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VICARIO DI WÀKEFIELD
NOVELLA
DI OLIVIERO «OLDS1MITH
«"lOVANNI BEBCHET.
Seconda Ediziuua
Lire 2 e 25 eeiitesìmi .
Nel medesimo formato.
LIBRARY
Oliver Goldsmith
bequeathed by
Augustin H. Parker '97
IL
VICARIO DI WAKEFIELD
NOVELLA
DI OLIVIERO GOLDSMITH
TRADUZIONE
DI
GIOVANNI BEBCHET.
Seconda Edizione-
Sperate, miseri ; carete, fulices.
FIRENZE.
FELICE LE MONNIER.
l864.
fHA -RL?\
UNIV «ITY
VLIBRARYj
AVVERTENZA.
Iterazione monumentale.
DALL' MORE DEI COLLEGI»,
DALLA FEDELTÀ DEGLI AMICI
E DALLA VENEBAZIONE DEI LETTOSI
QUESTO MONUMENTO FU EIETTO
ALLA MEMOI1IA DI
OLIVIERO GOLDSMITH,
POETA , FILOSOFO NATUBALISTA, E STOBICO ,
CHE NON LASCIÒ INTENTATO ALCUN GENEBE DI SCBITTI ,
NESSUNO TENTÒ CHE NON ABBELLISSE ;
SOBBISI O LACBIHE CBE DOVESSE DESTABE ,
FU POSSENTE E GENTIL MAESTBO D' AFFETTI ;
D'INGEGNO SUBLIME A UN TEMPO E VIVACE,
E PABI A QUALUNQUE SOGGETTO ;
NELLA ESPBESSIONE GBAVE A UN TEMPO ED ELEGANTE E AGGBAZIATO.
NACQUE IN UN LUOGO CHIAMATO PALLAS, NELLA PABBOCCHIA DI FOBNEV,
CONTEA DI LONGFOBD,
IL 29 NOVEMBBE -I73-I . *
FU EDUCATO A DUBLINO,
E MOKI A LONDBA,
IL -} APBILE, 4794.
" lobiuon inturno & questa particolarità non ebbe esatte notizie ; si seppe
poi ili certo die Goldsinith nacque io ElpbtB, nella contea di tloscommon, no
vembre 29, I728 (su-| .
ll
AL LETTORE.
CAPITOLO PRIMO . .-
Detenzione della famiglia di Wakefield, nella quale regna -
molta rassomiglianza d'indole e di pertena Ira con
sanguinei.
CAPITOLO SECONDO.
Disgrazie di famiglia. La perdila dei beni pare che solamente
accresca t alterezza del Giusto.
Le faccende temporali della nostra famiglia erano date
a maneggiare a mia moglie, ed io presi a dirigere intera
mente le spirituali. I profitti del mio beneficio che impor
tavano non più di trentacinque lire all'anno, io li cedeva
agir orfani ed alle vedove de' preti della diocesi, perche
avendo discrete fortune mie proprie , poco li curava ; e
nel segreto dell'animo gioiva di fare il mio dovere senza
ricompensa veruna. Io risolvetti inoltre di non tener cu
rato , per poter io conoscere ogni mio parrocchiano , ed
esortare i maritati alla temperanza e i celibi al matrimo
nio : cosicchè in pochi anni si fè proverbio che dì Ire cose
strane era carestia in Wakefield, d'un curato orgoglioso,
di giovani senza moglie, e d' osterie frequentate.
Il matrimonio fu sempre uno de' miei argomenti pre
diletti , e molti sermoni io scrissi per provarne l'utile e la
felicità : ma una dottrina particolare io m' ingegnava a
tutto potere difendere, sostenendo con Wbiston esser cosa
illecita ad un sacerdote della Chiesa inglese il passare a
seconde nozze ; o, per dirla in termini più precisi, io mi
pregiava d' essere un rigoroso monogamo.
Fui di buon' ora iniziato in questa disputa importan
te , intorno alla quale si sono scritti tanti laboriosi volumi.
Io stesso ne pubblicai alcuni trattati che non avendo mai
gran spaccio , non furono letti che dai felici pochi; e con
questo pensiero mi consolo del mal esito vendereccio. Al
cuni miei amici mi accusavano di questa mia propensione
a queir argomento, chiamandola il mio lato debole ; ma
essi non l'avevano, coni' io, fatto soggetto di lunghe me
ditazioni ; e più ci pensava, più mi appariva cosa di gran
momento. Nello spiegare i miei principi! io feci anche un
CAPITOLO SECONDO. 19
passo più in là di Whistan, e com' egli aveva fatto scolpire
sulla tomba di sua moglie , quella essere l' unica sposa
di Guglielmo Whiston, cosi io scrissi un ugual epitafio per
la mia quantunque tuttora vivente, e in quello com
mendai la di lei prudenza, la somma economia e l'obbe
dirmi ch' ella aveva fatto fino alla morte ; ed avendomene
procurata una bella copia con una cornice elegante, la
collocai a modo di quadro al di sopra del cammino ; dove
la serviva a diversi utilissimi Ani, ammonendo mia moglie
del dover suo e della mia fedeltà per lei, inspirandole un
desiderio onesto di fama e ponendole sempre sott' occhio
la rimembranza del di lei fine.
Dall' udire si spesso raccomandato il matrimonio pro-
venpe forse che il mio figliuol maggiore, appena uscito
di collegio, rivolgesse gli affetti alla figliuola di un prete
del vicinato che era dignitario della Chiesa ed in circo
stanze da darle buona dote : ma il minore di lei ornamento
era la dote. Arabella Wilmot era reputata da tutti , fuor
chè dalle mie due ragazze, per una fanciulla di grande
avvenenza. La di lei giovinezza, la di lei salute ed inno
cenza somma acquistavano maggior pregio da una certa
complessione splendida e da uno sguardo cosi tutt' anima
che anche l' uom vecchio non la poteva rimirare e star
sene indifferente. Il signor Wilmot non era contrario a
queste nozze sapendo esser io in istato d' accasar bene
mio figliuolo ; però le due famiglie vivevano in armonia
grande , quale generalmente precede un' aspettata allean
za. Convinto com'io era dalla esperienza che i di ne'quali
gl'innamorati fanno il galante colle loro belle sono i
più bei di di tutta la vita, ne allargai volentieri il periodo:
e i diversi passatempi in cui ogni giorno si trastullavano
i giovinetti in compagnia l'uno dell'altro, parevano fo
mentare la loro passione. Il mattino noi eravamo per lo
più svegliati dalla musica, e ne' di sereni s'andava a cac
cia. Tra la colazione e 'I pranzo le donne spendevano
V ore in acconciarsi e studiare. Letta che avevano una pa
20 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
gina si miravano nello specchio che spesse volte presen
tava una pagina di lunga mano più vaga, e che per tale
giurata l' avrebbero anche i più accigliati filosufi. Chi se
deva a scranna l'ora del pranzo era mia moglie, perchè
volendo ella sempre trinciare di sua mano , siccome era
solita fare la di lei madre, ad ogni vivanda la ce ne rega
lava la istoria. Dopo il pranzo , perchè le donne non ci
sfuggissero, io faceva d' ordinario rimovere le tavole, e
spesse volte le fanciulle, assistite dal maestro di musica,
ci offrivano un aggradevole concerto. Il rimanente della
giornata tra il passeggiare , il bevere il tè, e tra danze e
baie villereccie svaniva, senza bisogno di carte da giuoco :
perchè da quello della Tavola reale in fuori, al quale alcuna
'-. volta io scommetteva co' miei antichi amici un paio di
soldi, io odiava ogni sorta di giuoco. Nè qui posso pas
sare sotto silenzio una circostanza di mal augurio. che mi
accadde l' ultima volta ch' io m'impacciai di Tavola. Non
mi mancava che di gittar giù quattro , e per cinque volte
alla fila tirai asso doppio.
Passarono cosi più mesi, finchè poi fu stimato di do
versi fissare il di delle nozze dei giovinetti che parevano
svisceratamente bramarlo. Intanto che si preparava lo
sposalizio , non fa d' uopo ch' io descriva l' affaccendarsi
e la briga che si dava mia moglie, nè gli sguardi furbetti
delle mie figliuole ; d' altronde ogni mia attenzione era
rivolta a tutt' altro oggetto, a compiere un trattato ch'io
voleva di ll a poco dar fuori in difesa della monogamia.
Considerando io quel lavoro come un' opera da maestro,
sia per l'argomento, sia per lo stile, non mi poteva capire
in pelle, altero come n'era in mio cuore, s'io noi mo
strava al mio antico amico il signor Wilmot, sicuro in me
stesso d'averne l'approvazione: ma troppo tardi m'avvidi
ch'egli era perdutamente ligio alla opinione contraria, e con
ottima ragione, perchè in allora egli stava corteggiando
la quarta consorte. Di qui , come ognuno può indovinarlo,
una fiera disputa insorse , non senza essere accompagnata
CAPITOLO SECONDO. 81
da qualche agrezza che minacciava rovina alla divisata al
leanza : ma la vigilia delle nozze convenimmo di discutere
largamente questo soggetto. D' ambe le parti vi fu assai
d' ingegno e veemenza nella contesa , accusandomi egli
d' eterodossia ; e rimandando io sempre la palla di rim
balzo. Nel più caldo della controversia un mio parente
mi chiama fuori, e col viso pallido d'affanno mi prega di
troncar la disputa e di lasciare che l'amico Wilmot si fac
cia marito quante più volte vuole, almeno finchè siano
compiute le nozze di mio figliuolo. * E come, " escla
mai io, " vorresti ch'io abbandonassi la causa della ve
rità e che permettessi ch'egli s'ammogliasse un'altra
volta, ora ch'io l'ho si fattamente messo alle strette
da dover egli stesso confessare la propria assurdità? Che
non mi consigli tu anche di dare un calcio a' miei averi
del pari che al mio argomento ?" — " Mi sa male di do
vertelo dire, " replicò il mio parente, " ma i tuoi averi
sono quasi begli e iti. Il mercadante di città, presso cui
avevi collocati i tuoi capitali, è fuggito per sottrarsi alle
pene del fallimento, e si susurra che ei non abbia lasciato
un solilo in banco. Mi doleva di attristar te e la fami
glia con tal novella prima di queste nozze, e mi voleva
star zitto : ma or te lo dico perchè tu moderi la tua col
lera nell'argomento che stai disputando; e la tua stessa
prudenza ti farà accorto della necessità di dissimulare al
meno infin tanto che 'l tuo figliuolo si abbia carpite le
ricchezze della sposa. * — * Ebbene, " gli diss'io, * se tu
dici il vero ed io sto sull'orlo della mendicità, non sarò mai
per questo un furfante; nè m'indurrò a smentire i miei
principi!. Voglioio stesso avvenire subito Wilmot della mia
ristretiezza; e per quel che risguarda la disputa, ritratto
ogni concisione ch'io gli abbia mai fatta, nè gli accor
derò ch' egli possa ora essere marito nè de jure o de
facto, nè in qualsivoglia altro senso od espressione. "
Sarebbe lunga fatica il voler descrivere le diverse sen
sazioni prodotte in ambo le famiglie dal divulgare ch' io
22 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
feci le mie disavventure ; ma tutto era un nulla a para
gone del crepacuore dei due amanti- Il signor Wilmot,
che già fin da prima pareva abbastanza inclinato a stor
nare il parentado , vi si determinò dei tutto dopo questo
disastro, perchè una sola virtù egli possedeva appieno ,
la prudenza; virtù che troppo spesso ò la sola che ci ri
manga intatta all' età di settantadne anni.
CAPITOLO TERZO.
Le tfortunate vicende della mia, alla fin fine li tempre
che tono procurate da noi medesimi.
L' unica speranza nostra in ciò si fondava che la no
tizia di nostre sventure potesse essere o maligna o intem
pestiva: ma ben presto una lettera del mio fattore in città
mi confermò appieno ógni cosa. La perdita dei miei beni
di fortuna per me solo l' avrei stimata una baia; e l' unica
pena ch'io ne provassi era per la mia famiglia ch'io ve
deva dannata all'umiltà, senza essere stata educata in
modo da poter sopportare l'altrui disprezzo. Per ben quin
dici giorni non mi bastò l' animo di tentare alcuna via
per mitigare il dolore di lei , perchè la consolazione af
frettata altro non fa che inacerbire la piaga, mantenendo
viva la memoria della sciagura. Intanto io volgeva i pen
sieri a qualche mezzo onde procurarci il vitto ; e mi venne
alla fine esibita una piccola parrocchia in qualche distanza
colla rendita di cinquauta lire l'anno, ove senza essere
molestato avrei potuto star fermo ne' miei principii. Ac
cettai di buon grado l'offerta, portando opinione di po
termi lucrare qualche altra cosa, olire il salario, coll'at-
tendere ad un piccol podere.
Venuto in questa determinazione mi diedi a ragunare
gli avanzi de' miei averi , e pagato ogni debito , di quat
tordicimila lire non me ne' vidi rimanere che quattrocento.
