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PITAGORA (3)

Pitagora nacque intorno al 570 a.C. e morì intorno al 490. Nacque a Samo (isola
greca vicino la Turchia) ma, giovane, si trasferì in Italia dove, a Crotone, fondò una
scuola che fu anche un’associazione religiosa e politica. <<A Pitagora sono attribuiti
molti scritti; ma quelli pervenutici sotto il suo nome sono falsificazione di epoca
posteriore. E’ possibile che il suo insegnamento sia stato solo (o prevalentemente)
orale>>1. Non sempre è facile distinguere il suo pensiero da quello dei suoi seguaci,
ma d’altronde pare che la scuola pitagorica sia stata nettamente improntata dalla
personalità di Pitagora. Egli vede il corpo come una prigione dell’anima e la vita
corporea come una sorta di punizione. Per liberare l’anima dal corpo servono i
riti purificatori e la sapienza. Quindi la scienza è un mezzo per purificare
l’anima e condurla alla salvezza ed alla liberazione. Ai pitagorici si deve la
creazione della matematica come scienza, elaborando concettualmente i suoi
termini fondamentali (quantità, punto, superficie, angolo, corpo); stabilirono il
carattere rigoroso della dimostrazione matematica, da allora in poi l’ideale di
ogni disciplina che si voglia organizzare scientificamente. La filosofia dei
pitagorici era un riflesso della loro matematica. <<La tesi fondamentale di tale
filosofia è che il numero è la sostanza delle cose. Invece dell’acqua, dell’aria
o di altri elementi materiali, i pitagorici riconoscono il numero come il principio
di cui sono costituite le cose>>2. Per noi il numero è una astrazione mentale,
cioè un ente di ragione. Fino ad Aristotele, invece, il numero era considerato
una “cosa reale”, cioè il numero non è un aspetto che noi astraiamo dalle cose
con un processo mentale, ma è “la realtà”. Ad ogni numero fanno
corrispondere una figura geometrica: l’uno è il punto, il due la linea, il tre il
triangolo il quattro il tetraedo (piramide a base triangolare, che ha 4 facce),
figura che è elemento base di ogni corpo fisico essendo una sorta di figura
solida-base. Quando i pitagorici affermano che le cose sono costituite da numeri
vogliono dire che la vera natura del mondo consiste in un ordinamento
geometrico esprimibile in numeri, quindi misurabile. <<Nelle cose stesse quel
che c’è di veramente reale non è dunque l’insieme delle qualità sensibili, quanto
invece il loro ordine quantitativo; mentre la scuola di Mileto resta ferma alla
ricerca di un principio qualitativo di unificazione della natura, la scuola di
Pitagora afferma così il principio che il mondo naturale ha una struttura
quantitativa e matematica>3. I pitagorici, infatti, scoprono la regolarità
matematica: tappa fondamentale nello sviluppo spirituale dell’occidente. Leggi
numeriche determinano l’anno, le stagioni, i mesi, i giorni, i cicli dello sviluppo
biologico, la musica. Il numero è considerato dai pitagorici come un insieme di unità
e l’unità è considerata identica al punto geometrico. Prendiamo il numero 10, che

