale


è eziandio il punto di vista prevalente in tutti i giudicati
italiani succitati , ad eccezione della sentenza della Cassa-

zione di Napoli , 18 giugno 1872. Lo Stato, la Provincia ,


il Comune , in generale le pubbliche autorità , non hanno , 213
si dice, il diritto di danneggiare le proprietà private senza

obbligo di risarcimento , neppure se il danno sia recato


indirettamente , cioè come conseguenza necessaria di opere
intraprese direttamente sul pubblico terreno . La dimo-

strazione poi di questa proposizione si fa con molte e varie


ragioni . Non è vero , si dice , che la pubblica autorità nella
sfera della proprietà che le spetta possa fare o disporre

(1) Leggesi nell'art. 23 della legge italiana 25 giugno 1865 , sulla espro-
priazione per causa di pubblica utilità : “ a richiesta dei proprietari, deb-
bono pure comprendersi fra i beni da acquistarsi delle opere le frazioni
residue degli edifici e terreni in parte soltanto segnati nel piano d'esecu-
zione, qualora le medesime siano ridotte per modo da non poter più avere
pel proprietario un'utile destinazione, o siano necessari lavori considerevoli
per conservarle ed usarne in modo profittevole ,; e nell'art . 40 : “ nei casi
di occupazione parziale, l'indennità consisterà nella differenza tra il giusto
prezzo che avrebbe avuto l'immobile avanti l'occupazione , ed il giusto prezzo
che potrà avere la residua parte di esso dopo l'occupazione ,.
(2) Pasicr., 1840, 2, 47, 48 , 235.
(3) Ib., 1842 , 2, 76; C. N., 184, 2, 378.
(4) lb. , 1843.
(5) Revue de Léon Rollin , 1852, pag . 18. Ap . DEMOLOMBE, IV , n. 700.
222 APPENDICE AL LIBRC

dalla giustizia naturale . S


ingiusto che , mentre la leg
diritto di essere indennizza

anche minima , della proprie


e diretta espropriazione per

debbano conseguire invece .


anche gravissimo , recato alla
autorità , ancora per ragioni
appunto una innovazione op
o piazza , o altra località dem
seguono poi sostenendo che v

giuridica fra la vera e propria


zamento cagionato indirettame
in virtù di opere intraprese s
caso e nell'altro il danno è op
e voluto per il pubblico bene ,
opere credute di pubblica utilita

questi danni si deve applicar


dello Statuto costituzionale , c

può farsi , se non previa indeni


pale motivo delle suaccennate
che proclamarono la tesi in ·
decisioni torinesi del 1848, e qu
Miniato del 9 dicembre 1839 s
argomento . Nè diversamente r
212 Collegio degli ingegneri milanesi
E giustamente essa rincalza l'a
analogia che v'ha fra i danni in q
semplicemente occasionati dalla

zione di una proprietà privata .

(1) Osserva il CAVALLINI essere assurdo


dal nuovo livello stradale debba essere risar
espropriazione parziale ( art. 40 della legge
zione per causa di pubblica utilità) , e non l‹
isolato, e magari maggiore di una vera e pr
E LEGGI REALI IMPROPRIE 225

strade e le località pubbliche , siano


iali , o comunali , non sono sottoposte
pettive autorità, se non allo scopo di
all'uso di tutti i cittadini , come mai
e convertito in detrimento , allegando

piena e illimitata proprietà che affatto


dall' avere la pubblica autorità un
di disporre delle località demaniali
odo dannoso ai proprietari contigui ,
giureconsulti cui alludo , hanno invece
itto su quelle località medesime allo
non vengano distolte dall'uso a cui

che coloro, che verrebbero danneg-


eno un adeguato risarcimento . Quel
ervitù, e su questo proposito si trova
il Conte pag. 473 e segg.) , e Proudhon (1. c .,
si dice dril ottrina, che venne poi accettata dalla
enza del Tribunale di San Miniato , e
indiretament
Cassazione di Napoli , 18 giugno 1872 ,
dal Demolombe (1. c . , n . 499) , la dot-
possano bensì i proprietari contigui
mgoni Son e propria servitù sul terreno dema-
dera della prop la quale sia contraria all'uso a cui

tinato, ma possano benissimo acqui-


con quest'uso e questa destinazione

band pure couples o senso, e dentro questi limiti soltanto


residue degiledile pecie non siano oggetto di privata
Die malim its
tale, nè parziale ; che ai proprietari
pel proprietati
to una vera e propria servitù sulla 215
& occupatione questa non venga immutata in modo
prem the esso o ad altre comodità delle case
che par
valore di queste . Il Tribunale di
della opinione che i benefizi derivati
della strada pubblica costituiscono
15
224 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

come le aggrada , senza darsi pensiero del danno che per


avventura essa occasioni ai privati , nello stesso modo in
cui ogni privato proprietario può della cosa sua disporre
liberissimamente , trascurando affatto l'interesse dei terzi
che non abbiano alcun diritto sulla cosa medesima. Impe-
rocchè appunto il privato proprietario trova nelle leggi ,
limiti e ostacoli insuperabili a siffatto modo di disporre
della cosa propria a pregiudizio degli altri . E qui special-
mente la citata sentenza di San Miniato adduce la L. 27 ,
Dig. De damno infecto, e la L. 1 , § 21 , Dig. De aqua et
aq. pluv. arc.: e soggiunge che neppure gli avversari pos-
sono invocare la L. 1 , §§ 3 , 4 , 5 , Dig . eod . tit.; la L. 3 , § 7 ,
Dig . De incendio etc. , e la L. 49 , § 1 , Dig . Ad leg . aquil.,
quasichè la pubblica autorità causante ai privati il danno
in discorso possa allegare a suo favore la necessità ; impe-
rocchè la necessità di cui si ragiona in quelle leggi è una
necessità manifesta e ineluttabile, e in pari tempo non

occasionata affatto dalla volontà di chi l'allega , mentre


codesti caratteri non si riscontrano di certo in tutti i casi

di innovazione della proprietà demaniale per ragione di


pubblica utilità. — Del resto , aggiungono i fautori della
opinione in discorso , non si può neppure dire che lo Stato ,
la Provincia e il Comune siano proprietari delle vie e
piazze pubbliche nel modo stesso in cui i privati sono
proprietari delle cose loro ; imperocchè , per adoperare
ancora le parole del tribunale di San Miniato , o meglio del
giureconsulto senese Neri-Badia da quel Tribunale ripro-
214 dotte , " per causa della cura e protezione propria dei loro
magistrati , le strade si dicono della stessa città , ed in un
certo modo in loro dominio ... , ma se si considera il dominio
in particolare e la proprietà di quella , questa non sarà mai
della città, essendo dall'istessa Università stata pubblicata
e fatta comune acciò serva all'uso del popolo , repugnando
alla natura delle cose pubbliche l'essere nel dominio di
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 225

alcuno . Che se le strade e le località pubbliche , siano


nazionali , o provinciali , o comunali , non sono sottoposte
al governo delle rispettive autorità , se non allo scopo di
essere fatte servire all'uso di tutti i cittadini , come mai
quest'uso potrà essere convertito in detrimento, allegando
un preteso diritto di piena e illimitata proprietà che affatto
non- sussiste ? Lungi dall' avere la pubblica autorità un
vero e proprio diritto di disporre delle località demaniali

di uso pubblico in modo dannoso ai proprietari contigui ,


costoro, continuano i giureconsulti cui alludo , hanno invece
un vero e proprio diritto su quelle località medesime allo
scopo appunto che non vengano distolte dall'uso a cui

sono destinate , senza che coloro , che verrebbero danneg-


giati , ottengano almeno un adeguato risarcimento . Quel
diritto ha natura di servitù , e su questo proposito si trova

in Toullier (1. c . , 11 , pag. 473 e segg. ) , e Proudhon (1. c . ,


n. 363 e segg. ) una dottrina , che venne poi accettata dalla
più volte citata sentenza del Tribunale di San Miniato , e
dalla sentenza della Cassazione di Napoli , 18 giugno 1872 ,
e venne propugnata dal Demolombe (l . c . , n . 499 ) , la dot-
trina , cioè : che non possano bensì i proprietari contigui
acquistare una vera e propria servitù sul terreno dema-
niale di uso pubblico , la quale sia contraria all'uso a cui
questo terreno è destinato , ma possano benissimo acqui-
starvi una servitù che con quest'uso e questa destinazione
collimi ; e che in questo senso , e dentro questi limiti soltanto
i terreni di quella specie non siano oggetto di privata
appropriazione, nè totale , nè parziale ; che ai proprietari
contigui spetti appunto una vera e propria servitù sulla 215
via pubblica affinchè questa non venga immutata in modo
pregiudizievole all'accesso o ad altre comodità delle case

contigue , scemando il valore di queste . Il Tribunale di


San Miniato, a conforto della opinione che i benefizi derivati
ai privati proprietari della strada pubblica costituiscono
GABBA - Retr. leggi, III. 15
226 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

non già vantaggi accidentali e precari , ma diritti integranti


la proprielà loro , e inseparabili dalla medesima , adduce
gli interdetti accordati dal Diritto Romano ai privati , onde
prevenire o togliere di mezzo gli ostacoli recati all'uso del

luogo pubblico , a cui hanno diritto , e in particolare le


seguenti leggi : L. 2 , §§ 2 , 6 , 12 , 14 , Dig . Ne quid in loco
publ. , pr . e L. 1 , §§ 2 , 3 , Dig. De via publ. et itin. publ. ,
LL. 10 , 15 , § 8 , L. 31 , Dig. De damno inf. Adduce altresì
le Istruzioni toscane del 12 settembre 1814 , il cui art . 14

ordina agli accollatari di strade di conservare tutte le ser-


vitù attive e passive esistenti sulle medesime . Tanto il
Tribunale di San Miniato poi , quanto il Demolombe addu-
cono pure a conferma del gius di servitù da essi attribuito

ai proprietari contigui alla via o piazza pubblica , il principio


generalmente ricevuto , e particolarmente propugnato dal
Toullier (ap . Dalloz, ve Servitude, art . 2 , n . 3) , dal Delvin-
court (Dalloz , ib . ) , dal Duranton (nn . 296 , 298 ) e dal Dalloz
(R. , ib. ) , che quando il terreno della via o piazza pubblica
venisse dall'autorità amministrativa ceduto ai privati,
questa cessione s'intenderebbe fatta colla condizione che
il nuovo acquirente rispettasse i diritti di luce , di prospetto ,
di passaggio , di accesso , di stillicidio che prima compete-
vano su quel terreno ai proprietari contigui . Il Demolombe
assegna inoltre per origine e fondamento alla servitù sud-

detta una specie di tacito contratto che sarebbe intervenuto


fra la pubblica amministrazione costruttrice della strada
o piazza, e i privati che intorno a questa fabbricarono, e
in tal maniera crede di poter cansare la conseguenza che

216 dall'astratto concetto di servitù nella quistione attuale


proverrebbe , la conseguenza cioè che i proprietari contigui
avrebbero non solamente il diritto di pretendere un'inden-

nità per le pregiudicevoli innovazioni operate nella via o


piazza pubblica , ma eziandio quello di impedire che tali
innovazioni venissero intraprese , e di farle rimuovere una
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 227

volta operate. Imperocchè , essendo principio generale ,


osserva il Demolombe , che il modo di usarle , e l'estensione
delle servitù siano regolate dal titolo che le stabilisce , il
tacito contratto che viene supposto intercedere fra la
pubblica amministrazione e i proprietari contigui alla via
o piazza pubblica, non può essere appunto tale da interdire
alla pubblica amministrazione quelle modificazioni della via

o piazza pubblica , che le sembrassero richieste dal pubblico


.
bene, ma deve soltanto imporre alla pubblica amministra-
zione l'obbligo di indennizzare qualunque danno recato ai
privati con tali modificazioni . La dottrina della servitù

è invece vivamente ripudiata dalle sentenze citate della


Corte di Catania , 15 febbraio 1871 e della Cassazione di

Palermo , 1º febbraio 1873 , le quali poi , al pari di tutte le


altre citate decisioni italiane , insistono sulla necessità di
ricondurre la questione ai generali principii del diritto , e
a singoli testi di leggi positive .
Tali sono gli argomenti principali di cui si valsero i
fautori delle due tesi contrarie che abbiamo preso ad esa-
minare. Considerando ora quelle due contrarie argomen-

tazioni , per apprezzare il valore di entrambe rispetto


all'oggetto dell'attuale questione , noi crediamo di non
andare errati , affermando che tanto l'una quanto l'altra

ci paiono in gran parte sbagliate , e che onde cogliere il


vero in questa , come in qualunque altra questione , bisogna
anzitutto intendere bene , e poscia non perdere d'occhio la
vera indole , il vero nodo della medesima .
Ciò che veramente si cerca non è già se lo Stato , la

Provincia, il Comune , abbiano diritto di fare innovazioni


sulle vie , sulle piazze , e in generale , sul terreno demaniale
di pubblico uso , danneggiando e deprezzando le contigue 217

proprietà private, ma se , ciò facendo , abbiano l'obbligo di


risarcire quei danni e quei deprezzamenti . Imperocchè
qual valore avrebbe il carattere demaniale di un terreno ,
228 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

se l'ente collettivo pubblico cui questo appartiene non

potesse disporne secondo le esigenze della pubblica utilità ,


e come mai i privati proprietari , contigui a quel terreno ,
potrebbero pretendere che si posponesse l'utile generale
al loro proprio , cioè al danno che essi in particolare
potrebbero risentire ? Non è invece altrettanto evidente
che il danno di quei proprietari , prodotto soltanto indi-
rettamente da un'innovazione introdotta nel terreno dema-

niale di uso pubblico , debba essere risarcito da chi lo ha


in tal maniera occasionato . Ciò posto , mi sembra che ciò
che si dice dagli uni in pro del diritto dello Stato , della
Provincia , del Comune di disporre liberamente del terreno
demaniale di uso pubblico , sia affatto superfluo e incon-
cludente , e ciò che si dice dagli altri in pro del diritto dei
proprietari contigui a quel terreno , di opporsi alle innova-
zioni del medesimo , dannose per loro , snaturi la questione.
Sia pure, chè non si può negarlo , che la legge non limiti
per nulla il diritto dell'ente collettivo pubblico di disporre
come crede dei terreni di cui si parla , e che non gli imponga
neppure l'obbligo di risarcire i danni indirettamente cagio-
nati ai privati con tali disposizioni ; ma appunto si domanda
se quest'obbligo non si possa sostenere colle ragioni della
giustizia naturale , e coll'analogia di qualche altra legge
che propriamente non contempli l'esercizio del diritto di
proprietà nel terreno demaniale di pubblico uso . L'esclu-
dere codesta ricerca , allegando l'analogia dei principii che
regolano l'esercizio della privata proprietà , non è risolvere
la questione, ma cadere in una manifesta petizione di
principio. D'altra parte il sostenere l'obbligo di risarcire
i danni in discorso , affermando il diritto dei proprietari
contigui di far conservare il terreno demaniale , le vie, le
218 piazze, nello stato in cui si trovano rispetto alle loro pro-
prietà , è troppo dire , è un negare il diritto dello Stato,

della Provincia , del Comune, a cui quel terreno spetta , di


DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 229

farne uso libero secondo le esigenze dell'utile pubblico , il


quale diritto è evidente , non è , nè può essere messo in
questione, e dagli stessi fautori del diritto contrario dei

privati è riconosciuto come prevalente nell'atto stesso in


cui lo negano , perchè il diritto dei privati riducono e tras-
formano in un diritto di semplice risarcimento , cadendo
così dal canto loro in una contraddizione non meno mani-

festa della petizione di principio in cui cadono i loro


avversari.

Manifesta è del resto la vanità di molti argomenti addotti

dai fautori della seconda opinione . Affermano che i terreni


demaniali di uso pubblico non sono proprietà dello Stato ,
della Provincia o del Comune : di chi dunque sono ? Sono
forse res nullius ? Ma le res nullius sono cose che per loro
natura possono essere usate da tutti , senza che se ne possa
impedire o limitare l'uso particolare di nessuno . Adducono
le leggi che limitano l'uso della proprietà privata allo
scopo di prevenire il danno dei terzi ; ma queste leggi ,
appunto perchè riguardano soltanto la proprietà privata ,
e non anche la proprietà demaniale di uso pubblico , non
possono essere decisive nella questione attuale . Adducono
altresi le leggi sulla espropriazione per causa di pubblica
utilità ; ma anche queste leggi non si possono applicare
nella questione attuale, perchè i danni che l'espropriante
deve risarcire, sono danni da lui , direttamente o indiretta-
mente, ma sempre volontariamente, inferiti all'altrui pro-
prietà , mentre i danni che i proprietari contigui risentono
talvolta dalle modificazioni delle vie e piazze pubbliche
sono soltanto indirettamente cagionati dalle autorità che
tali innovazioni intraprendono . Neppure vale l'argomento
dedotto dall'obbligo che le moderne leggi sulle espropria-

zioni per causa di pubblica utilità fanno all'espropriante


di risarcire l'espropriato anche del deprezzamento cagio- 219
nato alla parte del fondo non compreso nell'espropriazione ;
230 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

imperocchè anche questi danni , quantunque indiretta-


mente cagionati , siccome sono però una conseguenza di un
danno cagionato direttamente, non si possono assimilare

a quelli intorno a cui verte l'attuale questione . Si vuole


attribuire ai proprietari contigui un vero e proprio diritto
di servitù sulla via e piazza pubblica : ma come mai questo
diritto di servitù non viene fatto valere con l'azione con-

fessoria, onde impedire qualunque innovazione di quei


terreni che lo contraddica e lo annulli , e si risolve invece

in un diritto di indennità dopo che la servitù è stata


negata e resa inutile ? Onde ribattere questa obbiezione
taluno adduce un argomento non meno vano dei precedenti,
l'argomento cioè di un tacito contratto inteso a conciliare
appunto in quel modo il diritto del pubblico e quello dei
privati , al quale contratto non è possibile che spontanea-
mente aderisca il proprietario a cui stia a cuore la cosa
sua , e il quale si rammenti che melius est intacta jura servare,
quam vulneratae causae remedium quaerere. Non è poi mag-
giormente valido l'argomento dedotto dal linguaggio delle
leggi positive , quali sono per esempio le Istruzioni toscane

del 1814 , perchè un legistatore può benissimo adoperare


espressioni non del tutto esatte , specialmente in una
materia che non forma il vero e proprio oggetto della
legge da lui emanata . Lo stesso dicasi dell'altro argomento
dedotto dal diritto dei proprietari contigui , di continuare
a godere della via o della piazza pubblica anche dopo che
essa ha cessato di avere questo carattere , perchè questo
principio è tampoco connesso colla dottrina della servitù.

di quei proprietari sulla via o sulla piazza pubblica , che il


Duranton, il quale propugna il primo , è ben lontano dal
professare la seconda .
Rimane a considerare nella prima teoria l'argomento
desunto dai pratici inconvenienti del sistema del risarci-
mento d'ogni danno recato ai privati dalle opere intraprese
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 231

sulle vie o piazze pubbliche , e nella seconda teoria l'argo- 220


mento desunto dalla naturale equità . Non si può certa-

mente dire che questi due argomenti siano estranei all'at-


tuale questione , ma noi crediamo che il secondo soltanto
poggi sul vero , ed abbia importanza . Imperocchè ognuno
sa che adducere inconveniens non est solvere argumentum,

ed oltracciò a torto si immaginano gli avversari della dot-


trina dell'indennità , che questa dottrina non distingua o
non possa distinguere danno da danno , senza offendere il
principio su cui riposa , mentre il contrario piuttosto si
può dire , come in seguito si farà chiaro . Invece le esigenze
dell'equità non è mai lecito avere in non cale, sono anzi

sempre un punto di partenza sicuro , una prevenzione


tutt'altro che pericolosa onde porre e trattare i problemi

della giurisprudenza ; nella questione attuale poi riesce


evidente ad ognuno che l'equità non è dalla parte degli
avversari dell'indennità , perchè nessuno può pensare alla

dottrina di questi senza offesa e ripugnanza dell'intimo e


comun senso . Ma le esigenze dell'equità sono appunto
soltanto una guida , un criterio per cercare una dimostra-
zione giuridica che vi corrisponda , e per ciò sia vera , non
racchiudono questa dimostrazione , e molto meno l'equi-

valgono e la rendono superflua . Questa dimostrazione , ad


onta di quanto è stato scritto finora , rimane un desiderato
della scienza , e finchè non venga data , la questione non
può dirsi risoluta .

Noi siamo dunque d'avviso che la tesi più conforme


alla equità , al sentimento naturale e universale della giu-

stizia , sia quella dell'obbligo di risarcire , incumbente allo


Stato, alla Provincia , al Comune , che abbiano danneggiato
indirettamente la proprietà privata , intraprendendo nuove
opere sul terreno demaniale di uso pubblico , contiguo alla
medesima. Ciò posto , noi cerchiamo una dimostrazione
giuridica di questa tesi , una dimostrazione cioè basata
232 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

sui principii giuridici inscritti nella legislazione positiva


221 dei popoli civili . Noi la cerchiamo nella fiducia di trovarla ,
perchè sappiamo che le verità giuridiche non sono meno
connesse fra loro , di quelle di qualunque altro ordine , e
che la legge positiva di ogni popolo civile è basata sulla
giustizia e sull'equità , quale è da ognuno intesa e sentita .
Certamente la dimostrazione che noi cerchiamo , non

potendo poggiare su principii di diritto concernenti spe-


cialmente la questione, dovrà essere desunta da principii
relativi a qualche argomento affine , per via di analogia ;
ma tutti sanno che il Codice civile generale austriaco (§ 7 )
e quello del Regno d'Italia (tit . prel . , art . 3 ) riconoscono
quali massime legislative anche quelle costituite in tal
maniera, e non soltanto quelle espressamente enunciate .
Indispensabile ci sembra , prima di ogni altra cosa, il
confrontare esattamente il diritto della pubblica autorità
di disporre come le aggrada del terreno demaniale di pub-
blico uso , e il diritto del privato di disporre a suo piaci-
mento della cosa che gli appartiene . L'un diritto e l'altro
sono sicuri del pari , ma chi ben consideri , si esercitano in
condizioni alquanto differenti .
Mentre l'un diritto e l'altro non si possono esercitare

manomettendo la proprietà del vicino , intercede invece fra


l'uno e l'altro una grande ed essenziale differenza rispetto ai
danni , che non con una diretta manomissione , ma soltanto

indirettamente , disponendo cioè della cosa propria , si pos-


sono recare ad altrui. Il privato non può esercitare il suo
diritto di proprietà neppure per produrre danni di questa
seconda specie , perchè in parte glielo vietano le leggi che
regolano e limitano quell'esercizio , in parte vi provvede lo
stesso proprietario contiguo , acquistando opportune ser-
vitù ; l'un rimedio e l'altro mancano invece rispetto alle

proprietà demaniali . Epperò questa proprietà può ben


definirsi la facoltà di usare e di abusare della cosa posse-
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 233

duta, con danno altrui , mentre quest'ultimo elemento non


fu mai introdotto , nè può introdursi nella definizione delle 222
proprietà private. In vista di tale e tanta differenza ben si
può dire che la proprietà demaniale dei terreni di uso pub-
blico sia una proprietà eccezionale , confrontata colla pro-
prietà di diritto comune , che è la proprietà privata ordi-
naria dei privati cittadini .
Codesta osservazione ci sembra gettar molta luce nella
questione che andiamo trattando.

Anzitutto essa ci rende ancor più persuasi della infon-


datezza delle ragioni di coloro che negano il diritto di
risarcimento a chi fu indirettamente danneggiato nella

sua proprietà dall'uso che le pubbliche autorità abbiano


fatto di un contiguo terreno demaniale di pubblico uso . Il

loro principale argomento è l'affermare che, essendo quei


danni prodotti da chi disponeva della cosa propria nei
limiti consentiti dalla legge , non si devono indennizzare ,

perchè non videtur damnum facere etc. Essi non riflettono


però che questo principio non può essere inteso in un
modo cotanto generale ed astratto , ma si riferisce con-
cretamente ai diritti , e soltanto ai diritti che non hanno
per loro naturale effetto quello di recar danno ad altrui .
Appunto perchè i diritti consentiti dalle leggi ai privati
cittadini non hanno nè possono avere l'effetto di giovare a
chi li possiede , nuocendo agli altri, l'addotto principio
può stare in quei termini generali ; ma quando si tratta di
un diritto eccezionale , quale è quello di cui sono oggetto
i beni demaniali di pubblico uso , il cui naturale effetto
può essere un danno effettivo dei terzi, benchè indiretto ,
quel principio non può essere invocato senza cadere nel-
l'assurdo . Imperocchè nel primo caso l'addotto aforisma
viene a significare che dall'esercizio di un diritto non può
provenire vero e proprio danno a nessuno , nel secondo
caso invece verrebbe a significare che un vero e proprio
234 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

danno effettivo non debba essere considerato tale , soltanto


perchè provenga dal legittimo esercizio di un diritto , e
benchè si tratti di un diritto eccezionale. È quindi insus-
223 sistente in diritto l'opinione di coloro i quali pretendono
di precludere ogni quistione intorno alle conseguenze dei
danni di cui andiamo ragionando , allegando soltanto la
legittimità dei medesimi .

Non meno insussistente è l'opinione degli altri , i quali


propugnano il risarcimento dei danni di cui si ragiona ,
allegando il principio che del diritto di proprietà non si
può abusare , e che dell'abuso , diventato irreparabile ,

devesi , per lo meno , l'indennità . Imperocchè non si può


chiamare abuso ciò che la legge dà il diritto di fare , ed
è inoltre una contraddizione nei termini l'affermare che

un dato fatto sia un abuso , e il negare a chi lo patisce

il diritto di prevenirlo , anzichè quello di essere risarcito


dopo di averlo sofferto . Chi reca danno ad altrui si dice.
generalmente dover risarcirlo , ma questo concetto ne im-
plica manifestamente un altro , cioè che si tratti di un
danno recato senza diritto . Egli è vero che questo secondo
concetto ne implica alla sua volta ancora un altro , cioè
che di regola i diritti riconosciuti ai cittadini dalla legge
tendono all'utilità di tutti, e non al vantaggio di alcuni
col danno di alcuni altri . Ma ciò nondimeno , se per ec-

cezione un diritto ha appunto per suo naturale effetto


quello di nuocere ad altrui in un modo e grado , che

sarebbero incompatibili col concetto di un altro diritto


più generale , di cui quello è appunto una sottospecie
eccezionale , il carattere giuridico di tale danno non basta
.
per escludere l'obbligo del risarcimento , e l'eccezionalità
del diritto di cui si tratta potrà indurre a investigarne e
apprezzarne rigorosamente le ragioni e il fondamento ,

non a negare quella sua naturale conseguenza .


Riprendendo ora il nostro punto di partenza , sembraci
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 235

giusto l'osservare che , siccome il diritto di proprietà cui


sono soggetti i beni demaniali di uso pubblico , è un diritto
veramente eccezionale , specialmente nei suoi rapporti coi
proprietari contigui , eccezionale al punto che alle conse-
guenze di esso non sono applicabili nè la dottrina della 224

proprietà privata , nè quella del danno dato , così non si


può convenientemente determinare l'indole di esso diritto

nè regolarne le conseguenze , se non considerando diret-


tamente e indipendentemente la sua propria e speciale
natura . Or bene , a quale categoria quel diritto appartiene ?
Esso appartiene alla categoria di quei diritti spettanti
alla società di fronte agli individui , coi quali la società
invade la sfera della proprietà individuale per ragioni di
interesse generale ; diritti , la cui estensione , lungi dal po- .
tersi desumere dai principii che governano gli individui
associati , vogliono essere anzi definiti prima ancora che
questa medesima associazione si ponga , e che le proprietà
individuali sorgano nel suo seno . Ciò posto , sino a qual
punto la società può invadere il diritto di proprietà dei
privati ? E a quali condizioni lo può ? Alla prima domanda
non è questo il luogo di rispondere , e non è forse neppure
possibile rispondere in termini generali ; quanto alla se-
conda , tutte le legislazioni esigono che l'utilità generale ,
in nome della quale il diritto del privato deve essere ma-
nomesso , sia giustamente constatata e determinata , e sta-
biliscono gli opportuni mezzi di apprezzamento ; tutti poi
i giureconsulti , si domandano altresì , ma non sono poi

sempre concordi nel rispondere , se , ogniqualvolta la società


invade il campo del diritto privato , in qualunque modo e
misura lo faccia, debba sempre prestarne risarcimento .
Noi ora appunto ci domandiamo se possa ritenersi mas-
sima generale, che qualunque lesione di un diritto di pro-
prietà, che il cittadino soffra dalla società civile, sia questa

il Comune, la Provincia o lo Stato , gli dia il diritto di


236 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

essere indennizzato ? Imperocchè, ove a questa domanda


venisse data una risposta affermativa, risoluta sarebbe la
questione che andiamo trattando .

Invero , non si può qui obbiettare che il danno recato


alle proprietà contigue ad una via o piazza pubblica da
225
una innovazione introdotta in queste, non si possa dire
propriamente una invasione di quella proprietà , perchè
sia danno indirettamente recato. Danno indiretto , quello
a dirsi , è soltanto se il diritto della società sui beni de-
maniali di pubblico uso venga considerato astrattamente
dalle condizioni , in virtù delle quali esso diritto esiste ,
non si rifletta cioè che tale diritto non potrebbe esercitarsi
sull'oggetto suo con tutta quella estensione che gli appar-
tiene , se in pari tempo la legge non interdicesse ai privati
di avere sul terreno demaniale servitù a vantaggio loro ,
sia conferite dalla legge , sia contrattualmente costituite.
Chi rifletta a quest'ultima circostanza , deve più propria-
mente chiamare diretto quel danno , imperocchè non si ha
reale differenza fra il togliere a taluno ciò che gli appar-
tiene, e l'impedire che lo possa conservare , e neppure vi
ha differenza fra il disconoscere un diritto altrui , e l'im-
pedire anticipatamente che questo diritto venga acquistato
da chi acquistarlo potrebbe a termini del gius comune .
Alla precedente domanda non si può esitare a rispondere
affermativamente. Nulla di più giusto dell'estendere all'u-
mana società quel principio di diritto universale, di cui si
hanno tante conferme nel Diritto Romano e nelle legisla-
zioni moderne , che ogni e qualunque sacrificio subito da
una fra molte persone aventi un interesse comune , debba
essere ripartito fra tutte le altre , e l'affermare per conse-
guenza , che la società civile , sia comunale, sia provinciale ,
sia nazionale , non possa nulla esigere per titolo di sua
necessità , cioè della necessità pubblica , da un privato cit-
tadino , se non a condizione di giusto ed equo compenso .
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 237

Quest'obbligo di compenso fa riscontro al diritto che ha

la Società di esigere dal privato quel sacrificio : in tal


maniera accade che il privato cittadino non tanto appaia
un danneggiato che pretende ed ottiene risarcimento ,
quanto un membro della società che riceve dagli altri soci
il conguaglio di ciò che egli trovasi aver conferito nel- 226
l'interesse comune al di là della parte che gli sarebbe
spettata . Che se come abbiamo sopra avvertito (p . 94) ,

giustizia vuole che lo Stato risarcisca i privati del danno


datogli col revocare una concessione che gli ha fatto ,
ancor più giusto apparisce che lo risarcisca dei vantaggi
che il cittadino avrebbe potuto per diritto comune pro-
cacciarsi , e che non si potè procacciare soltanto perchè lo
Stato glielo impedi .

Che se si ricerchi in qual concreto modo si debba deter-


minare il compenso dei sacrifizi in discorso , scorgesi facil-
mente che nell'ammontare del medesimo non deve esser

compresa quella parte , per minuta che sia , la quale tocchi


individualmente a quello stesso che ha ceduto in tutto o
in parte il suo diritto , come uno dei cittadini , fra i quali
il debito del compenso deve essere distribuito . Or bene , la
prestazione del compenso che maggiormente corrisponde
a tali condizioni , è appunto il rimborso totale del valore ,
a cui fu stimato il sacrificio del privato per parte dell'erario
pubblico , sia comunale , sia provinciale , sia nazionale ; im-
perocchè a costituire qualunque ricchezza erariale tutti i

cittadini contribuiscono in proporzione dei loro averi , e


quindi nel caso in discorso , anche colui a cui l'erario rim-
borsa il valore di ciò che del suo ha ceduto alla società ,

contribuisce la propria parte ad effettuare quello stesso


rimborso.

Dissi dianzi non essere scritto nella legge positiva il


principio, che ogni sacrificio sopportato dal cittadino nei
suoi averi , al di là di ciò che egli contribuisce alla società
238 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

in virtù di una legge generale d'imposta , debba essergli


dal pubblico erario compensato , ma potersi dedurre sicu-
ramente per via di analogia da molte leggi riguardanti
i diritti e gli obblighi di persone riunite in un interesse
comune .

Anche un'altra analogia più diretta conduce allo stesso


principio , l'analogia cioè delle leggi positive intorno alla
espropriazione per causa di pubblica utilità.
Codesta analogia , che parecchi hanno negata , ha qui
luogo veramente , ove non tanto si pensi ad una legge esi-
stente che permetta le modificazioni delle vie , o piazze
pubbliche , anche a danno dei proprietari contigui , quanto

piuttosto alla stessa emanazione di una legge siffatta , es-


sendo evidentemente, come già dicemmo , una diretta ma-
227 nomissione della privata proprietà per il vantaggio del
pubblico , l'interdire al privato di acquistare sul terreno
destinato alla via o piazza pubblica i diritti necessari ad
assicurare l'integrità e la sicurezza della proprietà sua,
per rendere più esteso il campo della proprietà demaniale .
Or bene, se tutte le legislazioni dei popoli civili statuiscono
che la proprietà dei privati non possa essere a loro tolta
dallo Stato per ragioni di pubblica utilità , senza giusto e
previo ed equo compenso , perchè non si dovrà dire lo

stesso di quelle diminuzioni della proprietà privata , che il


pubblico potere produce in qualunque altra maniera , e in
particolare mediante l'esercizio del diritto di proprietà sui
terreni demaniali di pubblico uso ? L'unica vera e propria
differenza fra la vera e propria espropriazione , e quella
manomissione della privata proprietà , di cui ora è que-

stione , sta in ciò che la seconda concerne piuttosto la


relazione in cui la proprietà altrui si trova colle cose cir-
costanti , la prima concerne invece piuttosto la sostanza
della medesima ; ma tale differenza è piuttosto formale ed
estrinseca , e quindi tale che non si oppone alla precedente
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 239

deduzione , perchè tanto l'una cosa , quanto l'altra , non


valgono se non per la materiale utilità che racchiudono .

L'analogia delle leggi relative alle espropriazioni è già


stata addotta da parecchi fautori dell'opinione che io pro-
pugno, e in particolare le decisioni dei tribunali francesi ,

che hanno adottato questa opinione , adoperarono quasi


sempre quell'argomento, ma non lo presentarono in modo
idoneo a farne scorgere l'opportunità e l'efficacia . Omisero

di far notare che anche l'uso in questione della proprietà


demaniale racchiude una diretta manomissione delle pro-

prietà private contigue , al pari della vera e propria espro-


priazione, perchè, quantunque quell'uso abbia direttamente
per oggetto la proprietà demaniale , e non la proprietà.
privata, è però possibile soltanto perchè il diritto mede-

simo è implicitamente accompagnato dal divieto ai pro-


prietari di giovarsi contro quella proprietà delle opportune
servitù , sia legali , sia convenzionali . In tal maniera il ra- 228

gionamento di quei tribunali rimase esposto alla facile


obbiezione , tante volte sollevata , che male si argomentasse
dalla espropriazione al deprezzamento cagionato dai fatti
in questione , attesochè la prima fosse una diretta mano-
missione della privata proprietà , e il secondo nol fosse ; la
quale obbiezione è stata principalmente la cagione del
dissenso che vi ha in questa questione fra la Corte di cas-
sazione di Parigi e il Consiglio di Stato francese . Oltracciò
non si avvedono quei tribunali , per la maggior parte , che
l'argomento desunto dall'analogia della dottrina dell'espro-
priazione non può bastare di per sè sola , ed anzi perde
della sua efficacia, non accompagnandovi l'autorità di un
principio più generale , di cui la stessa dottrina della espro-
priazione per causa di pubblica utilità non è che un'appli-
cazione , del principio , cioè, che l'umana associazione , e
qualunque riunione di persone aventi un comune interesse ,
non può nulla esigere da uno degli associati per il van-
240 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

taggio di tutti , che poi , dedotta la parte individuale di


quello , non si debba ripartire su tutti gli altri . La citata
sentenza della Cassazione di Parigi del 18 gennaio 1826

è una delle poche in cui questa lacuna non si riscontri .


Noi siamo adunque d'avviso che il deprezzamento
arrecato alle proprietà contigue ad una via o piazza pub-
blica , o ad altro terreno demaniale di uso pubblico , da
innovazioni che la pubblica autorità intraprenda su questo
terreno , dia diritto ad un giusto ed equo compenso , in

virtù non dei principii che presiedono alla proprietà in


generale, nè di quelli relativi alle conseguenze giuridiche
del danno dato , ma in virtù della giustizia distributiva
che deve presiedere alle relazioni delle civili società coi
singoli loro membri , giustizia distributiva , che per non
essere chiaramente e completamente formulata dalle legis-
lazioni positive , non è meno evidente e imperiosa pel giu-
reconsulto , e non manca del resto neppure di speciali
applicazioni nelle leggi dei popoli inciviliti .
229 Abbiamo detto giusto , equo compenso , ed ora dobbiamo
determinare il significato di questa generica espressione.

Noi seguiamo l'opinione propugnata dalla Cassazione


di Parigi, nella più volte citata sentenza del 18 gennaio
1826 , che i deprezzamenti della proprietà privata , dei
quali abbiamo fin qui parlato , devono essere di qualche
rilevanza (notables) , affinchè vi sia diritto ad ottenerne
risarcimento . Imperocchè non si può dimenticare ciò che
da molti fu avvertito , e specialmente dal più volte citato
prof. Marchese , che i deprezzamenti intorno ai quali verte
la questione attuale , sono sempre accompagnati da van-
taggi che i proprietari contigui risentono dai migliora-
menti introdotti nella via o piazza pubblica ; e se non si
può ammettere in virtù di questa considerazione che si
debba negare in ogni caso ai proprietari danneggiati il
diritto di essere indennizzati , non è lecito per altro disco-
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 241

noscere che allorquando quel vantaggio ci sia , debbasi


compensare col risarcimento dovuto . Ciò ebbe a dichia-
rare anche la Cassazione di Roma in una sentenza 8 marzo

1882 ( 1 ) . Tanto più vuolsi tenere questa opinione , riflet-


tendo che anche nelle leggi intorno all'espropriazione si
tiene calcolo dei vantaggi per avventura recati dalle nuove
opere intraprese , alla porzione del fondo che non venne
espropriata , e tanto nella legge francese del 1805 , quanto
nella italiana del 1865 (art. 41 ) si trova appunto che il
valore di quei vantaggi si debba detrarre dall'ammontare
della indennità della espropriazione . Deprezzamento di
qualche rilevanza è quello appunto cagionato alle pro-
prietà private contigue alle proprietà demaniali di uso

pubblico, che non si possa ritenere compensato dal van-


taggio proveniente alle proprietà medesime dalle stesse
opere che hanno cagionato il deprezzamento . L'apprezzare
poi codesti vantaggi non è còmpito più difficile della stima
stessa del danno , e non vi ha ragione per cui non si possa

e non si debba affidarlo a quelle medesime autorità che 230


della stima del danno sono incaricate. Cotale sola limita-

zione deve ammettersi al principio che siamo venuti pro-


pugnando (2 ) .
Abbiamo dimostrato che i deprezzamenti o danni per-
manenti cagionati alle proprietà private da innovazioni
intraprese nelle vie , nelle piazze , e in altri terreni dema-
niali di pubblico uso devono essere dal pubblico erario
risarciti . Ne viene forse la conseguenza che i danni arre-

cati a quelle proprietà soltanto temporariamente , cioè i


danni passeggieri, non debbano essere in egual modo risar-

(1) M. T. , 1882 , 269.


(2) Il celebre e compianto CAVALLINI propone rispetto al confronto del
danno col vantaggio la seguente formola : venga risarcito il danno, quando
e a misura che esso sia superiore all'utile procacciato dall'esecuzione di una
nuova opera pubblica, o dalla modificazione di una già esistente , ( 1. c. ,
pag. 15) .
GABBA - Retr. leggi, III. 16
242 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

citi ? Molti veramente professano cotesta opinione , ed anche


la Corte di cassazione di Parigi l'accolse in una sentenza
del 12 giugno 1835 , colla quale respinse la pretesa di al-
cuni commercianti parigini , i quali , avendo sofferto grave
danno nel loro commercio durante certi lavori intrapresi
nella via pubblica , volevano essere indennizzati . La Corte

ragionò in questo modo : " attesochè la città di Parigi fu


autorizzata dalla superiore autorità ai lavori in discorso ;
che ogni abitante di un Comune deve sopportare perso-
nalmente e senza indennità , tutti gli aggravi e le passività
che sono la necessaria conseguenza del regime municipale ,
e che sono d'altronde autorizzati dalle leggi e dai regola-
menti di polizia ; che la livellazione delle strade munici-
pali attiene alla sicurezza delle comunicazioni e all'igiene
pubblica ; che i danni momentaneamente cagionati dalla
interruzione della circolazione durante i lavori sono com-

pensati dal vantaggio risultante dai lavori medesimi ; che


la città di Parigi non ha fatto che usare dei suoi diritti ;
che la sentenza non constata che essa ne abbia fatto un

uso contrario alle leggi ; che colui il quale usò del suo
diritto , senza che gli si possa rimproverare veruna colpa ,
231 è tenuto soltanto alla riparazione del danno materiale, che
i suoi lavori hanno potuto arrecare ad altrui ; che la Corte
d'appello di Parigi , condannando la città al risarcimento
dei danni cagionati ai proprietari dalla livellazione del
Boulevard Saint-Denis , senza aver riguardo ai vantaggi
che quest'opera può produrre , applicò fallacemente l'arti-
colo 1382 del Codice civile , e del pari gli articoli 3 , titolo 2
della legge 24 agosto 1790 , e 544 del Codice civile , ecc . „ .
Noi non possiamo approvare tesi siffatta , e crediamo

che gli stessi motivi coi quali la Cassazione di Parigi volle


propugnarla, indurranno facilmente anche il nostro lettore
nella nostra opinione. Invero egli è manifesto che quasi
tutte le ragioni addotte dalla Cassazione sono le medesime
DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE 243

colle quali si vuole negare il diritto al risarcimento dei

danni permanenti cagionati dai lavori fatti sulla pubblica


via , ragioni la cui intrinseca vanità ci pare di avere posto
in chiaro sufficientemente . Avendo noi dimostrato , in tesi
generale , doversi dalla società risarcire al privato cittadino
qualunque sacrificio economico gli sia stato imposto dalla
pubblica autorità , all'infuori di una legge generale d'im-
posta , consegue manifestamente da questa tesi non potersi
negare quel diritto al risarcimento per il solo motivo che
il danno sofferto dal privato sia temporaneo , anzichè per-

manente . La sola ragione specialmente appropriata all'at-


tuale argomento , che si trovi nella sentenza in discorso , è
l'asserita compensazione dei danni temporanei coi prodotti
dalle pubbliche opere che li hanno occasionati .

Ma quest'argomentazione ci pare tutt'altro che decisiva ,


non potendosi in generale e a priori escludere che il danno
recato ai privati non debba mai essere maggiore del van-
taggio che questi risentono dalle straordinarie innovazioni
temporanee del suolo pubblico . Supposto infatti che non
si tratti di un temporaneo nocumento ai privati , che sia
solito effetto di ordinarie riparazioni operate sul suolo
pubblico , come si rifiuterà il compenso del danno ecce- 232
dente , senza offendere la giustizia ? Noi opiniamo per con-
seguenza che l'attuale questione sia analoga alla prece-
dente , e debba essere praticamente risoluta cogli stessi
principii , cioè : che i danni temporanei cagionati alle pro-
prietà contigue da lavori fatti dalla pubblica autorità su
terreno demaniale di uso pubblico , semprechè non siano
l'effetto di ordinarie riparazioni , debbano essere indenniz-
zati alla pari dei permanenti ; debbano cioè , alla pari di
questi , essere indennizzati solamente se ed in quanto non
siano compensati da vantaggi contemporaneamente risen-
titi, e per la medesima causa , da quei proprietari . Ci con-
ferma in questa opinione l'autorità della legge francese
244 APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

del 21 maggio 1836 , posteriore alla succitata sentenza di


Cassazione , e quella della legge italiana del 25 giugno
1865 (art. 64 , 65 ) sulla espropriazione per causa di pub-
blica utilità , entrambe le quali leggi contemplano le tem-
porarie occupazioni del suolo privato per lavori di pubblica
utilità , e attribuiscono ai proprietari diritto a congrua in-
dennità . Anche il Dalloz (Rép . , voc . Voirie par terre , n . 126)
è dello stesso avviso .
245

ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ 233

Principii pratici ed applicazioni

LIBRO TERZO

PRINCIPII DI GIUS TRANSITORIO DELLE SUCCESSIONI


PER CAUSA DI MORTE .

Dall'esposizione della dottrina della retroattività delle


leggi reali ci sembra ragionevole il passare a quella del

gius transitorio delle successioni per causa di morte . Noi


siamo lontani dal professare l'antica opinione , oggidì cen-
surata e abbandonata universalmente , che il diritto eredi-
tario sia un diritto reale ( 1 ) ; ma riflettiamo che il diritto.
ereditario , benchè abbia natura sua propria , è però rico-
nosciuto in tutte le legislazioni civili come necessaria con-
seguenza del diritto di proprietà individuale , cosicchè , chi
voglia studiare da qualsivoglia punto di vista i modi vari
nei quali il secondo diritto può essere esercitato , debba in

tal novero riporre anche il primo . Si comprende inoltre


facilmente che , attesa la connessione fra l'un diritto e
l'altro , ci possano essere importanti principii del gius
transitorio ereditario , che appunto vengano derivati dalla
dottrina della proprietà . Il seguito dei nostri studi confer-
merà questa supposizione ; intanto anche per questo mo-
tivo abbiamo creduto che la migliore occasione di esporre
il gius transitorio ereditario fosse per noi la presente .

(1 ) Intorno all'antica dottrina che il diritto di eredità fosse reale, dottrina


accettata anche nel Codice civile generale austriaco, vedi UNGER, Vol . I,
pagg. 512 e 523.
246 PARTE TERZA

234 CAPITOLO I.

Concetto di successione per causa di morte. Vari titoli


della medesima. Delle donazioni " mortis causa ", in
particolare.

Ciò che propriamente contraddistingue la trasmissione


o successione per causa di morte , si è l'essere la morte , o
un'epoca posteriore a questa , non mai un'epoca anteriore
e compiuta durante la vita del de cujus , quella da cui co-
mincia nel successore un diritto sulle cose del de cujus a
titolo di erede o di legatario. Per questo carattere la suc-

cessione per causa di morte si distingue nettamente dalle


successioni o trasmissioni di diritti fra vivi , le quali si

compiono all'atto stesso in cui vengono poste in essere,


rispetto alle cose che ne sono l'oggetto . Quand'anche una
trasmissione inter vivos sia condizionata , e quand'anche
la condizione debbasi compiere , o l'esecuzione del negozio
debba farsi dopo la morte dell'alienante , l'acquirente
acquista subito il diritto trasmessogli dall'alienante , e
questi perde subito la facoltà di disporne in qualsivoglia
altra maniera . Nella successione mortis causa invece,

quand'anche essa venga determinata da un patto succes-


sorio , il de cujus perde tutt'al più in virtù di questo patto,
e all'atto di esso , il diritto di disporre delle singole cose
contenute nella successione per qualunque altro titolo
gratuito , ma siccome egli conserva il diritto di disporre
di quelle singole cose per titoli onerosi inter vivos , non si
può dire che rispetto alle medesime il successore acquisti
un vero e proprio diritto dal momento del patto succes-
sorio . Questo titolo gli fa acquistare immediatamente e
condizionatamente il diritto di succedere, il quale diritto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 247

nella successione testamentaria e nella intestata sorge al- 235

l'atto della morte, e che non si può confondere con un


diritto avente per oggetto le singole cose comprese nella
successione. Quest'ultimo diritto non sorge che alla morte

o dopo la morte del de cujus , allorquando il diritto di suc-


cedere si converte in acquisto e padronanza di quegli stessi
diritti che su quelle cose spettavano al de cujus , in virtù
appunto della effettuata successione al medesimo .

È quindi il diritto di successione per causa di morte


veramente un diritto sui generis , il quale consta di due
elementi distinti , benchè strettamente connessi fra di loro ;
il diritto di succedere , cioè di rappresentare il defunto nei
diritti che a questo spettavano , e il diritto di successione
propriamente detto , cioè il diritto sulle cose che al defunto
appartenevano , pel titolo appunto di quella successione o
rappresentazione . Di questi due elementi , il primo può
esistere separato , prima ancora della morte del de cujus ,
nel solo caso di successione convenzionale in quelle legis-

lazioni che ammettono questo modo di successione .


Tale è la vera natura , tali sono gli elementi costitutivi
del generale concetto del diritto di successione per causa
di morte. Si comprende di leggieri che esso può applicarsi
indifferentemente ad una università di cose , o a parti di

questa università , o a cose singole ( 1 ) , e qualunque sia il


significato che si attribuisca alle parole erede, legatario . Del
pari si comprende che sulla natura di questo diritto non
influisce per nulla la natura del titolo del suo acquisto , 236
sia desso il testamento , o la convenzione , la legge . La dif-
ferenza fra questi titoli ha invece molta importanza nel

(1 ) Successione ereditaria in cose singole non ammette il diritto moderno ,


ma l'institutio ex re certa non era inefficace nel Diritto Romano (v. PADEL-
LETTI, Arch. Giur ., Vol . IV) , e l'antico diritto francese ammetteva il così
detto retour consuetudinario della donazione inter vivos, per la premorienza
del donatario al donante, il quale retour era riputato vera e propria succes-
sione mortis causa.
248 PARTE TERZA

determinare l'estensione dentro la quale si deve applicare

la legge regolatrice della successione , o , in altri termini ,


nell'assegnare i giusti confini dell'influenza di questa legge ,
o di quella della legge sotto il cui impero il testamento o
la convenzione furono posti in essere . Per questo motivo
appunto noi crediamo necessario fin d'ora prendere in
esame una speciale successione per causa di morte , la cui
vera natura, confrontata con quella del testamento , è stata
variamente apprezzata dai legislatori e dai giureconsulti ;
intendiamo parlare della donazione mortis causa.
La donazione mortis causa è una donazione che si risolve ,
o che non ha effetto , se il donatario non rimane superstite
al donante . Oggetti di essa possono essere quei medesimi
del testamento o della successione contrattuale . È ora la

donazione mortis causa un contratto successorio , o una

disposizione di ultima volontà , cioè propriamente un


legato ?
Chi consideri la donazione mortis causa dal lato della

forma, deve certamente collocarla nel novero dei contratti ,


perchè il precipuo carattere formale del contratto è l'in-
contro di due volontà , cioè l'offerta da una parte , l'accet-
tazione dall'altra, le quali concorrono tanto nella donazione
inter vivos , quanto nella donazione mortis causa . La forma
però non decide sola della natura degli istituti giuridici , e
non si può obbiettare il dettato forma dat esse rei, perchè
il significato della parola forma nel linguaggio degli scola
stici aristotelici era alquanto diverso da quello che le dànno
i moderni , i quali la riferiscono esclusivamente alla forma
esteriore . Se noi consideriamo la sostanza della donazione
mortis causa, siamo condotti invece ad annoverarla fra i
legati , oppure fra le convenzioni successorie, secondochè
essa sia revocabile o irrevocabile. Imperocchè l'essenza del
237 contratto consiste in una limitazione della libertà di una

delle parti , prodotta immediatamente dal contratto ; ora la


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 249

donazione mortis causa revocabile non limita propriamente


in modo alcuno la libertà del donante , il quale può toglierle
effetto sia con una revoca espressa , sia con una revoca
tacita, disponendo in qualunque modo , purchè non gra-
tuito , della cosa donata . In realtà colui il quale dona mortis
causa una cosa ad un altro , colla riserva della facoltà di
revocare il dono fatto , fa una disposizione sostanzialmente
identica alla istituzione di un legato , poichè l'accettazione
del donatario , la quale non vincola il donante , rimane una
semplice formalità . Siccome poi la sostanza delle cose pre-
vale alla forma o parvenza esteriore delle medesime , così
noi dobbiamo ritenere che la donazione mortis causa sia

un contratto successorio , se irrevocabile , sia invece un


legato , se revocabile , quale appunto suol essere e si ritiene
che sia, ove l'irrevocabilità non sia stata espressamente

pattuita , vigendo una legislazione che non divieti il patto


successorio.

Il Diritto Romano non conferma pienamente l'esposta


dottrina. Nel Diritto Romano , il quale non ammetteva per
regola generale i patti successorii , era ammessa però la
donazione mortis causa irrevocabile , come a ragione inse-
gnano , fra gli altri , il Savigny (Vol . IV , pp . 241 , 249 ) e il
Keller (Pand . , ed . 1861 , pag . 135) , basandosi sulla L. 35 ,

§ 4 , Dig. de m . c. don . , e sulla Nov. 87 , c . 1. In pratica


però la donazione mortis causa era quasi sempre revocabile ,
e l'irrevocabilità doveva essere espressamente pattuita ,

cosicchè la revocabilità potevasi considerare come un ele-


mento naturale di quel negozio . Surta controversia intorno
alla vera natura giuridica della donatio mortis causa , Giu-
stiniano la decise , come è noto , assimilandola ai legati :
mortis causa donationes ad exemplum legatorum redactae sunt
per omnia (§ 1 , I. de donat .) . In questo modo la donazione
mortis causa irrevocabile non venne distinta per nulla, nè
considerata a parte , dalla revocabile , contrariamente a 238
250 PARTE TERZA

quello che la ragione giuridica vorrebbe , secondo il nostro


modo di vedere .
Ma se l'autorità di Giustiniano è una valida conferma di

ciò che la ragione suggerisce ad ognuno circa la natura


della donazione mortis causa revocabile , non ci pare invece
che basti a smentire ciò che la medesima ragione sugge-
risce circa la natura della donazione mortis causa irrevo-
cabile . I giureconsulti moderni , e principalmente il Savigny

(Vol . IV, pagg . 240 , 278 ) , propugnano la tesi che la pari-


ficazione giustinianea della donazione mortis causa ai legati
non ha fatto sparire l'indole contrattuale della medesima ,
e che vi hanno punti nei quali essa tiene del contratto ,
anzichè del legato , come per es . la sua validità quand'anche
non ci sia un erede , la capacità di porla in essere anche
in chi non avrebbe la testamentifactio , ai quali punti noi
aggiungeremmo anche quello della non necessità d'accetta-
zione per parte del donatario dopo la morte del donante ;
osservano eziandio che in quasi tutti i casi la donazione
mortis causa non ha altra origine che il contratto . Codesta
dottrina ci pare una critica troppo vaga dei termini della
decisione giustinianea , perchè, mentre sembra accennare
ad un lato contrattuale della donazione mortis causa , che
Giustiniano non avrebbe abbastanza apprezzato , in realtà
non la si può accettare se non in relazione alla forma este-
riore di quel negozio , la quale forma il Savigny medesimo
riconosce (pag . 261 ) che non fu l'obbietto principale della
decisione dell'imperatore . Onde criticare seriamente quella
decisione , bisogna , a parer nostro , considerarne la soverchia
generalità , e precisamente l'omessa distinzione della dona-
zione mortis causa revocabile e della irrevocabile . A nostro

avviso Giustiniano , nel parificare la donazione mortis causa


ai legati , non ha avuto di mira che la donazione revocabile ;
egli non poteva aver di mira che questa , perchè , come ab-
239 biamo già osservato , era l'ordinaria e la più comunemente
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 251

usitata. La donazione mortis causa irrevocabile non fu da

lui avuta di mira , epperò essa deve , anche dopo la legisla-


zione giustinianea , conservare la sua speciale natura , affatto
diversa da quella della donazione mortis causa revocabile,
natura veramente contrattuale , che la ragione addita , e

che può bensì fornire al legislatore materia di un divieto ,


ma che egli non può e non si deve neppure supporre che
mai abbia voluto disconoscere.

L'indole contrattuale, e propriamente contrattuale - suc-


cessoria, della donazione mortis causa irrevocabile , la pari-
ficazione della donazione mortis causa revocabile ai legati ,

furono eziandio principii costantemente accolti dalla giu-


risprudenza francese. Le donazioni mortis causa , ed anche
le démissions de biens irrevocabili , erano usitate nei paesi

di diritto consuetudinario , specialmente nei contratti di


matrimonio , dal quale diritto passarono anche nel C. N. ,
lib. III , tit . 2 , cap . 8 , e , come ci insegnano Furgole (ap.
Chabot de l'Allier, 1 , pag. 231 ) e Chabot de l'Allier ( ib .) ,

furono sempre considerate veri e proprii contratti , mentre


le donazioni mortis causa e le démissions de biens revocabili

furono sempre considerate vere e proprie successioni , e


quindi sottoposte alle stesse norme di diritto transitorio ,
come i testamenti ed i legati (v . Chabot de l'Allier , p . 209
e segg.) . Inoltre le donazioni mortis causa revocabili , dal-
l'Ordinanza del 1731 in poi , afferma il Chabot de l'Allier

(ib. , pag. 231 ) , dovunque erano espressamente ammesse


dalle leggi e dalle consuetudini , non avevano effetto che
sotto le stesse forme dei testamenti e dei codicilli .

Nella legislazione civile italiana i contratti successorii


non sono ammessi , neppure dentro i ristretti confini asse-
gnati dal C. N. , epperò le donazioni mortis causa irrevoca-
bili sono impossibili . Le donazioni mortis causa revocabili
poi , non solo nella sostanza sono in questa legislazione ,
come in tutte le altre , identiche ai legati , ma anche nella 240
252 PARTE TERZA

forma nulla hanno di proprio , e si confondono pienamente


colle disposizioni di ultima volontà . Imperocchè il C. C. I.
(art . 759 ) chiama testamento , e sottopone alle forme testa-
mentarie , tutte quante le disposizioni revocabili che taluno

fa per il tempo in cui avrà cessato di vivere , rispetto a


tutto il suo patrimonio , o ad una parte aliquota o a singoli
oggetti di questo . In tal maniera non è più possibile disporre
causa mortis con una forma contrattuale : la donazione

mortis causa revocabile è impossibile a motivo della sua


forma , come la donazione mortis causa irrevocabile è impos-
sibile a motivo della sua sostanza .

Le cose fin qui dette intorno alla natura del diritto di


successione, ed ai fatti giuridici per cui lo si acquista , con-
vengono non soltanto alla morte fisica , ma eziandio alla

morte civile dove questa sia ammessa . La successione ai


beni di un condannato ad una pena perpetua , o ai beni di
uno che entri in un monastero , è certamente mortis causa,

anche se si apra all'atto stesso di quella condanna o all'atto


della professione monastica , ove tale sia il disposto della
legge vigente nel giorno in cui l'uno o l'altro di quei fatti
è accaduto . Nell'un caso e nell'altro i giureconsulti riscon-
trano una morte civile .

CAPITOLO II .

Dell'acquisto del diritto di succedere.


e del diritto di successione.

La dottrina transitoria della successione per causa di

morte ha per iscopo di determinare la legge con cui si


deve giudicare se il diritto a quella successione sia stato
acquistato , e con quali effetti . Imperocchè, una volta acqui-
stato , il diritto di successione è inviolabile al pari di tutti
gli altri diritti quesiti . È questo un principio universal-
241 mente riconosciuto , e che solo rade volte è stato discono-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 253

sciuto da leggi tiranniche , condannate dalla pubblica opi-


nione e dalla storia , e che talvolta dovettero essere rivocate
poco tempo dopo la loro emanazione . Lo disconobbe Giu-
stiniano nell'Edictum III, col quale aboli la legge , da lui
detta barbara, vigente fra gli Armeni , per cui le figlie erano
escluse dalla successione dei genitori , diede alle medesime
gli stessi diritti dei fratelli , e in pari tempo ordinò che

questa nuova legge avesse vigore dal principio del suo


impero . Più singolare ancora è la premessa data dall'im-
peratore a tale retroattiva disposizione : quoniam quae prae-
cesserunt omnia commovere absurdissimum esset . Lo disco-
nobbe la Convenzione francese nella celebre legge 17 nevoso

anno II (v . Vol. I di quest'opera , pag . 54, i . n . ) , colla quale ,


introducendo un nuovo sistema successorio , in moltissima
parte commendevolissimo , volle farne cominciare l'appli-
cazione retroattivamente a datare dal 14 luglio 1789 ,

giorno della presa della Bastiglia , e punto di partenza


comunemente assegnato alla rivoluzione ( 1 ) . Tanto ingiusta
retroattività venne ben presto abolita da una legge del
9 fruttidoro anno III ( ib . ) . La disconobbe pure il tiranno
Pietro I di Russia in una legge del 9 marzo 1714 , colla
quale converti in maiorascati tutte le fortune private, e in
pari tempo annullò tutte le divisioni dei patrimoni , incon-
ciliabili con quel principio , fatte dal 1 ° gennaio di quel-
l'anno in poi (DOLGORUKOW , Mém . , Ginevra 1867 , Vol . I ,
pag. 126).

( 1 ) Il LASSALLE che pel primo fece avvertire (pag . 557) la retroattività del-
l'Editto III di Giustiniano, avverte eziandio molto giustamente che tanto
questo Imperatore, quanto la Convenzione francese, si permisero l'accennata
retroattività, mossi dalla stessa esaltazione filosofica . Diceva Giustiniano :
nuper cognovimus barbaricam quandam insolentemque esse apud eos legem,
quae neque Romanos, neque reipublicae nostrae justitiam decet, e il Comitato
di legislazione della Convenzione diceva , a proposito della legge del 17 ne-
voso: la loi n'a fait que développer les principes proclamés par un grand
peuple qui s'est ressaisi de ses droits (LAFERRIÈRE, Ess . sur l'hist. du dr. fr.,
Paris 1859, Vol. II, pag. 255).
254 PARTE TERZA

242
Ma quando si dovrà dire acquisito , e in conformità a
qual legge, il diritto di successione per causa di morte ,
affinchè lo si possa dire inviolabile da qualunque legge
posteriore ?

In questa ricerca importantissima , e veramente prelimi-


nare allo studio del gius transitorio delle successioni , cre-
diamo necessario ricorrere alla distinzione superiormente

fatta dei due elementi componenti il concetto del diritto


di successione per causa di morte . Questo diritto , dicemmo ,
è anzitutto diritto di succedere al defunto in tutti i diritti

che a lui spettavano , e che formano oggetto della succes-


sione ; è poscia diritto di successione, cioè diritto sulle cose
componenti la successione per titolo di rappresentanza del
defunto . Questi due diritti si succedono logicamente l'uno
all'altro , perchè il secondo non è che l'attuazione del
primo , e questo non è che la potenzialità di quello ; perciò
essi formano un solo concetto e , come un solo diritto , ma

questa loro stretta connessione non può mai far sì che si


debbano considerare come contemporaneamente esistenti ,
anzichè disgiunti da un intervallo , più o meno lungo, di

tempo . In una legislazione che permetta i contratti succes-


sorii , mediante questi contratti si acquista , come già
dicemmo , il diritto di succedere ; nella successione testa-
mentaria e nell'intestata l'erede acquista il diritto di suc-
cedere alla morte del de cujus (v . Vol . I, pag . 305 e segg. ) ;
siccome però nessuno può essere obbligato a succedere,
così bisogna pure ammettere che l'erede non abbia diritti
sulle cose componenti la successione , fintantochè egli non
abbia deciso di far uso di quel primo diritto . Infatti il diritto
di succedere, acquistato o col contratto o alla morte del
de cujus, è quello stesso diritto di accettare l'eredità che
tutte le legislazioni distinguono dal diritto sulle cose ere-
ditarie , anche quelle legislazioni che pur non assegnano
all'acquisto dell'eredità un momento ed un atto distinto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 255

dalla morte del de cujus , distinzione che era invece fatta


dal Diritto Romano , e lo è ancora da non poche leggi , e 243
della quale noi riparleremo più sotto . Non contraddice a
questa osservazione il fatto che nel diritto giustinianeo sia
accordata al legatario un'azione reale pel conseguimento
del legato , perchè l'esercizio di tale azione è una tacita
dimostrazione della volontà di accettare il legato . E quella

insomma una distinzione imposta dalla ragione , e che nes-

suna legislazione ha mai potuto pienamente disconoscere ,


ma non apprezzata finora in tutta la sua ampiezza ed effi-
cacia, la quale circostanza fu precipua cagione , a parer
nostro , del non aver finora la dottrina delle successioni ,
specialmente transitoria , sufficiente fondamento di chiari
e saldi principii .
Coerentemente a tale distinzione , noi crediamo che si
debbano assegnare distinti e separati momenti all'acquisto

del diritto di succedere , e a quello del diritto di successione,


o diritto sulle cose del de cujus per titolo di successione .
Il primo diritto non può essere acquistato che dal giorno.
in cui è diventato efficace il titolo su cui la successione si

fonda ; il secondo diritto non può essere acquistato che dal


giorno in cui il successore , erede o legatario , dimostrò di
voler fare uso del diritto trasmessogli dal de cujus .
Applicando la prima di queste proposizioni generali alle
varie specie di titoli costitutivi del diritto di successione ,
che sono , come dicemmo , il contratto , il testamento , la
legge, ne deduciamo facilmente che il diritto di succedere,
comunemente detto diritto di accettare la successione : 1 ) in
virtù di un contratto successorio è acquistato dal giorno
della perfezione di questo contratto , alla condizione della
sopravvivenza dello stipulante al promittente ; 2 ) in virtù
del testamento è acquistato dal giorno della morte del
testatore, perchè da questo giorno soltanto il testamento
diventa idoneo a produrre il suo effetto ; 3 ) in virtù della
256 PARTE TERZA

legge : a) se non vi ha testamento , dal giorno della morte.

del de cujus; b) essendovi un testamento , dal giorno in cui


244 il testamento andò a vuoto , perchè non prima dell'una o
dell'altra epoca si apre la successione di un defunto , che
la legge regola in difetto di titolo volontario proveniente.
dal de cujus.

La seconda proposizione si applica a tutti i casi di suc-


cessione, senza distinzione fra i titoli costitutivi della

medesima. Imperocchè non è mai possibile che il succes-


sore per causa di morte abbia sulle cose del de cujus gli
stessi diritti che a questo appartenevano , non solo finchè
questi non sia morto , ma eziandio finchè, dopo la morte
del de cujus , egli non abbia , in qualsivoglia modo dalla
legge riconosciuto , dimostrato di volerli . Per conseguenza
il diritto sulle cose del de cujus per titolo di successione
non può mai cominciare in nessuna specie di successione ,
se non in virtù di fatti posteriori alla morte del de cujus,
coi quali il successore dimostri la sua volontà di accettare ,
qualunque sia poi il tempo a cui debbasi far risalire l'ef-

fetto di questa accettazione , fosse anche lo stesso momento


della morte del de cujus.
La prima delle due proposizioni suesposte è universal-
mente ammessa , non così la seconda , la quale ha contro
di sè in molte legislazioni il noto principio che il possesso
legale dei beni del defunto a titolo di successione per causa
di morte (saisine héréditaire) , si avvera , o per tutti i succes-
sori , o per alcuni di essi , all'atto stesso della morte , senza
bisogno di accettazione . Noi vogliamo ora dimostrare che
il principio le mort saisit le vif non si oppone che appa-
rentemente alla evidente logica necessità dell'accettazione
della successione , e che la stessa apparente verità di quel
principio riposa su errori di dottrina , inavvertitamente
introdottisi in alcune moderne legislazioni .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 257

CAPITOLO III. 245

Continuazione del precedente .

Nel Diritto Romano l'adizione dell'eredità era , come

tutti sanno , per regola generale , necessaria all'acquisto


del diritto sulla eredità ; l'effetto poi di questa adizione si
retrotraeva alla morte del de cujus , in virtù della mas-

sima: heres, quandoque adeundo hereditatem , jam tunc a


morte successisse defuncto intelligitur (L. 54 , D. De acquir.
vel omitt. hered.; conf. L. 138 , 193 , D. De reg. jur.) . Sol-
tanto gli heredes sui, cioè , come dice Ulpiano nei Fram-
menti (pag. 26 , § 1 ) , liberi qui in potestate sunt, caeterique
qui in liberorum loco sunt (arg. L. 10 , § 3 , D. De grad . et
affin.) , quando venivano istituiti da chi li aveva in potestà ,
o quando succedevano a questo ab intestato , acquistavano
la qualità di eredi effettivi alla morte del de cujus senza
bisogno di accettazione , e per ciò appunto si dicevano eredi

sui et necessarii , perchè , volessero o non volessero , erano


eredi per disposizione della legge ( 1 ) . Necessarius heres, dice
Gaio nelle Istituzioni ( 2 , § 153 ) , ideo sic appellatus, quia,
sive velit sive nolit, omni modo heres est. Lo stesso valeva
per colui che fosse chiamato all'eredità di chi era sotto-
posto alla sua podestà . La ragione di questa eccezione
stava nell'indole stessa della podestà patria , e del legame
cui questa dava origine . Imperocchè quella podestà impor-
tava, per così dire , assorbimento , compenetrazione della
personalità del sottoposto in quella del superiore , epperò ,
come dice il giureconsulto Paolo nella nota L. 11 , D. De
lib. et posth., la successione degli eredi sui non era tanto
una vera e propria successione , quanto piuttosto una con-

(1) V. MÜLLER, Lehrb. der Institut. , Lipsia 1858 , pag. 698.


GABBA - Retr. leggi, III. 17
258 PARTE TERZA

246 tinuazione del possesso che essi avevano già avuto in


comune col de cujus durante la vita di questo , e il conse-
guimento della libera amministrazione dei beni lasciati

dal medesimo . Egli è pur noto che il rigore del diritto


civile rispetto alla successione dell'haeres suus et neces-
sarius venne mitigato dal pretore , il quale accordò a questo
successore il diritto di abstinere se ab hereditate (§ 2 , I. De

haer. qual.) . Riassumendo , possiamo dire che nel Diritto


Romano era principio fondamentale quello della necessità
dell'adizione onde acquistare il diritto di successione mortis
causa sulle cose del de cujus ; a questo principio facevasi
un'unica eccezione in un caso , nel quale l'accettazione non
era richiesta , perchè anche la rinunzia era proibita .
Passò quel principio in tutte le legislazioni moderne ad
eccezione della francese , e di quelle che nel secolo presente

imitarono in proposito la francese . E tanto nel Diritto


Romano quanto nelle legislazioni moderne , esso fa logico
riscontro a quell'altro principio , che soltanto colla tradi-
zione si acquista il dominio , per qualunque titolo trasfe-
rito , e appunto perciò nelle legislazioni germaniche , in
particolare , esso è necessaria premessa della pubblicità
delle trasmissioni mortis causa . Pubblicità , che non è

meno necessaria di quella delle trasmissioni inter vivos, e


che, come noi abbiamo osservato in altra scrittura ( 1 ),
non potè essere introdotta in Francia , nè in altri paesi ,
appunto per effetto dell'essere stato abbandonato il prin-
cipio romano dell'adizione , benchè questa connessione non
sia stata avvertita dalla generalità degli scrittori .
Il diritto consuetudinario francese , del quale non vuolsi
tenere minor conto che del Diritto Romano , per compren-
dere le dottrine successorie di molte legislazioni moderne ,

(1) V. i nostri Studi teorico-pratici intorno alla trascrizione, Firenze ,


Nicolai, 1869 , e le nostre Quistioni di diritto civile, 2ª ediz., Torino 1885 ,
pag. 9.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 259

non richiedeva l'adizione all'acquisto del diritto di suc-

cessione , e sostituì al principio romano il canone le mort 247


saisit le vif. In virtù di questo canone l'erede viene con-
siderato come immediatamente investito del diritto di suc-
cessione dallo stesso defunto , ha la rappresentanza di
questo , e fa suo per diritto ciò che dal defunto gli perviene ,
al momento stesso della morte di questo , e prima ancora

che l'abbia appreso di fatto , lo che gli interpreti delle


consuetudini chiamarono saisina juris . Egli potrà in seguito
rifiutare l'eredità , ma , fintantochè ciò non sia avvenuto ,
da quel momento ha la qualità di erede , risolubile bensì ,
ma della quale intanto deve conto a tutti i creditori e
aventi causa dal defunto . Da quel momento egli è passibile
dell'azione dei coeredi per ottenere la divisione , di quella
dei legatari per la consegna dei legati , delle stesse azioni
dei creditori della successione , da tutte le quali azioni egli
si può liberare rinunziando , ma alle quali va sottoposto ,
come ebbe a dichiarare la Corte di cassazione di Parigi
in una sentenza del 21 floreale anno X ( 1 ) , in virtù del-
l'anzidetta saisina juris , fintantochè non abbia rinunziato
all'eredità , e purchè non l'abbia nè espressamente , nè taci-
tamente accettata .

Questa dottrina ebbe probabilmente una origine analoga


a quella romana , surriferita , della successione degli heredes

sui , cioè provenne da quelle primitive condizioni della


società , nelle quali la successione era di diritto e di fatto
famigliare ( 2 ) . Infatti così pensavano , come ci attesta il
Mailher de Chassat (2 , pag. 100) , i più antichi interpreti
del diritto consuetudinario francese ; oltracciò anche dopo
che il diritto successorio francese fu dominato da principii
ben differenti , e persino nello stesso Codice napoleonico ,

(1) R. G. , 11 , 2, 419. V. anche MAILHER DE CHASSAT, 2, pag. 196.


(2) V. la nostra opera Essai sur la véritable origine du droit de suc-
cession . Ouvr. cour. par l'Acad. Roy. de Belgique, Bruxelles , Hayez , 1858.
260 PARTE TERZA

continuarono ad essere chiamati eredi i successori del

sangue , rammentando quel noto dettato : Dieu seul peut


248 faire un héritier, oppure : gignuntur non scribuntur heredes.
La stessa formola le mort saisit le vif non era che la prima
parte di una più lunga proposizione , perchè la seguivano
le parole : son plus proche héritier habile à lui succéder.
Venne però a mutarsi affatto il senso di quella formola in
virtù delle moderne trasformazioni del concetto della pro-

prietà e del sistema della famiglia . Quando si comprese


essere contrario alla libertà , e inammissibile , l'obbligo
di accettare la successione , anche pei successori del sangue,

e accanto al dettato ; Dieu seul peut faire un héritier, si


formò quell'altro : n'est héritier qui ne veut , il principio le
mort saisit le vif, che non si volle abbandonare , acquistò
necessariamente il significato che l'erede del sangue fosse
investito di diritto della qualità di successore , fintantochè
egli non rinunziasse alla successione . E quando si com-
prese eziandio la necessità del diritto di testare , cioè del
diritto di nominare un successore estraneo alla propria
famiglia, il principio le mort saisit le vif venne pur neces-
sariamente esteso ai successori testamentari , quantunque
si negasse a questi il nome e la qualità di eredi cogli effetti
propri di questa qualità , e si preferisse chiamarli e con-
siderarli legatari universali ( 1 ) . Tale era il vero significato
e valor pratico del principio le mort saisit le vif nel diritto
consuetudinario francese , quando venne emanato il Codice
napoleonico .

Il Codice napoleonico accettò il principio in discorso del


diritto consuetudinario , ed esso pure statui che la saisine di
diritto spetta agli eredi legittimi ( art. 724) , che i legatari

(1) Il legatario universale aveva bensì, giusta il diritto consuetudinario


francese, la saisine héréditaire, ma non era tenuto ai debiti ereditari che
fino a concorrenza dei beni compresi nella successione. Non era quindi
quel legatario un successore in omne jus quod defunctus habuit, che è il
vero concetto dell'erede. V. MAILHER DE CHASSAT, 2 , pag. 49, i . n.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 261

universali concorrenti coi legittimari non hanno la saisine di


diritto, ma la devono domandare a questi ultimi (art. 1004) ,
che i legatari a titolo universale devono domandarla ai legit-
timari, o, in difetto di questi , ai legatari universali , e in
difetto anche di questi , agli eredi legittimi (art . 1011 ) , 249
ma allargò altresì alquanto i principii del diritto consue-
tudinario , statuendo ( art . 1006 ) che , non essendovi legit-
timari , il legatario universale abbia la saisine di diritto ,
lo che parifica in tal caso questo legatario al vero e proprio
erede .

Dal fin qui detto risulta che il principio francese le mort


saisit le vif può essere considerato e apprezzato da due
punti di vista differenti : cioè in sè medesimo , come prin-
cipio relativo all'acquisto del diritto di successione, e in
relazione alla sua applicazione alle varie specie di succes-

sori legittimi o testamentari , universali o a titolo universale .


Da questo secondo punto di vista quel principio ha susci-
tato gravi e fondate censure , come quello che , conservando
nella giurisprudenza moderna un modo , che non è più
ragionevole , di intendere e di adoperare la parola erede,
complica talvolta inutilmente la trasmissione ereditaria , e
rende difficile l'assegnare la vera condizione giuridica di
taluni successori , e principalmente del legatario universale
concorrente coi legittimari . Codeste censure sono esposte
ottimamente dal Mailher de Chassat (2 , pp . 39-58 , i . n . ,

pp. 91-104 ) , il quale fa anche osservare ( ib . , pag. 56) che


nella stessa giurisprudenza francese la forza delle cose e
della ragione ha condotto la generalità degli scrittori ad

appianare quelle difficoltà , valendosi dei principii del Diritto


Romano, e accomodando possibilmente a questi le tradi-
zioni del diritto francese . Queste considerazioni però non
conducono di per sè sole a giudicare il principio le mort
saisit le vif in relazione all'acquisto del diritto di succes-
sione. Imperocchè questo principio può sussistere anche in
262 PARTE TERZA

un sistema successorio , in cui il concetto dell'erede sia ben


diverso dal francese , e si applichi , per es. , indistintamente
a tutti i successori universali o a titolo universale ( 1 ) . Infatti
250 il Codice civile italiano ha abbandonato affatto su questo

proposito le distinzioni del Codice napoleonico , e ad esempio


del Codice vivile austriaco ( § 532 ) chiama erede (art . 760)
qualunque successore in tutta l'eredità , o in una parte
quota di essa , ma in pari tempo adotta il principio le mort
saisit le vif, perchè statuisce che il possesso legale , cioè
la saisina juris del diritto consuetudinario francese , passi
immediatamente, al momento della morte , dal defunto al
successore (art . 925 ) . Consideriamo adunque il valore
intrinseco di questo principio , che nel Codice napoleonico ,
e in molti Codici moderni , regola l'acquisto del diritto di
successione.

Noi dividiamo l'opinione di Mailher de Chassat ( 2 , p . 196 ,


i . n .) che la dottrina racchiusa nella formola le mort saisit

le vif, è falsa e pericolosa , e mancante oggimai di ogni


plausibile giustificazione .

