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GUIDE ALLA MUSICA

PIERO RATTALINO
DA CLEMENTI A POLLINI
DUECENTO ANNI
CON I GRANDI PIANISTI

RICORDI / GIUNTI MARTELLO


PIERO RATIALINO

DA CLEMENTI A POLLINI

DUECENTO ANNI
CON I GRANDI PIANISTI

RICORDI /GIUNTI MARTELLO


PREMESSA E GIUSTIFICAZIONE

I grandi pianisti: da Clementi a Pollini è stato scritto nel primo


semestre del 1981 e ritoccato nel 1982 per incarico dell'editore, ma
più di metà del materiale che vi è contenuto risaliva ad anni
precedenti ed era stato pubblicato in riviste, note a programmi di
sala, presentazioni e recensioni di dischi. Ho scritto saggi sui pia-
nisti e recensioni di dischi all'incirca dal 1960 e sulla storia dell' e-
secuzione pianistica ho cominciato a riflettere da ragazzo, quando il
mio maestro di composizione Luigi Perrachio mi parlava di Ro-
senthal o di d'Alberto di Busoni. A cinquant'anni, avendo l'occa-
sione di riunire in un volume organico le mie idee dopo aver speso
gran parte della mia vita di musicista intorno al pianoforte, avrei
desiderato di stendere una vera e propria storia dei pianisti. Mi
sono presto accorto che ciò non era possibile. Ho pensato allora di
raccogliere i miei saggi, ma mi son reso conto che in questo modo
avrei soprattutto raccontato la frastagliata storia dei miei studi e
delle mie ricerche. Ho scelto allora una strada intermedia: ho
ripreso la parte, che considero ancor valida, di ciò che ho scritto in
circa vent'anni ed intorno a questo nucleo ho costruito ed amalga-
mato i collegamenti ed i completamenti necessari, lasciando che
emergessero qua e là le originarie impostazioni saggistiche.
Non è una storia, come dicevo. Può esserci storia quando molti
documenti sono stati pubblicati, quando sono state scritte biografie
critiche dei principali protagonisti, quando sono disponibili gli
epistolari. Il materiale di cui potevo disporre, in questo senso, era
troppo ridotto. E così ho composto un collage che è un po' storia,
un po' ipotesi storica, un po' racconto, un po' reminiscenza. Il
pericolo, e me ne rendevo ben conto, era di fare un miscuglio da cui
8 Premessa

sarebbe uscita la mitologia dei pianisti. Ho cercato di evitare la Prima parte


trappola e può darsi invece che ci sia caduto dentro. Ma credo che
un libro come questo non sia in ogni caso inutile: è, per lo meno, il IL SUONO SILENTE
risultato di una lunga riflessione su un argomento che viene spesso
trattato in modo agiografico e che solo molto di recente, specie con
gli studi di Joachim Kaiser, sta decisamente uscendo dal tunnel
della impostazione giornalistica ed aneddotica.
Il numero di pianisti dei quali parlo sembra elevato. In realtà è
ridottissimo, e mi spiace di non aver potuto trattare o per lo meno
accennare a taluni artisti dei quali avrei detto volentieri: cito qui,
per limitarmi agli italiani, Ernesto Consolo, Gino Tagliapietra,
Pietro Scarpini, Gino Gorini, Aldo Ciccolini, Maria Tipo, Bruno
Canino. I limiti di spazio, del resto avvii, mi hanno posto nella
condizione o di dover trascurare alcuni artisti o di dover eliminare
alcune analisi. La seconda strada avrebbe reso forse più scorrevole e
piacevole il libro, ma mi avrebbe riportato di più verso il racconto;
la prima strada, che ho scelto, rende talvolta non agevole la lettura,
ma mi permette di far capire anche al non esperto quale comples-
sità presentino certi problemi. Due saggi dedicati ad artisti italiani,
che pubblico in appendice, dimostrano quale ampiezza avrebbe
potuto assumere il volume se avessi inteso approfondire tutti gli
aspetti della materia che tratto.
Ringrazio con la cordialità più viva gli amici che mi hanno
segnalato o che hanno messo a mia disposizione libri, dischi, rulli di
pianola, registrazioni rare: in particolare il maestro Paolo Bordoni
di Milano, il dottor Renato Caccamo di Milano, il dottor Antonio
Latanza di Roma, il maestro Alberto Mozzati di Milano, il signor
Edward Neill di Genova, il maestro Riccardo Risaliti di Firenze.
Ringrazio inoltre il dottor Angelo Coralli, che ha pazientemente
letto il dattiloscritto, facendomi utili osservazioni.
Dedico il libro senza avergliene chiesto il permesso - e perciò
metto la dedica qui invece che nel frontespizio - a Sergiu Celibi-
dache, che non condividerebbe nemmeno una delle mie tesi ma
che mi ha indirettamente aiutato, con il suo rigore intransigente e
con le sue analisi paradossali ed acutissime, a formularle e a matu-
rarle.
COMPOSITORI AL PIANOFORTE

« ... in Augusta incontrava io il Signor Maestro di Cappella Val/-


ganga Amadeo Mozart salisburghese, da ambi Noi già conosciuto e
con grandissimo diletto ascoltato ne la nostra bella Città di Rovereto
il dì dopo del Santo Natale, che sono ott'annz; ne la ospitatissima
magione dell'Illustrissimo Signor Barone Todeschi. Esser non potetti
a la grande Academia che il Sjgnor Maestro Mozart tenne addì
ventisette di ottobre e ne la quale si esibì in uno Concerto suo di
Fortepiano et in uno strepitoso Concerto, parimente di sua Compo-
sitione, per tre Fortepiani. Intesi tuttavia suonar il Signor Maestro
Mozart nella casa del /attore di Fortepiani Signor Andrea Stein,
eseguendovi Egli una sua Suonata in fa di cui lasciommi maravi-
gliato assai, benché molto assuefatto io sia, com'Ella ben sa, con la
Musica di Cimbalo et Organo anca T adesca, uno Adagio di espres-
sione per così dir parlante e di quasi struggente affetto. Un picciol
/rammento vienvi sonato nel Soprano, ripetuto indi nel Contralto
una quarta più basso, ripetuto indi nel Tenore una ottava più basso
del Soprano. Arti/izi che ne la Musica di Cimbalo comunemente
usansi e che stupor non dovarebbero arrecare a persona di Gusto
esperto! Stupimmi invece la novità non già di Inventione, sì di
Esecutione, imperciocché la Parte Principale sempre si trovava in
grandissima Evidentia, come se ciascuna de le Voci in pria avanzasse
e poscia retrocedesse. Così fatto è il Fortepiano, spiegommi il Signor
Maestro Mozart, che possibil diventa porre quasi in Proscenio, con
variata pressione delle Mani e delle Dita, qualsivoglia Voce!
«Mirabile Virtù del novo Strumento, come mirabil si fu l'Effetto
Ritmico ottenuto dal Signor Maestro Mozart nel Presto finale del-
l'istessa Suonata. Essendo cotesto Presto notato nella misura di tre
12 Compositori al pianoforte Mozart 13

ottavi deve ordinariamente l'Esecutore aver l'accorteza di alquanto ed una realtà perduta. E allora, falso per falso, meglio il falso
prolungare e come sostenere alcuni Suoni a ciò ben si comprenda il dichiarato, meglio la lettera inventata che svela il trucco più di
Ritmo. Il Signor Maestro Mozart non prolungò invece alcun suono, qualsiasi distinguo. Così conclusi alcuni anni or sono, e così ho
anche ne li tratti di più che inaudita rapidità, ma ne batté certuni concluso oggi. Ed ho riscritto la lettera dell'ipotetico roveretano.
con una tale Maggior Forza, così che ne risultarono note accentate e Il lettore si tranquillizzi: non lo affliggerò con altri scherzetti, non
note non accentate, et il Ritmo fu chiarissimo e come Sol sfolgorante! inventerò, per spiegare le mie supposizioni, una lettera di Giulietta
Usò inoltre spesso il Signor Maestro Mozart il Mechanismo che con Guicciardi che riferisce su Beethoven alle prese con il Chiarodiluna
ginocchiera comandasi, che tutti gli Spegnitoj o sia Smorzatoj solleva o di Cristina di Belgiojoso che spiega il tocco magico di Chopin o di
e che di sì grato e/fetta, quasimente di suono Nuvola, molce l'Orec- Liszt. Preferisco di non parlare di come suonassero Mozart, Beet-
chi... ». hoven, Chopin, perché dovrei parlare in realtà, per essere concreto
senza accumulare montagne di materiale di incerta interpretazione,
Potrebbe essere la lettera di un roveretano che, dopo aver di come scrivessero per pianoforte: tema che ho trattato altrove e che
ascoltato Mozart al clavicembalo il 26 dicembre 1769, lo ritrovò e questa volta non rientra nei miei fini. Qui dirò invece cosa suonas-
lo ascoltò eseguire al pianoforte la Sonata K 280 nell'ottobre del sero in pubblico Mozart, Beethoven, Chopin, e perché lo suonas-
1777, ad Augusta. Potrebbe; non è. È il rifacimento di un pasticcio sero, cioè cercherò di fare una storia del concettismo pianistico che
che scrissi alcuni anni or sono quando, dovendo parlare di Mozart nella parte iniziale resterà astratta dallo stile di esecuzione e che
pianista in una nota di limitata estensione e per un pubblico di non comincerà a trattare di stile dal momento in cui potrò basarmi su
specialisti, non trovai altra soluzione ragionevole se non il falso. documenti sonori: rulli di cera, poi rulli di pianoforte meccanico e
Sapevo il che, non il come. Sapevo che Mozart usava il pedale di dischi, infine registrazioni e film.
risonanza, ma non sapevo come lo usasse. Sapevo che i pianoforti Che cosa suonava dunque Mozart, che cosa suonò ad Augusta il
del tempo di Mozart consentivano di differenziare il tocco e di 27 ottobre 1777? In privato, per i suoi allievi e familiari e presso i
mettere in evidenza una parte o l'altra del tessuto musicale, ma non nobili amici-protettori che frequentava, Mozart suonava tutto
sapevo a qual grado di sviluppo fosse pervenuta la tecnica mozar- quello che veniva pubblicato, leggendo al pianoforte pagine per
tiana. Sapevo che i pianoforti del Settecento permettevano di pas- pianoforte o per complessi da camera o per orchestra, all'incirca
sare dalla esecuzione basata sulla ritmica quantitativa, comune nel come il lettore che comunica agli utenti del telegiornale le notizie
clavicembalo e nell'organo, alla esecuzione secondo la ritmica ac- del mondo. In pubblico, quando organizzava concerti - si chia-
centuativa, ma non sapevo con sicurezza se Mozart suonasse ancora mavano allora accademie - per spettatori paganti, Mozart suonava
da clavicembalista o se avesse sviluppato l'accentuazione. Ciò che i esclusivamente musiche sue. Così, ad Augusta, eseguì il Concerto
contemporanei dicono sul modo di suonare di Mozart, ciò che dice K 238 e, con l'organista J.M. Demmler al primo pianoforte e con
lui stesso qua e là nelle lettere alla famiglia, ciò che dicono i il fabbricante J .A. Stein al terzo, il Concerto K 242 per tre pianofor-
trattatisti del tempo permette a chi studia i documenti di formarsi ti. A Monaco, il 4 ottobre, aveva eseguito i Concerti K 238, K 246
delle opinioni e di fare delle supposizioni. Ma così come tutti i e K 271, ed a Mannheim, nel febbraio del 1778, avrebbe eseguito il
ricordi, tutte le lettere, tutti i ritratti pur amorevolmente studiati Concerto K 175.
non consentono di ritrovare con· certezza la voce di Mozart, la Monaco, Augusta, Mannheim erano tappe di avvicinamento a
cadenza del suo parlare e la sua mimica, tutto il materiale docu- Parigi, città-miraggio verso cui Mozart si stava dirigendo. Non si
mentaristico non può ridare a noi il suono di Mozart pianista ed il trattava semplicemente del viaggio di un concertista di pianoforte:
suo stile di esecutore. Suono e stile che io immagino, beninteso, ma era il viaggio di un musicista che a ventun anni, dopo aver percorso
senza alcuna garanzia di corrispondenza tra la mia immaginazione da fanciullo mezza Europa in compagnia e sotto la ferula del padre,
14 Compositori al pianoforte Mozart - Clementi 15

si avviava da uomo (in compagnia della mamma) a cacciare una mato a decidere. Il «pubblico» erano semplicemente l'imperatore
fortuna che sentiva dovuta e che non si sarebbe lasciata afferrare Giuseppe II ed alcuni dei suoi cortigiani, che ammirarono i due
mai. Un viaggio di liberazione e di speranza, in cui maturava uno campioni e ne discussero competentemente, come competente-
dei più grandi spiriti che l'umanità abbia conosciuto. Il pianoforte, mente avrebbero discusso di due filosofi o di due medici alla moda.
in questa avventura, era un accessorio, uno strumento di lavoro di Clementi, che era già stato a Parigi, a Strasburgo e a Monaco, non
cui Mozart si serviva, ma in cui non identificava le sue aspirazioni. aveva suonato in pubblico in nessuna città, né avrebbe suonato in
E, del resto, il concertista itinerante di pianoforte come lo cono- pubblico a Vienna e nelle successive tappe del suo primo viaggio
sciamo noi e come lo conobbe l'Ottocento, nel 1777 non esisteva artistico in Europa (se non, forse, a Lione il 29 agosto 1782): il suo
ancora. lungo peregrinaggio doveva servire a conoscere ambienti culturali
Dieci anni prima Charles Dibdin aveva scelto il pianoforte - «a diversi e a farvi conoscere le musiche e i pianoforti inglesi attraverso
new instrument called the Piano Forte» - per accompagnare al la frequentazione di potenti salotti aristocratici ed intellettuali, non
Covent Garden di Londra un'aria della Judith di Arne cantata da attraverso l'incontro con un pubblico eterogeneo ed anonimo.
una miss Brikler. Il 2 giugno 1768 Johann Christian Bach aveva Dopo esser tornato a Londra, e dopo aver partecipato frequente-
eseguito in pubblico a Londra, sul pianoforte, un solo (probabil- mente a serate di vario genere tra il 1784 e il 1790 senza tuttavia
mente una sonata). Anche a Parigi, poco più tardi, era stato scelto il azzardare mai un programma tutto accentrato su di lui, Clementi
pianoforte per esecuzioni in pubblico, il Bach londinese si era concluse la sua carriera di esecutore pubblico il 31 maggio 1790 o al
ancora spesso servito del pianoforte, a Londra era comparso nel più tardi nel 1796 2 • Il secondo viaggio di Clementi nel continente,
1772 un pianista molto amato dal pubblico, Johann Samuel dal 1802 al 1810, fu ancor più del primo il viaggio di un uomo di
Schroeter, e dal 1774 aveva lavorato a Londra il primo musici- affari. E così Clementi, il «padre del pianoforte», contribuì diret-
sta, Muzio Clementi, che assommando in sé le qualifiche di esecu- tamente al sorgere del concettismo pianistico in misura molto
tore - compositore - didatta - trattatista - editore - costruttore - minore di Mozart, che considerò il pianoforte come un aggeggio
commerciante si sarebbe veramente identificato con il pianoforte. utile per sopravvivere nell'attesa che il teatro, sede ideale del suo
Neppure Clementi, unanimemente considerato pianista grandissi- paradiso, gli aprisse le porte.
mo, fu però concertista nel senso che intendiamo oggi: in pubblico Il viaggio iniziato nel 1777 servì a Mozart per scoprire i piano-
suonò molto poco - solo a Londra, e con regolarità soltanto dal forti di Johann Andreas Stein, che lo riempirono di entusiasmo, e
1786 al 1790 - ed eseguì un repertorio limitato a poche delle sue per capire che il clavicembalo era giunto alla fine del suo ciclo
Sonate e, nel 1790, ad alcuni Concerti 1 • Nemmeno il famoso storico. A Parigi non tenne concerti, non tenne concerti nel viaggio
incontro-scontro di Vienna, che il 24 dicembre 1781 vide di fronte di ritorno, né a Salisburgo dal 1779 al 1780, né a Monaco quando vi
Mozart e Clementi, fu un confronto in cui il pubblico fosse chia- si recò per la creazione dell'Idomeneo. Come tutti sanno, a Vienna,
raggiunta per ordine del padrone dopo il successo dell' Idomeneo a
1
Al suo esordio a Londra, il 3 aprile 1775, Clementi esegul al clavicembalo Monaco, il giovane scapestrato, che si licenziò dall'impiego e la cui
un Concerto (non si sa se di sua composizione); nel 1790, dicono i giornali del liquidazione consistette in un non metaforico calcio nel sedere,
tempo, presentò alcuni Concerti negli intervalli tra una parte e l'altra degli
Oratori di Handel che venivano eseguiti al Covent Garden. Nessuno dei
vide nel pianoforte la tavola salvavita: «In questo momento non ho
Concerti di Clementi è pervenuto a noi. Parrebbe, ma non è certo, che alcune che una sola allieva, la contessa Rumbeck, cugina di Cobenzl. A
delle sue Sonate siano riduzioni da Concerti; il Concerto in do maggiore, che ci
2
è pervenuto in un manoscritto di Johann Baptist Schenk, è a parer mio una Solo un memorialista parla di un concerto di Clementi nel 1791, di uno nel
trascrizione per pianoforte e orchestra, dello stesso Schenk, dalla Sonata op. 32 1793 e di uno nel 1796, non documentati né confermati da altre fonti (mani-
n. 3 di Clementi. festi, giornali, ecc.).
I

16 Compositori al pianoforte Concertisti Biedermeier


17

dire il vero potrei averne di pm, se acconsentissi a ribassare i Mentre Mozart liquidava il pianoforte come salvavita e mentre
prezzi ... ; ma non appena si fa così si perde il credito. Il mio prezzo è Clementi lo organizzava industrialmente nel ciclo p;oduzione-
di sei ducati per dodici lezioni, e faccio loro credere che lo fo per consumo, comparivano i primi veri concertisti itineranti: il boemo
compiacerli... Preferisco aver a che fare con tre allievi che mi Ja~ Ladi~lav Duss~k, ,il tedesco-inglese Johann Baptist Cramer
pagano bene piuttosto che con sei che mi pagano male... Con (allievo di Clementi), 1 ungaro-austriaco Johann Nepomuk Hum-
quest'unica allieva posso sostenermi, e mi basta, nell'attesa». Così mel (allievo e di Mozart e di Clementi), i tedeschi Daniel Steibelt,
scrisse baldanzosamente Mozart, il 16 giugno 1781, ad un padre August Eberhardt Miiller e Johann Wilhelm Hiissler, l'irlandese
completamente annientato in cospetto di una tanto colossale idio- John Field (allievo prediletto di Clementi). Tutti questi musicisti
zia. erano pianisti-compositori, tutti eseguivano preferibilmente musi-
Aveva ragione papà Leopoldo. La storia della didattica dimostra che di loro composizione, e tutti - tranne Field - usavano
che, salvo casi rari, le lezioni private possono essere e sono lucro- improvvisare in pubblico su temi proposti dagli ascoltatori. L'im-
sissime soprattutto quando tengono sotto pressione allievi sostan- provvisazione era una dimostrazione di prontezza e di bravura a cui
zialmente negati ai fini che vogliono raggiungere. E Mozart non n~n si erano sottratti C!ementi e Mozart nella sfida in presenza di
aveva questo speciale genio. Individuò nel concerto pubblico il Giuseppe II (avevano improvvisato a due pianoforti su un tema
mezzo di propaganda efficace per acquisire una clientela, e l' ac- tratto da una Sonata di Paisiello) e che Mozart aveva spesso prati-
quistò con facilità. Con la stessa facilità la perdette. Se la storia della cato anche in pubblico: si potrebbe dire anzi che in un certo senso,
didattica rende esplicito quell'edificante teorema di cui or ora ~er i pia~isti-comp~sitori, l'improvvisazione era una specie di...
dicevo, la storia del concertismo dimostra che l'esecutore o il di- s~ng?lare mterpretazione della musica altrui: ad esempio, le Varia-
rettore d'orchestra, non meno dell'attore, può riproporsi intensi- ziom K 398 e K 455 di Mozart, che prima di esser scritte furono
vamente allo stesso pubblico solo se vive al riparo di una istituzione improvvisate a Vienna il 23 marzo 1783, possono essere guardate
che gli assicuri prestigio sociale. Il libero professionista deve invece c_ome svilupp_o in~~rpretativo di caratteri impliciti nei temi, rispet-
misurare col contagocce le sue apparizioni concertistiche presso lo tivamente, di Paisiello e di Gluck. Questo tipo di rapporto tra
stesso pubblico o deve abbandonare la clientela delle lezioni pri- compositore ed esecutore non rientra nel concetto di interpreta-
vate e diventare concertista itinerante, concertista di giro. In meno zione quale si è formato ed affermato negli ultimi centocinquan-
di sei anni, dall'aprile del 1781 al dicembre del 1786, Mozart t' anni circa, e perciò non vi insisterò. L'improvvisazione fu co-
scaraventò sul pubblico di Vienna ben diciotto dei suoi ventisette 1:1unque uno dei «numeri» più graditi dal pubblico, e rimase in uso
Concerti per pianoforte e orchestra: anche se gli spensierati sudditi fm verso la metà dell'Ottocento, sopravvivendo poi solo sporadi-
di Giuseppe II fossero stati meno frivoli di quanto il buon Dio camente 3 •
aveva loro concesso non avrebbero potuto assorbire una tal massa . L'improvvisazione era l'aspetto estemporaneo, e non necessa-
di composizioni ed una evoluzione creativa che passava dall'accat- riamente meccanico o truccato, di una ricerca sullo strumento che
tivante Concerto K 175 al K 503, denso da morire di prodigiosi impegnava i pianisti-compositori e che si estrinsecava soprattutto
succhi musicali. Le successive, sporadiche apparizioni concertisti- nel concerto per pianoforte e orchestra. Il secondo errore di valu-
che di Mozart a Dresda, a Berlino, a Lipsia, a Francoforte sul Meno tazione di Mozart fu di badare solo secondariamente alla scoperta
e a Vienna non modificarono i termini di un insuccesso già consu-
mato, e consumato perché - buon per noi - Mozart aveva 3
Qualche pianista, come Ferruccio Busoni, ma anche, più tardi, come
considerato il pianoforte come un mezzo di sussistenza per chi, Wilhelm Kempff e Rudolf Firkusny, improvvisò in pubblico all'inizio della
nell'ultimo anno di vita, doveva scrivere il Flauto magico, la Cle- carriera. Qualche compositore, come Saint-Saens, Albeniz, Granados tenne
menza di Tito, il Requiem. improvvisazioni non vincolate a temi scelti dal pubblico. '
18 Compositori al piano/orte Concertisti Biedermeier 19

di potenzialità sonore del pianoforte e del rapporto mano-tastiera, e vita concertistica pubblica si sviluppò solo a Londra, dove si pro-
le sue celebri invettive contro Clementi rivelano del resto, al di là dussero ripetutamente tutti i maggiori virtuosi. I pianisti erano
dei personali malumori e risentimenti, l'opposizione e il fastidio di inoltre interessati anche alla didattica e all'editoria (Cramer), alla
chi si sente prima di tutto creatore di fronte a chi si rivela come, se direzione d'orchestra (Hummel), al teatro (Steibelt), e tendevano a
il lettore mi perdona l'espressione, collaudatore di una nuova non rimanere chiusi in una specializzazione che sarebbe stata vista
macchina. come limite, sia artistico che sociale.
Dussek, Cramer, Hummel, Steibelt sono tutti collaudatori della In tutto questo periodo la storia del concettismo si fonde quindi
macchina prima che scopritori di valori musicali, e sono anche con la storia della composizione e della didattica. Ma nella ricca e
inventori di forme di rapporto con un pubblico considerato già tumultuosa vita del cosmo pianistico a cavallo tra Sette e Ottocento
come collettivo indistinto, non più come somma di individualità. si può individuare benissimo la primitiva distinzione tra composi-
La strada verso la sublimazione di Paganini, che nella seduzione di tore e interprete, che avrebbe poi dato origine al concettismo quale
un pubblico non tradizionalmente e socialmente votato alla cono- dura ancora ai nostri giorni. La prima distinzione tra compositore
scenza della musica strumentale troverà il suo imperativo categori- ed esecutore avvenne in una classe di pianisti che per evidenti
co, inizia con i concertisti itineranti di pianoforte della fine del ragioni anagrafiche non erano in genere creatori: i fanciulli. La
Settecento. E già fin da qui si rivelano le componenti tra spettaco- precocità non s'addice ai creatori, ma s'addice a chi, avendo mu-
lari e ciarlatanesche che si possono agevolmente ritrovare nella scoli elastici e sciolte giunture, possa acquisire i riflessi condizionati
psicologia di Paganini: dalla geniale trovata di Dussek il bello, che a che servono a dominare un sistema di leve leggero e ben articolato
quanto pare espose per primo al pubblico la parte destra del viso come la meccanica del pianoforte settecentesco. Un biografo di
invece della nuca, come facevano prima di lui i pianisti o come oggi Clementi, Leon Plantinga, nota che «la processione di nuovi pia-
fanno solo i direttori d'orchestra, alla cinica saggezza di Steibelt, nisti che apparvero nella vita concertistica di Londra durante que-
che aggiunse alle virtù sonore del pianoforte le virtù ottiche della sta decade [1780-90] comprendeva William Crotch, Miss Guest,
sua splendida moglie inglese, bravissima e ammiratissima quando, Miss Parke, Miss Barthelemon, J.B. Cramer, Miss Reynolds, ma-
in fantasioso costume di Baccante, agitava il tamburello basco demoiselle Vinet e mademoiselle Paradis, nessuno dei quali, al suo
mentre il consorte eseguiva con fuoco certi pezzi intitolati appunto esordio, denunciava più di quattordici anni». E prosegue: «A Pa-
Baccanali. Il cerimoniale, il rito dell'accademia venne fissato molto rigi l'esecuzione pubblica al pianoforte sembrò essere ancor più
presto: il concertista entrava in scena con guanti e tricorno, faceva esclusivamente riservata a precoci fanciulle; ad esempio, sette pia-
tre inchini_(verso il centro e verso i due lati della sala), posava il nisti solisti suonarono al Concert Spirituel nel 1783-84 e tutti erano
cappello, cavava i guanti, dava il segnale all'orchestra. Alla fine giovani donne». Questi concertisti in erba suonavano musiche del
godeva appieno l'applauso degli uomini (le donne agitavano il loro maestro o pezzi che si erano procurati da musicisti amici: Maria
ventaglio o il fazzolettino) e si ritirava definitivamente, perché il Theresia von Paradis, ad esem_pio, chiese un Concerto a Mozart
ritorno per una seconda dose di mirallegri non era comune. La (forse è il K 456) e a Parigi suonò i Concerti del suo maestro
musica, aggiungo, veniva letta, non suonata a memoria come in Kozeluh e di Haydn. Ma poi le ragazze, dopo essersi esibite come pic-
genere avviene oggi. coli prodigi, raramente sceglievano la professione di musicista, ed i
Il concettismo itinerante non ebbe uno sviluppo rapido perché le ragazzi, scelta la professione, diventavano pianisti-compositori 4 •
guerre rivoluzionarie e poi le campagne napoleoniche non favori-
rono, tra l'ultimo decennio del Settecento e il primo dell'Ottocen- 4
Anche Chopin e Liszt esordirono da ragazzi con concerti di autori in voga:
to, i movimenti e i viaggi degli artisti in Europa. I giri di concerti Chopin, nel 1818, con un Concerto di Gyrowetz, Liszt, nel 1820, con un
furono quindi organizzati in modo non costante, ed una intensa Concerto di Ries.
20 Compositori al pianoforte Mosche/es 21

Tuttavia, anche i pianisti-compositori, i veri dinosauri del perio- visto, studiò anche i Concerti di Beethoven: la prima esecuzione del
do classico, divennero sporadicamente pianisti-interpreti; e si deve Concerto n. 5 (Lipsia, 28 novembre 1811) fu dovuta a Friedrich
dire, ad onor loro, che i primi lavori da essi ritenuti degni di Schneider, Carl Czerny eseguì Concerti di Beethoven verso il 1810,
attenzione furono i Concerti di Mozart. Hummel, uscito dalla Philip Hambly Cyprian Potter presentò al pubblico di Londra,
tutela del maestro-padre Mozart, al quale lustrava le scarpe e con negli anni 20, i Concerti n. 1, 3 e 4, e Charles Neate il Concerto n. 5.
cui giocava a bigliardo, esordì il 10 marzo 1789 a Dresda con un Fin verso il 1830 la scena concertistica fu comunque dominata
Concerto mozartiano, molto probabilmente il K 503, e con un dai pianisti-compositori già citati e da alcuni altri più giovani, come
Concerto di Mozart esordì nella difficilissima piazza di Londra il 5 Ferdinand Ries, Friedrich Kalkbrenner, Peter Pixis, Henry Herz, e
maggio 1792: nel 1789 Hummel aveva undici anni, e quattordici soprattutto Ignaz Moscheles.
ne contava nel 1792, ma non lasciò cadere Mozart dal sùo reper- Su Moscheles, figura-chiave nella storia del concertismo, bisogna
torio neppur quando rivelò una sbalorditiva fecondità di composi- soffermarsi un momento. Nato a Praga nel 1794, Moscheles studiò
tore. Cramer fu celebrato per la sua espressione cantabile nei tempi il pianoforte con Dionys Weber, progredendo rapidamente 7 •
lenti dei Concerti di Mozart, Mi.iller eseguì i Concerti di Mozart a Avendo ammirato fin da ragazzo Beethoven, e in particolare la
mano a mano che venivano pubblicati, Hassler (nel 1790, a qua- Sonata Patetica, Moscheles cercò ogni occasione per frequentare il
rantatre anni) suonò Mozart a Londra e persino il più grande Maestro da quando, nel 1808, si stabilì a Vienna. La sua carriera
compositore dell'epoca, Beethoven, scelse il concerto K 466 di ebbe tuttavia inizio nel solco della tradizione del pianista-compo-
Mozart nell'unica occasione in cui eseguì in pubblico una compo- sitore: si può anzi dire che con Moscheles il pianista-compositore
sizione non sua 5 • Resterebbe da vedere come venissero eseguiti diventava la figura dominante del mondo concertistico, specie
allora i Concerti di Mozart. Le edizioni di alcuni Concerti curate da dopo che l'esecuzione delle spettacolose Variazioni sulla marcia di
Cramer e da Hummel, una pubblicazione di Mi.iller (1796) ed una Alessandro per pianoforte e orchestra ebbe reso il suo nome celebre
di Karl Philipp Hoffmann (1803) ci dicono che il testo di Mozart di colpo in tutta Europa. Alessandro era lo zar, la marcia era quella
veniva «attualizzato» per renderlo conforme all'evoluzione del del reggimento che dell'autocrate russo portava il nome. La prima
gusto. Operazione che fu del resto considerata legittima e necessa- esecuzione ebbe luogo al Teatro di Porta Carinzia di Vienna 1'8
ria fin quasi alla fine dell'Ottocento 6 e che venne criticata alla febbraio 1815, mercoledì delle ceneri, in un concerto di benefi-
radice soltanto nel Zur Wiederbelebung der Mozartischen Klavier- cenza patrocinato dalla contessa Hardegg. L'occasione non poteva
konzerte di Carl Reinecke (1891), trattatello che ha per noi il essere migliore, perché col mercoledì delle ceneri iniziava la so-
significato e il valore di una denuncia e di una svolta di storica spensione dell'attività teatrale che sarebbe durata per tutta la qua-
importanza. resima: Moscheles, complici il mercoledì delle ceneri, la contessa
Qualche pianista, più giovane di quelli che abbiamo fin qui Hardegg e il Congresso di Vienna allora in pieno svolgimento, ebbe
in sala l'aristocrazia di tutta Europa, e il suo trionfo fu noto ovun-
que.
L'attività concertistica pubblica di Beethoven è limitata alle esecuzioni a
5
Nello stesso anno Hummel inaugurava a Vienna i cicli di con-
Vienna dei Concerti n. 1, 2, 3, 4, della Fantasia e di alcune composizioni da certi pubblici a pagamento di musica da camera, avendo come
camera con pianoforte, e a due viaggi a Praga. A Berlino, dove si recò nel 1796,
Beethoven suonò per il re di Prussia, ma molto probabilmente non apparve in
compagni fissi il violinista Joseph Mayseder e il chitarrista Mauro
concerti pubblici. Giuliani, ed invitando di volta in volta altri collaboratori·' nel 1816
.
6
Quando esegul a Parigi, nel 1833, il Concerto K 491 di Mozart, Ferdinand
7
Hiller si vide rimproverare dal critico del periodico Le Pianiste per non aver Fonte preziosa di notizie sulla carriera di Moscheles, ed a cui mi atterrò,
«riscaldato l'ultima parte con qualche ornamento di buon gusto». sono i taccuini, ordinati e parzialmente pubblicati dalla moglie.
i
22 Compositori al pianoforte Mosche/es 23

il Settimino op. 74 di Hummel per pianoforte, flauto, oboe, corno, sicisti, strumentisti, editori, costruttori di pianoforti, giornalisti,
viola, violoncello e contrabbasso lanciava il virtuosismo nella mu- nonché delle immancabili contesse e baronesse faccendone, ebbe
sica da camera ed otteneva un successo delirante. Moscheles sosti- luogo il 25 febbraio; seguirono cinque concerti insieme con il
tuì Hummel quando questi assunse l'incarico di maestro di cap- violinista Lafont. Il 23 maggio Moscheles lasciò Parigi, arrivò il 28 a
pella a Stoccarda, poi, essendo finito il Congresso ed essendosi Londra, conobbe un mucchio di pianisti importanti (tra cui Cle-
Vienna svuotata di tutto il bel mondo internazionale, prese il volo menti, Cramer, Kalkbrenner), esordì 1'11 giugno con il Concerto
per visitare nei quattro angoli dell'Europa il pubblico che lo aveva n. 2 ele immancabili Variazioni, ribadì il successo il 4 luglio con il
laureato nel Teatro di Porta Carinzia. Concerto n. 2, le nuove Variazioni sull'aria «Au clairde la lune» e
I concerti pubblici non comprendevano, di norma, composizioni un'improvvisazione sulla canzone My lodging is on the cold ground.
per pianoforte solo, né erano sostenuti da un solo esecutore: l' ese- Trascorse le vacanze estive a Chateau Pralin vicino a Boulogne,
cutore su cui si concentrava il massimo dell'attesa eseguiva un ospite di Kalkbrenner, Moscheles tornò a Parigi in autunno. Nei
Concerto (e perciò venne denominato concertista) o un grande primi mesi del 1822 uscivano le Sonate op. 109 e 110 di Beethoven:
pezzo per pianoforte e orchestra, eseguiva talvolta un brano di Moscheles le studiò e le fece conoscere nei salotti, ma non s'azzardò
musica da camera, ed improvvisava; altri esecutori e l'orchestra gli ad eseguirle in pubblico. Nel primo concerto-monstre con Lafont,
facevano corona, accrescendo la varietà del menù ed attirando i con il soprano Cinti Damoureau, con il tenore Nourrit e con il
loro personali ammiratori. L'8 ottobre 1816 Moscheles iniziava al clarinettista Ivan Miiller tentò di far passare la Fantasia op. 80 di
Gewandhaus di Lipsia la sua prima tournée: il mattino alle nove Beethoven: trionfo per tutto il resto, assoluto disastro per Beetho-
aveva luogo l'unica prova con l'orchestra, nel primo pomeriggio ven. In maggio Moscheles era a Londra per presentare il suo
Moscheles controllava che il pianoforte fosse stato ben accordato, Concerto n. 3. Nel 1823 suonava a Londra e a Vienna (dove
alle 18,30, sorbita una tazza di tè con un goccio di rhum, entrava in Beethoven gli imprestava il suo pianoforte Broadwood), a Spa, a
sala ed iniziava il concerto dirigendo la sua ouverture Die Portraits. Francoforte sul Meno e in altri centri minori, nel 1824 rinunciava
Applausi. Il secondo numero era un coro di un certo Schicht. Il per malattia ai concerti di Londra, passava a Praga, a Lipsia, in
terzo numero, che chiudeva la prima parte del programma, era il molte piccole città, concludeva l'anno a Berlino. E così via, un anno
finale del Concerto n. 2 op. 56 di Moscheles. Applausi e prime dopo l'altro.
congratulazioni in camerino. La seconda parte iniziava con un I lentissimi spostamenti di Moscheles ci danno l'idea di che cosa
Capriccio per violino e orchestra di Andreas Romberg, eseguito dal significasse allora muoversi da un centro all'altro e preparare e
primo violino Matthai. Poi le Variazioni sulla marcia di Alessandro, sfruttare il successo. Il concerto pubblico non era che il momento
acc?lte con entusiasmo, un pezzo per canto di Mozart, l'improvvi- culminante di una serie di contatti e di rapporti con la società della
sazione. città in cui il pianista-compositore si fermava, e le esecuzioni presso
Un secondo concerto, in cui Moscheles improvvisò su Das klin- privati, le lezioni, la composizione e la pubblicazione di musiche
get so herrlich del Flauto magico, ebbe luogo il 14 ottobre. Mo- consumavano più dei concerti il tempo del concertista. Mentre era
scheles passò poi a Dresda, si ammalò, dovette combattere gli a Lipsia nel 1824, ad esempio, Moscheles concluse con Probst la
oscuri intrallazzi di qualche invidioso: il 20 dicembre riuscì a suo- cessione delle sue opere 62 e 63 per 35 ducati, e con Mechetti di
nare a corte (mentre la corte divorava il pranzo) e il 28 suonò in Vienna la vendita del Concerto n. 3 per 40 ducati; a Berlino diede
pubblico. Tra il 1818 e il 1820 suonò a Monaco e ad Augusta, tenne alcune lezioni al quindicenne Mendelssohn.
quattro concerti ad Amsterdam ed uno all'Aja, suonò a Bruxelles. Il Ma i tempi cominciavano a cambiare. Nel marzo del 1829 Mo-
29 dicembre 1820 era a Parigi. scheles ascoltava a Londra un concerto diretto da Cari Maria von
L'esordio parigino, preparato da assidua frequentazione di mu- Weber in cui il giovane pianista tedesco Ludwi~ Schunke eseguiva
24 Compositori al pianoforte Mendelssohn - Concertisti 1830 25

un mostruoso pasticcio formato dal primo" tempo del Conceito in La scelta di repertorio del ventenne Mendelssohn indica la sen-
do minore di Ferdinand Ries, dal secondo tempo del Concerto n. 5 sibilità ad una evoluzione del gusto che era del resto inevitabile,
di Beethoven e dal Rondò ungherese di Pixis. Mostruoso pasticcio, dopo il sorgere di regolari stagioni di concerti sinfonici e dopo
dico io, considerando la cultura con le lenti di oggi. Forse l'autorità l'ampliamento della cultura iniziatosi negli ultimi decenni del Set-
di Weber dovrebbe suggerirmi maggior cautela. È vero che tecento con l'interesse per la musica barocca. In una prospettiva
Schunke, avendo solo sedici anni, si comportava un po' come i soliti più artistica che spettacolare, com'è ovvio, all'esecutore-composi-
fanciulli che esordivano con musiche di altri per poi passare, a tore puro si sarebbe dovuto necessariamente affiancare l'esecutore
tempo debito, alle musiche proprie. Non potrei però escludere che in possesso non solo di dita d'acciaio ma di competenza e di
il pubblico cominciasse ad esser stanco dei pezzi per pianoforte e magistero musicali tali da permettere l'esposizione pubblica di testi
orchestra dei pianisti-compositori-collaudatori, e che quindi il co- di valore altissimo. Il processo di trasformazione durò una ventina
stume appena affermatosi fosse già entrato in crisi: le esecuzioni dei d'anni.
Concerti di Beethoven a Londra, con Cyprian Potter e Neate, stava Il problema più spinoso era quello di acquisire alla vita culturale
probabilmente creando le premesse per una svolta, e i giovani non le pagine per pianoforte solo, molto più numerose delle grandi
potevano semplicemente subentrare, con lo stesso tipo di reperto- pagine per pianoforte e orchestra, e legate fino a circa il 1830
rio, ai pianisti affermati come Hummel e Moscheles. all'esecuzione privata o semiprivata. Moscheles poteva sì far cono-
Lo verificò a sue spese Chopin, che vivendo in provincia e non scere al coltissimo banchiere parigino Augusto Léo le Sonate op.
potendo quindi fiutare per tempo le mode si era coscienziosamente 109 e 110 appena pubblicate, ma undici anni dopo, facendo
costruito il tipico repertorio del concertista di tradizione: due ascoltare a Londra le Sonate op. 109 e op. 111 in uno dei meetings
Concerti e tre pezzi brillanti per pianoforte e orchestra (le Varia- che Thomas Alsager programmava per piccoli gruppi di appassio-
zioni op. 2, la Fantasia op. 13, il Krakowiak op. 14), con un nati radunati nella Queen Square Select Society 8 , trovò «profonda
pianoforte tuttofare ed un'orchestra pochissimo impegnata. devozione» ed anche perplessità, tanto che, per riequilibrare gli
Quando pieno di entusiasmo uscì dalla Polonia, Chopin dovette spiriti, tirò fuori la più passionale Sonata op. 31 n. 2.
presto accorgersi che il corredo preparato con tanta cura non era Il problema culturale, che veniva sentito da Moscheles e da altri,
più smerciabile. Liszt, che aveva scrutato il mondo da un osserva- venne a maturazione più tardi perché un altro problema fu prima
torio privilegiato come Parigi e che nel 1828 aveva tenuto la prima affrontato, il problema economico-organizzativo. I concertisti gira-
esecuzione a Parigi del Concerto n. 5 di Beethoven, nel 1829 aveva vano, la curiosità cominciava a circondarli e la fama a precederli,
sospeso una carriera concertistica felicemente iniziata, e l'avrebbe ma il pubblico dei teatri non era in grado di affrontare la musica da
ripresa solo dopo aver trovato nuove motivazioni culturali all'ese- camera: la presenza dell'orchestra era ancora considerata necessa-
cuzione pubblica. Mendelssohn, educato nella civilissima Berlino ria, almeno nei grandi centri, e così la presenza di più esecutori. Il
che stava riscoprendo Bach, nel 1829 non partì di casa con il ruolo del concertista venne però esaltato e all'improvvisazione si
repertorio del pianista-compositore alla Hummel, ma del pianista- affiancò il grande pezzo per pianoforte solo, la fantasia pluritema-
interprete, proponendo quindi precocemente quella svolta nella tica su temi di popolarissimi melodrammi. La accresciuta richiesta
storia dell'esecuzione che sarebbe stata attuata negli anni trenta, del pubblico fece alzare i compensi dei concertisti e la, necessità di
come vedremo, da Mosch_eles e da Liszt. Pur eseguendo il suo
Capriccio brillante op. 22 e poi il Concerto op. 25, Mendelssohn 8 Thomas Massa Alsager (1779-1846) fondò a Londra, verso il 1830, la

presentò infatti in pubblico il Concerto K 466 e, con Moscheles, il Queen Square Select Society e più tardi la Beethoven Society che promosse la
Concerto per due pianoforti di Mozart, i Concerti n. 4 e 5 di prima esecuzione integrale (Londra, aprile-giugno 1845) dei Quartetti di
Beethoven, il Concertstiick di Weber. Beethoven.
26 Compositori al pianoforte Concertisti 183 O 27

aumentare e spettatori e incassi rese sempre più frequent;e la scelta Weber.


di grandi teatri. Fu di conseguenza necessario moltiplicare le po- Mi fu raccontato, lo scorso inverno, che un ispirato giovine aveva suonato
tenzialità sonore del pianoforte - tra il '20 e il '30 vennero il mio Concertstiick con tal fuoco ed energia da elettrizzare l'assemblea 9 •
adottate staffe metalliche per aumentare la tensione delle corde, si Peccato ch'io non ci fossi! ma non mancherò questa volta, e noi faremo la
strada insieme. Addio Caronte, tieni.
ingrossarono i martelletti e si cominciò a rivestirli con uno spesso
Caronte.
strato di feltro invece che con un sottile strato di pelle - e per Signor Clementi, Ella oblia l'obolo ...
intanto ... si suonò più forte. Clementi.
Un conto è avere strumenti più potenti, un conto è suonar più Ah, è vero!. .. eccoti l'obolo, Caronte maledetto; quando ci farai dunque
forte. Molte voci lamentose scorrono fino a noi per dirci che verso il passar gratis?
1830 la apollinea tecnica classica cominciò a mutare e che la com- Caronte.
postezza antica andò spesso a farsi benedire. Per non cascare nella Quando sarà generoso ...
esposizione delle mie impressioni ricorrerò di nuovo al falso di- Clementi.
chiarato: non mio, questa volta. Credo che il lettore scorrerà con Ah! cavolo! ma moderiamoci, perché non possiamo passare senza di lui.
piacere un Dialogo dei morti pubblicato nel 1833 nella rivista Le Sa, Carlo carissimo, che i pianisti devono av~r fatto un bel po_' di progressi
dopo la mia partenza. 1/a Lei e ~eethoy-en li avete coma!1-d~t1 a bacch~tta;
Pianiste, che si stampava a Parigi; in quell'anno i partecipanti al il mio timore è che, se 1arte musicale c1 ha guadagnato, il pianoforte c1 ha
concorso finale del Conservatorio avevano eseguito, senza orche- perduto! ai miei tempi ...
stra, il Concertstuck di Weber, e l'anonimo estensore del divertente Weber.
pezzo giornalistico (probabilmente il pianista-compositore Char- Perché mai, venerabile decano, perché si dovrebbe restringere questo bel
les-Martin Chaulieu) non si lasciò scappare l'occasione di mettere strumento a semplice fattore di note? non può rendere tutti gli effetti che
gli si vogliono imporre, ma tuttavia ...
umoristicamente in rilievo il superamento della tradizione:
Clementi.
Clementi. Là, là, là, piano! sono b~n lungi dal con~ividere il Su? parer.e; per~hé la
Oh, Caronte! avanti con la barca. delicatezza del tocco la fmezza del tatto s1 perdono nei grandi effetti; e se
mi sopprimete quest~ due qualità lo strumento sparisce, soffocato sotto il
Caronte. peso delle vostre trombe e dei vostri timpani, ed io non conosco dita che
Eccomi, signor morto; ma permetta che aspetti un momentino quella possano sostenere una simile lotta ... Ne convenga, ai miei tempi...
giovane ombra che corre laggiù.
Weber. Weber.
Caronte, Caronte! Certo, certo, ma se devo credere a quel che si dice Lei dovrà cambiare
opinione.
Caronte.
Non si scalmani. L'aspetto. Clementi.
Io! mai! la mia esperienza, mi permetterà di dirlo, può contare qualcosa, e
Weber. ai miei tempi...
Uffa! Non ne posso proprio più.
Weber.
Clementi.
Andiamo, non si scaldi: ascoltiamo, e poi giudicheremo.
Mio caro Carlo, ma che cosa può attirarLa colaggiù, debole com'è...
Weber. Clementi.
E sia; mettiamoci dietro questa tenda per non essere distratti: ascolteremo
Ah! Mio caro, vado a sentirmi; mi si suona, oggi ... meglio.
Clementi.
In guardia, potrebbe essere ... suonato! Ma ci vado anch'io; si dicon cose
meravigliose di tutti questi giovani pianisti, si dice che son forti, forti... e
voglio accertarmi del progresso. 9
Probabile allusione a Mendelssohn.
28 Compositori al pianoforte Concertisti 183 O 29

Weber. Weber.
Come! senza orchestra, il Concertstiick senza orchestra: che profanazione! Parrebbero giganti!
In che trappola sono caduto! Clementi.
Clementi. E questo pianoforte dev'essere mostruoso: che solidità!
Carlo, si calmi; ecco un giovane che fa bene le ottave. Weber.
Weber. Penso che forse erano in due a suonare.
Sì, ottave, sempre ottave, forse che il mio pezzo è uno studio d'ottave? Ma Clementi.
ascolti, è cambiato, è tagliato: profanazione! profanazione! Ha proJ?.rio ragione, mi han detto che a volte ci si mettono a venti
Clementi. insieme 0 • Oh, Caronte!
(a parte) Questi autori sono proprio sempre gli stessi. Caronte.
Weber. Come, signore, già qui?
Ma sembra che il pianoforte non abbia smorzatori! Clementi.
Clementi. Sì, rientriamo, e per non ripartir più; ah! ai miei tempi ...
Lo credo bene, non molla mai il pedale: che rumore! ai miei tempi ...
Weber.
Ma dica, che caos! ah!. .. Che c'è? non sento quasi più, che sono questi
suonuzzi... La dinamica fragorosa, che Clementi censura nel dialoghetto,
Clementi. mise fuori gioco i pianisti di età avanzata e tutti coloro che non
Eh! mi han parlato di ciò, è il pedale una corda, adesso capisco gli effetti di seppero o non vollero adeguarsi al nuovo corso: Cramer diede il
moda: si alzano gli smorzatori per suonare più forte possibile, e poi...
suo concerto d'addio a Londra nel 1835 (eseguendo il Concerto in
Weber.
Sì, intendo; ciarlatani, ciarlatani! Credo proprio che ai Suoi tempi ... re minore di Mozart), Field, riapparso a Parigi negli anni 30 dopo
Clementi. decenni trascorsi in Russia, col suo tocco delicato e carezzoso
Ha perfettamente ragione, caro il mio Carlo, ai miei tempi si sarebbe sembrò uomo di un altro mondo, Kalkbrenner suonò quasi più
arrossiti, a cacciar degli effetti così dozzinali... soltanto a Parigi, Chopin, di gran lunga il maggior pianista-com-
Weber. . positore degli anni 30, fece la figura di un ... neofieldiano. E Mo-
E senza orchestra! ma perché non hanno scelto una delle mie belle Sonate? scheles, dopo aver tentato una rivoluzionaria iniziativa, di cui
Clementi. diremo più avanti, nell'estate del 1839 decise di non suonare più in
(a parte) Crede che le sue Sonate siano adatte al pianoforte! (ad alta voce) pubblico, e sebbene rompesse poi qualche volta il giuramento
Ma perché non ne hanno scelta una delle mie?
Weber.
scomparve in pratica dalla vita concertistica nei trent'anni che
(a parte) Crede che le sue Sonate siano difficili! (ad alta voce) Ma suonare ancora gli restavano da vivere.
senza orchestra una composizione in cui ho voluto rivaleggiare con Beet- Le motivazioni di Moscheles sono interessanti: si sentiva musi-
hoven! Andiamocene. calmente maturo, ma superato dal gusto nuovo e troppo in anticipo
Clementi. sul gusto a venire. Sentiva che forse era tramontata la figura stessa
Sì, andiamocene, io non riconosco più il mio diletto pianoforte; ai miei del pianista-compositore: «Finora ho fatto conoscere le mie opere
tempi ...
al pubblico per mezzo delle mie esecuzioni al pianoforte: conti-
Weber.
È la mia orchestra che rimpiango, io; viaggio funesto! però una cosa mi
stupisce, ed è la forza della loro esecuzione.
Clementi. 10
Probabile allusione al sistema didattico di John Baptist Logier, che aveva
Dica la forza dei loro polsi, perché quanto alle dita ... scritto esercizi da eseguire a più pianoforti.
30 Compositori al piano/orte Concertisti 1830 31

nuerà il mondo musicale ad avere per esse interesse quando mi cotal forza, per quanto è possibile, a quella d'un' orchestra. Conse-
ritirerò? Vedremo». Già nel 1860, dieci anni prima di morire, guenze di ciò sono alcune combinazioni, tutte sue proprie, nell'uso
avrebbe dovuto constatare con dignitosa amarezza che la sua mu- frequente dei pedali, con singolari maniere d'investir i tasti: com-
sica era sparita dalle sale di concerto. binazioni d'un grand'effetto, sì, ma che però esigono uno studio
La destrezza unita alla forza fu verso il 1830 la bibbia del lungo e profondo dell'istromento, non meno che una non comune
pianista. Ma la forza, se basta a far sentire uno strumento in un forza di nervi».
grande ambiente, non basta a far percepire eventi musicali com- La testimonianza di Fétis ed osservazioni sparse di altri ci dicono
plessi. Mentre Berlioz selezionava timbri e combinazioni di timbri che verso il 1830, oltre all'aumento del volume di suono, ancora
per rendere audibili le sue polifonie babilonesi anche in arene verificabile sui pianoforti d'epoca, si cercò di differenziare i timbri
sterminate, i pianisti cercavano di toccare il pianoforte in modi molto più di quanto non si fosse usato in precedenza. Moscheles
diversificati, che ne variassero timbricamente la risposta 11 • notò nel 1836 che gli «effetti d'arpa» ottenuti da Thalberg sul
François Fétis, che scriveva nel 1837, già faceva una interessante pianoforte «erano molto originali», e Liszt, entusiastico e fantasio-
riflessione sulla storia del suono pianistico: «Il suono legato, eguale so come sempre, scrisse nel 1837: «Noi possiamo suonare gli ac-
e lindo della scuola di Clementi, e di quella di Kalkbrenner, è da cordi come un'arpa, cantare come strumenti a fiato, staccare, lega-
lodare per la somma esattezza del suo meccanismo, e per l'elegante re, eseguire sullo stesso pianoforte migliaia e migliaia di passi
sua facilità. Tutto è bello, nitido, regolare nei modelli di tali scuole. diversissimi che prima non erano possibili che su molti differenti
È in esse assolutamente escluso ciò che io appellerei TRATTAMENTO strumenti»; Carl Czerny, pedagogo riflessivo ed acuto osservatore,
DELLA PRODUZIONE DE' SUONI: trattamento che io veggo nella scuola associò la novità di timbri, essenzialmente, all'uso del pedale di
di Hummel, e ben più in quella di Moscheles. Quest'ultimo ha risonanza 12 , attribuendo a Thalberg l'iniziativa di «effetti nuovis-
molte diverse maniere d'attaccar la nota, secondo l'effetto ch'ei simi, in prima giammai ambiti». Sul fatto non possono dunque
vuol produrre; ed ognuno concede ed afferma che con assai buon sussistere dubbi, e per spiegare la concezione dei rapporti di più
esito ei fa uso di tali risorse d'un'arte particolare; e che il suo suono piani di sonorità basta analizzare le musiche di Thalberg o di Liszt
è altresì distinto sì per la varietà che pel brillante. Stavvi un parti- composte tra il '30 e il '40. Ma sul suono concreto, sul timbro quale
colar trattamento puranco nel suono di Liszt, però di tutt'altra lo ascoltarono gli spettatori che affollavano i teatri in cui Thalberg
natura; compiacendosi quasi farlo consistere nella deviazione la più e Liszt si producevano, non possiamo dir niente di sicuro:
compiuta che immaginarsi mai possa dalla scuola di Hummel. La cioè, possiamo dire come quelle composizioni vengono oggi suo-
delicatezza del tocco non è in verun conto l'oggetto precipuo della nate da pianisti la cui tecnica non ignora però Debussy, Ravel,
sua fantasia: le sue mire ad altro non tendono che ad accrescer la Scriabin.
forza del Piano-forte, procurando a tutto potere di approssimarsi «La raffinatezza dei cibi raggiunse valore d'arte», fa dire Diderot
ad un suo personaggio che rievoca il regno di Kanoglù, cioè di Luigi
11
Stiamo parlando di timbro come concetto statistico. In senso assoluto il XIV (Les bijoux indiscrets); gli possiamo credere, ma a noi restano
timbro è il suono concreto, e una variazione della dinamica comporta perciò solo le ricette, così come del Thalberg che faceva impazzire la gente
una variazione del timbro. In senso statistico, invece, si può rilevare la presenza restano solo le note stampate, che in quanto tali non ci fanno
di caratteri fisici (armoniche) simili in suoni di dinamica (ampiezza) diversa. In
altre parole, tra un suono piano e un suono forte del flauto c'è anche una
12 «Crediamo di aver dimostrato che l'odierna esecuzione del pianoforte
piccola differenza di timbro, nettamente inferiore, però, alla differenza di
timbro tra un suono di flauto e un suono di violoncello. Così, nel pianoforte, si consiste in una bravura pressoché già salita al più alto grado, in una molto
usa parlare di varietà di timbro in relazione con la varietà di modi di attacco del raffinata espressione, ma in ispecie negli effetti che vengono prodotti mediante
tasto. l'uso del pedale».
32 Compositori al piano/orte Concatisti 1830 33

impazzire: oggi possiamo riprendere la ricetta, ma il cuoco non è su cui si basava la comparazione. Per un pubblico abituato non solo
più quello. al melodramma, ma alle abitudini di ascolto del melodramma (sala
Czerny cita sette pianisti eminenti, i suoi sette savi, analizzando illuminata, via vai tra i palchi, conversazioni, attenzione intermit-
alcuni degli effetti più tipici da essi creati: Sigismondo Thalberg; tente a ciò che avveniva sul palcoscenico), una Sonata di Beethoven
Theodor Dohler, Adolph Henselt, Fryderyk Chopin, Wilhelm avrebbe significato un impegno intellettuale inusitato e gravoso. E
Taubert, Rudolf Willmers, Franz Liszt. Il primo è la base, l'ultimo non solo perché il pubblico dei teatri fosse poco colto, ma perché le
il c~lmine, gli altri i gradi intermedi. Il maggior creatore di musica, Sonate di Beethoven erano state pensate per un pubblico che in
tra 1 sette, è però l'unico su cui il buon Czerny, nell'ottica in cui si senso lato possiamo· definire di lettori, non di ascoltatori. La diffe-
pone, debba fare qualche riserva: «Le composizioni di Chopin non renza tra lettori e ascoltatori cominciò ad attenuarsi, come vedre-
sono sì ricche di brillanti effetti come quelle dei compositori di cui mo, verso il 1840, ed è oggi completamente scomparsa. Ma Bach
abbiamo già parlato, tuttoché siano notabilmente difficili a stu- scriveva il Clavicembalo ben temperato unicamente per lo studente
diarsi». o per la persona colta che l'avrebbe eseguito per sé, non per un
Chopin non fu infatti un concertista di successo. Cominciò come pubblico di trecento o seicento persone (per il quale Bach scriveva
pianista-compositore al modo tradizionale, e in quanto tale non le Cantate), e Haydn e Mozart componevano le loro sonate per il
andò lontano, non partecipò direttamente all'evoluzione del co- piacere dei dilettanti, che le facevano ascoltare tutt'al più in un
stume che verso il '30 lanciò una nuova generazione di virtuosi, e ambito familiare, per un pubblico di invitati. Alcune Sonate di
dopo il 1835 si limitò a rarissime apparizioni in piccole sale. Clementi, nelle quali si afferma il concetto di bravura, cioè di
Ma qual'era l'evoluzione del costume, a cui accennavo? Il pezzo professionalità 13 , furono eseguite a Londra, ma solo fino a quando
centrale del concerto pubblico diventava la fantasia su temi di le scoperte tecniche clementine non divennero patrimonio comu-
opere teatrali, vasta composizione pluritematica in cui il virtuoso ne. Beethoven non eseguì mai in pubblico una sua Sonata per
dava fondo a tutte le sue invenzioni di suono. Un programma di pianoforte solo, e durante la sua vita, per quanto è noto, solo due
Liszt tra i meno impegnati culturalmente (vedremo poi quale fosse delle sue Sonate ebbero l'onore dell'esecuzione pubblica: il dilet-
la novità dei programmi lisztiani dopo il 1839), al quale collabora- tante Stainer von Feldsburg eseguì nel febbraio del 1816 a Vienna
rono quattro grandi cantanti, fu eseguito a Trieste il 5 novembre l'op. 90 o l'op. 101, la pianista Sophia Hewitt eseguì l'op. 26 a
1839. Comprendeva: Boston il 27 febbraio 1819. Hoffmann, forse con un po' troppo
ottimismo quanto alla tecnica, ma con straordinaria acutezza in-
Lickl: Sinfonia per orchestra. Bellini-Liszt: Variazioni di bravura su un tellettuale, scriveva già all'inizio del secolo: «Per quel che riguarda
tema de{ Puritani [Hexameron]. Lillo: Romanza per tenore. Liszt: Galop la semplice abilità delle dita, le composizioni pianistiche del mae-
Cro1r:atz~o. Auber: La festa da ballo, ouverture per orchestra. Donizetti:
L11cza dz Lammermoor, adagio [Sestetto trascritto da Liszt]. Rossini: Due 13
an~tte per sopran~. Bellini: I puritani, quartetto per soprano, tenore, Il già citato Leon Plantinga ha scovato un dizionario, AB C Dario Musico,
bantono e basso. L1szt: Fantasia sul tema «I tuoi frequenti palpiti» [Fan- pubblicato a Bath nel 1780, che alla voce «Clementi» dice: «Italiano. Ha
tasia sulla Niobe di Pacini]. composto alcune raccolte di lessons, in cui abbondano passaggi così particolari
e difficili da dover esser stati studiati per anni prima della pubblicazione.
I motivi che portavano il pubblico a gradire la fantasia dram- Alludiamo in particolare alle successioni di ottave con cui egli ha infarcito le sue
lessons. Il signor Clementi le suona straordinariamente bene, ed è un esecutore
mat~ca sono evidenti: le melodie popolarissime, che tutti avevano brillantissimo». Anche Mozart mette in luce lo studio meccanico su cui si fonda
sentito intonare dai grandi divi dell'ugola, rappresentavano l'ele- l'eccellenza di Clementi: «Ciò che fa veramente bene sono i suoi passaggi in
mento noto su cui si fondava la comprensione, mentre l'ornamen- terze. Ma a Londra ha dovuto sudarci sopra giorno e notte» (lettera del 7
tazione e la trasformazione rappresentavano l'elemento di novità giugno 1783).
34 Compositori al pianoforte Concertisti 1830 35

stro non presentano difficoltà particolari, perché le poche scalette, autori per l'esecuzione privata o semiprivata. Trasformazione che
terzine, ecc. rientrano nel campo di ciò ehe ogni buon pianista deve comportò una metamorfosi: l'esecuzione divenne interpretazione.
saper fare; e tuttavia eseguire queste composizioni è veramente Ho già detto poc'anzi che già la variazione tardosettecentesca su
difficile. Parecchi dei cosiddetti virtuosi disapprovano i pezzi pia- temi noti può essere considerata come una forma particolare di
nistici beethoveniani, perché trovano che, oltre ad essere molto interpretazione; la fantasia drammatica sviluppa in alto grado
difficili, sono anche molto ingrati. Quanto alla difficoltà, non è questa tendenza, postulando la distinzione tra esecutore e creatore,
piccola, dato che per un' eseèuzione esatta e sciolta delle composi- cioè scindendo il binomio pianista-compositore, perché a nessuno
zioni di Beethoven è necessario comprenderlo, penetrare profon- sarebbe venuto in mente di non distinguere, nella lodatissima,
damente nella sua essenza, e con la coscienza della propria inizia- osannata Fantasia sul Mosè, l'opera creativa di Thalberg dall'opera
zione osare di entrare arditamente nel cerchio delle magiche appa- creativa di Rossini.
rizioni evocate dal ·suo potente incantesimo. Chi non sente in sé Nei confronti del pubblico la figura dell'interprete assume la sua
questa iniziazione, chi considera la sacra musica solo come un prima fisionomia come volto della seduzione. È stato David H.
giochetto, come un passatempo per le ore d'ozio, come momenta- Lawrence a dire che «nell'istante stesso in cui tocca il lato collettivo
nea eccitazione per orecchi ottusi o come mezzo per mettersi in degli uomini ogni santo diventa diabolico» (Apocalypse). Si po-
mostra, se ne tenga lontano». trebbe dire che il lettore-santo, che ha meditato nel chiuso della sua
Il problema culturale era di portare a conoscenza di un pubblico cella e in modo dialettico i sacri testi diventa interprete-diavolo
nuovo e diverso, a un pubblico di ascoltatori che considerava la quando li espone alla folla in modo apodittico. Il rapporto tra un
musica come «passatempo per le ore d'ozio», il patrimonio musi- uomo sul podio, armato di uno strumento, ed una folla di mille o
cale destinato in origine ad un pubblico di lettori: in altre parole, duemila persone nella quale si è perduto il vincolo intellettuale del
leggere per estranei, non per sé e per gli intimi. Molti anni più tardi dialogo, è in verità un rapporto di seduzione, che con Paganini
Erik Satie avrebbe acutamente analizzato l'essenza di questo pro- viene affermato in modo inequivocabile, assumendo anche aspetti
blema, sia pur parlando della lettura di testi non musicali: «Ci sono grotteschi, ma che resterà fondamentale nella figura dell'interprete.
diverse maniere di leggere: ... per sé, per gli altri - o, perlomeno, Ed è nella scia di Paganini, apparso sulla scena europea nel 1828,
per un altro. La lettura [per se stessi] è interiore, tutto quel che c'è che tramontano Hummel e compagni mentre si affermano Thal-
di più interiore; mentre la lettura [per gli altri] - o per un altro - berg e compagni.
che (di solito) si effettua ad alta voce, è esteriore - quel che ci può La componente magico-demoniaca dell'esecuzione pianistica
essere di più esteriore. Leggere per se stessi è un gioco: nessun' arte comporta il fascino sensuale della sonorità in quanto tale, in quanto
vi va prodigata. Com'è difficile, invece, la lettura ad alta voce». E materia sonora, e comporta una gesticolazione che inchiodi sull'e-
più avanti, mettendo a fuoco attraverso il paradosso una verità secutore l'attenzione dell'ascoltatore. Le caricature ci permettono
lapalissiana: «Consiglierei di non leggere ad alta voce un testo di farci un'idea di una mimica che tendeva a mettere in evidenza
redatto in una lingua ignota all'ascoltatore. Non è di buon gusto e due aspetti contrapposti della musica eseguita: l'espressione canta-
l'effetto è nullo» . bile e affettiva portava l'esecutore a piegarsi sullo strumento quasi
Eseguire in un teatro una Sonata di Beethoven sarebbe stato nel abbracciandolo, il momento bravuristico era sottolineato dal busto
1830 come declamare «un testo redatto in una lingua ignota all'a- eretto e da movimenti ampi delle braccia sopra la tastiera: atteg-
scoltatore». La fantasia drammatica, basata sull'idioma melodram- giamenti, rispettivamente, materno-consolatore e paterno-domina-
matico a tutti noto, rappresentò dunque a parer mio il tramite tra il tore. Il massimo del movimento e dell'espressione mimica, sembra,
concerto con orchestra, già calcolato dagli autori per l'esecuzione fu raggiunto da Liszt che, al contrario degli altri, non manteneva
pubblica, e la trasformazione sociologica della sonata, pensata dagli neppur più la posizione costantemente al centro della tastiera: «Il
36 Compositori al pianoforte

signor Liszt, la cui guida è un istantaneo sentimento, e che possiede


una gran franchezza di esecuzione, si è il solo Pianista che non ha INTERPRETI AL PIANOFORTE
fissa posizione, ed il quale, a norma della natura del pezzo che ha
fra le mani, si adatta ora più verso la destra, or più verso la sinistra;
prescindendo che il suo corpo è sempre in una perpetua agitazio-
ne» (Fétis).
Ci fu però anche chi comprese subito che, se la mobilità estrema
eccitava il pubblico a capire fisicamente i due aspetti contrapposti
della collaborazione e della lotta del pianista con lo strumento,
l'immobilità avrebbe conseguito un effetto di divino distacco, di
possesso senza sforzo della materia. Thalberg, al contrario di Liszt,
restava pressoché immobile, con le labbra serrate, la giacca abbot- Il problema culturale, sentito da Mendelssohn, dai pianisti inglesi e
tonata. Moscheles dice anzi che Thalberg gli confessò «di aver da altri, fu risolto da Moscheles in modo illuministico, senza tener
raggiunto questo atteggiamento di selfcontrol fumando una pipa conto di quella componente fondamentale dell'interpretazione che
turca mentre studiava gli esercizi; la lunghezza del cannello era è a parer mio la seduzione del pubblico. Il 18 febbraio 1837
calcolata in modo da tenerla eretta ed immobile». E il pubblico Moscheles presentava a Londra questo programma:
sapeva che Thalberg, al contrario di quasi tutti i musicisti, non era
di umili origini: era figlio, sia pure illegittimo, di un principe e di Weber: Sonata op. 24. Purcell: Mad Bess. Bach: Preludi e fughe in do
una baronessa. Ragione di più di adorazione feticistica, per la diesis maggiore, do diesis minore e re maggiore [probabilmente dal primo
libro del Clavicembalo ben temperato]. Canzone tedesca «La prima viola».
nuova borghesia che prendeva il potere verso il 1830 ... Beethoven: Sonata op. 31 n. 2. Scarlatti: «Scelta di pezzi dalle Suites of
Lessons (compresa la celebre Fuga del gatto) nella versione originale per
clavicembalo ed eseguiti, a richiesta, su questo strumento». Handel: Il
fabbro armonioso. Mozart: Duetto da Così fan tutte. Beethoven: Sonata
op. 81a. Jackson: «Va, debole tiranno,1. Moscheles: Scelta dei Nuovi Studi
[op. 95].

Moscheles impostava il suo programma su un secolo intero di


storia, selezionava le musiche in base al loro valore metastorico,
senza nessuna concessione alla moda, e poneva anche l'esigenza del
recupero dello strumento, oltre che della musica barocca. Altri due
concerti dello stesso tipo seguirono nella stessa stagione: Moscheles
eseguì al clavicembalo anche il Concerto in re minore di Bach con
quartetto d'archi e ripeté l'esperimento, sempre con successo, il 22
gennaio 1838, eseguendo un programma con quattro pezzi di
canto, l'Appassionata di Beethoven, la Sonata n. 4 di Weber e
qualcosa come venti composizioni di Scarlatti, J.S. Bach (Toccata in
re minore), Wilhelm Friedemann Bach, Carl Philipp Emanuel
Bach, J ohann Christoph Bach, J ohann Christian Bach, Handel,
Wolfl, Dussek, Steibelt, Clementi, Field, Cramer, Hummel, Herz,
38 Interpreti al piano/orte Liszt 39

Potter, Chopin, Thalberg, Moscheles, Mendelssohn (si noti però ricordi lo stato delle comunicazioni: erano appena i tempi dei primi
l'assenza di Mozart e di Haydn). Poi, come abbiamo già visto, tronchi della rete ferroviaria - in quasi tutti i paesi d'Europa ed
nell'estate del 1839 decise di abbandonare la carriera concertistica arrivò fino ad Istanbul. Con l'esclusione degli Stati Uniti, tutto il
per «coltivare la musica secondo il mio gusto e le mie convinzio- mondo musicale che gravitava intorno alla dominante cultura te-
ni» ... desca ebbe modo di ascoltare Liszt, di spettegolare sui suoi amori
Nell'estate del 1839 Franz Liszt passava tranquille vacanze a San con la ballerina Lola Montez o con l'attrice Charlotte Hagn o con la
Rossore con la sua compagna ed i tre figli. In ottobre si metteva in dama delle camelie Marie Duplessis o Marguerite Gauthier o Vio-
cammino per Vienna dove lo attendeva una serie di sei concerti, letta Valery che dir si voglia; le ricche ed opulente dame rinserrate
esauriti in prevendita, con seicento persone che non avevano tro- nei busti potevano svenire ascoltandolo e collezionare i mozziconi
vato posto e trecento che si erano già prenotate per altre eventuali dei suoi sigari ed altri cimeli su cui la storia, casta custode di sante
serate. I concerti di Vienna sarebbero diventati l'inizio di una memorie, virtuosamente tace. Il lettore interessato al Liszt perso-
inebriante avventura, che avrebbe portato Liszt a percorrere da naggio potrà trovare di ciò ampi ragguagli in una qualsiasi biogra-
trionfatore tutta l'Europa e farlo classificare come iniziatore del fia, anche non romanzata. Qui ci interessa vedere come Liszt,
concettismo moderno. I programmi di quei sei concerti definivano figura che oggi definiremmo «da rotocalco», trasformasse il costu-
- a livello di grande pubblico anonimo, a livello, se vogliamo usare me del concerto pubblico. Il repertorio completo presentato da
una definizione un po' pericolosa, di cultura di massa - il primis- Liszt dal 1838 al 1848, redatto da August Contadi, è stato pubbli-
simo passaggio dal pianista-compositore al pianista-interprete, dal cato nel Liszts Leben di Peter Raabe; lo elenco qui in un ordine
compositore che metteva in scena i suoi lavori al regista. Liszt non diverso da quello arginale (che è per generi):
rinunciava di certo a porre se stesso anche come protagonista nella
storia della creazione, né rinunciava alle fantasie su temi di opere Bach: Concerto per tre pianoforti [in re minore], Fughe per organo,
teatrali, che in quel momento rappresentavano ancora il più sicuro Preludio e fuga in la minore dal Clavicembalo ben temperato [II libro?],
aggancio con un vasto pubblico, ma nello stesso tempo cominciava, Variazioni di Goldberg.
Beethoven: Concerti n. 3 e 5, Fantasia op. 80, Quintetto op. 16, Sonate
seppur embrionalmente, a portare l'attenzione anche su altri com- op. 26, 27 n. 1 e 2, 31 n. 2, 57, 90, 101, 106, 109, 110, 111, Variazioni,
positori. Sonate per violino e pianoforte, Sonate per violoncello e pianoforte, Trii.
Questo il repertorio presentato nei concerti di Vienna: Chopin: Concerti n. 1 e 2, Variazioni op. 2, Studi, Valzer, Polacche,
Mazurche, Ballate, Notturni, Improvvisi, Scherzi, Preludi.
Czerny: Sonata n. 1, Sonata a quattro mani, Fantasia, Variazioni op. 14
Beethoven: Sonata op. 31 n. 2, Trio op. 97. Chopin: Mazurche. Liszt: su «Gott erhalte Franz den Kaiser».
Studi trascendentali n. 4, 7 e 9, Valse di bravura, Al lago di Wallenstadt, Dohler: Studi, Melodie russe.
Frammento da Dante [prima versione della Fantasia quasi Sonata dopo una Hiindel: Suites, Variazioni.
lettura di Dante], Hexameron, Reminiscenze dei Puritani, Reminiscenze Henselt: Concerto op. 16, Air bohémien.
della Lucia di Lammennoor, Fantasia sulla Sonnambula, Melodie unghe- Hiller: Studi.
resi, L'orgia e Tarantella napoletana (da Rossini), Lieder da Schubert (Ave Hummel: Concerti in la min. e si min., Sonata op. 81, Fantasia op. 18,
Maria, Die Stadt, Das Fischennadchen, Aufenthalt, Der Atlas, Die Tau- Sonata a quattro mani, Settimino op. 74, Trii.
benpost, Erlkonig), Scherzo, Tempesta e Finale dalla Sinfonia pastorale di Kessler: Studi, Toccata.
Beethoven. Kroll: Variations mignonnes.
Liszt: Studi, Studi da Paganini, Hexameron, Marcia eroica [in stile
Il successo dei concerti viennesi elevò Liszt in una dimensione di ungherese], Hannonies poétiques et religieuses, Tre Sonetti del Petrarca,
Feuille morte, Gaudeamus igitur, Valse mélancolique, Valse de bravoure,
fanatismo che in precedenza era stata toccata solo da alcuni divi Caprice-valse, Galop chromatique, Fantasie su motivi di opere di Auber,
dell'ugola e da Paganini. Tra il 1840 e il 1847 Liszt suonò - si Bellini, Donizetti, Halévy, Kullak, Meyerbeer, Mozart, Pacini, Parafrasi su
40
Interpreti al pianoforte Liszt 41

!e~i d_i Bulhakoy e Conr~di, ~ant~sie"e Parafrasi su temi popolari inglesi,


1taliam, sp~gnoli, svedesi, svizzeri, ungheresi, Trascrizioni di Lieder e !o
Beethoven, organizzò il nuovo impero, ~ suoi ~u~cess~ri f_anno
romanze d1 Beethoven (Adelaide), Dessauer, Donizetti, Liszt, Mendels- più potente, guidandolo fino alla vittoria sugli 1mpen rivali del-
sohn, Meyerbeer, Mercadante, Rossini, Schubert (50 pezzi), Schumann 1' orchestra e del melodramma.
We~er, ~ielhorsky, Trascrizioi:i di marce di Beethoven, Giuseppe Doni: Liszt non eseguiva quindi né un Concerto né un pezzo di Mo:
zett1, Glinka, Schubert, Vollweiler, Trascrizioni di ouvertures di Beetho- zart, e riconosceva la grandezza di musicista di M~zart, ma non _d1
v_e1: (Egm~nt), Berlioz (Carnevale romano), M~zart (Flauto magico), Ros-
s~1 (~ug~ielmo Teli), Weber (Freischiitz, Jubelouverture, Oberon) e di pianista, includendo nel suo repertorio le fantasie sul Don G_zo-
smfome d1 Beethoven (n. 5, 6, 7) e Berlioz (Sinfonia fantastica). vanni e sulle Nozze di Figaro e l'ouverture del Flauto magico.
Louis Ferdinand, principe di Prussia: Quartetto. Escluso Mozart restavano esclusi Haydn, Clementi, Carl Philipp
Mayseder: Trii.
E~anuel Bach, e in genere tutta la seconda metà del Settecento,
Mendelssohn: Concerti n. 1 e 2, Variations sérieuses Fughe Scherzi
Tru... ' ' ' periodo in cui il pianoforte era ba~bino. Mosc~el~s, dal suo os~
Moscheles: Concerti n. 2, 3, 4, Studi, Variazioni sulla marcia di Ales- servatorio illuministico, aveva considerato la stona m altro ?1od~.
sandro, Sonata a quattro mani. «Ho nuovamente scavato fra i tesori inceneriti della Pompei musi-
Nicolai: Tre Studi melodici. cale e portato alla luce parecchie gra?de~ze. Beeth~v~n _è grand~, e
Pixis: Variazioni su un tema del Barbiere di Siviglia, Trii.
Scarlatti: Fuga del gatto. chi potrei nominare più grande _di lm? ~a p~1c~e il pubbli~o
Schachner: Ombres et rayons. ascolta non soltanto lui ma anche 1 moderm pezzi d effetto, voglio
Schubert: Fantasia op. 15, Trii. che conosca i composit~ri dalle cui spalle Beethoven spiccò_ il volo
Schubert [Karl]: Sonata. dell'aquila. Non si deve dimenticare il passato d~~a propn_a ~rte,
Schumann: Carnaval op. 9, Sonata op. 11, Fantasia op. 17. quando si vuole rend~re oma?gio ~1 pre~en~e,- Pereto ho_comm iato
Weber: Concertstiick,1 Sonate n. 1, 2, 3, 4, Polonaise Momento capn·c-
cioso, Invito alla danza • '
7
con gli antichi maestri, e voglio gu1d~re 1m1~1 ascolt_aton un po alla
volta fino a quelli dei nostri giorm; alla fme essi potranno fare
Malgrado le approssimazioni - quali Variazioni di Beethoven? confronti e concludere» (Diario, 1838).
quali Studi, quali Ballate di Chopin? e così via - la concezione che Tuttavia Moscheles usciva sconfitto, Liszt vinceva, e la sua
balza imperiosa dal repertorio è evidente: il pianoforte comincia impostazio~e storico-critica, come avremo occ_asio~e di vede~e,
con Beethoven, o diventa adulto con Beethoven, ... con il Beetho- sarebbe stata approfondita ma non corretta dai su01 successo~1 e
ven dell'op. 26, e culmina nel Liszt trascrittore che riesce a portare sarebbe durata come disegno teorico dominante, fino a oltre la fme
dell'Ottocento'. Ciò non significa che i programmi di Liszt fossero
sul pianoforte grandi pagine dell'orchestra contemporanea. Liszt
recupera inoltre al pianoforte - Moscheles lo aveva recuperato sul impostati nel modo che sarebbe prevalso ne~a. s~conda ~et~ d~l
clavicembalo - il clavicembalo «adulto» di Bach, di Handel, di secolo. Già durante il periodo della sua att1v1ta concerusu~a ~
Scarlatti, delineando quindi implicitamente una storia del piano- recital poteva in verità avere una stru~t~ra c~e, m~tatis muta~d1s, s1
forte intesa all'incirca così: c'era una volta l'impéro del clavicem- A?
ritrova tale e quale nella vita concert1st1ca d1 oggi. e~e~p1~, nel
balo che, dopo aver toccato un culmine di potenza, decadde e fu primo recital pianistico tenuto al Gewandhaus ~1 Lipsia, il 15
vinto da un giovane barbaro, il pianoforte; un grande imperatore, settembre 1844, il pianista Louis Rakemann eseguiva questo pro-
gramma: Bach: Toccata in fa diesis minore. Heller: Scherzo op. _24_ e
1
Capriccio sopra «Die Forelle» di Schubert. Mendelssohn: Capncc10
Il Raabe cita un'altra dozzina di pezzi che non figurano nel catalogo del in mi maggiore [probabilmente op. 16 n. 2]. Beetho~en: _So_nata op.
Conradi e della cui esecuzione si ha notizia da giornali: l'unica omissione 81a. Chopin: Ballata op. 47. Il Rakemann, al contrario d1 L1szt, ?on
importante rilevata dal Raabe è tuttavia quella della Sonata op. 53 di Beetho- era però in grado di riempire un teatro e di far conos~ere le ~us1che
ven.
di Beethoven o di Chopin a chi, di Beethoven e d1 Chopm, orec-
42 Interpreti al pianoforte Liszt 43

chiava appena il nome. La struttura del recital di Liszt si pone stituibile compito di propagare la musica contemporanea d'avan-
invece in diretta concorrenza, in concorrenza mimetica con quella guardia (anche se allora il termine «avanguardia» non era ancora in
del concerto misto - orchestra, solista, cantanti - che già negli uso). Talvolta i programmi di Liszt erano meno dimostrativi delle
anni trenta aveva raccolto il pieno consenso del pubblico. sue preclare virtù di uomo-orchestra, pur restando sempre alta-
Abbiamo già visto il programma del concerto tenuto a Trieste menti virtuosistici. A Kiev, ad esempio, il 2 febbraio 1847, Liszt
nel 1839. Il paragone con il programma di un altro concerto, tenuto eseguì: Liszt: Hexameron. Weber: Concertstuck [in versione per
a Marsiglia il 24 luglio 1844, dimostra che Liszt non annullava, ma pianoforte solo]. Schubert-Liszt: La trota. Chopin: Studio. Weber-
sostituiva la partecipazione dell'orchestra, puntando sul fatto sen- Liszt: Invito alla danza. Improvvisazione su temi proposti dal
sazionale della sfida alle abitudini del pubblico, dell'affermazione pubblico. Talvolta, avendo occhio attento alle aspettative del pub-
orgogliosa dell'artista solitario in grado di non far rimpiangere la blico, Liszt limitava ad un minimo le musiche originali per piano-
varietà dei normali concerti: forte, arrivando fino al punto di eseguire tempi staccati di Sonate di
Beethoven, ma le sue intenzioni culturali, seppur ottenute attra-
1. Beethoven: Sinfonia n. 5 [probabilmente il primo o il secondo tem- verso lo spettacolo, traspaiono sempre.
po]; 2. Rossini: Ouverture del Guglielmo Tell; 3. Romanza dell'Ebrea di Resta da chiedersi come Liszt eseguisse il suo sterminato reper-
Halévy, cantata dalla signora Marquand-Cegatta; 4. Beethoven: Scherzo e
Marcia (terzo tempo e finale della Sinfonia n. 5); 5. Liszt: Fantasia sul torio. Le testimonianze sul fascino delle sue esecuzioni sono nu-
«Roberto il Diavolo»; 6. Weber: Ouverture dell'Oberon; 7. Liszt: Fantasia merose, ed alcune - di Berlioz o di Anton Rubinstein, ad esempio
sulla «Lucia di Lammermoor»; 8. Donizetti: Aria della Favorita, cantata - assolutamente insospettabili. Ma sulla sua sonorità e sul suo
dalla signora Marquand-Cegatta; 9. Chopin: Mazurca, e Polacca dai Pu- fraseggio sappiamo ben poco di preciso. Sappiamo qualcosa di più
ritani [forse l'Hexameron, variazioni, di cui una di Chopin, sulla Marcia sui ritocchi che Liszt apportava a composizioni nelle quali il rap-
dei Puritani]; 10. Rossini: Romanza del Guglielmo Tell, cantata dalla
signora Marquand-Cegatta; 11. Liszt: Galop cromatico. porto tra interesse musicale e difficoltà virtuosistica non era, a parer
suo, sufficientemente equilibrato. Le edizioni lisztiane della Fan-
L'inclusione in programma di pagine trascritte dall'orchestra fu tasia cromatica e fuga di Bach o delle Sonate di Beethoven sono
talvolta rimproverata a Liszt. Schumann, recensendo con ammira- sostanzialmente corrette, e la sua edizione della Sonata op. 39 di
zione sconfinata i concerti tenuti a Lipsia nel 1840 scrisse anche: Weber non ha nulla a che vedere con il completo rifacimento
«Cominciò con lo Scherzo e col Finale della Sinfonia pastorale di virtuosistico di un celebre pianista, Adolph Henselt, di soli due
Beethoven. La scelta era abbastanza bizzarra e non felice per molte anni più giovane di Liszt. Non sappiamo però se Liszt, nelle sue
ragioni. In una stanza, a quattr' occhi, questa trascrizione, del resto esecuzioni, avesse seguito le sue edizioni, che avevano finalità
estremamente accurata, può far dimenticare l'orchestra; ma in una didattiche, non concertistiche. Se osserviamo le versioni alternative
sala più grande, nello stesso luogo dove abbiamo udito la Sinfonia che Liszt, nella sua edizione riveduta, propone per una pagina
così sovente e così compiutamente eseguita dall'orchestra, la de- come l'Improvviso op. 90 n. 2 di Schubert, comprendiamo quale
bolezza dello strumento appariva tanto più sensibile, quanto più la grado di trascendentale difficoltà venisse ritenuto necessario
trascrizione cercava di rendere le masse nella loro forza; una ridu- perché una pagina affrontabile dai dilettanti diventasse degna di
zione più semplice, uno schizzo avrebbe fatto maggior effetto». esecuzione pubblica.
Parole ragionevoli, s'intende. Ma non si può dimenticare il fatto Al di là di quanto risulta da alcune revisioni e al di là dell'auto-
che Liszt doveva vincere il pregiudizio di un pubblico abituato a critica di Liszt stesso, che già negli anni 30 si accusava di aver
imbandigioni variate; e, del resto, l'esecuzione delle Sinfonie di parafrasato le pagine dei grandi maestri per renderle più appetibili
Beethoven o di brani di Weber o di Berlioz, almeno in piccoli centri a un pubblico incolto, non sappiamo però nulla di preciso, e
che non disponevano di orchestre sinfoniche, rispondeva all'inso- saremmo disonesti se pensassimo di poter ricostruire indiretta-
1I
44 Interpreti al pianoforte Jaell 45

mente qualcosa di non fantastico, di non puramente ipotetico. medi delle Sonate op. 1 e op. 5, due delle Ballate op. 10, i Valzer
Pot~e~m~ ;1sare forse come grimaldello i rulli di pianoforte mec- op. 39, il Capriccio op. 76 n. 2, l'Intermezzo op. 76 n. 6, la
camco mc1s1 da Bernhard Stavenhagen all'inizio del nostro secolo? Rapsodia op. 79 n. 2, il Concerto op. 15, alcune Danze ungheresi e
Lo_ Stavenhagen, che era stato allievo di Liszt, dichiarava di ese- le Variazioni su un tema di Hi:indel di Brahms, moltissima musica
~mre le due Leggende e la Rapsodia ungherese n. 12 «secondo da camera; il compositore più moderno del suo repertorio fu
ricordi personali di Franz Liszt». Apriti cielo! A parte il fatto che Bernhard Scholz, di cui eseguì il Concerto nel 1875.
S~avenhagen a-yeva studiato con Liszt molto tardi, negli anni 80, se Anche Brahms restò accuratamente discosto da Liszt; ma
~1szt suonava m quel 1;11odo p~rsino le sue musiche c'è da ringra- Brahms fu pianista-interprete - pianista-interprete d'avanguardia,
ziare Thom~~ Alva Ed1son_ e ~ mgegner Welte per aver inventato che non lasciava gustare al suo pubblico nessun bon-bon - solo
troppo tardi il fonografo e il pianoforte automatico! per poco tempo, e poi proseguì la carriera come pianista-composi-
Io ~mo credere che Liszt non su~nasse affatto così, neppure da tore. Altri pianisti, e anche meritevoli di essere ricordati, non
vecchio, ... e nessuno può smentirmi. Le carte dicono che Liszt al seguirono le direttive tracciate da Liszt: ad esempio, l'inglese
pian~fort~ era un incantatore, la storia dice che, dopo aver inven- Charles Hallé fu il primo che nel 1861 eseguì a Londra il ciclo
t~t~ il recital, provvide a difenderlo istituendo un ordine di cava- completo delle trentadue Sonate di Beethoven, Camille Saint-Saens
lieri senza macchia e senza paura cresciuti alla sua scuola. Un solo eseguì negli anni 60, a Parigi, sedici Concerti di Mozart in quattro
grande conc~rtista de~a s~c?nda metà dell'Ottocento non gravitò serate, Carl Wolfsohn tenne negli Stati Uniti cicli di concerti cho-
nella sua orbita e, anzi, gh s1 oppose con feroce violenza. E fu una piniani e schumanniani, Joseph Rubinstein - non imparentato
donna: Clara Wi~ck in Schumann. Allevata da un padre autoritario con Anton - andò incontro a un disastro quando, nel 1880, eseguì
che la fece esordire nel 1827, a otto anni, con il Concerto K 449 di a Berlino i due libri del Clavicembalo ben temperato.
Mozart, Clara era negli anni 30 un pianista-compositore che oscil- I grandi concertisti, coloro che potevano far chiudere il botte-
lava da Thalberg a Beethoven. Passata definitivamente sotto l'in- ghino di un teatro prima ancora di arrivare sulla piazza, coloro che
fluenza di_ Schum_~nn, Clara divenne sempre più paladina di Beet- potevano vendere la loro firma pubblicitariamente e patrocinare
hoven e d1 tutto c10 che a questa scelta conseguiva. Il suo repertorio marche di pianoforti, erano o allievi di Liszt o suoi devoti. Alfredo
be~thoveniano, iniziato nel 1835 con la Sonata op. 57, comprese Jaell, triestino, allievo di Czerny a Vienna, celebrato per la bellezza
poi ~nche le op. 7, 27 n. 1 e 2, 28, 31 n. 2, 53, 81, 101, 106, 109. di un suono cantabile che veniva comunemente attribuito alle
D1 Schumann, ovviamente, Clara eseguì molti lavori ma met- morbide virtù della sua grassezza, eseguì per primo a Parigi il
tendoli a repertorio con lentezza molto maggiore di qua~to non ci Concerto di Schumann ed eseguì musiche di Brahms, ma fu anche
aspet:er~mmo. Ecco la progressione delle sue esecuzioni delle tra i primi, se non il primo, a far conoscere il Concerto in mi
maggiori opere per pianoforte solo di Schumann: op. 7 (1834), op. bemolle maggiore di Liszt. Un interessante epistolario Liszt-Jaell ci
11 (1837), op. 10 (1844), op. 12 (1844), op. 13 (1853), op. 9 dice dell'ammirazione di Liszt per il giovane campione di una
(1856), op. 16 (1856), op. 26 (1860), op. 6 (1860), op. 111 (1862) composizione che i critici tedeschi seppellivano sotto il più pesante
op. 20 (1866), op. 17 (1866), op. 5 (1866), op. 15 (1868), op. 23 disprezzo. Jaell fece anche conoscere vari pezzi delle opere di
(1868), op. 82 (1869), op. 22 (1871), op. 2 (1871). Il repertorio di Wagner, da lui stesso trascritti, e con la moglie Marie Trautmann
Clara_comprendeva anche del Bach inconsueto (la Partita n. 5 in sol formò più tardi un duo per cui Saint-Saens scrisse le Variazioni su
magg10re)? Handel e Domenico Scarlatti, una Sonata di Haydn (ma un tema di Beethoven.
n~ssuna d1 Moza~t), la ~onata op. 40 n. 2 di Clementi, 3 Sonate (la Un altro grande concertista, che non essendo allievo di Liszt ne
mmor~, sol magg10re, s1 bemolle maggiore) di Schubert, parecchie fu amico, era il russo Anton Rubinstein, del quale parleremo in
cose d1 Mendelssohn e di Chopin, lo Scherzo op. 4, i tempi inter- seguito. Tutti gli aitri studiarono con Liszt a Weimar: Hans von
r
46 Interpreti al pianoforte Tausig 47