1 Reale G., Antiseri D., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A Filosofia antico-pagana, Editrice La
Scuola, Brescia, 2012, p. 37.
2 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
(con la collaborazione di Giancarlo Burghi), Pearson, Milano-Torino, 2013, p. 22 (la sottolineatura e la seconda parte
del neretto sono miei).
3 Dal Pra M., Sommario di storia della filosofia. Per i licei classici e scientifici, vol I La filosofia antica e medievale,
La Nuova Italia, Firenze, 1963, p. 10.
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era considerato dai pitagorici come un numero perfetto: è rappresentato come un
triangolo che ha 4 punti per ogni lato (più un punto al centro). Si ottiene così la sacra
figura della tetraktýs. La tetrattide è la somma dei primi 4 numeri dove l’1 è il punto,
il 2 la linea, il 3 la superficie ed il 4 il solido. La loro somma, che è 10, rappresenta
l’universo fisico. <<Aritmetica e geometria vengono in tal modo fuse e
considerate pressoché identiche: ogni numero è nello stesso tempo una figura
geometrica, e ogni figura geometrica è un numero, poiché la figura geometrica
altro non è che una disposizione, un ordinamento di punti nello spazio, e il
numero esprime la misura di questo ordinamento>>4. Le cose sono numeri,
dunque, perché fanno riferimento ad un ordine misurabile del mondo. In altre
parole ogni cosa consiste in un ordinamento geometrico e questo ordinamento
geometrico lo possiamo misurare, cioè lo possiamo esprimere attraverso dei numeri.
Quindi attraverso il numero possiamo spiegare il movimento degli astri, il succedersi
delle stagioni, il ciclo delle vegetazioni, la musica. Per quanto riguarda la musica sia
la “melodia” (successione delle note) sia l’”armonia” (esecuzione contemporanea di
più suoni) producono un suono piacevole solo se le note vengono eseguite secondo
un ordine determinato che, tanto per cambiare, può essere tradotto in formula
matematica. La musica è anche un aspetto del “cosmo”: le sfere celesti, muovendosi,
compongono la più bella armonia che si possa immaginare. In questo esempio è
evidente come anche ciò che sembra lontano dai numeri in realtà è riconducibile ad
essi. Infatti i pitagorici, per primi, hanno ricondotto il carattere oggettivo della
natura all’ordine misurabile, riconoscendo in quest’ordine ciò che dà al mondo la
sua unità, la sua armonia e la sua bellezza.
Abbiamo detto che la sostanza delle cose è il numero, ne deriva che le
opposizioni tra le cose si riducono ad opposizioni tra numeri. L’opposizione
fondamentale nei numeri è quella tra il “pari” ed il “dispari”. Vediamo le
seguenti figure.
Figura 2
Figura1 • •

• •

Nella figura 1 è indicato un numero “pari” (due punti). Come si può notare non c’è
niente che chiude lo spazio interno. Viceversa nella seconda figura c’è un punto che
delimita lo spazio. Quindi avremo che il dispari è un’entità limitata, terminata e
compiuta. Il pari è un’entità illimitata, non compiuta e non terminata. La
cultura greca <<associava l’illimitato all’indeterminato o all’incompleto e,
quindi, al difettoso, mentre faceva corrispondere il limitato al determinato o al
compiuto e, quindi, a qualcosa di perfetto>>5.

4 Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1 Dalle origini alla scolastica,
cit., p. 22, (l’ultimo neretto è mio, così come la sottolineatura).
5 Ivi, p. 23 (il neretto è mio).
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I pitagorici individuano le 10 opposizioni fondamentali che sono: 1) limite-
illimitato; 2) dispari-pari; 3) unità-molteplicità; 4) destra-sinistra; 5) maschio-
femmina; 6) quiete-movimento; 7) retta-curva; 8) luce-tenebre, 9) bene-male; 10)
quadrato-rettangolo.
Questi opposti erano conciliati da un principio di armonia universale, il cui
modello, come abbiamo già detto, era costituito dai perfetti rapporti numerici
esistenti tra i suoni degli accordi musicali.
La filosofia di Pitagora, quindi, spiega la realtà sulla base di “contrapposizioni”
tra due principi opposti. Si configura quindi come una forma di “dualismo”
dove per dualismo intendiamo: <<qualsiasi teoria che spieghi un dato ordine di
cose, o l’universo nella sua totalità, mediante l’azione di due principi opposti e
irriducibili l’uno all’altro>>6.
<<Se il numero è ordine (“accordo di elementi illimitati e limitanti”, e se tutto è
determinato dal numero, tutto è ordine. E poiché in greco “ordine” si dice kosmos,
i pitagorici chiamarono l’universo “cosmo”, ossia “ordine”>>7. Secondo le
testimonianze Pitagora fu il primo a chiamare l’insieme di tutte le cose “cosmo”.
Con i pitagorici il mondo ha finito di essere dominato da potenze oscure ed
indecifrabili: <<il numero esprime ordine, razionalità e verità. […] Con i pitagorici
l’uomo ha imparato a vedere il mondo con altri occhi, ossia come l’ordine
perfettamente penetrabile dalla ragione>>8.
Per Pitagora la sfera era, tra la figure solide, quella dotata di maggiore perfezione
perché ha tutti i punti equidistanti dal centro. Sulla base di questa credenza sostenne
per primo che la terra ed i corpi celesti sono sferici.
Filolao, un pitagorico vissuto nel V secolo a.C., fu il primo ad ipotizzare che al
centro del mondo non c’era la terra. Nel suo caso ipotizzava che quel “centro” fosse
occupato da un “fuoco centrale”. Nel III secolo a.C. Aristarco arrivò a formulare la
teoria eliocentrica: ponendo il sole al posto del fuoco centrale.
Sembra, ma non ne abbiamo la certezza, che i pitagorici considerassero l’anima
come “armonia”, risultante dalla composizione armonica degli elementi che
costituiscono il corpo.
Pitagora sosteneva la dottrina della “metempsicosi” (pare sia stato il primo
filosofo a farlo) e cioè <<quella dottrina secondo la quale l’anima, a motivo di
una colpa originaria, è costretta a reincarnarsi in successive esistenze corporee
(e non solo in forma d’uomo, ma altresì in forme di animali), per espiare quella
colpa>>9. A questo proposito: abbiamo visto che secondo Anassimandro ogni
essere, solo per il fatto che la nascita comporta una “rottura” dell’unità e
dell’armonia dell’infinito, si porta dietro una sorta di “colpa”. Qualcosa di molto
simile la troviamo nei pitagorici: una sorta di “ingiustizia cosmica” porta l’anima ad
entrare dentro il corpo (visto come una prigione dell’anima, concezione ripresa dalle
credenze orfiche) per espiare la propria colpa. L’uomo è quindi diviso in due