Invero l'attribuire a taluno per legge la qualità di erede ,


finchè egli non la ripudii , è anzitutto un provvedimento
inutile e vano, dacchè , avvenuta la rinunzia alla eredità , si
considera l'erede come se non fosse mai stato tale . Più

ragionevole sembra l'aspettare che l'erede dichiari di accet-


tare , e per intanto considerare l'eredità quale essa è vera-
mente , cioè come non accettata , nè rifiutata . Quale diritto
dà la legge , e qual onere impone all'erede in virtù della

saisina juris o del possesso legale , che l'erede possa eser-

citare prima dell'accettazione , o cui egli non possa sot-


trarsi mediante la rinunzia all'eredità ? Nessuno certamente ,
epperò quella saisine o possesso legale non è nulla di reale ,
non è neppure una finzione , come è una finzione la retroat-

( 1 ) Questa distinzione non è stata intraveduta dal MAILHER DE CHASSAT


(11. cc.) , epperò la sua critica non ha tutta la necessaria chiarezza .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 263

tività dell'adizione al giorno della delazione dell'eredità ,


perchè questa ha un effetto giuridico reale ed importante ,
quella non ne ha invece nessuno.
Praticamente poi considerata , la dottrina le mort saisit
le vif non ha certamente alcun effetto , che la dottrina del-
l'adizione non raggiunga del pari per una via più diretta
e più piana . Essendo ammesso che , una volta accettata
l'eredità , l'accettante si considera erede sino dal giorno 251
dell'apertura della successione, il trapasso immediato del-
l'eredità dal morto al vivo all'atto della morte non è

meno certo e sicuro nel sistema romano , che nel sistema


consuetudinario francese . Senonchè la dottrina romana

non permette di affermare quel trapasso che rispetto


all'erede conosciuto , cioè accettante, mentre la dottrina

francese lo afferma prima dell'accettazione , e quindi


rispetto ad un erede non conosciuto per tale , talvolta
persino neppure presunto . Ma appunto per questa grande
differenza fra le due dottrine , la dottrina francese produce
nella pratica alcune gravi difficoltà che essa non può risol-
vere, e che nella dottrina romana non esistono affatto . Per
esempio fu molte volte osservato a ragione che il concetto
dell'eredità giacente non è conciliabile col principio le
mort saisit le vif, perchè questo impedisce di pensare ad
un intervallo anche brevissimo in cui la saisine non abbia

esistito dopo la morte del de cujus . Eppure l'eredità giacente


è un concetto e un istituto praticamente indispensabile ,
quando l'erede sia sconosciuto , e questa necessità non
cessa di essere sentita , perchè la legge abbia accettata la
dottrina le mort saisit le vif. Tanto ciò è vero , che il Codice
civile italiano riconosce l'una e l'altra (v . art. 980-983 ) ,

con minor meraviglia , per verità , dei pratici che dei teorici .
Non è del pari un piccolo inconveniente pratico della dot-
trina francese , l'impossibilità che essa produce di com-
prendere l'accettazione dell'eredità , fuorchè in modo
264 PARTE TERZA

obliquo e contorto . Imperocchè come si può intendere che


accetti propriamente l'eredità colui il quale , prima di
accettarla , già ne era investito ? Non è possibile definire
l'accettazione in armonia col principio le mort saisit le rif,
fuorchè dicendo , come infatti disse il Marcadè , che essa è
la rinunzia al diritto di rinunziare !

Dicono taluni , a difesa della dottrina francese , che sol-


tanto in virtù di essa fu possibile introdurre come principio
generale la trasmissione del diritto di accettare l'eredità ,
252 che nel diritto giustinianeo , come è noto , soltanto a modo
di eccezione accade in alcuni casi determinati . L'erroneità

di codesta argomentazione apparisce chiara a chi rifletta


alla distinzione fra diritto di succedere e diritto di succes-

sione, dei quali il primo non è altra cosa , come noi già
avvertimmo , che quello stesso diritto di accettare l'eredità ,
ed è acquistato all'atto stesso della delazione dell'eredità .
Se fosse necessario abbandonare la dottrina romana del-

l'adizione , per istabilire il principio francese , accolto anche


in Italia (C. C. T. , art . 939 ) , intorno alla trasmissione del
diritto di accettare , come si potrebbe spiegare che i Ro-
mani avessero ammessa questa trasmissione anche soltanto
in pochi casi ?

Da qualunque lato adunque si consideri il canone le


mort saisit le vif, esso appare , come dicevamo da principio,
affatto insostenibile, cosicchè non se ne possa dare altra
ragione , fuorchè storica , come ben dice il Mailher de
Chassat (2 , 196 , nota 1 ) . Quanto però questa ragione valga
per la nuova legislazione italiana , omettiamo d'investigare.

Si comprende di leggieri che da quel canone non si pos-


sono desumere sensate e opportune applicazioni , fuorchè
non prendendolo alla lettera , anzi contorcendolo per modo

da conciliarlo colla dottrina dell'adizione , di cui in certo


modo lo si consideri come un'espressione mutilata od in-
versa . Di queste infedeltà al sistema è un solenne esempio,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 265

come dicemmo sopra , lo stesso concetto dell'eredità gia-


cente nella nuova legislazione italiana . Noi concludiamo
col dire che in qualunque legislazione e giurisprudenza ,
è e fu sempre verità riconosciuta , o espressamente , o coi
fatti e nell'applicazionę , se non colle parole e astratta-
mente, che il diritto di successione, in senso proprio , e con-
trapposto al diritto di succedere, non si acquista che dopo
la morte del de cujus , al momento e pel fatto dell'adizione
o accettazione della successione , benchè negli effetti suoi
possa venir retrotratto fino al momento della delazione
dell'eredità .

CAPITOLO IV. 253

Generale principio di diritto transitorio in materia


di successione ereditaria.

La distinzione del diritto di succedere e del diritto di suc-

cessione vuol essere nuovamente presa in considerazione


per determinare la legge con cui si devono decidere le
varie questioni successorie .
Sarebbe un errore il credere che , siccome il diritto del

successore sulle cose componenti la successione non esiste


prima dell'accettazione di questa , così la legge con cui si
deve giudicare se ed in quali limiti un tale sia successore
mortis causa di un tale altro , sia quella vigente nel giorno
dell'accettazione della successione . Nello stesso errore ca-

drebbe chi , non avvertendo alla sostanziale identità pratica


della dottrina le mort saisit le vif e della dottrina dell'adi-
zione , riputasse che , in virtù della prima dottrina , la de-
terminazione del successore mortis causa e dei limiti del
diritto di costui si dovesse fare secondo la legge vigente

nel giorno della morte del de cujus , e in virtù della seconda


dottrina invece si dovesse fare secondo la legge vigente

nel giorno dell'adizione . Erronea sarebbe codesta opinione ,


266 PARTE TERZA

perchè in essa perderebbesi di vista il diritto di succedere


che è anteriore al diritto di successione , e non si riflette-
rebbe che questo non è che l'effettuazione di quello , per il
verificarsi di una condizione , della condizione cioè della
manifestata e conforme volontà del successore (v . Vol. I,

p. 227 e segg. ) . Invero , allorquando il diritto di succedere


è stato acquistato , sia per un fatto anteriore alla morte
del de cujus , sia per il fatto di questa morte medesima , o
per un fatto posteriore ad essa , la scelta del successore e
la determinazione del suo diritto sono già state fatte , e
254 soltanto l'effetto pratico dell'una e dell'altra sono fatte
dipendere dall'accettazione del successore , la quale inter-
venendo , sorge bensì un diritto nuovo , cioè il diritto sulla
successione , ma nessun nuovo negozio vien posto in es-
sere (ib .) . Se nel giure romano il diritto del successore,
prima dell'accettazione dell'eredità , non avevasi di regola
per quesito , epperò non poteva venir trasmesso agli eredi
di lui , ciò significa che i romani giureconsulti ravvisavano
nel diritto di successione non tanto l'effettuazione di un

diritto condizionato , acquistato già fino dal giorno della


delazione dell'eredità , quanto piuttosto , come noi già no-
tammo nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I , pp . 234-

235) , un diritto sorgente da un fatto acquisitivo composto


di due distinte e successive parti , la morte del de cujus, o
in generale la delazione dell'eredità , e l'accettazione del-
l'erede . Ora da tali fatti acquisitivi noi sappiamo ( ib . ) non
sorgere diritto quesito , fintantochè tutte le successive parti
non siansi effettuate . A dir meglio , amavano i giurecon-
sulti romani considerare in tal guisa l'acquisto della suc-
cessione ereditaria, perchè non potevano facilmente disto-
gliersi dal pensiero che il diritto di accettare l'eredità
avesse molto di personale ; ma non fu tale convinzione

codesta , che loro impedisse di seguire l'opposta dottrina,


e di desumerne la trasmissione ereditaria dell'eredità non
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 267

adita , in alcuni casi per eccezione . Più giustamente la giu-


risprudenza universale odierna reputa l'aforismo conte-
nuto nella L. 54, D. De acquir . vel omitt . haered . , ecc.
essere una conferma dell'anzidetto , perchè in essa l'effetto
dell'adizione è veramente equiparato a quella di una con-

ditio existens , che non può essere altra che l'accettazione ,


implicitamente intesa come sospensiva dell'effetto del-
l'acquistato diritto di succedere . Dice benissimo Savigny
(pag. 490) che , in virtù della sola delazione dell'eredità ,
l'erede ha acquistato un vero diritto , senza fatto per parte
sua, e talvolta persino a sua insaputa , cioè il diritto esclu-
sivo di adire l'eredità deferita , e tramutarla così in patri-
monio proprio , oppure di rifiutarla . Ed è questo un vero e 255
proprio diritto quesito , che alla pari di qualunque altro
non deve andar soggetto all'azione di nuove leggi , epperò
affatto differente da una mera aspettativa ; differente bensi
anche da quell'altro diritto che da esso conseguita, in virtù
dell'adizione dell'eredità , quando il patrimonio del defunto
si trasforma in patrimonio dell'erede .
È quindi opinione universalmente professata oggidì , che
la legge da applicarsi per definire se una data specie di
successione ereditaria sia ammissibile o no , per determi-

nare il successore e i limiti del diritto di successione , è


quella vigente nel giorno in cui fu acquistato il diritto di
succedere. Veggansi in proposito , oltre al citato Savigny ,
Glück (ap . Lass . , p . 506 , in n .) , Bergmann (pagg . 93-102 ,
108-113 ) , Chabot de l'Allier (II , p . 91 ; III , pp . 163-166 ,
180 ) , Weber (pagg . 95-100 , 145 ) , Mailher de Chassat ( II ,
pag. 176 ) , Baur (pag . 48 ) , Wächter (pag . 175 ) , Merlin
(pagg . 275 , 278 ) , Dalloz ( voce Lois , n . 329 ) , Grandmanche
de Beaulieu (pp . 66-67 , 80 , 87 ) , Kalindero (pp . 98-100 ) ,
Bianchi ( pag . 102 ) . E la giurisprudenza italiana ebbe più
volte anch'essa a proclamare il detto canone ; vedasi per
es.: Cassazione di Torino , 5 gennaio 1877 , 13 giugno
268 PARTE TERZA

1877 ( 1 ) , Cassazione di Roma, 19 aprile 1876 ( 2 ) , Corte


d'appello di Milano , 3 febbraio 1879 ( 3) .

Nello stesso Diritto Romano noi troviamo un principio


analogo rispetto ai mutamenti di fatto , influenti sulla de-

terminazione dell'erede , accaduti nell ' intervallo fra la


delazione della eredità e l'adizione . Imperocchè si legge
nel § 6 , I. De legit. adgn . succ . , relativo all'eredità ab inte-

stato, proximus autem , siquidem nullo testamento facto quis-


quam decesserit, per hoc tempus requiritur, quo mortuus est
is de cujus haereditate quaeritur.
256 L'opinione in discorso ebbe però anche qualche oppo-
sitore . Il Reinhardt (Ergänz . zu Glück , Vol . I , pag. 14 , ap .

Wächter , I. c . ) e lo Struve (pag. 269 ) opinano che la legge


vigente nel giorno dell'adizione debbasi preferire a quella
vigente nel giorno dell'acquisto del diritto di succedere .
Dello stesso avviso è anche il Lassalle (pagg . 506 , 599 ) , le
cui ragioni ingegnosissime meritano di essere esaminate.
Combatte il Lassalle l'argomento desunto dal citato passo
delle Istituzioni , asserendo che la ragione per cui un mu-

tamento sopraggiunto nella parentela del de cujus fra la


morte e l'adizione, non influisce sul diritto dei parenti ai
quali la successione viene deferita alla morte , non è già il
diritto quesito di questi ultimi , ma soltanto la massima del
diritto pretorio , accolta da Giustiniano , che da una classe
di cognati non si passi ad un'altra nella successione inte-
stata , se la prima non sia stata esaurita . La vanità di
questo argomento si comprende al riflettere che fra la

morte del de cujus e l'adizione dell'eredità può sopraggiun-


gere un nuovo parente della stessa classe di quelli o di
quello a cui l'eredità fu deferita .
É tanto vero , continua il Lassalle, che nel Diritto Ro-

(1) A. G. , 1877, 1 , 450.


(2) Collez . sent. di Cass. , 1876 , 210 .
(3) A. G. , 1879, 2 , 203 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 269

mano non consideravasi quesito il diritto di succedere ,


che, se il figlio adottivo fosse stato emancipato prima del-
l'adizione , e dopo che l'eredità gli era stata deferita , non
era più ammesso all'eredità dell'adottante (L. 11 , D. De
suis et legit.; L. 1 , D. Unde legit .; L. 3 , D. Unde cognati) .
Questo argomento ci pare malissimo appropriato . Il cam-
biamento di fatto avvenuto nella persona dell'erede nel
caso in discorso non esclude menomamente il concetto

del diritto quesito in virtù dell'avvenuta delazione ; sol-


tanto prova che questo diritto quesito avrebbe dovuto es-
sere conservato fino all'adizione nelle condizioni in cui
era sorto . È.noto infatti che nel Diritto Romano la capa-
cità di succedere doveva sussistere anche nel giorno del-
l'adizione . Argomenta ancora il Lassalle dall'indole affatto 257
personale che il diritto di accettare l'eredità aveva nel
Diritto Romano , ma noi abbiamo osservato poc ' anzi che
siffatto concetto non era poi tanto radicato e sicuro nel
sentimento giuridico dei Romani , poichè in parecchi casi
ammettevano che vi si potesse derogare .

Più grave è un'altra obbiezione che il Lassalle muove


contro la dottrina del diritto quesito di succedere , argo-
mentando da quella delle facoltà di legge . Finchè , egli dice ,
il diritto di accettare l'eredità non è stato esercitato , esso

è una mera facoltà attribuita dalla legge , che la legge può


togliere senza ingiustizia veruna . Contro questo argomento
noi osserviamo anzitutto che esso non si attaglia a tutte
le successioni mortis causa , ma soltanto alle successioni ab
intestato , poichè nelle successioni testamentarie o contrat-
tuali il diritto di succedere o di accettare la successione ,
indirettamente soltanto è basato sulla legge, e direttamente

invece è basato sulla privata volontà . Ma anche nelle suc-


cessioni ab intestato noi non crediamo esatta la denomina-

zione di facoltà di legge, che dà il Lassalle al diritto di


accettare la successione. Imperocchè , come noi abbiamo
270 PARTE TERZA

già osservato nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I ,


pag. 257 ) , vere e proprie facoltà di legge sono anteriori
ad ogni e qualsivoglia diritto , non presuppongono cioè

nessun fatto preesistente , da cui una pretesa giuridica


discenda, senza di che nessun diritto sarebbe acquisito ,
perchè ogni diritto contiene in sè la facoltà , od anche più
facoltà successive , di porre in essere qualche atto o fatto
utile al subbietto . Il diritto di testare è per tale ragione

vera facoltà di legge , ma il diritto di accettare una eredità


non è tale , perchè , mentre quello da nessun fatto acquisi-
tivo anteriore discende , questo invece è l'effetto del fatto
acquisitivo già avvenuto , per cui l'eredità è stata deferita.
Il diritto di accettare l'eredità è piuttosto un diritto acqui-
258 sito alla successione per virtù della delazione dell'eredità ,
condizionato bensì e soltanto all'ulteriore fatto dell'accet-
tazione della medesima , e , come tale , esso non è meno

acquisito di qualsivoglia altro diritto alligato ad una vera


e propria condizione casuale o potestativa . Se anche sol-
tanto in relazione al diritto di succedere ab intestato vera
fosse la dottrina di Lassalle , bisognerebbe per lo meno
desumerne la conseguenza che i diritti acquisiti per legge
non possano essere condizionati , la qual tesi niuno è che

non vegga non potersi sostenere , e neppure sul serio


enunciare.
Abbiamo detto che la determinazione del successore per

causa di morte , e dei diritti di lui , si fa per regola generale


secondo la legge vigente nel giorno in cui è stato acquistato
il diritto di succedere . E questa regola vale tanto per le
successioni testamentarie e ab intestato, nelle quali il diritto
di succedere viene acquistato alla morte del de cujus,
quanto per le successioni contrattuali , nelle quali tale
diritto viene acquistato nel giorno del contratto .
In virtù di tale principio egli è fuori di dubbio che in
ogni e qualunque successione ereditaria , il diritto di rap-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 271

presentazione , il diritto di accrescimento fra coeredi o


collegatari devono essere in ogni tempo regolati secondo
la legge vigente alla morte del testatore . Lo stesso dicasi

rispetto alla risolvibilità o caducità del diritto ereditario ,


come ebbe a dichiarare la Cassazione di Torino in una

sentenza 13 giugno 1877 ( 1 ) rispetto alla caducità dello


usufrutto vedovile .

Il generale principio in discorso non esclude però che


in taluni più speciali argomenti debbasi talvolta avere
riguardo anche ad una legge diversa dell'anzidetta . Ciò si
farà chiaro nel seguito della presente trattazione , nella
quale il migliore ordine da tenere crediamo sia quello di
considerare a parte successivamente ciascuna specie di
successione ereditaria , anteponendo però a codeste parti- 259
colari considerazioni una più generale intorno ai diretti e
comuni effetti delle successioni ereditarie.

CAPITOLO V.

Di alcuni diretti e comuni effetti


delle successioni ereditarie.

La morte del de cujus è , come già dicemmo , il punto di


partenza per l'acquisto del diritto di succedere , cioè del
diritto di accettare l'eredità per testamento o per legge ;

nella successione convenzionale invece quel diritto è acqui-


stato fin dal giorno del contratto di successione , onde fra
i due casi intercede la differenza che , mentre nel secondo
il diritto è acquistato alla condizione della premorienza
dell'altro contraente , nel primo invece è acquistato alla
condizione della successiva accettazione dell'eredità . Que-
sito essendo il diritto di succedere per testamento o per
legge , non v'ha dubbio che lo si possa trasmettere agli eredi ,

(1) G. I. , 1877 ; M. T. , xviii , 641 .


272 PARTE TERZA

anche prima che siasi verificata per parte dell'acquirente


la condizione dell'accettazione dell'eredità . Nella succes-

sione convenzionale non può invece ammettersi trasmis-


sione del diritto di succedere prima della morte del pro-
mittente l'eredità . Imperocchè, quand'anche il patto di
successione non sia reciproco , esso non può tuttavia andare
a profitto di persona estranea al contratto , essendo mani-

festo il carattere personale dei diritti da questo conferiti.


Il principio che il diritto di succedere possa trasmettersi
tal quale , prima ancora dell'accettazione dell'eredità , agli
eredi del successore , non era , come già notammo , ricono-
sciuto dal Diritto Romano se non in alcuni casi determi-

nati . Oggi invece esso è accolto in tutte le legislazioni ,


senza che , come pure già notammo sopra ( pag. 264) , si
260 possa dire avervi principalmente contribuito il prevalere

del canone le mort suisit le vif.


Può darsi però benissimo che alla morte dell'erede viga
una legge diversa da quella sotto il cui impero egli acquistò
il diritto di succedere , rispetto alla trasmissione di questo
diritto agli eredi propri . Ora questa nuova legge non può

avere influenza alcuna su tale trasmissione , imperocchè la


possibilità o l'impossibilità di questa fa parte dello stesso
contenuto del diritto che il de cujus colla sua morte trasferi
al successore , e fatta una volta la determinazione di tale

contenuto , conformemente ad una data legge , non può


più essere modificata da una legge posteriore , senza offesa
di un diritto quesito.

È pure un effetto immediato della delazione della suc-

cessione , il passaggio dal de cujus al successore, dei crediti


e dei debiti di quest'ultimo . Quali di questi crediti e debiti
debbano propriamente passare dal defunto al successore ,
è una quistione che devesi decidere secondo la legge
vigente nel giorno in cui la successione venne deferita.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 273

Non può dirsi lo stesso rispetto ai modi nei quali i crediti


in particolare debbano essere fatti valere contro il succes-
sore ; questo punto di mera forma deve essere deciso

secondo la legge vigente nel giorno in cui i relativi atti


giuridici vengono intrapresi . Perciò a buon diritto dichiarò

la Corte d'appello di Parigi , con sentenza del 9 messidoro

anno XI ( 1 ) , che l'articolo 877 del Codice napoleonico , il


quale rende esecutorii anche contro l'erede i titoli che già
lo erano contro il defunto , si possa applicare anche ad
una successione aperta prima della promulgazione del
Codice . Che se l'accettazione della eredità sia stata

fatta col beneficio dell'inventario , essendo questa modalità


estrinseca affatto all'accettazione , deve essere esclusiva-
mente regolata dalla legge sotto il cui impero il beneficio 261
dell'inventario vien fatto valere , trattisi di definire la giu-
ridica natura , o gli effetti dell'accettazione beneficiata .

Altro effetto immediato della delazione di qualunque

successione, nel caso di parecchi successori contempora-


neamente chiamati , è la comunione che si ingenera fra i
medesimi tanto delle attività , quanto delle passività della
successione , o in altri termini , la comunione propriamente
detta fra i coeredi , delle cose materiali che appartenevano

al de cujus, il rapporto di concreditori rispetto ai crediti , e


quello di condebitori rispetto ai debiti del de cujus.
La comunione dei coeredi , una volta sorta per effetto
della delazione della successione , non può più essere tolta
di mezzo da una legge posteriore , e neppure può essere

regolata da una legge posteriore in ciò che riguarda i


diritti e i doveri dei comproprietari fra di loro . Ciò in virtù
dei principii generali di gius transitorio intorno alla comu-
nione (v . sopra pag . 62) . Per ciò che riguarda però la
cessazione della comunione , e la sostituzione della divisione
(1) R. G. , 4, 2, 8 ; C. N. , 1 , 2 , 159.
GABBA - Retr. leggi, III. 18
274 PARTE TERZA

alla comunione, noi crediamo col Merlin (pag. 281 , VII)


che la legge vigente al tempo della divisione dovrebbe
essere applicata, attesochè leggi di questa natura appar-

tengono a quelle concernenti piuttosto il modo di far


valere i diritti , che non l'esistenza e la sostanza dei mede-
simi (v. Vol . I , pag. 319 e segg .) . Anche la Corte d'appello
di Limoges seguì questo principio, dichiarando in una
sentenza del 19 giugno 1838 (1), che la disposizione
dell'articolo 834 del C. N. , secondo il quale la divisione di
una successione deve farsi per lotti estratti a sorte , si
debba applicare anche alla divisione delle successioni
aperte anteriormente alla attuazione di quel Codice .
262
Anche la natura e gli effetti del rapporto di condebitori
o concreditori , in cui si trovano i coeredi verso i creditori
o i debitori dell'eredità , si regolano esclusivamente secondo
la legge vigente nel giorno della delazione della successione.

Tali argomenti infatti sono anch'essi compresi nel concetto


della estensione dei diritti del successore , la quale esten-

sione, come già dicemmo sopra , non può essere regolata


che dalla legge vigente allorchè avvenne la delazione della

successione . Afferma quindi giustamente il Kalindero


(pag. 104) che , se l'articolo 1220 del C. N. venisse abolito ,
e i coeredi venissero dichiarati solidariamente responsabili
dei debiti del defunto , questo principio non potrebbe venire
applicato alle successioni già aperte quando quell'articolo
vigeva. E il Merlin (pag . 280 , VI ) , il Mailher de Chassat
( 2, p . 200) e il Dalloz (loc . cit . , n . 331 ) insegnano pure a
buon diritto che l'obbligazione solidale , imposta ai coeredi
da alcune consuetudini francesi , quali erano per es . quelle
della Normandia , dell'Artois , dell'Hainaut , incombe ai coe-
redi per il solo fatto della delazione ereditaria avvenuta
sotto l'impero di una di tali consuetudini , quantunque
l'accettazione sia stata fatta vigendo il Codice napoleonico .

(1 ) D. , R., voce Lois, n. 333, 3°.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 275

Il Merlin prevede eziandio e confuta l'obbiezione che si


potrebbe desumere dall ' analogia di ciò che nel Diritto.
Romano si dice rispetto ai legatari, quasichè anche i cre-
ditori dell'eredità si dovessero considerare aver posto in
essere un quasi- contratto coll'erede all'atto dell'accetta-
zione di questo . Imperocchè , osserva benissimo il Merlin ,
mentre dei legatari si dice nel § 5 , I. De oblig . quae ex quasi
contr. nasc., che non posero in essere alcun negozio giuri-
dico nè coll'erede , nè col defunto , ciò non può dirsi dei
creditori dell'eredità , i quali avendo posto in essere un
negozio col defunto , per ciò solo s'intendono averlo posto
in essere eziandio coll'erede o cogli eredi che il defunto
rappresentano. Oltredichè , aggiungeremo noi , l'applica-
zione analogica del suddetto canone romano ben poca
opportunità può avere nel diritto moderno , nel quale , come 263
in seguito vedremo , si ammette generalmente che la pre-
stazione dei legati debbasi fare conformemente alla legge
vigente nel giorno in cui si è aperta la successione .

Posteriore alla delazione della successione è l'adizione

o l'accettazione . È questa , come dicemmo , un atto indi-


spensabile affinchè il diritto di succedere si concreti sulle
cose componenti la successione , e diventi quello che noi
chiamiamo di preferenza diritto di successione ( v . sopra
pag. 265) . Come condizione del diritto di succedere , l'ac-
cettazione deve certamente negli effetti giuridici suoi venire
in ogni tempo giudicata secondo la legge sotto il cui impero
venne acquistato quel diritto , cioè secondo la legge sotto
il cui impero morì il testatore e si aperse la successione
intestata. Lo stesso dicasi rispetto al ripudio o rinunzia
dell'eredità .

Ma tanto l'accettazione , quanto il ripudio dell'eredità


devonsi fare nei modi e nelle forme prescritte dalla legge

vigente nel giorno cui l'uno o l'altro di tali atti viene posto
276 PARTE TERZA

in essere . Ciò insegnano concordemente gli scrittori , e fra


gli altri il Merlin (pag . 218 , VII ) , il Dalloz ( l . c . , n . 333) ,
il Kalindero (pag . 103) , e il Bianchi (pagg. 104 , 105 ) .
Osserva giustamente il primo di questi scrittori che il con-
trario principio potrebbe facilmente essere di impossibile
esecuzione , come per es . impossibile sarebbe stato dopo
l'attuazione della legge francese 11 settembre 1790 , che
aboli l'uso delle lettere di beneficio d'inventario , il volere
tuttavia osservare le leggi anteriori che tali lettere impe-
riosamente prescrivevano . Anche la Corte di cassazione
di Parigi , in una sua sentenza del 23 gennaio 1837 ( 1 ) ,
proclamò il principio in discorso . La legge transitoria civile
261 italiana del 1865 (art . 26 ) adottò pure lo stesso principio ,
non permettendo , rispetto alle adizioni beneficiate , se non
la continuazione degli atti processuali prescritti dalle
leggi anteriori , che fossero già stati intrapresi , e rispetto
all'accettazione in generale , abolendo le così dette proce-

dure di ventilazione dell'eredità , che non fossero state ulti-


mate nelle provincie lombarde a termini della legislazione
austriaca , la quale non consentiva all'erede accettante di
immettersi nel possesso dell'eredità , se non dietro una
sentenza di aggiudicazione , che chiudeva appunto l'accen-
nata procedura di ventilazione.

È pure una questione meramente formale , attinente


all'accettazione e al ripudio dell'eredità , quella dell'am-
missibilità o meno dell'accettazione posteriore al ripudio.

Tale quistione deve quindi essere decisa secondo la legge


vigente nel giorno del ripudio . Epperò a buon diritto la
Corte di cassazione di Parigi , con sentenza del 23 gen-
naio 1837 ( 2) , dichiarò che un ' eredità, ripudiata sotto

l'impero del C. N. , potesse di bel nuovo venire accettata


a termini di questo Codice , quantunque la successione si

(1 ) D. , R. , voce Lois, n. 333, 2°.


(2) R. G., 37, 1 , 393 ; J. P. , 37, 1 , 104.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 277

fosse aperta vigendo una legge che dichiarava irrevoca-


bile la rinunzia una volta fatta .

Diretto effetto della delazione di qualunque successione


è anche il diritto che sorge nei creditori del defunto e nei
legatari di domandare la separazione del patrimonio ere-

ditario da quello del defunto . Anche questo diritto deve


quindi , come dice il Dalloz ( l . c . , n. 328) , essere regolato
dalla legge vigente nel giorno della delazione. Il Merlin
(pag. 281 ) e il Mailher de Chassat ( 2 , pag . 195 ) sono dello
stesso avviso, e ambedue osservano che il principio le mort
saisit le vif non consente una diversa opinione . Noi cre-
diamo piuttosto che in questo argomento si renda parti-
colarmente chiara l'osservazione da noi già fatta sopra 265

(pag . 262 ) circa la nessuna differenza fra quel principio e


il principio romano rispetto alle pratiche conseguenze .
Imperocchè tanto nel Diritto Romano , quanto nel diritto
moderno , il beneficio di separazione compete ai creditori
del de cujus e ai legatari , per il solo fatto dell'apertura
della successione , cioè per la mera possibilità dell'accetta-
zione, la quale , in qualunque tempo avvenendo , si retrotrae
fino alla morte del de cujus.

È la legge vigente nel giorno dell'apertura della succes-


sione, che deve decidere se la separazione in discorso possa

o non possa essere domandata . Non è quindi possibile che ,


venendo introdotta tale separazione in uno Stato , in cuil
prima non era conosciuta , ne approfittino i creditori o i

legatari di eredità già aperte vigendo la legge anteriore. La


confusione che, secondo questa legge , sarebbesi già operata

fra il patrimonio del defunto e quello dell'erede , non


potrebbe più essere tolta da una legge posteriore . Lo stesso
dicasi rispetto alla determinazione delle persone che possono

domandare la separazione , come se per es . la legge vigente


nel giorno della delazione non ponesse in quel novero
278 PARTE TERZA

anche i legatari , e una legge posteriore invece ve li com-


prendesse .
Le condizioni della separazione devono pure essere giu-
dicate secondo la legge vigente nel giorno dell'apertura
della successione . Non potrebbe una legge nuova , sia col
prolungare un termine , sia coll'abolire una formalità , per
esempio l'iscrizione in un pubblico registro , rendere pos-
sibile una separazione , che non potrebbe più esser fatta
debitamente a termini della legge anteriore . Si dovrebbe
invece applicare ai termini non ancora scaduti per la
separazione, una legge nuova che o i abbreviasse o li

prolungasse. Una disposizione di questo genere si trova


nella legge transitoria civile italiana del 1865 ( art. 43).
Si applicherebbe invece anche ai diritti già acquistati , e
non ancora esercitati , alla separazione in discorso , una
266 legge nuova la quale introducesse una formalità nuova ,
che la legge anteriore non prescriveva , per es. l'iscrizione
nei registri ipotecari . Ciò ordinano espressamente anche le
disposizioni transitorie civili italiane del 1865 ( art. 43) ,
ed è conforme ai generali principii della dottrina della
retroattività (v . Vol . I , pag. 319 e seg . ) . A ragione quindi
il Dalloz (ib. ) censura una sentenza della Corte d'appello
di Tolosa del 26 maggio 1820 ( 1 ) , la quale dichiarò l'ar-
ticolo 2111 del C. N. non applicabile alle successioni
aperte anteriormente a questo Codice , benchè dall'apertura
della successione al giorno dell'attuazione di quell'articolo
non fossero ancora trascorsi i sei mesi in quell'articolo
contemplati.
Anche gli effetti della separazione devonsi regolare , come
.
osserva il Dalloz ( ib .) secondo la legge sotto il cui impero
la successione venne aperta , che è pure la legge sotto il

cui impero il diritto alla separazione venne acquistato . Ciò


vale tanto pei rapporti giuridici fra i separanti e gli eredi,
(1 ) D. , R. , voce Lois, n . 328 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 279

quanto pei rapporti fra i separanti e i terzi . Quanto a


questi ultimi rapporti in particolare , vuolsi osservare che
quei diritti , i quali prima della separazione fossero stati
acquisiti da terze persone , epperò fossero intangibili e irre-
vocabili a termini della legge sotto il cui impero l'acquisto
è avvenuto , non potrebbero più essere rivocati da una
legge posteriore , la quale disponesse per es . , al pari del-
l'articolo 2111 del C. N. e dell'articolo 2062 del C. C. I. ,
che operata l'iscrizione della separazione nel termine dalla
legge prestabilito , si debbano considerare come non avve-
nute le iscrizioni ipotecarie e le alienazioni di immobili
ereditari , consentite dall'erede ai propri creditori .

Può altresì considerarsi in certo modo come un effetto


immediato e comune delle successioni ereditarie di qua-

lunque specie la vacanza o giacenza dell'eredità , per esser 267


ignota la persona dell'erede .
Egli è certo che i provvedimenti intorno alla eredità
giacente devono esser regolati dalla legge , sotto il cui im-
pero è morto il de cujus, non per virtù del diritto quesito
di nessuno , ma per avere quei provvedimenti mera natura
formale o conservatoria. E su codesta regola non influisce
menomamente il riguardarsi l'eredità giacente come per-

sona giuridica o no ; il quale concetto , ammesso dagli


interpreti del Codice civile austriaco (v. Basevi , Annot.
prat. al Cod. civ. austr . , § 286 ) , è disputato fra i romanisti ,
e certamente non ha nè può aver nessun fondamento nel
Codice civile francese , nel Codice civile italiano e negli

altri codici moderni , i quali ammettono il principio le mort


saisit le vif. Imperocchè tanto nell'un concetto quanto
nell'altro , la legge non può mancare di provvedere circa
la conservazione e la gestione dell'eredità vacante o
giacente .

E atteso il carattere formale e conservatorio dei prov-


280 PARTE TERZA

vedimenti in discorso , non può essere dubbio altresì che


ogni nuova legge intorno ai medesimi debba applicarsi,
in quanto sia possibile , alle eredità giacenti o vacanti , il
cui autore sia morto vigendo una legge anteriore . Per
questa ragione appunto noi abbiamo affermato in altra

parte di quest'Opera ( Vol . II , pag. 131 ) che un curatore


nominato ad una eredità giacente , sotto l'impero del Codice
civile austriaco, non poteva continuare in ufficio , dopo
attuato il Codice civile italiano . E ciò perchè , dipartendosi

il Codice civile austriaco dal concetto che la eredità gia-


cente sia una persona giuridica , rappresentante il defunto
(conf. L. 34 , D. de acq. rer . dom . , ma anche L. 24 , D. de

novat. ) , il curatore della medesima era necessario , e neces-


sariamente deputato sempre d'ufficio , mentre il Codice.
civile italiano ( art . 980) nè l'una cosa ammette , nè l'altra ,
perchè neppure ammette quel concetto , sicchè l'indole di
268 siffatta curatela è affatto diversa nei due codici . E più
ancora, perchè nel Codice civile austriaco la curatela

d'ufficio della eredità giacente si collegava coll'istituto


della ventilazione ereditaria , e includeva attribuzioni rispon-
denti a codesta premessa (v. Legge austriaca 9 agosto
1854 sulla proced . in aff. non contenz . , §§ 78 , 128 e 195 ),
mentre quell'istituto è sconosciuto affatto al Codice civile
italiano , e le attribuzioni date da questo Codice al cura-
tore della eredità giacente (art . 982 , 983 ) sono essenzial-
mente diverse da quelle assegnategli dal Codice civile
austriaco . Non è quindi ammissibile che il curatore depu-
tato alla eredità giacente , vigendo il Codice civile austriaco ,
continui nelle sue funzioni dopo l'attuazione del Codice
civile italiano , e in onta alle disposizioni transitorie civili
italiane ( art . 26) , le quali hanno sospeso le ventilazioni
ereditarie, incoate in virtù del Codice civile austriaco , e

ancora in corso a quell'epoca , e delle quali ventilazioni


faceva parte essenziale la nomina del curatore all'eredità
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 281

giacente. Per lo meno doveva questo curatore , nominato


vigendo il Codice civile austriaco , domandare e ottenere ,
dopo l'attuazione del Codice civile italiano , un nuovo man .
dato conformemente alle disposizioni di questo Codice .

CAPITOLO VI.

Della successione testamentaria .

In tutte le legislazioni civili la successione per causa di


morte non viene deferita per legge , se non in mancanza
di una delazione basata sulla dichiarata volontà del de-

funto. Questa dichiarazione poi può essere contenuta in


un testamento , oppure in un contratto , ma il testamento
è, come già dicemmo , il modo naturale e più comune di
successione ereditaria , è una dichiarazione unilaterale ,
pienamente libera , e sempre revocabile , suggerita unica- 269
mente dal pensiero della morte propria e dell'altrui so-
pravvivenza : voluntatis nostrae justa sententia de eo quod
quis post mortem suam fieri velit (L. 1 , D. Qui testam. fac.
poss.). Per tale ragione appunto il testamento è il con-
cetto , l'istituzione fondamentale della dottrina delle suc-

cessioni, e noi pure comincieremo da esso lo studio pratico


delle varie specie di successioni per causa di morte .
Come abbiamo già osservato precedentemente , dal testa-
mento non nasce diritto di succedere , prima della morte
del de cujus ; fino a questo momento il successore chia-
mato non ha che una mera aspettativa o speranza . Questa
osservazione si connette con una dottrina , della quale non
è questo il luogo di intrattenerci , ma che noi abbiamo già
propugnata in altra occasione, colla dottrina cioè che il

diritto di testare è inconcepibile fuori dello stato di società ,


perchè il testamento di per sè solo non potrebbe produrre
282 PARTE TERZA

alcun effetto , se dopo la morte del testatore non interve-


nisse la legge dello Stato a farlo riconoscere e rispettare ( 1 ).

Ma se prima della morte del testatore il testamento non


produce effetto alcuno a vantaggio dell'erede testamen-
tario , e nessun diritto viene acquistato in base al mede-
simo , ne consegue forse che il testamento debba essere in

ogni sua parte e sotto ogni aspetto esclusivamente regolato


dalla legge vigente nel giorno di quella morte ?
Tutta la dottrina transitoria del testamento risolvesi in

realtà nel contemperare opportunamente , secondo i vari


argomenti , la legge vigente nel giorno della morte del
testatore e quella vigente nel giorno in cui il testamento
venne fatto .

Il testamento non è soltanto una disposizione unilate-


rale che non può produrre giuridici effetti , cioè non può
270 fare acquistare diritti a terze persone , prima della morte
del testatore ; questo carattere esso ha comune coi contratti
condizionati alla morte di uno dei contraenti , i quali con-
tratti non si possouo confondere col testamento . È questo

altresì una disposizione , che il suo autore può sempre


rivocare o modificare finchè vive : ambulatoria est hominis

voluntas usque ad supremum vitae exitum. Da tali due carat-

teri insieme riuniti , e specialmente dal secondo , viene la


conseguenza che il testamento propriamente non esiste
che dopo la morte del testatore , cioè dopo che questi col
non rivocarlo in extremis , lo ha convertito , come si suol
dire, in disposizione di ultima volontà. Ma se il testamento.
propriamente non esiste prima della morte del testatore, nè

prima di quest'epoca fa acquistare diritti a terze persone ,


non si può perdere di vista però la necessità di fatto e di
diritto , che esso esista appunto per qualche tempo , come
un atto senza effetto , e che per così dire aspetta di poterlo

(1 ) Conf. la nostra opera Philosophie du droit de succession . Bruxelles


1858.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 283

conseguire . Se la facoltà di testare non deve essere illu-


soria, nè si deve risolvere in un vano tentativo di raggiun-

gere ciò a cui si potrà mai arrivare , simile alla corsa che
taluno faccia per toccare la propria ombra , è impossibile
non ammettere che dal testamento , non ancora confermato
dalla morte , e che non è ancora propriamente tale , debba
almeno provenire qualche diritto al testatore , se non ne
può provenire alcuno a vantaggio di terze persone (vedi
Vol. I , pp. 308-309 ) .
Come si conciliano i due riguardi ? Noi prescindiamo da

quelle dottrine , le quali nell'attuale ricerca trascurano


affatto l'uno o l'altro dei lati dell'argomento , e dobbiamo
in particolar modo biasimare l'antica dottrina , accolta
anche dal Codice civile generale austriaco (Pat . di Promulg .,
art. V, confermato da Decreto Aulico 16 novembre 1844
-
Pat. di Promulg . per l'Ungheria e la Transilvania ,
art. XII , n . 2 , sez. 3 ; conf. Unger, pp . 143-144) , che le
disposizioni di ultima volontà debbano essere giudicate
secondo la legge del tempo in cui vennero poste in essere , 271

tanto rispetto alla forma esteriore , quanto rispetto al loro


contenuto . Questa dottrina si appoggia principalmente
sulla Novella 66 , c . 1 , §§ 2-5 , ma oggidì essa è universal-
mente abbandonata , e si ritiene comunemente che la citata
Novella , in quanto non alla sola forma , ma anche al con-
tenuto del testamento si può riferire , non tanto esprima

un principio scientifico , quanto piuttosto un equo singo-


lare provvedimento di Giustiniano ( 1 ) .
Savigny (pp . 447-450 ) risolve la quistione , distinguendo e
separando l'uno dall'altro , il momento della confezione
del testamento , e quello della morte del testatore che lascia
un testamento valido . Nel primo , egli dice , " il testatore

agisce soltanto in linea di fatto (factische thätigkeit) ; nel

(1) Confr. UNGER, pag. 144, nota 64 ; PUCHTA, Pand., § III, nota e; SAVI-
GNY, VIII, p . 471-473.
284 PARTE TERZA

secondo agisce in linea di diritto (juristische thätigkeit) ;

soltanto il prodotto del secondo modo di agire può e deve


aver effetto ,; e poscia, proseguendo , afferma che quel-
l'agire in linea di fatto è identico al porre la vera forma
del testamento , e deve essere giudicato secondo la legge
che in quel tempo vigeva .
L'esposta dottrina di Savigny racchiude soltanto appa-
rentemente la desiderata conciliazione ; in realtà essa non
permette che si dia logicamente nessuna speciale impor-
tanza al fatto della confezione del testamento , in confronto
del fatto della conferma del medesimo alla morte del testa-

tore. Dire che l'atto del testatore è un mero fatto , e che


soltanto la conferma del testamento mediante la morte è

un fenomeno giuridico , è manifestamente una premessa ,


da cui logicamente consegue non potersi applicare al testa-
mento altra legge fuorchè quella vigente alla morte del
testatore , non provenire dal solo fatto del testamento , e
anteriormente alla morte , nessun diritto per nessuno , es-

272 sere il testamento un atto giuridico , la cui validità ed effi-


cacia è in tutti i punti e sempre problematica , finchè non
si conosca la legge vigente alla morte del testatore .
Osserva benissimo il Lassalle (pp . 475-486 ) che , se vera
fosse la dottrina savigniana in discorso , il testamento di
un impubere , di un demente , di un deportato , dovrebbe
essere valido , se appena il testatore non si fosse più tro-

vato in tali condizioni quando morì ; e che un testamento


mancante di forma diverrebbe valido , se appena lo si riscon-
trasse conforme alle leggi formali vigenti alla morte del
testatore .

Noi ripetiamo quindi che nell'attuale discussione , se è


certo che l'esistenza vera e propria del testamento , e l'ef-
ficacia di questo a vantaggio di terze persone non sono
concepibili che dopo la morte del testatore , non è meno
certo però che la confezione del testamento , avvenuta in
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 285

conformità delle leggi vigenti è pure un fatto giuridico, il


quale ha propria consistenza e valore , e dal quale non può
non provenire qualche diritto , se non pei terzi , almeno pel
testatore. Dice benissimo Herrestorff (p . 69 ) essere il testa-
mento un atto che , una volta compiuto , appartiene al
passato, e il Lassalle (p . 478 ) , essere il testamento un atto
compiuto e finito, benchè la sua efficacia sia sospesa fino
alla morte del testatore , e dipenda in gran parte dalla

legge vigente in quest'epoca . E il Christiansen (p . 127)


prima di noi ha affermato il diritto quesito del testatore ,

che testò debitamente , all'efficacia della sua disposizione .


Ma dentro quali limiti è racchiuso codesto diritto que-
sito del testatore ? In quali punti l'efficacia del testamento
deve dipendere dalla legge vigente alla morte del testatore ,
e in quali dalla legge vigente nel giorno in cui il testa-
mento venne fatto ? Eccoci di bel nuovo in faccia alla qui-

stione esposta da principio , enunciata soltanto in modo


differente .

Due termini , due diritti apparentemente contraddittorii ,


riscontransi in questa quistione. Da una parte lo Stato ,
che ha il diritto di non considerare il testamento come 273

esistente , se non dopo la morte del testatore , e quindi in


conformità della legge vigente a quest'epoca ; dall'altra il
privato , il quale ha il diritto di considerare come valido e
come efficace il testamento che ha fatto , quando credè
opportuno di farlo , conformandosi alla legge vigente nel
giorno in cui lo fece . Questi due termini e diritti devono
potersi conciliare , perchè da una parte il privato non può
giustamente pretendere di determinare a suo arbitrio qual
legge debba governare la propria successione , dall'altra lo
Stato non può negare affatto ' anzidetta pretesa del pri-
vato, senza rendere praticamente impossibile il diritto di
testare, nel mentre astrattamente lo riconosce . Onde otte-

nere siffatta conciliazione egli è certamente necessario


286 PARTE TERZA

anzitutto ridurre dentro i più stretti confini i due termini


e diritti collidenti ; si vedrà poi se , così limitati e ridotti ,
essi rimangano abbastanza distinti l'uno dall'altro , per
poter coesistere l'uno di fronte all'altro .

Il diritto del testatore , quel diritto che dianzi col Chri-


stiansen dicemmo quesito , sembraci propriamente non

essere altra cosa che la giusta pretesa di non aver fatto


un atto inutile e vano , testando in conformità della legge
vigente. Così considerato , quel diritto non è che una spe-

ciale applicazione di generale analogo principio , da noi


esposto nella Parte Generale di quest'opera (vol . I , p . 220) .
Il testatore che ha testato conformemente alla legge , può

benissimo rassegnarsi anticipatamente ad una possibile


modificazione delle sue disposizioni , in virtù di una nuova
legge vigente all'epoca della sua morte, ma non può ras-
segnarsi del pari alla possibilità che dopo la sua morte si
revochi in dubbio l'idoneità del suo agire onde produrre

un effetto qualunque , nonostante sia stato un agire con-


forme alla legge . In altri termini , il diritto quesito del testa-
tore sembraci limitarsi propriamente e strettamente all'e-
lemento per dir così subbiettivo del testamento , cioè alle
274 condizioni cui il testatore deve soddisfare onde porre in
essere un testamento valido ed efficace . Queste condi-
zioni si riducono a due : a ) la capacità di testare , sia ine-
rente del tutto al subbietto , sia alligata all'autorizzazione
di un'altra persona , ed a corrispondenti atti per conse-
guirla ; b) l'osservanza delle forme esteriori del testamento .
Codesti punti sono al certo nella nostra mente distinti da
tutti gli altri che il testamento presenta , da tutte le altre
condizioni dell'efficacia del medesimo .

Ciò posto , ci sembra che la desiderata conciliazione fra


il diritto del testatore e il diritto dello Stato possa farsi

sulla base della suesposta distinzione. La forma esterna


del testamento , e la capacità di testare , saranno regolate
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 287

dalla legge vigente nel giorno in cui il testamento fu fatto ;


ogni altro lato del testamento , ogni altra condizione della
sua efficacia , e questa efficacia medesima , potranno essere
regolate o dalla sola legge vigente alla morte del testatore ,
oppure contemporaneamente da questa legge e da quella
vigente quando il testamento fu fatto , secondo la varia
natura degli argomenti e dei casi che verremo in seguito
discorrendo e considerando .

In tal maniera, il vero e proprio effetto pratico del


testamento , rimanendo sottoposto alla legge vigente nel
giorno in cui può dirsi che lo stesso testamento comincia
propriamente ad esistere come disposizione di ultima
.
volontà , la giusta pretesa dello Stato viene ad essere
soddisfatta , al pari di quella molto più modesta , e quasi
direbbesi meramente formale , del privato testatore . Tale è
appunto a parer nostro , nei suoi termini più generali , la
conciliazione che noi cercavamo , la soluzione che noi
diamo alla proposta quistione . Essa , come in seguito si
vedrà , coincide praticamente quasi del tutto con ciò che
oggidì universalmente si insegna in questa materia , e noi
non abbiamo fatto , se pur non ci siamo ingannati , che
formulare nettamente ciò che finora era stato praticato , e
confusamente inteso .

Sembra contraddire in parte all'esposta dottrina l'au- 275


torità di talune regole del Diritto Romano , e specialmente
della regola catoniana , la quale , applicata per analogia
alle quistioni transitorie che andiamo studiando , parrebbe
conducesse a ritenere che nessun elemento del testamento
si potesse considerare come idoneo , ove soltanto soddisfa-

cesse alla legge vigente alla morte del testatore , e non


eziandio a quella vigente quando il testamento venne fatto .
E infatti tutti gli scrittori che hanno studiato questa
parte del gius transitorio delle successioni , si sono fatti
carico di siffatta obbiezione . Noi che non abbiamo esposto
288 PARTE TERZA

sinora che in termini affatto generali la nostra dottrina


circa i principii di gius transitorio testamentario , ci riser-
viamo di ponderare l'obbiezione suddetta tutte le volte
che la incontreremo nella trattazione di singoli speciali

argomenti .

CAPITOLO VII.

Della facoltà di testare e degli oggetti del testamento.

Veduto in generale con quali differenti leggi , e dentro


quali confini debbasi regolare la successione testamentaria ,
veniamo ora a considerare dal punto di vista transitorio i
singoli elementi di questa successione . Nell'enumerazione
di questi elementi noi seguiremo un ordine logico , e prima
parleremo dell'ammissibilità del testamento in generale o
in astratto , poscia dei possibili oggetti del medesimo , indi
della capacità di testare , della capacità di ricevere per
testamento , della forma esterna , della forma interna , del
vero e proprio contenuto , della interpretazione , degli effetti ,
della esecuzione , della revoca del testamento .
Rispetto all'ammissibilità del testamento , cioè della
stessa facoltà di testare, due ipotesi si possono fare : 1 ° che
questa facoltà, ammessa allorchè il testamento venne
276 posto in essere , trovisi abolita dalla legge vigente alla
morte del testatore ; 2 ° che tale facoltà , ammessa quando il
testamento venne posto in essere , e ancora ammessa quando
il legislatore morì , sia stata divietata e abolita in un'epoca
intermedia fra queste due ; 3° che, non essendo la facoltà
medesima stata ammessa allorquando fu posto in essere il
testamento , trovisi invece ammessa dalla legge vigente
alla morte del testatore .

Nel primo caso noi crediamo coll'Unger (p . 144 ) che


il testamento non avrebbe validità , nè effetto , e sembraci
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 289

questa una evidente e incontrastabile illazione dal prin-


cipio che il testamento non diviene efficace a produrre
l'effetto suo che alla morte del testatore .

Nel secondo caso non è ovvia del pari la decisione , e


fra i giureconsulti avvi disparere . Questa quistione si è già
presentata nella giurisprudenza francese in due differenti
occasioni , cioè la prima volta nel passaggio dalla legisla-
zione dell'anno II a quella del 4 germinale anno VIII , e
poscia nel passaggio dalla legislazione intermediaria al
Codice civile .

In virtù delle leggi 5 brumale , 17 nevoso , 22 ventoso


anno II, le disposizioni per causa di morte a titolo univer-

sale , anteriori alle due prime leggi , e aperte prima della


pubblicazione della legge del ventoso , dovevano venire
ridotte o al sesto o al decimo del loro ammontare , giusta

il disposto della legge del nevoso , secondo che si trattasse


di successione collaterale o diretta ; quelle invece aperte
dopo la pubblicazione della legge del ventoso erano del
tutto nulle e inefficaci , attesochè gli autori delle medesime ,
viventi ancora in quell'epoca , avrebbero dovuto intiera-
mente rinnovarle per ridurle alla quota disponibile fissata
dalla legge del nevoso . Posteriormente venne emanata

la legge del 4 germinale anno VIII , la quale permise


le disposizioni per causa di morte a titolo universale , e in
pari tempo ne ordinò la riduzione alla parte disponibile ,
ove la eccedessero . Fu domandato se disposizioni di tal 277
genere , fatte anteriormente alle leggi 5 brumale e 17 ne-

Voso anno II , e aperte vigendo la legge del germinale ,


quindi posteriormente alla legge del 22 ventoso anno II ,
dovessero considerarsi nulle in virtù di questa legge , oppure

soltanto riducibili alla quota disponibile in virtù della


legge del germinale .
La Corte di cassazione di Parigi opinò per la nullità
totale delle disposizioni in discorso in tre successive sen-
GABBA Retr. leggi, III. 19
290 PARTE TERZA

tenze : 29 brumale anno 12 ( 1 ) , 19 termidoro dello stesso


anno ( 2) , 26 giugno 1809 (3) .
Posteriormente alla legge del germinale venne emanato
il Codice civile , il quale pure mantenne il principio della
validità delle disposizioni universali per causa di morte,
eccedenti la quota disponibile , e della riducibilità delle
medesime dentro i limiti di questa quota . La stessa que-

stione che era stata proposta in relazione alla legge del


germinale , venne riproposta in relazione al Codice civile

rispetto a quelle disposizioni universali eccessive , le quali ,


fatte anteriormente alle leggi 5 brumale e 17 nevoso
anno II , e non rinnovate sotto l'impero della legge del
22 ventoso di questo stesso anno , si erano aperte vigendo
il Codice civile. Questa volta la questione venne discussa
più ampiamente che nella prima occasione , e la giurispru-
denza francese adottò una dottrina contraria a quella
accettata dapprima .

Le ragioni di coloro che opinavano valere una disposi-


zione di ultima volontà , ammessa dalla legge sotto cui
venne fatta , e dalla legge sotto cui ne morì l'autore, quan-
tunque una legge intermedia l'avesse divietata e dichiarata

nulla , trovansi riassunte nelle conchiusioni di Merlin , Pro-


curatore generale presso la Corte di cassazione di Parigi ,
in una causa di cui vedremo fra poco la decisione.
278 La legge sotto la quale morì il testatore , osservava il

Merlin (ap . Ch . de l'A. , III , p . 337 e seg . ) , ha abrogato la


legge intermedia in discorso , la quale annullava la dispo-
sizione a titolo universale eccedente la quota disponibile,

ha quindi rimesso la disposizione medesima sotto l'impero


della legge , vigendo la quale venne fatta . Per decidere ,
egli prosegue , se un testamento sia valido o no , bisogna

( 1 ) Pasicr., 1ª ser. , C. d. cass . , vol . 3, pag. 215 .


(2) Ib., pag. 428.
(3) Ib., vol. 5, p . 356.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 291

considerare due epoche sole : quella della confezione del


testamento , e quella della morte del testatore ; ciò che è
accaduto nell'intervallo fra l'una epoca e l'altra , e le

leggi che siano state per avventura emanate nell'inter-


vallo medesimo , non hanno alcuna importanza , pel noto
adagio media tempora non nocent (L. 6 , § 2 ; L. 49 , § 1,
D. de hered . legit. instit.) . Non vale il dire che la legge
del ventoso, avendo annullate le disposizioni in discorso ,
per il solo fatto che il disponente sopravvissuto alla
legge medesima non le aveva rifatte , tale nullità non
poteva venire riparata da nessuna legge posteriore . Impe-
rocchè quella legge , dichiarando nulle le disposizioni uni-
versali per causa di morte , anteriori alla legge del brumale
anno II , dichiarava in sostanza che le medesime dovevano
perdere il loro effetto , ma siccome questo effetto non
poteva darsi in nessun modo finchè il disponente viveva ,
così quella legge non poteva proporsi alla sua volta di
avere effetto alcuno rispetto a quelle disposizioni , il cui
autore fosse per morire dopo che essa fosse stata abolita .
Gli avversari (conf. Ch . de l'A . , III , pagg . 318-339) distin-
guevano anzitutto la nullità che colpisce l'effetto della
disposizione testamentaria , da quella che colpisce la dispo-
sizione medesima nella sua sostanza . Se un testatore , dopo

aver legato una cosa , l'aliena , con ciò , dicono , egli viene
a toglier l'effetto della sua disposizione ; ma se dichiara
formalmente di revocare il legato , annulla con ciò total-
mente la sua disposizione . Analogamente le nuove leggi
successorie, altre tolgono l'effetto dei testamenti , altre li
annullano sostanzialmente , e di quest'ultimo genere è 279
appunto la legge del ventoso , la quale dice : “ tutte le
disposizioni contrarie al nuovo sistema , e attualmente esi-
stenti , sono nulle Or bene, se si può ammettere che le
leggi successorie , modificanti soltanto l'effetto dei testa-
menti , non abbiano efficacia prima della morte dei testa-
292 PARTE TERZA

tori , lo stesso non può dirsi delle leggi che i testamenti


medesimi divietano ed annullano ; queste ultime hanno
impero ed efficacia immediatamente , per il solo fatto che
al momento in cui vengono attuate esista un testamento
contrario alle loro disposizioni . Soggiungono non potersi

argomentare dalla circostanza che il testamento non pro-


duca effetto prima della morte del testatore , imperocchè
anche prima di quest'epoca , e dal momento in cui è stato
fatto nella debita forma , il testamento è un atto perfetto
che sussiste di per sè al pari di qualunque altro atto . Che
se per il solo fatto dell'attuazione della legge del ventoso ,
le disposizioni universali anteriori alla legge del brumale
hanno perso ogni valore per il presente e per l'avvenire ,
come mai una legge nuova , vigente alla morte del testa-
tore , potrà ridar loro vita ed efficacia ? La nuova legge non
può equivalere ad una nuova dichiarazione di volontà,
diventata necessaria dopochè per virtù della legge inter-
media chi avea testato si doveva considerare come non

avente fatto testamento . Neppur vale , continuano , l'argo-


mentare dal principio media tempora non nocent, impe-
rocchè questo adagio si riferisce ai cambiamenti di fatto

accaduti nella persona dell'istituito fra la confezione del


testamento e la morte del testatore, ora una condizione
di fatto è sempre di natura contingente , mentre il divieto
positivo di una legge è categorico ed assoluto.

Fra le due argomentazioni noi non possiamo esitare a


dichiarare più salda la prima , e ad associarci all'opinione
del Merlin , avendo noi posto come principio generale nella
Prima Parte di quest'opera (vol . I , p. 203) , che la legge
intermedia fra quelle vigenti nei diversi momenti della
280 confezione di un negozio giuridico qualunque , non ha
importanza alcuna e deve essere affatto trascurata . Ci pare
infatti invincibile l'argomento del Merlin , che nel caso in
quistione la legge intermedia concerneva l'effetto del testa-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 293

mento , il quale è posteriore alla morte del testatore , epperò


l'efficacia pratica di quella legge era pur naturalmente
condizionata al non esser stata la medesima abolita prima
dell'apertura della successione testamentaria , cui si volesse
applicare. Tutte quante le leggi successorie colpiscono
soltanto le successioni che si aprono sotto il loro impero ,
nè al legislatore può mai attribuirsi un differente proponi-
mento. Le obbiezioni che gli avversari fanno all'applica-
zione del canone romano media tempora non nocent, non
hanno alcun peso , perchè questo aforismo , discendendo
dal medesimo concetto della successione ereditaria , può
riferirsi indifferentemente ai cambiamenti di legge e ai
cambiamenti di fatto . Anche l'obbiezione desunta dall'es-

sere il testamento un atto di per sè stante , e quindi col-


pito immediatamente da una legge che ne annulli le dispo-
sizioni , è vana , perchè , non avendo nè potendo avere le
leggi successorie il proponimento di regolare altre succes-
sioni fuorchè quelle che si apriranno sotto il loro impero ,
diventa gratuita la supposizione di una legge abolitiva di
una data specie di disposizioni testamentarie che non ave-
vano ancor prodotto alcun effetto . Oltracciò siffatta obbie-

zione esagera il significato e l'importanza del carattere di


atto perfetto e di per sè stante , che spetta al testamento

debitamente fatto , perchè , come noi dimostrammo prece-


dentemente, tale è il testamento soltanto in relazione al

testatore , e nel suo lato per così dire subbiettivo . Che se


gli effetti del testamento non dovessero regolarsi secondo
la legge vigente alla morte del testatore , più ragionevole
sarebbe il regolarli secondo la legge vigente allorquando il
testamento venne fatto , anzichè secondo una qualunque
legge intermedia fra quell'epoca e la morte del testatore .
Quanto poi all'altro argomento , che gli avversari deducono 281
dalla distinzione fra leggi che tolgono effetto a un testa-
mento , e leggi che lo divietano e lo annullano , noi non
294 PARTE TERZA

comprendiamo come tale differenza possa influire sull'epoca


in cui quelle leggi debbono cominciare ad avere effetto.
Concludiamo adunque che la facoltà di testare , esercitata
vigendo una legge che l'accordava , è validamente eserci-

tata e deve produrre effetto , se è pur riconosciuta dalla


legge vigente alla morte del testatore , quantunque fra l'una
epoca e l'altra sia diniegata da una legge che poi venne
abolita .

Questa opinione è stata pure adottata con ragioni sostan-


zialmente identiche a quelle di Merlin dalla Corte d'appello
di Agen in una sentenza del 30 aprile 1806 ( 1 ) , e poscia
da parecchie altre sentenze d'appello , quali sono : Corte
d'appello di Colmar , 5 aprile 1808 ( 2) , Corte d'appello di
Montpellier, 26 messidoro anno 12 (3) , Corte d'appello
di Bruxelles , 23 nevoso anno 13 (4) , Corte d'appello di
Treveri , 10 febbraio 1806 ( 5 ) . Queste sentenze , a detta di
Chabot de l'Allier ( III , p . 343 ) , hanno formato una giuris-
prudenza abbastanza sicura . La Corte di cassazione sembra
pure avere accettata la stessa dottrina nella sentenza
18 gennaio 1808 (6) , emanata in seguito alle surriferite
conclusioni del Procuratore generale Merlin , e confermando
la dianzi citata sentenza della Corte di Agen. Veramente
nella sua decisione la Cassazione non trattò espressamente
la questione in discorso , ma siccome uno dei mezzi di cas-

sazione adoperati nel ricorso era appunto la nullità della


disposizione testamentaria , in virtù delle leggi dell'anno II,
282 non sanata dal Codice civile sotto il cui impero la suc-
cessione erasi aperta , e la Corte di cassazione non consi-
derò affatto un tal mezzo , così non indiscretamente sup-

(1) Pasicr. , 1ª ser. , C. d'app. , vol . 1 , pag. 600.


(2) CH. DE L'A. , 3, p . 343.
(3) Ib.
(4) Ib. e Pasicr. , 1ª ser., C. d'app. , vol. 1 , p. 398.
(5) lb.
(6) lb., p . 340 , e Pasicr. , 1ª ser., C. de cass. , vol . 4, p. 632.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 295

pone il Chabot de l'Allier (ib . , p . 342) che quel silenzio


della Corte significhi l'infondatezza che sembravale avere
quel mezzo di cassazione , conformemente alle conclusioni

del Procuratore generale. Non vuolsi però tacere che la


stessa Corte di cassazione , in una posteriore sentenza del
28 luglio 1809 ( 1 ) , adottò l'opinione contraria , che già
essa aveva seguìta in anteriori sentenze da noi citate più
sopra (p . 248 ) , e relative alla legge del 4 germinale
anno VIII . Imperocchè non ci sembra fondato il riflesso
fatto dalla Corte d'appello di Agen nella citata sentenza
del 30 aprile 1806 , e poscia dal Merlin (ap . Ch . de l'A . ,
p. 340) , che la legge del 4 germinale , non avendo abolito
le leggi dell'anno II , poteva non applicarsi alle disposi-
zioni universali anteriori a queste leggi , mentre il Codice
civile , avendo invece abolite quelle leggi , doveva perciò
applicarsi anche a quelle disposizioni . Anche la legge del
germinale aveva abolito le leggi dell'anno II , in quanto
permetteva ciò che queste proibivano , e se si deve ritenere
che cionondimeno essa non si poteva applicare alle dispo-
sizioni universali anteriori all'anno II , ed aperte durante
il suo vigore , si viene con ciò ad attribuire a quelle leggi
efficacia anche sulle disposizioni universali che non si
sarebbero aperte sotto il loro impero , efficacia che vien
negata nel loro conflitto col Codice civile .

Quanto al terzo caso , cioè al caso di un testamento


fatto vigendo una legge che lo divietava , da una persona
che poi mori vigendo un'altra legge che glielo permetteva ,
non v'ha dubbio che tale testamento non attinge vigore

dal disposto della nuova legge . È qui il caso di applicare


l'aforismo quod ab initio vitiosum est, tractu temporis con-
valescere non potest. Il testamento fatto da chi sapeva che
codesta disposizione non era permessa dalla legge , non 283
può ragionevolmente essere considerato come un atto serio
(1) CH. DE L'A., 3, p . 344.
296 PARTE TERZA

neppure in relazione al suo autore, epperò se la legge


nuova gli volesse dar vigore , vi sarebbe pericolo il più
delle volte di attribuire al preteso testatore una intenzione
che realmente non ebbe. Infatti non fu mai dubitato nella

giurisprudenza francese che le disposizioni a causa di


morte e a titolo universale, fatte vigendo le leggi del-
l'anno II, non fossero atti privi affatto di valore di fronte
alle leggi posteriori , sia del germinale anno VIII , sia del
Codice civile .

Quali beni possano essere oggetto delle disposizioni


d'ultima volontà , è un punto intorno al quale vuolsi anzi-
tutto considerare la legge vigente all'epoca della delazione
della successione , cioè alla morte del testatore . Se questa
legge toglie dal commercio giuridico , od anche soltanto
dalla trasmissibilità successoria testamentaria , una data

specie di beni , non v'ha dubbio che in virtù dei generali


principii del gius transitorio reale (v . sopra , p . 7 e segg. ),
non possono avere effetto in onta ad essa legge i testamenti
fatti sotto una legge anteriore differente .
Ma se la legge vigente alla morte del testatore permette
che si disponga , per testamento , di beni dei quali non era
lecito disporre quando il testamento venne fatto , quale
effetto avrà la nuova legge sulle disposizioni che per avven-
tura il testamento contenesse contrarie alla legge antica?
Avrà per effetto di convalidare queste disposizioni ?
Noi crediamo che sì , e questo avviso è pur seguito dal
Mailher de Chassat (2 , p . 90 , 134) . Vale qui un riflesso
che noi avremo in seguito parecchie altre occasioni di fare,
rispetto ad altri elementi delle disposizioni testamentarie.
Dacchè la vera e propria efficacia del testamento rispetto
ai terzi non comincia che dopo la morte del testatore ,
vuolsi ragionevolmente ritenere che questi conoscesse la
mutazione della legge in discorso , e in questa opinione
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 297

abbia tenuto ferma la propria disposizione , fidando nella 284


legge nuova vigente alla sua morte, che la permetteva .
Devesi adunque ritenere , se pur si vuole rettamente inter-
pretare l'intenzione del testatore, che tanto rispetto alla
disponibilità delle cose materiali , quanto rispetto a qua-
lunque altro elemento obbiettivo del testamento , la vali-
dità di questo vuolsi esclusivamente giudicare secondo la
legge vigente alla morte del testatore . In particolare , se
e quale porzione del patrimonio ereditario non possa fare
oggetto del testamento , devesi colla legge vigente alla
morte del testatore definire , ma se i beni provenienti al
coniuge binubo dall'altro coniuge del primo suo matri-
monio, possano o no fare oggetto di disposizione testamen-
taria, oppure debbano da lui venir lasciati ai figli del

primo letto , vuolsi definire , non già secondo la detta legge ,


ma bensì secondo la legge vigente alla morte del genitore
loro predefunto , perchè in questo giorno è già surto nei
figli medesimi un diritto irrevocabile su tali beni . Dovreb-
besi invece secondo la legge vigente alla morte del testa-
tore definire quale proporzione questi osservar debba nel
distribuire i beni propri fra i figli del primo letto e il
secondo suo coniuge .

Rientra poi nella dottrina della interpretazione dei testa-


menti il determinare quale valore abbia nell'esecuzione
delle disposizioni testamentarie la differenza che per avven-
tura vi sia fra la legge vigente quando il testamento venne
fatto , e quella vigente alla morte del testatore , circa il
significato e l'estensione di certe qualifiche e classificazioni
delle cose materiali .

Già nella Parte Generale di quest'opera (vol . I , pagg . 342-


343) noi abbiamo notato che il significato legale della
espressione beni mobili o immobili e altre consimili devesi

rispetto al testamento in cui siano adoperate desumere dalla


legge vigente quando il testamento ottiene il suo effetto ,
298 PARTE TERZA

cioè alla morte del testatore . Contrario avviso tenne la

285 Corte d'appello di Riom in una sentenza 6 maggio 1840 ( 1 ) .


Ora soggiungiamo che, se però si tratti di una distinzione
di cose, che già il testatore nella vita sua ebbe occasione di

applicare onde definire la propria condizione giuridica in


confronto di quella d'altrui , il legislatore non può a suo
piacimento allargare ed estendere il significato delle parole
del testamento , che a tale distinzione riferisconsi , e queste
vogliono essere interpretate secondo il loro senso legale
quando il testamento venne fatto , affinchè la volontà del

testatore si possa dire rettamente interpretata . Così per


es. , sebbene il Codice napoleonico all'art . 732 disponga
non aversi riguardo nè alla natura nè all'origine dei beni ,
nel regolare la successione , cionondimeno un testamento
anteriore a quel Codice , e diventato efficace dopo la sua
attuazione , nel quale fossero contemplati in qualunque
modo i beni propres o gli acquêts , dovrebbe essere inter-
pretato , rispetto al significato di queste espressioni , secondo
le leggi e la giurisprudenza anteriori al suddetto Codice,
e vigenti quando il testamento venne fatto. Lo stesso

dovrebbesi dire rispetto al significato delle parole beni dotali,


beni parafernali, adoperate nel testamento .

CAPITOLO VIII .

Della capacità di testare.

La capacità di disporre delle cose proprie viene comu-


nemente distinta in capacità fisica e giuridica. La prima ,
detta anche dal Savigny (p . 462 ) capacità " attinente alle
qualità fisiche "" " è determinata dall'attitudine naturale

all'agire con discernimento e libertà , attitudine proveniente


dalle condizioni fisico - fisiologiche dell'individuo . Tale è

(1) D. , R. , voce Lois , n. 319.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 299

la capacità dell'individuo di mente sana , cui si contrap- 286


pone l'incapacità del mentecatto e del pazzo . La seconda ,
detta anche dal Savigny (p . 451 ) capacità " attinente alle
relazioni giuridiche , è a parer nostro determinata : a) da
fatti dell'individuo , in quanto questi , venendo apprezzati
e giudicati , gli fanno acquistare o perdere un dato grado
di capacità, oppure b) da condizioni dell'individuo , natu-
rali bensì , ma che non tanto influiscono sulla attitudine

sua ad agire con discernimento e libertà , quanto sul grado


speciale di intellettuale e morale maturità , voluto per
certi atti giuridici di particolare rilevanza , e che al solo
legislatore spetta determinare . Può altresì provenire c) da
rapporti in cui l'individuo si trova o con tutti quanti i
cittadini dello Stato , o con una minore associazione poli-
tica , o colla propria famiglia , o con chi esercita su di
lui un'autorità analoga alla famigliare . Della prima specie
è per es. la capacità giuridico- politica di chi ha conse-

guito una carica qualunque , e quella del servo di pena ;


della seconda specie è , per es . , la capacità del maggio-
renne , e il requisito di una data età per testare ; della
terza specie è , per es . , la capacità dell'appartenente per
nascita ad una casta privilegiata , e quella del minorenne
che ha contratto matrimonio , del figlio di famiglia , della
donna maritata , del pupillo , del curatelato .
La distinzione fondamentale tra capacità fisica e giuri-
dica di testare , è in astratto proclamata, oltre che dal
Savigny, anche dal Mailher de Chassat (2 , pag . 11 e segg. ) ,
dal Kalindero (pp . 113-15 ) , dal Grandmanche de Beaulieu
(pp . 78-82) , il quale a ragione si meraviglia che sia sfug-
gita al Demolombe , dallo Schmid ( p . 143 ) , dal Christiansen
(p . 138 ) , dal Lassalle ( p . 476 e segg . ) , e prima di tutti gli
altri era stata fatta dal Gotofredo e dal Donello (ap . Mailh .
de Ch . , 1. c . ) . Abbiamo detto " proclamata in astratto
imperocchè, mentre tutti si accordano nella generica di-
300 PARTE TERZA

stinzione fra capacità naturale e giuridica , o , come taluni


pur dicono , fra capacità di fatto e capacità di diritto , non
tutti si accordano invece nel determinare concretamente

287 il contenuto e i limiti di ciascuna di queste. La maggior

parte degli scrittori non sembrano neppure sospettare che


siffatta determinazione presenti qualche difficoltà . Il solo
che abbia additato siffatta difficoltà è il Lassalle , le cui
osservazioni su questo proposito meritano di essere prese
in considerazione, per le importanti conseguenze pratiche
che ne provengono, come in seguito dimostreremo . Noi
ne abbiamo già tenuto conto nell'analisi che disopra espo-
nemmo del concetto delle due capacità , la quale analisi ,
come pure in seguito cercheremo di dimostrare , racchiude ,
se noi non ci inganniamo , una dottrina più corretta , e
praticamente più soddisfacente , di quella oggidì comune-
mente ricevuta .

Osserva il Lassalle ( p . 490) che le condizioni mera-


mente naturali della capacità non sono sempre determi-
nate dalla sola natura , come infatti è la legge che fissa la
maggior età , sia generale sia speciale , e quanto al testa-
mento in particolare talune legislazioni fissano una età
speciale , la quale può quindi essere varia nei differenti
paesi . Ad eccezione , egli dice (p . 494) , della sanità di
mente e della libera volontà , le quali sono veramente
condizioni di mero fatto , che nessuna legge può regolare
contrariamente al fatto , tutte le altre così dette condizioni
fisiche o naturali della capacità , sono in pari tempo anche
condizioni giuridiche . Ne consegue , egli soggiunge (ib .) ,
non potersi trattare di questo argomento delle condizioni

naturali della capacità di testare , senza fare le opportune


distinzioni .

Questa osservazione del Lassalle ci pare fondata nel


vero, e sorprende che nessuno l'abbia fatta prima di lui .
Noi però non ci possiamo limitare a dire col Lassalle , do-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 301

versi distinguere la condizione della mente sana e libera ,


dalle altre condizioni naturali della capacità di testare ,

ma crediamo più giusto escludere affatto dal novero delle


condizioni naturali o fisiche della capacità , quelle che ,

quantunque aventi un fisico fondamento , sono però intro-


dotte e liberamente regolate dal legislatore , e considerare 288
come unica vera e propria condizione di tal genere la
Sanità di mente congiunta colla libertà del volere . Si po-
trebbero le altre condizioni fisico-giuridiche costituire in
un genere o classe a parte , ma ciò non ci sembra il più
saggio partito , atteso che il lato fisico è in esse meno
importante del lato giuridico , perchè unicamente in virtù

della legge esse sono tali . Miglior partito ci sembra il


farne una sottospecie delle condizioni giuridiche della ca-
pacità, ed a questo partito noi ci siamo appunto appigliati
nella classificazione esposta al principio di questo capitolo .
Veniamo ora alle pratiche applicazioni .
Si domanda comunemente dagli scrittori del gius tran-
sitorio con quale legge debbasi giudicare della capacità
naturale o fisica , e della capacità giuridica di testare , se
per avventura la legge che intorno ad esse vigeva quando
il testamento venne fatto , differisca da leggi posterior-
mente emanate fino al giorno in cui il testamento produce
il suo effetto . Comunemente si insegna che a ) la capacità
fisica debba essere regolata solamente ed esclusivamente
dalla legge vigente nel giorno della confezione del testa-
mento , cosicchè se , per avventura , chi era capace natu-
ralmente di testare a termini della legge vigente quando

testò, diventò poi incapace in virtù di una legge posteriore


vigente alla sua morte , il suo testamento rimanga valido
ed efficace, e, per converso , il testamento di chi era natu-
ralmente incapace di testare a termini della legge vigente
quando testò , sia inefficace , quand'anche alla di lui morte
viga una legge che più non riconosca quella naturale inca-
302 PARTE TERZA

pacità che la prima legge riconosceva . Invece b) rispetto


alla capacità giuridica la maggior parte dei giureconsulti
insegnano che , se la legge vigente all'epoca della confezione
del testamento e quella vigente alla morte del testatore
differiscano , il testamento che risulta conforme ad una

soltanto di esse , non sia nè valido nè efficace. Alcuni pochi


289 sono invece d'avviso che anche la capacità giuridica debba
in detta ipotesi essere regolata da una sola delle due leggi ,
e gli uni preferiscono la legge vigente all'epoca della con-
fezione del testamento , gli altri quella vigente alla morte
del testatore . Noi dobbiamo ora prendere separatamente
in esame ciascuna di tali quistioni e dottrine .
A) Capacità naturale e fisica . -La suaccennata dottrina

transitoria intorno a questa capacità è professata , fra gli


altri , dal Savigny (p . 463) e dal Kalindero ( p . 114) , e viene
dedotta (conf. Savigny, pagg . 462 , 463 ) dall'analogia di
ciò che nel Diritto Romano si insegna , e che universal-
mente si ammette , circa l'influenza dei cambiamenti di

fatto sulla naturale capacità , sulla validità ed efficacia dei


testamenti . Se cioè chi per esempio era di mente sana e
di libera volontà quando testò , diventò poscia o morì in-
capace, sotto questi rispetti , di testare , riman valido il
testamento , e , reciprocamente , se chi era alienato di mente
quando testò , venne poscia a risanare e morì sano , rimane
il testamento invalido ed inefficace . Ciò rilevasi dai seguenti
passi del Diritto Romano : § 1 , I. quib . non est perm. ; 1. 2 ,
1. 6 , § 1 , 1. 20, § 4 , qui test.; 1. 1 , §§ 8 , 9, de B. P. sec. tab.
Or bene , ragionano i giureconsulti di cui parliamo , nello
stesso modo in cui della capacità naturale di testare decide
un solo momento di tempo , cioè quello della confezione
del testamento , ad onta delle differenze di mero fatto che
in proposito ci possano essere nella condizione del testa-

tore fra quel momento e i momenti posteriori , così pure


di quella capacità deve decidere una sola legge, cioè la
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 303

legge vigente nel momento della confezione del testamento ,


ad onta delle differenze che ci possano essere fra quella
legge e le altre emanate posteriormente su tale argomento .
-
Noi abbiamo già avuto occasione nella Parte Generale
di quest'opera (Vol . I , pag . 244 ) di avvertire l'infondatezza
e i pericoli delle analogie desunte dalle mutazioni di fatto
alle mutazioni di legge ; epperò il nostro lettore , memore
di quella osservazione , sarà naturalmente condotto per ciò 290
solo a diffidare anche dell'argomentazione surriferita. Il
fatto si è che la dottrina in discorso , quantunque general-

mente ricevuta, ha trovato però anche ingegnosi contrad-


dittori, fra i quali vogliono specialmente essere ricordati
il Grandmanche de Beaulieu (pp . 80-81 ) e il Lassalle
(pp . 494-500).
Il punto di discussione è l'influenza retroattiva di una
legge nuova intorno all'età idonea per testare . Nel Diritto
Romano questa età era quella della pubertà (§ 1 , I. quib.
non est perm .), nel Diritto prussiano è il quattordicesimo
anno (Dir. Terr . , I , 12 , § 6 ) , nel Codice civile italiano
(art. 763) è il diciottesimo anno compiuto ; nel Codice
Napoleone (art. 904) è il sedicesimo anno compiuto , ma
per una metà soltanto del patrimonio fino alla maggiore
età . Or bene , dice Savigny (1. c .) , se una fanciulla fece
testamento sotto l'impero del Diritto Romano , avendo l'età
di 13 anni , e mori prima dell'età di 14 anni vigendo il
Diritto prussiano , varrà quel testamento ; se invece una
fanciulla dell'età di 13 anni fece testamento vigendo il

Diritto prussiano , e morì prima dei 14 anni vigendo il


Diritto Romano, il testamento non varrà.