Biilow, Hans Bronsart von Schellendorf, Sophie Menter, Karl un lampo e l'ha resa del tutto incantevole. È un granduomo ma,
Klindworth, e la stella di tutte le stelle, il polacco Tausig. come Rubinstein, non ti commuove quanto Clara Schumann, che si
Karl Tausig, che morì a trent'anni, nel 1871, era dotato di mette subito in rapporto con te. Mi pare dunque che Clara Schu-
capacità virtuosistiche tali da stupire non solo tutti coloro che lo mann sia la più grande interprete, benché i tedeschi non siano
ascoltarono, ma persino Liszt. Come virtuoso-creatore diede inizio d'accordo, penso, con me. Tausig ha una mano così piccola che mi
a due importanti filoni del repertorio concertistico di fine Otto- chiedo come abbia potuto acquisire il suo immenso virtuosismo.
cento: la trascrizione virtuosistico-coloristica da Bach, la parafrasi Non ha che trent'anni ed è quindi molto più giovane di Rubinstein
sui valzer di Johann Strauss. Ma in Tausig, per lo meno nel Tausig e di Biilow».
degli ultimi anni, si doveva avvertire la sazietà e il superamento del La Fay, che come pianista doveva essere all'incirca un'oca, ma
virtuosismo. Un suo programma, eseguito a Berlino all'inizio del che sembra un'acuta osservatrice e che dopo esser passata sotto le
1870, può essere considerato quasi esemplare anche dal punto di grinfie di T ausig (maestro-orco che distruggeva gli allievi), emigrò
vista di oggi: tra Kullak, Liszt, Deppe, paragona con acume i quattro maggiori
pianisti degli anni 70.
Beethoven: Sonata op. 53. Bach: Bourrée. Mendelssohn; Presto scher- «Vi dico prima di tutto le mie impressioni su Clara Schumann.
zando. Chopin: Barcarola op. 60, Ballata op. 47, due Mazurche dall'op. 59
e dall'op. 33. Weber: Invito alla danza. Schumann: Kreisleriana op. 16. Ha molto fuoco, il suo stile è grandioso, perfettamente coerente e
Schubert-Liszt: Serenata da Shakespeare._ Liszt: Rapsodia ungherese. solido, e piace: è un'artista che è bene ascoltare, ma che non ha, nel
suo genere, nulla di analitico al modo di Balzac o di Hawthorne,
La pianista americana Amy Fay, che studiava con Tausig, com- nessuna finezza o poesia di esecuzione. Suona alla perfezione Bach
menta così l'esecuzione in una lettera ai familiari: «Le ottave di e quel che le ho sentito eseguire meglio sono le Variazioni in do
Tausig sono le più straordinarie che ho mai ascoltato. L'ultimo minore di Beethoven, molto difficili; le ha rese, a mio avviso,
pezzo del suo programma, di grande effetto, era la Rapsodia di meglio di Bulow, che è tuttavia un grande specialista beethove-
Liszt con una variazione d'ottave 2 • Dapprima l'ha suonata così niano. La Schumann ripete spesso gli stessi pezzi, probabilmente
pianissimo che appena si sentiva, poi ha ripreso la variazione con perché trova molto faticosa la moda attuale di suonare a memoria.
vigore, straordinariamente /orte. Era colossale! Le sue scale supe- L'ho sentita insorgere contro quest'abitudine, e credo che sia una
rano quelle di Clara Schumann; sembra che le suoni con dita di follia pretendere una tal cosa da una così grande artista come Clara
velluto, tanto è dolce il suo tocco. Ha eseguito la grande Sonata in Schumann. Se si volesse soltanto permetterci di suonare a modo
do maggiore di Beethoven, pezzo favorito di Moscheles, come nostro, secondo le nostre disposizioni!
sapete. Non l'ha resa in modo così brillante come mi aspettavo, ma «Biilow ha un modo di suonare notevole, soprattutto per il suo
in una maniera calma e sognante; ha attaccato molto piano il primo grande vigore; egli spiega un'energia illimitata, e più lo si ascolta,
tempo, in cui è stato ammirevole, ma non sono stata del tutto più l'interesse aumenta. Dei quattro è lui che preferisco. Suona
soddisfatta dell'ultimo perché supponevo che arrivasse a produrre Chopin bene come Beethoven e come Schumann; è un pianista di
un grande effetto con i bei trilli appassionati, il che non è stato. talento superiore, sebbene non sia ben sicuro della sua esecuzione.
Suona Chopin divinamente, e quella piccola Bourrée di Bach, che L'ho visto in grave imbarazzo. Credo che abbia troppa fiducia nella
avevo l'abitudine di provare sovente, era magica: l'ha suonata come sua memoria, perché suona tutto a memoria; e che programmi!
Tocca sempre col pollice dalla parte dell'unghia e possiede una
2
Potrebbe darsi che si trattasse della Rapsodia ungherese n. 6, mà non è da forza tale! I suoi accordi ti rapiscono. Bisogna ascoltarlo all'in_izio
escludere che si trattasse della Rapsodia n. 2, con l'ultima pagina in ottave del finale della Sonata Chiaro di luna, quando suona gli arpeggi
alternate. della mano destra salendo leggermente e pianissimo, articolando
48 Interpreti al piano/orte Tausig 49

delicatamente ogni nota, e termina con il "fracasso" dei due ac- Sembra che Tausig, stanco, come diceva la Fay, degli spettacoli,
cordi acuti! E com'è divertente quando suona le gavotte, le gighe stesse progettando programmi monografici e programmi con mu-
ecc. nelle Suites inglesi di Bach! Con un'aria sorniona che gli appare siche antiche, forse seguendo l'esempio di Ernst Pauer, che negli
sul viso imprime loro un'originalità indescrivibile! Senti che vede anni 60 teneva a Londra cicli di concerti sulla letteratura cembalo-
così bene il suo fine che tu l'indovini; forse posso riassumere ciò che pianistica del Settecento. Non sappiamo immaginare come Tausig
penso della sua grande suP.eriorità dicendo che impressiona perché si sarebbe evoluto se fosse vissuto più a lungo, e non possiamo
usa il pianoforte unicamente per esprimere delle idee. Ti fa di- neanche sapere come suonasse in realtà, per quanto suggestive
menticare lo strumento facendoti piombare nella passione. Rubin- siano le immagini della Fay. La Fay ci dice anche che nel Concerto
stein, che avete ascoltato, è collocato sul piano di Liszt da molte in mi minore di Chopin Tausig eseguiva «in ottave, invece che in
persone, ed io mi stupisco che l'abbiate trovato freddo, perché è note semplici, il passaggio alla fine, lungo due pagine, che è scritto
celebrato per l'ardore della sua esecuzione e la spontaneità della per due mani all'unisono». E aggiungeva: «Gigantesco!». Se an-
sua immaginazione. Credo che Biilow e Clara Schumann sappiano diamo a vedere la versione di Tausig, e se l'ascoltiamo nell'esecu-
già prima come interpreteranno il tale o talaltro pezzo, ma che zione di Moritz von Rosenthal, che ci è restata in disco, troviamo in
Rubinstein l'ignori, che suoni senza piani preventivi, secondo l'i- realtà una banale modificazione del testo originale, molto incisiva e
spirazione del momento. Nel pomeriggio in cui l'avete ascoltato sonora ma tecnicamente molto piì1 facile:
non era probabilmente in vena. Come compositore supera di molto
gli altri.
«Tausig era quello che si avvicinava di più alla sottigliezza di
Liszt e, di conseguenza, era quello che, dopo il Maestro, interpre-
tava meglio Chopin. Non dimenticherò mai la sua esecuzione della
grande Ballata in sol minore di Chopin la prima volta che l'ho
ascoltato in concerto. Questa Ballata è una composizione divina, e
lui la rendeva non solo con calore e fervore, ma con una poesia che
gettò un incantesimo sul pubblico e gli impedì per uno o due (Chopin)
minuti, prigioniero e silenzioso, di applaudire. Era come un sogno
di bellezza che ti si stendeva davanti e che non volevi turbare!
«A Tausig piaceva molto Chopin e sempre si rammaricava di
.......
non averlo potuto conoscere. Credo che avesse più virtuosismo e
ancor più delicatezza di sentimento di Biilow e di Rubinstein. La
sua finitezza, la sua perfezione e soprattutto il suo tocco erano al di
sopra di tutto. Esecutore appassionatissimo a scuola, era freddo
davanti al pubblico, tranne quando interpretava Chopin. Era il
prediletto di Liszt, che diceva: "Sarà il mio erede". Ma dubito che
sarebbe stato così, perché nell'inverno che precedette la sua morte
l fi

(Tausig)

Kullak mi fece notare che il suo modo di suonare diveniva di anno Le parole, le lodi, le estasi, come al solito, diventano sospette -
in anno più secco; forse era a causa della sua avversione morbosa il che non significa che siano sempre menzognere - qu~ndo non
agli "spettacoli", come chiamava le sedute pubbliche in cui Liszt, siamo in grado di sottoporle ad un minimo di verifica. ~ da"':'ero
all'opposto, liberava tutte le sue emozioni». difficile parlare dei pianisti e della loro arte quando non s1 possiede
50 Interpreti al piano/orte Anton Rubinstein 51

più traccia del loro suono. E questa situazione disperante si protrae Bisogna aver ascoltato Chopin, Liszt, Thalberg e Henselt per sa-
fino ad un imprecisato giorno di novembre del 1889, fino al giorno pere che cosa significasse veramente suonare il pianoforte». Sem-
in cui un grosso gentiluomo tedesco-viennese di cinquantasei anni bra lecito dunque supporre che Rubinstein ritenesse la sua arte di
berciò dentro un imbuto, con una voce di tenore comprimario resa pianista, al contrario di quella di Liszt, non del tutto perduta per i
più stridula dall'emozione: «Gri.isse an Herrn Doktor Edison. I am posteri. Ma nessuna sua incisionè è nota o è stata finora ritrovata.
Brahms ... Johannes Brahms». Dopodiché il Doktor Brahms pestò Per parlare dei due sovrani, dominatqri della scena internazionale
sul pianoforte un' abbreviatissima versione della Danza ungherese n. all'inizio del periodo che comincia ad essere documentato col suo-
1 in sol minore di Johannes Brahms. no, dobbiamo consultare quindi non il suono rna le carte. E le carte
Mentiremmo sfacciatamente se dicessimo che da quel cilindro di ci portano prima di tutto i programmi dei sette concerti «storici»
cera, rigato dalle berciate e dalle pestate di Brahms, si può valutare che Rubinstein eseguì in varie capitali a partire dall'ottobre del
Brahms pianista. Ma qualcosina - il tempo, ad esempio, e l'ac- 1885 3 :
centuazione - si capisce. E si può persino fare un paragone tra
Brahms e due suoi fedeli interpreti, da lui ammirati: Joachim, che
Primo concerto
incise la Danza ungherese n. 1, in versione per violino e pianoforte,
nel 1905, e Arthur Nikisch, che nello stesso anno la eseguì su un Byrd: The Carman's Whistle. Bull: The King's Hunting ]z'gg. Couperin:
pianoforte meccanico. Tra il tramonto del vecchio e l'alba di un La Ténébreuse, La Favorite, La Fleurie, Le Bavolet flottant, La Bandoline,
nuovo secolo nasceva la possibilità di una storia dell'interpretazio- Le Réveil-matin. Rameau: Le Rappel des oiseaux, La Poule, Gavotte et
ne pianistica che non fosse un pendant della geografia da tavolino. variations. D. Scarlatti: Fuga in sol minore (Fuga del gatto), Sonata in la
maggiore. J.S. Bach: Fantasia cromatica e fuga, Giga (dalla prima Partita),
Per allora, in verità, non molto: qualche incunabolo, più emozio- Sarabanda e Gavotta (dalla terza Suite inglese), Preludi e fughe in do
nante che utile. Ma fra cilindri di cera, dischi, rulli di pianoforte minore e re maggiore dal Clavicembalo ben temperato, Preludi in mi
meccanico, una traccia del suono di Brahms, di Saint-Saens, di bemolle minore, mi bemolle maggiore, si bemolle minore dal Clavicembalo
Grieg, di Fauré, e di Leschetitzki, di Planté, di Diémer, di Pach- ben temperato [probabilmente dal rrif?O li~ro}- Handel: Aria e variazioni
Il fabbro armonioso, Fuga dalla Suite m ml mmore, Sarabanda e Passaca-
mann, di Pugno, di Gri.infeld, della Essipova, della Carrefi.o ci è
restata. La generazione degli ultimi romantici e la seconda genera-
!a
glia dalla Suite in. sol minore, Giga dalla Sui~e. in I?aggiore, J\ria con
variazioni in re mmore. C. Ph. E. Bach: Rondo m s1 mmore, La Xenopho-
zione degli interpreti che fecero la storia del concertismo solistico, ne, Sibylle, Les Langueurs tendres, La complaisante. Haydn: Variazioni in fa
cioè la generazione 1830-60 non è dunque del tutto muta per noi, minore. Mozart: Fantasia K 475, Giga K 574, Rondò K 511, Rondò alla
anche se, disgraziatamente, abbiamo mancato proprio d'un pelo i turca dalla Sonata K 331.
due colossi del secondo Ottocento, Anton Rubinstein e Hans von
Bi.ilow, scomparsi entrambi nel 1894, e la prima grande pianista, Secondo concerto
Clara Schumann, scomparsa nel 1896.
È probabile che Anton Rubinstein abbia registrato qualche ci- Beethoven: Sonate op. 27 n. 2, op. 31 n. 2, op. 53, op. 57, op. 90,
lindro di cera, perché nel suo volumetto Die Musik und ihre Meister op. 101,op. 109,op. 111.
egli dice, a proposito di Liszt: «Le parole sono troppo pallide per
esprimere quel che era il suo modo di suonare: era la perfezione
stessa, che toccava i limiti estremi dell'esecuzione. Quanto è da
deplorare che negli anni 40-50 non esistesse ancora il fonografo, 3 Rubinstein apportò piccole modificazioni ai programmi, nelle varie sedi in

tanto da trasmettere alle generazioni future, che non possono cui li esegul; ho riportato qui la redazione più completa, che è contenuta nella
averne alcuna idea, cos'era allora una vera esecuzione pianistica! biografia dei fratelli Rubinstein della Drinker Bowen.
52 Interpreti al pianoforte Anton Rubinstein 53
Terzo concerto
minore, Barcarola, Souvenir d'une mazurka. Balakirev: Scherzo in si mi-
Schubert: Fantasia op. 15, Sei Momenti musicali op. 94, Minuetto dalla nore, Mazurca in la maggiore, Islamey. Cui: quasi scherzo op. 22 n. _4,
Sonata op. 78, Improvvisi op. 90 n. 1 e 2. Weber: Sonata op. 39, Momento Polonaise op. 22 n. 1. Rimski Korsakov: Studio, Novelletta, Valzer LJa-
capriccioso op. 12, Invito alla danza op. 65, Polacca brillante op. 72. dov: Studio in la bemolle maggiore, Intermezzo in re maggiore. Ciaikov-
Mendelssohn: Van·ations sén·euses op. 54, Capriccio op. 16 n. 2, Romanze skv: Chant sans paroles op. 2 n. 3, Valse Scherzo op. 7, Romance op. 5,
senza parole op. 19 n. 1, op. 19 n. 2, op. 30 n. 6, op. 62 n. 6, op. 38 n. 1, op. Scherza à la russe op. 1 n. 1. A. Rubinstein: Sonata op. 41, Tema_ e
67 n. ~' ~P- 67 n. 6, op. 53 n. 1, op. 53 n. 2, op. 53 n. 4, op. 53 n. 5, Presto variazioni della Sonata op. 20, Scherzo dalla Sonata op. 100. N. Rubm-
a capncczo. stein: Feuillet d'album, Valse op. 16.

Quarto concerto Oggi ci colpisce subito la durata dei programmi, assolutamente


spropositata rispetto alle nostre abitudini. Anche ai tempi di Ru-
Schumann: Fantasia op. 17, Kreisleriana op. 16, Studi sin/onici op. 13 binstein si osservò che le sue serate erano più lunghe del solito
Sonata op. 11, Pezzi fantastici op. 12 n. 1, 5, 7, 3, L'uccello pro/eta op. 82 (sebbene il «solito», allora, fosse di misura assai maggiore di oggi).
n. 7, Romanza op. 32 n. 3, Carnaval op. 9. Rubinstein eseguiva però i suoi mostruosi programmi con lena
inesausta, aggiungendovi bis altrettanto mostruosi, e ripetendo
Quinto concerto
magari e programma e bis il mattino dopo, gratuitamente, per
. Cl~menti: Sonata _in si bemolle maggiore [op. 47 n. 2?]. Field: Notturno studenti di musica. Le serate di Rubinstein dovevano essere come
m m1 _bemolle maggiore, N~~tur1:10 ~n la maggiore, Notturno in si bemolle affreschi immensi e ciclopici, nei quali si potevano anche osservare
magg10re. Hummel: Rondo m s1 mmore op. 109. Moscheles: Studi carat- sbavature di colore e nasi storti. Nel 1884 Ferruccio Busoni, gio-
te,:z"stici op. 95 n. 2, 4, 5. ~enselt: Poème d'amour op. 3, Berceuse. Liebe- vane e moralista, aveva sentito a Vienna Rubinstein e, scrivendone
sl!ed o~;,5 1:1· 11, La Fontazne op. 6 n; 1, Schmerz im Gluck op. 6 n. 2, Si
ozseau_f etazs op._ 2 _n. 6. Thalberg: Theme onginal et étude op. 45, Grande all'Indipendente di Trieste, fra tante meraviglie aveva notato anche
/antazsze et Vanatzons-Don Juan op. 14. Liszt: Etude de concert n. 3 [Un che nello Studio op. 25 n. 11 di Chopin «fummo costretti a deplo-
sospiro], Valse-caprice, Consolation n. 3, Consolation n. 2, Au bord d'une rare la mancanza di chiarezza, ed il dover udire impasticciare i
source, Rapsodie ungheresi n. 6 e 12, Soirées musica/es de Rossini n. 4, 2, 1O, passi». Arthur Friedheim racconta quel che avvenne nel 1889 a
9, Auf dem Wasser zu singen (Schubert), Standchen von Shakespeare S. Pietroburgo: «Aveva l'abitudine di commentare brevemente
(Schubert), Erlkonig (Schubert), Soirée de Vienne in la maggiore (Schu-
bert), Réminiscenses de Robert le Diable de Meyerbeer. ogni pezzo prima di eseguirlo. Quella [che ascoltai] era una serata-
Chopin e il primo numero era l'Improvviso in fa diesis maggiore.
Sesto concerto "Avevo nove anni - disse - quando ascoltai Chopin suonare
questo pezzo. Ogni sua nota è impressa nella mia memoria a lettere
Chopin: Fantasia op. 49, Preludi op. 28 n. 4, 7, 17, 6, 15, 24, Mazurche d'oro" e molto altro ancora dello stesso tenore. Poi, la sua esecu-
in si minore, fa diesis minore, do maggiore, si bemolle minore, Ballate op. zione fu un disastro» .
23, 38, 47, 52, Improvvisi op. 36 e op. 51, Notturni op. 27 n. 2, 37 n. 2 e 48
n. 1, Barcarola op. 60, Valzer in la bemolle maggiore, la minore e la Della magnificenza e degli infortuni di Rubin•stein esecutore non
bemolle maggiore, Scherzo op. 20, Sonata op. 35, Berceuse op. 57, Polac- possiamo più farci un'idea diretta. Possiamo invece analizzare
che op. 44, 40 n. 2 e 53. l'impostazione culturale dei sette programmi «storici», che rap-
presentano la summa quintessenziata di una concezione della let-
Settimo concerto
teratura pianistica dominante alla fine dello scorso secolo.
Chopin: 11 Studi (la bemolle maggiore, fa minore, mi maggiore, do Rubinstein vede nel Romanticismo, e specialmente in Chopin e
minore, mi bemolle minore, mi bemolle maggiore, si minore, la bemolle in Schumann il culmine di tutta la storia del pianoforte, a tal punto
maggiore, la minore, do diesis minore, do minore). Glinka: Tarantella in la da orientare in senso preromantico persino il programma dedicato
54 Interpreti al pianoforte Anton Rubinstein - Bulow 55

a Beethoven. Viene infatti esclulìO tutto il Beethoven ante 1800 posto per i Quadri di una esposizione di Mussorgski, che nel 1885
che ?en difficilmente avrebbe potuto apparire preromantico, pe; non erano ancora pubblicati né eseguiti, ma di cui i circoli intellet-
parure dal Beethoven dell'op. 27 n. 2, la Sonata più amata durante tuali moscoviti avevano notizia e che Rubinstein, volendo, avrebbe
il Romanticismo. Vengono poi esclusi il Beethoven umoristico potuto leggere. Forse, però, solo Liszt avrebbe capito i Quadri, se
della Sonata op. 31 n. 3 e il Beethoven problematico, manieristico fosse vissuto abbastanza a lungo da poterli scoprire nella redazione
dell'op. 31 n. 1 e d~ll'op. 54'. v~ngono invece incluse la Sonata op. di Rimski Korsakov e Stassov ...
90 (una Sonata «pi~cola», di tlpo, specie nel secondo tempo, net- I programmi «storici» rappresentarono il culmine di una carriera
tamente preromantico) e la Sonata op. 101 prediletta da Schu- che era iniziata nel 1839 e che aveva preso veramente quota verso il
man?. L~ fi~ura di Beethoven, quale emerge dal programma di 1860. Rubinstein, seguendo l'esempio di Henry Herz, di de Meyer,
Rubmstem, e dunque quella del primo romantico: posizione critica di Jaell e di Thalberg, nel 1872 si era recato persino negli Stati Uniti
che, nel 1885, suonava ormai anacronistica! Non sappiamo tuttavia per una colossale tournée - duecentoquindici concerti in due-
- al solito - come Rubinstein interpretasse in concreto Beetho- centotrentanove giorni - patrocinata dalla Steinway & Sons. Nel
ven; potrebbe anche darsi, e lo vedremo in seguito, che egli col- 1875 arrivava negli Stati Uniti il rivale di Rubinstein, Hans von
locasse Beethoven in un ambito stilistico diverso da quello di un Bulow, per una tournée patrocinata dalla Chickering, rivale della
pur sommo precursore di Schumann e di Chopin. Steinway. Biilow si segnalava subito per il suo fiuto, che gli aveva
Se il culmine storico è per Rubinstein il Romanticismo il suo fatto scegliere per gli Stati Uniti il Concerto n. 1 di Ciaikovsky, a lui
primo programma, coerentemente, delinea una specie di pr~istoria dedicato, da lui eseguito per la prima volta a Boston il 25 ottobre
da cui emergono correnti di pensiero che anticipano l'intimismo 1875 e destinato a diventare in breve un pezzo preferito del re-
r?1:1~ntico: J?h_ann Sebastia~ Bach è maestro di grazia e di espres- pertorio. Oltre al grosso colpo del Concerto di Ciaikovsky, Biilow
siv1ta, non di rigore costruttivo, Haydn e Mozart non sono consi- predispose per gli Stati Uniti programmi qualitativamente più
derati come sonatisti ma in aspetti che, al di là della bellezza delle compatti di quelli di Rubinstein: ad esempio, uno dei suoi recitals,
comp_osizioni_ scelte, _s~no in essi limitati e secondari. Il programma pantagruelico come i tempi richiedevano, comprendeva le ultime
n. 5 illustra i «tecmci», coloro che fanno progredire la scrittura cinque Sonate di Beethoven. William Mason riferisce a questo
strumentale senza essere grandi creatori; e tra di essi viene anche proposito una conversazione con Rubinstein in cui il grande mae-
incluso Liszt. stro russo non fa una gran bella figura: «Disse che era una cosa
Il prog~a1:1ma riù sorprendente è il settimo, che tocca gli ultimi straordinaria, ma aggiunse che, come musicista, non poteva ap-
trent an~i d! stona della letteratura. Due esclusioni appaiono cla- provarla. Era un'iniziativa di impronta scientifica, ma certamente
morose: il Liszt della Sonata e delle Variazioni su un tema di Bach non congeniale ad una vera natura musicale che richiede varietà.
e Brahms, il Brahms delle Sonate e delle Variazioni. Rubinstein'. Un pranzo che consiste soltanto di piatti pesanti, senza alternanza
con un cor~ggio in cui non si sa se ammirare l'orgoglio o compatire di contorni, vegetali e torte per stuzzicare e smuovere l'appetito
la vanagloria, presenta se stesso come l'ultimo compositore stori- sarebbe sgradevole e fatale per la digestione. I pezzi scelti per un
camente significativo, di sonate e di variazioni. Accanto a ~é rac- festino musicale devono esser disposti con arte, e come le varie
coglie s~tte compositori russi contemporanei, e Chopin, primo portate di un pranzo».
compositore slavo affacciatosi alla storia. La tesi di RubinsteiÒ è Rubinstein si prese poi la rivincita su Biilow con i programmi
evidente: la civiltà pianistica, dopo il Romanticismo, si trasferisce «storici». Ma che Biilow avesse l'olfatto più fino, nel sentire dove
nei paesi slavi. Tesi tendenziosa, ma forse non del tutto bislacca se andava la storia, è fuor di dubbio: egli aveva eseguito per primo la
Rubinstein avesse lasciato fuori dal programma un po' di An~on Sonata di Liszt, era tra i più autorevoli interpreti di Brahms, ed
Rubinstein, tutto Nicolaj Rubinstein e tutto Cui, e avesse fatto il aveva preso in considerazione, rifiutandola solo perché scritta per

i i
56 Interpreti al piano/orte

mani molto grandi, persino la Burlesca di Strauss. Il suo repertorio Seconda parte
beethoveniano era più ampio di quello di Rubinstein, di Chopin
eseguiva anche le musiche, come lo Scherzo n. 4, le Variazioni op. IL SUONO CATTURATO
12, l'Allegro da concerto op. 46, che gli altri lasciavano in disparte, e
le sue esecuzioni non erano affreschi ma grandi quadri, con un
disegno rifinito fino alla pedanteria. Se le sfumature erano diverse,
il soggetto era però lo stesso, ed era ancora quello tracciato da Liszt
intorno al 1840: il Settecento come una fetta di paesaggio visto da
una finestra, tre monarchi al centro della sala, alcuni cavalieri e
alcuni guerrieri di lato. Con questo mito storico, e con i due
massimi pittori, Rubinstein e Biilow, che lo avevano interpretato,
doveva fare i conti chiunque, negli anni 80, volesse conquistarsi un
posto al sole.
l
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I
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PROFETI MINORI

Nella seconda metà dell'Ottocento non mancarono i pianisti che


tenevano in grande considerazione Mozart e Schubert; ma nessuno
di loro - né Charles Hallé, né Carl Reinecke, né Camille Saint-
Saens, né Julius Epstein, né Carlyle Petersilea - era concertista
popolare, nessuno di loro era un big che potesse girare per gli Stati
Uniti per patrocinare una marca di pianoforti o chiedere a Bech-
stein di mandargli al seguito due grancoda. Chi voleva emergere
doveva passare sotto le forche caudine delle Waldstein e delle
Appassionate, delle Wanderer e degli Studi sinfonici, delle Quarte
Ballate, delle Reminiscenze del Don Giovanni, delle Variazioni-
Handel e di altrettali cose.
Un'unica persona, come ho detto, poteva sottrarsi al confronto
rimanendo grande: Clara Schumann. Invece Teresa Carrefio, nata
in Venezuela nel 1852, bella focosa fiera creatura, era venuta nel
1866 in Europa per bere alla fonte del successo, Rubinstein. Forte
di molti consigli e di qualche brusca parola di Rubinstein aveva
iniziato la carriera, era tornata nel Nuovo Mondo e, venuta di
nuovo in Europa dopo due disgraziati matrimoni e molte avven-
ture artistiche, aveva felicemente esordito a Berlino il 18 novembre
1889 eseguendo il Concerto di Grieg, gli Studi sinfonici di Schu-
mann e la Polacca brillante di Weber-Liszt. Subito affiancatasi alla
già affermata Sophie Menter, allieva di Liszt, negli anni 90 la
Carrefi.o conquistava uno dopo l'altro i paesi della vecchia Europa,
sposava d' Albert, divorziava, e restava sulla cresta dell'onda fino
alla morte, donando brandelli di inesausta tenerezza materpa a
cinque figli di tre mariti e vivendo beata con il quarto sposo,
fratello minore del secondo.
61
60 Profeti minori Pachmann

pare eh' ella potesse veramente com~etere, ~e~ r~pe~t~rio tradizio-


Della Carreiio non è rimasto nulla in disco, poco in rulli. Una
nale che eseguiva abitualmente, con i maggiori piamst1.
cer_ta idea. del suo modo di suonare, tuttavia, ce la possiamo fare. E
Neppure Vladimir von Pachmann, anche lui russo, avrebbe
qui dobbiamo constatare come, a distanza di quasi un secolo ciò
potuto competere con Anton Rubinstein e con Bulow. E perciò,
che le nostre orecchie intendono non corrisponda a ciò che ave~ano
essendo astuto come un cobra, non competeva affatto ed aspirava
lasciato scritto i nostri avoli. Ascoltando la Carrefio nelle Ballate n.
non alla grandezza ma alla popolarità. Le bizzarrie e le esibizioni
1 e 3 di Chopin e nella W aldstein di Beethoven (rulli incisi nel
quasi clownesche di Pachmann - che usava commentare le sue
1906)_ ci aspetteremmo uno Chopin pregevole e un Beethoven
esecuzioni con la parola e con la mimica - sono troppo note
abommevole. Accade invece quasi il contrario. È una grande sor-
perché si debba qui raccontarle per l'ennesima volta. Alcune sue
pre~a, ed è la dimostrazione indiretta della effettiva impossibilità di
esecuzioni, incise in disco tra il 1907 e il 1912, ci danno un'idea del
capire che cosa fossero in realtà la grandiosità di Rubinstein scon-
suo modo di suonare: pomposo anche nella miniatura (che è il suo
finan!e talvolta nella perdita di controllo e il magistero di Bulow
regno), vanitoso fino al più sfrontato esibizionismo del bel suono,
sconfi_nan~e nell~ pedanteria. La Carrefio non riesce a cogliere in
sempre attento a dare segnali per gli applausi modificando, se
Chopm ne la logica formale né la continuità della tensione emotiva
necessario, il testo, Pachmann interessa più come esponente del
e ci ~à _un'e.secuzi~ne rapsodica e rapsodicamente passionale: 1~
banalissima immagme di Chopin sognatore impenitente e debole Kitsch che come interprete. Un suo programma (a Roma, il 6
gennaio 1920, quando il neoclassicismo bussava ormai alle porte),
architetto viene da lei delineata in modo perfetto carico di tutte le
basta a dirci quale fosse il pubblico - aristocraticamente incolto e
posizioni reazionarie della critica chopiniana d~l tempo. Ma in
Beeth?ven la Carrefio si guarda bene dal sognare nel secondo tema presuntuoso - a cui si rivolgeva:
d_el prt~o tempo e negli episodi notturni del finale, non punta sul
virtuosismo ma sull'incalzare di una pulsazione ritmica stretta- Scarlatti: Sonata in la maggiore. Mozart: Fantasia K 475. ~eber-Hen-
mente co_nt~ollat~, trova un tempo elettrizzante nel passo in ottave selt; Perpetuum mobile [finale dell~ Sonata op. 24]. Chopin: Ballata
op. 23, Notturno op. 27 n. 2, Improvviso op. 2?, Mazurca op. 4; n. 1, Pre-
del Prestissimo finale, e sebbene perda qua e là la misura e affondi ludio op. 28 n. 11, Preludio op. ~8 n. ~' ~tud10 op. 10 n. 5. L1szt: Sogno
un ~o' troppo nella Tiefe, nella «profondità» tedesca della Intro- d'amore n. 3. Mendelssohn: Ronda caprzcctoso. Godowsky: Walzermasken
duz~one al Rondò, si consegna alla storia come interprete beetho- n.1 e8.
vemana che, per quanto risulta dai rulli, suscita un interesse infi-
~itamente maggiore di quello suscitato da interpreti più celebra- Non mancano però in Pachmann momenti di autentica gran-
ti come Lamond o d' Albert. Queste, ed altre sue incisioni su rul- dezza: la sua esecuzione del Notturno op. 55 n. 1 si fa ricordare e la
lo (Notturno op. 48 n. 1 di Chopin, Soirée de Vienne n. 6 di Marcia funebre di Chopin suona sotto le sue dita, inaspettatamen-
Schubert-Liszt), ci dicono anche che cercava una sonorità molto te in modo austeramente e compostamente tragico. Che fosse
espressiva, non dominava più del tutto la tecnica tradizionale g~astato dal pubblico e dalle cattive abitudini del pubblico? ..
ed era approssimativa nell'agilità (detto in gergo, non aveva delle Le esecuzioni incise in disco e in rullo dal boemo Alfred Grun-
grandi dita, e suppliva probabilmente con la rotazione dell'avam- feld, dal francese Raoul Pugno, dal polacco-tedesco Franz Xaver
braccio). Scharwenka (che, vedremo, piaceva tanto ad Amy Fay) e dal
Non abbiamo nulla, né in dischi né in rulli dell'altra celebre polacco Alexander Michalowski testimoniano un'arte minia~uristi-
virago, _S~phie Menter; abbiamo qualcosa dell~ terza tra le gran ca squisita ed una tecnica di agilità brillantissima. La tecn~ca de~
dame di fme secolo, la russa Annetta Essipova, e quel qualcosa non suono di questi artisti ci fa _P~rò capir? il senso delle p~lemi~h~ d1
ci dice molto. L'intelligenza musicale della Essipova sembra note- Breithaupt contro la trad1z10ne dell Ottocento: tecnica d1 tipo
vole, i suoi mezzi tecnici non sembrano trascendentali, e non ci
62 Profeti minori Leschetitzki 63

Czerny-Kalkbrenner, che domina perfettamente le altissime velo- turno nel 1903, quando Padèrewski era celeberrimo da più di dieci
cità e il tocco perlaceo, ma che manca di varietà di suono e che anni, e potrebbe invece darsi il caso inverso: che l'apparizione e~
diventa facilmente «sporca» in passi di forza. La tradizione con- successo favoloso di Paderewski avessero provocato qualche ri-
servava una tecnica nata sui pianoforti con telaio solo parzialmente pensamento e qualche evoluzione in pianisti di lui più anziani.
metallico e non sapeva sfruttare le risorse dei pianoforti con telaio Il cantabile di Pugno, la sua sonorité napolitaine è comunque
metallico fuso in un bl,occo, rinserrandosi in una concezione di «bel diversa dal cantabile di Saint-Saens o di Diémer o di Schar~enka, e
suono» che appariva antiquata e limitata. Anche Camille Saint- si accosta piuttosto al cantabile di Leschetitzki. Allievo a Vienna di
Saens, tecnico sopraffino, ha limiti di suono evidenti, che traspaio- Czerny, ma vissuto per molti anni a S. Pi~troburgo, vicino ~ _R_u-
no da un unico cilindro di cera, da alcuni dischi, da alcuni rulli. La binstein, e rimasto poi legato a Rubinstem da fraterna amicizia,
sua esecuzione dell'Improvviso op. 36 di Chopin acquista nell'ul- Leschetitzki non era un grande pianista ma un grande insegnante, e
tima parte, quando Saint-Saens può sgranare un jeu perlé fantasti- le composizioni da lui incise in rullo non ci danno modo 1i valut~r~
co, un rilievo che nelle prime tre parti non aveva. Le sue ottave in fino a che punto la sua tecnica del suono fosse «moderna», c10e
una cadenza improvvisata su temi della sua Afrique sono rapidis- sfruttasse in pieno le potenzialità del pianoforte da concerto. Pos-
sime e nettissime; ma sono ottave di polso alla Kalkbrenner, che siamo tuttavia notare che, avendo conservato la Fingerfertigkeit, la
certamente avrebbero avuto un mediocre esito in Liszt o in Ciai- scioltezza di dita appresa alla scuola di Czerny (certi passi in terze
kovsky. della sua Barcarola op. 39 n. 1 sono eseguiti in maniera strepitosa),
In Raoul Pugno, più giovane di Saint-Saens di diciassette anni Leschetitzki otteneva un cantabile di un tipo che incontriamo in
notiamo però una concezione del suono già un po' diversa e piò genere in pianisti molto più giovani di lui. :renendo conto delle lod~
evoluta. L'agilità rapida di Pugno è ancora maggiore di quella, pur che il suono di Rubinstein aveva sempre riscosso, tenendo conto di
molto cospicua, di Saint-Saens, e le sue esecuzioni della Valse folle ciò che riscontriamo in Leschetitzki e anche nella Carreii.o, e te-
di Massenet o dello Scherzo-Valse di Chabrier non sono inferiori a nendo infine conto della dedica alla Carreii.o del grande trattato del
certi scoppi pirotecnici di Horowitz. Pugno ha anche nel suo Breithaupt possiamo ragionevolmente concludere che Rubinstein
arsenale una seconda qualità di suono, molto nitida e compatta di fosse il fondatore del nuovo Klangideal, del suono considerato
cui si serve (Gavotta variata di Handel) per rendere percepibil~ la ottimo sul pianoforte messo a punto dalla tecnologia industriale
scrittura a due voci. Sembra, da quanto s'ascolta in Pugno, che i verso il 1870.
Se non vado errato - e l'errore è sempre incombente, in una
pianisti francesi fossero riusciti a risolvere i problemi di suono posti
materia così scarsamente documentata - mi sembra di poter dire
dalla musica clavicembalistica e protopianistica, di cui si erano
occupati fin dalla metà del secolo, e spiace che Saint-Saens abbia che Rubinstein risolveva il problema di creare una tecnica nuova
inciso le sue Valse nonchalante e Valse mignonne piuttosto che in grado di ripristinare sul pianoforte moderno la gamma di so-
Mozart. Fino a qui Pugno non esce dalla tradizione francese. Ma norità che sul pianoforte romantico veniva ottenuta con un'altra
~uando affronta il cantabile cerca una qualità di suono più espres- tecnica.
siva, allargando considerevolmente i tempi, forse - suppongo - La tecnica romantica, mantenuta inalterata, sul pianoforte mo-
per dominare meglio una tecnica non tradizionale e non appresa fin derno provocava un impoverimento ?~Ila son?rità; la ~~cnica ~uo-
da ragazzo. La sua interpretazione del Notturno op. 15 n. 2 di va ricreava, con uno strumento modificato e m sale pm grandi, le
Chopin potrebbe benissimo esser firmata da Paderewski, tanto tradizionali condizioni di percezione del tessuto sonoro. L'opera-
risponde ad uno stile di cui parlerò poi. Pugno era di otto anni più zione di Rubinstein, e dei teorici che cercarono di analizzare razio-
anziano di Paderewski, e sarebbe ovvio concludere che Paderewski nalmente e di tradurre didatticamente le sue esperienze, significò a
gli fosse debitore di qualcosa. Troppo ovvio! Pugno incise il Not- parer mio il tentativo di rifondare la tradizione romantica sia,
64 Profeti minori

tecnicamente, ripristinandone la sonorità, sia, criticamente, facen- NIPOTI E SUCCESSORI


do culminare nel Romanticismo la storia dello strumento. DI CHOPIN
Il problema che la nuova generazione, quella nata intorno al
1860, doveva affrontare, era duplice: ampliare e sviluppare le
posizioni critiche dominanti, ampliare e sviluppare il dominante
Klangideal.

Il più celebre tra i nuovi interpreti, il polacco Ignacy Paderewski,


tend_eva in verità a restringere, più che a sviluppare. Il repertorio
completo di Paderewski non è pubblicato, ma da quanto ho potuto
riscontrare direi che, eccettuati alcuni «moderni», Paderewski non
eseguisse nèmmeno un pezzo che non fosse già stato eseguito da
Rubinstein... e che nell'insieme ne eseguisse un numero molto
inferiore. I «moderni» furono, per Paderewski, il Brahms delle
Variazioni su un tema di Paganini, il Saint-Saens del Concerto n. 4,
Paderewski, Stojowsky, Schelling, Debussy. L'interpretazione di
Reflets dans l 'eau ci dice però chiaramente che Paderewski vedeva
Debussy come appendice del Liszt di Weimar, non come creatore
di una nuova arte del colore sonoro. L'interpretazione di Minstrels
è francamente grottesca, ma non perché Paderewski colga il grot-
tesco della pagina: grottesco - il lettore scusi il gioco di parole - è
il capovolgimento serioso di una pagina grottesca, grottesco è che il
sentimentalismo caricaturale di Debussy diventi sentimento eroico
romantico, grottesco è che il tamburo del music-hall diventi tam-
buro sul campo di battaglia. Ma Paderewski è artista anche quando
una sua interpretazione non sta né in cielo né in terra, e il suo
Minstrels, pur assurdo, ci dice anche che egli, se con così completa
e persino coinvolgente convinzione sapeva collocare questo De-
bussy nell'ambito del Romanticismo eroico, doveva essere vera-
mente epico quando eseguiva la Waldstein o l'Appassionata o il
Carnaval o le Sonate di Chopin. E questa fu probabilmente la
ragione che permise ad uno strumentista dotato di una tecnica
molto limitata di diventare il più popolare pianista nei decenni a
cavallo dei due secoli.
66 Nipoti e successori di Chopin Paderewski 67

Epico, ... e polacco. Non soltanto la povera contessa Olga della di pezzettini). Siamo però in grado di riconoscere una qualità di
Fedora di Giordano era pronta a cadere in trance di fronte a un suono di una bellezza fisica inaudita, che raggiunge il massimo
Boleslao Lazinski «nipote e successore di Chopin». La nostra deli- dello splendore non nel registro centro-acut~ 1?-a nel regist_ro so~
ziosa Amy Fay non aveva timore di confessare che Franz Xaver pracuto. Una specie di obelisco dorato sulla cm cima battono i raggi
Scharwenka, un bruno olivastro dal baffo assassino, colpiva la sua di un sole mattutino, o qualcosa di simile. Il lettore può del resto
fantasia per una ragione irresistibile: « Un polacco risveglia vera- procurarsi agevolmente un qualche disco di Paderewski e verificare
mente l'idea di un qualcosa di interessante e di romanzesco: fa con le sue orecchie, ma l'immagine dell'obelisco mi sembra non
pensare a rivoluzioni, cospirazioni, sanguinose esecuzioni, balli impropria perché la sonorità di Paderewski è ?1on~litica, è sempre
mascherati, e nello stesso tempo a grazia, spirito, bellezza! Schar- bella, è variata quasi esdusivamente nella dinamica e non nella
wenka tiene alte, quanto all'ultimo punto, le tradizioni della razza. timbrica.
Non gli ho mai parlato, non avendo mai avuto occasione di ricevere Artur Rubinstein, come abbiamo visto, notò che Paderewski
il suo saluto, e così ignoro quali siano le sue idee, ma quando studiava con grande lentezza e ripetendo i passi all'infinito; ascol-
lo guardo dico a me stessa senza -saper perché, con una certa tando i dischi si può concludere che Paderewski non impiegava la
soddisfazione: "È un polacco", e mi sento fiera di conoscere percussione con movimento accentuato delle dita _sopra 1~ tastiera,
un polacco». ma afferrava e accompagnava il tasto durante la discesa, ritenendo
Polacco, roseo di colorito, fulvi la chioma ed i mustacchi, cuore assolutamente primaria la qualità, quella sua qualità del suono. La
nutrito di Chopin: Paderewski poteva permettersi di non avere una sua posizione alla tastiera - sedeva molto basso - gli precludeva
gran tecnica. Sulla tecnica di Paderewski si è scritto qualcosa e si è, del resto la possibilità di far lavorare le dita al di sotto del palmo ~
soprattutto, molto scherzato. «Suona bene, ma non è Paderewski», favoriva invece il tocco con costante impiego di peso. Paderewski
disse Rosenthal quando lo udì, intendendo significare che il Pade- respingeva dunque, insieme, la sonorità secca e la sicurezza nell'a-
rewski reale non corrispondeva al Paderewski mitico. Artur Ru- gilità che è data dalla tecnica Czerny-Ka!½brenner: ma ~o~ posse~
binstein, che fu ospite di Paderewski senza diventare suo allievo, e deva però - al contrario di Lhevinne, di Horowitz, di Gilels, d~
che lo udì studiare, parla della tecnica di Paderewski in un modo Benedetti Michelangeli - un apparato neuromuscolare che gli
che ci sembra rivelatore: «Studiava le Variazioni su un tema di consentisse il perfetto controllo della discesa del tasto, con una
Rande! di Brahms, ripetendo lentamente, un centinaio di volte, tecnica diversa, anche ad altissime velocità. Di qui i suoi tempi
certi passaggi difficili. Notai che la sua esecuzione era fortemente sempre molto moderati, i suoi macchinosi spostamenti, la sua
limitata da certi difetti tecnici, soprattutto nell'articolazione delle fallosità; di qui la scarsa considerazione, o addirittura l'ilarità eh~
dita; cosa che squilibrava il suo senso del ritmo». certe sue esecuzioni di pagine virtuosistiche (come le Rapsodie
Quel che appunto si riscontra subito nei dischi di Paderewski è la ungheresi n. 2 e n. 1Oe la Campanella di Liszt o il valzer Si vive un~
debolezza delle dita. Non abbiamo testimonianze sonore di quelli volta sola di Strauss-Tausig) suscitavano e suscitano ancora fra gli
che furono probabilmente i suoi anni migliori, il decennio addetti ai lavori.
1890-1900, e lasciamo da parte le incisioni del 1930-40, le incisioni Ma Paderewski era indubbiamente un artista (già l'ho detto), e
del vegliardo che si reggeva solo più sulla fama. Le incisioni del un artista che studiava, scopriva, trovava idee interpretative, ren-
1911-28 ci dicono qualcosa di valutabile su Paderewski pianista e deva estremamente personali le sue esecuzioni. La monocronia
interprete. Purtroppo Paderewski non ebbe modo allora di inci- timbrica lo portava a giocare solo sulle luci e sulle ombre (non sui
dere né in rullo né in disco alcun lavoro di vaste proporzioni (i pezzi colori), a trattare luce e ombra con una vibratile delicatezza, a far
più complessi sono le Ballate n. 1 e n. 3 di Chopin e la Sonata op. 27 convergere sempre l'attenzione percettiva dell'ascoltatore su un
n. 2 di Beethoven, che rappresentano le sole eccezioni in un mare solo punto, che veniva valorizzato all'estremo. Il famigerato scam-

,. I
68 Nipoti e successon· di Chopin
Rosenthal 69
panamento, le mani che non cadono mai assieme, gli accordi bro-
saputo che Anton Rubinstein soggiornava in una villa di ~ern~~-
dolosi sono in realtà i caratteri stilistici fondamentali di una conce-
bio, e riemerse dalle acque proprio di fronte alla terrazza m cm il
zione dell'esecuzione che vede nella melodia l'essenza della musica
grande maestro russo stava finendo di pranzare. ~ra anche ~au~eat~
e dell'esecuzione, e che dal discorso musicale non vuole concomi- in filosofia, Rosenthal, ma prima di tutto lo sogg10gavano 1 misteri
tanza di eventi sonori ma rafforzamento espressivo della nota me-
della fisiologia. Scriveva Busoni alla moglie, da Budapest, il 2
lodicamente significante. Paderewski può anche eseguire perfetta-
marzo 1898: «Finalmente ho incontrato ieri per la strada Rosent-
mente a piombo gli accordi, quando non c'è più una melodia da
hal è venuto su da me per un quarto d'ora e ha cominciato subito a
sostenere, come nelle ultime due battute della Berceuse di Chopin;
parÌare di tecnica. Del resto è quello di p~ima - n~n ho ~ai
ma basta un minimo significato melodico per indurlo ad enfatizzare
trovato qualcuno di meno cambiato dopo un intervallo d1 15 anm».
il discorso col solito tremolio dei contorni, come un ritratto in cui è
Orbene, questo Rosenthal che ruminava sempre la tecnica po-
fermo solo lo sguardo.
teva ottenere, come Paderewski, un suono da violoncello nel Pre-
Si tratta di una concezione dell'esecuzione o addirittura di una
ludio in si minore di Chopin, ma poteva ottenere un suono altret-
poetica che compare per eccezione nei romantici, e che nei roman-
tici trova un preciso riscontro nella grafia: si considerino il Canto di tanto bello ed espressivo nello Studio op. 10 n. 1. Poteva fra~eg-
primavera di Mendelssohn, con le sue armonie sempre arpeggiate, giare superbamente 1~ Mazurca op.?~ n: 3, m~ poteva fr~seggiare
con altrettanta sottigliezza, alla veloclta d1 un trillo, lo Stud10 op. 2~
o la parte centrale di In der Nacht di Schumann, con il suo basso
n. 6. E poteva far sentire, ciò che a Paderewski non sarebbe mai
costantemente anticipato. L'arpeggiamento e l'anticipazione del
riuscito, un caleidoscopio di sovrapposizioni politematiche nel suo
basso sono del resto tratti (o trucchi) stilistici che si trovano in tutti
Carnevale di Vienna su temi di Johann Strauss. In Rosenthal la
i pianisti dell'inizio del nostro secolo e anche dei giorni nostri
tecnica portentosa non lascia alcun spazio all'ironia, ma serve a
(eccettuato, tra i maggiori, il solo Artur Rubinstein). Ma in Pade-
realizzare una concezione iperbolica dell'interpretazione, comple-
rewski colpisce la sistematicità del procedimento, sistematicità che
tamente calata nel momento esistenziale e condotta - senza atle-
rivela una poetica monolitica di iperespressività e di costante foca-
tismi si badi! - fino a culmini di dinamica e di velocità prossimi al
lizzazione dell'espressione. La dizione di Paderewski è sempre
limit~ delle possibilità dell'uomo e dello strumento. Ciò che in
quella di un vate, di un profeta, le cui parole cadono lente, sem-
Paderewski è frutto di lavoro e di fatica, entrambi evidenti e che
plificatrici, definitive, circondate da un alone carismatico, ~ottratt~
non conseguono mai la realizzazione impeccabile, sembra in Ro-
alla dialettica della storia, della tradizione, della professione. S1
senthal frutto di improvvisazione, dell'ispirazione del momento,
spiega così la popolarità di Paderewski, una popolarità che andava
dell'entusiasmo di una scoperta ingenua.
ben oltre la cerchia dei frequentatori dei concerti e che non fu
minimamente scalfita dalle pertinenti osservazioni dei tecnici e Si potrebbe forse parlare di gravit~ sacerdotale i~ ~ader:wski, di
sentimento panico in Rosenthal. D1 Rosenthal c1 e pero restato
dalle frecciate impietose - si chiama Paderewski o Paperewski? -
dei concorrenti. molto poco: le sue incisioni del Con.certo ~n mi ~inore_ e ~ell~
Sonata in si minore di Chopin, le umche d1 grandi lavori eh egli
effettuò, sono molto tarde e testimoniano, la prima, di un auto-
controllo e di una limitazione nell'uso del pedale che dovrebbero
Moritz van Rosenthal, anche lui polacco, di due anni più giova-
dipendere da esigenze tecniche dell'incisione e, la seconda, degli
ne di Paderewski, riuscì là dove Paderewski non era riuscito, ...
annaspamenti di un esecutore ormai non più n:l colmo delle sue
senza conquistare la popolarità dell'altro. Rosenthal era il fanatico
antiche capacità. Le incisioni del Rosenth_al cmquantenn_e son?
degli esercizi fisici, l'adepto del bastone ginnastico Jager, il nuota-
invece molto significative, ma purtroppo riguardano pezzi brevi,
tore intrepido che una notte si tuffò nel lago a Como, avendo
mentre Rosenthal era il pianista degli Studi sinfonici di Schumann,
70
Nipoti e successon· di Chopin

della Sonata e della Fantasia sul Don Giovanni di Liszt delle


Variazioni su un te'!2a di Paganini di Brahms e così via. La fi~ura di L'ULTIMA COVATA
Ros~nthal n?n puo essere valutata esattamente: egli non fu mai DEL MAGO MERLINO
considerato mterprete di grande originalità, e del resto il suo re-
pertorio non si scostava da quello tradizionale di Anton Rubin-
stein, ma quel che si intravvede da alcuni dischi ci fa pensare che
forse, in sede storica, l'opinione dei contemporanei avrebbe potuto
essere riveduta. ·

Un altro polacco, Leopold Godowsky, nato nel 1870, fu cele-


brato per le sue qualità di virtuoso e per la sonorità. Dopo alcuni
anni di attività concertistica in centri o in sedi secondarie, Go- Tra i pianisti slavi nati fra il 1860 e il 1870 si distinguono i tre
dowsky ottenne un trionfo a Berlino nel 1900, con i Concerti polacchi - Paderewski, Rosenthal, Godowsky - che ho ora
n. 1 di Ciaikovsky e n. 2 di Brahms e con un gruppo di pezzi a solo. citato, mentre i migliori tra i russi - Siloti e Sapelnikov - non
Ma non suonò mai volentieri in pubblico, non incise molto e si conquistano una fama internazionale altrettanto solida. Nessun
dedicò invece con passione all'insegnamento nell'Accademia di francese si fa notare nello stesso periodo e gli antagonisti dei
Vienna. Quando si leggono gli Studi sopra glz" Studi di Chopin di polacchi sono i tedeschi ed un italiano, Ferruccio Busoni.
Godowsky, quando si scorre ciò che di lui dice un testimone non Studiano con Liszt a Weimar - negli anni in cui Edward Burne-
sospetto come Heinrich Neuhaus, quando si getta un occhio sulle Jones lo raffigura come Mago Merlino - Conrad Ansorge, Emil
vecchie cronache si è impazienti di ascoltare i suoi dischi. Audizio- van Sauer, Bernhard Stavenhagen, Alfred Reisenauer, il russo ger-
ne deludente, purtroppo. I dischi sono quasi tutti degli anni tra le manizzato Arthur Friedheim, gli scozzesi germanizzati Frédéric
due_guerre e non si può sapere come Godowsky suonasse nei primi Lamond ed Eugen d' Albert. Di Ansorge - «un amico delle Muse
anm del secolo, ma il suo virtuosismo non sembra affatto sorpren- e di Bacco», come elegantemente lo definisce Edith Stargardt-
dente in una pagina tipicamente «da virtuoso» come la Marcia Wolff, figlia dell'impresario - e di Reisenauer - di cui lo Schon-
militare di Schubert-Tausig (incisa nel 1927) e il suo cantabile non berg dice che «poteva far fuori una bottiglia di champagne ad ogni
pare affatto memorabile in una pagina dimostrativa come la Melo- lezione, e dava molte lezioni» - c'è restato pochissimo. I rulli di
d~a in fa 1:1aggiore_, di Rubinstein (incisa verso il 1925). Godowsky Stavenhagen, come già mi è accaduto di dire, sono valutabili ne-
dimostra m:vece gia nel 1913 (Notturno op. 9 n. 2 di Chopin) e nel gativamente, come testimonianza di un interprete che, interve-
1916 (Studio op. 25 n. 2 di Chopin) un orientamento neoclassico nendo spregiudicatamente sul testo, mira alla più invereconda
nettamente in anticipo sui tempi. Questo atteggiamento non portò spettacolarità. Lamond incise molti dischi, che per la maggior parte
per~ Go??wsky né al mutamento del repertorio né alla profondità non sono stati ripubblicati, negli anni venti, ed all'inizio del secolo
dell an~lisi strutturale che sono tipiche del neoclassicismo, cosicché incise molti rulli. Di Friedheim si conoscono vari rulli e dischi.
la sua figura, almeno per quanto risulta dai dischi, non si inquadra Lamond era soprattutto ammirato come interprete di Beethoven,
ne!_ta~ente in senso storico: Forse Godowsky, dopo aver toccato Friedheim come interprete di Liszt, ma da quanto si riesce a capire
all mizio del secolo un culmme, non solo personale ma assoluto di dalle loro incisioni né l'uno né l'altro sembrano esser stati musicisti
virtuosismo, propose per primo la svolta neoclassica che si sarebbe di statura storica. Un'esecuzione della Sonata op. 27 n. 2 di Bee-
~viluppata tra le due guerre. Ma questa non può essere che una thoven incisa da Lamond è opera di un rispettabile professionista,
ipotesi.
ma la sua esecuzione di Feux follets di Liszt è di un livello tecnico

I

72
L'ultima covata del mago Merlino d'Albert 73

dilettantesco. Friedheim presentava programmi impegnativi ed parte della sua carriera. Ci restano alcuni documenti per capire oggi
eseguiva abitualmente, oltre ai maggiori lavori di Liszt, la Ham- che cosa fosse il pianista d' Albert: incisioni per pianoforte mecca-
merklavier e le Variazioni su un valzer di Diabelli di Beethoven. La nico, dischi, revisioni dei classici, impressioni e giudizi di ascolta-
sua concezione di un'opera strutturalmente e culturalmente così tori. Converrà, per ragioni che diverranno poi evidenti, partire da
complessa come le Variazioni non sembra però andar oltre la questi ultimi. Ho già riferito l'opinione di Liszt e di Bi.ilow; Ag:
ghirlanda di pezzettini graziosi, se consideriamo i titoli da lui giungo una felicissima immagine di Br~no Walter_: «Non potr? ma~
aggiunti e che riporto qui per curiosità: dimenticare la titanica potenza con cm rendeva il Concerto 10 m1
Tema. 1. Marcia. 2. Laendler. 3. Duetto. 4. Terzetto. 5. Quartetto.
bemolle maggiore di Beethoven. Sono quasi tentato di dire che non
6. Variazione canonica sul trillo. 7. Capriccio. 8. Cantabile. 9. Danza lo suonava: lo impersonava». Preziosi sono i ricordi di grandi
guerriera. 10. Presto giocoso. 11. Contemplazione. 12. Attività. 13. Eco. pianisti, che conobbero l'evoluzione del gusto dai te~p~ di?' ~lber:
14. Processione. 15. Scherzino. 16. Studio perla mano sinistra. 17. Studio ai nostri giorni. Scrive Artur Rubinstein, riferendosi a1 primi ano~
per la mano destra. 18. Idillio. 19. Scherzo canonico. 20. Visione. 21. del secolo: «Ascoltai Eugen d' Albert eseguire il Quarto Concerto d1
Contrasti. 22. Alla «Leporello». 23. Scoppio. 24. Fughetta. 25. Danza di
fate. 26. Farfalle. 27. Umoresca. 28. Carnevale. 29. Afflizione. 30. La- Beethoven con una nobiltà ed una tenerezza che restano nel mio
mento. 31. Elegia. 32. Fuga grande - Cadenza. 33. Tempo di minuetto e spirito come il modello d'interpretazione di questa compos~zione»i
coda. e: «Suonò in modo meraviglioso, soprattutto la Toccata 10 fa d1
Bach, da lui trascritta, e l'Appassionata». E Wilhelm Kem~ff, i cui
Anche i rulli e i pochissimi dischi di d' Albert non rispondono alla
ricordi risalgono a circa il 1905: «C'era allora_ un solo virtu~so,
grande fama di un interprete ammiratissimo da musicisti come
Bruno Walter, Bart6k, Artur Rubinstein, Wilhelm Kempff, non forse, che fosse capace di far cadere dalle mani le penne tagliate
accuratamente per le annotazioni critiche, quando, unico nel suo
facili all'entusiasmo immotivato. Liszt riteneva che d'Albert fosse
un secondo Tausig e in una lettera alla moglie Bi.ilow lo collocava al genere, s'apprestava a costruire la cadenza d'ap~rtura che segu~
subito la fanfara in mi bemolle maggiore dell'ultimo Concerto d1
suo livello già nel 1884: «Così siamo, alla fin fine, tre: Anton
[Rubinstein] (Antonius), io (Lepidus), Eugen [d'Albert] (Okta- Beethoven. Ci alzavamo tutti involontariamente per ascoltare
vian)». questa declamazione del possente preludio,, perché. non era un
pianoforte che suonava: sembrava dt vedere 1opera ~1 un c~eator~
A ventidue anni, nel 1886, d'Albert eseguiva a Vienna il Con-
venuto ad edificare un mondo nuovo, un mondo d1 suoni. Certi
certo n. 2 di Brahms e diventava l'interprete brahmsiano prediletto
e «ufficiale», tanto da partecipare come solista a molte serate - "confratelli" potevano trattarlo da "incantat?re di sorci", d~ cui
piacevano anche le note sbagliate: era però evidente che_ nel finale
l'ultima il 10 gennaio 1896 - in cui Brahms dirigeva l'Ouverture
del Concerto dei concerti si svolgeva un fenomeno alla cm possanza
tragica e i due Concerti per pianoforte. Dopo la morte di Rubin-
stein e di Bi.ilow, Paderewski, d'Albert e Busoni diventavano i nessuno poteva sfuggire. È vero che era stato alla ?cuola del_mago
pianisti più famosi ed ammirati. Paderewski, amatissimo dalle folle, Liszt ma non c'era stato solo lui! Comunque, per 10tere settimane
non era preso in grande considerazione dai critici, d'Albert e Bu- io fu'i ossessionato dal ricordo di questa apparizione. Dovunque
soni ottenevano successi meno deliranti ma venivano discussi come andassi, dovunque mi trovassi avevo davanti a~li occhi l'imm~gin~
i due leaders di una cultura in evoluiione. dello stregone all'opera, della straordinaria figura dal cra~10 d1
leone un cranio che non finiva mai d'incurvarsi e che sotto il suo
Nel nuovo secolo, mentre Busoni, come vedremo, operava una
peso ~nnientava un corpo ridicolmente piccolo. Ma non ammiravo
svolta radicale nella tradizione, d' Albert rimaneva però fermo,
solo la sua forza. Il mio stupore raggiunse il colmo quando, dopo
forse pago dei successi come operista e desideroso solo di ammini-
molti fuori programma, il leone ritirò gli artigli ~ fece r~nascere
strare, come pianista, il capitale di celebrità accumulato nella prima
come per incanto un Notturno [op. 15 n. 2] dt Chopm. Nel-
74 L'ultima covata del mago Merlino d'Albert 75

l' ebre~za ~e1:erale _noi e' eravamo già messi in moto verso le poltro- oggi ci appare assolutamente indebito. Anche le Cadenze che
?e de1 ~rimi posti, quando un'ultima ondata di delirio ci portò d' Albert scrisse per il Quarto, specie quella per il primo tempo,
improvvisamente sulla pedana. Come ho detto, il leone aveva sono ripensamenti dei temi beethoveniani in termini di tecnica
ritirato gli artigli e si mise ad accarezzare con zampe di velluto il postlisztiana. È probabile che d' Albert, tutto intento ad esporre al
mostro nero tanto teneramente amato, che aveva malmenato per pubblico la letteratura pianistica secondo la categoria della monu-
tutta la serata e il cui pelo sembrò brillare dal piacere. Credetti mentalità, non si ponesse problemi di profonda differenziazione
persino di vederne sprizzare delle faville verdi, quando l'incanta- stilistica e stringesse sotto un comune denominatore il Bach orga-
tore, al momento in cui spirava la corona, filò il suono in un modo nistico e Beethoven, Chopin, Schumann, Liszt, Brahms. Ed è pro-
tale da darci l'illusione perfetta del vibrato di una voce umana. babile che sotto quel comune denominatore cadessero anche le
Tem~vo persino di riascoltare questo strano passaggio, tant'era piccole pagine: il suono come gesto sonoro, come evento eh~ mima
convinto che un momento fuggevole non si ripete. Ed ecco che il il sorgere di un'architettura, il suono come fatto scenografico do-
Maestro arrivò di nuovo a quel la diesis spirante; e di nuovo la sua veva valere anche in un Notturno di Chopin, anche in un Improv-
mano, come la mano di Dio sulle acque il giorno della creazione, si viso di Schubert, anche in un Rondò di Mozart. Valeva anche in
posò sul tasto nero che brillava di un sì misterioso luccicore. Dav- Debussy? Non saprei dirlo. Valeva nel Bach non organistico, quello
vero, quest'uomo non si ripeteva! Perché questa volta il suono che che d' Albert non eseguiva in pubblico? Sarei tentato di dir di no,
appena pronunci~to_era de~tinato ad una dolce morte e, spira~do, perché nella Prefazione alla revisione del Clavicembalo ben tempe-
ne avrebbe spenti mille altri, non parve più provenire da una voce rato, scritta nel 1906, si trovano, tra vari giudizi che non si possono
umana. Fu come il compianto seduttore delle Oreadi o delle Sirene più condividere, alcune annotazioni interessanti: «L'accumulo di
che turbano col loro richiamo il sonno degli uomini, fino a che: dettagli minutamente indicati conduce ad un modo di suonare non
nella notte piena di fantasmi, si lasciano attrarre dal canto e s'uni- artistico, manierato»; e: «Io consiglio di suonare molte delle fughe
scono, morendo, a loro».
con la stessa, uniforme quantità di suono, e sono convinto che, così
Ricordi personali, riferitimi da Luigi Perrachio, da Angelo Kes- facendo, metto in evidenza le intenzioni e le idee del compositore
~issoglù, da Cesare Nordio, insistevano su questa atmosfera: di meglio che facendo altrimenti». Ma si può solo immaginare quale
inca1:tamento così ~offmannianamente rievocata da Kempff. Ma se fosse in concreto il tipo, la qualità del suono impiegata da d' Albert.
dal ricordo e dal piacere del ricordo tentiamo di passare ad una D' Albert ci appare dunque come uno dei tramiti che portano dal
definizione dello stile di d'Albert incontriamo molte difficoltà. Le pianismo romantico al pianismo neoclassico, e in questo sens?
revisioni del Quart~ e _del Quinto Concerto di Beethoven, assai più dovremmo dire che Schnabel ed Edwin Fischer rappresentano il
accurate e personali di quelle dei primi tre, ci dicono che d' Albert superamento di d' Albert. Questa supposizione, per probabile che
cambiava spesso e in modo molto ampio la velocità di base (nel sia, resta tuttavia una supposizione, perché non abbiamo docu-
primo tempo del Quarto si va da un minimo di 84 a un massimo di menti sonori sui quali basare la conoscenza del pianismo romantico
116 di metr~rnomo, nel primo tempo del Quinto da 104 a 168), ed abbiamo pochi, contraddittori documenti sonori per la cono-
ce:cando_ evi?entemente una forte caratterizzazione dei singoli te- scenza del pianismo di d'Albert (e di Busoni). I pochi dischi di
mi ed episodi, e badando quindi ad un'estrema varietà di caratteri d' Albert, incisi dopo la guerra, sono molto deludenti e confermano
espressivi, secondo un modulo stilistico che può essere definito quel che scriveva nel 1934 il critico inglese S?cheverell Sitwell:
, c_ome esposiz~one magniloquente e retorica (sia pur nel senso posi- «Fino a che le incertezze della sua salute non intaccarono la sua
tivo del termine). Le revisioni dei primi tre Concerti di Beethoven memoria e la sua tecnica d' Albert dovette essere, con ogni eviden-
ci dicono a?~he che la ricerca della evidenza plastica portava d' AI- za, uno dei più sbalorditivi pianisti che mai siano apparsi. _Sfo~tu:
bert a modificare talvolta la scrittura, ispessendola in un modo che natamente, per le ragioni che sono state dette, durante gli ultimi
77
Sauer
76 L'ultima covata del mago Merlino
poche: i due Concerti di Liszt, il _C~nc~rto e il ~arnaval di Sch~-
trent'anni della sua vita fu quasi impossibile formarsi una corretta mann molti pezzi brevi. Quando incise 1 concerti Sauer aveva pero
opinione di ciò che le sue capacità dovettero essere durante la sua passa;o i settant'anni e la sua calma o~mpica, la sua pos~t~zza, la
maturità». lentezza dei suoi tempi erano probabilmente dovute all eta. Pro-
Più recentemente notava Joachim Kaiser: «La quasi incalcola- babilmente dico; ma ho qualche dubbio, perché anche un alt~o
bile influenza che d' Albert esercitò sulla sua generazione [... ] non allievo di Liszt, il belga Arthur de Greef, che incise il Conc~rto 11:
può, neppur con la migliore buona volontà del mondo, esser divi- mi bemolle maggiore di Liszt a sessant'anni, s~accava tempi. assai
nata dalle incisioni che d'Albert ci ha lasciato. Pare verosimile che moderati. Nel Carnaval, inciso a sessantun anni, Sauer camminava
egli non fosse più al sommo delle sue capacità quando fece le più spedito, ... senza andar troppo lonta?o come i~terprete ~ senza
incisioni e che forse non si curasse di un mezzo che era allora assai dare dimostrazione di un grande magistero tecnico. Da giovane
poco importante. In ogni modo, solo un orecchio molto esercitato e Sauer doveva invece esser stato un virtuoso, che piaceva alle si-
benevolo può capire da esecuzioni così grossolane e ritmicamente gnore, come racconta Bart6k in una lettera alla madre del 21
difettose quale grande artista sia al lavoro, un artista che è stato gennaio 1900: . . . . .
descritto in termini di riverente rispetto da tutti coloro che l' ascol- «Ho sentito e visto Sauer. Chi dei due suoni meglio, lui o
tarono». d' Albert, ora non posso dirlo davvero. Perché ciò c~e più piace in
Non molto maggiori elementi di valutazione critica ci sono of- d' Albert vale a dire Bach e Beethoven, non era in programma.
ferti dai rulli di pianoforte meccanico, registrati da d' Albert per la Quello ;he ha suonato, l'ha eseguito in modo mirabile. ,Come no~
Welte Mignon tra il 1905 e il 1913 (e che comprendono pagine sentire un pianoforte, tanto strano era qualche volta_ 1e~fetto ~e1
delle dimensioni della Sonata op. 2 n. 3 di Beethoven e della Sonata suoi timbri. Schumann, Chopin, Liszt, tutte esecuzioni e?t~s1a-
di Liszt). I rulli ci dicono semmai qualcosa di non positivo: ad smanti, mentre le Melodie ungheresi di Tausig mi sono piac1~te
esempio, nel finale della Polacca op. 53 di Chopin d'Albert adotta molto meno del resto. Sauer da parte sua ha completamente in-
una modificazione platealmente virtuosistica e nell'Improvviso op. cantato il pubblico femminile: le do_nne di~ono tutte che egli suona
90 n. 3 di Schubert modifica la ripresa, adottando la vecchia cento volte meglio di d' Albert. E piacmto anche al pr?fessor
variante di Liszt. Sono segni di una ricerca dell'effetto sicuro, sono Thoman ma non tanto (è gran nemico di Sauer). Alla fine del
segni di un'attenzione sempre rivolta al tipo di ascoltatore che concerto' il pubblico si è comportato nella solita maniera: volevano
vanta il diritto all'entusiasmo e che viene servito a dovere. Ma ci sentire ad ogni costo l'ouverture del T annhaiiser, ma Sauer era
sono anche le testimonianze - nello stesso Improvviso di Schu- sfinito e non li ha accontentati.
bert, nel Sogno d'amore, nella Valse-Impromptu e nella Sonata di «Interessante anche la scena che fa: alza le mani a volte all'al-
Liszt - di un fraseggio nobile e puro; c'è, nello Scherzo op. 16 n. 2 tezza di un metro, muove la testa qua e là, volge ~li occhi al cielo,
di d' Albert, il segrio di un virtuosismo brillante. Tutte cose, per la poi come se all'improvviso gli venisse in mente ciò che ?eve_ suo-
verità, che sapevamo benissimo, sol che avessimo prestato cieca- nare, comincia. Alla fine di ogni pezzo alza an~ora le mani al cielo e
mente fede a chi ascoltò d'Albert nei suoi anni migliori. I rulli, per se le fa cadere in grembo. (Forse sono propno queste le cose che
così dire, ci tranquillizzano. Eravamo alla ricerca di una dea, che ci piacciono alle donne)». . . .., .
avevano descritto bellissima, e riusciamo a vederla solo attraverso • Ho sentito e visto. A noi manca quasi del tutto la possibilita d1
un vetro opalescente: quel poco che vediamo ci convince che quella ascoltare questi pianisti degli anni tra i due secoli, i loro anni d'oro,
vantata bellezza è bellezza vera, non ubriacamento della vista di e ci manca del tutto la possibilità di vederli in azione. E anch~
chi, con i suoi racconti, ci aveva mossi a cercare la dea. quando riusciamo a farli resuscitare tra_ i fr1:1scii ~alattic~ dei vecchi
dischi e tra lo scorrere a piccoli scatu dei rulli dobbiamo tener
Le testimonianze sonore dell'arte di Sauer non sono invece
78
L'ultima covata del mago Merlino

~empre ben rresente il fatto eh' essi non lavoravano per noi, ma per IL GUASTATORE
c?e
il l?ro pub~lic~, e del suo~o e del gesto si valevano per esporre
u? a?t?log1a d1 testi che consideravano i maggiori della letteratura
pianistica. «La musica è formata dall'intenzione e dalla gestualità
almeno quanto, dal suono», dice Charles Roseo, esprimendo un
parere che potra anche scandalizzare, ma che a me sembra dettato
d~l ~uon senso d~l Pac?mann, del tecnico che la musica la fa, prima
d1 discuterla. Noi, oggi, non siamo più in grado di capire che cosa
~app~esentass:ro, per la conoscenza della letteratura in un periodo
m cm ~on esisteva ancora o era appena agli inizi la riproduzione
meccanica del suono, i pianisti attivi alla fine dell'Ottocento e nel
primo decennio del Novecento. L'unico pianista di questa generazione nel cui repertorio e nelle cui
Possian:io analizzare il loro repertorio per vedere fino a che teorie sull'interpretazione, più che nei rulli e nei dischi, si possano
punto essi andassero oltre la tradizione Liszt-Rubinstein-Bi.ilow e trovare le premonizioni di una crisi è Ferruccio Busoni. Le poche
se così facciamo ci sembra di capire che la generazione nata vers~ il facciate di dischi acustici, incise a Londra nel 1922, ci dicono
1_860 operò a_ncora entro i confini del repertorio consolidato, di cui qualcosa sulla sonorità e sullo stile di Busoni. Il suono cantabile
s1 app~ofond1rono. certi aspetti senza riprendere in esame le moti- può raggiungere in lui vertici di bellezza non inferiori a quelli di
vaz1,om sulle qua~ era nato. Il passaggio dalla storia antologica Paderewski, ma la sua tavolozza timbrica, al contrario di quella di
dell arte alla stona della cultura sarà opera della «generazione Paderewski, è molto varia: se si paragona il Notturno op. 15 n. 2 di
dell'ottanta'.>. La «g~nerazi?~e del sessanta» aggiunge al repertorio, Chopin inciso da Busoni e da Paderewski si nota subito il fortissimo
che a'-'.eva ~1~evuto m eredita, un solo capitolo, in verità tutt'altro contrasto di sonorità che Busoni crea tra la prima e la seconda
che privo d1 interesse: la trascrizione di opere di Bach. La Fantasia e parte, mentre Paderewski gioca sulla dinamica senza uscir mai dal
fuga in sol minore e il Preludio e fuga in la minore trascritti da Liszt suo concetto di bel suono espressivo. La Rapsodia ungherese n. 13
e la Toccata in re minore trascritta da Tausig diventano verso il di Liszt, eseguita da Busoni, ci mostra l'uso di un suono piatto e
1880 .oper_e ?i ,repertorio, a cui si aggiungono negli anni 90 le «inespressivo», quasi da silofono, e nel Preludio e fuga in do
trascnz1~01 d1 d Al~ert (Preludio e fuga in re maggiore, Passacaglia, maggiore del primo libro del Clavicembalo ben temperato troviamo
T~ccata m fa mag?10re) e di Busoni (Preludi e fuga in re maggiore e sonorità argentee, da organo antico. I rulli di pianoforte meccanico
m1 bem~lle ma~g1ore, Toccate in do maggiore e re minore, Ciac- non corrispondono ai dischi, ed è un peccato, perché nei rulli
con~). -y1en~ cosi superata la concezione del Bach preromantico e si troviamo le più ampie composizioni incise da Busoni (alcune pa-
co1~:u~c1a a mt~avvedere il Bach monumentale e barocco, sia pur rafrasi e la Polacca n. 2 di Liszt, la sua Ciaccona da Bach). La
ass1mil~to al pianoforte e ad un pianoforte che s'ispira all'organo timbrica sottilmente sfaccettata che si nota nei dischi e che è
romantico. Oltr~ al Bach trascritto entra nel repertorio anche testimoniata da molti contemporanei non poteva probabilmente
qua_lche brano ~1 Debussy: poco, in verità, ma quanto basta a far essere fedelmente captata dal pianoforte meccanico, e altri guasti
capire al pubblico che la letteratura pianistica continua ancora devono essere avvenuti nel trasferimento del rullo dal pianoforte
dopo Brahms. usato da Busoni ad altri pianoforti. Da alcuni rulli - Feux follets
degli Studi trascendentali~ La caccia degli Studi da Paganini - si
capiscono soprattutto quelle qualità di suono fluidissimo, quasi-
glissando, di cui ci parlano parecchi attenti critici che ascoltarono
80
Il guastatore
Busoni 81
Busoni. I dischi, per la verità, lasciano supporre anche i limiti della
tecnica del suo~o _di B~soni, perch_é l'indipendenza delle parti, il definito "moderno" e che in realtà non è altro che "vita". Faccio lo
c~ntr~pi:,unto di umbn del Preludio-corale Rallegratevi; cristiani stesso con Liszt; e, stranamente, molti mi approvano in questo caso,
dzlettz di Bach-Busoni non è in Busoni così netta, così incredibil- mentre mi condannano nell'altro».
mente spaziata come in Horowitz. Il reale significato di posizioni critiche così ricche di implicazioni
I dischi bastano tuttavia a far capire che la concezione dell' ese- e di problemi diversi, mancando, come dicevo, le esecuzioni, non
cuzione era in Busoni polifonica: contemporaneità di eventi sonori può più essere compreso. È tuttavia evidente che l'ideale di Busoni
correlati sì, ma indipendenti. Non per amore di schematismi ma non è storicistico ma mistico: ritrovare il significato originario e
perc?é, _sia pure in _modo 1:1n po' semplificatorio, ciò rispond; alla trascendente ed eterno dell'opera, senza ricostruire filologicamente
r~alt~, si possono rilevare m Paderewski e in Busoni le due posi- il suono di origine e senza partire dalla tradizione, cioè dalla fortu-
z10m estreme della «generazione del sessanta»: la monodia accom- na storica dell'opera. La percezione dell'opera, organizzata da Bu-
pagnata in Paderewski, la polifonia in Busoni, la monocronia tim- soni per l'ascoltatore attraverso la sua raffinatissima tecnica del
brica in Paderewski, la policromia in Busoni. Dai dischi e dai rulli si timbro, diventava dunque, nelle intenzioni dell'interprete, rivela-
capis~~no !no!tre, pe~ c~rt~ modificazioni della scrittura e per certe zione del significato metastorico. Posizione che non poteva non
amplificaz10m, le ragiom di talune riserve e di talune polemiche che suonare polemica e inattuale in tempi nei quali lo storicismo mirava
le esecuzi?ni di .~1:1soni suscitarono. ~~, mancando le opere mo- alla rilettura filologica dei testi e alla ricostruzione dell'Urton, del
numentali che piu impegnarono Busom mterprete - le Variazioni suono originario. L'inizio del secolo è infatti il periodo della batta-
di Goldberg di Bach, l'op. 106 e le Variazioni su un valzer di glia culturale per gli strumenti antichi, sia pure con tutti i limiti e
Diabelli di Beethoven, la Sonata di Liszt, le Variazioni su un tema con tutte le ambiguità dell'azione che, a livello divulgativo, venne
di Paga~ini di Brahms, la Fantasia contrappuntistica di Busoni - svolta da Wanda Landowska.
manca m pratica la possibilità di paragonare le sue posizioni teori- La concezione di Busoni era perciò perdente allora, né sarebbe
che, che ora esporrò, con le realizzazioni pratiche. stata radicalmente ripresa poi. Vincente era invece la- sua azione
. N~~ 1902, al col~o della maturità, Busoni aprì una polemica con quando indirettamente si legava a temi dello storicismo. Nel 1902,
~ cnt!co M~rcel Remy in una lettera aperta, nella quale veniva pur avendo già concluso il capitolo «Bach organistico», Busoni
smtetizzato il suo credo di interprete: «Lei parte da false premesse continuava a vedere in Beethoven il punto di partenza della lette-
se pensa che sia mia intenzione di "modernizzare" le opere [che ratura pianistica, e restava quindi ancora entro i limiti tracciati da
eseguo]. Al contrario, ripulendole dalla polvere della tradizione io Rubinstein. Fino al 1900 egli aveva infatti eseguito il repertorio
tento di restaurare la loro giovinezza, di presentarle come suo~a- tradizionale, dando nel 1898 la replica a Rubinstein con un ciclo di
vano per il pubblico al momento in cui per la prima volta sprizza- quattro programmi dedicati alla storia del concerto per pianoforte e
rono dalla mente e dalla penna nel compositore. La Patetica era orchestra, da lui eseguiti a Berlino.
~na so_nata .quasi rivoluzionaria ai suoi giorni, e deve suonare
r!voluz10nana. Non si mette mai abbastanza passione nell' Appas-
sion~ta, che fu nella sua epoca il culmine dell'espressione della I. Bach: Concerto in re minore. Mozart: Concerto K 488. Beethoven:
~ass10~e. Quando su,ono B~~thoven tento di raggiungere la libertà, Concerto op. 58. Hummel: Concerto in si minore.
II. Beethoven: Concerto op. 73. Weber: Concertsti.ick. Schubert-Liszt:
1 energi~ ?er~~sa e 1 umamta, che sono i segni peculiari delle sue Wanderer-Fantaisie. Chopin: Concerto op. 11.
co_mposiz10m, m co?trasto con quelle dei predecessori. Rifacendo- III. Mendelssohn: Concerto op. 25. Schumann: Concerto op. 54. Hen-
mi al carattere dell uomo Beethoven e a ciò che si dice del suo selt: Concerto op. 16.
modo di suonare mi sono costruito un ideale che è stato a torto IV. Rubinstein: Concerto op. 94. Brahms: Concerto op. 15. Liszt:
Concerto in la maggiore.
82 Il guastatore

P~r q_uant~ ec~ezionale fosse l'impresa, affrontata per di più da


un pianista d1 soli trentadue anni, la tesi storica di Rubinstein non
Busoni 83

6. 6 Studi da Paganini, Fantasia e fuga su «Ad nos, ad salutarem undam»


l
(trascrizione di Busoni), Mephisto-Walzer n. 1 (versione di Busoni), Po-
veniva }a Busoni contraddetta, ma semplicemente estesa al con- lacca in mi maggiore.
certo. E persino strano che Busoni, il quale aveva eseguito da
bambino il Concerto in do minore K 491 di Mozart, scegliesse il K Contemporaneamente, Busoni riprendeva su basi diverse il di-
488 piuttosto che il K 466 o il K 491 o il K 503; è strano che scorso su Bach. Già alla fine dell'Ottocento aveva affrontato il
prendesse in considerazione la Wanderer-Fantaisie di Schubert- Bach dei Preludi-corali, cercando uno «stile da camera» diverso dal
Liszt piuttosto che il Concerto n. 3 di Beethoven; ed è strano - ma precedente «stile da concerto»; questa neoesperienza bachiana
qui giocava forse la sua personale antipatia per l'autore - che non veniva proseguita con trascrizioni e parafrasi che culminavano nella
includesse nel ciclo il concerto conclusivo del Romanticismo il Fantasia contrappuntistica (1910) e nelle Variazioni di Goldberg
Concerto n. 2 di Brahms. Mi sembra quindi che il ciclo del 1898 (1914). Nel dopoguerra Busoni cominciava a saldare Beethoven a
non aggiungesse nulla di sostanzialmente nuovo alle conclusioni Bach eseguendo otto Concerti per pianoforte e orchestra di Mo-
critiche a cui era pervenuto Rubinstein. zart. Iniziativa non nuova, s'intende: Saint-Saens aveva eseguito
Nel 1901, invece, Busoni comincia a pensare in modo diverso sedici Concerti di Mozart a Parigi mezzo secolo prima e Reinecke
perché cerca di rivalutare, con l'esecuzione di ben otto importanti non aveva mancato occasione di far conoscere i Concerti di Mozart
pezzi (presentati al pubblico tra il 1901 e il 1903), la figura miste- a Lipsia. Ma, appunto, Saint-Saens e Reinecke non erano concerti-
riosa ed esoterica di Charles Valentin Alkan, non riconosciuto da sti che potessero indirizzare il gusto del pubblico internazionale,
Rubinstein come maestro di virtuosismo trascendentale. Nel 1904 mentre le iniziative di Busoni rappresentavano reali svolte nella
compie il passo · definitivo puntando su Liszt come su uno dei storia della cultura di massa. Busoni era dunque il protagonista di
grandi protagonisti della storia della musica, non solo della storia tre momenti cruciali nella storia del concertismo: la scoperta di
del virtuosismo: nel dicembre del 1904 egli presenta infatti a Ber- Liszt musicista, la piena riscoperta di Bach, il recupero di un
lino tre programmi di musiche di Liszt, che lasciano atterriti i critici. Mozart posto sullo stesso piano di Beethoven. E con ciò Busoni si
La battaglia per Liszt, condotta da Busoni anche con le collabora- staccava dagli altri grandi pianisti della sua generazione, anche se le
zioni alle edizioni critiche lisztiane promosse dal duca di Weimar, sue trascrizioni ed elaborazioni da Bach erano criticabili e criticate,
culmina nei sei concerti tenuti a Berlino tra il 31 ottobre e il 12 anche se le sue esecuzioni mozartiane suscitavano proteste fierissi-
dicembre 1911, nel centenario della nascita del Maestro: me, ... forse non ingiustificate.

