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9/01/2023

APPARATO DIGERENTE
Intestino tenue
Ciascuna delle regioni del tubo digerente è specializzata in una funzione differete e il
piccolo intestino, detto intestino tenue è specializzato nella funzione di assorbimento
dei nutrienti, tutte le macromolecole biologiche si assorbono a livello dell'intestino
tenue.
La parte più lunga del tubo digerente è lungo fino a 6 metri e occupa un po’ tutte le 9
regioni della cavità addominopelvica ad eccezione
della regione epigastrica e dell’epicondrio di sinistra.
Nell’intestino tenue il materiale arriva già
meccanicamente e chimicamente digerito perché la
digestione è eseguita dallo stomaco.
Nell’intestino tenue troviamo tre regioni:
● Duodeno
● Digiuno
● Ileo
Duodeno
È la porzione più breve perché misura soltanto 25 cm sui 6 m totali.
Ha una forma a C e nella cavità di questa C si inserisce la testa del pancreas.
È per grossa parte della sua lunghezza un organo retroperitoneale soltanto il
primissimo tratto si può considerare intraperitoneale, c’era una porzione del piccolo
aumento che si chiama legamento epatoduodenale, che stabilizzava la posizione del
fegato rispetto al duodeno, solo rispetto al primissimo tratto, il tratto prossimale del
duodeno perché più dei 2/3 terzi della sua lunghezza sono da considerarsi
retroperitoneali, per la porzione intraperitoneale che è brevissima il legamento
epatoduodenale che è a sua volta porzione del piccolo aumento stabilizzano la
posizione del duodeno.
La fessura duodeno digiunale è una brusca curvatura che segna il passaggio dal
duodeno al tratto successivo, il digiuno.
Il duodeno è sede di un'importantissima area che prende il nome di papilla
duodenale maggiore.
In questa area arrivano due condotti: il coledoco proveniente dal fegato che trasporta
la bile nel duodeno, l’altro proveniente dal pancreas, il dotto pancreatico maggiore,
che porta invece il succo pancreatico.
Nel duodeno si riversano sia la bile che il succo pancreatico, i quali sono
indispensabili per l’assorbimento di nutrienti.
Strutture con le quali il duodeno contrae rapporto: pancreas (ghiandola che ha un
asse obliquo e si estende in lunghezza da destra verso sinistra) la cui testa è accolta
nella cavità duodenale; posteriormente il duodeno contrae rapporto con il rene di
destra, anteriormente e superiormente è a contatto con il fegato e in minor misura
con la cistifellea (sacca alloggiata sulla superficie posteriore del fegato).
Digiuno e Ileo → sono le porzioni più lunghe. Il digiuno misura 2,5 m e l’ileo 3,5 m.
Il digiuno diversamente dal duodeno, è un organo intraperitoneale e come tale ha
bisogno del mesentere che ne stabilizzi la posizione, il mesentere comune.
L’ileo è l’ultimo tratto, anch’esso intraperitoneale e stabilizzato dal mesentere
comune (infatti si chiama così proprio perché è comune), termina con la valvola
ileocecale che regola l’accesso del residuo del materiale dall’intestino tenue
all’intestino crasso (nell’intestino tenue sono stati assorbiti nutrienti quindi nel crasso
entrano le scorie) ed è posta tra l’ileo, ultimo tratto dell’intestino tenue e il cieco che
è il primo tratto dell’intestino crasso.
Anatomia microscopica:
Come per lo stomaco, anche l’intestino tenue presenta un avvallamento della
mucosa ma diversamente da esso cambiano le tipologie cellulari presenti, perché i
secreti nello stomaco servivano per la digestione chimica, in questo caso i secreti
delle cellule servono per migliorare l’assorbimento.
