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tura s’alim entavano altresì dalla Società wagneriana e dalle stagioni perio
diche al Teatro comunale.
E d ora di Giuseppe Martucci come insegnante, pianista, direttore d’or
chestra e compositore.
Per porre in giusta luce l’arte di direttore e creatore del Martucci, bi
sogna saper prescindere dalle condizioni generali e m usicali odierne. Pochi
concerti e scarse stagioni teatrali allora, come si confà alla Bellezza ch ’è
rara. Radio non ancor nata. Ma quale religiosa attenzione, e quali d isp u te
ed entusiasm i ! Poco conosciuta la musica da camera e sinfonica. Giovanni
B rahm s; Riccardo W agner; Giuseppe Verdi: ecco i sim boli maggiori della
contesa. Giuseppe M artucci ha veram ente vissuto e sofferto tutto ciò.
Nel dirigere, l’orchestra il suo gesto appariva alieno da ogni sfoggio; il
suo atteggiam ento dignitoso incuteva reverenza negl'interpreti e nel pub
blico; equilibrio ritmico, sobrietà espressiva, spregio d ’ogni enfasi erano le
sue qualità pili palesi. Mirabili, qualche volta forse un po’ compassate, le
sile interpretazioni delle nove sinfonie e delle più celebri « ouvertures »
beethoveniane: Leonora III, Egm ont, Coriolano.
V’era anche, come già dissi, a Bologna una società wagneriana diretta:
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Tra le facoltà d’artista del Martucci, più forte e vigorosa quella di com
positore. Non arricciate il naso, o m oderni sapienti; questa la verità. A n
cora più alto egli s ’eleva non nelle piccole cose, come sentenziò Ildebrando
da Parma, si proprio nelle più svolte e complesse che sono: la sonata e i
tre pezzi per pianoforte e violoncello, i due trii, il quintetto; la Canzone dei
ricordi per una voce ed orchestra, il concerto per pianoforte, le due sinfonie.
Codeste composizioni dinotano u n ’originalità schiettam ente italiana,
ed è riprovevole che non sieno ancora comprese nel repertorio concertistico
né designate per esempio nell’esteso trattato di Alberto Bcrtelin. Costui si
diffonde talora in analisi di opere francesi inconcludenti o quasi, mentre...
se la sbriga con poche frasi parlando d’un artista come Vincenzo Bellini.
Giuseppe Martucci compositore si trovò a dir cosi tra due fuochi che
lo infiam m arono senza lederne l’originalità: Riccardo W agner e Giovanni
Brahm s. Optò per la m usica da camera e sinfonica, forzando in parte la
sua natura ch’era pur tratta a form e di m usica dram m atica come trapela
da m olti atteggiam enti caldi e concitati delle sue musiche.
La purezza e le tradizioni delle form e classiche strum entali lo attrae
vano. Una volta gli chiesi un po’ stupito perché nelle sinfonie, pur di spirito
cosi moderno, egli adoperasse ancora i corni e le trombe naturali m entre
ormai eran d’uso com une quelli a macchina più facili e ricchi di suoni.
Rispose: « Ma... cosi... un ritegno, un freno, una poesia... ».
Certo nelle opere maggiori del Mariucci sono notevoli l’equilibrio della
form a e l’ampiezza della costruzione ; l’elegante e profonda elaborazione
armonica e contrappuntistica si che ogni parte è espressiva e collabora con
l ’insiem e; il sentim ento caldo e poetico della frase, che risente talvolta della
vaghezza m esta della migliore canzone napoletana; l’intuito sicuro del
colorito strum entale. Quando è usato il pianoforte, chi è abile in codest’arte
riconosce qua e là i modi del tecnicismo partenopeo ma volto a fini ben
altrim enti alti e profondi.
Si: Giovanni Brahm s può esser penetrato nell’anim a del nostro mae
stro quale modello di perfezione form ale, Riccardo W agner di ricchezza
varietà e contrasto di tinte. E che per ciò? L’originalità, la personalità sgor
gano dall’intim a sorgente divina; il tem po lo studio la vita le raffinano. Nel
Brahm s e nel Wagner, pur cosi differenti l'uno dall’altro, le brume del set-
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Illustre Maestro,
Suo dev.mo
L. F inizio
VITA E MISSIONE ARTISTICA
LA FAMIGLIA MAMTCCI El) IL VIOLINISTA ALBERTO CURCI.
Da sinistra a destra: Signora Martucci, Maria Martucci, Paolo Martucci, Margherita
Martucci, Giuseppe Martucci, Alberto Curci.
1.
1856 - 1886
abbeverato alle fonti della grande arte strum entale, diffondendo a sua volta
fra i suoi num erosi discepoli il culto di essa, e in particolar modo la cono
scenza di quel Bach che ancora, a cento anni dalla sua m orte, era da noi
quasi ignoralo. L ’austerità e insiem e l’ampiezza della cultura m usicale del
Cesi sono poi attestate direttam ente dal suo repertorio concertistico e dal
suo program m a d’insegnam ento, entram bi com prendenti i grandi m aestri
delle pili varie scuole ed epoche. E ’ dunque a lui che fa capo, dal punto di
vista didattico e culturale, la rifioritura di gusto strum entale che si diram ò
da Napoli, e che ebbe parte cospicua nel rispettivo movim ento generale
italiano.
T uttavia la gloria di avere infuso a questa rinascita il soffio di una
profonda genialità, insiem e estendendola a pili vasto campo e dandole piu
vasta risonanza, era riserbata, com’è ben noto, a Giuseppe M artucci. Questi,
non poi tanto pivi giovane del Cesi — era nato a Capua il 6 gennaio 1856 da
Gaetano e d a Orsola M artucciello — entrò dodicenne alla sua scuola: e da
quel m om ento ebbe inizio la sua vera educazione artistica. Aveva già avuto
i prim i rudim enti m usicali da suo padre, sonatore di trom ba e m aestro di
banda in un reggim ento borbonico, il quale nel 1860 si era trasferito con
la fam iglia da Capua a Pozzuoli ove esercitò l’insegnam ento privato. Nella
sorella Teresa, più giovane di lui di due anni, il piccolo Giuseppe ebbe la
prim a com pagna di successi concertistici, con la piccola tournée a due du
ra ta dal 1864 al 1868, in cui essi tennero, come allora si diceva, « accade
mie » di pianoforte nei paesi circonvicini di Pozzuoli, Capua, S. M aria Capua
Vetere, Caserta, Aversa, Nola, M arigliano, M addaloni, T orre Annunziata,
C astellam m are di Stabia, e finalm ente a Napoli, ove sonarono la prim a volta
il 20 maggio 1866 per gli alunni del Liceo Vittorio Em anuele e diedero nello
stesso anno e in quelli successivi altre accademie in vari collegi. I successi
ovunque ottenuti dai due piccoli concertisti sono attestati da docum enti
firm ali da pubbliche auto rità dei risp e ttili paesi. I program m i non è da
credere che uscissero dal gusto del tem po, come si vede già dai pochi par
ticolari registrati in quei docum enti: fratello e sorella si presentavano ora
insieme, eseguendo pezzi a quattro m ani, ora separatam ente in pezzi a solo,
e Giuseppe dava anche i prim i saggi della sua abilità di im provvisatore
nonché di compositore in erba, eseguendo tra l’altro una polka che fece
m olta im pressione, come riferisce un articolista di Napoli, per l’abbondan
za di « capricci e variazioni ».
Ma questi prim i trionfi di fanciullo prodigio non furono altro che l’oc
casione di far conoscere al pubblico sia di m usicisti che di profani le doti
già m anifeste del M artucci, e di far nascere in lui l’esigenza di un pili ap
profondito studio. In lui, diciamo, giacché sin d ’allora il suo tem peram ento
e ra inform ato a coscienziosità più unica che rara, m entre il padre, piuttosto
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che assecondarla, pare pensasse a fini pratici. Nel 1807 il Nostro per in
coraggiam ento del Cesi entrò come alunno « esterno » al Conservatorio di
Napoli; l’anno dopo vi vinse un concorso per un posto di alunno interno.
Ebbe a m aestro di pianoforte, come s’è detto, il Cesi, che ancor giovanissimo
teneva quella cattedra, e a m aestro di composizione Paolo Serrar), didatta
rispettabile, il quale però pu r essendo autore di pagine pianistiche di gusto
arm onico non volgare, era essenzialm ente legato allo stile e al gusto p re ra
lentemente operistico della scuola napoletana non più in fiore, per cui non
poteva aprire al discepolo ampi orizzonti, specie nella m usica strum entale.
Dal Cesi dunque il M artucci ricevette quella base di classicismo che doveva
rim anere elem ento essenziale dell’opera sua: e dal Serrao, oltre a quell'e
sperienza di sc rittu ra contrappuntistica che costituì sem pre per gli allievi
compositori il più difficile tirocinio (si conservano autografi i Pentim enti
del Mattei arm onizzati dal giovinetto in elegante stile ilorido) anche quel
residuo di gusto m elodram m atico che si trova nelle sue prim e composizioni
pianistiche nonché nelle poche p arafrasi su temi d ’opera.
Anche quest’ultim o elemento, del resto, aveva il suo lato positivo, in
quanto im plicava una dimestichezza con lo stile dell’opera italiana neces
saria a integrare la cultura di un giovane m usicista, sia pure vocato alla
m usica extra-teatrale come il M artucci. Un grazioso episodio n arrato da un
condiscepolo del M artucci, Michele Esposito, ci m ostra i due scolari dodi
cenni nel dorm itorio del Collegio (cioè Conservatorio) intenti una sera a
eseguire al pianoforte, col canto e con l’azione, il « duetto dello schiaffo »
nella Forza del destino, m entre avrebbero dovuto invece esercitarsi a ese
guire una fantasia del loro m aestro Serrao su temi dell’opera Virginia del
M ercadante allora direttore. E nei program m i dei prim i concerti che diede
dopo qualche anno di raccoglim ento e di studio, ancora pagò il suo tributo
(ma se ne farà carico ad un fanciullo?) a quella tendenza di m oda, come
pure nelle prim e composizioni: si conserva ancora, m anoscritta, una fan
tasia per trio di piano, violino e violoncello su ll’operetta La Helle Hélène
di Offenbach, da lui scritta a tredici an n i; u n ’a ltra per pianoforte sulla
Forza del destino, che esegui a Napoli nel 1871, fu anche data alle stam pe.
Nello stesso anno, però, compose pure una Messa di gloria rim asta inedita,
a suggello della quale poneva nel m anoscritto la spiritosa confessione:
« Questo pezzo è stato finito la sera del 3 febbraio 1871 con il sonno e con
la fame ».
In realtà, ciò che nella sua attività di adolescente tralignava dalla linea
severa di studio che si era im posta, era dovuto più che altro alla irrazionale
volontà paterna, che per di più lo costringeva a lasciare il Conservatorio
a sedici anni, prim a di aver com piuto i corsi, per darsi a più proficua a tti
vità di lezioni e di concerti. Ma egli, pu r obbedendogli, non si lasciò fuor
viare nell’intim a vita artistica; e nel trionfale giro di concerti che fece negli
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anni successivi nelle principali città d ’Italia e all’estero (in F rancia, Inghil
terra, Germania) si orientò definitivam ente verso l’arte strum entale più
pura. I suoi autori divennero ben tosto quei grandissim i che anche il pub
blico italiano dal gusto rinnovellato doveva poi prediligere. Già un program
ma che esegui a Napoli nel 1874 comprendeva m usiche di Mozart, Beetho
ven, Schum ann, M endelssohn, Chopin. Il consenso dei pubblici e della cri
tica si fece sem pre più caldo; né gli m ancarono elogi dei num i dell’arte
pianistica del tem po: Liszt, che lo udi a Roma nel 1874, e R ubinstein a
Napoli nel medesimo anno.
Ciò che ancora vi poteva essere di esteriore e di m ondano in questa
carriera precoce, non era che la necessaria vernice di u n ’attività sem pre
più rivolta verso l’intrinseco: e pur questa vernice era destinata a presto
scom parire o quasi, giacché dopo il suddetto giro di concerti all’estero (che
si svolse nel 1877-78 e nel quale il Nostro ebbe a compagno il già celebre
violoncellista Alfredo Piatti) e con la nom ina del M artucci a professore di
pianoforte nel Conservatorio di Napoli (1880) il periodo pili fitto di suoi
concerti pianistici potè dirsi finito, e la sua attività artistica prese un carat
tere pili calmo e più raccolto. Che le sue composizioni pianistiche di quel
prim o periodo risentano dello stile virtuosistico e da salotto sin allora im
perante in Italia, e anche in parte della sentim entalità della canzone napo
letana, non può far m eraviglia; era quello il prim o getto di una n a tu ra
m usicale ancor greggia, m a che già si m anifestava feconda e sostenuta da
una tecnica sicura. L ’essenziale è che egli continuava nel campo pianistico
l’opera culturale del m aestro, che presto l’avrebbe estesa al campo della
m usica da cam era e orchestrale, e che altrettan to presto dall’esecutore e
dal didatta doveva germ ogliare il creatore.
Infatti, m entre a Napoli si form avano sotto l’auspicio di m ecenati del
l’aristocrazia (prim o per benemerenze il principe di Ardore) una società di
m usica da cam era, nelle esecuzioni della quale il M artucci si alternava col
Cesi, e u n ’orchestra stabile che diede il prim o concerto, sotto la direzione
del M artucci, il 23 gennaio 1881 e che presto ebbe un notevole repertorio
sinfonico che esegui anche altrove, nascevano le prim e im portanti composi
zioni del Nostro, come il Q uintetto, prem iato ed eseguito alla Società del
Q uartetto di Milano nel 1878, la Sonata per piano e violoncello, i due Trii,
l'oratorio Samuel, e il Concerto per pianoforte e orchestra, eseguito la prim a
volta a Napoli nel 1886, sotto la direzione del Serrao. Alcune di queste ope
re, come vedrem o, sono già espressioni artistiche autentiche e m ature, seb
bene egli le abbia poi in parte rivedute. Ma per ora im porta m ettere nella
giusta luce specialm ente l’attività svolta dal M artucci riguardo alla cultura
musicale. Si sa che egli era specialm ente devoto alla grande arte strum en
tale; ma, a parte la dimestichezza con quella teatrale di cui già s’è detto —
di cui testim oniano anche le riduzioni per piano e canto da lui fatte, certo
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basti al proposito ricordare che, nell’età aurea della polifonia vocale italiana,
quella del Rinascim ento, cantori e com positori italiani, fiam minghi, spa
gnoli, tedeschi e inglesi erano più o meno in continuo contatto che produ
ceva scambievoli influenze non degeneranti, salvo casi particolari, in pas
sive im itazioni. E questa rin a ta sana corrente culturale non faceva in fondo
che estendere al campo m usicale ciò che in quello letterario e filosofico era
già un fatto m aturo, giacché la cu ltu ra italiana del Risorgim ento, nono
stante la diffidenza di alcuni verso chi attendesse a foxestiere discipline, era
tu tta penetrata dalla luce spirituale di Shakespeare, Goethe, Schiller, Kant,
Victor Hugo, per non fare che alcuni dei maggiori nomi. A buon diritto
dunque si può dire che la m issione del M artucci, per il suo valore estetico
e storico, entra nel quadro del Risorgim ento italiano, appunto perché que
sto, nella sua profonda essenza, non ha nulla a che vedere con le esclusività
nazionalistiche. Se dunque oggi da noi Bach, Beethoven, Mozart, Brahm s e
gli altri sommi loro fratelli non sono più sentiti come stranieri m a come
nostri, sappiam o a quali uom ini e prim a di tu tto a quale uomo lo dobbiamo.
È vero che quel movimento, purtroppo, doveva poi perdere m an m ano la
sua purezza col sorgere di nuove tendenze nel nuovo secolo; è vero che le
vedute del nazionalism o musicale, mai scom parse del tutto, erano destinate
a prender nuovo vigore, nella form a più gretta, nell’infausto periodo a noi
più vicino; m a tuttavia rim asero più che altro nel cam po della critica e della
storia della m usica, e non poterono più im pedire gli scam bi già felicem ente
avviati, ai quali si mescolarono altri certo non benefici, m a solo per colpa
del generale traviam ento dei gusti. E ciò che vi è di puro in una corrente
estetica non può perire: è bensì com pito grave ed essenziale della presente
generazione m usicale il liberarlo da ciò che l’ha intorbidato.
2.
u lina com prensibile riluttanza verso quell’am biente dov’è cosi difficile, per
non dire impossibile, m antenersi artisticam ente pu ri; e diresse nella prim a
vera del 1888 al Comunale di Bologna la prim a esecuzione italiana del Tri
stano, evento m em orabile nella storia delle rappresentazioni wagneriane in
Italia.
F ra i sinfonisti contem poranei suo prediletto era naturalm ente Brahm s,
col quale ebbe anche rapporti personali. 11 grande m usicista tedesco fu di
passaggio a Bologna nello stesso anno 1888 con l’amico W idm ann, pubbli
cista, durante un viaggio attraverso l’Italia settentrionale e centrale. L ’in
contro col M artucci avvenne all’albergo dei « Q uattro Pellegrini ». Il Nostro
volle m anifestare la propria venerazione all’illustre ospite ponendoglisi in
ginocchio e baciandogli la m ano: dopo di che, secondo quanto riferisce il
W idm ann, i due trovarono il migliore o l’unico mezzo di intendersi im prov
visando un dialogo... cantato (pensiam o si trattasse di brani melodici del
grande patrim onio m usicale noto a entram bi, forse di Brahm s stesso). Caso
volle clic due critici delle rispettive nazioni, Edoardo Hanslick e Luigi Tor
chi, si trovassero presenti al colloquio, il ricordo del quale fu per il Mar-
lucci particolarm ente caro.
Ma, come già si è detto, l’attenzione del M artucci fu rivolta anche a
musicisti contem poranei di vari popoli e indirizzi, come attestano i pro
gram m i dei concerti che egli diede nel 1898 dedicati ciascuno a una nazione.
Dei compositori francesi quelli clic esegui di più furono Berlioz e Saint-
Saëns; anche Franck fu però degnam ente posto in luce, e del D’Indy apparve
la prim a parte della trilogia W allenstein, probabilm ente m ai più sentita
dopo d’allora in Italia. Alla line si accostò anche al Debussy. F ra quelli
inglesi fu suo amico personale Charles Villiers Stanford di cui diresse più
volte la Sinfonia irlandese in fa m inore (e il quale per parte sua diresse due
volte la prim a Sinfonia di M artucci al Royal College di Londra). Nel concerto
dedicato a m usiche inglesi il M artucci esegui inoltre composizioni di Sul
livan, B.H.H. P arry, Mackenzie, Cowen (e fu tra i pochi casi in cui in Italia
sino ad oggi si sia sentito qualche cosa di m usicisti inglesi). Di italiani
suoi contem poranei esegui, per quanto sappiam o sicuram ente, pezzi sin
fonici di Bazzini, Sgam bati, M ancinelii e dell’ancor giovane Perosi.
Memorabili sue esecuzioni sinfonico-vocali a Bologna furono quelle
della IX Sinfonia di Beethoven (la prim a volta nel 1892), delI’Ag'ape Sacra
dal Parsifal (id.), delle Scene del Faust di Schum ann (1895: esecuzione cre
diamo rim asta finora unica in Italia) della cantata Jesu der du m eine Seele
di Bach (1899). Vanno ricordati poi: il concerto beethoveniano (1896);
l’esecuzione del concerto a tre cembali e archi di Bach, pianisti i discepoli
Bruno Mugellini, Guido Alberto Fano, Filippo Ivaldi (1900); la comme
morazione verdiana (1901). E in generale, a ripassare i program m i dei suoi
concerti sinfonici, si rim ane ancora oggi stupiti di tan ta varietà e ricchezza.
Sebbene ne! periodo bolognese la sua vita in complesso sia stata infor
m ata a sereno raccoglim ento (d’estate cercava ristoro nei prim i anni a
Castiglione de’ Popoli in Toscana, poi a Q uisisana nel bolognese) non mancò
tuttavia di quel movim ento necessario a perm ettergli di continuare l’opera
culturale nel resto d’Italia. Ancora m anca una com pleta documentazione
dei suoi concerti sinfonici; è tuttavia possibile elencare con compiutezza,
se pur non sem pre coi program m i, quelli da lui dati a Torino e a Roma.
Qui basti aggiungere alcune altre date significative: la com m em ora
zione donizettiana del 1897 a Napoli (per il centenario della nascita) che,
con quella verdiana del 1901 a Bologna, dim ostra come il suo am ore per
la m usica sinfonica e w agneriana non im pedisse quello per il grande me
lodram m a italiano (e in queste esecuzioni mise, come sem pre, la più coscien
ziosa cura e Palliato interpretativo che gli era proprio, coinè ricordano
alcuni che vi assistettero): le esecuzioni della sua prim a Sinfonia a Milano
nel 189ó (prim a esecuzione), a Torino nel 1896, a Napoli nel 1898, a Lon
dra pure nel 1898 (dove già gliel’aveva eseguita lo Stanford) ecc.
Q uanto all’attività pianistica, non bisogna credere che essa fosse del
tutto cessata dopo il brillante periodo giovanile di cui s’è già parlato : ché,
se le sue esecuzioni in quel cam po divennero più rare e lim itate ad alcuni
capisaldi, per dir cosi, della letteratu ra dello strum ento, in compenso, e
in parte proprio in conseguenza di ciò, le sue virtù pianistiche si m anife
starono più m ature, anzi, quanto a precisione tecnica e stilistica, veram ente
form idabili. Ma in questo cam po è ancora più difficile dare una docum en
tazione, salvo per i concerti a Bologna fino al 1896. Dobbiamo contentarci
«li ricordare alcune delle esecuzioni più im portanti: a Bologna, l’esecuzione
del Concerto in re m inore di Bach nel 1889, della Fantasia cromatica e fuga
dello stesso e della Sonata in sol m inore di Schum ann nel 1893, del Concerto
in m i bemolle maggiore di Beethoven nel 1897 : infine del Concerto dello
stesso M artucci nel 1896 e nel 1898. A q uest’ultim a esecuzione assistette
il D’Annunzio, il «juale poi gli scrisse: « Il veemente soffio lirico che agita
il vostro « Concerto » è degno di un alto poeta ». Esso fu poi eseguito ancora
dall’autore a Milano nel 1899 sotto la direzione del Toscanini, a Torino,
Roma ecc.
Non va poi passato sotto silenzio che il M artucci ebbe più volte a com
pagno d ’arte Cesare Pollini, il pianista padovano dal tocco e dall’intensità
espressiva insuperabili, profondo cultore dei classici della m usica nonché
di storiografia m usicale, l’attività artistica del quale però, appunto per la
peculiarità del suo tem peram ento, doveva svolgersi in una cerchia intim a.
Col Pollini il M artucci esegui a due pianoforti a Bologna e a Venezia il
proprio Tem a con variazioni op. 58, originariam ente per pianoforte solo
m a trascritto per due dall’autore stesso, nella quale trascrizione se, a parer
nostro, e per ragioni che direm o a suo luogo, perde alquanto in purezza
m usicale, acquista d’altra parte in effetto e in pienezza di sonorità. Com
m ovente è, riguardo all’esecuzione a Venezia, l’episodio riferito da u n com-
m em oratore del Pollini: alla fine di una prova del pezzo fatta a Padova,
il M artucci, commosso dalla com prensione e penetrazione interpretativa
del collega, si alzò e, senza dire parola, lo baciò in fronte. 11 Pollini, da
parte sua, m ostrò sem pre per il M artucci la più profonda venerazione.
Anche come com positore il M artucci raggiunse a Bologna la piena
m atu rità. Sono di questo periodo, oltre a m olte im portanti composizioni
pianistiche (come i due N otturni op. 70) e da cam era (pezzi per violino e
pianoforte op. 67, per pianoforte e violoncello op. 69), due fra le sue di
m aggior mole e im portanza: la Canzone (tei ricordi, e la 1“ Sinfonia, com
p iu ta nel 189ó, dopo sette anni di lavoro.
Alla m orte di Antonio Bazzini (1897) M artucci fu invitato a succe
dergli come direttore del Conservatorio di Milano, m a non accettò. Quando
invece nel 1902 Pietro Platania, direttore del Conservatorio di Napoli, andò
a riposo, il Nostro non potè resistere alle sollecitazioni dei napoletani e
al richiam o della terra di origine. Ma quanto gli sia stato am aro lasciare
Bologna è dim ostrato dalla lettera di com m iato che egli scrisse ai profes
sori del Liceo musicale, l’inizio della quale dice: « Egregi Professori, la
mia emozione ed il mio dolore nel separarm i da voi sono tali che mi vie
tano di esprim ere la mia profonda riconoscenza, per la cooperazione pre
ziosa che, con tan ta larghezza di cuore e di volontà, mi avete data nei buoni,
sereni, benedetti anni di lavoro e di pace passati in questo caro Istituto,
al quale devo le più nobili soddisfazioni del mio carattere di uomo e di
artista! ». Parole belle e sincere, dove il calore dell’affetto è pari alla verità
del contenuto, anzi nasce da essa.
3.
volta Tristano e Parsifal, e rim anervi poi sepolto accanto all’a rtista pre
diletto.
F ra l’esecuzione del Tristano e quella del Crepuscolo, M artucci si recò
— nell’agosto 1908 — a Monaco di Baviera per sentire la in te ra Trilogia
nell’interpretazione del M otti; nello stesso periodo cercò ristoro sui laghi
bavaresi. Ma un m orbo inesorabile lo insidiava, e ai prim i dell’anno suc
cessivo, subito dopo le trionfali rappresentazioni del Crepuscolo, si m ani
festò in tu tta la sua gravità. Dovette rinunciare a partecipare a un concerto
a Roma nel gennaio 1919 per le vittim e del terrem oto di Messina, pu r aven
done preso l’impegno. (Volle però, sebbene strem ato, recarsi a Roma, chia
mato in comm issione per un concorso a cattedre del Conservatorio di Na
poli). Ma a nulla valse il riposo cercato in una villa a Capodimonte, e a
nulla valsero, dopo il suo ritorno in città, le cure prodigategli dai medici
più insigni. O rm ai il suo destino era segnato. Che egli lo sentisse o no, seppe
m antenersi forte nella sofferenza. Nei vaneggiam enti degli ultim i giorni,
rievocava gli avvenim enti artistici di cui era stato anim atore, sognava i
grandi m usicisti da lui venerati e interpretati. Negli ultim i m om enti di
lucidità, rincorava il Pagliara desolato di averlo indotto alle soverchinoti
fatiche di concertazione, e gli diceva che era bene che fosse stato cosi per
lui e per i suoi figli: certo intendeva dire per lasciar loro un esempio edi
ficante. L ’ultim a sua visione fu quella del vascello sospirato da T ristano,
e, insieme, del rogo di B runilde alla caduta del W alhalla. Mori a Napoli
il 1° giugno 1909.