1. 12 Studi trascendenta[l Fantasia su due motivi delle« Nozze di Figaro»


(completamento di Busoni) .
. 2. Ann~es de P_èlerif!age (Première Année, Suisse), Due Leggende, trascri-
zione dell Adelaide di Beethoven, Reminiscenze del «Don Giovanni».
~- Années de Pèlerinage (Deuxième Année, Italie), trascrizioni di Gon-
dolie_ra,_ Serenata e Tarantella di Rossini, Miserere del «Trovatore», Valse a
capnccw su due motivi di Lucia e Pansina, Reminiscenze della «Nonna» .
. 4. Anné~s de Pèlerinag~ (Troisième Année, Italie), Ballata n. 2, Bénédic-
tzon de Dzeu dans la solztude, Valse oubliée, Die Zelle in Nonnenwerth
Polacca ~ d? m_inore, Galop chromatique. '
5. Varzazwnz su un tema di Bach, Sonata in si minore trascrizioni di
Erlkonig, Die Forelle e Marcia ungherese di Schubert, Rap;odie ungheresi,
n. 5, 13 e 12.
7
Risler 85

NELLA SCIA una serie di testimonianze che ci incuriosiscono molto. Risler,


DI RUBINSTEIN? molto ammirato da Cortot, da Poulenc, da Kempff, da Proust, e di
cui lo storico Oscar Bie parla come di colui che «ha scoperto quelle
ultime delicate sfumature che stanno precisamente tra il suono e il
silenzio» e i cui suoni «sembrano non iniziare e non finire», all'i-
nizio del secolo doveva essere un pianista sorprendente.
Viene subito in mente il famoso «suonare direttamente sulle
corde» di cui tanto si parlò a proposito di Debussy; forse Risler
aveva sviluppato gli aspetti innovativi del suo stile - non gli
manèavano d'altra parte una grande pienezza e forza di sonorità -
partendo dall'esperienza del simbolismo francese (era stato il primo
Le provocazioni e le spallate di Busoni non restarono senza effetto interprete della Sonata e delle Variazioni su un tema di Rameau di
sui pianisti nati tra il 1870 e il 1880, e soprattutto sui pianisti nati Dukas e di molti lavori francesi contemporanei) e si valeva poi di
tra il 1880 e il 1895. Tutti questi interpreti esordirono prima della una timbrica inconsueta anche nei romantici, in Beethoven, in
Grande Guerra, ma ben pochi di essi raggiunsero posizioni di Mozart. I programmi di Risler non sono intessuti con tutti i ninnoli
preminenza nella vita concertistica prima del 1920. Rachmaninov che piacevano tanto a Pachmann o Paderewski o Sauer; egli eseguì
svolse attività di pianista-compositore anche prima della guerra, ma le trentadue Sonate di Beethoven, e tutta l'opera di Chopin, tenne
solo dal momento dell'espatrio decise di diventare soprattutto cicli di programmi storici al modo di Rubinstein e programmi
interprete, Cortot cominciò a farsi veramente notare poco prima monografici, eseguì composizioni contemporanee molto impegna-
del 1914, Scpnabel, Artur Rubinstein, Fischer si imposero dopo il tive, rivelò ai berlinesi il Concerto in do minore di Mozart. Più
1920. Alcuni giovani, molto dotati ma anche molto legati alla tardi, a detta di Pierre Lalo, la morte della moglie e della figlia lo
tradizione (come Josef Pembauer, Erno van Dohnanyi, Ossip Ga- allontanarono dalla vita concertistica, e alla ripresa «non c'era più il
brilovic, Mark Hambourg, Ignaz Friedmann, Benna Moisewitsch) cuore».
erano ben Inseriti nella vita concertistica internazionale già nel Artur Rubinstein, che ritrovò Risler a Buenos Aires nel dopo-
primo quindicennio del secolo; le loro esecuzioni incise in disco o in guerra e che suonò con lui a due pianoforti, ne parla però con
rullo, talvolta molto ben riuscite, non stimolano però la nostra incondizionata ammirazione, ... sia pure per contrapporlo a Schna-
curiosità critica e valgono al più come esempi di probabili deriva- bel: «Ascoltai tre concerti di Risler. Suonava Sonate [di Beethoven]
zioni dall'insegnamento di grandi didatti (soprattutto di Lesche- della giovinezza e l'Appassionata, gli Addii, la Hammerklavier. A
titzki). Toccano invece traguardi di .rilevanza storica, già agli inizi tutt'oggi io non ho sentito nessuno suonarle con altrettanta emo-
del secolo, il russo Joseph Lhevinne, il polacco Josef Hofmann, il zionante bellezza. Le suonava con tutta naturalezza, rivelando la
francese Edouard Risler, nonché il tedesco Wilhelm Backhaus, del natura profondamente romantica di questi capolavori. Non mi
quale parleremo più avanti. sono mai lasciato convincere dalla concezione intellettualizzata e
Il critico francese Pierre Lalo ci dice di aver ascoltato Risler verso quasi pedante di Artur Schnabel, che viene di solito riconosciuto
la fine del secolo e di esserne rimasto profondamente impressiona- come specialista di queste opere. [Schnabel] mi faceva l'effetto di
to: «Edouard Risler mi apparve subito come il solo pianista che un corso scolastico, mentre l'adagio della Hammerklavier, l'As-
avessi ascoltato con piacere dopo la morte di Rubinstein, il solo che senza degli Addii, la Tempesta, eseguite da Risler mi strappavano le
me lo ricordasse, il solo che potesse essere paragonato al suo illustre lacrime. Sembra si dimentichi che, tra tutti i compositori, Beetho-
predecessore senza che il paragone fosse rovinoso». È la prima di ven è il primo che si sia potuto chiamare «romantico», il che vuol
86 Nella scia di Rubinstein?
l Risler - Lhevinne 87

dire semplicemente che il suo genio creatore gli serviva a esprimere Rachmaninov, ma ha capacità di accentuazione che aumentano di
nella sua musica la sua disperazione, le sue gioie ... ». molto le possibilità di profondità prospettica, tanto più in quanto il
Lodi forse un po' sospette, ma che vorremmo comunque poter suono è sempre limpidissimo e possiede, in alcuni tipi di attacco,
controllare e magari discutere. Purtroppo, quel che ci resta di Risler una costanza di dinamica che ricorda di nuovo Schnabel. Non si
è invece poco più di ciò che abbiamo di Ferruccio Busoni, cioè -µna riscontrano dai dischi i pianissimi impercettibili che entusiasmava-
miseria: di un artista che fu salutato ovunque come grande inter- no Oscar Bie. Può darsi che Risler dovesse rinunciare a certi livelli
prete di Beethoven è rimasto in tutto e per tutto, in disco, il finale minimi perché il disco non li avrebbe captati, come può darsi che il
della Sonata op. 26, di un artista che eseguì l'opera omnia di Bie si fosse fatto impressionare da alcuni giochi di note tenute e da
Chopin sono rimasti in disco lo Studio op. 10 n. 5, il Notturno op. effetti bellissimi di risonanza, che si ascoltano nella prima parte
15 n. 2, la Mazurca op. 17 n. 4 e il Valzer op. 64 n. 2. È un niente, della Rapsodia ungherese n. 11 di Liszt.
anche se qualche cosina sembra di poterla capire. In Beethoven - Se metto insieme tutto quello che ho letto su Risler e tutto quello
e non lo dico per il piacere sciocco di contraddire Rubinstein - la che di lui ho ascoltato mi sembra certo che si trattasse non solo di
sonorità trasparente e il gusto per i frequenti cambiamenti di tem- un grande pianista, ma di una grande personalità di interprete: la
po fanno pensare a Schnabel, anche se il modo di porgere è in appa- limitatezza delle testimonianze dirette e la mancanza di studi critici
renza più capriccioso, più «francese», diverso dalla grinta dell'in- dei contemporanei ci privano però di elementi di valutazione sto-
tellettuale che, avendo tutto macinato per conto suo, mette a tacere rica che probabilmente sarebbero stati essenziali per capire il pas-
qualsiasi obbiezione. Una differenza di superficie che non nascon- saggio dall'epoca Bulow-Rubinstein al dopo-Rubinstein, tema
de una comune matrice, una comune svolta stilistica, ... almeno qui. fondamentale nel nostro discorso, e su cui dovremo invece proce-
Quel che facesse Risler negli altri tempi della Sonata op. 26 o nell' op. dere spesso per congetture.
2 n. 1 o nell'op. 111 non possiamo nemmeno immaginarlo!
Le interpretazioni del Notturno e della Mazurca di Chopin - Lhevinne non fu, nella maturità, un concertista internazionale di
quest'ultima veramente stupenda, tra le migliori ch'io conosca giro perché si dedicò soprattutto all'insegnamento nella Julliard
dell'enigmatico pezzo - lasciano trasparire una sorta di impassi- School di New York. Certe sue esecuzioni incise in disco nel
bile disperazione esistenziale, di gelido ipocondriaco pessimismo, periodo tra le due guerre (alcuni Studi e la Polacca op. 53 di
che potrebbero esser stati impressionanti nella Sonata op. 35 o in Chopin, la Toccata di Schumann, la parafrasi sul Bel Danubio blu
altri grandi lavori. Ma anche qui siamo molto lontani da un minimo di Schulz Evler) sono tanto straordinarie quanto famose, ma non
di documentazione su cui basare un giudizio sulla posizione critica, presentano caratteri stilistici diversi da quelli dell'inizio del secolo,
che parrebbe di avanguardia, di Risler, mentre il Valzer op. 64 n. 2 che sono perciò storicamente più importanti. I rulli incisi da Lhe-
mostra all'opposto aspetti interpretativi più tradizionali e scontati, vinne nel 1906, a trentadue anni, sono la dimostrazione di una
anche se la ripresa è di una drammaticità che ricorda Rachmaninov. tecnica virtuosistica sorprendente, sbalorditiva, divertente come un
Ciò che invece si capisce bene, dai pochissimi dischi rimastici, è gioco di prestigio: basta ascoltare lo Studio op. 740 n. 33 di Czerny
la qualità finissima del gusto di Risler in brani come l'Invito alla o il Lindenbaum di Schubert-Liszt per stentare a credere alle pro-
danza di Weber, l'Idylle di Chabrier, la Danza spagnola in sol prie orecchie!
maggiore di Granados, ed è la sua tecnica in brani come lo stesso Tuttavia, quello che ci appare più sbalorditiva è l'organizzazione
Invito alla danza e lo Studio di Chopin. La tecnica è quella francese dei piani di sonorità. L'esecuzione del Notturno per la mano sinistra
classica, ma senza i vertici di virtuosismo digitale di Saint-Saens o di sola di Scriabin è, in questo senso, un esempio di dominio tecnico
Diémer o di Pugno e con un maggior volume di suono. Risler non che ha pochi eguali nella storia dell'incisione. La composizione è in
raggiunge la potenza degli allievi di Liszt o del suo coetaneo realtà un pezzo da salotto di media difficoltà, di quelli che il buon
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88 Nella scia di Rubinstein? Hofmann 89

dilettante poteva eseguire per il piacere degli ospiti, con sfoggio alle testimonianze sulla «ingenuità», sulla sublime ingenuità di
di cantabilità vocalistica e con un fraseggio alla Pachmann Rubinstein. Hofmann fa semmai pensare a quel che si scrisse su
o alla Paderewski. Ma il fraseggio strappalacrime non è affidato da Liszt, ... ma questi discorsi sono in verità basati su impressioni
Scriabin al gusto dell'esecutore: è scritto, è diventato struttura, incontrollabili.
perché Scriabin impiega solo la mano sinistra, che si sposta forsen- Nelle incisioni del 1906-17, le prime che di lui ci siano rimaste,
natamente a toccare alternativamente una melodia e un accompa- lo stile di Hofmann è meno ironico di quanto non sia spesso più
gnamento o un centro appassionato e un basso minaccioso, e che fa tardi, è più vicino allo stile di Lhevinne e risponde benissimo al
da sola, con inevitabili piccole imprecisioni ritmiche, le cadenzine giudizio di Stravinsky, riferito al primo decennio del secolo: «Per
che il dilettante dalle dita di burro avrebbe eseguito con la rota- quanto la vita scolastica me lo permetteva, frequentavo i concerti
zione degli avambracci e a mani alternate. sinfonici e i concerti di celebri pianisti russi e stranieri. Ebbi così
Ora, Lhevinne è genialissimo nella definizione stilistica del pez- modo di sentir suonare Josef Hofmann, il cui pianismo era di una
zo, ma la definizione stilistica nasce da una tecnica che per la prima serietà, di una precisione, di una compiutezza che mi entusiasma-
volta si dimostra capace di dominare razionalmente, e non più con vano a tal punto da far raddoppiare il mio zelo nello studio del
lo strapotere vitalistico di Rosenthal, la gamma delle intensità pianoforte». La sonorità di Hofmann è meno ampia di quella di
nell'ambito di un timbro sempre cantabile, sempre dolcemente Lhevinne, ma le proporzioni dei piani sonori sono raffinatissime e
espressivo, sempre bello e godibile. La concezione di Lhevinne non la trasparenza del tessuto è pressoché perfetta. In Hofmann la
è quella coloristica di Busoni, ma quella emotiva di Paderewski. partecipazione attiva del dito doveva essere maggiore che in Lhe-
Solo che Lhevinne domina la tastiera in un modo sconosciuto a vinne e la meccanica classica delle dita doveva essere da lui prefe-
Paderewski, ed il suo fraseggio può così diventare molto più sobrio, rita: la sua esecuzione delle note ribattute nel Capriccio spagnolo di
meno indugiante, più allusivo. Moszkowsky, registrata in pubblico, è veramente fenomenale, ... e
Nei suoi Basic Principles o/ Piano Playing Lhevinne cita conti- si sa che non si sgranano le note ribattute se non si hanno dita
nuamente Anton Rubinstein come maestro e modello di perfezione d'acciaio. Hofmann, in Piano playing with piano questions answe-
ineguagliata. Sarebbe da vedere se Lhevinne idealizzasse Rubin- red, raccomanda di «suonare sempre con le dita» e di «toccare i
stein avendone in realtà scelto solo alcuni aspetti di stile, o se la sua tasti nel loro centro e con la punta delle dita», mentre Lhevinne,
lezione rappresentasse, oltre che una correzione di Paderewski, pur basando la tecnica sull'impiego muscolare e non sul peso,
anche un autentico ritorno a Rubinstein. L'ipotesi più probabile, consiglia la articolazione che mantenga la curva del dito in riposo
mi sembra, è che in Lhevinne si debba parlare non di superamento invece del «martelletto». Se si paragona la parte centrale del Pre-
ma di restaurazione, e in questo senso si spiegherebbero la sua ludio op. 23 n. 5 di Rachmaninov, incisa da Lhevinne e da Hof-
non-modernità nel dopoguerra e il suo distacco dalla vita concerti- mann dopo il 1920, si può constatare una superiorità di Lhevinne
stica. nelle «mezze voci» iperespressive. Qui ci interessa tuttavia di più la
ricerca di una possibile derivazione di Lhevinne e di Hofmann da
Non siamo in realtà in grado di rispondere alla domanda, e non Anton Rubinstein.
ci aiutano neppure le incisioni di Josef Hofmann, allievo per due Soprattutto importante è a questo proposito l'esecuzione della
anni di Rubinstein, che parla anch'egli del suo maestro in termini Sonata op. 31 n. 3 di Beethoven. Paragonata alle esecuzioni beet-
poco diversi da quelli di Lhevinne. Lo Hofmann che m~glio cono- hoveniane di pianisti tedeschi come Scharwenka (Sonate op. 57 e
sciamo, quello del 1920-40, presenta aspetti sconcertanti, e anche op. 90), di d'Albert (Sonata op. 2 n. 3), di Lamond (Sonata op.
nei suoi momenti più convincenti conserva una dose di ironia, di 111), di Max Pauer (Andante favori), l'esecuzione di Hofmann
autoironia, di distacco che non rispondono affatto alle descrizioni e dimostra che la sentimentalizzazione e la romanticizzazione di
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90 Nella scia di Rubinstein? Hofmann 91

Beethoven riguardavano la cultura tedesca più che non la cultura questi era Hofmann. Nato a Podgorze il 20 gennaio 1876, Hof-
slava. Alcune più tarde incisioni beethoveniane di Hofmann (So- mann era stato ascoltato nel 1883 da Rubinstein, che lo aveva
nate op. 2 n. 3 e op. 27 n. 2) confermano del resto questa impres- segnalato all'impresario Hermann Wolff dell'agenzia Wolff e Sachs
sione, che in verità è però in parte contraddetta dall'esecuzione che di Berlino. Wolff aveva fatto esordire il ragazzo nel 1885, facen-
Lhevinne ci ha lasciato della Sonata op. 27 n. 2 e dalla registrazio- dogli quindi girare l'Europa e procurandogli persino una parteci-
ne, di Hofmann stesso, dell' op. 53, ripresa in un concerto pubblico. pazione ad una serata dei Filarmonici di Berlino diretti da Hans
Sembrerebbe tuttavia che gli slavi avessero all'inizio del secolo von Bulow, addirittura con il Concerto n. 3 di Beethoven. Forte di
elaborato una distinzione di «classico» e «romantico» e che non tanto viatico, Hofmann era passato nel 1887 a New York, vi aveva
vedessero più in Beethoven il primo romantico. Lo avevano fatto esordito il 29 novembre con il Concerto n. 1 di Beethoven, la
superando Rubinstein o sviluppandone indicazioni che non tra- Polacca brillante di Weber-Liszt ed alcuni pezzi a solo, ed aveva
sparivano dalle sue posizioni teoriche? Le esecuzioni di Hofmann e iniziato, ben guidato dall'impresario Henry Abbey, la ... conquista
l'esecuzione beethoveniana della Carrefio, epigona di Rubinstein, del Nuovo Mondo. Una campagna di stampa provocata dalla So-
che ho prima citato, ci dice che la seconda ipotesi è possibile. cietà per la prevenzione della crudeltà verso i fanciulli faceva però
Una casuale annotazione di Busoni ci permette di dire che interrompere la tournée felicemente avviata e un mecenate garan-
probabilmente la posizione di Hofmann, nel primo decennio del tiva una somma annua da impiegare per l'educazione del ragazzo,
secolo, era di aggiornata e «intelligente» conservazione della tra- che doveva impegnarsi a non suonare più in pubblico fino a di-
dizione di Rubinstein. Nel 1912 Busoni tenne infatti a S. Pietro- ciott'anni. Rientrato in Europa con la famiglia, Hofmann studiava
burgo e a Mosca dei concerti che ottennero un successo enorme e a Berlino con Moritz Moszkowsky, e finalmente, dal 1892, comin-
sollevarono vivaci discussioni; Busoni scrisse alla moglie, il 15 ciava a recarsi settimanalmente a Dresda, dove Rubinstein aveva
novembre: «Il giornale di S. Pietroburgo contiene oggi una nota fissato la sua residenza.
critica su Hofmann, piena di colpi bassi per tuo marito. Qui si Hofmann racconta in modo sintetico ma molto preciso ed acuto
presenta il fenomeno insolito che egli (il più giovane) è definito la storia delle sue lezioni con Rubinstein, che durarono fino all'in-
"limpido", io, il più anziano, rivoluzionario». Orbene, sedici anni verno del 1894. I principi didattici di Rubinstein erano molto
prima Busoni aveva citato alla moglie, con compiacimento, un curiosi, ma certamente adatti ad un allievo tanto dotato: nessun
giudizio di Hanslick: «Oggi leggo sulla Presse ciò che Hanslick pezzo doveva essere portato a lezione più di una volta, e il Maestro
scrive di me: "Busoni, straordinario, incantevole pianista, il solo che non esemplificava mai nulla al pianoforte: «Egli spiegava, analiz-
ricorda pienamente Rubinstein" ». Possibile che a S. Pietroburgo non zava, delucidava tutto ciò che voleva io sapessi; ma, fatto ciò, mi
riconoscessero in Busoni il prosecutore della lezione di Rubinstein lasciava alla mia propria capacità di giudizio perché solo così,
e gli contrapponessero, come più «limpido», Hofmann? Tra il spiegava, il mio raggiungimento sarebbe diventato mia sola e in-
1896 e il 1912 doveva esser successo qualcosa. In realtà, Busoni contestabile proprietà. Imparai da Rubinstein, in questo modo, la
rimase probabilmente legato a Rubinstein fino a quando non co- importante verità che la concezione del quadro sonoro ottenuta
minciò a studiare Alkan, e poi, su nuove basi, Liszt e Bach. Nel attraverso l'esecuzione di un altro ci dà soltanto impressioni tran-
1912 egli doveva ormai rappresentare l'avanguardia, un'avanguar- sitorie, che vengono e vanno, mentre la concezione creata da noi
dia scandalosa per i conservatori e per i tradizionalisti, mentre dura e rimane nostra».
Hofmann doveva essere ancora collocabile nell'ambito della lezio- Rubinstein fece esordire Hofmann ad Amburgo il 14 marzo
ne di Rubinstein. 1894, sotto la sua direzione e nel suo Concerto in re minore,
Se un pianista aveva avuto modo non solo di imitare Rubinstein, Concerto che aveva peraltro sempre rifiutato di ascoltare dall'al-
ma di penetrare a fondo la sua concezione dell'interpretazione, lievo. Il successo della serata rilanciò Hofmann, che fino alla
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Grande Guerra, come risulta anche dai suoi rulli e dai primi dischi, Polignac: «Preso fuori dal contesto questo pezzo, tanto difficile,
fu interprete che ad una tecnica strepitosa. univa quelle doti lodate può apparir bizzarro, e qualche bicchiere in più che [Hofmann]
da Stravinsky e riassunte con il termine «limpido» dal critico citato aveva bevuto lo faceva apparire più bizzarro ancora».
da Busoni. Il repertorio fu mantenuto entro i limiti tracciati da Non credo che Hofmann suonasse bene o male a seconda se
Rubinstein, ivi compresa l'esclusione di Brahms (con l'eccezione aveva o no trovato la misura esatta dell'alcool. Non credo nemme-
della Variazioni su un tema di Handel), con pochissimi «aggiorna- no che suoni male, anche quando i suoi dischi mi irritano. Credo
menti»: il Concerto, la Sonata n. 3 e poche altre cose di Scriabin, invece che la sua evoluzione di interprete non avesse avuto uno
poche cose di Rachmaninov (senza il Concerto n. 3, dedicato a sviluppo costante nel dopoguerra, ma che invece, dopo la Rivolu-
Hofmann), pezzettini di Schytte, Woods, Stojowsky, Hofmann zione russa e dopo il suo definitivo trasferimento negli Stati Uniti,
stesso sotto lo pseudonimo di Michael Dvorsky. giocassero in lui fortissime spinte regressive e forse, come in Tausig,
Le incisioni del dopoguerra rivelano momenti di incertezza spi- il disgusto della professione. Già in Paderewski la Berceuse. di
rituale che, come già accennavo, giungono talora fino ad aspetti Chopin assume aspetti inquietanti e viene sentita come potenzial-
veramente sconcertanti: accanto ad esecuzioni chopiniane di clas- mente ostile al Romanticismo. Un critico reazionario, Ippolito
sica sobrietà (come la Sonata n. 2) e di espressività ardente ma Valletta diceva nel 1909 che con la Berceuse «non siamo sul
controllatissima (come il primo tempo della Sonata n. 3 o come il terreno 'della grande musica, piuttosto ci troviamo vicini al regno
Notturno op. 27 n. 2), troviamo esecuzioni che riducono Chopin al dell'illusione musicale», e Paderewski, che di norma andava lento e
rango di un virtuoso da circo equestre (il Valzer op. 64 n. 1, la cantava ogni nota, nel 1922 eseguiva la Berceuse a un tempo
Berceuse, l'Andante spianato e Polacca brillante); accanto ad una insolitamente veloce e in modo decorativistico. Hofmann esegue
esecuzione beethoveniana dell' op. 27 n. 2 che potrebbe essere fir- nel 1937 la Berceuse ad una velocità altissima e riportandone la
mata da uno Schnabel o da un Gieseking e ad un'esecuzione sonorità alla misura dell'Arte di rendere agili le dita di Czerny. La
dell'op. 2 n. 3 tanto poco esteriormente virtuosistica quanto quella paura di Paderewski e di Hofmann, mi pare, è di trovare già in
di un Kempff troviamo un'esecuzione dell'op. 53 che nel finale Chopin la radice dell'impressionismo, del disordine, della perdita
frantuma l'arco formale in una miriade di particolari; accanto ad di significati dell'arte del Novecento.
una incantata poesia checoviana, nostalgica e come sospesa in una La nostalgia trova in Hofmann momenti di abbandono, di con-
realtà fuori del tempo, troviamo brutali appelli all'applauso del fessione disarmata veramente inobliabili (si ascolti il secondo tema
pubblico. del primo tempo nella Sonata op. 58 di Chopin), che vengono in
Rachmaninov scriveva nel 1936 ad un amico, che gli chiedeva di genere sottolineati da una sonorità cantabile, con il pedale «una
citargli il miglior pianista vivente: «Hofmann, dopo tutto, è ancora corda», di cui non ricordo l'uguale. Ma persino nella cantilena
senza dubbio il miglior pianista, ma a una condizione: che sia ben chopiniana la coloratura viene eseguita come un improvviso lampo
"disposto"; altrimenti non potresti riconoscere lo Hofmann di un di virtuosismo che sembra denunciare il solipsismo, l'incomunica-
tempo». Stravinsky (Expositions and developments) ci offre una bilità dell'espressione sentimentale; ed il virtuos~smo è in q~esto
spiegazione dei mutamenti d'umore di Hofmann: «Facemmo in- caso la risorsa estrema, la frusta che Hofmann agita quando rivela
sieme un viaggio verso gli Stati Uniti, sul Rex, nel 1935. Scoprii se stesso, come un tiranno invecchiato che non può più essere
allora che aveva un carattere bisbetico e che beveva molto, e ciò era uomo.
il guaio peggiore». E Artur Rubinstein, che spesso non nasconde la Il lirismo si beffa di se stesso o diventa teatro, talvolta con effetti
sua antipatia per Hofmann, incidentalmente non manca neppur lui che possono persino essere rivelatori: nel pr~mo tempo d~ll'op.' 53
di attirare l'attenzione sull'argomento, quando parla di un'esecu- di Beethoven il secondo tema, il tema cantabile ed espressivo, viene
zione di In der Nacht di Schumann nel salotto della principessa di esposto come un corale in lontananza, dietro le quinte, arcano e
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Nella scia di Rubinstein?

~on ~motivamente c?involgente. Nel Rondò dell'op. 53 la teatra- MACBETH ALL'ULTIMA BATTAGLIA
lizzaz10ne non trova mvece la misura e si trasforma in delirio in cui
la coerenza stilistica dell'interpretazione si frantuma e soluzioni
contrastanti o addirittura opposte vengono arbitrariamente acco-
state. Se Lhevinne, nell'op. 27 n. 2, porta Beethoven in un clima di
inquietudfne m?rbosa che no? sarebbe fuor di luogo in Ciaikovsky,
nel Ronda dell op. 53 eseguito da Hofmann viene evitata la tea-
tralizzazione del tema principale, che avrebbe portato Beethoven
alle soglie dell'impressionismo, e la messa in scena riprende in
modo ormai retorico i concetti di «classico» e «romantico» facen-
~oli convivere e scontrare. E non parliamo neppure della Kreisle-
rtana di Schumann, i cui fantasmi demoniaci vengono esorcizzati Anche Rachmaninov aveva in repertorio l'op. 53 di Beethoven, ma
co? I~ vecchia ~ sicura Fingerfertigkeit di Czerny. I ricordi degli non la incise in disco, e noi non possiamo paragonare la sua
allievi che studiarono con Hofmann nel Curtis Institute, da lui esecuzione con quella di Hofmann; né Rachmaninov né Hofmann
organizzato e poi diretto dal 1927 al 1938, non ci dicono nulla del incisero l'op. 57, l'Appassionata, che ci avrebbe potuto dire parec-
tormento interiore che le esecuzioni denunciano e le esecuzioni chio sulle loro nature di interpreti. Non facciamo però fatica ad
sono troppo poche per consentirci una ricostruzione analitica del immaginare quanto solennemente tragica dovesse suonare l'op. 53
cammino percorso da Hofmann. Lhevinne e Hofmann spiegano sotto le dita di Rachmaninov, quando ascoltiamo la sua esecuzione
comu?que Rachmaninov, che tra le due guerre fu l'esponente di Si vive una volta sola di Strauss-Tausig. La bonaria battuta di
magg10re della cultura russa emigrata e sradicata, e che alla realtà Strauss, rivolta ad una città che coglieva con gioia ogni occasione di
guardò con la forza morale di chi, senza arrendersi, oltre e attra- frivolezza, diventa in Rachmaninov il monito sarcastico di un pro-
verso la storia vede il disegno di un male metafisico. Lhevinne e feta ipocondriaco, un qualcosa come «la vita è una malattia da cui
Hofmann, a parer mio, non varcarono mai quel confine. fortunatamente si guarisce con la morte». Si vive una volta sola lo
può dire Lorenzo de' Medici e lo può dire Girolamo Savonarola:
Rachmaninov non lo dice di certo nel senso di Lorenzo.
Se dal valzer caro alla grassa borghesia viennese passiamo ai
Valzer di Chopin, cari all'aristocrazia parigina e a tutte le fanciul-
line che strimpellavano il pianoforte, il panorama non migliora.
Rachmaninov incise in disco ben nove Valzer di Chopin: se li
mettiamo uno in fila all'altro abbiamo una serie di stampe che
potremmo intitolare «scene della stoltezza umana» o alcunché di
simile. Il Valzer op. 64 n. 2 può diventare quest'ansimante alluci-
nazione che Rachmaninov ci presenta? Che cos'è quel basso stra-
lunato, beffardo come il ghigno di un controfagotto, all'inizio di un
Valzer così innocente come l'op. 64 n. 3? E il Liebesleid e il Liebes-
freud, la pena d'amore e la gioia d'amore che Rachmaninov .tra-
scrisse per pianoforte solo dall'originale per violino e pianoforte del
suo amicone Fritz Kreisler? Passi per la pena. Ma se questa è la
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96 Macbeth all'ultima battaglia Rachmaninov 97

gioia d'amore c'è persino da sentire imbarazzo per il nome dell'au- nel 1916 eseguiva il Concerto n. 1 di Liszt e il Concerto
tore, Fritz, che suona intollerabilmente frivolo in un quadro di n. 1 di Ciaikovsky e alla fine del 1917 partiva per una tournée in
barbarica violenza! Scandinavia.
Rachmaninov è uno dei pianisti più famosi ed è forse l'interprete Uscito con la famiglia dalla Russia, Rachmaninov accendeva un
più personale, più egocentrico, più impressionante che esista. Ep- cero di grazie, si recava negli Stati Uniti, rifiutava posti di direttore
pure la sua carriera fu breve (circa venticinque anni contro i cin- d'orchestra alla Boston Symphony e alla Cincinnati Symphony e si
quanta e più di Anton Rubinstein, di Paderewski, di Hofmann) ed preparava per l'esordio: 1'8 dicembre 1918 faceva un assaggio a
il suo repertorio fu limitato e anacronistico. Niente Brahms, per Providence, il 15 dicembre esordiva a Boston, con un programma
intanto, di Debussy solo il Children 's corner, di Ravel solo la che iniziava addirittura con la trascrizione di The Star Spangled
Toccata del Tombeau de Couperin, la Toccata di Poulenc, pezzetti Banner, il 21 dicembre era a New York. Non c'era bisogno d'altro.
di Paderewski, Medtner, Dohnanyi; l'unico autore postlsztiano che Hofmann aveva mobilitato tutto ciò che il suo enorme prestigio gli
Rachmaninov onorò della sua attenzione, oltre a Rachmaninov permetteva di mobilitare e il successo fece il resto. Così Rachma-
stesso, fu Scriabin: ma lo Scriabin del Concerto, della Sonata n. 2, di ninov, trovatosi presto in cima alla montagna, ampliò lentamente
alcuni pezzi brevi e giovanili, e non mai lo Scriabin della maturità. un repertorio appena abbozzato, a cui mancavano i dieci o quindici
Infine, come Hofmann e come Rubinstein, Rachmaninov cancel- anni di gavetta che formano di solito il grande concertista di giro. Il
lava dalla storia i Quadri di Mussorgski e gettava appena uno nucleo essenziale del repertorio di Rachmaninov divenne Chopin,
sguardo sul Settecento e sul Beethoven settecentesco. Un perfetto circondato da non molte cose di Liszt e di Schumann, da otto
reazionario, dunque. Non dovrei, secondo logica, portare l'atten- Sonate (l'op. 10 n. 3, l'op. 27 n. 2, l'op. 31 n. 2, l'op. 53, l'op. 57,
zione del lettore su di lui, ma semmai sul suo coetaneo Harold l'op. 78, l'op. 81, l'op. 90) di Beethoven, da trascrizioni e pezzi
Bauer, che si batté per Brahms, scoprì i Quadri, si meritò la dedica virtuosistici, piccoli pezzi da salotto, con l'appendice delle Varia-
di Ondine di Ravel. Invece parlo di Rachmaninov. Perché nel suo zioni in fa minore di Haydn, di una sola Sonata di Mozart (in la
irragionevole credo c'è una carica di disperazione, una furia contro maggiore K 331), di una Suite inglese di Bach studiata a scuola e
il mondo che mettono paura. fatta ascoltare ad Anton Rubinstein nel 1885. Il programma del-
Il taglio antiquato del repertorio, si disse talvolta, poteva essere l'ultimo concerto di Rachmaninov, tenuto a Knoxville il 17 feb-
causato dalla tardiva vocazione di concertista. Rachmaninov, cre- braio 194 3, è indicativo delle sue predilezioni 1 •
sciuto pianisticamente insieme con Scriabin e con Lhevinne e di-
plomatosi nel 1892, aveva presto optato per la carriera di pianista- Bach: Suite inglese [in la minore]. Schumann: Papillons op. 2. Chopin:
compositore, specialità che alla fine del secolo era ancora rappre- Sonata op. 35. Rachmaninov: 2 Etudes-Tableaux op. 39, in si minore e in la
minore. Chopin: Due Studi, op. 10 n. 3 e op. 25 n. 5. Wagner-Brassin:
sentata da Brahms, Saint-Saens, Eduard Schiitt, Ignaz Briill, Moritz Incantesimo del fuoco. Wagner-Liszt: Coro delle filatrici. Liszt: Due Studi
Moszkowsky ed altri. Pur con tutte le sue crisi di nervi e pur con (Un sospiro, Danza di gnomi).
tutte le sue incertezze per una scelta definitiva di vita - composi-
tore? direttore d'orchestra? pianista? - fino allo scoppio della 1
Rachmaninov parla dei suoi programmi in una lettera all'amico Vilshau
guerra Rachmaninov era riuscito a far ascoltare le sue musiche in del 15 aprile 1936: «Ho eseguito programmi numerosi e variati. La mia
Europa e negli Stati Uniti, diventando una firma ovunque colloca- preferenza va a un concerto in due parti: Chopin nella prima e Liszt nell'altra.
bile. Già durante la guerra, prima ancora di espatriare, egli si stava Con un programma come questo non ho bisogno di aggiungere nulla di mio.
però orientando verso la carriera di pianista-interprete. Nel 1915 Ma è un programma speciale che non si può proporre spesso. I miei compor-
teneva infatti concerti in memoria di Scriabin (che in vita lo aveva tano in genere una scelta di opere celebri di Bach, Beethoven, Chopin, e Liszt
snobbato al punto da definire «prosciutto bollito» la sua sonorità), per finire. Non suono le opere dei compositori moderni».
Macbeth all'ultima battaglia Rachmaninov 99
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Le circostanze della carriera spiegano certamente la ristrettezza Rachmaninov in cui non soffi almeno per un momento l'ala della
del repertorio; ma la scelta del tipo di repertorio non è sicuramente morte, in cui non venga ripercorsa un'epopea tragica, in cui non
casuale. Il repertorio è all'incirca, assai più in piccolo, quello di venga avvertito il peso intollerabile della vita. Ho già parlato inci-
Anton Rubinstein, quello centrato su Chopin e Schumann, ma dentalmente di due interpretazioni del Preludio op. 23 n. 5 di
viene investito con la fredda rabbia di chi si chiede: ebbene, questo Rachmaninov, quelle di Lhevinne e di Hofmann. Il pezzo è come
Beethoven che voleva cambiare il mondo, questo Chopin le cui una novella pseudostorica da giornale femminile, con una marcia
musiche, a detta di Schumann, erano «cannoni sepolti sotto i fiori», guerriera, un colloquio amoroso, la ripresa della marcia. Potremmo
questo Schumann che aveva fondato la Lega dei Compagni di benissimo farne la musica di un cartone animato: arrivo al castello,
Davide che hanno ottenuto alla fine? Che il mondo, scosso nelle la sera, di un gruppetto di crociati in marcia verso la Terra Santa,
sue fo~damenta, diventasse peggiore. Tutto il repertorio di Rach- colloquio al chiaro di luna del bel comandante crociato e della
maninov ruota attorno alla sua apocalittica interpretazione della dolce castellana, partenza, al mattino, dei crociati. Secondo Lhe-
Sonata op. 35 di Chopin e del Carnaval di Schumann, e tutto vinne la cavalcata è baldanzosa, il colloquio è casto, e il tutto ha un
diventa preda di quella rivisitazione del Romanticismo su cui si era che di spensierato e di giovanile: nel nostro cartone animato lo
esercitata tra il 1890 e il 1916 l'opera creativa di Rachmaninov. La ambienteremmo forse in Boemia, ed i crociati sarebbero cavalieri
distinzione di classico e romantico viene spazzata via e ciò che polacchi o lituani. Secondo Hofmann la cavalcata è guerresca e il
trionfa è l'ipocondria di chi vede ovunque follia e morte: si ascolti colloquio non nasconde una crescente tensione erotica tra una
da Rachmaninov, nonché i Valzer di Chopin, una pagina all'acqua donna trepida ed un uomo dalla voce insinuante: lo ambienterem-
di rose come la Pastorale di Scarlatti-Tausig, e si avrà un'idea di mo forse in Spagna ed i crociati sarebbero francesi. Con Rachma-
come Rachmaninov vede l'Arcadia, quel Settecento felice che per- ninov non avremmo dubbi: l'ambientazione la troveremmo nei
sino Ciaikovsky mitizzava! paesaggi crudeli di Leopold von Sacher-Masoch. Aggiungo che il
Alla fine della carriera Rachmaninov andò a mettere il naso nel pezzo dura 3'07" con Lhevinne, 3'19" con Hofmann, 3'26" con
giovane Beethoven, scegliendo il Concerto n. 1 che i grandi virtuosi Rachmaninov 3 •
dell'Ottocento avevano lasciato ai ragazzi-prodigio. Era una scelta Il repertorio di Rachmaninov non fu inciso, in studio, se non in
sorprendente, ma anche logica, perché gli specialisti beethoveniani . parte; nessuna registrazione privata di sue esecuzioni pubbliche fu
avevano già rivalutato il primo Beethoven e il neoclassicismo stava possibile, al contrario di quanto avvenne negli anni 30 con molti
trionfando: forse non convinto di come il primo Beethoven fosse artisti, per la semplice ragione che Rachmaninov non accettava la
stato rivalutato, Rachmaninov fece la sua verifica. Alla prima prova radiodiffusione. Oltre ai suoi Concerti e alla Rapsodia su un tema di
con l'orchestra disse con fredda calma: «Signori, non essendo io Paganini per pianoforte e orchestra, e oltre alla Sonata op. 35 di
uno specialista di Beethoven suonerò questo pezzo al tempo e con Chopin e al Carnaval di Schumann non abbiamo incisioni di com-
l'espressione giusta». E suonò come ... ; purtroppo non lo so, come, posizioni di vasta architettura. Mancano le esecuzioni del Concerto
perché l'esecuzione non è stata conservata 2 . Ma Nikita Magaloff, di Schumann, del Totentanz e della Sonata dopo una lettura di
che l'ascoltò, mi disse una volta che persino il finale suonava fiero Dante di Liszt, della Fantasia e dei Preludi di Chopin, delle Sonate
ed intrepido. di Beethoven, della Sonata n. 2 di Scriabin. Così, invece di fare una
Fiero ed intrepido, mi immagino, come la carica di un reggi- ragionata e completa analisi critica, io ho finito per parlare di
mento di ussari votato alla morte. Non conosco interpretazione di
3
Hofmann ha lasciato due registrazioni del Preh1dio; ho preso come esem-
2 Pare che negli archivi del Festival di Lucerna sia rimasta la registrazione, pio la seconda, del 1937; la prima, del 1923, dura di più, ma solo perché
che non è stata finora pubblicata, di una esecuzione del 1939. Hofmann fa un grande rallentando alla fine.
100 Macbeth all'ultima battaglia Rachmaninov 101

Rachmaninov in termini non tanto diversi da quelli di coloro che l'arco completo della civiltà viennese, quando Gieseking ha già
scrivevano di Liszt dopo averlo ascoltato una volta sola: ho cercato portato i simbolisti francesi a protagonisti primi del nuovo secolo.
di rendere un barlume della sorpresa e dell'emozione che le esecu- La cultura russa non avrà altri disegni da opporre fino a quando
zioni di Rachmaninov provocano sempre in me. Avrei potuto Sofronitzki prima, Richter poi, non faranno convergere su Scriabin
parlare della sua tecnica virtuosistica, che è impressionante: basti la storia della letteratura pianistica.
ascoltare Si vive una volta sola di Strauss-Tausig o lo Scherzo della
Sonata op. 35 di Chopin, ma più ancora lo Studio di Henselt Si
oiseau j'étais o la Danza di gnomi di Liszt. Avrei potuto parlare
della sua sonorità, densa e oscura come l'orchestra di Ciaikovsky,
fascinosa e terribile come una voce corale dalle misteriose infles-
sioni, che esercita una fortissima pressione psicologica sull'ascolta-
tore: non voce umana, ma voce divina che soffia dal roveto ar-
dente.
E avrei potuto parlare del suo stile, fortemente architettonico,
con plastiche delineature della forma e calcoli esattissimi di tensio-
ni-distensioni ordinate verso un punto culminante. Ma ciò che mi
ha sempre impressionato in Rachmaninov è soprattutto questa
atmosfera di tragedia che si sta consumando, di fatalità, di nemesi
storica incombente. E credo di non cadere nel paradosso se vedo
in Rachmaninov la fine simbolica di un delitto consumato da An-
ton Rubinstein, che pesa sulla cultura russa tra Ottocento e Nove-
cento.
Rubinstein poneva i russi, e soprattutto se stesso, a successori
della cultura tedesca e francese, accantonando Liszt e spodestando
Brahms. Né Hofmann, suo allievo, aveva preso in considerazione
Brahms e, nei nuovi tempi, i simbolisti francesi, né Rachmaninov
aveva saputo far di meglio che sostituire se stesso a Rubinstein;
nessuno dei tre aveva scoperto in Mussorgski l'eroe nazionale da
contrapporre a Brahms, e né Hofmann né Rachmaninov avevano
seguito Scriabin quando questi si era messo ad uscire dal seminato,
come se fosse un visionario. Era una posizione suicida fin dall'ini-
zio, e non era stata corretta. Ad ascoltare Hofmann nei momenti di
aperta confessione sembra di sentire il monologo di Macbeth,
«Pietà, rispetto, amore»; ad ascoltare Rachmaninov sembra di
sentire l'orgogliosa reazione di Macbeth, «La vita che importa»,
all'annunzio della morte della regina.
Il disegno storico di Anton Rubinstein muore con Hofmann e
con Rachmaninov quando già Schnabel, lo vedremo, ha ritrovato
Terza parte

IL SUONO IMPRIGIONATO
CUBISTA SUO MALGRADO

Nato il 26 settembre 1877 a Nyon, da padre francese e madre


svizzera, Alfred Denis Cortot cresce in un ambiente familiare cor-
diale ed operoso, di possibilità economiche molto modeste e di
grandi capacità lavorative. I genitori - non più giovani quando
nasce Alfred: il padre, Denis, ha quarantadue anni, la madre,
Marie-Anne-Faustine, quarantatre - sognano per il piccolo una
carriera di compositore e di virtuoso e lo affidano alle sorelle - Léa
e Annette, quattordici e dodici anni quando Alfred viene al mondo
- perché gli insegnino il pianoforte e il solfeggio. Cortot dirà più
tardi di aver lavorato molto duramente, sotto la guida della sorella
Léa, per costruirsi una mano da pianista, visto che la mano dona-
tagli da madre natura era «muscolarmente insufficiente, con pic-
cola divaricazione tra le dita e dita deboli». Al contrario di quella
che è pressoché una norma per i grandi pianisti, nessuna precocità;
anzi, nessuna predisposizione per la tastiera.
Nel 1882 la famiglia Cortot si trasferisce a Ginevra; nel 1886,
giudicando troppo modesto il conservatorio locale, i Cortot vanno
a Parigi e presentano Alfred all'esame di ammissione di quel cele-
bre istituto musicale. Risultato: non ammesso. Si consideri che
molto spesso i ragazzini di talento venivano ammessi nel conserva-
torio di Parigi a nove o dieci anni e ne uscivano a undici o dodici
con il loro bravo Premier Prue Planté aveva vinto il Prix a undici
anni, Diémer a tredici, Pugno a quattordici, ed erano diventati poi
i più celebri pianisti francesi della seconda metà dell'Ottocento. Si
consideri ciò, dico, per misurare la delusione di quell'onesta fami-
glia Cortot, calata dalle sponde del Lemano con sogni di gloria e
con anni di sacrifici sulle spalle: il padre piccolo impiegato, piccolo
106 Cubista suo malgrado Cortot 107

impiegato il figlio maggiore Oscar (vent'anni più di Alfred), Léa come solista nelle stagioni di concerti sinfonici di Lamoureux e di
insegnante privata di pianoforte, Annette commessa. Alfred non Colonne.
supera l'esame! Ma entra ugualmente in conservatori9, in uno Un Premier Prix, un grancoda, trentacinque pezzi di carta
strano e provvidenziale, seppur poco glorioso modo. Emile De- stampata e la garanzia di un esordio a Parigi sono molto? Sono
combes, insegnante delle classi preparatorie, lo prende con sé niente più di una bella soddisfazione. Nel 1896, scomparsi da poco
come uditore. L'anno dopo, l'esame di ammissione ha esito positi- Anton Rubinstein e Hans von Bulow, i pianisti sulla cresta del-
vo e Cortot diventa allievo regolare ... nella classe preparatoria. Con 1' onda erano Busoni, d' Albert, Sauer, Rosenthal, Reisenauer, con
Decombes, che nel 1887 ha cinquantotto anni e che da giovane Paderewski, ben s'intende, torreggiante come un mito vivente. Tra
aveva avvicinato Chopin, Cortot studia per cinque anni, avendo i giovani della generazione di Cortot si erano già ben segnalati
come condiscepoli, tra gli altri, Ravel e Reynaldo Hahn. Descom- Lamond, Godowsky, Lhevinne, Hofmann. Un solo pianista fran-
bes si fa aiutare da Edouard Risler, e con Risler Cortot si lega in cese era inserito nel giro internazionale: Raoul Pugno. Il più noto
amicizia fraterna. fra i pianisti francesi della seconda metà del secolo, Francis Planté,
Gli studi di Cortot continuano dal 1892 con il più insigne aveva cinquantasette anni, ma da tempo viveva appartato e suo-
maestro di pianoforte del conservatorio, Louis Diémer, nato nel nava pochissimo. Louis Diémer, schizzinoso di suo e ricco per parte
1843, esecutore di favolosa correttezza, uomo di solidissima cultu- di moglie, schivava le fatiche delle massacranti tournées e il venti-
ra, che verso il 1860 si era preparata una versione pianistica del- treenne Risler si era appena affacciato sulla scena internazionale.
l'Arte della fuga di Bach, che aveva frequentato a lungo il salotto di Dopo il Premier Prix, invece di partire verso il mondo, baciato dalla
Rossini, che aveva eseguito per primo le Variazioni sinfoniche di gloria, Cortot andò a Bayreuth dove l'amico Risler lavorava come
Franck e molti altri lavori di compositori francesi contemporanei, e maestro collaboratore.
che nel 1888 aveva ripreso a suonare sul clavicembalo le musiche Sarebbe molto interessante sapere come avvenisse la formazione
degli antichi clavicembalisti francesi. Con questi titoli Diémer pas- culturale di Cortot, quali fossero le sue scelte e i suoi interessi nella
serà alla storia, ma anche con la fama di uomo freddo e scostante. Parigi di Seurat, di Toulouse-Lautrec, di Rodio, di Mallarmé, di
Tale, almeno, lo dipingerà il suo allievo Alfredo Casella, e tale Bergson, quali fossero i suoi indirizzi ideologici nella Francia del-
sembra apparisse anche a Cortot. Con Diémer, Cortot rimane 1'affaire Dreyfus. Né Cortot, né il suo biografo ufficiale Bernard
tuttavia per quattro anni. Il concorso del 1894 gli vale una segnala- Gavoty ci dicono nulla di tutto ciò. Quel che sappiamo è che
zione; si ripresenta nel 1895, ma non ottiene niente; anzi, il diret- Cortot, a diciannove anni, era wagneriano per la pelle, e che tale
tore del conservatorio Théodore Dubois scrive nel suo registro: sarebbe rimasto per due lustri.
«Nessuna ricompensa. Picchia esageratamente, troppo duro, secco. Il wagnerismo è fenomeno molto importante, nella cultura
Coloriti esagerati». La corsa al Premier Prix si conclude nel 1896: francese di fine secolo. Dopo lo scandalo del Tannhaiiser (1861),
Cortot passa bene il primo esame interno, il 22 gennaio, con la dopo le polemiche e i programmi nazionalistici del 1870, la cultura
Sonata op. 111 di Beethoven; passa bene il secondo esame interno, francese capisce di non poter chiudere sciovinisticamente gli occhi
il 17 giugno, con la Fantasia e fuga in sol minore di Bach-Liszt e la di fronte a Wagner e alla cultura tedesca. Nel tardivo recupero
Leggenda di San Francesco da Paola che cammina sulle acque (nota wagneriano, che segna in realtà un ritorno della cultura francese su
di Dubois: «Bella sonorità, troppo pedale»). Nella prova pubblica, posizioni europee, si può distinguere un wagnerismo dei composi-
il 23 luglio, chiude la partita con l'esecuzione della Ballata in fa . tori, un wagnerismo degli intellettuali, un wagnerismo degli inter-
minore di Chopin, esecuzione che gli vale il Premier Prix con preti. I compositori - Vincent d'Indy, Chabrier, Duparc, Debussy
speciale menzione, un grancoda Pleyel (la marca prediletta da - studiano Wagner, anche compiendo i sacramentali pellegrinaggi
Chopin), recensioni su trentacinque giornali, l'invito a suonare estivi a Bayreuth. I circoli intellettuali, riprendendo le fila di un
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108 Cubista suo malgrado Cortot 109

?iscor~o che era iniziato con Baudelaire, si infatuano di Wagner, ed zione a Parigi il Parsifal, in forma di concerto, nel 1904 fonda
il musicologo e romanziere Théodor de Wyzewa fonda nel 1885 I' Association des Grandes Auditions Chorales e I' Association des
quella Revue wagnén'enne che inserisce il nibelungo nel circolo Concerts Alfred Cortot, dirige in «prima» a Parigi la Missa solemnis
della cultura non specializzata. Gli interpreti si pongono il proble- di Beethoven e il Requiem tedesco di Brahms ed in prima esecu-
ma di diffondere a livello di massa, o per lo meno di piccola e media zione assoluta lavori di Chausson, d'Indy, Magnard, Roussel ed
borghesia, la musica di Wagner. Il problema non riguarda tanto il altri. Fonda anche I' Association des Concerts Populaires de Lille e
Lohengrin, che verso il 1890 entra facilmente in vari teatri france- facendo la spola tra Parigi e Lilla mette al suo attivo una imponente
si, quanto il Tristano, la Tetralogia, il Parsifal. In questo lavo- attività di propagatore della cultura. Compone: una Suite per or-
ro si distinguono particolarmente i direttori d'orchestra Charles chestra, eseguita e stroncata dal famoso critico Pierre Lalo, e
Lamoureux ed Edouard Colonne, organizzatori potenti del- frammenti di due opere su testo suo, Velléda e L 'Irréparable, che
la vita musicale, ed il nostro giovane cavaliere dell'ideale, Alfred non saranno mai compiute. A ventott' anni sembra ricalcare le orme
Cortot. · di Lamoureux e di Colonne, che nella Francia del Secondo Impero
Alcune estati passate a Bayreuth, una certa familiarità con Cosi- avevano portato una ventata di rinnovamento.
ma Wagner, la conoscenza dei maggiori interpreti wagneriani Cortot non dimentica però di essere pianista. Ha suonato il
mettono Risler e Cortot in condizioni di condurre una loro batta- Concerto n. 3 di Beethoven nelle stagioni di Lamoureux e di
glia ~ag~eri~na. La loro pri~a iniziativa consiste nell'eseguire in Colonne, ha suonato a Berlino a due pianoforti con Risler e da solo
s~lom privat~, con volonterosi cantanti e con la parte orchestrale (le Sonate op. 81 e op. 101 di Beethoven e il Preludio, Corale e Fuga
ridotta da Risler a due pianoforti, il Tristano e la Tetralogia. Poi di Franck), ha accompagnato il violinista Jules Boucherit, Félia
Cortot riesce a raccogliere fondi per un grosso avvenimento: il 15 Litvinne e altri cantanti, ha suonato in duo anche con Diémer, con
maggio 1902 dirige al Théatre du Chateau d'Eau la «prima» fran- Planté e con Saint-Saens. Ma non ha mai ottenuto successi tali da
cese del Crepuscolo degli dei. L'esecuzione è stata programmata incoraggiarlo ad impegnarsi in una carriera di concertista.
dalla Société des Festivals Lyriques fondata da Cortot, che si è Nel 1905 fonda un trio, con Thibaud e Pablo Casals. Ed è il
posta sotto il patrocinio della Société des Grandes Auditions Mu- voltafaccia: in quel momento muore definitivamente il composito-
sicales de France, fondata e finanziariamente sostenuta dalla con- re Cortot, e il direttore d'orchestra Cortot rinuncia un po' alla volta
t~ssa Greffhule, nata Élisabeth de Caraman-Chimay e discendente alle sue ambizioni. In compenso nasce, a. ventott' anni, il pianista
di Napoleone I e di madame Tallien, che ha promosso o promuo- Cortot. A trent'anni, nel 1907, nasce il Cortot didatta, che occupa
verà, per citare solo i suoi capolavori, le prime esecuzioni in Francia in conservatorio la cattedra lasciata libera da Antonio Marmontel.
d~I Boris di Mussorgski, della Salame di Strauss, della Sinfonia n. 2 Il trio Cortot-Thibaud-Casals si afferma rapidamente. Il docente
di _Mahler. Cortot e la contessa Greffhule non badano a spese, Cortot fa qualche apparizione in conservatorio, portando tra l'altro
scritturano la grande Félia Litvinne e una compagnia di lusso, alla conquista del Premier Prix una scontrosa ragazzina rumena
spendono centonovantamila franchi invece dei centocinquantami- dagli immensi occhi luminosi, Clara Haskil, che lo trova antipatico
la preventivati, e il 15 maggio hanno in sala tutta la Parigi che e altezzoso. Il pianista Alfred Cortot comincia a farsi faticosamente
conta. Il 1° giugno Cortot dirige il Tristano, ancora con la Litvinne largo in un mondo in cui, presenti ancora sulla breccia i maggiori
protagonista, ed alterna poi Crepuscolo e Tristano. pianisti del 1896, si sono già fatti un gran nome Godowsky, Hof-
Il ~repuscolo, finanziariamente, è ... molto peggio di un occaso: è mann, Risler, e dove si sono già affacciati Schnabel, Fischer, Back-
un disastro che prosciuga tutti i fondi e che viene coperto dalla haus. Qualche tournée con i violinisti Hayot ed Enescu gli dà modo
Litvinne, da amici vari, dallo stesso Cortot, che s'impegna a saldare di suonare anche pezzi da solo, un'esecuzione del Concerto di
i debiti. Nel 1903 l'indistruttibile Cortot presenta in prima esecu- Schumann al Gewandhaus di Lipsia, sotto la direzione di Arthur
111
110 Cubista suo malgrado Corto!

Nikisch, lo mette in luce, e i giri in Europa cominciano a rendere mendatore della legion d'onore e gli dice: «Cortot, Lei è un mira-
familiare il suo nome. colo vivente».
La guerra interrompe l'ascesa di Cortot ... e gli fa riprendere le Quando scoppia la guerra il miracolo vivente viene ripreso dalla
sue iniziative di organizzatore. Fonda successivamente l'Atelier du frenesia dell'organizzazione, scoprendo nella repubblica di Vichy
Blessé, centro di rieducazione psicologica, l'Oeuvre Fraternelle des - giudichi il lettore con quanto discernimento - lo strumento
Artistes, il S1:rvice d' Action Artistique à l' étranger, l' Association adatto per metter ordine nella professione del musicista. Un~
des Anciens Elèves du Conservatoire. Nel 1918 il Comité France- tournée di dodici concerti in Germania, nel 1942, lo segnala a1
Amérique combina una tournée negli Stati Uniti della Socièté des francesi, a torto o a ragione, come collaborazionista. Nel 1942 è
Concerts du Conservatoire. I direttori d'orchestra sono Messager e consigliere tecnico per la musica al ministero dell' educa_zione ~a-
Gaubert. Il pianista a cui spetterebbe di diritto di rappresentare la zionale e nel 1943 fa promulgare la legge che fonda il Com1té
Francia sarebbe Edouard Risler. Risler, malato, rinuncia, ed il Professione! de l'Art Musical et de l'Enseignement Libre. Nel 1941
presidente del consiglio dei ministri, il «tigre» Clemenceau, come aveva ottenuto che tutti i componenti !'Orchestre National, tra-
dice Gavoty, «designa d'autorità Cortot». Cortot, garibaldina- sferita a Marsiglia, si sottoponessero ad un esame attitudinale, ed
mente, obbedisce. Negli Stati Uniti esordisce il 20 ottobre (Con- aveva presieduto la giuria. Sempre nel '41 aveva scritto un ~aggio_su
certo n. 4 di Saint-Saens), partecipa a trenta concerti con orchestra, Berlioz, da pubblicare in un volume ideato da Sacha Gmtry, dice
sostiene quattro recitals, incide dischi e rulli di pianola: fino al 1926 candidamente il Gavoty, per la «gioire de la France»: De ]eanne
tornerà negli Stati Uniti sei volte. d'Arc à Philippe Pétain. Non commette nessun delitto, _si capisce, e
La Grande Guerra segna il tramonto di tante cose della vecchia potrà dimostrarlo facilmente quando sarà arrestato, mterr?gato,
Europa, e anche della generazione di pianisti che aveva dominato giudicato da un Comitato d'epurazione. Gli verrà soltanto ~1etato,
la scena dal 1894 al 1914. I maggiori pianisti del periodo tra le due come a Furtwangler e a Gieseking, di presentarsi in pubblico per
guerre saranno Schnabel, Fischer, Rachmaninov, 'cortot; ad essi si alcuni mesi.
aggiungeranno negli anni 30 Gieseking e Horowitz. Cortot non Riprende a suonare il 23 aprile 1946 e continua senza incidenti,
diventerà però mai il concertista puro, il viaggiatore che batte i salvo quando riappare a Parigi, nel gennaio del 1947. Lo spunto
continenti e sfrutta treno, nave ed aereo per coprire il maggior per la bagarre è molto curioso: nel 1906 Cortot era stat_o cofo~da-
numero possibile di piazze. Dopo aver dato nel 1917 le dimissioni tore del Syndacat des Musiciens de Paris (questa fondazione m1 era
dal conservatorio, fonda nel 1919 l'École Normale de Musique, restata nella penna: me ne scuso), sindacato da cui era stato presto
occupandosi anche dell'organizzazione e tornandovi ogni anno per espulso per aver scritturato orchest~ali non apparten~nti all'or~a-
quei Corsi di interpretazione che richiamano folle di allievi e di nizzazione. Nel gennaio del 1947 il Syndacat va a npescare 1 e-
u?itori. Scrive saggi, tiene conferenze, pubblica un metodo per spulsione e vieta ai professori della Socié~é des _Concerts du Con-
pianoforte, prepara edizioni commentate dei classici (prima Cho- servatoire di suonare con Cortot! Il quale, 1mpav1do, suona da solo,
pin, poi Schumann, più tardi Schubert, Liszt, Weber, Mendels- si prende fischi e applausi, intenta al Syndacat una causa che, tra un
sohn, Franck, Brahms), colleziona manoscritti, edizioni rare, qua- ricorso e l'altro ' vincerà definitivamente nel 1954. .
dri, schizzi. Fondatore incallito, si tiene in allenamento inventando Superato il rientro a Parigi, nell'ultima parte della sua carnera
i Concerts privés de l'Ecole Normale, la Orchestre de chambre de Cortot suona ripetutamente in tutti i paesi dell'Europa ?ccident~le,
l'École e, con Ernest Ansermet e Louis Fourestier, la Orchestre va in Sudamerica e in Giappone, suona anche con van cantanu, a
Symphonique de Paris. Continua a suonare in duo e in trio, qual- quattro mani con Kempff e con la Tagliaferro, con George Enescu
che volta riprende in mano la vecchia bacchetta. Il 25 luglio 1934 il e nel concerto d'addio, con il vecchio compagno Pablo Casals con
ministro degli esteri Louis Bartho gli consegna le insegne di com- il quale si è riconciliato dopo che gli avvenimenti della seconda
·7

112 Cubista suo malgrado Corto! 113

Guerra Mondiale avevano scavato tra di loro un solco profondissi- Cortot, come Paderewski, non possedeva una tecnica trascenden-
mo. La sua carriera di concertista termina a Prades il 10 luglio tale pari a quella di Busoni o di Hofmann. Ma neppure Schnabel o
1958, a quasi ottantun anni. Tra il 1946 e il 1958, dice il Gavoty, ha Fischer avevano una gran tecnica. Anzi! Eppure, a nessuno sarebbe
sostenuto novecentosettantadue concerti, con una punta massima venuto in mente di sospettare il bluff in Schnabel o in Fischer.
di centotrentacinque nel 1952. La sua attività di pubblicista e di Fatto è che né Schnabel, né Fischer si presentavano come virtuosi:
maestro continua fino alla morte: nel 1949 esce il volume Aspetti di nel repertorio che eseguivano di preferenza, e nel loro modo di
Chopin, escono regolarmente le edizioni commentate dei classici, si eseguirlo, i valori musicali prevalevano sempre nettamente sull'in-
susseguono i corsi di interpretazione all'École Normale, ali' Acca- teresse strumentale. Cortot, come Paderewski, includeva invece nel
demia Chigiana di Siena, a Losanna. Nella primavera del 1962 suo repertorio molti pezzi virtuosistici e li affrontava virtuosistica-
viene ricoverato nell'ospedale Nestlé di Losanna: vi muore il 15 mente senza risolverli, sul piano del virtuosismo, in modo trascen-
giugno. dentale. Di qui il sospetto del bluff.
Se torno con la memoria ai concerti di Cortot nell'ultimo dopo- Se ascoltiamo la Polacca op. 22 di Chopin, registrata verso il
guerra non posso non riprovare il senso di pena e di fastidio che 1920 su rullo di pianola, troviamo un'esecuzione brillante sì, ma
davano le esibizioni di una cariatide, di un rudere d'uomo la cui che non possiamo di certo considerare memorabile. Cortot era
memoria passava da un blackout all'altro e le cui mani andavano in allora sui quarantacinque anni, e cioè nell'età di cui, di solito, la
tilt ad ogni momento. A settantotto anni Horowitz conserva la raggiunta maturità s'unisce ad una freschezza tecnica ancora intat-
lucidità di un trentenne, a ottant'anni Backhaus sembrava ancora il ta. Se nella Polacca op. 22 ascoltiamo lo Horowitz del 1945, lo
frassino del mondo, a ottantacinque anni Artur Rubinstein poteva Horowitz quarantunenne, ci rendiamo conto di ciò che può fare
suonare in modo più limpido che a cinquanta. Cortot, a settan- con quel pezzo un vero virtuoso nel momento del suo massimo
t'anni, si buttava ancora con la foga del ventenne sui ventiquattro fulgore. Cortot, al confronto, sembra uno slalomista dell'ultimo
Studi e sui ventiquattro Preludi di Chopin o sul Concerto di gruppo. Perché mai andava ad impelagarsi con l' op. 22 di Chopin
Schumann, ma facendo la figura del dilettante. Il pubblico, che o, peggio, con certi Studi di Chopin, con Islamey di Balakirev, con
vedeva il miraggio e non s'accorgeva del deserto, applaudiva for- Petruska di Stravinsky, con il Concerto n. 3 di Rachmaninov?
sennatamente, e Cortot ritornava ogni anno, sempre con quelli che Perché incise i Davidsbundlertanze di Schumann o certi Valzer di
erano stati i suoi cavalli di battaglia. Quando cambiava cavallo, del Chopin senza averli mai veramente studiati? Di idee, s'intende, ne
resto, andava anche peggio. Se ricordo una sua esecuzione radio- aveva anche in questi pezzi. Ma un grande pianista non dovrebbe
fonica del primo tempo del Concerto n. 1 di Beethoven - con sentire il dovere di avere dita, oltre che idee?
buchi di memoria continui, senza un tratto di agilità che non fosse Non si creda che Cortot sbagliasse oltre ogni ragionevole previ-
un totale disastro, con le terzine del basso raddoppiate in ottava, sione solo in tarda età. Chi lo ascoltò, ed anche i dischi ci dicono che
alla d' Albert, e sbrodolate in un modo incredibile, senza Cadenza, gli incidenti spesseggiavano nelle esecuzioni del Cortot cinquan-
con il pianoforte che terminava insieme con l'orchestra - non tenne, sebbene - è evidente - non nella misura toccata più tardi.
risveglio neppure un ricordo penoso. No. Ridevo in continuazione, Prendiamo gli Studi di Chopin, incisi per la prima volta nel
irrefrenabilmente, come se a suonare fosse stato Buster Keaton. E 1933-34, e paragoniamoli con le incisioni di Backhaus, del 1928, e
alla fine del primo tempo, con vergogna, spensi la radio. di Raoul Koczalski, del 1936. I dischi a 78 giri, si sa, erano impie-
Era questo, Alfred Cortot? Era, come ritenevano alcuni, il bluff tosi, perché non ammettevano correzioni. Koczalski, tecnico limi-
che alla fine della carriera si rivelava palesemente per ciò che era tato e timidissimo, cammina prudente, punta sulla rotondità del
sempre stato? Tra i grandi pianisti idolatrati dal pubblico solo suono, su un fraseggio studiatissimo, sulla «poesia» di Chopin, e se
Paderewski ha suscitato altrettante riserve e altrettanti sospetti. la cava dignitosamente. Backhaus, tecnico eccellente, prende gli
....,

114 Cubista suo malgrado Cortot 115

Studi per quel che sono innanzitutto, e cioè per saggi di tecnica Fatto è che un concertista così poco concertista - un grande
sperimentale: tocca qualche nota falsa, ma con la tranquillità di chi dilettante, in senso strettamente professionale - era però un in-
sa bene come sia statisticamente certo che in ogni esecuzione cantatore. E per far l'incantatore non basta l'intelligenza, non basta
scappino delle macchioline, e in conclusione dimostra una esatta fondare associazioni, non basta sostenersi con la psicopubblicistica.
rispondenza tra intenzioni e realtà del suono. Cortot non vede negli L'originalità di Cortot si misura in realtà anche sulle sue manche-
Studi la tecnica sperimentale, ma la tecnica di bravura, la tecnica volezze: anche sulle manchevolezze della tecnica.
che comporta sempre dei rischi terribili. E si butta. Ed è eccitante, Non si può capire Cortot se non si riconsiderano le sue origini, il
ma anche un po' irritante negli Studi più difficili, dove la corsa suo wagnerismo, il suo lavoro di direttore d'orchestra, e poi la
vertiginosa non avviene senza le inevitabili sbandate. Per ripren- molteplicità dei suoi interessi. «Come poteva trovare il tempo per
dere il paragone con lo slalomista - non inefficace, mi sembra, tenere in ordine le dita?», si chiede Harold Schonberg. E contìnua:
perché Cortot ama il rischio e si slancia con un entusiasmo spinto «La risposta è semplice: non poteva». Risposta ragionevole. Ma
fino all'incoscienza - si può dire che uno sciatore che piomba neppure Artur Rubinstein badava a tener in ordine le dita, eppure
come un falchetto giù dal pendio è sempre molto eccitante, ... a era sempre, incontestabilmente, un virtuoso. Cortot, forse, da una
patto che infili poi la porta. Cortot, spesso, piomba come un parte non tenne sufficientemente esercitata una mano che, non
falchetto ma la porta non la infila o la prende di sghimbescio. Per dimentichiamolo, non era per natura portata a dominare la tastiera.
avere una realizzazione adeguata delle splendide idee bravuristiche La non-precocità di Cortot potrebbe esser dovuta alla mancanza di
di Cortot bisogna di nuovo far ricorso a Horowitz, che nel 1932 istintiva capacità di discriminazione e di coordinamento muscolare,
incideva lo Studio op. 10 n. 8 con un controllo da orafo come e la fallosità della sua tecnica potrebbe esserne la conseguenza. Ma,
Cortot manco se lo sognava. Anche in uno Studio che gli riesce d'altra parte, non si può non notare che la tecnica di Cortot
meglio, l'op. 10 n. 4, Cortot resta distante da Horowitz (incisione rappresenta un tentativo di superamento della cultura in cui Cortot
del 1935). E ci si chiede perché mai Cortot dovesse scegliere di si era formato. I pianisti francesi dell'Ottocento, da Planté a Saint-
eseguire tutti i ventiquattro Studi, e non solo alcuni; perché do- Saens a Diémer, erano famosi per la chiarezza, la leggerezza, l' agi-
vesse imitare in ciò Busoni, che era un tecnico straordinario, invece lità, l'impeccabilità: qualità che risultano del resto dalle poche
di misurare le sue forze e rinunciare alla serie completa o, per lo incisioni discografiche che di loro ci restano, e di cui abbiamo in
meno, salvarsi alla Koczalski. parte già parlato. Quel che le incisioni non ci dicono, o che ci
Un po' di megalomania giocava certamente nelle scelte di Cor- dicono in modo non del tutto sicuro, riguarda il volume di suono e
tot. Il Gavoty gli chiese una volta che cosa pensasse di Horowitz, da la varietà timbrica. Ora, a me sembra che in Cortot il volume di
lui diretto nel Concerto n. 5 di Beethoven e nel Concerto n. 3 di suono e la varietà timbrica siano molto maggiori che nei suoi
Rachmaninov. La risposta è sorprendente: «Una grande noia. Un predecessori. Ma volume maggiore e varietà timbrica si ottengono
suonare piccolo, striminzito. Mi avevano parlato di un albatro: con una diversa tecnica. Si può supporre che Cortot, vincitore nel
cercavo [invano] le sue ali - pur vedendo perfettamente ciò che 1896 del Premier Prix, suonasse benissimo «alla francese», e che
faceva di Horowitz un pianista di altissimo bordo». Non ci sono poi, eseguendo Wagner a due pianoforti e ritornando al pianoforte
state conservate le esecuzioni di Cortot del Concerto di Beethoven dopo aver studiato e diretto le partiture di Wagner, ripartisse da
e del Concerto di Rachmaninov; abbiamo quelle, anteguerra, di concezioni del suono del tutto diverse da quelle della tradizione
Horowitz. Per quanto immaturo fosse Horowitz, e per quanto francese. Quando rimane nel solco della tradizione francese - ad
Cortot potesse uscire miracolato dai trabocchetti del Concerto di: esempio, nello Studio op. 10 n. 5 di Chopin o nello Studio in forma
Rachmaninov, non riusciamo proprio a capire dall'alto di quale di valzer di Saint-Saens, probabilmente imparato con Diémer -
pulpito Cortot potesse definire petit, étriqué il jeu di Horowitz. Cortot suona con sorprendente scioltezza virtuosistica. Quando ne
116 Cubista suo malgrado

esce - ad esempio, nella Rapsodia ungherese n. 2 di Liszt - lo


Cortot

commento agli Studi op. 10 di Chopin. Nel 1914 erano già stati
117
I
slancio virtuosistico non trova dita pari alle intenzioni e alle idee. pubblicati i grandi lavori teorici del Breithaupt, del Matthay e di
Cortot incarna probabilmente il momento storico in cui una Marie Jaell-Trautmann, nel 1928 stava per uscire il Phisiological
solidissima tradizione viene messa in crisi, cioè il momento della Mechanics o/ Piano Technique di Otto Ortmann. Siamo dunque
riapertura delle frontiere, il momento in cui la cultura francese nella fase più intensa di una indagine sulla tecnica, che era iniziata
scopre non soltanto Wagner, ma anche le teorie sulla tecnica in Germania verso la fine dell'Ottocento e che si stava concludendo
pianistica che si andavano discutendo in Germania. La rivalità tra verso il 1930. Come si colloca, in questo contesto, il nostro? Il
Cortot e Marguerite Long (nata nel 1874), rivalità che, secondo principio basilare della sua metodologia· consiste nel «TRAVAILLER,
Gavoty, raggiunse nella Long punte di autentica malignità, po- non seulement le passage difficile, mais la difficult~ meme qui s'y
trebbe rappresentare la contrapposizione tra un iconoclasta ed una trouve contenue, en lui restituant son caractère élémentaire» (stu-
vestale della tradizione francese. diare non soltanto il passaggio difficile, ma la difficoltà stessa che vi
I pochi dischi di Raoul Pugno ci dicono che, forse, il rinnova- è contenuta, riducendola ai suoi caratteri elementari), massima che
mento era già cominciato con la «sonorité napolitaine» (Gavoty) di figura in testa a tutte le edizioni commentate dei classici.
questo oriundo italiano. Cortot stesso parla anche, molto margi- Per Cortot, la difficoltà insuperabile nasce da un errore di valu-
nalmente, della varietà timbrica di Pugno, quando commenta l'e- tazione che induce l'esecutore ad affrontare il passo senza averlo
secuzione del secondo tema del Concerto di Grieg: «Le risposte prima capito. Al momento tradizionale della esecuzione ripetuta a
pianissimo devono isolarsi, perché, lungi dall'essere la continua- scopo di studio Cortot fa dunque precedere il momento dell' anali-
zione del tema, esse se ne separano fino al punto di esigere un altro si, con la conseguente scelta dei mezzi atti a superare la difficoltà.
timbro. Là, Pugno era ineguagliabile. La sua sonorità era così bella, Mi sembra evidente la reazione alla metodologia di Diémer, il quale
nella spontaneità di un'espressione, che dava la sensazione del- asserisce Casella, «quando un pezzo non andava bene [. .. ] non
l'entrata di uno strumento differente». sapeva mai spiegare il perché, e si limitava a dire di studiarlo
La tecnica di Risler non è del tutto documentata dal disco, ma la nuovamente e di fare molti esercizi ed altrettante scale». Cortot, al
sua incisione della Rapsodia ungherese n. 11 di Liszt, come dice lo contrario, cercava un principio razionale di lavoro; ma non si può
Schonberg, «suggerisce una grande forza. Alcuni accenti sono non notare come, sia nelle edizioni commentate che nel metodo si
esplosivi». Se l'influenza di musicista e di stilista di Risler su Cortot incontrino contraddizioni ed involuzioni, dovute il più delle voÌte
sembra fuor di dubbio, non si può dire fino a che punto i mezzi alla fiducia nello smembramento del passo secondo un disegno
tecnici di Risler, corpulento e robusto, potessero essere esemplari geometrico. Per fare un esempio su un punto marginale basta
da Cortot, minuto e nervoso. E se Pierre Lalo, che paragona la osservare che il principio della ripetizione giornaliera in progres-
sonorità di Risler con quella di Anton Rubinstein, non si lascia sione semitonale degli esercizi tecnici non è applicato in modo
trascinare da un confronto suggestivo, è probabile che Cortot non razionale ma geometrico, in quanto, razionalmente, non si vede
derivasse da Risler la sua sonorità, ma procedesse in modo perso- perché gli esercizi sulle cinque note debbano essere praticati anche
nale. Mi sembra tuttavia che Risler e Cortot dovessero restar colpiti nelle tonalità di sol, la bemolle e la, che sulla tastiera, per quanto
dalla varietà timbrica degli ultimi allievi di Liszt e di Busoni, e che concerne la disposizione dei tasti, sono identiche alle tonalità di do,
cercassero di adeguarsi al nuovo corso. re bemolle e re. L'allievo, dopo i suoi dodici giorni di trasposizioni,
Il metodo di Cortot, pubblicato nel 1928 e intitolato Principes · ha in realtà esercitato non dodici posizioni diverse, ma una volta
rationelles de la technique pianistique, dovrebbe darci qualche ciascuna sei posizioni e due volte ciascuna tre posizioni. Se questo è
indicazione sugli aspetti tecnici dell'arte di Cortot. I Principes un principio razionale ... !
rationelles sono il frutto finale di un lavoro iniziato nel 1914, con il Quel che manca, soprattutto, è però l'analisi del tocco, cioè del
118 Cubista suo malgrado Corto! 119

punto su cui erano fissate le ricerche della moderna didattica. questo è un fatto storico importantissimo, sul pianoforte di fine
Cortot si limita a consigli sulla posizione del corpo, consigli che Ottocento, il pianoforte con telaio interamente metallico. Il pia-
nella loro bonaria genericità sembrano quelli di un didatta del noforte con telaio metallico, e con corde grosse e in grande tensio-
principio dell'Ottocento: «Le braccia devono flettersi secondo una ne, tende a perdere la qualità del suono di corda vibrante, che si
curva naturale, in maniera da non provocare quelle angolosità riscontra invece nei pianoforti di Beethoven o di Schumann, e ad
fastidiose che paralizzano il movimento dei muscoli dell'avam- acquistare la qualità del suono di lamina vibrante. Cortot sfrutta
braccio e della mano. Di regola generale il polso dev'essere tenuto appunto a fondo il suono di lamina, la cui qualità eminentemente
più basso della mano. La posizione naturale arrotondata dell'indice percussiva, combinata con il pedale di risonanza, lo fa «correre»
sul tasto fisserà la posizione delle altre dita, che dovranno, nei limiti quasi come il suono del vibrafono o delle campane.
della loro ineguale lunghezza, e senza contrazioni dannose, per- Si può supporre che già Liszt avesse studiato le specifiche possi-
cuotere i tasti sullo stesso piano e nello stesso punto. Si eviterà, così, bilità del pianoforte moderno. Amy Fay racconta di aver ascoltato
tanto la esagerata articolazione, quanto la rigidità nefasta. Il con- Liszt che nel 1873 (i primi pianoforti con telaio interamente me-
tatto col tasto sarà naturalmente stabilito dalla superficie più larga tallico sono del 1870) dava ad un allievo una lezione di tocco: «A
possibile della falange». E a proposito della tecnica polifonica: un certo punto [l'allievo] suonò troppo debolmente un passaggio e
«Indipendentemente da quello che può essere un principio di Liszt prese il suo posto, dicendo: "Quando suono io, suono sempre
sonorità - ricerca di un timbro distinto per ciascuna voce - il cui per le persone che sono nellè gallerie, affinché anche quelli che non
studio non potrebbe trovar posto in un'opera di ginnastica piani- pagano il posto che pochi centesimi possano sentire qualcosa".
stica, le difficoltà ... », ecc. ecc. Ma non era proprio il «principio di (Parlando della galleria Liszt faceva allusione al loggione, dove il
sonorità», il tocco magico, meraviglioso, la caratteristica prima del popolo va e dove i posti non costano quasi niente). Poi cominciò a
pianista Cortot? non è qui che egli potrebbe dirci qualcosa di suonare, e vorrei che l'aveste inteso! I suoni non erano molto forti,
personale? E questa distinzione di «ginnastica pianistica» e di ma molto penetranti, di lunga portata. Quando finì, e alzò una
«principio di sonorità» non è poi il tallone d'Achille che porta alla mano per aria, ci sembrò di veder apparire, come in una visione, la
perpetua insicurezza della tecnica virtuosistica? gente della "galleria" inebriata dalla melodia». Le descrizioni non
Il tocco, la sonorità è ciò che faceva e fa dimenticare il dilettan- suffragate da documenti possono sempre essere ingannevoli, ed io
tismo di Cortot, la sua arroganza, la sua sicumera, la sua mania di non insisto troppo su ciò che dice la Fay; ma non è illogico supporre
far tutto e di tutto. Ciò che colpisce è prima di tutto il suono del che le novità di costruzione del pianoforte dessero origine a speri-
cantabile: il suono di Cortot non ha nulla della rotondità e della mentazioni sulle nuove possibilità timbriche dello strumento: in
pastosità del suono, ad esempio, di Rosenthal o, per citare un Cortot, mi sembra, troviamo l'applicazione più conseguente e
interprete più giovane, di Artur Rubinstein, né ha, nel cantabile, completa di ciò che da altri, forse a cominciare da Liszt, era stato
quelle qualità di leggerezza carezzevole dei miniaturisti tardoro- ricercato.
mantici come Pugno o Pachmann, famosi per il loro «velluto». Si Se ascoltiamo l'inizio di una delle più famose interpretazioni di
può supporre che in Cortot, il quale doveva aver ampliato la Cortot, le Kinderszenen di Schumann, ci rendiamo subito conto di
dinamica rispetto alla tradizione francese, ma che non possedeva la un impianto architettonico dalla sonorità assolutamente inconfon-
potenza della scuola russa e di certi allievi di Liszt, la particolarità dibile. Il problema tecnico, come spesso nella musica romantica, è
del suono cantabile dipendesse dalla necessità di rapportarsi agli quello di trovare tre tipi di sonorità che permettano di rendere
ambienti più vasti, alle grandi sale da concerto che, soprattutto in audibili all'ascoltatore, e in un ordine di priorità, tre eventi sonori
America, si andavano costruendo già agli inizi del secolo. In rap- che, pur mirando ad uno scopo comune, posseggono una loro
porto con ambienti più vasti il suono di Cortot si modella però, e autonomia: la melodia, il basso, le parti di mezzo. Sul pianoforte del
120 Cubista suo malgrado Cortot 121

1840 il problema si pone in misura incomparabilmente minore tutti i registri non bisogna rivolgersi a Cortot (e neppure, per la
perché la sonorità dello strumento non è omogenea: sul pianoforte verità, a Paderewski o a Rachmaninov o a Rubinstein o a Horo-
della fine dell'Ottocento, con registri omogenei, spetta all' esecuto- witz), ma a Malcuzynski o a Katchen.
re scegliere tra un'infinità di possibili soluzioni. Non si può analiz- In Cortot non è però solo da segnalare la qualità personale del
zare la soluzione di Cortot: bisognerebbe paragonarla a quella di suono e dei rapporti timbrici tra le parti, ma la «dizione», il modo
altri grandissimi interpreti schumanniani - Nat, Gieseking, personalissimo di declamare. La declamazione di una melodia, in
Kempff, Arrau, Horowitz - per avere un'idea di come ciascuno Cortot, è sempre scultoria, incisiva, fatta di interiezioni e di so-
non assomigli che a se stesso e di come ciascuno sappia nello stesso spensioni, di suoni autoritari più che di eloquio fluente. E la
tempo rendere udibili, con timbri diversi, i tre eventi sonori. Lo dizione di Cortot non è da studiare soltanto nella successione dei
Studio op. 25 n. 7 di Chopin, che presenta una variante più suoni, ma anche nei rapporti tra le parti. La prima e la terza battuta
complessa dello stesso problema, è esemplare della concezione (identiche) del primo brano delle Kinderszenen di Schumann sono
della sonorità in Cortot. Jeux d'eau di Ravel, in cui i diversi eventi un esempio del modo con cui Cortot, dopo aver reso audibili i tre
sonori si intersecano anche nella stessa zona della tastiera, ci dà un eventi sonori, sposta, per così dire, le luci su certi particolari più
ultimo esempio della magia timbrica di Cortot, qui al limite del- significanti di essi: nella prima battuta la melodia è intonata con un
l'illusionismo sonoro: si ascolti, per convincersene, l'ultima pagina, senso voe::alistico dell'intervallo si-sol (il sol è più sentito e lieve-
in cui il suono è spazializzato fino a dar l'impressione di una grande mente ritardato, al modo dei cantanti che preparano e «appoggiano»
distanza, di un primo piano della melodia e di un lontanissimo quando intonano un intervallo ascendente con cambiamento di
secondo piano degli arpeggi. registro); ma alla ripetizione (terza battuta), è più appoggiato il si e
Il primo numero delle Kinderszenen ci dà anche modo di am- il sol è intonato, per così dire, in falsettone, mentre nel basso, dopo
mirare quelle che potremmo definire le «note bellissime» di Cortot. il primo sol intonato con lievità, il do diesis è molto marcato e
Così come i cantanti di bella voce posseggono in genere alcuni anticipato rispetto al sol della melodia: Cortot mette qui in rilievo la
suoni più ammalianti degli altri, anche gli strumentisti di bella tensione dell'intervallo di tritano discendente del basso (sol-do
sonorità raggiungono spesso il massimo della piacevolezza in alcu- diesis), quasi come se vi gettasse sopra un fascio di luce; la parte di
ne note. Per Cortot la zona migliore della sonorità, nel cantabile, è mezzo, a sua volta, non fluisce placidamente, ma nella prima
all'incirca l'ottava la bemolle 3 - la bemolle 4. Si può essere sicuri terzina vengono abbreviate le prime due note, e nella seconda le
che quando un tema o una melodia viene esposta in quella zona ultime due, tanto che la scansione del ritmo perde qualsiasi par-
della tastiera, l'esposizione di Cortot si farà ricordare già per la venza di meccanicità:
semplice bellezza della sonorità. Così nel primo brano delle Kin-
derszenen come nel Preludio in fa diesis maggiore di Chopin come
nel primo tema della Ballata n. 4 di Chopin ecc. ecc. In altre zone
della tastiera la cantabilità di Cortot è meno memorabile: si ascolti
la prima parte dello Studio op. 10 n. 3 di Chopin, la cui prima strofa
è «bassa» per Cortot, e si sentirà come la qualità fisica della
sonorità si illumini, come faccia frissoner l'ascoltatore nella seconda
strofa, che si sposta verso la zona preferita. Si ascolti il primo tema
della Ballata n. 3, tema popolaresco che Chopin, per evitare l'ec-
cesso di nàiveté, fraziona su tre registri del pianoforte: per trovare
un'esecuzione «bella» ed intensamente cantabile di questo tema in
122 Cubista suo malgrado Corto! 123

