Sei sulla pagina 1di 193

malattia del professor Alessandro Busi, io l’avrei avuto come maestro du­

rante l’intero corso.


Giuseppe M artucci era di statura piuttosto bassa. Gli occhi profondi e
come velati di tristezza. La carnagione, di colorito giallognolo livido. Belli,
abbastanza lunghi baffi. L ’atìeggiam ento complessivo cosi nobile, severo ed
austero da infondere un sentim ento come di lontananza nell’anim o di chi
non avesse avuto consuetudine di vita e lavoro con lui.
Il discorso sopra accennato m i fece una profonda impressione. Il mio
destino ne fu m utato. Palesi subito le seguenti doli del Maestro.
La modestia. « U m iliati, e sarai grande»: tale la via per raggiungere
l’eccellenza nell’arte come nella virtù. Invero la sonata per pianoforte del
Maestro, pur non essendo una delle, opere sue più m ature ispirate e solida­
m ente costruite, pone tuttavia in luce — nella scrittura pianistica, nell’am ­
piezza di taluni svolgim enti, nell’eleganza di alcune idee — un bel passo
innanzi da lui com piuto nella form a della sonata.
La sicura coscienza di sé che, a proposito della « Sinfonia in re m i­
nore », lo induceva a dire esser codesta arte che tutto fa e nulla scopre.
L ’indipendenza dalle pastoie burocratiche e regolamentari. Il Liceo m u-
sicale di Bologna — nato sotto l’egida del Padre G. B. Martini, ricco di una
biblioteca storicam ente originale, fornito di provetti insegnanti — non era
ancora per felice sua ventura pareggiato. Godeva quindi di certa libertà
d'artistiche intraprese: ragione prevalente del fiorire di tali istituzioni, ric­
chissim e di tradizione e di gloria in passato appunto per le libertà comunali
e regionali oggi soffocate dalla plum bea uniform ità statale.
Il sentim ento schiettam ente italiano. Nulla di più falso del tedescheg­
giare dell’arte m artucciana, insinuato da quegli stessi che annaspano in­
torno all’uUima voga straniera. Chiarezza di disegno, ispirazione calda so­
lare appassionata, costruzione solida e libera insieme, disdegno delle vane
astruserie e complicazioni: tali i caratteri della m usica italiana; tali quelli
dell’arte martucciana.
La comprensione da ultim o di un giovane artista e il disinteresse nel
dirigerne e seguirne gli studi. Dote em inente e rarissima.

A ltri posteriori particolari giovano a lumeggiare codesto simpatico


spirito.
Un di, m entre s ’assisteva ad una prova del « Quartetto bolognese » ed
egli passeggiava lento come di solito lungo la sala, dopo aver ascoltato un
divino adagio del Mozart si rivolse a me con atteggiam ento estatico: « Caro
Fano, ecco: queste non sono più note! ». Altra volta, durante una lezione
di com posiziona, m ’apre lo spartito per pianoforte e canto de La traviata
alla scena del giuoco nel finale secondo e — additandom i la frase di Vio­
letta tre volte ripetuta sul m ovim ento agitato in 6/8 dell'orchestra « Ah
perché venni, incauta? pietà gran Dio, pietà gran Dio di m e! » — esclama:
« Consideri questo brano; è un lampo di genio ». Eppure Egli fu uno dei
prim i grandi am m iratori ed interpreti delle opere di Riccardo Wagner.
Scherzosamente, parlando dei tre D ram m i biblici di Pietro Raim ondi —
P utifarrc, Giuseppe e Giacobbe — ch’erano stati eseguiti all’Argentina di
Roma separatam ente il 7 agosto 1852 e il giorno dopo congiuntam ente, di­
ceva: « A vrei soprattutto voluto ascoltarli ognuno a sé! ». E della sinfonia
VOceano di Antonio Rubinstein, in sei tem pi poi divenuti sette, lo sentii
dire pure celiando che sarebbe stato forse il caso d’attendersi l’aggiunzione
d i un nuovo tem po ogni anno...
Il com pianto adorato padre m io era venuto a Rologna da Padova per
assistere ad un m io saggio di composizione ed aveva avuto quindi Voppor­
tunità di assistere anche all’esecuzione della prim a sinfonia del Martucci,
da poco pubblicata ed allora appunto diretta dall’autore m edesim o al Tea­
tro comunale. A m io padre era piaciuto in ispecie il secondo tem po « A n ­
dante ». Lo dicem m o al Maestro, ed egli con aria soddisfatta: « Alm eno uno
che parli dell’Andante ».
Agli esami finali di composizione m i toccò di dover musicare per canto
e piccola orchestra una poesia di Rocco Pagliara, il cui principio « Ieri, se­
data alla finestra, ... » m i era sem brato anzi che no prosaico. Mi feci sentire
a berteggiarlo. Fu riferita la cosa non ricordo da chi al Martucci, che s ’a­
dirò vivacemente meco credo per la prim a ed ultim a volta. Il m io rammarico
d'avergli procurato dispiacere apparve cosi profondo nell’espressione del
m io volto, che subito si calmò abbracciandomi.

A n n i fulgidi per l'arte musicale quelli d ’allora a Bologna.


La Società del quartetto procedeva nello svolgim ento del suo program­
m a d ’educazione pubblica con i concerti orchestrali diretti da Giuseppe
Martucci, con le esecuzioni del quartetto d’arco testé nom inato, con gl’in­
viti ai piti celebri virtuosi della tastiera dell’arco del canto. Cosi si rinnova­
vano le opportunità di udire le maggiori opere musicali, di raffrontare le
varie interpretazioni, di farne l’analisi col controllo im m ediato esercitato
di su le partiture, originali. Non si dim entichi che in quegli anni tutto ciò
era una peregrinità per l’Italia; non come oggi una sazievole consuetudine.
Notevoli l’esecuzione del F aust di Schum ann e di una Cantata del Bach
diretti dal Martucci; il Concerto in re m inore del Bach, per tre cembali con
accom pagnam ento di strum enti ad arco, eseguito sotto la direzione del Mar­
tucci stesso dal M ugellini da me e dall’lvaldi; la comm em orazione verdia­
na e i concerti delle Nazioni pure diretti dal M artucci; il comparire di or­
chestre non bolognesi sotto la guida del Richter, del N ikisch, del Toscanini;
i concerti con la partecipazione del Joachim , del Ysaye, del Sarasate, del
K ubelik, del D’Albert, del Rosenthal, di F. B. Busoni. Vive fiam m e di cui-
- 10 -

tura s’alim entavano altresì dalla Società wagneriana e dalle stagioni perio­
diche al Teatro comunale.
E d ora di Giuseppe Martucci come insegnante, pianista, direttore d’or­
chestra e compositore.

Voleva nel sonare chiarezza e correttezza di digitazione pedalatura e


abbellim enti, lasciando però libera la fantasia del giovane interprete senza
incepparlo con sistem i d’articolazione peso libera caduta: persuaso che tutto
dipende dall’essere segnati da Dio alla grazia della natura artistica. Avvenne
cosi che io, per m erito suo e di Cesare Pollini, potei conservare sviluppan­
dolo il m io particular modo di concepire l’esecuzione pianistica. Certo Egli
era piu adatto, nell’insegnam ento si del pianoforte che della composizione,
alle grandi linee conform anti lo spirito di chi meditava per conto proprio
che non a dar tem i e correggerli lezione per lezione. Per me, già im bevuto
di m usica sacra e profana, da camera sinfonica e teatrale, Egli fu un Mae­
stro di composizione incomparabile.
Seguivo per lo pili l’im pulso interiore portandogli da esaminare or
questo or quel lavoro di natura e dim ensione differenti. Le sue osservazioni
estetiche erano sem pre rivelatrici. Teneva m oltissim o alla solidità della co­
struzione; era severissim o nel giudizio dell’unità e varietà armoniche e
tonali, ferm andosi talvolta a lungo per dimostrare come una semplice nota
od un solo accordo bastassero a distruggere la logica o la ricchezza del di­
scorso musicale cagionandone rispettivam ente interruzione e monotonia.
Bazzecole queste, lo so, per la musica d’avanguardia o retroguardia che sia.
Profondo conoscitore della strum entazione amava che gli allievi s ’e­
sercitassero da principio a trascrivere per piccola orchestra brani pianistici
dei tre grandissim i Haydn Mozart Beethoven. A l m om ento opportuno li la­
sciava liberi d’abbandonarsi, se n ’erano provveduti, all’ardore della im m a­
ginativa che stim ola e infiam m a l’artista nella composizione delle sue opere.
Alla sua scuola di composizione si form arono di quegli anni, oltre allo
scrivente, Ottorino Respighi di cui tu tti conoscono le vicende; Em ilio Norsa,
m orto in odore di santità come Minore conventuale in A ssisi ove esiste un
teatrino da lui fatto costruire nelle vicinanze del Convento ch’ha le tre ce­
leberrime Chiese sovrapposte e ove si venera tuttora la sua m em oria e si
eseguono le sue composizioni (io ne diressi in sua vece e per sua volontà
l’ultim o saggio al Liceo musicale bolognese nel Giugno del 1897) ; Vittore
Veneziani, noto m aestro di coro teatrale; il direttore d’orchestra S turavi
m orto alcuni anni or sono credo in America. Da aggiungere in particolare
Bruno M ugellini, didatta pianista e compositore rapito troppo presto ai
vivi; Alberto Gentili, pregiato storico della m usica e teorico originale della
scienza dell’arm onia; Adolfo Caudino, figlio del celebre latinista; Filippo
Inaldi, dedicatosi specialmente all’insegnam ento pianistico — entram bi de­
fu n ti.

Le parole che Francesco IAszt pronunciò all’audizione di composizioni


pianistiche di Giuseppe M artucci: « C’est du Scarlatti perfectionné », sono-
m olto penetranti e s’addicono anche al M artucci pianista. Sonava quasi sem ­
pre sul proprio Erard, strum ento bene adatto al suo tecnicism o pianistico.
Esatto, brillante, ritm atissim o, tutto pazientem ente diteggiato; il suo tocco
era meglio fatto per lo staccato che per il legato, per la tecnica di stile na­
poletano — a salti, alternam ento delle mani, agilità rapide, note ribattute —
che per le sonorità profonde sostenute dal pedale di destra, per la ricca
tavolozza arieggiante all’organo ed all’orchestra in cui eccelleva F. lì. Bu­
soni, per la contabilità calda ed appassionata propria di Cesare Pollini.
Notevole al riguardo l’esecuzione dell’A ndante con variazioni a due
pianoforti di Giuseppe Martucci offerta da lui e dal Pollini al pubblico :d i
Bologna. Q uest’ultim o soprastava nella variazione « alla Chopin » in cui
traeva accenti d ’una toccante contabilità e nelle altre a sonorità potente; il
Martucci invece in quelle brillanti agili e staccate. Sonavano entram bi su
pianoforti Bechstein di cui si mostrava naturalm ente più padrone Cesare-
Pollini. Irresistibile, per opera dell’uno come dell’altro, l’effetto della pero­
razione finale.
La singolarità del sonare m artucciano appariva m anifesta anche nel­
l’interpretazione del suo Concerto in si bemolle minore, bellissimo e diffici­
lissimo. Nessuno potrà eseguirne il terzo tem po col brio indiavolato, la
sorprendente esattezza ritmica, la lucidità perspicua d'ogni particolare ehe
sprizzavano da tu tti i pori dell’Autore ; invece la tragica potenza degli altri
due sarebbe resa ancor più evidente da un tem peram ento pianistico diverso.

Per porre in giusta luce l’arte di direttore e creatore del Martucci, bi­
sogna saper prescindere dalle condizioni generali e m usicali odierne. Pochi
concerti e scarse stagioni teatrali allora, come si confà alla Bellezza ch ’è
rara. Radio non ancor nata. Ma quale religiosa attenzione, e quali d isp u te
ed entusiasm i ! Poco conosciuta la musica da camera e sinfonica. Giovanni
B rahm s; Riccardo W agner; Giuseppe Verdi: ecco i sim boli maggiori della
contesa. Giuseppe M artucci ha veram ente vissuto e sofferto tutto ciò.
Nel dirigere, l’orchestra il suo gesto appariva alieno da ogni sfoggio; il
suo atteggiam ento dignitoso incuteva reverenza negl'interpreti e nel pub­
blico; equilibrio ritmico, sobrietà espressiva, spregio d ’ogni enfasi erano le
sue qualità pili palesi. Mirabili, qualche volta forse un po’ compassate, le­
sile interpretazioni delle nove sinfonie e delle più celebri « ouvertures »
beethoveniane: Leonora III, Egm ont, Coriolano.
V’era anche, come già dissi, a Bologna una società wagneriana diretta:
— 12 —

da Giuseppe Martucci. Celebri codeste m anifestazioni; indicibili gli entusia­


sm i del pubblico, di noi giovani m usicisti e dei critici. Il m aestro napole­
tano sembrava allora un altro; si trasfigurava; l’orchestra sotto la sua
bacchetta diveniva eroica con Siegfried, trascendentale con Parsifal, tenera
con Lohengrin e così via. In teatro diresse soltanto Tristano ed Isolda a
Bologna ed a Napoli, Il crepuscolo degli Dei a Napoli. A vvenim enti m e­
morabili.

Tra le facoltà d’artista del Martucci, più forte e vigorosa quella di com ­
positore. Non arricciate il naso, o m oderni sapienti; questa la verità. A n ­
cora più alto egli s ’eleva non nelle piccole cose, come sentenziò Ildebrando
da Parma, si proprio nelle più svolte e complesse che sono: la sonata e i
tre pezzi per pianoforte e violoncello, i due trii, il quintetto; la Canzone dei
ricordi per una voce ed orchestra, il concerto per pianoforte, le due sinfonie.
Codeste composizioni dinotano u n ’originalità schiettam ente italiana,
ed è riprovevole che non sieno ancora comprese nel repertorio concertistico
né designate per esempio nell’esteso trattato di Alberto Bcrtelin. Costui si
diffonde talora in analisi di opere francesi inconcludenti o quasi, mentre...
se la sbriga con poche frasi parlando d’un artista come Vincenzo Bellini.
Giuseppe Martucci compositore si trovò a dir cosi tra due fuochi che
lo infiam m arono senza lederne l’originalità: Riccardo W agner e Giovanni
Brahm s. Optò per la m usica da camera e sinfonica, forzando in parte la
sua natura ch’era pur tratta a form e di m usica dram m atica come trapela
da m olti atteggiam enti caldi e concitati delle sue musiche.
La purezza e le tradizioni delle form e classiche strum entali lo attrae­
vano. Una volta gli chiesi un po’ stupito perché nelle sinfonie, pur di spirito
cosi moderno, egli adoperasse ancora i corni e le trombe naturali m entre
ormai eran d’uso com une quelli a macchina più facili e ricchi di suoni.
Rispose: « Ma... cosi... un ritegno, un freno, una poesia... ».
Certo nelle opere maggiori del Mariucci sono notevoli l’equilibrio della
form a e l’ampiezza della costruzione ; l’elegante e profonda elaborazione
armonica e contrappuntistica si che ogni parte è espressiva e collabora con
l ’insiem e; il sentim ento caldo e poetico della frase, che risente talvolta della
vaghezza m esta della migliore canzone napoletana; l’intuito sicuro del
colorito strum entale. Quando è usato il pianoforte, chi è abile in codest’arte
riconosce qua e là i modi del tecnicismo partenopeo ma volto a fini ben
altrim enti alti e profondi.
Si: Giovanni Brahm s può esser penetrato nell’anim a del nostro mae­
stro quale modello di perfezione form ale, Riccardo W agner di ricchezza
varietà e contrasto di tinte. E che per ciò? L’originalità, la personalità sgor­
gano dall’intim a sorgente divina; il tem po lo studio la vita le raffinano. Nel
Brahm s e nel Wagner, pur cosi differenti l'uno dall’altro, le brume del set-
— 13 —

tentrione ottenebrano talora l’orizzonte. Selle m usiche di Giuseppe Mar-


lucci invece è riflessa la luce m irabilm ente azzurra del cielo meridionale
che affascinava il fulgido spirito di Federico Nietzsche.
Nessun ardim ento è im pedito all’artefice geniale. N essuno scrupolo
trattenga il m usicista dal sovrapporre quanti sem itoni gli sem brino oppor­
tuni, purch’egli sia spinto a ciò dalla scintilla creativa. Ricordate il com ­
m ovente discorso di Hans Sachs a W alther, m entre la folla di Norimberga
plaude al suo poeta cantore? « Non devi disprezzare, o giovane, i m aestri
fedeli all’antico stile dell’Arte. Ciò che parla alto in loro lode si riversa
am piam ente anche a tuo vantaggio, e coopera a m antenere puro lo spirito
nazionale ».
Strano. In nessuna età come nella presente s ’è parlato tanto di giovi­
nezza, idee nuove, m usica d’avanguardia e che so io; né m ai al contrario
c’è stato in giro tanto vecchium e aridità « beckm esserism o ». Occorre per­
tanto purificare l’aria e salvare l’arte italiana dall’im bastardim ento esotico
invadente. Nessun mezzo migliore del diffondere la conoscenza delle opere
italiane veram ente grandi; in particolare quelle di Giuseppe M artucci dalla
quarantacinquesim a in poi. Le due sinfonie in ispecie dovrebbero essere piti
conosciute ed eseguite. Sono opere m olto moderne e diffìcili; richiedono un
direttore perspicace e profondo; sono, dopo quelle di Beethoven, tra le più
belle pubblicate. Diverse da quelle di Brahm s, le superano fo rs’anco a mio
avviso per am pia costruzione e lucentezza d ’idee.
Concludo questa introduzione trascrivendo una lettera del genero del
Maestro, che m i pervenne di recente in risposta ad alcune domande con­
nesse col contenuto di questo libro. La lettera riconferm a tra l’altro il no­
bile carattere del Maestro e la sua coscienza d ’artista severissim a innanzi
tu tto con se stesso. Dà altresi la dolorosa notizia della distruzione dei cimeli
di Giuseppe M artucci a m e ben noti.
Ogniqualvolta, durante la mia direzione di « San Pietro a Maiella » ed
anche dopo, ebbi occasione di far visita alla signora Maria, vedova dell’illu­
stre Maestro m orta il febbraio scorso in età m olto avanzata, prim a che io
la lasciassi ella m i diceva: « Ed ora andiamo a dare un saluto alle sante re­
liquie ». E m i conduceva nella piccola stanza ch’era come un tempio. Quale
indicibile tristezza!

Guido A lberto F ano

Milano, nel dicem bre 194-5


— 14 —

Napoli, 1° settem bre ’94-5

Illustre Maestro,

Mi rincresce m olto di trovarm i in condizione da non potere aderire alla


Sua richiesta circa i program m i M artncciani.
Mia Suocera, Sig.ra Martncci, è finita in Roma, dove era sfollata, il 12
febbraio u. s. e la sua casa in Napoli è stata com pletam ente distrutta dalle
bombe!
Dei ricordi M artucciani, di cui la Vedova era vigile ed amorevole cu­
stode, non è rim asto più nulla, tranne quello che si trova in Conservatorio
e che Lei certam ente conosce!
Circa i rapporti di M artucci con Verdi nulla saprei dirle. Del « Samuele »
esiste nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli una partitura autografa
se non di tutto l’Oratorio, certam ente di qualche brano che è stato eseguito
con orchestra qui a Napoli. Devo dirle però — a quanto m i assicura mia
moglie -— che il Martucci si è sem pre opposto ad una esecuzione del detto
Oratorio completo. Opere m usicali notevoli inedite non ve ne sono. Vi sonor
purtroppo edite, quelle opere giovanili all’antica maniera che l’Autore al­
l’epoca della sua m aturità avrebbe voluto togliere dalla circolazione. Una
proposta sim ile anzi fu fa tta ma non accettata dalla Casa Ricordi.
Della mia fam iglia purtroppo non posso darle buone notizie. Ho per­
duto un figliuolo ingegnere-Capitano del Genio Aeronautico, caduto in Ro­
ma, vittim a della polizia nazi-fascista, il 31 maggio 1944!...
Si abbia con la Sua Signora, anche da mia moglie, i nostri m igliori e
piu cordiali saluti e m i creda

Suo dev.mo
L. F inizio
VITA E MISSIONE ARTISTICA
LA FAMIGLIA MAMTCCI El) IL VIOLINISTA ALBERTO CURCI.
Da sinistra a destra: Signora Martucci, Maria Martucci, Paolo Martucci, Margherita
Martucci, Giuseppe Martucci, Alberto Curci.
1.
1856 - 1886

INFANZIA, STUDI E PRIMA FIORITURA ARTISTICA - GIRI DI


CONCERTI PIANISTICI E SINFONICI: ANNI D’ INSEGNAMENTO
AL CONSERVATORIO DI NAPOLI

Fu una singolare coincidenza, che alla rinascita della m usica stru ­


m entale in Italia nel secolo scorso, precisam ente nelle due città che in un
prim o tem po furono di essa i principali centri, Roma e Napoli, abbiano
avuto parte i due grandi rivali nel virtuosism o pianistico internazionale:
Francesco Liszt e Sigismondo Thalberg. L’influenza di Liszt in Roma fu
di gran lunga pili im portante, perché ben altra era la sua personalità a rti­
stica: quella di T halberg in Napoli fu lim itata e casuale, m a nondim eno ef­
fettiva. Ed è di Napoli che qui dobbiam o occuparci.
In questa città, a detta degli stessi napoletani, un secolo fa il gusto
della m usica strum entale pura, di fronte alla preponderante fioritura ope­
ristica nelle più svariate m anifestazioni e in tu tte le gradazioni dal sublim e
al ridicolo, era ancor più decaduto che nelle altre p arti d’Italia, sebbene il
fenomeno fosse generale; eppure proprio in Napoli doveva sorgere la m ag­
gior luce di rinascita. Quivi appunto il T halberg andò a trascorrere l’ultim o
periodo della sua vita, avendo acquistato nel 1858 una villa presso Posillipo
ove, dopo un ultim o giro concertistico m ondiale, si ritirò in definitiva quiete
nel 1864. Ma ancor prim a di andarvi a soggiornare stabilm ente, ebbe colà
come allievo il piccolo Beniamino Cesi, nato nel 1845, affidatogli da Luigi
Albanesi (secondo m aestro del Cesi, dopo il padre di questo. Napoleone), e
destinato a onorevole avvenire di didatta e concertista di pianoforte.
Sebbene la scuola di Thalberg, il quale aveva specialm ente coltivato,
come pianista e come compositore, la form a della parafrasi o fantasia su
motivi d’opera, non fosse la più a tta ad allontanare gli studiosi da quella
caduca tendenza che im perversava ovunque, e in Italia era senz’altro domi-
natrice della esigua vita concertistica — né qui era sorretta dalla genialità
di un Liszt o dalla perizia di un Thalberg — , non le m ancava tu ttav ia virtù
di educare ad uno stile pianistico più puro, come dim ostrano sufficiente­
m ente alcuni S tu d i per pianoforte del Thalberg stesso, di gusto fine e ca­
stigato.
Certo si è che il Cesi dim ostrò, con la sua attività ulteriore, di essersi
t
— 20 —

abbeverato alle fonti della grande arte strum entale, diffondendo a sua volta
fra i suoi num erosi discepoli il culto di essa, e in particolar modo la cono­
scenza di quel Bach che ancora, a cento anni dalla sua m orte, era da noi
quasi ignoralo. L ’austerità e insiem e l’ampiezza della cultura m usicale del
Cesi sono poi attestate direttam ente dal suo repertorio concertistico e dal
suo program m a d’insegnam ento, entram bi com prendenti i grandi m aestri
delle pili varie scuole ed epoche. E ’ dunque a lui che fa capo, dal punto di
vista didattico e culturale, la rifioritura di gusto strum entale che si diram ò
da Napoli, e che ebbe parte cospicua nel rispettivo movim ento generale
italiano.
T uttavia la gloria di avere infuso a questa rinascita il soffio di una
profonda genialità, insiem e estendendola a pili vasto campo e dandole piu
vasta risonanza, era riserbata, com’è ben noto, a Giuseppe M artucci. Questi,
non poi tanto pivi giovane del Cesi — era nato a Capua il 6 gennaio 1856 da
Gaetano e d a Orsola M artucciello — entrò dodicenne alla sua scuola: e da
quel m om ento ebbe inizio la sua vera educazione artistica. Aveva già avuto
i prim i rudim enti m usicali da suo padre, sonatore di trom ba e m aestro di
banda in un reggim ento borbonico, il quale nel 1860 si era trasferito con
la fam iglia da Capua a Pozzuoli ove esercitò l’insegnam ento privato. Nella
sorella Teresa, più giovane di lui di due anni, il piccolo Giuseppe ebbe la
prim a com pagna di successi concertistici, con la piccola tournée a due du­
ra ta dal 1864 al 1868, in cui essi tennero, come allora si diceva, « accade­
mie » di pianoforte nei paesi circonvicini di Pozzuoli, Capua, S. M aria Capua
Vetere, Caserta, Aversa, Nola, M arigliano, M addaloni, T orre Annunziata,
C astellam m are di Stabia, e finalm ente a Napoli, ove sonarono la prim a volta
il 20 maggio 1866 per gli alunni del Liceo Vittorio Em anuele e diedero nello
stesso anno e in quelli successivi altre accademie in vari collegi. I successi
ovunque ottenuti dai due piccoli concertisti sono attestati da docum enti
firm ali da pubbliche auto rità dei risp e ttili paesi. I program m i non è da
credere che uscissero dal gusto del tem po, come si vede già dai pochi par
ticolari registrati in quei docum enti: fratello e sorella si presentavano ora
insieme, eseguendo pezzi a quattro m ani, ora separatam ente in pezzi a solo,
e Giuseppe dava anche i prim i saggi della sua abilità di im provvisatore
nonché di compositore in erba, eseguendo tra l’altro una polka che fece
m olta im pressione, come riferisce un articolista di Napoli, per l’abbondan­
za di « capricci e variazioni ».
Ma questi prim i trionfi di fanciullo prodigio non furono altro che l’oc­
casione di far conoscere al pubblico sia di m usicisti che di profani le doti
già m anifeste del M artucci, e di far nascere in lui l’esigenza di un pili ap­
profondito studio. In lui, diciamo, giacché sin d ’allora il suo tem peram ento
e ra inform ato a coscienziosità più unica che rara, m entre il padre, piuttosto
— 21 —

che assecondarla, pare pensasse a fini pratici. Nel 1807 il Nostro per in­
coraggiam ento del Cesi entrò come alunno « esterno » al Conservatorio di
Napoli; l’anno dopo vi vinse un concorso per un posto di alunno interno.
Ebbe a m aestro di pianoforte, come s’è detto, il Cesi, che ancor giovanissimo
teneva quella cattedra, e a m aestro di composizione Paolo Serrar), didatta
rispettabile, il quale però pu r essendo autore di pagine pianistiche di gusto
arm onico non volgare, era essenzialm ente legato allo stile e al gusto p re ra ­
lentemente operistico della scuola napoletana non più in fiore, per cui non
poteva aprire al discepolo ampi orizzonti, specie nella m usica strum entale.
Dal Cesi dunque il M artucci ricevette quella base di classicismo che doveva
rim anere elem ento essenziale dell’opera sua: e dal Serrao, oltre a quell'e­
sperienza di sc rittu ra contrappuntistica che costituì sem pre per gli allievi
compositori il più difficile tirocinio (si conservano autografi i Pentim enti
del Mattei arm onizzati dal giovinetto in elegante stile ilorido) anche quel
residuo di gusto m elodram m atico che si trova nelle sue prim e composizioni
pianistiche nonché nelle poche p arafrasi su temi d ’opera.
Anche quest’ultim o elemento, del resto, aveva il suo lato positivo, in
quanto im plicava una dimestichezza con lo stile dell’opera italiana neces­
saria a integrare la cultura di un giovane m usicista, sia pure vocato alla
m usica extra-teatrale come il M artucci. Un grazioso episodio n arrato da un
condiscepolo del M artucci, Michele Esposito, ci m ostra i due scolari dodi­
cenni nel dorm itorio del Collegio (cioè Conservatorio) intenti una sera a
eseguire al pianoforte, col canto e con l’azione, il « duetto dello schiaffo »
nella Forza del destino, m entre avrebbero dovuto invece esercitarsi a ese­
guire una fantasia del loro m aestro Serrao su temi dell’opera Virginia del
M ercadante allora direttore. E nei program m i dei prim i concerti che diede
dopo qualche anno di raccoglim ento e di studio, ancora pagò il suo tributo
(ma se ne farà carico ad un fanciullo?) a quella tendenza di m oda, come
pure nelle prim e composizioni: si conserva ancora, m anoscritta, una fan­
tasia per trio di piano, violino e violoncello su ll’operetta La Helle Hélène
di Offenbach, da lui scritta a tredici an n i; u n ’a ltra per pianoforte sulla
Forza del destino, che esegui a Napoli nel 1871, fu anche data alle stam pe.
Nello stesso anno, però, compose pure una Messa di gloria rim asta inedita,
a suggello della quale poneva nel m anoscritto la spiritosa confessione:
« Questo pezzo è stato finito la sera del 3 febbraio 1871 con il sonno e con
la fame ».
In realtà, ciò che nella sua attività di adolescente tralignava dalla linea
severa di studio che si era im posta, era dovuto più che altro alla irrazionale
volontà paterna, che per di più lo costringeva a lasciare il Conservatorio
a sedici anni, prim a di aver com piuto i corsi, per darsi a più proficua a tti­
vità di lezioni e di concerti. Ma egli, pu r obbedendogli, non si lasciò fuor­
viare nell’intim a vita artistica; e nel trionfale giro di concerti che fece negli

2
__ 22 __

anni successivi nelle principali città d ’Italia e all’estero (in F rancia, Inghil­
terra, Germania) si orientò definitivam ente verso l’arte strum entale più
pura. I suoi autori divennero ben tosto quei grandissim i che anche il pub­
blico italiano dal gusto rinnovellato doveva poi prediligere. Già un program ­
ma che esegui a Napoli nel 1874 comprendeva m usiche di Mozart, Beetho­
ven, Schum ann, M endelssohn, Chopin. Il consenso dei pubblici e della cri­
tica si fece sem pre più caldo; né gli m ancarono elogi dei num i dell’arte
pianistica del tem po: Liszt, che lo udi a Roma nel 1874, e R ubinstein a
Napoli nel medesimo anno.
Ciò che ancora vi poteva essere di esteriore e di m ondano in questa
carriera precoce, non era che la necessaria vernice di u n ’attività sem pre
più rivolta verso l’intrinseco: e pur questa vernice era destinata a presto
scom parire o quasi, giacché dopo il suddetto giro di concerti all’estero (che
si svolse nel 1877-78 e nel quale il Nostro ebbe a compagno il già celebre
violoncellista Alfredo Piatti) e con la nom ina del M artucci a professore di
pianoforte nel Conservatorio di Napoli (1880) il periodo pili fitto di suoi
concerti pianistici potè dirsi finito, e la sua attività artistica prese un carat­
tere pili calmo e più raccolto. Che le sue composizioni pianistiche di quel
prim o periodo risentano dello stile virtuosistico e da salotto sin allora im ­
perante in Italia, e anche in parte della sentim entalità della canzone napo­
letana, non può far m eraviglia; era quello il prim o getto di una n a tu ra
m usicale ancor greggia, m a che già si m anifestava feconda e sostenuta da
una tecnica sicura. L ’essenziale è che egli continuava nel campo pianistico
l’opera culturale del m aestro, che presto l’avrebbe estesa al campo della
m usica da cam era e orchestrale, e che altrettan to presto dall’esecutore e
dal didatta doveva germ ogliare il creatore.
Infatti, m entre a Napoli si form avano sotto l’auspicio di m ecenati del­
l’aristocrazia (prim o per benemerenze il principe di Ardore) una società di
m usica da cam era, nelle esecuzioni della quale il M artucci si alternava col
Cesi, e u n ’orchestra stabile che diede il prim o concerto, sotto la direzione
del M artucci, il 23 gennaio 1881 e che presto ebbe un notevole repertorio
sinfonico che esegui anche altrove, nascevano le prim e im portanti composi­
zioni del Nostro, come il Q uintetto, prem iato ed eseguito alla Società del
Q uartetto di Milano nel 1878, la Sonata per piano e violoncello, i due Trii,
l'oratorio Samuel, e il Concerto per pianoforte e orchestra, eseguito la prim a
volta a Napoli nel 1886, sotto la direzione del Serrao. Alcune di queste ope­
re, come vedrem o, sono già espressioni artistiche autentiche e m ature, seb­
bene egli le abbia poi in parte rivedute. Ma per ora im porta m ettere nella
giusta luce specialm ente l’attività svolta dal M artucci riguardo alla cultura
musicale. Si sa che egli era specialm ente devoto alla grande arte strum en­
tale; ma, a parte la dimestichezza con quella teatrale di cui già s’è detto —
di cui testim oniano anche le riduzioni per piano e canto da lui fatte, certo
— 23 —

a scopo puram ente pratico, da opere belliniane come Adelson e Salvini e II


Pirata — era anche vivo il suo interesse per la polifonia vocale italiana del
periodo aureo; c se in questo campo egli non potè far molto, va tuttavia ri­
cordato che nel 1894, richiesto dal critico m ilanese Nappi del program m a
per un concerto sinfonico vocale da farsi a Milano, propose di form are la
prim a parte con pezzi di Palestrina, Lotti, Marcello ecc. e di includere « un
bellissimo Gloria ad 8 parti del Carissimi, una ra rità [soggiunge] che posse­
diamo nella nostra Biblioteca » (di Bologna, donde la lettera fu scritta); il
che dim ostra che egli era anche appassionato ricercatore di antichità m usi­
cali, come attesta anche Michele Scherillo, riferendosi agli anni di insegna­
mento del M artucci in Napoli, e come del resto provano nel modo più elo­
quente le stesse trascrizioni del M artucci di cui a suo luogo parlerem o.
Ma non tu tti i compiti possono congiungersi in una sola persona, e
quello del risveglio del culto palestriniano doveva essere riserbato ad altri,
ed è ben lungi ancora oggi dall’essere adem piuto. Quello che era proprio
del M artucci era già di per sé abbastanza vasto: e dire ciò che egli fece in
questo campo, ricordare cioè le esecuzioni beethoveniane e m ozartiane e
wagneriane e altro, sarebbe oziosa ripetizione, se non cercassim o insiem e
di chiarire il significato di questa sua attività.
Cosa im portava, cosa significava far risorgere in Italia l’am ore della
m usica strum entale e, d ’altro canto, diffondere e far radicare quello del­
l’arte w agneriana? N o n s o l t a n t o , come potrebbe sem brare a uno
sguardo superficiale, s i r i p a r a v a c o n c i ò a d u n a g r a v i s s i m a
l a c u n a c u l t u r a l e , m a si c o m b a t t e v a i n s i e m e q u e l l a
f o r m a di n a z i o n a l i s m o m u s i c a l e c h e p e r e v i t a r e il p e ­
ricolo d e l l ’i m i t a z i o n e servile, pretendeva elevare
b a r r i e r e f r a n a z i o n e e n a z i o n e , p r e c l u d e n d o al p u b ­
bl i c o e a g l i s t u d i o s i i t a l i a n i la c o n o s c e n z a d e l l a m u ­
s i c a n o n n o s t r a n a , c o n c h e a n d a v a di p a r i p a s s o il p r e ­
g i u d i z i o s e c o n d o il q u a l e la n a t u r a m u s i c a l e i t a l i a ­
na s a r e b b e e s s e n z i a l m e n t e p o r t a t a a l l ’a r t e vocal e,
non a q u e l l a strum entale.
Ora, che in Italia per m olto tem po il pubblico e buona parte dei m usi­
cisti avessero praticam ente dim enticato che vi fosse altra m usica fuori di
quella teatrale, si può com prendere: l’ondata di canto che la genialità dei
maggiori operisti italiani aveva diffuso nel popolo era realm ente inebriante
(in senso buono, beninteso) e inoltre rispondeva m irabilm ente a quel mo­
m ento storico, si che pareva quasi non esservi luogo ad altro nel m ondo
m usicale italiano. Ma il male era che di questa predilezione alcuni volevano
fare una teoria e una norm a per l’avvenire, e dispiace dire che tra i più
tenaci prom otori di questa tendenza fu Giuseppe Verdi. Non già — coni-
m etterem m o grave ingiustizia verso quel grande se non precisassim o — che
egli volesse la m usica italiana lim itata al tea tro : ché anzi continuam ente
incitava allo studio e alla diffusione degli antichi capolavori dell’arte vocale
p ura; ma, in m assim a, era contrario al culto della m usica strum entale in
Italia, partendo dal principio nazionalistico di cui abbiam detto sopra. Di
fronte a lui in tale questione stavano a Milano il Boito e m inori personalità
m usicali, specialm ente critiche — esempio tipico Filippo Filippi — le quali
pareva non dovessero osare di m isurarsi in questioni m usicali con tal co­
losso, m a che pure, quanto a principi estetici, avevano ragione.
Avevano ragione, perché il disdegno e la paura dell’im itazione servile
non giustificano che si debba inculcare ai giovani m usicisti il precetto del­
l’ignoranza dell’arte stran iera; e quanto alla teoria dell’inclinazione dei vari
popoli all’u n a o all’altra form a d’arte, essa non può avere che un valore
em pirico e relativo. Del resto, lo stesso V’erdi era ben lungi dal fare a se
stesso una norm a assoluta di ciò che predicava agli altri; e, in m om enti
di m aggior serenità e spregiudicatezza, m anifestava opinioni più larghe. E ’
però significativo che, nelle sue lettere finora conosciute, il nome di Mar-
tucci non com paia m ai; né si sa che i due grandi m usicisti si siano mai in ­
contrati. Ciò si com prende: i loro campi l’azione erano diversi — il che
non significa, s’intende, che non potessero m aterialm ente incontrarsi — .
Non già che li separasse una radicale diversità di indirizzo artistico, ché
anzi una stessa base di classicismo c’è nell’opera di entram bi; li separava
bensì una opposizione di principi estetici, che si può com pendiare in due
term ini: particolarism o nazionalista e universalism o.
Il M artucci, dunque, fu assertore di universalism o: e lo fu senza pren­
dere alcun atteggiam ento polemico, m a semplicemente, per spontanea e
co nnaturata missione. II senso di questa m issione fu in lui cosi forte che,
a ripercorrere la sua vita di artista, l’opera di com positore sem bra quasi
il coronam ento, pili che il centro, della sua a ttiv ità: e i n u n c e r t o
s e n s o si può anche dire che lo sia: solo in un certo senso, si badi; non
già cioè perché essa sia, come qualcuno pretende, la parte di lui m eno im ­
portante e geniale — ché anzi a suo luogo m ostrerem o il contrario — , ma
perché in certo modo essa pure si inserisce nel quadro di quella resu rre ­
zione di una form a d’arte elettissim a e, in Italia, rid o tta a un pio ricordo
di tem pi andati.
Certam ente in tale m issione egli non fu solo, giacché i germi della ri­
nascita erano gettati, dal più al meno, sparsam ente in im portanti centri
di tu tta Italia, e in alcuni furono anche portati a fioritura da altri insigni
m usicisti, come lo Sgambati a Roma e Cesare Pollini a Padova; pure, per
riconoscim ento orm ai unanim e, il M artucci fu quello che, grazie alla sua
m ultiform e n a tu ra m usicale, potè svolgere detta m issione nel modo pili
completo, specie per quel che riguarda i concerti sinfonici e sinfonico-vo-
cali; si che di quel fervido movim ento in generale egli può a buon diritto
esser chiam ato il protagonista o, per usare espressione più nobile, che solo
superficialm ente può apparire enfatica, l’eroe e l’apostolo.
F u veram ente un soffio purificatore che egli portò nell’am biente con­
certistico e, in generale, nel gusto m usicale italiano; la rivelazione di un
mondo nuovo, che — e ciò va detto anche a onore del suo pubblico, dove si
raccoglieva naturalm ente il fiore dei m usicisti ed esteti ed am atori —
fu accolta con religioso stupore, con raccoglim ento ed entusiasm o insieme.
Era come se le sinfonie di Beethoven, per addurre ad esempio la sua fon­
dam entale rivelazione nel cam po sinfonico, per gli italiani nascessero al­
lora — poco im porta se alcune di esse, intere o a pezzi, erano già state
talvolta eseguite da altri — ; m a questo ritard o di divulgazione fu compen­
sato da una pili im m ediata o, se la parola può sem brare eccessiva, almeno
pili rapida com prensione.
In effetto, non solo per ogni popolo, m a anche per ogni individuo, l’o­
pera d’arte in certo modo nasce dal m om ento in cui entra nel suo spirito,
ed è legata alle circostanze e all’am biente in cui questo contatto avviene,
prim a di tutto all’interprete che gliela fa rivivere. Cosi, certam ente, per co­
loro che ebbero la fortuna di assistere a quelle rivelazioni e che ne hanno
la m em oria ancor viva, le prim e im pressioni ricevute dai capolavori sinfo­
nici tedeschi e dagli squarci w agneriani restano legate alla severa e pura
immagine di Giuseppe M artucci.
L’associare all’interpretazione della m usica strum entale pura, che per
lui era l’arte d’elezione, quella frequente di squarci sinfonici di opere di
W agner e, più tardi, l’integrale esecuzione di alcune di esse, non indicava
certo in lui sm ania di novità forestiere, né predilezione preconcetta (del
resto nei suoi program m i entrano anche pezzi di opere non solo di Mozart,
Weber e Schum ann, m a anche di Cherubini, Rossini, Berlioz ed altri), ma
piuttosto l’intuizione della ricchezza sinfonica contenuta nell’arte w agneria­
na, e quindi l’opportunità di farne conoscere al pubblico italiano, in con­
certi, brani sparsi m a significativi, alm eno fintantoché non fossero rag­
giunte le condizioni per la sua diffusione com pleta: e certam ente le esecu­
zioni wagneriane del M artucci nelle sale da concerto trovarono nei prim i
tempi un pubblico meglio preparato a gustarle di quanto non sarebbe stato
quello di teatro. E ’ giusto ricordare che anche in questa opera di diffusione
egli ebbe a compagni altri direttori, specialm ente Luigi Mancinelli c F ra n ­
co Faccio.
Cosi, in complesso, la parte scelta dell’am biente m usicale italiano to r­
nava alle tradizioni più sane di cu ltu ra elevata e universale; perché tali
erano, checché si potesse pensare e dire in contrario, le sue vere tradizioni;
— 26 —

basti al proposito ricordare che, nell’età aurea della polifonia vocale italiana,
quella del Rinascim ento, cantori e com positori italiani, fiam minghi, spa­
gnoli, tedeschi e inglesi erano più o meno in continuo contatto che produ­
ceva scambievoli influenze non degeneranti, salvo casi particolari, in pas­
sive im itazioni. E questa rin a ta sana corrente culturale non faceva in fondo
che estendere al campo m usicale ciò che in quello letterario e filosofico era
già un fatto m aturo, giacché la cu ltu ra italiana del Risorgim ento, nono­
stante la diffidenza di alcuni verso chi attendesse a foxestiere discipline, era
tu tta penetrata dalla luce spirituale di Shakespeare, Goethe, Schiller, Kant,
Victor Hugo, per non fare che alcuni dei maggiori nomi. A buon diritto
dunque si può dire che la m issione del M artucci, per il suo valore estetico
e storico, entra nel quadro del Risorgim ento italiano, appunto perché que­
sto, nella sua profonda essenza, non ha nulla a che vedere con le esclusività
nazionalistiche. Se dunque oggi da noi Bach, Beethoven, Mozart, Brahm s e
gli altri sommi loro fratelli non sono più sentiti come stranieri m a come
nostri, sappiam o a quali uom ini e prim a di tu tto a quale uomo lo dobbiamo.
È vero che quel movimento, purtroppo, doveva poi perdere m an m ano la
sua purezza col sorgere di nuove tendenze nel nuovo secolo; è vero che le
vedute del nazionalism o musicale, mai scom parse del tutto, erano destinate
a prender nuovo vigore, nella form a più gretta, nell’infausto periodo a noi
più vicino; m a tuttavia rim asero più che altro nel cam po della critica e della
storia della m usica, e non poterono più im pedire gli scam bi già felicem ente
avviati, ai quali si mescolarono altri certo non benefici, m a solo per colpa
del generale traviam ento dei gusti. E ciò che vi è di puro in una corrente
estetica non può perire: è bensì com pito grave ed essenziale della presente
generazione m usicale il liberarlo da ciò che l’ha intorbidato.
2.

IL PERIODO BOLOGNESE (1886- 1902)

Nel 1886 il M artucci fu chiam ato a succedere a Luigi Mancinelli come


D irettore del Liceo m usicale di Bologna: accettò dopo qualche perplessità,
rincrescendogli naturalm ente di lasciare la città che era stata la vera culla
della sua anim a di artista, e pose come condizione di potersi recare ogni
anno a Napoli a dirigervi due concerti.
fì poi da ricordare che — dato finora non noto o quanto m eno non di­
vulgato — , poche settim ane dopo aver avuto la carica suddetta, fu altresì
nom inato M aestro di cappella della Chiesa bolognese di S. Petronio. Ciò
ci è stato rivelato da una sua lettera al m archese Luigi Filiasi e conferm ato
da docum enti dell’archivio della Chiesa stessa; da entram be le fonti — che
riportiam o nelle appendici — risu lta inoltre che, prim a ancora di iniziare
l’effettiva attività di direttore del Liceo m usicale, si occupò delle esecuzioni
m usicali alla cappella suddetta, dirigendovi tra l’altro una Messa di Che­
rubini che possiam o tener per certo sia stata la cosiddetta Messe dii sacre
(com posta nel 1830 per l’incoronazione del re di F ran cia Carlo X); che notò
le condizioni poco soddisfacenti del coro della cappella, e in generale delle
inasse corali di tu tta Italia; sottopose alle auto rità un progetto di riform a
delle stesse, che fu preso in considerazione m a non pare abbia potuto a t­
tuarsi, per cui egli lini qualche anno dopo per lasciare quel posto; e che
progettò anche la costituzione di una società corale in Bologna: tu tte cose
attestanti il suo interessam ento anche a un problem a che stava tanto a
cuore a Verdi e che ancor oggi è ben lungi dall’essere risolto.
A Bologna il M artucci trovò un am biente già un po’ meglio preparato
ad accogliere la sua opera: sia per le tradizioni più severe della scuola
bolognese — sebbene anch’esse orm ai lungi dal grado dei bei tem pi — sia
perché, passando gli anni, i semi di rinascita di cu ltu ra m usicale sparsi qua
c là per l’Italia cominciavano a germ ogliare. Proprio al Comunale di Bo­
logna c’erano state, coin’è noto, le prim e rappresentazioni italiane di opere
di W agner (Lohengrin nel 1871 e Tannhäuser nel 1872, poi II Vascello fan­
tasma nel 1877) e il M ancinelli aveva dato notevole im pulso alla Società del
— 28

Q uartetto, in au g u rata nel 1879, ed eseguito concerti sinfonici di un gusto


già elevato (basti dire che nel 1884 aveva diretto la IX Sinfonia di Beetho­
ven) che per la foga che egli vi im prim eva m andavano in visibilio il pub­
blico bolognese. Ma anche qui, era riservato al M artucci di portare l’iniziato
m ovim ento a pieno sviluppo. Egli, richiam ando a nuova vita le tradizioni
aristocratiche fiorite un secolo prim a per opera del Padre M artini, vi infon­
deva altresì la sua sensibilità m eridionale, tem perata però e nello stesso
tempo arricchita da una cultura che rendeva il suo affiatamento col nuovo
am biente pili natu rale di quanto non sarebbe stato ad altri m usicisti di di­
versa preparazione, sia p u r grandissim i come, in altri tem pi, un Bellini.
In effetti il periodo bolognese fu per l’apostolato m usicale del Martucci
il più im portante e fecondo: giacché qui, accanto alle sue attività di esecu­
tore e di compositore, fiori anche quella di m aestro nel più alto senso della
parola. I nomi dei suoi discepoli sono orm ai noti. Essi ricevettero n a tu ra l­
m ente u n ’educazione im prontata all’austerità che il m aestro dava a ogni
sua m anifestazione artistica; e se anche non tu tti ne continuarono vera­
m ente l’opera nel senso genuino, i pili fedeli di loro la proseguirono con la
stessa fede e tenacia, si che il fervore spirituale da lui im presso si diffuse
rapidam ente e durevolm ente.
Già si è detto dei rapporti di questo m ovim ento di cultura m usicale
con la sp iritu alità del Risorgim ento in generale; ora si deve aggiungere
che esso si inserisce altrettan to bene nel quadro complessivo, della vita in­
tellettuale della dotta m a anche sensibile Bologna; per cui il nome del Mar­
tucci si pone degnam ente accanto a quello dell’altro grande artista e ani­
m atore di cu ltu ra italiana quasi contem poraneo: Giosuè Carducci, che an­
ch’egli, non bolognese, trovò tu ttav ia in Bologna il centro ideale della sua
attività. E come in ogni anim a artistica — abbiam o detto sopra — u n ’opera
resta in certo modo associata alle condizioni in cui le apparve la prim a
volta, cosi, inversam ente, ogni luogo in cui uno spirito superiore abbia
svolto im portante attività e lasciato profonda im pronta resta come pervaso
dall’a u ra ideale infusavi da esso, che vi rim ane perciò in certo modo pre­
sente e aleggiante, naturalm ente solo per chi della sua attività serbi il ri­
cordo. Infatti — non crediam o fare della retorica sentim entale dicendo que­
sto — i portici bolognesi fra il Liceo m usicale e il T eatro Comunale sem ­
brano ancora frequentati dall’im m agine del M aestro capuano — vicina a
quella del Padre M artini al quale per l’opera d’arte e di cultura svolta in
quell’am biente il Nostro si ricollega, attraverso il secolo che li sepai'a, assai
pili che al Rossini per il quale Bologna, dopo gli anni di studio, non fu che
una dim ora transitoria, una parentesi poco gradita — , del M aestro che ogni
giorno li ripercorreva, dal Liceo alla sua abitazione di via Zamboni.
Pochi concerti sinfonici faceva il M artucci a Bologna, ma ogni concerto
era un rito ; non diversam ente dalle m anifestazioni artistiche dell’antica
— 29 —

Grecia — particolarm ente di Atene — ove le rappresentazioni tragiche era­


no ogni anno un avvenim ento eccezionale al quale, come ad una lesta dello
spirito, conveniva con religioso entusiasm o ogni classe del popolo greco;
l’intervento del pubblico bolognese non poteva certo esser cosi universale,
ma la devozione era la stessa, ed uno dei singolari m eriti del M artucci fu
di aver diffuso questo carattere religioso deH’avvenim ento estetico, che prim a
di lui il W agner, e dopo il Busoni, auspicavano come condizione ideale delle
esecuzioni m usicali; carattexe che pure nelle età auree del m elodram m a ita ­
liano non era certam ente assente — giacché particolarm ente nell’ottocento
sia il carattere dell’opera nei m om enti più puri che il culto del « bel canto »
nel senso eletto esprim evano molto dello spirito religioso del Risorgim en­
to — , m a bensì spesso contam inato da elem enti extra-artistici, e non chia­
ram ente presente alla coscienza estetica, se financo i più grandi m usicisti di
quel secolo facevano un canone estetico del falso principio, ancor oggi im ­
perante, della cosiddetta « teatralità ».
Non intendiam o qui alludere al problem a specifico elei rapporto tra
arte e religione, né ciò che diciamo si riferisce ad una caratteristica dell’arte
del M artucci compositore — la quale anzi in m assim a parte appartiene al
genere che m alam ente suol dirsi profano, ossia è di contenuto non specifi­
camente sacro, benché sacra sia sem pre la vera arte nella sua idealità •— ;
ma parliam o solo del senso che egli ebbe dell’arte, per lui lim itato pratica­
mente alla m usica, m a in sé valevole per l’arte in universale; quel senso onde
egli m irò sem pre ad elevare gli altri alla purezza dell’ideale, mai ad ad at­
tare questo, sia pur m inim am ente, alle esigenze del gusto corrente, mai,
insomma, al gradim ento e al consenso del pubblico di per sé stesso. Già il
fatto che egli abbia abbandonato cosi presto la carriera vera e propria di
concertista solista ne è una prova. A Bologna egli diede un solo concerto
tutto di pianoforte nel 1889 e uno m isto di pianoforte e m usica da cam era
nel 1893; in pochi altri suonò con orchestra.
Nei program m i il M artucci, pur sem pre basandosi sui pilastri dell’arte
sinfonica, quindi so p rattu tto sui tedeschi, m ostrò una m irabile larghezza
di vedute; e se alcune form e dell’arte a lui contem poranea gli fui'ono poco
note e non si adattarono al suo tem peram ento, verso altre, in compenso, il
suo spirito fu aperto e generosam ente accogliente, senza pregiudizi di na­
zione o di scuola.
Si è già dello che una delle sue m anifestazioni preferite erano le ese­
cuzioni w agneriane; a Bologna dava anzi annualm ente concerti tutti wa­
gneriani, organizzati dall’« Associazione universale Riccardo W agner », e
molti nc fece anche altrove, talvolta con intervento di cantanti. Ma, conscio
certamente dell’inadeguatezza di quelle selezioni, si indusse a fare uno stra p ­
po alla sua astensione dal teatro, dovuta con probabilità, oltre che alla
particolare n a tu ra del suo tem peram ento non inclinato al genere dell’opera.
— 30 —

u lina com prensibile riluttanza verso quell’am biente dov’è cosi difficile, per
non dire impossibile, m antenersi artisticam ente pu ri; e diresse nella prim a­
vera del 1888 al Comunale di Bologna la prim a esecuzione italiana del Tri­
stano, evento m em orabile nella storia delle rappresentazioni wagneriane in
Italia.
F ra i sinfonisti contem poranei suo prediletto era naturalm ente Brahm s,
col quale ebbe anche rapporti personali. 11 grande m usicista tedesco fu di
passaggio a Bologna nello stesso anno 1888 con l’amico W idm ann, pubbli­
cista, durante un viaggio attraverso l’Italia settentrionale e centrale. L ’in­
contro col M artucci avvenne all’albergo dei « Q uattro Pellegrini ». Il Nostro
volle m anifestare la propria venerazione all’illustre ospite ponendoglisi in
ginocchio e baciandogli la m ano: dopo di che, secondo quanto riferisce il
W idm ann, i due trovarono il migliore o l’unico mezzo di intendersi im prov­
visando un dialogo... cantato (pensiam o si trattasse di brani melodici del
grande patrim onio m usicale noto a entram bi, forse di Brahm s stesso). Caso
volle clic due critici delle rispettive nazioni, Edoardo Hanslick e Luigi Tor­
chi, si trovassero presenti al colloquio, il ricordo del quale fu per il Mar-
lucci particolarm ente caro.
Ma, come già si è detto, l’attenzione del M artucci fu rivolta anche a
musicisti contem poranei di vari popoli e indirizzi, come attestano i pro­
gram m i dei concerti che egli diede nel 1898 dedicati ciascuno a una nazione.
Dei compositori francesi quelli clic esegui di più furono Berlioz e Saint-
Saëns; anche Franck fu però degnam ente posto in luce, e del D’Indy apparve
la prim a parte della trilogia W allenstein, probabilm ente m ai più sentita
dopo d’allora in Italia. Alla line si accostò anche al Debussy. F ra quelli
inglesi fu suo amico personale Charles Villiers Stanford di cui diresse più
volte la Sinfonia irlandese in fa m inore (e il quale per parte sua diresse due
volte la prim a Sinfonia di M artucci al Royal College di Londra). Nel concerto
dedicato a m usiche inglesi il M artucci esegui inoltre composizioni di Sul­
livan, B.H.H. P arry, Mackenzie, Cowen (e fu tra i pochi casi in cui in Italia
sino ad oggi si sia sentito qualche cosa di m usicisti inglesi). Di italiani
suoi contem poranei esegui, per quanto sappiam o sicuram ente, pezzi sin­
fonici di Bazzini, Sgam bati, M ancinelii e dell’ancor giovane Perosi.
Memorabili sue esecuzioni sinfonico-vocali a Bologna furono quelle
della IX Sinfonia di Beethoven (la prim a volta nel 1892), delI’Ag'ape Sacra
dal Parsifal (id.), delle Scene del Faust di Schum ann (1895: esecuzione cre­
diamo rim asta finora unica in Italia) della cantata Jesu der du m eine Seele
di Bach (1899). Vanno ricordati poi: il concerto beethoveniano (1896);
l’esecuzione del concerto a tre cembali e archi di Bach, pianisti i discepoli
Bruno Mugellini, Guido Alberto Fano, Filippo Ivaldi (1900); la comme­
morazione verdiana (1901). E in generale, a ripassare i program m i dei suoi
concerti sinfonici, si rim ane ancora oggi stupiti di tan ta varietà e ricchezza.
Sebbene ne! periodo bolognese la sua vita in complesso sia stata infor­
m ata a sereno raccoglim ento (d’estate cercava ristoro nei prim i anni a
Castiglione de’ Popoli in Toscana, poi a Q uisisana nel bolognese) non mancò
tuttavia di quel movim ento necessario a perm ettergli di continuare l’opera
culturale nel resto d’Italia. Ancora m anca una com pleta documentazione
dei suoi concerti sinfonici; è tuttavia possibile elencare con compiutezza,
se pur non sem pre coi program m i, quelli da lui dati a Torino e a Roma.
Qui basti aggiungere alcune altre date significative: la com m em ora­
zione donizettiana del 1897 a Napoli (per il centenario della nascita) che,
con quella verdiana del 1901 a Bologna, dim ostra come il suo am ore per
la m usica sinfonica e w agneriana non im pedisse quello per il grande me­
lodram m a italiano (e in queste esecuzioni mise, come sem pre, la più coscien­
ziosa cura e Palliato interpretativo che gli era proprio, coinè ricordano
alcuni che vi assistettero): le esecuzioni della sua prim a Sinfonia a Milano
nel 189ó (prim a esecuzione), a Torino nel 1896, a Napoli nel 1898, a Lon­
dra pure nel 1898 (dove già gliel’aveva eseguita lo Stanford) ecc.
Q uanto all’attività pianistica, non bisogna credere che essa fosse del
tutto cessata dopo il brillante periodo giovanile di cui s’è già parlato : ché,
se le sue esecuzioni in quel cam po divennero più rare e lim itate ad alcuni
capisaldi, per dir cosi, della letteratu ra dello strum ento, in compenso, e
in parte proprio in conseguenza di ciò, le sue virtù pianistiche si m anife­
starono più m ature, anzi, quanto a precisione tecnica e stilistica, veram ente
form idabili. Ma in questo cam po è ancora più difficile dare una docum en­
tazione, salvo per i concerti a Bologna fino al 1896. Dobbiamo contentarci
«li ricordare alcune delle esecuzioni più im portanti: a Bologna, l’esecuzione
del Concerto in re m inore di Bach nel 1889, della Fantasia cromatica e fuga
dello stesso e della Sonata in sol m inore di Schum ann nel 1893, del Concerto
in m i bemolle maggiore di Beethoven nel 1897 : infine del Concerto dello
stesso M artucci nel 1896 e nel 1898. A q uest’ultim a esecuzione assistette
il D’Annunzio, il «juale poi gli scrisse: « Il veemente soffio lirico che agita
il vostro « Concerto » è degno di un alto poeta ». Esso fu poi eseguito ancora
dall’autore a Milano nel 1899 sotto la direzione del Toscanini, a Torino,
Roma ecc.
Non va poi passato sotto silenzio che il M artucci ebbe più volte a com­
pagno d ’arte Cesare Pollini, il pianista padovano dal tocco e dall’intensità
espressiva insuperabili, profondo cultore dei classici della m usica nonché
di storiografia m usicale, l’attività artistica del quale però, appunto per la
peculiarità del suo tem peram ento, doveva svolgersi in una cerchia intim a.
Col Pollini il M artucci esegui a due pianoforti a Bologna e a Venezia il
proprio Tem a con variazioni op. 58, originariam ente per pianoforte solo
m a trascritto per due dall’autore stesso, nella quale trascrizione se, a parer
nostro, e per ragioni che direm o a suo luogo, perde alquanto in purezza
m usicale, acquista d’altra parte in effetto e in pienezza di sonorità. Com­
m ovente è, riguardo all’esecuzione a Venezia, l’episodio riferito da u n com-
m em oratore del Pollini: alla fine di una prova del pezzo fatta a Padova,
il M artucci, commosso dalla com prensione e penetrazione interpretativa
del collega, si alzò e, senza dire parola, lo baciò in fronte. 11 Pollini, da
parte sua, m ostrò sem pre per il M artucci la più profonda venerazione.
Anche come com positore il M artucci raggiunse a Bologna la piena
m atu rità. Sono di questo periodo, oltre a m olte im portanti composizioni
pianistiche (come i due N otturni op. 70) e da cam era (pezzi per violino e
pianoforte op. 67, per pianoforte e violoncello op. 69), due fra le sue di
m aggior mole e im portanza: la Canzone (tei ricordi, e la 1“ Sinfonia, com­
p iu ta nel 189ó, dopo sette anni di lavoro.
Alla m orte di Antonio Bazzini (1897) M artucci fu invitato a succe­
dergli come direttore del Conservatorio di Milano, m a non accettò. Quando
invece nel 1902 Pietro Platania, direttore del Conservatorio di Napoli, andò
a riposo, il Nostro non potè resistere alle sollecitazioni dei napoletani e
al richiam o della terra di origine. Ma quanto gli sia stato am aro lasciare
Bologna è dim ostrato dalla lettera di com m iato che egli scrisse ai profes­
sori del Liceo musicale, l’inizio della quale dice: « Egregi Professori, la
mia emozione ed il mio dolore nel separarm i da voi sono tali che mi vie­
tano di esprim ere la mia profonda riconoscenza, per la cooperazione pre­
ziosa che, con tan ta larghezza di cuore e di volontà, mi avete data nei buoni,
sereni, benedetti anni di lavoro e di pace passati in questo caro Istituto,
al quale devo le più nobili soddisfazioni del mio carattere di uomo e di
artista! ». Parole belle e sincere, dove il calore dell’affetto è pari alla verità
del contenuto, anzi nasce da essa.
3.

