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J.'i^r.x.-^vi
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JL
VENDEMMIATORE,
poemetto in. ottava rima
di
LUIGI TANSILLO*
t
e
la PRIAPEA,
sonetti lussuriosi-satirici
di
NICCOL FRANCO.:
********
*******
******
v ^F
*
^p ^h
* * * *
* * *
A PE-KING,
regnante Kien-long,
nel XVIII. secolo.
Digitizedby GoOgle
Digitizedby GoOgle
1/ EDITORE
A CHI LGGE.
Dopo
'
edizehe latta pochi aufti
sene del litro delrch , unito alia
puttana errante di Pietro Aretino
,
noti sar
foiose
disaggradevole agli
amatori della lingua e della poesia
italiaii la ristampa delle due segunti
operette
,
che tono: 11 Vendemmia-
tore
,
poema in ottava rima di Lumi
fansilio
,
e la Prapea , sonetti sati-
rico
-
lussuriosi di Niccol frranco
9
contro Pietro Aretino,
Il Vendemmiatole fu reiteratamen-
te stampato in varie citt , manon tro-
vasene alcuna edizione bella e corret-
ta. Questo poemetto ha avuto ed ha
tuttora un generale applauso
,
attesa-
che in
esso
,
con licenzioso stile e con.
leggiadria, V autore ci ha conservata
la nozione di quell* uso ci f>raticavasi
a Nola sua patria nel teilpo
delle veri-
Digitizedby G00gle
'fa
t' SX>2 TORE
demmie , come leggesi nelP
operette*
rara e curiosa , intitolata de Nolapa~
tra
,
opusculutn
,
di Ambrogio Leon
,
medico di professione
,
stampata
et
Venezia daGio : de Rossi Tanno i5i4
in folio con figure
,
al capitolo
XIV.
del terzo libbro, pagina 5o*
Al tempo delle vendemmie
,
gli abi-
tanti di Nola usavano
,
o per meglio
dire abusavano di ci che Orazio chia-
ma libertas decembris
j
arrogandosi
la libert di dire a' gran signori , ed
die donne qualificate che incontra-
vano
,
tutte le invettive e le villanie
%
di cui la plebe mal* educata capa-
ce, particolarmente quando eccitata
dalP ubriachezza , e ci ha dato occa-
sione al Tansillo di comporre il suo
grazioissimo poemetto.
La Primea , contiene H)5. sonetti
satirico-lussuriosi del celebre Niccol
Franco, e P esistenza di questa raccol-
ta
,
in cui ammirasi il vero estro poe-
tico, appena conosciuta da alcuni
pochi bibliografi
>
ma questi ne hanno
Digitizedby G00gle
J
:
C Jff 1 LVG 9
forse parlato senza averne veduta al-
cuna edizione
j
poich la sola che se
ne trova alle altre rime dello stesso
autore congiunta, fu fatta da Gio :
Ant : Guidone neir anno i54i-
in pic-
colo formato in
ottavo
,
in carattere
corsivo
%
e senza indicazione di luogo.
Il medesimo Guidone , stamp
1'
anno
susseguente il dialogo delle bellezze
dello stesso Franco in Casale di Mon-
ferrato
,
onde mi sembra poter da ci
inferire
,
che anche la Priapea fosse
stampata in detta citt. Si citano due
.altre edizioni della Priapea unita alle
rime del Franco
,
1'
una del \5^6
,
e
1'
altra del i548
,
aggiungendosi che
r una contiene zi5 pagini
().
Ma checch sia di queste due edi-
zioni
(
di cui stento a credere che at-
tualmente esistino)F opera in se cosi
rara
, che malgrado le pi esatte ri-
(
i
)
Vedasi quanto ne dice Apostolo Xeno
nelle sue annotazioni alla biblioteca dell' elo-
quenza italiana del Fonlanini , tomo primo
,
pa-
gina 2
18|
colonna seconda.
Digitizedby GoOgle
cerche fattene
*
nli ei trova che ile
facciano alcuna menzione
>
n il ca-
tlogo Capponi, n quelli di Smith,
di Jackson , di Floncel , del c&ntef dx
Firmian
,
del duca delift Valliet , di
Pinelli , del Oerenna
,
n Veruno de
\ cataloghi delle pubbliche Vendite di
libbri fattesi in Parigi nel corrente se-
colo
}
come pure non trovasene alcuna
edizione nella biblioteca del Re di
Francia, n in quella del conte d* Ar-
tesia
(1).
La ristampa dunque d* uti libro
si
raro deve interessare gli amatori
>
es-
ecri do questa copiata e corretta sull*
originale del i54i. che fu comprato l
f
anno
1789
alla vendita de' libbri di
a
-
. ' :
.
' "
'""i
i
s
-
,
(
1
)
I sudetti cataloghi sono molto copimi
,
le due sudette biblioteche sono assolutamente
delie pi abbondanti e delle meglio fornite in
ogni genere
,
onde non trovandosi n negli uni
n
nelle altre le sudette due edizioni , sempre
j
mi confermo nella mia incredulit sulla loro
attuale esistenza
,
e tutto al pi posso Credere
the il rigore dell
9
inquisizione ne abbia fatto
supprimere ogni e qualunque Copia.
Digitizedby GoOgle
4 C?l
LfGQ*. yi)
M
r
- 4*
Hanjgard,come pu vedersi
nel
di lui catalogo al n. \Zi\.
Questa
lq. medesima copia
che apartenne *
Sjmdrai
e
dopo
&
Ji^ndon de Bpisset
,
nel catalogo de' quali pu riscontrar-
si
f
ed ho pruduto necessario di ci av
veitire
f
perch
trovandosi lo stesso
U)hf
o
p
?
tre cfttalqghi
differenti , noij.
qredfUH
esseryeije tre
copie
,
mentre
quelH d*
?
P
c*t
,
e di cui mi soij ejv
vito
|
lift splft
eppia che esista.
La Priapea piacer a' curiosi
,
#on.
tantp ppr
1^
poesia
,
quanto per
perte
parjicQl^rit isteriche che vi s' incojir
trano . come
jie'
soletti 55- e
70.
, ove
si parja della
bftrhaj-q.
azione di Pie?
Luigi
Farnese ,
figlio $el
pontefice
PaoJpIU.risg^^Wte U
vago giovine
Cqsii^p
QJieri
*
PistqjeS
1
in
allora
Yespovp
diFwo*
Questi (lue
sonetti d'
un
aufo^e
con-
temporaneo ,
confermarlo autepjica*
nipote lfi
s^io^it
4
6'
due ottimi
isto*
rlpi
fiq^
efttini
?
Jtefledetto Varchi
1 9
%Pv49fgi,cfee
&Ue
%t$m
mg*
Digitizedby G00gle
Vii] L* EDITORE A CHI LEGGE.
d raccontano questo atrocissimo
av-
venimento.
Stilla vita e sulle opere di Niccol
Franco ,
il lettore pu consultare
il
Crescimbeni ,
il giornale de' letterati
d* Italia scritto da Apostolo Zeno
,
lo
suaccennate annotazioni dello stesso
Zeno alla biblioteca italiana del Fon-
tanini , il Menagiana con le note
di
Bernardo de la Monnoye , e la vita
di
Pietro Aretino scritta dal Mazzuc-
chelli.
L' unica particolarit eli' io credo
dover accennare sul Franco si
,
eh*
egli fu condannato ed impiccato in.
Roma neir anno 1570. sotto il ponti-
ficato di Pio V. e tal condanna m ori-
ginata sicuramente dalle di lui satire
ed invettive contro la corte di Roma
,
e particolarmente per aver egli auten-
ticato il primo in istampa il ratto scan-
daloso che poc' anzi accennai
,
e non
gi dalle satire contro Pietro Aretino
,
come rischiara benissimo il sudetto
Apostolo
Zeno nelle sopracitate an-
notazioni.
Digitizedby G00gle
IL
VENDEMMIATORE
DI
LUIGI TANSILLO.
Digitizedby G00gle
Digitizedby GoOgle
IL
VENDEMMIATORE
DI
LUIGI TANSILLO.
VTiovani donne e belle , che sovente
Date a' versi d'amor benigne orecchie,
Perch voi siate alle mie voci intente
,
Ed io ne' bei vostri occhi ogn' or mi specchie
j
N di cosa eh' io veggia mi sgomente
,
Le vostre e mie guerriere orride vecchie
Cacciate
,
priego , fuor del vago stuolo
,
Ed io con voi mi resti , ed Amor solo.
I I.
Gran marayiglia avrete
,
come io sia
Fatto di rustie' uom nobil poeta
,
Senza ber di quell' acqua che solia
Far F uom repente diventar, profeta.
Bacco ed Amor volgon la lingua mia,
E fan d' altro liquor la mente lieta
;
E perch dal mio dir dolcezza versi
,
L' un d il furore
;
e l' altro detta i versi.
Digitizedby GoOgle
4
*Z VENDEMMIATORM
III.
Oltre il favor eh' ho di
duo numi santi,
Il qual vo' che 'n Parnaso m' accompagne
,
Quel eh
5
attendo da voi pu far eh* io canti
1'
empia ingratitudine che piena
Vha del suo foco V orgogliosa mente
;
Quel foco
,
donne mie , eh' arde qua giuso
9
E secca il mar della piet l suso.
XIII.
E qual' ingratitudine si vede
Nel mondo che tra noi non sia maggiore
?
La terra che a dar frutto il ciel vi diede
,
Con la pioggia del dolce nostro umore
;
Per colpa vostra, secca, arida siede
E nel suo seno ogni erba , ogni fior muore
}
Oh quanto spiace a donator gentile
,
Veder che nobil don si tenga a vile !
XIV.
E con lei vien
,
qual rea compagna
mista
L'alterezza che a Dio tanto nojosa:
Qusta inasprisce voi, le genti attrista,
E nei regno d' Amor turba ogni cosa :
Onde non pur del cor , ma della vista
Vedo alcuna di voi scarsa e ritrosa
5
Ch* avendo di sue grazie il ciel s largo,
Bramar dovria che in
terra ogn' uom foss' Argo
Digitizedby GoOgle
8 IL
F
E X DEM MI JT&RE
IV
Or die aria, se le richieste e i preghi,
Toccasser, donne, d* oggi innanzi a voi,
Perche al voler dell' un V altro si pieghi
,
Come toccar
\
gi tanti tempi , a noi :
Quando vi grava, che merc vi preghi
Un uom che v' ama sopra gli occhi suoi ?
Per non piegar quei cuori aspri e selvaggi
,
Voi fareste a natura mille oltraggi.
XV I.
U* alterezza, di voi fera tiranna,
Nel regno del cor vostro usa V impero;
E s
7
or del fumo suo gli occhi v' appanna
,
Forse vedrete qualche tempo il vero:
N pur il corpo a servit condanna
,
Ma donne non vi fa pur del pensiero:
Qual donna un' ora del pensier dispensa,
A chi mai d' altro che di lei non pensa?
XVII,
Se sete al Cielo ingrate, a voi superbe,
Al mondo, ed a color che nascer denno,
Non siate sempre avare , e sempre acerbe;
Date lor voi quel ben ch
r
altri a voi denho.
Avranno dunque , o donne , i fiori e V erbe
Via pi che voi ragion
,
pietade e senno?
Finir dunque in voi la belt vostra,
Per cmi s gloria il inondo e V et nostra ?
Digitizedby GoOgle
DSL TANSIZLO.
9
XVI II.
H candid ligustro, il bel giacinto
,
E tanti altri bei fior s cari a noi
,
Come aprile ornerian, se all'uno estnto
Non succedesse l' altro? Cos poi
Che
'1
bel eh' or vince, fia dagli anni vinto;
Il mondo che s' adorna oggi di voi
,
Qual rimarr , se ognuna steril passa
f
N del bel volto il successor si lassa ?
XIX.
Non vi maravigliate , che parlando
Di voi, donne leggiadre e valorose,
Vada vostre bellezze comparando
Ad erbe e fior , via pi che ad altre cose
5
Quai fior vostre bellezze van mancando,
E son, quai fior, soavi e dilettose :
Dal vago aprir' de* fior nascono i frutti
,
E da voi , donne mie , noi siam produtti.
XX.
Erbe son dunque e fior vostre bellezze
t
E primavera gli anni eli
7
or menate :
Voi sete gli orti , che le lor vaghezze
Ne' dolci grembi vostri riserbate
,
Acci che ogn* uom vi brami , ogn'uom
'
apprezze:
E perch nell'autunno e nella state
Suo convtnevol frutto ogni fior porti,
Noi siamo gli ortolani
, voi sete gli orti.
Digitizedby GoOgle
IO
IL rE2f
DEMMJjTORS
XXI.
Questi son que' begli orti , e questi foro
9
Che raccontali gli antichi, ombrando il vero,
Che gli arbor carchi avean di poma d' or
,
E che le donne che ne. avean l' impero
,
Acci eh' uom non cogliesse i frutti loro
,
Vi tenean chiuso un drago orrido e fero
5
Che se alcun mai d' entrarvi s' arrischiava
,
O il ponea ratto in fuga, o il divorava.
XXII.
E che per forza vi si vide entrare
Guerrier, di valor pieno e di fortezza;
Ercole , credo che si fea nomare
,
Che
'1
drago uccise e tolse ogni ricchezza;
Le poma d' or son le bellezze care
,
Donne , che avete
5
il drago la fierezza
Che dentro a' vostri cuor chiusa dimora,
Ed ogni bel piacer caccia e divora.
XXIII.
Prima che
'1
tempo , d' Ercole pi forte
,
Abbia di voi vittoria, e la beltade
Ne porti via, per farne dono a morte,
Cogliete il frutto della verde etade
5
Aprite a' bei desir le chiuse porte
,
Cacciatene di fuor la crudeltade
;
/ Che le vostre bellezze in guardia tiene
,
E non vi fa gioir di tanto bene.
Digitizedby GoOgle
DEL
TJNSILLO.
II
XXIV.
Prima
che imbianchi il crin, le
carni arrughe
E de' begli
occhi annubili il sereno,
Ogni donna
dal cor bandisca e fughe
Il fiero
orgoglio, che la tiene a freno:
Onore e
castit son ciancie e nughe
Trovate
da color che
potean meno,
Perch con
le paure e co
7
i rispetti
Coprisson
1'
altrui forze e i lor difetti.
XXV.
r
Neil' et d' or, quando la ghianda e
'1
pomo
Eran del ventre uraan
lodevol pasto ,
>
N femmina sapea
, n sapeva uomo
,
Che cosa fosse onor,
che viver casto
5
Trov debil vecchion,
dagli anni domo,
Queste leggi d' onor che
'1
mondo han guasto,
Sazio del dolce
,
gi vietato a lui
,
Voile dar legge alle
dolcezze altrui.
XXVI.
Non avea
'1
mondo allor n MIO, n
TUO
,
Fiera semenza onde ogni mal nascesse:
Potea darsi a pi d' uno, a pi di duo,
Orrevol donna , senz' altrui interesse :
Perch non avend' uom che nomar suo,
Non si
potea doler eh' altri il togliesse:
N gian
mai di piacer donne digiune
y
Poich
ogni
cosa era tra lor comune.
Digitizedby GoOgle
\%
IL FENDBM
MIJTORZ
XXVI I.
Fean palese a lor voglia uomini e
donna
-
Quel, che secreto appena or si conclude;
Non eran veli ancor , non eran gonne
,
Onde il bel corpo
, e
1'
aureo crin si chiude
:
Il fianco , come il volto , e le colonne
Del bel giardin d' amor si vedean nude:
Non si temean le frodi,
n g' inganni*
Ch' or giaccion sotto tele e sotto panni.
XXVIII.
Oh quanto un' uom, com' io, sana beato
t
E voi, donne, in amor forse pi ferme,
Se a me fosse dal tempo, e da voi dato,
Vedervi io nude, e voi nudo vederme !
Che tal par uom ga liardo,
e bene armato
f
Che poi si trova debile ed inerme:
Tal donna bianca rosa e molle
sembra,
Ch' ha d' olivo il color, d' elee le membra.
XXIX.
Se quel tempo si lieto , e s felice
Non pu da voi nel mondo rivocarse
t
A questo eh' s tristo e s infelice
Cerchi
ogni saggia, quanto pu, sottrar&e.
t
Del
ben che toglier qualche volta lice,
Non siate sempre
a voi raedesme scarse :
Togliete
,
o donne
, il ben eh'
si
fugace^
sopra ogni altro a voi diletta e piace.
Digitizedby GoOgle
X>JFJS TJNSILLO+
l3
XXX.
Se,
mentre
il corpo vivo, non godete*
Sperate di
goder, quando egli morto?
Quel
paradiso onde voi tanto ardete,
Che pensate
che sia, altro che un' orto?
E se quest'
orto in grembo a voi tenete
,
A che
cercate
altrove ir a diporto?
A che loco
cercar da voi diviso
Se in voi
stesse trovate il
paradiso?
<
XXXI.
Se non
togliete il ben che v' d' appresso
;
Come torrete quel che v' lontano ?
Spregiare U
vostro ,
mi par fallo espresso
,
E bramar quel che sta nell' altrui mano,
Voi siete quel che abbandon s stesso
,
La sua
sembianza desiando in vano;
Voi siete il veltro che
nel rio trabocca,
Mentre P ombra desia .di quel eh' ha in bocca.
XXXII.
Lasciate P ombre ed abbracciate il vero :
Non cangiate il presente col futuro;
Io di goder lass gi non dispero
;
Ma per viver pi lieto e pi sicuro,
Godo il presente e del futuro spero
;
Cosi doppia dolcezza mi procuro;
Che avviso non sarla d' uom saggio e scaltro
Perder un ben, per acquistarne un' altro.
Digitizedby GoOgle
^4
IJ^ FEN
DEMMXtORE
XXXIII.
Anzi chi perde V un , mentre nel mondo
9
Non speri dopo
morte
1'
altro bene
;
Perch si
sdegna il ciel dare il secondo
A chi il
primiero
don caro non tiene.
Cos
credendo
alzarvi
,
gite al fondo
5
Ed a i piacer togliendovi , alle pene
Vi
condannate
5
e con inganno eterno
,
Bramando
il ciel , vi state nell' inferno.
XXXIV.
;
Voi siete al mondo , voi , chi ben misura
f
E non il tempo , le nimiche vere :
Il tempo rende al mondo ci che fura
;
Quel che furate voi , non pu riavere.
Oh quanto
,
pi che voi , deve natura
Amar gli augelli , i pesci , i buoi
,
le fere
;
N questi pur , ma pi che voi
,
le piante
}
.Ch' eterne
serban le sue leggi sante !
xxxv.
'
Co i fidi amanti lor volan gioconde
Le semplici colombe , in ci ben sagge
;
Segue
1'
accsa femmina per V onde
Il maschio pesce , ed ove vuol , la tragge
;
Mugge la vacca, ed al torel risponde,
Che
chiamando la va per boschi e piagge :
1'
empia leonessa al suo leon si piega
^
E voi pi
dure siete a chi pi priega ?
Digitizedby GoOgle
DEL TANS1LL0.
\S
XXXVI.