Imperò posi ogni opera nell' attutare l'orgoglio della mia
CAPITOLO TERZO. 23
famiglia accomodandolo allo stato di lei, sapendo io benis
simo che nella povertà l' alterigia è gran disgrazia. * Voi
non potete ignorare, figliuoli miei , " dissi loro, * che per
nulla nostra prudenza ci era possibile di prevenire la mala
ventura piombataci addosso ; ma la prudenza può bensì
essere più operosa coli' impedire gli eflettidi quel danno.
Noi siamo ora poverelli, o miei cari , e ci è forza confor
marci saviamente all'umiltà di nostra condizione. Via
dunque di buona voglia ogni pompa, ogni splendore con
cui mille persone sono infelici , e cerchiamo in più bassa
fortuna quella pace colla quale ognuno può essere beato.
Quanti mescuiuelli v' hanno che senza i nostri soccorsi
vivono la loro vita tranquilla e piacevole! E noi non sia
mo cosi imperfetti delle persone da non poter vivere senza
che altri ci assista. Amati figliuoli, rinunciamo da questo
moment» ad ogni ostentazione di nobiltà : che se abbia
mo senno , ancora abbastanza ci resta di che esser felici;
e tollerando noi contentila perdita degli averi, da quella
poco danno ne verrà. *
Essendoli mio ligliuol maggiore educato alle lettere,
feci pensiero -di mandarlo alla città onde dall'ingegno
traesse sussidio a se ed a' suoi. Di tutte le penose circo
stanze che accompagnano la miseria , forse quella che più
arreca dolore è la separazione degli amici e delle fami
glie ; e il di ci colse ben tosto in cui per la prima volta
dovemmo l'un l' altro disgiungersi- freso ch'ebbe il mio
figliuolo commiato da sua madre e dagli altri che mesce
vano alle lagrime i baci, venne a chiedermi la benedizio
ne , ed io gliela diedi di tutto cuore , e se ne togli cinque
ghinee, elIVra tuttoil patrimonio ch'io gli potessi accorda
re. * Tu te ne vai a piedi, " gli dissi, ' o mio buon ragazzo,
a Londra, in quella stessa guisa in cui v'andava prima di
te il tuo grande antenato Iiooker Ricevi da me l'egual
cavalcatura che a lui fu data dal buon vescovo Jewel,
questo bastone e questo libro : e l' uno e l' altro ti sarà
di conforto nel tuo cammino. Vedi tu queste due righe
24 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
qua dentro? elleno valgono un milione: — Fui giovane ed
ora son vecchio , eppure io non vidi mai V uomo dabbene
essere dimenticato , uè il suo seme accattare tapino il pa
ne. — Vanne, o mio fanciullo; e qualunque sia la tua sorte,
fa' ch'io ti rivegga una volta all' anno: mantienti buono
il cuore, e vivi felice. * Quel mio figliuolo aveva l'anima
tanto candida ed era si pieno d'onore, ch'io non sentiva
scrupolo del gittarlo cosi nudo nell'anfiteatro della vita,
persuaso ch'egli ed in seconda ed in contraria fortuna vi
avrebbe sempre fatta ottima comparsa. .
La di lui partenza accelerò la nostra che fu appresso
pochi giorni; e nell' abbandonare un paese dove noi ave
vamo godute di tante ore tranquille e beate , ci fu forza
spargere assai lagrime, a cui rattenere nulla fortezza d'ani
mo valeva. Aggiungi la novità d' un viaggio di settanta
miglia per gente che non s' era mai dilungata da casa più
di dieci , ed a cui accrescevano cordoglio le grida de' po
verelli che per lungo tratto ci venivano piangenti accom
pagnando. Il primo di di cammino giungemmo felicemenfe
alla distanza di trenta miglia dal nostro futuro ritiro , e
all'imbrunire ci fermammo in un'osteria a mal tempo
di un villaggio posto sulla strada. Poichè ci fu additata
una camera, io pregai, secondo il mio solito, l'oste a volerci
tener compagnia , ed egli vi si accomodò volentieri , es
sendo che tutto il vino ch'egli si sarebbe ingozzato, avreb
be fatto più grosso il conto il dimane; tuttavolta a me
piacque assai perchè il buon uomo conosceva a un pun
tino tutta la gente del vicinato , ed in particolare lo scu
diero Thornhill, che doveva essere il mio padrone e che
vivéva poche miglia lontano. Egli me lo descrisse per
uomo a cui nulla cosa stava a cuore di conoscere nel
mondo fuorchè i di lui piaceri , avendo soprattutto fama
di gran femminiero , in modo che non vi aveva virtù da
tanto che resistesse alle arti sue ed alla di lui ostinata
assiduità , e che per dieci miglia all' intorno non vi era
castaido di cui egli non avesse sedotte e tradite le
CAPITOLO TERZO. 25
figliuole. Con tutto che me affliggesse alquanto questo
avviso, tutt' altro accoglimento trovò nelle mie fanciul
le, i di cui volti parvero scintillare di certa qual gioia
per vicino trionfo: ne se ne compiacque meno mia moglie,
la quale assai confidava nei loro vezzi e nelle loro virtù. In
tanto che noi ci intrattenevamo di cosi fatti pensieri, entrò
in camera l' ostessa ad informare il marito che quel genti
luomo forestiero alloggiato in loro casa da due di , non
aveva danari da pagare lo scotto. * Senza danari ! * escla
mò l'oste. * E come può essere ciò, s'io lo vidi ier l'al
tro sborsare tre ghinee al bargello per riscatto d'un vec
chio soldato mal concio, che per avere rubato un cane
doveva andare scopato perla città? " Ma continuando la
donna ad asserire che danari quei non aveva , l' oste giurò
voler egli ad ogni modo avere il fatto suo; e s'avviava
già per uscir di camera, quand' io rattenendolo lo pregai
d'introdurmi a quel forestiero tanto caritatevole. Egli
mi secondò, ed io vidi un gentiluomo di circa trentanni
vestito di un abito che un tempo pareva trinato, bello della
persona, quantunque dal volto tristo apparisse sopra pen
sieri, e di maniere riserbate e tronche, sicchè sembrava
alle cerimonie poco addomesticato, o eh' ci le sprezzasse.
Lasciato solo con esso lui , non potei tenermi di mani
festargli quanta pena mi desse quel suo imbarazzo, e gli
Offerii la mia borsa onde pagasse il debito. * L'accetto di
buon grado, " mi diss'egli, " e mi rallegro assai che l'inav
vertenza da me commessa nello spendere non ha guari
tutto il danaro ch'io mi aveva indosso, m' abbia almeno
dato a vedere che non è morta del tutto tra di noi la be
nevolenza. Ma prima di ogni cosa gli è d'uopo ch'io sap
pia il nome del mio benefattore e dove egli stia di casa,
per potergliene fare quanto più presto potrò la resti
tuzione. " — Io lo compiacqui appieno , informandolo non
solamente del mio nome e delle mie sventure, ma ben
anche del luogo ov'io andava ad accasarmi: all'udir del
quale egli esclamò esser egli fortunato oltre ogni spe
"2G IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ranza, perchè, diretto per l'ugual via, era stato per
que' due di impedito nel suo cammino dalla marea , e
così sperava di poter meco la mattina appresso guadarvi
sicuramente. Gli feci comprendere quanta gioia io avrei
avuto del viaggiare in compagnia di lui ; e mia moglie e
le figliuole, unendo alle mie le loro istanze, lo costrin
sero a cenar con noi. Per quanto fosse piacevole ed in
struttiva la conversazione di quel forastiero, e per quanto
avrei bramalo di protrai la , l' ora tarda ci obbligò a riti
rarci e prevenire col riposo le fatiche del di vegnente.
Sorto il mattino, partimmo tutti insieme, a cavallo noi, ed
a piedi il signor Burchell nostro nuovo compagno, che se
guitandoci lungo il piccolo sentiero che costeggiava la
strada, sorrideva della mala lena de' nostri rozzoni e si
sentiva gamba da sopravanzarci. Cume la marea non era
calata del tutto, fummo necessitati a noleggiare una guida
che ci trottasse innanzi; ed io col signor Burchell mi
locai alla retroguardia. I disagi della via ci venivano al
leviali da alcune dispute filosofiche che il signor' Burchell
pareva intendere perfettamente ; e quello di eh' io più
strabiliava , si era di veder da lui difese a spada tratta le
sue opinioni, e con tanta alacrità, da sembrare egli non
quegli che avesse ricevuto ad impiestito la mia borsa,
ma il benefattore egli stesso. Di quando in quando egli
altresì mi indicava a chi appartenessero le diverse ville
che ci cadevano, cammin facendo, soti' occhio; ed accen
nando col dito una sontuosa casa in lontananza, mi av
verti quella spettare al signor Thornhill, giovane e nobile
uomo che godeva di larghe fortune, quantunque soggetto
ad un suo zio, il signore Guglielmo Thornhill, il quale,
pago di poco per sè, viveva per lo più in città, lasciando
il restante in pieno arbitrio al nipote. Io feci le maravi
glie in udire come il mio giovane padrone fosse nipote
di un uomo tanto da tutti per le sue virtù , la sua genero
sità e le sue rare doti ammirato. " L' ho sentito io , "
dissi, " decantare perii maggior galantuomo del regno;
CAPITOLO TERZO. n
e quantunque egli abbia voce d' essere alquanto bisbeti
co, ognuno giura che il signor Guglielmo è uomo bene
volo per mille prove. " — " E benevolo forse troppo ; "
soggiunse Burchell.'ulmenoinsua gioventù; perchèpieno
allora di forti passioni che tutte partecipavano della virtù,
quelle lo trascinarono al romanzesco. Di buon'ora egli
affettò il soldato e il letterato, e si distinse nell'esercito
e tra li scienziati alcun poco. Ma l'adulazione persegue
sempre l'uomo ambizioso, perchè quegli solo gode del
sentirsi adulato : quindi egli fu circondato da una turba
disguaiati che coprendo bellamente le loro magagne, non
gli si davano'a conoscere che a mezzo , e gli fecero scam
biare l' amorevolezza che egli aveva per gì' interessi pri
vati, in una simpatia universale; ed egli si condusse ad
amare ogni persona, non avvedendosi, per colpa del caso,
che v'erano dei ribaldi. I medici trattano d'una malat
tia nella quale tutto il corpo è posto in uno stato di così
squisita sensibilità ché ad ogni leggier tocco il malato
sente spasimo; di tal malore alcuni furono nel corpo
afflitti, e il signor Guglielmo lo fu nello spirito. La meno
ma sventura , o vera o Unta che la tosse , lo straziava al
vivo, e T anima sua era continuamente travagliata da
troppa sensibilità per le altrui miserie. Inclinalo cosi a
sovvenire ne' bisogni , trovava ad ogni tratto gente dis
posta a sollecitarne le beneficenze, e profondendo egli
i suoi averi gli si scemavano le ricchezze , ma non il buon
cuore che sempre migliorava a misura che l'altre veni
vano meno; e quanto egli più impoveriva, tanto più si
faceva maggiore la di lui balorderla, talchè in udirlo
parlare l' avresti detto uomo savio , ma pazzo in vederlo
operare. Assediato eternamente dagli importuni, e non
essendo più in istato d' aderire ad ogni domanda, in luogo
di danari largheggiava di promesse, ch'altro non poteva
donare , ne si sentiva fermezza d' animo bastante d'afflig
gere chicchessia con una repulsa. A questo modo egli
si era ingollato in una masnada di piagnoni , a' quali ve
28 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
deva di dover mandar fallite le brame, e che pur si strug
geva della voglia di consolare. Costoro gli furono intorno
per alcun tempo, e lo abbandonarono poi pagandolo di me
ritali rimproveri e di disprezzo. Pel non curarsi che gli
altri facevano di lui , Guglielmo venne in odio a sè
stesso: la di lui mente aveva sempre trovato un grande
appoggio nelP altrui adulazione ; tolto via quel soste
gno, egli non seppe derivare alcuna voluttà dall'ap
plauso del proprio cuore , perchè. di quello non aveva
mai fatto gran conto. Si cangiò la scena ; e que' suoi tanti
adulatori divennero freddi consiglieri: da' consigli ri
gettati si passò ai rimbrotti: ed allora egli cominciò ad
accorgersi che gli amici ràgunatigli intorno dai suoi be-
neficii non eran per niun versoi più da stimarsi; che
il nostro cuore deve essere liberale in modo da cattivarsi
non l'altrui lingua , ma l' altrui cuore. E da si tanti er
rori finalmente rinvenne in modo , da far proponimento
di rispettare sè medesimo , e di porre ogni opera in asset
tare i disordini domestici e far masserizia. A tale uopo ,
seguendo i soliti suoi ghiribizzi, viaggiò a piedi tutta l'Eu
ropa , e prima di compiere l'età di trent' anni si vide più
ricco che mai. Fatto ora senno , pose modo e ragionevo
lezza alle sue beneficenze ; ma gli sono ancora rimasti
de' capricci per lo capo : e le virtù più studiate più gli
vanno a sangue. *
Con tanta attenzione io aveva bevuto il racconto del
signor Burchell, che me n' andava la mia via senza muo
ver palpebra , quando ad un tratto mi scosse un grido che
veniva dalla mia famiglia; e rivoltomi tosto, vidi la figliuola
maggiore nel mezzo di un rapido fiume, caduta di cavallo
ed in lotta colla corrente. Due volte s' era affondata, nè
io potei sbrigarmi in tempo d'aiutarla, tanta essendo la
violenza delle mie sensazioni da non mi permettere di
tentarne il riscatto ; ed ella sarebbe certo annegata, se il
mio compagno- avvistosi del pericolo, non si lossespiccato
di botto a soccorreila, riportandola salva a stento sulla
CAPITOLO TERZO. J9
riva opposta. II restante della famiglia guadagnando più
in su la corrente, l'aveva valicata senza rischio, e sìudI
a noi, benedicendo a quel buon uomo di BurchelL Gli è più
facile immaginare che descrivere la gratitudine della fan
ciulla, che ringraziava il di lei liberatore più cogli sguardi
che colle parole , e si lasciava cadere tuttavia sul di lui
braccio quasi ella bramasse ancora d' esserne assistita.