Rispetto alla prima ipotesi il Grandmanche de Beaulieu


obbietta al Savigny che il legislatore, il quale non ritiene
intellettualmente capace un individuo di testare , deve
necessariamente estendere questo suo giudizio a tutti i
testamenti non ancora eseguiti , e non potrebbe tener fermo
304 PARTE TERZA

uno di questi testamenti , ad onta della mancanza di quel


requisito di capacità , senza inconseguenza e contraddizione.
Conviene però nell'opinione del Savigny rispetto alla
seconda ipotesi . Il Lassalle invece dissente dal Savigny
291 nell'un caso e nell'altro . Rispetto al primo egli adduce il
riflesso , che sarebbe manifestamente assurdo il tener fermo

un testamento che il suo autore dopo l'attuazione della


legge nuova non avrebbe più potuto modificare nè rivocare ,
quand'anche l'avesse voluto . Rispetto al secondo caso poi
il Lassalle opina (p . 495) che il testamento a cui mancava
in origine il requisito della naturale capacità del testatore ,
diventa valido dopo che quella mancanza ha cessato di
essere contemplata dalla legge . Non vale , egli dice , l'ar-
gomentare da ciò che si insegna nel caso di testamento
fatto da persona di mente non sana, e poscia risanata , il
quale testamento rimane invalido ed inefficace . Imperocchè
in questo caso non si ha un vero e proprio testamento ,
nè a termini della legge antica sotto cui il testamento
venne fatto , nè a termini della legge nuova sotto cui il
testatore morì ; in quell'altro caso invece non si ha un
testamento a termini della legge antica , ma lo si ha invece
a termini della legge nuova , fra le quali leggi bisogna
scegliere , ed è ragionevole scegliere la seconda , perchè
altrimenti il legislatore si metterebbe in contraddizione
con sè stesso . Il Lassalle conchiude ( p . 500 ) dicendo che
della fisica o naturale capacità di testare si deve decidere
secondo la legge vigente alla morte del testatore , la qual
dottrina egli poi sostiene , come in seguito vedremo , anche
rispetto alla capacità giuridica.
Noi ci associamo pienamente all'opinione dei citati scrit-
tori , che il testamento fatto da un individuo naturalmente
capace per età , e diventato poscia e morto incapace natu-
ralmente per tal motivo in virtù di una legge nuova , non
sia valido nè efficace ; ottime ci paiono le ragioni che quegli
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 305
Scritt
ori ne dàn
no , e quelle special mente
con cui il Las-

salle comba l'arg degli avver . Non pos-


tte oment sari
azion
siamo invec conve col Lasesa che nel caso inver
e nire lle so
il testa d per età veng sanat da una
mento ell'incap a o
ace
legge che tale incap aboli ; n o r i c tu
acità sca i t e n iamo on tti
gli altri scritt c q t rima i e
ori he uel estament nga nvalido
o
ineffi . Ci dete a così pensa ciò che abbi
cace rmin re amo
a
detto nella parte gener della prese opera intor alla
ale nte no
conva mater (V. I , p . 241 e seg . ) , e più parti-
lesce iale
nza
colar il rifles c a chi fa un atto giurid senza
mente so he ico
avere l'età richi , non si può con sicur a u 2
esta ezza ttribuire n 92
serio propo di testa . Noi quind pens contr la
sito re i iamo o
dottr domi , in parte ezian contr quell di Las-
ina nant dio o a
e
salle , che la capac n o fisica di testa p i t
ità aturale re er l itolo
dell'e d e i a i detti mome , e che se
tà eve sistere n mbedue nti
in essi viga legis diffe , il testa non
no lazio renti ment
ni o
possa mai esser nè valid nè effica . Così pensa anch
e o ce no e
Pfaff e Hofm (p . 231 ) . In altri termi noi non poni
ann ni amo
diffe alcun fra la dottr trans della capac
renza a ina itori ità
a
natur in disco , e quell gene inseg
ale rso a r alme nata
nt
rispet alla capac g , e da noi soprae accen .
to ità iuridica nata
Ma quanto alle altre cause d'incapacità naturale o fisica
di testare , rispondenti al generale e proprio concetto di
questa , che dicemmo essere per noi la sanità di mente e la
libertà della volontà , noi crediamo di dover anzitutto osser-
vare che propriamente una quistione transitoria intorno.
ad esse non si può dare . Imperocchè della sanità della
mente e della libertà morale delle persone non è , per regola

generale, possibile nè che in diversi tempi , nè che presso


diversi popoli civili diversamente si giudichi , come nep-
pure della necessità di quei requisiti o per la validità di
un testamento . Come già nel Diritto Romano è riconosciuto ,
il testamento fatto da persona , destituita di vera e propria
capacità naturale o fisica , è invalido e rimane tale , benchè 294
GABBA Retr. leggi, III. 20
306 PARTE TERZA

il testatore sia poscia risanato e morto sano , e reciproca-


mente il testamento fatto da un uomo di mente sana ri-

mane valido ed efficace, benchè il testatore siasi poscial


ammalato di mente e in questo stato sia morto , sia o non
sia stata vigente una medesima legge in proposito in quei
due momenti, perchè le due leggi possono differire di data
e di parole , ma di sostanza no . Impropriamente soltanto può
stabilirsi un canone transitorio su tal materia , e questo
potrebbe essere soltanto che in materia di vera e propria
capacità naturale o fisica di testare decide la legge vigente
al tempo in cui il testamento venne fatto .
Può darsi però , eccezionalmente , che una legge nuova
additi nuove cause di vera e propria incapacità naturale o
fisica di testare , e ciò in virtù dei progressi della psichiatria,
per cui si apprezzino diversamente da quello che una
volta si faceva , certe condizioni intellettuali e morali delle
persone, e quindi o più non si ammettano certi casi di

capacità , ammessi per lo addietro , oppure se ne introdu-


cano di nuovi . Già l'imperatore Giustiniano, colla L. 10,
C. qui test., aveva attribuita la capacità di testare ai muti
che prima ne mancavano , e nelle legislazioni moderne nep-

pure i sordo -muti non sono più considerati incapaci di


testare. Egli è certo che, accadendo questi mutamenti nella
legislazione , la situazione subbiettiva di chi testò vigendo

una legge anteriore deve essere apprezzata e giudicata


secondo la legge nuova , ma non è caso codesto nè di
retroattività di legge , nè di adesione al canone che della ca-
pacità naturale o fisica di testare debbasi giudicare secondo

la legge vigente alla morte del testatore . È piuttosto caso


di migliore interpretazione della legge anteriore in virtù

di un criterio che vale per questa , come per la legge nuova.


295 B) Della capacità giuridica di testare.
Che le nuove leggi intorno alla capacità giuridica di
testare si applichino immediatamente , nel senso che dal
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 307

momento della loro attuazione i testamenti si possono vali-


damente fare in conformità ad esse da tutte le persone

viventi, è principio giustamente affermato dal Mazzoni


(n . 52, i . f. ) , e confermato dalle disposizioni transitorie
civili italiane (art . 18 ) , e che discende dalle generali dot-
trine intorno all'efficacia retroattiva delle nuove leggi sullo
stato personale (vedi Vol . 2° di q. o . , pag. 16 e segg . ) . In 296
virtù di questo principio la Corte di cassazione di Parigi
dichiarò con sentenza del 12 maggio 1814 ( 1 ) che la donna

maritata sotto l'impero della consuetudine di Normandia,


che le proibiva di testare senza l'autorizzazione del marito ,
aveva potuto , dopo l'attuazione della legge 17 nevoso
anno II testare anche senza quell'autorizzazione.
Non è egualmente ovvio il rispondere alla domanda
quale influenza abbia una nuova legge intorno alla capa-
cità giuridica di testare , su testamenti già fatti anterior-
mente alla sua attuazione , e che dopo questa ottengono
effetto . Anzitutto non sono concordi i giureconsulti nel
determinare il concetto della capacità giuridica , contrap-

posta alla fisica . Su questo punto noi abbiamo già esposto


e dimostrato il nostro modo di pensare , ed ora ripetiamo
che per noi è capacità giuridica quella derivante dalla qua-

lità di cittadino o di forestiero , da pubblici uffici , dalla


regolarità della condotta o dalla pena , dall'età specialmente
richiesta dalla legge onde esercitare certi diritti o porre in

essere certi negozi giuridici , dalle relazioni di famiglia e


dalle altre consimili a queste . Quanto poi alla dianzi accen-
nata quistione transitoria, lo stato attuale della medesima
è il seguente .

La maggior parte degli scrittori è d'avviso che la capa-


cità giuridica di testare debba esistere in due momenti di
tempo , cioè quando il testamento viene fatto , e alla morte

(1 ) R. G., 14, 1 , 114 ; C. N. , 4 , 1 , 561 .


308 PARTE TERZA

del testatore , il che equivale a dire che , se dopo la confe-


zione del testamento viene emanata una legge nuova in-
torno alla capacità giuridica di testare , e il testatore muore
sotto l'impero di questa nuova legge , diventa invalido il
testamento fatto da chi non sarebbe più capace di testare
secondo la legge nuova , e rimane invalido il testamento di
chi non era capace di testare quando testò , e lo sarebbe
297 soltanto secondo la legge nuova . Tale è la dottrina di Chabot
de l'Allier (III , 348-351 ) , di Demolombe (n . 49 ) , di Grand-
di
manche de Beaulieu (pag . 80) , di Kalindero ( pag . 114),
Bauer ( p . 77 ) , di Savigny (pagg . 461-462 ) , di Merlin ( III,
§ 5 , art . III e Testam . , sect . 1 , § 6 ) , e di Dalloz , l . c . , n . 316) .
Vi hanno però alcuni scrittori , i quali pensano doversi
della capacità giuridica di testare esclusivamente decidere

secondo la legge sotto il cui impero il testamento venne


fatto . Tale è l'opinione di Herrestorff (pagg. 71-76 ) , di
Schmid (p . 143) , di Christiansen (p . 128 ) , di Bergmann
(p . 110 ) e di Weber (pp . 95-96 ) . Altri ancora opinano che
ne debba decidere invece unicamente la legge sotto il cui
impero il testatore morì , e di questo avviso sono il Meyer
(pagg. 14, 58-59) , e il Lassalle (pp . 486-487 ) , i quali opi-
nano che non soltanto la legge vigente alla morte del
testatore abbia virtù di rendere inefficace un testamento,

introducendo una incapacità giuridica di testare scono-


sciuta alla legge sotto il cui impero il testamento venne
fatto , ma eziandio che quella legge , abolendo una incapa-
cità di testare che viziava il testamento quando fu fatto,
lo renda valido ed efficace . Convengono poi tutti quanti gli
scrittori che una legge intermedia fra la confezione del

testamento e la morte del testatore , la quale introduca una


incapacità giuridica , non più ammessa dalla legge vigente
nel secondo di quei momenti , non possa mai influire sulla
il
validità del testamento, neppure se in quel frattempo
testatore siasi trovato colpito da quella incapacità , il qual
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 309

canone vien dato come un'applicazione di altro più ' gene-


rale, enunciato coll'espressione romana media tempora non
nocent. Ciò insegnano fra gli altri Chabot de l'Allier ( III ,

p . 850) , e Merlin ( Rép. , vº Instit. d'hérit . , sect . 1 , n . 7) .


La giurisprudenza pratica ha pur generalmente seguito
le dottrine insegnate dalla maggior parte degli scrittori .
Veggasi in particolare quanto alla necessità della concor-
danza delle leggi vigenti al tempo della confezione del
testamento e al tempo della morte del testatore , la sen- 298
tenza della Corte di Colmar del 31 luglio 1823 ( 1 ) e quella

della Corte di Limoges del 26 giugno 1822 ( 2) ; quanto


all'inefficacia della legge intermedia , veggansi la sentenza
della Corte di cassazione di Parigi del 25 luglio 1815 (3 )
e quella della Corte di Colmar del 31 luglio 1823 ( 4) . La
Corte di cassazione di Parigi però ritenne una volta , con
sentenza 13 novembre 1816 ( 5 ) , che la legge nuova potesse
convalidare un testamento fatto da persona giuridicamente
incapace, e applicò questa massima al testamento fatto
sotto l'impero del Diritto Romano da un impubere morto
dopo aver raggiunto l'età di sedici anni sotto l'impero del
Codice Napoleone . Anche la giurisprudenza del Codice
civile italiano segue l'opinione che della capacità giuridica
di testare debbasi esclusivamente decidere a termini della

legge vigente alla morte del testatore. Veggasi fra le altre


sentenze : Cassazione di Torino , 18 novembre 1884 ( 6) .
Le legislazioni positive non si sono per la maggior parte
pronunziate intorno all'argomento in discorso . Nel Diritto
Romano troviamo affermata in parecchi passi la necessità
della testamentifactio nel testatore al tempo della confezione

(1 ) D. , R., voce Lois, n. 320.


(2) D., R., ib.
(3) R. G. , 15, 1 , 409 ; C. N. , 5, 1 , 78 .
(4) D., R. , voce Lois, n . 317.
(5) C. N. , I , 247.
(6) G. 1., 1884, 1 , 37 .
310 PARTE TERZA

del testamento e al tempo della morte , e specialmente ciò


troviamo detto nella L. 1 , § 8, D. de bon . poss . sec . tab.:

scripsit praetor, ut is, cujus bonorum possessio datur, utroque


tempore jus testamenti faciendi habuerit, et cum facit testa-
mentum, et cum moritur. Il Bergmann però non senza fon-
damento desume dal Diritto Romano una opinione con-

traria , dal punto di vista transitorio , appoggiandosi sulla


Nov. 66 , le cui espressioni , come egli giustamente osserva ,
299 sono tanto generali da comprendere anche il requisito
della capacità di testare . Noi abbiamo però già osservato
(v. sopra p . 284) col Savigny che il canone contenuto in

quella Novella ha l'aspetto di un provvedimento eccezio-


nale , anzichè di una dottrina scientifica ; del resto dell'au-
torità del Diritto Romano nell'attuale quistione riparle-
remo più sotto .
- Il Diritto territoriale prussiano , la cui

Patente di promulgazione contiene il principio che i testa-


menti si debbano totalmente regolare secondo la legge del

tempo in cui vennero fatti (v . Vol . I , pag . 56 ) , modifica poi


questo generale principio ( parte 1ª , tit . 12 , §§ 11-13 ) per
ciò che riguarda la capacità del testatore . Quivi è detto
(§ 13) , rispetto alla capacità giuridica in particolare , che
il testamento rimane valido ed efficace se l'incapacità da
cui era colpito il testatore quando il testamento venne fatto ,

fu poscia abolita da una legge vigente quando il testatore


morì. Il Codice civile generale austriaco applica a tutti

quanti gli elementi del testamento , e quindi anche alla


capacità giuridica del testatore , il principio generale in
esso professato , e da noi rammentato precedentemente
(p . 282 ) , che il testamento deve essere giudicato secondo
la legge vigente quando venne fatto . Il Codice Napoleone
applica in un caso speciale il principio che il testamento
non vale se fatto da persona, la quale , dopo aver testato
divenne e mori incapace di testare , perchè dispone all'ar-
ticolo 25 essere invalido e inefficace il testamento fatto da
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 311

persona che venne poscia condannata ad una pena che


trae seco la morte civile , donde il Kalindero (pag . 115 )
deduce giustamente , per via di analogia , che , anche dopo
l'abolizione della morte civile , avvenuta in Francia nel
1854, i testamenti fatti da persone , condannate poscia ad
una pena perpetua , diventino invalidi ed inefficaci , essendo

appunto conseguenza di pena siffatta l'incapacità di testare.


-
L'Ordinanza transitoria amburghese del 1814 ( § 17 ,
v. Vol . I , di q . o . , p . 75 , i . n . ) , le disposizioni transitorie
estensi del 1852 (art . 18 , ib . , pag. 107 , i . n . ) , e l'Ordinanza 300

transitoria sassone del 1863 ( art . 23 , ib . , p . 113 , i . n .) ,


seguirono il principio che la capacità di testare si debba
esclusivamente regolare secondo la legge vigente alla
morte del testatore . Invece l'Ordinanza transitoria di

Brema del 1814 (§ 17 , ib. , p . 88 , i . n . ) seguì il principio


contrario.

Vediamo ora le ragioni colle quali vengono sostenute


le differenti opinioni surriferite .
L'opinione della necessità della capacità giuridica del
testatore tanto a termini della legge vigente quando il testa-
mento venne fatto , quanto a termini della legge vigente
alla morte del testatore , viene fondata sull'autorità del
Diritto Romano . Dalla già citata L. 1 , § 8 , D. de bon . poss .

sec. tab., e da molti altri passi , e per es . dai §§ 1-3 , I. quib.


non est perm . fac . test . , §§ 4-5 , I. 1. , quib . mod . test. infirm.,
ricavasi con certezza che il testatore doveva essere stato

capace di testare quando testò , e poi anche quando morì ,


affinchè il testamento fosse valido ed efficace . E propria-

mente , come osserva il Savigny (pagg . 451-453 ) , il testa-


tore doveva in quei due momenti avere avuto la testamen-
tifactio in generale , cioè la capacità distato (standeseigenschaft)
che abilitava al commercium , e che spettava a tutti i cives e
ai Latini, e la capacità più speciale di disporre del proprio
patrimonio , basata su certe condizioni individuali , e che
312 PARTE TERZA

per esempio mancava al filiusfamilias e al Latino Giuniano .


Se, per esempio , il testatore era cittadino quando fece il
testamento , ma aveva perduta la cittadinanza quando morì ,
o reciprocamente , o se quando testò era filiusfamilias e
poscia morì sui juris, o se , reciprocamente , quando testò
era sui juris e poscia morì in istato di arrogazione , in tutti
questi casi il testamento era invalido ed inefficace . Ma
tutto ciò è statuito dal Diritto Romano in ordine a cam-

biamenti di mero fatto , che possono accadere nella condi-


zione personale del testatore, non già in ordine a cambia-
menti prodotti da mutazioni di legge intorno alla capacità
301 civile e testamentaria ; non è quindi tale dottrina romana
per nulla una dottrina di gius transitorio . Per verità non
è possibile disconoscere che la quistione della capacità di
testare assume un aspetto alquanto differente , secondo che
si abbiano di mira cambiamenti di mero fatto nella con-

dizione giuridica del testatore , oppure cambiamenti di legge


intorno alla capacità medesima ( confr . sopra pag. 302 e
Vol . I , p . 244 ) ; imperocchè i mutamenti della prima specie
è ben naturale che accadano e che vengano subiti da co-

loro a cui toccano , mentre quelli della seconda specie sono


essenzialmente coattivi , e quindi può sembrare che, mentre
rispetto ai primi la dottrina dei due momenti di tempo sia
giusta e ineccepibile , rispetto ai secondi invece non debba
essere così assoluta, e possa ammettere distinzioni ed ec-
cezioni . Lo stesso Savigny (p . 461 ) avverte che della dot-
trina romana surriferita si deve far uso con cautela e cir-
cospezione . Cionondimeno il Savigny medesimo e la maggior

parte degli scrittori di gius transitorio , propugnano , come


già notammo , la necessità della capacità giuridica di te-
stare, tanto a termini della legge vigente all'epoca del
testamento , quanto a termini della legge vigente alla morte
del testatore , con nessun altro espresso motivo fuorchè la

analogia della dottrina romana intorno a quella stessa


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 313

necessità, nell'ipotesi che rimanga in vigore la medesima


legge nell'un momento e nell'altro .
I fautori della seconda opinione , che cioè della capacità
giuridica di testare si debba decidere esclusivamente se-
condo la legge vigente all'epoca del testamento , argomen-
tano dal rispetto dovuto al testamento debitamente fatto
da persona capace , o , come dice il Christiansen molto effi-

cacemente , dal diritto quesito del testatore all'efficacia


della sua disposizione una volta fatta conformemente alla

legge. Pare a questi giureconsulti che per gli stessi motivi


pei quali la validità formale del testamento devesi giudi-
care secondo la legge del tempo in cui il testamento fu 302
fatto , anche la validità dal punto di vista della capacità
debba essere giudicata secondo quella legge.
La terza opinione , che la capacità giuridica di testare
si debba definire esclusivamente a termini della legge vi-
gente alla morte del testatore , viene propugnata dai suoi
fautori specialmente in quella parte che concerne la con-
valescenza di un testamento originariamente invalido per
incapacità del testatore , perchè rispetto alla inefficacia di
un testamento il cui autore divenne e mori incapace di
testare per opera di una legge posteriore alla confezione

del testamento , essendo la medesima quasi universalmente


riconosciuta da giureconsulti , gli scrittori di cui parliamo
non sentirono il bisogno di dilungarsi nel propugnarla.
Lassalle, il più solenne campione della suddetta convale-
scenza , comincia dal combattere l'argomentazione analo-
gica dalla dottrina romana circa i cambiamenti di mero
fatto nella capacità del testatore . Come già in altra consi-
mile occasione da noi rammentata più sopra (p . 308) , così

anche questa volta il Lassalle (p . 485 ) fa osservare che ,


allorquando la legge vigente alla morte del testatore diffe-
risce da quella vigente quando il testamento venne fatto ,
ciò che questa legge sanciva cessa di essere ammesso ed
314 PARTE TERZA

è anzi riprovato dal legislatore , mentre allorquando si


tratta di meri cambiamenti di fatto accaduti fra quei due
momenti il legislatore del tempo della morte consente con
quello del tempo in cui il testamento venne fatto . Ciò posto,
se nel secondo caso il cambiamento di fatto non basta a
far attribuire una seria volontà a chi testò in istato d'in-

capacità , nel primo caso invece il cambiamento di legge


basta , anzi costringe a considerare d'ora in avanti come
seria quella dichiarazione , che per lo addietro non poteva
considerarsi tale di fronte alla legge allora vigente . Si può

obbiettare, continua il Lassalle (p . 488 ) , il principio con-


303 tenuto nella regola catoniana , la quale obbiezione era stata
preveduta anche dal Meyer (pp . 59 e segg . ) . Il Lassalle
(p . 488) non esclude però che nella L. 5 , D. de reg. cat.:
regula catoniana ad novas leges non pertinet , si contenga una
massima transitoria , che verrebbe in conferma della sua
opinione, interpretazione per verità infondata , che già era
stata immaginata dal Merlin (ap . Ch . de l'All . , III , p . 263) ,
e che il Meyer (p . 60) e tutti gli altri romanisti posteriori
hanno rifiutata , riferendo l'espressione novas leges alle sole
leggi Giulia e Papia Foppea.

Finalmente l'universale opinione che la legge intermedia


fra la confezione del testamento e la morte del testatore

non tolga effetto al testamento , il cui autore era capace di


testare quando testò e quando morì , è pure universalmente
desunta dal Diritto Romano , e specialmente dai seguenti
passi : § 5 , 6 , I. quib . mod . testam. infirm. ( 1 ) , l . 6 , § 12 , de
injusto, rupto, et irr. facto testam. (2 ) , 1. 6 , § 2 , D. de haered.

(1) Non tamen per omnia inutilia sunt ea testamenta , quae ab initiojure
facta,propter capitis diminutionem irrita facta sunt. Nam si septem testium
signis signata sunt, potest scriptus heres secundum tabulas testamenti bono-
rum possessionem agnoscere, si modo defunctus et civis romanus et suae
potestatis mortis tempore fuerit (Conf. Gaj , II , §§ 446-447) .
(2) Quatenus tamen dicimus ab hostibus capti testamentum irritum fieri,
adjiciendum est, postliminio reversi vires suas recipere jure postliminii;
aut si ibi decedat, lege Cornelia confirmari. Ergo et si quis damnatus
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 315

inst. ( 1 ) , l . 1 , § 8 , D. de bon . poss . sec . tab . ( 2 ) . Anche questa


però è argomentazione di mera analogia , perchè anche nei
suaccennati passi del Diritto Romano non si hanno di mira
nuove leggi intermedie sulla capacità , ma soltanto cam- 304
biamenti di fatto che abbiano modificato la capacità di
testare, ferme rimanendo le stesse leggi . Se ed in quanto
però la differenza fra l'un cambiamento e l'altro possa in-
fluire sulla ammissibilità del canone in discorso , investi-
gheremo più sotto ; intanto osserviamo che la considera-

zione di questo punto è sfuggita a coloro che pei primi


avvertirono in generale le differenze che vi hanno fra la
dottrina romana della capacità di testare , e la vera e
propria dottrina transitoria sullo stesso argomento .
Veniamo ora a considerare e confrontare le varie dot-

trine e argomentazioni sovra esposte , nel loro scientifico


valore .

Circa il primo punto di quistione , cioè circa l'influenza.


che sui testamenti già fatti abbia una legge nuova intorno
alla capacità giuridica, emanata dopo la confezione del
testamento e vigente alla morte del testatore , plausibile ci
sembra anzitutto l'opinione che , se a termini di questa
legge il testamento di che si tratta sarebbe invalido , tale

capite, in integrum indulgentia Principis sit restitutus, testamentum ejus


convalescet.
(1) Solemus dicere media tempora non nocere, ut puta civis romanus
scriptus, vivo testatore factus peregrinus, mox ad civitatem romanam per-
venit, media tempora non nocent .
(2) Exigit Praetor ut is cujus bonorum possessio datur, utroque tempore
jus testamenti faciendi habuerit, et cum facit testamentum, et cum moritur.
Proinde si impubes, et furiosus, vel quis alius ex iis qui testamentum facere
non possunt, testamentum fecerit, deinde nactus testamentifactionem deces-
serit, peti bonorum possessio non poterit. Sed et si filiusfamilias putans se
patremfamilias, testamentum fecerit, deinde mortis tempore paterfamilias
inveniatur, non potest bonorum possessio secundum tabulas peti . Sed et si
filius familias veteranus de castrensi faciat, deinde emancipatus, vel alias
paterfamilias factus decedat, potest ejus bonorum possessio peti. Sed et si
quis utroque tempore testamenti factionem habuerit, medio tempore non
habuerit, bonorum possessio secundum tabulas peti potest .
316 PARTE TERZA

esso debba reputarsi ad onta della legge anteriore che ne


ammetteva la validità . Qui noi siamo coi fautori della
prima e della terza opinione contro i fautori della seconda ,
che anche in tal caso vorrebbero applicata alla capacità
giuridica del testatore la legge sotto il cui impero il testa-
mento venne fatto . Invero noi abbiamo dimostrato di sopra
che il testamento non è una vera e propria disposizione di
ultima volontà , un atto perfetto dal punto di vista della
sua efficacia pratica al di fuori della individualità del te-

305 statore , se non dopo la morte di costui . Ciò essendo , tutti


i suoi elementi e requisiti intrinseci devono essere giudicati
secondo la legge del tempo in cui il testamento raggiunge
la sua qualità di atto perfetto , cioè completamente idoneo
ai suoi effetti , perchè prima di questo tempo neppure si
può propriamente parlare di quei medesimi requisiti ed
elementi come di qualcosa di reale . La capacità giuridica
del testatore è uno di tali elementi e requisiti , deve quindi
essere in tal modo giudicata . L'argomento che gli avver-
sari deducono dal diritto quesito del testatore , e dall'ana-
logia del principio transitorio relativo alla forma testa-
mentaria , è specioso , ma non ci sembra saldo e decisivo.

Noi pure abbiamo ammesso precedentemente (p . 283 ) che


il testamento , come atto compiuto dal lato del subbietto
od autore, non potrebbe essere lasciato completamente in
balia della legge vigente alla morte del testatore , senza
che si rendesse illusorio il diritto di testare , come un diritto
il cui esercizio consisterebbe in un atto che si potrebbe

sempre temere dovesse riuscire del tutto vano . E per dare


la dovuta importanza pratica a questo riguardo dicemmo
che il testamento deve essere sottratto alla legge nuova
vigente alla morte del testatore , in tutto ciò che riguarda
la personale attività del testatore ; questa dicemmo dover
essere regolata dalla legge vigente quando il testamento
venne fatto , e ciò costituire un vero e proprio diritto que-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 317

sito del testatore , secondo il linguaggio di Christiansen .


Ora si domanda se propriamente non si possa , senza con-

traddire a tali principii , disconoscere la validità di un


testamento fatto da persona che dalla legge vigente alla

sua morte è dichiarata giuridicamente incapace di testare,


e ciò appunto noi neghiamo . Imperocchè il lato subbiettivo
del testamento , l'atto del testare , nel suo più puro e sem-
plice concetto , consiste nella materiale confezione del testa-
mento ; gli è quest'atto , cioè il complesso delle formalità e
degli atti con cui viene posto in essere, che il testatore ,
fattolo una volta , può giustamente pretendere di non essere 306.
obbligato a ripetere ad ogni cambiamento di legge. Tutto
ciò che è al di là del concetto della vera e propria confe-
zione del testamento , sia che accompagni questa confezione
medesima, come la capacità , sia che ne costituisca il con-
tenuto o l'effetto giuridico , tutto ciò il testatore lascia in
balia della legge vigente alla morte sua . Fra questi due
ordini di elementi del testamento la linea di demarcazione
è chiara e definita . Vero è che vano riesce l'avere osservato
le condizioni formali ed estrinseche di un atto , se poi chi
le ha osservate viene con retroattivo effetto dichiarato in-

capace di agire così ; vero è anzi che il rispetto dell'atti-


vità del testatore , largamente inteso , escluderebbe non
soltanto che per titolo d'incapacità giuridica il testamento
diventasse invalido , ma eziandio che per qualunque altro
motivo risultasse inefficace , od anche soltanto conseguisse-
un effetto minore di quello che il testatore poteva aspet-
tarsi a termini della legge sotto il cui impero testò . Ma
bisogna pur pensare che il riguardo al testatore non può
escludere quello alla natura del testamento , il quale pro-
priamente non esiste come disposizione di ultima volontà
prima della morte del testatore , che questi due riguardi
voglionsi combinare, che, in sostanza , così nella materia

della capacità giuridica di testare , come in tutti gli altri


318 PARTE TERZA

punti della dottrina del testamento , la giurisprudenza

transitoria contiene una specie di transazione fra quei due


riguardi . Non è poi nella pratica un piccolo vantaggio per
il testatore la sicurezza che per mutar di leggi il suo testa-
mento non potrà mai diventare ipso jure un atto immeri-
tevole di questo nome , ove si pensi che le innovazioni in
materia di forme testamentarie sono più facili e più fre-
quenti che in qualunque altra, e specialmente in quella
della capacità giuridica di testare .
Noi non intendiamo però attinenti propriamente alla
capacità giuridica , nel senso che debbano essere con-

307 formi alla legge vigente alla morte del testatore , quei re-
quisiti del testamento , i quali , benchè siano imposti a certe
persone in vista della loro condizione e capacità personale
si risolvono in atti che le persone medesime devono intra-
prendere . Come abbiamo già precedentemente annunciato
(p . 287) , siffatti requisiti rientrano per noi nel concetto
dell'elemento subbiettivo del testamento , epperò alla pari

delle vere e proprie formalità devono essere esclusivamente


regolati dalla legge sotto il cui impero il testamento venne
fatto . Così per es . se una donna maritata fece il suo testa-
mento quando l'autorizzazione del marito non era a ciò
richiesta , il di lei testamento varrà a parer nostro , benchè
essa muoia vigendo una legge che per avventura tale au-
torizzazione richieda , e non crediamo che ci si possa qui

validamente obbiettare il principio della immediata appli-


cazione delle leggi intorno alla capacità giuridica personale.
Noi dissentiamo adunque dai fautori della seconda fra
le dottrine che andiamo esaminando circa l'effetto retro-

attivo di una legge nuova che dichiara incapace giuridica-


mente di testare chi ne era capace quando testò , e sotto
l'impero della qual legge nuova questo testatore sia morto.
E così pensano anche Pfaff e Hofmann (p . 231 ) . Ritenendo
che in virtù della nuova legge il testamento diventi inva-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 319

lido e inefficace, noi ci accostiamo invece su questo punto

ai fautori della prima e della terza dottrina .


Se ora noi ci facciamo a considerare il caso inverso a

quello precedentemente considerato , cioè il caso di una


legge posteriore alla confezione del testamento , e sotto cui
il testatore mori , la qual legge abolisca una incapacità giu-
ridica da cui era colpito il testatore in virtù della legge
sotto cui testò , veniamo ad esaurire l'argomento e il giu-
dizio di quelle tre dottrine.
I fautori della terza dottrina sostengono nel caso ultimo
esposto la convalescenza del testamento ; lo negano invece
i fautori della prima e della seconda . Noi seguiamo questa 308
seconda opinione . Valgono qui anzitutto i generali motivi
che nella Parte Generale di quest'opera (v . Vol . I , p. 241
e segg. ) noi abbiamo addotte contro la convalescenza ma-
teriale dei negozi giuridici per mutazione di legge. Non si
può negare però che nel caso attuale la convalescenza
prodotta dalla nuova legge , sembri piuttosto favorita che
contraddetta dalla speciale natura del negozio di che si
tratta , cioè dalla circostanza che il testamento non ha con-
sistenza giuridica per gli effetti che deve produrre prima
della morte del testatore ; e questo riflesso ci conduce a
considerare più addentro la quistione , e a più saldamente
giustificare la nostra opinione . Trattasi invero di un testa-
mento posto in essere da persona che godeva di piena sa-
nità di mente e libertà di volere ; almeno ciò è certo nel
nostro modo d'intendere la capacità giuridica, contrap-

posta alla capacità naturale o fisica. Or bene , se il testa-


tore, costituito in normale condizione intellettuale e morale
ha fatto il testamento ostandogli una incapacità giuridica ,
bisogna ritenere che egli conoscesse questo suo stato d'in-
capacità , e ciò nondimeno abbia posto in essere quell'ap-

parenza di testamento , non potendosi supporre che nes-


suno ignori le leggi , ma appunto perciò l'atto di cui si
320 PARTE TERZA

tratta non può aversi in conto che di atto apparente, che


il testatore può aver posto in essere per un motivo qua-
lunque, fuorchè per esprimere seriamente la propria ultima
volontà. Di fronte a questo dubbio , come è possibile la
convalescenza del testamento per il solo fatto dell'abolizione
dell'incapacità giuridica di cui era colpito il testatore?
Bisognerebbe , affinchè il testamento fosse convalidato , che
l'abolizione in discorso non solo significasse che il legisla-

tore non è più persuaso del principio contenuto nella legge.


antica, ma eziandio escludesse la possibilità che chi testò
in onta alla legge antica conoscesse le disposizioni di
questa legge ; imperocchè il supporre che chi ha testato in

309 tal modo intendesse cionondimeno di agire seriamente,


oppure avesse di mira appunto la possibilità della valida-

zione di cui si tratta , sarebbe per una parte un concetto


giuridicamente impossibile e mostruoso , per l'altra una
petizione di principio . Ma anche la supposizione che chi
agi sotto l'impero di una data legge , ignorasse questa
legge , benchè non sia supposizione assolutamente estranea
alla giurisprudenza , è però cotanto eccezionale , che non
può essere ammessa che in pochissimi casi e per specia-
lissimi motivi , non per una intiera categoria di casi indi-
stintamente , e molto meno senza alcuno speciale motivo ,
come sarebbe nel caso presente. È dunque impossibile la
convalescenza di cui ragioniamo , perchè mira a far con-
siderare come vero e proprio testamento un atto , che non
è possibile ritenere con certezza , una vera e seria disposi-
zione di ultima volontà .

Avendo noi escluso dapprima che il testamento , fatto


da una persona giuridicamente capace , possa reggersi ad
onta di una legge posteriore sotto il cui impero il testatore
mori , e la quale abbia tolto al testatore quella capacità , e
poscia avendo escluso del pari che un testamento fatto da
persona giuridicamente incapace possa convalidarsi perchè
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 321

una legge posteriore sotto il cui impero il testatore morì ,


abbia tolto quell'incapacità, ne consegue essere nostro av-
viso che la capacità giuridica di testare debba essere rico-
nosciuta nel testatore tanto dalla legge sotto il cui impero

il testamento venne fatto , quanto da quella sotto il cui


impero il testatore morì . È quindi anche nostra la prima
delle tre dottrine che abbiamo fin qui esaminate , e che ,

come dicemmo, è seguìta dalla grande maggioranza dei


giureconsulti . Ci importa però moltissimo di osservare che
le ragioni che ci hanno suggerita codesta opinione , sono
alquanto diverse da quelle che solitamente se ne danno .
La maggior parte dei giureconsulti esige la capacità giu-
ridica a termini delle due leggi , non appoggiandosi , come

vedemmo , ad altro che all'autorità del Diritto Romano , la


quale argomentazione è per più di un rispetto insufficiente 310
e non scientifica . Invero anzitutto è un argomento di mera

autorità ; che se poi della dottrina romana si ricercano le


ragioni , le si trovano in parte convenienti anche alla qui-
stione transitoria che abbiamo trattata, in parte inade-

guate, cosicchè per l'una parte quell'argomentare dall'au-


torità si manifesta inutile è superfluo , per l'altra parte
insufficiente. Imperocchè tanto se per mutazione di mero
fatto muore incapace di testare colui che ne era capace

quando testò , quanto se ciò accada per mutazioni di legge ,


il testamento diventa invalido per il motivo che gli manca
il carattere di vera e propria disposizione di ultima volontà ,
il quale motivo appunto noi abbiamo addotto considerando
la seconda ipotesi ; ma se per mutazione nelle leggi muore
capace di testare chi testò in istato di giuridica incapacità ,
non può bastare per regolare questo caso il riflesso che
basterebbe per regolare il caso medesimo accaduto per
semplice mutazione di fatto nella capacità giuridica del
testatore. In quest'ultimo caso infatti l'invalidità del testa-
mento si dimostra sufficientemente , riflettendo che il me-
GABBA -- Retr. leggi, III. 21
322 PARTE TERZA

desimo non ebbe consistenza giuridica alla sua origine ;


nel caso precedente invece lo stesso argomento non basta,
perchè l'emanazione di una legge nuova può appunto sem-
brare una cagione di convalescenza del testamento , come
appunto è sembrato al Lassalle . In quel caso l'invalidità
del testamento non può essere dimostrata saldamente che
col combattere la dottrina della convalescenza , come ap-

punto noi facemmo , scostandoci in proposito dal Lassalle,


al quale pure demmo il merito di avere pel primo additato
il vizio dell'argomentazione comunemente adoperata nel
trattare siffatta questione .

Noi aderiamo altresì all'universale opinione che la legge


intermedia sulla capacità giuridica, emanata fra la confe-
311 zione del testamento e la morte del testatore , non influisca
sulla validità del testamento . Anche qui però noi non ci
possiamo contentare della comune argomentazione analo-
gica , desunta dalla dottrina romana della incapacità per
mutata condizione di fatto surta e cessata in quell'inter-
vallo . Esaminandola poi in sè medesima , scorgiamo che
tale argomentazione è nel caso presente affatto inoppor-
tuna e superflua . Imperocchè facile è il comprendere , senza
bisogno di confrontare il caso presente con altri di natura
diversa , che , siccome nel testamento i momenti decisivi

della efficacia del negozio giuridico sono due , la confezione


del testamento e la morte del testatore , così una legge te-
stamentaria comparsa e scomparsa nell'intervallo fra quei
due momenti , non ha in sostanza maggior ragione di do-
minare quel negozio , di quello che una legge qualunque
possa colpire un negozio che durante il suo impero non fu
posto in essere . E ciò consuona con quanto noi dicemmo
in generale nella Parte Generale di quest'opera (Vol . I ,
p. 203 e segg. ) , circa la efficacia della legge intermedia
fra i momenti costitutivi di un fatto acquisitivo complesso.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 323

CAPITOLO IX.

Della capacità di succedere per testamento.

È comune insegnamento dei moderni scrittori che la


capacità di succedere debba in generale essere esclusiva-
mente giudicata secondo la legge vigente alla morte del de
cujus, trattisi di successione testamentaria , oppure di suc-
cessione intestata. Si possono vedere in proposito fra gli
altri : Mailher de Chassat ( II , p . 69) , Chabot de l'Allier
(III, p . 369) , Merlin (p . 275 , VI) , Dalloz (n . 318 ) , Duranton
(n. 63) , Demolombe ( n . 40) , Meyer ( p . 12) , Pinto (p . 155 ) ,
Bauer (p . 81 ) , Savigny ( p . 457 , 464 ) , Kalindero (p . 116 ) ,
Grandmanche de Beaulieu (p . 82) , Christiansen (p. 129 ) , 312
Mazzoni (n . 53 ) , Bianchi (p . 98 ) . La giurisprudenza dei
tribunali segue oggidì la stessa dottrina . Vedasi per es . la
sentenza della Cassazione di Firenze , 23 ottobre 1880 ( 1 ) ,
e quanto alla capacità di succedere per testamento in par-
ticolare vedasi : Tribunale di Portoferraio , 21 luglio

1852 (2 ) , Corte di Napoli, 6 agosto 1869 (3) , Corte di


Bologna, 27 ottobre 1882 (4) .

Cosiffatto canone però non è antico , e prima di apprez-


zarlo in relazione ai principii fondamentali che abbiamo
superiormente esposti circa l'acquisto del diritto di suc-
cedere e del diritto di successione , è bene investigare come

siasi venuto formando nella storia . A questo fine è neces-


sario discorrere separatamente della successione testamen-
taria e della successione intestata .

(1) A. G., 1880, 1 , 476.


(2) L. xii , 11 , 1957.
(3) G. I., xxi, 2, 568.
(4) A. G., 1873, 2, 112.
324 PARTE TERZA

Nel Diritto Romano la capacità dell'erede testamentario


e del legatario era richiesta in tre tempi , come si vede,
fra le altre , nella L. 49 , D. De haered . instit. Questi tre
tempi (tria tempora) erano : il tempo del testamento , quello
della morte del testatore , e quello dell'adizione dell'eredità.
In luogo del tempo della morte consideravasi quello del-
l'adempimento della condizione , se la disposizione testa-
mentaria era condizionata . Alle incapacità sopraggiunte
per avventura e cessate nell'intervallo fra l'uno di quei
momenti e l'altro , non si avea riguardo (1. c ..... medio tem-
pore..... mutatio juris haeredi non nocet) . Quei tre tempi
erano agli occhi dei romani giureconsulti ugualmente im-
portanti e decisivi nella trasmissione successoria testamen-
taria, e per le seguenti ragioni secondo il giureconsulto
Fiorentino nella citata legge . Il tempo del testamento , ut
313 constiterit institutio, il tempo della morte, ut institutio effe-
ctum habeat, il tempo dell'adizione , perchè jus haeredis eo
vel maxime tempore inspiciendum est quo acquirit haeredi
tatem . Di queste ragioni di Fiorentino ognuno può trovar
soddisfacenti la seconda e la terza , relative al secondo e
terzo tempo , perchè anche oggidì si ammette universal-
mente che il momento della morte sia decisivo , anzi il più
decisivo di tutti giuridicamente , e il momento dell'adizione
dovea naturalmente parere ai Romani decisivo anch'esso ,
per le ragioni da noi additate più sopra (p . 245 e segg .).
Ma la necessità della capacità dell'onorato al tempo del
testamento , su qual ragione riposa , o in altri termini,
perchè quella capacità non deve essere mancata in quel
tempo , ut constiterit institutio ? Su questo punto molto fu
discusso, e questa discussione è anche oggidì importante,
tanto nella dottrina generale della capacità di succedere
quanto in particolare nella dottrina transitoria di quella
capacità , la quale seconda dottrina non è che un corol-
lario della prima , come in seguito vedremo . Il Savigny
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 325

assegna una origine tutta storica alla dottrina della neces-

sità della capacità dell'onorato al tempo del testamento .


Questa dottrina , egli dice ( pag . 458 ) , ebbe nascimento al-
lorquando il testamento romano aveva la forma di una
mancipatio del patrimonio al familiae emtor , come rappre-
sentante tutte le persone contemplate nel testamento . Egli
è infatti facile a comprendere che , ove si pretenda assimi-
lare il testamento agli atti inter vivos, e considerare fitti-
ziamente come interveniente al medesimo lo stesso ono-

rato , è giuocoforza esigere in quest'ultimo fin da quel


momento la capacità di acquistare, della quale capacità
non si ha invece ragione di tener conto prima della morte ,
ove il testamento tengasi affatto distinto dagli atti inter
vivos , e fino alla morte del testatore lo si consideri come
un atto perfetto bensì , ma soltanto rispetto al suo autore .
La spiegazione data dal Savigny pare quindi anche a noi
soddisfacente . Può sulle prime sembrare però che la ne-

cessità della capacità dell'onorato all'epoca della confe- 314


zione del testamento sia nel Diritto Romano strettamente
connessa con certi noti aforismi relativi alla iniziale vali-

dità e idoneità dei testamenti , e propriamente agli afo-


rismi contenuti nelle Leggi 29 , 201 , 210 , D. de reg. jur.,

e più ancora alla regola catoniana ( L. 1 , D. de reg. caton.) .


Di questo punto tratteremo fra poco .
Or si domanda quale autorità abbia la dottrina romana
della capacità dell'onorato , rispetto alla generale dottrina
della retroattività delle leggi . Autorità, s'intende , per via

di analogia , imperocchè anche quella dottrina romana


concerne le possibili mutazioni di fatto nella capacità giu-
ridica dell'onorato dal tempo del fatto testamento al tempo
dell'adizione , e non già corrispondenti mutazioni nelle
leggi relative a tale capacità. Per rispondere all'esposta
domanda bisogna considerare la dottrina romana in ordine
alla vera natura della successione testamentaria .
326 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

Che la capacità dell'onorato non si possa oggidì più


richiedere all'epoca della confezione del testamento , e
quindi a termini della legge vigente in quest'epoca , facil-
mente si può ammettere con tutti i moderni giureconsulti ,
ove si pensi col Savigny e col Grandmanche De Beaulieu
(p . 83 ) che tale necessità aveva nel Diritto Romano l'unico
fondamento storico sovraccennato . Ma la dottrina romana

sembra appoggiarsi altresì , come già dicemmo poc'anzi,


su più generali principii , e specialmente sulla regola cato-
niana, così concepita : quod , si testamenti facti tempore de-
cessisset testator, inutile foret, id legatum , quandocumque
decesserit, non valere . Da questa regola , intesa come rela-
tiva alle cause dell'inidoneità in genere del testamento a
produrre il suo effetto per mancanza di qualche requisito,
verrebbe la conseguenza che un testamento , il quale all'atto
in cui fu fatto non avrebbe potuto produrre alcun effetto.
315 pel titolo dell'incapacità dell'onorato , non possa più pro-
durre un tale effetto , quantunque alla morte l'onorato si
trovi diventato capace, sia per mutazione di fatto nella sua
condizione giuridica , sia per mutazione di legge intorno a
questa condizione . Che se la regola catoniana dovesse ve-
ramente intendersi in tale maniera , e così intesa assumersi
fra i principii della giurisprudenza generale, ne consegui-
terebbe nella quistione in discorso la necessità della capa-
cità dell'onorato anche al tempo della confezione del testa-
mento . Or si domanda quale sia il vero significato e la
vera autorità scientifica di tal regola . Badisi che , intesa
nel modo suddetto , la regola catoniana condurrebbe ad
una dottrina differente dalla dominante , non solo nell'ar-
gomento della capacità dell'onorato, ma eziandio in molti
altri punti della dottrina transitoria della successione te-
stamentaria , e per es. nell'argomento delle forme interne,
del contenuto del testamento , della disponibilità delle cose
componenti la successione. Per conseguenza quello che
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 327

noi ora diremo rispetto alla regola catoniana ci varrà non


soltanto rispetto al tema della capacità dell'onorato , ma
eziandio in seguito ci varrà rispetto a tutti gli altri , ai
quali quella regola potrebbe del pari venire applicata .
Vuolsi anzitutto accennare l'obbietto che il Savigny
(p. 460 ) adduce contro la generale applicazione della re-
gola catoniana a tutti i punti ed elementi della successione
testamentaria , affermando coll'appoggio dello stesso Di-
ritto Romano (L. 3 , D. de reg. caton . ) che quella regola sol-
tanto ai legati si applicava , non anche alla eredità . Vera-

mente codesta opinione, generalmente oggidì ricevuta , è


stata combattuta da molti antichi giureconsulti , ma noi
non ci soffermeremo a discuterla , perchè ben più decisiva
importanza ha nell'attuale trattazione la determinazione
del vero significato della regola in discorso . Noi crediamo
col Mailher de Chassat (2 , p . 72-84) che il voler riferire la
regola catoniana a tutte le cause d'inefficacia del testa-
mento , sia interpretazione non fondata nei testi del Diritto 316
.

Romano. Senza seguire quel diligente giureconsulto nelle


sue argomentazioni per stabilire che l'inutilità di una di-
sposizione testamentaria non può confondersi colla vizio-
sità del testamento , noi crediamo che più opportunamente
e più direttamente questa differenza si possa rilevare dai
testi romani , nei quali viene chiarito il senso della espres-
sione inutile legatum . Veggansi a modo di esempio le LL . 82 ,
§ 5 , D. de leg. I ; 82 pr. , D. de leg. 2 ; 65 , D. ad leg . falcid.;
31 , § 2 , D. de fideicomm . libert.; 25 , § 6 , D. de haered . petit.
Dagli esempi addotti in queste leggi chiaramente risulta
che legato inutile , o inutile disposizione testamentaria era
quella, il cui oggetto non esisteva che apparentemente ,
non anche in realtà , per una impossibilità logica o giuri-
dica . Non è quindi possibile , senza far violenza al signifi-
cato delle parole, riferire l'inutilità in discorso al difetto di
capacità dell'onorato , o a qualunque altro difetto della di-
328 PARTE TERZA

sposizione testamentaria , quantunque anche per questi


difetti un testamento possa rimanere privo di effetto ; equi-
parare in generale l'inutilità della disposizione testamen-
taria alla inidoneità della medesima ad avere effetto , è una
arbitraria interpretazione .

Intesa nel modo indicato dianzi , l'autorità scientifica


della regola catoniana non deve essere da noi esaminata
in questo luogo, ma piuttosto dove si ragiona dell'oggetto
delle disposizioni testamentarie . Osserviamo qui soltanto
che, se può parere una disposizione non seria , quasi gio-
cosa , quella il cui oggetto si risolve in nulla , lo stesso non
si può dire di una disposizione in cui soltanto si contempli
persona incapace di subito approfittarne ; in questo caso
piuttosto devesi ritenere che il disponente abbia voluto
seriamente beneficare la persona nominata , nella speranza

che la di lei incapacità potesse essere cessata nel giorno


in cui la disposizione avrebbe effetto , cioè nel giorno della
morte di esso disponente .

Neppure devesi ritenere , come sulle prime potrebbe


317 sembrare, che la necessità della capacità dell'onorato al
momento della confezione del testamento , e così pure , ge-

neralmente parlando , la necessità dell'osservanza in quel


tempo di tutti i requisiti del testamento , possa desumersi
dai noti aforismi : quod ab initio vitiosum est tractu temporis
convalescere non potest (L. 29 , D. de reg. jur. ) ; omnia quae

ex testamento proficiscuntur ita status eventum capiunt, si ini-


tium quoque sine vitio coeperint (L. 201 , D. eod . ) . Veramente

questi aforismi hanno una estensione assai maggiore di


quella della regola catoniana , e il secondo specialmente.
conferma ciò che già da altri testi è sancito esplicitamente
che cioè la capacità dell'onorato , del pari che qualunque
altro requisito del testamento , deve essere esistita fin dal
giorno in cui il testamento venne fatto . Ma si rifletta che
il primo di questi aforismi , benchè sia certo e inconcusso
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 329

non solo nel Diritto Romano , ma anche nella giurispru-


denza universale , non può tuttavia venire applicato alla
quistione attuale , nè alle altre analoghe , se prima non si
ponga in chiaro in che consista e quale estensione abbia
la viziosità del testamento , nel quale argomento la giuris-
prudenza universale può avere concetti alquanto differenti
da quelli che aveano i Romani . Il secondo aforismo poi ci
dà un assioma di diritto positivo romano , il quale non può
avere autorità nella giurisprudenza generale , nè può essere
considerato avere altro valore che meramente storico , al
pari della regola catoniana .
Esaminiamo ora liberamente il valore della dottrina

romana di cui andiamo ragionando , di fronte alla giuris-


prudenza universale. Su questo punto noi possiamo essere
molto brevi. Abbiamo dimostrato più sopra (v . p . 287 )

che rispetto a tutti gli elementi obbiettivi del testamento ,


a tutte le condizioni della intrinseca validità di questo ,
deve bastare che l'idoneità loro ci sia alla morte del testa-

tore, sia per virtù di un mutamento di fatto , o sia per 318


virtù di un mutamento di diritto , e che il testatore devesi
appunto ritenere aver saputo e voluto fare una disposi-
zione di esito incerto , piuttosto che rinunziare ad una in-
tenzione che gli stava a cuore ( 1 ) . Da tale principio gene-
rale noi possiamo ora dedurre che la capacità dell'onorato
basta che ci sia alla morte del testatore , come ne dedur-

remo altre conseguenze analoghe nel seguito delle nostre


investigazioni . La chiarezza tanto della premessa quanto
della conseguenza ci pare massima , ed è appunto per ciò
che il principio che noi propugniamo non è stato mai

(1) Nel Diritto Romano del resto riconoscevasi nel testatore la facoltà di
esprimere cosiffatto intendimento, v. la L. 52, D. de hered. instit.; di qui a
presumere l'intendimento medesimo doveva essere hen naturale il passo
pei giuristi moderni , i quali non erano vincolati dal principio meramente
storico della necessità della capacità dell'onorato all'epoca della confezione
del testamento, ut constiterit institutio.
330 PARTE TERZA

revocato in dubbio nella giurisprudenza moderna , dovunque


il Diritto Romano non era o aveva cessato di essere legge
vigente. In Francia , prima del Codice civile , fu sempre
ammesso nei paesi di diritto consuetudinario (v . Ch . d.
l'All . , 3 , p . 377 ; Mailher de Chass . , 2 , p . 88 ) che la capa-
cità dell'onorato bastasse esistere alla morte del testatore,

ed era tanta la persuasione fra i giureconsulti della giu-


stezza di questo principio , che il medesimo venne poi
esteso a tutto il paese dall'Ordinanza del 1735 ( art. 49 ) .

Ci rimane ora a ragionare della capacità che il Diritto


Romano voleva nell'onorato anche al tempo dell'adizione
dell'eredità . Veramente lo stesso non si richiedeva rispetto
ai legatari , attesochè l'acquisto del legato accadeva per
Diritto Romano, come è noto , al momento stesso della
morte del testatore .

Quella massima romana era strettamente connessa , come

notammo sopra , coll'autorità del giureconsulto Fiorentino,


col concetto che i Romani aveano dell'adizione dell'ere-

dità . Fa meraviglia , osserva a buon diritto il Lassalle


319 (p . 503 ) , che il Savigny (p . 460 ) abbia affermato che anche
il momento dell'adizione non ha alcuna scientifica impor-

tanza nel determinare la capacità dell'onorato . Noi che


abbiamo dimostrato più sopra (Cap . III) l'importanza scien-
tifica del concetto dell'adizione , e abbiamo anche dimo-
strato che questo concetto non è per nulla reso superfluo ,
come molti pensano , dalla massima francese le mort saisit
le vif, non possiamo non avvertire che un certo nesso

logico esiste , come i Romani pensavano , fra quel concetto


e il requisito della capacità dell'onorato , e quindi non pos-
siamo ritenere che questa capacità all'epoca dell'adizione
non si richieda , senza che si pensi e si dimostri che fra
l'un concetto e l'altro non vi sia quella necessaria connes-
sione , che ai Romani era sembrato riscontrare.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 331

Tale è appunto la nostra opinione , e della maggior parte


dei moderni giureconsulti , non però di tutti , nè per es . di
Savigny (p . 483 ) , Unger (Erbrecht, § 5 , n. 22 ) , Pfaff e

Hoffmann (pag. 224) . Per noi la capacità del successore


testamentario deve essere esclusivamente regolata dalla
legge vigente nel giorno della delazione dell'eredità , e
quindi , di regola , nel giorno della morte del testatore ,
e non si richiede capacità anche a termini della legge
vigente nel giorno in cui l'onorato adisce o accetta la suc-
cessione . È questa per noi una illazione dalla tesi pre-
cedentemente dimostrata (v. p. 254 e segg. ) che , quan-
tunque l'adizione faccia sorgere il diritto dell'erede sulla
successione, o quello che noi chiamiamo diritto di succes-
sione , questo diritto però non è che una trasformazione
del diritto di succedere, dall'erede già acquistato a quella
condizione per il fatto della delazione della successione ,
e , trattandosi di successione testamentaria, per il fatto
della morte del testatore , e non può quindi essere vinco-
lato a nuove condizioni oltre quelle a cui era vincolato il
precedente diritto . Non altro che questo è per noi il fonda-
mento razionale della dottrina moderna , che più non esige
la capacità dell'onorato al momento dell' adizione . Essa
non riposa certamente, come pensa il Chabot de l'Allier

(p . 376 ) , sul moderno canone le mort saisit le vif, perchè


questo canone, come noi abbiamo dimostrato (Cap . III) ,
checchè ne pensino molti giureconsulti francesi , non ha 320
avuto , nè potuto avere per sè solo la forza di rendere
superfluo il concetto dell ' adizione nella dottrina delle

successioni ereditarie . Ci dispensiamo dal combattere le


ragioni colle quali il Lassalle (pag. 505) sostiene ancora.
oggidì la necessità della capacità dell'onorato al tempo
dell'adizione , perchè sono in sostanza le medesime ragioni
colle quali questo ingegnosissimo scrittore propugna in
tesi generale doversi aver riguardo anche alla legge vigente
332 PARTE TERZA

in quel tempo nel determinare il successore e i diritti di


lui , ragioni che noi abbiamo già riferite e combattute in
una precedente occasione ( p . 268 e segg .) . Ci si obbietterà
che , col richiedere la capacità dell'onorato nel solo giorno
della delazione della eredità , si viene ad ammettere all'ac-
cettazione o al ripudio di questa una persona che in quel

giorno non sia più capace di ereditare , oppure s'impedisce


di rifiutare l'eredità ad una persona diventata dopo la

morte del de cujus incapace di succedergli , epperò anche


reputata incapace di accettarne e di ripudiarne la succes-
sione . Ma noi rispondiamo che di questa incapacità non è
più luogo propriamente a parlare in quel momento , per
non aver essa esistito al momento della delazione della
eredità (v . sopra p . 307) .

Porremo fine a questa discussione teorica intorno alla


capacità giuridica dell'onorato , accennando all'opinione di
chi vorrebbe regolata questa capacità esclusivamente dalla
legge vigente nel giorno della confezione del testamento .
Di questa opinione sono il Bergmann (p . 110 ) , e il Weber
(pag. 96 , nota 50) , e l'adottò pure il Codice civile austriaco
(v . sopra p . 270) . Il Weber non dimostra la sua tesi , e
sembra che gli paia una diretta conseguenza del principio

che il testamento è un atto perfetto , quando sia stato fatto


321 conformemente alle leggi vigenti ; il Bergmann sostiene
tale opinione nel Diritto Romano , come una applicazione
della massima generale sancita nella Novella 66. Al primo
argomento vale per risposta tutto quello che noi abbiamo
detto finora esponendo la tesi contraria ; al secondo rispon-
diamo ciò che già ebbimo l'occasione di osservare , cioè
che la Novella 66 va considerata come una disposizione

meramente positiva , e non come l'enunciazione di un prin-


cipio scientifico .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 333

Veniamo ora ad alcune applicazioni pratiche del canone


che la capacità dell'onorato si richiede soltanto alla morte
del testatore .

Se taluno avesse istituito erede un nascituro , e alla sua


morte questo nascituro non fosse ancora stato concepito ,
e l'istituzione fosse stata fatta vigendo una legge , per es . il
Codice civile dell'ex- reame di Napoli (art. 822) , che dichia-

rava in tal caso l'istituzione inefficace , ma la morte fosse


invece accaduta vigendo una legge , come per es. il Codice
civile italiano (art . 764), che sancisce l'opposto principio ,

vuolsi ritenere col Mazzoni (p . 53) che l'istituzione sorti-


rebbe il suo effetto , ad onta della discrepanza fra le due
legislazioni . Ciò ebbe a dichiarare anche la Corte d'appello
di Torino in una sentenza del 27 febbraio 1807 (1 ) .

Se l'autore di una istituzione , come quella dianzi con-


figurata, fosse morto bensì sotto l'impero di una legge che
dichiarava capaci di succedere anche i non concepiti , ma

poi questa legge fosse stata abolita , e surrogata da un'altra


che tali persone dichiara invece incapaci di succedere , e
soltanto sotto l'impero di questa legge gli istituiti fossero
stati concepiti , conserverebbe l'istituzione il suo vigore
anche sotto l'impero della legge nuova ? Noi crediamo che
sì , e questa medesima opinione venne adottata anche dalla 322
Corte d'appello di Bruxelles in una sentenza del 27 no-
vembre 1819 (2 ) in un caso di tal genere, accaduto nel
passaggio da una legislazione anteriore al Code civil, dichia-
rando la Corte che l'opposto avviso attribuirebbe una in-
giusta retroattività all'art . 906 di quel Codice . Invero alla
morte del testatore , nella esposta fattispecie , è acquistato
il diritto di succedere dai chiamati non ancora concepiti

nella persona dei loro momentanei legali rappresentanti.


Ci fa meraviglia che il Merlin (p . 275 , VI) segua un con-

(1 ) R. G. , 7 , 2, 637 ; C. N. , 2, 2 , 205.
(2) MERLIN, R., 1. c., p. 275.
334 PARTE TERZA

trario avviso, affermando col Meyer che non vi possono


essere diritti quesiti da persone non esistenti . Egli non ha
riflettuto che quella tesi generale del Meyer non si attaglia
appunto a quei casi nei quali la legge espressamente
attribuisce e riserva un diritto a persone non per anco

concepite .
Dichiarati dall'articolo 767 del Codice civile italiano

incapaci di ricevere per testamento altro che gli alimenti ,


i figli naturali del testatore dei quali è vietato il ricono-
scimento , cioè gli adulterini e gli incestuosi , saranno inef-
ficaci , in quanto a siffatto diritto contravvengono , i testa-
menti aperti vigendo il detto Codice , senza aver riguardo
alla legge per avventura diversa , imperante nel giorno
del riconoscimento dei detti figli . E non solo detto articolo
si dovrà applicare, ma anche il successivo articolo 773
che determina le persone che si debbono reputare interposte
onde eludere il divieto del primo . Concorda con questa
opinione una sentenza della Cassazione di Torino , 9 maggio
1882 ( 1 ) .
Se la istituzione fosse condizionale , e la condizione non
si verificasse che dopo la morte del testatore , la capacità
dell'onorato si richiederebbe soltanto alla morte del testa-

tore, o soltanto al verificarsi della condizione , o in am-


bedue i tempi ?

Il Merlin (p . 222) è d'avviso che la capacità dell'onorato


323 richieggasi soltanto al verificarsi della condizione ; Demo-
lombe (n . 49) , il Kalindero (pp . 116-117 ) , e il Bianchi
(p . 98 ) opinano invece che la mancanza della capacità al
verificarsi della condizione non nuoca all'onorato che era

capace alla morte del testatore . Noi preferiamo la seconda


opinione , reputiamo cioè che basti la capacità dell'onorato
nel giorno della morte del testatore , anche se il testamento

(1) A. G., XVI , I , 180.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 335

sia condizionato . Imperocchè, quantunque sia vero che la


successione condizionata si apre al verificarsi della condi-
zione , il diritto di succedere però è stato acquistato fin
dalla morte del testatore , e l'effetto della successione si
retrotrae fino a quel momento , in qualunque tempo la
condizione si verifichi . I diritti condizionali non sono , pen-

dente la condizione , meno perfettamente acquisiti di quelli


puri (v. Vol . I, p . 229) , e il concetto di condizione vera e
propria apposta ad un testamento, riguarda fatti e circo-
stanze del tutto estranee al subbietto , o riguardanti il sub-
bietto bensì , ma che non si identificano con lui , come
sarebbe la condizione dell'esistenza , e come è pure la con-

dizione della capacità , che è in certo modo condizione di


esistenza giuridica . Altrimenti non esisterebbe affatto il
subbietto a cui direbbesi conferito il diritto condizionato ,
e non si saprebbe a benefizio di chi andrebbe il testamento
alligato a condizione , al momento della morte del testatore .

E appunto per queste ragioni noi abbiamo osservato sopra


(p . 266) che lo stesso diritto di succedere è implicitamente
condizionato all'accettazione della eredità ; sicchè ora ci
contraddiremmo , se altrimenti pensassimo circa l'effetto
delle condizioni esplicitamente apposte al testamento .
Del resto il Merlin non ha molto ponderata quella sua
asserzione , perchè poche linee più sotto egli afferma , invo-
cando l'autorità di due sentenze di Cassazione , l'una del
7 piovoso ( 1 ) , l'altra del 13 termidoro anno 13 ( 2) , che 324
una legge, sopraggiunta fra la morte del testatore e il
verificarsi della condizione apposta alla disposizione testa-
mentaria, non potrebbe togliere a questa nè in tutto nè in
parte il suo effetto . Perchè lo stesso principio non deve
valere anche per la capacità che l'onorato aveva alla morte
del testatore ?

( 1 ) MERLIN , R. , Add . voce eff. rétroact. , p. 222 .


(2) MERLIN, R. , Add . voce eff. rétroact., p . 222.
336 PARTE TERZA

Reciprocamente noi crediamo che nel caso di una suc-


cessione testamentaria condizionata , non basterebbe al
successore il trovarsi capace al momento del verificarsi

della condizione, se egli fosse stato incapace alla morte


del de cujus .

CAPITOLO X.

Della forma esterna dei testamenti.

Le formalità colle quali deve essere dichiarata l'ultima


volontà , e dalle quali deve essere rivestito il documento
che la racchiude , dicemmo sopra (pag. 274) dover essere
esclusivamente regolate dalla legge , vigente la quale il
testamento venne fatto . Se cioè il testamento , rivestito di
tali formalità , non si trova per avventura conforme ad
una nuova legge formale vigente alla morte del testatore,
questa circostanza non può ostare a che venga eseguita e
produca i suoi effetti , e ciò noi affermiamo senza veruna
distinzione nè eccezione , abbia il testatore o non abbia
potuto rinnovare il testamento dopo l'abrogazione dell'an-
tica legge formale .
Questa opinione è una delle più sicure nella giurispru-
denza transitoria , perchè ha per sè l'autorità del Diritto
Romano e quella di quasi tutti gli scrittori antichi e mo-
derni , e di parecchie moderne legislazioni .
Nel Diritto Romano noi la troviamo sancita in due

325 luoghi : nella L. 29 C. de testamentis, e nella Novella 66.


È scritto nella prima legge , relativa alla enunciazione del
nome dell'erede per parte del testatore e dei testimoni , il
noto dettato : quae in posterum tantummodo observari cen-

semus....., quid enim antiquitas peccavit , quae praesentis legis


inscia pristinam secuta est observationem ? Nella Novella 66
(§ 4) , già più volte citata , è stabilito in generale , e quindi
anche per riguardo alle forme esterne , che i testamenti ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 337

fatti prima delle nuove leggi , debbano continuare ad essere

regolati dalle leggi antiche , pel motivo che : neque omnia


in nostra potestate sunt , nec semper aliquis tempus testandi
habet. Fra gli antichi giureconsulti possiamo citare in ap-
poggio della esposta opinione , Paolo De Castro ( ap . Mailh .
de Ch . , 2 , p . 3 ) , Vasquez ( ib . , p . 4) , Boullenois ( ib . , p . 7 ) ,
Rodemburg (ib . , p . 8 ) , Abramo Wesel ( ib . , p . 9 ) ; fra i
moderni , Chabot de l'Allier ( 3 , p . 292) , Meyer (p . 11 ) ,
Herrestorff (p . 90) , Bauer (p . 68) , Weber (p . 93 ) , Struve

(p. 250) , Wächter (p . 170 ) , Schmid (p . 143 ) , Pfeiffer ( ap.


Pinto , n . 24) , Christiansen ( p . 128 ) , Savigny ( p . 409 ) , Las-
salle (p . 347 ) , Georgii ( p . 181 ) , Schaaf ( p . 459 ) , Unger
(p. 143) , Duranton (p. 68 ) , Demolombe (p . 26 ) , Merlin
(p. 273 ) , Dalloz (1. c . , n . 314) , Kalindero (p . 119) , Grand-
manche de Beaulieu (pp . 85-86 ) , Pinto ( n . 21 ) , Bianchi
(p. 120) , Pfaff e Hoffmann (p . 235) .
Fra le moderne legislazioni voglionsi parimenti citare :
l'Ordinanza francese del 1735 intorno ai testamenti , in cui

si legge che i testamenti , i codicilli e le altre disposizioni


di ultima volontà , redatte e sottoscritte conformemente
alle leggi anteriori ( art . 50 ) , debbano considerarsi aventi
data certa , benchè il testatore fosse morto dopo la pub-
blicazione dell'Ordinanza ; -
— le leggi del 17 nevoso e del

22 ventoso anno 4 ( conf. Ch . de l'All . , 3 , p . 293 ) , le quali ,


quantunque retroattive rispetto al contenuto delle disposi-
zioni testamentarie, rispettarono però le forme dei testa-
menti anteriori ; - il Diritto territoriale prussiano (Pat . di
Promulg., § 12 , v . Vol . I di q . o . , p . 61 , i . n . ) ( 1 ) ; il 326

Codice civile austriaco , il quale , come abbiamo già avver-

tito (v . p . 283) , adottò pienamente il principio sancito

(1 ) Il Weber racconta (p. 93) che questo principio era stato violato in
una Circolare del Ministro di Giustizia del Regno di Vestfalia, ordinante
la rinnovazione dei testamenti non conformi al Code civil, ma che questa
disposizione venne ben presto abrogata mediante una aggiunta alla mede-
sima circolare.
GABBA Retr. leggi, III. 22
338 PARTE TERZA

nella Nov. 66 ; - la prima e la terza Ordinanza transi-

toria annoverese del 1814 (§§ 25 , 72 , ib . , p . 81 , i . n.) ; -


l'Ordinanza transitoria di Brema dello stesso anno (§ 17 ;
ib., p . 88 , i . n . ) ; l'Ordinanza transitoria oldemburghese pur
di quell'anno (§ 9 , ib . , p . 91 , i . n.) ; ― l'Ordinanza tran-
sitoria prussiana del 1814 (§ 6 , ib. , p . 92 , i . n . ) ; - la legge
transitoria olandese del 1 ° ottobre 1833 (art . 3 , ap . Pinto,

n . 22) ; -le Disposizioni transitorie estensi del 1852 ( art. 17 ;


ib. , pag. 108 , i. n . ) ; - l'Ordinanza transitoria sassone

del 1863 (art . 23 ; ib . , p . 114 , i . n .) ; ― le Disposizioni


transitorie italiane del 1865 (art. 23 ; ib . , 119 , i . n .) .

La giurisprudenza francese posteriore al Codice Napo-


leone, il quale nulla dice intorno all'argomento in discorso ,
dopo avere sulle prime oscillato alquanto fra le due opposte
opinioni , finì coll'adottare quella suesposta . E infatti la
retroattività della nuova legge formale vigente alla morte
del testatore è stata dichiarata dalla Corte d'appello di
Nîmes in una sentenza del 16 ventoso anno 12 ( 1 ) , e dalla
Corte d'appello di Liegi in una sentenza del 30 germinale
anno 13 ( 2 ) ; invece l'esclusivo impero della legge formale,
sotto il cui impero il testamento venne fatto , fu dichiarato
dalle seguenti sentenze d'appello e di cassazione : Corte di

Bruxelles , 15 frimale anno 12 (3 ) ; Corte di Parigi , 15 mes-


sidoro anno 12 (4) ; Corte d'Agen , 30 aprile 1806 e
327 21 maggio 1813 ( 5 ) ; Corte di Besançon , 21 maggio 1808 (6) ;
Corte di Torino , 31 agosto 1808 ( 7 ) , e 7 giugno 1809 (8 ) ;
Corte di Liegi , 28 marzo 1809 (9) ; Corte di Genova ,

(1 ) D. , R. , voce Lois, n. 314.


(2) Ib.
(3) Ib.
(4) Ib.
(5) lb.
(6) D. , R., voce Lois , n . 314.
(7) Ib.
(8) Ib.
(9) Ib.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 339

18 luglio 1809 ( 1 ) ; Corte di cassazione di Parigi , 1º bru-


male anno 13 (2) , 5 brumale anno 13 ( 3 ) , 5 termidoro
anno 13 (4) , 3 gennaio 1810 ( 5 ) , 25 luglio 1815 ( 6 ) , delle
quali tre sentenze la prima fu emanata dietro le conchiu-
sioni del Procuratore Generale Merlin ; Corte di Chambéry

17 giugno 1865 (7) ; Cassaz . di Parigi , 19 febbraio 1867 ( 8 ) .


Nella giurisprudenza italiana del Codice civile del 1866

è pure pacifica l'opinione della esclusiva applicazione della


legge vigente alla morte del testatore , per giudicare della
validità formale del testamento ; veggansi per esempio le

seguenti sentenze : Corte di Brescia , 28 gennaio 1875 (9) ;


Corte di Lucca, 8 giugno 1880 ( 10) ; Cassazione di Fi-
renze, 12 ottobre 1875 ( 11 ) , e 10 marzo 1877 ( 12 ) ; Cas-
sazione di Roma , 19 luglio 1877 ( 13 ) .
Di tale quasi universale consenso le ragioni non sono
sempre le medesime . Per taluni l'autorità del Diritto Ro- 328

mano è una ragione che rende superflua ogni altra . Ma


per verità nel Diritto Romano il motivo per cui la forma
testamentaria, voluta dalla legge del tempo in cui il testa-
mento fu fatto , sia sufficiente , è nella L. 29 , C. de testam .
molto e forse troppo generale , e nella Novella 66 è fatto
consistere in una circostanza affatto estrinseca all'argo-

(1) Ib., CH. DE L'A. , III , p. 297.


(2) D. , R., ib.
(3) R. G. , 1 , 55.
(4) Ib.
(5) R. G. , 10, 1 , 184.
(6) R. G. , 10, 1 , 184.
(7) I. P., 1865 , p. 1282.
(8) Ib. , 1867, 162.
(9) G. 1., xxvii , 1 , 681.
(10) A. G. , XIV, ш , 217.
( 11) G. I., xxviii , 1 , 319.
(12) L. xvii, 1 , 329.
(13) G. 1. , XXIX, 1 , 890. Contro una sentenza della Corte suprema di
Vienna 17 giugno 1857 ( Coll. Glaser, 1 , 389) . Ma è noto che il Codice civile
austriaco sancisce espressamente siffatto principio .
340 PARTE TERZA

mento , e quindi scientificamente non decisiva , nella circo-


stanza cioè che non sempre si ha comodità di fare o di
rifare il proprio testamento. Altri scrittori desumono il
principio in discorso dal canone generale, che delle forme
degli atti si giudica secondo la legge del tempo in cui gli
atti vennero posti in essere, o in altri termini , che chi ha
posto in essere un atto colle forme volute dalla legge del
tempo, acquista un diritto alla forza probante delle forme
medesime, e tale è l'argomento adoperato dal Georgii e
dal Meyer. Ma anche questo ragionamento non è gran fatto
persuasivo , perchè con esso viensi a trattare il testamento

alla pari degli atti inter vivos , i quali non tanto da nessun
altro fatto o circostanza esteriore attendono la loro effi-

cacia come il testamento , quanto piuttosto sono atti irre-


vocabili come il testamento non è, cosicchè , ragionando
in tal maniera , non è abbastanza chiarita l'applicabilità
del canone invocato . E infatti questo è il punto di partenza
delle obbiezioni che il Mailher de Chassat ( 2 , p . 6 , 25 )
oppone al principio in discorso .
Il vero motivo razionale , generalmente intraveduto e
sentito , ma non da tutti compreso ed affermato nella sua
purezza, per cui le forme testamentarie debbono essere

esclusivamente rette dalla legge del tempo in cui il testa-


mento venne fatto, è che il testamento , quantunque atto
essenzialmente revocabile , è però compiuto e perfetto dal
momento in cui è stato perfezionato secondo le forme

volute dalla legge del tempo , e per questa ragione , e non


329 già per essere il medesimo in generale un atto giuridico,
può anch'esso venir sottoposto al canone generale transi-
torio circa la legge della forma degli atti . Tale è veramente
la natura del testamento , come noi abbiamo precedente-
mente dimostrato (p. 256 ) , e tale è la ragione che del
principio in discorso fu già addotta da autorevoli scrittori,
quali sono il Demolombe , il Grandmanche de Beaulieu , il
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 341

Kalindero , il Chabot de l'Allier , il Duranton , il Merlin . Ci


sorprende che il Mailher de Chassat non abbia fatta la

stessa riflessione, e che, argomentando fallacemente dalla


revocabilità del testamento , abbia voluto contraddire al-

l'opinione universale , e trovarsi solo col Gönner (pag . 155 )


nel sostenere che le forme dei testamenti debbansi per

regola generale giudicare secondo la legge vigente alla


morte del testatore . E fa meraviglia ancor più che lo
stesso scrittore abbia poi voluto limitare il suo medesimo
principio , insegnando (p . 27 ) che si possa lasciare ai giu-
dici la facoltà di scostarsene in particolari casi , viste le
circostanze , e non abbia pensato che questa incertezza di
dottrina poteva essere un sintomo di un vago sentimento
della sua erroneità .

Che se una nuova legge formale , vigente alla morte del


testatore, non può invalidare un testamento fatto coll'os-
servanza delle forme anticamente prescritte , starà forse la
proposizione inversa , che cioè quella legge nuova possa
convalidare testamenti deficienti della forma prescritta
anticamente , avendo per avventura semplificata questa
forma medesima ? L'opinione affermativa è seguìta da
coloro i quali professano in generale la convalescenza
formale dei negozi giuridici per virtù di leggi nuove , dot-
trina che noi abbiamo esposta e combattuta già nella Parte
Generale della presente opera (vol . I , p . 241 e segg . ) , nella
quale occasione noi abbiamo anche menzionato quegli
scrittori e legislatori , i quali di siffatta dottrina fecero
speciale applicazione alla forma dei testamenti . Or qui
noi ci richiamiamo al già detto , e ben poco vi possiamo

aggiungere . Alle leggi già citate che ammisero la conva- 330


lescenza formale dei testamenti , aggiungiamo l'Ordinanza
transitoria oldemburghese del 25 luglio 1814 (§ 9 , vol . I ,
p . 92 , i . n .) ; agli autori che del pari l'ammisero , aggiun-
giamo il Mailher de Chassat ( 2 , p . 27 e segg . ) , e a quelli
342 PARTE TERZA

che la negarono, il Grandmanche de Beaulieu (p . 86) , lo


Struve (p . 250) , il Kalindero (p . 119) , il Dalloz (n . 314
e 315 ) e il Vitali ( La forma del testamento italiano , Pia-
cenza 1882 , p . 157 ) . E rispetto alla giurisprudenza pra-
tica osserviamo qui che in materia di convalescenza for-
male dei testamenti in particolare , questa è stata ed è
ancora quasi sempre ripudiata ; vedasi , fra le altre sen-
tenze italiane , Cassazione di Firenze , 17 settembre 1850 ( 1 )
e Cassazione di Roma , 10 marzo 1877 ( 2 ) ; in contrario
decise la Rota Romana , 14 gennaio 1815 cor. Gardogni e
la Corte di Ancona , 26 marzo 1877 (3 ) , sentenza cassata
dalla anzidetta sentenza della Cassazione di Roma . Quanto
poi alle ragioni colle quali si può combattere la convale-
scenza in discorso , la più forte ci sembra ancor quella che
abbiamo già esposta nella citata occasione , che cioè un
testamento , mancante delle forme stabilite nel tempo della
sua confezione , non può chiamarsi propriamente tale , e
deve essere considerato come un atto non contenente una

seria espressione di ultima volontà , ma posto in essere per


un altro qualunque motivo , che il legislatore non può
sapere , ma che al legislatore impedisce di far verun calcolo
dell'atto . Non vale il riflesso di Mailher de Chassat (1. c . ,
p . 29) che l'avere il testatore lasciato sussistere la forma

da lui precedentemente seguita , e prescritta di poi dalla


legge nuova , significa aver lui adottato questa nuova forma ;
imperocchè più ragionevolmente ci sembra potersi dire che
dall'avere già una persona dato prova di non voler seria-
331 mente testare, non conseguita che le si possa attribuire
questa intenzione per il solo fatto , del tutto estrinseco a
lei , di un mutamento di legislazione . Ottima ci pare anche
l'osservazione del Merlin (1. c . , p . 273 ) , che , se quell'argo-

(1) Ann. di giurispr. tosc. , XII , 4738.


(2) F. I. , 1877, 1 , 585.
(3) F. I. , 1877 , 1 , 613.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 343

mentazione sussistesse , per converso dovrebbesi anche


poter dire che il testatore , il quale ha conservato , dopo
l'attuazione di una nuova legge formale , un testamento
fatto secondo le forme antiche , abbia inteso di revocare

questo testamento, la quale proposizione vedemmo non


potersi ammettere , ed ha appunto , come dice il Merlin , per
suo logico riscontro quell'altra che il testamento formal-
mente invalido non possa essere convalidato da una nuova
legge formale .

