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VICARIO DI WÀKEFIELD

NOVELLA
DI OLIVIERO «OLDS1MITH

«"lOVANNI BEBCHET.

Seconda Ediziuua

Lire 2 e 25 eeiitesìmi .
Nel medesimo formato.

Alcune Lettere <T illustri Italiani ad ha]


Albrizzi , pubblicate per cura di Niccolò Baroni
Alcune Rime di Teodolinda Franceschi Pignocchi. — Un
Amerigo. Canti venti di Massimina Fantastici Rosellini. — I
Annuario del R. Museo di Fisica e Storia nalu
Per r Anno 1959
Per l' Anno i
Per I' Anno *8&9
Per V Anno fSS©
Con molti Prospetti statistici.
Antologia Epigrammatica Italiana, precedut
sull'Epigramma, di Melchiorre da Giunta.— Un volume.
Armonie Economiche di Federigo Bastiat.
sulla terza ed ultima edizione di Parigi da Giovanni Anzi;
da un discorso dell* Avv. Leonardo Gotti. — Due volumi.
Attavanta , villa di Messer Anton Francesco Doni Borenlin
tografo conservato nel Museo Correr di Venezia — Un vo
Carlo Guelfi, racconto di Virginia Pulii Filotico. — Un <
Cinque Novelle calabresi, precedute da un Disci
condizioni attuali della letteratura italiana , di Biagio Mira
li. — Un volume
Congiura de' Pazzi, narrata in latino da Agnolo Poliz
ia , con sue note e illustrazioni, da Ann-io Bonucci. — Un
Dell'Arte poetica, Ragionamenti cinque di Francese*
per cura di Agenore Gelli. — Un volume
Dichiarazioni proposte di alcuni luoghi del Parodi
con un esame della bellezza e del riso di Beatrice per Te
Seconda edizione, rivista ed accresciuta. — Un volume.
DÌO è l'amore il più puro, di Eckartshauseu. Versi
di Fortunato Benellì- — Un volume
Evangelina, novella di E. W. Longfellow , tradotta da P.
Un volume
Flore di Virtù, Testo di lingua ridotto a corretta lezi
Gelli. — Un volume , Seconda edizione
Giulia Francardl , Memorie di Giuseppe Bianchetti-
riveduta dall'autore, coli' aggiunta di un proemio e dì
Jacopo e Maria del medesimo autore — Un volu
Gli Italiani intjriente^^aiii^iujuo^ di Emili
Un volur,JJ ^na '
Idilli di U|» Bmpo D'Oria.
I dolori d, B»6° G°«H
liana "
HARVARD COLLEGE

LIBRARY

From the Collection of

Oliver Goldsmith

bequeathed by
Augustin H. Parker '97
IL

VICARIO DI WAKEFIELD

NOVELLA

DI OLIVIERO GOLDSMITH

TRADUZIONE
DI
GIOVANNI BEBCHET.

Seconda Edizione-
Sperate, miseri ; carete, fulices.

FIRENZE.
FELICE LE MONNIER.

l864.
fHA -RL?\
UNIV «ITY
VLIBRARYj
AVVERTENZA.

A raccomandazione di questo libretto io non


saprei far meglio che riprodurre quel che a pro
posito del Vicario di Wakefield ci narra il Boswell.
« Il seguente aneddoto riferito dal dottor
Johnson non dispiacerà agli ammiratori del grande
e buon Goldsmith , la cui indole è concisamente
ritratta in quelle parole di Pope sopra Gay : Uomo
per ispirito, per semplicità fanciullo.
— Il povero Goldsmith una mattina mi fece
sapere che si ritrovava in grandi strettezze, e nella
impossibilità di recarsi da me ; cosicché mi pregava
che, come prima potessi, fossi andato io da lui.
Gli mandai una ghinea e promisi di andar subito.
Appena vestitomi , corsi a lui , e vidi che l' alber-
gatrice lo teneva come in arresto, perchè egli non
pagava la pigione : di che il poveretto dava nelle
smanie. M'accorsi intanto che avea di già cambiata
la mia ghinea, per comprarsi una bottiglia di Ma
dera, che era li con un bicchiere. Ricacciai il tu
racciolo nella bottiglia, e pregatolo di calmarsi,
incominciai a parlargli del modo di levarsi d' im
6 AVVERTENZA.
paccio. Mi disse allora che avea pronta per la stampa
una novella, che mi mostrò. Io la scórsi , ne vidi
la bellezza, dissi all' albergatrice che sarei ritornato
subifo, andai ad un libraio, e gliela vendetti per
sessanta lire sterline, che volando portai a Gold-
smith. Questa novella era // Vicario di Wakefield,
di cui giustamente fu detto, che inculca le più pure
massime di morale e di virtù con tale linguaggio,
quale gli angeli potrebbero avere udito , e le ver
gini parlato. — Boswell. »
L' Editore.
7

CENIVI BIOGRAFICI INTORNO ALL' AUTORE,

Oliviero Goldsmith , insigne poeta e scrittore di vario gene


re, nacque in Irlanda l'anno 1729, in Elphin, secondo alcuni,
a Pallas nella contea di Longford , secondo altri. Dal padre,
che fn nomo di chiesa , ricevette la prima educazione letteraria ,
e poi , giovanissimo ancora , fu mandato al Collegio di Dublino.
Passò quindi a studiar medicina all' Università di Edimburgo ,
dove si trattenne dal 1751 fino al principio del 175-i. Dallo
scarso profitto che par facesse nella detta scienza , vuoisi arguire
che non attendesse gran fatto allo studio di essa ; e la necessità
in che ritrovossi di fuggirsi da Edimburgo per ischivar di pagare
un debito, contratto, come dicesi, con un compagno di studi,
non ci dà troppo buon sentore delle sue morali disposizioni ; sep
pur non si voglia farne cagione la dolce tempera del suo animo
che di leggieri lo lasciasse cadere ne' tranelli dei furbi. Con questi
poco felici cominciamenti, e in mezzo alle maggiori strettezze,
stabilì di appagare la sua cnriosità , e prese a viaggiarsela pel
continente d' Europa. Dopo lungo vagabondare e varia fortuna ,
trovò mezzo di ridursi in Inghilterra il 1758. Quivi , parecchi
anni , visse come potè , aiutandosi con oscuri lavori di penna ;
quando, nel 1765, a un bel tratto si rivelò gran poeta col suo
Viaggiatore o Prospetto della Società. Ad istigazione del dot
tor Johnson amplificò e perfezionò per la stampa questo lavoro ;
e quel!' insigne critico francamente e giustamente pronunziò di
esso: « che il più bel poemetto non avea visto la luce dai tempi
di Pope in poi. • Il pubblico lo accolse con egual favore, e
Goldsmith ne consegui quella celebrità che gli fu via all' amici
zia di alcuni dei più chiari letterati dell'epoca.
Continuando nella bene intrapresa carriera , pubblicò nel
1766 la novella intitolata II Vicario di Wake/ield, che accolta
8 CENNI BIOGRAFICI INTORNO ALL' AUTORE.
allora col meritato plauso, fra le opere ili siffatto genere è poi
sempre rimasta delle prime. In quel volger di tempo uscirono
pure in luce altre delle sue più piacevoli e lodate opere in prosa.
Nè da lui si lasciò intentato il teatro ; e nel f 7GS fu rappresen
tata al Convent-Garden una sua commedia intitolata L'uomo di
buon' indole , la quale però, per difetti d' intreccio e scarsa co
noscenza dell' effetto drammatico, non fu coronata di felicissimo
successo. Ma la gloria di Goldsmitfa, come poeta, più che mai
rifulse nel 4770 per la pubblicazione del Villaggio abbandonato,
graziosissimo poemetto che ottenne I' ammirazione universale. Il
prezzo offertogli dallo stampatore di quasi cinque scellini il disti
co, parve a lai tanto enorme, che alla prima rifiutossi di pren
derlo; ma poi, per la meravigliosa vendita del libro, si per
suase che poteva in buona coscienza appropriarsi quella parte di
tanto utile. Nel I772 produsse in sulle scene un'altra comme
dia per titolo lilla $' inchina per conquistare o Gli equivoci
d'una notte; la quale, malgrado che pei caratteri è per l' intrec
cio fosse, più cbe altro , una farsa , pure pel molto sale comico
che vi è per entro, piacque straordinariamente. E fu questo per
Goldsmith V anno più fecondo di ricchezze ; ma la stemperata
profusione cbe egli ne fece, e il mal' abito del giuoco, Io lascia
rono, al chiudersi di esso , immerso nei debiti. Nei due seguenti,
diede alle stampe la Storia greca e la Storia della Terra e
della 1S'atura ammala, che ricavò, l'ultima spezialmente, da
Buffon. Disegnava e preparava altre opere , quando morte im
maturamente lo colse. Una lenta febbre incominciò a serpeggiar
gli per le ossa, il marzo del 1774 ; ed avendo egli presa una
dose di potentissimo farmaco, a suo stesso giudizio, soverchia,
il quarti d' aprile , decimo di malattia , soggiacque - non si sa se
alla forza del male o del rimedio. Fu seppellito con assai mode
sti onori funebri nella chiesa maggioro ; ma in séguito fu eretto
alla sua memoria un monumento con una iscrizione latina del
dottor Johnson, che daremo tradotta.
Goldsmith fu di coloro che son più felici nell'uso della
penna che della parola , essendo stato il suo discorso general
mente confuso e non di rado assurdo; a segno che i begli spiriti,
alla compagnia de* quali egli usava, pare che, più cbe per con
socio, lo tenessero per lo zimbello. Eppure non v'ebbe forse
CENNI BIOGRAFICI INTORNO ALL' AUTORE. !)
■; suoi tempi altro scrittore che meglio di lui possedesse vivezza
e brio , o , Del satireggiare sogli altrui difetti , maggiore morda
cità. Di che la più bella moatra fece nel poemetto incompleto ,
che va col titolo di Pan per focaccia, dove non è altro che un
continuo rimbeccare i frizzi e i motteggi di cui l' autore era stato
fatto segno nei Lillerary Club. Sotto la forma di tanti epitaffi
egli abbozza in pochi maestrevoli tocchi il ritratto di alcuni tra i
principali soci, mescolando la lode seria alla più vivace ironia ;
la quale però talvolta può dirsi che trasmodi in acerbità ; come,
più che altrove, apparisce nel ritratto di Garrick.

Iterazione monumentale.
DALL' MORE DEI COLLEGI»,
DALLA FEDELTÀ DEGLI AMICI
E DALLA VENEBAZIONE DEI LETTOSI
QUESTO MONUMENTO FU EIETTO
ALLA MEMOI1IA DI
OLIVIERO GOLDSMITH,
POETA , FILOSOFO NATUBALISTA, E STOBICO ,
CHE NON LASCIÒ INTENTATO ALCUN GENEBE DI SCBITTI ,
NESSUNO TENTÒ CHE NON ABBELLISSE ;
SOBBISI O LACBIHE CBE DOVESSE DESTABE ,
FU POSSENTE E GENTIL MAESTBO D' AFFETTI ;
D'INGEGNO SUBLIME A UN TEMPO E VIVACE,
E PABI A QUALUNQUE SOGGETTO ;
NELLA ESPBESSIONE GBAVE A UN TEMPO ED ELEGANTE E AGGBAZIATO.
NACQUE IN UN LUOGO CHIAMATO PALLAS, NELLA PABBOCCHIA DI FOBNEV,
CONTEA DI LONGFOBD,
IL 29 NOVEMBBE -I73-I . *
FU EDUCATO A DUBLINO,
E MOKI A LONDBA,
IL -} APBILE, 4794.

" lobiuon inturno & questa particolarità non ebbe esatte notizie ; si seppe
poi ili certo die Goldsinith nacque io ElpbtB, nella contea di tloscommon, no
vembre 29, I728 (su-| .
ll

AL LETTORE.

In questa operetta vi saranno di mille falli, e con


mille ragioni si potrebbe provare che que'falli sono
bellezze; ma la sarebbe fatica perduta. Un libro può
essere dilettevole quantunque zeppo d'errori; e tut
toché scevro d'ogni assurdità, e'può darti noia. L'eroe
di questa novella riunisce in sé i tre caratteri più
grandi in terra, quello di sacerdote, di agricoltore e
di padre di famiglia. Egli è delineato in maniera
d'essere pronto a dettare insegnamenti, e facile ad
obbedire egli stesso; semplice nella buona fortuna, e
pieno di maestà nell' avversa. Nel secolo tutto opu
lenza e squisitezza in cui viviamo, a chi mai può
dar nel genio un carattere di tal natura ?
Chi è invaghito del vivere signorile sdegnerà la
semplicità di un focolare di contado: chi scambia la
ribalderia per bello spirito non troverà alcuna acu
tezza d' ingegno nella innocente conversazione del
curato : e chi per instituto disprezza la religione, si
riderà d' un uomo che deriva ogni più grande con
forto dall' idea della vita avvenire.
Oliviero Goldsmith.
IL VICARIO DI WAKEFIELD.

CAPITOLO PRIMO . .-
Detenzione della famiglia di Wakefield, nella quale regna -
molta rassomiglianza d'indole e di pertena Ira con
sanguinei.

Io fai sempre di parere che V. uomo onesto- che si


marita ed alleva molta famiglia sia più utile di colui che
cinguettando solamente di popolazione vive scapolo tutta
sua vita- Però appena, dopo un anno ch' io ebbi assunti
gli ordini sacri , rivolsi seriamente il pehsiero-al matri
monio, e mi elessi la sposa con queil' istesso senno eoa
cui ella si scelse la veste nunziale , non badando ad una
gentile e splendida apparenza, ma alle qualità da poterne
trarre buon uso. A dir vero, ella era una donna d'ottimo
cuore, di condizion ragguardevole, e per educazione la
cedeva a beh poche aline gentildonne di contado. Senza
tanto compitare ,' ella leggeva qualunque libro inglese, e
nessuna la superava nel confettar frutti , serbar carni sa
late ed in apprestar vivande d' ogni sorta. Ella si vantava
altresì di esser saputa .nella masserizia di una casa; io
però non m' avvidi mai che per opera di tutta la di lei
accortezza noi avanzassimo ili fortune.
Ciò non pertanto aoi ci amavamo a vicenda tenera-
14 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mente, e cogli anni cresceva l'affetto; perchè infatti
niuna cosa vi aveva cbé ci spingesse a collera col mondo
o fra di noi. Avevamo una bella casa posta in una vaga
campagna e tra buon vicinato, ove era impiegato l'anno
in bei passatempi morali o campestri , visitando i nostri
ricchi vicini, e porgendo soccorso a que' ch' erano poveri.
Non vi avea rivoluzioni da paventare , non fatiche da so
stenere, perciocchè tutte le nostre avventure accadevano
accanto al focolare , ed ogni nostro viaggio era da una
camera all' altra.
Essendo posta la nostra casa vicino alla strada, ave
vamo frequenti visite da viandanti e stranieri che veni
vano ad assaggiare il nostro vino d' uva spina , pel quale
eravamo assai decantati ; e con tutta la veracità di un isto
ria) io protesto che nessun uomo non lo trovò cattivo
giammai. Anche i nostri cugini del quarantesimo grado
non si dimenticavano neppur uno della affinità loro, e
senza uopo veruno dell' ufficio dell' Araldo 1 venivano
spesso a visitarci. Con questo loro spacciar parentela molti
di essi non ci facevano grande onore , perchè , a voler
parlar chiaramente, assai ve ne avea di storpi, di ciechi
e di zoppi; eppure mia moglie insisteva sempre che es
sendo essi della stessa carne e dello stesso sangue , se
dessero all' egual mensa con noi; cosicchè se non ci ve
devamo all' intorno sempre de' ricchi amici , almeno di
felici non ce ne mancavano quasi mai ; perchè la è osser
vazione verissima che quanto più l' ospite è povero , tanto
più egli giubila del vedersi ben accolto. E in quella guisa
che molti ammirano con piacere i bei colori di un tulipano,
ed altri s'innamorano dell'ali d'una farfalla; così io
per natura fui sempre amante di quella faccia con
tenta dell' uom felice. Ogni qual volta però alcuno de' no
stri parenti fu scorto persona di cattivo carattere, ospite
importuno e di cui ci convenisse liberarci , era mia cura,
1 Presso l'officio dell'Araldo In Inghilterra sitano registrale le genea
logie e gli stemmi di più famiglie.
CAPITOLO PRIMO. 1S
la prima volta che ei se ne andava di casa mia, il dargli ad
imprestito una casacca od un paio di stivali , e talora an
che un cavallo di poco prezzo ; ed ebbi sempre la soddis
fazione di non vederlo più ritornare a restituire il pre
stato. Per tal modo la casa era netta di chi non piaceva;
ma la famiglia di Wakefìeld non ebbe per altro mai fama
d' aver chiusa la porta in faccia al passaggero od al po
verello. Molti anni godemmo di questa vera felicità ; non
che per questo ci mancassero di que' piccoli guai che
manda la provvidenza perchè più appaia il prezzo de' di
lei lavori. Spesse volte mi fu spogliato il pometo dai ra
gazzi scolari, e i latteruoli apprestati da mia moglie fu
rono messi a soqquadro dai gatti o dai fanciulli. Non di
rado nel più bel mezzo della mia prédica , quando io scio
rinava qualche squarcio patetico , lo scudiero 1 si lasciava
cadere dal sonno ; e la sposa di lui rispondeva in chiesa
ai saluti di mia moglie in cotal modo svenevole e quasi a
fatica. Ma poco bastava a dissipare l' inquietudine cagio
nata da questi accidentuzzi, e di ll a tre o quattro giorni
ci maravigliavamo noi stessi come ci avessero potuto ap
portare noia.
1 miei figliuoli , frutti della nostra temperanza , es
sendo educati senza alcuna mollezza, erano ad un tratto
ben formati e sani ; robusti e attivi -i ragazzi , belle le
fanciulle e colla guancia fiorita. Quand' io mi stava in
mezzo a quella piccola brigata che prometteva sostegno
all' età mia declinante , mi era forza il ripetere la famosa
istoria del conte d' Abensberg che nell' andata di Arrigo
secondo in Germania , quando gli altri cortigiani raggiun
gevano lui con tutti i loro tesori , trasse seco i suoi tren
tadue figliuoli , e quelli presenti) al suo re come la più
preziosa offerta che gli potesse fare. Cosi io, quantunque
non ne avessi che sei, li considerava come un dono assai
importante da me fatto alla mia patria, e quindi lei ris-
1 Qui e altrove sotto questo nome s' intende la persona più cospicua
della parrocchia.
Ili |[. VICARIO DI WAKEFIELD.
guardava come in debito d' essermi grata. Il nostro
figliuolo maggiore si chiamava Giorgio ,- perchè un suo
zio così nominato ci aveva fatti eredi di dieci mila lire.
Alla ragazza che gli veniva dietro io voleva porre il nome
di Griselda in riguardo ad un' altra zia ; ma mia moglie
che nel tempo di sua gravidanza si era ingolfata ne' ro
manzi, volle che' la si dicesse Olivia. In men d' un anno
avemmo un'altra fanciullina ; ed io aveva stabilito che
quella almeno si dovesse chiamare Griselda; ma una ricca
donna a noi unita per parentela avendo in animo d' es
serne comare , le si dovette dare il nome di Solia :. ed
ecco entrati nella nostra famiglia due prenomi romanze
schi senza- ch' io v' abbia avuta parte veruna." V altro ra
gazzo minore era Mose; e dopo l'intervallo di dodici anni
due altri figlinoli ci sopravvennero.
Sarebbe vana cosa il voler negare l' esultanza ch' io
provava in vedermi circondatò da' miei bambini ; ma di
gran lunga mi spr'passava mia moglie in vanità e conten
tezza. Sé alcuna persona venuta a visitarci avesse detto
cosi come s' usa per buona creanza: " In fede mia io mi
rallegro che vof? signora , abbiate i più bei figliuoli di tutto
il contado."—"Ah! signor vicino/ ella avrebbe risposto,
"eglino sono quali il Cielo gli ha tatti, belli abbastanza,
purchè siano altrettanto buoni, perchè bello è chi opera
bene. " Poi avrebbe accennato alle fanciulline di tener la
testa alta ; e te erano per verità vezzosette anzi che no.
lo ho in si poco conto la sola apparenza ed il di fuori
d'una persona, che mi sarei dimenticato di far motto
della bellezza delle mie figliuole , se quella non fosse stata
l' argomento d' ogni discorso per tutta la provincia. Olivia
aveva omai diciott' anni incirca , e in lei si vedeva tutta
quella maestosa leggiadria e beltà che i pittori attribui
scono ad Ebe, insieme ad un' aria sincera, vivace e che ad
un tempo stesso inspirava rispetto. Le fattezze di Sofia a
prima vista non vincevano cosi subitamente come quelle
della sorella, ma spesse volte erano più efficaci per una
CAPITOLO PRIMO.
certa dolcezza che vi si riconosceva , una modestia e un
non so che di lusinghiero oltre modo, L' una soggiogava
con un sol colpo , l'altra con ripetuti assalti.
I costumi nelP animo della femmina per lo più sono
foggiati a seconda delle di lei fattezze: la cosa, se non al
tro, era tale nelle mie figliuole. Olivia era vaga di molti
amanti, ed a Sofia bastava d'accalappiarne uno; la prima
smaniava sovente per brama di piacere, l'altra soffocava
bene spesso l' ottime qualità dello spirito per tèma di non
riuscire aggradevole. Dalla vivacità dell'una io traeva molto
intrattenimento quando mi sentiva di buon umore, è ne'
momenti di malinconia la sensibilità dell' altra m'era assai
cara. Ma queste qualità non erano però in nessuna delle
due spinte all'eccesso, avendole io vedute scambiarsi a
vicenda per tutto un di il loro carattere. Un. po' d' affli
zione trasformava la mia civettina in contegnosa, e un
guarnimento nuovo di nastri bastava a dare alla più gio
vane una vivacità non ordinaria. Giorgio, il maggiore
de' miei maschi, era educato ad Oxford , perchè aveva io
destinato lui alle scienze, siccome al commercio l'altro
ragazzo Mosè che ebbe in casa un guazzabuglio di educa
zione. Ma sarebbe inutile il volere descrivere i caratteri
particolari di giovinetti che assai poco di mondo avevano
veduto ; e , per far breve , dirò ch' una somiglianza di fa
miglia prevaleva in ciascuno, e che , a propriamente par
lare, eglino non avevano tutti che un solo carattere,
essendo ognuno egualmente generoso, facile a credere, in
genuo ed incapace di far male a chicchessia.
l8 IL VICARIO DI WAKEFIELD.

CAPITOLO SECONDO.
Disgrazie di famiglia. La perdila dei beni pare che solamente
accresca t alterezza del Giusto.
Le faccende temporali della nostra famiglia erano date
a maneggiare a mia moglie, ed io presi a dirigere intera
mente le spirituali. I profitti del mio beneficio che impor
tavano non più di trentacinque lire all'anno, io li cedeva
agir orfani ed alle vedove de' preti della diocesi, perche
avendo discrete fortune mie proprie , poco li curava ; e
nel segreto dell'animo gioiva di fare il mio dovere senza
ricompensa veruna. Io risolvetti inoltre di non tener cu
rato , per poter io conoscere ogni mio parrocchiano , ed
esortare i maritati alla temperanza e i celibi al matrimo
nio : cosicchè in pochi anni si fè proverbio che dì Ire cose
strane era carestia in Wakefield, d'un curato orgoglioso,
di giovani senza moglie, e d' osterie frequentate.
Il matrimonio fu sempre uno de' miei argomenti pre
diletti , e molti sermoni io scrissi per provarne l'utile e la
felicità : ma una dottrina particolare io m' ingegnava a
tutto potere difendere, sostenendo con Wbiston esser cosa
illecita ad un sacerdote della Chiesa inglese il passare a
seconde nozze ; o, per dirla in termini più precisi, io mi
pregiava d' essere un rigoroso monogamo.
Fui di buon' ora iniziato in questa disputa importan
te , intorno alla quale si sono scritti tanti laboriosi volumi.
Io stesso ne pubblicai alcuni trattati che non avendo mai
gran spaccio , non furono letti che dai felici pochi; e con
questo pensiero mi consolo del mal esito vendereccio. Al
cuni miei amici mi accusavano di questa mia propensione
a queir argomento, chiamandola il mio lato debole ; ma
essi non l'avevano, coni' io, fatto soggetto di lunghe me
ditazioni ; e più ci pensava, più mi appariva cosa di gran
momento. Nello spiegare i miei principi! io feci anche un
CAPITOLO SECONDO. 19
passo più in là di Whistan, e com' egli aveva fatto scolpire
sulla tomba di sua moglie , quella essere l' unica sposa
di Guglielmo Whiston, cosi io scrissi un ugual epitafio per
la mia quantunque tuttora vivente, e in quello com
mendai la di lei prudenza, la somma economia e l'obbe
dirmi ch' ella aveva fatto fino alla morte ; ed avendomene
procurata una bella copia con una cornice elegante, la
collocai a modo di quadro al di sopra del cammino ; dove
la serviva a diversi utilissimi Ani, ammonendo mia moglie
del dover suo e della mia fedeltà per lei, inspirandole un
desiderio onesto di fama e ponendole sempre sott' occhio
la rimembranza del di lei fine.
Dall' udire si spesso raccomandato il matrimonio pro-
venpe forse che il mio figliuol maggiore, appena uscito
di collegio, rivolgesse gli affetti alla figliuola di un prete
del vicinato che era dignitario della Chiesa ed in circo
stanze da darle buona dote : ma il minore di lei ornamento
era la dote. Arabella Wilmot era reputata da tutti , fuor
chè dalle mie due ragazze, per una fanciulla di grande
avvenenza. La di lei giovinezza, la di lei salute ed inno
cenza somma acquistavano maggior pregio da una certa
complessione splendida e da uno sguardo cosi tutt' anima
che anche l' uom vecchio non la poteva rimirare e star
sene indifferente. Il signor Wilmot non era contrario a
queste nozze sapendo esser io in istato d' accasar bene
mio figliuolo ; però le due famiglie vivevano in armonia
grande , quale generalmente precede un' aspettata allean
za. Convinto com'io era dalla esperienza che i di ne'quali
gl'innamorati fanno il galante colle loro belle sono i
più bei di di tutta la vita, ne allargai volentieri il periodo:
e i diversi passatempi in cui ogni giorno si trastullavano
i giovinetti in compagnia l'uno dell'altro, parevano fo
mentare la loro passione. Il mattino noi eravamo per lo
più svegliati dalla musica, e ne' di sereni s'andava a cac
cia. Tra la colazione e 'I pranzo le donne spendevano
V ore in acconciarsi e studiare. Letta che avevano una pa
20 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
gina si miravano nello specchio che spesse volte presen
tava una pagina di lunga mano più vaga, e che per tale
giurata l' avrebbero anche i più accigliati filosufi. Chi se
deva a scranna l'ora del pranzo era mia moglie, perchè
volendo ella sempre trinciare di sua mano , siccome era
solita fare la di lei madre, ad ogni vivanda la ce ne rega
lava la istoria. Dopo il pranzo , perchè le donne non ci
sfuggissero, io faceva d' ordinario rimovere le tavole, e
spesse volte le fanciulle, assistite dal maestro di musica,
ci offrivano un aggradevole concerto. Il rimanente della
giornata tra il passeggiare , il bevere il tè, e tra danze e
baie villereccie svaniva, senza bisogno di carte da giuoco :
perchè da quello della Tavola reale in fuori, al quale alcuna
'-. volta io scommetteva co' miei antichi amici un paio di
soldi, io odiava ogni sorta di giuoco. Nè qui posso pas
sare sotto silenzio una circostanza di mal augurio. che mi
accadde l' ultima volta ch' io m'impacciai di Tavola. Non
mi mancava che di gittar giù quattro , e per cinque volte
alla fila tirai asso doppio.
Passarono cosi più mesi, finchè poi fu stimato di do
versi fissare il di delle nozze dei giovinetti che parevano
svisceratamente bramarlo. Intanto che si preparava lo
sposalizio , non fa d' uopo ch' io descriva l' affaccendarsi
e la briga che si dava mia moglie, nè gli sguardi furbetti
delle mie figliuole ; d' altronde ogni mia attenzione era
rivolta a tutt' altro oggetto, a compiere un trattato ch'io
voleva di ll a poco dar fuori in difesa della monogamia.
Considerando io quel lavoro come un' opera da maestro,
sia per l'argomento, sia per lo stile, non mi poteva capire
in pelle, altero come n'era in mio cuore, s'io noi mo
strava al mio antico amico il signor Wilmot, sicuro in me
stesso d'averne l'approvazione: ma troppo tardi m'avvidi
ch'egli era perdutamente ligio alla opinione contraria, e con
ottima ragione, perchè in allora egli stava corteggiando
la quarta consorte. Di qui , come ognuno può indovinarlo,
una fiera disputa insorse , non senza essere accompagnata
CAPITOLO SECONDO. 81
da qualche agrezza che minacciava rovina alla divisata al
leanza : ma la vigilia delle nozze convenimmo di discutere
largamente questo soggetto. D' ambe le parti vi fu assai
d' ingegno e veemenza nella contesa , accusandomi egli
d' eterodossia ; e rimandando io sempre la palla di rim
balzo. Nel più caldo della controversia un mio parente
mi chiama fuori, e col viso pallido d'affanno mi prega di
troncar la disputa e di lasciare che l'amico Wilmot si fac
cia marito quante più volte vuole, almeno finchè siano
compiute le nozze di mio figliuolo. * E come, " escla
mai io, " vorresti ch'io abbandonassi la causa della ve
rità e che permettessi ch'egli s'ammogliasse un'altra
volta, ora ch'io l'ho si fattamente messo alle strette
da dover egli stesso confessare la propria assurdità? Che
non mi consigli tu anche di dare un calcio a' miei averi
del pari che al mio argomento ?" — " Mi sa male di do
vertelo dire, " replicò il mio parente, " ma i tuoi averi
sono quasi begli e iti. Il mercadante di città, presso cui
avevi collocati i tuoi capitali, è fuggito per sottrarsi alle
pene del fallimento, e si susurra che ei non abbia lasciato
un solilo in banco. Mi doleva di attristar te e la fami
glia con tal novella prima di queste nozze, e mi voleva
star zitto : ma or te lo dico perchè tu moderi la tua col
lera nell'argomento che stai disputando; e la tua stessa
prudenza ti farà accorto della necessità di dissimulare al
meno infin tanto che 'l tuo figliuolo si abbia carpite le
ricchezze della sposa. * — * Ebbene, " gli diss'io, * se tu
dici il vero ed io sto sull'orlo della mendicità, non sarò mai
per questo un furfante; nè m'indurrò a smentire i miei
principi!. Voglioio stesso avvenire subito Wilmot della mia
ristretiezza; e per quel che risguarda la disputa, ritratto
ogni concisione ch'io gli abbia mai fatta, nè gli accor
derò ch' egli possa ora essere marito nè de jure o de
facto, nè in qualsivoglia altro senso od espressione. "
Sarebbe lunga fatica il voler descrivere le diverse sen
sazioni prodotte in ambo le famiglie dal divulgare ch' io
22 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
feci le mie disavventure ; ma tutto era un nulla a para
gone del crepacuore dei due amanti- Il signor Wilmot,
che già fin da prima pareva abbastanza inclinato a stor
nare il parentado , vi si determinò dei tutto dopo questo
disastro, perchè una sola virtù egli possedeva appieno ,
la prudenza; virtù che troppo spesso ò la sola che ci ri
manga intatta all' età di settantadne anni.

CAPITOLO TERZO.
Le tfortunate vicende della mia, alla fin fine li tempre
che tono procurate da noi medesimi.
L' unica speranza nostra in ciò si fondava che la no
tizia di nostre sventure potesse essere o maligna o intem
pestiva: ma ben presto una lettera del mio fattore in città
mi confermò appieno ógni cosa. La perdita dei miei beni
di fortuna per me solo l' avrei stimata una baia; e l' unica
pena ch'io ne provassi era per la mia famiglia ch'io ve
deva dannata all'umiltà, senza essere stata educata in
modo da poter sopportare l'altrui disprezzo. Per ben quin
dici giorni non mi bastò l' animo di tentare alcuna via
per mitigare il dolore di lei , perchè la consolazione af
frettata altro non fa che inacerbire la piaga, mantenendo
viva la memoria della sciagura. Intanto io volgeva i pen
sieri a qualche mezzo onde procurarci il vitto ; e mi venne
alla fine esibita una piccola parrocchia in qualche distanza
colla rendita di cinquauta lire l'anno, ove senza essere
molestato avrei potuto star fermo ne' miei principii. Ac
cettai di buon grado l'offerta, portando opinione di po
termi lucrare qualche altra cosa, olire il salario, coll'at-
tendere ad un piccol podere.
Venuto in questa determinazione mi diedi a ragunare
gli avanzi de' miei averi , e pagato ogni debito , di quat
tordicimila lire non me ne' vidi rimanere che quattrocento.
Imperò posi ogni opera nell' attutare l'orgoglio della mia
CAPITOLO TERZO. 23
famiglia accomodandolo allo stato di lei, sapendo io benis
simo che nella povertà l' alterigia è gran disgrazia. * Voi
non potete ignorare, figliuoli miei , " dissi loro, * che per
nulla nostra prudenza ci era possibile di prevenire la mala
ventura piombataci addosso ; ma la prudenza può bensì
essere più operosa coli' impedire gli eflettidi quel danno.
Noi siamo ora poverelli, o miei cari , e ci è forza confor
marci saviamente all'umiltà di nostra condizione. Via
dunque di buona voglia ogni pompa, ogni splendore con
cui mille persone sono infelici , e cerchiamo in più bassa
fortuna quella pace colla quale ognuno può essere beato.
Quanti mescuiuelli v' hanno che senza i nostri soccorsi
vivono la loro vita tranquilla e piacevole! E noi non sia
mo cosi imperfetti delle persone da non poter vivere senza
che altri ci assista. Amati figliuoli, rinunciamo da questo
moment» ad ogni ostentazione di nobiltà : che se abbia
mo senno , ancora abbastanza ci resta di che esser felici;
e tollerando noi contentila perdita degli averi, da quella
poco danno ne verrà. *
Essendoli mio ligliuol maggiore educato alle lettere,
feci pensiero -di mandarlo alla città onde dall'ingegno
traesse sussidio a se ed a' suoi. Di tutte le penose circo
stanze che accompagnano la miseria , forse quella che più
arreca dolore è la separazione degli amici e delle fami
glie ; e il di ci colse ben tosto in cui per la prima volta
dovemmo l'un l' altro disgiungersi- freso ch'ebbe il mio
figliuolo commiato da sua madre e dagli altri che mesce
vano alle lagrime i baci, venne a chiedermi la benedizio
ne , ed io gliela diedi di tutto cuore , e se ne togli cinque
ghinee, elIVra tuttoil patrimonio ch'io gli potessi accorda
re. * Tu te ne vai a piedi, " gli dissi, ' o mio buon ragazzo,
a Londra, in quella stessa guisa in cui v'andava prima di
te il tuo grande antenato Iiooker Ricevi da me l'egual
cavalcatura che a lui fu data dal buon vescovo Jewel,
questo bastone e questo libro : e l' uno e l' altro ti sarà
di conforto nel tuo cammino. Vedi tu queste due righe
24 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
qua dentro? elleno valgono un milione: — Fui giovane ed
ora son vecchio , eppure io non vidi mai V uomo dabbene
essere dimenticato , uè il suo seme accattare tapino il pa
ne. — Vanne, o mio fanciullo; e qualunque sia la tua sorte,
fa' ch'io ti rivegga una volta all' anno: mantienti buono
il cuore, e vivi felice. * Quel mio figliuolo aveva l'anima
tanto candida ed era si pieno d'onore, ch'io non sentiva
scrupolo del gittarlo cosi nudo nell'anfiteatro della vita,
persuaso ch'egli ed in seconda ed in contraria fortuna vi
avrebbe sempre fatta ottima comparsa. .
La di lui partenza accelerò la nostra che fu appresso
pochi giorni; e nell' abbandonare un paese dove noi ave
vamo godute di tante ore tranquille e beate , ci fu forza
spargere assai lagrime, a cui rattenere nulla fortezza d'ani
mo valeva. Aggiungi la novità d' un viaggio di settanta
miglia per gente che non s' era mai dilungata da casa più
di dieci , ed a cui accrescevano cordoglio le grida de' po
verelli che per lungo tratto ci venivano piangenti accom
pagnando. Il primo di di cammino giungemmo felicemenfe
alla distanza di trenta miglia dal nostro futuro ritiro , e
all'imbrunire ci fermammo in un'osteria a mal tempo
di un villaggio posto sulla strada. Poichè ci fu additata
una camera, io pregai, secondo il mio solito, l'oste a volerci
tener compagnia , ed egli vi si accomodò volentieri , es
sendo che tutto il vino ch'egli si sarebbe ingozzato, avreb
be fatto più grosso il conto il dimane; tuttavolta a me
piacque assai perchè il buon uomo conosceva a un pun
tino tutta la gente del vicinato , ed in particolare lo scu
diero Thornhill, che doveva essere il mio padrone e che
vivéva poche miglia lontano. Egli me lo descrisse per
uomo a cui nulla cosa stava a cuore di conoscere nel
mondo fuorchè i di lui piaceri , avendo soprattutto fama
di gran femminiero , in modo che non vi aveva virtù da
tanto che resistesse alle arti sue ed alla di lui ostinata
assiduità , e che per dieci miglia all' intorno non vi era
castaido di cui egli non avesse sedotte e tradite le
CAPITOLO TERZO. 25
figliuole. Con tutto che me affliggesse alquanto questo
avviso, tutt' altro accoglimento trovò nelle mie fanciul
le, i di cui volti parvero scintillare di certa qual gioia
per vicino trionfo: ne se ne compiacque meno mia moglie,
la quale assai confidava nei loro vezzi e nelle loro virtù. In
tanto che noi ci intrattenevamo di cosi fatti pensieri, entrò
in camera l' ostessa ad informare il marito che quel genti
luomo forestiero alloggiato in loro casa da due di , non
aveva danari da pagare lo scotto. * Senza danari ! * escla
mò l'oste. * E come può essere ciò, s'io lo vidi ier l'al
tro sborsare tre ghinee al bargello per riscatto d'un vec
chio soldato mal concio, che per avere rubato un cane
doveva andare scopato perla città? " Ma continuando la
donna ad asserire che danari quei non aveva , l' oste giurò
voler egli ad ogni modo avere il fatto suo; e s'avviava
già per uscir di camera, quand' io rattenendolo lo pregai
d'introdurmi a quel forestiero tanto caritatevole. Egli
mi secondò, ed io vidi un gentiluomo di circa trentanni
vestito di un abito che un tempo pareva trinato, bello della
persona, quantunque dal volto tristo apparisse sopra pen
sieri, e di maniere riserbate e tronche, sicchè sembrava
alle cerimonie poco addomesticato, o eh' ci le sprezzasse.
Lasciato solo con esso lui , non potei tenermi di mani
festargli quanta pena mi desse quel suo imbarazzo, e gli
Offerii la mia borsa onde pagasse il debito. * L'accetto di
buon grado, " mi diss'egli, " e mi rallegro assai che l'inav
vertenza da me commessa nello spendere non ha guari
tutto il danaro ch'io mi aveva indosso, m' abbia almeno
dato a vedere che non è morta del tutto tra di noi la be
nevolenza. Ma prima di ogni cosa gli è d'uopo ch'io sap
pia il nome del mio benefattore e dove egli stia di casa,
per potergliene fare quanto più presto potrò la resti
tuzione. " — Io lo compiacqui appieno , informandolo non
solamente del mio nome e delle mie sventure, ma ben
anche del luogo ov'io andava ad accasarmi: all'udir del
quale egli esclamò esser egli fortunato oltre ogni spe
"2G IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ranza, perchè, diretto per l'ugual via, era stato per
que' due di impedito nel suo cammino dalla marea , e
così sperava di poter meco la mattina appresso guadarvi
sicuramente. Gli feci comprendere quanta gioia io avrei
avuto del viaggiare in compagnia di lui ; e mia moglie e
le figliuole, unendo alle mie le loro istanze, lo costrin
sero a cenar con noi. Per quanto fosse piacevole ed in
struttiva la conversazione di quel forastiero, e per quanto
avrei bramalo di protrai la , l' ora tarda ci obbligò a riti
rarci e prevenire col riposo le fatiche del di vegnente.
Sorto il mattino, partimmo tutti insieme, a cavallo noi, ed
a piedi il signor Burchell nostro nuovo compagno, che se
guitandoci lungo il piccolo sentiero che costeggiava la
strada, sorrideva della mala lena de' nostri rozzoni e si
sentiva gamba da sopravanzarci. Cume la marea non era
calata del tutto, fummo necessitati a noleggiare una guida
che ci trottasse innanzi; ed io col signor Burchell mi
locai alla retroguardia. I disagi della via ci venivano al
leviali da alcune dispute filosofiche che il signor' Burchell
pareva intendere perfettamente ; e quello di eh' io più
strabiliava , si era di veder da lui difese a spada tratta le
sue opinioni, e con tanta alacrità, da sembrare egli non
quegli che avesse ricevuto ad impiestito la mia borsa,
ma il benefattore egli stesso. Di quando in quando egli
altresì mi indicava a chi appartenessero le diverse ville
che ci cadevano, cammin facendo, soti' occhio; ed accen
nando col dito una sontuosa casa in lontananza, mi av
verti quella spettare al signor Thornhill, giovane e nobile
uomo che godeva di larghe fortune, quantunque soggetto
ad un suo zio, il signore Guglielmo Thornhill, il quale,
pago di poco per sè, viveva per lo più in città, lasciando
il restante in pieno arbitrio al nipote. Io feci le maravi
glie in udire come il mio giovane padrone fosse nipote
di un uomo tanto da tutti per le sue virtù , la sua genero
sità e le sue rare doti ammirato. " L' ho sentito io , "
dissi, " decantare perii maggior galantuomo del regno;
CAPITOLO TERZO. n
e quantunque egli abbia voce d' essere alquanto bisbeti
co, ognuno giura che il signor Guglielmo è uomo bene
volo per mille prove. " — " E benevolo forse troppo ; "
soggiunse Burchell.'ulmenoinsua gioventù; perchèpieno
allora di forti passioni che tutte partecipavano della virtù,
quelle lo trascinarono al romanzesco. Di buon'ora egli
affettò il soldato e il letterato, e si distinse nell'esercito
e tra li scienziati alcun poco. Ma l'adulazione persegue
sempre l'uomo ambizioso, perchè quegli solo gode del
sentirsi adulato : quindi egli fu circondato da una turba
disguaiati che coprendo bellamente le loro magagne, non
gli si davano'a conoscere che a mezzo , e gli fecero scam
biare l' amorevolezza che egli aveva per gì' interessi pri
vati, in una simpatia universale; ed egli si condusse ad
amare ogni persona, non avvedendosi, per colpa del caso,
che v'erano dei ribaldi. I medici trattano d'una malat
tia nella quale tutto il corpo è posto in uno stato di così
squisita sensibilità ché ad ogni leggier tocco il malato
sente spasimo; di tal malore alcuni furono nel corpo
afflitti, e il signor Guglielmo lo fu nello spirito. La meno
ma sventura , o vera o Unta che la tosse , lo straziava al
vivo, e T anima sua era continuamente travagliata da
troppa sensibilità per le altrui miserie. Inclinalo cosi a
sovvenire ne' bisogni , trovava ad ogni tratto gente dis
posta a sollecitarne le beneficenze, e profondendo egli
i suoi averi gli si scemavano le ricchezze , ma non il buon
cuore che sempre migliorava a misura che l'altre veni
vano meno; e quanto egli più impoveriva, tanto più si
faceva maggiore la di lui balorderla, talchè in udirlo
parlare l' avresti detto uomo savio , ma pazzo in vederlo
operare. Assediato eternamente dagli importuni, e non
essendo più in istato d' aderire ad ogni domanda, in luogo
di danari largheggiava di promesse, ch'altro non poteva
donare , ne si sentiva fermezza d' animo bastante d'afflig
gere chicchessia con una repulsa. A questo modo egli
si era ingollato in una masnada di piagnoni , a' quali ve
28 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
deva di dover mandar fallite le brame, e che pur si strug
geva della voglia di consolare. Costoro gli furono intorno
per alcun tempo, e lo abbandonarono poi pagandolo di me
ritali rimproveri e di disprezzo. Pel non curarsi che gli
altri facevano di lui , Guglielmo venne in odio a sè
stesso: la di lui mente aveva sempre trovato un grande
appoggio nelP altrui adulazione ; tolto via quel soste
gno, egli non seppe derivare alcuna voluttà dall'ap
plauso del proprio cuore , perchè. di quello non aveva
mai fatto gran conto. Si cangiò la scena ; e que' suoi tanti
adulatori divennero freddi consiglieri: da' consigli ri
gettati si passò ai rimbrotti: ed allora egli cominciò ad
accorgersi che gli amici ràgunatigli intorno dai suoi be-
neficii non eran per niun versoi più da stimarsi; che
il nostro cuore deve essere liberale in modo da cattivarsi
non l'altrui lingua , ma l' altrui cuore. E da si tanti er
rori finalmente rinvenne in modo , da far proponimento
di rispettare sè medesimo , e di porre ogni opera in asset
tare i disordini domestici e far masserizia. A tale uopo ,
seguendo i soliti suoi ghiribizzi, viaggiò a piedi tutta l'Eu
ropa , e prima di compiere l'età di trent' anni si vide più
ricco che mai. Fatto ora senno , pose modo e ragionevo
lezza alle sue beneficenze ; ma gli sono ancora rimasti
de' capricci per lo capo : e le virtù più studiate più gli
vanno a sangue. *
Con tanta attenzione io aveva bevuto il racconto del
signor Burchell, che me n' andava la mia via senza muo
ver palpebra , quando ad un tratto mi scosse un grido che
veniva dalla mia famiglia; e rivoltomi tosto, vidi la figliuola
maggiore nel mezzo di un rapido fiume, caduta di cavallo
ed in lotta colla corrente. Due volte s' era affondata, nè
io potei sbrigarmi in tempo d'aiutarla, tanta essendo la
violenza delle mie sensazioni da non mi permettere di
tentarne il riscatto ; ed ella sarebbe certo annegata, se il
mio compagno- avvistosi del pericolo, non si lossespiccato
di botto a soccorreila, riportandola salva a stento sulla
CAPITOLO TERZO. J9
riva opposta. II restante della famiglia guadagnando più
in su la corrente, l'aveva valicata senza rischio, e sìudI
a noi, benedicendo a quel buon uomo di BurchelL Gli è più
facile immaginare che descrivere la gratitudine della fan
ciulla, che ringraziava il di lei liberatore più cogli sguardi
che colle parole , e si lasciava cadere tuttavia sul di lui
braccio quasi ella bramasse ancora d' esserne assistita.
Mia moglie intanto non rifiniva d'encomiarlo, manifestan
dogli la speranza di contraccambiare quella cortesia più
convenientemente in di lei casa. Gustati poscia alcuni rin
freschi ad un'osteria vicina, dopo il pranzo, dovendosi
egli avviare ad altro paese , si accomiatò ; e noi prose
guimmo il nostro viaggio. La moglie mia, cammin facendo,
mi andava canticchiando gli elogi del signor Burchell,
protestandomi che ove egli fosse di tale nascita e di tali
fortune da esser degno d' imparentarsi con una famiglia
cosi ragguardevole come la nostra, ella non sapeva su chi
meglio fissar gli occhi; ed io sorrideva in udirla così gran
deggiare. Una persona lontana due passi dalla mendicità,
e che prende ad imprestito le frasi de' più insultanti si
gnorotti , moverebbe a dispetto un uomo di cattivo cuo
re ; ma a me non dispiacquero mai gran fatto quelle illu
sioni innocenti che contribuiscono a farci più felice la
vita.

CAPITOLO QUARTO.
Si prova che la più umile condizione può darei felicità e
delizie, le quali non dipendono dal nostro stalo, ma dalla
nostra propria indole.
Il nuovo nostro ritiro era posto framezzo a pochi ca
staidi che lavoravano le loro terre, non opulenti no, ma
nè poveri ; ed essendo essi forniti di tutte le cose biso
gnevoli alla vita , di rado andavano a cercare superflue
bazzicature in città. Lontani dalla raffinata educazione, ri
30 IL VICAMO DI WAKEFIELD.
tenevano molto della semplicità de' tempi andati, e si ador
navano d' assai maniere all' antica ; frugali per lungo abito,
appena sapevano essere virtù la temperanza. l di di lavoro
attendevano con alacrità al travaglio , e si davan buon
tempo le feste godendo nell'ozio di quel riposo. Mante
nevano in uso i cantici del Natale; inviavano nastri In
dono alle loro belle la mattina di santa Valentia, man
giavano frittelle il carnevale, le colende di aprile anda
vano trastullando mascherati, e religiosamente smalla
vano le noci la sera di San Michele. Informato della nostra
venuta tutto il vicinato usci fuori in gran gala ad incon
trare il suo prete con cornamuse e tamburi ; e pel nostro
ricevimento si fece banchetto, a cui lieti intervenimmo ,
ed ove le sghignazzate tennero luogo di spiritosi parlari.
La nostra piccola casetta era posta a' piedi di un colle
che le si èrgeva da lato , protetta per di dietro da un
ameno boschetto e da un Qumicello mormoreggiarne per
davanti che scorreva per mezzo a' bei prati. Venti ingerì
d'ottima terra formavano il mio podere che era in assai
buono stato, avendo sborsate io cento lire per compenso
di quanto ne lo aveva ammigliorato il mio predecessore.
Le siepi erano in si bell'ordine, che nulla più; e i filari
degli olmi a d' ogni sorta alberi ti apparivano con tal pre
cisione che la era una maraviglia. La casa non era che
d'un sol piano, coperta di stoppia; al di fuori aveva
un'aria di semplicità che innamorava, al di dentro i
muri erano pulitamente imbiancati ; e le ragazze si affac
cendarono in ricoprirli di dipinture disegnate di lor
mano. Essendoci la stessa camera a un tempo e sala e
cucina , noi n'avevamo più caldo; e come le scodelle, i
piattelli ed in Une ogni suppellettile vi si forbiva in tutto
punto e si ordinava vagamente in scaffali, l'occhio ve
niva rallegrato da quella somma nettezza, uè vi desiderava
più ricchi arredi. V'erano tre altri appartamenti, l'uno
per me e mia moglie, l'altro contiguo al nostro per le
fanciulle, ed un terzo pe' maschi, ove vi avevano due letti.
CAPITOLO QDARTO. 3l
La piccola repubblica, della quale era io il legislatore,
si governava di tal maniera. Allo spuntar del sole conve
nivano tutti nella camera comune, ove la servente ci
aveva già preparato il fuoco acceso. Quivi ci salutavamo
a vicenda con adatte accoglienze, avendo io sempre sti
mato di dover mantenere in uso certe pratiche di bella
creanza, senza delle quali la troppa libertà rovina l'ami
cizia; poi ciascuno si prostrava innanzi a quell'Ente da
cui ci era accordato un altro giorno di vita. Compiuto
quest'atto di dovere, io me ne usciva per le mie faccende
insieme col mio figliuolo, intanto che mia moglie e le fan
ciulle apprestavano la colazione , la quale era sempre in
pronto a certo momento determinato. Una mezz'ora per
quella, siccome un' ora pel pranzo si consumava ogni di;
ed erano conditi quegli istanti d' una innocente allegria
tra le donne, e di dialoghi filosofici tra me e 'l mio figliuolo.
Noi uscivamo di letto al sorgere del sole , però i no
stri lavori non erano mai protratti oltre il di lui tramontare;
e la sera in su l' abbuiarsi ritornavamo alla famiglia che
ci aspettava , e la quale aveva per, accoglierci preparato
sempre buon cuore e allegro fuoco. Alcuna volta non ci
mancava altra compagnia, essendo tratto tratto visitati
dal castaido Flamborugh, nostro vicino e ciarliero oltre mo
do , e dal cieco zampognatore , venuti a far brindisi col
nostro vino d'uva spina, del quale non avevamo perduta
la ricetta nè'l grido. Per mille versi quella buona gente
ci divertiva ottimamente, perchè spesso suonando l'uno
la cornamusa, l'altro cantava alcuna lusinghiera ballata,
come V ultimo addio di Giannotto Armstrong o La crudeltà
di Barbara Alien. Si chiudeva la serata col leggere che
facevano i miei ragazzi le lezioni del giorno, come aveano
già fatto la mattina ; e chi meglio e più chiaramente leg
geva , veniva premiato con un mezzo soldo da porre nel
borsellino de'poveri la domenica; la quale venuta, tutte
le mie leggi suntuarie non valevano ad impedire che non
fosse giornata di gran gala.
32 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Comecchè mi andasse per lo pensiero che le mie pre
diche contro la vanità avessero convertite le mie figliuo
le, le vedeva pur sempre di soppiatto agognare tutti i loro
antichi ornamenti, innamorate di merletti, di nastri, d'un
paio di smanigli o d'un bel zendado; e fin anche mia
moglie s' era appassionata del di lei andrienne cremesino,
perchè una volta m'era sfuggito a caso di bocca che le
si confaceva alla persona. La prima domenica special
mente elleno si governarono in maniera da mortificarmi.
Io avea raccomandato alle mie figliuole la sera antece
dente di vestirsi per tempo la mattina, amando sempre
di giungere io alla chiesa buona pezza prima del popolo.
Le tristàrelle m'obbedirono: ma ragunatici per la cola
zione, eccole scendere colla madre in vesti sfarzose, tutte
lisciate come se fosse il buon tempo di prima , colle ca
pellature impastate d'unguenti, nèi appiccati sul viso per
dar nell' occhio, e collo strascico delle gonne affardellato
per di dietro in modo che ad ogni moto leggiero scro
sciava. Sorrìsi della loro vanità , ma più di quella di mia
moglie da cui io sperava maggior senno; ed in quel mo
mento mi avvisai per lo migliore di dar ordine al mio
figliuolo, con tutta gravità, ch'egli chiamasse la carrozza.
A questo comando le donne sbalordirono tutte, ed io lo
replicai più solennemente, sicchè mia moglie esclamò:
'Tu scherzi, marito mio , non ci è bisogno di carrozza;
abbiamo gambe d'andar a piedi." — "Tu t'inganni," le
risposi , " la è pur necessaria la carrozza, perchè andando
a piedi alla chiesa in questa attillatura , la ciurmaglia ci
farà dietro le fischiate. " — "Ma per verità , * replicò mia
moglie, * io ho sempre creduto che tu, Carlo mio , amassi
di veder puliti e belli i tuoi ragazzi. " — * Puliti quanto ti
aggrada, " l'interruppi io, "e di ciò ti sarò sempre grato;
ma questa non è pulitezza, è ostentazione; e da codesti
manichini, da que'nèi, da quelle frangie non ne verrà che
l'odio di ogni donna del vicinato. Figliuoli miei, fa d'uopo
cambiare quelle gonnelle in qualche cosa di più casalingo,
CAPITOLO QUARTO. 33
perchè non istà bene il lusso a noi, cui mancano quasi i
mezzi per sostenerci in decenza. Non so se neppure ai
ricchi convengano tanti cincischi e frascherie , se si fa
pensiero che la nudità dei povero può essere vestita col
risparmio di quelle bazzecole. " . '
Con questo dire ottenni quant' io bramava ; ed elleno
andarono di buona- voglia a mutarsi tosto di panni; e il
di vegnente le vidi con piacere tagliare lo strascico alle
loro vesti e farne de' farsetti pe'dl festivi a Ricciardetto
eGuglielmino, i due piccini ; e quell'accorciamento parve
dar più grazia alle gonne.

. - ., CAPITÓLO QUINTO.
I
Nuoto e grande personaggio conosciuto. Le cose in cui si
fondano le maggiori speranze per lo più riescono fune
stissime.