La descrizione che sto facendo - e che riguarda solo due battute tradizione per riallacciarsi al vero Chopin è questione non verifica-
- è verbosa e imprecisa. Bisognerebbe preparare un grafico per bile, che ci porterebbe a discutere cose su cui la penna salatissima di
mostrare il rapporto tra la grafia di Schumann e la realizzazione di Vincenzo Vitale già si è crudamente divertita parlando dei corsi di
Cortot, e per mostrare come la dinamica piano di Schumann, che interpretazione alla École Normale: «Surtout Chopin e Debussy,
Cortot d'altronde rispetta, sia la risultante di rapporti dinamici che si asserisce di solito, per via di certi transfert e di altre opera-
assai complessi. E non parliamo poi del timbro, cioè della perso- zioni medianiche, si erano installati nell'inconscio del famoso pia-
nalizzazione del suono, che del resto è prerogativa essenziale di nista. Chopin pare che abbia a poco a poco prestato anche il volto,
ogni interprete! Un grafico sarebbe però preciso sì, ma ingom- se si paragona il dagherrotipo famoso di quel Grande con le foto-
brante e di difficile lettura per chi non conosca bene la notazione grafie di Cortot che, à quinze /rancs, si potevano acquistare chez le
musicale. La verifica auditiva è invece sempre possibile e non Secrétariat dell'École Normale. E dietro le quali il famoso concerti-
difficile. Provi il lettore ad ascoltare più volte Cortot ed a parago- sta apponeva, poi, la sua firma con dedica: "A M. lle Georgette
narlo con un interprete molto contenuto come Arrau o, per restare Dubois en sincère sympathie" oppure "A M. lle Ju!iette d'Artois bien
tra i francesi, con un interprete in genere piuttosto acceso come sympathiquement". Una riserva di simpatie a 15 franchi la copia
Yves Nat, e si accorgerà di quanto personale, di quanto egocentri- che davvero lascia stupefatti e confusi».
co, di quanto aggressivo sia il modo di interpretare di Cortot. Se le annotazioni del Vitale dovessero esser prese per analisi
C'è in Cortot una tendenza al frammentismo, alla illuminazione critiche e non piuttosto, come intendono essere, per frecciate smi-
dei particolari, allo spostamento continuo dell'angolazione e della tizzanti, dovremmo riproporci il dilemma: miracolo o bluff? Mi
prospettiva. Per ragionare in termini di oggi si potrebbe dire che sembra invece che a questo punto sia già chiaro come per Cortot
Cortot non lavora come regista teatrale, su un campo immutabile, non si debba parlare né di miracolo né di bluff, ma di originalità, e
ma come regista televisivo, che piazza le sue sei o sette telecamere non di originalità immotivata, ma di partecipazione e di sviluppo,
con angolazioni diverse e sceglie poi l'immagine che più gli con- nel campo particolare dell'interpretazione pianistica, di una grande
viene per attirare sul particolare l'attenzione dello spettatore. Per esperienza culturale nata nella Parigi degli inizi del secolo.
ragionare in termini storici si potrebbe dire che Cortot scompone Il problema che a questo punto dobbiamo porci è di vedere come
l'oggetto sonoro, che lo analizza e lo ricompone secondo concezioni Cortot sia diventato il massimo esponente - possiamo dire? - del
antitradizionali, e si potrebbe paragonare questa sua scelta stilistica cubismo nell'interpretazione musicale.
a quella dei cubisti. Della formazione culturale generale di Cortot, come ho già
L'osservazione non è mia, ma di Ferdinando Ballo, che parlava detto, non sappiamo quasi nulla. Il punto di partenza deve dunque
della sensibilità cubista di Cortot. Mi pare che si tratti di un'intui- essere il suo wagnerismo e, aggiungo ora, il suo beethovenismo.
zione critica fondamentale, ed è del resto facile capire come Cortot, L'identificazione Cortot-Chopin e Cortot-Schumann è molto tar-
arrivando dopo cinquant'anni di interpretazione dei romantici, diva: risale agli anni 30, quando Cortot aveva passato i cinquan-
potesse essere novatore solo attraverso l'analisi e solo attraverso t'anni. Agli inizi e ben avanti nella carriera Cortot fu invece notato_
un'estetica nuova, partecipe delle più avanzate correnti dell'arte come interprete beethoveniano: ai concerti Lamoureux e Colonne
francese del suo tempo. Il Cortot romantico, il Cortot che discende esordì con il Concerto in do minore, e a Berlino, nel 1898, con due
per li rami da Chopin in persona (attraverso Decombes, suo mae- Sonate di Beethoven. Ancora nel primo dopoguerra era interprete
stro, e attraverso i suoi consiglieri e mentori, allievi di Chopin, beethoveniano apprezzato, tanto che negli Stati Uniti, nel 1920,
George Mathias e Camille O'Meara Dubois) è solo un'immagine portò i cinque Concerti, e nella serie di dieci programmi storici che
pubblicitaria, che Cortot stesso si fece del resto premura di diffon- presentò a Parigi, nel 1924, eseguì sei Sonate, tra cui l'op. 106.
dere. Discutere se Cortot abbia o no scavalcato la più recente Purtroppo, di Cortot interprete di Beethoven ci resta oggi pochis-
124 Cubista suo malgrado Corto! 125

simo: la Sonata op. 109 e lo Scherzo della Sonata op. 106 in rulli di mano sznzstra di Ravel, del Concerto n. 4 di Saint-Saens. Non
pianola, il Trio op. 97 con Thibaud e Casals, la Sonata op. 47 con abbiamo, purtroppo, le incisioni del Tema con variazioni, della
Thibaud, le Variazioni su «Bei Mannern, welche Liebe Fuhlen» Ballata e della Fantasia di Fauré (quest'ultima dedicata a Cortot),
con Casals. della Symphonie Cévenole di d'Indy, della Fantasia di Debussy, del
Nella Sonata op. 109 e nello Scherzo dell'op. 106, fatte salve le Concerto di Germaine Tailleferre, delle musiche di Chabrier (salvo
riserve che il rullo di pianola suscita sempre, si può scorgere uno un rullo di pianola con Idylle), delle musiche di Dukas, Pierné,
stile di interpretazione che risente probabilmente dell'esempio di Samazeuilh e altri minori: non abbiamo quindi una visione com-
d' Albert, e forse di Risler, che con d' Albert aveva studiato per plessiva di ciò che Cortot, tra il 1905 e il 1930 circa, rappresentò per
qualche tempo. Un discorso critico sicuro su queste interpretazioni la musica francese, ma siamo sicuri, per l'ampiezza del repertorio e
non si può però fare, perché le uniche basi di confronto sarebbero per i consensi ricevuti, che la sua identificazione con la cultura
la revisione di d'Albert delle Sonate di Beethoven e pochi rulli pianistica francese a cavallo tra i due secoli fu completa.
beethoveniani di d'Albert (ma non delle Sonate op. 106 e op. 109), Tra le esecuzioni che ci restano la più impressionante è quella del
mentre mancherebbero le esecuzioni delle op. 106 e 109 di d' Al- Concerto n. 4 di Saint-Saens, proprio in ragione del non assoluto
bert, di Risler, di Busoni, cioè dei maggiori interpreti beethove- valore della composizione. Nei suoi saggi sulla musica francese
niani che Cortot ebbe occasione di ascoltare in gioventù. I pezzi di Cortot non è molto tenero con Saint-Saens, alle cui opere per
musica da camera forniscono una più sicura documentazione, ma pianoforte solo rimprovera di essere «per la maggior parte animate
qui la personalità di Cortot si rapporta necessariamente a quella dei da una verve impassibile e come indifferente al suo oggetto»,
suoi partners. Certo che nella Sonata op. 47 e nel Trio op. 97 Cortot aggiungendo poi: «Le impressioni descrittive sono rare ed il carat-
non è quello che ci è più familiare: la diversità dello stile è dovuta tere emozionale è escluso. È questione di note, pare, più che di
all'influenza di chi suonava con lui, alla necessità della musica musica. Una frequente assenza di discriminazione nella scelta dei
d'insieme, ad una sua volontà di differenziare stilisticamente Beet- temi dà una spiacevole preponderanza ai soli artifici della fattura e
hoven? Non potrei rispondere se non per supposizioni. dello sviluppo». Lo soddisfano di più i Concerti: approva il Primo e
Il repertorio beethoveniano di Cortot e le sue interpretazioni ammira il Secondo, ma il Terzo - opera manieristica per eccel-
dell'op. 47 e dell'op. 97 ci fanno comunque supporre che egli lenza - lo lascia molto perplesso per la sua mistura di nobiltà e di
intendesse inserire Beethoven nel campo del romanticismo e del- banalità. Del Quarto apprezza soprattutto l'invenzione formale:
1' eroismo romantico, secondo le concezioni critiche del wagneriano «Essa s'appoggia sull'applicazione di un principio ciclico che non
de Wyzewa o di Romain Rolland (di cui, sia detto per inciso, ha niente in comune con quello di Franck e in cui i temi generatori
Cortot sposò in prime nozze, nel 1902, la moglie divorziata Clotilde non sono impiegati al modo di leitmotive carichi di significati e di
Bréal). Possiamo anche supporre che lo studio di Beethoven ser- conseguenze, ma trattati come elementi di architettura musicale,
visse a Cortot per esaminare criticamente la cultura nella quale si pretesti per trasformazioni più che per sviluppi». Nel Concerto n. 4
era formato e le tradizioni di quella cultura. La base della forma- Cortot vede però anche il superamento dei limiti da lui attribuiti a
zione culturale di Cortot resta però, indubbiamente, il manierismo Saint-Saens: «La sola preoccupazione della sfumatura indicata, la
francese. sola correttezza tecnica, fosse pur essa di qualità trascendentale,
Già ho detto per inciso che la lettura dello Studio in forma di non bastano più, qui, a rendere appieno il pensiero di Saint-Saens.
valzer di Saint-Saens è veramente esemplare e che la realizzazione Bisogna, seguendo il suo consiglio, "eseguire la parte solistica come
1
di Jeux d eau di Ravel è un pezzo da antologia. Altrettanto esem- un ruolo", ispirarsi al senso drammatico, caloroso o sognante di
plari sono le interpretazioni dei due grandi trittici e delle Varia- ciascun movimento».
zioni sinfoniche di Franck, della Sonatina e del Concerto per la La fantasia di Cortot pianista supera, nel momento dell'inter-
126 Cubista suo malgrado Cortot 127

pretazione, le sue concezioni critiche e la sua incomprensione delle vengono enunciati i frammenti melodici, gli indugi ritmici riporta-
componenti manieristiche dell'arte di Saint-Saens. Ispirandosi al no Debussy al tardoromanticismo salottiero; ma, nello stesso tem-
senso drammatico, caloroso o sognante del Concerto, e aiutato po, i soffocati, nebbiosi suoni del basso e la starrca routine dell' e-
dalla fantastica direzione di Charles Munch, Cortot, in realtà, ne spressione evocano, più che una musica en plein air, una fumosa
mette superbamente in evidenza il romanticismo in negativo, cioè taverna in cui poveri ubriaconi bevono assenzio mentre un tapeur à
l'uso del sentimento come oggetto. Basta ascoltare la prima varia- gages suonacchia un valzer lento, ed in cui, alla fine, la lontana
zione del tema, il modo in cui Cortot realizza l'espressivo di Saint- suoneria del corno di un lattaio annuncia il giorno. Si ascolti Des pas
Saens per avere l'idea del distacco tra l'autore e la materia, il gesto sur la neige, e si vedrà sorgere un'immagine di desolazione da Quai
eroico di cui si serve senza esserne intimamente partecipe, il senso des brumes. Il Debussy ben accasato con la signora Emma Bardac e
dello spettacolo e della rappresentazione che viene data al pubblico ben inserito nel mondo intellettuale parigino sparisce per lasciar
senza coinvolgimento sentimentale. L'interpretazione di Cortot è posto al Debussy bohemien, che convive con Gaby e frequenta i
una vera lezione di analisi critica, e sia pure, come al solito, con un bistrots! Cortot riesce a trovare in Debussy la degradazione estrema
numero di approssimazioni tecniche assai più elevato di quello che dell'intimismo romantico, divenuto sentimentalizzazione borghese
sarebbe lecito attendersi da un grande pianista. nella Valse romantique e nel Nocturne e musica da bassifondi nei
Forse Cortot non era interamente cosciente della sua posizione due Preludi. Posizione critica reazionaria, in partenza, che però
culturale e della sua modernità. Così come c'è uno iato tra la sua scopre qualcosa di inedito, sfiorando in questo caso l' espressioni-
concezione del suono, modernissima, ed il tradizionalismo delle sue smo.
riflessioni di teorico, così c'è un solco tra il suo stile di interprete e le È opportuno notare, a questo proposito, che la definitiva affer-
sue concezioni estetiche (la ricerca dell' «arrière pensée» in Chopin, mazione di Debussy e di Ravel tra i grandi della letteratura piani-
le riserve su Saint-Saens, sull'estetica di Stravinsky, sui Six). Par- stica non fu opera di Cortot, ma di Gieseking. Mentre Gieseking,
tendo da una concezione romantica dell'arte, Cortot arriva ad tra il 1930 e il 1940, diventava l'interprete per eccellenza di De-
essere, forse suo malgrado, cubista. Il confine che non valica mai, e bussy e Ravel, letti in una chiave neoclassica che nello stile piani-
di cui ha orrore, è l'astrattismo. stico legava i due francesi al Settecento (sia pure al Settecento non
Le sue interpretazioni di Debussy sono, sotto questo aspetto, francese, ma di Bach e Scarlatti), Cortot non sviluppava né gli
molto interessanti. Il Children 's Corner non può darci la misura aspetti manieristici dell'arte di Ravel, né le sue intuizioni dissa-
della concezione interpretativa della musica di Debussy, ma il cranti su Debussy, e rileggeva invece Chopin, Schumann e Liszt
primo libro dei Preludi, sebbene l'incisione sia molto tardiva e sotto prospettive, come ho detto, cubiste.
tecnicamente scorrettissima, può essere in alcuni momenti rivela- Non si può, s'intende, fare il processo alla storia. Si può però
tore. È evidente che Cortot colloca Debussy nell'impressionismo, e constatare come Cortot, cresciuto nel manierismo francese, diven-
che i titoli sono per lui evocatori di atmosfere naturalistiche (i colpi tasse negli anni 30 il più originale interprete di Chopin (e, in minor
di vento in Voiles), che non sfumano ambiguamente nel simboli- misura, di Schumann), e come Gieseking rileggesse invece il ma-
smo e non aprono quindi la strada all'astrattismo degli Studi. nierismo francese in chiave neoclassica. Il successo che entrambi
Sembrerebbe, ed è, una collocazione criticamente quasi reaziona- ottennero in altissima misura e in ogni paese dimostra che entrambi
ria. Ci sono però almeno due Preludi in cui Cortot riesce veramente sceglievano le chiavi di lettura più adatte, nei rispettivi autori
ad evocare un mondo che mai ci si aspetterebbe di trovare in preferiti, ai loro tempi. La ricerca originale di Cortot si esaurisce
Debussy. comunque, mi sembra, con la seconda Guerra Mondiale. Mentre
Si ascolti Les sons et les par/ums tournent dans l 'air du soir: i molli Backhaus, verso i settant'anni, riprendeva Chopin e rileggeva poi
arpeggiamenti delle armonie, il sentimentalismo sdolcinato con cui Beethoven in modo nuovo, mentre Rubinstein scopriva veramente
128 Cubista suo malgrado

Chopin a settantacinque anni, mentre Gieseking volgeva l' atten- FASCINO DELL'INFORMALE
zione alla civiltà viennese, il Cortot del dopoguerra, «incartapeco-
rito e allucinante» (Vitale), portava in giro non solo una memoria
vacillante e dita che non funzionavano più, ma anche la sopravvi-
venza di uno stile che era spiritualmente al tramonto.
Di qui veniva prima di tutto la delusione. Per chi, come me,
ascoltò più volte Cortot negli ultimi dieci anni della sua carriera, c'è
un fantasma di Cortot che dev'essere innanzitutto esorcizzato.
L'avvio di questo capitolo è stato faticoso ed ho dovuto lentamente
superare i ricordi spiacevoli. Ne chiedo scusa al lettore giovane; ma
la critica è anche testimonianza di generazioni, e per la mia gene-
razione la necessaria operazione preliminare per capire la grandez- Wilhelm Backhaus è, in molti aspetti, l'opposto di Cortot: precoce
za di Cortot è di chiedersi, e non retoricamente, se egli fu o no un pianista quanto l'altro fu tardivo, professionista roccioso quanto
bluff. Sono arrivato a concludere che Cortot fu un grande, originale l'altro fu dilettante spensierato, chiuso nel mondo del pianoforte
interprete, un grande, originale uomo di cultura, un pianista origi- quanto l'altro fu aperto a tutte le esperienze, Backhaus era un
nale. Fu anche un grande pianista? La sua originalità, grandissima, uomo gentile, riservato, impenetrabile, e un artista che, una volta
contrastava con l'esattezza tecnica: scopriva il suono, e perdeva le scostato il velo della fama e della bravura, dà molto filo da torcere al
note, aveva idee vertiginose, e cannava con le dita. Se fosse o no un critico. Ho ascoltato Backhaus per la prima volta, in disco, nel 1945
grande pianista lascio decidere al lettore: è, certamente, un suona- nel Concerto in la minore di Grieg, e per la prima volta, in sala, nel
1946 in un programma di Sonate di Beethoven. Ricordo benissimo

i
tore di pianoforte che si fa ascoltare, anche quando ha il dono non
commendevole di diventare irritante. quel concerto: le opere 10 n. 2, 31 n. 2, 78, 81a e 111 sfilarono
davanti ai miei occhi stupefatti con la forza delle verità incontro-
vertibili, e da allora ammirai Backhaus senza riserve. Ma solo nel
1980, ristudiandolo, mi accorsi che questo mite e limpido Backhaus
era in realtà una sfinge, e solo allora mi posi veramente il problema
della sua collocazione critica. Forse ho visto una soluzione, forse
brancolo ancora; ma, almeno, ora ho capito che ci devo pensare.
Nato a Lipsia il 26 marzo 1884, Wilhelm Backhaus apparteneva
a quella ferrigna «generazione dell'ottanta» che può vantare, per
limitarci a pochissimi nomi, Bart6k e Stravinsky, Picasso e Braque,
Le Corbusier e Gropius, Joyce e Kafka. I maggiori pianisti nati
negli anni 80 sono senza dubbio, con Backhaus, Artur Schnabel
(1882), Edwin Fischer (1886), Artur Rubinstein (1886): un quar-
tetto di moschettieri che succede alla generazione dei Paderewski,
dei d' Albert, dei Busoni, che si trova a fianco gli Hofmann, i
Rachmaninov, i Cortot, e che quindi è storicamente collocato in
una posizione tutt'altro che comoda, vicino a personaggi con i quali
è impossibile vincerla ed arduo impattarla. Oggi i nomi di Schna-
130 Fascino dell'informale Backhaus 131

bel, di Backhaus, di Fischer e di Rubinstein sono quelli che spic- quanto strumentisti: il primo per l'esattezza di ogni particolare, il
cano sopra tutti e che segnano l'epoca. Ma non direi così se, invece secondo per il superiore virtuosismo. E così, distribuendo con una
di scrivere oggi, scrivessi putacaso nel 1930, perché la maturazione misteriosa razionalità le forze che la storia le ha donato, la «gene-
dei quattro campioni non fu parallela. Fischer venne riconosciuto razione dell'ottanta» riesce a dominare la scena per quasi cin-
tra i maggiori pianisti verso il 1925, quando si rivelò geniale inter- quant'anni: dal 1925 al 1970.
prete, soprattutto, di Bach e di Mozart; Schnabel divenne molto Il Backhaus del 1905-1918, dicevo, è il fenomeno Backhaus.
noto all'inizio degli anni 30, con Beethoven e con Schubert; Ru- Dopo aver ricevuto da Aloys Reckendorf la solida educazione
binstein cominciò a segnalarsi veramente, specie con Chopin, alla accademica che veniva impartita nel conservatorio di Lipsia tenuto
fine degli anni 30, e divenne uno dei massimi concertisti all'incirca in pugno dal terribile Cari Reinecke, Backhaus aveva bussato alla
dal 1955 al 1970. E Backhaus? Backhaus vinse a ventun'anni, a porta di Eugen d' Albert. Quattordici anni aveva Backhaus, tren-
Parigi, l'importantissimo Concorso Rubinstein, e fino ad una setti- taquattro d'Albert: venticinque lezioni con d'Albert correggono
mana prima della morte - 15 luglio 1969 - girò regolarmente le forse lo scolasticismo del ragazzo e gli danno un indirizzo di gusto,
sale di concerto di tutto il mondo ed incise dischi. Ma nella sua un modello. Ma il «forse» non è retorico: come dirò poi, il primo
carriera possiamo fissare tre distinti e diversi momenti: il/enomeno Backhaus di cui ci sia rimasta testimonianza in disco, il Backhaus
Backhaus del 1905-1918, l'onesto Backhaus degli anni fra le due ventiquattrenne, non è un d'albertiano: è una personalità incon-
guerre, il grande Backhaus del dopoguerra. fondibile, sulla cui formazione sappiamo in realtà molto poco. Nel
Quattro carriere parallele, ma le cui rispettive esplosioni sem- 1900 Backhaus, sedicenne, esordisce a Londra, nel 1901 suona a
brano distanziate da un timer occulto e infallibile: Fischer è grande Lipsia sotto la direzione di Nikisch, nel 1902 suona a Manchester il
a quarant'anni, Schnabel a cinquanta, Backhaus a sessanta, Ru- Quarto Concerto di Beethoven sotto la direzione di un altro dei
binstein a settanta. Altri caratteri accoppiano invece da una parte massimi direttori del momento, Hans Richter, e ancora con Richter
Schnabel-Fischer e dall'altra Backhaus-Rubinstein: Schnabel e Fi- suona nel 1903 il Secondo di Brahms, nel 1904 diventa professore
scher furono grandi insegnanti, Bachkaus e Rubinstein insegnaro- nel Royal Manchester College of Music. La vittoria nel Concorso
no pochissimo o niente, i primi pubblicarono importanti revisioni Rubinstein gli fa presto abbandonare l'insegnamento e gli spalanca
critiche di testi classici e i secondi non pubblicarono nulla, i primi la grande carriera internazionale.
furono membri di complessi stabili da camera e i secondi suonaro- Uno dei battuti al Concorso Rubinstein era Béla Bart6k, che
no musica da camera solo occasionalmente. concorreva inoltre al premio di composizione e che fu trombato
Cè una spiegazione, per le differenze e per le analogie nelle pure in quello (del che, come vedremo, giustamente si dolse). Nella
differenze? Secondo me c'è, e palmare: la tecnica. La maturazione satira veemente che indirizzò ai giudici del Concorso, Bart6k ac-
artistica, nei quattro, avviene in ragione inversa al possesso della cennava anche alla gara pianistica: «Il premio per il pianoforte poi
tecnica: il più naturalmente dotato di mezzi virtuosistici, Rubin- sarà assegnato a N.N. Se lo merita perché suona le fughe di Bach
stein, si mette a studiare sul serio quando il fisico comincia a non col metronomo», troviamo scritto nella stesura in prosa e, nella
reggere bene gli sforzi; il più ansioso e pasticcione, Fischer, è il stesura in versi: «Il premio pianistico invece è assegnato / A uno
primo che deve giustificare con l'originalità dell'interpretazione le sconosciuto che con il metronomo Bach ha strimpellato». Ragioni
stecche a cui malauguratamente è soggetto. Fischer, per conqui- di gusto - Bach metronomico - opponevano evidentemente
stare il pubblico, reinventa Bach e Mozart, Schnabel reinventa Bart6k a Backhaus, anche se Bart6k non mancava di dire, in una
Beethoven ed inventa Schubert; per molti anni Backhaus e Ru- lettera alla famiglia: «Nella categoria dei pianisti ha vinto l'inglese
binstein possono invece anche non essere interpreti convincenti, [sic!] Backhaus, il quale suona effettivamente molto bene». In
ma sono concertisti di classe internazionale semplicemente in sintesi, c'è tutto. Il riconoscimento di capacità che gli permettevano
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di dominare come pochi la tastiera, insieme con fortissime riserve un po', in anni in cui vivevano virtuosi come Busoni, come Go-
sul suo stile di interprete, continuarono infatti ad accompagnare dowsky, come Hofmann, perché il Backhaus «manuale», sia pur
Backhaus, il fenomeno Backhaus, per molti anni: ad esempio, Atti- giudicato sui dischi del 1920-40, non sembra tanto sorprendente:
lio Brugnoli contrapponeva alla tecnica animatrice e creatrice di nella serie completa degli Studi di Chopin si distinguono, tecnica-
Busoni la tecnica accademica di Backhaus; Rudolf Maria Breit- mente, solo l'op. 10 n. 1, l'op. 10 n. 7 e l'op. 25 n. 12, e né le più
haupt parlava di «tranquilla, sobria natura, di grandi e robuste difficili delle Variazioni su un tema di Paganini di Brahms, né
capacità, ma di tecnica e temperamento freddi», e l'autorevolissimo l'ultima pagina del secondo tempo della Fantasia di Schumann si
ed acutissimo Walter Niemann notava, in uno studio impegnato e fanno ricordare per un trascendentale splendore tecnico. Si nota
non dettato da antipatia: «L'intelletto, che abbonda di questi doni invece sempre, in Backhaus, l'accuratezza, la precisione del parti-
preziosi ricevuti dalla natura, trascura l'anima, che farebbe del colare, la «udibilità» di ogni suono, il rifiuto di quella retorica del
suono l'eco di un'interiorità mossa in modo ricco ed immaginativo. virtuosismo che procura benevola indulgenza per le note sbagliate;
Backhaus è e rimane il tecnico accademico. Il suo senso dello stile e si notava, seguendo per anni i suoi concerti, l'uniformità del ren-
l'arte della caratterizzazione individuale sono in lui poco sviluppa- dimento, la metodicità, il controllo, il professionismo, il suo essere
te. Così egli suona, non solo quanto a sonorità ma anche spiritual- sempre «in buona giornata» e mai «in giornata no». Queste sue
mente, Bach come Liszt, Brahms come Rubinstein, Schumann doti sono del resto evidenti anche semplicemente dalle registrazio-
come Debussy, Beethoven come Chopin». ni di certe esecuzioni pubbliche che si collocano tra il 1956 e il
Lo scritto di Niemann, pubblicato nel 1919, riflette e conclude il 1959: quanti pianisti di settantadue anni furono mai in grado di
giudizio della critica che aveva seguito Backhaus nel primo periodo sgranare con tanta limpidezza e brillantezza le agilità del Concerto
dell!)- sua carriera, e sebbene sembri crudo diventa invece prezioso, n. 4 di Beethoven? quanti pianisti di settantacinque anni poterono
in assenza di adeguate testimonianze discografiche, per capire l'o- permettersi staccati così incisivi alla sinistra, tanto vigore e trilli di
riginalità di Backhaus, sia pur vista in negativo. Notiamo per quarto e quinto dito tanto graniti, nel finale del Concerto n. 5?
intanto che il giovane Backhaus non 'era lo specialista tedesco. Il Pochi, pochissimi, pochissimissimi. ..
suo repertorio comprendeva infatti sì tutti i grandi compositori La tecnica di Backhaus dovette dunque apparire così sorpren-
tedeschi da Bach a Brahms, ma anche moltissimo Chopin e molto dente, verso il 1905, perché era infallibile e perché era diversa dalla
Liszt (comprese la Fantasia sul Don Giovanni, la Rapsodia unghe- tecnica impressionistica. L'impressionismo non è fenomeno che
rese, n. 2, la Campanella, il Valzer del Faust di Gounod, di cui riguardi solo la creazione, all'inizio del secolo, ma che riguarda
abbiamo la registrazione su rullo di pianola), e poi il Concerto di anche, a quanto si può capire oggi dalle incisioni, l'esecuzione: per
Gr1eg, il Concerto n. 1 di Ciaikovsky, i «moderni» come Strauss dirla in due parole, il tratto rapido risultava spesso fuso, non
(Burlesca), Albeniz, Debussy, Rachmaninov, Reger, qualche distinto, e veniva percepito come «impressione» non solo in De-
omaggio a «padrini» di fine secolo (Concerto n. 4 di Rubinstein, bussy, ma in Brahms, in Chopin, in Beethoven. Basta confrontare
Concerto n. 1 di Reinecke, Concerto n. 2 di d'Albert), qualche l'inizio del Concerto n. 3 di Beethoven, eseguito da un pianista di
parafrasi da concerto (come la Naila-Valse di Delibes, che Back- tradizione tardo-ottocentesca come Mark Hambourg ed eseguito
haus incise in disco e di cui furono vendute circa duecentocin- da Backhaus, per rendersi conto di una diversità stilistica fonda-
quantamila copie). mentale: la scala di do minore ripetuta tre volte, che Beethoven fa
Era il normale repertorio dei concertisti tradizionali, dei d' Al- precedere al tema, è per Backhaus una melodia rapidissima in cui
bert, dei Sauer, degli Hofmann, presentato però in un modo in cui ogni suono viene percepito ed è messo in relazione strutturale con
spiccava ed eccelleva senza discussioni solo l'aspetto tecnico del- gli altri, mentre per Hambourg è una specie di grande, titanico
l'esecuzione. In verità, l'insistenza dei critici sulla tecnica stupisce portamento da do e do. Non solo: Backhaus, oltre ad eseguire
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distintamente tutti i suoni, non cerca l'ispessimento del raddoppio, Questa è l'ipotesi sicuramente più suggestiva, invero non soste-
ma punta sulla individuazione melodica anche della mano sinistra nuta da documenti sufficienti, né da autoanalisi o da dichiarazioni
(che raddoppia la destra all'ottava sotto). Quando poi due linee autobiografiche di Backhaus. Ci sono altre ipotesi possibili: che
melodiche diverse si sovrappongono, Backhaus riesce non solo a Backhaus si riallacciasse alla tradizione illuministica di Ignaz Mo-
renderle percepibili entrambe senza distanziarle impressionistica- scheles, molto viva a Lipsia dove Moscheles aveva insegnato dal
mente, ma riesce a fraseggiarle entrambe con assoluta indipenden- 1846 al 1870. Leggendo i diari di Moscheles si ritrova quella calma,
za. E ciò vale per il vecchio Backhaus come per il giovane: nella quell'atteggiamento riflessivo, quella diffidenza verso gli eroici fu-
parte centrale della Fantasia-Improvviso di Chopin, incisa nel rori, quello scrupolo artigianale che caratterizzano fin dall'inizio
1908, i raddoppi in ottava della melodia acquistano il significato di Backhaus. Ma si tratta di impressioni, e forse di suggestioni. Si può
una riverberazione, perfettamente distinguibile, ed anche il basso anche supporre che Backhaus fosse influenzato dall'estetica di
uniforme della prima parte viene individuato melodicamente e Hanslik, che nella sua radice critica è manieristica più che formali-
fraseggiato. sta. In realtà, diverse motivazioni culturali, oggi non più rico-
Si capisce che questa capillare precisione e questo panmelodismo struibili con certezza, concorsero probabilmente a formare la per-
- ammirevoli dal nostro punto di vista - potevano apparire sonalità di Backhaus, che partendo da una iniziale folgorazione si
prosaici, accademici e dispersivi all'inizio del secolo. Certamente, maturò in un processo rettilineo e coerente, e che presentò segni di
Breithaupt, che adorava un'ardente virago come Teresa Carreno, e crisi ideologica, come vedremo, solo verso la fine della vita.
Niemann, che ammirava sommamente l'allievo della Carreno L'arte di Backhaus, così personale e così storicamente necessaria,
Télémaque Lambrino, dovevano trovare Backhaus poverissimo di fu dunque considerata prima fenomenale (nel senso di un po'
valori emotivi, arido, capace solo di pianificare tutto e di distrug- mostruosa), poi onesta. Tra le due guerre - e lo dico perché ciò
gere il mistero dell'arte. Era tale, Backhaus? Dai pochi dischi che ci ripete in altri campi la sua iniziale scelta artistica - l'uomo Back-
restano diremmo proprio di no, e in fondo in fondo diremmo di no haus dette prova della sua capacità di intuire sotto la cronaca la
anche dai giudizi negativi, di cui possiamo accettare le analisi e storia nel 1931, quando, non appena le elezioni ebbero fatto dei
capovolgere le conclusioni. nazisti il secondo partito tedesco, lasciò la Germania per stabilirsi a
Il primato dell'intelletto, l'indefinito stilistico, la meticolosità Lugano. Il pianista Backhaus fu stimato come un alto artigiano di
della tecnica, l'esatta definizione del particolare sono tutti segni che non alta fantasia, e non solo Fischer e Schnabel e Cortot, ma anche
fanno riconoscere il manierismo. Backhaus, ben lungi dal distrug- i più giovani Gieseking e Horowitz diventarono i veri leaders del
gere il mistero, osava prender atto della sua scomparsa dal mondo momento. Backhaus, che ancora verso il 1930 suonava Liszt
contemporaneo. Si può azzardare un'ipotesi: che Backhaus non Grieg, Ciaikovsky, Rachmaninov, conquistò i maggiori consensi
ritrovasse più, o non potesse più penetrare le motivazioni etiche o con la serie completa delle Sonate di Beethoven, da lui eseguita per
psicologiche sulle quali era sorta la musica dei classici e dei ro- la prima volta nel 1929, con i Concerti di Brahms, con la Variazioni
mantici, e che restasse quindi eroicamente ancorato alla superficie di Goldberg di Bach. E nel dopoguerra, mentre tramontavano
della musica, cioè alla musica, cioè al segno, privato del suo valore Schnabel e Fischer, divenne finalmente per il pubblico il grande
simbolico ed intenso come residuo di miti perduti. Backhaus, mi Backhaus, la moderna personificazione di Beethoven, ... anche se
sembra, è radicale sia nel denunciare la crisi dei valori (quella che tentava talvolta di contrabbandare un po' di Chopin o una Soirée de
oggi chiameremmo la secolarizzazione di miti), sia nel risolverla con Vienne di Schubert-Liszt.
la scoperta che il suono è espressivo in se stesso. Toccherà a Fischer Backhaus, grande interprete di Beethoven: che era vero. Back-
e a Schnabel ricreare i miti, indagando il segno non più diretta- haus, il più grande interprete di Beethoven: che era vero solo per la
mente, ma attraverso la ricerca storico-filologica. pubblicità spicciola. La questione della supremazia di un grande
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interprete sugli altri grandi interpreti è in realtà futile; è invece 3, le Ballate n. 1 e 3, tredici Studi, alcune Mazurche e alcuni Valzer)
esatto dire che Backhaus, partito da posizioni di radicale manieri- tra il 1950 e il 1955. Egli influenzò certamente Arrau, forse Ru-
smo, partecipò poi allo sviluppo di una concezione dell'interpreta- binstein e forse anche Horowitz. Ma indubbiamente egli si riac-
zione di Beethoven che sarebbe forse appropriato chiamare neo- costò a Chopin nel momento in cui nell'interpretazione chopiniana
classica (e che per brevità si chiama classica), ed aprì infine pro- si stavano superando i canoni del neoclassicismo, e la riflessione su
spettive rivoluzionarie rimaste dopo di lui inesplorate. Chopin gli servì per ripensare anche Beethoven.
Prima di parlare di Backhaus interprete di Beethoven è tuttavia Torniamo a Backhaus interprete di Beethoven. Alla base del
opportuno parlare di Backhaus interprete di Chopin. Nelle sue classicismo, nell'interpretazione di Beethoven, stava innanzitutto
incisioni chopiniane degli anni 20 si ritrova un'evoluzione assai una visione della personalità beethoveniana contrastante con la
interessante. Le prime danno ancora l'impressione di una esube- visione del tardoromantièismo: Beethoven come uomo kantiano,
ranza, di una sanità fisica che riesce solo a sfiorare la complessità dominatore del suo destino. Questa visione metteva in crisi, natu-
spirituale del mondo di Chopin. Nella serie completa degli Studi e ralmente, lo stile dell'interpretazione beethoveniana del tardo ro-
nella Berceuse, alla fine della decade, troviamo invece uno Chopin manticismo, e cioè il tipo di sonorità, il tipo di fraseggio, la conce-
di una grandiosità virile e piena di forza interiore che fa addirittura zione della forma. Backhaus, con Schnabel ed Edwin Fischer,
pensare a Bach. La semplice correttezza neoclassica si trasforma in contribuì in misura determinante ad un'esperienza storica che ela-
entusiasmo pieno e schietto: entusiasmo per la logicità della forma borò un nuovo stile di interpretazione beethoveniana, nuovo al
e per la perfezione della scrittura strumentale che Backhaus ritrova punto da investire tutti i parametri del suono e tutti i rapporti tra i
lavorando innanzitutto sulla materialità del suono anziché sulla suoni. Non si trattò, come si diceva e si dice ancora spesso, di
labilità dei sentimenti. Backhaus non rifiuta affatto i sentimenti, eseguire la musica di Beethoven «com'è scritta»: chiunque sappia
ma preferisce cercare dei rapporti formali tra i suoni, dai quali, paragonare anche in misura minima un testo con un'incisione
quando li trova, il sentimento sorge spontaneamente. In questo discografica non farà fatica ad accorgersi di quanto sottili, continue,
senso le incisioni chopiniane di Backhaus rappresentano, dopo multiformi fossero le deviazioni di Backhaus o di Schnabel o di
quelle di Godowsky, il miglior contributo portato dalle esigenze Fischer dall'apparenza grafica della pagina. Dire che i classici ese-
neoclassiche all'interpretazione di Chopin. guivano Beethoven «com'è scritto» significa solo aderire al gusto
Assai diverse le interpretazioni del 1951-54. Backhaus accetta che li guidava o ritenere, acriticamente, che il loro stile rendesse
qui, oltre alla musica, anche l'estetica musicale di Chopin e stilisti- esplicito ciò che era ed è implicito nella pagina di Beethoven. È
camente tende al recupero cosciente di due stilemi tradizionali certamente possibile ritrovare in Backhaus, ad esempio, qualcosa di
dell'interpretazione romantica: tempo rubato e scansione ritmica ciò che dicevano gli antichi trattatisti, da Czerny a Moscheles a A.B.
indipendente delle parti. Il tempo rubato di Backhaus trae origine Marx, quando si sforzavano di spiegare le tacite convenzioni alle
da una rigoiosa analisi armonica del testo e non è generico, non è di quali si era adeguata la grafia di Beethoven, ma sarebbe illusorio
maniera, ma si fa più o meno sinuoso a seconda della complessità credere che i classici del nostro secolo avessero scoperto la chiave
armonica del brano. Se poi le linee melodiche sono più d'una - in con la quale si riconquista la vera interpretazione di Beethoven.
Chopin ciò avviene molto spesso - Backhaus dà a ciascuna il suo Oggi è chiaro che uno stile di interpretazione non è destinato a
proprio tempo rubato, e da ciò viene la mancanza di assoluta perpetuarsi nel tempo più di quanto non si perpetui, senza modi-
sincronicità delle sovrapposizioni, che anch'essa non è di maniera ficarsi, uno stile di composizione. L'esperienza dei classici è un'e-
ma nasce da una logica formale. È ben difficile dire quale sia stata sperienza storica approfondita, che non esaurisce però affatto la
l'influenza di Backhaus sugli altri interpreti chopiniani: Backhaus possibilità di altre, diverse ricognizioni sul testo di Beethoven, che
eseguì di frequente molte composizioni di Chopin (le Sonate n. 2 e partano da premesse diverse ed elaborino uno stile diverso. Del
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resto, come vedremo, lo stesso Backhaus, negli ultimi due anni di stile di Backhaus. Ma dipendevano, obbiettivamente, da una reale
vita, si mosse in una direzione che postulava una crisi del classici- difficoltà, aggravata dalle caratteristiche del suono di Backhaus:
smo. con una sonorità così povera di variazioni cromatiche, realizzare
Il suono di Backhaus in Beethoven era piuttosto teso e metallico, tutte le indicazioni di pedale di Beethoven avrebbe significato
e quasi privo di variazioni di colore timbrico; un ammorbidimento creare fastidiose sovrapposizioni di armonie: fastidiose perché gre-
della sonorità si nota negli ultimi due anni, in certi casi ben deter- vi, perché, appunto, sovrapposizioni, mentre con Schnabel la va-
minati, e cioè in Sonate o in momenti di espressione tenera, cosid- riazione coloristica permetteva una intersecazione di accordi an-
detta schubertiana: si paragoni ad esempio la sonorità monolitica ziché una sovrapposizione di armonie. Del resto, a favorire la
della Sonata op. 2 n. 1 con le screziature coloristiche della Sonata soluzione data al problema del pedale contribuì anche una scelta·di
op. 2 n. 2. Il fraseggio di Backhaus era sempre assai contenuto, prospettive storiche, che per Backhaus significava una scelta di
severo, ma non mai monocrono e non privo di libertà, talvolta civiltà. Il repertorio di Backhaus non varcava il limite tra Ottocento
vistosissime. Tipico era il caso dei passi molto rapidi, che possono e Novecento: nel corso della sua carriera egli eseguì anche, come ho
dare facilmente l'impressione della precipitazione anziché della detto, musiche del nostro secolo, ma negli ultimi trent'anni lasciò in
velocità: Backhaus rallentava il movimento, anche d'improvviso, disparte Debussy. Ed è evidente che un interprete, se non com-
anche in misura sensibilissima, pur di mantenere il dominio di ogni prende Debussy tra i grandi che non si debbono mai abbandonare,
suono e di offrire all'ascoltatore la percezione di linee anziché di guarda necessariamente con sospetto certi segni di pedale di Beet-
macchie sonore. Si osservino anche solo i due passi in scale folgo- hoven, nettamente impressionistici, tali da postulare la macchia
ranti del finale della Sonata op. 26, passi che, eseguiti senza ral- armonico-timbrica invece della linea. E già ho detto più volte come
lentare il movimento, vengono percepiti come insieme armonici Backhaus tendesse sempre alla percezione lineare.
che collegano un suono iniziale acuto ed uno finale grave; Back- L'altro aspetto di Beethoven che Backhaus finiva per non ac-
haus, invece, rallentava il movimento, sgranando e rendendo di- cettare, perché non rientrava nella sua concezione della personalità
stinguibile ogni singola nota, e quindi tendendo a far percepire un morale beethoveniana, era il ripiegarsi del sentimento su se stesso.
valore melodico. Se un effetto espressivo giustificava però l'alta o Non che il classicismo di Backhaus significasse, stravinskianamen-
anche l'altissima velocità Backhaus sapeva muoversi come un ful- te, negazione del sentimento: sia nei momenti in cui il sentimento è
mine, persino a ottant'anni suonati: certi brani umoristici (ad dolorosamente presente (come nel secondo tempo dell'op. 10 n. 3),
esempio, l'ultimo tempo dell' op. 10 n. 2, il primo tempo dell' op. 10 sia quando erompe in modo persino violento (primo tempo dell' op.
n. 3, l'ultimo tempo dell'op. 14 n. 2, l'ultima pagina dell'op. 28, la 57), Backhaus trovava accenti rivelatori che escludevano ogni falso
terza variazione del finale nell' op. 109) erano eseguiti da lui a pudore. Ma il sentimento elegiaco o il sentimento sognante, cioè il
velocità da primato e con una nettezza di suono che pareva lo sentimento che non provoca reazione e superamento, il sentimento
scoppio festoso di un mortaretto. che si usa definire femmineo, Backhaus lo temeva. Talvolta, anzi,
Nei confronti del testo la posizione di Backhaus era meno rigo- spesso egli riusciva a rendere eroico anche ciò che per molti altri
rosa di quella di Schnabel. Backhaus aggiungeva talvolta, sebbene interpreti eroico nori è: per esempio, basta ascoltare il rubato con
assai di rado, dei raddoppi in ottava al basso; in pochissime occa- cui è condotto il primo tempo dell'op. 26 per accorgersi che Back-
sioni modificava qualche segno di dinamica; modificava spesso le haus sapeva proiettare in una prospettiva generale di virile eroismo
indicazioni per il pedale di risonanza, soprattutto nel caso dei un sentimento preromantico, di cui coglieva tuttavia tutte le am-
pedali cosiddetti problematici (per esempio, nell' op. 31 n. 2 e biguità e, potrei dire, tutte le tentazioni del patetismo. Talvolta,
nell'op. 53). Le modificazioni del pedale sono certamente il punto invece, neppure Backhaus riusciva a interpretare in senso positivo
che lascia più perplesso l'ascoltatore e costituiscono un limite dello quei momenti che, per la sua concezione di Beethoven, erano
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momenti di narcisismo, di debolezza morale; e allora (per esempio, crisi i postulati del classicismo. La conclusione più ovvia sarebbe
nel secondo tempo dell'op. 10 n. 1) affrettava la velocità e atte- stata che Backhaus, vecchio e glorioso patriarca del pianoforte, di
nuava i contrasti dinamici, preferendo far apparire un po' manie- fronte al quale era giocoforza cadere in ginocchio, non aveva più la
rato e superficiale ciò che, se reso con la solita intensità espressiva, testa del tutto a posto. Oppure si sarebbe potuto supporre un
sarebbe stato imbarazzantemente sentimentale. ripiegamento verso la giovinezza, verso quel mondo dei d' Albert da
Ma negli ultimi anni di vita Backhaus aveva gettato uno sguardo cui Backhaus era uscito, distinguendosene subito. Oppure si sa-
oltre l'uomo kantiano che viveva in Beethoven. La prima grande rebbe potuto parlare di neoromanticismo. Forse, dopo aver di-
sorpresa, per chi conosceva Backhaus da molti anni, fu la nuova sturbato Moscheles e Czerny e Marx per spiegare il classicismo si
esecuzione della Sonata op. 22, pubblicata nel 1969 1 • La Sonata poteva scomodare Schindler per spiegare il neoromanticismo, forse
op. 22 è un pezzo virtuosistico e Backhaus non ne dominava più i il ripiegamento nostalgico nel passato, tipico dei vegliardi, c'era
tratti ardui con la disinvoltura di un Richter o con la capillare veramente, e forse, in un certo senso, Backhaus era via con la testa.
precisione di un Arrau. Questa era la prima impressione, ed in Ma non ho mai provato in modo altrettanto netto la sensazione di
sostanza era esatta. Ma sarebbe stato errato concludere che Back- un apparire concreto dell'utopia di Busoni - «restaurare la giovi-
haus non ce la facesse più a suonare con il rigore tecnico, artigia- nezza» - come quando ho ascoltato le ultime incisioni beethove-
nalmente scrupoloso, che era stata una sua caratteristica essenziale niane di Backhaus. E perciò la lezione dell'ultimo Backhaus non è a
anche solo dieci anni prima. Era invece evidente che di un certo parer mio lezione, esempio, ma scoperta folgorante e perigliosa
tipo di precisione e di bellezza e di dominio «pianistico» non gli dell'abbozzo, del non-finito, del non-formato, del non-sublimato,
importava più nulla: suonava come un compositore e la sua esecu- del Beethoven del Testamento di Heiligenstadt e della Lettera al-
zione sembrava un'improvvisazione, un'improvvisazione che aveva l'immortale amata: che è, absit iniuria verbis, un Beethoven molto
in sé un certo che di casuale e che provocava oscillazioni del ritmo imbarazzantemente e disagevolmente sentimentale.
tali da far tramortire anche il più tollerante dei professori di sol-
feggio. Gli stessi fenomeni si manifestarono in altre Sonate: in
modo macroscopico nel secondo tempo dell'op. 14 n. 1, nel finale
dell' op. 31 n. 1 (l'enorme tensione espressiva, la fremente vitalità
con cui il brano veniva condotto culminavano nella battuta 206, in
cui Backhaus, in modo del tutto coerente, trasponeva all'ottava
bassa i due re), nella Patetica, carica di una bruciante passionalità.
Backhaus non era cambiato tutto d'un colpo; era cambiato len-
tamente dopo il 1950, quando aveva ripreso in mano Chopin. Ma
negli ultimi dischi beethoveniani toccava limiti estremi, che ap-
prodavano ad una svolta, ad un salto stilistico, e che mettevano in

1
Backhaus incise tutte le Sonate di Beethoven verso il 1950, in versione
monoaurale. L'incisione in versione stereofonica era iniziata nel 1960 e non era
ancora terminata, alla morte del pianista, perché mancava l' op. 106. La cassetta
attualmente in commercio comprende le incisioni 1960-69 ed un riadatta-
mento stereofonico della incisione monoaurale dell' op. 106. A questa pubbli-
cazione, che mostra l'evoluzione stilistica dell'ultimo Backhaus, e non alla
pubblicazione degli anni cinquanta, faccio riferimento per la mia analisi.
Fischer 143

VIENNA L'ETERNA Brahms, in cui sembrava che Brahms fosse l'inventore del cluster;
ricordo una sua 106 di Beethoven che era come il fungo di una
esplosione atomica. Non so se Backhaus sarebbe mai arrivato, a
cent'anni, a pasticciare come Fischer; ma certo è che Fischer, anche
nei suoi momenti peggiori, dava l'impressione di chi ritrova sempre
quella radice del sentimento che per Backhaus fu l'ultima scoperta.
In una raccolta - Divagazioni musicali - di suoi brevi scritti
troviamo un appunto che spiega Fischer meglio di ogni discorso:
«E ora, passiamo a considerare l'esecuzione che delle opere per
pianoforte di Beethoven si fa ai nostri giorni.
«Sbaglierò forse, ma ho questa impressione: siamo diventati
Il Backhaus che ho ascoltato molte volte non era un mostro asso- troppo raffinati, troppo colti. Abbiamo un senso così acuto dei
lutamente impeccabile, infallibile: era un pianista sempre prepara- tempi tradizionali, delle minime oscillazioni di concezione! Sap-
to, sempre padrone di sé, poco preoccupato della presenza del piamo esattamente ciò che voleva Beethoven, abbiamo edizioni
pubblico, che suonava tranquillamente e toccava ogni tanto, ca- che portano per ogni pagina di musica di Beethoven tre pagine di
sualmente, il tasto vicino a quello giusto. Solo una volta lo sentii spiegazioni; sappiamo esattamente ciò che spetta a ciascun stru-
sbagliare assai più del solito. Al Teatro Nuovo di Milano, con una mento e non chiediamo al piano niente che non sia pianistico,
eccezionale affluenza di pubblico, misero in vendita dei posti in conosciamo il primo Beethoven, il Beethoven della maturità, e il
palcoscenico, e così io, che ero tra i ritardatari, potei seguire tutto il vecchio Beethoven. Distinguiamo le sottili differenze che corrono
recital a tre metri di distanza da Backhaus. Il quale attaccò l'op. 31 nella- forma e nel colore delle diverse epoche: quando Beethoven
n. 2 di Beethoven con le dita che gli ballavano e fece, nei punti sentiva ancora, e dopo che divenne sordo - sappiamo tutto que-
canonici di questa Sonata maledetta, tutti i pasticcetti che pun- sto, ma i vulcani, che emergendo facevano soffrire Beethoven, i soli
tualmente si riascoltano dai pianisti nervosi. che lo illuminavano, le grida che gli spezzavano il cuore - non ci
Erano pasticci diversi da quelli del Backhaus di vent'anni dopo, scuotono. E qui stanno le fonti dell'avvenire: dimenticate il piano-
del Backhaus degli ultimi dischi: il Backhaus ottantacinquenne forte, lo stile, l'educazione, la scienza, e vivete Beethoven, sonate
sbagliava perché gli importava più di afferrare fantasmi che di l'organo, il violino, fischiate, sonate il timpano, cantate di nuovo
sbagliare, il Backhaus sessantacinquenne sbagliava venendo per un sul pianoforte, suscitate nuovamente il mondo intero dal tenebroso
istante meno al suo leggendario professionismo, forse perché quel regno delle note scritte per portarlo alla luce; eseguite, se vi pare, la
pubblico piegato intorno al pianoforte lo metteva a disagio. Edwin Sonata al chiaro di luna come il singhiozzare di un morente, e
Fischer sbagliava invece quanto Cortot. Ma con una grossa diffe- orchestrate la Marcia funebre dall' op. 26 nel modo più moderno,
renza. Cortot aveva troppe cose da fare per tenere in ordine le dita; fate sorgere oggi, come per incanto, dalla Sonata a Waldstein un
Fischer passava il pomeriggio a studiare come uno scolaretto che si idillio con la Natura, per farne domani una lotta fra voi e il mondo
fa le sue scale, i suoi esercizi, i suoi metodici ripassi dei passetti e il giorno appresso suonate in piena forma, la musica pura, quando
pericolosi. Poi, la sera, entrava in uno stato di sovreccitazione vi sarete così agguerriti, da dilettarvi alle forme; c'è tutto qui, allora
ansiosa che non sempre gli permetteva di vedere bene il bivio tra le metterete le ali che porteranno voi e gli altri nel regno della fantasia
acque limpide e le acque fangose. E se imboccava la strada delle e potrete contemplare la dimora dove stava lo spirito di Beethoven.
sabbie mobili eran dolori: ricordo un suo attacco delle ottave Trarrete ancora godimento da questo magnifico pianoforte che
doppie, all'inizio dello «sviluppo» nel Concerto in re minore di possiede oggi tutta la gamma di colore dell'orchestra e domani
144 Vienna l'eterna Fischer 145

emette suoni che provengono da altre sfere!» (trad. di Evelina quelle di Arrau o di Curzon o di Katchen, ma non è neppure
Neri). un'esecuzione da grande artista e passerebbe inosservata se non
Potrebbe essere un manifesto reazionario, un invito al dilettan- fosse firmata da Fischer. I primi effettivi «controlli» che si possano
tismo, al sentimentalismo, a tutto ciò che faceva inalberare Stra- fare su Fischer riguardano così le incisioni bachiane e mozartiane
vinsky e che gli faceva scrivere la Poetica della musica. È invece il degli anni 30, che ci presentano un artista già pienamente affer-
monito solenne di chi, immerso nel fiume di una cultura maestosa, mato in Europa (Fischer non suonò negli Stati Uniti) e già stilisti-
invita chi sta sulla riva a scendere nelle acque per sentirsele sulla camente maturo. La grande fama di Fischer era nata alla fine degli
pelle invece di misurarne da fuori la velocità e la temperatura. anni 20, soprattutto in connessione con la sua attività di direttore-
Fischer era immerso nella cultura tedesca. Scolaro a Zurigo di Hans solista con il Lubeck Musikverein (1926-28) e con il Munich
Huber, che era stato allievo del conservatorio di Lipsia ed era Bachverein (1928-32). Come pianista di recital Fischer eseguiva più
compositore di ascendenze schumanniane e brahmsiane, scolaro a o meno il repertorio tradizionale (Bach, Mozart, Beethoven, Schu-
Berlino di Martin Krause, che era stato allievo del conservatorio di mann, Brahms, qualcosa di Schubert e di Chopin, con l'aggiunta di
Lipsia e amico di Liszt, aveva cominciato ad insegnare nel conser- poche cose di Medtner e di Scriabin), come direttore-solista af-
vatorio Stero di Berlino fin dal 1905. Come insegnasse Fischer, frontò in modo sistematico Bach e Mozart.
allora, non sappiamo. Ma il suo cosmo non poteva che essere Nel primo dopoguerra, come avevo detto, i Concerti di Mozart
incentrato su Brahms, che all'inizio del secolo raggiungeva il mas- erano stati portati all'attenzione di un pubblico vastissimo dalle
simo del prestigio nel mondo accademico tedesco. Non sappiamo esecuzioni, che avevano destato scandalo, di Ferruccio Busoni. Lo
neppure come suonasse: sappiamo che prima della guerra eseguì scandalo era forse giustificato, per certi aspetti, ma la grande novità
tra l'altro i due Concerti di d' Albert (il che lo qualifica come era che Busoni cacciava Mozart fuori dal recinto delle cose «cultu-
pianista «brahmsiano») e che partecipò senza gloria al Concorso rali» riservate a un pubblico limitato e gli scrollava di dosso la
Rubinstein del 1910, svoltosi a S. Pietroburgo. Fino alla guerra maschera di «precursore di Beethoven». Anzi, scrivendo nel 1920 il
Fischer non fu una personalità emergente e neppure le calde lodi di breve saggio intitolato «Che cosa ci ha dato Beethoven?» Busoni
Niemann - che lo considerava il pianista «tedesco» per eccellenza aveva messo in dubbio la stessa «centralità» di Beethoven nella
- ci dicono nulla sui caratteri specifici della sua arte. Anzi, se cultura tedesca.
leggiamo in negativo il giudizio del Niemann, come avevamo letto Fischer avanzava da generale vittorioso nella breccia aperta dal
in negativo il suo giudizio su Backhaus, possiamo supporre che guastatore Busoni, e senza scandali, senza paradossi, ripristinando
Backhaus sollevasse opposizioni ed avesse successo perché rove- certe condizioni storiche di prassi esecutiva (piccolo complesso
sciava in ricerca manieristica la tradizione, diventando così origi- orchestrale, direttore-solista) immetteva nel circuito concertistico
nale, mentre Fischer era lodatissimo ed oscuro perché rimaneva internazionale di più alto livello, quello in cui operavano i grandi
legato alla tradizione, diventando così ripetitivo rispetto ai maestri divi della tastiera, il blocco dei concerti di Mozart e di Bach. Il
affermati. ripristino della prassi esecutiva, s'intende, era parziale: Fischer
La prima esecuzione di Fischer che ci sia restata è quella della usava pianoforti moderni e le sue orchestre suonavano strumenti
Sonata op. 5 di Brahms, registrata su rullo di pianola verso il 1920 1 . moderni, ed il tipo di suono e di Fischer e delle orchestre era
Non solo non è un'esecuzione che possa reggere il confronto con moderno. Fischer cercava sì una sonorità diversa da quella di
Brahms, ma sugli strumenti usati da Brahms, e nelle sue esecuzioni
1 Henning Smith Olsen, a cui si deve il primo e più analitico catalogo delle si percepiva e si percepisce nettamente l'ideale classico filtrato
incisioni di Fischer, indica come termini estremi di questa registrazione il 1916 attraverso la continuità della cultura tedesca. Si potrebbe forse
e il 1925. accostare il Busoni 1922 allo Hindemith 1922 e il Fischer 1932 allo
146 Vienna l'eterna Fischer 147

Hindemith 1932: sconfitto il tradizionalismo accademico, sconfitte l'organo, ma nella Fantasia cromatica e fuga, incisa nel 1931, man-
le pigre abitudini del pubblico, riaffiorano gli interessi umanistici di tenne il testo riveduto da Busoni e nell'esecuzione del Clavicem-
cui la civiltà tedesca si era fatta portatrice e Fischer rinsalda quella balo ben temperato trasse molti suggerimenti dalla revisione buso-
cucitura Bach-Mozart-Beethoven che Busoni aveva appena imba- niana. Busoniana - a quanto si può giudicare dall'esecuzione del
stito. Preludio e fuga in do maggiore del primo libro, incisa da Busoni nel
L'incisione completa del Clavicembalo ben temperato, che Fi- 1922 - è in Fischer la scelta di mettere in rilievo il soggetto delle
scher effettuò tra il 1933 e il 1936, diventava l'emblema di un fughe e di delineare con estrema chiarezza l'articolazione delle
umanesimo che non voleva più fare distinzioni tra didattica, cul- frasi, busoniani sono certi ispessimenti del basso e il modo di
tura, spettacolo, e che intendeva invece dare al pubblico la totalità considerare gli abbellimenti. Le esecuzioni bachiane di Fischer non
della musica. Il Clavicembalo ben temperato lo aveva già studiato sarebbero però comprensibili senza le teorie di Ernst Kurth, di
Beethoven ragazzo, lo avevano conosciuto nella maturità Haydn e Fischer coetaneo. Il Kurth - e qui poco importa discutere il valore
Mozart; Schumann, nei Precetti ai giovani studiosi, aveva scritto scientifico delle sue tesi - ritrovava nella polifonia bachiana il
«Fate del Clavicembalo ben temperato di Bach il vostro pane quo- senso cinetico della tensione-distensione. Il passaggio da questa
tidiano», e tutti i maggiori didatti, da Czerny a Busoni, avevano teoria alla prassi eseèutiva avrebbe potuto portare, con gli stru-
visto nel Clavicembalo ben temperato un testo sacro per il pianista. menti antichi, alla differenziazione delle durate in ragione delle
Ma neppure Busoni aveva eseguito in concerto il Clavicembalo ben funzioni dei suoni indicati dall'autore con durate uguali, perché
temperato 2 , che restava opera da studio, opera da gente del me- l'intervento dell'interprete, sul clavicembalo, articola il discorso
stiere. L'incisione di Fischer segnalava e metteva a disposizione del pronunciandolo secondo una metrica quantitativa. Ma Fischer si
pubblico illetterato quel testo sublime e misterioso. serviva del pianoforte, strumento di grandi possibilità dinamiche:
Era l'ultimo o uno degli ultimi passi dell'indirizzo che era stato la sua metrica è accentuativa, le funzioni vengono messe in evi-
assunto verso il 1840, quando, come avevo detto, si era cominciato denza mediante la dinamica. I clavicembalisti, intorno al 1950,
a trasformare in musica per ascoltatori puri la musica scritta per riusciranno ad imporre la riadozione del loro strumento e di prassi
ascoltatori-lettori. Oggi questa esperienza storica comincia a pesare esecutive che portano ad una specie di raffigurazione sonora del
su di noi, ed il problema della passività dell'ascolto si va facendo testo. La lettura di Fischer è invece pianistica e in quanto tale,
sempre più grave. Ma ciò non toglie che il lavoro di Fischer non siccome si basa sulle possibilità dinamiche dello strumento, è
cogliesse negli anni 30 un momento essenziale della cultura musi- «espressiva».
cale di massa. Fischer interprete di Bach procede direttamente da Quale «espressione», però? Il suo pianoforte non è più il piano-
Busoni. Non soltanto Fischer, al contrario di Backhaus o di forte romantico dal suono denso, non si ispira ancora al clavicem-
Schnabel, tenne in repertorio alcune trascrizioni busoniane del- balo, non si ispira neppur più all'organo: con Fischer il pianoforte
moderno riprende mimeticamente i timbri chiari, limpidi, dinami-
camente contenuti del pianoforte classico e procedendo da Busoni
2
Nel 1888, a Helsinki, nel cui conservatorio era professore, Busoni eseguì e trovando nelle teorie del Kurth la rivelazione di punti di tensione
alcuni Preludi e fuga del Clavicembalo ben temperato, ma poi non li tenne in melodica e armonica, fa risuonare il Clavicembalo ben temperato e
repertorio; nel 1916 eseguì a Zurigo sei Preludi (senza le Fughe rispettive). Il tutto Bach attraverso Mozart, riportandosi idealmente a quella
Clavicembalo ben temperato venne eseguito in pubblico, anche integralmente,
ma non da quei pianisti che potevano modificare il gusto dominante. Ricor- Vienna 1780 nella quale il barone van Swieten promuoveva le
diamo tuttavia le meritorie esecuzioni di Joseph Rubinstein (molto amico di prime esecuzioni bachiane. Il problema che Fischer affrontò come
Wagner) a Berlino nel 1880, di Bianche Selva a Parigi verso il 1910, di Iso interprete di Mozart fu di chiarire il rapporto Mozart-Beethoven al
Elinson a Berlino nel 1930. di fuori del beethovenismo avanti lettera di Mozart, e in questo
148 Vienna l'eterna Fischer 149

senso il suo capolavoro fu di mantenere Mozart indipendente da capolavoro interpretativo di Fischer io non indicherei dunque il
Beethoven nei concerti in re minore K 466 e in do minore K 491. Secondo di Brahms con Furtwangler, che pure è un pezzo da
La temperie sentimentale che Fischer coglie in questi due Concerti antologia, ma il Rondò in re maggiore K 382 per pianoforte e
di Mozart è «mozartiana», non «prebeethoveniana», e persino il orchestra di Mozart. La piccola, umoristica e tenera pagina che
Concerto K 491 viene collocato in una parabola che conduce al Mozart offrì ai viennesi, per ingraziarseli, poco dopo aver preso
crepuscolare Concerto K 595 di Mozart, non al Concerto n. 3 di dimora nella capitale dell'Impero, diventa la chiave che a Fischer
Beethoven. Partendo dalla centralità di Mozart Fischer rileggeva fece forse capire Mozart, e che a noi fa capire Fischer. La centralità
poi Beethoven e forse, per quanto mi sembra di ricordare, il Ro- di Mozart è anche la riscoperta di un mito profondo, che non è
manticismo: ricordo ad esempio che la sua interpretazione della quello prometeico e rivoluzionario e non è neppur quello illumi-
Sonata op. 58 di Chopin mi fece un'impressione straordinaria, ma nistico e riformistico. Se non temessi di apparir prosaico direi che
solo molto più tardi mi venne in mente che Fischer poteva aver Fischer, considerato per eccellenza tedesco dal Niemann, si rivela
scoperto i segni tangibili di quel culto per Mozart di cui parlano i alla fine per svizzero, per discendente di Rousseau. Oggi, alla luce
biografi di Chopin. Purtroppo, la discografia di Fischer è lacunosa: delle nostre esperienze con i clavicembali e con i pianoforti antichi,
non ci restano tutte le sue esecuzioni beethoveniane, ci resta po- la prima impressione che abbiamo riascoltando Fischer è che egli,
chissimo di Schumann e di Brahms, niente di Chopin, e sebbene si pur collocando Mozart al centro dei suoi interessi, in concreto
possa capire ch'egli legava a Mozart tutta la musica pianistica «romanticizzi» e Bach e Mozart e Beethoven. Certo, scriversi da sé
dell'Ottocento non è chiaro come vedesse il corso e la fine del le Cadenze invece di adottare nei concerti \e Cadenze originali di
Romanticismo. Mozart e di Beethoven è costume romantico. Certo, modificare il
Se si dovesse giudicare dall'esecuzione del Concerto n. 2 di ritmo nella terza battuta della Sonata op. 28 di Beethoven, per
Brahms, registrata a Berlino nel 1942 con Wilhelm Furtwangler sul render più espressiva la dissonanza, è costume romantico. Certo,
podio, si dovrebbe dire che Fischer accostava Brahms ai grandi nella sonorità di Fischer, specie negli ultimi anni, si respira un
romanzieri viennesi di fine Ottocento che presentavano e già cele- sottile profumo straussiano, più ancora che brahmsiano, e non si
bravano la morte della civiltà. può non pensare per analogia al «mozartismo» di Strauss compo-
Ma questa visione apocalittica era di Fischer o di Furtwangler? sitore ed interprete. Per questi aspetti della sua personalità e del
Il confronto con un'altra esecuzione, diretta da Fritz Munch, di- suo stile, oggi più facili da cogliersi che non cinquant'anni or sono,
mostra che Fischer aveva seguito Furtwangler, non viceversa. Il Fischer pare romantico. Pare: non è. La genuinità incantevole dei
confronto tra due esecuzioni del Concerto n. 4 di Beethoven, sentimenti, insieme con la serenità e con la semplicità fanciullesca
quella diretta e suonata da Fischer, intimistica e luminosa, e quella che molti notarono in lui, in Fischer uomo, erano forse un dato del
diretta da Furtwangler e suonata da Conrad Hansen, monumen- carattere; nel Fischer artista erano il segno di una scoperta cultu-
tale e sacrale, dimostra anche indirettamente che nel Secondo di rale, e quindi, in senso lato, di una scoperta decadentistica della
Brahms Furtwangler fu il maggior responsabile di una concezione concezione settecentesca della natura innocente. Al di sotto della
interpretativa da tragedia cosmica 3 • Se dovessi citare il più grande tensione rivoluzionaria, della spinta prima politica e poi profetica
che percorre il classicismo viennese da Mozart a Beethoven, Fischer
3 Anche il paragone tra due esecuzioni del Concerto n. 5 di Beethoven con ritrova il mito patriarcale della vita come dono, lieto e felice anche
Fischer al pianoforte, una diretta da Bohm ed una diretta da Furtwangler, nel dolore: riconquistata la centralità di Mozart, siamo a un passo
dimostra la duttilità di Fischer nell'adattarsi a concezioni interpretative diverse. da Haydn. Il passo che Fischer non compì sebbene lo avesse
Per parlare di Fischer interprete è dunque meglio prendere in considerazione preparato, e che la nostra cultura non ha del resto ancora compiuto,
soprattutto le composizioni per pianoforte solo o i lavori per pianoforte e
per lo meno nell'ambito della musica per tastiera, dovrebbe con-
orchestra in cui Fischer era direttore-solista.
150 Vienna l'eterna Schnabel 151

durci alla scoperta del più vecchio maestro della classicità, del buon cuzione, l'allievo lo intascava. Schnabel, di gulden ne intascò pa-
papà Haydn tuttora sconosciuto e misterioso. recchi. Purtroppo, nel 1892 la Essipova divorziò da Leschetitzki e
tornò alla natìa S. Pietroburgo, dove avrebbe concluso la sua
carriera didattica lottando per imporre il suo metodo ad un allievo
L' «uomo che inventò Beethoven», come lo definisce il celebre riottoso che si chiamava Sergej Prokofiev. Schnabel fu preso in
critico americano H.C. Schonberg, era un ebreo austriaco, nato il consegna da un'altra assistente di Leschetitzki, la pedantissima
17 aprile 1882 nel villaggio di Lipnik, vicino a Bielitz-Biala. Il Malwine Brée, con la quale non andò molto d'accordo. E final-
trattato di pace del 1919 assegnò Bielitz-Biala alla Polonia, ma la mente, nel 1893, arrivò sotto le ali del Maestro.
cittadina era tedesca di lingua, di tradizioni, di religione (preva- Intanto, dopo un vano tentativo di studiare teoria con Bruckner
lenza di protestanti); culturalmente, data la sua appartenenza al- (il quale, allarmatissimo, aveva emesso un grugnito interpretabile
l'impero austroungarico, Bielitz-Biala gravitava verso Vienna. come noninsegnoaibambini), Schnabel prendeva lezioni da Euse-
Non appena si manifestarono nel piccolo Artur sorprendenti bius Mandyczewski, gran teorico e filologo, archivista della Ge-
doti musicali la famiglia si trasferì a Vienna, e il bambino fu affidato sellschaft der Musikfreunde, curatore dell'opera omnia di Schu-
a Hans Schmitt. Era questi un serio e severissimo professore del bert, amico intimo e amanuense di Brahms. Schnabel divenne così
conservatorio, autore di un importante trattato sull'uso del pedale compagno delle lunghe passeggiate domenicali nei dintorni di
e di una nutritissima serie di studi. Un uomo un po' arido, se Vienna, per le quali Brahms aveva quasi un culto, ed ascoltò una
vogliamo, ma un sicuro forgiatore di pianisti. Con lui Schnabel volta Brahms al pianoforte, nel suo Quartetto op. 25, ricordando
studiò nel 1889 e nel 1890, ricevendo quelle che un tempo si poi sempre «la vitalità creativa e la stupenda franchezza con cui
chiamavano orgogliosamente le solide basi tecniche. Nel 1891 fu suonava».
notato dall'impresario Albert Gutman, che gli fece eseguire il Non insisto sulla fanciullezza di Schnabel per amor dell' aned-
Concerto in re minore di Mozart in un privato trattenimento e doto, ma per far capire in quale ambiente di cultura egli venisse
convinse quindi tre ricche famiglie a passare a papà Schnabel, che formandosi; e ciò mi permetterà poi di spiegare le sue caratteristi-
in fatto di finanze si barcamenava alla meglio, una pensione per gli che di interprete. La Vienna degli anni 90 era la Vienna di Brahms,
studi del figlio. Né Schnabel né i suoi genitori seppero per molti di Bruckner, di Hugo Wolf, del critico Hanslik, del direttore
anni chi fossero i loro mecenati, né questi si interessarono un gran d'orchestra Hans Richter, di Leschetitzki; giovani musicisti, come
che ai progressi del bambino, il quale aveva nel frattempo trovato Schonberg, giovani scrittori, come Hugo van Hofmannsthal, giovani
un maestro più adatto a lui nel polacco Theodor Leschetitzki, già pittori, come Klimt, vi stavano preparando un avvenire che non
celebre in passato, ma celeberrimo dopo che, nel 1887, aveva avrebbe fatto rimpiangere il passato; Sigmund Freud vi pubblicava
licenziato dalla sua scuola Paderewski. gli Studien uber I-1.ysterie. E da un ambiente così pieno dei frutti di
Schnabel fu sentito da Leschetitzki nel 1891 ed accettato come una civiltà matura, un ingegno vivo, pronto, precoce come quello
allievo. Tuttavia il Maestro era un uomo troppo importante e di Schnabel non poteva che ricevere un'impronta indelebile.
indaffarato per poter dare regolarmente lezione ad un ragazzetto di Leschetitzki, oltre che un grande maestro, era anche un abilissi-
nove anni, e siccome la sua scuola era una specie di rinascimentale mo valorizzatore dei giovani talenti affidati alle sue cure. Per far
bottega d'arte, Artur fu affidato ad Annetta Essipova, allieva, esordire Schnabel scelse un concerto della liederista Camilla Landy,
seconda moglie di Leschetitzki e pianista eccellente. La Essipova molto nota e ammirata dal pubblico intellettuale di Vienna. Nel
seguiva un suo metodo di insegnamento, che comprendeva anche gennaio del 1897 Schnabel prese quindi parte al concerto della
esecuzioni a mano immobile, con una moneta d'argento, un gul- Landy, in presenza di tre principesse reali e di alcune celebrità
den, sul dorso della mano: se il gulden non cadeva durante l' ese- esotiche, tra le quali spiccav~ _M:ark Twain, che teneva corte al-
152 Vienna l'eterna Schnabel 153

l'Hotel Metropole e che avrebbe poi dato una figlia in moglie a scandinavi nel 1919-20 furono l'inizio di un periodo cruciale per la
Ossip Gabrilovic, compagno di studi di Schnabel alla scuola di sua carriera. I consensi ottenuti lo spinsero a studiare altre compo-
Leschetitzki. Esito sensazionale. E il 12 febbraio, concerto tutto di sizioni di Beeth(?ven e poi ad affrontare in toto il problema del-
Schnabel nella Bosendorfersaale, con musiche di Bach, Beethoven, l'interpretazione beethoveniana. Il risultato di tutto ciò fu l'esecu-
Schumann, Ciaikovsky, Chopin, Rubinstein, Moszkowsky, Le- zione dell'intero ciclo delle trentadue Sonate di Beethoven (a Ber-
schetitzki e Schiitt. Esito trionfale, e brillanti prospettive di car- lino, nel 1927, in sette serate) e la pubblicazione della revisione
riera. delle Sonate, apparsa a Berlino tra il 1924 e il 1927. Nel 1928,
Intanto, Vienna aveva perduto Bruckner, morto 1'11 ottobre cadendo il centenario della morte di Schubert, Schnabel e la moglie
1896, e perdeva Brahms, morto il 3 aprile 1897, ma acquistava presentarono a Berlino sei serate di musiche schubertiane per
Mahler, che in maggio arrivava come direttore dell'orchestra e pianoforte e per pianoforte e canto. Val la pena di citare la com-
pochi mesi più tardi diventava direttore artistico dell'Opera di posizione dei sei programmi, veramente esemplari:
corte. Schnabel assistette solo agli inizi della rivoluzionaria gestione
artistica di Mahler perché nel 1898 si stabilì a Berlino, dove vedeva 1. Sonata op. 78, 5 Lieder, Sonata op. 143, 5 Lieder.
maggiori possibilità di aprirsi una strada. Il trasferimento a Berlino 2. Sonata in do minore opera postuma, Die schone Miillerin.
dipese da circostanze casuali, perché a Berlino Schnabel poteva 3. Sonata op. 120, 9 Lieder, Fantasia op. 15.
4. Sonata in si bemolle maggiore opera postuma, Die Winterreise.
contare sull'appoggio di una famiglia amica, socialmente potente. 5. Sonata op. 42, 9 Lieder, Sonata op. 53.
Ma l'abbandono di Vienna, alla luce della successiva lezione di 6. Momenti musicali, Schwanengesang, Sonata in la maggiore opera
Schnabel, assume un carattere simbolico: Schnabel lasciava la postuma.
Vienna presente e cominciava ad indagare la Vienna eterna. E, sia
detto per inciso, neppure al culmine della carriera Schnabel avreb- I programmi schubertiani non ottennero un successo pari a
be s1:1onato volentieri a Vienna, né vi sarebbe stato apprezzato quello dei programmi beethoveniani e, con Schubert, Schnabel
come altrove. dovette dimostrare tutta la sua testardaggine e tutta la sua sicurezza
Gli anni che vanno dal 1898 fino all'inizio della guerra furono di giudizio (che qualcuno scambiò per dogmatismo). Non così con
per lui anni di lavoro intenso, sia da solo, sia in duo con la cantante Beethoven. Gli interpreti beethoveniani per eccellenza, prima della
Therese Behr, da lui sposata nel 1905, sia con il violinista Carl guerra, erano stati d'Albert, Lamond, Risler. Il pubblico stava
Flesch, sia in trio con Alfred Wittenberg e Anton Hekking o con cercando i nuovi leaders dell'interpretazione beethoveniana: non
Carl Flesch e Jean Gérardy, sia in quintetto con il Quartetto adottò Erno Dohnanyi, che nel 1920 eseguì a Budapest non solo le
Boemo. I concerti ebbero luogo a Berlino, in Germania e in Au- Sonate, ma tutte le opere per pianoforte di Beethoven, e non
stria, e molto raramente in Inghilterra, Italia, Russia, Belgio. adottò Iso Elinson, che a vent'anni, nel 1927, eseguì le trentadue
Schnabel si fece notare soprattutto quando eseguì i Concerti di Sonate a Berlino. I nuovi interpreti beethoveniani nei quali il
Brahms sotto la direzione di Arthur Nikisch e il Quinto di Beet- pubblico si identificò furono Schnabel, Fischer, Backhaus.
hoven sotto la direzione di Richard Strauss. Tuttavia, la sua noto- A questo punto non val più la pena di seguire passo a passo la
rietà non andava oltre i confini del mondo germanico, ed anche qui carriera di Schnabel: basti ricordare che egli suonò in tutti i paesi
egli era considerato un pianista di alta levatura professionale e d'Europa, ma che tornò più spesso in Inghilterra, dove incise le
artistica, ma non un concertista di successo. trentadue Sonate e una larga scelta delle altre opere pianistiche di
La grande carriera internazionale di Schnabel ebbe inizio nel Beethoven; i suoi giri di concerti negli Stati Uniti, iniziati nel 1921,
dopoguerra, e sotto il segno di Beethoven. I programmi intera- ottennero successi clamorosi a partire dal 1930.
mente beethoveniani che egli sostenne in Germania e nei paesi Nel 1933 Schnabel, ebreo, dovette lasciare la Germania (all'Ac-
154 Vienna l'eterna Schnabel 155

cademia di Berlino aveva una cattedra) e si stabilì in Inghilterra, 1. Schubert: Sonata op. 78. Mozart: Sonata K 310, Sonata K 570.
trascorrendo i mesi estivi a Tremezzo, dove riprese privatamente Schumann: Kreisleriana.
l'insegnamento. Dal 1939 visse a New York e suonò soprattutto 2. Schubert: Sonata in do minore opera postuma. Schumann; Scene
negli Stati Uniti. Riprese la carriera anche in Europa dopo la infantili. Mozart: Sonata K 331. Schubert: Improvvisi op. 142.
3. Schubert: Improvvisi op. 90. Mozart: Sonata K 576. Schubert: Sonata
guerra, e morì ad Axenstein, vicino a Lucerna, il 15 agosto 1951. op. 147. Schumann: Davidsbi.indlertiinze.
Negli ultimi trent'anni della sua esistenza aveva suonato soprat- 4. Schumann: Fantasia op. 17. Mozart: Sonata K 332. Schumann:
tutto da solo, ma non aveva trascurato occasione di partecipare ad Sonata op. 22. Schubert: Sonata in la maggiore opera postuma.
esecuzioni di musica da camera (con la moglie, con il figlio Karl 5. Schubert: Sonata op. 143. Mozart: Sonata K 330. Schubert: Sonata
Ulrich e con il condiscepolo Bruno Eisner, con Flesch, Huber- op. 120. Mozart: Fantasia K 475. Schumann: Pezzi fantastici op. 12.
6. Schubert: Momenti musicali, Sonata in si bemolle maggiore opera
mann, Szigeti, Hindemith, Primrose, Casals, Feuermann, Piatigor- postuma. Mozart: Sonata K 309. Schumann: Carnaval.
sky, Fournier, con il Quartetto Pro Arte, con il Quartetto di Sidney, 7. Schubert: Sonata op. 42. Schumann: Papillons. Mozart: Sonata K
con l'American String Quartet), dimostrando ancora nei fatti la sua 333. Schubert: Sonata op. 53.
concezione sulla funzione di propagatore della cultura, e non di
divo, che l'interprete deve saper assumere. Dopo questo exploit, affiancato da nuove esecuzioni del ciclo
Nei primissimi anni della sua carriera di solista Schnabel suonò il delle Sonate di Beethoven, negli ultimi quindici anni circa della sua
repertorio tradizionale, con esclusione delle pagine più spiccata- carriera Schnabel continuò a suonare con sempre maggiore con-
mente virtuosistiche. L'esecuzione di brani come quelli di Mosz- vinzione ed entusiasmo solo Schubert, Beethoven, Mozart, la triade
kowsky, Leschetitzki, Schi.itt, che ho citato a proposito del suo viennese che con lui sostituiva la vecchia triade Haydn-Mozart-
primo concerto, o come quelle di Paderewski (Concerto), di Beethoven. Ecco uno dei suoi più tipici programmi: Schubert:
Korngold (Sonata) e di altri contemporanei fu sicuramente dovuta Sonata in si bemolle maggiore opera postuma. Mozart: Sonata K
a necessità di carriera, non a scelta personale. E infatti, non appena 332. Beethoven: Variazioni op. 120.
fu abbastanza affermato da non dover più accondiscendere alle Ciò che ho detto rivela un preciso indirizzo di gusto e di cultura,
richieste degli impresari o della parte meno evoluta del pubblico, tutto volto verso l'arte tedesca in generale e viennese in particolare.
Schnabel si limitò ad eseguire le opere degli autori da lui ritenuti i Schnabel rimase sostanzialmente estraneo all'arte pianistica fran-
maggiori: Bach, Mozart, Beethoven, Weber, Schubert, Schumann, cese e all'arte pianistica slava: per indicare due punti emblematici,
Chopin (solo le Sonate op. 35 e op. 58 ed i Preludi op. 28), Liszt che rappresentarono due problemi cruciali per altri pianisti della
(solo il Concerto n. 1, la Sonata ed una scelta delle Années de sua generazione, egli non affrontò né i Quadri di una esposizione di
pèlerinage), Brahms. Dopo la guerra Liszt non apparve più nei Mussorgski né Debussy. Ciò non è affatto sorprendente, se si
programmi di Schnabel, Chopin e Weber rarissimamente. Di considera l'impegno culturale, non mondano, che caratterizza tutta
Brahms eseguì regolarmente solo i due Concerti, e di Bach il la vita di Schnabel, perché è evidente che chi intende affrontare in
Concerto italiano 4 . Il nome di Schumann comparve più raramente profondità il problema dell'interpretazione non può pretendere di
dopo che, nel 1934, Schnabel ebbe tenuto a Londra un ciclo di saltellare tra culture radicalmente diverse. Le testimonianze degli
sette recitals dedicati a Mozart, Schubert e Schumann. Val la pena allievi, çhe seguirono i corsi di Schnabel a Berlino e a Tremezzo,
di citare i sette programmi: concordano nell'affermare che il Maestro conosceva bene tutta la
letteratura pianistica, compresa quella contemporanea. Schnabel
4
«Esito a suonare Bach in pubblico perché le sale sono troppo grandi per era quindi documentato, ma non si azzardava che a proporre
molta della sua più intima musica per pianoforte, per esempio l'incomparabile interpretazioni dei testi sui quali aveva da dire qualcosa di suo.
Clavicembalo ben temperato». È invece sorprendente il fatto che Schnabel non affrontasse,
156 Vienna l'eterna Schnabel 157

dopo Brahms, Schonberg, perché Schnabel fu anche compositore e piani di sonorità, una concezione del grado di tensione reciproca
come tale risentì profondamente l'influsso dell'arte schonberghia- degli accordi, una misura nel realizzare certi segni caratteristici
na. Per quanto ci si può immaginare sembrerebbe che almeno i (forte-piano, sforzato-piano), un modo di abbreviare o prolungare i
Klaviersti.icke op. 11 e op. 23 si sarebbero adattati perfettamente silenzi o di introdurre brevissimi respiri, insomma, uno stile di
alle caratteristiche di pianista, oltre che di interprete, di Schnabel. esecuzione che fu preso a modello da moltissimi pianisti e che non
Invece, Schnabel prese parte solo ad una memorabile esecuzione fu privo di rilevanti influenze su alcuni dei maggiori interpreti del
pubblica del Pierrot lunaire (Berlino, 1923) e, a quanto mi risulta, nostro secolo, da Gieseking a Richter. Schnabel, tra tutti gli inter-
non eseguì mai alcuna composizione di Schonberg per pianoforte preti beethoveniani (ad eccezione di Arrau), è quello più scrupo-
solo. loso nel rispetto del testo, ed è anche l'unico che rispetti tutte le
All'infuori di questa particolarità, l'evoluzione di Schnabel in- indicazioni di pedale. Sotto questo aspetto la sua incisione è una
terprete è tutta spiegabile alla luce della sua formazione culturale. prova definitiva della possibilità di realizzare alla lettera, anche sui
Si spiega come nella prima parte della sua carriera egli concentrasse pianoforti moderni, certi effetti di pedale voluti da Beethoven.
la sua attenzione su Brahms. Brahms era il maggior esponente della Clifford Curzon ha individuato esattamente il valore della soluzio-
cultura viennese di fine secolo, e Schnabel, che a undici anni aveva ne di Schnabel: «Egli pedalizzava con coraggio, e tenne sempre per
eseguito nella classe di Leschetitzki l'op. 119 appena pubblicata, buoni i lunghi pedali, molto discussi, che Beethoven segnò nella
non poteva che sentirsi stimolato ad acquisire prima di tutti sua musica. Schnabel sosteneva che non i pedali dovevano essere
Brahms, a lui così vicino e così familiare. Si spiega come Schnabel si cambiati sul moderno pianoforte, ma la qualità del suono che noi vi
distaccasse da Brahms, cioè da una cultura sentita come contem- produciamo» 5 •
poranea e non problematica, per volgersi verso Schubert, Beetho- E quanto dice il Curzon può essere riscontrato in modo lam-
ven, Mozart, padri della cultura viennese. Schubert tenne occupato pante nel Rondò della Sonata op. 53 (in tutto il tema principale e
Schnabel per tutta la vita. Fu Leschetitzki a richiamare sulle Sonate all'inizio del Prestissimo), dove si trovano le più problematiche
di Schubert l'attenzione di Schnabel, allora fanciullo; e Schnabel indicazioni di pedale di Beethoven, sistematicamente modificate da
fece ascoltare, nella sua carriera, nove Sonate (le sei con numero quasi tutti gli interpreti: Schnabel riesce invece a rispettare i lun-
d'opera e le tre cosiddette «opera postuma»), la Fantasia op. 15, i ghissimi pedali rendendo impalpabile e vago il suono, che in lui, di
Momenti musicali, gli Improvvisi op. 90 e op. 142, i Drei Kla- solito, è nettissimo e scintillante 6 •
vierstucke ed alcuni piccoli pezzi, cioè il più vasto repertorio schu-
bertiano che un pianista di fama mondiale abbia mai eseguito in 5
Scrive Schnabel: «In tutte le sue composizioni per pianoforte Beethoven
pubblico. Beethoven, come già ho detto, fu affrontato a fondo
mise solo trenta o poco più segni di pedale, in migliaia di pagine. I suoi segni
dopo il 1918. Dal 1927, concludendo il suo viaggio a ritroso alla per il pedale compaiono solo in luoghi in cui egli sapeva che l'esecutore
scoperta della cultllra viennese, Schnabel cominciò ad eseguire "normale" l'avrebbe considerato sbagliato. Ora, io dico che a Beethoven non
sempre più di frequente Mozart, mettendo insieme un repertorio interessava il gioco infantile di scioccare o blandire i filistei. Semplicemente,
mozartiano comprendente almeno dieci Sonate, alcuni piccoli egli creava, anche nella pedalizzazione, l'inatteso, il fantastico, l'avventuroso.
pezzi, sedici Concerti: il più vasto repertorio mozartiano prima di L'effetto è spesso ciò che ora si definisce sonorità impressionistica. [...] I segni
quello di Guida. di Beethoven devono essere rispettati in ogni circostanza, in ogni locale o
disposizione o ambiente perché sono parte inseparabile della musica a tal
Avevo iniziato ricordando la definizione che lo Schonberg dà di punto che, se non si osservano i segni di pedale, la musica cambia».
Schnabel: «l'uomo che inventò Beethoven». In questa frase, al di là 6
Il suono di Schnabel, che è molto caratteristico, acquista a volte un
della piacevolezza giornalistica, c'è indubbiamente un qualcosa di incredibile aumento dinamico dopo l'emissione: si ascolti l'inizio delle Varia-
vero. Schnabel «inventò» una sonorità, un rapporto tra diversi zioni op. 35 di Beethoven.
r
'

158 Vienna l'eterna Schnabel 159

Schnabel, che non si arresta di fronte ai pedali dell'op. 53, al Patetica e usa i pianoforti Streicher o Walter, il Beethoven del
contrario di Backhaus e di Fischer, è anche l'unico che non si arresti 1807, che scrive l'Appassionata ed usa il pianoforte Érard, il Beet-
di fronte alle indicazioni metronomiche originali della Sonata op. hoven del 1819, che scrive la Hammerklavier ed usa il Broadwood,
106. Beethoven indicò i tempi di metronomo solo nell'op. 106, ... e può esserci una differenza tra il Beethoven che sente perfetta-
creando un caos inestricabile perché le sue velocità, come disse ad mente e il Beethoven che sente imperfettamente. Questo problema
esempio Hans von Bi.ilow, nel primo tempo sembrano «in disac- è fuori dagli interessi di Schnabel. I pianisti della generazione
cordo con la poderosa energia del tema». Tutti i commentatori, precedente a quella di Schnabel avevano probabilmente affrontato,
fino a Schnabel, consigliarono di ridurre le velocità indicate da come ho detto, il problema di differenziare la sonorità di Beetho-
Beethoven, e tutti gli interpreti di cui ci restano documenti in dischi ven da quella dei romantici. Gli interpreti tedeschi della «genera-
o in rulli seguirono il consiglio: ad esempio, Backhaus esegue a 80 il zione dell'ottanta» basano la loro sonorità sui classici, non sui
primo tempo, in~icato a 138 da Beethoven, Serkin a 96, Ashkenazy romantici, ma non affrontano il problema di una evoluzione della
a 104 e così via. E probabile che Busoni eseguisse la Sonata secondo sonorità beethoveniana. Schnabel, nell'op. 106, trova una sonorità
i tempi di Beethoven; per lo meno, recensendo nel 1910 lo Stu- che si rinforza dopo l'attacco e che vibra in modo intermittente,
dienbuch di Gottfried Galston egli non approvò il tempo più lento quasi come quella di un vibrafono: una sonorità che illumina tutto
consigliato dal Galston per l'Adagio, dicendo: «... il metronomo il discorso in modo indiretto, una sonorità che non consente di
segnato da lui [Beethoven] sta nel rapporto più esatto con l'incon- certo di rendere la «poderosa energia del tema» perché la «pode-
sueta estensione del movimento, il cui disegno, altrimenti, non si rosa energia», forse, non è più nelle intenzioni di Beethoven. O
potrebbe afferrare. Io stesso mi sono persuaso di questa verità forse non è mai stata. La sonorità dell' op. 106 non è in Schnabel
attraverso esperimenti mal riusciti». Schnabel, «dogmatico» come diversa da quella delle altre Sonate, come non lo è in Backhaus, ma
sempre, e pur non essendo in possesso di una tecnica che gli Schnabel rispetta nella 106 i tempi metronomici di Beethoven,
permettesse qualsiasi ghiribizzo, fa uno sforzo eroico e mantiene i mentre Backhaus li riduce. Ciò avviene, a parer mio, perché
tempi velocissimi di Beethoven. Schnabel pone al cuore della poetica di Beethoven l'op. 106 e in
Il problema dei tempi metronomici di Beethoven è prima di funzione di essa interpreta anche l'op. 2 n. 1, mentre la visione di
tutto un problema meccanico, che diventa insolubile se la sonorità Backhaus si fonda e si irradia dall'op. 31 n. 2 (e quella di Fischer,
adottata è quella praticabile nell'op. 31 n. 2 o nell'Appassionata. potrei dire, si basa sull'op. 10 n. 3). Per questa ragione né Backhaus
Schnabel, pur essendo in grado di eseguire in modo brillantissimo né Fischer riscoprono lo Schubert sonatista e si limitano allo Schu-
le virtuosistiche Variazioni op. 35, nell'op. 106 incontra difficoltà bert della Fantasia op. 15, degli Improvvisi e dei Momenti musicali,
meccaniche per lui molto ardue, aggravate dal disco a 78 giri che inserendolo nell'area del romanticismo germanico. Schnabel con-
non consente di riparare agli errori. Tuttavia, affrontando la Sonata sidera invece chiusa la civiltà viennese classica, chiusa con l'ultimo
in un modo che può parer folle e suicida, egli dimostra che la Beethoven e con l'ultimo Schubert, con il Beethoven e lo Schubert
velocità altissima è un aspetto della sonorità: a quella velocità la vissuti nella Restaurazione e profeti di un'eterna, trasfigurata ra-
dinamica si riduce, il timbro si schiarisce, e il significato poetico zionalità. Non sarei in verità alieno dal supporre un transfert in-
dell'opera ne esce trasformato. conscio dall'attualità alla storia, dalla Vienna fin de siècle alla
Non voglio risuscitare il Lenz e la teoria del «Beethoven e i suoi Vienna appena uscita dal Congresso: si potrebbe infatti dire, del
tre stili», ma credo che il problema dell'evoluzione creativa di Beethoven delineato da Schnabel, quello che Carl E. Schorske dice
Beethoven, sommariamente indicata dal Lenz in tre tappe, possa di tre personaggi - Schonerer, Lueger, Herzl - che dominarono
essere affrontato non soltanto dai musicologi. Per gli interpreti può la vita politica di Vienna negli anni della prima formazione spiri-
esserci una differenza tra il Beethoven del 1799, che scrive la tuale di Schnabel: «Nella loro ideologia unirono il futuro al passato,
160 Vienna l'eterna Schnabel 161

il ricordo alla speranza, e in tal modo riuscirono ad aggirare il nella quale domina l'autocoscienza e che si riporta, mi sembra, a
presente». colui che nella sua lunga vita lega ed unifica la cultura classica, a
Beethoven, con Schnabel, è visione, racconto che viene dalla Goethe.
profondità dei tempi e non raccoglie dal presente stimoli emozio- Di qui, in Schnabel, il modo così peculiare di interpretare Schu-
nali. Non c'è altro interprete che quanto Schnabel sia in grado di bert, che egli vede sempre fermo nella classica luce della interiore
rendere con tale stupefatta sospensione del tempo reale una co- ricerca conoscitiva, anche quando pare inclinare verso l'indiffe-
succia come la Sonata op. 49 n. 2, e solo Richter ha potuto dopo rentismo morale del Biedermeier o verso il pessimismo cosmico dei
Schnabel ritrovare il senso di commento finale da parabola evan- romantici. Schubert e Beethoven sono quindi, per Schnabel, due
gelica nella coda dell'Andante favori: non c'è insomma altro inter- momenti complementari di una stessa realtà spirituale che ha la sua
prete che riesca a proiettare su tutto Beethoven l'immagine del origine in Mozart. E non è detto che si debba accettare la sua tesi:
Beethoven ultimo e supremo. anzi, si può propendere per la tesi opposta, che Schubert e Beet-
Il titolo di maggior merito che si debba oggi riconoscere al- hoven rappresentino momenti antitetici, che Schubert sia la nega-
1' «uomo che inventò Beethoven» è però di aver tratto dall'oblio le zione di Beethoven. Ma la scoperta che veramente torna a gloria di
opere di Schubert, ponendo sullo stesso piano Schubert e Beetho- Schnabel è di aver visto come tra Beethoven e Schubert esista un
ven. Che la grandezza di Schubert sia paragonabile alla grandezza legame, forse difficile da definire, forse interpretabile in modi
di Beethoven è tesi che sarebbe apparsa assolutamente fantascien- contrastanti, ma reale ed essenziale, e di averlo visto quando Beet-
tifica al pubblico del 1899, che appariva stravagante al pubblico del hoven era già considerato il maggior musicista mai esistito e Schu-
1930, che appariva discutibile al pubblico del 1960 e che comincia bert niente più che un grazioso e malinconico melodista.
ad apparir pacifica appena oggi. Per Schnabel, era una tesi valida
già nel 1899: nel 1899, al suo secondo concerto a Berlino, includeva
in un programma comprendente Bach, Brahms (op. 119) e Joa-
chim Raff, la Sonata op. 120 di Schubert, e al suo esordio a Londra,
nel 1904, eseguiva Beethoven, Schumann, Brahms, e la Sonata in la
maggiore opera postuma di Schubert. Ci voleva del coraggio per
puntare sulle Sonate di Schubert, in tempi in cui di Schubert si
eseguivano solo, di norma, la Fantasia op. 15 e gli Improvvisi; e
Schnabel non era un concertista affermato, ma un giovanotto di
belle speranze che si stava giocando la carriera e la sopravvivenza
nella giungla del concettismo internazionale! Con lo stesso rigore
filologico, con lo stesso rispetto, con la stessa umiltà Schnabel cercò
di ritrovare il mondo poetico e di Beethoven e di Schubert, e di
entrambi arrivò a dare una rilettura critica originale, momento
fondamentale della ricerca che su di essi va ancora facendo la nostra
civiltà. Schnabel agisce all'interno della cultura viennese, e non ne
mette in discussione né la somma grandezza né la perenne validità.
Proprio perché è radicato in una cultura che ama, egli non si
preoccupa che di conoscerla a fondo e di riproporne i vari aspetti in
ciò che hanno di comune, di più essenziale, di più puro: una visione
r-

Rave! - Debussy 163

SUONARSI indignazione al rispetto della grafia: «Lei suona a metà tempo».