L’intestino tenue presenta delle pliche circolari
permanenti e non temporanee come lo
stomaco.
Le pliche temporanee servono ad aumentare il
volume disponibile, quelle permanenti la
superficie disponibile per l’assorbimento.
La mucosa dell’intestino tenue presenta delle
estroflessioni digitiformi che prendono il nome
di microvilli e a loro volta ciascun microvillo
(che è formato da cellule epiteliali cilindriche)
presenta sulla sua sommità dei microvilli.
Mettendo insieme le pliche permanenti, i villi e i microvilli la superficie disponibile
sarebbe di circa 150 m².
Per ottimizzare l’assorbimento dei nutrienti l’intestino tenue adotta la soluzione di
aumentare il più possibile la superficie.
La funzione di microvilli, villi e pliche è la stessa; le pliche sono macroscopiche, i villi
una via di mezzo, i microvilli una via di mezzo.
I villi sono formati da un epitelio cilindrico le cui cellule prendono il nome di enterociti,
intercalate alle quali ci sono delle cellule caliciformi mucipare, ghiandole unicellulari
che producono muco.
La mucosa quindi si solleva in villi e poi si approfonda in delle depressioni (cripte di
Lieberkuhn), simili del tutto a quelle gastriche con la differenza di avere popolazioni
cellulari differenti, nelle cripte ci sono le cellule enteroendocrine, che producono
ormoni quali colecistochinina, lisozima, secretina, tutte sostanze che migliorano il
processo di assorbimento dei nutrienti.
La tonaca sottomucosa (serve per cominciare a far arrivare nervi e vasi)
dell’intestino tenue ha una caratteristica importante soprattutto nel duodeno, cioè
quella di contenere tantissime ghiandole, ghiandole del Brunner, responsabili della
produzione di muco alcalino, è un muco basico.
Le ghiandole si concentrano
maggiormente nel duodeno perché in esso
giunge il chimo (materiale alimentare
chimicamente digerito nello stomaco
dall’acido cloridrico).
La massiccia quantità di ghiandole del
Brunner che producono muco alcalino
(basico) serve a tamponare l’acidità del
chimo, per evitare che esso possa
lesionare con la sua acidità le pareti dell’intestino tenue.
Nell’intestino tenue inoltre sono presenti, soprattutto nell’ileo, i noduli linfatici ai quali
si dà il nome di placche di Peyer: altro non sono che aggregati di linfociti con una
funzione di difesa, quindi immunitaria.
La tonaca muscolare, costituita da due strati di muscolatura liscia, uno circolare
interno e l’altro longitudinale esterno.
Tonaca sierosa/ avventizia: per digiuno e ileo la tonaca è sierosa rappresentata dal
peritoneo parietale, per il duodeno la tonaca è avventizia perché si parla di una zona
retroperitoneale.
Disegno: mostra le differenze tra i 3 tratti dell’intestino
tenue, non sono identici ma sono dello stesso distretto
anatomico.
Duodeno: pieno di strutture viola (ghiandole del Brunner)
che mancano sia nel digiuno che nell’ileo.
Il digiuno tra le tre componenti è quella che si occupa
maggiormente nell’assorbimento dei nutrienti, per cui il
numero di plichi e villi è maggiore e anche la loro
lunghezza è molto più pronunciata rispetto al duodeno e all’ileo, chi ha problemi di
assorbimento di nutrienti come il soggetto celiaco, li ha nel digiuno e infatti la
diagnosi di celiachia viene fatta a seguito di una biopsia del digiuno, nel caso di
celiachia si assiste a un numero molto ridotto di villi oppure inesistenti perché
danneggiati dalla proteina.
L’ileo ha la particolarità di avere nella sua tonaca sottomucosa molti noduli sotto
linfatici denominati placche di Peyer.