Mia moglie intanto non rifiniva d'encomiarlo, manifestan
dogli la speranza di contraccambiare quella cortesia più
convenientemente in di lei casa. Gustati poscia alcuni rin
freschi ad un'osteria vicina, dopo il pranzo, dovendosi
egli avviare ad altro paese , si accomiatò ; e noi prose
guimmo il nostro viaggio. La moglie mia, cammin facendo,
mi andava canticchiando gli elogi del signor Burchell,
protestandomi che ove egli fosse di tale nascita e di tali
fortune da esser degno d' imparentarsi con una famiglia
cosi ragguardevole come la nostra, ella non sapeva su chi
meglio fissar gli occhi; ed io sorrideva in udirla così gran
deggiare. Una persona lontana due passi dalla mendicità,
e che prende ad imprestito le frasi de' più insultanti si
gnorotti , moverebbe a dispetto un uomo di cattivo cuo
re ; ma a me non dispiacquero mai gran fatto quelle illu
sioni innocenti che contribuiscono a farci più felice la
vita.
CAPITOLO QUARTO.
Si prova che la più umile condizione può darei felicità e
delizie, le quali non dipendono dal nostro stalo, ma dalla
nostra propria indole.
Il nuovo nostro ritiro era posto framezzo a pochi ca
staidi che lavoravano le loro terre, non opulenti no, ma
nè poveri ; ed essendo essi forniti di tutte le cose biso
gnevoli alla vita , di rado andavano a cercare superflue
bazzicature in città. Lontani dalla raffinata educazione, ri
30 IL VICAMO DI WAKEFIELD.
tenevano molto della semplicità de' tempi andati, e si ador
navano d' assai maniere all' antica ; frugali per lungo abito,
appena sapevano essere virtù la temperanza. l di di lavoro
attendevano con alacrità al travaglio , e si davan buon
tempo le feste godendo nell'ozio di quel riposo. Mante
nevano in uso i cantici del Natale; inviavano nastri In
dono alle loro belle la mattina di santa Valentia, man
giavano frittelle il carnevale, le colende di aprile anda
vano trastullando mascherati, e religiosamente smalla
vano le noci la sera di San Michele. Informato della nostra
venuta tutto il vicinato usci fuori in gran gala ad incon
trare il suo prete con cornamuse e tamburi ; e pel nostro
ricevimento si fece banchetto, a cui lieti intervenimmo ,
ed ove le sghignazzate tennero luogo di spiritosi parlari.
La nostra piccola casetta era posta a' piedi di un colle
che le si èrgeva da lato , protetta per di dietro da un
ameno boschetto e da un Qumicello mormoreggiarne per
davanti che scorreva per mezzo a' bei prati. Venti ingerì
d'ottima terra formavano il mio podere che era in assai
buono stato, avendo sborsate io cento lire per compenso
di quanto ne lo aveva ammigliorato il mio predecessore.
Le siepi erano in si bell'ordine, che nulla più; e i filari
degli olmi a d' ogni sorta alberi ti apparivano con tal pre
cisione che la era una maraviglia. La casa non era che
d'un sol piano, coperta di stoppia; al di fuori aveva
un'aria di semplicità che innamorava, al di dentro i
muri erano pulitamente imbiancati ; e le ragazze si affac
cendarono in ricoprirli di dipinture disegnate di lor
mano. Essendoci la stessa camera a un tempo e sala e
cucina , noi n'avevamo più caldo; e come le scodelle, i
piattelli ed in Une ogni suppellettile vi si forbiva in tutto
punto e si ordinava vagamente in scaffali, l'occhio ve
niva rallegrato da quella somma nettezza, uè vi desiderava
più ricchi arredi. V'erano tre altri appartamenti, l'uno
per me e mia moglie, l'altro contiguo al nostro per le
fanciulle, ed un terzo pe' maschi, ove vi avevano due letti.
CAPITOLO QDARTO. 3l
La piccola repubblica, della quale era io il legislatore,
si governava di tal maniera. Allo spuntar del sole conve
nivano tutti nella camera comune, ove la servente ci
aveva già preparato il fuoco acceso. Quivi ci salutavamo
a vicenda con adatte accoglienze, avendo io sempre sti
mato di dover mantenere in uso certe pratiche di bella
creanza, senza delle quali la troppa libertà rovina l'ami
cizia; poi ciascuno si prostrava innanzi a quell'Ente da
cui ci era accordato un altro giorno di vita. Compiuto
quest'atto di dovere, io me ne usciva per le mie faccende
insieme col mio figliuolo, intanto che mia moglie e le fan
ciulle apprestavano la colazione , la quale era sempre in
pronto a certo momento determinato. Una mezz'ora per
quella, siccome un' ora pel pranzo si consumava ogni di;
ed erano conditi quegli istanti d' una innocente allegria
tra le donne, e di dialoghi filosofici tra me e 'l mio figliuolo.
Noi uscivamo di letto al sorgere del sole , però i no
stri lavori non erano mai protratti oltre il di lui tramontare;
e la sera in su l' abbuiarsi ritornavamo alla famiglia che
ci aspettava , e la quale aveva per, accoglierci preparato
sempre buon cuore e allegro fuoco. Alcuna volta non ci
mancava altra compagnia, essendo tratto tratto visitati
dal castaido Flamborugh, nostro vicino e ciarliero oltre mo
do , e dal cieco zampognatore , venuti a far brindisi col
nostro vino d'uva spina, del quale non avevamo perduta
la ricetta nè'l grido. Per mille versi quella buona gente
ci divertiva ottimamente, perchè spesso suonando l'uno
la cornamusa, l'altro cantava alcuna lusinghiera ballata,
come V ultimo addio di Giannotto Armstrong o La crudeltà
di Barbara Alien. Si chiudeva la serata col leggere che
facevano i miei ragazzi le lezioni del giorno, come aveano
già fatto la mattina ; e chi meglio e più chiaramente leg
geva , veniva premiato con un mezzo soldo da porre nel
borsellino de'poveri la domenica; la quale venuta, tutte
le mie leggi suntuarie non valevano ad impedire che non
fosse giornata di gran gala.
32 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Comecchè mi andasse per lo pensiero che le mie pre
diche contro la vanità avessero convertite le mie figliuo
le, le vedeva pur sempre di soppiatto agognare tutti i loro
antichi ornamenti, innamorate di merletti, di nastri, d'un
paio di smanigli o d'un bel zendado; e fin anche mia
moglie s' era appassionata del di lei andrienne cremesino,
perchè una volta m'era sfuggito a caso di bocca che le
si confaceva alla persona. La prima domenica special
mente elleno si governarono in maniera da mortificarmi.
Io avea raccomandato alle mie figliuole la sera antece
dente di vestirsi per tempo la mattina, amando sempre
di giungere io alla chiesa buona pezza prima del popolo.
Le tristàrelle m'obbedirono: ma ragunatici per la cola
zione, eccole scendere colla madre in vesti sfarzose, tutte
lisciate come se fosse il buon tempo di prima , colle ca
pellature impastate d'unguenti, nèi appiccati sul viso per
dar nell' occhio, e collo strascico delle gonne affardellato
per di dietro in modo che ad ogni moto leggiero scro
sciava. Sorrìsi della loro vanità , ma più di quella di mia
moglie da cui io sperava maggior senno; ed in quel mo
mento mi avvisai per lo migliore di dar ordine al mio
figliuolo, con tutta gravità, ch'egli chiamasse la carrozza.
A questo comando le donne sbalordirono tutte, ed io lo
replicai più solennemente, sicchè mia moglie esclamò:
'Tu scherzi, marito mio , non ci è bisogno di carrozza;
abbiamo gambe d'andar a piedi." — "Tu t'inganni," le
risposi , " la è pur necessaria la carrozza, perchè andando
a piedi alla chiesa in questa attillatura , la ciurmaglia ci
farà dietro le fischiate. " — "Ma per verità , * replicò mia
moglie, * io ho sempre creduto che tu, Carlo mio , amassi
di veder puliti e belli i tuoi ragazzi. " — * Puliti quanto ti
aggrada, " l'interruppi io, "e di ciò ti sarò sempre grato;
ma questa non è pulitezza, è ostentazione; e da codesti
manichini, da que'nèi, da quelle frangie non ne verrà che
l'odio di ogni donna del vicinato. Figliuoli miei, fa d'uopo
cambiare quelle gonnelle in qualche cosa di più casalingo,
CAPITOLO QUARTO. 33
perchè non istà bene il lusso a noi, cui mancano quasi i
mezzi per sostenerci in decenza. Non so se neppure ai
ricchi convengano tanti cincischi e frascherie , se si fa
pensiero che la nudità dei povero può essere vestita col
risparmio di quelle bazzecole. " . '
Con questo dire ottenni quant' io bramava ; ed elleno
andarono di buona- voglia a mutarsi tosto di panni; e il
di vegnente le vidi con piacere tagliare lo strascico alle
loro vesti e farne de' farsetti pe'dl festivi a Ricciardetto
eGuglielmino, i due piccini ; e quell'accorciamento parve
dar più grazia alle gonne.
. - ., CAPITÓLO QUINTO.
I
Nuoto e grande personaggio conosciuto. Le cose in cui si
fondano le maggiori speranze per lo più riescono fune
stissime.
CAPITOLO SESTO. - .
Delizie del domestico focolare in campagna. -
CAPITOLO SETTIMO.
Descrizioni dello spirilo ciUadinetco. Anche il più gran ga
glioffo può imparare ad etter piacevole per una sera
o due.
CAPITOLO OTTAVO.
I n amore che promette poca felicità, può, non ottante,
produrne di molta.
c Veruna cosa.
E porrà fine,
Cara , così
Un sol sospiro
Ai nostri dì.
Intanto che si stava leggendo questa Ballata , pareva
Sofìa frammischiare agli applausi una tal quale aria ap
passionata che ti vinceva. Ma quella tranquillità fu poco
stante scomposta da una archibugiata che ci scoppiò alle
spalle , dopo la quale eccoti un uomo aprirsi per mezzo
la siepe una callaia vèr la sua caccia. Era quegli il cap
pellano dello scudiero , ed aveva ucciso uno de' merli che
ci rallegravan cotanto. A quel fracasso si spaventarono
le mie figliuole; e la Sofia tremante fu da me veduta pit
tarsi a ricovero nelle braccia del signor Burchell. .
Il gentiluomo venne a chiederci scusa del disturba-
mento, affermando Rulla sapere egli della nostra vicinanza,
CAPITOLO OTTAVO. 55
\
s' assise a lato alla fanciulla minore , e da buon cacciatore
le offerì tutta la preda di quella mattina. Ella era in pro
cinto di rifiutarla, quando un'occhiata che le diede di
sottecchi sua madre, la, mosse ad emendare tosto quel
fallo e ad accettare , sebbene con alquanta ritrosia , il do
nativo. Inorgoglitasi mia moglie , borbottò, secondo il so
lito, fra denti certe parole d' esultanza per la conquista del
cappellano latta da Sofìa , simigliarne a quella 'che dello
scudiero aveva già fatta la di lei sorella: ma io aveva ra
gione di sospettare che la furbetta mirasse a tutt' altro.
L' ambasciata del cappellano era per avvertirci d'alcuna
musica' e di rinfreschi preparati dal signor Thornhill , il
quale s' avvisava di intrattenere quella sera con-un ballò
le fanciulle al chiaror della luna sul pratello in faccia
alla .nostra casa. Nel dare a noi questa novella, il cap
pellano manifestò quanto a lui fosse stato a cuore d'es
serne il. primo messaggero, sperando in ricompensa che
madamigella Sofia gli sarebbe stata compagna per quella
danza. A lui la fanciulla rispose che di buon grado avrebbe
accolto l' invito, se ella non vi scapitasse di suo onore;
perchè avendovi un gentiluomo che le era stato compa
gno in tutti i lavori della giornata , parevale che anche
nel sollazzo quegli avesse diritto d' esserlo. In questo
dire ella addittò il signor Burchell , il quale , ringrazian-
donela , la cedette pulitamente al cappellano , dicendo
esser egli per quella notte invitato cinque miglia lontano
ad una scapponata colla quale si celebrava da alcuni suoi
amici il ricotto. Appariva a me stravagante quel di lui
rifiuto; nè sapeva io , d' altra parte, indovinare come una
fanciulla di si buon senno potesse anteporre ad un uomo
disóretamente agiato uno accattapane. Ma siccome gli
uomini ti sanno dire a un puntino quanto valga una donna,
cosi le femmine spesse volte fanno di noi giudicio esat
tissimo ; e i due sessi paion spie appuntate l' uno del
l' altro, avendo ciascuno separatamente attitudini tulle
proprie per ben fare il suo mestiero. * '«*-''...