Nè vale in contrario la L. 15 , § 2 , D. de testam. mil. , dove


è detto che un testamento fatto prima della milizia , può
essere valido secondo il diritto militare , se anche non va-
leva e non avrebbe avuto valore pel diritto civile . Impe-
rocchè, a parte la quistione se la validità di cui parla la

legge suddetta accada ipso jure, e senza d'uopo di relativa


dichiarazione del militare testatore , quale parrebbe invece
richiedere la L. 9 , § 1 , eod .; quistione in cui il primo avviso
è tenuto da Baldo , e la seconda dal Vinnio ( Inst. ad § 4,
de mil. test.) , dal Voet (ad Pand. , de testam . mil . ) , e , fra i
moderni , dal De Crescenzio (Sist . d . dir. civ . rom. , § 246) ,
e dal Filomusi Guelfi (Foro It. , 1877 , 613 , i . n . ) , lasciando
da parte , diciamo , questa quistione , e ammettendo pure
di preferenza la prima di quelle due opinioni , non si po-
trebbe mai erigere in regola generale del Diritto Romano
quello che sarebbe manifestamente privilegio del testa-
mento militare . Oltredichè nella succitata legge romana
la convalescenza formale del testamento avverrebbe per
mutazione nelle condizioni di fatto del testatore , dal quale

genere di mutazioni noi abbiamo già avuto ripetute occa-


sioni di osservare che non si può facilmente nelle quistioni
transitorie argomentare alle mutazioni di legge.
Non fa poi differenza , come ebbe a dichiarare anche la
Cassazione di Firenze in una sentenza 22 settembre 1875 ( 1 ) , 332

(1) L. xvi , 1 , 265.


344 PARTE TERZA

che la formalità esteriore richiesta alla validità del testa-


mento sia immedesimata coll'atto di ultima volontà , op-

pure sia posteriore a questo , purchè la legge prescriva che


senza la formalità di questa seconda specie il testamento
non avrebbe efficacia . Tale era la formalità del deposito
notarile del testamento olografo secondo la legge toscana
15 novembre 1814 (art . 5) .

Ma se la nuova legge formale testamentaria non può nè


invalidare un testamento posto in essere colle forme pre-
scritte dalla legge anteriore , nè convalidare un testamento
mancante di tali forme, è però lecito al legislatore prescri-
vere che i testamenti già fatti , e i cui autori sono tuttora
viventi, vengano ridotti alle forme nuovamente stabilite ,
dentro un certo termine di tempo . Di ciò convengono pure

il Gönner (p . 159) , il Merlin (1. c . , p . 273 ) , il Kalindero


(p . 119) e il Pinto (p . 21 ) . Tale prescrizione infatti rientra
nel novero di quelle leggi imperative colle quali si impone
al cittadino qualche cosa da fare , qualche atto da intra-
prendere , sotto pena di un determinato danno , il quale
danno, nel caso presente , consiste nella invalidità , d'ora
in avanti , e nell'inefficacia di un testamento già fatto. Il
Meyer (p. 13 ) erige a buon diritto quel principio a canone
generale del diritto transitorio formale , e anteriormente
al Meyer codesto canone generale trovasi nell ' Introdu-
zione al Diritto universale territoriale prussiano 16,

v. vol . 1 di q. o . , p . 56 , i . n . ) . Parecchie legislazioni si


appigliarono infatti a tale partito rispetto ai testamenti
già fatti, e , per es . , l'Ordinanza francese del 1735 (v . Chab.
de l'All . , 3 , p . 288 ) , le Ordinanze transitorie annoveresi
del 1814 e 1815 ( §§ 72 , 77 , ib . , p . 82 , i . n . ) , l'Ordinanza
transitoria prussiana del 1814 (§ 6 , ib . , p . 93 , i . n . ) , la legge
transitoria dei Paesi Bassi del 1833 ( ap . Pinto , n . 17 ) , la
333 legge transitoria civile del 26 settembre 1860 che accom
pagnò l'attuazione del Codice Albertino nelle Romagne
PRINCIPIJ PRATICI ED APPLICAZIONI 345

(art. 7 ) , e la legge transitoria civile italiana del 1865 (art . 23 ,


ib. , p. 118 , i . n. ) , estesa anche in questo articolo alla pro-
vincia romana con Decreto Reale del 27 novembre 1870 .

Or si domanda : se nell'intervallo , fissato dalla nuova


legge , chi avea già fatto il suo testamento secondo le
antiche forme, non potè rifarlo per fisica impossibilità ,
per essersi, per es. , trovato in istato di mentale alienazione ,
morendo in tale condizione dopo il decorso di quell'in-
tervallo , dovrà egli intendersi morire intestato in virtù

della nuova legge formale , oppure il di lui testamento


varrà non ostante il disposto di questa legge che fu impos-
sibile osservare ?

Di questa seconda opinione sono il prof. Bianchi ( p . 123 )


e il Vitali (op . cit. , pag. 183 ) , e lo stesso statuisce la
citata disposizione dell'Ordinanza transitoria prussiana del
1814 ( 1 ) . La prima opinione è stata accolta da sentenza
del Tribunale di Prima Istanza di Milano del 6 aprile 1867 ,
confermata poi da sentenza della Corte d'appello di quella
città , 9 luglio 1868 ( 2) . Nè fa differenza , come osserva
giustamente il Vitali (ib .) , che la demenza del testatore sia
cominciata prima dell'attuazione della legge nuova , oppure

nell'intervallo prescritto da questa alla rinnovazione del


testamento .

Le ragioni della prima opinione , quali si leggono nelle


citate deduzioni e decisioni , riduconsi sostanzialmente alle
seguenti : essere assoluto e senza distinzione il disposto
della legge che , aprendosi la successione dopo il decorso
del termine fissato , i testamenti non conformi alle nuove
leggi formali non debbano avere alcun effetto ; essersi la

legge dipartita dal principio che le nuove leggi formali

"
(1) A meno che si dimostri che per tutto quell'anno il testatore fu nella
impossibilità di fare un testamento secondo queste forme „.
(2) G. I. , xx , 2,622. Vinse questa causa il valentissimo e compianto amico
nostro, avvocato Luigi Benzoni.
346 PARTE TERZA

334 testamentarie si debbano immediatamente applicare anche


ai testamenti già fatti , ma di cui vivono tuttora gli autori ;
a questo principio aver la legge bensì apposta una limita-
zione collo stabilire il termine in discorso , e doversi quindi
questa prescrizione , come tutte le leggi eccezionali , rigo-
rosamente e restrittivamente interpretare ed applicare ;
siffatta restrittiva e rigorosa applicazione della legge in
discorso non ledere verun diritto quesito , essendo le forme
testamentarie spettanti al diritto pubblico e non al privato ,
nel quale ultimo soltanto si può discorrere di veri e propri
diritti quesiti .

Quanto al primo dei suaccennati argomenti , ci sembra


scorgervi una petizione di principio , imperocchè il legisla-
tore dice in generale che , decorso inutilmente il termine
fissato , il testamento non produrrà effetto alcuno , ma non
lo dice in particolare nel caso supposto , che non contempla
affatto , e che si tratta appunto di regolare in difetto di
espressa disposizione legislativa . Del resto noi abbiamo già

avvertito nella Parte Generale di quest'opera ( Vol . I,


p . 145 e segg .) la vanità del criterio desunto dalle espres-
sioni delle leggi per decidere questioni transitorie da esse
non direttamente contemplate . Una consimile imper-

fezione ci pare inerente anche al secondo argomento .


Imperocchè, quand'anche fosse vero che l'autore della legge

in discorso si fosse dipartito dal principio che le antiche


forme testamentarie non siano d'ora in avanti da tollerarsi ,

e che poi di questo principio avesse sospesa l'efficacia per


un certo tempo , si potrebbe però sempre ritenere , e gra-
tuitamente si negherebbe , che questo lasso di tempo fosse
stato accordato a vantaggio di coloro i quali potessero e

volessero rifare opportunamente il testamento già fatto


nella forma antica, e che per conseguenza non si interpre-
tasserettamente l'intenzione del legislalore, rendendo inva-
lidi dopo quel tempo i testamenti che non fossero stati
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 347

rifatti perchè i testatori non ne avessero avuta la possibilità .


Del resto ci pare gratuito il voler sottintendere alla legge 335
in discorso un'altra premessa qualunque più generale ; la
legge deve essere considerata tale qual'è realmente , e nul-
l'altro essa dice se non che dopo un certo tempo i testa-
menti fatti nell'antica forma non saranno più riconosciuti .
Rispetto all'ultimo argomento , noi rimandiamo il nostro

lettore a quanto già dicemmo nella Parte Generale di


quest'opera contro la pretesa retroattività delle leggi atti-
nenti all'ordine pubblico (v . Vol . I , p . 150 e segg.).
Noi preferiamo quindi la prima delle suaccennate opi-
nioni . Per noi quel testatore , il quale non ha rifatto il suo
testamento colle forme nuove , nel termine prestabilito
dalla legge nuova , perchè non ne ebbe la fisica possibilità
a cagione di mentale perturbazione , non può essere consi-
derato intestato dopo il decorso di quel termine , e finchè
rimane in quella condizione mentale . Ci vieta di pensare
altrimenti la manifesta intenzione del legislatore , il quale

accordò quell'intervallo di tempo appunto perchè l'imme-


diata attuazione della nuova legge formale testamentaria
sarebbe riuscita ingiustamente dannosa a coloro i quali
non avessero potuto affrettarsi abbastanza per rifare il

loro testamento , impossibilità meno degna di riguardo al


certo della stessa impossibilità di conoscere la legge , di
comprenderla e di volerla seguire . Cosicchè , se la legge in
discorso dovesse applicarsi senza tener calcolo di quest'ul-
tima impossibilità , si verrebbe a dire che il legislatore volle
evitare il male minore e non anche il maggiore , e che ,
col proposito di soccorrere, egli non ha realmente voluto

assistere chi ne aveva maggior bisogno . Ci conferma in


questa opinione il noto adagio, che è certamente eziandio

un criterio di interpretazione dovunque ve ne sia l'oc-


casione, impossibilium nulla obligatio est (L. 185 , D. de
reg. jur.).
348 PARTE TERZA

Talvolta una prescrizione concernente la forma esteriore

di un atto giuridico qualunque , e in particolare del testa-


336 mento , è soltanto apparentemente legge formale, ma in
realtà è legge d'altr'ordine , cioè o reale o personale. Ciò
accade allorquando la prescrizione in discorso contempla
l'atto di che si tratta , non per sè medesimo , ma in relazione
a certe cose o a certe persone , onde essa assume natura
di legge reale o personale impropria. Come tale, vuol essere
applicata, non secondo le norme transitorie in materia di

forme esteriori , ma secondo quelle vigenti in materia reale


o personale . Per esempio , una legge , come sarebbe l'arti-
colo 785 del Codice civile italiano , che interdice il testa-
mento segreto a chi non sa o non può leggere, è a ritenersi
legge attinente alla capacità personale di testare , e non già
alla forma esterna del testamento , e , come tale , vuol essere
applicata non soltanto ai testamenti che verranno posti in
essere in avvenire, ma eziandio a quelli che fossero già
stati posti in essere a termini di una , per avventura , diversa
170
legge anteriore . Ciò pensa anche il Vitali (op . cit. , p .
e segg. ) . Non lo ritenne però la Cassazione di Roma, in
una sentenza 29 aprile 1878 ( 1 ) , che cassò la contraria

decisione della Corte d'appello della stessa città.

CAPITOLO XI.

Della forma interna del testamento.

La forma interna del testamento consiste nell'interno

ordinamento del medesimo , cioè nell'essere osservata o


non osservata la legge che impone o divieta , non certe
337 specie di disposizioni , ma certe modalità estrinseche e

accidentali di queste, le quali nondimeno influiscono sul


contenuto e sugli effetti del testamento . Tale è anche l'in-

(1) L. xix , 1 , 84.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 349

segnamento, fra gli antichi , del Mantica (De conj. ult. vol.
L. 3, tit . 4, n . 1 ) , fra i moderni , dell'Arndts (§ 500) . Così ,
per es . , alcune leggi moderne vietano il testamento mutuo
o congiuntivo nel medesimo atto , e il Diritto Romano
imponeva certe modalità alla diseredazione . Se una legge
proibisce le disposizioni testamentarie convenzionali ,
codesto divieto colpisce pure la forma interna del testa-
mento . Talvolta la forma interna del testamento è una vera

e propria formula , il cui uso è prescritto o divietato dalla


legge. Così , per es . , il Diritto Romano esigeva la formale
istituzione di erede , sotto pena di nullità del testamento .
Or si domanda con qual legge debbasi giudicare della forma
interna del testamento , e degli effetti giuridici della mede-
sima, nel caso che su tale proposito la legge sotto il cui
impero il testamento venne fatto differisca da quella sotto
il cui impero il testatore morì .

A nostro avviso , trattisi di formule per avventura pre-


scritte o vietate dalla legge a chi vuol fare testamento o
una data disposizione testamentaria , oppure si tratti di
una qualunque modalità della disposizione testamentaria ,
influente sul contenuto e sugli effetti di questa , deve sempre
alla forma interna del testamento applicarsi la legge

vigente alla morte del testatore , e noi non ammettiamo più


oggi , come già non avevamo ammesso nella 2ª ediz . di
quest'opera (Vol. III , p . 337 ) , una distinzione restrittiva
che avevamo fatta in proposito nella prima edizione
(Vol . III , 1ª ediz . , pag . 306 ) . Noi crediamo cioè che tutte
le quistioni di quel genere concernono veramente e pro-
priamente il contenuto del testamento , e , per così dire ,
soltanto di un grado differiscono da quelle concernenti la
sostanza delle disposizioni testamentarie ; ora il contenuto
dei testamenti , a differenza delle forme estrinseche , noi
abbiamo dimostrato doversi onninamente regolare secondo

la legge vigente alla morte del testatore .


350 PARTE TERZA

Questo nostro avviso consuona col disposto della legge


transitoria badese del 1809 (§ 11 , v . Vol . I di q . o . , p . 67 ,

338 i . n .) , e in parte eziandio coll'opinione di Herrestorff


(pag. 91 ) , il quale pure non distingue le quistioni attinenti
alla forma interna dei testamenti da quelle concernenti il
contenuto di questi , benchè egli poi sostenga , come in
seguito vedremo , che tutte queste quistioni debbano essere
esclusivamente giudicate secondo le leggi vigenti quando il
testamento venne fatto . L'avviso contrario è stato invece

adottato dalla legge transitoria oldemburghese del 1814


(§ 9, ib. , pag. 92 , i . n .) .
Conseguentemente noi opiniamo che un testamento con-
giuntivo , fatto in un tempo in cui la legge lo permetteva ,
rimane inefficace se il testatore muore sotto l'impero di

una legge, che siffatta specie di disposizione testamentaria


non ammette . E col Ricci ( 1 ) conveniamo , dissentendo dal
Vitali (op . cit . , p . 169) , non potersi sotto l'impero del
Codice civile italiano avere per valido un testamento con-

giuntivo reciproco nella parte soltanto che concerne terze


persone, se anche questa parte non abbia alcun vincolo
colle altre , contrariamente a quanto ritenne la Cassazione
di Roma in due sentenze 6 marzo 1880 ( 2 ) e 5 dicembre
1884 (3 ) ; e conformemente alle dichiarazioni della stessa
Commissione di coordinamento del Codice civile italiano

(Proc. verb. , num. 60 , I ) . Del pari noi non facciamo distin-


zione fra testamento congiuntivo reciproco , e quello a van-

taggio di una terza persona . Siccome però la validità o


meno del testamento congiuntivo , posto in essere vigendo
una legge che lo consentiva, ma che fu aperto vigendo
una legge che lo divieta , è stata oggetto di lunghe discus-
sioni nella giurisprudenza del Code civil e del Codice civile

(1) G. 1. , 1885 , .. 214.


(2) F. I. , 1880, 270 .
(3) G. I. , 1. c.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 351

italiano , così noi stimiamo opportuno trattenerci alquanto


intorno a codesta controversia.

La validità del testamento congiuntivo è stata ammessa

in Francia da Merlin (Rép. , Eff. rétroact. , sect . III , § 5 , 339


n. 39 ; Testam., § 2) , Chabot de l'Allier (Vol . 3 , p . 343 ) ,
Grenier (Des don . et des testam. , Vol. I, pag. 219 ) , Vazeille

(Comm. , art. 968 , n . 2 ) , Coin Delisle ( Comm . all'art . 968 ) ,


Zachariae et Aubry et Rau (V , 495 , nota 6 ) , Saintespès
Lescot (IV, n. 978) , Demolombe (XXI , n . 20 ) , e dai
seguenti giudicati : Corte di Liegi , 30 germinale anno XIII ( 1 ) ,
Corte di Douai , 31 luglio 1837 ( 2) , Corte di Liegi , 28 marzo
1809 (3) , 19 novembre 1811 (4) , Corte di Torino , 7 giugno
1808 (5) , Corte di Bruxelles, 14 luglio 1817 (6 ) , Corte di
Tolosa , 11 maggio 1850 ( 7 ) , Corte di Caen , 22 maggio
1850 (8) . Egli è però a notarsi che parecchi dei citati scrit-
tori francesi non hanno propriamente risoluta la quistione

transitoria in discorso , ma piuttosto hanno dichiarato


forma esteriore del testamento la congiunzione di più
testamenti in un solo documento , nel trattare l'analoga
quistione nel diritto internazionale privato . Ora egli è più
facile ammettere che un testamento congiuntivo di un
forestiero possa produrre éffetto in Italia, se appena la

legge estera lo permetta , di quello che il ritenere che quel


testamento , fatto da un italiano , quando una legge ante-

riore lo permetteva , possa rimanere valido, morendo il


testatore sotto l'impero dell'attuale Codice civile italiano .
Noi abbiamo già avvertito nella Parte Generale di que-
st'opera (Vol . I , pag . 133 ) quale differenza di criteri inter-
(1) I. d. P. , VII, 468.
(2) D. P. , 41 , 2, 19.
(3) I. d. P. , VII, 468.
(4) lb. , 1x, 709.
(5) Ib., p. 607.
(6) lb. , xiv, 350.
(7) D., R. , 1852, 2, 64.
(8) Ib. , p. 171.
352 PARTE TERZA

ceda fra il diritto internazionale privato e il diritto tran-


sitorio , e quanto sia quindi pericoloso lo inferire per via
340 di analogia dall'una all'altra parte della giurisprudenza
civile . Per lo stesso riflesso ci pare ora che chi ebbe a pro-
nunziare intorno alla natura del testamento congiuntivo
nel campo del diritto internazionale privato , non possa per
ciò solo troppo sicuramente reputarsi convinto della stessa
tesi nella quistione analoga del diritto transitorio . Il con-
trario avviso è stato propugnato da Laurent (Comm . , XIII ,
n . 145 ) , e fra i tribunali francesi lo seguì la Corte di Liegi ,
30 germinale anno III (ap . Chabot de l'All . , 3 , 343) . In

Italia l'opinione della validità del testamento congiuntivo ,


aperto sotto l'impero del vigente Codice civile , ove il me-
desimo sia stato posto in essere in conformità ad una legge
anteriore , è stata propugnata dal compianto amico nostro
E. Pacifici Mazzoni ( Delle succ . , II , 69 , e Giur . Ital. , XXVI ,
II , i . n . ) , dal Paoli (Giorn . d . Leggi , 1875 , n . 16 ) , dall'av-
vocato De Rossi (Il testamento congiuntivo reciproco , Genova
1875 ) , dal Fulci ( Giorn . d. Leggi , IX , 364 ) e dall'avvocato
Dialti (Foro Ital. , 1880 , I , col . 270 e seg . ) ; il Buniva reputa
pure forma esterna la congiunzione delle disposizioni in
un medesimo testamento (Delle succ . , II , 69 ) . È stata invece
combattuta da noi nella prima edizione di quest'opera
(Vol . III , pag. 308) , dal Borsari (Comm. al Cod . civ. ital.,
Vol. III , pag. 212 ) , dal Ricci ( Corso di dir . civ. , III , n . 92) ,
e nuovamente da noi in una memoria inserita nella Giuris-

prudenza Italiana di Torino ( XXVI , III , col . 35 ) . I giudicati


italiani non sono concordi nella grave quistione della validità
del testamento congiuntivo, fatto anteriornente al Codice
civile italiano e aperto vigendo questo , ma prevale l'opi-
nione negativa . Ammisero infatti la validità : Corte d'Ancona ,
27 dicembre 1873 ( 1 ) , Corte di Perugia , 24 aprile 1873 ( 2 ) ,

(1 ) A. G., 1873, 11 , 287.


(2) G. I., xxvi , 11 , 246.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 353

Corte di Torino , 12 aprile 1876 ( 1 ) , Cassaz . di Torino , 19 di-


cembre 1873 ( 2) , Cassazione di Roma , 25 aprile 1876 ( 3 ) , 341
Cassazione di Milano , 15 luglio 1864 ( 4 ) , Corte di Roma,
23 luglio 1873 ( 5 ) . Negaronla invece : Corte di Roma,
23 luglio 1873 (6 ) , Corte di Torino , 7 aprile 1876 ( 7) , Corte
di Venezia , 27 febbraio 1879 ( 8 ) , 29 maggio 1878 (9) , Corte
di Roma, 20 novembre 1878 ( 10) , Corte di Macerata ,
20 marzo 1884 ( 11 ) , Corte di Ancona , 17 settembre
1885 ( 12 ) , Cassaz . di Roma , 25 giugno 1880 ( 13 ) , 6 marzo
1880 ( 14) , 5 dicembre 1885 ( 15 ) , 25 giugno 1886 a Sezioni
Riunite (16).

Come già dicemmo , noi siamo fermi nell'opinione che


il testamento congiuntivo , sia reciproco , sia a favore di
terze persone , non può valere , benchè posto in essere sotto
una legislazione che lo ammetteva , se apresi vigendo una
legge che lo proibisce , come , per es . , l'art . 761 del Codice
civile italiano . Imperocchè ci sembra un errore il reputare
forma esterna la congiunzione di parecchi testamenti in
un solo atto . Forma esterna testamentaria nelle discussioni
transitorie s'intende forma dell'atto testamentario , o testa-

mento ; ora la congiunzione in discorso è manifestamente


( 1 ) G. , vii, 443.
(2) G. 1., xxv, 1 , 859.
(3) G. 1., xxvIII , 1 , 708.
(4) BETTINI, XV, 1 , 546. Decisione pronunciata di fronte al conflitto fra il
Codice civile estense ed una legge anteriore che ammetteva il testamento
congiuntivo.
(5) A. G. , 1873-74, 11.
(6) A. G. , 1873 , 11 , 482.
(7) G. 1. , xxviii , 11 , 596.
(8) Temi Veneta , iv, 305.
(9) 1b. , xxx1 , 11 , 666.
(10) G. I. , XXI , II , 177.
(11) Zb. , 1884, 11, 259.
(12) lb., 1885 , 11 , 651 , e A. G. , 185, 11 , 97.
(13) F. I. , v, 1063.
(14) A. G. , xiv, 1 , 187 .
( 15) lb. , 1884, 1, 1 , 119.
(16) Ib., XXI , I, I, 15.
GABBA - Retr. leggi, III . 23
354 PARTE TERZA

forma delle singole disposizioni testamentarie , ma non

dell'atto o testamento come tale , quale forma è per es. la


scrittura o la nuncupazione , l'olografia o la scrittura d'un
terzo o del notaio . E la vera e propria forma esterna del
testamento è, come apparisce dagli addotti esempi , mate-
riale e visibile , onde quel suo appellativo ; la forma interna
invece delle disposizioni testamentarie è immedesimata
342 con queste , è una vera modalità di queste , epperò non
maggiormente sensibile esteriormente , di quello che la
sostanza delle disposizioni medesime . La congiunzione in
particolare di parecchi testamenti , cioè di parecchie dispo-
sizioni testamentarie di testatori diversi , in un solo testa-
mento, è certamente una modalità di quelle e di questo ,
che vi si immedesima sostanzialmente , poichè essa ha
virtù e scopo di collegare fra loro siffattamente quelle
disposizioni , da non poterlesi considerare a parte le une
dalle altre . Se quindi codesta ed altre modalità dello stesso
genere si dicono forme, certamente non si possono queste
forme confondere colle esterne del testamento ; le prime si

dicono giustamente forme interne, in contrapposto alle


esterne, e , quel che più monta , in ragione di questa stessa
differenza ed opposizione , non si possono alle forme interne
del testamento applicare , senz'altro , i principii di gius

transitorio , concernenti le forme esterne , equivocando tra


forma esterna e forma in generale , la quale ultima espres-
sione generica, applicata al testamento , abbraccia bensì
tanto la forma esterna quanto la interna, ma non può
avere l'effetto di farle equiparare e confondere insieme. I
soliti ragionamenti a sostegno dell'opinione contraria alla
nostra, si risolvono appunto nell'anzidetto equivocare , e
nel conseguente disconoscere la total differenza che inter-
cede tra forma esterna e forma interna del testamento ,
quand'anche le due anzidette espressioni vengano promi-
scuamente adoperate .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 355

Come le altre vere e proprie forme interne del testa-


mento, così pure la congiunzione di parecchi testamenti in
uno solo , è una modalità di questo testamento , estrinseca
bensì , ma non esterna , e nondimeno influente sulla sostanza

e sugli effetti di questo . Estrinseca modalità , perchè non


necessaria al testamento , e aggiunta a questo per mera
volontà del testatore ; estrinseca cioè , come, per es . , è tale

modalità anche l'apposizione d'una condizione . Ma è anche


modalità che investe la sostanza e l'effetto del testamento , 343
perchè in virtù di essa ciascuno dei testamenti congiunti
viene ad essere collegato agli altri come condizione di
questi, e condizionato in pari tempo da questi , e perchè in
virtù di essa ciascuno dei testamenti congiunti può essere
ritenuto irrevocabile ad insaputa o senza il consenso degli
altri testatori . Or tale efficacia della congiunzione in discorso
conferma e rende più manifesto , rispetto a questa speciale
modalità del testamento , ciò che noi dicemmo poc'anzi in
generale circa le modalità delle disposizioni testamentarie :
che cioè non vi ha qui nulla di comune colle vere e proprie
forme esterne , e che, se qui si vuole applicare il concetto
e il nome di forma , interna forma si deve intendere , e tale
propriamente, che non l'atto testamentario affetta , ma le
disposizioni testamentarie , e che , immedesimandosi con
queste, non all'esteriore e visibile aspetto del testamento
si riferisce, ma piuttosto alla sostanza sua , cioè al contenuto
ed agli effetti . E ciò ebbe anche a dichiarare espressa-
mente la Commissione coordinatrice del Codice civile ita-
liano (Verb. LX).

Or se ciò è, come si può dubitare che della validità del


testamento congiuntivo si debba giudicare secondo la
legge , sotto il cui impero il testamento si è aperto , e non
secondo quella , sotto il cui impero il testamento è stato
posto in essere ? Codesta decisione è in sostanza un'appli-
cazione dell'analogo principio di gius transitorio intorno
356 PARTE TERZA

al contenuto e agli effetti del testamento , intese queste


parole in più lato senso . E analizzando e chiarendo vie-
maggiormente l'argomento , è a dirsi che la legge sotto il

cui impero il testamento si è aperto , deve decidere della


validità ed efficacia del medesimo , perchè egli è in gene-

rale di spettanza di questa legge il decidere se una dispo-


sizione testamentaria sia o no, per la natura sua, rispon-

dente al concetto che essa ha del testamento , ai caratteri


cioè o requisiti essenziali che essa richiede nel medesimo ,
ed egli è quindi in particolare di spettanza di essa legge il
decidere se il testamento congiuntivo sia o no tale dispo-
344 sizione , che l'autor suo abbia quella libertà di revocarla
usque ad supremum vitae exitum, che è appunto primo fra
i requisiti e caratteri essenziali delle disposizioni testamen-
tarie. Che il testamento congiuntivo possa e debba venire
considerato da tal punto di vista , non è dubbio al riflettere
che, anche dove e finchè esso fu ammesso , venne sempre
disputato se revocar lo si potesse da ciaschedun testatore
per la parte sua , senza il consenso degli altri, o se cosi-

fatta revoca traesse o no seco l'inefficacia delle altre dispo-


sizioni non revocate (v . Dialti , 1. c . ) , e che non per altro
motivo appunto , se non perchè prevalse l'opinione della
irrevocabilità di un testamento congiuntivo senza il con-

senso di tutti i con-testatori , questo testamento venne abo-


lito nel Codice Napoleone , e poi nel Codice albertino (vedi
Motivi dei Codici per gli Stati Sardi, II , 20) , nelle Leggi
civili delle Due Sicilie , nel Codice parmense , nell'estense , e
finalmente nel Codice civile italiano ( v . Verb . LX della
Comm. coordin. del Cod . civ . it .) . Or se la modalità della

congiunzione di parecchi testamenti in uno solo , è tal forma


interna della disposizione testamentaria , che influisce sulla
libertà della revoca di questa , chi può dubitare che codesta
forma interna affetti la sostanza e gli effetti del testamento ;
che il legislatore abbia facoltà di riconoscere o no come
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 357

veri testamenti quelli che con tal forma verranno ad aprirsi


in avvenire : che a tale modalità o forma interna del testa-
mento debbasi applicare la stessa legge che si applica in
generale al contenuto e agli effetti di questo atto , la legge
cioè, e soltanto la legge vigente allorchè il medesimo di-
venta efficace ; che una legge , come il Codice civile italiano
(art. 761 ) , divietante il testamento congiuntivo , debba aver
effetto anche rispetto ai testamenti di questo genere , posti
in essere sotto l'impero di una legge anteriore che lo
ammetteva ?

Il solo obbietto , apparentemente fondato , che si muove

contro la tesi da noi propugnata , consiste nel dire che della


libertà del testatore tien conto , e intorno ad essa dà norma
la legge sotto il cui impero quegli pone in essere il suo
atto , e che tutte le leggi intorno alle forme dei testamenti 345
hanno appunto per iscopo precipuo il guarentire quella
libertà. Ma a questo obbietto si risponde che nel testamento
congiuntivo la quistione che si va agitando , non riguarda
la libertà di fare il testamento , ma quella di revocarlo , e

che del resto , se un nuovo legislatore reputa mancare la


libertà della revoca del testamento congiuntivo , agli occhi
di lui ogni testamento di questo genere non è vero testa-
mento, onde in questa convinzione egli ha il diritto di non
riconoscerlo , come sempre il nuovo legislatore ha il diritto
di disconoscere ogni e qualunque negozio giuridico , posto
in essere a termini di una legge precedente , ma ancora
imperfetto finchè questa legge rimase in vigore , se i prin-
cipii di lui sono differenti da quelli del suo predecessore
circa l'ammissibilità di quel negozio .

Continuando nell'applicazione del canone generale , che


delle modalità o delle forme interne delle disposizioni te-
stamentarie devesi decidere a termini della legge sotto il

cui impero si apre il testamento , è pure a ritenersi che la


clausola derogatoria contenuta in un testamento non avrebbe
358 PARTE TERZA

virtù di togliere efficacia ad un testamento posteriore del


medesimo testatore , se la legge vigente allorchè questo si
apre non ammettesse tale clausola , mentre l'ammetteva la

legge , sotto il cui impero il testamento venne fatto ; di ciò


conviene anche il Vitali (op . cit . , p . 178 ) , e lo ebbe pure
a dichiarare la Corte di . Brescia in una sentenza 11 aprile
1878 ( 1 ) . E ciò è a ritenersi , come pure osserva il Vitali
(ib. , p . 177) , tanto se il secondo testamento sia stato fatto

vigendo la seconda legge, quanto se entrambi i testamenti


siano stati fatti vigendo la prima legge .

Un testamento fatto sotto l'impero di una legge che non


prescriveva l'istituzione dell'erede , diventerebbe a parer
nostro invalido e inefficace, se il testatore morisse impe-
346 rando una legge che tale istituzione invece prescrivesse.
Per converso un testamento , in cui mancasse l'istituzione

dell'erede , prescritta dalla legge sotto il cui impero venne


fatto , dovrebbe essere considerato valido , ed aver pieno
effetto , se il testatore morisse imperando una legge , come,
per es . , il Codice Napoleone (art . 967 ) , o il Codice civile
italiano (art. 259) , che tale istituzione non prescrive . Dello
stesso avviso è Chabot de l'Allier ( 3 , pp . 384 , 599) .
Con quale formula debba farsi la diseredazione di un
successore necessario , devesi , come afferma lo Struve

(pag. 263 ) , decidere secondo la legge del tempo in cui il


testamento venne fatto . Ma tutto ciò che nella disereda-

zione trascende la formula impiegata , cade sotto l'impero


della legge vigente alla morte del testatore , perchè fa parte
propriamente del contenuto del testamento ; così , per es.,
ogni quistione intorno alla possibilità della diseredazione,
alle cause di essa , alla revoca tacita della medesima, ai

confini dentro i quali essa deve racchiudersi .


Anche la quistione , se il testatore possa riferirsi ad una
legge abrogata per determinare il suo successore , è , a parer
(1) M. T., 1879, 280.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 359

nostro , quistione di forma interna del testamento , e come


tale deve essere giudicata secondo la legge vigente all'epoca
della morte del testatore.

CAPITOLO XII .

Del contenuto e degli effetti del testamento .

Il contenuto del testamento è costituito dalle disposizioni


che il testatore vi enuncia. Esso è regolato dalla legge , in
quanto questa a) impone o divieta al testatore certe di-

sposizioni , e propriamente, o intiere classi di disposizioni ,


o certe disposizioni concrete , oppure b) regola e racchiude 347
dentro certi confini sia la facoltà di disporre in generale ,

sia quella di disporre in un certo modo particolare , oppure


c) determina l'effetto giuridico delle singole disposizioni
testamentarie , o finalmente d) definisce il significato delle
parole adoperate dal testatore . Così , per es . , la legge può
divietare le sostituzioni in generale , o la diseredazione in
particolare ; può imporre in generale che ci sia una dispo-
sizione a titolo universale a favore di uno o più eredi ; può

imporre in particolare la nomina di un esecutore testamen-


tario ; può divietare che si disponga più che di una certa
parte del patrimonio ereditario , ove sopravvivano parenti
in un certo grado del testatore , o che si onorino certe per-
sone , o che le si onorino al di là di una certa misura ; può
determinare in questo o quel modo l'effetto giuridico di
una sostituzione permessa al testatore , o della nomina di
un erede fiduciario ; può definire il significato della parola
beni mobili, beni immobili, o di altre giuridiche espressioni ,
adoperate dal testatore . Ora può darsi che una disposizione
contenuta in un testamento , la quale , sia per la sua ma-
teria , sia pel suo concreto contenuto , era ammessa tal

quale dalla legge vigente all'epoca della confezione di


360 PARTE TERZA

quello , o aveva un dato effetto o significato quando il testa-


mento venne fatto , non sia più ammessa dalla legge vi-
gente alla morte del testatore , o non sia più ammessa in
tutta quella estensione , o con quell'effetto , o con quel si-

gnificato che quella legge le attribuiva ; può anche darsi il


caso inverso ; come si regoleranno , cioè con qual legge si
regoleranno tutti questi casi , e ipotesi differenti ? Colla
legge vigente all'epoca in cui il testamento venne fatto , o
con quella vigente alla morte del testatore ? Prima di ri-
chiamare qui l'opinione che noi abbiamo già più volte
esposta in proposito stimiamo opportuno esporre il pre-
sente stato della quistione .

Vi ha chi pensa che del contenuto del testamento si


348 debba decidere con quella stessa legge con cui si decide
della forma esteriore , cioè colla legge vigente all'epoca in
cui il testamento venne fatto . Questa opinione , basata
principalmente sulla più volte citata Nov. 66 , il cui carat-
tere affatto eccezionale noi abbiamo pure più volte accen-
nato , fu , su quel fondamento , introdotta nel Diritto univ.

territ. prussiano (Pat. di promulg. , § 12 , v . Vol. I di q. o . ,


pag. 50 ) , nel Codice civile austriaco (Pat. di promulg.,
cap . V...) , e venne anche poi seguita da parecchi giurecon-
sulti , per es . da Bergmann (pag . 90 ) , Reinhardt (ap . Unger,
I, pag . 144 , n . 64 ) , Kierulff ( ib . ) , Holzschuher (ib. ) , Wächter

(pag. 170) , Herrestorff (pag . 90) , Winiwarter (Das oesterr.


burg. Recht. system. dargest. , Vol . I , nota 7 , Vienna 1838 ) .
Oggidì essa non conta più fautori .
Altri opinò che il contenuto del testamento debba essere
regolato non soltanto dalla legge vigente alla morte del
testatore , ma eziandio da quella vigente quando il testa-
mento venne fatto ; in altri termini debba soddisfare ad

ambedue le leggi . Di questa opinione è il Weber (pag. 96


a 98 ) , ma egli non ha avuto seguaci .
Una terza opinione ebbe in ogni tempo il maggior nu-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 361

mero di fautori , ed è adottata oggi universalmente dagli


scrittori e dalla giurisprudenza ; è l'opinione che si debba
esclusivamente applicare la legge vigente alla morte del
testatore per giudicare il contenuto del testamento ; opi-
nione che noi abbiamo già avuto occasione di accennare
in precedenti luoghi di questo volume. Così opinano Hüttner
(ap. Unger, loc . cit .) , Bauer (pag . 80) , Gönner (pag. 159) ,
Struve (pag. 252) , Savigny (pagg . 454 , 463 , 473 , 476 ) ,
Christiansen (pag . 129) , Unger (pag. 144) , Lassalle (pa-
gina 500) , Duranton (n . 581 ) , Demolombe (n . 49) , Mailher
de Chassat ( 2, pag. 67 ) , Kalindero ( pag . 118 ) , Dalloz
(n. 320), Grandmanche de Beaulieu (pag . 76 ) , Pinto (n . 47 ) ,
Mazzoni (n . 54), Bianchi (pagg. 111 , 113 ) , Pfaff e Hof-

mann (pag. 239) , i quali ultimi osservano giustamente che


la detta legge non può annullare se non quella parte di
contenuto del testamento , che è in contraddizione con essa.
Nel detto senso pronunciossi anche il Consiglio di Stato di
Francoforte in occasione della attuazione del Codice Na- 349

poleone in quella città (v. V. I di q. o . , pag . 68 , i . n . ) .


Lo seguirono pure la legge transitoria prussiana per la
Vestfalia del 1816 (ap . Savigny , pag. 476 ) , quella badese
del 1809 (§ XI , Vol . I di q . o . , pag. 67 , i . n . ) , e le leggi
francesi del 18 piovoso , anno V (art. 4) , e del 22 ven-
toso, anno II (v. Bergmann , pag . 300 ) . La giurisprudenza
francese non ha mai totalmente disconosciuto il principio

in discorso , e dopo l'attuazione del Codice Napoleone


non se n'è mai più scostata . In virtù di tale principio
fu deciso più volte essere nulle le disposizioni univer-
sali, fatte anche anteriormente alle leggi del nevoso e

del ventoso , anno II , ove il testatore fosse morto vigendo


queste leggi , od altra posteriore che teneva fermo lo stesso
divieto . Veggansi , fra le altre , le sentenze di Cassazione :
4 complem . anno IV ( 1 ) , 19 termidoro anno XII ( 2) ,
(1) R. G., 1 , 1 , 96. (2) Ib., 5 , 1 , 1 .
362 PARTE TERZA

21 floreale anno XI ( 1 ) , 28 gennaio 1807 ( 2) , 26 giugno


1809 (3) e quelle della Corte d'appello di Nîmes , 12 pio-
Voso anno XIII (4) , e della Corte di Limoges , 26 giugno
1824 (5 ) . Nella giurisprudenza italiana lo stesso principio
fu seguito dalla Corte di cassazione di Torino , la quale
decise con sentenza 4 dicembre 1867 ( 6) essere nulla la
istituzione di un fiduciario in un testamento fatto vigendo

nelle Romagne il Diritto civile romano e pontificio , che


la permetteva , ed apertosi dopo l'attuazione in quelle pro-
vincie del Codice civile albertino che la divietava (arti-

colo 807 ) . Veggansi altresì : Corte di Brescia , 28 gennaio


350 1875 ( 7 ) , e Corte di Modena , 4 giugno 1883 ( 8) ; Cassa-
zione di Torino , 14 luglio 1875 (9) , Corte di Lucca,
8 giugno 1880 ( 10) , Corte suprema di Vienna , 17 giugno
1857 (11 ) .

Delle tre dottrine , l'ultima , e più generalmente rice-


vuta, pare anche a noi la migliore .
Invero a favore della prima è facile il dire con Herre-
storff e cogli altri , esser poco vantaggio pel testatore l'as-
solverlo di avere osservata l'antica forma esteriore del te-

stamento , abolita al tempo della morte , se poi la sostanza


del testamento , le concrete disposizioni del testatore pos-
sono venire annullate o scemate di effetto dalla legge sotto
il cui impero egli morì : per una sola e medesima ragione
doversi applicare l'antica legge tanto alle forme esteriori

(1) R. G., 3, 1 , 317.


(2) Ib. , 8, 1 , 123.
(3 ) Ib . , 9 , 1 , 300.
(4) lb., 5 , 2, 481.
(5) C. N. , 7 , 2, 392.
(6) Ann. di Giurispr . it. , Vol . I, parte 1ª , sez . 1ª, pag. 415 .
(7) G. 1. , xxvII , 1 , 681 .
(8) F. 1.. 1884, 1 , 817.
(9) M. T., xvi , 1051 .
( 10) A. G. , XIV , II , 216.
(11 ) Coll . GLASER , Vol . I, 389.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 363

quanto al contenuto del testamento . Ma chi ragiona in


questo modo dimentica non potersi considerare il testa-
mento come disposizione di ultima volontà , se non alla
morte del testatore , quando questi , se anche lo ha redatto
molto tempo prima, col non revocarlo lo conferma ; che
se, accanto a questo principio non si può tuttavia dimen-
ticare il diritto quesito del testatore , di non aver affatto
inutilmente seguìta la legge vigente allorquando egli fece
il suo testamento , a questo secondo riguardo però non si
può dare che una importanza accessoria e secondaria in
confronto del primo , desunto dalla natura del testamento ,
nè la combinazione di tali due riguardi può meglio essere

fatta , come noi sopra dimostrammo (pag . 286) , fuorchè


separando ciò che nel testamento vi ha di veramente e
propriamente formale , da ciò che vi ha di sostanziale ,
o costituente il vero e proprio contenuto e gli effetti del
medesimo, e sottoponendo il primo elemento alla legge
sotto il cui impero il testamento fu fatto , il secondo alla 351
legge sotto il cui impero il testatore morì . Lungi poi che
il testatore si possa mai lagnare del pericolo che le sue di-
sposizioni corrono di diventare illusorie in virtù di una

legge posteriore , devesi ritenere che egli siasi esposto a


tale pericolo scientemente e volontariamente , nel modo
stesso in cui ogni testatore è riputato sapere che il testa-
mento , da lui fatto una volta , non vincola in perpetuo la
sua volontà , naturalmente ambulatoria . Per converso , se
il testamento , non ammesso in qualche parte del suo con-
tenuto dalla legge del tempo in cui venne fatto , concorda
invece con quella sotto cui il testatore morì , la dottrina da
noi propugnata ci conduce alla ragionevole supposizione
che il testatore , sapendo poter le leggi mutarsi , intravide
la possibilità che la disposizione non ammessa dalla legge
attuale lo fosse invece da una legge posteriore , e , qua-

lunque fosse il fondamento di questa previsione , volle


364 PARTE TERZA

esporsi , come noi già osservammo (pag. 343 ) , alla even-


tualità di disporre inutilmente , anzichè rinunziare affatto

ad un progetto che a cuore gli stava.


La seconda dottrina , che pure noi escludiamo , si so-
stiene soltanto se alla grave ragione addotta dianzi , di tener
ferma una disposizione testamentaria ammessa soltanto
dalla legge sotto il cui impero il testatore morì , e nei limiti ,
e coll'effetto , e nel senso da questa legge definiti, senza
riguardo alla legge sotto il cui impero il testamento venne
fatto , si contrapponga la regola catoniana , voluta appli-
care a codesto caso , o meglio si perda di vista affatto il
primo argomento , e si faccia appoggio esclusivamente sul
secondo . Ma la regola catoniana , come noi abbiamo già
osservato in altra analoga occasione (v.sopra p . 326 e seg.) ,
non si può applicare nè ai testamenti , nè a pretese cause
di invalidità, anzichè di inutilità del testamento, secondo
il significato romano di quest'ultima espressione. L'inva-
lidità del testamento è appunto una circostanza , che, a
352 parer nostro , non si può definire prima della morte del
testatore , nè a termini di altra legge fuorchè di quella sotto
il cui impero il testatore morì , e ciò noi riteniamo finche

il contrario con altre ragioni non ci venga dimostrato.


Neppure contro l'opinione che una disposizione testamen-
taria, non ammessa dalla legge sotto il cui impero il testa-
mento venne fatto , diventi efficace , se ammessa dalla legge
sotto il cui impero il testatore morì , si può obbiettare ciò
che noi dicemmo nella Parte Generale di quest'opera
(v. Vol . I , p . 241 e seg . ) contro la convalescenza sostanziale

dei negozi giuridici , imperocchè il testamento è appunto


un negozio , che non si può giudicare efficace , e quindi
valido o invalido , prima della morte del testatore .
Affermando che del contenuto del testamento si deve

giudicare secondo la legge vigente alla morte del testatore,


noi intendiamo in particolare che su questo giudizio non
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 365

possa influire menomamente una legge intermedia , cioè


una legge attuata ed abolita fra la confezione del testa-
mento e la morte del testatore . Se una disposizione testa-
mentaria , ammessa dalla legge sotto il cui impero il testa-
mento venne fatto , fu poi divietata da una legge posteriore ,
ma il testatore morì vigendo una legge che tale disposi-
zione nuovamente ammetteva , la volontà del testatore
otterrà pieno effetto . Valgono qui i generali riflessi da noi
esposti nella Parte Generale di quest'opera circa l'efficacia
delle leggi intermedie (v . Vol . I , pag. 203 e segg. ) . Nella
giurisprudenza francese casi di tal genere si presentarono

frequentemente , a proposito di disposizioni testamentarie


universali , anteriori alle leggi del 17 nevoso e del 22 ven-
toso anno II , che le aveano vietate e dichiarate nulle , ma
i cui autori erano morti sotto l'impero del Codice Napo-
leone che le ammette . Per verità parecchie decisioni di
Corti d'appello dichiararono invalide e inefficaci disposi-
zioni siffatte , ad onta della accennata circostanza , e fra le
altre le seguenti : Corte d'appello di Nîmes, 2 germinale 353
anno XIII ( 1 ) , Corte d'appello di Bruxelles , 25 nevoso
anno XII ( 2 ) e 23 aprile 1807 ( 3 ) , Corte d'appello di Agen ,
9 piovoso anno XIII (4) , 30 aprile 1806 ( 5 ) , Corte d'ap-
pello di Liegi , 30 germinale anno XIII ( 6 ) , ma il contrario
dichiarò la Corte d'appello di Grenoble in una sentenza
del 3 luglio 1811 ( 7) , e la Corte di cassazione di Parigi
in una sentenza del 25 luglio 1815 ( 8 ) .

Parrebbe , come osserva il Lassalle (pag . 501 , nota 1 ) ,

(1) R. G., 5, 2, 180.


(2) Zb.,་ 5, 2, 552.
(3) Ib., 7, 2, 272.
(4) Ib., 5, 2, 305.
(5) Zb. , 6, 2, 116 .
(6) lb. , 5, 2, 130.
(7) V. MAILH. DE CHASS . , 2, p . 119.
(8) R. G., 15, 1 , 40; C. N., 5, 1 , 78.
366 PARTE TERZA

che alla tesi suenunciata si potesse obbiettare per via di


analogia ciò che nel Diritto Romano ammettevasi nel caso
di uno speciale mutamento di fatto , surto dopo la confe-
zione del testamento , e cessato prima della morte del testa-
tore, nel caso cioè che nel testamento fosse stato preterito
un suus, il quale fosse morto prima del testatore . In questo
caso infatti il Diritto Romano annullava il testamento . Si

rifletta però che il pretore corresse codesto rigore del di-


ritto civile, e più ancora si rifletta che la istituzione o la
espressa diseredazione del suus non era semplicemente un
requisito del contenuto del testamento , ma , come bene ha
osservato il medesimo Lassalle (op . cit . , Vol . II , pag . 254 ) ,
aveva pei Romani , nei primordi della loro costituzione fa-
migliare e giuridica , una speciale importanza , l'importanza
cioè di far considerare come soltanto apparente , ma non
reale , o piuttosto come revocata l'intenzione del testatore,
perchè la suità era considerata e sentita allora come un
rapporto ed un diritto naturale tanto immediato e sostan-

ziale , che non si poteva pensare che nessuno potesse

354 trascurarlo al punto di passarlo sotto silenzio , sia per


riconoscerlo , sia per disconoscerlo .
Noi non escludiamo del resto che al legislatore possa
parer giusto ed equo talvolta lo esimere testamenti già

fatti e non ancora aperti , dall'azione di una nuova legge


che ne regola il contenuto . Ciò può accadere allorchè la
nuova legge o non contenga divergenze di molto momento

dalla legge anteriore , oppure , per converso , muti uno stato


di diritto inveterato , perturbando rilevanti interessi delle
famiglie. Abbiamo parecchi esempi di questo genere nel
Diritto Romano , come si può vedere nella più volte citata
Nov. 66 , nella L. 8 , C. de natur . lib . , e nella L. un . , § 15,
C. de cad. toll. Ciò che noi escludiamo assolutamente, è che

il legislatore possa mai pronunciare , in tesi generale, una


dottrina contraria alla dominante circa l'effetto retroat-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 367

tivo delle leggi in discorso , siccome fece il legislatore


prussiano del 1794 nel luogo sopra accennato .
Ci rimane ad investigare quale sia veramente la dot-
trina romana intorno all'argomento che andiamo discu-
tendo. Abbiamo veduto che tale dottrina non si può
desumere da alcuni passi isolati , contenenti disposizioni
di indole eccezionale, e che neppure la si può desumere
dall'applicazione della regola catoniana . In difetto di espli-
cite dichiarazioni , può argomentarsi la dottrina romana
su tale argomento per via di analogia da ciò che nel Di-
ritto Romano è detto circa l'influenza che i mutamenti di

fatto sopraggiunti nelle condizioni patrimoniali o famigliari


del testatore possono esercitare sull'efficacia delle dispo-
sizioni testamentarie ? Se tale argomentazione fosse lecita ,

essa ci condurrebbe appunto alla dottrina transitoria da


noi professata . Imperocchè in parecchie occasioni noi ve-
diamo nel Diritto Romano aversi riguardo esclusivamente
alla condizione patrimoniale e famigliare del testatore al
tempo della morte , non a quella del tempo in cui fu fatto
il testamento , nè di alcun altro tempo intermedio fra la
confezione del testamento e la morte. Così , per es . , al 355

tempo della morte soltanto si determina in relazione al


patrimonio del de cujus l'integrità della porzione legittima
(L. 8 , § 9, de inoff.; L. 73 pr . , ad l. Falc . ) , e quella della
quarta falcidia dovuta agli eredi istituiti ( § 2 , I , de leg . Falc.) ;
così pure nel diritto pretorio non era nullo il testamento
in cui fosse stato preterito un suus , se questi fosse morto
prima del testatore , perchè, quantunque in questo caso ,
come poc'anzi si disse , il testamento sarebbe stato nullo
secondo il rigoroso diritto civile , il pretore dava però al-
l'erede istituito una bonorum possessio secundum tabulus
(Ulp . , XXIII , § 6 , L. 12 pr . , de injusto, ecc . ) . Il Savigny
(pag. 45 e segg. ) infatti argomenta da questi passi per
sostenere coll'autorità del Diritto Romano che il conte-
368 PARTE TERZA

nuto del testamento debba essere esclusivamente giudicato


secondo la legge vigente alla morte del testatore . A noi
pure siffatta argomentazione sembra plausibile , perchè
anche rispetto ai mutamenti di fatto nella condizione del
testatore la dottrina romana non può essere basata che
sulla natura ed essenza del testamento , ed anche rispetto
ai mutamenti di fatto quella dottrina romana sembrerebbe
contraddittoria alla regola catoniana , ed alla L. 201 , de

reg.jur., se veramente i Romani non avessero considerato


il contenuto del testamento come un elemento , la cui ido-
neità si possa soltanto esaminare e giudicare alla morte
del testatore.

Veniamo ora ad applicare il principio precedentemente


dimostrato ad alcune principali questioni pratiche .
Se , per esempio, si discuta intorno alla validità ed effi-

cacia della istituzione di una fiducia, o di un erede fidu-


ciario , la quistione va risoluta secondo la legge vigente
alla morte del testatore . Ciò ebbe a dichiarare anche la

Corte di Bologna , 13 giugno 1868 ( 1 ) . Che se , fatta la


dichiarazione della fiducia, questa dichiarazione venisse
356 dichiarata nulla , per es . , secondo la cessata legislazione
pontificia, per avere cioè il fiduciario dichiarato sè mede-

simo erede universale , il testamento verrebbe a perdere il


suo effetto per una causa posteriore alla morte del testa-
tore , e all'erede fiduciario sottentrerebbero i successori

legittimi , secondo il disposto della legge vigente nel giorno


della morte del testatore , al quale giorno si retrotrae ogni
delazione dell'eredità . Analogamente , se una legge , che non

ammette la fiducia , prefiggesse nondimeno un termine ,


dentro il quale le fiducie , costituite vigendo una legge ante-
riore , e non ancora dichiarate quando la prima andò in
vigore , dovessero venir dichiarate o spiegate , decorso inu-

(1) Gazz. Giudiz ., XXI, 1 , 349.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 369

tilmente questo termine , la successione intestata dovrebbe


essere regolata dalla prima legge, e non dalla seconda.
Ciò ebbe pure a dichiarare la Cassazione di Roma , 23 luglio
1879 ( 1) .

Se ed in quali limiti valga il lascito di un usufrutto pro-


gressivo o successivo , è pure a decidersi , a termini della
legge vigente , alla morte del testatore . Ciò ebbe pure a
dichiarare la Cassazione di Torino , 10 luglio 1872 ( 2) . Che

se l'usufrutto in discorso fosse perpetuo , esso risolvereb-


besi in una sostituzione fedecommissaria larvata , e varreb-

bero per esso i principii di gius transitorio relativi a questa


specie di sostituzioni .

Se in generale sia lecita ed efficace , o no , una data di-


sposizione testamentaria , devesi altresì decidere , secondo
la legge vigente , alla morte del testatore . Onde giustamente
la Cassazione di Roma , 15 marzo 1883 ( 3 ) , dichiarò non
potere avere effetto la istituzione o la dotazione di benefizi

semplici , cappellanie laicali , od altre simili fondazioni , se


il testamento siasi aperto vigendo il Codice civile italiano , 357
che, all'articolo 833 , dichiara nulle siffatte disposizioni .
E, per converso , una disposizione testamentaria vietata

dalla legge , sotto il cui impero venne fatto il testamento ,


avrebbe effetto se alla morte del testatore quel divieto fosse
stato tolto . Delle sostituzioni in particolare tratteremo
in seguito, in apposito capitolo .

(1) L. , xviii , 1, 365.


(2) M. T., XIII , 1039.
(3) G. I. , xxxv, 1, 341 .

GABBA - Retr. leggi, III. 24


370 PARTE TERZA

CAPITOLO XIII.

Continuazione.

Della porzione legittima e della porzione disponibile.

La porzione legittima , cioè quella quota parte dell'ere-


dità , che la legge sottrae alla disposizione del testatore,
ed assegna a taluni prossimi successori legittimi del me-
desimo, detti legittimari, ha manifestamente due aspetti ;
cioè da un lato essa è una limitazione obbiettiva della
facoltà o libertà del testatore , dall'altro è una successione

legittima essa medesima , e propriamente una successione


necessaria. Questi due differenti aspetti forniscono due
punti di vista differenti , dai quali la legittima può essere
considerata anche nella giurisprudenza transitoria ; noi
tratteremo in questo capitolo della influenza che può avere
sulle disposizioni testamentarie una legge nuova vigente
alla morte del testatore intorno all'ammontare della legit-
tima ; riserviamo invece al discorso del gius transitorio
della successione intestata il trattare della influenza retro-

attiva di una legge nuova , vigente alla morte del de cujus,


intorno agli altri elementi del regime della legittima, e,
per es . , intorno alla riduzione delle donazioni inofficiose.

L'ammontare della porzione legittima è determinato


esclusivamente dalla legge che vige alla morte del testa-
tore ; questa legge per conseguenza , e non quella vigente
allorquando il testamento venne fatto , devesi seguire per
358 determinare il diritto degli eredi necessari, e per decidere
se ed in quanto le disposizioni testamentarie debbano

essere ridotte . È questa una immediata applicazione del


principio transitorio generale precedentemente dimostrato
rispetto al contenuto del testamento . Tutti gli scrittori che
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 371

hanno ammesso questo principio ammisero anche quello ;


vedansi fra gli altri : Bauer (pag. 82) , Struve (pag. 252 ) ,
Zeiller (ap . Schaaf, pag . 514) , Chabot de l'Allier ( 3 , pa-
gina 131 ) , Mailher de Chassat ( pag . 122 , 8 °) , Savigny
(pag. 464) , Unger (pag . 144) , Demolombe (num. 49 ) , Ka-

lindero (pag. 118 ) , Lassalle (pag . 501 ) , Dalloz ( n . 320) ,


Mazzoni (n . 54) , Bianchi (pag . 111 e segg . ) e Vitali (pa-
gina 150) . La sopra citata (pag . 349 ) legge transitoria
prussiana per la Vestfalia sanci del pari lo stesso principio .
La giurisprudenza pure costantemente lo accolse , e meritano
di essere ricordate fra le altre decisioni , una della Corte
d'appello di Torino del 7 pratile anno XIII ( 1 ) , e due della
Corte di cassazione di Parigi , l'una del 28 germinale anno

XI ( 2 ) , l'altra del 2 agosto 1853 (3) . La prima di queste


due ultime sentenze, emanata in conformità alle conclu-
sioni del Procuratore Generale Merlin , non contempla

propriamente la quotità disponibile per testamento , ma la


disponibilità di certe specie di beni di fronte alle così dette
réserves coutumières che vigevano in Francia prima del-

l'attuazione della legge del 3 maggio 1803 , e dichiara che


queste riserve non possono avere influenza alcuna sulle
disposizioni universali testamentarie aperte dopo quella

legge, che le ha tutte quante abolite ; ma l'analogia è ma-


nifesta fra la disponibilità dei beni pel titolo della loro
natura , e quella pel titolo del loro ammontare . Giustissima
è poi l'argomentazione adoperata nelle citate sentenze ,
che il testatore , consapevole della possibile mutazione
delle leggi intorno alla disponibilità dei beni , avendo di-
chiarato in modo espresso o tacito , di lasciare ai propri 359
eredi necessari ciò che per legge loro si perviene , non può
avere avuto di mira se non quei beni o quella porzione di

(1) Ap. MAILH. DE Cн. , 2, p . 519.


(2) D., R., voce Lois , n. 320 e CH . DE L'ALL., 3, pag. 361 e segg.
(3) D., R., 53 , 1 , 300.
372 PARTE TERZA

beni , che sarebbero stati disponibili a termini della legge


sotto il cui impero la sua volontà sarebbe divenuta defini-
tiva ed efficace, della legge cioè vigente alla sua morte.
Anche il principio generale transitorio intorno al contenuto
del testamento fu da noi dimostrato con una consimile

argomentazione. Fa meraviglia che la Gran Corte Civile di

Napoli , in una sentenza del 14 settembre 1829 ( 1 ) abbia


dichiarato invece doversi la porzione legittima determi-
nare secondo la legge vigente all'epoca della confezione
del testamento , la quale decisione fu combattuta vittorio-

samente dallo stesso compilatore delle decisioni di quella


Gran Corte ( 2) . Ma la giurisprudenza del Codice civile ita-
liano del 1865 ha sempre riconosciuto il principio che la
porzione legittima si debba determinare secondo la legge

vigente alla morte del testatore . Vedasi , fra le altre sen-


tenze , Cassazione di Firenze , 23 ottobre 1880 ( 3) .
Afferma il Demolombe (1. c.) che , se la legge vigente
alla morte del testatore aumenti la porzione disponibile
al di là di quanto era stabilito dalla legge sotto il cui im-
pero il testamento venne fatto , non si possa applicare al
testamento la prima delle due leggi , se per avventura dal
testamento risulti che il testatore avesse la precisa inten-
zione di non oltrepassare la quantità rappresentata dalla
disponibile fissata dalla seconda legge . Noi conveniamo
senza difficoltà col Demolombe , perchè , essendo il principio
generale che noi andiamo propugnando , basato in sostanza ,
come dicemmo dianzi , su di una logica interpretazione
della volontà del testatore , deve certamente cedere davanti
ad una positiva dichiarazione di questa intenzione . Varrà
360 il principio appunto e soltanto se il testatore dichiari di

non voler disporre più di quanto la legge vigente nel

( 1 ) AGRESTI , Vol. III , 337.


(2) lb.
(3) A. G. , XIV, 1, 476.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 373

giorno del suo testamento gli consente di lasciare a titolo


di disponibile . E giustamente osserva il Bianchi (loc . cit .)
che l'osservazione del Demolombe praticamente può atta-
gliarsi soltanto a casi di disposizioni a titolo universale , a
legati non mai .

Ciò che si è detto rispetto ai limiti della facoltà di di-


sporre a danno dei legittimari vale pure rispetto ai limiti
della facoltà di disporre a vantaggio di ogni altra data ca-
tegoria di persone . Se cioè la legge vigente alla morte del
testatore proibisce che a certe persone si lasci per testa-
mento più che una data quota di beni , non v'ha dubbio
che questo divieto devesi applicare anche alle disposizioni
testamentarie eccedenti quel limite, che siano state fatte
vigendo una legge anteriore , ma che siansi aperte vigendo
la legge posteriore . Sarà quindi , per es . , retroattivo in tal
senso il disposto degli art . 767 e 768 del Codice civile

italiano , il primo dei quali dispone che ai figli illegittimi ,


il cui riconoscimento non è permesso , non si possa lasciare

per testamento più che gli alimenti , ed il secondo dispone


che i figli naturali , non legittimati non possano per testa-
mento ricevere più di quello che loro spetterebbe per titolo
di successione intestata , se vi siano discendenti o ascen-
denti legittimi del testatore .

CAPITOLO XIV . 361

Continuazione.

Della diseredazione e della preterizione .

Abbiamo già osservato precedentemente (pag . 337 ) che


della forma della diseredazione si deve giudicare secondo

la legge vigente all'epoca del testamento , e che dell'am-


missibilità della diseredazione , sia in generale , sia per una

data causa, devesi invece giudicare secondo la legge vigente


374 PARTE TERZA

alla morte del testatore . Non vi ha dubbio quindi che una


diseredazione fatta vigendo una legge che la permetteva ,
non produce alcun effetto , se la legge , sotto il cui impero
morì il testatore , la divieta. Non v'ha dubbio del pari che
una legge nuova , la quale , al pari della Nov. 115 di Giu-
stiniano , stabilisca certe determinate cause , per le quali
soltanto sia lecito diseredare un erede necessario , devesi
pure applicare anche a testamenti anteriori , i quali si
aprano sotto il suo impero.
Alla facoltà di diseredare l'erede necessario la legge può
aggiungere il comando di istituire o di espressamente dise-
redare l'erede necessario , o , in altri termini , il divieto della
preterizione di questo erede . Ciò infatti imponeva , come è
noto , il Diritto Romano al padre rispetto agli eredi sui e
ai postumi , cioè agli eredi necessari nati dopo la confe-
zione del testamento, o dopo la morte del testatore. La
preterizione di questi eredi per parte del padre annullava
nel Diritto Romano tutto il testamento . Il diritto moderno
ha adottato ben differenti principii su tale argomento ;
esso ha proibito la diseredazione , e non ha prescritto la
istituzione dell'erede necessario , seguendo l'esempio del

Codice Napoleone ( art . 967 , 920) , il quale avea riprodotti


i principii invalsi nel diritto consuetudinario francese
(v . Chab . de l'All . , III , p . 385 e segg. ) . Or bene , se un testa-
362 tore , il quale non ha istituito nè diseredato un erede neces-
sario , e per questo motivo avrebbe fatto un testamento.

nullo , a termini della legge sotto il cui impero venne fatto ,


viene a morire vigendo una legge che ha adottato contrari
principii , il testamento non incontrerà più alcun ostacolo
pel quel motivo ad essere effettuato . È questa pure una
diretta applicazione del principio transitorio generale circa
il contenuto dei testamenti . Lo stesso pensa il Chabot de
l'Allier (III , pp . 387 , 390 ) . Nè può far differenza alcuna
che il preterito esistesse già quando il testamento venne
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 375

fatto , oppure ch'egli sia nato , o sia diventato erede neces-


sario soltanto dopo la confezione del testamento ; e nep-

pure incontra difficoltà l'esposta opinione nel caso in cui


per la legge anteriore la nullità del testamento avrebbe
dovuto essere pronunziata senza riguardo alla sopravvi-
venza del preterito al testatore , siccome disponeva il Di-
ritto Romano rispetto alla preterizione di un suus già esi-
stente quando il testamento venne fatto , e premorto al
testatore . Imperocchè anche in questo caso è la legge vi-
gente alla morte del testatore che deve decidere dell'effetto

di quella premorienza , effetto che di sua natura non può


farsi veramente sentire finchè vive il testatore ; oltredichè,

se la legge intermedia fra la confezione del testamento e


la morte del testatore non può , come vedemmo più sopra

(p. 366) , impedire l'azione della legge vigente nel secondo


di quei momenti , a più forte ragione non la potrà impedire
una semplice circostanza di fatto , che in quell'intervallo
siasi avverata .

CAPITOLO XV. 363

Continuazione.

Delle condizioni apposte alle disposizioni testamentarie.

Quali condizioni apposte alla istituzione di erede , od ai


legati , siano lecite , e quali illecite , e quali siano gli effetti
delle condizioni illecite introdotte nei testamenti , sono

pure argomenti che vogliono essere definiti , a termini della


legge vigente , alla morte del testatore . Lo afferma anche
il Chabot de l'Allier (I , p. 131 e segg. ) , e tale è certamente

un'altra applicazione del principio transitorio generale


intorno al contenuto del testamento , essendochè dalle con-

dizioni dipende l'efficacia e lo speciale effetto concreto


delle disposizioni testamentarie.
376 PARTE TERZA

Per conseguenza , se una data condizione era illecita e

da considerarsi per non scritta a termini della legge sotto


il cui impero il testamento venne fatto, ma è invece am-
messa dalla legge sotto il cui impero il testatore morì , dovrà
essere adempiuta ; e a più forte ragione dovrà essere adem-
piuta una condizione apposta ad un testamento , la quale ,
considerata lecita dalla legge sotto il cui impero il testa-
mento venne fatto , e da quella sotto il cui impero il testa-
tore morì , era stata dichiarata illecita soltanto da una

legge intermedia , che fu e cessò di essere in vigore fra


quei due momenti di tempo .
Il Chabot de l'Allier applica i suesposti principii alle
condizioni di fare o di non far matrimonio. Il Diritto Ro-
mano ammette nei testamenti le condizioni : di maritarsi ,

anche ad una determinata persona (v . L. 10 , L. 15 , D. de


condit. et demonstr .; L. 63 , § 1 , L. 71 , § 1 , L. 101 , D. eod.
tit.; L. 1 , C. de instit. et subst. ) , di non maritarsi con una
o più persone determinate (LL . 63 , 64 , D. eod. tit . ) , e di
non rimaritarsi (Nov. 22 , cap . 44 ) ; vieta invece e consi-
364 dera come non scritta la condizione di non maritarsi con-

cepita in termini generali e assoluti (LL. 22 , 72 , § 4 , 79 ,


§ ult . , 100 , D. ad Senatusc. Trebell . ) . Il Codice Napoleone
(art. 900 ) dichiara esso pure aversi per non scritte nei
testamenti le condizioni impossibili , contrarie alle leggi e
ai buoni costumi , ma , non spiegando poi quali siano le
condizioni di queste specie, si discute fra gli interpreti se
tale disposizione si applichi in quel Codice , come nel Diritto
Romano , oltre che alla condizione di non maritarsi asso-
lutamente , anche a quelle di maritarsi o di non mari-
tarsi con determinate persone . Chabot de l'Allier segue

in questa quistione l'opinione negativa . Opina quindi giu-


stamente questo scrittore che un testamento , in cui fosse
imposta all'onorato la condizione di maritarsi , anche con
una persona determinata , varrebbe in questa parte se il
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 377

testatore morisse dopo l'attuazione del C. N. , quantunque

il testamento fosse stato fatto sotto l'impero del Decreto


dell'Assemblea Costituente del 5 settembre 1791 , il quale

dichiarò riputarsi illecita e come non scritta una condi-


zione di tal genere , oppure sotto l'impero dei Decreti della
Convenzione Nazionale del 5 brumale e del 17 nevoso , i

quali ripeterono la stessa disposizione , ed anche quan-


tunque fosse stato fatto anteriormente al Decreto del 5 set-
tembre 1791 (1. c. , pp. 152 , 155) . Lo stesso egli opina
(p. 166) rispetto alla condizione di non maritarsi con una
o più persone determinate in casi analoghi ai precedenti ,
essendo il testamento stato fatto sotto l'impero dei Decreti
del brumale o del nevoso , i quali dichiararono illecita e
da aversi come non scritta anche questa condizione , che
non era stata dichiarata tale dal Decreto del 5 settembre .

Quest'ultima opinione è stata seguita anche dalla Corte


d'appello di Agen in una sentenza del 2 maggio 1813 ( 1 ) .
Nell'attuale Codice civile italiano ( art . 850 ) è dichiarata

illecita e da reputarsi come non scritta " la condizione che 365


impedisce tanto le prime nozze , quanto le ulteriori 999 ep-

però , se si ritiene , col Mazzoni (Istit. , Vol . 3 , p . 152 ) , che


la generalità di queste espressioni non includa anche la
condizione di non maritarsi o di non rimaritarsi con per-

sona determinata , si dovrà anche ritenere che questa con-


dizione , introdotta in un testamento fatto vigendo una
anteriore legislazione italiana che non l'ammetteva , non
sarebbe da considerarsi per non scritta , se il testatore
morisse vigendo il Codice civile italiano .

(1) C. N., 4 , 2, 315.


378 PARTE TERZA

CAPITOLO XVI.

Continuazione.

Delle sostituzioni.

Le sostituzioni sono in generale una modalità delle dispo-


sizioni testamentarie , ma parecchie ne sono le specie, e
alcune di queste , come diedero occasione a rilevanti dif-

ferenze fra le legislazioni , e specialmente fra il Diritto


Romano , il diritto moderno anteriore a questo secolo , e il
Codice Napoleone e gli altri imitati da questo , così forni-
rono alla giurisprudenza transitoria materia di molte discus-

sioni . Per procedere con buon ordine in questa trattazione,


noi considereremo distintamente la sostituzione volgare , la

pupillare e la quasi-pupillare , la fedecommissaria , e i veri


e propri fedecommessi di famiglia .

§ 1.

Della sostituzione volgare.

La sostituzione volgare è una istituzione condizionata a


benefizio di altra od altre persone oltre al primo istituito,
o all'onorato in generale , nel caso che questi non diventi
366 erede , sia perchè non sopravviva al testatore , sia perchè
non voglia accettare , o per qualsivoglia motivo non lo
possa. Qual motivo può anche essere il non essersi veri-

ficata nell'istituito una condizione apposta dal testatore


alla successione di lui . La sostituzione volgare differisce
da tutte le altre sostituzioni , delle quali in seguito parle-
remo , appunto in ciò che i beni che ne formano l'oggetto
non pervengono al sostituito , dopo essere pervenuti all'isti-
tuito , ma direttamente gli pervengono in luogo dell'isti-
tuito , e propriamente come ad istituito esso pure , benchè
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 379

condizionatamente e quasi sussidiariamente . Ammessa dal


Diritto Romano (v . I. de vulg. substit .) , la sostituzione vol-
gare lo è pure da tutti i Codici moderni, e particolarmente

dal C. N. (art . 898) , e dal Codice civile italiano (art . 895) .


Ma prima del C. N. la Convenzione Nazionale francese ave-
vala abolita col Decreto del 23 agosto 1792 , che tolse per
lo avvenire la facoltà di sostituire in generale , e poi col
Decreto del 25 ottobre e 14 novembre dello stesso anno ,

che tolse ogni effetto alle sostituzioni in genere , non ancora


aperte all'epoca della pubblicazione del decreto medesimo .

Sorse quindi la questione , se le sostituzioni volgari , con-


tenute in testamenti fatti prima del Decreto 23 agosto , od
anche del Decreto 25 ottobre 1792 , potessero avere effetto ,

ove il testamento si fosse aperto sotto l'impero del Codice


civile ; venne pure domandato se un testamento , aperto
sotto l'impero di questo Codice , e fatto sotto l'impero dei
citati Decreti , ove contenesse una sostituzione volgare ,
dovesse essere tenuto fermo in questa sua parte .

Alla prima domanda noi rispondiamo affermativamente


con Chabot de l'Allier (III , p . 257) , e con Mailher de Chassat
(2 , p . 153 ) , applicando contemporaneamente il principio
generale transitorio intorno al contenuto del testamento ,
e l'altro principio della inefficacia della legge intermedia
intorno al contenuto medesimo , emanata fra l'epoca della
confezione del testamento e quella della morte del testa- 367
tore (v. sopra, p . 366 ) . Quest'ultimo principio in partico-
lare non cessa certamente di poter essere applicato , perchè
la legge intermedia , di cui si tratta , abbia preteso , come
i citati Decreti 25 ottobre e 14 novembre 1792 , di influire

anche su testamenti già fatti ma non ancora aperti . Alla


seconda domanda noi rispondiamo affermativamente del
pari , in virtù del primo dei principii suaccennati .
380 PARTE TERZA

§ 2.

Della sostituzione pupillare e della quasi-pupillare.

Nel Diritto Romano (v . I. de pupill. substit . ) è data


facoltà al padre di famiglia di nominare un erede al figlio.
impubere , per il caso che questi muoia tale , nello stesso
testamento in cui istituisce il figlio erede proprio o lo
disereda . Codesto secondo istituito , che deve raccogliere i
beni del padre istituente e i beni del figlio unitamente , o

questi ultimi soltanto , dicevasi sostituito al pupillo , e la


disposizione chiamavasi sostituzione pupillare . Una con-
simile facoltà spettava (L. 6 , C. de impub. et al. substit.) ai

genitori ed agli ascendenti , rispetto ai figli mentecatti ,


puberi od impuberi , per il caso in cui questi morissero in
·
quello stato di mente , e tale disposizione testamentaria
fu chiamata dai moderni sostituzione quasi-pupillare , od
esemplare o giustinianea .
Tanto la sostituzione pupillare , quanto la quasi - pupil-
lare non sono più ammesse dai Codici moderni , per le
mutate idee intorno alla patria podestà . Appena può dirsi
che nel C. N. tenga luogo di tali sostituzioni la facoltà
accordata negli articoli 1048-1074 ai genitori di sostituire
fino al primo grado i propri figli , i figli dei figli , o i fratelli
dei genitori , se i figli morissero senza discendenti : impe-
368 rocchè questa sostituzione non è vincolata alla morte dei
primi istituiti in una data età e in un dato stato di mente,
ed è quindi , come dice Chabot de l'Allier ( III , p . 254) , una
vera e propria sostituzione fedecommissaria , eccezional-
mente ammessa dopo la generale proibizione contenuta
nell'art. 896 di ogni specie di disposizione, in virtù della
quale un erede istituito sia obbligato a conservare ed a
restituire ad un terzo ciò che gli viene lasciato per testa-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 381

mento. In virtù dei termini generali di questo medesimo


articolo 896 non vi ha dubbio che tanto la sostituzione

pupillare, quanto la quasi-pupillare sono divietate dal C. N.


Così pensa anche Chabot de l'Allier (ib . ) . Prima ancora
del C. N. le sostituzioni in discorso erano state abolite dai

già citati Decreti 23 agosto , 14 novembre 1792 , diretti ,


come già osservammo (v. § preced . ) , contro le sostituzioni
in generale . Anche nel Codice civile italiano le sostituzioni
pupillare e quasi- pupillare trovansi chiaramente abolite
dall'art. 899 , il quale ha riprodotto la testuale disposizione
dell'art. 896 del C. N.

Nell'applicazione dei citati articoli del C. N. e del C. C. I.

alla sostituzione pupillare e quasi- pupillare voglionsi distin-


guere quattro casi differenti, cioè : 1 ° sostituzioni ordinate

in testamenti posteriori all'attuazione di quegli articoli ;


2º sostituzioni contenute in testamenti fatti in un'epoca

in cui quelle erano permesse , ma non ancora aperti alla


detta epoca ; 3° sostituzioni già effettuate all'epoca mede-
sima ; 4° sostituzioni non ancora effettuate quando la legge

nuova venne attuata , ma provenienti da testamenti già


allora aperti , e attuati nella parte relativa alla prima isti-
tuzione .

Nel primo e nel secondo caso non v'ha dubbio che la


disposizione contenente la sostituzione rimane senza effetto ,
ostandovi la legge nuova sotto il cui impero si è aperto il
testamento , e alla quale è sottoposto tutto il contenuto di
questo . Nel terzo caso l'inapplicabilità della legge nuova
è certa del pari , non essendo mai possibile retroattività
contro fatti già consumati (v. Vol . I di q . o . , pag. 35 ) . 369
L'ultimo caso invece ha dato occasione ad una assai im-

portante quistione , fra le più dibattute nella giurisprudenza


transitoria italiana.

Si domanda cioè, se per il fatto dell'apertura della suc-


cessione a benefizio del primo istituito , già avvenuta sotto
382 PARTE TERZA

l'impero della legge precedente , si debba ritenere quesito


nel sostituito il diritto alla restituzione dell'eredità , per
modo che questa restituzione possa accadere anche sotto
l'impero della legge nuova , oppure se il diritto di quel
sostituito non sia che una mera aspettativa , la quale
potrebbe trasformarsi in diritto quesito se non per il fatto
della morte del primo istituito , ma non può appunto tra-
sformarsi così , perchè la morte del primo istituito è acca-
duta vigendo la legge nuova che quella restituzione non
consente .

Della prima opinione è lo Struve (p . 254 , nota c) , il


quale afferma che colla morte del testatore tutti i sostituiti
acquistano un diritto irrevocabile ai beni che formano

oggetto della sostituzione , imperocchè anche il primo


istituito acquista i beni condizionatamente, e come dalla

condizione impostagli egli non si può emancipare da sè me-


desimo, così non lo può emancipare il legislatore . La stessa
opinione tennero anche parecchie decisioni di tribunali, e
fra le altre le seguenti ; Senato di Piemonte , 2 maggio
1815 ( 1 ) , 2 dicembre 1815 ( 2 ) , 28 agosto 1816 ( 3) , Corte
d'appello di Firenze , 6 giugno 1867 (4) , Corte di cassa-
zione di Firenze , 27 gennaio 1868 ( 5) , Corte d'appello di
Ancona, 15 maggio 1876 ( 6 ) , Corte d'appello di Modena,
370 27 maggio 1881 ( 7 ) , Cassazione di Roma , 5 luglio 1877 (8),
21 agosto 1877 ( 9 ) , Corte di Macerata , 23 marzo 1880 ( 10 ),

(1) V. Ann. della Giur. it., anno 1868 , parte I , p . 32 , i . n.


(2) 1b.
(3) V. Corso di Diritto Civile secondo Duranton, applicato al Codice
civile sardo da P. O. VIGLIANI ed altri giureconsulti. Torino 1842, vol. V,
pag. 63.
(4) A. G. , 1866-67 , II , pp . 281 e segg.
(5) lb., 1868 , I , pp. 32 e segg.
(6) G. 1. , xxvin , 2, 654.
(7) M. , XXII, 750.
(8) L., xviii , 355 .
(9) A. G. , x1 , 491 .
( 10) G. 1. , xxx, 2, 263.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 383

Cassazione di Torino , 29 dicembre 1883 ( 1 ) . L'opinione


contraria venne propugnata da P. O. Vigliani (v . pag. pre-
cedente nota 3) e dall'avv . V. Vitali (op . cit . , p . 147 ) , e fu
pur confermata da parecchie sentenze di tribunali , e , per
esempio , dalle seguenti : Corte d'appello di Torino ,
13 febbraio 1810 (2) , Senato di Piemonte , 28 agosto
1838 (3 ) , Corte d'appello di Torino , 19 febbraio 1849 (4),
Corte d'appello di Genova, 11 dicembre 1869 ( 5 ) , Corte
d'appello di Torino , 13 maggio 1872 ( 6 ) , Corte d'appello
di Modena, 12 settembre 1876 ( 7) , Corte d'appello di
Firenze , 13 giugno 1877 ( 8) , Cassazione di Torino ,
28 maggio 1873 (9) , e 9 novembre 1880 (10) . In seno
alla Commissione , che diede l'ultima mano al Progetto del
Codice civile italiano , fu agitata la quistione se le sostitu-
zioni pupillari in discorso si dovessero conservare o no
con una apposita disposizione transitoria ( 11 ) . Ma quan-
tunque la prima opinione fosse propugnata dagli autore-
voli giureconsulti Bartalini ( 12 ) , Deforesta c Pallieri , fu
vinto il partito di lasciare aperta la quistione , e di pas-
sarla sotto silenzio .