IL SECONDO PERIODO NAPOLETANO (1902- 1909)

L’am arezza del distacco del Martucci da Bologna, m anifestata in modo


cosi sentito nella lettera sopra citata, aveva una ragione profonda — a
parte quella affettiva facilm ente com prensibile — : ossia il presentim ento
che, con quel distacco, un ciclo im portantissim o della sua vita d’artista
fatalm ente si chiudeva.
In effetto, quello che abbiam o chiam ato il suo apostolato artistico
poteva dirsi allora sostanzialm ente compiuto. O rm ai in Italia la rinascita
del culto della grande arte strum entale e, d ’altra parte, la diffusione delle
opere w agneriane, erano bene avviate, e altri con fervore vi davano opera.
I suoi discepoli erano diventati a lor volta m aestri ed esecutori: il Tosca­
nini era lanciato nella carriera sia nel campo dell’opera che dei concerti
sinfonici, e pili di una volta fu compagno del M artucci in m anifestazioni
artistiche. Insom m a il m ovim ento culturale di cui egli era stato il p rin ­
cipale fautore continuava ora a svilupparsi per im pulso proprio.
Ciò tuttavia non significa che negli anni di direzione del Conservatorio
d i Napoli, purtroppo i pochi che dovevano rim anergli da vivere, la sua a tti­
vità artistica sia d im inuita: al contrario, egli continuò a prodigare la pro­
pria energia con abnegazione tanto pili am m irevole se si pensi al suo stato
di salute che, delicato sin dalla gioventù, diveniva cogli anni e con le fati­
che sem pre pili precario.
Tornato a Napoli il 27 Marzo 1902, attese con zelo alla riorganizzazione
am m in istrativ a e artistica di quell’istitu to ove egli ritrovava ora come
dipendente alcuno che era stato suo condiscepolo, come Florestano Rosso-
m andi, o a d d irittu ra suo m aestro, come Beniam ino Cesi — il quale dopo
gli anni di attività svolta a Pietroburgo, a Palerm o, a Roma, tornava pro­
prio nel 1902 al Conservatorio di Napoli come incaricato dell’insegnam ento
della m usica d ’insiem e — , e adem pì la difficile missione, per quanto gli fu
possibile in quei pochi anni, con delicatezza e con ferm ezza a un tempo.
Inoltre diede nuovo im pulso all’attività concertistica della città, che
dopo la sua partenza nell’86 aveva languito, sebbene egli a tra tti fosse
— 34 —

ritornato a ravvivarla con le sue interpretazioni. La Società di concerti,


ricostituita lo stesso anno del suo ritorno per opera di Carlo Clausetti, ebbe
cinque annate di splendida fioritura culm inante nella esecuzione della
IX Sinfonia di Beethoven al Politeam a Giaeosa nel giugno 1905. Num erosi
e im portanti furono ancora i suoi concerti in altre città d’Italia: da ricor­
dare specialm ente quelli nei quali esegui la sua seconda Sinfonia, la pili
im portante sua creazione artistica di questo periodo, com posta in buona
parte a Napoli e com piuta a Q uisisana nel bolognese in una villeggiatura
del 1904, da lui d iretta la prim a volta nel dicem bre dello stesso anno a
Milano (città che dunque ebbe l’onore di accogliere la prim a esecuzione
di entram be le sinfonie m artucciane); quindi nel 1905 a Torino, nel 1906
nella non ancora italiana T rieste; e, in Germ ania, nell’ottobre 1906, a F ran-
coforte sul Meno, in un program m a quasi tutto di m usica italiana. A Roma
la 2“ Sinfonia fu eseguita nel febbraio sotto la direzione del Toscanini,
presente l’Autore.
Ma un’altra e più ponderosa im presa artistica egli doveva compiere,
che fu l’ultim a c probabilm ente fatale alla sua salu te: la direzione di due
opere w agneriane al T eatro S. Carlo di Napoli, Tristano nel dicem bre 1907,
Crepuscolo un anno dopo. Egli vi fu indotto anche da richieste di amici
e am m iratori, tra i quali era Rocco Pagliara, il delicato verseggiatore della
Canzone dei ricordi, fervente w agneriano (successore del Fiorim o come
bibliotecario del Conservatorio di Napoli), il quale poi si ram m aricò di aver
troppo insistito a fargli compiere l’im proba fatica del Tristano, e per la
seconda opera tentò invano far cadere la scelta sul m eno grave Oro del
Reno. Ma a parte gli incitam enti estranei, si può credere che la m aggior
spinta gli sia venuta dall’intim o, dall’esigenza cioè di dare alla propria
m issione un solenne coronam ento. E ra scritto che l’im presa da lui m ira­
bilm ente condotta a term ine a Bologna nel 1888 non rim anesse isolata,
che si ripetesse e si integrasse nella sua Napoli prim a che egli vi esalasse
l’anim a: altrim enti la sua passione per l’arte w agneriana sarebbe p arsa
non avere avuto abbastanza com pleta m anifestazione, di fronte a ll’opera
già svolta da altri direttori di teatro, giacché l’insufiìcienza delle esecu­
zioni w agneriane in concerto, qu an d ’anche anim ate da quel senso religio­
sam ente austero che vi poneva il M artucci, tanto più evidente doveva appa­
rire ora che quelle in teatro diventavano abbastanza frequenti.
Tale la ragione storica che crediam o di vedere in quel duplice avveni­
mento. Certo che esso diede alla line della vita del M artucci u n ’im pronta
veram ente eroica: come di a rtista che non rinuncia, per guadagnare qual­
che anno di vita, a un’occasione, quale probabilm ente non si sarebbe pili
presentata, di com pire il suo apostolato w agneriano. Fine che ha qualcosa
in comune, per questa dedizione alla causa w agneriana, con quella di Liszt,
che già m alandato in salute si reca a B ayreuth per ascoltare ancora una
— 35 —

volta Tristano e Parsifal, e rim anervi poi sepolto accanto all’a rtista pre­
diletto.
F ra l’esecuzione del Tristano e quella del Crepuscolo, M artucci si recò
— nell’agosto 1908 — a Monaco di Baviera per sentire la in te ra Trilogia
nell’interpretazione del M otti; nello stesso periodo cercò ristoro sui laghi
bavaresi. Ma un m orbo inesorabile lo insidiava, e ai prim i dell’anno suc­
cessivo, subito dopo le trionfali rappresentazioni del Crepuscolo, si m ani­
festò in tu tta la sua gravità. Dovette rinunciare a partecipare a un concerto
a Roma nel gennaio 1919 per le vittim e del terrem oto di Messina, pu r aven­
done preso l’impegno. (Volle però, sebbene strem ato, recarsi a Roma, chia­
mato in comm issione per un concorso a cattedre del Conservatorio di Na­
poli). Ma a nulla valse il riposo cercato in una villa a Capodimonte, e a
nulla valsero, dopo il suo ritorno in città, le cure prodigategli dai medici
più insigni. O rm ai il suo destino era segnato. Che egli lo sentisse o no, seppe
m antenersi forte nella sofferenza. Nei vaneggiam enti degli ultim i giorni,
rievocava gli avvenim enti artistici di cui era stato anim atore, sognava i
grandi m usicisti da lui venerati e interpretati. Negli ultim i m om enti di
lucidità, rincorava il Pagliara desolato di averlo indotto alle soverchinoti
fatiche di concertazione, e gli diceva che era bene che fosse stato cosi per
lui e per i suoi figli: certo intendeva dire per lasciar loro un esempio edi­
ficante. L ’ultim a sua visione fu quella del vascello sospirato da T ristano,
e, insieme, del rogo di B runilde alla caduta del W alhalla. Mori a Napoli
il 1° giugno 1909.
Le sue esequie furono di una solennità adeguata alla grandezza della
sua figura. Giunto l’im m enso corteo davanti al S. Carlo, la sua bara fu
sollevata a braccia e la banda esegui la m arcia funebre di Sigfrido nel
Crepuscolo degli Dei. Sebbene altri abbia visto in ciò una m anifestazione
poco seria, noi vediamo diversam ente. Non è il caso di dar troppo peso a
certi particolari esteriori: l’essenziale è che il popolo italiano sentiva di
aver perduto, dopo Verdi, un altro eroe della p ropria epopea m usicale. Fu
quello uno di quei rari m om enti in cui, sulla m iseria della vita di tu tti i
giorni, risplende pure agli occhi del volgo una scintilla della verità eterna,
traluce il profondo significato di ciò che di piò im portante avviene nella vita
stessa, e che diviene poi storia.
Del carattere um ano del M artucci, quelli che lo conobbero da vicino
sono concordi nel m ettere in rilievo alcuni tra tti che c’interessano assai,
in quanto — ciò che vedrem o meglio in seguito — si fondono con le qua­
lità dell’a rtista si da form are u n ’insieme di ra ra arm onia. Sono precisa-
niente la sem plicità del porgere, della parola e del gesto, la grande e
schietta m odestia: e, con tu tto ciò, un qualcosa nel suo occhio e nella sua
piccola figura che avvinceva e imponeva reverenza. In particolare, nel diri­
gere l’orchestra, la figura si anim ava e quasi s’ingigantiva, la fisonomia si
— 36 —

trasform ava. T uttavia sarebbe insufficient« m ettere in rilievo soltanto ciò


che in lui vi era di austero, di grave. Questo irreprensibile sacerdote dell’arte
era di un’ipersensibilità che, fisicam ente soltanto, poteva dirsi m orbosa,
perché arrivava al punto da fargli m ale: m entre spiritualm ente era uno dei
lati della sua n a tu ra d ’artista, fatta in buona parte di delicatezza, di sen­
sitività sognante ed anche dolorosa. Si aggiunga a ciò il grande am ore per
la cam pagna — ove cercava non le vaste ispirazioni di un Beethoven, ma
un senso di solitudine e di raccoglim ento — e un sano sentim ento della
vita fam iliare. Aveva sposato a 23 anni M aria Colella, che in vita gli fu
cara com pagna e, sopravvissutagli di trentasei anni, ebbe per sacro compito
di far nota e apprezzata la di lui opera. Ebbe tre figli: il maschio, Paolo,
nato a Napoli nel 1883, segui l’orm a paterna come concertista e insegnante
di pianoforte, c da tem po si trasferì all’estero: delle due fem m ine una
sola c vivente, sposa del pianista Finizio. Nei suoi rapporti con le per­
sone, il M artucci fu generalm ente m ite, cordiale, compito, come risulta
anche dalle poche sue lettere che fin qui abbiam o potuto raccogliere e che,
a parte il vario interesse intrinseco, ci piace rip ro d u rre integralm ente in
appendice in quanto dim ostrano questa sua egualità di carattere.
Ci siam o sofferm ati alquanto sull’indole dell’uomo non già perché
intendiam o fare dello psicologismo, cioè considerare l’opera d ’arte come una
risu ltan te o un riflesso della vita em pirico-sentim entale di chi l’ha prodotta;
m a per e strarre dalla vita m orale o anche, m a in alto senso, sentim entale,
spirituale insom m a, quel tan to che ritroverem o tradotto in m usica, ora
come piena espressione artistica ora anche come residuo psicologico non
interam ente superato nella form a. L’ideale della arm onia assoluta fra l’uo­
mo e l’artista, quale sosteneva e di cui anche dava raro esem pio Roberto
Schum ann, è invero un ideale lim ite, da cui la realtà è per lo più assai
discosta; m a c’è sem pre per lo m eno u n ’arm onia parziale, ossia una parte
della vita interiore che si riflette nell’opera, senza di che l’opera stessa
non potrebbe nascere: e questa parte la critica non può non tenerla pre­
sente, sebbene l’indirizzo m oderno tenda per lo più a separare l’uom o dal­
l’artista. Ora, il caso di M artucci ci sem bra tra quelli, ben pochi, in cui
quell’ideale lim ite sia più vicino a esser raggiunto, perché la sua è tra le
poche vite che non offrano alcuna m ateria all’indiscrezione, alla curiosità,
al pettegolezzo del biografo. Si può quasi dire ch’essa non presenti alcunché
di interessante che non sia legato in qualche modo alla sua arte, senza
per questo esser priva di interesse um ano come quella di molti artisti,
anche grandissim i, del R inascim ento; giacché la sua um anità consiste
appunto in una dedizione fedele all’ideale artistico che non pregiudica
(come avvenne invece in W agner) ma im plica la nobiltà dell’uomo morale.
Ma orm ai ci conviene volgerci all’opera d ’arte, e internarci del tu tto
in essa, in modo che l’arm onia testé afferm ata risulti direttam ente dallo
studio di essa.
II.

L ’OPERA
1.

OSSERVAZIONI PRELIMINARI

Subito dopo la m orte del M artucci, m usicisti e critici dissero in coro


—c fu nobile coro — che il M aestro aveva ottenuto il giusto riconoscim ento
come pianista, direttore d ’orchestra e rinnovatore di gusto e di cultura
musicale, m a che come compositore non era ancora abbastanza apprezzato,
neppure dagli stessi italiani, e che urgeva quindi rim ediare a sim ile m an­
canza. La stessa cosa si continuò a dire per parecchi anni, m a in sostanza
queiram m onim ento, ripetuto come u n ’antifona, non ottenne l’effetto voluto,
come accade di quelle prediche m orali che ricalcano vecchi motivi senza
infondervi calore di vita interiore, e quindi restan prive di efficacia di
persuasione. Poi, a poco a poco, l’esortazione divenne più fiacca; i gusti
dom inanti del m ondo m usicale che chiam erem o per intenderci « ufficiale »
si andarono — convien riconoscerlo — allontanando da M artucci, alla cui
opera non fu certo serbata disistim a, m a bensi un freddo rispetto, come
dovuto a una di quelle nobili m anifestazioni che, per nobili che siano, non
vengon tuttavia riconosciute come geniali. In altri term ini, si riconobbe al
M artucci, anche come compositore, il m erito di aver rinnovato in Italia il
gusto della m usica strum entale e di aver posto in tal campo la radice di
una ipotetica fioritura avvenire: quindi, in sostanza, m erito e valore di
precursore, salvo, tu tt’al pili, qualche lam po di ispirazione geniale.
Tale m utam ento di ro tta avvenne in gran parte nell’ultim o venticin­
quennio circa, per la crisi generale del gusto m usicale; e l’opinione che
ne derivò d u ra sostanzialm ente tuttora, per fortuna non unanim e, m a dif­
fusa in una cerchia abbastanza larga di... « com petenti » della corrente più
o m eno d ’avanguardia, talo ra fra quelli che hanno più voce in capitolo.
È a parer nostro una delle tante prove (come non ce ne fossero già abba­
stanza) di quanto nel suddetto periodo siam o caduti in basso.
Ora è necessario riesam inare il problem a dalla base: ristudiare cioè
l’opera del M artucci, interrogarla nel suo intim o, e senza proporci a priori
il com pito della sua rivalutazione (benché questo proposito, in fondo all’ani­
mo di chi ami un a rtista non giustam ente apprezzato, non possa m ancare.
43 —

coincide col nostro. Basti dunque qui additare alcuni pezzi che si distin­
guono per spunti felici, per vivacità e spontaneità che p u r senza form are
ancora bellezza producono tuttavia im pressione gradevole. Cosi il notissim o
Studio da concerto op. 9, brillante e di sicuro effetto pianistico perché scritto
già peritam ente per pianoforte, e che in complesso può dirsi un pezzo di
getto, scorrevole se non di gusto fine; VImprovviso op. 17, sim patico nella
sua elem entare sc rittu ra pianistica; il Capriccio in forum di studio op. 2(5,
non privo d’una certa vaghezza e scorrevolezza; lo Scherzino op. 29, il cui
tem a ricorda quello del terzo tem po (Lieta adunata di contadini) della
Pastorale di Beethoven: il Canto religioso op. 33 n. 3, che veram ente ha
poco di religioso nell’ispirazione, e piuttosto sem bra render l’im pressione
di u n ’anim a rom antica, anzi crepuscolare, alla vista di una processione
accom pagnata da coro; la Sonata facile op. 41 n. 1, a un solo tem po, spi­
gliata e ben ritm a ta ; L ’Arcolaio, pezzo caratteristico, op. 43 n. 3, vaga­
m ente descrittivo (genere questo che il M artucci coltivò spesso in quel pri­
mo periodo, m a che poi abbandonò sentendo che non gli era consono); il
Pensiero fantastico op. 43 n. 4, leggiero e scherzoso. A ltri pezzi, come la
rom anza Verso sera op. 43 n. 6, sono di sentim entalità più appassita. Le
fughe e le fughette sono esercitazioni castigate, le seconde pu r anche
graziose.
A parte andrebbe considerata la Sonata op. 34, il secondo saggio del
M artucci in questa form a (il prim o fu la Sonata per violino op. 22), rim asto
unico nella sua opera per solo pianoforte. Riuscì cosa decorosa, non senza
segni considerevoli di personalità specialm ente nel prim o e nel secondo
tempo (« Allegro giusto » e « Scherzo »); ma in complesso è ancora un te n ta ­
tivo, che egli stesso in seguito sconfessava in modo sin troppo duro. E non
ripete l’esperim ento, certo perché sentiva che il pianoforte solo non gli
bastava per spiegare la sua ispirazione in form a cosi am pia, restando
invece per lui strum ento ideale per pezzi lirici generalm ente brevi, sognanti
o scherzosi che fossero.
T u tte le composizioni suddette ed altre ancora, nonostante la loro
lim itata im portanza m usicale, restano pu r sem pre utili come opere di
studio o lettu ra pianistica. Ma se dovessimo precisare dove l’individualità
artistica del M artucci appaia per la prim a volta ben netta, sebbene non
ancora in p u ra e piena bellezza, indicherem m o prim a un pezzo a due pia­
noforti, la Fantasia op. 32 (a proposito di pezzi pianistici per due esecu­
tori, sorvoliam o su quei Pensieri sull’opera Un hallo in maschera a qu at­
tro m ani, op. 8, che giustam ente è stato detto peccato di gioventù), e la
fam osa Tarantella op. 44 n. 6: due pezzi questi ben diversi per form a e per
carattere, m a che entram bi m ostrano alcune tipiche im pronte dell’artista,
e rivelano in lui (ancora non più che ventiduenne, si noti!) una am m i­
revole padronanza form ale.
— 44 —

La Fantasia op. 32 è col tem po passata in seconda linea, e non a torto,


di fronte alla edizione per due pianoforti del Tem a con variazioni op. 58:
tuttavia m erita ancora attenzione. Si compone di un « A ndante » d’in trodu­
zione, un altro « A ndante » di cantabilità piu spiegata e un « Allegro giusto »
che è u n a vera e propria fuga. Le melodie dei due m ovim enti lenti sono di
gusto non troppo elevato, piuttosto m elodram m atiche specie nel secondo;
alcune frasi hanno tu ttav ia una dolcezza espansiva di canto tu tta perso­
nale e, perciò appunto, m eridionale. Del resto, tu tto in questa Fantasia è
personale, anche le cose meno belle; e assolutam ente m agistrale è la fusione
di arm onie e di sonorità fra i due pianoforti: ciò che vale in grado pili
elevato per la fuga, brano d ’ispirazione scherzosa, form ato su di un tem a
che per sé non dice molto m a d a cui l’Autore, già perito polifonista, trae
la pili gustosa varietà di episodi e di combinazioni sonore. Q uesta fuga
si può già dire, nel suo genere, una bella pagina, e m ostra in modo per­
spicuo uno dei lati tipici del tem peram ento m artucciano: quello giocoso,
am m iccante, e tu ttav ia non senza qualche venatura m alinconica, qui appena
sensibile.
Venendo alla Tarantella, se per essa sarebbe troppo p arlar di bellezza
in senso estetico assoluto, non si può d’a ltra parte disconoscere che è som ­
m am ente originale e caratteristica. (Non sarà m ale notare, di passaggio,
che personalità e bellezza non fanno tu tt’uno: m a tra tta re a fondo questo
problem a ci condurrebbe troppo lontano). Qui ancor più è visibile l’im ­
pronta m eridionale, anzi nap o letan a:è in fondo un pezzo di colore locale,
in cui la m elodiosità tipica dell’am biente com incia a rivivere nell’arte stru ­
m entale dopo circa un secolo di silenzio; e rivive non in tono languido, ma
in una ridda di ritm i danzanti, con prevalenza di tinte vivaci alternate però
con altre pili dolci come la seguente:
Esempio 1
(A lle g ro m o lto [J -ïie o ])
A l______ t -
I IÎU €---------V -4-----tHf- - r - 1— # -
ztf-- ?__ = 5 r:

r H i f f i

. Û.I, k f'N .fc — r n ii- I ------ r n il -0*---------


-----1--- ri m —r~ J à ^A
U^ w -Fz^t W r W rz -
s ____ .Cu
W• - =
1 M• = n_^ m
JP______
creso. f ecc.
:.f c = r __
' --------------- ——i—w t —L
(Ediz. Ricordi).
— 45 -

e nel complesso, con m odulazioni varie e spontanee. Certo, di tutte le-


Tarantelle che conosciamo (ne hanno scritte Chopin, Liszt, Rubinstein ccc.,
tu tte più brillanti che espressive) questa è la più piacevole e originale. Ed
è anche notevole che, pu r nel carattere folcloristico, la form a ne sia clas­
sicheggiante, tanto solida quanto vigorosi sono i ritm i: quasi di un prim o
tempo di Sonata, con due temi ben distinti e netta tripartizione (« espo­
sizione » dei due tem i in tonalità diverse, loro « elaborazione » breve ma
densa, e « ripresa » coi due temi nella stessa tonalità principale di sol
m inore).
E ntram bi i pezzi testé esam inati, dunque, rivelano già nel M artucci
un tem peram ento rom antico, tra il trasognato e il giocoso, fuso con ten­
denza alle form e classiche: questo va tenuto presente. Ora procediam o
oltre: ancora un pezzo di vera poesia pianistica non l’abbiam o incontrato.
Lo Studio op. 47 scritto per il metodo Lebert e S tark ci porta su un grado
artistico più alto: siam o qui dinanzi ad un M artucci vigoroso, che assim ila
il problem a pianistico dello « studio » a u n ’esigenza «li intensità patetica e
insieme virile. Ma forse è un frutto ancora precoce: o forse invece il M ar­
tucci ebbe torto di abbandonare per il m om ento questa via per darsi prefe­
ribilm ente alle espressioni di m alinconia suggestiva. Certo, nella melodia
centrale che emerge dal disegno pianistico, c’è già il M artucci autentico,
m a ancora con un che di torm entato. Comunque, questo Studio quasi dim en­
ticato è u n a nobile opera d ’arte, vago preannuncio di nuovi orizzonti che si
apriranno qua e là nell’ascesa artistica dell’autore, e m assim am ente nella
prim a Sinfonia.
Sorvoliamo ora, al solito, sui pezzi meno significativi ancorché ponde­
rosi come la 2’ Polacca op. 48; e fra le tre Rom anze op. 49, dai titoli Desio,
Quante m em orie!, A nsia!, noterem o solo la seconda e la terza, dove per la
prim a volta appare isolata la nota lirica m artucciana, non proprio pura
ma già con tra tti originali e con sentim entalità decorosa. Quante m em orie!
a ttrae l’attenzione più che altro per certi preannunci di spunti del famoso
N otturno op. 70 n. 1, nella stessa tonalità di sol bemolle m aggiore; A nsia!
è più nota e m olto migliore, per la sua affettuosa espansività e la bella pie­
nezza arm onica e contrappuntistica della parte centrale. T uttavia c’è qui
ancora un sentore di rom anticism o sfiorito che trapela dagli stessi titoli, il
genere dei quali si m ostrerà presto dissentaneo dal vero M artucci, che non
ne farà più uso.
La Novella op. 50 e la Fantasia op. 51 denotano, specialm ente la seconda,
una tendenza a form e più am pie: m a né Luna né l’a ltra sono, a nostro
avviso, espressioni artistiche assolute. La Fantasia, assai nota nell’am biente
pianistico, è certo considerevole e va vicino alla m èta; m agistrale nella
form a e dignitosa nell’ispirazione, ha tu ttav ia un che di pesante e di grigio,
in quell’insiem e di m ovim enti diversi che non giungono a u n ’espressione
— 47 —
parte centrale o Trio. Si ascoltino le prim e note del Trio del secondo
Scherzo: arm onie indefinite che poi risolvono in una serie di accordi logi­
cam ente collegati (la logica arm onica specialm ente da qui innanzi sarà in
M artucci sem pre m irabile, ineccepibile): di u n ’arm oniosità assolutam ente
personale, che è uno dei tra tti piu tipici del nostro m usicista.
I prim i due Scherzi, uno in la maggiore, l’altro in mi maggiore, sono
bensì diversi nel carattere dei tem i e dei disegni pianistici, m a tuttavia
parenti per la sem plicità di stru ttu ra , per la tenuità espressiva (tenuità con­
sistente però) e per un che di indefinibile che è nella tin ta generale. Il terzo,
in re bemolle maggiore, è invee pili vigoroso e complesso, di arm onie ric­
che e m oderne, pu r restando nel fondam entale am biente espressivo che
abbiam o cercato di spiegare.
Esempio 2

A llegro (J .ï 88) .
lM*
»I>A-

/
f ecc.

s s *{*
i
(Ediz. Ricordi).
Anche qui, dopo la prim a parte scherzosa e vivace, abbiam o un Trio
la cui reale tonalità è di sol bemolle maggiore (sebbene il num ero delle
alterazioni di chiave poste dall’autore indichi ancora quella di re bemolle),
di arm oniosità sognante e suggestiva; e l’atm osfera questa volta è ottenuta
m ediante una catena di sem plicissim i accordi a tre e due suoni.
Esempio 3

, ÏV+:
4----- u■ * hi a -d&,

jt?1 i fifr ïL ' _£f ft


(c. s.)
E in tu tti e tre gli Scherzi, dei quali i prim i due chiudono con una breve
coda, il terzo con la semplice ripetizione della prim a parte, il tocco finale è
vagam ente m alinconico. Non vogliamo con questo dire che il tono m alin­
conico sovrasti a quello scherzoso, ma si fonde con esso o a d d irittu ra ad
esso dà vita. Insom m a qui si può già parlare di poesia, perché l’arm onia
di sentim ento e di form a è raggiunta. E se teniam o presente che l’op. 52
è la Sonata per pianoforte e violoncello, che era certo già com posta nel 1880,
— 48 —

possiam o stabilire clic il prim o fresco germoglio del M artucci com positore
cade in quel periodo, quando cioè egli era intorno ai ventiquattro anni.
L ’attitudine interiore che prevale in questa prim a fioritura, special­
m ente nei pezzi per solo pianoforte, è quella di u n ’anim a assorta in una
dolcezza inconsapevole, in u n a specie di innocente incoscienza, quasi un
dorm iveglia dello spirito: anim a quindi ancor isolata dall’u rto reale delle
cose, che vive una vita tu tta di im m aginazione e di sogno, dove nondim eno
è un fondo doloroso. Q uesta stessa corda sentirem o risonare nei pezzi che
incontrerem o continuando nella nostra disam ina, e dove le pagine di viva
arte si fanno m an m ano piu frequenti, se pur alternale ad altre di gusto
retrospettivo (vedi lo Studio caratteristico op. 54, poco felice come tu tto
ciò a cui il M artucci ha posto l’indicazione di « c a ra tte ristic o » ): l’artista
ha orm ai trovato il suo m ondo e, quel che è più, lo fa vibrare in aspetti e
sfum ature di m irabile varietà. Sorvoliamo anche su pezzi decorosi come il
M inuetto e la Gavotta op. 55 n. 1 e 2 e il Capriccio op. 57 n. 1, ed eccoci
aìla Serenata op. 57 n. 2, ove è come un vago stornellare di un m enestrello
con l’anim a di un Pierrot napoletano. Un canto sommesso si distende
dolcem ente su di un accom pagnam ento arieggiante gli arpeggi di una
discreta chitarra, il tu tto in una linea m orbida e sinuosa e con un perfetto
svolgim ento armonico, quand’anche il mondo interiore in cui quest’ispira­
zione vive sia di un’um anità quasi elem entare. Nel notissim o Tema con
variazioni op. 58, l’ispirazione fondam entale è più che m ai trasognata e
quasi elegiaca: nelle variazioni en tra anche la nota giocosa, sem pre di
quella giocosità a fondo m esto che abbiam o notato negli Scherzi; m a alla
line l’espressione si irrobustisce e la form a assurge a insospettata ampiezza
ove l’equilibrio può dirsi, questa volta, raggiunto. Vi sono, è vero, varia­
zioni più e meno profonde; c’c poi quella poco felice digressione tra senti­
m entale e am pollosa che è la nona variazione « alla Chopin », con una me­
lodia diversa dal tem a, m a poggiante su un basso che fa sentire le note del
tem a stesso intercalate da arpeggi: uno di quegli artifizi form ali di cui il
M artucci si è talora un po’ troppo compiaciuto, su cui tu ttav ia non vi
sarebbe a ridire quando fossero sostenuti — e quindi in realtà annullati
come artifizi — da u n ’ispirazione pura, ciò che in questo caso non è.
(« Arte che tu tto fa, nulla discopre », egli am ava ripetere, m a questo è uno
degli esempi ove essa invece discopre troppo). Ma nonostante queste dise­
guaglianze, il pezzo nell’insiem e è vivo, per quella intim ità di sogno la cui
essenza m usicalm ente è data so p rattu tto dalla dolcezza e varietà di arm o­
nie, cosi ricche di m odulazioni spontanee, c dalle m orbide sonorità piani­
stiche fluenti a guisa di arpa. Notate ad esempio nella terza variazione la
soavità con cui quei disegni crom atici discendenti si posano con un senso
di dolce stanchezza sulle arm onie cadenzali, alla fine dei due periodi di
otto battute onde, a som iglianza del tem a, la variazione è form ata; e notate
— 49 —

ia profonda, sognante arm oniosità che è nella quinta variazione, cosi nuova
e diversa rispetto al tem a e pur ad esso congiunta nell’intim a essenza, come
è nello spirito classico delle variazioni. Il pezzo ha due finali diversi, l’uno
o l’altro da scegliere a piacere: il prim o è una fuga libera (sebbene non
ne porti il titolo) assai sviluppata, il secondo un « Allegro m olto » di carat­
tere brillante eseguendo il quale — avverte l’autore — la V ili variazione
va omessa, e la VI eseguita dopo la VII. Il gusto corrente preferisce la
seconda form a; e l’autore stesso ha contribuito a creare questa preferenza,
giacché nella trascrizione a due pianoforti del pezzo (che in complesso è
assai felice e in alcune p arti assai più ricca, alm eno come sonorità, del­
l’originale) ha senz’altro elim inato la fuga e adottato le varianti annesse
rii cui sopra. (Forse che l’abbia riten u ta, contrariam ente a quella dell’op. 32,
disadatta ad essere disposta per due tastiere? Effettivam ente l’adattam ento
non sarebbe stato semplice né naturale). Non solo: ina in u n a seconda
lezione per pianoforte solo — che è quella inclusa nella serie dei 20 pezzi
curati da Alessandro Longo — ha pure soppresso la prim a form a del finale
c introdotto alcune altre varianti di m inor entità come i disegni brillanti
aggiunti alla q u arta variazione, sem pre derivanti dalla trascrizione a due
pianoforti.
Per quel che riguarda il finale, siam o d’avviso che l’autore e il gusto
corrente abbiano alterato la genuina ispirazione del pezzo: che cioè la pri­
m a form a sia incom parabilm ente superiore alla seconda. Q uest’ultim a, in
sostanza, non è m olto pili che una conclusione d’effetto brillante, che tocca
anzi l’enfasi nella estrem a apparizione del prim o tem a con ritm o aum entato,
di una sonorità ridondante specialm ente a due pianoforti, con quel pedale
di dom inante a trem olo: m entre invece il finale originario a m o’ di fuga è
cosa che ben può dirsi m agistrale; il sentim ento elegiaco del tem a vi si
tra m u ta prorom pendo in una vigorosa affermazione di vitalità che si sostiene
senza cedere fino all’ultim a battuta. È uno dei pochi esempi nell’opera pia­
nistica di M artucci dove quello che abbiam definito dorm iveglia spirituale
si ap ra ad una lim pida visione di luce m attinale. Si noti, nello sviluppo,
l’inesausta ricchezza degli episodi, dove il tem a di fuga si trasform a fino
a divenire quasi irriconoscibile nelle dim inuzioni; passaggi rapidissim i che
però non si riducono mai a puro virtuosism o e non interrom pono l’unità
rlell’insieme, suggellata da u n ’ultim a trionfale ripresa del tem a stesso.
Farebbero bene i pianisti a riprendere il pezzo in questa prim a form a;
certo l’im presa è ardua, m a i risultati artistici la compenserebbero.
F ra i pezzi più perfetti di M artucci è certam ente la Giga op. 61 n. 3,
un tem po abbastanza diffusa anche nella trascrizione orchestrale dell’autore
stesso, ora dim enticata o alm eno tra sc u ra ta anche dai pianisti sebbene sia
di uno stile pianistico di ra ra eccellenza. Qui l’ispirazione è tu tta scherzosa
« chiusa in una form a scarlattiana. E senza dubbio, oltre allo schem a
— 50

bipartito con doppio ritornello e ai rapporti tonali tradizionali tra principio


e line delle due parti (I tonica - dom inante, II tonalità x - tonica), qualche
cosa dello spirito di Domenico Scarlatti rivive, e non solo in questo pezzo,
nel m usicista napoletano del secondo ottocento: pure non v’è om bra di
rem iniscenza nel senso com une e meno che mai di im itazione. Lo spirito
c rinnovato: e in questa saltellante giocosità trapela sem pre il fondo
sognante, che anche qui però si apre ad una vitalità sana e ad un sorriso
che par quasi um oristico m a è affatto ingenuo.
L’essenza m usicale di questo gioiello consiste di vari elem enti perfet­
tam ente fusi fra di loro: la viva genialità del tem a, di una freschezza
sorgiva :
Esempio 4
A lle g T O (J-=104)

T ^ r ^ - r m tA =^Vs m .
* • .
( J / 2> W CCC.
O .
( m :=

(Ediz. Kicordi)
s
classicismo di form a, di contrappunti, di disegni pianistici, ma nulla di
più m oderno di questo classicism o; sfavillio di im m agini, arm onie lum i­
nose e p u r soffuse come di un velo di penom bra; ritm o da cima a fondo
pulsante di vita. Per questo aspetto dell’ispirazione del M artucci il piano­
forte è lo strum ento ideale: e come il suo gioco pianistico nello stile bril­
lante (intesa la parola « cum grano salis ») era insuperabile, cosi esso rivive
trasfuso in alcune sue personalissim e creazioni : ma nessuna del genere gli
è riuscita perfetta come questa. Pure, come vedrem o in seguito, egli adattò
questo stile anche all’orchestra, oltre clic ai complessi strum entali da camera
in cui il pianoforte ha sem pre parte essenziale.
Con la Barcarola op. 64 n. 3 si rito rn a all’ispirazione elegiaca (altre
Barcarole aveva egli già scritto, m a poco rim archevoli, e dopo non ne
scrisse altre). È anche questo tra i pezzi piti belli di M artucci, ed è tra i
meno noti, o add irittu ra ignoti. Il sogno qui assum e un tono piu doloroso,
in alcuni m om enti anche tragico. La form a è nettam ente ternaria e si assi­
mila assai bene all’ispirazione. Un canto spiegato in mi bemolle maggiore,
di arm onie calde e piene, comincia som m essam ente m a si espande poi con
sonorità più aperta e, posatosi sulla tonalità di dom inante, raggiunge gli
accenti della passione più intensa — passione sem pre di anim a che sogna
torm entosam ente, e solo si placa nell’arm onia della form a:
— 51
Esempio 5

(Ediz. Ricordi)

Nella parte centrale l’atm osfera si fa ad d irittu ra fosca; assum e carat­


tere alquanto descrittivo, evocando come una n o ttu rn a tem pestosa naviga­
zione, di contro alle due p arti estrem e che danno l’im m agine ritm ica di
acque superficialm ente placide. Ma questo non è che l’aspetto pittoresco
di un contrasto puram ente interiore, m usicale, benché nello sfondo si sen­
tano veram ente il cielo e la m arina napoletani. La dram m aticità, dapprim a
sorda e com pressa in quelle scale del basso che ci richiam ano il Liszt della
seconda Leggenda (S. Francesco di Paola che cam m ina sulle onde) e in
quelle m inacciose arm onie sospese di do e fa m inore, cresce fino allo scop­
pio, per placarsi poi quasi im provvisam ente m ediante trem oli m odulanti
che riconducono alla tonalità e alla melodia iniziale. Questa poi torna a
svolgersi esattam ente come nella prim a parte, m a restando tu tta nella tona­
lità di mi bemolle; il pericolo di convenzionalismo insito in sim ili riprese
è superato in forza della spontaneità e sem plicità della variante arm onica;
anzi, questa rinnovata espansione tu tta nel tono iniziale quasi accresce
l’intensità del canto e insiem e ne raddolcisce il tono doloroso, per spegnersi
poi in un soffio dopo l’ultim o singulto di accordi di undicesim a e tredicesim a
su pedale di tonica.
Chi m ai, di fronte a questa pura bellezza di canto e di arm onia, a
questa fusione di toni m orbidi e caldi come in una pittu ra, a questa eccel­
lenza d’arte insom m a, può ancora ostinarsi a negare al M artucci personalità
musicale, a non vedere in lui altro che un im itatore dei grandi tedeschi,
quasi un m ancato Brahm s italiano o al più un cantore di piccole cose?
— 52 —

C’è bisogno di chiarim enti o di dim ostrazioni per far sentire che qui vibra
una profonda anim a di m usicista, e di m usicista creatore?
Ed eccoci ora al notissim o N otturno in sol bemolle m aggiore op. 70 n. 1,
che molti uditori credono originariam ente composto per orchestra, e invece
è per pianoforte, trascritto poi per orchestra dall’autore stesso. Bello, cer­
tam ente; m a non degno della quasi esclusiva attenzione e sim patia ad esso
accordata da esecutori e per conseguenza dal pubblico, specie alla sua form a
orchestrale: o meglio, non degni altri pezzi di venire ad esso posposti.
Anzi, se si vuol esser rigorosi (il M artucci è a rtista tale da non tem ere il
rigore della critica: anzi lui stesso, se vivesse ancora, ne sarebbe grato)
bisogna dire che qui non c’è la purezza m usicale dell’ultim a Barcarola e,
in genere diverso, della Giga e degli Scherzi. C’è, nella linea melodica, qual­
cosa di alquanto m anierato, come una lieve affettazione sentim entale, il
che però non toglie che il fondo sia poetico, e che a tra tti sia raggiunta
l’espressione m usicale perfetta, come in quella specie di secondo tem a in
mi bemolle m aggiore (a b a ttu ta 18, ripetuto poi con varianti anche verso
la fine del pezzo) e in tu tto il brano di chiusura dove la m alinconia fonda-
mentale si compone in serena arm onia di form a.
In complesso si com prende come l’autore abbia sentito il bisogno di
strum entare questo pezzo, perché alcuni spunti hanno, per dir cosi, in sé
stessi il germe del colorito orchestrale; c si può convenire col gusto corrente,
che nella trascrizione il pezzo ha guadagnato: non tanto, però, da dover
far dim enticare l’originale pianistico, come sem bra quasi che sia avvenuto.
(Ora poi ci è stato detto che vi è anche la trascrizione per fisarm onica:
chiediamo venia per questa parentesi che non vuol esser spiritosa, m a pro­
fondam ente am ara). In conclusione, direm o che la speciale popolarità del
Notturno si spiega con la sua virtù com unicativa, più im m ediata di quella
di altre pagine m artucciane: e che, fatte le suddette riserve, si tra tta pur
sempre di una popolarità di buona lega.
Il secondo N otturno dell’op. 70, in fa diesis m inore, è pure di notevole
valore espressivo, m a ha avuto assai m inor fortuna dell’altro, e non del
tutto a torto, perché la genialità vi è m eno viva. T uttavia esso non è da
trascurarsi; è di carattere più m editativo e concentrato, come la sua tona­
lità stessa, e non senza un certo grigiore; anche in esso poi c’è nella me­
lodia un che di lievemente affettato, quasi troppo rifinito nei contorni (in
realtà non è che l’autore abbia ecceduto nel ritoccare e rifinire : il difetto sta
nell’ispirazione stessa che nasce im perfettam ente, come sentim ento non del
lutto purificato). Si notino però certe belle ap erture d ’orizzonte, come quella
modulazione in re maggiore a b a ttu ta 24, e più ancora quella in fa diesis
maggiore, sulla stessa frase melodica, nelle battute finali. Questi due Not­
turn i chiudono la serie (astrazion fa tta da una Rom anza facile che vien
dopo, poco notevole e senza num ero d’opera, forse un pezzo giovanile) dei
- 5 3 -

sei fascicoli form anti come il corpo fondam entale delle opere pianistiche
m artucciane, e contenenti, oltre a quelle qui indicate come le più geniali,
altre decorose e originali come il Tem po di gavotta op. 55 n. 2, di ricca e
m oderna arm onia e dai disegni pianistici di un forbito neoclassicism o; il
Capriccio op. 57 n. 1, il Preludio op. 61 n. 1, fluido e lievemente chopiniano;
la Toccata op. 61 n. 2; il Moto perpetuo op. 63, ben altrim enti ricco che le
solite composizioni di questo titolo, non esclusa quella di un W eber; il
dolce M omento musicale op. 64 n. 1, trascritto poi dall’autore per orchestra
d ’archi; lo Scherzo op. 64 n. 2, saltellante e senza venature m alinconiche.
T utte composizioni più che pregevoli, utilissim e come studio per pianisti e
com positori, opere — direm o usando u n a term inologia m oderna rispondente
ad una delle distinzioni com plem entari dell’estetica del Croce — di linis­
sim a letteratu ra pianistica, m a non, salvo il M om ento musicale, di poesia:
e qui è la poesia che ci interessa.
Abbiamo detto che quello sin qui esam inato è il complesso fondam en­
tale delle opere pianistiche m artucciane: e questo non per il banale motivo
che esso sia raccolto in una sola pubblicazione, m a perché costituisce ciò
che con term ine convenzionale si potrebbe dire la prim a « m aniera » piani­
stica dell’Autore. Notiamo, per avere un punto di riferim ento cronologico,
che il secondo N otturno dell’op. 70 fu composto nel 1891: ossia, dal Mar-
tueci trentacinquenne. Nelle composizioni successive, apparse in fascicoli
sciolti, le prim e delle quali nascono nello stesso periodo di gestazione della
prim a Sinfonia, si sente subito uno stile alquanto diverso, pu r essendo n a tu ­
ralm ente della stessa individualità a rtistic a : un che di ancor più elaborato
e tornito, e una tendenza a m aniere più m oderne, sebbene gli spunti melo­
dici siano spesso ingenui e prevalga ancora la rom antica e neoclassica form a
tripartita, talvolta sostituita da una form a strofìca ove un prim o periodo
melodico s’alterna continuam ente con un altro, entram bi con varianti, non
però nella vera form a di variazioni. (Non m ancano poi esempi ove si rito rn i
a una sem plicità che ha deH’elem entare, come la Serenata op. 78 n. 1 : ma
sono eccezioni, ove pu r non m anca qualche lieve tocco di contorni forbiti).
Se però si hanno presenti le altre opere dell’A utore nate in questo
periodo, e segnatam ente le due Sinfonie nelle quali orm ai converge la sua
attività creativa, il segreto o la chiave di questo nuovo stile è presto sco­
perto, e la sua im portanza appare rid o tta : l’im portanza, diciamo, astratta-
m ente form ale, giacché quella più intrinseca dobbiamo derivarla come sem ­
pre dal valore artistico dei singoli pezzi: e pur questo valore, in generale,
ci sem bra lim itato. Perché non troviam o più qui la spontaneità d ’ispirazione
dei pezzi precedenti, m a piuttosto una rielaborazione di vari elem enti stili­
stici tra tti da quelli, specialm ente quei caratteristici forbitissim i disegni
pianistici, saltellanti e con ricche arm onie e ritm i vari, arricchiti di nuove
combinazioni e movenze, non senza una certa compiacenza form ale; insom-

4
— 54 —

nia, emerge il già altrove notato aspetto neoscarlattiano di Martucci, ma in


modo pili stilizzato. In questa rifusione c’è tuttavia anche la preparazione
dello stile veram ente più ampio che si svilupperà appunto nelle due Sin­
fonie, sostenuto là da un nuovo stupendo soffio di ispirazione.
Complessivam ente dunque, questo secondo gruppo di pezzi pianistici
ha, nello sviluppo della personalità di M artucci, im portanza e carattere
di transizione. Sono sempre prodotti di un m usicista aristocratico, interes­
santi pianisticam ente, eleganti e graziosi form alm ente, m a non molto geniali
né profondi. Eccezioni però non m ancano. Menzioneremo anzitutto il Not­
tu rn o op. 76 n. 2 in si maggiore: ispirazione breve, ma schietta e profonda,
con un che di evanescente e insiem e doloroso: crepuscolo spirituale che
non è pili di alba m a di tram onto (si noti che la strofa melodica due volte
rip e tu ta sem bra entram be le volte cercare invano nella cadenza finale una
vera e propria conclusione tonale; e in realtà, sebbene un accordo di tonica
suggelli il pezzo, la melodia in sé rim ane sospesa lasciando una triste im ­
pressione di indefinito). E menzioneremo ancora i due pezzi dell’op. 77 :
Capriccio e Toccata, complessivamente i pili im portanti di questo secondo
periodo stilistico. (Come data, siamo tra la prim a e la seconda Sinfonia,
e pili vicini alla prim a, cioè al 1895). Nel Capriccio ritroviam o il M artucci
delle arm onie sognanti. Il tem a è bello: peccato forse che venga ripetuto
troppe volte in varian ti che non aggiungono m olto alla sua virtù espres­
siva; e la strofa interm edia, pur essa ripetuta, tende al passionale m a ha
nel fondo una rem iniscenza schum anniana. La Toccata invece ha stru ttu ra
assai più solida : la sua singolarità consiste in questo, che il tem a principale,
che dapprim a sem bra di essenza scherzosa, tra burlesca e um oristica, e
m usicalm ente di a ttrattiv a soprattutto ritm ica, si ripresenta poi — dopo
uno sviluppo apparentem ente torm entato m a in realtà chiaro, tu tto una
fitta rete di arabeschi pianistici originalissim i — come un canto spiegato,
alla sottodom inante del tono principale, svelando cosi u n ’insospettata vir­
tualità espressiva. Né la rivelazione si ferm a q ui: ché dopo, lo stesso tem a,
in un nuovo aspetto più vicino a quello prim itivo, prorom pe in un fortis­
simo, potente affermazione di vitalità, che inizia la ripresa della prim a
parte con varianti tonali (il pezzo è tripartito, con la parte centrale a m o’
di sviluppo e non di episodio indipendente) suggellata da una breve energica
chiusa. Opera veram ente m agistrale, di originalità assoluta, di concezione
pianistica vasta, quasi sinfonica. Si sente che la prim a Sinfonia è già stata
com piuta.
F ra gli altri pezzi la Serenata e Gavotta op. 73 sono vaghe e popola­
reggianti; la seconda ripete in fondo le movenze ritm iche ed espressive del-
l’op. 55 n. 2, sebbene la m ateria tem atica sia nuova. Dei tre pezzi dell’op. 76,
a p a rte il N otturno di cui si è già parlato, la Novelletta e lo Scherzo sono
soltanto forbiti ed eleganti, e lo stesso si dica dei tre dell’op. 79; di quelli
delPop. 78, i prim i due sono decisam ente deboli, il terzo (Capriccio) più
grazioso e ricco dei soliti arabeschi. Dei due Capricci op. 80, di pili am pie
proporzioni, il prim o ha ricchezza di disegni ancora m aggiore del solito,
ma che in sostanza non rivelano gran che di nuovo; il secondo ricorda nella
mossa iniziale la Fantasia op. ö l, m a nel confronto forse Ci perde. Del resto
— orm ai è superfluo il dirlo -— si tra tta sem pre di opere decorose e
osservabili. La Novelletta op. 82 n. 2 è più bella per orchestra.