Isserlis si fermò e guardò Scriabin con stupore. «Quella è la mia
interpretazione della musica», disse Scriabin, «ma la musica è la
mia». Per Scriabin, direi, la realtà vera della musica stava quindi
nella notazione, che rispecchia un ordine metafisico, non nell' ese-
cuzione, che rispecchia un momento contingente.
Che cosa dobbiamo dunque pensare dei rulli e dei dischi incisi
da compositori che eseguivano al pianoforte le loro musiche? Cre-
do che ciascun artista vada valutato per il mestiere che fa; e se un
compositore si mette a fare l'esecutore e l'interprete, sia pur di se
stesso, va valutato come esecutore ed interprete. Saint-Saens, ad
Si potrebbe impostare un dibattito sull'interpretazione partendo da esempio, registrò su rullo ed incise in disco alcuni dei suoi pezzi per
due posizioni insieme assolutamente antitetiche· e assolutamente pianoforte tra i più banali, tra i più cinicamente calcolati perché
identiche espresse da due grandi compositori russi, Scriabin e piacessero al pubblico amante di frivolezze. Malissimo, dunque:
Stravinsky. Stravinsky vide con gioia la diffusione del pianoforte quattro al grande Saint-Saens perché scriveva delle sciocchezze! Ma
meccanico e poi del disco, come dice nelle Cronache della mia vita: il pianista Saint-Saens suona con una precisione ed una tenuta
«Onde evitare, nell'avvenire, una deformazione delle mie opere da ritmica pressoché inarrivabili, e dunque merita il massimo dei voti e
parte dei loro interpreti, avevo sempre cercato di trovar modo di la lode. Ravel suona invece musiche sue tra le più belle, ma con dita
porre dei limiti ad una libertà eccessiva, vizio diffuso soprattutto ai così poco audaci da farci quasi rovesciare il punteggio attribuito a
nostri giorni e che impedisce al pubblico di farsi un'idea precisa Saint-Saens: il pianista Ravel meriterebbe un quattro, ma siccome si
delle intenzioni dell'autore. Tale possibilità mi veniva offerta dai impegna molto ed è coscienzioso gli daremo il cinque e cinquanta
rulli del pianoforte meccanico. Poco più tardi, i dischi del gram- arrotondato a sei.
mofono me l'avrebbero rinnovata». Per Stravinsky, quindi, la Un punto di equilibrio possiamo trovarlo in Debussy. Purtrop-
realtà vera della musica sta nell'esecuzione, non nella notazione, po, abbiamo soltanto alcuni rulli, non dischi (di dischi, solo Mes
perché la notazione, per quanto accorto sia il compositore nel longs cheveux del Pelléas, in cui Debussy accompagna il soprano
fissare tutti i particolari, è per sua natura imprecisa. Mary Garden), e non possiamo veramente ritrovare le qualità di
Non so che cosa pensasse Scriabin del pianoforte meccanico e del sonorità che tanto colpirono i contemporanei; in qualche esecu-
disco, ma le sue esecuzioni registrate per il pianoforte meccanico zione ci sembra inoltre che Debussy sia preoccupato di non pren-
testimoniano tali diversità rispetto alla pagina scritta da indurre der troppe note sbagliate. Ma alcuni momenti sono lezioni di stile
qualche studioso a «riscrivere» la musica di Scriabin secondo l'e- da non dimenticare mai.
secuzione di Scriabin. Se Scriabin fosse Stravinsky ci sarebbe dun- La tendenza al suono fluido, con articolazione d'attacco ridotta
que da benedire il pianoforte meccanico per averci conservato al minimo possibile si ritrova anche nei rulli (ad esempio, in Doctor
almeno una scintilla del suo vero modo di concepire le durate. Ma Gradus ad Parnassum o in Le vent dans la plaine); questa sonorità o,
siccome Scriabin è Scriabin bisogna tener conto di una storia rac- meglio ancora, questa concezione di un suono timbricamente po-
contata dal pianista russo Julius Isserlis, che avendo ascoltato un chissimo caratterizzato, quasi «bianco», si affianca ad una conce-
Preludio dell' op. 11 eseguito da Scriabin si macerò nello studio fino zione più tradizionale, impiegata più di frequente in blocchi ac-
a riprodurre esattamente l'esecuzione dell'autore. Poi fece sentire il cordali (Danseuses de Delphe) o in gravi melodie (Jimbo sLullaby).
brano al Maestro, il quale andò fuor dei gangheri e lo richiamò con Quel che abbiamo è però troppo poco, e sono inoltre da tener in
164 Bart6k 165
Suonarsi

c?nto i so~ti dubbi sulla fedeltà della riproduzione; sembra peraltro Granados, di Prokofiev, di Shostakovic, di Britten sono di valore
di poter riconoscere i caratteri stilistici fondamentali della sonorità altissimo, ed anche alcune di Stravinsky, che di tutti questi era
c?n l'aI_Jpi~ttimento della prospettiva, della profondità, e con u~ quello pianisticamente meno dotato.
gioco di bianco _e r.tero che fa pensare allo Chopin del Preludio op. Tra i compositori al pianoforte il mio favorito è di gran lunga
45 e dello Studio m la bemolle maggiore per il Metodo di Fétis e Béla Bart6k, del quale parlerò quindi distesamente e non solo nei
Moscheles. ~i capisce ben_issimo come Debussy prediligesse il pia- limiti del «suonarsi», dell'interpretare se stesso. Le molte facce con
nofor!e veru~ale con tastiera molto morbida, perché il senso psi- cui Bart6k si presenta alla storia permettono di considerare la sua
col~gico dell affondamento del dito e del sollevamento della mec- figura sotto varie angolazioni. La figura prima, la figura originaria
camca contro la forza di gravità è assente in queste sue esecuzioni che emerge negli anni di formazione è però quella del pianista, o
c?e postulano un modo di suonare spoglio e assai poco «profes~ per meglio dire del pianista-compositore al modo dei Busoni e dei
s10nale», sconcertante a tutta prima e affascinante alla fine. Il d' Albert, che dominavano a fine Ottocento la scena, o di Erno
paragone tra S~int-Saens pianista e Debussy pianista, non meno del Dohnanyi, che ne stava ripercorrendo le gesta. L'educazione pia-
paragone tra i due compositori, ci dà l'idea della morte della nistica di Bart6k si era compiuta nell'Accademia di Budapest, dal
p~ofessione - sia P1:1r~, :ome in Saint-Saens, vissuta con inegua- 1899 al 1903, sotto la guida dell'allievo di Liszt, Istvan Thoman,
gliat~ scaltrezza mamenstica - e della rinascita della poesia. Pura «un uomo piccolo e d'aspetto delicato con una testa dolicocefala»
~oe~ia, che ~essun interprete ha saputo eguagliare, è ad esempio (come competentemente lo descrive il medico ungherese Jan6s
1ultima pagma di Doctor Gradus ad Parnassum che rende l'im- Plesch), di cui non sappiamo molto. Il Plesch ci dice ancora che
pressione di una accecante liberazione o addiri;tura di una con- «aveva mani piccole e quasi quadrate, con dita corte e tozze, in
quista della libertà. E in questo caso poco importano le manche- contrasto con le dita lunghe del suo amico e maestro Liszt» e
volezze esecutive, mentre in Ravel è la scolasticità, è il perbenismo aggiunge che «era più di un pianista, ma il suo più grande amore
che fanno cascare le braccia. era il pianoforte». I rapporti rispettosi ed affettuosi di Bart6k e
. Fors~ Ravel, che già non era un conce!tista, si facev31 per di più Thoman testimoniano del resto il fatto che il Maestro doveva essere
1mpre~s10nare d~l mezzo meccanico. E possibile. E possibile, una personalità musicale di rilievo, ma la mancanza di dischi o di
per:he qua~1o s1 ascolta Prokofiev nel suo Concerto n. 3 si resta rulli di pianola suoi non ci permette di farci almeno un'idea di come
subito colpiti dalla sua strizza. E Prokofiev era un concertista Thoman perpetuasse l'insegnamento di Liszt. Quel che sappiamo è
suonava splendidamente - dice chi lo ascoltò - mulinando du~ che sotto la guida di Thoman Bart6k studiò tra l'altro lavori come le
braccia lunghissime, ed aveva vinto quei premi scolastici che asse- Variazioni su un valzer di Diabelli di Beethoven, la Sonata e il
gna!i ne~a seve_rissima. s:de del conservatorio di S. Pietroburgo, Totentanz di Liszt, i due fascicoli delle Variazioni su un tema di
testimomano la meccepibile preparazione accademica. Del resto in Paganini e il Concerto n. 2 di Brahms, che al termine degli studi
altri pezzi meno impegnativi e senza l'assillo di dover marciare ~on eseguì a Budapest il Totentanz di Liszt e a Vienna, il 4 novembre
l'orchestra, Prokofiev suona molto bene anche in disco. E tuttavia 1903, il Concerto n. 5 di Beethoven, e che nel primo suo recital
sarebbe difficile sostenere_ che il suo arrancamento nell'ultima riga importante, a Berlino il 4 dicembre 1903, presentò questo pro-
della Toccata op. 11 non sia un arrancamento ma sia il giusto modo gramma:
di eseguire quel passo di bravura.
Schumann: So~ata op. 11. Dohnanyi: Passacaglia. Chopin: Notturno
Certo che, quando il compositore e l'esecutore si equivalgono le op. 27 n. 1, Studio op. 10 n. 12. Bart6k: Scherzo, Fantasia, Studio per la
esecuzioni degli autori acquistano una forza che non amme~te mano sinistra [n. 4, 2 e 3 dei Quattro pezzi]. Liszt: Rapsodia spagnola.
d~scussioni. E non parlo neppure di Rachmaninov, che come pia-
msta non aveva da temere confronti. Anche parecchie esecuzioni di Il programma era impegnativo, il successo, come Bart6k scrisse a
166 Suonarsi Bart6k 167

Thoman, fu molto buono. Tuttavia la carriera di pianista di Bart6k noforte nell'Accademia di Budapest, il Bart6k pianista trovò una
non si sviluppò: una partecipazione ad un concerto a Manchester sistemazione economica che gli permise di ... mettere da parte l'arte,
(Rapsodia spagnola di Liszt e Variazioni di Robert Volkmann) e un diventando etnologo e praticando la composizione da compositore
recital a Vienna il 18 febbraio 1905 (Variazioni su un tema di Bach puro. Certune delle pagine in cui si matura il Bart6k creatore
di Liszt, Sonata op. 11 di Schumann, Ballata n. 4 di Chopin, (soprattutto le Bagatelle op. 6 del 1908) ci permettono di vedere
Fantasia e Scherzo di Bart6k, Funérailles e Rapsodia spagnola di come mutasse in Bart6k, rispetto al 1903-1904, la concezione stessa
Liszt) non aprirono a Bart6k prospettive di lavoro né nel ricco del suono pianistico. I Quattro pezzi (1903) e la Rapsodia op. 1
«mercato» inglese né nella provincia austriaca, tanto che la sua (1904) rientravano nella tradizione virtuosistica lisztiana qual' era
decisione di partecipare ad entrambe le sezioni - pianoforte, stata intesa specialmente dai russi (Scriabin escluso), tanto che lo
composizione - del Concorso Rubinstein sembra più l'assolvi- Studio per la mano sinistra avrebbe benissimo potuto esser scritto
men~o ~i un rituale che la conclusione di un tirocinio seguito con da un fratello minore di Rachmaninov. La prima delle Bagatelle è
convmz1one. invece da considerare come precoce esempio di scrittura neoclassi-
Il Concorso Rubinstein, quinquennale e decisivo per la carriera ca: due voci soltanto, che si muovono nella stessa zona della tastiera
di un giovane, nel 1905 si svolgeva a Parigi. L'8 agosto Bart6k coprendo un'estensione complessiva di tre ottave. La percettibilità
scriveva alla madre: «Cara mamma, mi dispiace di dirti che non ho delle due linee nella stessa zona non è ottenuta con la raffinatissima
avuto successo nel concorso. Che non abbia vinto tra i pianisti, timbrica dei simbolisti francesi (siamo nel 1908, Debussy ha finito
niente di strano ed è cosa che non mi fa male. Ma ciò che è l'anno prima la seconda serie delle Images e Ravel sta componendo
avvenuto attorno all'assegnazione del premio per la composizione è Gaspard de la nuit), ma con il mezzo più semplice e radicale: la
cosa che fa sbalordire». Tra i pianisti, come abbiamo visto, aveva politonalità: la politonalità crea il dislivello che permette la perfetta
vinto Backhaus, mentre nella sezione di composizione non erano percepibilità di due linee non timbricamente differenziate. N_on
stati assegnati né primo né secondo premio ed erano stati citati con voglio con ciò dire che la prima Bagatella di Bart6k mandi nell' an-
«diploma d'onore», nell'ordine, Attilio Brugnoli e Bart6k. «Le golo del somaro e Debussy e Ravel, ma che Bart6k, a ventisette
opere di Brugnoli sono dei componimenti raccogliticci senza alcun anni, trova un'alternativa alle ricerche dei francesi, che avrebbero
valore. Che la giuria non abbia visto quanto siano migliori le mie invece influenzato per un decennio quasi tutta la musica per pia-
opere è cosa veramente scandalosa», scrive Bart6k nella stessa noforte europea, e che su questa alternativa fonda la sua scrittura
lettera. Ed ha, ovviamente, ragione: basta paragonare il Con- per pianoforte.
certstuck di Brugnoli e la Rapsodia op. 1 di Bart6k, che vennero La causa che permise a Bart6k un'intuizione così fulminante è, a
presentati al Concorso. L'accettazione della sconfitta nella sezione parer mio, la rinuncia al concertismo attivo. Le Images e Gaspard de
pianistica e la cocente delusione per l'esito ottenuto con la com- la nuit erano grandi pezzi da concerto, destinati a supremi virtuosi
posizione giustificano a parer mio la supposizione che Bart6k del tocco che sapevano tenere col fiato sospeso duemila persone. Le
avesse già nel suo intimo rinunciato a ripercorrere le orme di Bagatelle riportavano la musica pianistica nella dimensione del
d' Albert e di Busoni e desiderasse invece diventare il concertista dilettantismo colto, ... anche se il loro linguaggio d'avanguardia
interprete delle proprie composizioni, il compositore-pianista qual teneva a rispettosa distanza i dilettanti del tempo, che erano appe-
era stato negli ultimi trent'anni della sua vita Brahms e quali erano na passati dai Pezzi lirici di Grieg alle Arabesques di Debussy. Un
all'inizio del Novecento Scriabin e Rachmaninov. Lo scacco nel successo internazionale tra i dilettanti Bart6k, comunque, più tardi
Concorso Rubinstein precluse a Bart6k anche questa strada, o la lo ottenne: non con le Bagatelle, ma con il quinto dei Dieci pezzi
rese per lo meno così erta da percorrere ch'egli preferì rinunciarvi. facili (1908), intitolato Sera dai Szekely.
Dal 1907, divenuto professore, coscienzioso professore di pia- Di Sera dai Szekely abbiamo una registrazione dell'esecuzione di
f"

168 Suonarsi 169


Bart6k

Bart6k, sia pure un po' tardiva rispetto alla data di composizione mano-dita. Il cambio della tecnica diventa cambio del tempo, con
(1931), ma che ci presenta Bart6k nella sua piena maturità di una logica tale che l'ascoltatore non avvertito neppure se ne ac-
interprete. Non si può descrivere il fascino della sonorità bartokia- corge. Ma qualunque pianista sa quanto sia arduo basare la scan-
na, sommessa e trasparente, ma scultorea anche quand'è appena sione rapidissima di un ritmo sul movimento del corpo invece che
mormorata; ma soprattutto non si può descrivere - o ci vorreb- sulla griglia astratta dell'isocronia. Bart6k ci riesce con disin:'oltura
bero pagine e grafici a iosa - la sua scansione rubata del ritmo stupefacente, e questa sua identificazione tra ritmo e movimen~o
quello scarto infinitesimale nelle durate che crea uno scintillio dell; degli arti doveva essere visivamente affascinante. Aurelio M. Mil-
pulsazioni ritmiche senza far perdere mai il senso di un ritmo di loss mi descrisse una volta - col gesto, da quel grande danzatore e
base di cui si postula però l'esistenza, più che coglierla. La scan- coreografo che è - l'impressione ricevuta vedendo Bart6k esegui:
sione del ritmo in pagine facili come Sera dai Szekely o una seelta di re il Totentanz di Liszt; forse Milloss ci metteva anche qualcosa di
brani da Per fanciulli o alcuni numeri del Mikrokosmos è vera- suo ma il suo modo di rendere certi tratti salienti del movimento di
mente un miracolo di controllo e una testimonianza di stile esecu- Bar~6k restituiva perfettamente l'immagine di una identità di ritmo
tivo tanto lontano dalle abitudini di oggi che l'allievo, se eseguisse del suono e ritmo del corpo.
ad un esame questo Bart6k secundum Bartok, avrebbe buone pro- Ascoltando Bart6k nella Sonata L 286 di Scarlatti il nome che
babilità di non passarla liscia. Del resto Laios Hernadi, allievo di subito ricorre alla mente, naturalmente, è quello di Josef Hof-
Bart6k dal 1924 al 1927 e incantato ammiratore di Bart6k pianista, mann; e tanto più quando, alle battute 26-29, Bart6k passa a 138
ragionando poi da didatta conclude che quel «suonare tagliato per sottolineare il momento espressivo. Il paragone con Hofma~n,
nella pietra» e «di una purezza ineguagliabile, di una plasticità e di che si impone, suscita in verità un compiacimento e un dubbio.
una intonazione del tutto particolari», era anche «così caratteristico Hofmann era uno dei maggiori virtuosi che siano mai esistiti, ma
di Bart6k e convincente solo con lui». Un po; troppo professora- come musicista era un reazionario bell'e buono. Come potevano
le, forse. Ma non sciocco: Sera dai Szekely o la Danza dell'orso, coesistere, in Bart6k, uno stile esecutivo alla Hofmann e concezioni
per essere eseguite al modo di Bart6k, richiedono un dominio as- musicali d'avanguardia? Bisogna concludere, com'è stato detto
soluto dei fatti musicali, raro anche nei pianisti finiti, nonché negli talvolta («Bart6k, dopo tutto, era un pianista della vecchia scuola»,
allievi! afferma lo Schonberg), che lo stile di Bart6k era antiquato? Forse,
Quel che più ci stupisce, e che ci dà la misura della grandezza di più che porre la domanda in questo modo bisogna dis~in?~ere in
Bart6k pianista è però il suo controllo del tempo in pagine molto Hofmann lo snobismo filisteo della persona dalla gemalita dello
difficili. Verso il 1929 Bart6k eseguì, in una trasmissione radiofo- strumentista come fa Stravinsky che, come abbiamo visto, non
nica, quattro Sonate di Scarlatti. L'esecuzione fu registrata all'in- risparmia u~ freddo giudizio sulle qualità umano-artistiche ma
saputa di Bart6k (che non autorizzò poi la pubblicazione) e fu ammira l'interprete. Si può supporre che in Bart6k, in Hofmann, e
pubblic~ta dopo la sua morte. Nella prima delle quattro Sonate, la anche in Cortot, a cui Bart6k somiglia un poco, si manifestasse la
celeberrima L 286 in sol maggiore, Bart6k stacca un tempo alla critica della tradizione nata con Liszt e proseguita con Anton
Casadesus, intorno a 168 alla semiminima, con una mano sinistra Rubinstein e gli allievi di Liszt. In Hofmann e in Cortot la critic~
che vola come una seconda mano destra; ma a metà della battuta significa scomposizione dello stile tradizionale ed isolamento ~ei
13 - gli accordi ribattuti - la velocità passa di colpo a 152. Il suoi elementi. In Bart6k pianista, ma compositore d'avanguardia,
rapporto tra i due tempi è nettamente gestuale, perché gli accordi significa probabilmente anche presa di coscienza del valore «cul-
ribattuti richiedono una vibrazione dell'avambraccio che a 168 turale» e non «naturale» dell'armonia. Il dibattito che inizia verso
provocherebbe il blocco muscolare, mentre a 152 consente di la fine dell'Ottocento e che culmina nel Manuale di armonia di
sfruttare ancora l'elasticità, il rimbalzo del sistema di leve braccio- Schonberg (1911) mette in luce il carattere di insieme di regole,
171
170 Suonarsi Bart6k
1
non di leggi, della teoria dell'armonia. Louis Kentner, che conobbe au clair de lune. L'unica, e molto frammentaria esecuzione di
bene Bart6k, parla delle esecuzioni bartokiane di musiche di Liszt musiche di Debussy che sia rimasta conservata, la suite per due
in modo un po' grottesco, ma per noi illuminante: «A Bart6k non pianoforti En blanc et noir, è molto interessante. Bart6k, i~ ver!tà:
piaceva mettersi in mostra, ma nelle sue interpretazioni di Liszt non intendeva Debussy secondo Debussy o secondo 1 pr1m1
preferiva sottolineare l'aspetto rivoluzionario delle armonie. Es- interpreti francesi di Debussy ma, nettamente, secondo Bart6k
sendo lui stesso iconoclasta faceva ciò in modo molto persuasivo». stesso.
E l'unica incisione lisztiana di Bart6k, il Sursum corda che chiude L'interpretazione che ci è pervenuta riguarda un lavoro che
l'ultima Année de Pèlerinage, è una lampante dimostrazione del favorisce certamente questa imperiosa presa di possesso di Bart6k;
valore del singolo accordo e della tesi di Schonberg che «qualunque ma è ugualmente straordinaria la maniera con cui Bart6k fa di-
accordo può seguire qualunque altro accordo». Coerentemente ventare bartokiano En blanc et noir, fino a farne apparire il secon-
con questa impostazione Bart6k, nella esposizione delle melodie, do pezzo come una delle bartokiane «musiche della nott~». ~ec:
tendeva sempre a collegare a due a due i suoni, portando l'atten- cato, ripetiamo, che non ci siano state conservate le esecuz10m dei
zione sul più elementare rapporto - l'intervallo - dei suoni in Preludi: peccato veramente! .
successione. Bart6k interprete di se stesso è assai meglio documentato d1
Si può dubitare che questo taglio critico, radicale (in Bart6k) o quanto non sia Bart6k interprete di altri e le sue esecuzioni costi-
temperato (in Hofmann e in Cortot) che fosse, giovasse alle opere tuiscono un documento stilistico che non può essere igno-
della classicità, e infatti né Cortot né Hofmann sono ricordati come rato, sebbene non debba diventare un modello di passiva imi-
interpreti di Mozart o di Beethoven, né l'unica incisione beetho- tazione.
veniana di Bart6k - la Sonata a Kreutzer con J6zsef Szigeti - Mancano tuttavia, ed è una mancanza gravissima, le sue esecu-
sembra così convincente come le altre sue interpretazioni. Ma già zioni non solo dei Concerti, ma della Sonata e di All'aria aperta.
nei romantici si possono cogliere i segni della crisi della tonalità, e L'esecuzione della Sonata per due pianoforti, timpani e percussio-
certamente l'atteggiamento critico di Bart6k pare a me il più fe- ni, registrata da una trasmissione radiofonica, non è particolar-
condo per affrontare Bart6k stesso o il tardo Liszt o Debussy, tanto mente felice e anche la registrazione è poco chiara. Le uniche
da dover deplorare che non ci sia stata conservata almeno l'esecu- registrazioni soddisfacenti di grandi lavori sono quelle della Sonata
zione dei ventiquattro Preludi di Debussy, che Bart6k, a detta di n. 2, con Szigeti, e di Contrasti, con Szigeti e Benny Goodman. Le
Laios Hernadi, presentò a Budapest verso il 1926. In Bart6k case di rulli e di dischi, e quei nababbi che tenevano in salotto la
avremmo certamente avuto l'interprete maggiormente in grado di macchina per captare sugli acetati le trasmissioni radiofoniche non
rivelare le radici rivoluzionarie dell'arte di Debussy, e forse in son dunque stati generosi con Bart6k pianista. Ah, se Bart6k avesse
Debussy Bart6k impiegava anche una timbrica più varia di quella avuto le qualità di public relations man di Stravinsky, che pur da
che risulta nella stragrande maggioranza delle sue incisioni: ad pianista di seconda classe qual era riuscì a sfruttare ad abundantiam
esempio, in Dall'isola di Bali del Mikrokosmos troviamo sonorità
inusuali in Bart6k, evidentemente ispirate al gamelan giavanese e 1 Un tecnico ungherese, Istvan Makai, incise alcune facciate di disco, da
che in Debussy avrebbero potuto diventare un tratto stilistico esecuzioni di Bart6k alla radio, per incarico della signora Sophie Babits nata
fondamentale. Il pathos profondo e tragico che Bart6k rivela nel Torok. Abbiamo così alcuni importantissimi frammenti di esecuzioni di
primo numero della sua Piccola Suite, e che non ritorna nelle altre Bart6k, tra cui si fanno notare quelli di tre brani della Partita n. 5 di Bach, dell~
musiche da lui incise, avrebbe potuto probabilmente esplicarsi in Variazioni su un tema di Bach e del Concerto patetico (con Erno Dohnanyi) d1
certe pagine di Debussy come Des pas sur la neige o la Cathédrale Liszt, della Sonàta per due pianoforti (con la moglie) di Mozart, del Concerto
engloutie, o persino in Feuilles mortes o nella Terrasse des audiences n. 2 di Bart6k.
172
Suonarsi

e ru~o e disco! D~ Bar~6k_?~anista c'è quanto basta per concludere


che il s1;10 talento e tra 1 p~u Interessanti fra qudli di cui ci è rimasta
RIVOLUZIONE E DISFATTA
memoria sonora'. non c è quanto occorrerebbe per definire la
grande~z~ ~ per riprendere una lezione che potrebbe essere ricca di
potenzialita mesplorate.

Il concertismo nasce come spettacolo, diventa storia dell'arte, si


sviluppa come storia della cultura, e con la «generazione dell'ot-
tanta» comincia a trasformarsi in giudizio sulla civiltà. I tre inter-
preti dei quali ho da poco finito di parlare - del quarto, Rubin-
stein, parlerò molto più avanti, perché storicamente appartiene al
secondo dopoguerra - scendono nel cuore della cultura tedesca, e
da quei grandi spiriti che sono conducono la loro ricerca fino ad
offrire soluzioni di impressionante coerenza ideologica e nello
stesso tempo radicate nel mondo contemporaneo, nel mondo che
tra il 1918 e il 1939 si ritrova di fronte i problemi intorno ai quali la
civiltà combatte dalla fine del Settecento: Mozart per Fischer,
Beethoven per Backhaus, Schubert per Schnabel diventano così
essenza e simbolo dell'umano, miti sui quali si può costruire un
mondo diverso. Tutti e tre concludono con Brahms la loro ricerca,
ed il primo problema che la generazione successiva affronta è di
muoversi cronologicamente oltre Brahms e culturalmente oltre
l'area germanica.
Walter Gieseking, che della nuova generazione fu a parer mio la
punta di diamante, era nato a Lione, da genitori tedeschi, il 5
novembre 1895. Gieseking cominciò a suonare molto presto il
pianoforte e il violino, quasi da autodidatta, leggendo e studiando
tutto quello che gli capitava tra le mani. Verso il 1911, scrive,nella
breve autobiografia So wurde Ich Pianist, «conoscevo e suonavo
[. ..] la maggior parte delle opere di Bach, quasi tutto Beethoven,
tutto Schumann e tutto Chopin, qualcosa di Schubert e di Men-
delssohn, ma assolutamente niente di Brahms, pochissimo di Liszt
e... niente dei moderni!» (noto per inciso che dall'elenco non
174 Rivoluzione e disfatta Gieseking 175

mancano solo i moderni e Brahms: manca Mozart). Gieseking si per più di due anni la sua attività di musicista si ridusse ai servizi
dedicò anche prestissimo alla composizione, sempre da autodidat- nella banda militare, nei caffè e nei cinematografi frequentati dai
ta, scrivendo soprattutto musiche per pianoforte catalogate con soldati.
tanto di numero d'opera, che eseguiva in riunioni musicali degli Con il 1916 si conclude quindi il periodo della formazione
amici di famiglia. Da autodidatta imparò addirittura a leggere e scolastica di Gieseking, sul quale è opportuno che ci soffermiamo
scrivere, e studiò solo ciò che lo incuriosiva. per un momento. Da quanto ho detto fin qui balza evidente quale
Stabilitasi nel 1911 la madre in Germania, nel novembre Walter fosse la prima caratteristica del pianista Gieseking, già a vent'anni:
si iscrisse al conservatorio di Hannover, diretto dal pianista Carl una portentosa capacità di apprendere, cioè una facilità estrema di
Leimer. Tre mesi dopo il suo ingresso in conservatorio, il 7 febbraio dominare la tecnica pianistica ed una memoria eccezionalmente
1912, prese parte ad un saggio eseguendo un programma che pronta e sicura. Il repertorio di Gieseking, a vent'anni, non era
testimonia il grado di preparazione raggiunto dal giovanissimo completo (mancavano Bach, Mozart, Schubert, Brahms), ma la
autodidatta: Preludio e fuga in mi bemolle maggiore di Bach (pro- massa delle composizioni eseguite a memoria era veramente im-
babilmente uno dei due contenuti nel Clavicembalo ben tempera- pressionante. La memoria di Gieseking! La favolosa memoria di
to), Rondò capriccioso di Mendelssohn, primo tempo del Concerto Gieseking era sì eccezionalmente rapida, ma non automatica o
in do minore di Beethoven. Nel settembre del 1912, sempre in un «fotografica»: non era la memoria del pianista ungherese Erno van
saggio, Gieseking eseguì le quattro Ballate di Chopin; nel febbraio Lengyel, morto giovanissimo, che poteva ricordare indifferente-
del 1913 esordì come concertista nella sala del conservatorio di mente dieci pagine di musica o dieci pagine dell'orario ferroviario
Hannover, con un programma interamente chopiniano (12 Studi dopo averle lette poche volte, e non era la memoria di Saint-Saens o
op. 10, Concerto op. 11, Fantasia op. 49, Polacca op. 53), seguito di Joseph Hofmann, che potevano ritenere ed eseguire ciò che
nell'aprile da un programma interamente schumanniano (Toccata avevano ascoltato eseguito da altri. La memoria di Gieseking,
op. 7, Studi sinfonici, Variazioni per due pianoforti, con Carl penso, era basata sull'analisi del brano musicale. Alberto Mozzati
Leimer, Fantasia op. 17, Carnaval); in settembre, due serate beet- mi raccontò di un piccolo esperimento al quale assistette: Giese-
hoveniane (Sonate op. 13, op. 27 n. 2, op. 53, op. 57, op. 111 nella king imparò a memoria, in mezz'ora e senza pianoforte, una pagina
prima; Sonata op. 106 e Concerto in mi bemolle maggiore nella di musica di media difficoltà (Mozzati non ricordava più di quale
seconda). Il 24 ottobre ebbe luogo il primo concerto di Gieseking composizione si trattasse). Un'impresa non facile, quindi, ma nep-
fuori di Hannover, a Minden in Vestfalia; seguirono serate in pur tale da far gridare al miracolo.
collaborazione con cantanti ed altri concerti a Hannover. Altre Nel Metodo rapido di perfezionamento pianistico Carl Leimer
importanti esecuzioni nella primavera del 1914: Concerto in mi spiega il sistema per lo studio a memoria seguito dai suoi scolari,
bemolle maggiore, Fantasia sul Don Giovanni, Sonata in si minore che è «basato sulla riflessione (riflessione sistematica e logica)»; ed
di Liszt, Preludi op. 28 di Chopin. aggiunge: «Gieseking studia e impara le composizioni senza suo-
Il giovane pianista era ormai maturo per un vero e proprio lancio narle al pianoforte, ma soltanto leggendole (quindi con la rifles-
concertistico, che avrebbe avuto luogo nella stagione 1914-15 se sione)». Gieseking, uomo pratico, vanta anche per altre ragioni il
l'inizio della guerra non avesse bloccato la vita musicale. Riman- sistema di studio consigliato dal Leimer: «Questo modo di impa-
date ad un momento più propizio le ambizioni di carriera, Giese- rare attraverso la lettura non solo è la maniera più sicura di studiare
king continuò a suonare sovente a Hannover; tra il novembre del a memoria, ma anche un pratico impiego del tempo che i viaggi in
1915 e il febbraio del 1916 eseguì in sei serate, a memoria, trenta ferrovia assorbono». Benissimo. Senonché, gli esempi che Leimer
delle trentadue Sonate di Beethoven (rimasero escluse le due So- offre in seguito al lettore sono accurate e meccaniche descrizioni
nate /acili op. 49). Nell'agosto del 1916 venne chiamato alle armi e catastali piuttosto che analisi delle composizioni: in Gieseking,
\.

176 Rivoluzione e disfatta Gieseking 177

come in tutti coloro che riescono ad apprendere a memoria senza lo discorso non cambia: la Cadenza del primo tempo e le doppie note
strumento e senza possedere d'altronde una mente «fotografica», del finale del Concerto di Schumann, il finale del Concerto in mi
la descrizione catastale veniva invece sostituita, probabilmente, bemolle maggiore di Liszt, la Cadenza del Concerto di Grieg, il
dall'autentica analisi, cioè dalla scoperta dei rapporti strutturali che finale della Sonatina di Ravel, la Toccata di Pour le piano di
tengono insieme la composizione. Non posso entrare qui in que- Debussy non sono eseguiti con la superiore facilità tecnica del
stioni riguardanti la metodologia, né posso esaminare una fondata grande virtuoso, le due esecuzioni del Terzo Concerto di Rachma-
obbiezione di Casals. Quel che mi interessava era di stabilire quale ninov - in registrazioni live - non sono certo un modello di
ruolo giocasse in Gieseking la memoria nella preparazione di un' e- pulizia tecnica, ed io ricordo benissimo l'esecuzione del Secondo
secuzione. Quando Gieseking decideva di «sonorizzare» una com- Concerto di Brahms, in cui Gieseking, virtuosisticamente, era di
posizione la sapeva almeno materialmente a memoria e, ne sono molto inferiore a Backhaus, a Rubinstein, a Horowitz, ad Arrau, a
convinto, la conosceva anche nella sua struttura e quindi nella sua Richter, a Gilels. Tuttavia, persino le approssimative esecuzioni del
totalità: ritmo, inteso non come calcolo matematico ma come vi- Secondo di Brahms o del Terzo di Rachmaninov erano dimostra-
vente articolazione del discorso musicale, dinamica, fraseggio, for- zioni di fantasia nel creare e nel misèelare le sonorità, dimostrazioni
ma sonora. In questo secondo momento, «sonorizzazione», entrava così seducenti che finivano per avvincere l'ascoltatore. La creazione
in azione la tecnica pianistica di Gieseking, una tecnica assoluta- di una sonorità inconfondibile come estrinsecazione di un'idea
mente spontanea, non coltivata né perfezionata in astratto ma in interpretativa originale: era questa la caratteristica su cui si fondava
rapporto con precisi problemi. la reale eccellenza dell'arte pianistica di Gieseking, e molto proba-
Senza entrare anche questa volta in questioni di metodologia bilmente già agli inizi della carriera.
bisogna dire subito che la tecnica di Gieseking, vista al livello di un Congedato alla fine del 1918, Gieseking iniziò la carriera con-
grande pianista, non era affatto eccezionale. Le sue uniche «spe- certistica in Germania, sia da solo che in collaborazione con can-
cialità» tecniche che lasciassero stupefatta la gente del mestiere (ed tanti ·e violinisti; nel settembre del 1921 tenne il suo primo concerto
anche il pubblico), erano certi usi del pedale e soprattutto l'agilità all'estero (Zurigo), in dicembre suonò per la Società del Quartetto
in passi in piano e pianissimo: basti ricordare la fluidità e la nettezza di Milano. Nei suoi programmi, tra il 1919 e il 1921, compaiono in
dei passi della mano destra alla fine di Re/lets dans l'eau e di prevalenza nomi di contemporanei: Reger, Debussy, Ravel, Buso-
Pagodes di Debussy; e basti ricordare il Concerto in sol maggiore di ni, Cyril Scott, Korngold, Niemann, Schonberg, Marx, Szyma-
Beethoven e il Concerto in sol di Ravel, nei quali predomina nowski, Scriabin. Gli schemi di programmi, ai quali Gieseking si man-
l'agilità elegante e leggera, che furono per molti anni due cavalli di terrà fedele per una decina d'anni, sono assai diversi dagli schemi
battaglia di Gieseking. seguiti preferibilmente dai grandi pianisti del tempo. Di Bach si
Non so fino a che punto sia da prestar interamente fede all'au- eseguivano ancora prevalentemente le trascrizioni dall'organo di
tobiografia di Gieseking, ma direi che, vivendo a Lione e nel Liszt o di Busoni o di d' Albert: Gieseking, al contrario, esegue le
mezzogiorno della Francia, egli dovesse aver imparato precoce- Suites e le Partite. Raramente un programma faceva a meno di
mente, da qualche pianista locale, la tecnica tradizionale dei fran- Beethoven e di Chopin: per Gieseking è eccezionale l'inclusione in
cesi: il ricordo di Pugno si affaccia spesso alla memoria, quando si programma di Beethoven e Chopin. Un programma di concerto,
ascolta l'agilità decorativa di Gieseking, nei pregi e nei limiti. Nei verso il 1920, comprendeva ancora, di norma, un gruppo di com-
limiti, perché, quando l'intensità del suono supera il piano, l'agilità positori contemporanei, ma con musiche brevi e accentuatamente
non è più così straordinaria. E anche quando, nel piano, la qualità virtuosistiche: Gieseking esegue anche musiche contemporanee
del suono deve essere diversa, pìù incisiva, la tecnica di Gieseking lunghe e per niente virtuosistiche. L'unico carattere tradizionale
non è eccezionale. Se passiamo ad altri settori della tecnica il che per alcuni anni Gieseking mantiene fermo è una Rapsodia
178 Rivoluzione e disfatta Gieseking 179

ungherese di Liszt «per finire». blico al suo Chopin lo indussero a rinunciarvi. Mancata fiducia,
Programmi nuovi, che inaugurano addirittura un'epoca nella quindi, mentre fiducia ci fu per Gieseking interprete di Bach, di
storia del concertismo pianistico, e programmi eseguiti in un modo Scarlatti, di Schumann, di Debussy, di Ravel, di certo Beethoven, e
che parve, e di certo era, nuovo. Ciò che più stupisce non è però la dei moderni... cum grano salis.
natura dei programmi, ma l'esito conseguito. Già alcuni pianisti Tra il 1930 e il 1940 Gieseking continuò infatti ad eseguire
della generazione precedente (Ricardo Vines, Rudolf Ganz, Blan- molto di frequente musiche contemporanee (oltre agli autori citati
che Selva) avevano presentato programmi diversi dal consueto, e finora anche Honegger, Trapp, Piston, Pizzetti, Petrassi). Ma il suo
tra i coetanei di Gieseking c'erano Eduard Erdmann, George Co- atteggiamento verso la musica contemporanea cominciava ad es-
peland ed Eduard Steuermann che eseguivano con convinzione sere influenzato da certe reazioni dei grandi pubblici borghesi che
musiche contemporanee d'avanguardia. Ciò che lascia sbalorditi è gremivano le sale in cui egli si produceva. Nell'autobiografia Gie-
l'eccezionale esito «mondano» della carriera: mentre gli altri inter- seking fa notare lo scarso successo ottenuto dalla Sonata di Castel-
preti prima citati ebbero soltanto stima e notorietà, Gieseking nuovo-Tedesco, eseguita nel 1929 a Londra e a Berlino, e le «ca-
divenne in pochi anni un pianista celeberrimo, ammiratissimo, tastrofi» di due concerti di musiche contemporanee tenuti a Berli-
pagatissimo, conquistando con un repertorio inconsueto ciò che di no e New York, sempre nel 1929. Il suo fervore di apostolo
solito si otteneva con un repertorio collaudatissimo. cominciò a raffreddarsi: «Nella stagione 1936-37 avevo in reperto-
Tra il 1921 e il 1923 Gieseking suonò infatti ripetutamente in rio, nuova, l'op. 59 di Alfredo Casella: Sinfonia, Arioso e Toccata.
Svizzera, Italia, Scandinavia; nel 1923 esordì in Spagna, a Londra, Suonai questo pezzo, aspro ma interessante, in Italia, a Berlino e a
in Polonia e in Ungheria, e nel 1926 negli Stati Uniti, dove tornò Londra. Ma anch'esso appartiene alla musica che il pubblico non
per altri tre anni consecutivamente; nel 1928 esordì a Parigi e a vuole ascoltare. Nell'autunno del 1937 ero di nuovo in USA e con il
Praga. Il tipo di repertorio non muta e nuovi nomi di compositori Concerto in do minore di Rachmaninov (con la Filarmonica di
contemporanei si incontrano nei suoi programmi: Hindemith, New York) ottenni un successo che impose il mio nome in Nord
Falla, Pfitzner, Casella, Reutter, Wintzer, Finke, Rathaus, Erwin America in modo definitivo. I programmi dei miei recitals nel corso
Schuloff, Tansman, Miaskowski. Verso il 1930 Gieseking era con- dell'anno furono migliori, perché avevo imparato a costruire un
siderato uno dei più grandi pianisti viventi e fino alla guerra svolse programma senza concessioni commerciali, che interessasse tutta-
un'attività concertistica molto intensa in Europa e in America, via l'ascoltatore».
anche, occasionalmente, in duo con Bronislav Hubermann o Il nuovo tipo di programma è quello che Gieseking eseguì
Georg Kulenkampff o J6zsef Szigeti. preferibilmente nel secondo decennio della sua carriera: 1) Bach e
Le testimonianze discografiche di questi anni sono molto poche, Scarlatti, o Bach e Beethoven, o Scarlatti e Beethoven; 2) Schubert
ma sono straordinariamente significative, soprattutto su un punto o Schumann o Brahms; 3) una novità, generalmente breve e di
assolutamente sorprendente: Gieseking era allora un grande e scarso impegno; 4) Debussy o Ravel o entrambi (qualche volta
modernissimo interprete di Chopin. L'incisione dello Studio op. 25 Scriabin). I meriti culturali, l'importanza dell'azione culturale
n. 1 è un modello di interpretazione, di valore storico; e per chi svolta da Gieseking tra il 1920 e il 1940 sono quindi evidenti:
tenesse troppo in conto le speciali caratteristiche dello Studio op. pochissima attenzione ai gusti del pubblico più reazionario; pre-
25 n. 1 è pronto un altro modello di interpretazione chopiniana di sentazione di un numero, per un pianista celebre, eccezionalmente
Gieseking: il Notturno op. 15 n. 2. E non c'è Chopin più Chopin di elevato di novità; imposizione definitiva, al pubblico borghese, di
quello del Notturno op. 15 n. 2! È dunque probabile che Gieseking Debussy e di Ravel. In effetti, se il pubblico considera oggi Debussy
lasciasse da parte Chopin non perché gli mancasse una «vocazione e Ravel alla stregua di «classici» del pianoforte buona parte del
chopiniana», ma perché le tiepide accoglienze riservate dal pub- merito è da attribuire a Gieseking. E a questo risultato contribui-
r
180 Gieseking 181
Rivoluzione e disfatta

rono, oltre a~'i_ntrinseco valore delle opere di Debussy e di Ravel, Gieseking, che fino al 1945 suona in Germania e nei paesi occupati
anche la ded1z10ne e la fede assoluta che il pianista tedesco ripo- militarmente. Gieseking racconta con intimo, cocente dolore, ma
neva e dimostrava di riporre nei due compositori francesi. Giese- con grande dignità gli incidenti di New York, e chiunque condivide
ki_ng, coscienzioso_ esecutore di molti compositori contemporanei, certamente il suo sdegno per i cartelli con scritto «Gieseking,
stimava sopra tuttl Debussy e Ravel perché essi soli avevano saputo l'amico di Hitler e di Goring» o «Gieseking suona la musica funebre
a suo giudizio riprendere nei tempi moderni il rapporto con la per sei milioni di ebrei»; ma spiace dover ricordare, e non solo per
natura (o Natura che scriver si voglia). Posizione quanto mai diffi- motivi politici o umanitari, che Gieseking si iscrisse al Partito
cile da precisare criticamente e che oggi sa un po' di luogo comune. Nazionalsocialista e che il suo nome poté essere utilizzato dalla
Ma qui importa far notare come le convinzioni di Gieseking con- propaganda hitleriana.
tagiassero e trascinassero un pubblico altrettanto restio ad accettare La rinuncia o il rifiuto di fare per Bart6k e Prokofiev, cioè per
Debussy e Ravel come ad accettare altri due bigs del pianismo del due artisti ideologicamente «impegnati», quel che aveva fatto e
No~ecento, Bart6k e Prokofiev. Gieseking fu l'apostolo di Debussy faceva per Debussy e Ravel,potrebbe essere l'indice di una dispo-
e d1 Ravel. I nomi di Bart6k e Prokofiev non compaiono invece nei sizione d'animo che consentiva con la reazione in campo politico e
suoi programmi, e questo è veramente il limite sul quale si chiude la che quindi era tendenzialmente incline a tollerare il nazismo: i
sua azione culturale. limiti dell'azione culturale svolta e l'insensibilità politica sarebbero
Dico ciò, naturalmente, senza pretendere di condannare Giese- in tal caso le due facce di un unico fenomeno; ma tutto ciò è da
king e neppure di sminuirne l'importanza nella storia della cultura. prospettare in via di ipotesi perché i documenti sui quali posso
Faccio invece una precisazione che mi impone la ricerca di una basarmi non sono affatto sufficienti e l'analisi delle esecuzioni; che
spiegazione. Gieseking rimase estraneo a due creatori come Bart6k farò poi e che mi porterà ad ipotesi analoghe, non è, da sola,
e Prokofiev forse per circostanze fortuite di cui non sono a cono- sufficiente neppur essa.
scenza o forse per scelta culturale e morale. Per uscire di perifrasi, il Nei primi due anni del dopoguerra, durante la proibizione di
rifiuto di Bart6k e Prokofiev può anche essere dipeso, in parte prodursi in pubblico, Gieseking fece registrazioni per la radio ed
almeno, dai rapporti di Gieseking con il nazismo, rapporti che insegnò nel conservatorio di Saarbri.icken. Riprese la vita del con-
causarono l'allontanamento dell'artista dalle sale di concerto per certista alla fine del 1947, ed in seguito suonò ripetutamente in
due anni dopo la guerra ed una clamorosa gazzarra al suo ritorno a tutto il mondo, anche in Sud America e in Giappone dove non era
New York nel 1949. mai stato. I programmi dei concerti del dopoguerra sono quelli di
L'atteggiamento degli artisti verso il fascismo e il nazismo credo un artista che si sofferma solo più sugli autori e sulle opere a lui più
non va più oggi visto solo in termini politici, ma anche di scelt~ care: ancora Bach (specie le Partite), alcune Sonate di Scarlatti,
culturale. Il comportamento di Cortot, che assume cariche ufficiali alcune Sonate di Beethoven (specie l'op. 13, l'op. 31 n. 2, l'op. 109,
nella repubblica di Vichy, e il comportamento di Rubinstein, che l'op. 110), qualcosa di Schubert, Chopin, Liszt, Brahms, parecchi
restituisce la commenda della Corona d'Italia, sono anche lo spec- Concerti di Mozart, molto di Schumann, Debussy e Ravel. Del suo
chio, rispettivamente, di una concezione aristocratica e di una vecchio repertorio contemporaneo eseguì rarissimamente la Partita
concezione popolare dell'arte. C'è una sfumatura diversa, anche di Casella e Notti nei giardini di Spagna di Falla; non riprese più, di
culturale, tra il tedesco Backhaus che lascia volontariamente la norma, le musiche di Scriabin; di nuove composizioni importanti
Germania, l'ebreo austriaco Schnabel che ne viene cacciato, lo eseguì solo i Quattro temperamenti di Hindemith. Gieseking ebbe
svizzero Fischer che vi risiede fino al 1942. E c'è una radicale un grave incidente d'auto, nel quale perì la moglie, il 2 dicembre
differenza culturale tra Bart6k, che affronta a quasi sessant'anni i 1955. Guarito, suonò ancora negli Stati Uniti, in Svizzera, in Ger-
rischi dell'emigrazione per non vivere in un'Europa nazificata, e mania. Nell'ottobre del 1956 era a Londra per incisioni fonografi-
I
182 Rivoluzione e disfatta Gieseking 183

che (voleva completare la serie delle Sonate di Beethoven). Il 23 ultima, come veicolo della musica e non come punto di partenza sul
ottobre si sentì male e fu operato. Morì il 26 ottobre. quale la musica andasse adattata. Nell'unica revisione di un testo
Affermandosi nel momento in cui s'affermava il neoclassicismo classico che Gieseking ci abbia lasciato, quella degli Improvvisi e
Gieseking fu, stilisticamente, pianista neoclassico. Neoclassicismo dei Momenti musicali di Schubert, la diteggiatura suggerita è sem-
che significa rispetto del testo, adozione delle edizioni filologica- pre compostissima e tradizionale. Quando Gieseking propone una
mente più sicure, ripudio degli sbrigativi sistemi in uso alla fine novità la propone per una ragione musicale, non per agevolare
dell'Ottocento («Al Professore concertista è concesso di apportare, l'esecuzione. Per esempio, all'inizio dell'Improvviso op. 90 n. 4
per la sua interpretazione, alterazioni al testo, che un fine accorgi- Gieseking adotta una diteggiatura insolita, ma dice: «Il revisore
mento artistico, non disgiunto da discrezione sapiente, saprà op- ritiene che l'esecuzione uguale e perlata dei sedicesimi sia più facile
portunamente suggerirgli», come diceva candidamente il nostro se si evita l'impiego del pollice». Il passo, con la diteggiatura di
onestissimo Beniamino Cesi nella Prefazione del suo celeberrimo Gieseking, non è più facile meccanicamente (anzi, è più difficile,
Metodo), rifiuto dei sistemi accomodanti di chi, rispettando gene- meccanicamente), ma è più facile in rapporto con la sonorità, per-
ralmente le note, si concedeva ancora licenze con i segni di fraseg- lata, da cavare dallo strumento. Mi sembra che questo fosse il
gio e d'espressione o introduceva piccoli ritocchi della scrittura principio di diteggiatura al quale obbediva Gieseking, che riusciva
strumentale. In questo senso, credo, va intesa la «spersonalizza- sempre a risolvere il problema tecnico-musicale della sonorità e non
zione» dell'interpretazione per cui Gieseking fu molto lodato, sempre il problema tecnico-meccanico del movimento delle dita,
specie nel primo decennio della sua carriera: spersonalizzazione, ma che non cercava per questo il trucco capace di mascherare una
esclusivamente, come adesione a ciò che è scritto. momentanea inesattezza.
Adesione, e questo è un punto importante, anche nei casi in cui Le indicazioni dei testi a cui Gieseking non si adegua sempre
l'esecuzione di ciò che è scritto non esclude il rischio dell'incertezza sono quelle per il pedale di risonanza. Questa è del resto la posi-
e dell'inesattezza. Ho già detto che Gieseking non era un grande zione culturale di tutti i pianisti della sua e della precedente gene-
virtuoso: avrebbe potuto evitarsi qualche precipitazione, qualche razione, con l'eccezione, tra i maggiori, del solo Schnabel. L' osser-
«sporcizia», e probabilmente qualche patema d'animo con modi- vazione che faccio vale prima di tutto per Beethoven. Ma, mentre
ficazioni della scrittura (quelle che i pianisti chiamano «trucchi» e la questione del pedale di risonanza in Beethoven ha preoccupato e
svelano solo agli allievi fidatissimi), inavvertibili alla grande mag- preoccupa anche i maggiori interpreti beethoveniani, stupisce il
gioranza degli ascoltatori. Gieseking modifica un paio di passi nel fatto che Gieseking non si sentisse vincolato dalle indicazioni di
Concerto in mi bemolle maggiore di Liszt, ed è tutto: non partecipa pedale di Debussy e di Ravel. Per Beethoven resta il dubbio della
assolutamente all'orgia del trucco in cui si gettarono altri pianisti diversità tra pianoforte del principio dell'Ottocento e pianoforte
del suo tempo. moderno; nel caso di Debussy e di Ravel, compositori che scrive-
Nella ricerca del trucco, quando non si trattava di una volgare vano per il pianoforte moderno, non dovrebbero invece sussistere
mistificazione ai danni dell'ascoltatore, giocava soprattutto la con- dubbi ragionevoli sulle indicazioni di pedale. Ora, si ascoltino ad
cezione estetizzante del prodotto esecutivo perfettamente levigato esempio le spezzature di pedale di Gieseking alla fine di Voiles di
nella sua apparenza. In Gieseking, malgrado la cura della bella Debussy e di Jeux d'eau di Ravel. In questo caso il pensiero di
sonorità, non esistevano preoccupazioni estetizzanti. La bellezza Gieseking diventa intellettualistico: le indicazioni originali di pe-
del suono, che egli raccomanda più volte, non significava in realtà dale non vengono rispettate in omaggio ad un'astratta chiarezza
la ricerca di una sonorità che di per sé si imponesse, edonistica- sonora che scavalca ed annulla qualsiasi volontà dell'autore. Ci
mente, all'ascoltatore; la sonorità - come si può anche vedere troviamo cioè ancora in una posizione simile a quella degli inter-
chiaramente nel sistema di studio di Gieseking - veniva per preti dell'Ottocento che correggevano certi accordi di Beethoven o
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di Chopin perché non giustificabili secondo una pretesa «scienza» Gieseking realizzasse o no tutti i ritornelli; nell'incisione non li
dell'armonia. Il principio di chiarezza a cui Gieseking obbedisce è realizza, e con ciò altera la forma complessiva, anche se rende
un qualcosa che trascende la volontà df:gli autori, o è un limite che ali' ascoltatore tutte le note scritte da Bach. A parte i ritornelli, però,
neppure la volontà dell'autore può, in'nessun caso, valicare. Ciò, sono i tempi, in questa esecuzione di Gieseking, che sembrano
ovviamente, non esclude che Gieseking sapesse pedalizzare in sempre un poco affrettati. Si direbbe che ci sia nell'interprete un
modo mirabile, e spesso veramente geniale, in tutti i vastissimi timore di annoiare il pubblico e forse il timore di rendere Bach
tratti nei quali il compositore lascia l'uso del pedale alla discrezione troppo espressivo. Certo è però che, accanto alla chiarezza del
dell'interprete. Basta ricordare, per citare musiche molto lontane discorso e alla scioltezza della ritmica (che non ha nulla della rigida
tra di loro, il secondo tempo del Concerto italiano di Bach, l'Adagio secchezza scolastica tanto cara ai didatti dell'inizio del secolo),
della Sonata op. 2 n. 3 di Beethoven, la Berceuse di Chopin, la l'esposizione del contenuto musicale manca di sottolineature, di
Vallée des cloches di Ravel. varietà di toni, di retorica, intendendo la retorica come arte del ben
Un altro aspetto_ del neoclassicismo di Gieseking consiste nel dire. Stranamente, assai più libero è il fraseggio della Suite in mi
ripudio delle trascrizioni di Bach e Scarlatti. Il ritorno ai testi maggiore di Handel; forse, qui Gieseking non doveva temere il
autentici di Bach e Scarlatti non avviene però solo per amore delle confronto con un'immagine tradizionale del compositore ed era
musiche obliate o manomesse (il repertorio concertistico bachiano quindi meno condizionato da fattori esterni. Certamente, il suo
e scarlattiano di Gieseking era abbastanza ristretto). Bach e Scar- Handel appare meno legato ad un momento di rottura e di trapasso
latti sono invece, per Gieseking, una scuola in cui si possono da una cultura tardoromantica ad una cultura neoclassica, mentre il
imparare modi di creare sonorità pianistiche inusitate. A Tausig, suo Bach ha soprattutto il valore .di una proposta che sconvolge la
come risulta chiaramente dalle sue trascrizioni, interessava ritrova- tradizione. Dove Gieseking ci appare veramente libero da ogni
re in Scarlatti quel che Mendelssohn o Chopin vi avevano scorto; a condizionamento è però in Scarlatti. La timbrica variegatissima, per
Gieseking interessava ritrovare quel che poteva avervi scorto De- la quale egli andava famoso, qui gli serve per mettere a fuoc?, su
bussy. Si ascoltino le Sonate L 23 o L 413 o L 443; non più sonorità piani prospettici diversi, le linee portanti del discorso scarlattiano,
morbide e calde, non più una dolcissima cantabilità, non più flauti nel quale egli sente sempre, e intende far sentire, la tendenza alla
e viole e corni in lontananza, ma una sonorità o limpida o prurigi- spazialità delle fonti sonore. Una cantabilità che gioca sul fraseggio
nosa, suoni di cristallo come in vecchi carillons e suoni asprigni di e non su suggestioni vocalistiche, un virtuosismo che si sfoga in
mandolini, una cantabilità elegante ma senza affettuosità senti- gioiosa esuberanza senza diventare mai meccanico compl<:tano la
mentale. Sono, questi, l'ambito espressivo e il mondo sonoro in cui lezione scarlattiana di Gieseking, evidentemente legata a filo dop-
il Debussy della Suite bergamasque rivive il Settecento e sono pio alla sua concezione dei simbolisti francesi. Si paragoni~o le
queste le dimensioni in cui, secondo Gieseking, si collocano i esecuzioni di Gieseking e di Lipatti della celebre Sonata m re
compositori settecenteschi. minore L 413: Lipatti (di ventidue anni più giovane di Gieseking)
Naturalmente, Gieseking, rifiutando le trascrizioni da Bach e la indulge ancora lievemente, nostalgicamente, ad un fraseggio all~
sonorità bachiana elaborata dai pianisti dell'Ottocento (cioè, im- Tausig. Gieseking ha creato un fraseggio interamente nuovo. S1
plicitamente, la romanticizzazione di Bach), non predilige il Bach paragonino le esecuzioni di Gieseking e di Casadesus della Sonata
clavicordistico ma il Bach clavicembalistico, non predilige il Bach in re maggiore L 424: Gieseking è brillante e virtuosistico, ma non
contrappuntistico ma il Bach galante: nei suoi programmi non astrattamente impeccabile, mentre Casadesus fila con la sicurezza
compaiono quindi né i Preludi e fughe né le Toccate, ma le Suites e impersonale e impassibile del prestigiatore. . ....
le Partite. Per avere un'idea dello stile di esecuzione di Gieseking Lo Scarlatti e il Bach di Gieseking, pur essendo raz10nalist1c1,
ascoltiamo la Partita n. 6 di Bach. Non ricordo se in pubblico pittorici, a-romantici, non sono però così rigorosamente asciutti
r
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come quelli di altri interpreti neoclassici. Anche in Scarlatti e in rispecchia a rovescio tutto il secolo; ma C?ie_se~ng ri~sce a porre in
Bach, in certe minime ma frequenti inflessioni del fraseggio, com- evidenza il fatto, di cui molto spesso c1 s1 d1ment1ca, che ~nche
pare quello che secondo me è il carattere fondamentale della Mendelssohn appartiene al Romanticismo e non _al sal~tto B1eder-
personalità di Gieseking: la malinconia. meier. Se ascoltiamo in particolare le Barcarole c1 rendiamo conto
Gieseking tende spesso a mantenere in un clima di generale di quanto penetrante, di quanto_st~ricamente acuta f?,ss~!a le~tu_ra
malinconia anche pagine molto vaste: nella sua interpretazione del di Gieseking. Altro che passeggiatine sulla laguna: c e gia all oriz-
Concerto in sol maggiore di Beethoven, ad esempio, la malinconia zonte lo spettro della Lugubre gondola di Liszt! .
è il tono sentimentale di fondo, dal quale l'interprete si allontana L'altra insuperabile lezione Gieseking ce la dà nella scelta de~
appena lievemente in qualche momento dell'ultimo tempo. A volte Pezzi lirici di Grieg. Dire che Gieseking inte_rp~eti perfettamente 1
Gieseking riesce veramente affascinante, e sarei tentato di dire Pezzi lirici è dire ancor troppo poco: egh li affro°:ta con u:1~
insuperabile, nell'espressione della malinconia: così nelle Varia- simpatia, con un amore trepido, che non esclud~no pero la cap~clt~
:doni sinfoniche, di Franck, sia nella versione diretta da Henry di giudizio, che non inducono a cercar truc~h1 per far_ a~panre 1
Wood, che è del 1933, sia in una esecuzione del 1940 ad Amster- pezzi interpretati più ?elli e _più storicau:iente 1mport~nti d1 quant~
dam, con Willem Mengelberg sul podio: esecuzione in cui, sia detto non siano. Per esemp10, un interprete d1 Debussy e d1 Ravel qu~I e
senza paradosso, l'inquietudine morale dei «collaborazionisti» Gieseking sa escludere in Grieg qualsiasi ric~rso alla pa~et~a tim-
Gieseking e Mengelberg acquista dimensioni da crepuscolo degli brica dell'impressionismo, a meno che la musica non lo ~1ch1ed~; e
dei. In questi casi Gieseking non teme neppure di apparire senti- siccome nella scelta di trentuno Pezzi lirici l'esigenza d1 una tim-
mentale, né di adottare un fraseggio molto minuto ed una larghis- brica più ricca capita una volta sola, in Folletto op. 71 n .. 3,
sima elasticità nella scansione ritmica, che di solito non si concede. Gieseking sfodera solo una volta le magie illusio_nistiche di cm è
Gieseking riesce superbamente nelle pagine in cui si manifesta la capace: certo che i si bemolle_ i~ l~nt~nan~a d~ ~alletto fanno
malinconia dell'ultimo romanticismo e del decadentismo: in sobbalzare l'ascoltatore! Altra virtu d1 G1eseking e d1 ~on ma~che-
Franck e in Grieg (nel Concerto, ma soprattutto nei Pezzi lirici, rare il sentimentalismo di Grieg quando si presenta: s1 ascolti_ pe~
come dirò poi), negli Intermezzi di Brahms, in alcuni Preludi di esempio il modo sospirato e rott~ con_~ui vie~e detta I~ m~lod1~ d1
Debussy, nella Pavane pour une in/ante dé/unte e in Ondine di Ai tuoi piedi (pezzo emblemati~~ gia nel_ titol~). Ne G~e.s~ki~~
Ravel, in due Lieder di Richard Strauss da lui trascritti. Altrettanto cerca di rendere meno monotoni 1 procedimenti compos1~1v1 ~m
memorabili sono le letture di pezzi intimisti romantici: tra le sue più manierati (come la continua ripetizione variata delle semifras~ o
alte realizzazioni sono le esecuzioni di brevi composizioni di Schu- l'eterna struttura tripartita). Ma la maggior raffinatezza, la magg10r
bert, Schumann, Chopin, e di diciassette Romanze senza parole di perfezione consiste nella voluta imperfezione tecnica dei passi ec-
Mendelssohn. cedenti la media difficoltà. . ,
In Mendelssohn Gieseking cerca di scoprire che cosa si celi sotto Qui Gieseking coglie veramente un aspetto e_ssenz1al~ cieli emo-
quell'apparente serenità, sotto quella calma felice, sotto quell'o- tività di Grieg e il senso del suo rapporto con il pubbli~o del s1;10
limpico dominio dei sentimenti e della materia sonora. E il Men- tempo. I Pezzi lirici furono tra le pagine più e~eguite, nei decenni a
delssohn rivelato da Gieseking è ben altro da ciò che di solito ci cavallo tra i due secoli, da tutti coloro (spec1almen~e ~onne) che
immaginiamo: è un artista nel quale lo spleen romantico si colora di suonavano il pianoforte per loro diletto. I dil~t~anti: s1 s~, sp~ss~
tinte fosche e nel quale affiorano un pessimismo che preannuncia suonano benissimo, ma incontrano sempre difficolta 1:3-e1 passi d1
Chopin, un senso della sconfitta che si ricollega a Brahms, una agilità e nei ritmi appena _appena 1;1n poco cor_npl_es~1, ~d allora
dissoluzione della forma che si attuerà nell'ultimo Liszt. Non dico affannano e riescono a venirne fuori con esecuz10m ritm1ca~e.nte
che Mendelssohn diventi improvvisamente il veggente in cui si approssimative, traballanti. Ora, i superstiti rulli di pianola inc1s1 da
f !

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Gieseking 189
Grieg in persona ci dimostrano che anche Grieg suonava come un
Ravel dove non di rado due tipi di sonorità vengono prodotti nella
dilettante: pianista di un gusto squisito, ma soggetto anche lui a
stessa'zona della tastiera anziché in zone diverse (c'è una variante,
tutti gli affanni di chi non sa muoversi con pieno dominio di sé
con un'attenuazione abbastanza sensibile del peso sonoro della
quando procede ad alta velocità. Proprio queste caratteristiche di
melodia che Gieseking usa specialmente in Debussy).
Grieg pianista spiegano in parte il suo enorme successo presso il
Ciò che dico, s'intende, è una grossolana descrizione di e~ecu:
pubblico dei dilettanti: l'emozione che nasce dal passo, dal mo-
zioni che vanno ascoltate e nelle quali s'incontrano minute vanantl
mento rischioso non è «aggiunta» alla musica, non le è estranea
nei tipi e nei rapporti di sonorità, e così mutevoli e geniali ~~ la~ciar
(come accade invece se il pianista si emoziona in Chopin o in Liszt)
talvolta increduli rispetto alla resa del fonografo. Ho g1a citato
ma fa parte della musica, fa parte del ritmo segreto che no~
Folletto di Grieg: citerò un altro caso. Alla fine di Des pas ~urla
corrisponde al ritmo scritto. Gieseking sa sempre cavar fuori il
neige di Debussy Gieseking realizza un incredibile effetto di lon-
ritmo segreto, la respirazione affannosa: si ascolti con quanta im-
tananza, quasi di eco, che sembrerebbe dovuto ad un trucco del-
precisione vengano realizzate le piccole sovrapposizioni poliritmi-
l'incisione; ci vuole l'audizione della prima versione, sul non truc-
che, i suoni ribattuti, gli arpeggi del celebre In primavera, o quanto
cabile disco a 78 giri, per convincere che l'incisione non mente.
s~~ confus~, pa_sticciata la parte centrale di Ritorno al paese. E tutto
c10 senza 1roma, ma con la tranquilla obbiettività di chi legge il L'interpretazione di Debussy e di Ravel ~n_vita l'a~col~ator~ a
cercare di meglio individuare la posizion~ spmtua~e di G1ese_ki_ng
pas~ato per conoscerlo, non per esaltarlo o per distruggerlo. La
nel mondo moderno. Gieseking, come dicevo, puo esser definito
testimonianza di Gieseking sulle piccole pagine dell'Ottocento
interprete neoclassico, ma solo nel senso che _egli accoglie le esi-
minore non verrà facilmente rinnovata: perché, almeno oggi, ten-
dono a prevalere nell'interprete l'ironia o il gusto ostentato del genze neoclassiche di un nuovo rapporto tra interprete e a;1t~re.
Kitsch. Spiritualmente, invece, egli sembra non esser~ ~n~ato olt~e ~ sim-
bolismo. Grande interprete delle composlZlom antenon alla
Le audizioni dello Schlummerlied di Schumann o della Prima-
Grande Guerra, Gieseking non riesce altrettanto felicemente n~gli
vera di Mendelssohn bastano da sole a dar ragione di come Giese-
Studi di Debussy o nel Tombeau de Couperin di Ravel. La predile-
kin~. ~p?stasse la re~lizzazione della scrittura pianistica tipica
zione per Debussy e Ravel e le giustificazioni critiche di que~ta
dell mt1?11sn_:io romantico e postromantico. La parte superiore, la
predilezione si inseriscono in realtà chiarissima,me?te nelle teonz-
«melodia», e cantata con un suono molto pieno e di lunga riso-
zazioni dell'Art Nouveau sulla consonanza dell artista con le forze
nanza; la parte inferiore (che qualche trattatista tedesco chiama
della natura, e mi sembra che a Gieseking i due compositori fran-
non inopportunamente, «seconda melodia») ha una sonorità di
cesi comincino a diventare meno congeniali là dove non sono
minor durata ma ancora cantabile; la parte di mezzo è molto
riconducibili ad un certo ambito storico-culturale. Anche questa
leggera, con un suono breve, arpistico, sul quale pare addirittura
non influire il pedale di risonanza (che, viceversa, è ampiamente· volta, però, non posso andare con sicur~zza ?~tre _le m!e impressioni
impiegato). · e non potrei contrapporre altro che un analisi mmuz~osa - e p~re
non conclusiva - a chi si dichiarasse del tutto soddisfatto dell in-
Ciò riguarda, in astratto, un problema fondamentale che tutti i
terpretazione del Tombeau. Solo altri documenti biografici, molto
pianisti debbono risolvere. In concreto, però, il rapporto trovato da
più numerosi di quelli per ora noti, potrebbero perm:ttere, me-
Gieseking è quasi miracoloso: la chiarezza - la chiarezza che è il
diante una più approfondita conoscenza della formaz10ne e del
pregio sommo e il limite dello stile di Gieseking - è tale che
pensiero di Gieseking, di dare una precisa giustificazione a quanto
l'audizione, sotto questo aspetto, equivale alla lettura sulla carta:
mi sembra di intuire.
t~tto è p_e~fe~tamente percepibile. Questo personalissimo rapporto
di sononta viene mantenuto da Gieseking anche in Debussy e in Non si potrebbe però neppure definire Gies~kin,g c?m~ appar-
tenente in tutto al simbolismo, così come non s1 puo dirlo m tutto
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Rivoluzione e disfatta • Gieseking 191

neoclassico. Gieseking resta sempre l'interprete dei sentimenti di- invece rivoluzionaria. L'aspetto più evidente è l'atteggiamento an-
retti, non dei sentimenti riflessi: sa cogliere, in qualunque autore la tivirtuosistico di Gieseking, l'atteggiamento antivirtuosistico che,
trovi, una malinconia senza angoscia, sa cogliere il senso degli proprio per la mancanza di finitezza tecnica, rappresentava una
affetti intimi, può persino accettare i robusti slanci di eroismo di fondamentale svolta storica nell'interpretazione mozartiana perché
Beethoven (Concerto in mi bemolle maggiore). Ma l'eroismo vel- recuperava un aspetto originario del pianoforte di ~ozart, la d~-
leitario, gli impossibili sogni di gloria di Brahms, ad esempio, già lo stinazione al pubblico dei dilettanti e dei loro colti ascoltatori.
mettono a disagio: la sua interpretazione della Rapsodia op. 119 Gieseking coglieva per l'appunto questa dimensione, per tanti anni
n. 4 è, per un artista della sua levatura, quasi grottesca, e la parte rimasta dimenticata e ignorata, dell'arte pianistica mozartiana,
centrale dell'Intermezzo op. 118 n. 6 è condotta con una seriosità guidando così l'interpretazione di M~zart in una svol~a decisiva.
che non sfiora neppure la vertiginosa allucinazione brahmsiana. Lo L'interpretazione delle opere per pianoforte solo di Mozart apre
stesso discorso andrebbe fatto per l'umorismo di Beethoven e per un discorso più ampio. Gieseking aveva intenzione di incidere tutte
lo spirito caricaturale di Debussy. È sorprendente, ad esempio, la le Sonate di Beethoven ed aveva nei suoi progetti l'incisione delle
tranquilla compostezza con cui Gieseking affronta il finale del Sonate di Schubert. La sua idea, penso, era di offrire un'interpre-
Concetto in do maggiore di Beethoven, in contrasto con il mali- tazione globale del classicismo viennese (avreb~_e poi pens~to an:
zioso umorismo che il direttore van Karajan vede nella pagina e fa che a Haydn?), forse in tacito disaccordo con 1 mterpretaz10ne di
realizzare all'orchestra. Ed è sorprendente la rigidezza del fraseggio Schnabel. La serie delle Sonate di Beethoven è stata comunque
in brani come la Sérénade interrompue o Générale Lavine-eccentric completata con registrazioni radiofoniche, e la collocazione dello
di Debussy. Semmai è l'umorismo di Schumann (nei Davidsbund- stile di Gieseking nella storia dell'interpretazione di Beethoven
lertiinze, ad esempio) che viene accettato da Gieseking senza riser- riesce comprensibile; non si capisce invece bene la posizi~ne ideo-
ve: l'umorismo che nasce da un profondo rapporto affettivo con il logica che Gieseking intendeva attribuire a Beethoven. E inv~ce
mondo circostante, l'umorismo del giovane scalmanato Schumann molto grave che nella discografia di Gieseking lo Schubert sonatista
già votato a rientrare nell'alveo delle tradizioni e ad accettare sia rappresentato solo dall'op. 78. S~ avessimo ~lme~o o~to o nove
l'ideologia borghese. C'è un fondo di spirito Biedermeier in Gie- Sonate di Schubert potremmo capire come Gieseking intendeva
seking, di amore per la sana quotidianeità della vita, per l'ordine,
interpretare una civiltà: la mancanz_a di S~h~be!t ~i im~edisce di
per l'operosità; spirito Biedermeier che, frustrato nelle sue aspira-
cogliere quella sintesi che era nelle mtenz10m ~h Gieseking, _e che
zioni, si rovescia in malinconia, in pessimismo immanente. E qui si
costituiva in realtà l'aspetto geniale della sua idea, ancora rivolu-
pone il discorso di Gieseking sul ribelle Mozart.
zionaria per i suoi tempi e non ben matura nemmeno oggi.
Quando morì, Gieseking stava per completare l'incisione in Come ho già detto parlando di Schnabel, interpretare l'opera
disco delle Sonate di Beethoven 1; fino a quel momento aveva
completa o gran parte dell'opera completa di Mozart, Beeth_oven_e
inciso l'opera omnia per pianoforte solo di Debussy, Ravel, e
Schubert significa interpretare, attraverso un frammento di stona
Mozart. Delle interpretazioni mozartiane di Gieseking si discusse
della letteratura pianistica, la civiltà di Vienna dall'era di Giusep-
molto quando furono pubblicate tra il 1950 e il 1955. I dischi pe II all'era di Metternich, dall'illuminismo alla restaurazione, dalla
mozartiani non accontentarono interamente alcun critico, e non si nascita alla morte di idealità che investivano la società tutta, il
potrebbe dire che accontentino del tutto oggi; ma c'è in essi una
rapporto tra il musicista e la società, il rap~orto _tra il_ musi~ista ~ il
novità di fondo, che non fu riconosciuta nel 1955 e che appare
suo operare. Questo gigantesco sforzo di sintesi ~tanca _Giesekin~
1 non poté condurlo a termine, e noi possiamo solo immaginare quali
Gieseking aveva registrato nel 1949-50 tutte le Sonate di Beethoven per la esiti avrebbe dato.
Radio di Saarbri.icken; la registrazione non è stata fino ad oggi pubblicata.
Riconducendo Mozart all'ambito di un rapporto tra il composi-
192 Rivoluzione e disfatta Gieseking 193

tore e il pubblico dei colti dilettanti, Gieseking schiva gli aspetti non eccelso, un interprete che illumina potentemente i testi e un
dirompenti e demoniaci dell'arte di Mozart. Questa visio- interprete che li espone con abilità. Conclusione che sarebbe sba-
ne, mi pare, viene continuata e approfondita nell'interpretazione gliata: bisogna invece dire che Gieseking, grande ma neppure
delle Sonate di Beethoven: nell'interpretazione beethoveniana di eccelso pianista, appartiene al ristrettissimo numero di coloro che,
Gieseking gli aspetti più rivoluzionari non vengono messi in evi- come diceva Ferruccio Busoni, non scelgono alcuni pezzi per pre-
denza, gli aspetti drammatici non sono sottolineati ma attenuati, sentare se stessi, ma presentano agli altri la letteratura musicale, e in
guardati con una misura confinante con lo scetticismo. C'è per ogni una misura tale e con tale forza di sintesi da diventare giudici del
dove un senso di malinconia, di gentilezza, di rinuncia, un ripie- proprio tempo. Il monito di Gieseking sembra esser quello del
garsi su di sé, quasi considerando illusoria la beethoveniana cer- poema che ispirò Ondine a Ravel:
tezza che la realtà storica possa essere cambiata. E l'interpretazione
delle Sonate di Schubert si sarebbe prestata a concludere logica- mi supplicò di ricevere
mente questa parabola, questo senso della sconfitta finale che, nel dito il suo anello per esser sposo d'una
Ondina, e di visitare con lei il suo palazzo per essere
retrospettivamente, potrebbe già incombere sulle opere eversive di re dei laghi.
Mozart. Ma siccome rispondevo che amavo una mortale ...
All'opposto di Schnabel, che nella Vienna classica vede il mito
profetico dell'umanità nuova, Gieseking sembra vedervi la storia di O, più indietro ancora, in quell'anno 1824 in cui Beethoven
una disfatta, da cui nasce, unico mondo possibile, il mondo di terminava la Nona Sinfonia, possiamo trovare nel Dialogo di Fe-
Mendelssohn destinato a sua volta a dissolversi. Si può supporre derico Ruysch e delle sue mummie di Leopardi la verità profonda in
che dopo il 1945 Gieseking identificasse la Vienna tra i secoli XVIII cui Gieseking credeva. O ancora più indietro, nella Melancholie di

I
e XIX con la Germania da Bismarck a Hitler e la Germania del Diirer...
Vormarz con la Germania federale, e che alla base della sua inter-
pretazione, come dell'interpretazione di Schnabel, giocasse un
transfert inconscio. E tuttavia ameremmo molto di poter vedere
com'egli avrebbe realizzato le sue convinzioni, come avrebbe lega-
to la Sonata in la minore di Mozart all'op. 42 di Schubert, come
avrebbe legato Schubert a Mendelssohn, come avrebbe magari
reinterpretato, alla luce di Mendelssohn, lo stesso Bach del Clavi-
cembalo ben temperato 2 • ·

È una verifica impossibile, purtroppo. Una lacunosa documen-


tazione sonora e la mancanza di una biografia critica e del-
1' epistolario ci impediscono di valutare nella sua interezza la figura
di Gieseking. La logica interiore dell'arte interpretativa di Giese-
king non si delinea con la chiarezza che vorremmo trovarvi, e siamo
allora indotti a distinguere un Gieseking eccelso e un Gieseking

2
Gieseking registrò il Clavicembalo ben temperato nel 1950, prima di aver
riletto in modo straordinariamente nuovo la scelta delle Romanze senza parole
di Mendelssohn.
Casadesus 195

CLASSICISMO E IPERCLASSICISMO no: indispensable dans un salon», scriveva Flaubert nelDi:donario


dei luoghi comuni: figuriamoci un po' quante fanciulle appoggias-
sero vezzosi avambracci sulla barra principale del Guidamani!
Il Guidamani aveva questo di notevole: chi non era tagliato per
suonare il pianoforte non se ne liberava più per tutta l'esistenza, e
chi era nato pianista poteva gettarlo via dopo pochi mesi. In
Francia l'insegnamento privato puntò forte sul Guidamani /or ever,
ma l'insegnamento pubblico puntò sui grandi talenti naturali, la-
vorati e licenziati a tempo di record. Alla fine del secolo il Guida-
mani non si usava più, ma il sistema addestrativo iniziato con il
Guidamani era giunto al massimo della perfezione. Casadesus,
La tradizione francese della clarté, dell'esprit géométrique, del ri- allievo di Diémer, vinse il primo premio del conservatorio nel 1913,
gore razionalistico disposto a delimitare e incanalare la realtà mul- a quattordici anni, ed iniziò la carriera alla fine della guerra. .
tiforme per meglio dominarla, vale anche per il pianoforte: i pia- Se fosse stato un pianista di ... medio calibro avrebbe potuto farsi
nisti francesi suonano netto, suonano frastagliato, rinunciano alle tranquillamente le sue piazze di provincia per arrivare a tempo
grandi masse di suono, diffidano del pedale di risonanza, detestano debito a Parigi. Ma essendo potenzialmente un grande pianista, ed
l'espressione troppo diretta, tendono a considerare il pianoforte, essendo un pianista di tradizione, capì subito quanto l'orizzonte
quasi in modo etimologico, come un «gravicembalo col piano, e francese fosse chiuso da un gigante che la tradizione l'aveva rivo-
forte». Oggi questa tradizione non è più così dominante come un luzionata, Alfred Cortot. Casadesus andò così, potremmo dire, a
tempo, perché già Cortot la mise in crisi e perché i giovani non si fare il pianista francese negli Stati Uniti d'America, mentre due altri
sentono più tanto sicuri della grandeur della déesse France e gettano grandi pianisti, Robert Lortat e Yves Nat, che restarono in Francia,
occhiate golose verso la corposa brillantezza degli americani. Ma finirono schiacciati dall'ombra di Cortot.
fino alla fine dell'Ottocento i dettami del patriarca Antoine La carriera di Casadesus lievitò in America e in America egli fu
François Marmontel - il goitt distingué, gusto aristocratico, e la sempre più famoso che non in Europa, dove suonò tuttavia rego-
netteté irreprochable, irreprensibile precisione - eran leggi da cui larmente e dove ottenne successi senza passar mai nel recinto dei
non si sgarrava. E Robert Casadesus, nato il 7 aprile 1899, fu mostri sacri. Attivissimo, anche in duo con la moglie Gaby e con il
l'ultimo pianista francese di fama mondiale che rimanesse ferma- violinista Zina Francescatti, anche come compositore, anche come
mente inserito dentro una linea iniziata dal tedesco francesizzato insegnante del Conservatorio Americano di Fontainebleau, Casa-
Friedrich Kalkbrenner e proseguita da Camille Saint-Saens, da desus percorse in continuazione l'Europa e l'America prima e dopo
Francis Planté, da Louis Diémer, da Raoul Pugno. Kalkbrenner la seconda guerra mondiale, fino alla morte, il 19 settembre 1972.
aveva messo a punto una semplice macchinetta, il Guidamani, con Grande pianista di tradizione francese, Casadesus fu soprattutto
la quale allenava i movimenti articolatori delle dita (le nocche) e un grandissimo interprete dei lavori in cui raccoglieva direttamente
della mano (il polso) con braccio immobile. «Non si deve suonare l'eredità del suo maestro Diémer: nei Concerti di Saint-Saens, nelle
tutto di polso, come vorrebbe Kalkbrenner», scriveva Chopin negli Variazioni sinfoniche di Franck, nella Sinfonia su un canto mon-
appunti per un Metodo che non terminò mai. Furono però le regole tanaro francese di d'Indy, in Chabrier, nei clavicembalisti francesi;
di Kalkbrenner, non le controregole di Chopin, quelle che domi- in alcuni Concerti di Mozart, nei Concerti di Beethoven, nel Con-
narono il campo della didattica e che illuminarono i laboriosi certstuck di Weber ripropose il meglio che la tradizione francese
addestramenti delle schiere francesi di pianisti e di pianiste. «Pia- aveva saputo scoprire interpretando la cultura tedesca. Fu anche
Kempff 197
196 Classicismo e iperclassicismo
filologiche sui testi, le ricerche filologiche sugli strumenti, continua
interprete impegnatissimo di Debussy e di Ravel, ma qui il suo a vedere il pianoforte moderno in una luce di mistica adorazione.
atteggiamento sostanzialmente conservatore lo portò ad una con- Mi capitò una volta di fare un'intervista a Wilhelm Kempff, che
cezione che a molti critici parve riduttiva; con una eccezione: il stava eseguendo a Roma - nel 1967 - il ciclo delle trentadue
Concerto per la mano sinistra di Ravel, di cui Casadesus ci ha Sonate di Beethoven. Alla domanda «Lei ha pratica di pianoforti
lasciato un'esecuzione di una trasparenza virtuosistica impressio- del tempo di Beethoven?» Kempff rispose: «S1, nella collezione
nante. degli strumenti musicali di Berlino~ di Vie~na e n~lla Be_et!10ven:
Per capire Casadesus, e per amarlo in ciò che ha di più personale, haus di Bonn. Povero Beethoven! Ricordo c10 che disse nei riguardi
basta ascoltarlo in due dei suoi cavalli di battaglia, le Variazioni di Schuppanzig: "Costui crede forse che io pensi al suo misero
sinfoniche di Franck e il Concertstuck di Weber. Pochi pianisti violino, quando lo spirito mi parla?". Nel 1967 si potevano gi~
hanno avuto dita così scattanti e sicure nel finale del Concertstuck o trovare in disco esecuzioni di Sonate di Beethoven su strumenti
in certi episodi delle Variazioni sinfoniche, ma pochi hanno saputo appartenuti a Beethoven o coevi e Paul Mies aveva gi~ posto
inserire con pari equilibrio, in tutto l'insieme, i dolenti inizi di criticamente il nuovo problema, quello dell'Urton (suo ongmale)
entrambi i lavori perché, in altre parole, il virtuosismo da presti- che andava ad aggiungersi al già affrontato problema dell'Urtext
giatore non arriva come esibizione ma come culmine di giubilazio- (testo originale). Kempff pensava invece ancora al pianoforte come
ne in una progressione sentimentale rigorosamente controllata. allo strumento che, evolvendosi e migliorando nel corso dell'Otto-
L'estetica di Casadesus è quella del manierismo francese, è quella cento, aveva raggiunto nel Novecento la perfezione assoluta della
di Saint-Saens: estetica certamente superata, nel nostro secolo, ma costruzione, diventando il solo legittimo «sonorizzatore» della let-
non antiquata. E le interpretazioni di Casadesus sono perciò testi- teratura. Anzi, Kempff si muoveva in prospettive ancor più radi-
monianza viva di un indirizzo di cui non si può non tener conto e calmente anacronistiche perché trascriveva per pianoforte musiche
che non si può non considerare essenzialmente nella storia della di Bach e persino il Lamento di Orfeo o quella "J?anza d~gli_ spirit~
cultura. beati di Gluck che, nella trascrizione di Sgambati e sotto il titolo d1
Melodia, era stata una gemma del repertorio spicciolo di tutti i
pianisti di fine Ottocento. A dire il vero, legandosi allo «stile da
Per Liszt, fondatore del concertismo piamstico, la letteratura camera» delle trascrizioni di Busoni Kempff riusciva a darci gustose
rappresenta un movimento storico progressivo che, attraverso l' o- versioni pianistiche sia della Danza di Gluck che di W achet auf o
pera ciclopica di alcuni giganti, arriva fino a Liszt stesso. Anton del Siciliano di Bach; ma proprio la sua pertinacia nel trascrivere
Rubinstein riprende la metafora spostandone il termine - con dava e dà la misura di una sua estraneità ai problemi della seconda
grandiosa, barbarica, delirante megalomania - in se stesso, in metà del nostro secolo, ed il suo repertorio ed il suo modo di
Anton Rubinstein. I successori tedeschi di Rubinstein spostano il affrontarlo danno la misura del conservatorismo delle sue scelte.
termine a Brahms e Gieseking lo sposta a Ravel. Ma già Schnabel Coetaneo di Gieseking, e sopravvissuto a Gieseking per più di un
tende ad abbandonare la storia per ritrovarla come mito, e lo stesso quarto di secolo, Kem pff non condivide le inquietudini di. Giese:
Gieseking, autore della più vasta ricognizione sulla letteratura del king e si accontenta di ripercorrere pacatamente le tematiche d1
primo Novecento che mai si sia vista, salva Debussy e Ravel e li Schnabel, Backhaus e Fischer.
allinea ai grandi dell'Ottocento ma come incarnazioni moderne di È difficile per me parlare di Kempff, artista autentico e sch~etto
un mito della cultura tedesca. che impone grande rispetto e che dell'arte ha una concezmn~
Il neoclassicismo, che pure rilegge il passato in edizioni filologi- severa ed austera ma che raramente ho desiderato ascoltare e le cm
camente corrette, non è storicistico ma mitico, e non è storicistico interpretazioni, i~ genere, non mi hanno mai sorpreso e non mi
perché in tempi in cui si vanno affermando, dopo le ricerche
198 Classicismo e iperclassicismo Kemp// 199

hanno posto problemi critici. Può darsi ch'io sbagli. Tuttavia, se ci chiudendosi di fronte ad influssi esterni e rifiutandoli. Schnabel,
sono artisti che mi hanno sempre affascinato per le loro idee, altri Backhaus e Fischer riprendono e ripercorrono, ad un livello molto
che mi hanno sempre infastidito per la loro. banalità, altri sui quali più profondo di quello dei loro predecessori, la letteratura austro-
ho mutato parere dopo lunghe battaglie con me stesso, con Kempff tedesca. In questo grandiosissimo, superbo moto di reinvenzione e
non ho avuto reazioni se non, appunto, di rispetto e di estraneità. di sintesi culturale era insito il pericolo di cristallizzare la tradizione,
Ciò non toglie che certe sue interpretazioni - il Concerto K 246 di negandole gli arricchimenti che potevano venirle da altre espe-
Mozart, alcune Sonate e soprattutto le Bagatelle di Beethoven, rienze e tagliandola fuori dal procedere della storia. Gieseking,
alcune cose di Schubert e di Brahms, parecchie di Schumann - come abbiamo visto, ed il suo coetaneo Eduard Erdmann, come
non mi piacciano, e molto. Non mi sembra però di trovare in vedremo, iniziano perciò come interpreti di musica contemporanea
Kempff una motivazione per la rilettura della civiltà pianistica e senza quasi porre confini ai loro interessi. E poco importa che
tedesca così originale e così appassionata come quella che aveva anche la conclusione di Gieseking sia in sostanza mitizzante, perché
mosso gli altri artisti del suo tempo. Gieseking scopre una dimensione mitica diversa da quella dei suoi
Non a caso gli artisti tedeschi della «generazione dell'ottanta» predecessori. Kempff si trova invece a concludere processi storici
divennero riformatori del concertismo pianistico. Dagli inizi della già bene avviati da altri senza sviluppare ciò che dagli altri era stato
letteratura pianistica fino a oltre la metà dell'Ottocento la musica appena abbozzato o che era stato trascurato. Tocca infatti a Kempff
per pianoforte è, per così dire, un affare austrotedesco. Che cosa - ed è questo, in contrapposto con i suoi limiti, il suo maggior
possono contrapporre l'Italia, la Francia, la Spagna e la Russia a merito - di concludere quella rivalutazione di Schubert che ap-
Haydn, Mozart, Beethoven, Weber, Schubert, Mendelssohn, proda all'equiparazione di Beethoven e Schubert: tesi avanzata da
Schumann, Brahms? Al lettore la risposta. Solo la Polonia può Schnabel, sviluppata da Gieseking e da Erdmann, e di cui Kempff
vantare Chopin e l'Ungheria Liszt: il primo fatto proprio quasi dà la dimostrazione quando, tra il 1964 e il 1970, mette insieme la
subito dalla cultura tedesca, il secondo fatto proprio con maggiori prima incisione completa delle Sonate di Beethoven e delle Sonate
difficoltà e soltanto per certi aspetti. La tradizione pianistica tede- di Schubert dovuta ad un solo interprete, incisione nella quale
sca si fonda quindi su di una cultura di casa che domina il mondo, Beethoven e Schubert sono visti come aspetti complementari e
cultura nella quale si sente ben piantata e di cui si presenta come inscindibili della civiltà tedesca tra l'illuminismo e la restaurazio-
legittima interprete. Ma quando i russi cominciano a farsi vivi con ne 1 • Ma a Kempff, come dicevo, manca la capacità di andare oltre a
Mussorgski e Ciaikovsky e i francesi con Chabrier e Franck, e Schnabel e a Fischer. Sfuggono a Kempff, ad esempio, l'ultimo
quando i russi esportano Scriabin e Rachmaninov ed i francesi Schumann e Weber. Se Karl Schumann, autore di un saggio su
Debussy e Ravel, il predominio austro-tedesco vacilla violente- Kempff interprete di Schumann, non dice cose inesatte, Kempff
mente. Tra i Pezzi op. 119 di Brahms (1893) e i Pezzi op. 11 di considera difettose, e difettose in relazione con la malattia mentale,
Schonberg (1909) la musica pianistica tedesca non può contrap- le ultime opere di Schumann: posizione critica veramente supera-
porre a!tro che Max Reger a Scriabin, Rachmaninov, Debussy, tissima! Ma se anche l'esegeta avesse riferito impropriamente le
Ravel. E una specie di vendetta postuma di Liszt, i· cui aspetti opinioni di Kempff resta il fatto che Kempff non ha incluso nella
rifiutati dalla cultura tedesca fruttificano in Russia e in Francia; la sua scelta delle opere di Schumann pagine come le Fughette e i
cultura tedesca non può che reagire ripiegandosi su se stessa. Gesi:inge der Fruhe, dimostrando _quindi di non considerarle essen-
La prima generazione di pianisti tedeschi che s'affaccia sul no-
stro secolo, quella rappresentata da Schnabel, Backhaus e Fischer, 1
Altro non trascurabile merito di Kempff è di aver eseguito in pubblico le
reagisce appunto al momento storico in cui si trova ad operare con Sonate di Beethoven, al contrario di Schnabel e di Backhaus, in ordine crono-
un movimento di riscoperta e di difesa di valori culturali nazionali, logico.
200 Classicismo e iperclassicismo Baumgartner 201

ziali a delineare compiutamente la personalità dell'autore. Quanto incredibili nella dinamica e nel fraseggio e gliene parlai, compli-
a Weber, stupisce veramente che in un interprete così ricco di mentandomi. Cominciai dalla parte centrale del secondo tempo
fantasia e così originale fraseggiatore, così elegante e così caval- della Sonata op. 27 n. 2, il Chiaro di luna. Nel basso vi si trova un
leresco non si sia accorto delle Sonate. Possibile che un musicista di /orte-piano su un bicordo, un suono del quale viene poi tenuto
tale levatura abbia concluso la suà carriera discografica con inci- mentre l'altro muta:
sioni delle sue trascrizioni da Bach, Handel e Gluck e con una
scelta del Clavicembalo ben temperato, e non abbia pensato piut-
tosto a Haydn? o a Weber? o a Mendelssohn? o al Reger intimi-
stico?
Sono motivi di stupore, e anche di rammarico. Perché il disco ci
documenta in buona misura, ma non completamente, il lavoro
svolto dagli austro-tedeschi della generazione 1880-1900. E
Kempff, ultimo sopravvissuto di quella generazione, avrebbe avuto
la possibilità di giungere, documentandole, alle conclusioni impli-
cite nelle premesse. Possibilità che non ebbe Gieseking e che non
ebbe Erdmann. Le conclusioni, mi pare, non potevano essere se Baumgartner eseguiva forte il suono tenuto, piano l'altro, e
non quelle di un recupero completo, sia pure in dimensioni miti- sebbene questa realizzazione mi sembrasse rasentare un'astratta pi-
che, di tutta la civiltà austro-tedesca. Haydn è invece rimasto nel gnoleria mi avevano colpito la convinzione di cui l'esecutore dava
limbo, Weber è uscito dal repertorio e la visione che il nostro prova e l'esattissima proporzione dinamica che riusciva ad ottene-
tempo raccoglie dai grandi interpreti della «generazione dell'ot- re, muovendo con rara indipendenza pollice e mignolo. Baum-
tanta» e che illumina in aspetti molteplici ed articolatissimi il gartner era perfettamente consapevole della sua trovata, ne era
periodo di storia del pianoforte più denso di avvenimenti e di fiero, e me ne diede la dimostrazione tecnica alzando ed abbas-
conquiste non si è chiusa armoniosamente. E non dico che sia colpa sando le due dita, sul piano della tavola, con la delicatezza di chi sta
di Kempff; ma Kempff, mi pare, non si gettò nei varchi che resta- disinnescando una bomba: il pollice, sollevandosi, ruotava sul suo
vano aperti. asse, il mignolo si fletteva come il braccio di un contorsionista!
Discussi così con lui un'infinità di altri particolari, trovandolo
sempre conscio di ciò che faceva e che doveva aver lungamente
Né vi si gettarono gli interpreti tedeschi della generazione suc- meditato. Poi dalla tecnica passò a parlare di musica, accalorandosi
cessiva. Conclusasi con la generazione dell'ottanta un'esperienza nella apologia dei Temi variati op. 107 di Beethoven e della Didone
spirituale irripetibile, i nuovi interpreti trasformarono il classicismo abbandonata di Clementi, e ricordò infine con un'ammirazione
mitico in strutturalismo. Paul Baumgartner, ad esempio, sceglieva sconfinata Erdmann, con cui aveva studiato. Vidi che - come la
in misura molto ampia da tutto il repertorio, compresi Weber e Stargardt-Wolff dice di Ansorge - era «amico di Bacco e delle
persino Hummel, e non solo dal repertorio tedesco, ma da Cle- Muse», ma al modo di quei gentiluomini di campagna che sanno
menti, da Busoni, da Scriabin. Ciò che muoveva il suo entusiasmo bere conversando e conversare bevendo senza che l'una cosa in-
di artista non era però la musica come espressione o simbolo di fluisca dannosamente sull'altra. Alle quattro del mattino, quando
civiltà ma come espressione o simbolo di bellezza formale. Con- lo accompagnai in albergo, mi trovai arricchito dalla conoscenza di
versai lungamente con lui, in un ristorante, dopo un concerto in cui un apostolo che ardeva di una passione riflessa, ricevuta dai profeti,
aveva eseguito Sonate di Beethoven. Avevo notato raffinatezze ma che in quella passione spendeva tutta la vita.
202 Classicismo e iperclassicismo 203