In tutte le suaccennate sentenze il punto di vista , dal 371


quale viene principalmente considerata la quistione , è di

(1) A. G., xviii , 1 , 154.


(2) 1. P., viii , 100 .
(3) Ann. di Giurispr., Torino (raccolta mensile) , Vol . II, p . 29 .
(4) BETTINI, I, 2, 889.
(5) Gazz. d. Trib. di Genova , xxII , 8.
(6) A. G. , vi , 2, 80.
(7) lb., x1 , 2, 204.
(8) lb. , 234.
(9) Ib., vii, 1 , 286.
(10) Ib. , xv , 1, 22.
(11) V. Proc. verb. delle sedute della Commissione speciale, ecc. Torino ,
1866, p. 748 e segg.
(12) Questo giureconsulto riprese la difesa di tale opinione nelle Osser
vazioni sul progetto di legge transitoria per l'attuazione del Codice civile,
di BARTALINI e BICCI (§§ 30-31 ) .
384 PARTE TERZA

indagare se fra la disposizione testamentaria contenente


la istituzione e quella contenente la sostituzione pupillare
si possa riscontrare una così stretta connessione , che non
si possa ammettere l'efficacia della prima senza ammettere

del pari l'efficacia della seconda . Questa indagine poi viene


trasmutata nell'altra se il testamento contenente la sosti-

tuzione pupillare si possa considerare come un solo ed


unico testamento , benchè vi si disponga , come il più delle
volte accade , di due diverse eredità , cioè di quella del
testatore e di quella del figlio istituito , oppure lo si debba
considerare come testamento unico , benchè risultante di

due distinte disposizioni testamentarie . È questa un'antica


e agitatissima controversia fra i commentatori del Diritto

Romano , dalla quale si suol fare dipendere anche la solu-


zione della quistione transitoria in discorso . Noi non sta-
remo a ripetere e neppure a riassumere gli argomenti pro
e contro l'unicità del testamento contenente una sostitu-

zione pupillare o esemplare , perchè , quantunque sogliasi,


come dicemmo , far dipendere principalmente da tale qui-
stione anche quella di cui ora trattiamo , noi non siamo
però d'avviso , come in seguito diremo , che tale sia il punto
di vista più decisivo nella seconda quistione. Chi voglia
conoscere il vero stato di tale controversia , può leggere le
citate sentenze della Corte d'appello di Firenze , 16 giugno
1867 , e della Corte d'appello di Modena , 27 maggio 1881 ,
che maestrevolmente la svolgono (1) .

Veramente però , quantunque il principale punto di vista


nell'attuale quistione sia sempre stato per la maggior parte
372 dei tribunali quello accennato dianzi , ne furono adoperati
anche altri . La considerazione del diritto del sostituito

( 1 ) Il sig. GENNARO MANNA, Carattere giuridico della sostituzione pupil


lare in Diritto Romano, Napoli 1885, propugna pure validamente e con rara
copia di dottrina la tesi della unicità del testamento nella sostituzione
pupillare, e nella quasi pupillare o esemplare.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 385

pupillarmente, o esemplarmente , come di un diritto con-


dizionato , acquisito fino dalla morte del testatore , consi-
derazione già fatta , come osservammo disopra , dallo
Struve, si trova anche nella ricordata sentenza della Corte
d'appello di Firenze , 16 giugno 1867 , la quale a buon diritto
afferma (p. 286 ) che l'essere un diritto condizionato , non
impedisce che lo si possa considerare come acquisito ed
inviolabile . Oltracciò la stessa Corte afferma altresì nella

medesima sentenza (pag. 285 ) che la sostituzione pupillare


non sia in sostanza che la sostituzione volgare protratta

all'epoca della pubertà del figlio , epperò , al pari di questa


seconda sostituzione , debba essere regolata dalla legge
vigente alla morte del testatore.
Fra le due opposte opinioni noi pure preferiamo quella
della validità e della efficacia della sostituzione pupillare e

della quasi - pupillare , ordinata vigendo una legge che la


permetteva, da un testatore morto vigendo la stessa legge ,
ma che si apre sotto l'impero di una legge che più non
l'ammette , morendo l'istituito sotto l'impero di questa legge.
Ma, come già dicemmo più sopra , non ci determina a così
pensare l'unicità del testamento , piuttosto che la duplicità
del medesimo . Imperocchè ci sembra fuor di proposito
il voler basare tale opinione su di una stretta e indissolu-
bile connessione fra la istituzione e la sostituzione pupil-
lare. Per quanto forte sia questa connessione sarà però
sempre vero che la seconda disposizione devesi effettuare

in un tempo diverso dalla prima , ed ora come si può in


tesi generale sostenere che gli effetti di un testamento av-
verantisi in differenti e successivi tempi , non debbono mai
cadere sotto l'impero di leggi differenti ? Non vediamo noi
le sostituzioni fedecommissarie ordinate per testamento of
per atto tra vivi , venir sospese dalle leggi abolitive dei fe-
decommessi ? Ciò posto , onde sostenere che la sostituzione
pupillare debba potersi effettuare a suo tempo , ad onta 373
GABBA - Retr. leggi, III. 25
386 PARTE TERZA

che in questo tempo viga una legge che la proibisce,


derogando così alla legge sotto il cui impero è morto
il testatore , bisogna dimostrare , non che quella sostitu
zione emani da un solo e medesimo testamento come la
prima istituzione, ma che in virtù del testamento sia stato

acquisito il diritto alla sostituzione nel medesimo tempo


in cui fu acquistato il diritto alla prima istituzione , cioè
dimostrare che il sostituito al pupillo abbia acquisito il
diritto alla sostituzione fin dalla morte del testatore. La

stessa Rota Romana , che nella decisione Caesenat . success . ,


coram Tiberi , 23 gennaio 1826 ritenne la duplicità del te-
stamento nella sostituzione pupillare , opinò nondimeno
che il diritto del sostituito emani direttamente dal testa-

tore ( 1 ) . Del resto chi rifletta alla singolare natura delle


sostituzioni in discorso , non può facilmente persuadersi
che sia suscettibile di una soddisfacente soluzione l'antica

e sempre dibattuta quistione , se il testamento che le


contiene sia un testamento unico o non piuttosto la riu-
nione di due testamenti . Checchè si dica per una opinione
o per l'altra , rimane sempre non vinta la contraddizione

fra l'unicità dell'atto e la duplicità non tanto della dispo-


sizione , quanto delle eredità che ne formano l'oggetto ; co-
sicchè ognuno deve certamente desiderare che su più saldo
fondamento si basi quella qualunque sentenza , che si vo-
glia seguire nella quistione transitoria che andiamo stu-
diando (2) .

(1) Quoniam jure poterat Oddus pater de bonis filii quasi pupillariter
testari, et re ipsa testatus erat... ejus haereditas ita pervenit ad personas
substitutas, perinde ac si ipse Anselmus (il figlio) eas haeredes instituisset.
(2) Osservano anche i più recenti romanisti , e fra gli altri il KELLER
(Pand., p. 928) , che la dottrina della sostituzione pupillare si risolve in
"
una artificiosa e ingegnosa combinazione dell'antico aspetto di tale isti-
tuzione, che non comprendeva la disposizione testamentaria circa i beni
del figlio, e della più recente che anche questa disposizione comprendeva ,.
Volere dunque decidersi per la unicità o duplicità del testamento nella
esposta questione, è una specie di petizione di principio, perchè si sup-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 387

Noi seguiamo l'opinione dianzi enunciata , appunto 374


perchè riteniamo che il diritto del sostituito pupillarmente
sia da questo stato acquistato fin dal giorno della morte
del testatore . Nè ci pare possibile il formulare quella
opinione differentemente , volendo tradurla nel proprio lin-
guaggio della giurisprudenza transitoria. Che anzi , se i
fautori dell'unicità del testamento racchiudente la sostitu-

zione pupillare , o la quasi- pupillare , avessero riflettuto che


con tale premessa essi venivano in sostanza a dir quello , si
sarebbero accorti facilmente della vanità della premessa

medesima. Imperocchè se il diritto del sostituito è ac-


quistato fin dalla morte del testatore , non lo può essere
certamente che in virtù del testamento , e basta quindi
a tal uopo che il testamento contenente la sostituzione si
consideri e si dimostri dover essere rispettato in questo suo
contenuto fin dal giorno in cui venne aperto , sia poi la
sostituzione una disposizione testamentaria che sta da sè,
o sia che non la si possa distinguere da un'altra , cioè da
quella contenente la istituzione .
Per noi il diritto del sostituito pupillarmente è diritto
acquisito fin dal giorno della morte del testatore , perchè
la disposizione circa la sostituzione , al pari di qualunque
altra disposizione testamentaria , non può non cominciare
ad avere effetto e ad essere rispettata fin dalla morte del
testatore , qualunque poi sia il modo in cui si debba con-
cepire quella sua originaria efficacia , attesa la sua speciale
natura. Invero qualunque disposizione avente la sua ori-
gine in un testamento , non può non considerarsi fin dalla

pone l'istituto più semplice di quello che esso non è in realtà , e di quello
che non lo fece la storia. Del resto i fautori dell'unicità del testamento
non hanno forse dato la dovuta importanza alla circostanza che il padre
poteva nominare un erede al figlio anche in un testamento in cui dise-
reda questo figlio (§ 4, I. de pup. substit.). In questo caso dove è propria-
mente la sostituzione, e come si può confondere la disposizione circa il
patrimonio del figlio con quella circa il patrimonio del padre testatore ?
388 PARTE TERZA

morte del testatore come dovente verificarsi , e , in qua-

375 lunque epoca più lontana essa venga ad effettuarsi , questa


effettuazione vuol essere considerata immancabile fin da

quel momento , se la legge in allora vigente l'ammetteva.


Corrispondentemente, chi è chiamato a fruire di tale di-

sposizione deve ritenersi avere acquisito il diritto a fruirne


fin da quel momento , e sulla base e a termini di quella
legge . Se la disposizione testamentaria è tale che soltanto

dopo un certo tempo debba effettuarsi , essa e il corrispon-


dente diritto quesito si avranno per assicurati fin dalla
morte del testatore , e soltanto il loro effetto materiale pro-
tratto nel frattempo ; se è invece una disposizione , che
soltanto al verificarsi di un certo avvenimento produrrà il
suo effetto , essa e il corrispondente diritto quesito si

avranno per assicurati fin dalla morte del testatore , come


disposizione e diritto sospesi ad una condizione . Di questa
ultima specie è appunto la disposizione testamentaria circa
la sostituzione pupillare od esemplare , e il diritto quesito del
sostituito pupillarmente od esemplarmente . Fin dalla morte
del testatore il diritto del sostituito è acquistato alla con-
dizione che costui non premuoia all'istituito , che questi

non muoia fuori della impubertà , e che la legge vigente


alla morte del testatore permetta una tale sostituzione.
Con qual legge infatti si deve decidere se tale sostituzione

sia ammissibile , se non con quella del tempo in cui si è


data causa alla medesima , ed in qual tempo le si è prima
data causa , se non quando la volontà del testatore ha co-

minciato ad essere rispettata , cioè alla morte di lui ? Che


poi i diritti possano essere acquistati sotto condizione, è
questa , come già osservammo , verità inconcussa nella giu-

risprudenza transitoria , e famigliarissima al certo al lettore


della presente opera . Noi conveniamo quindi pienamente
collo Struve e colla più volte ricordata sentenza fiorentina ,
dove questa argomenta al pari di quello scrittore .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 389

Avvertasi che il nostro ragionamento corre propria-

mente, come già disopra osservammo , tanto se si consideri


la sostituzione pupillare e la quasi -pupillare come costi- 376
tuente un solo ed unico testamento insieme alla istitu-

zione, quanto se si distingua la disposizione concernente


i beni del testatore da quella concernente i beni dell'isti-
tuito, e le si considerino come due testamenti distinti . In

quest'ultima ipotesi invero il diritto del successore nei


beni del pupillo è certamente acquistato dal momento della
morte del padre testatore, e condizionatamente , come si
disse ; imperocchè , lungi dall'affermare col Bianchi (p . 120)
che la successione del pupillo , benchè contemplata nel te-
stamento paterno già aperto , debba regolarsi non secondo
la legge vigente alla morte del padre, ma secondo quella
vigente alla morte del figlio , devesi piuttosto convenire
nell' acuta e decisiva considerazione fatta dalla citata

sentenza appellatoria di Firenze (p . 285 ) , che " se può es-


sere dubbio se un testatore possa disporre per dopo la sua
morte di ciò di cui non ha la libera disponibilità , non può
essere dubbio certamente che , data in esso la facoltà di
poterne disporre , questa disposizione debba essere regolata
dalle leggi vigenti nel giorno della sua morte
L'esposta argomentazione ci sembra sufficiente di per sè
sola a fare adottare l'opinione da noi preferita . Più che
superfluo, ci pare insussistente l'argomento desunto in pro
della medesima , dalla pretesa affinità fra la sostituzione
pupillare e la quasi-pupillare da una parte , e la sostitu-
zione volgare dall'altra . Non si possono le prime invero
considerare come sostituzioni volgari protratte alla morte
dell'impubere, senza assumere la successione del primo
istituito come una finzione , mentre essa invece è una
realtà ; rispetto alla successione poi che propriamente

concerne il patrimonio speciale del pupillo , non si può


considerare l'erede nominato dal padre come un sosti-
390 PARTE TERZA

tuito volgarmente al pupillo , senza confondere non solo


questa parte del testamento paterno coll'altra , ma eziandio
lo stesso patrimonio del pupillo con quello del padre.

377 $ 3.

Della sostituzione fedecommissaria.

L'espressione di sostituzione fedecommissaria assunse


dalla sua origine in poi differenti significati . Nell'origine
il fedecommesso , sia che fosse universale , cioè o di tutta
l'eredità o di una parte di questa , sia che fosse singolare,
cioè di singole cose , era una speciale disposizione testamen-
taria, colla quale l'erede veniva incaricato di restituire ad

un'altra persona l'oggetto della disposizione (v . I. de fideic.


hered.), e impropriamente la si sarebbe chiamata sostitu-
zione , come bene osserva anche il Mailher de Chassat (III ,
pag . 154 ) . Imperocchè veramente uno solo era l'erede,
cioè il fiduciario, prima del senatoconsulto Trebelliano , e,
dopo questo senatoconsulto , ambedue, il fiduciario e il
fedecommissario , erano eredi , ognuno per la parte propria,

determinata dal testamento e dalla legge . Coll'andar del


tempo il fedecommesso diventò un istituto , in forza del
quale l'erede istituito ebbe il diritto di ritenere i beni la-
sciatigli , fino al termine della sua vita , ma in pari tempo
l'obbligo di conservarli nella loro integrità , ed alla sua
morte restituirli al posteriore successore , al quale pure

spettava lo stesso obbligo e lo stesso diritto , ripetendosi


questa vece successivamente molte volte , e persino in per-
petuo , nella discendenza di una data persona , a vantaggio
di una certa linea di successori e di certe persone nella
linea, nel quale ultimo aspetto il fedecommesso fu chia-

mato dai moderni fedecommesso di famiglia. Le cagioni


di siffatta trasformazione dell ' originario fedecommesso
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 391

romano, e specialmente dell'ultimo aspetto che esso venne


ad assumere, si raccolgono tutte nell'interesse della con-
servazione dei beni aviti nelle famiglie , e in pari tempo ,

del decoro e dell'importanza delle famiglie medesime ; inte- 378


resse che nelle primitive condizioni della società era abba-

stanza guarentito dallo spirito di famiglia, e dalla conse-


guente poca libertà di testare che le leggi e le consuetudini
permettevano , ma che poi , col progresso dei tempi e della
libertà individuale, parve opportuno assicurare artificial-

mente col mezzo di limiti e di vincoli alla proprietà , im-


posti alle future generazioni . Certo si è che dopo siffatta
trasformazione la successione fedecommissaria diventò una

vera sostituzione , nel senso più proprio di questa parola .


Certo è del pari che per tal modo s'introdusse nella giu-
risprudenza un ente giuridico affatto nuovo , e racchiu-
dente una vera anomalia di fronte ai principii del diritto
comune circa la proprietà ; perchè si ebbero beni esclusi
affatto , per una serie di generazioni ed anche per sempre ,
dal novero delle proprietà individuali , appartenenti agli
attuali possessori come beni usufruttuari , spettanti come
nuda proprietà ad una persona ideale , cioè alla colletti-
vità dei successori fedecommissari , ma come una nuda.

proprietà, che , appunto perchè spettante ad una persona


ideale, non può mai consolidarsi a pro di questa colla pro-
prietà utile , nè può quindi mai dalla persona ideale mede-
sima essere fatto oggetto di commercio . Non è questo cer-
tamente il luogo di apprezzare l'istituto dei fedecommessi
in relazione alla filosofia giuridica e sociale ; noi vogliamo
però soltanto osservare che male si argomenterebbe contro
questo istituto col Mailher de Chassat ( ib . , p . 155) , dal-
l'anomalia che vi si scorge confrontandola col diritto

comune, tanto più l'istituto medesimo è tutt'altro che


estraneo al Diritto Romano , come sembra pensare quel-
l'egregio scrittore , trovandosi il medesimo contemplato
392 PARTE TERZA

nella Novella 159 , che limita (Cap . 2) la sostituzione a


solo quattro successive generazioni . -- Delle due fasi o

specie suddistinte del fedecommesso vuolsi ragionare sepa-


ratamente anche nella giurisprudenza transitoria , alla

379 quale la seconda in ispecie ha fornito nei moderni tempi


parecchie importantissime questioni (1 ).
Il fedecommesso semplice del Diritto Romano , essendo
modalità del testamento , deve essere certamente giudicato

secondo la legge vigente al tempo della morte del testa-


tore ; se questa legge più non lo ammette, il testamento
sarà invalido , o del tutto , o soltanto nella parte concer-
nente la dichiarazione della fiducia, secondochè avrà di-
sposto quella legge. In difetto di disposizione della legge
su quel proposito , il testamento dovrà aversi per invalido
e inefficace del tutto . Imperocchè non si potrebbero la-
sciare al fiduciario come libera proprietà i beni fedecom-
missari , nè questi beni si potrebbero assegnare neppur in
parte al fidecommissario , senza andar contro in ambedue
i casi manifestamente alla intenzione del testatore.

Il fedecommesso , nel senso di vera e propria sostitu-


zione , gettò nel medio-evo e nei secoli moderni fino alla
rivoluzione francese del secolo scorso , larghe e profonde

radici nel sistema giuridico di tutte le nazioni d'Europa , in


cui esisteva una classe aristocratica privilegiata . Ma sic-
come questa classe concentrava anche in sè una grande
parte del possesso territoriale , quell'uso esteso dei fede-

commessi , ordinariamente perpetui , ebbe per effetto di


togliere dal commercio una grande quantità di beni sta-
bili , nuocendo così grandemente alla pubblica prosperità .
Per conseguenza , prima la Toscana sotto Leopoldo II , indi

(1) A ragione osserva il GEORGI (p. 170) che le leggi francesi del 1792,
abolendo i fedecommessi per liberare la proprietà , non avevano ragione
di estendersi anche al fedecommesso semplice del Diritto Romano, il quale
fu nonostante abolito nella stessa occasione, e apparentemente per quello
stesso motivo.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 393

la Francia , e , dietro l'esempio francese , molti altri Stati


moderni, intesi a riordinare il loro sistema giuridico , to-
gliendo privilegi ed estirpando istituzioni dannose , aboli-
rono i fedecommessi , e convertirono i beni , sottoposti fino
allora a vincoli di questo genere , in beni liberi e allodiali .
Abbiamo già citato in una precedente occasione i De- 380
creti della Convenzione Nazionale di Francia del 22 agosto ,
del 25 ottobre e del 24 novembre 1792 , abolitivi delle
sostituzioni , i quali Decreti erano principalmente diretti
contro le sostituzioni fedecommissarie. Leggi analoghe
furono promulgate successivamente in altri paesi , come ,
per esempio , nei Dipartimenti Anseatici , col Decreto Impe-
riale del 24 gennaio 1812 ( v . Pinto , pag . 157 ) . Poscia il
Codice Napoleone , nell'articolo 896 , dichiarò in termini
generali essere nulla ogni disposizione , colla quale l'ono-
rato sia incaricato di conservare e di restituire i beni ad un
terzo , e in consimili termini la sostituzione fedecommis-

saria fu poi vietata in molti Codici , emanati nel nostro


secolo ad imitazione del Codice civile francese . Vero è che ,
dopo l'emanazione di questo Codice e degli altri imitati
da questo , tanto in Francia quanto altrove , ed anche in
Italia , i fedecommessi di famiglia tornarono a far capo-
lino , in limiti assai ristretti e con aspetto quasi eccezio-
nale. Così , per es . , in Francia la legge del 17 maggio 1826
permise al padre di famiglia la sostituzione fedecommis-
saria a beneficio dei figli dell'istituito , o del donatario ,
fino al secondo grado inclusivamente , e nel Regno di Sar-
degna , con Editto 14 ottobre 1837 , fu permessa a certe
condizioni la istituzione dei maggioraschi . Questa istitu-
zione venne pure ammessa a certe condizioni nel Codice.

civile austriaco (§ 627) , vigente nel già Regno lombardo-


veneto , nel Codice delle Due Sicilie (art. 941 e segg . ) , nel
Codice parmense (art . 674 e segg.) , nel Codice albertino
(art. 879-880) , nel Codice estense (art. 858 , 864 e segg .) .
394 PARTE TERZA

Ma siffatte deroghe non potevano durare lungamente ( 1 ) ,


nè in particolare potevano sopravvivere alla ricostituzione
politica della nazione italiana . Infatti il Codice civile ita-
liano ( art . 899 , 900) ha esteso in tutta l'Italia il principio
381 della nullità della sostituzione fedecommissaria , senza in-
validare però il testamento , in cui la medesima è conte-
nuta, come aveva fatto il Codice Napoleone ( art . 896 ) ( 2).
Siffatte abolizioni , dirette contro l'istituto del fedecom-
messo di famiglia , avrebbero dovuto colpirlo in tutte le
sue specie e modalità . Ciò nondimeno noi abbiamo osser-
vato più sopra (p . 193 ) che le enfiteusi pattizie , veri e
propri fedecommessi enfiteutici , non dappertutto cessarono
di sussistere in virtù delle leggi abolitive dei fedecommessi
di famiglia .

Facendoci ora a ragionare delle principali quistioni tran-


sitorie suscitate dalle moderne leggi abolitive dei fedecom-
messi , dobbiamo anzitutto avvertire che , se finora noi
parlammo della sostituzione fedecommissaria come prove-
niente dal testamento, in realtà però , dovunque essa fu
ammessa , non fu soltanto il testamento il mezzo di porla
in essere, ma ciò fu possibile del pari mediante atti inter
vivos, e specialmente mediante donazioni . Che anzi di
queste donazioni costituenti una sostituzione fedecommis-
saria noi abbiamo ancora un esempio nello stesso Codice
Napoleone (art . 1048-1074) , a vantaggio dei nipoti o dei
figli dei fratelli e sorelle del donatore , però soltanto fino
al primo grado ( 3 ) . Sarebbe certamente irragionevole che

(1) Veggansi per la Francia le leggi del 12 maggio 1835 e del 7 mag-
gio 1849.
(2) Questa nullità totale del testamento è stata veramente sulle prime
oggetto di quistione fra gli interpreti del Codice Napoleone (confr . CHAB.
DE L'ALL . , III , pag . 262 e segg. ) , ma venne poi dichiarata dalla Corte di
cassazione di Parigi con sentenza del 18 gennaio 1808 ( ib. , p . 274) ema-
nata consultis classibus , e d'allora in poi non fu più revocata in dubbio.
(3) Anche per testamento si possono fare, giusta i citati articoli , le
disposizioni fedecommissarie accennate nel testo, per cui si può dire che
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 395

noi riprendessimo in altra occasione il discorso delle qui-


stioni transitorie concernenti i fedecommessi famigliari

provenienti da atti inter vivos, o che, nelle quistioni co- 382


muni ai fedecommessi famigliari tutti quanti , da qualunque

fonte provenienti , noi non facessimo menzione che dei


fedecommessi testamentari. Noi tratteremo invece prima

dei fedecommessi famigliari testamentari , poi dei fedecom-


messi in generale , senza distinzione fra quelli costituiti
per testamento , e quelli costituiti per atti inter vivos . Vuolsi
del resto riflettere che , se non propriamente nel tema dei
testamenti , però in quello della successione mortis causa
in generale rientra il discorso dei fedecommessi famigliari
costituiti inter vivos , epperò i due argomenti sono affini
tra di loro anche nella essenza , oltrechè nell'obbietto ;
imperocchè il donante che sostituisce al donatario i suc-

cessori di questo fedecommissariamente , regola la succes-


sione nei beni donati , dopo la morte del donatario .
Come già dicemmo sopra , rispetto al fedecommesso
semplice del Diritto Romano , così ora poi possiamo dire
rispetto al fedecommesso di famiglia , che la validità e la
efficacia di un testamento contenente questa sostituzione

devono essere giudicate secondo la legge vigente alla morte


del testatore . Se la legge sotto cui il testamento venne

fatto , permetteva la vera e propria sostituzione fedecom-


missaria , ma questa non è più ammessa dalla legge vigente
alla morte del testatore , non varrà la sostituzione . Che se
la prima legge divietava la sostituzione , e la seconda legge
la divieta del pari , ma fra le due leggi vi ha differenza
nella sanzione del divieto medesimo , sarà certamente la

veramente il Codice Napoleone non ha vietato assolutamente se non i


fedecommessi famigliari perpetui, i temporari invece li ha soltanto limi-
tati ad una generazione di fedecommissari , imperocchè, sia per dona-
zione, sia per testamento, i fedecommessi non si usarono mai istituire se
dei fraatprofitto
non elli. appunto della propria famiglia, cioè dei discendenti propri o
396 PARTE TERZA

seconda legge che regolerà l'estensione della invalidità del


testamento . Così , per es . , se il testamento contenente la
sostituzione in discorso venne fatto in Francia vigendo la

citata legge 14 novembre 1792 , la quale annullava la so-


stituzione, ma teneva ferma l'istituzione , e il testatore mori
vigendo l'articolo 896 del Codice Napoleone, il quale an-
nulla tanto la sostituzione quanto l'istituzione ( 1 ) , non vi
383 ha dubbio che si applicherà la seconda legge più rigorosa ,
la quale non sarebbe stata applicata se il testatore fosse
morto vigendo la legge del 1792 , la quale poi alla sua volta
dovrà essere applicata tanto ai testamenti fatti dopo ,
quanto a quelli fatti prima della sua attuazione , se il te-
statore è morto sotto il suo impero . Ciò osservano pure il

Chabot de l'Allier ( III , pag . 275 ) , e il Mailher de Chassat


(II, pag. 175 ) , e venne pur dichiarato dalle seguenti sen-
tenze Corte d'appello di Agen , 30 aprile 1806 ( 2) , Corte
d'appello di Bruxelles , 26 aprile 1808 ( 3 ) , Corte d'appello
di Nîmes , 11 agosto 1812 ( 4) .
Se invece il testamento è stato fatto vigendo una legge,

la quale divietava la sostituzione fedecommissaria , ma il


testatore mori vigendo una legge che l'ammette , varrà la
sostituzione . Così , per es . , come osserva il Mailher de
Chassat (II , pag. 176 ) , se testamento siffatto venne posto
in essere sotto l'impero della legge francese 14 novembre

1792 , oppure dell'articolo 896 del Codice Napoleone, potrà


avere effetto , morendo il testatore sotto l'impero della già
sopra citata legge 17 marzo 1826. Che se la sostituzione

in tale ipotesi ordinata nel testamento eccedesse per av-


ventura i limiti concessi dalla legge vigente alla morte
del testatore , e , per esempio , dalla legge 17 marzo 1826,

(1) V. sopra la nota 1 a pag. 353.


( 2) Chabot de L'Allier, III , p . 275.
(3) Mailher de CHASSAT, II , p . 175.
(4) Ib. e R. G., 14, 2, 85.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 397

dovrà essere tenuta ferma , come osserva pure lo stesso


giureconsulto ( ib . ) , nei limiti di essa legge , sia perchè a
ciò conduce l'esatta applicazione del principio generale ,
che il contenuto dei testamenti deve essere giudicato se-
condo la legge vigente alla morte del testatore , sia perchè
allo stesso risultato conduce anche l'altro principio , che il
testamento deve essere applicato in modo che potius valeat
quam pereat.
Posto in essere il fedecommesso di famiglia in virtù di
un testamento , oppure di un atto inter vivos , molte legis-
lazioni moderne, come già dicemmo , ne hanno pronun- 384
ciato l'abolizione . Prima di procedere all'esame delle prin-
cipali quistioni transitorie a cui questa abolizione ha dato
origine , è opportuno precisare il concetto della medesima,
e il modo in cui è stata fatta.

Rispetto ai fedecommessi ordinati per testamento , l'abo-


lizione non può applicarsi prima che il testamento abbia

avuto effetto per la morte del testatore , e quindi concerne


soltanto quelle sostituzioni che devono tener dietro alla
prima istituzione già avverata , o ad ulteriori sostituzioni
già pure compiutesi dopo la prima . Rispetto ai fedecom-
messi posti in essere mediante atti inter vivos , per es . ,
mediante donazione , la legge abolitiva , come bene osserva
il Mailher de Chassat (II , p . 173 ) , concerne tutti quanti
gli atti di questo genere , impedendo sia la prima , sia una
ulteriore sostituzione , perchè codesti atti attribuiscono im-
mediatamente i diritti che ne formano l'oggetto ( 1 ) . Lo

( 1 ) Fra le sostituzioni fedecommissarie poste in essere inter vivos vuolsi


annoverare certamente il retour légal e il retour conventionnel dell'antico
diritto francese , in virtù dei quali i beni donati facevano ritorno al donante
e ai suoi discendenti nel caso di estinzione della discendenza del donatario .
Epperò a buon diritto il MAILHER DE CHASSAT ( II , pp . 168-172) sostiene che
tanto l'un retour quanto l'altro doveansi considerare sottoposti alle leggi
25 agosto e 14 novembre 1792, e censura le sentenze della Corte di cas-
sazione di Parigi, 11 frimale anno IV ( R. G. , vi , 1 , p . 136) , 17 gennaio 1809
398 PARTE TERZA

stesso ebbe anche a dichiarare la Cassazione di Torino in

una sentenza 3 febbraio 1882 ( 1 ) .


L'abolizione in discorso ha propriamente per effetto di

cambiare , dal momento in cui principia la sua efficacia,


la natura e il titolo del diritto dell'attuale possessore dei

beni fedecommissari , diventato per legge, da quel momento,


libero proprietario dei beni medesimi . In molte legislazioni
poi , le quali contemplano anche il primo chiamato , o l'im-
385 mediato successore chiamato dopo il possessore attuale,
per dargli diritto , sin dal giorno della abolizione , ad una
parte dei beni fedecommissari come libera proprietà , vin-
colata tutt'al più all'usufrutto dell'attuale possessore , quel
primo chiamato viene determinato , supponendo morto il
possessore ultimo nel giorno dell'attuazione della legge
abolitiva (2) , se il diritto di quello si trasforma per legge,
fin da quel medesimo giorno , da mera aspettativa di sosti-
tuzione , in effettivo diritto di nuda proprietà parziale . Ond'è
che la Corte di cassazione di Torino , con sentenza 18 feb-
braio 1869 ( 3 ) , dichiarò che al successore immediato,
investito della piena proprietà di metà dei beni fedecom-
missari svincolati , giusta il disposto delle leggi italiane,
non si applicano le decadenze pronunziate dal testatore .
Rimane adunque del titolo antico fedecommissario , dopo
effettuata l'abolizione , ciò che vale a determinare il pos-
sessore del fedecommesso al momento della abolizione

medesima, od anche il successore immediato , se questi


pure è in qualche modo contemplato dalla legge abolitiva.
Per conseguenza , osserva benissimo il Tonso (pag. 233),
che l'alienazione illecitamente fatta dei beni fedecommissari

(ib. , 1x, 1, 305) , 20 dicembre 1825 (ib. , xxvi , 1 , 74) , che avevano dichiarato il
contrario.
(1) M. T. , 1882 , 642.
( 2) Ciò è dichiarato da innumerevoli sentenze dei Tribunali italiani e,
per es. , dalla Cassazione di Roma , 15 aprile 1882.
(3) Giornale La Giurisprudenza , anno VI, num. 24 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 399

all'epoca in cui i medesimi erano ancora vincolati , potrà


essere rivocata anche dopo l'attuazione della legge aboli-
tiva , coll'effetto di spogliare chi ne era illegittimo posses-
sore al momento dell'abolizione . Nè varrebbe in contrario ,
osserva lo stesso giureconsulto , l'argomentare analogica-
mente , dalla L. 46 , de act . emt. et vend. , imperocchè la
alienazione della cosa altrui , di cui è discorso in questa
legge, era dalla legge permessa , mentre che l'alienazione
dei beni fedecommissari è dalla legge vietata . Anche la

citata legge francese del 1792 (art . 3 ) riconosce e riserva


questo diritto di rivendicazione ( 1 ) .
Qualunque poi siano le disposizioni della legge abolitiva 386
dei fedecommessi , circa l'attribuzione dei beni svincolati ,
ai superstiti , le si devono osservare senza riguardo alcuno
a differenti disposizioni che per avventura si contenessero
su quel proposito nella stessa originaria fondazione del
fedecommesso . Il contrario fu ritenuto dalla Cassazione di

Roma, in una sentenza 19 luglio 1876 ( 2) , rispetto alla


disposizione di un testatore , il quale, fondando un fede-
commesso, e prevedendo il caso della futura abolizione

del medesimo , aveva anticipatamente ordinato che i beni


svincolati appartenessero totalmente e liberamente all'ul-
timo possessore . L'abolizione infatti dei fedecommessi non
si può scindere da legali provvedimenti circa l'attribuzione
dei beni svincolati ; questi e quella costituiscono una sola
e medesima legge , e suggeriti sono egualmeute da riguardi
di pubblica convenienza , che al legislatore solo spetta
apprezzare e interpretare , esclusa affatto e scartata ogni
contraria privata volontà , sia contemporanea all'abolizione ,
sia anteriore , e condizionalmente manifestata ( 3) . Soltanto

(1) V. la nota 2 a pag. 404.


(2) G. I., xxvi , 1 , 780.
(3) V. più ampiamente sviluppata questa tesi nella mia nota alla G. 1. ,
1. c. in nota precedente. - La tesi da noi qui combattuta è stata accolta
400 PARTE TERZA

l'espressa disposizione della legge potrebbe conservare


valore al disposto del testatore circa il caso , da questo
preveduto , dell'abolizione del fedecommesso . Una disposi-
zione consimile si trova infatti nella legge italiana 15 agosto

1867 (art . 2) circa la liquidazione dell'asse ecclesiastico .


L'abolizione dei fedecommessi già istituiti non si può
confondere col divieto della futura istituzione di fedecom-

messi nuovi . Quest'ultimo divieto concerne tanto i futuri


387 testamenti , o i futuri atti inter vivos , coi quali si tentasse
di istituire un fedecommesso , quanto i testamenti già fatti
sotto la legislazione precedente , il cui autore venisse a
morte sotto l'impero della legge nuova . Per verità dissente
dal nostro avviso lo Struve (pag. 265) , il quale applica

rigorosamente quel divieto ai soli atti futuri , e opina che,


ad onta del medesimo , possano avere effetto i testamenti

anteriormente fatti e non aperti vigendo la legislazione


anteriore , contenenti siffatta sostituzione . Ma noi riteniamo

il contrario , col Merlin ( Quest . de droit, voce subst. fideic. ,


art. 1 , i . f. ) , col Bergmann (pag . 302 ) , col Meyer (pag. 61 ) ,
e col Pinto (num. 49) , e non esitiamo a giudicare del tutto
infondata l'opinione dello Struve , attesochè sono fedecom-
messi nuovi tanto quelli che potrebbero venire istituiti in
avvenire, quanto quelli già istituiti , ma non ancora posti
in essere , per non avere il testamento che li ordina , ottenuto
ancora il suo effetto . Non vi ha differenza fra gli uni e gli
altri , una volta che si ammetta , e non si dimentichi ,
doversi il contenuto dei testamenti regolare in ogni sua
parte, e quindi anche nella parte concernente il fedecom-
messo , secondo la legge vigente alla morte del testatore ,
come poco sopra abbiamo avvertito .

dalla Cassazione di Torino in una sentenza 16 giugno 1875 ( Giurispr. It.,


1875, p . 832) . Ma nel caso deciso in questa sentenza avevasi un patto di
famiglia, confermato e convertito in legge da chirografo sovrano. - Vedi
intorno alla quistione la bella memoria dell'avv. COSTABILE VERRONE, in
causa Querini- Querini, Roma 1876.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 401

Or si domanda , se il semplice divieto della sostituzione


fedecommissaria , quale sarebbe contenuto negli art. 896
Codice Napoleone , 899 Codice civile italiano , basti di per
sè solo anche a far cessare l'ulteriore trasmissione dei

fedecommessi già posti in essere , dei quali cioè il titolo


costitutivo è già diventato efficace, sia questo un testa-
mento , oppure un atto inter vivos , siano o non siano già
accadute trasmissioni dei beni fedecommissari ad un primo
o ad un ulteriore sostituito .

Col Georgii (pag. 170) e col Tonso (pagg. 235 e segg. )


noi teniamo l'opinione affermativa , tanto se trattisi di
fedecommessi temporari , quanto se di perpetui . Imperocchè ,
come osserva il Tonso , sono sostituzioni future , cadenti
sotto il divieto della legge , tanto quelle che terranno dietro
ad altre sostituzioni o ad istituzioni già avverate sotto l'im- 388
pero della legge anteriore , quanto quelle il cui punto di
partenza sarà del tutto posteriore alla legge nuova ; epperò
il disposto letterale della legge abolitiva in discorso non
permette distinzione in proposito . Oltracciò , come osserva
benissimo il Georgii , frustrato rimarrebbe lo scopo della
legge, se la si volesse applicare soltanto ai fedecommessi

che venissero per avventura posti in essere in avvenire , e


non anche a quelli già costituiti . Imperocchè in questo
modo continuerebbero a sussistere gli attuali fedecommessi ,
in vista dei quali appunto il legislatore ha trovato neces-
sario il divieto della sostituzione fedecommissaria , e gli

inconvenienti cagionati dai medesimi , e che al legislatore


sono parsi tanto gravi , potrebbero continuare e perpetuarsi
nell'avvenire , quand'anche non venissero posti in essere
fedecommessi nuovi . Noi abbiamo già avvertito nella Parte
Generale di quest'opera (Vol . I , pag . 150 ) che ogni nuova
legge deve essere retroattivamente applicata , il cui scopo
non verrebbe altrimenti raggiunto e rimarrebbe frustrato .
Nella pratica la precedente quistione suole venir prevenuta
GABBA - Retr. leggi, III. 26
402 PARTE TERZA

dallo stesso legislatore il quale espressamente decreta la


abolizione dei fedecommessi già esistenti ; valgano ad
esempio tutte le leggi sopracitate , abolitive di fedecom-

messi . L'espressa abolizione suol essere tanto più neces-


saria , perchè solitamente accompagnata da provvedimenti
transitori di equità , dei quali ragioneremo fra poco ; veg-
gansi in proposito il Decreto organico pei Dipartimenti
Anseatici del 4 luglio 1811 ( art. 155) , il Decreto Vestfalico
del 9 gennaio 1808 , la legge transitoria civile italiana
del 1865 (art . 24 , 25 ) .
Importante è la quistione , se , astrattamente considerata ,
l'abolizione dei fedecommessi di famiglia già posti in essere,

leda qualche diritto acquisito , cioè se il fatto di sospendere


l'ulteriore efficacia della volontà di chi costituì il fede-

commesso, sia lesione del diritto di qualcuno , e di chi.


389 Molti tengono la opinione affermativa , senza troppo
curarsi di porre in chiaro quale sia il diritto leso a parer
loro , e si accontentano di dire che eccezionali circostanze

giustificano siffatta deroga al rispetto dei diritti acquisiti .


A parer nostro , non sempre l'abolizione in discorso offende

il diritto quesito alla continuazione del fedecommesso.


Non è che noi pensiamo col Savigny che tutte quante
le leggi intorno alla persistenza dei diritti siano di loro
natura retroattive , la quale dottrina noi abbiamo combat-

tuta tanto in tesi generale (v . Vol . I di q . o . , pag. 161 e


segg.) , quanto nell'applicazione che il Savigny ne fa ai
fedecommessi in particolare , dei quali egli pure ammette
(pp . 517 , 523 ) l'abolizione retroattiva . Noi pensiamo invece
doversi distinguere i fedecommessi perpetui dai temporari.
Nei primi non mancherebbe formalmente un diritto quesito
alla loro continuazione , e spetterebbe ad ogni successore
nel fedecommesso , per il solo fatto di essere rappresentante
del fondatore , ma realmente e propriamente tale diritto
non si può ammettere , perchè, come già dimostrammo
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 403

nella Parte Generale di quest'opera (Vol. I, p . 349 ) , non

vi può essere diritto quesito di durata perpetua . Nei secondi


invece ogni successore nel fedecommesso ha non soltanto
acquistato formalmente il diritto di trasmetterlo giusta la
volontà del fondatore da lui rappresentato , ma questo

diritto gli appartiene anche in realtà , perchè non vi osta


il carattere della perpetuità , nè altra ragione equipollente .
Per conseguenza l'abolizione retroattiva dei fedecommessi

di famiglia non offende , a parer nostro , nessun diritto


quesito , ove si tratti di fedecommessi perpetui , offende
invece il diritto del possessore alla trasmissione del fede-

commesso , ove si tratti di fedecommesso temporario . Ci si


potrebbe obbiettare che vanamente si vuol riscontrare nel
possessore del fedecommesso la perdita di un diritto , del
diritto cioè alla ulteriore trasmissione dei beni , dacchè le

leggi abolitive del fedecommesso migliorano la condizione 390


di quel possessore ; ma l'obbiezione non varrebbe , non
essendo conseguenza necessaria dell'abolizione del fede-
commesso l'attribuirsi al possessore attuale diritti maggiori
di quelli che aveva , e potendosi del resto benissimo sentire
la perdita coattiva di un diritto anche da chi ne riceve un
qualunque compenso .
Un'altra questione , più difficile della precedente , sorge ,
una volta decisa l'abolizione dei fedecommessi , ed è il

determinare quali diritti acquisiti al fedecommesso deb-


bansi rispettare, e in qual modo , nel praticare tale aboli-
zione . Non si tratta più del diritto alla trasmissione ulteriore
del fedecommesso , ma del diritto al godimento o all'acquisto
del fedecommesso medesimo . Tutti convengono che il pos-

sessore attuale del fedecommesso ha un diritto quesito al


godimento di questo , e tutte le legislazioni rispettano questo
diritto , confermandolo a quel possessore fino alla morte,
o fino al sopraggiungere di una qualunque prestabilita

causa di caducità . La questione concerne i chiamati al


404 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

fedecommesso dopo il possessore attuale, e propriamente


i chiamati viventi o concepiti nel giorno in cui la legge
abolitiva viene applicata , negando gli uni diritto quesito a
queste persone, attribuendoglielo gli altri , e questi ultimi
dissentendo fra loro circa l'attribuire tale diritto al primo
chiamato soltanto , o anche ad altri chiamati dopo di
questo.
Un vero diritto quesito nei chiamati al fedecommesso ,
viventi o concepiti quando viene attuata la legge abolitiva,
riconoscono il Meyer (pag . 65 ) , il Merlin (R. , voce Eff. rétr.,
sect. II , 2 , sect . III , 4) , il Mailher de Chassat ( 2 , p . 164,
165 ) , il Christiansen (p . 13 ) , il Grandmanche de Beaulieu
(pag. 77) , il Lassalle (pag. 104), Bartalini e Ricci (nelle
loro Osservazioni sul Progetto di legge transitoria civile
italiana, § 31 ) . Lo negano invece il Weber (p . 102) , il
Bauer (p . 26 ) , il Tonso (p . 239) , il Bianchi (p . 119 ) , e la
391 Corte di cassazione di Parigi in una sentenza del 21 marzo
1826 ( 1 ) . Il Savigny (p . 537 ) non si esprime chiaramente
su questo punto , ma sembra propendere all'opinione che
le pretese dei chiamati al fedecommesso siano mere aspet
tative , che soltanto per ragioni di equità possono essere
contemplate dal legislatore . Le legislazioni positive pre-
sentano analoghe discrepanze . La legge francese più volte
citata del 14 novembre 1792 ha soltanto rispettato il
diritto degli attuali possessori , come ebbe appunto a
dichiarare la dianzi citata sentenza di Cassazione ( 2) . La
stessa massima seguì la legislazione badese del 1809

(1) R. G., 26, 1, 342.


(2) Arbitrariamente il MEYER opina che la legge del 1792 riservasse il
diritto dei chiamati al fedecommesso . Forse egli argomentò dalle seguenti
parole dell'art. 3 di detta legge : les substitutions , lors de la publication du
présent décret, n'auront d'effet qu'en faveur de ceux seulement qui auront
alors recueilli les biens substitués ou le droit de les réclamer, e precisamente
da queste ultime parole, le quali propriamente contemplano soltanto il
diritto di rivendicazione dei beni fedecommissari per avventura posseduti
da terze persone senza diritto .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 405

(V. Weber , pag. 105 ) . Cominciò invece a contemplare il


primo chiamato dopo il possessore attuale , vivente nel
giorno dell'attuazione della legge abolitiva , il già citato
Decreto vestfalico del 9 gennaio 1808. Poscia la stessa
contemplazione del primo chiamato fu ripetuta nel pure
citato Decreto pei Dipartimenti Anseatici del 5 luglio
1811 ( 1 ) , e nella legge transitoria dei Paesi Bassi del
1º ottobre 1833 ( art . 50 , ap . Pinto , p . 157 ) . Anche la legge
transitoria civile italiana del 1865 (art . 24) contempla il

primo o i primi chiamati , nati o concepiti nel giorno della


attuazione del Codice civile , ma, mentre le leggi dianzi
citate attribuiscono a tali persone il diritto di succedere
nel fedecommesso , la legge italiana invece assegna fin da
quel giorno metà della nuda proprietà dei beni fedecom-
missari ai primi chiamati, e metà al possessore attuale , 392

cui spetta inoltre l'usufrutto di tutti quei beni ( 2) .


Le ragioni dei fautori della prima opinione si compen-
diano nella seguente argomentazione del Mailher de Chassat.
Il diritto del chiamato al fedecommesso dopo l'istituito ha ,
egli dice (1. c . ) , la stessa origine del diritto dell'istituito ,
cioè il testamento ; soltanto ne differisce per essere sotto-
posto alla condizione di sopravvivere all'istituito , o al pos-
sessore precedente. La sostituzione è, come dice Donello

(lib. 6 , cap . 23 , n . 6) , una institutio conditionalis. Qualunque


erede chiamato al fedecommesso , in qualunque grado , è

(1 ) . . . . . Néanmoins, la substitution faite antérieurement à la mise


en activité du Code, tiendra au profit du premier appelé né avant cette
époque. Hors ce seul cas, le grévé jouira des biens comme propriétaire
incommutable.
(2) Chi si intendesse propriamente primo chiamato nelle suddette leggi,
cioè secondo tali leggi a qual epoca si dovesse determinarlo, come pure
quale fosse propriamente l'oggetto e l'estensione del diritto del primo chia-
mato dal giorno dello svincolo del fedecommesso , sono quistioni lunga-
mente dibattute ( v. PINTO, pagg. 52-55) . La legge transitoria civile italiana le
ha risolute ambedue, disponendo che il primo o i primi chiamati nati o
concepiti il 1° gennaio 1866 , hanno diritto alla proprietà di metà dei beni
fedecommissari „ .
406 PARTE TERZA

sempre erede dal giorno della morte del testatore , e in virtù


del testamento il suo diritto è quesito da questo giorno:
l'apertura della sostituzione non è che la conseguenza del
verificarsi la condizione apposta nel testamento al diritto
di quel chiamato. A conferma del diritto quesito del sosti-
tuito lo stesso autore adduce le LL. 1 , 5 , § 2 , ff. D. ut
legatorum , e la L. 50, D. ad SC. Trebell. Si osservi poi che
tutti i partigiani di tale opinione non fanno distinzione fra
il primo e un ulteriore chiamato qualunque , nato o con-
cepito nel giorno dell'attuazione della legge abolitiva ; il
Christiansen in particolare afferma (1. c . ) che fino alla
morte dell'ultimo di tali chiamati la legge abolitiva non
dovrebbe essere applicata , in virtù di una specie di vacatio
legis. Per verità dalla loro premessa non è possibile desu-
mere una conseguenza differente, e le leggi positive , che
hanno contemplato soltanto il primo o i primi chiamati,
393 non sembrano quindi essere state veramente ispirate dalle
dottrine professate dagli autori di cui parliamo.
I fautori della contraria opinione considerano i chiamati
al fedecommesso , nati o concepiti nel giorno dell'attua-
zione della legge abolitiva , come forniti soltanto di una
aspettativa ( 1 ) , perchè il fatto acquisitivo di un vero e
proprio diritto , cioè la morte o la caducità del possessore,
non è ancora accaduto . Essi consigliano per verità il legis-
latore ad aver riguardo anche a tale aspettativa , perchè,
come osserva il Weber (l . c . ) , siffatta aspettativa può essere
stata fondamento di calcoli , ed anche di impegni antici-
patamente assunti , cosicchè, se la nuova legge inopinata-
mente li eludesse , grave danno a quei chiamati ne potrebbe
provenire ; ma è questo un riguardo di mera equità .
Di tali due contrarie opinioni noi preferiamo la prima.
(1 ) Veramente il WEBER (1. c. ) cade in una confusione d'idee, dicendo che
"
i chiamati viventi hanno una speranza , un diritto condizionato ,. Se egli
avesse riflettuto maggiormente a quest'ultima espressione, sarebbe stato
forse condotto alla dottrina opposta a quella che ha adettata.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 407

Senza qui far distinzione fra fedecommessi temporanei e


fedecommessi perpetui , noi pure riteniamo colla maggio-
ranza dei giureconsulti non essere meno quesito e meno
rispettabile il diritto dei chiamati al fedecommesso , di

quello del possessore attuale del medesimo . Se il posses-


sore attuale ha un diritto quesito alla continuazione del
godimento dei beni fedecommissari , i chiamati viventi o

concepiti hanno un diritto quesito a cominciare alla loro


volta questo godimento , se e quando si verificherà la con-
dizione della loro sopravvivenza al possessore attuale o

ad un chiamato anteriore. Il diritto dei chiamati al fede-

commesso non è meno quesito di quello del sostituito pupil-


larmente ; e come noi abbiamo precedentemente affermato
che la condizionalità del diritto del sostituito pupillar-

mente non nuoce alla perfezione dell'acquisto del mede-


simo, così non potremmo ora , senza contraddirci , esitare 394
ad applicare la stessa proposizione ai primi chiamati alla
successione fedecommissaria . Invero l'unica differenza fra

l'un caso e l'altro sta in questo , che il sostituito pupillar-


mente deriva il suo diritto di succedere direttamente dal-

l'autore della sostituzione , mentre il chiamato al fedecom-


messo, ove non sia nato , nè sia stato concepito vivendo
l'autore della sostituzione , deriva da questo il suo diritto
in modo indiretto , cioè per mezzo del precedente posses-
sore, il quale, per la natura dell'istituto , rappresenta esat-
tamente l'autore della sostituzione rispetto all'ulteriore
trasmissione dei beni fedecommissari , e di fronte ai futuri
possessori di questi beni . I partigiani dell'opinione con-
traria alla nostra , o non hanno ravvisato la vera indole

del diritto dei chiamati , oppure , scorgendo in questo un


diritto quesito sotto condizione , da quest'ultima circostanza
appunto furono indotti in errore . Ciò appunto si riscontra
nella dottrina del Weber ( v . pagina precedente , nota 1 ) , il
qua le confonde la mera speranza col diritto quesito condi-
408 PARTE TERZA

zionale, confusione pur troppo non infrequente presso gli

scrittori del gius transitorio , ma che noi abbiamo già molte


volte avvertita e scansata nel corso di quest'opera , affer-
mando che un diritto può benissimo essere acquisito anche
sotto condizione.

Noi pure siamo per conseguenza dell'avviso che non


soltanto il diritto dei primi chiamati , ma anche quello dei

chiamati ulteriori , viventi o concepiti nel giorno dell'abo-


lizione del fedecommesso , dovrebbero essere riservati e
rispettati da una legge unicamente ispirata dal rispetto dei
diritti quesiti . Le leggi positive citate sopra , posteriori a
quella francese del 1792 , le quali hanno contemplato sol-
tanto i primi chiamati, e non anche gli ulteriori , viventi
nel giorno in cui fu attuata l'abolizione del fedecommesso ,
ci paiono imperfette ed ingiuste .
Dobbiamo però soggiungere che , siccome le leggi posi-
tive in materia transitoria non sono ispirate soltanto dal
395 rigoroso diritto o dall'equità , ma anche dal riguardo all'in-
teresse generale, così può forse trovarsi un'assoluzione al
sistema di quelle leggi , benchè contrario al rigoroso diritto.
Imperocchè non si può negare che , se si volesse rispettare
il diritto di tutti i chiamati nati o concepiti nel giorno del-
l'attuazione della legge abolitiva , nel caso in cui molti di
questi , chiamati in differenti gradi , coesistessero in quel
giorno, accadrebbe necessariamente che il fedecommesso
continuerebbe a sussistere per molto tempo ancora, e per

troppo più tempo di quello che a mente del legislatore lo


consentirebbero gli interessi generali della società . Si av-
verta inoltre che in tale caso il diritto dei secondi ed ulte-

riori chiamati sarebbe un diritto per così dire ancor più


eventuale di quello dei primi chiamati , sicchè il sacrificio
che le leggi fanno del diritto di quelli riesce ad essi meno
doloroso e meno grave di quello che non sarebbe pei chia-
mati primi il sacrificio del diritto loro .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 409

Rimane ora ad esaminare l'importante quistione del


modo in cui il diritto quesito del possessore attuale e dei
chiamati nati o concepiti debba essere rispettato .
Il sistema invalso nelle legislazioni positive consiste ,
come sopra si vide , nell'assegnare , di pieno diritto , dal
giorno della attuazione della legge abolitiva , la proprietà.
dei beni fedecommissari o al possessore soltanto , o a questo

ed ai chiamati a cui la legge abbia riguardo , esistenti o


già concepiti in quel giorno . Questo sistema non è stato
criticato da altri , che noi sappiamo , fuorchè dal Lassalle
(pp . 399 , 491 ) , e , prima di lui , dal Gönner (pp . 163-165 ) ,
le idee del quale ultimo sono tanto consone a quelle del
primo , che fa meraviglia il vedere come questi non lo citi
e sembri averlo ignorato ( 1 ) . Ambedue questi scrittori
sostengono che , abolita la sostituzione fedecommissaria , i
beni già fedecommissari , diventati ora allodiali , devono
essere oggetto della successione intestata nella discendenza

del fondatore , a termini del diritto comune , come beni che ,


distratti una volta dalla famiglia e dalla successione fami- 396
gliare , ora in certo modo vi ritornano , cessata la singolare
loro destinazione . Il Gönner aggiunge che il possessore

del fedecommesso ha però diritto all'usufrutto vitalizio , e


i chiamati dopo di lui , viventi o concepiti , hanno diritto
ad una parte di proprietà corrispondente al grado di pros-
simità della loro aspettativa di succedere .
Onde apprezzare il sistema invalso e l'addotta obbie-

zione, egli è necessario anzitutto riflettere che i diritti que-


siti , da rispettarsi nell'abolizione dei fedecommessi , tanto
nella persona del possessore , quanto in quella dei chiamati
a cui si voglia aver riguardo , hanno per oggetto l'usufrutto
posseduto, o da possedersi , dei beni fedecommissari . Ciò

(1) Osservano PFAFF E HOFMANN (p . 265) che a Lassalle può essere sfug-
gito il breve lavoro di GÖNNER, e che certamente egli non ne ha risentito
influenza.
410 PARTE TERZA

posto , il rispetto di tali diritti non potrebbe certamente


dimostrarsi in miglior modo che col lasciare il possessore
nel godimento dell'usufrutto , e nel permettere che dopo di
lui vi addivenissero i chiamati viventi o concepiti nel giorno
dell'abolizione , fino all'ultimo , dopo la morte del quale il
fedecommesso sarebbe estinto , e rimarrebbe a disporre
della sostanza già fedecommissaria , ora diventata libera ,
la quale sostanza in tal caso non potrebbe forse venir
meglio assegnata che secondo la proposta del Gönner e
del Lassalle . Ma un tale sistema non era possibile che ve-
nisse adottato dalle moderne legislazioni , cui precipuo
scopo , nell'abolizione dei fedecommessi , era quello di far
cessare immediatamente codeste istituzioni . Di ciò conven-

gono anche Pfaff e Hofmann ( p . 265 ) . Per raggiungere


quello scopo egli era evidentemente indispensabile di con-
vertire immediatamente tanto il possessore attuale , quanto
i chiamati cui si voleva aver riguardo , in proprietari allo-
diali pro parte, dei beni fedecommissari , risolvendo così,

in proprietà, opportunamente commisurata , il loro diritto

quesito , che avrebbe propriamente avuto per oggetto sol-


tanto l'usufrutto . Tale è appunto il sistema generalmente
seguito dalle legislazioni moderne , ed esso concorda sol-

397 tanto in parte con quello proposto da Lassalle e da Gönner,


e propriamente colla proposta di quest'ultimo .
Ma sarebbe egli a desiderare che , accanto al possessore

e ai chiamati successivi , i moderni legislatori , nell'abolire


i fedecommessi , avessero in qualche modo contemplato
anche i discendenti del fondatore , secondo le norme della
successione intestata?

Per verità , se la proposta di Gönner e di Lassalle fosse


in sè medesima buona e accettabile , non si potrebbe ancora
far torto ai moderni legislatori di non averla seguita, visto
che nella maggior parte dei casi , dopo avere rispettato e
compensato i diritti quesiti dei possessori e dei chiamati
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 411

viventi , ben poco sarebbe rimasto da spartire fra tutti i


parenti del fondatore . Ma quella proposta ci sembra desti-
tuita di razionale fondamento . Imperocchè un vero e pro-

prio diritto della famiglia del fondatore del fedecommesso


a succedere nei beni fedecommissari svincolati , non si può
ammettere , come noi abbiamo già avvertito in una prece-
dente occasione (v . Vol . I di q . o . , p . 354 , i . n . ) . Quei beni

adunque , in quanto non si reputassero necessari onde com-


pensare il diritto quesito del possessore e dei chiamati ,
sarebbero, a parer nostro , veri e propri beni vacanti , i
quali ricadrebbero allo Stato . Che se la legge dello Stato
ha disposto a pro del possessore e dei chiamati , al di là
di ciò che avrebbe corrisposto alla esatta misura del loro
diritto quesito , non si può biasimare il legislatore di avere

così favorito piuttosto quelle persone , che altre del tutto


estranee al fedecommesso . Ciò non esclude del resto che

in qualche paese siasi potuto trovar equo di provvedere


altrimenti e , per es. , in Piemonte, in virtù della legge
13 nevoso anno IX, già da noi citata in altra occasione (ib . ) .

CAPITOLO XVII. 398

Della interpretazione dei testamenti .

Nell'interpretare i testamenti , bisogna distinguere la


determinazione del significato dei termini giuridici , da

quella del significato delle parole ed espressioni d'altra


natura, adoperate dal testatore come suo proprio lin-
guaggio .

Quanto a queste ultime può ben dirsi che il mutarsi delle


leggi non influisce sulla interpretazione dei testamenti , e
che questa non può , in tale sua parte , formare oggetto
della dottrina transitoria . Tanto di fronte al succedersi

delle leggi , quanto di fronte al variar delle leggi in luoghi


412 PARTE TERZA

diversi , sta sovrano il principio che l'intenzione del testa-


tore deve essere desunta dalle parole del testamento , con-
siderate singolarmente e nel loro complesso , e che il signi-
ficato delle parole adoperate dal testatore devesi desumere
dall'uso invalso nel luogo e nel tempo in cui il testamento
venne fatto (v . Dalloz , l . c . , n . 319) .

Quanto al significato delle parole od espressioni giuri-


diche, cioè di quelle parole che rispondono a un ben de-
terminato concetto giuridico , e che ritrovano nella legge
la loro definizione , vuolsi invece ritenere che, potendo di

tali parole mutare il significato col mutare delle leggi , lo


si deve in ogni testamento definire a termini della legge
vigente nel giorno in cui il testamento è stato aperto . Co-
desta definizione infatti viene a concernere e toccare lo
stesso contenuto del testamento .

In virtù di tale principio noi abbiamo già avvertito nella


Parte Generale di quest'Opera (Vol . I , pag . 343 ) che dalla
legge vigente nel giorno dell'apertura del testamento devesi
desumere il proprio significato dalle espressioni beni mobili,
beni immobili, in esso adoperate . Similmente l'espressione
399 età minore, adoperata in un testamento , vuolsi interpretare
secondo la legge vigente alla morte del testatore , come
ebbe a dichiarare la Corte di Venezia in una sentenza

18 maggio 1880 ( 1 ) .
Per analogia dell'anzidetto egli è pure a ritenersi che
dalla legge vigente nel giorno della morte del testatore
vuolsi desumere il valore giuridico di ogni esteriore acci-
dentalità delle espressioni del testatore , se per avventura
a tali accidentalità la legge dia qualche valore . Così , per
es . , disputandosi qual valore abbia la ripetizione di un
medesimo legato in un medesimo testamento , noi crediamo

che la legge da applicare sia piuttosto quella vigente alla


morte del testatore , che non quella vigente allorchè il
( 1) G. I. , 1880, 2, 564.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 413

testamento venne fatto , contrariamente a quanto decise in


proposito la Corte d'appello di Milano , 28 aprile 1878 ( 1 ) .
Sarebbe invece una vera interpretazione della volontà
del testatore , e di questa sola , il definire se , col fare un
nuovo testamento , egli abbia inteso o no di revocare il
precedente , senza avere dichiarato il suo intendimento su

questo proposito . Non può infatti supporsi che il testatore


abbia inteso di lasciare tale definizione in piena balia del
legislatore, cioè delle eventuali nuove leggi posteriori , come

vedemmo doversi supporre rispetto alla definizione del


significato delle espressioni beni mobili, beni immobili, e
simili . La prima questione infatti riguarda il fatto stesso
dell'esistenza del testamento , mentre la seconda concerne
soltanto l'effetto di questo ; ed è la prima quistione pro-
priamente , se il testatore sapeva o no quello che si faceva ,
ponendo in essere il testamento posteriore ; ora egli è cer-
tamente impossibile non risolvere affermativamente qui-
stione siffatta, rappresentarsi cioè il testatore come incerto
o inconsapevole di ciò che valesse il suo posteriore testa-
mento rispetto al precedente , dell'essere o no quest'ultimo 400
stato tolto di mezzo per il fatto del primo . Se quindi al-
lorchè venne posto in essere il posteriore testamento vigeva
una legge la quale ammetteva la efficacia di due o più
testamenti successivi , in quanto se ne possano conciliare.
le disposizioni , oppure dichiarava , in difetto di contraria
dichiarazione del testatore , tolto di mezzo il testamento o

i testamenti anteriori per il solo fatto del testamento


nuovo, prescindendo dalla conciliabilità o meno delle mol-
teplici disposizioni testamentarie , a quella legge devesi
avere riguardo per definire quale sia la vera e definitiva
volontà del testatore , e non già alla legge vigente alla
morte del medesimo . Questa soluzione è analoga a quella
già data sopra circa le formalità esteriori del testamento ,
(1) M. T. , XIX , 621 .
414 PARTE TERZA

e a buon diritto . Imperocchè ella è ad un tempo forma


esteriore del testamento , l'essere questo primo o secondo , e
propriamente forma avente valore giuridico , in quanto può
di per sè sola significare conferma o revoca del primo testa-

mento per opera del secondo ; ed è inoltre espressione


tacita della volontà del testatore circa l'effetto dell'aver

egli testato una seconda volta , senza revocare nè confer-


mare esplicitamente un testamento anteriore , rispetto a
codesta revoca o conferma , in armonia col disposto della
legge attualmente in vigore ( 1 ) . E questa legge può essere
il Diritto Romano (L. 27 , C. de testam. ) , che fa perdere
valore ad un testamento precedente , per il solo fatto d'es-
serne stato scritto uno posteriore, oppure il Code civil
(art . 1036 ) , o il Codice civile italiano ( art. 920 ) , i quali
invece ammettono , in difetto di contraria dichiarazione
del testatore , la coesistenza di testamenti di diversa data ,
in quanto non si contraddicano , e con ciò estendono ai

401 testamenti in generale un principio , che nel Diritto Ro-


mano valeva soltanto pei codicilli ( L. 3 , C. de codic .) .

CAPITOLO XVIII .

Degli effetti e della esecuzione delle disposizioni


testamentarie.

Intendiamo con queste parole tanto l'effettuazione diretta


e immediata delle disposizioni contenute nel testamento ,
quanto i provvedimenti ordinati , sia dal testatore , sia dalla
legge , a quel medesimo scopo . Discorreremo distintamente
dell'una e degli altri , escludendo , come è naturale , dalla
prima ciò che il testamento ha , nei suoi effetti , di comune

(1 ) Confr. la mia Dissertazione sul concorso di parecchi testamenti di


data differente, in relazione al diritto transitorio (Giurispr. ital. , XXVI,
III, col. 22 e segg. ) . Anche il VITALI (op . cit., p. 153) è dello stesso avviso .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 415

con tutte le altre specie di successioni ereditarie , e di cui


già parlammo in un precedente capitolo ( cap . V) .
Principio generale circa l'efficacia delle disposizioni
testamentarie è questo , che se ne debba decidere secondo
la legge sotto il cui impero il testamento è stato aperto .
Questo principio , affermato dal Duranton (p . 64) , non è
contraddetto da nessuno scrittore . E ciò si comprende , al
riflettere che sarebbe un contraddire al canone della appli-
cazione esclusiva della legge sotto il cui impero morì il
testatore, al contenuto del testamento , il seguire una dif-
ferente norma transitoria rispetto agli effetti di questo .
Imperocchè l'intrinseco valore , la vis delle disposizioni
testamentarie , svolgesi appunto , e quindi può dirsi sotto
questo rispetto consistere , negli effetti che alle medesime
si attribuiscano o si rifiutino .

Se quindi sia o no ammissibile rappresentazione nella


successione testamentaria , devesi definire secondo la legge
vigente alla morte del testatore , e , per es . , l'art . 890 del
Codice civile italiano , che ammette i discendenti dell'erede
e del legatario, premorto od incapace, all'eredità o al
legato nei casi in cui sarebbe ammessa a loro favore la
rappresentazione , se si trattasse di successione intestata , 402
vuolsi applicare non meno ai testamenti posti in essere
dopo l'attuazione del Codice civile italiano , che a quelli
posti in essere prima di quest'epoca , e apertisi dopo . Così
pure decisero la Corte di Potenza , 12 luglio 1869 ( 1 ) , la
Corte di Casale , 4 luglio 1870 ( 2) , la Corte di Torino (3 ) ,
la Cassazione di Torino , 13 settembre 1872 (4) , la Cassa-
zione di Napoli , 9 marzo 1878 ( 5 ) e la Corte di Modena ,

(1 ) A. G. , ш , 2, 365.
(2) G., 1870, 591.
(3) d . G. , 1871 , 11 , 341 .
(4) M. T. , 1872, 1004.
(5) Gazz. dei Trib., 1879, 394 .
416 PARTE TERZA

30 gennaio 1874 ( 1 ) e 6 marzo 1875 ( 2 ) e ritennero il


Pescatore, il Buniva e Pacifici - Mazzoni ( 3 ) .
Che se l'effetto di una disposizione testamentaria sia la
costituzione di un diritto o istituto giuridico perpetuo , noi

sappiamo già che il rispetto della legge , sotto il cui impero


il testatore morì , non impedirebbe l'azione di leggi nuove,
intese ad abolirli , o nel tempo limitarli (v . Vol . I di q . o . ,
p . 352 e segg. ) . A ragione quindi afferma il Mailher de
Chassat ( 2 , pag. 135 ) che un legato di rendita fondiaria ,
anteriore alla legge del 4 agosto 1798 , la quale dichiarò
redimibili tutte le rendite fondiarie perpetue di qualunque
natura , non avrà effetto , ove il testatore sia morto dopo
l'attuazione di quella legge , se non colla modificazione da
essa introdotta . Nella stessa ipotesi si applicheranno pure

ai legati di censi , rendite , prestazioni ecc . gli articoli 1 , 2


della legge 20 agosto 1792 , che sopprimono senza inden-
nità ogni solidarietà stipulata per il pagamento di tali
annualità , lo che fu pure dichiarato dalla Corte di cassa-
403 zione di Parigi con sentenza 6 ottobre 1812 (4) . Osserva
lo stesso scrittore (p . 136 ) che , al legatario di una rendita
fondiaria perpetua , assegnatagli in un testamento ante-
riore alle nuove leggi da cui furono dichiarate redimibili

tali rendite , non ispetterebbe il diritto , dopo avvenuto il


riscatto , di rivolgersi all'erede per ottenere un qualunque
compenso del diritto perduto.
Anche la riduzione delle disposizioni testamentarie,
quando sia necessaria onde preservare integra la parte
di eredità per avventura dovuta a legittimari , deve essere
regolata dalla legge vigente nel giorno della delazione della

(1) M. T. , 1874, 333.


(2) G. 1. , xxvi , 2 , 83.
(3) V. in proposito la pregevolissima monografia del dott. I. PORRO : Le
disposizioni testamentarie a favore del premorto o incapace. Torino 1885,
pag. 41.
(4) R. G. , 12, 1 , 402.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 417

successione . Imperocchè la ragione della riduzione in


discorso non essendo altro che il diritto dei legittimari ,

questo diritto non si può ammettere e commisurare che a


termini della legge vigente alla morte del de cujus , e, come
dice il Codice civile italiano (art. 821 ) , " è la porzione dei

legittimari al tempo in cui si apre la successione

Fra i provvedimenti relativi all'esecuzione delle dispo-


sizioni testamentarie , voglionsi distinguere quelli del testa-
tore medesimo , e quelli del legislatore .
Questi ultimi , come affermano il Mailher de Chassat
(2 , p . 145) e il Merlin (p . 276 , VII) , si desumono total-
mente dalla legge vigente alla morte del de cujus , non solo
in virtù del generale principio sopraddetto , ma anche in
virtù dell'altro principio , da noi già svolto nella Parte
Generale di quest'Opera (Vol . I , p . 319 e segg . ) , che le
nuove leggi intorno al modo di esecuzione dei diritti si

applicano a tutti i diritti non ancor fatti valere ( 1 ) .


Non v'ha dubbio quindi che , per es. , le disposizioni della 404
legge vigente alla morte del testatore circa il deposito e
l'apertura dei testamenti , si debbano subito ed esclusiva-
mente applicare .
In virtù poi del generale principio che ogni nuova legge

(1) La sentenza della Corte d'appello di Torino del 30 aprile 1806 (R. G. ,
6, 2, 889) , censurata dal MAILHER DE CHASSAT ( 2, p . 147) , non è in realtà in
contraddizione col suesposto principio . Imperocchè la Corte non ha tanto
affermato che l'art. 1008 del Codice Napoleone non si dovesse applicare al
testamento nuncupativo implicito, ammesso dalle Costituzioni del Piemonte
e fatto sotto il loro impero, perchè da queste costituzioni provenisse nel
testatore un diritto quesito ad autorizzare il notaio ad aprire da sè il
testamento, quanto piuttosto non ha ritenuto che l'art. 1008 del C. N.,
riferendosi soltanto ai testamenti olografi e mistici , lo si potesse applicare
anche a quei testamenti nuncupativi impliciti . Opinione erronea del resto
perchè non conoscendo il C. N. altro testamento , oltre quei due, fuorchè
il testamento notarile, il disposto dell'art. 1008 deve ritenersi appunto appli-
cabile, secondo l'intenzione del legislatore, a tutti i testamenti che non siano
notarili.
GABBA - Retr. leggi, III.
15

27
418 PARTE TERZA

intorno alla esecuzione ed alla assicurazione dei diritti si

applicano immediatamente ai diritti di che si tratta, in


qualunque tempo acquistati , non è dubbio che nuove leggi
di tal genere , concernenti le successioni , sono immediata-
mente applicabili ai diritti ereditari provenienti da testa-
menti in qualunque tempo confezionati ed aperti . Giusta-
mente quindi l'art . 26 delle disposizioni transitorie civili
italiane sospende i giudizi di ventilazione di eredità comin-
ciati sotto l'impero del Codice civile austriaco , e non finiti
con decreto di aggiudicazione , quando venne attuata la
nuova legislazione . Per converso però non si potrebbe
questo sistema della ventilazione , nuovamente introdotto ,
applicare alle successioni , sia testamentarie , sia intestate ,
deferite vigendo il C. N. od altro , in cui vige il principio
le mort saisit le vif, imperocchè in virtù di questo prin-
cipio il successore ha acquistato alla morte stessa del de
cujus il possesso legale dell'eredità , che non gli potrebbe
venire conferito una seconda volta . - Similmente una

nuova legge intorno a cauzioni da prestarsi da un lega-


tario all'erede , o reciprocamente , o intorno all'ipoteca a
favore dei legatari , è da applicarsi non meno alle succes-
sioni testamentarie già aperte , che a quelle da aprirsi in
avvenire .

I provvedimenti poi ordinati dal testatore per l'esecu-


405 zione della sua volontà non possono avere efficacia se non
se ed in quanto la legge vigente alla di lui morte li am-

metta . Imperocchè , se ciò dicesi rispetto alle vere e proprie


disposizioni testamentarie , a più forte ragione lo si dovrà
dire rispetto a disposizioni che propriamente non concer-
nono i beni ereditari , ma servono soltanto di complemento
e di sostegno a quelle aventi codesto contenuto . Le facoltà

in particolare , e gli obblighi dell'esecutore testamentario


si dovranno quindi in pari tempo desumere dal testamento
e dalla legge vigente alla morte del testatore , dando a
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 419

questa legge prevalenza sul testamento , quando siavi con-


flitto fra l'una e l'altro .

Di altri effetti comuni al testamento e ad altre specie di


successioni testamentarie ragioneremo in seguito dopo
avere esposti i principii transitori propri anche di quelle .

CAPITOLO XIX .

Della successione convenzionale .

La successione convenzionale , detta anche patto succes-


sorio, o istituzione contrattuale, è una convenzione , che

talune leggi permettono , altre no , mediante la quale una


persona promette , e l'altra accetta irrevocabilmente la suc-

cessione mortis causa, a titolo universale o particolare , nei


beni presenti o futuri , o presenti e futuri , alla prima spet-
tanti. Ciò in cui questa successione differisce dal testa-
mento, e che ne costituisce l'essenziale carattere , è l'irre-
vocabilità della promessa della successione , imperocchè il
il promittente ha bensì la facoltà , dopo fatta e accettata
la promessa , di disporre del suo patrimonio come gli pare ,
mediante atti inter vivos a titolo oneroso , e di peggiorare

anche in questo modo , purchè non dolosamente , la condi-


zione dei beni promessi , ma di questi beni , dal giorno

della perfezione del contratto , egli non può più disporre


nè inter vivos a titolo gratuito a benefizio di nessuno , nè 406
mortis causa in nessun'altra maniera , sia a pro di terza
persona, sia a pro del medesimo accettante .
I patti successorii non erano ammessi dal Diritto Ro-
mano ; essi furono introdotti nel diritto germanico , e spe-
cialmente praticati nei contratti nuziali , o fra coniugi , di
guisa che coll'andare del tempo passarono in consuetudine
anche a difetto di espressa pattuizione (v . Zoepfl , Deutsche
Rechtsg., pag. 696 , 3ª ediz . ) . Venivano talvolta conchiusi
420 PARTE TERZA

anche reciprocamente in un solo e medesimo documento,


e ciò più frequentemente accadeva fra coniugi ( ib . , p . 794).
Dal diritto germanico l'istituto dei patti successori passò
nel diritto consuetudinario francese , nel quale però fu quasi
esclusivamente connesso collo istituto del matrimonio ,

assumendo il triplice aspetto di don en faveur d'époux, don


entre époux, don mutuel entre conjoints . Il dono della prima
specie , a termini dell'Ordinanza del 1731 (v . Chabot de
l'Allier, I , p . 310 e segg .) poteva farsi a benefizio di am-
bedue gli sposi , o di uno solo di essi , ed anche dei loro
discendenti , alla condizione che l'accettante o i discendenti

di lui sopravvivessero al promettente , nè prima di questa


epoca acquistassero la proprietà delle cose promesse ;
poteva poi avere per oggetto tanto i beni presenti , quanto
i futuri, o i beni presenti e futuri del donante . Il Codice
Napoleone permette pure siffatte disposizioni ( art. 1082 e
segg. ) , e dispone in particolare che si presumano fatte a
favore dei discendenti dello sposo o degli sposi , quand'anche
ciò non sia stato espressamente detto nel contratto . Il dono

della seconda specie trovasi pure contemplato nella citata


Ordinanza e nel Codice Napoleone (art. 1091 e segg. ) , ed
ha in sostanza gli stessi caratteri ed effetti del dono a fa-
vore di sposi , tranne che la donazione di beni presenti non
si presume fatta colla condizione della sopravvivenza del
donatario , e che in tutti i casi il dono in discorso non
407 passa ai figli del donatario premorto al donatore ( C. N.,
art. 1092 , 1093 ) . Il dono della terza specie (conf. Chabot
de l'Allier , ib . , p . 365 e segg . ) non fu mai ammesso nel
diritto francese che col carattere di dono reciproco , don
mutuel, e propriamente di una esatta reciprocanza , cioè di
una perfetta eguaglianza fra le cose donate da ciaschedun

coniuge all'altro ; ponevasi in essere per solito mediante


testamento congiuntivo , e aveva per oggetto o la proprietà
o l'usufrutto , sia della totalità , sia di una porzione soltanto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 421

dei beni che apparterrebbero al coniuge primo defunto , al


momento della sua morte, nè quindi prima della morte di
uno dei coniugi poteva avere effetto per l'altro . In questa
forma, il dono fra coniugi, istituzione tanto contraria alle.
tradizioni del Diritto Romano , si trova molto anticamente
contemplato dalle leggi francesi , poi riconosciuto dalle
Ordinanze del 1731 e del 1735 e dalla legge 17 nevoso ,

anno II . Il Codice Napoleone (art. 1094-1097 ) ammette


pure la istituzione in discorso , ma toglie la necessità che
il dono fra coniugi sia mutuo , e vieta che , quand ' anche
mutuo , lo si faccia da ambedue in un atto solo . Si avverta

finalmente che tanto il dono in favore di sposi , quanto

quello fra sposi, e anche quello fra coniugi, se posti in


essere mediante atto tra vivi , erano nell'antico diritto
francese irrevocabili (v . Chabot de l'Allier, III , pp . 310 , 337 ,

400 ) . Nel Codice Napoleone sono pure irrevocabili i doni


delle due prime specie , quelli della terza invece (art . 1096 )
non lo sono mai , neppure per atto tra vivi ; altra impor-
tante differenza fra quel Codice e il diritto consuetudinario
su tale argomento , che può dirsi veramente con Chabot de

l'Allier (p . 371 ) essere stato completamente trasformato


dalla nuova legislazione .
Noi abbiamo annoverato fra i patti successorii le tre
specie suaccennate di doni secondo il diritto francese ,
quantunque siffatto concetto non sia troppo chiaro nella
francese giurisprudenza ; ma appunto dalla indetermina-
tezza delle idee di questi giureconsulti intorno al vero
carattere giuridico di quegli istituti provennero a parer 408
nostro principalmente le molte difficoltà e controversie cui
essi diedero occasione . Veramente poche parole sono state
tanto abusate e con tanto danno nella giurisprudenza fran-
cese , quanto le parole dono , donazione. In questa giurispru-
denza i doni in discorso soglionsi classificare fra le dona-
zioni mortis causa, e questo concetto trovasi confermato
422 PARTE TERZA

anche nella più volte citata Ordinanza del 1731 (art. 3 ,


v. Chabot de l'Allier , 3 , pag. 231 ) , ma una donazione
mortis causa, col carattere della irrevocabilità, è un istituto
pressochè sconosciuto al Diritto Romano (v . sopra p . 249) ,
e già questa sola circostanza doveva far nascere difficoltà
e dubbi . D'altra parte i doni in favore di sposi , quelli fra
sposi talvolta, e sempre i doni mutui fra coniugi , si face-
vano per atti tra vivi , e questa circostanza accresceva il
dubbio se i medesimi si potessero considerare donazioni
mortis causa, e suggeriva invece l'idea di collocarli fra le
donazioni inter vivos . Ma anche questa parificazione susci-
tava gravi difficoltà , e principalmente quella della incom-
patibilità del concetto di donazione inter vivos , con quello
della differita trasmissione della cosa donata fino alla

morte del donante, e più ancora con quello di donazione


di beni futuri.
Tale incertezza di dottrina si manifesta in molte contro-

versie agitate davanti ai tribunali , e riferite da Chabot de


l'Allier ( 3 , pag. 309 e segg.) , ma specialmente nella se-
guente , relativa ad una cosidetta donazione a favore di

sposi . Con atto di matrimonio stipulato il 27 agosto 1792 ,


il signor B. , soggetto alla consuetudine di Normandia ,

aveva donato irrevocabilmente alla signora G. , sposa del


signor H. , una quarta parte degli immobili che egli signor B.
aveva raccolti da una data eredità, o che aveva altrimenti
acquistati , o che potrebbe in seguito acquistare , con questo
però che la donazione non avrebbe avuto effetto se non
alla morte del donante . Alla morte del signor B. gli eredi
409 di lui impugnarono la donazione , sostenendo aver essa per
una parte i caratteri della donazione fra vivi , che sono
l'irrevocabilità e il consenso del donatario , e per l'altra
mancare delle forme speciali di tale donazione . Che se
anche la si considerasse come donazione mortis causa , ag-

giungevano gli eredi , essa non poteva ciò non ostante va-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 423

lere nella parte relativa ai beni propres , dei quali la con-


suetudine di Normandia non permetteva di disporre , nè in
quel modo, nè per testamento . Rispondevano gli avversari :
la donazione in discorso essere mortis causa , perchè avente

effetto soltanto dopo la morte del donante , e come tale

valere anche rispetto ai propres , perchè il donante era


morto vigendo una legislazione, che aveva abolito ogni
distinzione fra i propres e gli acquêts.