Intestino crasso (o grande intestino)


Forma una vera e propria cornice intorno alla
regione addominopelvica. È molto più corto
dell’intestino tenue e misura massimo 1,5 m.
Occupa entrambe le regioni lombari sia quella
di destra che quella di sinistra, la regione
ombelicale, la regione iliaca di sinistra e la
regione ipogastrica.
Funzioni: essendo stati assorbiti gran parte dei
nutrienti nell'intestino tenue, esso ha il compito
di permettere un ulteriore riassorbimento di acqua (sottrarre acqua al materiale che
sta transitando al suo interno), permettere l’assorbimento di alcune classi specifiche
di vitamine, permettere un processo di compattazione delle feci, recupero di acqua di
qualche tipologia di vitamina.
Ha 3 regioni: cieco, colon, retto.
Nel colon si individuano altre 4 regioni: colon ascendente, colon trasverso, colon
discendente, colon sigmoideo.
Il cieco è il primo tratto del grande intestino.
La valvola ileocecale è una struttura che regola l'accesso del materiale residuo
dall'intestino tenue al crasso, si trova appunto tra l'ileo che è l'ultimo tratto
dell'intestino tenue, e il cieco che è il primo tratto dell'intestino crasso.
Il cieco è una breve tasca alla quale sulla superficie postero mediale si identifica
l’appendice, che è una virgola, essa contiene molti noduli linfatici e per questo
motivo essa facilmente si può infiammare, tanto da richiederne la rimozione
chirurgica.
Il cieco e l’appendice sono intraperitoneali.
Il colon forma una vera e propria “cornice” intorno all’intestino tenue.
Si possono individuare 4 regioni: colon ascendente, colon trasverso, colon
discendente, colon sigmoideo.
Dal ceco si estende il primo tratto chiamato ascendente perché si estende
superiormente fino alla flessura colica di destra, quella zona nella quale avviene una
brusca curvatura da cui si origina il colon trasverso.
Il colon ascendente è una porzione retroperitoneale, non ci sono mesenteri che ne
stabilizzino la posizione.
Il colon trasverso decorre più o meno orizzontalmente dalla flessura colica di destra
(o epatica per la sua vicinanza al fegato) alla flessura colica di sinistra (o splenica
per la sua vicinanza alla milza), essa è posizionata più in alto rispetto alla flessura
epatica.
Il colon trasverso è intraperitoneale e c’è un mesentere che stabilizza la sua
posizione chiamato mesocolon trasverso.
Dalla flessura splenica ha origine il terzo tratto del colon, il colon discendente,
torna a portarsi inferiormente ed è retroperitoneale (come il colon ascendente), non
ci sono mesenteri che stabilizzano la sua posizione.
Esso forma una curvatura, la flessura sigmoidea, dando origine all’ultima parte, il
colon sigmoideo perché la sua forma ricorda quella di una S.
Il colon sigmoideo è intraperitoneale, c’è quindi un mesentere che stabilizza la sua
posizione detto mesocolon sigmoideo.
Il colon sigmoideo termina in canale muscolare dalle spesse pareti che prende il
nome di retto (è al di fuori del colon) il quale ha il compito di accumulare le feci prima
che queste vengano eliminate all’esterno definitivamente, è retroperitoneale.
Il retto convoglia il materiale fecale in un altro canale muscolare che prende il nome
di canale anale in cui il passaggio del materiale è regolato da due anelli di
muscolatura che prendono il nome di sfintere anale interno (formato da muscolatura
liscia, involontaria) e sfintere anale interno (formato da muscolatura scheletrica,
volontaria) .
Anatomia microscopica:

Tonaca mucosa: L’epitelio è cilindrico come lo stomaco e l’intestino tenue.


Non ci sono né villi né microvilli perché cambia la funzione, non devono essere
assorbiti nutrienti.
Ci sono ghiandole in profondità per tutta l’altezza della mucosa che contengono le
cellule caliciformi mucipare deputate alla produzione di muco, il quale ha una
funzione da quello prodotto nell’intestino tenue: lubrifica le pareti delle varie porzioni
dell’intestino crasso in modo da agevolare il passaggio del materiale fecale.
Sia nella tonaca mucosa che in quella sottomucosa ci sono dei noduli linfatici
sebbene non raggiungano mai le dimensioni delle placche di Peyer.
Tonaca muscolare: è particolare perché non ha due strati di tessuto muscolare liscio
come in una situazione normale, bensì ha uno strato circolare interno che non ha
interruzioni, cioè senza particolarità, lo strato longitudinale è fortemente incompleto,
si riduce a delle strette bande che prendono il nome di tenie e che percorrono l’intera
lunghezza dell’intestino crasso.
La tenia è assimilabile a uno strato di tessuto muscolare longitudinale esterno.
Le tenie coliche dividono l’intera lunghezza dell’intestino crasso in piccoli segmenti
ognuno dei quali prende il nome di austra. Molto spesso le austre presentano delle
piccolissime sacche ripiene di tessuto adiposo chiamate appendici grasse o
epiploiche.
Tabella: per ricapitolare le varie sezioni del tubo digerente (colonne)
Le pliche temporanee sono presenti nell’esofago e nello stomaco perché la loro
funzione è commettere una dilatazione.
Le pliche permanenti sono presenti nel duodeno, nel digiuno e nell’ileo perché la loro
funzione è aumentare il più possibile la superficie disponibile per l’assorbimento, tra
duodeno digiuno e ileo il numero di pliche non è uguale perché la regione in cui si
assorbe di più è il digiuno.
Strati muscolari: 2 in esofago, digiuno, duodeno e ileo, 3 nello stomaco perché ha la
funzione di digestione chimica per far si che aumenti l’area di contatto e la stessa
probabilità di contatto fra il materiale alimentare e le secrezioni gastriche lo stomaco
rimescola in maniera energica e per questo motivo ha bisogno di tre strati.
2 strati sono presenti anche nel cieco e appendice, nel colon (sarebbe uno e mezzo
a causa dello strato longitudinale esterno incompleto), 2 per il retto e il sigmoideo.
Porzioni intraperitoneali: stomaco, digiuno, ileo, cieco e appendice, colon trasverso,
colon sigmoideo, c’è sempre un mesentere, differente, che stabilizza la posizione del
viscere.
Il duodeno è retroperitoneale ma due porzioni sono intraperitoneali.