.'iti IL VICARIO DI WAKEFIELD.
CAPITOLO NONO.
Si conoscono due dame di condizione elevala. L' abbigliamento
sfarzoso pare che conferisca squisitezza di educazione. -
CAPITOLO DECIMOPRÌMO.
La famiglia ti Ottino pur tempre a farla da grande.
CAPITOLO DECIMOSECONDO.
La fortuna umbra decita di voler umiliare la famiglia di
Wake/ìeld. Le mortificaiioni, non di rado, rietcon più
amare delle disgrazie reali.
CAPITOLO DECIMOTERZO.
Il tig. Burchell è dichiarato nemico, perchè ha il coraggio
di dare un contiglio che non piace.
CAPITOLO DECIMOliUARTO.
A'tKH'e mortificazioni, e prova, che i mali apparenti
pattano ener» beni reali.
Poichè l' andata delle mie figliuole alla città fu stabi
lita , il signor Thorphill cortesemente promise voler egli
I
CAPITOLO DECIMOQUARTO. 79
stesso aver cura del loro contegno, ed informar noi per
lettere de' loro diportamenti. Ma stimato essere d'estrema
necessità ch' elle dovessero comparirvi in maniera corri
spondente all'altezza delle speranze loro, pel quale prov
vedimento vi voleano quattrini, si dibattè in pieno con
siglio sopra i mezzi più acconci per radunarli, o, per dirla
schiettamente, si esaminò qual cosa più convenisse di
vendere. Presto si venne nella determinazione di spac
ciare l' altro cavallo, il (piale, cosi scompagnato come
era, riusciva inutile.all' aratro, e mal atto ai viaggi per
esser losco. Lo si sarebbe dunque condotto al mercato
prossimo, al quale andar doveva io medesimo, onde non
rimanere un' altra volta gabbali. Sebbéne quello fosse di
tutta mia vita il primo passo in mercatura, pure non du
bitava io di poter compiere la mia commissione onore
volmente. Dalla poca o molta prudenza di' quelli coi quali
convive, l' uomo trae gli argomenti per istabilire quale
opinione aver debba della propria prudenza ; ed in fami
glia esercitando io d1 ordinario la mia con alcuna supe
riorità, mi pareva di conoscere ogni genie al fiuto, e me
ne ringalluzzava tutto. Ciò non per tanto, ll dimane, quan-
d' io ero già uscito della porta e messomi per alcun passi
sulla via , mia moglie mi chiamò indietro per lischiarmi
sotto voce: " Bada a te; sta' coll' occhio teso, acciocchè
non te l' accocchino. "
Secondo l' uso de' mercati, come vi fui giunto , feci
correre in su e in gin per la piazza il mio cavallo a pian
passo , al trotto , a galoppo ; ma per alcuna pezza non ap
parve offeritore. Uno si accostò finalmente «he esaminato
d'ogni banda il cavallo e trovatolo senza un occhio, non
esibì una crazia; venne il secondo; ma osservando che
quello aveva uno spavento alle gambe, disse che non lo
avrebbe comperato neppure pel solo fastidio del menar
selo a casa: un terzo si accòrse d' una spinélla, e voltò
le spalle: un altro inferi dall'occhio che il cavallo avesse
dei vermi negl' intestini : e il quinto, più petulante, si ma
80 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ravigliò come' io appestassi la fiera con una carogna in-
guidalescata, mezz'orba, che aveva uno spavento e un
tumore, e non meritava che d'essere gittata ai cani a tòcco
a tòcco. Di mano in mano che gli altri la schernivano, mi
sentiva ancor io sorgere in cuore un certo disprezzo per
quella povera bestia , ed all' avvicinarsi d' ogni avventore
mi vergognava quasi; perchè, quantunque non prestassi
fede a tutte le ciarle di quei bricconi , mi venia pensato
come il gran numero de'testimoni desse una presunzione
fortissima ch' eglino non avessero il torto; e San Grego
rio, nel trattato delle buone opere, si dichiara dello stesso
sentimento. j
Io me ne stava cosi scornato , quando un mio consa
cerdote e amico già da un pezzo , venuto per i suoi biso
gni al mercato, s' avviò diritto verso di me, e datami la
mano , m' invitò ad andare con esso lui ad un' osteria per
bevere un bicchiere di quel che vi si sarebbe potuto tro
vare. Accettai di voglia l' offerta; ed entrati in una bet
tola fummo accompagnati in una cameretta di dietro nella
quale non sedeva che un vecchione d' aspetto grave, tutto
intento a leggere un gran libraccio ch' egli si aveva in
nanzi. In tutta mia vita non vidi mai una figura che più
di quella preoccupasse in suo favore cosi in un batter
d' occhio il mio cuore. Alcune ciocche grigie che parevano
argento gli ombreggiavano le tempie venerande, e gli
appariva sul volto antico un' aria che annunziava robu
stezza ancora ed una amorevolissima onestà. Adonta della
presenza di lui, noi due proseguimmo i nostri discorsi,
raccontandoci l' un l' altro le nostre varie vicende, le con
troversie sulla dottrina di Whiston , ì' ultimo mio opusco
lo , la risposta dell' arcidiacono, e come mi si aveva mal
trattato. Ma poco stante ci distolse da que' parlari un
giovinetto che entrato in camera corse al vecchio forestiero
rispettosamente, e con voce umile gli narrò alcuna cosa
* Lascia da un canto le apologie, figliol mio," disse il
vecchio , - perchè egli è preciso dover nostro il far del
CAPITOLO DECIMOQTMRTO. 81
bene al prossimo : vorrei poterti dare di più ; ma spero
che con cinque lire ti rifarai de' tuoi danni : prendile, e va'
con Dio. *
Quel modesto giovinetto pianse per riconoscimento
del benefìcio; pure io sentiva nell'anima una gratitudine
maggiore assai della sua, ed avrei stretto volentieri fra le
braccia il buon vecchio, tanto m' aveva l' atto onesto in
tenerito. Tornò a leggere, e noi ripigliammo i nostri ra
gionamenti; finchè alcun tempo dappoi il mio compagno
ricordandosi di dover sbrigare alcune faccende in merca
to, cercò d'andarsene, promettendo che sarebbe ritor
nato quanto prima , come desideroso di godere più lun
gamente la conversazione del suo caro dottore Primrose.
In udire il mio nome , parve il vecchio guardarmi attenta
mente ; e partito che si fu il mio amico , mi domandò
con molta garbatezza s'io fossi per avventura parente del
gran Primrose, quel si intrepido sostenitore della mono
gamia, il quale erastatoi'antemuraledellaCbiesa.il cuore
non mi battè mai tanto come in quel momento, e gli ris
posi : ° La lode di un si buon uomo quale son certo che
voi siete, raddoppia la gioia destatami in petto teste dalla
vostra caritatevole azione. Eccovi dinanzi quel dottor Prim
rose, quel monogamo a cui vi piacque concedere l'appel
lativo di grande. Voi mirate qui lo sfortunato teologo che
ha combattuta sì lungamente e con buon successo , se
male non mi slesse il dirlo, la deuterogamia del secolo."
" Signore, * replicò lo straniero stupefatto, " mi duole
d'essere forse stato troppo ardito ; vi chiedo perdono della
curiosità. " Ed io stringendogli la mano : " No, no, buon
uomo, la vostra famigliarità mi piacque davvero; e poi
chè vi ho già accordata ia mia stima , vi prego di accet
tare anche la mia amicizia. * —" Ve ne sono grato , o
glorioso sostegno dell' incorrotta ortodossia. Ed è pur vero
ch'io..,?'' — L'interruppi; perchè, quantunque come au
tore io sapessi digerire in buon dato l' adulazione, la
mia modestia, per ora, non ne permetteva di più, Tutta-
82 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
volta in tutti i romanzi della terra non troverai due amanti
che abbiano cosi in un baleno assodata la loro amicizia
com'io e'l vecchio. Si parlò di diversi soggetti: da pri
ma e' mi sembrò più divoto che dotto; e cominciai a
credere ch' egli non facesse conto veruno delle umane
dottrine come d' inezie : nè io lo stimava meno per que
sto , già tempo accolta avendo io pure in segreto una
tale sentenza. Però presi a dire che il mondo in generale
era da biasimarsi perchè mostrava una supina indifferenza
per cièche fosse dottrina, correndo dietro con eccessivo
amore alle speculazioni umane. Ed egli, quasi avesse ri-
serbato per quell'istante tutto il sapere, rispose : " Bene
sta ; il mondo vaneggia: e la cosmogonia, o vogliam dire
il sistema della formazione dell'Universo, ha imbarazzati
i filosofi d'ogni secolo. Qual guazzabuglio d'opinioni non
hanno eglino disseminate intorno alla creazione del mon
do! Sanconiatone , Maneto, Beroso e Ocello Lucano si
stillarono su di ciò invanamente il cervello. L'ultimo ha
queste parole, nnarkon ara hai nieleni/non lo pan, le
quali significano che tutte le cose non hanno nè principio
nè fine. Anche Maneto che fiori a' tempi di Nabuchadon-
Asser o in quel torno ; Asser è una parola Siriaca che si
aggiunge comunemente al nome ilei re di quella contrada,
come Teglat Phael-Asser, Nabon-Asser e cosi via ; Mane
to, dico, fece una congettura che torna in assurdo; per
chè dicendo noi d'ordinario ek to biblion kubernetes, cioè
i libri non istruiranno mai il mondo , egli s' ingegnò di
investigare.... Ma vi domando scusa; io svio troppo le
mie parole dalla questione. " E di vero egli era fuor del
seminato ; nè io sapeva per niun verso indovinare come
si affacesse la creazione del mondo al mio tema ; ma ciò
bastava per darmi a divedere ch' egli era un letterato, e
rendermelo più riverito. Mi venne talento di porlo a pa
ragone; ma egli era troppo umile e di gentili maniere,
per lo che schifava di contendere meco e di vincermi.
Ogni volta che io inframmettessi nel dialogo alcuna os
CAPITOLO DECIMOQUARTO. 83
servazioncella che avesse faccia d' una disfida, egli sorri
deva, crollava il capo e non diceva parola; perchè io
comprendeva che s' egli avesse voluto, poteva risponder
mi per le rime- l'asso passo il ragionamento si allontanò
dal subbietto , e lasciate le antichità, si venne a dire qu.il
cagione ci avesse menati al mercato. Lo informai del ca
vallo ch' io voleva vendere ; ed egli appunto s'era recato
alla fiera non per altro che per comperarne uno da dare
al suo fittaiuulo: venne offerto il mio; e dàlie dàlie dàlie,
strignemmo il contratto. Non restava che di pagarmi;
egli imperiamo trasse di tasca una cedola di trenta lire
pregando ehsogliene rendessi il di più; ma era un voler
cavare dalla rapa sangue. Laonde commise all'ostessa di
chiamare il di lui servo ; e quegli fece il suo ingresso
vestito a livrea magnifieentissima. " Vanne, Abramo, fa'
cambio di questa polizza qui a casa Jackson o dove che
sia, e riportami tant' oro. "
Partito quel donzello, il vecchio recitò un' orazione
patetica sulla somma carestia che vi aveva d' argento ;
ed io gli feci eco deplorando altresì la gran penuria d'oro,
cosicchè al ritornare di Abramo s' era per entrambi noi
convenuto non v'essere mai stato tempo in cui li danari
costassero tanto sudore come all' età nostra. Abramo
raccontò d'aver cercato a destra e a manca tutto il mer
cato, uè riuscirgli l' intento ad onta dell'aggio d'un mezzo
scudo offerto pel baratto. Tutto andava a traverso ; ma il
vecchio , stato alquanto sovra pensieri, mi domandò s'io
conoscessi tra'miei vicini un Salomone Flamborough ; e
rispondendogli io che sì , perchè abitava accanto al mio
uscio , soggiunse : " Poffare il mondo ! la è beli' e acco
modata. Vi darò una lettera di cambio ch' egli vi pagherà
a prima vista ; e sappiate che per cinque miglia all'intor
no non v' è galantuomo più puntuale del signor Salomone.
Egli è un buon pezzo che io lo cflhosco : e' mi ricorda
eh' io vinceva sempre a piè pari ; ma sur un piè solo egli
saltava più lontano di me." Una cambiale sovra il mio
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
vicino io guardava come danaro, non ignorando quanl'egli
fosse buon solvente ; la fu dunque sottoscritta e a me
data la mano. Detto fatto, il vecchio signor Jenkinson ,
il suo servo Abramo e 'l mio antico cavallo il morellotto
trottaron conienti pei fatti loro.
Rimasto solo, cominciai tra me e me a ruminare se-
riosamente e ad accorgermi d'aver fatto male a ricevere
in pagamento una lettera di cambio da uno sconosciuto ;
ed avvisai da uom prudente di richiamare il compratore
e farmi restituire il mio cavallo; ma non era più tempo.