Le sue esequie furono di una solennità adeguata alla grandezza della
sua figura. Giunto l’im m enso corteo davanti al S. Carlo, la sua bara fu
sollevata a braccia e la banda esegui la m arcia funebre di Sigfrido nel
Crepuscolo degli Dei. Sebbene altri abbia visto in ciò una m anifestazione
poco seria, noi vediamo diversam ente. Non è il caso di dar troppo peso a
certi particolari esteriori: l’essenziale è che il popolo italiano sentiva di
aver perduto, dopo Verdi, un altro eroe della p ropria epopea m usicale. Fu
quello uno di quei rari m om enti in cui, sulla m iseria della vita di tu tti i
giorni, risplende pure agli occhi del volgo una scintilla della verità eterna,
traluce il profondo significato di ciò che di piò im portante avviene nella vita
stessa, e che diviene poi storia.
Del carattere um ano del M artucci, quelli che lo conobbero da vicino
sono concordi nel m ettere in rilievo alcuni tra tti che c’interessano assai,
in quanto — ciò che vedrem o meglio in seguito — si fondono con le qua
lità dell’a rtista si da form are u n ’insieme di ra ra arm onia. Sono precisa-
niente la sem plicità del porgere, della parola e del gesto, la grande e
schietta m odestia: e, con tu tto ciò, un qualcosa nel suo occhio e nella sua
piccola figura che avvinceva e imponeva reverenza. In particolare, nel diri
gere l’orchestra, la figura si anim ava e quasi s’ingigantiva, la fisonomia si
— 36 —
L ’OPERA
1.
OSSERVAZIONI PRELIMINARI
coincide col nostro. Basti dunque qui additare alcuni pezzi che si distin
guono per spunti felici, per vivacità e spontaneità che p u r senza form are
ancora bellezza producono tuttavia im pressione gradevole. Cosi il notissim o
Studio da concerto op. 9, brillante e di sicuro effetto pianistico perché scritto
già peritam ente per pianoforte, e che in complesso può dirsi un pezzo di
getto, scorrevole se non di gusto fine; VImprovviso op. 17, sim patico nella
sua elem entare sc rittu ra pianistica; il Capriccio in forum di studio op. 2(5,
non privo d’una certa vaghezza e scorrevolezza; lo Scherzino op. 29, il cui
tem a ricorda quello del terzo tem po (Lieta adunata di contadini) della
Pastorale di Beethoven: il Canto religioso op. 33 n. 3, che veram ente ha
poco di religioso nell’ispirazione, e piuttosto sem bra render l’im pressione
di u n ’anim a rom antica, anzi crepuscolare, alla vista di una processione
accom pagnata da coro; la Sonata facile op. 41 n. 1, a un solo tem po, spi
gliata e ben ritm a ta ; L ’Arcolaio, pezzo caratteristico, op. 43 n. 3, vaga
m ente descrittivo (genere questo che il M artucci coltivò spesso in quel pri
mo periodo, m a che poi abbandonò sentendo che non gli era consono); il
Pensiero fantastico op. 43 n. 4, leggiero e scherzoso. A ltri pezzi, come la
rom anza Verso sera op. 43 n. 6, sono di sentim entalità più appassita. Le
fughe e le fughette sono esercitazioni castigate, le seconde pu r anche
graziose.
A parte andrebbe considerata la Sonata op. 34, il secondo saggio del
M artucci in questa form a (il prim o fu la Sonata per violino op. 22), rim asto
unico nella sua opera per solo pianoforte. Riuscì cosa decorosa, non senza
segni considerevoli di personalità specialm ente nel prim o e nel secondo
tempo (« Allegro giusto » e « Scherzo »); ma in complesso è ancora un te n ta
tivo, che egli stesso in seguito sconfessava in modo sin troppo duro. E non
ripete l’esperim ento, certo perché sentiva che il pianoforte solo non gli
bastava per spiegare la sua ispirazione in form a cosi am pia, restando
invece per lui strum ento ideale per pezzi lirici generalm ente brevi, sognanti
o scherzosi che fossero.
T u tte le composizioni suddette ed altre ancora, nonostante la loro
lim itata im portanza m usicale, restano pu r sem pre utili come opere di
studio o lettu ra pianistica. Ma se dovessimo precisare dove l’individualità
artistica del M artucci appaia per la prim a volta ben netta, sebbene non
ancora in p u ra e piena bellezza, indicherem m o prim a un pezzo a due pia
noforti, la Fantasia op. 32 (a proposito di pezzi pianistici per due esecu
tori, sorvoliam o su quei Pensieri sull’opera Un hallo in maschera a qu at
tro m ani, op. 8, che giustam ente è stato detto peccato di gioventù), e la
fam osa Tarantella op. 44 n. 6: due pezzi questi ben diversi per form a e per
carattere, m a che entram bi m ostrano alcune tipiche im pronte dell’artista,
e rivelano in lui (ancora non più che ventiduenne, si noti!) una am m i
revole padronanza form ale.
— 44 —
r H i f f i
A llegro (J .ï 88) .
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»I>A-
/
f ecc.
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i
(Ediz. Ricordi).
Anche qui, dopo la prim a parte scherzosa e vivace, abbiam o un Trio
la cui reale tonalità è di sol bemolle maggiore (sebbene il num ero delle
alterazioni di chiave poste dall’autore indichi ancora quella di re bemolle),
di arm oniosità sognante e suggestiva; e l’atm osfera questa volta è ottenuta
m ediante una catena di sem plicissim i accordi a tre e due suoni.
Esempio 3
, ÏV+:
4----- u■ * hi a -d&,
possiam o stabilire clic il prim o fresco germoglio del M artucci com positore
cade in quel periodo, quando cioè egli era intorno ai ventiquattro anni.
L ’attitudine interiore che prevale in questa prim a fioritura, special
m ente nei pezzi per solo pianoforte, è quella di u n ’anim a assorta in una
dolcezza inconsapevole, in u n a specie di innocente incoscienza, quasi un
dorm iveglia dello spirito: anim a quindi ancor isolata dall’u rto reale delle
cose, che vive una vita tu tta di im m aginazione e di sogno, dove nondim eno
è un fondo doloroso. Q uesta stessa corda sentirem o risonare nei pezzi che
incontrerem o continuando nella nostra disam ina, e dove le pagine di viva
arte si fanno m an m ano piu frequenti, se pur alternale ad altre di gusto
retrospettivo (vedi lo Studio caratteristico op. 54, poco felice come tu tto
ciò a cui il M artucci ha posto l’indicazione di « c a ra tte ristic o » ): l’artista
ha orm ai trovato il suo m ondo e, quel che è più, lo fa vibrare in aspetti e
sfum ature di m irabile varietà. Sorvoliamo anche su pezzi decorosi come il
M inuetto e la Gavotta op. 55 n. 1 e 2 e il Capriccio op. 57 n. 1, ed eccoci
aìla Serenata op. 57 n. 2, ove è come un vago stornellare di un m enestrello
con l’anim a di un Pierrot napoletano. Un canto sommesso si distende
dolcem ente su di un accom pagnam ento arieggiante gli arpeggi di una
discreta chitarra, il tu tto in una linea m orbida e sinuosa e con un perfetto
svolgim ento armonico, quand’anche il mondo interiore in cui quest’ispira
zione vive sia di un’um anità quasi elem entare. Nel notissim o Tema con
variazioni op. 58, l’ispirazione fondam entale è più che m ai trasognata e
quasi elegiaca: nelle variazioni en tra anche la nota giocosa, sem pre di
quella giocosità a fondo m esto che abbiam o notato negli Scherzi; m a alla
line l’espressione si irrobustisce e la form a assurge a insospettata ampiezza
ove l’equilibrio può dirsi, questa volta, raggiunto. Vi sono, è vero, varia
zioni più e meno profonde; c’c poi quella poco felice digressione tra senti
m entale e am pollosa che è la nona variazione « alla Chopin », con una me
lodia diversa dal tem a, m a poggiante su un basso che fa sentire le note del
tem a stesso intercalate da arpeggi: uno di quegli artifizi form ali di cui il
M artucci si è talora un po’ troppo compiaciuto, su cui tu ttav ia non vi
sarebbe a ridire quando fossero sostenuti — e quindi in realtà annullati
come artifizi — da u n ’ispirazione pura, ciò che in questo caso non è.
(« Arte che tu tto fa, nulla discopre », egli am ava ripetere, m a questo è uno
degli esempi ove essa invece discopre troppo). Ma nonostante queste dise
guaglianze, il pezzo nell’insiem e è vivo, per quella intim ità di sogno la cui
essenza m usicalm ente è data so p rattu tto dalla dolcezza e varietà di arm o
nie, cosi ricche di m odulazioni spontanee, c dalle m orbide sonorità piani
stiche fluenti a guisa di arpa. Notate ad esempio nella terza variazione la
soavità con cui quei disegni crom atici discendenti si posano con un senso
di dolce stanchezza sulle arm onie cadenzali, alla fine dei due periodi di
otto battute onde, a som iglianza del tem a, la variazione è form ata; e notate
— 49 —
ia profonda, sognante arm oniosità che è nella quinta variazione, cosi nuova
e diversa rispetto al tem a e pur ad esso congiunta nell’intim a essenza, come
è nello spirito classico delle variazioni. Il pezzo ha due finali diversi, l’uno
o l’altro da scegliere a piacere: il prim o è una fuga libera (sebbene non
ne porti il titolo) assai sviluppata, il secondo un « Allegro m olto » di carat
tere brillante eseguendo il quale — avverte l’autore — la V ili variazione
va omessa, e la VI eseguita dopo la VII. Il gusto corrente preferisce la
seconda form a; e l’autore stesso ha contribuito a creare questa preferenza,
giacché nella trascrizione a due pianoforti del pezzo (che in complesso è
assai felice e in alcune p arti assai più ricca, alm eno come sonorità, del
l’originale) ha senz’altro elim inato la fuga e adottato le varianti annesse
rii cui sopra. (Forse che l’abbia riten u ta, contrariam ente a quella dell’op. 32,
disadatta ad essere disposta per due tastiere? Effettivam ente l’adattam ento
non sarebbe stato semplice né naturale). Non solo: ina in u n a seconda
lezione per pianoforte solo — che è quella inclusa nella serie dei 20 pezzi
curati da Alessandro Longo — ha pure soppresso la prim a form a del finale
c introdotto alcune altre varianti di m inor entità come i disegni brillanti
aggiunti alla q u arta variazione, sem pre derivanti dalla trascrizione a due
pianoforti.
Per quel che riguarda il finale, siam o d’avviso che l’autore e il gusto
corrente abbiano alterato la genuina ispirazione del pezzo: che cioè la pri
m a form a sia incom parabilm ente superiore alla seconda. Q uest’ultim a, in
sostanza, non è m olto pili che una conclusione d’effetto brillante, che tocca
anzi l’enfasi nella estrem a apparizione del prim o tem a con ritm o aum entato,
di una sonorità ridondante specialm ente a due pianoforti, con quel pedale
di dom inante a trem olo: m entre invece il finale originario a m o’ di fuga è
cosa che ben può dirsi m agistrale; il sentim ento elegiaco del tem a vi si
tra m u ta prorom pendo in una vigorosa affermazione di vitalità che si sostiene
senza cedere fino all’ultim a battuta. È uno dei pochi esempi nell’opera pia
nistica di M artucci dove quello che abbiam definito dorm iveglia spirituale
si ap ra ad una lim pida visione di luce m attinale. Si noti, nello sviluppo,
l’inesausta ricchezza degli episodi, dove il tem a di fuga si trasform a fino
a divenire quasi irriconoscibile nelle dim inuzioni; passaggi rapidissim i che
però non si riducono mai a puro virtuosism o e non interrom pono l’unità
rlell’insieme, suggellata da u n ’ultim a trionfale ripresa del tem a stesso.
Farebbero bene i pianisti a riprendere il pezzo in questa prim a form a;
certo l’im presa è ardua, m a i risultati artistici la compenserebbero.
F ra i pezzi più perfetti di M artucci è certam ente la Giga op. 61 n. 3,
un tem po abbastanza diffusa anche nella trascrizione orchestrale dell’autore
stesso, ora dim enticata o alm eno tra sc u ra ta anche dai pianisti sebbene sia
di uno stile pianistico di ra ra eccellenza. Qui l’ispirazione è tu tta scherzosa
« chiusa in una form a scarlattiana. E senza dubbio, oltre allo schem a
— 50
T ^ r ^ - r m tA =^Vs m .
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(Ediz. Kicordi)
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classicismo di form a, di contrappunti, di disegni pianistici, ma nulla di
più m oderno di questo classicism o; sfavillio di im m agini, arm onie lum i
nose e p u r soffuse come di un velo di penom bra; ritm o da cima a fondo
pulsante di vita. Per questo aspetto dell’ispirazione del M artucci il piano
forte è lo strum ento ideale: e come il suo gioco pianistico nello stile bril
lante (intesa la parola « cum grano salis ») era insuperabile, cosi esso rivive
trasfuso in alcune sue personalissim e creazioni : ma nessuna del genere gli
è riuscita perfetta come questa. Pure, come vedrem o in seguito, egli adattò
questo stile anche all’orchestra, oltre clic ai complessi strum entali da camera
in cui il pianoforte ha sem pre parte essenziale.
Con la Barcarola op. 64 n. 3 si rito rn a all’ispirazione elegiaca (altre
Barcarole aveva egli già scritto, m a poco rim archevoli, e dopo non ne
scrisse altre). È anche questo tra i pezzi piti belli di M artucci, ed è tra i
meno noti, o add irittu ra ignoti. Il sogno qui assum e un tono piu doloroso,
in alcuni m om enti anche tragico. La form a è nettam ente ternaria e si assi
mila assai bene all’ispirazione. Un canto spiegato in mi bemolle maggiore,
di arm onie calde e piene, comincia som m essam ente m a si espande poi con
sonorità più aperta e, posatosi sulla tonalità di dom inante, raggiunge gli
accenti della passione più intensa — passione sem pre di anim a che sogna
torm entosam ente, e solo si placa nell’arm onia della form a:
— 51
Esempio 5
(Ediz. Ricordi)
C’è bisogno di chiarim enti o di dim ostrazioni per far sentire che qui vibra
una profonda anim a di m usicista, e di m usicista creatore?
Ed eccoci ora al notissim o N otturno in sol bemolle m aggiore op. 70 n. 1,
che molti uditori credono originariam ente composto per orchestra, e invece
è per pianoforte, trascritto poi per orchestra dall’autore stesso. Bello, cer
tam ente; m a non degno della quasi esclusiva attenzione e sim patia ad esso
accordata da esecutori e per conseguenza dal pubblico, specie alla sua form a
orchestrale: o meglio, non degni altri pezzi di venire ad esso posposti.
Anzi, se si vuol esser rigorosi (il M artucci è a rtista tale da non tem ere il
rigore della critica: anzi lui stesso, se vivesse ancora, ne sarebbe grato)
bisogna dire che qui non c’è la purezza m usicale dell’ultim a Barcarola e,
in genere diverso, della Giga e degli Scherzi. C’è, nella linea melodica, qual
cosa di alquanto m anierato, come una lieve affettazione sentim entale, il
che però non toglie che il fondo sia poetico, e che a tra tti sia raggiunta
l’espressione m usicale perfetta, come in quella specie di secondo tem a in
mi bemolle m aggiore (a b a ttu ta 18, ripetuto poi con varianti anche verso
la fine del pezzo) e in tu tto il brano di chiusura dove la m alinconia fonda-
mentale si compone in serena arm onia di form a.
In complesso si com prende come l’autore abbia sentito il bisogno di
strum entare questo pezzo, perché alcuni spunti hanno, per dir cosi, in sé
stessi il germe del colorito orchestrale; c si può convenire col gusto corrente,
che nella trascrizione il pezzo ha guadagnato: non tanto, però, da dover
far dim enticare l’originale pianistico, come sem bra quasi che sia avvenuto.
(Ora poi ci è stato detto che vi è anche la trascrizione per fisarm onica:
chiediamo venia per questa parentesi che non vuol esser spiritosa, m a pro
fondam ente am ara). In conclusione, direm o che la speciale popolarità del
Notturno si spiega con la sua virtù com unicativa, più im m ediata di quella
di altre pagine m artucciane: e che, fatte le suddette riserve, si tra tta pur
sempre di una popolarità di buona lega.
Il secondo N otturno dell’op. 70, in fa diesis m inore, è pure di notevole
valore espressivo, m a ha avuto assai m inor fortuna dell’altro, e non del
tutto a torto, perché la genialità vi è m eno viva. T uttavia esso non è da
trascurarsi; è di carattere più m editativo e concentrato, come la sua tona
lità stessa, e non senza un certo grigiore; anche in esso poi c’è nella me
lodia un che di lievemente affettato, quasi troppo rifinito nei contorni (in
realtà non è che l’autore abbia ecceduto nel ritoccare e rifinire : il difetto sta
nell’ispirazione stessa che nasce im perfettam ente, come sentim ento non del
lutto purificato). Si notino però certe belle ap erture d ’orizzonte, come quella
modulazione in re maggiore a b a ttu ta 24, e più ancora quella in fa diesis
maggiore, sulla stessa frase melodica, nelle battute finali. Questi due Not
turn i chiudono la serie (astrazion fa tta da una Rom anza facile che vien
dopo, poco notevole e senza num ero d’opera, forse un pezzo giovanile) dei
- 5 3 -
sei fascicoli form anti come il corpo fondam entale delle opere pianistiche
m artucciane, e contenenti, oltre a quelle qui indicate come le più geniali,
altre decorose e originali come il Tem po di gavotta op. 55 n. 2, di ricca e
m oderna arm onia e dai disegni pianistici di un forbito neoclassicism o; il
Capriccio op. 57 n. 1, il Preludio op. 61 n. 1, fluido e lievemente chopiniano;
la Toccata op. 61 n. 2; il Moto perpetuo op. 63, ben altrim enti ricco che le
solite composizioni di questo titolo, non esclusa quella di un W eber; il
dolce M omento musicale op. 64 n. 1, trascritto poi dall’autore per orchestra
d ’archi; lo Scherzo op. 64 n. 2, saltellante e senza venature m alinconiche.
T utte composizioni più che pregevoli, utilissim e come studio per pianisti e
com positori, opere — direm o usando u n a term inologia m oderna rispondente
ad una delle distinzioni com plem entari dell’estetica del Croce — di linis
sim a letteratu ra pianistica, m a non, salvo il M om ento musicale, di poesia:
e qui è la poesia che ci interessa.
Abbiamo detto che quello sin qui esam inato è il complesso fondam en
tale delle opere pianistiche m artucciane: e questo non per il banale motivo
che esso sia raccolto in una sola pubblicazione, m a perché costituisce ciò
che con term ine convenzionale si potrebbe dire la prim a « m aniera » piani
stica dell’Autore. Notiamo, per avere un punto di riferim ento cronologico,
che il secondo N otturno dell’op. 70 fu composto nel 1891: ossia, dal Mar-
tueci trentacinquenne. Nelle composizioni successive, apparse in fascicoli
sciolti, le prim e delle quali nascono nello stesso periodo di gestazione della
prim a Sinfonia, si sente subito uno stile alquanto diverso, pu r essendo n a tu
ralm ente della stessa individualità a rtistic a : un che di ancor più elaborato
e tornito, e una tendenza a m aniere più m oderne, sebbene gli spunti melo
dici siano spesso ingenui e prevalga ancora la rom antica e neoclassica form a
tripartita, talvolta sostituita da una form a strofìca ove un prim o periodo
melodico s’alterna continuam ente con un altro, entram bi con varianti, non
però nella vera form a di variazioni. (Non m ancano poi esempi ove si rito rn i
a una sem plicità che ha deH’elem entare, come la Serenata op. 78 n. 1 : ma
sono eccezioni, ove pu r non m anca qualche lieve tocco di contorni forbiti).
Se però si hanno presenti le altre opere dell’A utore nate in questo
periodo, e segnatam ente le due Sinfonie nelle quali orm ai converge la sua
attività creativa, il segreto o la chiave di questo nuovo stile è presto sco
perto, e la sua im portanza appare rid o tta : l’im portanza, diciamo, astratta-
m ente form ale, giacché quella più intrinseca dobbiamo derivarla come sem
pre dal valore artistico dei singoli pezzi: e pur questo valore, in generale,
ci sem bra lim itato. Perché non troviam o più qui la spontaneità d ’ispirazione
dei pezzi precedenti, m a piuttosto una rielaborazione di vari elem enti stili
stici tra tti da quelli, specialm ente quei caratteristici forbitissim i disegni
pianistici, saltellanti e con ricche arm onie e ritm i vari, arricchiti di nuove
combinazioni e movenze, non senza una certa compiacenza form ale; insom-
4
— 54 —
Giunti ora al term ine di questo sguardo alle opere pianistiche di Mar-
tucci, possiamo ferm arci un m omento e vedere di tra rn e qualche idea sul
l’essenza dell’arte m artucciana in generale. Che dette opere rivelino un’au
tentica personalità m usicale, ci sem bra che ogni spirito non prevenuto debba
riconoscere; che tale personalità non si ferm i allo stato virtuale in cui essa
è visibile sin dal gruppo di composizioni più giovanili, m a si m anifesti in
varie opere di vera poesia pianistica, è quello che abbiam o cercato di mo
strare. N aturalm ente però ogni artista, per quanto personale, ha dei modelli
nelle opere dei grandi che l’hanno preceduto, sente più o m eno l’influenza
dell’uno o dell’altro anche senza subirla e si associa, per dir cosi, piuttosto
a una che ad altra tendenza del proprio tempo, secondo le qualità del suo
tem peram ento.
Non dim entichiam o, beninteso, che un tale raggruppam ento degli a rti
sti di un dato periodo secondo date tendenze non è che em pirico e appros
sim ativo; tu ttav ia dobbiamo farne uso, nei lim iti in cui possa servire a
meglio definire il tem peram ento di un artista. Cosi ad esempio, nel caso del
M artucci, si direbbe evidentem ente cosa assurda se si accostasse la sua
opera al cosiddetto simbolismo francese, m usicalm ente im personato in Clau
dio Debussy e suoi seguaci. Escluso a priori questo rapporto, non è diffi
cile trovare quello giusto. Abbiamo visto che nelle opere di prim a giovinezza
il nostro autore non fu alieno dagli atteggiam enti dom inanti nel gusto pia
nistico italiano del tem po: come però anche in quelli portasse un tocco più
distinto e più sobrio, come infine avendo affinata la propria coscienza a rti
stica abbandonasse presto quella via per u n ’altra ben più consona al suo vero
io (starem m o per dire kantianam ente, « l’io trascendentale » dell’artista).
Per individuare meglio questo nuovo orientam ento alla luce delle correnti
m usicali europee, non sarà inutile guardare allo schem a form ale prevalente:
che è, come si è visto, quello trip artito , non generalm ente alla m aniera
am pia di un prim o tem po di sonata, m a del piccolo pezzo lirico caro ai
rom antici e a quello che si potrebbe chiam are un grande rom antico clas
sicista, cioè Brahm s.
A proposito di quest’ultim o, p a rrà strano che lo abbiamo cosi qualifi
cato, dal m om ento che in generale lo si considera come l’ultim o classico in
contrapposto ai rom antici puri (Schubert, Mendelssohn, Schum ann, Chopin)
— 56
c ancor piu ai neorom antici (Berlioz, Liszt, W agner). Non possiam o ora
trattare un problem a tanto dibattuto come quello sulla legittim ità e il
significato dell’antitesi « classico-rom antico » : m a, per tenere la questione
su un terreno più semplice e accessibile, ci sem bra evidente che il Brahm s
dei pezzi pianistici (« intermezzi », « capricci », « rapsodie ») sia em inente
mente un lirico, che però è alieno da quei riferim enti a un mondo poetico
e fantastico onde invece è piena l’opera pianistica del grandissim o rom an
tico suo antecessore, Roberto Schum ann, e che am a so prattutto il tipo del
pezzo breve infuso di un’intim ità nuova, più ripiegata nel soggetto che tesa
in slanci passionali, m a pu r sem pre rom antica, se per rom anticism o s’in
tende grosso modo l’espressione di un sentim ento individuale intensam ente
anelante. Rom anticism o, quello di Brahm s, per lo più torm entato, che arriva
talora lino alla « rêverie » più spasm odica (ma sem pre liberantesi in una
form a perfetta), altre volte invece si rasserena in form e scherzose o viene
superato da un senso di strao rd in aria energia spirituale e q u ad ratu ra r it
mica che lo avvicina, di là dai pretti rom antici, a Beethoven, si da farlo
apparire quasi in una luce di antirom anticism o: questo è, a nostro avviso,
lo spirito del B rahm s pianistico.
Ora, la tendenza di M artucci è in parte assai simile. 11 quadretto poe-
tico-pittorico alla Schum ann non fa per lui; tanto m eno la combinazione di
pili quadretti in una lunga collana, o la vasta ispirazione fantastica. Più che
mai estranea gli è la tendenza program m atica innovatrice di un Liszt. Da
Liszt può avere accolto qualche elem ento di tecnica pianistica (meno però
che da Chopin), m a neppur l’om bra del senso coloristico, né di quella ten
denza al bozzetto o poema pianistico che prelude al poem a sinfonico, né
della form a più o m eno ciclica. Q uanto egli abbia conosciuto delle nuove
correnti im pressionistiche, già abbastanza innanzi nel periodo della sua
m aturità, è difficile dire: certo è che egli continuò a com porre come se
quelle non esistessero. Qualche ardim ento arm onico della sua ultim a m a
niera (di ardim enti arm onici, e di buona lega, se ne possono trovare molti
nella sua opera) fa pensare allo Strauss, m a anche di quest’ultim o in realtà
egli non senti affatto l’influenza form ale: e in complesso fu da lui lontano
anche nel m ondo interiore.