Giunti ora al term ine di questo sguardo alle opere pianistiche di Mar-
tucci, possiamo ferm arci un m omento e vedere di tra rn e qualche idea sul­
l’essenza dell’arte m artucciana in generale. Che dette opere rivelino un’au­
tentica personalità m usicale, ci sem bra che ogni spirito non prevenuto debba
riconoscere; che tale personalità non si ferm i allo stato virtuale in cui essa
è visibile sin dal gruppo di composizioni più giovanili, m a si m anifesti in
varie opere di vera poesia pianistica, è quello che abbiam o cercato di mo­
strare. N aturalm ente però ogni artista, per quanto personale, ha dei modelli
nelle opere dei grandi che l’hanno preceduto, sente più o m eno l’influenza
dell’uno o dell’altro anche senza subirla e si associa, per dir cosi, piuttosto
a una che ad altra tendenza del proprio tempo, secondo le qualità del suo
tem peram ento.
Non dim entichiam o, beninteso, che un tale raggruppam ento degli a rti­
sti di un dato periodo secondo date tendenze non è che em pirico e appros­
sim ativo; tu ttav ia dobbiamo farne uso, nei lim iti in cui possa servire a
meglio definire il tem peram ento di un artista. Cosi ad esempio, nel caso del
M artucci, si direbbe evidentem ente cosa assurda se si accostasse la sua
opera al cosiddetto simbolismo francese, m usicalm ente im personato in Clau­
dio Debussy e suoi seguaci. Escluso a priori questo rapporto, non è diffi­
cile trovare quello giusto. Abbiamo visto che nelle opere di prim a giovinezza
il nostro autore non fu alieno dagli atteggiam enti dom inanti nel gusto pia­
nistico italiano del tem po: come però anche in quelli portasse un tocco più
distinto e più sobrio, come infine avendo affinata la propria coscienza a rti­
stica abbandonasse presto quella via per u n ’altra ben più consona al suo vero
io (starem m o per dire kantianam ente, « l’io trascendentale » dell’artista).
Per individuare meglio questo nuovo orientam ento alla luce delle correnti
m usicali europee, non sarà inutile guardare allo schem a form ale prevalente:
che è, come si è visto, quello trip artito , non generalm ente alla m aniera
am pia di un prim o tem po di sonata, m a del piccolo pezzo lirico caro ai
rom antici e a quello che si potrebbe chiam are un grande rom antico clas­
sicista, cioè Brahm s.
A proposito di quest’ultim o, p a rrà strano che lo abbiamo cosi qualifi­
cato, dal m om ento che in generale lo si considera come l’ultim o classico in
contrapposto ai rom antici puri (Schubert, Mendelssohn, Schum ann, Chopin)
— 56

c ancor piu ai neorom antici (Berlioz, Liszt, W agner). Non possiam o ora
trattare un problem a tanto dibattuto come quello sulla legittim ità e il
significato dell’antitesi « classico-rom antico » : m a, per tenere la questione
su un terreno più semplice e accessibile, ci sem bra evidente che il Brahm s
dei pezzi pianistici (« intermezzi », « capricci », « rapsodie ») sia em inente­
mente un lirico, che però è alieno da quei riferim enti a un mondo poetico
e fantastico onde invece è piena l’opera pianistica del grandissim o rom an­
tico suo antecessore, Roberto Schum ann, e che am a so prattutto il tipo del
pezzo breve infuso di un’intim ità nuova, più ripiegata nel soggetto che tesa
in slanci passionali, m a pu r sem pre rom antica, se per rom anticism o s’in­
tende grosso modo l’espressione di un sentim ento individuale intensam ente
anelante. Rom anticism o, quello di Brahm s, per lo più torm entato, che arriva
talora lino alla « rêverie » più spasm odica (ma sem pre liberantesi in una
form a perfetta), altre volte invece si rasserena in form e scherzose o viene
superato da un senso di strao rd in aria energia spirituale e q u ad ratu ra r it­
mica che lo avvicina, di là dai pretti rom antici, a Beethoven, si da farlo
apparire quasi in una luce di antirom anticism o: questo è, a nostro avviso,
lo spirito del B rahm s pianistico.
Ora, la tendenza di M artucci è in parte assai simile. 11 quadretto poe-
tico-pittorico alla Schum ann non fa per lui; tanto m eno la combinazione di
pili quadretti in una lunga collana, o la vasta ispirazione fantastica. Più che
mai estranea gli è la tendenza program m atica innovatrice di un Liszt. Da
Liszt può avere accolto qualche elem ento di tecnica pianistica (meno però
che da Chopin), m a neppur l’om bra del senso coloristico, né di quella ten­
denza al bozzetto o poema pianistico che prelude al poem a sinfonico, né
della form a più o m eno ciclica. Q uanto egli abbia conosciuto delle nuove
correnti im pressionistiche, già abbastanza innanzi nel periodo della sua
m aturità, è difficile dire: certo è che egli continuò a com porre come se
quelle non esistessero. Qualche ardim ento arm onico della sua ultim a m a­
niera (di ardim enti arm onici, e di buona lega, se ne possono trovare molti
nella sua opera) fa pensare allo Strauss, m a anche di quest’ultim o in realtà
egli non senti affatto l’influenza form ale: e in complesso fu da lui lontano
anche nel m ondo interiore.
Insom nia egli si trovò a suo agio in una linea form ale che si potrebbe
dire chopiniano-brahm siana, e ad essa rim ase ferm o con m irabile coerenza:
diciamo m irabile non già per far consistere prosaicam ente il m erito di un
artista nella fedeltà ad un indirizzo: m a perché egli comprese qual fosse la
propria via con un intuito autocritico che non è di tu tti gli artisti, e la
segui senza lasciarsi a ttra rre dal gusto di novità, da tentazioni di pericolose
avventure che lo avrebbero portato fuori strada.
Quella tendenza a ricom porre la m usicalità rom antica in linee severe
generava anche talora u n ’esigenza di rom pere la cerchia delle piccole form e
per riuscire ad espressioni più complesse e più vaste. Questi sconfinamenti,
di rado felici nei pezzi per pianoforte solo, trovarono terreno più adatto in
quel genere di m usica da cam era ove il pianoforte è sem pre il principale
sostegno; il che vedrem o meglio a suo luogo. E anche questo lo avvicina a
Brahm s. Ma allora, ci si obietterà, con tu tto ciò che abbiam detto per mo­
strare l’originalità di M artucci, ecco che ora le nostre analisi ci conducono
proprio a quella opinione che avevamo scartata come un luogo com une:
che cioè M artucci sia un brahm siano, il che in sostanza significa un im i­
tatore di Brahm s! No, signori: occorre ben distinguere. Altro è essere, gene­
ricam ente parlando, di indirizzo form ale e in certo senso anche spirituale
affine a quello di u n ’altro o di più altri artisti, e altro essere, in quanto alla
espressione artistica, nella scia di quelli. Infatti, per chi guardi un poco
addentro, il tem peram ento di M artucci è nettam ente distinto, per m olti lati
anche lontano da quello di B rahm s: il suo stile, come l’arm onia, il carat­
tere dei temi ecc., è assolutam ente proprio e individuato. Reminiscenze e
qua e là im itazioni si potranno trovare nella m usica da cam era e nelle
Sinfonie, ma solo nei punti m eno riusciti. E che cosa si può im m aginare di
meno brahm siano della Giga, degli Scherzi, delle Barcarole per pianoforte?
Né vi è in fondo alcunché di chopiniano, se tale non si vuol chiam are
l’an d atu ra ritm ica dell’ultim a Barcarola o alcuni passi della sinistra nella
stessa: pure coincidenze tecniche e nient’altro. Qualche vaga affinità di
sentim ento con Chopin si potrà trovare nel famoso N otturno, m a anche qui
non oltre la superfìcie. E quando per caso a M artucci accada veram ente di
prendere atteggiam enti chopiniani, ne vien fuori quella m anierata pagina
nel Tema con variazioni che per poco non guasta l’efïetto complessivo del
pezzo.
Se si vuol avere, per dir cosi, la chiave dell’essenza della m usica m ar-
tucciana, la sua am bientazione storica e locale, è vano cercarla presso i
grandi com positori d ’o ltr’alpe: bisogna rim anere in Italia. Con questo, Dio
ci guardi dal ricadere in una teoria nazionalista. Non esitiam o ad afferm are
che, se un m usicista per circostanze speciali si trova a respirare fin dalla
fanciullezza o da un altro qualsiasi m omento della sua vita il clima artistico
e spirituale di un altro paese da quello suo di origine, fino quasi a n a tu ra ­
lizzarsi artisticam ente in esso, e riesce pur cosi a fare opera geniale, in ciò
non v’è dal lato estetico nulla a ridire. E ciò può valere, crediam o, per qual­
siasi arte. Nel campo della m usica sim ili casi non sono frequenti, ma tu t­
tavia non m ancano: basti citare quello del fiorentino Culli che crea la prim a
vera opera in m usica di F rancia; e anche quello dell’altro fiorentino Cheru­
bini, italiano solo a mezzo o a meno di mezzo: e tuttavia entram bi artisti
di prim o ordine. Ma per M artucci, di tale trasm igrazione spirituale non c’c
neppur l’om bra. Gà abbiam o parlato della sua vena di canto m eridionale;
e questa non è che u n ’indicazione generica che potrebbe anche portare a
— 59 —

l'alse interpretazioni, a fare cioè del M artucci una sorta di rapsodo della
canzonetta napoletana elegantem ente rivestita. Ma la verità è che l’intim a
anim a m eridionale non si esprim e affatto nella canzonetta napoletana che,
salvo qualche eccezione — e parliam o s’intende di quella del secolo scorso o
al più degli inizi di questo, quando ancora non era caduta in basso come
poi lino ai nostri giorni — è m anifestazione di ancor greggia popolarità,
non canto popolare nel puro senso; m a hensi in alcuni artisti autentici,
come Salvatore di Giacomo in poesia e, appunto, Giuseppe M artucci in
m usica.
E certam ente, se è legittim o un accostam ento fra due artisti di arte
diversa (e perché non lo sarebbe? non è orm ai da tu tti riconosciuto che l’arte
in fondo è una sola? eppure da tali accostam enti si rifugge come fossero
un controsenso) questo ci sem bra proprio il caso. C’è infatti, a ben guardare,
una reale affinità di sentim enti fra il M artucci di certe pagine liriche piani-
stche — e più ancora, vedremo, di quelle vocali — e il poeta dialettale napo­
letano. Anche in m usica può esistere in sostanza un’espressione dialettale,
naturalm ente in senso particolare: quando cioè il canto sia scaturito dalla
n atura, dall’am biente, insom m a dall’anim a popolare di una data regione o
città, senza per questo restringersi al colore locale m aterialisticam ente in­
teso, m a anzi (c’è bisogno di ripeterlo?) toccando le corde dell’universa
anim a. Cosi, per dare qualche esempio, è nell’intim o senso dialettale il Per-
golesi dell’aria Tre giorni son che Nina, e forse, più o meno, tutto il Per-
golesi (non napoletano di nascita, m a nello spirito si): e cosi pure il Pai-
siello di Nina pazza per amore e il Cim arosa di certe arie (talora anche su
testo dialettale), e non poche cose dei due Scarlatti. Venendo al nostro og­
getto, dialettale si può dire il Martucci delle Serenate, e anche qua e là quello
degli Scherzi, della Giga ecc. (per non parlare della Tarantella dove il « dia­
letto » m usicale è, come s’è visto, più greggio).
O ltre che al di Giacomo, per ragioni analoghe m a per sfum ature diverse
il M artucci può venire anche accostato al Verga, sebbene la sua m usica non
abbia nulla di veristico e di n arrativo; per quanto cioè c’è nello stesso Verga
di favoloso, di sognante e dolorosam ente nostalgico.
Ma tra i m usicisti del suo tempo egli rim ane, per siffatte caratteristiche,
unico: se mai bisogna risalire, per trovare qualche affinità di tem peram enti,
ai m usicisti dell’antica scuola napoletana nom inati sopra: ma naturalm ente
c’è uno sbalzo di stile e di form e di uno o due secoli.
T uttavia questi riferim enti ad uno spirito regionale non bastano a
caratterizzare l’opera del M artucci : bisogna inq u ad rarla in un movimento
più vasto, cioè nel generale m ovim ento spirituale di fine ottocento in E uropa
e specialm ente in Italia: e a questo scopo gioverà ancora sconfinare dal
campo della m usica in quello della letteratura. L ’insistere troppo sui rap ­
porti fra un a rtista e le tendenze della sua epoca sem brerà contrario ai
— 60 —

principi dell’estetica m oderna, m a in fondo lo stesso Croce, nei prim i saggi


pubblicali dopo l’Estetica, e anche molto più tardi nella Storia d’Italia dal
1871 al 1915, tiene ben conto, nei giusti lim iti, di quei rapporti. E ciò che
egli dice delle vicende della poesia italiana dopo la fioritura eroica, um ani­
taria e religiosa del periodo propriam ente rom antico, vale, con le debite dif­
ferenze, anche nel campo nostro.
Che cosa succede, in m usica come in letteratu ra e, in generale, nello
spirito, a quello slancio di fede, a quella fiam m ata di idealità che ora si
affermava con un gioioso senso di vittoria sulle potenze del m ale, ora
invece disperava, m a sem pre serbando im plicitam ente un candido attacca­
m ento ai pili puri valori della vita? E sauritosi lo slancio attivo col raggiun­
gimento di fini contingenti, con m om enti di ebrezza d’am ore veram ente uni­
versale, e con successive disillusioni, ne segue naturalm ente un senso di
stanchezza spirituale, un ripiegam ento dello spirito in sé stesso con tendenza
alla fantasticheria, al rifugio in m ondi irreali m a di irre altà diversa da quella
dei rom antici anche più sognatori; giacché essi si foggiavano sempre, pu r
nel sogno, form e concrete e raggianti di luce e di forza, m entre invece ora
si tende a indeterm inatezza e penom bra: m alinconia d’indefinito seguita
all’ansia dell’inlinito. E’ quindi una specie di rom anticism o più stanco, iper-
sensitivo, che però, quasi per inconsapevole esigenza di compensazione,
aspira spesso a contorni netti, a form e classicheggianti, e che per di pili
spiritualm ente non è sempre pago di sé stesso e tende a superarsi passando
a sfere più luminose.
Questo, dal pili al meno, è un fenomeno che si vede in tu tta E uropa;
ma in Italia in modo particolare, per il significato che ebbero per l’anim a
di questa nazione le vicende d’intorno al 1870, gli entusiasm i anteriori, e
il senso di disillusa stanchezza succeduto tem poraneam ente a quella data.
Ora ci sem bra evidente che la m usica di M artucci tragga l’ispirazione ini­
ziale da tale tendenza, come diversam ente si può dire della poesia del P a­
scoli, del D’Annunzio, del Di Giacomo e di altri. In qual modo particolare
essa la esprim a, si potrà meglio individuarlo tornando per un m omento a
raffrontarla con quella di due artisti stranieri che esprim ono, per cosi dire,
i due estrem i della tendenza stessa: Debussy e Brahm s. 11 M artucci spiri­
tualm ente sta come in un punto interm edio fra la vaga sensitività d’inde­
finito del prim o e l’energica ansia di superam ento del secondo, benché, come
si è detto, nella form a m usicale e nel sentim ento sia dal prim o infinitam ente
lontano.
E ciò che egli ha forse di più singolare è questo: che il suo abbandono
sognante trova la migliore espressione in forme di classica finitezza, di
contorni nettissim i, con arm onie dense e ricche di contrappunti e, non di
rado, anche di polifonia vera e propria. Nei pezzi pianistici più riusciti,
Martucci è veram ente, per cosi dire, un classico m oderno; ha il senso perfetto
— 61 —

delle proporzioni, della m isura ( non inteso m aterialisticam ente come studio-
di evitare il troppo lungo o troppo corto, m a come spontanea astensione
dal superfluo). Lo stesso equilibrio è nell’arm onia, dove è perfetta fusione
di diatonico e crom atico: diatonism o perspicuo senza affettazione di sem­
plicità prim itive, crom atism o ricco e m oderno senza morbosi contorcim enti.
Ma questo aver chiuso u n ’ispirazione, che in senso buono può dirsi di
rom anticism o crepuscolare, in form e classiche e classicheggiali ti, non giu­
stificherebbe per M artucci l’appellativo di neoclassico, che indica sempre
una m aniera, una tendenza scolastica, nostalgia del passato che è anche un
po’ insufficienza creativa. In fondo la ricerca di contorni netti, di intarsi
m usicali, rispondeva a uno dei lati tipici dello spirito m artucciano: a quel­
l’am ore dell’esattezza fino all’estremo, che si m anifestava som m am ente nel
suo gioco pianistico e con carattere non pedantesco, m a estetico, come
suprem o gusto di chiarezza e di arm onia.
Le caratteristiche che sin qui abbiam cercato di lum eggiare hanno
indotto alcuni critici, anche benevoli, a definire il M artucci un m usicista
della piccola pagina lirica, e quindi a considerare le composizioni pianistiche
come il meglio della sua opera. Ora questa opinione non ci soddisfa punto.
È ben vero che quelle composizioni basterebbero di per sé stesse a rivelare
un a rtista di prim o ordine: m a il bisogno di sconfinare dal breve pezzo
lirico alle form e più complesse di m usica da cam era e sinfoniche non è già
un vano sforzo verso la grandiosità form ale, m a u n ’intim a esigenza, tipica
dei rom antici classicisti come B rahm s e M artucci (diversa cioè dal procedi­
m ento dei rom antici anteriori che am pliavano non di rado il loro lirism o
nella form a di sonata e anche in altre liberam ente e fantasticam ente com­
plesse e, checché se ne dica, riuscivano anche là a stupende espressioni
d’arte), aspirazione cioè a superare il sogno lirico in un’afTermazione di
sanità, di forza, di consapevole arm onia spirituale, che se in B rahm s si m ani­
festa talvolta anche nei pezzi pianistici, sfocia poi naturalm ente in altre
form e di più vaste proporzioni e sonorità, dove tu ttav ia il fondam entale
ansito lirico perm ane. In questo continuo oscillare fra il tenero torm entoso
lirism o e la potenza granitica, nella ricerca di equilibrio tra i due elementi^
sta forse il segreto dell’arte del Brahm s, che si sa bene quali capolavori
ne abbia tratti. Vedremo ora, in M artucci, una simile tendenza a quali risu l­
tati artistici porti.
3.

MUSICA STRUMENTALE DA CAMERA

Dopo aver dato i prim i saggi nella form a di sonata con l’op. 22 per
pianoforte e violino e l’op. 34 per pianoforte solo, il M artucci, non più che
ventiduenne, sviluppa già quella form a per pili vasto complesso strum entale
nel Q uintetto op. 45. Questo è un bel balzo avanti; non solo il m usicista vi
si dim ostra già sicuro nel tra tta re il sonoro complesso strum entale di pia­
noforte e q u artetto d ’archi, m a vi infonde una luce poetica originale. Per
ciò che riguarda la fusione di sonorità tra i vari strum enti, i chiaroscuri
di colorito, l’equilibrio dinam ico insom m a, l’opera può dirsi senz’altro m agi­
strale. Per la sostanza m usicale si deve invece fare qualche riserva. In
generale, la personalità del M artucci è tra quelle che si sviluppano in modo
norm ale e graduale; è bensì vero ch’essa si m atu ra precocemente, m a con
preparazione progressiva pur nella sua rapidità. Come num ero d ’opera,
quindi probabilm ente anche nell’ordine progressivo di composizione, il
Q uintetto sta fra la Tarantella e i prim i pezzi pianistici che abbiam o con­
siderato veram ente poetici — gli Scherzi op. 53 — se pure fu ritoccato più
tardi. E anche come valore artistico, pensiam o che stia fra questi e quella:
come valore, diciamo, e non come genere d’ispirazione, per il quale il
Q uintetto sta tutto a sé, per la prim a volta m anifestando quel che di velato
e sognante tipico dell’anim a m artucciana, m a m anifestandolo in modo
ancora un po’ indefinito (indefinito nella form a artistica oltre che nel con­
tenuto sentim entale), quasi come figura che appaia in una luce fioca.
Ma esam iniam o l’opera più da vicino. Sono q u attro tem pi di salda s tru t­
tu ra: «A llegro g iusto», «A ndante con m oto», «S cherzo», « F in a le » . Nel
primo notiam o e am m iriam o l’inizio, dove le arm onie somm esse e dolcissime
degli archi sono sottolineate da tenui m a espressivi incisi del pianoforte;
poi, nell’episodio di transizione al secondo tem a (episodio che in linguaggio
tecnico si usa chiam are « p o n te » ) le parti si invertono: il pianoforte ha
funzione di sfondo arm onico a base di arpeggi e di disegni svariati, gli
archi espongono un nuovo inciso, forse il più im portante e insistente del
primo tempo. 11 tutto in un’atm osfera vaga, e insieme densa di presenti-
m enti suggestivi che sem brano preparare un’afferm azione melodica più
concreta: la quale infatti giunge col secondo tem a, in mi maggiore (la
tonalità fondam entale del pezzo è di do maggiore) che però è pili debole
per.quel suo tono effusivo si, m a di un popolarism o un po’ facile (rispetto
al M artucci, s’intende) ancorché abbia una certa ampiezza di linee che si
presta poi a sviluppi ricchi di colori e arm onie.
Quando si è detto questo, forse si è accennato al pregio ed al difetto
generale del Quintetto, che è geniale negli episodi vaghi e delicati, talvolta
anche in quelli vigorosi tra tti dagli stessi incisi degli altri (per esempio, nel
prim o tempo, il brano che precede la ripresa) m a cede un po’ ove tende a
pili concreta e complessa sostanza tem atica.
L ’« A ndante » com incia ancli’esso con u n ’atm osfera vaga e un senso
di attesa che si risolve poi in un canto spiegato del violoncello in do m ag­
giore, svolgentesi e concludentesi con nobiltà. Poi si ha un incalzare di mo­
vimento e un crescendo di sonorità, che porta, nel « pili mosso » e nel
molto meno mosso », a bei m om enti dram m atici, dopo di che la prim a parte
si ripete con le varianti tonali di rito perché il pezzo si chiuda sulla tonica.
Lo «S cherzo» è vivo e agile, come un lieve m a fresco zam pillo: si
distingue dagli altri scherzi m artucciani per il ritm o che non è, conforme
alla più classica tradizione, di 3/4, ma di ß/8, e anche per la form a piuttosto
insolita, senza un vero e proprio « trio », il che nel tem po anteriore si trova
solo in rari casi, per es. in qualche « scherzo » m endelssohniano. Anche
qui episodi delicati s’alternano ad altri vigorosi, in un sapiente gioco di
luci e di om bre: e le arm onie e sonorità strum entali sono varie e piene.
E anche qui gli incisi e i disegni valgono di più dei brani cantabili, come
si vede sin dal principio, dove il rapido ed efficace motivo pianistico è seguito
da una melodia (sem pre di ritm o vivace, m a pu r melodia) della viola un po’
più squallida. L’episodio per soli archi (salvo poche battu te col pianoforte)
che precede la chiusa, e dove appunto quella melodia viene am m orbidita
e stem perala in un movim ento piuttosto lento, e in arm onie suggestive, è
una parentesi lirica attraen te m a alquanto languida. La conclusione invece
ci rip o rta al senso di grazia e di brio dell’inizio.
Il « F in a le » è, in complesso, il tem po piu debole: diciam o sin d’ora
che quest’osservazione vale in genere per le composizioni del M artucci in
form a sonata (e, si potrebbe aggiungere, non del M artucci solamente). Del
resto anche questo tem po rivela la m ano del m usicista esperto e si salva
dal vieto m ediante la vigoria ritm ica e la ricchezza degli sviluppi. Alla fine
poi quel richiam o all’inizio del prim o tem po, benché risponda a un proce­
dim ento un po’ convenzionale, risolleva lo spirito del pezzo.
Cerchiamo ora di chiarire meglio in ehe cosa consista, che cosa signi­
fichi artisticam ente quella sorta di incorporeità tem atica che abbiam o rile­
vato da principio nell’analisi del Q uintetto c che impedisce di porre que-
- (Ì4 —

s t’opera tra le m aggiori del Nostro. Non si tra tta certo di un difetto conge­
nito dell’Autore, ciò che già è dim ostrato dalle sue migliori composizioni pia­
nistiche: e neppure esprim e u n ’insufficienza del suo tem peram ento a effon­
dersi pienam ente in queste form e vaste, come presto vedremo. Significa
sem plicem ente che il suo m ondo interiore non è ancora del tutto sbocciato;
esiste già, come si è detto, con contorni indefiniti, in penom bra, non in
piena luce: nel colorito d’insiem e e in spunti vaghi, non negli elem enti pili
concreti che sono i temi m usicali. La parola « m acchia », che servi a certi
pensatori per indicare il prim o abbozzo d ’una ispirazione artistica, si può
usare anche per il prim o germ inare di una personalità, ancor per cosi dire
allo stato di crisalide se non di larva. Ma, pur con questa lim itazione e
tenuto conto delle parti m eno riuscite, il Quintetto è già u n ’opera d’arte, non
un tentativo: perché dallo stesso carattere suddetto spira un’aura poetica
fine e delicata, come di un m ondo irreale in cui su di uno sfondo di cre­
puscolo appaiano om bre d’individui — om bre m usicali, s’intende — ora
moventisi pianam ente, ora, come nello Scherzo, lievemente guizzanti.
Con la Sonata per pianoforte c violoncello op. 52 in fa diesis m inore,
entriam o in u n ’altro m ondo: qui, al posto di vaga indeterm inatezza, tro­
viamo una sana vigoria, un fraseggiare am pio e vibrato, sempre però tem ­
perato da quell’am ore del chiaroscuro che è in tu tta l’opera m artucciana.
Abbiamo detto che questa Sonata era com piuta nel 1880: possiamo ora
dire che è la prim a composizione che dia la m isura della potenza artistica
dell’Autore, e per di piu in certo modo precorre il suo sviluppo spirituale
ulteriore, in quanto tende a uscire dalle penom bre trasognate ad un m ondo
di piena luce: diciam o « ten d e» , perché in fondo la penombra c’è sempre,
non però tale da im pedire che lo spirito si m anifesti ed espanda con un senso
di forza degno di esser chiam ato — per la sua eccellenza — brahm siano.
E veram ente, se ci dicessero che questa sonata (e ciò vale anche per altre
composizioni del M artucci di questo periodo) fosse stata composta dieci o
più anni dopo di quando in realtà lo fu, noi con tu tta facilità ci crederem m o.
Anche perché qui M artucci è già assolutam ente padrone della form a di
sonata; padrone nel senso espressivo, in (pianto senza incertezza compone
i singoli m om enti lirici in u n ’ampiezza discorsiva e in una complessità
di stru ttu ra veram ente sorprendenti, sm entendo sin da qui l’opinione che
gli contesta capacità di creazioni di vasto respiro. Non già che, a rigore di
term ini, u n ’a rtista diventi più grande perché componga un’opera di vaste
proporzioni : m a il superam ento c’è realm ente quando implichi un a rric­
chim ento di vita spirituale: c d ’altra parte vi è un intimo squilibrio quando
all’ampiezza di s tru ttu ra non corrisponda adeguata fusione dei m omenti
lirici, quando questi restino cioè come slegati e dispersi. Ora, in questa
Sonata c’è una sorta di arricchim ento anticipato, formale e spirituale, ri­
spetto ai pezzi per solo pianoforte venuti poi; benché anch’essi siano nel
— 60
lità. Poi, un brano di transizione denso di arm onie e m odulazioni crom a­
tiche, e di un senso chiaroscurale con u n ’ansiosa ricerca di luce, conduce
al secondo tem a in re m aggiore: una vera a p ertu ra di cielo, un tratto di
genio, un fiore melodico della piu pura essenza.
V. esempio 6 a pag. 65.
Né la melodia si ferm a qui: la sua stessa ampiezza ci impedisce di
riprodurla integralm ente. Tale frase, dopo che s’è com piuta nel violoncello,
passa al pianoforte, m entre il violoncello continua il suo fraseggio in una
specie di controcanto: un «crescendo » conduce a un episodio pieno di slan­
cio e calore ove riappare vagam ente l’inciso ritm ico iniziale: poi la sonorità
gradualm ente si sm orza e l’esposizione conclude in re m aggiore con un pili
esplicito richiam o all’inciso iniziale capovolto, che orm ai nelle tra m u ta ­
zioni ha perso interam ente l’enfasi originaria. Lo sviluppo comincia m iste­
rioso, poi diviene pili concitato e dram m atico. Qualche lieve laboriosità
arm onica non ne tu rb a la complessiva bellezza; e quando riappare nel
pianoforte, nel tono abbastanza peregrino di fa maggiore, il secondo tem a,
tutto s’illum ina m a di luce diversa dalla prim a volta: cioè come luce ve­
spertina colorata di nuove sfum ature nelle arm onie pianistiche. Il prim o
tema invece riporta a galla quella nota un po’ enfatica dell’inizio. La ripresa
ripete l’esposizione con le solite varianti tonali, e insiem e chiarificandola
nell’episodio di transizione fra i due tem i che generalm ente, nelle riprese,
è il piu scabroso. Foi vi è una poetica chiusa con ritorno al modo m inore
e con atm osfera stanca e serotina : si finisce perciò in una squisita penom ­
bra, con quegli accordi discendenti del pianoforte in moto contrario col
violoncello. Peccato che l’accordo finale « fortissim o » sia — cosi alm eno
ci sem bra — un po’ fuori luogo.
Segue lo Scherzo, pur esso d ’ispirazione viva, m eno complessa e pro­
fonda che nel prim o tem po ma in compenso senza la p u r m inim a disegua­
glianza. Qui è già senz’altro il M artucci degli Scherzi per pianoforte op. 53.
Egli risolve dunque felicem ente il problem a stilistico insito al genere di
sonala componendo, dopo il prim o tem po, pezzi — tolto il finale — di
forma consona al suo tem peram ento, che tra tta con uguale sapienza anche
isolatam ente. Resta il problem a di concepire i singoli tem pi in arm oniosa
unità tra loro: e anche questo gli riesce in complesso m irabilm ente, sia
nella presente composizione che in quelle di analoga form a che vedrem o
in seguito. Qui, l’unità è raggiunta più che altro per contrasto; dopo la
complessità m editativa c lirica del prim o tem po, lo « Scherzo » è come
una pausa riposante, di una soave giocosità che rie n tra in quella espres­
sione che abbiam o detto m etaforicam ente dialettale. Dopo il prim o motivo
saltellante, l’arte del compositore si effonde in giochi vari che si succedono
con perfetta coerenza, quasi sem pre basati sul motivo stesso, che vien poi
ripetuto legato e a piena voce dal violoncello nella conclusione. L’arpeggio
— fi7 —

finale di tonica del pianoforte — prim a del Trio — si ferm a sulla terza:
conclusione assai cara al M artucci, e caratteristica nel suo stile per la
sognante dolcezza. Il Trio è pure graziosissim o, con lunghi pedali a ino’ di
m usetta ossia piva napoletana; ed ha singolare rassom iglianza ritm ica con
quello dello Scherzo per pianoforte op. 53 n. 1 : una certa parentela espres­
siva c’è anzi tra i due Scherzi nel loro complesso. Alla fine del Trio il piano­
forte fa sentire, legate e con arm onia di settim a dim inuita, le prim e note
dello Scherzo, che poi si ripete sem plicem ente senza coda. La bellezza di
questo tempo nel suo insiem e sta, al solito, in quel fondo di vaga « rêverie »
che è nella giocosità stessa; e che m usicalm ente è reso so p rattu tto da arm o­
nie ricche e geniali.
Il meglio di questa Sonata è nei due tem pi già visti. Il terzo è un Inter­
mezzo breve, in tempo di Andantino flebile, d ’ispirazione m elodica piuttosto
com une; la cosa più felice di esso è quell’arpeggio conclusivo del pianoforte
che preannuncia sottovoce e in m ovim ento lento quello che sarà poi il vigo­
roso e vivace prim o tem a del Finale. Il qual Finale, se non è all’altezza dei
prim i due tempi, è però assai più in su del terzo, e in certo modo si ricollega
al prim o per la complessa s tru ttu ra e l’espressione concentrata, qui ancor
più concitata e dram m atica. Manca quella profondità che è nelle p arti m i­
gliori del prim o tem po; viceversa vi si nota accentuato il difetto visibile
solo qua e là in quello, cioè una certa involuzione di arm onie e di sviluppi.
Anche qui vi sono due tem i fondam entali (la form a sta tra quella trip a r­
tita di prim o tem po e quella di Rondò alternante refrain ed episodi inter­
m edi): il prim o è robusto, il secondo dolce e am piam ente melodioso, non
senza qualche parentela col corrispondente del prim o tem po (anche la tona­
lità è la stessa) m a senza la luce sovrum ana di quello. Nel complesso que­
sto finale ha una bella vigoria, e adempie, per cosi dire, alla funzione archi-
tettonica di dare alla Sonata un secondo sostegno laterale robusto di contro
ai brani interm edi più lievi, come nella facciata di un artistico edificio; oltre
che ribadisce l’unità d’insiem e della composizione concludendola nella stessa
atm osfera poetica dell’inizio.
Il Trio per pianoforte, violino e violoncello op. 59 in do maggiore, certo
già com piuto nel 1882, è fra le composizioni da cam era del M artucci quella
che più ha avuto diffusione. Ciò è dovuto probabilm ente alla particolare
scorrevolezza e com unicabilità dei tem i, oltre che al notevole rilievo dato
agli effetti dei singoli strum enti, effetti non m eram ente virtuosistici ma
so p rattu tto coloristici o, come ora si usa dire, « tim brici ». Certo, questo Trio
è opera personalissim a, di quelle che dànno come l’im pronta tipica di un
artista, quando anche non ne esprim ano la spiritualità più alta. Q uanto al
genere d’ispirazione, qui abbiamo, rispetto alla Sonata per cello, un ritorno
al gusto dell’indefinito; indefinito che però non si m anifesta in contorni
sfum ati dei tem i come nel Quintetto, m a è tu tto nell’intrinseco. I tem i, anzi.
68 —

sono bene individuati e talora sin troppo rilevati o spiegati. Persino il prim o
teina del 1° tempo, pu r cosi tipicam ente m artucciano, non m anca forse di
una certa am pollosità; m a è solo questione di poche b a ttu te : le frasi con­
seguenti dello stesso tem a, che è assai lungo, già sono pili p u re: e poi, col
brano di transizione o « ponte », l’ispirazione si interiorizza e nobilita sem ­
pre più, creando episodi assai poetici. L’onda arm oniosa degli arpeggi pia­
nistici è di per sé pregna di intim ità suggestiva; e ad essa si sovrappone
un dialogo tra violino e violoncello, tu tto dolcezza sognante e affettuosa,
dove i due strum enti svolgono melodie indipendenti m a cosi intim am ente
com penetrate, d ie p arlar di contrappunto parrebbe quasi im proprietà:
eppure che cosa significa in fondo contrappunto, se non arm onica fusione
di due o pili canti ben distinti, non im porta se sim ili o differenti fra di loro?
Questa duplice onda m elodiosa dura in in terro tta sino al term ine dell’espo­
sizione, con sonorità variabile sino al forte m a senza crescendo di concita­
zione, ché l’espressione resta sem pre in sostanza sullo stesso piano di velata
dolcezza e nell’am biente di penom bra spirituale, ancor come al di qua della
vita reale — il che però non significa debolezza di senso d ’um anità o egoi­
stica ricerca di paradisi sensuali o sentim entali, ché anzi già nel sogno del
Martucci (questo è uno dei caratteri piu notevoli della sua arte) spira un
senso di schietta e intim a bontà. Ma certo che a questa parte del Trio si
potrebbero applicare due versi della Canzone dei ricordi:

e l’anima era vinta


da un’infinito oblìo...

soggiungendo che questo ò un oblio pieno di tristezza.


Nella parte ulteriore di questo prim o tem po è da notare come il M ar­
tucci abbia genialm ente e liberam ente plasm ato il tradizionale m utam ento
di rapporti tonali nella « ripresa » o « riesposizione » : infatti, invece di
rim anere — come di pram m atica — sulla tonica per mezzo di qualche nuova
modulazione o sem plicem ente di un qualche passaggio o su tu ra, egli pone
qui il brano di transizione sulla tonalità di la bemolle maggiore, m ediante
una modulazione veram ente dolcissim a e di luce tu tta nuova rispetto a
quella corrispondente della prim a parte — che andava norm alm ente da do
a sol maggiore — : e nella stessa tonalità rim ane tutto l’episodio del secondo
tema, portato dunque solo di un sem itono più in su che nell’esposizione,
e pure già per questo (ma so p rattu tto ancora in v irtù della suddetta m odu­
lazione) in un’atm osfera più diafana e suggestiva. La tonalità di do m ag­
giore ritorna solo nella breve chiusa, dove sommesse arm onie dapprim a
sorreggono un delicato richiam o a un episodio della parte di mezzo del
tempo, poi discendono dolcemente, m entre nel pianoforte rito rn a il disegno
di terzine in trem olo che è all’inizio. Rispetto a detta parte interm edia, ossia
— 69 —

a ll’elaborazione tem atica, che abbiam lasciato per ultim a, si deve dire senz’al­
tro che essa è la pili debole, proprio per la nuova idea melodica in mi bemolle
m aggiore che vi appare, in sé stessa am pollosa e per di pili sovrapposta al
prim o tem a aum entato nei valori, con procedim ento alquanto artificioso,
caso non unico nel M artucci (e già l’abbiaiuo visto nella variazione « alla
Chopin » dell’op. 58); né l’atm osfera è purificata dai brani successivi dove i
due temi sono ritm icam ente alterati in vario modo, con un crescendo con­
citato m a farraginoso e non m eno farraginoso sovrapporsi di modulazioni.
L ’enfasi rim ane anche nella ripresa del prim o tem a in « fortissim o ». Solo
alla sua cadenza risolutiva, appena prim a della m odulazione in la bemolle
maggiore, si to rna a respirare la pura a ria m artucciana.
Nello Scherzo ritroviam o il brio che non m anca quasi m ai al M artucci
in questo genere. La form a è, al solito, regolarissim a. Il pezzo è special-
m ente notevole per vitalità ritm ica, ricchezza arm onica e sapienza di chiaro­
scuri, con qua e là come un am m iccare di cenni scherzosi fra i tre s tru ­
m enti sem pre arm oniosam ente fusi. 11 « T rio » in « m aggiore » è di una
dolcezza cullante e arcana; il sapore di « p iv a» napoletana è ancor più sen­
sibile che nel Trio dello Scherzo della Sonata per cello. Su di un lungo pedale
del pianoforte i due strum enti ad arco con sordina svolgono un contrappunto
doppio cioè invertibile e invertito all’ottava: poi il pianoforte partecipa
a n e h ’esso al discorso melodico c contrappuntistico. L ’ispirazione indefinita
qui si ricollega alle p arti più poetiche del prim o tem po. Più bella ancora è,
dopo la ripresa integrale della prim a parte, la coda in « m aggiore » dove
l’autore coglie genialm ente il punto di fusione fra le due p arti del tem po
(,scherzo vero e proprio e trio) e ne fa una sintesi breve m a riboccante di
lum inosa poesia, vivace e intim a ad un tem po.
(ìli altri due tem pi sono m inori. Non clic m anchino di originalità; ma
è originalità m eno nobile, m eno poetica. Cosi, nell'A ndante, la m elodia del
violoncello, nonostante l’am pio fraseggiare, non ha la sem plicità toccante
dei più puri cantabili m artucciani, il che nuoce a tu tto il tem po, del resto
sem pre ben costruito. Il Finale è a nostro avviso preferibile all 'Andante;
pieno di brio e di energia, ricchissim o di vena melodica e di frizzanti episodi
giocosi; il tu tto m agistralm ente elaborato e per poco non trasfigurato in
poesia. Verso la chiusa son passati in rassegna i tem i principali dei tre
tem pi precedenti, con procedim ento alquanto convenzionale, m odellato sul
finale della IX Sinfonia di Beethoven. E la chiusa im petuosa contribuisce
forse notevolm ente alla popolarità di tu tto il Trio, opera in complesso ben
degna di questa popolarità. Cosi fossero della stessa levatura tutte le opere
che si esaltano come popolari!
Il secondo ed ultim o Trio, in mi bemolle maggiore, op. 62, è opera di
piena m atu rità. Sebbene esso sia stato composto poco dopo il prim o —
l’autografo porta la data del 1883 — idealm ente è a notevole distanza da

5
— 70 —

quello e, nel complesso, superiore. E ppure non viene quasi m ai eseguito nella
stessa Italia, il che prova q u an ta strad a abbia da fare il gusto m usicale per
arrivare ad una certa sicurezza di discernim ento.
Quell’am ore quasi esclusivo dell’indefinito, delle sonorità evanescenti,
che notavam o nel Q uintetto e, con diverso carattere, nel prim o Trio, e che
talora anche pregiudicava alla limpidezza dell’espressione poetica, è qui
nettam ente superato; un gusto di indefinito qua e là rim ane, ma infrenato
e composto in un concepim ento artistico più severo e insieme pili vario.
Se stiam o ai num eri d ’opera (qui unico punto di riferim ento cronologico
possibile) cosa c’è di mezzo, di composizioni di prim o concepimento, fra i
due Trii? Soltanto pezzi pianistici: sei pezzi op. 60 col titolo di Foglie sporse,
poco interessanti; e i tre pezzi dell’op. 61, di cui soltanto la (Ugo è vera­
m ente geniale, anzi un capolavoro. Ora, appunto la Giga può indicare il
passaggio a u n ’aura m usicale più lum inosa, dopo il ripiegam ento nell’in­
definitezza che si nota nelle composizioni posteriori alla Sonata per cello-
Questa m aggior chiarezza di tinte non toglie però che si m anifesti sem pre
un’anim a sognante (sognante in senso stretto della parola, giacché, da un
punto di vista più ampio, tu tta l’arte è sogno): in fatti, tale anim a si m a­
nifesta già nel prim o tem po del secondo Trio, la cui melodia principale, sia
per la tonalità che per il ritm o ternario e per l’atm osfera d ’insieme, richia­
ma quella del Tema con variazioni op. 56. T uttavia sentiam o chiaram ente
che il sogno ha assunto altra concretezza e idealità, direm m o quasi che è
divenuto cosciente, come la m alinconia è più sana e l’espressione più con­
cisa e più m aschia anche nelle p arti velate e m isteriose.
Il prim o tem a è esposto per intero dal solo pianoforte:
Esempio 7

A lle g r o ( j; io o )

ì m
& m tT
n F
9
---
-- 1
1y k \ é
*
M
5
re
=F=i
r h =
H
— 71 —

E questo è perfetto: perfetto come discorsività melodica, come arm onia


e ciò che include tutto — come purezza espressiva. Una tale intensità e
altezza di lirism o il M artucci non aveva ancora raggiunto se non nella
Sonata per cello, dove però essa non si svelava, come qui, sin dalla prim a
battuta. Q uesta frase già in sé dovrebbe valere a convincere i dubbiosi o
rilu tta n ti che M artucci era un grande artista. Ma la sua bellezza non si
esaurisce qui: gli archi la ripetono sostenuti dal pianoforte che, integrandola
con un controcanto, ne aum enta ancora la ricchezza arm onica e la lum i­
nosità sonora. Nel brano di transizione o « p o n te » l’espressione si fa più
m isteriosa avvolgendosi in crom atism i sinuosi e vari disegni sem pre intes­
suti su elem enti del tem a, con quella fìtta cesellatura form ale caratteristica
dell’autore m a che qui non reca alcun segno di artificio. E con la seconda
idea tem atica si torna ad una luce piti chiara, ad un lirism o che si collega
a quello della prim a, continuandone l’efTusione in modo più sfogato e
appassionato, se anche la purezza originaria non si m antiene sino in fondo
— giacché la melodia qui si svolge troppo a lungo con un crescendo la cui
conclusione è forse un po’ m agniloquente e non scevra di rem iniscenze
brahm siane: lievi mende che non turbano la bellezza d ’insieme.
Da notarsi che il secondo tem a deriva dal basso del prim o, m entre i
disegni pianistici sono intessuti sulla melodia dello stesso:
Esempio 8
(c. s.)

(si confronti con l’esempio precedente). Ma qui, se vi è abilissim a elabo­


razione, non v’è adito all’appunto di com piacim ento virtuosistico, tanto
la fusione è spontanea e espressiva: anzi, vi è solo da am m irare come la
tecnica faccia tu tt’uno con l’ispirazione.
Nella parte centrale del tem po i due temi sono dapprim a avvolti in una
penom bra, in un velo di m estizia m editativa: questa prim a fase dell’elabo­
razione è bellissim a, ricca di poetiche m odulazioni sfum ate da un colorito
vago a uno più caldo, quest’ultim o rappresentato dalla tonalità di re bemolle
m aggiore ove la melodia e l’arm onia si riposano per un tratto . Segue un
« Anim ato » ove l’elaborazione diviene alquanto artificiosa, sebbene sem ­
pre m aestrevole: e ancor qui fa capolino l’influenza di Brahm s. T uttavia
anche dove l’om bra di qualche grande sem bra qualche m om ento offuscare
la personalità del Nostro, questa non m anca di reagire e di farsi luce in
- 73 —

qualche tratto arm onico o pianistico o com unque in qualcosa di indefinibile


ma inconfondibile. La « ripresa » è, al solito, regolare: ad essa segue un vago
episodio di coda con un ondulare m orm orato di seste e fitti ma tem perati
crom atism i, che prelude al ritorno finale dei due temi in ritm o aum entato
che ne sottolinea particolarm ente l’intensità espressiva. Magnifico prim o
tem po, in com plesso: il piu arm onico di tu tto il Trio, osservazione questa
che, come orm ai si è visto, si applica a gran parte delle composizioni di Mar-
tucci in form a di sonata: e che del resto, nel campo della m usica da cam era
con pianoforte, vale non di rado anche per i grandi tedeschi, non escluso
Beethoven.
Lo Scherzo colpisce alla prim a per il suo colorito m isterioso che poi
erom pe in uno scatto di irruenza dram m atica. Ma per apprezzare questo
tem po nel suo vero carattere bisogna appunto dissipare l’equivoco che nasce
dalla prim a im pressione: perché in fondo questa dram m aticità si rivela non
essenziale, m entre ciò che qui come in tu tti gli Scherzi m artucciani è
genuino, è lo spirito vivace e giocoso, e insiem e soffuso di m alinconia or
adom brata or m anifesta. L’aspetto m alinconico prevale decisam ente nel
« T rio », dove ritroviam o la nostalgica m elodiosità dialettale, con quel­
le seste degli archi dapprim a trasognate poi più passionali e intensa­
m ente anelanti, poi di nuovo avvolte in atm osfera indefinita ove si per­
dono: m entre il pianoforte dapprim a le sostiene con un semplice « pedale »
nella singolare form a di note semplici legate a salti d ’ottava discendente, poi
partecipa al discorso melodico degli archi e infine lo avvolge di più fitta
tram a di seste, senza mai interrom pere il « pedale » pu r variante di posi­
zione e di to n alità: il tu tto con un colorito arm onico e strum entale vaga­
m ente suggestivo. In complesso il « Trio » ci sem bra la parte più perfetta
dello Scherzo, m a anche il resto è am m irevole per vigoria d’insiem e e per
episodi assai vaghi di saltellante leggerezza.
L ’Adagio ci riconduce alle sfere di un elevato lirism o, con la sua me­
lodia calda, nobile, di ampio respiro, di intensità crescente che raggiunge il
m assim o nella m odulazione a mi m aggiore (da la bemolle m aggiore che è
la tonalità principale) dove un brano di essa è ripreso dal violoncello per
passare poi nel violino in mi bemolle maggiore. T erm inata la pura espo­
sizione della melodia, l’a ria s’intorbida, con arm onie tortuose che condu­
cono lungi dalla limpidezza iniziale con uno di quei crescendi m artucciani
di fa ttu ra nobile sem pre, m a alquanto forzata e pletorica, con deform azioni
del tem a e m assicci passaggi pianistici tra brahm siani e chopiniani. P er for­
tu n a al crescendo segue il dim inuendo, che sbocca in u n ’oasi di pace poe­
tica ove gli archi riprendono la melodia iniziale m entre il pianoforte la
contrae in un disegno d’accom pagnam ento, con m odulazioni calde, specie
quella in si bemolle maggiore ove il violoncello canta con bell’abbandono.
Dopo quest’oasi abbiam o altre parti un po’ faticose e torm entate, finché
— 74 —

si torna alla m elodiosità iniziale, m a senza ispirazioni veram ente nuove.


Il Finale vivace e scorrevole non ha gli squilibri dell’Adagio, ma non
ne ha neanche le bellezze. Per attingere ancora alla term inologia estetica del
Croce, direm o che sim ili finali si possono considerare come buone « parti
stru ttu ra li » che servono a integrare un insiem e ove altrim enti le stesse
ispirazioni più belle rim arrebbero tronche. E nel complesso questo Trio
lascia l’im pressione di una m irabile unità.

Ora ci troviam o dinanzi a una serie di tre pezzi, più che dim enticati,
ignorati dalla grande m aggioranza dei m usicisti e dei critici: quelli per
violino e pianoforte op. 67. Molto m ale che siano cosi trascu rati, perché i
prim i due sono veri gioielli. Abbiamo qui un nuovo aspetto dell’ispirazione
m artucciana : una discorsività che può dirsi n arrativ a — anche nella m u­
sica senza paiole può esservi il tono narrativo — , un soave favoleggiare, un
m irabile dialogare perpetuo fra i due strum enti : caratteri che danno a
questi pezzi un posto assolutam ente a sé nell’insiem e dell’opera del Mae­
stro. La loro form a, come pure quella del terzo, è nettam ente trip a rtita ,
ma quasi non la si avverte tanto le parti si succedono spontaneam ente.
11 prim o pezzo, A ndantino in mi maggiore, c il pili lim pido tra i due
gioielli, con quelle scale discendenti che scorrono come acqua di ruscello:
il tu tto è ancora avvolto da un velo di sogno, ma il velo sem bra farsi sem ­
pre più tenue, la luce pili lim pida nello spirito dell’artista, con l’andare
degli anni e lo sviluppo dell’attività creativa. 11 ritorno della melodia ini­
ziale dopo la parte centrale (che qui, a differenza degli altri due pezzi, non
è form ata da un nuovo episodio melodico m a da uno sviluppo del prece­
dente), con arm onie ancor pili piene che però ne lasciano in ta tta la scorre­
volezza e trasparenza, è di per sé un capolavoro.
Il secondo pezzo è di un colorito un po’ più cupo. Dopo una prim a fase
del violino che ricorda vagam ente lo Schum ann del delizioso Vogel als
Prophet, il linguaggio diviene anche qui decisam ente personale, sem ischer­
zoso m a a fondo triste e di soave discorsività. Non m anca qualche richiam o,
forse involontario, alla m elodia a terze discendenti delPA /u/antino: il che
non fa che rendere più tangibile l’intim a unità clic lega i pezzi di questa
serie, sebbene essi non siano indissolubili. Nella parte centrale la bella
nuova melodia in la bemolle maggiore (la tonalità generale del pezzo è sol
diesis m inore) è di pili am pio e lum inoso sfogo lirico; poi, dopo un reci­
tativo di transizione del violino un po’ enfatico (l’unica m enda del pezzo)
si ripete la prim a parte, con in più una « c o d a » bellissim a che accentua
il colorito mesto del pezzo, suggellandolo con un richiam o allo spunto schu-
m anniano dell’inizio. Il terzo pezzo è il meno felice: un Allegro appassio­
nato che chiude la serie in modo decoroso ma non tocca la vera bellezza.
La tripartizione è ancor più netta che negli altri due. La prim a parte e la sua
% ^'q lu.) M / ' /66«> *>
^afiiucci )
& /*> :&

û J i L. / S-
I ::^pz..~~-■ :_.a

:: i ... \ h - ' .• %

Dall’autografo del secondo T r io . (Biblioteca del Conservatorio di Napoli).


70 —

ripresa nella terza hanno un fare cantabile alquanto baldanzoso e un po’


troppo (sia detto cosi in ischerzo) alla napoletana, ma nondim eno gradevole.
L’episodio centrale è piu sobrio e finemente elaborato. La m elodia di esso
viene ripetuta dopo la ripresa e come incanalata nel disegno d’accom pa­
gnamento della prim a e terza parte con procedim ento sim ile a quello della
chiusa della Fantaisie - Im prom ptu di Chopin: e con ciò il pezzo dolce­
mente finisce.

T u tt’altro carattere hanno i tre pezzi per violoncello e pianoforte op. 09,
anzi si può dire che essi form ano l’antitesi vivente di quelli per violino. Là
è tutto limpidezza scorrevole e soffusa di m alinconia; qui dom ina un’espres­
sione torm entosa, un ardore struggente eppur m editativo e concentrato, una
grande com plessità arm onica e contrappuntistica con prevalenza di crom a­
tism i: tu tto un insieme che piu che ogni a ltra opera del M artucci risente del­
l’influenza di W agner, senza che per questo venga m eno la personalità del­
l’Autore, il quale aveva per questi pezzi una speciale predilezione. La form a
è anche qui sem pre trip a rtita , m a nella parte di ripresa vi sono varianti
maggiori del solito. Il lavoro tem atico è più che m ai profondo, minuzioso,
irto, se si vuole anche un no’ eccessivo: e ciò costituisce un difetto che i
pezzi per violino non hanno, com pensato però da u n ’ispirazione che, nelle
pagine di più piena espressione, scava in profondità ancor maggiori. In
complesso questo gruppo rappresenta nell’opera m artucciana un altro
aspetto singolare, di cui ragione non ultim a è la calda sonorità e potenzia­
lità espressiva del violoncello che, come già si è detto, M artucci senti p a rti­
colarmente, e qui sviluppò fino all’estrem o, anche talora fino all’esasperato.
È pur degno di considerazione, nel nostro m usicista, questo apparire quasi
in ogni opera o gruppo di opere in figura nuova (nuova non solo come deve
esserlo ogni opera d’arte, m a come tendenza in senso più generico, quasi
come diversa faccia d ’un prism a lum inoso): ed è u n ’a ltra prova della ric­
chezza ancora insospettata della sua arte.
Anche in questa serie di pezzi i più belli sono i prim i due. Nel prim o.
Moderato in mi m inore, la melodia del violoncello com incia con un salto
di sesta ascendente un po’ tristaneggiante, m a poi sbocca in una discorsi­
vità originale e di ampio respiro, dapprim a di espressione torm entata e
piuttosto cupa, poi rischiarantesi in una bella m odulazione in sol maggiore,
poi di colorito alterno. Lo sviluppo della melodia è lunghissim o, come un
intrecciarsi di curve a spirale che sem brano non più finire, e sem pre avvolto
da dense arm onie ed arpeggi e disegni vari del pianoforte. Se anche qua e
là vi può essere qualche cosa di involuto, è m enda non essenziale, e ben scu­
sabile in ta n ta dovizia di ispirazione. La parte centrale, in do maggiore,
comincia con colorito più sereno, ed è bellissim a. Il disegno pianistico in
terzine è una trasform azione della m elodia d’inizio. Qui il pianoforte ha
parte predom inante: il violoncello com m enta con suoni lunghi e contro­
canti nella regione grave. Ma poi m an m ano l’espressione diviene di nuovo
torm entosa e, dopo qualche alternativa di ansietà e rischiaram ento, rag­
giunge l’esasperazione poco prim a della rip resa; in questo punto solam ente,
il w agnerism o opprim e lo spirito dell’a rtista e ne appesantisce l’espansione
lirica. Ma la ripresa riconduce lien presto alla schietta dolcezza iniziale,
arricchita dall’episodio tinaie in mi m aggiore dove lo sviluppo corrispon­
dente della prim a parte è dim enticato e il violoncello si effonde liberam ente
(pur sem pre sullo spunto tem atico fondam entale) in una m elodiosità pa­
stosa e calda e chiude in un senso di bellezza serenante, col solito tipico di­
segno dell’accordo m aggiore che si ferm a sulla terza.
Il secondo pezzo. A ndante in si bemolle m aggiore, forse m erita la pal­
ma fra i tre : ma non si può scegliere decisam ente fra il prim o e questo.
L ’Autore lo trascrisse più tardi per orchestra (con assolo del prim o violon­
cello se non proprio con violoncello solista): e ciò può forse indicare che
egli lo ebbe come preferito tra i preferiti. Com unque, è certo u n a delle sue
ispirazioni pili profonde. Esprim e ancora u n ’attitudine sognante, m a di un
sogno di particolare intensità emotiva, che tende cioè a uscire dalla solitu­
dine fantasiosa per aprirsi ad uno slancio d ’alfetto verso l’um anità vivente,
ma tuttavia sem bra non trovare sfogo appagante, e ripiegarsi alla fine in
una soave m a angosciosa stanchezza. Nella form a trip a rtita , la prim a parte
è la pii) lim pida, affatto scevra dalle tortuosità qua e là notate nella parte
corrispondente del prim o pezzo; se m ai qui la m elodia del violoncello, pur
essa di assai am pio sviluppo, pecca verso la fine di eccessivo sfogo, che
stride alquanto con la vereconda espressione dell’insiem e (verecondia che
è condizione di ogni poesia autentica); m a ciò è solo cosa di un m om ento.
La p arte centrale è più involuta, con quei disegni di terzine del pianoforte
che form ano una fittissim a tram a, all’inizio assai vaga e delicata, poi m an
m ano più com plicata e di arm onie un po’ affatturate che poi nella terza
parte form ano nel violoncello un contrappunto alla m elodia principale, pas­
sata al pianoforte; processo di giustapposizione usato dal M artucci anche
altrove, qui m agistralm ente riuscito, senza cioè che la sua a rd u ità com­
prom etta la spontaneità dell’ispirazione. La melodia, qui alquanto abbre­
viata, finisce in una sospirosa cadenza dove il cello ribadisce a pili riprese
quella conclusione sulla terza che abbiam o visto anche nel prim o pezzo
come coronam ento dell’ultim o accordo, m a che qui è parte integrante della
melodia. E in entram bi i casi, come pure altrove, tale genere di chiusa caro
all’autore ha un che di veram ente catartico. Il terzo pezzo anche di questa
serie è meno felice, sebbene nella sua baldanzosa e ad un tem po dram m a­
tica irruenza chiuda la triade in modo travolgente. Nella parte centrale i
torm entosi crom atism i sem bra che raggiungano il m assim o, ma invece
— 78 —

sono superati in densità dalla chiusa del pezzo, chiusa di involuta passio­
nalità, che prolunga più del solito l’episodio di ripresa, e dove il w agnerisino
prende il sopravvento.