Imperò m' incamminai difilato vèr casa con animo di ri
scuotere subito la cambiale. Trovai quell'onesto amico di
Flambòrough sulla porta sua colla pipa in bocca ; gli
dissi della piccola polizza ; la lesse e rilesse. — " Buon
Salomone , quella firma tu la saprai decifrare, Eiraimo
Itìnkinson."—"SI si, il nome è chiaro, e so chi l'ha scrit
to ; il peggior furfante che viva sotto del cielo, quello
stesso mariuolo che ci ha venduti gli occhiali. Capegli
grigi, non egli è vero.? guardatura veneranda, e con uh
abito che non ha orecchie alle saccocce. Il saccentone ti
avrà sfibbiata una tiritera di parole greche intorno la cos
mogonia è 'l mondo. Qui sta tutta la sua erudizione, e
sempre ch' egli si abbatte in letterato gliela canta diste
samente: ma io lo conosco il briccone: e che si ch'io lo
afferrerò pel collo! " Io. non gli rispondeva che con sospi
ri ; e quantunque fos'si già abbastanza afflitto, prevedeva
che mi si sarebbe scaricato addosso il colpo più fiero
nell'atto di venire al cospetto di mia moglie e delle
figliuole. Noi) provò tanta angoscia mai e batticuore uno
scolare dappoco nel ritornarsene, dopo aver sfuggita per
alcuni giorni la scuola , in faccia del suo maestro ,
quant' io ne sentii nelP avviarmi vèr casa mia. Determi
nai non pertanto di prevenire la collera de' miei coll' es
ser io il primo ad adirarmi per alcun motivo contro di
loro. Ahimè I che nell'entrare trovai la famiglia per niun
verso disposta alla zuffa. Tutto era lagrime e gemiti, es-
CAPITOLO DECIMOQ0ABTO. 85
sendo venuto quella mattina il signor Thornhill ad av
vertire, che il viaggio delle fanciulle alla città andato in
fumo interamente, le due gentildonne alle quali aveva
qualche maligna lingua riportate delle novelle disaggra-
devoli sulla nostra condotta , erano già partite per Lon
dra. IL signor Thornhill non sapeva indovinare l'autore
nè la cagione di quelle dicerie ; ma chiunque si fosse che
ne avesse così malmenati , egli ci assicurò che ad ogni
modo avrebbe conservata alla nostra famiglia la sua ami
cizia, nè cesserebbe dal proteggerne.
A paragone di codesta loro sciagura la mia era un
nulla, sicchè elle non durarono fatica a sopportare con
rassegnazione la mia asineria : « tutti i nostri- pensieri
furono rivolti a scoprire il calunniatore sì vile d' una po
vera famiglinola ch' era troppo umile per poter eccitare
ad invidia, e troppo innocente perchè altri ne dovesse
trarre disgusti.
CAPITOLO DECMOQUINTO.
Perfidia del tignar Burchell smascherata.
Follia dell' essere arcisapienle.
*
Per tutta quella sera e per gran parte del giorno ap
presso noi stemmo fantasticando -chi mai esser potesse
quell'inimico: ma la fu opera vana. Non vi ebbe famiglia
del vicinato salva dai nostri sospetti, e ciascuno di noi
avvalorava li propri con ragioni che ognuno aveva in se
greto. In questo ondeggiamento di dubbi, uno de'bambini
tornò dal pratelln, ov' era stato a ruzzare , con un porta
fogli in mano da lui trovato a caso sull'erba. Fu tosto
riconosciuto essere quello di Burchell, perchè più volte
ci era occorso di vederglielo in tasca. Lo aprimmo , e vi
si rinvennero notati alcuni ricordi intorno a cose diverse :
ma quel che più ci mosse a stupore fu una carta suggel
86 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
lata con iscrìtto fuori Copia d'una lettera da mandarsi
alle due gentildonne al castello Thomhill. Cadde tosto in
pensiero ch' egli fosse F infame delatore ; e si agitò la
quistione sul dissuggellare o no la scrittura. Io non vo
leva che la si leggesse; ma Sofia insisteva pel si, dicendo
esser ella certa non avervi uomo men di lui capace di
una cotanta ribalderia. Lei secondò tuttala famiglia bra
mosa di venire a capo delle indagini molte , ed io mi ar
resi e lessi :
« Madonne,
Il portatore di questa lettera vi darà piena contezza
della persona che la scrive, la quale se non altro è som
mamente arnica dell'innocenza, e veglia sempre per di
fenderla dagl' inganni altrui. Mi vien detto per cosa ve
ra , che voi vi proponete di. condurre alla città siccome
compagne due fanciulle da me alquanto conosciute. Bra
mando io che non venga tradita l' ingenuità nè contami
nata la virtù , reputo dovere di manifestarvi il mio sen
timento su questa vostra determinazione , e di dirvi che
da un passo così sconsiderato usciranno di mille guai. Io
non fui mai inclinato a maltrattare con troppa severità gli
infami e i dissoluti; nè ora mi sarei indotto a dichiarare
il mio parere in questa guisa e biasimare apertamente
l'altrui pazzia, se non la vedessi tendere ad un delitto.
Accogliete le ammonizioni d' un amico, e badate seria
mente ai danni che nascerebbero dall' introdurre l'infa
mia ed il vizio dove la pace e l' innocenza hanno finora
albergato. »
Quantunque le censure contenute in questa lettera
potessero benissimo essere applicate tanto all'una quanto
all'altra parte, e riferirsi a quelle persone alle quali era
indirizzato lo scritto, del pari che a noi; l'interpreta
zione maligna era nondimeno cosi ovvia , che non si cercò
più in là , nfe si ammise più dubbio. Mia moglie non ebbe
pazienza tanta da aspettare ch'io finissi la lettura, e die
in un mare di contumelie contro di Burchell. Olivia le
CAPITOLO DECIMOQUINTO. 87
taceva eco ; e la povera Sofìa sembrava stupidita alla vista
di tale scelleraggine ch'io riguardava come esempio di
non provocata ingratitudine, il più vile che mi fosse mai
incontrato , ed attribuiva la cagione di quella indegnità al
solo desiderio di Burchell che le fanciulle rimanessero in
provincia onde avere più opportunità di conversare seco
loro. Ognuno di noi delirava in pensando al modo]di ven
dicarsi ; quando l'altro piccino corse in camera a dirci
che il signor Iìurchell era in fondo del campo che se ne
veniva vèr casa nostra.
Mancano per avventura parole a volere, o lettore,
tener dietro alla tua immaginazione, e descrivere con
colori vivi altrettanto la folla , l' urtarsi degli affetti de
stati- allora in anime lacerate dalla rabbia per ingiuria
ricevuta di fresco, le quali sentivano avvicinarsi tutta
la voluttà della vendetta. Nostra voglia era solamente di
buttargli in faccia la vergognosa ingratitudine di lui; ma
fu stabilito che si dovesse venirne a compimento nella
maniera la più pungente. Però fermammo di accoglierlo
coli' usato sorriso, di allargare anche a prima giunta la
mano in gentilezze, e di mettersegli attorno tutti noi con
mille moine ; poi nel bel mezzo di quella calma lusin
ghiera prorompere come un tremuoto improvviso addosso
al cattivo, e schiacciarlo col testimonio della sua viltà.
Per imprese di tal fatta la moglie mia era piena di
destrezza, e la ne sapeva forse più di noi tutti ; quindi a
lei fu affidato l' incarico di condur questa a fine. Si acco
stò Burchell alla porta , entrò in camera, prese una seg
giola e s'assise. "Buon giorno, signor Burchell. " —" Buon
giorno, e Dio 'l voglia , o Dottore; ma temo di pioggia,
perchè mi duole il capo." — " Dolgonvi le corna dunque,
o signor Burchell ? " gridò mia moglie simulando un so
noro riso; poi gli chiese perdono dello scherzo. "Oh! di
buon grado vi perdono ; nè l'avrei creduto uno scherzo ,
se voi non me ne aveste avvertito. "
Allora ella gittò uno sguardo a noi, e prosegui la
88 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
sguaiata con giocolini di parole e amari motteggi a dar
gli il tizzo e proverbiarlo : ma la beffa ricadeva tutta sulla
povera donna. Egli non pertanto ne lodò la ilarità; ma
disse mancare a quegli scherzi un briciolo di buon senso
"Eh! Signore, molti vantano senso senza possederne."
— " Oh si perdio ! " rispose Burchell ; " e invero voi avete
conosciuto delle gentildonne che si spacciavano per begli
ingegni, e d'ingegno erano affatto sprovvedute. *
Allora finalmente io m' addiedi che mia moglie poco
o nulla avrebbe ottenuto dell' intento ; e deliberato di
sguainare io medesimo contro colui lo stocco, brusca
mente balzato in mezzo esclamai: " Ma nè ingegno nè spi
rito vale senza onestà ; poichè ella sola fa dagna di stima
qualsivoglia persona. Il rozzo alpigiano d' intemerati co
stumi è più grande assai del filosofo di perduta morale:
e che monta il genio , che monta il coraggio mai quando
non si ha un cuor santo ?
L' uomo ooesto è di Dìo l* opra più bella. "
" Questa sentenza che tu hai tolta ad imprestito da
Pope , " rispose il signor Burchell, " fu da me sempre ri
putata indegna d' un uomo d' alto ingegno ; e sto per
dire ch' egli è con quella un volere rinnegare vitupere-
volmente la propria preminenza. Il merito dei libri non
istà nel non aver difetti , ma bensì nell' avere bellezze
grandi; e gli uomini pure ben vorrebbonsi apprezzare
ma a misura ch'eglino sono mondi di falli, ma di tanto
più sempre quanto più luminose sono le loro virtù. Nè
importa che al letterato manchi prudenza , ed orgoglioso
sia il magistrato , e feroce il guerriero, perchè debba per
noi anteporsi a costoro l' artigianello che vive oscura la
sua vita senza riscuotere mai una lode. Che se ciò fosse,
potremmo del pari preferire i dipinti corretti sì, ma umili
e volgari della scuola fiamminga a quelli d'errori sparsi ,
ma del pennello italiano, ma sublimi, ma tuti' anima. "
"Correrà bene la tua riflessione, diss'io, quando
CAPITOLO DECIMOQUINTO. 89
uniti a grandi virtù vedransi dei minuti difetti ; ma al
lorchè vizi sommi stanno a petto di straordinarie virtù
dentro un' anima stessa , quella merita che la si abbor-
risca, perdio!" Ed egli : " E' vi avranno forse mostri quali
tu di', e forse alcun uomo riunirà in sè massime virtù e
vizi massimi, ma in tutta mia vita non mi venne veduto
un solo esempio da cui inferirne l'esistenza: per lo con
trario ho sempre osservato che dove è mente vasta, ivi
sono' anche magnanimi ed ottimi affetti. La previdenza si
manifesta di tal maniera, per nostra amorevolissima ami
ca , scemando l' intelletto all'uomo di corrotto cuore , e
togliendo in gran parte il poter far male a chi di farlo ha
tutta la voglia. Questa regola pare comune nella natura,
perchè veggiamo gl'insetti tuttiquanti traditori sempre,
crudeli e codardi ; e gli animali di forze dotati e di pos
sanza, generosi anzi, pienioH ardimento e liberali. "
" Benissimo in fede mia ! " rispos'io ; " tuttavolta non
mi sarebbe difficile in questo momento il mostrare un
uomo di cui il cuore e la mente sono in tale opposizione
tra di loro, ch'egli è forza di detestarlo con tutta l'anima."
Fissati su di lui gli occhi senza batter palpebra, mi detti
a gridar più forte : " SI, si : signor Burcheil, e' m' è caro
di poterlp scoprire nell' istante ch' ei meno se l'aspetta.
Conosci tu questo portafogli? " — "SI, egli è mio: e oh
fortuna ! tu l'hai trovato? e dove mai? " Nel pronunziare
queste parole , il di lui volto non si cangiò nè punto nè
poco, e vi appariva una certa arditezza incomprensibile:
" E questa lettera la conosci tu ? Bada a me, non vol
gere altrove lo sguardo, non mi bugiare. "
" L' ho scritta io , si. " — "E come fostù sì vile ed in
grato da osare cotanto?" — "E tu come ardisti, vigliac
co, aprir questa lettera ? " rispose egli con sfacciatezza
senza pari. "Non sai tu che per codésto delitto io potrei
farti impiccar per la gola ? Solo ch' io giurassi dinanzi al
giudice il tuo misfatto, per tosto vederti qui su questa
porta dar de' calci a rovaio." A tanta inaspettata impu
90 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
denza non mi fu più dato d i frenar me stesso, e. gli gridai :
* Via di qua, ingratissimo uomo, e non contaminar più
casa mia eolla tua perfidia. Via di qua , e eh' io non ti
rivegga sul mio uscio mai. L' unico gastigo eh' io ti so
imprecare è il rimorso che ti roda la coscienza. "
Ciò detto, gli gittai il portafogli; lo raccolse sorriden
do, ne serrò a bell'agio la borchia; poi con. aria serena
se ne parti, lasciando noi attoniti in vederlo si franco. La
rabbia di mia moglie era che nulla lo avesse irritato o
fàt^o vergognare delle sue guidonerie. "Donna mia, * le
diss' io bramoso di calmare la nostra troppa iracondia ,
" non ti maravigliare se i ribaldi non senti m vergogna ;
eglino non arrossiscono che allora quando altri coglie loro
in alcuna onesta azione; ina de' vizi si gloriano i tristi.