Non ho conosciuto Solomon, ma ascoltandolo in concerto e poi Non siamo però più alla tradizione: siamo alla citazione della
.in disco ho ricevuto un'impressione simile. Salomon, inglese, nato tradizione, tant'è che ad ogni ripetizione la luftpause si ripresenta
nel 1902, venne in Italia verso il 1950, quand'era già celebre nel identica, mentre in un pianista di tradizione avremmo avuto tante
mondo anglosassone. Non ebbe un vero successo, ma la sua inter- diverse sfumature di uno stesso modulo espositivo. L'esecuzione
pretazione del Concerto n. 1 di Brahms diede la misura di un della Fantasia ungherese è del 1948. In uno dei primi dischi di
magistero altissimo e le sue esecuzioni del Carnaval di Schumann e Solomon, la Polacca op. 40 n. 1 di Chopin incisa nel dicembre del
delle quattro Ballate di Chopin apparvero tagliate, a me almeno, in 1932, troviamo residui di tradizione tardoromantica ancora assunti
una marmorea bellezza che le collocava in una dimensione di acriticamente: alla ripresa della prima parte il basso viene traspor-
classicità suprema. Solomon sarebbe probabilmente diventato uno tato all'ottava sotto e con l'aggiunta di suoni intermedi, tanto da
dei leaders del concertismo internazionale se non fosse stato fer- dar l'impressione di sordi colpi di grancassa, e nelle ultime battute il
mato nel 1956 da una paralisi. I suoi dischi, abbastanza numerosi, testo di Chopin viene modificato in vista di una conclusione più
hanno però salvato la sua fama e testimoniano la sua arte di clamorosa e «definitiva». Queste cose le faceva Paderewski e le
interprete. Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann, faceva Hambourg e le facevano altri. Le fa anche Salomon, a
Brahms, s'intende, sono gli autori di Salomon. Ma anche Chopin, trent'anni. Nel Trio della stessa Polacca troviamo però già un uso
Liszt, Ciaikovsky e, ai due estremi di un palazzo scandito da del pedale che, pur essendo derivato dalla tradizione dell'Otto-
doriche colonne, Couperin e Debussy. cento, è ripreso manieristicamente. In tutta la Polacca op. 53 di
Da un pianista che può muoversi con tranquilla sicurezza tra le Chopin, incisa anch'essa nel dicembre del 1932, abbiamo un
sgomentevoli difficoltà tecniche del Concerto n. 2 di Brahms e che esempio di ripresa manieristica della tradizione senza che il testo
può, all'opposto, trovare degne di attenzione le difficoltà formali di venga toccato, e cioè lavorando sul suono e sull'analisi del fraseg-
una Sonatina di Beethoven - e Solomon era tale - ci si possono gio. Del 1936 è l'interpretazione della Polacca op. 53, quella di
ragionevolmente aspettare esemplari esecuzioni classicistiche dei Lhevinne, che più di ogni altra rispecchia in modo essenziale e
compositori tedeschi e magari del Liszt della Sonata in si minore o severissimo ma diretto la tradizione; nell'interpretazione di Solo-
delle Variazioni su un tema di Bach. Quel che non ci si aspetta da mon, del 1932, la tradizione è vista con ammirazione e con affetto,
Solomon, e che Solomon sa invece fare benissimo, è l'esposizione ma anche con il distacco critico che segna l'inizio di una nuova
estroversa e spettacolare delle musiche di Liszt scritte apposta per epoca. Vedremo poi come anche Artur Rubinstein e Arturo Bene-
bene impressionare il pubblico più disattento. La Fantasia unghe- detti Michelangeli arrivino a riprendere manieristicamente la tra-
rese suona con lui non solo brillante e scintillante, ma anche mon- dizione dell'Ottocento (differendo in ciò da Backhaus, che rilegge
danamente umoristica. Il tema del finale non è solo attaccato con manieristicamente i testi, non i testi interpretati da altri); Salomon,
una sonorità che luccica come una sciabola di parata, ma dopo la almeno come interprete di Chopin e di Liszt, è su questa strada fin
seconda nota della seconda battuta e dopo la seconda nota della dal 1932. E la sua interpretazione dello Studio op. 25 n. 1 ce lo
terza battuta Solomon introduce un respiro, una luftpause zinga- dimostra ancor meglio. Gieseking, nel 1925, aveva eseguito lo
resca al modo dei virtuosi di tradizione ottocentesca: Studio in modo nuovo e «moderno», differenziando i diversi piani
di sonorità nel timbro e riducendo la profondità, la distanza tra gli
eventi sonori; Mischa Levitzki, nel 1923, aveva eseguito lo Studio
puntando ancora sulle differenze della dinamica e senza rinunciare
alle seduzioni di un cantabile di incredibile commovente bellezza
(bisogna ascoltare la Melodia di Gluck-Sgambati da Levitzki per
trovare un suono pianistico che fa venire i lucciconi); Solomon, nel
204 Classicismo e iperclassicismo
T
!
Salomon - Arrau 205
1932, stilisticamente non guarda al progressista Gieseking ma al
conservat~re L~vitzki, ~id?cend~ p~rò a più contenuta misura gli come interprete beethoveniano, somiglia a Baumgartner e ad Ar-
abban?om sentimentali di quest ultimo, tanto che lo Studio dura rau e, come essi, si muove in una dimensione di ricerca strutturali-
con lm 2'23", mentre dura 2'52" con Levitzki. sta intesa come istituzionalizzazione dell'opera della generazione
Dieci anni dopo Salomon incideva la Berceuse di Chopin. La dell'ottanta. Mi tornerà più comodo esaminare questa concezione
nostra s?rpresa ~ di scoprire uno stile che nel frattempo si era stilistica fra poco, quando parlerò di Arrau, per la semplice ragione
evoluto m ~od? mattes_o. La melodia non viene più scolpita a tutto che il lavoro di Arrau si sviluppa in profondità e per un quarto di
tondo ma si distacca lievemente dalle oscillazioni del basso e il secolo mentre il lavoro di Salomon resta più in superficie e viene
pedale di ~i~~nanza è impiegato in modo da creare vibrazioni quasi troncato dalla malattia. Nei limiti di una ricerca che era ancora in
impercettibili che rendono più vago e allusivo il disegno. Un uso essere quando venne interotta da un evento funesto, Salomon mi
del pedale «impressionistico», che si ritrova infatti in alcuni Preludi sembra soprattutto interessante nella scoperta della drammaticità
di Deb~ssy e ~n un br~ve pezzo di Déodat de Séverac incisi qualche giovanile di Beethoven: esemplare per definire la diversità del
a~no pi~ tardi. Non si tratta tuttavia di una lettura impressionistica mondo di Beethoven rispetto al mondo di Mozart è la sua inter-
di Chopin; se nella Berceuse Salomon sembra voler mettere in luce pretazione della Sonata op. 2 n. 1 (con tutti i ritornelli!) ed esem-
il preimpressionismo chopiniano, allo stesso modo della Berceuse plare è la sua interpretazione della Patetica. Altrove, ad esempio
interpreta il Notturn~ op. 9 n. 2 e, alcuni anni dopo, la Ballata op. nell' op. 27 n. 2, la cura dell'edificio sonoro non si fissa a parer mio
52, tro~ando una misura che, più che impressionistica, definirei né in racconto né in rapporti consequenziali tra i suoni, e mi sembra
parnassiana. che le tensioni dell'armonia non siano esaminate con il radicalismo
Questo modo di intendere Chopin era affascinante in alcune che un'opera rivoluzionaria merita. Il pericolo, che Salomon cer-
composizioni, non in tutte; ricordo che la Ballata n. 1, pur eseguita tamente avverte, è di interpretare l' op. 27 n. 2 secondo il punto di
senza una sbavatura e senza un'incoerenza di costruzione sonora vista dei romantici e di vedere in una nona di dominante ciò che vi
non coinvolgeva emotivamente l'ascoltatore né lo affascinava co~ avrebbe visto Sofronitzki. Ma, scansato questo pericolo, con Salo-
l'incanto magico del suono; la Mazurca op. 68 n. 2, incisa nel 1946 mon l'op. 27 n. 2 e le Sonate successive appaiono anche isolate nel
appare rigidamente inquadrata in ritmi e in sonorità scolastiche eh~ contesto della letteratura, mentre le intuizioni e le forzature di
denunciano l'insicurezza emotiva. Ma verso il 1950 Salomon era Sofronitzki danno alla storia un senso globale. Né Salomon, iso-
senza du~bio uno tra i più originali interpreti di Chopin. Negli anni lando storicamente Beethoven, affronta poi l'analisi del testo con-
che segmrono egli si dedicò però soprattutto a Beethoven, ese- siderato in sé, perché, se rispetta tutti i ritornelli, non rispetta i
g~en_do le trent~~ue Sonate ed incidendone diciotto ed eseguendo pedali ed accetta qualche piccolo cambiamento in relazione con
e incidendo tutti i cinque Concerti. l'estensione maggiore del pianoforte moderno rispetto al piano-
Si capisce bene come Salomon, nel momento in cui sparivano forte dei tempi di Beethoven. Salomon, insomma, come interprete
dalla scena concertistica Schnabel e Fischer, cercasse di occupare beethoveniano resta a parer mio al di qua e non al di là di Schnabel;
uno spazio in cui era rimasto, solo e indiscusso dominatore, il quasi ma bisognerebbe vedere, come dicevo, quale sarebbe stato il suo
settantenne Backhaus e in cui i potenziali concorrenti erano Serkin, cammino se la malattia non ne avesse troncato la carriera.
Arrau, Baumgartner e il giovanissimo Friedrich Gulda. Esigenze di
carriera e di costruzione della propria immagine portarono quindi
Salomon a puntare su Beethoven più che su Chopin e ad affrontare Salomon rappresenta un neoclassicismo inglese che probabil-
le trentadue Sonate e i cinque Concerti più che l'opera omnia mente deriva ancora, alla lontana, dall'insegnamento di Clara
chopiniana già recentemente affrontata da Magaloff. Salomon, Schumann e dai rapporti della vita accademica anglosassone con
Moscheles e con il conservatorio di Lipsia. Prima di Salomon si era
206 Classicismo e iperclassicismo 207
Arrau

affermata Myra Hess, poco dopo si sarebbe affermato Clifford di arte apollinea in cui le distanze cronologiche non contano e in
Curzon, entrambi interpreti insigni della letteratura austro-tedesca, cui la storia è un dato che condiziona il contenuto ma non la forma.
specie di Mozart. Ma il più coerente classicista della prima genera- Arrau intende fin da quel momento l'interpretazione come ricerca
zione di questo secolo non fu né un tedesco né un inglese ma un oggettiva di una verità oggettiva, e in questo senso si impegna con
cileno, sia pure educato a Berlino: Claudio Arrau. Nato in Cile il 6 la fiducia e con la serietà di uno scienziato ed essendo già del tutto
febbraio 1903 e fanciullo-prodigio, Arrau fu mandato nel 1912 a se stesso, anche se le sue effettive capacità di analisi e di ricerca non
Berlino, dove per sei anni studiò con il maestro di Fischer, Martin sono certo quelle che dimostrerà di possedere venti o trent'anni più
Krause, nel conservatorio Stern. Vivevano allora a Berlino - mi tardi.
limito ai pianisti - Ansorge, Lamond, Busoni, Lhevinne, Dohna- Conclusa un'esplorazione sulla letteratura che lo metteva in
nyi, Fischer, Schnabel, e non è quindi difficile immaginare quali condizioni di possedere - lui, nato in un paese periferico - la più
stimoli culturali ricevesse un talento così ricettivo come quello di completa conoscenza manuale e intellettuale della tradizione set-
Arrau, che aveva avuto da natura una mente geometrica e mani te-ottocentesca, Arrau cominciò a ripensare la storia approfonden-
pronte quanto, e forse più di quelle di Gieseking. Tra il 1918 e il do ciò che gli sembrava più degno di essere approfondito. Passato il
1940 Arrau, vivendo a Berlino e svolgendo già un'attività interna- momento della metodica assimilazione arrivava il momento delle
zionale, mise insieme il più vasto repertorio, da Bach a Stravinsky, scelte e delle esclusioni. Così, dopo aver eseguito il tutto Bach,
che si sia mai visto: tutto Bach in dodici serate (Berlino 1935), tutte Arrau ritenne che la musica di Bach non risultasse bene sul piano-
le Sonate di Beethoven, tutte le Sonate di Schubert, le quattro forte e che dovesse esser lasciata ai clavicembalisti. Non mi risulta
Sonate di Weber, molte Sonate di Mozart, quasi tutto Chopin, che abbia fatto dichiarazioni su Haydn e Mozart ma, in tempi in cui
quasi tutto Schumann, quasi tutto Brahms, moltissimo Liszt, e Mozart stava diventando un autore amatissimo, Arrau lo lasciò da
Balakirev, Ciaikovsky, Debussy, Albeniz, Granados, Busoni, Ra- parte. Lasciò cadere anche Schubert e Weber e altri e cominciò ad
vel, Stravinsky. Durante la seconda guerra mondiale, vivendo negli analizzare, pietra dopo pietra, una catena montagnosa che iniziava
Stati Uniti e dovendo ricomparire più volte di fronte allo stesso da Beethoven e che attraverso Schumann, Chopin e Liszt arrivava
pubblico perché la vita musicale internazionale era bloccata, Arrau, fino a Brahms.
pare, eseguì non meno di settanta diversi programmi di recital; pare Il grande lavoro di Arrau è lavoro sul testo. Prendiamo Beetho-
anche che il suo repertorio con orchestra comprendesse non meno ven. Arrau non interviene in alcun modo sul testo, neppure per
di sessanta concerti. apportarvi le piccole modificazioni atte a reintegrare i passi di cui
Sono restati alcuni dischi dell'Arrau venticinque-trentenne, che Beethoven aveva dovuto variare il logico sviluppo a causa dei limiti
dimostrano sia una qualità professionale altissima che un orienta- di estensione della tastiera pianistica agli inizi dell'Ottocento. Su
mento classicistico già perfettamente delineato. La tecnica è sicu- questo punto i pareri sono discordi e non è che si possa veramente
rissima e completa, ma mancano del tutto le tensioni virtuosistiche fare una questione di fedeltà o infedeltà al testo se un pianista
di un Horowitz: si possono paragonare lo Studio op. 10 n. 4 di introduce qualche giustificabile modificazione (personalmente,
Chopin inciso da Horowitz (1935) e da Arrau (1930 circa) per comunque, ritengo che sia in ogni caso preferibile il criterio seguito
avvertire nettamente la differenza tra un virtuosismo ancora con- da Arrau). Lo scrupolo filologico di Arrau, ben s'intende, non si
cepito come bravura e stupore ed un virtuosismo concepito come manifesta solo in questo particolare, ma è esteso a tutti gli aspetti
fatto storico. Persino in un brano recentissimo come la Danza russa del testo di Beethoven: tutte le note sono rispettate, tutti i segni di
del Petruska di Stravinsky Arrau non prende in considerazione la dinamica sono realizzati come in un catalogo, e sono anche reaHz-
novità dell'effetto pianistico e quindi lo stupore che l'effetto può zate tutte le indicazioni originali per il pedale di risonanza. Que-
suscitare: Arrau colloca il contemporaneo Stravinsky in un olimpo st'ultimo problema è così difficile da indurre interpreti anche
208 Classicismo e iperclassicismo Arrau 209

grandissimi (Fischer, Backhaus, Kempff, Nat, Gieseking) a non tutto quando Arrau si discosta dalle soluzioni più comunemente
tener conto di alcune indicazioni di Beethoven, dando per scontato adottate. La tecnica pianistica di Arrau non conosce ostacoli e non
che sul pianoforte moderno sia impossibile rispettare completa- si compiace di virtuosismi inutili: la sua è un'esecuzione tecnica-
mente il testo. Arrau è invece il secondo pianista, dopo Schnabel, mente impeccabile in un rapporto che investe la meccanica delle
che rispetti e realizzi in modo auditivamente convincente tutte le dita, il fraseggio e l'espressione. Si consideri anche solo un piccolo
indicazioni di Beethoven per il pedale di risonanza. Schnabel si particolare, la battuta 81 del primo tempo della Sonata op. 111:
serviva di variazioni del tocco, cioè di variazioni timbriche della
sonorità; Arrau, che non varia il tocco quasi mai, risolleva parzial-
mente il pedale. Indipendentemente dalla tecnica usata, che non
interessa ai miei lettori, sta la realtà sonora di cui ciascuno può
rendersi conto: si ascoltino da Arrau i due recitativi nel primo
t~~po della Sonata op. 31 n. 2, paragonandoli con un'altra qual-
siasi delle numerose esecuzioni incise (esclusa quella di Schnabel) e
si sentirà la diversità enorme dell'effetto sonoro ottenuto da Arrau
rispetto agli altri interpreti: le due frasi non sono più declamate, ma
Molti pianisti perdono un mucchio di tempo ed escogitano
è come se venissero gridate da una grandissima distanza, quasi
piccoli trucchetti per superare con apparente disinvoltura la diffi-
prive di accento perché echeggianti di risonanze multiple. L'im-
coltà; Arrau realizza invece il trillo nel modo più elementare e più
magine letteraria mi sembra indispensabile in questo caso per
agevole (nove note - quattro più cinque - in luogo delle undici o
parafrasare un effetto sonoro di cui ci si può rendere conto esatta-
tredici che costituiscono il punto d'onore per tanti pianisti), senza
mente solo all'audizione: se non si usa il pedale i due recitativi
cercare di mostrarsi più bravo di quanto non sia.
sembrano detti da breve distanza, magari, se l'interprete è molto
I modelli stilistici di Arrau sono Schnabel, Backhaus, Fischer,
abile, con un soffio di voce languente; se si usa il pedale l'effetto è
fors'anche Egon Petri; Arrau quasi non risente l'influenza di altri
di una remota lontananza da cui arriva la voce ma da cui non si
interpreti tedeschi affermatisi più tardi, quali Kempff e Gieseking,
percepisce più la figura di chi grida.
e tanto meno raccoglie suggerimenti dagli interpreti francesi e
Gli altri punti nei quali si manifesta il classicismo filologico di
russi 2 • La maggior influenza è quella di Backhaus, sulla cui sonorità
Arrau consistono nella distinzione fra trilli da iniziare con la nota
Arrau modella la sua sonorità: una sonorità piuttosto massiccia,
superiore e trilli da iniziare con la nota reale, nella esecuzione in
vigorosissima, con un forte molto intenso e un fortissimo intenso e
battere delle acciaccature melodiche, nella scelta di uno staccato
ricco di armonici. I contrasti timbrici sono quasi assenti, come in
non secco. Un segno di estrema precisione filologica è offerto dallo
Backhaus, il suono resta pastoso e cantabile anche nel pianissimo
sforzato di Arrau, che non è, come avviene in altri esecutori, un
ed Arrau modella il discorso basandosi soprattutto su minime
fortissimo improvviso, ma che è un tipo di suono ottenuto con un
rapidissimo e brusco attacco del tasto; in qualche occasione Arrau
realizza il caratteristico sforzato-piano lasciando tornare parzial- 2
In un caso, l'Appassionata, parrebbe a tutta prima che Arrau abbia avuto
mente il tasto subito dopo averlo affondato. Tutto ciò che Arrau fa presente l'interpretazione di Richter, ma ci si accorge poi che Arrau e Richter
lo fa in modo ragionato, dopo aver considerato le varie soluzioni sono molto lontani tra di loro e che, semmai, Arrau è vicino a Luis Kentner;
adottate in diverse epoche e con la convinzione che nasce da un poiché Kentner è più giovane di Arrau è probabile che ci sia stato un modello
esame radicale di ogni problema. Di qui, talvolta, proviene una comune per entrambi (forse Erno Dohnanyi, la cui esecuzione dell' Appassio-
nata non ci è pervenuta).
certa compiacenza, un tono didascalico, che s'avvertono soprat-
___,,..
I

210 Classicismo e iperclassicismo Arrau 211

variazioni di intensità; l'unica variante timbrica importante consiste quella di Rachmaninov e quella di Rubinstein. La versione di
in una sonorità inespressiva, usata per effetti d'eco. L'influenza di Rubinstein è quella di chi crede in quel mondo sentimentale e
Backhaus riguarda lo stile di Arrau in generale, mentre l'influenza ideologico che fa da sostrato al Carnaval: Rubinstein è anche lui un
di Schnabel o di Fischer o di Petri si manifesta invece di più in certe «Compagno della Lega di Davide» e marcerà con fiducia contro
Sonate. Con le Sonate che, all'interno dell'esperienza culturale i Filistei. Nella versione di Rachmaninov quello stesso mondo è
suddetta, hanno avuto una molteplicità di soluzioni interpretative, guardato con nostalgia, ma anche con scherno, con moti affettivi di
Arrau trova sempre il modello che fa perfettamente per lui e lo bruciante tenerezza subito contraddetti e con forzature virtuosisti-
segue, ravvivandolo con invenzioni personali che investono alcuni che che creano violente tensioni. L'interpretazione di Rachmani-
particolari. Il punto, marginale ma niente affatto trascurabile, in cui nov, bellissima e paradossale, è forse irripetibile. All'interpretazio-
Arrau arricchisce lo stile di interpretazione seguito consiste nel ne di Rubinstein, che segue assai da vicino la corrente della tradi-
fraseggio dei movimenti veloci. È abbastanza raro che Backhaus, zione, s'accostano quasi tutti gli altri interpreti, e tra questi Arrau.
Schnabel, Fischer e Petri, nei movimenti rapidi, mettano in rilievo Mentre Rubinstein, però, ha una certa visione complessiva dell' o-
la struttura della frase rallentandone la fine o introducendo dei pera, alla quale subordina i particolari, Arrau parte proprio dai
respiri; essi, semmai, accelerano la fine della frase e «respirano» particolari e li lavora ostinatamente per non sacrificarne neppur
durante la frazione di tempo guadagnata con l'accelerazione. Arrau uno. Schumann ha messo forte nella riga in basso e non in quella in
introduce invece respiri che sospendono la regolare scansione rit- alto? Arrau fa il forte solo nella riga in basso ... e così di seguito, a
mica e rallenta la fine della frase anche in momenti di massima costo di apparire rispettoso anche degli errori di stampa. È persino
concitazione (si veda, tanto per fare un esempio facile da control- commovente sentire con quale impegno un uomo così quadrato,
lare, un bellissimo effetto di ritenendo nell'ultima pagina dell'Ap- così serio, così solido e così poco fantasioso si imponga di risolvere
passionata). Questo è il carattere stilistico più nuovo e più prossimo nel suono certe didascalie che non trovano un'istintiva rispondenza
allo stile di interpreti più giovani che si riscontri in Arrau. In tutti nel suo animo, come teneramente e con grazia; persino per un
gli altri aspetti delle esecuzioni Arrau ci ripropone una tradizione precipitandosi Arrau trova una certa soluzione. Ma questo massic-
gloriosa, riuscendo a farla vivere, penso, per l'ultima volta. Non cio, tetragono lavoro di pialla non resta incatenato nel mondo vago
vedo proprio come si possa ulteriormente sviluppare, su queste delle buone intenzioni, perché dalle note nascono, come conse-
basi, l'interpretazione di Beethoven: a mio giudizio Arrau chiude, guenza e non come punto di partenza, gli affetti, nasce l' entusia-
magistralmente, un'epoca, mentre un'epoca nuova è già iniziata smo di chi riscopre per conto suo il grande capolavoro di Schu-
con altri interpreti di Beethoven e su tutt'altre basi ideologiche. mann, senza aderire ad un giudizio positivo già dato dalla storia ma
La rigorosissima lettura analitica e l'obbiettività della realizza- rifacendolo per intero. In Arrau pianista permangono i limiti con-
zione non significano in Arrau (come in Baumgartner) distacco, sueti di fantasia nella creazione della sonorità, ma la sua esecuzione
dissociazione di responsabilità tra autore e interprete ma, se così si del Carnaval è così convinta da diventare più convincente ancora di
può dire, compartecipazione al processo creativo, rifacimento di un quella estroversa e strascinante di Rubinstein.
processo creativo ripreso ed accettato per intero. Quando si acco- Tutte le interpretazioni schumanniane di Arrau, anche quelle
glie il punto di vista di Arrau il dissenso è, se non impossibile, molto meno interessanti (come la Fantasia op. 17), anche quelle delle
raro. Se da Beethoven passiamo a Schumann, che per Arrau è il piccole pagine che non fanno per lui, hanno il marchio di una
secondo gigante del pianoforte, il discorso non cambia. Prendiamo plasticità e di una forza da possente bassorilievo. E così in Chopin
quella che a parer mio è la più riuscita interpretazione schuman- (persino nei Valzer), così in Liszt (persino nelle Rapsodie unghere-
niana di Arrau: il Carnaval. Tra le numerose interpretazioni del si). Le interpretazioni lisztiane di Arrau sono molto numerose e
Carnaval incise su disco due si distinguono in modo particolare: tutte molto interessanti. Esaminerò in breve quella più ambiziosa,
l

212 Classicismo e iperclassicismo Arrau 213

arrivata quasi al termine della carriera di Arrau e al culmine della stanza vasto e abbastanza articolato e diversificato. Come vi si
sua maturità: gli Studi trascendentali. La letteratura pianistica ha inserisce l'incisione completa di Arrau, pubblicata in occasione del
avuto nell'Ottocento i suoi miti supremi, che stavano in cima ai settantacinquesimo compleanno dell'artista? Bisogna dire subito
sogni di ogni allievo e di ogni artista: la Sonata op. 106 di Beetho- che Arrau, a tre quarti di secolo, dimostrò di essere non solo il
ven, gli Studi di Chopin, gli Studi trascendentali di Liszt, le Varia- cervello musicale che tutti sapevano, ma anche un esecutore dalle
:doni su un tema di Paganini di Brahms, gli Studi sopra gli studi di mani ancor prontissime e solide. Ci vollero magari molte sedute di
Chopin di Godowsky. Oggi di questi miti ottocenteschi sono restati incisione, per arrivare a mettere insieme un'esecuzione corretta dei
inaccessibili, chiusi nella più segreta parte del tempio, gli Studi di dodici Studi, ma senza che si creasse l'impressione di un montaggio,
Godowsky: la 106, gli Studi di Chopin e le Variazioni di Brahms le di un lavoro di laboratorio: le esecuzioni di Arrau conservavano
affrontano molti, moltissimi pianisti, anche a quindici o a diciot- tutto lo slancio e tutta l'imponenza che provenivano da un magi-
t'anni: non che i risultati siano sempre pari ai miti, per la verità, ma stero ancora superiore ed integro. Quanto al valore dell'interpre-
quel Beethoven, quello Chopin e quel Brahms non ispirano più tazione ... Ebbene, bisogna intendersi! Alla prima audizione l'in-
sacro timor reverenziale, non fanno più paura. Gli Studi trascen- terpretazione di Arrau non mi era piaciuta. Il senso del fregio e
dentali sono a mezza strada tra il mito inviolabile e il mito inviolato: dell'ornamento, l'impressionismo, il gusto della materia in quanto
fanno ancora paura, eppure qualcuno li tenta, li esplora e un po' tale, lo stupore in cui l'ascoltatore può essere indotto erano estranei
li ... smitizza. alla mentalità di Arrau ed alla sua concezione della musica come
Ad eseguirli tutt'e dodici in pubblico, uno in fila all'altro ci Weltanschauung, visione del mondo. Tutto l'aspetto teatrale e
provò Ferruccio Busoni, come abbiamo visto, a Berlino nel 1903 e tutto il demonismo dell'arte di Liszt venivano da lui messi da parte
poi nel 1911. Ci riuscì splendidamente, come testimoniano crona- o considerati mera apparenza che bisognava raschiare e spazzar via
che da favola. Nel 1914, a New York, David Saperton imitò per ritrovare il fondo genuino, che era passione per la forma bella.
Busoni. Poi, per quanto ne so io, nessuno ritentò l'impresa per Ed il suo concetto del suono pianistico era in linea con la sua
molti anni. Ci riprovò in Italia, verso il 1950, Carlo Vidusso: ci concezione della musica: Liszt aveva studiato con Czerny, con il
riuscì bene, con dita molto sicure, con un volume di suono limitato, quale la tecnica delle dita e del polso era giunta al massimo grado di
con uno stile controllato ed asciuttissimo. Ci riprovò Lazar Berman sviluppo, ed aveva scoperto per conto suo la tecnica del braccio e
più tardi. Ho sentito l'esecuzione di Berman nel 1977: virtuosismo dell'avambraccio e l'impiego del peso, cercando il massimo possi-
impressionante, resistenza idem, tensione idem, note false idem. Ci bile di varietà timbrica del suono per impiegarla in funzione colo-
hanno riprovato di recente Daniel Rivera, e Jeno Jando che non ho ristica. Arrau proveniva invece da un'epoca, i primi vent'anni circa
sentito. Altri, come Borovsky, Loyonnet, Grundeis, Gutman, del secolo XX, che aveva il culto del bel suono ottenuto con il
Ashkenazy, Ponti hanno eseguito gruppi di sei o sette Studi. massimo possibile di rilascio di peso e con il «rilassamento» (oh!, il
Pochi pianisti, per quanto è a mia conoscenza, hanno dunque mito del rilassamento!). La sua sonorità, molto bella di qualità e
retto in pubblico all'impegno, alla fatica, al rischio che i dodici molto ben graduata nella dinamica, come ho già detto, era quindi
Studi trascendentali impongono. Se anche le notizie che ho fossero tendenzialmente monocroma. Alla prima audizione, dunque, l'a-
incomplete sarebbero sempre pochi, pochissimi, quasi un niente se scoltatore trovava una grande solidità di costruzione, un grande
si pensa alla enorme falange dei pianisti. In disco ci hanno provato pathos, una monumentalità in tutto degna dell'opera, ma restava
un po' di più, anche se non moltissimi: Borovsky verso il 1955, poi anche colpito dalla mancanza di ironia, dalla eccessiva ingenuità,
Cziffra, Kentner e vari altri. Il disco ci ha anche conservato alcune dalla dimensione di buon neoromantico tedesco, e non di beffardo
esecuzioni parziali, importanti stilisticamente e storicamente, di spirito cosmopolitico in cui Liszt veniva inquadrato. Si rimpiangeva
Emil von Sauer, Petri, Richter. Il panorama, come si vede, è abba- la violenza e la delirante tensione di Berman, che metteva in
T

214 Classicismo e iperclassicismo Arrau - Serkin 215

evidenza il demonismo di Liszt come sfida alla materia, e si rim- chiave, che riduce a mere accidentalità le differenze di nazionalità e
piangeva anche l'eleganza, la capricciosità, l'ostentata indifferenza di cultura, e che riporta tutti gli autori nel grembo di una madre-
con cui Cziffra maneggiava le funamboliche difficoltà degli Studi. musica come luogo della verità e della bellezza, sarà anche un po'
Alla seconda ed alla terza audizione si finiva per non paragonare semplicistica e un po' troppo platonizzante, ma con Arrau funziona
Arrau ad altri, ma a sentirlo per ciò che voleva dire. E si concludeva sempre. E il suo Debussy, che ha tutte le note, tutte le intensità,
che le sue convinzioni, espresse con tanta coerenza ed onestà, erano tutti i volumi al posto giusto, assomiglia sì un po' a Schumann e un
alla fine convincenti. Non erano gli Studi trascendentali più entu- po' a Franck, ma non cessa di essere Debussy. Arrau punta dunque
siasmanti che si potessero sentire; era certamente un'interpretazio- sulla continuità tra Debussy e la tradizione romantica e riesce a
ne degna di uno dei maggiori interpreti beethoveniani, schuman- dimostrarla benissimo. La sua intenzione non è questa, beninteso:
niani e brahmsiani del nostro secolo, e dimostrava come ed in che la sua intenzione è di dimostrare che anche Debussy obbedisce a
limiti Liszt fosse stato assimilato dalla cultura tedesca. leggi di costruzione formale eterne; ma il risultato sembra essere
Cultura tedesca in cui, manco a dirlo, Arrau vede piantato anche quello che ho detto, ed è un risultato del tutto rispettabile. Reste-
Chopin. Già negli anni 50 Arrau incideva gli Studi, i Preludi ed rebbe da vedere se Arrau, dopo i Preludi, saprebbe risolvere gli
alcuni pezzi, tra cui la Ballata n. 1 e lo Scherzo n. 2, senza tenere in Studi di Debussy: a ragionarci mi sembra impossibile, ma sono
alcun conto le tradizioni slave o francesi dell'interpretazione cho- certo che ci riuscirebbe, perché Arrau sa che il testo ha sempre
piniana, ma appoggiandosi tutt'al più a Backhaus. Più avanti inci- ragione e sa che chi scava il testo trova il tesoro nascosto. Il mito di
.deva di Chopin tutta l'opera per pianoforte e orchestra ed alla fine Arrau, artista quanto mai smitizzante e persino prosaico, viso sor-
degli anni 70 affrontava di nuovo Chopin spingendosi fino al montato da capelli alla brillantina e tagliato da impeccabili baffetti
confine per lui apparentemente, e realmente più ostico, quello dei a spazzolino, è che la verità esiste. E che è una sola: quella che il
Valzer. E bisogna dire che la grandezza magniloquente che vede ragazzino cileno ha cominciato a cercare nella Berlino del 1912 e
ovunque, nei pochi amatissimi autori a cui si è alla fine votato, che gli fa cantare, da vero ispirato poeta, la perfezione della forma.
Arrau la sa ritrovare anche nei Valzer. Dal salotto parigino si passa,
con Arrau, alla Germania e alla Vienna di Brahms, da lui si capisce
benissimo come Brahms leggesse le opere di Chopin e come rea- Passare da Arrau a Rudolf Serkin, anche lui nato nel 1903, è un
gisse a Chopin. Il lavoro che aveva fatto in grande, su tutta la po' come passare dal giovane Backhaus al Backhaus degli ultimi
letteratura, Arrau lo fa su ogni e qualsiasi composizione: all'analisi anni, perché in Serkin quel sentimento primigenio della musica che
in cui si tiene conto di ogni particolare segue l'astrazione che come in Backhaus fu il coronamento della ricerca rappresenta il punto di
nella Musikwissenschaft, nella scienza della musica delle università partenza. Stranamente, avendo io dedicato molti anni allo studio di
tedesche di fine Ottocento, riorganizza i particolari nella luce di pianisti grandi e piccoli, fino al 1981 non mi capitò mai di parlare di
principi formali eterni. Rudolf Serkin se non per brevi, sommarie recensioni di suoi dischi.
Nessuna meraviglia perciò che Arrau sia un grande interprete di Nel 1981 ebbi invece occasione di presentare la pubblicazione in
Brahms. Ciò che ha lasciato invece sbalorditi è stato il ritorno di disco di una sua esecuzione dei cinque Concerti di Beethoven,
Arrau, ormai settantaseienne, su Debussy, è stata l'aggiunta di un programmata nel 1958 dalla RAI che, curiosamente, l'aveva divisa
nuovo pianeta in un sistema che sembrava chiuso e perfetto. Arrau in due sedi diverse (Roma e Napoli: tre Concerti di qua, due di là).
ha riletto i Preludi con lo scrupolo dello strutturalista per il quale L'esecuzione non era affatto perfetta, tecnicamente, perché le
un piano non è solo «espressione» ma soprattutto «funzione» e per prove dovevano esser state poche e sia Serkin che i due direttori
il quale la differenza tra piano, più piano, pianissimo, più pianissi- sembravano preoccupati di non andar per aria più che di collabo-
mo non ha un significato psicologico ma architettonico. Questa rare per un risultato complessivo. Anche un'esecuzione un po'
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216 Classicismo e iperclassicismo Serkin 217

nervosa e non tutta pulita nei «passi» non nascondeva e non un classicista come Adolf Busch - in duo e in trio e pur
turbava tuttavia un'idea interpretativa molto interessante. Sui presentando programmi di recital zeppi di autori e di pezzi austeri,
Concerti di Beethoven c'è ormai una vetusta tesi critica, che in non mancava di scivolare sornionamente sul tradizionale «Liszt per
Italia è stata addirittura sanzionata da un documento di stato. finire». Cosa che faceva anche Gieseking, come ho detto; però
Ali' esame di diploma di pianoforte si richiede da cinquant'anni che Gieseking arrivava fino alle Rapsodie ungheresi, mentre Serkin
il candidato debba «dar prova di conoscere» due concerti, uno procedeva molto più in là nella scala delle pirotecnie: addirittura
«antico» ed uno «moderno». Qualche cireneo dovette preoccu- fino agli Studi da Paganini, addirittura fino alla Tarantella di
parsi di sapere che cosa cavolo il legislatore avesse inteso con bravura sopra la «Muta di Portici» di Auber.
«antico» e «moderno», e il Ministero competente, sentiti i suoi Non ho sentito Serkin allora e non conosco dischi o rulli di
organi di informazione storico-critica-accademica, stabilì con pro- pianola del Serkin che suonava la Tarantella. Posso però immagi-
pria circolare che il «moderno» comincia dal Concerto n. 3 di nare che mentre Schnabel stava trovando l'epopea della civiltà
Beethoven. La tesi critica di cui dicevo recita appunto che i Con- viennese e mentre Gieseking legava Debussy a Bach, Serkin ricer-
certi n. 1 e 2 sono «mozartiani», i Concerti n. 4 e 5 sono «beetho- casse nella Tarantella le motivazioni metastoriche di un rapporto
veniani» o «già romantici», e il Concerto n. 3 sta più di qua che primigenio del virtuoso con il pubblico anonimo di una sala di
di là. concerto. Verso il 1925 erano ancora in circolazione anziani allievi
Nel che c'è sicuramente un fondamento di verità, come c'è un di Liszt, come Frédéric Lamond, che eseguivano la Tarantella con
fondo di verità nella divisione dell'opera di Beethoven in più tutta la foga vitalistica di chi sapeva far esplodere il fanatismo del
periodi o «stili». Dall'esecuzione di Serkin veniva però messa in pubblico con le buone vecchie cose di pessimo gusto. C'era chi la
evidenza un'altra tesi, certamente più vicina al modo di ragionare Tarantella, pezzo del tutto screditato per le teste d'uovo, non
di Beethoven: il «genere» si svolge secondo una sua legge. Per l'avrebbe toccata nemmeno col mignolo. Serkin la eseguiva, e
Serkin la continuità tra il Concerto n. 2, scritto per primo, e il sicuramente non al modo di Lamond.
Concerto n. 5, scritto per ultimo, non consiste solo nella personalità C'era dunque negli anni 20, per così dire, chi la Tarantella la
artistica di Beethoven ma nel quindicennale rapporto tra Beetho- faceva ancora, chi sapeva che non si doveva più farla, chi la faceva
ven e il «genere concerto». In altre parole, un concerto è un di nuovo. Che il concetto di contemporaneità, nei fatti della cultura,
concerto, una sonata è una sonata, una sinfonia è una sinfonia sia non sia così ovvio come può sembrare lo ha dimostrato Cari Dahl-
per il Beethoven venticinquenne e illuministico e mozartiano che haus. E la sorte della Tarantella ne è un piccolo esempio: è possibile
per il Beethoven trentacinquenne e rivoluzionario e beethovenia- che nello stesso tempo un pezzo si faccia ancora, non si debba far
no. Posso aggiungere che ciò vale non solo per i Concerti di più, si faccia di nuovo? È possibile. Ed è il paradosso della carriera
Beethoven e che il significato dell'opera di Serkin consiste a parer di Serkin, per altri aspetti leggibilissima. Il Serkin che interpreta la
mio nella trasformazione dello storico in metastorico. Il che non 106, i cinque Concerti di Beethoven e le Variazioni su un valzer di
vuol dire, per esporla in soldoni, che il bello è bello sempre e che Diabelli di Beethoven, che espone con incontestato magistero i
basta abbandonarsi all'emozione estetica per essere interpreti, ma Concerti di Mozart e di Brahms, che contribuisce alla riscoperta di
che il senso originario di un'opera, l'hic et nunc, non va mai Schubert rientra nella norma del grande pianista nato all'inizio del
perduto e può esser di nuovo messo in luce. Novecento, educato a Vienna e che non si è lasciato sfuggire nulla
Mentre pensavo a Serkin interprete di Beethoven andai a ri- della lezione dei Backhaus, dei Fischer, degli Schnabel. Il Serkin
guardare i programmi dei recitals da lui tenuti in Italia a partire da che ha in repertorio il Concerto n. 1 di Bart6k e il Concerto n. 4 di
circa il 1925 e notai qualcosa che non avevo notato altre volte o che Prokofiev sta nel quadro del grande pianista nato all'inizio del
avevo dimenticato. In gioventù Serkin, pur suonando spesso con Novecento che dà prova di non consueta intelligenza verso i fatti
218 Classicismo e iperclassicismo

importanti del suo tempo. Ma il Serkin che continua ad insistere sui


Serkin

S. Mann. Ed è verissimo che in Serkin la vocazione_ è quella d~l-


219 I
Concerti di Mendelssohn sembra già un po' bislacco, un po' troppo 1'annotazione a matita sul taccuino, non della lettera m bell~ copi~,
innamorato della sua strabiliante tecnica digitale, e c'è un Serkin dell'orazione ex abundantia cordis, non del discorso co~ foglietto m
che, con tutta la buona volontà di capirlo ... mano. Che poi Serkin raccolga eredità illustri, che sappia_tutto quel
Prendiamo il programma di recital che egli presentò nella sua che sanno i sapienti delle università tedesche e amencan~, che
tournée italiana del 1981. In erano i tre Intermezzi op. 117 e la fraseggi con la sottigliezza di un teologo è vero: ma la teolo?1a, e la
Rapsodia op. 119 n. 4 di Brahms. Il resto - Concerto italiano di poesia, sono vive quando vengono usate co~e stru~entl per la
Bach, Rondò capriccioso di Mendelssohn, Variazioni e fuga su un scoperta di realtà infinite. Serkin dà sempre l 1mpress10ne d1 esser
tema di Bach di Reger - era out of fashion. E sarebbe stato facile l'inventore che sta scoprendo e che non riflette sulla sua scoperta
concludere che Serkin, con i suoi settantotto anni, era rimasto perché la trova nuova e bella: «Mentre si c?m~one sembra_ che
affezionato alle cose della sua giovinezza e le faceva ancora. Reger tutto vada bene: se fosse diversamente non s1 scriverebbe _mai. La
lo avevano fatto Backhaus e Gieseking fino a circa il 1925, nel 1981 riflessione viene dopo ... », come diceva timidamente e saggiamente
lo faceva di nuovo Aloys Kontarski. Mendelssohn lo avevano fatto Chopin.
Pachmann e Friedmann; nel 1981 lo faceva di nuovo Barenboim.
Bach lo avevano fatto Fischer e Petti, nel 1981 lo faceva di nuovo
Brendel. Tra i nonni e i nipoti c'era però stata la frattura del «non si
deve far più», ma per Serkin frattura non c'era stata ed egli non
faceva ancora Bach, Mendelssohn e Reger né li faceva di nuovo: li
faceva di nuovo da sessant'anni.
Era l'utopia di Ferruccio Busoni, di cui ho detto, quando affer-
mava non essere sua intenzione di modernizzare le opere interpre-
tate ma di toglier loro la «polvere della tradizione» e di «restaurare
la loro giovinezza» per «presentarle come suonavano per il pub-
blico al momento in cui per la prima volta sprizzarono dalla mente
e dalla penna del compositore». Basta vedere Serkin al pianoforte
per capire che sta continuamente trovando la musica come se la
musica la scoprisse in quel preciso momento: canticchia, mugola, si
divincola, attorciglia un piede intorno alla gamba del seggiolino ...
Dopo che tutto è stato capito, dopo che tutto è stato chiosato, dopo
che generazioni di interpreti hanno rivoltato il testo da ogni lato
Serkin si identifica ancora con il compositore da cui la musica
sprizza, in un modo che fa del pianoforte, più che uno strumento
produttore di suoni, un rivelatore dell'ignoto. Pianista, insomma,
come medium, e pianoforte come tavolino batticolpi. «Musica, se
ci sei...», dice Serkin; e la Musica si impadronisce di Serkin ed usa le
sue dita per far ticchettare il pianoforte.
«La sua eloquenza consiste meno nella sonorità che nella decla-
mazione imperiosa, vasta e che tutto abbraccia», dice di lui William ·
ì l '

Landowska 221

aveva potuto guardarsi attorno e misurarsi. Dove sarebbe arrivata


IMMORTALI IN INCOGNITO
lei - minuta, fragile, delicata, pressoché bidimensionale - in un
mondo in cui tempestavano figure di valchirie come Annetta Essi-
pova, Julia Rivé King, Fanny Zeisler Bloomfield, nonché le due
dee, la Sophie Menter che pareggiava il vigore d'un uomo e 1~
Teresa Carreflo che di uomini ne poteva pareggiare due messi
assieme? La Landowska studiò composizione con l'illustre teorico
Heinrich Urbane si mise a comporre. Nel 1900 si spostò a Parigi e
qui, il 23 novembre 1901, riuscì a esordire in un concerto-monstr~,
suonando una sua Rapsodie Orientale. L'ambiente culturale pari-
gino era diverso da quello berlinese: c'era la Schola Cantorum, c'era
«Wanda Landowska si mise a suonare il clavicembalo perché non Charles Bordes, c'erano André Pirro ed Albert Schweitzer, c'era
sapeva suonare il pianoforte», disse, con l'occhio fiammeggiante Henry-Gustave Casadesus, e c'era Louis Diémer, che da una doz-
d'odio inveterato, l'anziano collega che non amava le novità. La zina d'anni suonava musiche clavicembalistiche francesi su clavi-
Landowska era tornata al creatore da quasi dieci anni, e più di cembali fornitigli dalle ditte Pleyel ed Érard. Diémer non era una
trent'anni erano trascorsi da quando il collega, allora non tanto figura di ricercatore isolato. Già Moscheles, come abbiamo visto,
anziano, aveva avuto la sventura di ascoltare venticinque Sonate di aveva suonato su un clavicembalo restaurato, già Alessandro
Scarlatti eseguite da quella infernale donnina. Non un ritornello Kraus nella sua casa di Firenze, aveva eseguito nella seconda metà
aveva risparmiato al pubblico la Landowska, non un commento del se~olo musiche antiche su antichi strumenti, già Ernst Pauer si
che era uno, nel suo francese venato di pronuncia slava; aveva era servito di clavicembalo e di clavicordo in concerti a Londra, già
suonato e parlato fino a mezzanotte passata, aveva tirato in ballo Alfred Hipkins, a Londra negli anni 90, aveva eseguito la Fa~tasia
Spagna e Oriente, joie de vivre e amour, aveva conquistato il cromatica sul clavicordo e le Variazioni di Goldberg sul clavicem-
pubblico e spazzato via i dogmi di esecuzione scarlattiana che il balo, e a Londra e in America stava lavorando Arnold Dolmetsch,
Mio si era costruito in vent'anni di elucubrazioni. Per suonare esecutore, restauratore, costruttore di strumenti antichi.
come suonava la Wanda non serviva tutta la cineseria tecnica che il Wanda Landowska si accodò, diventando una pianista che usava
mio collega aveva laboriosamente ruminato e perciò, anche dopo anche il clavicembalo: figura da circoli intellettuali o da circoli
quarant'anni, la collera di chi si vede cambiare le regole del gioco femminili più che da sala da concerto, ma con possibilità di digni-
ancora gli gonfiava il petto ornitologico. tosa carriera. Nel 1905 la Landowska era già abbastanza autorevole
Rimasi sbalordito. Wanda Landowska non sapeva suonare il da venir invitata a registrare su rulli di Welte Mignon sette pezzi,
pianoforte e perciò ... ? Possibile? Ripensai al disco che avevo udito indicativi del suo gusto e della fama che s'era fatta: il Divertimento
da poco e da cui era sorta la discussione: un disco con riversamenti in sol minore di Francesco Durante, L 'Hirondelle di Daquin, i
di rulli di pianola. Beh! in un certo senso il mio anziano collega non Passepied della Suite inglese in mi minore di Bach, il Balletto delle
aveva, salvognuno, tutti i torti, perché la Landowska suonava Silfidi di Berlioz-Liszt, il Valzer op. 124 n. 4 di Schumann ed i
molto diverso dai pianisti della sua generazione. La giovine Wanda Valzer op. 64 n. 1 e op. 69 n. 2 di Chopin.
aveva studiato con due oscuri maestri di Varsavia, poi era stata Nessuna di queste registrazioni è stata riversata in microsolco, e
affidata a Jan Kleczynski ed infine all'eccellente pianista, di cui è noi non possiamo sapere come suonasse la Land~wska ~ qu~l:
restato qualche disco, Alexander Michalowski. Nel 1896 se ne era l'epoca. Sappiamo che studiava intensamente trattati e tes~1 storici
andata a Berlino, e lì, in un grande centro di vita concertistica, (nel 1909 uscì il suo volumetto Musique ancienne, poi più volte
7I
II
I
222 Immortali in incognito Landowska 223 I,

ristampato) e sappiamo che i clavicembali Pleyel ed Érard non la noforte: la Sonata K 332, incisa a Parigi nel 1938, il Concerto K I
!
soddisfacevano. La troviamo impegnata, nel 1908, in un'accesa 415, registrato in un'esecuzione pubblica il 27 ottobre 1946 con
polemica con Richard Buchmayer, che sosteneva la predilezione di Artur Rodzinski direttore, il Concerto K 482, registrato il 2 di-
Bach per il clavicordo. La troviamo nel 1912 al Festival Bach di cembre 1945, sempre con Rodzinski. Siccome è possibile trovare il
Breslavia con un clavicembalo Pleyel di nuova ideazione. Concerto K 537, inciso a Londra nel 1937 con Walter Goehr
Quel clavicembalo Pleyel fu la carta vincente e la croce postuma direttore, e la Fantasia in re minore di Mozart incisa nel 19 37, la
di Wanda Landowska. Era costruito secondo concezioni moderne Sonata K 576 di Mozart, la Sonata op. 26 di Beethoven, l'Andante
e sincretiste, aveva un gran suono e un gran numero di registri favori di Beethoven e le Valses viennoises di Lanner-Landowska
comandati a pedale, possedeva inaudite possibilità coloristiche. registrate per il pianoforte meccanico Duo-Art nel 1923, c'è modo
Avrebbe spaventato Bach e Handel e Scarlatti, e spaventa oggi un di capire se la Landowska sapeva o no strimpellare il pianoforte.
qualsiasi discofilo per bene che, se mette sul piatto senza adeguata Lo sapeva! Ascoltiamo la Sonata K 332. La prima cosa che si nota
preparazione spirituale la Fantasia cromatica eseguita dalla Lan- è che ci sono tutti i ritornelli (compreso il secondo del finale, spesso
dowska, prima sobbalza sgomento, poi corre a singhiozzare tra le cancellato in edizioni a stampa). La mia sarà anche una mania, ma
braccia di un Leonhardt o di un Kipnis, disposto persino, /aute de siccome ancor oggi mi capita di chiedermi perché il tale o talaltro
mieux, a lasciarsi consolare da un Malcolm. pianista tagli qualche ritornello, a sentire tutti i ritornelli in un'in-
Forse la Landowska, almeno intorno al 1912, non poteva far terpretazione incisa nel 19 38 mi s'allarga il cuore. Seconda cosa, il
altro per inserire il clavicembalo nelle grandi sale di concerto. Ci suono. Per avere un termine di paragone storico si possono pren-
voleva uno strumento in grado di lottare, o almeno di non sfigurare dere l'esecuzione di Robert Casadesus, che è degli anni di guerra, e
con il pianoforte, e la Landowska lo creò e vinse la battaglia perché, l'esecuzione di Vladimir Horowitz, del 194 7. Di fronte al suono
dopo un confronto diretto con Erno Dohnanyi - tutt'e due a secco, paraclavicembalistico di Casadesus, di fronte al suono liqui-
suonare il Concerto italiano, di qua il pianoforte, di là il clavicem- do, paraimpressionistico di Horowitz, la Landowska tira fuori il
balo, e il pubblico a giudicare - e dopo appassionate discussioni, il suonino chiaro che solo può reinventare chi conosce i pianoforti
nuovo clavicembalo si guadagnò il diritto all'esistenza. Con la settecenteschi, con i loro piccoli martelletti ricoperti di cuoio invece
Landowska avvenne dunque un salto qualitativo nella divulgazio- che di feltro. Terza cosa, i tempi. Tempi piuttosto moderati (120
ne del clavicembalo, non nella ricerca storico-filologica. L'uomo dei per quarto nel primo tempo e 100 ogni mezza battuta nel finale, di
tempi nuovi, in questo senso, era Arnold Dolmetsch, mentre la fronte al 144 e al 120 di Horowitz), che permettono alla Landow-
Landowska rappresentava una specie di conclusione paradossale ska di risolvere in cantabilità, in fraseggio, in dizione anche i passi
delle concezioni ottocentesche: Liszt, Bulow, Tausig, Saint-Saens, virtuosistici. Quarta cosa - è un'altra mia mania, lo so - i trilli:
Raff, d' Albert, Sauer, Busoni e tanti altri avevano trascritto la trilli che cominciano dalla nota superiore. Quinta cosa, qualche
musica antica per il pianoforte moderno, la Landowska la trascrisse ornamentazione improvvisata. Possono invece stupire un po'
per il clavicembalo moderno e la sua opera di interprete cadde quelle ornamentazioni che, essendo ripetute tali e quali nei ritor-
insieme con le trascrizioni. Ci vorranno ancora anni prima che le nelli, non sono più da considerare improvvisate ma diventano
trascrizioni possano essere riprese in prospettive di recupero storico modificazioni del testo. Possono stupire certi enormi rallentando in
e allora, penso, anche la Landowska tornerà all'onor del mondo. In fine di periodo e, soprattutto, le modificazioni della dinamica (la
attesa che per la Landowska tornino tempi migliori prendiamo due Landowska, ad esempio, non realizza mai il/orte-piano).
dischi con il Concert champetre di Poulenc - dove non c'è dubbio Si tratta di particolari che rivelano come la Landowska sia pur
filologico che tenga, visto che Poulenc scriveva per il clavicemba- coetanea di Cortot e di Hofmann, e che si innestano, in modo
lone landowskiano - e con tre interpretazioni mozartiane al pia- contraddittorio ma affascinante, su una preparazione storico-filo-
224 Immortali in incògnito Landowska 225

logica alla quale non s'avv~cinava nessun pianista del 1938, nep- fermate di Mozart, ma preferisce comporne di nuove; scelta certa-
pure Schnabel o Fischer. E chiaro che la Landowska possedeva mente legittima, ineccepibilmente legittima, che però urta contro
anche una tecnica diversa. Se si osservano alcune fotografie delle una fondamentale difficoltà: la Landowska, per quanto artista di
sue mani sulla tastiera si notano subito le posizioni delle dita e in gusto, per quanto allieva di Heinrich Urban, per quanto composi-
particolare la posizione «a cane di fucile» del medio: posizione che trice della Rapsodie Orientale, non è Mozart ... e questo si sente
il grande teorico Rudolf Maria Breithaupt definiva «radicalmente terribilmente.
sbagliata» e che è certo sbagliata radicalmente per suonare Brahms Comunque, e pur con tutte le riserve che suscita, la Landowska è
tanto quant'è radicalmente giusta per suonare Mozart. un'interprete mozartiana affascinante, e storicamente importantis-
Sonorità, tempi, ritornelli, trilli, fioriture. Ce n'è abbastanza per i sima. Era altrettanto brava in altri autori?
migliori interpreti mozartiani degli anni 80, e la Landowska è Le interpretazioni delle Sonate H 34 e H 49 e delle Variazioni in
interprete mozartiana del 1938. Prendiamo, a riprova, la Fantasia fa minore di Haydn, incise tra il 1957 e il 1959, dimostrano che la
in re minore, e troviamo un saggio altrettanto interessante, nel Landowska se la sbrigava altrettanto bene con Haydn. I rulli del
quale, semmai, si nota di più la trascuratezza della dinamica. 1923, oltre alla conferma della Sonata K 576 di Mozart danno
Prendiamo infine il Concerto K 537 inciso negli stessi anni. Le modo di valutare la Landowska in Beethoven e in Lanner. Il test è
qualità di interprete mozartiana della Landowska non vengono piccolo ma significativo, soprattutto in rapporto con la carica ro-
smentite nel rapporto tra solista e orchestra, e anche la dinamica mantico-espressionista che la Landowska dà alla Fantasia cromatica
appare più curata. Ciò che stupisce, e che costituisce una vera, di Bach. Alla prima audizione si sarebbe tentati di dire che l'inter-
inspiegabile stranezza, è il trasporto all'ottava alta di alcuni fram- pretazione della Sonata op. 26, la sonata con la Marcia funebre sulla
menti o di interi passi. Le cadenze, le fermate e le varianti della morte d'un Eroe, sia romanticheggiante. Nulla di più inesatto; in
Landowska per i Concerti di Mozart sono note, in quanto pubbli- realtà la cultura filologico-storica funziona, qui come in Mozart, e
cate dalla Broude Brothers. Ma un conto è vederle scritte, un conto l'agogica molto mossa e fantasiosa deve derivare sia dalla cono-
sentirle da chi le ha immaginate: si pensa sempre che, magari, scenza del Metodo di Czerny e delle annotazioni di Anton
l'interprete ha avuto delle idee che non appaiono sulla pagina Schindler, sia dagli studi sui trattatisti del tardo Settecento. La
scritta. E invece no: l'intromissione del registro sopracuto, che il Marcia funebre ci rivela poi, per così dire, una concezione stoica e
pianoforte di Mozart non possedeva e che, fatto ancor più impor- virile e persino gioiosa della morte, e tutta la Sonata ci apre una
tante, non possiede la sua orchestra, non appare giustificata nep- visione della realtà alla Jacques-Louis David. Si può preferire, ed io
pure nell'esecuzione della Landowska. preferisco, la concezione tragica degli interpreti neoclassici, di
L'intervento della Landowska appare del resto talvolta prevari- Schnabel prima di tutti, ma non si può dire che la Landowska non
cante anche per altri motivi. Le fioriture improvvisate, che in sappia interpretare Beethoven in modo originale e, ancora una
genere sono sobrie, almeno in un caso guastano a parer mio un'in- volta, affascinante. L'esecuzione dei Valzer di Lanner, infine, lascia
tuizione rivoluzionaria di Mozart: nella parte centrale dell'ultimo il rammarico che la Landowska non abbia affrontato i Valzer e i
tempo del Concerto K 482 viene ipotizzato un uso orchestrale Landler di Schubert. Insomma, tutte le qualità di sensibilità arti-
anziché solistico del pianoforte, con il raddoppio all'unisono di stica e di appassionato studio dei documenti, che nessuno nega alla
pianoforte e archi. La Landowska aggiunge una ricca ornamenta- Landowska ma che nelle sue esecuzioni clavicembalistiche si rap-
zione - all'ottava alta! - e vanifica in tal modo l'idea di Mozart. Il portano ad un suono «falso», nelle esecuzioni pianistiche possono
Concerto K 415, per la sua particolare struttura, prevede varie estrinsecarsi splendidamente. E una domanda mi brucia alle lab-
fermate oltre alle normali cadenze: cadenze e fermate che Mozart bra: che cosa avrebbe potuto darci, in Haydn, in Mozart; in Beet-
più tardi, scrisse egli stesso. La Landowska non adotta cadenze ~ hoven, in Schubert, e in Dussek e in Field questa donna di carat-
Petri 227
226 Immortali in incognito

tere, se non fosse stata costretta ad inventare il clavicembalo mo- come Dohnanyi, Gabrilovic, Hambourg, Friedmann, Elly Ney,
derno perché non sapeva suonare il pianoforte? Moiseiwitsch, Barer, Levitzki, Clara Haskil, ecc.
Luigi Dallapiccola riteneva che Egon Petri fosse uno tra i mag-
giori pianisti del Novecento, se non il maggiore in assoluto, e le
superstiti incisioni ci dicono che Petri fu effettivamente un grande
Il nome della Landowska è celebre, ma ben pochi sanno che la pianista. Allievo della Carrefio, ma violinista agli inizi della carriera,
clavicembalista polacca fu anche una pianista storicamente inte- Petri fu «scoperto» come pianista da Busoni, che era amico del
ressante; e quei pochi lo sanno perché sono restate, a darne testi- padre. Dal principio del secolo - era nato nel 1881 - Petri
monianza, alcune registrazioni o incisioni. La conservazione delle diventava il devotissimo allievo ed interprete di Busoni, di cui
interpretazioni consente verifiche che non erano in passato possi- eseguiva i più importanti lavori, con cui suonava a due pianoforti e
bili: da un lato permette di studiare le ragioni della fama e dall'altro con cui collaborava quale coeditore delle opere di Bach. Molto
di considerare l'interpretazione in prospettiva storica e magari di ammirato come interprete di Bach, Petri tentò un ampliamento del
tentare revisioni dei giudizi e rivalutazioni postume. Certe verifiche repertorio pianistico al repertorio prebachiano: non più al modo di
non sono più possibili: che possiamo dire del pianista catalano Anton Rubinstein, che aveva eseguito pagine dei virginalisti ingle-
Carlos Vidiella, tanto ammirato da meritarsi il busto in marmo nel si, ma trascrivendo per pianoforte musiche per organo di Bux-
Palacio de la Musica di Barcellona, ma che non ha lasciato incisio- tehude. Il tentativo, in cui Petri fu imitato da Prokofiev, era ana-
ni? o di Vsevolod Buyukli? o di Boleslav Kon? Ma altri nomi non cronistico e non ebbe successo, ma dimostra la curiosità intellet-
sono, come questi, svaniti nella leggenda. tuale di Petri, che tentò anche di riportare con onore Alkan e Hen-
Chi scambiava idee con i pianisti russi, negli anni 50, sentiva selt.
parlare con ammirazione inconsueta di Vladimir Vladimirovic So- Le incisioni di Petri non sono numerosissime, e tuttavia, oltre ad
fronitzki, che non era affatto conosciuto fuori dal suo paese e che una eccellente Fantasia contrappuntistica di Busoni, di storica im-
anche nell'Unione Sovietica non era pianista popolare. Chi parlava portanza, egli ha lasciato alcune interpretazioni brahmsiane e lisz-
con certi musicisti francesi sentiva magnificare Yves Nat, chi par- tiane da antologia: di Brahms le Variazioni su un tema di Handel e
lava con i tedeschi sentiva citare Erdmann. Erano tutti artisti restati su un tema di Paganini, di Liszt il Concerto n. 2, la più bella
fuori dei circuiti concertistici internazionali, che di rado e casual- Ricordanza che io abbia mai udita, ed alcune trascrizioni di Lieder
mente si aveva occasione di sentire. Dischi e registrazioni superstiti, di Schubert eseguite con un magistero dell'architettura sonora che
pur se pervenutici in piccola misura, ci consentono oggi di ampliare deriva sicuramente da Busoni e che non fa rimpiangere il Maestro.
la nostra conoscenza storica e di valutare anche chi, nell'attualità, Altro modello di interpretazione lisztiana, che potrei definire «so-
non fu protagonista. L'indagine è spesso interessante, soprattutto ciologica» è il Valzer del Faust, di cui scrive Dallapiccola: «Qui
quando lo stimolo alla ricerca nasce da giudizi autorevoli, ed è non Egon Petri crea un'apoteosi del Salon-Stiick, evocando un'epoca e
di rado feconda. In questo capitolo ricorderò, dopo la Landowska, un pubblico che conosciamo indirettamente, attraverso letture o
alcuni artisti che a distanza di molti anni lasciano impressioni più per sentito dire più che per esperienza personale. Nemmeno per u~
profonde di altri, più noti in vita e certamente non per aver istante l'interprete cede alla tentazione di ironizzare quel mondo d1
usurpato la fama. Il lettore avrà del resto notato che io tendo a ieri che la prima guerra mondiale soppresse in modo definitivo: egli
valutare soprattutto l'originalità della ricerca, non la saggia gestio- ci ridà quell'epoca ormai consegnata alla storia, senza giudicarla;
ne della tradizione o gli esiti della carriera. E perciò non trovano giuoca con la materia sonora e, nell'arditissimo giuoco, gode della
posto nel mio discorso, se non incidentalmente, artisti dei quali, propria bravura». Prosa carduccianamente aerea per un'interpr~-
con un più ampio spazio a disposizione, avrei detto con piacere, tazione acutamente evocativa: peccato che Dallap1ccola non abbia
228 Immortali in incognito Zecchi
229

scritto più spesso sui pianisti e che le case di dischi non abbiano più corda le più tipiche caratteristiche di Gieseking, e l'uso del pe~ale
spesso pensato a Petri! di risonanza che, ad esempio in La leggierezza di Liszt, si compiace
nel lasciar scorrere tracce, scie di suoni accavallati, fanno pensare
alla nitidezza di tratto unita alla vaghezza di disegno di un Monet.
E peccato che non abbiano più spesso pensato a Carlo Zecchi. È evidente che Zecchi interpretava Liszt e Chopin in funzione di
Nato nel 1903, Zecchi svolse attività concertistica dal 1920 al 1939, Debussy (e di un Debussy quale allora co~inci~va forse a non
quando si ritirò in seguito ad un incidente d'auto. In un periodo, piacere più). Ma come int~rp~~tava 1~ _Fantasia d1 Schumann o le
dunque, in cui molti pianisti già incidevano dischi a decine e Ballate di Chopin? Questo e c10 che c1 mteresserebb~_sapere, e_ che
decine, anche con orchestra, Zecchi, pur essendo concertista di non possiamo neppu~ indov~na~e: sap_ere come_ un 1m~ostaz~one
larga notorietà internazionale, incise poco e, nella grandissima stilistica centrata sull'1mpress10msmo risolvesse 1 grandi lavori ro-
maggioranza, solo pezzi brevi. Le incisioni di Zecchi vennero ef- mantici. .
fettuate in Russia nel 1928, a Parigi verso il 1935, a Torino nel Le incisioni del 1935 circa sembrano denotare un momento d1
1937, in Brasile nel 1938, ancora a Torino nel 1942, dopo il ritiro crisi: l'impressionismo è diventato anche formale, oltre che sonoro,
dall'attività pubblica, e a Londra verso il 1950. Ora, una certa idea la scansione del tempo è talmente variabile da far qua~i perdere ;a
delle qualità più propriamente pianistiche di Zecchi - strumenti- percezione dell'unità di b~se_ ~ mol~e note ?elle_ ~a_ru second~n~
sta con il quale, a detta di un testimone non sospetto come Carlo vengono toccate con tale lievita da risultare mud1bili o_ so?o elimi-
Vidusso, anche una semplice scala era già bella solo per la sua nate per consentire una distribuzione tra le due rr_i~m d1v~r~a. da
sonorità - l'ascoltatore riesce certamente a farsela. Ma è quasi quella originale. La meravig~a di certe impalpa?ili son?nta rm-
impossibile capire le caratteristiche stilistiche di quest'artista, che in pressionistiche - una s~al~ m ses~e a due mam, a~a fme dell~
disco appare come uno specialista di piccole pagine, quasi un Studio da Paganini n. 5 d1 L1szt, rapida ~orr_ie _un fr~~c10 e degna d1
miniaturista alla Vladimir de Pachmann, mentre in sala di concerto figurare in un'antologia delle gemm~ pianistiche pn:1 pure-:- non
prediligeva programmi molto impegnativi e «moderni». Ad esem- fanno dimenticare, nella Polacca brillante op. 22 d1 Chopm, una
pio, ecco un programma del 1924: Beethoven: Sonata op. 111. cautela ed un timore (che non evitano le note prese male) del tutto
Stravinsky: Tre movimenti da Petruska. Niemann: Piccola Sonata insoliti in un virtuoso di questo calibro; affiorano inoltre anche,
op. 88. Bajardi: Due Preludi. Ticciati: Toccata. Liszt-Busoni: Po- specie in Scarlatti, vezzi ?1a?~eristici ormai ~rcaici, alla Bulow o alla
lacca in mi maggiore. Ed ecco un programma tipico di Zecchi negli Sauer, non reinterpretati criticamente. E d1 nuovo sorge spont~nea
anni 20: Bach-Busoni: Toccata in do maggiore. Schumann: Fanta- la domanda: rebus sic stantibus, come interpretava allora Zecch1, ad
sia op. 17. Chopin: Le quattro Ballate. Liszt: Studi da Paganini n. 5, esempio, l'op. 111 di Beethoven? ,. . .
2, 6. Un programma tipico degli anni 30 era: Bach: Partita n. 1. Le incisioni del 19 37 ci offrono un 1mmagme molto diversa da
Beethoven: Sonata op. 31 n. 3. Schumann: Davidsbundlertanze op. quella precedente. Pur permanendo certe sonorità impres~io?isti~
6. Goossens: Kaleidoscope. Liszt: La leggierezza, Studi da Paganini che, l'agilità è più granita e lo stile _no~ è più impressionistico: _1
n. 4 e 6, Caccia selvaggia. In disco solo la Barcarola di Chopin, incisa piani sonori, calcolati in un modo millesimale ~he _dovette a:7ere il
nel 1937, può darci però il riflesso vero dell'interprete e degli suo peso nella formazione stilistica di Bened_ett_1 Mic?el~ngeli, p~r-
interessi di interprete che i programmi lasciano supporre. Il resto, e mettono la netta percezione di ogni evento, il ritmo e_ d~ una l~g1ca
cioè il grosso, ci tramanda un'immagine sicuramente parziale e stringente anche quando porta a solu~ioni ~~radoss~li, 1 eloq1;11~ ha
forse distorta. una serrata cadenza oratoria che esercita un 1mmed1ata e fortissima
Le incisioni del 1928 ci danno nitidamente l'idea di uno stile presa sull'ascoltatore. . . .,
nettamente impressionistico: il suono tenue e fluidissimo, che ri- Queste qualità appaiono giunte ad un culmme d1 matunta nella
ì

230
Immortali in incognito Nat 231

Barcarola di Chopin: fantastica esecuzione, culminante in una gnamento e alla composizione avrebbe potuto turbare i sonni di
conclusione lentissima ed estatica, con le due linee melodiche Cortot come interprete di Schumann e surclassarlo come interprete
emergenti in un modo che rende esattamente l'idea della «miste- di Beethoven. Del resto, una delle più splendide immagini riservate
~iosa apote_osi»_ di cui parlava Ravel. Si tratta però di un capolavoro ad un interprete - «una finestra che dà sul capolavoro» - fu
interpretativo isolato, attraverso il quale, come dicevo, si intuisco- ispirata a Marce! Proust proprio da Nat.
no le qualità di Zecchi senza che si abbia l'esatta misura della sua L'esecuzione del Concerto di Schumann, incisa nel 1933, ci fa
lezione e della sua presenza nella vita concertistica tra le due ascoltare Nata quarantatre anni, in un momento in cui la lezione di
guerre. Si può capire che le grandi case tedesche, inglesi, americane Cortot è ancora per lui, evidentemente,' un modello da seguire. Il
e multinazionali, avendo a disposizione in un irripetibile momento grosso delle sue esecuzioni incise - tutte le Sonate di Beethoven,
storico più generazioni di pianisti, da Paderewski a Horowitz non dodici numeri d'opera di Schumann, i Momenti musicali di Schu-
si curassero e non puntassero su un artista italiano neppur' qua- bert, la Sonata op. 35, la Fantasia e la Barcarola di Chopin, le
rantenne. Ed è probabile che durante la guerra, quando la Tele- Variazioni su un tema di Hi:indel, le Rapsodie op. 79 e gli Inter-
funken o la Cetr_a avrebb~ro potuto invitarlo ad incidere gran parte mezzi op. 117 di Brahms - risale però agli ultimi anni, dal 1952 al
del suo repertorio, Zecch1 non fosse più in condizione di far fronte 1956. Di quel tempo è anche la registrazione del Concerto per
ad u1: massi_ccio pr?gramma di lavoro. La metodologia della pre- pianoforte e orchestra di Nat, presentato in «prima» assoluta dal-
parazione d1 Zecch1, le sue quattordici o sedici ore giornaliere di l'autore. E siccome Nat aveva preferito la composizione all'ese-
s~udio, il suo modo di preparare con infinita pazienza, anche nel cuzione il Concerto suscita almeno una certa curiosità. Bisogna
g~orno stesso del concerto, i due trilli della prima entrata del proprio dire che non valeva la pena di sacrificare un grande talen-
pianoforte nel Concerto n. 3 di Beethoven, erano infatti leggendari to di interprete per arrivare alla meta con un Concerto così rave-
ma tutt'altro che fantastici, tutt'altro che inventati. E uno stru- liano ...
~entista di questo tipo, quando lascia l'attività concertistica, perde Nat, come dicevo prima, era rimasto inattivo come interprete in
inevitabilmente il dominio del suo repertorio. Le incisioni del pubblico per quasi vent'anni, e ciò non poteva non aver influito
19~2, per ,qua1:to ben riuscite (soprattutto la Berceuse di Chopin e sulla sua «tenuta» tecnica e sui suoi nervi. Le sue esecuzioni incise
Potssons d or d1 Debussy), non aggiungono dunque nulla a ciò che in disco non spiccano per il dominio della tastiera e sono talvolta o
già sapevan:io, e meno ancora quelle posteriori al 1950, che appar- poco chiare o frenate dal timore dell'errore; si dice anzi che per i
tengono chiaramente a un non-concertista. Se Zecchi non si fosse dischi con le Sonate di Beethoven venisse usato soprattutto ciò che
ritirato nel 1939 noi avremmo conosciuto nel dopoguerra e cono- Nat aveva fatto in prova-microfoni, non in seduta, perché nel
scer~mmo oggi un grande pianista in più, un protagonista della momento in cui si accendeva il segnale «silenzio, incisione» il
stona. Ma per un cumulo di circostanze sfavorevoli ci resta di lui pianista perdeva completamente la trebisonda. Vera o no eh~ si~
troppo poco per poter giungere ad una valutazione che non sia più questa diceria sta di fatto che con Nat - come con Erdmann, d1 cm
affettiva che largamente fondata sul documento. dirò tra poco - si ha spesso l'impressione di un maestro che suona
per un pubblico di iniziati e che non si cura minimamente della
pulizia tecnica, ... anche quando potrebbe farlo senza grandi sforzi.
Il più celebre pianista francese tra quelli nati verso la fine del Nel secondo Momento musicale di Schubert, ad esempio, tutti gli
secolo scorso, il solo potenziale rivale che Cortot si trovasse di accordi re bemolle-sol-re bemolle e si bemolle-sol-si bemolle della
fronte negli anni 30 è Robert Casadesus. Ma molti musicisti erano e mano destra sono «sporcati» da un sol bemolle o da un la bemolle: è
sono disposti a giurare che se Yves Nat non avesse abbandonato nel evidente che Nat, avendo dita grosse, restava incastrato con l'indice
1934 le ambizioni di carriera concertistica per dedicarsi all'inse- e abbassava inavvertitamente i tasti neri vicini al sol; ma, essendo i
232
Immortali in incognito Nat 233

passi del secondo Momento musicale facili, avrebbe potuto tran- mezzo op. 117 n. 1 in cui il contrasto tra la tenerezza della prima
quillamente evitare la scorrettezza se solo avesse controllato con parte e l'angoscia della parte di mezzo sia altrettanto lacerante;
attenzione il movimento. In questi casi la «sporcizia» dà fastidio in conosco ben pochi interpreti che possano rendete una tale atmo-
altri bisogna ascoltare le interpretazioni di Nat come lezioni e ~on sfera da incubo notturno nella parte centrale dell'Intermezzo op.
come esecuzioni. Ma al di là di ciò che è dovuto alla mancanza di 117 n. 3; conosco poche interpretazioni della Rapsodia op. 79 n. 2
esercizio psicofisico o ad una qual trascuratezza si avvertono certe così gravide di un disperato senso di morte. Per contro, l'empito
contraddizioni tecniche di fondo, riscontrabili già nel Concerto di vitale di una riconquistata classicità percorre con una luce di gioia
Schumann del 1933, e che sono poi le stesse contraddizioni di accecante le Variazioni su un tema di Hi:indel. E questo cammino
Cortot. Cortot, Nat, Casadesus, allievi tutti di Diémer, posseggono verso la classicità come luogo dell'affermazione dell'essere mi
pienamente la grande tecnica francese tradizionale, raffinata in sembra traspaia dalle poche interpretazioni brahmsiane (occorre-
mezzo secolo di esperimenti e di lavoro. · Mentre Casadesus si rebbe avere le esecuzioni della Sonata op. 5, delle Ballate op. 10 e
mantiene però stretto alla tradizione (ed è perciò esecutore assolu- dei due Concerti, per poter concludere con sicurezza) e si affermi
tamente impeccabile), Cortot e Nat ricercano una varietà ed un nella serie delle trentadue Sonate di Beethoven.
volume di suono che richiedono una tecnica diversa, e sia l'uno che Nat interprete di Beethoven ricorda talvolta Schnabel e talvolta
l'altro dimostrano di non avere pienamente acquisito i mezzi messi Backhaus, ma è di entrambi meno «moderno» e più ingenuo (e più
a punto da Busoni e dai russi. Capita così che Nat, dopo aver «moderno» ma sempre ingenuo, come dirò, in un solo particolare).
dominato in modo superbo, per due terzi del pezzo, l'intricatissimo Non c'è forse altro pianista con cui Beethoven sia così completa-
gioco di piani sonori nell'Intermezzo op. 117 n. 2 di Brahms, vada mente figlio dello Sturm und Drang e di Schiller: Sturm und Drang,
alla catastrofe nel punto culminante perché le sue dita non reggono impeto e assalto. Beethoven è con Nat impeto e assalto, ma con la
la spinta violenta nel peso del braccio. Mi diceva un suo allievo che gioia, con la baldanza di un giovane Sigfrido. Persino il Beethoven
Nat, per ottenere maggior potenza, lavorava di preferenza con delle ultime Sonate. E non dico della ciclopica op. 106, nella quale
polso altissimo e con dita quasi a perpendicolo sulla tastiera; Nat è le mille miglia lontano da Schnabel, ma nell' op. 109 e nell' op.
quando questa scomoda ma sicura posizione non era praticabile 111: nell'op. 109 il primo tempo è tutto un inno alla primavera, il
non rinunciava però a cercare un grande volume di suono e la sua secondo tempo è una danza di esaltazione sovrumana (il polso
tecnica non era più limpida. altissimo e le dita che piombano sul tasto ... ) e nelle variazioni la
Parlo della tecnica di Nat non perché la grandezza di un inter- gioia di vivere cresce fino ad un punto in cui Nat sente il bisogno di
prete dipenda dalla sua tecnica: se così fosse Paderewski, Cortot far scoppiare nel basso un tuono divino che spalanca i cieli per dare
Fischer, Schnabel, Kempff non avrebbero trovato posto in que;t~ il passo alla luminosa colomba: Beethoven diventa in quel mo-
volume. Mi sembra invece importante parlare della tecnica di Nat mento, veramente, il contemporaneo di William Blake e delle sue
perché in lui, come in Cortot, i limiti testimoniano lo spirito di visioni bibliche. L'ascoltatore, naturalmente, sobbalza e rimette
ricerca, l'uscita da una solida ed efficiente tradizione. Il problema indietro il pick-up; non è un vero tuono registrato per caso e non è
maggiore affrontato da Nat - se la scarsezza dei documenti non mi un colpo di tam-tam; è proprio l'estremità grave del pianoforte, che
porta fuor di strada - mi sembra sia consistito nell'interpretazione Nat ha risvegliato dal suo sonno e chiamato a raccolta per comple-
di Brahms, autore rimasto estraneo alla cultura francese dell'inizio tare la festa. E l'ascoltatore scuote la testa, ma resta anche intimo-
del nostro secolo, Wagner per Cortot, Brahms per Nat, di tredici rito da tanto ardire e non osa dissentire. El' op. 111? Che cosa sono
anni più giovane di Cortot, sono gli autori che riportano la cultura quei boati che all'inizio concludono le saette degli arpeggi velocis-
francese su problematiche europee. Ho già accennato all'Inter- simi? Che cos'è quella voce mediana che si fa strada, ammonitrice,
mezzo op. 117 n. 2; conosco poche altre interpretazioni dell'Inter- alla fine del primo tempo? E che resta dell'estasi celeste dell'Ariet-
234 Immortali in incognito Erdmann 235

ta, con quest'uomo fremente di un amore per il creato che lo fa Brahms. Per quale via arrivava a capire tanto bene un Brahms che
gridare? non può certo essere considerato classico e Sturm und Drang? La
Quando sposta i suoni all'ottava bassa, nell' op. ,109 e nell' op. risposta non l'ho trovata.
111, Nat non ha giustificazioni di nessun genere: quei suoni li
aveva anche la tastiera dei tempi di Beethoven, e se Beethoven
avesse voluto ... Ma per Nat c'è bisogno, in certi punti culminanti, Ho ascoltato Eduard Erdmann una sola volta, alla radio, nel
di tam-tam, grancassa e macchina del vento, c'è bisogno della 1948 o 1949 che fosse. Eseguì il Concerto n. 1 di Weber e l'Intro-
«zampata del leone» dei pianisti romantici. E può permetterselo, duzione e Allegro op. 134 di Schumann e mi fece capire che il
dico, anche se mi affretto ad aggiungere: quod licet Jovi ... giovane Weber era un genio e che il tardo Sch_umann ... non era un
Per contro, Nat sa cogliere certi attoniti stupori, certo ritmo pazzo. Lessi poi dei suoi rapporti con _Busom, con Sc~nabel, con
ipnotico che arresta il battito del cuore così come la visione di Gieseking; Baumgartner e Magaloff m1 completarono il qua~ro, a
Brunilde dormiente arresta Sigfrido: ad esempio, nel finale della cui diede il tocco finale Sergiu Celibidache. Celibidache m1 rac-
Sonata op. 31 n. 2. E in un carattere tutt'altro che marginale del suo contò che mentre riceveva in camerino i complimenti entusiasti dei
stile, la sonorità, Nat finisce per essere il più moderno interprete soliti mel~mani dopo uno dei suoi primi concerti a Berlino, aveva
della sua generazione. Quel suo suono teso, un po' metallico, un visto comparire nel vano della porta un uomo alto e sgraziato, che
po' stridente nell'estremità acuta ricorda più di ogni altro il suono alzando il braccio sopra le teste dei presenti e puntandogli contro
(non il volume) dei pianoforti del tempo di Beethoven. Non credo un dito minaccioso gli aveva detto con indignazione: «Lei ha un
che Nat si ponesse coscientemente il problema di un recupero talento fantastico, ma non sa la musica». Al che Celibidache,
dell'Urton, ... ma non ne sono proprio sicuro: in fondo, Wanda folgorato, replicava soltanto per chied_ere nome e ind,irizzo _dell~
Landowska, che visse in Francia fra le due guerre, aveva già modi- sconosciuto e per concludere: «Domattma alle nove saro da lei». C1
ficato in Mozart la sonorità pianistica tradizionale. E Nat avrebbe era andato e, diceva, aveva trovato un pianista mediocre che co-
potuto benissimo tenerne conto. nosceva la musica come nessuno.
Proprio la sonorità, che dà una straordinaria resa espositiva in Tutto mi lascia credere che il racconto hoffmanniano di Celibi-
Beethoven e nelle Variazioni su un tema di Handel di Brahms, dache corrisponda alla verità. Non che Erdmann fosse un pianista
diventa però un limite in Schumann perché non si presta ad un mediocre: prendeva note sbagliate in misura tale da rendere tal-
legato vocalistico e, con l'ampio uso del pedale di risonanza richie- volta fastidiosa l'audizione, ma almeno prima della guerra poteva
sto da Schumann, «sfora» continuamente. Una consimile tecnica suonare in modo corretto mantenendo una tensione intellettuale
del suono non danneggia minimamente le interpretazioni schu- altissima e tutt'altro che adatta alle esecuzioni controllate. Una sua
manniane di Cortot che, come abbiamo visto, sposta continua- esecuzione di Ondine di Debussy, del 1929, è un miracolo di
mente l'attenzione su particolari diversi dell'architettura sonora. In rapporti timbrici da far invidia a_ Richter ~ cr:a u~'atm~sfer~. di
Nat, la cui arte è passionale ed oratoria e che si identifica emotiva- stupefatta visione mitologica che rivela meglio d1 ogm sagg10 critico
mente con l'opera interpretata, l'attenzione percettiva dovrebbe il rapporto Debussy-Mallarmé e la differenza radicale D~bu,ssy-
sempre convergere su un avvenimento centrale e dominante; nelle Ravel. Un'interpretazione magica, che non trova paralleli ne ~~
sue interpretazioni schumanniane manca invece l'illuminazione Gieseking né in interpreti francesi coevi, e che appare tant~ pm
potente di ciò che dovrebbe prevalere ed i particolari «sforano», miracolosa in quanto dovuta ad un pianista tedesco vissuto fm da
appunto, da un'ombra che dovrebbe avvolgerli. Non capisco tut- ragazzo a Berlino. .
tavia come Nat, che come interprete di Schumann non mi sembra Un'altra grande interpretazione, della Bagatella op. 126 n. 3 d1
grandissimo, potesse poi essere così grande negli Intermezzi di Beethoven, mostra l'influenza profonda di Schnabel. Influenza che
236
Immortali in incognito Erdmann 237

dipese probabilmente anche dai rapporti di amicizia tra i due artisti primo che eseguì la Sonata in do maggiore D 840 di Schubert'.
e dall'entusiasmo di Erdmann per Schnabel compositore: Erdmann incompiuta, così come Schubert l'ha lasciata, con lo Scherzo che s1
eseguì i_nfatti, di Schnabel, il Concerto, la Suite di danze, e nel 1925, ferma su una riesposizione in tonalità «sbagliata» e il finale che si
al Festival della SIMC che si svolse a Venezia, la lunghissima interrompe all'inizio dello sviluppo. Fu Erdmann che eseguì le
Sonata, tanto lunga e tanto astrusa e tanto modernista da scanda- Variazioni di Goldberg di Bach integralmente e con tutti i ritornel-
lizzare Toscanini, il quale se ne rammentava con orrore ancora li quando veniva appena accettata la versione riduttiva di Busoni.
quindici ~nni più tardi 1 . Come Gieseking, Erdmann era partito Fu lui ad eseguire gli ... incunaboli pianistici di Johann Gottfried
dalla musica contemporanea. Nato in una cittadina della Livonia Eckard, ignorati dai concertisti fino ad oggi.
nel 1896, era andato a Berlino a diciott'anni per studiare con Le esecuzioni di Erdmann erano visionarie, febbrili nella ricerca
Ansorge; a diciannove anni aveva fatto sentire all'autore il Con- esasperata di significati essenziali. E alla tensione intellettuale, non
certo di Busoni, decifrato_e macinato da solo. Nel dopoguerra, oltre certo atta a conciliare le simpatie del pubblico, doveva aggiungersi
a Schnabel, av~va esegmto Schonberg, Berg, Hindemith, Haba, un aspetto tra il demoniaco e il grottesco: alto e dinoccolato, con
~enek, Ca~-1 N1elsen, aveva composto musica d'avanguardia ed era braccia da uomo-scimmia e mani da boscaiolo, Erdmann appariva
msomma diventato una personalità di spicco nella vita musicale in scena indossando un frack tirato fuori dallp zaino in cui l'aveva
tedesca. Sarebbe interessante poter esaminare i suoi rapporti con riposto evitando accuratamente di piegarlo ... Anche pagine così
Schnabel, perché non è detto che solo Erdmann ricevesse da pacifiche come gli Improvvisi op. 90 di Schubert ed i Pezzi fanta-
Schnabel: potrebbe darsi che nella maturazione di Schnabel che stici op. 12 di Schumann diventano con Erdmann visioni di inge-
all'inizio degli anni 20, come ho detto, affrontava a fondo l'inter- gneria musicale, piani esplicativi di microstrutture di cui non si era
pretazione di Beethoven e di Schubert, le idee di Erdmann avessero sospettata l'esistenza. Basta osservare come Erdmann esegua l'ini-
la loro parte. Erdmann era infatti una mente capace di portare fino zio di Des Abends, il primo dei Pezzi fantastici:
all' e~tre~o le sue intuizioni e di correre i rischi del paradosso, della
perdita d1 controllo e del disastro per mettere in luce ciò che stava Con molto sentimento ... ~
nascosto i? 9-ualche par!e segreta e inesplorata dell'opera.
Non m1 risulta che sia conservata la sua esecuzione dell'Intro-
duzione e Allegro di Schumann, da me ascoltata tanti anni addietro·
ma la rivelazione dei rapporti Mertdelssohn-Schumann-Brahms ~
del sentimento consolatorio della continuità dell'arte tedesca che
ho ritrovato pochi anni or sono nella esecuzione di Ashkenaz; mi
era apparsa lucidamente già ascoltando Erdmann. Ascoltand~ da
Maurizio Pollini, in una sola serata, le tre ultime Sonate di Schubert
ho avuto la sensazione del poema supremo della visione dantesca·
l'id~a di eseguire ~i s:guito le tre Sonate è di Erdmann e risale agli
anni 30, otto lustri prima che Pollini la riprendesse. Fu Erdmann il Chi sa un po' di musica capisce che cosa volesse dire Celibidache
quando asseriva che Erdmann conosceva la musica come nessuno.
1 Erdmann bada a mettere in luce la poliritmia, che del resto tutti
• _Schn~b~~ racc~nt~: «_Tosc~1;ini ~ra presente a questa esecuzione e persino
dieci anm pm tardi m1 disse: E Lei veramente lo stesso Schnabel che scrisse vedono perché Schumann l'ha suggerita chiaramente con la lin_ea
quell'orribile ~~sica che ~scoltai dieci anni fa a Venezia?" Dovetti assicurargli che unisce le note della melodia e con l'accento sul la bemolle della
che ero proprio 10. Sembro ancora soffrire al ricordo». sinistra. Ma per indicare con esattezza la poliritmia come la realizza
-,

238 Immortali in incognito Erdmann - Judina 239

Erdmann bisogna scrivere il passo in un modo che richiederebbe il negli anni 20, per capire che cosa Erdmann rappresentò per i
sestetto d'archi: colleghi che lo ascoltarono e lo avvicinarono.
Le esecuzioni del dopoguerra, che soffrono anche di impreci-
p espressivo
sioni tecniche, soffrono però soprattutto perché una certa patina di
Il
f-1.{I"
I -~ ~

--- ripetitivo si è posata su di esse. Quella fortissima sensazione di un


e) T T ignoto che si spalanca improvvisamente, da me provata ascoltando
Il I
p Erdmann in un'esecuzione pubblica, l'ho ritrovata in alcuni suoi
ti - -
p _-_....:.....__,_
-- V"

p
- -
=:::--..._
-- dischi di prima della guerra. È probabile che nella cultura tedesca
egli rappresentasse allora il complemento del suo amico Schnabel
nell'interpretazione degli autori che questi aveva lasciato in di-
sparte: Mussorgski e Scriabin, Debussy, Schonberg e Berg. Ma
Erdmann non era pianista che potesse diventare concertista popo-
PP> > lare, e quale artista sia stato possiamo solo intravvederlo e imma-
.
I
ginarlo.
con I sordina
p
:
V
I I Di Maria Judina, russa del governatorato di Vitebsk, ebrea,
PP-... -,.
convertitasi alla religione ortodossa, nata nel 1899 e scomparsa nel
: . 1970, si sa poco, almeno in Occidente. Di lei narra qualcosa Sho-
I'
con sordina
I' stakovic nelle memorie raccolte da Salomon Volkov, qualcosa si
trova nell'inserto che accompagna un suo album di quattro dischi
pubblicato dalla Ariola, altre notizie potranno saltar fuori dalle
Uno strutturalista come Arrau è affascinante perché, pedante ed lettere che la Judina scambiò verso il 1960-70 con musicisti come
angelico insieme, scrupolosissimo ed umilissimo, arriva attraverso il Stravinsky, Messiaen, Stockhausen, Boulez, Nono, e che, data la
cammino più lungo a scoprire la verità per cadere in estasi di fronte singolare personalità di quest'artista, di cui ora dirò, dovrebbero
ad essa. Erdmann vede invece la verità in una improvvisa folgora- essere prima o poi pubblicate. Per ora la Judina ci appare come
zione che lo lascia e ci lascia stupefatti. La sua arte di interprete è personaggio appartenente alla intelligenczja sospetta alla burocra-
una sorta di realismo magico e di rivelazione, che probabilmente zia statale sovietica e, nello stesso tempo, come una specie di
aveva un'efficacia incomparabile nel momento in cui avveniva. vecchia credente con forti e anacronistiche connotazioni mistiche.
Malgrado la loro ricchezza di contenuti, le interpretazioni dei Pezzi Il ritratto che ne traccia Shostakovic - o il Volkov - è più o me-
fantastici di Schumann, degli Improvvisi op. 90 e delle tre ultime no quello di una testa balzana, di un'indomabile originale o,
Sonate di Schubert, dei Quadri di una esposizione di Mussorgski, se vogliamo di una mattoide incline a gesti di gratuita ostenta-
registrati negli anni 50, sono infatti meno stupefacenti di Ondine o zione:
dell'Intermezzo op. 117 n. 3 di Brahms, incisi nel 1929. Bisogne- «Da giovane, amava indossare abiti neri lunghi fino a terra.
rebbe forse poter sentire i Quadri di una esposizione nell'esecuzio- Nikolaiev [il maestro di Shostakovic e della Judina] azzardava la
ne che Erdmann ne fece a Berlino nel 1922, quando i Quadri erano previsione che, quando fosse stata di mezza età, sarebbe apparsa in
praticamente ignoti, o le sue esecuzioni delle Variazioni di Gold- palcoscenico coperta di diafani veli. Per fortuna dell'uditorio, la
berg o delle ultime tre Sonate di Schubert, o della Sonata di Berg Judina smentì quella sua previsione o consiglio che fosse, e conti-
~
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i
I

240 Immortali in incognito


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nuò a indossare le sue sgraziate tonache nere. Avevo anzi l'im- I

pressione che avesse portato sempre la stessa, per tutta la vita, i

tant'era logora e unta.