Io non vo% donne, eh' egli
troppo
ingiusto
Voi tanto attente al ragionar
, eh'
aggrada
Che a danno del signor,
eh' attende
il
musto,
Li' uva per terra gi calcata
vada :
Date gli orecchi al dir,
gli
occhi all'
arbusto
S eh' uva fuor di fescina
non
cada.
Che son
quest' uve
,
se non
gemme,
e gravi
Di liquori s santi e si
soavi ?
XXXVII.
L.a fescina vien gi,
come
avess'
ala,
Prendila
,
donna,
innanzi
che s'
atterri:
Dimmi
,
giovane bella
, s* unqua
mala
Vecchia, che in guardia
t' abbia
, uscio non
serri,
Quando
nel sen la
fescina
ti cala
,
E tu con ambe man
lieta P
afferri
,
Ancorch il sen ti
gravi e ti
percota,
Non ti piace ella piena,
pi
che
vuota?
XXXVIII.
Non vi credete voi
, donne
leggiadre
,
Che la fescina sia di
poca stima :
Solea lodarla, e raccontar
mio
padre,
Ch' era in gran
pregio a quelP
et di
prima;
E che i poeti si
vedeano a
squadre
Far di lei versi
(
allor non
avean
rima)
Onde nomar
quei
popoli Latini
Dalla fescina
i versi fescinnini.
Digitizedby GoOgle
%6 IL
r
E2T DEMMIA TORE
XXXIX.
fescina il canestro che adopriamo
A raccor queste gemme dolci e fine :
Fescinaja la ninfa eh' io tant' amo,
E le rime eh' io canto , fescinnine
;
Tutti
dunque la fescina onoriamo
Dovunque
sia , e vada alto
,
o gi decline
t
Ecco che vien$ deh prendila con ambe
Due man, mia donna, e pntila tra gambe.
X L.
Se la fescina mia nel grembo vostro
Non entra tutta,
1'
uva di fuor n' esce
,
Che avanza di color, perle, ambra, ed ostro
,
E
'1
buon liquor
, eh' quel che pi m'
incresce*
Ma torniamo a seguire il lavor nostro,
Che ad or ad ora tra le man ne cresce :
Dico in somma, che il mondo non ha
cosa,
Che non sia pi di voi saggia e pietosa.
ILI.
Ci che d' intorno a voi , donne, miriamo
9
Par che
1'
esempio del suo amor n' additi :
A che le selve, il cielo e il mar cerchiamo?
Risguardate questi olmi e queste viti,
Che noi de^li onor lor lieti spogliamo
,
Come il silenzio ior par che n'inviti
Sempre alla vera gioja, al ver diporto,
Dov' io con le mie voci oggi v' esorto.
Digitizedby GoOgle
I
!
I
l
J
M>EL TJNSILLO.
1y
XLI1.'
Se ali
9
acqua cke dal del per grazia viene
9
La
terra il grembo suo chiuso tenesse
r
Quest'
arbor verde che qui su n tiene ,.
Converria
che seccato gi cadesse
;
E se
1'
amata vite eh' ei sostiene
Tra le sue braccia , e notte e di non stesse
f
Questo bel frutto
y
o nulla o tal saria , .
Che di corlo ogni man si sdegneria.
XI. 1 1 I.
*
Cos voi, se i bei grembi non spiegate
All' acqua che d' amor piove e discende
%
Cader vedrete a terra la beltate
,
Che v'alza, ove altrui priego non s' intende.
E se alle braccia altrui non v'appoggiate
>
Frutto gentil da voi nessun s'attende :
Sian di nostr' acque vostri grembi colmi :
Siate le vite voi, noi siamo gli olmi.
xnr.
Quest'uva che l'altr'ier pendea si
acerba,
Ora pi dolce che del mei le canne :
Fu dura
,,
ed ora molle
$
sembrava erba
,
Ed or sembra auro , eh' uman petto
affanne
J
Se sempre stesse al ramo ov'or si serba
t
Come
il liquor daria , che lieti fanne ?
Per quetar col suo frutto l'altrui spemy
Prima da voi si coglie
t
e poi si
prema,
3
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tZ XZ rBJTDSMMjfOKB
XIY.
Rendavi la stagion dolci e benigne
,
O voi
,
che un tempo foste acerbe e dure 3
Insieme con gli arbusti e con le vigne
Uagro de' bianchi petti si mature
5
Del color, onde Amore i suoi dipigne
,
Sparga le vostre angeliche figure :
Colgasi il frutto, eh
9
altrui man non scema
j
E dolcemente in seno a voi si prema.
XLYI.
Voi"vedete quest* uve se son vaghe
f
Che avanzan di belt le gemme e P oro :
Oim , che in dirlo par che
'1
cor m'impiaghi
La piet eh' ho di voi , s che mi moro.
Se del futuro queste man presaghe
Non le cogliesser, che saria di loro?
Putride e marcie vedrian farsi in breve
Dal vento, dalla pioggia e dalla neve.
XXVII.
O donne troppo belle e troppo scempie
f
Credete voi, qual jer, tali esser oggi?
Ciascuna nello specchio si contempie
,
Vedr se il bello in lei decline o poggi :
Pria che il verno vi fiocchi su le tempie
,
E P acqua , e il vento sfiori e sfrondi i poggi
j
Cogliete que' bei fiori e que' bei frutti
Indi
nel grembo suo lieto mi calo
,
E
col mio corpo tutta la ricopro
,
Piantando nel bel sen tutto il mio palo
}
Cava, n mai da sul terren si tolle
,
Finch
del mio sudor fo il fosso molle.
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<&4 * rsrnsMMiJTORjs
E se di sete awien , eh' io m' arila e
strmggo.
Per soverchio sudor che dal carpo esca
%
Non vi credete eh' al buon vin riiugga
,
O mi tuffi nell' acqua pura e fresca
5
Solo un ciriegio che premendo io sugga^
O un pomo, all' opra ratto mi rinfresca
;
Addolcisce la sete e non V ammorza
,
i miglior membri m' erge e mi rinforza
XXIV.
Vedo apparir sopra un
destrier feroce
Un cavalier ben grande e ben possente,
Or che
'1
mondo sta in pace
,
e V aria coce^
Tutto di Cerro e d'or* grave e lucente
5
S' io fossi scarso a lui della mia voce.
Sarei rustico troppo e sconoscente.
Dite
,
signor, poich n' andate adorno
,
Qual pi. vi preme il capo , o
1*
elmo
,
o
'1
corao
XXV.
Rispondete, vi prego, o cavaliero^
Non siate s
villana
deh. rispondete.
Le corna, ond' composto il bel cimiero
9
Dite, lavor di monaco, o di prete ?
Al mio parer voi sete un gran guerriero
>
Quando col capo e con le man valete :
Chi sia che innanzi a voi vinto non cada,.
Avendo in fronte il corno , in manla spada?
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^
BZZ'Tui
2TS
TLLO.
$5
ixyi,
Forse, dolor
di
capo
vi
molesta
O bel ^uerrier^
per
l' elmo
, eh'
s
greve .
Od l^cimier,
ch'avete
su la
testa
Non
di
penna,
o
d'altro
che
v'a^rgreve?
Donne
mie
saggie,
pur
gran
cosa^questa,
Che il corno
sia
pi
che la
penna
lieve
:
Son le corna
s lievi
che
sovente
Chi pi n' ha
opra il
capo
,
mene
sente.
ixyii,
Or s' avess'
io
,
qual
voi
, le
corna
in
fronte
otarei tra torti
rami
, e
viti
torte
:
Ma voi, se
qui
sorgesse
chiara
fonte
Vedreste
che
l'avete,
e
non
son
corte.
Ecco cl^
viene,.
e
par
che
i
passi
conte,
Un di color,
ch'ho
in
odio
pi
che
morte;
Bell ordin
certo
,
e
convenevol
parme
f
Il monaco
venir
dopo
l'
uom
d'
arme.
IXVIH,
Cos il
guerrier
col
monaco
confassi
,
Come il leon
col
lupo
si
conface
:
Ah superbo
poltron,
perch
ten
passi
N degni
altrui,
di
dir
:
Dio
vi dia
pace?
Vai forse
cheto
e
mesto,
perch
lassi
Quella
ddetta
che
d'amor
ti
sface
Ah lusinghier
sfacciato,
eh'
un di
dui
Fai d'
ogni
tempo
, o incorni
, o scorni
altrui.
4
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7$,
It VENDEMMIATO
AB
LUX,
Non senza grandezza e senza pompa
,
Che
'1
monaco il guerrier segua per strada :
Perch se avvien che
'1
bel cimier si rompa,
Abbia tra via chi
'1
conci pria che cada
\
O eh' egli il suo cammin non interrompa
,
Arifar l' altro dalla moglie vada.
Torniamo al palo, or eh' ho garrito molto
,
Che
J
l monaco , e
'1
guerrier di man n' han tolto*
Rigido, acuto, grosso, duro e tondo
,
donne , il pai eh' io pianto nella
terra
J
E di tanta lunghezza , e di tal pondo,
Quanto par si richieda a simil guerra :
Fin che la punta sua non preme il fondo
,
Mai non s' arresta di passar sotterra
$
E mentre in su e in gi , cade e risorge,
Ove pi fere
,
pi dolcezza porge.
XXXI.
Tanto talvolta nel cavar m' accendo
,
Che trasformarmi in pai tutto vorrei
j
E tal piacer niella fatica prendo
,
Ch' altro riposo mai non chiederei t
N
vinto dal sudor , stanco mi rendo
Per aver fatte cinque cave o sei;
Anzi se awien che buon terren ritrove
,
A
selte
passo, e non
'
arresto a nov*<
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Z>XL TJN3ILL0.
&}
Z. XX I I.
Ma se m' incontro a terren duro troppo
,
Non mi vergogno d' adoprar gK aratri
5
Non di tronco o di pietra ascoso intoppo
Pu
ritardarmi eh' io noi rompa e squatri
9
Anzi pi forte v , con pi v' intoppo :
E bench
soglian dir, che i terreni atri
Sian
pi
fecondi, dove il seme cada,
li bianco
a me viepi, che il nero
aggrada*
r xx 111.
Con un vomero tal* la terra sveno,
Che
egual nel campo , Cerere non folce
5
Tal eh' contenta, quando V ha nel seno,
Ne
'1
vorra mai lasciar, tanto egli dolce
5
Piega
rigidamente il bel terreno
,
E con la stessa pia -a il sana e molce;
Quanto pi il solco fa profondo e largo
,
Tanto
pi dolce il seme entro vi spargo.
L -X X I
V.
I buoi che danno al vomero vigore
,
Stan notte e giorno sotto il giogo a prova
y
N
per soverchio sparger di
sudore
,
Nella lor pelle piega unque si trova
5
Anzi il trar dell'aratro a tutte
1'
ore
,
Tanto
invaghisce lor, tanto lor giova
,
Che
vorriah tutti entrar col vomer
dentro
>
E
passar delia terra
infino al centro. .
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U&
IL
V ENDEM MI
ATOR
B
Alcune in vece di giardini e d' orti
Han
brevi teste
, e
pargoletti
erbari
,
O perch ancor la poca et noi porti
r
O perch i padri lor sian troppo avari
;
Qui debbon gli ortolani esser
accorti
,
Che i modi del
governo non son pari :
Sopra quei pu l'
uom far quanto gli
aggrada,
Coi* pi riguardo sopra questi vada.
IXXVL
La man che erbari , e teste talor cole
>
Seminar l' erbe
,
e non piantar vi deve
$
Inafiar ben si ponno, quant' uom vuole.,
Che non sempre il terren l'acqua si beve*
Palo
,
n zappa
oprar non vi si suole
,
Ma zappolin
menarvi
lieve lieve
5
S che del bel terren morda le guancie
,
Majion che il ferro dentro vi si lancie.
XXXVII.
De
i giorni pi miglior delle stagioni,
Che arar si debba e sementar la terra
,
Varie son pi che i fior le opinioni
;
Chi giunge al ver , chi si dilunga ed erra 2
Io
,
che
cercar non xo
1
tante ragioni
7
Dico
,
che d' ogni tempo de' far guerra
L' uom con quel loco
,
onde tor frutto
brama
3
E
per quejt-evren
campo si chiama*
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j E Z
T A N SI L LO.
2,<}
ixxyiii.
Ogn'opra, ogni fatica, ove si accende
Destro cultor , sia nulla al suo disegno
,
Senza quell' acqua che la terra rende
,
E tumida e feconda^ e d sostegno
All' erbe che son nate , e le distende :
Onde a parlar di lei lieto ne vegno
,
E vo' che il-modo ver, donne
, si mostri
Come irrigar si debban gli orti vostri.
XXXIX.
Pi
che mei dolce , e pi che latte pura
Sia P
acqua
,
che spargiamo agli orti noi :
E
perch il
bel terren spesso s'indura,
Cavar
si deve
prima e bagnar poi
5
Acci
che l' acqua corra con misura,
Porti
per canal dritto i rivi suoi
5
E
tanto util maggiore al terren lassa
,
Quanto pi a dentro penetrando passa*
xxxx.
Dalla lingua de i vecchi empia e villana,
Non
si lasci
ingannar donna gentile
$
Che si bagnino gli orti a settimana
Dicoilo , e non d' agosto
?
ma d' aprile :
. Fallace lor sentenza iniqua e vana,
Conveniente ad uom debile e vile :
Spargansi d' acqua gli orti entro e d' intorno
Almen tpe volte fra la notte e
'1
giorno.
Digitizedby GoOgle
3o
ILrENJ>2MMlATQR3S
.
L XXXI.
Chi non fa questo iniquamente pecca
,
Ed quasi ministro del suo danno :
Che F erba verde al miglior tempo secca,
N frutto alcun promette al fin dell' anno.
Mirate come sugge e come lecca
La terra quelF umor
;
di qui F inganno
Senil veder si pu , di qui far prova
,
Com' uom che pi
la bagna , e pi le
giova.
IXXXI I.
Ecco di vaghe donne nobil calca
,
Di cui spiacevol vecchia guida e capo:
Pon mente alla donzella che cavalca
L' animai eh' sacrato al Dio Priapo;
Che par mentr' ella gli omeri gli calca
f
Che
'1
buon asino allegnrrizzi il capo :
Dimmi
,
qual pensi
9
eh' abbia pi del fiero
9
Il tuo
,
giovane bella
,
o il mio destriero?
LXXXIII.
Guarda quante altre belle su i tappeti
Dagli stessi animai si fan portare :
Par , che conoscan gli animai discreti
Le some eh' hanno addosso , dolci e
care
$
Onde van ritti il capo e gli occhi lieti
,
E fan di grida F aria risonare. ^
Credo che dica ognun nel suo idioma
:
Avessi io sotto
%
come ho su , la soma
Digitizedby GoOgle
*
X> L TJNS1LL0.
3l
lxxxit.
O vecchia, delle fiere e brutte streghe
La pi fiera che viva , e la pi brutta
,
Ch'hai sul volto infmal pi rughe e pieghe^
Che non ha solchi iu sen la terra tutta ,-
Col capo ornai sul pie t'incurvi e pieghe
,
E pur vaga di udir qui sei condiitta
;
A te potessi , ed a mill' altre vecchie
Appannar -gli occhi
,
ed otturar le
orecchie
xxxxv.
Quanto
alle fiere vecchie
maladette
,
Io di chiuder le orecchie oggi desio
,
Tanto a voi bramo aprirle
, o giovanetti,
Acci che v' entri tutto il sermon
mio,.
Oh , se una volta dentro vi si mette
,
Pi di due poi ve ne verr desio :
Parr
duro a sentir la prima volta
,
Ma pi
diletta
,
come pi s' ascolta.
X XXXV I.
Altro
ventaglio che non cotesto
,
10 ti vo'
porre in man, purch tu il
prenda
,
Ma
sotto condizion , donna , tei presto,
Che
spennato dapoi tu non me
'1
renda
$
N di pie , n di penne il tuo con questo
,
N di belt , n di virt contenda :
11 tuo fatto ad arte , il mio qual nacque,
U tuo scosto fa
vento , il mio vers' acque*
Digitizedby GoOgle
3z
il y js y d e mmxatokx
r xxx
y
1 1.
Il mglio io non ho visto , or veggolo : Eeoo
Tra vaghe giovini orrido vecchione
;
Arbor che sei dalla radice secco
,
Qual follia tra le fiamme oggi ti pone ?
Tornati al chiuso ovil , tornati , becco z
Non tornar n
5
va pur : Non ragione
f
Quando all' aprir del di la mandra s' apre
p
Che vadan senza un becco tante capre.
IXXXY III.
Che gatto quel , che a guisa di monile
>
Hai sul candido collo , o donna , attorto \
Or non i schifi tu cosa gentile
,
Al bel viso appressar cuojo di morto?
Gitta , onorata man cosa si vile
y
Prendi un vivo animai che meco porto
;
di' ha s bel pelo, e pelle s leggiadra,
Che ogni gran donna ne sarebbe ladra.
I. XXX IX.
'
Ha V animai eh' io porto qui rinchiuso
Pi caldo il tatto , e pi soave il pelo
,
E
mostra ben che
'1
destin quaggiuso
A servir donne
,
e non ad altro il cielo :
E sempre bello in vista , e buono ad uso
,
O
regnin V uve , o i fiori , o
'1
caldo
y
o
'1
gelo
*
N
temer , se ben muor , che mai si lasce,
Che quante volte muor , tante rinasce.
Digitizedby GoOgle
jdkzTjksillo* 33
x e.
Ma donde vien cotal varietate
,
Che questa hail pelo, e quella hain manle penne ?
Par che ad un tempo l' una con la state
,
L'altra col verno a far battaglie venne :
Ma se schermirvi d' amenduo bramate
,
Senza che bue v'impeli , o uccel v' impenne
9
Ecco qui dentro l' animai , che serve
JE quando il terren gela , e quando ferve.
X C I.
Voi mi potreste dir
,
perch si asconde ?
3 forse perch graffia, o perch morde?
Oh s' ei non si coprisse almen di fronde
,
Troppo il vederlo vi farebbe ingorde :
Che giova, se al mio dir nullo risponde
,
Ch' io stanchi me gridando , e gli altri assorde ?
Ors
,
pria che venghi altri a darne briga
,
Dicansi l' ore che il giardin s' irriga,
XCI I.
L' ore dell
1
irrigar , bench alcun volle
?
Che la sera e il mattin sian le migliori
,
Che a nona V acqua sparsa a terra bolle
7
Ed ardon l' erbe gli scaldati umori
;
Io vo
1
,
che
'1
mio giardin stia sempre molle,
Senza dar tante leggi a
1
miei sudori :
Giova a tutte ore , acci che
1'
erba cresca
Far che la terra sia bagnata
e
fresca.
5
Digitizedby GoOgle
34
* L VEKDEMMIATORB.
X C I I I.
Deh! se quell' acqua, di che lieto ognora
Bagno la terra , ove vo' far semenza
Voi provaste un sol giorno , una sol' ora
9
Forse vi dolerla di starne senza.
(
Voi del mio dir tutte ridete
5
ancora
Ne bramereste far V esperienza.