Posta in tali termini la quistione , l'unica maniera di


risolverla era manifestamente quella di considerare come
un istituto a parte codesta donazione , che aveva veramente
caratteri comuni tanto colla donazione inter vivos , quanto
colla donazione mortis causa , ma che ne aveva pure dei

propri , non appartenenti affatto nè alla prima donazione ,


nè alla seconda. La Corte di cassazione di Parigi , con sen-
tenza del 7 ventoso anno XIII ( 1 ) , decise la quistione otti-
mamente, a parer nostro , quanto al pratico risultato ,
perchè escluse il concetto della donazione inter vivos (2) ,
allegando la circostanza del protratto effetto della dona-
zione fino dopo la morte del donante ; non ritenne che a
tale circostanza contraddicesse l'irrevocabilità della dona-

zione , ma in vista appunto di questa irrevocabilità consi- 410


derò il negozio come compiuto fin dal momento della per-
fezione del contratto , e quindi escluse dalla disposizione i
beni propres, non già avendo riguardo alla legge del giorno

della morte del disponente, ma a quella del giorno in cui


il contratto venne perfezionato , ritenendola valida rispetto

( 1) CHAB. DE L'ALL., III , p . 320.


(2) Che il don mutuel entre conjoints non sia una donazione inter vivos,
decise la Corte di cassazione di Parigi anche colle sentenze : 25 fruttidoro
anno XI ( R. G. , 9, 1 , 87) , 17 nevoso anno II (ib. ), 14 pratile anno XI
(CHAB. DE L'ALL ., I , p . 403 e segg. ) ; e lo dichiarò pure la Corte d'appello di
Rouen con decisione del 18 germinale anno XII ( ib . , p . 407 ) . E quanto ai
dons entre époux, la stessa dichiarazione fece la Corte di cassazione con sen-
tenza del 25 ventoso anno XI ( ib . , p . 332) , anche riguardo ai beni presenti
compresi nella donazione.
424 PARTE TERZA

agli altri beni , e da giudicarsi in tutto e per tutto a termini


della seconda legge . Ma , così giudicando , la Corte lasciò la
quistione nel campo in cui l'avevano posta i litiganti , non
ebbe il coraggio di qualificare l'istituto in discussione come
un istituto a parte tanto dalla donazione inter vivos , quanto
da quella mortis causa , propendette invece verso quest'ul-
timo concetto, e in pari tempo affermò di scorgervi una
certa analogia colla istituzione contrattuale (ib. , p . 321 ) ,
senza accorgersi che una donazione , partecipante in pari
tempo di due nature, non potevasi ammettere , se non as-
sumendola come una istituzione sui generis, differente da
quelle della cui natura partecipava , e che , non caratteriz
zandola in questo modo , non era possibile di acquietare i
dubbi di coloro, i quali non la potevano ammettere ap-
punto perchè non del tutto conforme a quel tipo giuridico
sotto cui la si voleva ricondurre . Non ebbe la Corte il co-

raggio di battezzare la donazione in quistione puramente


e semplicemente come una istituzione contrattuale, come un
vero e proprio patto successorio , dal qual concetto la sur-
riferita decisione discendeva con logico rigore . La stessa
incertezza ed esitanza si osservano anche in Chabot de

l'Allier , il quale adotta le rubriche dons en faveur d'époux,


entre époux, entre conjoints, ma poi in molti luoghi della
sua opera, especialmente sotto la rubrica réduction (passim),
scorge in tali doni vere e proprie istituzioni contrattuali (1 ).
411 Quest'ultima è veramente , come noi abbiamo già avvertito
in una precedente occasione (v . sopra , p . 249 ) , l'indole giu-
ridica delle cosidette donazioni mortis causa irrevocabili ;
contratti , per la loro irrevocabilità , contratti successorii ,
per l'oggetto loro . Quante controversie sarebbero state

(1 ) Più esplicito è il MAILHER DE CHASSAT ( 1 , pag . 356) , il quale dice :


"
tous ces auteurs sont d'accord sur le principe que l'institution contractuelle
où la donation irrévocable confèrent immédiatement, du jour de leur con
fection, des droits acquis
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 425

evitate nella giurisprudenza francese , se una più profonda


analisi avesse condotto a idee più chiare e più esatte su
questo argomento !
I contratti successorii forniscono un importante e non

facile argomento alla dottrina del gius transitorio . Si do-


manda quale influenza possano avere sulle successioni
convenzionali le leggi vigenti nel giorno della morte del
promittente, se per avventura esse differiscano da quelle
vigenti nel giorno in cui il contratto successorio venne
perfezionato . Queste nuove leggi e differenze possono con-
cernere : a) l'ammissibilità della successione convenzionale

in astratto ; b) i requisiti e gli effetti del contratto succes-


sorio in concreto .

Se la legge vigente alla morte del promittente divietasse


i patti successorii , avrebbero ciò nondimeno effetto i patti
di questo genere , stipulati sotto la legge anteriore che li

permetteva? Questa quistione può facilmente esser mossa


in Italia, dopo la pubblicazione del Codice civile italiano ,
che non ammette patti successorii , nelle provincie che
erano governate dal Codice civile austriaco , il quale
(§ 1249) ammette il patto successorio fra coniugi . Ne fu
ragionato in seno alla Commissione di revisione del pro-
getto del Codice civile italiano (Proc. verb. , pp . 679 e segg. ,
698 e segg. ) , e le opinioni furono disparate , ma tutti con-
vennero si dovesse lasciare la quistione alla giurisprudenza ,
senza toccarla nella legge transitoria. Nocque per verità
in questa occasione al buon andamento della discussione ,
l'essersi confuse le istituzioni reciproche, permesse pure

ai coniugi dal Codice austriaco , coi veri e propri patti suc-


cessorii , che questo Codice soltanto ai coniugi consente .
L'istituzione reciproca è sempre un testamento , e quindi 412
revocabile da qualunque degli istituenti , mentre il patto
successorio, come vero contratto , è anche nel Codice
austriaco (§ 1254) irrevocabile. Ciò posto , noi siamo d'av-
426 PARTE TERZA

viso, dissentendo da Weber (p . 98) , e da Bergmann (p . 31 )

che il patto successorio , debitamente posto in essere,

debba sempre essere rispettato sotto qualunque legislazione


posteriore.
Invero vuolsi qui raïmentare un riflesso , che noi fummo
già indotti a fare in una precedente occasione (v . sopra
p . 255) , e che è fondamentale e decisivo in tutte le qui-
stioni transitorie concernenti l'argomento in discorso. Il
patto successorio è un vero e proprio contratto , che diffe-
risce bensì da tutti gli altri per il suo oggetto , che è la
successione, ma che alla pari di tutti i contratti , aventi un
oggetto lecito , ha l'effetto di far acquistare irrevocabil-
mente diritti al momento in cui viene perfezionato . Il di-
ritto acquisito in virtù del patto successorio è , come noi
abbiamo detto sopra ( ib . ) , il diritto di succedere o diritto di
accettare l'eredità . Ciò ha pure dichiarato la Corte di cas-
sazione di Parigi con sentenze del 5 novembre 1806 ( 1 ) e
del 23 febbraio 1818 (2 ) , la Corte di Limoges colle sen-
tenze 2 fruttidoro anno XII (3 ) , 26 giugno 1822 (4) , la
Corte di Torino con sentenza del 15 marzo 1806 (5) , la
Cassazione di Torino con sentenza 19 giugno 1874 (6 ),
la Cassazione di Firenze con sentenza 30 dicembre 1891 (7) ,

la Cassazione di Roma con sentenza 7 luglio 1893 ( 8) , e la


Cassazione di Palermo con sentenza 26 gennaio 1895 ( 9) ,
nella quale ultima sentenza è dichiarato non potersi al
patto successorio fra coniugi eccepire la legge nuova in
quanto questa assegni al coniuge superstite un diritto mi-

(1) R. G. , 7, 13.
(2) V. MAILH. DE CHASS., 2, p. 161 .
(3) Ib.
(4) Ib.
(5) R. G., 6, 2, 457.
(6) G. 1. , xxvi, 1 , 809.
(7) M. T., 1892, 506.
(8) G. I. , 1893, 1 , 1178 .
(9) Circolo Giuridico di Palermo, 1895 , 73.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 427

nore. Dal giorno della avvenuta stipulazione , il diritto di


assumere il titolo e la qualità di erede , come bene osserva
il Mailher de Chassat ( 1 , p . 161 , v. anche p . 356 ) , è entrato
nel patrimonio dello stipulante , e , come non può essere
rivocato dal promittente , così non può neppure essere
abolito da una legge posteriore senza ingiusta retroattività .
Non varrebbe il dire con taluni membri della citata Com- 413

missione (Proc . verb. , pag. 680) , che il contratto non può


vincolare la successione del promittente , che si aprirà sol-
tanto dopo la morte di questo , imperocchè l'obbiezione
cade davanti al fatto che la legge tale vincolo permette ,
cosicchè la successione pattuita viene ad essere in un certo
senso anticipata al momento del contratto , e alla morte
del promittente si apre soltanto nel senso che chi già aveva
un diritto su di essa , viene ora a farlo valere. Vero è che

nella successione testamentaria il testatore non può impe-


dire col suo testamento , per quanto debitamente fatto , che
in moltissimi punti si applichi la legge vigente alla sua
morte, anzichè quella vigente quando egli testò , ma nella
successione convenzionale il legislatore ha appunto dato
al promittente una facoltà che non concede al testatore ,
lo ha posto , in certo modo , in luogo proprio , cedendogli
il suo potere circa la successione dei beni lasciati alla
morte. Vero è altresì che nella successione convenzionale

il diritto acquisito dallo stipulante è diritto condizionato


alla premorienza del promittente , ma esso non è perciò
meno rispettabile di quello che lo siano , come noi abbiamo
le tante volte avvertito , tutti i diritti acquisiti sotto condi-
zione ; è un diritto , del quale , come osserva Chabot de
l'Allier ( 3 , p . 113 ) con Cujaccio e Dumoulin , la perfezione
esiste all'epoca della confezione dell'atto , l'esecuzione sol-
tanto è differita alla premorienza del promittente allo sti-
pulante. Non pare a noi del resto che possa fare alcuna
differenza nell'attuale quistione , giusta l'avviso della più
428 PARTE TERZA

volte citata Commissione (Proc. verb. , p . 699 ) , che il patto


successorio abbia o non abbia i caratteri dell'onerosità e

della correspettività , e noi confermiamo l'anzidetto per tutte


le specie di tali patti . La dottrina generale dei contratti ci
insegna che l'essere un contratto gratuito od oneroso non
influisce menomamente sulla perfezione del vincolo con-
trattuale , e quindi sulla perfezione dell'acquisto ; come mai
414 tale circostanza potrà avere siffatta influenza rispetto ai
contratti successorii ? Fu mai dubitato nella giurisprudenza
francese, che fossero contratti della stessa natura il don

en faveur d'époux , e il don mutuel entre conjoints ?


Ma se il diritto di succedere è acquistato dall'erede con-
trattuale sin dal giorno della stipulazione del patto suc-
cessorio, non ne segue , a nostro credere , che nella succes-
sione contrattuale l'accettazione dell'erede superstite sia
meno necessaria che nella testamentaria o nella legittima .
Diritto a succedere non è obbligo di succedere , non è diritto
di successione , epperò chi ha stipulato l'eredità altrui , e
sopravvive per raccoglierla , ha sempre diritto di rifiutarla,
cioè di accettarla o no , nè si può credere che a codesto
diritto abbia voluto rinunciare colla sua originaria stipu-

lazione . L'accettazione poi , o il ripudio dell'eredità con-


trattuale , si retrotrae pure alla morte del de cujus , come
l'accettazione o il ripudio dell'eredità testamentaria o
legittima.
Come l'ammissibilità in astratto del patto successorio,

così pure la validità , cioè i requisiti e gli effetti del patto


medesimo in concreto , e, fra i requisiti , quello in partico-
lare della capacità , devono essere esclusivamente giudicati
secondo la legge del tempo in cui venne posto in essere.
Di ciò convengono generalmente i giureconsulti , e fra gli
altri si possono vedere Chabot de l'Allier (pp . 113 , 338 ,
414) , Struve (p . 94) , Meyer ( p . 75 ) , Herrestorff (p . 94),

Pfeiffer (ap . Weber , p . 100 i . n .) , Christiansen (p . 131 ) ,


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 429

Schmid (pp . 144-155) , Savigny (p . 492) ( 1 ) , Unger (p. 145 ),


Mailher de Chassat ( 1 , pp . 151 , 356 ) , Demolombe (n . 53 ) ,
Marcade (n . 50) , Lassalle (p . 276 , i . n . ) , Tonso (p . 255 ) ,
Pfaff e Hofmann (p . 243 ) . Lo stesso dispone la legge tran-
sitoria civile estense del 1852 (art. 20 ; v. Vol . I , di q . o . , 415

p . 107 , i . n .) . Recentemente però il contrario è stato


disposto dalla Ordinanza transitoria sassone del 1863

(art . 24 ; ib . , p . 114 , i . n . ) . Quel principio trovasi pure


formulato nella sua generalità in parecchie decisioni giu-
diziali , e fu sempre riconosciuto nella giurisprudenza fran-
cese. Veggansi , fra le altre decisioni francesi , le seguenti :
Corte d'appello di Tolosa , 18 maggio 1832 ( 2) , Corte di
appello di Limoges , 26 giugno 1822 (3) , Corte d'appello di
Parigi , 29 agosto 1836 ( 4) (* ) . Osservano poi giustamente
Pfaff e Hofmann (pp . 243-244) che , se il legislatore dia
efficacia retroattiva alla proibizione del patto successorio ,

sia in generale, sia rispetto a certe persone , i patti già sti-


pulati possano almeno avere valore ed efficacia di testa-
mento .
Venendo ora alla pratica applicazione dell'esposto prin-

cipio , dobbiamo ragionare distintamente della capacità di


stipulare un patto successorio , della forma del patto , del
contenuto , degli effetti di questo .
La capacità di porre in essere una istituzione contrat-
tuale deve certamente, come in tutti gli altri contratti , venir

( 1 ) I SAVIGNY osserva che la circostanza del non essere certo all'atto


di un contratto successorio reciproco, chi alla fine ne profitterà, non si
oppone al principio in discorso, perchè quella circostanza si risolve nella
condizionalità del diritto acquistato mediante contratto, la quale condizio-
nalità non può nè in questo nè in nessun altro caso escludere il concetto
di un diritto acquistato.
(2) R. G., 22, 5, 518.
(3) R. G., 22, 2, 276 ; C. N., 7, 2, 90.
(4) R. G. , 36, 2, 472.
(*) Per conoscere lo stato della giurisprudenza francese intorno a questa
quistione al principio di questo secolo veggasi la Jurisprudence du Code
civil par Bavoux et LOISEAU , T. VII , p. 97.
430 PARTE TERZA

giudicata per entrambi i contraenti secondo la legge del


tempo in cui l'istituzione venne posta in essere . Confermò
questo principio la Corte di cassazione di Parigi colle sen-
tenze 25 fruttidoro anno XI ( 1 ) , 6 luglio 1808 ( 2 ) , 12 frut-
tidoro anno X ( 3 ) , 28 pratile anno XIII ( 4) , dichiarando
valide le donazioni fra coniugi , poste in essere in località
dove prima tale patto non era permesso , dopo l'abolizione
di questo divieto . Lo stesso ebbe a dichiarare in un caso
analogo la Corte d'appello di Rouen con decisione del
21 germinale anno XII (5 ) .
Si domanda se la capacità dello stipulante la successione,
416 oltre all'esistere al momento della perfezione del contratto,
debba esistere eziandio alla morte del promittente . Coloro
i quali opinano che il patto successorio non possa avere
effetto , se anche la legge vigente alla morte del promittente
non lo ammette , devono rispondere a questa domanda
affermativamente , per la manifesta analogia fra il patto
successorio , in tal modo considerato , e il testamento . Noi,
che riteniamo acquisito il diritto a succedere fin dal giorno
della perfezione del patto successorio , dobbiamo invece
rispondere negativamente . Imperocchè noi abbiamo dimo-
strato sopra (p . 267 e segg.) che la determinazione del

successore ereditario si deve fare per regola generale in


conformità della legge vigente nel giorno in cui è acqui-
stato il diritto a succedere , e , come da questo principio
abbiamo dedotto che la capacità di succedere per testa-
mento devesi giudicare in conformità della legge vigente
alla morte del testatore (v . sopra pag. 311 ) , così ora dob-
biamo dedurne che la capacità di succedere in virtù di
contratto devesi giudicare in conformità della legge vigente

(1) CHABOT DE L'ALLIER, 1 , p. 386.


(2) R. G. , 9 , 1 , 87 .
(3) CHABOT DE L'ALLIER, 1 , p . 391 .
(4) Ib., p. 391 .
(5) Ib. , p. 392.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 431

nel giorno della perfezione del contratto , essendo questo


il giorno in cui lo stipulante acquista il diritto di succe-
dere, come il giorno della morte del testatore è quello in
cui lo stesso diritto è acquistato dall'erede testamentario.
La forma del patto successorio deve anch'essa venire
giudicata secondo la legge vigente nel giorno della perfe-
zione del patto , in virtù della generale dottrina transitoria
dei contratti . Ciò è pure dichiarato nelle già citate sentenze
25 fruttidoro anno XI della Cassazione di Parigi, 21 ger-
minale anno XII della Corte d'appello di Rouen , e inoltre
nelle sentenze della Cassazione di Parigi , 25 ventoso
anno XI ( 1 ) , 1º ventoso anno IX ( 2) , 17 nevoso anno II ( 3 ).
Certo è però che se la legge vigente nel giorno della per-
fezione del contratto prescriveva una formalità da adem- 417
pirsi dentro un certo tempo , e prima del decorso di questo
tempo la formalità venne abolita da una legge nuova , il
contratto sarà valido dopo l'attuazione di questa legge ,
benchè la formalità non sia più stata osservata , come ebbe
a dichiarare la Corte di cassazione di Parigi in una sen-
tenza del 31 gennaio 1832 (4) .
Quali beni possano essere oggetto del patto successorio ,
è pure un punto che deve essere deciso in conformità della

legge vigente nel giorno della stipulazione del patto . Impe-


rocchè, come vedremo nella dottrina transitoria dei con-
tratti , per la stessa ragione per cui le nuove leggi intorno
alla condizione giuridica delle cose materiali non possono
rendere inefficaci diritti reali precedentemente acquistati

(v. sopra p . 4 e segg . ) , neppure esse possono rendere illu-


sorio un diritto contrattuale già acquistato su tali cose .
Anche la Corte di cassazione di Parigi seguì questo prin-

(1) CHABOT DE L'ALLIER, p . 331.


(2) Ib. , p. 396.
(3) Ib., p. 397.
(4) R. G., 32, 1 , 220 .
432 PARTE TERZA

cipio , dichiarando nella già citata decisione del 7 ventoso


anno XIII (v . sopra p . 423 ) invalida una donazione a favore
di sposi rispetto ai propres, cui pure si estendeva , e che
secondo una consuetudine vigente nel luogo e nel tempo

della perfezione della donazione non potevano formare


oggetto di siffatta disposizione . Per converso la Corte di
appello di Angers , in una sentenza del 30 agosto 1806 ( 1 ) ,
e la Corte d'appello di Treviri , in una sentenza del 5 gen-
naio 1807 ( 2 ) , dichiararono che i gains de survie, stipulati
sotto l'impero di una consuetudine che ammetteva la di-
stinzione fra i beni propres, e acquêts o conquêts , non pote-
vano , se la successione del coniuge si era aperta sotto
l'impero del C. N. , estendersi a maggior quantità di beni
che non fosse da quella consuetudine consentita , quan-
tunque il C. N. abbia abolita la suddetta distinzione.
418 Noi non possiamo invece approvare l'opinione di Chabot
de l'Allier ( 2 , p . 69 e segg. ) che l'abolizione del regime
feudale, e quindi di ogni distinzione fra beni feudali e
allodiali , possa avere per effetto di estendere o di restrin-

gere rispetto all'oggetto loro i lucri nuziali , espressamente


pattuiti sotto l'impero dell'antica legislazione , secondo che
quei patti concernevano soltanto i beni allodiali del pro-
mittente o soltanto i beni feudali . Nel primo caso , egli

dice (p . 711 ) , i lucri nuziali si estenderanno nelle succes-


sioni aperte sotto la nuova legge , a tutti i beni del pro-
mittente e anche a quelli che una volta erano feudali , nel
secondo caso i lucri nuziali mancheranno affatto di oggetto
e quindi riesciranno vuoti di effetto ( p . 72 ) . Fa meraviglia
che un sì assennato scrittore non abbia dato peso alla
manifesta ingiustizia di tali conseguenze , e specialmente
della seconda ; e invero a che si riduce in tal maniera l'in-
concusso principio che i contratti e le intenzioni dei con-

(1 ) CHABOT DE L'ALLIER , 2, p . 67.


(2) Ib.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 433

traenti devono essere seriamente rispettate , e che il con-


trario non è mai possibile neppure in nome di una legge
nuova ? Abbia pure la legge nuova abolita ogni distinzione
di beni feudali e allodiali , cotesta abolizione farà si che

questa distinzione non abbia più significato alcuno in avve-


nire , ma non può far sì che essa non abbia e non man-
tenga il suo significato nei contratti passati . Anche dopo
quell'abolizione sarà sempre possibile distinguere quei beni
che gli antichi contraenti designavano per feudali o nobili,
da quelli che essi designavano come allodiali , nè l'eseguire
esattamente le loro intenzioni rispetto agli uni e agli altri
sovvertirà il nuovo sistema economico introdotto dal le-

gislatore per l'avvenire . Il Chabot de l'Allier adduce (p . 73)


a sua difesa di tale opinione il disposto dell'art . 13 , tit . 1 ,
del decreto 15 marzo 1790 , e l'art . 2 del decreto 19 set-
tembre 1790 , il primo dei quali sopprime il douaire cou-
tumier connesso esclusivamente col feudo , e il secondo
estende anche ai beni feudali le leggi cui erano per l'ad- 419

dietro esclusivamente sottoposti i beni allodiali . Ma queste


sono leggi positive , e ciò che queste statuiscono, non può
ammettersi , indipendentemente da esse , da chi riconosca
nei lucri nuziali convenzionali un vero e proprio patto suc-
cessorio . Nè , d'altra parte, il principio da noi propugnato
nella Parte Generale (Vol . I , pag . 341 ) , che il significato
dei termini legali con cui si designano le cose materiali ,
varia nei contratti e nei testamenti, col variar delle leggi
in proposito , è a confondersi coll'altro ben diverso , che la
stessa ammissibilità di quelle distinzioni rimanga sempre
in balia del legislatore .
Gli effetti del patto successorio , alla pari degli effetti di
tutti quanti i contratti , si regolano anch'essi secondo la

legge vigente nel giorno della stipulazione del patto . In virtù


di tale principio vuolsi certamente affermare col Chabot de
l'Allier ( 1 , p . 410), che l'art . 1096 del Codice Napoleone ,
GABBA Retr. leggi, III. 28
434 PARTE TERZA

il quale dichiara revocabili tutte le donazioni fatte fra


coniugi , non si potrebbe applicare a donazioni di tal ge-
nere poste in essere sotto l'antica legislazione che le dichia-
rava irrevocabili , quantunque il donante fosse morto prima
del donatario, vigendo quel Codice . Del pari in virtù dello
stesso principio afferma giustamente lo stesso giurecon-
sulto (ib . , pp . 411-414 ) che la riduzione della donazione fra
sposi per sopravvenienza di figli , a termini dell'art . 1094
del C. N. , non si potrebbe ammettere rispetto ad una do-
nazione posta in essere vigendo una consuetudine che sif-
fatta riduzione escludeva , quantunque il donante fosse
premorto alla prole avuta dopo la donazione , e al dona-
tario , vigendo quel Codice . Che se al contrario la consue-
tudine o la legge sotto il cui impero il patto successorio
venne conchiuso , avesse attribuito alla sopravvenienza dei
figli un effetto differente da quello attribuitole dalla legge
sotto il cui impero il promittente morì , fosse effetto mag-
giore o minore , noi opiniamo ancora col Chabot de l'Allier

420 (ib.) che la prima legge e non la seconda dovrebbe su tal


punto venire applicata. Per conseguenza , se una donazione
fra sposi venne posta in essere vigendo la consuetudine
di Parigi , la sopravvenienza dei figli dovrebbe , a termini
di questa consuetudine , anche sotto l'impero del C. N. ,
produrre la revoca della donazione e non soltanto la ridu-
zione, a termini dell'art . 1094 di esso Codice ; e se fosse
stata invece posta in essere vigendo la legge del 17 nevoso
anno II , la sopravvenienza dei figli dovrebbe anche sotto
l'impero del C. N. produrre la riduzione della donazione a
termini di quella legge, anzi che del più volte citato arti-
colo 1094 , quantunque la quantità della riduzione ordinata
dalla prima sia maggiore di quella ordinata dal secondo .
Ancora , in virtù del principio in discorso , Chabot de l'Allier
( 2, p . 377 e segg . ) opina che dopo l'attuazione del C. N. ,
il quale, come è noto, proibisce le sostituzioni fedecom-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 435

missarie , rimangano valide e debbano sortire effetto le

associazioni di terze persone allo sposo istituito in una


donazione a favore di sposi , le quali associazioni , usitate
in parecchie consuetudini francesi , aveano natura di vere
sostituzioni fedecommissarie. Imperocchè egli osserva che
tali associazioni erano , giusta quelle consuetudini , irrevo-
cabili al pari delle istituzioni cui erano apposte , e quindi

ritiene che il vero e proprio carattere contrattuale delle


medesime basti a preservarle dalla applicazione retroattiva
dell'abolizione dei fedecommessi . Noi però non siamo di
questa opinione , attesochè la legge abolitiva delle sostitu-

zioni fedecommissarie non fa distinzione alcuna fra quelle


poste in essere mediante testamento , e quelle poste in
essere differentemente (v . sopra pag. 394) . Finalmente a
buon diritto il Chabot de l'Allier ( ib . , pag . 415) censura

una sentenza della Corte d'appello di Bruxelles (di cui non


dice la data) , la quale dichiarò doversi giudicare secondo
il Code civil una donazione mortis causa irrevocabile , posta
in essere prima di questo Codice , se il donatore morì sotto
l'impero del medesimo .

Tra gli effetti della successione convenzionale vi può 421


essere altresì la trasmissione del diritto di succedere agli
eredi dello stipulante , se questi ha sopravvissuto al pro-
mittente . Decide in proposito la legge vigente alla morte
dello stipulante superstite. Ma una trasmissione del diritto
di succedere , anteriormente a quell'epoca , non è ammissi-
bile mai , nè si può concepire . Imperocchè , quantunque ,
come dicemmo , lo stipulante la eredità di un altro acquisti
nello stesso momento di questa stipulazione il diritto di
succedere, condizionato alla premorienza del promittente ,
siffatto diritto però è del tutto personale , e non è quindi

trasmissibile ad altri , prima che quella condizione siasi


verificata.

Quale influenza possa avere sulla istituzione contrat-


436 PARTE TERZA

tuale una nuova legge intorno alla inofficiosità della me-


desima , cioè intorno al diritto degli eredi necessari dell'isti-
tuente, è una questione che potrebbe opportunamente
venir trattata in questa occasione, ma che noi stimiamo
più opportuno unire a quella della efficacia retroattiva di
una nuova legge sulla inofficiosità delle donazioni, che
tratteremo in altra parte di quest'opera .

La successione convenzionale , di cui abbiamo ragionato


finora, ha per fondamento un patto espresso , è , in altri ter-
mini , una convenzione successoria espressa. Or si domanda
se sia possibile anche una convenzione successoria , tacita, e
propriamente, se fra persone, all'una delle quali verso l'altra,
o alle quali ambedue reciprocamente, la legge accorda diritto
di successione in vista di un dato rapporto in cui esse tro-
vansi fra di loro , si possa ritenere che all'atto stesso di
porre in essere il contratto , che è base di quel rapporto ,
siasi inteso tacitamente di aggiungere a tale contratto la
clausola di quella legale successione , come conseguenza
del medesimo . Più particolarmente suolsi tal generale qui-
stione ridurre a domandare, se quei diritti di successione
422 che le leggi accordano ai coniugi fra di loro , sia ab inte-
stato, sia come ad eredi necessari , si debbano considerare
acquisiti in virtù del contratto stesso di matrimonio,

quand'anche in questo non se ne faccia menzione , cosicchè,


venendo i medesimi in qualunque modo mutati da leggi
nuove , queste leggi non abbiano effetto retroattivo sui con-

iugi il cui matrimonio sia stato posto in essere vigendo


una legge anteriore .

Questa più speciale quistione è fra le più agitate nella


giurisprudenza transitoria.

I diritti successorii legali fra coniugi , detti anch'essi


lucri nuziali, sono nelle moderne legislazioni di differenti
specie . Nella legislazione consuetudinaria francese, in
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 437

difetto del così detto douaire conventionnel o préfix , la moglie


avea diritto al così detto douaire coutumier , che consisteva
nell'usufrutto di una parte dei beni del marito predefunto ,
di quantità differente secondo le consuetudini . Nelle pro-
vincie francesi di diritto scritto, e così pure in parecchi

altri paesi latini , ed anche in molte provincie italiane , la


vedova avea diritto per legge all'aumento di dote , che gene-
ralmente consisteva in usufrutto sui beni del marito , in
proporzione della dote , e il marito aveva per legge il diritto
al contro-aumento di dote , consistente in una parte della
dote della moglie predefunta . Tutti questi diritti furono
aboliti in Francia dalla legge del 17 nevoso anno II
(v. Chab. de l'All . , 2 , pag. 11 , e la sentenza di Cassazione
20 settembre 1807 , ib . ) ( 1 ) , e poi nuovamente e più espli-
citamente dalla legge del 3 maggio 1803. Il Codice Napo-
leone ( art. 767 ) , e dietro il suo esempio parecchi altri
Codici odierni , non dànno al coniuge superstite diritto di
successione al coniuge predefunto, se non quando non esi-
stano parenti successibili o figli naturali di quest'ultimo , e
in questo caso la successione comprende tutti i beni lasciati
dal defunto . Il Codice civile italiano invece (art . 753 , 757 , 423
812 , 814) oltre all'accordare al coniuge superstite un di-
ritto di successione ab intestato , il quale può essere usu-

frutto o proprietà , secondo la qualità dei coeredi , gli ac-


corda inoltre un diritto di usufrutto , vario nel quantitativo
secondo i casi , anche in concorso degli eredi testamentari .
In occasione di tali cambiamenti legislativi , fu doman-
dato se una nuova legislazione , la quale per avventura
abolisca o diminuisca i diritti successorii accordati da una

legge anteriore al coniuge superstite sui beni del coniuge


predefunto , si applichi anche ai coniugi uniti in matri-
monio sotto l'impero della seconda legge , nel caso che la

(1 ) CH. DE L'ALL., 2 , p. 15.


438 PARTE TERZA

morte di uno di essi accada sotto l'impero della legge


nuova . La domanda fu fatta prima in Francia dopo l'at
tuazione delle citate leggi del nevoso anno II , e del maggio
1803 , rispetto ai matrimoni conchiusi anteriormente alla
prima di queste leggi , e al douaire coutumier attribuito dal

diritto consuetudinario francese alla moglie superstite , e


come noi già notammo nella Parte Generale di quest'opera
(Vol . I, p . 310 e segg. ) , differenti opinioni si formarono ,
delle quali il maggior numero di suffragi toccò a quella
della non retroattività delle nuove leggi in discorso.
Questa opinione infatti fu professata , come già notammo
nel detto luogo , da Berlier ( ap . Ch . de l'All . , 2 , pag. 64),
Merlin (ib .) , Grenier ( ib .) , Chabot de l'Allier (pag . 45) , e
inoltre da Bergmann (p . 141 , i . n . ) , Meyer (pag . 81 ) , Du-
ranton ( 1 , n . 69 ) , Georgii (pagg. 166-190) , Grollmann
(ap. Georgii , ib . , nota 33 ) , Herrestorff (pag. 124) , Tonso
(pag. 334) . Alcune leggi positive la seguirono del pari, e
fra le altre la stessa citata legge francese del nevoso, il cui
art. 13 (v . Ch . de l'All . , 2 , pag . 30) riservò i doni statutari
fra coniugi anteriormente uniti in matrimonio ; la Patente

di Promulgazione del Diritto territoriale prussiano (§ 14 ,


v. Vol . I di q . o . , pag . 56) , il Decreto organico pei Dipar-
timenti Anseatici del luglio 1811 ( art . 150) , la legge tran-
424 sitoria virtemberghese del 12 settembre 1814 ( § 9 , ib. ,
pag. 96 , i . n . ) , la legge transitoria estense del 1 ° febbraio

1851 ( art . 16 , ib . , pag . 107 , i . n . ) rispetto al lucro dotale

del marito . Anche la giurisprudenza adottò ripetutamente


la medesima opinione , come lo provano le seguenti deci-

sioni : Corte di cassazione di Parigi , 29 nevoso ( 1 ) , 27 ger-


minale anno XII (2 ) , 8 pratile anno XIII ( 3) , 20 ottobre

(1 ) CH. DE L'ALL., 2 , p . 88.


(2) R. G. , 7 , 2, 799.
(3) R. G., 5, 1 , 333 ; C. N., 2, 1 , 118.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 439

1807 ( 1 ) , Corte d'appello di Rouen , 12 dicembre 1807 ( 2) ,


Corte d'appello di Treviri , 5 gennaio 1807 ( 3) , 28 agosto
1811 (4) , 5 aprile 1812 ( 5 ) , Corte di appello di Liegi ,
10 floreale anno XI (6) , Corte d'appello di Angers ,
30 agosto 1806 (7) , Corte d'appello di Bruxelles , 4 mes-
sidoro anno XII ( 8 ) , 23 dicembre 1806 (9) , 8 febbraio
1819 ( 10) , 30 marzo 1820 ( 11 ) , Senato di Savoia , 20 set-
tembre 1823 ( 12) , Senato di Genova , 29 aprile 1825 ( 13) .
-
L'opinione contraria all'anzidetta ebbe ben pochi par-
-
tigiani . Una opinione media è stata però escogitata dal
Wächter, e poi ripetuta da Savigny (pag. 497 ) , da Pinto
(n . 60) , e da Christiansen (pag . 135 ) , e consiste nel distin-
guere nel diritto successorio dei coniugi , ciò che si connette

essenzialmente col regime patrimoniale dei medesimi du-


rante il matrimonio , da ciò che non ha questo carattere ,
e nel desumere i diritti della prima specie dalla legisla- 425
zione vigente nel giorno della conchiusione del matrimonio ,
e i diritti della seconda specie dalla legge vigente nel giorno
della morte dell'uno o dell'altro dei coniugi . Qualche le-
gislazione positiva seguì pure l'opinione in discorso , e , per
esempio, la virtemberghese del 1814 (v . Vol . I , p . 94 , i . n . ) ,
e la bavarese del 1808 , la quale nei casi accaduti durante
il suo impero lasciava libera scelta al coniuge superstite di
succedere al predefunto o secondo il nuovo diritto , o se-

(1 ) CH. DE L'ALL., 2, p . 57.


(2) Ib., p. 109.
(3) R. G., 7, 2, 202 ; C. N. , 2, 2, 136.
(4) C. N. , 3, 2 , 562.
(5) Ib. , 4, 2, 78.
(6) Ib., 1 , 2, 135.
(7) CH. DE L'ALL ., 2, p . 61 .
(8) Ib., 2, p. 52.
(9) Ib.
(10) C. N. , 6, 2, 21 .
(11) lb., 6, 2, 241.
(12) Tonso, p. 339.
(13) Ib., p . 338.
440 PARTE TERZA

condo il diritto anteriore (v . Gönner, pag. 161 ) , espediente

giustamente censurato dal Gönner , rispetto ai casi in cui


la differenza fra le due leggi fosse tanto grande da non

poter essere dubbia la preferenza da darsi a una di esse .


Le ragioni poi dei fautori della prima e della seconda
opinione riduconsi , come già riferimmo nel citato luogo
della Parte Generale di quest'opera , alle seguenti . I fautori
della prima adducono il tacito patto dei contraenti il ma-
trimonio , di adottare per regola della loro reciproca suc-
cessione la legge vigente nel giorno della conchiusione del
medesimo ; l'irrevocabilità , fin da quel giorno , di quel di-
ritto di succedere, irrevocabilità sancita specialmente in
tutte le consuetudini francesi rispetto al douaire coutumier
(v . Ch . de l'All . , 2 , pp . 3 , 21 ) ; l'ipotecabilità del diritto di
successione in discorso , fin dal giorno della conchiusione
del matrimonio , ammessa del pari da tutte le consuetudini
francesi. I fautori della seconda osservano che colla fin-

zione del suddetto tacito patto si estendono di troppo le


conseguenze dei contratti ; che la legge della successione

dei coniugi fa parte del sistema generale della successione


legale , e non può essere compresa e compenetrata nel con-
tratto di matrimonio ; che l'irrevocabilità del diritto in

discorso riguarda il coniuge rispetto all'altro coniuge , ma


non concerne la legge , e di per sè sola non impedisce a
questa di abolirlo retroattivamente ; che ipoteca si può
dare anche per diritti meramente eventuali , e che infatti
426 anche il douaire des enfants nel diritto consuetudinario
francese era assistito da ipoteca sui beni del marito , fin
dal giorno della conchiusione del matrimonio (v . Ch . de
l'All . , pag. 83 ) , e cionondimeno il diritto al medesimo non

fu mai considerato quesito e sottratto all'azione retroattiva


di una legge nuova .
Chiunque per poco rifletta alle opposte argomentazioni
di chi nega o afferma la retroattività delle nuove leggi in-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 441

torno alla successione coniugale , si accorge di leggieri che


le due parti litiganti non hanno di mira esattamente lo
stesso oggetto di quistione . Gli argomenti infatti della

prima opinione concernono più specialmente la succes-


sione del douaire , che era un diritto d'usufrutto della ve-
dova , spettante a questa fin dall'origine del matrimonio , e
irrevocabile fin da questo momento . Gli argomenti invece
della seconda opinione concernono piuttosto il concetto
generale di successione legale del coniuge , trascurando i
peculiari caratteri del douaire coutumier . Ma cosiffatto equi-
voco è appunto la ragione del non potersi i contendenti
conciliare , è causa della stessa quistione , e l'avvertirlo , e
il toglierlo di mezzo , pare a noi la sola via per precisare
l'oggetto della controversia , e dirimere questa in modo
appieno soddisfacente .

Imperocchè la successione legale del coniuge superstite


ha appunto due differenti aspetti , secondochè l'oggetto
della medesima si possa reputare dedotto nello stesso con-
tratto di matrimonio, oppure non lo si possa . E il criterio
più sicuro onde stabilire l'una cosa o l'altra , è certamente
l'irrevocabilità o meno , del diritto in discorso , per opera di

entrambi i coniugi , o di uno di essi , sia nello stesso con-


tratto matrimoniale , sia in costanza di matrimonio . Se il
primo caso si dà , come appunto si dava nel diritto antico
francese rispetto al douaire coutumier , la successione del
coniuge superstite dovrà essere sempre regolata dalla legge
sotto il cui impero il matrimonio venne conchiuso . Dovrà
cioè reputarsi patto o contratto successorio tacito , compe- 427
netrato nello stesso contratto matrimoniale , come tacita
sua clausola , in virtù di sottinteso riferimento degli sposi
alla legge vigente , che attribuisce al loro matrimonio anche
un tale effetto . E ciò appunto noi abbiamo già detto ri-
spetto al douaire coutumier nel citato luogo della Parte
Generale di quest'opera (p . 310 sgg . ) . Che se invece si dà il
442 PARTE TERZA

secondo caso suaccennato , cioè la successione legale del


coniuge superstite non si può reputare dedotta nel con-
tratto di matrimonio , e non lo si può perchè nessuno dei
coniugi poteva dal giorno della conchiusione di quel con-
tratto fare sicuro assegnamento su quel diritto , nè perdeva
la libertà di altrimenti disporre dell'oggetto del medesimo,
in tale caso quella successione rimane certamente soggetta
alla legge vigente nel giorno della morte del coniuge pre-
defunto , senza alcun riguardo alla legge, sotto il cui im-
pero il matrimonio venne conchiuso.

E di vero , se la successione legale del coniuge superstite


dovesse sempre reputarsi compresa nel contratto di matri-
monio , come tacita clausola di questo , il diritto transitorio
della successione legale verrebbe in questa sua parte total-

mente sovvertito , perchè ne conseguiterebbe che una legge


nuova, la quale per la prima volta attribuisse ai coniugi il
diritto di succedersi fra di loro , non potesse venire appli-
cata ai matrimoni anteriori . Invece il contrario è univer-

salmente ammesso dai giureconsulti , come meglio si vedrà


nel discorso della successione legale , e non v'ha dubbio
che , in particolare , il nuovo sistema di successione legale
coniugale , introdotto dal Codice civile italiano , devesi ap-
plicare non soltanto ai matrimoni posti in essere dopo
l'attuazione di questo codice , ma anche a quelli anterior-
mente conchiusi , i quali vengano a sciogliersi per la morte
di uno dei coniugi avvenuta dopo quell'epoca . Non è a
dubitarsi che se vera fosse la dottrina , che il diritto di suc-
428 cessione legale , attribuito al coniuge superstite dalla legge
vigente all'epoca del matrimonio , non possa essere tolto o
modificato retroattivamente da una legge posteriore, do-

vrebbesi pure ammettere , per converso , che al nessun di-


ritto di quel genere per avventura riconosciuto dalla
prima legge, non potesse sottentrare il diritto riconosciuto

dalla seconda , non essendo meno tacito patto del matri-


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 443

monio nel secondo caso , che nessuno dei coniugi possa

succedere per legge all'altro , di quello che lo sia nel


primo caso la successione del coniuge superstite al pre-
defunto .

E v'ha di più . Da siffatta opinione conseguiterebbe il


sovvertimento del gius transitorio della successione legale ,
non soltanto , come dimostrammo dianzi , nella parte rela-
tiva alla successione dei coniugi , ma eziandio in ogni altra
sua parte. Se invero rispetto ai coniugi il diritto di suc-
cessione legale può sembrar conseguenza di un contratto ,
per tutte le altre persone esso può assumere l'aspetto di
un diritto immediatamente attribuito dalla legge in occa-
sione di un determinato fatto acquisitivo , per esempio ,

della nascita, e così reputarsi perfettamente quesito e in-


violabile , cessando in pari tempo tutto il gius transitorio
della successione legale di riposare sul canone , universal-
mente consentito , che la si debba regolare secondo la legge
vigente alla morte del de cuius.
Noi rispondiamo adunque al generale problema transi-
torio circa la successione legale fra coniugi , col fare la
suddetta distinzione . Per noi cioè il concetto di istituzione

contrattuale , che non esitiamo a riscontrare nel douaire


coutumier dell'antico diritto francese , non si applica affatto ,

neppure nell'aspetto di tacito patto , alla successione con-


iugale , semplicemente legale , poichè questa non costituisce
fin dal giorno della conchiusione del matrimonio un diritto
assicurato , sia alla moglie , sia al marito , pel caso di so-
pravvivenza , di guisa che l'altro coniuge non possa altri-
menti disporre dei beni a cui la successione si riferisce . E
mentre la successione coniugale , avente l'aspetto di patto 429

tacito , reputiamo regolata dalla legge sotto il cui impero il


matrimonio venne conchiuso , quella invece , che tale
aspetto non ha , reputiamo regolata in ogni caso dalla legge
sotto il cui impero morì il coniuge predefunto , giusta i
444 PARTE TERZA

generali canoni transitorii intorno alla successione legale,


che verremo esponendo nel capitolo seguente .
È in sostanza l'opinione del Wächter, del Savigny, del
Pinto e del Christiansen , che noi poco sopra riferimmo , e
dicemmo media , quella che a noi pure sembra la vera in
questa grave controversia circa l'indole giuridica della
successione legale fra coniugi , controversia resa oscura e
difficile dalla massima parte degli scrittori, per inavvertita
confusione di oggetti del tutto disparati .

La giurisprudenza pratica francese collima colla suesposta


dottrina anche in argomenti estranei al douaire . Cosi , per
esempio , la Corte di cassazione di Parigi ebbe a dichiarare ,
in una sentenza del 10 marzo 1808 ( 1 ) , che il marito di
una vedova con figli , cui lo statuto vigente nel giorno del
matrimonio assegnava , in caso di premorienza della moglie,
la dote di questa, ad esclusione totale dei figli del primo
letto , fosse ciò nondimeno tenuto a corrispondere ai figli
la porzione legittima su quella dote , a termini del Codice
Napoleone , se la moglie fosse morta sotto l'impero di questo
Codice. - Anche la giurisprudenza pratica italiana ebbe

non poche occasioni di applicare il principio della intan-


gibilità del diritto di successione del coniuge superstite,
avente natura di istituzione contrattuale, cioè di clausola
tacita del contratto di matrimonio . Così , per esempio , la
Cassazione di Torino , in una sentenza 10 marzo 1875 ( 2) ,
ravvisando una vera successione convenzionale nell'usu-
frutto assegnato alla vedova di un fedecommissario dalla

stessa fondazione del fedecommesso , reputò acquisito sif


430 fatto diritto fin dal giorno della conchiusione del matrimonio,
e quindi illeso dalla abolizione dei fedecommessi ( 3) .

(1) R. G. , 8, 1 , 377 ; C. N. , 2 , 1 , 499.


(2) G. 1. , xxvII , 1 , 752.
(3) Veramente noi non reputiamo che nel caso deciso dalla citata sen.
tenza si trattasse di un diritto analogo al douaire; e crediamo giusta la
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 445

Altre sentenze di Tribunali italiani ricorderemo in altra

parte di quest'opera , trattando in particolare dei lucri


nuziali.

Osserviamo da ultimo che , se il diritto del coniuge su-


perstite non sia che la conseguenza o l'effettuazione di un

diritto che già inter vivos gli spettava in confronto del


coniuge predefunto , la legge da applicare al primo diritto
sarà esclusivamente quella , sotto il cui impero venne acqui-
stato il secondo ; ma ciò non sarebbe un applicare il ca-
none transitorio concernente la successione convenzionale ,
perchè neppure il diritto del coniuge superstite sarebbe

nel caso in discorso vero e proprio diritto di successione


ereditaria. L'assegnamento , per esempio , che fa il Codice
Napoleone (art. 1474 ) al coniuge superstite , di una metà
dei beni della comunione coniugale , gli è certamente do-
vuto sotto qualunque legge vigente intorno alla successione

fra coniugi , nel giorno della morte dell'altro coniuge , poichè


in tal guisa non si fa che riconoscere ed effettuare il con-
tratto inter vivos della comunione coniugale .

Una specie di successione convenzionale era pure la


réversion coutumière (v . Ch . de l'All . , II , 185 ) delle dona-
zioni del padre e dell'ascendente , nell'antico diritto fran-
cese. Come queste donazioni ritornavano al donante , in
caso di premorienza del donatario senza discendenti legit-
timi , e ritornavano come vere successioni , sicchè il donante
era obbligato a pagare i debiti del donatario , l'indole di
questa successione era certamente quella di successione.
convenzionale . Onde non è dubbio che la riversione in 431

discorso doveva in ogni tempo essere regolata dalla legge ,


sotto il cui impero la donazione era stata posta in essere .
È anche una successione convenzionale quella ex pacto

sentenza per altre ragioni (V. la nostra nota alla sentenza medesima nel
luogo citato nella nota 2 della pagina precedente) .
446 PARTE TERZA

et providentia nei livelli , perchè vero e proprio effetto e


clausola del contratto di enfiteusi . Questo carattere però
di tale successione non esclude l'applicazione della legge
nuova alle enfiteusi ex pacto et providentia , almeno all'ef-
fetto di fare cessare la perpetuità del livello , o di assog-
gettar questo al diritto di affrancazione. Ciò in virtù del

canone transitorio generale in materia di istituti giuridici


perpetui, e conformemente alle cose esposte sopra circa il
diritto di enfiteusi (v . p . 187 ) . La sostituzione però della
successione ordinaria a quella ex pacto et providentia nelle
enfiteusi in corso , non potrebbe accadere se non in virtù

di una legge espressamente retroattiva , quale è , per esempio ,


l'articolo 29 delle Disposizioni transitorie civili italiane
del 1865 .

Delle successioni convenzionali , o patti successorii , aventi


aspetto di rinunzie ereditarie , ragioneremo più sotto in un
capitolo speciale .

CAPITOLO XX .

Della revoca del testamento .

Ambulatoria fino alla morte , la volontà del testatore può


sempre venire da questo modificata o revocata . Allorquando
il testatore distrugge il precedente testamento , in modo
che questo più non si ritrovi , non si può discorrere pro-
priamente di modificazione del testamento. Quando un tal
caso non si dia , dicesi propriamente modificato un testa-
mento in virtù di un testamento posteriore , se questo con-

tenga una disposizione inconciliabile con un'altra , conte-


432 nuta nel testamento anteriore. Se questa incompatibilità
fra le disposizioni dei successivi testamenti non esiste , ma
soltanto differenza , o per omissione o per aggiunta nel
testamento posteriore di una parte che c'era o non c'era
nel testamento anteriore , non è luogo a discorrere di mo-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 447

dificazione del primo testamento per opera del secondo , se


non nel caso di aggiunta fatta dal secondo al primo ; nel
caso invece di omissione di una parte del primo testamento
nel secondo , è piuttosto luogo a discorrere di revoca tacita
e parziale del testamento anteriore per opera del posteriore.
E la revoca tacita parziale è concetto giuridico a cui fa
riscontro quello di revoca tacita totale del testamento ante-
riore. Alla sua volta alla revoca tacita , totale o parziale di
un testamento , fa riscontro la revoca espressa , che può
essere del pari totale o parziale.
Di un caso transitorio , concernente la revoca tacita del
testamento , noi abbiamo già ragionato sopra , parlando
degli effetti del testamento (p . 403 ) , del caso cioè di diffe-
renza fra le leggi vigenti nelle diverse epoche , in cui' i suc-
cessivi testamenti vennero fatti , circa la revoca del testa-
mento anteriore per lo stesso fatto della confezione di un
testamento posteriore anche non incompatibile coll'ante-
riore . Ora, considerando in generale , dal punto di vista
transitorio , la revoca tacita e la espressa dei testamenti ,
siano esse totali o parziali , crediamo essere norma da se-

guirsi quella additata dallo Struve (pag . 251 ) , doversi cioè


applicare la legge vigente nel tempo in cui venne posto in
essere l'atto qualunque , dal quale la revoca vorrebbesi de-
sumere. Secondo questa legge si deciderà se quell'atto era
idoneo di sua natura , a revocare , sia tacitamente , sia espres-

samente, sia in tutto , sia in parte , il testamento di che si


tratta, quale cioè sia propriamente l'effetto revocatorio
dell'atto , e quali requisiti questo doveva avere onde pro-
durre il suo effetto . Ciò ebbe anche a decidere la Corte di

cassazione di Torino , in una sentenza 25 agosto 1880 ( 1 ) . 433.

E lo stesso insegnano Borsari ( Comm. al Cod . civ. italiano,


§ 1919 ) , e Vitali (op . cit . , pag . 177 e segg.) .

(1) M. T., 1880 , p . 987.


448 PARTE TERZA

Così pure la quistione se la revoca della revoca di un


testamento ripristini o no , di per sè sola , il primitivo testa-

mento , vuol essere decisa secondo la legge del tempo in


cui la seconda revoca è stata fatta.

CAPITOLO XXI.

Della successione legittima o legale.

In difetto di testamento o di patto successorio , sia perchè

questi manchino affatto , sia perchè nulli siano , sia perchè


una qualunque legittima causa ne abbia impedito l'effetto ,
la successione mortis causa viene in tutte quante le legis-
lazioni regolata dalla legge . Nella maggior parte delle
legislazioni sono conferiti diritti successorii a talune per-
sone anche in concorso di una disposizione testamentaria
del de cujus , sottraendosi così una parte del patrimonio di
questo alla sua facoltà di testare , ed assegnandola a pros-
simi parenti di lui .
Si hanno quindi due specie di successione legittima :
quella semplicemente così chiamata , che si avvera in man-
canza di testamento o di patto successorio , e quella più
particolarmente detta necessaria, che limita la facoltà di
testare e quella di trasmettere la propria successione me-
diante contratto , e i cui subbietti si dicono eredi necessari.
La successione intestata fornisce occasione a ricerche e

discussioni di gius transitorio , attesa la differenza che può


esistere fra la legge vigente intorno alla medesima durante
la vita del de cujus , e quella vigente alla morte di questo .
434 Ricerche e discussioni , le quali presentano una particolare
importanza e difficoltà rispetto a quei punti nei quali la
legge successoria influisce su disposizioni inter vivos del
de cujus, come per es . , rispetto all'argomento della ridu-
zione delle donazioni o delle istituzioni contrattuali , allo
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 449

scopo di costituire la legittima dovuta agli eredi necessari .


E comuni sono alla successione legittima semplice e alla
necessaria, certi generali principii di gius transitorio ; oltre
a questi poi , la seconda ne ha anche di suoi propri . Noi
ragioneremo successivamente degli uni e degli altri .
Principio fondamentale della dottrina transitoria della
successione legittima è lo stesso principio che presiede a
tutto quanto il gius transitorio della successione ereditaria
in generale (v. sopra , p . 267 ) , cioè che la legge da appli-
carsi è quella vigente nel giorno in cui viene acquistato
definitivamente il diritto di succedere . Il quale principio ,

applicato alla successione legittima in particolare , si tra-


duce , come noi abbiamo già osservato sopra (pag. 255 ) ,
anzitutto nel seguente canone : che la legge regolatrice
della successione legittima è quella vigente alla morte del
de cujus, se questi non ha lasciato testamento .
Codesto canone è quasi universalmente accettato dagli
scrittori, e per esempio da Herrestorff (p . 188 ) , Bergmann
(p . 31 ) , Christiansen (p . 130) , Schmid (p . 145 ) , Weber
( p . 96) , Dabelow (ap. Struve, p . 174 , nota a ) , Struve ( ib . ) ,
Merlin (p . 221 ) , Dalloz (n . 179 ) , Savigny (§ 395 ) , Unger
(pp . 144-145 ) , Gönner (p . 160) , Bauer (p . 48 ) , Wächter
(I, p . 175 ) , Grandmanche de Beaulieu (p . 14) , Kalindero
(p . 98 ) , Mailher de Chassat ( I , pp . 187 , 199 , II , p . 201 ) ,
Demolombe (n . 47). Il Diritto Romano ha pure seguito

il canone che la legge vigente alla morte del de cujus


decide della determinazione del successore legittimo , come

si scorge dai seguenti passi : L. 12 , C. de suis et legit . lib.;


L. 14, C. de legit . hered .; L. 11 , C. comm. de succession .; 435
Novella 118 praef. In parecchie leggi moderne lo tro-

viamo pure riconosciuto , e per esempio nella Patente di


promulgazione del Diritto territoriale prussiano del 1794
(§ 14 , v. Vol . I di q. o . , pag . 59) , nella legge transi-
toria badese del 1809 ( § 10 , ib . , p . 66 , i . n . ) , nella legge
GABBA - Retr. leggi, III. 29
450 PARTE TERZA

transitoria oldemburghese del 1814 (§ 8 , ib . , p . 91 , i . n . ),


nella legge transitoria prussiana del 1809 (§ 8 , ib . , p . 93,
i . n . ) , nella legge transitoria sassone del 1863 (art. 22, ib.,
p . 113 , i . n . ) . Qualche legislazione ha bensì creduto equo
di protrarre l'impero delle antiche leggi intorno alla suc-
cessione intestata , anche dopo l'attuazione delle nuove ,
come per esempio , la legislazione bavarese del 1803
(v . Gönner , 1. c . ) , la quale fissò a tal uopo un periodo di
due anni , disposizione giustamente censurata dal Gönner
(ib . ) , ma nessuna legislazione diede mai effetto retroattivo
a nuovi provvedimenti intorno alla materia in discorso,
tranne le celebri leggi francesi , già più volte citate nel corso
di quest'opera, del 5 brumale e del 17 nevoso anno II , le
quali fecero risalire l'applicazione loro fino al 14 luglio
1789. Enorme retroattività, la quale, come è noto, venne
presto abolita dalla legge del 9 fruttidoro anno III . — Anche
la giurisprudenza pratica d'ogni paese è pacifica nell'adot-
tare il canone in discorso . Innumerevoli decisioni potreb-
bersi qui ricordare . Basti , quanto alle italiane , ricordare
una della Cassazione di Napoli , 10 luglio 1877 ( 1 ) , circa
la successione legittima necessaria .
In quanto poi il detto canone esclude che sulla succes-

sione legittima possa influire la legge vigente nel giorno in


436 cui viene acquistato il diritto di successione , anzichè il
diritto di succedere , vigente cioè nel giorno dell'accetta-
zione dell'eredità , riceve luce e conferma dalle cose già da
noi dette in generale (v . sopra , pag . 268 ) circa la nessuna
importanza di tale momento di tempo a petto di quello in
cui viene acquistato il diritto di succedere .

Se il de cujus ha lasciato un testamento , e alla suc-


cessione legittima non si fa luogo se non perchè il testa-
mento rimase destituito di effetto , per causa posteriore

(1 ) A. G., x1, 1 , 403 .


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 451

alla morte del de cujus , qual legge regolerà quella suc-


cessione ?

Certamente in questo caso il giorno della devoluzione


della eredità è quello in cui rimase destituito il testamento
e, come è principio generale che di ogni successione decide

la legge vigente nel giorno in cui questa si devolve , cioè


viene acquistato il diritto di succedere , parmi non si
possa dubitare che la legge da applicare alla successione.
legittima sia quella vigente in quel giorno . E ciò appunto
noi abbiamo già avvertito sopra (p . 255) . Sarà la legge ,
vigente nel giorno della destituzione del testamento , da
applicarsi per definire chi sia l'erede legittimo del de cujus .
Questa legge , e non quella vigente alla morte del de cujus
determinerà i successori legittimi di questo , i quali poi si

avranno per tali dal giorno di quella morte . Ciò pensano


anche Savigny (§ 395 ) e Unger (pp . 144-45 ) , e così deci-
sero anche la Cassazione di Firenze , 28 aprile 1874 ( 1 ) ,
e la Cassazione di Roma , 2 maggio 1881 ( 2 ) . E già nel
Diritto Romano , l'epoca in cui è accertata la deficienza
della successione testamentaria , è dichiarata decisiva
per la determinazione dei successori ab intestato ; veggasi
fra gli altri passi : L. 6 , I. de legit. agnat. E le cause per
le quali la successione testamentaria deve considerarsi

venuta meno dopo la morte del testatore , sono nel Diritto


Romano : la rinunzia dell'erede testamentario (test. desti-
tutum) , l'inadempimento della condizione apposta al testa-
mento (id. ) , la rescissione del testamento per mezzo della
querela inofficiosi (test . rescissum ) . Di queste tre cause di
inefficacia dell'aperto testamento , l'ultima non sussiste più
nel diritto moderno , e delle due prime , la rinunzia del suc-
cessore testamentario non ci sembra che nella scienza del

diritto possa avere, come nel Diritto Romano , l'effetto di

(1) G. I. , 1875, 1 , 338 .


(2) F. I., 1881 , 1 , 415 con mia nota.
452 ᏢᎪᎡᎢᎬ ᎢᎬᎡᏃᎪ

far considerare aperta la successione intestata nel giorno


in cui essa avviene , quantunque il contrario pensi lo
Schmid (p . 145) . Imperocchè la rinunzia alla successione
non può avere altro significato se non di far considerare
la successione testamentaria come non esistente fin dal

principio , e il testamento come non avesse mai esistito ,


almeno in quella parte sua che è oggetto della rinunzia .
Tale concetto della rinunzia si trova infatti dichiarato

esplicitamente nel Codice Napoleone ( art . 785 ) e nel Codice


civile del Regno d'Italia (art . 945) , cosicchè, almeno di
fronte a questi Codici , e agli altri che su questo punto dis-
437 pongono istessamente , l'accennata dottrina romana non
potrebbe al di d'oggi venire assunta nel gius transitorio
della successione intestata . Ma se la disposizione testamen-
taria è condizionata , e , per la mancata condizione , o tutto
quanto il testamento manchi di effetto , oppure una parte
soltanto , ma senza che rispetto a questa parte vi sia luogo
ad accrescimento , la successione intestata che tien luogo
della testamentaria deve considerarsi aperta dal giorno in
cui la condizione è venuta meno . Ciò è specialmente a

dirsi nel caso di avverata condizione risolutiva , quando e


in quanto questa sia ammissibile nei testamenti , come per
es . nel caso di condizione di non fare e di non dare (arti-
colo 855 Cod . civ. it .) . Vero è che noi abbiamo più sopra

(p. 254) affermato potersi il diritto del successore testa-


mentario condizionato considerare acquisito sotto condi-
zione fin dalla morte del testatore , ma analogamente non

si potrebbe affermare che , per essere venuta meno la con-


dizione della successione testamentaria , il diritto dei suc-
cessori intestati fosse anch'esso condizionalmente acquisito
fin dal giorno della morte del de cujus, alla condizione cioè
dell'inadempimento della condizione apposta al diritto del
successore testamentario . Imperocchè ciò sarebbe contrario
al principio che la successione legittima si avvera soltanto
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 453

in difetto della testamentaria , e il supposto diritto quesito


dei successori legittimi mancherebbe di ogni fondamento
nella legge . Che se la successione legittima, occasionata

dal mancato testamento , per la mancata condizione di


questo , si apre nel giorno in cui la condizione vien meno ,
la legge che la deve regolare non può certamente essere
altra che quella vigente in quel medesimo giorno.

Non vogliamo però tacere che taluni dissentono dalla


esposta dottrina , e reputano appunto condizionato , fin dal
giorno della morte del de cujus , al mancato effetto del testa-
mento , il diritto di quelli che sarebbero allora stati suc-
cessori legittimi , in virtù della legge allora vigente . Fu
di questo avviso la Cassazione di Torino , con la sentenza
29 luglio 1872 ( 1 ) , emanata dietro le conformi conclusioni
dell'illustre Pescatore . E anche Pfaff e Hofmann (pp . 225-

230) sono di codesto avviso , abbandonando l'opinione con-


traria , da essi pure dapprima professata .
Non differisce dal testamento condizionato il testamento

con fiducia ; il vero successore in questo caso è quello che


il fiduciario dichiarerà , ed egli ha quindi un diritto condi-
zionato a questa dichiarazione. Se questa manchi , o sia
stata fatta invalidamente , si apre la successione legittima
in virtù di vera e propria destituzione di testamento con-
dizionato . Ciò ebbe pure a dichiarare la Cassazione di
Roma in una sentenza 2 maggio 1881 (2) .

I canoni generali suesposti dominano , come abbiamo 438


detto, tutto quanto il campo delle quistioni transitorie
circa la successione legittima . In alcune quistioni però noi
vedremo in seguito che essi devonsi contemperare con

qualche altro di indole differente . Per farne quindi una


retta applicazione , noi considereremo separatamente tutti
i principali argomenti che quella materia presenta . Essi

(1) M. T. , 1872, 915.


(2) F. 1., 1, 1881 , 415.
454 PARTE TERZA

sono i seguenti : determinazione del successore legittimo ;


estensione del diritto del successore legittimo ; beni for-

manti oggetto della successione ; effetti propri e speciali del


diritto di successione legittima sugli atti inter vivos posti in
essere dal de cujus.

CAPITOLO XXII .

Continuazione.

Determinazione dell'erede, dei beni e della quota ereditaria


nella successione legittima.

La determinazione del successore legittimo si fa colla


doppia scorta dei principii giuridici intorno alla capacità
di succedere, e dell'ordine nel quale la legge ammette alla
successione le differenti persone che essa vi chiama. Am-
bedue i punti devono essere considerati dalla giurispru-
denza transitoria .

La capacità del successore legittimo , al pari di quella del


successore testamentario (v . sopra p . 323 e sgg . ) , deve essere
giudicata secondo la legge vigente nel giorno della dela-
zione della eredità , cioè generalmente nel giorno della
morte del de cujus , e secondo nessun'altra legge. Non vi
ha in proposito differenza fra questa capacità e quella del
de cujus, la quale pure, come osserva anche il Savigny
(p . 482) , deve essere giudicata secondo la legge vigente
alla morte del medesimo .

È questa una diretta e immediata applicazione del ca-


none fondamentale del diritto transitorio ereditario , ove si
439 pensi che nella successione legittima manca un atto del
de cujus influente sulla successione , cosicchè non vi può
essere pretesto alcuno , neppure apparente , per esigere la
capacità del successore anche in un'epoca anteriore alla
morte di quello . Essa è quindi quasi universalmente am-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 455

messa dagli scrittori , ben pochi dei quali esigono la capa-


cità del successore legittimo anche all'epoca dell'adizione
della eredità , adducendo , circa l'importanza di questo mo-
mento, ragioni che noi abbiamo già addotte e combattute
in una precedente occasione , e particolarmente nella loro
applicazione al tema della capacità del successore testa-
mentario .
Importanti applicazioni dell'esposta regola si fecero nella

moderna giurisprudenza , specialmente rispetto ai privilegi


della primogenitura , e della mascolinità . Abolite in Francia
le incapacità di succedere dei secondogeniti e delle fem-
mine, nei patrimoni immobiliari , dalla legge 15 marzo 1790

(tit. 1 , art. 9 ) , e poi in tutte le successioni dalla legge


8 aprile 1791 , codeste abolizioni furono applicate a tutte
quante le successioni legittime apertesi dopo l'attuazione
di tali leggi . Se non che, osserva giustamente il Chabot de
l'Allier ( II , pagg . 94 , 95 ) , l'applicazione delle nuove leggi
in discorso non potrebbe farsi in modo di violare un con-
tratto anteriore , debitamente posto in essere , e il quale non
contenesse una istituzione abolita essa pure retroattivamente
dalle nuove leggi , come sarebbe per esempio un fedecom-
messo di famiglia , e ad appoggio di questa sua osservazione
egli cita una sentenza della Corte di cassazione di Parigi
del 23 novembre 1807 ( 1 ) , pronunziata conformemente
alle conclusioni dell'illustre Merlin . L'efficacia retroattiva.

però delle nuove leggi , che hanno pareggiato le femmine


ai maschi nella successione legittima , ha dato occasione
a forti dispute e a dispareri , nel caso che le femmine aves- 440
sero rinunziato alla paterna successione , ma di questo
argomento ragioneremo più sotto .
Quali fra i parenti del de cujus possano pretendere alla
successione legittima , e in quale ordine e proporzione , è

(1 ) CH. DE L'ALL. , 2, pag. 105 .


456 PARTE TERZA

pure un punto che deve essere deciso a termini della legge

vigente nel giorno della delazione della successione , cioè,


generalmente , nel giorno della morte del de cujus . Se in
particolare , cioè in quali casi , e rispetto a quali parenti , e
con qual effetto , debbasi ammettere la rappresentazione
nella successione intestata , vuol essere definito a termini
di quella legge . Fino alla morte del de cujus vi possono
essere aspettative di succedere ab intestato, basate sulla
legge vigente , ma semplici aspettative , le quali possono
essere deluse da una legge nuova emanata di poi , e vigente

alla morte del de cujus, senza che ciò implichi lesione del
diritto di nessuno . Di ciò convengono quasi tutti gli scrit
tori e i legislatori , ed anzi le testimonianze sopra accennate

circa il canone fondamentale del gius transitorio della suc-


cessione legittima , sono tutte esplicite anche su questo
punto . Abbiamo nella giurisprudenza importanti applica-
zioni anche del principio suesposto , taluna delle quali diede
occasione a dispareri e discussioni . Prendiamone a consi-
derare le principali .

Dichiarò la Corte di cassazione di Parigi con tre deci


sioni , 29 messidoro , 4 termidoro , 2 fruttidoro anno XII ( 1 ) ,
che il diritto di successione dei figli legittimi al padre, in
una parte del patrimonio di questo , diritto chiamato douaire

des enfants , e conferito ed assicurato ai figli da talune con-


suetudini , sotto il cui impero il matrimonio , da cui erano
nati , era stato conchiuso , e fin dal giorno di questo matri-
monio , non poteva esser preteso dopo l'attuazione delle
leggi 17 nevoso anno II e 19 aprile 1803 , che avevano
abolite quelle consuetudini , se il padre fosse morto sotto
441 l'impero di queste leggi. Codeste decisioni sono approvate

dal Chabot de l'Allier ( II , pp . 82-83 ) e certamente sono una


riprova del canone generale in discorso , in quanto la Corte

( 1 ) CH. DE L'ALL . , 2, pp . 84-85.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 457

ritenne che ai figli non ispettasse un diritto quesito sui


beni in discorso fin dal giorno della loro nascita . Ma può
veramente escludersi codesto diritto quesito ? A noi sembra
lecito dubitarne , atteso che del douaire des enfants il padre
non poteva in nessun modo disporre (Chab . de l'All . , ib . ) ,
sicchè il diritto dei figli pare che fosse fin dalla nascita
irrevocabilmente acquistato da questi . Vero è che tra i figli
e il padre non intercedette un contratto , come tra coniugi ,
ma per acquistare un diritto non è necessario un contratto ;
il diritto irrevocabile dei figli sul douaire des enfants ci
sembra un diritto così perfettamente quesito per opera
della legge , come il diritto irrevocabile della vedova sul

douaire contumier, per opera del contratto di matrimonio.


Di questo avviso è anche Herrestorff. -- Venne pure seguito
il canone in discorso nell'applicazione delle leggi emanate
in Francia per togliere di mezzo la confisca dei beni degli
emigrati. La legge del 6 floreale anno X aveva ordinato la
restituzione dei beni confiscati agli emigrati ; or bene nel-
l'applicazione di questa legge fu ritenuto che , siccome la

confisca aveva avuto l'effetto d'impedire la successione


mortis causa nei beni confiscati , così la revoca della mede-
sima doveva, rispetto agli emigrati premorti , avere l'effetto
che i beni restituiti venissero divisi fra gli eredi che gli
emigrati medesimi avevano avuto o avrebbero dovuto avere
alla loro morte , o agli eredi di tali eredi , fossero legittimi
o testamentari . Ciò ebbe a dichiarare più volte la Corte di
cassazione di Parigi , e per esempio nelle sentenze : 23 ter-
midoro anno X ( 1 ) , 30 aprile 1806 ( 2 ) , 21 dic . 1807 (3 ) ,
17 giugno 1813 ( 4) , 7 agosto 1820 ( 5 ) , 26 gennaio 1832 ( 6 ) . 442

(1) D., R., voce Lois, n. 323.


(2) R. G., vii , 1, 91 .
(3) Ib., viii , 1 , 113.
(4) D. , R. , voce Lois, n . 323.
(5) R. G., XXI , 1 , 114.
(6) D., R. , voce Lois, n. 223.
458 PARTE TERZA

Un'altra legge del 27 aprile 1825 , ispirandosi agli stessi


principii della precedente , a beneficio degli emigrati i cui
beni confiscati non si potessero più restituire , dispose

che fosse loro assegnata una indennità ( 1 ) . Anche questa


disposizione , osserva giustamente il Mailher de Chassat
(2 , p . 191 ) , nei casi di premorienza degli emigrati avrebbe
dovuto essere applicata agli eredi dei medesimi , che avevano
o che avrebbero dovuto acquistare diritto di succedere nel
giorno dell'avvenuta morte di questi , sia legalmente , sia
per testamento , o agli eredi di quegli eredi .
A maggiori controversie diedero occasione la succes-
sione legittima dei figli naturali , e quella dei figli adottivi .
La successione legittima nei beni dei figli naturali non
fu mai revocato in dubbio doversi regolare secondo la legge
vigente alla morte loro , e quindi , per esempio, la Corte di
cassazione di Parigi , con sentenza del 16 aprile 1834 ( 2) ,
dichiarò che in virtù del C. N. i parenti della madre di un
figlio naturale , morto intestato sotto l'impero di questo
Codice , non hanno diritto di succedergli ab intestato ,
benchè il defunto sia nato sotto l'impero di una consuetu-
dine, che assimilava la successione intestata sui beni del
bastardo a quella nei beni d'un individuo nato da legittimo
matrimonio . Per converso , anche il principio che la suc-
cessione del figlio naturale nei beni dei parenti dei suoi
genitori naturali debba essere regolata secondo la legge
vigente alla morte dei genitori , non fu mai , come osserva
il Dalloz (n . 328) , soggetto a contestazione. E neppure fu
mai contestato (v . Chabot de l'Allier , II , p . 127 ) che la
legge vigente alla morte dei genitori dei figli naturali , e
sotto l'impero della quale questi siano anche stati legal-
443 mente riconosciuti, debba regolare la successione intestata

dei secondi ai primi . Fu quistione invece se quella legge si

(1) Il famoso miliardo degli emigrati.


(2) R. G., 35, 1 , 67 ; D. , R. , ib. , n. 828.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 459

dovesse applicare alla successione intestata dei figli natu-


rali ai genitori loro , quand'anche il riconoscimento fosse
stato fatto sotto l'impero di una legge anteriore , la quale
non ammetteva siffatta successione , e il diritto dei figli
naturali riconosciuti verso i loro genitori riduceva ai soli
alimenti .

L'opinione affermativa è stata propugnata da Herrestorff


(p . 147 ) e da Chabot de l'Allier ( 2 , p . 130 e segg. ) , e pare
che fosse anche quella del legislatore francese del 14 flo-
reale anno XI , perchè nella legge di questo giorno si dice
in termini generali (art. 1 , ap . Ch . de l'All . , 2 , pag . 113 )
che lo stato e i diritti dei figli naturali , i genitori dei quali
fossero morti dopo la promulgazione della legge 12 bru-
male anno II , fino a quella dei titoli del Codice civile sulla
paternità e figliazione e sulle successioni, dovessero regolarsi
nel modo stabilito in questi titoli . L'opinione contraria è
stata più volte propugnata davanti ai tribunali francesi , ad
onta del disposto della citata legge , ma fu sempre con-
dannata , come si può vedere , per es . , nella sentenza della
Corte di cassazione di Parigi del 2 nevoso anno XII ( 1 ) , e
in quella della Corte d'appello di Amiens del 27 messidoro
dello stesso anno (2) . - I fautori di quest'ultima opinione

argomentano principalmente dal preteso diritto quesito di


chi ha riconosciuto il proprio figlio naturale a non subire
altre conseguenze di questo riconoscimento , fuorchè quelle
sanzionate dalla legge sotto il cui impero quest'atto è stato
posto in essere . A questo argomento rispondono gli avver-
sari che i genitori naturali , riconoscendo la loro prole ,
sanno benissimo che l'obbligo legale di fornir loro il neces-
sario alla vita è un concetto indeterminato di sua natura ,
e che per conseguenza il legislatore può sempre estenderlo

o restringerlo come gli piaccia , e inoltre che il nuovo 444

( 1 ) Ap. CHAB. DE L'ALL., 2 , p . 132.


(2) lb.
460 PARTE TERZA

sistema di successione intestata dei figli ai genitori naturali

loro deve poter essere applicato a tutte le successioni


aperte sotto le leggi nuove , per la stessa ragione che cosi
vengono applicate tutte le altre nuove leggi intorno alla
successione legittima (v . Chab . de l'All . , 1. c . ) .
Noi pure siamo d'avviso che le nuove leggi intorno alla
successione legittima dei figli naturali ai genitori loro si
applicano in ogni caso di morte di genitori naturali avve-
ratosi sotto il loro impero , in qualunque epoca, e a ter-
mini di qualunque legge anteriore sia stato fatto il ricono-
scimento di quei figli . Ciò riteniamo , ove la legge non
sancisca espressamente il contrario , non commisuri cioè
diversamente il diritto di successione dei figli naturali ai
genitori loro, secondo l'epoca e il modo del loro riconosci-
mento . Una disposizione di questo genere conteneva la
legge francese 12 brumale anno II , rispetto ai figli naturali ,
il cui padre fosse morto prima del 4 giugno 1793 , e quelli
il cui padre fosse morto dopo quest'epoca (v . Vol . II di
q. o . , p . 274 e segg. ) ; e non è certamente possibile disco-
noscere al legislatore la facoltà di provvedere in tal guisa .
La ragione poi di quel nostro avviso non è già quella ,
affatto inadeguata , della indeterminatezza del concetto di
mezzi di sussistenza , essendo impossibile estendere il con-
cetto degli alimenti fino al diritto di succedere mortis causa ,
ma è il riflesso che la successione legittima dei figli natu-
rali ai genitori che li hanno riconosciuti , al pari di tutte le
altre successioni legittime , è un diritto totalmente basato
sulla legge vigente alla morte del de cujus , e non ha in
particolare nessuna connessione giuridica col fatto del ri-

conoscimento . Veramente , se quella successione si potesse


considerare come una conseguenza del riconoscimento ,
come un diritto acquisito per legge al momento e in virtù
445 di questo fatto , dovrebbe , al pari di tutte le altre conse-
guenze giuridiche del riconoscimento , venir regolata dalla
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 461

legge vigente nel giorno in cui il medesimo è stato posto


in essere. E questo principio , per ciò che riguarda l'obbligo
degli alimenti e del mantenimento, è anche riconosciuto
dallo Schaaf (p. 447) , e fu sanzionato dalla legge transi-
toria badese del 1809 (§ VII , v . Vol . I di q . o . , p . 66 , i . n .) .

Ma la successione legittima dei figli naturali ai genitori


che li hanno riconosciuti , non può considerarsi come pro-
pria conseguenza del riconoscimento , anzichè propria
disposizione del legislatore , in vista del rapporto di paren-

tela fra genitori e figli , che il riconoscimento della prole


naturale non fa che porre in chiaro e comprovare , appunto
perchè , come dicevamo dianzi , la legge che introduce
quella successione, del pari che la legge della successione
legittima dei figli legittimi , non può ritenersi che si fondi
sull'idea delle necessità della medesima per la sussistenza
e l'educazione dei figli , anzichè sulla naturale propensione
di ognuno a favorire la propria prole , e a beneficarla a
preferenza degli estranei . Che se questo è il fondamento di
tale successione , ne consegue che, come tutte le altre suc-
cessioni intestate, anch'essa debba essere regolata secondo
la legge vigente nel giorno dell'apertura della successione ,
e, generalmente , nel giorno della morte del de cujus , la qual
legge soltanto può dirsi interpretare il voto non espresso
del defunto .

