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J.'i^r.x.-^vi
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JL
VENDEMMIATORE,
poemetto in. ottava rima
di
LUIGI TANSILLO*
t
e
la PRIAPEA,
sonetti lussuriosi-satirici
di
NICCOL FRANCO.:
********
*******
******
v ^F
*
^p ^h
* * * *
* * *
A PE-KING,
regnante Kien-long,
nel XVIII. secolo.
Digitizedby GoOgle
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1/ EDITORE
A CHI LGGE.
Dopo
'
edizehe latta pochi aufti
sene del litro delrch , unito alia
puttana errante di Pietro Aretino
,
noti sar
foiose
disaggradevole agli
amatori della lingua e della poesia
italiaii la ristampa delle due segunti
operette
,
che tono: 11 Vendemmia-
tore
,
poema in ottava rima di Lumi
fansilio
,
e la Prapea , sonetti sati-
rico
-
lussuriosi di Niccol frranco
9
contro Pietro Aretino,
Il Vendemmiatole fu reiteratamen-
te stampato in varie citt , manon tro-
vasene alcuna edizione bella e corret-
ta. Questo poemetto ha avuto ed ha
tuttora un generale applauso
,
attesa-
che in
esso
,
con licenzioso stile e con.
leggiadria, V autore ci ha conservata
la nozione di quell* uso ci f>raticavasi
a Nola sua patria nel teilpo
delle veri-
Digitizedby G00gle
'fa
t' SX>2 TORE
demmie , come leggesi nelP
operette*
rara e curiosa , intitolata de Nolapa~
tra
,
opusculutn
,
di Ambrogio Leon
,
medico di professione
,
stampata
et
Venezia daGio : de Rossi Tanno i5i4
in folio con figure
,
al capitolo
XIV.
del terzo libbro, pagina 5o*
Al tempo delle vendemmie
,
gli abi-
tanti di Nola usavano
,
o per meglio
dire abusavano di ci che Orazio chia-
ma libertas decembris
j
arrogandosi
la libert di dire a' gran signori , ed
die donne qualificate che incontra-
vano
,
tutte le invettive e le villanie
%
di cui la plebe mal* educata capa-
ce, particolarmente quando eccitata
dalP ubriachezza , e ci ha dato occa-
sione al Tansillo di comporre il suo
grazioissimo poemetto.
La Primea , contiene H)5. sonetti
satirico-lussuriosi del celebre Niccol
Franco, e P esistenza di questa raccol-
ta
,
in cui ammirasi il vero estro poe-
tico, appena conosciuta da alcuni
pochi bibliografi
>
ma questi ne hanno
Digitizedby G00gle
J
:
C Jff 1 LVG 9
forse parlato senza averne veduta al-
cuna edizione
j
poich la sola che se
ne trova alle altre rime dello stesso
autore congiunta, fu fatta da Gio :
Ant : Guidone neir anno i54i-
in pic-
colo formato in
ottavo
,
in carattere
corsivo
%
e senza indicazione di luogo.
Il medesimo Guidone , stamp
1'
anno
susseguente il dialogo delle bellezze
dello stesso Franco in Casale di Mon-
ferrato
,
onde mi sembra poter da ci
inferire
,
che anche la Priapea fosse
stampata in detta citt. Si citano due
.altre edizioni della Priapea unita alle
rime del Franco
,
1'
una del \5^6
,
e
1'
altra del i548
,
aggiungendosi che
r una contiene zi5 pagini
().
Ma checch sia di queste due edi-
zioni
(
di cui stento a credere che at-
tualmente esistino)F opera in se cosi
rara
, che malgrado le pi esatte ri-
(
i
)
Vedasi quanto ne dice Apostolo Xeno
nelle sue annotazioni alla biblioteca dell' elo-
quenza italiana del Fonlanini , tomo primo
,
pa-
gina 2
18|
colonna seconda.
Digitizedby GoOgle
cerche fattene
*
nli ei trova che ile
facciano alcuna menzione
>
n il ca-
tlogo Capponi, n quelli di Smith,
di Jackson , di Floncel , del c&ntef dx
Firmian
,
del duca delift Valliet , di
Pinelli , del Oerenna
,
n Veruno de
\ cataloghi delle pubbliche Vendite di
libbri fattesi in Parigi nel corrente se-
colo
}
come pure non trovasene alcuna
edizione nella biblioteca del Re di
Francia, n in quella del conte d* Ar-
tesia
(1).
La ristampa dunque d* uti libro
si
raro deve interessare gli amatori
>
es-
ecri do questa copiata e corretta sull*
originale del i54i. che fu comprato l
f
anno
1789
alla vendita de' libbri di
a
-
. ' :

.
' "
'""i
i
s
-
,
(
1
)
I sudetti cataloghi sono molto copimi
,
le due sudette biblioteche sono assolutamente
delie pi abbondanti e delle meglio fornite in
ogni genere
,
onde non trovandosi n negli uni
n
nelle altre le sudette due edizioni , sempre
j
mi confermo nella mia incredulit sulla loro
attuale esistenza
,
e tutto al pi posso Credere
the il rigore dell
9
inquisizione ne abbia fatto
supprimere ogni e qualunque Copia.
Digitizedby GoOgle
4 C?l
LfGQ*. yi)
M
r
- 4*
Hanjgard,come pu vedersi
nel
di lui catalogo al n. \Zi\.
Questa
lq. medesima copia
che apartenne *
Sjmdrai
e
dopo
&
Ji^ndon de Bpisset
,
nel catalogo de' quali pu riscontrar-
si
f
ed ho pruduto necessario di ci av
veitire
f
perch
trovandosi lo stesso
U)hf
o
p
?
tre cfttalqghi
differenti , noij.
qredfUH
esseryeije tre
copie
,
mentre
quelH d*
?
P
c*t
,
e di cui mi soij ejv
vito
|

lift splft
eppia che esista.
La Priapea piacer a' curiosi
,
#on.
tantp ppr
1^
poesia
,
quanto per
perte
parjicQl^rit isteriche che vi s' incojir
trano . come
jie'
soletti 55- e
70.
, ove
si parja della
bftrhaj-q.
azione di Pie?
Luigi
Farnese ,
figlio $el
pontefice
PaoJpIU.risg^^Wte U
vago giovine
Cqsii^p
QJieri
*
PistqjeS
1
in
allora
Yespovp
diFwo*
Questi (lue
sonetti d'
un
aufo^e
con-
temporaneo ,
confermarlo autepjica*
nipote lfi
s^io^it
4
6'
due ottimi
isto*
rlpi
fiq^
efttini
?
Jtefledetto Varchi
1 9
%Pv49fgi,cfee
&Ue
%t$m
mg*
Digitizedby G00gle
Vii] L* EDITORE A CHI LEGGE.
d raccontano questo atrocissimo
av-
venimento.
Stilla vita e sulle opere di Niccol
Franco ,
il lettore pu consultare
il
Crescimbeni ,
il giornale de' letterati
d* Italia scritto da Apostolo Zeno
,
lo
suaccennate annotazioni dello stesso
Zeno alla biblioteca italiana del Fon-
tanini , il Menagiana con le note
di
Bernardo de la Monnoye , e la vita
di
Pietro Aretino scritta dal Mazzuc-
chelli.
L' unica particolarit eli' io credo
dover accennare sul Franco si
,
eh*
egli fu condannato ed impiccato in.
Roma neir anno 1570. sotto il ponti-
ficato di Pio V. e tal condanna m ori-
ginata sicuramente dalle di lui satire
ed invettive contro la corte di Roma
,
e particolarmente per aver egli auten-
ticato il primo in istampa il ratto scan-
daloso che poc' anzi accennai
,
e non
gi dalle satire contro Pietro Aretino
,
come rischiara benissimo il sudetto
Apostolo
Zeno nelle sopracitate an-
notazioni.
Digitizedby G00gle
IL
VENDEMMIATORE
DI
LUIGI TANSILLO.
Digitizedby G00gle
Digitizedby GoOgle
IL
VENDEMMIATORE
DI
LUIGI TANSILLO.
VTiovani donne e belle , che sovente
Date a' versi d'amor benigne orecchie,
Perch voi siate alle mie voci intente
,
Ed io ne' bei vostri occhi ogn' or mi specchie
j
N di cosa eh' io veggia mi sgomente
,
Le vostre e mie guerriere orride vecchie
Cacciate
,
priego , fuor del vago stuolo
,
Ed io con voi mi resti , ed Amor solo.
I I.
Gran marayiglia avrete
,
come io sia
Fatto di rustie' uom nobil poeta
,
Senza ber di quell' acqua che solia
Far F uom repente diventar, profeta.
Bacco ed Amor volgon la lingua mia,
E fan d' altro liquor la mente lieta
;
E perch dal mio dir dolcezza versi
,
L' un d il furore
;
e l' altro detta i versi.
Digitizedby GoOgle
4
*Z VENDEMMIATORM
III.
Oltre il favor eh' ho di
duo numi santi,
Il qual vo' che 'n Parnaso m' accompagne
,
Quel eh
5
attendo da voi pu far eh* io canti

Senza che fonte le mie labbra bagne


;
Pur ch'abbia, o donne belle, voi davanti,
Non chieggio altre fontane, altre montagne:
Guidata voi la lingua
, che a dir move
Cosa che insieme a voi diletti e giove.
Voi troverete nel mio dir senz' arte
,
Ed utile e diletto non mai scritto
;
Volgansi pur le pi lodate carte,
Che Italia scrisser mai, Grecia ed Egitto:
Scorte dal mio sermon verrete in parte
,
Ov' del viver vero il cammin dritto
;
E, cangiando sentiero, in un momento
Cangierete in piacer lungo tormento.
V.
Che troppo , con ragion , s'
io ben discerno.
,
S' adira il Ciel con voi , donne superbe
,
Che negli orti ond' ei diede a voi
'1
governo
,
Languir lasciale i fiori e morir
1'
erbe:
Non vi dovreste lamentar del verno,
Quando voi stesse a voi siete s acerbe :
Non si doglia d' altrui , n si lamenti
,
Chi d
cagione
a' suoi proprj tormnti.'*
Digitizedby GoOgle
JDEL TANSILLO. O
VI.
Godon le
donne che son grate al Cielo
,
E i cor non han, qual voi , rigidi e crudi,
Le
stagion liete
\
e poi che neve e gelo
Cadon
su i colli, d* erbe e di fior nudi;
Non han di che dolersi, ancorch pelo
Cangiando
e
volto, cangin vita e studi;
Non
ha V agricoltor di che si doglia,
Purch
al debito tempo il frutto coglia*
VII.
Ma chi del proprio ben nimica altera
Ne mena il tempo
sterilmente tutto
,
E
passa autunno, e passa primavera,
Senza
coglier giammai n fior* n frutto;
Giunta
a
1
suoi chiari di
1'
ultima sera
,
Quai
penitenze, quai sospir
,
qual lutto
Pensate
, che assalir debban costei ?
E
trista
dice : Oim, quant
1
io perdei !
Vili. /
Credete
a
chi pu farven giuramento
,
Che
stato tristo non ha il mondo eh* haggia
Pena
, che vada a par del pentimento
,
Poich '1
passato non chi riaggia :
E
bench ogni pentir porti tormento
,
Quel
che pi ne combatte , e pi ne oltraggia*
E
piaghe stampa, che curar non lece,
E
quando uom poteo molto, e nulla fece*
Digitizedby GoOgle
6 XL V EN DEMMIATORS
I X.
Potrei narrarvi e mille e mille esempi
Per farvi accorte pi degli error vostri;
E senza ire a cercar gli antichi tempi
,
Molti ne potrei dir de
7
giorni nostri.
Lasso ! io so ben quai dolorosi scempi
,
Bench il contrario nella fronte mostri
t
Abbia avuto ed avr del pentir mio
$
Intendami chi pu, che ni
9
intend' io.
X.
Fortuna, alata il pie, calva. la testa,
E con un crin davanti si dipinge
,
E un vecchio zoppo che con quei si resta
Ch' ella si lascia addietro , anco si finge
,
Per mostrar eh' fugace, e che se presta
La man,quand' uoiu la trova, il crin non stringe.
Ella sen va leggiera pi che il vento
,
E il zopp vi riman, eh
9
il pentimento.
X I.
Ha quel vecchio duo volti
5
l' un sospira
Guardando indietro il ben perduto e gli anni;
E V altro piagne , che dinanzi mira
Non men futuri che presenti danni :
Nella cittade , ove il desio mi tira
,
Quei giorni, eh' uom fa tregua con gli affanni
t
Dipinta vidi in piazza questa istoria
,
Che scolpita terr sempre in memoria
Digitizedby GoOgle
D E L T J N S I L LO.
J
XII.
Porta dunque il pentir troppa gran pena
A chi del fallo suo tardi si pente :
Ma quella via che a tanto error vi mena,
E fa la vita vostra alfin dolente; '

1'
empia ingratitudine che piena
Vha del suo foco V orgogliosa mente
;
Quel foco
,
donne mie , eh' arde qua giuso
9
E secca il mar della piet l suso.
XIII.
E qual' ingratitudine si vede
Nel mondo che tra noi non sia maggiore
?
La terra che a dar frutto il ciel vi diede
,
Con la pioggia del dolce nostro umore
;
Per colpa vostra, secca, arida siede
E nel suo seno ogni erba , ogni fior muore
}
Oh quanto spiace a donator gentile
,
Veder che nobil don si tenga a vile !
XIV.
E con lei vien
,
qual rea compagna
mista
L'alterezza che a Dio tanto nojosa:
Qusta inasprisce voi, le genti attrista,
E nei regno d' Amor turba ogni cosa :
Onde non pur del cor , ma della vista
Vedo alcuna di voi scarsa e ritrosa
5
Ch* avendo di sue grazie il ciel s largo,
Bramar dovria che in
terra ogn' uom foss' Argo
Digitizedby GoOgle
8 IL
F
E X DEM MI JT&RE
IV
Or die aria, se le richieste e i preghi,
Toccasser, donne, d* oggi innanzi a voi,
Perche al voler dell' un V altro si pieghi
,
Come toccar
\
gi tanti tempi , a noi :
Quando vi grava, che merc vi preghi
Un uom che v' ama sopra gli occhi suoi ?
Per non piegar quei cuori aspri e selvaggi
,
Voi fareste a natura mille oltraggi.
XV I.
U* alterezza, di voi fera tiranna,
Nel regno del cor vostro usa V impero;
E s
7
or del fumo suo gli occhi v' appanna
,
Forse vedrete qualche tempo il vero:
N pur il corpo a servit condanna
,
Ma donne non vi fa pur del pensiero:
Qual donna un' ora del pensier dispensa,
A chi mai d' altro che di lei non pensa?
XVII,
Se sete al Cielo ingrate, a voi superbe,
Al mondo, ed a color che nascer denno,
Non siate sempre avare , e sempre acerbe;
Date lor voi quel ben ch
r
altri a voi denho.
Avranno dunque , o donne , i fiori e V erbe
Via pi che voi ragion
,
pietade e senno?
Finir dunque in voi la belt vostra,
Per cmi s gloria il inondo e V et nostra ?
Digitizedby GoOgle
DSL TANSIZLO.
9
XVI II.
H candid ligustro, il bel giacinto
,
E tanti altri bei fior s cari a noi
,
Come aprile ornerian, se all'uno estnto
Non succedesse l' altro? Cos poi
Che
'1
bel eh' or vince, fia dagli anni vinto;
Il mondo che s' adorna oggi di voi
,
Qual rimarr , se ognuna steril passa
f
N del bel volto il successor si lassa ?
XIX.
Non vi maravigliate , che parlando
Di voi, donne leggiadre e valorose,
Vada vostre bellezze comparando
Ad erbe e fior , via pi che ad altre cose
5
Quai fior vostre bellezze van mancando,
E son, quai fior, soavi e dilettose :
Dal vago aprir' de* fior nascono i frutti
,
E da voi , donne mie , noi siam produtti.
XX.
Erbe son dunque e fior vostre bellezze
t
E primavera gli anni eli
7
or menate :
Voi sete gli orti , che le lor vaghezze
Ne' dolci grembi vostri riserbate
,
Acci che ogn* uom vi brami , ogn'uom
'
apprezze:
E perch nell'autunno e nella state
Suo convtnevol frutto ogni fior porti,
Noi siamo gli ortolani
, voi sete gli orti.
Digitizedby GoOgle
IO
IL rE2f
DEMMJjTORS
XXI.
Questi son que' begli orti , e questi foro
9
Che raccontali gli antichi, ombrando il vero,
Che gli arbor carchi avean di poma d' or
,
E che le donne che ne. avean l' impero
,
Acci eh' uom non cogliesse i frutti loro
,
Vi tenean chiuso un drago orrido e fero
5
Che se alcun mai d' entrarvi s' arrischiava
,
O il ponea ratto in fuga, o il divorava.
XXII.
E che per forza vi si vide entrare
Guerrier, di valor pieno e di fortezza;
Ercole , credo che si fea nomare
,
Che
'1
drago uccise e tolse ogni ricchezza;
Le poma d' or son le bellezze care
,
Donne , che avete
5
il drago la fierezza
Che dentro a' vostri cuor chiusa dimora,
Ed ogni bel piacer caccia e divora.
XXIII.
Prima che
'1
tempo , d' Ercole pi forte
,
Abbia di voi vittoria, e la beltade
Ne porti via, per farne dono a morte,
Cogliete il frutto della verde etade
5
Aprite a' bei desir le chiuse porte
,
Cacciatene di fuor la crudeltade
;
/ Che le vostre bellezze in guardia tiene
,
E non vi fa gioir di tanto bene.
Digitizedby GoOgle
DEL
TJNSILLO.
II
XXIV.

Prima
che imbianchi il crin, le
carni arrughe
E de' begli
occhi annubili il sereno,
Ogni donna
dal cor bandisca e fughe
Il fiero
orgoglio, che la tiene a freno:
Onore e
castit son ciancie e nughe
Trovate
da color che
potean meno,
Perch con
le paure e co
7
i rispetti
Coprisson
1'
altrui forze e i lor difetti.
XXV.
r
Neil' et d' or, quando la ghianda e
'1
pomo
Eran del ventre uraan
lodevol pasto ,
>
N femmina sapea
, n sapeva uomo
,
Che cosa fosse onor,
che viver casto
5
Trov debil vecchion,
dagli anni domo,
Queste leggi d' onor che
'1
mondo han guasto,
Sazio del dolce
,
gi vietato a lui
,
Voile dar legge alle
dolcezze altrui.
XXVI.
Non avea
'1
mondo allor n MIO, n
TUO
,
Fiera semenza onde ogni mal nascesse:
Potea darsi a pi d' uno, a pi di duo,
Orrevol donna , senz' altrui interesse :
Perch non avend' uom che nomar suo,
Non si
potea doler eh' altri il togliesse:
N gian
mai di piacer donne digiune
y
Poich
ogni
cosa era tra lor comune.
Digitizedby GoOgle
\%
IL FENDBM
MIJTORZ
XXVI I.
Fean palese a lor voglia uomini e
donna
-
Quel, che secreto appena or si conclude;
Non eran veli ancor , non eran gonne
,
Onde il bel corpo
, e
1'
aureo crin si chiude
:
Il fianco , come il volto , e le colonne
Del bel giardin d' amor si vedean nude:
Non si temean le frodi,
n g' inganni*
Ch' or giaccion sotto tele e sotto panni.
XXVIII.
Oh quanto un' uom, com' io, sana beato
t
E voi, donne, in amor forse pi ferme,
Se a me fosse dal tempo, e da voi dato,
Vedervi io nude, e voi nudo vederme !
Che tal par uom ga liardo,
e bene armato
f
Che poi si trova debile ed inerme:
Tal donna bianca rosa e molle
sembra,
Ch' ha d' olivo il color, d' elee le membra.
XXIX.
Se quel tempo si lieto , e s felice
Non pu da voi nel mondo rivocarse
t
A questo eh' s tristo e s infelice
Cerchi
ogni saggia, quanto pu, sottrar&e.
t
Del
ben che toglier qualche volta lice,
Non siate sempre
a voi raedesme scarse :
Togliete
,
o donne
, il ben eh'
si
fugace^
sopra ogni altro a voi diletta e piace.
Digitizedby GoOgle
X>JFJS TJNSILLO+
l3
XXX.
Se,
mentre
il corpo vivo, non godete*
Sperate di
goder, quando egli morto?
Quel
paradiso onde voi tanto ardete,
Che pensate
che sia, altro che un' orto?
E se quest'
orto in grembo a voi tenete
,
A che
cercate
altrove ir a diporto?
A che loco
cercar da voi diviso
Se in voi
stesse trovate il
paradiso?
<
XXXI.
Se non
togliete il ben che v' d' appresso
;
Come torrete quel che v' lontano ?
Spregiare U
vostro ,
mi par fallo espresso
,
E bramar quel che sta nell' altrui mano,
Voi siete quel che abbandon s stesso
,
La sua
sembianza desiando in vano;
Voi siete il veltro che
nel rio trabocca,
Mentre P ombra desia .di quel eh' ha in bocca.
XXXII.
Lasciate P ombre ed abbracciate il vero :
Non cangiate il presente col futuro;
Io di goder lass gi non dispero
;
Ma per viver pi lieto e pi sicuro,
Godo il presente e del futuro spero
;
Cosi doppia dolcezza mi procuro;
Che avviso non sarla d' uom saggio e scaltro
Perder un ben, per acquistarne un' altro.
Digitizedby GoOgle
^4
IJ^ FEN
DEMMXtORE
XXXIII.
Anzi chi perde V un , mentre nel mondo
9
Non speri dopo
morte
1'
altro bene
;
Perch si
sdegna il ciel dare il secondo
A chi il
primiero
don caro non tiene.
Cos
credendo
alzarvi
,
gite al fondo
5
Ed a i piacer togliendovi , alle pene
Vi
condannate
5
e con inganno eterno
,
Bramando
il ciel , vi state nell' inferno.
XXXIV.
;
Voi siete al mondo , voi , chi ben misura
f
E non il tempo , le nimiche vere :
Il tempo rende al mondo ci che fura
;
Quel che furate voi , non pu riavere.
Oh quanto
,
pi che voi , deve natura
Amar gli augelli , i pesci , i buoi
,
le fere
;
N questi pur , ma pi che voi
,
le piante
}
.Ch' eterne
serban le sue leggi sante !
xxxv.
'
Co i fidi amanti lor volan gioconde
Le semplici colombe , in ci ben sagge
;
Segue
1'
accsa femmina per V onde
Il maschio pesce , ed ove vuol , la tragge
;
Mugge la vacca, ed al torel risponde,
Che
chiamando la va per boschi e piagge :
1'
empia leonessa al suo leon si piega
^
E voi pi
dure siete a chi pi priega ?
Digitizedby GoOgle
DEL TANS1LL0.
\S
XXXVI.
Io non vo% donne, eh' egli
troppo
ingiusto
Voi tanto attente al ragionar
, eh'
aggrada
Che a danno del signor,
eh' attende
il
musto,
Li' uva per terra gi calcata
vada :
Date gli orecchi al dir,
gli
occhi all'
arbusto
S eh' uva fuor di fescina
non
cada.
Che son
quest' uve
,
se non
gemme,
e gravi
Di liquori s santi e si
soavi ?
XXXVII.
L.a fescina vien gi,
come
avess'
ala,
Prendila
,
donna,
innanzi
che s'
atterri:
Dimmi
,
giovane bella
, s* unqua
mala
Vecchia, che in guardia
t' abbia
, uscio non
serri,
Quando
nel sen la
fescina
ti cala
,
E tu con ambe man
lieta P
afferri
,
Ancorch il sen ti
gravi e ti
percota,
Non ti piace ella piena,
pi
che
vuota?
XXXVIII.
Non vi credete voi
, donne
leggiadre
,
Che la fescina sia di
poca stima :
Solea lodarla, e raccontar
mio
padre,
Ch' era in gran
pregio a quelP
et di
prima;
E che i poeti si
vedeano a
squadre
Far di lei versi
(
allor non
avean
rima)
Onde nomar
quei
popoli Latini
Dalla fescina
i versi fescinnini.
Digitizedby GoOgle
%6 IL
r
E2T DEMMIA TORE
XXXIX.
fescina il canestro che adopriamo
A raccor queste gemme dolci e fine :
Fescinaja la ninfa eh' io tant' amo,
E le rime eh' io canto , fescinnine
;
Tutti
dunque la fescina onoriamo
Dovunque
sia , e vada alto
,
o gi decline
t
Ecco che vien$ deh prendila con ambe
Due man, mia donna, e pntila tra gambe.
X L.
Se la fescina mia nel grembo vostro
Non entra tutta,
1'
uva di fuor n' esce
,
Che avanza di color, perle, ambra, ed ostro
,
E
'1
buon liquor
, eh' quel che pi m'
incresce*
Ma torniamo a seguire il lavor nostro,
Che ad or ad ora tra le man ne cresce :
Dico in somma, che il mondo non ha
cosa,
Che non sia pi di voi saggia e pietosa.
ILI.
Ci che d' intorno a voi , donne, miriamo
9
Par che
1'
esempio del suo amor n' additi :
A che le selve, il cielo e il mar cerchiamo?
Risguardate questi olmi e queste viti,
Che noi de^li onor lor lieti spogliamo
,
Come il silenzio ior par che n'inviti
Sempre alla vera gioja, al ver diporto,
Dov' io con le mie voci oggi v' esorto.
Digitizedby GoOgle
I
!
I
l
J
M>EL TJNSILLO.
1y
XLI1.'
Se ali
9
acqua cke dal del per grazia viene
9
La
terra il grembo suo chiuso tenesse
r
Quest'
arbor verde che qui su n tiene ,.
Converria
che seccato gi cadesse
;
E se
1'
amata vite eh' ei sostiene
Tra le sue braccia , e notte e di non stesse
f
Questo bel frutto
y
o nulla o tal saria , .
Che di corlo ogni man si sdegneria.
XI. 1 1 I.
*
Cos voi, se i bei grembi non spiegate
All' acqua che d' amor piove e discende
%
Cader vedrete a terra la beltate
,
Che v'alza, ove altrui priego non s' intende.
E se alle braccia altrui non v'appoggiate
>
Frutto gentil da voi nessun s'attende :
Sian di nostr' acque vostri grembi colmi :
Siate le vite voi, noi siamo gli olmi.
xnr.
Quest'uva che l'altr'ier pendea si
acerba,
Ora pi dolce che del mei le canne :
Fu dura
,,
ed ora molle
$
sembrava erba
,
Ed or sembra auro , eh' uman petto
affanne
J
Se sempre stesse al ramo ov'or si serba
t
Come
il liquor daria , che lieti fanne ?
Per quetar col suo frutto l'altrui spemy
Prima da voi si coglie
t
e poi si
prema,
3
Digitizedby GoOgle
tZ XZ rBJTDSMMjfOKB
XIY.
Rendavi la stagion dolci e benigne
,
O voi
,
che un tempo foste acerbe e dure 3
Insieme con gli arbusti e con le vigne
Uagro de' bianchi petti si mature
5
Del color, onde Amore i suoi dipigne
,
Sparga le vostre angeliche figure :
Colgasi il frutto, eh
9
altrui man non scema
j
E dolcemente in seno a voi si prema.
XLYI.
Voi"vedete quest* uve se son vaghe
f
Che avanzan di belt le gemme e P oro :
Oim , che in dirlo par che
'1
cor m'impiaghi
La piet eh' ho di voi , s che mi moro.
Se del futuro queste man presaghe
Non le cogliesser, che saria di loro?
Putride e marcie vedrian farsi in breve
Dal vento, dalla pioggia e dalla neve.
XXVII.
O donne troppo belle e troppo scempie
f
Credete voi, qual jer, tali esser oggi?
Ciascuna nello specchio si contempie
,
Vedr se il bello in lei decline o poggi :
Pria che il verno vi fiocchi su le tempie
,
E P acqua , e il vento sfiori e sfrondi i poggi
j
Cogliete que' bei fiori e que' bei frutti

Che tosto si faran languidi e brutti


Digitizedby GoOgle
DEL TANSILLO. l
XLVI II.
Perch credete , o donne , che si nome
Li' uva gentil
,
quando ella vecchia
,
passa

Se non per farvi accorte col suo nome


,
Che ogni vostra belt, com' ella passa :
Belt, che
a
tempo non si adopra, com*
Uva, che sovra vite ora si lassa;
Che qui marcisce , dove allor che verna
p,
IP altra col buon liquor quasi si eterna.
XXIX.
Quando l' altre dal verno son corrotte
9
Questa nettar divino a noi dispensa
,
Che si ripon nell' urna e nella botte
y
Come tsor , eh' di valuta immensa
,
Perch d' ogni stagione, -e giorno e notte.
Or questa onori , ed or quelP altra mensa
f
L' uom vii , faccia gagliardo , e
'1
miser lieto
r
svella d' altrui petto ogni secreto
li-
Questi arbor carchi, ch'or s* inchinan
tutti

Quasi la terra ringraziando , e il cielo


,
Che
gUha col tempo a tanto onor condurti
f
Se offesi in sul fiorir da freddo gelo
,
Appresso i fior non produceano i frutti
,
Che pregio avrian? Tal l' ha colei , che zela
D
1
amor non sente nelP et sua verde
t
E senza frutto il fior
degli
anni perde..
Digitizedby GoOgle
r x.
Non siate
,
donne , ingrate e neghittose
9
"Dove cortese e presto ii ciei v' stato :
Se siete del ben vostro desiose,
Fuggite e l' uno e P altro aipio peccato
8
Sian le campagne rase
,
siano erbose
>
Trovi ciascuna al suo giardin beato
,
Chi notte e d
'
ingegni,
^
s' afatighi,
Il terreno lavori, e l'erbe irrighi.
Ili
Ed ir*, come un di lor che di quest* arte
Fui vago da che nacqui , e sono ognora
,
come usar si debba a parte a parte
,
A qual guisa, a qual loco, ed a qual' ora,
Per prova so, non per voltar di carte,
E
che per vostro amor contento fora
AncjLar , s* uopo ri fosse
,
al regno srigio
,
M'offro ed al vostro, ed all' altrui servigio.
LUI,
JE
bench ad nom che pregio ed onor brama
^
Di s stesso parlar molto sconvegna;
Perci la lingua, ove il cor teme ed ama
j
Non nel suo parlar di fede degna
,
JJ esser altri precon della sua fama,
Pur qualche volta par che si convegna
y
Quando viene a
parlar per un di dui
,
Per fuggir Uaiot , o yer giovare
altrui*
Digitizedby GoOgle
li I
T.
Pei* giovar dunque a voi , la cui salute
Vie pi che il proprio ben, donne,
desio,
Io stesso canter la mia virtute
,
Senza che tema biasmo al canto mio :
E forse
,
poich intese e conosciute
Le forze avrete, e le prodezze,
ond'io
Mi do, pi ch'altri
, vanto a' tempi
nostri,
Vi sar grato avermi agli orti
vostri.
X
T.
Ma se, per mia fortuna iniqua
e fera,
'
A tanto onor voi non mi degnerete,
Pur di quest'arte la dottrina vera,
Nelle parole mie coglier potrete
5
E fia vostro piacer pi che non era,
Quandq t begli orti a coltivar darete,
Sapendo eh' e' bisogni a buon cultori
,
Per far vostri terrea vie pi migliori.
X.
V I.
Io dico, che convien primieramente,
A chi quest' inclita arte oprar desia
,
Che d' ogni tempo
, ed abbondevolmeato
Degli strumenti suoi guernito sia
;
Che in altra guisa il faticar sovente
Util ben poco al bel terrea aria
5
Zappa, vomero , e pai , sodi e sicuri
,
Chequanto pi s'adopraa
,
pi stoan duri*
Digitizedby GoOgle
:S2L
il v endemmijtotrb
lvii.
Chiunque brama con quest' arme oprarsi
p
Convien che membri abbia robusti e sani
5
Che per molto chinar, per spesso alzarsi
9
Stanco
dal bel lavor non s' allontani
;
E perch possa , ovunque vuol girarsi
,
Il corpo abbia leggier , destre le mani
7
Colme midolle abbia di caldo umore,
Acci che sudar possa a tutte P ore.
LVIII,
Di queste , e d' altre cose , s' io n' abbondo
9
.
Non credete a nia lingua
,
ma a' vostr' occhi
z.
E se il veder non basta, io vi rispondo,
Che far qui , che il ver con man si tocchi
}
E cose troverete rare al mondo
5
Non fate voi P error che fan gli sciocchi