Poco discosto dalla casa il mio predecessore aveva


eretto un sedile assiepato di spinalba e madreselva che
faceahvi bell'ombra. Quivi nel silenzio della sera, quando
il cielo era sereno, ci adunavamo a riposo a godervi di
amena e vasta veduta; e quello ci serviva di tavoluccia
da tè, che non era più per noi bevanda comunale; e le po
che volte che ci veniva dato di berlo- era una festa, per
chè tutti affannosi noi avresti veduto apparecchiarlo con
gran cerimonia. Allora i poveri piccini leggevano in
vece nostra, ed avevano la loro tazza dopo di noi, e so
venti volte le fanciulle per dare varietà allo spasso canta
vano accompagnandosi colla chitarrina; e intanto ch'el
leno formavano quel piccolo concento, io e mia moglie
passeggiavamo a traverso l' orto fiorito di campanella tur
china e di centaurea, con esultanza chiacchierando de' no
stri figliuoli, e godendo de' venticelli che spiravano a un
tempo armonia e salubrità. Per tal maniera appariva ogai
3
34 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
stato della vita avere di che esser bello ; e se il mattino
ci richiamava al lavoro, ce ne ristorava poi sempre la sera
largheggiando d'ilarità e d'ozio.
Usa dì di iesta, sul far dell'autunno, io aveva trattala
mia famiglia all'usato luogo ond'eMa si trastullasse, per
chè sempre considerai que'giorni come sacri a) riposo
d'ogni fatica; e già le fanciulle cominciavano a strimpel
lare, quando presso a venti passi lungi da noi mi venne
veduto un cerbiatto fuggire a tutta fuga come inseguito
da' cacciatori. Appena avemmo tempo di por mente alla
sciagura di quella povera bestia, che tosto ecco venirne
a quella stessa volta i cani e la cavalleria a rompicollo.
l0 stava lì per ritirarmi in casa colla famiglia ; ma, o cu
riosità che la fosse o maraviglia od altra ragione più se
greta, ritenne al loro posto le donne. I cacciatori andando
di tutta carriera ci oltrepassarono come un baleno seguiti
da quattro o cinque pedoni del pari infuriati : un sol gen
tiluomo, di giovane aspetto e gentile, si appressò, miran
doci fissamente; ed anzichè proseguire la caccia, fece alto,
e raccomandando il cavallo ad un servo che lo accompa
gnava, venne diritto a noi con una svogliata aria di mag
gioranza. Egli parve non abbisognare di introducimento,
e si diresse con saluti alle mie figliuole come certo d'es
serne ben accolto; ma elleno avevano di buon'ora impa
rato a leggere negli altrui visi la presunzione. Allora si
fe conoscere per Thornhill, signore di quelle terre che
per gran tratto ci circondavano , e con ciò df bel nuovo
offerti i saluti alla brigata femminina, su cui molto poteva
il titolo di ricco ed un bell'abito, egli non ebbe più ri
pulse. Per le di lui maniere facili quantunque superbette
si accrebbe tra di noi la familiarità in modo, che avvedu
tosi degli istromenti di musica, pregò di favorirlo d'una
canzoncina. A me non andava a genio- un' amicizia cotanto
disparata, ed accennai alle fanciulle di sottrarsi dal com
piacerlo: ma con altro cenno mi» moglie contrammandò
il mio ; e quelle cantarono con somma leggiadria un'aria
CAPITOLO QUINTO.
favorita di Dryden , della quale il signor Thornhill parve
soddisfattissimo. Posto poi mano egli stesso alla chitarra,
vi suonò a malo modo qualche cosuccia ; ma la fanciulla
maggiore pagò con usura le di luì lodi, giurando che nè il
di lei maestro valeva a trarre tanta armonia da quello
strumento. Egli fece un inchino alla bella lodaìrice, ed
ella glielo contraccambiò cortesemente: e in lui l'intel
letto, in lei il buon gusto a vicenda per loro furono en
comiati cosi bene , che la pareva amicizia di un secolo.
Gongolava la buona madre per lo contento, e si faceva
bella di tanto onoré, pregando il signor padrone a voler
accettare un bicchieretto di vino d' uva spina in di lei casa,
e tutta la famiglia poneva opera in festeggiarlo e farsegli
grata. Procurarono le fanciulle d'intrattenerlo con discorsi
da loro creduti i più di moda; mentre per lo contrario
Mosè gli propose una questione o due intorno a cose an
tiche, per le quali ottenne finalmente di vedersi ridere
in volto, attribuendo il gonzo sempre alla propria acutezza
d'ingegno il ghigno con eui altri beffava' la di lui sempli
cità. I piccini anch'eglino amorevolmente venivano acca
rezzando quell'ospite, aggrappandoseli sulle ginocchia
con tanta confidenza, che a mala pena io poteva impedire
chei loro diti sudicioni non guastassero il gallone del di
lui vestito cui non rifinivano mai di palpare, sollevando
gli a ogni tratto gli orecchi delle tasche per vedere che
ci fosse dentro. Al venire della sera, egli pigliò licenza,
chiestaci prima la permissione di visitarci altre volte; a
cui tostamente acconsentimmo, stante che eglr era ii no
stro padrone.
Partito colui, ecco mia moglie chiamar a consiglio
sull'avventura , affermando quella essere proprio delle
più fortunate, e saper essa come ogni più strana cosa
serve a qualche Une. Ella sperava che, traendone partito,
il dì ancora verrebbe- in cui si potesse rizzare il capo di
hei nuovo; e conchiuse il cicaleccio con protestare ch' ella
non sapeva vedere alcuna ragione, per cui le giovinette
36 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Wrinklers dovessero maritarsi a gente agiata , e non le
di lei figliuole. Quest'ultima punta essendo a me bale
strata, le risposi ch'io neppure sapeva indovinare alcun
perchè , nè per qual diritto un uomo giocando al lotto
ottiene il' premio di diecimila lire, mentre l'altro rimane
colla sua polizza bianca a mani vuote. " Eppure, " io sog
giungeva, * chiunque aspira a mariti al disopra del proprio
stato od al premio delle dieci mila lire nel giuoco, l'ot
tenga o no, sarà sempre per si matta pretensione uno sci
munito. * Ella'allora mi accusò come avessi sempre una
smania di attristar lei e le ragazze, ogni qual volta le ve
deva di buon umore, con delle noiose canzoni ; e rivoltasi
a Sofia : * Che pensi tu, " le disse, * di quel signore? non ti
pare egli di amabil tratto? " — * Davvero che sì, " risposéla
fanciulla; " egli sa di tutto, e non gli muore mai la lingua
in bocca : più l'argomento è secco, più egli pare condirlo
di motti piacevoli; e bisogna dire ch'egli è proprio bello,
e ciò importa più d'ogni altra cosa. " Saltò in iscena an
che Olivia dicendo: * Oh! si, com' uomo egli è abbastanza
bello: ma se debbo confessarlo, e' non mi quadra gran
fatto per quella sua troppa impudenza e familiarità. Alla
chitarra poi ti fa noia, nùn ne sapendo egli un ette. * Io
interpretai a rovescio questi discorsi, e scopersi che Sofia
in cuore lo disprezzava quanto l'ammirava Olivia; e vol
gendomi loro, dissi: ' Qualunque sia il vostro parere,
figliuole mie, a dirvela schietta, egli non mi ha volto
l'animo interamente a favor suo. Le amicizie disparate
vanno sempre a terminar male; e mi parve che con tutta
quel!' aria di affabilità da lui ostentata egli sentisse assai
la distanza che passa tra lui e noi. Atteniamoci a compa
gnie' di nostro pari , e siavi noto che non vj ha carattere
più da sprezzarsi in tutto il mondo di quello 4' un avven
turiere: nè veggo ragione per cui non siano pure da ab
bonirsi le donne di tal fatta. Per quanto onesti fossero i
di lui disegni , noi non ci guadagneremmo certo grande
stima collo spingere tant'alto le nostre mire. Che se fos
CAPITOLO QUINTO. 37
sero tutt' altro, guai a me, mi cade l'animo al solo pen-
saryi; non ch'io abbia timore alcuno della saviezza delle
mie fanciulle, ma bensì del carattere di queil' uomo. " —
Io stava per. proseguire, ma ne lui interrotto da un servo
dello scudiere che ci recava i saluti del suo padrone con
parte della cacciagione, promettendoci in di lui nome vo
ler egli stesso venire a desinare con noi alcun di appres
so. Quel dono ebbe eloquenza per cattivarsi attenzione
più di me; però mi tacqui, contento d'aver accennato alle
zittelle il pericolo, e lasciando alla loro discrezione la cura
d'evitarlo. Una virtù che abbia d'uopo d'essere tenuta
in guardia eternamente, non merita neppure ch'altri la
custodisca. _ -

CAPITOLO SESTO. - .
Delizie del domestico focolare in campagna. -

Riscaldati noi alcun poco dalla disputa precedénte,


affine di accomodare ogni cosa , stabilimmo ad una voce
di apparecchiare parte di quella cacciagione per la cena;
e le fanciulle gioiosamente vi posero mano. A me doleva
di non vedermi in casa nè passeggiero nè prossimano al
cuno che potesse partecipare di quella piccola gozzovi
gliata, perchè l'ospitalità fa più belle sì fatte allegrìe; e
ne discorreva con mia moglie , quando ella esclamò : " Oh
fortuna!» ecco in buon punto venirne il signor Burchell,
quegli che ci salvò la Sofìa e che ti rovesciò bellamente
gli argomenti quando filosofaste. " Ed io: " Poveretta,
tu V inganni ; confutar me non è cosi facil cosa , e pochi
ne credo in istato. Io non pretendo mai di venir teco a
paragone nel fare ottimi manicaretti; dunque tu. pure l'a
scia a me l'argomentare, chè a te non istàbene il ciar
larne. "Mentr' io parlava entrò in casa il povero Burchell,
e tuttala famiglia gli fece festoccia prendendolo affettuo
samente per mano intanto che Ricciardetto gli preparava
38 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
la scranna. Per due ragioni io mi compiaceva dell'amici
zia di queil' onest' uomo: perche io sapeva aver egli bi
sogno della mia amicizia, e perchè lo vedeva manifestare
la sua a tutto potere. Ogni vicino all' intorno lo predicava
uomo che non aveva mai voluto far nulla di bene in gio
ventù, eppure e' non era anche oltre i treni' anni; e lo si
diceva il miserello dal buon tempo. Tratto tratto egli par
lava con assai buon senso ;' ma in generale ambiva la com
pagnia de' bambini ch'egli era solito chiamare gli omic-
ciuoli innocenti , ed a' quali per cantar ballate e narrare
novelle era un portento ; e in tasca non gli mancava mai
qualche cosellina per loro , o fosse un frusto di conforti
no, un zufoletto o checchè altro. Per lo più egli veniva
una volta l'anno in quelle vicinanze, e vi viveva dell'al
trui .ospitalità. Seduto ch'egli si fu a cena con noi, mia
moglie non risparmiò il vino d' uva spina , e frammezzo
al novellare Burchell ci cantò delle antiche canzoni , e
raccontò ai ragazzi la storiella del cervo di Beverland , e
l'altra della pazienza di Griselle , poi le avventure di Ca
schino e quelle del- pergolato della bella Rosmunda. Il
gallo che cantava ogni sera alle undici ore , ci intimò es
ser tempo di porci a dormire; ma un improvveduto imba
razzo insorse sul modo di alloggiare il forestiero, perchè
i nostri letti venivano occupati tutti da noi, e l'ora era
troppo tarda per poterlo mandare alla vicina osteria, in
tale dilemma salta in piedi quel piccino di Ricciardetto,
e gli profferisce porzione del suo letticciuolo, quando il
fratello Mosè voglia ricever lui nel suo : " Ed io pure , *
esclamò Guglielmino , " cedo l' altra mia parte al signor
Burchell, se le sorelle acconsentono d'accogliermi con
loro,* — 'Ben fatto, * diss' io, "miei buoni figliuoli; chè
l'uno de' primi doveri del cristiano è l'ospitalità. Le
fiere si riparano ai loro covili , e gli uccelli ai loro nidi ;
ma l'uomo necessitoso non può ricoverare che presso
i suoi simili- il più grande straniero in questo mondo
fu Colui che discese a salvarlo , ed egli non ebbe mai casa
CAPITOLO SESTO.
propria , quasi volendo spiare quanta ospitalità tra di noi
ancora rimanesse. Debora mia, regala tosto a ciasche
duno di questi bambini un pizzicotto di zucchero , e lar
gheggia un tantino di più con Ricciardetto, perchè fu
egli il primo ad aprir bocca. "
Il di vegnente di buon mattino chiamai tutta la far
miglia a ragunare una segatura di fieno ; ed offertaci dal
nostro ospite l'opera sua, egli pure v'intervenne, e presta
mente avanzava il lavoro. Io precedeva la comitiva, e gli
altri in giusto ordine mi tenevano dietro rivolgendo i
mucchierelli onde pigliassero aria ; e presto mi accorsi della
assiduità con cui Burchell alleviava la fatica a Sofia. Fi
nita ch'egli avesse la di lui parte di travaglio, l'avresti
veduto correre alla fanciulla, lavorare in di lei compagnia,
ciarlando con essa fittamente. Ma io portava troppa buona
opinione dell'intelletto di Sofia , ed era convinto troppo
della di lei ambizione , per non dover temere la minima
cosa di un uomo di rovinate fortune. Quand'avemmo
terminato i lavorecci della giornata , lu invitato- di bui
nuovo Burchell, come il dì avanti; ma quei se ne scusò,
dicendo dover egli dormire da un altro vicino , al di cui
ragazzino aveva a portare uno zufoletto , e se ne andò.
Fra la cena, il parlare non cadde che su quel povero
uomo dell'ospite partito; e colto il momento, io dissi:
* Che esempio non è egli mai costui delle miserie che
sieguono una giovinezza sregolata ! Egli non manca di
senso comune, e ciò più aggrava le sue passate follìe.
Povera creatura abbandonata! dove sono ora i buffoni
e gli adulatori che lo circondavano gioviali e tutti osse
quio? Forse eglino lisciano ora la coda a qualche ruf
fiano inriccltito dalla balordaggine del signor Burchell;
e incensano il bardassa delle lodi istesse che un di da
vano a lui , barattando gli encomi già fatti al suo inge
gno in amare contumelie sulla sua pazzia. Egli è povero,
e se lo merita forse , perchè non è nè ambizioso della
propria indipendenza, nè atto a cosa veruna. "
iO IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Spinto per avventura da alcuna segreta ragione, pro
nunciai queste parole -con troppa veemenza, e Sofia gen
tilmente me ne riprese dicendo : * Qual ch' ella sia stata
la sua condotta per lo passato , le di lui strette attuali
dovrebbero bastare per salvarlo d! ogni censura , come
già assai gastigo quelle della sua follia; e quante volte"
non udji io mio padre istesso asserire non aver noi- di
ritto di scagliare senza necessità verun colpo ad una vit
tima, sovra cui la Provvidenza già tiene alto il flagello
della -vendetta! " — " Ben parli, o Sofia * gridò il mio
figliuolo Mosè ; * ed uno degli antichi finamente ci di
pinge la malignità di un cotal atto' negli sforzi del con
tadino per iscorticar Marsia , a cui , come narra la favola;
era già stata tolta di dosso interamente la pelle da un
altro. Inoltre, io non so se questo pover'uomo sia sì male
in assetto, come lo vorrebbe mio Padre; perchè non
possiamo giudicare delle altrui sensazioni da quelle che
sentiremmo noi in loro luogo; e per quanto a noi paia
oscuro il ricetto della talpa, ella pur vi trova abbastanza
chiarore. A voler dire schietta la verità , la mente di
Burchell sembra modellata a seconda dello stato suo e
contenta, non avendo io mai veduto uomo di lui più giu
livo quando egli conversava teco , sorella mia. " Queste
cose da lui dette cosi alla buona senza la menoma fur
beria, eccitarono- in lei tuttavolta alquanto di rossore, che
l'astuta s'ingegnava di nascondere facendo vista con un
ghigno- di non intendere, e giurando che ella non aveva
neppuT badato al pispigliare del gentiluomo, il quale però
le appariva essere stato un tempo buon damerino. La
prontezza con cui ella prese a scusarsi, é queii' arrossare
improvviso erano segnuzzi , che per fede mia io non sa
peva internamente approvare; ma stimai di dover soffo
care i miei sospetti.
Siccome pel domani aspettavasi da noi a pranzo il
nostro padrone , cosi mia moglie se ne andò a preparare
un pasticcio di salvaggina; e intanto ch'io faoeva scuola
CAPITOLO SESTO. 41
ai piccini, Mosè sedeva in un canto leggendo, e le figliuole
parevano anch'esse brigarsi di; un lavorietto. Per lunga
pezza io le vidi cuocere alcuna cosa al focolare, e da
prima pensava che prestassero assistenza alla loro ma
dre; ma il piccolo Ricciardetto mi susurrò all'orecchio
quella essere una lavanda pe' loro visi. A me era in odio
ogni sorta di lavacri artificiali, sapendo io che in cambio
di correggere le carni te le guastano ; però bel bello ac
costai la mia scranna al fuoco , e quasi quello abbiso
gnasse d'essere attizzato, v'adoperai tanto il frugatoio
che l'apparecchio come per isbaglio si rovesciò; nè,.an-
daio male quello, vi fu tempo di riordinarne un altro.

CAPITOLO SETTIMO.
Descrizioni dello spirilo ciUadinetco. Anche il più gran ga
glioffo può imparare ad etter piacevole per una sera
o due.

Venuto il giorno nel quale dovevamo banchettare


il nostro giovane padrone, per far grandezza e sfoggi si
diede il guasto al serbatoio; ed è facil cosa l'indovinare
eome mia moglie e le figliuole si dessono a far pompa
dei loro più gai ciuffetti di piume. Il signor Thornhill
arrivò io compagnia di due amici , il sue cappellano e 'I
falconiere; ed avendo seco di molti servi, ordinò loro pu
litamente d'andarne all'osteria vicina; ma mia moglie
nel trionfo del di lei cuore volte che si fermassero tutti,
per la cui ghiottornlà pati poscia digiuno la famiglia per
ben tre settimane. Il dì innanzi ci aveva Burchell avvi
sati segretamente che il signor Thornhill stava facendo
alcune proposizioni di matrimonio a madamigella Wilmot,
l'amante un tempo del mio figliuolo Giorgio; per la qual
cosa s'era alquanto rabbruscata la famiglia ed intiepidi
tane la cordialità. Ma presto la fortuna ci trasse, in parte,
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
d'impiglio; perchè alcuno della brigata nominando a caso
quella fanciulla, il signor Tuoni hi ll mise gridi giurando
ch'egli non sapeva come vi avessero colali baccelloni
cui desse l'animo di chiamare quello spauracchio una
Venere. " E frustatemi a sangue, " aggiunse egli, * se a me
non piace altrettanto qualunque beila raccomandatami
dalla lampada del campanile di san Dunstano. " 1 In cosi
dire egli scoppiò dalle risa, e noi pure, perchè lo scherzo
del ricco trova sempre buona ventura. Olivia anch' ella
non si tenne di dir pian piano fra' denti , ma in modo
d'essere udita, ch'egli era pieno di vivacità. Seguendo
il mio costume, dopo il pranzo feci brindisi alla Chiesa ,
per lo che venni ringraziato dal cappellano che diceva
quella essere l'unica donna del suo cuore. Allora rivol
tosi a lui lo scudiero con que' suoi modi maliziuti cosi
gli disse. " Dimmi in fede tua , Frank , se per avven
tura ti si ponesse da r un lato questa tua dama la Chiesa
colle braccia coperte di rensa finissima , e dall' altro ma
damigella Sofia senza rensa veruna, a chi t'appiglieresti
tu delle due ?" — " Ad entrambe per Dio! " rispose il cap-
pellanno. — E lo scudiero . " Tu hai senno , perchè una
bella fanciulla vale tutte le fraudi ecclesiastiche della
terra: e possa questo bicchiere soffocarmi se la cosa non
cammina cosi. Che altro, in fatti, sono le decime e tanti
viluppi e trovati fuorché una giunteria per imporre ai
semplici, una imposturar E ne darei ben cento prove- *—
' Bramerei che ella lo facesse, * disse il mio figliuolo Mose,
' perchè dal canto mio parmi di sentirmi in lena da rispon
derle. * Lo scudiero soggiunse che volentieri, ed accen
nando alla brigata di prepararsi a quello spasso , diede
tosto principio alla disfida cosi: * Io accetto l'invito, se
tu se' pronto ad argomentare sulla materia freddamente ;
e prima di ogni cosa è d' uopo che tu dica quale metodo
tu scelga, se l'analitico od il dialogieo. * Mose, tutto gioia
perchè gli tosse accordato il disputare, rispose voler egli
< Luogo di bagasce a Londra.
CAPITOLO SETTIMO. 43
usare indistintamente della ragione. 'Benissimo! * esclamò
l0 scudiero: " in primo luogo dunque tu non mi negherai
che esista tutto ciò che esiste , perchè , se tu non me lo
concedi, lo non posso proseguire. * Diceva Mosè nulla im
portargli l'accordarglielo: e chiedendo l'altro che ili ciò
pure egli convenisse , essere la parte minore del tutto, il
mio figliuolo come ragionevoi cosa l'approvava. "Io spero, "
disse lo scudiero, " che tu non negherai inoltre equivalere
i tre angoli di un triangolo a due retti. " E Mosè, girando
intorno lo sguardo con alquanto sussiego, rispose che
nulla vi aveva di più piano. Lo scudiero allora affrettando
il discorso replicò: "stabilite queste premesse, io dico
che la concatenazione degli enti procedendo in ragione
reciproca duplicata, produce naturalmente un dialogismo
problematico,1 il quale in certa maniera prova che l'es
senza della spiritualità può riferirsi al secondo predica
bile. "—"Piano piano, " esclamò l'altro, "io lo nego. Crede
ella ch' io voglia cosi vigliaccamente sommettermi à co
deste dottrine eterodosse? " E lo sebudiero quasi montando
sulle furie: "Che c'è? che c'è? tu non ti vuoi sottomettere?
Rispondimi a questa quistione semplicissima : credi tu
che Aristotile abbia ragione quando dice ebe i relativi
son relati? " — " Gli è fuor di dubbio * disse l'altro. —
"Dunque, "continuò lo scudiero, "rispondi direttamente alle
mie- proposte. Pensi tu che l' investigazione analitica della
prima parte del mio entimema sia deficiente secundum
quoad, oppure quoad minus? Su su! presto ragioni, ra
gioni dirette. " — Protestava Mosè di non intender bene
la forza del di lui raziocinio; ma che se egli lo avesse
ridotto a proposizione semplice, gli pareva di potergli
dare una risposta. E lo scudiero gli replicò : " Padron mio,
ti fo profondissimo inchino. Tu non hai nè intelletto, nè
argomenti, nè io te li voglio imboccare. Vanne con Dio,
1 Ammira bei paroloni dui nobil nomo, e eenj'ei spala senno. Ma noo
Ti ha penuria di Ttiorniiills anche fuor d'Inghilterra; ed io ne conosco , e
n' odo tnlto di. — Nola del Canonia.
44 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
chè sei un capocchio. " Allora fu uno sganasciarsi per le
risa universale: e'l povero Mosèera l'unica figura trista
in un groppo di gioviàloni ; nè più osò aprir bocca per
tutto il di.
Quantunque quel dialogo a me non fosse piaciuto
gran fatto, ebbe tutt'altro accoglimento da Olivia la quale
scambiò per talento ciò che non era meramente che un
atto della memoria. Ella quindi giudicò il signor Tborn-
hili come gentiluomo pieno di compitezza e d'ingegno.
E chiunque pon mente a quanto i begli abiti, un avve
nente aspetto e l borselli ricolmi contribuiscano a for
mare un uomo compitissimo, perdonerà facilmente alla
fanciulla. Ad onta però della sua vera ignoranza, lo scu
diero parlava con alquanta facilità , e facondamente spa
ziava per tutti i luoghf comuni del conversare; é non è
da maravigliarsi se quelle doti si procacciarono l'affe
zione d'una giovinetta che educata ad apprezzare in se
medesima l' apparenza , dell'altrui pur anco la ne faceva
gran conto. "
Quando il giovane scudiero se ne fu andato , noi en
trammo in dibattimento intorno alla stima che se ne do
vesse fare : e come egli aveva sovente indirizzato sguardi
e parole ad Olivia , cosi non vi fu più dubbio eh' ella
fosse l'oggetto del di Idi bazzicare a casa nostra; nè a
lei dispiacque l' innocente motteggio della famiglia su
questa scoperta. Debora istessa parve partecipare della
gloria di quella giornata , ed esultava della Vittoria della
figliuola come di ventura propria ; e rivolgendosi a me ,
mi diceva essere tutta opera della di lei destrezza, se le
fanciulle avevano saputo cattivarsi le moine dello scu
diero, e ch'ella aveva poi ragione d'essere orgogliosetta
anzi che no. * E ehi sa, " soggiungeva, * a che fine uscir
debba questa faccenda?"—' E davvero chi mai lo sa?"re-
plicai io sospirando, * In quanto a me, ciò non garba nè
punto nè poco; e mi sarebbe andato più a genio un uomo
povero ed onesto, che costui ricco e irreligioso. Ma bada
CAPITOLO SETTIMO. 45
bene, che s' egli è tale com' io lo sospetto, giuro che niuna
anima negra s'avrà mai una mia figliuola^"
"Ma per verità, padre mio, "gridò Mosè, " tu se'troppo
severo; perchè il cielo non farà mai processo de' pensa
menti, ma delle opere. Ad "ogni uomo insorgono de' pen
sieri viziosi ch'egli non può a posta sua sopprìmere.
Questa di lui libertà di pensare in cose di religione può
essere involontaria : però quantunque lo si confessi in
erróre, essendo puramente passivo il di lui assenso, non
gliene si può dare più carico di quello che si reche
rebbe ad un castellano il quale fosse costretto a ricettare
in città smantellata un esercito possente d' assediami. "
" Gli è verissimo, " diss'io : " ma se il castellano v'in
vita egli stesso il nemico, non jiene esso accusato a
buon diritto come colpevole della sconfitta? E questo è
sempre il caso di chi abbraccia gli errori; chè il vizio
non istà nell'assentire alle prove di quelli , ma nel chiu
dere gli occhi alle prove in contrario. A guisa di giudici
corrotti eglino danno favore alla prima evidenza , non le
volendo udir tutte: di qui, figliuol mio, quantunque ogni
nostra opinione erronea sia a prima giunta involontaria ,
per la nostra negligenza nell' ammetterla o caparbietà nel
rimanerci in quella , o vizio o follia ch'ella sia, noi ne
meritiamo gastigo. "
S'intromise mia moglie, la quale sviando alquanto
dell' argomento ci trasse a considerare come molti nostri
amici , sebbene liberi pensatori , fossero pure ottimi ma
riti ; poi disse che molte fanciulle ella conosceva le quali
con bella maniera avevano de' loro sposi fatti tanti con
vertiti. ' E a che non potrebbe arrivare, * soggiungeva, 'il
senno della nostra Olivia? Ella si comporta assai bene in
ogni incontro ; e per quanto e' mi pare, di controversie
la ne sa a bizzeffe. *
' O cara moglie mia , " diss'io , " che razza di contro
versie può ella mai aver lette? Non mi sovviene d'averle
prestati di cosi fatti libri in vita mia; e tu per certo la
46 IL VICARIO DI WAKEFIBLD.
lodi più ch'ella non inerita. *— 'No, ito, caro padre, "re
plicò Olivia ;' mamma mia non s'inganna; ne ho lette
tante di dispute, e quelle tra Thwackum e Sqnare, e l'al
tre tra Robinson Crusoè e'l selvaggio Venerdì: ed ora
mi sto divorando il libro della galanteria religiosa. " Me
ne congratulai con essolei dicendole , che ella mi pareva
in istato da operar conversioni, e l'avviai a far focacce
insieme alla madre.

CAPITOLO OTTAVO.
I n amore che promette poca felicità, può, non ottante,
produrne di molta.

Il giorno che segui poi tornò il signor Burchell a farci


visita ; e quantunque per certe ragioni questo di lui spes
seggiare mi dispiacesse , non mi pativa l' animo di ne
gargli il mio focolare. Egli è vero che la compagnia che
gli tenevamo veniva ricompensata dai suoi lavori, es
sendo egli sempre il primo innanzi a tutti nel prato o
tramezzo ai covoni, ed alleviandoci tratto tratto il tra
vaglio con alcune panzane. Egli era si pieno di fantasti
cherie e insieme di sensibilità, che m'era forza ad un
tempo stesso amarlo , deriderlo e averne compassione.
L'unica cosa che me Io rendeva alcun poco rincresce-
vole era una tal quale benevolenza ch'egli manifestava
per la mia figliuola , chiamandola per ischerzo la sua pic
cola amante ; e ogni qua! volta a ciascuna delle fanciulle
egli portava in dono un lacciuolo di nastri, ella ne aveva
sempre il più bello. Come la fosse io non so , ma ogni di
pareva egli diventar più amabile e vivace, e la di lui sem
plicità si trasmutava in una certa aria che ti sentiva del
savio.
Si desinò quel giorno in mezzo al campo; e, distesa
sul fièno la tovaglia , noi sedemmo , o per dir meglio, ci
CAPITOLO OTTAVO. 47
sdraiammo a godervi di pochi cibi frugali, e il signor Bur-
chell- accrebbe colla sua gioia piacevolezza a qua! ban
chetto. Due merli squittivano a vicenda da opposte siepi,
il pettirosso domestico saliva a beccare sulle nostre mani
le briciolette, ed ogni cosa all' intorno spirava pace. " Non
è volta, " disse Sofia, 'ch'io mi sieda in questa guisa, e
non mi corra alla mente la storia dei due amanti i quali
in braccio Può dell'altro furono colti da morte improv
visa sotto di una bica d'orzo. La descrizione che ne fa
Gay è tanto patetica che ben cento volte io la lessi e ben
cento ne fui commossa. " Il mio figliuolo la interruppe
dicendo che i passi più belli di quella descrizione erano,
a parer suo, mollo inferiori a quelli della avventura di
Aci e Galatea in Ovidio; e che il poeta romano, cono
scendo meglio P urto delle passioni , vi aveva con somma
arte e più fina maneggiati gli alleiti. Allora il signor Bur-
chell prese cosi a favellare: "EU' è maraviglia il vedere
come entrambi que' poeti che voi nominaste abbiano
contribuito del pari ad introdurre, ciascuno tra' suoi, un
pessimo gusto, caricando ogni verso d'epiteli a iosa.
Que' loro difetti facilmente furono imitati da gente di
scarso ingegno; e all'età nostra la poesia inglese, come
quella dell'ultimo impero di Roma, altro non è che una
combinazione d'immagini lussureggianti, accavallate le
une sopra le altre senza ordine alcuno; una infilzatura
d'epiteti che ti intronano gli orecchi senza destarti
un' idea. Ma intanto ch'io sto tagliando altrui le gambe ,
voi forse vorreste ch'io non risparmiassi le mie; or bene
sappiate che non per altra ragione io mi sono indotto a
simili ciarle, se nnn per aver campo di far nota a questa
adunanza una Ballata che, per quanti abbia difetti , è si
curamente netta degli accennati. -
BALLATA
Volgiti a me, cortese
Uom della selva ; i passi miei deh scorgi
48 IL VICARIO DI WÀKEFIELD.
Là vèr quella fiammella
Che di raggio ospitai la valle abbella.
Io smarrito e tremante
A gran fatica io piè mi reggo; e questa
Orribile foresta • ,.
Quanto m' innoltro in lei , '>
Tanto fassi più immensa ai passi miei-
Guardati ben : la ria
Non tentar tenebria
(L! eremita risponde); è quel barlume
La traditor fantasma lusinghiero
Che intorno vola , o figlio ,
E vuol trarli in periglio.
Ma qui presso al meschino
Che ricovro non ha , della mia cella
Sempre aperta è la soglia ;
E povero qual sono ,
Quanta dar gli poss'io, tutto gli dono.
Vien dunque; in questa notte
Meco a divider vien liberamente
Quel che t' offre il mio tetto :
D; aride froodi un letto ,
Una cena frugale ,
Tranquilli sonni e benedetta pace.
Giammai le pecorelle
Che giù per la vallea pascendo vanno,
A morte io non condanno:
Chò ad esser pio con elle
Quel Dio nv insegna che pietoso è meco.
Ma un innocente io reco
Vitto dal fianco dell' erboso monte ,
(•"rutti e radici , e puro umor dal fonte.
Vieni j e dimentica
Le tue sciagure.
A che mai ■movano
Le umane cure?
Ahi l quanto è misero
L' uom che si strugge
CAPITOLO OTTAVO.
In brame inutili
Per una vita
Che presto fugge,
Presto è finita.
Dolce, come rugiada
Che dalle stelle cada,
Era l'incanto del parlar soave;
E lo straniero intanto '
S' inchinava modesto ali1 uom solingo
Seguitandone i passi. Entro il più cupo
Della selva giacea
Il solitario ostello,
Al povero vicino
Asilo, e allo sviato pellegrino.
Facile lo sportello'
Schiuso all' alzar del saliscendi, accolse
Quella coppia innocente :
Poi che cura nessuna
Al signor suo non chiede
Dell7 umil tetto Fumile fortuna.
Era Fora in cui cercano riposo
Dai lavori del d'i stanchi i mortali ;
E il gentile eremita
Di serenar la fronte disioso
All' ospite pensoso,
XI piccol fuoco avviva ; e sorrìdendo
Con amabile festa
A gustar ne V invita i frutti e V erbe
Che sul desco gli appresta.
Poi di casi istruito e di novelle
Siede favoleggiando ,
Coi racconti le lente ore ingannando.
Pon sue scaltre moine
Il gatto in opra , e gli festeggia intorno.
Allegro canta il grillo
Dal focolare; e crepitar la fiamma
Fa l' ardente fastello : ma dolcezza
Nessuna in cor scendea
IL VICARIO PI WAKEFIELD.
Allo straniar , cui grave
Era V alma dJ affanni , e già piangea.
Quel sorgente dolor vide il romito;
E d' angoscia simile
Sentissi il cor ferito;
Poi rotti dal sospiro
Codesti accenti dal suo labbro uscirò.
Ob ! cbe mai , che mai t' affapna ,
Giovinetto sconsolato?.
- D' auree soglie or ti condanna
Forse in bando avverso fato?
0 ti dnol di fè tradita
D' empj amici ed infedeli;
0 di fiamma non gradita
Ardi in petto e ti quereli?
Ahi ! che sol labili
Vane allegrezze
Dalle ricchezze
Hanno i mortali.
Stolti , se pregiano
Beni sì frali.
Ahi ! F amicizia
Nome è soltanto.
È un vuoto incanta
Che ci diletta ;
Lusinga debile
Cbe al sonno alletta ;
Ombra volubile
Cbe dietro' all' oro
Corre, e al sonoro
Titol beato;
, Ma lascia in lagrime
Lo sventurato.
Suon più ingannevole,
Più ignota cosa ,
Sol il' orgogliosa
Beltà , mei credi ,
K amor ludibrio:
CAPITOLO OTTAVO. 51
Nè in terra il vedi :
0 se mai trovasi ,
Se in terra «i giace ,
Solo si piace
Con la facella
. Scaldare il oidio
Di tortorella.
Dunque vergognati
Del tao dolore ;
Sopisci in core
Tutti gli affanni ;
Fuggi di femmina ,
Fuggi gl' inganni.
Disse ; mentre parlava ,
AH7 ospite sul volto
Spuntò improvviso traditor rossore ,
Che trafitto il (ficea
Da disperato amore.
stupia ,
punto sfolgorar '
isti in pria,
che all' ora mattutina
dipingono ,
, e al par fugaci-
ardo ,
> eh' or s? innalza or
> in petto
t una tempesta ;
£ per fanciulla di leggiadro aspetto
L' amabile straniar si manifesta.
Ah! perdona ad un meschino,
A uno stanco pellegrino ,
Che profano
Por qui dentro ardisce il piede
Ove Dìo con te risiede.
Ma pietà óV una sviata
Verginella innamorata .
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Che lontano
Dal suo tetto ramingando
Va riposo alcun cercando.
Alla mia pace
Amor m' invola;
E de' mìei passi
Compagna è sola
Disperazioa.
IV assai beai mio padre opulento
La del 'l'ine viveva sul tito -
Dì me, sola sua figlia, contento.
De' miei tanti tesori invaghito
Venne ognuno a cercarmi in isposa ,
Ognun corse ad offrirsi marito.
Mille e mille allor dissero ascosa
Per me in seno una fiamma nudrire -
E gran vanto mi diér di vezzesa.
Veri amanti, od usati a mentire,
Gente avara ed ingorda dell' oro ,
Volser tutti al mio letto il desire.
- Mercenario a me intorno quel coro
L' amor mio gareggiando chiedea ;
Ma sol nn n' era degno fra loro.
Vera fiamma Edevino struggea ;
Ma parlarmi d' amor non ardiva ,
E la cura nel seno premea.
Rozzi panni ed umili vestiva ;
Non aveva ricchezze il meschino ,
Ma beli' alma di fede non schiva.
Il fioretto che sboccia il mattino ,
Le rugiade più caste del cielo
Soo men pure del cor d' Edevino.
La rugiada ed il fior sulto stelo
Britlan solo vivaci un istante ,
Quando sgombra la notte il suo velo-
Come i fiori era bello il sembiante
Ma più candida V alma d' un giglio,
E dell' alma il candore costante.
CAPITOLO OTTAVO.
Ahi ! eh' io stolta con vano consiglio
Ora blando-ridente e pietoso ,
Or severo volgendogli il ciglio,
Ogni pace a lui tolsi c riposo;
E con l' arte più scaltra e crudele
Tormentai quel suo core amoroso.
M' era caro saperlo fedele ;
Ma superba godea di sue pene ,
E gioiva in udir sue querele.
L' infelice , perduta ogni spene ,
Del mio lungo disprezzo affannato
Ruppe alfine le dure catene :
E un lontano deserto cercato.
Ivi morte pregò che venisse :
E morendo fè mite il suo fato.
Ma son io la crndel che 'I trafisse ;
> che il cor mi flagella ,
allo V ammenda prescrisse ,
o mi appella-
disperata ,
ba abbraccerò .
Là da tutti abbandonata ,
La mia morte affretterò.
Così Edevino
Per me morì ;
Per lui vegP io
Morir così.
Ah! no, non farlo , il solitario esclama ,
Alla vergin dolente ;
E corre , e se la stringe
Al sen teneramente.
Ritrosa ella si volge, e lo respinge.
Oh ciel ! chr mai , chi al guardo le si affacciti
Edevino, Edevino è che V abbraccia.
Volgi a me, mio bel disio,
Le tue fulgide pupillo ,
Angelina, idolo mio.
Deh ! cara , volgiti
54 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
v Al tuo diletto.
Lasciati stringere ,
Cara , al mio petto.
Ecco cessarono
Le- acerbe pene.
Ecco amor rendenti
A te, mio bene-
lo te sola ancora adoro.
Deb.! riposa ; e nel mio cor,
O mia vita , o mio tesoro ,
Trova pace al tuo dolor.
Vivremo amandoci
Uniti, o bella.
Mai da'quest' anima
- Sarà eh' io svella
La dolce immagine
Del tuo sembiante :

c Veruna cosa.
E porrà fine,
Cara , così
Un sol sospiro
Ai nostri dì.
Intanto che si stava leggendo questa Ballata , pareva
Sofìa frammischiare agli applausi una tal quale aria ap
passionata che ti vinceva. Ma quella tranquillità fu poco
stante scomposta da una archibugiata che ci scoppiò alle
spalle , dopo la quale eccoti un uomo aprirsi per mezzo
la siepe una callaia vèr la sua caccia. Era quegli il cap
pellano dello scudiero , ed aveva ucciso uno de' merli che
ci rallegravan cotanto. A quel fracasso si spaventarono
le mie figliuole; e la Sofia tremante fu da me veduta pit
tarsi a ricovero nelle braccia del signor Burchell. .
Il gentiluomo venne a chiederci scusa del disturba-
mento, affermando Rulla sapere egli della nostra vicinanza,
CAPITOLO OTTAVO. 55
\
s' assise a lato alla fanciulla minore , e da buon cacciatore
le offerì tutta la preda di quella mattina. Ella era in pro
cinto di rifiutarla, quando un'occhiata che le diede di
sottecchi sua madre, la, mosse ad emendare tosto quel
fallo e ad accettare , sebbene con alquanta ritrosia , il do
nativo. Inorgoglitasi mia moglie , borbottò, secondo il so
lito, fra denti certe parole d' esultanza per la conquista del
cappellano latta da Sofìa , simigliarne a quella 'che dello
scudiero aveva già fatta la di lei sorella: ma io aveva ra
gione di sospettare che la furbetta mirasse a tutt' altro.
L' ambasciata del cappellano era per avvertirci d'alcuna
musica' e di rinfreschi preparati dal signor Thornhill , il
quale s' avvisava di intrattenere quella sera con-un ballò
le fanciulle al chiaror della luna sul pratello in faccia
alla .nostra casa. Nel dare a noi questa novella, il cap
pellano manifestò quanto a lui fosse stato a cuore d'es
serne il. primo messaggero, sperando in ricompensa che
madamigella Sofia gli sarebbe stata compagna per quella
danza. A lui la fanciulla rispose che di buon grado avrebbe
accolto l' invito, se ella non vi scapitasse di suo onore;
perchè avendovi un gentiluomo che le era stato compa
gno in tutti i lavori della giornata , parevale che anche
nel sollazzo quegli avesse diritto d' esserlo. In questo
dire ella addittò il signor Burchell , il quale , ringrazian-
donela , la cedette pulitamente al cappellano , dicendo
esser egli per quella notte invitato cinque miglia lontano
ad una scapponata colla quale si celebrava da alcuni suoi
amici il ricotto. Appariva a me stravagante quel di lui
rifiuto; nè sapeva io , d' altra parte, indovinare come una
fanciulla di si buon senno potesse anteporre ad un uomo
disóretamente agiato uno accattapane. Ma siccome gli
uomini ti sanno dire a un puntino quanto valga una donna,
cosi le femmine spesse volte fanno di noi giudicio esat
tissimo ; e i due sessi paion spie appuntate l' uno del
l' altro, avendo ciascuno separatamente attitudini tulle
proprie per ben fare il suo mestiero. * '«*-''...
.'iti IL VICARIO DI WAKEFIELD.

CAPITOLO NONO.
Si conoscono due dame di condizione elevala. L' abbigliamento
sfarzoso pare che conferisca squisitezza di educazione. -

Appena s'era accomiatato il signor Burcbell, e Sofia


aveva acconsentito di danzare col cappellano, che-i mìei
piccini accorsero ad informarci essere giunto lo scudiero
con gran comitiva. Ritornati a casa trovammo il nostro
padrone con un paio di gentiluomini e due giovani donne
in gran gala, le quali ci presentò egli come cittadine d'alto
aSare. A noi mancavano per avventura sedie per tutta la
brigata ; ma il signor Thornhill propose tosto ch' ogni
gentiluomo si adagiasse in grembo ad una donna : alla
qual cosa io mi opposi deliberatamente, ad onta dello
sbuffare e contorcersi di mia moglie che pur volea dis
suadermene. Però Mose fu mandato a tórre scranne ad
imprestito; e come non bastavan donne per ordinare la
contraddanza, i due gentiluomini s'avviarono con esso
lui in cerca di ballerine. In un moroento-s' ebbono le une
e le altre: e (ornarono gli accorti con que'bei volti ver
migli delle figliuole del mio vicino Fiamborough superbe
de' nastri rossi ond' erano inghirlandate. Ma vedi guaio
a cui non s' era badato ; le fanciulle Fiamborough, quan
tunque predicate per le migliori ballerine della parroc
chia , sapevano assai bene di gavotta e rigoletto ; ma di
contraddanza nè nn nulla. A prima giunta ne fummo im
barazzati; ma dopo alquanto spingerle e tirarsele dietro
e uscirne come meglio si poteva, elleno vi si addestra
rono ottimamente. Da due violini, da un flauto e da un
tamburo era composta l' orchestra ; la luna splendeva
tersissima. Il signor Tbornhill e la maggiore delle mie
figliuole menavano la danza con sommo diletto degli spet
tatori accorsi in frotta da tutto il vicinato. Olivia moveva
CAPITOLO NONO. o7
con tal leggiadria e tanta vivacità , che mia moglie non
potè contenersi di far tralucere l* orgoglio ch' ella ne
sentiva in cuore col dirmi che la tristarella le aveva ru
bati tutti i passi, e che li faceva più netti di lei. Le gen
tildonne di città tentavano a tutta possa di gareggiarla ,
trinciando capriole, ritte ritte sulla persona tenendosi, e
si volgendo leziose e languidette ; ma tutto in vano : e
per verità i circostanti esclamavano che la era una ma
raviglia; e ^Flamborough giurava che il piede di Olivia
andava a battuta che nulla più. " .- -
Posciachè quel ballo fu proseguito oltre un' ora in
tera, temendo le due gentildonne di infreddarsi, l'inter
ruppero. L' una di esse mi parve manifestasse allora la
bassezza dell' anima sua da grossolana educazione invi
lita , dicendo : * Per Cristo vivo ! son tutta molle di su
dore. * All' entrare in casa vedemmo imbandita una cena
fredda vagamente ordinata e fatta apprestare dal signor
Thornhill. Questa volta si andò più riserbati nel con
versare; e le due gentildonne offuscarono proprio le mie
fanciulle, non ciarlando d' altro che del vivere signorile ,
di nobiltà, di pitture, di buon gusto, di Shakespeare , di
vetri armonici e d' altri cotali argomenti di moda. Gli è
vero che una volta o due elle si lasciarono sdrucciolare
di bocca alcuna bestemmia di cui sentimmo noi stessi
non poca vergogna : ma io credeva come quello fosse il
più infallibile contrassegno di loro alta condizione : ora
però sono informato che 'l giurare e 'l bestemmiare non
è più affatto di moda. Nondimanco i loro ornamenti co
privano di un bel velo ogni magagna del favellare : e le
mie figliuole sembravano invidiare la compitezza di quelle
fine maniere , attribuendone ogni vizio a fior d'educa
zione. Campeggiava sovra d'ogni altra dote la condi
scendenza nelle due gentildonne; l'una delle quali di
ceva abbisognare Olivia di conoscere un tantino di mondo;
e l' altra che un sol verno in città avrebbe cambiato da
capo a piedi Sofia, e fattone un portento. Ad entrambe
S8 IL VICABIO DI WAKEFIELD.
applaudiva mia moglie, affermando nulla più ardente
mente bramare ella che di potere per una invernata
almeno dare una vernice di educazione cittadinesca alle
sue figliuole. Allora io in fretta in fretta risposi che già
le fanciulle erano allevate civilmente più che al toro
stato non si convenisse; e che il di più non avrebbe sér-
vito che a renderne ridicola la povertà , mettendo loro
pel capo de' grilli e'i sapore di certi piaceri a cui non
potevano ragionevolmente aspirare. " E quali piaceri non
meritano elle di godere," esclamò il signor Thornbjll ,
* elleno che tanti ne hanno da compartire? lo-, cui non
mancano discreti beni di fortuna, ristringo tutte le mas
sime di mia morale a tre soli capi ; amore , libertà e pia
cere: ma il diavolo mi colga, se mezzo il mio patrimonio
i0 non darei volentieri all'amabile Sofìa, ov'ella ne do
vesse trarre diletto; e l'unico favore che ne cfiiederei
in contraccambio sarebhe di poter aggiungere al dono
anche tutto me stesso. "
Non era io poi tanto soro da ignorare quello essere
il gergo di cui si sogliono vestire le più vili ed insolenti
offerte; ma feci ogni sforzo per tenere a freno la mia
rabbia, e mi contentai di dire: 'Signore, la famiglia
che voi ora onerate della vostra compagnia è per educa
zione gelosa del proprio onore quanto voi del Vostro; e
chiunque tentasse di fare a quello ingiuria, capiterebbe
assai male. Poichè l' unico tesoro che ci sia rimasto è
l'onore, noi dobbiamo con ogni cura conservarcelo. "
Finite queste parole, mi cominciava già a rincrescer la
veemenza con cui io le aveva pronunciate; ma il giovane
scudiero palpandomi la mano .commendò altamente il mio
spirito quantochè disapprovasse i miei sospetti ; e giurò
niuna cosa aver meno in cuore che si fatto pensiero:
perchè alieno egli dalla smania di voler vincere quelle
yjrtù che resistono gran pezza agli altrui assalti , non
aveva- mai fatto colpo in amore , se non per via di qual
che tratto astuto e repentino.
'•CADITOIO NONO. 89
A ud motto cosi libero, le due gentildonne che fìn
gevano ignorane i discorsi precedenti , patvero aggrottar
per isdegno le ciglia ; poi diedero principio ad un dialogo
alquanto discreto e serio intorno alla virtù. A quello
intervenni io pure colla moglie mia e 'l cappellano ; e
verso il finire lo scudiero istesso s' indusse a confessare
il suo rimorso per aver data troppo la briglia alla lin
gua. Si parlò de' piaceri della temperanza e della sere
nità d' un' anima innocente : e non vi fu mai cosa che mi
contentasse tanto come di aver tenuti desti oltre l'usato
i due ragazzini , perchè così veniyano bene edificati da
quella ottima conversazione. Il signor Thornhill si volse
a me con tal garbo inlìno a domandarmi come io la pen
sassi in fatto di preci : ed io accolsi volentieri quell'ar
gomento ; e la sera si passò in utili e belli ragionamenti
finchè parve alla brigata di andarsene. Le gentildonne
sembrarono a mal in cuore dividersi dalle mie figliuole
alle quali s' erano a poco a poco in modo singolare affe
zionate, e menandone lamento, fecero instanza perchè
fosse loro accordato di condurle via seco. Lo scudiero
secondò quella profferta , e mia moglie anch' ella ; e le
fanciulle gittavano a me certi sguardi coi quali voleanmi
pure strappar di bocca l'assenso. In tale perplessità
m'ingegnai di porre in mezzo due o tre scuse che le
figliuole appianarono tosto ; di modo che io mi vidi co
stretto a dare un' aperta negativa , per cui non ebbi il
di seguente che de' visi arcigni e tronche risposte.
ii " <j»,..«<, i ìrt "... ii ai i sii li dw;£i«,W,.Ki';f] lirrf»
r
CAPITOLO DECIMO.
La famiglia vuol rivaleggiare colle più ricche. Angustie
del povero che vuol comparire da più di quel che è.
Allora incominciai ad accorgermi che non si badava
per nulla a tutte le mie lùnge e laboriose lezioni sulla
temperanza , la semplicità e la pace dell' anima : e le cor
60 IL VICARIO DI WAkKEFlELD.
tesìe ricevute di fresco da gente a noi superiore risve
gliarono queil' orgoglio ch' io aveva sopito , non spento.
Si tornò di bel nuovo a colmar le finestre d' alberelli da
olio e lisciamenti per le guancie e pel petto : nelF uscire
si temeva il sole come nimico alla pelle, e in casa il fuoco
si guardava di mal occhio quasi guastasse le carni. Osr
servò mia moglie che il troppo levarsi di buon mattino
danneggiava le pupille delle zitelle , che lavorando dopo
il pranzo gliene venivano rossi i nasi ; e tentò di convin
cermi, che" mai non erano si bianche le loro mani come
allora che se le tenevano a cintola ; quindi , anzi che ter
minare le camicie di Giorgio, d'altro non si curavano
che di dar nuove forme a vecchie cuflie e ricamare veli.
Le fanciulle Flamborough , che prima erano le loro
compagne di trastullo , furono ripudiate come troppo ab
biette persone ; nè si cinguettò' più se non di maniere
cavalleresche, di pitture, di gusto, di Shakespeare, e di
vetri armonici. v
Ma tutto era un nonnulla se non capitava una zingana,
di quelle che danno la buona ventura , a fluire di farie
uscire de' gangheri ; e appena comparve quella bruna si
billa, accorsero elle a chiedermi un fiorino d' argento da
porle in mano. Per dire la verità, io era stanco della mia
continua saviezza , e non potei lasciare di soddisfarle ,
amando di vederle, come che fossero, contente; imperò
diedi il fiorino a ciascheduna. Vuoisi per l' onore della
famiglia nondìmanco qui narrare come non fosse penuria
mai di quattrini anche nelle tasche di loro , essendo in
violabile decreto della generosa mia moglie ch' elleno vi
avessero sempre una ghinea, con espresso comando però
di conservarla intera senza mai farla barattare. Lunga
pezza stettero chiuse in una camera colla strologa ; e
finalmente all' uscire m' avvidi dai loro sguardi che le
erano state fatte di grandi promesse, e rivoltomi ad Oli-'
via le domandai s',ella era riuscita a bene', e se la maga
le aveva valutato a dovere il fiorino. " Padre mio , " ri
CAPITOLO DECIDO. 61
spose la fanciulla in sul serio, " e' mi pare eli' ella s'in
ganni, perchè affermò positivamente che in men d'un
anno io-sarò moglie ad uno scudiero d' alto affare. " — " E
che marito avrai tu, mia Sofia?" — Ed ella: "subito
dopo che la sorella avrà sposato lo scudiero , io avrommi
una Eccellenza." — "E per due fiorini," esclamai,
" appena queste bazzecole? solamente una Eccellenza ed
uno scudiero per due fiorini! O scioccherelle ! per mezza
quella moneta' io vi avrei promesso un principe ed un na-
babo. " Questa loro curiosità tuttavolta trasse seco di
gravi effetti; e credendosi tutta la famiglia destinata
dalle stelle a qualche cosa di grande , si levava in boria
ogni giorno.
Fu già notato da mille , ma e' mi fa d' uopo ripe
terlo, che le ore le quali si passano nella aspettativa
d'un lieto avvenire, sono più amene di quelle in eui si
gode della ottenuta fortuna : nel primo caso cuciniamo
noi la vivanda a misura del nostro appetito ; ma nel se
condo, natura la cucina a suo talento. Non è possibile
dire quanti castellucci noi facevamo su pe' nugoli , e
come ci pareva veder fiorire di nuovo la nostra casa.
Era voce per tutta la parrocchia che lo scudiero fosse
innamorato della mia figliuola ; e con questa canzone i
terrazzani gonfiavan tanto gli orecchi alla meschina , che
la si innamorò finalmente davvero. In questo piacevole
intervallo di tempo mia moglie faceva i più bei sogni
del mondo, ed ogni mattina ce li raccontava con grande
solennità divisandone esattamente ogni minuzia: ora ella
sognava un cataletto e un par d' ossa in croce , indizio
di nozze vicine ; ora che le saccocce delle fanciulle ri
boccavano di quattrini, segno certissimo che le sareb
bero presto ricolme d' oro.
Le figliuole avevano anch' esse i loro pronostici ;
sentendosi spesso appiccar baciozzi inusitati sulle labbra
e vedendo tal di de' ricci alla candela , tal altro scoppiet
tare il fuoco e foggiar borsellini , e in fondo d' ogni tazza
62 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
da tè mille urie d' amore. Verso la fine della settimana rice
vemmo uu viglietto dalle gentildonne , ove dopo molti sa
luti manifestavano la loro speranza di vedere la domenica
vicina tutta la nostra famiglia alla chiesa. Quindi per tutta
la mattina del sabato io vidi la mia moglie e le fanciulle
strette in colloquio , bisbigliar tra di loro pian piano,- e
git tarmi delle occhiate da. traverso che davano segno
d' alcuna trama segreta. A dir vero , io sospettava forte
non si andasse per loro fantasticando qualche goffo pen
siero, e M come dovessero governarsi onde il giorno ap
presso comparire in grande sfarzo. Alla sera, in fatti, elleno
mandarono ad esecuzione la concertata impresa con molta
maestria; e mia moglie valorosamente innanzi a tutte gui
dava V assedio. Sembrando io idi buon umore dopo aver
bevuto il tè , ella così incominciò : — " Carlo mio, io credo
che domattina vi avrà- buona compagnia in chiesa. "
* Pub essere ; ma non te ne dar pena. Venga o no
questa gente , la predica si farà ad ogni modo. "
"Oh! ciò assai m'importa. Ha e' mi pare, marito
mio , che noi dovremmo far di tutto per apparirvi decen
temente; perchè chi sa mai cosa sia per aocadere?"
" Davvero che le tue precauzioni sono commende-
voli. Mi piace molto in chiesa un contegno -decente. Fa
d' uopo starvi con umiltà e divozione, e con volto sereno
e gioviale. " ' .
* SI si ; ma io vorrei dire che vi si vorrebbe andare
colla dovuta convenevolezza , non come la plebaglia. "
' Tu hai ragione , moglie cara ; e te lo voleva sugge
rire io stesso. La maniera più conveniente è di andarvi
più per tempo che si può , onde aver campo di fare me
ditazione prima dello incominciare degli uffici divini. "
"Capperi! Gli è verissimo; ma tu non pigli bene.
Dico e' sarebbe uopo andarvi con decoro. Quivi a due
miglia è la chiesa, tu il sai pure ; e io ti giuro che a me
spiace vedere le mie figliuole trottare al loro inginoc
chiatoio coi visi tutti gonfi e infocati per la lunga via -
CAPITOLO DECIMO. 63
c segnate a dito da tutti come se avessero vinto il palio.
Guarda, marito mio, a quel ch'io ho immaginato. Vi
sono i due nostri cavalli da aratro, il puledro che ab
biamo già da nove anni, e 'l suo compagno il in ore Motto
il quale da un mese non ha mai posto piede nei campi ;
entrambi impigriscono nella grascia. E perchè non hanno
a tare ancor essi qualche cosa? Lasciamelo dire, marito
mio: se Mose li mette un tantino in concio, non faranno
poi la trista figura. * '
A questa proposizione io obbiettai , che sarebbe stato
venti volle più decoroso l' andarne a piedi che con una
vettura $ì sguaiata, perchè il morellotto era losco e 'l pu
ledro non avea coda ; che non erano mai state poste loro
le redini ; che que' ronzoni eran pieni di vizi ; e che in
casa non avevamo che un sol basto ed una sella da donna :
ma tutto fu in vano, e mi trovai costretto a dir di si. La
mattina seguente vedendo che elle si davano gran briga
per radunare gli attrezzi necessari alla spedizione, e pa
rendomi che la cosa andasse alla lunga , mi avviai in
nanzi; verso la chiesa, promessomi prima per gli altri
tutti di seguirmi subito subito.
Per quasi un'ora stetti al leggio aspettando che
giungessero ; ma non vedendo comparire persona, dovetti
incominciare e proseguire i' ufficiatura non senza rincre
scimento della loro assenza, il quale fu doppio quando,
finite tutte le ceremonie, non era apparsa ancora faccia
della famiglia. Però m' incamminai inverso casa lungo la
strada maestra, quantunque di tre miglia più tarda che
la viottola ; e giunto a mezzo , mi accorsi della proces
sione che si avanzava lenta lenta verso la chiesa. Il mfo
figliuolo , mia moglie e i due piccini pompeggiavano sovra
l'uno, e le due fanciulle sovra l'altro cavallo. Doman
dai qual fosse la cagione del ritardo , e dai loro sguardi
compresi a dirittura che avevano incontrate di mille sven
ture nel cammino. Da prima i cavalli non volevano uscire
dalla porta, e fu d'uopo che quel buon uomo di Burcbell
64 IL VICARIO DI" WAKEFIELD.
gli spingesse innanzi pei? trecento passi , menando a di
ritto e a traverso il suo bordone. Poi le corregge della
sella di mia moglie s'erano schiantate, e si dovette iar
alto per ricucirle; dopo dì che saltò il ghiribizzo ad uno
de' cavalli di voler mettere il restio , e non valeva fru
starlo nè fargli carezze per indurlo a muover piede. Ap
punto da questo imbroglio s' era. la famiglia appena libe
rata quand' io l' incontrai. Ma poichè-non,si aveva sofferto
danno alcuno, io confesso che quella loro- mortificazione
mi andò alquanto a genio, perchè se ne potevano da me
trarre.occasioni di futuri trionfi, e si sarebbe per quella
abbassata alcun poco la burbanza delle mie figliuole.