Come già dicemmo , la giurisprudenza francese ha sempre


professato la dottrina suesposta . Non possiamo però tacere
che essa a parer nostro esagerò l'influenza retroattiva delle

nuove leggi intorno alla successione legittima dei figli na-


turali , ritenendo che insieme ad esse dovessero retroatti-
vamente applicarsi anche le leggi nuove intorno ai requi-
siti del riconoscimento , cosicchè non potessero , per es . ,

approfittare dei diritti di successione legittima loro accor-


dati dal C. N. quei figli naturali che non fossero stati ri-
conosciuti nei modi voluti da questo Codice (v. Chabot de
462 PARTE TERZA

446 l'Allier , 2 , pag . 117 ) . Quindi mentre fu ritenuto per suffi-


ciente un riconoscimento fatto anteriormente al C. N. nei

registri battesimali di un sacerdote cattolico ( v. sentenza


della Corte di cassaz . di Parigi del 14 floreale anno XIII) ( 1),
non fu ritenuto invece per sufficiente un riconoscimento
fatto anteriormente al C. N. dal padre durante il suo ma-
trimonio (v. art . 337 C. N. e sentenza della Corte di cas-
sazione di Parigi del 18 floreale anno XIII ) ( 2 ) , e neppure
un riconoscimento contenuto in una transazione occasio-

nata da un processo giudiziale , od anche anteriore ad un


processo giudiziale , ma che si poteva considerare cagionata
dal timore che il processo venisse iniziato a termini delle
leggi anteriori al C. N. , ritenendosi che in tutti questi casi
il riconoscimento mancasse di quella libertà che è voluta
dal C. N. (v . le seguenti sentenze : Corte di cassazione di
Parigi , 1 messidoro anno XIII ( 3 ) , Corte d'appello di
Amiens , 11 floreale anno XII (4) , Corte d'appello di Mont-
pellier, 9 floreale anno XII (5 ) , Corte di cassazione di

Parigi , 18 floreale anno XIII ( 6 ) , Corte d'appello di Brus-


selles , 20 luglio 1807 ( 7 ) , Corte di cassazione di Parigi ,
5 agosto 1807 ( 8 ) , Corte d'appello di Poitiers , 8 messidoro
anno XII ( 9 ) , Corte d'appello di Besançon del luglio
1810) ( 10 ) . Furono del pari tenuti insufficienti i ricono-
scimenti fatti anteriormente al C. N. , in una forma qua-
lunque, differente dal documento autentico voluto dall'ar-

ticolo 334 di questo Codice (v . le seguenti sentenze : Corte


di cassazione di Parigi , 3 settembre 1806 ( 11 ) , Corte
d'appello di Carcassonne , 28 gennaio 1806) ( 12) . In tal
maniera i riconoscimenti anteriori al Codice Napoleone,

(1) CHAB. DE L'ALL. , 2, p . 122. (7) CHAB. DE L'ALL., 2, p . 154.


(2) Ib. , p. 123. (8) lb. , p. 155.
(3) Ib., p. 141 . (9) lb., p. 157.
(4) Ib., p. 143. (10) Ib., p. 160.
(5) lb. (11 ) Ib., p. 194.
(6) lb. , p. 147. (12) Ib., p . 200.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 463

mancanti dei requisiti voluti da questo Codice , furono


tenuti idonei soltanto per sostenere diritti stipulati inter 447
vivos fra i genitori riconoscenti e la prole naturale , o per
fondare un diritto agli alimenti contro la successione dei
genitori (v . le seguenti sentenze : Corte d'appello di Be-
sançon , 4 marzo 1800 ( 1 ) , le già citate decisioni della

Corte di Amiens , 11 floreale anno XII , e della Corte di


cassazione di Parigi, 1 messidoro anno XIII , e quelle della

Corte d'appello di Montpellier , 28 gennaio 1806 (2) , e


della Corte d'appello di Parigi , 25 pratile anno XIII ) (3 ) .
Per verità tutte queste decisioni sembravano giustificate
dalla legge del 14 floreale anno XI (v . Vol . I di q . o . ,
pag. 63 , i . n .) , la quale rimetteva al Codice civile il rego-
lare lo stato e i diritti dei figli naturali , i cui genitori fos-
sero morti dopo la legge del brumale anno II , ma a noi
pare che troppo largamente sia stata interpretata la retro-
attività di quella legge , spingendola fino a non ammettere
uno stato personale, che secondo le leggi anteriori era
debitamente stabilito , o ad escludere affatto ogni ricerca
intorno al medesimo . Ad ogni modo , le riferite decisioni
non possono di certo suffragare l'opinione , che il principio ,
doversi la successione legittima dei figli naturali regolare
secondo la legge vigente alla morte del de cujus , si possa
intendere in senso contrario ai canoni fondamentali della
teoria della retroattività delle leggi , nel senso cioè che da
quella legge si debbano desumere non soltanto le imme-
diate condizioni del diritto di succedere, ma eziandio le
condizioni più remote, le quali , essendo state poste in
essere vigendo una legge anteriore, rimangono sempre re-
golate esclusivamente da questa legge .
Abbiamo detto sopra che dei diritti di successione legit-

(1) CHAB. DE L'ALL . , 2, p . 223 .


(2) lb. , p. 231 .
(3) lb.
464 PARTE TERZA

tima statuiti dalla legge vigente alla morte dei genitori


naturali possono i figli di questi profittare , in qualunque
448 tempo sia avvenuto il loro riconoscimento , e sotto qua-
lunque legge. Ed anche dicemmo non potersi , ove la legge
espressamente non lo comandi , esigere che il riconosci-
mento dei figli naturali sia avvenuto negli stessi modi e
alle stesse condizioni volute dalla legge vigente alla morte
dei loro genitori . Tutto ciò significa , in altri termini , che ,
qualunque sia stata la legge intorno alla successione dei

figli naturali , allorquando questi vennero riconosciuti , e


qualunque sia stata la legge sotto il cui impero il ricono-
scimento loro fu fatto ; avesse cioè la prima legge accordato
ai figli naturali diritti di successione ai genitori loro , mag-
giori o minori di quelli statuiti dalla legge vigente alla
morte di questi ultimi , od anche avesse la prima legge
escluso affatto i figli naturali dalla successione dei genitori ,
mentre la seconda ve li ammette , e fosse la legge , sotto cui
il riconoscimento accadde , più o meno rigorosa di quella
che in proposito vige alla morte dei genitori naturali , ciò
nondimeno la successione in discorso deve sempre ed

esclusivamente essere ammessa o no a termini della legge


vigente alla morte dei genitori , e nella quantità , e alle
condizioni da questa legge stabilite .
Codesto principio è certissimo e indiscutibile , sia perchè
in materia di successione legittima la legge da applicare è

sempre ed esclusivamente quella vigente nel giorno del-


l'apertura di essa , e , generalmente , nel giorno della morte

del de cujus , sia perchè ogni e qualunque stato personale ,


essendo intangibile quando e come venne posto in essere
a termini della legge vigente, deve per conseguenza servire
sempre di base all'acquisto di ogni e qualunque nuovo
diritto , attribuito alla persona per titolo del medesimo .
Diciamo posto in essere , cioè ammesso come certo e pro-
vato , imperocchè se , per es. , una legislazione , come per
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 465

appunto l'austriaca , attribuisca alla dichiarazione giudi-


ziale di paternità il solo effetto di far " presumere ,, non
di provare la figliazione naturale in confronto del padre , 449
non può certamente disapprovarsi una decisione come
quella della Cassazione di Torino , 5 febbraio 1880 ( 1 ) , la
quale dichiarò non potere la prole naturale , munita di una
dichiarazione giudiziale di tal genere , accampare in base a
questa i nuovi diritti successorii , attribuiti dal Codice civile
italiano ai figli naturali verso i genitori loro , provati tali,

e non soltanto presunti, in virtù di riconoscimento spon-


taneo o di sentenza giudiziale .

L'esposto principio è stato contestato in Italia soltanto


nello speciale caso di un riconoscimento giudiziale di prole
naturale , avvenuto in virtù della legge transitoria civile
del 1865 , a termini di una legislazione anteriore abolita ,
la quale ammetteva bensì la dichiarazione giudiziale della
paternità naturale, ma in pari tempo non attribuiva alla
prole naturale nessun diritto di successione ai genitori .
Parve cioè a molti sulle prime , e a noi pure nella prima
edizione di quest'opera , che il valersi in tal guisa di una
legge per porre in essere il rapporto di figliazione naturale ,
e di un'altra per attribuire i diritti di successione , mentre
la prima legge ammette la dichiarazione giudiziale della
paternità naturale e nega i diritti di successione della prole
naturale ai genitori , e l'altra ammette questa seconda cosa,
e nega la prima , fosse un sottoporre il medesimo caso a
due leggi differenti , e un interpretare l'una legge e l'altra
in modo contrario al loro intendimento . E per tal motivo
fu da parecchi giudicati negato ai figli naturali , ricono-
sciuti giudizialmente vigendo il Codice civile italiano , a
termini di legislazioni anteriori , e in virtù dell'art . 7 delle
Disposizioni transitorie civili del 1865 , il diritto di succe-
dere ai genitori in tal guisa dichiarati , a termini del Codice
(1) V. Vol. II di q. o . , p . 253.
GABBA - Retr. leggi, III. 30
466 PARTE TERZA

civile italiano , e in contraddizione a quelle anteriori legis-


lazioni. Veggansi , per es . , i seguenti giudicati : Cassazione
450 di Torino , 16 luglio 1874 ( 1 ) , 9 dicembre 1879 ( 2 ) , 5 feb-
braio 1880 (3 ) , Cassazione di Firenze, 17 maggio 1875 (4),
Corte d'appello di Milano , 6 giugno 1879 ( 5 ) . Ma , ben ri-
flettendo , quel dubbio non sussiste e quella argomentazione
non regge. Imperocchè, quantunque il medesimo giudice
applichi alle medesime persone due leggi differenti , cioè
la legge antica per la dichiarazione della paternità , e la
legge nuova per la dichiarazione del diritto di succedere,
non vi ha tuttavia nessuna relazione fra le due applica-
zioni , non presiede cioè ad entrambe un solo e medesimo
proposito . Il giudice applica la legge anteriore in virtù di
una disposizione di diritto transitorio , e , per conseguenza,
la decisione in tal guisa emanata circa la paternità , anzichè
venire immediatamente collegata con quella successiva
intorno alla successione , deve logicamente essere collocata
a fianco delle consimili decisioni emanate in base alla

legislazione anteriore , quando questa era in vigore . Se ora


non può dubitarsi che il figlio naturale dichiarato giudi-
zialmente tale vigendo una legislazione anteriore al Codice
civile italiano , che divieta la ricerca della paternità , possa
fruire dei diritti di successione legittima al padre , statuiti
da questo Codice, neppure può essere dubbio che questo
diritto spetti al figlio naturale dichiarato giudizialmente
bensì vigendo il Codice civile italiano , ma in virtù di una
legislazione anteriore , poichè giuridicamente non vi ha
nessuna differenza fra l'una dichiarazione e l'altra. Nè si

(1) G. 1., xxvi, 1 , 595.


(2) A. G. , XIV, 1 , 207.
(3) G. 1. , XXXII , 1 , 1070.
(4) A. G. , IX , 1 , 297.
(5) M. T. , 1879 , 616. La stessa opinione sostenne l'avv. SALMON in un
opuscolo : Sui diritti di figli nati o concepiti sotto l'impero del Codice
austriaco in relazione colle disposizioni transitorie italiane, ecc .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 467

può dire maggiormente nella seconda ipotesi che nella


prima, in via di obbiezione , che in tal guisa applichinsi al
medesimo caso due leggi differenti ; imperocchè propria-
mente le due diverse leggi applicansi al medesimo indi- 451
viduo in due momenti diversi della vita giuridica , e la

distinzione di questi due momenti fa sì che la mancata


applicazione della legge anteriore nella parte relativa alla
dichiarazione giudiziale di paternità , sia la giusta ed esatta
determinazione dei confini di tempo dell'autorità di cia-
scuna di queste due leggi. La dottrina della retroattività
delle leggi è tutta quanta una continua determinazione di
tali confini fra leggi antiche e nuove, e una corrispondente
combinazione di queste leggi in dati e medesimi casi de-
sunti da tutte le parti della giurisprudenza . Per tali motivi
prevalse di poi nella giurisprudenza italiana la dottrina
opposta a quella dianzi riportata . Veggansi , per esempio , i
seguenti giudicati : Cassazione di Roma , 5 gennaio 1878 ( 1 ) ,
18 dicembre 1883 ( 2) , Cassazione di Firenze , 26 ottobre
1880 (3), Cassazione di Torino , 20 luglio 1881 (4) , Corte
di Milano , 3 febbraio 1879 ( 5 ) , Corte di Parma , 30 aprile
1880 (6 ) , Corte di Lucca, 1 ° aprile 1880 ( 7 ) , Corte di Mo-
dena, 22 novembre 1880 ( 8 ) .
La successione legittima fra l'adottante e l'adottato par-
rebbe sulle prime che non dovesse essere regolata secondo
la legge vigente alla morte dell'adottante o del figlio adot-
tivo , ma piuttosto secondo la legge vigente nel giorno in
cui l'adozione venne posta in essere , essendo questa un

(1) A. G. , IX , 1 , 126 .
(2) G. 1., xxxvi , 1 , 229.
(3) Ib., 1880, 1, 1094.
(4) M. T., 1881 , 991.
(5) A. G. , XIII, 3, 203.
(6) Ib., xiv, 3, 185.
(7) 1b., 3, 310.
(8) Ib., xv, 3, 6.
468 PARTE TERZA

contratto , e parendo che quella successione debbasi con-


siderare conseguenza di tal contratto . Ma , come noi ab-
452 biamo già osservato nella Parte Generale di quest'opera
(v . Vol. I , p . 307) , non sono vere e proprie conseguenze
di diritti quesiti i diritti di successione accordati dalla
legge in vista di un rapporto personale , comunque posto

in essere , fra l'erede e il defunto . Sono questi diritti esi-


stenti di per sè , e da giudicarsi secondo la legge vigente
nel giorno della morte del de cujus . Questo principio venne
da noi già applicato alla successione legale dei coniugi , ed
ora deve per le stesse ragioni e nello stesso modo venire
applicato alla successione legale fra adottante e adottato ,
dicendosi che questa successione è attribuita dalla legge
all'adottante e all'adottato reciprocamente, non tanto in
vista del contratto di adozione che essi posero in essere

fra di loro, quanto , e più propriamente , in vista del rapporto


di parentela civile che per effetto di quel contratto , e da
questo in poi, fra loro intercede e irrevocabilmente sussiste ,
epperò quella successione deve essere regolata dalla legge
vigente alla morte dell'uno o dell'altro . Così pensa anche
il Bergmann (p . 44) , e in virtù dello stesso principio l'ar-
ticolo 4 della legge transitoria francese intorno all'ado-
zione , del 25 germinale anno XI ( v . Vol . I di q . o . , p . 63,
i . n .) dispone che nelle adozioni anteriori al Codice civile
i diritti successorii dei figli adottivi debbansi desumere da
questo Codice , ove manchino atti autentici , nei quali l'adot-
tante abbia determinato ciò che intendeva lasciare all'adot-

tato . L'adozione , ammessa per la prima volta dalla legge


18 gennaio 1792 , non era sino alla legge 25 germinale
anno XI stata regolata nei suoi giuridici effetti .
Quali beni siano o non siano compresi nella successione
legittima, e propriamente quali beni spettino per questo
titolo alle differenti categorie di eredi , è pure un punto che

vuol essere deciso conformemente al principio fondamen-


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 469

tale transitorio di questa specie di successione , cioè colla


legge vigente alla morte del de cujus . Poichè la legge di-
stribuisce la successione di una persona che non fece testa- 453
mento , è anche nel potere di lei il comprendere certi beni
oil non comprenderli nella successione medesima. Se colla

legge vigente alla morte del testatore si deve decidere quali


beni possano formare oggetto del testamento (v. sopra
p. 296 ) , a più forte ragione l'analogo principio deve valere
rispetto alla successione legittima , nella quale pure, prima
della morte del de cujus , ci sono mere aspettative di per-
sone terze. Del resto codesto punto merita appena di essere
considerato a parte nello stato attuale delle legislazioni
civili , essendo oggidì quasi dappertutto cessata ogni distin-
zione fra beni e beni in ordine alla personale capacità di
acquistarli , sia per titolo di successione legittima , sia per
qualunque altro titolo .
E come la determinazione del successore legittimo , e dei
beni da cui questa successione può cadere , così pure la
quota ereditaria, la parte e la quantità dei beni spettanti
ai singoli successori , siano necessari , siano semplicemente
legittimi , è determinata dalla legge vigente alla morte del
de cujus . Con questa legge in particolare è a decidersi in
qual misura le femmine siano ammesse a concorrere coi

maschi nella successione ai parenti comuni ; quale sia la


misura del diritto di successione dei figli naturali concor-
renti coi legittimi , o con altri parenti del de cujus , dei pa-
renti collaterali concorrenti con quelli in linea retta , degli
ascendenti concorrenti coi discendenti , dei fratelli unila-
terali concorrenti coi germani , e simili .
470 PARTE TERZA

454 CAPITOLO XXIII.

Continuazione.

Effetti della successione legittima sugli atti inter vivos del defunto.
Della riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-
tuali in particolare.

La successione legittima , onde essere fatta valere , esige


talvolta che si tenga conto di certe disposizioni inter vivos
del de cujus, cadenti sui medesimi suoi oggetti . Taluni di
questi effetti la successione legittima ha comuni con altre
successioni ereditarie , epperò noi ne terremo conto in altro
capitolo ; taluni invece sono propri di essa , e fra questi
principalissima è la riduzione delle istituzioni contrattuali .
È un effetto codesto spettante propriamente a quella specie
di successione legittima , che si chiama successione ne-
cessaria .

Abbiamo già detto precedentemente (v. sopra , p . 469 )


che l'ammontare della porzione legittima devesi stabilire

conformemente alla legge vigente alla morte del de cujus.


È pur questa la legge secondo cui si devono decidere le

quistioni transitorie circa le persone a cui il diritto di le-


gittima spetta , circa il doversi o no considerare la legittima
come porzione ereditaria, circa i modi d'esazione della

medesima, su tutti i quali punti differiscono talune legis-


lazioni antiche dalle moderne (conf. Chabot de l'Allier , 3,
pp . 55-64 , e Mailher de Chassat , 2 , pp . 122-123 ) . Quanto
al modo di pagamento della legittima noi dividiamo l'opi-
nione di Chabot de l'Allier ( 2 , pp . 394-395 ) , confermata
anche dalla Corte di cassazione di Parigi con sentenza
1° fruttidoro anno IX ( 1 ) , circa la peculiare questione se
un legittimario , ridotto alla sola legittima , e il quale abbia
( 1 ) CH. DE L'ALL ., 2, p . 203.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 471

avuto dal de cujus un legato di danaro inferiore a quella 455


porzione , possa pretendere il supplemento in beni eredi-
tari , o non possa pretenderlo che in danaro . Su questo
punto erano divergenti le opinioni dei giureconsulti fran-
cesi anteriori alla rivoluzione (v . ib . , pagg . 389-392) , ma

la legge 18 piovoso anno V, a cui appunto si riferisce la


citata sentenza di Cassazione , e poi il C. N. , adottarono
la prima di quelle due opinioni , e giustamente a parer
nostro la nuova legge su tale argomento venne applicata
dalla Cassazione anche a testamenti anteriormente fatti.

Così opina anche il citato scrittore . Or si domanda se la


legge vigente alla morte del de cujus debba pur sola rego-
lare la riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-

tuali inofficiose , cioè lesive del diritto dei legittimari .


La riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-

tuali è provvedimento indispensabile nell'interesse dei


successori necessari. Si comprende di leggieri che vana
ed illusoria diventerebbe la istituzione della porzione legit-

tima, se con una donazione inter vivos , o con un patto suc-


cessorio, fosse lecito scemare anticipatamente il patrimonio
di una quantità di beni superiore a quella porzione . L'ob-
bligo di lasciare a certi parenti una data parte dei propri
averi esiste in ogni istante di tempo anteriore alla morte ,
è inerente al fatto stesso dell'avere un patrimonio , epperò

qualunque gratuita e , per sè medesima , irrevocabile dispo-


sizione che intorno a questo si intraprenda, sia inter vivos ,
sia mortis causa, è necessariamente vincolata alla condi-

zione di non oltrepassare i limiti imposti alle disposizioni


mortis causa , revocabile e risolubile in quanto questi limiti
vengano sorpassati . Ciò significa in concreto che , se con
una donazione o con una istituzione convenzionale è stata

sorpassata la parte disponibile del patrimonio esistente nel


giorno in cui uno di quegli atti venne posto in essere , il
disponente, che vuole tenuta ferma quella sua volontà,
472 PARTE TERZA

deve adoperarsi onde lasciare , alla sua morte , un patri-


456 monio tanto maggiore dell'antico , di quanto la parte di-
sponibile venne allora sorpassata ; nel caso contrario deve
il disponente adoperarsi onde non lasciare un patrimonio
tanto minore del primiero che si trovi intaccata la porzione
legittima originariamente non intaccata. Conseguentemente
alla morte del donante o dell'istituente si constata se una
donazione inter vivos od una istituzione contrattuale sia o

no inofficiosa, riunendo fittiziamente l'importo di quelle


disposizioni con quello dell'eredità , e calcolando sulla to-

talità l'ammontare della porzione legittima . Che se con tal


calcolo l'inofficiosità della donazione o della istituzione

contrattuale rimane constatata , converrà poi ridurre , cioè


rivocare la donazione o l'istituzione nella misura medesima

del suo eccesso oltre la porzione disponibile.


Facile è l'applicazione dell'istituto in discorso , se , come
supponemmo appunto dianzi , la legge , da cui è regolata la
porzione legittima , esisteva fin dal giorno in cui la dona-
zione inter vivos o la istituzione contrattuale venne posta
in essere, ma non è invece così piana , se a) la legge costi-
tutiva di una porzione legittima venne per la prima volta
introdotta posteriormente alla donazione o alla istituzione
contrattuale, oppure se b) la legge che statuiva la porzione
legittima al tempo dell'uno o dell ' altro di questi atti , tro-
vasi surrogata alla morte del de cujus da un'altra legge ,
che statuisce una porzione legittima maggiore o minore
della precedente . Sorgono qui due quistioni transitorie,
affini tra loro , e delle quali la seconda , più complessa , ha
fornito occasione a studi e discussioni molteplici nella
moderna giurisprudenza . Per verità ci fa meraviglia che la
prima quistione sia passata inosservata a parecchi trattatisti ;
noi crediamo che lo studiarla non solo sia scientificamente
necessario, ma prepari anche opportunamente allo studio

della questione più comunemente trattata .


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 473

La prima delle due accennate quistioni transitorie può


sorgere praticamente , o perchè la istituzione della porzione
legittima sia stata per la prima volta introdotta , oppure , e 457
più facilmente , perchè venga assegnata una porzione le-
gittima a parenti di un certo grado , i quali prima non ave-
vano questo diritto . Così , per es . , la legge francese del
17 nevoso, anno II , assicurava ai collaterali , a titolo di

legittima , cinque sesti del patrimonio , quando non vi fos-


sero eredi diretti ascendenti o discendenti ; legge codesta ,
discorde appieno dalle consuetudini e tradizioni giuridiche
anteriori, e che venne poi modificata da quella del 4 ger-
minale, anno VIII (art. 3 ) , la quale assegnò ai fratelli ed
alle sorelle e loro discendenti una porzione legittima del
quarto , e finalmente venne abolita dal C. N. , il quale ac-
corda la legittima ai soli discendenti ed ascendenti . Così

pure il C. N. attribuisce diritto di porzione legittima agli


ascendenti , i quali non lo avevano secondo parecchie con-
suetudini francesi. E parimente le moderne leggi ammet-
tono alla successione intestata , e quindi anche forniscono
del diritto di legittima , discendenti che per la loro perso-
nale condizione secondo le leggi anteriori ne sarebbero
stati incapaci , come i religiosi e le religiose professe , e le
figlie maritate e dotate, che si presumevano avere rinun-
ciato , o che di fatto avevano rinunciato alla paterna suc-
cessione . Veggansi fra le altre leggi circa la successione
dei religiosi e delle religiose professe , il Decreto francese
del 5 brumale , anno II (art . 4) , e la legge francese del
17 nevoso, anno II (art . 3), e circa la successione delle

figlie maritate e dotate la legge 8 piovoso , anno V, concer-


nente tanto le rinunzie presunte o supererogatorie (art. 9) ,
quanto le rinunzie espresse ( art. 10 , cf. Chab . de l'All . , 3 ,
pagg. 134-136 ) , e la legge transitoria civile italiana del

1865 (art. 22) . Or si domanda se in tutti questi e nei con-


simili esempi di prima istituzione di una porzione legittima ,
474 PARTE TERZA

la nuova legge si possa applicare , per via di riduzione ,


soltanto a donazioni e istituzioni contrattuali poste in

essere dopo l'attuazione della nuova legge , od anche lo si


possa a donazioni e istituzioni contrattuali anteriori .
458 Chabot de l'Allier ( § 3 , pp . 131-142) Kalindero ( p . 109) ,
Demolombe (n . 51 ) , Grandmanche de Beaulieu (pag. 74 )
tengono la prima opinione ; lo Chabot de l'Allier special-
mente rispetto alla nuova introduzione della legittima a
favore degli ascendenti , dei religiosi , e delle figlie rinun-
zianti . Lo stesso avviso tenne la Corte d'appello di Torino
in due sentenze dello stesso giorno 15 marzo 1806 , e poi
la Corte di cassazione di Parigi nella sentenza del 15 di-
cembre 1807 , delle quali tre sentenze ci accadrà di ripar-
lare più sotto , la Corte d'appello di Grenoble in una sen-
tenza del 27 gennaio 1809 ( 1 ) concernente , al pari delle
tre precedenti , le figlie rinunzianti alla successione paterna ,
e la Corte d'appello di Parigi in una sentenza del 26 agosto
1835 ( 2) , concernente i diritti dei figli adottivi in con-
fronto di un coniuge , il cui patto nuziale successorio era
stato posto in essere anteriormente alla prima introduzione
dell'adozione in Francia . Nel Diritto Romano noi non tro-

viamo nessuna esplicita disposizione su questo tema, ma


quando riflettiamo che nella L. 1 pr. , D. ad leg. falc. la
quarta falcidia , introdotta per la prima volta , è detta ap-
plicabile ai testamenti futuri , non anche ai già fatti ,
benchè non ancora aperti , dobbiamo ritenere più confa-
cente allo spirito del romano diritto il non applicare la ri-
duzione alle donazioni ed alle istituzioni contrattuali ante-

riori alla prima introduzione della falcidia o della porzione


legittima in generale , essendo da un lato più degne di ri-
guardo così fatte disposizioni , irrevocabili di loro natura ,
mentre il testamento è essenzialmente revocabile , e dal-

(1) R. G., 11 , 2, 222; C. N., 3, 2, 13.


(2) R. G., 36, 2, 472 ; J. P. , 37 , 2, 168.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 475

l'altro lato essendo soverchio , e non giustificato dai prin-


cipii della giurisprudenza transitoria , come bene osserva il
Savigny (p . 471 ) , il riguardo usato ai testamenti anteriori

alla istituzione della quarta falcidia .


Anche noi riteniamo che più savia opinione nella qui-
stione in discorso sia quella della non applicabilità della 459
legge nuova. Invero l'opinione contraria spoglierebbe il
donatario e il successore contrattuale del loro diritto per-
fettamente quesito , non solo per una circostanza non con-
templata dalla legge vigente al tempo della donazione , nè
da essi quindi prevedibile in quel tempo , ma , più ancora ,
contraddicendo alla stessa legge, sotto il cui impero la do-
nazione venne posta in essere. La legge che introduce per
la prima volta la riduzione delle donazioni inofficiose , sta-
tuisce un nuovo criterio circa la efficacia della donazione ,

epperò , applicata retroattivamente alle donazioni anteriori ,


sovvertirebbe veramente queste donazioni nella stessa loro
base, cioè distruggerebbe in tutto o in parte il diritto che
il donatario aveva acquistato conformemente alla legge
antica circa la disponibilità dei beni inter vivos e mortis
causa .

La seconda quistione transitoria , più frequentemente


trattata dai giureconsulti , si riassume , generalmente par-
lando , nel ricercare se per il fatto che già la legge , sotto
il cui impero una donazione od una istituzione contrat-
tuale venne posta in essere, ne ammetteva la riduzione
per titolo d'inofficiosità , il donatario debba considerare il
proprio diritto come in balìa del legislatore sotto a quel
rispetto fino alla morte del donante , oppure se per il fatto
che la detta legge assegnava certe proporzioni alla ridu-
zione della donazione o della istituzione contrattuale , il

donatario abbia acquistato il diritto di non sottostare a


riduzione in proporzioni maggiori in virtù di una legge
posteriore . Tutti convengono che la quistione debba essere
476 PARTE TERZA

posta così, e non distinguono fra la riducibilità delle dona-

zioni inter vivos , e quella delle istituzioni contrattuali . E


per verità , perfetto e irrevocabile del pari è il vincolo giu-
ridico nascente dalla istituzione contrattuale e dalla dona-

zione ; come noi abbiamo già avvertito sopra (pag. 254) ,


il successore convenzionale ha acquistato per la conven-
zione un perfetto diritto di succedere , di cui soltanto
460 l'effettuazione è differita alla morte del promittente , e,

come osserva benissimo il Chabot de l'Allier (3 , pag. 120)


col Grenier, la sola essenziale differenza fra il diritto acqui-
stato dal successore convenzionale e quello acquistato dal
donatario , consiste in ciò , che l'uno ha per oggetto la pro-

prietà delle cose donate, mentre l'altro ha per oggetto il


diritto di succedere . Più volte la giurisprudenza riconobbe
tale perfezione d'acquisto nella successione convenzionale ;
vedansi fra le altre le seguenti sentenze : Corte d'appello
di Tolosa , 18 maggio 1832 ( 1 ) , Corte di cassazione di
Parigi , 12 frimale, anno III ( 2 ) , 21 floreale , anno X (3) ,
Corte d'appello di Limoges , 26 giugno 1822 ( 4) , Corte
d'appello di Pau, 28 agosto 1824 ( 5 ) . Anche la legge fran-
cese 8 aprile 1791 , dopo avere abrogato ( art . 1 ) le antiche
esclusioni delle figlie dalla successione intestata , dichiarò
(art. 4) che questa abolizione non si estendeva alle ante-
riori istituzioni contrattuali , regolarmente poste in essere

( v. Chab . de l'All . , 3 , p . 94 ) , riconoscendo in queste l'ac-


.quisto perfetto di un diritto , che da una legge posteriore
non poteva essere manomesso .

Il pro e il contro nella importante quistione di cui ragio-


niamo , è stato completamente e chiaramente esposto da
Chabot de l'Allier ( 3 , pp . 71-125 ) , da Mailher de Chassat

(1) R. G., 32, 2, 518 ; D. , P., 32, 2, 199.


(2) C. N. , 1 , 1 , 39.
(3) CH. DE L'ALL., 3 , p . 67..
(4) R. G. , 22, 2, 276 ; C. N. , 7, 2, 90.
(5) R. G., 25, 4, 382 ; C. N., 7 , 2, 434.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 477

( 1 , pp . 348-368 ) , e da Romagnosi (1. c . , Vol . I , p . 20) , il


quale ultimo adoperò in tale esposizione tutto l'acume e
tutta la lucidezza della sua intelligenza , ma si astenne dal
manifestare la propria opinione ( ib . , p . 351 ) .

Le ragioni principali di coloro che vorrebbero applicata


alla riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-

tuali la legge vigente alla morte del donante o del promit-


tente l'eredità , benchè più restrittiva di quella sotto il cui 461
impero il contratto è stato posto in essere , sono le seguenti :
La legge successoria vigente al tempo della donazione non
può essere opposta ai legittimari , cui la legge vigente alla
morte del de cujus attribuisca una quota maggiore , perchè
il contratto di donazione non riguarda che i contraenti e
non i legittimari , pei quali quel contratto è una res inter
-
alios acta. Il diritto dei legittimari è un diritto di suc-
cessione, e come tale non può essere regolato che dalla
legge vigente alla morte del de cujus ; la donazione fatta
da questo , lungi dal poter ostare all'applicazione di quella
legge a favore dei legittimari , vi sottostà essa pure , in
---
quanto la si deve conciliare col diritto dei legittimari .
In virtù appunto di questa necessaria conciliazione del
diritto del donatario con quello dei legittimari , concilia-
zione che non può farsi debitamente che alla morte del
donante, il diritto del donatario è necessariamente un di-
ritto incerto ed eventuale fino a quel momento , per ciò
che riguarda il suo oggetto . Che se , aggiungono , la
legge vigente alla morte del donante , può , come lo avver-
tono parecchi fra gli avversari , coll'aumentare la porzione
disponibile diminuire l'obbligo del donatario verso il legit-
timario , ragion vuole che la stessa legge possa produrre

anche l'effetto opposto . Pretendere il contrario è un affer-


mare il diritto quesito del donatario non tanto verso il le-
gittimario, quanto verso lo stesso legislatore , al quale si
vorrebbe impedire di regolare diversamente con nuove
478 PARTE TERZA

leggi la successione necessaria. ---- Vien poi rafforzata la


tesi in discorso di fronte alla legislazione francese, osser-
vando che, mentre il diritto dei successori necessari alla

legittima è un diritto naturale , anteriore persino alla na-


scita dei figli , secondo quella legislazione invece la dona-
zione è un contratto del mero diritto civile , cioè dipendente
in tutto dall'autorità del legistatore , alla pari del diritto
di testare , e si adducono in prova parecchie dichiarazioni
462 di compilatori e di commentatori del Codice Napoleone
(v. Romagnosi , pagg . 326-333 ) , l'art . 25 di questo Codice,
che toglie ai morti civilmente la facoltà di ricevere e di
trasmettere per titolo di donazione tra vivi , la trattazione
promiscua che in quel Codice si fa delle donazioni e dei
testamenti , e la stessa istituzione della riduzione delle do-
nazioni , la quale affermano provare la prevalenza che agli

occhi del legislatore ha la legittima sulla donazione (ib. ,


pagg . 335 e 336). -Anche nel Diritto Romano si cerca

una conferma della tesi in discorso , e precisamente nella


Nov. 92 , Cap. 1 (v. Romagnosi , ib . , pagg . 296-302 ) .
Quanto all'istituzione contrattuale in particolare , argomen-
tano gli stessi giureconsulti dalla circostanza che , a diffe-
renza dalla donazione , questo contratto ha per iscopo di
fare un erede, e di attribuirgli alla morte dell'istituente il
possesso legale dei suoi beni . Ora , essi dicono , i diritti del-
l'erede non si possono determinare che alla morte del de

cujus, e secondo la legge vigente a quest'epoca , epperò


anche l'inofficiosità della istituzione contrattuale non può
con altra legge essere determinata .
I fautori della tesi contraria, che cioè la riduzione delle
donazioni e delle istituzioni contrattuali și debba fare se-
condo la legge vigente all'epoca in cui la donazione fu
posta in essere , argomentano anzitutto dal carattere con-
trattuale della donazione e della istituzione convenzionale.

In virtù di questi contratti , essi dicono , il diritto dell'ac-


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 479

cettante è immediatamente e irrevocabilmente acquistato ,


epperò deve essere regolato esclusivamente dalla legge vi-

gente nel giorno della perfezione del contratto , in tutte le


sue conseguenze , compresa la riduzione del titolo d'inoffi-

ciosità, o , per dir meglio, non può essere sottoposto per


quel titolo ad una riduzione maggiore di quella voluta dal-
l'anzidetta legge . Altrimenti quel diritto verrebbe ad essere
in parte rivocato per effetto retroattivo della legge nuova ,
in quella parte cioè che rappresentasse l'eccedenza della
nuova legittima sull'antica . Vero è che la legittima è una
porzione dell'eredità , e precisamente quella porzione della 463
quale non si può disporre nè inter vivos , nè mortis causa ,
ma appunto perciò , di fronte a disposizioni inter vivos irre-
vocabili, che indirettamente la concernono , essa non può
venir determinata che dalla legge allora vigente , impe-

rocchè nessuna legge , la quale dichiara indisponibili , per


qualunque titolo , certi beni , può vincolare altre persone
fuorchè coloro i quali tali beni possiedono allorquando
essa viene posta in vigore . È impossibile il dimostrare
che il diritto dell'acquirente per titolo di donazione o di
istituzione contrattuale debba essere eventuale ed incerto
nel suo oggetto , per motivo della necessaria sua concilia-
zione col diritto dei legittimari alla morte del trasmittente ,
imperocchè a tesi siffatta osta il principio che qualunque
contratto , dal momento in cui è stato posto in essere , è
retto da una legge ben determinata , che è la stessa legge
vigente in quel momento . Lungi dall'essere quel diritto
incerto ed eventuale nel suo oggetto , come gli avversari
pretendono , devesi invece ritenere , in virtù dei principii
fondamentali del gius transitorio contrattuale , che dal
giorno in cui la donazione e la istituzione contrattuale
vennero perfezionate , lo stipulante ha acquisito un diritto
certo e inviolabile a quella parte del patrimonio del pro-

mittente , che la legge vigente in quel giorno dichiarava


480 PARTE TERZA

disponibile , e soltanto rispetto all'altra parte ha un diritto


incerto ed eventuale fino alla morte del promittente , nel
senso che allora soltanto si potrà decidere se sia o non sia
necessaria la riduzione della donazione o della istituzione

eventuale, perche vi siano veramente eredi necessari , e la


legge allora vigente non statuisca per avventura una por-
zione legittima minore . — L'azione della legittima sulla
donazione è regolata e consumata prima della morte del
donante e collo stesso atto della donazione ; soltanto la
concreta applicazione di tal regola , cioè la reale esazione
della legittima , mediante parziale riduzione della dona-
464 zione, è una eventualità che rimane indecisa fino alla

morte del donante . Non si può affermare che la donazione


racchiuda la condizione del possibile futuro aumento della
porzione legittima , e quindi della riduzione , se non quando
la legge stessa sotto il cui impero la donazione venne posta
in essere , tale condizione esplicitamente stabilisca . -

Rispetto alla istituzione contrattuale in particolare , osserva


il Chabot de l'Allier (3 , p . 114 e segg. ) che questa con-
venzione contiene di sua natura tre condizioni : a) che
l'istituente conservi il diritto di alienare i beni promessi ,

a titolo oneroso e senza frode ; b) che l'istituito debba pa-


gare i debiti dell'istituente , anche posteriori alla istitu-
zione ; c) che l'istituito debba prestare la legittima dovuta
a certi eredi dell'istituente . Tutte queste condizioni attri-
buiscono al diritto dell'acquirente una certa eventualità
rispetto al suo oggetto ; tutte quindi devono essere regolate
dalla legge vigente nel giorno in cui l'istituzione venne
perfezionata . Or bene , mentre a nessuno può cadere in
mente che una legge nuova, la quale accordasse all'isti-
tuito contrattualmente il diritto di revocare le alienazioni

a titolo oneroso , fatte in buona fede dall'istituente dopo la


istituzione , oppure esentasse l'istituito dall'obbligo di pa-
gare i debiti dell'istituente , si potesse senza ingiustizia
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 481

applicare alle istituzioni contrattuali già poste in essere ,


chi vorrà mai ammettere che una legge nuova , la quale

regoli differentemente dall'antica la materia della legittima ,


sia applicabile senza ingiustizia alle istituzioni contrattuali
anteriori , in modo di diminuire il diritto dell'istituito ?

Viene poi anche rafforzata la tesi in discorso di fronte alla


legge positiva , osservando che nel C. N. l'art . 922 , che
regola il modo di fare la riduzione delle donazioni , fa se-
guito ai precedenti articoli dal 913 in poi , i quali tutti
sono concepiti in tempo futuro , e quindi esso pure vuolsi
intendere applicabile soltanto in avvenire (v . Ch . de
l'All. , pp . 86-87 ) .

Tali sono le dottrine professate circa la seconda delle


quistioni transitorie distinte sopra . Ora è d'uopo avvertire
che la seconda quistione , nella generale enunciazione da 465
noi datane, comprende alla sua volta due ipotesi distinte :
la prima, che la nuova legge intorno alla legittima e alla
riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrattuali
differisca dall'antica in quanto accresca la legittima e la
proporzione della riduzione , e l'altra, opposta alla prece-
dente , che cioè la legittima sia minore , e quindi anche la
riduzione in discorso in proporzioni minori nella legge
nuova che nell'antica . Le due ipotesi non vengono distinte

da coloro che in generale opinano doversi la riduzione


delle donazioni e delle istituzioni contrattuali regolare
secondo la legge vigente alla morte del donante o dell'isti-
tuente , ma le distinguono invece gli avversari di tale dot-
trina . Costoro sono concordi nell'affermare che la riduzione
delle donazioni e istituzioni contrattuali si deve regolare

secondo la legge vigente al tempo in cui questi atti furono


posti in essere , ove la legge vigente alla morte del donante
o dell'istituente aumenti la legittima e la proporzione della
riduzione , e a questa ipotesi appunto si riferiscono le loro
ragioni da noi sopra riferite ; ma nell'ipotesi contraria non
GABBA - Retr. leggi, III. 31
482 PARTE TERZA

trovansi più d'accordo . Gli uni opinano che anche in questa


ipotesi debbasi applicare di preferenza la legge sotto il cui
impero la donazione o l'istituzione contrattuale venne
posta in essere ; epperò che i legittimari , i quali potrebbero
domandare la riduzione in virtù di quella legge, siano am-
messi a domandarla benchè la legge nuova non lo con-

senta ; gli altri pensano il contrario . I primi argomentano


principalmente dalla unicità della legge che deve governare
le donazioni e le istituzioni contrattuali ; i secondi argo-

mentano dalla impossibilità di dare un fondamento giuri-


dico , nella ipotesi in discorso , alla pretesa dei legittimari
di fare la riduzione a termine della legge antica, non po-

tendo i medesimi addurre nè un diritto quesito in forza


della donazione o della istituzione contrattuale , nè un di-
ritto attribuito loro dalla legge vigente alla morte del
donante o dell'istituente .
466 Ammettono la riduzione delle donazioni e delle istituzioni

contrattuali secondo una legge posteriore , vigente alla


morte del donante od istituente , la quale aumenti la por-
zione legittima , Levasseur (ap . M. de Chass . , 1 , p . 339) ,
Weber (p . 99) , Christiansen (p . 131 ) e in questo senso
ebbe pure a pronunciarsi il Tribunale di prima istanza
della Senna in una decisione riferita senza data da Chabot

de l'Allier ( 3 , p . 73 ) , che venne poi rivocata da una sen-


tenza della Corte d'appello di Parigi del 27 maggio 1807,
che noi avremo ancora in seguito occasione di citare. Il
Romagnosi ( p . 34) cita a questo proposito anche una deci-
sione della Corte di cassazione di Parigi , 22 agosto 1810 ( 1 ),
ma, con tutto il rispetto dovuto a tanto illustre giurecon-
sulto , la citazione non ci pare appropriata , poichè la Corte
applicò retroattivamente una legge (4 germinale , anno VIII)
che aveva scemata e non aumentata la porzione legittima
stabilita da una legge anteriore ( 17 nevoso , anno II) .

(1) R. G., x, 1 , 371-372.


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 483

La quasi totalità dei giureconsulti , e una costante giu-


risprudenza , sono invece d'avviso che le donazioni e le

istituzioni contrattuali non si possano ridurre a termini di


una legge vigente alla morte del donante o dell'istituente ,
la quale statuisca una porzione legittima maggiore di quella
statuita dalla legge vigente quando quegli atti vennero posti
in essere . Ricordiamo qui , fra gli altri Meyer (p . 76 ) ,
Chabot de l'Allier ( 1 , p . 183 e 3 , p . 71 , e 114-133 ) , Grenier
(Tr. des donat. , 2 , n . 441 e segg . ) , Merlin ( p . 268 ) , Prou-
dhon (Tit. prelimin . , Cap . IV , sez. 3ª , n . 4) , Vallette (sur
Proudhon , l . c .) , Duvergier ( sur Toullier, Tit. prelim . , nu-
mero 21 ) , Duranton ( n . 57 ) , Demolombe ( n . 51 ) , Dalloz
(n . 295 ) , Mailher de Chassat ( 1 , pp . 348-368 ) , Kalindero
(pp. 108-111 ) , Grandmanche de Beaulieu ( p . 73 ) , Marcadé
(nn. 48 , 50) , Pinto ( n . 57 ) , Tonso (pp . 138 , 256 ) , Bianchi 467
(p. 126 ) , Theodosiades (p . 190) . Anche le legislazioni po-
sitive hanno generalmente sancito la stessa opinione. Per
es. la legge francese del 1731 sulle donazioni (v. Ch . de
l'All . , 3 , p . 94 ) statuì doversi le antiche donazioni eseguire
secondo le leggi vigenti al tempo in cui vennero poste in
essere , e la legge francese 8 aprile 1791 (ib . ) intorno alla
successione delle figlie statuì non doversi le nuove dispo-

sizioni applicare alle istituzioni contrattuali anteriori . Lo


stesso principio trovasi nella Ordinanza transitoria prus-
siana 9 settembre 1814 (§ 8 , v. Vol . I di q . o . , p . 93 , i . n . ) .

Che in particolare le donazioni irrevocabili , anteriormente


fatte, non possano essere ridotte a termini della legge
nuova, ove questa restringa la porzione disponibile , trovasi
statuito nella legge civile transitoria sarda del 1838 (arti-
colo 15 , ib. , p . 103 , i . n . ) , e nella legge civile transitoria.

italiana del 1865 ( art . 27 , ib . , p . 115 , i . n . ) ( 1 ) . La sola


legge civile transitoria estense del 1852 statuì il principio

(1 ) Disposizione ripetuta nella legge transitoria 21 giugno 1871 (art. 23)


per l'unificazione legislativa delle provincie della Venezia e di Mantova .
484 PARTE TERZA

contrario ( art . 21 , ib . , p . 106 , i . n. ) . Codesta quasi unani-


mità delle legislazioni moderne non è in contraddizione coi
principii del Diritto Romano. La novella 92 , cap . I , che
al Romagnosi è sembrata contenere la regola che la ridu-
zione delle donazioni si faccia secondo la legge vigente alla

morte del donante , è parsa invece al Grenier (p . 85 ) , al


Mailher de Chassat (I , p . 354 ) e al Tonso (p . 257 ) sancire
la regola contraria. Delle due interpretazioni pare anche a
noi la seconda più probabile della prima, imperocchè ci
sembra più ragionevole il desumere la seconda interpreta-
zione dalla espressione : si quis donationem immensam fecerit,
che non la prima dalla espressione successiva necessarium
habeat in distributione haereditatis etc. ( 1 ) . Ma più probabile

468 ancora ci sembra l'opinione che in questo passo di legge


Giustiniano non abbia menomamente avuto di mira una

quistione transitoria , nè inteso di sancire una regola gene-


rale di gius transitorio , ma abbia solamente voluto rego-
lare l'applicazione delle leggi già esistenti intorno alla por-
zione legittima, e specialmente della sua Nov. 18 , statuendo
la riduzione delle donazioni inofficiose fatte sotto l'impero
di queste leggi , nello stesso modo in cui l'articolo 1090 (2)
del C. N. , intorno alla riduzione delle donazioni fatte ai
coniugi nel contratto di matrimonio , non ha di mira che
le donazioni di tale specie fatte dopo l'attuazione di esso
Codice, e non quelle anteriori , come alcuni hanno preteso .
Anche la giurisprudenza moderna ha quasi sempre se-
guito la regola che le donazioni e le istituzioni contrattuali

non si possano ridurre a termini di una legge posteriore ,

( 1 ) Ecco il testo in questione. Volumus ut si quis donationem immensam


in aliquem aut aliquos filiorum fecerit, necessarium habeat in distributione
haereditatis tantam unicuique filiorum servare ex lege partem, quanta fuit
priusquam donationem pater in filium aut filios, quos ea honoravit, fecerit.....
( 2) Ecco l'articolo . Toutes donations faites aux époux par leur contrat de
mariage seront, lors de l'ouverture de la succession du donateur, réductibles
à la portion dont la loi lui permettait de disposer.
PRINCIPIJ PRATICI ED APPLICAZIONI 485

la quale abbia diminuita la porzione disponibile . Veggansi ,


fra le altre , le seguenti sentenze : Corte d'appello di Parigi ,
27 maggio 1807 ( 1 ) , 29 gennaio 1814 ( 2 ) , Corte d'appello
di Torino , 15 marzo 1806 ( 3 ) , e un'altra della stessa Corte
colla stessa data (4) , che venne poi confermata da sentenza
della Corte di cassazione di Parigi , del 15 dic . 1807 ( 5 ) ;
Corte di cassazione di Parigi , 25 nevoso anno XIII ( 6 ) ,
5 novembre 1806 ( 7 ) , 12 nevoso anno XII ( 8 ) , 11 ventoso
anno XII ( 9 ) , 17 ventoso anno XIII ( 10 ) , 4 maggio 1807 ( 11 ) , 469
18 maggio 1812 ( 12 ) , 9 luglio 1812 ( 13 ) , 27 agosto 1822 ( 14) ,
Corte d'appello di Bordeaux , 25 maggio 1808 ( 15 ) , 24
agosto 1823 ( 16 ) , Corte d'appello di Colmar , 27 agosto
1817 ( 17 ) , Corte d'appello di Montpellier , 21 gennaio
1851 ( 18 ) , Corte d'appello di Potenza , 18 sett . 1868 ( 19) .
In contrario senso noi non troviamo menzionata che una

sentenza della Corte d'appello di Torino , 7 luglio 1829 ( 20) ,


ed una della Cassazione di Napoli , 6 giugno 1874 ( 21 ) ,
la quale non ci sembra davvero rispondente nè alla lettera ,

(1 ) Ap. CHAB. DE L'ALL . , 3, p . 88.


(2) Ap . MERLIN, p . 268.
(3) Ib. , p . 96.
(4) Zb. , pp. 102-106.
(5) Ib. , p . 112 .
(6) lb., p . 124.
(7) 1b. , p. 124.
(8) Ib ., p. 268.
(9) lb.
(10) Ap. Toxso , p . 38.
(11 ) Ap. MERLIN , p. 268.
(12) lb. , p. 269.
(13) lb.
(14) R. G., 9, 2, 2 ; C. N. , 2, 2, 392.
(15) R. G. , 26, 1 , 203 ; C. N. , 1 , 181 ; D. P. , 25, 1 , 430.
(16) Ap. MERLIN, p. 269.
(17) C. N. , 5, 2, 319.
(18) D. , P., 11, 8, 204.
(19) Ann . di Giurispr . ital . , 1868 , п , p. 425 e segg.
(20) R. G., 30, 2, 114 ; C. N. , 9, 2, 294; D., P., pp. 142-302.
(21) G. I., xxvi , 1 , 639.
486 PARTE TERZA

nè allo spirito dell'art. 27 delle disposizioni transitorie


civili italiane del 1865 (v. Vol . I di q. o . , p . 115 , i . n .) .

Rispetto al caso in cui la legge vigente alla morte del


donante o dell'istituente stabilisca una legittima meno forte

di quella statuita dalla legge sotto il cui impero la dona-


zione o l'istituzione contrattuale vennero poste in essere,

l'opinione che si debba fare la riduzione come nella ipotesi


opposta, secondo la legge antica e non secondo la nuova,
è seguita da pochi , e fra questi dal Chabot de l'Allier (I,
Donations, § 3) , dal Vallette (1. c .) e dal Marcadé (n . 48) .
Il più gran numero dei giureconsulti tiene l'opinione con-
traria, e sono fra questi Merlin (p . 269) , Mailher de Chassat
(I , p . 330 e segg . ) , Demolombe (n . 51 ) , Kalindero (p . 110),
Grandmanche de Beaulieu (p . 74) , Theodosiades (p . 190),
470 Lassalle (p . 326 ) . Anche la legge transitoria civile italiana
del 1865 ha seguito la stessa opinione (1. c .) ( 1 ) . La giu-
risprudenza ha pure confermato più volte tale avviso ; veg-
gansi in proposito le seguenti sentenze : Tribunale di
Loudun, 10 aprile 1822 ( 2 ) , Corte di cassazione di Parigi,
2 giugno 1835 ( 3) . Si citano per verità in senso contrario
due sentenze della Corte di cassazione di Parigi : 7 ventoso
anno XIII ( 4) , 1 ° febbraio 1820 (5 ), ma la prima sentenza
propriamente riguarda la indisponibilità del patrimonio al
tempo della donazione, non per titolo di successione ne-
cessaria , ma per titolo della natura giuridica di certi beni
(propres di Normandia ) , l'altra è giudicata dallo stesso
Merlin ( ib. ) non avere vera e propria attinenza colla pre-
sente questione.
Volendo ora prescegliere con buon fondamento una fra

(1 ) Concorda l'art. 23 delle Disposizioni transitorie per le provincie venete


e per Mantova.
(2) Ap. MERLIN, p . 269.
(3) R. G. , 37 , 1 , 196.
(4) Ap . MERLIN, ib., e CH. DE L'ALL., 1 , p . 261 .
(5) lb.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 487

le differenti opinioni suaccennate , stimiamo opportuno il


determinare anzitutto quale sia la vera indole della que-
stione generale a cui le medesime si riferiscono .
Quantunque della riduzione delle donazioni e delle isti-
tuzioni contrattuali si possa discorrere , come noi facciamo ,
nel trattato delle successioni legittime , e tale riduzione
abbia per occasione l'istituzione delle porzioni legittime , e
per iscopo la formazione e la guarentigia di queste porzioni ,
cionondimeno essa è propriamente una accidentalità della
esecuzione del contratto di donazione , e il discorso della
medesima rientra essenzialmente in quello del diritto con-
trattuale .

Da questa sola premessa proviene una conseguenza de-


cisiva nella quistione se la riduzione si possa fare a termini
di una legge posteriore alla donazione o alla istituzione

contrattuale , più rigorosa di quella sotto cui l'uno o l'altro


di questi contratti venne posto in essere . Se la riduzione 471
invero fa parte del gius della donazione , ne consegue che

anche rispetto a questo elemento del contratto , come ri-


spetto a tutti gli altri , giusta il principio fondamentale del
gius transitorio contrattuale, la legge vigente nel giorno in
cui il contratto venne posto in essere debbasi considerare
come assunta nel contratto medesimo , ed essa sola, e nes-

sun'altra legge posteriore , debba essere considerata ed ap-


plicata . Fa parte cioè del diritto quesito del donatario , ed
è inviolabile retroattivamente , alla pari di qualunque altra
parte del diritto medesimo , quello altresì di non essere
esposto alla eventualità della riduzione dopo la morte del
donante o dell'istituente , a condizioni e in modi più one-
rosi di quelli statuiti dalla legge, che al tempo , in cui la
donazione o la istituzione contrattuale venne posta in essere ,
regolava siffatta eventualità . Codesta conseguenza ci pare

altrettanto rigorosa , quanto è sicura la premessa .

Il diritto quesito di cui parliamo , è propriamente , come


488 PARTE TERZA

fu detto da Chabot de l'Allier e da altri , il diritto di non


subire riduzione in quella parte dell'ammontare della do-
nazione o della istituzione contrattuale , che è dichiarata
disponibile dalla legge vigente nel giorno in cui la dona-
zione o la istituzione contrattuale venne posta in essere,

e , nel rimanente , di non subirla se non vi saranno eredi


necessari del donante alla costui morte, e se il patrimonio
da lui lasciato non basterà a prestare la porzione legittima

dovuta a tali eredi a termini di quella medesima legge .


L'eventualità adunque a cui è esposto il donatario o lo
stipulante l'eredità , in virtù della legge sotto il cui impero
la donazione o l'istituzione contrattuale venne fatta, non

colpisce propriamente che una parte dell'ammontare della


donazione , ma relativamente a questa parte è diritto que
sito del donatario quello di non correre un rischio mag-
giore di riduzione , di quello ammesso dalla legge sotto il
cui impero la donazione o l'istituzione contrattuale venne
posta in essere.
472 Ciò che sulle prime può far esitare ad abbracciare l'av-
viso da noi preferito , e che in realtà spinse parecchi ad
adottare l'avviso contrario , è il riflesso che l'eventualità
di cui discorriamo è introdotta a vantaggio di persone, il
cui diritto per regola generale viene determinato dalla legge

vigente alla morte del donante . Ma questa difficoltà è fa-


cile a vincersi per poco che venga approfondita . Si rifletta
che la stessa proposizione : " il diritto dei legittimatari

viene determinato dalla legge vigente alla morte del do-


nante , è troppo generale. Quel diritto viene bensì deter-

minato nella generalità dei casi dalla legge vigente alla


morte del de cujus , ma questo de cujus non è di regola ,
necessariamente , persona che abbia fatta una donazione
inter vivos od una istituzione contrattuale. Quando ciò sia ,
l'affermare che il diritto dei legittimatari viene regolato di
sua natura dalla legge vigente alla morte del donante o
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 489

dell'istituente , è una petizione di principio , è un negare la


possibilità di una eccezione, non volendo distinguere il
caso eccezionale dal caso ordinario . Sta certamente che
della successione necessaria di un defunto si discorra e si

decida a seconda della legge vigente alla di lui morte, ma

se nel caso particolare , in cui per costituire la porzione


legittima di un erede necessario è d'uopo rivocare in tutto
o in parte una disposizione fatta dal de cujus , vi hanno
buone ragioni per affermare che tale revoca si debba fare
a tenore di una legge anteriore a quella sotto il cui impero

il de cujus morì , e che il diritto dei legittimari , limitata-


mente a tale revoca si deve regolare a termini della prima
legge e non della seconda , dov'è la contraddizione o l'in-

coerenza fra la seconda regola e la prima ? Non sono esse


piuttosto fra loro nel rapporto di regola generale e di regola
particolare , o , meglio ancora , di regola ed eccezione ? Nep-

pure varrebbe l'obbiettare che per un altro capo il diritto


del donatario è esposto ad una eventualità affatto incalcola-
bile , alla revoca totale cioè per sopravvenienza di prole al 473
donante. Imperocchè questo principio sta a sè , e non ha
certamente virtù di far considerare il diritto del donatario

come non perfettamente quesito , come un diritto che possa


essere manomesso con lievi ragioni , e dal giudice ancor
meno che dal legislatore .
Anche per un'altra via si viene alla conseguenza da noi
propugnata . Noi abbiamo già detto sopra (p . 475 ) che la

prima introduzione dell'istituto della porzione legittima , e


della riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-

tuali onde assicurare quel diritto , non potrebbe avere effi-


cacia retroattiva sui contratti di questo genere anterior-
mente posti in essere . Ciò posto, per le stesse ragioni si
deve certamente ritenere che neppure dopo la introduzione

di quegli istituti , una nuova legge intorno ai medesimi , più


onerosa pei donatari o per gli eredi convenzionali , possa
490 PARTE TERZA

venire applicata alle donazioni od alle istituzioni contrat-


tuali anteriori . O bisogna negare che il donatario abbia un
diritto quesito , il quale deve essere rispettato e preservato ,
al pari di tutti gli altri diritti quesiti , da ogni ingiusta
retroattività , oppure , posta una tal premessa , non bisogna
resistere alle conseguenze logiche della medesima.
Vero è che , come generalmente si dice , in questa que-
stione bisogna altresì conciliare il diritto del donatario con
quello dei legittimatari ; ma la soluzione che noi prefe-
riamo tiene forse troppo conto del primo e troppo poco
del secondo ? Noi non lo crediamo . Invero la conciliazione

fra questi due diritti è già contenuta nella legge che in


pari tempo riconosce il diritto del donatario sulla cosa
donata, e il diritto del legittimario a far ridurre la dona-
zione o la istituzione contrattuale inofficiosa ; la concilia-
zione è distrutta , e il diritto del primo viene ingiustamente
sagrificato a quello dei secondi , allora soltanto che , invece
di fare la riduzione secondo quell'unica e medesima legge
sotto cui la donazione o la istituzione contrattuale venne

posta in essere , e che in pari tempo aveva fatto sorgere


nel donatario , nell'erede contrattuale e nei legittimari, una
474 identica aspettativa della riduzione medesima , si pretende
farla secondo una legge diversa e più onerosa . Del resto il
diritto dei legittimari, venendo conciliato in quella maniera
col diritto del donatario , non è di certo disconosciuto.
Imperocchè , lo ripetiamo , il diritto dei legittimari in con-
fronto dei donatari del de cujus, non si può confondere col
loro diritto di succedere in generale ; è una parte di questo
diritto , diversa dal rimanente , è un diritto sussidiario non
solo, ma che, per la natura dell'oggetto su cui si esercita,
mentre ha per origine la successione , ha per suoi limiti un
contratto e il diritto contrattuale.

Nella ipotesi poi che la legge vigente alla morte del do-
nante o dell'istituente regoli la legittima degli eredi neces-
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 491

sari , e quindi la riduzione delle donazioni e delle istituzioni


convenzionali , in modo meno oneroso pel donatario o per
l'istituito , della legge sotto cui le donazioni o le istituzioni
vennero poste in essere , noi pure siamo dell'avviso che la

legge da applicarsi sia quella e non questa . Ottima ci pare


la ragione datane da altri scrittori, e da noi sopra accen-

nata , che cioè in tale ipotesi il maggior diritto accordato


dalla seconda legge in confronto della prima , non può for-
mare oggetto di veruna azione per parte degli eredi neces-
sari, i quali, o non sono riconosciuti per tali dalla legge
vigente alla morte del de cujus, come lo sarebbero stati
dalla legge anteriore , se questa non fosse stata abolita ,
oppure non trovano fondamento alla loro pretesa nella

legge vigente alla morte del de cujus , dalla quale pur ripe-
tono la loro qualità di eredi e il diritto di successione . Sa-
rebbe quindi quello un diritto di impossibile attuazione ,
quand'anche si potesse , nella ipotesi in discorso , propu-
gnare con valide ragioni l'applicazione della legge ante-
riore . Ma è egli veramente possibile addurre ragioni per

codesta opinione , da un punto di vista diverso dal pre-


cedente ?

La miglior ragione pare sulle prime quella addotta da


Chabot de l'Allier e da Marcadé (v. sopra , p . 486 ) , che

cioè non è logico il regolare la riduzione delle donazioni e 475


delle istituzioni contrattuali , in un caso secondo la legge
sotto il cui impero vennero poste in essere , in un altro
caso secondo una legge differente.
Per rispondere a questo argomento bisogna riprendere
in esame la natura del diritto quesito del donatario e del-
l'erede convenzionale , dal qual diritto appunto noi abbiamo
dedotta l'irretroattività di una legge posteriore più onerosa
circa la riduzione . Codesto diritto di non essere esposto
alla morte del donante alla eventualità della riduzione in

condizioni più onerose di quelle sotto cui la donazione o


492 PARTE TERZA

la istituzione venne posta in essere , è certamente accom-


pagnato dal diritto di fruire a quell'epoca di qualunque
eventualità di riduzione meno onerosa . Il donatario ha un

diritto quesito di non sottostare a riduzione più gravosa ,


ma non ha l'obbligo di subire quella qualunque riduzione
che la legge del tempo della donazione o della istituzione
ammetteva , se la legge vigente alla morte del donante ne
ammettesse per avventura una meno onerosa , sia non rico-
noscendo più certi eredi necessari , sia assegnando a questi
un diritto minore. Invero l'inofficiosità della donazione , e

la riducibilità di questa sono limitazioni della facoltà di


disporre del donante , che il legislatore ha introdotte, e che
perciò il legislatore ha facoltà ed arbitrio di rivocare o di

diminuire, fintantochè non ne sia nato un diritto in qualche


persona ; ora questo caso non può darsi prima della morte

del donante . Se in quest'epoca il legislatore ha emanato


una legge che non qualifica più di inofficiosa una dona-
zione od istituzione contrattuale , la quale sarebbe stata
tale di fronte alla legge sotto il cui impero venne posta in
essere, il donatario e l'erede convenzionale sono prosciolti
dall'originaria limitazione , che non è ancora venuto il
tempo di applicare , e nessuno se ne può dolere , perchè non
è pur venuto per nessuno il tempo di avvantaggiarsi della

476 limitazione medesima . E per verità , in tale ipotesi , d'onde


i legittimari , dato che fossero gli stessi per ambedue le
leggi , desumerebbero il diritto alla riduzione , qual era san-
cita dalla legge anteriore ? Non si può certamente conce-
pire che essi lo desumano dalla legge sotto il cui impero
la donazione o la istituzione contrattuale venne posta in
essere , e da questo medesimo contratto . Non è poi in virtù

di materiale convalescenza , come a qualcuno potrebbe


parere , e come è parso infatti al Lassalle (1. c.) , che la
originaria riducibilità della donazione o della istituzione

contrattuale vien meno , vigendo alla morte del donante


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 493

una legge che più non l'ammette . Imperocchè l'inofficio-


sità di una donazione od istituzione contrattuale impro-
priamente si dice incorsa all'atto stesso del contratto , se
la disposizione in questo contenuta eccede la porzione
disponibile del patrimonio del donante o dell'instituente ;
propriamente essa non esiste allora in modo definitivo , ma
soltanto eventualmente e condizionatamente , alla condi-
zione cioè che alla morte del donante od istituente la si

trovi confermata , tanto in linea di fatto , quanto in linea


di diritto . Nè può essere altrimenti , se si rifletta che all'atto
del contratto nessuno ha ancora acquistato un diritto in
virtù di tale inofficiosità . Non ha dunque fondamento di
sorta l'obbietto che l'opinione da noi propugnata rispetto
al caso che ora è in quistione , non sia coerente a quella
che abbiamo propugnata rispetto al caso precedente . Quella
è invece una logica conseguenza di questa , e l'obbietto si
risolve in una ingiustificata generalizzazione di chi afferma
che la riduzione delle donazioni e delle istituzioni contrat-

tuali inofficiose debbasi fare in generale secondo la legge


sotto il cui impero la donazione o l'istituzione vennero
poste in essere , invece di dire che tale riduzione debba

essere da quella legge regolata soltanto nel caso in cui alla


morte del donante esista intorno alla medesima una legge
più gravosa pel donatario .

Completerà la nostra dimostrazione un argomento per


absurdum . Se fosse giusta l'opinione contraria alla nostra , 477
ne conseguiterebbe che si dovesse continuare a ridurre

donazioni e istituzioni contrattuali per titolo di inofficio-


sità , anche dopo che fossero stati per avventura aboliti
l'istituto delle porzioni legittime e quello della riduzione
medesima ; la quale opinione farebbe riscontro a quell'altra
da noi precedentemente combattuta , che si possano appli-
care questi istituti , introdotti per la prima volta , a donazioni
od istituzioni contrattuali anteriormente poste in essere .
494 PARTE TERZA

Non si può confondere colla riduzione delle donazioni e


delle istituzioni contrattuali , di cui parlammo sinora, quel-
l'altra che in parecchie legislazioni ha per fondamento la
limitata facoltà di disporre del vedovo o della vedova pas-
sato a seconde nozze , a beneficio del nuovo coniuge . Tanto
il Diritto Romano (L. 6 , C. de sec. nupt.) , quanto l'Editto
francese del 1560 sulle seconde nozze , ed anche talune
legislazioni contemporanee, come , per es . , il C. N. (arti-
colo 1098 ) e il Cod . civ. it . (art . 770) , non permettono al
vedovo o alla vedova rimaritati di dare al nuovo coniuge

una parte dei propri beni che sia maggiore di quella che
tocchi al meno favorito dei figli . Questa limitazione con-
cerne poi tutte quante le disposizioni tra vivi e mortis causa,
e quindi anche in particolare le donazioni e le istituzioni
contrattuali , e l'effetto ne può essere la riduzione delle
donazioni ed istituzioni che alla morte del donante od isti-

tuente si trovino eccedere , la porzione ereditaria del figlio


legittimo meno favorito . Ad onta però che il fatto e la
quantità di questa riduzione siano del tutto eventuali , e da
determinarsi intieramente alla morte del donante o del-

l'istituente , vuolsi nondimeno ritenere col Chabot de l'Allier


(2 , p . 423 ) che la riduzione in discorso devesi intieramente

regolare secondo la legge vigente nel giorno in cui la do-


nazione o la istituzione contrattuale vennero poste in essere ,

tanto rispetto alla astratta ammissibilità , quanto rispetto


alle proporzioni sue , e al modo di praticarla .

478 CAPITOLO XXIV.

Di alcune trasmissioni di beni affini alla successione legittima.


--- Delle démissions des biens, e delle réserves coutumières in

particolare.

Nel diritto francese , anteriore al Code civil, era cono-


sciuto l'istituto della démission des biens , rilascio o abban-
dono inter vivos di tutti i beni propri presenti , agli eredi
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 495

presuntivi . Codesta demissione era irrevocabile , e aveva


natura contrattuale , quando facevasi per contratto di ma-
trimonio , a favore delle stesse persone degli sposi . Ma
quando era revocabile , la démission aveva natura di divi-
sione anticipata e provvisoria della eredità , e per conse-
guenza, ove di fatto non fosse stata revocata, diventava
definitiva soltanto alla morte del demittente , e a favore dei

successori legittimi . I demissionari cioè dovevano in quel


caso essere eredi presuntivi anche alla morte del demit-
tente ; la divisione dei beni si faceva non già secondo la
legge successoria vigente nel giorno della demissione , ma
bensì secondo la legge vigente nel giorno della morte del
demittente (Chabot de l'Allier, 1 , p . 200 e segg.) .
Avevano invece analogia colla porzione legittima le
réserves coutumières del diritto consuetudinario francese.

Erano queste porzioni del patrimonio , che non potevano


formare oggetto di donazione nè di disposizione testamen-
taria, ed erano state introdotte allo scopo di conservare i
beni nelle famiglie , a differenza dalla legittima, che aveva
per iscopo di assicurare gli alimenti agli eredi necessari
(conf. Chabot de l'Allier , 3 , p . 57 ) . Ad onta però di questa
differenza , affatto estrinseca , dalla porzione legittima , le
riserve in discorso avevano , come dicemmo , una sostan-

ziale analogia con questa , epperò tutte le cose dette nei


precedenti capitoli circa la determinazione degli eredi ne- 479
cessari , l'ammontare della legittima , la riduzione delle

donazioni ed istituzioni contrattuali inofficiose si può rife-


rire anche a tali riserve .
Altre riserve sono conosciute nel diritto , che possono

dare occasione a controversie di diritto successorio , anche


transitorio . Tali sono quelle introdotte nelle donazioni fra
vivi, o mortis causa , irrevocabili , in guisa che il donante ,
dalla totalità dei suoi beni , o da una parte quota di essi ,

od anche da una determinata quantità di danaro o di altre


496 PARTE TERZA

cose (vedi Chabot de l'All . , 3 , p . 169 ) , che formano oggetto


della donazione, toglie una parte qualunque , dichiarando
riserbare a sè medesimo la libertà di disporne come

vorrà ( 1 ) . Codeste clausole vengono frequentemente intro-


dotte nelle donazioni della totalità dei beni , sia presenti ,

sia presenti e futuri , dove queste donazioni sono ammesse ,


onde conciliare l'affetto verso il donatario colla propria
libertà o indipendenza individuale. Che se , dopo avere fatta
cotale riserva , il donante muore senza aver disposto intorno
ai beni riservati , a chi spetteranno questi ? E se per rego-
lare codesto caso esisteva una legge al tempo in cui la
donazione venne fatta , e poi ne esiste un'altra differente
quando il donante muore , quale delle due leggi dovrà es-
sere di preferenza applicata ? Di questa seconda quistione
noi veniamo ora a ragionare .

Codesta quistione ci sembra mal posta , e ciò spiega la


vaghezza delle dottrine cui essa diede occasione , special-
mente nell'opera di Chabot de l'Allier. Invero la legge
sotto il cui impero la riserva è stata fatta , e quella sotto
il cui impero il donante morì , possono differire anzitutto
480 nello assegnare il significato , il giuridico valore della ri-
serva medesima ; ma quando questo significato e valore
siano stati determinati secondo l'una o l'altra legge , può
darsi che le conseguenze giuridiche della riserva si debbano

desumere da una legge diversa da quella da cui si attinse


tale determinazione . Noi ci domanderemo quindi anzitutto
quale delle due leggi accennate debbasi di preferenza se-
guire onde interpretare e caratterizzare la riserva del
donante nell'indicato caso .

( 1 ) Se la riserva avesse invece un oggetto non compreso nella donazione ,


come se taluno dicesse : " dono a Tizio due terzi dei miei averi , dell'altro
terzo mi riservo di disporre ,, impropriamente si direbbe tale , e non potrebbe
in realtà occasionare le questioni di cui verremo ragionando. Vedi CHABOT
DE L'ALLIER, 3 , 172, e le sentenze della Cass . di Parigi, 6 e 26 agosto 1806 ,
da questo autore riferite, ib., pp. 176, 179.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 497

A questa domanda è facile rispondere col Tonso (p . 196 ) ,


che debbasi seguire di preferenza la legge sotto il cui
impero la donazione e la riserva vennero poste in essere .
Gli atti giuridici possono talvolta andar sottoposti negli
effetti loro a leggi differenti da quelle vigendo le quali fu-
rono intrapresi , ed anche a differenti leggi successive , ma
quali atti essi siano , che cosa l'agente abbia inteso di fare
con essi , è impossibile che si decida con altra legge , fuorchè
con quella vigendo la quale fu agito . In realtà non vi ha
altra differenza possibile nel caratterizzare la riserva in
discorso, non susseguita da nessuna disposizione del do-
nante , fuorchè tra il ravvisarvi una donazione mortis causa
revocabile , o in altri termini una disposizione testamentaria
a favore del donatario , oppure il ravvisarvi una predisposta
successione ab intestato nei beni riservati e non disposti , a

favore degli eredi legittimi del donante . Nel primo caso


ritiensi che il donante abbia inteso di donare anche i beni

riservati al donatario dei beni non riservati , alla condizione


però che il donante non ne abbia altrimenti disposto fino
alla sua morte , la quale condizione impedisce che il dona-
tario acquisti immediatamente un diritto , e dà appunto
alla riserva il carattere di disposizione d'ultima volontà ,
Nel secondo caso ritiensi invece che la riserva abbia sepa-
rato affatto i beni riservati dai beni donati , cosicchè il
donatario non possa tutt'al più avere rispetto ai primi se
non la semplice aspettativa di un erede ab intestato se il 481
donante morrà senza averne disposto . Or bene noi siamo .
d'avviso che , se dalla legge sotto il cui impero la riserva
venne stipulata , questa era considerata disposizione testa-
mentaria a favore del donatario , siffatto carattere le debba
rimanere anche se il donante muore vigendo una legge
che segue il secondo sistema , e se la prima legge la consi-
derava invece come una semplice occasione a parziale suc-
cessione intestata , questa successione debbasi considerare
GABBA - Retr. leggi, III. 32
498 PARTE TERZA

aperta alla morte del donante , benchè questa accada


vigendo una legge che segue il primo sistema .
Chabot de l'Allier ( 3 , p . 127 ) sembra essere di diversa
opinione, perchè approva il disposto della legge francese
18 piovoso, anno V, la quale generalizzò anche alle riserve
nelle donazioni fatte per contratto di matrimonio ai futuri
sposi , il principio già statuito dall'Ordinanza del 1731 circa
le donazioni fuori di contratto di matrimonio , il principio
cioè che i beni riservati , ove il donante morisse senza
disporne, passassero agli eredi intestati del medesimo , il

quale principio dalla citata Ordinanza non era stato ap-


plicato alle donazioni per contratto di matrimonio , sicchè
i beni in essa riservati dovevano in quel caso passare invece
al donatario insieme agli altri beni donati (conf. Chabot
de l'All . , 3 , p . 163-164) . Ma siffatta disposizione fu a parer
nostro ingiustamente retroattiva . Non varrebbe invero il
dire col citato scrittore (ib. , pag. 183 ) che , implicando la
riserva una disposizione mortis causa rivocabile , debba es-
sere governata dalla legge vigente alla morte del dispo-
nente, imperocchè quella è una definizione molto astratta
della riserva , e in concreto si tratta di vedere se il donante
ha inteso di disporre a favore di una determinata persona ,
cioè del donatario , oppure di dare occasione ad una suc-
cessione intestata , il qual punto non può essere deciso che
in conformità della legge sotto il cui impero la donazione
e la riserva vennero fatte. Codesta legge del resto , nel ca-
482 ratterizzare la riserva e il suo giuridico effetto non è neces-
sariamente determinata soltanto dalla interpretazione della
volontà del donante, ma lo può essere anche da altri ri-
guardi . Infatti la citata Ordinanza francese del 1731 (vedi
Chabot de l'Allier. , p . 163 ) assegnava agli eredi legittimi
del donante i beni riservati in una donazione fuori di con-

tratto di matrimonio , e intorno ai quali il donante non


aveva più fatta veruna disposizione , quand'anche egli
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 499

avesse dichiarato nell'atto di donazione che in tal caso quei


beni dovevano spettare al donatario .
Determinato il carattere della riserva , non susseguita da

alcuna esplicita disposizione del donante , secondo la legge


vigente nel giorno in cui la donazione e la riserva vennero
fatte, i principii da noi precedentemente esposti intorno
al gius transitorio successorio serviranno poi di guida per
determinare la legge con cui regolare gli effetti della di-
sposizione. Sottoporre tutte le questioni che da siffatta

ricerca possano essere occasionate, ai medesimi principii ,


è ugualmente impossibile, come il pretendere che le stesse
questioni debbano sorgere tanto rispetto alla riserva intesa
come donazione mortis causa , revocabile come testamento

quanto rispetto alla riserva intesa come assenza di qua-


lunque disposizione, e occasione data ad una successione
ab intestato.

Quanto alla riduzione in particolare delle riserve in di-


scorso, per titolo di inofficiosità , della quale riduzione tratta
il Chabot de l'Allier ( 3 , p . 125 a 131 ) , noi non compren-

diamo come se ne possa neppure ragionare . Imperocchè o


la riserva implica una successione intestata , e manca affatto
l'oggetto della riduzione , oppure implica una donazione
mortis causa revocabile , e neppure allora si può parlare
propriamente di riduzione , mancando al donatario un vero
e proprio diritto quesito , che le nuovi leggi debbano ri-
spettare.
CAPITOLO XXV. 483

Continuazione.

Delle devoluzioni legali di eredità.

Completa il discorso della successione legittima quello


dei casi , nei quali per disposizione della legge una eredità ,
già appartenente ad un dato successore , si devolve ad
altra persona, che entra in luogo e stato della prima , come
500 PARTE TERZA

se questa non avesse mai avuto qualità di erede. Le devo-


luzioni legali di eredità nulla hanno di comune colle tras-
missioni di eredità , perchè in quelle , a differenza da
queste , colui in cui l'eredità si ferma , non si reputa averla
avuta dal primo chiamato . Affinchè poi le devoluzioni di
eredità si possano distinguere anche dalle semplici trasmis-
sioni di proprietà , bisogna e si intende sempre che acca-
dano dentro il termine in cui l'eredità può essere accettata .
Pochi esempi di simili devoluzioni ci offrono le legislazioni
moderne ; un esempio , assai noto ai cultori del gius tran-
sitorio , forniva la consuetudine di Parigi , la quale statuiva
che un parente , accettante l'eredità puramente e semplice-
mente, potesse escludere l'erede che l'avesse accettata col
beneficio dell'inventario .