Oh se la fate , un' acqua proverete
,
Che quanto pi si bee, pi doppia sete.
X
CI V.
Quando io vi posi innanzi gli strumenti
f
Che de' begl' orti adopro alla coltura
9
Il miglior mi scordai , eh' abbia alle genti
Mostro mai arte , o dato mai natura :
Poco le stelle , e poco gli elementi
,
E
poco gioverebbe umana cura
,
Senza questo ch'io dico, illustre ordigno
9
E
sia |>ur il terren, grasso e benigno.
X C
v.
Nomar possente , e generoso ed almo
Questo strumento, come il Sol si debbe
5
Ed onorarlo or d'inno ed or di salmo
,
Ogni poeta, ogni cantor dovrebbe.
Quasi sempre di altezza men di un palmo
9
O tanto, o poco pi, qualor.pi crebbe:
Ma posto innanzi , men d' un palmo appare
Ci che natura, ed arte
, e il ciel puon fare.
Digitizedby GoOgle
DEL TJNS
JLLO.
35
X evi.
Questo quel vago, o donne , e bel legnette
Che si caccia sotterra e fa la fossa
;
Per dir sue lodi un altro d v' aspetto
,
Che dal mattino incominciar si possa,
Non or che
'1
Sol quasi nell' onde ha
'1
pettOp
Onde il ciel qui s' imbruna , ivi s'arrossa :
Sol oggi vi dir qual esser deve
Poich
'1
tempo mi sforza ad esser breve.
XCflI.
In dir l' altrui
,
quanto esser deve e quale
Stimate che
'1
mio stesso si dipinga :
Sia lungo
,
qual dicea
, s' pi
,
pi vale
,
E grosso tanto eh' altrui man noi cinga.
La punta abbia di ferro , e qual pugnale
La guardia , e
'1
pomo al pie dove si stringa
j
E duro s , che torto non si faccia
Perch
sotterra e notte e d si giaccia.
X CVI II.
Oltre la zappa, il pai , V aratro e V acque,
E le stagion d' oprarli e
'1
modo e Vora
*
De' quali il men si disse e
'1
pi si tacque
,
S' io vi vo' dir tutte quelP arti ancora
Ch'
usar da noi si ponno , e da qual nacque
Meglio al terreno , e meglio a chi
'1
lavora
E
parlar d' ogni pianta oggi abbastanza
Via pi dell' opra che del giorno avanza.
Digitizedby GoOgle
36 IL r EN DEMM IATORJB
X C IX.
Ma, perch rare volte uman desio
Di suo molto sperar buon frutto prende
,
Senza soccorso d' alcun nume pio
Che
'1
ben eh' egli desia , dona , o contende
5
Onde ciascun fa maggior preghi al Dio,
Ch'ha pi poter dell' opra , ove egli intende 1
Di qui nacquero i tempj e i sacerdoti,
L'offrir degli olocausti, e il dar de' voti.
C.
Perch de' campi folta spica mieta
'
D Puglia all'alma Cerere i suoi prieghi
f
A Bacco Nola
,
perch d' uva lieta
Grave ogni vite l' amat'olmo pieghi.
Chiama Febo., o (qual io) Bacco, il poeta,
Perch
'1
chiuso pensier in versi spieghi :
Marte il guerrier, Nettuno il pescatore,
Vulcano il fabbro, e colui ch'ama, Amore.
C I.
Cosi molt' altri e molti onora il mondo
Numi benigni, e presti a i desir nostri
5
A chi pi porge , ed a chi men
,
secondo
Pi largo o meno altrui par che si mostri
5
Acciocch , donne mie , frutto giocondo
Il soavSHavor de' terren vostri
Dopo tanti sudori a noi riporti,
Bisogna eh' onoriate il Dio degli orti.
Digitizedby GoOgle
'
2> E L T J N S I LLO.
3j
CU.
Alla madre d'Amor, Venere
bella
La tutela degli orti il mondo diede
,
E non senza cagion , s come a quella
Onde il principio d' ogni ben procede :
Ma poi che questa Dea, gi nuova stella
,
Se ne port nel ciel sua ricca sede,
Perch non sia qua pi da ladri offesa
Lasci degli orli al figlio la difesa.
C I I I.
Non ad Amor, com'
'1
parer d' altrui
^
(
Ancor che sotto
'1
ciel cosa nessuna
N nascer pu n viver senza lui
)
,
Ma a quel che dalle fascie e dalla
cuna
Ella am pi che
gl'altri figli sui
5
Il qual, senza cercar maggior fortuna,
Nato si giace ove nascendo
giacque
,
Vago
sol di morir l dove nacque.
C I V.
Ella
'1
produsse
,
e Bacco generollo,
Onde spesso da lui toglie il vigore :
Priapo il nomin chi pria chiamollo
,
Bench
in pi voci il mondo ancor l' onore
$
Non
arco in mano , n faretra al collo
Porta,
come'l crudel germano, Amore;
Con lunga
falce
in man finger si suole
,
Ma
1'
arme con che nacque , adopra sole.
Digitizedby GoOgle
38
IL VEN DEMMI UTO
RE
C V.
Non Flora, u Pomona, ma Priapo
Bisogna che da voi dunque s' onori
j
Cingete il sacro e venerabil capo,
Di liete e dolci erbette e di bei fiori,
Non di ruta o d'
assenzio o di senapo
,
Ma di quell' erbe eh' nan miglior sapori
Ed a' vostri giardin nascon d' intorno
,
Fate ghirlande a lui ai giorno in giorno*
evi.
Se cos pie, religiose e sante
A questo dolce Dio vi mostrerete
,
O che beli' erbe , o che leggiadre piante
Ne
1
ben colti terren sorger vedrete,
Che nascer gi non vi poter innante :
Cosi cangiando stil, donne , farete,
Acci eh' uom mai di voi non si lamenti
y
G' orti fecondi
y
e gli ortolan contenti.
C
V
1 1.
Ma non vo', donne belle , che vi faccia
La molta f s gli animi sicuri
,
Ch'aperto ogn' orto e notte e d si giaccia
S , eh' ogn' uom vi depredi , ogn' uom vi furi)
Acci che'l mondo non vi vada a caccia,
Arminsi d'uscio e cingansi di muri}
Purghinsi ancor che non divengan selve
N siaa nidi agli augei , lustri alle belve*
Digitizedby GoOgle
DEL TA NS I
LIO.
3$
CVIII.
Non abbia il giardin vostro ampie le
porte*
Ma gli usci a guisa di fortezza stretti.
Non vi paja d'uom grosso, o donne
accorte,
Ch' orto e giardin confonda ne' miei detti:
Perch ne' bei terren dativi in sorte
Vi sono orti
,
giardin
, selve
, boschetti
,
Paludi , monti
,
pian , tuguri e logge,
E tutto ov'uom si vada
, ov' uom s' allogge.
C I X.
Guarda verso il cammin , che nella
valle
Sempre asciutta e fiorita
entro di lauro
Tre altre donne assise in sulle spaile
Non di monton, che
nuoti, n di tauro,
Ma d'asinel che trotta
5
e verdi e gialle
Le gonne han tutte tre , conteste d' auro :
Io non le posso salutar s lunge,
Che la mia stanca voce non e' aggiunge*
C X.
Se ben son lunge salutar le voglio
,
Ancor eh' io gitti le parole in vano :
Grider ben pi forte eh' io non soglio.
Oh del giallo ! oh del verde ! ite pian
piano
O
venite ver qua ch'io vi raccoglio.
Ancor che
'1
grido s' oda di lontano
,
Son tanti g' urli de' destrier eh' han
sotto,
Che
delle voci mie non odon motto.
Digitizedby GoOgle
40
XL VENDEMMIJTOJELX
CXI.
Volete , belle ninfe eh' io vi mostre
Onde nacque il costume e santo e bello
,
Che un' alta donna nelle parti nostre
Non sdegna andar sull' umile asinelio ?
Vecchio uso fu delle prime Ave vostre,
Non credete che sia tra voi novello
,
Pi dell' antico ha, donne mie, quest' uso,
Che tion ha que^dell' ago e quel del fuso.
CXII.
Un tempo al gran Priapo desir prese,
Di guadagnar peregrinando fama.
Si mise in alto in Grecia , e 'n Puglia
scese
Ove il suo nome ancor s' onora e s' ama.
Bramoso di vedere il bel paese
,
Ch' ogn' altro peregrin cotanto brama
,
Varc l' Aufidio , indi varc il Calore
,
E venne qua raccolto a grande onore.
CXII I.
Tant' onor gli fer qui , tante carezze
Che pi non n' avrian fatte al sommo Giove
9
S per le naturali sue bellezze,
Come per le mirabili sue prove :
I poderi, le case, e le ricchezze
Offriano a lui
,
perche non gisse altrove :
Ei.dVmor vago, che l' avea qua addutto
Deliberava il mondo correr tutto.
Digitizedby GoOgle
DSL TA NSI LLO.
J[l
C X I V.
Ma, perch questo loco al del s
caro
(Era regno del padre, Dio del vino)
E perch belle donne assai
'1
pregaro
Per pi di si ritenne dal cammino
:
Spesse volte a diporto cavalcaro
;
Beata chi avea sotto il suo ronzino
Che
'1
pose sotto a mille donne
e mille
Entro e fuor
,
per le selve e per le ville.
c X
v.
Vi giunse in tempo per maggior
ventura,
Che ^i
spandean com'or l' uve dal
Sole :
Allor
nacque
1'
usanza eh' ancor dura
Che a donna l'uom pu chieder
ci
che vuole,
E
parlar
come
detta altrui
natura,
Senza
velame o giri di parole.
Il pie si dice
pie : le chiome , chiome
;
Ogni
membro
si onora del suo nome.
C X
V
I.
Malgrado
dell' onor, della
vergogna,
E
della
gelosia che se ne rode :
Ciascun
domanda quel che gli bisogna
,
E non
gli cai se
'1
mondo tutto l' ode :
La
donna
d' ascoltar non si vergogna
N
l'
uom paventa dell' altrui custode
;
.
Sia
maladetta la regina avara
Che f
9
per noi s dolce usanza amara.
6
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42,
IL rEKDEMMIATORE
C X V I I.
Dicon che un tempo qui regnasse
poi
Del buon Priapo una regina amica
,
Che irata, per punir sudditi suoi
Che non servar con lei l'usanza antica
^
Pose il fio che si paga oggi da noi
,
Acci che ogn' uom- liberamente dica;
Onde se ben tal libert non cerca
,
Del suo per forza ognun di noi la merca.
.
C X
V
I I I.
Giva a diporto la regina bella
Con nobil compagnia per la foresta :
Ogni sua donna, ed ogni sua donzella
Fu da
1
vendemmiator d' amor richiesta.
Grida ciascun, chi questa vuol, chi
quella^
Nulla di lor senza il suo invito resta
j
Per vilt , credo , alla regina sola
Nessun
di quei villan disse parola.
C
X I X.
Non ho, turbata, la regina disse,
Dunque io , com' elle , orecchie ed altre
cose
?
Degno era eh' un di voi mi riverisse
Con vostre ingiurie dolci ed amorose:
<
li' usanza allor tra le sue leggi scrisse,
E 'I fio d' un grosso ad ogni scala impose :
Se stato a quell'et fuss'io nel mondo,
Quei d' oggi addosso non avrian tal pondo.
'Digitizedby GoOgle
JD E L TA N S TLLO.
4^
CXX.
Pagan le scale il fio , ma la licenza
Vuol die di dire a tutta gente tocche.
Han l' orecchie d' udir la pazienza
Come han di dir la libert le bocche :
Chi fece a questa legge resistenza,
(
li che fanno talor le turbe sciocche
)
Oltra che fora altrui mostrato a dito
,
Come, di grave error n' andria punito.
CXXI.
Che gloria era a veder questo paese
Quando- Priapo vi facea soggiorno,
Il qual vi s' indugi via pi d' un mese
,
Che parve a quelle donne men d'un giorno
j
E
1'
ore tutte a lor diletto spese
Per questi nostri campi entro e d'intorno:
E se talor del dritto suo mancava
Scornato innanzi a lor ne lagrimava.
C X X I I.
s
Quando talor mancava del suo dritto
(
Ch' a tutti , e sempre sodisfar non possi
)
Ne
riinanea per qualche spazio afflitto
S , che qual era , non parca che fossi :
Com'
uom che colto sia sopra il
delitto
Gli
occhi avea molli , e i fior del
volto rossi
;
N si vedea mai lieto nell' aspetto
Fin che non ristorava il suo difetto*
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44
*Z rZjrDEBiMlJTORS
C XX I X I.
Ogni umil donna si stimava Dea
Mettendo il pie Priapo entro
'1
suo arbusto
;
Ei, ben eh' uom grande, a sdegno non avea
In ogni loco entrar
,
quantunque angusto :
Conoscendo il buom uom quanto mal fea
Lasciar le belle donne al miglior gusto,
Finch lor uva in tutto non si colse
Scostarsi dal lor sen giammai non volse*
C X X I v.
Ma
,
poi che di partir tempo gli parve
Lasci la terra, ove'l suo nome accrebbe
Donne , lungo mi fora a raccontarve
Quanto la sua partita a tutti increbbe
5
Pianse alle braccia lor quand' egli sparve,
S , che ciascuna del suo pianto bebbe:
Vi fu donna che tanto se ne dolse
Che con Priapo in bocca morir volse.
C X X v.
Ne fu per divenir pi d'una folle
,
Quando sparir sei videro davanti.
Qual donna non rest bagnata e molle
Il seno, e degli altrui e de' suoi pianti?
Com' uom eh' a forza dal suo ben si lolle
Con le voci e con gl'occhi alin tremanti
Dal grembo lor si svelse il bel Priapo,
Lagrimoso le guancie , e chino il capo*
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J>BL TjiksiLLO.
4$
C XX
V I.
Ogni
donna riman vedova e sola
,
Che sposo e compagnia seco sen porta:
Chi la vista perdo, chi la parola,
Chi giacque lungo spazio a terra
morta.
Ma molte la memoria ne consola,
E molte la speranzane conforta :
Ci che di lui partendo qui rimase
,
Qual sacro
si guard nelle lor case.
cxxvir.
Da indi in qua fur gli asinelli suoi
Sopra ogn' altro animai tenuti in pregio
Da voi qui , donne , e di gir sotto a voi
Gli fer Capoa e Nola privilegio,
Che non aveva allor , com' ebbe poi
Napoli la corona e'1 titol regio,
Ma le citt maggior queste due foro
,
Che davan legge a Terra di Lavoro.
C X XV I I I.
Come moglie d* amato pastorello
v
Che '1 verno, dietro ai gregge altrove gito
f
Ch' ogni monton gradisce ed ogni agnello
Per la dolce memoria del marito
;
Cos le donne fer dell' asinelio
Dapoi che 1 buon Priapo fu partito
,
Il qual per dritta e per obliqua strada
Cerc
d' Italia bella ogni contrada.
'
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46
IL FENDEMMIATORE
CXX I X.
Dal mar d' Adria al Tirren, da Lcuca a i monti
Che fan siepi tra noi ed Alemagna
Non trov luoghi ad onorar pi pronti
Che i lieti campi sua persona magna
y
Dove Sebeto e Sarno han foci e fonti
,
E della terra che
'1
bel Mincio bagna
Ove tanto onorar quell' uom divino
y
Che nomar se ne volse cittadino.
C X X X.
Dopo la sua partita , altari e tempj
Gli alz divoto il popol Mantovano
,
Ove dell' opre si vedean gli esempj
Che fatte avea col capo e con la mano
;
Ed un grand' uom di Mantoa, eh' a que' tempi
Cantava l' arme d' un baron Trojano
,
Scrisse de' fatti suoi famose istorie,
E sparse Italia e
'1
mondo di sue glorie.
CX XX 1.
Stavan le mura di quei tempi, assise
Tutte
su due colonne o due pilastri,
Ch' eran di pi colori e di pi guise
,
E di tofi e di selci e d' alabastri
,
Parea che fusser da natura incise
Nel natio monte , e non da man di
mastri
y
E tutti avean dinanzi agli usci belli
Folti boschetti o teneri pratelli.
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DEL TjNSILLO.
fl
CXXXI I.
Le late mura, e gli archi e le colonne
Tutte eran di miracoli coperte
5
Pendean
mille camicie e mille gonne
Ch* avean per voti le donzelle
offerte
,
E mille altre tabelle dalle
donne
Affisse , che , dal medico
deserte
Il buon Priapo avea guarite affatto
Con la sola virtude del suo tatto.
CXX X I I l.
Vi eran le guerre e le discordie
pinte,
Ch'egli
N
avea in pace e in amicizia
volte
7
E le battaglie col suo auspicio
vinte
;
Le rocche prese e le bandiere tolte.
Vi eran trofei di zone a forza scinte
E d' arme da riparo insieme
avvolte
,
E stocchi e lancie d' uman sangue asperse
y
Che la vittrice turba al tempio offerse.
C X XX 1
V.
V
era scolpito ogni amoroso
fatto,
De'
guerrier di quel tempo ogni
conflitto
,
Notato il nome e'1 volto era
ritratto
Tanto del vincitor quanto del vinto
;
Colpo nissun si discernea di piatto
N di rovescio qui , n di man dritto,
Ma tutte
eran di punta le ferute, .
Dal mondo
e dalla
gente pi temute.
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if8
IL
VENDZMMIATOKB
\
'
CX XXV.
E v' erano
ministri e sacerdoti
,
Che di que' tempj
avean governo e cura,
A' cui velati
il capo o le man voti
Non licea
mai
d'entrar le sacre mura
j
Le
cerimonieri
sacrili
cj
e i voti
Non
si
facean se non in parte oscura.
Bench
in o^ni angol del beato loco
D e notte
ardesse inestinguibil foco.
CXXXVI.
Giurato avrei , eli' eri uom fatto di stucco
f
O tu che sotto noi s saldo passi
,
Se
non gridavi. Taci ignobil cucco,
A
che la voce
alzar se i vanni hai lassi
?^
Non credo eh' oncia si trarrla di succo
Per far di te
,
quel che dell' uva fassi
$
E pur n'assordi ! Va al tuo nido e cova,
Di strano augel con le tue piume l' uova.
CXXXVII.
Non vi crucciate , donne , se interrotto
Ho il bel lavor^ dove pi fresco torno :
M'han quasi il capo quei che passan , rotto;
Chi col grido l'introna e chi col corno,
Se passasser pi schiere qua di sotto,
Che non hanno uve i campi eh' ho d'intorno
Io non mi vi torr, donne , di sopra,
Finch non reco a fin la mia dolce opra.
Digitizedby GoOgle
Z)Z TjNSILLO.
49
CXXXVIII.
Potrammi qualche pura verginella,
Che mal esperta ad ascoltar ne vegna,
Qual pianta
domandar, qual' erba quella
Che
agli orti nostri meglio si convegna
,
seminar si possa, che sia bella,
E
via maggior virt seco rite^na?
Dirowi di quai piante e di quali
erbe
,
Vo' die
'1
vostro
terren s' adorni e inerbe.
C XXX IX.