"'Il Delitto e la Vergogna erano un tempo compagni,
racconta l'allegoria, nò sul principio del loro viaggio li
vedevi mai separati. Ma non andò guari clie una tale
unione increbbe ad entrambi come sommamente incomo
da; cagionando il Delitto frequenti volte assai pene alla
Vergogna, e questa palesando tratto tratto i segreti mac
chinarne! di dell'altro. Dopo molti disgusti vennero nella
determinazione di dividersi per sempre. Il Delitto prose
gui la sua via a passi risoluti e pieno d'ardimonto onderag-
giugnere il Destino che lo precedeva in forma d'un ma
nigoldo ; ma la Vergogna timida per natura , tornò indie
tro affine di accompagnarsi alla Virtù lasciata alle spalle
a bella prima. Di tal maniera, figliuoli mici, dopo che
gli uomini hanno camminato alcun poco per la strada dei
vizi, Vergogna gli abbandona a sè stessi , e si pone sol
tanto a guardia delle poche virtù che. ancora ne' petti
loro rimangono."
CAPITOLO DECIMOSESTO.
La famiglia usa tcaltrimenti che tono rintuzzali
da altri maggiori.
CAPITOLO DECIMOSETTIMO.
Qualunque virtù è manca per resistere alla forza
di lunga e gradevole tentazione.
CAPITOLO DECIMOTTAVO.
Un padre in traccia delta tmarrita figliuola
per richiamarla a virtù.
CAPITOLO DECIMONONO.
CAPITOLO VENTESIMO.
Storia di un filosofo errante' che, in traccia di novità,
perde ogni contentezza.
CAPITOLO VENTESIMOPMMO.
Breve durala dell' amicizia Ira viziosi, che vive $ol quanto
lo scambievole piacere che te ne cóglie:
CAPITOLO VENTESIMOSECONDO.
Si perdonano facilmente le offese, quando e' è
di meno l'amore.
CAPITOLO VENTESIMOTERZO.
Tranne ti colpevole, nestuno pud estere a lungo
e all' in tutto miserabile.
CAPITOLO -VENTESIMOQHARTO.
JVuote ictojure. ;-.
CAPITOLO VENTESIMOSESTO.
Riforma nella carcere. Perchè te leggi fossero perfette,
dovrebbero premiare neW istetso modo che puniscono.
CAPITOLO VENTESlMOSETTIMO.
Continua lo sletso soggetto.
*
Il giorno appresso partecipai a mia moglie ed ai Ggliuoli
com' io intendeva di convertire i prigionieri , da che vol
lero sconfortarmi. E disapprovando intieramente quella
impresa quasi vana la fosse ed impossibile, dissero ch'ogui
168 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mia opera sarebbe tornata in detrimento soltanto del mio
minisierio.
" Non è vero, " risposi, * ciò che voi dite. Coiieste mi
sere genti, sebbene cadute, sono uomini tuttavia: e ba
sta perch' io rivolga loro il mio amore. I buoni consigli
ributtati ritornano ad abbellire il cuore di chi li diede; e
se le ammonizioni da me compartite non emenderanno
coloro, io ne trarrò fuor d' ogni dubbio l' emenda di me
medesimo. Se codesti infelici fossero in alia fortuna, mille
persone accorrerebbero ad esibersi al servigio loro. Ma
io reputo tanto preziosa l' anima di chi è seppellito in or
renda carcere , quanto quella di lui che siede in trono.
Però voglio correggerli, se posso, e forse di essi non tutti
mi farannno beffe ; forse uno ne strapperò dall' abisso, e
ciò sarà gran guadagno ; perchè non v' ha gemma al
mondo che pareggi l' anima di un uomo. "
Dopo queste parole abbandonando i miei figliuoli, scesi
nella prigione comune ove i compagni in grande allegria
aspettavanmi, ognuno meditando di corbellarmi a sua po
sta, e prendersi giuoco del buon dottore. Quindi sul bel
principio l'uno torsemi a sghimbescio la parrucca; e fìn
gendo d'averlo fatto inavvertitamente, me ne chiese per
dono; l' altro in lontananza sapeva si destrameny^per
mezzo i denti sputare cotali farfalloni che piovendo itti mio
libro tutto inondavanlo; il terzo si pose a cantare amen
con si soverchia santità, che tutti scompisciaronsi dalle
risa ; ed era al quarto riuscito di ghermirmi bellamente
fuor delle tasche gli occhiali. Ma la burla d' un altro ebbe
accoglimento più universale ed urli di gioia; perchè co
lui, veduto come io aveva disposti i miei libri sul tavo
liere innanzi a me, pian piano ne tolse via uno, ed in luogo
di quello vi sostituì un suo libro zeppo d'oscenità- lo non
periamo feci sembiante di non accorgermi de' malvagi
scherzi di que' miserabili; ma proseguii tranquillamente;
tenendo per fermo, che per una o due volte al più avreb
bero latte eglino le risa grasse; ma svanite quelle, la
CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO. 169
serietà de' miei discorsi sarebbe rimasta. Così in fatti av
venne: e in meno di sei giorni alcuni furono penitenti,
attentissimi tutti.
Lieto io medesimo della mia perseveranza e dell'ac
cortezza colla quale io aveva saputo desiare alcuna sensi-
bilìlà in que' sciagurati sprovveduti d'ogni sentimento
morale , me ne lodava ; e di poi volsi l' animo all' utilità
temporale di loro, procurando di renderne meno trista la
condizione.
Fino a quel tempo la loro vita non era stata che un
patir fame, poi un crapulare, un tumultuar licenzioso
seguito da amatissimo pentimento. Lasciati in preda al
l'ozio, gli avresti veduti ogni tratto arrissarsi , giocar a
cricca e tagliare turaccioletti pel tabacco. Però da quest'ul
tima loro industria, vana per sè stessa, mi venne destato
il pensiero di proporre a chi 'l volesse un piccolo com
mercio ; questo cioè di fare fuscelli aguzzi pei tabaccai e
pei calzolari. Comperavasi quindi a spese comuni il legno
e lavoratolo, vendeansi per cura mia i piuoli ; e da questi
ogni giorno ciascuno traeva qualche guadagno, che seb
bene scarso bastava per sostentarlo.
Nè qui ristette l'opera mia; ma stabilii inoltre de'ga-
stighi pe' depravati costumi e delle ricompense per chi
mostrava più industria. Di maniera che in meno di quin
dici dì gli ebbi ad una specie d' umana società ridotti ;
legislatore me stesso con compiacenza reputando, il quale
dalla nativa ferocia aveva menati quelli uomini alla ob
bedienza , all' amicizia.
Sarebbe desiderabilissima cosa che di tal fatta il legis
latore ordinasse le leggi più alla correzione degli abusi
che alla severità ; e eh' egli di ciò si convincesse , estir
parsi i delitti col rendere le pene non familiari , ma for
midabili. Invece delle presenti nostre prigioni che o ac
colgono o fanno elleno stesse rei gli uomini , e nelle quali
entrano gli sgraziati colpevoli d'un delitto, e n'escono,
se pur vivi, coli' attitudine a commetterne mille ; dovreb
170 IL VICÀRIO DI WAKEFIELD.
bero come in diverse altre parti d'Europa vedersi qui pure
de' luoghi di penitenza e solitari, nei quali l'accusato tro
vasse tali persone che a pentimento lo riducessero, se
reo, e a nuova virtù l'infiammassero, se innocente. Que
sta , e non la gravezza de' gastighi, è la via per cui in uno
stato si emendano i costumi. Nè io direi interamente le
gittimo il diritto che l'umane società si sono arrogate di
punire capitalmente colpe leggiere. Chiaro appare avere
esse codesto diritto ne' casi d'omicidio; dover nostro es
sendo il conservar e difendere noi medesimi : e togliere
quindi la vita a chiunque l' altrui vita non rispettò; e con
tro l'omicida la natura tutta in armi si solleva. Ma non
cosi contro del ladro : perocchè la legge naturale non dà
a me diritto d'uccidere chi mi ruba il cavallo; perchè
proprietà mia ella non dice essere il cavallo che colui mi
toglie, ma tanto mio quanto del ladro. Se vi ha dun
que diritto d'ucciderlo, questo non può derivare che da
un contratto sociale per cui sia stabilito che chi.priva aV-
trui di un cavallo debba morire. Ma tale contratto è nul
lo; perchè niun uomo ha diritto di vendere la propria vita
o di comperare l'altrui, condossiachè nessuno ne sia egli
il padrone : ed è sproporzionato; perchè assegna gravis
sima pena a scarso fallo; meglio essendo che vivano due
uomini , di quel che non sia che l'uno cavalchi. Ne giu
dice alcuno ne'moderni tribunali vorrebbe approvare un
contratto di tal sorta tra due cittadini. Ora quel contratto
che è invalido tra due uomini , perchè no) sarà tra cento,
tra cento mila ? In quella guisa che dieci milioni di cerchi
non faranno mai un quadrato; tutte insieme le voci di
cento e cento milioni di uomini non potranno mai dare il
menoma fondamento alla falsità. Tale è la vocer della ra
gione ; e a lei fa eco con libero grido la natura. Però i sel
vaggi dalla sola legge naturale governati rispettano tene
ramente l'un dell'altro la vita, e rade volte e solo il sangue
vendicano col sangue.
I nostri antichi padri, i Sassoni, feroci com' eglino
CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO. 171
erano in guerra , in pace poche morti tolleravano. E in
tutti i governi nascenti ne' quali è impresso ancora pro
fondamente il marchio dello stato naturale da cui sorto
no , quasi nessun delitto è reputato capitale.
Ma solo nel mezzo de' cittadini di una società sover
chiamente incivilita , le leggi penali, poste in mano del
ricco, gravitano sul poverello. Come gli uomini così i
governi invecchiando, bisbetici diventano e rabbiosi. E
quasi come se le ricchezze coli' accrescersi più stimabili
e care si rendessero, e i maggiori tesori più timori par
torissero: ogni giorno con nuove leggi vengono da noi
protette le cose nostre, e muniti, per così dire , i nostri
averi d'una palificata di forche onde atterrirne ogni assa
litore.
lo non so dire se più pel troppo numero delle leggi
penali, o per la licenza popolare accada che nella mia pa
tria -veggausi ogni anno più rei di quel che non ne abbia
mezza l'Europa tutta unita: e forse è da ascriversi ad
entrambe del pari quelle cagioni, perchè madri entrambe
di delitti. Allorchè una nazione punisce con uguali pene
alla rinfusa differenti gradi di colpe , il popolo non iscor-
gendo distinzione ne' gastighi, non distingue neppure i
misfittjfe nulladimeno codesta distinzione è l'antemurale
della pubblica moralità. Dì qui la moltitudine delle leggi
produce nuovi vizi; e i nuovi vizi sempre la necessità di
nuove leggi.
Però ottimo provvedimento sarebbe se i magistrati,
anzi che inventar nuove pene pel vizio, anzi che ristrin
gere i legami della società con tal veemenza fino a rischio
di produrre una convulsione che poi schiantili del tutto,
anzi che spingere a morte i rei come inutili entiprima di
provarne l'utilità, anzi che rivolgere a vendetta la corre
zione ; tentassero , dico, i magistrati di prevenire con sa
gaci arti i delitti; e fosse protettrice la legge, non tiranna
del popolo. Vedrebbesi allora che all'anima di tali crea
ture, spregiata come vilissima scoria, non mancava che la
(72 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mano esperta d' un affinatore. Vedrebbesi che tanti me
schini, spinti a lunghi supplici! dall'altrui fasto orgoglioso
il quale d'ogni menoma offesa si sdegna, potrebbero, se
convenientemente trattati, in difficili tempi servire di
propugnacolo allo Stato. Vedrebbesi come i volti così an
che i cuori loro somigliare ai nostri; e non v'essere si
trista mente cui ad emendare non valga la perseveranza.
E vedrebbesi da ultimo che l'uomo può mettere fine ai
delitti senza bisogno della mannaia : e che ad assodare
la nostra sicurezza poco sangue fa d'uopo.
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO.
Le felicità e le miterie umane tono piuttosto frullo dell' ac
cortezza che della virtù , dacché le gioie e le amarezze di
quelto mondo agli occhi d'Iddio tien cote da nulla, e
indegne della tua tollecitudine nella loro ditlribuzione.
CAPITOLO VENTESIMON0N0.
Si dimottra l'equità della Providenza , con rijlettioni tui fe
lici e gl'infelici di quaggiù. Per la natura tteua del pia
cere e del dolore, il disgraziato deve ottenere proporzio
nata ricompema delle tue tribolazioni, nella vita avvenire.
Esortazione ai carcerati.
CAPITOLO TRENTESIMO.