ORGANI ANNESSI ALL’APPARATO DIGERENTE


Non fanno parte del tubo digerente ma sono in prossimità e sono prevalentemente
delle ghiandole.
● ghiandole salivari
● fegato ⇛ ghiandole
● pancreas
● cistifellea (sacca in cui temporaneamente viene depositata la bile)

Ghiandole salivari
Ghiandole esocrine, dotate di un dotto il cui prodotto si definisce saliva e viene
depositato nella cavità orale.
Sono 3 paia: ghiandole parotidi, ghiandole sottolinguali, ghiandole sottomandibolari.
Tra le tre tipologie di ghiandole differisce il tipo di secreto :
● ghiandole parotidi → esocrine di tipo sieroso
● ghiandole sottolinguali → esocrine di tipo mucoso
● ghiandole sottomandibolari → esocrine di tipo misto, ci sono almeno due tipi
cellulari differenti, mucose e sierose

Fegato
E’ la ghiandola più voluminosa del nostro organismo , arriva a pesare fino ad 1,5 kg,
è di un colore rosso bruno per l’intensa vascolarizzazione.
Svolge numerosissime funzioni:
1. Funzione metabolica: è resa possibile dal fatto che le cellule epatiche, gli
epatociti sono responsabili di:
● immagazzinamento di alcune sostanze nutritive;
● metabolismo glucidico→ gli epatociti trasformano prevalentemente fruttosio e
galattosio in glucosio;
● metabolismo lipidico → a livello epatico gli epatociti sono responsabili della
produzione dei fosfolipidi e del colesterolo;
● metabolismo proteico;
● assorbimento di alcune vitamine liposolubili (A, D, E, K).
2. Funzione ematologica
Gli epatociti sono coinvolti in processi di:
 Rimozione di eritrociti invecchiati;
 Produzione di grossa parte delle proteine plasmatiche, le più numerose
sono le albumine e le globuline;
 Hanno una funzione purificante, cioè hanno una funzione
detossificante, perché ripulisce il sangue eliminando tossine e batteri
(antigeni provenienti dall’esterno).
3. Produzione e trasporto della bile
Questa bile serve a emulsione i grassi, quindi il fegato sintetizza
continuamente un certo quantitativo di bile, che può essere o non essere
depositato nella cistifellea, ed entrando nelle vie biliari e andando nel
duodeno, dove avviene l’assorbimento.
Topografia (anatomia macroscopica):
È la ghiandola più voluminosa di tutte, e arriva a pesare 1,5 kg.
Ha un colore molto scuro, a causa dell’intensa vascolarizzazione (Colore rosso
bruno).
Ha una capsula fibrosa che lo riveste.
È un organo intraperitoneale, quindi è rivestito da peritoneale viscerale in tutte le sue
superfici, fatta eccezione per una zona che prende il nome di area nuda.
L’area nuda corrisponde alla zona di contatto del fegato con il diaframma.
Occupa la regione ipocondriaca di destra, buona parte della regione epigastrica, e
penetra con l’estremità di sinistra in quella ipocondriaca di sinistra.
La maggior parte del volume epatico è localizzato a destra.
Il fegato, in base alla faccia che si va a considerare, prende contatto con:
 Faccia antero-superiore (diaframmatica):
Prende contatto con il polmone di destra e il diaframma;
 Faccia postero-inferiore (viscerale):
Nella porzione posteriore e rivolta verso sinistra c’è un ampia area di contatto
con lo stomaco.
La porzione posteriore, ma localizzata a destra, è a contatto con il duodeno
(zona inferiore alla vena cava inferiore), faccia anteriore del rene di destra, e,
nella zona inferiore della zona viscerale del fegato, con l’intestino crasso
(fessura colica di destra).