Ma, nei suoi tardi anni, c'era stata un'aggiunta: scarpe da gin-
nastica, che sfoggiava estate e inverno. Quando, nel 1962, Stra-
vinsky venne nell'URSS, la J udina arrivò al ricevimento in suo
onore con le solite scarpe di tela, commentando: "Che veda come
vive l'avanguardia russa"». E più avanti: «Era un'ottima concerti-
sta, ma non siamo mai stati davvero amici, né avremmo potuto
esserlo. Lei era una persona ammodo, gentile e servizievole, ma
\
erano qualità intrise di isterismo: la Judina era affetta da isterismo
religioso. [. ..] Una volta mi imbattei in lei in un cimitero: era china
a terra. Mi dice: "Sei lontano da Dio, dovresti avvicinarti a Lui". . \

Feci un gesto stizzito e me ne andai. Vera fede, la sua? No, 'l%i


il
null'altro che superstizione con qualche vaga reminiscenza di reli-
giosità».
Il ritratto sarà fors'anche vero, ma non è certamente veritiero. Se
si ascoltano i pochi dischi della Judina si ha un'impressione ben
diversa: una personalità di artista inconfondibile, e grande. Balzana -,c--•\i-<~
solo secondo il metro con cui il pacifico borghese giudica colui che ~~
batte i sentieri tortuosi e sassosi invece delle vie maestre e spianate.
Ma non è nella via maestra che si scoprono e si colgono gli aspri
frutti selvatici di cui la Judina, come vedremo, andava pazza.
Shostakovic ricorda che verso il 1927 la J udina eseguiva il Con-
certo di Krenek. Scelta significativa, mi sembra. La Judina ebbe in
repertorio Schonberg, Stravinsky, Bart6k, Berg, Prokofiev, Hin-
demith, Shostakovic, cioè quasi tutti i più importanti compositori
del suo tempo, ed eseguì Bach e i classici viennesi; tra i capolavori
dell'Ottocento pianistico predilesse soltanto gli Intermezzi di
Brahms e i Quadri di una esposizione di Mussorgski. Un;interprete,
dunque, che come il suo quasi coetaneo Eduard Erdmann si senti-
va prima di tutto vicina all'arte contemporanea, che cercava i
legami tra la musica del Novecento e la musica del Settecento, e che
nei Quadri ritrovava l'unica isola ancora inesplorata del sec. XIX.
Vediamola nei Quadri, che per lei e per la sua generazione rape
presentarono un problema assillante.
L'incisione è del 1967. La Judina adotta la versione originale
pubblicata da Pavel Làmm, tranne che in alcuni punti di Limoges e
Nella pag. precedente:
Ignaz Moscheles.
Ferenc Liszt
e Karl Tausig.
A fronte:
Anton Rubinstein.
Sopra: Hans van Bulow
e Jgnacy Paderewski.
A fronte: Ferruccio Busoni
e S. V. Rachmaninov.
Al/red Cortot Edwin Fischer
e Wilhelm Backhaus. e Artur Schnabel.
A fronte: Walter Gieseking
con Elisabeth Schwarzkopf

Sopra: Claudio Arrau


con il maestro Sonzogno.

A lato: Rudolf Serkin


con Isaac Stern.
T

Vladimir Sofronitski
e Vladimir Horowitz.
A fronte:
Artur Rubinstein,
Dinu Lipatti
e Svjatoslav Richter.

A fronte: Arturo
Benedetti Miche/angeli.

IJU

A fronte:
Alfred Brendel.

Dino Ciani
e Vladimir Ashkenazy.

Judina 241

di Con mortuis e in uno di La capanna su zampe di gallina, del quale


dirò poi. L'inizio è impressionante, sia per l'imperiosa, metallica
qualità del suono, che sembra quello di una tromba d'argento, sia
perché già alla seconda battuta si resta sbalorditi da un'idea inter-
pretativa che nella sua semplicità ha dell'incredibile.
Chiunque, leggendo le prime due battute, si accorge che i suoni
della seconda battuta sono gli stessi della prima, sebbene in un
ordine diverso:

Allegro ,;iusto,nel modo russico, senza alleg'rezza,ma poco sost.

..,--::;-r
1~;1 - ~-
4 r· EJ .or r r J J
1:
La costruzione è tutta basata sugli intervalli di seconda maggiore
e di quarta giusta, con gli intervalli di terza maggiore e minore che

I conseguono da spostamenti, da interversioni nei tre suoni della


cellula fondamentale, e l'analisi del passo è di quelle che non
cessano mai di stupire e - posso dirlo? - di mettere di buonu-
more i musicisti per la genialità dei giochetti di prestigio di Mus-
sorgski.
La Judina si pone però il problema di far osservare a chi ascolta,
non a chi legge, che il tema riflette se stesso, e ci riesce suonando
forte la prima battuta e all'incirca mezzo/orte, come un'eco, la
seconda battuta. Sembra persino una sciocchezza, ma è una di

I
quelle sciocchezze che fanno balzare sulla sedia e l'esperto e l'ine-
sperto. E di idee come questa la Judina è prodiga, anche a costo di
«interpretare» il testo in modo persino arbitrario: ad esempio, nella
battuta 19 di Gnomus la Judina, probabilmente per evitare ogni
sospetto di patetismo nelle appoggiature, abbrevia l'appoggiatura
fino a modificare in un quattro quarti il tre quarti di Mussorgski, e
nei Due ebrei scandisce i ritmi con una elasticità, con un rubato che
la minuziosa grafia mussorgskiana sembrerebbe escludere.
Ma questi, ed altri innumerevoli particolari, che fanno impu-

Maurizio Pollini.
244 Immortali in incognito Judina 245

come ci sia riuscito. Sentii da lui il Konzertstuck di Weber, una ogni sospetto di filologismo dimostrativo e pedantesco (a cui, sia
prova digitale formidabile: fu perfetto!». Gli esercizi di Safonov - detto per inciso, non sfugge un artista del calibro di Rudolf Serkin).
Nuova formula per il professore e lo studente di pianoforte (1915) Così pure, una sua idea nettamente didascalica - eseguire molto
- sono del resto intesi all'estremo perfezionamento della flessibi- marcate la prima nota del trillo e la risoluzione, leggerissime tutte le
lità e dello scatto delle dita (e con Safonov, prima che con Rubin- altre note - trova continue varianti per rinnovare l'interesse e la
stein, aveva studiato quel formidabile tecnico che era Lhevinne). curiosità dell'ascoltatore 3 • Così, nella coda della Fantasia cromati-
Penso dunque che la tecnica e lo stile della Judina, più che dimo- ca, dopo aver inizialmente accettato la rigida alternanza paraclavi-
strare l'influenza su di lei di Schnabel, potrebbero dimostrare in- cembalistica di forte e piano, la Judina l'abbandona quando il
direttamente la derivazione di Schnabel dalla cultura russa rappre- mantenerla ancora avrebbe odorato d'accademico, e procede con
sentata da Leschetitzki e da Anton Rubinstein. In altre parole, fantasia e con un senso della continua creazione che la distingue
Schnabel potrebbe aver sviluppato il suo neoclassicismo derivan- nettamente da tutti gli interpreti neoclassici suoi coetanei.
dolo da quella divisione stilistica di classico e romantico che pare di Ho detto prima che la tecnica delle dita della Judina è svilup-
poter notare nella cultura russa, e non nella cultura tedesca del patissima. In una pagina di Beethoven poco nota, le Variazioni su
tardo Ottocento. Ancora, si capisce, il vecchio problema della un tema russo, l'interesse dell'esecuzione e della composizione nasce
posizione storica di Anton Rubinstein, che rode come un tarlo con lei dal gioco digitale che supera il fatto puramente meccanico
maligno chi si dedichi allo studio dell'interpretazione pianistica, e per diventare in certi momenti inafferrabile, fantastico turbinio di
che è in realtà insolubile ... particelle di suono. E non solo si ammira l'esecuzione, ma si finisce
La tecnica delle dita serve prima di tutto alla Judina per la resa col rivalutare la composizione che, a leggerla o ad ascoltarla da altri
chiarissima della polifonia: come racconta Shostakovic 2 , le voci di interpreti, non era mai parsa tanto stimolante, tanto poco «Beet-
una fuga di Bach risultano, con la Judina, con un'indipendenza di hoven minore».
sonorità o, meglio, con dislivelli minimi ma precisissimi della dina- Il bello è però che con lo stesso spirito la Judina affronta 1~
mica che bastano a rendere limpidissimo, trasparente tutto il tes- variazione quarta nel secondo tempo della Sonata op. 111 ! E
suto. Anche in Bach la Judina, s'intende, ha però da esporre idee a incredibile, ed è difficile da accettare: gli arabeschi metafisici di
bizzeffe, che sono ben più della chiarezza polifonica. Ad esempio, quella variazione, di cui molti interpreti delibano e fanno delibare
negli arpeggi della Fantasia cromatica prende come base non la ogni suono in un attonito, sacrale mormorio di preghiera, diventa-
realizzazione romantica di Bulow né quella simbolista di Busoni, no con la Judina puntilistiche scie, code di cometa che guizzano in
ma quella filologicamente più corretta; eppure i suoi interventi - cielo o, se vogliamo essere cattedratici e prosaici, puri e semplici
aggiunta di qualche nota di passaggio, modificazioni degli anda- esercizi di agilità delle dita alla Czerny 4 • Eppure la forza dramma-
menti basso-acuto e viceversa - sono tali da evitare ogni traccia e

3
La Judina esegue il trillo in Bach prendendo alla lettera certe realizzazioni
2
«Sovente Nikolaiev mi diceva: "Va', va' a sentire come suona Marusja!" delle edizioni dell'Ottocento, che usavano un diverso carattere, più piccolo e
(Chiamava Marusja la Judina, e me Mitija); "In una fuga a quattro voci, ogni meno marcato, per le note del trillo. Può darsi che così venissero effettivamente
voce, quando suona lei, acquista un timbro particolare, vedrai". Mi sembrava eseguiti dai classicisti dell'Ottocento i trilli e che la Judina perpetuasse un
stupefacente; com'era possibile una cosa simile? Andavo ad ascoltare, speran- costume tradizionale.
do, com'è ovvio, che l'insegnante avesse torto, che le sue fossero semplici 4
Per capire quanto spedita proceda la Judina nel secondo tempo dell'op.
illusioni. E invece, c'era da restare a bocca aperta: quando la Judina suonava, 111 basta paragonare alcune durate complessive. Christoph Eschenbach, che
effettivamente, ognuna delle quattro voci aveva un suo timbro, per incredibile spesso va in deliquio e quasi vi manda l'ascoltatore, impiega 22'10"; Arrau,
che possa sembrare». grande dicitore a tutto tondo, 19'42"; Pollini, Benedetti Michelangeli, Bren-

246 Immortali in incognito Judina 247

tica del primo tempo dell'op. 111, la personalità tutt'altro che diventa sinonimo di saggezza suprema. Non solo la comprendiamo
esteriore e vana della Judina, la capacità di analisi di cui dà tante in Mozart, ... ma la estendiamo a Beethoven: il che è veramente
volte prova impongono la ricerca di una ragione anche per le difficile da digerire!
apparenti stranezze della variazione quarta. E la ragione, a parer Io non credo che la Judina sia proprio interprete completa di
mio, è che la J udina non intende far varcare a Beethoven la soglia Beethoven, e credo che la sua visione dell'arte beethoveniana, per
del nuovo secolo, dell'Ottocento romantico e panteistico, ma che lo quanto risulta dai dischi, finisca per semplificare eccessivamente la
vede fermo nella classicità illuministica di cui il Flauto magico ben più ricca e complessa concezione di Schnabel. Tuttavia, come
aveva segnato il confine ultimo. Per la Judina i due momenti ho già detto più volte, si resta sempre soggiogati dalle idee della
essenziali della classicità sono lo Sturm und Drang e la gioiosa, Judina, pur non riuscendo a condividerle: sono idee illuminanti
infantile serenità del puramente umano. Nell'Adagio in si minore e anche quando impoveriscono la realtà, anche quando mirano
nel Rondò in la minore di Mozart il pathos altissimo che la Judina troppo all'utopia, anche quando appaiono francamente parados-
raggiunge è schilleriano, non romantico o preromantico, non emp- sali.
findsam o larmoyant, e schilleriano è il pathos del primo tempo Ad esempio, tutta la Sonata op. 101 è eseguita dalla Judina con
dell'op. 111; il secondo tempo dell'op. 111 è tutto percorso dalla un empito vitale straordinario, che tiene lontana le mille miglia la
serenità gioiosa, dall'empito amoroso di Papageno. Tutta la Sonata reverie romantica, sempre in agguato in questa composizione; ma il
op. 101, la preromantica 101 così ricca di succhi che alimenteranno fugato dell'ultimo tempo è preso ad una velocità sensibilmente più
Schumann, è con la Judina gaia, spensierata, infantile e saggia lenta ed è greve, massiccio. Perché? È ben difficile rispondere.
come una favola del Knabenwunderhorn. E sebbene le superstiti Sembra che la Judina voglia dirci: attenzione! qui Beethoven di-
interpretazioni mozartiane della Judina siano poche, comprendia- venta accademico, qui Beethoven impianta un fugato scolastico e
mo con lei il senso vero della metafora del Mozart eterno fanciullo, non riesce più a spiegare le ali! O vuol dirci qualcos'altro. Ma certo
divino fanciullo, che perde il suo carattere reazionario e limitativo e qualcosa vuol dirci, e certo vuole isolare il fugato dal contesto, che
esegue con tanto entusiasmo, come un mattino di primavera, come
del, Ashkenazy e Schnabel, che tendono ad interpretazioni molto analitiche ma
una primavera della vita. Il suo giudizio sul fugato dell'op. 101
tuttavia scorrevoli, impiegano rispettivamente 17'13", 17'14", 17'20", 17'23" sembra negativo. Bisognerebbe però sapere quale fosse il suo giu-
e 17'55"; Gulda, tra i pianisti della sua generazione notoriamente piuttosto dizio sul problema più generale che con l'op. 101 si apre nell'ese-
sbrigativo, impiega 15'20": la Judina impiega 13'39"! L'interpretazione della gesi beethoveniana. In altre parole, bisognerebbe sapere se la Ju-
Judina non è tuttavia affrettata e non dà l'impressione spiacevole della corsa dina giudicasse mancato il beethoveniano inserimento della fuga
che offusca la comprensibilità; cosa che avviene invece a tratti con Gieseking, il nella forma della sonata o se lo giudicasse immaturo nell'op. 101, e
cui tempo, 14'03", è vicino a quello della Judina, ma che non trova una dunque bisognerebbe avere le sue esecuzioni delle op. 106 e 110,
progressione veramente coerente e che esegue invece nervosamente alcuni
tratti. Si dovrebbe però notare, se fosse qui il luogo per approfondire il
per capire veramente la sua concezione dell'op. 101.
problema, che c'è una tendenza ad una grande scorrevolezza di dizione nei La Judina incise la 106, ma io non ho potuto reperire il disco. Le
pianisti neoclassici, eccettuato Schnabel: oltre alla Judina e a Gieseking, anche sue interpretazioni beethoveniane che conosco bastano tuttavia a
Nat ha un tempo rapido (13'58"), e gli stessi Kempff ed Edwin Fischer, farmi capire perché la J udina affrontasse in un modo altrettanto
solitamente piuttosto pacati, impiegano rispettivamente 15'14" e 15'20"; sorprendente, all'altro estremo, lo Stravinsky neoclassico della So-
Backhaus, la cui interpretazione è per molti aspetti eccezionale, impiega ancor nata e della Serenata. Qui sembra di leggere il Massimo Mila degli
meno tempo della Judina: 13'03". Curioso il commento di Shostakovic: «Mi anni 40: Stravinsky nega l'espressione, ma l'arte è espressione
colpiva soprattutto la maniera con cui la Judina eseguiva l'ultima Sonata del
compositore di Bonn, l'op. 111, la cui seconda parte è di lunghezza eccezionale,
inconsapevole, laonde ... Laonde anche Stravinsky ha la sua pie-
e noiosissima, ma lei non sembrava sentirne affatto il peso». nezza di suono, le sue sottolineature di fraseggio, i suoi crescendo e

248 Immortali in incognito Judina - Sofronitzki 249

stringendo e rallentando aggiunti, che incidono sulla ·psiche dell'a- Una grande artista, insomma. Un'artista che taglia la storia se-
scoltatore, insomma il suo pathos che, schillerianamente, è pa- condo una prospettiva insolita, come un regista che gira verso il
thos Sturm und Drang. Il Settecento non è, per la Judina, un pubblico il fianco della scena e fa recitare gli attori di scorcio invece
magazzino di mummie da cui Stravinsky possa trarre reperti stili- che di faccia, un'artista che solleva discussioni, che trasporta nel-
stici, spezzoni e frammenti da rimontare secondo una logica di l'interpretazione tesi critiche sperimentali e magari provvisorie, ma
fantasia: il reperto è parte organica di un tutto, il cui disegno non si fecondissime. Non c'è che da deplorare la mancanza di carriera
perde mai e il cui significato si ritrova anche nel più trascurabile internazionale (un'unica tournée in Polonia nel 1954) e la posizio-
minuzzolo. Non so se la Judina interprete di Stravinsky piacesse a ne marginale ottenuta dalla J udina nella vita musicale del suo
Stravinsky: dovrei dire di no, assolutamente, se paragono Stravin- paese. La J udina sembra essere un esempio di quelle forze di
sky esecutore della Serenata con la J udina, che è tutto il contrario avanguardia, vigorosissime nella Unione Sovietica leninista, che
dell'esecutore. Tra i due, è però Stravinsky che fa la figura della vennero messe a tacere nell'epoca staliniana e che riemersero dopo
signorina di buona famiglia incline ad accentare sentimentalmente la morte di Stalin: in tempo per lasciare una testimonianza delle
i tempi deboli e ad usare troppo il pedale per coprire le debolezze loro idee, troppo tardi per renderle operanti. Non troppo tardi
delle dita, mentre il tocco «virile» della Judina dà alla Serenata una perché oggi non si torni a considerarne la lezione, che è lezione di
durezza ed un'incisività che, con tutto il rispetto per Stravinsky, mi libertà.
sembra colgano meglio la modernità della composizione (Stravin-
sky ne mette forse involontariamente in evidenza i legami con il
salotto piccolo-borghese). Dopo la morte di Anton Rubinstein comincia in Russia una
La Judina sarebbe piaciuta a Berg? Non lo so, ma supporrei di diaspora che raggiunge il culmine con la Rivoluzione, ma che non è
no. Nella Sonata op. 1 di Berg la Judina ritrova prima di tutto provocata dagli avvenimenti politici. Rachmaninov, Sapelnikov,
l'intatto archetipo beethoveniano dell'allegro di sonata e, sulla Siloti, Medtner, Pouishnov, Orlov se ne vanno dopo il 1917. Ma
scorta di una forma purissimamente classica, una altrettanto catar- già Lhevinne si era stabilito a Berlino dal 1907 (dopo la guerra
tica contemplazione del dolore, un dolor hominis che diventa senza sarebbe andato negli Stati Uniti), già Hofmann aveva vissuto a
esitazioni il dolor mundi in cui l'uomo non è preda del male e del S. Pietroburgo solo saltuariamente; Gabrilovic aveva studiato con
fato ma diventa partecipe di un imperscrutabile e positivo disegno Leschetitzki a Vienna dopo aver studiato a S. Pietroburgò con
divino. Altro che vecchia credente macchiettistica: una Marfa che Anton Rubinstein, Hambourg, Moiseiwitsch, Barer, Ornstein,
saprebbe misticamente affrontare il rogo. Chissà come la Judina Brailovsky erano andati all'estero fin da ragazzi. Mancano in Rus-
interpretava Vers la fiamme di Scriabin! Chissà come interpretava sia, nei primi trent'anni del secolo, grandi personalità di pianisti, ed
Schonberg e Bart6k! Soprattutto Bart6k, il Bart6k 1926 della So- anche i più noti insegnanti .non sembrano interpreti di rilievo
nata e di All'aria aperta, che doveva essere il suo uomo anche se la storico. Di Constantin Igumnov, di Alexander Goldenweiser, di
tecnica lisztiana di Bart6k le procurava forse qualche imbarazzo.
Non abbiamo purtroppo le sue esecuzioni di Scriabin, Schonberg e
quella di Shostakovic, che il 15 novembre 1943 aveva presentato per primo, a
Bart6k. Abbiàmo invece ancora una grande interpretazione, della
Leningrado, il lavoro. L'esecuzione di Shostakovic non ci è stata conservata.
Sonata n. 3 di Hindemith, e una superba interpretazione della L'opinione di Shostakovic sull'esecuzione della Judina è negativa: «Ne esiste
Sonata n. 2 di Shostakovic, scritta nel 194 3 in memoria di Leonid una registrazione su disco, e tutti sembrano ritenere trattarsi della migliore
Nikolaiev 5 • interpretazione che mai ne sia stata data. Io ritengo invece che la Judina esegua
piuttosto male le mie sonate. I tempi non sono rispettati e la lettura del testo è,
5
Sarebbe interessante poter paragonare l'interpretazione della Judina con diciamo, troppo libera».
-
250 Immortali in incognito So/ronitzki 251

Heinrich Neuhaus, di Samuel Feinberg, che furono didatti famosi, Poema in pochi versi, la Mazurca op. 50 n. 3, costruzione com-
abbiamo alcune incisioni, da cui comprendiamo benissimo le loro plessa, sintesi stilistica in cui confluiscono tutte le esperienze spiri-
qualità di musicisti colti e riflessivi e che spiegano come la scuola tuali di Chopin, dal ricordo della terra natale fino alla scoperta del
russa potesse continuare ad un alto grado di livello accademico, ma contrappunto bachiano. Tutti lo sappiamo, e tutti sappiamo che
che non rivelano fermenti di rinnovamento culturale pari a quelli un'interpretazione della Mazurca op. 50 n. 3 può dare da sola la
della generazione dell'ottanta austrotedesca. La storia dell'esecu- misura di un pianista, di un musicista. Chi si occupa di critica
zione non è ben documentata ed è stata poco studiata; certo è che, dell'interpretazione, ascoltandola, è dunque sempre teso a cogliere
allo stato attuale delle nostre conoscenze, l'apparizione di un per- le soluzioni che l'interprete trova nel pullulare di problemi che ad
sonaggio come Vladimir Sofronitzki, nato nel 1901, non pare in- ogni passo si pongono numerosi. Ma se si ascolta Sofronitzki non si
serita nel contesto di una cultura in fase di sviluppo. capisce neppure, alla prima nota, se si tratti della Mazurca op. 50 n.
Sofronitzki non fu d'altronde artista «inserito» da nessuna parte: 3 o di un pezzo dello Stockhausen anni 50.
all'estero andò solo nel 1928 (una tournée in Francia), in patria fu Quel primo sol diesis isolato, che Chopin indica mezza voce e con
popolare solo tra i musicisti, fu regolarmente ospitato solo nella sala cui preannuncia il secondo sol diesis dal quale farà iniziare il dise-
piccola del conservatorio di Mosca e nel Museo Scriabin, non suonò gno melodico, suona con Sofronitzki più a lungo di quanto ci
con le grandi orchestre, insegnò senza successo nei conservatori di si aspetterebbe e con una forza ed una durezza di timbro da
Leningrado e di Mosca. Era un uomo solitario, enigmatico; è far sobbalzare qualsiasi ascoltatore, anche quello che la Mazurca
diventato un pianista leggendario. Prima della guerra incise po- op. 50 n. 3 non la conosce e non l'ha mai sentita. Sofronitzki, in
chissimi dischi e, dopo, ne incise in misura limitatissima; sono state altre parole, inizia in un modo che nega non solo il mezza vo-
però pubblicate molte delle sue esecuzioni in pubblico, cosicché si ce, ma qualsiasi concezione stilistica tradizionale della musica di
può oggi studiare un materiale abbastanza vasto da dar ragione di Chopin.
una originalità persino sconcertante. Sconcertante doveva essere Ed il seguito è coerente. Ali' episodio che inizia in la maggiore
del resto anche l'uomo Sofronitzki. Vladimir Delman, suo allievo a (dalla battuta 17) il forte è parossistico, certi accenti nei bassi sono
Leningrado e a Mosca, mi raccontò che un mattino, svegliato da come cannonate. In fondo, Sofronitzki sceglie un tipo di sonorità il
una lunga scampanellata, aveva trovato Sofronitzki sulla porta di cui raggio di dinamica è molto limitato, e quindi il forte sta in una
casa: «Che pensi di Beria? », disse Sofronitzki. Delman, lì per lì, non proporzione non inesatta con il mezza voce. Ma il piano della
pensava niente e si grattava il collo. «Dimmi che pensi di Beria», battuta 45 non sta più in alcun rapporto di dinamica con il/orte e
insistette con calma Sofronitzki. Delman cominciava a chiedersi se con il mezza voce, né con il pianissimo che immediatamente lo
doveva proprio essere svegliato per rispondere ad una simile do- precede: è un piano in un altro ordine di timbri, un piano, per così
manda idiota; smise di grattarsi il collo e guardò Sofronitzki: «Lo dire, nell'ambito di un timbro con sordina, e l'andamento ritmico
hanno fucilato questa notte», disse con forza Sofronitzki; ed i due si non è più di mazurca ma di valzer. Insomma, prima di essere
fissarono a lungo, senza parlare. arrivati a un terzo del pezzo abbiamo già capito che per Sofronitzki
L'emozione di Delman era stata violentissima, beninteso, ma il la Mazurca op. 50 n. 3 è musica a programma, un poema sinfonico
modo scelto da Sofronitzki per comunicargli la notizia lo aveva in cui lo sconvolgente appello dell'inizio, la feroce esaltazione
sconvolto ancor di più. E il racconto di Delman mi riportava alla guerresca della mazurca e l'intimismo ansioso del valzer gioche-
sensazione di profonda inquietudine che avevo spesso provato ranno i loro ruoli contrastanti fino al recitativo delirante (battuta
ascoltando i dischi di Sofronitzki. Una delle più grandi interpreta- 173), fino al cupo risuonare dell'accordo di do diesis minore (bat-
zioni di Sofronitzki, o per lo meno quella che mi ha sempre lasciato tuta 189), fino ai tre ultimi suoni che cadranno come la mannaia
annichilito, è l'interpretazione della Mazurca op. 50 n. 3 di Chopin. nella Marche au supplice di Berlioz.
252 Immortali in incognito So_hmitzki 253
9'
3 2
Potrebbe essere l'episodio di Andrej nel Taras Bul'ba di Gogol,
potrebbe essere qualsiasi altra storia di tradimento, di amore, di
vendetta, di morte. Ascoltando Sofronitzki, se anche non si inventa
un programma letterario, si capisce benissimo come certa critica
dell'Ottocento si travagliasse nella ricerca di motivi ispiratori e di
storie sottese alla musica di Chopin. Cortot ha un bel parlare
dell'arrière pensée in Chopin ed ha un bel raccontarci i poemi di
Mickiewicz quando commenta le Ballate: le sue esecuzioni, poi,
non suscitano immagini ma illuminano oggetti. Sofronitzki muove Se il passo non era eseguito così ma com'è scritto, mignolo e
invece interrogativi che sembrano trovare appagamento solo in anulare di Sofronitzki possedevano una forza mostruosa. Il che non
motivazioni extramusicali. Quando, dopo otto battute iniziali pas- r
esaurisce· altra e primaria domanda: perché suonava con tanta
sabilmente tradizionali, lacera l'aria con il quadruplo la bemolle alla forza una melodia che per tutti gli altri è un'elegia commossa?
nona battuta della Ballata n. 3 di Chopin (Chopin ha scritto sem- Se tutti si chiedono perché solo un superpedante potrebbe ri-
plicemente forte) l'ascoltatore si chiede con spavento che cosa spondere: perché Sofronitzki se ne fregava delle indicazioni dina-
avviene e che cosa debba avvenire. miche di Chopin. Anche Hofmann, anche Rachmaninov possono
Perché il primo mi del Notturno op. 27 n. 1 deve arrivare come suonare forte dove c'è scritto piano; anche Paderewski; e a chi
una lancia spinta perfidamente nella carne? Perché la dolce melo- glielo faceva notare sembra rispondesse: «Non si tratta di ciò che è
dia della parte centrale della Polacca op. 26 n. 1 dev'esser detta con scritto, ma dell'effetto musicale». Sofronitzki assomiglia stilistica-
tuono profetico? mente a Hofmann e a Rachmaninov, e in certi casi può ricordare
Il pianista si chiede anche come facesse Sofronitzki, nel Meno persino Paderewski. Ma nessuno potrebbe dire che egli fosse un
mosso della Polacca, a suonare con tanta forza con mignolo e pianista vieux style a cui erano rimasti attaccati, acriticamente,
anulare della destra: manierismi anacronistici. Per Sofronitzki, e chi lo ascolta se ne
accorge subito, la posta è ben più alta: per Sofronitzki un forte
esplode se il forte è minaccia, il piano è sussurrato se il piano è
Meno mosso
9 inquietudine, e la melodia è da scolpire in ciclopici massi di pietra
con anima
perché la melodia non è «espressione» ma parola divina.
A differenza di Rachmaninov, che sembra scoprire un male
metafisico, Sofronitzki sembra scoprire l'annullamento della vo-
lontà di essere. E il suo strano Chopin è il Battista di un Salvatore
che si chiama Scriabin. Sofronitzki vive ancora nel cerchio magico
che Scriabin aveva creato intorno a sé. Allievo di Alexander Mi-
chalowski a Varsavia e di Leonid Nikolaiev a S. Pietroburgo 6 ,
Sofronitzki aveva poi ammirato quel Vsevolod Buyukli di cui non
abbiamo incisioni o registrazioni, ma che fu il primo interprete
della Sonata n. 3 di Scriabin e interprete scriabiniano e lisztiano
Aveva forse una mano tanto grande da permettergli di suonare
con la sinistra tutte le armonie e di usare per la melodia le tre dita
più robuste della destra? Forse suonava così: 6
Condiscepoli di Sofronitzki presso Nikolaiev furono Maria Judina e Sho-
-
254 Immortali in incognito So/ronitzki 255

quotatissimo 7 • Più tardi Sofronitzki aveva sposato una figlia di perplessità. Sofronitzki trova in Chopin una elementare vita della
Scriabin, entrando in un ambiente di memorie e di culto familiari materia musicale, in un modo che fa di lui - non posso definirlo
che ne facevano non solo un interprete scriabiniano «autorizzato» strutturalista, anche se egli scopre la pulsazione di una struttura -
ma un postumo discepolo. Le interpretazioni scriabiniane di So- una specie di medioevale alchimista.
fronitzki che ci sono restate sono abbastanza numerose e vanno da Riprendiamo quel sol diesis della Mazurca op. 50 n. 3 da cui
alcune Mazurche dell'op. 3 e dalla Sonata n. 3 fino alla Sonata n. 10 eravamo partiti:
e a Vers la fiamme op. 72. Quel modo di rendere Chopin, quel tono

---
perentorio e minaccioso anche nelle pagine intime, che in Chopin Moderato
sconcerta ed affascina, in Scriabin appare del tutto connaturato ad - -_-_nJ
~~_,,.,.. -.-.. h- - - - - ~ I
una concezione mistica (e fanatica) dell'arte e persino alla persona "~ Il
.
di Scriabin, alla mitomania, ali' arroganza per cui Scriabin andava .., I r I I I
famoso. me.•r·a voce
Sofronitzki divide nettamente l'arte di Scriabin in due mondi: un ., ,,.... - 1--...
mondo di dolorosa dissoluzione del Romanticismo in cui spiccano
alcune rarissime isole di luminosa serenità (lo Studio op. 8 n. 5), e "'> . ... .J}

un mondo di delirio solipsistico in cui le tensioni sono annullate e r


Il tema, se fosse solo tema, dovrebbe cominciare dal secondo sol
in cui Vers la fiamme diventa visione di un dramma cosmico.
Purtroppo mancano molti «tasselli» e quindi la delineazione del diesis, non dal primo. Ma siccome il tema diventa soggetto di
cammino spirituale di Scriabin visto da Sofronitzki non è completa. un'esposizione polifonica Chopin si trova a non poter permettersi
Tuttavia la identificazione di Sofronitzki con Scriabin è evidente e di cadenzare alla seconda battuta con un sol diesis di armonia nel
la logica della sua interpretazione è tanto chiara da costituire una contralto. La cadenza, invece, gli serve, perché Chopin è Chopin e
fondamentale tesi critica sull'arte scriabiniana. non Bach, e così inventa il sol diesis del contralto come primo suono
Sofronitzki interprete di Scriabin non ha dunque bisogno di del soggetto e aggiunge per conseguenza un sol diesis ali' attacco del
commenti, ma semmai di analisi, che mi porterebbero però troppo soprano. Quando poi arriva alla battuta 5 prende il do diesis del
lontano dai limiti di questa indagine. Penso sia invece opportuno soprano come primo suono di una risposta tonale di fuga invece che
tornare sul suo modo di interpretare Chopin, che suscita forti come ultimo suono della frase precedente. La costruzione è di una
cineseria e di una ambiguità che lasciano stupefatto il lettore e
mettono in agitazione l'interprete. Ma Sofronitzki si basa prima di
stakovic. Nelle memorie di Shostakovic redatte dal Volkov sulla cui autenticità
tutto su altro, e cioè sulla cadenza dominante-tonica che regge le
~ l~cito nutrir dubbi, troviamo espressioni di grandissima ;tima per Sofronitzki
msiem~ co_n ~ma costante insistenza sui suoi vizi, alcool e droga; la figura di prime sedici battute e da cui si sprigiona una forza spasmodica
Sofromtzki nsulta a parer mio troppo chiaramente modellata sul cliché del- elementare, che anela all'annientamento.
1'artista n_ialed~tto per essere autentica (in modo ben diverso mi parlava Del- Per Sofronitzki il fondo delle cose è una tensione-vita (domi-
man degli stessi problemi). nante) che va verso una distensione-morte (tonica). Tensione e
7
Troviamo un curioso riferimento a Buyukli in una lettera di Rachmaninov distensione sono rappresentate in gradi molteplici, ma la tensione
che, dovendo suonare a Varsavia nel 1907, scriveva ad un amico: «Ho incon- tende ad essere assoluta quando la dominante si presenta per
trato qui Buyukli. Te lo ricordi. Qui sta facendo furore. Suona lui domani e il prima; ed è questo il carattere stilistico di fondo, che a parer mio
m!o amico Zatajevic ~ice lugubremente che Buyukli farà un pienone e che il
differenzia così nettamente Sofronitzki da altri interpreti chopi-
m10 ~on~erto (annunciato, non so per quale ragione, come "straordinario" nei
manifesti) non lo farà». niani che pure basano l'interpretazione sui rapporti di tensione-di-
256 Immortali in incognito Sofronitzki 257

stensione dell'armonia. Anche quel quadruplo la bemolle della


nona battuta della Ballata n. 3, così sorprendente, viene accentato
in quel modo perché Chopin lo considera dominante di re bemolle
maggiore. L'uso chopiniano del cromatismo maschera e rende
estremamente ambiguo lo spostamento dall'area tonale di la be-
I bemolle maggiore di Schubert, tanto goethianamente trasfigurate
quanto quelle di Schnabel. In Chopin (e nel Liszt di Weimar)
Sofronitzki coglie invece l'eruzione delle forze demoniache, nei
Preludi di Ljadov l'anello che porta da Chopin a Scriabin, e in
Scriabin - ma già profeticamente nel Liszt dello sconosciutissimo
molle maggiore all'area di re bemolle maggiore, e tutti gli interpreti Mephisto-Walzer n. 2: interpretazione che fa gridare al miracolo -
lasciano l'ascoltatore nell'incertezza di ciò che sta accadendo. Non la dissoluzione della dialettica e della volontà e l'estasi mistica. Il
Sofronitzki, che fa capire con violenza come stia accadendo qual- rapporto consequenziale classicismo-romanticismo-barocco, visto
cosa di enorme: Chopin abbandona il la bemolle maggiore e in- nei termini essenziali Beethoven-Chopin-Scriabin, è a parer mio
troduce artatamente un re bemolle maggiore che, considerato co- l'interpretazione della storia che traspare dalle esecuzioni superstiti
me armonia di sesta napoletana, porterà inevitabilmente al do di Sofronitzki. Bisognerebbe avere la registrazione dei dodici reci-
maggiore del secondo tema! Chopin annienta le leggi della tradi- tals che Sofronitzki tenne a Leningrado nel 1937-38, dedicandoli
zione classica - do maggiore invece di mi bemolle maggiore al alla musica pianistica da Bach a Scriabin, per capire se Sofronitzki
secondo tema - e Sofronitzki esalta la trasgressione liberatoria: là vedesse o no in Scriabin il ritorno ciclico, se cioè vedesse o no in
dove Chopin usa i modi insinuanti del cospiratore intellettuale, Bach quella «musica della negazione della volontà, senza il ricordo
Sofronitzki introduce l'accesa ostentazione del nichilista. Con al- dell'ascesi» che vi vedeva Nietzsche. Verifica, come tante altre,
trettanta ferocia, al contrario, Sofronitzki «smaschera» Schumann, impossibile. Nel Sofronitzki che conosciamo dalle incisioni e regi-
in cui ritrova sempre l'uomo d'ordine, il borghese tedesco: la sua strazioni rimasteci colpisce prima di tutto l'arbitrio, che pare gra-
interpretazione di un lavoro come la Kreisleriana tende quindi a tuito; poi colpisce il senso di racconto, di musica a programma.
denunciare il fondo non-rivoluzionario di un'opera in apparenza Sono aspetti che riportano Sofronitzki, nato nel 1901, a concezioni
demoniaca, così come la sua interpretazione della Ballata n. 3 di critiche e interpretative desuete, superate. Ma la presenza vigile di
Chopin tende a svelare la natura rivoluzionaria di un'opera in un'intelligenza che si serve di strumenti ormai banalizzati per fini
apparenza salottiera. tutt'altro che banali rende inquietante Sofronitzki e impedisce di
Chiedo scusa al lettore non musicista se ho dovuto propinargli considerarlo uomo fuori del suo tempo. Infine, infatti, si scopre che
cenni di analisi tecnica, ma non potevo spiegare diversamente il attraverso la musica Sofronitzki rivive incessantemente un dramma
processo psicologico innescato da Sofronitzki, per il quale la ca- cosmico e si comincia a credere con lui che l'invocazione di Scriabin
denza dominante-tonica è metafora di essere-non essere e per il - «Vi chiamo alla vita, o forze misteriose» - non sia poi tanto e
quale il passaggio da una tonalità ad un'altra diventa dramma di un soltanto letteratura.
dolore che si rinnova e si accentua invece di spegnersi. Non so se
Sofronitzki conoscesse l'analisi musicale secondo le teorie di Hein-
rich Schenker, ma mai come con lui capisco su quali intuizioni si
fondasse la scienza di Schenker. Non so neppure come Sofronitzki
considerasse il rapporto Scriabin-Nietzsche, ma mai come con lui
capisco che in Chopin si può vedere lo scatenatore di quelle forze
che Schenker trova operanti e dominate in Beethoven. In- Beetho-
ven e in Schubert, Sofronitzki sembra accettare in pieno l'inter-
pretazione mitica di Schnabel: si vedano le sue classicheggianti
esecuzioni dell'Appassionata di Beethoven e della Sonata in si
Horowitz 259

ricorda il finale della sesta Rapsodia ungherese? Il turbinio delle


•GIÙ IL CAPPELLO?» ottave inizia scherzevole e leggero, si anima, si eccita, si fa ossessivo,
sempre più rapido, più vorticoso, più potente. Il pubblico si chiede
se il pianista ce la farà ad arrivare alla fine, se avrà le forze bastanti
per balzare sull'ultima scala cromatica, se non cadrà in deliquio
dopo l'ultimo accordo. E quando l'ultimo accordo è esploso, e il
pianista s'alza ansimante ma vincitore, il pubblico scatta in piedi
sbatte le zampe, si strozza con i ,bravo•. Tutti i grandi virtuosi
postlisztiani hanno avuto grandi ottave: Anton Rubinstein, Tausig,
Busoni, Rosenthal, Lhevinne, Rachmaninov ...
,Recentemente si è fatto un gran nome Horowitz. Ha ottave
Un mio conoscente, uno di quei ricchi melomani disposti a far follie colossali•. Chi esprimeva quest'opinione non era il qualunque
pur di assistere agli avvenimenti musicali che a torto o a ragione ascoltatore, entusiasta qùanto ingenuo, e neppure il giornalista
han l'aria di passare alla storia, mi raccontava di aver dovuto mondano attento ad orecchiare i giudizi dei tecnici, ma addirittura
faticare come un ercole per procurarsi un posto a un concerto di Sergej Rachmaninov, il grande Rachmaninov dai polsi d'acciaio,
Horowitz. Fatica doppia, perché non gli bastava il posto, ma lo che in una lettera del 15 aprile 1936 rispondeva ad alcune doman-
voleva anche vicino al podio per osservare a tutt'agio le mani de rivoltegli dall'amico Vladimir Vilshau (l'abbiamo già citata,
prodigiose del pianista. Ottenne il posto vicino al podio, non la quella lettera, parlando di Hofmann). Il commento d'obbligo è uno
posizione giusta, e Horowitz lo vide di schiena. Dappri~a contra- solo: ,Giù il cappello, signori!», come esclamò Schumann quando
riato, dopo pochi minuti era in trance, affascinato da un gioco delle scoprì Chopin; oggi basterebbe una parola sola, che non fa ancor
spalle e del dorso di cui non aveva mai sospettato l'esistenza: parte del vocabolario critico e che perciò non uso. Ma il concetto è
«Peccato che Horowitz non suonasse a torso nudoit, concludeva un quello.
po' scherzando e un po' seriamente. Io non so se il segreto della Erano proprio così colossali le ottave di Horowitz, oppure
tecnica di Horowitz risieda nei muscoli dorsali. Certo è però che Rachmaninov, a sessantatre anni, si lasciava impressionare dalla
una abnorme potenza e rapidità di contrazione del dorso permette freschezza atletica di un concorrente trentaduenne? La verifica è
di sfruttare il peso delle braccia in una misura e in un modo possibile, è a portata d'orecchio. Horowitz registrò alcuni rulli di
precluso alla stragrande maggioranza dei piani~ti. Nella tecnica _di pianoforte meccanico verso il 1928 e dal marzo dello stesso anno
Horowitz, pianista che parla con la schiena, s1 trovano autenuc1 cominciò ad incidere dischi, tornando regolarmente in sala di inci-
aspetti atletico-sportivi, si trovano veri e propri primati. E prima di sione fino al 19 36. Basta ascoltare la Sonata in si minore di Liszt,
tutto le ottave. incisa nel novembre del 1932, per accorgersi che quelle ottave da
Le segrete potenzialità delle ottave le avevano già scoperte Cle- favola erano veramente come le giudicava Rachmaninov: un'agilità
menti, Beethoven, Weber, ma solo con Liszt le ottave diventano la felina combinata con la esplosiva potenza di un rinoceronte. Qua-
cartina di tornasole che distingue il virtuoso, che dà la misura lità che faceva di Horowitz l'interprete predestinato del Concerto
dell'ardimento, del dominio sullo strumento, della resistenza alla n. 1 di Ciaikovsky, in cui si trovano i più rischiosi e scoperti passi
fatica. Chi non ricorda l'attacco del Concerto n. 1 di Liszt? Le mani d' ottave della letteratura pianistica; e infatti proprio con il Con-
aperte, arquate, gli avambracci roteanti in quel gesto ~h': i n?stri certo di Ciaikovsky Horowitz si era fatto notare ad Amburgo nel
nonni chiamavano ,la zampata del leone• strappano da, v1scen del 1926 e a New York il 12 gennaio 1928, quando aveva mandato il
pianoforte tuoni di suono pari a quelli dell'orchestra. Chi non pubblico in delirio.
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Non solo le ottave erano però colossali: colossale era tutta la Il limite è che Horowitz, se riesce ad eseguire molte cose con una
tecnica di Horowitz, colossale al punto da oltrepassare la capacità sonorità «impossibile», altre le fa diventare impossibili anche per
di muovere ad altissima velocità e con enorme potenza la mecca- lui. Milstein, pare, disse una volta che Horowitz non possedeva
nica del pianoforte per trasformarsi in creazione di sonorità sempre abbastanza tecnica per eseguire tutti gli Studi di Chopin. Il che era
completamente personalizzata. Chi sa suonare il pianoforte si sente paradossalmente vero: nello Studio op. 10 n. 1 o in altri neppure
profondamente sconcertato quando ascolta per la prima volta le Horowitz poteva ottenere quella sonorità a cui non sapeva rinun-
incisioni del giovane Horowitz, e non solo perché Horowitz sa ciare. E così il più grande virtuoso dopo Busoni non eseguiva, al
snocciolare tutto più presto e magari più forte di qualsiasi altro contrario di Busoni, le serie complete degli Studi di Chopin, degli
pianista, ma perché il rapporto tra velocità e qualità del suono non Studi trascendentali e degli Studi da Paganini di Liszt.
è quello che ci si aspetterebbe e che corrisponderebbe alla comune La cultura, il virtuosismo inteso come cultura subiva dunque un
esperienza. Ascoltando brani come Traumeswirren di Schumann arretramento, nel passaggio da Busoni a Horowitz. Le particolari
o lo Studio op. 10 n. 4 di Chopin ci si chiede che combinasse ed insolite doti tecniche facevano tuttavia sì che Horowitz riuscisse
Horowitz per ottenere, a quella velocità, quella qualità timbrica ad imporsi molto rapidamente, in un mondo dominato ancora da
della sonorità: come un atleta che fa i cento metri in dieci secondi Paderewski, Hofmann, Rachmaninov e Cortot suonando, al con-
non correndo, ma marciando. In certi casi, ad esempio nello Studio trario di Schnabel o di Fischer o di Gieseking, un repertorio del
in mi bemolle maggiore di Paganini-Liszt o nel Capriccio op. 28 tutto tradizionale. Nato vicino a Kiev il 1° ottobre 1904, Horowitz
n. 6 di Dohnanyi, la velocità altissima e la particolarissima qualità aveva studiato con Felix Blumenfeld, pianista, ma soprattutto di-
del suono danno talora effetti paragonabili a quelli dei sintetizza- rettore d'orchestra e compositore, che si era trasferito in Ucraina
tori elettronici. In altri casi, come all'inizio della Danza macabra di dopo av~r passato molti anni a S. Pietroburgo dopo aver diretto tra
Saint-Saens, trascritta per pianoforte da Liszt e da Horowitz ese- l'altro la prima esecuzione in Russia del Tristano e Isotta di Wa-
guita in un suo riadattamento, viene da chiedersi se si stia vera- gner. Blumenfeld non era precisamente un concertista di piano-
mente ascoltando un pianoforte o non piuttosto uno strumento forte, ma conosceva a fondo il virtuosismo pianistico, come dimo-
reinventato. stra il suo mirabolante Studio per la mano sinistra sola (di cui esiste
C'è un trucco? Si era parlato dei trucchi di Paderewski, che una altrettanto mirabolante esecuzione di Simon Barer). Capitando
faceva inserire nel feltro del martelletto una sottilissima lamina di sotto la tutela di Blumenfeld Horowitz trovò quindi un maestro
piombo; si disse e si dice che Horowitz facesse accordare crescenti capace di svilupparne tutte le enormi potenzialità. Nel 1920, a
alcuni suoni per.ottenere, con i «battimenti» conseguenti, maggior sedici anni, Horowitz concludeva gli studi eseguendo il Concerto
potenza e uno speciale timbro. Sarà forse vero, ma non è tutto: n. 3 di Rachmaninov, concerto di estrema difficoltà e non ancora
Horowitz, i suoi primati li otteneva con i mezzi tradizionali, ed entrato nel repertorio, anzi, poco eseguito dall'autore stesso. Negli
erano primati con tutte le carte in regola. Si ascolti il Corale di Bach anni successivi iniziava la carriera concertistica in patria, segnalan-
Rallegratevi, cristiani diletti trascritto per pianoforte da Busoni, dosi particolarmente con una serie di recitals a Leningrado nel
che Horowitz incise nel 1934, e lo si paragoni con l'incisione di 1924.
Busoni, del 1922. La chiarezza, l'indipendenza di movimento e di Su questo primo periodo conosco solo due dirette testimonianze.
sonorità delle tre parti, l'effetto illusionistico di tre mani sono Serge Lifar mi raccontò di aver ascoltato un'esecuzione del Con-
raggiunti da Horowitz in misura nettamente superiore a quella di certo n. 5 di Beethoven con Blumenfeld che accompagnava Horo-
Busoni, che pure era stato il maggior virtuoso del suo tempo. E qui witz ad un secondo pianoforte. Lifar era rimasto sbalordito ma,
non c'è accordatura che tenga: provare per credere! «Giù il cap- non essendo pianista, non poteva dare spiegazioni tecniche: aveva
pello, signori!», direbbe Schumann, ... con quel che segue. solo notato il nervosismo di Horowitz, che si trasformava progres-
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sivamente in violenta aggressività verso lo strumento. Heinrich guadagnato in musicalità. Fino ad ora nessuno se ne è accorto. C'è
Neuhaus (il maestro di Richter e di Gilels, di cui parleremo più chi si consola col dire che non è stato ancora sposato abbastanza a
avanti) scrive che Horowitz, «quando aveva diciassette o diciot- lungo». Sia o no effetto del matrimonio con Wanda Toscanini, noi
t'anni aveva l'abitudine di picchiare così spietatamente che era possiamo oggi guardare a Horowitz come ad un artista che ha
quasi impossibile ascoltarlo in una stanza». E poi: «Vladimir Ho- lasciato testimonianze di stile interpretativo tra le più alte del
rowitz mi disse una volta (gli avevo consigliato di suonare qualche nostro secolo4 Non si può però dire che a trent'anni Horowitz
composizione eccellente ma non molto popolare) che lui suonava difettasse di musicalità o di poesia: anzi, nella Sonata di Liszt e in
in pubblico solo ciò che al pubblico più piace, e che il resto poteva alcune pagine di Schumann e di Chopin egli scopriva una poesia
suonarselo a casa. L'attività concertistica di Richter e di Horowitz segreta attraverso un esasperato virtuosismo. L'osservazione di
mostra una certa differenza di mentalità (sto parlando della giovi- Rachmaninov va vista complessivamente, nel rapporto tra la tec-
nezza di Horowitz; più tardi egli cambiò considerevolmente). Si nica e le intenzioni musicali e nella sproporzione che spesso ne
tratta di questo: l'uno era guidato dal pubblico, mentre l'altro risultava. Horowitz suonava talvolta con un piglio da dandy, di-
guidava il pubblico, prendendo nota delle sue possibilità e del suo stintissimo di aspetto quanto - nella ostentazione della sua ric-
carattere. Lo slogan del giovane Horowitz era: "Successo soprat- chezza - provinciale di modi. La sua dizione iperespressiva, basata
tutto". Lo slogan di Richter: "Soprattutto, arte"». E ancora: sul frammento, sulla perenne ricerca del deliquio estetico, sul tra-
«Quando Horowitz aveva ventidue anni mi parlò con grande scorrere di estasi in estasi ricordava allora da vicino la recitazione di
enfasi del suo smisurato amore per Mozart e per Schumann e di una qualche primadonna di cinema muto. Le ragioni del virtuosi-
quanto estraneo gli fosse Beethoven. Beethoven non lo scuoteva smo, l'autocompiacimento, il narcisismo prevaricavano allora - ad
minimamente: non era un Mozart, e certamente non uno Schu- esempio, nello Scherzo n. 4 di Chopin, inciso nel 1936 - sulle
mann, ma un qualcosa a metà strada tra i due. Si può immaginare ragioni della composizione e dell'autore. Tuttavia, se questi aspetti
cosa provassi ad ascoltar ciò, perché il mio amore per Mozart e erano non di rado presenti e non di rado prevalenti, il «fondo», per
Schumann non turbava il mio amore per Beethoven, ma, al con- così dire, la base stilistica del giovane Horowitz non era né reazio-
trario, lo esaltava. Tuttavia, suppongo che le opinioni di Horowitz naria né demodée. Il suo virtuosismo non era semplicemente
siano molto cambiate da quei tempi». un'esplosione di cieca esuberanza, ma si arroccava su alcuni punti
Horowitz vedeva forse, schematicamente, Mozart come classico fermi del neoclassicismo: la estrema velocità rispettava rigorosa-
e Schumann come romantico, e Beethoven non gli sembrava né mente alcune indicazioni metronomiche, la stessa parossistica vio-
carne né pesce. Ma tutto il suo amore per Mozart non faceva allora lenza di alcune sonorità si basava su indicazioni autentiche (anche
di lui, né l'avrebbe fatto in seguito, un interprete mozartiano e un in Chopin, autore che usava termini come energico, pesante, con
propagatore della musica di Mozart. Cose che Horowitz lasciava a forza, forte assai, il più forte possibile) e neoclassici erano il meti-
Schnabel e a Fischer, con i quali non avrebbe potuto competere colosissimo, artigianale lavoro di preparazione e l'onestà di ri-
quanto ad intelligenza stilistica, per riservarsi il Concerto n. 1 di schiare la nota falsa invece di ricorrere alle astuzie del mestiere.
Ciaikovsky e il Terzo di Rachmaninov, in cui Schnabel e Fischer Horowitz, che certamente è da annoverare tra i maggiori virtuosi
non avrebbero mai potuto competere con lui. di ogni tempo, non è stato mai esecutore impeccabile. I suoi dischi
A parte la non celata antipatia che muove Neuhaus, il suo microsolco realizzati in studio, s'intende, sono «puliti», ma nei
giudizio non è certamente dettato da malanimo. Detto delle «ot- dischi a 78 giri e in certe registrazioni di esecuzioni pubbliche si
tave colossali» Rachmaninov prosegue infatti così: «Molti spera- trovano note sbagliate e momenti in cui il disastro non è poi tanto
vano che dopo il suo matrimonio con la figlia di Toscanini - il lontano. «L'artista non è artista se non assume dei rischi», dichia-
miglior direttore d'orchestra - il suo modo di suonare avrebbe rava nel 197 8 Horowitz al giornalista Pierre Vozlinski; e tutta la sua
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carriera dimostra che anche in senso strettamente tecnico Horo- dollari, svolse un'attività intensissima negli Stati Uniti e nell'Euro-
witz, se predica bene, non razzola male. Bisogna tuttavia distin- pa occidentale, poi, complice un'operazione di appendicite che lo
guere sbaglio da sbaglio. In Horowitz il timore, la paura di sba- bloccò per alcuni mesi, si prese due anni di riposo ... e cominciò a
gliare e il relativo nervosismo sono rarissimi: posso citare solo un ripensare alla musica e ad allargare il suo repertorio.
vero momento di grande nervosismo e di timorosa prudenza - che Tra il 1939 e il 1953 Horowitz attraversa un momento nuovo
non evita del resto la frittata - nel finale del secondo tempo della della sua evoluzione di interprete. In quegli anni egli volge lo
Fantasia di Schumann, registrata nel 1965 nella Carnegie Hall di sguardo - oh! solo uno sguardo - alla musica contemporanea: le
New York. Altrimenti lo spettro dell'errore è affrontato spavalda- Sonate n. 6 e n. 7 di Prokofiev, la Sonata n. 3 di Kabalevsky e la
mente, con la sicurezza indomabile e temeraria del pilota da gran Sonata di Barber vengono allora studiate ed eseguite. Il virtuosismo
premio che sa rischiare grosso e sa salvarsi anche in drammatiche raggiunge il vertice, ma il suo sviluppo viene concentrato in alcune
circostanze. Persino nel Concerto n. 1 di Ciaikowsky, suo inconte- composizioni soltanto. Horowitz può ricordare a questo proposito
stabile cavallo di battaglia, Horowitz poteva trovarsi a un pelo quei ricchissimi mercanti russi che costruivano impossibili castelli
dall'uscita di strada: l'ultima volta che lo eseguì, a New York con per la loro amante o che trasformavano in garçonnière un'antica
Széll direttore, nel 1953, fece il primo grande passo di ottave in un abbazia: nel primo caso abbiamo la sua trascrizione di Stars and
modo che ha dell'incredibile, toccò senza la solita potenza il se- Stripes, nel secondo abbiamo la sua trascrizione dei Quadri di una
condo, e prese il terzo con una combinazione velocità-forza ecces- esposizione di Mussorgski: nel primo caso, pur sbalorditi come
siva persino in lui, tanto da finire menando le mani invece che siamo, ci chiediamo perché lo faccia, nel secondo rimpiangiamo
suonando note. Eppure, anche in questi momenti di crisi Horowitz amaramente che lo abbia fatto! Accanto a questi momenti di
è entusiasmante perché il suo scatenamento dionisiaco, il suo di- ostentazione stanno però i momenti in cui Horowitz macina per
sprezzo per la compostezza danno la sensazione della continua conto suo la lezione di Rachmaninov, spesso frequentato alla fine
sfida all'impossibile, della volontà di ridurre a zero i margini con- degli anni 30 e molto ammirato. Il rapporto Rachmaninov-Horo-
cessi all'umana fallacia. Chi lo ascoltò prima della guerra mi disse witz può essere verificato nel modo più limpido nella interpreta-
che talvolta Horowitz, dopo aver preso clamorosamente una nota zione della Sonata op. 35 di Chopin, incisa da Horowitz per la
sbagliata, picchiava con rabbia il tasto giusto, mettendo più in prima volta nel 1950, che è da paragonarsi con la analoga incisione
evidenza l'errore. Eppure nessuno paragonava i suoi errori con di Rachmaninov realizzata vent'anni prima. Horowitz cerca di
quelli di Cortot ... staccarsi nettamente da Rachmaninov, soprattutto perché sceglie
Espatriato dalla Russia (nella quale non sarebbe più tornato), tempi sensibilmente più lenti e perché evita, nel finale, il ricorso
Horowitz cominciò a suonare in Germania, Svizzera, Italia. La sua alle grandi ondate di suono, ma nello stesso tempo cerca di recu-
carriera prese slancio dal già ricordato concerto di Amburgo; poi perare con altri mezzi la apocalittica violenza barbarica - russa per
passò a Parigi, dove ottenne molto successo e dove suscitò in Artur antonomasia - che emanava dalla Sonata nell'interpretazione di
Rubinstein un amore-odio ben testimoniato dalle memorie di Ru- Rachmaninov, ed ottiene il suo intento con un suono cantabile di
binstein. Il concerto a New York del gennaio 1928 fu seguito nel lancinante struggimento e con un parossistico peso sonoro dei
mese successivo dalla definitiva consacrazione: Horowitz eseguì il bassi. Horowitz non sa sfuggire alla tentazione di aumentare la
Terzo di Rachmaninov dopo averlo provato a due pianoforti con forza dei bassi con trasporti d'ottava, e qui perde quasi sempre la
l'autore negli studi della Steinway & Sons. Era come se Rachma- misura, arrivando ad effetti di tam-tam in cui il confine del « bar-
ninov avesse introdotto cavaliere nell'ordine degli immortali il barico» inteso al modo di un colossal di Hollywood non è poi tanto
giovane Horowitz e la psicopubblicistica seppe usare l'avvenimen- lontano. Nella seconda incisione della Sonata, realizzata dodici
to come si conveniva. Fino al 1936 Horowitz, conteso a suon di anni più tardi, spariranno quasi tutti i trasporti d'ottava e sparirà
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certa violenza sonora non giustificata dal testo. Ma nel complesso affrontava il problema critico del virtuosismo pianistico in modo
mi pare sia da preferire la prima incisione, nella quale si manifesta più ampio.
una volontà di sintesi e di superamento del passato, e quindi una Horowitz non è considerato grande interprete beethoveniano,
tensione emotiva che la seconda incisione, molto più «classica» e né lo è, e le sue esecuzioni di tre Sonate di Clementi possono essere
raccolta, non possiederà più. censurabili per molti aspetti. Ma è in Clementi che Horowitz
Nel 1953 Horowitz festeggiava con un recital e con un concerto ritrova l'origine storica di quel rapporto dominatore e persino
diretto da Széll il venticinquennale del suo esordio negli Stati Uniti. violento che il pianista instaura, attraverso la bravura e la tensione
Poi abbandonava l'attività concertistica: per dodici anni non sa- del virtuosismo, nei confronti del pubblico della sala di concerto.
rebbe più comparso in un recital, per venticinque non avrebbe più Lo stesso avviene in alcune Sonate di Beethoven, certamente non
suonato con orchestra. «Mi chiamavano la Greta Garbo del pia- «beethoveniane» al modo di Schnabel, ma neppure semplicemente
noforte perché sono stato a lungo rinserrato e perché non sono virtuosistiche. Lo stesso con Scarlatti, che non è lo Scarlatti di
allegro. Non andavo ai cocktails; alla sera incontravo degli amici Gieseking, ma che non è neppure più lo Scarlatti trascritto da
con i quali giocavo a carte; si parlava di libri, di musica ... io sono Tausig ed eseguito alla Hofmann, quello Scarlatti che Horowitz
così» (da un'intervista con Pierre Vozlinski). Fastidio degli sposta- aveva adottato in gioventù e inciso nel 1928. Il centro degli inte-
menti continui, desiderio di godersi una ricca biblioteca e una ressi resta il Liszt del periodo di Weimar, ma Horowitz non rimane
favolosa collezione di quadri comprendente Manet, Degas, ancorato alla tradizione Liszt-Rubinstein né vi ritorna nostalgica-
Rouault, Picasso, esaurimento nervoso, paura dell'aereo acuita mente: la sua è un'indagine sugli antecedenti di Liszt, di Liszt come
dalla morte di William Kapell, perito in un incidente di volo il 29 fondatore e rappresentante primo del concerto pubblico.
ottobre 1953? Forse un po' di tutto ciò, forse la consapevolezza del La sonorità, elemento basilare dello stile di un interprete, di-
fatto che, nell'epoca del disco e della registrazione, la fama e il venta rigorosamente delimitata: l'enorme raggio della dinamica
valore di un interprete si giocano non solo più nell'attualità, ma viene impiegato sempre, ma viene escluso del tutto il velluto e viene
nella storia. fortemente limitato, in Clementi come in Beethoven come in
Dal 1953 al 1965, senza più comparire in pubblico, Horowitz Chopin come in Liszt, il cosiddetto jeu perlé (che a Beethoven, sia
continuava a lavorare, a lavorare con accanimento. Le acquisizioni detto per inciso, piaceva poco), cioè vengono esclusi i timbri mor-
stilistiche della Sonata, depurate dalle intemperanze, diventavano bidi, carezzasi, insinuanti. Il suono di Horowitz è fatto di diamante,
la base di nuove interpretazioni chopiniane, di cui era testimo- fermo e scintillante e duro. L'ascoltatore ha sempre un'abbagliante
nianza esemplare un disco uscito nel 1958. Il processo spirituale era percezione dell'edificio sonoro, e la ricchezza dei timbri non sfuma
tuttavia ben più vasto di un semplice raffinamento di ciò che già era nell'indistinto, nell'allusivo, nell'ambiguo: neppure nel pochissimo
stato conquistato. Horowitz conduceva invece una ricerca sulle di Debussy, neppure nel molto di Scriabin che Horowitz ha af-
origini, sulle radici di quel virtuosismo demoniaco che storicamente frontato.
era esploso con l'autore a lui da sempre più congeniale, Liszt, e le Il termine della ricerca di Horowitz è Scriabin, perché egli nella
ritrovava in Scarlatti, in Clementi, in Beethoven. piena maturità ha lasciato in disparte Prokofiev e non ha mai
Grande enfant gaté, impareggiabile interprete di divertenti affrontato Bart6k e tanto meno Messiaen (autore che sembrerebbe
sciocchezzuole di Moszkovsky e di altri, Horowitz aveva già trovato adattissimo alle sue caratteristiche di pianista e per il quale professa
le radici del virtuosismo elegante nelle Variazioni sulla «Ricor- viva ammirazione). Si può sicuramente discutere su Horowitz in-
danza,, di Czerny (incise nel 1944) ed aveva concluso questa sua terprete di Scriabin, soprattutto perché il tipo di sonorità, il tipo di
ricerca con una memorabile interpretazione dell'Andante spianato architettura sonora che Horowitz crea per Scriabin non differisce
e Polacca brillante di Chopin (incisa nel 1945). Dopo il 1953 da quella che crea per Rachmaninov: il che significa attenuare le
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diversità di atteggiamento culturale tra Rachmaninov e Scriabin pianoforte, dei bivacchi del pubblico per acquistare il biglietto, ecc.
che sono invece, a parer mio e di altri, di importanza fondamentale ecc. Sarà tutto vero, anzi, è vero senz'altro. Quel che non vien detto
e quindi da mettere semmai nella massima evidenza. Non si può è che Horowitz, dopo avere inciso sempre per la RCA, era passato
tuttavia non riconoscere che, se due pagine emblematiche come la nel 1962 alla Columbia, e che un avvenimento «storico» avrebbe
Sonata n. 2 di Rachmaninov (1913) e la Sonata n. 10 di Scriabin fatto comodo per rilanciare un grande pianista assente da troppo
(1912-13) suonano troppo simili sotto le dita di Horowitz, le dita di tempo dalle sale di concerto. Tra il 1953 e il 1965 c'erano state
Horowitz riescono a render comprensibile la trama sonora della l'apparizione di Richter ed una prodigiosa evoluzione di Rubin-
Sonata n. 10 di Scriabin in una misura che ha dell'incredibile. Gli stein, mentre di Horowitz erano usciti pochi nuovi dischi e molte
aspetti mistici dell'arte scriabiniana, l'indistinto che non si svela e ristampe delle vecchie incisioni. Chi conosceva i trucchi delle regi-
che colpisce l'animo dell'ascoltatore con una presenza invisibile e strazioni su nastro poteva sospettare, non proprio illegittimamente,
inquietante, vengono esclusi da Horowitz, che interpreta Scriabin che Horowitz non fosse più in grado di sostenere veramente un' e-
secondo coordinate stilistiche neoclassiche. Ma il disaccordo sul- secuzione e che i suoi nuovi dischi venissero fabbricati in labora-
l'impostazione critica non può escludere il riconoscimento della torio, manipolando frammenti di esecuzioni diverse 1 •
coerenza e della esemplarietà di un'interpretazione che non nasce La riapparizione in un concerto pubblico richiamava l'attenzio-
più, come in Sofronitzki, dalla continuità della tradizione e da un ne su un pianista già leggendario e già quasi svanito nell'empireo
rapporto affettivo, ma che affronta e risolve il problema della dei grandi trapassati. Horowitz era ancora un grande pianista, ed
sopravvivenza storica di un autore. Può sembrare paradossale il aveva ancora qualcosa da dire di suo, in una sala, nella presenza
dirlo, ma Scriabin è per Horowitz quel che Mozart è per Fischer o pericolosa ed esaltante degli ascoltatori? Queste erano le domande
Schubert per Schnabel: un artista da inserire definitivamente nel che ci si poteva porre, ed alle quali il concerto e poi i dischi davano
repertorio concertistico, cioè nella cultura musicale di massa. E risposta. Naturalmente, invece, la montatura pubblicitaria puntò
bisogna riconoscere che dopo Horowitz e grazie a lui nessun pia- piuttosto sul fatto sensazionale: Horowitz è ancor sempre il più
nista può permettersi di ignorare Scriabin. grande pianista del mondo? Domanda che corrisponde agli inter-
Dopo dodici anni di esilio, il 9 maggio 1965 Horowitz ricompa- rogativi drammatici sfoderati dai cronisti sportivi quando un vec-
riva in pubblico alla Carnegie Hall. Il recital veniva registrato e chio pugile ritenta la scalata al titolo mondiale: sarà ancor sempre
pubblicato in due dischi, il cui fascicolo di presentazione iniziava lui il più forte di tutti? E fu proprio in quest'ordine di idee che il
bilanciando al milligrammo il commosso lirismo e la minuziosa ritorno di Horowitz fece il giro del mondo.
precisione dei particolari che si convengono ai grandi avvenimenti In una calda, ma critica recensione del concerto, Harold C.
della storia: «Dopo un'assenza di dodici anni, il ritorno di Vladimir Schonberg aveva scritto nel New York Times dell'll maggio: «Ieri
Horowitz nella sala di concerto era destinato ad essere una circo- pomeriggio Horowitz ha messo a tacere molti dubbi. Di fronte a un
stanza straordinaria, e si mostrò come uno dei più elettrizzanti numerosissimo, distintissimo pubblico ha dimostrato che è ancora
eventi musicali della decade. Il momento esatto del suo ritorno può un monarca». Nella corrispondenza da New York per il Corriere
essere registrato con precisione. Erano le 15,38, domenica, 9 mag- della sera le parole di Schonberg subivano questo esemplare ma-
gio 1965, quando il grande pianista avanzò vivacemente fuori dalle
quinte sul palcoscenico della Carnegie Hall (dove per l'ultima volta 1
Si racconta che negli anni .50 una pianista raccomandatissima, che doveva
aveva suonato in pubblico il 25 febbraio 1953) per essere salutato incidere due Sonate di Beethoven e non riusciva a far tre note giuste di seguito,
con una vibrante, acclamante ovazione da un uditorio di 2760 registrò una montagna di nastri, da cui i tecnici cavarono un'esecuzione pulita.
persone [sedute] più 100 persone in piedi». E via di questo passo, «Bene», disse la pianista quando le fecero ascoltare il provino. Eil tecnico: «Le
con la storia dell'altalena torna-non torna, e poi della scelta del piacerebbe, eh, suonare così».
1--

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quillage: «L'ovazione tumultuosa e frenetica che [. .. ] l'intera sala in E negli ultimi anni si è notato, accanto ad una maestria della
piedi gli ha tributato è stata l'espressione di un entusiasmo com- meccanica e del suono ancora strepitosa, una, come dire?, incapa-
mosso, sfuggito ormai ad ogni controllo: il riconoscimento ammi- cità di invecchiare. Le nuove incisioni della Sonata di Liszt e del
rato che l'intervallo silenzioso di dodici anni non solo non ha Concerto n. 3 di Rachmaninov non valgono a parer mio le vecchie,
intaccato in nulla il talento di Horowitz, ma ha confermato che egli l'incisione dell'Umoresca di Schumann è costretta in un abito di
rimane tuttora il più grande pianista contemporaneo, colui che il prudenza un tempo insolito, l'ultimo dei Nachtstiicke di Schumann
New York Times stamane definisce il "monarca" della tastiera». sembra una serenatella di un compositore da salotto della seconda
La non imprevedibile reazione a questo genere di lodi fece sì che metà dell'Ottocento. Nel Mephisto-Walzer n. l di Liszt Horowitz
più tardi, quando apparvero i dischi, molti rimanessero profonda- fa anche di peggio che andar cauto e in superficie: non solo procede
mente delusi. E non a torto, in un certo senso. Chi si aspettasse di come se camminasse su un campo minato, ma cerca di far apparire
essere rapito a inconcepibili altezze cimmerie farà bene anche oggi difficili le poche cose facili, dando botte terribili dove sa per certo
a girare al largo da questi dischi. Ma per colpa sua. Che non esista e che la min~ non scoppierà; e verso la fine, uscito dal campo,
che non sia mai esistito il più grande pianista del mondo è un fatto aggiunge di suo alcune battute non pericolose e chiassosissime,
oggi documentabile con ciò che i più grandi pianisti del secolo ci tanto per eccitare l'entusiasmo del pubblico.
hanno lasciato. In questa prospettiva, e in una considerazione delle È proprio indispensabile che un artista così grande ricorra a
grandi interpretazioni che non sfugge più nel mito ma resta nella: simili trucchetti? Horowitz, potendo ancora dominare la tastiera in
dimensione delle cose soggette alla critica, il concerto alla Carnegie modo superbo, non cerca sistematicamente un repertorio da sco-
Hall conferma la maturazione che i dischi del 1953-65 avevano prire e da valorizzare e, soprattutto, non abbandona un abito di
mostrato e fa scoprire, quasi inatteso, un grandissimo interprete di superomismo.
Schumann. Come ho già detto, il secondo tempo della Fantasia Non siamo sicuramente nei limiti di senescenza di Alfred Cortot.
interpretata in pubblico soffre un po' di un'insolita paura, ma i Ma in fondo son da preferire i disastri totali del Cortot settanta-
paragoni possibili con il primo tempo di Horowitz, se la memoria cinquenne: disastri non mascherati, disastri onesti. Le ultime inci-
non mi inganna, sono ridotti ad uno solo: quello di Richter. E ben sioni di Horowitz non aggiungono a parer mio quasi nulla alla sua
pochi paragoni sono possibili per parecchie delle altre interpreta- figura storica e tutt'al più fanno rispuntare un po' pateticamente
zioni affidate da Horowitz al disco dal 1965: la parola che sostitui- quell'antico Horowitz - «Successo, soprattutto» - di cui parlava
sce l'esclamazione di Schumann ci sta di nuovo bene. Neuhaus. Piccole cose, in fondo, che scottano per chi ha sempre
La vecchiaia di Horowitz non è tuttavia paragonabile, nel suo ammirato Horowitz e la sua capacità di progredire, di diventare
complesso, alla vecchiaia di Backhaus o di Artur Rubinstein (per
non parlare di Liszt o di Verdi). Dal 1965 Horowitz ha suonato in
pubblico non spesso e solo nell'America del Nord, ed il suo reper- rente, e quindi contribuendo lodevolmente ad attirare l'attenzione del pub-
torio non si è molto arricchito: molto importanti, dopo la Fantasia, blico su musiche che meritano di essere considerate, Horowitz non resiste alla
sono le sue interpretazioni della Kreisleriana e della Sonata op. 14 tentazione di praticare qualche piccolo taglio: così nella Sonata op. 14 di
di Schumann, della Sonata n. 2 di Rachmaninov (incisa due volte in Schumann e nel Rondò op. 16 di Chopin. Della Sonata n. 2 di Rachmaninov
versioni leggermente diverse), di varie pagine di Scriabin e di Horowitz non sceglie una delle versioni dell'autore, ma fa lui da tagliatore e
ricucitore. L'anacronismo delle sue concezioni risulta in modo palmare quando
Chopin 2 • È certamente molto, ma non è quello che si era sperato si paragona il suo modo di operare con l'integrità morale di interpreti più
nel 1965. anziani (come Schnabel) o più giovani (come Richter), che sanno riproporre
senza sopprimere una battuta pagine ben più «pericolose» per l'interprete che
2
Talvolta, riproponendo pagine che non fanno parte del repertorio cor- le voglia trarre dall'oblio.
-,-

272 «Giù il cappello?»

molto di più di ciò che già era, splendidamente, a trent'anni. GENIO E REGOLATEZZA
Piccole cose che, se scrivessi fra un cinque lustri, mi resterebbero
tranquillamente nella penna, e che dico oggi con un po' di magone
e forse, chissà!, con un po' di dispetto. Ma per una volta il cappello
· me lo tengo ben piantato al suo posto.