—
CAPITOLO TBENTESIMO. 19l
piè me ne andava in compagnia della mamma a diporto
sulla via ; quando egli giuntoci alle spalle prima che mi fosse
dato di gridare accorr* uomo, accorr' uomo, a viva forza mi
spinse nel ea lesso: e tosto i cavalli di galoppo fuggirono.
Molte persone rinvenni sulla strada, alle quali domandai
soccórso, mettendo pianto ftd altissimi guai. Ma alle mie
preghiere uom non vi fu che si volgesse. Intanto il per
verso a più potere s'ingegnava di soffocarmi la voce ; e
lusinghe e minacce adoperava a vicenda, giurando che
s' io stessi tranquilla senza dar nelle strida, non m'avrebbe
fatto alcun male. Io aveva squarciata la cortina da lui tesa
per nascondermi ; ed ecco da lontano apparirmi il nostro
antico amico Burchell che coll' usata velocità andava la
sua via , appoggiato a quel lungo bordone pel quale sole
vamo pigliar lui a cabbo. Però appena fu egli vicino sic
chè .potesse udirmi , lo chiamai per nome, strettamente
pregandolo d'aiutarmi , e replicando più volte le esclama
zioni. Allora egli, rotti i suoi pensieri, alzò il capo vèr me ;
e raffiguratami, comandò con alta voce al postiglione di
fare. alto. Ma colui non badando, spronò a rompicollo
più che prima. Temetti quindi che Burchell non ci avreb
be più colti: ma in men d'un minuto lo vidi allato ai ca
valli scaricare un soprammano addosso al postiglione ed
atterrarlo. Stramazzata la guida, i cavalli da se stessi fer-
maronsi; e saltatoin terra lo scellerato ruffiano , con or
rende imprecazioni trasse la spada minaccioso , dicendo
a Burchell che col fuggir si salvasse. Ma questi , venutogli
incontro , gli spezzò in mille schegge la spada, ed inse
gnino per un buon quarto di miglio. Io era in questo men
tre discesa dal calesso con animo di prestare assistenza
al mio liberatore : ma dopo non guari spazio egli corse a
me trionfante. Tornato in sè il postiglione, voleva egli
pure mettersi alla fuga: ma Burchell gli ordinò di rimon
tare a cavallo e dar volta verso la città , o che gliene sa
rebbe andata lavita. Atterrito colui, comecchè ritroso, ob
bedì. Ma lungo il cammino non restava egli di lamentarsi
192 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
del dolore cagionatogli dall' avuta percossa che certo a me
parve di non leggiera offesa. E però ultimamente destò a
compassione il signor Burchell , il quale ad istanza scam-
biollo con un altro ad un' osteria ove posammo. *
' Ben venga , " dissi io , * ben venga , la mia figliuola :
e sia il ben tornato e mille volte benedetto il valoroso li
beratore di lei. Povero accoglimento possiamo farvi , o
miei cari; ma non con povera esultazione il cuore vi ri
ceve. E tu che la salvasti , o Burchell, se la mia fanciulla
a te pare ricompensa alcuna a tanto favore , ella è tua. Se
non isdegni di scendere ad accasarti con una misera fa
miglia quale è la mia , prendila : ed abbiti l' acconsenti-
mento di lei, poichè il cuore già ne hai, siccome ancora
il mio possiedi. Perdona s'io 'l dico, ma ella è un tesoro.
E non è il vanto ch'altri le dà di bellezza che a me la fa
sembrare preziosa, ma sì bene l'anima bellissima di
quella vergine. *
" Ma tu sai pure , " rispose egli , " con che strema po
vertà fortuna mi angustia , e come io non potrei mantener
bene la donna com' ella merita. "
* Se questa tua obbiezione , o Burchell , è diretta a
scansare la mia profferta , non dico più nulla. Ma niun uo
mo, ch' io mi sappia, è più degno della mano della fanciul
la , di quel che tu 'l sia. Es' io fossi in istato diriccamente
dotarla , e mille ne fossero i pretensori , la mia scelta non
cadrebbe che sull' onesto e bravo Burchell ; ed avrei per
allogata ottimamente la figliuola mia. *
A queste parole egli non rispose ne un motto : ed io
stimai essere quel silenzio un mortificante rifiuto. Poi
domandò se fosse lecito di farsi apportare dalla vicina bet
tola alcuni rinfreschi ; ed udito che si , fece ordine pel
miglior desinare che mai si potesse in fretta in fretta im
bandire , con dodici fiaschi del miglior vino ed alcuno cor
diale per ristorare me, sogghignando e dicendo volere
egli per ima volta in vita fare il largo e lo spendereccio ,
c , quantunque in una prigione , pigliarsi buon tempo , co
CAPITOLO TRENTESIMO. 193
me vogliosissimo- di sollazzo ch'egli era in quel giorno.
Nè guari andò che lo scalco comparve ad assettare il ban
chetto, prestataci a tale uopo una (avola dal carceriere, il
quale assiduo mostravasi e diligente oltre l'usato. E fu
rono poscia su quella disposti i vasi del vino e due gran
piatti coperti di squisite vivande.
Non aveva per ancora la mia figliuola udito parlare
dello stato tristissimi) del povero fratello di lei; nè a noi
pareva di doverle con tale racconto amareggiare la gio
condità. Ma invano studiava io di fìngere allegrezza. Le
sciagure del mio figliuolo mi passavano l'anima in sul vi
vo; e avvegnachè io desiderassi dissimulare lo straboc
chevole affanno del cuore, fui costretto nondimeno a scop
piare in lagrime , e dire i suoi guai , e pregare che fosse
anche a lui conceduto di sedere a quella mensa, e parte
cipare di quella poca ora di consolazione. Cessato lo sbi
gottimento prodotto dalle mie parole ne' commensali ,
chiesi che fosse ammesso anche il signor Jenkinson; e 'l
carceriere vi acconsentì con inusitata sommissione. Al
l'udire lo strepitar dei ferri scossi dal mio figliuolo nel sa
lire a noi, balzò la sorella impaziente ad incontrarlo. E
intanto domandò a me il signor Burchell se il nome di lui
fosse Giorgio; e rispondendo io che appunto, e' si tacque.
Venuto allora dentro il mio figliuolo, con isguardi di ma
raviglia pieni e di riverenza affissò il signor Burchell.
" Vieni, figliuolo mio, diss'io ; perocchè la Providenza
si degna di accordare a noi caduti in fondo della miseria
un breve riposo , una tregua alcuna alle pene. La tua so
rella è a noi renduta; e vedine il liberatore. Per opera d
quest' uomo dabbene una figliuola mi resta. Però stendi
gli, o Giorgio, la destra in segno d'amicizia; chè ben gli
si conviene la nostra vivissima gratitudine. "
Pareva che il mio figliuolo non tenesse conto veruno
de' miei detti ; e se ne stava indietro in contegnoso atto ,
pieno di rispetto.
" Fratello mio, " esclamò la Sofia ; " perchè non rendi
I3
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
grazie tu al mio buon salvatore? I valorosi dovrebbono
sempre mai amarsi l' un l' altro. *
Ma colui attonito tuttavia e taciturno non s'attentava
d'innalzare lo sguardo. S'avvide l'altro d'essere da lui ri
conósciuto ; e prese maniere conveniénti alla nativa sua
dignità, fe' cenno al mio figliuolo cbe s'accostasse. Non
mi venne mai veduta in mia vita tanta maestà quanta ne
apparve allora su quel nobile aspetto. Quel filosofo cbe
dice non esservi oggetto più venerando di nn uomo giu
sto che combatta colla sventura, s'inganna ; perocchè de
gno di maggiore ammirazione è quello di un altro giusto
che vola a soccorrere.il primo.
Com' ebbe egli guardato con alquanto sussiego il mio
figliuolo, così prese a dire: "Ti colgo, o gióvane scon
sigliato , nello stesso delitto. ..."
Fu qui impedito dal proseguire da un servo-dei carce
riere, venuto ad informarci come una persóna d'alto affare,
giunta con più valletti ed in carrozza alla città, inviava i
saluti al gentiluomo ch' era in nostra compagnia, e chie
deva di sapere quand'egli avesse destinato di accoglierlo.
" Digli che aspetti," rispose quegli," finchè avrò ozio
per riceverlo. "
Poi rivolgendosi a Giorgio continuò così: "Ti veggo
reo della stessa colpa per cui già un'altra volta ti ho col
mato di severe rampogne, e per cui la legge ti appresta
ora giustissimo punimento. Tu fai pensiero, che disprez
zando tu la tua vita, ti sia permesso anche di toglierla
altrui. Ma vi ha forse differenza alcuna tra il duellante che
mette a repentaglio una vita spregiata, e 'l sicario il quale
ferisce a tradimento e con più sicurezza? Varrà egli a
rendere meno detestabile la frode del biscazziere, il dire
ch' egli aveva tenuta la posta con una girella d'ottone? "
" Ahi signore ! " esclamai io, " chiunque voi siate, pren
davi pietà d'un povero giovinetto sviato che peccò per ob-
dire ad una madre offesa , la quale nelP amarezza del
dolore scongiurollo, per tutto quanto v'ha di più sacro per
CAPITOLO TBENTESIMO.
un figliuolo, a prendere impresa di vendicarla. Leggetela :
ella è questa la lettera ; e valga essa a convincervi della
materna imprudenza, e a far men reo apparire colui. "
Egli raccolse la lettera, e velocemente lessela; poi
così disse: " Questa, comecchè scusa non compiuta, è-tale
almeno che palliando in" gran parte il. vfallo di lui, m'in
duce a perdonarglielo.
Allora cortesemente prese per mano il mio figliuolo ;
rd a quello volgendosi continuò a parlare: " Chiaro mi si
lascia vedere, o giovinetto, quanto tu stupisca del qui
rinvenirmi. Ma spesse volte e per men gravi cagioni vi
sitai io le carceri ; e mi vi ha ora condotto il desiderio di
vedere fatta giustizia ad un uomo dabbene che da me al
tamente e di vero cuore è apprezzato. Per lungo tempo,
travestito io e sconosciuto,fui testimonio della benivolenza
di tuo padre verso del prossimo. Nel suo piccolo casile
mi compiacqui del rispetto, dall'adulazione non contami
nato, col quale ei mi accolse: evi godei di quella felicità
negata alle corti , di quei semplici diletti ond' era .bello
l'umile suo focolare. Ora il mio nipote fu informato volere
io qui venire : ed eccolo giunto anche egli. E però sarebbe
indebita cosa per lui del pari come per voi il condannarlo
senza esame. Se v'ha ingiuria, avravvi anche riparazio- '
ne; perocchè senza vanagloriarmi soverchiamente, posso
dire che niun uomo tacciò mai d' ingiustizia Guglielmo
Tbornhill. *
Allora finalmente giù dagli occhi ne cadde un velo, e
manifesto si vide che la persona da noi per sì gran pezza
in casa nostra ricevuto come un buon pastricciano alle-
groccio , altri non era che quel signor Guglielmo sì de
cantato per le sue virtù e pe' suoi ghiribizzi. Il povero
Burchell sotto meschini panni era, in fatto, uomo ricchissi
mo è tenuto in alta stima; perocchè a lui porgeva attento
orecchio il senato, e le fazioni tutte applaudivano ; essendo
amico egli della sua patria, ma fedele al suo re. Mia mo
glie ricordandosi allora l' antica famigliarità, si ristringeva
196 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
nelle spalle piena di rossore e di tema. Ma la Sofia che
pochi momenti prima l'aveva créduto suo, vedendo ora
di quanto immenso tratto la fortuna glielo allontanasse,
ecom'ella rimanesse luor d'ogni sua più 'cara speranza,
non sapeva in che modo nascondere le lagrime che le si
affollavano sotto della palpebra.
"Ah signor mio! * disse -eoa voce-tremante mia mo
glie; "come debbo io sperare il vostro perdono? Lo
scherno col quale v'insultai l'ultima volta ch' io ebbi
l' onore di vedervi in mia casa , non può essere mai per
donato. Que' maligni scherzi fur troppi. "
" Buona donna, " rispose egli sorridendo , " a' vostri
scherzi ebbi pur io le mie risposte, e il dica tutta labri-
gata s' io non vi resi pan per focaccia. A dir vero , io non
bo di presente in dispetto persona alcuna , se non quel
fellone che tanto spaventò questa mia povera fanciulla.
Ha- non mi bastò tempo per poterlo squadrare da capo a
fondo , sicchè non saprei darn,e indizio veruno al giudice.
Pure lo conosceresti tu, se 'l vedessi, oSofìa ? "—* Noi so di
certo, o signore ; ma e'mi sovviene ch' egli aveva un gran
lividore al di sopra del ciglio. "
Stava Jenkinsòn udendo ; e saltato in mezzo domandò
se colui fosse di capelli rossi. E la Sofìa rispondendo che
s) ; egli chiese al signor Guglielmo se gli fossero parute
assai lunghe le gambe di quello scellerato. Disse il baro
netto non sapere della lunghezza, ma della velocità si be
ne, avendolo colui superato nello stracorrere; cosa di cui
pochi erano capaci. i
" Ebbene, " gridò allora Jenkinson, "io lo conosco il
ribaldo. Egli è desso fuor d'ogpi dubbio; lo scorridore
più lesto di tutta l' Inghilterra, quegli che vinse alla corsa
il famoso Pinwire di Newcastle. Egli si noma Timoteo
Baxter : e so ancora dove egli adesso si sarà appiattato.