Stando agli autografi, la triade di pezzi per violino e pianoforte fu com­


posta, almeno in parte, nel 1880, quella per violoncello e pianoforte nel 1888.
Poco piu che trentenne, dunque, il M artucci aveva si può dir concluso la
sua sostanziale attività di com positore di m usica da cam era. Dopo, scrisse
ancora le due rom anze per violoncello con accom pagnam ento di pianoforte
op. 72: m a sono composizioni secondarie. La prim a non è che un a d a tta ­
mento strum entale del duetto: « P erch é tristo è questo cuore» dall’O ra­
torio S a m u e l: adattam ento dove l’espressione, già di per sé un po’ comune,
dell’originale per canto, perde ancora d ’interesse. La seconda è più riuscita,
ma neppur essa si leva a vera genialità, sebbene riveli, nella sem plicità e
coerenza discorsiva, la m ano del m aestro. Che questi due pezzi chiudano in
declino la serie delle composizioni da cam era m artuceiane, non ha alcuna
importanza. L’essenziale è che in questo campo il M artucci ci ha rivelato,
oltre alla vena lirica che già si era m anifestata nei pezzi pianistici, una
complessa spiritualità, e am pie facoltà architettoniche. (L’aggettivo non ci
spaventa, applicato alla m usica, per la stessa ragione per cui non abbiam o
esitato a paragonare il M artucci al Di Giacomo: ossia perché tra le varie
arti vi sono m isteriosi richiam i o, per dirla baudelairianam ente, « corri­
spondenze »). Nell’appunto di disannonia che altri ha mosso alle sue opere
di vasto disegno, vi può esser di vero solo questo, che in esse i difetti sono
un po’ maggiori che nelle piu belle composizioni pianistiche: ed effettiva­
mente, non abbiam o trovato «(ui, salvo gli Scherzi c parte dei pezzi per vio­
lino (i quali ultim i del resto sono estranei agli am pi sviluppi della form a di
Sonata), dei pezzi perfettam ente lim pidi come ad esempio l’ultim a Barca­
rola o la Giga per pianoforte. Ma in parte ciò deriva dalla n a tu ra stessa di
tali forme, dove l’ampiezza rende pili difficile la perfezione; e d’altronde, se
le imperfezioni sono in esse più sensibili che quelle di altri com positori di
natura essenzialm ente epica e m onum entale, ciò non toglie che il M artucci
vi sveli una pili ricca um anità, un lirism o più robusto e insiem e più cor­
diale che nei pezzi pianistici, pur serbando sem pre quel velo di sognante
tristezza che gli è proprio, e che diviene talvolta anche acuto dolore o, nei
casi meno felici, esasperazione un po’ torbida. Insom nia in questo a rtista
dal difficile sviluppo, e anche in molti altri, bisogna aver presente che spesso
la perfezione è in ragione inversa dalla com plessità o profondità dell'ispi­
razione: e la critica non può senz’altro pronunciarsi in pro dell’uno o del­
l’altro peso sulla bilancia, perché in realtà ciascuno di essi è di diversa na­
tura ed esige diversa valutazione: nell’un caso puram ente estetica, nell’al­
tro più generalm ente spirituale, riguardante cioè « l’arte come to talità ».
E in q uest’ultim o senso bisogna secondo noi dare la palm a, fra le ope­
re fin qui considerate, alla Sonata per cello e al secondo Trio, perché
è in esse che crediam o di scorgere la sua parola m usicale più alta. I pez­
zi per violino sono più perfettam ente lim pidi, m a pili ten u i: quelli per
violoncello più complessi, m a più torm entati. Questa, beninteso, non è
che una differenza di grado; e non è qui il luogo di risvegliare la que­
stione sulla possibilità o meno della graduazione fra le opere d ’arte : con­
tentiam oci di accettare il criterio comune, em pirico quanto si vuole, m a in
definitiva adottato da tu tti. E questo ci basta per stabilire che, se il Mar-
tucci si fosse ferm ato al pezzo lirico isolato, avrebbe forse realizzato una
maggiore perfezione, sarebbe insom m a riuscito nel complesso della sua
opera meno disuguale, m a anche m eno grande. Quella sua irrequietudine
rivela che egli era u n ’anim a essenzialm ente anelante, e non anelante a
vuoto. Vedremo nelle altre opere come si sia ulteriorm ente svolto questo
processo spirituale.
4.

COMPOSIZIONI DI LIRICA VOCALE

Passando dalla m usica strum entale da cam era del M ariucci a quella
che egli compose ad una voce con com m ento pianistico o orchestrale, non
si tu rb a m olto l’ordine cronologico. Infatti, sebbene le date di composizione
di tali opere sian note solo approssim ativam ente, sappiam o alm eno che fu­
rono in buona parte composte nel periodo bolognese, quando abbiam visto
che quelle da cam era per strum enti erano orm ai sul finire.
Dopo la giovanile poco notevole rom anza su poesia di Silvio Pellico
Alm a gentile e le due sui Sogni di Corrado Ricci, M artucci venne di nuovo
a questo genere avendo già raggiunto m atu rità di stile: le Pagine sparse su
poesie di Corrado Ricci form anti l’op. 68 furono pubblicate nel 1888: la
Canzone dei ìicordi non porta num ero d’opera né data di pubblicazione; sap­
piamo tu ttav ia che l’Autore vi aveva dato m ano sin dal 1886, e, date le pro­
porzioni dell’opera, è a credere che la sua finitura abbia richiesto un certo
tempo, specie nella trascrizione orchestrale che non si sa quando sia stata
iniziata. Ma, quanto al punto di svolgimento ideale che queste composizioni
rispecchiano, bisogna dire che, rispetto a ciò che finora abbiam visto pro­
filarsi in complesso con continuità, qui si va a ritroso, ossia c’è un ritorno
al M artucci più crepuscolare; anzi tale accento qui raggiunge un grado
quale mai si nota nella sua opera né prim a né dopo. Sono m om enti lirici di
anim a stanca, con m alinconia come di foglie appassite, voci di esistenze
isolate dal m ondo concretam ente um ano e spirituale, chiuse nei recessi di
solitudine sentim entale dove non è altro che vago ram m em orare, sfinimento
di sogno, languori che fanno pensare un po’ al dannunziano Poema paradi­
siaco. È difficile spiegare come le Pagine sparse s’inseriscano (ché tale è
l’ordine di pubblicazione) fra la serie dei pezzi per violino e quella per vio­
loncello: né ci verrebbe la m alinconica idea di andare in cerca di motivi
biografìco-psicologici contrari alla critica rigorosa, quand’anche avessimo
una debole traccia — e non l’abbiam o — che potesse guidarci per quella via.
Certo è che, in esse come nella Canzone dei ricordi, lo spirito del M ar­
tucci si è ripiegato su se stesso, in posizioni prim a superate. Resta ora a ve-
- SI

dere come tale ripiegam ento si traduca in arte, se cioè giunga o no a libe­
rarsi nella form a.
Finora abbiam o avuto dinanzi un M artucci puram ente strum entale:
il pili generalm ente noto, per quel poco che è noto. Il prim o nuovo interesse
che ci è dato da questi canti è di farci vedere come egli riesca a risolvere
il problem a di unire musica e parola. Da questo lato il giudizio non può
essere dubbio: la fusione fra i due elem enti è p erfetta; il M artucci si com­
porta come un già esperto compositore di lirica vocale. Se non ha dietro di
sé u n ’esperienza propria in questo campo, è come se l’esperienza del pas­
sato m usicale italiano lo sostenesse. Diciamo passato, perché ai suoi tempi
esisteva bensì in Italia quel po’ po’ di m usica vocale che sappiam o, ma la
parte viva di essa era quasi esclusivam ente nel teatro: la lirica da cam era
e ra negletta poco meno di quella strum entale. Anche qui dunque, M artucci
risveglia un genere da tem po assopito in Italia: e lo risveglia in modo assai
originale. Sem pre senza modelli fra i m usicisti quanto a intim e tendenze
spirituali, egli si collega particolarm ente, in queste romanze, alla poesia
crepuscolare dell’ultim o ottocento, e rende perfettam ente in m usica un
analogo contenuto sentim entale. Ma rendere un contenuto sentim entale non
è ancora, rigorosam ente parlando, liberarlo in a rte : resta dunque da ri­
spondere al quesito estetico fondam entale. Ora, la prim a im pressione che
si riceve da queste pagine sparse, foglie cadenti del sentim ento, è che vi sia
un che di lievemente morboso. Ma tale im pressione, se anche non viene in
seguito totalm ente superata, lo è alm eno a tra tti, perché la finezza di tocchi
arm onici, di disegni vocali e pianistici che è in tu tte queste pagine, non di
rado si trasfigura in una dolcezza che è certam ente poesia. Pili precisam en­
te, anzi, si può dire che un soffio poetico spiri dovunque, m a di poesia un
po’ m alata che qua e là si purifica, liberandosi da quel senso di grigia de­
pressione che vi è in generale diffuso. L’A utore m ostrò in u n a occasione di
dare la preferenza alla prim a rom anza del gruppo, e anche a noi essa sembra
la migliore. Dice il testo:

Quanti affetti del cor restano ignoti!


Quante gemme d’amor sperde natura!

Si noti come il tono piuttosto tetro del si m inore iniziale tenda per un
m om ento a schiarirsi, sulle parole « Q uanti dolci sospiri » ecc., in una dolce
m odulazione al relativo m aggiore; e più sotto, dove i versi evocano un pas­
sa re di stelle in cielo, il disegno melodico diventa apparentem ente descrit­
tivo — con quel lento scendere di note di ugual valore — m a è in realtà una
evocazione puram ente m usicale, e assai bella:
Esem pio 9

( L e n t a m e n t e [Jssa])
Canto f - r £
^ P assali le stel-le in ciel, pas-sa la vi-ta e

Pianoforte ecc.

(Ediz. Kistner)

e le ultim e battute, sul verso « Passa la vita e passano le stelle », con quella
modulazione in sol maggiore, di grande finezza arm onica e vaghissim a di
soave m alinconia, ma breve come un raggio clic tosto dispaia, traducono'
perfettam ente e poeticam ente quello sm arrim ento di anim a stanca sem pre
rim asta estranea alle gioie della vita e dell’amore.
La seconda rom anza « Vengo quando nel ciel cala la luna » ha com e
un’andatura leggiera di serenata napoletana che quasi nasconde il fondo
triste. La terza invece:

Presso un vecchio monastero


nella valle erma ed incolta,
ho trovato il cimitero
dove voglio esser sepolta,
ecc.

torna decisam ente al colorito triste della prim a, a piu tetro anzi; m a anche
qui le battute di chiusa, con la tem poranea m odulazione in do m aggiore,
hanno un’espressione in certo modo liberatrice, evocante la desolata assenza
di passione e di dolore in un arido m onastero.
« Forse rito rn a ancora » esprim e lo straziante incubo di chi ha visto
lentamente m orire una persona cara e pure h a in certo modo l’im pressione
ch’essa viva ancora e debba da un m om ento all’altro ritornare. La frase
iniziale — rip etu ta alla fine — con quel singolare giro arm onico (dalla
dom inante di si maggiore a quella di sol diesis m inore, poi da capo alla pri­
ma, con un seguito di dissonanze senza risoluzione) rende efficacemente il
senso tragico della vana e assurda attesa. Ma è sem pre una tragicità assorta,
come trasognata, allucinata. Nel centro, non m ancano divagazioni un po’
involute.
Nelle ultim e due il tono diviene pili sereno; siamo sem pre confinati in
una regione dove la vera vita non penetra, m a che qui è chiarificata da un
soffio di calore e sognante spensieratezza giovanile. La penultim a: « Amor,
che fai la vita lusinghiera », attrae specialm ente per i vaghi arpeggi del
pianoforte avvolgenti il canto: l’ultim a «V orrei teco m ontare su quel leg­
giadro colle», per lo slancio del canto, dove è u n.m isto di aspirazione alle
altezze m ontanine e di stanca volontà di solitudine. Q uest’ultim o senso c, in
sostanza, quello che prevale, e che dà unità all'insiem e di queste Pagine
sparse.

La Canzone dei ricordi nasce dalla stessa attitudine fondam entale di


sentim ento, m a è anim ata da un frem ito assai più intenso, che la rende
meno statica e più ricca di colore e di contrasti, insom m a le dà un pili com­
plesso valore artistico e um ano. In origine la composizione fu concepita per
canto c pianoforte, m a portava già in sé l’esigenza del com m ento orchestrale,
col quale in verità guadagna m oltissim o; perché senza di esso quel frem ito,
quelle increspature m arine che possono sem brare uno sfondo coloristico m a
sono invece la pili profonda essenza poetica della Canzone, hanno n atu ral­
mente m inor rilievo e m inor soavità.
Questo poemetto, su versi di Rocco P agliara esprim enti uno struggi­
m ento di nostalgia, un rim pianto di cose lontane e indefinite, una triste
voluttà di sogno che sem bra non appagarsi m ai, è diviso in sette parti a
lunghe strofe m usicali esteriorm ente staccate, ma nel fondo inscindibili co­
me i vari tem pi di una sonata. E qui, in verità, la fusione delle p arti succes­
sive è riuscita al M artucci più perfettam ente che nelle composizioni in for­
ma di sonata: ciò non vuol dire che la Canzone sia sostanzialm ente supe­
riore ad esse, che anzi il suo m ondo interiore, come abbiam o im plicitam ente
detto, è m eno alto: ma è certo che quanto a om ogeneità e unità d’ispira­
zione, alla sintesi del molteplice nell’uno, essa è, tra le opere m artucciane di
am pie proporzioni, la più finita. E in fondo c’è sem pre l’anim a della vecchia
Napoli — intendiam o quella del tardo ottocento — e persino qua e là della
canzone napoletana che qui si eleva a vera arte, pur restando nell’ambito
di un indefinito rom anticism o. Ancora, dunque, m usica dialettale; di que­
sto genere anzi la presente composizione è, tra quelle del nostro Autore, il
docum ento più cospicuo.
Delle sette strofe che compongono la Canzone dei ricordi, la prim a e
l’ultim a sono idealm ente collegate, u n a introducendo l’a ltra concludendo
la fondam entale atm osfera di sognante ram m em orazione. T ra di esse, le
strofe centrali sono come un seguito di im m agini diverse m a sorte da uno
stesso sogno. La seconda — « Cantava il ruscello la gaia canzone » — è
forse il pezzo più perfetto dell’opera, privo assolutam ente di quegli sfoghi
passionali che in quasi lu tti gli altri un poco disturbano; evoca una lim pida
canzone di ruscello; e i protagonisti m usicali, cioè gli agenti sonori colori­
stici cui l’evocazione è specialm ente affidata, sono i violini e viole col loro
— 84

soave trem olare: ma non poco contribuiscono ad essa i dolci tocchi dei flauti
e clarinetti c delle arpe e, in realtà, tutto l’insieme orchestrale che, avvol­
gendo il canto popolareggiante, riesce a trasp o rtare e cullare l’anim a in una
regione indefinita e arcana, nei recessi del mondo subcosciente e incosciente,
misteriosi ma p u r già luminosi, in quelli cioè da cui pu r germ ogliano la
coscienza e la vita. Si noti il melodioso disegno strum entale che fa come da
intercalare e da ritornello e che passa in varie tonalità per posarsi alla fine
del pezzo su quella di tonica:

E s e m p i o 10

( A lle g r e tto c o n m o to rJ = 7ol)


FI
P

Cb.e Fg.
(Arpa
— 85 —
luvga
O

Né si deve credere che il canto abbia parte secondaria: si notino anzi, nel
mezzo della strofa, quelle soavi frasi « Oh la pace fedel de la foresta! Oh
il soave m istero! » sem pre fra il sussurrare dei flauti e dei clarinetti.
Il n. I li è, nel testo poetico come nella m usica, u n a serie di stornelli
intercalati da un refrain sulle parole « Cosi dicea la dolce serenata — cosi
dicea la serenata m esta » : refrain la cui melodia è forse la cosa pili poetica
di tu tta questa parte, dove è pure caratteristico il comm ento orchestrale
im itante la chitarra. Verso la fine guasta un po’ un crescendo lam entoso.
In questo genere d’ispirazione tu tta indefinitezze e sfum ature delicate, l’in­
canto svanisce al sopraggiungere di accenti passionali troppo spinti.
Ciò non s’incontra in quella specie di barcarola che form a la strofe se­
guente, dove tu tto invece è m orm orato e ondulato. Dice il testo:

Sul mar la navicella,


vaga conchiglia nera
fuggia, leggera e snella,
per la tranquilla sera,
ecc.

Ed effettivamente, se nella strofe li la m usica è come un canto di ruscello,


qui invece è simile a superficie m arina con fondo di bonaccia e qua e là in­
crespature (anche qui, protagonisti gli archi, i flauti e i clarinetti) sempre
contenute in lim iti discreti. La m elodia può sem brare elementare: m a in
fondo è appropriata al tutto, e integra bene l’arm onioso discorso orche­
strale. Come nel n. II, si finisce in un incanto di ondeggiam ento cullante. Più
che mai forse in queste due strofe vive l’anim a della vecchia Napoli.
Nella strofe V i m orm orati arpeggi delle arpe e i trem oli degli archi
bassi sboccano in aperta passione in una frase del canto sostenuta da tu tta

■6
— 86 —

l’orchestra: ma qui non v’è stridore, salvo forse in alcuni m om enti. Anzi
solo in questo brano viene raggiunto il contem peram ento delle due diverse
gradazioni sentim entali — indefinitezza sognante e anelito appassionato —
m entre negli altri è trad o tta poeticam ente solo la prim a: si veda special-
mente là dove il su ssu rrare arpeggiato degli archi e le terzine delle arpe
fanno sentire il frem ito della n a tu ra , fallace foriero di speranza all’arido
cuore (alle parole « Ma il m orm orio che m ’ha portato il vento — è carezza
di ram i e non d’am or »).
L’atm osfera s’incupisce in principio della strofe VI (« Al folto bosco,
placida om bria »), con quella introduzione orchestrale vaga di sinuosi cro­
m atism i; e resta cupa finché dura la tonalità di fa m inore: poi col fa m ag­
giore si apre a u n a luce di n o tturno e dà luogo a un canto spiegato che ri­
prende e sviluppa lungam ente la m elodia iniziale dell’orchestra nella strofe
d’introduzione, form ando cosi — per la prim a volta nel « Poem etto » — un
elemento di unità tem atica tra le strofe diverse che rende pili tangibile quel­
la espressiva dell’insiem e. Questo n o tturno (« O dolce notte, o pallide Stelle
misteriose », ecc.), dapprim a dolce e lim pido, verso la fine si altera con
quella tortuosità melodica e arm onica di sapore wagnereggiante in cui il
Martucci cadeva quando la vena gli s’intorbidava, ossia quando il suo sen­
tire diveniva m eno puro, l’inquietudine del suo spirito più acuta. Nella
chiusa però, ove l’orchestra rim ane sola, l’ansia a poco a poco si placa e le
acque tornano lim pide, preparandosi cosi l’incanto deH’ullim a strofe, nella
quale è dapprim a rip etu ta la melodia vocale della prim a, m a trasfo rm ata in
modo m inore, poi, tacendo la voce, ritornano in orchestra, come uno sfilare
di vaghe m em orie deH’anim a trasognata, i tem i delle altre strofe a ritroso,
richiam o che qui non ha nulla di meccanico, anzi è. assai poeticam ente sug­
gestivo; e infine riappare la voce, rim orm orando a fram m enti, in una nota
ribattuta che è la dom inante del tono, l’ultim a qu artin a della prim a strofe,
m entre l’orchestra va dolcem ente a posarsi su un pedale di tonica, dove il
sogno si dilegua.
5.

OPERE SINFONICHE

Venendo ora di nuovo al cam po della m usica strum entale pura, m a in


particolare di quella concepita pel vasto complesso orchestrale, e avendo
già conosciuto in altro campo le fini qualità d’orcliestratore del M artucci,
usciam o definitivam ente dal .m ondo del rom anticism o crepuscolare e salia­
mo alle regioni spirituali più alte e più sane ,se anche nelle opere che vi ci
conducono si possano trovare maggiori squilibri form ali. In questo senso
quindi le composizioni orchestrali — e qui ci riferiam o a quelle di vaste
proporzioni, giacché le altre si riducono a trascrizioni di pezzi pianistici —
si ricollegano alla m usica da cam era, perché il M artucci in entram bi i campi
non esce dalla form a di sonata, sia p u r largam ente intesa, che in orchestra
diventa sinfonia.
Ora è più che naturale che, prim a di cim entarsi in questo nuovo do­
m inio dell’arte strum entale, il M artucci approfondisse vieppiù lo studio dei
classici — intesa la parola nel pili am pio senso — di cui sin da principio
s’era n u trito ; e so p rattu tto ne approfondisse le opere sinfoniche, e ancora
in particolare quelle di B rahm s che gli era più vicino. Di quanto sia stato
coscienzioso e accurato, per non dir meticoloso, il suo studio delle sinfonie
brahm siane, fa fede tra l’altro un m anoscritto dove egli si indugia in certi
particolari dell’uso dei corni nelle sinfonie stesse. Che una simile ricerca e,
fino a un certo punto, la conseguente assim ilazione dello stile altrui non
rechi a priori alcun pregiudizio all’originalità di un autore, m a anzi faccia
so p rattu tto onore alla sua coscienza artistica, ci sem bra risulti oram ai a
sufficienza dalle considerazioni fatte in proposito nei capitoli precedenti.
Le grandi composizioni sinfoniche di M artucci si riducono a tre : il
Concerto per pianoforte e orchestra e le due Sinfonie. Sulla prim a vi è
divisione di giudizio anche fra quelli clic com plessivam ente ne dicono bene:
v’è cioè chi ne fa senz’altro il capolavoro del M aestro -— come il Pannain
che in generale è restio, come vedremo, a dare al M artucci creatore adeguato
riconoscim ento — e chi invece non la pone nel suo insiem e fra le opere di
più lim pida ispirazione — come il P rati che in generale è un suo fervido am-
— 88 —

m iratore — . Noi propendiam o per la seconda opinione, pu r ritenendo il


Concerto opera poderosissim a e cosparsa di splendidi tra tti, specialm ente
nel secondo tempo.
Abbiamo visto che questo Concerto in si bemolle m inore, op. (>6, apparve
quando l’Autore era trentenne, già nel pieno fiore del suo ingegno, avendo
già compiuto la m aggior parte della sua m usica da cam era (m ancavano le
serie di pezzi per violino e per violoncello): costituisce quindi in certo senso
una svolta nella sua attività, cioè appunto il passaggio della form a di sonata
dal genere da cam era a quello orchestrale. S’im pone anzitutto all’attenzione
per l’ampiezza di respiro e la m onum entale s tru ttu ra ; per la ricchezza di
episodi, la sapiente gradazione di colori e fusione della sonorità pianistica
con quella orchestrale; per la scrittu ra pianistica di una com plessità e den­
sità unica nel suo genere, dove le massicce sonorità d ’accordi si alternano
alle leggiere e fitte in tarsiatu re d ’arpeggi e a svariatissim i disegni vellutati
o staccati. Ma non bisogna confondere questa com plessità im ponente, né
il carattere poderoso dram m atico, dom inante specialm ente nel prim o tempo,
con la vera essenza epica dell’ispirazione: a guardar bene addentro, vi si
scopre qualcosa di un po’ voluto, o alm eno di riflesso, di elaborato con l’in­
telletto; e proprio in alcuni m om enti di m aggior im peto tragico e di pili
grandiose sonorità pianistiche ed orchestrali, si tradisce l’influenza w agne­
riana da cui la personalità di M artucci, quando ne è presa, non riesce inte­
ram ente a svincolarsi: cosi, ad esempio, nella parte degli sviluppi e in quella
finale del prim e tempo. È strano come si parli tanto deH’influenza brahm -
siana sol M artucci, senza vedere che essa riguarda quasi sem pre il solo
schema o al più certi caratteri ritm ici (qui, ad esempio, il ritm o saltellante
del finale può ricordare quello del tem po corrispondente del secondo Con­
certo per pianoforte e orchestra di B rahm s); m entre invece, dove vi sono
inlluenze più profonde, vengono da W agner.
Si ricorda che Liszt, nell’ascoltare il solenne ingresso del pianoforte
nel prim o tem po, abbia esclam ato: «bon com m encem ent».
Esempio 11.

A lle g r o g i u s t o (J-9 « )
Orch.
\
89 —

Pianof.

Buon principio, certam ente: ma anche forse un tantino m agniloquente. Più


bello ci sem bra l’episodio successivo, di pacata m editazione lirica (uno dei
toni più schietti di M artucci, m entre la dram m aticità di tono forte gli si
addice solo in casi particolari). Simili alternative si notano p u r nel seguito
dell’opera, e troppo lungo sarebbe analizzarle, come pure ferm arci ad am ­
m irare la forbitezza e morbidezza arm oniosa dei disegni pianistici, grande
a ttrattiv a per un esecutore e virtuoso (e invece non ve n ’è quasi alcuno che
m ostri d’averla sentita, cioè di aver apprezzato l’opera anzitutto con l’ese­
guirla). Ma com plessivam ente questo Concerto ci sem bra u n ’opera dove la
stupenda espressività di certi brani è come oppressa da un insieme troppo
vasto. Tali riserve però cadono, o per lo m eno passano in terza linea per il
tempo di mezzo, il Larghetto. Qui siam o sollevati ai m assim i cieli dell’ispi­
razione m artucciana: ai cieli di un sogno non pili chiuso nelle solitudini del
subcosciente, m a di concreta idealità, effondentesi in purissim o canto, in a r­
monie e colori strum entali di magnifica morbidezza, dove la penom bra e la
sfu m atu ra tipiche dell’Autore non scompaiono m a vengono pu r esse idea­
lizzate, rese per cosi dire pili conscie e um ane. Questo elogio incondizionato
vale per l’ispirazione fondam entale del pezzo, non per la condotta e la stru t­
tu ra d’insieme, che ha qualcosa di singolarm ente spezzato. La melodia p rin ­
cipale sem bra stentare a trovare il proprio sviluppo lineare: nella prim a
strofe del tempo, il quale h a form a di Lied trip artito , le m em brature pe-
roidiche di essa si presentano involute, allungate da digressioni che ne al­
terano l’arm onia e il disegno. Ma si veda già la bellezza dell’inizio orche-
**'

Dall’autografo del C o n c e r to per pianoforte e orchestra op. 66.


(Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
strale, che se non dà ancora la melodia di Lied, la prepara con un tra tto in ­
troduttivo di valore artistico essenziale:
Esempio 12

(c. s.)
Subito dopo, con l’e n trata del pianoforte, s inizia la melodia di Lied
vera e propria:
Esempio 13
93 —

Poi vengono le spezzature di cui si è detto, attraverso le quali la me­


lodia giunge nullam eno al term ine. Ma successivam ente, nella strofe di
mezzo, le acque s’intorbidano sem pre più : a una melodia dei violoncelli in
mi bemolle m inore (tonalità « som igliante » di quella principale del Lar­
ghetto) sbocca in un recitativo del pianoforte di u n ’enfasi davvero sconcer­
tante. Ciò tuttavia non è senza un compenso, perché la terza strofe, prepa­
ra ta da un delicato fluttuare di arpeggi pianistici, espone finalm ente la me­
lodia principale nella sua form a pura, sebbene alquanto appesantita dalla
tessitura più grave delle viole, violoncelli, clarinetti e fagotti all’unisono;
seguita poi da una chiusa dolcissim a con un dialogare di strum enti a fiato
avvolto da arpeggi pianistici di poesia veram ente sublime.
11 Finale. (« Allegro con spirito ») è un pezzo pieno di brio, di finissima
tecnica pianistica, in quello stile scarlattiano am m odernato che si adattava
m irabilm ente al virtuosism o del M artucci esecutore, il quale in questo
tem po era elettrizzante e inarrivabile. Il pezzo non ha squilibri, e nei suoi
lim iti può dirsi p erfetto: m a i lim iti sono — cosi alm eno ci sem bra —
quelli che separano la lette ra tu ra dalla poesia, intesa la prim a come con­
tem peram ento di fantasia e riflessione.

Quel senso di forte dram m aticità che finora non abbiam o m ai trovato
a pieno realizzato in alcuna delle opere di M artucci — salvo forse in episodi
della Sonata per piano e violoncello — lo vediam o invece in magnifico sboc­
cio nella prim a Sinfonia op. 73, in re m inore. La distanza di tem po che se­
p a ra questa dal Concerto per pianoforte è notevole: non però quanto sem ­
brano indicare le date di prim a esecuzione: che, se quella del prim o è il
1886, della seconda il 1895, non risu lta che l’uno abbia costato tan ti anni
di lavoro come l’altra, cioè sette. Idealm ente, del resto, le due opere sono
abbastanza vicine: nella tendenza a dram m aticità di ampio respiro con l’uso
di potenti inasse sonore, la prim a prepara la seconda. Non vi sono altre af­
finità, oltre questa generica, la quale riguardo allo sviluppo della persona­
lità m artucciana è già notevole. Bisogna però subito aggiungere che la per­
sonalità stessa si era nel frattem po assai evoluta: basti ricordare i profondi
studi ed esperienze del M artucci nel cam po sinfonico di cui da un lato sono
docum ento gli stessi program m i dei suoi concerti, dall’altro porgono un pic­
colo esempio quegli appunti sulle sinfonie di B rahm s di cui sopra, che a p ­
partengono appunto agli anni interm edi fra le due opere.
Sull’im portanza storica di questa Sinfonia, che rappresenta, accanto
agli esempi decorosi m a inferiori dello Sgam bati, il ritorno della m usica
italiana alla pura form a sinfonica, si è già parlato a sufficienza, e per anni,
per cui non ripeterem o inutilm ente. Ma tale im portanza varrebbe fino ad
un certo punto se non le corrispondesse un intrinseco valore artistico del­
l’opera. È sem pre la solita questione, che però ora raggiunge il m assim o
— 94 —

interesse perché le Sinfonie rappresentano in realtà il culm ine dell’attività


del M artucci compositore. Non già che, se esse non vi fossero o fossero meno
riuscite, il resto della sua opera perderebbe d ’im portanza: m a poiché vi
sono, e vive e vitali, non riconoscerne il valore vale sconfessare l’a rtista
nell’insieme.
Sulla severa nobiltà dei tem i, sulla ricchezza e m odernità di arm onia,
sulla sapienza d ’orchestrazione di quest’opera, ove la form a classica acco­
glie e fonde in sé le esperienze pili m oderne, ha fatto considerazioni acculate
ed esatte il Torchi, e sarebbe inutile qui ripetere. Il soffio tragico che la
pervade è poi stato rilevato con brevi m a nobili parole da Am intore Galli
nell’ultim o capitolo della ben nota Estetica della m usica. Resta ora da con­
siderarne pili d’accosto il peculiare carattere estetico e spirituale d’insiem e
e dei particolari, come pure le eventuali om bre dell’ispirazione.
Come in altri casi, anche qui si nota facilm ente che il tem po fonda-
m entale, il più ricco e vario d ’ispirazione, è il prim o: tu ttav ia i successivi
non fanno sentire un netto dislivello : anzi in un certo senso sono più eguali
appunto in ragione della m inore com plessità, e form ano con quello un bcl-
l’equilibrio. Nel prim o tem po specialm ente si rivela quella dram m aticità
che abbiain detto realizzata qui per la prim a volta: e la si vede già nel
tema iniziale, di magnifica energia espressiva, dal ritm o caldo e dalle a r­
monie piene e senz’om bra di enfasi :
Esempio 14
r
— 95 —

E sso tem a si svolge lungam ente, non senza qualche tortuosità verso la fine,
p rim a di m odulare nella tonalità di si bemolle maggiore, nella quale ap­
pare il secondo tem a:
Esempio 15

(c. s.)

M entre nell’uno è una potente affermazione di volontà, dove si sente


come u n ’eco dello spirito della Nona di Beethoven solo agitata da una certa
inquietudine ritm ica, nell’altro è una m elodiosità aperta e appassionata,
anch’essa di lunghissim o respiro. E ntram bi dunque parrebbero contraddire
al carattere di sogno più o m eno concretam ente um ano e ideale clic abbiam
detto dom inante nell’ispirazione m artucciana. Ma in verità quel recinto del
— 96 —

sentimento qui viene bensì superato (e in certo senso tutta la sua opera è,
come si è visto, un continuo superamento) ma non respinto o contraddetto;
giacché sia il primo che il secondo tema ritornano tra la fine dcll’esposi-
zione c il principio dell’elaborazione, fondendosi insieme in un colorito smor­
zalo con prevalenza del modo minore; e se il primo si rivela in un aspetto
affatto nuovo, nella delicatissima curva melodica degli oboi e dei clarinetti,
il secondo, che vi mormora sotto, in questa mezza tinta guadagna decisa­
mente :
Esempio 16

Ne nasce un lungo episodio di sviluppo ove i due tem i continuano ad in tre c ­


ciarsi, e il m elanconico s’a ltern a e si fonde con lo scherzoso, in un dialogare
denso e insiem e scorrevole di vari stru m en ti e in u n a m isteriosa sonorità di
chiaroscuri di cui il Torchi ha ben m esso in rilievo la grande vaghezza poe­
tica: episodio che è certo fra i più belli di tu tto il tem po. L ’aver tra sp o rta to
i due tem i in un colorito m usicale cosi diverso da quello iniziale, form an-
— 97 —-

done u n ’elaborazione ehe è un vero quadretto a sé (prendiam o l’espressione


dal Torchi perché è pienam ente appropriata) è veram ente da grande artista.
Poi lo sviluppo volge al dram m atico, preparando la « ripresa » che ha, sin
dal principio, varianti di grande intensità espressiva, talora veri e propri
scoppi di tragicità con crom atism i quasi spasm odici che preannunciano ad­
d irittu ra lo Strauss della Salomé, senza per questo uscire dai lim iti di un
severo classicismo. La « coda » del tem po, in re maggiore, ove un inciso a
ritm o staccato del tem a viene trasform ato in melodia legata degli strum enti
a fiato (sostenuta con vari disegni dagli archi) è arm oniosa e dolcissima.
I due tem pi di mezzo sono naturalm ente più brevi, m a pure a lor modo
densi di elaborazione polifonica. Quei lievi difetti che nel prim o derivano
dalla stessa grande com plessità di form a c d ’ispirazione (qualche tortuosità,
oltre che negli stessi tem i assai lunghi, anche nei vari episodi di transizione,
con crom atism i un po’ involuti ecc.) qui vengono meno, benché le linee dei
tem i abbian sem pre lunghi avvolgimenti come a spirale; perché tali sinuo­
sità appartengono alla n a tu ra stessa dei due tem pi — sinuosità melodiche
nell’A ndante, arabescali nell’Allegretto, e in entram bi anche arm oniche.
L ’A ndante ci ricorda vagam ente quello del prim o Trio, fors’anche per
la com une tonalità di fa m aggiore — m a questo sarebbe troppo poco — ,
so p rattu tto poi per la lunga melodia ca n ta ta in entram bi i casi dal violon­
cello. Ma quello che là era un fraseggiare alquanto ampolloso, artisticam en­
te ancora acerbo, qui si tram u ta in nobile ampiezza di canto. E, come nel
prim o tem po, anche qui ci prende intim am ente la mezza tinta della parte
Esempio 17

(c. s.)
— 98 —

centrale, che comincia in la bemolle maggiore, dove la sinuosità, in quel pas­


sare di vari e densi disegni da uno strum ento all’altro, è veram ente incan­
tevole. Né si tra tta di disegno soltanto: essi form ano in realtà una nuova
melodia, o talora derivano dalla prim a, finché poi le due vengono sovrappo­
ste, con quel procedim ento che abbiam visto altrove, e se pur qui non m an­
ca di una p u n ta di com piacim ento contrappuntistico, in complesso è infuso
di una m usicalità superiore. Si noti come, in due m om enti, l’inizio del tem a
principale si trasform i in modo da dare un nuovo e più pronunciato presen­
tim ento di Salomè :
(V. esempio 17 a pag. 97).
L ’Allegretto in re m inore fu, quando la Sinfonia apparve, il tem po pili
am m irato, come YA ndante fu il pili trascu rato . Certo è di grande origina­
lità, ancorché il ritm o possa qua e là richiam are superficialm ente YAllegret­
to grazioso della 2' Sinfonia di B rahm s: la sua giocosità è tu tta m artuc-
ciana. Giocosità dove non m anca u n a vena di m alinconia, m a pili tenue che
in altri casi: che l’a rtista sem bra qui bearsi nell’arm onia form ale dei di­
segni e anche colorirli di un tenue um orism o. Ed è amm irevole, nell’insie­
me, questo gioco di m inuti in ta rsi orchestrali, che dànno ora l’im pressione
di ornati architettonici ora di chiaroscuri di colore: questa rifinitura di in­
cisi staccati, spiranti il gusto di estrem a esattezza tipico del M artucci pia­
nistico. Una nota nostalgica m eridionale appare nella seconda parte, più
cantabile, del tem a:
E s e m p i o 18

che poi è trasp o rtata in m inore e, nell’ultim a ripetizione, resta sospesa per
lasciar posto al prim o inciso che chiude il pezzo um oristicam ente.
Ciò che abbiam o visto e am m irato nei tem pi di mezzo, conferm a che
— 99 —

nel M artucci il tono fortem ente dram m atico c eccezionale, m entre quelli che
gli sono più propri sono sem pre la liricità sognante e la soave giocosità:
m a —- chiediam o venia se insistiam o su certi punti per non parere in con­
traddizione avendo p arlato 'd i u n a evoluzione stilistica del M artucci — altro
è il sogno assorto e solitario della Barcarola e ancor più della Canzone dei
ricordi, altro è quello della Sonata per cello, del secondo Trio, e infine di
questa Sinfonia ove esso assum e un carattere m editativo e am piam ente
um ano che può fondersi senza stridore coi toni di una potente dram m aticità.
Il Finale, come si è visto in altri casi, si collega per l’am pia stru ttu ra
e il genere dell’ispirazione col prim o tem po, se anche non ne raggiunge l’al­
tezza. Un’introduzione di m ovim ento sostenuto (l’indicazione è prim a « Mos­
so », poi « M oderato », m a in sostanza è tem po di A ndante) in re m inore,
dopo un prim o scoppio un po’ enfatico si attenua in disegni delicati e in ­
sieme densi, sim ili in ciò a quelli dell’Aridante, e rievocanti tem i del prim o
tem po: segue un Allegretto risoluto in re maggiore, di giocosità trionfale
tem perata da episodi scherzosi che ricordano un po’ quelli del finale del
prim o Trio: e verso la fine, un ritorno del m om ento più tragico del prim o
tempo seguito dalla serenante « coda » dello stesso, leggerm ente variata, con
un breve sprizzo di giocosità (« Allegro come prim a ») per chiusa. Il tu tto
è di m irabile energia ritm ica, coronante l’intim a unità dei vari tem pi, di
salda coesione e di profonda sapienza co ntrappuntistica: qua e là forse con
un che di involuto; com unque, ancora un bel finale « stru ttu ra le », di u n ’o­
pera cui compete nell’insieme un posto di prim o ordine nella m usica sin­
fonica d’ogni tempo e d ’ogni paese.

Se nel prim o tem po della prim a Sinfonia ci siam potuti trovare, in un


senso m olto generico, nella vasta orbita dello spirito beethoveniano, all’ini­
zio della seconda siam o di fronte ad u n astro che brilla di luce non solo
propria m a assolutam ente fuori per d ir cosi del cono lum inoso di qualsi­
voglia altro. Abbiamo visto che dicci anni separano l’apparizione delle due
sinfonie, e in essi si agita un nuovo travaglio di sviluppo dell’a rtista ; infatti
vi si c andata definitivam ente form ando quella che abbiam detto l’ultim a
sua m aniera, che nei pezzi per pianoforte non trovò sbocco adeguato, rim a­
nendovi allo stadio di esperienza alquanto torm entata, notevole tuttavia per
un gusto di arabesco sem pre più rifinito e raffinato; e cominciò ad afferm arsi
artisticam ente nella prim a Sinfonia per compiersi nella seconda. Con ciò
non intendiam o porre una assoluta gradazione di valore fra le due opere
m a solo un rapporto di stile : perché, quanto al valore artistico, se la seconda
per certi aspetti rivela una personalità pili libera e indipendente, non m an­
cano d ’a ltra parte elem enti che vanno a vantaggio della prim a: per cui
non si può seguire il Torchi, il quale, trovandosi di fronte alla seconda, è
stato trascinato daH’am m irazione per questa a lim itare il valore dell’altra,.
— 100 —

pur avendola prim a lodata incondizionatam ente. Più interessante è raffro n ­


tare le due opere nel loro carattere espressivo, che è non solo diverso ma
antitetico, essendo la prim a fondam entalm ente tragica e passionale, la se­
conda idillica in senso superiore, il che non esclude sviluppi c contrasti
dram m atici; a parte poi le varie gradazioni di colorito, e l’elem ento giocoso
che in entram be pervade uno dei tem pi interm edi.
Del resto i raffronti contano lino a un certo punto : si potrebbero anche
lasciar da parte, tu ttav ia quando non si dia ad essi più peso del dovuto pos­
sono servire di orientam ento. Ciò che più conta è sentire il soflio di aria
lim pida e spiritualm ente salubre che esala sin dalle prim e pagine di questa
sinfonia, ossia dal prim o tem a, di una luce veram ente solare, che sale da
m orm orii indefiniti degli archi, cantato delicatam ente dal q u artetto di legni:

Esempio 19

A l l e g r o m o d e r a t o (J- = *4 )

y » ■ *■ =
C l ^ ___^
------ U----
• £1--------1 ---- tf__*__
7 ? ___
- J___
p
m fespr.
\ Cor.mf j J)
-I-------------------------------
/ Vie dirise
0 1 0» 0 Æ ■0^_
V g k tt--* -* -1
£ 7 7 tp iz z . ^ 7 1 7

sentito
rff— =**=— f~T—
w = m = -
,
V

----
n—

'f f - r 1 —-
--------- - I r —
P

- n z r T } J.
+ --------------------

• . m i r i . m m J U -J U - f J Ì J T :
\ * ,:j j -y j - h j ì ì j •
— 101 —

e che poi, dopo un passaggio m isterioso m odulante, ed un rapido crescendo,


viene ripetuto con sonorità pili piena da vari gruppi strum entali, finche
prorom pe in tu tta l’orchestra, dom inata però dagli squilli trionfali dei corni.
Concluso il prim o tem a con un breve dim inuendo, senza transizione appare
nei clarinetti il secondo, di intim ità più accorata e m alinconica:

Esempio 20

i n f es pr.
A é u

p'
Cb. pizz.

7
che però si espande anch’esso con splendido calore, nei violini e nei cor
Tali i due elem enti m usicali fondam entali e più fulgidi di questo prii
tempo di sinfonia: direm o anzi che, a nostro avviso, il loro insiem e rapp
senta la vetta di tu tta l’opera m artucciana accanto ad alcuni brani di lir
religiosa che vedremo più oltre — non dim entichiam o però che simili p
ferenze vanno intese con cautela e in un senso non puram ente estetico
generalm ente spirituale — . In questo caso, ci p ar di vedere nell’espressic
m usicale anche un profondo valore storico — e siffatta relazione la crit
dovrà forse tornare a porre per ogni opera d’arte, purché non la si ci
fonda con quel supercialc riferim ento di essa all’am biente che Testet
m oderna ha idealm ente debellato m a che è duro a m orire in pratica
di vedervi cioè l’anim a italiana uscire da quella trasognata stanchezza
cui nell’ultim o ottocento si era ripiegata, per venire all’aperta luce, a i
103

w
I. J j. U d t w .
f
y~ * A . I .XL . <r aa*.
<*•■•• s'
Sr*. I S . r
rs 4 f1

r f * 1,11 i®, i "■ 3


w fî£*^ ; 1
•^vìTv^iUA^é ii-
]*•? %
" f l- .W ,4
- - - c‘ if ?
i-a ^ T T . vr • *1
« ifw iW f1 %“ ' ' f P‘-_ :J«t J -f .

v v .„ 'Jtâlwv* vi^Sb«äjUä
: f 'C
' Ç
Vt-ife
f? , *
\.UÂXrVv^t«M?V^ f>: . € L
;f 3 •r î ip
'^?^sfs.u*kirCiAÌy
Km j* > ; ;f 3 r 5 !t st H
|H

Dall’autografo della seconda S i n f o n i a . (Biblioteca del Conservatorio di Napoli).


— 104 —

nuova aurora di vita spirituale, quella stessa che viene cantata a tra tti dalla
migliore poesia italiana del tem po, e da pochissim i altri m usicisti solitari;
ma che purtroppo non durò molto, e a cui non fece seguito adeguato
meriggio.
Ci siamo sofferm ati alquanto su questo prim o ed essenziale nucleo della
composizione per cercare di m etterne nel dovuto rilievo il valore general­
m ente ben poco apprezzato. I due tem i ricorrono naturalm ente ancora nelle
altre p arti del tem po in nuovi aspetti e colori. Notevole, poco avanti la
ripresa, il riapparire del prim o in « fortissim o» e in la m inore; bellissim a
la ripresa stessa ove la melodia è avvolta d all’ondulare dei violini, con una
dolcezza di curva che ha evocato al Torchi l’appropriata im m agine dell’arco­
baleno : m entre dopo, quando la m elodia sem bra spegnersi, risorge ad un
tra tto vigorosam ente solo nello spunto iniziale, in re bemolle maggiore, mo­
dulazione piena di luce e di forza che è un nuovo tra tto di genio, e che pre­
para il regolare ritorno del secondo tem a sulla tonica. Le altre parti del p ri­
mo tempo, quelle cioè che in linguaggio tecnico si usa chiam are « codette »
ed « elaborazione tem atica », sono di carattere ornam entale: m a di un orna-
m entalism o che, se può parere — forse anzi è — un po’ insistente, e
talora dà luogo a episodi un po’ rigidi, è tu ttav ia com penetrato con la
sostanza m usicale dell’insiem e e, in certi brani, tu tto infuso di poesia, come
specialm ente nella prim a parte dell’elaborazione in tessu ta su di un brevis­
simo inizio accessorio del secondo tem a: nuovo delicatissim o quadretto in
penom bra tra il m alinconico ed il giocoso, che fa degno parallelo alla parte
corrispondente della prim a sinfonia, sebbene qui il lavoro tem atico sia meno
vasto, cioè lim itato all’insistente fittissim o ricam o sull’inciso suddetto. Dopo
la riesposizione dei due tem i, questo episodio si ripete, poi c’è una « coda »
affine alle « codette » del secondo tem a, di ritm o e sonorità energici, che
porta a una chiusa un po’ tronca. Nel complesso, nonostante il fittissim o
lavoro ornam entale, la form a di questo prim o tem po è,rispetto a quello
dell’altra Sinfonia e ai prim i tem pi inartucciani in genere, piuttosto sem ­
plice e stringala. L ’orchestrazione, varia, or delicata or sonora m a sem pre
m orbida — salvo che nelle poche p arti rigide di cui s’è detto — è poeti­
cissima.
Lo Scherzo, in la m inore, si ricollega, non soltanto nel colore espres­
sivo m a anche in incisi tem atico-ornam entali, agli episodi di elaborazione
del prim o tempo. Tale nesso ap parirà evidente dal seguente confronto:
— 105 —

Esempio 21

*•1) inizio dello scherzo:

li) inciso ripetuto a lun­


go nello sviluppo centrale del
prim o tem po:

B
ecc.

ed è un nesso non estrinseco (può anche non esser intenzionale) ma intim o.


N aturalm ente lo sviluppo è diverso quale si conviene alla form a dei rispet­
tivi tem pi. La poesia effusa e lum inosa del prim o tem po trap assa qui in
una vena scherzosa: m a poesia è pu r sempre, di nuovo quella del Martucci
« dialettale ■» degli Scherzi per pianoforte, specie di quello in la (l’affinità
tonale porta talora anche vaghe affinità espressive), m a divenuta meno
nostalgica e pili vigorosa: sebbene l’elem ento nostalgico si trovi anche qui,
specialm ente nella parte centrale o « Trio » in la m aggiore, con quel melo-
dizzare alla napoletana evocante le « ciaram elle » :
— 10G —
Esempio 2 ‘J

dove l’affinità di colorito con lo Scherzo in la per pianoforte, e più da lon­


tano con quello, pure in la, del prim o Trio per pianoforte e archi, diviene
particolarm ente palese. La ricchezza d ’intarsi, la m inuteria del lavoro orche­
strale è indescrivibile: superiore, se possibile, a quella dell 'Allegretto della
prim a Sinfonia. E ciò è elem ento di grande difficoltà d’esecuzione. (Ricor­
diamo che quando il Toscanini nel 1925 o ’26 diresse l’ultim a volta questa
Sinfonia a Milano, si disse che avesse fatto ripetere alle prove dello Scherzo
un passaggio scoperto del clarinetto qualcosa come u n a sessantina o settan ­
tina di volte). Qui si vede a quali risu ltati concreti dovesse condurre il lavoro
di evoluzione stilistica notato nelle ultim e composizioni pianistiche (Ca­
pricci op. 80, Scherzo op. 76 n. 3 ecc.). Qualcuno p otrà insinuare che qui
siamo all’estrem o lim ite fra poesia e lette ra tu ra e che è difficile dire se
proprio questo lim ite non sia varcato nel senso della seconda. Per alcuni
particolari potrà anche esser vero (mai però per il Trio che m anda d’ogni
— 107 —

parte scintille inequivocabilm ente poetiche): m a la letteratura, quando è


di specie cosi eletta, è sem pre contem perata di poesia; per cui in tali casi
la distinzione è relativa, e per parte nostra qui crediam o non doverne fare
uso. Una cosa sola è certa: che questo Scherzo è delizioso.
L ’Adagio ha, naturalm ente, tu tt’altra espressione: l’intonazione di esso
è poetica nel senso pili assoluto; accorata, intensa, come quella di altri pezzi
o tem pi lenti di M artucci in tonalità coi bemolli (si pensi al fam oso N ot­
turno, al « L arghetto » del Concerto per pianoforte, al secondo dei pezzi per
violoncello op. 69 ecc.). Il Torchi è rim asto in dubbio se vi sia un intimo
nesso fra questo tem po e gli altri della S in fo n ia : m a se tale nesso è difficile
a cogliere nella prim a frase:
Esempio 23

Adag-io, m a non troppo


m fespress. Voi
Vie Ve —
e Fg.J

s --
4 4 -4 A

(e . s.)

(che, lim pida all’inizio e di stupendo calore, si contorce un po’ nello svi­
luppo successivo, con quel « crescendo » p u r sem pre vibrante di passione,
per poi finire nella purezza prim itiva, spegnendosi come un singulto), diviene
invece evidente nella seconda, tu tta un ricam o a m orbide spire del clari­
netto, che si collega alle p arti ornam entali degli altri due tem pi e special-
m ente del prim o — ornam entali per modo di dire, ripetiam o, e di cui qui
si rivela ancor piu il fondo di delicatissim a e m alinconica poesia. Ed è pro­
prio questo elem ento che rende piena l’unità della Sinfonia, in quanto me­
diatore di espressioni di carattere svariatissim o e talora assai discosto.
— 108

Certo, in questa parte dell’Ada</io è più di un m om ento di sforzo e di for­


m alism o; in tal senso esso è forse il tempo più difettoso. T uttavia anche
nelle zone più grigie si hanno lam pi di genialità, come in questa figurazione
del tem a dim inuito:

Esempio 24

ecc.

(c. s.)

Poi, i difetti vengono largam ente com pensati da una ripresa dolcissi­
ma, dove i due tem i principali si sovrappongono (il secondo solo nell’inciso
iniziale ripetuto come un costante contrappunto ornam entale), e da una
coda in fine della quale il fagotto m orm ora come una rim em branza la parte
più p u ra del prim o tem a m entre i violini rievocano l’inizio del secondo,
chiusa pari in soavità a quella del « L arghetto » del Concerto per piano­
forte. Al di là delle disuguaglianze particolari, è l’insiem e che s’im pone: e
questo insiem e è poesia.
L ’ultim o tem po è superiore agli altri finali del M artucci, salvo forse a
quello della Sonata per cello, che però è un po’ ricalcato sul prim o tempo
della stessa, m entre questo è cosa affatto nuova. La sostanza aristocratica
dei tem i, il loro fittissim o sviluppo, il brio e l’inesausta vitalità che perva­
dono questo tempo, ne fanno qualcosa di più che un buon finale s tru ttu ­
rale. Si direbbe che un po’ dell’ispirazione giocosa del Falstaff verdiano si
fosse trasfuso in quest’opera di un autore già in sé incline a una giocosità
variam ente atteggiata. Che il tem po sia proprio all’altezza degli altri tre non
ci sentiam o di dire : un certo senso di freddezza rim ane da questa incessan­
te elaborazione contrappuntistica di tem i a note staccate: m a il dislivello
cogli altri tem pi non è tale da disturbare, tanto più che qui si riafferm a con
nuova energia ritm ica quel senso di sana gioia vitale che, in un tono di più
intim a poesia, ci aveva rapito sino dalla prim a pagina della Sinfonia. E le
ultim e battute ce lo fanno sentire con u n ’ebbrezza dionisiaca, riportandoci
quasi a un lembo del mondo beethoveniano.
Arduo è stato per M artucci il cam m ino per giungere a questa libertà
spirituale, a questa ampiezza di form e sinfoniche. Ma il risultato è, nell’in­
sieme, edificante: e fino a tu tt’oggi nella form a p u ra di sinfonia non cono­
sciamo né in Italia né fuori esem pi posteriori a B rahm s che si possano con­
frontare con questi due, che ben si possono chiam ar stupendi. Se e fino a
che punto l’ispirazione m oderna possa chiudersi in una form a tradizionale
ci sembra questione da non porsi a p riori; Fum ea da risolvere caso per caso
è su quanto un autore abbia saputo versare, in queste form e difficili, di ispi-
— 109

razione piena e lim pida, e quanto invece sia rim asto inceppato in problemi
e preconcetti tecnici. E a ciò, riguardo al M artucci, abbiam già dato per
parte nostra una risposta.