A rimaner contente del pensiero :


L' esperienza il paragon del vero*
LIL
Fortunato il terren , eh' ha il mio governo
p
Che pi che il giorno vi sto su la notte
;
N per molto zappar la state e
'1
verno
,
L' integre forze mie cadder mai rotte :
Tra l'uno e P altro mar Reggio e Salerno
r
Aspro villan non d
,
quaP io , le botte
;
Talch non pur il ferro addentro caccio
f
Ma
P asta ancor vi mando insino al braccio*
Digitizedby GoOgle
DEZ TA NSZZO*
^3
I* X.
- Io d il mio colpo a terra e raro e forte,
Non spesso e debil

comme molti fanno


,
E per giova che sian grosse e corte
Le verghe , che alla zappa entro si stanno
5
JLiTUighe e sottili , in breve si fan torte
,
Che per rizzarle , vi si perde l'anno :
Empie il pugno il baston, eh' qual v'ho
ditto
^
Si adopra meglio, e si mantien pi ritto.
XXI.
Vi son genti talor cotanto ingorde
Di finir tosto , cjie non zappan bene
;
Onde appena il terren da lor si morde
f
Che vorria il ferro fin dentro le vene :
Escon
le zappe di sotterra lorde
5
Per
forbirle spesso si conviene :
Bisogna ancor
,
perch s' attenda ii frutto
y
die sia il terren quando si zappa , asciutto.
Ili I.
Con tanta
agevolezza il palo adopro
>
Che mai sospir di bocca non esalo
;
Pria con la falce in man la terra scopro

Indi
nel grembo suo lieto mi calo
,
E
col mio corpo tutta la ricopro
,
Piantando nel bel sen tutto il mio palo
}
Cava, n mai da sul terren si tolle
,
Finch
del mio sudor fo il fosso molle.
Digitizedby GoOgle
<&4 * rsrnsMMiJTORjs
E se di sete awien , eh' io m' arila e
strmggo.
Per soverchio sudor che dal carpo esca
%
Non vi credete eh' al buon vin riiugga
,
O mi tuffi nell' acqua pura e fresca
5
Solo un ciriegio che premendo io sugga^
O un pomo, all' opra ratto mi rinfresca
;
Addolcisce la sete e non V ammorza
,
i miglior membri m' erge e mi rinforza
XXIV.
Vedo apparir sopra un
destrier feroce
Un cavalier ben grande e ben possente,
Or che
'1
mondo sta in pace
,
e V aria coce^
Tutto di Cerro e d'or* grave e lucente
5
S' io fossi scarso a lui della mia voce.
Sarei rustico troppo e sconoscente.
Dite
,
signor, poich n' andate adorno
,
Qual pi. vi preme il capo , o
1*
elmo
,
o
'1
corao
XXV.
Rispondete, vi prego, o cavaliero^
Non siate s
villana
deh. rispondete.
Le corna, ond' composto il bel cimiero
9
Dite, lavor di monaco, o di prete ?
Al mio parer voi sete un gran guerriero
>
Quando col capo e con le man valete :
Chi sia che innanzi a voi vinto non cada,.
Avendo in fronte il corno , in manla spada?
Digitizedby GoOgle
^
BZZ'Tui
2TS
TLLO.
$5
ixyi,
Forse, dolor
di
capo
vi
molesta
O bel ^uerrier^
per
l' elmo
, eh'
s
greve .
Od l^cimier,
ch'avete
su la
testa
Non

di
penna,
o
d'altro
che
v'a^rgreve?
Donne
mie
saggie,
pur
gran
cosa^questa,
Che il corno
sia
pi
che la
penna
lieve
:
Son le corna
s lievi
che
sovente
Chi pi n' ha
opra il
capo
,
mene
sente.
ixyii,
Or s' avess'
io
,
qual
voi
, le
corna
in
fronte
otarei tra torti
rami
, e
viti
torte
:
Ma voi, se
qui
sorgesse
chiara
fonte
Vedreste
che
l'avete,
e
non
son
corte.
Ecco cl^
viene,.
e
par
che
i
passi
conte,
Un di color,
ch'ho
in
odio
pi
che
morte;
Bell ordin
certo
,
e
convenevol
parme
f
Il monaco
venir
dopo
l'
uom
d'
arme.
IXVIH,
Cos il
guerrier
col
monaco
confassi
,
Come il leon
col
lupo
si
conface
:
Ah superbo
poltron,
perch
ten
passi
N degni
altrui,
di
dir
:
Dio
vi dia
pace?
Vai forse
cheto
e
mesto,
perch
lassi
Quella
ddetta
che
d'amor
ti
sface

Ah lusinghier
sfacciato,
eh'
un di
dui
Fai d'
ogni
tempo
, o incorni
, o scorni
altrui.
4
Digitizedby GoOgle
7$,
It VENDEMMIATO
AB
LUX,
Non senza grandezza e senza pompa
,
Che
'1
monaco il guerrier segua per strada :
Perch se avvien che
'1
bel cimier si rompa,
Abbia tra via chi
'1
conci pria che cada
\
O eh' egli il suo cammin non interrompa
,
Arifar l' altro dalla moglie vada.
Torniamo al palo, or eh' ho garrito molto
,
Che
J
l monaco , e
'1
guerrier di man n' han tolto*
Rigido, acuto, grosso, duro e tondo
,
donne , il pai eh' io pianto nella
terra
J
E di tanta lunghezza , e di tal pondo,
Quanto par si richieda a simil guerra :
Fin che la punta sua non preme il fondo
,
Mai non s' arresta di passar sotterra
$
E mentre in su e in gi , cade e risorge,
Ove pi fere
,
pi dolcezza porge.
XXXI.
Tanto talvolta nel cavar m' accendo
,
Che trasformarmi in pai tutto vorrei
j
E tal piacer niella fatica prendo
,
Ch' altro riposo mai non chiederei t
N
vinto dal sudor , stanco mi rendo
Per aver fatte cinque cave o sei;
Anzi se awien che buon terren ritrove
,
A
selte
passo, e non
'
arresto a nov*<
Digitizedby GoOgle
Z>XL TJN3ILL0.
&}
Z. XX I I.
Ma se m' incontro a terren duro troppo
,
Non mi vergogno d' adoprar gK aratri
5
Non di tronco o di pietra ascoso intoppo
Pu
ritardarmi eh' io noi rompa e squatri
9
Anzi pi forte v , con pi v' intoppo :
E bench
soglian dir, che i terreni atri
Sian
pi
fecondi, dove il seme cada,
li bianco
a me viepi, che il nero
aggrada*
r xx 111.
Con un vomero tal* la terra sveno,
Che
egual nel campo , Cerere non folce
5
Tal eh' contenta, quando V ha nel seno,
Ne
'1
vorra mai lasciar, tanto egli dolce
5
Piega
rigidamente il bel terreno
,
E con la stessa pia -a il sana e molce;
Quanto pi il solco fa profondo e largo
,
Tanto
pi dolce il seme entro vi spargo.
L -X X I
V.
I buoi che danno al vomero vigore
,
Stan notte e giorno sotto il giogo a prova
y
N
per soverchio sparger di
sudore
,
Nella lor pelle piega unque si trova
5
Anzi il trar dell'aratro a tutte
1'
ore
,
Tanto
invaghisce lor, tanto lor giova
,
Che
vorriah tutti entrar col vomer
dentro
>
E
passar delia terra
infino al centro. .
Digitizedby GoOgle
U&
IL
V ENDEM MI
ATOR
B
Alcune in vece di giardini e d' orti
Han
brevi teste
, e
pargoletti
erbari
,
O perch ancor la poca et noi porti
r
O perch i padri lor sian troppo avari
;
Qui debbon gli ortolani esser
accorti
,
Che i modi del
governo non son pari :
Sopra quei pu l'
uom far quanto gli
aggrada,
Coi* pi riguardo sopra questi vada.
IXXVL
La man che erbari , e teste talor cole
>
Seminar l' erbe
,
e non piantar vi deve
$
Inafiar ben si ponno, quant' uom vuole.,
Che non sempre il terren l'acqua si beve*
Palo
,
n zappa
oprar non vi si suole
,
Ma zappolin
menarvi
lieve lieve
5
S che del bel terren morda le guancie
,
Majion che il ferro dentro vi si lancie.
XXXVII.
De
i giorni pi miglior delle stagioni,
Che arar si debba e sementar la terra
,
Varie son pi che i fior le opinioni
;
Chi giunge al ver , chi si dilunga ed erra 2
Io
,
che
cercar non xo
1
tante ragioni
7
Dico
,
che d' ogni tempo de' far guerra
L' uom con quel loco
,
onde tor frutto
brama
3
E
per quejt-evren
campo si chiama*
Digitizedby GoOgle
j E Z
T A N SI L LO.
2,<}
ixxyiii.
Ogn'opra, ogni fatica, ove si accende
Destro cultor , sia nulla al suo disegno
,
Senza quell' acqua che la terra rende
,
E tumida e feconda^ e d sostegno
All' erbe che son nate , e le distende :
Onde a parlar di lei lieto ne vegno
,
E vo' che il-modo ver, donne
, si mostri
Come irrigar si debban gli orti vostri.
XXXIX.
Pi
che mei dolce , e pi che latte pura
Sia P
acqua
,
che spargiamo agli orti noi :
E
perch il
bel terren spesso s'indura,
Cavar
si deve
prima e bagnar poi
5
Acci
che l' acqua corra con misura,
Porti
per canal dritto i rivi suoi
5
E
tanto util maggiore al terren lassa
,
Quanto pi a dentro penetrando passa*
xxxx.
Dalla lingua de i vecchi empia e villana,
Non
si lasci
ingannar donna gentile
$
Che si bagnino gli orti a settimana
Dicoilo , e non d' agosto
?
ma d' aprile :
. Fallace lor sentenza iniqua e vana,
Conveniente ad uom debile e vile :
Spargansi d' acqua gli orti entro e d' intorno
Almen tpe volte fra la notte e
'1
giorno.
Digitizedby GoOgle
3o
ILrENJ>2MMlATQR3S
.
L XXXI.
Chi non fa questo iniquamente pecca
,
Ed quasi ministro del suo danno :
Che F erba verde al miglior tempo secca,
N frutto alcun promette al fin dell' anno.
Mirate come sugge e come lecca
La terra quelF umor
;
di qui F inganno
Senil veder si pu , di qui far prova
,
Com' uom che pi
la bagna , e pi le
giova.
IXXXI I.
Ecco di vaghe donne nobil calca
,
Di cui spiacevol vecchia guida e capo:
Pon mente alla donzella che cavalca
L' animai eh' sacrato al Dio Priapo;
Che par mentr' ella gli omeri gli calca
f
Che
'1
buon asino allegnrrizzi il capo :
Dimmi
,
qual pensi
9
eh' abbia pi del fiero
9
Il tuo
,
giovane bella
,
o il mio destriero?
LXXXIII.
Guarda quante altre belle su i tappeti
Dagli stessi animai si fan portare :
Par , che conoscan gli animai discreti
Le some eh' hanno addosso , dolci e
care
$
Onde van ritti il capo e gli occhi lieti
,
E fan di grida F aria risonare. ^
Credo che dica ognun nel suo idioma
:
Avessi io sotto
%
come ho su , la soma
Digitizedby GoOgle
*
X> L TJNS1LL0.
3l
lxxxit.
O vecchia, delle fiere e brutte streghe
La pi fiera che viva , e la pi brutta
,
Ch'hai sul volto infmal pi rughe e pieghe^
Che non ha solchi iu sen la terra tutta ,-
Col capo ornai sul pie t'incurvi e pieghe
,
E pur vaga di udir qui sei condiitta
;
A te potessi , ed a mill' altre vecchie
Appannar -gli occhi
,
ed otturar le
orecchie
xxxxv.
Quanto
alle fiere vecchie
maladette
,
Io di chiuder le orecchie oggi desio
,
Tanto a voi bramo aprirle
, o giovanetti,
Acci che v' entri tutto il sermon
mio,.
Oh , se una volta dentro vi si mette
,
Pi di due poi ve ne verr desio :
Parr
duro a sentir la prima volta
,
Ma pi
diletta
,
come pi s' ascolta.
X XXXV I.
Altro
ventaglio che non cotesto
,
10 ti vo'
porre in man, purch tu il
prenda
,
Ma
sotto condizion , donna , tei presto,
Che
spennato dapoi tu non me
'1
renda
$
N di pie , n di penne il tuo con questo
,
N di belt , n di virt contenda :
11 tuo fatto ad arte , il mio qual nacque,
U tuo scosto fa
vento , il mio vers' acque*
Digitizedby GoOgle
3z
il y js y d e mmxatokx
r xxx
y
1 1.
Il mglio io non ho visto , or veggolo : Eeoo
Tra vaghe giovini orrido vecchione
;
Arbor che sei dalla radice secco
,
Qual follia tra le fiamme oggi ti pone ?
Tornati al chiuso ovil , tornati , becco z
Non tornar n
5
va pur : Non ragione
f
Quando all' aprir del di la mandra s' apre
p
Che vadan senza un becco tante capre.
IXXXY III.
Che gatto quel , che a guisa di monile
>
Hai sul candido collo , o donna , attorto \
Or non i schifi tu cosa gentile
,
Al bel viso appressar cuojo di morto?
Gitta , onorata man cosa si vile
y
Prendi un vivo animai che meco porto
;
di' ha s bel pelo, e pelle s leggiadra,
Che ogni gran donna ne sarebbe ladra.
I. XXX IX.
'
Ha V animai eh' io porto qui rinchiuso
Pi caldo il tatto , e pi soave il pelo
,
E
mostra ben che
'1
destin quaggiuso
A servir donne
,
e non ad altro il cielo :
E sempre bello in vista , e buono ad uso
,
O
regnin V uve , o i fiori , o
'1
caldo
y
o
'1
gelo
*
N
temer , se ben muor , che mai si lasce,
Che quante volte muor , tante rinasce.
Digitizedby GoOgle
jdkzTjksillo* 33
x e.
Ma donde vien cotal varietate
,
Che questa hail pelo, e quella hain manle penne ?
Par che ad un tempo l' una con la state
,
L'altra col verno a far battaglie venne :
Ma se schermirvi d' amenduo bramate
,
Senza che bue v'impeli , o uccel v' impenne
9
Ecco qui dentro l' animai , che serve
JE quando il terren gela , e quando ferve.
X C I.
Voi mi potreste dir
,
perch si asconde ?
3 forse perch graffia, o perch morde?
Oh s' ei non si coprisse almen di fronde
,
Troppo il vederlo vi farebbe ingorde :
Che giova, se al mio dir nullo risponde
,
Ch' io stanchi me gridando , e gli altri assorde ?
Ors
,
pria che venghi altri a darne briga
,
Dicansi l' ore che il giardin s' irriga,
XCI I.
L' ore dell
1
irrigar , bench alcun volle
?
Che la sera e il mattin sian le migliori
,
Che a nona V acqua sparsa a terra bolle
7
Ed ardon l' erbe gli scaldati umori
;
Io vo
1
,
che
'1
mio giardin stia sempre molle,
Senza dar tante leggi a
1
miei sudori :
Giova a tutte ore , acci che
1'
erba cresca
Far che la terra sia bagnata
e
fresca.
5
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34
* L VEKDEMMIATORB.
X C I I I.
Deh! se quell' acqua, di che lieto ognora
Bagno la terra , ove vo' far semenza
Voi provaste un sol giorno , una sol' ora
9
Forse vi dolerla di starne senza.
(
Voi del mio dir tutte ridete
5
ancora
Ne bramereste far V esperienza.
Oh se la fate , un' acqua proverete
,
Che quanto pi si bee, pi doppia sete.
X
CI V.
Quando io vi posi innanzi gli strumenti
f
Che de' begl' orti adopro alla coltura
9
Il miglior mi scordai , eh' abbia alle genti
Mostro mai arte , o dato mai natura :
Poco le stelle , e poco gli elementi
,
E
poco gioverebbe umana cura
,
Senza questo ch'io dico, illustre ordigno
9
E
sia |>ur il terren, grasso e benigno.
X C
v.
Nomar possente , e generoso ed almo
Questo strumento, come il Sol si debbe
5
Ed onorarlo or d'inno ed or di salmo
,
Ogni poeta, ogni cantor dovrebbe.
Quasi sempre di altezza men di un palmo
9
O tanto, o poco pi, qualor.pi crebbe:
Ma posto innanzi , men d' un palmo appare
Ci che natura, ed arte
, e il ciel puon fare.
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DEL TJNS
JLLO.
35
X evi.
Questo quel vago, o donne , e bel legnette
Che si caccia sotterra e fa la fossa
;
Per dir sue lodi un altro d v' aspetto
,
Che dal mattino incominciar si possa,
Non or che
'1
Sol quasi nell' onde ha
'1
pettOp
Onde il ciel qui s' imbruna , ivi s'arrossa :
Sol oggi vi dir qual esser deve
Poich
'1
tempo mi sforza ad esser breve.
XCflI.
In dir l' altrui
,
quanto esser deve e quale
Stimate che
'1
mio stesso si dipinga :
Sia lungo
,
qual dicea
, s' pi
,
pi vale
,
E grosso tanto eh' altrui man noi cinga.
La punta abbia di ferro , e qual pugnale
La guardia , e
'1
pomo al pie dove si stringa
j
E duro s , che torto non si faccia
Perch
sotterra e notte e d si giaccia.
X CVI II.
Oltre la zappa, il pai , V aratro e V acque,
E le stagion d' oprarli e
'1
modo e Vora
*
De' quali il men si disse e
'1
pi si tacque
,
S' io vi vo' dir tutte quelP arti ancora
Ch'
usar da noi si ponno , e da qual nacque
Meglio al terreno , e meglio a chi
'1
lavora
E
parlar d' ogni pianta oggi abbastanza
Via pi dell' opra che del giorno avanza.
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36 IL r EN DEMM IATORJB
X C IX.
Ma, perch rare volte uman desio
Di suo molto sperar buon frutto prende
,
Senza soccorso d' alcun nume pio
Che
'1
ben eh' egli desia , dona , o contende
5
Onde ciascun fa maggior preghi al Dio,
Ch'ha pi poter dell' opra , ove egli intende 1
Di qui nacquero i tempj e i sacerdoti,
L'offrir degli olocausti, e il dar de' voti.
C.
Perch de' campi folta spica mieta
'
D Puglia all'alma Cerere i suoi prieghi
f
A Bacco Nola
,
perch d' uva lieta
Grave ogni vite l' amat'olmo pieghi.
Chiama Febo., o (qual io) Bacco, il poeta,
Perch
'1
chiuso pensier in versi spieghi :
Marte il guerrier, Nettuno il pescatore,
Vulcano il fabbro, e colui ch'ama, Amore.
C I.
Cosi molt' altri e molti onora il mondo
Numi benigni, e presti a i desir nostri
5
A chi pi porge , ed a chi men
,
secondo
Pi largo o meno altrui par che si mostri
5
Acciocch , donne mie , frutto giocondo
Il soavSHavor de' terren vostri
Dopo tanti sudori a noi riporti,
Bisogna eh' onoriate il Dio degli orti.
Digitizedby GoOgle
'
2> E L T J N S I LLO.
3j
CU.
Alla madre d'Amor, Venere
bella
La tutela degli orti il mondo diede
,
E non senza cagion , s come a quella
Onde il principio d' ogni ben procede :
Ma poi che questa Dea, gi nuova stella
,
Se ne port nel ciel sua ricca sede,
Perch non sia qua pi da ladri offesa
Lasci degli orli al figlio la difesa.
C I I I.
Non ad Amor, com'
'1
parer d' altrui
^
(
Ancor che sotto
'1
ciel cosa nessuna
N nascer pu n viver senza lui
)
,
Ma a quel che dalle fascie e dalla
cuna
Ella am pi che
gl'altri figli sui
5
Il qual, senza cercar maggior fortuna,
Nato si giace ove nascendo
giacque
,
Vago
sol di morir l dove nacque.
C I V.
Ella
'1
produsse
,
e Bacco generollo,
Onde spesso da lui toglie il vigore :
Priapo il nomin chi pria chiamollo
,
Bench
in pi voci il mondo ancor l' onore
$
Non
arco in mano , n faretra al collo
Porta,
come'l crudel germano, Amore;
Con lunga
falce
in man finger si suole
,
Ma
1'
arme con che nacque , adopra sole.
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38
IL VEN DEMMI UTO
RE
C V.
Non Flora, u Pomona, ma Priapo
Bisogna che da voi dunque s' onori
j
Cingete il sacro e venerabil capo,
Di liete e dolci erbette e di bei fiori,
Non di ruta o d'
assenzio o di senapo
,
Ma di quell' erbe eh' nan miglior sapori
Ed a' vostri giardin nascon d' intorno
,
Fate ghirlande a lui ai giorno in giorno*
evi.
Se cos pie, religiose e sante
A questo dolce Dio vi mostrerete
,
O che beli' erbe , o che leggiadre piante
Ne
1
ben colti terren sorger vedrete,
Che nascer gi non vi poter innante :
Cosi cangiando stil, donne , farete,
Acci eh' uom mai di voi non si lamenti
y
G' orti fecondi
y
e gli ortolan contenti.
C
V
1 1.
Ma non vo', donne belle , che vi faccia
La molta f s gli animi sicuri
,
Ch'aperto ogn' orto e notte e d si giaccia
S , eh' ogn' uom vi depredi , ogn' uom vi furi)
Acci che'l mondo non vi vada a caccia,
Arminsi d'uscio e cingansi di muri}
Purghinsi ancor che non divengan selve
N siaa nidi agli augei , lustri alle belve*
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DEL TA NS I
LIO.
3$
CVIII.
Non abbia il giardin vostro ampie le
porte*
Ma gli usci a guisa di fortezza stretti.
Non vi paja d'uom grosso, o donne
accorte,
Ch' orto e giardin confonda ne' miei detti:
Perch ne' bei terren dativi in sorte
Vi sono orti
,
giardin
, selve
, boschetti
,
Paludi , monti
,
pian , tuguri e logge,
E tutto ov'uom si vada
, ov' uom s' allogge.
C I X.
Guarda verso il cammin , che nella
valle
Sempre asciutta e fiorita
entro di lauro
Tre altre donne assise in sulle spaile
Non di monton, che
nuoti, n di tauro,
Ma d'asinel che trotta
5
e verdi e gialle
Le gonne han tutte tre , conteste d' auro :
Io non le posso salutar s lunge,
Che la mia stanca voce non e' aggiunge*
C X.
Se ben son lunge salutar le voglio
,
Ancor eh' io gitti le parole in vano :
Grider ben pi forte eh' io non soglio.
Oh del giallo ! oh del verde ! ite pian
piano

O
venite ver qua ch'io vi raccoglio.
Ancor che
'1
grido s' oda di lontano
,
Son tanti g' urli de' destrier eh' han
sotto,
Che
delle voci mie non odon motto.
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40
XL VENDEMMIJTOJELX
CXI.
Volete , belle ninfe eh' io vi mostre
Onde nacque il costume e santo e bello
,
Che un' alta donna nelle parti nostre
Non sdegna andar sull' umile asinelio ?
Vecchio uso fu delle prime Ave vostre,
Non credete che sia tra voi novello
,
Pi dell' antico ha, donne mie, quest' uso,
Che tion ha que^dell' ago e quel del fuso.
CXII.
Un tempo al gran Priapo desir prese,
Di guadagnar peregrinando fama.
Si mise in alto in Grecia , e 'n Puglia
scese

