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Introduzione Una questione privata – libro mio

La vita.

Beppe Fenoglio nasce ad Alba il 1 marzo 1922. La città è il centro principale delle Langhe, regione che si
estende tra il Monferrato e le Alpi liguri con andamento prevalentemente collinare, ricca di prodotti della
terra (uva specialmente) e dedita all’allevamento. I contadini, scendendo ad Alba per le operazioni di
vendita e scambio al mercato del sabato, facevano circolare parecchio denaro e favorirono lo sviluppo delle
attività commerciali e la costruzione di alberghi, trattorie, cantine e negozi. Alla dura vita contadina sulle
colline si era sottratto il padre di Fenoglio (chiamato Amìlcare), diventando prima garzone di una macelleria
e poi mettendosi in proprio, riuscendo a mandare i due figli maschi al liceo classico e non alle scuole
tecniche. Fenoglio, nonostante l’integrazione nell’ambiente borghese della città, sente per le origini
contadine della famiglia paterna un’attrazione profonda, rafforzata dalle vacanze estive tra San Benedetto
Belbo e Murazzano. La zona dell’oltretanaro da cui proviene la madre, invece, diventa per Fenoglio un
modello negativo da opporre alla simpatica per il mondo arcaico.
Iscrittosi alla facoltà di lettere all’Università di Torino nel 1940, proprio quando l’Italia entra in guerra,
Fenoglio deve interrompere gli studi per la chiamata alle armi; segue il corso per allievi ufficiali e si
trasferisce a Roma. A lui, antifascista ma fiducioso nell’esercito, l’esperienza militare riserva la prima
clamorosa delusione, quando la caduta di Mussolini (15 luglio 1943) rivela l’inadeguatezza dei militari nel
fronteggiare gli eventi che porteranno all’armistizio dell’8 settembre.
Risale verso Alba, e trova la città occupata dai tedeschi: inizia così l’adesione all’esperienza partigiana.
Il primo arruolamento avviene nel 1944 nella formazione guidata dal tenente Rossi (detto il Biondo), gruppo
genericamente di sinistra, che nell’inverno 43-44 opera nelle Alte Langhe tra Murazzano e Mombarcaro e
che viene sconfitto dai nazifascisti il 3 marzo del 1944. L’esperienza non è felice, tanto che la sua
trasfigurazione letteraria nel romanzo Il partigiano Johnny getterà una luce sfavorevole su figure del
gruppo.
Fenoglio riprende la sua attività da partigiano nel gruppo degli “azzurri”, una divisione autonoma attiva nei
paesi di Mango e Treiso, luoghi che compaiono nel romanzo Una questione privata. Con loro combatterà
tutta la guerra partigiana, stringendo amicizia soprattutto con l’ex ufficiale d’aviazione Piero Ghiacci, che
diventerà modello di coraggio e lealismo nel Partigiano Johnny sotto il nome di Pierre.
Dalla tarda estate 44 “rossi” e “azzurri” non sono solo divisi da opposizioni politiche ormai esplicite, ma
anche dal fatto che gli alleati danno la preferenza ai democratici moderati nei lanci aerei di materiali di
sussistenza e munizioni.
Arriva poi il durissimo inverno 1944, dove cessano i lanci degli alleati e i gruppi partigiani sono costretti a
vivere alla macchia di cascina in cascina, sotto la minaccia costante delle spie. La solitudine subentra alla
vita aggregata, il contatto con la natura ostile acuisce l’estraniazione e l’angoscia.
Nel gennaio 1945 Fenoglio viene mandato, come buon conoscitore dell’inglese, a far da interprete e
ufficiale di collegamento alla missione inglese stanziata nell’Astigiano. L’abbandono delle Langhe, la
delusione nel conoscere quegli inglesi che dovevano essere l‘incarnazione di una civiltà idealizzata
attraverso la lettura negli anni del liceo, tutto questo rappresenta per il futuro scrittore motivo di riflessione
e di ripensamento del periodo partigiano.
Dopo la liberazione (25 aprile 1945) il ritorno alla vita civile si prospetta pieno di difficoltà, psicologiche e
materiali: la guerra e la resistenza hanno separato Fenoglio dai suoi studi universitari, che non riprenderà
più. Dal 1947 l’impiego come responsabile della corrispondenza con l’estero e delle esportazioni presso una
ditta enologica è un lavoro tranquillo, che gli riserva tempo libero per la scrittura, vocazione che manterrà
fino alla morte prematura, avvenuta per un tumore ai polmoni nella notte tra il 17 e il 18 febbraio 1963.

Un singolare apprendistato.