Nel fegato si distinguono 4 lobi:


 Lobo destro
 Lobo sinistro
 Lobo quadrato
 Lobo caudato
Lobo di destra e di sinistra sono facilmente identificabili guardando la faccia
anteriore del fegato e prendendo in considerazione il legamento falciforme, che
divide pressoché a metà la faccia anteriore.
La zona a destra del legamento falciforme è il Lobo di destra, mentre a sinistra c’è il
Lobo di sinistra (di volume più piccolo rispetto a quello di destra).
I lobi quadrato e caudato sono visibili solo dalla faccia posteriore del fegato.
In particolare, il lobo caudato è un area pressoché rettangolare identificabile tra la
vena cava inferiore e il legamento falciforme .
Il Lobo quadrato, invece, è un’area quadrata in basso, incluso tra la cistifellea (A
destra), un altro legamento chiamato legamento rotondo (a sinistra), e l’ileo epatico
(dove passano i vasi) superiormente.
Trattandosi di un organo peritoneale, oltre i mesenteri, in
particolare il piccolo omento, ci sono anche dei legamenti
importanti che stabilizzano la posizione del fegato.
In particolare:
 nella faccia anteriore c’è un esteso legamento chiamato falciforme, e, più in
basso, si individua il legamento rotondo, che è il residuo della vena
ombelicale;
 Nella faccia posteriore arriva il piccolo omento.
Sempre sulla faccia posteriore viscerale, possiamo individuare una zona che
complessivamente ha una forma simile a una H
maiuscola.
L’H ha due barre verticali e una orizzontale: la barra
verticale la tracciamo all’altezza dell’ileo epatico (zona
dove entrano i vasi arteriosa ed escono quelli venosi);
quella verticale di sinistra la tracciamo prendendo in
considerazione il legamento rotondo (in basso) e il
H
legamento venoso (in alto); infine, la barra verticale di
destra la tracciamo all’altezza della vena cava inferiore
(in alto) e della cistifellea (in basso).