Ove il suo nome ancor s' onora e s' ama.
Bramoso di vedere il bel paese
,
Ch' ogn' altro peregrin cotanto brama
,
Varc l' Aufidio , indi varc il Calore
,
E venne qua raccolto a grande onore.
CXII I.
Tant' onor gli fer qui , tante carezze
Che pi non n' avrian fatte al sommo Giove
9
S per le naturali sue bellezze,
Come per le mirabili sue prove :
I poderi, le case, e le ricchezze
Offriano a lui
,
perche non gisse altrove :
Ei.dVmor vago, che l' avea qua addutto
Deliberava il mondo correr tutto.
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DSL TA NSI LLO.
J[l
C X I V.
Ma, perch questo loco al del s
caro
(Era regno del padre, Dio del vino)
E perch belle donne assai
'1
pregaro
Per pi di si ritenne dal cammino
:
Spesse volte a diporto cavalcaro
;
Beata chi avea sotto il suo ronzino
Che
'1
pose sotto a mille donne
e mille
Entro e fuor
,
per le selve e per le ville.
c X
v.
Vi giunse in tempo per maggior
ventura,
Che ^i
spandean com'or l' uve dal
Sole :
Allor
nacque
1'
usanza eh' ancor dura
Che a donna l'uom pu chieder
ci
che vuole,
E
parlar
come
detta altrui
natura,
Senza
velame o giri di parole.
Il pie si dice
pie : le chiome , chiome
;
Ogni
membro
si onora del suo nome.
C X
V
I.
Malgrado
dell' onor, della
vergogna,
E
della
gelosia che se ne rode :
Ciascun
domanda quel che gli bisogna
,
E non
gli cai se
'1
mondo tutto l' ode :
La
donna
d' ascoltar non si vergogna
N
l'
uom paventa dell' altrui custode
;
.
Sia
maladetta la regina avara
Che f
9
per noi s dolce usanza amara.
6
Digitizedby GoOgle
42,
IL rEKDEMMIATORE
C X V I I.
Dicon che un tempo qui regnasse
poi
Del buon Priapo una regina amica
,
Che irata, per punir sudditi suoi
Che non servar con lei l'usanza antica
^
Pose il fio che si paga oggi da noi
,
Acci che ogn' uom- liberamente dica;
Onde se ben tal libert non cerca
,
Del suo per forza ognun di noi la merca.
.
C X
V
I I I.
Giva a diporto la regina bella
Con nobil compagnia per la foresta :
Ogni sua donna, ed ogni sua donzella
Fu da
1
vendemmiator d' amor richiesta.
Grida ciascun, chi questa vuol, chi
quella^
Nulla di lor senza il suo invito resta
j
Per vilt , credo , alla regina sola
Nessun
di quei villan disse parola.
C
X I X.
Non ho, turbata, la regina disse,
Dunque io , com' elle , orecchie ed altre
cose
?
Degno era eh' un di voi mi riverisse
Con vostre ingiurie dolci ed amorose:
<
li' usanza allor tra le sue leggi scrisse,
E 'I fio d' un grosso ad ogni scala impose :
Se stato a quell'et fuss'io nel mondo,
Quei d' oggi addosso non avrian tal pondo.
'Digitizedby GoOgle
JD E L TA N S TLLO.
4^
CXX.
Pagan le scale il fio , ma la licenza
Vuol die di dire a tutta gente tocche.
Han l' orecchie d' udir la pazienza
Come han di dir la libert le bocche :
Chi fece a questa legge resistenza,
(
li che fanno talor le turbe sciocche
)
Oltra che fora altrui mostrato a dito
,
Come, di grave error n' andria punito.
CXXI.
Che gloria era a veder questo paese
Quando- Priapo vi facea soggiorno,
Il qual vi s' indugi via pi d' un mese
,
Che parve a quelle donne men d'un giorno
j
E
1'
ore tutte a lor diletto spese
Per questi nostri campi entro e d'intorno:
E se talor del dritto suo mancava
Scornato innanzi a lor ne lagrimava.
C X X I I.
s
Quando talor mancava del suo dritto
(
Ch' a tutti , e sempre sodisfar non possi
)
Ne
riinanea per qualche spazio afflitto
S , che qual era , non parca che fossi :
Com'
uom che colto sia sopra il
delitto
Gli
occhi avea molli , e i fior del
volto rossi
;
N si vedea mai lieto nell' aspetto
Fin che non ristorava il suo difetto*
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44
*Z rZjrDEBiMlJTORS
C XX I X I.
Ogni umil donna si stimava Dea
Mettendo il pie Priapo entro
'1
suo arbusto
;
Ei, ben eh' uom grande, a sdegno non avea
In ogni loco entrar
,
quantunque angusto :
Conoscendo il buom uom quanto mal fea
Lasciar le belle donne al miglior gusto,
Finch lor uva in tutto non si colse
Scostarsi dal lor sen giammai non volse*
C X X I v.
Ma
,
poi che di partir tempo gli parve
Lasci la terra, ove'l suo nome accrebbe
Donne , lungo mi fora a raccontarve
Quanto la sua partita a tutti increbbe
5
Pianse alle braccia lor quand' egli sparve,
S , che ciascuna del suo pianto bebbe:
Vi fu donna che tanto se ne dolse
Che con Priapo in bocca morir volse.
C X X v.
Ne fu per divenir pi d'una folle
,
Quando sparir sei videro davanti.
Qual donna non rest bagnata e molle
Il seno, e degli altrui e de' suoi pianti?
Com' uom eh' a forza dal suo ben si lolle
Con le voci e con gl'occhi alin tremanti
Dal grembo lor si svelse il bel Priapo,
Lagrimoso le guancie , e chino il capo*
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J>BL TjiksiLLO.
4$
C XX
V I.
Ogni
donna riman vedova e sola
,
Che sposo e compagnia seco sen porta:
Chi la vista perdo, chi la parola,
Chi giacque lungo spazio a terra
morta.
Ma molte la memoria ne consola,
E molte la speranzane conforta :
Ci che di lui partendo qui rimase
,
Qual sacro
si guard nelle lor case.
cxxvir.
Da indi in qua fur gli asinelli suoi
Sopra ogn' altro animai tenuti in pregio
Da voi qui , donne , e di gir sotto a voi
Gli fer Capoa e Nola privilegio,
Che non aveva allor , com' ebbe poi
Napoli la corona e'1 titol regio,
Ma le citt maggior queste due foro
,
Che davan legge a Terra di Lavoro.
C X XV I I I.
Come moglie d* amato pastorello
v
Che '1 verno, dietro ai gregge altrove gito
f
Ch' ogni monton gradisce ed ogni agnello
Per la dolce memoria del marito
;
Cos le donne fer dell' asinelio
Dapoi che 1 buon Priapo fu partito
,
Il qual per dritta e per obliqua strada
Cerc
d' Italia bella ogni contrada.
'
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46
IL FENDEMMIATORE
CXX I X.
Dal mar d' Adria al Tirren, da Lcuca a i monti
Che fan siepi tra noi ed Alemagna
Non trov luoghi ad onorar pi pronti
Che i lieti campi sua persona magna
y
Dove Sebeto e Sarno han foci e fonti
,
E della terra che
'1
bel Mincio bagna
Ove tanto onorar quell' uom divino
y
Che nomar se ne volse cittadino.
C X X X.
Dopo la sua partita , altari e tempj
Gli alz divoto il popol Mantovano
,
Ove dell' opre si vedean gli esempj
Che fatte avea col capo e con la mano
;
Ed un grand' uom di Mantoa, eh' a que' tempi
Cantava l' arme d' un baron Trojano
,
Scrisse de' fatti suoi famose istorie,
E sparse Italia e
'1
mondo di sue glorie.
CX XX 1.
Stavan le mura di quei tempi, assise
Tutte
su due colonne o due pilastri,
Ch' eran di pi colori e di pi guise
,
E di tofi e di selci e d' alabastri
,
Parea che fusser da natura incise
Nel natio monte , e non da man di
mastri
y
E tutti avean dinanzi agli usci belli
Folti boschetti o teneri pratelli.
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DEL TjNSILLO.
fl
CXXXI I.
Le late mura, e gli archi e le colonne
Tutte eran di miracoli coperte
5
Pendean
mille camicie e mille gonne
Ch* avean per voti le donzelle
offerte
,
E mille altre tabelle dalle
donne
Affisse , che , dal medico
deserte
Il buon Priapo avea guarite affatto
Con la sola virtude del suo tatto.
CXX X I I l.
Vi eran le guerre e le discordie
pinte,
Ch'egli
N
avea in pace e in amicizia
volte
7
E le battaglie col suo auspicio
vinte
;
Le rocche prese e le bandiere tolte.
Vi eran trofei di zone a forza scinte
E d' arme da riparo insieme
avvolte
,
E stocchi e lancie d' uman sangue asperse
y
Che la vittrice turba al tempio offerse.
C X XX 1
V.
V
era scolpito ogni amoroso
fatto,
De'
guerrier di quel tempo ogni
conflitto
,
Notato il nome e'1 volto era
ritratto
Tanto del vincitor quanto del vinto
;
Colpo nissun si discernea di piatto
N di rovescio qui , n di man dritto,
Ma tutte
eran di punta le ferute, .
Dal mondo
e dalla
gente pi temute.
Digitizedby GoOgle
if8
IL
VENDZMMIATOKB
\
'
CX XXV.
E v' erano
ministri e sacerdoti
,
Che di que' tempj
avean governo e cura,
A' cui velati
il capo o le man voti
Non licea
mai
d'entrar le sacre mura
j
Le
cerimonieri
sacrili
cj
e i voti
Non
si
facean se non in parte oscura.
Bench
in o^ni angol del beato loco
D e notte
ardesse inestinguibil foco.
CXXXVI.
Giurato avrei , eli' eri uom fatto di stucco
f
O tu che sotto noi s saldo passi
,
Se
non gridavi. Taci ignobil cucco,
A
che la voce
alzar se i vanni hai lassi
?^
Non credo eh' oncia si trarrla di succo
Per far di te
,
quel che dell' uva fassi
$
E pur n'assordi ! Va al tuo nido e cova,
Di strano augel con le tue piume l' uova.
CXXXVII.
Non vi crucciate , donne , se interrotto
Ho il bel lavor^ dove pi fresco torno :
M'han quasi il capo quei che passan , rotto;
Chi col grido l'introna e chi col corno,
Se passasser pi schiere qua di sotto,
Che non hanno uve i campi eh' ho d'intorno
Io non mi vi torr, donne , di sopra,
Finch non reco a fin la mia dolce opra.
Digitizedby GoOgle
Z)Z TjNSILLO.
49
CXXXVIII.
Potrammi qualche pura verginella,
Che mal esperta ad ascoltar ne vegna,
Qual pianta
domandar, qual' erba quella
Che
agli orti nostri meglio si convegna
,
seminar si possa, che sia bella,
E
via maggior virt seco rite^na?
Dirowi di quai piante e di quali
erbe
,
Vo' die
'1
vostro
terren s' adorni e inerbe.
C XXX IX.
L'amaraco
odorato, il buon
serpillo,
L'
erba che col suo fior vagheggia
il Sole,
Il
basilico amaro a chi nutrillo
,
L'aspra boragia, le crespe scaruole,
L'eruca a
Vener sacra , il petrosillo
Che
ciascuna
di voi tanto ama e cole
,
E
le
molt' erbe eh' U6a il viver nostro
,
Non
ponno aver radice al terren vostro.
CXL
E
retti gigli
j
e flessuosi acanti
,
Vermiglie rose
,
pallide viole
,
E
narciso e j acinto, e croco, e quanti
Fior
gener mai nella terra il Sole
,
Quando di vrj odor , di color tanti
Lieta
le guancie si dipinge ed ole
,'
Bench opni loco faccian lieto e bello,
Non-giovano al giardin di ch'io lavello.
7
Digitizedby GoOgle
So IL
r
E N DEM M IATO RE
CXII.
L'arancio
,
il cedro, e gl'altri arbor felici
Ch' imitan ne' color gemme e metalli
,
Ancor che volentier prendan radici
Ne'giardin, come i vostri, chiusi in valli
,
E teman le montagne
e
le pendici
Come legno, che'l freddo oltraggio falli
,
Bench abbian frondi sempre e frutti e fiori
,
Vostro terren non vo' eh' unqua g' onori.
CXLII.
Non ci vo' verde lauro o bianco moro
,
Che tessa ombra co' rami a chi gli sotto,
Non noce Indiana, o pomo Perso, o moro.
Ch'empia di gemme il sen quand'egli
rotto
,
Non fico, ancor ch'io me ne struggo e
moro,
E pi che
'1
mondo tutto ne son ghiotto
,
Perch senza che
'1
fico vi sia messo,
Il giardiiututto fico per se stesso.
CXLIII.
Un' erba sola quella che de' porre
Ogni donna e donzella al suo beli' orto :
I frutti che ne pon d e notte corre
,
Avanzan tutti g' altri di conforto :
Ma il sugo che premendola ne scorre,
Potria
quasi dar vita a un corpo morto.
Vidi io sanar sovente con
quest' erba
Donne , ch'.eran gi
presso a morte acerba.
Digitizedby GoOgle
DEL TAKSILLO. 5%
CXLIV.
Io son, dir talun, d'opinione
Che
1'
erba a chi tu dai lodi cotante
E la zucca, o'I cocomero o'I popone :
Qual fia, s' una non delle tre piante ?
Io non vi nego che sian belle e buone
,
E che si debban porre a molte innante
,
E che negli orti vostri eran gradite
,
Ma
vi
dir come ne fur bandite.
CX1Y.
Crescean le zucche e gli altri due compagni
N primi tempi
,
e si fean quasi a paro
Degli abeti diritti e duri e magni
,
Allor negli orti vostri si piantaro
Pi eh' erba che
'1
Sol scaldi e F aria bagni
5
Ma poi che, a lungo andar, troppo invecchiaroj
E si fer molli e pargoletti e torti
,
Allor banditi fur da' bei vostri orti.
CXLVI.
L' erba che nasce nell' Egitto, e porta
Oblio d' ogni tristezza nelle foglie
,
Quella, che spezza il ferro , apre ogni porta,
-
E da' laghi e da' fiumi
1'
acque toglie :
Quella
,
che asciuga il sangue e riconforta
,
E qualunque erba oggi da noi si coglie
,
si colse da altrui nel tempo antico
Non si pareggia ali
9
erba di eh
9
io dico.
Digitizedby GoOgle
SO. I L rENDMMfit IjT
RE
CXI VII.
Voi non la troverete , donne , in tasca
D'erbolajo ch'esperto a \oi si mostri}
Non ere (lete che generi o che nasca
In altra parte che negi' orti vostri;
Da noi si
mangi , o da animai si pasca
f
Come si fa dell' altre a' lidi nostri.
Anzi ella tal , che non pu donna alcuna
Tenerne dentro al suo giardin pi eh' una.
CXLVIII.
Quando la notte cresce , e
'1
giorno manca,
Ed ogni pianta le sue foglie perde;
Quando s'apre il terren, quando s'imbianca,
Sempre quest' erba si sta integra e verde
,
E se viene talor languida e manca
Si ristora in un punto e si rinverde
5
Quant' ombra pi l'aduggia e calor preme,
Tanto pi spiega i fiori e manda il s?me>
CXL*X.
Or.chi porrla la lingua a fren tenere?
Eppur gridate, donne:
Taci taci;
Ciascun che passa mi provoca e fere.
Par eh' io sia il gufo, essi gli uccei rapaci :
Quest'olmi e quercie ornai non pon tacere
Udendo tante strida e s mordaci.
Gite voi s superbi e s protervi,
Perch v'
armin le corna o tori o cervi?
Digitizedby GoOgle
j> j z. T a y s 1
1
lo.
53
e t.
Oh vergogna e d9nor di questa etate
A
che batter s forte le calcagna?
Col
rauco corno
,
strepito mi fate
Acci
che di risponder mi rimagna.
Sonate
pur : Gran cosa in ver eli' abbiate
S
presta V armonia, sendo in campagna:
Non
gran fatto eli' or V abbiate presta
,
Avendo
-sempre gli strumenti in testa.
Ecco
un dottor che fnge il Salomone,
Che
sotto un gran cappel mi sembra un fong.
lo
non
vo? farrie ingiuria alla stagione
,
Ma
a dargli un fiero assalto mi dispongo
tu
che sai di legge e di ragione
,
Solvi
il
gran dubbio eh' ora in man ti pongo;
Ueh
! dimmi , buona o rea l' usanza d' oggi
,
Che
vuol che sopra l' uom la donna poggi?
CHI.
Dimmi dottor^ degli uomini alla forca
Qual
pi di voi , tua moglie o tu n' appende?
Tua
moglie ha men del reo , che , bench torca
Il
collo
al
malfattor, pur vivo il rende.
Il
Sol,
pi
che non suol, tosto si corca:
Qualche donna di l, forse l'attende,
Pria
che nel
grembo altrui tutto si gette
,
Bisogna
per concluder
}
ch'io m'aflrette.
Digitizedby GoOgle
54
IL rEN DEMMIJTORE
CLIII,
Donzella , che solinga abbia paura
Di notturno fantasma , o
d' orrid' ombra,
O di strega o di magica fattura
,
Quando l' oscura notte il cielo adombra,
Tenga quest' erba in seno, e stia sicura.
A chi tanta
tristezza il petto ingombra
,
Che la trae quasi di se stessa fuore,
Mangi quest'erba, che rallegra il core.
cuv.
E se stomaco avesse
freddo e stanco,
Lo scalda e lo rinforza al digerire.
A chi rinchiuso umor nojasse il fianco
,
Il sugo di quest' erba nel fa uscire.
Feconde fa le sterili
9
empie il manco
,
E fa le brutte subito abbellire:
E quei, che par cosa pi rara e nova,
Che tanto a
fredde
y
quanto a calde
giova.
CLV.
Chi gli occhi
avesse molli ,
e
'1
viso smorto
Questa
rasciuga quei
,
questo incolora :
Chi piange il suo signor lontano o morto
,
Questa la trae d' ogni cordoglio fuora.
A che via nel parlar pi vi trasporto
Per dir quanta virtute in lei dimora?
Il
mondo tutto , e ci che eterno serba
,
Spento in
breve saria senza quest' erba.
Digitizedby GoOgle
2>J5Z TAN SILLO.
55
C L
V I.
M'accorgo agi' occhi , che ciascuna brama
Saper
quest' erba , che cotanto io lodo :
Dirolla
per saziar l' ardente brama
E
delle
dubbie menti sciorvi il nodo.
Quella
non mi sovvien come si chiama
Dagli
ortolan di Roma a certo moio
,
Che
vien menta piccina a dir tra' nostri
E P
erba degna de' begli orti vostri.
C L VI I,
s
Non
vi spaventi il nome di piccina
,
Che
in
picciol corpo regna gran
virtute
Ogni
lodata gemma piccolina
,
E
in
tanto prezzo al mondo son tenute
,
Bench
io tenga di lor poca dottrina
,
Com'
uom che poche n' ho tocche o
vedute.
Le
gemme , donne
,
ond' io talor v ricco
,
Son
l'
uve
,
eh' oggi da quest' olmo spicco.
CL VI Il-
io
vi vedo
negli occhi e nella fronte
Segno
apparir di nuova maraviglia
;
Come
se cosa strana uom vi racconte
,
Voi
mi guardate con rugose ciglia.
Febo, a cui son tutte l' erbe conte,
Onde
ogni um#n languor rimedio piglia
,*
Per
gli amor tuoi , cangiati in erbe e in fiori,
Fa
testimon
che la mia lingua onori.
Digitizedby GoOgle
56 IL V E N D E M M I J T O R E
CLIX,
E se pur, Febo acceso <K disdegno
Nega di farlo , e di profan m' accusa
,
Che ai cominciar
dell'opra, onde al fin veglio,
N
lui
vuoisi
onorar, n sacra musa;
Purch
vi- venga un Dio pur di se degno
>
Che
sappia la virt nell' erba infusa,
Fai tu
,
Priapo a queste donne
,
e mostra
Quanto ha forza e virt quest'erba nostra.
CLX.
Tu Dio degli orti , vedi , fiuti e palpe
,
Non pur
1'
erbe che crescon
sulla terra
,
Cui n chiuso vallon n rigjd' alpe
,
Uscio o salita il gir mai vieta o serra,
Ma sotto entrando qual coniglio o talpa
Cercbi
quante radici van sotterra.
Poi che tutte le sai
,
quest' una insegna
Onde ciascuna al suo giardin la tegna.
CLXI,
dunque la miglior dell' altre piante
9
O donne mie la menta pargoletta
,
con ragion l' ho posta a tutte innante
f
Com' erba che pi giova e pi diletta.
Questa ciascuna al suo giardin si piante
;
Piante , io vo' dir , che di sua man la metta
f
E nutrimento di sua man le porga ,
-
Perch felice ad ogni tempo sorga.
Digitizedby GoOgle
BEL
T
A N
S 1 LL O.
5j
CIXII.
Domandate
a color, che nelle
scolo
Tormentan
con le verghe i
fanciulletti
,'
J2 sanno il sugo
trar dalle
parole
,
Si come voi dall'
erbe e da'
fioretti.
Quest' erba
che cosi
nomar
si suole
1
,

cosa ella che gravi,


o che
diletti?
Essi il diranno
: ma
per
farvi
liete
,
Io ve la
mostrer
se voi
volete.
CIXIII,
Ogni alma
trista^il
Sol
mirar
rallegra, ,
JEd ogni infermo
corpo
il
gusto
sana,
S alcuna
tra voi fosse e trista
ed
egra,
Ratto fia con
quest'erba
e
lieta
e sana.
Lo stipe ha
rosso,
e la
radice
ha
negra,
Non la
spregiate
come
cosa
vana
:
Se non avesse in
s molta
vaghezza,
Stimate la
virt
, non la
bellezza.
CLXIY.
Il
desio
non
s' appaga col
parlare
,
Per
quanto io
scorgo
: ors
sciolgasi
il
laccio
Di
quella
tasca
ove si
suol
nerbare
$
Mentre
per trarla
fuor,
l'
apro
e
dislaccio,
Se vi
volete
pi
maravigliare
,
Una di
voi
dentro
vi
metta
il
braccio
5
Che da lei
tocca,
in
un
momento
cresce,
E
caldo
latte e
mei
dalla
cima
esce.
8
Digitizedby GoOgle
$8
IL
>"
Jf J? > K M M 1 AO RE
CX XV.
Voi , donne belle rivolgete il viso,
Chiaro mostrando che
'1
mio dir vi spiace
?
S'io vo' mostrarvi il vostro paradiso
,
Perch
'1
mirar
,
qual prima , r non vi piace
?
Chi con le fronde il volto cpre , e
'1
riso
9
Chi si fa in dietro , e chi ridendo tace.
Or non siate s schive e vergognose
,
Che
'1
fin s' attendeteli'
limane cose.
CLXVI.
Deh Inquanto errai nel cominciar del
canto

Giovani, a cui il mio dir vo?sol che piaccia.


-
Quando le vecchie vi levai da canto
,
Perche con lor non vi levai di faccia
Questa
>
che avvolta di sanguigno manto
Vi batte nelle guancie e vi minaccia?
E per far onta a noi
,
gioja alle vecchie
Ame chiude la bocca , a voi V orecchie.
cixvn.
Vattene via , vergogna , vatten via
Ch? altro color che
'1
tuo vo' che ne copra.
Seguite il suon dell'alta voce mia
Voi, f che di Bacco sete meco all'opra :
Cacciani da noi questa malvagia e ria
,
Che i vostri e miei tesor non vuol ch'io
scopra:
Vattene via vergogna , aspra e severa
,
Cagion ,
ch'ogni
piacer nel mondo pera.
Digitizedby GoOgle
Z>EL T
J K 3 1 L LC
5$
C L XVI
% I.
Vergognar tu , vergogna, ti dovresti
D'apparir qui tra noi nel tempo
,
quando
Le
parole e i pensier gravi ed onesti
Son
da noi relegati,
o posti in bando.
Dovevi
udir, se non sei sorda, questi
Che
ti van con lor grida via scacciando r
N
puoi
scusar che
'1
grido non s' intende
Ch'
ogn'
uom per farsi udir nclT aria pende*
CLXIX.
I
tanti
tuoi timor , tanti rispetti
A
i
giorni
sacri , non a questi serba,
Or
con
lascive voci or con bei detti
Ciascun
le sue fatiche disacerba i
Trova
duque vergogna altri ricetti.
Mentre
per addolcir la vita acerba
N*
empion
de' frutti lor canestro e sacco
Non
Giove e Palla, ma Venere e Bacco.
CIXX.
Poi
che andar non sen vuol quest' importuna.
Che
partir si devria
,
partendo il giorno
;
Siccome
quella che a splendor di Luna
Suol
faro ire a turbar l' altrui soggiorno.
E
perch credo , che di voi ciascuna
Voglia
forse alla villa far ritorno
,
Salvo
chi restar meco desiasse,
Per
veder se al mio dir T opra uguagliasse
Digitizedby GoOgle
60 il rsirnEM. del tjitsillo.
C la XXI.
Itene in pace, e quei piacer che Fora
N' ha tolti , e la verggna oggi da i petti
9
Io prego Amor, cui la mia lingua onora,
Che li serbi e riponga a i vostri letti.
Tosto che appaja in ciei la bella aurora,
Se alcuna trae dolcezza de
9
miei detti
,
Di sfacciata prontezza il volto s' armi
f
E torni un
9
altra volta ad ascoltarmi.
ZLJine
del Vendemmiatore
del Tausilio*
Digitizedby G00gle
LA PRIAPEA,
SONETTI LUSSURIOSI-SATIRICI
z
NICCOL FRANCO.
Digitizedby G00gle
Digitizedby GoOgle
MESSER NICCOL FRANCO,
GIOAN-ANTONIO GUIDONE,
IMPRESSO* E.
luTTOCHile tristizie di Pietro Are-
tino
siano infinite, finite che le avrete
d'imprimere,
soggiungereteci la Pria*
pea
volgare, perch i commentar) la-
tini
fatti
sopra quella di Virgilio , us-
ciran
fuori in compagnia delle cose
\
latine.
Dico questo acciocch per ora
non
aspettiate d'accoppiarci le rime,
eh'
io
pur ora compongo in morte del
ribaldacelo
, bench sia vivo , sendo
di
mio* proposito riservarle per le se-
conde
saette eh' abbiano a trafiggergli
talmente
V ignoranza dell' anima ,
si
Digitizedby G00gle
che V infame , viste prima le
infamie
della sua vita ,
veggia ultimamente
le
essequie della sua morte, e, conosciu-
tosi molto pi vituperoso morto
che
vivo
,
abbia egli stesso cagione di
bia-
simare i corrivi Principi
,
che infino
ad ora gli abbiano sostenuta la
vita
,
e si rivolga a dannare l'ingiusta
Gius-
tizia, che per disagio d'un capestro
o
d'un fuoco
,
.r abbia lasciato
vivere
infino a tanto che vivo sia visto sotter-'
rare dalla virt di colui., la quale
egli
con
la malignit avea pensato
porre
sotterra.
Circa l'impressione delle
mie
satire , e de' dugento sonetti del
mio
Pasquino
,
sostatevi qualche
poco
9
poich il meglio che con le rime
in.
morte in un volume, vegnate a spe-
dire il tutto. E sono tutto vostro.
Di
Torino. Di Giugno. Del mdxli.
Digitizedby G00gle
NICCOL
FRANCO,
X. X.
9
AB.CIDIVINO
PIETRO
ARETINO,
FLAGELLO DE*
CAZZI,
-A.rbtin
,
non ti paja cosa dura
,
S
tanti
cazzi t'appresento
avanti
Nelle
mie carte
,
perch tutti
quanti
Ti
fan
bisogno , s ci metti Cura.
E
sebben,
tu, che sai della pittura,
Si
come
spesso spesso te ne vanti.
Sei
di
parere , che si fatti Santi
Stieno
meglio in rilievo, che in figura}
Percbe
tu
non mi reputi per matto,
3VIi
scuso
ch'io procedo da discreto
,
E
che
a buon fine il tutto stato fatto;
TalcH
se vuoi forbirtene il secreto
Il
tuo
gran cui ne resti sodisfatto
,
Trovandoci il suo pasto consueto.
9
Digitizedby GoOgle
*
* *
* * *
* * * *
******
*******
* * * * * * * *
*********
**********
*********
********
*******
******
* * * * *
* * * *
* * *
* ** * * * * *
*****************
*v***v*
*****
Digitizedby GoOgle
LA
PRIAPEA,
SONETTI
LUSSURIOSI-SATIRICI
X> I
NICCOL FRANCO.
X u
,
che da legger hai la maraviglia
Di questi versi miei senza vergogna
Pon gi senz' altro
(
che cos bisogna
)
La gravit che mostrano le ciglia T
Di Giove qui non abita la figlia,
Ch' hale letture publiche in Bologna
y
E chi in Parnaso pure o vegghia o sogna
9
N' ben lontano pi di mille miglia.
Qui non d' istorie bei tappeti o arazzi
Veder si ponno, n cantar divino
Che fa gli Orlandi furiosi e pazzi*
Non di damasco
, n di panno fino
Addobbati versetti , ma sol cazzi
,
Che torrebbon
la foja ali
9
Aretino
Digitizedby GoOgle
#8
%a pRijpsjt
1 1.
Xunge dall'
opra mia, poich'ella vile
f
Guarnaccne che tre sputi al passo
date
,
E berrette in quadrangolo formate
,
Calze e voi tutte fatte a campanile,
Lunge ser Petrarchisti dal bel stile
,
'
Che le rime con gli huopi profumate
,
Perch voi mastri giudici stimate
Il Caballino mio mandr e porcile.
A voi son certo
,
che piacer non danno
Versi, ch'arte non dora, e 'mperla e
inoltra*
E tutti gli altri stomaco vi fanno.
Per/niel che il mio scrivere dimostra,
Sia sol di quelli, che portar non sanno
Nella lor fronte laTergogna vostra.
1 1 r.
Neil' opra, cn' ora io tesso al chiaro
onore-
Dei Dio degli orli , forza d'
invocare
Come i bravi poeti soglion fare
Da tutte Muse voi,
Jena e favore.
Piacciavi dunque o Dive, per amore,
La debil penna mia farmi rizzare
y
E darmi, onde il parlar si possa ornare,
Le vostre lingue in bocca per quattr'
ore*
Da voi si guidi la barchetta mia
,
Che sotto l' ombra delle vostre
gonne
Pervenga al fin della
profonda via.
Siatemi innanzi voi forti
colonne
Da sostenermi
, e ben vi disdirla
Non^ostenendo un cazzo , come donne

Digitizedby GoOgle
&
E L FRANCO*
6$
I
V.
O
Polimnfar,
io prego che m'aiti
,
E tu
Minerva il mio stile accompagni
,
Anzi che da se stesso mi si bagni
E eh* io mei meni pi per li miei diti.
Sienmi
i vostri bei numi favoriti
Per far quei fatti gloriosi e magni
,
Ch*
usano far tra loro i buon Compagni
9
E le buone mogliere co' mariti.
v
Oh
! sacra coppia benedetta sia
,
Poich
a gran pena a dir di voi son mosso
,
Ch* io mi sento rizzar la fantasia.
Onde
dal gran furor spinto e percosso
,
Ficcando tutta in voi la vena mia
,
Mi meno e mi dimeno quanto posso,
V.
Credo,
che ciascun
sappia chi mi sia,
E
per non vo farne pi romore :
Bastimi
dir, ch'io sono il donatore
Di
quella sola eccelsa melodia.
E
che (
sola merc dell' opra mia
)
Ogni
animai
congiunto con amore
E
nasce e vive
, ed in un punto muore
,
E. s
medesmo rinnovando cria.
E
se
questo non basta : io son che arreco
Tanta
dolcezza
, che si passa a guazzo
,
Talch
mi si pu dir Domimis teco.
A.
che
farvi
di me pi gran schiamazzo ?
Non
si vede egli chiaro da chi cieco,
Che
'1
mondo saria un cazzo, senza cazzo?
Digitizedby GoOgle
JO
ZA P R 1 A P J
VI.
Chiamami il Dio degli orti tutto il mondo
Merc de' ser Poeti ciurmatori,
Che m' han qui posto per i loro umori
9
Onde a pensarci , io stesso mi confondo.
Ma tanto s' intendessero del tondo
,
Quanto tal cosa han fatta con colori :
Cerchisi pur di dentro
,
e poi di fuori
t
Che questa allegoria non ha mai fondo.
Le ragioni non fatte con le accette-,
Voglion eh' io Dio mi chiami de' palazzi
E non degli orti
,
e son pi dritte e nette
Perch l con puttane e con ragazzi
,
E non qua con i fiori , e con l' erbette
t
Bordelli e sodomie si fan da' cazzi.
VII.
Non vorrei, perch io sia s liberazzo,
Alcun di voi mi pensi lapidare
,
Perch negli orti miei si pu ben fare
Dove non crianza da palazzo.
La potta io chiamo potta , il cazzo cazzo
,
E il culo culo , e questo il vero andare
5
Perch da furbo non si dee parlare
.S con furbi non siamoj, o per sollazzo.
Anzi vi dico che se mai mi tocca
,
Dove fra
donne stassi ragionando,
Lascio al Boccaccio la sua filastrocca
E senza cerimonie
parlando
Appunto come vienimi in sulla bocca
A voi donne da fbttere dimando*
Digitizedby GoOgle
p E L FRANCO.
7]
Vili.
Priapo,
io sia appiccato da ladrone,
Se non mi duole infino alla corata
Di parlar teco tanto alla sboccata
Per esserne tenuto da tristone.
IMta
tu dell' error mio sei la cagione
Perch, mentre ti veggio alla sbragata
,
E forza accomodare ogni parlata
,
^Secondo i gradi , e come le persone.
S'
io mi trovassi in pratica con santi
In chiesa, o 'n cimiterio, o per chiostro,
La corona direi tutta in contanti.
Ma,
trovandomi in mezzo ali
1
orto vostro,
Giusto non eh
1
io vada tanto avanti
,
Che ha a fare il cazzo con il Pater nostro?
I X.
Alcun dir, Priapo che vuol dire,
Che non tieni il tuo cazzo pi ristretto
,
, Che a tutti vuoi bandirlo per perfetto
,
E par che ognun minacci di ferire ?
A
cui rispnder senza mentire
,
Che questo non tenerlo nel brachetto
Si fa , tal che le donne buon concetto
Haggiano sempre d' ogni mio servire.
Perch come si vede a tutte l' ore
,
Mostra pur alle donne ingegno e mente
,
t
Mostra pur di servirle con amore.
Mostrati quanto vuoi pi riverente,
Mostrale infino all' anima col core
,
So non le mostri il cazzo
?
non fai niente.
Digitizedby GoOgle
JZ
ZA P R I A P E X
X.
Ha Giove per
insegna la saetta,
E Marte eh
1
soldato alla bravazza
Ha la
squarcina a lato e la corazza,
Ed un
bravo
pennacchio alla berretta.
Diana,
che
non ebbe mai la stretta,
E
Pallas, eh' pi
savia che
pazza,
Han
le
zagaglie , ed Ercole ha la mazza
9
Che
gli serve per
spada e per accetta.
Cupido si
conosce eh'
pennuto
,
Ed
Esculapio,
perch' ha
1'
orinale
,
E cosi
Bacco all'
essere cornuto.
Per
dicano
un poco le cicale
In
che maniera i' sarei conosciuto
,
Se 1 cazzo non
mostrassi per segnale?
X
I.
Per
conoscere
Polo e la sua corte
,
Pongasi
mente,
che l' ipocrisia,
E
con
l'
ambizion ,
la sodomia
E
l'
avarizia
ha
sempre in sulle porte.
Per
conoscere
Carlo
,
alle sue scorte
Guardisi
poi
,
perch
gli fan la via
La
vanagloria
con
la tirannia
Che ha per
insegna
le mascelle torte.
Per
conoscere
un
Prencipe
notato
Vedasi al
contrasegno,
ov' il suo
Dio
E l'
ignoranza,
eh' egli ha sempre a lato.
Per
conoscer
all'
ultimo
,
com'
io
Son
Dio
degli
orti , all' essere sbragato
Gi
vel
mostra
scoperto il cazzo
mio.
Digitizedby GoOgle
Z> E Z
FRANCO.
y$
X I I.
Debbo parer la morte
a chi
mi
vede
Con questa falce in
mano,
on<T
ogni
putto,
Cbe a parte
a parte
va
guardando
il
tutto
Mi fugge in fretta,
ed
hammi
poca
fede.
Deh
!
brigate, per Dio,
fermate
il piede,
Perch a provarlo,
assai
pi
dolce
il
frutto
Ch altri non
stima,
e poi
cotanto
brutto
Il diavolo
non
, come si
crede.
In somma ognun mi
fugge,
e
senza
posa,
Stimando
,
che
vedendomi
bravazzo
Sia la pratica
mia
pericolosa.
Ma se parlar si deve,
e non da
pazzo
N' hau ben
ragione
,
perch
nulla
cosa
Mena a morir
pi
gli
uomini
che
'1
cazzo.
Xlii.
'
Deh !
donne
,
ove ne
gite
con
furore
,
Come se dalla
biscia
foste
morse,
Sendo per l'
orto mio
poco
trascorse,
Non avendoci
colto
appena
un
fiore?
Che
cosa vi d mai
tanto
terrore?
Le tigri
,
o pur le
lionesse,
o
l'orse,
Overo il cazzo
mio
parvi
egli
forse
Il naso dell'
Eanazio
al
colore?
Or
se questo vi fa la
vista
schiva
Voi sete
fuor
i
tutte le
ragioni
A desiar
vaghezza
in
una
piva.
Perch
tai cazzi
son
, come i
meloni;
Che quei che
pajon
vaghi
in
prospettiva
Mai per
dritta
ragion
non
escon
buoni.
Digitizedby GoOgle
PercV io sa vecchio , come pu mostrare
Canuto il capo con la barba
riccia
r
Grinza la pelle , squallida, ed arsiccia;
t)onne non sono io Di3 da dispregiare.
Ch' io ho sempre bragia da poter scaldare
(
Il forno , donde il fuoco vi s' impiccia
\
E dandovi tre scosse alla pelliccia
y
Mandarvi con i bufali a cacare.
Io sempre son un cazzo , e quello istesso :
Venite pur con animo ben franco
N per questo mettianla in compromesso.
Guardate al porro , eh' egli poco manco
Come son io : pr non vedete in esso
Yerde
la coda, bench il capo
bianco?
*V.
Donne, quanto pi grido, pi (uggite :
Maledetto sia il Papa
t
e
'1
suo camauro
4
Pajoyi forse un Indiano o un Mauro,
O che le botte mie sieno ferite ?
Se a' poeti crepasseno le vite
,
Satiro non son io , n son centauro
*
N son mezz
1
uomo , e la met di tauro
)
S le fattezze ho
gi
tutte seguite.
N chimera son io tanto difforme,
S'
egli pur vero quel che se ne crede
Ch' ella tre capi avesse e di tre torme.
Un capo ho solo , come pur si vede
,
E yoi non mi vedete si conforme
,
Ch' io sono un cazz dalla testa al
piede?
Digitizedby GoOgle
DEL FRANCO.
j5
XVI.
Donne , voi che cotanto avete a caro
Gir d' un orto in un
altro , e fuor di via
,
Pensate forse andare ov'io non sia
Perch il fuggirmi gi vi sia riparo?
Qual' quell' orto che non sia mio -, chiaro
Dov' io non aggia la podesteria
Potrebbemisi dir che non fa mia
La Mergellina eh' ebbe il Sannazaro?
Voi v' ingannate , eh* ho per \utto impero
^
E posso in tutti gli orti, chi c'inciampa
Castigar col mio solito mistiero.
Nudo e sbragato , e rosso come vampa
Son pure in ogni loco : Questo vero
,
Che tutti i cazzi non son d'una stampa.
XVII.
Donne, la legge vuole e la natura,
Che ciascuna di voi mi sia cortese
P'
un bacio almanco
,
poich per le chiese
Baciate fino a i legni con le mura.
V onor del mondo non vi dia paura
,
Cfye
un bacio non pregiudica all' arnese
;
E se viver vogliamo alla francese
,
Bocca baciata non perde "ventura.
Ma, poich non volete questo invito,
Andate pur, eh' io non vi vo' invitare
,
Anzi d' averlo detto son pentito.
Perocch quel non fottere e baciare
,
Ad un eh' aggia grandissimo appetito
A punto come il bere e non
mangiare*
Digitizedby GoOgle
j6
LA P R I A P E A
XVIII.
Entra su , donna , tu che stai pensosa
Poich si presso V uscio se' venuta :
Entra , e non farmi innanzi la cigliuta,
Che delie gravit n'ho piene l'uosa.
Cotesta tua finzione dispettosa
,
E appunto dentro al culo mi starnuta :
Non s' ha da far duello , n disputa,
Ma tosto o dentro o fuora , a quella cosa.
Credi col tuo contegno che sai fare
,
Perch rizzato, e 'n furia mi vedi,
Che ovunque vai ti debba seguitare ?
Gli error ben grosso , s ci pensi o credi
,
Che se la potta mi vuoi mai prestare
,
T' forza , figlia , di prestarmi i piedi.
XIX.
Donne
,
credo che agli occhi mi vedete
,
Quanto mi fate stomaco e dispetti
Con gli occhi da pinzochere e bassetti

Come voi per usanza procedete.