Insom nia egli si trovò a suo agio in una linea form ale che si potrebbe
dire chopiniano-brahm siana, e ad essa rim ase ferm o con m irabile coerenza:
diciamo m irabile non già per far consistere prosaicam ente il m erito di un
artista nella fedeltà ad un indirizzo: m a perché egli comprese qual fosse la
propria via con un intuito autocritico che non è di tu tti gli artisti, e la
segui senza lasciarsi a ttra rre dal gusto di novità, da tentazioni di pericolose
avventure che lo avrebbero portato fuori strada.
Quella tendenza a ricom porre la m usicalità rom antica in linee severe
generava anche talora u n ’esigenza di rom pere la cerchia delle piccole form e
per riuscire ad espressioni più complesse e più vaste. Questi sconfinamenti,
di rado felici nei pezzi per pianoforte solo, trovarono terreno più adatto in
quel genere di m usica da cam era ove il pianoforte è sem pre il principale
sostegno; il che vedrem o meglio a suo luogo. E anche questo lo avvicina a
Brahm s. Ma allora, ci si obietterà, con tu tto ciò che abbiam detto per mo
strare l’originalità di M artucci, ecco che ora le nostre analisi ci conducono
proprio a quella opinione che avevamo scartata come un luogo com une:
che cioè M artucci sia un brahm siano, il che in sostanza significa un im i
tatore di Brahm s! No, signori: occorre ben distinguere. Altro è essere, gene
ricam ente parlando, di indirizzo form ale e in certo senso anche spirituale
affine a quello di u n ’altro o di più altri artisti, e altro essere, in quanto alla
espressione artistica, nella scia di quelli. Infatti, per chi guardi un poco
addentro, il tem peram ento di M artucci è nettam ente distinto, per m olti lati
anche lontano da quello di B rahm s: il suo stile, come l’arm onia, il carat
tere dei temi ecc., è assolutam ente proprio e individuato. Reminiscenze e
qua e là im itazioni si potranno trovare nella m usica da cam era e nelle
Sinfonie, ma solo nei punti m eno riusciti. E che cosa si può im m aginare di
meno brahm siano della Giga, degli Scherzi, delle Barcarole per pianoforte?
Né vi è in fondo alcunché di chopiniano, se tale non si vuol chiam are
l’an d atu ra ritm ica dell’ultim a Barcarola o alcuni passi della sinistra nella
stessa: pure coincidenze tecniche e nient’altro. Qualche vaga affinità di
sentim ento con Chopin si potrà trovare nel famoso N otturno, m a anche qui
non oltre la superfìcie. E quando per caso a M artucci accada veram ente di
prendere atteggiam enti chopiniani, ne vien fuori quella m anierata pagina
nel Tema con variazioni che per poco non guasta l’efïetto complessivo del
pezzo.
Se si vuol avere, per dir cosi, la chiave dell’essenza della m usica m ar-
tucciana, la sua am bientazione storica e locale, è vano cercarla presso i
grandi com positori d ’o ltr’alpe: bisogna rim anere in Italia. Con questo, Dio
ci guardi dal ricadere in una teoria nazionalista. Non esitiam o ad afferm are
che, se un m usicista per circostanze speciali si trova a respirare fin dalla
fanciullezza o da un altro qualsiasi m omento della sua vita il clima artistico
e spirituale di un altro paese da quello suo di origine, fino quasi a n a tu ra
lizzarsi artisticam ente in esso, e riesce pur cosi a fare opera geniale, in ciò
non v’è dal lato estetico nulla a ridire. E ciò può valere, crediam o, per qual
siasi arte. Nel campo della m usica sim ili casi non sono frequenti, ma tu t
tavia non m ancano: basti citare quello del fiorentino Culli che crea la prim a
vera opera in m usica di F rancia; e anche quello dell’altro fiorentino Cheru
bini, italiano solo a mezzo o a meno di mezzo: e tuttavia entram bi artisti
di prim o ordine. Ma per M artucci, di tale trasm igrazione spirituale non c’c
neppur l’om bra. Gà abbiam o parlato della sua vena di canto m eridionale;
e questa non è che u n ’indicazione generica che potrebbe anche portare a
— 59 —
l'alse interpretazioni, a fare cioè del M artucci una sorta di rapsodo della
canzonetta napoletana elegantem ente rivestita. Ma la verità è che l’intim a
anim a m eridionale non si esprim e affatto nella canzonetta napoletana che,
salvo qualche eccezione — e parliam o s’intende di quella del secolo scorso o
al più degli inizi di questo, quando ancora non era caduta in basso come
poi lino ai nostri giorni — è m anifestazione di ancor greggia popolarità,
non canto popolare nel puro senso; m a hensi in alcuni artisti autentici,
come Salvatore di Giacomo in poesia e, appunto, Giuseppe M artucci in
m usica.
E certam ente, se è legittim o un accostam ento fra due artisti di arte
diversa (e perché non lo sarebbe? non è orm ai da tu tti riconosciuto che l’arte
in fondo è una sola? eppure da tali accostam enti si rifugge come fossero
un controsenso) questo ci sem bra proprio il caso. C’è infatti, a ben guardare,
una reale affinità di sentim enti fra il M artucci di certe pagine liriche piani-
stche — e più ancora, vedremo, di quelle vocali — e il poeta dialettale napo
letano. Anche in m usica può esistere in sostanza un’espressione dialettale,
naturalm ente in senso particolare: quando cioè il canto sia scaturito dalla
n atura, dall’am biente, insom m a dall’anim a popolare di una data regione o
città, senza per questo restringersi al colore locale m aterialisticam ente in
teso, m a anzi (c’è bisogno di ripeterlo?) toccando le corde dell’universa
anim a. Cosi, per dare qualche esempio, è nell’intim o senso dialettale il Per-
golesi dell’aria Tre giorni son che Nina, e forse, più o meno, tutto il Per-
golesi (non napoletano di nascita, m a nello spirito si): e cosi pure il Pai-
siello di Nina pazza per amore e il Cim arosa di certe arie (talora anche su
testo dialettale), e non poche cose dei due Scarlatti. Venendo al nostro og
getto, dialettale si può dire il Martucci delle Serenate, e anche qua e là quello
degli Scherzi, della Giga ecc. (per non parlare della Tarantella dove il « dia
letto » m usicale è, come s’è visto, più greggio).
O ltre che al di Giacomo, per ragioni analoghe m a per sfum ature diverse
il M artucci può venire anche accostato al Verga, sebbene la sua m usica non
abbia nulla di veristico e di n arrativo; per quanto cioè c’è nello stesso Verga
di favoloso, di sognante e dolorosam ente nostalgico.
Ma tra i m usicisti del suo tempo egli rim ane, per siffatte caratteristiche,
unico: se mai bisogna risalire, per trovare qualche affinità di tem peram enti,
ai m usicisti dell’antica scuola napoletana nom inati sopra: ma naturalm ente
c’è uno sbalzo di stile e di form e di uno o due secoli.
T uttavia questi riferim enti ad uno spirito regionale non bastano a
caratterizzare l’opera del M artucci : bisogna inq u ad rarla in un movimento
più vasto, cioè nel generale m ovim ento spirituale di fine ottocento in E uropa
e specialm ente in Italia: e a questo scopo gioverà ancora sconfinare dal
campo della m usica in quello della letteratura. L ’insistere troppo sui rap
porti fra un a rtista e le tendenze della sua epoca sem brerà contrario ai
— 60 —
delle proporzioni, della m isura ( non inteso m aterialisticam ente come studio-
di evitare il troppo lungo o troppo corto, m a come spontanea astensione
dal superfluo). Lo stesso equilibrio è nell’arm onia, dove è perfetta fusione
di diatonico e crom atico: diatonism o perspicuo senza affettazione di sem
plicità prim itive, crom atism o ricco e m oderno senza morbosi contorcim enti.
Ma questo aver chiuso u n ’ispirazione, che in senso buono può dirsi di
rom anticism o crepuscolare, in form e classiche e classicheggiali ti, non giu
stificherebbe per M artucci l’appellativo di neoclassico, che indica sempre
una m aniera, una tendenza scolastica, nostalgia del passato che è anche un
po’ insufficienza creativa. In fondo la ricerca di contorni netti, di intarsi
m usicali, rispondeva a uno dei lati tipici dello spirito m artucciano: a quel
l’am ore dell’esattezza fino all’estremo, che si m anifestava som m am ente nel
suo gioco pianistico e con carattere non pedantesco, m a estetico, come
suprem o gusto di chiarezza e di arm onia.
Le caratteristiche che sin qui abbiam cercato di lum eggiare hanno
indotto alcuni critici, anche benevoli, a definire il M artucci un m usicista
della piccola pagina lirica, e quindi a considerare le composizioni pianistiche
come il meglio della sua opera. Ora questa opinione non ci soddisfa punto.
È ben vero che quelle composizioni basterebbero di per sé stesse a rivelare
un a rtista di prim o ordine: m a il bisogno di sconfinare dal breve pezzo
lirico alle form e più complesse di m usica da cam era e sinfoniche non è già
un vano sforzo verso la grandiosità form ale, m a u n ’intim a esigenza, tipica
dei rom antici classicisti come B rahm s e M artucci (diversa cioè dal procedi
m ento dei rom antici anteriori che am pliavano non di rado il loro lirism o
nella form a di sonata e anche in altre liberam ente e fantasticam ente com
plesse e, checché se ne dica, riuscivano anche là a stupende espressioni
d’arte), aspirazione cioè a superare il sogno lirico in un’afTermazione di
sanità, di forza, di consapevole arm onia spirituale, che se in B rahm s si m ani
festa talvolta anche nei pezzi pianistici, sfocia poi naturalm ente in altre
form e di più vaste proporzioni e sonorità, dove tu ttav ia il fondam entale
ansito lirico perm ane. In questo continuo oscillare fra il tenero torm entoso
lirism o e la potenza granitica, nella ricerca di equilibrio tra i due elementi^
sta forse il segreto dell’arte del Brahm s, che si sa bene quali capolavori
ne abbia tratti. Vedremo ora, in M artucci, una simile tendenza a quali risu l
tati artistici porti.
3.
Dopo aver dato i prim i saggi nella form a di sonata con l’op. 22 per
pianoforte e violino e l’op. 34 per pianoforte solo, il M artucci, non più che
ventiduenne, sviluppa già quella form a per pili vasto complesso strum entale
nel Q uintetto op. 45. Questo è un bel balzo avanti; non solo il m usicista vi
si dim ostra già sicuro nel tra tta re il sonoro complesso strum entale di pia
noforte e q u artetto d ’archi, m a vi infonde una luce poetica originale. Per
ciò che riguarda la fusione di sonorità tra i vari strum enti, i chiaroscuri
di colorito, l’equilibrio dinam ico insom m a, l’opera può dirsi senz’altro m agi
strale. Per la sostanza m usicale si deve invece fare qualche riserva. In
generale, la personalità del M artucci è tra quelle che si sviluppano in modo
norm ale e graduale; è bensì vero ch’essa si m atu ra precocemente, m a con
preparazione progressiva pur nella sua rapidità. Come num ero d ’opera,
quindi probabilm ente anche nell’ordine progressivo di composizione, il
Q uintetto sta fra la Tarantella e i prim i pezzi pianistici che abbiam o con
siderato veram ente poetici — gli Scherzi op. 53 — se pure fu ritoccato più
tardi. E anche come valore artistico, pensiam o che stia fra questi e quella:
come valore, diciamo, e non come genere d’ispirazione, per il quale il
Q uintetto sta tutto a sé, per la prim a volta m anifestando quel che di velato
e sognante tipico dell’anim a m artucciana, m a m anifestandolo in modo
ancora un po’ indefinito (indefinito nella form a artistica oltre che nel con
tenuto sentim entale), quasi come figura che appaia in una luce fioca.
Ma esam iniam o l’opera più da vicino. Sono q u attro tem pi di salda s tru t
tu ra: «A llegro g iusto», «A ndante con m oto», «S cherzo», « F in a le » . Nel
primo notiam o e am m iriam o l’inizio, dove le arm onie somm esse e dolcissime
degli archi sono sottolineate da tenui m a espressivi incisi del pianoforte;
poi, nell’episodio di transizione al secondo tem a (episodio che in linguaggio
tecnico si usa chiam are « p o n te » ) le parti si invertono: il pianoforte ha
funzione di sfondo arm onico a base di arpeggi e di disegni svariati, gli
archi espongono un nuovo inciso, forse il più im portante e insistente del
primo tempo. 11 tutto in un’atm osfera vaga, e insieme densa di presenti-
m enti suggestivi che sem brano preparare un’afferm azione melodica più
concreta: la quale infatti giunge col secondo tem a, in mi maggiore (la
tonalità fondam entale del pezzo è di do maggiore) che però è pili debole
per.quel suo tono effusivo si, m a di un popolarism o un po’ facile (rispetto
al M artucci, s’intende) ancorché abbia una certa ampiezza di linee che si
presta poi a sviluppi ricchi di colori e arm onie.
Quando si è detto questo, forse si è accennato al pregio ed al difetto
generale del Quintetto, che è geniale negli episodi vaghi e delicati, talvolta
anche in quelli vigorosi tra tti dagli stessi incisi degli altri (per esempio, nel
prim o tempo, il brano che precede la ripresa) m a cede un po’ ove tende a
pili concreta e complessa sostanza tem atica.
L ’« A ndante » com incia ancli’esso con u n ’atm osfera vaga e un senso
di attesa che si risolve poi in un canto spiegato del violoncello in do m ag
giore, svolgentesi e concludentesi con nobiltà. Poi si ha un incalzare di mo
vimento e un crescendo di sonorità, che porta, nel « pili mosso » e nel
molto meno mosso », a bei m om enti dram m atici, dopo di che la prim a parte
si ripete con le varianti tonali di rito perché il pezzo si chiuda sulla tonica.
Lo «S cherzo» è vivo e agile, come un lieve m a fresco zam pillo: si
distingue dagli altri scherzi m artucciani per il ritm o che non è, conforme
alla più classica tradizione, di 3/4, ma di ß/8, e anche per la form a piuttosto
insolita, senza un vero e proprio « trio », il che nel tem po anteriore si trova
solo in rari casi, per es. in qualche « scherzo » m endelssohniano. Anche
qui episodi delicati s’alternano ad altri vigorosi, in un sapiente gioco di
luci e di om bre: e le arm onie e sonorità strum entali sono varie e piene.
E anche qui gli incisi e i disegni valgono di più dei brani cantabili, come
si vede sin dal principio, dove il rapido ed efficace motivo pianistico è seguito
da una melodia (sem pre di ritm o vivace, m a pu r melodia) della viola un po’
più squallida. L’episodio per soli archi (salvo poche battu te col pianoforte)
che precede la chiusa, e dove appunto quella melodia viene am m orbidita
e stem perala in un movim ento piuttosto lento, e in arm onie suggestive, è
una parentesi lirica attraen te m a alquanto languida. La conclusione invece
ci rip o rta al senso di grazia e di brio dell’inizio.
Il « F in a le » è, in complesso, il tem po piu debole: diciam o sin d’ora
che quest’osservazione vale in genere per le composizioni del M artucci in
form a sonata (e, si potrebbe aggiungere, non del M artucci solamente). Del
resto anche questo tem po rivela la m ano del m usicista esperto e si salva
dal vieto m ediante la vigoria ritm ica e la ricchezza degli sviluppi. Alla fine
poi quel richiam o all’inizio del prim o tem po, benché risponda a un proce
dim ento un po’ convenzionale, risolleva lo spirito del pezzo.
Cerchiamo ora di chiarire meglio in ehe cosa consista, che cosa signi
fichi artisticam ente quella sorta di incorporeità tem atica che abbiam o rile
vato da principio nell’analisi del Q uintetto c che impedisce di porre que-
- (Ì4 —
s t’opera tra le m aggiori del Nostro. Non si tra tta certo di un difetto conge
nito dell’Autore, ciò che già è dim ostrato dalle sue migliori composizioni pia
nistiche: e neppure esprim e u n ’insufficienza del suo tem peram ento a effon
dersi pienam ente in queste form e vaste, come presto vedremo. Significa
sem plicem ente che il suo m ondo interiore non è ancora del tutto sbocciato;
esiste già, come si è detto, con contorni indefiniti, in penom bra, non in
piena luce: nel colorito d’insiem e e in spunti vaghi, non negli elem enti pili
concreti che sono i temi m usicali. La parola « m acchia », che servi a certi
pensatori per indicare il prim o abbozzo d ’una ispirazione artistica, si può
usare anche per il prim o germ inare di una personalità, ancor per cosi dire
allo stato di crisalide se non di larva. Ma, pur con questa lim itazione e
tenuto conto delle parti m eno riuscite, il Quintetto è già u n ’opera d’arte, non
un tentativo: perché dallo stesso carattere suddetto spira un’aura poetica
fine e delicata, come di un m ondo irreale in cui su di uno sfondo di cre
puscolo appaiano om bre d’individui — om bre m usicali, s’intende — ora
moventisi pianam ente, ora, come nello Scherzo, lievemente guizzanti.
Con la Sonata per pianoforte c violoncello op. 52 in fa diesis m inore,
entriam o in u n ’altro m ondo: qui, al posto di vaga indeterm inatezza, tro
viamo una sana vigoria, un fraseggiare am pio e vibrato, sempre però tem
perato da quell’am ore del chiaroscuro che è in tu tta l’opera m artucciana.
Abbiamo detto che questa Sonata era com piuta nel 1880: possiamo ora
dire che è la prim a composizione che dia la m isura della potenza artistica
dell’Autore, e per di piu in certo modo precorre il suo sviluppo spirituale
ulteriore, in quanto tende a uscire dalle penom bre trasognate ad un m ondo
di piena luce: diciam o « ten d e» , perché in fondo la penombra c’è sempre,
non però tale da im pedire che lo spirito si m anifesti ed espanda con un senso
di forza degno di esser chiam ato — per la sua eccellenza — brahm siano.
E veram ente, se ci dicessero che questa sonata (e ciò vale anche per altre
composizioni del M artucci di questo periodo) fosse stata composta dieci o
più anni dopo di quando in realtà lo fu, noi con tu tta facilità ci crederem m o.
Anche perché qui M artucci è già assolutam ente padrone della form a di
sonata; padrone nel senso espressivo, in (pianto senza incertezza compone
i singoli m om enti lirici in u n ’ampiezza discorsiva e in una complessità
di stru ttu ra veram ente sorprendenti, sm entendo sin da qui l’opinione che
gli contesta capacità di creazioni di vasto respiro. Non già che, a rigore di
term ini, u n ’a rtista diventi più grande perché componga un’opera di vaste
proporzioni : m a il superam ento c’è realm ente quando implichi un a rric
chim ento di vita spirituale: c d ’altra parte vi è un intimo squilibrio quando
all’ampiezza di s tru ttu ra non corrisponda adeguata fusione dei m omenti
lirici, quando questi restino cioè come slegati e dispersi. Ora, in questa
Sonata c’è una sorta di arricchim ento anticipato, formale e spirituale, ri
spetto ai pezzi per solo pianoforte venuti poi; benché anch’essi siano nel
— 60
lità. Poi, un brano di transizione denso di arm onie e m odulazioni crom a
tiche, e di un senso chiaroscurale con u n ’ansiosa ricerca di luce, conduce
al secondo tem a in re m aggiore: una vera a p ertu ra di cielo, un tratto di
genio, un fiore melodico della piu pura essenza.
V. esempio 6 a pag. 65.
Né la melodia si ferm a qui: la sua stessa ampiezza ci impedisce di
riprodurla integralm ente. Tale frase, dopo che s’è com piuta nel violoncello,
passa al pianoforte, m entre il violoncello continua il suo fraseggio in una
specie di controcanto: un «crescendo » conduce a un episodio pieno di slan
cio e calore ove riappare vagam ente l’inciso ritm ico iniziale: poi la sonorità
gradualm ente si sm orza e l’esposizione conclude in re m aggiore con un pili
esplicito richiam o all’inciso iniziale capovolto, che orm ai nelle tra m u ta
zioni ha perso interam ente l’enfasi originaria. Lo sviluppo comincia m iste
rioso, poi diviene pili concitato e dram m atico. Qualche lieve laboriosità
arm onica non ne tu rb a la complessiva bellezza; e quando riappare nel
pianoforte, nel tono abbastanza peregrino di fa maggiore, il secondo tem a,
tutto s’illum ina m a di luce diversa dalla prim a volta: cioè come luce ve
spertina colorata di nuove sfum ature nelle arm onie pianistiche. Il prim o
tema invece riporta a galla quella nota un po’ enfatica dell’inizio. La ripresa
ripete l’esposizione con le solite varianti tonali, e insiem e chiarificandola
nell’episodio di transizione fra i due tem i che generalm ente, nelle riprese,
è il piu scabroso. Foi vi è una poetica chiusa con ritorno al modo m inore
e con atm osfera stanca e serotina : si finisce perciò in una squisita penom
bra, con quegli accordi discendenti del pianoforte in moto contrario col
violoncello. Peccato che l’accordo finale « fortissim o » sia — cosi alm eno
ci sem bra — un po’ fuori luogo.
Segue lo Scherzo, pur esso d ’ispirazione viva, m eno complessa e pro
fonda che nel prim o tem po ma in compenso senza la p u r m inim a disegua
glianza. Qui è già senz’altro il M artucci degli Scherzi per pianoforte op. 53.
Egli risolve dunque felicem ente il problem a stilistico insito al genere di
sonala componendo, dopo il prim o tem po, pezzi — tolto il finale — di
forma consona al suo tem peram ento, che tra tta con uguale sapienza anche
isolatam ente. Resta il problem a di concepire i singoli tem pi in arm oniosa
unità tra loro: e anche questo gli riesce in complesso m irabilm ente, sia
nella presente composizione che in quelle di analoga form a che vedrem o
in seguito. Qui, l’unità è raggiunta più che altro per contrasto; dopo la
complessità m editativa c lirica del prim o tem po, lo « Scherzo » è come
una pausa riposante, di una soave giocosità che rie n tra in quella espres
sione che abbiam o detto m etaforicam ente dialettale. Dopo il prim o motivo
saltellante, l’arte del compositore si effonde in giochi vari che si succedono
con perfetta coerenza, quasi sem pre basati sul motivo stesso, che vien poi
ripetuto legato e a piena voce dal violoncello nella conclusione. L’arpeggio
— fi7 —
finale di tonica del pianoforte — prim a del Trio — si ferm a sulla terza:
conclusione assai cara al M artucci, e caratteristica nel suo stile per la
sognante dolcezza. Il Trio è pure graziosissim o, con lunghi pedali a ino’ di
m usetta ossia piva napoletana; ed ha singolare rassom iglianza ritm ica con
quello dello Scherzo per pianoforte op. 53 n. 1 : una certa parentela espres
siva c’è anzi tra i due Scherzi nel loro complesso. Alla fine del Trio il piano
forte fa sentire, legate e con arm onia di settim a dim inuita, le prim e note
dello Scherzo, che poi si ripete sem plicem ente senza coda. La bellezza di
questo tempo nel suo insiem e sta, al solito, in quel fondo di vaga « rêverie »
che è nella giocosità stessa; e che m usicalm ente è reso so p rattu tto da arm o
nie ricche e geniali.
Il meglio di questa Sonata è nei due tem pi già visti. Il terzo è un Inter
mezzo breve, in tempo di Andantino flebile, d ’ispirazione m elodica piuttosto
com une; la cosa più felice di esso è quell’arpeggio conclusivo del pianoforte
che preannuncia sottovoce e in m ovim ento lento quello che sarà poi il vigo
roso e vivace prim o tem a del Finale. Il qual Finale, se non è all’altezza dei
prim i due tempi, è però assai più in su del terzo, e in certo modo si ricollega
al prim o per la complessa s tru ttu ra e l’espressione concentrata, qui ancor
più concitata e dram m atica. Manca quella profondità che è nelle p arti m i
gliori del prim o tem po; viceversa vi si nota accentuato il difetto visibile
solo qua e là in quello, cioè una certa involuzione di arm onie e di sviluppi.
Anche qui vi sono due tem i fondam entali (la form a sta tra quella trip a r
tita di prim o tem po e quella di Rondò alternante refrain ed episodi inter
m edi): il prim o è robusto, il secondo dolce e am piam ente melodioso, non
senza qualche parentela col corrispondente del prim o tem po (anche la tona
lità è la stessa) m a senza la luce sovrum ana di quello. Nel complesso que
sto finale ha una bella vigoria, e adempie, per cosi dire, alla funzione archi-
tettonica di dare alla Sonata un secondo sostegno laterale robusto di contro
ai brani interm edi più lievi, come nella facciata di un artistico edificio; oltre
che ribadisce l’unità d’insiem e della composizione concludendola nella stessa
atm osfera poetica dell’inizio.
Il Trio per pianoforte, violino e violoncello op. 59 in do maggiore, certo
già com piuto nel 1882, è fra le composizioni da cam era del M artucci quella
che più ha avuto diffusione. Ciò è dovuto probabilm ente alla particolare
scorrevolezza e com unicabilità dei tem i, oltre che al notevole rilievo dato
agli effetti dei singoli strum enti, effetti non m eram ente virtuosistici ma
so p rattu tto coloristici o, come ora si usa dire, « tim brici ». Certo, questo Trio
è opera personalissim a, di quelle che dànno come l’im pronta tipica di un
artista, quando anche non ne esprim ano la spiritualità più alta. Q uanto al
genere d’ispirazione, qui abbiamo, rispetto alla Sonata per cello, un ritorno
al gusto dell’indefinito; indefinito che però non si m anifesta in contorni
sfum ati dei tem i come nel Quintetto, m a è tu tto nell’intrinseco. I tem i, anzi.
68 —
sono bene individuati e talora sin troppo rilevati o spiegati. Persino il prim o
teina del 1° tempo, pu r cosi tipicam ente m artucciano, non m anca forse di
una certa am pollosità; m a è solo questione di poche b a ttu te : le frasi con
seguenti dello stesso tem a, che è assai lungo, già sono pili p u re: e poi, col
brano di transizione o « ponte », l’ispirazione si interiorizza e nobilita sem
pre più, creando episodi assai poetici. L’onda arm oniosa degli arpeggi pia
nistici è di per sé pregna di intim ità suggestiva; e ad essa si sovrappone
un dialogo tra violino e violoncello, tu tto dolcezza sognante e affettuosa,
dove i due strum enti svolgono melodie indipendenti m a cosi intim am ente
com penetrate, d ie p arlar di contrappunto parrebbe quasi im proprietà:
eppure che cosa significa in fondo contrappunto, se non arm onica fusione
di due o pili canti ben distinti, non im porta se sim ili o differenti fra di loro?