Vascolarizzazione epatica:
In entrata, la vascolarizzazione del fegato è particolare, perché in entrata è mista.
Infatti, invasi che entrano all’altezza dell’ileo epatico sono sia vasi arteriosa che
venosi.
In particolare, i vasi arteriosa sono anche meno preponderanti in termini di apporto
ematico nel fegato.
Il sangue arterioso entra con le arterie epatiche, e il sangue che arriva da queste
arterie è 1/3 di tutto quello che entra nel fegato.
I restanti 2/3 sono sangue venoso, che entrano attraverso la vena porta.
Però, visto che le cinque vene che confluiscono nella vena porta derivano dai
distretti del tubo digerente, il sangue che arriva è venoso ma estremamente carico di
nutrienti.
Su questo sangue, gli epatociti fanno la regolazione metabolica ed ematologica.
Quindi modificano questo sangue e poi esce con le vene epatiche.
In uscita, infatti, il sangue esce dalle vene epatiche di destra, media e sinistra
(confluiscono nella vena cava inferiore).
Sangue in entrata di natura arteriosa:
tronco arteria epatica arteria epatica a. epatica di destra
celiaco comune propria a. epatica di sinistra
Il tronco celiaco è una ramificazioni dell’aorta addominale, si origina dalla superficie
anteriore.
Alla fine si originano due ramificazioni: a. epatica di destra che irrora il Lobo di
destra, e l’a. epatica di sinistra che irrora il lobo di sinistra.
Sangue in entrata di natura venosa:
Nella vena porta confluisce il sangue che viene trasportato da altre cinque vene:
 V. Gastrica (drenaggio dello stomaco)
 V. Splendida (si occupa della milza)
 V. Mesenterica inferiore (si occupa dell’intestino crasso)
 V. Mesenterica superiore (si occupa dell'intestino tenue)
 V. Cistica (si occupa della cistifellea)
Dal punto di vista microscopico:
L’unità anatonomo-funzionale (la più piccola
struttura di quell’organo capace di svolgere tutte
le funzioni cui è chiamato l’organo) del fegato è il
loculo epatico.
Il loculo epatico, quindi, è capace di fare la
regolazione metabolica, l’agevolazione
ematologica e la produzione di bile.
Se lo volessimo assimilare a una forma
geometrica, sarebbe quella dell’esagono.
Questo esagono ha una vena al centro, chiamata
vena centro lobulare.
Agli apici dell’esagono ci sono delle strutture che
prendono il nome di spazi portali o triadi portali o
triadi epatiche.
In una triade c’è un ramo molto piccolo di
un’arteria epatica, un ramo della vena porta e un
ramo di un dotto biliare.
Le triadi portali e la vena centro lobulare sono collegate tra loro da capillari con
ampie interruzioni che si chiamano sinusoidi.
Se nel fegato entra un sangue misto, nel lobulo epatico entra sempre sangue misto.
Il sangue che proviene dall’arteria epatica serve agli epatociti per campare, perché
fornisce loro ossigeno e sostanze nutritive.
Il sangue della vena porta è quello su cui gli epatociti devono andare a lavorare.
Dalle triadi portali il sangue va nei sinusoidi.
Vicino ai sinusoidi troviamo colonne di epatociti.
Quindi gli epatociti sono le cellule epatiche (cellule
epiteliali cubiche) disposti in cordoni e alternati ai
sinusoidi.
Man mano che il sangue avanza nei sinusoidi, gli
epatociti che si affacciano sui sinusoidi lavorano su quel
sangue.
In che modo?
Togliendo i globuli rossi, immettendo in quel sangue
proteine plasmatiche, immettendo colesterolo, fosfolipidi, scindendo il galattosio in
glucosio,…
Perché troviamo sinusoidi e non capillari continui?
Se fossero capillari continui, cioè con cellule senza interruzioni, le cellule non
riuscirebbero ad accedere al sangue, entrarci a contatto fisicamente.
Man mano che il sangue si sposta dalla periferia verso il centro, questo si modifica
diventando sangue totalmente venoso, perché l’ossigeno viene usato dalle cellule
epatiche e le sostanze nutritive sono state rielaborate dagli epatociti.
Quando il sangue arriva al centro del lobulo, si getta nella vena centro lobulare ed è
totalmente venoso.
Dalla vena centro lobulare, il sangue finisce nelle vene epatiche.

Gli epatociti sono cellule epiteliali cubiche organizzati in cordoni, e alternate ai


sinusoidi.
Questi, accedendo al sangue grazie ai sinusoidi, riescono a effettuare la regolazione
metabolica ed ematologica.
Un epatocita, immaginandolo come un cubo, ha un lato con microvilli, in particolare
in quel lato che guarda verso i sinusoidi.
Questo lato viene definito polo vascolare.
L’altro polo, invece, si occupa della produzione della bile, ed è chiamato polo biliare.
Questo lato è specializzato nella produzione della bile, la cui funzione è emulsionare
i grassi.
La bile, poi, si raccolgono inizialmente in canalicoli biliari, scavati a fondo tra i
cordoni degli epatociti, e poi vanno verso la periferia.
Alla fine, si raccolgono nel ramo del dotto biliare presente in ciascuna triade.
Cistifellea
È l’unico organo annesso all’apparato digerente che non è una ghiandola.
In realtà è una sacca molto piccola, alloggiata sulla superficie posteriore e inferiore
del fegato.
Ha la funzione di raccogliere e concentrare la bile.
Nella cistifellea si identificano:
 Un collo, regione più superiore e più stretta
 Un corpo, regione intermedia
 Un fondo, porzione inferiore e più slargata
La bile concentrata nella cistifellea, a un certo punto,
prende il percorso delle vie biliari e raggiunge la
papilla duodenale.
Dal punto di vista microscopico, la tonaca mucosa
presenta delle pieghe temporanee e un epitelio
cilindrico con microvilli, questo perché la bile raccolta
nella cistifellea può anche essere sottoposta a un
processo di concentrazione o di dirrizione.
Nel collo della cistifellea è presente uno sfintere, che
regola l’accesso della bile all’interno della sacca.
Percorso della bile:
1. Viene prodotta dagli epatociti nel lobulo epatico del fegato
2. Dal lobulo si raccolgono nei canalicoli biliari
3. Dai canalicoli confluisce nel dotto biliare
4. Dal dotto biliare, la bile prende la strada dei dotti epatici, che sono due: dotto
epatico di destra e di sinistra
5. Dai dotti epatici, la bile si raccoglie in un dotto comune detto dotto epatico
comune.
A questo punto posso scegliere due strade:
o Dotto coledoco, con il quale la bile arriva sulla parete duodenale
o Dotto cistico, con il quale la bile viene incanalata nella cistifellea, dove
viene immagazzinata e rilasciata al momento
Al duodeno la bile può arrivarci direttamente, oppure ci arriva sempre tramite
il coledoco, ma dopo essere stata temporaneamente immagazzinata nella
cistifellea
6. Dal dotto coledoco, la bile arriva nell’ampolla epatopancreatica
7. Dall’ampolla epatopancreatica, arriva nella papilla duodenale maggiore, cioè
l’area della parete duodenale dove viene rilasciata la bile, ma anche il succo
pancreatico.
Percorso del sangue:
tronco arteria epatica arteria epatica a. epatica di destra
celiaco comune propria a. epatica di sinistra