Le altre composizioni m artucciane per orchestra sola sono, come ab­


biamo detto, tu tte trascrizioni da pezzi originali per pianoforte; e delle più
im portanti abbiam o già parlato a proposito degli originali stessi. T ra esse
v’è una che ha avuto di gran lunga più fortuna, fino ad eclissare l’originale:
quella del N otturno in sol bemolle. Al contrario, quella dell’A ndante per
cello (il secondo dei tre pezzi op. 69) è pressoché ignorata, eseguita solo ra ­
rissim e volte. La m eno felice, anche a prescindere dal valore dell’originale,
è quella della Tarantella. A ltre sono hen riuscite e possono dal più al m eno
gareggiare con gli originali: come il M omento musicale ed il M inuetto pel­
acchi soli: la Canzonetta, il Tem po di gavotta, la Giga, quest’ultim a però
pili efficace per pianoforte. Ve n ’è poi una che m erita considerazione a parte,
perché sem bra proprio n a ta per orchestra: la Novelletta op. 82. Qui si ca­
pisce come l’originale pianistico sia dim enticato, giacché la sonorità dello
strum ento non è a tta a dare il colorito proprio a quell’ispirazione. Per or­
chestra invece essa acquista un fascino, u n a vaghezza che certo contribuì
a renderla cara ai direttori d ’orchestra. Con essa torniam o al gusto dei sen­
tim enti indefiniti, m a con una nota particolare che già si è vista nel N ot­
turno op. 76 n. 2 pu r esso in si m aggiore: u n a m alinconia di tram onto,
quasi presentim ento della fine. Ciò che vi è nella Novelletta di pili vivo e
sentito, è l’inizio — nel seguito, c’è un po’ di prolissità — : quella melodia
dolcem ente arabescata, e insiem e gli accordi semplici staccati di ritm o lo-
gaedico, hanno u n ’arcana soavità che p ar voglia celare l’intim a m estizia
sotto u n sorriso stanco, ultim a scintilla di quella dolce giocosità che non
voleva del tu tto abbandonare il M aestro —• m a in realtà è Aero l’inverso, che
quella giocosità rivela qui appieno il suo fondo doloroso. E quando leggia­
mo in cronache di orm ai lontana vita m usicale italiana che il Toscanini a
Milano, per com m em orare la recente m orte del M artucci, incluse in un con­
certo il N otturno in sol beni, e la Novelletta, che furono « devotam ente ascol­
tati », sentiam o che davvero quei due pezzi, e forse più ancora il secondo
pezzo del prim o — che non è, facciam notare, il N otturno dianzi citato —
si prestavano a com penetrare gli ascoltatori di una tristezza consona alla
circostanza: la tristezza del ricordo e del rim pianto, revocazione di ciò che
v’era di sognante in quell’anim a di artista, la cui figura seAera, che tante
volte aveva sanam ente infiam m ato quegli am bienti m usicali, orm ai non
sarebbe piu apparsa che attraA'erso le note.
/

110 —

Nel complesso dunque, queste autotrascrizioni orchestrali di piccola


mole form ano come una delicata corona intorno alla triade poderosa delle
opere sinfoniche principali; e conferm ano quanto la n a tu ra m usicale del
M artucei fosse portata verso l’orchestra, giacché anche ad opere che gli
erano uscite com piute dalla fantasia, per solo pianoforte o per pianoforte
con uno strum ento o con la voce (in questa considerazione abbiam o pre­
sente anche l’esempio della Canzone dei ricordi), la trascrizione conferisce
un più ricco colorito, più vari contrasti di luci c ombre.

t
6.

PEZZI DELL’ORATORIO « SAMUEL

Della vasta opera per voci e orchestra di soggetto sacro lasciata dal Mar-
tucci, l’oratorio inedito Sam uel, dobbiam o contentarci per ora di una cono­
scenza parziale, che, essendo l’opera inedita, abbiam o avuto modo di esa­
m inarne con agio solo alcuni pezzi. Questa è certo lacuna considerevole per
la critica m artucciana: e veram ente sarebbe doveroso per gli italiani di
ovviare ad essa, appena possibile, provvedendo alla pubblicazione dell’opera.
Perché il M artucci stesso non la fece pubblicare? Non è a credere clic
ciò sia stato dovuto a contingenze contrarie, o per lo m eno non fu solo per
esse; sappiam o infatti dalla lettera del Finizio citata nell’introduzione del
presente saggio che durante la sua vita furono eseguiti a Napoli alcuni brani
dell’oratorio (quali, non possiam o ancora precisare), m a che il M aestro
si oppose sem pre all’esecuzione integrale di esso. Questa è una nuova prova
della sua am m irabile m odestia, e di un senso autocritico veram ente raro.
L ’opera fu scritta in epoca abbastanza giovanile, m a alm eno in parte rive­
d u ta dall’A utore negli ultim i anni di vita; del resto anche nell’età della
prim a redazione egli aveva già composto alcuni capolavori. Forse alla sua
vigile coscienza artistica sarà sem brato che l’insiem e non fosse sorretto da
quella vigorosa unità cui egli aspirava, tan to più necessaria e diffìcile in
u n a form a severa come l’oratorio; e vi avrà notato dislivelli che lo d istu r­
bavano. Ma non per questo viene a dim inuire l’esigenza di una com piuta
conoscenza di quest’opera: i q u attro pezzi che abbiam o so tt’occhio bastano a
dim ostrarlo.
I)i questi pezzi, tre fanno parte della raccolta Galiini di cui parliam o
in appendice: il prim o è la « P reg h iera della n o tte » , a ria per tenore,
l’unico brano dell’oratorio di cui sinora sia stato fatto qualche cenno, e
che fu parzialm ente riportato in facsim ile nei noti fascicoli com m em ora­
tivi: il secondo, un duettino per soprano e mezzo soprano « Perché tristo
è questo core » : il terzo u n ’aria per soprano « Loda, o labbro, esulta o
cuore ». Un quarto pezzo, che ci è dato di rip o rtare in facsimile dall’auto­
grafo completo dell’opera conservata alla biblioteca del Conservatorio di
— 112 —

Napoli, è un’aria per basso « Signor, tu che fecondi — Dell’alma terra il


seno ». Non conoscendo il testo o libretto integrale dell’oratorio, del prof.
Federico Persico, ci m ancano gli elem enti per scorgere il nesso fra i vari
brani in relazione al soggetto: m a ò già qualche cosa conoscerli come pezzi
m usicali isolati.
Cominciando dal m eno notevole, il secondo, già ne abbiam o visto la
lim itata sostanza m usicale nella rom anza per violoncello op. 70 n. 1 (che
è del 1890, per cui può considerarsi una riduzione strum entale dell’aria):
tuttavia qui il canto e l’orchestra dànno m iglior effetto d’insieme. Gli altri
pezzi sono di ben altro valore. Con la « Preghiera della notte » saliam o alle
più alte sfere m usicali. Questo è un vero capolavoro d’ispirazione medita-»
tiva, dove la m alinconia m artucciana assum e u n ’intonazione severa, di reli­
gioso raccoglim ento, quale si conviene allo stile dell’oratorio: e, pur essendo
tale stile insolito nell’Autore, resta però personalissim o, m oderno nella sua
classicità. D iversam ente da chi ha sentito la bellezza di questa pagina come
m anifestazione di una n a tu ra lirica atta alle brevi e tenere espansioni, noi,
che come si c visto intendiam o quella n a tu ra diversam ente, sentiam o qui
un soffio particolarm ente elevato: quest’aria e quella per basso sono i brani
a cui abbiam detto d ’attrib u ire forse il valore di acme dell’opera m artu c­
ciana accanto al prim o tempo della seconda Sinfonia.
Nel testo, è evidentem ente Samuele che parla:

Riposano i mortali
ma l’occhio tuo non dorme,
e le nemiche torme
minacciali Israel.
Deh! salvaci dai mali, o re del ciel!
Gli angeli santi tuoi
vegliano sul mio letto,
nel tuo divino aspetto,
s’assonna il tuo fedel.
Deh! salvaci dai mali, o re del ciel!

Dopo alcune battute d’introduzione strum entale

Esempio 25
— 113 —

M o d e r a to

ecco come la voce traduce in canto le prim e parole:

Esempio 26

* = q * ft "~-. 3 r \
Canto H U !" f t V------7-------------tZ--------------r ™ _______________Le________ U_________ U----------------------------------J
1— V2 r -------------------------------1 --------------1---------------- r~---------------------------------J

Ri - po - sa - no i mor

- t a - li. Ma____ l’occhiotu - o n o n d o r' - me

Q uesta profondità m editativa, a cui l’ondeggiam ento dei violini evocante


il m istero della notte dà un colorito perfettam ente appropriato, ha qual­
cosa di bachiano: e infatti sia la tonalità che il disegno di semicrom e degli
archi, come pure il contenuto del testo, ricordano vagam ente il famoso
. , t iùii« v ••- ^ » . v ' ^... ir ,
üj i<Si ! . *■ * - r7 ^4 ■ ..
f$- 1 w - , g

... i, Xs.ue . .tf / ì .


\' . & $ ì \ a '
s f•
/ ^• t.» ->-■ *
A •
sP‘ ; #» ^ 4 *.) il-''- ■ ^T ì ■
/ / mfo -
%?.Jl Attim i ^ • »
.............. ........ / r - • 3 " ,
H =■ - - / - 5 ^ ;: J ; r i
■v
r . >:*...
• a . ï?! . r.ii : 5 E J . ’ ± f r ’.'■ i . mrjgSS J trrj ■_
.' ìH •«—ti.X,,,/ ^ ;■ 4 A À *, *

: ce ilo 1^4 ^ 1% ^ Û «
i . * l* ^
ì^ j i^ h u ìO.JJe b ^ .^ 4 r _...

v ,.rrr~"- i r r r : « (L
s-- ^ j ».j ... ^ «“ s F • * .. :r ± :

i ' i <V t ' à *J i i*^ |. :n AxJ —


rj-T ^ä
U -*

'
>, ♦ - 1 - ^

• _
l ■■
«* ___
1 ? 1 J. c. “• ~ HHji
Î *V/ * r ’ *T * <f f : « .-L —

***** — •“ ' jp .- //* .* /" li* >«au'......


"vu. . . 7J .i/wt^£- - . - •"la»w, * jo 1 #»* *** PÄ
/ » ,a - i r ^ ï * h rr,a '« **

Ldìhb H M ~Ì —^>1 —
Si? v—Hl4i^ f cXf ~~
!C U ^-p ~ L U j:
c***77'r
'H *
^ |g * îg M JJl ? ~
\t~Li..rfr. ( if >r ^ - r ^ ^ u « ) v >|p. ip ir# i T-f: l l i -ècf
$ Ì l ||g - S §g§ • 1 ^ - , Q I -:-1 -::7 r7 r7
-J ■ 3*., M H
! ^ / j '-*>.**4 - * * * “ *
,4
*•**•.-
i I *
a s$ ?p
*
;a- v t ' «- ï | s
r«**»
; i a J

Hfe
tó : ?t , ,-i: 1 1 d r | : i* vy ! - J M £ _ g ,/ $ j | a x S

Æ - ? : • H ( , \ ^ *“ T ^ j r . , g ^ f T f e g r g j E f t f c <■ c b à =
P** - - - ^ Q* »-A*.!*££„.„..JSt^ïU; *^£ '■^••r^tUJt,. con - ÏÏL .". X f f a / . XX'
f e ^ : : Jirrn ; f?/ / , , : .g^p? : fe p ^ . i EìlÌUh ':|§ J a .—J ìf* T ? £ ^
J 7P J 1 i I
ë e £->: 1 ~ '
pèaf -: f i ' f : £ £ j* 'f^ r r ^ T 3 ': £ c [ f £r - f 7 7 rF f^3
_ 7 " ■j i g j^ ^ f e t e a ^ S w .j é B r i j ^ j § i to-r:
-. i ■ *’ ;
*}• 7* T o r r V /•

DaU’autograt'o dell’Oratorio S a m u e l : aria «Signor, tua grazia infondi».


(Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
D all’autografo dell’O ratorio S a m u e l : aria «Signor, tua grazia infondi».
^Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
— 116 —

« recitativo della sera » (« Am Abend, da es kühle w ar » ecc.) nella M at­


thäus-Passion di Bach. N aturalm ente non è che u n ’aflinità generica, di quelle
in cui talvolta si incontrano le cose grandi anche a distanza di secoli: e
l’abbiam o notato pili che altro per m ostrare quanto poniam o in alto que­
sta ispirazione m artucciana. Del resto l ’intim a virginalità di essa appare
.evidente dalle battute iniziali della viola sola (v. es. 25) dove quei passaggi
crom atici e triem itonali conferiscono alla m editazione u n ’intensità, u n ’ansia
contenuta che ci porta in un m ondo tutto nuovo, sem pre sul fondo nobil­
m ente torm entato del compositore, m a ora con un respiro pili pacalo e
religioso. Q uest’ansia arm onica perdura in varie sfum ature finché, alle pa­
role « Gli angeli santi tuoi », con u n passaggio di tonalità da sol m inore a
sol maggiore, il quadro si rischiara di dolcissim a luce, cui ancora contri­
buisce, oltre alla nuova melodia, il com m ento orchestrale, con dolci tocchi
di strum enti a fiato e di a rp a :

Esempio 27

dolce ed espress.
T
Canto
Gli angeli santi tuo-i veglino sul miolet-to

Pianoforte ecc.

dove spira un senso di confidente, quasi infantile abbandono religioso. E


in tale atm osfera di serenità m ista a qualche m odulazione più adom brata,
il pezzo delicatissim am ente si chiude. A ltrettanto bella, di un lirism o reli­
gioso ugualm ente profondo benché dì tu tt’altro colorito, è l’aria « Signor,
tua grazia infondi », ove la voce di basso è sostenuta dalla discreta sonorità
del quintetto d’archi più un clarinetto basso: qui il tono è lim pido e dol­
cissimo, per nulla alterato dalle frequenti arm onie crom atiche, di sapore
quasi l'ranckiano, che all’occhio posson sem brare involute e invece nella
elTetlualità sonora risultano affatto spontanee ed espressive, perfettam ente
fuse nella severa polifonia dell’insieme. T anto in quest’aria come nella « Pre­
ghiera della notte » spira, pur nel tono pacato e dolce, un caldo soffio biblico,
— 117 —

che ci fa sentire l’intim a unità d ’ispirazione che lega i due pezzi, ed è già
buon indizio di concezione u nitaria dell’oratorio nel suo complesso. Tale
senso non m anca neppur nell’aria « Loda, o labbro, esulta, o cuore », seb­
bene questa non raggiunga l’altezza e l’originalità delle due suddette, e
sia di un lirism o m eno concentrato e più effuso, non senza una sana traccia
della tradizione dello stile cantabile italiano.

8
5.

TRASCRIZIONI

Una notevole parte dell’attività di compositore M artucci la dedicò alla


trascrizione. Le opere che ne nacquero — parliam o ora di quelle da origi­
nali di altri com positori, che di quelle da originali propri s’è già detto —
hanno una duplice im portanza, cioè artistica e culturale: artistica, comune
a tu tte le trascrizioni in cui una personalità geniale si approprii fino ad
un certo punto l’ispirazione a ltru i; culturale, in quanto rivela una volta di
più l’ampiezza dell’orizzonte m usicale del M artucci, la q u an tità e varietà
degli autori da lui conosciuti e am ati.
Cominceremo a considerare le sue trascrizioni sotto questo secondo
aspetto, perché in un certo senso esso ci sem bra ancor pili im portante
dell’altro.
Diamo intanto l’elenco dei m usicisti da lui trascritti (tenendo conto
naturalm ente solo delle trascrizioni vere e proprie, non delle poche p ara­
frasi e adattam enti di scopo o virtuosistico o pratico): italian i: Lulli, Co­
relli, Scarlatti, Marcello, Galuppi, il Padre M artini, Boccherini, Giuseppe
Sam m artini, Sacchini, Piccinni, Clementi; stra n ie ri: Ram eau, Bach, Händel,
Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schum ann, Chopin. In tu tto sono
dunque venti, a nostra conoscenza (facciamo questa riserva, poiché data la
dispersione di edizioni, non è da escludere che qualche trascrizione ci sia
ancora ignota). Un bel num ero, ci sem bra, e una bella varietà.
Ma ciò che piu im porta notare in questo elenco, è come la cultura m u­
sicale di M artucci si m ostri già da esso ben al di sopra di quella generale
in Italia nel tem po stesso, e come nonostante la sua com prensibile predile­
zione per la m usica strum entale tedesca, alim ento essenziale della sua p a rti­
colare natu ra d’artista, egli spaziasse in realtà nei cieli della m usica d ’ogni
epoca, di ogni nazione e di ogni genere (giacché non pochi dei brani da lui
trascritti sono tolti da opere teatrali): ciò che già fu notato a proposito dei
suoi concerti dedicati alle nazioni, m a che qui ha una prova ancor piu ta n ­
gibile: infine, quanto avanti egli già fosse, senza per questo atteggiarsi a
scopritore o rivelatore, in quella conoscenza del settecento italiano su cui
— 11 » —

si doveva m enar tanto scalpore di novità e di polemica in tem pi più recenti


e fino a tu tt’oggi: e anche questo, del resto, risu lta già nei program m i dei
suoi concerti sinfonici. Certam ente, egli fece una scelta lim itata, ché non
poteva certo trascrivere u n ’intera letteratu ra e neppure averne conoscenza,
dato lo stato degli studi storici di quel tem po, in fondo poi non tanto m u­
tato — checché se ne dica — neppure oggi: ma in quella scelta figurano
molti dei nomi più im portanti, oltre ad uno altrim enti sconosciuto: Giu­
seppe Sam m artini — fratello di Giovan B attista — del quale il Martucci
trascrisse per pianoforte una deliziosa Pastorale, che poi adattò anche per
orchestra — e verrebbe voglia di dire che ci ha rivelato un autore di genia­
lità m aggiore del fratello, dalla cui fam a fu eclissato—-. E in generale, la
scelta è fatta con gusto aristocratico, com’era da aspettarsi da un artista
come il Nostro.
Cosi egli, col suo in tuito geniale, anticipò quel lavoro di ricerca che
poi i musicologi dovevano continuare con m aggior ampiezza m a anche con
m inor discernim ento (sia detto però con tu tti i riguardi per Luigi Torchi e
A min tore Galli che per prim i la portarono innanzi, e senza voler denigrare
le ricerche di altri) perché è certo che fino a tu tt’oggi, al giovane studioso
come al m aturo m usicista, per orientarsi nel m ondo ancora oscuro del set­
tecento italiano e farne una prim a serena valutazione e non una sopravva­
lutazione, non v’è di meglio che scorrere queste eleganti e pur castigate
trascrizioni m artucciane.
T anto per dare qualche esempio, ricorderem o la Gavotta nell’Edipo a
Colono di Sacchini, il Passepied nel Bardano dello stesso, i q u attro pezzi del
Boccherini, tu tte cose assai graziose e graziosam ente trascritte. Né m inore
è l’im portanza culturale delle trascrizioni da m usicisti stranieri, benché in
questo campo il M artucci abbia svolto naturalm ente più vasta opera di dif­
fusione come esecutore, specie come direttore.
L’unica m enda del M artucci trascrittore, sotto l’aspetto storico-filolo­
gico, fu di non citare nelle stam pe delle sue trascrizioni — salvo che per
quelle da opere teatrali — le precise fonti a cui aveva attinto per esse, che
p u r invece aveva annotato nei m anoscritti delle trascrizioni stesse: cosicché,
se non ci fossero stati fortunatam ente conservati questi ultim i, non saprem ­
mo, riguardo alle trascrizioni da Boccherini, G. B. M artini e altri, dove andar
a scovare gli originali. Questa omissione si nota anche in tra sc ritto ri o revi­
sori posteriori — e ben m inori di lui — i quali vi furono indotti probabil­
m ente da gelosia di segretezza per le ... scoperte fatte: ciò che per il Mar-
tueci è assolutam ente da escludersi.
Venendo ora al valore artistico delle trascrizioni m artucciane, esso è
generalm ente pari a quello culturale, e affatto degno della sta tu ra di lui
come interprete e compositore. Sono, in generale, trascrizioni dall’orchestra
al pianoforte: m a ve n ’è anche un piccolo gruppo per pianoforte e violoncello.
— 120 —

da originali non tu tti precisam ente individuati m a alm eno in buona parte
pianistici. L’autografo della raccolta porta la data del 1888: ma dalla data
più giovanile che conosciamo di alcune di esse (1876) può inferirsi che siano
circa tu tte dello stesso tempo. H anno m inor interesse e m atu rità delle altre,
ma già da esse si rivela quel senso di severità e scrupolosa fedeltà all’ori­
ginale che fu sem pre tipico del M artucci trascritto re come dell’interprete.
Ricorderemo qui di questo gruppo le due trascrizioni che abbiam detto
datate del 1876: quella dello Studio di Chopin op. 10 n. 3 e del Largo
della Sonata op. 13 (« Patetica ») di Beethoven, entram be fatte con gu­
sto e sobrietà, anche se non rivelino ancora un fine criterio nella scelta
del mezzo sonoro. Da notare nella prim a, come piccola e non stridente
libertà, l’aggiunta del pedale di dom inante nel violoncello sotto il famoso
passaggio pianistico di « bravura » nella parte centrale.
Le trascrizioni per pianoforte, stando alle date dei rispettivi autografi
o edizioni, appartengono al periodo circa dal 1890 in poi, e presentano dal
pili al meno alcune caratteristiche com uni: tendenza a m antenere tu tte le
note, anche coi raddoppi degli accordi originali, sebbene ciò porti a passi
pianisticam ente in g ra ti: quindi am pio uso e anche talora eccesso di arpeggi:
per contro una certa libertà nelle fioriture, dove si palesa il gusto personale
dell’A utore: nel complesso, com unque, un gran senso di precisione. Ma p u r
in questo sistem a che può parere per certi aspetti un po’ uniform e e mec­
canico, l’originalità del trascritto re ha modo di rivelarsi, come sem pre ac­
cade quando le trascrizioni sian fatte da veri artisti, giacché esse realizzano,
fino al lim ite del possibile, la fusione di due personalità, e al di là di quel
limite lasciano necessariam ente un residuo di dualism o.
E in verità basta prendere una qualsiasi delle trascrizioni del Martucci
per scorgere un’im pronta che le distingue nettam ente da quelle di altri
grandi m aestri del genere, come Liszt e Busoni; qui è tu tta la fisionomia
propria dei suoi fini disegni pianistici, quel gusto dell’arabesco ricco ma
non ridondante, quel brio di sonorità staccate dove si riflette anche il suo
stile di esecutore, e nell’insiem e un sano senso di eleganza, di signorilità,
di classicismo. Ricorderemo, oltre a quelle già citate, le deliziose tra sc ri­
zioni di cinque pezzi di Händel, di sedici « M inuetti » da Serenate, Diverti­
menti e Danze per orchestra di Mozart, di vari brani di opere di Lulli e di
Rameau. E se alcune, come quelle delle Ouvertures di Bach e dei Concerti
grossi di Händel sono poco meno che ineseguibili, perché la polifonia orche­
strale degli originali esorbita dalla possibilità dello strum ento — alm eno
dato il sistem a di trascrizione del M artucci — ad esse resta pur sem pre la
grande im portanza culturale; m entre la m aggior parte delle altre fornirebbe
ottimo m ateriale per variare e rinnovare i program m i dei concerti piani­
stici; e tutte quante sarebbero un’ottim a fonte di studio per i pianisti.
III.

MARTUCCI E LA CRITICA
Dopo aver esam inato le varie opere di M artucci e cercato di rilevare
q u a n to sia in esse artisticam ente più fulgido, ci resta ancora qualcosa da
dire sulle opinioni correnti nell’am biente che direm o cosi professionale nei
riguardi della sua opera; ciò che servirà forse a rendere più chiara la posi­
zione nostra, e a prom uovere in noi stessi e in altri un approfondim ento
della questione di giudizio tu tto ra aperta. Ciò urge di più, in un certo senso,
che non ricordare quanto fu detto e scritto sull’opera del M artucci durante
la sua vita, benché, in verità, le opinioni espresse allora siano state general­
m ente assai più equanim i, più ricche di caldo riconoscim ento e serene nelle
riserve, in un piano di giudizio talvolta elem entare m a tal altra anche acuto
e sensato. Ma una storia o rassegna generale della critica sul M artucci dal
prim o apparire dell’a rtista ad oggi non può farsi in queste pagine. Di alcuni
sc ritti attestanti particolar com prensione, come quelli del Torchi e del Galli,
s ’è già detto; menzione m eritano anche quelli del Filippi, del Nappi ed altri,
di cui riportiam o qualche saggo nelle annotazioni.
Venendo dunque a tem pi più recenti, già abbiam o visto, nell’in trodu­
zione al nostro esame dell’opera del M artucci, come l’am biente m usicale da
un prim o m om ento di complessiva esaltazione di essa sia passato a poco a
poco a un atteggiam ento più sostenuto o a d d irittu ra freddo, come di con­
tegnosa sufficienza: e abbiam o anche visto quale opinione stia a base di
sim ile atteggiam ento, che prevale oggi presso i m usicisti sedicenti più o
m eno « d ’avanguardia ». Il carattere negativo di questa opinione risulta
dallo stesso aggettivo da essi tenuto di pram m atica per fare al Martucci,
come pure allo Sgam bati e ad altri di quel periodo o di simile carattere, il
m iglior com plim ento di cui siano capaci al riguardo: cioè quello di « pio­
niere ». Bella e onorevole parola, in apparenza: m a in realtà lo è soltanto
se usata o nel suo significato proprio, o m etaforicam ente solo per significare
attività di precursione in un campo scientifico o al più culturale in genere,
m entre applicata ad un artista, specie se autore, ha sem pre valore ambiguo.
In altre parole, a chi apra altrui la strad a in esplorazione o scoperte geo-
— 124 —

grafiche o simili è riserbato un posto em inente anche presso i posteri, e


altrettanto avviene, o quasi, nella storia della scienza o m agari della cultura
in genere: ma per l’arte la cosa va diversam ente, perché il vero a rtista
(non ci dovrebbe ormai esser bisogno di ripeterlo) deve prim a di tu tto far
la strada a se stesso, e raggiungere la propria m èta, che è insiem e m èta
universale dell’um anità e solo secondariam ente im pulso all’opera altru i:
altrim enti, se fa della sua m èta un semplice mezzo, viene bensì salutato
come precursore, e gli si fa tanto di cappello, ma il culto maggiore lo si
riserba a quelli che dalle sue preclusioni traggano i frutti veram ente vitali
Ma poi, è veram ente legittim o il rispetto per i precursori, se essi siano pro­
prio anim e aride, cervelli ideatori di semplici form ule o stam pi a cui poi
s’adattino provvisoriam ente le fantasie dei veri artisti futuri? In realtà,
nel comune modo di vedere e di discorrere rispetto ad essi — comune, in­
tendiamo, nel campo m usicale, dove il criterio estetico è tu tto ra assai men
chiaro che in quello letterario — si cela u n ’im proprietà di linguaggio, dalla
quale nasce l’apparenza di un’ingratitudine che non ci dovrebbe essere. E
quest’ingratitudine svanirebbe, se si desse m inor peso nella storia della
m usica a certi cosiddetti precursori che furono poco o nulla artisti, e negli
altri si cercasse di riconoscere quel tanto che abhian di vivo e di lirico e
quindi, in definitiva, di originale: se cioè in sostanza si cancellassero o quasi
le parole di « precursore » e di « pioniere ».
Tornando ora al M artucci, bisognerebbe prim a di tu tto vedere quali
siano i supposti m eravigliosi frutti di cui egli avrebbe preparato l’avvento:
questo per verità non entra nel nostro compito presente, e ci riserviam o di
tornarvi am piam ente altrove: tuttavia, quale sia la nostra opinione in pro­
posito apparirà oram ai ben chiaro ai nostri lettori. Q uanto alla personalità
del M artucci, che essa sia profonda e le sue derivazioni da B rahm s solo
apparenti, ci pare d ’aver m ostrato abbastanza: come aggiunta ci sarebbe
solo da ripetere, senza presunzione, il detto evangelico: «chi ha orecchi
da udire o d a » ; senza presunzione, perché questo è soltanto un invito ad
ascoltare con pili attenzione ed am ore la m usica di M artucci. Se poi, come
certam ente sarà, pili d’uno non verrà per questo smosso dalla propria opi­
nione diversa dalla nostra, pazienza; il tem po deciderà, e la verità verrà a
suo tempo in piena luce, come sempre.
Si può tuttavia con u tilità cercare su che sia fondata quella diversa
opinione, e vedere se in tale fondam ento non si annidi un equivoco: in caso
affermativo, evidentem ente, la giustezza dell’opinione stessa apparirà già
assai dubbia. Questo ci sem bra il solo modo di sottoporre al vaglio del ra ­
gionamento quel fatto interiore im ponderabile, che è l’im pressione estetica.
Ecco: la ragione del parere negativo sulla personalità di M artucci ci
pare di scorgerla in u n ’idea non chiara della originalità artistica in genere,
che da tem po si è diffusa nel m ondo m usicale. Si pensa cioè che gli artisti
pili originali e quindi pili grandi siano necessariam ente «rivoluzionari» : altra
parola che in arte ha un brutto suono, e a nostro avviso sarebbe da bandire
(ma in fondo non è bella neppure in politica perché, anche là, gli spiriti
pili nobili sono bensì liberi, spesso in contrasto con le tendenze dominanti,,
m a non perciò avventati sovvertitori; ciò che vale a m aggior ragione per gli
artisti). Cosa s’intende, in generale, per artisti rivoluzionari? Quelli che
rom pono i ponti col passato, che hanno la m inor possibile affinità coi loro
antecessori. Si pensa in particolare, come a esempi di tal genere, a W agner,
M ussorgsky, Debussy, o, risalendo ad epoche pili rem ote, al Monteverdi.
Perché, sebbene quel criterio si pretenda farlo valere in generale, pratica-
m ente non può applicarsi che a pochi, e in realtà è un criterio insufficiente.
T u tti gli artisti, anche i pili apparentem ente rivoluzionari o, per usare pa­
rola pili m oderata e m eno disadatta, innovatori, derivano vari elem enti di
linguaggio e attitu d in i interiori da altri artisti, perché non vi è a rtista che
non abbia qualche affinità con altri pili o m eno vicini nel tempo e nello
spazio. Ma ve ne sono anche, e non pochi, che non sono neppur form alm ente
o estrinsecam ente innovatori, perché la loro originalità è tu tta al di dentro.
Q uante volte non si è detto — citiam o u n esempio dei pili fulgidi — che il
P alestrina non fu innovatore, perché le sue form e e i suoi procedimenti
contrappuntistici sono ancora quelli dei fiam m inghi? Né si voglia in tal
caso abbassare i fiam minghi alla funzione di precursori; ché fra loro v’e-
ran o autentici geni. In realtà, per m olti aspetti, e non solam ente estrinseci,
il P alestrina è loro parente: eppure chi oserebbe negargli originalità di
creatore?
A ncora: Ludovico da Victoria fu ai suoi tem pi considerato da qualcuno
come im itatore del P alestrina; è soltanto vero che quei due somm i polifo-
nisti, l’uno di poco posteriore, all’altro, hanno notevoli affinità di stile, si da
poter talora venir confusi. Ebbene, oggi, passati pili di tre secoli, v’è persino
chi pone il Victoria, per la sua singolare cupezza dram m atica, al di sopra
del P alestrin a: ciò che è certo giudizio fondato su inclinazioni soggettive e
perciò arbitrario. Ma è pu r certo che il Victoria fu a rtista grandissim o e in
fondo originalissim o. E gli esempi si potrebbero m oltiplicare; ma basti cosi,
per non dilungarci inutilm ente.
Ora, ai tem pi nostri si am a considerare originale soltanto l’arte che
corrisponda a una certa tendenza stilistica attuale, la cui originalità d’al­
tronde dovrebbe venire posta in discussione non m eno che la presunta bel­
lezza delle opere ad essa pertin en ti: ma, anche di questo, altrove. Per que­
sta abitudine di giudizio, si biasim a per esempio in Riccardo Strauss il pec­
cato di w agnerism o: laddove in verità ciò che spesso vizia la sua opera non
è la m ancanza di personalità, m a piuttosto quella di purezza espressiva.
Per il M artucci, la critica non ha neppure la giustificazione di simile equi­
voco: in realtà quelli che lo m isconoscono o lo giudicano con freddezza lo
— 126 —

fanno unicam ente perché non sentono in lui i segni della loro tendenza.
Potrebbero pensare alm eno, costoro, che la sua arte non è di oggi né di
ieri, m a quasi tu tta dello scorso secolo; m a chi giudica senza veli e preven­
zioni non ha bisogno di por m ente a ciò, perché certe opere m artucciane h an ­
no tale freschezza e m odernità da poter essere dette « m usica dell’avvenire »
se l’espressione non fosse razionalm ente im pugnabile e anche in fondo non
molto sim patica: insom m a, hanno il pregio di ciò che non perisce. E di­
rem o di pili: il suo accento personale è cosi forte, che si sente anche in
m olte sue opere delle meno riuscite o m eno profonde: quasi anzi in tutte.
Lo abbiam o notato, ad esempio, nella Tarantella.
Che poi lo si voglia sm inuire m ettendolo a paragone coi grandi della
m usica strum entale tedesca — come pure m olti fanno, più o m eno esplici­
tam ente — è quasi ancor pili ingiusto. Non è questo il luogo di approfon­
dire il problem a della gradazione delle opere d’a rte ; in sede teorica, di
tale gradazione si è negata la legittim ità, dicendo che tu tto ciò che è hello
in sé, lo è assolutam ente e non può venir paragonato con altro: m a pratica-
m ente essa in una form a o nell’altra torna sem pre a galla. In fondo non vi
è contraddizione fra l’esigenza che rafferm a e quella che la nega, poiché
esse poggiano su diverso fondam ento: puram ente estetico quello dell’una,
generalm ente spirituale quello dell’altra. Ma in ogni caso è chiaro che la
gradazione può farsi soltanto fra le opere che abbiano valore positivo, al­
trim enti non sarebbe pili gradazione m a contrasto; e, riconosciuto quel va­
lore, la gradazione nasce spontaneam ente, e la critica non ha bisogno di oc­
cuparsene, anzi non deve occuparsene perché farebbe necessariam ente torto
a chi è im plicato nel confronto. Perché vi può essere si in arte il pili o meno
complesso, il pili o m eno profondo e ricco di problem i spirituali, il pili o
meno perfetto; m a ciò che è puro e lim pido resta tale e non tem e dim inu­
zioni da qualsivoglia rapporto.
Ora, l’opera del Nostro è di quelle che non solo brillano di luce pro­
luda, m a anche di luce assai intensa e complessa. E se ci si provi a porla a
fronte, ad esempio, con quella di un a rtista del passato con cui ha piu d’un
punto di contatto: Domenico Scarlatti, si potrà dire ch’essa sia — anzi è
senz’altro — pili disuguale, m a anche, bisogna soggiungere, più varia d’at­
teggiamenti e pili ricca di travaglio c sofferenza interiore. Ma perché ci fac­
ciamo sorprendere in fallo di confronti dopo di aver proclam ato che essi
sono sem pre sbagliati? Perché è cosi diffìcile alle volte m ettere in luce il
valore di un a rtista m isconosciuto, che si è forzati ad adottare anche metodi
em pirici p u r di m ostrare la poca obiettività di chi lo misconosca.

Abbiamo parlalo in genere di certe opinioni correnti riguardo all’opera


del M artucci. N aturalm ente, vi sono eccezioni e fluttuazioni e sfum ature
“varie. Ora crediam o opportuno fare un cenno particolare di alcuni scritti
— 127

esprim enti opinione più o meno divergente dalla nostra, m a con contraddi­
zioni facenti risaltare più chiaram ente, in sostanza, la non riconosciuta
verità.
Vediamo ciò che dichiarò nel 1911 Ildebrando Pizzetti in una comme­
m orazione del Nostro a Firenze. Il discorso, abbastanza lungo, conteneva
un caldo incitam ento a studiare a fondo l’opera del M artucci compositore,
e a m antenerne vivo il culto altrim enti che con le belle parole e coi m onu­
m enti. Per sua parte poi il Pizzetti esprim eva su quell’opera u n ’opinione,
che è condensata si può dire nei seguenti periodi : « I più hanno sem pre
considerato il M artucci come un pedissequo im itatore dei sinfonisti tede­
schi. Non credo giusto il giudizio. Certo il M artucci derivò dai sinfonisti te­
deschi la form a, l’a rch itettu ra delle sue opere; m a sul tronco delle forme
im itate egli seppe innestare molti viventi ram i di p u ra e fresca melodia...
11 M artucci non ebbe certo petto si forte e capace — come i più grandi a r­
tisti di ogni tem po e di ogni paese — da raccogliere e contenere in esso i
sentim enti più profondi, le passioni più tempestose, di un intero popolo:
ma ebbe vivissimo il sentim ento delle cose m inori, c senti profondam ente
gli affetti dolci e discreti; fu un poeta non della energia m a della grazia,
non del dolore m a della m alinconia; e se cantò la gioia, cantò una gioia
quieta, quasi silenziosa, la gioia delle anim e tim ide e contem plative ».
Ora, se questa opinione non era affatto tale clic vi potessimo sottoscri­
vere, conteneva tu ttav ia alm eno il riconoscim ento dell’originalità e in certo
senso anche della profondità del M artucci compositore. È pertanto singolare
che, circa vent’anni dopo, il Pizzetti nel saggio La musica italiana liell’ot-
tocento abbia dim enticato quel giudizio e quell’incitam ento c si sia espresso
verso il M artucci in modo assai freddo, definendolo « superiore allo Sgam­
bati, m a seguace anch’egli, nonostante il suo metodizzare italiano, dei m usi­
cisti tedeschi da Beethoven a B rahm s »; concedendo che fra i pezzi per pia­
noforte ve n ’è di quelli « che si possono dir belli », ma « di un lirism o poco
profondo », ecc. ccc. ; e dicendo le composizioni strum entali da cam era « per
più ragioni am m irabili », m a « per la m aggior parte ricalcate su modelli
tedeschi, e di valore intrinseco generalm ente scarso » : tu tto ciò per rib a­
dire la tesi precedentem ente svolta, che cioè il bello ed il vivo della m usica
italiana dell’ottocento sia tutto nell’opera teatrale. Ora, è inutile su ciò
fare com m enti dopo quanto abbiam o cercato di m ostrare nei precedenti
capitoli; non possiam o che chiedere a qualunque m usicista che abbia esa­
m inato a fondo e con serenità le opere in questione, o anche soltanto al­
cune, o alcuni tem pi fra i migliori, se sia legittim o parlare a loro riguardo
di « valore intrinseco scarso ».
Ma in generale la stessa critica di tendenza attuale m ostra nel suo at­
teggiam ento verso il M artucci u n ’inquietudine, per cui suo m algrado non
riesce a rim aner ferm a nell’intenzionale diniego: e ciò si vede persino dalle
pagine più fredde del Pizzetti, in quel sem i-riconoscim ento della bellezza
di certe opere pianistiche, che sem bra aspettare solo d’esser chiarito. Ma
meglio quell’inquietudine viene rivelata da un altro critico, il P annain, il
quale nel suo saggio sul M artucci esalta nell’insiem e la di lui figura a rti­
stica, dice parole entusiastiche sull’interprete e su ll’anim atore e rinnova­
tore di cultura m usicale (« M artucci si leva contro la falsità artistica del­
l’am biente con una nobiltà di gesto che lo eleva di mille cubiti sui suoi
contem poranei »): riguardo poi al compositore non supera la riserva fonda-
m entale corrente di cui s’è detto, m a neppure l’accetta com pletam ente: le
sue espressioni m ostrano u n ’evidente perplessità. Comincia intanto a rico­
noscere al M artucci « una schietta n a tu ra di lirico » se non di sinfonista :
distinzione discutibile a rigore di term ini, m a di cui in sostanza s’intende
il senso, simile a quello del giudizio del Pizzetti nel 1911, che cioè il Mar­
tucci sia il m usicista delle piccole cose, delle « form e chiuse » — spiega il
P annain stesso — « nel giro di un breve orizzonte, con lim itata portata
espressiva », m entre nelle form e complesse e so p rattu tto nella sinfonia il
suo tem peram ento sarebbe « com presso dalla soggezione alla form a rigo­
rosa che era giunta a lui attraverso suggestioni di cu ltu ra m usicale a s tra t­
ta ». Ora, poniam o pure per un m omento che questa tesi, che già abbiam o
confutato, fosse vera; quando si è riconosciuto ad un a rtista una schietta
n a tu ra di lirico, non è quanto basta per porlo fra i creatori? Né il Pannain
si ferm a a quella frase isolata, m a ne ripete e ribadisce il succo: e scende a
tali elogi particolari: «Gem me splendenti di pura acqua sono il N otturna
in sol beni., la Canzonetta, la Novelletta, la Giga, il secondo dei pezzi per
violoncello (quell’d ridante che fu, poi, dall’autore stesso orchestrato), la
Preghiera della notte nell’oratorio Samuel, la Canzone dei ricordi, ciclo li­
rico che una voce di donna delinea con m alinconia e il suono di una orche­
stra m ite, quasi velata, l’avvolge come un rim pianto di cose lontane ». Ma
invece pili sotto si legge: «No n sorti un tem peram ento originale di crea­
tore, ma... » ecc. ecc.; e ancora: « La gioia serena della form a libera gli fu
negata: m a nello stesso aver fallito all’opera d’arte definitiva è il m om ento
che meglio definisce la sua figura di m usicista ». Come si conciliano queste
afferm azioni? Se il M artucci ebbe n a tu ra di lirico, se le sue opere prim a
m enzionate sono — come veram ente sono — « gemme splendenti di pura
acqua », vuol dire che il tem peram ento originale di creatore non gli mancò,
e non gli fu negata la gioia della form a: grandi o piccole che fossero, cioè
più o m eno complesse le form e a lui consone, questo è già secondario. Che
poi la contraddizione si concilii, per il P annain, ponendo che la caratteristica
del M artucci stia appunto nell’essere interprete anche quando creda di
creare, questo è gioco dialettico che non risolve il dilem m a: o fu un lirico
o non lo fu. Ma in realtà anche il P annain, p u r non potendo negare la bel-
lezza dell’arte m artucciana, è preso dall’odierno criterio sull’originalità, di
cui abbiam o dianzi parlato.

E basti ora anche sulla rassegna della critica. Per parte nostra, abbia­
mo creduto di vedere l’originalità del M artucci, oltre che nella bellezza delle
singole opere, nello stesso sviluppo interiore che le collega, in ordine che
non risponde sem pre a quello cronologico: cioè come in un espandersi del­
l’anim a m eridionale, che dalla stanchezza languida del sogno crepuscolare
si eleva via via alla visione di u n ’aurora lum inosa, a un senso d’um anità
calda, m editativa, vigorosa se pu r sem pre velata di tristezza e spesso di
travaglio: e abbiam o notato come in questo processo vi sia m olta storia
dello spirito italiano, e anche europeo, della fine ottocento e del prim o nove­
cento, tram onto di u n ’età e alba di u n ’altra che ancor oggi non vuol dive­
nire giorno. Che poi nelle sue opere, segnatam ente in quelle ampie, vi sia
non poco di disuguale e anche di faticoso, questo non infirm a m inim am ente
i tesori di bellezza che vi sono racchiusi.
Tale la nostra intim a convinzione: e se sarem o riusciti a in durre al­
cu n i m usicisti a un più accurato studio dell’opera del Maestro, sicché a
lor volta possano infondere ad altri il culto per essa, potrem o dire d ’aver
raggiunto il nostro scopo. Che poi la piena sua rivendicazione venga presto,
non si può sperare : tali processi di revisione critica sono lunghi, tan to più
in m om enti di confusione di gusto, come il presente. Ma ciò ha poca im por­
tan za: l’a rtista è tale che il ritard o non nuocerà, anzi gioverà alla vera com­
prensione della sua opera. Egli può aspettare: nell’attesa, speriam o, l’aria
si purificherà, e il senso della vera m usica, come quello di tu tte le cose
grandi dello spirito, uscirà forse rischiarato dalla stessa torm enta che pa­
reva travolgerlo.
ANNOTAZIONI
I.
VITA E MISSIONE ARTISTICA
(pagg. 17-36)

1.
(1856-86)

1. — Per le condizioni del gusto m usicale in Napoli nel secolo scorso


v. specialm ente C. Ci .au s e t t i : La vita e l’opera di G. M artucci (nel volume
Capua a Giuseppe Martucci, pag. 87 sgg.).
2. — Su Beniamino Cesi v. S igismondo Ce s i : A p punti di storia e lette­
ratura del pianoforte (ed. Ricordi, s. a.), p. 37 sgg., e A. L ongo : Beniam ino
Cesi, in L ’A rte pianistica, Anno I, n. 1 (Napoli, Gennaio 1914). Sigismondo
Cesi, figlio e allievo di Beniamino, dice di lui che « dopo il padre Napoleone,
suo unico m aestro fu Sigismondo Thalberg, che lo volle allievo dopo averne
constatate le disposizioni eccezionalissime di pianista, all’età di 11 a nni »:
dunque, nel 1856. Il Longo invece, p u r egli allievo di B. Cesi, afferm a che,
m orto im provvisam ente Napoleone Cesi, il figlio Beniam ino fu affidato alle
cure di Luigi Albanesi, degno uomo e m aestro, e da questo, nel 1854, al
Thalberg. Q uanto alla data, è probabilm ente esatta quella indicata dal Cesi
figlio, anche perché nel 1855 e ’56 il Thalberg era im pegnato in giri di con­
certi in America, m entre dopo, fino al 1862, non consta che ne abbia fatto
altri. Riguardo ai m aestri, invece, si può far fede al Longo che nom ina fra
loro l’AIbanesi, sebbene il silenzio del Cesi figlio in proposito sia poco spie­
gabile. Anche della varia attività artistica e culturale svolta da B. Cesi, e
in particolare dell’increm ento da lui dato al culto di Bach, fa fede il Longo
nell’articolo citato. Circa l’assunzione del Cesi alla cattedra di pianoforte
nel Conservatorio di Napoli, Sigismondo dice che la vinse per concorso al­
l’età di diciotto anni, m a che la occupò solo nel 1866.
3. — I certificati sulle « accademie » dei due piccoli concertisti fratello
e sorella son riportati nel volume Capua a Giuseppe Martucci, pag. 176 sgg.;
alcuni stralci di articoli nel num ero speciale della rivista « Sym phonia »
dedicato a M artucci. Ivi si trovano anche particolari sui concerti posteriori
del M., come pure episodi della sua vita scolastica ecc. : insom m a ciò che
in genere riguarda l’attività giovanile. V. anche, per la biografia in genere,
l’Appendice I del presente volume.

9
— 134 —

4. — Su Paolo Serrao v. la nota opera di F. F lo rim o : La scuola m u si­


cale di Napoli e i suoi Conservatori ecc. (Napoli, 1881 - 4), vol. Ili, p. 412
sgg.: e la m em oria di A. L ongo in L ’A rte pianistica, Anno 1, n. 11 (giugno
1914) con annessa la riproduzione di due brevi pezzi pianistici del Serrao:
Triste addio e Scenetta umoristica.

5. — Per gli autografi delle arm onizzazioni dei P artim enti del Mattei
e della F an tasia sulla Belle Hélène di Offenbach v. elenco nell’Appendice IV
del presente volume (n. 1 e 2). L’ultim a pagina autografa della Messa di
(jloria è rip o rta ta in Capua a Giuseppe Martucci (tav. VI) come pure nel n u ­
m ero speciale di « Sym phonia » già citato. Per la cronologia delle opere
del M. in genere, v. Appendice II del presente volume.

6. — Per l’influenza paterna sull’attività esteriore del M. nel periodo


di formazione, v. V a l e t t a : Giuseppe Martucci, p. 8.

7. — V. nell’Appendice I del presente volume il program m a del prim o


concerto sinfonico m artucciano, come pure di altri concerti sinfonici e
pianistici citati nel testo.
8. — V. la lettera del M. al Nappi in Capua a G. M., p. 74; la testim o­
nianza dello Scherillo nello stesso volume, pp. 81-2; e una assai notevole di
G. T e b a l d i n i ibid., p. 9.

9. — Dell’intransigente nazionalism o del Verdi in fatto di cultura m u­


sicale vi sono m anifestazioni in vari b rani delle sue lettere: basti qui ad­
dur ne alcuni: in una lettera al senatore Piroli del 2 febbraio 1883, augu­
rando un ritorno dei Conservatori d’Italia alle originarie istituzioni napole­
tane, ricordava tra l’altro questi particolari di esse: « Profondi erano gli
studii della gram m atica e lingua m usicale : p o c a l ’ e r u d i z i o n e d i m u ­
s i c a n o s t r a n a , n i s s u n a d i m u s i c a f o r e s t i e r a » . (V. / Co­
pialettere di Giuseppe Verdi pubblicati e illu strati da G. C e s a r i e A. Luzio
con prefazione di M. S c h e r i l l o , Milano 1913, p. 319-20); in u n a del 27
aprile 1879 alla Contessa Maffei a proposito del prim o concerto della so­
cietà orchestrale della Scala, diretto pochi giorni prim a a Milano dal Man-
cinelli, com m entava: « M’hanno scritto del concerto, e sta bene: fa onore
al paese m a non so di quanto utile sarà all’arte nostra. I n t e n d i a m o c i
b e n e : l ’ a r t e n o s t r a n o n è l ’i s t r o m e n t a l e » . (Iibid., pag. 525).
Per contro, v. ciò che scriveva all’Arrivabene il 14 luglio 1875: « Non saprei
dirti cosa sia per uscirne da questa ferm entazione m usicale. Chi vuol esser
melodico come Bellini, chi arm onista come Meyerbeer. Io non vorrei né
l’uno né l’altro... L a m e l o d i a e l ’ a r m o n i a n o n d e v o n o e s s e r e
che m e zz i n e l l a m a n o d e l l ’a r t i s t a p e r f a r e d e l l a mu ­
si ca, e se v e r r à u n g i o r n o in cui n o n si p a r l e r à p i ù n é
— 135 -

d i m e l o d i a n é ti i a r m o n i a n é d i s c u o l e t e d e s c h e , i t a l i a n e ,
n é d i p a s s a lo n é d i a v v e n i r e e c c. c c c ., a l l o r a f o r s e c o m i n -
c c r ii i l r e g n o d e l l ’ a r t e . » . (Iibid., p. 622-3).

10. — Sulle prim e esecuzioni w agneriane in concerti in Italia, v. M. Pa-


m zzahdi : W agner in Italia (Genova 1923), vol. II, p. 250 sgg.

2.

(1886- 1902)

1. — Per le condizioni poste dal M. alla sua accettazione del posto di


direttore del Liceo m usicale di Bologna, v. la sua lettera a Alberto Dallolio
— allora assessore preposto alla pubblica istruzione — da questo stesso
rip o rtata nel voi. Capua a G. M., p. 32-3.
2. — Per le prim e rappresentazioni w agneriane in Italia, v. il citato
saggio del P anizzardi, specialm ente nel II voi.
3. — Per le esecuzioni del M ancinelli a Bologna, v. il fascicolo Società
del quartetto in Bologna. 1 prim i cento concerti (1879-1896), Bologna 1897;
dal quale altresi togliam o i program m i dei concerti bolognesi del Martucci
citati nell’Appendice del presente volume.
4. — M artucci e Carducci a Bologna ebbero occasione di conoscersi per­
sonalm ente: v. A. C anoino : Gli u ltim i anni del soggiorno di G. M. a Bo­
logna, p. 2.
5. — Per l’incontro di M artucci con B rahm s, v. M. K a lbeck : Johannes
Brahm s (Berlino 1908-14), vol. IV, p. 113; e L. T o r c h i : G. M. (commemo­
razione della m orte) in RMI, vol. XVI, p. 6G1-2. Di ulteriori rapporti
diretti fra i due m usicisti nulla ci consta. Il Kalbeck riferisce soltanto (voi
cit., p. 463) che egli stesso, avendo nell’agosto 1895 chiesto al B rahm s una
raccom andazione per l’opera di un giovane com positore (richiesta che in
fondo nascondeva lo scopo di aver notizie della salute di B rahm s già in
serio pericolo), ne ebbe la seguente risposta: « Il signor M artucci sa meglio
di me ciò di cui ha bisogno e che vuole avere per Bologna ».
6. — Sull’amicizia fra M artucci e Stanford, v. E . F. D e n t : La musica
inglese moderna nella rivista L ’Esam e, anno III, fase. IX-X (Milano, set­
tem bre-ottobre 1924).
7. — Sulle commemorazioni verdiana e donizettiana, v. i ricordi di
C. Clausetti in Capua a G. M., p. 93, e di R. P r a t i : G. il/., p. 22.
— 136

8. — La lettera di D’Annunzio a M. in occasione dell’esecuzione del


Concerto per pianoforte e orchestra a Bologna fu rip o rta ta per intero da
L. L o n g o in annessione al già citato articolo sul Nostro nella rivista L ’A rte
pianistica; e si può leggere anche nel volume Capua a G. AL, p. 140.

9. — Per l’episodio dell’abbraccio di M artucci a Pollini dopo la prova


del pezzo a 2 pianoforti a Padova, v. la comm emorazione del Pollini tenuta
da G. S a c e r d o t i all’Istituto m usicale di Padova (opuscolo pubblicato a Pa­
dova nel 1912). A prova della venerazione del Pollini per il M artucci basti
qui citare il brano di una lettera a G. A. Fano del 5 maggio 1896 in occa­
sione del concerto beelhoveniano diretto a Bologna dal M artucci pochi giorni
prim a: « Assistei in ispiri to al concerto beethoveniano, di cui lessi nei g io r­
nali lo splendido risultato. Si ricordi di salutarm i caram ente il M artucci,
che ho sem pre in cuore ». Citiamo ancora questo grazioso brano di u n ’altra
lettera dello stesso a G. A. Fano, in d ata del 14 m arzo ’95: « Vidi a Padova
il M artucci, m a un breve istante, perché lo avevano circondato di un solido
cordone sanitario, ed i sospetti individui, come io (chi sa m ai perché?) fu ­
rono tenuti al largo per bene. Che commedie! Ebbi però il tem po di chie­
dergli di lei ecc. ». Quale sia stata l’occasione di questo viaggio del M. a
Padova, non abbiam potuto finora stabilire.

10. — Che la prim a Sinfonia sia costata al M. sette anni di lavoro, è


attestato nel citato articolo com m em orativo dal Torchi, il quale riferisce
d’averlo saputo da lui stesso.

11. — La prim a pagina autografa della lettera di com m iato del M. ai


professori del Liceo m usicale di Bologna è rip o rtata in fac-sim ile dal P a n -
n a i n (da una raccolta di Paola Oietti) in annessione al saggio sul M. nella
rivista Pan, A. 11, n. 4, p. 659.

3.
(1902 - 1909)

1. — Il languire dell’attività concertistica in Napoli d u ran te l’assenza


del M. è p u r esso attestato dagli stessi napoletani (v. S c h e r it .t.o e C l a u s e t t i
in Capua a G. AL, rispettivam ente p. 86 e 92).

2. — P er particolari sul declino e fine del M artucci, v. R. P a g l i a r a :


Gli u ltim i m om enti (in L ’A rte pianistica, A. 1, n. 3, e Capua a G. AL, p. 95
sgg.) e V a l e t t a : G. AL, pp. 18-9.
— i37

II.
L’OPERA
(pagg. 39-117)

9.

(Composizioni pianistiche)

1. — Per una disam ina dei pezzi pianistici del M. del periodo più gio­
vanile, v. L. P e r r a c h i o : L ’opera pianistica di G. M., pp. 76-79.