Questa duplice onda m elodiosa dura in in terro tta sino al term ine dell’espo
sizione, con sonorità variabile sino al forte m a senza crescendo di concita
zione, ché l’espressione resta sem pre in sostanza sullo stesso piano di velata
dolcezza e nell’am biente di penom bra spirituale, ancor come al di qua della
vita reale — il che però non significa debolezza di senso d ’um anità o egoi
stica ricerca di paradisi sensuali o sentim entali, ché anzi già nel sogno del
Martucci (questo è uno dei caratteri piu notevoli della sua arte) spira un
senso di schietta e intim a bontà. Ma certo che a questa parte del Trio si
potrebbero applicare due versi della Canzone dei ricordi:
a ll’elaborazione tem atica, che abbiam lasciato per ultim a, si deve dire senz’al
tro che essa è la pili debole, proprio per la nuova idea melodica in mi bemolle
m aggiore che vi appare, in sé stessa am pollosa e per di pili sovrapposta al
prim o tem a aum entato nei valori, con procedim ento alquanto artificioso,
caso non unico nel M artucci (e già l’abbiaiuo visto nella variazione « alla
Chopin » dell’op. 58); né l’atm osfera è purificata dai brani successivi dove i
due temi sono ritm icam ente alterati in vario modo, con un crescendo con
citato m a farraginoso e non m eno farraginoso sovrapporsi di modulazioni.
L ’enfasi rim ane anche nella ripresa del prim o tem a in « fortissim o ». Solo
alla sua cadenza risolutiva, appena prim a della m odulazione in la bemolle
maggiore, si to rna a respirare la pura a ria m artucciana.
Nello Scherzo ritroviam o il brio che non m anca quasi m ai al M artucci
in questo genere. La form a è, al solito, regolarissim a. Il pezzo è special-
m ente notevole per vitalità ritm ica, ricchezza arm onica e sapienza di chiaro
scuri, con qua e là come un am m iccare di cenni scherzosi fra i tre s tru
m enti sem pre arm oniosam ente fusi. 11 « T rio » in « m aggiore » è di una
dolcezza cullante e arcana; il sapore di « p iv a» napoletana è ancor più sen
sibile che nel Trio dello Scherzo della Sonata per cello. Su di un lungo pedale
del pianoforte i due strum enti ad arco con sordina svolgono un contrappunto
doppio cioè invertibile e invertito all’ottava: poi il pianoforte partecipa
a n e h ’esso al discorso melodico c contrappuntistico. L ’ispirazione indefinita
qui si ricollega alle p arti più poetiche del prim o tem po. Più bella ancora è,
dopo la ripresa integrale della prim a parte, la coda in « m aggiore » dove
l’autore coglie genialm ente il punto di fusione fra le due p arti del tem po
(,scherzo vero e proprio e trio) e ne fa una sintesi breve m a riboccante di
lum inosa poesia, vivace e intim a ad un tem po.
(ìli altri due tem pi sono m inori. Non clic m anchino di originalità; ma
è originalità m eno nobile, m eno poetica. Cosi, nell'A ndante, la m elodia del
violoncello, nonostante l’am pio fraseggiare, non ha la sem plicità toccante
dei più puri cantabili m artucciani, il che nuoce a tu tto il tem po, del resto
sem pre ben costruito. Il Finale è a nostro avviso preferibile all 'Andante;
pieno di brio e di energia, ricchissim o di vena melodica e di frizzanti episodi
giocosi; il tu tto m agistralm ente elaborato e per poco non trasfigurato in
poesia. Verso la chiusa son passati in rassegna i tem i principali dei tre
tem pi precedenti, con procedim ento alquanto convenzionale, m odellato sul
finale della IX Sinfonia di Beethoven. E la chiusa im petuosa contribuisce
forse notevolm ente alla popolarità di tu tto il Trio, opera in complesso ben
degna di questa popolarità. Cosi fossero della stessa levatura tutte le opere
che si esaltano come popolari!
Il secondo ed ultim o Trio, in mi bemolle maggiore, op. 62, è opera di
piena m atu rità. Sebbene esso sia stato composto poco dopo il prim o —
l’autografo porta la data del 1883 — idealm ente è a notevole distanza da
5
— 70 —
quello e, nel complesso, superiore. E ppure non viene quasi m ai eseguito nella
stessa Italia, il che prova q u an ta strad a abbia da fare il gusto m usicale per
arrivare ad una certa sicurezza di discernim ento.
Quell’am ore quasi esclusivo dell’indefinito, delle sonorità evanescenti,
che notavam o nel Q uintetto e, con diverso carattere, nel prim o Trio, e che
talora anche pregiudicava alla limpidezza dell’espressione poetica, è qui
nettam ente superato; un gusto di indefinito qua e là rim ane, ma infrenato
e composto in un concepim ento artistico più severo e insieme pili vario.
Se stiam o ai num eri d ’opera (qui unico punto di riferim ento cronologico
possibile) cosa c’è di mezzo, di composizioni di prim o concepimento, fra i
due Trii? Soltanto pezzi pianistici: sei pezzi op. 60 col titolo di Foglie sporse,
poco interessanti; e i tre pezzi dell’op. 61, di cui soltanto la (Ugo è vera
m ente geniale, anzi un capolavoro. Ora, appunto la Giga può indicare il
passaggio a u n ’aura m usicale più lum inosa, dopo il ripiegam ento nell’in
definitezza che si nota nelle composizioni posteriori alla Sonata per cello-
Questa m aggior chiarezza di tinte non toglie però che si m anifesti sem pre
un’anim a sognante (sognante in senso stretto della parola, giacché, da un
punto di vista più ampio, tu tta l’arte è sogno): in fatti, tale anim a si m a
nifesta già nel prim o tem po del secondo Trio, la cui melodia principale, sia
per la tonalità che per il ritm o ternario e per l’atm osfera d ’insieme, richia
ma quella del Tema con variazioni op. 56. T uttavia sentiam o chiaram ente
che il sogno ha assunto altra concretezza e idealità, direm m o quasi che è
divenuto cosciente, come la m alinconia è più sana e l’espressione più con
cisa e più m aschia anche nelle p arti velate e m isteriose.
Il prim o tem a è esposto per intero dal solo pianoforte:
Esempio 7
A lle g r o ( j; io o )
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— 71 —
Ora ci troviam o dinanzi a una serie di tre pezzi, più che dim enticati,
ignorati dalla grande m aggioranza dei m usicisti e dei critici: quelli per
violino e pianoforte op. 67. Molto m ale che siano cosi trascu rati, perché i
prim i due sono veri gioielli. Abbiamo qui un nuovo aspetto dell’ispirazione
m artucciana : una discorsività che può dirsi n arrativ a — anche nella m u
sica senza paiole può esservi il tono narrativo — , un soave favoleggiare, un
m irabile dialogare perpetuo fra i due strum enti : caratteri che danno a
questi pezzi un posto assolutam ente a sé nell’insiem e dell’opera del Mae
stro. La loro form a, come pure quella del terzo, è nettam ente trip a rtita ,
ma quasi non la si avverte tanto le parti si succedono spontaneam ente.
11 prim o pezzo, A ndantino in mi maggiore, c il pili lim pido tra i due
gioielli, con quelle scale discendenti che scorrono come acqua di ruscello:
il tu tto è ancora avvolto da un velo di sogno, ma il velo sem bra farsi sem
pre più tenue, la luce pili lim pida nello spirito dell’artista, con l’andare
degli anni e lo sviluppo dell’attività creativa. 11 ritorno della melodia ini
ziale dopo la parte centrale (che qui, a differenza degli altri due pezzi, non
è form ata da un nuovo episodio melodico m a da uno sviluppo del prece
dente), con arm onie ancor pili piene che però ne lasciano in ta tta la scorre
volezza e trasparenza, è di per sé un capolavoro.
Il secondo pezzo è di un colorito un po’ più cupo. Dopo una prim a fase
del violino che ricorda vagam ente lo Schum ann del delizioso Vogel als
Prophet, il linguaggio diviene anche qui decisam ente personale, sem ischer
zoso m a a fondo triste e di soave discorsività. Non m anca qualche richiam o,
forse involontario, alla m elodia a terze discendenti delPA /u/antino: il che
non fa che rendere più tangibile l’intim a unità clic lega i pezzi di questa
serie, sebbene essi non siano indissolubili. Nella parte centrale la bella
nuova melodia in la bemolle maggiore (la tonalità generale del pezzo è sol
diesis m inore) è di pili am pio e lum inoso sfogo lirico; poi, dopo un reci
tativo di transizione del violino un po’ enfatico (l’unica m enda del pezzo)
si ripete la prim a parte, con in più una « c o d a » bellissim a che accentua
il colorito mesto del pezzo, suggellandolo con un richiam o allo spunto schu-
m anniano dell’inizio. Il terzo pezzo è il meno felice: un Allegro appassio
nato che chiude la serie in modo decoroso ma non tocca la vera bellezza.
La tripartizione è ancor più netta che negli altri due. La prim a parte e la sua
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T u tt’altro carattere hanno i tre pezzi per violoncello e pianoforte op. 09,
anzi si può dire che essi form ano l’antitesi vivente di quelli per violino. Là
è tutto limpidezza scorrevole e soffusa di m alinconia; qui dom ina un’espres
sione torm entosa, un ardore struggente eppur m editativo e concentrato, una
grande com plessità arm onica e contrappuntistica con prevalenza di crom a
tism i: tu tto un insieme che piu che ogni a ltra opera del M artucci risente del
l’influenza di W agner, senza che per questo venga m eno la personalità del
l’Autore, il quale aveva per questi pezzi una speciale predilezione. La form a
è anche qui sem pre trip a rtita , m a nella parte di ripresa vi sono varianti
maggiori del solito. Il lavoro tem atico è più che m ai profondo, minuzioso,
irto, se si vuole anche un no’ eccessivo: e ciò costituisce un difetto che i
pezzi per violino non hanno, com pensato però da u n ’ispirazione che, nelle
pagine di più piena espressione, scava in profondità ancor maggiori. In
complesso questo gruppo rappresenta nell’opera m artucciana un altro
aspetto singolare, di cui ragione non ultim a è la calda sonorità e potenzia
lità espressiva del violoncello che, come già si è detto, M artucci senti p a rti
colarmente, e qui sviluppò fino all’estrem o, anche talora fino all’esasperato.
È pur degno di considerazione, nel nostro m usicista, questo apparire quasi
in ogni opera o gruppo di opere in figura nuova (nuova non solo come deve
esserlo ogni opera d’arte, m a come tendenza in senso più generico, quasi
come diversa faccia d ’un prism a lum inoso): ed è u n ’a ltra prova della ric
chezza ancora insospettata della sua arte.
Anche in questa serie di pezzi i più belli sono i prim i due. Nel prim o.
Moderato in mi m inore, la melodia del violoncello com incia con un salto
di sesta ascendente un po’ tristaneggiante, m a poi sbocca in una discorsi
vità originale e di ampio respiro, dapprim a di espressione torm entata e
piuttosto cupa, poi rischiarantesi in una bella m odulazione in sol maggiore,
poi di colorito alterno. Lo sviluppo della melodia è lunghissim o, come un
intrecciarsi di curve a spirale che sem brano non più finire, e sem pre avvolto
da dense arm onie ed arpeggi e disegni vari del pianoforte. Se anche qua e
là vi può essere qualche cosa di involuto, è m enda non essenziale, e ben scu
sabile in ta n ta dovizia di ispirazione. La parte centrale, in do maggiore,
comincia con colorito più sereno, ed è bellissim a. Il disegno pianistico in
terzine è una trasform azione della m elodia d’inizio. Qui il pianoforte ha
parte predom inante: il violoncello com m enta con suoni lunghi e contro
canti nella regione grave. Ma poi m an m ano l’espressione diviene di nuovo
torm entosa e, dopo qualche alternativa di ansietà e rischiaram ento, rag
giunge l’esasperazione poco prim a della rip resa; in questo punto solam ente,
il w agnerism o opprim e lo spirito dell’a rtista e ne appesantisce l’espansione
lirica. Ma la ripresa riconduce lien presto alla schietta dolcezza iniziale,
arricchita dall’episodio tinaie in mi m aggiore dove lo sviluppo corrispon
dente della prim a parte è dim enticato e il violoncello si effonde liberam ente
(pur sem pre sullo spunto tem atico fondam entale) in una m elodiosità pa
stosa e calda e chiude in un senso di bellezza serenante, col solito tipico di
segno dell’accordo m aggiore che si ferm a sulla terza.
Il secondo pezzo. A ndante in si bemolle m aggiore, forse m erita la pal
ma fra i tre : ma non si può scegliere decisam ente fra il prim o e questo.
L ’Autore lo trascrisse più tardi per orchestra (con assolo del prim o violon
cello se non proprio con violoncello solista): e ciò può forse indicare che
egli lo ebbe come preferito tra i preferiti. Com unque, è certo u n a delle sue
ispirazioni pili profonde. Esprim e ancora u n ’attitudine sognante, m a di un
sogno di particolare intensità emotiva, che tende cioè a uscire dalla solitu
dine fantasiosa per aprirsi ad uno slancio d ’alfetto verso l’um anità vivente,
ma tuttavia sem bra non trovare sfogo appagante, e ripiegarsi alla fine in
una soave m a angosciosa stanchezza. Nella form a trip a rtita , la prim a parte
è la pii) lim pida, affatto scevra dalle tortuosità qua e là notate nella parte
corrispondente del prim o pezzo; se m ai qui la m elodia del violoncello, pur
essa di assai am pio sviluppo, pecca verso la fine di eccessivo sfogo, che
stride alquanto con la vereconda espressione dell’insiem e (verecondia che
è condizione di ogni poesia autentica); m a ciò è solo cosa di un m om ento.
La p arte centrale è più involuta, con quei disegni di terzine del pianoforte
che form ano una fittissim a tram a, all’inizio assai vaga e delicata, poi m an
m ano più com plicata e di arm onie un po’ affatturate che poi nella terza
parte form ano nel violoncello un contrappunto alla m elodia principale, pas
sata al pianoforte; processo di giustapposizione usato dal M artucci anche
altrove, qui m agistralm ente riuscito, senza cioè che la sua a rd u ità com
prom etta la spontaneità dell’ispirazione. La melodia, qui alquanto abbre
viata, finisce in una sospirosa cadenza dove il cello ribadisce a pili riprese
quella conclusione sulla terza che abbiam o visto anche nel prim o pezzo
come coronam ento dell’ultim o accordo, m a che qui è parte integrante della
melodia. E in entram bi i casi, come pure altrove, tale genere di chiusa caro
all’autore ha un che di veram ente catartico. Il terzo pezzo anche di questa
serie è meno felice, sebbene nella sua baldanzosa e ad un tem po dram m a
tica irruenza chiuda la triade in modo travolgente. Nella parte centrale i
torm entosi crom atism i sem bra che raggiungano il m assim o, ma invece
— 78 —
sono superati in densità dalla chiusa del pezzo, chiusa di involuta passio
nalità, che prolunga più del solito l’episodio di ripresa, e dove il w agnerisino
prende il sopravvento.
Passando dalla m usica strum entale da cam era del M ariucci a quella
che egli compose ad una voce con com m ento pianistico o orchestrale, non
si tu rb a m olto l’ordine cronologico. Infatti, sebbene le date di composizione
di tali opere sian note solo approssim ativam ente, sappiam o alm eno che fu
rono in buona parte composte nel periodo bolognese, quando abbiam visto
che quelle da cam era per strum enti erano orm ai sul finire.
Dopo la giovanile poco notevole rom anza su poesia di Silvio Pellico
Alm a gentile e le due sui Sogni di Corrado Ricci, M artucci venne di nuovo
a questo genere avendo già raggiunto m atu rità di stile: le Pagine sparse su
poesie di Corrado Ricci form anti l’op. 68 furono pubblicate nel 1888: la
Canzone dei ìicordi non porta num ero d’opera né data di pubblicazione; sap
piamo tu ttav ia che l’Autore vi aveva dato m ano sin dal 1886, e, date le pro
porzioni dell’opera, è a credere che la sua finitura abbia richiesto un certo
tempo, specie nella trascrizione orchestrale che non si sa quando sia stata
iniziata. Ma, quanto al punto di svolgimento ideale che queste composizioni
rispecchiano, bisogna dire che, rispetto a ciò che finora abbiam visto pro
filarsi in complesso con continuità, qui si va a ritroso, ossia c’è un ritorno
al M artucci più crepuscolare; anzi tale accento qui raggiunge un grado
quale mai si nota nella sua opera né prim a né dopo. Sono m om enti lirici di
anim a stanca, con m alinconia come di foglie appassite, voci di esistenze
isolate dal m ondo concretam ente um ano e spirituale, chiuse nei recessi di
solitudine sentim entale dove non è altro che vago ram m em orare, sfinimento
di sogno, languori che fanno pensare un po’ al dannunziano Poema paradi
siaco. È difficile spiegare come le Pagine sparse s’inseriscano (ché tale è
l’ordine di pubblicazione) fra la serie dei pezzi per violino e quella per vio
loncello: né ci verrebbe la m alinconica idea di andare in cerca di motivi
biografìco-psicologici contrari alla critica rigorosa, quand’anche avessimo
una debole traccia — e non l’abbiam o — che potesse guidarci per quella via.
Certo è che, in esse come nella Canzone dei ricordi, lo spirito del M ar
tucci si è ripiegato su se stesso, in posizioni prim a superate. Resta ora a ve-
- SI
dere come tale ripiegam ento si traduca in arte, se cioè giunga o no a libe
rarsi nella form a.
Finora abbiam o avuto dinanzi un M artucci puram ente strum entale:
il pili generalm ente noto, per quel poco che è noto. Il prim o nuovo interesse
che ci è dato da questi canti è di farci vedere come egli riesca a risolvere
il problem a di unire musica e parola. Da questo lato il giudizio non può
essere dubbio: la fusione fra i due elem enti è p erfetta; il M artucci si com
porta come un già esperto compositore di lirica vocale. Se non ha dietro di
sé u n ’esperienza propria in questo campo, è come se l’esperienza del pas
sato m usicale italiano lo sostenesse. Diciamo passato, perché ai suoi tempi
esisteva bensì in Italia quel po’ po’ di m usica vocale che sappiam o, ma la
parte viva di essa era quasi esclusivam ente nel teatro: la lirica da cam era
e ra negletta poco meno di quella strum entale. Anche qui dunque, M artucci
risveglia un genere da tem po assopito in Italia: e lo risveglia in modo assai
originale. Sem pre senza modelli fra i m usicisti quanto a intim e tendenze
spirituali, egli si collega particolarm ente, in queste romanze, alla poesia
crepuscolare dell’ultim o ottocento, e rende perfettam ente in m usica un
analogo contenuto sentim entale. Ma rendere un contenuto sentim entale non
è ancora, rigorosam ente parlando, liberarlo in a rte : resta dunque da ri
spondere al quesito estetico fondam entale. Ora, la prim a im pressione che
si riceve da queste pagine sparse, foglie cadenti del sentim ento, è che vi sia
un che di lievemente morboso. Ma tale im pressione, se anche non viene in
seguito totalm ente superata, lo è alm eno a tra tti, perché la finezza di tocchi
arm onici, di disegni vocali e pianistici che è in tu tte queste pagine, non di
rado si trasfigura in una dolcezza che è certam ente poesia. Pili precisam en
te, anzi, si può dire che un soffio poetico spiri dovunque, m a di poesia un
po’ m alata che qua e là si purifica, liberandosi da quel senso di grigia de
pressione che vi è in generale diffuso. L’A utore m ostrò in u n a occasione di
dare la preferenza alla prim a rom anza del gruppo, e anche a noi essa sembra
la migliore. Dice il testo:
Si noti come il tono piuttosto tetro del si m inore iniziale tenda per un
m om ento a schiarirsi, sulle parole « Q uanti dolci sospiri » ecc., in una dolce
m odulazione al relativo m aggiore; e più sotto, dove i versi evocano un pas
sa re di stelle in cielo, il disegno melodico diventa apparentem ente descrit
tivo — con quel lento scendere di note di ugual valore — m a è in realtà una
evocazione puram ente m usicale, e assai bella:
Esem pio 9
( L e n t a m e n t e [Jssa])
Canto f - r £
^ P assali le stel-le in ciel, pas-sa la vi-ta e
Pianoforte ecc.
(Ediz. Kistner)
e le ultim e battute, sul verso « Passa la vita e passano le stelle », con quella
modulazione in sol maggiore, di grande finezza arm onica e vaghissim a di
soave m alinconia, ma breve come un raggio clic tosto dispaia, traducono'
perfettam ente e poeticam ente quello sm arrim ento di anim a stanca sem pre
rim asta estranea alle gioie della vita e dell’amore.
La seconda rom anza « Vengo quando nel ciel cala la luna » ha com e
un’andatura leggiera di serenata napoletana che quasi nasconde il fondo
triste. La terza invece:
torna decisam ente al colorito triste della prim a, a piu tetro anzi; m a anche
qui le battute di chiusa, con la tem poranea m odulazione in do m aggiore,
hanno un’espressione in certo modo liberatrice, evocante la desolata assenza
di passione e di dolore in un arido m onastero.
« Forse rito rn a ancora » esprim e lo straziante incubo di chi ha visto
lentamente m orire una persona cara e pure h a in certo modo l’im pressione
ch’essa viva ancora e debba da un m om ento all’altro ritornare. La frase
iniziale — rip etu ta alla fine — con quel singolare giro arm onico (dalla
dom inante di si maggiore a quella di sol diesis m inore, poi da capo alla pri
ma, con un seguito di dissonanze senza risoluzione) rende efficacemente il
senso tragico della vana e assurda attesa. Ma è sem pre una tragicità assorta,
come trasognata, allucinata. Nel centro, non m ancano divagazioni un po’
involute.
Nelle ultim e due il tono diviene pili sereno; siamo sem pre confinati in
una regione dove la vera vita non penetra, m a che qui è chiarificata da un
soffio di calore e sognante spensieratezza giovanile. La penultim a: « Amor,
che fai la vita lusinghiera », attrae specialm ente per i vaghi arpeggi del
pianoforte avvolgenti il canto: l’ultim a «V orrei teco m ontare su quel leg
giadro colle», per lo slancio del canto, dove è u n.m isto di aspirazione alle
altezze m ontanine e di stanca volontà di solitudine. Q uest’ultim o senso c, in
sostanza, quello che prevale, e che dà unità all'insiem e di queste Pagine
sparse.
soave trem olare: ma non poco contribuiscono ad essa i dolci tocchi dei flauti
e clarinetti c delle arpe e, in realtà, tutto l’insieme orchestrale che, avvol
gendo il canto popolareggiante, riesce a trasp o rtare e cullare l’anim a in una
regione indefinita e arcana, nei recessi del mondo subcosciente e incosciente,
misteriosi ma p u r già luminosi, in quelli cioè da cui pu r germ ogliano la
coscienza e la vita. Si noti il melodioso disegno strum entale che fa come da
intercalare e da ritornello e che passa in varie tonalità per posarsi alla fine
del pezzo su quella di tonica:
E s e m p i o 10
Cb.e Fg.
(Arpa
— 85 —
luvga
O
Né si deve credere che il canto abbia parte secondaria: si notino anzi, nel
mezzo della strofa, quelle soavi frasi « Oh la pace fedel de la foresta! Oh
il soave m istero! » sem pre fra il sussurrare dei flauti e dei clarinetti.
Il n. I li è, nel testo poetico come nella m usica, u n a serie di stornelli
intercalati da un refrain sulle parole « Cosi dicea la dolce serenata — cosi
dicea la serenata m esta » : refrain la cui melodia è forse la cosa pili poetica
di tu tta questa parte, dove è pure caratteristico il comm ento orchestrale
im itante la chitarra. Verso la fine guasta un po’ un crescendo lam entoso.
In questo genere d’ispirazione tu tta indefinitezze e sfum ature delicate, l’in
canto svanisce al sopraggiungere di accenti passionali troppo spinti.
Ciò non s’incontra in quella specie di barcarola che form a la strofe se
guente, dove tu tto invece è m orm orato e ondulato. Dice il testo:
■6
— 86 —
l’orchestra: ma qui non v’è stridore, salvo forse in alcuni m om enti. Anzi
solo in questo brano viene raggiunto il contem peram ento delle due diverse
gradazioni sentim entali — indefinitezza sognante e anelito appassionato —
m entre negli altri è trad o tta poeticam ente solo la prim a: si veda special-
mente là dove il su ssu rrare arpeggiato degli archi e le terzine delle arpe
fanno sentire il frem ito della n a tu ra , fallace foriero di speranza all’arido
cuore (alle parole « Ma il m orm orio che m ’ha portato il vento — è carezza
di ram i e non d’am or »).
L’atm osfera s’incupisce in principio della strofe VI (« Al folto bosco,
placida om bria »), con quella introduzione orchestrale vaga di sinuosi cro
m atism i; e resta cupa finché dura la tonalità di fa m inore: poi col fa m ag
giore si apre a u n a luce di n o tturno e dà luogo a un canto spiegato che ri
prende e sviluppa lungam ente la m elodia iniziale dell’orchestra nella strofe
d’introduzione, form ando cosi — per la prim a volta nel « Poem etto » — un
elemento di unità tem atica tra le strofe diverse che rende pili tangibile quel
la espressiva dell’insiem e. Questo n o tturno (« O dolce notte, o pallide Stelle
misteriose », ecc.), dapprim a dolce e lim pido, verso la fine si altera con
quella tortuosità melodica e arm onica di sapore wagnereggiante in cui il
Martucci cadeva quando la vena gli s’intorbidava, ossia quando il suo sen
tire diveniva m eno puro, l’inquietudine del suo spirito più acuta. Nella
chiusa però, ove l’orchestra rim ane sola, l’ansia a poco a poco si placa e le
acque tornano lim pide, preparandosi cosi l’incanto deH’ullim a strofe, nella
quale è dapprim a rip etu ta la melodia vocale della prim a, m a trasfo rm ata in
modo m inore, poi, tacendo la voce, ritornano in orchestra, come uno sfilare
di vaghe m em orie deH’anim a trasognata, i tem i delle altre strofe a ritroso,
richiam o che qui non ha nulla di meccanico, anzi è. assai poeticam ente sug
gestivo; e infine riappare la voce, rim orm orando a fram m enti, in una nota
ribattuta che è la dom inante del tono, l’ultim a qu artin a della prim a strofe,
m entre l’orchestra va dolcem ente a posarsi su un pedale di tonica, dove il
sogno si dilegua.