vena cistica
vena mesenterica superiore
vena mesenterica inferiore vena porta lobulo epatico
vena gastrica
vena splenica
sinusoidi epatici

vena epatica di destra


Vena cava inferiore vena epatica media vena centrolobulare
vena epatica di sinistra

Pancreas
Il pancreas è una ghiandola mista, in quanto ha funzione sia endocrina (1%) sia
esocrina (99%).
Come ghiandola esocrina, il suo prodotto di secrezione è il succo pancreatico.
È un organo retroperitoneale, con un asse
obliquo, la cui porzione più slargata è
collocata a destra e la coda è a sinistra.
È lungo circa 15 cm, pesa circa 18g e ha un
colore grigio-roseo.
Si possono individuare 3 regioni nel
pancreas:
 Una testa, la porzione più slargata
che è accolta nella C del duodeno;
 Un corpo, che è la zona centrale;
 Una coda, cioè la zona che si porta superiormente verso sinistra, per arrivare
in prossimità della milza.
Dalla faccia che prendo in considerazione, il pancreas prende contatto con diversi
organi.
Se prendo la faccia anteriore, il pancreas va a contatto con lo stomaco (in minor
misura), il colon e il duodeno; se, invece, prendo la faccia posteriore, va a contatto
con la vena porta, la vena cava inferiore (VCI), l’aorta e il rene di sinistra.
Dal punto di vista microscopico, nella porzione endocrina troviamo cellule alfa, beta,
gamma, e cellule PP o F.
Si trovano nelle isole del Langherans, e ogni cellula produce un ormone diverso:
 Cellule alfa glucagone
 Cellule beta insulina
 Cellule gamma somatostatina
 Cellule PP polipeptide pancreatico
Nella porzione esocrina, invece, la situazione è diversa.
In questa porzione, il pancreas è una ghiandola
tubuloacinosa composta, quindi la porzione secernente,
ovvero l’adenomero, ha una forma acinosa, ed è organizzato
in lobuli o acini pancreatici.
La ghiandola esocrina, in particolare, ha una porzione
secernente e il dotto.
In questo caso sia le cellule della porzione secernente sia le
cellule del dotto producono qualcosa.
Le cellule acinose, e quindi le cellule dell’adenomero, sono responsabili della
produzione di diversi enzimi digestivi.
Le cellule che formano il dotto, invece, sono cellule cubiche che producono
bicarbonato.
Complessivamente, il succo pancreatico è formato dagli ioni bicarbonato prodotti
dalle cellule del dotto e da enzimi digestivi prodotte dalle cellule acinose (in
particolare lipasi, amilasi, nucleasi, proteolitici).
Il succo pancreatico va a finire nel duodeno, ma il percorso che può svolgere è
doppio.
Infatti, può prendere:
 La strada del dotto pancreatico maggiore (dotto di Wirsung), che arriva nella
stessa area dove arriva il coledoco che porta la bile, quindi nella papilla
duodenale maggiore.
Il rilascio di succo pancreatico è regolato da uno sfintere chiamato sfintere di
Oddi;
 La strada del dotto pancreatico accessorio o minore (dotto di Santorini), che
arriva nella parete mediale del duodeno, un po’ più su della papilla duodenale
maggiore.
Il compito del succo pancreatico è quelli di aumentare il ph chimico ma anche quello
di permettere la digestione delle macromolecole.
Arriva nel duodeno proprio perché è lì che inizia il processo di assorbimento.

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