CAPITOLO DECIMOPRÌMO.
La famiglia ti Ottino pur tempre a farla da grande.

Il giorno che segui poi, essendo la festa di san Mi


chele, fummo invitati per la sera ad abbruciar noci* e far
badalucco a casa del nostro vicino Flamborough. Se la
mortificazione della domenica non ci avesse alquanto umi
liati, non avremmo probabilmente lasciato di tòrcere il
viso a quell' invito; ma così la ventura fu accolta a prima
giunta e di buon grado. L' oca e i camangiaretti del no
stro buon vicino erano squisitissimi, ed eccellente la cer
vogia di pomi, anche a giudicio di mia moglie che per tal
bevanda aveva palato sottile. Gli è vero che il di lui
modo di narrar favole non era ottimo del pari come la
sua mensa ; perchè ne diceva di lunghissime e tutte ca
stronerie, e tutti fatti di casa sua, pe' quali avevamo già
riso le mille volte tanti di prima : ma discreti e civili noi
ci determinammo a sghignazzare anche la mUT una. Il
1 Scheno giovanile. Due noci si accostano al fuoco e si figurano dne aman
ti ; se abbruciano entrambe a uu tratto, se ne augura un matrimonio in qucl-
I' anno; so l' una prima e l'altra dopo, non vi ba norie a sperare.
CAPITOLO DECIMOPRIMO. 65
signor Burchell, ch' era lino della brigata anch' egli, stu
diava ogni maniera e? innocenti spassi affinchè l' allegria
si protraesse; e propose tra quella gioventù che si gio
casse a mosca cieca. La moglie mia anch' ella si lasciò
indurre a prender parte in quel trastullo; e a me ciò
non dispiacque , parendomi che non la fosse poi tanto
vecchia. Il mio buon vicino ed io stavamo intanto adoc
chiando da un canto la brigata e ridendo d' ogni giuoco;
e tratto tratto ci scappavan di bocca le lodi della destrezza
nostra di un tempo. Finita la mosca cieca, si giocò a
guancialin d' oro, poi agli spropositi, e da ultimo alla pia
nella. Siccome egli è facile che molti non sappiano che
sia questo passatempo antichissimo, gli è necessario av
vertire che a questo giuoco la brigata si distribuisce
tutta per terra in cerchio. Una sola persona sta ritta nel
mezzo, ed ella deve acchiappare una scarpa che gli altri
tanno intorno passare velocemente dall' uno all' altro per
di sotto il garetto , appunto quasi come il tessitore" la
spola. Essendo in questo caso impossibile che chi è in
piedi tenga occhio ad ognuno, la bellezza del giuoco con
siste nel dargli una percossa col calcagno della scarpa
dove egli meno si possa difendere. In cotai guisa stava
in mezzo al cerchio la mia figliuola maggiore, ricevendo
percosse, tutta rossa in faccia, sganasciandosi per le risa
e menando schiamazzo dei colpi falliti con voce da assor
dare un cantambanco ; quando ogni cosa va sossopra , si
grida che vien gente, ognun domanda chi sia, ed entrano
in camera le due nobilissime nostre amiche madama filar
ney e madamigella Carolina Guglielmina Amalia Skeggs.
Ogni descrizione verrebbe meno a voler dire quanto ci
accorasse quel nuovo disgusto. Ahi sciagura ! esser ve
dute da gentildonne di tal raffinato intelletto in atteg
giamenti tanto volgari ! Già non si poteva aspettar di
meglio da un trastullo cosi villano suggerito da un Flam-
borough; e per alcuna pezza stemmo sbalorditi, muti,
immobili come sassi. -*.-J.
5
66 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Le due gentildonne erano state a casa nostra ; e non
avendoci trovati , vennero in traccia di noi onde sapere
per qaal cagione non fosse andata il di innanzi alla chiesa
la mia famiglia, e ne mostravano affanno grande. Olivia
fe' da oratore per noi , e narrò il tutto in compendio con
queste parole : * fummo rovesciati da cavallo. " Si turba
rono allora le gentildonne , ma sentendo non v' essere
stato alcun male, ricomparve sui loro volti l'allegria:
poi in udire che per lo spavento quasi tramortimmo, si
fecero meste di bel nuovo ; e di nuovo esultarono quando
dicemmo di aver avuta la buona notte. Le accoglienze
per loro ripetute alle mie figliuole furono sommamente
amorose; e se le dimostrazioni d' affetto della sera del
ballo erano state calde , queste d' oggi erano un fuoco ,
e palesavano con assai belle paròle un gran desiderici di
contrarre amicizia più stretta e durevole. Madama Blar-
ney poneva amore particolare in Olivia; e madamigella
Carolina Guglielmina Amalia Skeggs (mi piace dir tutto
il nome alla distesa) si affezionò di più alla sorella. l di
scorsi si tennero tra le due nobil donne , e le fanciulle
stavano in un lato senza neppur fiatare, ammirandone il
molto sapere.
Ogni lettore , per quanto mendico egli sia , è vago
di dialoghi signorili e d'istorielle di dame e cavalieri
dell' ordine della Giarrettiera ; quindi io domando licenza
di poter farlo partecipare della conclusione di quei ra
gionari.
Madamigella Skeggs. Io non so d' altro intorno a
questa faccenda, se non che sarà vero o non vero quel
che voi dite: s' accerti però Vostra Eccellenza , ed io lo
so da poterlo narrare, che tutta la folla era stupefatta.
Il viso del cavaliere mutò cento colori in un punto, e la
dama fu colta da un deliquio: ma il signor Tomkyn, sfo
derata la spada , giurò di volere rimaner suo fino all' ul
tima stilla di sangue.
Madama Blarney. Ebbene, sappi che la duchessa non
CAPITOLO DECIMOPBIMO. 67
me ne fece mai motto , e credo che S. E. non mi tace
rebbe la menoma cosa del mondo. Ma tieni poi per fermo,
che la mattina appresso S. E. il duca gridò tre volte' al
suo cameriere , Jernigan , Jernigan, Jernigan, portami i
miei legàccioli.
Ma prima di tutto io doveva informarti, o lettore,
della malacreanza del signor Burchell che seduto colla
faccia rivolta al fuoco intanto che stavano le donne favel
lando, al finire d' ogni sentenza esclamava oibò ! il qual
motteggio spiaceva a ciascuno di noi, e sopiva alcun poco
il brio della Conversazione.
Madama. Oltre di che non v' ha cenno, o mia cara
Skeggs, nel sonetto fatto in quell'occasione dal dottore
Burdock. — Oibò!
Madamigella. Stupisco davvero, perchè scrivendoegli
solamente per suo trattenimento, non omette mai ne' suoi
versi la minima cosellina : ma gli avrebbe que' versi V. E.
da potermeli mostrare? — Oibò!
Madama. Viscere mie, degg' io portar meco di si
latte cose? E capperi come è bello il sonetto! lo me ne
intendo ancor io di poesia ; so di giudicarla, o almeno so
quel clie mi piace. Fui sempre ammiratrice de' poemetti
del dottor Burdock , perchè , se ne levi i suoi versi e
quelli della nostra cara contessa d'Annover-Square, non
sortono tuttodì dalle stampe che buassaggini le più insulse
della terra , le quali non hanno nè un micolino di quel
sale che ricercano le orecchie nobili come le nostre. —
Oibò!
Madamigella. Vostra Eccellenza dovrebbe almeno ec
cettuare le di lei proprie produzioni inserite nel Magai-
sino delle Dame. Già non pensate voi certo che in quel-
V opera siavi cosa alcuna che puzzi di plebaglia. Eh ! ma
temo che non avrem più nulla da quel lato per nostra
sventura. — Oibò!
Madama. E perchè questo ? Sai che la compagna che
mi leggeva mi ha abbandonata per isposare il capitano
68 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Roach ; e a me non permettendo li poveretti occhi miei
di scrivere io di mia mano, sono stata alquanto di tempo
alle vedette per trovare un'altra. Ma una persona a do
vere non è si tosto rinvenuta ; e di vero trenta lire al
l' anno sono magro stipendio per una zitella ben educata,
di savie maniere e che sappia leggere, scrivere, e compor
tarsi civilmente nelle conversazioni. Guarda fin che tu
vuoi , fra tutte le cittadinuzze non ve ne ha una da sce
gliere. — Oibò !
Madamigella. Lo so pur troppo per esperienza ; chè
delle- tre compagne mie di questi sei mesi andati , l' una
ricusava di lavorare un' ora il dì; l' altra trovò-scarso sa
lario quello di venticinque lire, e la terza fui costretta
mandarla pe' fatti suoi, perche io teneva sospetto ch' ella
avesse alcuna mala pratica col cappellano. La virtù, mia
cara Blarney, si, la virtù vale un tesoro ; ma dove tro
varla mai ? — Oibò !
Mia moglie era stata lungamente in orecchi per udire
di ch' elle ragionassero; e l' ultima parte di que' parlari
l'iaveva' scossa da capo a fondo. Cospetto! trenta lire e
venticinque ghinee montavano a cinquantasei lire e cinque
soldi di moneta inglese ; la qual somma pareva andar men
dicando chi l' accogliesse, e si poteva facilmente farla
nostra. Per qualche momento ella si affisò a' miei sguardi
a fine d' investigare s' io dava segno d' approvazione ; e
per dirla schietta , m' era avviso che quegli incarichi si
confacessero assai bene alle due figliuole : chè se poi lo
scudiero amava proprio la maggiore, quello sarebbe stato
a ogni modo il mezzo onde renderla degna di tale fortu
na. Però mia moglie deliberò che la troppa timidezza non
ci dovesse guastare l' uovo in bocca , e die' principio a
un' orazione in favor della famiglia con queste parole :
" Io spero che le eccellenze vostre mi perdoneranno tanto
ardimento; e davvero noi non abbiamo alcuna ragione
per aspirare a cosi bello onore : ma gli è pure cosa natu
rale che una madre s' ingegni di mettere in vista i suoi
CAPITOLO DECIMOPRIMO. 69
figliuoli, procurandone li vantaggi. Non istà a me il dirlo,
ma potrei quasi asserire che le mie due fanciulle hanno
avuta una discreta educazione. È in loro fior d' intelletto,
e non vi ba di meglio almanco in tutta la provincia. Leg
gono, scrivono e conteggiano; hanno buona mano di cu
cire a punto allacciato, a punto a strega, a punto in croce
e mill' altri; e fanno calze , frastagli e passamani. Elle
sanno alcunchè di disegno e di musica ; sono buone a
dar la salda alla biancheria e pigliarla a piegoline , e ri
camano altresì veli assai bene. La maggiore cincischia
de' begli scherzi di cartone, e la più giovane con un
mazzo di carte da giuoco indovina uu mondo' di casi.* —
Oibò!
Com' ebbe ella fiatato questo squarcio di eloquenza,
le due gentildonne si guatarono l'una l'altra in viso senza
aprir bocca in aspetto dubbioso e severo , e cosi stettero
per alquanti minuti ; finchè poi madamigella Carolina Gu-
glielmina Amalia Skeggs si degnò di affermare che) per
quanto ella aveva potuto comprendere in si breve periodo
di amicizia , le due giovanette sarehbono state a pro
posito per tali impieghi ; ma che un affare di tanto mo
mento richiedeva un maturo esame del loro carattere, e
ch' era mestieri conoscersi a vicenda più addentro: non
eh' ella perciò dubitasse punto della loro virtù, prudenza
e discrezione; ma perchè bisognava osservare una certa
formalità in simili casi, una formalità indispensabile.
La moglie mia approvò altamente la cautela di lei,
dicendosi anch' essa donna che andava sempre col calzar
del piombo; ed esibì sulla saviezza delle fanciulle le in
formazioni di tutto il vicinato, die le gentildonne rifiuta
rono come inutili, bastando che le avesse raccomandate
il cugino Tornhill; e qui finirono le nostre supplicazioni.
70 IL VICARIO 0I WAKEFIELD.

CAPITOLO DECIMOSECONDO.
La fortuna umbra decita di voler umiliare la famiglia di
Wake/ìeld. Le mortificaiioni, non di rado, rietcon più
amare delle disgrazie reali.

Tornati noi a casa, la notte tu spesa in mettere in


campo astuzie per future conquiste. Debora mia operò
tutta la di lei sagacilà in vedere a quale delle due figliuolo
convenisse la carica migliore, ove saria più grande l' op
portunità di conversare con persone di garbo. L' unico
ostacolo che attraversasse il nostro ingrandimento, era
l'ottenere la raccomandazione dello scudiero; ma egli
ci aveva già dati troppi segni d'amicizia , sicchè il dubi
tarne era ornai vano. Neppure in letto mia moglie cessava
dal rifriggere questi cavoli. "Orsù, Carlo mio, dicia
mola tra di noi ; non ti par egli che si sia tratto per noi
bel profitto da questa giornata ? * — " Maisl , " risposi io -
non sapendo che dire. "E come? tu non mi sbadigli
che un maisì? Dico che dessa fu impiegata benissimo.
Supponi che le fanciulle giungessero a contrarre amicizie
ragguardevoli in città, non ti piacerebbe egli forse? E
non so io di certo che Londra è un vivaio d' ogni sorta
di mariti? In oltre sai bene che de' miracoli se ne veg
gono ogni di: e se gentildonne di sì alto aliare s'innamo
rarono delle mie zitelle, che non faranno i cavalieri? Sia
mo a quali r' occhi, e ti protesto che ho della stima molta
per madama Blarnev che 6 tanto compita; uni avoi la ma
damigella Carolina Guglielmina Amalia Skeggs mi ruba il
cuore. Hai veduto com' io le ho còlte a volo quando si
parlò d'impieghi in città? E ti basterà l'animo di dire
che io non sappia far di tutto per la mia famiglia? *
* SI, sì, " diss' io, senza essere determinato ad alcun
pensiero; " Dio'l voglia ch'elle vadan col meglio di qui
a tre mesi ! " Questo era un mio solito modo di dire col
CAPITOLO DECIMOSECONDO. 71
quale io intendeva d' imprimere nella mente della moglie
un gran rispetto per la sottigliezza del mio ingegno : per
chè se le fanciulle ottenevano l' intento, eccoti avverato
un voto felice; ma se riusciva qualche sciagura, lo si po
teva guardare come una profezia. Tutta questa conversa
zione però non fu che il preludio d' un altro di lei dise
gno, di cui già mi sentiva correr nell' animo la paura. Do
vendo ora noi nel mondo camminare col capo un pocolino
più alto , si tramava niente meno che di vendere a un
mercato prossimo il puledro ormai invecchiato , e com
perare in vece sua uu cavallo che fosse da sella a un tempo
e da timone , e comparisse non male quando si andava
in chiesa o a far visite. A prima giunta io mi vi opposi
gagliardamente : ma la parte contraria era gagliarda an
ch' essa oltre misura ; e quanto più iosinfievoliva, ella più
rizzava la cresta, sicchè in ultimo fu forza dargliela vinta.
Cadendo il dì vegnente la fiera, voleva intervenirvi
io stesso; ma mia moglie mi cacciò nel capo ch'io avessi
una infreddatura, e non vi fu verso ch'ella mi lasciasse
uscir di casa; dicendo che Mosè era un ragazzo accortis
simo, che in comperare e vendere ei stava sul vantaggio
mai sempre , che le nostre migliori contrattazioni erano
le sue perchè egli sapeva in buon' ora porre il prezzo
alto, poi scemarlo , e così nel comperare tenere a bada
finchè facesse util mercato.
Teneva io pure gran conto del buon senno di mio
figliuolo, e volentieri gli affidai questa incumbenza. La
mattina appresso, adunque, vidi le sorelle tutte intente in
allestire Mosè per la fiera, acconciargli il capo, spazzo
largli le fibbie, e guernlrgli di spinetti il cappello. Liscio
ch' egli fn ed in punto, lo vedemino festosamente salire
sul puledro con una sportella davanti nella qualé doveva
riportarci drogherie. Vestiva un abito di panno cosi detto
folgore e tuono, che quantunque accorciato assai, non pa
reva poi tanto sdrucito da lo si dovere dimettere. Il far
setto era verdegiallo, e le sorelle gli avevano annodata la
72 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
zazzera con un largo nastro nero. Lo accompagnammo
fuor defla porta alcuni passi gridandogli dietro buon di ti
sia, finchè lo perdemmo 'di vista.
Partito egli appena, ecco il canovaio del signor
Thornhill per congratularsi con noi della nostra buona
ventura, come quegli che aveva udito il suo giovane pa
drone parlar di noi con gran riverenza. Sembrava che la
fortuna non volesse venire scompagnata; perchè un altro
famiglio della stessa casa sopraggiunse con un viglietto
per le mie figliuole, nel quale era scritto che le due gen
tildonne avevano avute dal signor Thornhill cosi soddis
facenti informazioni di tutti noi, di maniera tale che spe
ravano , mercè pochi altri riscontri, di rimanere intera
mente appagate. Allora esclamò mia moglie : " Lo so ben
i0 che non è cosi facil cosa il por piede nelle famiglie dei
grandi; ma se tale vi scappa dentro, e' può chiuder gli
occhi e dormire, come dice il nostro Mosè. * A lei pa
reva d'aver detta una bella facezia, perchè le figliuole le
fecero eco con una risata ; e tanta fu la gioia della buona
donna per quell'imbasciata, che poste le mani in tasca
regalò al messo un mezzo paolo.
Posciachè fu stabilito quello dover essere per noi
giorno di visita , scoprimmo sull' uscio il signor Burchell,
il quale era stato alla fiera, e recava a ciascuno de' miei
bambini un soldo di bericuocolo che mia moglie prese
cura di metter loro in serbo , per darglielo poi volta per
volta a pezzuoli. Egli portò anche per le fanciulle un paio
di scatole da porvi ciahle, tabacco, nei, e danari pure,
se ne avevano. Debora s' incapriccl, secondo il solito, d'una
borsa di pelle di donnola, come bene augurosa; e la volle,
a patto però di pagarla.
il signor Burchell non era per nulla scaduto dalla
nostra stima, comecchè il di lui contegno villano d'ieri ci
fosse spiaciuto : e senza inframmettere indugio io gli ma
nifestai la nostra felicità, chiedendone il parer suo; per
chè , quantunque restii quasi sempre a seguire gli altrui
CAPITOLO DECIM0SEC0ND0. 73
avvisi, eravamo larghi del domandarli. Nel leggere il vi-
glietto delle due gentildonne egli die' un crollo al capo
pispigliando che un affare di tal fatta chiedeva la massima
circospezione. Questa diffidenza non garbava tanto a mia
moglie, la quale voltatasi a lui * Non ho mai creduto , "
disse , * di vederti si pronto a far contro a me ed alle
figliuole. Tu se' più cauto del bisogno; ma balordi noi.che
volendo cercar consiglio, dovremmo appigliarci a persone
che n' avessero già latto buon uso elle stesse. " — " Qual
che ella sia stata la mia vita, o madama, " soggiunse egli,
"non è da discutersi adesso; abbenchè io il quale mai
non mi attenni alle altrui ammonizioni, istruito dalla mia
propria coscienza, dovrei darle meglio d' ogni altro. " Te
mendo io non una tale risposta ne traesse dietro cento ,
e si supplisse poi con delle ingiurie al poco intelletto ,
voltai l' argomento, e finsi di stupire come non fosse an
cor ritornato il mio figliuolo quando la sera n' era già
quasi vicina. " Non ti dar pena di ciò, " disse mia moglie;
" sta' certo ch' egli sa fare i fatti suoi, nè ch' egli va si
facilmente a veder pescare colla gatta. L' ho veduto io far
tali negozi da sbalordire chicchessia ; ed a proposito di ciò,
ti voglio raccontare una istoriella per cui ti smascellerai
dalle risa. Ma vello véllo, egli viene egli stesso Mosè senza
cavallo e colla sportélla in ispalla. *
In cosi dire, ecco avanzarsi Mosè lentamente, a piedi,
grondante di sudore sotto il peso della sportélla ch'egli
si era allacciata attraverso il dosso a modo di un mer-
ciaiuolo. "Ben giunto, ben giunto, Mosè nostro; che ci
hai tu recato dalla fiera? " — " Vi ho arrecato me stesso, "
rispose il figliuolo gittando uno sguardo astuto e racco
mandando alle braccia della serva la sportélla. " O Mosè
mio," gridò mia moglie, "già questo lo veggiamo; ma
dov' è il cavallo ?" — * L' ho venduto per tre lire, cinque
scellini e due soldi. " — "Bene davvero, buon ragazzo:
lo sapeva io che ne avresti fatto partito grasso. Sia detto
tra di noi; ma tre lire, cinque scellini e due soldi non
74 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
sono scarso guadagno; fuori presto le monete. * — ' Non
ho meco ne una sola crazia ; ho speso tutto in contratta
zioni, ed eccovi quel che ho comperato. " Cavò di seno un
fardello di dodici dozzine di' occhiali verdi cassati in ar
gento cogli astucci di zigrino. " Che diamine festu mai? "
replicò mia moglie con voce fioca. * E tu, spacciato il
puledro, non ci hai portate a casa che dodici dozzine
d'occhiali? Guarda miseria! solamente questi occhialacci
rordi! * — "Ma, cara madre, perchè non vuoi ascoltar
ragione? se non fosse stato vilissimo il prezzo, non ne
avrei fatta la compera. Le sole incassature vagliono il
dóppio. " — * Valgono un fico , " gridò mia moglie in col
lera: "scommetto che non ne ricavi la metà, se li vendi
per argento rotto a cinque scellini l' óncia. " — " Non ti dar
pensiero, donna mia," diss' io,." della vendita delle in
cassature, perchè non è che rame inargentato. "—" Trista
me! che di' tu mai? non argento? non son d'argento le
incassature? "—r* No, in fede mia ; lo sono quanto la tua
tegghina. "— " Dunque s' è dato via il puledro per sole do
dici dozzine d' occhiali verdi legati in rame cogli astucci
di zigrino ? Al diavolo con codeste ciarpe ! L' hanno cucu
liato il pecorone ; e' doveva badare meglio a' falti suoi e
conoscere i tristi."—" Moglie cara, tu l'inganni. Come do
veva egli conoscerli ? "—" Poh! alle forche il babbuino! Por
tarmi di si fatte porcherie ! Le getterei al fuoco, se le mi
stessono in mano."—" Pazzia davvero sarebbe; perchè-
quantunque siano di rame, è meglio avere degli occhiali
di rame che uno zero."
Il povero Mosè intanto trasecolava, accorgendosi d'es
sere stato còlto nel laccio da un furbo truffatore, che,
squadratolo dal capo al piede, lo aveva rinvenuto uomo
da uccellare a fave. Gli domandai come fosse ita la cosa.
* Venduto il cavallo, io me ne andava su e giù pel
mercato in cerca d' un altro ; e un uomo d'aspetto grave
mi trasse ad una baracca sotto pretesto d'averne egli
uno da vendere. Quivi incontrai un' altra persona ben ve
CAPITOLO DECIMOSECONDO. 76
stita che cercava di tórre ad im prestito venti lire siccome
bisognosa di danari, impegnando questi occhiali e dicen
do che li dava per metà del loro valore. Il primo genti
luomo che già mi faceva da amico , mi soffiò nell' orec-
cio eh' io li comperassi e non mi lasciassi sfuggire di
mano la fortuna. Mandai ad avvertire il signor Flambo-
rough ; venuto il quale, eglino lo infinocchiarono istessa-
mertte ; e cosi entrambi c' inducemmo a pagare i nostri
quattrini per dodici dozzine ciascheduno."

CAPITOLO DECIMOTERZO.
Il tig. Burchell è dichiarato nemico, perchè ha il coraggio
di dare un contiglio che non piace.

Cento volte aveva tentato la mia famiglia di sollevare


in alcuna maniera la testa , e per cento inopinate disgra
zie n' era sempre andata col peggio ; ed io procurava di
giovarmi d' ogni disastro per migliorarne il senno , a mi
sura che l'ambizione veniva delusa. * Voi vedete, figliuoli
miei, * io diceva, * quanto poco si guadagna col voler in
gegnarsi di gabbare il mondo e uscire dai limiti della
nostra condizione. Il povero che non brama d' accompa
gnarsi che al ricco, è odiato da quelli ch' egli trascura, e
sprezzato da coloro a cui va dietro. Sempre alla parte de
bole sono dannose le alleanze tra' disuguali, perchè il ricco
ne ha V utile , e al meschino non ne rimane che tutto il
disagio. Ripeti, o Ricciardetto, pel bene di costoro la fa
vola da te letta ieri. " — " Fu già tempo che un gigante
ed un nano erano amici, e vivevano insieme. Fecero patto
tra di loro di non abbandonarsi mai, ed uscirono in cerca
d' avventure. Il primo combattimento da loro sostenuto
fu con due Saraceni; e il nano, tutto coraggio, menb fu
riosamente un manrovescio ad Uno de' campioni. Poco
danno n' ebbe il Saraceno, che, levata alto la scimitarra ,
76 IL VICARIO DI WAKEF1ELD.
tagliò di netto il braccio al povero nano. Egli allora era
a mal partito ; ma , giunto il gigante in suo soccorso, in
poco tempo quei stese freddi sul terreno li due Saraceni;
e il nano, per ira, spiccò il capo dall' imbusto del suo ni
mico già morto. S' avviarono poscia ad altre imprese : ed
eccoti tre satiri , sitibondi di sangue , rapire a forza una
infelice pulzella. Il nano non era piò tanto feroce ; nondi
meno colpeggiò per il primo, e n' ebbe una in compenso
si crudele , che gli cacciò fuori un occhio. Ma il gigante
superò tosto que' satiri ; e se coloro non si mettevano la
via tra le gambe, ei uccidevali tutti l' un dopo l' altro.
Lieti oltremodo dell'ottenuta vittoria, condussero seco
la giovinetta riscattata , la quale s' innamorò del gigante
e lo sposò. Viaggiarono più ch' ió non so dire ; e diedono
finalmente in una masnada di malandrini , al primo in
contrarsi coi quali, il gigante era innanzi, e il nano gli
veniva dietro alcuni passi discosto. La zuffa fu vigorosa ed
ostinata ; ovunque giungesse il gigante, ogni cosa andava
sossopra ; ma più d' una volta il povero nano da morte
a mala pena scampò. La fortuna arrise ultimamente ai
due, e ne uscirono vincitori; ma il nano vi lasciò una
gamba. A lui che oramai perduto aveva un braccio , un
occhio e una gamba , gridò il gigante intatto d' ogni me
noma ferita: — Vieni, eroe piccino; queste le sono glo
riose imprese; tentiamo d'ottenere un' altra vittoria , e
saremo onorati in eterno. — No no , disse il nano fatto
ora più savio ; giuro di non voler altro combattere , per
chè n' è tutta tua la gloria e la ricompensa, e toccano a
me solo, poveretto, le percosse e lo strazio. "
Io stava per ridurre a moralità questa favola, quando
la mente fu distratta ila una calda contesa insorta tra mia
moglie e il signor Burchell, intorno al mandare alla città
le fanciulle. Magnificava Debora l' utilità che ne verreb
be ; per lo contrario, Burchell la dissuadeva a più potere
da quel proposito , ed io me ne rimaneva cheto , senza
voler parteggiare per alcuno. I di lui argomenti non sem
CAPITOLO DECIMOTEBZO. 77
bravano formare che la seconda parte di' quel sermone
che la mattina era stato accolto si male. La disputa ina
grcstì ; e la povera Debora, in vece di addurre ragioni, al
zava la voce; e fu da ultimo costretta a dover difendersi
da una intera sconfitta, con un grido fortissimo. La con
clusione del discorso di lei era sommamente spiaciuta
non per tanto a tutti noi; queil' incauta dicendo saper
ella benissimo che molti nel dar consigli sono spinti da
segrete ragioni, ma che tal razza di gente avrebbe veduta
volentieri sbandita di sua casa per l' avvenire. Burchell,
con una certa aria serena atta ad aizzarla vieppiù, le re
plicò che di ragioni segrete egli ne aveva pur troppo" , e
si asteneva dal palesarle, perchè la scorgeva incapace di
soddisfare con risposte alle manifeste ; e che avvedendosi
le sue visite esser divenute importune, dimandava com
miato per allora ; e non sarebbe venuto a casa nostra se
non forse un'altra volta per darci l" ultimo addio, prima
di partire da quella provincia. Ciò detto, prese il cappello
e se n' andò, senza che gli sforzi di Sofia, che colle oc
chiate lo rimproverava di quel suo precipitoso partito ,
valessero a rattenerlo.
Tutti, per alcuni minuti, ci guardammo in volto l' un
l'altro confusi e smarriti; e mia moglie che sapeva es
serne ella la cagione, si sforzava di nascondere il turba
mento suo con un sorriso stentato ed una certa fidanza
ch' io mi sentii voglia di biasimare con queste parole :
* E cosi , o donna , si trattano da noi i forestieri ? cosi li
rimuneriamo delle gentilezze loro ? Sappi che non t'è mai
scappato di bocca un motto più incivile in tutta tua vita,
nè che più mi contristasse. " — * A che provocarmi egli
dunque ? Ma so ben io , " rispose , * quali sono i motivi
delle sue ammonizioni. E' voleva distormi dal mandare le
fanciulle alla città, per godere qui in casa a posta sua
della compagnia della minore. Ma sia che vuole, ella sce
glierà un miglior amico che non è qnel villanzone. " —
" Villanzone di' tu ? Gli è assai facile che noi prendiamo
78 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
abbaglio sul conto di lui , perchè in molte occasioni ei ini
parve il più compito gentiluomo ch' io conoscessi. Dimmi,
Sofia, ti ha egli data mai la menoma prova 0' affetto? "—
" Ah ! caro padre, i suoi parlari furono sempre giudiciosi,
modesti ed ameni ; del resto, io non mi accórsi mai di
nulla. Una volta mi ricordo d' averlo udito dire, ch' egli
non sapeva d'alcuna donna la quale avesse fatta stima di
un uomo d' aspetto povero. "—" Figliuola mia, questo è
il solilo lamento degli sgraziati e degl'infingardi. Ma tu,
ben educata qual sei, pesi saviamente codesta genia , nè
ignori che sarebbe lolle chi attendesse la propria felicità
da un uomo che fu sconsigliatissimo economo de' suoi
beni. Tua madre ed io abbiamo la mira a qualche cosa di
meglio per te. Il verno prossimo tu 'l passerai probabil
mente in ci Uà, e n' avrai agio di fare una scelta più pru- '
dente. "
Quali si fossero in quest' incontro i pensieri della So
fia, io non ardirei indovinare ; ma in segreto il mio cuore
andava lieto del veder lontano un ospite che a non poco
timore destavalo. Sentiva io rimorso in vero d' aver tra
dito l' ospitalità ; ma lo acquietai con belle e colorate ra
gionane , le quali mi contentarono , e mi posero in pace
con me medesimo. Le angustie della coscienza dopo il
fallo son presto vinte, perch' ella è una codarda che quando
non ha forze bastanti per prevenire il delitto , neppur lo
danna dappoi; come quella che rade volte a tanta giusti
zia aggiunge.

CAPITOLO DECIMOliUARTO.
A'tKH'e mortificazioni, e prova, che i mali apparenti
pattano ener» beni reali.
Poichè l' andata delle mie figliuole alla città fu stabi
lita , il signor Thorphill cortesemente promise voler egli

I
CAPITOLO DECIMOQUARTO. 79
stesso aver cura del loro contegno, ed informar noi per
lettere de' loro diportamenti. Ma stimato essere d'estrema
necessità ch' elle dovessero comparirvi in maniera corri
spondente all'altezza delle speranze loro, pel quale prov
vedimento vi voleano quattrini, si dibattè in pieno con
siglio sopra i mezzi più acconci per radunarli, o, per dirla
schiettamente, si esaminò qual cosa più convenisse di
vendere. Presto si venne nella determinazione di spac
ciare l' altro cavallo, il (piale, cosi scompagnato come
era, riusciva inutile.all' aratro, e mal atto ai viaggi per
esser losco. Lo si sarebbe dunque condotto al mercato
prossimo, al quale andar doveva io medesimo, onde non
rimanere un' altra volta gabbali. Sebbéne quello fosse di
tutta mia vita il primo passo in mercatura, pure non du
bitava io di poter compiere la mia commissione onore
volmente. Dalla poca o molta prudenza di' quelli coi quali
convive, l' uomo trae gli argomenti per istabilire quale
opinione aver debba della propria prudenza ; ed in fami
glia esercitando io d1 ordinario la mia con alcuna supe
riorità, mi pareva di conoscere ogni genie al fiuto, e me
ne ringalluzzava tutto. Ciò non per tanto, ll dimane, quan-
d' io ero già uscito della porta e messomi per alcun passi
sulla via , mia moglie mi chiamò indietro per lischiarmi
sotto voce: " Bada a te; sta' coll' occhio teso, acciocchè
non te l' accocchino. "
Secondo l' uso de' mercati, come vi fui giunto , feci
correre in su e in gin per la piazza il mio cavallo a pian
passo , al trotto , a galoppo ; ma per alcuna pezza non ap
parve offeritore. Uno si accostò finalmente «he esaminato
d'ogni banda il cavallo e trovatolo senza un occhio, non
esibì una crazia; venne il secondo; ma osservando che
quello aveva uno spavento alle gambe, disse che non lo
avrebbe comperato neppure pel solo fastidio del menar
selo a casa: un terzo si accòrse d' una spinélla, e voltò
le spalle: un altro inferi dall'occhio che il cavallo avesse
dei vermi negl' intestini : e il quinto, più petulante, si ma
80 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ravigliò come' io appestassi la fiera con una carogna in-
guidalescata, mezz'orba, che aveva uno spavento e un
tumore, e non meritava che d'essere gittata ai cani a tòcco
a tòcco. Di mano in mano che gli altri la schernivano, mi
sentiva ancor io sorgere in cuore un certo disprezzo per
quella povera bestia , ed all' avvicinarsi d' ogni avventore
mi vergognava quasi; perchè, quantunque non prestassi
fede a tutte le ciarle di quei bricconi , mi venia pensato
come il gran numero de'testimoni desse una presunzione
fortissima ch' eglino non avessero il torto; e San Grego
rio, nel trattato delle buone opere, si dichiara dello stesso
sentimento. j
Io me ne stava cosi scornato , quando un mio consa
cerdote e amico già da un pezzo , venuto per i suoi biso
gni al mercato, s' avviò diritto verso di me, e datami la
mano , m' invitò ad andare con esso lui ad un' osteria per
bevere un bicchiere di quel che vi si sarebbe potuto tro
vare. Accettai di voglia l' offerta; ed entrati in una bet
tola fummo accompagnati in una cameretta di dietro nella
quale non sedeva che un vecchione d' aspetto grave, tutto
intento a leggere un gran libraccio ch' egli si aveva in
nanzi. In tutta mia vita non vidi mai una figura che più
di quella preoccupasse in suo favore cosi in un batter
d' occhio il mio cuore. Alcune ciocche grigie che parevano
argento gli ombreggiavano le tempie venerande, e gli
appariva sul volto antico un' aria che annunziava robu
stezza ancora ed una amorevolissima onestà. Adonta della
presenza di lui, noi due proseguimmo i nostri discorsi,
raccontandoci l' un l' altro le nostre varie vicende, le con
troversie sulla dottrina di Whiston , ì' ultimo mio opusco
lo , la risposta dell' arcidiacono, e come mi si aveva mal
trattato. Ma poco stante ci distolse da que' parlari un
giovinetto che entrato in camera corse al vecchio forestiero
rispettosamente, e con voce umile gli narrò alcuna cosa
* Lascia da un canto le apologie, figliol mio," disse il
vecchio , - perchè egli è preciso dover nostro il far del
CAPITOLO DECIMOQTMRTO. 81
bene al prossimo : vorrei poterti dare di più ; ma spero
che con cinque lire ti rifarai de' tuoi danni : prendile, e va'
con Dio. *
Quel modesto giovinetto pianse per riconoscimento
del benefìcio; pure io sentiva nell'anima una gratitudine
maggiore assai della sua, ed avrei stretto volentieri fra le
braccia il buon vecchio, tanto m' aveva l' atto onesto in
tenerito. Tornò a leggere, e noi ripigliammo i nostri ra
gionamenti; finchè alcun tempo dappoi il mio compagno
ricordandosi di dover sbrigare alcune faccende in merca
to, cercò d'andarsene, promettendo che sarebbe ritor
nato quanto prima , come desideroso di godere più lun
gamente la conversazione del suo caro dottore Primrose.
In udire il mio nome , parve il vecchio guardarmi attenta
mente ; e partito che si fu il mio amico , mi domandò
con molta garbatezza s'io fossi per avventura parente del
gran Primrose, quel si intrepido sostenitore della mono
gamia, il quale erastatoi'antemuraledellaCbiesa.il cuore
non mi battè mai tanto come in quel momento, e gli ris
posi : ° La lode di un si buon uomo quale son certo che
voi siete, raddoppia la gioia destatami in petto teste dalla
vostra caritatevole azione. Eccovi dinanzi quel dottor Prim
rose, quel monogamo a cui vi piacque concedere l'appel
lativo di grande. Voi mirate qui lo sfortunato teologo che
ha combattuta sì lungamente e con buon successo , se
male non mi slesse il dirlo, la deuterogamia del secolo."
" Signore, * replicò lo straniero stupefatto, " mi duole
d'essere forse stato troppo ardito ; vi chiedo perdono della
curiosità. " Ed io stringendogli la mano : " No, no, buon
uomo, la vostra famigliarità mi piacque davvero; e poi
chè vi ho già accordata ia mia stima , vi prego di accet
tare anche la mia amicizia. * —" Ve ne sono grato , o
glorioso sostegno dell' incorrotta ortodossia. Ed è pur vero
ch'io..,?'' — L'interruppi; perchè, quantunque come au
tore io sapessi digerire in buon dato l' adulazione, la
mia modestia, per ora, non ne permetteva di più, Tutta-
82 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
volta in tutti i romanzi della terra non troverai due amanti
che abbiano cosi in un baleno assodata la loro amicizia
com'io e'l vecchio. Si parlò di diversi soggetti: da pri
ma e' mi sembrò più divoto che dotto; e cominciai a
credere ch' egli non facesse conto veruno delle umane
dottrine come d' inezie : nè io lo stimava meno per que
sto , già tempo accolta avendo io pure in segreto una
tale sentenza. Però presi a dire che il mondo in generale
era da biasimarsi perchè mostrava una supina indifferenza
per cièche fosse dottrina, correndo dietro con eccessivo
amore alle speculazioni umane. Ed egli, quasi avesse ri-
serbato per quell'istante tutto il sapere, rispose : " Bene
sta ; il mondo vaneggia: e la cosmogonia, o vogliam dire
il sistema della formazione dell'Universo, ha imbarazzati
i filosofi d'ogni secolo. Qual guazzabuglio d'opinioni non
hanno eglino disseminate intorno alla creazione del mon
do! Sanconiatone , Maneto, Beroso e Ocello Lucano si
stillarono su di ciò invanamente il cervello. L'ultimo ha
queste parole, nnarkon ara hai nieleni/non lo pan, le
quali significano che tutte le cose non hanno nè principio
nè fine. Anche Maneto che fiori a' tempi di Nabuchadon-
Asser o in quel torno ; Asser è una parola Siriaca che si
aggiunge comunemente al nome ilei re di quella contrada,
come Teglat Phael-Asser, Nabon-Asser e cosi via ; Mane
to, dico, fece una congettura che torna in assurdo; per
chè dicendo noi d'ordinario ek to biblion kubernetes, cioè
i libri non istruiranno mai il mondo , egli s' ingegnò di
investigare.... Ma vi domando scusa; io svio troppo le
mie parole dalla questione. " E di vero egli era fuor del
seminato ; nè io sapeva per niun verso indovinare come
si affacesse la creazione del mondo al mio tema ; ma ciò
bastava per darmi a divedere ch' egli era un letterato, e
rendermelo più riverito. Mi venne talento di porlo a pa
ragone; ma egli era troppo umile e di gentili maniere,
per lo che schifava di contendere meco e di vincermi.
Ogni volta che io inframmettessi nel dialogo alcuna os
CAPITOLO DECIMOQUARTO. 83
servazioncella che avesse faccia d' una disfida, egli sorri
deva, crollava il capo e non diceva parola; perchè io
comprendeva che s' egli avesse voluto, poteva risponder
mi per le rime- l'asso passo il ragionamento si allontanò
dal subbietto , e lasciate le antichità, si venne a dire qu.il
cagione ci avesse menati al mercato. Lo informai del ca
vallo ch' io voleva vendere ; ed egli appunto s'era recato
alla fiera non per altro che per comperarne uno da dare
al suo fittaiuulo: venne offerto il mio; e dàlie dàlie dàlie,
strignemmo il contratto. Non restava che di pagarmi;
egli imperiamo trasse di tasca una cedola di trenta lire
pregando ehsogliene rendessi il di più; ma era un voler
cavare dalla rapa sangue. Laonde commise all'ostessa di
chiamare il di lui servo ; e quegli fece il suo ingresso
vestito a livrea magnifieentissima. " Vanne, Abramo, fa'
cambio di questa polizza qui a casa Jackson o dove che
sia, e riportami tant' oro. "
Partito quel donzello, il vecchio recitò un' orazione
patetica sulla somma carestia che vi aveva d' argento ;
ed io gli feci eco deplorando altresì la gran penuria d'oro,
cosicchè al ritornare di Abramo s' era per entrambi noi
convenuto non v'essere mai stato tempo in cui li danari
costassero tanto sudore come all' età nostra. Abramo
raccontò d'aver cercato a destra e a manca tutto il mer
cato, uè riuscirgli l' intento ad onta dell'aggio d'un mezzo
scudo offerto pel baratto. Tutto andava a traverso ; ma il
vecchio , stato alquanto sovra pensieri, mi domandò s'io
conoscessi tra'miei vicini un Salomone Flamborough ; e
rispondendogli io che sì , perchè abitava accanto al mio
uscio , soggiunse : " Poffare il mondo ! la è beli' e acco
modata. Vi darò una lettera di cambio ch' egli vi pagherà
a prima vista ; e sappiate che per cinque miglia all'intor
no non v' è galantuomo più puntuale del signor Salomone.
Egli è un buon pezzo che io lo cflhosco : e' mi ricorda
eh' io vinceva sempre a piè pari ; ma sur un piè solo egli
saltava più lontano di me." Una cambiale sovra il mio
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
vicino io guardava come danaro, non ignorando quanl'egli
fosse buon solvente ; la fu dunque sottoscritta e a me
data la mano. Detto fatto, il vecchio signor Jenkinson ,
il suo servo Abramo e 'l mio antico cavallo il morellotto
trottaron conienti pei fatti loro.
Rimasto solo, cominciai tra me e me a ruminare se-
riosamente e ad accorgermi d'aver fatto male a ricevere
in pagamento una lettera di cambio da uno sconosciuto ;
ed avvisai da uom prudente di richiamare il compratore
e farmi restituire il mio cavallo; ma non era più tempo.
Imperò m' incamminai difilato vèr casa con animo di ri
scuotere subito la cambiale. Trovai quell'onesto amico di
Flambòrough sulla porta sua colla pipa in bocca ; gli
dissi della piccola polizza ; la lesse e rilesse. — " Buon
Salomone , quella firma tu la saprai decifrare, Eiraimo
Itìnkinson."—"SI si, il nome è chiaro, e so chi l'ha scrit
to ; il peggior furfante che viva sotto del cielo, quello
stesso mariuolo che ci ha venduti gli occhiali. Capegli
grigi, non egli è vero.? guardatura veneranda, e con uh
abito che non ha orecchie alle saccocce. Il saccentone ti
avrà sfibbiata una tiritera di parole greche intorno la cos
mogonia è 'l mondo. Qui sta tutta la sua erudizione, e
sempre ch' egli si abbatte in letterato gliela canta diste
samente: ma io lo conosco il briccone: e che si ch'io lo
afferrerò pel collo! " Io. non gli rispondeva che con sospi
ri ; e quantunque fos'si già abbastanza afflitto, prevedeva
che mi si sarebbe scaricato addosso il colpo più fiero
nell'atto di venire al cospetto di mia moglie e delle
figliuole. Noi) provò tanta angoscia mai e batticuore uno
scolare dappoco nel ritornarsene, dopo aver sfuggita per
alcuni giorni la scuola , in faccia del suo maestro ,
quant' io ne sentii nelP avviarmi vèr casa mia. Determi
nai non pertanto di prevenire la collera de' miei coll' es
ser io il primo ad adirarmi per alcun motivo contro di
loro. Ahimè I che nell'entrare trovai la famiglia per niun
verso disposta alla zuffa. Tutto era lagrime e gemiti, es-
CAPITOLO DECIMOQ0ABTO. 85
sendo venuto quella mattina il signor Thornhill ad av
vertire, che il viaggio delle fanciulle alla città andato in
fumo interamente, le due gentildonne alle quali aveva
qualche maligna lingua riportate delle novelle disaggra-
devoli sulla nostra condotta , erano già partite per Lon
dra. IL signor Thornhill non sapeva indovinare l'autore
nè la cagione di quelle dicerie ; ma chiunque si fosse che
ne avesse così malmenati , egli ci assicurò che ad ogni
modo avrebbe conservata alla nostra famiglia la sua ami
cizia, nè cesserebbe dal proteggerne.
A paragone di codesta loro sciagura la mia era un
nulla, sicchè elle non durarono fatica a sopportare con
rassegnazione la mia asineria : « tutti i nostri- pensieri
furono rivolti a scoprire il calunniatore sì vile d' una po
vera famiglinola ch' era troppo umile per poter eccitare
ad invidia, e troppo innocente perchè altri ne dovesse
trarre disgusti.

CAPITOLO DECMOQUINTO.
Perfidia del tignar Burchell smascherata.
Follia dell' essere arcisapienle.
*
Per tutta quella sera e per gran parte del giorno ap
presso noi stemmo fantasticando -chi mai esser potesse
quell'inimico: ma la fu opera vana. Non vi ebbe famiglia
del vicinato salva dai nostri sospetti, e ciascuno di noi
avvalorava li propri con ragioni che ognuno aveva in se
greto. In questo ondeggiamento di dubbi, uno de'bambini
tornò dal pratelln, ov' era stato a ruzzare , con un porta
fogli in mano da lui trovato a caso sull'erba. Fu tosto
riconosciuto essere quello di Burchell, perchè più volte
ci era occorso di vederglielo in tasca. Lo aprimmo , e vi
si rinvennero notati alcuni ricordi intorno a cose diverse :
ma quel che più ci mosse a stupore fu una carta suggel
86 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
lata con iscrìtto fuori Copia d'una lettera da mandarsi
alle due gentildonne al castello Thomhill. Cadde tosto in
pensiero ch' egli fosse F infame delatore ; e si agitò la
quistione sul dissuggellare o no la scrittura. Io non vo
leva che la si leggesse; ma Sofia insisteva pel si, dicendo
esser ella certa non avervi uomo men di lui capace di
una cotanta ribalderia. Lei secondò tuttala famiglia bra
mosa di venire a capo delle indagini molte , ed io mi ar
resi e lessi :
« Madonne,
Il portatore di questa lettera vi darà piena contezza
della persona che la scrive, la quale se non altro è som
mamente arnica dell'innocenza, e veglia sempre per di
fenderla dagl' inganni altrui. Mi vien detto per cosa ve
ra , che voi vi proponete di. condurre alla città siccome
compagne due fanciulle da me alquanto conosciute. Bra
mando io che non venga tradita l' ingenuità nè contami
nata la virtù , reputo dovere di manifestarvi il mio sen
timento su questa vostra determinazione , e di dirvi che
da un passo così sconsiderato usciranno di mille guai. Io
non fui mai inclinato a maltrattare con troppa severità gli
infami e i dissoluti; nè ora mi sarei indotto a dichiarare
il mio parere in questa guisa e biasimare apertamente
l'altrui pazzia, se non la vedessi tendere ad un delitto.
Accogliete le ammonizioni d' un amico, e badate seria
mente ai danni che nascerebbero dall' introdurre l'infa
mia ed il vizio dove la pace e l' innocenza hanno finora
albergato. »
Quantunque le censure contenute in questa lettera
potessero benissimo essere applicate tanto all'una quanto
all'altra parte, e riferirsi a quelle persone alle quali era
indirizzato lo scritto, del pari che a noi; l'interpreta
zione maligna era nondimeno cosi ovvia , che non si cercò
più in là , nfe si ammise più dubbio. Mia moglie non ebbe
pazienza tanta da aspettare ch'io finissi la lettura, e die
in un mare di contumelie contro di Burchell. Olivia le
CAPITOLO DECIMOQUINTO. 87
taceva eco ; e la povera Sofìa sembrava stupidita alla vista
di tale scelleraggine ch'io riguardava come esempio di
non provocata ingratitudine, il più vile che mi fosse mai
incontrato , ed attribuiva la cagione di quella indegnità al
solo desiderio di Burchell che le fanciulle rimanessero in
provincia onde avere più opportunità di conversare seco
loro. Ognuno di noi delirava in pensando al modo]di ven
dicarsi ; quando l'altro piccino corse in camera a dirci
che il signor Iìurchell era in fondo del campo che se ne
veniva vèr casa nostra.
Mancano per avventura parole a volere, o lettore,
tener dietro alla tua immaginazione, e descrivere con
colori vivi altrettanto la folla , l' urtarsi degli affetti de
stati- allora in anime lacerate dalla rabbia per ingiuria
ricevuta di fresco, le quali sentivano avvicinarsi tutta
la voluttà della vendetta. Nostra voglia era solamente di
buttargli in faccia la vergognosa ingratitudine di lui; ma
fu stabilito che si dovesse venirne a compimento nella
maniera la più pungente. Però fermammo di accoglierlo
coli' usato sorriso, di allargare anche a prima giunta la
mano in gentilezze, e di mettersegli attorno tutti noi con
mille moine ; poi nel bel mezzo di quella calma lusin
ghiera prorompere come un tremuoto improvviso addosso
al cattivo, e schiacciarlo col testimonio della sua viltà.
Per imprese di tal fatta la moglie mia era piena di
destrezza, e la ne sapeva forse più di noi tutti ; quindi a
lei fu affidato l' incarico di condur questa a fine. Si acco
stò Burchell alla porta , entrò in camera, prese una seg
giola e s'assise. "Buon giorno, signor Burchell. " —" Buon
giorno, e Dio 'l voglia , o Dottore; ma temo di pioggia,
perchè mi duole il capo." — " Dolgonvi le corna dunque,
o signor Burchell ? " gridò mia moglie simulando un so
noro riso; poi gli chiese perdono dello scherzo. "Oh! di
buon grado vi perdono ; nè l'avrei creduto uno scherzo ,
se voi non me ne aveste avvertito. "
Allora ella gittò uno sguardo a noi, e prosegui la
88 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
sguaiata con giocolini di parole e amari motteggi a dar
gli il tizzo e proverbiarlo : ma la beffa ricadeva tutta sulla
povera donna. Egli non pertanto ne lodò la ilarità; ma
disse mancare a quegli scherzi un briciolo di buon senso
"Eh! Signore, molti vantano senso senza possederne."
— " Oh si perdio ! " rispose Burchell ; " e invero voi avete
conosciuto delle gentildonne che si spacciavano per begli
ingegni, e d'ingegno erano affatto sprovvedute. *
Allora finalmente io m' addiedi che mia moglie poco
o nulla avrebbe ottenuto dell' intento ; e deliberato di
sguainare io medesimo contro colui lo stocco, brusca
mente balzato in mezzo esclamai: " Ma nè ingegno nè spi
rito vale senza onestà ; poichè ella sola fa dagna di stima
qualsivoglia persona. Il rozzo alpigiano d' intemerati co
stumi è più grande assai del filosofo di perduta morale:
e che monta il genio , che monta il coraggio mai quando
non si ha un cuor santo ?
L' uomo ooesto è di Dìo l* opra più bella. "
" Questa sentenza che tu hai tolta ad imprestito da
Pope , " rispose il signor Burchell, " fu da me sempre ri
putata indegna d' un uomo d' alto ingegno ; e sto per
dire ch' egli è con quella un volere rinnegare vitupere-
volmente la propria preminenza. Il merito dei libri non
istà nel non aver difetti , ma bensì nell' avere bellezze
grandi; e gli uomini pure ben vorrebbonsi apprezzare
ma a misura ch'eglino sono mondi di falli, ma di tanto
più sempre quanto più luminose sono le loro virtù. Nè
importa che al letterato manchi prudenza , ed orgoglioso
sia il magistrato , e feroce il guerriero, perchè debba per
noi anteporsi a costoro l' artigianello che vive oscura la
sua vita senza riscuotere mai una lode. Che se ciò fosse,
potremmo del pari preferire i dipinti corretti sì, ma umili
e volgari della scuola fiamminga a quelli d'errori sparsi ,
ma del pennello italiano, ma sublimi, ma tuti' anima. "
"Correrà bene la tua riflessione, diss'io, quando
CAPITOLO DECIMOQUINTO. 89
uniti a grandi virtù vedransi dei minuti difetti ; ma al
lorchè vizi sommi stanno a petto di straordinarie virtù
dentro un' anima stessa , quella merita che la si abbor-
risca, perdio!" Ed egli : " E' vi avranno forse mostri quali
tu di', e forse alcun uomo riunirà in sè massime virtù e
vizi massimi, ma in tutta mia vita non mi venne veduto
un solo esempio da cui inferirne l'esistenza: per lo con
trario ho sempre osservato che dove è mente vasta, ivi
sono' anche magnanimi ed ottimi affetti. La previdenza si
manifesta di tal maniera, per nostra amorevolissima ami
ca , scemando l' intelletto all'uomo di corrotto cuore , e
togliendo in gran parte il poter far male a chi di farlo ha
tutta la voglia. Questa regola pare comune nella natura,
perchè veggiamo gl'insetti tuttiquanti traditori sempre,
crudeli e codardi ; e gli animali di forze dotati e di pos
sanza, generosi anzi, pienioH ardimento e liberali. "
" Benissimo in fede mia ! " rispos'io ; " tuttavolta non
mi sarebbe difficile in questo momento il mostrare un
uomo di cui il cuore e la mente sono in tale opposizione
tra di loro, ch'egli è forza di detestarlo con tutta l'anima."
Fissati su di lui gli occhi senza batter palpebra, mi detti
a gridar più forte : " SI, si : signor Burcheil, e' m' è caro
di poterlp scoprire nell' istante ch' ei meno se l'aspetta.
Conosci tu questo portafogli? " — "SI, egli è mio: e oh
fortuna ! tu l'hai trovato? e dove mai? " Nel pronunziare
queste parole , il di lui volto non si cangiò nè punto nè
poco, e vi appariva una certa arditezza incomprensibile:
" E questa lettera la conosci tu ? Bada a me, non vol
gere altrove lo sguardo, non mi bugiare. "
" L' ho scritta io , si. " — "E come fostù sì vile ed in
grato da osare cotanto?" — "E tu come ardisti, vigliac
co, aprir questa lettera ? " rispose egli con sfacciatezza
senza pari. "Non sai tu che per codésto delitto io potrei
farti impiccar per la gola ? Solo ch' io giurassi dinanzi al
giudice il tuo misfatto, per tosto vederti qui su questa
porta dar de' calci a rovaio." A tanta inaspettata impu
90 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
denza non mi fu più dato d i frenar me stesso, e. gli gridai :
* Via di qua, ingratissimo uomo, e non contaminar più
casa mia eolla tua perfidia. Via di qua , e eh' io non ti
rivegga sul mio uscio mai. L' unico gastigo eh' io ti so
imprecare è il rimorso che ti roda la coscienza. "
Ciò detto, gli gittai il portafogli; lo raccolse sorriden
do, ne serrò a bell'agio la borchia; poi con. aria serena
se ne parti, lasciando noi attoniti in vederlo si franco. La
rabbia di mia moglie era che nulla lo avesse irritato o
fàt^o vergognare delle sue guidonerie. "Donna mia, * le
diss' io bramoso di calmare la nostra troppa iracondia ,
" non ti maravigliare se i ribaldi non senti m vergogna ;
eglino non arrossiscono che allora quando altri coglie loro
in alcuna onesta azione; ina de' vizi si gloriano i tristi.
"'Il Delitto e la Vergogna erano un tempo compagni,
racconta l'allegoria, nò sul principio del loro viaggio li
vedevi mai separati. Ma non andò guari clie una tale
unione increbbe ad entrambi come sommamente incomo
da; cagionando il Delitto frequenti volte assai pene alla
Vergogna, e questa palesando tratto tratto i segreti mac
chinarne! di dell'altro. Dopo molti disgusti vennero nella
determinazione di dividersi per sempre. Il Delitto prose
gui la sua via a passi risoluti e pieno d'ardimonto onderag-
giugnere il Destino che lo precedeva in forma d'un ma
nigoldo ; ma la Vergogna timida per natura , tornò indie
tro affine di accompagnarsi alla Virtù lasciata alle spalle
a bella prima. Di tal maniera, figliuoli mici, dopo che
gli uomini hanno camminato alcun poco per la strada dei
vizi, Vergogna gli abbandona a sè stessi , e si pone sol
tanto a guardia delle poche virtù che. ancora ne' petti
loro rimangono."
CAPITOLO DECIMOSESTO.
La famiglia usa tcaltrimenti che tono rintuzzali
da altri maggiori.