L'amaraco
odorato, il buon
serpillo,
L'
erba che col suo fior vagheggia
il Sole,
Il
basilico amaro a chi nutrillo
,
L'aspra boragia, le crespe scaruole,
L'eruca a
Vener sacra , il petrosillo
Che
ciascuna
di voi tanto ama e cole
,
E
le
molt' erbe eh' U6a il viver nostro
,
Non
ponno aver radice al terren vostro.
CXL
E
retti gigli
j
e flessuosi acanti
,
Vermiglie rose
,
pallide viole
,
E
narciso e j acinto, e croco, e quanti
Fior
gener mai nella terra il Sole
,
Quando di vrj odor , di color tanti
Lieta
le guancie si dipinge ed ole
,'
Bench opni loco faccian lieto e bello,
Non-giovano al giardin di ch'io lavello.
7
Digitizedby GoOgle
So IL
r
E N DEM M IATO RE
CXII.
L'arancio
,
il cedro, e gl'altri arbor felici
Ch' imitan ne' color gemme e metalli
,
Ancor che volentier prendan radici
Ne'giardin, come i vostri, chiusi in valli
,
E teman le montagne
e
le pendici
Come legno, che'l freddo oltraggio falli
,
Bench abbian frondi sempre e frutti e fiori
,
Vostro terren non vo' eh' unqua g' onori.
CXLII.
Non ci vo' verde lauro o bianco moro
,
Che tessa ombra co' rami a chi gli sotto,
Non noce Indiana, o pomo Perso, o moro.
Ch'empia di gemme il sen quand'egli
rotto
,
Non fico, ancor ch'io me ne struggo e
moro,
E pi che
'1
mondo tutto ne son ghiotto
,
Perch senza che
'1
fico vi sia messo,
Il giardiiututto fico per se stesso.
CXLIII.
Un' erba sola quella che de' porre
Ogni donna e donzella al suo beli' orto :
I frutti che ne pon d e notte corre
,
Avanzan tutti g' altri di conforto :
Ma il sugo che premendola ne scorre,
Potria
quasi dar vita a un corpo morto.
Vidi io sanar sovente con
quest' erba
Donne , ch'.eran gi
presso a morte acerba.
Digitizedby GoOgle
DEL TAKSILLO. 5%
CXLIV.
Io son, dir talun, d'opinione
Che
1'
erba a chi tu dai lodi cotante
E la zucca, o'I cocomero o'I popone :
Qual fia, s' una non delle tre piante ?
Io non vi nego che sian belle e buone
,
E che si debban porre a molte innante
,
E che negli orti vostri eran gradite
,
Ma
vi
dir come ne fur bandite.
CX1Y.
Crescean le zucche e gli altri due compagni
N primi tempi
,
e si fean quasi a paro
Degli abeti diritti e duri e magni
,
Allor negli orti vostri si piantaro
Pi eh' erba che
'1
Sol scaldi e F aria bagni
5
Ma poi che, a lungo andar, troppo invecchiaroj
E si fer molli e pargoletti e torti
,
Allor banditi fur da' bei vostri orti.
CXLVI.
L' erba che nasce nell' Egitto, e porta
Oblio d' ogni tristezza nelle foglie
,
Quella, che spezza il ferro , apre ogni porta,
-
E da' laghi e da' fiumi
1'
acque toglie :
Quella
,
che asciuga il sangue e riconforta
,
E qualunque erba oggi da noi si coglie
,
si colse da altrui nel tempo antico
Non si pareggia ali
9
erba di eh
9
io dico.
Digitizedby GoOgle
SO. I L rENDMMfit IjT
RE
CXI VII.
Voi non la troverete , donne , in tasca
D'erbolajo ch'esperto a \oi si mostri}
Non ere (lete che generi o che nasca
In altra parte che negi' orti vostri;
Da noi si
mangi , o da animai si pasca
f
Come si fa dell' altre a' lidi nostri.
Anzi ella tal , che non pu donna alcuna
Tenerne dentro al suo giardin pi eh' una.
CXLVIII.
Quando la notte cresce , e
'1
giorno manca,
Ed ogni pianta le sue foglie perde;
Quando s'apre il terren, quando s'imbianca,
Sempre quest' erba si sta integra e verde
,
E se viene talor languida e manca
Si ristora in un punto e si rinverde
5
Quant' ombra pi l'aduggia e calor preme,
Tanto pi spiega i fiori e manda il s?me>
CXL*X.
Or.chi porrla la lingua a fren tenere?
Eppur gridate, donne:
Taci taci;
Ciascun che passa mi provoca e fere.
Par eh' io sia il gufo, essi gli uccei rapaci :
Quest'olmi e quercie ornai non pon tacere
Udendo tante strida e s mordaci.
Gite voi s superbi e s protervi,
Perch v'
armin le corna o tori o cervi?
Digitizedby GoOgle
j> j z. T a y s 1
1
lo.
53
e t.
Oh vergogna e d9nor di questa etate
A
che batter s forte le calcagna?
Col
rauco corno
,
strepito mi fate
Acci
che di risponder mi rimagna.
Sonate
pur : Gran cosa in ver eli' abbiate
S
presta V armonia, sendo in campagna:
Non
gran fatto eli' or V abbiate presta
,
Avendo
-sempre gli strumenti in testa.
Ecco
un dottor che fnge il Salomone,
Che
sotto un gran cappel mi sembra un fong.
lo
non
vo? farrie ingiuria alla stagione
,
Ma
a dargli un fiero assalto mi dispongo
tu
che sai di legge e di ragione
,
Solvi
il
gran dubbio eh' ora in man ti pongo;
Ueh
! dimmi , buona o rea l' usanza d' oggi
,
Che
vuol che sopra l' uom la donna poggi?
CHI.
Dimmi dottor^ degli uomini alla forca
Qual
pi di voi , tua moglie o tu n' appende?
Tua
moglie ha men del reo , che , bench torca
Il
collo
al
malfattor, pur vivo il rende.
Il
Sol,
pi
che non suol, tosto si corca:
Qualche donna di l, forse l'attende,
Pria
che nel
grembo altrui tutto si gette
,
Bisogna
per concluder
}
ch'io m'aflrette.
Digitizedby GoOgle
54
IL rEN DEMMIJTORE
CLIII,
Donzella , che solinga abbia paura
Di notturno fantasma , o
d' orrid' ombra,
O di strega o di magica fattura
,
Quando l' oscura notte il cielo adombra,
Tenga quest' erba in seno, e stia sicura.
A chi tanta
tristezza il petto ingombra
,
Che la trae quasi di se stessa fuore,
Mangi quest'erba, che rallegra il core.
cuv.
E se stomaco avesse
freddo e stanco,
Lo scalda e lo rinforza al digerire.
A chi rinchiuso umor nojasse il fianco
,
Il sugo di quest' erba nel fa uscire.
Feconde fa le sterili
9
empie il manco
,
E fa le brutte subito abbellire:
E quei, che par cosa pi rara e nova,
Che tanto a
fredde
y
quanto a calde
giova.
CLV.
Chi gli occhi
avesse molli ,
e
'1
viso smorto
Questa
rasciuga quei
,
questo incolora :
Chi piange il suo signor lontano o morto
,
Questa la trae d' ogni cordoglio fuora.
A che via nel parlar pi vi trasporto
Per dir quanta virtute in lei dimora?
Il
mondo tutto , e ci che eterno serba
,
Spento in
breve saria senza quest' erba.
Digitizedby GoOgle
2>J5Z TAN SILLO.
55
C L
V I.
M'accorgo agi' occhi , che ciascuna brama
Saper
quest' erba , che cotanto io lodo :
Dirolla
per saziar l' ardente brama
E
delle
dubbie menti sciorvi il nodo.
Quella
non mi sovvien come si chiama
Dagli
ortolan di Roma a certo moio
,
Che
vien menta piccina a dir tra' nostri
E P
erba degna de' begli orti vostri.
C L VI I,
s
Non
vi spaventi il nome di piccina
,
Che
in
picciol corpo regna gran
virtute
Ogni
lodata gemma piccolina
,
E
in
tanto prezzo al mondo son tenute
,
Bench
io tenga di lor poca dottrina
,
Com'
uom che poche n' ho tocche o
vedute.
Le
gemme , donne
,
ond' io talor v ricco
,
Son
l'
uve
,
eh' oggi da quest' olmo spicco.
CL VI Il-
io
vi vedo
negli occhi e nella fronte
Segno
apparir di nuova maraviglia
;
Come
se cosa strana uom vi racconte
,
Voi
mi guardate con rugose ciglia.
Febo, a cui son tutte l' erbe conte,
Onde
ogni um#n languor rimedio piglia
,*
Per
gli amor tuoi , cangiati in erbe e in fiori,
Fa
testimon
che la mia lingua onori.
Digitizedby GoOgle
56 IL V E N D E M M I J T O R E
CLIX,
E se pur, Febo acceso <K disdegno
Nega di farlo , e di profan m' accusa
,
Che ai cominciar
dell'opra, onde al fin veglio,
N
lui
vuoisi
onorar, n sacra musa;
Purch
vi- venga un Dio pur di se degno
>
Che
sappia la virt nell' erba infusa,
Fai tu
,
Priapo a queste donne
,
e mostra
Quanto ha forza e virt quest'erba nostra.
CLX.
Tu Dio degli orti , vedi , fiuti e palpe
,
Non pur
1'
erbe che crescon
sulla terra
,
Cui n chiuso vallon n rigjd' alpe
,
Uscio o salita il gir mai vieta o serra,
Ma sotto entrando qual coniglio o talpa
Cercbi
quante radici van sotterra.
Poi che tutte le sai
,
quest' una insegna
Onde ciascuna al suo giardin la tegna.
CLXI,
dunque la miglior dell' altre piante
9
O donne mie la menta pargoletta
,
con ragion l' ho posta a tutte innante
f
Com' erba che pi giova e pi diletta.
Questa ciascuna al suo giardin si piante
;
Piante , io vo' dir , che di sua man la metta
f
E nutrimento di sua man le porga ,
-
Perch felice ad ogni tempo sorga.
Digitizedby GoOgle
BEL
T
A N
S 1 LL O.
5j
CIXII.
Domandate
a color, che nelle
scolo
Tormentan
con le verghe i
fanciulletti
,'
J2 sanno il sugo
trar dalle
parole
,
Si come voi dall'
erbe e da'
fioretti.
Quest' erba
che cosi
nomar
si suole
1
,
Digitizedby GoOgle
&
E L FRANCO*
6$
I
V.
O
Polimnfar,
io prego che m'aiti
,
E tu
Minerva il mio stile accompagni
,
Anzi che da se stesso mi si bagni
E eh* io mei meni pi per li miei diti.
Sienmi
i vostri bei numi favoriti
Per far quei fatti gloriosi e magni
,
Ch*
usano far tra loro i buon Compagni
9
E le buone mogliere co' mariti.
v
Oh
! sacra coppia benedetta sia
,
Poich
a gran pena a dir di voi son mosso
,
Ch* io mi sento rizzar la fantasia.
Onde
dal gran furor spinto e percosso
,
Ficcando tutta in voi la vena mia
,
Mi meno e mi dimeno quanto posso,
V.
Credo,
che ciascun
sappia chi mi sia,
E
per non vo farne pi romore :
Bastimi
dir, ch'io sono il donatore
Di
quella sola eccelsa melodia.
E
che (
sola merc dell' opra mia
)
Ogni
animai
congiunto con amore
E
nasce e vive
, ed in un punto muore
,
E. s
medesmo rinnovando cria.
E
se
questo non basta : io son che arreco
Tanta
dolcezza
, che si passa a guazzo
,
Talch
mi si pu dir Domimis teco.
A.
che
farvi
di me pi gran schiamazzo ?
Non
si vede egli chiaro da chi cieco,
Che
'1
mondo saria un cazzo, senza cazzo?
Digitizedby GoOgle
JO
ZA P R 1 A P J
VI.
Chiamami il Dio degli orti tutto il mondo
Merc de' ser Poeti ciurmatori,
Che m' han qui posto per i loro umori
9
Onde a pensarci , io stesso mi confondo.
Ma tanto s' intendessero del tondo
,
Quanto tal cosa han fatta con colori :
Cerchisi pur di dentro
,
e poi di fuori
t
Che questa allegoria non ha mai fondo.
Le ragioni non fatte con le accette-,
Voglion eh' io Dio mi chiami de' palazzi
E non degli orti
,
e son pi dritte e nette
Perch l con puttane e con ragazzi
,
E non qua con i fiori , e con l' erbette
t
Bordelli e sodomie si fan da' cazzi.
VII.
Non vorrei, perch io sia s liberazzo,
Alcun di voi mi pensi lapidare
,
Perch negli orti miei si pu ben fare
Dove non crianza da palazzo.
La potta io chiamo potta , il cazzo cazzo
,
E il culo culo , e questo il vero andare
5
Perch da furbo non si dee parlare
.S con furbi non siamoj, o per sollazzo.
Anzi vi dico che se mai mi tocca
,
Dove fra
donne stassi ragionando,
Lascio al Boccaccio la sua filastrocca
E senza cerimonie
parlando
Appunto come vienimi in sulla bocca
A voi donne da fbttere dimando*
Digitizedby GoOgle
p E L FRANCO.
7]
Vili.
Priapo,
io sia appiccato da ladrone,
Se non mi duole infino alla corata
Di parlar teco tanto alla sboccata
Per esserne tenuto da tristone.
IMta
tu dell' error mio sei la cagione
Perch, mentre ti veggio alla sbragata
,
E forza accomodare ogni parlata
,
^Secondo i gradi , e come le persone.
S'
io mi trovassi in pratica con santi
In chiesa, o 'n cimiterio, o per chiostro,
La corona direi tutta in contanti.
Ma,
trovandomi in mezzo ali
1
orto vostro,
Giusto non eh
1
io vada tanto avanti
,
Che ha a fare il cazzo con il Pater nostro?
I X.
Alcun dir, Priapo che vuol dire,
Che non tieni il tuo cazzo pi ristretto
,
, Che a tutti vuoi bandirlo per perfetto
,
E par che ognun minacci di ferire ?
A
cui rispnder senza mentire
,
Che questo non tenerlo nel brachetto
Si fa , tal che le donne buon concetto
Haggiano sempre d' ogni mio servire.
Perch come si vede a tutte l' ore
,
Mostra pur alle donne ingegno e mente
,
t
Mostra pur di servirle con amore.
Mostrati quanto vuoi pi riverente,
Mostrale infino all' anima col core
,
So non le mostri il cazzo
?
non fai niente.
Digitizedby GoOgle
JZ
ZA P R I A P E X
X.
Ha Giove per
insegna la saetta,
E Marte eh
1
soldato alla bravazza
Ha la
squarcina a lato e la corazza,
Ed un
bravo
pennacchio alla berretta.
Diana,
che
non ebbe mai la stretta,
E
Pallas, eh' pi
savia che
pazza,
Han
le
zagaglie , ed Ercole ha la mazza
9
Che
gli serve per
spada e per accetta.
Cupido si
conosce eh'
pennuto
,
Ed
Esculapio,
perch' ha
1'
orinale
,
E cosi
Bacco all'
essere cornuto.
Per
dicano
un poco le cicale
In
che maniera i' sarei conosciuto
,
Se 1 cazzo non
mostrassi per segnale?
X
I.
Per
conoscere
Polo e la sua corte
,
Pongasi
mente,
che l' ipocrisia,
E
con
l'
ambizion ,
la sodomia
E
l'
avarizia
ha
sempre in sulle porte.
Per
conoscere
Carlo
,
alle sue scorte
Guardisi
poi
,
perch
gli fan la via
La
vanagloria
con
la tirannia
Che ha per
insegna
le mascelle torte.
Per
conoscere
un
Prencipe
notato
Vedasi al
contrasegno,
ov' il suo
Dio
E l'
ignoranza,
eh' egli ha sempre a lato.
Per
conoscer
all'
ultimo
,
com'
io
Son
Dio
degli
orti , all' essere sbragato
Gi
vel
mostra
scoperto il cazzo
mio.
Digitizedby GoOgle
Z> E Z
FRANCO.
y$
X I I.
Debbo parer la morte
a chi
mi
vede
Con questa falce in
mano,
on<T
ogni
putto,
Cbe a parte
a parte
va
guardando
il
tutto
Mi fugge in fretta,
ed
hammi
poca
fede.
Deh
!
brigate, per Dio,
fermate
il piede,
Perch a provarlo,
assai
pi
dolce
il
frutto
Ch altri non
stima,
e poi
cotanto
brutto
Il diavolo
non
, come si
crede.
In somma ognun mi
fugge,
e
senza
posa,
Stimando
,
che
vedendomi
bravazzo
Sia la pratica
mia
pericolosa.
Ma se parlar si deve,
e non da
pazzo
N' hau ben
ragione
,
perch
nulla
cosa
Mena a morir
pi
gli
uomini
che
'1
cazzo.
Xlii.
'
Deh !
donne
,
ove ne
gite
con
furore
,
Come se dalla
biscia
foste
morse,
Sendo per l'
orto mio
poco
trascorse,
Non avendoci
colto
appena
un
fiore?
Che
cosa vi d mai
tanto
terrore?
Le tigri
,
o pur le
lionesse,
o
l'orse,
Overo il cazzo
mio
parvi
egli
forse
Il naso dell'
Eanazio
al
colore?
Or
se questo vi fa la
vista
schiva
Voi sete
fuor
i
tutte le
ragioni
A desiar
vaghezza
in
una
piva.
Perch
tai cazzi
son
, come i
meloni;
Che quei che
pajon
vaghi
in
prospettiva
Mai per
dritta
ragion
non
escon
buoni.
Digitizedby GoOgle
PercV io sa vecchio , come pu mostrare
Canuto il capo con la barba
riccia
r
Grinza la pelle , squallida, ed arsiccia;
t)onne non sono io Di3 da dispregiare.
Ch' io ho sempre bragia da poter scaldare
(
Il forno , donde il fuoco vi s' impiccia
\
E dandovi tre scosse alla pelliccia
y
Mandarvi con i bufali a cacare.
Io sempre son un cazzo , e quello istesso :
Venite pur con animo ben franco
N per questo mettianla in compromesso.
Guardate al porro , eh' egli poco manco
Come son io : pr non vedete in esso
Yerde
la coda, bench il capo
bianco?
*V.
Donne, quanto pi grido, pi (uggite :
Maledetto sia il Papa
t
e
'1
suo camauro
4
Pajoyi forse un Indiano o un Mauro,
O che le botte mie sieno ferite ?
Se a' poeti crepasseno le vite
,
Satiro non son io , n son centauro
*
N son mezz
1
uomo , e la met di tauro
)
S le fattezze ho
gi
tutte seguite.
N chimera son io tanto difforme,
S'
egli pur vero quel che se ne crede
Ch' ella tre capi avesse e di tre torme.
Un capo ho solo , come pur si vede
,
E yoi non mi vedete si conforme
,
Ch' io sono un cazz dalla testa al
piede?
Digitizedby GoOgle
DEL FRANCO.
j5
XVI.
Donne , voi che cotanto avete a caro
Gir d' un orto in un
altro , e fuor di via
,
Pensate forse andare ov'io non sia
Perch il fuggirmi gi vi sia riparo?