Perch appunto le gatte mi parete
,

Quando in amore vanno e per li tetti,
Cosi voi spigoliste picchiapetti
,
Sospirando e piangendo vi fottete.
Ite alle forche , come meritate
,
Bizzocche e puttaname da cappella,
E col cilizio a i colli v' appiccate.
Non si sa ciurma ghiotta, ipocriteJla,

Che i cazzi che con gli occhi dispregiate


Vorreste aver per entro le budella ?
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DEL T R
J JV C O.
JJ
XX.
Donne , venite
a
me se contentare
Volete tutti i vostri appetitela*
;
Qui sono, e rave e porri e ravanelli,
E mille erbe che fanno ingravidate.
Se il ventre pieno vi fa dubitare
,
Per tema de' mariti o de' fratelli
,
Ho ruta ed ho Savina a fascitelli
Da farvi in quattro giorni sgravidar.
Non potria darvi pi, se pi volete.
In questo la mia robba ben disposta
,
Ed a tutt'ore in pugno mi terrete.
Sastivi eh' io vel dono, e non vi costa.
Ma che volete pi, quando potete
Impregnarvi e spregnarvi a vostra posta?
XXI.
Son
pur nel mio giardin sempre piantate
Erbe per insalate tenerine,
Scheriuole , lattuchelle , scalognine
,
Bietole con borragini sfoggiate
,
E sonvi oltre l'erbaggio e l'insalate
Pagiuoli, lenti , ceci , fave fine,
Ciriegie
,
gelse , mandole , susine
,
Fravole, e bozzacchioni in quantitate.
Con tante esche, vorrebbe la ragione
Ch' alla rete io pigliassi delle starne
,
Ed ogni giorno fresca cacciagione.
Dubito certo , e ben potrei giurarne
Che di tutti i miei danni sia cagione.
Il mio esser di legno e non di carne.
Digitizedby GoOgle
J$
L J P RI A PE
4
XXI I.
O donna sciocca , di che cosa ridi ?
Ridi tu forse perch'io son dHegnoi^
N Fidia di sua man m'ha fatto degno
N gli altri mastri di s chiari gridi ?
Dunque
,
perch' io sia rozzo tu tji sfidi
Che in me non sia attitudine n ingegno
t
Da farti in un' bisogno il ventre pregno
Onde cosi ridendo te ne occidi?
Ma se ben di mia bocca ti confesso
>
Qhe
'1
divin Buonarroti e
'1
Sansovino
Non mi fer mai di marmo n di gesso.
Resta per questo ch'io non sia divino,
Se pi di mille volte , e pure adesso
Son uscito di culo all'Aretino?
XX III.
Pu far Dio , che quei cazzi sien gentili
f
Quei dalle belle donne pi adocchiati
9
Ch' hanno i braghetti vaghi e ricamati
t
E portan taffett , trine , e profili.
E tutti gli altri sien tenuti vili
>
Che come il mio si stanno mal menati
t
E d' ogni
guarnimento sfoderati
l$ di seta han castelli e campanili.
Dunque a che gli orti ornai non abbandono.^
Che pur esser ne voglio il barbassoro
,
v
Ed a ciascun che v' entra non perdono.
A che ne fo pi bandi e concistoro
Se
perder non poss'io
, se ignudo sono
,
N
voglion cazzo
, che non sia tutt' or?
Digitizedby GoOgle
JDtLFRAirc.
75
xii
V.
s
Tutto mi struggo ,
e mettomi in tormenti
,
P
N gli orti sentono altro che dolermi ,

y
Perch le donne fuggano il vedermi,
[
N ien con gli occhi a riguardarmi
intenti*
Come che si dovessino in conventi
Tutte sacrarmi , e per un Dio tenermi
,
E farmi pezze calde per i vermi
In ginocchioni standomi presenti.
Ma ben
son io d'ogni giudizio mora*
Son
altro io pi che un cazzo a quel che pare ?
E se cos* che doglia me n'accora?
Non si sa egli, e vedesi all'andare,
Che per un cazzo
f
e per quaranta
ancora
Nonsi torrien le donne da cacare?
XXV.
Povero
me, non so com'io sia vivo,
E come non sien tutte gelatine
Queste mie carni, tante son le brine,
Che
la notte mi caggiono sul
pivo.
Fammi
poi la rugiada addosso un rivo
I>*
acqua corrente in tutte le mattine,
Che
pi per
queste membra mie meschine
Se al
doppio le tormenta il tempo estivo?
I
Principi
fottuti (ahi sommo Dio)
Veggono
il danno e'1 mal senza
ristoro,
N
gK cai punto del disagio mio.
E
pur
di terzio pelo, e cuopron d'oro
Il lor
cazzo Aretino,
come ch'io
Non
fussi cazz dalle chiappe loro.
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8o LA P R I A P E A
XXVI.
Priapo, l'Aretin molto ti prega
Che accetti
,
poich sei s sfoderato
Questo fodero suo, che lavorato
Di quelle cordovane che ha'n bottega.
Egli conosce chiaro , e non tei niega
,
Che non sia troppo larg;o e avvantaggiato :
Pur sai tu, eh*ogni fodero hai provato.
Che tutti quasi fanno qualche piega.
A provarlo una volta error non fai
,
Perch s'egli per sorte non t'aggrada
Gittare il puoi, provato che l'avrai.
Pur e' ti dice, che sar ben rada
Quella fiata che
tu
troverai
Fodero, che sia giusto alla tua spada,
XXVII*
Priapo, il tuo dottissimo Aretino,
Per far dispetto a un Principe sciaurato
,
Che l'ha ne' suoi bisogni abbandonato,
N gli da pi soccorso d'un quattrino.
Questo straccion di sajo cremisino
Vuole, che agl'onor tuoi sia consecrato,
Perch dinanzi standoti appiccato
Serva per spaventacchio del giardino,
E tal che il dono sia ben manifesto
E si sappia da tutti , e senza impacci
Il suo motto da scriverci , sia questo.
e Poich volete ch'io me ne procacci
ce Per altra via, n da voi spero il resto,
Io ve n'incaco , Principi oeccaccl.
Digitizedby GoOgle
DJSZ FRjKCO* 8i
XXVIII.
Papa,
il non avermi mai donato,
La tua Beatitudine un cappello,
Come a mille altri, la cagioh di
quella
Che mi fa stare sempre scappellato.
Per tanto me ne avrai per perdonato
,
S ti pajo un scavezzo tristarello,
N mostro nella chierica cervello
,
Ma che a tre dadi me l'abbia giuocato
Anzi me ne protesto molto bene
,
Che se per sorte ti dar la stretta,
Non sia tenuto a sofferirne pene.
Per che a dirla a te , spedita e netta,
L'esser infuriato , tutto viene
Dal non esser provisto di berretta
XXIX.
Fino al capo del Giovio si pone
Un cappel verde
;
e se la sua presenza
Guardo e la mia , c' tanta .differenza
Quant'io ho del cazzo , egli ha del cojone*
Fino al cazzon del Gaurico castrone
La spettativa n'have e la credenza
,
Bench fino a quest'ora ne sia senza
,
Nsi vegga il rocchetto in guarnigione.
Insomma in somma, il vo'pur dire , e forte
9
Che ho buona voce , e poi non
ho paura
Che mi si tolga la pagnotta in
corte.
In Roma, in Roma, chi ci mette cura,
I cazzi tutti non han buona sorte
Ma tutti i culi s, che e
9
han ventura*
11
Digitizedby GoOgle
&&
rU P RIA P*1t
Or
clie pi
scufi&Attfre*
pttr cappelli
,
Vada;l
ettfttttmi
jtarrj}>er*aii*'pttt,
^
Clie^s'
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n^avesie^dBlAneiei **a**i
,
Io
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prtkgierei^
otttef crmlli.
Guarda
come*s^r^^*<;ervclli,
Come
nasc^^^kttti^^^itaxi*:
Ore
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, tfltesi* attr cftsfci
Sit'dette
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Per
fia
meglio
,*
ch^o
J
mfrfclia>diepos*o
In
mette*
fttte^a
feioirt
jnests imprese
N
gir fcfrtfttfdrf
pttfomo
<d*afi*sto.
Cappelli
re^^efqnsim'ogntanse
Mai non
m>'mflcKrttni!,
:
e**bn2ciKirta^
Ma
coiila^raki<del?tgttniiULfckie.
Papa,
a
mastro
Pwqtiitutfmet'
appello,
Pdifch*
vedermi
l
fW fino* a ^marrani
,
E i
cimmbfei
tatti
Catalani
ldersi
fnwipt)rflatiiiel
drappello.
Cheuntalonw
dfedrte^iiprbetto
In cai
Ebrei
, 'Spagnuli
;
eMtttfmet*aiu
f
Che'per'disnorwfczzi
Cristiani
Da che
nascon/rinunMHHo
f
iL^ppeMo
E
peto guarda ben
uro^ii
tanto
Vedi-tu eh* hai le
chiavfcdeHo'pbrte
A
chisidona
iipappafkxy
e'1
manto.
Perch
t
1
grart ttergogna; che4
corte
Di te
bisbigli e*dica ? Il
PadrrSanto
Va
,'wailppdlifidovcaKzi d'agni
fetttte.
Digitizedby GoOgle
\
man nuANca*
$fr
Papa,
io ti sono schiavo,
e volentieri*
Per temi caiQcereidentro.unditftle,
tiifarei piacere e,senvigiale
Mentite avessi,bisogno,
di cristieri,
Perch sei de' pi* degni* cavalieri.,
Ch? abbia, tutta la coite
imperiale,
*
Oltre che sei, contese e liberale^
Che benedici finora, i canottieri.
Sfa questo; nulla*
, e son
pi. cose assai^
Onde peB le tue, grazia
Papalf
Me da buon, serro* in, tutti i casi
avrai*
Che quando i mesti tuoi non* Ausar- tali,
Son
tenute
adorarti
,
poich feii
'
Tutti i viei di asaro , Cardinali-,
min.
Oh
che felice giorno
sar queHo,,
Quando il Concilio av* concluaioM
f
E per veder ai nobile unione
Ansando coirer sensa mantello.
E
perch sempre fui buon criatiaueUo,
Denteo mi caccer col mio (alcione
Dietro al Lutero, e dae&Q al
Zelantone
,
dir , fate largo al Papa bello,
Ond
1
egli
perche, padre degli eroi
Per rendermi favore , vorr eh*io/
Allora allora {accia i fatti suoj^.
Per man mi mener
com' un Iddio
Con le
lagrime agi
9
occhi, e dir poi,
Ofc
aia
tytpeodetta lazzo*
pi.
Digitizedby GoOgle
t4 t.A P RI J TJB
Papa, l'imprese ch'hai con Colonnesi
Ti fan di rado andare a belvedere
,
Onde il giardino mio ne viene a avere
Danno , da non rifarsi in dieci mesi.
Per vorrei , che russer ben spesi
I tuoi bajocchi, e in altro che'n bandiere
E che i capricci delle tue chimere
Per qualche d si stessero sospesi.
Non creder gi che questa mia dimanda
Sia parziale , o cosa da Pasquino
,
Perch farina dalla mia vivanda*
Colonnese non son n sono Orsino
;
Che la potta mi piace d'ogni banda
,

'
E so fotter a dritto ed a mancino.
XXXV.
Papa
,
per la presente ti saluto
,
E ti mando di ruche due cestelle
Di quelle tenerelle tenerelle
,
Di che pi volte gi ti sei pasciuto.
N senza gran proposito ho voluto
Mandarti di quest'erbe, come quelle
Che son parenti delie pempinelle,
E fanno il cazzo tisico e nerbuto.
Che il dover vuole
(
e gi non peccato
)
Che tutti ci dobbiamo ricordare
Del cazzo per averlo sempre a lato.
E
che cosa i Pontefici han da fare.
Quando
il collegio loro fenato
,
S non,
mangiare e bere, e buggerare?
Digitizedby GoOgle
J> E L F
RJ N C O.
85
XXXVI.
Papa
,
per aver io fresca
npvella
Che sei malato, e
peggio non puoi stare
f
Ed a niun modo ti si
pu stagnare
Il flusso d'una brava
cacarella.
Perch so
,
che vorreste
almanco eh' ella
Facesse tosto quel che n'ha da fare,
Non avendo altro in orto da mandare
,
Ti mando questa poca mercorella.
Per l' accetta , e fattene servire
,
Che certo certo non ne puoi far senza,
Se del tuo mal hai voglia di
guarire.
Perch cacando senza riverenza
Potrai spedirti
, ed in un tratto dire
Qr. io n' incaco i medici in Fiorenza.
XXXVI I.
Papa,
per saper
9
io che logoriate
A>ei libbre di bambagio nel cacare
9
Che per volervi molto ben fregare
Non ce ne basterebbe la metate.
Vi
mando della menta , acci possiate
Cotesto buon bambagio risparmiare,
E ch'I buco dovendovi nettare
Pi .tosto con quest'erba vel
nettiate.
E per Dio
,
qualunque uomo ben
commenta
La vostra complessione , non bene
,
N medico si trova che'l consenta.
Che
,
come a vecchio
, meglio vi
conviene
Girvi forbendo il culo con la menta
,
Che torvi del bambagio delle rene.
Digitizedby GoOgle
8tf bj Pirrjpa*
Priapo, sendo gi come si vede
^
Il'F&pa cortesissimo in donare,
Volendo idoni tuoi rimuneravo
Queste gran preininenee ti* concede*
Che possi il capo mettere ed'il piede
In ogni' luogo ove ti puoi cacciare,
delie Suore posai' rare e sfare,
Senza guardar gli anelli' delta fede*
E ti concede per pi' gran' favore
(
Poich
1
il cazzo non' guardfe et
patentato)
)
Chcracci pur come ti dice ili core.
Purch in un modo*sia
1
ciascun trattato
y
tanfo il giusto quanto il* peccatore
f
che* Mi meni , e che *xm* ai peccato.
Giovane, anzi che il tempo- se ne <n$ra,
Datti dfc al buon tempo e et soiEaaatef
pur che ti sia a core, no* guardare
Ove si trota Sodoma e Gomorra.
Non far disegno che- Pnmotr concorra
Per volerlo iti un tratto poi sborrare
,
Che quella cosa simile al pisciare,
Dov t'abbatti; l ti slaccia e aborra
Non guardar,
come
goardano i corrivi
Ch'ella t
1
aia , e tu le sei cognato,
t
Ma ficca pure, e dove arrivi arrivi.
se hai poi tema che non sia peccato,
Mancano per li morti e per li vivi
I giubilei duemila al ducato?
Digitizedby GoOgle
.tea...
Vuol*sser*Carlo che*
non^a,
ficcato
IL coar<la< cognata per a tratto :
E che*aggia* idei Sanese, , idest.deli inatto
Chi pu^oonntrci e non le- dounae dilato.
Ed io proprio in un codicela trovato
Gbe si pu fare, ,<ima coniquesto, patto
>
Che iL capo 'di' Se cazzo ,.
appressati fatto
Sia co Vfl^>e^#5 embitof lavato.
peri Dio, .glie pazzia ben manifesta
,
Quando possiamoprenderetdolcezaa
A non abrogarci ^e* venderci l&veeta.
Perch i cazzi non portano cavezza,
E.non avendo pi ehetimrt>cchQ*rtteafta
Guardar
noii ponno ad gnieolt^ldtzaa.
Lasciamo pur. andar le* sottigliezze,
,
Bendilo fra no*i tengano*
peccati,
E fcttimenti mezzi^christianati
II ficca le Giudee reca{dolcezze.
Perocch
avendo le lo^ potte? avvezze
Cmquei ca&zettit attornia scorticati
,
Dandosi con cazzoni.impennacchiati
,
. Borz
?
, <?he e' intrairengano carezze.
Alcun
dir che si^pu* tpsaidura
Incanirsi
il
Cristian oon la Giudea,
Che la giustizia glitfa^a paura.
Questo henverjrtnaoionsaiinonn&i&staeaf
Chevperntende! la aera scrittura
,
.Bisogna
prunai aseiLla> lingua ebrea?
Digitizedby GoOgle
88 ZA PR1APEA
XLII,
Gran cosa
'1
cazzo , se 'lvogliam guardare,
Che non ha piedi
^
ed entra ed esce fuore
y
Ch' disarmato ed ha cos gran core
,
Che non ha taglio , e puote insanguinare.
Gran cosa poi , e gran miracol pare
,
Ch' senza orecchi e sente ogni rumore,
Che non ha naso e piacegli l'odore
,
Che non ha occhi, e vede dove andare*
Gran cosa , e ben da croniche e da annali
,
Che non ha mani e cerca di ferire
,
Che non ha gambe e vuole gli stivali.
Ma cosa pi mirabile a sentire
,
Ch'entrando in corpo a furie infernali,
sano e salvo se ne sappia uscire.
XIIII.
Il cazzo e'1 culo, con la potta ancora
Godon gran privilegi e grandi onori
Che chi vuol far vergogna e disfavori
Subito a i nomi lor ricorre allora
5
Ed io per un, se collera m'accora
Dir soglio
^
cazzo in culo a Imperadori
,
A Conti, a Duchi, a Principi, a Signori,
A quel becco che gli ama e che gli adora
Anzi s pi mi sono stuzzicati
I grilli ch'ho nel capo , a dire il vero
Ricorro pure a quei proverbj usati.
Potta
di san Francesco e di san Piero
,
Io ho nei culo
i Vescovi e gli Abbati
Diami del naso al culo il Papa,
'1
Clero.
Digitizedby GoOgle
XXIV.
Certi asinacci
,
ch'han
dell'asinelio
(
forza, eh
1
io lor
faccia
questo
onore)
Credousi
fare al cazzo
un
disfavore
,
E pensali,
dare al culo
un gran
martello,
Quando con.
questo parlano
e con
quello
%
Ed alla
prima gli
sguainan
fuore
Quel
gran
viso di cazzo
Imperadore
p
Quel
gran viso di
culo suo
fratello.
Oh
ceffi
veramente di
cojoni
,
Cme
ingrassate infino agli
stivali
A mettervi
le fibbie
ed i
bottoni.
E non sapete
bufali
cignali
,
Che i
cazzi a' giorni
nostri
son
baroni,
E che i
culi son'
oggi
Cardinali.
X
IV.
Dicesi
,
che
colui che ha
grande il
naso
Di
ragione
have il cazzo
sino al cielo
,
E mos
tacchito a guisa di
camelo
Se'l
mal
di Francia
gi non
glie ne ha
raso.
Ed
questo
proverbio si spaso
Che
le
donne V han tutte per
vangelo
,
E
quando
error ci
trovano
d'un
pelo
Tengono
allor
che sia
disastro
o caso.
Ma
l'Aretino
,
che
degli
approvati
,
Se ben
non ha n
lettra
n
lettiera,
N
sa
di dotti n
d'addottorati,
Fa
sacramenti
,
e dice a
buona
ciera
,
Che in
pi di
mille
cazzi
che
ha
provati,
Non
trova
questa
regola
per
vera.
a
Digitizedby GoOgle
90
ZJPRIJ P EJ
.
XI
V
14
Vuole alcun , che'l cazzetto piccinino
Piaccia alla donna, pur che sia saccente.
sappia con destrezza e finamente
Pregar la spazzatura del camino.
Dice altri, ch'ella il vuole cavallino
>
che in grossezza non gli manchi niente
,
sia
terribilissimo e possente
Pi eh' oggi in Roma il cazzo d'Antonino*
E tal lingua che chiacchiera e cicala,
Ch' ella noi voglia se non s forte
y
Che faccia di due camere una sala.
Ma le son baje e ciancie poco accorte
,
Che o grossi o corti o lunghi come
scala
Aman le donne cazzi d'ogni sorte
XITII.
Suol oggi dire ogni parabolano
,
Che vende le parole a poche spese
y
Quel bel proverbio : potta Ferrarese
f
Cui Bolognese , e cazzo Mantovano
Ma simil motto mi par forte strano,
>
E nascer ne potrfa, ch'ogni paese
,
Ridendo ne verrebbe alle contese
,
Ed
a beli' agio poi giuocar di mano.
Ben abbia Roma santa, e chi l'adora,
Perch siccome in ogni cosa dotta,
Di questa opinione molto fuora.
Ma
di simile baja non
borbotta
,
E per mostrarlo
parimente onora
Ogni culo, ogni cazzo,
ed ogni potta*
Digitizedby GoOgle
DEL F RjiNCsO. ^l
X1YIII.
Fatevi
in dietro'^ e non sia chi mi tocchi,
Io dico a voi puttacci, che non sete
Suoni per me, n in gambe vi tenete
Ed a gran pena avete aperti gli occhi.
Qui non pasto che da voi Rimbocchi,
-
Qui non succhio dalla vostra sete
,
Perch il mio cazzo come voi vedete
Materia da coturni e non da socchi.
Tutti son beiproverbj naturali
Quegli d' Erasmo , e son sentenze dotte
f
Ma questi sono de' suoi principali.
Secondo le fiscelle , le ricotte
,
secondo le gambe, gli stivali.
Secondo i cazzi , i culi con le potte,
XLIX.
Se
Virgilio ed Omero avessin visto
Il bravo cazzo mio , dir i' potrei
,
Che a questi nostri giorni mi vedrei
Fra quanti cazzi sono il manco tristo.
Ma
ch'essi col lor stile eccelso e misto
M'avesser posto fra gli Semidei
Ancora eh' io non tenga da Giudei
Creder non mei farebbe il Papalisto.
Che non
avrebbon fatto da discreti
,
Spender in lode mia quattro versassi}
Uscendo da i soggetti consueti
Anzi,
stati sarebbono gran pazzi
,
Per
esser capitani de' poeti,
Lasciar i culi per lodare i cazzi.
Digitizedby GoOgle
9*
-ZJPRIAPBJt
X.
Chi vuol veder quantunque pu natura

'1
ciel fra noi , non pu veder mai cosa
Di questo cazzo pi miracolosa,
N pi fatta a compasso ed a misura*
La pietra , che a spezzare tanto dura
Con lui ci perderebbe fin all'uosa,
E se ben la sua chierica gli tosa
,
Saria bastante a rompere le mura.
Non mi diciate, ch'io sia Cerretano
,
N che mi faccia bravo alla scodella
,
N che sappia stracciarla di lontano.
Favola non questa n novella :
Eccomi qui con la mia robba in mano,
E chi noi crede , venghi egli a vedella.
X I.
Direte o donne , ch'io v ben bravando
Con le millanterie da spadaccione
,
E che s'io mi mettessi al paragone
,
Questo mio cazzo non fara l' Orlando.
A questa cosa io non v replicando,
Anzi vi cedo , e vi d gran ragione.
Ma i sarti mai non fanno buon giubbone
9
Se un poco largo non lo van tagliando.
Nella sua casa ognuno pu bravare;
E chi non sa, che non lancia franca,
Ch'ai vostro arnese possa contrastare?
Basta,
che quel ch'io tengo non vi manca,
Che volete da me pi, donne care?
Lo spirto pronto , ma la carne stanca.
Digitizedby GoOgle
X> JB JC PRJNCO.
<)3
Priapo, se Dio sei, come si crede,
Altro ci vuol che starti comparendo
In piazza.
da bell'uomo, e gir ordendo
Haie e
xninaccie, ed uccellarle prede.
Bisogna, a.
chi t'invoca far mercede,
N
dargli
per risposta, i'non t'intendo,
Ed esser
n
miracoli
stupendo
Perch
la
gente t'abbia qualche fede.
Non dico
9
che sott'acqua e sotto vento
,
E per
arte
e per
parte debbi andare
Fino
alla
noce fuor di Benevento.
Mp
sol
per
\m miracolo
mostrare
Che
1' Aretino lasci i
settecento,
E si
debba
d'un
cazzo
contentare.
XIII.
Priapo ^
tu.
che hai
pratica si antica
Con
1' Aretino, e gli vai sempre in drieto,
Che
se
per sorte viene a trar un peto
,
S*
egli
crepasse
forza che tei dica.
vero ,
eh'
si tristo, che s'intrica
Con
i
facchini? e che poco discreto?
E
eh'

ignorante? e che non sa star


cheto!
E
che
la verga
corta gli nimica?
bbench
queste cose siano vere
,

Le
genti, che non credono al
rumore,
Dalla
tua bocca le vorrian
papere.
Perch
sai l'Aretino
dentro e fuore,
Ed
a te pi
che ad altri fa vedere
Tutte
Finteriori
fino al cuore.
Digitizedby GoOgle
<j4
**
FRUPM4
'
XIV.
Donne
,
per non avere
ingiuria e scorno*

Di notte non
venghiate
al mio rictto

-
se da me volete
qualche
affetto
Veniteci di bello
mezzo
giorno.
Tal che vi possa ben
spiare
U
forno
E
vedervi
sbragate
infino
al petto
,
Che il mal di Francia, a
quel che me n' detto
Ha gran faccende,
e va per tutto attorno,
Tanto cLe n'
infettato
il
paradiso
,
11 che
m'ha fatto
timido
e restio
,
Se sottilmente non vi
squadro il viso-
Perche
,
piutosto
accetterei
per Dio, '
Vedermi Catelano
circonciso
,
Che vedermi Francese
il cazzo
mio.
IV.
Le prime donne , che verran
di notte
Apormi le mie fave
tutte a
sacco
,
E guasto ne faranno e
grande ammacco
y
Stracciandole
co'denji e crude e cotte.
Io fo preghiera a Dio , che le lor potye
Abbian bisogno
di portare
il ciacco
,
12 ch'ogni stecco
d'asino
e di bracco
Lor dia per
ordinario
due
botte.
E 1 primo uomo,
che sar si
altiero,
he penser trattarmi
da
forlano
In rubarmi un susino,
un
fico, un pero*
Io fo preghiera a Dio che
incappi
in mano
Allora allora di quel
cavalero, (1)
Che ruppe il culo al Vescovo
di Fano.
(i)Pier Luigi daFarnese,
figliuolo
diPaolo
III; Vedici che ne dice
Benedetto
Uarckinelf
istoria
fiorentina,
pagina
63$
,
edizione di Co
Digitizedby GoOgle
1*X Z FKJt N CO.
95
IVI.
T>a
tutti i ladri augelli , m' assicura
La falce , e la mia verga mascolina
,
Salto che da quest'aquila rampina
Ch.e degli obbrobrj suoi tien poca cura.
Vanne
ria fera in qualche sepoltura
A.
sbramar i tuoi artigli da rapina
"Tu
,
degli* augelli nla gran regina,
Tu non sei gi , ma mostro di natura.
Poich
malgrado di chi pi t' onora
Per poter con due bocche divorare

Vuoi con due teste contrafarti ognora*


Hai
dalle donne forse questo andare.
La cui ingordigia per due bocche ancora
,
Innanzi e dietro si convien cibare?
1VIL
O
*vos
omnes
,
vigliacchi nati in Spagna
Che all' orto mio venite stravestiti,
E da me volete essere serviti
,
N
darmi in ricompensa una castagna.
Non
mi venite innanzi con magagna,
Ch' io vi conosco a
9
visi tramortiti :
Se trovar non sapete altri partiti
,
Ite ad assassinar alla campagna.
IVIutiate
pur le vostre foggie spesse,
E quattro volte il giorno, e cinque e sei,
bigarriate pur cappe e braghesse.
Perch ancor cieco io vi conoscerei:
E chi diavol non vi conoscesse
Se avete il contrassegno degli Ebrei?
Ionia 1721 , in-folio ,
il che si conferma
pure
da
Bernardo Segni nelle sue storie fiorentine
,
pagina 3o
4,
edizione
di Augusta
172 in-fol.
Digitizedby GoOgle
9*
ZA P'RIJ-P-JfJt
XVIII.'
Soldati
j
ove pensate voi bravare ?
In campo forse , o forse ov' alloggiate

E dove per usanza dimandate


Fin del zucchero brusco a desinare?
Ladri
$
che ucciso sia senza tardare
Chi vi d tanta ladra autoritate,
Se ben fusse la sacra maestate
Di messer Carlo che
'1
facesse fare.
Voi siete i valent' uomini canaglie?
Voi? perocch le braccia, e
'1
capo e'1 petto
^
E di ferro vestitevi e di maglie ?
Cancaro vi mangi poich non l'ho dtto.
Or non son io da pi nelle battaglie
Se v'entro tutto ignudo e senza elmetto?
XI X*
Priapo
,
questa siepe che t'hai fatta
D'intorno all'orto tuo, glie forte
bassa
E facilmente un ladro che vi passa
Con ogni poco salto vi s' adatta.
Ti maravigli poi se mal ti tratta
Ogni viandante , e i porri ti fracassa
^
se le fave a suo piacere ammassa,
E tutto di ti fanno qualche natta.
!
Per bisogna starci ben provisto
,
Che se
'1
sa l' Aretino , senza fallo
Tienti sicuro che ti far tristo.
Perch sa fare i salti da cavallo
,
Ed ave un culo , eh' io rinego Cristo
S non rompesse un
cazzo di metallo*
Digitizedby GoOgle
Zi X.
Se non l'Aretino, io tuo morire
f
Questo che viene per rubar la menta*
Forza sgridargli, perch'io mi risenta

E diagli un cenno ch'io non so dormire*


Ah
fottutazzo, ten far pentire,
Poich il tuo gran diavolo ti tenta

Con la schiena ben concia e mal contenta
j
Se pi a quest'orto ti vedr venire.
Credi tu ch'io ti debba rispettare
,
Perch t'hai posto nome il divin Pietro,
ti fai da' beccacci tributare?
Or
va , stroppiato va , tornati in dietro
;
La mia menta ove sta
,
lasciami
stare
;
8 vuoi cazzi, fattene i vetro.
xxz.
P
resupponghiamo , ors , Pietro Aretino
f
Che ti venisse innanzi un cazzo bello,
Io volsi dir da dietro
f
e se favello
Alla rovescia , sdegno
T
e non vino.
Facciamo dico , che un cazzon divino
Come il tuo nome avessi , e fosse quello
Lavorato da mastro, ed il modell
Ne avesse fatto appunto il Mcwknino*
Crederesti per ci di contentare
K
La foja che ti canta alle brachesse?
Oh ben sei matto a farti infinocchiare
$
Sarebbe al culo
,
come non l' avesse,
Perocch e in mangiare e in gracchiare
9
La bocca e il cui ti son due cose
istesse*.
i3
Digitizedby GoOgle
p8
IJPRIJPEJ
LXII,
Tu mi minacci pur , Pietro Aretino,
,
Ne so con che
,
perch n'ho poca cura *
Se con le chiappe mi vuoi far paura
,
Dillo in volgare , eh' io non so latino.
Il tuo cui so ben io eh' un paladino
E che rompe ogni lancia ben sicura :
So che s fatto che non ha misura,
E cosa da stancar Atene e Arpino.
Se con la bocca
,
perch sai cianciare
Pensi col fatto mio di farti onore
,
Tu t'affatichi invano a minacciare.
Che se di bocche debbo aver timore
Da quelle ptte mi sapr guardare,
Ch' hanno la bocca dell' Imperador.
LIIII.
Donne, io vi mander tutte in bordello
,
Io dico tutte al sangue di san Biasi
,
Perch non voglio che ciascuna annasi
La menta, e se ne faccia il fascitell.
Un giardin senza menta non bello
,
Ma proprio come i visi senza nasi :
Anzi l' effigie mia senz' ella quasi
Senza fior prato
,
o senza gemma anello.
Non hanno gli orti miei la qualitate
Ch'han gli orti vostri, e son d'un altro
andare
*
Che i vostri son pi ricchi in veritate.
Perche
sempre hanno robba da donare
E se le fiche frissero impacciate,
Le
pesche avete da
potermi dare.
Digitizedby GoOgle
DEL
FRJNCO.
99
I.XIV.
Tengo
per fermo, o donne , voi sapere
Finamente giocar di bagattella
,
Avendo l'ima mano alla scarsella,
E con V altra cercando entrattenere.
Basta
che non v'ho visto comparere
,
Che
'1
mio radicchio con la nepitella
M'avete, e tutta ancor la pempinella
Rubata da vedere e non vedere.
Or
potr far san Pietro e la sua rete
Che cos destramente vi meniate
Dove con la vostr' arte comparete ?
Voglio
io morir, se quel che voi toccate,
rfon cos tosto nelle man Pavete
,
Che per entro la fica vel cacciate.
xxv.
Donna, che diavol fai? non ti vergogni?
Sei nella casa tua s spensierata,
Che per far tutto d la cotognata
,
Mi togli ali* orto mio tutti i cotogni?
Per Dio, che in questa foggia mi svergogni
Ruotandomi la robba pi pregiata
5
Che se noi sai-, quest' la pi stimata,
E di che pi mi servo ne' bisogni.
Perch vo' che s' ajutino con ella
Tutti color eh' all' orto mio conduco,
Se alcun avesse mai la cacarella.
Altrimenti m'avriano per Eunuco,
N per lo Dio
5
che ha sempre alla scarsella
La medicina da turare il buco*
Digitizedby GoOgle
1XV1.
Non nfcgo
o donne mie
,
che le
borrane
^
E pur le malve e le lattuche
ancora
,
E le biete , a chi niente V
assapora
E4
i finocchi non sien erbe sane,
Acetto , che con pane e *enza pane
,
Purch
vogliate
,
possono ad ognora
Trarvi
del ventre ogni durezza fuora*
E ben purgarvi i buchi con le tane.
Pur
senza farvi pi la pancia
piena
Di cotant' erbe quante qui cogliete
f
Una radice potr darvi a cena
,
La
qual vi giuro, che s' assaggiente
,
Vi
far si fatt' opera, ch'appena
L'avrete tocca, che
la cacherete.
*
Vi
i.
Debbonsi cacar sotto di paura
Costoro , che mi sentono bravare
Con P erbe
mie che gli farien cacare
Se alcun stitico fosse 'per sciagura.
Tanto che ci
,
parendo cosa dura
,
L' orto mi si potrebbe
abbandonare
,
E questo belP avanzo io
potrei fare
Per dar de' miei rubarberi
per cura.
Deh buona gente , che v'
ajuti Dio
>
Se sfamar si volessi alcun la fame,
Altro che malve e biete ha l' orto mio.
Non
dubitate eh' alte vostre brame
,
Nespole e sorbi e cornole ho
pur io,
E
cose assai
che stoppano il forame