5.
OPERE SINFONICHE
A lle g r o g i u s t o (J-9 « )
Orch.
\
89 —
Pianof.
(c. s.)
Subito dopo, con l’e n trata del pianoforte, s inizia la melodia di Lied
vera e propria:
Esempio 13
93 —
Quel senso di forte dram m aticità che finora non abbiam o m ai trovato
a pieno realizzato in alcuna delle opere di M artucci — salvo forse in episodi
della Sonata per piano e violoncello — lo vediam o invece in magnifico sboc
cio nella prim a Sinfonia op. 73, in re m inore. La distanza di tem po che se
p a ra questa dal Concerto per pianoforte è notevole: non però quanto sem
brano indicare le date di prim a esecuzione: che, se quella del prim o è il
1886, della seconda il 1895, non risu lta che l’uno abbia costato tan ti anni
di lavoro come l’altra, cioè sette. Idealm ente, del resto, le due opere sono
abbastanza vicine: nella tendenza a dram m aticità di ampio respiro con l’uso
di potenti inasse sonore, la prim a prepara la seconda. Non vi sono altre af
finità, oltre questa generica, la quale riguardo allo sviluppo della persona
lità m artucciana è già notevole. Bisogna però subito aggiungere che la per
sonalità stessa si era nel frattem po assai evoluta: basti ricordare i profondi
studi ed esperienze del M artucci nel cam po sinfonico di cui da un lato sono
docum ento gli stessi program m i dei suoi concerti, dall’altro porgono un pic
colo esempio quegli appunti sulle sinfonie di B rahm s di cui sopra, che a p
partengono appunto agli anni interm edi fra le due opere.
Sull’im portanza storica di questa Sinfonia, che rappresenta, accanto
agli esempi decorosi m a inferiori dello Sgam bati, il ritorno della m usica
italiana alla pura form a sinfonica, si è già parlato a sufficienza, e per anni,
per cui non ripeterem o inutilm ente. Ma tale im portanza varrebbe fino ad
un certo punto se non le corrispondesse un intrinseco valore artistico del
l’opera. È sem pre la solita questione, che però ora raggiunge il m assim o
— 94 —
E sso tem a si svolge lungam ente, non senza qualche tortuosità verso la fine,
p rim a di m odulare nella tonalità di si bemolle maggiore, nella quale ap
pare il secondo tem a:
Esempio 15
(c. s.)
sentimento qui viene bensì superato (e in certo senso tutta la sua opera è,
come si è visto, un continuo superamento) ma non respinto o contraddetto;
giacché sia il primo che il secondo tema ritornano tra la fine dcll’esposi-
zione c il principio dell’elaborazione, fondendosi insieme in un colorito smor
zalo con prevalenza del modo minore; e se il primo si rivela in un aspetto
affatto nuovo, nella delicatissima curva melodica degli oboi e dei clarinetti,
il secondo, che vi mormora sotto, in questa mezza tinta guadagna decisa
mente :
Esempio 16
(c. s.)
— 98 —
che poi è trasp o rtata in m inore e, nell’ultim a ripetizione, resta sospesa per
lasciar posto al prim o inciso che chiude il pezzo um oristicam ente.
Ciò che abbiam o visto e am m irato nei tem pi di mezzo, conferm a che
— 99 —
nel M artucci il tono fortem ente dram m atico c eccezionale, m entre quelli che
gli sono più propri sono sem pre la liricità sognante e la soave giocosità:
m a —- chiediam o venia se insistiam o su certi punti per non parere in con
traddizione avendo p arlato 'd i u n a evoluzione stilistica del M artucci — altro
è il sogno assorto e solitario della Barcarola e ancor più della Canzone dei
ricordi, altro è quello della Sonata per cello, del secondo Trio, e infine di
questa Sinfonia ove esso assum e un carattere m editativo e am piam ente
um ano che può fondersi senza stridore coi toni di una potente dram m aticità.
Il Finale, come si è visto in altri casi, si collega per l’am pia stru ttu ra
e il genere dell’ispirazione col prim o tem po, se anche non ne raggiunge l’al
tezza. Un’introduzione di m ovim ento sostenuto (l’indicazione è prim a « Mos
so », poi « M oderato », m a in sostanza è tem po di A ndante) in re m inore,
dopo un prim o scoppio un po’ enfatico si attenua in disegni delicati e in
sieme densi, sim ili in ciò a quelli dell’Aridante, e rievocanti tem i del prim o
tem po: segue un Allegretto risoluto in re maggiore, di giocosità trionfale
tem perata da episodi scherzosi che ricordano un po’ quelli del finale del
prim o Trio: e verso la fine, un ritorno del m om ento più tragico del prim o
tempo seguito dalla serenante « coda » dello stesso, leggerm ente variata, con
un breve sprizzo di giocosità (« Allegro come prim a ») per chiusa. Il tu tto
è di m irabile energia ritm ica, coronante l’intim a unità dei vari tem pi, di
salda coesione e di profonda sapienza co ntrappuntistica: qua e là forse con
un che di involuto; com unque, ancora un bel finale « stru ttu ra le », di u n ’o
pera cui compete nell’insieme un posto di prim o ordine nella m usica sin
fonica d’ogni tempo e d ’ogni paese.
Esempio 19
A l l e g r o m o d e r a t o (J- = *4 )
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— 101 —
Esempio 20
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A é u
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Cb. pizz.
7
che però si espande anch’esso con splendido calore, nei violini e nei cor
Tali i due elem enti m usicali fondam entali e più fulgidi di questo prii
tempo di sinfonia: direm o anzi che, a nostro avviso, il loro insiem e rapp
senta la vetta di tu tta l’opera m artucciana accanto ad alcuni brani di lir
religiosa che vedremo più oltre — non dim entichiam o però che simili p
ferenze vanno intese con cautela e in un senso non puram ente estetico
generalm ente spirituale — . In questo caso, ci p ar di vedere nell’espressic
m usicale anche un profondo valore storico — e siffatta relazione la crit
dovrà forse tornare a porre per ogni opera d’arte, purché non la si ci
fonda con quel supercialc riferim ento di essa all’am biente che Testet
m oderna ha idealm ente debellato m a che è duro a m orire in pratica
di vedervi cioè l’anim a italiana uscire da quella trasognata stanchezza
cui nell’ultim o ottocento si era ripiegata, per venire all’aperta luce, a i
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nuova aurora di vita spirituale, quella stessa che viene cantata a tra tti dalla
migliore poesia italiana del tem po, e da pochissim i altri m usicisti solitari;
ma che purtroppo non durò molto, e a cui non fece seguito adeguato
meriggio.
Ci siamo sofferm ati alquanto su questo prim o ed essenziale nucleo della
composizione per cercare di m etterne nel dovuto rilievo il valore general
m ente ben poco apprezzato. I due tem i ricorrono naturalm ente ancora nelle
altre p arti del tem po in nuovi aspetti e colori. Notevole, poco avanti la
ripresa, il riapparire del prim o in « fortissim o» e in la m inore; bellissim a
la ripresa stessa ove la melodia è avvolta d all’ondulare dei violini, con una
dolcezza di curva che ha evocato al Torchi l’appropriata im m agine dell’arco
baleno : m entre dopo, quando la m elodia sem bra spegnersi, risorge ad un
tra tto vigorosam ente solo nello spunto iniziale, in re bemolle maggiore, mo
dulazione piena di luce e di forza che è un nuovo tra tto di genio, e che pre
para il regolare ritorno del secondo tem a sulla tonica. Le altre parti del p ri
mo tempo, quelle cioè che in linguaggio tecnico si usa chiam are « codette »
ed « elaborazione tem atica », sono di carattere ornam entale: m a di un orna-
m entalism o che, se può parere — forse anzi è — un po’ insistente, e
talora dà luogo a episodi un po’ rigidi, è tu ttav ia com penetrato con la
sostanza m usicale dell’insiem e e, in certi brani, tu tto infuso di poesia, come
specialm ente nella prim a parte dell’elaborazione in tessu ta su di un brevis
simo inizio accessorio del secondo tem a: nuovo delicatissim o quadretto in
penom bra tra il m alinconico ed il giocoso, che fa degno parallelo alla parte
corrispondente della prim a sinfonia, sebbene qui il lavoro tem atico sia meno
vasto, cioè lim itato all’insistente fittissim o ricam o sull’inciso suddetto. Dopo
la riesposizione dei due tem i, questo episodio si ripete, poi c’è una « coda »
affine alle « codette » del secondo tem a, di ritm o e sonorità energici, che
porta a una chiusa un po’ tronca. Nel complesso, nonostante il fittissim o
lavoro ornam entale, la form a di questo prim o tem po è,rispetto a quello
dell’altra Sinfonia e ai prim i tem pi inartucciani in genere, piuttosto sem
plice e stringala. L ’orchestrazione, varia, or delicata or sonora m a sem pre
m orbida — salvo che nelle poche p arti rigide di cui s’è detto — è poeti
cissima.
Lo Scherzo, in la m inore, si ricollega, non soltanto nel colore espres
sivo m a anche in incisi tem atico-ornam entali, agli episodi di elaborazione
del prim o tempo. Tale nesso ap parirà evidente dal seguente confronto:
— 105 —
Esempio 21
B
ecc.
s --
4 4 -4 A
(e . s.)
(che, lim pida all’inizio e di stupendo calore, si contorce un po’ nello svi
luppo successivo, con quel « crescendo » p u r sem pre vibrante di passione,
per poi finire nella purezza prim itiva, spegnendosi come un singulto), diviene
invece evidente nella seconda, tu tta un ricam o a m orbide spire del clari
netto, che si collega alle p arti ornam entali degli altri due tem pi e special-
m ente del prim o — ornam entali per modo di dire, ripetiam o, e di cui qui
si rivela ancor piu il fondo di delicatissim a e m alinconica poesia. Ed è pro
prio questo elem ento che rende piena l’unità della Sinfonia, in quanto me
diatore di espressioni di carattere svariatissim o e talora assai discosto.
— 108
Esempio 24
ecc.
(c. s.)
Poi, i difetti vengono largam ente com pensati da una ripresa dolcissi
ma, dove i due tem i principali si sovrappongono (il secondo solo nell’inciso
iniziale ripetuto come un costante contrappunto ornam entale), e da una
coda in fine della quale il fagotto m orm ora come una rim em branza la parte
più p u ra del prim o tem a m entre i violini rievocano l’inizio del secondo,
chiusa pari in soavità a quella del « L arghetto » del Concerto per piano
forte. Al di là delle disuguaglianze particolari, è l’insiem e che s’im pone: e
questo insiem e è poesia.
L ’ultim o tem po è superiore agli altri finali del M artucci, salvo forse a
quello della Sonata per cello, che però è un po’ ricalcato sul prim o tempo
della stessa, m entre questo è cosa affatto nuova. La sostanza aristocratica
dei tem i, il loro fittissim o sviluppo, il brio e l’inesausta vitalità che perva
dono questo tempo, ne fanno qualcosa di più che un buon finale s tru ttu
rale. Si direbbe che un po’ dell’ispirazione giocosa del Falstaff verdiano si
fosse trasfuso in quest’opera di un autore già in sé incline a una giocosità
variam ente atteggiata. Che il tem po sia proprio all’altezza degli altri tre non
ci sentiam o di dire : un certo senso di freddezza rim ane da questa incessan
te elaborazione contrappuntistica di tem i a note staccate: m a il dislivello
cogli altri tem pi non è tale da disturbare, tanto più che qui si riafferm a con
nuova energia ritm ica quel senso di sana gioia vitale che, in un tono di più
intim a poesia, ci aveva rapito sino dalla prim a pagina della Sinfonia. E le
ultim e battute ce lo fanno sentire con u n ’ebbrezza dionisiaca, riportandoci
quasi a un lembo del mondo beethoveniano.
Arduo è stato per M artucci il cam m ino per giungere a questa libertà
spirituale, a questa ampiezza di form e sinfoniche. Ma il risultato è, nell’in
sieme, edificante: e fino a tu tt’oggi nella form a p u ra di sinfonia non cono
sciamo né in Italia né fuori esem pi posteriori a B rahm s che si possano con
frontare con questi due, che ben si possono chiam ar stupendi. Se e fino a
che punto l’ispirazione m oderna possa chiudersi in una form a tradizionale
ci sembra questione da non porsi a p riori; Fum ea da risolvere caso per caso
è su quanto un autore abbia saputo versare, in queste form e difficili, di ispi-
— 109
razione piena e lim pida, e quanto invece sia rim asto inceppato in problemi
e preconcetti tecnici. E a ciò, riguardo al M artucci, abbiam già dato per
parte nostra una risposta.
110 —
t
6.
Della vasta opera per voci e orchestra di soggetto sacro lasciata dal Mar-
tucci, l’oratorio inedito Sam uel, dobbiam o contentarci per ora di una cono
scenza parziale, che, essendo l’opera inedita, abbiam o avuto modo di esa
m inarne con agio solo alcuni pezzi. Questa è certo lacuna considerevole per
la critica m artucciana: e veram ente sarebbe doveroso per gli italiani di
ovviare ad essa, appena possibile, provvedendo alla pubblicazione dell’opera.
Perché il M artucci stesso non la fece pubblicare? Non è a credere clic
ciò sia stato dovuto a contingenze contrarie, o per lo m eno non fu solo per
esse; sappiam o infatti dalla lettera del Finizio citata nell’introduzione del
presente saggio che durante la sua vita furono eseguiti a Napoli alcuni brani
dell’oratorio (quali, non possiam o ancora precisare), m a che il M aestro
si oppose sem pre all’esecuzione integrale di esso. Questa è una nuova prova
della sua am m irabile m odestia, e di un senso autocritico veram ente raro.
L ’opera fu scritta in epoca abbastanza giovanile, m a alm eno in parte rive
d u ta dall’A utore negli ultim i anni di vita; del resto anche nell’età della
prim a redazione egli aveva già composto alcuni capolavori. Forse alla sua
vigile coscienza artistica sarà sem brato che l’insiem e non fosse sorretto da
quella vigorosa unità cui egli aspirava, tan to più necessaria e diffìcile in
u n a form a severa come l’oratorio; e vi avrà notato dislivelli che lo d istu r
bavano. Ma non per questo viene a dim inuire l’esigenza di una com piuta
conoscenza di quest’opera: i q u attro pezzi che abbiam o so tt’occhio bastano a
dim ostrarlo.
I)i questi pezzi, tre fanno parte della raccolta Galiini di cui parliam o
in appendice: il prim o è la « P reg h iera della n o tte » , a ria per tenore,
l’unico brano dell’oratorio di cui sinora sia stato fatto qualche cenno, e
che fu parzialm ente riportato in facsim ile nei noti fascicoli com m em ora
tivi: il secondo, un duettino per soprano e mezzo soprano « Perché tristo
è questo core » : il terzo u n ’aria per soprano « Loda, o labbro, esulta o
cuore ». Un quarto pezzo, che ci è dato di rip o rtare in facsimile dall’auto
grafo completo dell’opera conservata alla biblioteca del Conservatorio di
— 112 —
Riposano i mortali
ma l’occhio tuo non dorme,
e le nemiche torme
minacciali Israel.
Deh! salvaci dai mali, o re del ciel!
Gli angeli santi tuoi
vegliano sul mio letto,
nel tuo divino aspetto,
s’assonna il tuo fedel.
Deh! salvaci dai mali, o re del ciel!
Esempio 25
— 113 —
M o d e r a to
Esempio 26
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Canto H U !" f t V------7-------------tZ--------------r ™ _______________Le________ U_________ U----------------------------------J
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Ri - po - sa - no i mor
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Esempio 27
dolce ed espress.
T
Canto
Gli angeli santi tuo-i veglino sul miolet-to
Pianoforte ecc.
che ci fa sentire l’intim a unità d ’ispirazione che lega i due pezzi, ed è già
buon indizio di concezione u nitaria dell’oratorio nel suo complesso. Tale
senso non m anca neppur nell’aria « Loda, o labbro, esulta, o cuore », seb
bene questa non raggiunga l’altezza e l’originalità delle due suddette, e
sia di un lirism o m eno concentrato e più effuso, non senza una sana traccia
della tradizione dello stile cantabile italiano.
8
5.
TRASCRIZIONI
da originali non tu tti precisam ente individuati m a alm eno in buona parte
pianistici. L’autografo della raccolta porta la data del 1888: ma dalla data
più giovanile che conosciamo di alcune di esse (1876) può inferirsi che siano
circa tu tte dello stesso tempo. H anno m inor interesse e m atu rità delle altre,
ma già da esse si rivela quel senso di severità e scrupolosa fedeltà all’ori
ginale che fu sem pre tipico del M artucci trascritto re come dell’interprete.
Ricorderemo qui di questo gruppo le due trascrizioni che abbiam detto
datate del 1876: quella dello Studio di Chopin op. 10 n. 3 e del Largo
della Sonata op. 13 (« Patetica ») di Beethoven, entram be fatte con gu
sto e sobrietà, anche se non rivelino ancora un fine criterio nella scelta
del mezzo sonoro. Da notare nella prim a, come piccola e non stridente
libertà, l’aggiunta del pedale di dom inante nel violoncello sotto il famoso
passaggio pianistico di « bravura » nella parte centrale.
Le trascrizioni per pianoforte, stando alle date dei rispettivi autografi
o edizioni, appartengono al periodo circa dal 1890 in poi, e presentano dal
pili al meno alcune caratteristiche com uni: tendenza a m antenere tu tte le
note, anche coi raddoppi degli accordi originali, sebbene ciò porti a passi
pianisticam ente in g ra ti: quindi am pio uso e anche talora eccesso di arpeggi:
per contro una certa libertà nelle fioriture, dove si palesa il gusto personale
dell’A utore: nel complesso, com unque, un gran senso di precisione. Ma p u r
in questo sistem a che può parere per certi aspetti un po’ uniform e e mec
canico, l’originalità del trascritto re ha modo di rivelarsi, come sem pre ac
cade quando le trascrizioni sian fatte da veri artisti, giacché esse realizzano,
fino al lim ite del possibile, la fusione di due personalità, e al di là di quel
limite lasciano necessariam ente un residuo di dualism o.
E in verità basta prendere una qualsiasi delle trascrizioni del Martucci
per scorgere un’im pronta che le distingue nettam ente da quelle di altri
grandi m aestri del genere, come Liszt e Busoni; qui è tu tta la fisionomia
propria dei suoi fini disegni pianistici, quel gusto dell’arabesco ricco ma
non ridondante, quel brio di sonorità staccate dove si riflette anche il suo
stile di esecutore, e nell’insiem e un sano senso di eleganza, di signorilità,
di classicismo. Ricorderemo, oltre a quelle già citate, le deliziose tra sc ri
zioni di cinque pezzi di Händel, di sedici « M inuetti » da Serenate, Diverti
menti e Danze per orchestra di Mozart, di vari brani di opere di Lulli e di
Rameau. E se alcune, come quelle delle Ouvertures di Bach e dei Concerti
grossi di Händel sono poco meno che ineseguibili, perché la polifonia orche
strale degli originali esorbita dalla possibilità dello strum ento — alm eno
dato il sistem a di trascrizione del M artucci — ad esse resta pur sem pre la
grande im portanza culturale; m entre la m aggior parte delle altre fornirebbe
ottimo m ateriale per variare e rinnovare i program m i dei concerti piani
stici; e tutte quante sarebbero un’ottim a fonte di studio per i pianisti.
III.
MARTUCCI E LA CRITICA
Dopo aver esam inato le varie opere di M artucci e cercato di rilevare
q u a n to sia in esse artisticam ente più fulgido, ci resta ancora qualcosa da
dire sulle opinioni correnti nell’am biente che direm o cosi professionale nei
riguardi della sua opera; ciò che servirà forse a rendere più chiara la posi
zione nostra, e a prom uovere in noi stessi e in altri un approfondim ento
della questione di giudizio tu tto ra aperta. Ciò urge di più, in un certo senso,
che non ricordare quanto fu detto e scritto sull’opera del M artucci durante
la sua vita, benché, in verità, le opinioni espresse allora siano state general
m ente assai più equanim i, più ricche di caldo riconoscim ento e serene nelle
riserve, in un piano di giudizio talvolta elem entare m a tal altra anche acuto
e sensato. Ma una storia o rassegna generale della critica sul M artucci dal
prim o apparire dell’a rtista ad oggi non può farsi in queste pagine. Di alcuni
sc ritti attestanti particolar com prensione, come quelli del Torchi e del Galli,
s ’è già detto; menzione m eritano anche quelli del Filippi, del Nappi ed altri,
di cui riportiam o qualche saggo nelle annotazioni.
Venendo dunque a tem pi più recenti, già abbiam o visto, nell’in trodu
zione al nostro esame dell’opera del M artucci, come l’am biente m usicale da
un prim o m om ento di complessiva esaltazione di essa sia passato a poco a
poco a un atteggiam ento più sostenuto o a d d irittu ra freddo, come di con
tegnosa sufficienza: e abbiam o anche visto quale opinione stia a base di
sim ile atteggiam ento, che prevale oggi presso i m usicisti sedicenti più o
m eno « d ’avanguardia ». Il carattere negativo di questa opinione risulta
dallo stesso aggettivo da essi tenuto di pram m atica per fare al Martucci,
come pure allo Sgam bati e ad altri di quel periodo o di simile carattere, il
m iglior com plim ento di cui siano capaci al riguardo: cioè quello di « pio
niere ». Bella e onorevole parola, in apparenza: m a in realtà lo è soltanto
se usata o nel suo significato proprio, o m etaforicam ente solo per significare
attività di precursione in un campo scientifico o al più culturale in genere,
m entre applicata ad un artista, specie se autore, ha sem pre valore ambiguo.
In altre parole, a chi apra altrui la strad a in esplorazione o scoperte geo-
— 124 —
fanno unicam ente perché non sentono in lui i segni della loro tendenza.
Potrebbero pensare alm eno, costoro, che la sua arte non è di oggi né di
ieri, m a quasi tu tta dello scorso secolo; m a chi giudica senza veli e preven
zioni non ha bisogno di por m ente a ciò, perché certe opere m artucciane h an
no tale freschezza e m odernità da poter essere dette « m usica dell’avvenire »
se l’espressione non fosse razionalm ente im pugnabile e anche in fondo non
molto sim patica: insom m a, hanno il pregio di ciò che non perisce. E di
rem o di pili: il suo accento personale è cosi forte, che si sente anche in
m olte sue opere delle meno riuscite o m eno profonde: quasi anzi in tutte.
Lo abbiam o notato, ad esempio, nella Tarantella.
Che poi lo si voglia sm inuire m ettendolo a paragone coi grandi della
m usica strum entale tedesca — come pure m olti fanno, più o m eno esplici
tam ente — è quasi ancor pili ingiusto. Non è questo il luogo di approfon
dire il problem a della gradazione delle opere d’a rte ; in sede teorica, di
tale gradazione si è negata la legittim ità, dicendo che tu tto ciò che è hello
in sé, lo è assolutam ente e non può venir paragonato con altro: m a pratica-
m ente essa in una form a o nell’altra torna sem pre a galla. In fondo non vi
è contraddizione fra l’esigenza che rafferm a e quella che la nega, poiché
esse poggiano su diverso fondam ento: puram ente estetico quello dell’una,
generalm ente spirituale quello dell’altra. Ma in ogni caso è chiaro che la
gradazione può farsi soltanto fra le opere che abbiano valore positivo, al
trim enti non sarebbe pili gradazione m a contrasto; e, riconosciuto quel va
lore, la gradazione nasce spontaneam ente, e la critica non ha bisogno di oc
cuparsene, anzi non deve occuparsene perché farebbe necessariam ente torto
a chi è im plicato nel confronto. Perché vi può essere si in arte il pili o meno
complesso, il pili o m eno profondo e ricco di problem i spirituali, il pili o
meno perfetto; m a ciò che è puro e lim pido resta tale e non tem e dim inu
zioni da qualsivoglia rapporto.
Ora, l’opera del Nostro è di quelle che non solo brillano di luce pro
luda, m a anche di luce assai intensa e complessa. E se ci si provi a porla a
fronte, ad esempio, con quella di un a rtista del passato con cui ha piu d’un
punto di contatto: Domenico Scarlatti, si potrà dire ch’essa sia — anzi è
senz’altro — pili disuguale, m a anche, bisogna soggiungere, più varia d’at
teggiamenti e pili ricca di travaglio c sofferenza interiore. Ma perché ci fac
ciamo sorprendere in fallo di confronti dopo di aver proclam ato che essi
sono sem pre sbagliati? Perché è cosi diffìcile alle volte m ettere in luce il
valore di un a rtista m isconosciuto, che si è forzati ad adottare anche metodi
em pirici p u r di m ostrare la poca obiettività di chi lo misconosca.
esprim enti opinione più o meno divergente dalla nostra, m a con contraddi
zioni facenti risaltare più chiaram ente, in sostanza, la non riconosciuta
verità.
Vediamo ciò che dichiarò nel 1911 Ildebrando Pizzetti in una comme
m orazione del Nostro a Firenze. Il discorso, abbastanza lungo, conteneva
un caldo incitam ento a studiare a fondo l’opera del M artucci compositore,
e a m antenerne vivo il culto altrim enti che con le belle parole e coi m onu
m enti. Per sua parte poi il Pizzetti esprim eva su quell’opera u n ’opinione,
che è condensata si può dire nei seguenti periodi : « I più hanno sem pre
considerato il M artucci come un pedissequo im itatore dei sinfonisti tede
schi. Non credo giusto il giudizio. Certo il M artucci derivò dai sinfonisti te
deschi la form a, l’a rch itettu ra delle sue opere; m a sul tronco delle forme
im itate egli seppe innestare molti viventi ram i di p u ra e fresca melodia...