Qual' quell' orto che non sia mio -, chiaro
Dov' io non aggia la podesteria
Potrebbemisi dir che non fa mia
La Mergellina eh' ebbe il Sannazaro?
Voi v' ingannate , eh* ho per \utto impero
^
E posso in tutti gli orti, chi c'inciampa
Castigar col mio solito mistiero.
Nudo e sbragato , e rosso come vampa
Son pure in ogni loco : Questo vero
,
Che tutti i cazzi non son d'una stampa.
XVII.
Donne, la legge vuole e la natura,
Che ciascuna di voi mi sia cortese
P'
un bacio almanco
,
poich per le chiese
Baciate fino a i legni con le mura.
V onor del mondo non vi dia paura
,
Cfye
un bacio non pregiudica all' arnese
;
E se viver vogliamo alla francese
,
Bocca baciata non perde "ventura.
Ma, poich non volete questo invito,
Andate pur, eh' io non vi vo' invitare
,
Anzi d' averlo detto son pentito.
Perocch quel non fottere e baciare
,
Ad un eh' aggia grandissimo appetito
A punto come il bere e non
mangiare*
Digitizedby GoOgle
j6
LA P R I A P E A
XVIII.
Entra su , donna , tu che stai pensosa
Poich si presso V uscio se' venuta :
Entra , e non farmi innanzi la cigliuta,
Che delie gravit n'ho piene l'uosa.
Cotesta tua finzione dispettosa
,
E appunto dentro al culo mi starnuta :
Non s' ha da far duello , n disputa,
Ma tosto o dentro o fuora , a quella cosa.
Credi col tuo contegno che sai fare
,
Perch rizzato, e 'n furia mi vedi,
Che ovunque vai ti debba seguitare ?
Gli error ben grosso , s ci pensi o credi
,
Che se la potta mi vuoi mai prestare
,
T' forza , figlia , di prestarmi i piedi.
XIX.
Donne
,
credo che agli occhi mi vedete
,
Quanto mi fate stomaco e dispetti
Con gli occhi da pinzochere e bassetti
'
E so fotter a dritto ed a mancino.
XXXV.
Papa
,
per la presente ti saluto
,
E ti mando di ruche due cestelle
Di quelle tenerelle tenerelle
,
Di che pi volte gi ti sei pasciuto.
N senza gran proposito ho voluto
Mandarti di quest'erbe, come quelle
Che son parenti delie pempinelle,
E fanno il cazzo tisico e nerbuto.
Che il dover vuole
(
e gi non peccato
)
Che tutti ci dobbiamo ricordare
Del cazzo per averlo sempre a lato.
E
che cosa i Pontefici han da fare.
Quando
il collegio loro fenato
,
S non,
mangiare e bere, e buggerare?
Digitizedby GoOgle
J> E L F
RJ N C O.
85
XXXVI.
Papa
,
per aver io fresca
npvella
Che sei malato, e
peggio non puoi stare
f
Ed a niun modo ti si
pu stagnare
Il flusso d'una brava
cacarella.
Perch so
,
che vorreste
almanco eh' ella
Facesse tosto quel che n'ha da fare,
Non avendo altro in orto da mandare
,
Ti mando questa poca mercorella.
Per l' accetta , e fattene servire
,
Che certo certo non ne puoi far senza,
Se del tuo mal hai voglia di
guarire.
Perch cacando senza riverenza
Potrai spedirti
, ed in un tratto dire
Qr. io n' incaco i medici in Fiorenza.
XXXVI I.
Papa,
per saper
9
io che logoriate
A>ei libbre di bambagio nel cacare
9
Che per volervi molto ben fregare
Non ce ne basterebbe la metate.
Vi
mando della menta , acci possiate
Cotesto buon bambagio risparmiare,
E ch'I buco dovendovi nettare
Pi .tosto con quest'erba vel
nettiate.
E per Dio
,
qualunque uomo ben
commenta
La vostra complessione , non bene
,
N medico si trova che'l consenta.
Che
,
come a vecchio
, meglio vi
conviene
Girvi forbendo il culo con la menta
,
Che torvi del bambagio delle rene.
Digitizedby GoOgle
8tf bj Pirrjpa*
Priapo, sendo gi come si vede
^
Il'F&pa cortesissimo in donare,
Volendo idoni tuoi rimuneravo
Queste gran preininenee ti* concede*
Che possi il capo mettere ed'il piede
In ogni' luogo ove ti puoi cacciare,
delie Suore posai' rare e sfare,
Senza guardar gli anelli' delta fede*
E ti concede per pi' gran' favore
(
Poich
1
il cazzo non' guardfe et
patentato)
)
Chcracci pur come ti dice ili core.
Purch in un modo*sia
1
ciascun trattato
y
tanfo il giusto quanto il* peccatore
f
che* Mi meni , e che *xm* ai peccato.
Giovane, anzi che il tempo- se ne <n$ra,
Datti dfc al buon tempo e et soiEaaatef
pur che ti sia a core, no* guardare
Ove si trota Sodoma e Gomorra.
Non far disegno che- Pnmotr concorra
Per volerlo iti un tratto poi sborrare
,
Che quella cosa simile al pisciare,
Dov t'abbatti; l ti slaccia e aborra
Non guardar,
come
goardano i corrivi
Ch'ella t
1
aia , e tu le sei cognato,
t
Ma ficca pure, e dove arrivi arrivi.
se hai poi tema che non sia peccato,
Mancano per li morti e per li vivi
I giubilei duemila al ducato?
Digitizedby GoOgle
.tea...
Vuol*sser*Carlo che*
non^a,
ficcato
IL coar<la< cognata per a tratto :
E che*aggia* idei Sanese, , idest.deli inatto
Chi pu^oonntrci e non le- dounae dilato.
Ed io proprio in un codicela trovato
Gbe si pu fare, ,<ima coniquesto, patto
>
Che iL capo 'di' Se cazzo ,.
appressati fatto
Sia co Vfl^>e^#5 embitof lavato.
peri Dio, .glie pazzia ben manifesta
,
Quando possiamoprenderetdolcezaa
A non abrogarci ^e* venderci l&veeta.
Perch i cazzi non portano cavezza,
E.non avendo pi ehetimrt>cchQ*rtteafta
Guardar
noii ponno ad gnieolt^ldtzaa.
Lasciamo pur. andar le* sottigliezze,
,
Bendilo fra no*i tengano*
peccati,
E fcttimenti mezzi^christianati
II ficca le Giudee reca{dolcezze.
Perocch
avendo le lo^ potte? avvezze
Cmquei ca&zettit attornia scorticati
,
Dandosi con cazzoni.impennacchiati
,
. Borz
?
, <?he e' intrairengano carezze.
Alcun
dir che si^pu* tpsaidura
Incanirsi
il
Cristian oon la Giudea,
Che la giustizia glitfa^a paura.
Questo henverjrtnaoionsaiinonn&i&staeaf
Chevperntende! la aera scrittura
,
.Bisogna
prunai aseiLla> lingua ebrea?
Digitizedby GoOgle
88 ZA PR1APEA
XLII,
Gran cosa
'1
cazzo , se 'lvogliam guardare,
Che non ha piedi
^
ed entra ed esce fuore
y
Ch' disarmato ed ha cos gran core
,
Che non ha taglio , e puote insanguinare.
Gran cosa poi , e gran miracol pare
,
Ch' senza orecchi e sente ogni rumore,
Che non ha naso e piacegli l'odore
,
Che non ha occhi, e vede dove andare*
Gran cosa , e ben da croniche e da annali
,
Che non ha mani e cerca di ferire
,
Che non ha gambe e vuole gli stivali.
Ma cosa pi mirabile a sentire
,
Ch'entrando in corpo a furie infernali,
sano e salvo se ne sappia uscire.
XIIII.
Il cazzo e'1 culo, con la potta ancora
Godon gran privilegi e grandi onori
Che chi vuol far vergogna e disfavori
Subito a i nomi lor ricorre allora
5
Ed io per un, se collera m'accora
Dir soglio
^
cazzo in culo a Imperadori
,
A Conti, a Duchi, a Principi, a Signori,
A quel becco che gli ama e che gli adora
Anzi s pi mi sono stuzzicati
I grilli ch'ho nel capo , a dire il vero
Ricorro pure a quei proverbj usati.
Potta
di san Francesco e di san Piero
,
Io ho nei culo
i Vescovi e gli Abbati
Diami del naso al culo il Papa,
'1
Clero.
Digitizedby GoOgle
XXIV.
Certi asinacci
,
ch'han
dell'asinelio
(
forza, eh
1
io lor
faccia
questo
onore)
Credousi
fare al cazzo
un
disfavore
,
E pensali,
dare al culo
un gran
martello,
Quando con.
questo parlano
e con
quello
%
Ed alla
prima gli
sguainan
fuore
Quel
gran
viso di cazzo
Imperadore
p
Quel
gran viso di
culo suo
fratello.
Oh
ceffi
veramente di
cojoni
,
Cme
ingrassate infino agli
stivali
A mettervi
le fibbie
ed i
bottoni.
E non sapete
bufali
cignali
,
Che i
cazzi a' giorni
nostri
son
baroni,
E che i
culi son'
oggi
Cardinali.
X
IV.
Dicesi
,
che
colui che ha
grande il
naso
Di
ragione
have il cazzo
sino al cielo
,
E mos
tacchito a guisa di
camelo
Se'l
mal
di Francia
gi non
glie ne ha
raso.
Ed
questo
proverbio si spaso
Che
le
donne V han tutte per
vangelo
,
E
quando
error ci
trovano
d'un
pelo
Tengono
allor
che sia
disastro
o caso.
Ma
l'Aretino
,
che
degli
approvati
,
Se ben
non ha n
lettra
n
lettiera,
N
sa
di dotti n
d'addottorati,
Fa
sacramenti
,
e dice a
buona
ciera
,
Che in
pi di
mille
cazzi
che
ha
provati,
Non
trova
questa
regola
per
vera.
a
Digitizedby GoOgle
90
ZJPRIJ P EJ
.
XI
V
14
Vuole alcun , che'l cazzetto piccinino
Piaccia alla donna, pur che sia saccente.
sappia con destrezza e finamente
Pregar la spazzatura del camino.
Dice altri, ch'ella il vuole cavallino
>
che in grossezza non gli manchi niente
,
sia
terribilissimo e possente
Pi eh' oggi in Roma il cazzo d'Antonino*
E tal lingua che chiacchiera e cicala,
Ch' ella noi voglia se non s forte
y
Che faccia di due camere una sala.
Ma le son baje e ciancie poco accorte
,
Che o grossi o corti o lunghi come
scala
Aman le donne cazzi d'ogni sorte
XITII.
Suol oggi dire ogni parabolano
,
Che vende le parole a poche spese
y
Quel bel proverbio : potta Ferrarese
f
Cui Bolognese , e cazzo Mantovano
Ma simil motto mi par forte strano,
>
E nascer ne potrfa, ch'ogni paese
,
Ridendo ne verrebbe alle contese
,
Ed
a beli' agio poi giuocar di mano.
Ben abbia Roma santa, e chi l'adora,
Perch siccome in ogni cosa dotta,
Di questa opinione molto fuora.
Ma
di simile baja non
borbotta
,
E per mostrarlo
parimente onora
Ogni culo, ogni cazzo,
ed ogni potta*
Digitizedby GoOgle
DEL F RjiNCsO. ^l
X1YIII.
Fatevi
in dietro'^ e non sia chi mi tocchi,
Io dico a voi puttacci, che non sete
Suoni per me, n in gambe vi tenete
Ed a gran pena avete aperti gli occhi.
Qui non pasto che da voi Rimbocchi,
-
Qui non succhio dalla vostra sete
,
Perch il mio cazzo come voi vedete
Materia da coturni e non da socchi.
Tutti son beiproverbj naturali
Quegli d' Erasmo , e son sentenze dotte
f
Ma questi sono de' suoi principali.
Secondo le fiscelle , le ricotte
,
secondo le gambe, gli stivali.
Secondo i cazzi , i culi con le potte,
XLIX.
Se
Virgilio ed Omero avessin visto
Il bravo cazzo mio , dir i' potrei
,
Che a questi nostri giorni mi vedrei
Fra quanti cazzi sono il manco tristo.
Ma
ch'essi col lor stile eccelso e misto
M'avesser posto fra gli Semidei
Ancora eh' io non tenga da Giudei
Creder non mei farebbe il Papalisto.
Che non
avrebbon fatto da discreti
,
Spender in lode mia quattro versassi}
Uscendo da i soggetti consueti
Anzi,
stati sarebbono gran pazzi
,
Per
esser capitani de' poeti,
Lasciar i culi per lodare i cazzi.
Digitizedby GoOgle
9*
-ZJPRIAPBJt
X.
Chi vuol veder quantunque pu natura
'1
ciel fra noi , non pu veder mai cosa
Di questo cazzo pi miracolosa,
N pi fatta a compasso ed a misura*
La pietra , che a spezzare tanto dura
Con lui ci perderebbe fin all'uosa,
E se ben la sua chierica gli tosa
,
Saria bastante a rompere le mura.
Non mi diciate, ch'io sia Cerretano
,
N che mi faccia bravo alla scodella
,
N che sappia stracciarla di lontano.
Favola non questa n novella :
Eccomi qui con la mia robba in mano,
E chi noi crede , venghi egli a vedella.
X I.
Direte o donne , ch'io v ben bravando
Con le millanterie da spadaccione
,
E che s'io mi mettessi al paragone
,
Questo mio cazzo non fara l' Orlando.
A questa cosa io non v replicando,
Anzi vi cedo , e vi d gran ragione.
Ma i sarti mai non fanno buon giubbone
9
Se un poco largo non lo van tagliando.
Nella sua casa ognuno pu bravare;
E chi non sa, che non lancia franca,
Ch'ai vostro arnese possa contrastare?
Basta,
che quel ch'io tengo non vi manca,
Che volete da me pi, donne care?
Lo spirto pronto , ma la carne stanca.
Digitizedby GoOgle
X> JB JC PRJNCO.
<)3
Priapo, se Dio sei, come si crede,
Altro ci vuol che starti comparendo
In piazza.
da bell'uomo, e gir ordendo
Haie e
xninaccie, ed uccellarle prede.
Bisogna, a.
chi t'invoca far mercede,
N
dargli
per risposta, i'non t'intendo,
Ed esser
n
miracoli
stupendo
Perch
la
gente t'abbia qualche fede.
Non dico
9
che sott'acqua e sotto vento
,
E per
arte
e per
parte debbi andare
Fino
alla
noce fuor di Benevento.
Mp
sol
per
\m miracolo
mostrare
Che
1' Aretino lasci i
settecento,
E si
debba
d'un
cazzo
contentare.
XIII.
Priapo ^
tu.
che hai
pratica si antica
Con
1' Aretino, e gli vai sempre in drieto,
Che
se
per sorte viene a trar un peto
,
S*
egli
crepasse
forza che tei dica.
vero ,
eh'
si tristo, che s'intrica
Con
i
facchini? e che poco discreto?
E
eh'
Le
genti, che non credono al
rumore,
Dalla
tua bocca le vorrian
papere.
Perch
sai l'Aretino
dentro e fuore,
Ed
a te pi
che ad altri fa vedere
Tutte
Finteriori
fino al cuore.
Digitizedby GoOgle
<j4
**
FRUPM4
'
XIV.
Donne
,
per non avere
ingiuria e scorno*
Di notte non
venghiate
al mio rictto
-
se da me volete
qualche
affetto
Veniteci di bello
mezzo
giorno.
Tal che vi possa ben
spiare
U
forno
E
vedervi
sbragate
infino
al petto
,
Che il mal di Francia, a
quel che me n' detto
Ha gran faccende,
e va per tutto attorno,
Tanto cLe n'
infettato
il
paradiso
,
11 che
m'ha fatto
timido
e restio
,
Se sottilmente non vi
squadro il viso-
Perche
,
piutosto
accetterei
per Dio, '
Vedermi Catelano
circonciso
,
Che vedermi Francese
il cazzo
mio.
IV.
Le prime donne , che verran
di notte
Apormi le mie fave
tutte a
sacco
,
E guasto ne faranno e
grande ammacco
y
Stracciandole
co'denji e crude e cotte.
Io fo preghiera a Dio , che le lor potye
Abbian bisogno
di portare
il ciacco
,
12 ch'ogni stecco
d'asino
e di bracco
Lor dia per
ordinario
due
botte.
E 1 primo uomo,
che sar si
altiero,
he penser trattarmi
da
forlano
In rubarmi un susino,
un
fico, un pero*
Io fo preghiera a Dio che
incappi
in mano
Allora allora di quel
cavalero, (1)
Che ruppe il culo al Vescovo
di Fano.
(i)Pier Luigi daFarnese,
figliuolo
diPaolo
III; Vedici che ne dice
Benedetto
Uarckinelf
istoria
fiorentina,
pagina
63$
,
edizione di Co
Digitizedby GoOgle
1*X Z FKJt N CO.
95
IVI.
T>a
tutti i ladri augelli , m' assicura
La falce , e la mia verga mascolina
,
Salto che da quest'aquila rampina
Ch.e degli obbrobrj suoi tien poca cura.
Vanne
ria fera in qualche sepoltura
A.
sbramar i tuoi artigli da rapina
"Tu
,
degli* augelli nla gran regina,
Tu non sei gi , ma mostro di natura.
Poich
malgrado di chi pi t' onora
Per poter con due bocche divorare
Digitizedby GoOgle
IXYI I I.
Donne
,
quasi lo spirto m'indovina
Perch
,
per scarpa che non sia tagliata
La pi calzante cosa non si trova.
Creder non devi ch'io ti faccia scorno
A darti per unguento di stivali
,
Di quello che si vende tutto il giorno.
Che di
questa non hanno gli speziali,
Ed
di quella lavorata al torno
t
Che fanno di lor mano i Cardinali*
LXXXII.
Vorrei che m* insegnaste , o voi Pedanti
,
Per esser l'arte vostra l' insegnare,
un dubbio mi toglieste da pensare,
Ch' anch' io sarei de' vostri dozzinanti.
Perocch ne rinnego tutti i Santi,
Per non saperla causa che
'1
fa farej
Che i putti voi volendo castigare
,
Sul culo gli battiate tutti quanti.
Panni faccenda a sofferirsi dura
,
Che dobbiate purgare il mal umore
Sulle chiappine
d'una creatura.
Or, poffardio
5
che vi comporti il core
Di dare una s spessa battitura
Al culo, a cui portate
tanto amore?
Digitizedby GoOgle
BEL FRANC.
10<J
r x xx in.
A te Giove
,
Dodona consecrata.
Giunone in Samo vedesi adorare.
Ha di Tenaro l' onde il Dio del mare.
Ed a Vulcano Lenno stata data.
Enna per la Dea Cerere beata :
In Pafo e in Gnido Venere have altare.
Il Sole ancora in Rhodi avea che fare
,
Ma Solimano al Sole V ha levata.