Quali cli' esser potessero le sensazioni della Sofia, il


restante della famiglia si consolò facilmente della lonta
nanza deI]signor Burchell, mercè la compagnia del nostro
padrone, le di cui visite di -dì in di diventavano più fre
quenti e più lunghe. Quantunque a lui non riuscisse di
procacciare alle mie figliuole gli spassi delle città come
n'avea fatto disegno, volse però ogni cura a supplirvi con
quelle picciole ricreazioni che il nostro ritiro concedere
poteva. D'ordinario egli veniva la mattina, e intanto ch'io
e 'l mio figliuolo eravamo fuori a' lavori , sedeva in casa
colla famiglia, e con sommo diletto di lei le descriveva a
parte a parte tinta la città, di cui quel sacciuto non igno
rava la minima inezia. Egli ripeteva i cinguettamentj più
minuti che occorrono sotto l' atmosfera tutta quanta del
teatro, e sapeva a mente tutte le arguzie dei begli inge
gni molto tempo prima che si vedessero stampate nel
calendario. Fra l'uri discorso e l' altro egli insegnava alle
fanciulle il picchetto, o qualche volta aizzava i ragazzini
a giuocare a' pugni per iscaltrirli, com'ei solea dire. Ma
la speranza di averlo genero un di ci chiudeva gli occhi
sulle sue imperfezioni tante. La buona moglie mia di vero
gli tese mille lacci perchè egli desse nel calappio, o per
dirla più gentilmente, usò d' ogni arte per ingrandire i
meriti delle figliuole. Se le cialde pel tè erano ghiotte
ghiotte e agevoli a sbriciolarsi, già le aveva cotte la Livia ;
se il vino d'uva spina pareva alquanto polputo, i grap
poli gli aveva colti la Livia : i diti di lei davano quel s)
bel verde all' insalate; nè si apprestava sanguinaccio, se
ella giudiziosa non ne dettava prima la ricetta. Quella po
vera donnn s'ingegnava il meglio ch'ella sapesse; ed ora
92 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
diceva sorridendo allo scudiero ch' egli e l' Olivia pare
vano della stessa statura, ora pregava entrambi d'alzarsi
in piedi e misurarsi per vedere chi fosse più piccolo.
Questi erano da lei stimati i più fini tratti d' una impe
netrabile astuzia, la quale però le venia letta in fronte da
ogni fedel cristianello. Il nostro benefattore aggradiva
volentieri quella familiarità, e dava ogni giorno qualche
nuova testimonianza del suo alletto. Comecchè non si fosse
mai parlato di matrimonio, nondimeno ci credevahio pros
simi ad udirne un'aperta dichiarazione; attribuendo noi
la sua lentezza ora ad una tal quale modestia innata, ed
ora a timore d'incontrare lo sdegno di suo zio. Ogni
dubbio finalmente fu tolto da un caso accaduto poco dopo,
e ebe mia moglie risguardò come una promessa assoluta.
- Andando un giorno Debora colle figliuole a visitare
il nostro vicino Flamborough, trovò che quella famiglia
s* era fatta fare i ritratti da un pittore che vagava per la
provincia, i quali erano somigliantissimi e non costavano
che quindici scellini cadauno. Siccome le due famiglie in
certo qual modo mantenevano viva tra di loro una gara
di buon gusto; il non preveduto colpo avventato con
que' dipinti al nostro amor proprio, ci mise in non poco
travaglio : e ad onta di tutto ciò ch' io mi dicessi, e molto
dissi, incaponite le donne determinarono che noi purè
dovessimo avere i nostri ritraiti : ed io che oppor mai po
teva , che mai dire ? Chiamato adunque il pittore, si tenne
consiglio acciocchè spiccasse la maggioranza del nostro
buon gusto negli atteggiamenti. I ritratti dei Flambo-
roughs erano sette, tutti sette figurati con una melarancia
in mano, cosa non più affatto di moda ; non varietà nel
disegno, non pensiero, non vita. Noi desideravamo uno
stile più animato ; e dopo molti dibattimenti fu stabilito
ad una voce di farci dipingere tutti insieme in gran qua
dro indicante alcun fatto isterico della famiglia. Costava
meno, bastando un sol telaio per tutti ; e riusciva di lunga
mano più bella cosa, perchè ogni famiglia che avesse un
CAPITOLO DECIMOSESTO. 93
micoiino di sale in zucca voleva essere ritraita a quel
modo. Non tornandoci in mente cosi su due piedi un
soggetto che solleticasse abbastanza, ci contentammo di
tante figure istoriche indipendenti l' una dall' altra. Mia
moglie bramò d'essere rappresentata come una Venere,
e fu pregato il pittore di non andare avaro di gemme in
torno al capo e sul petto. I due ragazzini dovevano fin
gere, l' uno a destra e l'altro a man manca, due amorini ;
ed io dinanzi a lei in veste lunga e cintura, in atto di
presentarle i miei libri sulla controversia Yvhistoniana.
Olivia volle che l'artista, lei figurasse un'Amazzone seduta
sopra di un poggiolino di fiori, in abito succinto e snello
di color verde, guernito d'oro, e in mano una frusta. So
fia doveva essere una pastorella in mezzo a tante pecore
quante il pittore ne avesse voluto schiccherare gratuita
mente ; e Mosè vestito in grande sfarzo con piume bian
che nel cappello. Piacque allo scudiero la nostra idea, tanto
che pregò e scongiurò di venir dipinto nello stesso quadro
anch' egli sotto l'aspetto di Alessandro il grande a' piedi
di Olivia. Fu creduto da tutti noi che così volesse egli
manifestare il desiderio d' essere congiunto davvero colla
nostra famiglia, e parve necessario di ciò compiacergli.
Laonde il pittore si accinse all' opera ; e lavorando
lestamente senza divagamento, in meno di quattro giorni
la terminò. Il quadro era grande ; e bisogna confessare
ch'egli non vi usò economia di colori, per lo che mia
moglie fugli sommamente liberale di lodi. Soddisfatti noi.
del suo travaglio, eccoti all'impensata una sciagura di cui
istupidimmo. Appena finito il quadro , ci accorgiamo che
non v'ha luogo in sulla casa ove fissarlo, tanto egli è
sterminato. Pare impossibile «he non abbia posta mente
prima alcun di noi a cosa di tanto momento; ma egli è
fuor di dubbio che tutti eravamo stati oltre ogni dire ne-
gligentissimi. Invece di appagare la nostra vanità come
avevamo sperato, vedi adunque quella pittura appoggiata
umilmente al muro della cucina , dove era stato disteso
94 IL VICARIO DI VVAKEFIELD.
il canavaccio e dategli le tinte. Glia era troppo alta; dagli
usci non si iwteva far che si passasse, sicchè fu d'uopo
lasciarla ivi esposta al ludibrio di tutti i terrazzani. Chi
la paragonava alla barcaccia di Robinson Crusoè, tanto
grande che a nessuno riusciva di smuoverla ; chi ad un
arcolaio in un fiasco; ed altri facevano le- maraviglie co
me non vi fosse modo di cavarla fuori , ma più ancora
trasecolavano in pensando come la vi fosse entrata.
Ma se quella favata moveva alcuni a riso, in altri
destava le più maligne suggestioni ; perchè dall' essere
unito ai nostri ritratti quello dolio scudiero , ridondava
alla mia famiglia troppo alto onore a cui l'invidia non la
perdonava. Surse a nostro danno un mormorare scanda
loso che si diffuse per tutto; e la nostra tranquillità ve
niva tratto tratto disturbata da persone che correvano
come amici ad avvertirci del gracchiare dei nostri nimici.
Erano accolte queste novelle con disinvoltura e col do
vuto risentimento; ma dalle altrui opposizioni lo scandalo
trae sempre più vigore. Si pensò al modo di far tacere la
malignità altrui, e venimmo finalmente in una delibera
zione che a me non piaceva gran fatto, perche sentiva
troppo dello scaltro. Più d'ogni altra cosa importava lo
scoprire quanto vi avesse di onore nelle dimostrazioni
amorose del signor Thornhill : e mia moglie s' impegnò
di parola di volerlo scandagliare, fingendo di chiedergli
parere sulla scelta d'uno sposo per la figliuola maggiore.
Se ciò non bastava a strappargli di bocca una dichiara
zione schietta, lo si sarebbe spaventato col nominargli un
rivale. Per nessun conto io voleva acconsentire a quest'ul
timo passo ; ma la Olivia sagramentava essere ella disposta
a maritarsi al rivale qual ch'egli si fosse, in caso che il
signor Thoriihill non l'avesse voluta egli stesso. Tanto
dissero e fecero, che s'io non mi arresi interamente, non
mi opposi neppure con alacrità a tale proponimento. La
prima volta che il signor Thornhill venne a visitarci, le
fanciulle non si lasciarono' trovare, affinchè la mamma po
CAPITOLO DECIMOSESTO. 95
tesse dare liberamente esecuzione a quanto s'era con
certato. Si trassero soltanto però nella camera vicina, do-
v' era facilissimo l' origliare. Mia moglie incominciò de
stramente narrando come ima delle zittelle Flamboroughs
stava per fare un Ixion |>artito sposandosi al signor Span-
ker; e lo scudiero rispondendo che sì, ella prosegui a
dire come a chi aveva ricchezze non mancava mai buon
marito; "Ma sciagurata lo meschine che non hanno quat
trini ! E che vale la bellezza, che valgono, signor Thornhill
mio, le virtù tutte della terra e tutte le abilità in questo
secolo interessato, avarissimo ? Ognun grida : quanto ha
di dote colei? e nessuno mai sogna di domandare quanto
sia bene educata. " — " Commendo moltissimo, madama, "
replicò egli, * la giustezza e la novità delle vostre osser
vazioni; e s'io fossi re, la cosa certo andrebbe diversa
mente : allora si che vedreste venire il tempo della bo
naccia per le fanciulle povere , e le' prime a cui vorrei
procurare provvedimento sarebbero le due nostre giovi
nette. "
" Ah signore ! a voi piace di berteggiarmi. Io sì vorrei
essere una regina , e saprei ben io allora additare alla mia
maggiore uno sposo che non avrebbe pari. Ma giacchè mi
avete destata questa corda.; da senno, signor Thornhill,
fate voi di propormi un marito che le si convenga. È di
diciannove anni, florida, rigogliosa ; ha una buona edu
cazione; e noi dico già per superbia, ma nel mio umile
cervello fo pensiero ch'ella sia proprio compita se alcuna
lo fu mai. "
" Se stesse a me lo scegliere, vorrei frugar tanto
finchè mi venisse rinvenuto un uomo si ben forbito di
tutto punto da poter fare felice anche un angelo. Una
persona prudente, ricca, di buon gusto e d'ottimo cuore
dovrebbe essere, a parer mio, lo sposo ch'ella merita."—
" Eh sì ! ma ne conoscete voi alcuno su quel torno? " —
"No, in fede mia: egli è un volere urtare il capo nel
muro l' andare in cerca d' una persona degna d' esserle
96 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
marito. EH'è troppo tesoro per un uomo ; ella è una di
vinità. Vi giuro sull'anima che le mie parole sono ad una
ad una dettate da quel ch' io sento, e ch' ella è un an
gelo." — "Signore, voi Recate carote, e troppo adulate
la mia povera figliuola; ma noi ora stavamo pensando
d' accasarla con uno de' vostri fittaiuoli, il quale, morta
gli nou ha guari la madre , abbisogna di una donna assai
casalinga : voglio dire il castaido Williams. Egli è dana
roso, nè teme freddo, e sapralla ben mantenere. Ha già
lasciate scappar di bocca diverse domande ; ma amerei
avere da voi l'approvazione d'una tale scelta, prima di
fare groppo con esso lui." — " Lamia approvazione! oibò
orbò! sagrificare tanta bellezza e bontà e intelletto ad un
pezzo di stupido, a un orecchiuto villanzone che non sa
discernere la buona fortuna, nè perdio la merita! Per
donatemi; ma io non approverò mai codesta ingiustizia,
e n' bo le mie ragioni. "
" Se avete le vostre ragioni , allora la cosa cambia di
aspetto; ma mi fareste sommo favore a manifestarmele."
* Scusatemi, madama, sono scolpite qui dentro pro
fondamente (ponendosi la mano al petto), nè si possono
così di leggieri trarre al giorno : qui si stanno sepolte ,
inchiodate."
Dopo questo e'partl; e noi chiamatici a raccolta, non
sapevamo indovinare che si volessero que'suoi gentili
sentimenti. Olivia li considerò come argomento di una
sviscerata passione ; ma io non mi sentiva tanta confidenza
in cuore, parendomi che le parole di lui sapessero d'amore
più che di matrimonio. Checchè però se ne potesse pro
nosticare, stabilimmo di tener dietro alle mire del fil
iamolo Williams, il quale fino dal primo apparire in
que' paesi della mia fanciulla l'aveva adocchiata con te
nerezza.
97

CAPITOLO DECIMOSETTIMO.
Qualunque virtù è manca per resistere alla forza
di lunga e gradevole tentazione.

Ninna cosa mi stava a cuore quanto la vera felicità


de' miei figliuoli; e le visite del signor Williams non mi
dispiacevano perchè egli era discretamente agiato , pru
dente e sincero. Poco vi volle per incoraggiarlo e ride
stare in lui l'antica passione; e venuta la terza sera,s'in-
contrò egli a casa nostra col signor Thornhill. Entrambi
si guardarono in volto per alcuna pezza dispettosamente:
ma Williams che di fitti non era debitore al suo padrone,
poco se ne curò della collera. Dal canto suo Olivia faceva
la civetta ottimamente, se .pure pub dirsi far la civetta,
quando si spiegano tutte le maniere del proprio carattere
senza studio alcuno; ed affettava di prodigare col nuovo
amante ogni maggior tenerezza. Il signor Thornhill mo
strò d' essere angosciato in vedendo l'altro preferito; e
come in gran pensieri, senza molte parole prese licenza.
Questo mirare cosi travagliato un uomo a cui stava in
mano il tòrsi di dosso pienamente la sciagura, dichiarando
onesta la sua passione, mi imbarazzò non poco la mente ;
nè mi veniva distrigato il perchè. Ma per grande che
fosse l'inquietudine dell'anima sua, appariva di lunga
!nano sbattuta da più crudele tempesta quella d' Olivia.
Molte altre volte i due amanti si trovarono insieme a con
versare con lei; e sempre dopo ch'eglino se n'erano
andati , ella si ritirava in qualche parte solitaria a sfogare
col pianto l'affanno del povero suotuore. In questo stato
io la sorpresi una sera dopo ch' ella aveva per lunga ora
mantenuta sul viso una finta serenità. "Tu vedi, figliuola
mia," le dissi, " tutta la tua confidenza nell'amore del
signor Thornhill risolversi in fumo: egli soffre la rivalità
7
98 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
d' uno che gli è da meno in tutto e per tutto : pure egli
sa di poterti far sua con una candida dichiarazione.
"Sì sì, o padre; ma questo indugiar di lui non
e senza ragioni, e il so ben io. La sincerità delle sue pa
role , de' suoi sguardi mi convince eh' egli davvero mi
tiene in istima. In breve io spero che i suoi generosi
sentimenti si faranno palesi , e ti persuaderanno che io
giudico del signor Thornhill con più equità che noi
fai tu."
Ed io: "Olivia, viscere mie, tutto quel che si è fatto
per indurlo a spiegarsi, fu da te suggerito e con te con
certato; nè puoi dire eh' io vi ti abbia costretta. Ma non
credere che io mai m' induca a patire che quel buon uomo
del rivale sia fatto zimbello dei tuoi inganni con questa
tua mal posta passione. Qualunque spazio di tempo tu ri
chieda per sortire il tuo fine ed aver dal sognato amante
una chiarezza sulle sue intenzioni, ti sarà conceduto; ma
se il termine ne giunge senza che tu venga a capo di nulla,
mi è forza il dirti ch' io assolutamente vorrò premiata la
fedeltà dell' onesto Williams. Il tenore della mia vita mi
sforza a questo passo, e la tenerezza di padre non potrà
mai distormi da doveri d' uom probo. Stabilisci dunque
il dì, e sia pur lontano quanto tu 'l vuoi ; ma frattanto
abbi cura di avvertire il signor Thornhill dell' epoca in
cui io intendo di maritarti ad un altro. S1 ei t' ama di vero
cuore , avrà buon senso che basti per avvedersi , non vi
essere che un mezzo solo con cui evitare di perderti per
sempre."
Ella dovette convenire che il mio divisamento era
giudicioso e giustissimo, e vi si accomodò; ripetendo le
più solenni promesse di volere sposare il signor Williams
in caso che l' altro persistesse nella sua insensibilità. Però
colto il primo momento opportuno, alla presenza del si
gnor Thornhill appuntossi il mese ed il giorno per le nozze
d' Olivia col rivale di lui.
Questo procedere franco e risoluto sembrava accre
CAPITOLO DECIMOSETTIMO. 99
scere nello scudiero l' ansietà; ma l' ambascia vera d' Oli
via mi accorava. Combattuta ella a vicenda dalla saviezza
e dalla passsione , sentiva a poco a poco illanguidirsi la
sua tanta vivacità , e cercava disiosamente la solitudine
per ivi lacrimare a sua posta. Passò una settimana , nè
Thornhill tentava di stornare gli sponsali : la settimana
appresso venne egli assiduamente ; ma nè una parola per
aprirci Ih suo cuore. Dopo quindici giorni troncò del tutto
le visite, e la mia figliuola anzi che dare a vedere alcun
segno di rammarichio , ritenne un certo piglio tranquillo
e pensieroso ch' io ascrissi a rassegnazione. In quanto
a me, non mi capiva in petto la gioia in pensando che
alla mia figliuola non sarebbe mancato uè pane nè pace
mai in casa Williams; e ogni tratto la lodava di aver pre
terita la vera felicità all'ostentazione.
Conchiusa ogni cosa , non erano omai lontane che di
quattro giorni le nozze: quando una sera la mia f3mi-
gliuola ragunata intorno a un bel fuoco se ne stava favo
leggiando dei casi passati e de' futuri, e mescendo al no
vellare festivi molti e sogghigni; ed io rivoltomi a Mosè
domandava che gli paresse di quello sponsalizio, invi
tando lui a dir chiaramente il suo senno.
"Padre mio," rispose egli, " le cose vanno benissimo;
ed io pensava ora appunto che quando la Livia sarà ma
ritata al castaido Williams la ci presterà gratuitamente il
torcolo pel sidro e i tini per la cervogia."
» "Bene sta, buon ragazzo; e il suo marito per so
prammercato ci rallegrerà spippolando la canzone della
Morte e Madonna. "
" Egli l' ha insegnata al nostro Ricciardetto; e il po
verino s' ingegna d' imitarlo discretamente. "
" E dov' è quel bambolo mio? Venga venga, e ce la
canti senza soggezione. "
"Ricciardetto se ri'è ito là colla Livia , " disse Gugliel-
mino ; ma io ho imparati ancor io due canti dal signor
Williams , e li gorgheggerò volentieri pel mio caro padre.
100 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Qual più ti aggrada? la ballata del cigno moribondo o
l' elegia in morte di un cane arrabbiato? "
" Fanciullino mio, l'elegia, l'elegia: non l'ho udita
mai. E tu, Debora, sai che la malinconia induce' sete ;
va' dunque a prendere un fiasco del miglior vino d' uva
spina per confortarci. Ho tanto lagrimato un tempo per
mille altre elegie , che senza d* un bicchieretto che mi
ristori son certo di rimanerne oppresso. E tu , Sofìa , amor
mio , accompagna il piccino strimpellando meglio che sai
la tua chitarra. "
ELEGIA IN MORTE DI UN CANE ARRABBIATO.
Venite'ad ascoltar la canzon mia ;
- E s'ella è corta a mal non vel recate,
Che più presto così n'andrete via.
Buone genti, convien che voi sappiate
Comequalmente in Iselin vivea
Indiebusilli un uom pìen d' onestate.
Va santerello il mondo lui credea,
E per ver non a torto , ogniqualvolta
Inginocchiarsi a Dio lo si vedea.
Nel suo tenero cor di pietà molta
Per amici e nemici egli sentiva ;
Anima in somma a far del ben rivolta :
Ch'ogni mattina, quando e' si copriva
Del suo giubbone, si potea ben dire
Che l' ignudo pitocco egli vestiva.
Nella sua terra si solean nodrire
A iosa i cani: e botolin, molossi, «
, Bracchi e barboni vi s'udian guaire.
Uno di quelli in amistà legossi
Coli' uom dabbene, e compagnia gli tenne:
Finché una lite tra di lor levossi,
D'onde il mastino a tal pazzia divenne,
Che al buon amico rivolgendo i denti,
Impresso un morso gli appiccò solenne-
CAPITOLO DECIMOSETTIMO.
Piangeva V altro ; e al buod de'suoi lamenti
Sbigottito usci fuora il vicinato ,
E d* ogni parte accorsero le genti ,
E gridarono : <> Ahi pazzo , ah cane ingrato !
Bestia arrabbiata che non hai cervello , <
Perchè mordere un uom si bencriato ? n
Parve a giudizio d' ogni cristianello
Profonda la ferita. • E' muor perdio [ "
Giuraron tutti'; « e' sta per far fardello- a
Ma un miracol si vide : e queil' uom pio
Ai bugiardi indovin diede la soia ;
Ch' ei sano e salvo del suo mate uscio ,
Ed issofatto il can tirò le cuoia.
" Oh viva , viva , buon Ricciardetto ! EU' è un' elegia
che si potrebbe per mia fede chiamar tragica. Vuoisi bere
alla tua salute. Deh che tu possa un giorno diventar ve
scovo! "
" Glielo auguro dal fondo dell' anima , " disse mia
moglie ; " che s' egli predica si bene come e' canta , ciò
gli riuscirà senza dubbio*. Poffare il cielo, come sapea ben
portare le voci tutto il parentado di lui dal lato di madre!
Era proverbio nella nostra provincia comunissimo, che la
famiglia dei Blenkinsops non sapeva mai fissar gì*ocelli
innanzi , nè quella degli Hugingsons soffiare nella cande
la ; che non vi aveva individuo de' Grograms che non can
tasse , nè de' Marjorams che non avesse sempre istoriette
da raccontare. " Checchè si fosse , io le risposi che in ge
nerale ogni menoma volgare' ballata di tutta quella gente
a me piaceva assai più delle moderne composizioni cascanti
di vezzi e tutte smancerie , sicchè-ne basta una sola stanza
a ristuccare chicchessia , e le quali noi detestiamo nello
stesso tempo che vogliam lodarle. " Il gran fallo di codesti
scrittori d' elegie , continuai a dire, è quel disperarsi che
tutti fanno per i sciagure le quali non possono destare che
scarsa pietà nelle anime sensibili de' lettori. Appena una
dama perde il suo manicotto, il ventaglio o il cagnolino,
102 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
che tosto il babbuasso poeta corre a casa a metterne in
versi come finimondo quella disgrazia. "
Mosè allora replicò che forse si usava così ne' com
ponimenti più sublimi ; ma che i canti che ci pervenivano
dal Ranelagh 1 erano familiarissimi' e tutti di un getto.
Collin trova Dolly , s' intrattiene con esso lei , le dona uno
spilletto comperato alla fiera da porre nelle trecce, ed ella
gli regala un mazzolino di fiori ; poi s' avviano entrambi
insieme alla chiesa ove salutano le ninfe e i pastorelli,
consigliando ognuno con sàvi detti ad affrettare le nozze.
" Ottimo ammonimento ! " esclamai io ; "e non vi ha
luogo per certo nel quale più si convenga il compartirlo,
ov' io debba credere ciò che mi si dice , perchè se tu al
Ranélagb persuadi altrui il matrimonio , ivi ancora gli
puoi dare la sposa. E per verità Don vi può essere mer
cato migliore di quello in cui ci si fanno conoscere i nostri
bisogni, e nello' stesso tempo ne viene somministrato il
provvedimento. " .
. " Pur troppo vero tu di' , caro padre ; e di cotali mer
cati di donne due soli, ch' io sappia, esistono in tutta
Europa, Ranelagh in Inghilterra^ Fontarabiain Ispagna.
Quello di Spagna non si apre che una.volta V anno; ma
le nostjre mogli inglesi sono vendibili ogni sera. "
" Hai ragione, figliuol mio' saltò in mezzo mia moglie.
" La vecchia Inghilterra è il luogo più adatto del mondo
per chi vuole scegliersi una consorte." — " E per le donne
che bramano menar pel naso i mariti," dissi io interrom
pendola. * È detto tritissimo per lutto il continente
d'Europa, che se fosse costrutto un ponte attraverso il
mare, tutte le donne accorrerebbono in Inghilterra a
tórre esempio come vivere dalle nostre , perchè in tutta
Europa non vi son dOnpe come le Inglesi. Ma, Debora
mia , il fiasco è vuoto ; daccene un altro , len prego ; e tu
pónti a cantare, o Mosè. Quanto non dobbiamo noi essere
1 Luogo vicino a Londra ove si tengono frequentemente aecademi# di
doto e di suono. " '
CAPITOLO DECIMOSETTIMO. 103
grati di questa tranquillità al cielo, della salute, della
vita riposata cu' egli ci accorda! Parmi ora di sentirmi
più felfce del maggior monarca che v' abbia al mondo;
e certo egli non siede mai a un cosi bel focolare coro
nato da volti cosi cari , così gioviali come codesti. Moglie
mia, noi invecchiamo; ma la sera della nostra vita vuol
essere lelice. I nostri antenati iurono illibati mai sempre,
e noi lasceremo dietro una schiatta di 'buoni figliuoli e
virtuosi. Eglino saranno nostro sostegno e nostra conso
lazione finchè vivremo; e morti noi , manderanno- alla
posterità immacolato l'onore della famiglia. Su presto,
mio buon Mosè, tocca a te a intonare; bramerei che voi
tutti cantaste a coro. Ma dove è la Olivia? La di lei vo-
cina da cherubino sempre vien discernuta fuor delle altre
per quella sua cara dolcezza. "
Io non aveva ancor finito di dire, quamlo Ricciar
detto, a tutta foga accorrendo, "Ah padre! ah padre ! "
essamo, " eli' è partita; la Livia è fuggita da noi e per
sempre,"—" Fuggita di' tu?"— "Si sì, partita con due
gentiluomini in un calesso da posta , ed uno la baciò di
cendole che sarebbe morto per lei volentieri. Ella grida
va, strepitava, voleva tornare indietro; ma colui la per-
suadette di nuovo : poi salita nel calesso l' udii dire : Oh!
che sarà del mio povero padre allora ch' egli saprà ch'io
sono rovinata !
"Oh figliuoli miei, miserabili tutti quanti! Non v'è
più un' ora sola di gioia per noi a sperare. Cada sovra di
lui, sovra i suoi l' eterna ira di Dio. Rapirmi così la mia
fanciulla ! Oh sì ! lui farà maledetto Iddio che vede tòrsi
quel!' innocente creatura già da me indirizzata sulla via
del cielo. Quanto eri tu candida , Olivia mia ! Ma tutta la
nostra terrena felicità è sparita. Andatene, andate,
figliuoli miei; voi sarete miserabili ed infami. Ahimè in
felice! il cuor mi si squarcia." — " E questa, o padre, è
la tua fortezza d' animo ? " esclamò il mio figliuolo.
" Fortezza ?" ripigliai, "sì, sì; colui vedrà ch' io nt
104 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ho. Presto date a me le pistole : l' inseguirò il traditore ,
lo perseguiterò finchè egli avrà piedi sulla terra. Vecchio
come io sono , vedrà ch' io lo saprò ammazzare. Ahi scel
lerato , perfido scellerato !"
Io aveva già stese le mani alle pistole, già m' avvia
va ; quando la mia povera moglie alquanto più in senno
di me, gittommi al collo le braccia scongiurandomi a
deporre il pensiero di vendetta , e dicendomi non conve
nire oramai altre armi alle mie mani antiche fuorchè la
Ribbia ; che se io quella avessi aperta e letta , l' ira e
l' angoscia si sarebbero rivolte in pazienza ; e intanto
piangeva ella stessa il tradimento vile della fanciulla. Dopo
alcun silenzio, Mosè ripigliò a dire : " Per verità , la tua
rabbia , o padre , è troppo violenta , e ti si disdice. Do
vresti essere tu il confortatore di mia madre , e tu non
fai che raddoppiarne il .cordoglio. Non istava bene a te e
al tuo venerando carattere il maledire cosi il tuo nimico;
per quanto egli sia malvagio, tu noi dovevano, maledire."
— "Noi feci io.no; ma che di' tu? l'ho forse io male
detto ?" — * Due volte, o padre mio, due volte." — "Il
cielo me ne conceda perdono , e perdoni anche a lui. O
Mosè, Mose, veggo pur troppo che chi primo c'insegnò
a benedire i nemici avea pieno il cuore d'una benivo-
glienza più che umana. Ah si ! il nome santo di lui sia
laudato per tutto il bene ch' egli dà e per tutto quello
ch'egli toglie. Ma non è, no, poca sciagura questa che sforza
al pianto i miei occhi antichi che già da tant' anni non
han lagrimato. Oh dolore ! Trarmi in rovina la mia pre
diletta ! Oh sia colto quel tristo dalla collera.... Non ascol
tarmi , o mio Dio: non so quel che io mi dica. Sovvienvi
quanto eli' era buona, quant' ella era amabile e vezzosa!
Infino a questo orribile momento ella non pose altra cura
che nel render felici noi. Oh foss' ella morta almeno ! Ma
ella se n'è fuggita; l'onore della nostra famiglia è con
taminato, e non è più questo il mondo ove io sperar possa
inai pace. Tu l' hai veduta partire, o Ricciardetto : forse
CAPITOLO DECIMOSETTIMO. l05
quell'uomo l'ha strappata a forza? Oh! se così è, ella
può essere tuttavia innocente." — " No no , padre; egli
non fece che baciarla e chiamarla l' angelo suo ; ed ella
lagrimava dirottamente, s' appoggiava al suo braccio , e
camminarono entrambi stretti stretti l* un l' altro. "
" EU' è una ingratissima creatura ; " esclamò mia mo
glie, la quale pel gran pianto a mala pena potea proferir
le parole. " La vile bagascia non ebbe mai chi ponesse" il
menomo impedimento agli affetti di lei; pure ha abban
donati da infame i genitori senza esserne provocata, per
trarre in tomba il tuo capo canuto e perchè io ti debba
in breve seguitare. "
Di tal maniera nell' amarezza dei lamenti e negli
scoppi de' nostri cuori accesi di rabbia e trafltti orribil
mente dal dolore, si passò quella notte , la prima delle
nostre vere sciagure. Io determinai non pertanto di rin
venire ove che fosse l' ingannatore e rinfacciargli la sua
indegnità. Venne il mattino , si apprestò la colazione ; ma
l'infelice fanciulla non v'era, nè più le sue dolci parole
ci rallegravano l'anima. Mia moglie tentò novamente di
dar sollievo all' ambascia prorompendo in rimproveri :
" No no , " gridava, " non sarà mai che quella disonorata,
quel vituperio di nostra famiglia torni a contaminare
quest'innocente abituro, nè ch'io la chiami ancora
llgliuola. Ella meni la sua vita svergognata in compa
gnia del sozzo di lei seduttore. Farci morire di vergogna
potrà ben ella, ma ingannarci non più. *
" Frena, o donna," diss'io, "le troppo acerbe parole.
Al pari di te io sento lacerarmi, e detesto con orrore
pari al tuo il delitto della fanciulla : ma l'uscio della mia
casa e il ouor mio saranno aperti sempre al peccatore
pentito che ritorna in grembo della prima innocenza.
Quanto più presto ella abborrendo i suoi falli correrà al
mio petto, con tanta più festività sarà da me accolta. Per
la prima volta anche il più santo può errare, poichè le arti
altrui possono giungere a persuadere, e l' incanto della
106 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
novità allettare chicchessia. 11 primo fallo è frutto delia
inesperienza; ma ogni altro è partorito dalla colpa. Quella
sgraziata sarà sempre da me ricevuta con amorevolezza,
s'ella fosse anco macchiata di mille vizi, lo porgerò an
cora volentieri orecchio all' armonia della sua voce , e
poserò il mio capo sul seno di lei in segno di tenerezza,
purch' io la sappia pentita. Dammi, o figliuol mio , la mia
Bibbia e il mio bastone , ch' ió voglio andarne in traccia
dell' infelice ; e se non mi è dato di risparmiarle Y infa
mia , larò almeno ch' ella nella iniquità non perseveri
lungo tempo. "

CAPITOLO DECIMOTTAVO.
Un padre in traccia delta tmarrita figliuola
per richiamarla a virtù.

ll mio 1). unbiiio non sapeva descrivermi la persona


che aveva menata per la mano la sorella al calesso; di
altri però io non sospettava che del giovane nostro pa
drone, essendo a tutti palese quant' egli fosse uomo per
si fatte tresche espertissimo. Quindi rivolsi i miei passi
verso il castello Thornhill con animo di scagliare a colui
mille rampogne e ricondurre a casa mia la figliuola. Ma
prima di ghmftervi incontrai uno de' miei parrocchiani il
quale mi narrò d'aver veduta una gentildonna somi
gliante alla mia fanciulla in un calesso da posta con un
signore, ebe se ne andavano a scavezzacollo. Da quanto
seppe dirmi queil' uomo , conghietturar si poteva essere
ella non altrimenti che col signor Burelle II; ma io non
andai pago gran fatto di tale avviso. Per la qual cosa
diritto m'avviai allo scudiero; e quantunque fosse ancora
di buon mattino, insistetti nel chiedere diparlargli tosta
mente. Poco stante egli uscì fuori con volto sommamente
familiare e sereno, e parve oltre ogni dire stupefatto per
CAPITOLO DECIMOTTAVO. 107
la fuga della Olivia , protestando siili' onor suo di non
entrarvi per nulla. Allora maledissi i miei primi sospetti,
e non li rivolsi che sopra del signor Burchell , ricordan
domi ch' egli aveva avute con esso lei, non ha guari, alcune
private conferenze. Sopraggiunse un altro testimonio a
dileguarmi ogni dubbio che ancora mi rimanesse, ed as
severò che colui si era colla mia figliuola diretto alla volta
di Wells, di trenta jniglia ó poco più lontano, dove vi
aveva gran numero di gente. Essendo tutta agitata la
mente mia, ed in quello slato in cui è più facile precipitare
che governare i giudizi, non mi volsi neppure a discutere
fra me e me se queste notizie fossero vere, o se venissero
piuttosto da gente disposta appuntatamente perisviarmi
e mandare a male le mie ricerche; ma volli ad ogni patto
inseguire fino colà la mia fanciulla e l'immaginato tradi
tore di lei. Me ne andava affrettato pel mio cammino in
terrogando chiunque mi veniva incontrato ; ma nessuno
mi dava ragguaglio della mia Olivia. All'entrare finalmente
nella città mi abbattei ad un uomo a cavallo che mi sov
veniva d'aver veduto altre volte a casa Tornhill. Feci
anche a lui domanda'; ed egli mi rispose, che se io avessi
continuato il viaggio non più di trenta altre miglia fin
dove- correvasi il pallio, gli avrei di certo sorpresi,
avendoli veduti ivi egli stesso la notte passata ballare cón
sommo diletto di tutti i circostanti ammiratori delle leg
giadrie della fanciulla. La mattina del domane m'avviai
dunque di buon' ora verso quel luogo - e intorno a quat
to-' ore del dopo pranzo arrivai nel circo.
£li spettatori tutti apparivano gai e festosi ; perchè
a nuli' altro intenti che a darsi buon tempo ed a cercare
sollazzo. Quanto in ciò diversi da me , misero, in traccia
d'una perduta figliuola, e solo bramoso di ricondurla alla
virtù! Mi parve di raffigurare in alcuna distanza il signor
Burchell; ma quasi egli temesse il mio scontro, all'acco-
starmigli si frammischiò alla turba, nò più lo vidi, lo però
posi mente all' inutilità delle mie indagini ; e vedendo

108 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
quanto vano sarebbe stato lo spingerle più oltre, delibe
rai di ritornare all' innocente mia famiglia a cui era la
mia assistenza necessaria. Ma lo scompiglio dell' animo
e le sostenute fatiche mi cagionarono una febbre della
quale prima d' uscire dal circo mi vennero sentiti tutti i
sintomi; e non fu poca sventura questa piombatami ad
dosso per la non pensata , essendo che io era lungi di
casa mia più di settanta miglia. Mi ritrassi in una piccola
osteria posta sulla strada; e in quel meschino tugurio,
usato ricovero della frugale povertà, mi posi in letto pa
zientemente aspettando la fine della mia malattia, ed ivi
languii per quasi tre settimane : ma in ultimo prevalse
la mia complessione alquanto robusta. Il non aver io meco
danari per pagare l' oste dopo tanti giorni di dimora, mi
tormentava d' angoscia ; e quella era forse bastevole a
ritardare la mia guarigione, e mi avrebbe anche procac
ciata una ricaduta, se non fosse capitato in mio soccorso
un viandante fermatosi all'osteria per prendere poco rin-
frescamento. Costui era quel libraio pieno di filantropia
il quale abita a Londra nel sagrato di San Paolo, e che
scrisse tanti opuscoli pe' fanciulli intitolandosi il loro
amico ma mostrandosi in fatti poi l' amico di tutto il
genere umano. Pochi minuti dopo essere smontato, ei
volea ripartire in fretta in fretta, come quegli che avea
sempre per le mani faccende di somma importanza, e il
quale allora appunto era occupatissimo in compilare ma
teriali per la storia di un certo Tommaso Trip. Riconobbi
tosto la iaccia rossa e bitorzoluta di queil' onest' uomo ,
perchè aveva io per mezzo di lui pubblicate le mie ope
rette contro la deuterogamia del secolo : però a lui mi
volsi, e mi feci prestare alcune lire che io gli avrei resti
tuite appena tornato a casa mia.
Sentendomi tuttavia infievolito d'alquanto, nell' ab
bandonare l'osteria formai pensiero di compiere il mio
viaggio a piccole giornate di dieci miglia cadauna. Ricu
perata quasi la ma salute e la solita pace dell'anima, io
4

CAPITOLO OECIMOTTAVO. 109


biasimava in me l' orgoglio che mi aveva renduto disob-
bediente alla correzione. L'uomo non sa fino a qual segno
egli possa sopportare le calamita , s' ei non le prova. E
in quella guisa che l'ambizioso quanto più sale, più im
pensate difficoltà e oscuri intrighi incontra, colà dove,
mirando dal basso in alto , non aveva da prima veduto
che agevolezza e splendore ; cosi nel discendere dalla
sommità del piacere, per orribile e cupa che possa parere
a prima gìuntala valle della miseria, la mente accorta
non pertanto che da ogni cosa sa trarre diletto , anche
nel precipizio a poco a poco lusinghe e consolazioni ri
trova. A misura che noi loro ci accostiamo , gli òggetti
foschi si fanno più sereni ; e gli occhi dell'anima alla te
nebria di sua condizione si accomodano.
Poi ch'ebbi camminato per in circa due ore, mi si
offerse da lontano alla veduta alcuna cosa che avea sem
bianza d'un carro; ed affrettato il passo per raggiugnerlo,
trovai non essere che una carretta d'una vagabonda
compagnia di commedianti, sulla quale trasportavano le
loro scene ed altri arredi teatrali ad un villaggio vicino,
ove doveano recitare. La carretta era solamente seguita
da chi la guidava e da uno de' comici, perchè gli altri
avrebbero tenuto dietro il giorno appresso. Buon compa
gno per cammino, dice il proverbio , ci serve per ronzi
no; onde io introdussi conversazione col povero comme
diante: e siccome un tempo sapeva ancor io qualche cosa
di teatro, coll' usata libertà spacciai su quell'argomento
le mie dissertazioni. Ma ignorando interamente in che
stato si ritrovasse allora la scena, domandai chi fossero
gli scrittori di cose teatrali in voga in quel tempo, quali
i Drydens e gli Otways della giornata. * lo credo , o si
gnore, " rispose il commediante, " che pochi de' moderni
autori drammatici si reputerebbero onorati dal paragone
che voi ne fate cogli scrittori che nominaste. La maniera
di Rowe e di Dryden non si usa più ; e il nostro gusto è
ritornato indietro un buon secolo; Fletcher, Ben Jonson
410 IL VICABIO DI WAKEFJELD.
e tutti i drammi di Shakespeare sono oggi le sole cose
gradite."
" E Da vero che l' età nostra si compiaccia in quel
dialetto antiquato , quelle facezie e que' riboboli vieti, in
que' caratteri fuori del naturale che riboccano a bizzeffe
nelle opere da voi nominate? "
" Il pubblico, o signore, non s'impaccia di lingua,
di bizzarrie e di caratteri, perchè a lui non importa nè
punto nè poco di codeste cose : egli va in teatro per
ispassarsi, e gli par d' essere beato quando può godere
del gesteggiare d'un istrione sotto la custodia de' nomi
venerandi di Shakespeare e di Ben Jonson. "
" E per questo io suppongo che gli scrittori moderni
siano, piuttosto imitatori di Shakespeare che della na
tura."
" Per dire la verità non imitano nè l' uno nè l'altra
nè cosa veruna ch'io mi sappia; nè il pubblico ciò da lóro
richiede. Non l'invenzione o lo stile del dramma riscuote
gli applausi, ma si bene il maggior nùmero de' salti e
degli atteggiamenti che vi si ammettono. Ho veduta una
rappresentazione vuota affatto di piacevolezze diventare
la benvoluta del popolazzo per li contorcimenti degli at
tori ; ed un'altra scampare da una totale stramazzata per
un' accessione di dolori colici introdottavi dal poeta.
Signor mio , le opere di Congreve e Farqubar sono troppo
studiate pel gusto presente; e il nostro dialogo moderno
è assai più naturale. "
Intanto che tenevansi per noi questi parlari, giunse
la carretta dei commedianti al villaggio; e i terrazzani,
probabilmente informati della nostra venuta, erano usciti
tutti, nè si saziavano di guardarci; per lo che il mio
compagno mi trasse a considerare come i commedianti di
viHaggio abbiano più spettatori fuori del teatro che den
tro. A me non venne sospetto alcuno della cattiva figura
di mia persona in mezzo di quella gente, prima'ch'io
non mi vedessi d'ogni banda attorniato daUa ciurmaglia.
CAPITOLO DECIMOTTAVO. M4
Però tosto scappai nella prima osteria che mi si affacciò;
ed ivi introdotto nella camera comune , fui salutato da
un gentiluomo assai ben vestito , il quale mi domandò
s'io fossi proprio il cappellano della compagnia de' com
medianti, o se l'abito cu' io aveva indosso non fosse che
quello con cui io dovessi recitare la mia parte in palco.
Narratagli distesamente la verità, e come io non aveva
per nulla che fare con essi comici , egli cortesemente in
vitò me e 'l recitante a partecipare d'un bacino di punch ;
e intanto che lo si beveva, egli ragionò di moderna po
litica con somma veemenza come di cosa che assai gli
premesse. " Qualche gran fatto, perdinci, debb' esser co
stui, io diceva in mio cuore ; ohe si che almeno almeno
egli è un membro del parlamento! " E queste mie con
getture furono avvalorate, allora che cercando io che mi
darebbe di cena l'oste, egli voleva assolutamente che noi
due cenassimo seco lui a casa sua ; e fu tanto poi ripe
tuto quéll' invito che l'accettarlo ne fu forza.

CAPITOLO DECIMONONO.

Detenzione di un tale, malcontento del Governo e pauroto


della perdita delle nostre franchigie.

La casa ove quegli dovea condurci non essendo molto


lontana, e non vi avendo d'altronde si pronta una car
rozza, parve al nostro invitatore che vi si potesse andare
a piedi; e dopo poco cammino giungemmo ad una villa
la più magnifica ch' io mi abbia mai veduta. L' apparta
mento in cui venimmo intromessi era adornato alla moda
ed elegantissimo ; ed ivi ci abbandonò per un istante
quell'ospite che volle dare gli ordini per la cena: intanto
il comico mi faceva 1' occhiolino, accennando aver noi
quella sera arraffata la fortuna pel ciuffetto. Poco stante
ritornò colui ; ed una cena sontuosa fu apparecchiata, alla
ut IL VICARIO DI WAKEFIELD.
quale intervennero due o tre dame in vesti di casa si,
ma non per questo neglette ; e con assai brio si diede
principio alla conversazione- '
La politica era sempre l'argomento in cui più d'ogni
altro si diffondeva il nostro ospite, asserendo egli essere
la libertà a un tempo stesso la gloria di lui e ilterror
suo.
Rimosse le tovaglie , mi chiese s' io avessi letto
l'ultimo Monitore; al che risposi del no. "Vergogna!
almeno l'Auditore l'avrai veduto. " — " Neppure. " — " Cap
peri! Ella è strana stranissima cosa. Io leggo tutti i fogli
politici dal primo fino all'ultimo, il Quotidiano, il Pub
blico, il Fascicolo, la Cronaca, la Sera di Londra, la Sera
di Whitehall, i diciassette Maga%%ini e le due Riviste: e
quantunque amici l'un dell'altro come cani e gatti, a me
sOn cari pur tutti. La libertà, padron mio. si, la libertà
è la gloria del Britanno; e per tuttequante le mie miniere
di carbon fossile in Cornovaglia giuro ch' io ne rispetto i
mantenitori. "
Stava per isciorinargli una mia diceria ; quando uno
staffiere batte alla porta, e le gentildonne gridano l' una
dopo l'altra come tutte arrangolate e in iscombuglio:
" Oimè trista, oimè! che il padrone e la padrona tornano
a casa. "
Mi si schiusero allora gli occhi, e venni a conoscimento
che il nostro ospite non era che il canovaio a cui nel
l'assenza del suo signore era saltato in capo il ghiribizzo
di far del dotto e del grande e spacciarsi per una Eccel
lenza; e la verità è ch' egli discorreva di politica al pari
di qualsivoglia gentiluomo di provincia. Ma la mia contu
sione era all'estremo nel vedere entrare il vero padrone
colla sua sposa : nè la maraviglia di lui era minore rin
venendo buon banchetto con tali commensali nella sua
sala. Rivolto a me ed al mio compagno il saluto , disse
quel gentiluomo che dalla visita nostra e da sì inaspettato
favore egli e la moglie sua si tenevano tanto onorati, che
CAPITOLO DECIMOKONO. 113
non sapevano trovar triodo come meglio ringraziarcene
bastantemente. Per quanto la nostra presenza potesse
riuscire inopinata a que' signori, certo ehe a noi non
piombò addosso meno all'improvviso la loro; ed io in
pensando alla mia balorderia mi rodeva dentro me stesso ,
nè mi veniva aperta la bocca per la vergogna. Quand' ecco
subitamente entrare in camera una donna: volgomi tosto,
e ob fortuna ! ravviso la mia cara Arabella Wilmot, quella
che doveva un tempo sposarsi a Giorgio , il mio figliuolo,
e le cui nozze furono , come s' è detto , stornate. Nè prima
m'ebbe ella veduto che tosto corse festosa nelle mie
braccia esclamando: " O signor mio, quàl ventura mai a
noi ti conduce? Oh quale sarà la gioia di mio zio e della
zia nello scoprire in te il buon dottor Primrose alloggiato
nella lor casa! " All' udir il mio nome quel vecchio gen
tiluomo e la sua moglie si rizzarono cortesemente sulla
persona, dicendomi con cordialissima ospitalità il ben
venuto: e narrandolo poscia la strana maniera colla quale
il caso mi avea piantato sotto del loro tetto , non pote
vano tenersi di ghignare; ma voleano pure cacciar di
casa su due piedi quel malarrivato del canovaio; nondi
meno tanto io dissi, che ad intercession mia gli perdo
narono poscia. Il signor Arnold e la donna sua , a cui ap
parteneva davvero la villa , pregarono strettamente ch' io
mi fermassi presso di loro alcuni giorni ; ed aggiuntisi ai
loro inviti anche quelli della vezzosa nipote alla quale io
poneva affetto quasi come ad una mia pupilla , poichè ave
vano le mie istruzioni coniribuito a sviluppar la sua
mente , di buona voglia mi vi arresi. Fui quella notte
menato in una camera ricchissimamente apparecchiata ;
e la mattina appresso madamigella Wilmot volle che io
seco lei passeggiassi nel giardino ch' era con fino e mo
dernissimo gusto disposto. Dopochè s'ebbe vagato alcun
tempo ammirando le bellezze di quel luogo, ella mi do
mandò con apparente indifferenza s'egli era gran tempo
da che io non avessi novelle del mio figliuolo Giorgio.
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
' Ahi! -sono già tre anni ch'egli è lontano, e non ha mai
scritto lettere nè agli amici nè a me. Dov'egli sia noi so;
e forse non vedrò più il volto di lui nè quello della feli
cità. No, cara fanciulla mia ! quelle ore beate che si pas
savano accanto al nostro focolare a Wakefield non torne
ranno più mai. La mia famigliuola comincia a disperdersi':
e la povertà non ci ha colti solamente , ma ben ancora
l'infamia. "
A queste parole la pietosa vergine lasciò cadere una
lacrima ; ed accortomi io della troppa sensibilità di lei,
troncai ogni più minuto racconto delle nostre sciagure.
Fu nondimanco argomento per me di consolazione il sen
tire che il tempo non avea in conto veruno cambiata
queil' anima, e com' ella aveva ricusati molti sponsali che
le si erano proposti dopo la nostra partenza da que' luo
ghi. Ella mi condusse qua e là additandomi i diversi
cambiamenti accaduti nelle campagne, le nuove pianta
gioni, i viottoli variati , traendo d' ogni oggetto occasione
di parlar meco del mio figliuolo. Così spendemmo il mat
tino: finchè la campanella ci chiamò al pranzo, ovesrin-
venimmo il direttore della compagnia comica già da me
menzionata, venuto ad offerire biglietti per la Bella Pe
nitente che doveva comparire in iscena quella sera, e in
cui la parte di Oratio sarebbe stata recitata da un gio*
vinetto che non era per ancora salito mai sul palco.
Egli parve lodare quel novello attore con molta sviscera
tezza, affermando di non aver mai veduto giovine di si
belle speranze; perchè quantunque non fosse lavoro d'un
giorno l' imparare il mestiere, e' si poteva proprio dire
essere colui nato pel teatro, tanto commendevoli erano
i suol gesti, la sua voce, il suo aspetto; e soggiunse
d'averlo trovato a caso cammin facendo di verso quel vil
laggio. Tutte queste cose eccitarono la nostra curiosità ;
e tanto dissero e tanto fecero le gentildonne , che m' in
dussero ad accompagnarle al teatro, il quale, in fatti poi,
altro non era che un granaio. Le persone ' colle quali io
CAPITOLO DECIMONONO. 115
v'andai erano fuor d'ogni dubbio le più ragguardevoli
di quella terra; quindi fummo accolti con somma rive
renza e locati nel posto più onorevole riinpetto alla scena,
ove sedemmo per alcuna pezza impazienti che uscisse
fuori l' Orazio , per vedere s'egli fosse poi tanto portento.
Alla per fino il nuovo attore si avanzò;* chi è padre
immagini qual fosse lo stato dell'anima mia, allorchè ri
conobbi lui essere l'infelice mio figliuolo. Egli stava per
incominciare; ma girando lo sguardo sugli spettatori, e
scontratosi con me e con madamigella Wilmut , rimase
immobile e mutolo. Gli attori dietro la scena attribuendo
alla naturale timidità di lui quella pausa, tentavano di
mettergli animo ; ma egli anzi che proseguire , scoppian
dogli dal seno i sospiri , sgorgò un fiume di pianto e via
si trasse. Io non so quali si fossero allora le mie sensa
zioni, e tanto rapidamente succedettero le une alle altre
che non v'ha penna che le possa descrivere; ma fui ben
presto scosso da quel tormentoso vaneggiamento da ma
damigella Wilniot, che pallida e con voce tremante mi
pregava di ricondurla a suo zio. Tornati a casa , il signor
Arnold , al quale pareva strano il nostro turbamento non
ne sapendo il perchè, informato poscia essere figliuolo
mio quel nuovo attore, mandò una carrozza a lui invitan
dolo a casa sua. Persisteva Giorgio nel non volere più
salire iniscena, onde posero in suo luogo i commedianti
un' altra persona ; e poco dopo egli venne in mezzo di noi.
Allora il signor Arnold gli fece le più gentili accoglienze ;
ed io, incapace sempre di affettare sdegno quando non
me lo sentiva bollire davvero in cuore, me gli gittai con
gran trasporto al collo. La maniera colla quale incon
trollo madamigella Wilmot pareva alquanto trascurata:
ma ben m'avvidi io ch'ella era tale a bello studio. Il
tumulto della mente di lei non era per ancora calmato;
ed or le usciano di bocca mille confuse parole che sem-
bravan di gioia , ora ella rideva ella slessa della propria
scempiezza: poi di soppiatto si guardava nello specchio
116 IL VICARIO DI WAKEFIEI.D.
quasi si compiacesse del sapersi bella e che nessuno le
potesse resistere ; e spesse volte interrogava gli altri
senza badare nè punto nè poco alle risposte che gliene
davano.

CAPITOLO VENTESIMO.
Storia di un filosofo errante' che, in traccia di novità,
perde ogni contentezza.