6 Ibidem.
7 Reale G., Antiseri D., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A Filosofia antico-pagana, cit., p. 40.
8 Ibidem.
9 Ivi, p. 41 (il neretto è mio).
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parti: una nobile (l’anima) ed una vile (il corpo). Questa visione dualistica
influenzerà molto la filosofia greca almeno fino a Platone. Ciò si porta dietro
anche un’altra conseguenza: la conoscenza sensibile assume un valore inferiore
a quella che scaturisce dalla pura razionalità. Di questo aspetto avremo modo di
parlare a proposito di altri filosofi quali Parmenide (che afferma il primato della
ragione sui sensi) ed Eraclito (che, al contrario, afferma la superiorità dei sensi sui
principi della pura razionalità). Tornando alla metempsicosi, una leggenda narra che
Pitagora sostenesse di ricordarsi delle sue vite precedenti. Abbiamo detto che
Pitagora riprende la dottrina della metempsicosi dall’Orfismo, la differenza
sostanziale è, però, nei mezzi che devono essere usati per uscire dalla catena della
reincarnazione. Gli orfici proponevano <<celebrazioni misteriche e pratiche
religiose, e pertanto rimanevano legati a una mentalità magica […] invece i
pitagorici additarono soprattutto nella scienza la via della purificazione, oltre
che in una severa pratica morale. La “vita pitagorica” si differenziò nettamente
dalla vita orfica, appunto per il culto della scienza come mezzo di
purificazione>>10.
<<I pitagorici furono, in tal modo, gli iniziatori di quel tipo di vita che fu chiamato
(o che già essi chiamarono) bíos theoretikós, vita contemplativa ovvero vita
pitagorica, cioè una vita spesa nella ricerca della verità e del bene tramite la
conoscenza, che è la più alta purificazione (comunione con il divino)>>11.
Per quanto riguarda la morale, infine, i pitagorici fanno riferimento alla dottrina
dell’armonia. Immaginano la giustizia come un numero quadrato: i meriti e le colpe
saranno ricompensati con uguale misura (il numero quadrato è un numero che si
moltiplica per se stesso).

BIBLIOGRAFIA
Abbagnano N., Fornero G., L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, vol. 1
Dalle origini alla scolastica, (con la collaborazione di Giancarlo Burghi), Pearson,
Milano-Torino, 2013.
Dal Pra M., Sommario di storia della filosofia. Per i licei classici e scientifici, vol I
La filosofia antica e medievale, La Nuova Italia, Firenze, 1963.
Reale G., Antiseri D., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 1A Filosofia
antico-pagana, Editrice La Scuola, Brescia, 2012.

10 Ibidem. (Il neretto è mio, la parte in corsivo del testo originale è stata trascritta, ma non in corsivo).
11 Ibidem.
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