A me voglion, che Lampsaco sia sola
La terra che m'accenda incensi e fuoco
,
Ma mentono i Poeti per la gola
,
Ch'io per tutto ho che fare , o molto o poco
,
N questa mia glie favola da scola
,
E
che fia ver, si chiava in ogni loco,
x xxxi y.
Poeti , ors Poeti
9
a
voi dich' io
,
A questo poco lauro eh' rimasto
Vegniate , e laureatevi V imbasto
,
E so che non avete altro disio.
Certo per compiacere a quel gran Dio
Ch' di voi Sire sacro , e padre
casto
f
Vo' che ve ne saziate a tutto pasto
N ce ne resti fronde alP orto mio.
Voglio cotesta scusa farvi vana,
E torvi tante vostre occasioni
Di non venire a farmi la pavana
(1).
Perch voi siete cos buon mastroni
(2)
Che nel fare il bersaglio alla quintana
Noi altri cazzi stiamo da cojoni.
(1)
Paura.
(2)
Legno
j
ovvero uomo di legno ,
ove van-
no aferire i
giostratori che tirano
al bersaglio.
Digitizedby GoOgle
110 LJ P RI A TE J
LXXXV.
Almanco, voi Poeti
,
poich siete
Ricchi di versi e di madrigaletti,
Visitar mi dovreste con sonetti
,
E con la robba che in bottega avete.
Stommi qui solo, come mi vedete,
*
Privo di tutti i soliti diletti.
N perch'io guardi, ed alla posta aspetti
y
Posso un augello prender alle rete.
Voi Dio m' avete fatto in Ellesponto,
E m'avete le vittime sacrate
,
Ed or mostrate farne poco conto.
N credo che di me vi ricordiate
Se mi vedete, o se con voi m'affronto
f
N manco forse quando buggerate.
LXXXVI.
Poich i Poeti vengono a squadrone
Nel mio giardin, con tanta carestia
D'un' oda e d'una ciancia d'elegia,
N degnerien di darmene un boccone*
Io prego Dio , che vadano in sajone
(1)
Finch son vivi , e nudi in ogni via
,
Ed in far rime e versi ciascun sia
Da manco di Pr Biagio , e di Sperone.
Abbiano ed essi e i lor, di mano in mano
f
Il mal francioso come il Dragonzino
,
E
poi le gotte come il Bevazzano.
Sieno pi becchi che non Crispino
,
Al doppio pi furfanti del Fogliano,
(2)
E pi bardasse di Pietro Aretino.
(
1
)
Aumentativo di sajo.
(
2
)
Autori cogniti che vivevano nel XVI*
secolo*
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DEI F R J N C 0> 111
ixxxyn.
Possente Dio, al cui sacrato nume
Fumano in Ellesponto mille altari
,
E mille lampe ne
9
d foschi e chiari
Alle reliquie tue fan sempre lume.
S
y
come , d'anno in anno, han per costume,
Cos pur ora con le voglie pari
Qui spargono al tuo nome i pastor cari
,
Di fiori un nembo , e poi di latte un fiume.
1
9
perch paia il sacrificio bello
,
E s' approvi il valor dell' ostia intera
Col testimon del sangue e del coltello
,
Saltan d'intorno, e alfin con voce altiera
Mattan
(1)
d'Arezzo il publico
asinelio
Come degli onor tuoi vittima
vera.
LXXXYI II.
Siate
pur certi, eh' io mi mordo il dito
Per voi , Poeti , tante me ne fate
,
Che in sacrificio gli asini mi date
Credendovi di farmi un bello invito.
E
9
perch il dono sia tutto fornito
,
I)i latte e di vin caldo mi spruzzate
E con mele ammassato e con schiacciate (a)
Volete intrattenermi l'appetito.
Ite
in malora
,
pecore bestiazze,
Ite vi dico vivi ad annegare
,
Che al mondo non ne pajano mai razze.
Che se volete il cazzo mio onorare
,
Latte non mi rechiate n focazze
,
Ma datemi in malora da chiavare.
(1)
Mattan;
sacrificano : dal verbo latino;
jnactare.
(2)
Focaccie.
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112 Z A P R I J P E ji
L XXX IX.
Priapo, io son l'Arsiccio rrintronato (i),
nell'intronataggine il maggiore,
Ch'oggi per farti un profumato onore
Un mio libbrett in dono t' ho recato
Qui sono tutti i cazzi d'ogni stato,
Cazzi da poco , e cazzi di valore
,
Cazzi da donne vedove , e da Suore,
Cazzi da Granmaestro , e da Prelato.
Cazzi da non toccar se non co' guanti
,
Cazzi da donna quando si marita
,
E cazzi scarsi , e cazzi traboccanti*
E per far la Cazzaria ben fornita
Vi sono i cazzi
a millioni , e quanti
Pietro Aretino n' ha provati in vita.
X C.
Priapo, questo picciolo libretto
Pietro Aretin ti manda a presentare
,
Dove son tutti i modi del chiavare
,
E ciascun modo mostra il suo sonetto.
A te sta dunque, per averti eletto
Giudice in questo, che, secondo appare
Per le figure , cos vogli oprare
ad uno ad uno mettergli in effetto.
Dir non si pu, che tu provati g' hai,
N che altro autor ne parli si ritrova
,
N che Elefantis ne scrivesse mai.
Per informarti s'ella cosa nuova,
Per tutto disegnata
ci vedrai
La sua sorella che ne fa la prova.
(
1
)
Antonio Vignali diBuonagiunta, Sanese,
e V institutore dell' accademia degl* Intronati
di Siena
,
che Vautore del libro oscenissimo
la Cazzaria che il
Franco ne parla al verso 12.
di onesto
sonetto.
Digitizedby GoOgle
JDJEX F KA N CO.
1x3'
X G I.
Priapo
,
non bisogna replicarti
S'io son sorella di Pietro Aretino,
Che non foglia in questo tuo giardino,
Che' Tesser mio non possa palesarti.
Io son velluta s per visitarti,
Si perch'io non vorrei che alcun meschino
In capo ti cacciasse il moscarino (i)
Ch'io pensassi in mia vita abbandonarti.
Io son
pur vostra, ed ogni mia speranza
In te consiste , e t' ho per caro amico
Nel
resto della vita che m'avanza.
Edi nuovo
affermando quel ch'io dico,
T' offro tutti i buchi della stanza,
Cui
,
potta
,
bocca
,
orecchi , ed
ombellico.*
X C I I.
Iia lode dell' anguille , come eterna
Memoria del bel luogo dove stai , . . : ,
lieto
il dn raccogli e desioso.
Entro
9
1 tuo
seno si rimanga ascso
1
Finch
per ogni frutto che ne spando
y
Io
mille
ne raccolga, n sia quando
Guard
gli scemi a' occhio malioso.
Picciole
o
grandi eh
1
io
spargendo vada
N
tutte
uguali,
e
del valor pi noto
Com*
al
desir , ed alla mano aggrada
,
Sia
ciascheduna
il grembo tuo divoto,
Ohe
per rendersi colmo in ogni strada
Tutte
Ben buone per empirne il vto
CI V.
L'
ortolano
Aretin, che fissa e intenta
Ha
tutta nel piantar la nobil cura
>
per
dar all' erba sua ferma verdura
Par
che dica a tutt' ore e non sen penta.
Verdeggi
,
prego
,
o del
?
la cara menta
|
E
nel
d cresca e nella
notte oscura
,
N
4i gelo unqua oltraggio , n d' arsura
-
Oistemprato vapor fia ch'ella sen^a.
Da
lei
sia
lunge ogni contraria froda
I>i
maligno furor
^
n. tarlo ascoso
Nella
radice l
trafigga o roda.
Si
,
che
lieto
di lei viva e giojoso
,
E
i
suoi bei frutti in ogni tempo goda
Neil
1
asciutto non men che nel piovoso.
Digitizedby GoOgle
120
LA P R I A P E A
C V.
Oh me beato, dice il d sovente
L'ortolano Aretin , che s bell'orto
Ebbi dal cielo, ond'ogni mio conforto
Ed la
Cosa a tale
,
che sert?.* elio
Si tiene
il matrimonio schernito.
E
Credonsi
,
che giunti a tal partito
l.
Corna
temer non possano o bordello
>
E che
la fede lor consista in quello
'
m
Posto
alle donne un cerchio d'oro al dito.
Ma
ben. son
matti , e bestie da stalle
)
Irrazionali pi delle formiche
Nel
peso che si mettono alle spalle
Cheper
far che le sian fedeli amiche
Dovrebbono
trattarle da cavalle
>
E
metter lor gli anelli nelle fiche
CXX3tVl.
"
Dir
qualche cacozzo pauroso
,
Priapo
,
guarda ben quel che hi fai
.
Guarda
,
che con le donne pfesa
1*
hai
Onde
ti sar forza star ascoso.
Parla
modesto
,
e non da colleroso
y
Non
dar delle fiancate come dai t
Che
ci facendo certo non yrai
Con
donna
,
chi si sia
,
pace o riposo
|
O
giornezze
,
e ben di quelle antiche
,
Temete
forse eh' io le donne ammali
,
O
per ci me le renda per nmche
?
Questo
non v* pur chiaro pecorazzi
>
Che
nulla cosa fa le donne amiche
9
Se
non
le botte che lor danno i
cai iti ?
Digitizedby GoOgle
l36" ZA P R I A P E A
cxxxy 1 1.
Or ecco autunno
,
Dio ne sia laudato
,
E
g
1
orti miei faranno un bel festone
f
E a' ogni frutto avr munizione.
Ma che ? si parte tosto eh' arrivato.
Onde da' putti sar poi lasciato
,
Come si spoglia al tutto la stagione
,
E gli arboscelli restano in giubbone
,
S
7
eh' io da un cazzo rester piantato.
Pur mi consolo
,
e poco me ne duole
,
Per esser fatto il mondo d' un lavoro
,
Che gira a tondo come il tempo vuole.
La luna or d' argento
,
ed ora d' oro
,
Ed nel cielo : Ma che pi parole
,
Se hanno le potte ancora il tempo loro ?
cxxxyin.
Donne mie care
,
agi' occhi lividetti
Conosco
,
che v giunto il vostro mese
9
E la venuta di messer marchese
y
Vi mette in guazzabuglio i canaletti.
Per bisogna a forza di confetti
E di vernaccia starvi in buone spese
,
Ogn' opra usando acciocch
'1
vostro
arnese
Quanto pi sia possibile
,
si netti.
E se nelP orto mio venute siete
Per coglier erbe
,
e poi per farne
stracci
E cavarvi la voglia che tenete
,
Ruta e serpillo avrete senza impacci
,
L' erba mia non
,
che come voi sapete
La menta mai non entra in sanguinacci.
Digitizedby GoOgle
DI** *4VCQ.
\$J
Vale alle, donne appunto un
mondo d'
ora
Quel lor marchese
,
che se sverginato
Sono da prima
,
e poi son
maritato
La prima notte le
ne fa ristoro;
E poi trovandosi eise
in concistoro
jy innamorati , s
7
hanno
volontate
Che lor siano le chiappe
stuzzicate
,
.Trovano scusa eh' hanno
il tempo loro.
Dunque hanno il torto
,
n io potrJa
scusaci*
Tanto quanto potria con
ragion
vera
La loro ingratitudine
,
accusarle.
Perocch non dovrlano in tal
maniera
Quando il
marchesa degna
visitarle
,
Cangiaci in
vfsta
,
e
fargli
ferula
Pfr^
t
CXI,
Pelate i pettignQrii
a vostra
posta
,
-
.*
Dpnne
,
che tutto
'1
tempo vi
giocate;,
E quanto il pelatojo pi
adoprate
,
Manco
al
radere vostro
si da sosta
Che
g' orti lor non facciano imboschire
Digitizedby GoOgle
2>SZ FRJNCO. l3<>
CXL I I I.
Or
,
fatti pur i ricci o giovanetto
>
E vagli ungendo pur di belzoino
,
Fregagli , dico ben
,
sera e mattino
Con panno grosso
,
ma che sia caldetto.
"Fa che il barbier ci stanchi il suo ferretto
y
E vatti vagheggiando per cammino
,
Ch' alle bardasse
,
come
1'
Aretino
Aggiunge grazia
1'
essere rizzetto.
Spendici
,
dico
,
P anima e gli spirti
,
Perch ben fai : Ma che dirai per Dio
S* una cosa mirabile vu dirti *
Cosi come d' avergli il tuo disio
Negletti ad arte
,
e innanellati ed irti
f
N pi n manco V have il cazzo mio.
C X L I
V.
Vorrei farmi chietino ad ogni via
Per poter con le suore praticare
,
E vender a mio modo e barattare
Il ruffianesmo dell' ipocrisia.
Ma i Chietini non voglion eh
7
io ci sia
,
Con dir che in terra i' non saprei guardare,
E che*il capo son solito d' alzare
,
N mutar posso la natura mia.
O schiume
,
o merde
,
o stronzi di profeti
,
ghiotti ipocritacci in cremesino,
Mille carate falsi pi che i preti.
O ignorantacci pi che
1'
Aretino
f
Ditemi , s' io mi caccio dietro a Chietij
Ad onta vostra non son io
Chietino ?
Digitizedby GoOgle
l4&
*# F RtJ XJ*
CXLY.
/
O sia tu il ben venuto
,
messer Chieti;
Vieni al giardino mio forse per fave?
Se questo vero
,
n' ho delle pi brave
,
E di quelle che piacciono a voi preti.
Ma se coni* Un de' chierici discrti
A me venuto sei per qualche chiave
Per poterti poi chiudere in conclave,
N' ho da servir pontefici e profeti.
Se vuoi saper qualche novella ascosa
Circa r essere vicario di Cristo
,
Dir te ne posso il parafo e la chiosa*
Per quel che gi milP anni se n' visto
y
In quanto a me la non sar gran cosa
L* essere Papa
,
perche sei gran tristo
CXtYl,
In somma i frati fan le brutte cose
Mentre
alle suore vogliono uccellare
,
Ed occhi pur non hanno da guardare
,
Che a messer Cristo chiavano le spose.
Almeno i preti le fan manco esose
Se soglion caricarla alla comare
,
Per esser cosa da pi praticare,
N che tanto la vietano le chiose.
Ond' io direi , se fossi in ci proposto,
Che guai son tutti , e tutti son malanni
9
Ma r un peccato di pi poco costo
Anzi s' io mi trovassi in questi
affanni,
Posto in elezzion , vorrei pi tosto
Star ben eoa Cripto , che con
oa Giovanni.
Digitizedby GoOgle
b t f jij n vo.
141
(JXLVIl.
Saper TOtrei d chi avete imparato
,
V oi reverende suore ed abbadesse
Questo vostro fregarvi fra voi stesse
,
E che Priapo non ci sia chiamato*
Certo
,
leggendo ve l' avr mostrato
Saffo
,
maestra delle poetesse
,
Come ricetta delle sue brachesse
,
Ad onta di Faone innamorato.
Voi
pensate
,
per Dio farmi dispetto
,
E per Dio vi trovate in grand' errore,
N per ci ve ne porto mal concetto
,
Che ci che fate * tengo a gran favore
,
Perch il vostro cotal prender diletto
,
Tutto martel he avete del mio amore.
CXLYHI.
Suore mie care
,
poich tali e tante
Son le strettezze e V incomoditate
,
Per manco male che v' accomodiate
D' un bel pezzo di vetro per amante.
So
ben io
,
che d' acciaio o di diamante
Vi dria pi sicure 1 imbroccate
,
E per far da dovero a culattate
*
Meglio saria la pertica d' un fante.
Chi non ha albergo
,
posisi in sul verde
,
E chi vuol arrivar
,
non torni indietro
,
Perch' altrimenti ogni cammin disperde.
Non pur Petrarca
,
ma
'1
dirla san Pietro,
Che chi vuol bere , e non ha l'auro , o 'Iperde^
Spenga la sete sua con un bel vetro.
Digitizedby GoOgle
CXLIX.
Son tenuti i poeti , favolosi
,
Per voler dir che in ciel anche si fotte
5
E Giove per goder le buone potte
Si mascherava
in mille modi ascosi.
Ma s' io dicessi a questi scrupolosi
,
Ch' anch' io son Giove
,
mi darian le botte
,
E mi direbbon eh' io caccio carotte
Con le bugie della metamorfosi.
Potta di san Martino
,
io n' ho gran sdegno,
Che son tenuto per un cianciatore
Seppur in mano non gli metto il pegno*
10
di carne son fatto a tutte
1'
ore
,
E per questi orti son fatto di legno
,
E di vetro son fatto per le suore:
C L.
tu
che passi , ed hai le marouelle
,
(1)
Avrai fatica se le vuoi sanare
,
1
Che volendone
Ipocrate parlare
,
Non dice cose che sian buone o belle,
E
gi non
seppe
1'
asinazzo eh' elle
Si soglion co'
miei ferri medicare
,
Per non farle a
migliaja
duplicare
,
E fare a concorrenza con
le stelle.
11
signor Cauos
(2) ,
eh' quel
grand' omazzo
Ch' della sinagoga
1'
auditre
Ti pu ben dire s' io parlo
da pazzo.
Perche
provando eh' io gli fo
favore
,
Si sa
1'
oblilo
grande eh'
ave al cazzo
,
Ed
alla
barba deli' Imperadore.
(1)
Scrofole.
(2)
Fumoso
medico Ebreo nel decimo sesto
Secolo
Digitizedby GoOgle
DSL F RA JT Cm l43
CLI,
Recipe;
dramme sei d
7
orpimento,
Jj'x quel che fa le donne
imbellettare
9
E
per crivello lo farai passare
Tanto sottile , che n* incachi
il vento.
Recipe;
di mercurio dramme
cento,
Di quello che fa i frati lambiccare
y
E
fatto il tutto insieme incorporare
Se ne far la massa d' un
unguento.
E
tate
che sia il composito migliore
,
Recipe; sugo quanto si conviene
D' un pomo arancio eh' abbia
mal sapore*
Con
questo impiastro ti ungerai ben bene; '
Io
parlo a te ser cazzo
Imperadore
,
Se ti danno le piattole
(1)
gran pene.
CLII.
Io
1*.
ho con questi medici castroni
,
Ch' alle mie rene quando son
scaldate,
Mai
non sanno dar cose
appropriate
,
S non , recipe
, seme di
meloni.
Tener
la schiena
fresca
,
ed a bocconi
Dormire
,
e aver d' orina ben
sciacquata
Le mie
faccende
,
tutte V ho
provate
,
Ma le son
tutte fole da
ciarloni.
Miglior
rimedio non ci so trovare
A
mandarne
correndo
quell'
umore
,
Che
chiavar
sempre a rischio
di crepare.
N
credo
eh'
Avicenna abbia il migliore
,
E chi s sciocco che vorr
negare
,
; *
(
1}
Piattola
5
per piattone.
Digitizedby GoOgle
t^4 jm
h/^pi
CIIII.
Guarda se son
brigate maledette
I medici
,
e canaglie rinegate,
Che in ogni male , e in ogni infirmitele
f
Fondano
sopra i culi le
ricette.
E
cbi ben guarda a quelle lor
pandette
t
Forse perch
le pesche eli son grate,
Trover
sempre
,
eh' alle
prime date
Non.
pensano
far altro che
borsette.