Come fu la cena finita , madama Arnold offerse di man


dare un paio di servi a prendere le bagaglie di mio figliuo
lo, che egli la ringraziò, da prima dicendo non importa
re ; ma siccome ella insisteva , gli fu d'uopo narrarle non
avere egli altra masserizia al mondo che un bastone ed
una bisaccia. " 0 figliuolo mio, " esclamai, " povero tu mi
lasciasti, e povero a me ritorni ; eppure son certo che tu
hai viaggiati di molti paesi. " — " Si,o padre: ma col cor
rer dietro alla fortuna non la si grancisce , e io ho cessato
in fatti già da qualche tempo di andare in cerca di lei. "
— " M'è avviso, " disse madama Arnold al mio figliuolo,
" che la storia delle tue vicende sarà piacevole: spesse
volte n'ho udita la prima parte dalla mia nipote: ma se
tu ce ne raccontassi il rimanente, certo che la brigata
tutta te ne saprebbe buon grado. "
" Signora , " rispose il mio figliuolo , * il diletto che voi
trarrete dall'udire i miei casi, siate certa che non giun
gerà ad uguagliare neppure a mezzo la vanità ch'io pro
verò nel ripeterli: ciò non pertanto io non vi prometto di
raccontare alcuna mia avventura , perchè avventure non
ho da dire ; nè posso intrattenervi che colla narrazione di
ciò ch'io vidi, non di ciò ch' io feci. 1 La prima sventura
della mia vita, come voi tutti sapete , fu grande ; ma quan-
1 È parere di alcuni che sotto il nome del povero Giorgio si ascondano le
miserie durate in gioventù da Oliviero Goldsmitb stesso. '
CAPITOLO VENTESIMO. 117
tnnque ella mi affliggesse sommamente , non mi mise in
fondo del tutto. Nessuno al par di me lu mai si facile a
pascersi di speranze; e quando più la fortuna parea bale
strarmi , tanto più la sperava propizia in avvenire ; ed es
sendo io ormai nell'infimo della sua ruota , ogni cambia
mento poteva bensì sollevarmi , ma non deprimermi.
Un giorno sereno , di buon mattino, m'avviai dunque
verso Londra , senza darmi pensiero del domani , ma alle
gro come gli uccelli che cantavano lungo la strada; e con
fortava me dell'idea che Londra fosse un luogo ove ogni
sorta di abilità venisse apprezzata e ricompensata.
Appena giunto alla città ebbi cura di presentare la let
tera di raccomandazione .datami da mio padre pel nostro
cugino , il quale però non era gran fatto in più largo stato
di me. Immaginai da principio di farmi eleggere ripetitore
in una accademia, e su di ciò domandai al cugino il parer
suo. Egli accolse questo mio disegno con un riso sardoni
co , dicendo : — Oh si davvero ! ecco una via di vita propio
a te confacevole. Fui anch'io un tempo ripetitore in un
piccolo collegio , e mi si regali un capestro alla strozza
se non sarebbe stato pel meglio il farmi vice-guardiano
delle prigioni di Newgate. All'alba m'era forza spiccarmi
di letto , è starmene in piedi fino a notte inoltrata : il ret
tore mi faceva il viso brusco ; la sua moglie mi odiava
perchè la mia brutta faccia non andavate a genio : in casa
i fanciulli mi laceravano l' anima rabbiosa , e non m'era
permesso d' uscir fuori a gudere un pocolino di buona
creanza. Ma sei tu certo d' essere adatto per colle
gio? Lascia ch'io per alcun momento ti ponga ad esa
me. Sei tu pratico di quel mestiere ? — No. — Dunque
lu non se' buono per un collegio. Sai tu pettinare i ra
gazzi? — No. — Dunque non se' buono per un col
legio. Hai avuto il vaiuolo ? — No. — Dunque non
sei buono per un collegio. Saprestù dormire con due al
tre persone in un sol letto? — No. — Dunque non
sarai adattato mai per un collegio. Hai buon appetito?
118 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
— Sì— Ecco dunque che tu in nulla affatto se' con
veniente per un collegio. No, cugino mio , se brami una
professione nobile e facile, datti, come fattorino, a menar
per sette anni la ruota nella bottega di un coltellinaioe
sia' lontano dai collegi le mille miglia. Ma giacchè mi
sembri ragazzo ingegnoso e dotto alcun poco , vorresti!
farti al pari di me autore ? Tu , di certo , ne' libri avrai
letto di scrittori assai morti di faine : ma io ti so mostrare
una quarantina di scervellati messeri che con loro lette
rarie gherminelle menano in citta la loro vita opulentis
simi all'età nostra. Que' smunti bighelloni fanno del ca
casodo e trottano innanzi bel bello, scrivacchiando sbra
cate leggende d' istoria e di politica, e scroccandone come
che sia lode alcuna : una vera mano di sguaiati che, su
dai padri loro fossero stati destinati all' esercizio del cal
zolaro , per tutta lor vita avrebbero rattacconate ciabatte ,
fattene di nuove giammai —
Avvedendomi non v'essere molta nobiltà nell'arte del
ripetitore, determinai di accettare la profferta del cugi
no ; e nudrendo io altissimo rispetto per la letteratura ,
salutai con venerazione l' antica madre, o, per dirla vol
garmente, la terra di Grub-Street, 1 parendoni così glo
ria somma l' andar per le peste di Dryden e Otway. Con
siderava io la Dea di quel luogo come madre della gloria ;
perchè , quantunque il buon senso si acquisti avendo com
mercio col mondo , la povertà che la Dea accordava a' suoi
seguaci , mi pareva più d' ogni altra cosa nodrice degli
ingegni. Gravido di codesti sentimenti, mi accinsi al
l'opera ; e vedendo che le migliori cose del mondo si po
tevano dire anche male, feci pensiero di scrivere un libro
che fosse interamente nuovo. Però vestii d'alcuna veri-
simiglianza tre paradossi falsi in fatti , ma non più uditi
Le verità più preziose furono spesse volte messe a sacco
dagli altri, e a me non rimanevano che alcune abbaglianti
1 Contrada meschina in Londra, ove alloggiano per buon mercato quasi
tatti gli scrittoreIh sema quattrini.
CAPITOLO VENTESIMO. 119
proposizioni , le quali , mirate in certa distanza , si rasso
migliano alle prime ; e queste io andai rubacchiando. O
potenze dell' anima mia , fatemi voi testimonianza di quale
e quanta immaginata serietà io vestissi i miei scritti, e
com* io li reputassi cose gravissime. Io tenea per fermo
che tutta la repubblica delle lettere si sarebbe sollevata
per opporsi al mio sistema , quindi me ne stava pronto
ad oppor me solo a tutta la repubblica letteraria ; e a
guisa d'uno istrice mi sedeva rannicchiato e raggomi
tolato con una penna aguzzata contro ogni mio assali
tore ."
" Da buon senno tu favelli , mio buon ragazzo , " dis-
s'io. " E quale era l'argomento che tu imprendevi a
trattare? Certo che la monogamia non ti sarà paruta ma
teria di poco momenio, e tu n'avrai tenuto conto. Ma
male io fo interrompendoti : deh via! proseguisci a dire.
Tu pubblicasti adunque i tuoi paradossi ; e che ne pensò
la repubblica delle lettere? " — " Ella- non disse parola
nè un motto solo. Ogni membro di quella repubblica era
occupato in lodare gli amici suoi e sè medesimo , o in ta
gliar le gambe ai nemici ; e sgraziatamente non avendo
10 nè amici, nè nemici, mi vidi pagato della più crudele
mortificazione, la trascuranza.
Sedendo io un giorno in una bottega da caffè , medi
tando sul destino de'miei paradossi , entrato dentro un
uomo di piccola statura, si collocò dinanzi a me; e dopo
alquanti ragionamenti vaghi trovatomi letterato , cavò di
tasca un fascio ài Manifesti, e pregò che mi sottoscrivessi
ad una nuova edizione di Properzio con note , ch'egli stava
per dar fuori. Una tale domanda cagionò necessariamente
la risposta , non avere io danari ; per la quale confessione
egli si mosse ad interrogarmi sulla natura delle mie spe
ranze; e sentendo queste appunto essere grandi quanto
il mio borsello e nulla più , così prese a dire : — Parmi che
tu non sappia che sia la città, però te ne voglio istruire.
Vedi tu questi Manifesti? Di qui trassi assai buon sosten
120 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
tamento per dodici anni interi. Al primo giungere in Lon
dra di un nobil uomo che ritorni da' suoi viaggi, di un
ricco Creolo che arrivi dalla Giamaica, o d'una illustre
vedova da'siioi poderi , accorro a carpirne una soscrizio-
ne. Primieramente io pongo ad assedio i loro cuori col-
l' adularli ; poi , fatta la breccia, vi salto sopra co' miei
Manifesti. S'eglino subito si arrendono di buona voglia,
rinnovo l' assalto chiedendo di poter dedicare loro il mio
libro; e se ciò pure mi vien conceduto, batto l'ultimo
colpo, e insisto perchè mi si permetta di fare incidere sul
frontispizio l'impresa di loro famiglia. Di tal maniera vivo
alla spese dell'altrui vanità, e me ne rido. Ma per dirla
schietta, poichè siamo a quattr'occhi, sono oggimai quasi
mostrato a dito da tutti , e volentieri torrei ad imprestito
per alcun tempo la tua faccia. Un gentiluomo d' alto af
fare è tornato di fresco dall'lialia ; ma, per mia sventura,
il portinaio di lui ini conosce di lunga mano; che se a te
bastasse l' animo di portargli questo sonetto , mi si schianti
il collo se tu non sorti la tua fortuna , e non ne dividia
mo tra di noi le spoglie. " • .
" O Dio buono ! E sarà vero, o Giorgio , " diss' io " che
questo sia l' ufficio de' poeti del secol nostro ? Gente di
cotanto ingegno, cosi vilmente discende ad accattare? cosi
pone in non cale la nobiltà della sua professione? cosi
si prostituisce, cosi pel tozzo fa mercato infame di
lodi?"
" No no, padre mio, un vero poeta non può mai vile
a tale segno mostrarsi ; chè dove è ingegno , ivi è orgo
glio. Costoro di che io ti parlo , non sono che pitocchi
senza pudore, i quali vanno mendicando in rima. Il poeta
daddovero, affrontando ardito per la fama ogni fatica, è
codardo sempre in quelle opere che gli possono mercare
vituperio; e solo chi e indegno d'essere protetto, si ab
bassa ad implorar protezioni. Sentendomi io un'anima
superba troppo in petto per potere avvilirmi tanto inde-
1 Appunto così Ta la bisogua anche fuor d'Inghilterra.—fiuta del Casamia.
CAPITÒLO VENTESIMO. 12l
guamente, e trovandomi ó" altronde in troppo bassa for
tuna , sicchè non m' era dato di avventurare lo sforzo se
condo per ottenere rinomanza , lui costretto ad appigliar
mi ad una via di mezzo , e scrivere per aver pane. Ma io
non era ordinato ad un arte nella quale il solo ingegno'
signoreggia , ed è sicuro egli solo di procacciarsi evento
felice. 1 Una segreta fiamma di gloria mi ardeva in seno,
nè io poteva spegnerla interamente ; a tale che ingegnan
domi di giungere al sublime che sta nello scrivere poco e
bene, consumava tempo lunghissimo ; quando l'avrei
potuto impiegare con più destrezza a scrivere mediocre
mente , ma imbrattar molti fogli e cavarne molto guada
gno. Però, nel mare delle produzioni che giornalmente
inondavano la città , i miei opuscoli passavano inosser
vati e negletti. Al pubblico, inteso a cose di maggior
momento, poco importava la fluida semplicità del mio
stile, o V armonia de' miei periodi ; nè vi poneva pur men--
te. Foglio per foglio, tutti li miei scritti furono gittati in
dimenticanza, e seppelliti in compagnia dei Saggi sulla
libertà , delle Novelle orientali, e de' Rimedi per guarire
le morsicature de' cani arrabbiati; intanto che i Filauti,
i Filaleti, i Ftleleulri e i Filantropi scrivevano meglio
di me , perchè di me più velocemente. Allora incominciai
a non far lega che con autori disprezzati al pari di me, li
quali si lodavano, si compiangevano e si odiavano a vi
cenda. La soddisfazione da noi provata, riandandole opere
d' ogni celebre scrittore , era sempre in ragione inversa
1 Nella mia contrada questo eventa felice puoi deQnirlo cosi : Ciurnitrava.
gitati datl'invidia de'contemporanei, domestica povertà, ed onoranza e fama
cinquant' anni dopo le esequie. Or va'; s' altro non hai che ingegno, e non sei
destro palpato», e non sai far lega col vizio, ed hai bisogno di pane, cambia la
penna in vanga e vivi tranquillo. O muor di rabbia e di fame colla speranza
che dopo un secolo la tua patria t'infiori forse la tomba. Fon mente a Torquato
e fa' senno. — Nota del Casamia. ' > .
3 Nomi romorusi die assumono per lo più coloro che inseriscono estratti
e leggende ne' pubblici Giornali; siccome in terra.mia avviene, ovo i nomi non
sono più modesti, ma più strani sì bene. Non vedi lettore, Sud, Nord, Oucit e
Oueit-Nord tuttodì? — Hiiti <M Cmamia. •-'.•.•„•••..
\%% IL TICARIO DI WAKBFIELD.
del merito di lui; e l' altrui intelletto a me non dava mai
nel genio, nè mai da me otteneva sincera lode. La scia
gura de' miei paradossi aveva diseccata interamente per
me quella fonte di consolazione, nè io poteva più con di
letto scrivere o leggerei; perchè consistendo ogni mio
traffico nel fare il dotto , qualunque autore da più di me
fosse , era oggetto dei mio aliborrimento : e lo scrivere
per guadagno è fatica , non gusto. Immerso in questi ne
gri pensieri , standomi un giorno sdraiato Sur un banco
nel Parco di Saint James-, mi si accostò un giovine gen
tiluomo di distinto casato, già un tempo mio strettissimo
amico all'Università. Ci salutammo l'un l'altro titubanti;
vergognando colui quasi di essere conosciuto da un uomo
assai poveramente in arnese ed oscuro com' io parea , e
temendosi per me non egli mi ributtasse. Ma la mia paura
si dileguò prestamente, conciossiachè Odoardo Thornhill
era giovane di cuor benfatto. "
" Cbe di' tu , Giorgio ? " sclamai io ; * Thornhill si
chiamava colui ? Certo ch'egli è il mio padrone e non
alili. "
' Oh ! come è ciò ? " disse madama Arnold a me indiriz
zata; * sta dunque vicinoa casa tua il Sig. Thornhill ? Egli
è già da un pezzo amico della nostra famiglia, e tra breve
ne speriamo una visita. "
* La prima cura dell'amico mio, " continuò il mio fi
gliuolo , fu di rimettermi con migliori panni in arnese ,
donandomi un beli' abito de' suoi , « d' accogliermi alla
mensa di lui, datomi titolo mezzo d'amico, mezzodì fa
migliare. Ufficio mio era l' accompagnarlo ai pubblici in
canti, tenerlo allegro quando egli sedeva innanzi al pit
tore fer farsi fare il ritratto , adagiarmi a man riiancn
nella sua carrozza quand' altri nnn vi avesse di me più
degno di tant' onore , ed ogni volta che ne frullasse pel
capo il grillo, seguitar lui al bordello. Toccavanmi inoltre
cent' altre minute brighe nella famiglia , dovendo io tener
mente a diverse cosucce e mandarle ad effetto senza cbe
CAPITOLO VENTESIMO. 123
me lo si ordinasse, aver sempre in pronto il ferro per
cavare il sughero ai fiaschi , levare al sacro fonte tutti i
bambini de' suoi servidori , cantare quando ad altri ne
veniva il destro, essere costantemente gaio, umile, e,
s'esser poteva , contentissimo. Innalzato io ad una si lu
minosa carica, non mi mancavano rivali; e un capitano
di marina che parea foggiato- dalla natura a capello per
quell'impiego, ini contrastava nell'amorevolezza del mio
padrone. La madre di lui era stata lavandaia di un ricco
signore; però egli s'era di buon' ora addestrato ne'ruffia-
neschi andamenti e nella cortigianeria. Ponendo costui
ogni studio della vita nel farsi bello delle amicizie di
Eccellenze, comecchè da molti fosse scacciato a calci per
la sua stupidezza, pure altri assai ne trovava che stolidi
al pari di lui soffrivano ogni di la noia delie sue visite.
Tutta specie di sostentamento traeva egli dall' adulare, e
in quell'arte era scaltrissimo oltre ogni dire ; sicch'io a
petto a lui diventava uno stentato, uno scimunito. Cre
sceva di di in di più veemente il desiderio d'adulazione
nel signor Thornhill, ma d'ora in ora scoprendone io sem
pre più le magagne, poca voglia minascea d'incensarlo:
e già mi sembrava d'.essere sull' orlo di dovere cedere il
campo al capitano; quando il mio amico ebbe d'uopo
d'adoperarmi ad un suo servigio. Si trattava di niente
meno che d'entrare in duello invece sua con un genti
luomo a cui dicevasi aver egli malmenata la sorella. Mi
vi accomodai di buon grado; ne a voi incresca codesto
mio contegno , perch' io reputai dovere di amicizia il non
ricusare a lui la mia destra. Scesi in campo , disarmai
l'avversario, ed ehbi ben tosto la soddisfazione di ac
corgermi che la dama per cui combattevasi altro non era
che una cantoniera , e lo spadaccino uno scroccone che
viveva del peccato di lei. Fui rimunerato di ciò colle più
calde espressioni di riconoscenza; ma dovendo l'amico
mio fra pochi di andarsene dalla città, egli non seppe co
me meglio assistermi che col raccomandarmi al suo zio,
124 * IL VICARIO DI WAKEFIELD.
il signor Guglielmo Tbornbill , e ad un Miro gentiluomo
assai riguardevole nella magistraiura.
Partito egli appena , eorsi a presentare la commenda
tizia allo zio, uomo comunemente decantato, versatile in
ogni virtù, ma sempre giusto. Fui accolto da' suoi fami
liari con ospitalissimo sorriso , perchè negli sguardi e
nelle maniere de'servi si trasfonde sempre la benivolenza
del padrone. Intromesso io in un vasto appartamento,
vidi toslo comparire il signor Guglielmo, a cui porsi la
lettera ch' egli lesse: e dopo stato alquanto sovra pensie
ri, cosi mi parlò : — Di grazia, con che ti guadagnasti tu
dal mio congiunto una s\ fervorosa raccomandazione ? Sta
a vedere ch'io l'indovino: tu hai combattuto per lui, e
vorresti ch'io ti rimeritassi d' essere stato strumento de'
suoi vizi. Ma voglia il cielo che questa mia repulsa ti sia
gastigo della tua ribalderia, e ti induca a pentimento ! —
Sopportai pazientemente la severità d' una tale disdetta,
sapendola giustissima; ed ogni speranza che mi rimanesse
la riposi nell'altra Idi era diretta alla persona cospicua.
Siccome le porte de' nobili sono per lo più assediate da
una turba di memlichi colle man piene di suppliche, non
mi riuscì facil cosa ottenerne l' entrata. Ma dissipato
mezzo il mio avere in ugner le mani ai valletti, mi si con
dusse alla One in una lunga fila di camere, posciachè s'era
mandata innanzi la lettera alle mani di Sua Eccellenza.
Intanto ch' io ansiosamente aspettava la risposta , ebbi
agio di ammirare gli addobbi di quelle sale, ove tutto era
magnificente e di raffinala squisitezza. Strabiliava io in ve
der tante e si belle dipinture e tanto oro profuso sulle
superbe suppellettili ; e in pensando al padrone di quelle,
mi si aggirava per la fantasia un uomo d' alta presenza e
di pensare non comunale. — Oh , diceva io tra me e me ,
quant' essere dee grande il possessore di codeste sontuosi
tà, egli il cui capo governa le cose pubbliche, ed il cui pa
lagio sfoggia le ricchezze di mezzo un regno! Certo, non
vi avrà mente si vasta che pareggi l' alta sua mente. —
CAPITOLO VENTESIMO. 125
Tenendo dietro a queste riflessioni tremende, odo uno
stropiccio di piedi. Ab, egli è desso, egli è desso! Mi
volgo, e veggo non essere che una cameriera. Poco ap
presso odo un altro stropiccio. Oh , sarà egli senza dub
bio! No: era il donzello di Sua Eccellenza. Apparve alla
fine il personaggio illustre, il quale mi domandò s'io
fossi il latore di quella lettera; e la mia risposta fu un
profondissimo inchino. — Veggo da questa, prosegui egli,
comequalmente.... — Un servo gli porse una carta, ed
egli, senza più badare a me, mi volse le spalle, lascian
domi solo , perchè io inghiottissi a mia posta quella buona
fortuna; nè più lo vidi: finchè poi uno dei valletti mi an
nunziò che Sua Eccellenza scendeva le scale per montare
in carrozza. Giù a rompicollo anch' io , unendo la mia voce
a quella di tre o quattro altri meschini che lo pregavano
al par di me d'alcun favore. Ma Sua Eccellenza andava
si lesto, che in tre passi giunse alla carrozza, e vi sali:
ond' io mi vidi costretto a gridare ad alta voce , per sa
pere se mi si sarebbe data unarisposta. Allora susurrò egli
poche parole fra' denti, metà delle quali io intesi, e metà
andarono perdute pel tragor delle ruote. Rimasi per alcuna
pezza col collo teso , come uomo intento a sorbire i suoni
di quella voce gloriosa ; ma guardatomi poscia d'intorno,
mi trovai solo soletto innanzi alla porta di Sua Eccellenza.
La mia pazienza era oramai esausta; e punto dai mali
trattamenti a mille a mille incontrati, io voleva dispera
tamente sbalzarmi in un precipizio; nè mi mancava che
la voragine per affogarmi. Considerava in me stesso, co
me uno di quegli esseri vilissimi gittati dalla natura nella
più immonda sentina di questa terra, ed ivi danniti a
perire oscuramente. Mi restava però in tasca tuttavia una
mezza ghinea, e pareami che la fortuna , con tutta la sua
possanza , non valesse a ghermirmela ; ma affine di evitare
ogni peggior danno , determinai intanto ch' eli' era mia di
subito spenderla, e di buttarmi poscia in braccio alla
sorte ad occhi chiusi. Avviandomi a dare effetto alla mia
-l26 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
risoluzione passai accanto alla casa ove tenea il suo uin-
cio il signor Crispe; e fatto pensiero di trovarvi buona
accoglienza, v'entrai. Ivi il signor Crispe ofterisce corte
semente a tutti i sudditi di S. M. una generosa impro
messa di trenta lire per anno, in contraccambio delle
quali eglino non danno che una minuzia, la loro libertà
cioè , e la licenza di poterli trasportare come schiavi in
America. Stimai ventura l' avere rinvenuto un luogo che
disperandomi del tutto , avrebbe soffocati i miei timori:
e con monastica divozione posi piede in quella che a me
parea cella da frate. Quivi incontrai una moltitudine di
tapini che tutti com' io prediletti dalla fame, aspettavano
che giungesse il signor Crispe, dimostrando in compendio
col loro contegno , di qual natura sia l' impazienza ingle
se; perchè quelle anime sdegnose, adirate colla fortuna
stracciavano sè medesime a brani a brani , eruttando con
tumelie contro le ingiustizie di lei ; ma l' arrivo del signor
Crispe pose termine una volta al bestemmiare. Egli si
degnò di guardar me con un' aria di particolare condi
scendenza; e fu egli il primo che da un mese in qua mi
parlasse col sorriso a fior di labbro. Dopo diverse inter
rogazioni mi ravvisò uomo atto ad ogni maniera di me
stiere; e recatosi sopra sè, e stato alcun tempo pensando
taciturno qual più mi si confarebbe , percosse finalmente
la fronte in segno d' aver ben colto, e mi disse che dis
correndosi allora d' una tal quale ambasceria del Sinodo
di Pensilvania agi' Indiani Chickasaw, avrebbe tentato di
farmi eleggere segretario di quella. Sapeva io benissimo
in mio cuore che il briccone mentiva; ma la promessa di
lui tuttavia mi solleticò gli orecchi per quell' ampollosa
parola segretario; e senza farmi increscere, divisi tosto la
mia mezza ghinea in due parti, l'una delle quali andò a
congiungersi alle trenta mila lire che formavano il patri
monio del signor Crispe, e coli' altra determinai di en
trare nella vicina taverna e mercarmi felicità maggiore
della sua, crapulando. '
CAPITOLO VENTESIMO.
In uscire con questo pensiero da casa Crispe, incon
trai sulla porta un capitano di nave già da me conosciuto
qualche poco , il quale accettò di voglia V invito di bever
meco un scodella di punch. Non usando io mai far misterio
de' fatti miei, entrai seco lui in discorso sulla promessa
fattami dal signor Crispe; per lo che egli s' ingegnò di
rivolgermi dal mio pericoloso proponimento, con parole
molte affermando non avere altro in animo il signor Cris
pe che di vendermi alle colonie, e mandarmi cosi in
precipizio. — A me pare , continuò egli , che tu potresti
con più corto viaggio guadagnarti miglior vitto. Bada a
me„ figliuol mio ; domani la mia nave fa vela per Amster
dam , e tu potresti salirvi qual passeggero. Giunto a ter
ra, tu ti fai maestro di lingua inglese agli Olandesi; e ti
so dire io che scolari e quattrini non ti mancheranno.
Poffare il diavolo ! tu sai d'inglese assai bene, non è egli
vero?— Risposi con conlidenza che sì; ma gli manifestai
non essere io poi sicuro che gli Olandesi avrebbono vo
luto imparare la lingua inglese. Egli giurò che ogni Olan
dese n' era appassionato di tal modo che ne andava pro-
pio matto: e udito io un tal giuramento, mi piegai alla
sua profferta ; e il giorno che segui poi mi posi in navi
glio, per andarmene maestro d'inglese in Olanda. Il
vento fu propizio , breve il viaggio ; e dopo pagato il nolo
con mezza la mia valigia , chè contanti io non aveva, mi
ritrovai straniero uomo e stupido tutto in una delle prin
cipali strade di Amsterdam. Mi parve allora di non dover
rimaner colle mani in mano come uno scioperone; e
rivoltomi a due o tre persone che passavano per via , e li
volti di cui promettevano buona accoglienza , offrii loro
l' opera mia ; ma non ci fu verso ch' e' mi capissero , nè
eh' io una parola intendessi di loro risposte. Per la prima
volta quindi mi avvidi che per potere io insegnare l' in
glese agli Olandesi , era d' uopo eh' essi istruissero pri
mariamente me nella lingua loro.
128 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
razione, non so dire; ed è per me gran maraviglia: ma
pure certissima cosa eli' è ch'io non vi badai nè un
istante.
Fallito questo mio disegno, e parendomi matta impresa
aver fatta , ebbi talento di ritornarmene bellamente in In
ghilterra ; ma venutomi tra' i piedi uno studente irlandese
giunto di fresco da Lovanio , ed entrato io in parole con
esso lui, ragionai di cose letterarie lungamente ; perchè
ogni volta che io trovassi gente con cui discorrere di let
teratura, il sentimento delle mie miserie svaniva. Seppi
da lui che in tutta l* Università non vi erano due persone
che intendessero il greco ; e ciò ripensando trasecolai.
Però, proponendolo di far viaggio verso Lovanio, edivi
aprir scuola di lingua grepa, fui dal mio compagno stu
dente inanimato ad andarvi tosto, come certo di farvi
fortuna.
Spuntata l' alba dell'altro di, presi il mio cammino
pieno di care speranze ; e proseguendo il viaggio, sentiva
di giorno in giorno alleviarsi il peso del mio fardello a
guisa del canestro di pane del buon Esopo, perchè con
quello io pagava ogni scotto agli albergatori olandesi.
Come prima entrai in Lovanio , non volli per niun conto
farla da pai paiore coi professori infimi, ma presentarmi
a dirittura al principale, ed esibir a lui di giovargli col
mio intelletto. Imperò m' ingegnai d' ottenerne l' accesso:
ed a quel sère parlai di me come d' uomo capace d' inse
gnare la lingua greca, della quale m'era stato detto es
sere penuria in quella università. Il rettore parve a prima
giunta dubbiare del mio sapere ; ma offerendomi io pronto
a tradurre in Iatino uno squarcio di qualsivoglia autore
greco ch' egli avesse stimato di scegliere , vide ch' io par
lava da senno e così mi rispose : — Tu guardi , o giovi
netto, in me un uomo che non istudiò mai il greco, nè
mai si accorse d' averne bisogno. Senza saper di greco
fui addottorato e vestii toga e berretta; senza saper di
greco ho diecimila fiorini l' anno , e me li mangio a ere
CAPITOLO VENTESIMO. 129
papelle, senza saper di greco; e da ultimo, non sapendo
io di greco, non posso credere che v' abbia utilità alcuna
in quella lingua. — • '
lo' m'era dilungato troppo da casa mia, e facile cosa
non appariva il ritornarvi; quindi tirai innanzi. M' inten
deva di musica alcun poco, e la mia voce non era pessi
ma; imperò rivolsi a procacciarmi la vita quelle doti,
dalle quali io non avea Suora tratto che sollazzo. Viag
giai per mezzo agli innocenti contadini delle Fiandre, e
per que'|>aesi della Francia ove i villanelli, per essere
poverissimi, sono i più allegri; perchè la gioia vidi io
non di altri mai compagna che della miseria. Sempre che
all'imbrunir della sera accostandomi ad un casolare can
tassi una delle canzoncine più liete, uscivano i contadini
in festa ; ed io ne aveva ricovero per quella notte , ed
alimento per un giorno intero. Una volta o due ebbi ta
lento d'indirizzare il mio canto a gente più agiata, ten
tando cosi miglior fortuna; ma reputando questi sguaiata
e stucchevole la mia voce, nè una crazia nè un tozzo mi
regalavano. Tutto stupefatto io rimaneva in vedendo si
mal gradita da costoro la mia voce ; perchè ne' di felici
quand' io me ne serviva per trastullo in gioviali brigate,-
ognuno ne era incantato, ognuno mi levava alle stelle
colle lodi , e le donne più eh' altri mai ; ed ora che io
dalla musica sperava pane, otteneva disprezzo: prova
convincentissima della poca stima che gli uomini fanno
di quelle abilità per le quali altri si guadagna il boccone.
In tale guisa viaggiando , arrivai a Parigi , non con altra
voglia che di girare intorno lo sguardo alcun giorno , e
appresso proseguire la mia via. I Parigini sono più in
namorati degli stranieri danarosi, che di coloro che hanno
ingegno; però io che nè dell'una nè dell'altra cosa po
teva menar vanto , non vi capitai troppo bene. Scorsa su
e giù la città per quattro o cinque di, vedute le facciate
de' migliori palazzi, m'era voglia di abbandonare quel
luogo, ove l'ospitalità è venale: quando passando per
9
l30 IL VICARIO DI WAKEFIELd!
una delle strade più frequentate, mi venne fatto d'ab
battermi al nostro cugino a cui tu mi avevi , o padre, ac
comandato. Questo incontro cosi impensato fummi caro
oltre ogni dire, e credo che nè a lui dispiacesse. Doman-
dommi del come e del perchè io fossi in Parigi, e mi diè
contezza appieno de' fatti suoi , narrandomi essere egli
venuto per raccogliere dipinture, medaglie, intagli ed
antichità di ogni maniera , per un gentiluomo di Londra
che, acquistata gran fortuna, s'era improvvisamente
creato antiquario e dilettantissimo di tali ciarpe. Maravi
gliai davvero in vedere raccomandato un cosi fatto ufficio
al nostro cugino , dalla cui bocca aveva io spesse volte
udito com' egli fosse di quelle materie ignorantissimo; e
domandatolo del modo con cui erasi egli addottrinato co
tanto in si breve tempo, rispose ninna cosa essere di ciò
più facile. Tutto il segreto stava nel tenersi fermo a due
regole , l' una di sempre dire che il quadro sarebbe stato
migliore se il pittore vi avesse speso più cure; l'altra di
lodar sempre le òpere di Pietro Perugino. E come già
un tempo egli mi aveva insegnato in Londra a diventare
autore, si offerse di bel nuovo maestro a me dell'arte
del comperar pitture in Parigi.
Accolsi di buon grado la profferta perchè ella era un
mezzo di vita, nè altra ambizione io sentiva nell'anima
che di campare; e andatomene a casa sua, mercè li sov-
venimenti di lui mi raffazzonai il meglio che seppi, e dopo
alcuni giorni gli tenni dietro ai mercati, ove avidamente
aspettavansi de' ricchi Inglesi che venissero a comperare
pitture. A me non poco parca strano il vederlo amico di
gente di alto affare che gli chiedeano riverentemente pa
rere sovra ogni" dipinto ed ogni medaglia , ricorrendo a
lui come a norma infallibile di buon gusto. Egli sapeva
cavare ottimo partito dalla mia assistenza in questi in
contri ; conciossiachè interrogato da altri qual fosse la
sua opinione Intorno ad alcuna cosa, tirava me con gra
vità da un canto, domandava coro' io la sentissi, inar
CAPITOLO VENTESIMO. 131
cara le spalle, girava l'occhio seriamente, poi tornava
agli altri, e diceva loro non potere egli di affari di tanto
momento pronunziar giudicio su due piedi. Alcuna volta
la impudenza di lui saliva più alto; perchè mi sovviene
d'averlo veduto un giorno, poi ch'ebbe spacciato il parer
suo e detto che il colorito d'una tal quale pittura non era
abbastanza morbido, dar di piglio con deliberato animo
ad un pennello intinto' in vernice bruna che giaceva lì a
caso, in faccia a tutti strofinarlo sul quadro placida
mente , e domandar poscia s' ei non ne avesse miglio
rate le tinte.
Terminata la sua incumbenza in Parigi, prima di
partire egli mi accomandò caldamente a diverse cospicue
persone, proponendo me come uomo atto a tener cura di
nobili giovinetti ne' loro viaggi. Nè guari andò, in fatti,
ch'io fui condotto a soldo da un gentiluomo inglese, il
quale aveva tratto a Parigi il suo pupillo , affine di man
darlo per di là a viaggiare l' Europa. Fu stabilito ch' io
ne dovessi essere l'aio, con patto però che al giovane
fosse lecito di governarsi sempre a capriccio suo ; e 'l mio
pupillo per verità sapeva meglio di me maneggiare il
borsello. Egli era erede di un dugentomila lire, lasciate
gli da un suo zio morto nelle Indie occidentali; e i tutori
di lui, pereti' ei si facesse saputo nella economia dome
stica, lo avevano collocato presso di un avvocato, cosic
chè per si bella ed onesta pratica l'avarizia era divenuta
la passione che dominavalo. I discorsi per lui tenuti in
camminando si volgevano tutti sul modo di sparagnare
danari, quale fosse metodo di viaggio meno costoso, se
vi avesse cosa da comperare dalla quale si traesse alcun
utile rivendendola in Londra , e cosi via. Di tutti gli og
getti che nel nostro viaggio potevansi vedere senza spesa,
egli era prontissimo ammiratore ; ma se il vedere costava
quattrini, d'ordinario egli mi accertava essergli stato
detto non avervi cosa alcuna degna di sguardo. Colui non
pagava mai conto senza prima esclamare quanto dispen-
132 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
dioso oltre misura fosse il viaggiare; eppure, chi 'I cre
derebbe! e' non aveva per ancora compiuti i venlun anni.
Giunti noi a Livorno ed avviatici ai porto per vedervi le
opere e le navi, egli domandò quanto costasse il tragitto
per mare da ivi in Inghilterra; e sentendo essere una
minuzia a paragone della spesa per via di terra, nè sa
pendo resistere alla gradevole tentazione, pagatomi il
poco salario ehe mi si doveva, tolse commiato e s'im
barcò per Londra con un solo servo.
Eccomi adunque di bel nuovo scagliato in mezzo del
mondo senza avere di che vivere ; ma l'esservi io oggi-
mai accostumalo me ne scemava il rincrescimento. Il poco
. mio sapere di musica nulla giovavami in un paese ove
ogni menomo contadinello mi sopravanzava di lunga
mano; ma un'altra facoltà s'era in me sviluppata che fa
voreggiava i bisogni miei al pari della prima, la destrezza
nel disputare. In tutte le Università , in tutti li chiostri
fuor d' Inghilterra, a certi giorni determinati 6 uso di so
stenere alcuna tesi filosofica contro le obbiezioni di qual
sivoglia opponente; e se questi contraddice con garbo,
guadagna una ricompensa in danari, un pranzo ed un
Ietto per una notte. Combattendo in duelli di tal fatta,
ogni giorno mi avvicinava io sempre piò alla patria, pas
sando di città in città, esaminando l'uman genere da
vicino, e guardando, se cosi può dirsi, la pittura per
diritto e per rovescio. Le mie osservazioni però furono
poche. Trovai che il miglior governo pel poverello è la
monarchia, pel ricco la repubblica. Trovai che le ric
chezze in generale sono per tutte le terre un sinonimo
della libertà; e che non vi ha partigiano il più caldo di
questa, il quale non brami assoggettare alla propria la
volontà d' alcun altro individuo della società.
Tornato in Inghilterra, ebbi animo di visitare mio
padre e di farmi poscia scrivere al ruolo per la prima
spedizione di soldati ; ma fu stornata la mia idea da un
antico amico incontrato per via, il quale viveva in una
CAPITOLO VENTESIMO. 133
compagnia di commedianti che doveva andare l' estate
vagando di terra in terra per questa provincia. A costoro
parve di non dovermi ripudiare dal numero loro; ma vol
lero primieramente avvertirmi di quanto scabrosa fosse
l' impresa, essendo il pubblico un mostro di cerno teste,
a cui voler piacere era d' uopo averne io una buona: Mi
fecero veduta ogni difficoltà, e come l'imparare l'arte
non era lavoro d'un giorno, e com'io non avrei incon
trato mai il gradimento degli spettatori senza alcuni con
torcimenti e uno strigner di spalle disceso per tradizione
sul teatro , e conservatovi da soli cento anni in qua. Un
altro guaio insorse sulla scelta delle parti che mi si con
venissero, perche già distribuite tutte tra di loro; e ne
fui trascinato di di in di, datomi oggi un carattere e tolto
domani; Gnchè poi si fu ad una conclriuso ch' io dovessi
fare da Ora%io: ma la presenza vostra per buona fortuna
mise impedimento alla mia scenica impresa. "

CAPITOLO VENTESIMOPMMO.
Breve durala dell' amicizia Ira viziosi, che vive $ol quanto
lo scambievole piacere che te ne cóglie:

La narrazione de' casi del figliuolo era troppo lunga


perchè si potesse farla in una sola volta senza interrom-
pimento ; laonde le si' diede principio quella sera, e com
pimento il dopo pranzo del giorno che segui poi : ma la
soddisfazione universale che daquella ritraevasi fu sospesa
per la venuta del signor Thornhill. Appena comparsa alla
porta la vettura , il canovaio , che aveva oramai stretta
meco amicizia, corse a susurrarmi all'orecchio essere lo
scudiero in alcun trattato di matrimonio con madamigella
Wilmot, ed approvare altamente lo zio e la zia della
fanciulla que' sponsali. Entrato dentro il signor Thornhill,
l34 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
e veduto me col figliuol mio, si arretrò di tre passi: ma
io attribuiva queil' atto a maraviglia somma , non a dis
piacimento d'avere rinvenuti noi. Nondimeno, accostatici
a lui per salutarlo, egli ne rispose alle accoglienze con
apparente candore; e tostamente per la presenza sua non
poco si accrebbe la gioia di queil' adunanza.
. Dopo il tè egli mi trasse in disparte per chiedermi
conio della mia fanciulla ; ed udito come ad onta d' ogni
mio ricercamento non fossi venuto a capo d'alcuna cosa,
parve rimanere attonito : e dissemi d' essere stato più
volte dappoi a casa mia per confortare la famiglia che egli
aveva lasciata in ottimo stato. Domandò s'io avessi par
tecipata quella sciagura a madamigella Wilmòt, od al
mio figliuolo ; e rispondendogli io che finora no, com
mendò oltre misura la mia prudenza e circonspezioue,
e mi consigliò a tener segreto quel danno, quasi altro
non fosse il palesarlo che un contéssare la propria infa
mia ; e forse la Livia non era si rea come tutti immagi-
navapo. Le sue parole furono tagliate dalla venuta d' uno
de' donzelli che invitava lui alla contraddanza ; sicchè egli
lasciò me contentissimo del vederlo tutto cuore per le
cose mie. Ad ogni non cieco appariva comunque si sia
chiaramente ch' egli corteggiava madamigella Wilmot, la
quale non mostravasi gran fatto paga di questi amori, e
tollerarli piuttosto per obbedienza alla zia che per incli
nazione d' animo. Ed io ebbi ancora a veder gittate da
lei di quando iu quando alcune occhiate tenere alla sfug
gita sovra l' inlelice mio figliuolo , lé quali il signor
Thornhill con tutte le sue ricchezze e colle tante moine
non sapeva guadagnarsi : e la tranquillità d'animo che su
di ciò dava questo ultimo a divedere, era per me un mi-
sterio. Pei replicati prieghi del signor Arnold una setti-
roana s' era già vissuto nella casa sua ; e quanto più ma
damigella Wilmot lasciava tralucere d' affetto pel mio
Giorgio, tanto più il signor Thornhill si faceva amico di lui.
Già da gran tempo ci aveva cortesemente assicurali
CAPITOLO VENTESIMOPRIMO. 135
l0 scudiero, volere egli in ogni modo essere utile alla no
stra famiglia; ma la generosità di lui a qùest' ora non si
ristrinse a sole impromesse; perchè la mattina clj'io pro
posi di partire , venne il signor Thornhill nella mia ca
mera con volto esultante ad informarmi di quanto aveta
egli operato in favore del suo amico Giorgio. Gli era
riuscito di procacciargli grado di alfiere in un reggimento
ch'era per andare all'Indie occidentali, e non aveva pat
tuito che 'I tributo di cento lire, conciossiachè, avuto ri
guardo all'intercessore, si perdonavano le altre dngento.
Disse questo essere poco servigio , pel quale però godeva
sommo guiderdone nella cara conoscenza d'aver fatto del
bene all'amico; e che se per le cento lire era a- noi im-
possibil cosa lo sborsarle, egli le avrebbe pagate di suo
danaro , e gliele avremmo poi a tutta; nostra comodità
restituite. Mancavano parole per ringraziarlo di tanta
cortesia; e datagli toslo una scrittura, la quale mi obbli
gava alla restituzionè delle cento lire, gli manifestai come
meglio seppi la mia gratitudine, di maniera che quasi
parea ch' io avessi in animo di non gli render più nulla.
Secondando gli avvertimenti del suo generoso padro
ne , H di appresso Giorgio doveva avviarsi alla città onde
occupare la sua nicchia speditamente , anzi che un altro
si presentasse con esibizioni più vantaggiose. La mattina
adunque in su l' albeggiare trovossi pronto alla partenza
il nostro novello soldato; e di tutti noi egli solo era il
non afflino. Nè le fatiche, nè i pericoli che egli avrebbe
incontrati, nè l'abbandono degli amici e della sua aman
te, chè tale era allora davvero madamigella Wilmot, val
sero ad abbattere la franca anima sua. Tolta eh' egli ebbe
licenza dalla brigata; io gli donai tutto' quanto io mi aveva
da potergli dai e, la mia benedizione. "Tu te ne corri,
figliuol mio, " gli dissi, " a guerreggiare per la tua patria.
Sovvengati con che valore combatteva un tempo il tuo
avo illustre per Ih sacra persona del re, allora quando la
lealtà era virtù tra i Britanni. Vanne , e imitalo in tutto
l36 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
fuorchè nelle sue sventure, se però fu sventura il morire
con lord Falkland. Vanne, e se tu cadrai, quantunque in
lontana terra , derelitto e privo del pianto di chi ti ama,
avrai lagrime più preziose , quelle di cui il Cielo asperge
l' Insepolto teschio del guerriero. "
Venuto il di nuovo, mi accommiatai da quella buona
famiglia che per «1 lungo tempo e con tanto amore mi
aveva dato ricovero, ripetendo al signor Tbornhill i miei
ringraziamenti per la sua carità. Abbandonai quella gente
in mezzo al godimento della felicità che partoriscono gli
agi e la ottima educazione, ed indirizzai vèr casa mia i
passi fuor d' ogni speranza di rinvenire la mia figliuola ,
ma inviando a Dio un sospiro perchè sentisse pietà della
misera e le perdonasse. Fiacco tuttavia della persona io
aveva noleggiato un cavallo; e su quello trottando, dopo
alquanta strada io era giunto in distanza forse di venti
miglia dal mio povero abituro, confortata l'anima mia
dalla confidenza di presto rivedere tutto ciò ch' io m'avessi
al mondo di più caro, la famigliuola. Ma sopravvenuta la
notte, mi fermai ad una osteria che vidi sul cammino; e
chiesi all' oste un fiasco di vino e ch' ei venisse a beverlo
meco. Sedemmo entrambi al fuoco della cucina, quella
essendo di tutta la locanda la miglior camera; e venimmo
insieme a ragionamento della politica, della patria e di
novelle della contrada. Fra molti argomenti cadde anche
il discorso sul giovane scudiero Thornhill che l' oste di
ceva essere da tutti odiato di vero cuore, quanto amato
era per lo contrario un suo /.io il quale di rado capitava
in quella provincia. Proseguì appresso a narrare come
colui poneva ogni studio nel' tradire le figliuole di tutti
quelli che l' accoglievano in loro casa, e dopi) quindici di
o tre settimane al più di godimento e' scacciava lungi da
sèle meschine, prive d'ogni ricompensa e d' umano sus
sidio abbandonandole al bordello. Di tal latta continua
vano li nostri ragionari ; quando la moglie dell' oste uscita
per procacciarsi alcune monete,tornò a sua casa; e vedendo
qAPITOLO VENTESlMOrRIMO. 1 Ì7
il marito pigliar diletto votando bicchieri e non a
parte alcuna in quella piacevole conversazione, f
molto bruscamente che e' facesse; alle quali parole l'oste
non rispose che con un brindisi ironico alla salute della
mo'gliera. "Signor Simmondo," diss'ella, " voi mi trattate
assai male ; ma giuro al cielo ch' io non patirò più a lungo
tanta villania. Tre parti delle faccende domestiche cadono
sul mio dosso, ed io mi struggo nelle fatiche; ma alla
quarta parte non è chi bada, mentre voi dalla mattina
alla sera null'altro fate che cioncare disordinatamente in
compagnia d'ognuno che passa; e se a me fosse d'uopo
una cucchiaiata di vino per guarirmi della febbre, guai a
me, non ine ne pioverebbe una lacrima." Io compresi
chiaro quel ch'ella volesse, e immaminente versato del
vino in un bicchiere, glielo offersi. Madonna cortesemente
accogliendolo bevve alla mia salute, poi cosi a me rivolta
ripigliò a dire: "Signor mio, non è già pel valore del
vino ch' io mi adiro ; ma come puossi mai avere animo
di tracannare e far gozzovigliate, quando tutta la casa va
colla malora? Se fa bisogno sollecitare gli avventori od
i forestieri porche non mandino lo sborsare per la più
lunga, tocca a me questa bella incumbenza ; poichè costui,
anzi che darsi briga di ciò, si mangerebbe e fiaschi e
barili l' un dopo V altro. Qui sopra a queste scale è al
loggiata una giovinetta, e sallo Iddio se con tutte le belle
creanze sue la tristarella ha un soldo in tasca. So ben io
che ella finora non ha mai cavato fuori un quattrino, e
sarebbe ben tempo di rammentarle lo scotto. " — "E per
chè rammentarglielo?" rispose l'oste; "s'ella è lenta a
pagare, ella è però tale da non ci gabbare. " — "In fede
mia , buon uomo , io noi so ; sicura ben io sono ch' ella
è qui già ila quindici giorni, e che non abbiamo per an
cora veduta la croce di una sua crazia. " — "E che per
ciò? ella ce le darà tutte in un mucchio. " — " In un muc
138 IL VICARIO DI WAKEFIELD.'
fare, o ch' io do ló sfratto' senza rimissione a lei ed a'.suoi
cenci. " — " Cara moglie , pon' mente che la è una gentil
donna meritevole di maggiore rispetto. " — " O nobile o
plebea ch'ella sia, ella uscirà di qui, si, la ne uscirà
prestamente; -La nobiltà è ottima cosa quando comperà e
paga; ma io non vidi venirne grand' utile a codesta oste
ria mai; l' irisegna dell' Erpice non ha ragione per ringra
ziare i nobili. " Ciò detto-, sali frettolosa un'angusta sca
letta che dalla cucina metteva capo ad una camera supe
riore ; e dallo schiamazzare -e dall' amarezza de' rimbrotti
m' avvidi tosto non v' essere danaro. Le contumelie che
colei vomitava contro la giovinetta albergata erano da
me intese distintamente. " Via di qua senza indugio , via
di qua , bagascia infame ; o ch' io te l' accocco di maniera
che per tre mesi te n'avrai a dolere. E tu, sfacciata,
ardisti venire in una casa onesta a mani vuote e nuda
d'un quattrinello che ti protegga? Scendi tosto, ti dico,
e via... * — "Ah! pietà, o donna," esclamava piangendo la
giovinetta, "pietà d'una povera creatura abbandonata;
solo ancor questa notte, e la morte porrà fine a tulio. "
Era la voce della mia sciagurata figliuola, della tradita
Olivia! Corsi a salvarla, e sottrattala dalle mani della
donna che, afferrate alla misera le ciocche, la venia stra
scinando crudelissimamente vèr l' ùscio, raccolsi nelle
braccia la cara mia perduta fanciulla. * Olivia , viscere
mie, ben giunta al mio seno; torna, o benvoluta Olivia,
al seno antico dello sgraziato padre tuo. Quantunque i
viziosi ti abbiano abbandonata, evvi al mondo uno che
non ti abbandonerà mai mai; e fossi tu ben anche rea di
mille delitti, ei te li perdonerà lutti. " — "O mio caro... "
ella stette per più minuti senza poter formare altra parola,
" mio buon padre amatissimo ! puossi egli mai trovare
angelo più di te pietoso? E come merito io cotanta dol
cezza? Quel vile io l'odio, e me stessa odio. Tu non puoi
perdonarmi ; ben io lo so che noi puoi, t — " SI, figliuola
diletta , dal fondo dell' anima mia io ti perdono. Solo che
CAPITOLO VENTESIMOPBIMO. 139
tu ti penta del fallo, e saremo ancora felici; vedremo di
bel nuovo de' giorni ridenti, o mia Olivia." — "Mai, mai
più. Il restante della mia vita tapina sarà infamia al di
fuori e vergogna in casa. Ma, padre mio, e perchè se'tu
pallido più dell'usato? Tanto dunque travagliavati una
vii creatura? E tu si savio di mente potesii punire su te
le colpe della tua infame figliuola? * ì- " La mia saviezza,
o donna... " — "O padre mio, perchè lacerarmi l'anima
con quel freddo nome? lo donna? Non son io dunque più
la tua figliuola?* — 'Amata mia Olivia, perdona; io vo
leva dirli che la saviezza è riparo , comecchè certo , pur
tardo assai contro gli affanni. "
Venne allora l' ostessa a domandare se io bramassi
d'avere una camera più pulita di quella; al che accon
sentendo io , ella ci condusse altrove in luogo ove libera
mente era dato il conversare. Riacquistata a poco a poco
alquanta calma allo spirito, non potei tenermi-d' inchie
dere la Olivia del come ella si fosse ridotta a cosi tristo
partito. "Quel vile," diss'ella, "fino dal primo giorno
che mi ebbe veduta mi diede di oneste impromesse ,
quantunque in segreto sempre. "
"Vile oltre ogni vile," diss'io; "nè so comprendere
come un uomo fornito d' ingegno e d'appareuie onestà,
quale sembrava il signor Burchell, abbia potuto farsi reo
d'una tanto deliberata ribalderia, ed introdursi cosi in
una famiglia per rovinarla. "
"Ah! troppo, o padre mio, tu vai errato. Mai, no,
mai Burchell tentò d'ingannarmi; ch'egli anzi coglieva
ogni occasione per ammonirmi privatamente contro le
trodi del signor Thornhill, il quale io alla fine ben rav
visai più pessimo di quanto non lo dicesse Burchell. "
"Ohe di' tu mai? Il signor Thornhill, colui...?"
" Egli si; Thornhill fu che mi sedusse, che adoperò
quelle due da lui dette gentildonne, ma le quali non erano
che due scellerate scanfarde da postribolo, prive di edu
cazione e di pietà , per allettar noi e trarci a Londra. Le
HO IL VICARIO DI WAKEFIELD.
art! di quelle ribalde sarebbero, se ben ti ricorda, riuscite
al loro fine , se Burchell con quella lettera che sai non le
avesse scompigliate, indirizzando loro quei rimproveri rbe
noi malamente credemmo vibrati contro di noi medesimi-
Com' egli abbia potuto rompere i fili del lor tradimento
m' è ignoto ancora ; ma certo egli fu sempre il più vera
ce , il più caldo de' nostri amici. "
"I tuoi detti, o figliuola, mi sbalordiscono; e veggo
ora bene che i miei sospetti sulla empietà del signor
Thornhill erano londatissimi : ma l'essere egli ricco, e noi
poveri, toglie al perfido ogni pericolo. Ahi! che leggiera
tentazione non potè certamente esser quella che valse a
farti obbliare l'indole tua virtuosa e la buona educazione
avuta : or dimmi dunque ogni cosa. "
" Vuoisi ascrivere il trionfo di Thornhill all'immenso
mio desiderio di fare lui e non me stessa felice. Sapeva
io che le>cerimonie del nostro matrimonio celebrate pri
vatamente da un prete papista noi legavano per nulla, e
che nel solo onore di lui mi restava a riporre ogni mia
confidenza. *
" Fostù adunque sposata davvero da un prete? "
' Cosi è, ma entrambi giurammo di non rivelarne il
nome. "
. " Vieni, figliuola mia cara ; vieni di bel nuovo al seno
paterno, ch'io vi ti stringo ora ben più volentieri di pri
ma, ora ch'io ti so legittimamente moglie a colui: nè le
umane leggi, sebbene scritte in tavole di diamanti, valgono
a spezzare que' sacri legami che a lui ti congiungono. "
"Ahimè! che poco, o padre, conosci le iniquità di
quel tristo. Egli dallo stesso prete fu già sposato a sei od
otto altre donne, e come me tutte ei le ba tradite ed
abbandonate. *
"Se vero parli, andrà alle forche il prete; e dovere
tuo è l' accusarlo domani. "
" Ma poss' io farlo dopo un giuramento di tenerlo se
greto? E onesta donna me ne diresti tu ?"
CAPITOLO VENTESIMOPRIMO. 14l
"Ahi! che se tu giurasti, nè posso nè voglio che tu
ti renda spergiura.' Ancora che ai cittadini tutti giovasse
di manifestare quel furfante, tu noi devi in conto veruno
accusare. In tutte le umane instituzioni non è vietato il
procacciarsi con poco male il maggior bene ; e i politici
per assicurare un regno cedono una provincia; e i me
dici tagliano un membro per conservare il corpo. Ma la
religione non ha altre leggi che quella scritta ed eterna:
non far male mni. E giustissima è là sentenza di una tal
legge; perchè, altrimenti commettendo noi poco male onde
arrivare ad un gran bene , opereremmo delitti certi per
incerte utilità. E poniamo anche che di conseguenza dal
poco male derivasse vera utilità; pure lo spazio di tempo
tra 'l poco delitto e 'l conseguimento dell' utile , sarebbe
fuor d' ogni dubbio peccaminoso. E chi ci fa sicuri che in
quello spazio non voglia Iddio chiamarci a giudizio e chiu
dere per noi eternamente il libro delle umane azioni? Ma
troppo io V interruppi, o mia Livia. Su via, ripiglia le tue
parole. *
* La stessa mattina mi venne veduta la poca speranza
ch'io doveva riporre nella sincerità di colui; perchè su
bito egli mi condusse a due altre infelici donne da lui
ingannate al pari di me , ma che vivevano contente della
loro prostituzione. Io ama vaio teneramente, nè sapeva
tollerare quelle rivali, e tentava di sdimenticare nel tu
multo dei piaceri l'idea della mia infamia. Però nelle
danze, negli abbigliamenti, nelle ciarle cercava felicità,
ma sempre infelice. Coloro che venivano a visitarci lo
davano ogni momento i miei vezzi, le mie maniere; e ciò
più mi aggravava la malinconia, sentendo io d'avere per
duto il più bel fiore di mia bellezza. Ogni giorno cresceva
in me la taciturnità , in lui l' insolenza : finchè poi quel
mostro d' infamia ebbe l' impudenza di esibirmi ad un
giovane baronetto suo amico. Non ti so dire quanto mi
accorasse la ingratitudine di lui ; e furibonda risposi a una
tale proposta col chiedere di partire. Imperò mi pose in
l42 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mano una borsa quel tracotato ; ma accesa io d' indi
gnazione gliela gittai à' piedi ; e divorata dalla rabbia
useii dalla casa di lui si fattamente fuor di me stessa, clie
per. alcun tempo rimasi insensibile alla miseria di mia
condizione. Tornata poscia in me, vidi quanto io fossi
abbietta cosa, vilissima e rea di colpe enormi, senza un
amico al mondo a cui rifuggire.
In quel mezzo appunto una vettura passò a caso per
via; ed io v' entrai non per altra ragione che per allon
tanarmi quanto più potessi da quello scellerato ch'io
disprezzando abborriva: e dopo alquanto cammina discesi
a quésto albergo,, dove la mia angoscia e le scortesie
dell'ostessa furono per tutto il tempo' cbe qui soggiornai
le sole compagne mie. La rimembranza delle óre piace
voli passate insieme alla cara madre e alle sorelle mi
attrista e raddoppia le mie pene. È grande il loro cordo
glio, io 'l credo; ma immenso è il mio, chè la conoscenza
del mio delitto alla infamia congiunta mi squarcia l' ani
ma orrendamente. "
* Abbi- pazienza , figliuola mia; abbila, confortati e
sta' a buona speranza. Datti per questa notte riposo ; e
domani ti ricondurrò alla tua madre ed al restante della
famiglia da^cui tu sarai accolta benignamente. Povera
donna ! questa sciagura le ha passato il cuore : ma ella ti
ama di amore materno ancora* e ti perdonerà. "

CAPITOLO VENTESIMOSECONDO.
Si perdonano facilmente le offese, quando e' è
di meno l'amore.

il giorno appresso fatta salire dietro a me in groppa


la Olivia, mi posi in viaggio per ritornarmene a casa.
Lungo il cammino ogni sforzo adoperai per calmare il
crepacuore e i timori della meschina , persuadendola ad
CAPITOLO VENTESIMOSECONDO. 143
assumere coraggio onde sostenere la presenza della of
fesa madre. Però dall' aspetto delle campagne ridenti io
traeva argomento per dimostrarle come il cielo fosse be
nigno con noi , più di quanto noi siamo noi co' nostri
simili; e come poche paressero le disgrazie operate dalla
natura, a paragone di quelle che fabbrichiamo a noi stessi.
.L'accertava ch'ella non avrebbe mai scorto cambiamento
alcuno nella mia amorevolezza, e che, finchè io fossi vis
suto, non le sarebbe venuto meno nè consiglio nè appog
gio mai. E l' apparecchiava a sopportare le censure del
mondo ; mostrandole i libri come dolcissimi compagni e
pietosi dell'infelice, li quali, se non possono larci cara
la vita, c'insegnano almanco a tollerarla.
Il cavallo noleggiato che ci portava doveva essere da
me restituito quella sera ad un'osteria lontana intorno a
cinque miglia della casa; e desideroso io di preparare la
famiglia a ben accogliere la figliuola, parvemi di doverla
lasciare per quella notte all'osteria, e di venirla poi a
prendere la mattina per tempo del giorno seguente in
sieme colla sorella Sofia. Era già oscuro prima che noi
giugnessimo alla mèta; ma non pertanto fatta apprestare
una camera decente, e comandato all'ostessa di sommini
strare una buona cena alla Livia-- questa baciai d' un te
nerissimo bacio, e presi il cammino vèr casa mia. Quanto
più mi avvicinava io a quél pacifico casolare, tanto più
il cuor mi battea d'inusitate e gratissime sensazioni. Co
me un Uccello che ritorna al nido da cui lo spavento lo
aveva fatto fuggire, io correva inverso i miei figliuoli;
ma gli affetti mi precedevano assai del piede più lesti; é
la mia mente già si aggirava ansia intorno all'umile fo
colare, è n' era incantata.. Però andava riandando le pa
role di gioia ch'io avrei dette, anticipando le accoglienze
che mi si sarebbono fatte; e già godeva degli abbraccia
menti teneri di mia moglie, e sogghignava della festoccia
de' miei bambini/ Parevano lenti i miei passi al mio de
siderio, quantunque affrettati ; avanzava la notte ; i lavo
l44 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ratori riposavano dalle fatiche del giorno; in ogni ca
panna erano estinti i lumi ; non si udiva suono alcuno,
che il lontano canto del gallo e r abbaiare de' cani. Io
mi accostai alla mia cara casetta; e prima ch'io vi gìu-
gnessi, per più di cento passi mi corse incontro il mio
buon mastino a lambirmi ed accarezzarmi.
Era quasi mezzanotte quand'io bussai alla mia porta;
in silenzio e tranquillità ogni cosa ; e il mio cuore si di
latava per lo piacere inesprimibile: quando con sommo
terrore vidi la casa andare a fuoco e fiamma, ed uscire
da ogni finestra la vampa. Diedi allora in un grido con
vulsivo, e stramazzai tramortito. Spaventato mio iigliuolo
da quel grido, si scosse dal sonno, e vedute le fiamme,
destò immantinente la madre e la sorella : e tutti accor
sero ignudi , impauriti e sparuti a richiamarmi coi loro
singhiozzi in vita. Ma fu un suscitarmi a nuova paura ;
perchè, le fiamme salite al tetto, quello a pezzi a pezzi
rovinava ; intanto che la famiglia muta, agonizzante guar
dava quel chiarore, e stupida pareva ammirarlo. Volsi gli
occhi all'incendio, poi a' miei, poi novamente all'in
cendio ; qnindi cercai disiosamente a me intorno i due
piccini , e non li rinvenni. " Ahi me misero ! dove sono
eglino i miei bambini?" — "Sono abbruciati là dentro,
rispose placidamente mia moglie , ed io morrò con essi
lorò io pure. "
In quell'istante udii le grida de'meschinelli ch'erano
allora allora risvegliati dalla fiamma; e precipitoso mi
scagliai per mezzo all'incendio gridando, "dove siete,
poveretti, dove siete? " ed atterrando l' uscio della loro
camera. * Siamo qui , caro padre , Siam qui , " escla
mavano ; e la fiamma si appiccava già al loro letto. Gli
afferrai entrambi; e presili in braccio, a tutta corsa ne li
trassi fuori ; e uscito appena , la soffitta con gran rovinio
diroccò. Vedutili salvi, gridai che la fiamma struggesse
pur tutto, poichè i miei tesori erano illesi, chè tali io re- -
potava i miei figliuoli ; e di mille baci coprimmo quelle
CAPITOLO VENTESIMOSECONDO. 148
innocenti creature che si avvinghiavano al nostro collo,
partecipando de/ trasporti degli animi nostri ; ed intanto
la povera moglie mia, mezzo tra ridente e lagrimosa, gua-
tavali. ''-Jk-' ' .''''
Stetti allora tranquillo spettatore io pure dell' incen
dio: nè se non dopo alquanto di tempo avvisai che il brac
cio su fino alla spalla io aveva scottato al vivo, in modo
orribilissimo. Quindi non mi fu possibile di prestare aiuto
al mio figliuolo nel ricuperare alcuna suppellettile, ed im
pedire che la fiamma giungesse al granaio. In quel men
tre, sollevatisi i vicini a tasto fracasso, erano volonterosi
accorsi in nostro sussidio; ma dovettero anch' eglino, co
me noi, rimanersene inutili riguardatori di quella calami
tà. Tutte le cose mie, e insieme le cedole di banco, nelle
quali io intendeva dotare le mie figliuole, vennero inte
ramente consunte : ed una sola cassettina e poche carte
che stavano in cucina furono dal mio figliuolo, con due
o tre altre chiappolerie , al cominciar dell' incendio sot
tratte. I prossimani però, se non fu loro dato di ammor
zare le fiamme, contribuirono assai a renderci meno grave
la sciagura, apportandoci panni ed allestendo per noi con
istoviglie una capannella campereccia; di maniera che
allo spuntar deli' alba avemmo un ricovero, sebbene mi
sero , a cui ripararci. L' onesto Flamborough e i suoi
figliuoli furono i più assidui nel procurarci ógni cosa ne
cessaria , ed offerirci tutta quella consolazione che la be-
nivoglienza delle anime loro suggeriva.
Cessati i timori nella mia famiglia, surse il desiderio
di sapere per qual ragione io fossi stato tanto tempo lon
tano. Però, dopo d' aver-loro distesamente narrato il tutto
cominciai a prepararli pel ricevimento della perduta fan
ciulla. E quantunque niuna altra cosa fosse in poter nostro
da dividere con esso lei fuorchè la miseria, io mi strug
geva della brama di accoglierla con- festa , e far eh' ella
aggradisse que^ poco che ancora ci rimaneva. Ma impresa
difficilissima sarebbe stata questa, se la recente avver
to
146 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
sità non avesse rintuzzata la mente superba di mia mo
glie, e trafittala con più pungenti afflizioni. Non essendo
io, per lo spasimo della mia spalla, in istato di andare a
prendere la Livia, vi mandai Mosè colla sorella ; quelli
ben presto ritornarono sostenendo colle lor mani quella
povera disgraziata, a cui non bastava l' animo d' innalzar
gli occhi alla madre ch' io non seppi colle mie molte am
monizioni indurre a rioonciliarsi seco lei interamente,
perchè più vivo nelle donne è il sentimento delle colpe
femminili. " Madama, " le disse la madre, " a troppo mise
rabile tugurio tu capiti, dopo tanti sfoggi; e poca gioia
avrà di me , della mia figliuola Sofia chi finora non ebbe
a fare che con nobili persone. Il tuo padre malavventu
rato, o Olivia, ed io abbiamo per cagion tua sofferta una
pena acerbissima ; ma voglia Iddio perdonartene. " In
tanto quella vittima sciagurata, pallida, tremante non po
teva nè piangere nè parlare. Ma a me non reggeva il
cuore d' essere più a lungo taciturno testimonio dell' af
fanno di lei; perchè, prese maniere e voci rigorose, chè
tali mi ottenevano sempre obbedienza, così alla moglie
favellai: ."Valgano, o donna, le mie parole una volta
per sempre. Quest' infelice e tradita fanciulla che da' suoi
sviamenti io a te riconduco, merita che ravvivando noi
la nostra tenerezza, lei benediciamo e 'l suo ritorno e T
pentimento. Veri travagli pur troppo ci piombano addosso
e fanno tapina la nostra vita; non sia dunque che colle
nostre dissensioni si accrescano le nostre sventure. Se
noi vivremo in concordia* tra di noi, per niuna guisa la
disperazione ci aggiungerà ; perchè a vicenda prestandoci
soccorso, potremo separarci dal mondo e dalle sue cen
sure. Iddio impromette grazia ai pentiti; e imitar lui noi
dobbiamo, lui che tiene più caro un peccatore che venga
in penitenza , di quel che non faccia di novantanove in
corrotti giusti. E santo è di Dio il consiglio ; perocchè so
lamente quello sforzo da noi operato per sostare il piè
snl sentiero sdrucciolente che giù dichina alla perdizio
CABITOLO VENTESIMOSECONDO. 147
ne, è per sè stesso più virtuoso atto di mille opere
oneste. "

CAPITOLO VENTESIMOTERZO.
Tranne ti colpevole, nestuno pud estere a lungo
e all' in tutto miserabile.

