familiare rigido e bigotto il padre era il conte Monaldo, il rapporto tra genitori e figli sono freddi e formali. Trovò rifugio nei libri e nello studio, imparò da solo il greco e latino, ma lo studio produce effetti negativi sulla sua salute. A 19 anni strinse amicizia con Pietro Giordani, Giacomo si sente finalmente capito gli confida il suo disgusto per la sua casa. Matura un distacco definitivo delle idee politiche e religiose del padre. Monaldo spaventato dalle idee del figlio e preoccupato per il peso economico per mantenerlo fuori casa blocco ogni suo progetto di emancipazione. Nel 1819 Giacomo chiede di nascosto il passaporto per fuggire da Recanati, ma il tentativo di fuga venne scoperto. In quel periodo reclusione e di tristezza, compone le prime opere veramente sue tra cui l’infinito, la sera del di la festa. Nel 1825, va a milano su invito dell’edirore Stella. Nel 1830 gli amici toscani gli offrono un assegno mensile per consentirgli di vivere a Firenze per un anno. si innamora di Funny Trgioni Tozzetti. A cui dedica le poesie del “ciclo di aspasia”, stringe amicizia con Antonio ranieri. Nel 1836 pubblica l’edizione definitiva dei canti. A Silvia Scritta nell’aprile del 1828, è una poesia del ricordo ossia non realistica, ma evocativa che mette risalto l’nteriorità del poeta. Silvia il simbolo della giovinezza e probabilmente Leopardi scrive questa poesia prendendo spunto dalla morte della figlia del suo cocchiere Teresa bocci. Il nome Silvia può essere associata la parola selva ossia una figura evocativa bella e con molte sfaccettature come il bosco e la selva. Questa lirica è improntata sul linguaggio del vago: la figura di Silvia è vaga, non ci sono indicazioni concrete, Leopardi fa un discorso generico e sfumato e parla solo degli occhi e dei pensieri della ragazza, anche il mondo esterno è privo di caratteristiche fisiche tangibili.