2. — Riguardo alle due lezioni del finale e di altri brani del Tem a con
variazioni op. 58 un foglio m anoscritto di A. Longo, in possesso del m.° Na­
tale Gailini, attesta che la seconda era considerata dall’A. come la definitiva.

3. — Per le considerazioni del Croce sui rapporti fra la letteratu ra e le


tendenze generali dello spirito in Italia dopo il Risorgim ento, v. in p a rti­
colare il saggio sul Carducci apparso nel prim o fascicolo di « Critica »
(1903) e Storia d'Italia dal 1S71 al 1915 (Bari 1927) a p. 143 sgg., 164 sgg. ecc.

4.
(Composizioni di lirica vocale)

La preferenza data dal M artucci alla prim a rom anza nel gruppo delle
« Pagine sparse » è a ttestata da una sua lettera ad Am intore Galli che ri­
portiam o in Appendice VI, C 6.

o.
(Opere sinfoniche)

1. — Sul m anoscritto con l’appunto di M artucci sull’uso dei corni nelle


sinfonie brahm siane, v. Appendice IV, n. 20 dell’elenco; e facsimili 9 A-R.

2. — Riportiam o il brano più notevole del giudizio di A. Galli sulla


1“ Sinfonia di M. : « L ’im pressione estetica dell’intero lavoro è im ponente e
tragica... vi si sente u n ’agitazione titanica, qualcosa di fatidico, un epico allo
torm ento che si direbbe ripercuota lo spirito di questa fine di secolo, scossa
dai conflitti sociali incipienti e dalla visione di nuovi ordinam enti sociali ».
(Estetica della musica, p. 1023).
— 138

III.
MARTUCCI E LA CRITICA
(pagg. 123-9)

1. — Riportiam o brani da recensioni di giornali m ilanesi su concerti


del M artucci:
La Perseveranza, 12 aprile 1875. Sul prim o concerto dato dal M. a Mi­
lano: concerto pianistico, sala del Conservatorio. L’articolo è di Filippo Fi­
lippi (firma F.).
« Abbiamo udito ieri il pianista napoletano M artucci, un giovane pro­
digioso, che a venti anni è già un grande artista, tanto come esecutore sul
pianoforte, quanto come compositore. Egli fa molto onore alla scuola napo­
letana, a cui appartiene, ed al professore Beniam ino Cesi che fu suo mae­
stro. Convien dire però che ai m irabili risultati che ottiene di già, pili che
la scuola ed il m aestro, deve aver contribuito un ingegno straordinario, una
di quelle nature m usicali per le quali tutto è facile. 11 M artucci ottenne un
successo come dal Rubinstein in poi non ricordiam o l’eguale: successo di
virtuoso e successo di autore, perché invero le sue composizioni, oltre la se­
rietà, l’elevatezza, hanno un’attraen te leggiadria e qualche volta anche ori­
ginalità. Gli si fecero ripetere due pezzi: il suo graziosissim o Im prom ptu, é1
la trascrizione della m arcia del Tannhäuser di Liszt, m eravigliosam ente ese­
guita. Nella prossim a Appendice analizzerem o i pregi del M artucci: intanto
constatiam o con vera compiacenza l’apparizione di questo nuovo artista, che
prom ette di divenire un astro lum inoso». Segue cronaca: pubblico scelto
m a poco num eroso: incoraggiam ento al M artucci di dare un nuovo con­
certo, e invito a m usicisti e buongustai di intervenirvi.
Nei num eri successivi del giornale non abbinili trovato l’analisi qui an­
nunciata, m a invece l’avviso, per il 18 aprile, del secondo ed ultim o concerto
del M artucci, con program m a che riportiam o in Appendice I (prospetto cro­
nologico, ove se ne troveranno pure altri di cui questi articoli parlano) e
il seguente com m ento: « Il program m a è anche piu ricco, pili vario del pri­
mo, ed il giovane a rtista ha esaudito il desiderio dei suoi am m iratori, ripe­
tendo le sue belle composizioni che dom enica scorsa destarono tanto entu­
siasm o ». Non v’è poi alcuna recensione del concerto stesso.

Gazzetta Musicale di Milano. 12 giugno 1881. Sui prim i concerti sinfo­


nici di M artucci a Milano. Articolo firm ato A cuto (pseudonim o di Federigo
Polidoro). R iportiam o solo un brano:
« Questo giovane aggiunge alle conoscenze m ultiple di ogni ram o del­
l’arte una ra ra abilità di direttore d’orchestra; la sua erudizione, le sue per­
fette cognizioni dello strum entale, il suo gusto, la sua calm a nel guidare, ne
han fatto un direttore eccezionale ».
139 —

Id., 30 Maggio 1880. Sulla prim a esecuzione del Concerto per pianoforte
di M. a Bologna. Corrispondenza a firma Samiel. Riportiam o:
« ...Non oso procedere ad una analisi del suo grande Concerto per pia­
noforte e orchestra, giacché dopo una sola udizione la ritengo tem eraria
im presa. Sarebbe vera profanazione il tra tta re leggermente un lavoro di
tanta mole e di tanta im portanza. Accenno ad alcune impressioni generiche,
m a non garantisco che siano infallibili. 11 Concerto è diviso in tre tempi. E*
voce concorde di coloro che l’hanno sentito piu volte che il prim o tempo
sia il m igliore; io non voglio negarlo, quantunque senta di condividere la
sentenza dei colleghi più per intuito che per avere nel mio cervello una idea
chiara, precisa ed ordinata di tutte le ardite bellezze sparsevi con profusione
dal compositore. Ciò che rilevai tosto, si fu che né l’orchestra è ausiliaria
del pianoforte, né questo di quella: am bedue hanno uguale im portanza, sono
am bedue anim e di uno stesso corpo; i loro episodi, molteplici, si alternano,
s ’inseguono, si fondono in un solo canto eroico-appassionato; e questo im ­
petuoso duetto dà luogo a quei nuovissimi e veram ente peregrini im pasti
strum entali di un effetto irresistibile, im pasti che ti danno in una guisa af­
fatto nuova ora la m assim a serenità, ora le pili dolci sm orzature; im pasti
che ti arrotondano le asperità degli ottoni c ti rinvigoriscono, ti trasfo r­
m ano in un suono pili rude -— quasi m etallico — la m ellifluità vellutata de­
gli archi. Delizioso YAndante e piacevolissimo lo Scherzo [sic], il cui tem a
ha una lontana im pronta beethoveniana ». Segue elogio all’esecuzione, cro­
naca ecc.

Id., 22 Maggio 1887. Lungo articolo di G. B. Nappi sulla prim a esecu­


zione a Milano del Concerto di M artucci. Citiamo a b ran i:
« ... Questa sua ultim a composizione non può, a nostro avviso, trovare
un’esatta definizione nel modesto appellativo di Concerto datole dall’autore.
P er me invece tale lavoro è una grande opera sinfonica, in cui il pianoforte
— p u r am m ettendo che in alcuni punti abbia una più grande preponderan­
za — viene a dare m aggior forza ed efficacia al concetto m usicale. Se non
si volesse poi passarm i per buona questa definizione, bisognerebbe dire allora
che questo del M artucci si sottrae del tu tto alle form e convenzionali del
cosi detto Concerto, genere che, salvo alcune poche eccezioni, non è mai
entrato nei miei gusti. [Spiega p o i: per il carattere prevalentem ente virtuo­
sistico di esso]. Nel suo Concerto in si bemolle m inore, si sente la grande
influenza di Schum ann, influenza che non vincola il giovane compositore
ad un’imitazione servile... ma che pu r trapela nella vivacità del colorito,
nell’intonazione vibrata ed appassionata dell’insiem e. — Il M artucci volle
dare alla parte sinfonica un grande rilievo. L’orchestra... non è la schiava
um ile som m essa del pianoforte, m a, se m i si perm ette il retoricism o del
raffronto, quasi una sposa affettuosa che lo segue, lo asseconda efficacemen-
140 —

te... per vivificare i vari concetti con novità e forza d ’espressione. — Inteso
a raggiungere costantem ente questo connubio ideale, il M artucci pecca qual­
che volta di esuberanza. E suberanza di particolari, di episodi, di dettagli a
cui solo si deve incolpare se le idee dom inanti del lavoro, sem pre nobilissi­
me, appaiono indecise alle prim e udizioni, perché avviluppate da questo
ricco trapunto istrum entale, che serpeggia del continuo con l’irrequietezza
di andam enti pianistici ed orchestrali ». Segue dicendo, coi pili, che il prim o
tem po è il migliore, per 1’« introduzione irrom pente del pianoforte... l’ap­
passionata proposta del soggetto... il secondo tem a in re bemolle, ideale, pie­
no di finezze ecc.... L ’Andante è forse... il piti indeterm inato: c’è quasi l’a­
spirazione alla melwtia infinita, la quale pili che nel pianoforte campeggia
nell’orchestra, e soprattutto nei violoncelli. — Nel finale c’è una foga, una
nervosità veram ente m eridionale... M artucci è un esecutore colossale », ecc.

Perseveranza, 29 novem bre 1896. Sulla prim a esecuzione della I Sin­


fonia di M artucci diretta dall’autore il giorno prim a. Articolo assai lungo
di G. B. Nappi (sigla A'.) da cui togliam o questo periodo nobilm ente sintetico:
« Io consacrerò qui con profondo godim ento d’artista, le m odeste forze
del mio ingegno, all’illustrazione di quest’opera, fru tto di m aturanza, di
profondità, espressione orchestrale di pensiero, solido edificio che resterà
perpetuo esempio di ciò che può fare chi, m ai pago di sé, non ubbriacato
dai fum i di una gloria passeggera, ha studiato, lavorato, con abnegazione
eroica, m irando solo a soddisfare le esigenze della sua coscienza... ».

Gazz. m us. di Milano, 12 dicem bre 1895. Sulla stessa occasione di cui
sopra. Lungo articolo di G. Anfossi. R iportiam o:
« In questa Sinfonia il prim o tem po risulta, quale deve regolarm ente
essere, il pili im portante per lo sviluppo straordinariam ente ricco e per
l’eloquentissim o e persuadente discorso sinfonico. — Se p u r si riscontra
qualche libertà di form e è nell’A/u/anfe, in cui il m usicista ha trovato uno
slancio lirico cosi superbo, che vi trasp o rta ad d irittu ra in un m ondo su­
periore. — L ’Allegretto è un vezzo, m a un vezzo regale; ogni nota è una
gioia. — Il Finale, a p arer mio, è l’elogio della Sinfonia stessa, l’inno trio n ­
fale della idea che trova nella form a la veste del suo io.....la prepotente in ­
cisiva apostrofe squillante degli ottoni dà a tutto il discorso polifonico un
carattere di vittoria clic ci conquide », ecc.

Perseveranza, 28 aprile ’99. Articolo del Nappi sul Concerto per pf. e
orch. di M. eseguito dall’A. sotto la direzione di Toscanini. In p arte ripro­
duce l’articolo sopra riportato dalla Gazz. m us. del 1887, m a con alcune ag­
giunte e modifiche di un certo rilievo, specie riguardo all’Am /anfe:
141

« ... Clou della serata fu il Concerto in si bemolle maggiore del Mar-


tucci. Non è il caso di giudicare il lavoro alla stregua della sua fede di na­
scita, perché oggi, dopo quindici anni, si può dire soltanto che il dom ani
avrebbe diritto di esserne padrino, tan to l’opera d’arte è apparsa ieri vera
precorritrice nel suo tem po ed oserei afferm are anche nell’epoca presen­
te... — L’Andante è vago: aspira «piasi alla melopea che predom ina in or­
chestra, la rjuale vuole a protagonisti i violoncelli; è una pagina deliziosa che
si sarebbe voluta riudire, tanto piacque... ».

2. — Il saggio del Pizzetti: La m usica italiana dell’ottocento, è nel vo­


lume L ’Italia e gli italiani del sec. XI X, raccolta di scritti di vari autori a
cura di Iolanda De Blasi (Firenze 1930). Per gli altri scritti citati in questo
capitolo, v. bibliografìa e annotazioni ai capitoli precetlenti.

3. — Dopo di aver finito il presente saggio, non m olto prim a di dare


il m anoscritto in tipografìa, ci è venuto sott'occhio un articolo di D. De Pao­
li: Musiche di M artucci nel quarantennio della m orte (nel Radiocorriere
n. 22 del 1949) da cui ci piace citare largam ente perché, venendo esso da
uno scrittore notoriam ente « avvenirista », ci dim ostra come anche alla
p arte tendenzialm ente avversa la fulgida luce di verità che em ana da certi
artisti im ponga prim a o poi il riconoscim ento, ancorché lim itato — come
si vede, nel caso presente, specialm ente da brani che non riportiam o — da
criteri erronei:
« Certa tendenza, m olto in voga da qualche anno, considera M artucci
un m usicista « superato »; forse in grazia di queirillusorio concetto di « pro­
gresso » nell’arte, «piasi che le conquiste tecniche ed il rinnovam ento del
linguaggio bastassero a costituire, nell’arte, un autentico progresso... Sul
com positore certa critica è stata veram ente un po’ troppo sbrigativa. Che
la m usica di M artucci riveli la data di composizione è indubbio, m a non è
un difetto cosi grave; che essa m ostri influenze schum anniane e brahm si»-
ne non è m eno certo, m a siam o tu!ti figli di qualcuno... Ma né l’insegnam en­
to di Schum ann, né quello di B rahm s soffocarono com pletam ente quella
personalità che M artucci indubbiam ente aveva, ché se le form e ed il lin­
guaggio m artucciani sono di indubbia origine schum anniana e brahm siana,
la spontaneità, la freschezza, certo lum inoso entusiasm o che si sprigionano
dalle sue pagine migliori, certo ripiegarsi su sé stesso in una intim ità tra ­
sognata e nostalgica, certa m alinconica tenerezza che trovano la loro espres­
sione in pagine m inori, sono ben latine, sono ben italiane. E se nella non
scarsa produzione m artucciana — che porta tu tta il segno di una nobiltà
ideale, di una sapienza tecnica impeccabile, d’un senso autocritico che vor­
rem m o trovare pili spesso anche nei m usicisti di oggi — molte pagine por-
tano il segno del tempo... altre ve ne sono, in cambio, che conservano una
loro vita, una loro freschezza, che ci portano ancora oggi la voce viva di
un artista autentico: i due trii, l'Adagio e l'Allegretto fma perché /’Adagio
e non invece il prim o tempo?] della Sonata per violoncello e pianoforte,
qualche episodio della Canzone dei ricordi... » ecc. E conclude riconoscendo
la figura di Giuseppe M artucci « fra le più alte e nobili della nostra musica,
creatore, insegnante, interprete e, sotto un certo aspetto, precursore: artista
completo e di razza ».
A P P E N D I C I
\

A P P E N D IC E I.

P R O SP E T T O CRO N O LO G ICO DELLA V IT A DI M ARTUCCI

1856 - 6 g e n n a io - G iu s e p p e M a rtu c c i n a s c e a C a p u a — p r im o g e n ito d i 8 fi­


g li — d a G a e ta n o e Ò rs o la M a rtu c c ie llo . ( R is c o n tr a to a l C o m u n e d i C a p u a ,
U fficio d i S ta to C iv ile : R e g is tr o d e i n a t i d e l 1856, P a r t e I, a tto n . 3).

1860 - 29 o tto b re -2 n o v e m b re - A s s e d io e p r e s a d i C a p u a d a p a r t e d e lle t r u p p e


s a r d o - g a r ib a ld in e : c a n n o n e g g ia m e n to e in n i g a r ib a ld in i r im a n g o n o im ­
p r e s s i n e lla m e m o r ia d i M.
D o p o l ’a n n e s s io n e d e lle d u e S ic ilie a l R e g n o d ’I ta lia la f a m ig lia M a r­
t u c c i s i t r a s f e r is c e a P o z z u o li, o v e G iu s e p p e r ic e v e d a l p a d r e i p r i m i
in s e g n a m e n ti m u s ic a li.
1864 - 11 d ic e m b r e - Dà a P o z z u o li c o n la s o r e llin a T e r e s a la p r im a « acca­
d e m ia » o e s e c u z io n e p ia n i s t i c a p u b b lic a .

1865 - 8 d ic e m b r e - A ltra a c c a d e m ia d e i d u e p ic c o li a C a p u a .
1866 - 4 g e n n a io - Id . a S. M a ria C a p u a V e te re .
7 g e n n a io - Id . a C a s e rta .
22 g e n n a io - I d . a A v e rsa .
1 f e b b r a io - I d . a N o la.
4 f e b b r a io - I d . a M a rig lia n o .
(?) f e b b r a io - D u e a c c a d e m ie a M a d d a lo n i p e r le u ltim e s e r e d i c a r ­
n e v a le .
25 (?) f e b b r a io - A c c a d e m ia a T o r r e A n n u n z ia ta .
4 m a rz o - I d . a C a s te lla m m a re d i S ta b ia .
2 a p r il e - I d . a P o z z u o li.
19 (?) m a g g io - P r im a e s e c u z io n e d e i d u e a N a p o li p e r g li a lu n n i d el
L ic e o V itto r io E m a n u e le .
16 (?) g iu g n o - A ltra e s e c u z io n e a N a p o li p e r g li a l u n n i d e l C o lleg io
d e ll’I m m a c o la ta .

1867 - 7 a p r i l e - N u o v a « a c c a d e m i a » d e i d u e p ic c o li a N a p o li, n e l C o lleg io


d e i n o b ili a l V ic o N ilo . L ’im p r e s s io n e è m a g g io re d e l s o lito . Il M a rtu c c i
d à a n c h e p r o v a d e lle su e a t t i t u d i n i a lla c o m p o s iz io n e e a l l’im p r o v v is a ­
z io n e e s e g u e n d o t r a l ’a l tr o u n a s u a Polka. Il p ic c o lo a v v e n im e n to m u s i­
c a le è q u e s ta v o lta s e g n a la to a s s a i fa v o r e v o lm e n te d a lla s ta m p a n a p o -

N. B. — I program m i di concerti che si trovano in questo prospetto son riprodotti


in parte direttam ente dagli stam pati originali, in parte da recensioni di giornali, in
parte da pubblicazioni qui citate nelle annotazioni c nella bibliografìa. Il prospetto è
ancora necessariam ente assai incompleto, m a lo poniamo come base di u lteriori ricerche.
— 146 —

le ta n a (La Finanza, Avvenire, La Patria, Giornale di Napoli, Gazzetta


musicale di Napoli).
In <|uel te m p o v ie n e s e n tito p r iv a t a m e n te d a B e n ia m in o C e si il q u a le
lo in c o r a g g ia a c o n c o r r e r e p e r u n p o s to g r a tu ito a l C o n s e r v a to r io d i
S. P ie tr o a M aiella. C o n c o rr e in f a t ti e d è a m m e s s o in C o n s e r v a to r io c o m e
a lu n n o « e s te r n o ».

1868 - V in c e n e llo ste sso C o n s e r v a to r io u n c o n c o r s o p e r p o s to d i a lu n n o « i n ­


te r n o ».
4 o tto b r e - Dà a n c o r a u n ’« a c c a d e m ia » c o n la s o re lla n e lla s a la d e l C o l­
le g io d e i n o b ili.
1869-71 - In q u e s ti t r e a n n i si a s tie n e d a e s e c u z io n i p u b b lic h e , tu tto r a c c o lto
n e llo s tu d io in C o n s e r v a to r io s o tto la g u id a d i B. C esi p e r il p ia n o f o r te ,
d i P a o lo S e r r a o p e r la c o m p o s iz io n e . S c r iv e i p r i m i p e z z i: u n « t r i o »
p e r p ia n o f o r te , v io lin o e v io lo n c e llo s u lla Belle Hélène d i O ffe n b a c h ( c f i\
A p p . IV, n. 1 d e ll’e le n c o ), e q u a t tr o Polke p e r p ia n o f o r te c h e il p a d r e
fa s ta m p a r e .

1871 - 29 o tto b r e - Si p r e s e n ta d i n u o v o al p u b b lic o n a p o le ta n o n e l T e a tro -


f ila rm o n ic o , c o n la s o re lla T e r e s in a c d u e c o n d i s c e p o li: il v io lin is ta
P in to e il v io lo n c e llis ta M a se lli. E s e g u e u n a F a n ta s ia d i T b a lb e r g su lla
Norma, u n a d i L is z t su u n a Tarantella d i B o s s in i, e u n a p r o p r i a s u lla
Forza del destino.
N ello ste s s o a n n o la s c ia il C o n s e r v a to r io p e r v o lo n tà d e l p a d r e .

1872 - P u b b lic a p e r la p r i m a v o lta su e c o m p o s iz io n i p r e s s o la d itt a R ic o r d i


(3 Capricci p e r p f . o p . 2).

1873 - 23 f e b b r a io — D à u n a ltr o c o n c e r to a l C o lle g io d e i n o b ili, s o n a n d o a n ­


c h e a d u e p ia n o f o r t i c o l C esi.
— C o n c o r r e a u n a c a tte d r a d i p i a n o f o r te in C o n s e r v a to r io o tte n e n d o
b u o n a c la s s ific a .

1874 - F e b b r a io - E se g u e u n Trio d i R u b in s te in in c a s a d i P ie tr o C la u s e tti.


In o c c a s io n e d e lla v e n u t a a N a p o li d i R u b in s te in g li v ie n e p r e s e n ­
ta to : q u e g li lo v u o le a s c o lta r e e n e r im a n e e n tu s ia s ta .
- S u o n a a R o m a in d u e c o n c e r ti, al s e c o n d o d e l «piale a s s is te L isz t c h e
lo a m m ir a e lo in c o ra g g ia . V ie n e in v ita to a l Q u ir in a le p r e s s o la p r i n c i ­
p e s s a M a rg h e rita .
— Dà u n a ltr o c o n c e r to a N a p o li c o n m u s ic a d i M o z a rt, B e e th o v e n ,
S c h u m a n n , M e n d e ls s o h n , C h o p in .

1875 - 11 a p r il e - S u o n a la p r i m a v o lta a M ila n o n e lla sa la d e l C o n s e rv a to rio .


I n p r o g r a m m a , t r a l ’a ltr o , i s u o i p e z z i: 1“ Melodia, Impromptu, Capriccio
di concerto e la t r a s c r iz io n e d i L isz t d e lla M a rc ia d e l Tannhäuser.
R e c e n s io n e e n tu s ia s ta d e l F i l i p p i n e lla Perseveranza.
18 a p r i l e - 2" c o n c e r to a r ic h i e s ta . P r o g r a m m a : M o z a rt: Adagio d e lla
13“ S o n a ta ; B e e th o v e n : Sonala in d o m a g g io re (se n z a in d ic a z io n e p iù
p r e c is a ) ; C h o p in : 2 Preludi e Scherzo in si b. m in o r e ; R u b in s te in : 4"
Barcarola e Studio in fa o p . 2 3 ; M o z a rt: Q u a r te tto in so l m in o r e p e r p f.
e a r c h i ; M a rtu c c i: T' Melodia, Impromptu, Capriccio di concerto (p ez zi
a r ic h i e s ta ) , 2* Melodia, Barcarola, Studio di concerto.
L a Gazzetta musicale d e l 18 a p r il e a n n u n c ia c h e in s e g u ito a q u e s ti s u c ­
c e s s i l ’e d i to r e T ito R i c o r d i h a a c q u is ta to la p r o p r ie tà e s c lu s iv a p e r t u t t i
i p a e s i d i tu tte le su e c o m p o s iz io n i g ià s c r i t t e e d a s c r iv e r e . (T a le e s c lu ­
s iv ità p e r ò d u r ò so lo a lc u n i a n n i).
— G iu g n o -s e tte m b re - D im o r a a L o n d r a o v e p a r t e c i p a a v a r i c o n c e r ti:
— 148 —

v ie n e p r o c la m a to « p ia n is t o f c o n t in e n t a l fa m e ». S u o n a p o i a n c h e a
D u b lin o .
— 2(i n o v e m b re - S u o n a a M ila n o c o l v io lo n c e llis ta A lfre d o P ia tt i e c o l
p ia n is ta C. D u c e i. A l c o n c e r to p a r te c ip a n o a n c h e la s o p r a n o B e n n a ti e
il f la u tis ta B r ic c ia ld i. P a r ti d e l p r o g r a m m a e s e g u ite d a M a rtu c c i: W a g n e r,
M a rc ia d e l Tannhäuser p e r p f . a 4 m a n i (c o l D u c e i) ; M a rtu c c i: Souvenir
de Milan, Notturno, Caprice en forme d’étude; B e e th o v e n , Sonata p e r
p f. c c e llo (col P i a t t i ) ; C h o p in , Polacca p e r p f . e c e llo (id .).
— 28 n o v e m b re - A ltro c o n c e r to d a to a M ila n o c o l P i a t t i c c c . E se g u e
d i s u e c o m p o s iz io n i u n a fuga a 2 p a r t i , romanza e scherzo ( m a n c a n o a l tr e
in d ic a z io n i - C fr. e le n c o c o m p o s iz io n i) .
C o n c o rr e a u n p o s to d i p ia n o f o r te a l C o n s e r v a to r io d i N a p o li o tte ­
n e n d o l ’e le g g ib ilità . (L a c a tte d r a p e r ò è d a ta a C o s ta n tin o P a lu m b o ).

1877 - I n iz ia u n g ir o d i c o n c e r ti in I ta lia c a l l’e s te r o ( F r a n c ia c I n g h ilte r r a )


c o l v io lo n c e llis ta A lfre d o P ia tt i. In e s ta te s u o n a n o a T o r in o al T e a tr o
S c rib e .
1878 - 17 m a rz o - P r i m a e s e c u z io n e d e l Quintetto d i M a rtu c c i, p r e m ia to p e r
c o n c o r s o , a lla S o c ie tà d e l Q u a r te tto d i M ila n o : a l p ia n o f o r te l ’a u to r e ,
p r im o v io lin o il W ilh e lm j.
— A p rile -m a g g io - C o n c e rto d i M. a P a r ig i.
— 10 m a g g io - S u o n a al T r o c a d e r o ( a n c o r a c o l v io lo n c e llis ta P ia tt i) p r e ­
s e n te il R u b in s te in c h e lo p r o c la m a g lo r ia ita lia n a .

1879 - S u o n a la p r im a v o lta a lla S o c ie tà d e l Q u a r te tto d i N a p o li, is t i t u i t a d a i


m e c e n a ti te d e s c h i S to ltz c P fis te r : e s e g u e m u s ic a d i D o m e n ic o S c a r la tti.
— S i u n is c e in m a tr im o n io c o n M a ria C olella.

1880 - E ’ n o m in a to p r o f e s s o r e al C o n s e r v a to r io d i N a p o li in s e g u ito a c o n ­
c o rs o p e r tito li.

1881 - 23 g e n n a io - D ir ig e il p r im o c o n c e r to d e lla S o c ie tà O r c h e s tr a le d i N a ­
p o li f o n d a ta d a l p r i n c i p e d ’A rd o re . Il p r o g r a m m a c o n t ie n e la Sinfonia
in so l m in o r e d i M o z a rt, l’o u v e r tu r e Leonora n. 3 d i B e e th o v e n , q u a t tr o
p e z z i d e l Sogno d’una notte d’estate d i M e n d e ls s o h n .
S e g u o n o n e llo ste s s o a n n o a l t r i t r e c o n c e r ti p e r q u e lla S o c ie tà .
G iu g n o - P r im o su o c o n c e r to o r c h e s tr a le a M ila n o . In p r o g r a m m a tr a
l ’a l tr o B e e th o v e n , c Scherzo d i M e n d e ls s o h n ( e v id e n te m e n te q u e llo d e l
Sogno di una notte d’estate).
1883 - 13 m a rz o - C o m m e m o ra a N a p o li il tr ig e s im o d e lla m o r te d i W a g n e r,
e s e g u e n d o t r a l ’a ltr o , p e r la p r im a v o lta in q u e lla c ittà , il p r e lu d i o d e l
Parsifal.
— 8 o tto b r e - N a s c e a N a p o li s u o fig lio P a o lo .
- N e ll’a n n o v ie n e p r e m i a to il s u o p r im o Trio a lla S o c ie tà d e l q u a r ­
te tto d i M ilan o .
F in e a n n o - S u o c o n c e r to a l Q u a r te tto d i M ila n o c o m e p ia n is ta e c o m ­
p o s ito r e (? o f o rs e q u e s to c o n c e r to si id e n tif ic a c o l seg.).

1884 - G e n n a io - E s e g u e il p r im o Trio p e r la s te s s a S o c ie tà a M ilan o .


12, 14 e 15 g iu g n o - D ir ig e t r e c o n c e r ti d e l l’o r c h e s tr a n a p o le ta n a a l ­
l ’e s p o s iz io n e d i T o r in o . N e i p r o g r a m m i, t r a l ’a ltr o , le s in f o n ie V e V I d i
B e e th o v e n , Ouvertures d i W e b e r, M o z a rt, C h e r u b in i, M e n d e ls s o h n , S c h u ­
m a n n , b r a n i w a g n e r i a n i, p e z z i d i S a m m a r tin i, B o c c h e rin i, S c a r la tti, e c c .

1886 - 31 g e n n a io - P r im a e s e c u z io n e d e l su o Concerto p e r p ia n o f o r te e o r c h e ­
s tr a , a N a p o li: a l p f . l ’A., d i r e t t o r e d ’o r c h e s tr a P . S e r ra o .
— 149 —

— 20 f e b b r a io - I d e m a R o m a : a l p f . l ’A., d i r e t t o r e d ’o r c h e s tr a E tto r e
P in e lli.
9 m a g g io - D ir ig e il p r im o su o c o n c e r to a lla S o c ie tà d e l Q u a rte tto d i
B o lo g n a . I n p r o g r a m m a , t r a l ’a ltr o , la Pastorale d i B e e th o v e n , Le Grotte
di Fintjal d i M e n d e ls s o h n , Le carnaval Romain d i B e rlio z .
— M aggio - D ir ig e iv i u n a l tr o c o n c e r to o r c h e s tr a le , e v i e s e g u e il p r o ­
p r i o Concerto p e r p f . s o tto la d ir e z io n e d i F . S a r ti.
7 g iu g n o - E ’ n o m in a to d i r e t t o r e d e l L ic e o M u sic a le d i B o lo g n a . T ie n e
q u e s ta c a r ic a fin o al 1902.
— 22 g iu g n o - E ’ n o m in a to m a e s tro d i c a p p e lla d e lla c h ie s a d i S. P e ­
t r o n i o d i B o lo g n a (C fr. A p p . V I).
— O tto b r e - D irig e n e lla s te s s a C a tte d ra le u n a Messa d i C h e r u b in i (c fr.
A p p . V, A 3), c h e è c e r ta m e n te la c o s id d e tta Messe da sacre in la m ag g .
(c fr. A p p . IV , 9, d a c u i r is u lta p u r e c h e n e ll’a g o s to d e llo ste sso a n n o M.
e r a a N a p o li).

1887 - 5 f e b b r a io - A ssiste a M ila n o a lla p r i m a d i Otello (?) (v. G a t t i : Verdi, II,


383: p e r c o n tr o c f r . le tte r e d i M. a l m a r c h e s e F ilia s i c h e r ip o r t ia m o in
A p p . V, A 5).
- 24 a p r il e e 1° m a g g io - D ir ig e d u e c o n c e r ti o r c h e s tr a li a lla S o c ie tà
d e l Q u a r te tto d i B o lo g n a . N e l p r im o , t r a l ’a ltr o , l’o u v e r tu r e d e l Fidelio
e la I Sinfonia d i S c h u m a n n ; n e l s e c o n d o . W i l l Sinfonia d i B e e th o v e n
e il p r e lu d i o d e l Tristano e l ’o u v e r tu r e d e l Vascello fantasma d i W a g n e r.

M aggio - D ir ig e c o n c e r to s in f o n ic o a lla S o c ie tà d e l Q u a r te tto d i M ilan o


o v e es e g u e c o m e p ia n i s t a il su o Concerto (1* e s e c u z io n e m ila n e s e ). A ltri
p e z z i in p r o g r a m m a : VIII Sinfonia d i B e e th o v e n , Rouet d’Omphale d i
S a in t-S a ë n s , o u v e r tu r e d e l Flauto magico d i M o z a rt. F u o r i p r o g r a m m a
e s e g u e a l p ia n o f o r te 3 s u o i p e z z i: Barcarola in m i b. m a g g ., Scherzo
in m i m ag g ., Toccata. R e c e n s io n e e n tu s ia s ta d e l N a p p i n e lla Gazzetta
musicale di Milano.
1888 - 8 a p r ile - 9 m a g g io - D irig e d u e c o n c e r ti o r c h e s tr a li a lla S o c ie tà d e l Q u a r­
te tto d i B o lo g n a . T ra l ’a ltr o , n e l p r im o l ’o u v e r tu r e d e lla Vestale d i S p o n ­
t i n i , la II Sinfonia d i B e e th o v e n e la Faust - Ouverture d i W a g n e r ; n el
s e c o n d o l ’o u v e r tu r e d e lla Bidone d i P i c c i n n i e la V Sinfonia d i B e e th o v e n .
— 2 g iu g n o - D irig e al C o m u n a le d i B o lo g n a la p r i m a e s e c u z io n e in I t a ­
lia d el Tristano d i W a g n e r.

1889 - 14 a p r i l e - S u o c o n c e r to p ia n is ti c o a lla S o c ie tà d e l Q u a r te tto d i B o lo g n a .


P r o g r a m m a : B a c h , Concerto in r e m in o r e p e r c e m b a lo e o r c h e s tr a d ’a r ­
c h i ; B e e th o v e n , Sonata o p . 27 n . 1; S c h u m a n n , Romanza in fa d ie s is
m ag g .. Novelletta in s i m in .; C h o p in , Polacca in fa d ie s is m in .; M ar-
tu c c i. Serenata o p . 38, Toccata o p . 61 n . 2, Tema con variazioni o p . 58.
— 28 a p r il e , 5 m a g g io e 12 m a g g io - D irig e c o n c e r ti o r c h e s tr a li a l Q u a r­
te tto d i B o lo g n a , il p r im o e d il s e c o n d o a n c h e c o n c o r i. (C o ro d i p r ig io ­
n ie r i n e l Fidelio d i B e e th o v e n , c o r o d i c a c c ia to r i n e ll’ Euryanthe d i
W e b e r, d u e s c e n e d e ll’A rm id a d i L u lli p e r s o p r a n o , c o r o e o r c h e s tr a :
p e r so la o r c h e s tr a n e i p r o g r a m m i l ’o u v e r tu r e d e l Manfredo d i S c h u ­
m a n n , Sinfonie I c III d i B e e th o v e n , P r e lu d io d e l Parsifal e d e i Maestri
Cantori d i W a g n e r, e c c .).

1890 - 9, 16 e 23 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l Q u a r te tto d i B o lo g n a . In p r o ­
g ra m m a tr a l’a l tr o : S in fo n ie III d i B r a h m s , IV d i S c h u m a n n , IV d i B ee­
th o v e n : o u v e r tu r e d e l Portatore d’acqua d i C h e r u b in i, Incantesimo d e l
Venerdì santo n e l Parsifal d i W a g n e r.

10
150 —

1891 - 8 , 15 e 22 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s t r a l i a l Q u a r te tto d i B o lo g n a . N e i
p r o g r a m m i: VII Sinfonia d i B e e th o v e n ; f ra m m e n ti d e l Manfredo d i S c h u ­
m a n n ; I I I Sinfonia d i S c h u m a n n ; Viaggio di Sigfrido sul Reno n e l Cre­
puscolo d i W a g n e r ; b r a n i d e l Castor et Pollux d i R a m e a u ; b r a n i p e r
a r c h i d i G o re lli e c c .
— A p rile - C o n c e r to o r c h e s tr a le a lla S c a la d i M ilan o .

1892 - 25 e 27 m a rz o , 3 e 10 a p r il e - C o n c e r ti o r c h e s tr a li c o r a li al Q u a r te tto
d i B o lo g n a. N e i p r o g r a m m i, t r a l ’a ltr o , la IX Sinfonia d i B e e th o v e n (3
v o lte ), l’Agape sacra d e l Parsifal (2 v o lte ) : n e ll’u ltim o c o n c e r to q u e s te
d u e c o m p o s iz io n i in s ie m e , p iù la Cavalcala delle Valchirie.
27 n o v e m b re -4 d ic e m b r e - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l R e g io d i T o r in o .

1893 - 13 f e b b r a io - C o n c e rto d i p ia n o f o r te a l Q u a r te tto d i B o lo g n a c o n p a r t e ­


c ip a z io n e d e l Q u a r te tto S a r ti. P r o g r a m m a : M a rtu c c i, Quintetto p e r p i a ­
n o f o rte e a r c h i ; B a c h , Fantasia cromatica e fuga; R a m e a u , Minuetto
S c a r la tti D., Giga; S c h u m a n n , Sonata in so l m in .; B e e th o v e n -L is z t, Alle­
gretto scherzando d a ll’V lII Sinfonia ; C h o p in , Impromptu in fa d ie s is
m a g g . e Scherzo in si m in .
5-12-19 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l Q u a r te tto d i B o lo g n a . N ei p r o ­
g r a m m i: S in fo n ia Jupiter d i M o z a rt, « I l g ia r d i n o m a g ic o d i K lin g s o r »
n el Parsifal, « C a n to d e lle fig lie d e l R e n o » (c o n s o lis te ) n e l 3" a tto d e l
Crepuscolo, l ì Sinfonia d i S c h u m a n n , P r e lu d io d e lla Creazione d i H a y d n ,
O u v e r tu r e Athalia d i M e n d e ls s o h n e c c .

1894 - 25 f e b b r a io e 4 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l R e g io d i T o rin o .
— 18 m a rz o , 1 e 8 a p r i l e - Id . al Q u a r te tto d i B o lo g n a . N e i p r o g r a m m i:
Ouverture d e lla Suite n . 1 d i B a c h ; Sinfonia in r e m a g g . d i M o z a rt;
S in fo n ie 1 d i S c h u m a n n , II d i B r a h m s , Incompiuta d i S c h u b e r t, e c c .
— 29 a p r i l e - C o n c e rto w a g n e r ia n o a l C o m u n a le d i B o lo g n a ( tr a l ’a ltr o :
« O lo c a u s to d i B r u n ild e » d a l Crepuscolo e « R is v e g lio d i B r u n ild e » d a l
Sigfrido, s o p r a n o A d a A d in i).
1895 - N el m a rz o v a a P a d o v a in v is ita u ffic ia le p e r o c c a s io n e fin o ra n o n p r e ­
c is a b ile . (C fr. a n n o ta z io n e 9 al 2 ’ c a p . d e lla I p a r te ) .
— 19 m a g g io - D ir ig e la p r i m a e s e c u z io n e ita lia n a d e lle Scene del Faust
d i S c h u m a n n a l Q u a r te tto d i B o lo g n a ; p r o ta g o n i s ta il b a r it o n o G iu s e p p e
K a s c h m a n n . L ’e s e c u z io n e v ie n e r i p e t u t a il 23 e 27 m a g g io .
— L u g lio - T e r m in a la c o m p o s iz io n e d e lla I Sinfonia a C a s tig lio n d e ’
P e p o li in T o s c a n a .
— 28 n o v e m b re - D irig e a M ila n o u n c o n c e r to s in f o n ic o c o n la p r im a
e s e c u z io n e d e lla s u a 1 Sinfonia. A ltri p e z z i d e l p r o g r a m m a : O u v e r tu r e
Prometeo d i B e e th o v e n ; Ouverture in d o m a g g . d i B a c h ; Quasi Minuetto
d e lla l i Serenata d i B r a h m s ; o u v . Genoveffa d i S c h u m a n n .

1896 - 12 a p r i l e - D ir ig e la s u a I Sinfonia al Q u a r te tto d i B o lo g n a .


— 24 a p r i l e - A ltro c o n c e r to o r c h e s tr a le a l Q u a r te tto d i B o lo g n a c o n la
Suite in r e m a g g io re d i B a c h e la III Sinfonia d i S c h u m a n n .
— N e ll’a p r i l e u n c o n c e r to a B e rlin o .
— 3 m a g g io - D ir ig e c o n c e r to b c e th o v e n ia n o al Q u a r te tto d i B o lo g n a .
(O u v e rtu re L’inaugurazione della casa, V II S in fo n ia , Adagio e Allegretto
d al Prometeo, o u v . Leonora n . 3).
— 6 e 8 d ic e m b r e - D irig e c o n c e r ti o r c h e s tr a li al T e a tr o V itto rio d i
T o r in o . T ra l ’a ltr o la s u a p r im a Sinfonia.

1897 - F e b b r a io - N o n a c c e tta l ’ofT erta d e lla d ir e z io n e d e l C o n s e r v a to r io di


M ilan o , v a c a n te p e r la m o r te d i A n to n io B a z z in i.
151 —

4 e 25 a p r i l e - 2 m a g g io - D irig e c o n c e r ti o r c h e s t r a l i a l Q u a rte tto d i


B o lo g n a . N el p r im o e s e g u e al p f. il V Concerto d i B e e th o v e n ( d ire z io n e
a ffid a ta al v io lin is ta F . S a rti).
— 10 m a g g io - C o n c e r to o r c h e s tr a le a l C o m u n a le d i B o lo g n a .
L u g lio -o tto b re - V ille g g ia tu ra a C a s tig lio n e d e ’ P e p o li ( c fr. A p p . V,
B, 2-5).
N e ll’a n n o , d ir ig e c o m m e m o ra z io n e d o n iz e ttia n a a N a p o li.

1898 - 2 g e n n a io - D irig e a N a p o li la s u a I Sinfonia.


1" a p r il e - D irig e c o n c e r to o r c h e s tr a le d i m u s ic a f ra n c o -b e lg a al
Q u a r te tto d i B o lo g n a , c o l c o n c o r s o d e l v io lin is ta P a b lo d e S a r a s a te . P r o ­
g r a m m a : Sinfonia d i F r a n c k , Sinfonia spagnola d i C alo, 1* p a r t e d e lla
T rilo g ia Wallenstein d i D T n d y , Introduzione e Rondò capriccioso d i
S a in t-S a ë n s , O u v e r tu r e Phèdre di Massenet.
17 a p r il e - D ir ig e c o n c e r to o r c h e s tr a le al C o m u n a le d i B o lo g n a a
b e n e fic io d e lle c o lo n ie s c o la s tic h e e stiv e . Al p f . e s e g u e il p r o p r i o Con­
certo ( d ir e z io n e al S a rti). Al c o n c e r to a s s is te G. D ’A n n u n z io c h e gli
s c r iv e lo ste s s o g io r n o u n a le tte r a d i c a ld a a m m ir a z io n e .
24 a p r i l e - C o n c e rto o r c h e s tr a le d i m u s ic a in g le s e p e r il Q u a r te tto
d i B o lo g n a ( m u s ic h e d i A. S u lliv a n , C. V. S ta n f o r d , B. H . H. P a r r y ,
A. C. M a c k e n z ie , F . H. C o w e n ).
29 m a g g io - C o n c e rto w a g n e r i a n o al C o m u n a le d i B o lo g n a . In p r o ­
g ra m m a t r a l ’a ltr o : il P ro lo g o d e l Crepuscolo (s c e n a d e lle N o rn e , c o n
c a n to ).
5 g iu g n o - C o n c e r to o r c h e s tr a le p e r il Q u a r te tto d i B o lo g n a c o l c o n ­
c o r s o d el p ia n is ta M o ritz R o s e n th a l. P r o g r a m m a d i m u s ic a g e rm a n o -
u n g a r ic o -s la v a (B ra h m s , L isz t, D v o ra k , [H e n s e lt, R o s e n th a l] , G o ld m a rk ).
(G li a u t o r i in p a r e n t e s i q u a d r a e s e g u iti d a l p ia n i s t a se n z a o r c h e s tr a ) .
— L u g lio -a g o s to - V ille g g ia tu ra a C a s tig lio n e d e ’ P e p o li ( c fr. A p p . V,
B, 6 - 8 ).
N ello ste s s o a n n o d ir ig e la su a p r im a Sinfonia a lla F ila r m o n ic a d i
L o n d r a e u n c o n c e r to d i m u s ic a ita lia n a a B ru x e lle s (n e lla s e r ie d e i
c o n c e r ti Y say e ) c o n la s te s s a Sinfonia e il Concerto o p . 66 c h e e s e ­
g u e al p f.

1899 - 20 f e b b r a io - D ir ig e c o n c e r to w a g n e r ia n o a l l’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia


a R o m a.
— 27 a p r i l e - E s e g u e a lla S c a la d i M ila n o il su o Concerto o p . 6 6 , d i r e t ­
to r e A rtu ro T o s c a n in i.
— 4 e 5 g iu g n o - D irig e c o n c e r to o r c h e s tr a le e c o r a le p e r il Q u a r te tto
d i B o lo g n a. ( C a n ta ta Jesu der ila meine Seele d i B a c h ; IV Sinfonia d i
B e e th o v e n ).

1900 - 29 g e n n a io - D irig e c o n c e r to o r c h e s tr a le a ll’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia di


R o m a . E s e g u e a l p f. il p r o p r i o Concerto ( d ire z io n e a ffid a ta a E . P in e lli).
— 16 m a rz o - D irig e c o n c e r to s in f o n ic o a l Q u a r te tto d i B o lo g n a c o l c o n ­
c o r s o d el p ia n is ta E u g e n d ’A lb e rt (o u v . Giulio Cesare d i S c h u m a n n , Fan­
tasia d i S c h u b e r t- L is z t p e r p f . e o r c h e s tr a , e c c .).
— 25 m a rz o - C o n c e rto o r c h e s tr a le a l Q u a r te tto d i B o lo g n a ( Akademische
Fest-Ouvertüre d i B r a h m s , IV Sinfonia d i S c h u m a n n , e c c .).
— 6 a p r i l e - C o n c e rto o r c h e s tr a le al C o m u n a le d i B o lo g n a a b e n e fìc io
d e lle c o lo n ie s c o la s tic h e e s tiv e , c o l c o n c o r s o p ia n is ti c o d i B ru n o M ugel-
lin i , G u id o A lb e rto F a n o e F ilip p o I v a ld i p e r l ’e s e c u z io n e d e l Concerto
d i B a c h p e r 3 c e m b a li e s tr u m e n ti a d a r c o . F r a g li a l t r i p e z z i in p r o ­
g r a m m a : « E n t r a t a d e g li D ei n e l W a lh a lla » d a l l’O ro del Reno.
14-16-19 d ic e m b r e - C o n c e rti o r c h e s tr a li al R e g io d i T o rin o .
— 152 —

1901 - 25 f e b b r a io - C o n c e rto s in f o n ic o -v o c a lc c o m m e m o ra tiv o d e lla m o r te d i


V e rd i a l C o m u n a le d i B o lo g n a . In p r o g r a m m a t r a l ’a l tr o : « C o r o d e i
C r o c ia ti » d a i Lombardi, C o ro d i s tr e g h e (« O n d in e e s ilfid i ») d a l Macbeth
(C fr. A p p . V, C 11).
— 18 m a rz o - C o n c e rto w a g n e r ia n o a ll’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia a R o m a .
— 19 m a g g io - C o n c e rto o r c h e s tr a le a l Q u a r te tto d i B o lo g n a ( Serenata
p e r 4 o r c h e s tr e d i M o z a rt, Intermezzo d i Rédemption d i F r a n c k , I Sin­
fonia d i S c h u m a n n , e c c .).
1902 - F e b b r a io - M u o re s u o p a d r e .
— 27 m a rz o - A ssu m e la d ir e z io n e d e l C o n s e r v a to r io d i N a p o li, c h e t e r r à
fin o a lla m o r te .

1903 - 1 e 9 f e b b r a io - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l l ’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia in
R o m a.
— 19 e 26 a p r il e e 3 m a g g io - I d e m a lla S c a la d i M ilan o .

1904 - 12 e 14 m a g g io - C o n c e r ti o r c h e s tr a li al T e a tr o V. E . d i T o r in o .
— L u g lio - T e r m in a la c o m p o s iz io n e d e lla II Sinfonia a Q u is is a n a n e l
B o lo g n ese .
— 11 d ic e m b r e - D ir ig e la p r i m a e s e c u z io n e d e lla ste s s a in u n c o n c e r to
s in f o n ic o p e r il Q u a r te tto d i M ila n o ( o r c h e s tr a d e l C o m u n a le d i B o­
lo g n a ).
— 12 d ic e m b r e - R ip e te iv i lo ste s s o c o n c e r to .

1905 - 22 f e b b r a io - A ssiste a R o m a a l l’e s e c u z io n e d e lla s u a II Sinfonia, d i r e t t a


d a T o s c a n in i a l l’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia .
— 25 e 27 m a g g io - D ir ig e c o n c e r ti s in f o n ic i al T e a tr o V. E . d i T o rin o .
T r a l ’a ltr o la s u a I I Sinfonia.
G iu g n o - D ir ig e IX Sinfonia d i B e e th o v e n a l P o lite a m a G ia c o sa d i
N a p o li.

1906 - 19 e 26 f e b b r a io - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a ll’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia d i


R o m a (il s e c o n d o , d i m u s ic a w a g n e ria n a ) .
— 28 a p r i l e - C o n c e r to o r c h e s tr a le a l T e a tr o C o m u n a le G. V e rd i d i T r i e ­
s te ( in p r o g r a m m a s u a l i Sinfonia).
— 19 o tto b r e - C o n c e r to o r c h e s tr a le a F r a n c o f o r t e su l M eno (in p r o ­
g ra m m a s u a II Sinfonia e il r e s to p u r e (p ia si tu tto d i a u t o r i i t a l i a n i :
S a c c h in i, S g a m b a ti, M a n c in e lli, R o s sin i).
— N el n o v e m b re v ie n e in v ita to d a l m in is te r o a R o m a p e r i c o n c o r s i d i
s o lfe g g io ; r is p o n d e c h e s a r à lib e r o d o p o il 6 , m a p r e g a c h e la s u a p e r ­
m a n e n z a c o là n o n d e b b a e s s e r e lu n g a . (R is u lta d a u n a le tte r a d i A l­
b e r to S a lv a g n in i, f u n z io n a r io d e lla D ir e z io n e G e n e ra le d e lle B elle A rti
p e r la m u s ic a , a G. A. F a n o . N o n a b b ia m o tr o v a to fin o ra d o c u m e n ti c o n ­
f e r m a n ti l ’a n d a ta a R o m a d e l M. in q u e ll’o c c a s io n e ).

1907 - 17 a p r il e - C o m m e m o ra a N a p o li la m o r te d i P a o lo S e r ra o d ir ig e n d o il
fin a le d e l Figlinol prodigo d e llo ste sso .
— E s ta te - a u tu n n o (?) - C e rc a r i s to r o a lla g ià d e c lin a n te s a lu te n e lla
c a m p a g n a d i C a s a m ic c io la (Is o la d ’Is c h ia ) .
— 8 d ic e m b r e - D ir ig e la p r im a r a p p r e s e n ta z io n e d i Tristano e Isotta
a l S. C a rlo d i N a p o li.
— 11 d ic e m b r e - E ’ a F ir e n z e ( c f r. A p p . V, C, 13).
— 15 d ic e m b r e - E ’ a G e n o v a ( c fr. A p p . V , C, 14).

1908 - 16 f e b b r a io - C o n c e rto o r c h e s tr a le a l l’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia d i R o m a .


— A p rile -m a g g io - 4 c o n c e r ti o r c h e s tr a li al S. C a rlo d i N a p o li. T r a l ’a ltr o
— 153 —

e s e g u e m u s ic a d i D e b u s s y (Prelude à iaprès-midi d’nn faune), G la z o u n o w


(V I Sinfonia), S tra u s s .
— A gosto - Si r e c a a M o n a c o d i B a v ie ra p e r a s c o lta r e la Trilogia w a g n e ­
r ia n a d i r e t t a d a F e lix M otti.
— F r a l ’e s ta te e l’a u t u n n o s o g g io r n a n e lle a l p i b a v a r e s i.
8 d ic e m b r e - D ir ig e la F r a p p r e s e n ta z io n e d e l Crepuscolo degli Dei
a l S. C ai'lo d i N a p o li.
— L a s u a s a lu te p r e c ip ita .
1909 - F e b b r a io (?) - S i r e c a a R o m a p e r f a r p a r te d e lla c o m m is s io n e g iu d ic a t r ic e
d e i c o n c o r s i p e r il C o n s e r v a to r io d i N a p o li.
- C e rc a r i s t o r o in u n a v illa d i C a p o d im o n te , p o i v ie n e r ic o n d o t to a
N a p o li.
— F in e m a r z o : Si m e tte a le tto p e r n o n p iù r ia lz a r s i.
— 1“ g iu g n o - M u o re a N a p o li.
APPENDICE II.

ELENCO DELLE C O M PO SIZ IO N I DI G IU S E PPE M ARTUCCI

A) C O M P O SIZ IO N I O R IG IN A L I P U B B L IC A T E CON NUM ERO D ’O P E R A

N um ero T ito lo della com posizione H ata di com p. Casa ed itrice


d opera o pubblicasi,
o 1" esecuzione

1 •>
2 1° C a p r ic c io . . . P e r p f. 1872 c o in p . R i c o r d i - M ilan o
3 2“ C a p r ic c io . . . » 1872 c o m p . »
4 M a z u rk a d i c o n c e r to » »
5 A n d a n te e p o lk a d i c o n -
c e r to . . . . » 1873 c o m p . »
6 T a r a n te lla . . . . » »
7 A g i t a t o ........................ » »
8 P e n s ie r i s u ll’ o p e r a Un
Hallo in maschera p e r p f. 4 in. »
9 S tu d io d i c o n c e r to . p e r p f. 1875 e se c . >
10 P e n s ie r o m u s ic a le . » »
11 T em po di m azu rk a » »
12 3” C a p r ic c io . . . » »
13 A lle g ro a p p a s s io n a to » »
14 Fuga ........................ » »
15 4" C a p r ic c io . . . » »
16 l a M e lo d ia . . . » 1875 esec . »
17 Im p ro v v is o . . . » 1875 ese c . »
18 F u g h e tta a d u e p a r t i » 1875 e s e c . ? »
19 P o la c c a . . . . » »
20 1" B a r c a r o la . . . » y>
21 2“ M e lo d ia . . . . » 1875 ese c . »
22 S o n a ta . . . p e r v io lin o e p f. 1874 com p. »
23 S c h e rz o . . . . p e r pf. 1875 e se c . *
24 C a p ric c io d i c o n c e r to » 1875 ese c . »
25 N o ttu r n o . . . . » »
26 C a p r ic c io in f o rm a d i
s tu d io . . . . » 1875 ese c . »
27 n. 1 Tristezza - R o m a n z a 2> s>
27 n. 2 Ritorno - R o m a n z a . » 2>

N. 13. — Le date di composizione e di prim a esecuzione, come pure quelle di pub­


blicazione quando non indicate nelle stam pe rispettive, hanno il loro riscontro in notizie
riportate in altre Appendici di questo volume. Quando si conosca più d’una delle tre
date suddette, indichiam o soltanto quella anteriore.
— 155 —

Num ero T ito lo della com posizione D a ta di comp. Casa editrice


d ’opera o pubblicaz.
o l a esecuz.