Digitizedby GoOgle
IXYI I I.
Donne
,
quasi lo spirto m'indovina

Avendo voi pur dianzi partorito


,
Ch' erbe vorreste attissime al partito
JDa
fare i bagni a i buchi dell' orina.
E se cos, toglietevi in rapina
Quel
che vi piace, ed ecco eh' io
v'addito
Dove la salvia
, e mostrovi in quel sito
La camomilla e la rosa marina.
Credete, che dell'erbe appartenenti,
-Pebba nel vostro ben mostrarmi avaro ?
Portin
pi
tosto tai parole i venti.
Cogliete , dico , ci che m' pi caro
,
Ch' forza che ne' vostri fottimenti
Il cazzo n
1
abbia il dolce, e poi l' amaro.
. X X X
X.
Donne
,
per i bocconi saporiti
Qui sono aglietti , che vi fan l' agliata
Per carne , o secca o fresca appropriato
,
Che senza lei ne piangono i conviti.
Del petrosillo
taccio, che forniti
ISF'ho fino a' miei
viottoli,
e
s grata
So che v' pur la salsa, e tanto usata
v
Che in ogni di ve ne leccate i diti.
Tutto al vostro comando , e questo e
quello
\
Vegniate
pur che vi potrete fare
Di ci eh' io sono , e scuffia e cappello.
Dell' erbe mie non vi far mancare
\
Purch non stiate in sosta e col pestello
ubiate nel mortajo che pestare.
Digitizedby GoOgle
1031 IrJ* P R I J P B J.
LXX.
A i cocomeri grossi da sementa
Non sia chi metta mano , sotto pena-
D' aver in disciplina sulla schiena
Con questo mio volpile almanco trenta*
Perch con quelli Porto se n'aumenta,
se ne viene a far la pancia piena,
E dir si pu, che
'1
cazzo mi si mena
Come degP orti la semenza spenta.
Ma pur, se donna gravida ne vuole
M' forza ad onta mia di compiacere
f
Che di si fatte donne assai mi duole.
E per venga e faccia il suo volere :
Colgagli tutti, e senza pi parole,
Quanto pi grosso
,
pi g' al suo piacere*
LXX I.
Di ruta e di savina , e d' erbe amare
Di ragioii mille, piena era ogni strada^
DelP orto mio , ed oggi quasi rada
Quella foglia fottuta che ne pare.
So, che non han potuto rovinare
Per pioggia
n
per grandine che cada.
So , che non P ha seccate la rugiada
,
Che questa scusa non si pu passare.
S\
9
che non han potuto venir meno
Per essere mangiate
,
perocch'elle,
Sono molto pi amare che
'1
veleno.
Dio voglia, chele Suore non sian quelle

Che per sconciar il ventre quando


pieno*
Non ne facciano gli orti nelle celle.
Digitizedby GoOgle
DEL
FRANCO.
lo3
Voi,
voi
Fratacci con li colli torti,
Siete il
fracasso delle robbe mie
,
Per
lambiccare in far dell' erberie
Tutte V erbe che nascono in quest' orti.
Nonvi basta, porcacci mal accorti
,
L'
alchimia
e le vostre ruffianie;
Ma far
volete con le stregherie
,
Che il
diavolo vi porti vivi e morti.
Ahi del
mondo
canaglie imbrodolate
,
Che il
giudizio
di Dio vi s' apparecchi
,
E siate al fuoco per giustizia date.
Ch* ove
dovete
scalzi fra gli, stecchi
Star in
orazione , allor vi state
Con
mantici e col fuoco, e con gli specchi.
LXXIII.
Nasceano gli articiocchi a trenta some
Il d , che l' orto mio da tutti i lati
Tanti ne avea, che non gli avrian mangiati
Quanti Vescovi porci han quattro Rome.
Ora non n' ho pur uno , e non so come
Se non
mi son da' Principi rubbati,
Che
questi frutti son i pi aspettati
Da i
becchi, poich questo il lor cognomi.
Ma chi sar
mai stato tanto ardito
,
Che si sia assicurato a saccheggiare
Le piante del mio frutto favorito?
Se non
il Papa, io non saprei pensare
Chi
fusse
della schiena si sfornito
,
Che
stesse manco in atto di rizzare.
Digitizedby GoOgle
104
L PRUPMj
LXXIV.
Deh ! donne, non mi siate sconoscenti
Per esser vostro Dio, n giusto pare
Che dal giardin debbiate sradicare
Tutta la salvia per polirvi i denti.
A far che non sian fracidi e fetenti
Altro ci vuol che salvia e fregare
f
Che la vera ricetta non portare
Coteste vostre maschere lucenti
,
Perch' elle son che marciai gli fanno
f
da quel non avere i visi schietti
,
Vengono a i denti le magagne eh
1
hanno
E se questo sapete per gli efietti,
Debbono
1'
erbe mie portare il danno
,
Per
1'
error che commettono i belletti?
Donne, m' di bisogno ch'io noi taccia,
.
Di cotesti belletti che
*
oprate
,
tutta la muraglia intonicate
,
Cosa non nel mondo che pi spiaccia.
Talch temo d'avervi nelle braccia
Qualor vi veggio tanto infarinate,
E piuttosto torrei le coltellate
,
Che con voi
maneggiarmi a faccia a
faccia
Perocch la cerasa con la biacca,
Appena quel haciozzo n' ho pigliato,
Che tutta intorno a i labbri mi a* attacca
,
Di sorte che io mi son deliberato
,
Se il vostro imbellettarvi pi m
1
intacca
,
Di farvi quella cosa da Prelato.
Digitizedby GoOgle
DEL FRANCO.
16$
IXXYI.
Oh
bella et dell' oro ove se
9
ita
,
Quando sbracata andava ogni persona
,
E
g' uomini e le donne alla carlona
Facevan quella cosa pi spedita ?
Oh
tutta mle e sollazzevol vjta :
Sia maledetta quest'et cojona,
Ch'ogni nostra larghezza n'imprigiona,
Ed ogni sicurezza ha 'ngelosita.
Ahi
! che non pi per gli orti si cammina,
N pi per le campagne fia eh' io speri
Di vederli ruzzare alla supina.
Di sorte che a celare i fottisteri
,
Non pur le case , ma per pi mina
Si son trovati ancora i monasteri.
IXXVII.
Aveva
uri tempo tanta autoritate,
Ch'eran le forze mie maravigliose
,
Ed a me stava di guarir le cose
Dalla malia degli occhi affascinate.
Oggi non ho pi quella deitate
N quelle cerimonie pompose
9
N pur mi veggio dalle genti esose
chiese o cappelluzze intitolate.
Sacrificj npn ho , n cene o pranzi,
a tal son giunto, che a gran pena impetro,
Che questo*
poco
nome me n'avanzi.
E per tanto non spiaccia a Dio n a Pietro,
Se non potendo andare a potta innanzi,
Vanno oggi tutti i cazzi a culo indietro.
4
Digitizedby GoOgle
1X>6 L J P RI A PJSj
IXXY III.
Soleano all' orto mio venire il giorno
Mille fanciulli, e trattenermi in berta*
Cbi correa per quel chino e per quell'erta^
Chi il capo mi facea di fiori adorno.
Or ne piglio vergogna ed honne scorno
,
Ch'ove l'entrata pi s vede aperta
,
Quanto pi mostro i fatti alla scoperta
,
Tanto il di manco me ne veggio intorno*
Quest' l'angoscia che mi fa'nvecchiare
,
Onde la barba ho bianca con la chioma,
Ma pur non me ne vo' maravigliare,
Che i putti come han spalle per la soma,
E le carrette
possono tirare
,
O de' Principi
sono, o vanno a Roma.
LXXIL
Vorrei pur moderarmi nel parlare
f
Che sciocchezza non tengano la mia,
Ed accadendo a farne dicera,
Nomar con qualche cifra il buggerare
Ma come si puote egli moderare ?
Il gire al tondo par che il simil sia
Pierluigiare
,
(1)
va per quella via.
Infilzar perle ha troppo del volgare.
Voler alla gallina trovar Puovo
Glie parlar da Filosofi discreti
,
E poi glie un motto che non ha del
nuovo.
S'io vo' chiamarlo l'arte de' poeti,
Ha pur del vecchio, tanto che non trovo
Pi proprio dir, che'l sollazzar de' Preti,
(1)
Pier Luigi da Farnese
;
lo stesso che s&
neparl alla nota del sonetto 55. pagina
94.
Digitizedby GoOgle
D B t FRJITCO.
16?
L XXX.
Buggera il Papa, e tutti i suoi Prelati
,
<Con ogni altra persona religiosa
j
Or dunque il buggerare non cosa
Che annoverar si possa tra' peccati.
Buggerano tutti i Principi notati
,
Nelle cui braccia il mondo si riposa :
Or dunque cosa degna e generosa
,
posta tra le prime degnitati.
Buggerano i legisti tutti uguali :
Dunque cose non son chi ben misura %
Che le leggi le fanno capitali.
Buggerano i Filosofi che han cura
1)'
investigar le eose naturali :
Dunque cosa non contro natura.
Buggera alla sicura
Ogni soldato : dunque si pu dire
Che il buggerar prova di grande ardire.
Buggerano al morire
I Medici , e se pur essi il fanno
II buggerarci corpo non danno
E se i Poeti , ch
r
hanno
Della divinitade, il soglion fare,
Dunque cosa divina il buggerare.
Senza pi raccontare
,
Il buggerar si fa per tutto il mondo
E per segnale nguratQ in tondo.
Non e' n fin , n fondo
A dire o con parole , o a porre in carte
I/ordin del buggerare a parte a parte
Gli vero, che sendo arte
Che la fa PAretino, s' provisto,
Che il
buggerare sia mestier da trista
Digitizedby GoOgle
08 ZA P RIA PTA
LXXXI.
Priapo
,
perch so che cosa nuora
,
N pi nell'orto tuo mai presentata
,
Ti reco tre albaretti di pomata
La quale
sinefine
a tutta prova.
Per $e vuoi conoscere se giova,
Pigliane innanzi pasto un
9
imbeccata

Perch
,
per scarpa che non sia tagliata
La pi calzante cosa non si trova.
Creder non devi ch'io ti faccia scorno
A darti per unguento di stivali
,
Di quello che si vende tutto il giorno.
Che di
questa non hanno gli speziali,
Ed
di quella lavorata al torno
t
Che fanno di lor mano i Cardinali*
LXXXII.
Vorrei che m* insegnaste , o voi Pedanti
,
Per esser l'arte vostra l' insegnare,
un dubbio mi toglieste da pensare,
Ch' anch' io sarei de' vostri dozzinanti.
Perocch ne rinnego tutti i Santi,
Per non saperla causa che
'1
fa farej
Che i putti voi volendo castigare
,
Sul culo gli battiate tutti quanti.
Panni faccenda a sofferirsi dura
,
Che dobbiate purgare il mal umore
Sulle chiappine
d'una creatura.
Or, poffardio
5
che vi comporti il core
Di dare una s spessa battitura
Al culo, a cui portate
tanto amore?
Digitizedby GoOgle
BEL FRANC.
10<J
r x xx in.
A te Giove
,
Dodona consecrata.
Giunone in Samo vedesi adorare.
Ha di Tenaro l' onde il Dio del mare.
Ed a Vulcano Lenno stata data.
Enna per la Dea Cerere beata :
In Pafo e in Gnido Venere have altare.
Il Sole ancora in Rhodi avea che fare
,
Ma Solimano al Sole V ha levata.
A me voglion, che Lampsaco sia sola
La terra che m'accenda incensi e fuoco
,
Ma mentono i Poeti per la gola
,
Ch'io per tutto ho che fare , o molto o poco
,
N questa mia glie favola da scola
,
E
che fia ver, si chiava in ogni loco,
x xxxi y.
Poeti , ors Poeti
9
a
voi dich' io
,
A questo poco lauro eh' rimasto
Vegniate , e laureatevi V imbasto
,
E so che non avete altro disio.
Certo per compiacere a quel gran Dio
Ch' di voi Sire sacro , e padre
casto
f
Vo' che ve ne saziate a tutto pasto
N ce ne resti fronde alP orto mio.
Voglio cotesta scusa farvi vana,
E torvi tante vostre occasioni
Di non venire a farmi la pavana
(1).
Perch voi siete cos buon mastroni
(2)
Che nel fare il bersaglio alla quintana
Noi altri cazzi stiamo da cojoni.
(1)
Paura.
(2)
Legno
j
ovvero uomo di legno ,
ove van-
no aferire i
giostratori che tirano
al bersaglio.
Digitizedby GoOgle
110 LJ P RI A TE J
LXXXV.
Almanco, voi Poeti
,
poich siete
Ricchi di versi e di madrigaletti,
Visitar mi dovreste con sonetti
,
E con la robba che in bottega avete.
Stommi qui solo, come mi vedete,
*
Privo di tutti i soliti diletti.
N perch'io guardi, ed alla posta aspetti
y
Posso un augello prender alle rete.
Voi Dio m' avete fatto in Ellesponto,
E m'avete le vittime sacrate
,
Ed or mostrate farne poco conto.
N credo che di me vi ricordiate
Se mi vedete, o se con voi m'affronto
f
N manco forse quando buggerate.
LXXXVI.
Poich i Poeti vengono a squadrone
Nel mio giardin, con tanta carestia
D'un' oda e d'una ciancia d'elegia,
N degnerien di darmene un boccone*
Io prego Dio , che vadano in sajone
(1)
Finch son vivi , e nudi in ogni via
,
Ed in far rime e versi ciascun sia
Da manco di Pr Biagio , e di Sperone.
Abbiano ed essi e i lor, di mano in mano
f
Il mal francioso come il Dragonzino
,
E
poi le gotte come il Bevazzano.
Sieno pi becchi che non Crispino
,
Al doppio pi furfanti del Fogliano,
(2)
E pi bardasse di Pietro Aretino.
(
1
)
Aumentativo di sajo.
(
2
)
Autori cogniti che vivevano nel XVI*
secolo*
Digitizedby GoOgle
DEI F R J N C 0> 111
ixxxyn.
Possente Dio, al cui sacrato nume
Fumano in Ellesponto mille altari
,
E mille lampe ne
9
d foschi e chiari
Alle reliquie tue fan sempre lume.
S
y
come , d'anno in anno, han per costume,
Cos pur ora con le voglie pari
Qui spargono al tuo nome i pastor cari
,
Di fiori un nembo , e poi di latte un fiume.
1
9
perch paia il sacrificio bello
,
E s' approvi il valor dell' ostia intera
Col testimon del sangue e del coltello
,
Saltan d'intorno, e alfin con voce altiera
Mattan
(1)
d'Arezzo il publico
asinelio
Come degli onor tuoi vittima
vera.
LXXXYI II.
Siate
pur certi, eh' io mi mordo il dito
Per voi , Poeti , tante me ne fate
,
Che in sacrificio gli asini mi date
Credendovi di farmi un bello invito.
E
9
perch il dono sia tutto fornito
,
I)i latte e di vin caldo mi spruzzate
E con mele ammassato e con schiacciate (a)
Volete intrattenermi l'appetito.
Ite
in malora
,
pecore bestiazze,
Ite vi dico vivi ad annegare
,
Che al mondo non ne pajano mai razze.
Che se volete il cazzo mio onorare
,
Latte non mi rechiate n focazze
,
Ma datemi in malora da chiavare.
(1)
Mattan;
sacrificano : dal verbo latino;
jnactare.
(2)
Focaccie.
Digitizedby GoOgle
112 Z A P R I J P E ji
L XXX IX.
Priapo, io son l'Arsiccio rrintronato (i),
nell'intronataggine il maggiore,
Ch'oggi per farti un profumato onore
Un mio libbrett in dono t' ho recato
Qui sono tutti i cazzi d'ogni stato,
Cazzi da poco , e cazzi di valore
,
Cazzi da donne vedove , e da Suore,
Cazzi da Granmaestro , e da Prelato.
Cazzi da non toccar se non co' guanti
,
Cazzi da donna quando si marita
,
E cazzi scarsi , e cazzi traboccanti*
E per far la Cazzaria ben fornita
Vi sono i cazzi
a millioni , e quanti
Pietro Aretino n' ha provati in vita.
X C.
Priapo, questo picciolo libretto
Pietro Aretin ti manda a presentare
,
Dove son tutti i modi del chiavare
,
E ciascun modo mostra il suo sonetto.
A te sta dunque, per averti eletto
Giudice in questo, che, secondo appare
Per le figure , cos vogli oprare
ad uno ad uno mettergli in effetto.
Dir non si pu, che tu provati g' hai,
N che altro autor ne parli si ritrova
,
N che Elefantis ne scrivesse mai.
Per informarti s'ella cosa nuova,
Per tutto disegnata
ci vedrai
La sua sorella che ne fa la prova.
(
1
)
Antonio Vignali diBuonagiunta, Sanese,
e V institutore dell' accademia degl* Intronati
di Siena
,
che Vautore del libro oscenissimo
la Cazzaria che il
Franco ne parla al verso 12.
di onesto
sonetto.
Digitizedby GoOgle
JDJEX F KA N CO.
1x3'
X G I.
Priapo
,
non bisogna replicarti
S'io son sorella di Pietro Aretino,
Che non foglia in questo tuo giardino,
Che' Tesser mio non possa palesarti.
Io son velluta s per visitarti,
Si perch'io non vorrei che alcun meschino
In capo ti cacciasse il moscarino (i)
Ch'io pensassi in mia vita abbandonarti.
Io son
pur vostra, ed ogni mia speranza
In te consiste , e t' ho per caro amico
Nel
resto della vita che m'avanza.
Edi nuovo
affermando quel ch'io dico,
T' offro tutti i buchi della stanza,
Cui
,
potta
,
bocca
,
orecchi , ed
ombellico.*
X C I I.
Iia lode dell' anguille , come eterna
Memoria del bel luogo dove stai , . . : ,

Priapo qui ti sacra , se noi sai


Un de' Poeti , ch'ha per nome il Berna.
Non basterian di carta tre quaderna
^
A dirti tutto quei che ne vedrai,
/
-
Perch ne scrive gi
pi
cose assai
,
Che al Franco non ne scrisse la Lucerna*
Tanto
,
che per un libro e buono e fino
,
E
che non
ha
n stoppe n scacazzi
Pupi dir che sta fornito il tuo giardino.
Pure, se i suoi paresseno versazzi
,
Sai che il Berna non Pietro Aretino
,
Che ha s gran bocca nel dir ben de' cazzi.
(1)
Cacciare in capo il moscarino
;
vuol dire
dar
ad intendere,
o sia
far
credere.
xS
Digitizedby GoOgle
1%4
*
J MMfjPMJ
Priano ,
V
almit Tullia Rangpu*
Senio,
dal
favor
tup taniP
esteta,
Ond'
dal
tran Sperone
immortalata,
*
v
Che se ne fan
moresche jn,
Elicona,
Ogft
che
U
&QrpQ tuo questa
cprona,
jDi
fine perle
e tutta, inorpellata,
Ti
ppne al capo
}
tal
che ppcp grata
Non
sia
tenuta e perfida perdona*
E vuol
che
U dp
di cps\
ricca sppglia.
Sappia
non. piamente
il
ppppjazzq
^
Ma
qalu,qu' er^a
ha. 'I tuo
giardinq
f
Qfogli*.
Perch n in
Carampana n
in
a^agzQ
Pool*
fa mai
j
che
cpn pi grata
YOgU*
Riconosca i piaceri ch^
fa
il cazzo.
Questi cazzi di salci incrocicchiati
j
PriapOj la Plamminia tua cara
Ti manda qui per una sua massara,
Perch siano
al tuo nome consacraci.
S pochi
fasser
questi ch'ha mandati,
Ti prega che non P abhi per avara.,
Che questa poca somma non dichiara
La gran somma de
9
cazzi eh
1
ha
piantanti
%
Perch non capiriano in tutti i canti'
Del tuo giardino , s ben largo o piana
Fusse pi
che non
setfe
cotanti.
Ed oltre a ci sarebbe pensler vano
,
Che a fer cazai di lgno appunto tanti
-
Non basterian tre boschi di Baccano.
I
Digitizedby GoOgle
5BZ FAJltfO. IlS
XCV.
Priapd ,
io qui Cdttpaj ambasciador
)
Da
parte d'ufta Vostra Poetessa
i
Con
tutta quella riverenza espressi
Che
converrebbe ad un ImperadorG
Ella
ti
dice
*
che t* ha sempre itt core,
E la
mattina quando vede messa,
Dio
sa^ se per te prega, ch'ella stessa
Si
maraviglia dond' tanto amore.
E
j
bettch
spenda l'intelletto e l'arto
In
scriver rime, ed a te faccia torto
Gol
farti tanta caresta di carte.
Tutto
questo riesce in tuo Conforto,
E
sei
costretto a trlo in buna parta
Se
piagai il cacao del marito morto.
leti.
Che
debbo
far, che ti consigli amore?
Di
primavera volano novelle.
Vaghi
augelletti cantano alle stelle
,
B
cani e cagne sentono l'odore.
I^e
potte quasi scoppiano d' ardore
If
capir bonno i cazal nella pelle?
E
per Dei Boschi allegre , fere e snelle
Tutte vanno per fottere a
rumore*
Ond'
io povro mi macero in sospiri
Per la memoria di quel d cagliando
|
Che
fu principio a si lunghi martiri.
E
per vedermi privo di soliamo
D<\per quest'orto mille passi e giri
Tanto eh' feria eh'
m
mi
meni i etti*.
Digitizedby GoOgle
Il6 . ZA P R I APE A
X C V I I.
Amor, che meco in quest'ombre ti stavi
Adocchiando il bel viso di costei
Quel di , che volentier fatta
1'
avrei
Quella cosa , se tu non mi guastavi.
Perch se niente niente m' ajutavi
,
Io sapea rimediar a
?
fatti miei,
E aprirle ad uno ad uno i culisei
Con le mie salde ed ingegnose chiavi.
Ma ben veggio or , che quasi al popol tutto
Favola son per ci vedendo ornai
,
Che del troppo rizzar
, vergogna il
frutto*
Pur il meglio sperare in tanti guai.
Forse non avr sempre il viso asciutto
,
Ch'io mi pasco di lagrime, e tu
'1
sai.
-
XCVIII.
Solingo augello , che cantando vai
La notte e
'1
d per questo mio giardino.
Deh fammi il verso di Pietro Aretino
,
Ch'
'1
pi bel verso eh' io sentissi mai.
Non assomiglia al verso che tu fai
,
N a quel che fa lo storno , o
'1
lucherino
>
N augel che sia da terra, o sia marino
Tanto ogn' ajtro ed il tuo vince d' assai.
Troppo soave la sua melodia,
Ed a punto da corte e da palazzo
,
E da dar spasso a qualche signoria.
Have un difetto, eh' io ne
torno pazzo
,
Ma dir si pu pi tosto
bizzarria,
. Che mai non canta se non vede il cazzo*
Digitizedby GoOgle
DEL
FRANCO.
1
\J
X C I X.
Fausto
,
e tu Gesualdo,
e Vellutello,
Sapete gi le brave
cortesie
Sempre a voi fatte
delle fave mie
Pi
che giammai non feci a questo e a
quello*
Per
rendermi berretta
per cappello
(1)
Saria
ben che le
vostre signorie
Mi
facesser di loro
fantasie
Qualche commento
, ma che fosse
bello.
Io so che
questo non v' importa
niente
Potendo contentare il mio disio
,
E
spender poco della
vostra
mente.
Per
senz'
altro fatelo
per Dio
,
Talch
il culo
forbendosi
la
gente,
'
Abbia
sempre gran
spaccio il cazz mio.
C.
In
dietro
o Petrarchisti
, se m' amate
,
Ch*
ho per gran male
che mi stiate a' fianchi
,
E
talch cosa alcuna
non mi manchi
,
Bisogna
che
mi diate sicurtate.
Percb.
voi per usanza assassinate
!/
oro e le perle
, e i fior vermigli e bianchi.
Anzi
mai di rubbar non siete stanchi
Con
quella vostra scusa , che imitiate.
E per
non mi sia nessun molesto
,
Che
qui volendo oprare il vostro uncino
y
Voi
potete veder che non c' sesto.
Pur
y
se
venir volete nel giardino
Per
imitar vegniate
, ma con questo,
Che
col culo
imitiate
l'Aretino.
(1)
Vale lo stesso
che render pan per focac-
cia
5
cio corrispondere
a chi t'hafatto male con
altrettanto*
Digitizedby GoOgle
Il8 ZJ P RI A P EM
C I.
L' ortolan felicissimo Aretino
,
Tutto raccolto nei pietoso vot
Al sacro Dio degli orti , a ciascun riotOj
Dice talor
,
disteso sotto un pino.
Priapo , a te sacrando il mio giardino,
Con l'anima e col cuor tutto mi scuoto
?
E come d' umilt carco e divoto
Gl'omeri tengo curvi e'1 capo chino.
Eccoti in questo tondo , ecco in qul quadr
,
In queste valli ombrose , e 'n quelle
apriche
Mille sentieri , ove il cammin ti squadr.
Se la mal' erba awien che
'1
passo intriche
>
La falce hai teco , e per terror del ladro
f
E per segar i trboli e V ortith.
C I I.
Scolpfo nel limitar del suo grand
9
Orto
L' ortolano Aretin queste parole
>
E forse per mostrar com* ei si duole
Di chi gli oppone l' avarizia a torto :
Entri nel mio giardino a suo diporto
9
E al caldo 6 al gelo, all' ombra al
Sole
Stiavisi pure a soggiornar chi vuole
,
Purch degli Orti altrui prenda conforto*
E se pi vago sito i suoi ridutti
Non ntostran fuori , n com' altri
a6fti
Han poma d' Oro
i
e preziosi frutti.
Scusi e compensi ogni difetto ornai
Il buon voler eh* ha di riceve? btti
,
E che gli entrati poi non n' scn mai.
Digitizedby GoOgle
DII F RJ N C 0>
,
II9
CI I I.
TX*
Arezzo
l'ortolan sacro e famoso
,
x
Neil'
orto suo le fave seminando
Disse
;
prendi o terren quel che ti mando,

lieto
il dn raccogli e desioso.
Entro
9
1 tuo
seno si rimanga ascso
1
Finch
per ogni frutto che ne spando
y
Io
mille
ne raccolga, n sia quando
Guard
gli scemi a' occhio malioso.
Picciole
o
grandi eh
1
io
spargendo vada
N
tutte
uguali,
e
del valor pi noto
Com*
al
desir , ed alla mano aggrada
,
Sia
ciascheduna
il grembo tuo divoto,
Ohe
per rendersi colmo in ogni strada
Tutte
Ben buone per empirne il vto
CI V.
L'
ortolano
Aretin, che fissa e intenta
Ha
tutta nel piantar la nobil cura
>
per
dar all' erba sua ferma verdura
Par
che dica a tutt' ore e non sen penta.
Verdeggi
,
prego
,
o del
?
la cara menta
|
E
nel
d cresca e nella
notte oscura
,
N
4i gelo unqua oltraggio , n d' arsura
-
Oistemprato vapor fia ch'ella sen^a.
Da
lei
sia
lunge ogni contraria froda
I>i
maligno furor
^
n. tarlo ascoso
Nella
radice l
trafigga o roda.
Si
,
che
lieto
di lei viva e giojoso
,
E
i
suoi bei frutti in ogni tempo goda
Neil
1
asciutto non men che nel piovoso.
Digitizedby GoOgle
120
LA P R I A P E A
C V.
Oh me beato, dice il d sovente
L'ortolano Aretin , che s bell'orto
Ebbi dal cielo, ond'ogni mio conforto

Ha la radice del suo ben presente.


Qui sn gli smalti , ove soavemente
Trova l'occhio guardando il suo diporto,
E pur spira l'odor che'l dolce porto
Degli angosciosi spirti e, della mente.
Qui del vero gioir l'ampio cammino
Scorgo
,
e pur vi contemplo intento e fiso
Tutto quel eh' appressar fammi al divino.
Or s' pur ver
,
che goja
,
pace e riso
Quinci coglier si pu
,
perch il giardino
Non dee fra noi chiamarsi il paradiso
?
CVI.
>
'
L'
aratore Aretin , mentre ne' campi
,
Dove sterile solco assorbe il seme,
La notte e'1 giorno le sue membra
preme

E ritrova al desio men larghi scampi.


Qual om , cui dentro al cuor gran doglia
stampi
Il veder syecco il fior della sua speme.
Ahi ! fallace destin, die' egli e geme
,
Ove veggio il mio mal
, awien che'nciampf.
Se pur nel fondo d'ogni cieco oblio
Volgo l'aratro
,
jieppur ha produtto
v
Di spiga
un germe il lungo sudor mio.
A
che Cerere incolpo in doglia e'n lutto
,
Se non men pento, e pur conosco ch'io
Spargo il seme in terren
che non & frutto
?
Digitizedby GoOgle
JD E I FRANC.
121
CVII.
Mentre che i dumi e le mal
9
erbe ancde
D'Arezzo l' ortolan Divo onorato
,
N pu godere il frutto disiato
,
Dice qua! uom, che per morir si sfide*
Lappole ali
9
orto mio nimiche infide
,
Per cui langue ogni rastro , e pur piegato
Il voraer resta
,
che nel solco entrato
Per l'erbroso terren s' inaspra e stride.
A voi non rida il Sol , ma pigro gelo
Di freddo scorno vi ricopra il volto,
N il vostro dritto unqua vi renda il
cielo*
Poich il giardin rendete ispido e folto
5
N resta mai che per cangiar di pelo
,
E per ben coltivar non paja incolto.
CTI II.
Lasso, che mille zappe al mio terreno
,
(
Dice d'Arezzo V ortolan piangendo
)
Tengo d' intorno
,
e mille rastri offendo
Con mille aratri per squadrargli il seno.
Neppur gli stecchi in mezzo a solchi meno
Vengon mai per usanza , e sol comprendo
,
Ch' ove pi sudo all' opera e m' accendo
,
Meno la terra
(
oim
)
spetro e mal sveno.
Felice agricoltor , che domi altiero
Le dure zolle , e le mal nate piante
,
E nel domarle hai pi felice impero,
Io
,
per sudr d' aspre fatiche tante,
Che spero ornai , se di trovar dispero
Vomeri di diaspro e di diamante?
16
Digitizedby GoOgle
1Z% ZA PKIJPZd
cix.
L'ortolano Aretm , cui tanto aggrada
Aver nell' orto suo piante feconde
,
Mentre
'1
verde desio non corrisponde,
Par eh'
egli dica ovunque seggia o vada :
Proveggia il ciel
,
che larga pioggia cada
Di tempo in tempo , e che
'1
caro orto inonde,
fior
per entro non rimanga o fronde
>
In cui non stilli ognor fresca rugiada.
N perche bolla il Sole
a
tutte prove
,
Per nimica stagion eh' ardente sia
?
L' erba assetata mai supplichi a Giove

S che il suo grembo molle xn ogni via .