Se vossignoria comandasse al carceriere di lasciarmi uscire
con due birri, che si che in men d' un'ora io qui lo stra
scinerei ! "
CAPITOLO TRENTESIMO. 197
Fu chiamato innanzi il carceriere a cui il signor Gu
glielmo disse : " Mi conosci tu ? " Rispose colui che pur
troppo sapeva essere il signor Guglielmo Thornhill, e che
tutti avrebber tolto volentieri d'aver l'onore di conoscere
da vicino un sì compito cavaliere. " Or via, " soggiunse il
baronetto", " vorrei che tu permettessi a quest'uomo d'an
darne con due de'tuoi fanti per una mia commissione : ed
essendo io l'uno de* giudici di pace, mallevadore mi ti
fo d' ogni cosa. *
Acconsentì di buon grado l'altro, dicendo bastare un
cenno di personaggio sì illustre per poterli mandare ovun
que a lui piacesse. Fu quindi inviato Jenkinson in cerca
di Timoteo Baxter: e intanto stemmo tutti ridenti a guar
dare la festoccia del mio piccolo ragazzo Guglielmino che
inerpicandosi sulle spalle del baronetto, tendeva avida
mente il colto per baciarlo. Voleva la povera madre pu
nirne la troppa dimestichezza : ma il buon uomo ne la
distolse ; e raccogliendo allegro sulle ginocchia quel tutto
stracci, ' Guglielmino mio, " gli disse, " ti ricordi tu, bric
concello carnacciuto, del tuo vecchio amico Burchell? E
dove se'tu , Ricciardetto ? Oh ! eccolo il mio caro vetera
no. Non crediate già ch' io mi sia scordato di voi. "
Nelle stesso tempo diede a ciascheduno un bel frusto
di confortino, che i poveretti, digiuni lino dalla mattina,
biascicarono avidamente, come cosa che loro andava pro
prio a stomaco.
Sedemmo poscia a mensa : e quasi fredde s'eranofatte
le vivande per lo indugiare. Ma prima di tutto vedendo
mi tuttavia tormentato dalla scottatura, il signor Gugliel
mo, come quegli ch'era alquanto saputo in medicina della
quale aveva fatto lo studio per passatempo , scrisse per
me una ricetta. E mandata quella allo speziale, mi fu por
tato l' empiastro con cui medicai la mia spalla; e quasi
nello stesso istante sentii alleviato lo spasimo. Anche il
carceriere ci servì di coppa e di coltello al pranzo, desi
deroso essendo di onorare più che per lui si potesse il
198 IL VICARI0 DI WAKEFIELD.
nostro benefattore; a cui verso la fine del desinare un al
tro messo, inviato dal nipote, chiese che fosse a quello
conceduto di venire innanzi, onde giustificare la propria
innocenza e difendere l' onor suo. Però il baronetto con
discendendo alla instanza, permise che il signor Thornhill
fosse introdotto.
CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO.
H precedente benefizio ripagato con inattesa mura.
CAPITOLO TRENTESIMOSECONDO.
Conciatiene.
FINE.
22 i
INDICE.
•
Avvertenza Pag. 5
Cenisi biografici intorno all' Autore 7
Ai. Lettore \\
Capitolo I. — Descrizione della famiglia di "WakeGeld - nella quale
regna molla rassomiglianza d'indole e di persona tra consan
guinei 13
Cap. II. — Disgrazie di famiglia. La perdita dei beni pare che
solamente accresca l'alterezza del Giusto \%
Cap. IH. — Le sfortunate vicende della vila, alla fin fine si scuopre
che sono procurale da noi medesimi 23
Cap. IV. — Si prova che la più umile condizione può darci felicità
e delizie, le quali non dipendono dal nostro stato, ma dalla
nostra propria indole 29
Cap. V. — Nuovo e grande personaggio conosciuto. Le cose io cui
si fondano le maggiori speranze per lo più riescono funestis
sime 33
Cap. VI. — Delizie del domestico focolare in campagna 37
Cap. VII. — Descrizione dello spirito cittadinesco. Anche il più
gran gaglioffo può imparare ad esser piacevole per una sera
o due 44
Cap. Vili. — Un amore che promette poca felicità, può, non
ostante, produrne di molla 46
Cap. IX- — Si conoscono due dame di condizione elevata. L" abbi
gliamento sfarzoso pare che conferisca squisitezza di educa
zione 5fi
Cap. X. — La famiglia vuol rivaleggiare colle più ricche. Angustie
del povero che vuol comparire da più di quel che è ... 59
Cap. XI. — La famiglia si ostina pur sempre a farla da grande. 64
Cap. XII. — La fortuna sembra decisa di voler umiliare la famiglia
di "Wakcfield. Le mortificazioni, non di rado, riescon più
amare delle disgrazie reali 70
INDICE.
Cap. XIII. — Il sig. Burchell è dichiarato nemico, perchè ha il
coraggio di dare un consiglio che non piace Pag- 75
Cap. XIV. — Nuove mortificazioni, e prova, che i mali apparenti
possono essere beni reali 78
Cap. XV. — PerGdia del sig. Burchell smascherata. Follia dell* es-
^ sere arcisapiente 85
Cap. XVI. — La famiglia usa scaltrimenti che sono rintuzzati da
altri maggiori 91
Cap. XVII. — Qualunque virtù è manca per resistere alla forza di
lunga e gradevole tentazione 97
Cap. XVIII. — Un padre in traccia della smarrita figliuola per ri
chiamarla a virtù 106
Cap. XIX. — Descrizione di un tale , malcontento del Governo e
pauroso della perdita delle nostre franchigie • . IH
Cat. XX. — Storia dì un filosofo errante che, in traccia di novità,
perde ogni contentezza , . . . . 116
Cap. XXI. — Breve durata dell'amicizia tra viziosi, che vive sol
quanto Io scambievole piacere che se ne coglie , 133
Cap. XXII. — Si perdonano facilmente le offese, quando c'è di
mezzo 1* amore 142
Cap. XXIII. — Tranne il colpevole, nessuno può essere a lungo e
ali* in tutto miserabile 147
Cap. XXIV. — Nuove sciagure 152
Cap. XXV. -— Non v*è stato, per quanto miserissimo sembri, a
cui non sia pur compagna qualche sorta di consolazioni. 157
Cap. XXVI. — Riforma nella carcere. Perchè- le leggi fossero per
fette, dovrebbero premiare nelT istesso modo che puni
scono. 162
Cap. XXVII. — Continua lo stesso soggetto 167
Cap. XXVIII. — Le felicità- e le miserie umane sono piuttosto
frutto dell' accortezza che della virtù, dacché le gioie e le
amarezze di questo mondo agli occhi d' Iddio sien cose da
nulla , e indegne della sua sollecitudine nella loro distribu
zione 172
Cap. XXIX. — Si dimostra l* equità della Previdenza , con rifles
sioni sui felici e gì1 infelici di quaggiù. Per la natura stessa
del piacere e del dolore, il disgraziato deve ottenere propor
zionata ricompensa delle sue tribolazioni, nella vita avve
nire 184
INDICE. 223
Cap. XXX. — Una più severa prospettiva ci si para dinanzi. Siamo
inflessibili ! e alla perfine la fortuna si cangerà in nostro
favore Pag. I89
Gap. XXXI. — I1 precedente benefizio ripagato con inattesa
usura 198
Gap. XXXII. — Conclusione 245
Ne! medesimo formafo. H|Mf|
HW 5FWV
11 t'alaffanxio, racconto storico di G. B. Cereselo. — Un volume. 3. 50
II Conte di Vermnndots, Romanzo storico dei tempi di Luigi XIV,
di Paolo Lacroix. Traduzione dal francese di C. C. — Due volumi. 5. 50
|| paganesimo ed il Cristianesimo nel quinto secolo. Lezioni
di A. F. Ozanam, Professore di Letteratura straniera in Parigi. Prima tra
duzione dal francese di Alessandro Carraresi. — Due volumi 6
Il |*arroco di campagna che istruisce il suo Popolo, per il Canonico
Pietro Mori, Pievano di Montopoli. — Un volume 3
|| nuovo IlosHe-t ritto , memorie d' un emigrante , raccolte e pubbli
cate da Gustavo Straftorcilo — Un volume 3. 50
Introduzione alla Storia naturale, ossia Del modo di esi
stere degli Esseri Terrestri di Leonardo Doveri.—Un voi. -'.25
|1 Vacherò, Storia Genovese del secolo XVII, di Niny Modona-Olivetti.—
Va volume «4
Il Viaggio Sentimentale di Lorenzo Sterne, tra il. da Ugo Foscolo.
Aggiuntovi : la Storia di Yoriek; Il Naso grosso; Storia di Lefevre; Episo
di tratti dal Tristano Shandy, trad. da Carlo Bini. — Un voi. 2. *2ò
|| Vicario di Waltefield, di Oliviero Goldsraith; traduzione di Gio
vanni Berchet. — Un volume 2. 25
|jJ4 Famiglia. Lezioni di filosofia morale di Paolo Janet, tradotte da
Luisa Amalia Paladini. — Un volume 3
I a figlia dello Spagnoletta , racconto di Don Francesco Pallavi
cino dì Proto. —: Due volumi 4
La Filosofia morale, di Francesco Maria Zanotti.— Un voi 2
La t»l<*vpntù di Caterina dei Medici, di Alfredo Reumont.
Traduzione dal tedesco di Stanislao Bianciardi. — Un volume 2
La Poesia greca In Grecia, di G.-G. Ampère; traduzione dal
francese di E. Della Latta, delle Scuole Pie. — Un volume ì. 50
La SpoSI* e 'a Madre. Scelta di Prose e Poesie di Scrittori antichi e mo
derni intorno al matrimonio. Lettura per le Donzelle e donativo di nozze ;
per cura di Pietro Thouar. — Un voi 4
I •» Vita Nuova «li Dante Alighieri. — Un voi. Seconda ediz. . . 1
. patire e le Epistole di Boileau, tradotte da Natale Contini
con Note di tutti i Commentatori — Un voi -. 00
■ e Sorella degli Angeli, racconti di Anna Marie; traduzione dal
francese, di Geremia Barsottint delle Scuole Pie. — Un volume 2
studio della Storia naturale di Paolo Lioy. Seconda ediz.
con aggiunte e correzioni. —Uo volume 3
. —.. ili* »*'-•"• li éUinvinelte italiane- di Luisa-Amalia Paladini.
Baciati. - Un voi S
mi veli21 1 ,peontrata col manoscritto e
Opuscoli editi ed inediti di Giuseppe Hanno. — Due voi. . 4. 50
Opuscoli concernenti nlle Arti del Disegno e ad alcuni ar
tefici, di Cesare Guaiti. — Un volume. 2. So
Poesie burlesche scelte da' più illustri Autori italiani, ordinate e po
stillate per cura di Pietro Fanfam. — Un volume 3. 50
Poesie di Paolo Emilio Castagnola. — Un volume. . . 2. 25
Poesie popolari di Cesare Cavara. Edizione completa riveduta
dall'Autore. — Un volume 2. 25
Poesie d'alcuni celebri Scrittori di varie nazioni, recate io
versi italiani col Comento sopra i testi da Giovanni iì limassi, faentino.—
Un volume • 4.
Racconti poetici di Alessandro Puschin, poeta russo, tra-
dotti da Luigi Delùlre. — Un volume. . . 3
Saggio intorno ni Sinonimi della Lingua italiana, di Giuseppe
Grassi ; preceduto dai Cenni storici di G. Manno su la l'ita e le Opere
dell'Autore. — Un volume 2
Saggio di politica attribuito a Gian-Domeoico Romagnosi. — Un voi. 3
Saggio di Traduzioni di Paolo d'Arco Ferrari. —Un volume. 1. 60
Sciamyl, o il Profeta del Caucaso. Trad. dal francese.— Un voi. . Cent. 75
Serena, novella , e Poesie varie di Ignazio Ciampi. — Un voi. ... l
Sermoni di Massimiliano Martinelli. — Un volume 2
Sul fondamenti del Diritto punitivo , investigazioni filosofiche
del prof. Lazzaro Bufalini. — Un volume 1
Storia de* Corsi • di Ferdinando Gregorovrus , recata dal tedesco in
italiano. — Un volume I. 50
'l'assoni. Filippiche e altre Prose politiche , con un Discorso della Politica
Piemontese nel secolo XVII, di Giuseppe Canestrini. — Un voi. . i. 50
Teatro scelto di Shakespeare, tradotto in versi da Giulio Carcano
— Tre volumi '2
Teatro scelto di Giovanni Bacine, tradotto da Paolo Maspe-
ro. — Un volume 3. 60-
Versi di Faustina Buonarroti , vedova Slurlini.— Un voi. ì. 50
ersi di Vincenzo ilafli Edizione nuovamente ordinata; aggiuntovi
alcuni Canti inediti , e VArrigo , novella calabrese. — Un volume. . I. 50
Versi e Lettere di Costanza Monti Perticar! e Odi di
Achille Monti, con prefazione di F.-L. Polidori—Uo volume. 2. 2o