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Non sappiamo quando Fenoglio abbia iniziato a scrivere, ma la sua passione per la letteratura inglese l’ha
spinto a tradurre già ai tempi del liceo. La maggior parte delle sue traduzioni, per lo più incomplete, mostra
un amore speciale per il teatro.

Esercizi di stile.

Nei suoi esercizi Fenoglio mira non tanto a imitare temi e procedure strutturali degli americani, più
interessati a descrivere fedelmente la realtà con una scrittura di efficacia fotografica, quanto a ripensare la
propria esistenza personale di combattente entro un universo riconoscibile ma caratterizzato anche da
significati allegorici.
Sappiamo che Fenoglio, durante la guerra prendeva appunti su un taccuino e che l’unico romanzo a tema
resistenza pubblicato dall’autore, Primavera di bellezza (1959), fu concepito e steso in lingua inglese, e poi
trasposto in italiano. Di questo lavoro ci restano 9 capitoli, che narrano gli ultimi due mesi di guerra, dalla
battaglia di Valdivilla (24 febbraio 1945) alle soglie della Liberazione. Spiccano qui un vistoso
autobiografismo, soprattutto psicologico.
La fase stilisticamente successiva è costituita dalle due diverse stesure, incomplete entrambe, de Il
partigiano Johnny, sottoposte a un montaggio nell’edizione postuma del 1968. La prima stesura narra in 40
capitoli quanto accade dopo l’8 settembre 1943 fino allo scontro di Valdivilla, saldandosi per continuità con
i 9 capitoli in inglese. Nella seconda stesura manca il periodo trascorso con i “rossi” del tenente Biondo,
mentre i capitoli si snodano in 24 blocchi disposti in successione stagionale, in una vicenda in cui il vissuto e
l’attendibilità storica sono sottoposti a una lettura simbolica. Si comprende quindi il passaggio dai normi
propri effettivi ai nomi fittizi e il calo d’attenzione per le reazioni psicologiche del protagonista Johnny.
Fenoglio lo distanzia da se stesso, facendolo infatti morire nello scontro di Valdivilla, ultima vittoria fascista,
ultima sconfitta partigiana. Lo stile si fa più teso e gli anglicismi diminuiscono.

La guerra civile e i racconti langhigiani.

Nel frattempo Fenoglio scrive e dà alle stampe molti racconti di argomento contadino e partigiano. Già nel
1949 vennero presentati a Einaudi i sette Racconti della guerra civile, che narravano degli episodi
resistenziali. Il progetto non va in porto e Fenoglio pensa subito di allargare le tematiche della raccolta.
Anche il romanzo breve La paga del sabato (1950), dedicato al difficile reinserimento sociale di un reduce
della resistenza, ha una storia travagliata: letto e apprezzato da Calvino, non incontra però il favore di Elio
Vittorini, che allora stava avviando la collana einaudiana “I gettoni” (il libro verrà poi pubblicato postumo
nel 1969).
Fenoglio rielabora poi i Racconti della guerra civile realizzando una raccolta di 12 pezzi, i primi sei a tema
partigiano, gli altri di ambiente contadino e langarolo. Fenoglio chiamerà questa raccolta I ventitrè giorni
della città di Alba.

La malora e altri progetti.

Nel 1954 esce il romanzo breve La malora, capolavoro del filone langhigiano. L’ambientazione storica, per
quanto vaga, rinvia ai primi del 900 e a parlare di sé è un giovane contadino. La figura del narratore interno
è forse la trovata più geniale del libro: il protagonista, un ragazzo di nome Agostino, mandato dalla famiglia
poverissima a servire sotto padrone, assume in prima persona la voce di un raccontatore popolare. Il senso
del tempo circolare, la percezione dello spazio racchiuso entro i confini di poche colline, lo stile punteggiato
da dialettismi e di forme proverbiali, calano Agostino, perseguitato dalla malasorte, o malora, entro un
contesto a lui affine. In questo modo Fenoglio evita il filtro del narratore impersonale, mentre è
pienamente realizzato il rapporto tra realtà e la sua rappresentazione, che il secondo 900 deduce in parte
da Verga.
Nella malora la vita è condanna per tutti: la cattiva sorte colpisce sia la famiglia di Agostino, che quella del
mezzadro suo padrone; i lutti rovinano l’una e l’altra, l’assillo del denaro rende infelici come il tormento

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della fame.
Il fondo regionale della lingua e la struttura del romanzo sono interessantissimi: entrambi nascondono un
sapiente lavoro di montaggio. L’intreccio non segue i tempi reali del contenuto narrativo, ma disloca i picchi
tematici nei punti più rilevanti della struttura; i dialettismi sono segni tangibili del pensiero contadino.