N sazio mai del dolce umor che
piov*
Consoli l'occhio della vit$
mw.
Languide erbette
,
e voi piante
9
che avete
Dall'estiva stagion si calde offese,
L'acqua
,
di che vi fu sempre cortes
li mio caro giardin
,
liete prendete
Quest' l'umor con che sfogar solete
Da i fervidi vapor le voglie accese.
guest'
'1
Ucor che vi mantien difesa
all' ingiurie del Sole e dalla sete.
Cosi
'1
grand' orto suo rigando
,
dice
L'ortolano retin
9
quaJor s'accorge
Che
ne langue o
'1
germoglio o la radice.
E
mentre
l'acqua distillando
porge
Quinci e quindi
dolcezza
>
benedice
L'ascosa vena
t
onde
perpetua sorge*
Digitizedby GoOgle
l>*t
PAJir'c.
ia3
CXI.
L'ortolano Aretfn
,
nel suo gradito
Antro , che 'n mezzoPortoha
sempre un rivo,
Dice disteso; qui dov' ora i' scrivo,
Voi selvaggi pastor tutti v' invito
Neil'
ombrosa spelonca
,
che v'
addito
,
Se i membri irsuti nel gran caldo
estivo
Forse porrete
,
non l'avrete a schivo
Ove di fuor sembrasse
orrido sito.
Fior
qui vedrete
,
che
perpetui sono,
E
spirar aure insieme e liete giostre
Di
fiere
,
snelle e sciolte in abbandono.
Eco
sempr* per queste interne chiostre
,
Che
vi risponda al doce ultimo suon
f
Nelle percosse delle voci vostre.
CX I I.
Il
Dio
Priapo pnblica a ciascuno
Come d'Arezzo l'ortolan divino
Vuol eh' ogni cittadino e contadino
:
Entri nell' orto o sazio o digiuno.
E
talch
dentro non
prosuma alcuno
Di
rnbbargli la menta o
'1
petrosino
t
t A
quanti ne verranno
nel giardino
Vorr cercar le brache
aduno ad uno.
Se
alcun
pensasse alzarsi bene il fianco,
E
avesse a male l'essere cercato
,
Non pensi il Papa che se n' esca franco.
Perch
nel bando se n'
protestato
Che
non ci venga
,
overo
al
manco
manca
Avendoci a venir , venga
sbracato.
Digitizedby GoOgle
e XI II.
Poi che nell' orto vidde ratinati
L'ortolano Aretin , n senza offese
Mille strani animali , alle difese
Venne fra l'erbe ov' erano annidati.
Pur conoscendo i frutti abbandonati
,
Ne trovando rimedj a tante imprese
,
Per fargli spaventacelo ci sospese
Tutti gli scartabelli suoi stampati.
E perch pinto portano il flagello
,
Sparve ogni fera
,
ond
?
egli in quel disio
Vedendo il suo giardin purgato e bella.
Disse
a
man giunte : Or sia lodato Dio
,
Ch' ho ritrovate cose col cervello
Da mantenerne netto
1'
orto mio.
C X I v.
In uri alloro
1'
Aretin pastore
,
Ove il tronco la scorza avea men dura,
Scolp del Dio degi' orti la figura
,
E disse
,
gli occhi al ciel rivolti e
'1
core i
Cresca il bel lauro
,
e dal vivace umore
Prenda
'1
mio Dio la viva sua verdura,
E co' bei rami adegui la misura
?
Vivendo a parte nel celeste onore.
Talch
,
come il desio crescendo sale
,
Cos cresca
1'
oggetto
;
e
'1
mio restauro
Sia di
vederlo al desiderio uguale.
E se in argento a me non lice e in auro
Veggia
,
e col vero pregio trionfale
L' idolo mio scolpito in vivo lauro
Digitizedby GoOgle
I>EL FRANCO. 125
C XV.
I?riapo
,
queste morole e moroni
Che di grossezza sono disuguali
,
L'Aretin ti presenta, cos quali
Son solite menarli le stagioni.
IVIaturi e neri son come carboni
,
E forse che n Papi , Cardinali
L'hanno negi' orti loro che sian tali
Da fargli stare a tutti i paragoni.
S per
mangiarli stai di buona vena
,
Abbi per fermo eh' ogni di ne avrai
Per ordinario una gran corba piena,
Perch
di questi frutti
,
come sai
Col
culo egli in un' ora pi ne mena
,
Che
quanti orti nel
mondo furon mai.
CIVI.
Questo
cos grosssissimo
melone
,
Glie della melonaggine
(1)
Aretina,
Priapo se noi sai
,
eh' la pi fina
Di
quante mai produsse la stagione.
Degli
ortolani gran presunzione
A
volerli lor mettere in dozzina
Con questo
,
che per bocca di reina
Si
stima un scudo d' oro ogni boccone.
E
perch' io con le chiacchiere non basto
A
dar le lodi a questo suo bel dono
,
Da farne ogni apparecchio
per un pasto.
Per
trovar vero quel eh' io ne ragiono
,
Pesalo
,
guardai bene
,
ponci il tasto,
Cacciagli il naso in culo
,
eh' egli buono.
m
\ i . i ! m
(i) Scipitezza,
grossezza d'ingegno.
Digitizedby GoOgle
xi6 x a p n i j
P *j
e xvi i.
Questo fascio di cardi , consecrato
Priapo al nome tuo
,
fiali ben caro
,
Perch' frutto bellissimo
,
e s raro
,
Che V orto ti far ben avviato.
Il manco grosso che
8*
misurato
pi grosso del tasto d* un somaro :
Io non dico del tuo*
,
perch glie chiaro
Ch' io sarei per bugiardo processato.
Taccio quanto sian buoni a giostratore
,
Che come gP avrai meglio conosciuti
,
Sarai da tutti arringhi corridore.
Non ti dico altro delle lor vertuti
,
Se non che son di forza e di valore
t
Che fotter fanno i Principi fottuti.
CX V III.
Priapo
,
ovunque gente , si favella
Ch' hai quel difetto che non puoi
pisciare,
E credo che^ia quello che chiamare
Soglion i nostri medici renella*
Per se fusse vera la novella
,
Userai questi asparagi in mangiare
,
Che
il Papa li suol molto commendare,
E
ne vuole ogni pasto una scodella.
Non
sospettar
che questo non sia vero
Se
*
Aretin
,
eh' pratico in palazzi
,
Non molto se ne serve in tal mistiero.
Perch
7
egli ha tutti i medici per pazzi
,
E per cose
aperitive da dovero
Altro non vuole che cristieri o cazzi.
Digitizedby GoOgle
X>ML FRJNCO.
1*7
C X
I X.
Priapo
,
questo pajo d' orinali
(
N so se
'1
mondo n' ha cos bel paro
)
Qui ti
consacro
,
n ti sia discaro
y
Che ben ti stanno questi doni tali.
E
bench sian parole comunali
,
Pur ti ricordo come amico caro
,
Il proverbio che dice
,
piscia chiaro
,
fa le fiche
(1)
a i medici cignali.
Vattene pur pel tuo sentier usato
,
dove la via trita
,
l cammina
,
N mangiar cibo che ti sia vietato.
Cos mai punto non sarai da spina
,
Neppur ti scoprir per magagnato
Chi ti vorr talor veder
1'
orina.
CU.
Del suo giardin le pesche in questa cena
Qui ti presenta
,
come cosa santa
Priapo
,
il tuo d'
Arezzo
,
di cui canta
Ogni grand' ortolano a bocca piena.
Pregati dunque, non g' imputi a pena
Se non fusser di quelle
d'
Atalanta
,
Perch degP anni ha forse ben sessanta
L'arbore
,
anzi quel tronco che le mena.
pi ti chiede in singular mercede
}
Che se del petto ti trarranno i rutti
Non fia per ci di manco la sua fede.
Perch piacendo a lui s fatti frutti
O buoni o tristi , cos pur ei crede,
Che
sieno del suo stomaco anche tutti.
p * '
i
()
Formar colla dica certo allo di
dispregio.
Digitizedby GoOgle
128 ZA PRIJPEJ
CXXI.
Cos vi venga il candaro e la peste
Preli
,
di Dio nimici e dell' altare
,
Come a me voi venite per
mangiare
Delle mie pesche
,
e empirvene le
ceste.
N
menzogne si possono dir queste
,
Che si fatto mistiero in voi si pare
f
Per esser consueti di portare
Un tondo sempre raso nelle teste.
Ma son contento che m' assassiniate
f
Per esserci di voi molto da dire
In tutte le faccende che trattate.
Perch ponete P anima al morire
,
E ci spendete ancor tutte V entrate
t
Se un cazzo vi mettete a favorire.
C XX I I.
Deh ! poich tra i be' frutti la natura
Fece le pesche, e quel bel frutto
elesse
Per
g
1
uomini
,
e eh' ognun se ne
cogliesse
E le mangiasse mentre il tempo
dura.
Pereh' ella
,
che del fare ebbe la cura
Non fece un altro frutto che
piacesse
,
Cos alle donne in quelle forme
istesse
Che rappresenta
questa mia misura
?
Donne mie belle
,
gran ragione
avete
A biasmar la natura e averla esosa.
Pur il suo error non
riguardar
dovete
9
N
dirle mai parola ingiuriosa
Per vostro onor
,
perch come
sapete
Natura e potta-son tutt' una cosa.
Digitizedby GoOgle
BEL FRJNCO. I29
CXXI I I.
Disputasi ogni giorno per le scuole
Perch natura chiamino la potta
,
E tanto in disputar se ne borbotta,
Ch' esser dovrebbe chiaro pi che
'1
Sole
E per conoscer se son baje ofole
,
S' io
mi mettessi fra tant' altri in frotta
,
Come persona in queste cose dotta
,
Ci potrei forse dir dieci parole.
Sia tra me stesso ho gi determinato
,
Ch
9
altri da parte mia pigli la cura
In far che
'1
dubbio resti dichiarato.
Perch
,
per esser piena di sozzura
,
Ed io di tristo stomaco
,
ho giurato
Di non metter mai bocca alla natura.
CXXI
V.
Priapo , all' orto tuo questa ficaja
Jrarmi non poco inutile e dannosa
,
Perch' si sgangherata e tanto ombrosa
,
Che V occupa con V ombra tutta
1'
aja.
S* ella mena le fiche ed a miglia]a
,
Non perci dei stimarla preziosa
,
Che pi vale una fica saporosa
,
Che V altre
dissipite a centinaja.
Non so se stomaco hai cotanto strano
,
Che d' ogni fica ti vuoi far boccone
,
O sia di vignarolo o d'
ortolano.
Perch' io per uno son tra le persone
,
CV anzi mi creperei , che metter mano
A
fiche
;
se non sono pi che buone.
l
7
Digitizedby GoOgle
l3o
tJt PRtJPA
C XX
V*
Priapo
y
a te gran Dio fra
g
1
altri Del
9
Questo piede di fica i' vu sacrare
f
Che fra' piedi di fiche d mangiare
Glie de
9
manco dannosi e manco rei*
A te sta dunque
,
die
'1
padron ne sei
,
Farla di tutto il resto coltivare
.
Che
volere una fica ben piantare
d' altri omeri soma che de' miei*
Anzi saria per me troppa fatica
9
Ed a rischio starei venirci pazzo
Non avendo io la zappa per amica*
chi non sa
,
se non iimorantazzo
,
Che per piantare un buon piede di fica
9
Non ce ne bastan quindici di cazzo
CXtVL
Questo piatto di fiche io ti presento
Degli orti o Dio , le quai pur ra ho edite
)
Contale ad una ad una
,
che son molte
f
forse presso il numero di cento*
Bisogna nel mangiarle stare attento
j
E compartirle in pi di mille Vlte

non averci tutte le man sciolte


Per fartene lo stomaco contnto
Perch tei tornerieho indebolito
Per far la fica certi stomacazzi
Che a i tre bocconi perdon l'appetito
Se ti
pajon parabole da pazzi
,
Puoi
riguardare a quel
proverbio trit
j
Ch* e pur troppo.una fica a mille cajkzi.
Digitizedby GoOgle
JDJTZ FRANCO. l3l
cxivn.
Or che
far di tante potterie
Quante son queste che m' han poste a lato
"Perche di lor non pur un gran mercato
,
Ma si fariano ancor due beccherie.
Qui ne son d' ogni sorte
,
e buone e rie
,
Porte di lana
j
e potte di scarlatto
,
Potte di sergia
,
e potte di broccato
y
E
potte pi che non sono
1'
erbe mie,
Trovojni in dubbio donde cominciare
,
E dove prima mettere il coltello
Per aver meglio carne da trinciare.
Ma
certo io
non debb' essere in cervello
,
N so che tutte sono d' un affare
,
Tutte d' un
mastro
,
e fatte
ad un modello,
. C3X Y
I I I.
Della
potta da Modena
gi
intesi
Dal d eh' io nacqui sempre cose elette
9
Tal che se son s sconcie
e maledette
,
Guardimi Dio
da
potte Modenesi,
Mi
maraviglio come in
quei paesi
Non sappian piarre in uso le ricette
f
E turar le fessure
e farle strette
9
E stringere i bottoni
degli arnesi,
U
Molea mi fa
pi
maravigliare
,
Ch' ha scritto della fica
,
e
non
intendo
Che della patria voglia motteggiare,
faccetto
,
se per quanto ne comprendo
9
La Ficheide
ha fatta , sol per
fare
Della potta da Modena
7
scriyendo.
Digitizedby GoOgle
i3a
tJ p ri j p Jt
C XX IX.
Ficcano le somare i Calabresi
,
O che sian polledrelle
,
o che sian vecchie
9
O siano senza code o senza orecchie
,
O stiano bene o
male negli arnesi.
N guardan se sian guaste da earlesi
,
(1)
N s' abbiano i soprossi o le petecchie
y
N larghe larghe
,
o strette, le busecchie
Per seguir il costume de* paesi.
Io non la tengo cosa capitale
S lasciano i cialtroni e le zambracche
(2)
Per darsi al lor istinto naturale
,
Che per voler le potte come sacche
,
Stimano forse che sia manco male
Con asine impacciarsi che con vacche.
cxxx.
Van quasi dietro tutti i fottiventi
A gran maestre
,
e donne d' alto affare
,
Credendosi i lor cazzi ricamare
Fra quei ricami eh' hanno ori e argenti.
Ma son dalle mie voglie differenti
,
Ch' io stimerei miglior il praticare
O con scanfarde(3) almanco jo con massare^
Bench' i visi non abbiano lucenti.
Non buona ragione a dir che quelle
Sian da i brachetti manco conosciute
Se ben con biacca tirano la pelle.
Che ancorch jn guardia sian tenute
Fra li squadroni delle sentinelle
,
Pur le lor potte son le pi fottute.
(1)
Pustole.
(2)
Se lasciano di sodomizzre o difottere*
(3)
Donne vili, pezzenti*
Digitizedby GoOgle
V L FRACCO. l33
CXXXI.
Il
gallo ha per costume , chi ben mira
,
Che appena la gallina egli ha calcata
,
Ch' abbassa un' ala , e poi che 1
T
ha abbassata
Le sgrida addosso
,
e intorno le si gira :
Quasi mostrando che gli cada in ira
,
E poich la lussuria passata
,
E quella prima furia sfogata
,
Tra se medesmo del suo error s' adira.
Cosa
9
che non facciamo noi ser cazzi
,
Perch accecati dalla foja ingorda
Veggiamo manco degli animalazzi.
E
come al capo avessimo la corda
,
A tutte V ore andiamo come pazzi
Seguendo il culo d' una potta lorda.
CXXXI I.
Poeti
,
io vi scongiuro per mio amore
,
Che delle notte non diciate male
,
Perocch il merto loro tanto e tale
,
Che merta incensi
,
se non basta onore.
Elle
son
,
che concedono favore
,
Ed elle sono i gradi con le scale
,
Donde a gloriapatri poi si sale
,
Ed un facchino fanno Imperadore.
E
se volete eh' io pi ve ne dica
,
Vi dico al tandem che per loro alzato
Chi la sorte sempr' ebbe per nemica.
Ed
tal uom che gode il buon Papato,
Che
,
s non fosse stata monna fica
,
N Cardinal n Papa saria
stato.
Digitizedby GoOgle
l34
*^
r
jlj ?*4
cxxxiii.
Poeti ,
vi ridicp in conclusione
,
Che le potte non sono
da sprezzare
y
Perch' alle
prove eh' elle
sanno oprare
Non resiste trinciera o bastione*
A petto lor g' bestia
Sansone
,
N la mascella sua sapria che fare
9
Ed
Ercole potrian
scojoneggiare
,
IdestfvLxXo parere da cojone.
Un
voler della fica quel che sforza
,
Anzi il tutto
acconsente a i cenni suoi
f
Ed abbia pur durissima
la scorza.
E quel proverbio non
chiaro a voi
,
Che
un
pel di potta tira con pi
forza
,
Che mille
argate (i) insieme
?
e mille buoi
?
CXXXjy.
Che diavolo volete voi
, mariti
,
Con le vostre mogliere s ritrosi ?
Or phe cosa vi fa tanto gelosi
,
Che delle mosche siete ingelositi ?
Pofiar san cazzo
,
che qosl incazziti
Stiate dal
giorno che
vi
fate sposi
9
E cosi delle corna sospettosi
,
Che sempre
dentro ci tengbiate
i
diti
?
Per
quel che ne vedete alle giornate
,
Dovreste ornai saper
,
beccacci
7
eh'
io
Apro le
porte che spn pi chiavate.
Ite al bordello
,
perch lo vuol Dio
f
Che se le vostre
case a me vietate
,
Possa
anch' io
a
voi vietare
V
orto mio,
(i) Argani.
Digitizedby GoOgle
a Et, p rj n co. i35
CiXXVi
i
Ha
posto ili Uso Ogni asino marito
Nel
menar moglie
,
metterle
1*
anello

Ed la
Cosa a tale
,
che sert?.* elio
Si tiene
il matrimonio schernito.
E
Credonsi
,
che giunti a tal partito

l.
Corna
temer non possano o bordello
>
E che
la fede lor consista in quello
'
m
Posto
alle donne un cerchio d'oro al dito.
Ma
ben. son
matti , e bestie da stalle
)
Irrazionali pi delle formiche
Nel
peso che si mettono alle spalle
Cheper
far che le sian fedeli amiche
Dovrebbono
trattarle da cavalle
>
E
metter lor gli anelli nelle fiche
CXX3tVl.
"
Dir
qualche cacozzo pauroso
,
Priapo
,
guarda ben quel che hi fai
.
Guarda
,
che con le donne pfesa
1*
hai

Onde
ti sar forza star ascoso.
Parla
modesto
,
e non da colleroso
y
Non
dar delle fiancate come dai t
Che
ci facendo certo non yrai
Con
donna
,
chi si sia
,
pace o riposo
|
O
giornezze
,
e ben di quelle antiche
,
Temete
forse eh' io le donne ammali
,
O
per ci me le renda per nmche
?
Questo
non v* pur chiaro pecorazzi
>
Che
nulla cosa fa le donne amiche
9
Se
non
le botte che lor danno i
cai iti ?
Digitizedby GoOgle
l36" ZA P R I A P E A
cxxxy 1 1.
Or ecco autunno
,
Dio ne sia laudato
,
E
g
1
orti miei faranno un bel festone
f
E a' ogni frutto avr munizione.
Ma che ? si parte tosto eh' arrivato.
Onde da' putti sar poi lasciato
,
Come si spoglia al tutto la stagione
,
E gli arboscelli restano in giubbone
,
S
7
eh' io da un cazzo rester piantato.
Pur mi consolo
,
e poco me ne duole
,
Per esser fatto il mondo d' un lavoro
,
Che gira a tondo come il tempo vuole.
La luna or d' argento
,
ed ora d' oro
,
Ed nel cielo : Ma che pi parole
,
Se hanno le potte ancora il tempo loro ?
cxxxyin.
Donne mie care
,
agi' occhi lividetti
Conosco
,
che v giunto il vostro mese
9
E la venuta di messer marchese
y
Vi mette in guazzabuglio i canaletti.
Per bisogna a forza di confetti
E di vernaccia starvi in buone spese
,
Ogn' opra usando acciocch
'1
vostro
arnese
Quanto pi sia possibile
,
si netti.
E se nelP orto mio venute siete
Per coglier erbe
,
e poi per farne
stracci
E cavarvi la voglia che tenete
,
Ruta e serpillo avrete senza impacci
,
L' erba mia non
,
che come voi sapete
La menta mai non entra in sanguinacci.
Digitizedby GoOgle
DI** *4VCQ.
\$J
Vale alle, donne appunto un
mondo d'
ora
Quel lor marchese
,
che se sverginato
Sono da prima
,
e poi son
maritato
La prima notte le
ne fa ristoro;
E poi trovandosi eise
in concistoro
jy innamorati , s
7
hanno
volontate
Che lor siano le chiappe
stuzzicate
,
.Trovano scusa eh' hanno
il tempo loro.
Dunque hanno il torto
,
n io potrJa
scusaci*

Tanto quanto potria con
ragion
vera
La loro ingratitudine
,
accusarle.
Perocch non dovrlano in tal
maniera
Quando il
marchesa degna
visitarle
,
Cangiaci in
vfsta
,
e
fargli
ferula
Pfr^
t
CXI,
Pelate i pettignQrii
a vostra
posta
,
-
.*
Dpnne
,
che tutto
'1
tempo vi
giocate;,
E quanto il pelatojo pi
adoprate
,
Manco
al
radere vostro
si da sosta

Meglio sarebbe il far almanco arfpsja,


Cotesta coticaccia che pelate,
Che cos nettereste
1'
imboscate
9
E la tana fareste pi disposta.
Perch se ci nietteste a lavorare
Pi ferri che non mise il campo
a Tf#j4
Effetto buono non
potrebhon
fare,
E son s fatte queste vostre
cuoja,
Che quanto pi si
veggono
invecchiala
livengono ad avara e peli a fcja,
i8
Digitizedby GoOgle
i38
zjpRtjpsj
CXII.
Donne
,
voi vi scoppiate il corazzone
j
(Per dirlo con parabole spagnuole)
,
Curando tutto 'I giorno a vento e a
Sole
La lana
,
che v' imbosca il
pettignone.
Per la vostra ostinata opinione
V
accade appunto
,
come dir si
suole
,
Che chi all' asino il capo lavar
vuole
y
Ci perde
1'
acqua ,
il tempo
,
col
savone
Se voi stimate farmi de' favori
,
Saper dovete ,
eh' io non ho mostaccio
Che voglia i piatti netti de' signori.
Bocche sbarbate io poco mi procaccio
f
Che gi si sa
,
eh' a i tristi fottitori
I peli della potta fanno impaccio*
C X jL I I.
Io
vi ricordo pure
,
o zappatori
,
Voi che degli orti miei la cura
amate
9
Che alle mal erbe non la perdoniate
y
S che un
germoglio non ne paja
fuori*
Rispetti non si portino n onori
A
lappole ed a logli ove zappate

Ch' forza dar di matte bastonate


A questi stecchi ladri traditori
Bisogna, dico, oprarvi da doveroj
E mettervi da cani a sofferire
Per fargli da bacili di barbiero.
Tal
che le donne n' abbiano gioire
di qua pi s' accendano al misliero

Che
g' orti lor non facciano imboschire
Digitizedby GoOgle
2>SZ FRJNCO. l3<>
CXL I I I.
Or
,
fatti pur i ricci o giovanetto
>
E vagli ungendo pur di belzoino
,
Fregagli , dico ben
,
sera e mattino
Con panno grosso
,
ma che sia caldetto.
"Fa che il barbier ci stanchi il suo ferretto
y
E vatti vagheggiando per cammino
,
Ch' alle bardasse
,
come
1'
Aretino
Aggiunge grazia
1'
essere rizzetto.
Spendici
,
dico
,
P anima e gli spirti
,
Perch ben fai : Ma che dirai per Dio
S* una cosa mirabile vu dirti *
Cosi come d' avergli il tuo disio
Negletti ad arte
,
e innanellati ed irti
f
N pi n manco V have il cazzo mio.
C X L I
V.
Vorrei farmi chietino ad ogni via
Per poter con le suore praticare
,
E vender a mio modo e barattare
Il ruffianesmo dell' ipocrisia.
Ma i Chietini non voglion eh
7
io ci sia
,
Con dir che in terra i' non saprei guardare,
E che*il capo son solito d' alzare
,
N mutar posso la natura mia.
O schiume
,
o merde
,
o stronzi di profeti
,
ghiotti ipocritacci in cremesino,
Mille carate falsi pi che i preti.
O ignorantacci pi che
1'
Aretino
f
Ditemi , s' io mi caccio dietro a Chietij
Ad onta vostra non son io
Chietino ?
Digitizedby GoOgle
l4&
*# F RtJ XJ*
CXLY.
/
O sia tu il ben venuto
,
messer Chieti;
Vieni al giardino mio forse per fave?
Se questo vero
,
n' ho delle pi brave
,
E di quelle che piacciono a voi preti.
Ma se coni* Un de' chierici discrti
A me venuto sei per qualche chiave
Per poterti poi chiudere in conclave,
N' ho da servir pontefici e profeti.
Se vuoi saper qualche novella ascosa
Circa r essere vicario di Cristo
,
Dir te ne posso il parafo e la chiosa*
Per quel che gi milP anni se n' visto
y
In quanto a me la non sar gran cosa
L* essere Papa
,
perche sei gran tristo
CXtYl,
In somma i frati fan le brutte cose
Mentre
alle suore vogliono uccellare
,
Ed occhi pur non hanno da guardare
,
Che a messer Cristo chiavano le spose.
Almeno i preti le fan manco esose
Se soglion caricarla alla comare
,
Per esser cosa da pi praticare,
N che tanto la vietano le chiose.
Ond' io direi , se fossi in ci proposto,
Che guai son tutti , e tutti son malanni
9
Ma r un peccato di pi poco costo
Anzi s' io mi trovassi in questi
affanni,
Posto in elezzion , vorrei pi tosto
Star ben eoa Cripto , che con
oa Giovanni.
Digitizedby GoOgle
b t f jij n vo.
141
(JXLVIl.
Saper TOtrei d chi avete imparato
,
V oi reverende suore ed abbadesse
Questo vostro fregarvi fra voi stesse
,
E che Priapo non ci sia chiamato*
Certo
,
leggendo ve l' avr mostrato
Saffo
,
maestra delle poetesse
,
Come ricetta delle sue brachesse
,
Ad onta di Faone innamorato.
Voi
pensate
,
per Dio farmi dispetto
,
E per Dio vi trovate in grand' errore,
N per ci ve ne porto mal concetto
,
Che ci che fate * tengo a gran favore
,
Perch il vostro cotal prender diletto
,
Tutto martel he avete del mio amore.
CXLYHI.
Suore mie care
,
poich tali e tante
Son le strettezze e V incomoditate
,
Per manco male che v' accomodiate
D' un bel pezzo di vetro per amante.
So
ben io
,
che d' acciaio o di diamante
Vi dria pi sicure 1 imbroccate
,
E per far da dovero a culattate
*
Meglio saria la pertica d' un fante.
Chi non ha albergo
,
posisi in sul verde
,
E chi vuol arrivar
,
non torni indietro
,
Perch' altrimenti ogni cammin disperde.
Non pur Petrarca
,
ma
'1
dirla san Pietro,
Che chi vuol bere , e non ha l'auro , o 'Iperde^
Spenga la sete sua con un bel vetro.
Digitizedby GoOgle
CXLIX.
Son tenuti i poeti , favolosi
,
Per voler dir che in ciel anche si fotte
5
E Giove per goder le buone potte
Si mascherava
in mille modi ascosi.
Ma s' io dicessi a questi scrupolosi
,
Ch' anch' io son Giove
,
mi darian le botte
,
E mi direbbon eh' io caccio carotte
Con le bugie della metamorfosi.
Potta di san Martino
,
io n' ho gran sdegno,
Che son tenuto per un cianciatore
Seppur in mano non gli metto il pegno*
10
di carne son fatto a tutte
1'
ore
,
E per questi orti son fatto di legno
,
E di vetro son fatto per le suore:
C L.
tu
che passi , ed hai le marouelle
,
(1)
Avrai fatica se le vuoi sanare
,
1
Che volendone
Ipocrate parlare
,
Non dice cose che sian buone o belle,
E
gi non
seppe
1'
asinazzo eh' elle
Si soglion co'
miei ferri medicare
,
Per non farle a
migliaja
duplicare
,
E fare a concorrenza con
le stelle.
11
signor Cauos
(2) ,
eh' quel
grand' omazzo
Ch' della sinagoga
1'
auditre
Ti pu ben dire s' io parlo
da pazzo.
Perche
provando eh' io gli fo
favore
,
Si sa
1'
oblilo
grande eh'
ave al cazzo
,
Ed
alla
barba deli' Imperadore.
(1)
Scrofole.
(2)
Fumoso
medico Ebreo nel decimo sesto
Secolo
Digitizedby GoOgle
DSL F RA JT Cm l43
CLI,
Recipe;
dramme sei d
7
orpimento,
Jj'x quel che fa le donne
imbellettare
9
E
per crivello lo farai passare
Tanto sottile , che n* incachi
il vento.
Recipe;
di mercurio dramme
cento,
Di quello che fa i frati lambiccare
y
E
fatto il tutto insieme incorporare
Se ne far la massa d' un
unguento.
E
tate
che sia il composito migliore
,
Recipe; sugo quanto si conviene
D' un pomo arancio eh' abbia
mal sapore*
Con
questo impiastro ti ungerai ben bene; '
Io
parlo a te ser cazzo
Imperadore
,
Se ti danno le piattole
(1)
gran pene.
CLII.
Io
1*.
ho con questi medici castroni
,
Ch' alle mie rene quando son
scaldate,
Mai
non sanno dar cose
appropriate
,
S non , recipe
, seme di
meloni.
Tener
la schiena
fresca
,
ed a bocconi
Dormire
,
e aver d' orina ben
sciacquata
Le mie
faccende
,
tutte V ho
provate
,
Ma le son
tutte fole da
ciarloni.
Miglior
rimedio non ci so trovare
A
mandarne
correndo
quell'
umore
,
Che
chiavar
sempre a rischio
di crepare.
N
credo
eh'
Avicenna abbia il migliore
,
E chi s sciocco che vorr
negare
,

Che col chiavar non passi ogni dolore?