Si domanda , essendosi aperta la successione sotto una


legge che ammetteva la devoluzione dell'eredità in un
dato caso , e verificandosi questo caso sotto l'impero di
un'altra legge che tale devoluzione più non ammette , la de-

voluzione possa accadere o no ? Questa quistione venne


appunto discussa in Francia a proposito della legge con-
suetudinaria dianzi accennata , dopo la pubblicazione del

Codice Napoleone che siffatta devoluzione più non am-


mette . Prevalse l'opinione che la devoluzione fosse ancora
in quel caso possibile , e venne sanzionata da sentenza
484 della Corte di cassazione del 15 maggio 1811 ( 1 ) . Lo
stesso opinano Merlin (p . 278) , e Mailher de Chassat ( 2 ,
p. 198) .
Contrariamente invece decise il Senato di Piemonte ,

29 gennaio 1819 ( 2 ) , che le devoluzioni ai figli del primo


letto dei beni donati o lasciati dal primo marito alla vedova
rimaritata e premorta a quei figli sia regolata dalla legge

(1 ) Ap. MERLIN, Eff. rétroact. , Vol . XVI, pag. 280 ; D. , R., 1. c. , n . 330 ; R.
G., 11 , 2 , 266.
(2) Ap. Toxso, p . 372.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 501

vigente alla morte della binuba , e non da quella vigente


alla morte del primo marito .
Noi pure siamo del primo avviso . Imperocchè fin dal
giorno in cui la successione si è aperta , può dirsi che era
condizionatamente chiamato per legge anche colui al quale
l'eredità potevasi devolvere nel caso contemplato dalla
legge (cf. Merlin , pag . 279 ) . Egli aveva fin da quel giorno
un diritto quesito condizionato alla successione , diritto che
egli non fa che realizzare sotto l'impero della legge nuova ,
e a cui per conseguenza questa non può opporre ostacolo
di sorta. Vero è che l'erede legittimo per devoluzione ha
bisogno di accettare l'eredità , per convertire il suo diritto
a succedere in concreto diritto di successione , ma non per

questo il suo diritto è facoltativo in modo che la nuova


legge possa toglierlo , come taluno ha obbiettato , benchè

sembri al Dalloz (1. c . ) che questa obbiezione osti alla piena


persuasione della tesi che noi sosteniamo . Se questa obbie-
zione fosse giusta , ne conseguiterebbe che la legge regola-
trice dell'acquisto del diritto di succedere dovrebbe essere
in ogni caso quella vigente allorquando quel diritto viene
esercitato , e così infatti ha pensato e ragionato il Lassalle ,
come più sopra (p . 268 ) si è veduto . Già questo riflesso
basta a far intravedere l'insussistenza dell'obbietto in di-

scorso, ma noi abbiamo anche dimostrato più sopra (ib .),


che il diritto quesito di succedere , benchè abbia bisogno
di essere esercitato onde produrre il suo effetto , non può 485
cionondimeno venir confuso colle semplici facoltà di legge ,
che una legge nuova può abolire , fintantochè esercitate
non sono .

Non si possono confondere colle vere e proprie devolu-


zioni di eredità certe successioni legittime , che si potreb-
bero dire coattive , le quali si avverano allorquando la legge
destina certi beni posseduti da una persona vivente , a certi
502 PARTE TERZA

successori legittimi della medesima , al verificarsi di un


certo caso . Per esempio , in virtù della così detta dévolution

coutumière (v. Chabot de l'All . , Vol . I , p . 216 ) , vigente in


molte consuetudini francesi , il coniuge superstite non po-

teva disporre dei beni acquistati durante il precedente ma-


trimonio , ma era obbligato a conservarli , quasi fedecom-
missariamente , ai figli nati da quel matrimonio . Vale del

resto anche per questa specie di successioni legittime il


principio generale che le si devono regolare secondo la
legge vigente alla morte del de cujus , epperò giustamente
opina il Chabot de l'Allier ( 2 , p . 220) , e dichiarò la Corte
di cassazione di Parigi , in due sentenze 8 messidoro ,
anno 11 ( 1 ) e 10 nevoso anno 13 (2) , che l'anzidetta dévo-

tion coutumière dopo l'abolizione fattane dalla legge , 8 aprile


1791 e da quelle del 5 brumale e del 17 nevoso anno 2 ,
non fosse più possibile neppure rispetto a matrimoni sciolti
per la morte di uno dei coniugi prima dell'attuazione di
quelle leggi .

486 CAPITOLO XXVI.

Di alcuni effetti indiretti comuni delle successioni ereditarie.

Oltre ai comuni effetti diretti , la successione ereditaria


ne ha pure di indiretti . Dei primi noi trattammo sopra ,
dei quali abbiamo parlato in un capitolo precedente
(Cap . V) , esponendo la parte più generale del diritto di
successione , ed anche nella trattazione di ogni singola
specie di successione ereditaria , noi abbiamo additato gli

effetti diretti propri di ciascuna ; ora veniamo a ragionare


dei principali effetti indiretti comuni di tutte le successioni
ereditarie , cioè della successione ereditaria in generale .
Principali sono fra questi , l'accrescimento , la collazione

( 1 ) Ap . CHAB. DE L'ALL., 2, p. 219.


(2) lb.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 503

delle donazioni , la divisione ereditaria , la rinuncia a futura


successione .

Del retratto successorio, che in pari tempo , ma non in


egual misura , attiene al diritto successorio e al diritto

delle obbligazioni , ci riserviamo di tener conto , esponendo


il diritto transitorio di queste ultime .
L'eredità testamentaria o legittima , il legato , o una por-

zione di eredità o di legato , che non siano accettati dal-


l'erede o dal legatario , premorto al de cujus , o incapace o
rinunziante , si devolvono , tanto per virtù delle leggi romane
quanto delle moderne, agli altri coeredi o collegatari , che
siano stati dal testatore congiuntamente istituiti nell'ere-
dità o in porzione di questa , o congiuntamente onorati del
medesimo legato o di una porzione di questo , o che dalla
legge siano stati congiuntamente chiamati alla eredità , o
ad una porzione di questa .

Dicesi questo diritto di accrescimento , ed è basato sulla


presunta volontà del de cujus il quale, avendo chiamato
alla totalità o ad una porzione dell'eredità o del legato 487
parecchie determinate persone congiuntamente , ha dato a
divedere essere volontà sua che quei beni fra altre persone
estranee alle determinate non vengano divisi .

Intorno alle precise condizioni però dell'accrescimento


nella successione testamentaria, il Diritto Romano non è
abbastanza chiaro , ed ha suscitato quistioni tra gli inter-
preti (v . Wangerow, Pand. , Vol . 2, pag . 279 e segg. ,

6ª ediz. ) ; le legislazioni moderne poi si discostano in pro-


posito alquanto dal Diritto Romano . Così , per es . , il Codice
civile italiano ( art . 880 ) ammette l'accrescimento soltanto
fra coeredi testamentari o collegatari , chiamati congiunta-
mente in una sola e stessa disposizione , i quali sarebbero

re et verbis conjuncti secondo il linguaggio romano (L. 142 ,


D. de V. S.) , mentre il Diritto Romano ammetteva l'accre-
scimento anche fra coeredi o collegatari chiamati in dispo-
504 PARTE TERZA

sizioni distinte , purchè fossero re conjuncti (L. 89 , D. de


Leg., III) , e soltanto i verbis conjuncti (ib . , confronta Van-
gerow, 1. c . ) escludeva dall'accrescimento . Or si domanda ,
se e quale influenza una legge nuova , differente dall'ante-
riore circa l'argomento in discorso , possa esercitare sulle
successioni già aperte vigendo la legge anteriore .
Qui si deve distinguere se l'accrescimento è occasionato
da premorienza od incapacità di un coerede o collegatario ,
o se lo è invece da rinunzia del coerede o del collegatario .

Nel primo caso , noi osserviamo col Vangerow ( ib . , p . 369 )


che, se il coerede o collegatario è premorto al testatore ,
non si può propriamente dare accrescimento della di lui
parte a quella dei superstiti , perchè questa parte non è
mai stata neppure un istante separata dalle altre ; e lo
stesso noi osserviamo nella ipotesi che il coerede o il col-
legatario manchino per incapacità di succedere anteriore
alla morte del testatore. Nell'una ipotesi e nell'altra l'ere-
dità o il legato , o la porzione dell'una o dell'altra , si devol-
vono certamente per intiero agli altri coeredi o collegatari ,
488 ma non ipso jure (v. Vangerow, ib. , p . 370) , bensì unica-
mente e direttamente per la volontà del testatore , la quale
deve essere eseguita quanto e come meglio sia possibile .
Ciò posto , la legge che regola l'accrescimento , impropria-
mente detto nei casi in discorso , non può essere che la

legge medesima sotto il cui impero la successione testa-


mentaria si è aperta , cioè , di regola , la legge vigente alla
morte del testatore . Nel secondo dei casi anzidetti , se cioè
l'accrescimento è occasionato dalla rinunzia del coerede o

del collegatario , può parere sulle prime che, essendo la ri-


nunzia un fatto di per sè stante , cioè distinto e separato
dal testamento , la si debba , per l'effetto speciale dell'ac-
crescimento , regolare secondo la legge vigente al tempo in
cui venne fatta . Ma codesta opinione non può accettarsi .
La rinunzia ad una eredità deferita , comechè distinta dalla
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 505

delazione dell'eredità , cionondimeno , lo notiamo fin d'ora,


è così strettamente connessa con questa , che le leggi con-
cernenti sia i requisiti , sia gli effetti di essa , non possono
essere che quelle vigenti nel giorno in cui la successione
testamentaria o legittima venne ad aprirsi . L'accresci-
mento è appunto uno degli effetti della rinunzia a succe-
dere, epperò deve essere regolato fra coeredi testamentari

e collegatari secondo la legge vigente nel giorno della


morte del testatore . Ciò fu dichiarato dalla Corte d'appello
di Torino in una sentenza del 23 agosto 1808 ( 1 ) . Gli
stessi principii valgono per l'accrescimento nella succes-
sione legittima .

CAPITOLO XXVII . 489

Continuazione.

Della collazione nella successione ereditaria.

La collazione è stata variamente regolata nelle differenti


legislazioni . Nel Diritto Romano , per non parlare che del-
l'epoca giustinianea , la collazione non accadeva che fra

discendenti successori ad un comune ascendente , ed aveva


per oggetto 1º la dote, la donatio propter nuptias , l'utile
ricavato da una militia acquistata col danaro del de cujus ,
se però il de cujus non avea dispensato il donatario dal-

l'obbligo di conferire , 2° le donazioni semplici , se il de


cujus donante aveva imposto l'obbligo di conferirle, oppure
se col donatario semplice concorreva un altro erede , il
quale doveva conferire la dos o la donatio propter nuptias.
Occorreva poi la collazione tanto nella successione inte-
stata quanto nella testamentaria (v . C. de coll. e Nov. 18 ,
c. 6) ; l'erede però , sottoposto a collazione , poteva dispen-

(1) R. G., 9, 2, 374.


506 PARTE TERZA

sarsene, rinunciando all'eredità. - Nel diritto consuetudi-

nario francese regnava disparità di principii . Alcune con-


suetudini , anzi le più , prescrivevano la collazione , come il
Diritto Romano , se il donante non ne avesse dispensato il
donatario ; altre seguivano la massima opposta ; fra le
prime , talune , come per es . , la consuetudine di Parigi , non
permettevano affatto il condono della collazione . La
maggior parte delle consuetudini ordinavano la collazione

soltanto agli eredi in linea diretta discendentale , alcune la


ordinavano anche fra parenti collaterali . E del pari la
maggior parte delle consuetudini permettevano all'erede
sottoposto a collazione , di esimersene rinunciando all'ere-

dità , mentre alcune poche questa facoltà non gli concede-


490 vano (v . Ch . de l'A. , 3 , p . 18 e segg.). Prima del Co-

dice Napoleone la materia della collazione fu contemplata


in Francia dalla nota legge 17 nevoso , anno II , la quale ,

avendo proibito ogni specie di doni fra parenti in linea


retta, dovette conseguentemente prescrivere la collazione
di tutti i doni di ogni specie fatti a figli o discendenti , e
proibì e annullò qualunque contraria dispensa . Queste
prescrizioni furono abrogate dalla legge 4 germinale ,
anno VIII , la quale ripristinò nella materia in discorso le
leggi anteriori, scritte o consuetudinarie . - Il Codice Na-

poleone in questa materia della collazione fece ritorno in

generale al Diritto Romano , prescrivendo in tutte quante


le eredità la collazione di tutti i doni senza distinzione ,
che non fossero stati fatti fuor di parte (hors part, o par

prêciput) o con dispensa dalla collazione ( art . 843 ) , per-


mettendo all'erede soggetto a collazione di esimersene,
rinunziando all'eredità e ritenendo il dono dentro i limiti

della disponibile (art . 845 ) , dispensando dalla collazione


nell'eredità paterna il dono fatto al figlio del successore
(art. 847 , conf. L. 16 , C. de Coll. bon . ) , e parimente il dono
fatto al padre del discendente , che succede all'avo jure
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 507

proprio, e non per rappresentazione (art . 848 , conf.

L. 19 ib.). Si scostò invece dal Diritto Romano , adottando


la massima di alcune consuetudini , che anche fra ascen-
- Le rife-
denti e collaterali si debba conferire ( art . 843 ) .
rite regole del Codice Napoleone furono adottate da pa-
recchi Codici pubblicati in Italia prima della unificazione
nazionale , ma con alcune modificazioni ; così per es . , il
Codice albertino ( art . 1067 ) non impone la collazione fra
collaterali , nè fra ascendenti . Il Codice civile generale au-
striaco , che pure ebbe vigore in alcune provincie d'Italia ,
non ammette (§ 790) la collazione fra coeredi testamentari ,
se non quando sia stata espressamente ordinata dal testa-

tore ; fra coeredi ab intestato l'ammette ove il de cujus non


l'abbia dispensata ( § 792), ma l'applica soltanto a certe
specie di donazioni (§§ 790 , 788 ) , rispetto a tutte le altre 491
donazioni non ammette la collazione se non quando i ge-

nitori donanti abbiano espressamente pattuita la restitu-


zione del donato (§ 701 ) . Il Codice civile italiano è ritor-
nato ancor più completamente del C. N. alle idee romane ,
e in particolare non ammette collazione che fra discendenti

successori all'ascendente (art . 101 ) ; a differenza però dal


Diritto Romano , e accostandosi invece al C. N. , non di-
stingue fra donazioni e donazioni ( ib. ) , e soltanto eccettua
dalla collazione i regali di uso in caso di nozze (art . 1009) .

Dalle accennate differenze legislative si comprende come


l'argomento della collazione abbia dovuto sempre essere
considerato con particolare attenzione dagli scrittori di
giurisprudenza transitoria , e come specialmente in Italia
esso abbia suscitato frequenti questioni nel passaggio dalle
antiche legislazioni civili al Codice civile italiano . Tutte
queste questioni si possono ricondurre ad una generale , a
quella cioè , se in un dato caso debba o non debba farsi la
collazione , o , in altri termini , se rispetto a donazioni vali-
damente fatte sotto l'impero di una data legge , da una
508 PARTE TERZA

persona la cui successione si è aperta sotto l'impero di una


legge posteriore , l'obbligo della collazione si debba rego-
lare secondo la legge anteriore o secondo la legge nuova,

posto che queste due leggi siano fra loro discrepanti .


Prima di procedere oltre , avvertiremo che, ragionando
di collazione di donazioni in generale , noi intendiamo in-
cludere in questa espressione tanto le donazioni inter vivos ,
quanto le donazioni mortis causa irrevocabili , o istituzioni
contrattuali , delle quali abbiamo ragionato precedente-
mente (Cap . XIX) . Non sogliono per verità gli scrittori
fare questa avvertenza , mentre , come sopra vedemmo
(Cap. XXIII) , non mancano di assimilare quelle due specie
di donazioni ragionando della riduzione delle donazioni
nella successione legittima , ma la Corte di cassazione di
Parigi colla sentenza 23 aprile 1839 ( 1 ) non esitò ad ap-
492 plicare anche alle istituzioni contrattuali il principio da
lei adottato , che la collazione delle donazioni si debba

fare secondo la legge vigente alla morte del de cujus.


L'enunciata quistione generale transitoria circa la col-
lazione è stata variamente risoluta dai giureconsulti.

Taluni hanno dato la preferenza alla legge sotto il cui im-


pero la donazione è stata posta in essere , altri invece alla
legge sotto il cui impero si è aperta la successione del do-
nante ; altri ancora hanno adottata un'opinione media fra
quelle due .

La prima opinione è stata propugnata da Chabot de


l'Allier (3 , pagg . 26-30 , 42-54) ( 2 ) , Herrestorff (pag. 113) ,
Bauer (pag . 51 ) , Mailher de Chassat ( 1 , pagg . 338-348 ) ,
Tonso (pag. 104) , Theodosiades (pagg . 144-146 ) , dei quali

( 1 ) R. G. , 39, 1 , 587 .
(2) Tuttavia il CHABOT DE L'ALLIER ( Vol . II , pag. 216) applica l'art. 780
Codice Napoleone circa la collazione nella successione dei figli naturali,
anche ai figli naturali nati prima dell'attuazione di quel Codice e il cui
diritto doveva essere determinato da esso.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 509

scrittori il primo e il quarto trattarono il tema con mag-


giore diffusione degli altri . Il Chabot de l'Allier afferma
che : o l'argomento della collazione è stato contemplato e
regolato espressamente dai contraenti la donazione , e in

questo medesimo atto , permettendolo la legge allora vi-


gente , e in questo caso nessuna legge posteriore può esservi
applicata, attesochè tutte le convenzioni , tutte quante le
condizioni stipulate dalle parti contraenti devono essere
eseguite , ove siano state validamente poste in essere ;
oppure i contraenti non contemplarono quell'argomento ,
e in questo caso vi si deve applicare la legge vigente quando
la donazione venne posta in essere , perchè, in virtù dei
generali principii del diritto contrattuale, vuosi ritenere
che i contraenti la donazione siansi tacitamente riferiti a

quella legge , non avendovi espressamente derogato . Inoltre


lo stesso autore , ed anche il Mailher de Chassat , osservano
che la donazione irrevocabile non può essere sottoposta a

due leggi differenti , che essa deve sempre produrre tutti 493
gli effetti che le erano attribuiti dalla legge vigente quando
venne posta in essere , e che , se uno di tali effetti era la

possibilità pel donatario di congiungere a questa qualità


quella di erede del donante , una legge posteriore non le
può toglière questo effetto . Che se, continua il Chabot de

l'Allier, non può negarsi essere la successione sottoposta


alla legge vigente alla morte del de cujus , questo principio
però non può intendersi nè applicarsi con danno di diritti

quesiti , e mentre il legislatore può , senza offendere nessun


diritto quesito , togliere ad un individuo il diritto di suc-
cedere in un dato grado , non può del pari , senza cadere in
quell'inconveniente , far dipendere il di lui diritto di suc-

cedere dalla condizione di perdere in tutto od in parte un


anteriore diritto di proprietà , la qual cosa accadrebbe a
suo credere , applicando le nuove leggi sulla collazione ere-

ditaria alle donazioni anteriori , specialmente nel caso che


510 PARTE TERZA

queste leggi sottopongano a collazione una donazione che


in origine non vi era sottoposta.
La seconda opinione è propugnata da maggior numero
di giureconsulti , e fra gli altri da Merlin ( 1. c. , pag. 266 ) ,
Grenier (Donat . , 2 , p . 248 ) , Meyer ( p . 82) , Toullier ( IV ,
n. 454 , i. n .) , Dalloz ( l . c . , n . 296 ) , Kalindero (pag . 105 ) ,
Bianchi (pag. 106 ) . La legge nuova , dice il Merlin , non
può togliere al donatario il diritto che ha acquistato , ma
può benissimo imporgli la condizione di rinunciarvi , se
vuol succedere , perchè la legge sotto il cui impero la suc-
cessione si apre può ammettervi chi le piace . E il Grenier
aggiunge che la donazione non comprende disposizioni
circa la successione del donante , che questa successione
rimane libera , e si regola secondo le leggi vigenti nel
giorno in cui viene ad aprirsi , e che la pretesa indivisibi-
lità degli effetti della donazione , compresi anche quelli
relativi alla successione del donante , non sussiste di fronte
alla nessuna connessione giuridica fra la donazione e la
494 successione del donante , e vuolsi a miglior diritto affer-
mare rispetto alla legge regolatrice della successione , la
quale non deve meno essere rispettata circa l'ordine di
successione , che circa le condizioni del diritto di succe-
dere. Il Meyer soggiunge alla sua volta , che il donatario
mal si dorrebbe della ingiusta retroattività della nuova
legge circa la collazione della donazione, dacchè l'accetta-
zione dell'eredità è un atto facoltativo . Oltredichè , egli
osserva, il non aver il donante , sopravvissuto all'attua-
zione della nuova legge circa la collazione della donazione ,
manifestata la volontà d'attenersi all'antica legge anzichè
alla nuova , conduce a ritenere che egli abbia inteso
seguire la nuova legge anzichè l'antica. La stessa opinione
è stata pure adottata da parecchie legislazioni , e , per es. ,

dalla legge 17 nevoso , anno II ( Lois civ . interméd . , T. 2 ,


pp . 9 , 54) , benchè in parte soltanto , disponendo questa
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 511

legge (art. 8 , 9) che le donazioni anteriori al 1789 , non


comprese nella collazione imposta retroattivamente da

essa alle eredità aperte dal 4 agosto 1879 in poi , doves-


sero cionondimeno conferirsi dai donatari che realmente

ereditassero dopo l'attuazione della legge medesima , quan-


tunque l'antica legge ne dispensasse ; dalla legge tran-
sitoria oldemburghese del 1814 (§ 8 , v. V. I di q . o . , p . 91 ,
i. n .) ; - dalla Patente transitoria sarda del 1837 (art . 14 ,

ib. , p . 104 , i. n . ) ; dalla legge transitoria civile italiana


del 1865 (art . 28 , ib . , p . 118 , i . n .) .
L'opinione media , a cui accennammo genericamente più
sopra , è quella adottata da Demolombe ( n . 48 ) , e da Grand-
manche de Beaulieu (pp . 68-72) . Il Demolombe opina non
potersi dare all'attuale quistione una soluzione generale ,
ma doversi invece distinguere caso da caso ; essere vero
bensì in tesi generale , che la legge concernente la succes-
sione può anche regolare liberamente la materia della col-
lazione , ma talvolta non essere intenzione di questa legge
di colpire le donazioni anteriori , come per esempio nel caso
che alla regola , doversi fare la collazione , a meno che 495
il donante l'abbia dispensata , sia stata surrogata la regola
contraria, nel qual caso egli ritiene che la nuova legge
non può avere inteso di concernere anche le donazioni

anteriori , nelle quali il donante non avesse fatta l'accen-


nata dispensa . Il Grandmanche de Beaulieu distingue alla
sua volta il caso di una differenza fra l'antica legge e la
nuova , consistente nel richiedere l'una la dispensa espressa ,
affinchè la collazione non si faccia , l'altra l'espressa ingiun-
zione della collazione affinchè questa si faccia, o viceversa ,
da tutti gli altri casi nei quali la legge nuova ordini o
prescriva la collazione , senza aver riguardo alla volontà
del donante . Nel primo caso anche il Grandmanche opina
che si debba seguire la legge sotto il cui impero la dona-
zione venne posta in essere , in tutti gli altri casi invece la
512 PARTE TERZA

legge sotto il cui impero si apre la successione del donante,


per la ragione che questa legge, vincolando la successione
ad una condizione concernente la collazione di una dona-

zione anteriore , in realtà non colpisce questa donazione


che indirettamente, e propriamente non fa che regolare la
successione .

La giurisprudenza ha oscillato fra le due prime opposte


soluzioni , dovunque non esisteva una legge positiva sul-
l'argomento in discorso , e specialmente in Francia ; ma
propendette ovunque , nella maggior parte dei casi , verso
la seconda soluzione .

Venne applicata di preferenza la legge , sotto il cui impero


la donazione è stata fatta , nelle seguenti decisioni : Corte
di cassazione di Parigi , 25 nevoso anno XIII ( 1 ) , 27 agosto
1822 ( 2) , Gran Corte civile di Napoli , 12 aprile 1838 (3).
Applicarono invece la legge , sotto il cui impero erasi aperta
la successione del donante , le decisioni seguenti : Corte di
496 cassazione di Parigi , 2 piovoso anno XII ( 4) , 4 maggio
1807 (5 ) , le quali due sentenze a torto noi crediamo citate

da Chabot de l'Allier a sostegno della sua opinione , mentre


dichiararono bensì esente da collazione secondo la legge
nuova, una donazione che la legge antica non vi sottopo-
neva, ma per la circostanza che il donatario si asteneva

dall'eredità , ritenendo la donazione , del che appunto la


legge nuova gli dava facoltà ; Corte di cassazione di Parigi ,
23 messidoro , anno IX ( 6 ) , 16 brumale, anno XIII (7) ,
21 marzo 1808 ( 8 ) , le quali tre sentenze , checchè ne dica

(1 ) R. G. , 5 , 1 , 129.
(2) R. G. , 23, 1 , 97 ; C. N. , 7, 1 , 133.
( 3) AGRESTI, Vol . II , p . 166 e segg.
(4) CHABOT DE L'ALLIER , 3, p . 36.
(5) Ib .
(6) R. G. , 1 , 1 , 467 ; C. N. , 1 , 1 , 496.
(7) R. G., 5 , 1 , 54 ; C. N., 2 , 1 , 18.
(8) Ib.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 513

il Mailher de Chassat (1. c . , pag . 345 ) , dichiarano aperta-


mente che in materia di collazione si deve seguire la legge
vigente all'epoca dell'apertura della successione del donante ;
5 maggio 1812 ( 1 ) , 21 marzo 1808 ( 2 ) , 8 maggio 1812 ( 3 ) ,
23 aprile 1839 (4) , 29 marzo 1842 (5 ) , Corte d'appello di
Genova, 29 giugno 1807 ( 6 ) , Corte d'appello di Bruxelles ,
30 maggio 1812 ( 7 ) , Corte di cassazione di Torino ,
18 giugno 1885 (8) .
Facendoci ora noi pure a studiare la questione in discorso ,
riflettiamo anzitutto che per risolverla convenientemente
non bisogna porla in termini troppo generali , formulare
cioè la discrepanza fra la legge antica e la nuova col dire
in generale che l'una ordini in un dato caso la collazione
della donazione , l'altra la dispensi , o viceversa . In realtà ,
fra le leggi intorno alla collazione , altre la prescrivono , 497
permettendo al donante di espressamente dispensarla , altre
la dispensano permettendo al donante di espressamente
ordinarla , altre ancora , pochissime per verità , la prescrivono
o la dispensano assolutamente, divietando al donante di

pattuire il contrario . Queste ultime leggi sono esclusivamente


occasionate dallo impero che il legislatore si attribuisce sulle
successioni mortis causa , le prime invece sono ispirate con-

temporaneamente da questo principio , e dal rispetto della


volontà del donante de cujus . La differenza fra le une e le
altre è manifestamente grandissima ed essenziale . Vari
possono quindi essere i casi di discrepanza fra l'antica

legge intorno alla collazione , e la nuova , secondo che il


passaggio sia da una legge della prima specie ad una della

(1) R. G., 5, 1 , 54 ; C. N. , 2, 1 , 18.


(2) R. G. , 3, 1 , 413 ; C. N. , 2, 1 , 502.
(3) R. G., 13, 1 , 17 ; C. N., 4, 1 , 94 .
(4) R. G., 38, 587.
(5) R. G., 42, 1 , 461 ; D. , P., 42, 1 , 170.
(6) R. G. , 7, 2, 315 ; C. N. , 2, 2, 270.
(7) MERLIN, Rép. , loc. cit. , p. 266 .
(8) M. T., 1885 , 641 .
GABBA - Retr. leggi, III. 33
514 PARTE TERZA

seconda, o viceversa , o da leggi della prima o della seconda


specie a leggi della terza , o viceversa , o finalmente il pas-
saggio sia fra le differenti leggi della terza specie . E sic-
come a casi differenti non è possibile applicare i medesimi
principii , così quei differenti casi devono essere distinti
nella stessa posizione della questione che stiamo trattando.
Codesta avvertenza è già stata fatta , come dicemmo sopra,
da Demolombe e dal Grandmanche de Beaulieu , e noi vi
ci associamo . Conseguentemente noi opiniamo del pari con
loro, che la vera soluzione della questione non possa essere
nessuna delle due prime sopra riferite , ma debba consistere
in una dottrina media , cioè nella distinta e separata deci-
sione delle differenti ipotesi , in cui deve essere decomposta
la quistione generale.
Come dianzi dicemmo , voglionsi distinguere i seguenti
casi : a) che ad una legge imperante la collazione, ove questa
non sia stata dispensata dal donante, succeda un'altra che
disponga l'opposto , oppure il caso inverso al precedente ;
b) che ad una legge imperante o dispensante la collazione ,
ove questa non sia stata dispensata od imposta dal donante,
498 ne succeda un'altra che la dispensi o l'imponga assoluta-
mente, cioè togliendo al donante la facoltà di ordinare il

contrario , oppure il caso inverso ; c) che ad una legge, la


quale imponga in modo assoluto la collazione , ne succeda
un'altra che pure in modo assoluto la dispensi , o viceversa .
È superfluo l'osservare che ove sia necessaria la collazione,

sia per volontà del donante , sia per volontà della legge,
tale necessità non impedisce mai al donatario di astenersi
dalla successione , ritenendo la donazione , e che questa

circostanza non ha importanza alcuna nella presente discus-


sione di gius transitorio .
Nei casi della prima specie noi pure opiniamo col Demo-
lombe e col Grandmanche de Beaulieu , che non la legge
vigente nel giorno della morte del donante debbasi seguire,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 515

ma bensi quella vigente nel giorno della stipulata dona-


zione, o , in altri termini , che debbasi eseguire la volontà
manifestata dal donante . Invero , sia che il legislatore dica :
la collazione della donazione si farà , a meno che il donante
l'abbia dispensata , o sia che dica : non si farà , a meno che
il donante l'abbia imposta , in ambedue i casi è in sostanza
dalla volontà del donante che egli fa dipendere il farsi o il
non farsi la collazione della donazione . Vero è che nel

primo caso il legislatore dimostra la sua predilezione per


l'uguaglianza di trattamento dei coeredi , e nel secondo
dimostra invece di darsi pensiero , più che di ogni altra
cosa, della intenzione del donante, non ordinando egli la
collazione come regola generale , se non perchè ritiene che
col fatto stesso della donazione il donante abbia manife-

stato la mira di favorire il donatario più di tutti gli altri


suoi eredi , ma anche nel primo caso il legislatore non fa
appunto che esprimere quella sua predilezione , non la
impone, e lascia la decisione interamente al donante. Non
vi ha una essenziale differenza fra le due leggi , ma queste
sono invece identiche nella sostanza , differenti solo nella
sola forma , perchè ambedue lasciano al donante la deci-
sione se si debba o no conferire la donazione , e soltanto 499
l'una esige che questa volontà sia espressa , l'altra si accon-
tenta di una volontà presunta , perchè la presume , se
espressa non è . Ciò posto , se vigendo una qualunque di
quelle leggi , il donante ha dimostrato la sua volontà circa
l'obbligo della collazione , sia col tacere , sia con una dichia-
razione espressa , come mai si potrà pretendere in base ad
una legge posteriormente attuata , e vigente alla morte del
donante , di interpretare diversamente e contrariamente
quel silenzio , o di porre in disparte quella espressa dichia-
razione ? Si noti che nel caso speciale di passaggio dalla
prima delle due leggi in discorso alla seconda , e di osser-
vato silenzio del donante intorno alla dispensa dalla colla-
516 PARTE TERZA

zione , il voler imporre la collazione in nome della legge


nuova e del principio generale che la successione mortis

causa è regolata dalla legge vigente alla morte del de cujus,


sarebbe in realtà un disconoscere questo medesimo prin-
cipio , imperocchè, come dicemmo poc'anzi , quella seconda
legge è ancor più formalmente della prima rispettosa della
volontà del donante , riposando la regola generale , che essa
contiene , su di una presunzione favorevole alla donazione.

Obbietta il Meyer (v . sopra) , e qualche altro con lui , che


il donante, sopravvissuto all'attuazione della legge nuova ,
non avendo fatto più alcuna dichiarazione , è da riputarsi
aver inteso che il suo silenzio venisse d'ora in avanti inter-

pretato nel modo stabilito dalla legge nuova . Ma questa


obbiezione è difettosa da più di un lato . Anzitutto può darsi
che il donante non abbia sopravvissuto all'attuazione della
legge nuova, la quale sia stata attuata appunto nel giorno
della sua morte ; in secondo luogo , se egli ha sopravvissuto
a quell'epoca , ed anche ha fatto il suo testamento sotto
l'impero della legge nuova , sembra molto più ragionevole
il ritenere che il donante testatore persistesse nel giudicare
il valore del suo silenzio circa la collazione , alla stregua
della legge sotto il cui impero la donazione è stata fatta ,
500 attesochè il fare o il non fare una ulteriore dichiarazione

su quel proposito , può ben considerarsi in certa guisa come


un seguito e un completamento di quel contratto , se ed in
quanto questo ne abbisogni a termini di detta legge .
L'opinione da noi propugnata , concordemente coi citati
scrittori , è pure stata qualche volta seguita dai tribunali .
Così , per es . , la Corte d'appello di Liegi con sentenza del
27 febbraio 1818 ( 1 ) dichiarò che una donazione tra vivi ,
fatta sotto l'impero delle leggi romane , che la dispensavano
dalla collazione, non doveva essere conferita nella succes-

( 1) R. G. , 19, 2, 261 ; C. N. , 3 , 2, 219 .


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 517

sione al donante che non aveva ordinato la collazione ,


quantunque la successione si fosse aperta sotto l'impero
del Codice Napoleone , il quale statuisce l'opposto principio .
E la Corte di cassazione di Parigi con sentenza del 14 giugno
1813 ( 1 ) dichiarò che la donazione tra vivi fatta da un
padre a taluno dei figli , imperando una legge che per re-
gola generale dispensava gli eredi dalla collazione , ma che
a termini dell'atto di donazione doveva essere imputata

nella legittima dei figli medesimi , risultava sottoposta a


collazione in virtù di ambedue le leggi , l'antica e la nuova ,

se la successione del donante si apriva sotto l'impero del


. Codice Napoleone . La stessa Corte poi riconobbe solenne-
mente il principio che , nei casi transitori di cui andiamo
ragionando , la volontà del donante è la sola decisiva ,
quando dichiarò nella sentenza del 7 febbraio 1849 ( 2 )
che una donazione tra vivi fatta dal padre al figlio sotto
l'impero della legge del 4 germinale anno VIII , che la
dispensava da collazione , e non sottopostavi per espressa
volontà del padre donante , doveva rimanere dispensata
anche dopo l'attuazione del Codice Napoleone , il quale
stabilisce la regola contraria ; che però al padre donante
doveva riconoscersi anche dopo l'attuazione del C. N. la 501
facoltà d'imporre l'obbligo della collazione di quella dona-
zione , sia nel suo testamento , sia con altro valido atto ( 3 ) .
I casi della seconda e terza specie , sovra enumerati ,
hanno indole affatto diversa da quelli della prima . Quando

(1 ) C. N. , 4, 1 , 369.
(2 ) R. G. , 49, 1 , 557.
(3) E ciò noi riterremmo anche di fronte all'art . 28 alinea 1 delle dispo-
sizioni transitorie civili italiane del 1865, riflettendo che il Codice civile ita-
liano (art. 1001 ) in materia di collazione rispetta in sostanza la volontà del
donante de cujus . Quell'articolo devesi applicare rispetto alle vere e proprie
norme della collazione, non già rispetto all'obbligo della collazione , quando
la volontà del testatore rispetto al medesimo si può desumere dalla legge
anteriore, sotto il cui impero il testamento venne fatto. Ciò ritenne anche
la Corte d'appello di Bologna , 15 maggio 1877 (G. 1., xxix , 2, 562) .
518 PARTE TERZA

il legislatore ordina , in modo assoluto , che la collazione si


faccia o non si faccia , interdicendo al donante di ordinare
il contrario , noi crediamo colla grande maggioranza degli
scrittori e dei giudicati che nelle successioni aperte vigendo
siffatta legge , questa debba venire esclusivamente appli-
cata, senza riguardo alcuno al disposto della legge ante-
riore , sotto il cui impero la donazione venne posta in
essere , nè alle prescrizioni del donante contenute nel suo
testamento , o nella stessa donazione , o in altro atto . Im-
perocchè la legge in discorso dà a divedere di considerare
la collazione come attinente esclusivamente all'ordina-
mento della successione , e non anche al diritto contrat-
tuale ; ora quell'ordinamento è noto essere esclusivamente
regolato dalla legge sotto il cui impero la successione viene
ad aprirsi.

E veramente la collazione , per sè medesima considerata ,


è argomento attinente piuttosto alla successione ereditaria ,
che non al diritto contrattuale della donazione . Manca del

resto alla collazione , considerata in relazione alla dona-


zione , il carattere più essenziale dei veri e propri effetti
dei contratti . Devono questi effetti intercedere fra i con-
traenti o i loro aventi causa , non fra l'uno dei contraenti o
502 gli aventi causa del medesimo , e terze persone , e per sem-
plice occasione, non tanto del contratto , quanto dell'effetto
che dal contratto è risultato in quel contraente o nei suoi
aventi causa (v . Vol . I , pag . 315 ) . Questi ultimi caratteri
appunto si verificano nella collazione , la quale è un rap-
porto intercedente fra il donatario e i coeredi suoi , affatto
estranei alla donazione , occasionato , non tanto dal con-
tratto di donazione , quanto più propriamente dall'arricchi-
mento che al donatario ne è derivato con beni provenienti

dal patrimonio di colui della cui eredità si tratta . Non


possono i contraenti pretendere di dettar legge a siffatte
conseguenze occasionali ed estrinseche del loro contratto ,
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 519

perchè res inter alios acta tertio nec prodest nec nocet ; pei
coeredi in particolare , che non sono donatari del de cujus ,
il patto statuito fra questo e un erede donatario circa la
collazione della donazione , è una res inter alios acta , di

fronte alla quale essi sono terzi , e che per conseguenza


non può loro nuocere nè giovare , se la legge vigente alla
morte del de cujus non riconosce essa pure nel donante il
diritto di regolare da sè tale elemento della successione .

Può benissimo il legislatore accordare agli stipulanti un


dato contratto , il diritto di assumere in questo anche
qualche norma relativa ad un rapporto giuridico occasio-
nalmente ed estrinsecamente connesso col contratto , e,

nella donazione in particolare , può accordare al donante


il diritto di regolare la collazione della donazione nell'even-
tuale consuccessione del donatario e di altri eredi suoi ,

ma un tale diritto , non formando parte propriamente del


gius del contratto , rimane una mera concessione del legis-
latore , che questi , come può accordare , così può anche
ritogliere, finchè non abbia prodotto il suo effetto . Avvi
bensì un caso in cui l'ordinamento della successione su-

bisce la regola della legge successoria sotto il cui impero.


venne posto in essere un contratto inter vivos del de cujus ,
e lo offre il tema della riduzione delle donazioni inofficiose

di cui sopra ragionammo , ma in questo caso l'antica legge 503


successoria viene assunta e rispettata come legge del con-

tratto , perchè non tanto si tratta di regolare un elemento


della successione del donante , quanto di decidere se la do-
nazione in questione sia stata fatta validamente e debba
essere mantenuta quale venne posta in essere . Nè vale
contro le suesposte considerazioni il riferito riflesso di
Chabot de l'Allier e di Mailher de Chassat , che la dona-
zione è indivisibile nei suoi effetti, i quali perciò devono
tutti esser regolati dalla medesima legge , sotto il cui im-
pero la donazione venne posta in essere . Sta questo prin-
520 PARTE TERZA

cipio in astratto , ma non lo si può applicare se non ai veri


e propri effetti della donazione , fra i quali effetti non può
appunto annoverarsi la collazione della donazione nella
consuccessione del donante . - Concorda sostanzialmente

coll'esposta dottrina una sentenza della Cassaz . di Roma,


27 marzo 1882 ( 1 ) .

La rinunzia ad una successione deferita , sia testamen-


taria, sia intestata , quantunque sia un fatto distinto e se-
parato dalla delazione dell'eredità , non è però , come poco
sopra osservammo , di per sè stante , cosicchè il diritto alla

medesima debba regolarsi colla legge vigente nel giorno


in cui viene intrapresa . Devesi invece la rinunzia regolare
secondo la stessa legge che regola la successione , ed è
quindi con questa legge che si deve decidere a) chi abbia

facoltà di rinunziare , b) quali siano gli effetti giuridici della


rinunzia . Imperocchè il diritto di rinunziare alla eredità è
elemento integrante del diritto medesimo di acquistarla ,
il quale diritto , come fu già da noi dimostrato ( v . sopra
pag. 267) , viene acquistato nel giorno in cui diventa effi-
cace il titolo traslativo della successione . Di tale principio
504 noi abbiamo già fatta un'applicazione al diritto di accre-
scimento di cui è oggetto la porzione ereditaria del rinun-
ziante. Dovrà invece esser regolato dalla legge vigente nel
giorno della rinunzia tutto ciò che in questa non concerne
propriamente il diritto alla medesima , e le sue giuridiche
conseguenze , ma piuttosto elementi e condizioni estrin-

seche, quali sono i modi nei quali la rinunzia deve essere


fatta . Imperocchè noi sappiamo (v . Vol . I , p . 319 ) che i
modi dell'esercizio dei diritti possono sempre venire inno-
vati dalla legge rispetto a tutti i diritti che non siano stati
ancora esercitati .

( 1 ) G. I. , xxxiv, 1 , 399.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 521

La comproprietà della eredità è, come già dicemmo


sopra (p . 273 ) , un effetto diretto di questa , ma la divisione
della eredità ne è soltanto un effetto indiretto . Come pur
già dicemmo sopra (ib . ) , la divisione della eredità fra i
coeredi , va regolata esclusivamente secondo la legge sotto.
il cui impero la divisione viene posta in essere . Da questa
legge si desumerà il modo della divisione , e lo stesso ca-
rattere giuridico di questa , se cioè dichiarativa soltanto , o
attributiva ; e così pure un'ipoteca posta in essere da questa
legge a vantaggio dei condividenti , dovrà essere reputata
diritto quesito e inviolabile. Tutto ciò ebbe a dichiarare
anche una sentenza della Corte d'appello di Venezia ,
24 febbraio 1880 (1 ) .

Da ultimo osserviamo circa gli indiretti effetti delle suc-


cessioni ereditarie, che anche le cause di caducità del
diritto di successione , una volta acquistato e fatto valere ,
devono in ogni tempo essere regolate dalla legge sotto il
cui impero tale acquisto è accaduto . Onde giustamente la
Cassazione di Torino , con sentenza 13 giugno 1877 ( 2 ) ,
ebbe a dichiarare che l'usufrutto legale del coniuge super- 505

stite , acquistato a termini di una legge che lo faceva ces-


sare in caso di seconde nozze , rimane esposto a codesta
causa di caducità , qualunque differenza interceda in pro-
posito fra la legge , sotto il cui impero morì il coniuge pre-
defunto , ed una legge posteriore .

(1) G. 1. , xxxII , 2, 883.


(2) M. T., XVIII, 641.
522 PARTE TERZA

CAPITOLO XXVIII .

Continuazione.

Delle rinunzie a futura successione.

Comune discorso ad ogni specie di successione eredi-


taria è altresì quello della efficacia delle nuove leggi sulle
anteriori rinunzie a futura successione.

Queste rinunzie , dette de futuro ex causa de futuro , non


erano permesse dal Diritto Romano , il quale , mentre po-
neva la regola generale potere ognuno rinunziare ai van-
taggi che dalle leggi gli provengono (L. 41 , ff. de minor. ,

L. 29, C. de pactis) , non ammetteva però che tale principio


si potesse applicare alla rinuncia ad una successione non
ancora deferita , e questa rinuncia dichiarava invalida

(L. 3, C. de coll. , L. 15 , L. 19 , C. de pactis ) . Anche le le-


gislazioni contemporanee non ammettono per la maggior
parte tali rinuncie , e per es. , il Codice Napoleone (art . 791
e 130) , e la maggior parte dei Codici fatti ad imitazione
di questo , fra gli altri , il Codice civile Albertino ( art . 1009 )
e il Codice civile italiano (art. 954) ( 1 ) . Ma nelle legisla-
zioni dei secoli scorsi , come si introdusse e si generalizzò

l'istituto dei patti successorii , sconosciuto del pari al Diritto


Romano, così pure invalse generalmente quello delle ri-
nunzie a successione futura . Noi le troviamo in tutte le
consuetudini francesi (cf. Ch . de l'All . , 2 , pp . 234-236 ) , e

506 nella generalità degli statuti italiani ( 2) . Solevano esse


farsi dalle donne o nel loro contratto di matrimonio ,

come correspettivo della dote , oppure nel contratto di ma-


trimonio dei loro fratelli , o mediante altri atti fra vivi coi

( 1 ) Il Codice civile austriaco invece le ammette (§ 551 ) .


(2) V. ROMAGNOSI , Delle rinunzie delle donne, op . ed . da A. De Giorgi ,
Milano 1845 , Vol. VII , p . 221 .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 523

fratelli medesimi , consentendo i genitori o gli ascendenti ,


od altri parenti della cui eredità si trattava ; dai religiosi
professi all'atto di pronunciare i voti solenni ; dai figli na-
turali riconosciuti o legittimati , all'atto del riconoscimento
o della legittimazione . Lo scopo loro era sempre quello di
conservare i beni nelle famiglie , interesse gravissimo in
una società ordinata aristocraticamente , e predominata
dal pensiero della stabilità delle condizioni , e della conser-
vazione dei patrimoni . Ma di tutte queste rinuncie le più
frequenti erano quelle delle donne , e l'importanza loro nei
tempi ai quali accenniamo , era quella medesima dell'isti-
tuto dell'agnazione che predominava tutto il sistema suc-
cessorio , e del quale esse facevano parte essenziale , come
osservò la Corte d'appello di Torino nella sentenza 4 ven-
toso , anno XIII , che avremo ancora in seguito occasione
di menzionare.
Codeste rinunzie delle donne non accadevano però dap-

pertutto nelle medesime circostanze , ed occorre qui una


distinzione capitale nella discussione del gius transitorio ,
cui le medesime diedero occasione .

In taluni paesi le donne erano per legge escluse dal con-


succedere coi maschi , sia a tutti i parenti , sia ai soli ascen-

denti , in altri paesi le leggi non pronunciavano siffatta


esclusione . Cionondimeno le rinunzie successorie delle

femmine erano praticate tanto nei paesi dove vigeva la


detta esclusione , quanto in quelli in cui questo principio
non vigeva ; nei primi le rinuncie erano forse un avanzo
di un sistema giuridico , anteriore all'adozione del prin-
cipio della esclusione ; nei secondi erano un mezzo per-
messo dalla legge o dalla consuetudine onde derogare al 507
diritto scritto o consuetudinario . Tutti i moderni giure-
consulti , come in seguito vedremo , attribuiscono una gran-
dissima importanza alla differenza fra le rinunzie della
prima specie e quelle della seconda . Le prime chiamano
524 PARTE TERZA

supererogatorie (surérogatoires) ; le seconde chiamano con-


trattuali o convenzionali.

Abolito nelle recenti riforme legislative ogni privilegio


successorio del sesso maschile , ogni esclusione delle fem-
mine dalla successione intestata , e tolto ogni fondamento
all'antico sistema mediante il divieto delle rinunzie a fu-

tura successione , si è domandato se in virtù di codeste


riforme si dovessero intendere sussistenti , oppure prive di
effetto , le rinunzie anteriormente fatte dalle femmine a

successioni apertesi dopo l'attuazione delle leggi nuove. A


questa domanda fu variamente risposto da scrittori , da
tribunali e da legislatori , ed è questa appunto una delle
questioni più gravi e più dibattute nella giurisprudenza
transitoria .

In Francia le leggi 15 marzo 1790 e 8 aprile 1791 , che


abolirono i privilegi del sesso nella successione intestata,
non fecero motto delle anteriori rinunzie delle donne . Fu-

rono invece queste rinunzie dichiarate inefficaci dalle leggi

5 brumale e 17 nevoso , anno II , ma queste leggi vennero


ben presto abrogate , come è noto , nelle loro disposizioni
retroattive. Il 24 germinale, anno IV venne proposta al
Consiglio dei Cinquecento una risoluzione , interpretativa
della legge 8 aprile 1791 , e che ripeteva l'accennata dispo
sizione delle leggi dell'anno II ; ne nacque una discussione ,
a cui prese parte principale il Tronchet, e il risultato ne
fu la legge 18 piovoso , anno V. Questa statuì che le ri-
nuncie delle femmine , anteriori alla legge 8 aprile 1791 ,
in località dove le femmine erano escluse dalla successione
cui avevano rinunciato , s'intendessero rese inefficaci dalla
legge medesima (art . 9 ) , quelle invece, fatte in località
dove tale esclusione non vigeva , s'intendessero inefficaci
508 soltanto nelle successioni aperte dopo la pubblicazione
della legge 5 brumale, anno II ( 1 ) . In tal modo si veniva a

(1) Veggansi per l'applicazione della legge 18 piovoso, anno V, le seguenti


PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 525

risolvere la suaccennata quistione nel senso che le rinuncie


supererogatorie si dovessero intendere annullate per il fatto
dell'attuazione del nuovo regime successorio , le contrattuali
invece continuassero a rimanere efficaci anche dopo
quest'epoca , e soltanto da una legge apposita potessero
venire annullate. La legge 18 piovoso , anno V, era inter-
pretativa della legge 8 aprile 1791 , soltanto rispetto alle
rinunzie della prima specie . Quanto alle seconde , essa in-
terpretava bensì la legge 5 brumale , anno II , ma per di-
chiarare che questa era veramente introduttiva di un
nuovo diritto. Lo stesso Tronchet affermò esplicitamente
che dalle rinunzie contrattuali proveniva nel rinunziatario
un vero diritto quesito a termini delle antiche leggi , e che
questo diritto quesito poteva soltanto essere espressamente
rivocato da una legge nuova ( cf. Chabot de l'Allier , 2 ,
pp . 240-241 ) .
In Italia venne pure agitata la quistione in discorso , non
appena vi furono attuate leggi consimili a quella francese
dell'8 aprile 1791 , o il Codice Napoleone. Ma le condizioni

nelle quali si discuteva la quistione , in Italia , erano al-


quanto diverse dalle francesi , e più diverso ancora fu
l'indirizzo col quale essa venne generalmente trattata e
risoluta .

In nessuna parte d'Italia , che subi direttamente o indi-


rettamente l'influenza francese alla fine del secolo scorso

o al principio dell'attuale , venne promulgata la legge fran-


cese 18 piovoso anno V. La questione quindi dell'influenza
retroattiva del nuovo sistema successorio sulle anteriori 509

sentenze : Corte d'appello di Bastia, 14 aprile 1834 (R. G. , 31 , 2, 594) ; Corte


di cassazione di Parigi , 30 dicembre 1816 ( R. G. , 17 , 1 , 153 ; C. N. , 5, 1 , 265) .
In virtù dell'annullamento delle rinunzie delle donne, statuito dalle citate
leggi , l'azione delle rinunzianti onde succedere a termini delle leggi nuove
fu giustamente dichiarato prescriversi in 30 anni, e non in 10 anni secondo
l'art. 1304 del C. N. V. le sentenze della Cassazione di Parigi , 18 giugno 1822
(C. N. , 7 , 1 , 95) , 28 maggio 1828 (R. G. , 29 , 1 , 209 ; C. N. , 9 , 1 , 103) .
526 PARTE TERZA

rinunzie delle donne era lasciata intieramente alla giuris-


prudenza . Generalmente in Italia non fu revocato in dubbio
che, ad onta dell'attuazione di quel sistema , le anteriori
rinunzie contrattuali delle donne dovessero rimaner valide

ed efficaci . Tanto in Piemonte , quanto nel primo Regno

d'Italia, e nello Stato Parmense , e nell'ex Regno di Napoli ,


la giurisprudenza si pronunciò sempre in favore di quella
tesi . Diventò questa una opinione così generale e sicura,
che noi la troviamo consegnata in parecchie leggi transi-
torie di epoche differenti , come, per es. , in un Decreto
napoletano 5 marzo 1817 ( 1 ) , nella legge transitoria civile

albertina del 1837 , la quale (art . 13 ) dichiara abolite le


sole rinunzie consuetudinarie (v . Vol . I di q . o . , pag. 103 ,

i . n .) , nella legge transitoria civile estense del 1851 (arti-


colo 20 , ib . , pag . 106 , i . n . ) . Soltanto nel già Ducato di
Parma fu sancito il contrario principio da una Sovrana
Dichiarazione del 27 novembre 1817 (2 ) . Nella Repubblica

cisalpina la stessa legge 6 termidoro anno V , introduttiva


del nuovo ordine successorio che pareggiò i maschi alle
femmine nella successione intestata , statuiva all'articolo 7 :
" le rinunzie fatte a simili diritti dalle donne maritate

saranno operative ed efficaci , semprechè, riguardate come


contratto , possano essere sussistenti a termini di ra-
gione , (3 ) .
Non vi fu differenza di opinioni in Italia se non rispetto
alla validità ed efficacia delle rinuncie supererogatorie ,
anteriori all'attuazione del nuovo sistema successorio , e

veramente l'opinione contraria a tale validità fu la più


generalmente ricevuta . Nel Piemonte, aggregato al primo
Impero francese , le antiche costituzioni escludevano le

(1 ) V. le Osservazioni dei magistrati giudiziali al Progetto di legge tran


sitoria pel nuovo Codice civile, Torino, Stamperia Reale, 1865, p . 24.
(2) Ib.
(3) V. ROMAGNOSI , 1. c . , p . 233.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 527

femmine dal consuccedere coi maschi , e cionondimeno 510


erano praticate le rinunzie successorie delle figlie in occa-
sione del loro matrimonio . Il nuovo sistema successorio vi

fu attuato con una legge 29 germinale anno II , e ben presto


fu domandato se le dette rinuncie , anteriori alla nuova
legge, continuassero anche dopo di questa ad avere valore .
L'opinione negativa venne adottata da due conformi sen-
tenze del Tribunale di Torino , 12 fruttidoro anno XII ( 1 ) ,
e dalla Corte d'appello di Torino , 4 ventoso anno XIII ( 2 ) ,
sentenze che hanno sempre goduto di una grande autorità
in questo argomento (v . Chabot de l'Allier , 2 , pag . 245 e
Mailher de Chassat , I , p . 303 ) . La stessa dottrina prevalse
nel foro napoletano (v. Osservazioni dei magistrati giudi-
ziali, ecc. , nota 1 , p . prec .) . Invece nel Ducato di Parma ,
prima della citata autentica dichiarazione del 1817 , la
dottrina contraria ebbe una volta l'appoggio di quel Tri-

bunale Supremo in una decisione 26 febbraio 1821 ( 3 ) ,


che venne poi combattuta dal Merlin ( R. , Vol . XVII ,
pp. 505 e segg. ) . Anche nel primo Regno d'Italia la stessa
opinione aveva alcuni fautori , ad onta dei termini del citato
art . 7 della legge 6 termidoro anno V , ed anzi la stessa
Corte di cassazione sedente in Milano propose al Governo

un decreto interpretativo di quella legge , onde dichiarare ,


fra le altre cose, che le rinunzie famulative, cioè le supere-
rogatorie , dovessero continuare a ritenersi valide ed efficaci
K
quando fossero state concepite in termini abili a com-
prendere anche i diritti derivanti ex causa de futuro , colle
quali parole il Romagnosi (1. c. , p . 245 ) dice che si inten-
deva accennare alle rinuncie i cui autori avessero avuto di

mira anche l'eventualità di una nuova legge che aumentasse


i loro diritti successorii . Ma siffatta proposta non ebbe effetto

(1) R. G., 5, 2, 618 ; C. N. , 1 , 2, 30.


(2) R. G. , 5, 2, 618 ; C. N., 1 , 2, 80.
(3) MELEGARI, Vol . V, p. 271 .
528 PARTE TERZA

di sorta . - Le leggi transitorie italiane da noi citate poco


511 sopra ammisero anch'esse l'invalidità delle rinuncie supe-
rerogatorie , poichè non ritennero valide che le rinunzie
contrattuali .
La questione generale della validità delle rinunzie delle
femmine , anteriori all'adozione del nuovo sistema succes-
sorio, venne ripresa in esame in Italia dopo la costituzione
del nuovo Regno d'Italia , e nell'occasione di attuare il
nuovo Codice civile italiano . Questa volta le fu data una
soluzione contraria alle tradizioni della patria giurispru-

denza , statuendosi nell'art. 22 delle disposizioni transitorie


civili del 1865 , che tutte le rinunzie, quindi tanto quelle
supererogatorie, quanto quelle contrattuali , anteriori alla
attuazione del nuovo Codice civile , si dovessero ritenere
dopo quest'epoca invalide e di nessun effetto (v. Vol . I di
q . o . , p . 118 , i . n . ) . Prevalse anche questa volta l'esempio
francese, col pretesto che un differente principio non si
sarebbe potuto ammettere , " senza contraddire al sistema
liberale del nuovo Codice , ed aprire il varco ad innumere-
voli frodi e litigi „ ( 1 ) . Egli è però un fatto che la maggior
parte dei giureconsulti interpellati dal Ministero intorno al
progetto di quell'articolo di legge , si dichiarò contraria al

medesimo , e proclive alla distinzione fra le rinunzie supe-


rerogatorie e le contrattuali ( 2) , e che nel seno medesimo
della Commissione incaricata di compilare un progetto di

legge transitoria civile non ebbero risposta le ragioni giu-


ridiche adottate da alcuni commissari contro la dottrina

che poi venne accettata dalla maggioranza . In questa guisa


l'art. 22 delle disposizioni transitorie civili italiane non può
certamente essere considerato , almeno in quella parte che
riguarda le rinunzie contrattuali , come l'espressione di una

opinione scientifica, ma come una mera disposizione legis-

(1) Proc. verb. della Commiss . , ecc. , p . 675.


(2) V. le Osservazioni di funzionari giudiziali, ecc., 24-25.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 529

lativa , emanata senza riguardo a diritti quesiti che si


potessero dimostrare , e per mere considerazioni di ordine
politico ( 1 ) . Si noti che nella legge transitoria 26 novembre 512
1860 per la provincia dell'Emilia il rispetto delle rinunzie
anteriori delle femmine dotate o collocate , ove queste

avessero natura di contratti onerosi , era stato apertamente


proclamato (art . 8) .
Fra le legislazioni estere che hanno regolato la questione
in discorso , merita di essere ricordata la legge transitoria
civile di Brema del 1814 , i cui autori erano tanto domi-
nati dall'opinione che tutte quante le rinunzie successorie
delle donne fossero veri e propri contratti , che trovasi san-
cito all'art . 29 (v. Vol . I di q. o . , p . 90 , i . n . ) conservare
siffatte rinunzie il loro valore, quantunque fatte vigendo

il Codice Napoleone , che espressamente le vietava ed


invalidava .

Gli scrittori che trattarono la quistione , dànno anch'essi


una fondamentale importanza alla distinzione fra le rinunzie
supererogatorie e le rinunzie contrattuali. Che queste ultime
debbano tutte quante essere rispettate , quantunque soprav-
venga una legge che le divieti o le invalidi , opinano Struve
(pag. 248 ) , Romagnosi (1. c. passim), Mailher de Chassat
(I , pag. 301 ) , Merlin (1. c . ) , Bianchi (I , pag . 109 ) , Volpi
(Di alcune rinunzie a successione futura , M. T. , 1865 ,
pag. 515 e segg. ) ; non conosciamo scrittori che professino
la tesi contraria . Il Chabot de l'Allier (I , pagg . 271-277 )
professa la stessa opinione rispetto a quelle di tali rinunzie ,
che , a termini della legge sotto il cui impero erano state
fatte , non potevano essere rivocate prima della morte del

de cujus. Taluni poi pensano, e di questo numero è il

(1 ) E applicando il detto articolo 22 la Cassazione di Torino dichiarò con


sentenza 18 giugno 1885 ( G. I., xxxvII , 1 , 641 ) non ostare la circostanza che
la nuova legge successoria riuscisse meno favorevole dell'antica alle fem-
mine rinunzianti.
GABBA - Retr. leggi, III. 34
530 PARTE TERZA

Mailher de Chassat ( ib . ) , che la retroattività della nuova


legge , inammissibile nella giurisprudenza , possa benissimo
513 venir pronunziata dal legislatore . Quanto alle rinunzie
supererogatorie, tutti i citati scrittori sono pur dell'avviso
che dopo l'attuazione del nuovo sistema successorio esse
diventino invalide ed inefficaci . - Della prima dottrina le

ragioni solitamente addotte si riassumono nel principio


generale, che di tutti quanti i contratti si deve decidere
secondo la legge sotto il cui impero vennero posti in essere.
Della seconda dottrina gli argomenti capitali e determi-
nanti sono due : il primo , che dove le figlie erano già escluse
per legge dalla successione , la rinunzia loro era più appa-
rente che reale , perchè mancava di oggetto ; il secondo ,
che le rinunzie delle figlie erano coordinate ad un intiero
sistema di successione agnatizia , il quale non può essere in
parte conservato, in parte abolito , e la cui abolizione toglie
la base e la ragione di sussistere alle istituzioni che vi erano
coordinate.
Alla nostra volta noi cominceremo coll'osservare essere

veramente due quistioni distinte , quella della retroattività


del nuovo sistema successorio sulle rinunzie successorie

anteriori delle femmine , e quella dell'ammissibilità di una


apposita legge la quale statuisca espressamente siffatta
retroattività . L'una è vera e propria quistione di giuris-

prudenza ; l'altra invece è quistione di legislazione . Ma


quantunque nostro còmpito sia propriamente quello sol-
tanto di studiare la prima quistione , non vogliamo però
tacere il nostro avviso anche rispetto alla seconda . E di-
chiariamo che non possiamo dividere l'opinione suaccen-
nata di Mailher de Chassat. Se veramente le rinunzie in
discorso , o tutte quante o alcune , si debbono considerare

veri contratti e fonte di veri diritti quesiti , non crediamo


che il legislatore le possa manomettere con una legge
espressamente retroattiva . I diritti quesiti non devono
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 531

essere meno rispettati dal legislatore che dal giudice , nè


si possono scorgere nella materia delle rinunzie , di cui

trattiamo , ragioni sufficienti per autorizzare una eccezione


a quel canone generale .
Facendoci ora a considerare la esposta dottrina transi-
toria dominante circa le rinunzie successorie delle femmine , 514
noi non possiamo persuadercene pienamente . Quella distin-
zione fra le rinunzie supererogatorie e le contrattuali , non
sembra a noi di tanta importanza , quanta glie ne attri-
buirono pur troppo molti e autorevoli scrittori ; conseguen-
temente la dottrina basata sulla medesima ci sembra ibrida
e incoerente . Onde giustificare il nostro modo di pensare ,
noi comincieremo dall'esporlo in quella parte in cui con-
viene colla dottrina dominante , e da essa poi argomente-

remo quell'altra parte in cui se ne discosta .


Noi pure opiniamo che le rinunzie dette contrattuali,
poste in essere in conformità della legge vigente, non per-
dono valore ed efficacia per l'attuazione di un regime suc-
cessorio che parifica i due sessi nella successione intestata ,
e che siffatte rinuncie abolisce. Queste hanno natura di
veri e propri contratti , anzi di patti successorii , e come
tali , esse ingenerano nel rinunciatario un diritto quesito ,
che nessuna legge posteriore può manomettere . Sia pure
che la legge vigente all'epoca in cui tali rinunzie debbono
sortire il loro effetto , più non le permetta, anzi le dichiari
invalide e nulle ; codesto divieto non si può maggiormente

applicare alle rinunzie anteriori , di quello che noi abbiamo


veduto sopra applicarsi retroattivamente l'abolizione e il
divieto dei patti successorii . È tanto certo il carattere con-
trattuale di quelle rinunzie , e il diritto quesito nascente da
esse , che molte volte le si stipulavano mediante corrispet-
tivo . Oltracciò , onerose o gratuite che fossero , esse servi-
vano di base ai matrimoni dei fratelli delle rinunzianti ,
presiedevano all'ordinamento economico della famiglia pa-
532 PARTE TERZA

terna, e delle famiglie che da questa si staccavano per il


matrimonio dei maschi , cosicchè non si può negare che la
loro abolizione retroattiva sovvertirebbe e compromette-

rebbe reali interessi di molte persone . Vero è che chi aveva

stipulato , o colui nell'interesse del quale era stata stipu-


lata una rinunzia di quel genere, non poteva ripromettersi

515 di approfittarne se non alla morte del de cujus, e alla con-


dizione che egli o i suoi aventi causa non avessero perduto

il diritto di succedere , e che ci fosse un patrimonio eredi-


tario ; ma quantunque in tal maniera quel diritto assu-
messe un carattere eventuale , non per questo era meno
perfettamente quesito e meno inviolabile. Già molte volte

nel corso di quest'opera noi ebbimo occasione di applicare


il principio generale che i diritti quesiti possono essere
convenzionali ed eventuali . Vero è altresì , che , come venne
osservato da uno dei membri della suaccennata Commis-

sione, la rinunzia successoria de futuro , quando sia stata


fatta contro un corrispettivo , come il più delle volte acca-
deva per parte delle figlie dotate, ha carattere di contratto
aleatorio per ambedue i contraenti , potendo accadere che
alla morte del de cujus la rinunziante si trovi aver conse-
guito più di quanto avrebbe avuto per eredità , oppure il
caso contrario , ma non per questo motivo la rinunzia è
meno idonea ad ingenerare un vero e proprio diritto que-
sito , essendo i contratti aleatorii veri e proprii contratti ,
quando le leggi li permettono e li riconoscono. - Tale e

tanta è la forza di codesti argomenti, che nella stessa


giurisprudenza italiana, nonostante il disposto del suac-
cennato articolo 22 delle disposizioni transitorie civili del
1865 , vennero tenute ferme le rinunzie successorie ante-
riori delle femmine , quando vi si riscontava vero e proprio
carattere contrattuale. Veggasi , tra le altre , una sentenza
della Cassazione di Torino , 29 aprile 1881 ( 1 ) .
(1) M. T., 1881 , 845.
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 533

Nè la tesi che noi propugniamo ammette la limitazione


che vorrebbe il Chabot de l'Allier. Questo scrittore , come
sopra dicemmo, ritiene inefficaci , dopo l'attuazione della
nuova legge successoria , le rinunzie contrattuali delle figlie

nel contratto di matrimonio , poichè tali rinuncie secondo


le consuetudini francesi non toglievano ai genitori il diritto
di chiamare alla loro successione le figlie rinunzianti ( vedi
Chabot de l'Allier, 2 , p . 272) . Impropriamente ci pare che 516
il Chabot de l'Allier chiami revocabili tali rinunzie per
siffatta circostanza ; altrimenti qualunque diritto contrat-
tuale non sarebbe diritto quesito e inviolabile , perchè colui
che lo ha stipulato vi può sempre rinunziare. Noi potremmo
essere di quell'avviso rispetto a quelle rinunzie che vera-
mente potessero essere rivocate dalle stesse rinunzianti ,
ma le rinunzie di questo genere non si potrebbero chia-
mare contrattuali , e neppure furono mai comprese in questa
categoria.
Se noi ora passiamo dalle rinunzie contrattuali a quelle

dette supererogatorie, non ci è dato di scorgere , per quanto


vi riflettiamo , che le considerazioni fatte rispetto alle prime
non si attaglino anche alle seconde . Quella essenziale dif-
ferenza, che generalmente si ammette fra le une e le altre ,
noi non la vediamo , quantunque noi veniamo così a dis-
sentire da molti autorevoli giureconsulti , e anche da pa-
recchi legislatori .
Per verità chi legga ciò che fu scritto su questo argo-
mento , e specialmente le tanto vantate sentenze torinesi
degli anni 12 e 13 , non può disconoscere che al trionfo
dell'opinione che noi combattiamo contribuirono in Italia
non poco alcune considerazioni affatto contingenti e di oc-
casione, quali erano quelle desunte dallo spirito della legi-
slazione francese del 1791 , e dall'autorità morale della
legge francese del 18 piovoso anno V. Ma che , in astratto
considerata , cioè di fronte alle ragioni della giurispru-
534 PARTE TERZA

denza generale , la tesi dell'abolizione retroattiva delle ri-


nunzie supererogatorie non fosse in Italia una perfetta
persuasione in tutti quelli che la professavano , lo provano
le esitazioni e le riverve della Corte di cassazione del primo

Regno d'Italia, esitazioni e riserve che condussero ad una


formola infelice , giustamente condannata dal Romagnosi
(1. c .) . All'infuori dei tribunali , non è forse soverchia ma-

lizia il supporre che i giureconsulti italiani , specialmente


517 nei tempi più vicini alle mutazioni politiche del principio

di questo secolo , abbiano professato quella opinione sotto


la pressione dell'opinione del tempo, e come a guisa di
transazione , sacrificando le rinunzie supererogatorie , che,
dietro l'esempio francese , non si credevano comunemente
degne di rispetto , per salvare almanco le contrattuali , verso
le quali anche la legislazione rivoluzionaria francese era
stata più riguardosa . Quanto alla Francia , poi , il ritenere
che lo spirito rivoluzionario potesse predisporre inconsa-
pevolmente anche giureconsulti di valore ad accontentarsi
di ragioni lievi per ammettere la retroattività in questione ,
non è certamente temeraria opinione .
Checchè del resto si pensi intorno alle occasioni della
opinione che noi combattiamo , non vi ha dubbio che , se la
legge francese del 1791 , e le altre modellate su questa ,
dovevano essere interpretate , come dice il Mailher de
Chassat (1. c .) , secondo lo spirito rivoluzionario dei tempi ,
questo suggerimento non si può dare a chi tratti in astratto
della virtù retroattiva di leggi siffatte . Or bene nel campo
astratto e imparziale della giurisprudenza universale

noi ripetiamo che , a parer nostro , le rinunzie supere-


rogatorie delle donne non sono meno inviolabili delle
contrattuali , di fronte alle nuove leggi successorie che
hanno uguagliato i due sessi nella successione inte-
stata , e divietate le rinunzie successorie de futuro. In
questa opinione noi concordiamo colla citata decisione di
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 535

Parma, che finora era rimasta isolata , e quasi come uno


scandalo .

Invero ciò che si adduce per disconoscere nelle rinunzie


supererogatorie veri contratti , fonte di veri diritti quesiti ,
non è altro , come vedemmo , che l'affermare essere state

le medesime atti superflui , e più apparenti che reali , atte-


sochè le leggi vigenti escludessero di già le femmine dalle
successioni a cui esse rinunziavano . Ma questo argomento

è ai nostri occhi più specioso che sostanziale . Noi ammet-


tiamo che in un contratto gli obblighi sottintesi per legge
possano essere taciuti , e che l'affermarli sia in certo senso 518
una superfluità ; ma in questi casi trattasi di effetti le-
gali dei contratti , di leggi che determinano gli effetti dei
contratti ; è forse tale anche il caso delle rinunzie supe-

rerogatorie all'eredità ? No certamente , perchè la rinunzia


è un contratto , e la successione ereditaria legale , o l'esclu-
sione legale dalla successione , non ha che fare coi con-
tratti. La rinunzia esplicita ad una futura successione , di
fronte ad una legge che già esclude il rinunziante dalla
successione cui rinunzia , ma che ammette in generale le
rinunzie a succedere, tramuta appunto la esclusione mera-
mente legale in esclusione contrattuale, le mere aspettative
nascenti dalla esclusione legale , in diritto quesito alla esclu-
sione medesima , ed ove tal rinunzia faccia parte, come so-
levasi , di un contratto nuziale , aggiunge a questo contratto
un effetto che altrimenti esso non avrebbe prodotto , nè

per volontà dei contraenti , nè per opera della legge . Chi


può vedere in ciò una superfluità , un bis in idem , un atto
di mera apparenza ? O forse la differenza fra i due casi è

più rilevante in teoria che in pratica , e praticamente con-


siderata, non presenta alcun reale interesse ? Per ammet-
tere codesto bisognerebbe sostenere che l'ipotesi della abo-
lizione del sistema successorio basato sulla esclusione delle

donne, non potesse mai essere venuta in mente a coloro i


536 PARTE TERZA

quali stipularono le rinunzie successorie di cui discorriamo .

Sarebbe questa di certo una gratuita asserzione . Or bene ,


il pratico interesse delle rinunzie medesime , stipulate di
fronte ad un regime successorio che già escludeva le fem-
mine dalla successione , era appunto questo , di prevenire
il caso di un mutamento di legge il quale mandasse a vuoto
le aspettative di succedere , basate sulla legge successoria
fino allora vigente , in coloro che nessun diritto quesito
alla successione potevano allegare . Del resto , nello apprez-
zare la vera natura giuridica di un istituto giuridico qua-
lunque, non si possono desumere nè ragioni nè obbiezioni
dall'opinione dei contraenti , e dalla più o meno chiara
nozione che i medesimi abbiano avuta circa gli effetti giu-
ridici del loro operare .
519
Le rinunzie supererogatorie adunque contengono un
vero e proprio vincolo giuridico , epperò devono essere ri-
spettate alla pari di qualunque altro contratto , in partico-
lare , alla pari delle rinunzie dette contrattuali . Fra le une
e le altre non vi ha somiglianza , ma sostanziale identità ,
e di mera apparenza è la differenza che le separa , dell'es-
servi cioè o del non esservi stata al tempo in cui vennero
fatte una legge successoria che collimasse con esse.
Argomentano gli avversari anche dalla sconvenienza
di lasciar sussistere le rinunzie supererogatorie ad onta
dell'abolizione dell'antico regime successorio, mentre in
virtù di questa abolizione verrebbero a succedere le donne

che non vi avessero rinunziato vigendo la legge anteriore ,


e che questa legge avea cionondimeno escluse dalla suc-

cessione . Noi rispondiamo che l'inconveniente non esiste


ai nostri occhi , perchè la posizione giuridica delle donne
che hanno rinunziato a succedere , è per noi affatto diffe-
rente da quella delle donne che non vi hanno rinunziato ,
anche in un sistema successorio che le une e le altre esclude
dalla successione .
PRINCIPII PRATICI ED APPLICAZIONI 537

Affermano pure parecchi giureconsulti , e di questo nu-


mero è il Merlin (1. c .) , che nelle rinunzie successorie delle
donne, i maschi , a cui profitto le medesime si facevano ,
non erano però parti contraenti , contro il principio del

gius civile che non si possono acquistare diritti a pro di


persone estranee al contratto . Ma a questo argomento
rispose ottimamente la citata sentenza parmense , che le
leggi , vigendo le quali le rinunzie in discorso vennero fatte ,
devono essere rispettate quand'anche le si debbano riguar-
dare leggi eccezionali , e deroganti in un caso speciale ad
un canone generale del diritto .

Noi conchiudiamo col dire , che tutte quante le rinunzie


successorie delle donne, de futuro ex causa de futuro , sono
veri e propri contratti , qualunque fosse il regime succes-
sorio sotto cui vennero poste in essere , purchè fossero per-
messe dalle leggi vigenti al tempo della loro stipulazione . 520
Da esse tutte nasce un diritto quesito all'esclusione delle
donne dalle successioni a cui rinunziarono , in chi stipulò
la rinunzia , o per cui la rinunzia fu stipulata da altri con-
formemente alla legge . Le ragioni per cui si sostiene l'in-
violabilità di alcune di tali rinunzie valgono tali quali

anche per le altre ; ogni differenza che si voglia introdurre


in proposito fra rinuncie e rinuncie è condannata dalla

scienza, nè può reggersi coll'autorità nè di scrittori , nè di


giudicati , nè di legislatori , per quanto numerosi e degni di
rispetto , e quand’anche all'opinione di tutti costoro si po-
tesse assegnare una origine meramente scientifica . Abolire

retroattivamente tutte o alcune di quelle rinunzie non può


essere che opera del legislatore , e propriamente di una
legge espressamente retroattiva .

Ciò che abbiamo detto circa l'inviolabilità delle rinunzie

successorie de futuro delle donne, vale anche per tutte le


altre , e in particolare per quelle dei religiosi professi , e
538 PARTE TERZA

dei figli naturali riconosciuti o legittimati . Anche queste


furono talvolta espressamente abolite retroattivamente da
leggi positive : per esempio , dal citato art. 22 della legge
transitoria civile italiana del 1865 ( 1 ) . E la legge tran-
sitoria francese 14 floreale anno II , intorno alla condi-
zione dei figli naturali , tolse anch'essa ogni valore alle
rinunzie successorie anteriori di quei figli , in virtù delle
quali i medesimi sarebbero ridotti a percepire meno della
metà di ciò che nella successione dei genitori che li hanno
riconosciuti potrebbero pretendere in virtù della legge me-
desima (v. Chab. de l'All . , II , p . 213) .

(1) Questa retroattività però non si estende agli acquisti per avventura
già fatti da terze persone durante la incapacità dei religiosi ( V. Annali di
Giurispr. ital., 1869-70, Ind . , pag. 115) .

FINE DEL VOLUME TERZO


539

INDICE DEL VOLUME III .

PARTE TERZA

Principii pratici ed applicazioni.

LIBRO SECONDO

379
Principii di gius transitorio reale . Pag. 5
CAPITOLO I. - Della condizione giuridica delle cose materiali . "
" II. - Continuazione 10
III. - Dell' ammissibilità dei diritti reali astrattamente
considerati • • " 16
§ 1. ― Della introduzione di nuovi diritti e del
diritto acquisito reale • 17
§ 2. ― Dell'abolizione dei diritti reali . 22
IV. - Dell'acquisto dei diritti reali • • 24
V. - Continuazione. Della trascrizione in particolare " 26
VI. - Della perdita dei diritti reali .. 19 40
VII. - Dell'estensione e degli effetti dei diritti reali 42
VIII. Le nuove leggi reali emanate pendente l'applica-
zione 46
IX. - Dei singoli diritti reali ivi
§ 1 . - Della proprietà. 47
§ 2. Continuazione. Della comunione 60
§ 3. - Del possesso . 66
§ 4. - Delle servitù . 69
§ 5. - Continuazione. Della servitù di presa di
acqua in particolare . • 80
§ 6. - Continuazione. Dell'uso e dell' usufrutto in
particolare . 100
540 INDICE

§ 7. - Del pegno, dell'ipoteca e dei privilegi . Pag. 105


§ 8. - Continuazione. Delle ipoteche in particolare , 111
§ 9. - Continuazione. Dell'iscrizione delle ipoteche , 132
§ 10. - Continuazione. Degli effetti giuridico -reali
del pegno e dell'ipoteca . 13 161
§ 11 . - Continuazione. Dell' introduzione di nuove
ipoteche legali . " 169
§ 12. - Della durata e della estinzione delle ipoteche 176
§ 13. - Del diritto d'enfiteusi e del diritto di super-
ficie · " 178

APPENDICE AL LIBRO II DELLA PARTE TERZA

DELLE LEGGI REALI IMPROPRIE . • Pag. 197

LIBRO TERZO

Principii di gius transitorio delle successioni per causa di morte Pag. 245
CAPITOLO I. - Concetto di successione per causa di morte ―― Vari
titoli della medesima ― Delle donazioni mortis
causa in particolare • • 246
II. - Dell'acquisto del diritto di succedere e del diritto
di successione 252
III. Continuazione del precedente 257
IV. - Generale principio di diritto transitorio in materia
di successione ereditaria . . " 265
V. Di alcuni diretti e comuni effetti delle successioni
ereditarie .. 271
VI. ―― Della successione testamentaria 281
VII. Della facoltà di testare e degli oggetti del testa-
mento .. 288
" VIII. -- Della capacità di testare . " 298
IX . - 323
Della capacità di succedere per testamento .
X. -- Della forma esterna dei testamenti · 336
" XI. Della forma interna del testamento . 348
" XII. - Del contenuto e degli effetti del testamento . 359
XIII. - Continuazione. Della porzione legittima e della
370
porzione disponibile .
XIV. Continuazione. Della diseredazione e della prete-
rizione 373
INDICE 541

CAPITOLO XV. - Continuazione. Delle condizioni apposte alle dispo-


sizioni testamentarie . . Pag. 375
XVI. -- Continuazione. Delle sostituzioni • " 378
§ 1. Della sostituzione volgare ivi
§ 2. - Della sostituzione pupillare e della quasi-
pupillare.. • " 380
§ 3. - Della sostituzione fedecommissaria 390
" XVII. - Della interpretazione dei testamenti . " 411
XVIII. ― Degli effetti e della esecuzione delle disposizioni
testamentarie · 17 414
XIX . - Della successione convenzionale • " 419
XX. Della revoca del testamento . . " 446
XXI . Della successione legittima o legale . " 448
อ XXII. - Continuazione. Determinazione dell'erede, dei beni
e della quota ereditaria nella successione legit-
tima 454
" XXIII. - Continuazione. Effetti della successione legittima
sugli atti inter vivos del defunto - Della riduzione
delle donazioni e delle istituzioni contrattuali in
particolare • " 470
XXIV. Di alcune trasmissioni di beni affini alla succes-
sione legittima Delle démissions des biens, e
delle réserves coutumières in particolare · " 494
" XXV. - Continuazione. Delle devoluzioni legali di eredità " 499
" XXVI. - Di alcuni effetti indiretti comuni delle successioni
ereditarie . " 502
" XXVII. - Continuazione. Della collazione nella successione
ereditaria . . " 505
" XXVIII . Continuazione. Delle rinunzie a futura succes-
sione . 522

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