La morte ha impedito il compimento di altri progetti anch’essi ambiziosi e di notevole architettura


compositiva.

Le “quattro marce” del romanziere.

Nel 1953, scrivendo a Vittorini in margine alla pubblicazione de La malora, Fenoglio sembra ammettere le
proprie difficoltà di fronte al passo lungo necessario al romanziere “non conosco le quattro marce” dice
Fenoglio. Nel frattempo pensa a un “libro grosso” centrato sul quinquennio 1940-45, di cui possediamo
numerosi materiali preparatori senza conoscerne con certezza le fasi e i tempi.
Dal 1957 le notizie sul vasto disegno si fanno frequenti e contraddittorie. L’ampiezza dell’arco cronologico
sembra suggerire la divisione in due tomi, ma il progetto non verrà completato e si ridurrà a un unico
romanzo, Primavera di bellezza. All’editore Garzanti viene consegnata nell’estate del 1958 una prima
stesura di Primavera di bellezza, che segue le esperienze di formazione di Johnny dalla conclusione del liceo
all’8 settembre 1943. Nonostante le sollecitazioni di Garzanti il secondo volume non va in porto. Nel marzo
del 1959 viene consegnata la seconda redazione di Primavera di bellezza, quella che noi oggi conosciamo,
che fa arruolare Johnny in una banda partigiana nel settembre del 1943 e che gli procura la morte in
un’imboscata tedesca il 19 settembre. Gli ultimi capitoli montano episodi diversi dedotti da materiali inediti
de Il partigiano Johnny.

“Una questione privata”


Dalle ceneri di “Frammenti di romanzo”.

Appena consegnata Primavera di bellezza, Fenoglio in una lettera a Garzanti parla del personaggio di Milton
come “un’altra faccia più dura, del sentimentale e dello snob Johnny”, dicendo che il nuovo libro si
concentrerà su un unico episodio, fissato nell’estate del 1944; l’idea è quella di un libro circolare – che si
discosta da Primavera di bellezza, il quale parte da A e giunge a B – nel senso che i medesimi personaggi
che aprono la vicenda la chiuderanno.
Nonostante il nome di battaglia che allude alla simpatia dell’autore per John Milton, il protagonista si
rivela un doppio rovesciato di Johnny. In Una questione privata Milton viene contrapposto all’amico
Giorgio.

Un intreccio romantico.

L’idea di costruire un’antitesi tra l’eroe, povero e innamorato, e un amico con il ruolo di antagonista, ricco e
forse cinico seduttore della ragazza amata dal primo, appassiona Fenoglio. La storia dell’ossessione
amorosa che tormenta Milton, romantico e letterato, invischiato nel ricordo della ragazza Fulvia, in un
amore tutto mentale e complicato dalla gelosia, si intreccia con le vicende della guerra partigiana. In Una
questione privata convivono quindi due romanzi: uno amoroso e uno resistenziale, che si amalgamano in
un equilibrio perfetto.
All’uscita postuma (nel 1963) proprio Italo Calvino, che molti anni prima era stato severo verso
l’incapacità di un’epica letteraria della Resistenza, individua in quest’opera l’esito finalmente raggiunto di
quanto aveva sognato invano la generazione della Resistenza “solo ora possiamo dire che una stagione è
compiuta”.

Gli inserti narrativi.

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Dedotti dai vecchi materiali del Partigiano Johnny, ma soprattutto prelevati dagli inserti di Frammenti di
romanzo, questi brani narrativi offrono lo sfondo storico e ambientale a una trama altrimenti tutta
concentrata sull’interiorità di Milton. Si tratta di inserti con particolari realistici circa gli stenti della vita
partigiana, governata dai disagi, dal freddo e dalla fame.
La visita di Milton a un presidio “rosso” apre una parentesi sulla differente condizione di azzurri e
garibaldini, questi ultimi privi di armi decenti, mal equipaggiati, perennemente a corto di sigarette e
invidiosi delle belle armi inglesi o americane in dotazione agli altri.

Una co-protagonista assente.