; *
(
1}
Piattola
5
per piattone.
Digitizedby GoOgle
t^4 jm
h/^pi
CIIII.
Guarda se son
brigate maledette
I medici
,
e canaglie rinegate,
Che in ogni male , e in ogni infirmitele
f
Fondano
sopra i culi le
ricette.
E
cbi ben guarda a quelle lor
pandette
t
Forse perch
le pesche eli son grate,
Trover
sempre
,
eh' alle
prime date
Non.
pensano
far altro che
borsette.
Io
mi
credea
,
che in quanto a questa
partft
Sol de' prelati si potesse dire
,
4
E nessun altro
g' incantasse
V arte.
Ma
ora il mondo se ne pu
chiarire;
,
E scriversi per cedole e
per carte
,
Che a santo culo ognuno va a ferire
f
Questo arboscello
dall' India portato
Qi' a i mal de' cazzi avanza tutte 1 arti,
Priapo
,
qui vuol oggi consecrartf
II puttanesmo
,
insieme raunato.
N
vuol eh'
all' orto tuo resti piantato
In
una pur
,
ma in ph). di
mille parti;
, E per sappi
molto ben
guardarti
,
Che per disgrazia non ti sia rubbatp.
E perch non e' annasi pur un cane
,
Tienci le guardie intorno
f
e
dentro
e fuora,
.E
con balestre
,
e con ciarabottane.
Talch ne resti la memoria
ognora
,
N mai pensar si possa afle
puttana
|
Ch' al
legno santo (i)
non
si pensi ancora.
ILU-
.. .
:

:
;

(1)
SalsapaHglig,,
Digitizedby GoOgle
JDSX FRJNCO.
Ufi'
CIY.
Sai che ti dico mia signora Inella?
Statti dall' orto mio sempre lontana,
Ch' io pratiche non amo di puttana
,
N per te suona la mia ciaramella
(1)
Va
pur con qualche frate a starti in cella,
E fatti prioressa o guardiana
,
O torna lavanda)a o ruffiana
,
Ch' a me non piacque mai la pelarella.
Non t contenteriano gli asinari
,
Non solamente g' asini e i camelli
,
Voi puttanacce e vacche da vaccari.
H.adre
,
assassine
,
fino a i nove cieli
,
Che non vi basta il sangue co' denari*
Che ne volete torre e i denti e i peli.
CI. TI.
Priapo , io son un povero ed afflitto
,
Ch*ho ben dieci figliuole a maritare,
sol il mezzo tuo mi
pu
ajutare
In far eh' a tutte si procacci il vitto
Per
,
qualora ti venisse a dritto
,
Ne potrai qualche principe accennare*
E al suo piacer volendole affittare
,
Far eh' ogni mese me ne paghi il
fitto*.
So
che questo partito disdira
Se alcun udisse simili parole
,
E n* uscirebbe la vergogna
mia.
Ma
sai che questa cosa far si suole

E oggi i padri fanno mercanzia
Delia verginit di lor figliuole.
~
(0
Chitarra.
^
*9
Digitizedby GoOgle
146
J&^
PRXJPMJ
CLTII.
Di
grazia
troviate
altro ricetto
,
Che de'
miei orti
f
io parlo a voi, donzelle,
Che
siete
fresche
tresche e verginelle
,
N
conoscete
furia di pazzo.
A
me non
piace di sentir schiamazzo
D'
intorno
al vostro rompere dr pelle
#
Ed ho
per
male in queste, bagattelle
La
prima
volta
insanguinarmi il cazzo.
Questi
son
pasti dalP
imperadore
,
i Che non
vuol
potta , s* ella non ita
(*)
E s*
egli prima
non ne coglie
il fiore.
Gitene a lui
>
eh'
via megUo
spedita
,
Che-
seppur vi vitupera I* onore
,
Di l a tre,
giorni almanco vi marita.
CLvm.
Priapo
,
a i
panni
neri e
vedovali

Conoscer
puoi
eh* io sono vedovella
*
E
bench
pa>a in
visto
santarella
,
'
Si fa
per r
indulgenzie
papali.
Appresso
te non
vaglia aitri
sensali
,
Se non la voce
della
mia fevella.
Solo
al mover
eh* io fo <F una
mascella
^
Mi puoi veder F orina
senz
r
occhiali*
Non
ti paja mirabile n strano
>
.

Se per tener i fatti miei celali


Ne
vengo a te ce?
pater nastri in. mano*
Questi
sono i ruffiani de' peccati
\
E
poi
tu sai
,
che ovunque capitano
L*
ipocrisia
si predica da' frati.
(1)
Vergine.
Digitizedby GoOgle
DEL TRAN CO*
iJty
C 1*1 X.
TJna vecchiaccia eh' tutta canuta
5
vizza e rancia
,
e eh
9
ha degP anni tanti
f
Che
si ricorda beh sett' anni santi
,
E Dio tei dica se sgargaglia e sputa*
Con scusa delia menta e della
ruta
Stanimi nell' orto mio sempre davanti
f
E con sospir pregandomi con pianti
Vorria dal cazzo mio qualche pasciuta.
Ali
9
orecchie pian piano mi s' accosta
,
mostrami di scudi una scarsella
,
Per farmi la panocchia ben disposta,
Si che m' forza
,
eh' io la meni in cella
,
Muffa
,
grinzosa
,
e fracida a sua
posta.
Se avr danari
, mi parr
zittella.
CLX.
Vecchie
,
voi che dei cazzo siete amiche
f
Pi che amici del cui sono i prelati
,
S com' io credo non vi sian grattati
I morsi che vi danno le formiche.
Venite tutte a me
,
eh* alle vessiche
So ben tutti trovare t commeati
,
Sianci pur doble
,
e sianci pur
ducati
,
Che vi torr
le punte dell'
ortiche.
Non mi potranno i visi spaventare
Se fusser lande a punto
, o spade
o
stocchi
f
Che tutti mi
pensassero
ammazzare.
N
per ci rester che non v'
imbocchi
,
Che gi si sa che sempre nel chiavare
E pe*
usanza
che si serran g'
occhi.
Digitizedby GoOgle
-i48 *-*
PRijpjfu
C L XI.
Vecchie
,
poich volete della menta
Ad onta ed al dispetto mio cacato
,
Io di darlavi son deliberato
,
Bench ne sia la voglia mal contenta.
Per non aspettate eh
9
io men penta
Per avermi di tempera trovato
,
Perch dove ora il fo per un
ducato
,
Un' altra volta noi farei per trenta.
E poi
t
queste faccende son da fare
Secondo i gricci
,
e quando caldo
il
chiodo)
proprio sulla foggia del ficcare.
Dio voglia che sia vero quel the n'
odo
}
N sia bugia da farmi rinnegare
,
Che le galline vecchie fan buon
brodo.
CLXII.
Priamo
,
questa maschera che pare
Cosi nel volto angelica e divina
Fatta dalla medaglia di Faustina

Oggi ti son venuto a presentare.


Talch
,
quando t' accade d' affrontare
Qualche robba smerlata da dozzina
>
Ch' abbia la cordovana poco fina
,
La facci su quel fatto
mascherare.
In questa foggia ti sar diviso
,
Che fino all' Aretino barbagianni
Tre doppi sia pi bello di Narciso.
se
vecchia sar di
novant'
anni
,
Qon questa bella
maschera sul viso
Ti parr buona rob|)a sotto
panni.
Digitizedby GoOgle
JD JS L FRANCO. l49
C LXI I I.
Perdesi spesso per un brutto viso
Robba
,
che valer pu mille ducati
,
E questo s' ha dagl uomini acciecati
Per voler sempre gP occhi in paradiso.
Quel ladro del Petrarca , che sia ucciso
y
stato chi 'n cervello n' ba cacciati
I ricci biondi , i nasi profilati
,
I labbri rossi , e le boccuccie a riso.
Considerarne si dovria P effetto
,
Ch' ogni tesoro perch non sia tolto,
S' asconde in luogo che non sia sospetto.
Ma che ne dico pi ? non ben stolto
Chi di parere e mettesi in concetto
,
Che potta o culo si somigli al volto ?
CLXIY.
Tengono sempre i principi alla spalla
I lor paggetti mentre son sbarbati
,
Ma se la barba niente gP ha guastati
Gli mandali dalla camera alla stalla.
I cardinali giocano alla palla
Per altro verso
,
e ne' viaggi usati
Cavalcan non pur muli scozzonati
. Ma se ben fusse od asino o cavalla*
Al corpo di san Pietro
,
quanto a questo*
Mi mostrano d' avere un gran cervello
9
E d* intender la patta col bisesto.
m
Che secondo un proverbio assai bello
,
Per due oncie di peli non onesto
Perderne cento d? ogni buon vitello.
Digitizedby GoOgle
lSo
Lj P RIJ PJSj
CIXV.
M
1
forza
,
a' io crepassi, a non tacere
f
Come quell' Aretino gaelioffazzo
Ha voluto oggi
9
eh' io gli presti il cazzo
Per cacciarselo in bocca a suo piacere*
Ond' io
,
per non restarmi da vedere
Cosa
peggior nel secolo tristazzo
,
Non no curato per restarne pazzo
Contro mia voglia averli dato a bere.
Mai non avrei pensato che a un divino
A quest' ora piacesse
1'
allattare
E il suggere a guisa di bambino.
Dunque
,
che cosa da maravigliare
E di che grdan pi , se ha
1'
Aretino
,
La peggior bocca che
si pu trovare ?
CLXVI,
Se scriverai un A
,
e poi seguendo
,
Un R , un E , un T
,
scrivendo appresso
Un I
,
un N, un O
,
potrai tu stesso
Comprender chiaro quel eh' io dirti intendo*
Frate
,
risponderai
,
non ben comprendo
A che fine un tal nome qui m' hai messo
f
Donde si pu
formar un gran processo
?
E duecent' anni spendersi scrivendo.
Ed io rispondo eh' buon fine stato
,
N son fuor di proposito n pazzo
In averlo per cifra nominato.
Perch non vu eh' intenda ogni asinazzo
Il nome di colui , eh' ha ritrovato
La nuova
salsa di poppare un cazzo.
'Digitizedby GoOgle
Z>JEL FRJKCO. l5x
C LIVI I.
r
lite
corbi
,
augellacci disgraziati
W A danneggiare in qualche cimitero
,
W E non nell' orto mio
,
poich' pur ^ero
I

Che 'n boccali fottete, e con fiati.
I Razza gaglioffa
,
e cani rinnegati
,
f Sporchi inventor di nuovo
fottistero
;
Ben vi conviene
,
che col manto nero
Siate tra g' altri augelli , segnalali.
Tengasi buono Apollo
,
come il sire
De' suoi poeti , e
'1
re del caballino
Per farsi dal suo nunzio servire.
Ohe si potria pi dire a un assassino
,
Aun turco
y
a un moro
,
a un tartaro
,
Che dire, fottuto in bocca comme V
Aretino*
cixvni.
Chi pu negar
,
che quel soave umore
Che
1'
una lingua trae dall' altra
,
quando
Si sta
1'
uomo e la
femmina abracciando,
Non sia gioire
all'
uno e all' altro core ?
E
quello star per lunghe assai dimore
E bocca a bocca , e labbri a labbri urtando,
E altro eh' andar
1'
anime serrando
,
Che di dolcezza non
se n' escan fuore ?
E
quel dolce mormorio ad udire
,
Puossi egli chiamar altro eh' un volere
Della dolcezza insieme conferire ?
Or
9
se
'1
suggere un cazzo sia piacere
Maggiore
,
e vuommi alcuno contradire
)
Dica
m V
Aretino il suo
parere.
Digitizedby GoOgle
x5a
ii p r i a p ej
CLXIX.'
Ho
tanto
(
ahi lasso
)
la mia mente avvezza*
Pensando a quella cosa eh
9
io so fare
7
,
Che ad or ad or pur essere mi pare
Pien di quella ineffabile dolcezza.
Perch
ne sento simiP allegrezza.
Che mi facci tu tutto gongolare
,
Se non
quando intraviemmi nel menare
Quel vago impallidir per una pezza.
E
quando par che V anima si muora
,
E viensi a mieli' estrma gagliardia
,
Che
'1
meglio meglio fa che n' esca fuora
Oh ! che beatitudine saria
,
S' ella durasse almanco un quarto d
9
ora*
*
Ma che ? vien tardo , e subito va via.
C L XX.
Stimasi che sia grande ed infinito
Il piacer, che la donna ha nel chiavare
9
E debba quel degP uomini avanzare
,
Di che rimansi ogni uomo imbalordito.
Pietro Aretino
9
sendo* ermafrodito,
C
Che presta il culo
,
e poi sei fa prestare
9
Questa sentenza non vuol egli dare
,
Come colui che gi
y
moglie e marito.
Credo che
'1
facci apposta il fottutazzo
Lasciarci
questo dubbio irresoluto
,
Per far che
*1
mondo ne rimanga pazzo.
Ne
per altro ha quelP ordine tenuto
,
Che
8'
egli assaggia un culo,assaggia
un
cazzo*
mai non fotte , che non sia fottuto.
Digitizedby GoOgle
JJJfX FRjpca.
\Si
CLXI1,
Il fare a pott in dietro , al mio parere
una delle foggie principali.
Vedesi ci , che tutti gli animali
Ad altra strada non ai san tenera :
Non nego , che mill' altre e pi maniera
Vaghe non siano
,
ed ottime e reali,
Dove con pi beli' agj naturali
Si ponno. le linguine intrattenere*
Pure cui guarda alla comoditate,
Questa eh
7
io dico tutte
1*
altre avanza .
E
di
perfeazione e di bontate.
Che per esserci assai poca distanza
,
Solamente si pu con due pedate
Uscir dell' una, e gire all' altra stanca*
CLXIII.
Voglion
,
che gli bel fotter una zoppa,
Ma la cagione ne vorrei sapere :
*
Chi vuole eh' abbia un buono intrattenere
,
Con dir eh' ha l'arte di giocar di
groppa
}
Chi dice eh' ella corre e che galoppa,
eh' ha mill' altre pratiche maniere,
Onde tutte le stelle Fa vedere,
Nel cavar il bambagio con la stoppa
Chi vuole eh' abbia certe canterelle.,
Ove chi entra una volta , a mille
guai
Trova la porta per uscir
di
quelle.
Vengan quanti filosofi fiir mai
A dir di ci, perch le so novelle,
Che in ogni potta Jwn
da fare assai*
ao
Digitizedby GoOgle
stramazzo
XS4
**
FRIJPZJ
C
LXXIII.
Son
risoluto
torre
dalle
menti
Un
dubbio
,
che fa
molti
dubitare,
Che
quella
cosa
non si possa fare
S , come
dir si suole
,
a i tre
contenti^
Ch'
oggi s
grossolane
son le
genti
,
Che se
il
pan non
si
veggon
imboccare,
Stariano
a
rischio
di non
mai
mangiare,
Anzi
pi
tosto
di
cavarsi i
denti
Stimiamo
,
verbigrazia ,
che stia
Polo
e
Perina o in
piede ,
o su
un
strai
Con
P
Aretino
, eh'
io
dovea
dir
pria,
E
che
volendo
poi
darsi a
sollazzo,
Stia
V
Aretino
in
mezzo ,
e eh'
egli
dia
A
Polo
il
culo
,
ed a
Perina
il
cazzo*
CLXXIV.
Fannosi
tutto
d
mille
chimere
,
Perch
a i
cojoni
sia la via
vietata,
D'
aver
col
cazzo
una
medema
entrata
Tal
, che
m'

forza
dirne
il mio
parere.
E
per
sappia
chi
vorr
sapere
,
Che la
potta
per
essere
ficcata,
Non
fa
buone
di
mille una
cazzata
Per
giunger
sempre
al
cazzo
il suo
dovere.
Ma
il
cazzo
, che sa
ben
le sue
ragioni
S'
avvede
, che
la
potta
traditora
#
Quasi
mai non
gli fa
suoi
conti
buoni.
E
tal
che
i
fatti
non gli
nieghi
ognora,
Ci
trova
spediente
,
che i
cojoni
Ci
stien'per
testimonj
di
fuora.
Digitizedby GoOgle
X) L FRANCO. \SS
CLXXV.
Priapo
,
io son colui che nominare
Pi volte udito hai gi dalle persone,
Bartolommeo da Bergamo
,
co
Jone,
Gran capitan nell' arte militare.
Il qual per venir oggi a visitare
Cotesto luogo con divozione
Qui ti presento una petizione,
Che costa , dove sei , mi facci entrare.
S ti paresse che il dover non sia,
E che ci mi debb' essere vietato
Sol per amor della casata mia.
Fallo
,
tal che per sser io soldato
Si dica
,
che sia stata gagliardia
,
Ch' un de
1
coglioni vi sia pur entrato.
C L XXV I.
Or , che vuol dir , che chi non ha cojoni
,
Schiena non puote avere da impregnare? ,
Questo vorrei possino insegnare
Gli arcidotti Aristoteli e Fiatoni.
Io
pur son il padre santo de' cazzoni,
E ormai non ho pi schiena da menare
,
N perche sempre attenda a studiare
,
Posso trovarne il fondo e le cagioni.
Ma che bisogna entrarmi in questi piati,
S' di necessit eh' io spenda V ore
In altro che in problemati
salati?
E se son cose d' acquistarne onore,
Lasciamo almanco studiarle a i frati,
Perch
avvertir ne possano le
suore*
Digitizedby GoOgle
\S ZJ PRIJPS
C IXXVI I.
Il fottere de
1
passeri stupendo,
E che a niun altro si potria uguagliare
f
Onde P invidia me ne fa crepare^
Mentre per P orto gli veggio ir fottendo.
Tanto, eh' io chiaramente n comprendo
*
Che P uomo in vita sua non pu arrivare
Al terzo di quel loro spessegare (i)
Ancor che noi fottessimo morendo.
Mettomi qualche volta in fantasia
Di sforzar pi che posso la natura
,
Ma alfin sempre mi perdo a mezza
via.
Anzi ci trovo tal manifattura,
Che a far il conto mi bisogneria
,
Ch' ogni cazzata fusse fottitura.
CtXXYII.
Ho tanta invidia a i cani , eh' io ne moro
Per quel buon tempo eh' hanno nel chiavare^
Poich' ad oghpr si possono affrontare
,
E far delle faccende in chiesa e in coro*
E a. noi bisogna farne concistoro
Se
tota-fiata
ci
vogliam sbracare
,
E
in mille maniere ruffianare
,
Ed
oltre il sangue , spender un tesoro
Cosa da farne disperazione
Veder
gP altri incazziti , e noi razzati
D'
invidia
grattarci il pettignone.
E
per
perdoniamo
a preti e a frati
,
Perch'
hanno i
poveretti gran ragione
Di fotter sempre
come
disperati.
(i)Fttrpresto.
Digitizedby G00gle
BEL F KA N CO.
\5f
C1XXIX.
Magro piacer, per animar le rene
Eran di molti antichi, che chiavando
S' andavan negli specchi riguardando
,
.
Sol per vedersi dimenar le schiene.
Perche
poco V ajuto che ne viene
,
Mentre v questa cosa rimirando,
Se da guardar han g' uomini ficcando
9
Guardino solo che si ficchi bene.
Meglio
fa
1'
Aretino i suoi bocconi
,
Che pur che tutti i diti se ne lecchi
,
Non cerca tante contemplazioni.
E
purch? egli abbia assai fini apparecchi, -
Id
est buon culi ed ottimi cazzoni
,
Lascia alle donne seriminali,e specchi*
CIXXL
Credono
molti , eh' io mi dia a mangiare
Quanti tartufi mena
1'
orto mio,
E
che di qui si generi il disio,
Ch' io mai non farei altro che ficcare.
Anzi
di questo ne vorrian giurare
,
Ma tanto in vita lor gli ajuti Dio
,
Tant* abbiano lo spirito
,
quant' io
S
fatti pasti volli mai provare.
L'ostreghe
,
che altri tutto giorno annasa
Per aguzzar la punta del coltello
,
In quanto a me mi pajono una rasa.
Che
giunger non ponno acqua al molinello

E si suol dir, che trista quella casa,


La quale abbia bisogno di puntello.
Digitizedby GoOgle
158
ZA P R I J P * j
C LXX XI.
Fottete tutti adagio o fottitori;
Quando pi state con le tasche piene
,
Che in un tratto sborrandosi le rene
Il meglio meglio non se n' esca fuori.
So ben
,
che danno impaccio i mali umori
y
Ma correr per la posta non sta bene
,
Perche tutte si squassano le rene,
E poi dal dolce vengono i dolori.
Se bestie brave vi staranno sotto,
Della sella uscirete e della barda,
Per le due miglia non facendo V otto.
Anzi se a i veri effetti ben si guarda
,
Manco s' arriva a correre di trotto
,
E per troppo spronar la fuga tarda.
C L XXX I I.
Dicono, eh' alle donne ingravidate,
O che pur stanno sull' ingravidare
,
Di quello eh' esse si vorrian svogliare
Nascon le creature segnalate.
Onde
,
per colorar la ventate
,
O macchia o segnatura che n' appare
y
Ne voghon la cagione consegnare
,
E gole P han per questo nominate.
Io, quanto a me
,
la tengo per bugia,
Perche s quei segnali tanto brutti,
Son di quel che la femmina desia.
Pomi non debbon essere ne frutti,
Ma
per proceder per la vera via
Bisogneria che cazzi fosser tutti
Digitizedby GoOgle
DSL
F R J N CO. l5<)
clxxxiii,
Io mi.
credea,
die nullo s' accostasse
A_1L'
orto niio per
non
vedermi in liasta,
E si
trovasse qualche donna casta,
Che
per vergogna mai non m
1
adocchiasse.
Ma se la
vita tutta mi crepasse
,
Per
vedermi sbragato ognuna tasta
y
E
pigliasi un boccone della pasta
,
Cos
niuna
mai ce ne
passasse.
Perche
ne son venuto in tanto duolo
,
Che
per le fotterie mai pi non spero
Di
guarir questo cazzo mariuolo.
I>i
sorte
che m'aveggio essere vero,
Che
sempre
ha pi faccende un cazzo
solo
)
Che
tutta la gran fabrica di san Piero,
C I* XX X I v.
Io
veggio le mie pene troppo espresse
,
Onde sar costretto provedere
,
Ne
altro conosco quanto al mio parer
Se non eh' io mi proveggia di brachesse
Che
mi difender forse con esse
Da
mosche e da tafani
,
che temere
Mi
fan la morte , e da quest' ora avere
Chi mi
dica per V
anima le messe,
O Dio
,
fino alle mosche
stanno attente
f
E
curano d
1
andare a bocca aperta
Ove
la carne vendere si sente.
Veramente
ogni lode al mondo merta
Chi
dice
,
che le donne solamente
Per
le mosche la portano
coperta.
Digitizedby GoOgle
l6o
ZA PRJAPEji
CL XXXV.
Priano , noi poeti ti sacramo
Queste brache di ferro intorcigliato
,
Che non onesto che tu stia sbracato
Alia foggia d'un Eva e d'un Adamo.
N
solamente noi per ci
'1
facciamo
,
Ma perche tu parendo disarmato
Stai a gran rischio d' essere mangiato,
Tanto che di pazzia ne pare un ramo.
Perocch
oggi le donne son venute
Appresso i cazzi in tanta libertate
Per quella rabbia d' essere fottute,
Ch' ove le brache veggono calate
,
v
O che sian viste , oche non sian vedute
9
Fan poco conto d'esser invitate.
G LXXXV I.
Anzi che
'1
cazzo a morte mi conduca,
E forza provedermi molto bene
,
E mettere mi faccia sulle rene
Piastre di piombo
,
o qualche sanguisuga.
Per che vivo vivo mi manduca
Questa lussuriacela delle schiene,
E per averle a tutte l'ore piene
Vommene in seme come la lattuca.
Sia benedetto il papa col suo gregge,
Che di simile affanno non gli duole
,
Per tal bisogno che gli ponga legge.
Egli , o che sia mal tempo , o che sia Sole,
Puote a beli' agio trar delle corregge,
Bizza a suo modo
, e chiava quando vuole.
Digitizedby GoOgle
DSL PJLJ1TCQ.
lC\
C LXXXVI I.
Povere zucche mie , che crudeltate
Vedendo il busto crescervi ad ognora

'1
capo in mille capi uscirvi fuora
,
E che col seme in ventre vi moriate*
Batteria certo , se voi foste nate
Meco in un ventre
,
poich questo ancora
E quella pena ria che m' addolora
,
Che le semenze mie mi sien vietate.
Tal seme
(
ahi sorte
)
al mondo seminato
9
Donde escon papi e principi ghiottoni
,
Che saria meglio che non fusse stato.
E tal seme non ha le sue stagioni
,
E tal col vostro perdesi serrato,
Donde potriano uscire i frutti buoni.
C L XXXVI II.
O
bella man che mi distringi il core
?
Perche se tu non fossi, i' creperei :
E per te mi soccorro a i casi miei
Col
menarmel talvolta in quelF ardore.
Per te senz' altrimenti far P amore
Ed impegnarmi a vendermi a giudei,
Ottengo ogni
gran donna eh' io vorrei
9
E fo le
corna al becco imperadore.
Per
te, col mal di Francia non mi guasto
9
E per vera merc delle tue prove
Fo quel bel fatto
,
e son tenuto casto.
Anzi
,
quando di me piet ti move
,
Pasco la mente d' un si nobil pasto,
Che ambrosia e nettar non invidio
a Giove.
21
Digitizedby GoOgle
\6% zj jrijpxj
CLXXXIX.
Ebber i cazzi antichi buona sorte
Con tante ninfe quante aveano allora
j
E con tante Amandriadi in malora
Ch' avrian tolta la foja in una coite.
Ora per me le Driadi son morte
,
E le Nape non yi sono ancora,
Talch m' forza se sborrar vo' fora
Che la mia mano stessa mi conforte*
Per tanto non vorrei , che donna alcuna
Me ne tenesse per un cattivazzo
,
Sendo disgrazia della mia fortuna.
Poich s' alcuna volta io n' ho sollazzo,
Facciol perch non ho se non quest'
una
Via ila sfogare il mio angoscioso cazzo*
ex e.
Non vi maravigliate o spettatori
Vedendo i fatti miei tutti bagnati,
Ch
9
io non mei meno come tanno i
frali
Quando voglian purgare i mali umori.
Questo soverchio che vedete fuori
E stato un sogno
9
e perche dichiarati
Vi siano i fatti miei come son stati,
Veljdico appunto come a
1
confessori.
Parea pur dianzi di sognarmi alato
D' una mia ninfa, e star per una pezza
Fra le sue gambe tutto inviticchiato.
Onde s fatta stata la dolcezza,
Tale il trastullo
meco divisato
,
Che
'1
cazzo mio n'
ha pianto d'allegrezza
Digitizedby GoOgle
nsi. FRJNCO.
l63
C X CI.
Donne
,
saper dovete, eh' acqua rosa
Non
,
perche la pinca ho si bagnata

Ne
acqua di fior d' aranci distillata
Per farla parer forse pi odorosa.
S&a
gli stato un licore ed una cosa,
Che non so dirvi come sia chiamata,
Se non dico eh
9
stata una sborrata
Di quella mia materia viscosa.
Direte
torse , che miglior sana
Empirne qualche forno a madrice

Che farla andare cos a mala via.


Questo ben vero
9
ma chi ci mi dice,
Dovria saper che non colpa mia;
Tal frutto nasce di cotal radice.
C XC I I.
Sentono!
gi
s
stanco di parlare
,
Merc del mestier mio becco fottuto
9
Che
'1
palato tutt' arso m* venuto
,
i labbri insieme sentomi attaccare.
Cosa
da farne molti sospettare
,
Vedendomi a tal termine caduto
,
Che per vedermi in carestia d' un sputo
I denti ornai mi converria sputare.
X*odata ne sia sempre santa piva
,
se non basta ancor sant' orinale
,
Che la cagion si vede onde diriva.
Altrimenti diria chi pensa male
,
Che i labbri tengo asciutti di saliva
f
Per
servirmene anch' io da
cardinale*
Digitizedby GoOgle
l64
ZJ PKIJPBM
CX CI II.
Dormite o cani miei tutti sicuri,
Dormite , e Dio voglianne ringraziare
9
Che non bisogna mettervi a bajare
,
Perche pi guardia agli orti si procuri.
Tema non e' pi gi eh
9
alcun mi furi
La menta il giorno come soleano fare
9
N che da i rami vengano a crollare
I frutti
,
o sian acerbi o sian maturi.
Gi
Carlo con la spada e la bilancia
Veglia per tutti, ed ha seco il gentile
Ser papa Paolo con V et sua rancia*
S, che vedremo innanzi mezzo aprile
Per virt loro
(
e questa non ciancia)
Star tutto il mondo becco in un ovile.
c x c i y.
Prapo , se pur picciolo ti pare
dono
9
che i miei versi oggi ti fanno

Non ne bisogna incorrere in affanno


,
Perche scusato chi non pu pi dare.
Tu sai che Bacco degna
J
accettare
Un grappo d' uva per tributo ogn' anno,
venti o trenta spighe che si danno
A Cerere, la ponno contentare.
Chi non
pu aver la polpa
,
pigli l' osso
;
E poni mente eh' io son poverino
,
Che per pi non poter fo quant' i' posso
Tienti all' esempio del divo Aretino
,
Che dove aver non puote il grosso grosso
f
Non per questo rifiuta il piccinino.
Digitizedby GoOgle
DEL FRANCO.
%6S
C X C V.
Cramvobis
,
magnifico messere,
Io
Priapo di sopra prelibato
Compajo lacrimando ed impiagato
Dal
capo al piede , come pu vedere.
Se
la
cagione ne vorrai sapere
,
Pietro Aretino m' have assassinato
Con
quel suo culo tutto infranciosato
,
E
per ti dimando miserere.
Abbi
compassione del mio male
,
Perche m' forza col signor Quintazzo
Girmene a medicare allo spedale.
.Almanco
sia provisto di stramazzo
,
Ch' io non spero guarirne , e per segnale
Mutolo ne rimango e senza cazzo.
FINE.
Digitizedby GoOgle
NICCOL FRANCO,
GIOAN ANTONIO GUIDONE,
IMPRESSORE
JjOLi chiaro che le code piacciono
all'Are-
tino
|
e tanto, che mena smanie per averne
una
9
e
per ci fia con proposito fare un tantino di
codetta
nelF opera , s , che v' abbiano luogo le
quattro epistole che vi mando.
La Priapea , che noi gli abbiamo appiccata al
culo , di ragione gli basterebbe se egli de i boc-
coni cV io vi dico non russe s vago e
ghiotto*
Panni dunque , che scarsit non mostriamo
per
un
altro palmo di coda eh
9
egli ci chiegga.
N
vi cappia nell' animo
,
che il valent* uomo
non
stia forte
nell' appiccatigli, perch s ci venne
fallito a don Gianni nel far cavalla la sua
co-
mare
,
fu colpa del marito , che sgridando
gli
ruppe l' incantesimo per le mani
;
cosa, che
non
entravenir col divino, il quale tanto ci garrir
,
quanto vedr che la coda che gli
appicchiamo
sia piccinina. State sano.
Di Torino, del mese di giugno."
Del M. D.
X L I,
Digitizedby GoOgle
NICCOL FRANCO.
A I
PRENCIPI.
ken ci v i , io v
f
ho parlato in rima, ed ora
vi
parlo in prosa. Che parte abbiate fra tante infa-
mie d' un infame
,
ve lo potrete conoscere
s la
vostra
trascuragginenon fia cos cieca in leggere,
come stata in
donare. Che ci ve ne segua con
ogni ragione, ragionevolmente si pu conoscere,
vedendosi che non altro che la corriva
e vostra
istessa ignoranza , spaventata dalla carogna d'
una lingua insipida ve ne cagione
,
s che i suoi
vituperj mai non si leggeranno , che i vostri pa-
rimente non v' abbiano luogo
,
de
9
quali tanto
pi la chiarezza ne fia palese
,
quanto si vedr
chiaro
,
che timorosi per la coscienza de' vizj
che vi rimordea , abbiate cercato di ricoprirveu
con
V
amicizia del viziosissimo
9
perciocch il
Srencipe
che buono