Fu d" uopo di diverse cure affine di rendere più che


fosse possibile comoda la nostra nuova abitazione ; e indi
a non molti di l' antica serenità ricomparve. Male atto io
ad assistere ne' giornalieri lavori al mio figliuolo, mi trat
teneva in casa leggendo alla mia famiglia que' pochi libri
scampati all' incendio, e più volentieri quelli che ricreando
l' immaginazione contribuiscono a restituire all' anima
tranquillità. Ogni giorno venivano i buoni vicini a conso
larci soavemente ; e tra di loro stabilirono anche un tempo
in cui, riuniti tutti, restaurare la mia prima casa. Egli
pure , l' onesto castaido Williams , non fu degli ultimi a
visitarci ; e ci profferse di buon cuoi e la sua amicizia, ed
avrebbe di voglia rinnovate le antiche sollecitazioni amo
rose verso della mia figliuola ; ma ella le ricusò in modo
da troncarle per sempre. Il cordoglio di quella misera pa
resi dovere essere eterno ; ella essendo la sola di tutti
noi, sul di cui volto dopo una settimana non ritornasse
la primiera festività. Perduta aveva, la giovinetta, quella
sicura innocenza che di niuna cosa arrossisce , e per la
quale una volta stimava ella sè stessa , e traeva diletto
dell' essere dagli altri vagheggiata.
Oppressa la mente di lei da una strettissima ansietà,
negletta la persona , coll' infievolirsi della complessione
anche la bellezza svaniva. Ogni titolo affettuoso che altri
dava alla sorella, strappava a lei dal seno un sospiro, una
lagrima dal ciglio. E siccome un vizio, s' anco il reprimi,
ne fa germogliare altri ov' egli allignava ; così il suo pri
-l48 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ino delitto, sebbene dal pentimento lavato, aveva in lei
lasciata l'invidia e la gelosia. Però, mille vie io tentai
onde alleviarle gli affanni , pe" suoi dimenticando i miei
propri, ed affastellando istoriette aggradevoli ed ameni
racconti , quanti me ne prestava la lettura ed una vasta
memoria. " Mia cara figliuola, * io le diceva;- * la nostra
felicità sta nelle mani di Tale che per cento eventi stra
nissimi può a noi ridonarla, e d' ogni nostra previdenza
si ride. E s' egli è mestieri d' esempio a persuadertene ,
odi la novella raccontata da un grave istorico, quantun
que alcuna volta favoloso egli sia : - -i. .• , -.
Matilda , come che tenera giovinetta , fu sposata ad
un nobile napolitano di signorile casato, e rimase vedova
e madre quando appena aveva compiuti quindici anni.
Stando ella un giorno accarezzando il suo bambino ad
una finestra del palazzo che guardava sul fiume Vulturno,
improvvisamente il fanciullino si spiccò dalle braccia di
lei ; e venuto a cadere nelle sottoposte acque , disparve.
Colpita la madre da subito terrore, e desiderosa di sah
vario, saltò dietro a lui disperata nel fiume. Ma toltole
il potere soccorrere in alcuna guisa il povero figliuolo ,
ella stessa a mala pena si trasse dalla corrente, arrampi
candosi siili' opposta riva. E capitata in mezzo ad alcuni
soldati francesi che allora allora mettevano a sacco quelle
terre, ne fu menata prigione.
Guerreggiando tra di loro i popoli di Francia' e d' Ita
lia con somma crudeltà, stavano in procinto i Francesi
di commettere sulF infelice que' due eccessi che la bar
barie suggerisce e la libidine. Ma per buona ventura, ad
una sì infame deliberazione si oppose un giovane capitano
che ad onta della fretta con cui gli era forza fuggire, pre
sela in groppa, e lei salva e confortata condusse seco
quel pio alla patria. Le bellezze della donna, a prima
giunta, avevano allettati gli sguardi, e dalle qualità del
l' animo di lei fu presto allacciato anche il cuore del ca
pitano. Il perchè fecero tra di loro con sommo diletto le
CAPITOLO VENTESIMOTEBZO. 1 49
nozze; e salito egli a più alti gradi nella milizia , vissero
insieme lunga pezza e felici. Ma la fortuna di un soldato
non può mai dirsi stabile : e dopo alcuni anni, quella parte
d' esercito da lui capitanata, messa in rotta dall' inimico,
e* fu costretto ricoverarsi nella città dentro le cui case
egli era vissuto colla- consorte. Strette ó" assedio le mu
ra, finalmente furono vinte ; e poche istorie narrano esempi
di tanta e si frequente atrocità, quanta usarono allora nel
combattersi i Francesi e gì' Italiani. I vincitori determi
narono di porre a fil di spada tutti i prigioni francesi, e
più d'ogni altro il marito della infelice Matilda, come
quegli per l' opera di cui s' erano gli assediati lungamente
difesi. Venuti in questa sentenza, vollero mandarla tosto
ad effetto ; e tratto fuori l' illustre prigioniero, già il car
nefice teneva in alto sguainata la spada , e gli spettatori
in profondo silenzio tristissimo aspettavano che il fatai
colpo cadesse, pel quale non mancava che il cenno del
supremo capitano. In cotale istante, piena di angustia e
di batticuore , apparve Matilda per dare P ultimo addio
allo sposo , al liberatore di lei. Piangeva la dolorosa la
miseria di sua condizione, lamentandosi della crudeltà
del destino che salvaiala da immatura morte tra l' onde
del Vulturno, l'aveva serbata a più tristi guai. Era gio
vane d' anni il supremo capitano ; però stupì delle belle
forme della donna, ed ebbe pietà del caso acerbo di lei.
Ma la maraviglia e la compassione non ebbero limite in
udirla raccontare le sue antiche miserabilissime vicende.
Era egli quel medesimo figliuolo pel quale tanti pericoli
aveva sostenuti Matilda; riconobbela per madre, e but
tassi ginocchioni a' suoi piedi. Quel che avvenne dappoi
si lascia agévolmente indovinare; fu data la libertà al pri
gione; e godendo insieme della dolcezza che l'amore,
l' amicizia , il rispetto generano , vissero tutti felici. *
Di tal maniera poneva io studio nel rallegrare la mia
figliuola; ma ella prestava scarsa attenzione alle mie pa
role. Nè quelle valevano a trarre interamente a sè l'animo
150 IL VICARIÒ DI WAKEFiELD.
di lei; perchè le tante sciagure dell' infelice , istupidita
avevano quella pietà cu' ella sentiva altre volte per li di
sastri altrui ; e niuna cosa era che desse pace alle sue pe
ne. In compagnia di noi ella paventava d' essere disprez
zata; sola, non trovava che angoscia. In uno stato cosi
deplorabile, la tapina traeva languidamente i giorni suoi ;
quando ci vennero raccontate come certe le vicine nozze
del signor Thornhill con madamigella Wilmot, della quale
io aveva sempre sospettato lui innamorato, ad onta del
l' ostentazione con cui in ogni incontro tentava egli di
darsi a vedere in faccia mia sprezzatore della persona e
della dote di madamigella. Queste novelle accrebbero
oltre misura l' afflizione della povera Olivia; e una si nera
infedeltà oltrapassò il coraggi*) di lei, sicch' ella non sa-
pea sopportarla. Ebbi animo tuttavia di cercarne notizie
più rischiarate , e d' impedire , s' esser poteva , l' esegui
mento dei disegni di Thornhill, mandando il mio figliuolo
al vecchio signor Wilmot, onde- udirne la verità, e dare
a madamigella una lettera , la quale le dicesse di che
modo s' era comportato con noi lo scudiero. Andato Mo
se, dopo tre giorni ritornò colla certezza che le voci non
erano vane, ma dolente di non aver potuto consegnare la
lettera ch' egli aveva dovuto lasciare in casa Wilmot, da
dove madamigella era con Thornhill partita , per visitar
la provincia. Gli sponsali , com' ei diceva , si sarebbono
celebrati fra pochi di; essendo la domenica, prima ch'egli
vi giungesse, intervenuti ambo insieme gli sposi alla
chiesa con gran pompa, accompagnata l' una da sei nobili
giovinette, e da altrettanti gentiluomini l' altro. Tutta la
contrada in festa per quel maritaggio : gli sposi uscivano
per lo più in un cuccino magniflcentissimo, del quale non
si avea mai veduto già da tanti anni in quei paesi l' Ugua
le; e tutti gli amici delle due famiglie convenivansi, fra
gli altri il buon zio dello scudiero , il signor Guglielmo.
Aggiunse Mosè, ogni cosa essere allegria e scialacquo ;
lodarsi da tutti l' avvenenza della sposa e la bella persona
CAPITOLO VENTESIMOTERZO. 151
dello sposo, amarsi eglino a vicenda svisceratamente; e
fini il racconto esclamando che Thornhill gli pareval' uomo
più avventuroso clie al mondo lbsse.
" E sialo, " diss' io, " s' ei lo può. Ma tu, flgliuol mio,
tu vedi codesto lettuccio di paglia, codesto tetto scassi
nato e scommesso, questa rovina di muri, quest' umidic
cio mattonato, il mio misero corpo tartassato dalla fiamma,
e i bamboli miei piangenti attorniandomi domandar del
pane ; e nondimeno, in mezzo a tanta miseria, tu vedi un
uomo che per mille mondi non vorrebbe scambiare seco
lui condizione. Fanciulli miei, se imparaste ad accomu
narvi più strettamente coi vostri cuori, e vi fosse noto
qual buona compagnia e' vi possono fare, poco e niun
conto terreste dello splendore e della magnificenza de'ri-
baldi. Tutti gli uomini chiamano viaggio l' umana vita e
pellegrini sè stessi: ma la similitudine spargerà luce più
viva , se si porrà mente che i buoni sono lieti e sereni
comei viandanti che ritornano alle case loro; quando per
lo contrario gli scellerati noi sono che per brevi istanti
e di rado assai , a guisa di proscritti che se ne vadano
perduti in esilio. "
La compassione per la povera mia figliuola che al
l' udire questo nuovo infortunio era caduta in deliquio ,
troncò le parole mie; e tosto accennai alla madre che la
reggesse. Però in breve quella infelice cominciò a ricu
perare gli smarriti spiriti suoi, parve più calmata di pri
ma , ed io mi dava a pensare che ella avesse acquistata
finalmente maggiore fermezza ; ma fui dalle apparenze
ingannato, conciossiacbè quella sua tranquillità non era
che il languore prodotto da eccessiva ambascia. Fatteci
dai caritatevoli parrocchiani alcune provvedigioni , per
quel sovvenimento la famiglia sali in allegrezza ; nè a me
dispiacque vederla ritornare alla primiera gioia e darsi
buon tempo. Sconvenevole cosa sarebbe stala l'ammor
zare la nascente contemezza di que' poveretti , costrin
gerii a rammaricarsi dell' altrui ostinata malinconia, vo
<54 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
lere aggravarli d' una tristezza ch' eglino non sentivano.
Di bel nuovo quindi ebbe luogo il favoleggiare, fu chie
sta la canzoncina, e la festività si compiacque di visitare
la nostra umile capanna.

CAPITOLO -VENTESIMOQHARTO.
JVuote ictojure. ;-.

Surse nel vegnente mattino caldo più che alla sta


gione non si convenisse il sole, talmente che stabilimmo
di stare a colazione sul poggiolino della madreselva. E
poichè ivi fummo seduti, la minore delle mie figliuole,
da me cortesemenie richiesta, uni. la voce sua al canto
degli uccelli che sulle frondi a noi d' intorno vispi ed
allegri svolazzavano. Era quello il luogo dove la cara
Olivia aveva per la prima volta veduto il malaugurato se
duttore, ed ogni cosa le ridestava V amarezza del cuore.
Ma la malinconia eccitata dai piacevoli oggetti od inspi
rata da soave armonia, anzi che rodere l'anima, in lei
versa un balsamo che la lusinga. Anche la madre seniI
quella mattina un affanno misto di gioia, e pianse ed amò
dell' antico amore la fanciulla. ' Mia Olivia, " diss' ella,
'or tocca a te la volta; e già la Solla ha Unito di cantare.
Fanne sentire tu queil' arietta patetica di cui è si vago
tuo padre. Non negargli no, figliuola mia, questo favore,
io te ne priego;" Ella obbedì; e furono di tal maniera
malinconiche le cadenze ch' io ne rimasi intenerito.
Se spietato amante obblia -
La sedotta giovinetta ,
Che rimane alla negletta?
Chi la sua malinconia.
Chi di lai crudele inganno
Può V affanno — alleggerir?
CAPITOLO VENTESIM0QUA.RTO. 1 S3
Per coprire il suo rossore ,
Per emende al suo delitto ,
Perchè l'empio anch' ei trafitto
Sia dall' onta e dal dolore ,
Altra via non resta ad ella
Fuor che quella — di morir.
Sul finire dell' ultima stanza un sospiro affannoso, che
le interruppe la voce , aggiunse inesprimibile dolcezza
alle tristissime note. .'
Placidi godevamo tutti di quella soavità ; quand' ecco
apparire da lontano il signor Thornhille , ognuno averne
ribrezzo, addolorata più vivamente la Livia bramar di
evitare l' aspetto del traditore , e colla sorella in casa
ritrarsi. Dopo pochi minuti sceso egli dal suo calesse,
s'incamminò diviato vèr dove io sedeva, domandandomi
coli' usata familiarità novelle della mia salute. " Signore, "
risposi io, " questa vostra temerità a nulla vi giova, fuor
ché a sempre più manifestare l' indole vostra vilissima.
E oh fosse ancora il tempo di prima! chè certo non an
drebbe assoluta l' impudenza che vi mena a me innanzi.
Ma gli anni hanno intiepidite Ir passioni mie, e 'I dovere
del mio ministcrio tutte le incatena , sicchè a voi non
résta di che temere-. "
" Per verità, " egli disse, " oppresso io sono dallo stu
pore, nè so che si voglia questo vostro contegno; peroc
chè io non credo che voi possiate reputare viziosa o
dannabile la passeggiata che vostra figliuola si piacque di
fare in compagnia di me. *
* Vanne, per Dio ! miserabile creatura, vii mentitore
infame , a cui l'istessa viltà è scudo contro dell' ira mia.
Eppure da tali avi io disrendo che tanto tradimento non
avrebbero tollerato. Perfido! perchè avesse pascolo un
momento la tua libidine, per tutta sua vita hai fatta in
felice una misera donna, hai contaminata una famiglia che
aveva per unico retaggio l' onore. *
* Se ella o voi a vostra posta volete essere miseri ,
l54 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
colpa io non ne ho. Ma a voi tanto ancora rimane, da po
tere esser felici ; e qual ch'egli sia il giudicio da voi for
mato di me, troverete sempre Thornhili disposto a con
tribuire alla vostra fortuna. Facil cosa è in breve tempo
sposarla ad un altro; e quel che più importa, ella potrà
conservarsi tuttavia l' amante , chè tale io giuro di rima
ner sempre vèr lei. "
A tale vergognosa proposta sentii ribollire in petto
tutte le passioni ; perchè quantunque spesse volte pazien
temente l' animo sopporti altissime ingiurie, basta a tra
figgerlo in alcuni istanti una lieve villania, e (niella furi
bondo lo rende. E : " Via di qua, " gridai ; " fuor de' miei
sguardi tosto, verme abbominevole ; nè più insultarmi
colla tua presenza. Se meco avessi il mio valoroso Gior
gio, certo ch'egli non patirebbe cotanta tua ribalderia.
Ma hai me misero ! io son vecchio, stroppiato e per ogni
verso abbattuto. "
" Veggo, " diss' egli, " che mi forzate a parlare più du
ramente ch'io non avrei voluto. Ma poichè vi fu da me
dimostrato quanta speranza voi potete riporre nella mia
amicizia, panni di dovervi anche avvertire di quanto vi
possa riuscir dannosa la collera mia. Il mio procuratore
a cui ho ceduta quella tal caria colla quale vi obbligaste
al rendimento delle cento lire, minaccia di volere essere
ad ogni modo pagato. Nè io saprei come impedire ch' egli
vada a giustizia, se non se sborsando io que' danari ; ma
ella è cosa presso che impossibile per le molte spese
sponsalizie da me fatte in questi giorni. Inoltre, il mio
fattore dice di non volere risparmiare triboli a chicches
sia purchè eiili riscuota il terraUe<>: ed egli è uomo de
stro ; nè io di tali brighe m' impaccio. Bramerei nondi
meno d'esservi utile, si veramente che voi in segno
d' amicizia vogliate intervenire con esso la figliuola alle
mie nozze, appagando con tal cortesia anche il desiderio
della mia diletta Arabella Wilmot, alla quale spero che
non sarà da voi data ruvidamente una repulsa. "
CAPITOLO VENTESIMOQUABTO. 155
' Signor Thornhill, ascoltatemi una volta, e sia l'ul
tima. Alle vostre nozze con altra donna che la mia Dgliuola
i0 non acconsentirò giammai E se la vostra amicizia va
lesse anche ad inalzarmi al soglio, o la collera a trarmi
in tomba , e V una e l' altra abborrirei sempre. Una fiata
voi mi avete iniquamente- irreparabilmente ingannato ; e
quando sul vostro onore il mio cuore riposava, mi pagaste
d'infamia. Noi farete però una seconda; poichè la mia
amicizia vi è eternamente negata. Itene pure, e godete
dei beni de' quali la fortuna vi ha adornato, la bellezza,
le ricchezze, la salute, i piaceri. Itene, e me lasciate in
mezzo allo squallore, all' infamia, alla desolazione ed al
lutto. Ma per umiliato ch' io sia, si rivendicherà quest'ani
ma ogni sua dignità, ed avrete da ine il perdono, mala
mia stima giammai. "
" Bene sta : e vedrete quanti vi partorirà guai codesta
vostra tracotanza ; e presto apparirà quale di noi due sia
di maggior disprezzo meritevole oggetto. "
Com' ebbe egli ciò detto, di subito parti.
La moglie mia e 'I figliuolo stati presenti a questo
dialogo, ne restarono per la gran tema atterriti. E le fan
ciulle, vedutolo andare, uscirono per saperne i discorsi;
ed uditili , non meno di que' due si rimescolarono tutte,
e si fecero bianche in viso. Ma io poco conto teneva del
l'estremo maltalento di lui. La percossa più crudele ei
me l' aveva già avventata: ed io me ne stava preparato
a respingere ogni novello sgarbo dell'iniquo ; a guisa
d' esperto guerriero die quantunque abbia già scagliato
il giavellotto , uu altro ne ritiene tuttavia, e la puma ne
dirizza sempre all' inimico , e di quello fa scudo al pro
prio petio.
Non andò guari però che a noi fu manifesto come le
sue non erano state vane minacce; e l'altro giorno il
fattore venne a chiedermi i fitti che io non era per le
sofferte sventure in istato di pagare. Quindi egli quella
sera stessa impadronitosi del mio bestiame, veudettelo il
156 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
giorno appresso per metà del valore. Allora mia moglie ed
i miei figliuoli mi scongiurarono di accettare ogni partito
anzi che rovinarli affatto, pregandomi ancora di lasciare
che Thornhill di bel nuovo ci visitasse. Per lo che misero
in campo tutta quanta la poca eloquenza delle loro paro
le ; e tutti mi ritrassero al vivo i disastri a cui io andava
incontro, e i terrori d' una prigionia nel cuor del verno,
e la mala fermezza della mia salute per la riportata scot
tatura. Ma io mi tenni saldo, inconcusso.
" E perchè, miei cari, " diss' io, * tentate voi dr per
suadermi una ingiusta cosa ? Era dover mio il perdonar
gli, e 'l feci: ma la mia coscienza non vuole che io ap
provi il delitto di lui. Vorreste voi che in faccia al mondo
io commendassi ciò che in segreto io danno ? Vorreste
voi ch' io mi prostituissi e lisciassi la coda al nostro in
fame traditore? Vorreste voi che per iscampare dalla pri
gione sostenessi il martello de' miei rimorsi incessante,
atrocissimo? No, Dio mi guardi; non sarà mai. Che se
da questa stanza ci si vuole strappare, man teniamoci giusti;
e ovunque ci si gitterà, troveremo ameno ricovero ; e ogni
volta che i nostri cuori si serberanno nella illibatezza
costanti , sarà serena la nostra vita. "
Cosi passò quella sera ; e messasi la notte la pia folta
neve del mondo, la mattina per tempo il mio figliuolo
stava sgombrando innanzi all' uscio il nevaio ed aprendo
una via; allorchè, proseguito di poco il lavoro, corse
pallido e tutto rabbuffato in casa ad avvisarci venire a
quella volta due persone ch' egli sapeva essere bargelli.
Parlava ancora quel ineschinello ; e coloro entraro
no : ed accostatisi al mio letto , dopo di avermi detto chi
e' fossero, mi fecero prigione, comandandomi di segui
tarli alla carcere della Contea di lI lontana ben undici
miglia.
* Amici miei, * diss' io, "a mal tempo voi veniste a
legarmi ; e quel che più della rigida stagione mi affanna,
si è l'avere io malconcio dal fuoco un braccio, pel qual
CAPITOLO VENTESIMOQTJARTO. 157
malore anche una lenta febbre mi ha colto. Panni per
coprirmi non ho: e debole, vecchio, assiderato, come
poss' io viaggiar tanto in mezzo a neve si alta? Ma se cosi
pur deve essere.... "
Mi rivolsi poscia alla famiglia , ed a quella diedi or
dine di ragunare le poche suppellettili che ci restavano ,
onde immediatamente quel luogo sgombrare. Pregai di
far presto, e che mio figliuolo assistesse la Livia, la
quale per la conoscenza d' essere ella cagione*d' ogni no
stra calamità, tutta misvenuta ne d'angoscia più nè di
vita dava segno. Poi rincorai mia moglie che smorta e tre
mante stringeva gli sbigottiti bambini nelle braccia; e
quelli muti muti nascondevano gli occhi nel seno della
madre, nè ardivano inalzarli al volto degli stranieri. In
tanto la più giovane delle fanciulle, da me affrettala , al
lestì ogni cosa per la partenza; e in men di un' ora tutto
fu in punto.
1'-1 i'"'' •'.>,' * b>'tnR« 4%KK|!|f» 'V fto'l Sivirtt
CAPITOLO VENTESIMOQCINTO.
JVon v' è stalo, per quanto miserissimo sembri, a cui non
sia pur compagna qualche sorta di consolazioni-

Abbandonammo finalmente quel pacifico vicinato ,


prendendo la nostra via a passi lentissimi. Però la mag
giore delle figliuole, illanguidita da una continua febbretta
che già da alcuni giorni a poco a poco distrnggevale la
complessione, fu dall'uno de' bargelli cortesemente presa
in groppa d'un suo cavallo; perchè tal razza di gente
non sempre è di ogni senso d' umanità svestita. Il mio
figliuolo traeva per mano uno de' piccini , e l' altro tapi-
nello se lo strascinava dietro la madre : ed io camminava
appoggiato alla fanciulla minore che piangeva non de' suoi,
ma dei miei mali.
Come ci fummo dilungati dall' umile nostro casile mi
138 IL VICARIO DI WAKEFIELD,
due miglia, ecco a tutta foga correrci dietro con alto
strepito e gridori una turba de' più miseracci parroc
chiani miei. Erano quelli un cinquanta o là intorno ; e
giunti a noi, con orrende imprecazioni posermano ai due
bargelli. Poi, giurando non volere essi, finchè una goccia
di sangue scaldava loro le vene, patire mai che il loro
curato venisse tratto in prigione, stavano per malmenare
severamente i due. E tristo effetto ne sarebbe sortito, se
di subito non fossi io entrato di mezzo per liberare a
stento dalle mani dell' arrabbiata moltitudine que' birri.
Somma era allora la gioia de' miei figliuoli ; e parendo a
que' poveretti omai certa la mia salvezza , non capivano
in sè stessi. Ma furono tostamente cavati d' inganno dal
l' udirmi cosi favellare a quella buona gente delusa , ac
córsa , com' ella credeva , pel mio bene.
* Amici miei, cosimi amate voi. dunque? In questa
guisa obbedite agi' insegnamenti che dal pulpito m' udi
ste darvi? Cosi vi opponete alle leggi? E me con voi vor
reste tirare in rovina? Qual di voi è capo? mostratemi
chi vi sedusse; e lui niuna cosa sottrarrà dallo sdegno
mio. Ahi! tornate, pecorelle smarrite, tornate aidoveri
vostri inverso Dio, inverso la patria, vèr me. Forse un
giorno in più prospero stato me rivedrete in mezzo di voi;
e forse mi sarà dato di farvi felice la vita più che la non
è di presente. Ma possa io almanco avere la consolazione
del sapere niuna pecorella mancarmi quel di ch' io", chia
mato da Dio, lascerò ad altri il governo dell' ovile. "
A queste paróle parvero tutti venire in pentimento ;
e struggendosi in lagrime, l' un dopo l' altro mi si acco
starono per darmi l' addio. Ad ognuno io stringeva la
destra teneramente ; e benedicendoli, proseguii il viaggio
senza ch' altro più ce ne distogliesse. Però poche ore
prima di notte pervenimmo alla città, o villaggio piut
tosto ; chè di sole poche casucce composto , e perduta
tutta l' opulenza d' un tempo , non altro quello riteneva
dell' antico splendore che la prigione.---. -
CAPITOLO VENTESIMOQ0INTÒ. 159
All' entrare ivi, si fece alto ad un' osteria dove, per
quanto la fretta lo permise , ordinai che s' apprestasse
conveniente rifocillainento: e cenando colla mia famiglia
mantenni l' usata piacevolezza ed ilarità. Come ebbi ve
duto essersi per quella notte provveduta discreta stanza
a' miei, me ne andai col bargello alla carcere. Era un edi-
flcio desiinato altre volte a servigi di guerra ; e consi
steva in una vasta sala chiusa con enormi ferriate, lastri
cata di pietre , e la quale per alcune ore del giorno era
comune ad ogni sorta di prigionieri fosse per fellonia o
per debiti. Oltre di che, a ciascuno era data una separata
cella in cui lo si serrava la notte con chiavistello.
Nel por piede là dentro, stimava io di non dovervi
udire che un piangere, un lamentare diverso e misera
bilissimo. Ma fu tutt' altro; perocchè i carcerati, come
tutti da un solo desiderio animati, parevano seppellire
nel far galloria e schiamazzo ogni pensiero. Impaurito io
pel modo brusco col quale mi si cercò per loro l' emolu
mento solito cavarsi dall'ultimo sgraziato che giunga,
immediatamente lo pagai, ancorchè avessi quasi dato
fondo oramai alla borsellina. Quindi la moneta che mi si
smunse fu tosto convertita in acquavite; e tutta la pri
gione rintronò di sghignazzate , di badalucchi e bestem
mie.
Era stupore all' anima mia il vedere come gente co
tanto malvagia fosse così gioviale, e tristo io per lo con
trario a cui nulla cosa era con essi di comune dalla pri
gionia in fuori ; perchè a me ben più che a loro si addiceva
per' mille ragioni la contentezza eia pace del cuore.
Vinto da cosi tatti pensieri, io incitava me stesso alla gio
condità. Ma per isforzi non si produce mai gioia ; che
ogni sforzo è di sua natura medesima penoso. Me ne stava
quindi taciturno e seduto in un canto della prigione;
quando uno dei miei compagni a me avvicinatosi, si sdraiò
al mio lato per conversar meco'. Regola costante della mia
vita ella era di non fuggire mai la conversazione di co
160 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
loro che davano a divedere desiderio della mia ; perchè
se ooest' uomo colui, le istruzioni sue m' avrebbero gio
vato ; se cattivo, avrebbe egli potuto profittar delle mie.
Mi venne tosto sentito come quegli non fosse per
sona letterata, ma si bene fornita di buon senso e d'al
cun sapere , pratica di mondo, come si suol dire, o , per
meglio parlare, pratica delle umane ribalderie. Doman-
dommi s' io avessi avuta cura di provvedermi di un letto ;
al che io non avea neppur posto mente.
* Mal per te, " diss' egli ; " perchè non ti si appresta
qui che poca paglia, e la tua camera per esser vasta è
freddissima. Ma mi sembri uomo di nobile condizione ,
e tale io m' era un tempo anco io ; però lasciati volen
tieri da me profferire una parte delle mie coperte da
Ietto." • • •
lo lo ringraziai , manifestandogli quanto strano mi
riuscisse queil' atto si umano tra le miserie d' una pri
gione. E per dargli a fiutare un pocolino della mia eru
dizione, gravemente gli dissi che quel savio antico aveva
saputo apprezzare da dovero la dolcezza dell' aver com
pagni nelle afflizioni quando lasciò scritto, Ton kosmon
aire, eidos toon etarioon. * E che è mai in fatti, " soggiunsi
io, * il mondo, s'ei non presta che solitudine? "
" Tu parli del mondo, " rispose colili; * ma il mondo
vaneggia: e la cosmogonia, o voyliam dire il sistema della
formazione dell' Universo, ha imbarazzati i filosofi d' ogni
secQlo. Qual guazzabuglio d' opinioni non hanno eglino dis
seminate intorno alla creazione del mondo ! Sanconiatone,
Moneto , Beroso e Occello Lucano si stillarono su di ciò
invanamenle il cervello.- L' ultimo ha queste parole, anar-
kon ara kai ateleutaion to pan, le quali significano...." - ^
" Padron mio, perdona, " diss! io, "se t'interrompo
tanta dottrina ; ma e' mi pare d' averla già ingozzata
un' altra volta. Non ebbi io forse la fortuna d'incontrarti
un giorno alla fiera di Welbridge, e non t'appelli tu
Efraimo Jenkinson? * Egli mandò un sospiro. " Ti dovre
CAPITOLO VENTESIM0QOINTO. 161
sti pure ricordare d' un dottor Primrose da cui compe
rasti un cavallo ?"
Allora d'improvviso egli mi raffigurò; chè l'oscu
rità del luogo e la cadente notte gli avevano tolto di po
tere riconoscere prima i lineamenti del mio volto.
"Pur troppo si mi sovviene! " esclamò colui. ' Com
perai da te un cavallo, e mi sdimenticai di pagarlo.
L' unico de' miei accusatori ch' io tema è il tuo vicino
Flamborough, perchè egli ha in animo di darmi con giu
ramento colpa di falsator di monete innanzi ai giudici che
terranno per me corte fra pochi di. Mi sa male d' averti
ingannato , e d' avere come te ingannati mill' altri ; ed
ecco qual frutto ho colto delle mie furfanterìe. " Addi-
tommi i suoi ceppi.
*Or bene," risposi, "la cortesia con cui mi offeristi
soccorso in tempo da non isperarne da me giuderdone ,
sarà ricompensata dalle mie cure per mitigare od estin
guer del tutto l' accusa di Flamborough. Manderò quanto
prima a tale uopo il mio figliuolo ; e son certo che quel
buon uomo condiscenderà alle mie preghiere. Per conto
mio poi non ti dar pena, chè non darotti taccia di nulla."
" lo ti sarò grato con tutte le forze mie ; dividerò
teco questa notte le mie coperte da letto, e n' avrai più
della metà ; li sarò amico qui in carcere dove e' mi sem
bra di poter qualche cosa. "
Gliene resi le dovute grazie, maravigliando altamente
del ringiovanito aspetto di lui; perchè la prima volta ch'io
l' aveva salutato m' era paruto uomo di sessant' anni al
meno. * Eh! male , " diss' egli, " tuconosciil mondo. Erano
allora finte le mie chiome ; ed io so contraffare ogni età
dai diciassette ai settanta. Ah! se delle sollecitudini da
me impiegate per diventare consumato briccone io avessi
spesa la metà in ammaestrarmi in alcun genere di com
mercio, sarei a quest'ora ricchissimo. Ma comecchè io
sia un vile mascalzone, quando men te l' aspetti, posso
ancora esserti utile amico."
162 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
Ci furono rotte le parole in bocca dai servi del car
ceriere venuti a far la chiamata dei prigionieri e chiuderli
per la notte. Uno di essi, stringendo sotto l' ascella un
fastellaccio di paglia pel mio letto , mi trasse per un an
gusto ed oscuro corridore in una camera lastricata come
la prigione comune ; ed in un angolo di quella distesa la
paglia e recatemi indosso le coperte a me prestate dal
compagno mio, mi adagiai. Dopo di che la mia guida cor
tesemente diemmi la buona notte e se n' andò. Ed io ,
fatta alquanta meditazione, ed inviate le mie preci a Dio,
che cosi mi puniva de' miei falli, dormii tranquillamente
fino all' alba del domani.

CAPITOLO VENTESIMOSESTO.
Riforma nella carcere. Perchè te leggi fossero perfette,
dovrebbero premiare neW istetso modo che puniscono.

Il giorno che seguì poi venni di buon mattino risve


gliato dalla mia famiglia che dirottamente piangeva a' piè
del mio letto : e tanto d' orrore mandava ogni oggetto cbc
mi stava dintorno, che l'animo di lei n'era altamente
sgominato. Però dolcemente rimproverai l' ambascia dei
carissimi, affermando che mai i miei sonni erano stati più
tranquilli : poi chiesi conto della Livia che non era in lor
compagnia ; e mi fu detto che i travagli e le fatiche della
vigilia avevano fatta crescere alla meschina la febbre, sic
chè la misera non era in istato d'uscire. Ciò udito, inviai
prima d' ogni altra cosa mio figliuolo in cerca d' una o
due camere, le più vicine che si potesse alla prigione per
albergarvi i miei. Egli obbedì; ma a buon mercato non
ne rinvenne che una sola per la madre e le sorelle. Laonde
l' umano carceriere si contentò che Moisè e i due bambini
dormissero in prigione vicino a me. Fu quindi preparato
CAPITOLO VENTESIMOSESTO. 163
un letto per loro che mi parve discretamente pulito. Ma
volli investigare io da prima l'animo de' pòveri piccini,
e sapere s' eglino avrebbono voluto giacere in un luogo
che tanto all'entrarvi avevali spaventati.
" Or via, fanciullini miei, come vi aggrada questo vo
stro letticciuolo? E' mi si lascia credere che non vi met
terà paura il buio di questa camera. "
"No, padre mio," ' rispose Ricciardetto, "che timore
degg' io avere ove tu sei?"
" Ed io, " disse Guglielmino che non aveva ancor
compiuti i quattro anni, " amo più d' ogni altro quel luogo
dove sta il mio caro padre. "
Dopo di ciò a ciascuno della famiglia assegnai il dover
suo. E però alla figliuola comandai che prestasse assi
stenza alla sorella maiatala mia moglie di resiar meco, e
ai due piccini di leggere; e rivoltomi al figliuolo, cosi a
lui favellai : " Dal lavoro delle tue mani, o Mosè mio, noi
tutti speriamo sostentamento. Il tuo salario come giorna
liere basterà a fornirci con frugalità d' ogni cosa bisogne
vole alla vita; perocchè tu hai sedici anni compiuti e sei
robusto della persona. Nè Iddio ti diede invano quella
vigoria, ma per salvare dalla fame i tuoi miserabili genitori
e la tua famiglia . Tu dunque fa' di trovare questa sera la
vorio per domani; e al Unire d'ogni giorno riportaci i
tuoi guadagni. "
Ciò detto ed accomodato il restante, scesi nella pri
gione comune , più spaziosa della mia e dove poteasi re
spirare almeno più alla larga. Ma non vi stetti lunga pezza,
che tosto le oscenità , le bestemmie ed ogni maniera di
scurrili modi che m' invadeano d' ogni lato, mi rispinsero
alla mia camera. E quivi seduto , per alcun tempo medi
tai la stravagante cecità di que' sciagurati che non con
tenti di vedersi contro in arnie tutto il genere umano,
un altro nimico tremendo si preparavano a tutto potere
nell' eternità.
Ebbi pietà della loro ignoranza ; e quella pietà mi
'464 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
dissipò per allora dalla mente il sentimento delle avver
sità mie proprie : e parvenu obbligo di tentare ogni via
per ridurli sul buon sentiero. Però feci pensiero di scen
dere di bel nuovo, e ad onta degli scherni di quelle genti
compartir loro le mie ammonizioni , e perseverare fino a
tanto che io venissi a compimentp del mio proposito.
Tornato quindi in mezzo di loro, rendei consapevole del
mio disegno il signor Jenkinson , che in udirlo scoppiò
dalle risa ; ma lo partecipò non pertanto agli altri pri
gionieri. Fu allora accolta con festa la proposta, essendo
che ella prometteva somministrare novella materia di
spasso a genie, cui era venuta meno oramai o^ni fonte
di gioia fuoricbè la dissolutezza e la buffoneria.
Lessi loro con voce alta, ma non allettata , parte del
divino officio; e l'udienza ne ebbe trastullo. Era a ve
dersi un bisbigliare universale, un (.'estire impudico, ge
miti di pentimento burlescamente spremuti, un tossire,
un occhieggiare, un ridere per ogni parte. Proseguiva
io nondimeno gravemente la lettura , come quegli che
sapeva benissimo potere queil' atto emendare alcuno, ma
non dal ludibrio di nessuno uomo ricevere detrimento e
contaminazione.
Finito ch' ebbi di leggere , cominciai una predica
più per tenerli a bada ed allegri che non per biasimarli.
Dissi che niun' altra cagione m' induceva a parlare , ma
solo il desiderio della loro prosperila, che non guadagno
io traeva dalle mie prediche, e che non mi dovessero
guardare che come compagno di prigionia ; ma dolermi
l' empietà loro per cui niuno utile e sommo danno era
da conseguirsi. " E per verità, " esclamai, " o amici miei,
che amico io vi sono davvero, quantunque a voi volga il
mondo le spalle, nè un soldo vi verrà nel borsello, se
anco mille volte al dì voi deste in orrende imprecazioni.
A che dunque invocare ogni tratio Satanasso e i favori
di lui, s' ei vi malmena cosi miseramente? Egli non
v'empie che di giuramenti la bocca, e vuoto vi lascia
CAPITOLO VENTESIMOSESTO. 16S
il venire ; e se male io non m' appongo , nulla di bene
avrete mai da lui da qui innanzi. Nelle umane contratta
zioni chiunque riceve ingiuria da alcuno, dall' ingiuria-
tore si rimuove e ad altr' uomo migliore ricorre. E a
voi pure converrebbe pigliar prova di un nuovo Protet
tore che a sè vi chiama con belle promesse. Nè v'ha
certo più stupido uomo del ladro che cerca asilo presso
il bargello. E voi al par di lui insensati domandate con
forto a chi già V ingannò, ad un ente del bargello più
maligno : perchè il birro vi tira a sè con allettamenti ,
poi vi manda alle forche; ma l' altro vi zimbella, vi stroz
za, nè vi sprigiona neppure dopo il capestro; e ciò è il
danno peggiore. *
ÀI finire di queste parole, gli uditori mi onorarono
per complimenti; ed alcuni di essi stringendomi la mano,
giurarono essere io buon compagno , la di cui amicizia
bramavano di continuare. Però, detto loro che domani
avrei fatto altrettanto, una speranza io accoglieva di ri
formare i costumi : perocchè fu sempre mio avviso non
essere mai disperata l'emenda in qualsivoglia cuore,
purchè colui che ha in animo d' emendarlo indirizzi ac
cortamente le sue rampogne e ben colga. Contentata cosi
l'anima mia, ritornai alla camera dove mia moglie aveva
preparato un desinare sobrio, a cui chiese Jenkinson di
unire anche il suo, onde, com'ei diceva, godere della
mia conversazione. Egli non aveva mai veduta la mia fa
miglia ; perchè venendo ella a me introdotta peruna porta
segreta del corridoio già descritto, non era a lei uopo
passar per mezzo alla prigione comune. Maravigliò quindi
altamente della bellezza della mia figliuola minore a cui
una ceri' aria pensierosa aggiungeva grazia, ed accarezzò
cordialmente i miei due bambini.
"Ahi! dottor mio, " diss'egli, "non è luogo questo
che si convenga a cosi belli figliuoli. "
"Grazie a Dio, " risposi, "ch'eglino siano d'onesti
costumi; poco importa del resto. "
166 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
< ' * Certo che a te darà somma consolazione il vederti
attorniato da codesta famiglinola. "
"Ben dici; ne per niuna cosa del mondo patirei
d'esserne separato. Per loro la più scura segreta si tras
muta in una reggia. E per far me infelice non v' ba che
un mezzo; oltraggiare i miei cari figliuoli. "
" Ahi me misero dunque reo di tal colpa ! Veggone
uno da me ingiuriato e a cui domando perdono. "
Guardò in faccia a Mosè che riconosciuto tosto quella
voce, vide chi egli era; e presolo per mano, con un sor
riso gli perdonò. Poi domandogli il figliuolo per quali
rozze fattezze fosse egli paruto al signor Jenkinson per
sona di pel tondo e corriva.
" Amico , " rispose l' altro , * non dal tuo volto , ma
dalla calzetta bianca e dal nastro nero che ti annodava
i capelli fui io allettato. Ma non perciò avvilirti; cinèdi
piò scaltri di te ne uccellai un tempo. Ahi che i donzel-
loni fur troppi, e ad onta delle mie gherminelle m' hanno
alla fìue arrivato ! "
Parve al mio figliuolo che il racconto della vita di
quell' uomo dovesse riuscire dilettevole ed instruttivo ; e
gliene fece domanda.
"Nèl'una nel' altra cosa se ne può trarre," rispose Jen
kinson. "Lenarrazionichesi aggiranosolamentesuileciur-
merie ed i vizi dell' umana razza, ingombrandoci di mille
sospetti la mente, ritardano il nostro progresso nell'arte
della vita. E quel viandante che d'ogni persona incon
trata diffida, e torna indietro ogni volta che gli si para in
nanzi alcun uomo ch'abbia faccia di ladro, rade volte giunge
in tempo opportuno alla mèta del suo viaggio. Però giu
dicando per mia esperienza, a me sembra che que' sac-
centoni che dan la menda a ognuno siano li più scimu
niti uomini della terra. Fino dalla mia infanzia fui creduto
sagace; e della età di soli sette 'anni dicevanmi le donne
F uomicciuolo perfetto. A quattordici anni io sapeva di
cose mondane ottimamente, vestiva da cicisbeo e faceva
CAPITOLO VENTESIMOSESTO. 167
all' amore. A venti, sebbene fossi sempre stato di onesti
costumi , ognun mi reputava astuto a tale da non volere
per nulla commettersi alla mia fede. Venni quindi forzato
per mia difesa ad affilare sempre più l* intelletto ; e menai
dappoi la mia vita fantasticando su trovati strani, avvol
gimenti d' ogni specie e baratterie, col cuore sempre bal
zello™ per tema d' essere scoperto.
la rideva spesso della semplicità dell' onorato vostro
vicino Flamborough ; ogni anno, o ad un modo all' altro,
una Gata giuntandolo. Eppure quel buon uomo libero
di ogni sospetto tirò innanzi e si fe'ricco; mentr' io colle
eterne mie trappole , co' miei tanti gabbi , rimasi povero
e privo delle consolazioni che somministra il sentimento
della propria onestà.
Ma comecchè gli accorgimenti miei non mi abbiano
saputo scampare dalla prigione, forse ne potranno liberare
i miei amici. Ditemi dunque, di grazia, per qual ragione
voi Siete qui stati condotti. "
Allora io narrai distesamente tutta la fila de' casi e
de' viluppi che m' avevano balzato in quella miseria, e come
io non sapeva per niun verso levarmi d' intorno quell'im
paccio. Com'ebbe egli udita la mia istoria, stette sovra
pens|pri per più minuti; poi, percossasi la fronte quasi al
cun rimedio gli sovvenisse a'miei mali, prese da me li
cenza, assicurandomi volere egli tentare ogni partito por
giovarmi. »

CAPITOLO VENTESlMOSETTIMO.
Continua lo sletso soggetto.
*
Il giorno appresso partecipai a mia moglie ed ai Ggliuoli
com' io intendeva di convertire i prigionieri , da che vol
lero sconfortarmi. E disapprovando intieramente quella
impresa quasi vana la fosse ed impossibile, dissero ch'ogui
168 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mia opera sarebbe tornata in detrimento soltanto del mio
minisierio.
" Non è vero, " risposi, * ciò che voi dite. Coiieste mi
sere genti, sebbene cadute, sono uomini tuttavia: e ba
sta perch' io rivolga loro il mio amore. I buoni consigli
ributtati ritornano ad abbellire il cuore di chi li diede; e
se le ammonizioni da me compartite non emenderanno
coloro, io ne trarrò fuor d' ogni dubbio l' emenda di me
medesimo. Se codesti infelici fossero in alia fortuna, mille
persone accorrerebbero ad esibersi al servigio loro. Ma
io reputo tanto preziosa l' anima di chi è seppellito in or
renda carcere , quanto quella di lui che siede in trono.
Però voglio correggerli, se posso, e forse di essi non tutti
mi farannno beffe ; forse uno ne strapperò dall' abisso, e
ciò sarà gran guadagno ; perchè non v' ha gemma al
mondo che pareggi l' anima di un uomo. "
Dopo queste parole abbandonando i miei figliuoli, scesi
nella prigione comune ove i compagni in grande allegria
aspettavanmi, ognuno meditando di corbellarmi a sua po
sta, e prendersi giuoco del buon dottore. Quindi sul bel
principio l'uno torsemi a sghimbescio la parrucca; e fìn
gendo d'averlo fatto inavvertitamente, me ne chiese per
dono; l' altro in lontananza sapeva si destrameny^per
mezzo i denti sputare cotali farfalloni che piovendo itti mio
libro tutto inondavanlo; il terzo si pose a cantare amen
con si soverchia santità, che tutti scompisciaronsi dalle
risa ; ed era al quarto riuscito di ghermirmi bellamente
fuor delle tasche gli occhiali. Ma la burla d' un altro ebbe
accoglimento più universale ed urli di gioia; perchè co
lui, veduto come io aveva disposti i miei libri sul tavo
liere innanzi a me, pian piano ne tolse via uno, ed in luogo
di quello vi sostituì un suo libro zeppo d'oscenità- lo non
periamo feci sembiante di non accorgermi de' malvagi
scherzi di que' miserabili; ma proseguii tranquillamente;
tenendo per fermo, che per una o due volte al più avreb
bero latte eglino le risa grasse; ma svanite quelle, la
CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO. 169
serietà de' miei discorsi sarebbe rimasta. Così in fatti av
venne: e in meno di sei giorni alcuni furono penitenti,
attentissimi tutti.
Lieto io medesimo della mia perseveranza e dell'ac
cortezza colla quale io aveva saputo desiare alcuna sensi-
bilìlà in que' sciagurati sprovveduti d'ogni sentimento
morale , me ne lodava ; e di poi volsi l' animo all' utilità
temporale di loro, procurando di renderne meno trista la
condizione.
Fino a quel tempo la loro vita non era stata che un
patir fame, poi un crapulare, un tumultuar licenzioso
seguito da amatissimo pentimento. Lasciati in preda al
l'ozio, gli avresti veduti ogni tratto arrissarsi , giocar a
cricca e tagliare turaccioletti pel tabacco. Però da quest'ul
tima loro industria, vana per sè stessa, mi venne destato
il pensiero di proporre a chi 'l volesse un piccolo com
mercio ; questo cioè di fare fuscelli aguzzi pei tabaccai e
pei calzolari. Comperavasi quindi a spese comuni il legno
e lavoratolo, vendeansi per cura mia i piuoli ; e da questi
ogni giorno ciascuno traeva qualche guadagno, che seb
bene scarso bastava per sostentarlo.
Nè qui ristette l'opera mia; ma stabilii inoltre de'ga-
stighi pe' depravati costumi e delle ricompense per chi
mostrava più industria. Di maniera che in meno di quin
dici dì gli ebbi ad una specie d' umana società ridotti ;
legislatore me stesso con compiacenza reputando, il quale
dalla nativa ferocia aveva menati quelli uomini alla ob
bedienza , all' amicizia.
Sarebbe desiderabilissima cosa che di tal fatta il legis
latore ordinasse le leggi più alla correzione degli abusi
che alla severità ; e eh' egli di ciò si convincesse , estir
parsi i delitti col rendere le pene non familiari , ma for
midabili. Invece delle presenti nostre prigioni che o ac
colgono o fanno elleno stesse rei gli uomini , e nelle quali
entrano gli sgraziati colpevoli d'un delitto, e n'escono,
se pur vivi, coli' attitudine a commetterne mille ; dovreb
170 IL VICÀRIO DI WAKEFIELD.
bero come in diverse altre parti d'Europa vedersi qui pure
de' luoghi di penitenza e solitari, nei quali l'accusato tro
vasse tali persone che a pentimento lo riducessero, se
reo, e a nuova virtù l'infiammassero, se innocente. Que
sta , e non la gravezza de' gastighi, è la via per cui in uno
stato si emendano i costumi. Nè io direi interamente le
gittimo il diritto che l'umane società si sono arrogate di
punire capitalmente colpe leggiere. Chiaro appare avere
esse codesto diritto ne' casi d'omicidio; dover nostro es
sendo il conservar e difendere noi medesimi : e togliere
quindi la vita a chiunque l' altrui vita non rispettò; e con
tro l'omicida la natura tutta in armi si solleva. Ma non
cosi contro del ladro : perocchè la legge naturale non dà
a me diritto d'uccidere chi mi ruba il cavallo; perchè
proprietà mia ella non dice essere il cavallo che colui mi
toglie, ma tanto mio quanto del ladro. Se vi ha dun
que diritto d'ucciderlo, questo non può derivare che da
un contratto sociale per cui sia stabilito che chi.priva aV-
trui di un cavallo debba morire. Ma tale contratto è nul
lo; perchè niun uomo ha diritto di vendere la propria vita
o di comperare l'altrui, condossiachè nessuno ne sia egli
il padrone : ed è sproporzionato; perchè assegna gravis
sima pena a scarso fallo; meglio essendo che vivano due
uomini , di quel che non sia che l'uno cavalchi. Ne giu
dice alcuno ne'moderni tribunali vorrebbe approvare un
contratto di tal sorta tra due cittadini. Ora quel contratto
che è invalido tra due uomini , perchè no) sarà tra cento,
tra cento mila ? In quella guisa che dieci milioni di cerchi
non faranno mai un quadrato; tutte insieme le voci di
cento e cento milioni di uomini non potranno mai dare il
menoma fondamento alla falsità. Tale è la vocer della ra
gione ; e a lei fa eco con libero grido la natura. Però i sel
vaggi dalla sola legge naturale governati rispettano tene
ramente l'un dell'altro la vita, e rade volte e solo il sangue
vendicano col sangue.
I nostri antichi padri, i Sassoni, feroci com' eglino
CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO. 171
erano in guerra , in pace poche morti tolleravano. E in
tutti i governi nascenti ne' quali è impresso ancora pro
fondamente il marchio dello stato naturale da cui sorto
no , quasi nessun delitto è reputato capitale.
Ma solo nel mezzo de' cittadini di una società sover
chiamente incivilita , le leggi penali, poste in mano del
ricco, gravitano sul poverello. Come gli uomini così i
governi invecchiando, bisbetici diventano e rabbiosi. E
quasi come se le ricchezze coli' accrescersi più stimabili
e care si rendessero, e i maggiori tesori più timori par
torissero: ogni giorno con nuove leggi vengono da noi
protette le cose nostre, e muniti, per così dire , i nostri
averi d'una palificata di forche onde atterrirne ogni assa
litore.
lo non so dire se più pel troppo numero delle leggi
penali, o per la licenza popolare accada che nella mia pa
tria -veggausi ogni anno più rei di quel che non ne abbia
mezza l'Europa tutta unita: e forse è da ascriversi ad
entrambe del pari quelle cagioni, perchè madri entrambe
di delitti. Allorchè una nazione punisce con uguali pene
alla rinfusa differenti gradi di colpe , il popolo non iscor-
gendo distinzione ne' gastighi, non distingue neppure i
misfittjfe nulladimeno codesta distinzione è l'antemurale
della pubblica moralità. Dì qui la moltitudine delle leggi
produce nuovi vizi; e i nuovi vizi sempre la necessità di
nuove leggi.
Però ottimo provvedimento sarebbe se i magistrati,
anzi che inventar nuove pene pel vizio, anzi che ristrin
gere i legami della società con tal veemenza fino a rischio
di produrre una convulsione che poi schiantili del tutto,
anzi che spingere a morte i rei come inutili entiprima di
provarne l'utilità, anzi che rivolgere a vendetta la corre
zione ; tentassero , dico, i magistrati di prevenire con sa
gaci arti i delitti; e fosse protettrice la legge, non tiranna
del popolo. Vedrebbesi allora che all'anima di tali crea
ture, spregiata come vilissima scoria, non mancava che la
(72 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mano esperta d' un affinatore. Vedrebbesi che tanti me
schini, spinti a lunghi supplici! dall'altrui fasto orgoglioso
il quale d'ogni menoma offesa si sdegna, potrebbero, se
convenientemente trattati, in difficili tempi servire di
propugnacolo allo Stato. Vedrebbesi come i volti così an
che i cuori loro somigliare ai nostri; e non v'essere si
trista mente cui ad emendare non valga la perseveranza.
E vedrebbesi da ultimo che l'uomo può mettere fine ai
delitti senza bisogno della mannaia : e che ad assodare
la nostra sicurezza poco sangue fa d'uopo.