11 M artucci non ebbe certo petto si forte e capace — come i più grandi a r
tisti di ogni tem po e di ogni paese — da raccogliere e contenere in esso i
sentim enti più profondi, le passioni più tempestose, di un intero popolo:
ma ebbe vivissimo il sentim ento delle cose m inori, c senti profondam ente
gli affetti dolci e discreti; fu un poeta non della energia m a della grazia,
non del dolore m a della m alinconia; e se cantò la gioia, cantò una gioia
quieta, quasi silenziosa, la gioia delle anim e tim ide e contem plative ».
Ora, se questa opinione non era affatto tale clic vi potessimo sottoscri
vere, conteneva tu ttav ia alm eno il riconoscim ento dell’originalità e in certo
senso anche della profondità del M artucci compositore. È pertanto singolare
che, circa vent’anni dopo, il Pizzetti nel saggio La musica italiana liell’ot-
tocento abbia dim enticato quel giudizio e quell’incitam ento c si sia espresso
verso il M artucci in modo assai freddo, definendolo « superiore allo Sgam
bati, m a seguace anch’egli, nonostante il suo metodizzare italiano, dei m usi
cisti tedeschi da Beethoven a B rahm s »; concedendo che fra i pezzi per pia
noforte ve n ’è di quelli « che si possono dir belli », ma « di un lirism o poco
profondo », ecc. ccc. ; e dicendo le composizioni strum entali da cam era « per
più ragioni am m irabili », m a « per la m aggior parte ricalcate su modelli
tedeschi, e di valore intrinseco generalm ente scarso » : tu tto ciò per rib a
dire la tesi precedentem ente svolta, che cioè il bello ed il vivo della m usica
italiana dell’ottocento sia tutto nell’opera teatrale. Ora, è inutile su ciò
fare com m enti dopo quanto abbiam o cercato di m ostrare nei precedenti
capitoli; non possiam o che chiedere a qualunque m usicista che abbia esa
m inato a fondo e con serenità le opere in questione, o anche soltanto al
cune, o alcuni tem pi fra i migliori, se sia legittim o parlare a loro riguardo
di « valore intrinseco scarso ».
Ma in generale la stessa critica di tendenza attuale m ostra nel suo at
teggiam ento verso il M artucci u n ’inquietudine, per cui suo m algrado non
riesce a rim aner ferm a nell’intenzionale diniego: e ciò si vede persino dalle
pagine più fredde del Pizzetti, in quel sem i-riconoscim ento della bellezza
di certe opere pianistiche, che sem bra aspettare solo d’esser chiarito. Ma
meglio quell’inquietudine viene rivelata da un altro critico, il P annain, il
quale nel suo saggio sul M artucci esalta nell’insiem e la di lui figura a rti
stica, dice parole entusiastiche sull’interprete e su ll’anim atore e rinnova
tore di cultura m usicale (« M artucci si leva contro la falsità artistica del
l’am biente con una nobiltà di gesto che lo eleva di mille cubiti sui suoi
contem poranei »): riguardo poi al compositore non supera la riserva fonda-
m entale corrente di cui s’è detto, m a neppure l’accetta com pletam ente: le
sue espressioni m ostrano u n ’evidente perplessità. Comincia intanto a rico
noscere al M artucci « una schietta n a tu ra di lirico » se non di sinfonista :
distinzione discutibile a rigore di term ini, m a di cui in sostanza s’intende
il senso, simile a quello del giudizio del Pizzetti nel 1911, che cioè il Mar
tucci sia il m usicista delle piccole cose, delle « form e chiuse » — spiega il
P annain stesso — « nel giro di un breve orizzonte, con lim itata portata
espressiva », m entre nelle form e complesse e so p rattu tto nella sinfonia il
suo tem peram ento sarebbe « com presso dalla soggezione alla form a rigo
rosa che era giunta a lui attraverso suggestioni di cu ltu ra m usicale a s tra t
ta ». Ora, poniam o pure per un m omento che questa tesi, che già abbiam o
confutato, fosse vera; quando si è riconosciuto ad un a rtista una schietta
n a tu ra di lirico, non è quanto basta per porlo fra i creatori? Né il Pannain
si ferm a a quella frase isolata, m a ne ripete e ribadisce il succo: e scende a
tali elogi particolari: «Gem me splendenti di pura acqua sono il N otturna
in sol beni., la Canzonetta, la Novelletta, la Giga, il secondo dei pezzi per
violoncello (quell’d ridante che fu, poi, dall’autore stesso orchestrato), la
Preghiera della notte nell’oratorio Samuel, la Canzone dei ricordi, ciclo li
rico che una voce di donna delinea con m alinconia e il suono di una orche
stra m ite, quasi velata, l’avvolge come un rim pianto di cose lontane ». Ma
invece pili sotto si legge: «No n sorti un tem peram ento originale di crea
tore, ma... » ecc. ecc.; e ancora: « La gioia serena della form a libera gli fu
negata: m a nello stesso aver fallito all’opera d’arte definitiva è il m om ento
che meglio definisce la sua figura di m usicista ». Come si conciliano queste
afferm azioni? Se il M artucci ebbe n a tu ra di lirico, se le sue opere prim a
m enzionate sono — come veram ente sono — « gemme splendenti di pura
acqua », vuol dire che il tem peram ento originale di creatore non gli mancò,
e non gli fu negata la gioia della form a: grandi o piccole che fossero, cioè
più o m eno complesse le form e a lui consone, questo è già secondario. Che
poi la contraddizione si concilii, per il P annain, ponendo che la caratteristica
del M artucci stia appunto nell’essere interprete anche quando creda di
creare, questo è gioco dialettico che non risolve il dilem m a: o fu un lirico
o non lo fu. Ma in realtà anche il P annain, p u r non potendo negare la bel-
lezza dell’arte m artucciana, è preso dall’odierno criterio sull’originalità, di
cui abbiam o dianzi parlato.
E basti ora anche sulla rassegna della critica. Per parte nostra, abbia
mo creduto di vedere l’originalità del M artucci, oltre che nella bellezza delle
singole opere, nello stesso sviluppo interiore che le collega, in ordine che
non risponde sem pre a quello cronologico: cioè come in un espandersi del
l’anim a m eridionale, che dalla stanchezza languida del sogno crepuscolare
si eleva via via alla visione di u n ’aurora lum inosa, a un senso d’um anità
calda, m editativa, vigorosa se pu r sem pre velata di tristezza e spesso di
travaglio: e abbiam o notato come in questo processo vi sia m olta storia
dello spirito italiano, e anche europeo, della fine ottocento e del prim o nove
cento, tram onto di u n ’età e alba di u n ’altra che ancor oggi non vuol dive
nire giorno. Che poi nelle sue opere, segnatam ente in quelle ampie, vi sia
non poco di disuguale e anche di faticoso, questo non infirm a m inim am ente
i tesori di bellezza che vi sono racchiusi.
Tale la nostra intim a convinzione: e se sarem o riusciti a in durre al
cu n i m usicisti a un più accurato studio dell’opera del Maestro, sicché a
lor volta possano infondere ad altri il culto per essa, potrem o dire d ’aver
raggiunto il nostro scopo. Che poi la piena sua rivendicazione venga presto,
non si può sperare : tali processi di revisione critica sono lunghi, tan to più
in m om enti di confusione di gusto, come il presente. Ma ciò ha poca im por
tan za: l’a rtista è tale che il ritard o non nuocerà, anzi gioverà alla vera com
prensione della sua opera. Egli può aspettare: nell’attesa, speriam o, l’aria
si purificherà, e il senso della vera m usica, come quello di tu tte le cose
grandi dello spirito, uscirà forse rischiarato dalla stessa torm enta che pa
reva travolgerlo.
ANNOTAZIONI
I.
VITA E MISSIONE ARTISTICA
(pagg. 17-36)
1.
(1856-86)
9
— 134 —
5. — Per gli autografi delle arm onizzazioni dei P artim enti del Mattei
e della F an tasia sulla Belle Hélène di Offenbach v. elenco nell’Appendice IV
del presente volume (n. 1 e 2). L’ultim a pagina autografa della Messa di
(jloria è rip o rta ta in Capua a Giuseppe Martucci (tav. VI) come pure nel n u
m ero speciale di « Sym phonia » già citato. Per la cronologia delle opere
del M. in genere, v. Appendice II del presente volume.
d i m e l o d i a n é ti i a r m o n i a n é d i s c u o l e t e d e s c h e , i t a l i a n e ,
n é d i p a s s a lo n é d i a v v e n i r e e c c. c c c ., a l l o r a f o r s e c o m i n -
c c r ii i l r e g n o d e l l ’ a r t e . » . (Iibid., p. 622-3).
2.
(1886- 1902)
3.
(1902 - 1909)
II.
L’OPERA
(pagg. 39-117)
9.
(Composizioni pianistiche)
1. — Per una disam ina dei pezzi pianistici del M. del periodo più gio
vanile, v. L. P e r r a c h i o : L ’opera pianistica di G. M., pp. 76-79.
2. — Riguardo alle due lezioni del finale e di altri brani del Tem a con
variazioni op. 58 un foglio m anoscritto di A. Longo, in possesso del m.° Na
tale Gailini, attesta che la seconda era considerata dall’A. come la definitiva.
4.
(Composizioni di lirica vocale)
La preferenza data dal M artucci alla prim a rom anza nel gruppo delle
« Pagine sparse » è a ttestata da una sua lettera ad Am intore Galli che ri
portiam o in Appendice VI, C 6.
o.
(Opere sinfoniche)
III.
MARTUCCI E LA CRITICA
(pagg. 123-9)
Id., 30 Maggio 1880. Sulla prim a esecuzione del Concerto per pianoforte
di M. a Bologna. Corrispondenza a firma Samiel. Riportiam o:
« ...Non oso procedere ad una analisi del suo grande Concerto per pia
noforte e orchestra, giacché dopo una sola udizione la ritengo tem eraria
im presa. Sarebbe vera profanazione il tra tta re leggermente un lavoro di
tanta mole e di tanta im portanza. Accenno ad alcune impressioni generiche,
m a non garantisco che siano infallibili. 11 Concerto è diviso in tre tempi. E*
voce concorde di coloro che l’hanno sentito piu volte che il prim o tempo
sia il m igliore; io non voglio negarlo, quantunque senta di condividere la
sentenza dei colleghi più per intuito che per avere nel mio cervello una idea
chiara, precisa ed ordinata di tutte le ardite bellezze sparsevi con profusione
dal compositore. Ciò che rilevai tosto, si fu che né l’orchestra è ausiliaria
del pianoforte, né questo di quella: am bedue hanno uguale im portanza, sono
am bedue anim e di uno stesso corpo; i loro episodi, molteplici, si alternano,
s ’inseguono, si fondono in un solo canto eroico-appassionato; e questo im
petuoso duetto dà luogo a quei nuovissimi e veram ente peregrini im pasti
strum entali di un effetto irresistibile, im pasti che ti danno in una guisa af
fatto nuova ora la m assim a serenità, ora le pili dolci sm orzature; im pasti
che ti arrotondano le asperità degli ottoni c ti rinvigoriscono, ti trasfo r
m ano in un suono pili rude -— quasi m etallico — la m ellifluità vellutata de
gli archi. Delizioso YAndante e piacevolissimo lo Scherzo [sic], il cui tem a
ha una lontana im pronta beethoveniana ». Segue elogio all’esecuzione, cro
naca ecc.
te... per vivificare i vari concetti con novità e forza d ’espressione. — Inteso
a raggiungere costantem ente questo connubio ideale, il M artucci pecca qual
che volta di esuberanza. E suberanza di particolari, di episodi, di dettagli a
cui solo si deve incolpare se le idee dom inanti del lavoro, sem pre nobilissi
me, appaiono indecise alle prim e udizioni, perché avviluppate da questo
ricco trapunto istrum entale, che serpeggia del continuo con l’irrequietezza
di andam enti pianistici ed orchestrali ». Segue dicendo, coi pili, che il prim o
tem po è il migliore, per 1’« introduzione irrom pente del pianoforte... l’ap
passionata proposta del soggetto... il secondo tem a in re bemolle, ideale, pie
no di finezze ecc.... L ’Andante è forse... il piti indeterm inato: c’è quasi l’a
spirazione alla melwtia infinita, la quale pili che nel pianoforte campeggia
nell’orchestra, e soprattutto nei violoncelli. — Nel finale c’è una foga, una
nervosità veram ente m eridionale... M artucci è un esecutore colossale », ecc.
Gazz. m us. di Milano, 12 dicem bre 1895. Sulla stessa occasione di cui
sopra. Lungo articolo di G. Anfossi. R iportiam o:
« In questa Sinfonia il prim o tem po risulta, quale deve regolarm ente
essere, il pili im portante per lo sviluppo straordinariam ente ricco e per
l’eloquentissim o e persuadente discorso sinfonico. — Se p u r si riscontra
qualche libertà di form e è nell’A/u/anfe, in cui il m usicista ha trovato uno
slancio lirico cosi superbo, che vi trasp o rta ad d irittu ra in un m ondo su
periore. — L ’Allegretto è un vezzo, m a un vezzo regale; ogni nota è una
gioia. — Il Finale, a p arer mio, è l’elogio della Sinfonia stessa, l’inno trio n
fale della idea che trova nella form a la veste del suo io.....la prepotente in
cisiva apostrofe squillante degli ottoni dà a tutto il discorso polifonico un
carattere di vittoria clic ci conquide », ecc.
Perseveranza, 28 aprile ’99. Articolo del Nappi sul Concerto per pf. e
orch. di M. eseguito dall’A. sotto la direzione di Toscanini. In p arte ripro
duce l’articolo sopra riportato dalla Gazz. m us. del 1887, m a con alcune ag
giunte e modifiche di un certo rilievo, specie riguardo all’Am /anfe:
141
A P P E N D IC E I.
1865 - 8 d ic e m b r e - A ltra a c c a d e m ia d e i d u e p ic c o li a C a p u a .
1866 - 4 g e n n a io - Id . a S. M a ria C a p u a V e te re .
7 g e n n a io - Id . a C a s e rta .
22 g e n n a io - I d . a A v e rsa .
1 f e b b r a io - I d . a N o la.
4 f e b b r a io - I d . a M a rig lia n o .
(?) f e b b r a io - D u e a c c a d e m ie a M a d d a lo n i p e r le u ltim e s e r e d i c a r
n e v a le .
25 (?) f e b b r a io - A c c a d e m ia a T o r r e A n n u n z ia ta .
4 m a rz o - I d . a C a s te lla m m a re d i S ta b ia .
2 a p r il e - I d . a P o z z u o li.
19 (?) m a g g io - P r im a e s e c u z io n e d e i d u e a N a p o li p e r g li a lu n n i d el
L ic e o V itto r io E m a n u e le .
16 (?) g iu g n o - A ltra e s e c u z io n e a N a p o li p e r g li a l u n n i d e l C o lleg io
d e ll’I m m a c o la ta .
v ie n e p r o c la m a to « p ia n is t o f c o n t in e n t a l fa m e ». S u o n a p o i a n c h e a
D u b lin o .
— 2(i n o v e m b re - S u o n a a M ila n o c o l v io lo n c e llis ta A lfre d o P ia tt i e c o l
p ia n is ta C. D u c e i. A l c o n c e r to p a r te c ip a n o a n c h e la s o p r a n o B e n n a ti e
il f la u tis ta B r ic c ia ld i. P a r ti d e l p r o g r a m m a e s e g u ite d a M a rtu c c i: W a g n e r,
M a rc ia d e l Tannhäuser p e r p f . a 4 m a n i (c o l D u c e i) ; M a rtu c c i: Souvenir
de Milan, Notturno, Caprice en forme d’étude; B e e th o v e n , Sonata p e r
p f. c c e llo (col P i a t t i ) ; C h o p in , Polacca p e r p f . e c e llo (id .).
— 28 n o v e m b re - A ltro c o n c e r to d a to a M ila n o c o l P i a t t i c c c . E se g u e
d i s u e c o m p o s iz io n i u n a fuga a 2 p a r t i , romanza e scherzo ( m a n c a n o a l tr e
in d ic a z io n i - C fr. e le n c o c o m p o s iz io n i) .
C o n c o rr e a u n p o s to d i p ia n o f o r te a l C o n s e r v a to r io d i N a p o li o tte
n e n d o l ’e le g g ib ilità . (L a c a tte d r a p e r ò è d a ta a C o s ta n tin o P a lu m b o ).
1880 - E ’ n o m in a to p r o f e s s o r e al C o n s e r v a to r io d i N a p o li in s e g u ito a c o n
c o rs o p e r tito li.
1881 - 23 g e n n a io - D ir ig e il p r im o c o n c e r to d e lla S o c ie tà O r c h e s tr a le d i N a
p o li f o n d a ta d a l p r i n c i p e d ’A rd o re . Il p r o g r a m m a c o n t ie n e la Sinfonia
in so l m in o r e d i M o z a rt, l’o u v e r tu r e Leonora n. 3 d i B e e th o v e n , q u a t tr o
p e z z i d e l Sogno d’una notte d’estate d i M e n d e ls s o h n .
S e g u o n o n e llo ste s s o a n n o a l t r i t r e c o n c e r ti p e r q u e lla S o c ie tà .
G iu g n o - P r im o su o c o n c e r to o r c h e s tr a le a M ila n o . In p r o g r a m m a tr a
l ’a l tr o B e e th o v e n , c Scherzo d i M e n d e ls s o h n ( e v id e n te m e n te q u e llo d e l
Sogno di una notte d’estate).
1883 - 13 m a rz o - C o m m e m o ra a N a p o li il tr ig e s im o d e lla m o r te d i W a g n e r,
e s e g u e n d o t r a l ’a ltr o , p e r la p r im a v o lta in q u e lla c ittà , il p r e lu d i o d e l
Parsifal.
— 8 o tto b r e - N a s c e a N a p o li s u o fig lio P a o lo .
- N e ll’a n n o v ie n e p r e m i a to il s u o p r im o Trio a lla S o c ie tà d e l q u a r
te tto d i M ilan o .
F in e a n n o - S u o c o n c e r to a l Q u a r te tto d i M ila n o c o m e p ia n is ta e c o m
p o s ito r e (? o f o rs e q u e s to c o n c e r to si id e n tif ic a c o l seg.).
1886 - 31 g e n n a io - P r im a e s e c u z io n e d e l su o Concerto p e r p ia n o f o r te e o r c h e
s tr a , a N a p o li: a l p f . l ’A., d i r e t t o r e d ’o r c h e s tr a P . S e r ra o .
— 149 —
— 20 f e b b r a io - I d e m a R o m a : a l p f . l ’A., d i r e t t o r e d ’o r c h e s tr a E tto r e
P in e lli.
9 m a g g io - D ir ig e il p r im o su o c o n c e r to a lla S o c ie tà d e l Q u a rte tto d i
B o lo g n a . I n p r o g r a m m a , t r a l ’a ltr o , la Pastorale d i B e e th o v e n , Le Grotte
di Fintjal d i M e n d e ls s o h n , Le carnaval Romain d i B e rlio z .
— M aggio - D ir ig e iv i u n a l tr o c o n c e r to o r c h e s tr a le , e v i e s e g u e il p r o
p r i o Concerto p e r p f . s o tto la d ir e z io n e d i F . S a r ti.
7 g iu g n o - E ’ n o m in a to d i r e t t o r e d e l L ic e o M u sic a le d i B o lo g n a . T ie n e
q u e s ta c a r ic a fin o al 1902.
— 22 g iu g n o - E ’ n o m in a to m a e s tro d i c a p p e lla d e lla c h ie s a d i S. P e
t r o n i o d i B o lo g n a (C fr. A p p . V I).
— O tto b r e - D irig e n e lla s te s s a C a tte d ra le u n a Messa d i C h e r u b in i (c fr.
A p p . V, A 3), c h e è c e r ta m e n te la c o s id d e tta Messe da sacre in la m ag g .
(c fr. A p p . IV , 9, d a c u i r is u lta p u r e c h e n e ll’a g o s to d e llo ste sso a n n o M.
e r a a N a p o li).
1890 - 9, 16 e 23 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l Q u a r te tto d i B o lo g n a . In p r o
g ra m m a tr a l’a l tr o : S in fo n ie III d i B r a h m s , IV d i S c h u m a n n , IV d i B ee
th o v e n : o u v e r tu r e d e l Portatore d’acqua d i C h e r u b in i, Incantesimo d e l
Venerdì santo n e l Parsifal d i W a g n e r.
10
150 —
1891 - 8 , 15 e 22 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s t r a l i a l Q u a r te tto d i B o lo g n a . N e i
p r o g r a m m i: VII Sinfonia d i B e e th o v e n ; f ra m m e n ti d e l Manfredo d i S c h u
m a n n ; I I I Sinfonia d i S c h u m a n n ; Viaggio di Sigfrido sul Reno n e l Cre
puscolo d i W a g n e r ; b r a n i d e l Castor et Pollux d i R a m e a u ; b r a n i p e r
a r c h i d i G o re lli e c c .
— A p rile - C o n c e r to o r c h e s tr a le a lla S c a la d i M ilan o .
1892 - 25 e 27 m a rz o , 3 e 10 a p r il e - C o n c e r ti o r c h e s tr a li c o r a li al Q u a r te tto
d i B o lo g n a. N e i p r o g r a m m i, t r a l ’a ltr o , la IX Sinfonia d i B e e th o v e n (3
v o lte ), l’Agape sacra d e l Parsifal (2 v o lte ) : n e ll’u ltim o c o n c e r to q u e s te
d u e c o m p o s iz io n i in s ie m e , p iù la Cavalcala delle Valchirie.
27 n o v e m b re -4 d ic e m b r e - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l R e g io d i T o r in o .
1894 - 25 f e b b r a io e 4 m a rz o - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l R e g io d i T o rin o .
— 18 m a rz o , 1 e 8 a p r i l e - Id . al Q u a r te tto d i B o lo g n a . N e i p r o g r a m m i:
Ouverture d e lla Suite n . 1 d i B a c h ; Sinfonia in r e m a g g . d i M o z a rt;
S in fo n ie 1 d i S c h u m a n n , II d i B r a h m s , Incompiuta d i S c h u b e r t, e c c .
— 29 a p r i l e - C o n c e rto w a g n e r ia n o a l C o m u n a le d i B o lo g n a ( tr a l ’a ltr o :
« O lo c a u s to d i B r u n ild e » d a l Crepuscolo e « R is v e g lio d i B r u n ild e » d a l
Sigfrido, s o p r a n o A d a A d in i).
1895 - N el m a rz o v a a P a d o v a in v is ita u ffic ia le p e r o c c a s io n e fin o ra n o n p r e
c is a b ile . (C fr. a n n o ta z io n e 9 al 2 ’ c a p . d e lla I p a r te ) .
— 19 m a g g io - D ir ig e la p r i m a e s e c u z io n e ita lia n a d e lle Scene del Faust
d i S c h u m a n n a l Q u a r te tto d i B o lo g n a ; p r o ta g o n i s ta il b a r it o n o G iu s e p p e
K a s c h m a n n . L ’e s e c u z io n e v ie n e r i p e t u t a il 23 e 27 m a g g io .
— L u g lio - T e r m in a la c o m p o s iz io n e d e lla I Sinfonia a C a s tig lio n d e ’
P e p o li in T o s c a n a .
— 28 n o v e m b re - D irig e a M ila n o u n c o n c e r to s in f o n ic o c o n la p r im a
e s e c u z io n e d e lla s u a 1 Sinfonia. A ltri p e z z i d e l p r o g r a m m a : O u v e r tu r e
Prometeo d i B e e th o v e n ; Ouverture in d o m a g g . d i B a c h ; Quasi Minuetto
d e lla l i Serenata d i B r a h m s ; o u v . Genoveffa d i S c h u m a n n .
1903 - 1 e 9 f e b b r a io - C o n c e r ti o r c h e s tr a li a l l ’A c c a d e m ia d i S. C e c ilia in
R o m a.
— 19 e 26 a p r il e e 3 m a g g io - I d e m a lla S c a la d i M ilan o .
1904 - 12 e 14 m a g g io - C o n c e r ti o r c h e s tr a li al T e a tr o V. E . d i T o r in o .
— L u g lio - T e r m in a la c o m p o s iz io n e d e lla II Sinfonia a Q u is is a n a n e l
B o lo g n ese .
— 11 d ic e m b r e - D ir ig e la p r i m a e s e c u z io n e d e lla ste s s a in u n c o n c e r to
s in f o n ic o p e r il Q u a r te tto d i M ila n o ( o r c h e s tr a d e l C o m u n a le d i B o
lo g n a ).
— 12 d ic e m b r e - R ip e te iv i lo ste s s o c o n c e r to .
1907 - 17 a p r il e - C o m m e m o ra a N a p o li la m o r te d i P a o lo S e r ra o d ir ig e n d o il
fin a le d e l Figlinol prodigo d e llo ste sso .
— E s ta te - a u tu n n o (?) - C e rc a r i s to r o a lla g ià d e c lin a n te s a lu te n e lla
c a m p a g n a d i C a s a m ic c io la (Is o la d ’Is c h ia ) .
— 8 d ic e m b r e - D ir ig e la p r im a r a p p r e s e n ta z io n e d i Tristano e Isotta
a l S. C a rlo d i N a p o li.
— 11 d ic e m b r e - E ’ a F ir e n z e ( c f r. A p p . V, C, 13).
— 15 d ic e m b r e - E ’ a G e n o v a ( c fr. A p p . V , C, 14).