Io
mi
credea
,
che in quanto a questa
partft
Sol de' prelati si potesse dire
,
4
E nessun altro
g' incantasse
V arte.
Ma
ora il mondo se ne pu
chiarire;
,
E scriversi per cedole e
per carte
,
Che a santo culo ognuno va a ferire
f
Questo arboscello
dall' India portato
Qi' a i mal de' cazzi avanza tutte 1 arti,
Priapo
,
qui vuol oggi consecrartf
II puttanesmo
,
insieme raunato.
N
vuol eh'
all' orto tuo resti piantato
In
una pur
,
ma in ph). di
mille parti;
, E per sappi
molto ben
guardarti
,
Che per disgrazia non ti sia rubbatp.
E perch non e' annasi pur un cane
,
Tienci le guardie intorno
f
e
dentro
e fuora,
.E
con balestre
,
e con ciarabottane.
Talch ne resti la memoria
ognora
,
N mai pensar si possa afle
puttana
|
Ch' al
legno santo (i)
non
si pensi ancora.
ILU-
.. .
:
:
;
(1)
SalsapaHglig,,
Digitizedby GoOgle
JDSX FRJNCO.
Ufi'
CIY.
Sai che ti dico mia signora Inella?
Statti dall' orto mio sempre lontana,
Ch' io pratiche non amo di puttana
,
N per te suona la mia ciaramella
(1)
Va
pur con qualche frate a starti in cella,
E fatti prioressa o guardiana
,
O torna lavanda)a o ruffiana
,
Ch' a me non piacque mai la pelarella.
Non t contenteriano gli asinari
,
Non solamente g' asini e i camelli
,
Voi puttanacce e vacche da vaccari.
H.adre
,
assassine
,
fino a i nove cieli
,
Che non vi basta il sangue co' denari*
Che ne volete torre e i denti e i peli.
CI. TI.
Priapo , io son un povero ed afflitto
,
Ch*ho ben dieci figliuole a maritare,
sol il mezzo tuo mi
pu
ajutare
In far eh' a tutte si procacci il vitto
Per
,
qualora ti venisse a dritto
,
Ne potrai qualche principe accennare*
E al suo piacer volendole affittare
,
Far eh' ogni mese me ne paghi il
fitto*.
So
che questo partito disdira
Se alcun udisse simili parole
,
E n* uscirebbe la vergogna
mia.
Ma
sai che questa cosa far si suole
E oggi i padri fanno mercanzia
Delia verginit di lor figliuole.
~
(0
Chitarra.
^
*9
Digitizedby GoOgle
146
J&^
PRXJPMJ
CLTII.
Di
grazia
troviate
altro ricetto
,
Che de'
miei orti
f
io parlo a voi, donzelle,
Che
siete
fresche
tresche e verginelle
,
N
conoscete
furia di pazzo.
A
me non
piace di sentir schiamazzo
D'
intorno
al vostro rompere dr pelle
#
Ed ho
per
male in queste, bagattelle
La
prima
volta
insanguinarmi il cazzo.
Questi
son
pasti dalP
imperadore
,
i Che non
vuol
potta , s* ella non ita
(*)
E s*
egli prima
non ne coglie
il fiore.
Gitene a lui
>
eh'
via megUo
spedita
,
Che-
seppur vi vitupera I* onore
,
Di l a tre,
giorni almanco vi marita.
CLvm.
Priapo
,
a i
panni
neri e
vedovali
Conoscer
puoi
eh* io sono vedovella
*
E
bench
pa>a in
visto
santarella
,
'
Si fa
per r
indulgenzie
papali.
Appresso
te non
vaglia aitri
sensali
,
Se non la voce
della
mia fevella.
Solo
al mover
eh* io fo <F una
mascella
^
Mi puoi veder F orina
senz
r
occhiali*
Non
ti paja mirabile n strano
>
.
'1
capo in mille capi uscirvi fuora
,
E che col seme in ventre vi moriate*
Batteria certo , se voi foste nate
Meco in un ventre
,
poich questo ancora
E quella pena ria che m' addolora
,
Che le semenze mie mi sien vietate.
Tal seme
(
ahi sorte
)
al mondo seminato
9
Donde escon papi e principi ghiottoni
,
Che saria meglio che non fusse stato.
E tal seme non ha le sue stagioni
,
E tal col vostro perdesi serrato,
Donde potriano uscire i frutti buoni.
C L XXXVI II.
O
bella man che mi distringi il core
?
Perche se tu non fossi, i' creperei :
E per te mi soccorro a i casi miei
Col
menarmel talvolta in quelF ardore.
Per te senz' altrimenti far P amore
Ed impegnarmi a vendermi a giudei,
Ottengo ogni
gran donna eh' io vorrei
9
E fo le
corna al becco imperadore.
Per
te, col mal di Francia non mi guasto
9
E per vera merc delle tue prove
Fo quel bel fatto
,
e son tenuto casto.
Anzi
,
quando di me piet ti move
,
Pasco la mente d' un si nobil pasto,
Che ambrosia e nettar non invidio
a Giove.
21
Digitizedby GoOgle
\6% zj jrijpxj
CLXXXIX.
Ebber i cazzi antichi buona sorte
Con tante ninfe quante aveano allora
j
E con tante Amandriadi in malora
Ch' avrian tolta la foja in una coite.
Ora per me le Driadi son morte
,
E le Nape non yi sono ancora,
Talch m' forza se sborrar vo' fora
Che la mia mano stessa mi conforte*
Per tanto non vorrei , che donna alcuna
Me ne tenesse per un cattivazzo
,
Sendo disgrazia della mia fortuna.
Poich s' alcuna volta io n' ho sollazzo,
Facciol perch non ho se non quest'
una
Via ila sfogare il mio angoscioso cazzo*
ex e.
Non vi maravigliate o spettatori
Vedendo i fatti miei tutti bagnati,
Ch
9
io non mei meno come tanno i
frali
Quando voglian purgare i mali umori.
Questo soverchio che vedete fuori
E stato un sogno
9
e perche dichiarati
Vi siano i fatti miei come son stati,
Veljdico appunto come a
1
confessori.
Parea pur dianzi di sognarmi alato
D' una mia ninfa, e star per una pezza
Fra le sue gambe tutto inviticchiato.
Onde s fatta stata la dolcezza,
Tale il trastullo
meco divisato
,
Che
'1
cazzo mio n'
ha pianto d'allegrezza
Digitizedby GoOgle
nsi. FRJNCO.
l63
C X CI.
Donne
,
saper dovete, eh' acqua rosa
Non
,
perche la pinca ho si bagnata
Ne
acqua di fior d' aranci distillata
Per farla parer forse pi odorosa.
S&a
gli stato un licore ed una cosa,
Che non so dirvi come sia chiamata,
Se non dico eh
9
stata una sborrata
Di quella mia materia viscosa.
Direte
torse , che miglior sana
Empirne qualche forno a madrice
quel
Digitizedby GoOgle
VZ
PCCOLO FRJ2TCO, l6$
vero prencipe , verissimo specchio della libra-
lissima splendidezza
,
nel quale s specchiati
vi
foste , la dapocaggine dell' aver dato ad un solo
f
a quest' ora si scolperebbe dalla virt del saper
dare a tutti. Dona il magnanimo Alfonso a chiun-
que della sua magnanimit fa prova
;
apre le sue
mani il nobile Alfonso a dotti parimente e a vir-
tuosi. Porge
1'
invitto Alfonso a' musici
5
trovano
soccorso nel reale Alfonso i pittori con gli scul-
tori
5
si riparano coli' onorato Alfonso tutti i va-
lorosi guerrieri. Mostra il fedele Alfonso il zelo
della carit sua a' poveri che di piet sian degni
Opra
V
immortale Alfonso ci che possibile
oprarsi da benigno animo
, onde di lui veggiamo
avvenire quel medesimo , che della
previdenza
divina avviene , la quale nel soccorrere alle pian-
te terrene non meno alle sterili che alle fecon-*
de
,
ugualmente comparte le gocciole della ce-
leste sua influenza. N sarebbe il divino Al-
fonso cos chiaro e cotanto splendido, se non imi-
tasse il Sole
,
il quale quei luoghi non illumina:
con
la virt de* suoi raggi
,
che per repugnanza
d' avverso sito non ne vogliono ricevere.
N
sarebbe il gran marchese fuori de' vostri greg-
gi
,
n richiamato nel catalogo degli
eroi
,
se
egli nella guisa d'
ogniuno di voi
,
nell' ozio d*
un principato
,
come nel chiuso
d'
un
porcile
partisse 1
industria de' suoi giorni con le era-
pole
,
con eli stupri , con
1'
estorsioni
s
,
che
non le fatiche della milizia
,
ma le
piume delle
trabacche * non la gloria dell
9
armi
9
ma quella,
23
Digitizedby GoOgle
JQ
ZMTTXRS
<T un
9
ingorda tirannide
,
non i pensieri d' aa*
Sliarsi
1'
onore
,
ma quelli dell
9
imporre a
7
sud-
iti nuovi dazj , fussero i suoi pregi.
Arrossirei dirne pi pel sospetto dell' adular-
gli
,
se il testimonio di quel cbe dico non
fosse
ne' dieci libri della mia voglar istoria in gran
parte tessuta
,
de
4
quali i primi due fra
pochi
giorni si mostreranno sacrati a quel
sacro
Al-
fonso
y
non gi per arricchirci le mie miserie
y
ma per abbellirci le mie fatiche
,
s perche
veg-
ga il suo buon giudizio quel che i buoni e
dotti
ingegni san fare dove appare il merito della
vera
gloria , e l' infamia del giusto biasimo.
Percioo
che i gesti memorabili e i vituperosi fotti
avve*
liuti nell' et mia
, sono i due soggetti dell'
am*
piovolume, ovedi chevaghiornamenti vi
corone*
r il nome
$
1'
effetto vel mostrer,
poich
se non
fusse la larghezza del vostro dare ove
non il
merito, mille chiari spirti sotterrati nel
letame
del disagio non se ne dorrebbero
, n
piangereb-
bero come fanno. N io provocato dall'
arro-
ganza insuperbita del vostro dare
sarei
stato
of-
feso
,
n perci avrei rivolta la penna
a
cose
non
degne
della mia vita
, n
dicevoli alla mia
virt*
Chi sar pi de' pveri virtuosi
(
poich
cosi
vi
piaciuto
)
che degner d' esser da voi
raccolto
vedendo che l' infamia d' un infame debba
aver
latto il
varco alla fama loro ? Diciamo il
tutto.
8 le
dicerie del trist' uomo vi parevano
baleni
e tuoni , onde per ci-v' convenuto di tributar-
gli
,
fate che
ora paragonandosi
vi dia a
vedere,
Digitizedby GoOgle
DI
NICCOL FRJ HCO.
IJ%
che siccome ha saputo mordere malignamente
coloro che gli fuggivano innanzi senza difender-
si
,
cos pur ora sappia con acutezza rintuzzare
gli morsi altrui , e se ci non vi mostrer si come
bastevole non fi a mai
,
qual maschera porrete al
volto della vostra vergogna
,
che non vi vergo-
gniate di voi medesimi , avendo preso terrore d?
un
vii cane
,
il quale abbia sol fiato da latrarne
gli
oltraggi altrui
9
e non denti da vendicarsi
gU oltraggi suoi ? Ma che pi dico di voi a che
1
pi mi riscaldo in vituperarvi ? Bastinvi per orsi
i
vituperj , ve v
9
ha posti colui che voi cotanta
onorate
1
finch io scorto da quella virt che la!
bont
d
9
Iddio a qualche buon fine m
9
ha data
,
avendo prima sotterrati i suoi vizi , abbattuta
1*
invidia de' suoi seguaci , confusa r ignoranza di
Quei
pochi che Y amano , vendicatomi de
9
miei
tisi
amici
,
potr a pi beli
9
agio rivolgermi
a
tutti
voi , s che alla fine vi si facci conoscere
qual sia stato il pi vero di voi flagello.
* * * * *
* * * *
* * *
Digitizedby GoOgle
NICCOL FRANCO.
AL 81 G NO B. E
CHRISTOFERO PICCA.
N^ uanta invidia
saria degl* invidi
,
se le lodi
che voi con tutti i buoni mi date, fussero a quest*
ora cos chiare al mondo , come gli sono le forze
della mia penna. Senza dubbio il cuor suo se ne
scoppierebbe s
9
come il mio tutto giubila nelve-
dermi esser invidiato. Ma che dich'io?
1'
invidia
non pur se ne struggerebbe, ma 6e ne morrebbe
affatto. Ond'io che no a caro che la miavirt sia
sempre sollecita nel tormento degl' invidiosi
, e
che si pasca non del vedergli in un punto morti
y
ma del loro vivere conlunga morte v fuggendo
di trafiggerli col fargli leggere quel che di me si
scriva da questi e da quelli ingegni , che delle
mie lodi son teneri
;
e per questo m' paruto di
non interporre nel mio volume i quattro sonetti
uscitivi della benignit del vostro sapere per glo-
rificarmi il nome , stimando meglio riserbargli
per quando sar eh' io avr agli iniqui tolto af-
fato quel poco di fiato che respirano. Onde pi
convenevole sar che le lodi , i canti, e i giubili
de' dotti ingegni
s' odano nel fine de* miei trion-
fi
j
e non pur ora, dove , bench io sia certo della
vittoria
,
appena
(
posso dire
)
aver posto mano
alle armi
?
allora s che si potranno dare a leg-
Digitizedby GoOgle
DI NICCOL FRJNCO.
173
acre al -mondo le vostre rime
,
le quali mai non
leggo che non. torni a rileggerle. Bello stato il
sonetto che fate a' lettori , e veramente si pu
egli
dire quellavaga delicatezza , che solamente a
guardarla in una cena mal' ordinata
,
invita i sa-
tolli
non pur a voler assaggiarla, ma a trangugiar-
la.
Bello non manco il secondo fatto alle belle
donne , e tale , che solamente il pensarci mi scan-
cella del volto il rossore stampatoci dallo sde-
gno della mia penna. E veramente leggendosi
avrebbe fatto il medesimo effetto che far tosto
il
dialogo della bellezza, dove per reintegrarmi
nella
vostra grazia dar a vedere non pure alle
vostre
di Casale , ma a quelle dell'Italia, come io
so
dar conto non men delle belle donne che sa-
pr darne de' pi infami e famosi uomini cbe vi
siano.
E bench paja ci poco scudo
a
difender-
mi nella lascivia degli scritti
,
sapendosi che di
tutti i poeti s la carta lasciva , la vita buona
,
non m' affatico a dirne altro , bastandomi questo
con esso loro
>
si come mi basterebbe appi
dotti dir solamente che il buon Virgilio nella sua
giovinezza fece pure il medesimo eh' io nella
mia ho fatto , ove i
suoi vocaboli non meno era-
no nell' et sua chiari e da tutti usati , che sono
nella mia quelli di che m' convenuto servirmi
per non torre al soggetto i decori suoi , abbench
assai pi colori per iscolparmi
si veggano nel
*
rimanente de' quattro sonetti che voi mi fate
,
cos in quello dove si loda l' opra, come
nell' al-
tro che indrizzate ame, ove pare che
ecceda tutti
Digitizedby GoOgle
tj4
ZSTTBKS
i
miei ineriti ,
1'
udirvi dire* che il vizio debba
restar oppresso dalla mia penna
,
peroccb es-
sendo io nato^nel pi vizioso secolo che mai ftis-*-
se, troppo gran gloria ne otterrei, e per 1
?
aver-
lo voi detto
,
mi si da a credere che pi tosto
,
intravenga perche m'amiate, che perche io me-
riti s fatta lode. E per se pi adagiatamele ve-
deste quel eh
7
io mi scrivo , vi parrei senza dub-
bio assai manco di quel che pajo. La novit del-
le ciancie delle quali i miei orti son sempre fer-
tili
,
e quella alle volte che col consonare alle
orecchie , i lettori non pare che leggano
,
ma
pi tosto odano co i loro occhi
5
onde sodisfa-
cendosi al senso , che poco giudica nella fretta
f
tion si sodisfa all' occhio che vede pi
;
e per
non merito lode alcuna , e massime in un* opera
f
dove a pena mi ricordo aver respirato in scrivere
pi di due volte. Farmi solamente di non meri-
tare eh* io sia biasimato
,
poich traile tempeste
delle fortune mostro di fare assai , se tutti quasi
i miei parti si concepiscano nelle miserie
,
e si
partoriscano nel disagio. Gran cosa a dire che ci
che mai scrissi , dove ebbe il principio non ebbe
il fine. Scrivono gli altri nella quiete , negli agi,
e ne' piaceri , ed io ne' travagli ne* disagi , e ne*
mali.
Non tengo per mia nimica la tristizia degli
- Aretini
,
perche gli scherni eh' io
ne mostro ne
fanno fede. Ho la
fortuna per mia nimica
,
ed
avendola,io
stesso
stupisco come sia
possibile che
schermendomi da tanti suoi colpi abbia pur tem-
po di tor la penna. Ecco i dieci libri uella mia
-
Digitizedby GoOgle
DI NICCOL FRJNCO.
%j5
volgare istoria, orditi gi
,
ma non posti in tra-
madai due primi in fuori , a i quali averei appli-
cato ogni studio
,
se la troppa diligenza che ha
la mia disgrazia del danneggiarmi non vi si fossa
interposta.
Ecco le rime d* amore tralasciate nel pi cal-
do fervore del desiderio. Ecco V opere latine , le
quali a quest' ora si leggerebbono se m' avan-
zasse pur temjx) da parlarne con gP impressori
,
e per fo oltre il possibile del poter mio , se
qualche cosa io fu , n per altro debbo esser pos-
to
in voce da' virtuosi s , come insieme con voi
par che mi pongano , messer Lodovico Dome-
nichi
,
Piacentino
,
e messer Francesco Reues-
la , Novarese , con le lettere che di Padova e di
Pavia m' hanno scritte
,
piace la lode a ciascu-
no
)
ma molto pi a chi per qualche via sia divi-
so di meritarla. Egli chiaro che tutte le musi-
che non vagliono un cece a petto a quella che
sente
1'
uomo quando si smusica delle sue lodi.
Io penso che le serpi s' incantino col bisbiglio
di qualche lode
f
e che la vera arte di san Pao^
lo eh' hanno i ciurmatori , sia quella , mentre a
1
loro
bussoli , ed a' loro cartocci danno cotante
lodi
, che diventano predicatori d' un popolo.
La
lode porta gusto fino agli stomacati , e mi do
ad intendere che i sordi ancora non ci son sordi.