, e che tiranno non

, non
ee , n pu temere la malignit delle lingue.
Era Pietro Aretino infame
,
n d' altro sollecito
che dell' infamare altrui , e sendo s , non dove-
vate farvi ismovere da' suoi bajari
,
poich il
tutto si saria attribuito non alla colpa de' vostri
vizj , ma a quella del suo difetto. Che gloria sar
a quest' ora de' romani prelati
,
poich la loro
costanza ha pur vinto alfine la sfacciata malignit
Digitizedby GoOgle
l6S LETTERE
del ribaldo
,
s che la lor prodezza lia voluto
del
continuo pi tosto farsi pasto della sua lingua
9
che nutrimento de i suoi vizj. Che trionfo esal-
terl'intemerata bontdel reverendissimoGioan
Matteo Giberto
,
poich egli cerc sradicare la
vergogna
di mezzo agi
1
uomini , e voi fra g'
uo-
mini
tenerla viva. Maravigliasi il mondo se i vizj
'cos
germogliano. Regnino dunque e crescano
f
poich coloro che dovrebbero spegnerli ne vo-
gliono il seme che pi rinascano. Restisi dunque
impunita la sodomia
,
poich la giustizia de
9
pren-
cipi ha voluto che a i d nostri sia ita vestita in
oro , non pure vissuta libera ed esenta nelle sue
voglie. Viva dunque
1'
ignoranza
,
n sia pi
chi spenda
1'
ore nella cognizione delle buone
lettere
,
poich per la liberale sciocchezza de*
prencipi i consumati ingegni sono in tal pregio
,
che non de i pi purgati inchiostri , ma de i pi
disutili si tien conto. Ahi vituperj non pur dell'
Italia
,
ma dell'universo insieme. Se ardore al-
cuno di mostrarvi magnanimi v' infiamma , do-
vevate malgrado dell' avara natura , naturarvici
in opni opportuna occorrenza
,
non solamente
negli affronti' fattivi dal vituperosissimo aggiun-
tatore. Quanti ne sono tra le nostre schiere (per-
che di quelli intendo
)
che per liberali si sono
scoperti con niuna altra apparenza, che
1'
aver
dato
a Pietro ?
Eccovi il generosissimo
Alfonzo Davalo
(
tal
che
conosciate come io l' ho tuttavia escluso
dall'
infame armento di tutti voi). Eccovi , dico

quel
Digitizedby GoOgle
VZ
PCCOLO FRJ2TCO, l6$
vero prencipe , verissimo specchio della libra-
lissima splendidezza
,
nel quale s specchiati
vi
foste , la dapocaggine dell' aver dato ad un solo
f
a quest' ora si scolperebbe dalla virt del saper
dare a tutti. Dona il magnanimo Alfonso a chiun-
que della sua magnanimit fa prova
;
apre le sue
mani il nobile Alfonso a dotti parimente e a vir-
tuosi. Porge
1'
invitto Alfonso a' musici
5
trovano
soccorso nel reale Alfonso i pittori con gli scul-
tori
5
si riparano coli' onorato Alfonso tutti i va-
lorosi guerrieri. Mostra il fedele Alfonso il zelo
della carit sua a' poveri che di piet sian degni
Opra
V
immortale Alfonso ci che possibile
oprarsi da benigno animo
, onde di lui veggiamo
avvenire quel medesimo , che della
previdenza
divina avviene , la quale nel soccorrere alle pian-
te terrene non meno alle sterili che alle fecon-*
de
,
ugualmente comparte le gocciole della ce-
leste sua influenza. N sarebbe il divino Al-
fonso cos chiaro e cotanto splendido, se non imi-
tasse il Sole
,
il quale quei luoghi non illumina:
con
la virt de* suoi raggi
,
che per repugnanza
d' avverso sito non ne vogliono ricevere.
N
sarebbe il gran marchese fuori de' vostri greg-
gi
,
n richiamato nel catalogo degli
eroi
,
se
egli nella guisa d'
ogniuno di voi
,
nell' ozio d*
un principato
,
come nel chiuso
d'
un
porcile
partisse 1
industria de' suoi giorni con le era-
pole
,
con eli stupri , con
1'
estorsioni
s
,
che
non le fatiche della milizia
,
ma le
piume delle
trabacche * non la gloria dell
9
armi
9
ma quella,
23
Digitizedby GoOgle
JQ
ZMTTXRS
<T un
9
ingorda tirannide
,
non i pensieri d' aa*
Sliarsi
1'
onore
,
ma quelli dell
9
imporre a
7
sud-
iti nuovi dazj , fussero i suoi pregi.
Arrossirei dirne pi pel sospetto dell' adular-
gli
,
se il testimonio di quel cbe dico non
fosse
ne' dieci libri della mia voglar istoria in gran
parte tessuta
,
de
4
quali i primi due fra
pochi
giorni si mostreranno sacrati a quel
sacro
Al-
fonso
y
non gi per arricchirci le mie miserie
y
ma per abbellirci le mie fatiche
,
s perche
veg-
ga il suo buon giudizio quel che i buoni e
dotti
ingegni san fare dove appare il merito della
vera
gloria , e l' infamia del giusto biasimo.
Percioo
che i gesti memorabili e i vituperosi fotti
avve*
liuti nell' et mia
, sono i due soggetti dell'
am*
piovolume, ovedi chevaghiornamenti vi
corone*
r il nome
$
1'
effetto vel mostrer,
poich
se non
fusse la larghezza del vostro dare ove
non il
merito, mille chiari spirti sotterrati nel
letame
del disagio non se ne dorrebbero
, n
piangereb-
bero come fanno. N io provocato dall'
arro-
ganza insuperbita del vostro dare
sarei
stato
of-
feso
,
n perci avrei rivolta la penna
a
cose
non
degne
della mia vita
, n
dicevoli alla mia
virt*
Chi sar pi de' pveri virtuosi
(
poich
cosi
vi
piaciuto
)
che degner d' esser da voi
raccolto
vedendo che l' infamia d' un infame debba
aver
latto il
varco alla fama loro ? Diciamo il
tutto.
8 le
dicerie del trist' uomo vi parevano
baleni
e tuoni , onde per ci-v' convenuto di tributar-
gli
,
fate che
ora paragonandosi
vi dia a
vedere,
Digitizedby GoOgle
DI
NICCOL FRJ HCO.
IJ%
che siccome ha saputo mordere malignamente
coloro che gli fuggivano innanzi senza difender-
si
,
cos pur ora sappia con acutezza rintuzzare
gli morsi altrui , e se ci non vi mostrer si come
bastevole non fi a mai
,
qual maschera porrete al
volto della vostra vergogna
,
che non vi vergo-
gniate di voi medesimi , avendo preso terrore d?
un
vii cane
,
il quale abbia sol fiato da latrarne
gli
oltraggi altrui
9
e non denti da vendicarsi
gU oltraggi suoi ? Ma che pi dico di voi a che
1
pi mi riscaldo in vituperarvi ? Bastinvi per orsi
i
vituperj , ve v
9
ha posti colui che voi cotanta
onorate
1
finch io scorto da quella virt che la!
bont
d
9
Iddio a qualche buon fine m
9
ha data
,
avendo prima sotterrati i suoi vizi , abbattuta
1*
invidia de' suoi seguaci , confusa r ignoranza di
Quei
pochi che Y amano , vendicatomi de
9
miei
tisi
amici
,
potr a pi beli
9
agio rivolgermi
a
tutti
voi , s che alla fine vi si facci conoscere
qual sia stato il pi vero di voi flagello.
* * * * *
* * * *
* * *
Digitizedby GoOgle
NICCOL FRANCO.
AL 81 G NO B. E
CHRISTOFERO PICCA.
N^ uanta invidia
saria degl* invidi
,
se le lodi
che voi con tutti i buoni mi date, fussero a quest*
ora cos chiare al mondo , come gli sono le forze
della mia penna. Senza dubbio il cuor suo se ne
scoppierebbe s
9
come il mio tutto giubila nelve-
dermi esser invidiato. Ma che dich'io?
1'
invidia
non pur se ne struggerebbe, ma 6e ne morrebbe
affatto. Ond'io che no a caro che la miavirt sia
sempre sollecita nel tormento degl' invidiosi
, e
che si pasca non del vedergli in un punto morti
y
ma del loro vivere conlunga morte v fuggendo
di trafiggerli col fargli leggere quel che di me si
scriva da questi e da quelli ingegni , che delle
mie lodi son teneri
;
e per questo m' paruto di
non interporre nel mio volume i quattro sonetti
uscitivi della benignit del vostro sapere per glo-
rificarmi il nome , stimando meglio riserbargli
per quando sar eh' io avr agli iniqui tolto af-
fato quel poco di fiato che respirano. Onde pi
convenevole sar che le lodi , i canti, e i giubili
de' dotti ingegni
s' odano nel fine de* miei trion-
fi
j
e non pur ora, dove , bench io sia certo della
vittoria
,
appena
(
posso dire
)
aver posto mano
alle armi
?
allora s che si potranno dare a leg-
Digitizedby GoOgle
DI NICCOL FRJNCO.
173
acre al -mondo le vostre rime
,
le quali mai non
leggo che non. torni a rileggerle. Bello stato il
sonetto che fate a' lettori , e veramente si pu
egli
dire quellavaga delicatezza , che solamente a
guardarla in una cena mal' ordinata
,
invita i sa-
tolli
non pur a voler assaggiarla, ma a trangugiar-
la.
Bello non manco il secondo fatto alle belle
donne , e tale , che solamente il pensarci mi scan-
cella del volto il rossore stampatoci dallo sde-
gno della mia penna. E veramente leggendosi
avrebbe fatto il medesimo effetto che far tosto
il
dialogo della bellezza, dove per reintegrarmi
nella
vostra grazia dar a vedere non pure alle
vostre
di Casale , ma a quelle dell'Italia, come io
so
dar conto non men delle belle donne che sa-
pr darne de' pi infami e famosi uomini cbe vi
siano.
E bench paja ci poco scudo
a
difender-
mi nella lascivia degli scritti
,
sapendosi che di
tutti i poeti s la carta lasciva , la vita buona
,
non m' affatico a dirne altro , bastandomi questo
con esso loro
>
si come mi basterebbe appi
dotti dir solamente che il buon Virgilio nella sua
giovinezza fece pure il medesimo eh' io nella
mia ho fatto , ove i
suoi vocaboli non meno era-
no nell' et sua chiari e da tutti usati , che sono
nella mia quelli di che m' convenuto servirmi
per non torre al soggetto i decori suoi , abbench
assai pi colori per iscolparmi
si veggano nel
*
rimanente de' quattro sonetti che voi mi fate
,
cos in quello dove si loda l' opra, come
nell' al-
tro che indrizzate ame, ove pare che
ecceda tutti
Digitizedby GoOgle
tj4
ZSTTBKS
i
miei ineriti ,
1'
udirvi dire* che il vizio debba
restar oppresso dalla mia penna
,
peroccb es-
sendo io nato^nel pi vizioso secolo che mai ftis-*-
se, troppo gran gloria ne otterrei, e per 1
?
aver-
lo voi detto
,
mi si da a credere che pi tosto
,
intravenga perche m'amiate, che perche io me-
riti s fatta lode. E per se pi adagiatamele ve-
deste quel eh
7
io mi scrivo , vi parrei senza dub-
bio assai manco di quel che pajo. La novit del-
le ciancie delle quali i miei orti son sempre fer-
tili
,
e quella alle volte che col consonare alle
orecchie , i lettori non pare che leggano
,
ma
pi tosto odano co i loro occhi
5
onde sodisfa-
cendosi al senso , che poco giudica nella fretta
f
tion si sodisfa all' occhio che vede pi
;
e per
non merito lode alcuna , e massime in un* opera
f
dove a pena mi ricordo aver respirato in scrivere
pi di due volte. Farmi solamente di non meri-
tare eh* io sia biasimato
,
poich traile tempeste
delle fortune mostro di fare assai , se tutti quasi
i miei parti si concepiscano nelle miserie
,
e si
partoriscano nel disagio. Gran cosa a dire che ci
che mai scrissi , dove ebbe il principio non ebbe
il fine. Scrivono gli altri nella quiete , negli agi,
e ne' piaceri , ed io ne' travagli ne* disagi , e ne*
mali.
Non tengo per mia nimica la tristizia degli
- Aretini
,
perche gli scherni eh' io
ne mostro ne
fanno fede. Ho la
fortuna per mia nimica
,
ed
avendola,io
stesso
stupisco come sia
possibile che
schermendomi da tanti suoi colpi abbia pur tem-
po di tor la penna. Ecco i dieci libri uella mia
-
Digitizedby GoOgle
DI NICCOL FRJNCO.
%j5
volgare istoria, orditi gi
,
ma non posti in tra-
madai due primi in fuori , a i quali averei appli-
cato ogni studio
,
se la troppa diligenza che ha
la mia disgrazia del danneggiarmi non vi si fossa
interposta.
Ecco le rime d* amore tralasciate nel pi cal-
do fervore del desiderio. Ecco V opere latine , le
quali a quest' ora si leggerebbono se m' avan-
zasse pur temjx) da parlarne con gP impressori
,
e per fo oltre il possibile del poter mio , se
qualche cosa io fu , n per altro debbo esser pos-
to
in voce da' virtuosi s , come insieme con voi
par che mi pongano , messer Lodovico Dome-
nichi
,
Piacentino
,
e messer Francesco Reues-
la , Novarese , con le lettere che di Padova e di
Pavia m' hanno scritte
,
piace la lode a ciascu-
no
)
ma molto pi a chi per qualche via sia divi-
so di meritarla. Egli chiaro che tutte le musi-
che non vagliono un cece a petto a quella che
sente
1'
uomo quando si smusica delle sue lodi.
Io penso che le serpi s' incantino col bisbiglio
di qualche lode
f
e che la vera arte di san Pao^
lo eh' hanno i ciurmatori , sia quella , mentre a
1
loro
bussoli , ed a' loro cartocci danno cotante
lodi
, che diventano predicatori d' un popolo.
La
lode porta gusto fino agli stomacati , e mi do
ad intendere che i sordi ancora non ci son sordi.
Drittamente si pu ella assomigliare al mal pas-
so d'
una scala
,
dove chi saglia o
scenda
(
per
avvedutamente che
'1
faccia
)
sia costretto
,
che
sminuzzandogli il piede ci dia gi. Maqua! lod*
Digitizedby GoOgle
E
I76
ZJSTTBRE
potr piacere non piacendo quella eh' esce delle
bocche come la vostra ? Volete che insuperbis-
ca
>
perche l'Aretino mi chiami dottissimo nello
sue lettere
,
il quale non sapendo in che sia dif-
ferente la lode dal vituperio
,
allora vitupera le
renti quando le loda, ad allora F esalta quando
e
biasima ? Gli onori vengano da i par vostri
y
che
non ponno tenere il banco , e non da i Pietro
d'Arezzo che n' han tanta carestia , che se ne
xnoion di fame. I pari suoi
,
sebben fossero pi
che le stlle , vorrei pi tosto mi biasimassino
che altrimenti
,
perch se mi lodassino non mi
uscirebbe in quella gloria che farebbe biasiman-
domi
,
la dove nella lode tacerei per non ringra-
ziarlo
,
ma nel biasimo per Poccasion del ris-
pondere gli sotterrerei come io so fare.
s come la lode dee venire da persona loda-
ta
,
cos ancora dee, esser tale che di gran lunga
avanzi i meriti del lodato , non meno che ha fatto
la signora vostra nelle sue rime
, e nongi perch'
io non ne sia indegno
>
ma per mostrarmi com* el-
la sa, che via meglio V essere gravemente vitu-
perato
,
che freddamente commendato
5
perch
colui che vitupera
,
quanto pi acerbamente il
fa
,
tanto pi gli riputato per suo nimico
,
on-
de avviene alle volte
(
se gli biasmi eccedono il
vero
)
che per ci non gli sia creduto quel che
ne dice.
Ma colui che
zoppicando
corre a lodare
,
o
non riputato amico vero
, o da ad intendere che
non ritrova virt onde il
merito di colui meriti
4
Digitizedby GoOgle
DI 2TIC0L TAJNCO;
Ijf
la sua lode. Il che certo non dovrei dire
,
per
non
pi palesare V indegnit delle mie
lodi
f
delle quali tanto pi pajo indegno
,
quanto
co-
noscerete che non ve ne so rendere il contrac-
cambio
,
per lo che mi giudicherete , o falso nell*
amicifcia o ignorante
,
come che non mi
occorra
cosa da celebrarvi
,
poich le vostre lodi eh' io
debbo rendervi parranno tanto piccole nella mia
carta
,
quanto nella vostra son
parate grandi le
mie. Onde non voglio pi dubitare
che il tutto
sia stata un' arte per scoprire il
vostro sapere e
la mia ignoranza
,
perche venendo
meco alla.
prora.
,
mi facciate conoscere che le vene del
ostro dire son tali che dove non campo di lode-
ne sappian trovare ,
e che io dove ne sono i mari
non ne sappia scorgere per mio diletto. Pure
9
diciamo il tutto, dove non quella
lode che deve*
ssere (si come accade in me) vi stato cos fa-
die e possibile a darmene con le parole
,
quanto
a
me sana difficile ed impossibile darne a Voi,
nel quale per essere ogni pregio d' onore , mi
bisognerebbe per lodarvi come conviene
,
pigliar
pure da voi le lodi per darle a voi. Talch per
non essere onesto , eh* io per lodarvi vi
toglia il
merito la dove ve ne dovrei aggiungere.
Alla signoria vostra
,
piacer
pigliare
sola-'
Alente il buon animo della mia
lettera
s com
f
io i belli
e lodati affetti ho presi di
quel che voi
mi scrivete e eh' io meco
nserber per un am-
pio privilegio d* onore
,
perche nella piccola
orecnt del mio nome , debba restare per auten*
a3
Digitizedby GoOgle
l?&
Z3STT JSRX
tca fede dell' essere io stato quel eh' io noi
ono.
Di Torino , di giugno del i54k
sono.
NICCOLO FRANCO
AL SIGNOR
GIROLAMO MORO,
TESORIERE IN MONFERRATO
\j e b b o alla malignit de' nemici , ed alla
tristizia
degli amici restare anzi che non obbli-
gato.
Perche se le lor congiure non intraveni-
vano negli oltraggie ne i danni miei
,
starei
tut-
tavia dove pareva eh' io potea esser preda delle
mani loro , n perci mi saria stato lecito di far
V acquisto eh' no fatto. Ecco prima per questo
,
i maligni nemici sotterrati d' eterna infamia , ed
a i tristi data acre percossa dell' error loro, poi-
ch fo lor conoscere che
in vece de i dieci tristi,
me ne ho procacciati i duecento buoni , s che
, la sorte non m' ha peggiorato un punto come
avrebbono voluto,.poich talifurono i loro por-
tamenti con me
?
che ogni necessit mi deside-
ravano ed ogni male
,
pereh' io avessi ricorso
agli ajuti loro.
Conoscevano i ghiotti l' intrinseco
dell'
esser
mio , e sapevano eh' io non so aver faccia
nel
mendicare , e
sapendolo avean per fermo d' aver
Digitizedby GOgk
DI K1C0 LO FAJKCO.
Ijty
colto un augello in gabbia, che non d' altro
cibo
dovesse pascersi che del loro
,
onde quanto
pi
sto
,
manco posso rappacificarmene con la Sor-
gila, pensando che con tante fatiche mi sia pos-
to in croce per quelli, che nel vedermi oppresso
n' ebber piacere
,
e ferono lor forze perch' io
lussi; ce Vergogne degl' uomini.
Ma lodo per la Dio grazia
quel gran disdetto
che ho pur loro mostrato alla
fine
,
eh' io sono
il Franco dovunque vo , e spero esser quello
,
che se
'1
mio avviso non m' inganna, far si
che
pentitisi dell' error loro se ne righeranno il viso
con
1'
unghie. Se avessino se medesimi conos-
ciuti
,
e visto che son pi degni d' esser coman-
dati che comandare
,
non
averiano cercato con
tanti spietati affetti voler porre il giogo alla mia
libert , tanto schiva del farsi incarcerare ne i
cenni altrui. Nacqui b'beroe ci morr
,
faccisi
servo della taccagneria
pretesca chi sa con des-
trezza tener le mani nelle sodomie
,
e ne
9
ruf-
fianesimi , eh
9
io naturai nimico del vizio mi ci
'
vedrei mal veduto.
Corra a corte chi con le chiavi dell' adulare
sa aprire l'orecchie del divo, eh' io che mi pas-
co
del lacerare
1'
adulazione mi ci morrei
di
fame. Vadaci chi ha la malia del sottentrarci
9
s
che dal maggiordomo sia posto in tavola , e
dal cameriero raccolto in camera , e stiavisi poi
se avr occhi da guardarci gli adulteri
,
le ca-
lunnie
,
con le invidie
,
eh' io non avendoci sto-
maco sarei
costretto di vomitarci
7
di che poca
Digitizedby GoOgle
|8*
ZJBTT2&*
guadagno facendo a gran rischio mi
mettere?*
Vaimi pi V aver conosciuta il mio^ignof
Moro
,
e con esso lui la nobil presenza del signor
Flaminio
,
e la piacevolezza del signor cavalie*
^Ticinese , che non mi varrebbe la ricchezza che
i pu con infamia ritrarre dalla servit corti*
giana*
. Emmi pi gloria aver visto in Casale il signor
Orlando dallaValle, e il signor Francesco oco
zia , lumi di cotesto senato , che non mi sarebbe
tata se avessi visto il papa
in
pontificale. Ho pi
a caro d' averci conosciuta la dottrina e la bont
-
del signor Gioan Jacopo dal fero
*
e del signor
Lodovico dalla Torre
,
e averci guadagnata 1?
amist
del signor Gioan Guglielmo da Valper*
go
,
del signor Annibale da Lazzarone , del si*
nor Gioan Luigi Bazzano, e del signor Gioan
'rancesco Cardellone
v
che non avrei se d'altrefc
tanti chierici V avessi procacciata altrove*
Dove mi sarebbe a auest' ora amica
la rive*
jrenza del signor Pioto s Ecco che me ne glorio*
perch sendo egli Un archivo di Roma, anzi il
supplemnto delle sue croniche con V avergli
parlato arricchir le mie istorie , ove non tacer
il gran miracolo della sua bont Novarese
i
poi-
ch invecchiata fra le corti
,
vi si sia mantenuta
cotanto buona. Che pi ? Giovami pi
1'
aver
visto il Fossa
piagnere sulla riva del Po per la
leggiadrie d' una ninfa
9
che non m' avrebbe gio-
vato se egli avesse visto me ridere sulla sponde
del Tevere pel cantar di
Pasquino, e mi risulta
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DI NICCOL FRANCO. l8l
In pigloria, che V Albano servitore d' un car-
dinal Farnese mi tenga nel cuore
,
che non mi
risulterebbe se tutti i Provenzani mi fusser schia-
vi. Fammi pi pr V aver assaggiata la gentilez-
za di messer Francesco Trapparello
,
e del re-
verendo Pier Francesco Cocastello
,
gloria af
preti , non che de' piovani , che non mi avrebbe
fatto a tutto pasto la miseria de i tinelluzz. Non
vorrei non aver goduto messer Bessario de' Mal-
vezzi per le mitre di mille vescovi
,
perch il
torto della sua gamba ha pi del dritto che non
ne veggiamo negli andamenti preteschi. S( miai
dunque doluto indegnamente della fortuna , eie
He chieggo perdono col darmene grave colpa.
E
se noi facessi
>
torrei le debite lodi a tutti coloro,
che
con la signoria vostra pare che onorino i
grandi della vera e schietta amicizia. Onde per
non usar villania alla gentilezza della fortuna
,
ho voluto darvene un segno per una lettera
,
la
quale ad altro fine non vi si scrive. E vi bacio le
mani.
Di Torino del mese di giugno del i5^i .
* * * *
* * *
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NICCOL FRANCO
A M E S S E R
FRANCESCO ALUNNO, DA FERRARA.
Xerc he si vegga, come ci che ho fatto ben
fatto , il vostro testimonio mi giover e baste-
rammi , sendo di voi chiara non meno la bont
,
che notissima la virt. Voi mi vedeste assassi-
nato. Non dico dagli amici beffato e abbando-
nato
,
perch le cortesie che voi solo mi usaste
ve lo rammenteranno in fin eh' io sia vivo. Voi
foste quello che veniste a me molte volte a far-
mi intendere a nome del ribaldaccio
,
eh
9
egli
non pur non era mal contento del caso avvenu-
to
,
ma come uomo non colpevole sarebbe ve-
nuto a visitarmi
,
e sapete eh' io vi risposi che
delle sue visite e delle sue offerte non mi curava.
E ben vero eh' io non sapendo mettermi al niego/
di ci che mi dimandate
,
vi permessi di non
prevalervene con la penna
>
solo che s' avesse
tolto di casa quel boja suo beccarello
,
ed in
questo si rest F intercessione che di sua parte
feste appo me. Sapete eh' egli facendo pi conto
d' un suo
marito che dell' onore d' un mio pari
,
non
pur non volse
dargli licenza
,
ma gli diede
ogni ajuto ne' tribunati
, e fello passeggiare di-
nanzi alla casa mia mentreio era in letto , e com-
port che per i suoi medesimi
,
presente il Ric-
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DJ NICCOL FRANCO. l83
chi, mi mandasse le polizze. Sapete come dipoi
vedutomi oltraggiato da' suoi , compose non so
che sonetti ridendosi del mio uscire di casa. E
sapete ultimamente, come non parendomi essere
il tempo allora
,
diedi alquanto sosta alle mie
vendette , aspettando solamente che le promesse
fatte al sudore della mia virt Rissino state rico-
nosciute da i falsi amici. In somma fu vinta la
mia speranza dagli spietati disegni loro
,
e fum-
mi forza che al mio viaggio per Francia si desse
esecuzione con pi tostana fretta eh' io non pen-
sava.
Giunto qui
,
non
mi parve lasciar V Italia sen-
za farle conoscere non dico tutto quello , ma solo
una particella di quello eh' io so fare contro
1*
ignoranza de' tristi. Ecco dunque messer Fran-
cesco
eh' io son pur vivo
,
dove altri avea dise-
gnato ch'io fussi morto. Ecco ch'io ho pur fiato
da
respirare
,
onde campato di tante avversit
con lo scudo de' miei inchiostri
v
e con
1'
armi
d'
un giusto sdegno , insegner a i tristi , come
via meglio sana stato che avessino tenuta chiusa
1'
invidia dentro i loro animi , ed ivi suffocatala
con ogni dglia , che averla scoperta nel provo-
carmi. Ecco che la sua nequizia riuscita sola-
mente in ignominia di lui tristo.
E si come
piac-
que a Cristo che la gagliofFerie della vita sua
due volte in Roma non furono terminate dal
giusto ferro per ridurlo al fuoco o alla forca
,
come castigo pi dicevole alle sue
scelleraggini
y
cos pur dianzi gli piacque eh' io rimanessi in
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l84
LETTERE
vita
,
perche vivendo mi si dia tempo da flagel-
lare i suoi vizj
,
sapendo il sommo fattore che
V armi mie sole aguzzatemi dalla natura terror
del vizio
,
sono bastevoli a conculcare i suoi. E
per tanto parrai d' aver ottenuto a grazia dalla
sorte che la signoria vostra rest fuori di quello
eh
9
io promesso le avea
,
e che mi furono data
tante duplicate cagioni d' esserne uscito , ancora
che la ragione non avrebbe voluto , ch'io , a qua-
lunque uomo che sia , non che a voi , al quale'
aon debitore d' ogni riverente atto per rispetto
delle sue cortesie
,
avessi fato dono di queir oc-
casione che giustamente cercava
,
e che
(
dir
cos
)
Dio m' avea posta innanzi da tor vendetta
<T un si tristo uomo con V onor del mio nome
,
col contento di mille buoni.
E m' era assai a doverlo fare , se ben egli non
,
isse stato n argomento dell' assassino
,
n sti-
molo dell' assassinato , ma solamente perche co-
lui era de
9
suoi
,
perocch il gaglioffo la volse
coli' arcivescovo di Cipro , mentre avea gara col
Fortunio e col vescovo di Verona per rispetto
d* Achille. N io con altri che con esso lui do*
vea prenderla
9
che
1'
osservare il grado della
riputazione tanto pi sta bene a me
,
quanto
egli
offende i buoni , ed io i tristi suoi pari. Bench
egli mostrando di volerla con i protettori de' suoi
avversari non
tanto il fa per scoprirsi nella gran-
dezza
,
quanto per
coprirsi nelr ignoranza
,
sa-
pendo che ne i vescovi
ne gli arcivescovi , ne i
yrencipi gli sapriano
rispondere eoa
U
rune
9
con
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pi NICCOL FRJKCO. l85
le pugnalate si bene. E si sa che V
ignorantaccio
non ebbe mai ardire di rispondere
,
non che di
provocare colro che con ingegno e non con
ma-
lignit sanno scrivere
,
ed il maggior ardimento
che mai mostrasse fu l'aver fatto il
motteggevole
con i Pr Biagi. N mi negher che al Berni
f
al Mauro
,
e al Sanga
,
che con mille morsi
il
lacerorono mentre fur vivi
,
egli non
rispose
giammai
,
e volendone dir male
,
ne disse
pi
che fiir morti. Voletela meglio ? sapete
come
fatti che m* ebbe i sonetti contro , dubitando
eh*
io non gli rispondessi
,
mi mand
minacciando
per voi medemo. Perche se pur colui
che si
tiene
,
dovrebbe
pigliarla con coloro
che
glie ne
lan cagione
,
e volendo far conoscere
che
.sa dir
<T
ognuno
,
darci a vedere che sappia
rispondere
pur a tutti. Anzi ha preso in costume di
minac-
ciare gli stampatori
, udendo che stampino
qual-
cosa contro di lui
, e pose i mezzani
appresso
il
Giolito mentre si stampavano i miei
dialoghi
,
per la fema
che di lui vi si fusse scritto.
Ma
non
fuor di giudizio
1'
ignorante
,
conoscendo
che
questa la via da fare che i da poco gran
maes-
tri
il tengano per un Dio
, e vedendolo
in
maest
1'
adorino
,
e conoscendo eh' egli
morda
tutti
f
e
nissun cane gli fiuti addosso
,
il
riveriscano
con i buoni
,
e sendo cos
,
la ragion
vuole
eh*
io non solamente la voglia con lui
y
come
guida
de' tristi da' quali sono stato offeso , ma mi ri-
volga a quei vituperosi
prencipi , che sono stati e
faranno il sostentacolo
delle sue infamie
,
cho
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l86
t ET T IL &
se non aggradissino la tomacaggine de* suol
scritti , si morrebbe .di fame
,
la dove s per 1
ignoranza , s per i vizj , non gli sarebbe dato un
ridotto negli spedali. N mi pu egli opporre
con onor suo che ingrato gli sia
,
perche se io
accetto a lui, che m' abbia talvolta dato del pane
suo
,
egli non pu negare a me
,
che con le fa*
tiche mie usate nelle sue cose
,
non gli abbia
venduto a sette doppi la cortesia
;
sapendosi che
in quel tempo che io ed altri virtuosi usavamo
nella sua casa, ascese al luopo s riguardevole,
donde si vide sotto i piedi la sciocchezza de
prencipi , e perduta
1'
amist de' dotti , ne venne
giuso.
E chi non sa che se i miei pari non fiissero
9
egli da se non varrebbe a tradursi nel volgare le
leggende de' santi padri che tutto giorno va fio-
reggiando ? Ma che dir l' ingrato uomo ? Po~
trammi mai egli ricompensare con mille vite il
buono ufficio eh' io per lui feci nella querela che
gli fu data per la bestemmia ? Non egli noto in
Venezia ? Dove s' avrebbe potuto scoprire il mio
l>uon
animo con meglio prova , s mentre io era
fuori delle sue pratiche
,
gli usai la buon opra
eh' io non dovea? Ma cos va^ Niun altro testi-
monio non reco del suo tristo animo,se non quest*
tino, e perci sia indizio del mio buon giudizio
s' io sempre con voi contesi
,
che il livore del
suo
petto saria stato il fonte de' miei oltraggi
,
e.
che le offerte che a suo nome recavate
,
erano
melate finzioni per asconderei'
animo micidiale^
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DI
NICCOL FRJNCO.
187
per iscolparsi appo la credenza degli uomini , e
per tormi di man la penna
,
vedendomi fuori di
quella morte che i suoi ordita m* avevano. E che
tasse il vero
,
vedeste che non avendo potuto
oprare accordo con esso meco n con denari n
con offerte
,
pens col fare i sonetti colorarsi la
sua vergogna
,
ma egli P ha pi palesata il po-
veraccio
9
vedendosi che per i cinque io gli so
rendere i cinquecento , a i quali non avr si tosto
risposto , che m' udir con altre voci che non
son queste , e tali , che per l' innanzi i cani impa-
reranno di non bajarmi, i maligni cesseranno di
stimolarmi
,
gP ignoranti resteran puniti da co-
loro che sanno, i buoni conosciutomi nimico de
1
tristi m'osserveranno, i prencipi ravvedutisi dell'
error loro premieranno
i
dotti
,
e non da altro
che dal mio inchiostro rimarr vendicato il mio
sangue.
*
Alia signoria vostra mi raccomando.
Di Torino del mese di Giugno del \5^u
FINE.
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