1 •>
2 1° C a p r ic c io . . . P e r p f. 1872 c o in p . R i c o r d i - M ilan o
3 2“ C a p r ic c io . . . » 1872 c o m p . »
4 M a z u rk a d i c o n c e r to » »
5 A n d a n te e p o lk a d i c o n -
c e r to . . . . » 1873 c o m p . »
6 T a r a n te lla . . . . » »
7 A g i t a t o ........................ » »
8 P e n s ie r i s u ll’ o p e r a Un
Hallo in maschera p e r p f. 4 in. »
9 S tu d io d i c o n c e r to . p e r p f. 1875 e se c . >
10 P e n s ie r o m u s ic a le . » »
11 T em po di m azu rk a » »
12 3” C a p r ic c io . . . » »
13 A lle g ro a p p a s s io n a to » »
14 Fuga ........................ » »
15 4" C a p r ic c io . . . » »
16 l a M e lo d ia . . . » 1875 esec . »
17 Im p ro v v is o . . . » 1875 ese c . »
18 F u g h e tta a d u e p a r t i » 1875 e s e c . ? »
19 P o la c c a . . . . » »
20 1" B a r c a r o la . . . » y>
21 2“ M e lo d ia . . . . » 1875 ese c . »
22 S o n a ta . . . p e r v io lin o e p f. 1874 com p. »
23 S c h e rz o . . . . p e r pf. 1875 e se c . *
24 C a p ric c io d i c o n c e r to » 1875 ese c . »
25 N o ttu r n o . . . . » »
26 C a p r ic c io in f o rm a d i
s tu d io . . . . » 1875 ese c . »
27 n. 1 Tristezza - R o m a n z a 2> s>
27 n. 2 Ritorno - R o m a n z a . » 2>
46 n. 2 Valzer Ricordi
46 n. 3 Valzer »
47 Studio per il metodo di
Lebert e Stark . . . » Cotta (Stoccarda)
(rappr. per l’Ita
lia Ricordi)
48 2“ P o l a c c a .............................. » ......................... Ricordi
49 n . 1 Desio - R o m a n z a . . . » ......................... >
49 n. 2 Quante memorie! - R o
m anza .............................. » ......................... »
49 n. 3 Ansia! - R o m a n z a . . . » ......................... »
50 N o v e lla .............................. » ......................... »
51 F a n t a s i a .............................. » ......................... »
52 S o n a ta . . . p e r v io lo n e , e p f . 1880 c o m p . Kistner
53 n. 1 S c h e rz o ................................... p e r p f ................................. Ricordi
53 n. 2 S c h e rz o .............................. » ......................... »
53 n. 3 S c h e rz o .............................. » ......................... »
54 S tu d io c a r a t t e r i s t i c o . . » ......................... »
55 n. 1 M i n u e t t o ............................. » ......................... »
55 n. 2 T e m p o d i g a v o tta . . . » 1888 c o m p .? »
56 I m p r o m p tu - F a n ta is ie . » ......................... >
57 n. 1 C a p r i c c i o .............................. » ......................... »
57 n. 2 S e r e n a t a ............................... » 1886 c o m p . Ricordi
58 T e m a c o n v a r ia z io n i . . » ......................... »
59 T r io n. 1 in d o m a g g io re
p e r p f., v io lin o e v io lo n e . 1882 c o m p . »
60 Foglie sparse - A lb u m d i
6 p e z z i ................................... p e r p f ................................. »
N. 1. Tempo di marcia
N. 2. Valzer
N. 3. Scherzo
N. 4. Barcarola
N. 5. Romanza
N. 6. Capriccio
61 n. 1 P r e l u d i o ......................... » .................... »
61 n. 2 Toccata ......................... »
61 n. 3 G i g a ................................... »
62 Trio n. 2 in mi b. magg.
per pf., violino e violone. 1883 comp. Kistner
63 Moto perpetuo . . . . per pf.......................... Ricordi
64 n. 1 Momento musicale . . . » .................... »
64 n. 2 Scherzo ......................... »
64 n. 3 B a r c a r o la ......................... »
65 n. 1 P r e l u d i o ......................... » .................... £
65 n. 2 Canzonetta ..................... »
65 n. 3 S e r e n a t a ......................... »
66 Concerto in si b. minore per pia- 1884-5
noforte e o rch e stra ................... composiz. Kistner
67 Tre pezzi per violino e pianoforte 1886 comp. >
1. Andantino con moto
2. Allegretto
3. Allegro passionato
— 157 —
D ata di comp.
Num ero T itolo della com posizione o pubblicar, C asa e d itric e
d ’opera o l a esecuzione
80 « 2 C a p r ic e s p o u r p ia n o » . . . . 1902 c o m p . S c h m id t (B o sto n )
1 . in si b . m in o r e
2 . in sol d ie s is m in o r e
81 2“ S in fo n ia a g r a n d e o r c h e s tr a (in
fa m a g g i o r e ) .................................... 1904 t e r m i
n e com pos. B ic o r d i
82 T r e p e z z i p e r p ia n o f o r te . . . . 1905 c o m p . >
1. In te rm e z z o
2. N o v e lle tta
3. S c h e rz o
83 T r e p e z z i p e r p ia n o f o r te . . r . 1905 c o m p . »
1. Im p ro v v is o
2. C a p ric c io
3. T e m p o d i v a lz e r
84 T r e p e z z i p e r c a n to e p ia n o f o r te
s u p o e s ie d i G. C a r d u c c i : »
1. M aggiolata .................................... 1905 c o m p .
2. Pianto a n t ic o .............................. 1906 c o m p .
3. Nevicata .................................... 1906 c o m p .
B) C O M P O SIZ IO N I O R IG IN A L I P U B B L IC A T E S E N Z A N U M ER O D ’O P E R A
ì. d i c o n c e r to s u lla Forza
F a n ta s ia
del d e stin o .......................................... 1871 e se c u z . R ic o r d i
2. Alma gentile - R o m a n z a p e r c a n to
( s o p r a n o o te n o r e ) c o n p ia n o
fo rte , su p a r o le d i S ilv io B e llic o 1872 c o m p . »
3. Souvenir de Milan p e r p ia n o f o r te . 1875 e se c u z . »
4. « R a c c o n to » p e r p ia n o f o r te p e r
l’A lb u m in m e m o r ia d i B e llin i . 1877 c o m p .? »
5. R o m a n z a fa c ile , p e r p ia n o f o r te . . ......................... »
6. 3“ M e lo d ia , p e r p ia n o f o r te . . . . »
7. La Canzone dei ricordi. P o e m e tto
l ir ic o p e r m e z z o -s o p ra n o o c o n
tr a l to o b a r ito n o c o n p ia n o f o r te ,
su v e r s i d i R o c c o P a g lia r a . . 1886-7 c ir c a »
c o m p o s i/.
8. Sogni. 2 r o m a n z e su v e r s i d i C o r- 1888 c o m p .? »
r a d o R i c c i .......................................... (c fr. A p p . V
1. S o g n o d ’a m o re . C, 2, n o ta )
2. S o g n o d i m o rte .
9. D u e c a n ti p e r v o c i b ia n c h e c o n a c
c o m p a g n a m e n to d i o r g a n o , su 1889 c o m p . Izzo (N a p o li)
v e r s i d i B. P a g l i a r a ........................
10. M e lo d ia p e r v io lin o c o n a c c o m p a - 1890 coni]». S a n to ia n n i
g n a m e n to d i p ia n o f o r te . . . (N a p o li)
— 159 —
C) C O M P O S IZ IO N I O R IG IN A L I IN E D IT E
N.° d 'o rd in e
cronologico T itolo D a ta di comp. R iscontri
•approssim ativo O l a eSCCUZ.
ì. « M essa d i g lo ria » p e r v o c i e o r-
c h e s t r a ................................................ 1871 c o m p .
(188(> riv .? ) [C fr. A p p . V, A 5]
2. 12 P r e lu d i p e r p ia n o f o r te , o p . 43 1877 c o m p . [C fr. A p p . III, 2]
3. C o n c e rto in r e m in . p e r p ia n o f o r te
e o r c h e s t r a .................................... 1878 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 3]
4. S o n a ta in r e m in . p e r o r g a n o p ie n o 1879 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 5]
5. Due fanciulli - C a n to p e r gli a s ili
in f a n t ili c o n a c c o m p a g n a m e n to
d i p i a n o f o r t e .................................... D ata im p r e
c is a ta in a
p ro b a b il -
m e n te d e 1
p e r io d o g io
v a n ile . [C fr. A p p . I l i , 44]
(•>. Samuel - O r a to r io in t r e p a r t i p e r
v o c i so le , c o r o e g r a n d e o r c h e
s tr a - V e rsi d i F e d e r ic o P e r s ic o 1881 c o m p .
(a lc u n i p e z
zi r iv e d u t i [C fr. A p p . I li, 7
1905) e A p p . IV , 13 e
23]
7. Pollando! - p e r c a n to e p ia n o f o r te .
V e rsi d i C. R i c c i .............................. 1889 c o m p . [C fr. A p p . I l i , 15]
8. M elo d ia p e r p ia n o f o r te d e d i c a ta a l
la P r in c ip e s s a d i S tro n g o li . . 1902 c o m p . [C fr. A p p . I li, 37]
9. C o m p o s iz io n e c o r a le - s tr u m e n ta le
su l te s to d e ll'O d e a lla R e g in a
d ’I ta lia d i C a r d u c c i ( in c o m p iu
ta ) ............................................................ U ltim i a n n i [C fr. A p p . I l i , 58]
D) T R A S C R IZ IO N I DA O P E R E P R O P R IE D E L M A R T U C C I
a) Per pianoforte a 4 m a n i.
1. R o m a n z a fa c ile
( o r ig in a le p e r p f. a 2 m a n i
[ c f r. B, 5 ] ) .......................................... R ic o r d i
2. I S i n f o n i a ................................................ 1890 coni]). K is tn e r
3. II S i n f o n i a ................................................ R ic o r d i
e) Per orchestra.
Seconda serie:
1. Ga l u p p i - Adagio.
2. Ma r t in i (G. B.) - Balletto.
3. R a m e a u - « Musette et Ron
deau ».
4. B e e t h o v e n - Largo (dalla So
nata per pf. op. 13 [Patetica]) 1870 comp.
5. S c h u b e r t - Momento musi
cale.
0. C h o p i n - S tu d io ................... 1870 comp.
7. M e n d e l s s o h n - Barcarola
8. S c h u m a n n - Rimembranze.
b) Per pianoforte.
N.° d ’ordine D a ta di com-
cronologico T itolo posi/, o pubbl. C asa editrice
ap p ro ssim ativ o o l a esecuz.
c) Per orchestra.
F) REVISION!
A) MUSICA
(*) Dobbiamo alla cortesia e accuratezza del prof. Barone, bibliotecario del Con
servatorio di Napoli, tu tti i particolari di questo elenco. I num eri d’opera naturalm ente
seguono sempre l’indicazione del m anoscritto che talora non corrisponde a quella della
stessa opera stam pata. Quanto alla num erazione d’ordine, seguendo il consiglio dello
stesso Barone, non teniam o conto di quella del catalogo, che non obbedisce a un criterio
preciso.
— 165 —
N ote c risc o n tri n o stri
11
— 166 —
32. Cinque pezzi di A. Corelli trascritti per pianoforte. [Cfr. App. E, II, b, 11]
1. Tempo di Gavotta (dalla Sonata op. IV n. 2);
2. Andante (dal Concerto op. VI n. 6); 3. Minuetto
(dal Concerto op. VI n. 9); 4. Tempo di Passepied
(dal Concerto op. VI n. 10); 5. Giga.
Luglio 1901.
[Secondo una nota dclTA., questi pezzi sarebbero
stati pubbl. dalPEd. A. Schmidt di Lipsia].
33. Nove pezzi di G. B. Martini trascritti per pf. . . [? Cfr. App. II, E, b,
1. Minuetto; 2. Rondò; 3. Giga; 4. Rondò; 5. An- 12]
dante; 6. Tempo di Gavotta; 7. Minuetto; 8. Minuet
to; 9. Minuetto.
[In prima pagina le seguenti annotazioni auto
grafe: 1
G. B. Martini da un volume di parecchie compo
sizioni per 2 Violini e Basso, e per 1 Violino c
Basso.
G. B. Martini 9 pezzi trascritti per pf. e ceduti
all’editore Schmidt.
Luglio 1901.
34. Quattro pezzi di L. Boccherini trascritti per pf. . [Cfr. App. II, E, b, 13]
1. Rondò (dal Quintetto op. 21 n. 3); 2. Tempo di
Minuetto (dal Trio op. 44 n. 2); 3. Presto assai
(dal Trio op. 44 n. 2); 4. Larghetto (dal VI Quin
tetto).
Luglio 1901.
35. Tre piccoli pezzi per pianoforte op. 79 . . . . [Cfr. App. II, A, 79]
1. Preludio; 2. Canzonetta; 3. Saltarello.
[Date rispettive:]
1) 10 agosto 1901; 2) agosto 1901; 3) luglio 1901.
36. Due Capricci per pianoforte op. 8 0 ................... [Cfr. App. II, A, 80]
1) Napoli, maggio 1902.
2) Napoli, luglio 1902.
[Nota dell’A.:] per l’Editore Schmidt di Boston.
37. Melodia per pianoforte dedicata alla Principessa
di S t r a n g o l i .............................................................. [Inedita?]
Napoli, 6 luglio 1902.
38. a) Seconda Sinfonia op. 81 in fa magg. - Partitura [Cfr. App. II, A, 81]
[Sul frontespizio la dedica:] «Alla mia Maria»
[e la data:] Quisisana, 11 settembre 1904.
[In fine invece la data:] 15 luglio 1904.
b) Altra copia della stessa con numerose annota
zioni in tedesco (evidentemente perchè la stam
pa dell’opera venne fatta in Germania, pur es
sendo assunta da Ricordi per la pubblicazione).
c) Diversi abbozzi della stessa, sia per pianoforte
che per orchestra.
39. n) - b) La stessa Sinfonia ridotta per pianoforte
a 4 m a n i ........................................... .... [Cfr. App. II, E, d, 3]
2 esemplari: uno a matita, uno a penna.
Napoli, marzo 1905.
— 168 —
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Dall’abbozzo autografo dell’« Ode alla Regina d’Ita lia » su test° Carducci.
(Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
- - 170 —
N ote c risco n tri
58. C o m p o s iz io n e v o c a le -s tru m e n ta le , in c o m p iu ta , s u l
l’O d e d i C a r d u c c i Alla Hei/ina d’H alia ........................ [ I n e d ita . D eg li u ltim i
[11 m a n o s c r itto c o n tie n e so lo la m u s ic a d e lT u ltim a a n n i. C fr. f a c s im ile 8 ]
q u a r t i n a d e ll’O d e, a b b o z z a ta p e r so li e c o r o c o n
a c c o m p a g n a m e n to d i p ia n o f o r te : n e lla p a r te d i
p ia n o f o r te si tr o v a a n c h e q u a lc h e in d ic a z io n e p e r
l ’o r c h e s tr a ] .
B) LETTERE
S o n o in tu tt o s e i: 1 a L a u ro R o ssi, 1 p r o b a b ilm e n te
a llo s te sso , 3 al m a r c h e s e L u ig i F ilia s i, 1 al m .° S a l
v a to r e Q u a r a n ta .................................................................. [C fr. A p p . V, A]
A P P E N D IC E IV.
1) Q u e sto n o n è u n a u to g ra fo d i M a rtu c c i, m a la c o p ia d i u n a c o m p o s i
z io n e d e lla s u a a d o le s c e n z a , fa tta d a l s u o c o n d is c e p o lo F lo r e s ta n o R o s s o m a n d i
e d a lu i p i ù t a r d i d o n a ta a R o c c o P a g lia r a . I n te s ta z io n e : Trio nell’opera « La
bella Elena » di Offenbach ridotto per violino, violoncello e piano da Giuseppe
Martucci di anni 111. Dedicato al Sig. Dinani Francesco Segretario del Municipio
di Napoli e sua nobile famiglia. Napoli 28 dicembre 186!). - In fin e la firm a :
« 8 marzo 1870 - Ilossomandi ».
2) Q ui c o m in c ia n o g li a u to g ra fi. Partimenti del M." Stanislao Maltei, armo
nizzati da Giuseppe Martucci. F ir m a to , se n z a d a ta . S c r ittu r a lim p id is s i m a : e v i
d e n t e m e n te u n a b e lla c o p ia . A n te r io r e a l m a n o s c r itto s e g u e n te , c h e è d e l 1876:
p r o b a b ilm e n te r is a l e a lla fin e d e l p e r io d o d i s tu d io d i M. in C o n s e r v a to r io ,
c io è al 1871.
3) T r a s c r iz io n e p e r p ia n o f o r te e v io lo n c e llo d e llo Studio o p . 10 n . 3 d i
C h o p in t r a s p o r t a t o d a m i m a g g io r e a r e m a g g io re . A u to g ra fo firm a to e d a t a to :
« N a p o li, A g o sto 1876 ». (C fr. A p p . I l, E , a , 2* s e r ie , 6 ).
4) T r a s c r iz io n e p e r p f. e v io lo n c e llo d e l Largo d e lla Sonata o p . 13 p e r p f.
(« P a te tic a ») d i B e e th o v e n , t r a s p o r t a t o ila la b. in a g g . a la m a g g . A u to g . firm a to
e d a t a to : 12 s e tte m b r e 1876. (C fr. A p p . I l, E , a , 2 ” s e r ie , 4).
5) B re v e c o m p o s iz io n e in fa m in . p e r t r e p a r t i s tr u m e n ta l i, d u e in c h ia v e
d i v io lin o , u n a d i b a s s o , s e n z ’a l tr a in d ic a z io n e : c a llig ra fia d e l R o s s o m a n d i. A te rg o ,
u n a m e lo d ia in c h i a v e d i v io lin o in si b. m in ., a u t o g r a f a : e v id e n te m e n te u n
c a n to d a to d a a r m o n iz z a r e , e s s e n d o v i s o tto p o s ti d e i n u m e r i r i f e r i b i l i a u n b a sso .
A ll’in c i r c a d e llo s te s s o p e r io d o g io v a n ile d e l p r e c e d e n te .
6 ) Sonata in fa diesis minore per violoncello e pianoforte di G. Martucci.
S o lo la p a r t e d i v io lo n c e llo . A u to g ra fo firm a to e d a t a to : « N a p o li , 8 b r e 1 8 8 0 » .
E ’ s e g n a ta v e r s o la fin e u n a lie v e v a r i a n t e c h e m a n c a n e l l’o p e r a s ta m p a ta : e
f o rs e u n a m in u t a a n a lis i r iv e l e r e b b e q u a lc h e a l tr o p ic c o lo d iv a r i o . D ite g g ia tu ra
e in d ic a z io n i d i c o lo r ito e d i a r c a te d i a l t r a m a n o , c e r to d i v io lo n c e llis ta .
Dagli appunti sull’uso dei corni nelle Sinfonie di Brahms.
A) Sulla l a Sinfonia. (Raccolta Gallini).
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— 174 —
7) R id u z io n e p e r so lo p f. d i 5 p e z z i d e l l’A d e ls o n e S a lv in i d i B e llin i.
1. S in fo n ia d e ll’a tto p r im o .
2 . C a v a tin a d i S tr a le y d o p o l ’in tr o d u z io n e d e ll’a tto p r im o ( p ia n o e c a n to ).
3. F in a le d e ll’a tto p r im o .
4. A ria c o n c o r i d i S tra le y , p r im o p e z z o d e ll’a tto s e c o n d o .
5. F in a le d e ll’a tto s e c o n d o .
A u to g ra fo non firm a to né d a t a to : p r o b a b il m e n te del p e r io d o in to r n o al
1880 -81.
10) S e r e n a ta o p . 57 n . 2 in so l m a g g . p e r p f. A u to g ra fo firm a to e d a t a to :
« B o lo g n a, fi n o v e m b re ’8 fi ».
16) R ip r o d u z io n e o r e v is io n e d i u n a S ic ilie n n e in d o m in o r e d i B o c c h e r in i
p e r 2 v io lin i, v io la , 2 v io lo n c e lli, b a s s o c o n tin u o . A u to g ra fo f irm a to n o n d a ta to :
•c irca d e l p e r io d o d e l p r e c e d e n te .
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Lettera a Lauro Rossi. (Biblioteca del Conservatorio di Napoli).
17) Il secondo dei Due Notturni per pianoforte di G. M. Op. 70. Autografo
firmato e datato: « S. Vittore, 29 agosto 1891». (S. Vittore è una collina presso
Bologna).
18) Giga per orchestra (dall’op. 60 n. 3). Autografo non firmato né datato.
Intorno al 1891-92.
19) Canzonetta per orchestra (dall’op. 65 n. 2). Autografo non firmato né
datato. Circa del periodo del precedente.
20) Foglio di 4 pagine di appunti di strumentazione precisamente sull’uso
dei corni nelle Sinfonie di Brahms. Autografo non firmato né datato. Circa del
periodo del precedente.
Trascriviamo per darne un’idea il brano d’inizio:
« Sinfonia. Come massima stabilire per i corni la differenza fra il ^ al [sic.]
b in relazione dell’accordo.
Gentilissimo Signore,
Invio alla S. V. I. il lavoro che aveva promesso per concorrere alla grande
opera da Loro iniziata, e le rendo di nuovo infinite grazie per avermi creduto
degno di prestare un minimo omaggio allTllustre estinto.
Ho intanto l’onore di essere
Suo devotissimo
G. M a r t u c c i
molto a desiderare. Non bisogna farsi illusioni! Le condizioni delle masse corali
sono deplorabili in tutta l’Italia: c non sarà possibile rimediarvi senza constituire
delle grandi società corali. Fortunatamente, l’Arcivescovo di Bologna, che è per
sona intelligente e di larghe vedute, si sta cooperando per organizzare una so
cietà corale che si chiamerà S. Cecilia. Fin dalla prima prova, feci sapere al
sindaco, presidente della Fabbriceria di S. Petronio, che, con quelle voci sfiatate
e stonate, non sarei rimasto al mio posto di maestro della Cappella; ed il sindaco,
molto gentilmente, mi autorizzò ad apportare qualunque innovazione volevo al
capitolato della Chiesa. Fra giorni, si aprirà il Liceo, e comincerò la mia nuova
vita artistica, e fin da ora mi pare che essa si presenti bene e sarà piena di
soddisfazioni. L’editore Kistner, di Lipsia, ha pubblicato il mio Concerto, e vi
sarei molto grato se voleste farcene venire la partitura. Se lo potete, datemi le
vostre notizie, che mi farete un piacere immenso; e quando farò eseguire una
Messa di Beethoven o lavori di altri sommi, spero mi diate la soddisfazione di
venire a Bologna a sentirli. Mia moglie m’incarica dei suoi saluti alla Signora
Marchesa madre ed alla vostra gentile consorte; io fo lo stesso e mi lusingo che
non vogliano dimenticarsi degli assenti. Vogliatemi bene, ed abbiatevi l’assicu
razione del mio sincero affetto.
Vostro devotiss.
G . Ma r t u c c i
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•che io avessi potuto attribuire a negligenza il vostro silenzio. Del resto, la mia
lettera diretta a Quaranta, e che ora per un vostro pensiero gentilissimo, trovasi
in vostro possesso, è testimone che non ho mai dubitato del vostro affetto. Sono
davvero contento sapere che il mio Concerto vi piaccia tanto: non v’è maggior
soddisfazione che quella di vedersi apprezzate le proprie opere, che costano
tanto lavoro, dalla classe eletta ed intelligente. Mio malgrado, ho dovuto rinun
ziare ad assistere alla prima rappresentazione dell’0/e//o, avendo sentito dire che
la poltrona costi 200 franchi; ed io, francamente, non voglio darmi questo lusso,
anche perché non mancherà occasione di udire l’opera a condizioni più ragio
nevoli! (■*) Credo abbiate letto nei giornali che nell’88 avrà luogo a Bologna una
esposizione nazionale: i progetti sono grandiosi: si parla, fra l’altro, di costruire
una città etnisca! Ma per ora si è ancora nel regno delle chiacchiere, ed io ne
so qualche cosa, facendo parte della commissione musicale che ha un compito
abbastanza grave; ho voluto solamente accennarvelo: piu in là, quando saremo
al concreto, vi terrò informato di tutto. La mia famiglia ed io stiamo benissimo.
Il clima di Bologna, almeno per ora, non ci dà molestia alcuna, sebbene il freddo
sia molto intenso; ma noi ci siamo così bene armati di stufe e camini che in
casa si sta deliziosamente. Fo una vita molto tranquilla e che si adatta comple
tamente ai miei gusti: vado al lacco dalle 10 a mezzogiorno ed ho tutto il resto
della giornata per lavorare. Non è molto che ho scritto due pezzi per pianoforte
solo ed uno per violino e pianoforte; ora sono intorno ad un poemetto per
canto e piano, e dopo mi occuperò della messa di gloria che i bolognesi aspet
tano per la festa dell’anno venturo in S. Petronio. Vi ringrazio dell’affettuoso
telegramma, e son sicuro che il Principe d’Ardore vi avrà fatti gli auguri pel
nuovo anno; ad ogni modo, ve li rinnovo. Mia moglie m’incarica de’ suoi saluti
ed insieme vi preghiamo di presentare i nostri rispettosi omaggi alla gentile
Marchesa e Marchesina; vogliate ricordarmi anche alla famiglia Gigliano. Vi
sarei grato se voleste salutarmi il Principe d’Ardore e dirgli che ho ricevuto la
sua lettera. Abbiatevi di nuovo i miei più vivi ringraziamenti per l’affettuosa
lettera, e, con la speranza che vogliate sempre continuarmi la vostra benevo
lenza, vi stringo cordialmente la mano
Vostro dev.
G. M a r t u c c i
prego gradire anche le mie calde congratulazioni, che se hanno il torto di arri
vare in ritardo, non sono per questo meno sentite e leali. Quando potete, datemi
vostre notizie e ve ne sarò grato. Vogliate far gradire all’ottima Marchesa ed
alla gentilissima vostra Signora i sinceri ossequi di mia moglie e miei. Vi
stringo cordialmente la mano.
Vostro amico
G. Ma r t u c c i
Caro Fano,
Di ritorno da Napoli trovo qui là sua lettera. Se lei non ha ancora ricevuta
la seconda rata (rata che era già convenuto dovessero spedirgliela subito) me
lo faccia sapere, affinché io spinga la pratica. Ad ogni modo, se anche questa
rata non arrivasse in tempo, lei parta senza esitanza, perché il Ministro mi ha
lasciata completa libertà nella cosa. Di cuore le stringo la mano
Suo affano
G. Ma r t u c c i
12
>
— 182 —
4. - [Cartolina postale].
Signor Vitale Fano - Padova.
Castiglion dei I’epoli, 17 7bre ’97.
5. - [Biglietto da visita con busta, timbrato da Castiglion ile’ Pepoli, .1 ottobre ’97].