Drittamente si pu ella assomigliare al mal pas-
so d'
una scala
,
dove chi saglia o
scenda
(
per
avvedutamente che
'1
faccia
)
sia costretto
,
che
sminuzzandogli il piede ci dia gi. Maqua! lod*
Digitizedby GoOgle
E
I76
ZJSTTBRE
potr piacere non piacendo quella eh' esce delle
bocche come la vostra ? Volete che insuperbis-
ca
>
perche l'Aretino mi chiami dottissimo nello
sue lettere
,
il quale non sapendo in che sia dif-
ferente la lode dal vituperio
,
allora vitupera le
renti quando le loda, ad allora F esalta quando
e
biasima ? Gli onori vengano da i par vostri
y
che
non ponno tenere il banco , e non da i Pietro
d'Arezzo che n' han tanta carestia , che se ne
xnoion di fame. I pari suoi
,
sebben fossero pi
che le stlle , vorrei pi tosto mi biasimassino
che altrimenti
,
perch se mi lodassino non mi
uscirebbe in quella gloria che farebbe biasiman-
domi
,
la dove nella lode tacerei per non ringra-
ziarlo
,
ma nel biasimo per Poccasion del ris-
pondere gli sotterrerei come io so fare.
s come la lode dee venire da persona loda-
ta
,
cos ancora dee, esser tale che di gran lunga
avanzi i meriti del lodato , non meno che ha fatto
la signora vostra nelle sue rime
, e nongi perch'
io non ne sia indegno
>
ma per mostrarmi com* el-
la sa, che via meglio V essere gravemente vitu-
perato
,
che freddamente commendato
5
perch
colui che vitupera
,
quanto pi acerbamente il
fa
,
tanto pi gli riputato per suo nimico
,
on-
de avviene alle volte
(
se gli biasmi eccedono il
vero
)
che per ci non gli sia creduto quel che
ne dice.
Ma colui che
zoppicando
corre a lodare
,
o
non riputato amico vero
, o da ad intendere che
non ritrova virt onde il
merito di colui meriti
4
Digitizedby GoOgle
DI 2TIC0L TAJNCO;
Ijf
la sua lode. Il che certo non dovrei dire
,
per
non
pi palesare V indegnit delle mie
lodi
f
delle quali tanto pi pajo indegno
,
quanto
co-
noscerete che non ve ne so rendere il contrac-
cambio
,
per lo che mi giudicherete , o falso nell*
amicifcia o ignorante
,
come che non mi
occorra
cosa da celebrarvi
,
poich le vostre lodi eh' io
debbo rendervi parranno tanto piccole nella mia
carta
,
quanto nella vostra son
parate grandi le
mie. Onde non voglio pi dubitare
che il tutto
sia stata un' arte per scoprire il
vostro sapere e
la mia ignoranza
,
perche venendo
meco alla.
prora.
,
mi facciate conoscere che le vene del
ostro dire son tali che dove non campo di lode-
ne sappian trovare ,
e che io dove ne sono i mari
non ne sappia scorgere per mio diletto. Pure
9
diciamo il tutto, dove non quella
lode che deve*
ssere (si come accade in me) vi stato cos fa-
die e possibile a darmene con le parole
,
quanto
a
me sana difficile ed impossibile darne a Voi,
nel quale per essere ogni pregio d' onore , mi
bisognerebbe per lodarvi come conviene
,
pigliar
pure da voi le lodi per darle a voi. Talch per
non essere onesto , eh* io per lodarvi vi
toglia il
merito la dove ve ne dovrei aggiungere.
Alla signoria vostra
,
piacer
pigliare
sola-'
Alente il buon animo della mia
lettera
s com
f
io i belli
e lodati affetti ho presi di
quel che voi
mi scrivete e eh' io meco
nserber per un am-
pio privilegio d* onore
,
perche nella piccola
orecnt del mio nome , debba restare per auten*
a3
Digitizedby GoOgle
l?&
Z3STT JSRX
tca fede dell' essere io stato quel eh' io noi
ono.
Di Torino , di giugno del i54k
sono.
NICCOLO FRANCO
AL SIGNOR
GIROLAMO MORO,
TESORIERE IN MONFERRATO
\j e b b o alla malignit de' nemici , ed alla
tristizia
degli amici restare anzi che non obbli-
gato.
Perche se le lor congiure non intraveni-
vano negli oltraggie ne i danni miei
,
starei
tut-
tavia dove pareva eh' io potea esser preda delle
mani loro , n perci mi saria stato lecito di far
V acquisto eh' no fatto. Ecco prima per questo
,
i maligni nemici sotterrati d' eterna infamia , ed
a i tristi data acre percossa dell' error loro, poi-
ch fo lor conoscere che
in vece de i dieci tristi,
me ne ho procacciati i duecento buoni , s che
, la sorte non m' ha peggiorato un punto come
avrebbono voluto,.poich talifurono i loro por-
tamenti con me
?
che ogni necessit mi deside-
ravano ed ogni male
,
pereh' io avessi ricorso
agli ajuti loro.
Conoscevano i ghiotti l' intrinseco
dell'
esser
mio , e sapevano eh' io non so aver faccia
nel
mendicare , e
sapendolo avean per fermo d' aver
Digitizedby GOgk
DI K1C0 LO FAJKCO.
Ijty
colto un augello in gabbia, che non d' altro
cibo
dovesse pascersi che del loro
,
onde quanto
pi
sto
,
manco posso rappacificarmene con la Sor-
gila, pensando che con tante fatiche mi sia pos-
to in croce per quelli, che nel vedermi oppresso
n' ebber piacere
,
e ferono lor forze perch' io
lussi; ce Vergogne degl' uomini.
Ma lodo per la Dio grazia
quel gran disdetto
che ho pur loro mostrato alla
fine
,
eh' io sono
il Franco dovunque vo , e spero esser quello
,
che se
'1
mio avviso non m' inganna, far si
che
pentitisi dell' error loro se ne righeranno il viso
con
1'
unghie. Se avessino se medesimi conos-
ciuti
,
e visto che son pi degni d' esser coman-
dati che comandare
,
non
averiano cercato con
tanti spietati affetti voler porre il giogo alla mia
libert , tanto schiva del farsi incarcerare ne i
cenni altrui. Nacqui b'beroe ci morr
,
faccisi
servo della taccagneria
pretesca chi sa con des-
trezza tener le mani nelle sodomie
,
e ne
9
ruf-
fianesimi , eh
9
io naturai nimico del vizio mi ci
'
vedrei mal veduto.
Corra a corte chi con le chiavi dell' adulare
sa aprire l'orecchie del divo, eh' io che mi pas-
co
del lacerare
1'
adulazione mi ci morrei
di
fame. Vadaci chi ha la malia del sottentrarci
9
s
che dal maggiordomo sia posto in tavola , e
dal cameriero raccolto in camera , e stiavisi poi
se avr occhi da guardarci gli adulteri
,
le ca-
lunnie
,
con le invidie
,
eh' io non avendoci sto-
maco sarei
costretto di vomitarci
7
di che poca
Digitizedby GoOgle
|8*
ZJBTT2&*
guadagno facendo a gran rischio mi
mettere?*
Vaimi pi V aver conosciuta il mio^ignof
Moro
,
e con esso lui la nobil presenza del signor
Flaminio
,
e la piacevolezza del signor cavalie*
^Ticinese , che non mi varrebbe la ricchezza che
i pu con infamia ritrarre dalla servit corti*
giana*
. Emmi pi gloria aver visto in Casale il signor
Orlando dallaValle, e il signor Francesco oco
zia , lumi di cotesto senato , che non mi sarebbe
tata se avessi visto il papa
in
pontificale. Ho pi
a caro d' averci conosciuta la dottrina e la bont
-
del signor Gioan Jacopo dal fero
*
e del signor
Lodovico dalla Torre
,
e averci guadagnata 1?
amist
del signor Gioan Guglielmo da Valper*
go
,
del signor Annibale da Lazzarone , del si*
nor Gioan Luigi Bazzano, e del signor Gioan
'rancesco Cardellone
v
che non avrei se d'altrefc
tanti chierici V avessi procacciata altrove*
Dove mi sarebbe a auest' ora amica
la rive*
jrenza del signor Pioto s Ecco che me ne glorio*
perch sendo egli Un archivo di Roma, anzi il
supplemnto delle sue croniche con V avergli
parlato arricchir le mie istorie , ove non tacer
il gran miracolo della sua bont Novarese
i
poi-
ch invecchiata fra le corti
,
vi si sia mantenuta
cotanto buona. Che pi ? Giovami pi
1'
aver
visto il Fossa
piagnere sulla riva del Po per la
leggiadrie d' una ninfa
9
che non m' avrebbe gio-
vato se egli avesse visto me ridere sulla sponde
del Tevere pel cantar di
Pasquino, e mi risulta
Digitizedby GoOgle
DI NICCOL FRANCO. l8l
In pigloria, che V Albano servitore d' un car-
dinal Farnese mi tenga nel cuore
,
che non mi
risulterebbe se tutti i Provenzani mi fusser schia-
vi. Fammi pi pr V aver assaggiata la gentilez-
za di messer Francesco Trapparello
,
e del re-
verendo Pier Francesco Cocastello
,
gloria af
preti , non che de' piovani , che non mi avrebbe
fatto a tutto pasto la miseria de i tinelluzz. Non
vorrei non aver goduto messer Bessario de' Mal-
vezzi per le mitre di mille vescovi
,
perch il
torto della sua gamba ha pi del dritto che non
ne veggiamo negli andamenti preteschi. S( miai
dunque doluto indegnamente della fortuna , eie
He chieggo perdono col darmene grave colpa.
E
se noi facessi
>
torrei le debite lodi a tutti coloro,
che
con la signoria vostra pare che onorino i
grandi della vera e schietta amicizia. Onde per
non usar villania alla gentilezza della fortuna
,
ho voluto darvene un segno per una lettera
,
la
quale ad altro fine non vi si scrive. E vi bacio le
mani.
Di Torino del mese di giugno del i5^i .
* * * *
* * *
Digitizedby GoOgle
NICCOL FRANCO
A M E S S E R
FRANCESCO ALUNNO, DA FERRARA.
Xerc he si vegga, come ci che ho fatto ben
fatto , il vostro testimonio mi giover e baste-
rammi , sendo di voi chiara non meno la bont
,
che notissima la virt. Voi mi vedeste assassi-
nato. Non dico dagli amici beffato e abbando-
nato
,
perch le cortesie che voi solo mi usaste
ve lo rammenteranno in fin eh' io sia vivo. Voi
foste quello che veniste a me molte volte a far-
mi intendere a nome del ribaldaccio
,
eh
9
egli
non pur non era mal contento del caso avvenu-
to
,
ma come uomo non colpevole sarebbe ve-
nuto a visitarmi
,
e sapete eh' io vi risposi che
delle sue visite e delle sue offerte non mi curava.
E ben vero eh' io non sapendo mettermi al niego/
di ci che mi dimandate
,
vi permessi di non
prevalervene con la penna
>
solo che s' avesse
tolto di casa quel boja suo beccarello
,
ed in
questo si rest F intercessione che di sua parte
feste appo me. Sapete eh' egli facendo pi conto
d' un suo
marito che dell' onore d' un mio pari
,
non
pur non volse
dargli licenza
,
ma gli diede
ogni ajuto ne' tribunati
, e fello passeggiare di-
nanzi alla casa mia mentreio era in letto , e com-
port che per i suoi medesimi
,
presente il Ric-
Digitizedby GoOgle
DJ NICCOL FRANCO. l83
chi, mi mandasse le polizze. Sapete come dipoi
vedutomi oltraggiato da' suoi , compose non so
che sonetti ridendosi del mio uscire di casa. E
sapete ultimamente, come non parendomi essere
il tempo allora
,
diedi alquanto sosta alle mie
vendette , aspettando solamente che le promesse
fatte al sudore della mia virt Rissino state rico-
nosciute da i falsi amici. In somma fu vinta la
mia speranza dagli spietati disegni loro
,
e fum-
mi forza che al mio viaggio per Francia si desse
esecuzione con pi tostana fretta eh' io non pen-
sava.
Giunto qui
,
non
mi parve lasciar V Italia sen-
za farle conoscere non dico tutto quello , ma solo
una particella di quello eh' io so fare contro
1*
ignoranza de' tristi. Ecco dunque messer Fran-
cesco
eh' io son pur vivo
,
dove altri avea dise-
gnato ch'io fussi morto. Ecco ch'io ho pur fiato
da
respirare
,
onde campato di tante avversit
con lo scudo de' miei inchiostri
v
e con
1'
armi
d'
un giusto sdegno , insegner a i tristi , come
via meglio sana stato che avessino tenuta chiusa
1'
invidia dentro i loro animi , ed ivi suffocatala
con ogni dglia , che averla scoperta nel provo-
carmi. Ecco che la sua nequizia riuscita sola-
mente in ignominia di lui tristo.
E si come
piac-
que a Cristo che la gagliofFerie della vita sua
due volte in Roma non furono terminate dal
giusto ferro per ridurlo al fuoco o alla forca
,
come castigo pi dicevole alle sue
scelleraggini
y
cos pur dianzi gli piacque eh' io rimanessi in
Digitizedby GoOgle
l84
LETTERE
vita
,
perche vivendo mi si dia tempo da flagel-
lare i suoi vizj
,
sapendo il sommo fattore che
V armi mie sole aguzzatemi dalla natura terror
del vizio
,
sono bastevoli a conculcare i suoi. E
per tanto parrai d' aver ottenuto a grazia dalla
sorte che la signoria vostra rest fuori di quello
eh
9
io promesso le avea
,
e che mi furono data
tante duplicate cagioni d' esserne uscito , ancora
che la ragione non avrebbe voluto , ch'io , a qua-
lunque uomo che sia , non che a voi , al quale'
aon debitore d' ogni riverente atto per rispetto
delle sue cortesie
,
avessi fato dono di queir oc-
casione che giustamente cercava
,
e che
(
dir
cos
)
Dio m' avea posta innanzi da tor vendetta
<T un si tristo uomo con V onor del mio nome
,
col contento di mille buoni.
E m' era assai a doverlo fare , se ben egli non
,
isse stato n argomento dell' assassino
,
n sti-
molo dell' assassinato , ma solamente perche co-
lui era de
9
suoi
,
perocch il gaglioffo la volse
coli' arcivescovo di Cipro , mentre avea gara col
Fortunio e col vescovo di Verona per rispetto
d* Achille. N io con altri che con esso lui do*
vea prenderla
9
che
1'
osservare il grado della
riputazione tanto pi sta bene a me
,
quanto
egli
offende i buoni , ed io i tristi suoi pari. Bench
egli mostrando di volerla con i protettori de' suoi
avversari non
tanto il fa per scoprirsi nella gran-
dezza
,
quanto per
coprirsi nelr ignoranza
,
sa-
pendo che ne i vescovi
ne gli arcivescovi , ne i
yrencipi gli sapriano
rispondere eoa
U
rune
9
con
Digitizedby GoOgle
pi NICCOL FRJKCO. l85
le pugnalate si bene. E si sa che V
ignorantaccio
non ebbe mai ardire di rispondere
,
non che di
provocare colro che con ingegno e non con
ma-
lignit sanno scrivere
,
ed il maggior ardimento
che mai mostrasse fu l'aver fatto il
motteggevole
con i Pr Biagi. N mi negher che al Berni
f
al Mauro
,
e al Sanga
,
che con mille morsi
il
lacerorono mentre fur vivi
,
egli non
rispose
giammai
,
e volendone dir male
,
ne disse
pi
che fiir morti. Voletela meglio ? sapete
come
fatti che m* ebbe i sonetti contro , dubitando
eh*
io non gli rispondessi
,
mi mand
minacciando
per voi medemo. Perche se pur colui
che si
tiene
,
dovrebbe
pigliarla con coloro
che
glie ne
lan cagione
,
e volendo far conoscere
che
.sa dir
<T
ognuno
,
darci a vedere che sappia
rispondere
pur a tutti. Anzi ha preso in costume di
minac-
ciare gli stampatori
, udendo che stampino
qual-
cosa contro di lui
, e pose i mezzani
appresso
il
Giolito mentre si stampavano i miei
dialoghi
,
per la fema
che di lui vi si fusse scritto.
Ma
non
fuor di giudizio
1'
ignorante
,
conoscendo
che
questa la via da fare che i da poco gran
maes-
tri
il tengano per un Dio
, e vedendolo
in
maest
1'
adorino
,
e conoscendo eh' egli
morda
tutti
f
e
nissun cane gli fiuti addosso
,
il
riveriscano
con i buoni
,
e sendo cos
,
la ragion
vuole
eh*
io non solamente la voglia con lui
y
come
guida
de' tristi da' quali sono stato offeso , ma mi ri-
volga a quei vituperosi
prencipi , che sono stati e
faranno il sostentacolo
delle sue infamie
,
cho
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l86
t ET T IL &
se non aggradissino la tomacaggine de* suol
scritti , si morrebbe .di fame
,
la dove s per 1
ignoranza , s per i vizj , non gli sarebbe dato un
ridotto negli spedali. N mi pu egli opporre
con onor suo che ingrato gli sia
,
perche se io
accetto a lui, che m' abbia talvolta dato del pane
suo
,
egli non pu negare a me
,
che con le fa*
tiche mie usate nelle sue cose
,
non gli abbia
venduto a sette doppi la cortesia
;
sapendosi che
in quel tempo che io ed altri virtuosi usavamo
nella sua casa, ascese al luopo s riguardevole,
donde si vide sotto i piedi la sciocchezza de
prencipi , e perduta
1'
amist de' dotti , ne venne
giuso.
E chi non sa che se i miei pari non fiissero
9
egli da se non varrebbe a tradursi nel volgare le
leggende de' santi padri che tutto giorno va fio-
reggiando ? Ma che dir l' ingrato uomo ? Po~
trammi mai egli ricompensare con mille vite il
buono ufficio eh' io per lui feci nella querela che
gli fu data per la bestemmia ? Non egli noto in
Venezia ? Dove s' avrebbe potuto scoprire il mio
l>uon
animo con meglio prova , s mentre io era
fuori delle sue pratiche
,
gli usai la buon opra
eh' io non dovea? Ma cos va^ Niun altro testi-
monio non reco del suo tristo animo,se non quest*
tino, e perci sia indizio del mio buon giudizio
s' io sempre con voi contesi
,
che il livore del
suo
petto saria stato il fonte de' miei oltraggi
,
e.
che le offerte che a suo nome recavate
,
erano
melate finzioni per asconderei'
animo micidiale^
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DI
NICCOL FRJNCO.
187
per iscolparsi appo la credenza degli uomini , e
per tormi di man la penna
,
vedendomi fuori di
quella morte che i suoi ordita m* avevano. E che
tasse il vero
,
vedeste che non avendo potuto
oprare accordo con esso meco n con denari n
con offerte
,
pens col fare i sonetti colorarsi la
sua vergogna
,
ma egli P ha pi palesata il po-
veraccio
9
vedendosi che per i cinque io gli so
rendere i cinquecento , a i quali non avr si tosto
risposto , che m' udir con altre voci che non
son queste , e tali , che per l' innanzi i cani impa-
reranno di non bajarmi, i maligni cesseranno di
stimolarmi
,
gP ignoranti resteran puniti da co-
loro che sanno, i buoni conosciutomi nimico de
1
tristi m'osserveranno, i prencipi ravvedutisi dell'
error loro premieranno
i
dotti
,
e non da altro
che dal mio inchiostro rimarr vendicato il mio
sangue.
*
Alia signoria vostra mi raccomando.
Di Torino del mese di Giugno del \5^u
FINE.
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