Tutti i brani provenienti dai Frammenti controbilanciano il dilagare nella mente di Milton della “questione
privata” che domina già all’inizio del libro nel ritratto del protagonista presentato innanzitutto come
soggetto psicologico e solo in un secondo tempo come soggetto storico, cioè come partigiano.
Subito l’occhio di Milton si impadronisce dell’ambiente circostante, tuttavia i cattivi presagi non tardano.
Come mai uno dei quattro ciliegi sembra invecchiato? Il perché lo si capisce poco dopo, quando la custode
insinuerà il dubbio nella mente di Milton, che si arrovella rivivendo il rapporto che lo legava con Fulvia.
Milton non è ne bello, ne ricco, ne spavaldo come Giorgio, ma ha l’anima di Fulvia, conquistata a colpi di
lettere e di poesie inglesi tradotte apposta per lei. È interessante come attraverso le scelte letterarie
dell’innamorato si configuri un modello femminile quasi opposto al vitalismo e alla civetteria di Fulvia: si
tratta di giovani morte prima del tempo come in Evelyn Hope di Browning, o di ragazze povere sedotte da
un ricco come in Tess of the D’Urbervilles di Hardy; anche Over the rainbow, la canzone americana che
costituisce il filo conduttore del romanzo, è un messaggio romantico che rimanda, al di la dell’arcobaleno
dietro le nuvole (cioè dopo la lotta partigiana) a una promessa d’amore.
La vera ossessione di Milton è il desiderio di scoprire cosa è veramente successo tra Giorgio e Fulvia. Il
motivo dell’investigazione, che implica il ritrovamento di Giorgio e anche la caccia a un fascista da
scambiare è ribattuto più volte: nel frattempo tutto rimane sospeso in attesa del sapere.
La pioggia incessante sembra simbolicamente offuscare la traccia di verità che la cattura di Giorgio
allontana.

I gemelli nemici.

Se Fulvia vive solo nella fantasia di Milton, non compare mai davvero nel libro nemmeno Giorgio. Ma il
lettore sente vivo pure quest’altro assente, che appare sia come un gemello sia come un modello opposto
al protagonista.
Nel capitolo 1 Milton è descritto come un brutto: alto, scarno, curvo sulle spalle, ha due pieghe amare ai
lati della bocca, affascinanti sono però gli occhi “tristi e ironici”; questo è una sorta di ritratto dell’artista da
giovane, di forte implicazione autobiografica; tra l’altro anche Fenoglio 22enne combatteva tra Treiso e
Mango nell’autunno 1944.
Fulvia e Giorgio invece sono sportivi, bravi ballerini, ricchi e bellissimi, lui biondo miele, lei bruna mogano,
potenzialmente una coppia perfetta. Pero Milton e Giorgio sono amici da sempre, “siamo nati insieme”
ripete più volte Milton. Il motivo della gelosia si sovrappone a quello di un’amicizia vissuta come un vincolo
fraterno, con tutte le sue inevitabili simmetrie e differenze.

I simboli naturali.

All’interno del triangolo Milton svolge un ruolo capitale: è l’unico veramente presente, dato che Fulvia e
Giorgio vivono solo nei suoi ricordi.
Fin dall’inizio il paesaggio viene interpretato da Milton come equivalente degli stati d’animo, sono le
mutevoli figure delle nubi a fargli da oroscopo negativo quando ancora non conosce la verità amara. Gli
elementi atmosferici acquisiscono una grande importanza, dovuta non solo alle circostanze storiche, ma
anche è soprattutto alla situazione personale di Milton. Man mano che il paesaggio collinare da scenario

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d’amore si trasforma in fondale d’ansia e di lutto, crescono le metafore naturali. La nebbia può essere “un
mare di latte” o assumere addirittura un aspetto animato, per soffocare nella sua morsa alberi e terre. La
pioggia pare un castigo biblico che tutto imputridisce, ma il portavoce di una natura ostile è soprattutto il
fango pastoso e gelido, che sembra “lievitare a vista d’occhio”.

Una difficile semplicità stilistica.

Entro questo sistema il lessico e la sintassi concorrono a creare una scrittura in cui i vocaboli raffinati o più
espressivi servono bene il livello metaforico. Molto spesso gli aggettivi assumono valore avverbiale “un
cane latrò, ma breve e spaurito”.
L’essenzialità stilistica va di pari in passo con un gusto classicheggiante, che si affaccia qualche volta nel
lessico (lodarsi, iniqua…) e nelle costruzioni della frase. Il confronto con le due redazioni precedenti
dell’opera mostra che Fenoglio innalza la temperatura espressiva del lessico laddove il tenore metaforico lo
richieda.
Vive poi in discorsi diretti la lingua dei partigiani, col suo gergo di caserma (pompare=scappare;
scorciare=uccidere; beccare=catturare; fottuto=spacciato) e le bestemmie.
C’è poi il registro studentesco di Fulvia, iperbolico e un po’ sciocchino, ricco di superlativi “è carinissima,
mi piace da morire”; c’è anche qualche civetteria in inglese da parte di lei “he dances divinely”.

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