27 n. 3 Passione - R om anza . . » Ricordi -


28 n. 1 F u g h e tta a d u e p a r t i . . » 1875 esce.? »
28 n. 2 F uga a tre p a rti . . . . » T>
29 S c h e r z i n o .............................. 3> »
•io 2* B a r c a r o l a ........................ » »
31 n. 1 N o t t u r n o .............................. » »
31 n. 2 3“ B a r c a r o l a ........................ S> »
31 n. 3 R o m a n z a .............................. » 1875 esce. »
31 n. 4 Dolce ricordo - 3° N o t-
tu rn o .............................. » »
32 F a n ta s ia ........................ p e r 2 »
33 n. 1 P e n s ie r o m u s ic a le . . . p e r »
33 n. 2 .4/ cader delle foglie - P e n - »
s ie ro m u s ic a le . . . »
33 n. 3 C a n to re lig io s o . . . . » »
34 S o n a t a .................................... » »
35 n. 1 M a z u rk a .............................. » »
35 n. 2 7
36 ?t
37 7
38 n. F l a t t e r i e ....................................
1 » »
38 n. 2 Souvenir d’un bois . . » »
38 n. 3 Chant d’amour . . . . > >
38 n. 4 La C h a s s e .............................. » »
38 n. 5 Sérénade .............................. » »
38 n. 6 Moment de joie . . . . » »
39 C a p r i c c i o .............................. » >
40 7
41 n. 1 S o n a ta f a c i l e ........................ » »
41 .. *>
42 n. 1 1° N o t t u r n i n o ........................ » »
42 n. 2 2" N o t t u r n i n o ........................ »
42 n. 3 3° N o t t u r n i n o ........................ » »
43 n. 1 P e n s ie r o m u s ic a le . . . » »
43 n. 2 Dolore - P e n s ie ro m u s ic . » »
43 n. 3 L’Arcolaio - P e z z o c a r a t-
t e r i s t i c o ........................ » »
43 n. 4 P e n s ie r o f a n ta s tic o . . » »
43 n. 5 Fiorellino - P e n s ie r o m u -
s i c a l e .............................. » »
43 n. 6 Verso sera! - R o m a n z a . » 2>
43 n. 7 Presso il ruscello - P e n -
s ie r o c a r a tte r is tic o » »
44 n. 1 C a p r i c c i o .............................. » »
44 n. 2 P ezzo f a n ta s tic o . . . » »
44 n. 3 Colore orientale - T e m p o
d i m a r c i a ........................ » »
44 n. 4 4“ B a r c a r o l a ................... » »
44 n. 5 N o t t u r n o ........................ » »
44 n. 6 Tarantella »
45 Q u in te tto per pf., 2 violini,
viola e \ ioloncello 1878 esec. Kristner (Lipsia)
4G n. 1 V a lz e r . per pf. Ricordi
— 156 —

Num ero D a ta di comp.


«l'opera
T ito lo della com posizione o pnbblicaz. Casa editrice
o 1* esecuzione

46 n. 2 Valzer Ricordi
46 n. 3 Valzer »
47 Studio per il metodo di
Lebert e Stark . . . » Cotta (Stoccarda)
(rappr. per l’Ita­
lia Ricordi)
48 2“ P o l a c c a .............................. » ......................... Ricordi
49 n . 1 Desio - R o m a n z a . . . » ......................... >
49 n. 2 Quante memorie! - R o ­
m anza .............................. » ......................... »
49 n. 3 Ansia! - R o m a n z a . . . » ......................... »
50 N o v e lla .............................. » ......................... »
51 F a n t a s i a .............................. » ......................... »
52 S o n a ta . . . p e r v io lo n e , e p f . 1880 c o m p . Kistner
53 n. 1 S c h e rz o ................................... p e r p f ................................. Ricordi
53 n. 2 S c h e rz o .............................. » ......................... »
53 n. 3 S c h e rz o .............................. » ......................... »
54 S tu d io c a r a t t e r i s t i c o . . » ......................... »
55 n. 1 M i n u e t t o ............................. » ......................... »
55 n. 2 T e m p o d i g a v o tta . . . » 1888 c o m p .? »
56 I m p r o m p tu - F a n ta is ie . » ......................... >
57 n. 1 C a p r i c c i o .............................. » ......................... »
57 n. 2 S e r e n a t a ............................... » 1886 c o m p . Ricordi
58 T e m a c o n v a r ia z io n i . . » ......................... »
59 T r io n. 1 in d o m a g g io re
p e r p f., v io lin o e v io lo n e . 1882 c o m p . »
60 Foglie sparse - A lb u m d i
6 p e z z i ................................... p e r p f ................................. »
N. 1. Tempo di marcia
N. 2. Valzer
N. 3. Scherzo
N. 4. Barcarola
N. 5. Romanza
N. 6. Capriccio
61 n. 1 P r e l u d i o ......................... » .................... »
61 n. 2 Toccata ......................... »
61 n. 3 G i g a ................................... »
62 Trio n. 2 in mi b. magg.
per pf., violino e violone. 1883 comp. Kistner
63 Moto perpetuo . . . . per pf.......................... Ricordi
64 n. 1 Momento musicale . . . » .................... »
64 n. 2 Scherzo ......................... »
64 n. 3 B a r c a r o la ......................... »
65 n. 1 P r e l u d i o ......................... » .................... £
65 n. 2 Canzonetta ..................... »
65 n. 3 S e r e n a t a ......................... »
66 Concerto in si b. minore per pia- 1884-5
noforte e o rch e stra ................... composiz. Kistner
67 Tre pezzi per violino e pianoforte 1886 comp. >
1. Andantino con moto
2. Allegretto
3. Allegro passionato
— 157 —

D ata di comp.
Num ero T itolo della com posizione o pubblicar, C asa e d itric e
d ’opera o l a esecuzione

68 P a g in e s p a r s e - Sei melodie per


canto e piano su poesie di Cor­
rado R i c c i .................................... 1889 ca. Kistner
1. «Q uanti affetti del cor re­
stano ignoti »
2. « Vengo quando dal ciel ca­
la la luna »
3. « Presso un vecchio mona­
stero »
4. « Forse ritorna ancora »
5. « Amor, che fai la vita lu­
singhiera »
6. « Vorrei teco montare »
69 Tre pezzi per violoncello e piano­
forte .............................................. 1888 comp. »
1. Moderato
2. Andante
3. Allegro
70 n. 1 Notturno in sol beni, maggiore . . Ricordi
70 n. 2 Notturno in fa diesis minore . . . 1891 coni]). »
71
72 « Deux romances pour violoncelle
avec accompagnement de pia­
no » .............................................. Rather (Lipsia)'
1. Andantino con moto 1890 comp.
2. Moderato
73 « Deux pièces pour piano » . . . 1894 pubbl. »
1. Serenata
2. Gavotta 1893 comp.
74 « T r è fle s à 4 fe u ille s » ..................... >
1. Preludio
2. Valse
3. Mazurka
4. Polka
75 1" Sinfonia in re minore per gran- 1888-95
de o r c h e s t r a ............................... composiz. Kistner
76 « Trois morceaux pour piano » . . 1897 pubbl. »
1. Novellette
2. Nocturne
3. Scherzo
77 Due pezzi per pianoforte . . . . Ricordi
1. Capriccio
2. Toccata
78 Tre piccoli pezzi per pianoforte . 1900 pubbl. Cariseli e Jäni—
1. Serenata chen (Milano)
2. Minuetto
3. Capriccio
79 Tre piccoli pezzi per pianoforte . 1901 comp. »
1. Preludio e pubbl.
2. Canzonetta
3. Saltarello
— 158 —

Numero Data di comp.


d’opera Titolo o pubblica?:. Casa editrice
o 1» esecuzione

80 « 2 C a p r ic e s p o u r p ia n o » . . . . 1902 c o m p . S c h m id t (B o sto n )
1 . in si b . m in o r e
2 . in sol d ie s is m in o r e
81 2“ S in fo n ia a g r a n d e o r c h e s tr a (in
fa m a g g i o r e ) .................................... 1904 t e r m i ­
n e com pos. B ic o r d i
82 T r e p e z z i p e r p ia n o f o r te . . . . 1905 c o m p . >
1. In te rm e z z o
2. N o v e lle tta
3. S c h e rz o
83 T r e p e z z i p e r p ia n o f o r te . . r . 1905 c o m p . »
1. Im p ro v v is o
2. C a p ric c io
3. T e m p o d i v a lz e r
84 T r e p e z z i p e r c a n to e p ia n o f o r te
s u p o e s ie d i G. C a r d u c c i : »
1. M aggiolata .................................... 1905 c o m p .
2. Pianto a n t ic o .............................. 1906 c o m p .
3. Nevicata .................................... 1906 c o m p .

B) C O M P O SIZ IO N I O R IG IN A L I P U B B L IC A T E S E N Z A N U M ER O D ’O P E R A

N.° d 'o rd in e D a ta di comp.


cronologico T itolo o pubblicaz. Casa ed itric e
a p p ro ssim a tiv o o l a esecuzione

ì. d i c o n c e r to s u lla Forza
F a n ta s ia
del d e stin o .......................................... 1871 e se c u z . R ic o r d i
2. Alma gentile - R o m a n z a p e r c a n to
( s o p r a n o o te n o r e ) c o n p ia n o ­
fo rte , su p a r o le d i S ilv io B e llic o 1872 c o m p . »
3. Souvenir de Milan p e r p ia n o f o r te . 1875 e se c u z . »
4. « R a c c o n to » p e r p ia n o f o r te p e r
l’A lb u m in m e m o r ia d i B e llin i . 1877 c o m p .? »
5. R o m a n z a fa c ile , p e r p ia n o f o r te . . ......................... »
6. 3“ M e lo d ia , p e r p ia n o f o r te . . . . »
7. La Canzone dei ricordi. P o e m e tto
l ir ic o p e r m e z z o -s o p ra n o o c o n ­
tr a l to o b a r ito n o c o n p ia n o f o r te ,
su v e r s i d i R o c c o P a g lia r a . . 1886-7 c ir c a »
c o m p o s i/.
8. Sogni. 2 r o m a n z e su v e r s i d i C o r- 1888 c o m p .? »
r a d o R i c c i .......................................... (c fr. A p p . V
1. S o g n o d ’a m o re . C, 2, n o ta )
2. S o g n o d i m o rte .
9. D u e c a n ti p e r v o c i b ia n c h e c o n a c ­
c o m p a g n a m e n to d i o r g a n o , su 1889 c o m p . Izzo (N a p o li)
v e r s i d i B. P a g l i a r a ........................
10. M e lo d ia p e r v io lin o c o n a c c o m p a - 1890 coni]». S a n to ia n n i
g n a m e n to d i p ia n o f o r te . . . (N a p o li)
— 159 —

C) C O M P O S IZ IO N I O R IG IN A L I IN E D IT E

N.° d 'o rd in e
cronologico T itolo D a ta di comp. R iscontri
•approssim ativo O l a eSCCUZ.

ì. « M essa d i g lo ria » p e r v o c i e o r-
c h e s t r a ................................................ 1871 c o m p .
(188(> riv .? ) [C fr. A p p . V, A 5]
2. 12 P r e lu d i p e r p ia n o f o r te , o p . 43 1877 c o m p . [C fr. A p p . III, 2]
3. C o n c e rto in r e m in . p e r p ia n o f o r te
e o r c h e s t r a .................................... 1878 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 3]
4. S o n a ta in r e m in . p e r o r g a n o p ie n o 1879 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 5]
5. Due fanciulli - C a n to p e r gli a s ili
in f a n t ili c o n a c c o m p a g n a m e n to
d i p i a n o f o r t e .................................... D ata im p r e ­
c is a ta in a
p ro b a b il -
m e n te d e 1
p e r io d o g io ­
v a n ile . [C fr. A p p . I l i , 44]
(•>. Samuel - O r a to r io in t r e p a r t i p e r
v o c i so le , c o r o e g r a n d e o r c h e ­
s tr a - V e rsi d i F e d e r ic o P e r s ic o 1881 c o m p .
(a lc u n i p e z ­
zi r iv e d u t i [C fr. A p p . I li, 7
1905) e A p p . IV , 13 e
23]
7. Pollando! - p e r c a n to e p ia n o f o r te .
V e rsi d i C. R i c c i .............................. 1889 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 15]
8. M elo d ia p e r p ia n o f o r te d e d i c a ta a l­
la P r in c ip e s s a d i S tro n g o li . . 1902 c o m p . [C fr. A p p . I li, 37]
9. C o m p o s iz io n e c o r a le - s tr u m e n ta le
su l te s to d e ll'O d e a lla R e g in a
d ’I ta lia d i C a r d u c c i ( in c o m p iu ­
ta ) ............................................................ U ltim i a n n i [C fr. A p p . I l i , 58]

D) T R A S C R IZ IO N I DA O P E R E P R O P R IE D E L M A R T U C C I

a) Per pianoforte a 4 m a n i.

N.° d ’o rdine D a ta di comp.


cronologico T ito lo o pubblicai. Casa editrice
ap p ro ssim ativ o o 1■ esecuz.

1. R o m a n z a fa c ile
( o r ig in a le p e r p f. a 2 m a n i
[ c f r. B, 5 ] ) .......................................... R ic o r d i
2. I S i n f o n i a ................................................ 1890 coni]). K is tn e r
3. II S i n f o n i a ................................................ R ic o r d i

b) Per (lue pianoforti.


T e m a c o n v a r ia z io n i ( d a ll’o p . 58
p e r p f . ) ................................................ 1900 c o m p . R ic o r d i
— 160 —

c) Per violoncello con accompagnamento di pianoforte.

N.° d ’ordine D ata di comp.


cronologico T itolo o pubblicaz.
Casa editrice
app rossim ativo o 1» esecuzione

1. Verso sera! Romanza (dall’op. 43


per p f . ) ....................................... Ricordi
2. Romanza (dalla Melodia per violi­
no con accomp. di pf. edita da
Santoianni [cfr. B, 10]) . . . 1890 comp. Inedita?
[Cfr. App. Ili, 18]

d) Per quartetto d’arclìi.

Due piccoli p e z z i .............................. Ricordi


1. Momento musicale (dall’ope­
ra 64 n. 1)
2. Minuetto (dall’op. 55 n. 1) . 1893 comp.

e) Per orchestra.

1. Colore orientate - Tempo di mar­


cia (dall’op. 44 n. 3) . . . . 1880 comp. Inedita?
[Cfr. App. Ill, 6J
2. Quattro piccoli p e z z i ................... ..................... Ricordi
1. Canzonetta (dall’op. 65 n. 2)
2. Tempo di gavotta (dall’ope­
ra 55 n. 2) ............................. 1901 pubbl.
3. Giga (dall’op. 61 n. 3) . . . circa 1891-2
comp.?
4. Notturno (dall’op. 70 n. 1) .
3. Tarantella (dall’op. 44 n. 6) . . . .................... Ricordi
4. Serenata (per strumenti ad arco)
(dall’op. 57 n. 2 ) ........................ 1893 comp. Inedita?
[Cfr. App. Ili, 20]
5. Andante (dall’op. 69 n. 2) . . . . 1907 pubbl. Kistner
6. Novelletta (dall’op. 82 n. 2) . . . .................... Ricordi

f) Per canto e orchestra.

La Canzone dei ricordi. Poemetto


lirico (Cfr. B, 7 ) ........................ Ricordi

g) Per pianoforte e orchestra.

Tema con variazioni (dall’op. 58) 1882 comp. Inedita


[Cfr. App. Ili, 9]
E) TRASCRIZIONI DA OPERE DI ALTRI AUTORI

a) Per violoncello e pianoforte.


D a ta d i com-
T ito lo posiz. o pubbl. Casa editrice
o 1* esecuz.

Raccolta di composizioni di cele­


bri a u t o r i ............................................................ Ricordi
[originariamente
Prima serie: Lucca: cfr. App.
1. S c a r l a t t i (D.) - Gavotta. III. 13]
2. Clementi - Adagio.
3. Haydn - Minuetto.
4. Mo za rt - Andante.
5. Beethoven - Adagio.
6. Schubert - Minuetto.
7. Mendelssohn - Allegro.
8. Sch u m a n n - R om anza.

Seconda serie:
1. Ga l u p p i - Adagio.
2. Ma r t in i (G. B.) - Balletto.
3. R a m e a u - « Musette et Ron­
deau ».
4. B e e t h o v e n - Largo (dalla So­
nata per pf. op. 13 [Patetica]) 1870 comp.
5. S c h u b e r t - Momento musi­
cale.
0. C h o p i n - S tu d io ................... 1870 comp.
7. M e n d e l s s o h n - Barcarola
8. S c h u m a n n - Rimembranze.

b) Per pianoforte.
N.° d ’ordine D a ta di com-
cronologico T itolo posi/, o pubbl. C asa editrice
ap p ro ssim ativ o o l a esecuz.

1. a.) Dieci danze antiche - I s e r i e ............................... Tedeschi


1. L u lli - Gavotta, nell’ opera
A r m i d a .................................. 1893 comp.
2. L u lli - Minuetto, nell’opera
Proserpina.
3. L u l l i - Giga, nell’opera Fe­
tonte.
4. R a m e a u - Minuetto, nell’ope­
ra Castore e Polluce.
5. R a m e a u - Passepied, nell’o­
pera Castore e Polluce.
0. R a m e a u - Minuetto, nell’ope­
ra Zoroastro.
7. G l u c k - Siciliana, nell’ope­
ra Armida.
8. G l u c k - Tempo di minuetto,
nell’opera Elena c Paride.
— 162 —

N.° d 'o rd in e D ata d i com ­


cronologico TITOLO posi/.. o pubbl. C asa ed itrice
app rossim ativo o 1* eseeuz.

9. P iccinxi - Tempo di gavot­


ta, nell’opera Orlando.
10. Sacchini - Passepied, nel­
l’opera Bardano.
ß) Dieci danze antiche - II serie . . 1900 p u b b l. T edeschi
1. L u lli - Rondò, nell’ opera
Cadmo ed Ermione.
2. Rameau - Minuetto, nell’ope­
ra Platee o Giunone la ge­
losa.
3. Rameau - Passepied, nell’ope­
ra Platèe o Giunone la gelosa.
4. Rameau - « Gavotte », nel­
l’opera Le Indie galanti.
5. Rameau - Musetta, nell’opera
Le Indie galanti.
(i. Händel - Rondò, nell’opera
Ariodante.
7. H ä n d e l - Minuetto, nell’ope-
Tamerlano.
8. Händel - « Gavotte », nel­
l’opera Ottone.
9. H ä n d e l - Giga, nell’opera Ri­
naldo.
10. Mozart - «Gavotte», nel­
l’opera Idomeneo.
2- B a c h J. S. - 3 « Ouvertüren » (ori­
ginali per orchestra) . . . . 1897 c o m p . B r e itk o p f - H ä rte l
1. In do maggiore. (L ip s ia )
2. In si minore.
3. In re maggiore.
3. Sammartini Giuseppe - Pastorale . 1897 c o m p . R ic o r d i
4. Händel - 1. Giga [dal IX Concerto
grosso] .................................. 1898 c o m p . »

2. Minuetto [dal V Concerto


grosso] .................................. 1898 c o m p . »

5. Sacchini - Gavotta (dall’opera Edi­


po a Colono). »

6. Boccherini - Minuetto in fa min.


(dal Quintetto n. 10). »
7. Händel - 5 p e z z i............................. 1899 c o m p . »

1. Minuetto [dalla Sonata op. 5


n. 4 per 2 violini, viola e
basso].
2. Giga [id.].
3. Siciliana [daU’VIII Concerto
grosso].
4. Gavotta [dall’op. 5 n. 3].
5. Musetta . . . abbozzata c irc a 1880?
8. Händel - 4 Concerti grossi (III,
IV, VII. XII). 1899 c o m p . N o v e llo e C .
(L o n d r a )
— 163 —
N.° d'o rd in e D a ta di comp.
cronologico T itolo posiz. o pubbl. C asa ed itrice
ap p ro ssim ativ o o 1» esecuzione

9. Mozart - 16 Minuetti (dalle Sere­


nate, Divertimenti e Danze per
o r c h e s tr a ) .................................. 1900 comp. Schmidl
(Trieste) e
Ricordi
10. Mozart - 2 p e z z i............................. 1900 comp. Ricordi
1. Andante (dalla 1” Serenata).
2. Allegretto (dal 2° Diverti­
mento).
11. Gorelli - 3 p e z z i............................. Schott (Magonza)
1. Tempo di gavotta [dalla So­ [? Cfr. App. Ili,
nata op. IV n. 2]. 32]
2. Andante [dal Concerto gros­
so op. VI n. 6].
3. Minuetto [dal Concerto gr.
op. VI n. 9].
4. Tempo di Passepied.
5. Giga.
12. Martini G. R. - 17 pezzi . . . . 1901 comp.? Riconti
[G f r . App.
Ili, 33]
13. Boccherini - « 4 pièces » . 1901 comp. Schmidt
1. Larghetto [da un Quintetto].
2. Minuetto [dal Trio op. 44
n. 2].
3. Presto [dal Trio op. 44 n. 3].
4. Rondò [dal Quintetto op. 31
n. 3],

c) Per orchestra.

Sammartini Giuseppe - Pastorale


[cfr. b) 3]. 1888 csecuz. »

F) REVISION!

Data <11 comp.


Titolo o pubblicai. Casa editrice-
o 1* esecuzione

M arcello - 4 Sonate per flauto -


Realizzazione dell’ accompagna­
mento per pianoforte di G. M. circa 18 9 3 Tedeschi
comp.
APPENDICE III.

ELENCO DEGLI AUTOGRAFI DI MARTUCCI CONSERVATI ALLA


BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI NAPOLI, COMPILATO
DAL PROF. ORESTE BARONE

A) MUSICA

(Numerazione nostra. Dal n. 1 al 42 indichiamo i. manoscritti datati, in ordine


cronologico, eccezion fatta per parti separate, abbozzi o altro annesso a una
data composizione completa).

Note e riscontri nostri


1. Sonata per violino e pianoforte, op. 2 0 ................... [La stessa composizio­
26 ottobre 1874. ne pubblicata col nu­
mero d’opera 22]
2. 12 Preludi per pianoforte, op. 43 . . . . . . [Raccolta quasi sicura­
Napoli, 1877. mente inedita, certo di­
versa dall’op. 43 pub­
blicata]
3. a) Concerto in re minore per pianoforte e orche­
stra. P a r t i t u r a ..................................................... [Inedito]
Parigi, 24 giugno 1878.
b) Della stessa composizione: parte del pianoforte
solista.
Torre del Greco, ottobre 1885.
c) Della stessa composizione: parte del 2° piano­
forte (riduzione da quella dell’orchestra).
Napoli, febbraio 1886.
4. Quintetto per pianoforte, 2 violini, viola e vio­
loncello, op. 45 - P a rtitu ra ....................................... |Cfr. App. II, A, 45]
[Annotazione autografa:]
Premiato alla Società del Quartetto di Milano
nel 1878.
5. Sonata in re minore per organo pieno, op. 45 . . [Inedita - Non corri­
Vi è un abbozzo con la data: sponde all’op. 45 pub­
Napoli, 10 agosto 1879.(*) blicata, che è invece il
Quintetto indicato qui
al n. precedente]

(*) Dobbiamo alla cortesia e accuratezza del prof. Barone, bibliotecario del Con­
servatorio di Napoli, tu tti i particolari di questo elenco. I num eri d’opera naturalm ente
seguono sempre l’indicazione del m anoscritto che talora non corrisponde a quella della
stessa opera stam pata. Quanto alla num erazione d’ordine, seguendo il consiglio dello
stesso Barone, non teniam o conto di quella del catalogo, che non obbedisce a un criterio
preciso.
— 165 —
N ote c risc o n tri n o stri

6. a) Colore orientale, tempo di .Marcia per grande [Trascrizione inedita?]


orchestra. Dall’op. 44 n. 3 per pf. Partitura .
Napoli, agosto 1880.
b) Della stessa composizione: parti d’orchestra.
Napoli, agosto 1881.
7. a) - b) Samuel. Oratorio in tre parti per voci sole,
coro e grande orchestra. Poesia del prof. Per­
sico. - P a r ti tu r a ..................................................... [Inedito. Cfr. App. IV,
Napoli 1881. 14 e 23]
(2 esemplari).
8. Trio in do magg. per pianoforte, violino e violon­
cello. Op. 59. - P a rtitu ra ........................................... [Cfr. App. II, A, 59]
Napoli 1882.
9. Tema con variazioni per pianoforte e orchestra.
(Con abbozzata la parte del p f . ) ............................. [Trascrizione inedita,
Napoli, 1° maggio 1882. dall’op. 58 per solo pf.]
10. Trio in mi b. magg. per pianoforte, violino e vio­
loncello, op. 62. - P a rtitu ra ...................................... [Cfr. App. A, I, 62]
N a p o li, 5 o tto b r e 1883.

11. Concerto in si b. minore per pianoforte e orche­


stra op. 66. - P a r t i t u r a ........................................... [Cfr. App. A, I, 66]
Napoli - Torre del Greco, ottobre 1884-85.
12. Tre pezzi per violino e pianoforte op. 67 . . . . [Cfr. App. A, I, 67]
[Alla fine del primo pezzo si trova la data] :
Bologna, 18 ottobre 1886.
13. Raccolta di 16 composizioni per pianoforte «li au­
tori celebri, ridotte per violoncello e pianoforte . [Cfr. App. II, E, a]
[Sul frontespizio la data:]
Bologna, gennaio 1888.
[e l’annotazione:] consegnato alla Casa Lucca.
14. Tre pezzi per violoncello e pianoforte op. 69 . . [Cfr. App. II, A, 69]
Bologna, dicembre 1888.
15. Ballando ! per canto e pianoforte, op. 70 . . . . [Inedito? Certo non
(Versi di Corrado Ricci). corrisponde all’ op. 70
[Composizione formata di 4 pezzi:] 1) Preludio, pubblicata]
2) Tempo di Walzer, 3) Tempo di Mazurka, 4) Tem­
po di Polka.
Bologna, maggio 1889.
16. Due Canti per voci bianche con accompagnamento
di organo. Poesie di Rocco P ag liara........................ [Cfr. App. II, B, 8]
Bologna, 2 agosto 1889.
17. Melodia per violino con accompagnamento di pf. rCfr. App. II, B, 10]
[Nota:] Consegnato all’editore Santoianni nel me­
se di agosto 1890.
18. Romanza per violoncello e p ian o fo rte ................... [Inedita?]
(Trascrizione dalla precedente).
Monte Barbiano, agosto del 1890.

11
— 166 —

N ote e risc o n tri n o stri

19. Momento musicale per istrumenti ad arco (dal-


l’op. 64 per p ian o fo rte )........................................... [Cfr. App. II, D, d, 1J
Bologna, aprile 1893.
20. Serenata per strumenti ad arco, dall’op. 57 per
pianoforte. - P a rtitu ra ................................................ [Inedita?]
Aprile 1893.
21. Gavotta per pianoforte................................................ [Corrisponde probabil­
Bologna, 6 ottobre 1893 - ceduta a Kistner mente all’op. 70 n. 2 -
Cfr. App. I]
22. a) 1“ Sinfonia op. 75 in re min. - Partitura . . . [Cfr. App. I, A, 75]
Castiglione dei Popoli, luglio 1895.
b) Diversi abbozzi della stessa, sia per pianoforte
clic per orchestra
23. La stessa Sinfonia ridotta per pianoforte a 4 mani [Cfr. App. I, D, a 2]
Bologna, giugno 1896.
24. 3 Ouvertures (Suites) pour orchestre par Joli. Seb.
Bach. Transcription pour p i a n o ............................. [Cfr. App. II, E, b, 2]
Bologna, febbraio 1897.
25. Pastorale di Giuseppe Sammartini trascritta per
p ia n o f o r te ................................................................... [Cfr. App. II, E, b, 31
Bologna, 2 marzo 1897.
26. 2 pezzi di G. F. Händel trascritti per pianoforte. [Cfr. App. II, E, b, 4]
1. Giga (dal IX Concerto (/rosso)-, 2. Minuetto (dal
V Cono. (jr.).
Bologna, ottobre 1898.
27. Cinque pezzi di G. F. H ä n d e l............................ . [Cfr. App. II, E, b, 7]
1. Minuetto (della Sonata op. 5 n. 4); 2. Giga (id.);
3. Siciliana (dall’VIII Concerto grosso); 4. Gavotta
(dalla Sonata op. 5 n. 3); 5. Musetta.
[Trascrizione libera per pianoforte].
Castiglione dei Pepoli, 25 agosto 1899.
28. Concerti grossi di G. F. Händel (XII. Ili, VII, IV),
trascritti per p ian o fo rte ........................................... [Cfr. App. II, E, b, 8]
Castiglione dei Pepoli, 7 ottobre 1899.
29. 16 Minuetti di \V. A. Mozart (dalle Cassazioni,
Serenate, Divertimenti e Danze per orchestra) tra­
scritti per p ian o fo rte ................................................ [Cfr. App. II, E, b, 9]
Bologna, 13 febbraio 1900.
30. Due pezzi di W. A. Mozart trascritti per pianoforte. [Cfr. App. II, E, b, 10]
1. Andante (dalla 1“ Serenata); 2. Allegretto (dal
2" Divertimento).
Bologna, 18 febbraio 1900.
31. Variazioni per due pianoforti (dall’op. 58 per pia­
noforte solo) - Partitura a 2 pian o fo rti................... [Cfr. App. II, D, b]
Castiglione dei Pepoli, 16 luglio 1900.
(Della stessa opera, alcune bozze di stampa con
correzioni e segni di diteggiatura).
— 167 —
N ote e risc o n tri n o stri

32. Cinque pezzi di A. Corelli trascritti per pianoforte. [Cfr. App. E, II, b, 11]
1. Tempo di Gavotta (dalla Sonata op. IV n. 2);
2. Andante (dal Concerto op. VI n. 6); 3. Minuetto
(dal Concerto op. VI n. 9); 4. Tempo di Passepied
(dal Concerto op. VI n. 10); 5. Giga.
Luglio 1901.
[Secondo una nota dclTA., questi pezzi sarebbero
stati pubbl. dalPEd. A. Schmidt di Lipsia].
33. Nove pezzi di G. B. Martini trascritti per pf. . . [? Cfr. App. II, E, b,
1. Minuetto; 2. Rondò; 3. Giga; 4. Rondò; 5. An- 12]
dante; 6. Tempo di Gavotta; 7. Minuetto; 8. Minuet­
to; 9. Minuetto.
[In prima pagina le seguenti annotazioni auto­
grafe: 1
G. B. Martini da un volume di parecchie compo­
sizioni per 2 Violini e Basso, e per 1 Violino c
Basso.
G. B. Martini 9 pezzi trascritti per pf. e ceduti
all’editore Schmidt.
Luglio 1901.
34. Quattro pezzi di L. Boccherini trascritti per pf. . [Cfr. App. II, E, b, 13]
1. Rondò (dal Quintetto op. 21 n. 3); 2. Tempo di
Minuetto (dal Trio op. 44 n. 2); 3. Presto assai
(dal Trio op. 44 n. 2); 4. Larghetto (dal VI Quin­
tetto).
Luglio 1901.
35. Tre piccoli pezzi per pianoforte op. 79 . . . . [Cfr. App. II, A, 79]
1. Preludio; 2. Canzonetta; 3. Saltarello.
[Date rispettive:]
1) 10 agosto 1901; 2) agosto 1901; 3) luglio 1901.
36. Due Capricci per pianoforte op. 8 0 ................... [Cfr. App. II, A, 80]
1) Napoli, maggio 1902.
2) Napoli, luglio 1902.
[Nota dell’A.:] per l’Editore Schmidt di Boston.
37. Melodia per pianoforte dedicata alla Principessa
di S t r a n g o l i .............................................................. [Inedita?]
Napoli, 6 luglio 1902.
38. a) Seconda Sinfonia op. 81 in fa magg. - Partitura [Cfr. App. II, A, 81]
[Sul frontespizio la dedica:] «Alla mia Maria»
[e la data:] Quisisana, 11 settembre 1904.
[In fine invece la data:] 15 luglio 1904.
b) Altra copia della stessa con numerose annota­
zioni in tedesco (evidentemente perchè la stam­
pa dell’opera venne fatta in Germania, pur es­
sendo assunta da Ricordi per la pubblicazione).
c) Diversi abbozzi della stessa, sia per pianoforte
che per orchestra.
39. n) - b) La stessa Sinfonia ridotta per pianoforte
a 4 m a n i ........................................... .... [Cfr. App. II, E, d, 3]
2 esemplari: uno a matita, uno a penna.
Napoli, marzo 1905.
— 168 —

N ote e risc o n tri n o stri


40. Tre pezzi per pianoforte op. 8 3 ................................... [Cfr. App. II, A, 83]
1. Improvviso; 2. Capriccio; 3. Tempo di Valzer.
Agerola, 2 agosto 1905.
41. Tre pezzi per pianoforte op. 8 2 ...................................fCfr. App. II, A, 84]
1. Intermezzo; 2. Novelletta; 3. Scherzo.
Date rispettive: 1) Quisisana, 9 ottobre...; 2) Qui-
sisana, 27 settembre 1905; 3) Agerola, 1” settem­
bre 1905.
42. Tre pezzi per canto e pianoforte su poesie di G.
Carducci. Op. 8 4 ........................................................... [Cfr. App. II, A, 82]
1. Maggiolata; 2. Pianto antico; 3. Nevicata.
Date rispettive: 1) Napoli, dicembre 1905; 2) Na­
poli, gennaio 1906; 3) Quasisaria,( 20 agosto 1906.
(Seguono i manoscritti non datati, che disponia­
mo in ordine cronologico approssimativo indiret­
tamente dedotto):
43. « Hacconto » per pianoforte, per l’Album Bellini,
op. 56 . < .................................................................. [Cfr. App. II, B, 4 -
Comp. 1877? Non cor­
risponde all’op. 56 pub­
blicata]
44. Due fanciulli. Canto per gli asili infantili con ac­
compagnamento di p ia n o fo rte .................................. [Inedito. Probabilmen­
te comp. giovanile]
45. Sonata per violoncello e pianoforte dedicata al
Sig. Paolo R o t o n d o ................................................ [Cfr. App. II, A, 52 -
Comp. 1880 ca.]
46. a) Poemetto per canto e pianoforte ; ................... [Cfr. App. II, B, 7 e
[Manca frontespizio, e conseguentemente titolo App. V, A 5. Comp.
della composizione e nome d’autore: ma è La 1886-1887 circa]
Canzone dei ricordi].
b) Abbozzi e studi per la stessa composizione.
47. Sogno d’amore. Romanza per canto e pianoforte. [Cfr. App. II, B 8 -
Comp. 1888?]
48. Triste sogno. Romanza per canto e pianoforte. Poe­
sia di Corrado R i c c i ...................................................... [C. s.]
[Nell’interno v’è un foglietto contenente i versi,
con il titolo modificato da Corrado Ricci in Sogno
di morie].
49. « Pagine sparse » per canto e pianoforte. Sei pezzi
su versi di Corrado Ricci - Abbozzi........................ [Cfr. App. I, A, 68 -
Comp, 1889 circa]
50. Serenata in fa diesis minore per pianoforte . . . [Cfr. App. II, A, 73, 1.
[Nota dell’A.:] Ceduta a Kistner. Comp. 1893 ca.]
51. a) Danze antiche trascritte per pianoforte - I se- 1
rie (10). ( [Cfr. App. II, E, b, 1-2.
b) Danze antiche trascritte per pianoforte - Il se- i Fra il 1893 e il 1900]
rie (10). '
f 4 -^ 4 ' f > 3
-K-Vv.,
C ï ,c ! f t
Ç c tscc c ,
M~ iLjf+u — >; H_)f.
f *>«'#
<*jf*/<*» «-(• Ul -— Jfaf ^
«» f <•.
<9 A-t _
V u . f f
J**£ C# C"—
s - «-*ÿ-H ** '>•■»-H- - -I-S ul *-*/**.
N
•* , ^^ ^ ^ ‘ -i*- ^
-~c _ _ - j. . t> -K. *~ "-
è ,) M
V V .'
t i f.
M L
%
V 4* L
V<C
i ^ { <, ^
ô -fcU Ç^*4C -HA V ^)
fO
ò- 1.
¥ *w A< <) ^ > 1
c? -U, o-w _ — -
f ee
'f-- £ . i* - - - • * « * ' - e â $ '4 .1 J *
u a
n+
Vf * * 1 1 x ♦<» i ^ ' ê i ê à vI

> i

' 9 *■
w # î-è ' V 4 g 0

«*. -tw
,4 I*'
/» ^
- ***«£«r—>
■*■ f*—
' c■>c/<jj *
** **..—^-*3- r«. -
f“S' ;

i&J-jâ c'V&l&ify* i“* - 7ww> <»-» «ik««»- 4. W j


- I . v « * T ? . , >r

& ' - t r .t - ^ . f c " « t& Z tJ i


- o -tu. ~ <5?- -JT16 **=
I V c. t ------ T
-fa* ----- —
__ v J*< in»« -
*»i «s» •** 4«#
^P*** f«* P*-
<<#*«...«_ _ lJ * iu 4k * » «4- Tssr
* . tf < i f rr 4, vf v - i /T ^-
A -t **•«. e>-k. *4^0
è 4»<?? i3
o *41
i <>,

O A a ^ < t ‘ f$ i t

Dall’abbozzo autografo dell’« Ode alla Regina d’Ita lia » su test° Carducci.
(Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
- - 170 —
N ote c risco n tri

52. Trèfles à quatre feuilles - 4 p e z z i p e r p ia n o f o r te . [C fr. A p p . II, A, 74]

53. T r e p e z z i p e r p ia n o f o r te o p . 7 6 .................................... [C fr. A p p . I, A, 76. P u b -


1. N o v e lle tta ; 2. N o ttu r n o ; 3. S c h e rz o . b l. 1897]

54. D u e p e z z i p e r p ia n o f o r te ...................................................... [C fr. A p p . I I, A, 77]


1. C a p r ic c io ; 2. T o c c a ta .
55. D a n z a - T a r a n te lla , p e r o r c h e s tr a , d a ll’o p . 44 - P a r ­
titu ra .......................................................................................... [C fr. A p p . II, I), e, 3]

56. M in u e tto p e r s tr u m e n ti a d a r c o ( d a ll’o p . 55 p e r


p ia n o f o r te ) - P a r t i t u r a ...................................................... [C fr. A p p . I I, D, d , 2]

57. A n d a n te p e r o r c h e s tr a d a l l’o p . 6 0 .............................. [C fr. A p p . II, D, e, 5.


[I.e p r im e 4 c a r te a m a tita , le a l tr e a p e n n a ] . P u b b l. 19071

58. C o m p o s iz io n e v o c a le -s tru m e n ta le , in c o m p iu ta , s u l­
l’O d e d i C a r d u c c i Alla Hei/ina d’H alia ........................ [ I n e d ita . D eg li u ltim i
[11 m a n o s c r itto c o n tie n e so lo la m u s ic a d e lT u ltim a a n n i. C fr. f a c s im ile 8 ]
q u a r t i n a d e ll’O d e, a b b o z z a ta p e r so li e c o r o c o n
a c c o m p a g n a m e n to d i p ia n o f o r te : n e lla p a r te d i
p ia n o f o r te si tr o v a a n c h e q u a lc h e in d ic a z io n e p e r
l ’o r c h e s tr a ] .

B) LETTERE

S o n o in tu tt o s e i: 1 a L a u ro R o ssi, 1 p r o b a b ilm e n te
a llo s te sso , 3 al m a r c h e s e L u ig i F ilia s i, 1 al m .° S a l­
v a to r e Q u a r a n ta .................................................................. [C fr. A p p . V, A]
A P P E N D IC E IV.

UNA RACCOLTA PRIVATA DI MANOSCRITTI MARTUCCIANI


(Collezione Gailini)

U n a r a c c o lta c o n s id e r e v o le d i m a n o s c r itt i m a r t u c c i a n i è q u e lla p o s s e d u ta


d a l m .° N a ta le G a liin i, c h e eg li c i h a c o r te s e m e n te p e r m e s s o d i e s a m in a r e c o n
a g io . S o n o 23 m a n o s c r itt i d i o p e r e o t r a s c r i z i o n i o s tu d i o a p p u n t i m u s ic a li d e l
M a rtu c c i q u a s i t u t t i a u to g ra fi e in b u o n a p a r t e firm a ti e ta lo r a d a t a ti , o ltr e a
v a r ie le tte r e e c a r to lin e a u to g ra fe . A u to riz z a ti d a l G a liin i d ia m o q u i u n e le n c o
d e i m a n o s c r itt i m u s ic a li, s e g u e n d o p e r q u a n to è p o s s ib ile l’o r d in e c ro n o lo g ic o ,
d e d o tto in c e r t i c a s i d a l G a liin i s u ll’e s a m e d e lla s c r i t t u r a , e lim ita n d o c i a lla p u r a
d e s c r iz io n e , g ia c c h é o g n i a l t r a c o n s id e r a z io n e a d e s si c o lle g a ta è g ià s ta ta fa tta
n e l p r e c e d e n t e sa g g io . P e r le le tte r e s i v e d a l ’a p p e n d ic e V, C.

1) Q u e sto n o n è u n a u to g ra fo d i M a rtu c c i, m a la c o p ia d i u n a c o m p o s i­
z io n e d e lla s u a a d o le s c e n z a , fa tta d a l s u o c o n d is c e p o lo F lo r e s ta n o R o s s o m a n d i
e d a lu i p i ù t a r d i d o n a ta a R o c c o P a g lia r a . I n te s ta z io n e : Trio nell’opera « La
bella Elena » di Offenbach ridotto per violino, violoncello e piano da Giuseppe
Martucci di anni 111. Dedicato al Sig. Dinani Francesco Segretario del Municipio
di Napoli e sua nobile famiglia. Napoli 28 dicembre 186!). - In fin e la firm a :
« 8 marzo 1870 - Ilossomandi ».
2) Q ui c o m in c ia n o g li a u to g ra fi. Partimenti del M." Stanislao Maltei, armo­
nizzati da Giuseppe Martucci. F ir m a to , se n z a d a ta . S c r ittu r a lim p id is s i m a : e v i­
d e n t e m e n te u n a b e lla c o p ia . A n te r io r e a l m a n o s c r itto s e g u e n te , c h e è d e l 1876:
p r o b a b ilm e n te r is a l e a lla fin e d e l p e r io d o d i s tu d io d i M. in C o n s e r v a to r io ,
c io è al 1871.
3) T r a s c r iz io n e p e r p ia n o f o r te e v io lo n c e llo d e llo Studio o p . 10 n . 3 d i
C h o p in t r a s p o r t a t o d a m i m a g g io r e a r e m a g g io re . A u to g ra fo firm a to e d a t a to :
« N a p o li, A g o sto 1876 ». (C fr. A p p . I l, E , a , 2* s e r ie , 6 ).
4) T r a s c r iz io n e p e r p f. e v io lo n c e llo d e l Largo d e lla Sonata o p . 13 p e r p f.
(« P a te tic a ») d i B e e th o v e n , t r a s p o r t a t o ila la b. in a g g . a la m a g g . A u to g . firm a to
e d a t a to : 12 s e tte m b r e 1876. (C fr. A p p . I l, E , a , 2 ” s e r ie , 4).
5) B re v e c o m p o s iz io n e in fa m in . p e r t r e p a r t i s tr u m e n ta l i, d u e in c h ia v e
d i v io lin o , u n a d i b a s s o , s e n z ’a l tr a in d ic a z io n e : c a llig ra fia d e l R o s s o m a n d i. A te rg o ,
u n a m e lo d ia in c h i a v e d i v io lin o in si b. m in ., a u t o g r a f a : e v id e n te m e n te u n
c a n to d a to d a a r m o n iz z a r e , e s s e n d o v i s o tto p o s ti d e i n u m e r i r i f e r i b i l i a u n b a sso .
A ll’in c i r c a d e llo s te s s o p e r io d o g io v a n ile d e l p r e c e d e n te .
6 ) Sonata in fa diesis minore per violoncello e pianoforte di G. Martucci.
S o lo la p a r t e d i v io lo n c e llo . A u to g ra fo firm a to e d a t a to : « N a p o li , 8 b r e 1 8 8 0 » .
E ’ s e g n a ta v e r s o la fin e u n a lie v e v a r i a n t e c h e m a n c a n e l l’o p e r a s ta m p a ta : e
f o rs e u n a m in u t a a n a lis i r iv e l e r e b b e q u a lc h e a l tr o p ic c o lo d iv a r i o . D ite g g ia tu ra
e in d ic a z io n i d i c o lo r ito e d i a r c a te d i a l t r a m a n o , c e r to d i v io lo n c e llis ta .
Dagli appunti sull’uso dei corni nelle Sinfonie di Brahms.
A) Sulla l a Sinfonia. (Raccolta Gallini).
( ■''» y r -Æ_ -/y
•V

as 5 g |E
n ' c
4 -

C-J
' [ É à à k M

/
* ÿU *.t~ -/ 4 •*>

i^A *

É É nS i \M T ”
\f

V.J-C' >~w*. ^W/V*'*.A


K •-*•*— * ' ~x p t T Z ( _ _ — it" ^ .» m iK iji .;

I ., . ) i ' i f r » j) y ~ I t .. Il 1 1i l ' J.1I 1,1T— I iiii4 » . - uU < ir ' j j —r — è t .r t . r .

t ^ - ** " p i * ■

D‘s" ™ » t f  ΠΠM ^
— 174 —

7) R id u z io n e p e r so lo p f. d i 5 p e z z i d e l l’A d e ls o n e S a lv in i d i B e llin i.
1. S in fo n ia d e ll’a tto p r im o .
2 . C a v a tin a d i S tr a le y d o p o l ’in tr o d u z io n e d e ll’a tto p r im o ( p ia n o e c a n to ).
3. F in a le d e ll’a tto p r im o .
4. A ria c o n c o r i d i S tra le y , p r im o p e z z o d e ll’a tto s e c o n d o .
5. F in a le d e ll’a tto s e c o n d o .
A u to g ra fo non firm a to né d a t a to : p r o b a b il m e n te del p e r io d o in to r n o al
1880 -81.

8 ) R id u z io n e p e r p ia n o e c a n to d e l fin a le c o n c e r ta to d e ll’a tto s e c o n d o d e l


P ir a ta d i B e llin i. A u to g ra fo se n z a firm a n é d a ta . C irc a d e l p e r io d o d e l p r e ­
c e d e n te .
9) L a p a r t e v o c a le in p a r t i t u r a d i 4 p e z z i s a c r i f a c e n ti p a r t e d i u n a M e ssa:
n u m e r a ti c o s i:
N. 4. « O ff e r to r iu m »
N. 5. « S a n c tu s »
N. 6. « O S a lu ta r is »
N. 7. « A g n u s D ei »
tu tt i p e r t r e v o c i s o le m a c o n b a ttu te d ’a s p e tto c h e e v id e n te m e n te im p lic a n o
u n a c c o m p a g n a m e n to s tr u m e n ta le . ( I n f a tti q u e s te p a r t i s o n o to lte d a lla c o s id d e tta
M esse d a s a c re d i C h e r u b in i. C fr. A p p . V, A, 3).
A u to g ra fo firm a to e d a t a to : « N a p o li, 28 a g o s to 1886 ».

10) S e r e n a ta o p . 57 n . 2 in so l m a g g . p e r p f. A u to g ra fo firm a to e d a t a to :
« B o lo g n a, fi n o v e m b re ’8 fi ».

11) B ra n o in iz ia le d e lla tr a s c r i z i o n e p e r p f. d i u n a M u se tta in m i m a g g io re


d i H ä n d e l. A u to g ra fo f irm a to e n o n d a ta to . I n to r n o al 1886. (C fr. A p p . II, E , b).
1 2 ) F r a m m e n to in p a r t i t u r a p e r f la u ti, 3 c l a r i n e t t i e c o r n o in g le s e : e v i­
d e n te m e n te to lto d a l p r e lu d i o d e l P a r s ifa l, c o n i v a lo r i u n p o ’ a c c o m o d a ti p e r
r i d u r r e la g r a n d e d iffic o ltà r itm i c a d e l b r a n o . A u to g ra fo n o n firm a to n é d a ta to .
S c r ittu r a d e i p r i m i te m p i d e l s o g g io rn o b o lo g n e s e : p iù p r e c is a m e n te si p u ò
a t t r i b u i r e il ras. a l 1889 q u a n d o M. e s e g u i q u e l p e z z o la p r i m a v o lta B o lo g n a .
13) L a p r im a d e lle D u e R o m a n z e p e r v io lo n c e llo c o n a c c o m p a g n a m e n to d i
p ia n o fo r te . A u to g ra fo firm a to c d a t a to : « ’9 0 » , c o n a p p o s ta l ’in d ic a z io n e : « C o n ­
s e g n a to a ll’E d ito r e S c h m id l d i T r i e s t e » . (C fr. A p p . II, 72).
14) T r e p e z z i d e l l’o r a to r io in e d ito S a m u e l n e lla r id u z i o n e p e r c a n to e p i a ­
n o f o r te :
1. « P r e g h ie r a d e lla n o t t e » . (A ria p e r te n o re ).
2. « P e r c h é tr is to è q u e s to c o r e ». (D ile ttin o p e r s o p r a n o e m e z z o s o p ra n o ).
3. « L o d a , o la b b r o , e s u lta , o c o r e ». (A ria p e r s o p r.).

(G li s te s s i c h e si t r o v a n o in p a r t i t u r a a l n . 23 d e lla r a c c o lta . Il d ile ttin o


p e r ò q u i è in fa m in o r e , n e lla p a r t i t u r a in fa d ie s is m in o r e . L a m e lo d ia d i e sso c o r ­
r is p o n d e a q u e lla d e lla r o m a n z a p e r v io lo n c e llo d i c u i a l n . p r e c e d e n te ) .
A u to g ra fo firm a to , n o n d a ta to . I n to r n o al 1890. (? c f r . A p p . II, C, 5).
15) A p p u n to c o n e s e m p i d i s c a le c r o m a tic h e d o p p ie p e r u n o s tr u m e n to a
fiato . A u to g ra fo n o n firm a to n é d a t a t o : c i r c a d e llo ste s s o p e r io d o d e l p r e ­
c e d e n te .

16) R ip r o d u z io n e o r e v is io n e d i u n a S ic ilie n n e in d o m in o r e d i B o c c h e r in i
p e r 2 v io lin i, v io la , 2 v io lo n c e lli, b a s s o c o n tin u o . A u to g ra fo f irm a to n o n d a ta to :
•c irca d e l p e r io d o d e l p r e c e d e n te .
J o /- ' f t s / y r f t e f t / /

/1 ' tr i t i »»* »• ^ V
\ e J >" f /* J/,»->■«’
' 7 ’‘ ^ f t * f t 9 è'> d+e) f t

a v a " * " " 7


/ . s f t / U ^ > , » * » • * * ' h * * f t * ^ a. / / -
y. , Io / y V «/,-<? y î « /» / t

i f t f t ft* • 7< " *■**• *«-*' ^


f y i -a
u !;/1 v, / - , * J e / S . u ) / « U ~ ***

7^ r /* /« A ’f t * ift« „ + ft* o - * f t * .

y Y e ;* *f.-t -t>. e / ^, /» ^ ' ^ . c) *1 'i' . ,^^ Â v i < ;


7 t *" • * * vr' A11'
✓ „ , ,r ,. y ; ,;.//■ ' ^ " " A 'W
/ y A ^ t s / * '- '" « V e » '» « /« r f r> ' <••/*
' fr. !' \ t r j ô f t J f'> +y* / > / r ' y* ÿ //a ^

, 7 . , ,
t/ *4 0 Û> t f / ' J A / / t ê

,, y c ,, ; , ///^ ' • / - - ■ '.


s?'
■/ y ^ S t f t $ s / / « r
\ ». f t * \ * ftL ) *
J ^< / -?ô f t S ' ÿ * o & * ' f t / t * J t /V« J

ft> *4 // *
LX* ">>> . M ä // ** /* y / x
(/

%S5
Lettera a Lauro Rossi. (Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
17) Il secondo dei Due Notturni per pianoforte di G. M. Op. 70. Autografo
firmato e datato: « S. Vittore, 29 agosto 1891». (S. Vittore è una collina presso
Bologna).
18) Giga per orchestra (dall’op. 60 n. 3). Autografo non firmato né datato.
Intorno al 1891-92.
19) Canzonetta per orchestra (dall’op. 65 n. 2). Autografo non firmato né
datato. Circa del periodo del precedente.
20) Foglio di 4 pagine di appunti di strumentazione precisamente sull’uso
dei corni nelle Sinfonie di Brahms. Autografo non firmato né datato. Circa del
periodo del precedente.
Trascriviamo per darne un’idea il brano d’inizio:
« Sinfonia. Come massima stabilire per i corni la differenza fra il ^ al [sic.]
b in relazione dell’accordo.

esempio cosi Br.

ma qualche Volta si può anche non tenerne conto.


t
cosi Br.

questa nota - viene spesso usata (Br.) », ecc. ecc.


V. anche facsimili 9 A-B.
21) lìenedetto Marcello - 4 sonate per Flauto con accompagnamento di pia­
noforte di Giuseppe Martucci. Sul frontespizio la dedica: « All’egregio flautista
prof. Emilio Gallone». Autografo non firmato né datato. Intorno al 1893. (Cfr.
App. II, F).
22) Dalle 10 Danze antiche trascritte per pianoforte da G. M.: G. B. C u l l i :
Gavotta nell’opera « Arm ida». Autografo firmato e datato: «Bologna, 19 no­
vembre 1893 ». (Cfr. App. E, b, 1, I serie, 1).
23) Partitura dei tre pezzi dell’oratorio Samuel di cui al n. 13. Autografo
firmato. In calce alla «Preghiera della notte», dopo la firma è scritto: «Rive­
duto nel 1905 ».
APPENDICE V.

DALLA CORRISPONDENZA INEDITA DI MARTUCCI

A) LETTERE CONSERVATE AUTOGRAFE


ALLA BIBLIOTECA DEL CONSERVATORIO DI NAPOLI

1. - [Lettera senza busta].


AlTHl.m<> Sig.r Direttore
del R. Collegio di musica
Comm.rc Lauro Rossi (*)
Napoli, fi agosto 1877.
Illustrissimo Sig.r Direttore,
L’avermi creduto degno dell’alto onore di poter prestare l’opera mia e cosi
concorrere, sibbene in minima parte, alla effettuazione del nobile scopo che si
sono prefisso. Sento con ciò di soddisfare un sacro dovere verso quel grande
estinto che ha tanto illustrato la nostra arte.
Secondo le indicazioni datemi le farò esattamente ricapitare la mia compo­
sizione prima del prossimo Gennaio e con ciò la prego credermi con i sensi della
più profonda stima
Suo devotissimo
G. Martucci

2. - [Lettera senza busta né indirizzo, ma probabilmente diretta ancora a Lauro


Rossi].
Napoli, 2 dicembre 1877.

Gentilissimo Signore,
Invio alla S. V. I. il lavoro che aveva promesso per concorrere alla grande
opera da Loro iniziata, e le rendo di nuovo infinite grazie per avermi creduto
degno di prestare un minimo omaggio allTllustre estinto.
Ho intanto l’onore di essere
Suo devotissimo
G. M a r t u c c i

3. - [Lettera senza busta, al marchese Luigi Filiasi2].