M. Guido Fano - Via Selciato del Santo 4007 - Padova.
Caro Fano,
Ricevo quassù l’annunzio della terribile sventura che l’ha colpito (T). Inten
do quale sia il suo dolore, e vi prendo vivissima parte. Voglia far gradire alla
sua famiglia le mie sentite condoglianze, e lei si abbia un’affettuosa stretta di
mano dal
S u o a f f.m o G. M a r t u c c i
(C a s t i g l i o n e )
Caro Fano,
Vi mando a leggere, per amenità, l’acclusa cartolina (8). Io, intanto, ho già
scritto al Kistner per la pubblicazione della vostra sonata, e vi comunicherò la
sua risposta appena l’avrò ricevuta.
Vi stringo la mano cordialmente
Vostro aff.
G. Martucci
Caro Fano,
Dispiacevolmente il Kistner mi risponde come vedete. Scriverò a Breitkopf.
Ricevetti la vostra lettera: troppe cose vi sarebbero da dire! Voi avete ingegno
ed amore al lavoro: sicché l’avvenire è vostro, senza aver bisogno di consigli
e di aiuti altrui. Vi stringo cordialmente la mano
Vostro oit.
G. Ma r t u c c i
— 183 —
Suo devot.mo
K is t n e «
Sc h a f f e «
Caro Fano,
Accludo la risposta di Breitkopf. Mandategli subito la Sonata, accompagnan
dola con due righe, cosi vi metterete in corrispondenza diretta per gli accordi
necessari. Credetemi cordialm ente
Vostro alt.
G. Martucci
M onsieur,
A yant reçu v o tre c a rte p o sta le du 3 cour., no u s vous prions de nous faire parvenir
le m a n u sc rit de la S onate do n t vous p arlez p o u r inspection. A ussitôt que nous en aurons
p r is co n n aissan ce, nous vous fero n s sa v o ir n o tre décision (*).
Nous ne m a n q u o n s pas de vous recom m an d er en m ême tem ps la m aison G. Ricordi
& C. à M ilan, au cas où M. G. A. F ano devait p référer de p u b lier sa Sonate p. Piano
e t V ioloncelle en Ita lie . É ta n t les re p ré se n ta n ts de cette m aison pour l ’Allemagne et
l’A utriclic-H ongrie, no u s som m es chargés de la vente exclusive de leurs publications et
n o u s p o u rrio n s fa ire , p a r conséquent, to u t ce q u ’il est possible pour la propagation dans
c e s deu x pays.
V euillez ag réer. M onsieur, l’expression de nos se n tim en ts bien distingués.
[ in c a lc e :]
M onsieur G iuseppe M artucci, C astiglione dei P e p o li,'P ro v . de Bologne.
— 184 —
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. c^-^c^> v>t? ’il.
Egregio Signore,
Mi scusi il ritardo col quale le rispondo: avrà già saputo, dal Prof. To
fano (1T), che sono stato indisposto. E mi dispiace sinceramente dirle che,
per ora, né io né i professori d’orchestra possiamo accettare il suo invito essendo
impegnati qui per i concerti orchestrali. Né ho bisogno di assicurarle con quanto
calore avrei data la mia opera per uno scopo cosi benefico e patriottico, e come
io sia sinceramente rammaricato di doverle rispondere con un rifiuto. Spero
di potermi-prestare in altra occasione; e con i sensi della più sentita stima ho
l’onore di dirmi
Suo dev.
G. Martucci
Illustre Maestro,
L’editore Kistner mi scrive autorizzandomi a farle pubblicare amichevol
mente nel Teatro Illustrato (19) un numero delle mie « Pagine sparse » (20), a
condizione, però, che lei aggiunga qualche parola per far palese il suo diritto
d’editore, e cosi evitare il rischio che altri giornali si permettano la riprodu
zione senza domandarne a lei l’autorizzazione. Per la scelta, desidero si pub
blichi la prima melodia delle suddette « Pagine sparse ». Le stringo cordialmente
la mano.
Suo dev.
G. Martucci
187 —
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7. - [Cartolina postale].
Prof. Romeo Orsi (21) - Via Andrea Appiani 8 - Milano.
Bologna, 24 aprile ’94.
Caro Professore,
Desidero che il coro sia messo tutto unito dietro l’orchestra. Le stringo
in fretta la mano
Suo dev.
G. M a r t u c c i
Egregio Professore,
Le presento e le raccomando il Sig.r Bruno Mugellini (22), che fece brillan
temente i suoi studi di pianoforte e di composizione nel nostro Liceo, e che ora
ha avuto l’onore di riuscire primo nel concorso bandito da codesta Società
Orchestrale. Le sarò obbligatissimo se vorrà interessarsene; e gliene anticipo i
più sinceri ringraziamenti. Mi creda, con una amichevole stretta di mano
Suo dev.
G. M a r t u c c i
Stimatissimo Maestro,
Le sono veramente obbligato della sua cortese accettazione c la ringrazio
di tutto cuore. Per diverse ragioni sono obbligato a rimettere il concorso ai
primi di dicembre, e spero che questo cambiamento non le arrechi troppo di
sturbo, nel qual caso la prego avvisarmene subito.
Gradisca una cordiale stretta di mano
Suo dev.
G. Ma r t u c c i
F.S. — Fra giorni il Mugellini le spedirà una scelta di alcuni pezzi facili
-di Bach, ordinati, diteggiati ed illustrati con rara perizia, e che io penso di
adottare nel nostro Liceo. Gliela raccomando vivamente, persuaso che sarà una
pubblicazione assai utile agli studiosi (23).
G. M.
13. - [Cartolina illustrata con riproduzione del ritratto di Dante dipinto da Giotto],
Chiar.mo Comm. Carlo Lozzi - Via del Teatro Pace - Roma.
[Sul ritratto di Dante:]
Firenze 11 Xbre 1907. \
G. M a r t u c c i
Un saluto da G. Martucci.
13
*'*'-•7*9*VW-MM'1-*T
— 190 —
NOTE ALL’APP. V.
(1) Didatta, direttore d’orchestra c compositore (1812-85), dal 1850 direttore del
Conservatorio di Milano, 1871-82 di quello di Napoli. Con ogni probabilità questa lettera
e la seguente si riferiscono alla preparazione dcllVUbum in memoria di Bellini, per cui
effettivam ente M. compose un pezzo («R acconto» per pianoforte: cfr. App. Il, B, 4),
come uno ne compose Lauro Rossi. Da ricordare che nel settem bre 1876 aveva avuto
luogo il trasporto della salma di Bellini da Parigi a Catania. L ’A l b u m però (contenente
non solo composizioni musicali ma scritti vari) apparve solo nel 1886.
(2) Nobile napoletano, grande am atore d’arte c specialmente di m usica: fu tra
i primi, fautori della Società del quartetto e della Società orchestrale di Napoli. Anche
compositore dilettante, autore dell’opera l ì M e n e s tr e llo (rappres. Napoli 1880). Sulla
composizione I.e S e t t e p a r o le cui accenna il Martucci in una delle lettere qui rip o rtate,
non abbiamo finora dati più precisi.
(3) Salvatore Q uaranta, insegnante di pianoforte di Napoli.
(4) Per contro v. C. G a t t i : V e r d i (Milano, 1931), II, p. 383, ove tra i nomi degli
individui notevoli che assisterono alla prim a dell’OIe//o è indicato anche quello di M-
(5) Questo telegram m a, le due prime lettere e la cartolina seguenti sono in rapporto
a ciò che è detto nell’introduzione di questo volume, pag. 9-10, sulla m ia visita al Martucci
e i suoi consigli riguardo agli studi. Rinunciato che ebbi a fare un corso regolare di
studi a ll’estero per cui il m inistro Gianturco mi aveva destinato un sussidio, con l’in
tervento del Martucci fu possibile che il m inistro stesso mi conservasse il suo appoggio
e concedesse ugualm ente la borsa di studio per un viaggio d’istruzione a Ratisbona,
Norimberga, Bayreuth e Monaco di cui si posson vedere i particolari nella relazione da
me fatta al Ministero — a cui si allude nella cartolina del Martucci del 18 settem bre ’97
— e pubblicata nei miei P e n s i e r i s u l l a m u s ic a (Bologna 1903, pag. 11 sgg.) [Nota di G. A.
F a n o ].
(6) Mio padre. [Nota di G. A. F .].
(7) La morte di mio padre. [Nota di G. A. F .] .
(8) La cartolina è di un editore di Milano ora defunto.
(9) La Sonata fu poi effettivam ente pubblicata dalla Casa Breitkopf-Hiirtcl.
(10)Amintore Galli, il noto musicologo (Rim ini 1845 - ivi 1919), autore della E s t e
(1900) e di altri num erosi scritti storici e teorici, era, al tempo della
tic a d e lla m u s ic a
presente lettera, direttore dello stabilim ento musicale E. Sonzogno e collaboratore di
vari giornali. Evidentemente il Martucci qui si riferisce ad una richiesta di prestito di
musica che il Galli gli aveva fatto.
(11) Francesco Fiorim o, musicografo e didatta (S. Giorgio Morgeto, Calabria, 1800-
Napoli 1888), autore del saggio L a s c u o la m u s ic a l e d i N a p o l i e i s u o i C o n s e r v a to r i
(4 volumi, Napoli 1880-81), era dal 1826 direttore dell’Archivio musicale del Conserva-
torio di Napoli.
(12) Procuratore della ditta Ricordi dal 1858. (Cfr. N a r d i : A . B o it o [Milano 1942,
rist. 1944], passim.).
(13) Giulio Ricordi, allora capo della Casa editrice omonima.
(14) Cfr. Appendice II, A, 55, 2.
(15) Non si può finora stabilire se qui il Martucci si riferisca ai S o g n i (cfr. App. II,
B, 8) o alle P a g in e s p a r s e (cfr. App. II, A, 68).
(16) Aldo Mastrigli, cultore di studi m usicali e letterari (1856-1914); i suoi scritti
sono vari: fra essi i due seguenti hanno l’indicazione di « m a n u a le » : il Manuale p ra
tico G li u o m i n i i l l u s t r i d e ll a m u s ic a d a G u id o d ’A r e z z o f in o a i c o n te m p o r a n e i (Roma
1886), e il M a n u a le d e l p i a n i s t a (ivi 1889). Probabilm ente il Martucci si riferisce a
quest’ultim o.
— 191 —
(17) Gustavo Tofano, pianista c compositore (1844-1899), insegnante di pianoforte
al Liceo Musicale di Bologna dal 1872 al 1898.
(18) Evidentemente si tra tta della celebrazione della Rivoluzione francese (cfr. la
data col seguito della lettera).
(19) Rivista milanese di cui il Galli era collaboratore.
(20) Cfr. App. II, A, 68.
(21) C larinettista c fabbricante di strum enti m usicali (1843-1918): fu l’organiz
zatore della società « Orchestrale della Scala », inventore del clarinetto a doppia tona
lità, prim o clarinettista della Scala per 40 anni (dal 1871), professore di clarinetto al
Conservatorio di Milano dal 1873 ecc. A quale m anifestazione musicale il Martucci si
riferisca in questa cartolina, non abbiamo finora potuto stabilire. Sfogliando l’annata
1894 della G a z z e tt a m u s ic a l e d i M ila n o non abbiamo trovato recensione di alcun con
certo sinfonico-vocale del Martucci.
(22) Del Mugellini, il cui valore come didatta del pianoforte non c’è bisogno di
illustrare, ricorderem o qui solo che nacque a Potenza il 1871 e m ori a Bologna il 1912;
e che, come compositore, se non eccelse, m eriterebbe tu ttav ia d ’esser piu conosciuto.
(23) D idatta e compositore (1858-1939) noto specialmente per la sua attiv ità di
insegnante di composizione al Conservatorio di Milano dal 1888 al 1929.
(24) Si deduce da qui che la casa Ricordi faceva allora annualm ente un dono di
composizioni musicali al Liceo di Bologna e, con ogni probabilità, anche ad a ltri istituti.
(25) La nota raccolta dei 23 p e z z i f a c i l i , che fu poi in effetto pubblicata da casa
Ricordi, come ogni studioso di pianoforte sa.
(26) Il concerto commemorativo della morte di Verdi avvenuto il 25 febbraio 1901,
dal che si deduce la data di questa lettera che, oltre all’esserne andata perduta la busta,
è tra le poche non datate a ll’interno.
(27) Cfr. App. II, D, e, 2, 2).
(28) Cfr. App. II, D, b.
APPENDICE VI.
(*) Dobbiamo queste note alla cortesia del Sacerdote Dal Monte-Casoni, archivista
della Chiesa di S. Petronio, e del ragionier Bettini, economo della fabbriceria della
Chiesa stessa.
— 193 —
si del progetto del Martucci, non procedeva alla nomina dei musici man mano
mancanti; e, in attesa della risoluzione della cosa, accordava il posto di facente
funzione di Direttore della Cappella all’organista capo prof. Santoli, il (piale
la tenne per lunghi anni, rinunziandovi nel 1918 (mori nel 1923). Infine, in
un’adunanza del 20 ottobre 1922, fu decisa la soppressione della carica di Di
rettore di Cappella, causa le disagiate condizioni economiche della Fabbriceria.
Dai suddetti documenti parrebbe dunque risultare che il Martucci fosse
stato bensì nominato maestro di cappella, ma non avesse mai preso effettivo
possesso della carica. A ciò però contrastano le dichiarazioni del Martucci stesso
in una, anzi due delle lettere al Marchese Filiasi che riportiamo nell’App. V,
dove risulta che egli si occupò di esecuzioni musicali in S. Petronio, e dove
inoltre egli dice che, senza le riforme da lui suggerite, non avrebbe potuto
rimanere al suo posto di Maestro di Cappella: dal che si vede che, almeno in
certi limiti e per un periodo non ancora precisabile, quella funzione la tenne
effettivamente. Da ricerche future attendiamo il pieno chiarimento della cosa.
t
— 194
BIBLIOGRAFIA
(in ordine cronologico)
IN T R O D U Z IO N E ......................................................................................................................... 7
I - VITA E MISSIONE A R T IS T IC A ........................................................................................15
1. (1856-1886). Infanzia, studi e prim a fioritura artistica. Giri di concerti
pianistici e sinfonici: anni d’insegnamento al Conservatorio di Napoli 19
2. Il periodo bolognese (1 8 8 6 -1 9 0 2 )....................................................................... 27
3. Il secondo periodo napoletano (1 9 0 2 -1 9 0 9 ).................................................. 33
II - L’O P E R A ................................................................................................................................ 37
1. Osservazioni p r e l i m i n a r i ............................................................................................. 39
2. Composizioni p i a n i s t i c h e ............................................................................................. 42
3. Musica strum entale da c a m e r a ................................................................................62
4. Composizioni di lirica v o c a l e ............................................................................... 80
5. Opere s i n f o n i c h e ............................................................................................................ 87
6. Pezzi dell’oratorio S a m u e l .....................................................................................I l i
7. Trascrizioni ................................................................................................................. 118
Pag. Pag.
Acuto ( v . P o lid o r o F e d e r ig o ) Chopin F. . . .13, 22, 45, 48, 53,
Ad ini Ada . . 150 55, 56, 58, 69, 73,
A lbanesi Luigi . . 19, 133 76, 118, 120, 146, 148,
Albert (D') E. ( v . D 'A lb e r t) 149. 150, 161, 176
Anfossi Giovanni 140 Cimarosa D. . . .............................. 59
Annunzio (D’) (o . D 'A n n u o z io ) . . Clausetti Carlo . 34, 133, 135, 136, 194
Ardore ( P r in c ip e d i) . . 22, 148, 180 Clausetti Pietro .............................. 146
A rrivabene O. 134 Clementi M. . . .................... 118, 161
Bach .1. S. . . . . . l ì . 20, 26, 30, 31, Colella M aria ( v . M a r tu c c i C o le lla ) .
115-6, 118, 120, 133, Corelli A. . . . . . 118, 150, 163, 167
149, 150, 151, 162, Cowcn F. H. . .
166, 189, 191. Croce B. . . . . 40, 53, 60, 74, 137
Barone Oreste 164 D’Albert E. . .
Baudelaire . 78 Dallolin A. . . ...............................135
Bazzini A. . . . 30, 32, 150 Dal Monte Casoni B. (S a c e r d o te ) 192 n.
Beethoven . . 12, 13, 15, 22, 23, D’Annunzio . . . 31, 60, 80, 136, 151
25, 26, 28, 30, 31, Dante . . . . ...............................189
34, 36, 43, 65, 69, De Blasi I. .............................. 141
73, 95, 99, 108, 118, Debussy C. . . . . 30, 55, 60, 125, 153,
120, 127, 136, 139, 146, 195
148, 149, 150, 151, 152, Dent E................... ...............................135
161, 171, 178. Depanis G. . . .............................. 194
Bellini V. . . 14, 23, 28, 134, 158. De Paoli D. . . .............................. 135
168, 172, 177, 190. Di Giacomo S. .
B ennati (s o p r a n o ) . . . 118 Dinani F. . . . .............................. 171
Berlioz E. . . . . . . 25, 50, 56, 149 D’Indv V. . . .
Bertelin Albert 14 Donizetti G. . .
Bettini A. . . . . . 192 n. Ducei C. . . . ...............................148
Boccherini I.. . . . 118-9, 148, 162, 163. Dvorak A. . . . .............................. 151
167, 174 Esposito Michele .............................. 21
Boito A. . . . . 24, 190 Faccio F. . . .
Brahm s J. . . . 13, 14, 15, 26, 30, Falchi S. . . .
51, 55-7, 60, 61, 64, Fano G. A. . . . 30, 136, 151, 152, 181-4
71, 72, 73, 87, 88, Fano V itale . . . . 11, 181, 182, 190
93, 98, 108, 124, 127, Fcrroni Vincenzo ..................... 188, 191
135, 137, 141, 149, 150, Filiasi Luigi . . . 27, 149, 170, 177-81
151, 175, 195 190, 193
Breitkopf & Härtel (editori) . 182-3, 190 Filippi F. . . . . . 24, 123, 138, 146
Briccialdi G. . . 148 Finizio Luigi . . . . . 15-16, 36, 111
Busi Alessandro 10 Fiorimo F. . . . . . 34, 134, 184, 190
Busoni F. . . . . . 11, 13, 29, 120 Franck C. . . . . . 30, 116, 151, 152
Carducci G. . 9, 28, 135, 137, 158, Galli Amintorc . 94, 119, 123, 137, 184,
159, 168 186, 188, 190, 191
'Carissimi G. . 23 Gailini Natale . . I l i , 137, 171, 184
Carlo X ( R e d i F r a n c ia ) . 27 Gallone E. . . .............................. 175
Cesari Gaetano 134 Galuppi B. . . .................... 118, 161
Cesi Beniamino . • 16 sgg. 33, 133, 138. Henselt A. . . . .............................. 151
146 Hugo V. . . .
Cesi Napoleone . . 19. 133 lerace F. . . . .............................. 194
Cesi Sigismondo 133 Indv V. (D’> ( v . D ' I n d g ) .....................
Cherubini L. . 25, 27 58, 148, 149, Ivaldi F. . . . . . 11, 12-13, 30, 151
174, 177 Joachim J. . .
200 —
Pag. Pag.
Kalbeck M 135 Meyerbeer G................................................. 134
Kant E. 26, 55 Monteverdi C................................................125
Gandino Adolfo . . . . 12, 135, 195 Motti F.......................................................... 153
Gatti C. . . . .......................... 149, 190 Mozart W. A. . 10, 12, 22, 23, 25,
Gentili Alberto ................................ 12 26, 118, 120, 146, 148,
Gianturco E. . . .......................... 181, 190 149-50, 152, 161, 162, 163,
Cigliano (f a m i g l i a ) ..........................180 166
Giotto . . . . ................................... 189 Mugellini B. . . 11, 12, 30, 151, 188,
Glazounow A. K. ................................... 153 189, 191
Gluck C. . . . ...............................161 Mussorgsky M..............................................125
Goethe W. . . . ...............................26 Nappi G. B. . 23, 123, 134, 139-40, 149
Goldmark C. . . ................................... 151 Nardi P ......................................................... 190
Grieg E. . . . ...................................195 Nietzsche F .................................................... 15
Nikisch A........................................................ 11
Guido d’Arezzo . ................................... 190 Norsa E m il io ................................................12
Gulli Pietro . . ...............................186 Novàk V........................................................ 195
Händel G. K. . . 118, 120, 162, 166, 174 Offenbach J .................... 21, 134, 146, 171
Hanslick E. . . ..................................... 30 Oictti P a o l a ............................................. 136
Haydn J. . . . . . . . 12, 150, 161 Orsi R o m e o .................................... 188, 191
Kaschniann G. . ................................... 154
Pagliara R.. . 11, 34-5, 83, 136, 158
Kistner-Schäffer ( e d i t o r i ) 178, 182-3, 186
165, 171, 194
Kubelik J ........................................................ 11 Paisiello G......................................................59
Kalo E. . . . . t ................................... 151 Palestrina P. L..................................... 23, 125
I.ebert S...........................................................45 Palum bo C.................................................... 148
Leoni S.......................................................... 195 Panizzardi M................................................135
Liszt F ................... 13, 19, 22, 34, 45, Pannain G.................. 87, 128-9, 136, 195
51, 56, 88, 120, 138, P arry B. H. H...................................... 30, 151
146, 150, 151 Pascoli G i o v a n n i ..................................... 60
Longo A. . . . 49, 133, 134, 136, 137
Pellico S ilv io ...................................... 80, 158
Lorenzoni R .................................................149
Pergolesi G. B ............................................... 59
Lotti A.............................................................23
Perosi L...........................•..............................30
Lozzi C a r l o ............................................. 189 Pcrracliio L......................................... 137, 195
Lulli G. B. . . . 58, 118, 120, 149, 161, Persico F ......................................112, 159, 165
162, 175 P f i s t e r ................................................... 148
Luzio A..........................................................134 P iatti A..................................................22, 148
Mackenzie A. C............................................. 30 Piccinni N................................... 118, 149, 162
Maffei ( c o n te s s a ) ................................... 134 Pinelli E.............................................. 149, 151
Mancinelli L. . . 25, 27-8, 30, 134, 135, Pinto ( v i o l i n i s t a ) ................................... 146
152 Piroli ( s e n a t o r e ) ................................... 134
Marcello B. . . . . 23, 118, 163, 175 Pizzetti 1.................................127-8, 141, 194
M argherita (p r i n c i p e s s a , p o i R e g in a P latania P ...................................................... 32
d ’Ita lia ') .................................... 146, 159 Polidoro F e d e r ig o ................................... 138
Martini G. B. . . 10, 28, 118-9, 161, 163,
164 P ollini C.................... 9, 12, 13, 24, 31-2,
136
Martucci Gaetano . 20-1, 145, 146, 152
P rati R i c c a r d o ...................... 87, 135, 194
Martucci Martucciello Orsola . . 20, 145
Q uaranta S..................... 170, 178, 180, 190
Martucci P a o l o ................. 36, 148
Martucci Teresa ..................... 20, 145-6 Raimondi P ..............................................H
Martucci (Colella) Maria . 15, 16, 36, Rameau J. Ph. . 118, 120, 150, 161, 162
148, 167 Respighi O...............................................• 12
Martucciello (i>. M a r iu c c i O r s o la ) . Ricci Corrado . 80, 157, 159, 165, 168,
Maselli ( v i o l o n c e l l i s t a ) ................. 146 184, 190
Massenet .1.............................................151 Richter H a n s ......................................... 11
M astrigli L........................... 184, 140 Ricordi ( e d it o r i ) . 42, 183, 184, 188, 190
Masutto G..............................................194 Rosenthal M..........................................11, 151
Mattei S........................................21, 134, 171 Rossi L a u r o ........................... 170, 177, 190
M endelssohn-Bartholdy Felix . 22, 55, Rossini G........................ 25, 28, 146, 152
63', 118,146, 148, 149, Rossomandi F ...................................... 33, 171
150, 161 Rotondo P .................................................... 168
Merendante S 21, 195 Rubistcin Anton 11, 22, 45, 138, 146, 148
— 201
Hag. Ha«.
facchini A.............................. 118-9, 152, 162 Sturani 12
Sacerdoti G.........................................136 Sullivan .A. 151
Saint-Saëns C.......................... 30, 149, 151 Tebaldini G. . 134, 194
Salvagnini A......................................152 Thalberg S. . , 133, 146
Samicl ( p s e u d o n i m o ? ) ...............139 Tofano Gustav o . . . . 186, 191
Sam m artini G. B............................119 Torchi L. . . 30, 40, 94, 96-7, 104,
Sam m artini Giuseppe 118-9, 148, 162, 107, 119, 123, 135, 136,
163, 166 194
Santoli ( o r g a n i s t a ) . . . . 193 Tornaghi E. . . 184,, 189, 190
Toscanini A. . . 11, 31, 33, 34, 106,
S arti F. . . . . . 149, 151
Scarlatti A. .................... 59 109, 140, 151, 152
S carlatti D. Valetta I. 136
. 13, 50, 54, 59, 93,
118, 126, 148, 150, 161 Veneziani V ittore . . . 12
Scherillo M. . . . 23, 134, 136, 194 Verdi G. . 10-11, 13, 16. 21, 23-4,
Schiller F. .................... 26 27, 30, 31, 35, 43,
Schubert F. . 55, 118, 150, 151, 161 108, 134, 135, 146, 149,
Schum ann R. . H , 22, 25, 30, 31, 152, 154, 158, 180, 189,
36, 54, 55, 56, 74, 190
118, 139, 141, 146, 148, Verga G. 59
149, 150, 151, 152, 161 Victoria (Da) 125
Serrao P. . . . 21-2, 134, 146, 148, 152 W agner R. . ■ 11, 13, 14, 15, 23,
Sgambati G. . . . 24, 30, 93, 123, 127, 25, 27, !29-30, 31, 33,
152, 184 34-5, 36, 56, 65, 76-8,
Shakespeare W. .. . ...................... 26 86, 88, 125, 135, 138,
Sonzogno ( e d it o r e ) ...... 186-190 148, 149, 150, 151, 152,
Spontini G................................................... 149
Stanford Ch. V. . . . 30, 31, 135, 151 153, 174
W eber C. M. 25, 53, 149
S tark L............................................................ 45 r
S toltz ...................................................... 148 W idmann J. V 30
S trauss R........................ 56, 97-8, 125, 153 W ilhelm j A. 148
Strongoli (Principessa di) . . 159, 167 Ysavc E. . • . 11 , 151
FINITO DI STAMPARE IL 31 MARZO 1950
NELLE ARTI GRAFICHE DINO GROSSI
MILANO - VIA PRIVATA REOOIO N. 4