CAPITOLO VENTESIMOTTAVO.
Le felicità e le miterie umane tono piuttosto frullo dell' ac
cortezza che della virtù , dacché le gioie e le amarezze di
quelto mondo agli occhi d'Iddio tien cote da nulla, e
indegne della tua tollecitudine nella loro ditlribuzione.

Erano oramai trascorsi quindici giorni di prigionia ,


nè in tutto quel tempo io aveva mai veduta la mia cara
Olivia, ad onta ch'io ne sentissi ardentissima brama.
Però manifestato quel mio desiderio alla moglie, il di ve
gnente di buon mattino entrò nella mia camera la povera
fanciulla appoggiata alle braccia della sorella: e sembrava
sI fattamente mutato da quel di prima l'aspetto di lei, ch'io
ne fui atterrito. Erano fuggitele grazie innumerevoli che
un tempo sedevano sulla persona sua ; e la mano di morte
pareva che avesse sfigurato quel volto a bella posta per
istraziarmi l' anima. A{fossati erano gli occhi , tesa la fron
te, e d'un mesto squallore ricoperte le guance.
" Oh quama gioia ho del vederti, o mia Olivia! " dis-
s'io. "Ma perchè sei tu tanta sbattuta? Viscere mie, se
m'ami, perchè ti lasci tu dal cordoglio vincere, e consu
mi si miseramente una vita a me cara come la mia pro
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO. 173
pria? Datti. pace lina volta, e spera un più felice avve
nire. *
" Padre mio , tu sempre fosti meco pietoso. Ma delle
mie pene questa è la maggiore , il non avere io speranza
di poter mai con te dividere la felicità che mi prometti.
Non v' è più in terra felicità per me; e sospiro il momento
in cui sarò liberata da questo mondo ove tutto è sventura
per la tua figliuola. In vero, io desidero che tu ti sotto
metta alla fine al signor Thornhill; e con ciò forse lo in
durrai a pietà: e il saperti io meno sciagurato, o padre
mio , mi farebbe morire consolata. *
"No, carissima, non sarà mai ch' io m' induca a con
fessare essere la figliuola mia una femmina prostituita;
perchè, quantunque abbominevole possa parere al mondo
il tuo fallo , io non a cuor perverso , ma a credulità tua
troppa l' attribuisco. Nè credere, Olivia mia, ch' io sia in
felice in questo luogo per quanto orrendo tu'l vegga:
e sta' certa che finchè tu, vivendo, farai beati i miei gior
ni, io non acconsentirò mai che colui ti renda più dolente
collo sposarsi ad una altra donna. "
Partita la mia figliuola , il mio compagno di carcere
stato presente a quell'abboccamento, con alquante ra
gioni biasimò la mia ostinazione nel non volere con po
che umili parole guadagnarmi la libertà. Disse non essere
da sacrificarsi il restante della famiglia alla pace di un solo
individuo , e di quello appunto che mi aveva offeso ; e non
sapere egli con quanto senno io m' opponessi all' unione
dei sessi, rifiutando. di prestare il mio assenso ad un ma
trimonio cui io non poteva in conto veruno impedire, co
mecchè m' ingegnassi di farlo malauguroso.
* Tu non conosci, " diss' io, * l'uomo che ci opprime.
Ma so ben io che qualunque sommessione dal canto mio
non mi procaccerebbe nè un'ora di libertà ; poichè in que
sta camera istessa ov' io parlo un suo debitore, siccome
a me vien narrato, morì d'inedia l'anno scorso. Ma s'an-
ehe il soggettarmi a suoi voleri e l' approvar le sue nozze
174 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
valesse a trarmi di qui e collocarmi nel più bello de' suoi
palagi, io noi farei; perchè una voce mi grida cbe quello
sarebbe un prestare consentimento all'adulterio. Finchè
vive la mia figliuola, legittime non parranno mai agli oc
chi miei altre nozze di lui. Ma morta ch' ella fosse, sarei
vilissimo uomo, se volessi tentare, per segreta ira, di dis
giungere Chi desidera unirsi. Per quanto infame egli sia,
bramerei allora ch'ei si sposasse , onde prevenire le fu
ture' disonestà sue. Ma non sarei io di presente il più cru
dele dei padri, sottoscrivendo un contratto che strap
pando me dalia prigione manderebbe in tomba la mia
figliuola? E per evitare io un' angoscia, dovrei di mille
punte trafiggere il cuore della misera ? *
Rimase egli convinto dalle mie parole essere giustis
simo il mio rifiuto ; poi addolorato mi disse che la salute
della Livia parevagli cotanto distrutta, che ben poco tempo
ancora di prigionia mi restava a temere. Indi, prose
guendo il suo ragionamento domandommi perch'io, senza
chiedere alcuna scusa al nipote, non ricorressi allo zio di
lui, a quel si lodato onest' uomo che per tutta Inghilterra
aveva voce di giusto. Suggeritomi d'indirizzare al signor
Guglielmo una lettera che lo mettesse a parte di tutti i
mali trattamenti usati vèr noi dal nipote, sicuro che in
tre giorni n' avrei ottenuta una savia risposta. Però lo rin
graziai del buon consiglio ; e determinato io di mandarlo
tosto ad effetto, non avendo nè carta nè danaro mio per
comperarla, egli cortesemente mi provvide d' ogni cosa.
Però, tutti que' tre giorni l'ansietà di sapere come sa
rebbe stato accolto il mio scritto, mi travagliava con acerbo
batticuore. E a quello si aggiungevano l'importunità con
cui mi sollecitava mia moglie a sottopormi ad ogni patto
ai voleri di Thornhill piuttosto che rimanere incarcerato,
<: le tristissime novelle che mi si recavano ogni momento
della inferma mia figliuola. Venne il terzo dì , venne il
quarto; ma niuna risposta alla mia lettera. I lamenti
d'uno sconosciuto uomo contro di un'uipote prediletto
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO. 175
non era da credere che dovessero trovare fortuna presso
uno zio amantissimo ; e questa speranza mia, insieme colle
precedenti tutte, svaniva. Quantunque però i disagi della
prigionia' e la malsana aria di quel luogo cominciassero
a prostrare le mie forze , e andasse sempre più peggio
rando la spalla scottata , la mente tuttavia dignitosa soste-
navasi. Sedevano i miei figliuoli intorno a me sdraiato su
poca paglia, ed ora a vicendà leggevano, ora udivano at
tenti le mie ammonizioni e lagrimavano. Ma la salute
d'Olivia illanguidiva più assai della mia; e di ciò il cuore
mi scoppiava più crudelmente ogn'istante che a me si
recavano novelle di lei. La quinta mattina dopo la lettera
da me inviata al signor Guglielmo Thornhill , fui spaven
tato dall'avviso che la misera aveva perduta la favella ;
e questa fu la prima volta che la prigione m' increscesse
davvero. Si struggeva l'anima mia del desiderio d' uscire
dall'oscuro carcere, volare al letto della cara figliuola,
confortarla , alleggerire con soavi parole gli affanni di lei ,
incamminarla vèr Dio e raccoglierne l'ultimo sospiro.
Corre un altro e mi narra ch' eli' è moribonda. Ahi scia
gurato me , privo della meschina consolazione di poter
piangere sul capo della fanciulla ! Venne finalmente il mio
compagno di prigione coli' estremo annunzio ; " Abbi pa
zienza, ella spirò. "
La mattina appresso tornò Jenkinson e trovommi at
torniato da' miei bambini', sola compagnia a me rimasta,
li quali, tutte le innocenti lor cure ponevano in opera per
consolarmi.
" E non è ora fatta un aogefo la sorella? " diceva il
maggiore; " di che dunque, o padre, ti affliggi? Vorrei
pur io fuor di questo orrendo luogo esser un angelo in
sieme al mio genitore. " — * SI davvero, " esclamò il più
piccino, " il cielo ov'ora è la Livia , è un luogo assai più
bello di questo , e vì son solamente buone genti ; ma qui
non veggonsi che cattivi. *
Il signor Jenkinson interruppe que'loro semplici dis
176 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
corsi , per dirmi che, morta essendo la mia figliuola, rivol
gessi ogni mio pensiero al restarne di mia famiglia, e pro
curassi di salvare la mia vita che di dì in di declinava per
gli stenti e l' inedia.
Aggiunse egli essere dover mio il renunziare ad ogni
orgóglio , ad ogni privata collera pel bene di loro che da
me aspettavano sostentamento: e giustizia e ragione co
mandare a me ch' io studiassi ogni maniera di rappattu
marmi col mio padrone.
" Lode a Dio , * risposi , " non è orgoglio più nel mio
cuore, e detesterei me medesimo se vi covassi favilla an
cor di superbia o d'ira. Per lo contrario, essendo stato già
mio parrocchiano colui che m'opprime, io accolgo spe
ranza di potere un di presentare l' anima di lui monda al
l'eterno tribunale. Non l'odio io no; e quantunque ei
m'abbia tolto ciò ch'io teneva più caro de'suoi molti te
sori , quantunque ei m'abbia lacerato l'animo, e trat
tomi in infermita gravissima e quasi al sepolcro , ti giuro
ch' io non bramo vendetta- l'ero son pronto ad approvare
i suoi sponsali ; e se grata può aThornhill riuscire la mia
sommissione, ei sappia ch'io dolgomi d' ogn' ingiuria
qualunque , con cui io gli abbia mai fatta offesa. "
Il signor Jenkinson presa la penna e l' inchiostro ,
scrisse la scusa quasi nelle stesse parole da me proferi
te ; ed io vi sopposi il mio nome.' Quindi mandai mio
figliuolo a portare lo scritto allo scudiero, il quale allora
abitava nel suo castello : e dopo sei ore ritornò Mosè con
una risposta verbale. Insolenti i valletti e sospettosi non
gli volevano accordare ch'egli venisse innanzi al padrone:
ma alla fine, vedutolo per buona fortuna uscir di casa per
alcune sue occorrenze, come colui ch'era tutto in fac
cende pel matrimonio che doveva in tre di celebrarsi ;
corsogli egli dietro e con umili modi salutatolo, gli aveva
consegnata la lettera. Letta quella, il signor Thornbill gli
disse essere tarda ormai e vana ogni sommissione , sa
pere egli aver noi avuto ricorso a suo zio, dal quale era
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO. 117
vamo stati col meritato disprezzo ributtati , e che per
altro ogni nostra domanda doveva d' allora innanzi rivol
gersi al procuratore e non a lui. Ma non pertanto avvertì,
che avendo egli in buon conto la prudenza delle due fan
ciulle, quelle sarebbero state le più gradite interceditrici.
" Siati argomento questo una volta, " diss' io al com
pagno ' della ribalderia del mio oppressore. Vedilo mót-
teggevole insieme e crudele. Ma , mi malmeni egli pure
a sua posta. Libero sarò io quanto prima a dispetto delle
sue catene; perocchè mi vo accostando aduna abitazione
che più luminosa mi appare quanto più me le avvicino.
Questa speranza allieva i miei patimenti ; e quantunque
a me dolga di lasciare dopo di me una famiglia d'orfa
nelli priva di soccorso, pure non saranno que' miseri , io
spero, dimenticati da tutti. Avravvi forse un amico che
per amor del loro povero padre vorrà assisterli: e forse
alcuni per amore del padre universale e celeste, porge
ranno caritatevolmente aiuto a que'malarrivati. "
In cosi dire, ecco entrare mia moglie che io non an
cora aveva quel giorno veduta , tutta terrore gli sguardi e
l' andamento, e sforzantesi di parlare, ma parlar non po
tendo. " E perchè, amor mio, * le dissi, * vuoi tu raddop
piare col tuo il cordoglio mio? Se niuna scusa vale a
commuovere il severo nostro padrone, s'egli mi ha condan
nato a morire in questa stanza lugubre, se noi abbiamo
perduta una figliuola amatissima, avrai conforto non per
tanto dall'amorevolezza degli altri tuoi fanciulli quand'io
più non sarò. "
" Ahi si, perduta un'amatissima figliuola, " gridò ella,
" abbiam noi! La cara mia Sofia se n'è ita, strappata dal
nostro seno , rapita da scellerati assassini. "
" Come è ciò ? " esclamò il mio compagno : " madami
gella Sofia da scherani rapita ? * Ella non rispondeva che
con un affissar d' occhi e un gran fiume di pianto. Ma la
sposa d' un prigioniero venuta seco lei più distintamente
ci narrò il caso. Andava quella donna in compagnia di
12
178 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
mia moglie e della figliuola spasseggiando per la via mae
stra fuori del villaggio: quando un calesso da posta tirato
da due cavalli venne loro dietro ; e giunto ov'esse erano,
fece alto. Immediatamente un gentiluomo ben vestito ,
tutt' altri però che Thornhill, scese a terra ; ed afferrata l»
fanciulla attraverso la cintura , strascinala a viva forza
nèì calesso: quindi ordinato al postiglione die toccasse
di sproni , in un batter d' occhio fur lungi.
" Ecco," gridai com' ebbi ciò udito, '-ecco posto il
colmo alle mie miserie: nè v'ha cosa del mondo che
possa accrescere un' altra sciagura alle mie tante. Oh non
una mi resta delle mie figliuole! Non una me ne lascia
quello spietato! Ella era nel cuor mio, bella come un an
gelo « e al par quasi d'un angelo savia. Ed ei me l'ha
tolta! « -••',
Per lo dolore mia moglie sarebbe al suolo-caduta, se
i circostanti da me pregati non le avessero prestato so
stegno. Ripigliato ella allora animo alcun poco, a me si
rivolse con queste parole : " Più di me, o caro, hai d' uopo
tu di conforte. Sono grandi le nostre sventure; ma, e
queste sopporterei e maggiori, s'io almeno tè vedessi in
più tranquillo stato. Tolganoti pure e figliuoli e tutto,
purchè te non mi tolgano. " -• . . : -«
Procurava Mose di calmare la nostra angoscia, e ci
pregava di non iscorarci interamente, volgendo la spe
ranza a più lieto avvenire. " O figliuolo mio , " gli risposi,
'gira lo sguardo per tutto l'universo, e cerca se vi rimanga
una felicità per me. Non è egli spento ogni raggiò di spe
ranza? 0 s'uno ne vedi, non è egli oltre la tomba?"
* Buon padre, un momento di consolazione forse an
cora ti resta, e ne sarà forse cagione una lettera- or ora
giunta dal mio fratello Giorgio. *
* Che di' tu mai? Sa egli quel poveretto le nostre
tante traversie? Deh ch'ei non le abbia a dividere con
esso noi! *
* Si , si, o padre , egli è contento, allegro, felice. Non
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO. <79
leggi che buone novelle nella lettera di lui. Egli è il favo
rito del suo colonnello il quale gli promette la prima luo
gotenenza che vacherà. "
"Ma lo sai tu di certo?" esclamò mia moglie; "sei
tu sicuro che niun guaio l'ha colto ? *
" No, o madre, nessun guaio per verità. Vedrai tu
stessa la lettera , e n' avrai gran gioia , la consolazione
maggiore che in tali frangenti ottenere si possa. "
"Ma sarà scritta proprio da lui la lettera? Sei certo
ch' egli sia felice davvero ? "
* Qual dubbio, mamma mia, aver puossi di cio? Egli
è felice ora ; e sarà un di sostegno onorato della fami
glia. "
* Grazie sieno ,* diss' ella, * alla Provvidenza per avere
essa mandala a male f ultima lettera ch' io gli scrissi.
Debbo pur confessare, o marito mio, che quantunque la
mano di Dio sia grave sopra di noi per mille versi, in ciò
propizia ci è stata. Nell'amarezza dell'ira io aveva scritto
al mio figliuolo l'istoria di nostre sventure, scongiuran
dolo per le benedizioni d'una madre a vendicare suo pa
dre , a vendicar la sorella, a non patire l'onta nostra, se
umano cuore egli avesse in petto. Ma grazie sieno di nuovo
a lui, ohe governa ogni cosa ; la lettera non- è capitata alle
mani di Giorgio , e tranquilla perciò ritorna l' anima mia. "
* Donna, " diss' io, " malfacesti; e s'altri tempi fos
sero, a te me ne richiamerei con più severe rampogne.
Ahi da che tremendo precipizio se'tu scappata! Quello
bastava a spingere te e'l tuo figliuolo in eterna rovina.
E per verità la Provvidenza ci fu in ciò più benigna che
noi siamo noi a noi stessi , serbando quel giovinetto affin
chè rimanga egli sovvenitore e padre de' figliuoli miei
quand'io sarò sotterra. Però , moglie mia cara , ingiusta
mente e contro ogni dovere mi dolgo io dell'essermi tolta
qualsisia maniera di consolazione ; quando ancora mi resta
la conoscenza che 'l mio Giorgio è felice nè sai nosiri
tanti travagli, e sussidio egli rimane alla vedova madre,
180 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ai fratelli , alle sorelle. Oh -che dico io mai ! A lai quali
sorelle avanzano ? Ei non ne ha più una ; perdute son
tutte , rubate a me tapino , a me tratto in estrema scia
gura. "
Interrompendomi Mosè , pregò che io stessi attento
alla lettura, ch'egli intendeva di fare della lettera , come
di cosa gratissima. Mi vi lasciai piegare finalmente, ed
egli così lesse :
« Onoratissimo Signore,
» Per pochi momenti rimuovo la mia immaginazione
dai piaceri che mi circondano ad oggetti più soavi per me,
al caro iocolare della mia paterna casetta. Parmi vederla
cogli occhi miei l'innocente famiglia stare a crocchio e
sorbire avidamente la lettura di ogni linea di questo scrit
to ; parmi vedere coil mio sommo diletto que' volti ne
dall'ambizione sfigurati, nè dalla sventura. Ma qual ch'ella
sia la vostra felicità , son certo che n' avrete ancora una
maggiore in udire come io sia contentissimo della mia
presente condizione e fortunato per ogni verso.
» Il mio reggimento ebbe un contrammandato , e
non uscirà del Regno. Il colonnello che mi ama quale ami
co, mi conduce seco- in tutte le adunanze da lui frequen
tate ; e dopo la prima visita mi vi si accoglie ogni di con
sempre maggiore benivolenza e rispetto. Ier sera ballai
colla dama G'", ed avrei fatta facilmente fortuna con
esso lei, se fosse ch'io potessi dimenticare quella per
sona che voi sapete. Ma egli è sempre mio destino il con
servare io memoria degli altri, mentre il più de' miei
amici si scorda affatto di me. E fra questi temo di dovere
annoverare anche voi , o signore; perchè egli è già gran
tempo ch' io aspetto invano vostre lettere. Olivia e Sofia
mi avevano promesso di scrivermi : ma e'pare che non si
ricordino più di me. Dite loro per nome mio ch'elle sono
due vere sgualdrinelle, e che mi hanno fatto andare in
gran collera. Ma quantunque io .abbia voglia di farmi bur
CAPITOLO VENTESIMOTTAVO. 18l
bero, non so perchè il mio cuore non voglia obbedirmi,
non essendo agitato io che da soavissime palpitazioni!
Dite loro dunque che ad onta di ogni cosa io le amo
teneramente; e siate voi certo ch'io sarò sempre
il vostro devotissimo figliuolo. »
"In mezzo alle nostre miserie," esclamai allora,
" quanto gradevol cosa non è ella il sapere che uno al
meno della famiglia sia esente dalle pene che noi soffria
mo ! Iddio voglia custodirlo, e mantenere così felice il
mio figliuolo - perchè egli possa sovvenire alla sua vedova
madre ed assistere con paterno amore questi due bambi
ni , li quali sono l' unico patrimonio ch'ei dovrà da me ot
tenere. Difenda egli la loro innocenza dalle istigazioni
del bisogno, e siane guida sul sentiero dell'onore. "
Non aveva io ancor finito di dire, quando un frastuono
come di tumulto s' udì venire dalla sottoposta prigione.
Tacque poco dappoi il trambustlo; e uno stridere di ca
tene rimbombò per la volta del lungo corridoio che capi
tava alla mia camera. Ed ecco il carceriere trarsi dietro
un uomo tutto insanguinato, piagato e di gran ferri grave.
Ad ogni passo cbe quel ferito infelice stampava vèr me ,
mi si destala nell' anima la compassione con più vee
menza. Ma ella subitamente si converti in orrore, ravvi
sandolo io pel mio figliuolo. " Ahi! Giorgio, figliuol mio,
cosi dunque io ti veggio? Sanguinoso per le ferite e tutto
carco di ceppi! E questa adunque è la tua felicità? In cosi
orrida guisa al tuo padre tu ritorni? Oh vista che il cuore
mi sbrana ! Morire io bramo; non altro prego che di mo
rire. "
" E dov'è, o padre, la vigoria dell'anima tua? * ris
pose con intrepida voce il figliuolo. " Non v' è più vita
per me: e me la tolgano pure. Sosterrò con fermo animo
la morte; perchè, quantunque fuor d'ogni speranza di
perdono, la coscienza non mi rimorde d'alcun omicidio."
Tentai di frenare per pochi momenti il mio dolore
482 IL VtCABIO DI YPAKEFIELD.
col silenzio; ma quello sforzo mi uccideva. Però dovetti
cosi esclamare : * O figliuol mio , il cuore mi si Sbarra dal
petto in -vederti cosi sciagurato, nè poterti soccorrere
dell' opera mia. Misero me! che nè giovarti io possa!
Ahi crepacuore di padre! Riposare tranquillo nella cre
denza che tu fossi felice, pregare Iddio che te conser
vasse, e nello stesso tratto mirarti in tale orrido stato,
tutto sangue e catene ( Pure la morte del giovane è felice.
Ma io vecchio, io pieno d'anni, son vissuto fino a questo
giorno per dover mirare i miei figliuoli cadere di cruda
morte l' un sovra l' altro al mio fianco e nel fior di gio
vinezza. Ed io vivere in tanta rovina , io solo ! Tutte le
maledizioni che valgono a sterminare una creatura piom
bino addosso all' assassinatore de1 miei figliuoli. Abbia
egli tanto di vita coin' io, per vedere.... "
" Pon' modo , o padre , ai lamenti , " replicò il mio fi
gliuolo? * o ch' io per te sarò costretto ad arrossire. Come
puoi tu dimenticare la tua età, il tuo sacro ministerio, ed
arrogarti d' avere in potere tuo que' fulmini che spettano
alla gustizia di Dio, e scagliar maledizioni che ricadereb
bero tosto sul tuo capo canuto per ischiacciarlo spavén-
tevolmente? Rivolgi piuttosto ogni cura a disporre me a
quella niorte ignominiosa a cui sarò tratto in breve: av
valora le mie speranze e la fermezza del cuor mio ; e mi
presta coraggio per bevere l' amarissimo calice che mi
sta preparato. "
" Non morrai no f figliuol mio; chè certo di tal colpa
non sei reo a cui si convenga puaimento infame cotanto.
Come può egli essere mai che il mio Giorgio commetta de
litto si nero che valga a svergognare gli antenati suoi ? "
" Eppure imperdonabile e il mio fallo. Appena rice
vuta la lettera di mia madre, corsi a questa v Ita deter
minato a punire il traditore dell' onor nostro; e imman
tinente gì' inviai la disfida, alla quale egli non in persona
rispose, ma col dare ordine a quattro de' suoi servi di
venire a me e ponili addosso le mani e legarmi prigione.
CAPITOLO VENTBSIMOTTAVO. 183
Il primo che mi assali fu da me rimandato ferito, e di fe
rita , io temo , mortale. Ma soverchiato poscia dagli altri
e stretto' di lacci, venni qui tratto da que' manigoldi. Il
codardo si è posto nell'animo di rivolgere a mio danno
tutto il rigore della legge. Però le prove sono evidenti.
L'ho chiamato io a duello; ed essendo io il primo tra
sgressore dello statuto; non v'ha speranza di grazia. Ma
tu soventi volte mi dilettasti colle tue lezioni di magna
nimità; la' dunque d'inspirarmela ora col tuo esempio,
ora ch'ella mi è d'uopo. *
"L'avrai, figliuolo mio, l'avrai, te ne assicuro.
Sento ora sollevarmi al di sopra di questo mondo e di
ogni umana gioia : spezzo del tutto i legami che per lo
addietro m'avvinghiavano alla terra; e pongo opera nel-
l' apparecchiare e te e me per l' eternità. Io ti mostrerò
la via : e l' anima mia sarà guida alla tua ; perche en
trambe spiegheranno di compagnia il loro volo. Veggo
pur troppo che non ti resta perdono a sperare quaggiù ;
e solo posso esortarti a cercarlo a quel giudice altissimo
innanzi a cui quanto prima verremo. Ma abbiano parte
alle nostre preci anche gli altri meschini che con 'noi
stanno in questa prigione, onde quelle a Dio riescano,
quanto più numerose, più accette. ' E rivoltomi al buon
carceriere, scongiurai ch'ei li guidasse tutti al mio letto,
perch' eglino traessero da tale vista alcuna emenda ai loro
costumi. Poi m'ingegnai di sorgere dalla paglia. Ma in
fievolito oltre modo, appena ebbi forza d'appoggiarmi
alla muraglia. Ragunaronsi allora i prigionieri desiderosi
d' udire i miei consigli ; mi ressero d' ambo i lati la moglie
mia ^ 'l mio figliuolo; e veduto io ninna persona mancare
tra gli uditori , diedi principio al mio ragionamento colle
seguenti parole.
'84 IL VICARIO DI WAKEFIELD.

CAPITOLO VENTESIMON0N0.
Si dimottra l'equità della Providenza , con rijlettioni tui fe
lici e gl'infelici di quaggiù. Per la natura tteua del pia
cere e del dolore, il disgraziato deve ottenere proporzio
nata ricompema delle tue tribolazioni, nella vita avvenire.

Esortazione ai carcerati.

» Amici miei , miei figliuoli , compagni nelle sventure ;


» sempre che io rivolgo la mente allo scompartimento
» de' beni e de' mali qui in terra , m' avveggo che morte ra-
» gioni di godimenti all'uomo furono date in sorte; ma il
» sofferire è maggiore. Scorrendo noi collo sguardo l* uni-
> verso intero, non una sola persona ci verrebbe fatto di
» rinvenire la quale fosse appieno contenta e di ogni desi
li derio spogliata. Bensì vediamo ogni giorno mille e mille
» genti , che coll' uccidersi di propria lor mano dimostrano
» a noi essere le anime loro d'ogni speranza svestite. Però
egli appare che in questo mondo puossi avere miseria
compiuta, ma intera telicità giammai.
» Perchè sia l' uomo dannato alle tribolazioni ; perchè
la nostra disavventura sia necessaria per comporre la fe
licità universale; e mentre ogni umana instituzione è
perfetta quando sono perfette le parti subordinate, per
chè mai l'universo richiegga, onde avere perfezione, che
molte parti di lui non solamente siano ad altre subordi
nate, ma si bene per sè stesse imperfette; elle sono que
ste inestricabili quistioni , e delle quali ancora Io sciogli
mento poca utilità ne darebbe. La Previdenza ha stimato
di dovere rendere vana su questi argomenti la nostra cu
riosità, somministrandoci per lo contrario altre maniere
di consolazione.
CAPITOLO VENTESIMONONO. 185
» In tale stato l'uomo chiamò in sussidio la filosofia: e
» il cielo allora vedendo quant'ella fosse inetta consola-
» trice, diedegli la religione in aiuto. Le consolazioni della
» filosofia sono dilettose, ma spesse volte ingannevoli. Però
>' ella dice da un lato che la vita sarebbe piena di piaceri,
» ove noi volessimo profittarne; e dall'altro chequantun-
» que sieno inevitabili le nostre miserie, la vita è breve,
» e quelle presto hanno fine. Quindi a vicenda si distrug-
» gono codesti conforti; perchè se la vita appresta alcuna
» gioia, l'essere ella corta è una miseria; e s'ella sarà
» lunga, protratte verranno le nostre pene. Di tal maniera
» manifesta la filosofia la propria debolezza. Ma la religione
» ci consola con più elevati provvedimenti. L'uomo, ella
» dice, è posto al mondo, acciocchè ivi egli renda degna
> l'anima sua d' abitare in altro luogo. Il giusto, nell'ab-
» bandonare le sue membra e trasmutarsi tutto in uno
» spirito glorioso, si accorge d'essersi quaggiù fabbricato
» un paradiso di felicità. Ma il ribaldo, guasto e contami-
» nato dai vizi, con terrore si arretra dal suo corpo, e si
» avvede d'avere per sè anticipata la vendetta celeste.
» Alla religione adunque noi dobbiamo attenerci , e da lei
» ritrarre i nostri diletti in ogni condizione della vita. Pe-
» rocchè , se già felici noi siamo, non è ella soave cosa il
» sapere che sta in noi di rendere eterna la nostra felicità?
» E se ricolmi di guai, non è ella una consolazione somma
» il pensare che v' abbia un luogo fuor di questa terra ri-
» posato e pacifico ? Cosi la religione appresta felicità non
» interrotta all' uom dabbene; e al cattivo propone di cam-
» biare in prosperità i mali di lui.
» Ma quantunque benigna verso di tutti la religione,
» particolari ricompense ella promette all'infermo.ali'ignu-
» do, al poverello privo di tetto , al tribolato, al prigione,
» all' infelice comunque. In ogni sua cosa il fondatore di
» nostra religione amico si dichiara degli sciagurati. E in
» ciò diverso dai falsi amici del mondo, accarezza con eter-
» no amore l' abbandonato meschino. Sconsigliata gente
» ben fuvvi che questo disse un favore parziale , un prefe-
» rimento non meritato ; senza por mente che nè al cielo
186 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
> pure è concedato di farsi che una interminabile felicità
» sia dono in uguale misura.compartito all'uomo fortunato
» come al misero. Pel primo l'eternità è una semplice ven
ti tura la quale al più al più non serve che d'augumento ad
> un bene già posseduto. Ma pel secondo ella è un doppio
» vantaggio ; perchè scemando qui in terra i travagli di
» lui, premiali poscia colla celeste beatitudine.
» Ma la Providenza anche per altra via è più benevola
» verso il povero che non verso del ricco ; perocché ren-
» dendo ella al povero più desiata la viia eterna , men
» amara gli fa parere la morte. Per lungo abito si è l' in-
» felice accomunato a tutti gli oggetti che apportar pos-
» sono terrore. E l'uomo vissuto in mezzo agli affanni
> scende in tomba tranquillo, senza piangere l'abbandono
> di terreni possedimenti, senza che una tale dipartènza
» venga da vincoli trattenuta cui sia doloroso il rompere.
» Nel separarsi dal mondo egli non è molestato che dal
li l' angoscia della natura la quale già mille volte avevalo
» in vita con egual violenza' oppressato. Però nuova a lui
» non riesce ; perchè dopo un certo grado di affanni , pia
> la natura noi rende insensibili a tutti i tormenti conciti
> la mano di morte ci travaglia.
» Per tal modo la Providenza, prediligendo l' infelice,
» due favori gli ha accordati, de' quali n^n è partecipe chi
» mena qui ih terra prospera la vita : voglio dire un'agonia
» dolce, un morir placidissimo in quesio mondo; e nel-
» l' altro , tutta quella squisitezza di godimenti che deriva
» dal possedere un bene a cui dopo lunghe miserie final-
» mente si giunge. Questa non è poca ventura , o amici
> miei, ed era un di annoverata tra'piatvri del poverello del
» Vangelo. Però, quantunque egli già saliti) al cielo ne go-
» desse tutta la voluttà, pure la Parabola rammenta quale
» argomento di felicità più compiuta , l' essere' egli stato
• misero un tempo, l'aver sentito tutto il peso delle sven
ture, e l'avere dopo quelle gustata la dolcezza della
» eterna consolazióne e la pace.
» Ecco , amici miei, come la religione faccia quello che
» la filosofìa non potrebbe. Però ella dimostra con quanta
CAPITOLO VENTESIMONONO. 187
> rettitudine Iddio proceda, e come egli sia giusto del pari
» cogl' infelici che coi felici. Al ricco non altrimenti che al
> povero egli dona su in cielo la medesima beatitudine, e
» a lui lascia in questo mondo la Stessa speranza di otte-
» nerla. Ma se il ricco quaggiù sta a vantaggio del povero
• pel godimento de' piaceri terreni, il povero avrà poi
i l'infinita soddisfazione che per lui nascerà dalla cono-
» scenza de' passati triboli, quando, coronato dell'eterna
» felicità , vedralli terminati. E quantunque scarsa utilità
> volesse alcuno chiamarla, pure interminabile essendo
v essa, e passeggiero in vece il vantaggio temporale del
» ricco, la durata di quella compenserà la intensione di
» questo.
» Tali sono le consolazioni particolarmente riserbate
> all' infelice ; e queste lui pongono al di sopra del restante
• degli uomini a cui egli è per altri motivi inferiore. A vo-
> ler sapere di qual' natura sieno le miserie della povertà,
» fa d' uopo sofferirla. Però'il declamare sui vantaggi tem-
» porali de' poverelli egli è un ripetere ciò che nessuno
> crede e di che nessuno fa prova. Non è povero l' uomo a cui
» non mancano le cose necessarie alla vita ; ma forza è che
> colui sia miserabile a cui quelle vengono meno. Misera
bili fuor d'ogni dubbio siamo dunque noi, o amici. Né
» vale sforzo di viva immaginazione a temperare i bisogni
» della natura, a rendere soavi i vapori grevi e foschi d' una
» carcere , a calmare la tempesta d' un cuore angustiato.
> Gridi pure a sua posta il filosofo dal suo letto sprimacciato,
» essere queste cose tutte facili a comportarsi. Ahi ! che la
» nostra pena maggiore proviene dallo sforzo istesso con
> cui ci adoperiamo a tollerarle. La morte è leggier danno
» che ognuno pub sostenere: ma i tormenti sono terribili;
» e non v'ha uomo che possa durarli.
1 Però, amici miei, a noi singolarmente devono essere
» care le promesse della eterna felicità ; perchè se le no-
» stre ricompense non stanno che in questa vita , di vero
• che noi fra gli uomini tutti Siamo miserabilissimi. Quan-
» d' io giro lo sguardo a questi muri tetri che di prigione
» ci servono e di spavento , a questa poca luce che solo
188 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
» ci giova per illuminare gli orribili oggetti che ci circon-
» dano , a questi ferri trovati dalla tirannia o resi neces-
» sari dal delitto , quand' io rimiro questi volti scarni e
» sparuti e tanti odo lamentevoli gemiti, posso io tenermi
» d'esclamare che somma ventura sarebbe il cangiar tanto
> lutto nella celeste gloria ? E per verità , volare per mezzo
» alle immense regioni dell'aere; batter le penne e scal-
» darsi ai raggi d' un sole beatissimo, eterno; menar danze
» al canto d'immortali inni; non temere minaccia od insulti
» d'orgogliosi potenti ; ma vedersi sempre dinanzi l'aspetto
> della bontà medesima, non sono eglino pensieri questi
» che fanno guardare la morte come apportatrice dilietis-
» sime novelle, e i dardi più acuti di lei come sostegni
» pel nostro cammino? Se a ciò si pon mente, qual v' ha
» cosa in terra che non sia spregevole? Gli stessi re sul
» trono dovrebbero sospirare a tanta fortuna; ma noiav-
» viliti e depressi dovremmo con alte grida invocarla.
» Ma può ella essere nostro retaggio ? nostro si, o
» amici, se ad ottenerlo volgiamo le cure. E quel che più
» ne consola si è, l'essere noi liberi da assai tentazioni
> che potrebbero impedirne il conseguimento. Tentiamo
» d' acquistare adunque quella fortuna ; ed ella sarà nostra,
» e nostra fra poco tempo. Perocchè , se mandiamo gli
» occhi alla vita già trascorsa per noi, un breve lampo essa
» ci sembra ; e più breve ce ne parrà il restante, cheochè
» la nostra mente sognar possa. A misura che noi invec-
• chiamo, i giorni sembrano accorciarsi ; e dimesticandoci
» col tempo , sempre più in noi scema la percezione della
» sua durata.
» Sia dunque conforto per noi la certezza di dovere
» giungere presto al termine del nostro viaggio , e di do-
» ver presto deporre la salma di cai ci aveva il cielo ag-
» gravati. E quantunque la morte , unica amica rimasta
> all'infelice, per alcuni momenti deluda lo stanco pel-
» legrino , a guisa dell' orizzonte che più da lui si allon-
» lana quand' ei più viaggia ; verrà nondimeno senza dub-
» bio , e verrà prestamente il tempo in cui avranno fine
> le nostre fatiche ; in cui i fastosi e superbi del mondo
CAPITOLO VBNTESIMONONO. 189
» non ci calpesteranno pia nel fango : in cui dolce ci sarà
» la memoria delle passate sciagure , in cui verremo cir-
» condati da ogni nostro amico , o da persone meritevo-
» iissime d' essere t.ali -, in cui finalmente la nostra felicità
» sarà inenarrabile, eterna.

CAPITOLO TRENTESIMO.

Una piti severa prospettiva ci ti para dinanzi. Siamo


inflettimi ! e alla perfine la fortuna ti cangerà in nostro
favore.

Com' ebbi finito di dire, gli uditori si ritrassero;


e 'l carceriere , che fra tutti i suoi pari era umanissimo ,
con oneste parole di scasa manifestommi essere dovere
suo il rinchiudere in una più angusta e segreta prigione
il mio figliuolo; madie a lui sarebbe conceduto di visi
tarmi ogni mattina. Però lo ringraziai della sua clemenza :
e prendendo per la mano Giorgio , e quella serrandomi
al petto , gli diedi l' addio , e lo scongiurai di por mente
al tremendo passo a cui egli si avvicinava, consigliandolo
a comportare pazientemente la sua disavventura. Poi co
ricatomi di bel nuovo sulla paglia, me ne stava udendo
la lettura d'un libro dalla bocca di uno de' miei piccini
che sedeva sulla sponda del ietto : allorchè entrato dentro
il signor Jenkinson ; narrommiesservi novelle della mia fi
gliuola la quale due ore prima era da un tale stata veduta
in compagnia d'uno sconosciuto gentiluomo fermarsi ad
un villaggio vicino; e ch'ivi rinfrescatisi e riposatisi en
trambi pareano volere ritornare alla città.
Parlava egli ancora ; ed ecco precipitoso correre a
me con volto giulivo il carceriere, e dirmi essere stata
rinvenuta lamia figliuola. Dietro a lui Mosè gridava : * La
190 IL VICARIO DI WAKEFIET.D.
Sofia è qui ; la mia sorella- ascende le scale col nostro an
tico amico il signor Burchell. * . •
Subitamente mi vidi innanzi la mia cara fanciulla, la
quale fuor di sè quasi per la gran gioia mi si avventò al
collo; e tale era il tumulto dei teneri affetti di lei, che , ba
ciandomi e ribaciandomi , ella non sapeva da me distac
carsi. <
Piangeva taciturna la madre; e quel pianto palesava
quanto la donna fosse contenta.
" Ecco, o padre mio,* esclamò la vezzosa fanciulla:
" ecco l'uomo dabbene che mi liberò. Alla intrepidezza di
lui vuoisi ascrivere la mia buona ventura; il mio salva
mento; e grata io gliene sono. "
Voleva ella proseguire ; ma l' interuppe un bacio
stampatole in bocca da Burchell, che dava a divedere
essere egli forse più giulivo di lei»
'Ah! signor Burchell, diss'io, in assai trista abitazione
or tu ci ritrovi ; e molto-diversi siamo noi da quelli ch'era
vamo l'ultima volta che ci lasciasti. Tu fosti mai sempre
nostro amico : e già da gran pezza noi abbiamo detestati
i nostri errori vèr te commessi , e ci siam pentiti della
nostra- ingratitudine. Dopo i modi villani da me usati
teco , non mi basta l'animo quasi di mirarti in volto. Ma
io spero che mi perdonerai, essendo io stato ingannato
da un infame ribaldo vilrssimo, che sotto sembianze
d'amico mi ha tratto in tutta rovina. "
"Com' esser può ch'io ti perdoni, " rispose Burchell,
* se tu non meritasti mai l'ira mia? Vidi allora in gran
parte la tua illusione ; e non potendo guarirtene , non ne
sentii che pietà. "
* Fummi sempre avviso che fosse nobile l' anima tua;
ed ora me ne convinci, o Burchell, pienamente. Ma deh!
mi racconta , amata Sofia , quali siano stati i furfanti che
ti rapirono; e come ne fosti sottratta. "
' Nulla so dirti, o padre, di quello scellerato che mi
ha involata , percbèegli m' è tuttavia ignoto. Piede innanzi


CAPITOLO TBENTESIMO. 19l
piè me ne andava in compagnia della mamma a diporto
sulla via ; quando egli giuntoci alle spalle prima che mi fosse
dato di gridare accorr* uomo, accorr' uomo, a viva forza mi
spinse nel ea lesso: e tosto i cavalli di galoppo fuggirono.
Molte persone rinvenni sulla strada, alle quali domandai
soccórso, mettendo pianto ftd altissimi guai. Ma alle mie
preghiere uom non vi fu che si volgesse. Intanto il per
verso a più potere s'ingegnava di soffocarmi la voce ; e
lusinghe e minacce adoperava a vicenda, giurando che
s' io stessi tranquilla senza dar nelle strida, non m'avrebbe
fatto alcun male. Io aveva squarciata la cortina da lui tesa
per nascondermi ; ed ecco da lontano apparirmi il nostro
antico amico Burchell che coll' usata velocità andava la
sua via , appoggiato a quel lungo bordone pel quale sole
vamo pigliar lui a cabbo. Però appena fu egli vicino sic
chè .potesse udirmi , lo chiamai per nome, strettamente
pregandolo d'aiutarmi , e replicando più volte le esclama
zioni. Allora egli, rotti i suoi pensieri, alzò il capo vèr me ;
e raffiguratami, comandò con alta voce al postiglione di
fare. alto. Ma colui non badando, spronò a rompicollo
più che prima. Temetti quindi che Burchell non ci avreb
be più colti: ma in men d'un minuto lo vidi allato ai ca
valli scaricare un soprammano addosso al postiglione ed
atterrarlo. Stramazzata la guida, i cavalli da se stessi fer-
maronsi; e saltatoin terra lo scellerato ruffiano , con or
rende imprecazioni trasse la spada minaccioso , dicendo
a Burchell che col fuggir si salvasse. Ma questi , venutogli
incontro , gli spezzò in mille schegge la spada, ed inse
gnino per un buon quarto di miglio. Io era in questo men
tre discesa dal calesso con animo di prestare assistenza
al mio liberatore : ma dopo non guari spazio egli corse a
me trionfante. Tornato in sè il postiglione, voleva egli
pure mettersi alla fuga: ma Burchell gli ordinò di rimon
tare a cavallo e dar volta verso la città , o che gliene sa
rebbe andata lavita. Atterrito colui, comecchè ritroso, ob
bedì. Ma lungo il cammino non restava egli di lamentarsi
192 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
del dolore cagionatogli dall' avuta percossa che certo a me
parve di non leggiera offesa. E però ultimamente destò a
compassione il signor Burchell , il quale ad istanza scam-
biollo con un altro ad un' osteria ove posammo. *
' Ben venga , " dissi io , * ben venga , la mia figliuola :
e sia il ben tornato e mille volte benedetto il valoroso li
beratore di lei. Povero accoglimento possiamo farvi , o
miei cari; ma non con povera esultazione il cuore vi ri
ceve. E tu che la salvasti , o Burchell, se la mia fanciulla
a te pare ricompensa alcuna a tanto favore , ella è tua. Se
non isdegni di scendere ad accasarti con una misera fa
miglia quale è la mia , prendila : ed abbiti l' acconsenti-
mento di lei, poichè il cuore già ne hai, siccome ancora
il mio possiedi. Perdona s'io 'l dico, ma ella è un tesoro.
E non è il vanto ch'altri le dà di bellezza che a me la fa
sembrare preziosa, ma sì bene l'anima bellissima di
quella vergine. *
" Ma tu sai pure , " rispose egli , " con che strema po
vertà fortuna mi angustia , e come io non potrei mantener
bene la donna com' ella merita. "
* Se questa tua obbiezione , o Burchell , è diretta a
scansare la mia profferta , non dico più nulla. Ma niun uo
mo, ch' io mi sappia, è più degno della mano della fanciul
la , di quel che tu 'l sia. Es' io fossi in istato diriccamente
dotarla , e mille ne fossero i pretensori , la mia scelta non
cadrebbe che sull' onesto e bravo Burchell ; ed avrei per
allogata ottimamente la figliuola mia. *
A queste parole egli non rispose ne un motto : ed io
stimai essere quel silenzio un mortificante rifiuto. Poi
domandò se fosse lecito di farsi apportare dalla vicina bet
tola alcuni rinfreschi ; ed udito che si , fece ordine pel
miglior desinare che mai si potesse in fretta in fretta im
bandire , con dodici fiaschi del miglior vino ed alcuno cor
diale per ristorare me, sogghignando e dicendo volere
egli per ima volta in vita fare il largo e lo spendereccio ,
c , quantunque in una prigione , pigliarsi buon tempo , co
CAPITOLO TRENTESIMO. 193
me vogliosissimo- di sollazzo ch'egli era in quel giorno.
Nè guari andò che lo scalco comparve ad assettare il ban
chetto, prestataci a tale uopo una (avola dal carceriere, il
quale assiduo mostravasi e diligente oltre l'usato. E fu
rono poscia su quella disposti i vasi del vino e due gran
piatti coperti di squisite vivande.
Non aveva per ancora la mia figliuola udito parlare
dello stato tristissimi) del povero fratello di lei; nè a noi
pareva di doverle con tale racconto amareggiare la gio
condità. Ma invano studiava io di fìngere allegrezza. Le
sciagure del mio figliuolo mi passavano l'anima in sul vi
vo; e avvegnachè io desiderassi dissimulare lo straboc
chevole affanno del cuore, fui costretto nondimeno a scop
piare in lagrime , e dire i suoi guai , e pregare che fosse
anche a lui conceduto di sedere a quella mensa, e parte
cipare di quella poca ora di consolazione. Cessato lo sbi
gottimento prodotto dalle mie parole ne' commensali ,
chiesi che fosse ammesso anche il signor Jenkinson; e 'l
carceriere vi acconsentì con inusitata sommissione. Al
l'udire lo strepitar dei ferri scossi dal mio figliuolo nel sa
lire a noi, balzò la sorella impaziente ad incontrarlo. E
intanto domandò a me il signor Burchell se il nome di lui
fosse Giorgio; e rispondendo io che appunto, e' si tacque.
Venuto allora dentro il mio figliuolo, con isguardi di ma
raviglia pieni e di riverenza affissò il signor Burchell.
" Vieni, figliuolo mio, diss'io ; perocchè la Providenza
si degna di accordare a noi caduti in fondo della miseria
un breve riposo , una tregua alcuna alle pene. La tua so
rella è a noi renduta; e vedine il liberatore. Per opera d
quest' uomo dabbene una figliuola mi resta. Però stendi
gli, o Giorgio, la destra in segno d'amicizia; chè ben gli
si conviene la nostra vivissima gratitudine. "
Pareva che il mio figliuolo non tenesse conto veruno
de' miei detti ; e se ne stava indietro in contegnoso atto ,
pieno di rispetto.
" Fratello mio, " esclamò la Sofia ; " perchè non rendi
I3
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
grazie tu al mio buon salvatore? I valorosi dovrebbono
sempre mai amarsi l' un l' altro. *
Ma colui attonito tuttavia e taciturno non s'attentava
d'innalzare lo sguardo. S'avvide l'altro d'essere da lui ri
conósciuto ; e prese maniere conveniénti alla nativa sua
dignità, fe' cenno al mio figliuolo cbe s'accostasse. Non
mi venne mai veduta in mia vita tanta maestà quanta ne
apparve allora su quel nobile aspetto. Quel filosofo cbe
dice non esservi oggetto più venerando di nn uomo giu
sto che combatta colla sventura, s'inganna ; perocchè de
gno di maggiore ammirazione è quello di un altro giusto
che vola a soccorrere.il primo.
Com' ebbe egli guardato con alquanto sussiego il mio
figliuolo, così prese a dire: "Ti colgo, o gióvane scon
sigliato , nello stesso delitto. ..."
Fu qui impedito dal proseguire da un servo-dei carce
riere, venuto ad informarci come una persóna d'alto affare,
giunta con più valletti ed in carrozza alla città, inviava i
saluti al gentiluomo ch' era in nostra compagnia, e chie
deva di sapere quand'egli avesse destinato di accoglierlo.
" Digli che aspetti," rispose quegli," finchè avrò ozio
per riceverlo. "
Poi rivolgendosi a Giorgio continuò così: "Ti veggo
reo della stessa colpa per cui già un'altra volta ti ho col
mato di severe rampogne, e per cui la legge ti appresta
ora giustissimo punimento. Tu fai pensiero, che disprez
zando tu la tua vita, ti sia permesso anche di toglierla
altrui. Ma vi ha forse differenza alcuna tra il duellante che
mette a repentaglio una vita spregiata, e 'l sicario il quale
ferisce a tradimento e con più sicurezza? Varrà egli a
rendere meno detestabile la frode del biscazziere, il dire
ch' egli aveva tenuta la posta con una girella d'ottone? "
" Ahi signore ! " esclamai io, " chiunque voi siate, pren
davi pietà d'un povero giovinetto sviato che peccò per ob-
dire ad una madre offesa , la quale nelP amarezza del
dolore scongiurollo, per tutto quanto v'ha di più sacro per
CAPITOLO TBENTESIMO.
un figliuolo, a prendere impresa di vendicarla. Leggetela :
ella è questa la lettera ; e valga essa a convincervi della
materna imprudenza, e a far men reo apparire colui. "
Egli raccolse la lettera, e velocemente lessela; poi
così disse: " Questa, comecchè scusa non compiuta, è-tale
almeno che palliando in" gran parte il. vfallo di lui, m'in
duce a perdonarglielo.
Allora cortesemente prese per mano il mio figliuolo ;
rd a quello volgendosi continuò a parlare: " Chiaro mi si
lascia vedere, o giovinetto, quanto tu stupisca del qui
rinvenirmi. Ma spesse volte e per men gravi cagioni vi
sitai io le carceri ; e mi vi ha ora condotto il desiderio di
vedere fatta giustizia ad un uomo dabbene che da me al
tamente e di vero cuore è apprezzato. Per lungo tempo,
travestito io e sconosciuto,fui testimonio della benivolenza
di tuo padre verso del prossimo. Nel suo piccolo casile
mi compiacqui del rispetto, dall'adulazione non contami
nato, col quale ei mi accolse: evi godei di quella felicità
negata alle corti , di quei semplici diletti ond' era .bello
l'umile suo focolare. Ora il mio nipote fu informato volere
io qui venire : ed eccolo giunto anche egli. E però sarebbe
indebita cosa per lui del pari come per voi il condannarlo
senza esame. Se v'ha ingiuria, avravvi anche riparazio- '
ne; perocchè senza vanagloriarmi soverchiamente, posso
dire che niun uomo tacciò mai d' ingiustizia Guglielmo
Tbornhill. *
Allora finalmente giù dagli occhi ne cadde un velo, e
manifesto si vide che la persona da noi per sì gran pezza
in casa nostra ricevuto come un buon pastricciano alle-
groccio , altri non era che quel signor Guglielmo sì de
cantato per le sue virtù e pe' suoi ghiribizzi. Il povero
Burchell sotto meschini panni era, in fatto, uomo ricchissi
mo è tenuto in alta stima; perocchè a lui porgeva attento
orecchio il senato, e le fazioni tutte applaudivano ; essendo
amico egli della sua patria, ma fedele al suo re. Mia mo
glie ricordandosi allora l' antica famigliarità, si ristringeva
196 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
nelle spalle piena di rossore e di tema. Ma la Sofia che
pochi momenti prima l'aveva créduto suo, vedendo ora
di quanto immenso tratto la fortuna glielo allontanasse,
ecom'ella rimanesse luor d'ogni sua più 'cara speranza,
non sapeva in che modo nascondere le lagrime che le si
affollavano sotto della palpebra.
"Ah signor mio! * disse -eoa voce-tremante mia mo
glie; "come debbo io sperare il vostro perdono? Lo
scherno col quale v'insultai l'ultima volta ch' io ebbi
l' onore di vedervi in mia casa , non può essere mai per
donato. Que' maligni scherzi fur troppi. "
" Buona donna, " rispose egli sorridendo , " a' vostri
scherzi ebbi pur io le mie risposte, e il dica tutta labri-
gata s' io non vi resi pan per focaccia. A dir vero , io non
bo di presente in dispetto persona alcuna , se non quel
fellone che tanto spaventò questa mia povera fanciulla.
Ha- non mi bastò tempo per poterlo squadrare da capo a
fondo , sicchè non saprei darn,e indizio veruno al giudice.
Pure lo conosceresti tu, se 'l vedessi, oSofìa ? "—* Noi so di
certo, o signore ; ma e'mi sovviene ch' egli aveva un gran
lividore al di sopra del ciglio. "
Stava Jenkinsòn udendo ; e saltato in mezzo domandò
se colui fosse di capelli rossi. E la Sofìa rispondendo che
s) ; egli chiese al signor Guglielmo se gli fossero parute
assai lunghe le gambe di quello scellerato. Disse il baro
netto non sapere della lunghezza, ma della velocità si be
ne, avendolo colui superato nello stracorrere; cosa di cui
pochi erano capaci. i
" Ebbene, " gridò allora Jenkinson, "io lo conosco il
ribaldo. Egli è desso fuor d'ogpi dubbio; lo scorridore
più lesto di tutta l' Inghilterra, quegli che vinse alla corsa
il famoso Pinwire di Newcastle. Egli si noma Timoteo
Baxter : e so ancora dove egli adesso si sarà appiattato.
Se vossignoria comandasse al carceriere di lasciarmi uscire
con due birri, che si che in men d' un'ora io qui lo stra
scinerei ! "
CAPITOLO TRENTESIMO. 197
Fu chiamato innanzi il carceriere a cui il signor Gu
glielmo disse : " Mi conosci tu ? " Rispose colui che pur
troppo sapeva essere il signor Guglielmo Thornhill, e che
tutti avrebber tolto volentieri d'aver l'onore di conoscere
da vicino un sì compito cavaliere. " Or via, " soggiunse il
baronetto", " vorrei che tu permettessi a quest'uomo d'an
darne con due de'tuoi fanti per una mia commissione : ed
essendo io l'uno de* giudici di pace, mallevadore mi ti
fo d' ogni cosa. *
Acconsentì di buon grado l'altro, dicendo bastare un
cenno di personaggio sì illustre per poterli mandare ovun
que a lui piacesse. Fu quindi inviato Jenkinson in cerca
di Timoteo Baxter: e intanto stemmo tutti ridenti a guar
dare la festoccia del mio piccolo ragazzo Guglielmino che
inerpicandosi sulle spalle del baronetto, tendeva avida
mente il colto per baciarlo. Voleva la povera madre pu
nirne la troppa dimestichezza : ma il buon uomo ne la
distolse ; e raccogliendo allegro sulle ginocchia quel tutto
stracci, ' Guglielmino mio, " gli disse, " ti ricordi tu, bric
concello carnacciuto, del tuo vecchio amico Burchell? E
dove se'tu , Ricciardetto ? Oh ! eccolo il mio caro vetera
no. Non crediate già ch' io mi sia scordato di voi. "
Nelle stesso tempo diede a ciascheduno un bel frusto
di confortino, che i poveretti, digiuni lino dalla mattina,
biascicarono avidamente, come cosa che loro andava pro
prio a stomaco.
Sedemmo poscia a mensa : e quasi fredde s'eranofatte
le vivande per lo indugiare. Ma prima di tutto vedendo
mi tuttavia tormentato dalla scottatura, il signor Gugliel
mo, come quegli ch'era alquanto saputo in medicina della
quale aveva fatto lo studio per passatempo , scrisse per
me una ricetta. E mandata quella allo speziale, mi fu por
tato l' empiastro con cui medicai la mia spalla; e quasi
nello stesso istante sentii alleviato lo spasimo. Anche il
carceriere ci servì di coppa e di coltello al pranzo, desi
deroso essendo di onorare più che per lui si potesse il
198 IL VICARI0 DI WAKEFIELD.
nostro benefattore; a cui verso la fine del desinare un al
tro messo, inviato dal nipote, chiese che fosse a quello
conceduto di venire innanzi, onde giustificare la propria
innocenza e difendere l' onor suo. Però il baronetto con
discendendo alla instanza, permise che il signor Thornhill
fosse introdotto.

CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO.
H precedente benefizio ripagato con inattesa mura.

Comparve il signor Thornhill coli' usato sorriso sul


labbro, ed avviossi diritto allo zio per- abbracciarlo. Ma
quegli con isdegnoso volto ributtandolo , gli parlò con
severa voce tali parole : "Non fa d'uopo ora di lisciamenti
e moine. L' unica via per guadagnarsi il mio cuore è
l'onore; ma queste ch' ora m' hai date sono prove di vil
tà, di codardia, d' oppressione. E perchè questo povero
vecchio a cui ti dicevi amico, è ora così duramente trat
tato? Fu egli guiderdone alla sua ospitalità il sedurgli con
infami arti la figliuola , il gittar lui in una prigione, per
avere egli forse sentita profondamente l'ingiuria? E que
sto figliuolo di lui col quale tu temesti di venire al para
gone, quasi uomo egli non fosse...? " '
E il nipote interrompendolo : " Può egli mio zio rin
facciarmi come delitto il non avere io accettato ciò che le
sole sue ammonizioni a me ripetute m'hanno insegnato
di schifare ? "
" Il tuo rifiuto è giusto ; in questa occasione ti sei
comportato da uomo savio, quantunque non come avrebbe
fatto tuo padre. Il mio fratello aveva l'anima calda d'ono
re ; ma tu.... Pure questa volta hai operato prudente
mente; e te ne lodo. "
" Nè credo che sia da biasimarsi nel resto la mia con
CAPITOLO TRENTESIM0PRIMO. 199
dotta. Io intervenni ad alcune pubbliche feste in compa
gnia della figliuola di questo gentiluomo. Ad una sì fatta
galanteria lo scandalo diede titolo più turpe ; e fu détto
ch' io avessi violata la fanciulla. Però andai io da suo pa
dre alfine di porre in chiaro ogni cosa a intera soddisfa
zione di lui; ed egli con ingiurie mi accolse ed oltraggi.
Perchè egli sia qui, domandatene il mio procuratore e 'l
capocastaldo ai quali io abbandono interamente il governo
delle faccende domestiche. S'egli ha contratti dei debiti,
e non vuole o non può pagarli , sta in mano di quelli il
giovarsi dei mezzi che somministra a tale uopo la legge:
nè io veggo in ciò crudeltà od ingiustizia "
" Se il vero tu narri , meriti facilmente perdono. E
quantunque avresti potuto mostrarti più generoso nel non
sofferire che questo gentiluomo venisse oppresso dalla
tirannia de' tuoi dipendenti , pure può dirsi almeno non
ingiusta la tua maniera di procedere. "
" Egli non può negare una sola parola di quanto dissi.
E 'l faccia pure se gli dà l' animo : ben molti de' miei
servi saranno testimoni della verità. Ecco dunque, ozio,"
continuò egli vedendomi stare zitto , perchè in fatto con
tradire al raccomodi lui io non poteva, " ecco giustificata
la mia innocenza. Ma quantunque per amor vostro io sia
pronto a perdonare a costui ogni offesa ; pure V avere egli
tentato di farmi scadere della vostra stima, intanto che
il suo figliuolo mi cercava a morte , mi solleva in cuore
tal rabbia cui io non so frenare. E tanto mi par nero co
desto delitto, ch' io ho fermo nel pensiero di lasciar li
bero corso alle leggi. Però meco ho la lettera di disfida
e due testimoni ; e un altro de' miei servi è a casa ferito
a malo modo. E s' anche mio zio istesso, che non credo,
tentasse di dissuadermene, voglio pubblica vendetta aver-
ne; ed egli in pace lo sottra "
" Ahi mostro! " esclamò mia moglie ; e non se'tn ven
dicato abbastanza, senza che il mio povero figliuolo senta
tutta la tua crudeltà? Ma spero che il buon signor Gu
200 IL VICARIO DI WAKEFIEI.D.
glielmo vorrà proteggerci; perchè il mio Giorgio è inno
cente, innocente come un bambino, e non lece mai male
ad uom del mondo. "
* Madama, " soggiunse l'onesto signor Guglielmo, " i
vostri voti per la salvezza di lui non sono no maggiori
de' miei; ma mi duole di scorgere a sì chiaro indizio ma
nifesta la sua colpa. E se'l mio nipote persiste...." Ma gli
tolse il più dire la venuta di Jenkinson coi due birri , li
quali'strascinavano déntro un uomo alto della persóna,
vestito di bei panni , e di figura in tutto corrispondente
alla descrizione già data di quel tristo che aveva rapita la
mia figliuola. ' Eccolo, " esclamò Jenkinson dandogli di
pinta vèr noi , * eccolo nel calappio' il mascalzone ; e se vi
ha mai degno candidato per le forche, egli è certo costui
cui spetta il capestro-. "
Il signor Thornhill, al vedere quel prigioniero e
Jenkinson che l'afferrava nel collo, parve far tre pàssi
indietro atlei rito. Gli imbiancò subitamente il volto là co
scienza del suo delitto ; ed ei tentò di spiccare uno scam
bietto che lo scapolasse. Ma avvedutosi Jenkinson del suo
disegno, gli pose la branca addosso e'l trattenne, gri
dando ; 'Or che ha ella, signor scudiero, che fa cotal
viso ? Le dànno vergogna i suoi due buoni amici antichi,
Jenkinson e Baxter ? Già i gran personaggi sogliono di
menticare sempre cosi le amicizie loro : ma no! non ci
scorderemo no di vossignoria. " E rivolgendosi al signor
Guglielmo, ' Codesto malandrino, " disse, * ch'io qui con
duco ha già confessato tutto. Questi è quel tale che si
spacciava per ferito mortalmente. Egli dichiara che fu il
signor Thornhill quegli che gli mise in campo una tale
impresa , die gli prestò gli abiti onde poter fare il signo
re , e gli pagò la carrozza da posta. S' erano tra di loro
a questo accordati : che costui dovesse rapire la fanciulla,
menarla in luogo sicuro, ed ivi con minacce spaventarla ;
e che il signor Thornhill, sopraggiungendo come a caso,
dovesse far vista di riscattarla dalie mani del fellone bra
CAPITOLO TBENTESIMOPBIMO. 20l
veggiando collo stocco : quindi V altro dopo quattro spa
dacciate al vento l'avrebbe data a gambe, lasciando in
tera la vittoria al signor Tbornhill , il quale colla bella
favola d' esserne il liberatore, si sarebbe ingegnato di
amoreggiare colla fanciulla e farsegli grato. *
Riconobbe il signor Guglielmo I' abito di Baxter es
sere del nipote , avendoglielo sovente veduto indosso. E
con più circostanziato racconto il prigioniere istessp av
verò ogni cosa , fino a dire che il signor Thornbill gli
aveva spesse volte con disconce parole latto palese, lui es
sere innamorato di tutte e duale sorelle ad un medesi
mo tratto.
' Ahi qual serpente nodriva io nel mio seno! ' esclamò
il signor Guglielmo. " E ardiva quel perfido' fingersi zela
tore della giustizia! Bene sia ; avralla quale ei la merta.
Presto, o carceriere, le manette a costui.... Ma no t'ar
resta ; perocchè non è forse evidenza questa che basti per
lo dovere legare. "
Allora il signor Thornhilì, tutta umiltà, pregò che
non si ammettesse per valida la testimonianza di due rin
negati mangialerri ; ma che si ponessero ad esame i suoi
servi. * Tu non hai più servi, " rispose il signor Gugliel
mo ; * nè puoi più chiamarli , o-sciagurato. S' odano tut-
tavolta costoro. Voglio ancora di tanto esserti pietoso.
Venga il canovaio di lui. "
Chiamato il canovaio; ed entrato quegli alla presenza
di noi, s'accorse dall'aspetto turbato del suo padrone
che tutto il potere di colui era ito in fumo. * Dimmi, *
gridò severamente il signor Guglielmo ; ' vedestù mai il
tuo padrone in compagnia di quel mariuelo vestito de'pan-
ni di lui? " Rispose l'altro che mille volte l'aveva veduto
bazzicare con esso lui , ed essere quegli il solito ruffiano
che a lui conduceva femmine.
A queste parole lo scudiero sgridollo amaramente
come osasse cotanto in faccia sua. " SI, in faccia vostra, "
soggiunse il canovaio , " e in faccia di chicchessia. Per
202 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
dirvi la verità com' io la sento nell'anima , o signor mio,
non vi ho amato mai ; nè voi mai mi andaste a sangue ;
e poco m' importa il cantare spiàttellatamente la cosa
com' ella sta. " Dopo di clie, Jenkinson volle ch'ei mani
festasse quanto sapeva di lui. E 'l canovaio: * Di te non
posso in lede mia narrar virtù. La notte in -cui fu con
inganno tratta a casa nostra la figliuola di quel gentiluo
mo, eri tu pure uno della brigata onesta che allora ga
vazzava di si bella impresa. *
" Begli in vero, " disse il signor Guglielmo al nipote,
" sono codesti testimoni coi quali intendi provare la tua
innocenza, o svergognato ribaldo, cui dava l'animo di par
teggiare con si sozza canaglia." Poi continuando l'esame:
'Tu dici, o canovaio, che costui fu quello che portò al
castello la figliuola di questo buon vecchio.... " — " Non
è cosi, ed ella s' inganna ; perocchè quello rapimento fu
pensato ed eseguito dallo scudiero in persona, e costui
non fece che condurre il prete il quale finse di sposarli."
— "Egli è vero pur troppo! " gridò Jenkinson. "Toccò a
me quell'ufficio; e 'I debbo confessare per mio rossore. "
" Dio buono! " esclamò il baronetto; " come la costui
malignità mi squarcia il cuore quanto più la discopro! Il
suo delitto è manifesto appieno : e ben si conosce che la
ostinazione di codesto tiranno nel perseguitare questa mi
sera gente, d'altro non deriva che da codardia e vile sete
di vendetta. Poni in libertà quel giovane soldato cosi
carco di ceppi, o carceriere ; io tei comando ; ed entro
in malleveria per tutto quanto di tristo ten potrebbe na
scere. Sarà cura di me l'informare distesamente della
verità l' amico mio, il giudice che 'I fece imprigionare. Ma
dov'è la sventurata fanciulla? Oh! venga innanzie ponga
il colmo alla costui confusione; dica ella con quali arti
questo maledetto l'ha sedotta. Dov'è la meschina, dov'è? "
" Ahi, domanda " diss' io , * che mi lacera l-' anima !
Fui un tempo avventurato padre d'una figliuola; ma le
sciagure di lei ... " Quivi improvvisamente comparve ma
CAPITOLO TREDTESIMOPRIMO. 203
damigella Arabella Wilmdnt che doveva la mattina ap
pressa maritarsi al signor Thornbill. Sommo fu lo stupore
di quella , quando all'entrare trovò con noi il signor Gu
glielmo e 'l nipote, essendo ella venuta nella carcere per
mero accidente e d'ogni cosa ignara. Passando ella in
sieme al vecchio padre per mezzo della città, cammino pi
gliando di verso una sua zia la quale voleva ad ogni patio
che le nozze di Arabella con Thornhill si celebrassero
in casa sua, aveva in fine della città Tatto alto ad un'oste
ria, e quivi era smontata per rifocillarsi e riposarsi alcun
poco. Affacciatasi ad una finestra Arabella, e veduto uno
de' miei bambini far di baie nel mezzo della strada, aveva
mandalo tosto un donzello a prenderlo. Da alcun pispi
gliare di lui le era venuto sentore de' nostri guai, senza
però indovinare che ne fosse cagione Thornhill. Quindi,
ad onta che le dimostrasse il padre essere a lei disdice
vo^ cosa l'andarsene ad una prigione, determinata ella
di venirci a ritrovare , preso per guida il fanciullino, si
era avviata difilato vèr noi; e giunse appunto allora
quando meno la si aspettava.
Però prima di continuare l' istoria, m' è forza dar
qui luogo ad una considerazione sovra codesti incontri
casuali de' quali , quantunque tutto di se -ne veggano-
poca maraviglia prendiamo per l' ordinario ; trasecolan
doci solamente quand'essi avvengono in occorrenze di
gran momento per noi e le meno frequenti. Eppure da
che fortuito concorso d'accidenti scaturiscono eglino mai
tutti i nostri piaceri, tutti gli agi della nostra vita!
Quanti <li quelli fa mestieri che s' uniscano , prima che
noi possiamo essere vestiti o pasciuti! È d'uopo che il
contadino sia disposto ai lavori delle terre, che le piogge
cadano ad innaffiarle, che il vento gonli le vele alla nave
del mercadante; senza di che moltissimi patirebbero pe
nuria delle cose necessarie alla vita.
Un silenzio universale regnò per alcuni istanti; eia
mia vezzosa pupilla, thè tale io chiamava sempre Arabel
204 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
la, tacita anch' essa dava a divedere nel volto e negli
sguardi una cotale aria di compassione ripiena e di stor
dimento, e che nuova leggiadria alla bellezza di lei ag
giungeva. Fatto ella pensiero che il signor Tbornhill non
per opprimerci, ma per soccorrerci fosse a noi venuto,
a lui così parlò: «A dir vero, mio caro signore, scorte
sia mi sembra la tua nel voler qui venire senza di me ,
e nulla mai dirmi de.IIo stato intelice d' una famiglia da
entrambi noi amata cotanto. Lo sapevi tu pure che somma
sarebbe stata la mia soddisfazione nel contribuire al sol
lievo di codesto vecchio venerando , un tempo a me
precettore, e per cui la mia stima non verrà meno giam
mai, e sarà viva sempre quanto quella per lui tu senti.
Ma veggo che come lo zio tu ami di far del bene in se
greto ; e fallo pure se te ne giovi Iddio. »
"Ama di far del bene dl' tu? " esclamò il signor Gu
glielmo. 'No, chè i suoi diletti sono vili al pari di -lui.
Ravvisa in codesto uomo, o fanciulla , il più vigliacco fur
fante ch' abbia mai disonorata l'umana razza; uno scelle
rato che dopo di avere ingannata la figliuola di questo
povero vecchio, dopo d' avere tramato iniquamente una
congiura contro l'innocenza della sorella di lei, ne cacciò
in prigione il padre, ne gravò di ceppi il fratello, onde
punirlo dell'avere egli avuto il coraggio di sfidare valo
roso a duello il traditore della sua famiglia. Oh! bene av
venturata tu sei per avere cosi evitati gli abbracciamenti
d'un cotanto ribaldo; ed io primo teco di ciò mi con
gratulo. "
" Oh Dio! " gridò l'amabile giovinetta; * con che ani
costui mi aggirava ! Egli giurommi , il tristo, come cosa
verissima che il figliuolo maggiore di questo gentiluomo,
si il capitano Primrose, se n'era ito in America colla sua
sposa novella. "
* Menzogne tutte, * disse mia moglie , " sono quelle
ch' ei ti narrò. Sappi - o dolcissima fanciulla, che il mio
figliuolo Giorgio non usci mai dal Regno, non ebbe mai
CAPITOLO TRENTESIMOPRIM0. 205
sposa. Quantunque ogni memoria tu abbia deposta di lui,
egli ti amò sempre di tale amore che impossibile gli era
il pensare ad altra donna. E spesso l' udii io giurare vo
lere egli morire scapolo, poichè tuo consorte noi poteva."
Prosegui Debora a dire della amorosa, ingenua passione
di Giorgio; poi del duello col signor Thornhill, chiari-
tane o°ni menoma circostanza ; poi de'vituperii dello scu
diero e delle finte nozze ; e conchiuse con una pittura ol
traggiosa della codardia di lui.
" Ahi me misera! " esclamò Arabella ; " di che preci
pizio era io mai sulla sponda! E oh quanta e la mia gioia
per esserne scappata! In mille guise s'infinse questo bu
giardo. Egli ebbe da ultimo tanta scaltra impudenza, da
persuadermi che l'infedeltà dell'unica persona a me cara
e a cui io m' era con promesse allacciata , mi scioglieva
d'ogni legame ; a tale perfino traendomi colle sue infami
artitch'io dovetti detestare un uomo generoso ed onesto,"
Erano state tolte intanto di dosso a Giorgio le cate
ne , scopertasi V impostura di colui che si voleva ferito.
E il signor Jenkinson adoperandosi intorno al mio figliuolo
come un valletto, gli aveva acconciati i capegli e raffaz
zonata la persona, sicchè colui più non pareva quel su-
diciotto di prima. Uscito poi per pochi istanti, tornò egli
a noi vestito della bella assisa del suo reggimento: e
senza che altri m'incolpi di vanità, perocché' io la dis
prezzo , dirò ch* egli appariva soldato avvenente e gaio
quant' altri mai. Appena giunto suli' uscio, fece un mo
desto inchino a madamigella Wihnot; e non sapendo an
cora quali cambiamenti avesse prodotti nell'animo di lei
la materna eloquenza, non vollé accostarsele. Ma non
valse decoro di fanciulla a trattenere lei impaziente d'ot
tener dall' amante il perdono. Infiammata di rossore la
guancia, piovente lagrime il ciglio, disiosi gli sguardi
annunziavano il tumulto del cuore, e quanto dolore ella
sentisse di aver potuto obbliare le antiche impromesse
e d'essersi lasciata sedurre da un ipocrita vilissimo. Tanto
206 IL VICAEIO DI WAKEFIELD.
stupiva il mio figliuolo della condescendenza di lei, che
quasi verace non la credeva ; e manifestolle i suoi dubbi
e come quella le paresse troppa felicità nè da lui meritata.
" No, " diss'ella, * fui ingannata, lui iniquamente tra
dita. Che s' altro fosse stato, avrei io violati i miei voti ?
Già da gran pezza tu sai quanta amicizia io ho teco an
nodata. Ma deh ! perdona ogni mio errore : e come già
un tempo io ti giurai costanza , solennemente or qui ti
ripeto que' giuramenti; e sta' certo che se Arabella non
può essere tua, non sarà d'altri mai."
" E d'altri tu non sarai, " gridò il signor Guglielmo,
' se d'alcuna stima io son degno presso del padre tuo.*
Bastarono queste parole perchè Mosè, l'altro mio
figliuolo, corresse precipitoso all'osteria ov'era il signor
Wilmot, e l' informasse d' ogni cosa. Ma lo scudiero in
quel mentre vedutosi disperato interamente, nè dell'adu
lazione o degl'inganni potersi più giovare, fece pensiero
che l' unico mezzo che gli rimanesse fosse di cavarsi del
tutto la visiera ed opporsi a faccia aperta a' suoi perse
cutori. Però, posta giù la paura dello zio , e nudatosi
d' ogni pudore , mostrassi quant' egli era consumato gui
done ; e volgendosi al signor Guglielmo usò a lui queste
parole: * Niuna giustizia poss'io qui aspettare che mi si
faccia ; ma per Dio ! io la voglio ad ogni patto. Voi do
vete sapere , o signore , ch' io non sono più quel pove
rello che debba sospirare i vostri favori , e che di loro
me ne fo beffe del tutto. Niuna cosa del mondo può tor
mi le ricchezze di madamigella Wilmot, le quali, mercè
della paterna avarizia, sono larghe assai. Il contratto per
cui diventano mie è sottoscritto , è in mia mano ; e noi
mi si strappa per Dio! Non la persona, ma la dote di lei
mi trasse a volgere l'animo a codesti sponsali: a me l'una,
vada l'altra a chi se la brama."
Questa fu cosa inaspettata e terribile : e il signor Gu
glielmo ch'era stato egli medesimo messo mezzano al vec
chio Wilmot per la stipulazione del contratto di matri
CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO. 207
!nonio, sentì tutte le ragioni per cui il nipote poteva pre
tendere la dote. Allora madamigella si accorse come gli
averi suoi erano irreparabilmente perduti ; e guardando
in volto al mio figliuolo, domandogli se così spogliata
com'era di ricchezze, egli ancor l' apprezzasse', e se a
lui bastasse la'sua mano, unico dono a lei rimasto da po
tere offerire.
* E questa sola, " rispose il vero amante che lei amava
sopra la vita sua, 'è la cosa da me ambita-, nè altra repu
tai degna mai d'essere accettata. Credilo, Arabella mia ;
e per tutto quanto v' ha di più sacro io giuro che la tua
povertà adesso raddoppia la mia contentezza; poich'ella
vale a convincere la mia dolce amante della sincerità del
l' anima mia."
Accorso anch' egli il signor Wilmot, mostrò non
poca gioia del vedere la sua figliuola scampata da tanto
pericolo; e di buon grado acconsenti all'annullazione del
matrimonio di lei con Thornhill. Ma sentendo che da
costui non si voleva rinunziare alla dote , n' ebbe crepa
cuore il più grande ch' uomo mai aver possa. Vide egli
che il molto oro da lui ragunato doveva sgraziatamente
arricchire un pitocco che non aveva soldo del suo in ta
sca. Però l'essere un briccone il suo genero futuro pa-
reagli sopportabile danno; ma il non aver egli quattrini
quanto la sua Arabella, era assenzio per I' anima sua.
Quindi egli sedutosi per alcuni minuti senza dir motto, se
ne stette rodendo la piaga , pieno di vergogna e di rabbia.
Finchè poi il signor Guglielmo , desideroso di calmarne
l' angoscia , cosi gli disse : ' Vi debbo , o signore , con
fessare che non affatto disgradisco questa vostra traver
sia ; poichè ella è giusta pena alla smoderata vostra ava
rizia. Ma quantunque la fanciulla non possa ora essere
ricca , le restano tuttavia fortune onde vivere competen
temente. Eccovi un giovane soldato d'onesti costumi,
pronto a sposarla senza dote. Lungamente si sono essi
amati a vicenda : ed essendo io amico del padre di quel
208 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
garzone dabbene , non istarà certo per me ch' egli non
sia presto promosso a più alto grado nella milizia ; ma vi
contribuirò con tutta l'opera mia. Via dunque codesta
ambizione che vi martella il cuore, ed afferrate una
volta la felicità che vi si offre. "
" Signor Guglielmo, " rispose il vecchio, * siate con
vinto ch'io non ho mai angariati gli affetti della figliuola
mia, nè 'l farò adesso. Se ella tuttavia è innamorata di
questo giovane soldato, abbiaselo pure; ch'io di tutto
cuore mi vi piego. Grazie a Dio , non lutti gli averi sono
perduti ; e la vostra protezione accrescerà quel poco che
ne rimane. Solo che codesto mio antico amico ( accen
nando me ) prometta di donare in assegnamento alla mia
figliuola sei mila lire, in caso che egli ricoverasse i beni
suoi; ed io volentieri sono disposto ad unirli questa notte
istessa. "
Non dipendeva che da me solo la felicità de'-giovi
netti; laonde senza entrare in forse, mi acconciai tosta
mente alla domanda del signor W'ilmot; il che non fu
gran favore, essendo accordato da un uomo cosi nudo di
speranze com'io era. E quelli immantinente noi vedemmo
con somma consolazione nostra avventarsial collo le brac
cia a vicenda, inebriati d'allegrezza. "Dopo le mie lunghe
sciagure, " disse Giorgio , " oh quanta ricompensa io ot
tengo che tutti i miei desiderii vince! Non avrei, no, osato
sperare il possedimento di te, preziosa vergine, dopo le
sofferte mie pene. "—"SI, o-mio Giorgio," rispose l'ama
bile sposa , " io son felice davvero ; e tu 'l sei , anche
senza le mie perdute ricchezze. Rapiscanle dunque a loro
posta i ribaldi, che a me non ne incresce per nulla. Oh
che fortunata sorte è la mia per avere cambiato' il più
vile degli uomini nel più caro , nel più savio ! " — " Ab
biasi colui il godimento delle tue ricchezze, perch'io sento
d'essere felice anche in mezzo alla povertà."
E lo scudiero allora con un ghigno maliziuto : " Sarò
felice io pure, godendomi ciò che voi disprezzate. "
CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO. 209
"Piano piano , o signore, " esclamò allora Jenkinson:
"e' potrebbe bene essere ch'ella facesse delle parole
tango, e profetasse falso. Una cosuccia a me resta adire
sovra una tale fortuna di vossignoria. Dei danari diquesta
donna ella non ne gusterà un solo quattrinello. " Poi vol
gendosi al signor Guglielmo: * Può egli essere che costui
ottenga la dote di madamigella Wilmot, s'egli è marito
ad un' altra? "
Rispose il baronetto, questa essere goffa interroga
zione ; essendo fuori di dubbio Che se la cosa stava cosi,
colui non aveva diritto di esiger dole. " Duolmene, " re
plicò Jenkinson, " e per l' antica amicizia mia collo scu
diero, che fu per tanto tempo compagno meco di trastulli:
ma bisogna ch'io 'J dica ; il contratto di lui non vale un
lupino, perchè egli ha già un'altra moglie."
* Menti per la gola, manigoldo sfacciato , " disse lo scu
diero montato cóme sulle furie per queil' insulto ; " io non
fui- mai legittimamente sposato a donna alcuna. "
" Eppure, con buona licenza di vossignoria, ella lo fu.
Ed ufficio d'amico, spero, riconoscerà ella il mio, nelricon-
durle una moglie: e se la brigata vuole per pochi istanti
frenare la curiosità, vedranla tutti costoro la moglie sua. "
In cosi dire, coli' usata lestezza e' parti, lasciando
ognuno al buio di quanto egli intendesse di fare. Diceva
lo scudiero nulla a lui importare di queii' andata; perchè
fra' le tante sue reità, impossibile cosa era d'una cotale ij
produrre alcuna prova, nè essere egli bambolo da spaven
tare con razzi matti. E 'l signor Guglielmo attribuiva ogni
cosa a troppa voglia in Jenkinson di piacevoleggiare biz
zarramente.
" E chi sa, diss'io, ch' ei non faccia sul serio più
che non si crede? Ponendo noi mente alle diverse arti
con cui questo gentiluomo tentò di sedurre l'altrui inno
cenza, non potrebbe egli essere che ad una donna più
scaltra fosse riuscito di gabbar lui ? Quante ne ha egli
tratte in rovina? Quanti genitori piangono l' infamia di
U
210 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
cui egli ba contaminate le loro famiglie ? Strana cosa non
mi parrebbe se alcuno di que' miseri.... O maraviglia ! Ób
che veggo io! La mia perduta figliuola ! Lei stringo io al
mio seno! Viscere mie, ben mio! io ti credeva perduta,
o Olivia : eppure di bel nuovo ti abbraccio ; e tu vivi an
cora per far me felice. "
Le più violenti commozioni, l' eccesso della gioia nel
più appassionato amante non giungerebbero a tale da su
perare la piena dell' anima mia nel momento eh' io vidi
entrare la mia figliuola e me la serrai al petto.
Ella non parlava; eppure quel sileuzio diceva da quale
tumulto d' affetti le fosse il cuore sbattuto. " Oh sei tu
dunque a me tornata , fanciulla mia , per consolare i ca
denti anni miei ! "
" Ella è dessa , " disse Jenkinson, " ella è pur dessa ;
e stimarla sommamente tu devi, perocchè la è tuttavia
l'onorata tua figliuola, donna onesta quant' altra mai qui
si ritrovi ; nè se l' abbia a male veruna di codeste fem
mine. E in quanto a lei, signore scudiero, coin' egli è certo
che ella m' ode e mi vede, questa donna è a lei legittima,
verissima sposa. E per convincerla ch' io parlo da senno
senza pure ombra di menzogna, eccole la licenza per cui
vossignoria contrasse con codesta donna matrimonio con
forme agli ordini della legge. *
Cosi dicendo, consegnò al baronetto lo scritto. Que
gli lo lesse, e trovollo regolare punto per punto. " Si
gnori miei, " continuò l' altro, " veggo che tutti voi stu
pefatti di ciò rimanete ; ma poche parole fanno d' uopo
per appianare ogni cosa. Questo rinomato scudiero di cui
io sono grande amico , e ciò sia detto a quattr' occhi .
spesse volte giovossi dell' opera mia in alcuni suoi mali
garbugli. Fra le altre mariolerie, mi commise che io gli
procurassi una licenza falsa e un falso prete affine di ab
bindolare codesta giovane donna. Ma essendo io amico di
lui sincerissimo, che fec'io allora? gli procacciai una li
cenza vera e un vero prete, che diede loro la stretta da
CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO. 211
cui e' non ci è verso di slegarsi. Forse voi crederete es
sere io srato a ciò spinto da generosità d' animo; or bene,
sappiate per mia vergogna ch' io ad altro fine noi feci,
se non per tenere io in mia tasca la licenza, e servirmene
all' uopo di smugnere il borsello dello scudiero ogni qual
volta me ne venisse appetito, spaventandolo col dire
avere io in mano cosa con cui provare innanzi al giudice
la verità delle sue nozze. "
Rimbombò allora tutta la camera d' alti viva di alle
grezza, la quale si diffuse altresì nella sottoposta prigione
comune, ove gì' incarcerati stessi rispondendo alla nostra
esultazione:
Crollaro i ceppi, e capa un'armonia
Mandar di gridi e di stridenti ferri.

Sovra ogni volto apparve dipinta la gioia; e le guance


d' Olivia rubiconde anch' esse pel piacere si fecero. Nè
poca ventura in fatti era la sua; ricoverando la poveretta
in un momento solo e fama e amici e ricchezze. E ba
stevole bene era tanto tripudio a ravvivare la sfiorita bel
lezza e lo spirito suo per lunghe sciagure appassito. Ma
nessuno forse pia di me sentiva la voluttà di quella con
solazione: ed avvinghiato al collo della fanciulla, nè sa
ziandomi di baciarla, domandava al mio cuore se quei
trasporti di giubbilo non fossero una illusione ; poi chie
deva a Jenkinson come gli fosse bastato l' animo di ac
crescere le mie miserie colla novella acerba della morte
di lei ; e tosto dicevagli non importare , perocchè la con
solazione del riacquistarla valeva il sofferto accoramento,
e me ne compensava a più doppi-
* Or non è più tempo, " disse Jenkinson, ' di tenerti
in parole ; e mi è facile il mandarti contento d' una ris
posta. Argomentai che l' unico mezzo per liberarti dalla
prigionia fosse il far si che ti sottomettessi allo scudiero
ed acconsentissi alle nozze di lui coli' altra donna. Ma a
IL VICARIO DI WAKEFIELD.
ciò tu avevi giurato di non volere scendere mai finche vi
veva la tua figliuola. Che ahro dunque restava d' adope
rare, se non di fingere teco ch' ella fosse morta? Mi misi
qnindi in cuore di piegare la tua moglie, usando di molte
preghiere; e da lei ottenni assistenza in quest'inganno
necessario. Ma fino ad ora non nacque mai l' opportunità
di svelarti questo segreto; e ne fu mestieri di tacertelo. "
In tutta la brigata non iscorgevansi ormai che soli
due visi sovra cui non brillasse la contentezza. Non ap
pariva più albagia sulla fronte di Thornhill; ed era del
tutto caduto d'animo quel tracotato, il quale spalancarsi
sotto i suoi piedi vedeva un abisso tutto d' infamia ri
pieno e d'indigenza, e tremava per tema d'esserne in
goiato. Laonde, prostratosi ginocchioni innanzi allo zio,
scongiurollo con voce affannosa e da singhiozzi rotta ad
avere compassione di lui. Però stava il signor Guglielmo
per cacciarlo a calci; ma ad intercessione mia sollevatolo,
dopo alquanto silenzio cosi gli parlò: " I tuoi vizi, i de
litti tuoi, la tua ingratitudine non meritano pietà. Ma non
ti voglio nulladimeno abbandonato interamente; e sarà
da me provveduto alle necessità della tua vita, non alle
tue follie. Però questa giovane donna, tua sposa, verrà
posta in possedimento d' una terza parte di que' beni
ch' erano tuoi una volta; e solamente dall' anima tenera
di lei potrai tu sperare per l'avvenire soccorso alcuno
alla tua domestica angustia. "
Voleva l' altro con parole ringraziaré di tanta cle
menza il baronetto: ma questi lo prevenne, dicendo a
lui di non far maggiore la propria viltà già omai troppa ,
e ch' ei se ne andasse ; concedutogli fra i molti servi
ch' egli prima aveva, di sceglierne uno, Y unico del quale
a lui venisse d* allora innanzi fatta grazia.
Partito appena colui, il signor Guglielmo avvicinossl
cortesemente alla sua novella nipote, e sorridendo le au
gurò di mille fortune. La qual cosa ad esempio di lui fe
cero altresì madamigella Wilmot e 'l suo padre. Anche
CAPITOLO TBENTESIMOPRIMO. 213
mia moglie stampò baci alfettuosissimi in bocca alla fan
ciulla, congratulandosi seco lei dell'essere ella diventata
(per usare le sue parole) una femmina onesta. Poi Sofia
e Mosè imilarono la loro madre; e da ultimo egli pure il
nostro benefattore Jenkinson, domandò che non fosse ne
gato l' uguale onore anche a lui. Pareva allora che la no
stra contentezza non potesse andare più in là. E 'l si
gnor Guglielmo, di cui la maggiore soddisfazione e»a
riposta nel fare altrui del bene, girava attorno lo sguardo
con una ceri' aria serena al par dei-sole, e non vedeva
che aspetti gioviali e ridenti. Sola la Sofìa non sembrava,
per cagioni a noi ignote, appieno appagata di quella co
mune ilarità. " M'è avviso," disse il signor Guglielmo sog
ghignando, "che' tutti, fuori ch'uno o due, siano compiu
tamente ora felici, e a me non resta che di adempire un
dovere di giustizia. O buon Primi-ose, tu senti di quanto
noi dobbiamo esser grati al signor Jenkinson per lo zelo
con cui si adoperò nella scoperta d' uno scellerato; e gui
derdone entrambi noi gliene vogliamo dare. Però mada
migella Sofia farallo per certo felice; ed io doterolla in
cinquecento lite, sici he potranno menare una vita agiata.
Vieni, o Sofìa; che te ne pare egli di questo mio acco
modamento? Vi consenti tu?"
La povera fanciulla a tale proposta odiosa cadde
mezzo svenuta in braccio alla madre ; e con debile voce,
"Io sposarlo? " disse; * non sarà mai, no."
"Che di' tu?" proseguì il signor Guglielmo. "Non
vuoi il signor Jenkinson, il tuo benefattore, un bel gio
vanotto con cinquecento lire per tua. dote? "
"Signor mio," rispose la figliuola, a cui il dolore
quasi toglieva la favella ; " deh ! per pietà desistete dal
vostro pensiero, e non vogliate opprimermi con si cruda
sciagura. "
" Videsi mai ostinazione cotanta ! Osi tu rifiutare , o
fanciulla, un uomo a cui tutta la tua famiglia debb' essere
grata d' infiniti favori ? uno che li conservò la sorella, uno
214 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
che ha cinquecento lire? Come è ciò, tu noi vuoi?"
"No, mai, mai; morire piuttosto io voglio. "
* Or, se lui tu nou vuoi, io te voglio ad ogni patto! *
E stringendosela ardentissimamente al seno : " Amor mio,
tenera vergine, come potevi tu mai pensare che 'l tuo
Burchell ti volesse ingannare, o che Guglielmo Thornhill
potesse sostenere d'abbandonare una persona che ha
amato lui per lui solo? Molti anni sono andato cercando
una donna la quale, ignara affatto delle mie ricchezze,
amasse me non per altro, se non perchè come semplice
uomo degno di amore mi reputasse. Ma invano ho corso
di molte contrade ,' invano ho tentato di rinvenirla fino
ancora tra le brutte e quelle che vantano dilicata anima.
Qual debbe essere adunque la consolazione mia nel far
l' acquisto d' una beltà celeste, d' un cuore si bello! "
Indi volgendosi a Jenkinson: "Poichè non m' è dato
di dipartirmi da questa cristianella d' Iddio che presa della
mia bella faccia è entrata alqanto in amore per me , con
altra ricompensa non poss' io guiderdonarti che colla dote
di lei: domani adunque dal mio capo-castaido potrai farti
sborsare le cinquecento lire. "
Di tal maniera i complimenti e le congratulazioni da
capo ebbero luogo; e madama Thornhill fece quello che
aveva già fatto prima la sorella. Intanto venne il came
riere del signor Guglielmo ad avvertirci essere pronte le
carrozze per trasportarci all' osteria , ove ogni cosa era
stata provveduta pel nostro ricevimento. Laonde mia mo
glie ed io uscimmo i primi da quel tetro albergo di do
lore; e'l generoso baronetto ordinò che si distribuis
sero tra' prigionieri quaranta lire, alle quali il signor Wil-
mot, punto da quell' esempio, altre venti anch' egli ne
accrebbe. Fummo accolti all' uscir di carcere dalle grida
festose del popolo accorso in folla ; per mezzo a cui io
riconobbi e presi per mano due o tre de' miei onesti par
rocchiani. Nè si disgiunse poi dal nostro fianco quella mol
titudine; ma volle accompagnarci fino all' osteria. E quivi
CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO. 21 0
trovammo un sontuoso banchetto per noi , e di molte vi
tande più grossolane onde rallegrare quelle buone genti
che ci avevano fatto codazzo.
Dopo la cena, sentendomi illanguiditi gli spiriti per
l'alternare de' piaceri e delle pene di quella giornata ,
presi licenza; e mi ritrassi dalla compagnia , in mezzo a
cui tutto era gioia. E appena vedutomi solo, disfogando
il mio cuore, ringraziai il datore d' ogni bene e d' ogni
guaio; poi placidamente dormii fino alla vegnente mattina.

CAPITOLO TRENTESIMOSECONDO.
Conciatiene.

Risvegliatomi la dimane, trovai seduto sulla sponda


del letto il mio figliuolo maggiore, venuto a porre il colmo
alla mia contentezza colla novella d' un' altra fortuna per
me. Perocchè, scioltomi dall' obbligazione che io aveva-
gli il di innanzi fatta , narrommi che il mio mercatante
fallito era stato imprigionato ad Anversa, ed ivi aveva
rassegnate sostanze da pagare ogni debito e sopravan
zarne.
Tanto piacquemi la generosità del giovanetto, quasi
quanto un così inaspettato e felice avvenimento: ma mi
nacque il dubbio s' io giustamente potessi accettare la
proferta sua. Mentre che io per tale cagione me ne stava
sovra pensieri, entrò in camera il signor Guglielmo al
quale partecipai questo mio scrupolo; e fui intorno a ciò
a ragionamento seco lui. Però egli manifestommi il parer
suo, dicendo che le nozze di mio figliuolo apportando
già a lui abbondanti ricchezze, senza esitare io poteva
accogliere la renunzia che colui faceva alle sei mila lire.
Indi pregommi che io assistessi quella mattina agli
sponsali per cui egli aveva la notte già mandato a pren
2l6 IL VICARIO DI WAKEFIELD.
dere le licenze, e col non partire rendessi felice compiu
tamente la bella compagnia.
Non avevamo ancora finito di dire, quando un val
letto ci avvisò essere «iunto il messo colle carte cercate.
Quindi mi diedi in fretta a vestirmi ; e com' ebbi poi ter
minato , scesi abbasso , ove rinvenni ognuno da quella
allegrezza compreso che gli agi somministrano e V inno
cenza. Tuttavolta non audommi a genio gran fatto lo sghi
gnazzare di quelli nel momento stesso in cui slavano pre
parandosi ad una cerimonia ch' era tanto solenne- l'ero
dissi loro di che austero e sublime e conveniente conte
gno era mestieri per accostarsi a quel sacro mistico rito;
ed affine di ben disporli, lessi loro due omelie ed una
delle mie dispute. Ma essi, ad onta di tutto questo, non si
lasciavano piegare; nè della mia serietà tenevano conto.
Anche nell' andata alla chiesa, camminando tutti dietro a
me, sdimenticarono affano il portamento grave che loro
si addiceva; per lo che più volte mi venne talento di ritor
narne indietro sdegnato.
Ma in chiesa un altro dilemma destossi di non facile
scioglimento, qual coppia cioè si dovesse sposare per la
prima; perocchè insisteva caldamente la sposa di mio
figliuolo nel voler dare la preminenza a madama Thorn-
hlil; ma scansava l'altra quell'onore con pari disinvol
tura, dicendo non volere ella per cosa niuna del mondo
commettere tanta incivilià. E con uguale caparbieria e
buona creanza dall' una parte e dall'altra si mantenne
viva per lungo tempo la contesa; mentre che io col mio
libro aperto in mano me ne stava ritto ritto aspettandone
la fine. Stanco poscia ed annoiato de' cinguettamenti , lo
chiusi; e tenni loro questo corto ragionamento: " E'pare
che non vi vogliano essere nozze quest'oggi; e poichè nè
l'una nè l'altra le brama, migliore partito è il ritornare
a casa. "
Non fu d' uopo di più dire, perchè elle dessero uogo
alla ragione: e 'l baronetto fu il primo a porre l'anello
CAPITOLO TRENTESIMOSECONDO. 1\7
alla Solia; poi il mio figliuolo non diede indugio a segui
tare un sì fatto esempio colla sua vezzosissima sposa.
Io aveva già mandato siili' alba una carrozza a pren
dere il mio buon vicino Flamboroubge la sua famiglia. E
tornati noi dalla chiesa , avemmo la soddisfazione di ri
trovarvi già arrivate le due fanciulle di quell'uomo dab
bene. Alla maggiore di quelle dava braccio il signor Jen-
kinson, ed all'altra il mio figliuolo Mosè eh' io mi accorsi
dappoi incapriccirsi davvero della zittella. E Dio il bene
dica; perocchè io non negherogli mai il mio consenso
all' accasamento di lui , ogni volta ch' egli me ne faccia
inchiesta ; nè in onorare le sue nozze terrò stretta la
borsa. Non avevamo ancora posto piede nell' osteria , che
una turba vi giunse de' miei parrocchiani per congratu
larsi meco de' miei fortunati eventi ; e fra questi vede-
vansi que' meschinelli istessi che s' erano ammutinati per
liberar me dalle mani de' bargelli, e ch'io aveva tanto
severamente garriti. Quindi io raccontai quel fatto al mio
genero il signor Guglielmo, che uscito fuori ne li rampo
gnò di bel nuovo con dure parole. Ma vedendoli oltremodo
affliggersi, diede a ciascun di loro una mezza ghinea,
onde far brindisi alla salute di lui, e temperare l'amarezza
de' loro cuori.
Fummo , poco stante , chiamati ad un divertimento
grazioso apprestatoci dal cuoco dello scudiero Thornhill.
Il nome di quest' ultimo torna in acconcio per dire come
egli ora meni la sua vita in casa d' un suo parente che
lo guarda di buon occhio e lo fa sedere sempre alla sua
mensa ; se ne levi però poche volte nelle quali soprag
giungendo molti forestieri talchè per lui non v' abbia luo
go, tocca al signor Thornhill di porsi alla vicina creden
za : perchè con lui non si sta sulle cerimonie. E il tempo
ci lo consuma in tenere compagnia a quel suo ospite,
in disgombrarne la malinconia a cui quegli si dà di fre
quente , e in apprendere a sonare il corno. Ma la mag
giore delle mie figliuole si ricorda ancora di lui , e ri»
218 IL VICARIO DI WAKEFIBLD.
crescimento ne sente misto di compassione ; dicendomi
perfino un giorno la poveretta che, s'egli s'emenda, ella
s' indurrà a perdonargli. Queste cose per altro furono da
lei a me confidate in segreto; nò io le rivelo ad uomo del
mondo. Ma per ritornare a proposito, poichè mi avveggo
di non avere buona mano a far digressioni, dico che
nell' entrare a tavola la noia de' complimenti si rinnovellò,
insorta essendo (mistione se la Olivia, come matrona, do
vesse o no avere scranna più onorata delle due novizie.
Ma Giorgio tagliò le ciarlerie in bocca a ciascuno , pro
ponendo che ogni uomo sedesse indistintamente a lato
alla sua dama. Però tutti furono contenti di questo acco
modamento , e fecero plauso. Ma non così mia moglie a
cui ciò non andava a sangue gran fatto, sperando la buona
donna, a quello che mi sembrò, di mettersi ella in capo
alla tavola, e trinciare le vivande per tutta la comitiva ;
della quale cosa ell' era proprio ghiotta.
Nondimeno però , ad onta di questa leggiera traver
sia della madre, fu tanta la giocondità di quel banchetto
che non varrebbero mille penne a descriverla. Nè io so
dire se i nostri ingegni avessero cambiata natura o fossero
diventati più acuti e vivaci : so bene che le sghignazzate
furono tali che mai non ci eravamo spassati tanto in vita
nostra ; e ciò tutt' uno a me pare.
D' uno scherzo , fra i molti , ben mi ricorda , di cui
prese diletto ciascuno di noi. Beveva il vecchio signor
Wilmot alla salute di mio figliuolo il quale, tenendo a lui
rivolte le spalle, mirava altrove. Allora Giorgio, udito il
brindisi, rispose: " Madama, te ne ringrazio, * Per lo che,
l'altro accennando a noi tutti , ci fece accorti come co
lui pensasse alla sua bella ; e poco mancò che le due Flam-
boroug non si disfacessero dalle risa. Come prima fu ter
minato il pranzo , seguendo l' antica mia usanza , chiesi
che fossero rimosse le tavole , onde con sommo diletto
vedere di bel nuovo accolta la mia famiglia tutta intorno
ad un focolare darsi buon tempo. Quindi i due bambini
CAPITOLO TRENTESIMOSECONDO. 2l9
salirono sulle mie ginocchia, e gli altri si adagiarono a
canto alle loro donne.
Non eravi più cosa oramai ch' io desiderassi ai di qua
della tomba, poichè tutti gli affanni erano terminati, e
la mia consolazione non si poteva con parole narrare.
Però non mi restava che di trovare modo onde nella pro
spera fortuna la gratitudine dell'animo mio superasse la
mia passata rassegnazione nell'avversa.

FINE.
22 i
INDICE.


Avvertenza Pag. 5
Cenisi biografici intorno all' Autore 7
Ai. Lettore \\
Capitolo I. — Descrizione della famiglia di "WakeGeld - nella quale
regna molla rassomiglianza d'indole e di persona tra consan
guinei 13
Cap. II. — Disgrazie di famiglia. La perdita dei beni pare che
solamente accresca l'alterezza del Giusto \%
Cap. IH. — Le sfortunate vicende della vila, alla fin fine si scuopre
che sono procurale da noi medesimi 23
Cap. IV. — Si prova che la più umile condizione può darci felicità
e delizie, le quali non dipendono dal nostro stato, ma dalla
nostra propria indole 29
Cap. V. — Nuovo e grande personaggio conosciuto. Le cose io cui
si fondano le maggiori speranze per lo più riescono funestis
sime 33
Cap. VI. — Delizie del domestico focolare in campagna 37
Cap. VII. — Descrizione dello spirito cittadinesco. Anche il più
gran gaglioffo può imparare ad esser piacevole per una sera
o due 44
Cap. Vili. — Un amore che promette poca felicità, può, non
ostante, produrne di molla 46
Cap. IX- — Si conoscono due dame di condizione elevata. L" abbi
gliamento sfarzoso pare che conferisca squisitezza di educa
zione 5fi
Cap. X. — La famiglia vuol rivaleggiare colle più ricche. Angustie
del povero che vuol comparire da più di quel che è ... 59
Cap. XI. — La famiglia si ostina pur sempre a farla da grande. 64
Cap. XII. — La fortuna sembra decisa di voler umiliare la famiglia
di "Wakcfield. Le mortificazioni, non di rado, riescon più
amare delle disgrazie reali 70
INDICE.
Cap. XIII. — Il sig. Burchell è dichiarato nemico, perchè ha il
coraggio di dare un consiglio che non piace Pag- 75
Cap. XIV. — Nuove mortificazioni, e prova, che i mali apparenti
possono essere beni reali 78
Cap. XV. — PerGdia del sig. Burchell smascherata. Follia dell* es-
^ sere arcisapiente 85
Cap. XVI. — La famiglia usa scaltrimenti che sono rintuzzati da
altri maggiori 91
Cap. XVII. — Qualunque virtù è manca per resistere alla forza di
lunga e gradevole tentazione 97
Cap. XVIII. — Un padre in traccia della smarrita figliuola per ri
chiamarla a virtù 106
Cap. XIX. — Descrizione di un tale , malcontento del Governo e
pauroso della perdita delle nostre franchigie • . IH
Cat. XX. — Storia dì un filosofo errante che, in traccia di novità,
perde ogni contentezza , . . . . 116
Cap. XXI. — Breve durata dell'amicizia tra viziosi, che vive sol
quanto Io scambievole piacere che se ne coglie , 133
Cap. XXII. — Si perdonano facilmente le offese, quando c'è di
mezzo 1* amore 142
Cap. XXIII. — Tranne il colpevole, nessuno può essere a lungo e
ali* in tutto miserabile 147
Cap. XXIV. — Nuove sciagure 152
Cap. XXV. -— Non v*è stato, per quanto miserissimo sembri, a
cui non sia pur compagna qualche sorta di consolazioni. 157
Cap. XXVI. — Riforma nella carcere. Perchè- le leggi fossero per
fette, dovrebbero premiare nelT istesso modo che puni
scono. 162
Cap. XXVII. — Continua lo stesso soggetto 167
Cap. XXVIII. — Le felicità- e le miserie umane sono piuttosto
frutto dell' accortezza che della virtù, dacché le gioie e le
amarezze di questo mondo agli occhi d' Iddio sien cose da
nulla , e indegne della sua sollecitudine nella loro distribu
zione 172
Cap. XXIX. — Si dimostra l* equità della Previdenza , con rifles
sioni sui felici e gì1 infelici di quaggiù. Per la natura stessa
del piacere e del dolore, il disgraziato deve ottenere propor
zionata ricompensa delle sue tribolazioni, nella vita avve
nire 184
INDICE. 223
Cap. XXX. — Una più severa prospettiva ci si para dinanzi. Siamo
inflessibili ! e alla perfine la fortuna si cangerà in nostro
favore Pag. I89
Gap. XXXI. — I1 precedente benefizio ripagato con inattesa
usura 198
Gap. XXXII. — Conclusione 245
Ne! medesimo formafo. H|Mf|
HW 5FWV
11 t'alaffanxio, racconto storico di G. B. Cereselo. — Un volume. 3. 50
II Conte di Vermnndots, Romanzo storico dei tempi di Luigi XIV,
di Paolo Lacroix. Traduzione dal francese di C. C. — Due volumi. 5. 50
|| paganesimo ed il Cristianesimo nel quinto secolo. Lezioni
di A. F. Ozanam, Professore di Letteratura straniera in Parigi. Prima tra
duzione dal francese di Alessandro Carraresi. — Due volumi 6
Il |*arroco di campagna che istruisce il suo Popolo, per il Canonico
Pietro Mori, Pievano di Montopoli. — Un volume 3
|| nuovo IlosHe-t ritto , memorie d' un emigrante , raccolte e pubbli
cate da Gustavo Straftorcilo — Un volume 3. 50
Introduzione alla Storia naturale, ossia Del modo di esi
stere degli Esseri Terrestri di Leonardo Doveri.—Un voi. -'.25
|1 Vacherò, Storia Genovese del secolo XVII, di Niny Modona-Olivetti.—
Va volume «4
Il Viaggio Sentimentale di Lorenzo Sterne, tra il. da Ugo Foscolo.
Aggiuntovi : la Storia di Yoriek; Il Naso grosso; Storia di Lefevre; Episo
di tratti dal Tristano Shandy, trad. da Carlo Bini. — Un voi. 2. *2ò
|| Vicario di Waltefield, di Oliviero Goldsraith; traduzione di Gio
vanni Berchet. — Un volume 2. 25
|jJ4 Famiglia. Lezioni di filosofia morale di Paolo Janet, tradotte da
Luisa Amalia Paladini. — Un volume 3
I a figlia dello Spagnoletta , racconto di Don Francesco Pallavi
cino dì Proto. —: Due volumi 4
La Filosofia morale, di Francesco Maria Zanotti.— Un voi 2
La t»l<*vpntù di Caterina dei Medici, di Alfredo Reumont.
Traduzione dal tedesco di Stanislao Bianciardi. — Un volume 2
La Poesia greca In Grecia, di G.-G. Ampère; traduzione dal
francese di E. Della Latta, delle Scuole Pie. — Un volume ì. 50
La SpoSI* e 'a Madre. Scelta di Prose e Poesie di Scrittori antichi e mo
derni intorno al matrimonio. Lettura per le Donzelle e donativo di nozze ;
per cura di Pietro Thouar. — Un voi 4
I •» Vita Nuova «li Dante Alighieri. — Un voi. Seconda ediz. . . 1
. patire e le Epistole di Boileau, tradotte da Natale Contini
con Note di tutti i Commentatori — Un voi -. 00
■ e Sorella degli Angeli, racconti di Anna Marie; traduzione dal
francese, di Geremia Barsottint delle Scuole Pie. — Un volume 2
studio della Storia naturale di Paolo Lioy. Seconda ediz.
con aggiunte e correzioni. —Uo volume 3
. —.. ili* »*'-•"• li éUinvinelte italiane- di Luisa-Amalia Paladini.
Baciati. - Un voi S
mi veli21 1 ,peontrata col manoscritto e
Opuscoli editi ed inediti di Giuseppe Hanno. — Due voi. . 4. 50
Opuscoli concernenti nlle Arti del Disegno e ad alcuni ar
tefici, di Cesare Guaiti. — Un volume. 2. So
Poesie burlesche scelte da' più illustri Autori italiani, ordinate e po
stillate per cura di Pietro Fanfam. — Un volume 3. 50
Poesie di Paolo Emilio Castagnola. — Un volume. . . 2. 25
Poesie popolari di Cesare Cavara. Edizione completa riveduta
dall'Autore. — Un volume 2. 25
Poesie d'alcuni celebri Scrittori di varie nazioni, recate io
versi italiani col Comento sopra i testi da Giovanni iì limassi, faentino.—
Un volume • 4.
Racconti poetici di Alessandro Puschin, poeta russo, tra-
dotti da Luigi Delùlre. — Un volume. . . 3
Saggio intorno ni Sinonimi della Lingua italiana, di Giuseppe
Grassi ; preceduto dai Cenni storici di G. Manno su la l'ita e le Opere
dell'Autore. — Un volume 2
Saggio di politica attribuito a Gian-Domeoico Romagnosi. — Un voi. 3
Saggio di Traduzioni di Paolo d'Arco Ferrari. —Un volume. 1. 60
Sciamyl, o il Profeta del Caucaso. Trad. dal francese.— Un voi. . Cent. 75
Serena, novella , e Poesie varie di Ignazio Ciampi. — Un voi. ... l
Sermoni di Massimiliano Martinelli. — Un volume 2
Sul fondamenti del Diritto punitivo , investigazioni filosofiche
del prof. Lazzaro Bufalini. — Un volume 1
Storia de* Corsi • di Ferdinando Gregorovrus , recata dal tedesco in
italiano. — Un volume I. 50
'l'assoni. Filippiche e altre Prose politiche , con un Discorso della Politica
Piemontese nel secolo XVII, di Giuseppe Canestrini. — Un voi. . i. 50
Teatro scelto di Shakespeare, tradotto in versi da Giulio Carcano
— Tre volumi '2
Teatro scelto di Giovanni Bacine, tradotto da Paolo Maspe-
ro. — Un volume 3. 60-
Versi di Faustina Buonarroti , vedova Slurlini.— Un voi. ì. 50
ersi di Vincenzo ilafli Edizione nuovamente ordinata; aggiuntovi
alcuni Canti inediti , e VArrigo , novella calabrese. — Un volume. . I. 50
Versi e Lettere di Costanza Monti Perticar! e Odi di
Achille Monti, con prefazione di F.-L. Polidori—Uo volume. 2. 2o

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