Bologna 8 8hre 8fi
Via Zamboni 59

Pregiatissimo sig. marchese,


Vi avrei scritto prima, se non fossi stato molto occupato, nei giorni passati,
per la esecuzione della Messa di Cherubini alla Basilica di S. Petronio. Da due
giornali, che riceverete insieme a questa mia, rileverete che le voci han lasciato
178 —

molto a desiderare. Non bisogna farsi illusioni! Le condizioni delle masse corali
sono deplorabili in tutta l’Italia: c non sarà possibile rimediarvi senza constituire
delle grandi società corali. Fortunatamente, l’Arcivescovo di Bologna, che è per­
sona intelligente e di larghe vedute, si sta cooperando per organizzare una so­
cietà corale che si chiamerà S. Cecilia. Fin dalla prima prova, feci sapere al
sindaco, presidente della Fabbriceria di S. Petronio, che, con quelle voci sfiatate
e stonate, non sarei rimasto al mio posto di maestro della Cappella; ed il sindaco,
molto gentilmente, mi autorizzò ad apportare qualunque innovazione volevo al
capitolato della Chiesa. Fra giorni, si aprirà il Liceo, e comincerò la mia nuova
vita artistica, e fin da ora mi pare che essa si presenti bene e sarà piena di
soddisfazioni. L’editore Kistner, di Lipsia, ha pubblicato il mio Concerto, e vi
sarei molto grato se voleste farcene venire la partitura. Se lo potete, datemi le
vostre notizie, che mi farete un piacere immenso; e quando farò eseguire una
Messa di Beethoven o lavori di altri sommi, spero mi diate la soddisfazione di
venire a Bologna a sentirli. Mia moglie m’incarica dei suoi saluti alla Signora
Marchesa madre ed alla vostra gentile consorte; io fo lo stesso e mi lusingo che
non vogliano dimenticarsi degli assenti. Vogliatemi bene, ed abbiatevi l’assicu­
razione del mio sincero affetto.
Vostro devotiss.
G . Ma r t u c c i

4. - [Lettera senza busta].


Al Maestro Salvatore Quaranta (3)
Bologna, 9 dicembre 86.

Mio carissimo Quaranta,


Scrissi al Marchese Filiasi, due mesi fa, dandogli parecchie mie notizie, e,,
sopra tutto, lo informava dell’esecuzione della Messa di Cherubini in S. Petronio.
E’ vero che la mia lettera non dava occasione ad alcuna risposta, ma, conoscendo,
per prova, la squisita cortesia, nonché la continua benevolenza che il Marchese
ha sempre avuta per me, devo attribuire il suo silenzio ad una dispersione. La
lettera la indirizzai a S. Paolo, ché, in quell’epoca, il Marchese doveva trovarsi
colà. In ogni modo vi sarei grato se voleste domandargli se l’ha ricevuta; e vi
prego presentargli anche i miei saluti affettuosi e dirgli che, quando sarò a
Napoli, per i concerti orchestrali, mi procurerò il piacere di suonare il mio
Concerto con lui. Datemi vostre notizie: fatemi sapere che fate e come state.
Noi stiamo tutti benissimo; il freddo è cominciato, ma, almeno per ora, non è
tale da spaventarci. Ricordatevi che mi avete promesso di venire a trovarmi qui.
Abbiatevi i miei affettuosi saluti.
Vostro
■ G. M a r t u c c i

5. - [Lettera senza busta, al marchese Luigi Filiasi].


Bologna, 31 dicembre 86.

Pregiatissimo Signor Marchese,


Grazie assai delle vostre dodici pagine che non ho lette, ma divorate in modo-
che mi son sembrate fin troppo poche. Dunque, avevo ben ragione di pensare
ad una dispersione: difatti il piccolo foglio, quello chiuso nella busta interna,
stava per disperdersi (strano a dirsi) prima che ricevesse i bolli postali! Ma
voi, egregio Marchese, permettetemi di dirvelo, avete avuto torto di credere
■I y

* 7

J A '

0lJ 4-+~ t^JL. ^

e / , '^ - 't - ^ r t .^ '^ '& j ~f \ , ->f


/* '
v*“ « - - r ^ ' ~ O ^ l—« -L » - 3 A

<*-^£*-~, ^.JÊ.. lS fi ^ #-'*w c,^ .

A <. 3 ^t»^,-- - *-

J h 'K * * * ^

ß ^ t.s ' C ^ <- ^ t -€- ^ C r/ y ^

Aliks'' i^ ~ — ^ r £ f J : *_

-*■ ‘* A ✓ «!

fk„,*<■

Dalle lettere al marchese Filiasi. (Biblioteca del Conservatorio di Napoli).


— 180 —

•che io avessi potuto attribuire a negligenza il vostro silenzio. Del resto, la mia
lettera diretta a Quaranta, e che ora per un vostro pensiero gentilissimo, trovasi
in vostro possesso, è testimone che non ho mai dubitato del vostro affetto. Sono
davvero contento sapere che il mio Concerto vi piaccia tanto: non v’è maggior
soddisfazione che quella di vedersi apprezzate le proprie opere, che costano
tanto lavoro, dalla classe eletta ed intelligente. Mio malgrado, ho dovuto rinun­
ziare ad assistere alla prima rappresentazione dell’0/e//o, avendo sentito dire che
la poltrona costi 200 franchi; ed io, francamente, non voglio darmi questo lusso,
anche perché non mancherà occasione di udire l’opera a condizioni più ragio­
nevoli! (■*) Credo abbiate letto nei giornali che nell’88 avrà luogo a Bologna una
esposizione nazionale: i progetti sono grandiosi: si parla, fra l’altro, di costruire
una città etnisca! Ma per ora si è ancora nel regno delle chiacchiere, ed io ne
so qualche cosa, facendo parte della commissione musicale che ha un compito
abbastanza grave; ho voluto solamente accennarvelo: piu in là, quando saremo
al concreto, vi terrò informato di tutto. La mia famiglia ed io stiamo benissimo.
Il clima di Bologna, almeno per ora, non ci dà molestia alcuna, sebbene il freddo
sia molto intenso; ma noi ci siamo così bene armati di stufe e camini che in
casa si sta deliziosamente. Fo una vita molto tranquilla e che si adatta comple­
tamente ai miei gusti: vado al lacco dalle 10 a mezzogiorno ed ho tutto il resto
della giornata per lavorare. Non è molto che ho scritto due pezzi per pianoforte
solo ed uno per violino e pianoforte; ora sono intorno ad un poemetto per
canto e piano, e dopo mi occuperò della messa di gloria che i bolognesi aspet­
tano per la festa dell’anno venturo in S. Petronio. Vi ringrazio dell’affettuoso
telegramma, e son sicuro che il Principe d’Ardore vi avrà fatti gli auguri pel
nuovo anno; ad ogni modo, ve li rinnovo. Mia moglie m’incarica de’ suoi saluti
ed insieme vi preghiamo di presentare i nostri rispettosi omaggi alla gentile
Marchesa e Marchesina; vogliate ricordarmi anche alla famiglia Gigliano. Vi
sarei grato se voleste salutarmi il Principe d’Ardore e dirgli che ho ricevuto la
sua lettera. Abbiatevi di nuovo i miei più vivi ringraziamenti per l’affettuosa
lettera, e, con la speranza che vogliate sempre continuarmi la vostra benevo­
lenza, vi stringo cordialmente la mano
Vostro dev.
G. M a r t u c c i

6. - [Lettera senza busta, allo stesso].


Bologna, 24 Aprile 87.

Gentilissimo Sig. Marchese,


Ho proprio bisogno di una assoluzione plenaria per farmi perdonare un si
lungo silenzio. Ma non dispero d’ottenerlo: voi sapete, pur troppo [?], che non
posso dimenticare la vostra buona e lusinghiera amicizia, e che quando non
scrivo vuol dir proprio che non ho potuto. Come arrivai qui fui occupatissimo
per i lavori preparatori della parte sinfonica per l’Esposizione musicale da te­
nersi a Bologna nell’88. Ora sono occupato per le prove dei concerti orchestrali
di questa Società del quartetto: oggi abbiamo dato il primo concerto del quale
vi accludo il programma; il secondo lo daremo domenica prossima. Nella prima
quindicina di maggio anderò a Milano, ove sono stato invitato da quella Società
del quartetto a dirigere due concerti orchestrali, nei quali devo suonare anche
il mio Concerto. Non scrivo anche al Principe d’Ardore per non ripetermi, sicuro
che voi gli comunicherete le notizie di questa mia lettera; ma ditegli voi quanto
sarei stato felice se invece di Milano avessi potuto suonare il mio Concerto in
una città più vicina a Napoli, cosi gli sarebbe stato facile venire ad udirlo.
Dopo Milano dirigerò qui altri concerti orchestrali. Ho letto in diversi giornali
l’immenso successo delle vostre Sette parole, e ne ho goduto sinceramente: vi
— 181 —

prego gradire anche le mie calde congratulazioni, che se hanno il torto di arri­
vare in ritardo, non sono per questo meno sentite e leali. Quando potete, datemi
vostre notizie e ve ne sarò grato. Vogliate far gradire all’ottima Marchesa ed
alla gentilissima vostra Signora i sinceri ossequi di mia moglie e miei. Vi
stringo cordialmente la mano.
Vostro amico
G. Ma r t u c c i

B) DALLA CORRISPONDENZA DI G. A. FANO

1. - [Telegramma: da Roma, 13 luglio 1897].


Guido Fano Ghirlanda 4 - Bologna.
« Lieto comunicarvi che Ministro ha approvato vostra gita Bayreuth -
Monaco
M a r t u c c i » (5)
t
2. - [Lettera con busta].
Maestro Guido Alberto Fano - Padova
Castiglion dei Pepoli, 27 luglio ’97.

Caro Fano,
Di ritorno da Napoli trovo qui là sua lettera. Se lei non ha ancora ricevuta
la seconda rata (rata che era già convenuto dovessero spedirgliela subito) me
lo faccia sapere, affinché io spinga la pratica. Ad ogni modo, se anche questa
rata non arrivasse in tempo, lei parta senza esitanza, perché il Ministro mi ha
lasciata completa libertà nella cosa. Di cuore le stringo la mano
Suo affano
G. Ma r t u c c i

.3. - [Lettera c. s.].


Egregio Signor Vitale Fano (°) - Padova.
Castiglion dei Pepoli, 27 agosto ’97.

Egregio Signor Fano,


Mi occuperò subito di quanto lei mi scrive; ma visto che certe pratiche al
Ministero vanno per le lunghe, sarebbe prudente che lei provvedesse pel mo­
mento al suo figliuolo il denaro necessario, ché, anche se le rate tarderanno,
lei può essere sicuro che non mancherà di averle quando il suo Guido avrà
presentato al Ministro la relazione sul viaggio compiuto. Mi creda, con molti
amichevoli saluti
Suo dev.
G. Ma r tu cci

12
>
— 182 —

4. - [Cartolina postale].
Signor Vitale Fano - Padova.
Castiglion dei I’epoli, 17 7bre ’97.

Egregio Signor Fano,


Faccia spedire con la maggior sollecitudine la relazione al Ministero. Mi
creda in fretta
Suo dev.
G. M a r t u c c i

5. - [Biglietto da visita con busta, timbrato da Castiglion ile’ Pepoli, .1 ottobre ’97].
M. Guido Fano - Via Selciato del Santo 4007 - Padova.

Caro Fano,
Ricevo quassù l’annunzio della terribile sventura che l’ha colpito (T). Inten­
do quale sia il suo dolore, e vi prendo vivissima parte. Voglia far gradire alla
sua famiglia le mie sentite condoglianze, e lei si abbia un’affettuosa stretta di
mano dal
S u o a f f.m o G. M a r t u c c i
(C a s t i g l i o n e )

6. - [Lettera con busta e cartolina acclusa].


Sig. Maestro G. A. Fano - Via Ghirlanda 4 - Bologna. [Rispedita a Imola].
Castiglion dei Pepoli, 16 luglio ’98.

Caro Fano,
Vi mando a leggere, per amenità, l’acclusa cartolina (8). Io, intanto, ho già
scritto al Kistner per la pubblicazione della vostra sonata, e vi comunicherò la
sua risposta appena l’avrò ricevuta.
Vi stringo la mano cordialmente
Vostro aff.
G. Martucci

7. - [Lettera con busta e lettera acclusa].


Signor M.o G. A. Fano - presso G. G. Fanti - Scaletta (Imola) [Rispedita a
Montecatini].
Castiglion dei Pepoli, 28 luglio ’98.

Caro Fano,
Dispiacevolmente il Kistner mi risponde come vedete. Scriverò a Breitkopf.
Ricevetti la vostra lettera: troppe cose vi sarebbero da dire! Voi avete ingegno
ed amore al lavoro: sicché l’avvenire è vostro, senza aver bisogno di consigli
e di aiuti altrui. Vi stringo cordialmente la mano
Vostro oit.
G. Ma r t u c c i
— 183 —

[E cco l’acclusa le tte r a :]

L eipzig, li 23 L uglio 181)8.


A ll’Egregio Signor P ro fesso re G iuseppe M artucci - D iretto re del Liceo m usicale di
B ologna
C astiglione dei P epoli.

E gregio Signor D irettore,


In d a ta del 15 co rr. Lei si è degnata di offrirm i un a Sonata p er P iano e Violoncello
d el Suo allie v o S ignor G. A. F ano, ed oggi vengo a com unicarle, che con mio m assim o
rin c re sc im e n to non posso accettare q u esta S onata, cau sa la m inim a p o ssib ilità di ven­
d e re d elle copie di u n a ta le opera nelle circostanze a ttu a li.
Scusi, La prego, che n on Le ho d ato q uesta n o tizia che oggi e m i creda

Suo devot.mo
K is t n e «
Sc h a f f e «

8. - [Lettera con busta e lettera acclusa].


M.o G. A. Fano - Via Ghirlanda 4 - Bologna. [Rispedita a Rimini].
Castiglione, 12 agosto ’98.

Caro Fano,
Accludo la risposta di Breitkopf. Mandategli subito la Sonata, accompagnan­
dola con due righe, cosi vi metterete in corrispondenza diretta per gli accordi
necessari. Credetemi cordialm ente
Vostro alt.
G. Martucci

i Ecco l ’acclusa le tte r a :]


Leipzig, le 9 A oût 1898.

M onsieur,

A yant reçu v o tre c a rte p o sta le du 3 cour., no u s vous prions de nous faire parvenir
le m a n u sc rit de la S onate do n t vous p arlez p o u r inspection. A ussitôt que nous en aurons
p r is co n n aissan ce, nous vous fero n s sa v o ir n o tre décision (*).
Nous ne m a n q u o n s pas de vous recom m an d er en m ême tem ps la m aison G. Ricordi
& C. à M ilan, au cas où M. G. A. F ano devait p référer de p u b lier sa Sonate p. Piano
e t V ioloncelle en Ita lie . É ta n t les re p ré se n ta n ts de cette m aison pour l ’Allemagne et
l’A utriclic-H ongrie, no u s som m es chargés de la vente exclusive de leurs publications et
n o u s p o u rrio n s fa ire , p a r conséquent, to u t ce q u ’il est possible pour la propagation dans
c e s deu x pays.
V euillez ag réer. M onsieur, l’expression de nos se n tim en ts bien distingués.

R r eit k o ff & H ärtel

[ in c a lc e :]
M onsieur G iuseppe M artucci, C astiglione dei P e p o li,'P ro v . de Bologne.
— 184 —

9. - [Biglietto da visita, senza busta, non datato].


Caro Fano,
So che avete 1’« Andante solenne » (Te Dcuin) di Sgambati. Fatemi il piacere
di mandarmelo perché desidero vederlo. Vi stringo la mano
Vostro alT.
G. M a b t u c c i

C) DALLA RACCOLTA GALLI NT

1. - [Lettera senza busta. Ad Amintore Galli,0].


Napoli, 11 Dicembre 84.
Gentilissimo Signor Galli,
Sono davvero dolente non potermi dare la soddisfazione di aderire al suo-
desiderio, stando clic i pezzi di Scarlatti e Sammartini che Lei mi chiede, sono
di proprietà dell’archivio del nostro Conservatorio musicale; epperò dovrebbe
rivolgersi a Fiorimo (n ), che certamente sarà felicissimo poterle rendere un si
piccolo servigio.
Profitto, intanto, di questa occasione per esternarle la mia piu viva sim­
patia, e sperando esser più fortunato in altra occasione, le stringo cordialmente
la mano. Suo devot.ino
G. M a r t u c c i
‘1. - [Lettera senza busta, a Eugenio Tornaghi12].
Bologna, 6 settembre ’88.
Egregio Signor Tornaghi,
Ringrazio il Signor Giulio (ls) per la sua cortese risposta e Lei per aver­
mela comunicata. Voglio anche esprimere al Signor Giulio la mia sincera dispia­
cenza per la malattia dell’ottimo suo padre, al quale auguro, cordialissimamente,
pronta e completa guarigione.
Le spedisco, oggi stesso, il Tempo di Gavotta (14) corretto; e mi scusi il
ritardo. Ora ho pronto della musica per canto e piano: la poesia è di Corrado
Ricci (,5). Desidero sapere se la Casa è disposta ad acquistarla.
Gradisca i miei sinceri saluti e mi creda con stima
Suo dev.
G. M a r t u c c i
3. - [Lettera con busta].
Egregio Prof.'0 L. Mastrigli (1#) - Via Magenta 14 - Roma.
Bologna, 16 gennaio ’89.

Egregio Signor Professore,


Mi scusi il ritardo. La ringrazio sinceramente per il cortese invio del suo
pregevolissimo manuale, c mi dispiace di non poterlo fare adottare ufficial­
mente in questo Liceo, vietandolo i regolamenti.
Mi creda con sincera stima
Suo dev.mo
G. M a r t u c c i
— 185 -

4li*- ay.svu_ 5^ç*

( 4 f "jv» (

&C- y ^ i^ x r w ^

V ^ b - v - * 'W ^
, Y' ‘ ^
i * ^ * - 4 t<^- t>iUC(Ji-tr
I L . .x s_

H A-

*VU»
t sU*Jk~— o u .

VvM/J tv\>.
it^M ^C3r~’ <• C^—O

i-r ».
. c^-^c^> v>t? ’il.

F' . O^a—• t<4^


f. ‘iw* nI ô'Vv'Jw

Lettera ad Amintore Galli. (Raccolta Galiini).


— 186 —

- [Lettera con busta].


Egregio Signor Dottor Pietro Gulli - Fermo.
Bologna, 10 aprile ’89.

Egregio Signore,
Mi scusi il ritardo col quale le rispondo: avrà già saputo, dal Prof. To­
fano (1T), che sono stato indisposto. E mi dispiace sinceramente dirle che,
per ora, né io né i professori d’orchestra possiamo accettare il suo invito essendo
impegnati qui per i concerti orchestrali. Né ho bisogno di assicurarle con quanto
calore avrei data la mia opera per uno scopo cosi benefico e patriottico, e come
io sia sinceramente rammaricato di doverle rispondere con un rifiuto. Spero
di potermi-prestare in altra occasione; e con i sensi della più sentita stima ho
l’onore di dirmi
Suo dev.
G. Martucci

5. - [Lettera senza busta, ad Amintore Galli].


Bologna, 11 aprile ’89.
I
Illustre Maestro,
La ringrazio, assai cordialmente, della sua gentilissima lettera. E le dico,
con tutta franchezza, che, pel momento, non ho pronte piccole composizioni
orchestrali da poter fare eseguire in una occasione cosi importante (18). Lei,
forse, si ricorda del mio Concerto per piano ed orchestra che eseguii a Milano
nell’87. Ora se crede che questo pezzo possa trovar posto nei programmi dei
quali mi parla, io sarei disposto ad accettare di andare a Parigi per eseguirlo
io stesso con l’orchestra Sonzogno. In ogni modo, son grato a lei ed al Signor
Sonzogno per il gentile invito, e le stringo la mano con stima sincera.
Suo dev.
G. Martucci

6. - [Lettera senza busta, allo stesso].


Bologna, 4 settembre ’89.

Illustre Maestro,
L’editore Kistner mi scrive autorizzandomi a farle pubblicare amichevol­
mente nel Teatro Illustrato (19) un numero delle mie « Pagine sparse » (20), a
condizione, però, che lei aggiunga qualche parola per far palese il suo diritto
d’editore, e cosi evitare il rischio che altri giornali si permettano la riprodu­
zione senza domandarne a lei l’autorizzazione. Per la scelta, desidero si pub­
blichi la prima melodia delle suddette « Pagine sparse ». Le stringo cordialmente
la mano.
Suo dev.
G. Martucci
187 —

ÒlCS^w
n ' fi __

o ë
Ç,, LT a ^Z U ^Iz,-* ^* — «.
■1, O h « | a » ^ - > T^V •j-'wiA-' » .

T - "v ^ / r ^ w i * i- # v w ° ^ •
^S+àyjSX* K. '"\>L%0^ f-%i «-#■» ♦
*- J-* '* - |)*v«*~.’ N «* . tn>i» ^ ^
^ V -* — y ~ « r £•*,_ I

[V- 'ìwvfv^wi-. — U < y -^ i c^w ,


|>*v«<j- . _ . ■ 1 ^ w4%C7~^
up^òi4*-**. .--■«>- ^ <-,_ y^uZ C T

I -e ttc ra 1 Viincenzo Fcrroni /p _ .


erroni. (Raccolta G allini).
— 188 —

7. - [Cartolina postale].
Prof. Romeo Orsi (21) - Via Andrea Appiani 8 - Milano.
Bologna, 24 aprile ’94.

Caro Professore,
Desidero che il coro sia messo tutto unito dietro l’orchestra. Le stringo
in fretta la mano
Suo dev.
G. M a r t u c c i

8. - [Lettera senza busta. Ad Amintore Galli].


Bologna, 24 aprile ’95.

Egregio Professore,
Le presento e le raccomando il Sig.r Bruno Mugellini (22), che fece brillan­
temente i suoi studi di pianoforte e di composizione nel nostro Liceo, e che ora
ha avuto l’onore di riuscire primo nel concorso bandito da codesta Società
Orchestrale. Le sarò obbligatissimo se vorrà interessarsene; e gliene anticipo i
più sinceri ringraziamenti. Mi creda, con una amichevole stretta di mano
Suo dev.
G. M a r t u c c i

9. - [Lettera con busta].


M.° Cav. Vincenzo Terroni (23) - Via Manari 5 - Milano.
Bologna, 2(> ottobre ’95.

Stimatissimo Maestro,
Le sono veramente obbligato della sua cortese accettazione c la ringrazio
di tutto cuore. Per diverse ragioni sono obbligato a rimettere il concorso ai
primi di dicembre, e spero che questo cambiamento non le arrechi troppo di­
sturbo, nel qual caso la prego avvisarmene subito.
Gradisca una cordiale stretta di mano
Suo dev.
G. Ma r t u c c i

10.-[Lettera senza busta, all’editore Giulio Ricordi di Milano].


[Bologna] 1 Giugno ’97.

Carissimo Signor Giulio,


Nella fiducia che anche questa volta lei non vorrà privare i nostri allievi
del suo generoso dono, accludo la nota dei pezzi occorrenti, ed unisco ai miei
ringraziamenti quelli della scolaresca e del Municipio per la sua munificenza (2<).
Con i più cordiali saluti per la sua gentile famiglia, anche da parte della mia
Signora, le stringo la mano, con stima ed affetto.
Suo dev.mo
G. Ma rtu cci
— 189 —

F.S. — Fra giorni il Mugellini le spedirà una scelta di alcuni pezzi facili
-di Bach, ordinati, diteggiati ed illustrati con rara perizia, e che io penso di
adottare nel nostro Liceo. Gliela raccomando vivamente, persuaso che sarà una
pubblicazione assai utile agli studiosi (23).
G. M.

IL -[L ettera senza busta e non datata, al Tornaghi].


[1901].

Egregio Signor Tornaghi,


Fra la musica spedita dalla Gasa pel nostro concerto verdiano (26) manca
la partitura del Coro dei crociati nei Lombardi e la partitura del Coro di streghe
«Ondine e Silfidi» del Macbeth. Le sarò grato se vorrà farmele spedire; ed ove
mai non fossero pronte mi basterà averle pel giorno 22. In quanto alla partitura
del Macbeth raccomando di mandare l’ultima edizione.
Aspetto dalla sua cortesia un sollecito riscontro in proposito, onde io possa
essere tranquillo e le stringo la mano con sincera amicizia.
Suo dev.
G. Martucci
t
12.-[lettera senza busta, allo stesso].
Bologna, 12 8bre 1901.

Egregio Sig.r Tornaghi,


Rimando le bozze corrette del « Tempo di Gavotta » per orchestra (27) e
delle «Variazioni» per due pianoforti (2S); c le rinnovo la preghiera di voler
fare affrettare l’incisione delle parti d’orchestra dei 4 piccoli pezzi. Essendo
il pezzo a due pianoforti di 53 pagine credo sarebbe bene farne un volumetto
rilegato; come pure sarei molto grato al Signor Giulio se volesse usarmi la
speciale cortesia di farvi fare una bella ed elegante copertina. Anticipo anche
a lei i piu vivi ringraziamenti e le stringo la mano con affettuosa amicizia
Suo dev.
G. Ma rtu cci

13. - [Cartolina illustrata con riproduzione del ritratto di Dante dipinto da Giotto],
Chiar.mo Comm. Carlo Lozzi - Via del Teatro Pace - Roma.
[Sul ritratto di Dante:]
Firenze 11 Xbre 1907. \
G. M a r t u c c i

14. - [Cartolina illustrata con panorama di Genova].


Al Chiar.mo Comm. Carlo Lozzi - Via Teatro Pace - Roma.
[Genova] 15 Xbre 1907.

Un saluto da G. Martucci.

13
*'*'-•7*9*VW-MM'1-*T

— 190 —

NOTE ALL’APP. V.

(1) Didatta, direttore d’orchestra c compositore (1812-85), dal 1850 direttore del
Conservatorio di Milano, 1871-82 di quello di Napoli. Con ogni probabilità questa lettera
e la seguente si riferiscono alla preparazione dcllVUbum in memoria di Bellini, per cui
effettivam ente M. compose un pezzo («R acconto» per pianoforte: cfr. App. Il, B, 4),
come uno ne compose Lauro Rossi. Da ricordare che nel settem bre 1876 aveva avuto
luogo il trasporto della salma di Bellini da Parigi a Catania. L ’A l b u m però (contenente
non solo composizioni musicali ma scritti vari) apparve solo nel 1886.
(2) Nobile napoletano, grande am atore d’arte c specialmente di m usica: fu tra
i primi, fautori della Società del quartetto e della Società orchestrale di Napoli. Anche
compositore dilettante, autore dell’opera l ì M e n e s tr e llo (rappres. Napoli 1880). Sulla
composizione I.e S e t t e p a r o le cui accenna il Martucci in una delle lettere qui rip o rtate,
non abbiamo finora dati più precisi.
(3) Salvatore Q uaranta, insegnante di pianoforte di Napoli.
(4) Per contro v. C. G a t t i : V e r d i (Milano, 1931), II, p. 383, ove tra i nomi degli
individui notevoli che assisterono alla prim a dell’OIe//o è indicato anche quello di M-
(5) Questo telegram m a, le due prime lettere e la cartolina seguenti sono in rapporto
a ciò che è detto nell’introduzione di questo volume, pag. 9-10, sulla m ia visita al Martucci
e i suoi consigli riguardo agli studi. Rinunciato che ebbi a fare un corso regolare di
studi a ll’estero per cui il m inistro Gianturco mi aveva destinato un sussidio, con l’in­
tervento del Martucci fu possibile che il m inistro stesso mi conservasse il suo appoggio
e concedesse ugualm ente la borsa di studio per un viaggio d’istruzione a Ratisbona,
Norimberga, Bayreuth e Monaco di cui si posson vedere i particolari nella relazione da
me fatta al Ministero — a cui si allude nella cartolina del Martucci del 18 settem bre ’97
— e pubblicata nei miei P e n s i e r i s u l l a m u s ic a (Bologna 1903, pag. 11 sgg.) [Nota di G. A.
F a n o ].
(6) Mio padre. [Nota di G. A. F .].
(7) La morte di mio padre. [Nota di G. A. F .] .
(8) La cartolina è di un editore di Milano ora defunto.
(9) La Sonata fu poi effettivam ente pubblicata dalla Casa Breitkopf-Hiirtcl.
(10)Amintore Galli, il noto musicologo (Rim ini 1845 - ivi 1919), autore della E s t e ­
(1900) e di altri num erosi scritti storici e teorici, era, al tempo della
tic a d e lla m u s ic a
presente lettera, direttore dello stabilim ento musicale E. Sonzogno e collaboratore di
vari giornali. Evidentemente il Martucci qui si riferisce ad una richiesta di prestito di
musica che il Galli gli aveva fatto.
(11) Francesco Fiorim o, musicografo e didatta (S. Giorgio Morgeto, Calabria, 1800-
Napoli 1888), autore del saggio L a s c u o la m u s ic a l e d i N a p o l i e i s u o i C o n s e r v a to r i
(4 volumi, Napoli 1880-81), era dal 1826 direttore dell’Archivio musicale del Conserva-
torio di Napoli.
(12) Procuratore della ditta Ricordi dal 1858. (Cfr. N a r d i : A . B o it o [Milano 1942,
rist. 1944], passim.).
(13) Giulio Ricordi, allora capo della Casa editrice omonima.
(14) Cfr. Appendice II, A, 55, 2.
(15) Non si può finora stabilire se qui il Martucci si riferisca ai S o g n i (cfr. App. II,
B, 8) o alle P a g in e s p a r s e (cfr. App. II, A, 68).
(16) Aldo Mastrigli, cultore di studi m usicali e letterari (1856-1914); i suoi scritti
sono vari: fra essi i due seguenti hanno l’indicazione di « m a n u a le » : il Manuale p ra­
tico G li u o m i n i i l l u s t r i d e ll a m u s ic a d a G u id o d ’A r e z z o f in o a i c o n te m p o r a n e i (Roma
1886), e il M a n u a le d e l p i a n i s t a (ivi 1889). Probabilm ente il Martucci si riferisce a
quest’ultim o.
— 191 —
(17) Gustavo Tofano, pianista c compositore (1844-1899), insegnante di pianoforte
al Liceo Musicale di Bologna dal 1872 al 1898.
(18) Evidentemente si tra tta della celebrazione della Rivoluzione francese (cfr. la
data col seguito della lettera).
(19) Rivista milanese di cui il Galli era collaboratore.
(20) Cfr. App. II, A, 68.
(21) C larinettista c fabbricante di strum enti m usicali (1843-1918): fu l’organiz­
zatore della società « Orchestrale della Scala », inventore del clarinetto a doppia tona­
lità, prim o clarinettista della Scala per 40 anni (dal 1871), professore di clarinetto al
Conservatorio di Milano dal 1873 ecc. A quale m anifestazione musicale il Martucci si
riferisca in questa cartolina, non abbiamo finora potuto stabilire. Sfogliando l’annata
1894 della G a z z e tt a m u s ic a l e d i M ila n o non abbiamo trovato recensione di alcun con­
certo sinfonico-vocale del Martucci.
(22) Del Mugellini, il cui valore come didatta del pianoforte non c’è bisogno di
illustrare, ricorderem o qui solo che nacque a Potenza il 1871 e m ori a Bologna il 1912;
e che, come compositore, se non eccelse, m eriterebbe tu ttav ia d ’esser piu conosciuto.
(23) D idatta e compositore (1858-1939) noto specialmente per la sua attiv ità di
insegnante di composizione al Conservatorio di Milano dal 1888 al 1929.
(24) Si deduce da qui che la casa Ricordi faceva allora annualm ente un dono di
composizioni musicali al Liceo di Bologna e, con ogni probabilità, anche ad a ltri istituti.
(25) La nota raccolta dei 23 p e z z i f a c i l i , che fu poi in effetto pubblicata da casa
Ricordi, come ogni studioso di pianoforte sa.
(26) Il concerto commemorativo della morte di Verdi avvenuto il 25 febbraio 1901,
dal che si deduce la data di questa lettera che, oltre all’esserne andata perduta la busta,
è tra le poche non datate a ll’interno.
(27) Cfr. App. II, D, e, 2, 2).
(28) Cfr. App. II, D, b.
APPENDICE VI.

DI ALCUNI DOCUMENTI RELATIVI ALLA ASSUNZIONE DEL


MARTUCCI A MAESTRO DI CAPPELLA NELLA CHIESA DI
S. PETRONIO IN BOLOGNA

ARCHIVIO MODERNO DELLA FABBRICERIA DI S. PETRONIO


Arm. XV - Sez. I - Serie 1 - Vol. 1

[Pag. 109 sgg.] Verbale dell’adunanza del 22 giugno 1886.


E’ registrata la nomina del cav. Giuseppe Martucci a Maestro di Cappella
in S. Petronio. Nel proporre tale nomina, il Sindaco afferma riguardo al M. di
avere la persuasione che la scelta non potrebbe essere migliore, sia come diret­
tore d’orchestra, sia come compositore. Stima superfluo aggiungere parole per
enunciare i di lui meriti. Il Martucci ha un nome stabilito in arte, e Bologna
ha potuto apprezzare quanto egli valga, nei concerti della Società del Quar­
tetto ultimamente diretti.
[Pag. 114] La nomina del Cav. Giuseppe Martucci risulta alla unanimità dei voti.
[Pag. 130] Adunanza 8 dicembre 1886.
E’ sottoposto un progetto del Maestro Cav. Martucci per una riforma della
Cappella musicale di S. Petronio consistente principalmente nel miglioramento
dell’elemento corale, e nella divisione in due categorie — una ordinaria, l'altra
straordinaria — delle esecuzioni musicali.
La Fabbriceria in massima riconosce l’opportunità di tale riforma, e non
può che dare lode al proponente, che mostra cosi quanto gli stia a cuore il
decoro e la fama di questa antica e celebre istituzione.
[Pag. 177] Adunanza 27 gennaio 1889.
Si rileva che il prof. Martucci non assumerà la direzione della Cappella che
dopo la deliberazione in ordine alla riforma secondo il progetto già da lui stesso
presentato.
[Pag. 423 sgg.] Adunanza 15 novembre 1899.
Si ritorna sul progetto della riforma, che è di ridurre la « Cappella » in
« Corale ». E si accenna al « prof. Martucci, come quello che già ebbe la no­
mina a Direttore della Cappella».

Altri documenti in proposito non vi sono, mancando gli allegati (Protocollo)


dal 1882 ca. al 1901. Da altri verbali si ricavano tuttavia i seguenti dati corre­
lativi: che la Fabbriceria, nell’intento di preparar meglio il terreno per l’attuar-(*)

(*) Dobbiamo queste note alla cortesia del Sacerdote Dal Monte-Casoni, archivista
della Chiesa di S. Petronio, e del ragionier Bettini, economo della fabbriceria della
Chiesa stessa.
— 193 —

si del progetto del Martucci, non procedeva alla nomina dei musici man mano
mancanti; e, in attesa della risoluzione della cosa, accordava il posto di facente
funzione di Direttore della Cappella all’organista capo prof. Santoli, il (piale
la tenne per lunghi anni, rinunziandovi nel 1918 (mori nel 1923). Infine, in
un’adunanza del 20 ottobre 1922, fu decisa la soppressione della carica di Di­
rettore di Cappella, causa le disagiate condizioni economiche della Fabbriceria.
Dai suddetti documenti parrebbe dunque risultare che il Martucci fosse
stato bensì nominato maestro di cappella, ma non avesse mai preso effettivo
possesso della carica. A ciò però contrastano le dichiarazioni del Martucci stesso
in una, anzi due delle lettere al Marchese Filiasi che riportiamo nell’App. V,
dove risulta che egli si occupò di esecuzioni musicali in S. Petronio, e dove
inoltre egli dice che, senza le riforme da lui suggerite, non avrebbe potuto
rimanere al suo posto di Maestro di Cappella: dal che si vede che, almeno in
certi limiti e per un periodo non ancora precisabile, quella funzione la tenne
effettivamente. Da ricerche future attendiamo il pieno chiarimento della cosa.

t
— 194

BIBLIOGRAFIA
(in ordine cronologico)

M a s u t t o G io v a n n i : / maestri di musica italiani del secolo XIX ( V ic e n z a 1884).


P a g l ia r a Rocco: Intermezzi musicali, 1* serie (Napoli, ed. Pierro, 1889).
Rivista II teatro illustrato, marzo 1890 (Milano, ed. Sonzogno).
T o rchi L u ig i:La Sinfonia in re minore di G. Martucci, in Rivista musicale ita­
liana, anno III, fascicolo 1° (Torino, ed. Bocca, 1896).
T orchi L u ig i: La seconda Sinfonia (in fa maggiore) di G. Martucci (ibidem,
anno XII, fascicolo 1% 1905).
C l a u s e t t i C a r l o : Giuseppe Mariucci ( C o m m e m o r a z io n e d e ll a m o r t e ) , i n ,4 rs et
labor, 15 g i u g n o 1909.
Va l e t t a I p p o l i t o : Giuseppe Martucci (c. s.). Dalla Nuova antologia, Roma, 16
giugno 1909.
T orchi L u ig i: Giuseppe Martucci (c . s.), in Rivista musicale italiana, vol. XVI,
pp. 661-2 (1909).
Per Giuseppe Martucci. Fascicolo speciale della rivista Symphonia, diretta da
Carlo Clausetti (anno 1", n. 16-17, Napoli 5 giugno 1910) per il primo anni­
versario della morte del Maestro: contiene, oltre alla riproduzione del citato
articolo del Clausetti, vari altri scritti e testimonianze (notevoli, per notizie
sulla vita artistica, quello firmato semplicemente Symphonia e quelli di
G. D e p a n i s , S. F a l c h i , G. B. N a p p i ) e interessanti riproduzioni fotografiche.
Per G. Martucci. (Discorso del 20 marzo 1911 alla Sala del
P iz z e t t i I ld e b r a n d o :
buon umore di Firenze per un concerto commemorativo del Maestro dato
dagli allievi dell’Istituto musicale di quella città). In La nuova musica, anno
XVI, n. 210 (Firenze, aprile 1911).
Giuseppe Martucci, in L’arte pianistica, anno I, n. 3 (Na­
L ongo Al e s s a n d r o :
poli, febbraio 1910).
P a g l ia r a R o c c o : Martucci - Gli ultimi momenti - Ibidem.
L orenzoni R en zo : Profili di artisti: Giuseppe Martucci compositore, in Gazzetta
di Venezia, anno CLXXI, n. 190 (luglio 1913).
Onoranze martucciane a Capua, in L’arte pianistica, anno I,
L ong o A l e s s a n d r o :
n. 11 (Giugno 1914).
P rati R i c c a r d o : Giuseppe Martucci. (Serie I grandi musicisti, n. 4: Torino, ed.
«La riforma musicale», 1914).
Capua a Giuseppe Martucci. Volume pubblicato nel 1915 per memoria delle ono­
ranze di Capua del 31 maggio 1914, quando fu inaugurato il monumento al
Martucci di Francesco Ierace. Contiene alcuni pezzi del citato numero di
Symphonia, il citato scritto del Clausetti e l’ultimo del Pagliara, e molti altri
scritti e testimonianze, fra cui un discorso di G io v a n n i T e b a l d in i , uno di
M i c h e l e S c h e r il l o , una rubrica di ricordi, pensieri e giudizi di musicisti
e amatori d’ogni parte d’Italia e fuori; fotografie varie, ecc.
L eoni S e r g io : L’Arte pianistica in Martucci, Brahms, Grieg, Novàk, Debussy
(Padova, ed. Carturan, 1915).
P L u i g i : L’opera pianistica di Martucci, in II pianoforte, anno III, n. 3
e r r a c h io

(Torino, marzo 1922).


P a n n a in G u i d o : Da Mercadante a Martucci. Saggio sulla musica in Napoli nel
secolo XIX (Roma, ed. Ausonia, 1924).
G a n d in o A d o l f o : Gli ultimi anni del soggiorno di Giuseppe Martucci a Bologna
(Bologna, Stabilimenti poligrafici riuniti, 1931).
P a n n a inG u i d o : Giuseppe Martucci, a 25 anni dalla morte, in Pan, rassegna di
lettere e musica, anno II, n. 4 (Milano, ed. Rizzoli & C., 1934).
I n o ltr e ATa r ì a r ti c o li d i g io r n a li q u o tid i a n i e p e r io d i c i, c o m e La Perseve­
ranza, Gazzetta musicale di Milano, ecc.
T utti gli esempi m usicali conte­
nuti in questo volume sono stali
riprodotti per cortese concessio­
ne delle Case editrici K istner e
Ricordi.
INDICE DELLE MATERIE

IN T R O D U Z IO N E ......................................................................................................................... 7
I - VITA E MISSIONE A R T IS T IC A ........................................................................................15
1. (1856-1886). Infanzia, studi e prim a fioritura artistica. Giri di concerti
pianistici e sinfonici: anni d’insegnamento al Conservatorio di Napoli 19
2. Il periodo bolognese (1 8 8 6 -1 9 0 2 )....................................................................... 27
3. Il secondo periodo napoletano (1 9 0 2 -1 9 0 9 ).................................................. 33

II - L’O P E R A ................................................................................................................................ 37
1. Osservazioni p r e l i m i n a r i ............................................................................................. 39
2. Composizioni p i a n i s t i c h e ............................................................................................. 42
3. Musica strum entale da c a m e r a ................................................................................62
4. Composizioni di lirica v o c a l e ............................................................................... 80
5. Opere s i n f o n i c h e ............................................................................................................ 87
6. Pezzi dell’oratorio S a m u e l .....................................................................................I l i
7. Trascrizioni ................................................................................................................. 118

III - MARTUCCI E LA C R I T I C A ...........................................................................................121


ANNOTAZIONI ................................................................................................................. 131
APPENDICI ........................................................................................................................ 143
I - Prospetto cronologico della vita di M a rtu c c i.................................................................145
II - Elenco delle composizioni di Martucci . . . . 154
III - Elenco degli autografi di Martucci conservati alla Biblioteca del Conserva-
torio di Napoli, com pilato dal prof. Oreste B a r o n e ................................................. 164
IV - Una raccolta privata di m anoscritti m artucciani. (Collezione Gailini) . . 171
V - Dalla corrispondenza inedita di M a rtu c c i.......................................................................177
VI - Di alcuni documenti relativi alla assunzione del Martucci a Maestro di
Cappella nella chiesa di S. Petronio in B o lo g n a .......................................................... 192
BIBLIOGRAFIA (in ordine c r o n o lo g ic o ) ...................................................................... 194
— 198 —

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

1. - Fotografia di Giuseppe M a r t u c c i .................................................................. 3


2. - La fam iglia Martucci e il m aestro Alberto C u r c i ...............................................17
3. - Dall’autografo della « N ovelletta » op. 82 n. 2 per pianoforte - nota gene­
ralm ente nella trascrizione per orchestra. ^Biblioteca del Conservatorio di
Napoli). ................................................................................................................................. 57
4. - Dall’autografo del secondo « Trio ■>. (Biblioteca delConservatorio di Napoli) 75
5. - Dall’autografo del « Concerto » per pianoforte eorchestra op. 66. (Biblioteca
del Conservatorio di N a p o li) ..................................................................................... 90
6. - Brano autografo del primo tempo del « Concerto » per pianoforte e orchestra
op. 66, probabilm ente per pagina d’album o sim ile. (Proprietà N. Gailini -
Milano) ................................................................................................................................. 91
7. - D all’autografo della seconda « Sinfonia » (Biblioteca del Conservatorio di
Napoli) ............................................................................................................................... 103
8. - D all’autografo dell’Oratorio « Samuel » : aria « Signor, tu a grazia infondi ».
(Biblioteca del Conservatorio di N a p o li) ............................................................... 114-115
9. - Dal verbale di nom ina del Martucci a Maestro di cappella nella Chiesa di
S. Petronio a Bologna. (Archivio moderno della Fabbriceria di S. Petronio) 147
10. - D all’abbozzo dell’« Ode alla Regina M argherita» su testo del Carducci. (Bi­
blioteca del Conservatorio di N a p o li) ..............................................................................169
11. - Dagli appunti sull’uso dei corni nelle Sinfonie di Brahm s. A - Sulla l a Sin­
fonia. (Raccolta N. G ailini - M ila n o )..............................................................................172
12. - Dagli appunti sull’uso dei corni nelle Sinfonie di Brahm s. B - Sulla 3A Sin­
fonia. (Raccolta N. G ailini - M i l a n o ) ...............................................................................173
13. - Lettera a Lauro Rossi (Biblioteca del Conservatorio di Napoli) . . . . 175
14. - Dalle lettere al Marchese L. F iliasi (Biblioteca del Conservatorio di Napoli) 179
15. - Lettera ad Amintore Galli (Raccolta N. Galiini - M i l a n o ) ................................... 185
16. - Lettera a Vincenzo Ferroni (Raccolta N. Gailini - Milano) . 187
199

INDICE DEI NOMI

Pag. Pag.
Acuto ( v . P o lid o r o F e d e r ig o ) Chopin F. . . .13, 22, 45, 48, 53,
Ad ini Ada . . 150 55, 56, 58, 69, 73,
A lbanesi Luigi . . 19, 133 76, 118, 120, 146, 148,
Albert (D') E. ( v . D 'A lb e r t) 149. 150, 161, 176
Anfossi Giovanni 140 Cimarosa D. . . .............................. 59
Annunzio (D’) (o . D 'A n n u o z io ) . . Clausetti Carlo . 34, 133, 135, 136, 194
Ardore ( P r in c ip e d i) . . 22, 148, 180 Clausetti Pietro .............................. 146
A rrivabene O. 134 Clementi M. . . .................... 118, 161
Bach .1. S. . . . . . l ì . 20, 26, 30, 31, Colella M aria ( v . M a r tu c c i C o le lla ) .
115-6, 118, 120, 133, Corelli A. . . . . . 118, 150, 163, 167
149, 150, 151, 162, Cowcn F. H. . .
166, 189, 191. Croce B. . . . . 40, 53, 60, 74, 137
Barone Oreste 164 D’Albert E. . .
Baudelaire . 78 Dallolin A. . . ...............................135
Bazzini A. . . . 30, 32, 150 Dal Monte Casoni B. (S a c e r d o te ) 192 n.
Beethoven . . 12, 13, 15, 22, 23, D’Annunzio . . . 31, 60, 80, 136, 151
25, 26, 28, 30, 31, Dante . . . . ...............................189
34, 36, 43, 65, 69, De Blasi I. .............................. 141
73, 95, 99, 108, 118, Debussy C. . . . . 30, 55, 60, 125, 153,
120, 127, 136, 139, 146, 195
148, 149, 150, 151, 152, Dent E................... ...............................135
161, 171, 178. Depanis G. . . .............................. 194
Bellini V. . . 14, 23, 28, 134, 158. De Paoli D. . . .............................. 135
168, 172, 177, 190. Di Giacomo S. .
B ennati (s o p r a n o ) . . . 118 Dinani F. . . . .............................. 171
Berlioz E. . . . . . . 25, 50, 56, 149 D’Indv V. . . .
Bertelin Albert 14 Donizetti G. . .
Bettini A. . . . . . 192 n. Ducei C. . . . ...............................148
Boccherini I.. . . . 118-9, 148, 162, 163. Dvorak A. . . . .............................. 151
167, 174 Esposito Michele .............................. 21
Boito A. . . . . 24, 190 Faccio F. . . .
Brahm s J. . . . 13, 14, 15, 26, 30, Falchi S. . . .
51, 55-7, 60, 61, 64, Fano G. A. . . . 30, 136, 151, 152, 181-4
71, 72, 73, 87, 88, Fano V itale . . . . 11, 181, 182, 190
93, 98, 108, 124, 127, Fcrroni Vincenzo ..................... 188, 191
135, 137, 141, 149, 150, Filiasi Luigi . . . 27, 149, 170, 177-81
151, 175, 195 190, 193
Breitkopf & Härtel (editori) . 182-3, 190 Filippi F. . . . . . 24, 123, 138, 146
Briccialdi G. . . 148 Finizio Luigi . . . . . 15-16, 36, 111
Busi Alessandro 10 Fiorimo F. . . . . . 34, 134, 184, 190
Busoni F. . . . . . 11, 13, 29, 120 Franck C. . . . . . 30, 116, 151, 152
Carducci G. . 9, 28, 135, 137, 158, Galli Amintorc . 94, 119, 123, 137, 184,
159, 168 186, 188, 190, 191
'Carissimi G. . 23 Gailini Natale . . I l i , 137, 171, 184
Carlo X ( R e d i F r a n c ia ) . 27 Gallone E. . . .............................. 175
Cesari Gaetano 134 Galuppi B. . . .................... 118, 161
Cesi Beniamino . • 16 sgg. 33, 133, 138. Henselt A. . . . .............................. 151
146 Hugo V. . . .
Cesi Napoleone . . 19. 133 lerace F. . . . .............................. 194
Cesi Sigismondo 133 Indv V. (D’> ( v . D ' I n d g ) .....................
Cherubini L. . 25, 27 58, 148, 149, Ivaldi F. . . . . . 11, 12-13, 30, 151
174, 177 Joachim J. . .
200 —

Pag. Pag.
Kalbeck M 135 Meyerbeer G................................................. 134
Kant E. 26, 55 Monteverdi C................................................125
Gandino Adolfo . . . . 12, 135, 195 Motti F.......................................................... 153
Gatti C. . . . .......................... 149, 190 Mozart W. A. . 10, 12, 22, 23, 25,
Gentili Alberto ................................ 12 26, 118, 120, 146, 148,
Gianturco E. . . .......................... 181, 190 149-50, 152, 161, 162, 163,
Cigliano (f a m i g l i a ) ..........................180 166
Giotto . . . . ................................... 189 Mugellini B. . . 11, 12, 30, 151, 188,
Glazounow A. K. ................................... 153 189, 191
Gluck C. . . . ...............................161 Mussorgsky M..............................................125
Goethe W. . . . ...............................26 Nappi G. B. . 23, 123, 134, 139-40, 149
Goldmark C. . . ................................... 151 Nardi P ......................................................... 190
Grieg E. . . . ...................................195 Nietzsche F .................................................... 15
Nikisch A........................................................ 11
Guido d’Arezzo . ................................... 190 Norsa E m il io ................................................12
Gulli Pietro . . ...............................186 Novàk V........................................................ 195
Händel G. K. . . 118, 120, 162, 166, 174 Offenbach J .................... 21, 134, 146, 171
Hanslick E. . . ..................................... 30 Oictti P a o l a ............................................. 136
Haydn J. . . . . . . . 12, 150, 161 Orsi R o m e o .................................... 188, 191
Kaschniann G. . ................................... 154
Pagliara R.. . 11, 34-5, 83, 136, 158
Kistner-Schäffer ( e d i t o r i ) 178, 182-3, 186
165, 171, 194
Kubelik J ........................................................ 11 Paisiello G......................................................59
Kalo E. . . . . t ................................... 151 Palestrina P. L..................................... 23, 125
I.ebert S...........................................................45 Palum bo C.................................................... 148
Leoni S.......................................................... 195 Panizzardi M................................................135
Liszt F ................... 13, 19, 22, 34, 45, Pannain G.................. 87, 128-9, 136, 195
51, 56, 88, 120, 138, P arry B. H. H...................................... 30, 151
146, 150, 151 Pascoli G i o v a n n i ..................................... 60
Longo A. . . . 49, 133, 134, 136, 137
Pellico S ilv io ...................................... 80, 158
Lorenzoni R .................................................149
Pergolesi G. B ............................................... 59
Lotti A.............................................................23
Perosi L...........................•..............................30
Lozzi C a r l o ............................................. 189 Pcrracliio L......................................... 137, 195
Lulli G. B. . . . 58, 118, 120, 149, 161, Persico F ......................................112, 159, 165
162, 175 P f i s t e r ................................................... 148
Luzio A..........................................................134 P iatti A..................................................22, 148
Mackenzie A. C............................................. 30 Piccinni N................................... 118, 149, 162
Maffei ( c o n te s s a ) ................................... 134 Pinelli E.............................................. 149, 151
Mancinelli L. . . 25, 27-8, 30, 134, 135, Pinto ( v i o l i n i s t a ) ................................... 146
152 Piroli ( s e n a t o r e ) ................................... 134
Marcello B. . . . . 23, 118, 163, 175 Pizzetti 1.................................127-8, 141, 194
M argherita (p r i n c i p e s s a , p o i R e g in a P latania P ...................................................... 32
d ’Ita lia ') .................................... 146, 159 Polidoro F e d e r ig o ................................... 138
Martini G. B. . . 10, 28, 118-9, 161, 163,
164 P ollini C.................... 9, 12, 13, 24, 31-2,
136
Martucci Gaetano . 20-1, 145, 146, 152
P rati R i c c a r d o ...................... 87, 135, 194
Martucci Martucciello Orsola . . 20, 145
Q uaranta S..................... 170, 178, 180, 190
Martucci P a o l o ................. 36, 148
Martucci Teresa ..................... 20, 145-6 Raimondi P ..............................................H
Martucci (Colella) Maria . 15, 16, 36, Rameau J. Ph. . 118, 120, 150, 161, 162
148, 167 Respighi O...............................................• 12
Martucciello (i>. M a r iu c c i O r s o la ) . Ricci Corrado . 80, 157, 159, 165, 168,
Maselli ( v i o l o n c e l l i s t a ) ................. 146 184, 190
Massenet .1.............................................151 Richter H a n s ......................................... 11
M astrigli L........................... 184, 140 Ricordi ( e d it o r i ) . 42, 183, 184, 188, 190
Masutto G..............................................194 Rosenthal M..........................................11, 151
Mattei S........................................21, 134, 171 Rossi L a u r o ........................... 170, 177, 190
M endelssohn-Bartholdy Felix . 22, 55, Rossini G........................ 25, 28, 146, 152
63', 118,146, 148, 149, Rossomandi F ...................................... 33, 171
150, 161 Rotondo P .................................................... 168
Merendante S 21, 195 Rubistcin Anton 11, 22, 45, 138, 146, 148
— 201

Hag. Ha«.
facchini A.............................. 118-9, 152, 162 Sturani 12
Sacerdoti G.........................................136 Sullivan .A. 151
Saint-Saëns C.......................... 30, 149, 151 Tebaldini G. . 134, 194
Salvagnini A......................................152 Thalberg S. . , 133, 146
Samicl ( p s e u d o n i m o ? ) ...............139 Tofano Gustav o . . . . 186, 191
Sam m artini G. B............................119 Torchi L. . . 30, 40, 94, 96-7, 104,
Sam m artini Giuseppe 118-9, 148, 162, 107, 119, 123, 135, 136,
163, 166 194
Santoli ( o r g a n i s t a ) . . . . 193 Tornaghi E. . . 184,, 189, 190
Toscanini A. . . 11, 31, 33, 34, 106,
S arti F. . . . . . 149, 151
Scarlatti A. .................... 59 109, 140, 151, 152
S carlatti D. Valetta I. 136
. 13, 50, 54, 59, 93,
118, 126, 148, 150, 161 Veneziani V ittore . . . 12
Scherillo M. . . . 23, 134, 136, 194 Verdi G. . 10-11, 13, 16. 21, 23-4,
Schiller F. .................... 26 27, 30, 31, 35, 43,
Schubert F. . 55, 118, 150, 151, 161 108, 134, 135, 146, 149,
Schum ann R. . H , 22, 25, 30, 31, 152, 154, 158, 180, 189,
36, 54, 55, 56, 74, 190
118, 139, 141, 146, 148, Verga G. 59
149, 150, 151, 152, 161 Victoria (Da) 125
Serrao P. . . . 21-2, 134, 146, 148, 152 W agner R. . ■ 11, 13, 14, 15, 23,
Sgambati G. . . . 24, 30, 93, 123, 127, 25, 27, !29-30, 31, 33,
152, 184 34-5, 36, 56, 65, 76-8,
Shakespeare W. .. . ...................... 26 86, 88, 125, 135, 138,
Sonzogno ( e d it o r e ) ...... 186-190 148, 149, 150, 151, 152,
Spontini G................................................... 149
Stanford Ch. V. . . . 30, 31, 135, 151 153, 174
W eber C. M. 25, 53, 149
S tark L............................................................ 45 r
S toltz ...................................................... 148 W idmann J. V 30
S trauss R........................ 56, 97-8, 125, 153 W ilhelm j A. 148
Strongoli (Principessa di) . . 159, 167 Ysavc E. . • . 11 , 151
FINITO DI STAMPARE IL 31 MARZO 1950
NELLE ARTI GRAFICHE DINO GROSSI
MILANO - VIA PRIVATA REOOIO N. 4

Potrebbero piacerti anche