La breve carriera di Dinu Lipatti si svolse sotto il segno di Lucina,


rappresentata da cinque dame che incarnarono per lui l'eterno
femminino, che si incaricarono di spianargli la dura strada del
mondo, che da autentiche pie donne furono devote alla causa di
questo artista ascetico e introverso: la madre, Anna, l'insegnante di
pianoforte, Florica Musicescu, l'insegnante di composizione, Nadia
Boulanger, la mecenate, principessa di Polignac, la moglie, Made-
leine. Cinque donne sagaci e volitive, tutte - non è offensivo
supporlo - in diversa misura bramose di legare il loro nome
all'affermazione, alla gloria di un musicista in cui credevano. La
prima delle cinque, Anna Racoviceanu, cominciò col metterlo al
mondo il 19 marzo 1917, a Bucarest. Anna, pianista dilettante, era
la seconda moglie di un ex-diplomatico, ottimo dilettante di violino
(aveva studiato anche un po' con Flesch e un po' con Sarasate), che
passava il tempo amministrando le sue numerose proprietà e forse,
se le fotografie che ce lo mostrano sempre elegantissimo e blasé non
ci traggono in inganno, dedicandosi anche ad altre, meno gravi
attività. L'ambiente familiare di Lipatti era dunque quello della
ricca borghesia di Bucarest, di quella borghesia che amava la mu-
sica e che aveva costruito, con una sottoscrizione nella quale ve-
nivano contati i mattoni, la magnifica sala liberty della Filarmo-
nica.
La vita musicale di Bucarest era assai sviluppata, ed i musicisti
romeni affermatisi in campo internazionale non mancavano: tra i
pianisti si possono ricordare Theophil Demetriescu (di cui è rimasta
una bellissima esecuzione della Vierte Ballet-Szene di Busoni), Cella
Dellavrancea, Muza Germani, e Clara Haskil, che quando nacque
274 Genio e regolatezza Lipatti 275

Dinu Lipatti aveva ventidue anni e stava iniziando, tra gravissime Qui conviene fermarsi un momento. La madre presenta la par-
difficoltà, la sua carriera. Il maggior musicista romeno del mo- tecipazione al Concorso di Vienna come un'idea dell'ultima ora, un
mento era George Enescu, violinista e compositore di consolidata po' avventata: dice infatti di aver letto per caso in un giornale che
fama internazionale, che naturalmente conosceva il violinista di- era stato bandito il Concorso, di avervi iscritto il figlio di sua
lettante Theodor Lipatti: Enescu compare accanto a Dinu come iniziativa, in disaccordo con il marito. Mi permetto di dubitare di
padrino di un battesimo che ebbe luogo quando il bambino tocca- questa versione, e suppongo che la mossa fosse stata dibattuta con
va i quattro anni; vi sarebbe poi ricomparso spesso in seguito, come la Musicescu, J ora ed Enescu, valutandone a fondo gli aspetti
vedremo. positivi e negativi, il grado di maturità di Dinu, le probabilità di
La fotografia del battesimo ci mostra Dinu accanto al padrino, affermazione. Né mi sembra assurdo supporre che mamma Lipatti,
entrambi col violino in mano. Il bimbo, figlio di un violinista andando a Vienna col figlio e la Musicescu, non si fosse procurata
dilettante, aveva già cominciato a grattare il violino; ma era anche lettere di presentazione di Enescu o non avesse fatto segnalare da
figlio di una pianista dilettante, ed aveva perciò cominciato a Enescu, a qualche componente la giuria, il talento del ragazzo. Non
toucher du piano. La prima, decisiva scelta della sua carriera era ci sarebbe nulla di male, s'intende, in tutto ciò, ma solo un'altra
cominciata quando la mamma gli aveva insegnato il «preludio di delle tante mosse giuste di Anna Lipatti.
Bach che suonavo tutte le mattine come introduzione all'Ave Ma- Dinu Lipatti non vinse il Concorso: vinse il secondo premio. Il
ria di Gounod, che mio marito amava eseguire in guisa di preghiera primo fu assegnato al polacco Boleslav Kon, di ventotto anni,
prima di uscire di casa» (A. Lipatti). Il padre ne fu deliziato, e allievo di Igumnov e di Drzewiecki. Sia la madre che la moglie
quando Enescu arrivò per il battesimo trovò un figlioccio che raccontano che a detta di Cortot, membro della giuria, Lipatti
teneva il violino in mano, ma che sul pianoforte suonava già, ed avrebbe di gran lunga meritato il primo premio. Pare che Cortot
egregiamente, un Minuetto di Mozart. Di studi violinistici si con- a~ba_ndonasse la sala, in segno di protesta, al momento della pre-
tinuò a parlare in famiglia, ma in realtà Anna aveva fatto la prima m1az10ne.
delle sue numerose mosse vincenti. Noi non sappiamo come potesse suonare il Kon, che morì suicida
A cinque anni Dinu ... esordì, in una località balneare del Mar nel 1936 e non lasciò dischi, ma Zbigniew Drzewiecki, attentissimo
Nero, partecipando ad un concerto di beneficenza in cui suonava critico dei pianisti polacchi, inizia a parlare del Kon definendolo
pezzi suoi, accompagnava il padre, annunciava le musiche in pro- «fenomenale talento interpretativo» e conclude dicendo: «... era il
gramma. Poi cominciò a studiare sul serio il pianoforte e la teoria più grande talento interpretativo del periodo precedente la guerra,
con il compositore e direttore d'orchestra Mihail J ora. Al momento ordinariamente pieno di fantasia e di spirito, molto coscienzioso nel
giusto entrò nella classe di Florica Musicescu al conservatorio di suo lavoro e profondamente sensibile alla musica che eseguiva». Mi
Bucarest, continuando con lo Jora gli studi di composizione. Flo- permetto quindi di supporre che l'atteggiamento di Cortot fosse
rica Musicescu era un'insegnante seria ed abile, che «rimase per lui almeno un po' eccessivo. Ma evidentemente il figlioccio di Enescu,
una guida fedele, affettuosamente tirannica, da cui gli piaceva vecchia conoscenza di Cortot, era molto piaciuto al grande pianista
prender consigli anche quando era già nella piena espansione della francese, che consigliò ad Anna Lipatti di portare a Parigi il ragazzo
sua arte» (A. Lipatti). Nel 1930, a tredici anni, Lipatti suonò il e di iscriverlo all'École Normale de Musique.
Concerto di Grieg, nel 1932 vinse un premio di composizione Ho già detto, parlando di Cortot, della fondazione dell'École.
intitolato a Enescu, ed assegnato da una giuria presieduta da Ene- Era un'istituzione privata, in cui validi muratori costruivano allievi
scu stesso. Nello stesso anno si diplomò in pianoforte. Nel 1933 ai quali, per qualche settimana all'anno, maestri illustri imprime-
suonò più volte a Bucarest, nel 1934 si iscrisse al difficile Concorso vano il loro sigillo accreditato in tutto l'orbe. E i maestri, quando
di Vienna, che avrebbe avuto luogo in marzo. non erano a Parigi, sapevano benissimo come alimentare il flusso
,---

276 Genio e regolatezza Lipatti 277

dei ragazzi di talento e non di talento che scorreva da tutti gli angoli Stravinsky, recital con Enescu e tournée in Ungheria, Austria e
della terra verso l'École. Cecoslovacchia con la Filarmonica di Bucarest, solista nel suo
Nell'autunno del 1934 Lipatti si stabilì a Parigi con mamma e Concertino in stile classico; nel 1937, tre apparizioni a Parigi, ormai
fratellino (papà restava a Bucarest) per seguire i corsi dell'École come professionista, e recital con la violinista Lola Bobescu, un
Normale de Musique. Sarebbe rimasto a Parigi fino al 1939. Cin- mezzo concerto a Montreux, un concerto e un recital con Enescu a
que anni di studi pianistici con Cortot, preparato dall'assistente di Bucarest, alcune incisioni a Parigi e Londra; nel '1938 Roma, Ac-
questi, Yvonne Lefébure, di direzione d'orchestra con Diran Ale- cademia di Santa Cecilia (Bach, Mozart, Brahms, Casella, Enescu),
xanian e Charles Munch, di composizione con Paul Dukas e Nadia vari concerti a Parigi; nel 1939 ancora due concerti con orchestra e
Boulanger; nell'inverno del 1935-36 poté seguire un corso diana- un recital a Parigi; prima delle vacanze estive un concerto nel
lisi, tenuto all'École da Stravinsky. Il rapporto più profondo, tra palazzo della principessa di Polignac, che aveva scritturato per
tutti i suoi insegnanti di Parigi, Lipatti lo stabilì con Nadia Bou- l'occasione - nientemeno! - l'orchestra della Société du Conser-
langer, famosa docente di composizione, compositrice, pianista, vatoire e il suo direttore Charles Munch. Fu un avvenimento
direttore d'orchestra, grande autorità, in fatto di musica, in quello mondano come sapeva combinarne la principessa. Ed ecco il pro-
che era ancora uno dei principali centri musicali del mondo. At- gramma: Concerto brandenburghese n. 3 di Bach, Concerto in mi
traverso la Boulanger conobbe la principessa di Polignac. Winna- bemolle maggiore di Mozart (solisti la Haskil e Lipatti), Duettino
reta di Polignac era nata dalla costola delle macchine da cucire concertante per due pianoforti di Busoni, Suite classica di Lipatti
Singer, s'era sposata una prima volta con un aristocratico d'altissi- (solista la Haskil), Sinfonia concertante di Lipatti (solisti la Haskil e
mo rango, con cui non andava d'accordo e di cui le cronache non ci Lipatti). Poi il rientro in Romania e lo scoppio della guerra, che
tramandano quindi il nome, e una seconda volta con il principe mandava per aria, ma non del tutto, la sottile strategia di mamma
Edmond de Polignac, già molto anziano, che era morto poco dopo Lipatti, di Nadia Boulanger e della principessa di Polignac.
le nozze. Quando Lipatti la conobbe, la principessa aveva passato i Ho descritto a lungo, e in un modo che sarà potuto apparire
sessanta: era «alta, snella, distinta, un po' mascolina nel porta- pignolesco e pettegolo, gli anni di apprendistato di Lipatti, perché
mento, col profilo dantesco, il passo lento» (J. Spicket). Era celebre la sua fu una carriera pilotata con eccezionale tempismo all'interno
per i suoi rapporti camerateschi e mecenateschi con molti compo- di una società aristocratica che sapeva individuare, preparare e
sitori, soprattutto Ravel, Stravinsky, Falla e Poulenc, e si contor- lanciare i talenti da essa espressi. Lo sviluppo ordinario della car-
nava di pianisti, da Rubinstein e Horowitz a Février, alla Taglia- riera di un giovane pianista avrebbe dovuto vedere, di norma, una
ferro, alla Darré, alla Haskil. Lipatti si aggregò alla «scuderia» partecipazione a concorsi internazionali fino ad una vittoria che
Polignac: frequentava il salotto della principessa ed era spesso da servisse di trampolino. Negli anni 30 era infatti esplosa quella
lei per passare con la Haskil, tenuta a palazzo come una specie di mania dei concorsi che dura tuttora. Prima della Grande Guerra il
pianista di corte, molta musica per pianoforte a quattro mani. solo concorso che avesse garantito un sicuro lancio internazionale
La sua carriera concertistica procedeva intanto col contagocce, era stato il Premio Rubinstein. Nel primo dopoguerra, caduto il
secondo unà preparazione lenta, paziente, graduata al millimetro, Rubinstein, i concorsi avevano vivacchiato, cominciando a ripren-
senza un colpo sbagliato: nel febbraio del 1935, prima apparizione der quota solo nel 1927, con il primo Concorso Chopin di Varsavia
a Parigi con la Sonata n. 1 di Enescu in un concerto sinfonico da vinto da Oborin. Nel 1932 il secondo concorso Chopin era già stato
questi diretto; nel maggio, primo recital a Parigi, a scopo benefico; un avvenimento seguito dalla stampa internazionale: aveva vinto
nel 1936, partecipazione a due concerti a Parigi e prime incisioni; Alexander Uninsky, seguito in classifica da Imre Ungar e da Bole-
nell'autunno, concerto a Bucarest sotto la direzione di George slav Kon. Al Concorso di Vienna del 1934, vinto dal Kon e con
Georgescu, con il Concerto in re minore di Bach e il Capriccio di Lipatti al secondo posto, si presentarono duecentocinquanta con-
278 Genio e regolatezza Lipatti 279

correnti, giudicati da una commissione formata da una quarantina due. La personalità profonda di Lipatti, del resto, ci sfugge quasi
di celebrità del mondo musicale. I concorsi divennero così un' otti- completamente, avvolta com'è da questa aureola di ragazzo sereno
ma carta di presentazione per la carriera, e non solo per i pianisti, e modesto, di ragazzo tutto d'oro che le parole della madre, della
ma per i violinisti, i cantanti, i compositori; ci furono concorsi moglie, di qualche amico affezionatissimo ci hanno trasmesso.
provinciali, interprovinciali, regionali, interregionali, nazionali, in- Soltanto alcuni frammenti di lettere a Paul Sacher squarciano
ternazionali, con premi piccoli, medi, grandi, grandissimi. In ge- l'apparenza del moderno S. Luigi Gonzaga e ci fanno intravvedere
nere i grandi concorsi internazionali - durissimi, stressanti, ine- una personalità che, se da un lato trova conferma nel ritratto
sorabili - misero in luce i migliori giovani del tempo: il Concorso dipintoci dall'agiografia, non manca d'aspetti più complessi e più
di Vienna del 1936 fu vinto da Jakov Flier, che batté Emil Gilels, il autenticamente umani. Lasciando comunque da parte ogni discor-
Concorso Chopin del 1937 fu vinto da Jakov Zak, Gilels vinse nel so sul senso che il rapporto con la donna, e con Madeleine, ebbe
1938 il primo Concorso Regina Elisabetta del Belgio di Bruxelles, per Lipatti, non mi pare però illegittimo supporre che la moglie si
battendo la Lympany, Flier e, tra gli altri, Benedetti Michelangeli; sostituisse alla madre per garantirgli l'affetto protettivo, la tran-
Arturo Benedetti Michelangeli vinse nel 1939 il primo Concorso di quillità domestica, l'adorante devozione che solo mirava alla gloria
Ginevra. Ma per capire a quali difficoltà e a quali azzardi andasse dell'amato.
incontro un giovane che affrontava un concorso basti pensare che Stabilitosi a Ginevra, Lipatti tenne concerti in Svizzera durante
nel 1938 il diciottenne Benedetti Michelangeli era finito nel grup- la guerra e dal 1944 insegnò nel conservatorio. Riprese la carriera
po dei «segnalati» al II Concorso Premio Consolo di Firenze, vinto nel 1946, suonando in Italia, Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra,
da un certo Dario Cagna, e che a Bruxelles era finito settimo. ma non poté riprenderla intensamente a causa della gravissima
Mentre i suoi coetanei si scannavano nei concorsi, Lipatti co- malattia, leucemia, manifestatasi durante i primi mesi della sua
struiva pietra su pietra il suo lancio internazionale, nel caldo affetto permanenza in Svizzera. Incise anche molti dischi per la Columbia,
protettivo delle sue impagabili turiferarie. Dopo il concerto dalla casa con la quale aveva firmato, all'inizio del 1946, un contratto in
principessa di Polignac la sua vera e propria carriera sarebbe pro- esclusiva. Suonò per l'ultima volta a Besançon il 16 settembre 1950
babilmente esplosa nel 1940, ma la guerra, come dicevo, frenò e in e morì a Ginevra il 2 dicembre dello stesso anno. Mi sia permesso di
parte mandò a monte il minuzioso lavoro preparatorio. Nel 1940, inserire qui un ricordo personale. Il 4 dicembre Gieseking teneva
comunque, Lipatti suonò con successo a Vienna, a Bratislava, a un recital alla Scala. Prima dell'inizio venne alla ribalta un dirigente
Berlino, Dresda e Lipsia, in Italia (Roma, Pesaro, Trieste), dal' 40 al della Società del Quartetto per comunicare al pubblico che il
'43 suonò spesso in Romania, nel 1943 suonò in Ungheria, Svezia, concertista desiderava cominciare, in memoria di Lipatti, con la
Finlandia, Svizzera. Nella tournée del 1940 era ancora accompa- Marcia funebre di Beethoven, e che pregava di non applaudire.
gnato dalla madre, nel 1943 era con lui Madeleine Cantacuzene, Ricordo bene la visibile emozione di Gieseking, e la silenziosa, tesa
moglie di un principe, allieva della Musicescu e pianista di qualche emozione del pubblico: non era difficile capire, in quel momento,
merito. I due si conobbero nel 1939, partirono insieme nel 1943, in che Lipatti era già diventato una leggenda.
Svezia suonarono anche a due pianoforti, ed insieme arrivarono in Lipatti è rimasto leggenda. Eppure non aveva percorso tutto il
Svizzera, con tre franchi in due. mondo ripetutamente, né aveva avuto mai successi di fanatismo. I
Sia Anna che Madeleine Lipatti raccontano con parole brevi, suoi concerti non entusiasmavano la generalità del pubblico,
riservate, dignitose la storia dell'innamoramento - non oseremmo perché piaceva molto a tutti, interessava moltissimo ai musicisti, ma
mai dire passione - e del matrimonio di Dinu. E noi non possiamo non suscitava deliri. Perché questo trascorrere subito nella leggen-
certo, in assenza di documenti o di testimonianze di chi conobbe la da? Penso che Lipatti sia stato il primo pianista la cui carriera e la
coppia, avanzare supposizioni sui rapporti che si stabilirono tra i cui fama siano state condizionate dal disco e dalla radio. Oggi
280 Genio e regolatezza Lipatti 281

accade molto spesso che il pubblico impari a conoscere un pianista Columbia in Svizzera, comprò da Steinway di Amburgo e mandò a
dai dischi prima di averlo mai sentito in sala di concerto. Negli anni Ginevra il primo dei grancoda del dopoguerra che entrasse in
30 e 40 il disco arrivava invece ancora a coronare una carriera già Svizzera, favolosamente bello, lo strumento che Lipatti aveva
consolidata (tranne che in qualche raro caso, in cui l'industria sempre voluto per le sue registrazioni. La nostra Compagnia fran-
discografica cercava di sfruttare subito il successo clamoroso di un cese mandò le sue nuove, superbe apparecchiature direttamente da
giovane in un concorso internazionale, come accadde con Bene- Prades, dov'erano servite per il Festival Casals».
detti Michelangeli e più tardi con Gulda). Si guardi invece alle date Lipatti desiderava certamente di fare le incisioni. Ma, al contra-
delle prime incisioni di Lipatti: 1936 e 1937. Soltanto l'incisione di rio degli altri, egli non sospettava che il miglioramento della salute
una scelta dei Valzer di Brahms, a quattro mani con Nadia Bou- fosse temporaneo: lo si deduce da alcune lettere a Sacher, da una
langer, fu pubblicata subito; le altre rimasero inedite (non sappia- lettera alla Haskil e da una cartolina alla Musicescu. Non posso né
mo per quale ragione), ma il precoce accostamento al disco dimo- voglio esprimere riprovazioni, che saprebbero di moralismo senti-
stra la folgorante capacità di scegliere il mezzo più sicuro per far mentale, ma quel forsennato balletto intorno ad un morente che si
conoscere in tutto il mondo il nome di un interprete. Possiamo crede risanato, quello che scrive, quello che sta all'erta, quello che
supporre - ne ho già fatte molte di supposizioni e me ne scuso col compra il grancoda, quello che interrompe le vacanze mi fanno una
lettore; ma i documenti non mi assistono - che i dischi incisi a ben trista impressione. E se mi commuove il concerto del 16
Londra nel 1937 sarebbero dovuti uscire in concomitanza con settembre a Besançon, puntualmente registrato dalla radio francese
quell'esplosione della carriera che si poteva prevedere per il 1940. e pubblicato dalla Columbia, con un Lipatti che non ce la fa più ad
Non mi pare che questa fosse un'idea indegna del trio Anna-Na- eseguire l'ultimo Valzer di Chopin in programma, non posso nep-
dia-Winnareta; anzi! Resta comunque il fatto che nel 1946 il busi- pure dimenticare che quel concerto fu registrato, penso, perché
nessman Walter Legge fece firmare in esclusiva un contratto ad aveva ottime probabilità di essere l'ultimo. La leggenda di Lipatti
un giovane di ventinove anni, di ottime speranze ma non ancora non nasceva solo dalla sua bravura né solo dalla sua morte ag-
noto al grande pubblico e che si sapeva malato. E la Columbia colse ghiacciante. Ritorniamo per un momento a Boleslav Kon che, dice
tutte le occasioni per far incidere dischi a Lipatti. Racconta Walter uno dei suoi maestri, era un grande talento di interprete, e che morì
Legge: «Negli ultimi giorni di maggio [del 1950] ricevetti una suicida a trent'anni. Boleslav Kon non è diventato leggendario,
lettera privata del dottor Dubois-Ferrière di Ginevra, che mi faceva sebbene la sua tragica fine si prestasse a destare una profonda
urgenza di organizzare subito una venuta a Ginevra per incidere commozione. Né divenne leggendario William Kapell, uno dei
con Dinu Lipatti. Essendo il suo medico gli aveva praticato inie- maggiori talenti pianistici del secolo, che morì a trentun' anni, nel
zioni di cortisone ed il miglioramento era notevole. Sfortunata- 1953, in un incidente aereo; né lo divenne Noel Mewton Wood,
mente, mi spiegava, il trattamento non poteva essere continuato interprete eccezionalmente maturo, suicida a trentun'anni nel
per più di due mesi, e siccome questa era la prima volta che era 1953. Lipatti divenne leggenda anche perché era stato guidato
stato tentato per il male di Lipatti egli non poteva assicurare la sua verso fini lucidamente fissati, e la sua leggenda, cominciata negli
durata o costante efficacia, ma mi supplicava, come amico di Li- ultimi anni di vita, si affermò subito dopo la morte.
patti, di non arrestarmi di fronte a nulla pur di rendere possibili le Oltre ai dischi, a formare la leggenda di Lipatti contribuirono le
incisioni a Ginevra finché durava il miglioramento [... ] W .S. Bar- sue numerose, periodiche apparizioni ai concerti dell'orchestra
rell, direttore degli studi EMI, interruppe le vacanze per trovare a della Suisse Romande, che venivano trasmessi in diretta da Radio
Ginevra uno studio di registrazione adatto. La Radio di Ginevra Sottens. Quei concerti, seguiti in buona parte dell'Europa e se-
riaccomodò i suoi programmi in modo che gli studi potessero essere gnalati dai vari giornali specializzati, resero popolare il nome di
a nostra disposizione notte e giorno. Paul Jecklin, agente della Lipatti presso una larga massa di ascoltatori, diversa da quella
282 Genio e regolatezza Lipatti 283

tradizionale delle sale di concerto. Ricordo bene di aver ascoltato 21 n. 2 oppure n. 5) di Schumann, la Leggerezza, la Ronda di gnomi
Lipatti in quasi tutto il suo repertorio con orchestra e di averne e il Sonetto n. 104 del Petrarca di Liszt, quattro Intermezzi (op. 117
atteso con impazienza i successivi ritorni ai microfoni di Radio n. 1 e 2, op. 118 n. 6, forse op. 118 n. 1) di Brahms, Reflets dans
Sottens. Aspettavo i suoi dischi, e come me, penso, tutti i suoi l'eau, HommaJ!.e à Rameau, La soirée dans Grenade, La Cathédrale
ascoltatori della radio. Il duplice mezzo di diffusione - radio e engloutie, L'isle joyeuse e tre Studi (tra cui Pour les arpèges com-
disco - aveva preparato il terreno per le tournées, che non pote- posés) di Debussy, Le tombeau de Couperin, Alborada del gracioso e
rono essere realizzate; alla morte di Lipatti era però pronta l'atmo- La vallée des cloches di Ravel, la Suite e le Sonate n. 1 e 3 di Enescu,
sfera perché si formasse la leggenda del più perfetto dei pianisti, del brevi pagine di Byrd, Falla, Dohnanyi, Casella, Poulenc, J ora,
più grande, dell'unico. E la presenza della leggenda ha impedito, o Mihalovici, Andricu, Negrea, Lazar, Constantinescu, ed infine le
per lo meno non ha stimolato poi il sorgere di una letteratura critica proprie composizioni (Sonatina, Fantasia, tre Notturni, Sonatina
sull'arte di Li patti. per la mano sinistra sola); stava studiando i Preludi di Frank Mar-
A questa fama molto diffusa, a questa leggenda non corrispon- tin, a lui dedicati. Per avere un quadro più completo ricorderò,
devano ancora, in Lipatti, un indirizzo culturale ben preciso, né sebbene meno interessanti per una valutazione della posizione
volto verso il futuro. E un discorso molto difficile, questo, e che ci storica di Lipatti, le esecuzioni di sonate per violino e pianoforte
porterà lontano, ma che penso di dover avviare, proprio perché un con Enescu e con la Bobescu, di trii con la Bobescu e Janigro, di
discorso critico su Lipatti non è stato mai iniziato. Vediamo prima sonate per violoncello e pianoforte con Janigro, dei Valzer op. 39 e
di tutto il repertorio di Lipatti, ricostruendolo per quanto è possi- dei Liebesliederwalzer con la Boulanger, del Concerto in mi be-
bile. Il repertorio con orchestra comprendeva il Concerto in re molle di Mozart, delle Variazioni su un tema di Haydn di Brahms,
minore di Bach nella versione di Busoni, il Concerto in re maggiore del Duettino concertante di Busoni, della sua Suite e della Sinfonia
di Haydn, i Concerti K 466 e K 467 di Mozart, il Concerto n. 1 e concertante con la Haskil, delle sue Tre Danze con Smaranda
l'Andante spianato e Polacca brillante di Chopin, il Concerto di Athanasof, delle Variazioni op. 5 di Enescu, delle sue Due danze in
Schumann, i due Concerti di Liszt, il Concerto di Grieg, i due stile popolare romeno e delle Tre danze romene con Madeleine
Concerti di Ravel, il Capriccio di Stravinsky, il Concerto n. 3 di Lipatti.
Bart6k, il Concertino, la Suite classica e le tre Danze rumene di È un repertorio assai vasto, seppure non vastissimo, ma etero-
Lipatti. Stava studiando, pare, la Fantasia indiana di Busoni e il geneo, in cui si nota subito l'abbondanza di piccoli pezzi e la
Concerto n. 5 di Beethoven. Il repertorio solistico comprendeva, di relativa scarsezza di opere di vaste dimensioni. La ristrettezza del
Bach, la Partita in si bemolle maggiore, la Toccata in re maggiore, i repertorio mozartiano e beethoveniano farebbe pensare ad un
Preludi e fuga in do diesis maggiore e in do diesis minore del primo interprete orientato verso il virtuosismo romantico; ma mancano
e del secondo libro del Clavicembalo ben temperato, la Toccata in poi le opere predilette dai virtuosi, dal Concerto n. 1 di Ciaikovsky
do maggiore e due Preludi-corali di Bach-Busoni, un Corale di al Secondo di Brahms al Terzo di Rachmaninov, dalla Sonata e dal
Bach-Hess, la Siciliana di Bach-Kempff, la Pastorale di Bach-Li- Mephisto-Walzer di Liszt alle Variazioni su un tema di Paganini di
patti, la Suite in re minore di Handel, sei Sonate di Scarlatti, la Brahms ai Quadri di una esposizione di Mussorgski. E se non
Sonata di Mozart in la minore, di Beethoven la Sonata op. 53, gli troviamo le pietre miliari del repertorio virtuosistico romantico non
Improvvisi op. 90 n. 2 e 3 di Schubert, la Sonata n. 3, quattordici troviamo neppure le pietre miliari del repertorio romantico non
Valzer, gli Scherzi n. 1 e3, la Ballata n. 4, la Barcarola, il Rondò op. virtuosistico (dalle Sonate di Schubert ai Davidsbi.indlertanze, alla
5, il Notturno op. 27 n. 2, tre Mazurche (op. 41 n. 1 e 2, op. 50 n. 3) Kreisleriana, alla Fantasia di Schumann, alle Variazioni su un tema
sei Studi (tra cui l'op. 10 n. 5 e 7 e l'op. 25 n. 5, 6 e 11) e sei Preludi di Hiindel di Brahms, ai due trittici di Franck).
di Chopin, gli Studi sinfonici ed una Novelletta (in re maggiore, op. Il fatto è che, da un lato, la tecnica di Lipatti non era propria-
r
I

284 Genio e regolatezza Lipatti 285

mente una grande tecnica virtuosistica, e che, dall'altro, i suoi gliere una letteratura da presentare in tutti i suoi aspetti. Come
interessi di interprete non erano ancora decisamente indirizzati. Il lavorava dunque Lipatti i pezzi che di volta in volta sceglieva,
repertorio di Lipatti riflette, a parer mio, una sua incertezza tra un ancora, ripeto, secondo una logica da sommo artigiano della ta-
riferimento alla tradizione virtuosistica, che probabilmente lo ten- stiera più che da uomo di cultura? In una lettera ad un giovane
tava ma per la quale non possedeva mezzi tecnici superiori, ed una pianista sudafricano vengono elencati alcuni concetti-chiave per
scelta di moderno indirizzo culturale (alla Schnabel o alla Giese- una «base sana» dell'interpretazione: «Qual'è questa base di par-
king, tanto per intenderci). L'unica scelta di fondo che appaia già tenza? Essa consiste in alcune leggi fondamentali della musica, le
sicura è quella del repertorio chopiniano. Molto incerta - sor- più importanti delle quali sono, purtroppo, le più trascurate dalla
prendentemente, per un pianista formatosi a Parigi negli anni 30 maggior parte degli interpreti, e cioè: 1) il solfeggio, specialmente il
- è la sua scelta dei contemporanei francesi: poco Debussy, non solfeggio ritmico; 2) l'appoggio sui tempi deboli (appesantirsi e
molto Ravel, poche cosette di Poulenc, il solo Capriccio di Stra- sottolineare il tempo forte è in musica uno dei più gravi errori,
vinsky eseguito per di più in pochissime occasioni, prima della perché il tempo forte non è che un rimbalzo verso i tempi deboli,
guerra. Occasionale sembra la scelta, anch'essa abbandonata dopo che hanno, essi, il vero appoggio); 3) l'ignoranza di certi pianisti
la guerra, dei compositori romeni contemporanei. L'inclusione, in delle immense risorse che può portare l'indipendenza nella stessa
questo repertorio, della Toccata in re maggiore di Bach è a prima mano tra differenti attacchi e tocchi, dunque tra differenti timbri.
vista sorprendente, ma il pezzo faceva parte del repertorio sia di Ottenendo questa indipendenza l'interpretazione prende improv-
Wanda Landowska che di Edwin Fischer che di Clara Haskil, ed è visamente un inatteso rilievo e l'esecuzione del pianista riflette la
quindi evidente che la sua scelta non dipendeva da una ricerca plasticità e la diversità di un'esecuzione orchestrale».
personale di Lipatti; tuttavia, l'inclusione della Toccata e di alcuni Il primo punto deriva evidentemente da un atteggiamento neo-
Preludi e fuga del Clavicembalo, in un contesto non ricco di opere classicistico, che considera la notazione non come un fatto di
del Settecento, è un segno di evoluzione verso un repertorio ba- convenzione, soggetto al gusto, ma come estrinsecazione di leggi -
chiana meno ovvio di quello rappresentato dalla Partita n. 1 e dalle fisiche o fisiologiche o metafisiche che siano - immutabili. Il
trascrizioni. Anche la serie di quattordici Valzer di Chopin mostra problema dell'articolazione ritmica reale, del rapporto tra grafia del
un'attenzione, molto notevole, verso un indirizzo culturale nuovo, ritmo e ritmo è molto più complesso di quanto non si supponesse
mentre il Rondò op. 5, anch'esso sorprendente a tutta prima, era cinquant'anni addietro, com'è stato dimostrato da tutti gli studi
già compreso nel repertorio della Haskil. È da segnalare infine sulle prassi esecutive del passato. Ma in Lipatti questo atteggia-
l'esecuzione, purtroppo non incisa, del Concerto n. 3 di Bart6k, che mento, in sé semplicistico, significa solamente reazione al gusto di
ricordo di aver ascoltato da Radio Sottens e che mi aveva molto fine Ottocento, adesione alle concezioni ritmiche di un Gieseking o
colpito. Forse il Terzo di Bart6k iniziava un'apertura verso quello di un Kempff, che superavano, facendo evolgere il gusto, le con-
che si presentava come un problema storico preminente della cezioni di un Paderewski, di un Rosenthal, ed anche di un Busoni,
generazione di Lipatti, e cioè l'acquisizione al repertorio concerti- di un Rachmaninov, di un Cortot. .
stico delle opere di Scriabin, Schonberg, Stravinsky, Bart6k, Pro- Il secondo punto integra subito, e corregge quanto di semplici-
kofiev? Non lo so, ma dovrò ritornare su questo argomento più stico poteva esserci nel primo punto. Anche questa seconda affer-
avanti, a conclusione del discorso. mazione non può esser presa in senso assoluto. Lipatti voleva
Nel complesso, esaminando il repertorio, ho l'impressione che evidentemente evitare il pericolo insito in un'interpretazione let-
Lipatti non si fosse ancora maturato come uomo di cultura e che - terale del primo punto, ed evitare quindi il rischio di una ritmica
parafraso un detto di Busoni ~ scegliesse dei pezzi da lavorare in pesantemente marcata, brutale, il rischio di quella esecuzione che si
modo impeccabile, con i quali presentava se stesso, invece di sce- suole denominare «da banda». Il significato delle due affermazioni
286 Genio e regolatezza Lipatti 287

teoriche è dunque, secondo me, da rovesciare: da un gusto di porti ritmici enormemente più complesse. Se prendiamo il primo
articolazione del ritmo, formatosi in un ben determinato ambiente tempo del Concerto di Schumann nell'esecuzione di Lipatti (inci-
culturale, Lipatti deduce prescrizioni di tipo didascalico, ma il suo sione del 1948) e di Benedetti Michelangeli (incisione del 1942)
gusto non è affatto, né potrebbe mai essere l'estrinsecazione di possiamo subito notare - mi soffermo, a scopo esemplificativo, su
«leggi fondamentali della musica». Per fare alcuni esempi concreti un solo particolare, ma tra i più importanti - una differenza nella
basterà ascoltare il Valzer op. 64 n. 2 di Chopin nell'esecuzione di velocità generale e una differenza tra le reciproche velocità del
Lipatti (incisione del 195q) e di Rachmaninov (incisione del 1927), primo e del secondo tema. L'inizio del Concerto è staccato da
e la Mazurca op. 50 n. 3 di Chopin nell'esecuzione di Lipatti Lipatti a circa 80 di metronomo, da Benedetti Michelangeli a 60
(incisione del 1950) e di Horowitz (incisione del 1953). Si tratta di circa. Lipatti esegue il primo tema a 58, il secondo tema a 52.
incisioni abbastanza vicine nel tempo, e attraverso le quali si può Benedetti Michelangeli adotta, rispettivamente, 46 e 42. Le velo-
cogliere la progressiva evoluzione del gusto. Si noterà come in cità di base sono dunque diverse, le proporzioni, i rapporti sono
entrambi i casi l'articolazione ritmica di Lipatti sia più vicina al- all'incirca gli stessi. Ma il discorso si fa più complesso se conside-
l'apparenza grafica della pagina scritta. I suoi scarti dalla grafia riamo anche l'episodio di collegamento, staccato da Benedetti Mi-
sono percentualmente meno ampi di quelli di Rachmaninov e di chelangeli a 60, da Lipatti a 63. Con Lipatti abbiamo quindi
Horowitz, e tuttavia non sono meno numerosi. Ciò significa che il 80-58-63-52, con Benedetti Michelangeli 60-46-60-42. Ora, nel
confronto tra l'esecuzione e l'apparenza grafica, in realtà, è ingan- testo di Schumann troviamo semplicemente, all'inizio, l'indicazio-
nevole; se si ascoltano invece Rachmaninov o Horowitz o Lipatti in ne Allegro affettuoso e il tempo metronomico 84. Nessuno che
quanto lettori non di una grafia, ma di ritmi rivestiti di suoni che conosca anche approssimativamente la storia dell'esecuzione si
stanno tra di loro in rapporti armonici, melodici, timbrici, metrici, sognerebbe mai di prendere l'indicazione di Schumann come una
allora si constata che la realizzazione della grafia è, per ciascuno e in prescrizione valida in assoluto. E quindi le diversità tra Lipatti e
modo diverso, perfetta. E si potrà risalire alle ragioni di gusto, cioè Benedetti Michelangeli, non osservando nessuno dei due il testo
alle premesse culturali da cui deriva la particolare lettura di ciascun alla lettera, dipendono da una diversa concezione dell'arte di
interprete, ma non si potrà mai dire che Rachmaninov o Horowitz Schumann, non da un diverso rispetto della grafia o di leggi fon-
siano meno vicini di Lipatti alle intenzioni, allo spirito di Chopin. damentali. Benedetti Michelangeli, nel 1942, era ancora fermo ad
Non ci stupisce che Toscanini approvasse con entusiasmo l'artico- una concezione sentimentaleggiante dell'arte di Schumann, già
lazione del ritmo in Lipatti. Alfred Hoffmann riporta una signifi- superata dagli studi critici di quel tempo (le successive esecuzioni di
cativa frase di Toscanini, detta a Lipatti dopo le prove alla Scala del Benedetti Michelangeli saranno sensibilmente diverse) e perciò
Concerto op. 11 di Chopin diretto da Votto, e da Lipatti riportata adottava tempi generalmente più lenti e, soprattutto, si soffermava
in una lettera alla Musicescu: «Ecco, alla fine, uno Chopin senza sui temi, scorrendo più rapidamente l'episodio di collegamento.
capricci, con il rubato che mi piace; e dire che la maggior parte dei Lipatti, sei anni più tardi e con un direttore tedesco, von Karajan
musicisti vogliono essere compositori nelle composizioni degli al- (mentre Benedetti Michelangeli aveva avuto un direttore italiano,
tri!». Ma proprio Toscanini affrontava la musica strumentale par- Antonio Pedrotti), interpreta il Concerto secondo concezioni criti-
tendo da una cultura, quella italiana, che le era estranea, e si basava che che hanno già messo in luce l'evoluzione di Schumann verso la
quindi principalmente sulla grafia. È invece il superamento della tradizione classica tedesca, cioè il suo neoclassicismo, e perciò
lettura puramente grafica che permette di giungere alle ragioni del attribuisce maggior importanza all'episodio di collegamento.
gusto, e quindi di sfuggire all'inganno delle «leggi fondamentali». Possiamo notare che Gieseking e Furtwangler (incisione del
Il discorso non cambia se esaminiamo interpretazioni lipattiane 1943 circa) unificano ancora di più il tempo, adottando
di composizioni molto vaste e che richiedono implicazioni di rap- 60-48-48-48. Ma Bruno Walter descrive un'esecuzione, che a suo
288 Genio e regolatezza Lipatti 289

giudizio «tende al sentimentalismo» perché non rispetta il testo, in trascurando di mettere a fuoco, perché lo ritiene implicito, il pro-
un modo che corrisponde a pennello a quello che fanno Furt- blema più generale della differenza di tocco tra le due mani.
wangler e Gieseking. La concezione di Walter - verificabile dalla Precisazione lapalissiana, se vogliamo, ma che credo necessaria per
incisione da lui diretta, con Istomin al pianoforte - è ancora più il lettore non esperto di tecnica pianistica. Lipatti aderisce qui ad
severa, più classica. Dovremmo concludere che solo Walter ha una tendenza individuatasi da lungo tempo nei compositori e negli
ragione, forse, o metterci a cercare l'esecuzione ideale? Se anche lo esecutori, e di cui abbiamo già detto parlando di Cortot. Lipatti ha
facessimo sarebbe fin d'ora evidente che non l'esecuzione di Lipatti dunque ben chiaro il concetto dell'esecuzione orchestrale sul pia-
otterrebbe la palma. Si deve invece parlare di letture che testimo- noforte, intesa non come tentativo di riprodurre i timbri dell' or-
niano concezioni diverse, e che, con interpreti della statura di quelli chestra, ma di rendere percepibili le strutture dell'opera, come in
citati, raggiungono una loro coerenza intrinseca (anche l'interpre- orchestra, mediante l'adozione di una ricca paletta timbrica.
tazione di Benedetti Michelangeli, che è certamente quella meno Lipatti parla di questo problema in una delle corrispondenze
mediata attraverso una consapevolezza culturale), non rapportabile inviate da Parigi alla rivista Libertatea di Bucarest: «La paletta
al solfeggio ed a leggi fondamentali. sonora di Sauer o di Paderewski è senza discussione più ristretta di
Facciamo ancora un piccolo calcolo sulle durate proporzionali quella' di un Horowitz o di un Gieseking. A questo proposito io
delle prime quattro note del primo tema, come sono indicate da penso che la generazione presente abbia segnato un innegabile
Schumann e come sono eseguite da Lipatti. Secondo la grafia, cioè progresso. Non c'è dubbio che essa sia stata considerevolmente
secondo il solfeggio, posto che la prima nota abbia la durata 1, la aiutata dalla perfezione meccanica raggiunta dai pianoforti mo-
seconda ha durata 0,75, la terza 0,25, la quarta 1,25. Nell'esecu- derni. Me ne rendo conto dal fatto che nella prima parte della
zione di Lipatti, alla durata 1 della prima nota corrispondono Sonata di Beethoven [op. 27 n. 2] Sauer non usi mai le demi-teintes
durate di 0,54 della seconda, 0,36 della terza, 1,27 della quarta. tanto care a un Gieseking e a un Kempff e persino ad uno Schna-
Eppure l'esecuzione di Lipatti, zoppicante secondo il solfeggio, è bel» (marzo 1939). Possiamo facilmente verificare come Lipatti,
musicalmente perfetta, così come musicalmente perfette potreb- avendo individuato con estrema chiarezza una tendenza progressi-
bero essere altre esecuzioni, con scarti diversi da quella di Lipatti. va nell'esecuzione pianistica, cercasse di lavorare per svilupparla
La conclusione, che traggo senza proseguire in una più ampia ulteriormente. Già l'incisione del Liebesliederwalzer, con la Bou-
analisi teorica, è che gli interpreti del nostro secolo, che si valgono langer ed un gruppo di aristocratici cantori (tra cui la principessa di
del pianoforte moderno, ripercorrono la musica del passato rileg- Polignac) ci rivela una timbrica ricca nei bassi. Non sappiamo se
gendola come mito, e che interpretano quindi il Concerto di fosse Lipatti che suonava la parte dei bassi, ma possiamo supporlo,
Schumann non più soltanto come testo, così come i pittori del proprio in ragione della tecnica raffinatissima che certi timbri ri-
Rinascimento non ripensavano come avvenimenti storici ma come chiedono. Tra i due pianisti, quello che sta ai bassi isola di più la
miti perenni l'Annunciazione o la Natività o le vite dei santi. sonorità del pianoforte da quella dell'insieme vocale, tendendo a
Mi sono a lungo soffermato sui primi due punti indicati da mettere in risalto le voci invece di sostenerle e ben sapendo, evi-
Lipatti perché il concetto di interpretazione più fedele al testo è un dentemente, che voci tanto sottili e prive di smalto (impagabili le
pregiudizio molto diffuso e perché mi è parsa opportuna una due donne!) non potrebbero essere sostenute dal pianoforte. Nei
verifica sperimentale di affermazioni di principio, sulle quali si usa Valzer op. 39 troviamo talvolta - nei due Valzer in mi maggiore,
discutere in astratto. Il terzo dei punti indicati da Lipatti nella n. 2 e n. 5 - un notevole gioco di timbri. Ma notiamo soprattutto
lettera allo studente sudafricano è in realtà molto più interessante la coscienza della necessità di recuperare attraverso un uso di più
degli altri due. Notiamo subito che Lipatti si riferisce ad un pro- timbri le antiche differenze di timbro dei tre principali registri del
blema tecnico specifico - la differenziazione nella stessa mano - pianoforte. Se ascoltiamo la Sonata L 23 di Scarlatti abbiamo una
r
290 Genio e regolatezza Lipatti 291

conferma delle ricerche timbriche di Lipatti, che in questo caso scheletro, ma non un progetto di esecuzione. Lipatti, con i suoi
restano allo stato di ricerche e di scoperte, non assimilate in uno bassi soffocati, la voce corale fermamente intensa, i contrappunti
stile completamente maturo. Si osservi l'inizio, con quel suono sinuosamente cantanti (con gli appoggi sui tempi deboli!), ci dà
brillante, festoso, che dà persino l'impressione di essere crescente; e un'esecuzione che non potremmo immaginare più bella, più
si osservi come il si 1, prima nota del registro basso che venga espressiva, più commovente. Commozione diretta o commozione
toccata, alla nona battuta, acquisti risonanza progressivamente. Si indiretta, manieristica? Sono molto incerto. Lipatti, che aveva una
analizzi tutta l'esecuzione, e ci si troverà di fronte ad un'interpre- mano grandissima (prendeva la dodicesima), elimina gli arpeggia-
tazione estetizzante, che resta a metà tra le due possibili soluzioni menti delle decime indicati dalla Hess, che sarebbero piuttosto
del problema rappresentato dall'esecuzione di Scarlatti al piano- vieux style. Ma all'ultima entrata del corale, inaspettatamente, ar-
forte. Nell'esecuzione di Gieseking troviamo una prima soluzione peggia la decima della mano sinistra. È un soprassalto, un culmine
convincente: la ricerca - non estetizzante, non preziosa - di una di emozione. Ed è per noi, che stiamo a spiare i sintomi di evolu-
timbrica ricca, che servisse allo scopo di far conoscere Scarlatti ad zione di uno stile, purtroppo non evolutosi perché rimasto pietri-
un pubblico vasto, al quale la corretta esecuzione clavicembalistica ficato dalla morte, un soprassalto di interesse: forse Lipatti avrebbe
non perveniva ancora e che era spesso fuorviato da esecuzioni di potuto arrivare a riproporci, manieristicamente, uno stile di esecu-
tipo ottocentesco. In Horowitz troviamo un'altra soluzione: la zione tramontato. Il che è in fondo, a parer mio, la vera possibilità
rinuncia allo scopo culturale, non più attuale, in favore della ricerca degli interpreti che i Bach e i Mozart e i Beethoven e i Brahms non
di un universo sonoro fantastico, non riferibile ad alcuna realtà li hanno respirati con l'aria natia e non li hanno succhiati con il latte
storica. L'atteggiamento di Lipatti è ancora vicino a quello di materno.
Gieseking, senza capirne le motivazioni, ma nello stesso tempo Devo ancora toccare un ultimo punto, molto importante, con-
tende a quello di Horow:itz, senza raggiungerne la novità creativa. cernente lo stile di Lipatti. Lipatti, come molti pianisti della sua
E nella sua ricerca del preziosismo estetizzante troviamo una vera e generazione, che dovevano tutti affrontare, almeno in prospettiva,
propria macchia, il mi della contro-ottava che sostituisce il mi 1 il problema dell'incisione di dischi, della trasmissione radiofonica e
indicato da Scarlatti. - da quando, nel 1938, Pouishnov era stato per primo «televisio-
Lo spostamento di ottava del basso (vari altri ne troviamo nelle nato» - della trasmissione televisiva, si preoccupava della corret-
esecuzioni bachiane, mozartiane, schubertiane e chopiniane) è un tezza, del controllo costante, ma si rendeva anche conto dei pericoli
tratto stilistico che apparenta ancora Lipatti ai pianisti dell'Otto- che il controllo comportava. Nella corrispondenza prima citata egli
cento. I pianisti ottocenteschi avevano inventato e conservato dice: «... ho toccato senza volerlo un argomento delicato e perico-
questo vezzo. E anche Lipatti lo conserva. Così come conserva, loso per ogni artista, sia esso una grande stella o un semplice
nella Sonata L 421 di Scarlatti, un tipo di fraseggio che sarebbe principiante, specialmente ultimamente, da quando la musica
certamente stato approvato da Czerny e da tutti i teorici viennesi, meccanica (radio e incisioni) ha esigenze che talvolta distolgono
ma che oggi ci sembra estraneo al melodizzare scarlattiano. l'esecutore dal vero significato della sua arte. E qual è il risultato?
Concludiamo però il discorso sulla timbrica di Lipatti. Il capo- Un'ovvia tendenza verso l'assoluta perfezione tecnica, mancante di
lavoro di Lipatti, in fatto di differenziazione timbrica generale (tra sensibilità, mancante di élan. C'è un altro pericolo; viviamo in
le due mani e nella stessa mano) è certamente il Corale Jesus bleibet un'epoca nella quale, per soddisfare e attrarre un pubblico più
meine Freude di Bach-Hess, che egli prediligeva e che eseguì spes- vasto per la musica, vengono fatte concessioni, da quelli sulla
sissimo, dal primo recital a Parigi all'ultimo a Besançon. La tra- pedana, sfortunatamente, non dagli ascoltatori. Una delle conse-
scrizione di Myra Hess è molto scolastica e si affida in pratica alla guenze è la mancanza di immaginazione nel mettere insieme il
bellezza della musica ed all'abilità dell'esecutore, a cui fornisce uno programma dei concerti sinfonici, in tutto il mondo. Possiamo dire
292 Genio e regolatezza Lipatti 293

più veridicamente che manca il coraggio di sostenere fortemente essere state casuali, corrispondevano alle sue intenzioni: i contem-
ciò che abbisogna di essere sostenuto, e non ciò che sicuramente poranei romeni, Stravinsky, Byrd, Handel, certe composizioni di
attrae sale ricolme. Questa è la ragione per cui abbiamo oggi· un Bach... Ma nel dopoguerra, quando inizia la sua vera carriera
pubblico quasi del tutto non interessato alle scoperte nuove e internazionale, Lipatti abbandona da un lato tutti gli aspetti meno
sconosciute (il sec. XVI o l'inizio del XVII potrebbero essere fonte convenzionali del suo vecchio repertorio, e dall'altro non dimostra
di insospettata bellezza). La stessa cosa accade quando c'è di mezzo di saper fare una scelta sostitutiva, in linea con le affermazioni del
un qualche artista sconosciuto». 1939. Negli ultimi cinque anni della carriera le acquisizioni cultu-
Ritornerò sulla seconda parte del ragionamento di Lipatti. La ralmente interessanti sono due sole: il Terzo Concerto di Bart6k, la
prima parte spiega come Lipatti intendesse mantenere nelle sue serie dei Valzer di Chopin. Poco, sia pur considerando che la
esecuzioni, con il più alto controllo tecnico, la sensibilità e lo slancio malattia limitò le sue possibilità. Il piano di lavoro che Lipatti aveva
(élan), qualità eminentemente individuali, soggettive, esistenziali. steso per il periodo posteriore al 1950, e di cui parla lo Hoffmann,
È difficile definire che cosa si intenda per sensibilità e slancio. Ma prevedeva la Sonata op. 35, i dodici Studi op. 25 e il Concerto op.
non c'è dubbio che chiunque ascolti certe esecuzioni di Lipatti - il 21 di Chopin. Pare quindi probabile che Lipatti intendesse prose-
Concerto di Schumann, il Concerto di Grieg, la Sonata op. 58 di guire su quell'unica scelta di fondo già effettuata, quella del re-
Chopin - non può non riconoscere con ammirazione come Lipatti pertorio chopiniano, per qualificarsi innanzitutto come nuovo in-
sapesse dare sensibilità capillare e trascinante slancio ad esecuzioni terprete di Chopin. Non era una scelta errata, se pensiamo che
tecnicamente impeccabili (e non rifatte, non corrette in sede di proprio dopo il 1950 l'interpretazione di Chopin avrebbe assunto
montaggio: stiamo parlando di matrici di dischi a 78 giri). indirizzi nuovi con Horowitz, Rubinstein, Arrau, Salomon, e che
Lipatti aveva dunque certamente risolto il problema di un rap- avrebbe stimolato persino i grandi beethoveniani come Backhaus,
porto con un pubblico, quello dei dischi, ignoto al concertista. Ma Fischer, Kempff. Ma si trattava di una scelta sola. Un'altra scelta
ho notato anche che, in sala di concerto, non suscitava fanatismi interessante, accennata e non proseguita coerentemente, avrebbe
alla Horowitz o alla Benedetti Michelangeli. Osserviamo dunque le potuto essere quella lisztiana. In anni in cui i Concerti di Liszt
sue esecuzioni registrate in pubblico: il Concerto in re minore di erano ancora generalmente considerati musica di second'ordine,
Bach, il Concerto K 467 di Mozart, il Concerto di Schumann con Lipatti suonava spesso sia il Primo che il Secondo, e con una serietà,
Ansermet (non con van Karajan), il recital di Besançon. Non si una convinzione rare. Se ben ricordo, il suo attacco del Primo
notano apprezzabili differenze rispetto al modo di suonare in sala Concerto dava l'impressione di una toccata di Bach rivissuta da una
di registrazione: lo stesso dominio (qualche momento di incertezza fantasia romantica, ed io cominciai a comprendere il senso del mito
è certamente da attribuire alla malattia), la stessa sensibilità, lo bachiano in Liszt proprio ascoltando Lipatti nel Primo Concerto. Il
stesso slancio, lo stesso ideale colloquio con l'autore ma non, a Secondo Concerto cominciò a non parermi pacchiano, ma fanta-
parer mio, con il pubblico. Mi pare di scorgere anche qui, e forse sticamente, ariostescàmente eroico quando lo ascoltai da Lipatti.
sbaglio, i segni di una tendenza manieristica che sarebbe maturata Ma Lipatti aveva studiato il suo repertorio lisztiano prima della
col tempo. guerra, e dopo non lo aveva più ampliato. Dopo la guerra, Chopin
Restano da trarre alcune conclusioni sulla posizione di Lipatti lo interessava prima di tutti. La scelta chopiniana non sarebbe però
nella storia della cultura. Nella corrispondenza del febbraio 1939, bastata a qualificare veramente un interprete giovane, sulla trenti-
scritta prima di iniziare la carriera concertistica vera e propria, na, se non fosse stata accompagnata almeno da una seconda scelta,
Lipatti dimostrava di aver coscienza dello stato dei tempi e dei indirizzata, ad esempio, verso Bart6k (e in Bart6k, grande studioso
compiti dell'interprete che volesse indirizzare i tempi invece di del canto popolare rumeno, Lipatti avrebbe potuto trovare un'af-
subirli. Le scelte di repertorio di Lipatti, allora, per quanto possano finità culturale totale). È ben difficile fare supposizioni su ciò che
294 Genio e regolatezza

Lipatti avrebbe potuto essere. Certo è che una così lucida coscienza GENIO E SREGOLATEZZA
dei problemi dell'interprete, qual' è quella rivelata da Lipatti nel
1939, non sarebbe probabilmente rimasta a lungo soffocata dalle
preoccupazioni della carriera, che forse prevalsero nel periodo
1945-50. E noi possiamo veramente rimpiangere, senza ricadere
nella leggenda, che la storia dell'interpretazione nella seconda metà
del nostro secolo non abbia avuto tra i suoi protagonisti Dinu
Lipatti.

Il 31 agosto 1979, nel Teatro alla Fenice di Venezia, gli consegna-


rono il premio «Una vita nella musica», gli porsero insegne e
sciarpa di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, gli
offrirono una medaglia-ricordo, lo festeggiarono con un concerto.
Artur Rubinstein, novantatre anni e mezzo, brandì giovanilmente
la preziosa coppa in vetro del Premio, si prese tranquillamente il
diluvio degli applausi, si lasciò abbracciare dal presidente del Se-
nato Amintore Fanfani (latore di insegne e sciarpa), fece un di-
scorso arguto e sornione, in un italiano spagnolizzato che diventava
persino una creazione. Strana cerimonia. La sala, il tavolo, la com-
punta presenza di tanti personaggi scurovestiti ricordavano la con-
segna ad Oxford delle lauree honoris causa; il nugolo dei fotografi
che oscillava come uno sciame d'api intorno all'eroe della serata, la
coppa, la sciarpa ricordavano la conclusione di una tappa del giro di
Francia. Mancava la miss, responsabilmente sostituita dal senatore
Fanfani, peraltro assai impacciato nel far calzare la sciarpona e
compassatissimo nel bacio-abbraccio. Rubinstein si rimise accura-
tamente in sesto i bianchi capelli scompaginati dal poco accorto
Fanfani, fece le mosse giuste, fece il discorso giusto: giusto perché
la serata non diventasse né l'inaugurazione di un monumento
vivente né una festa populistica. A me sembrò che la vecchia volpe,
con l'istinto che l'aveva guidata per tutta la vita, avesse trovato la
misura giusta per collocarsi ancora una volta al confine tra due
spazi: lo spazio da professore universitario di Backhaus, lo spazio
da showman cinematografico di !turbi.
Gli italiani che vanno in Spagna credono sempre che lo spagnolo
sia facilissimo da capire, salvo ad accorgersi poi di non capirlo. Ma
296 Genio e sregolatezza Rubinstein 297

quando Rubinstein disse «la mia vita è stata larga», credendo che la sua direzione, il Concerto in la maggiore K 488 di Mozart, ma si
largo, in italiano, volesse dir lungo come in spagnolo, tutti intesero guardò bene dallo spingerlo verso la carriera di fanciullo-prodigio.
che cosa volesse esprimere, e capirono che quel larga, in realtà, Avendo dimostrato ai mecenati che i soldi spesi per il ragazzo erano
significava qualcosa più di lunga. La vita di Rubinstein, iniziata ben spesi lo lasciò alle cure pedanti di Barth, ... con poca soddisfa-
novantatre anni e mezzo prima, era stata e lunga e larga, di una zione di Rubinstein.
dimensione titanica da leggenda: il 28 gennaio 1886 viveva ancora Quando suonò sotto la direzione di J oachim, Rubinstein aveva
Liszt, vivevano Brahms, Ciaikovsky e tanti altri personaggi che noi undici anni; sei anni dopo, il 12 febbraio 1903, si presentava nella
vediamo oggi nella lontananza senza tempo dell'immortalità. Po- Beethoven-Saal di Berlino con un programma «da uomo» e molto
teva uno aver tirato le prime poppate in un mondo che conteneva impegnativo: la Sonata op. 90 di Beethoven, il Capriccio op. 76
Franz Liszt ed esser visto a fumare un sigaro, seduto a un tavolino n. 2, l'Intermezzo op. 117 n. 2 e il secondo quaderno delle Varia-
di piazza S. Marco? Poteva esser stato registrato ali' anagrafe come zioni su un tema di Paganini di Brahms, i Davidsbundlertanze op. 6
suddito dell'imperatore Alessandro III ed esser cittadino della na- di Schumann, le Mazurche op. 50 n. 1 e op. 63 n. 2 e il Notturno
zione governata da Carter? Rubinstein poteva. op. 37 n. 2 di Chopin, la Rapsodia ungherese n. 12 di Liszt. Il
Rubinstein viene al mondo a Lodz, nella Polonia soggetta alla concerto non andò un gran che bene, ma Joachim ne trasse occa-
Russia, settimo nato di coniugi ebrei che credevano di aver con- sione per mandare Rubinstein da Paderewski, che ascoltò bene-
cluso il loro tributo all'accrescimento dell'umanità otto anni prima, volmente il giovane compatriota e lo invitò a trascorrere le vacanze
con il sesto rampollo: «... suonai il campanello al portale della vita in casa sua. Nell'estate del 1903 Rubinstein passò così tre mesi a
come un invitato in ritardo e piuttosto indesiderabile», scrive Ru- Morges, nella villa di Paderewski, ascoltando il Maestro e facendosi
binstein nella sua monumentale autobiografia, larga e lunga come ascoltare da lui senza averne delle vere e proprie lezioni, e nell'au-
la sua vita. Il padre, artigiano tessitore che conduceva un piccolo tunno si congedò, un po' burrascosamente, da Barth.
laboratorio, si accorse delle doti musicali del figlio e, dopo un gran Nel 1904 Rubinstein iniziava la carriera concertistica vera e
consiglio di famiglia, si mise in contatto con il sommo violinista propria eseguendo a Varsavia il Concerto in re minore di Brahms e
Joseph Joachim che dirigeva a Berlino la Scuola Superiore di la Fantasia del giovane compositore polacco Fryderyk Barman, che
Musica: gli portò il figlio, di tre anni e mezzo, e attese il responso. dirigeva il concerto. Fino al 1910 andò avanti con gli alti e bassi di
Joachim riconobbe il talento del bimbo e consigliò di fargli iniziare tutti i giovani concertisti, con guadagni scarsi, senza chiare pro-
gli studi quando avesse avuto almeno sei anni. All'età giusta Ru- spettive, accumulando lentamente esperienze ... musicali e non. Nel
binstein cominciò dunque a studiare a Varsavia, poi ritornò a primo volume della sua autobiografia Rubinstein divide equa-
Berlino, dove Joachim gli trovò quattro persone (lui compreso), mente il racconto tra cose della musica e cose della vita, toccando
disposte a passargli una somma mensile per permettergli di vivere dei suoi fervidi e frequentissimi amori con la discrezione del genti-
nella capitale, e lo affidò alle cure del professor Heinrich Barth. luomo nato nel 1886 e con la disinibizione dello scrittore che si
Pochi anni prima, come abbiamo visto, un altro piccolo ebreo rivolge al pubblico degli anni 1970. La natura di questo mio libro
polacco ma nato nella Polonia soggetta ali' Austria, Artur Schnabel, mi impone di trascurare i fatti importanti e di analizzare gli acces-
era andato a Vienna per farsi sentire da Theodor Leschetitzki, il più sori: mi limiterò quindi a parlare delle esperienze musicali, dicendo
grande didatta del mondo. Anche Leschetitzki aveva trovato tre che Rubinstein firmò un contratto da pivello - cinquecento fran-
filantropi disposti a passare un mensile al ragazzo, lo aveva fatto chi al mese, più il quaranta per cento degli onorari guadagnati
studiare, lo aveva fatto esordire al momento giusto. Così si com- attraverso l'agenzia e il sessanta per cento degli altri onorari -:- con
portò J oachim con Rubinstein: ne seguì i progressi, e quando lo l'impresario parigino Gabriel Astruc, suonò spesso in Polonia,
ritenne preparato lo presentò in pubblico facendogli eseguire, sotto tornò qualche volta a Berlino, ed esordì a Parigi e in Francia, in
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Svizzera, a Londra, negli Stati Uniti (nel 1906), in Russia, a Vienna, di Beethoven, Rubinstein studiò questa Sonata, che eseguì più
a Roma. Il repertorio presentato da Rubinstein in quegli anni volte in Russia ma anche a Vienna, capitale beethoveniana. Oltre a
comprendeva il Concerto in sol maggiore di Beethoven, il Concerto questa importante acquisizione di repertorio sono ~a segnalare 1~
in fa minore di Chopin, i due Concerti di Brahms, il Secondo di prima esecuzione assoluta della Sonata n. 2 op. 21 d1 Szymanowski
Saint-Saens, musiche di Bach-d'Albert (Toccata in fa maggiore), di (a Varsavia, il 7 maggio 1911, poi a Berlino, Lipsia e Vienna), e la
Beethoven (le Sonate op. 28, op. 53, op. 90), di Mendelssohn, di prima esecuzione a Londra della Sonata n. 5 op. 53 di Scriab~n, e le
Chopin (tra cui le Sonate op. 35 e op. 58, la Barcarola e la Polacca collaborazioni con Casals, con Ysaye, con Thibaud, con Terus, con
op. 53, che divenne subito il suo cavallo di battaglia), di Schumann il Quartetto Rosé e con il London String Quartet. Nel 1915 effet-
(tra cui i Papillons, gli Studi sin/onici e il Carnaval), di Liszt (tra cui tuò la prima delle sue innumerevoli tournées in Spagna, nel 1917
il Mephisto-Walzer n. 1 e la Morte di Isotta), di Scriabin, di Szy- andò per la prima volta nell'America del Sud, e nel dopoguerra
manowski (tra cui le Variazioni op. 3), di Debussy, di Dukas (le riprese a suonare nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti, con-
Variazioni su un tema di Rameau). Rubinstein suonò anche con tinuando spensieratamente un'attività nella quale il pianoforte e la
vari strumentisti e cantanti, eseguendo tra l'altro, a memoria, la musica erano solo un aspetto delle gioie che il mondo può offrire a
Salame di Strauss in quelle riunioni che precedevano allora le chi le sa cogliere.
esecuzioni pubbliche delle nuove opere e muovevano la curiosità Fin verso il 1932, quando sposò Aniela Mlynarski, figlia di un
degli ascoltatori.
direttore d'orchestra polacco, Rubinstein fu un pianista enorme-
Nel 1910 il giovane pianista scavezzacollo decise di partecipare mente dotato e dissipatore, un virtuoso affascinante, e in fondo un
al Concorso Rubinstein, che in quell'anno si sarebbe svolto a dilettante di immenso talento, ma non un protagonista di un
S. Pietroburgo. Concorrevano, oltre al ventiquattrenne Rubinstein periodo della storia dell'interpretazione eccezionalm~nte denso ~i
e al suo coetaneo svizzero Edwin Fischer, il russo venticinquenne avvenimenti, di un periodo che vide il tramonto d1 Paderewski,
Leo Sirota, il tedesco ventitreenne Alfred Hoehn, i russi ventu- Rosenthal, d'Albert, Busoni, il dominio di Rachmaninov, Hof-
nenni Alexander Borovsky e Julius Isserlis, lo svizzero ventunenne mann, Cortot, la sicura ascesa di Backhaus, Schnabel, Fischer, la
Emil Frey, il russo diciannovenne Lev Pouishnov ed un'altra deci- stupefacente apparizione di Horowitz, la rivoluzionaria afferma-
na di ragazzi che non si segnalarono poi nella vita concertistica. zione di Gieseking. Il repertorio di Rubinstein si amplia con quelle
Rubinstein ripercorre con equilibratissimo senso critico ed auto- composizioni che resteranno poi nei suoi programmi fin quasi al
critico le vicende del Concorso, che fu vinto da Alfred Hoehn tra le termine della carriera (dai più celebri concerti dell'Ottocento fino
proteste di una parte del pubblico; Rubinstein ebbe una menzione al Concerto n. 2 di Rachmaninov, dal Beethoven più popolare
di primo grado, Borovsky una menzione di secondo grado. all'Albeniz di Iberia), ma include anche molta musica contempo-
Perduta l'occasione di girare il mondo come Rubinstein-Preis ranea: di Szymanowski la Sinfonia concertante e le Mazurche op.
titolo che lo avrebbe messo al riparo e dalla routine e dal lavar~ 50 di Falla Notti nei giardini di Spagna, la Fantasia baetica e vari
occasionale, Rubinstein riprese la sua lenta carriera. Il 19 gennaio pi~coli pezzi, di Stravinsky i Tre movimenti da Petruska, di Villa
1911 esordì all'Accademia di S. Cecilia (l'anno prima aveva suo- Lobos la Prole do bebé e il Rude Poema, e pagìne di Debussy, Ravel,
nato soltanto nel salone del conte Skrzynski), eseguendo sotto la Poulenc, Busoni, Prokofiev, Medtner, Mompou, Ireland, Shosta-
direzione di Bernardino Molinari il Concerto n. 4 di Beethoven e il kovic, nonché di illustri sconosciuti come Gradstein e Faicevich.
Concerto n. 4 di Rubinstein e, da solo, la Barcarola e la Polacca op. Di questo Rubinstein il disco e il rullo ci hanno conservato poche
53 di Chopin. Sempre nel 1911, volendo dimostrare a se stesso di testimonianze. Non conosco l'incisione della Barcarola di Chopin,
non essere inferiore a Hoehn, che al Concorso lo aveva battuto pubblicata nel 1928, ma conosco il coevo rullo di_ piano!a d~lla
soprattutto con una splendida esecuzione della gigantesca op. 106 stessa Barcarola, nonché i rulli della Polacca op. 44 d1 Chopin, d1El
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Albaicin di Albeniz, della Plus que lente di Debussy e della Sugge- scansione ritmica di Debussy, non chiaramente espressa dalla grafia
stion diabolique di Prokofiev; conosco poi il Capriccio op. 76 n. 2 di e resa chiara da una registrazione di Debussy per rullo di pianoforte
Brahms e il Valzer op. 34 n. 2 di Chopin, incisi il 9 marzo 1928, meccanico le cui indicazionì non sono generalmente adottate. Ru-
l'Improvviso op. 90 n. 4 di Schubert, inciso il 18 aprile 1928, ed binstein ha certamente ragione. Ma l'esecuzione di Debussy, che
alcune pagine incise nel 1929, tra cui Sevilla e Navarra di Albeniz e non essendo concertista si faceva prendere dall'affanno e correva
La Cathédrale engloutie di Debussy. È molto poco, ma è anche un po', dura 5'04": nella incisione del 1961, senza cambiare l'im-
abbastanza per capire qualcosa dello stile di Rubinstein verso i postazione di fondo, Rubinstein t~ccherà una ~ur~~a di. 5' 44'.':
quarantacinque anni e per sorprendere l'ascoltatore che, in base·a dandoci l'interpretazione della Cathedrale engloutze pm logica, pm
quanto dicevano i critici e più tardi Rubinstein stesso, si aspetta un proporzionata, più entusiasmante che io conosc~. ~?alogo_di~c?rso
virtuoso incontrollato e devastante. Rubinstein è invece un pianista per l'esecuzione della Plus que lente, che dura 4 39 nella mcision~
«moderno», tanto che si capisce subito benissimo perché Stravin- del 1970, 3'40" nella registrazione su rullo del 1928: e anche qm
sky, prima di trascrivere per lui Petruska, gli avesse dedicato il l'esecuzione del 1928 è come un affrettato schizzo per il capolavoro
Piano-rag-music, e perché Falla gli avesse dedicato la Fantasia del 1970.
baetica: un pianista che non anticipa mai il basso rispetto alla Il «far svelto» del Rubinstein quarantacinquenne sorvola su
melodia (fatto rarissimo, specie a quei tempi), che usa un rubato particolari significativi già in brani come la Cathédrale engloutie d~
molto calibrato e discreto, e che bada a rendere sempre elegante- Debussy o Navarra di Albeniz o la Polacca op. 44 o la Barcarola ~1
mente nonchalant e il virtuosismo e l'espressione. I piani sonori Chopin, e aggrava le cose quanto più il pezzo diventa comples~o: ~
sono molto distanziati, con la melodia in netta evidenza e con un Concerto n. 2 di Chopin, inciso nel 1931, scorre con una rapidita
pianissimo che può prestarsi ad effetti spaziali di remota lontanan- che non pare giustificata neppure dal timore di evidenziare troppo
za. Un brano salottiero come Sevilla viene reso con un brio, una i sentimenti e Rubinstein sembra avviato a diventare uno Hof-
vivacità ed un aristocratico languore ben difficilmente eguagliabili, mann in rit~rdo sui tempi. L'impegno di assolvere a un compito
e l'interpretazione del Capriccio di Brahms, forse un po' troppo affidatogli dalla Voce del Padrone, l'incisione di racco~te comple~e
coquette, non sfigura di fronte all'interpretazione di trent'anni di musiche di Chopin (Mazurche, Polacche, Scherzi, Notturni),
dopo. Ma già nel Valzer di Chopin troviamo una ricerca della costrinse Rubinstein ad un periodo di studio intenso, che ebbe
sorpresa e della sorpresina gratuita che contrasta troppo netta- appunto inizio dopo il suo matrimonio e ~i pr~lung? f!no allo
mente con la distaccata eleganza dei tratti cantabili. Ricerca del- scoppio della guerra. Fu allora, nel momento m cui commc1av~no a
1' effetto che porta Rubinstein ad inventare, nella parte centrale sparire di scena i pianisti di lui poco più anziani- i Rachmanmov,
dell'Improvviso di Schubert, il quasi sistematico trasporto del basso i Cortot, gli Hofmann - che Rubinstein non perdette l'aut~bus ~
un'ottava sotto o a tenere gli accordi ribattuti al limite di un non si lasciò sopravvanzare dai pianisti di lui più giovani - i
pianissimo lontanissimo, quasi inudibile: effetto certamente im- Gieseking, gli Horowitz - che stavano raggiungendo i m_assimi
pressionante, ma che non si vede come possa rientrare in una vertici delle quotazioni artistiche e di onorario. Un'esecuzione a
qualsiasi concezione dell'arte di Schubert. New York del Concerto di Grieg, nel 1939, ci riporta al momento
Anche le idee giuste vengono realizzate con una certa fretta. La in cui Rubinstein poneva consapevolmente la sua candidatura per
Cathédrale engloutie dura 6'57" nell'esecuzione di Benedetti Mi- un... seggio nel concilio degli dei. Purtroppo abbiamo, solo I~
chelangeli, 6'24" nell'esecuzione di un interprete «classico» come registrazione del primo tempo del Concerto, che basta pero a f~rci
Gieseking, e 6'05" nell'esecuzione di un interprete notoriamente capire parecchie cose. Rubinstein suonava ancora con grande im-
spiccio come Guida. Nell'esecuzione del Rubinstein quaranta- peto, e perciò gli scappavano alcune - non molte - note sba-
treenne il pezzo dura 4'26"! È vero che Rubinstein riprende la gliate; questo impeto un po' generico diventa però, nella Cadenza,
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il veicolo di una superba progressione fino al punto culminante, Hofmann, e nelle ottave poteva rivaleggiare con un fenomeno
con una proporzione tra lo sviluppo del tema, le folate degli arpeggi come Horowitz (si veda la sua prima incisione del Concerto n. 1 di
e il turbinoso picchiettare del tt;emolo che suscitano alla mente Ciaikovsky, quella con Barbirolli). Ma mentre Horowitz, lavoran-
dell'ascoltatore immagini naturalistiche: Grieg sotto le dita di Ru- do sulla tecnica con l'impegno e con la meticolosità di un atleta,
binstein si rivela come uomo di teatro, alla Bjornson. Il tempestoso manteneva intatte le sue naturali doti di acrobata, lo spensierato
romanticismo nordico che balza fuori da questa interpretazione Rubinstein andava perdendo, col progredire dell'età, la freschezza
cancella l'immagine tradizionale del poeta elegiaco, e ci lascia la tecnica. Di note ne aveva sempre sbagliate molte, ma sui sessan-
curiosità di sapere come Rubinstein interpretasse il secondo tempo t'anni ne sbagliava moltissime, e per di più non conservava sempre
e come proporzionasse allora, con il primo tempo, il finale. Allora, la pastosità, la piacevolezza, la estrema bellezza del suono che era
perché l'interpretazione che più tardi consegnò al disco è certa- stata, soprattutto negli anni 30, una sua caratteristica. La sorpresa
mente più matura, ma anche più calma e più tradizionale. Nell'in- del 1955 fu che Rubinstein utilizzava razionalmente, con un pre-
terpretazione del 1939 c'è un po' di Hollywood, un po' di Bette ciso rapporto di sforzo ed effetto, la forza muscolare, e che giocava
Davis e Claude Rains, c'è una recitazione un po' sopra le righe, che non solo più sulla dinamica, ma sulla timbrica, con una raffinatezza
è comunque un raro documento dell'originalità e della maturazio- mai prima di allora posseduta e prossima a quella dei maghi del
ne di uno tra i maggiori pianisti del secolo. timbro come Horowitz o Benedetti Michelangeli.
Le incisioni in studio, più meditate, definiscono ancor meglio la Ho parlato di pianista «naturale» e sarà bene che precisi questo
faticosa «rimonta» di Rubinstein, tutto teso a diventare protago- concetto. Quando Artur Rubinstein cominciò a suonare in pub-
nista e della vita concertistica e della storia dell'interpretazione. Se- blico, e cioè agli inizi del nostro secolo, i pianoforti erano molto più
si ascoltano in successione il Concerto n. 2 di Chopin, inciso nel sonori dei pianoforti del tempo di Chopin, ma anche le dimensioni
1931, e il Concerto n. 1, inciso nel 1937, ci si accorge bene che delle sale si erano fatte più vaste, e la generazione dei grandi
qualcosa sta cambiando, che Rubinstein ha cominciato a meditare pianisti nati intorno al 1860 aveva messo a punto una tecnica di
scartare o riesprimere in modo originale tutto quello che aveva fin~ formazione del suono che teneva conto e delle potenzialità del
ad allora spensieratamente assorbito. Non si tratta affatto di un pianoforte e dell'ampiezza degli ambienti. Si dice spesso che Ru-
trapasso improvviso, di una caduta sulla strada di Damasco; si binstein fosse nato per suonare il pianoforte: era nato, in realtà, per
tratta di un cammino lentissimo, durato un buon quarto di secolo, suonare il massiccio pianoforte di due metri e ottanta di lunghezza
alla conclusione del quale - chi ricorda gli stupefacenti concerti di in sale di cinquemila posti. La sua sonorità - di lui, specialista di
Rubinstein alla metà degli anni 50 capirà quel che intendo dire - Chopin - non era certamente «chopiniana», almeno a quanto si
troviamo un interprete che ha scoperto se stesso e che ci propone può ragionevolmente supporre leggendo le impressioni di con-
una concezione totale non solo dell'arte pianistica, ma della musica temporanei di Chopin, ma la sua tecnica del suono gli permetteva
e persino della vita. di far arrivare alle orecchie anche del cinquemillesimo spettatore la
Ciò che verso il 1955 colpì prima di tutto la gente del mestiere fu musica di Chopin senza alterarne le proporzioni: il pianissimo, il
la novità della tecnica. Rubinstein è un pianista «naturale»: una velluto di Chopin restava tale senza che nessuno, in sala, dovesse
mano larga e muscolosa, che afferra o maneggia con estrema facilità mai tendere le orecchie, il fortissimo, pur imponente, non diven-
i tasti e che può agevolmente cavare dal pianoforte suoni dinami- tava schiacciato o inelegante. Sui settant'anni Rubinstein aveva
camente molto differenziati. Con questa mano felice il giovane raggiunto il massimo raffinamento della sua tecnica del suono e del
Rubinstein poteva tener testa, quanto ad agilità e potenza, a suo dominio della materia musicale. Quel tanto di spensierata-
chiunque, poteva, in un pezzo di alta bravura come la Valse-Ca- mente trascurato che aveva accompagnato i primi trent'anni della
price di Anton Rubinstefu, essere più eccitante persino di Josef sua carriera era stato censurato e quel suo modo estroverso e
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cordiale di affrontare il pubblico era diventato il parlare semplice e paura aspetti conturbanti di fronte ai quali Rubinstein si arresta.
supremamente comunicativo di chi tratta un argomento di cui ha Rubinstein non può del pari accettare certi aspetti frivoli di Cho-
sviscerato tutti i segreti. Non c'era una nota che non si sentisse con pin: in molti Valzer, nella Tarantella e nel Bolero, Rubinstein sente
chiarezza, non c'era fraseggio che non rientrasse nella logica for- sì di trovarsi in un angolo speciale della poesia di Chopin, e affina sì
male della costruzione sonora, non c'era insomma alcuna dicoto- la sonorità e ingentilisce la dizione, ma senza poter raggiungere il
mia tra l'intenzione e la pittura sonora. suono secco e asprigno e l'eleganza veramente frivola di Cortot. Ma
Si può cogliere benissimo il magistero timbrico di Rubinstein non appena il dolore di Chopin tende a trasformarsi, da bruciante
nella sua incisione di dodici Visioni fuggitive di Prokofiev. Ma è confessione in coscienza di un dolore universale, Rubinstein si
soprattutto in Chopin che si riconosce la profonda evoluzione dello lascia indietro Horowitz, può anche raggiungere e talvolta superare
stile. Dei Notturni di Chopin esistono tre incisioni di Rubinstein: Cortot là dove alla frivolezza s'unisce l'affettuosità intima, e in certi
una del 1937, una della metà circa degli anni 50, una del 1965. La casi può competere con un poeta visionario come Richter quanto a
differenza non è grandissima in Notturni come quelli dell' op. 9 o varietà di tinte e a sottilissima vibrazione di stati d'animo.
dell'op. 55, è abissale in Notturni come l'op. 32 n. 1 o l'op. 62 n. 1. Quando si comincia a parlare dell'interprete Rubinstein si casca
Nella terza versione dell' op. 62 n. 1 la sonorità è molto diversa dritto dritto nel binomio Chopin-Rubinstein. È inevitabile, e non
specialmente nell'ultima pagina: più ovattata, più spenta, men~ tanto perché Rubinstein sia l'interprete chopiniano «definitivo»,
«bella», e capace in compenso di condurre l'interiorizzazione poe- quanto perché, tra gli interpreti della sua generazione, egli ha
tica della composizione ad un grado di malinconia cosmica che soprattutto e più di tutti approfondito Chopin: «Vedete, si fa in
prima non era stata neppure sfiorata. Altrettanto interessante è il questo campo [l'interpretazione] una specie di divisione del lavoro:
paragone tra le tre versioni del recitativo finale del Notturno op. 32 una spartizione un po' tacita, che si fa da sé», diceva con ragione
n. 1: tutto quel che prima era gesto oratorio di drammatica evi- Igor Markevitch in un'intervista. La generazione alla quale appar-
denza scompare, per lasciar affiorare una tragicità ben più profon- tiene Rubinstein aveva di fronte a sé il problema storico di rinno-
da e terribile. vare l'interpretazione uscendo dalla tradizione che si era formata
La connessione tra lo stile pianistico e la concezione generale con Liszt, Anton Rubinstein, Biilow, è che si era stratificata con i
dell'arte di Chopin è evidente: un arricchimento ed una estrema loro allievi. La chiave di lettura che questa generazione trovò, dopo
differenziazione della sonorità sono l'aspetto stilistico di una sco- la rottura iconoclastica di Busoni, fu quella neoclassica, storicistica,
perta: la scoperta di una emotività e di una varietà di sentimenti mitica: lettura filologica dei testi e lettura storica dei loro presup-
molto più complesse di quapto Rubinstein non avesse precedente- posti culturali per arrivare alla riscoperta dei miti. Tutti i più
mente supposto. Rubinstein non va così lontano, su questa strada, importanti pianisti di questa generazione avevano in repertorio, in
come Horowitz, che ritorna a considerare quegli aspetti di Chopin maggiore o minor misura, tutta la letteratura da Bach a Brahms·
sui quali puntavano più volentieri gli interpreti di fine Ottocento, tutti videro in Brahms la conclusione di un'epoca iniziata con Bach
gli aspetti che la reazione antiromantica aveva definito non-sani, e tutti furono, di quell'epoca, interpreti veri e profondi. Ma la
isterici, morbosi. Il Notturno op. 72 n. 1 segna indubbiamente il «divisione del lavoro», di cui parla così acutamente Markevitch, ci
punto di maggior divergenza tra Rubinstein e Horowitz: il giova- fu: Schnabel fu l'interprete sommo del Mozart delle Sonate, di
nile, capriccioso, «irrazionale» umor tetro del Notturno viene cor- Beethoven e di Schubert, Backhaus fu interprete di Beethoven e di
retto, viene virilmente contenuto da Rubinstein, mentre Horowitz Chopin, Fischer di Bach e del Mozart dei Concerti, Rubinstein di
gli si abbandona completamente, deciso a berlo fino all'ultima Chopin, Petri di Liszt. Solo che Rubinstein iniziò più tardi degli
stilla. In questo caso, secondo me, Horowitz penetra più a fondo altri, proseguì quando il neoclassicismo aveva esaurito la sua fun-
nel mondo poetico di Chopin, scoprendovi e accettando senza zione, e lo oltrepassò.
306 Genio e sregolatezza Rubinstein 307

Tra il '30 e il '40 - riduco schematicamente, per comodità e rowitz, persino interpreti di trent'anni più giovani come Richter e
rapidità di esposizione, una realtà molto complessa e intricata - Lipatti. Anche da un musicista per il quale provava una fiera
Paderewski e Rosenthal erano i maggiori esponenti di uno stile di antipatia personale, Josef Hofmann, Rubinstein prende qualcosa.
interpretazione chopiniana ormai storicamente superato, Cortot e Hofmann era un interprete chopiniano disuguale, e persino
Rachmaninov rappresentavano due diverse tendenze che avevano assurdo, in certi momenti. Ma la sua interpretazione della Sonata
appena oltrepassato l'apogeo, Backhaus e, in minor misura, Hof- op. 35, ad esempio, è sorprendentemente spoglia dell'usuale vir-
mann e Godowsky rappresentavano la tendenza neoclassica, la più tuosismo barocco e dell'usuale ·instabilità emotiva, e giunge ad un
attuale e quella in via di maggior sviluppo. Rubinstein, in quel grado di interiorizzazione poetica e di essenzialità espressiva vera-
momento, era ancora un eclettico: risentiva talvolta della estrema mente eccezionali. Rubinstein non si lascia sfuggire il valore storico
tensione espressionistica di Rachmaninov, talvolta delle asprezze dell'interpretazione di Hofmann e ne segue da vicino l'esempio.
cubistiche di Cortot, talvolta del costruttivismo di Backhaus, e Hofmann era un interprete di grandissimo talento, e ciò che di lui
risentiva egualmente della magniloquenza di Rosenthal e delle non ci convince non dipende tanto, come abbiamo già visto, da
forzature provocatorie di Hofmann. L'esperienza neoclassica trovò insensibilità o da superficialità sue, quanto dalla difficilissima po-
negli anni 40 il suo maggior esponente in Dinu Lipatti, con il quale sizione storica di musicista che inizia la sua attività quando tut-
si concluse. Rubinstein incise allora i Preludi e la Sonata op. 35, ta un'epoca si sta concludendo e che si ribella alla tradizione
dimostrando di risentire nei Preludi l'influenza di Cortot, e di non senza riuscire a svincolarsene completamente perché in essa si è
avere in sostanza oltrepassato l'eclettismo. formato. Il Rubinstein maturo, al contrario del Rubinstein anni
Il superamento del neoclassicismo avvenne dopo il 1950 per trenta, non si riallaccia più, genericamente, a Hofmann, ma solo
opera, inizialmente, di Backhaus, poi di Horowitz, ed infine di agli aspetti di Hofmann che rappresentano conquiste storicamen-
Rubinstein. Le interpretazioni chopiniane di Rubinstein hanno te nuove.
dunque il valore di una vasta sintesi storica, nella quale conflui- Forte di questa sua conquistata capacità di sintesi, Rubinstein
scono esperienze di molti interpreti. Ho parlato poc'anzi dell'e- può persino rifarsi allo stile di quegli interpreti tardoromantici,
clettismo di Rubinstein: eclettismo e non sintesi perché, secondo rimasti interamente fedeli alla tradizione contro la quale Hofmann
me, i modelli suggeriti da altri interpreti venivano da Rubinstein aveva combattuto: non interessa a Rubinstein l'estrema e acritica
imitati senza trasformarli, e davano origine a forti disuguaglianze di immediatezza espressiva che, come ho detto, viene riproposta in
stile. Nel Rubinstein maturo l'atteggiamento eclettico permane termini moderni dal solo Horowitz; Rubinstein sa invece ripro-
ancora come punto di partenza, e cioè come curiosità vivissima per porre, del tardoromanticismo, la monumentalità eroica. Il con-
tutto ciò che avviene nel mondo dell'interpretazione, e non più fronto fra la prima e l'ultima versione della Polacca op. 53 è del
come punto di arrivo, perché tutto quel che prende da altri, Ru- massimo interesse. La prima versione, pubblicata nel 1936, è ge-
binstein lo fa suo, potentemente suo. Sfilano così nello stile di nericamente routinière: la velocità adottata, in riferimento al me-
Rubinstein, catturati e fatti propri come le mogli di Barbablu, tronomo, è di circa 116 nell'introduzione, 100-104 al tema princi-
Rachmaninov e Cortot, Godowsky e Lhevinne, Koczalski 1 e Ho- pale, 112-116 al famoso passo d'ottave, 80 circa nell'episodio pre-

1
Raoul Koczalski, polacco, di un anno più anziano di Rubinstein, allievo di e onestissimo, Koczalski contribuì a far superare le concezioni critiche di fine
Anton Rubinstein e dell'allievo di Chopin Carl Mikuli, si pose come rappre- Ottocento e, pur dal limitato punto di vista del filologo, propose modelli di
sentante di una tradizione autentica e fu l'unico pianista della sua generazione fraseggio che vennero ripresi da altri: compreso Artur Rubinstein, il quale non
che tentò una ricostruzione filologica dello stile chopiniano, in polemica con la manca tuttavia, nell'autobiografia, di comprendere Koczalski tra i non pochi
tradizione recente rappresentata dagli ultimi allievi di Liszt. Artista scrupoloso «antipatici» a cui non risparmia botte in testa.
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308 Genio e sregolatezza


Rubinstein 309
cedente la ripresa, 116 nella coda; nell'ultima versione le_ vel~cità
sono, rispettivamente, 100 circa, 80-84, 88-92, 72, 92. La riduzione stupirei affatto se Rubinstein avesse imitato questi particolari da
della velocità è molto sensibile, ed è quindi evidente la completa qualche interprete che non conosco. . .
rinuncia all'esibizionismo virtuosistico, perché, se a 112-116 il pas- I pianisti che, come s'è visto, Rubinstein ha presenti sono_ qu~si
so d'ottave è praticabile da non molti pianisti, a 88-92 è praticabile tutti slavi. La sintesi storica che Rubinstein opera riguarda qmndi la
da moltissimi, anche dagli allievi. Le velocità che Rubinstein adott~ tradizione slava dell'interpretazione di Chopin più che le tradizioni
nell'ultima versione sono all'incirca quelle adottate da Paderewski occidentali (tedesca e francese). E anche all'interno della tradizione
in un disco del 1937: 100, 84-88, 100, 88, 88. Già qualche pianista slava Rubinstein opera una scelta, che esclude certi aspetti estremi
neoclassico come Stefan Askenase, aveva avuto il coraggio di dell'arte di Chopin, messi in luce invece, per esempio, da Rach-
ritornare alla antivirtuosistica velocità di Paderewski. Rubinstein, maninov e da Horowitz (per non parlare di un «estremista» come
però, modifica radicalmente, oltre alla vel~cità, ~ tipo di s~o~o, Sofronitzki, di cui Rubinstein non parla nell'autobiografia e che
suonando anche di forza e usando di contmuo il pedale di riso- quindi, probabilmente, non conobbe). Senza dub~io c'è qu_alcosa
nanza. L'effetto è straordinario. Mentre con Askenase avevamo di Chopin che Rubinstein non sa cogliere o che, pm probabilmen-
una buona esecuzione non virtuosistica, adeguata all'antiretorica te, non può accettare. Ma, ciò malgrado, Rubinstein resta secondo
del neoclassicismo, con Rubinstein abbiamo un'esecuzione. che me l'interprete di Chopin più completo che sia apparso nel nostro
travalica oltre i canoni dell'interpretazione chopiniana elaborati dal secolo: non il più geniale, ma il più completo, sì. . .
tempo e ripropone e impone un nuovo tipo di eroicità romantica, Completezza che, proprio perché arrivata molto tardi, non_ fu P?i
che nel vecchio Paderewski ci faceva già un po' sorridere e che allargata da Rubinstein in altre direzioni. Purtropp~, ~ubmst~m
abbandonò il repertorio contemporaneo senza aver mcis? pagme
credevamo liquidata per sempre.
nate praticamente sotto le sue di~a, come la Son~ta _n. 2 di Szyma-
Il ripensamento dello stile di Pad_erewski si verifica anche nell?
nowski il Petruska di Stravinsky, il Rude Poema di Villa Lobos, non
Polacche op. 26 n. 2 e op. 40 n. 1. E notevole soprattutto, perche
ritornò' sulla Sonata op. 106 né affrontò le ultime tre Sonate di
rara in Rubinstein, l'espressione di angoscia della Polacca op. 26
Beethoven, non ritornò sui Davidsbi.indlertanze di Schumann. Le
n. 2; il riallacciamento a Paderewski è evidente, ma nello stesso
sue poche incisioni di musiche di J?ebu~sy ci_ dicono che avrebbe
tempo la modernità di Rubinstein si manifesta in modo inequivo-
cabile, perché la cupa, plumbea sonorità dell'inizio, che Paderew- potuto essere un interprete debussiano_ ill:1mmante; al lat? oppo~
sto le incisioni dei primi due Concerti di Beethoven e di alcum
ski otteneva aggiungendo un raddoppio all'ottava al basso, Ru-
Co~certi di Mozart dimostrano una proprietà stilistica, rara in un
binstein l'ottiene col solo tocco e con il pedale, senza modificare la
pianista del suo tipo, che avrebbe potuto essere _svilup~ata. N~p-
scrittura di Chopin. Per questo aspetto, Rubinstein ha assorbito la
pure Schubert, Schumann e Liszt furono da Rubmstem i~dagati a
lezione del neoclassicismo, che vieta di manomettere i testi. Se per il
fondo e Weber non fu da lui neppur sfiorato. Una miracolosa
rispetto del testo - assaltagli qualche peccatuzzo - Rubinstein
interp~etazione del Minuetto della Sonata i~ sol maggi~re (incisio-
può essere considerato un neoclassico, il suo neoclassicismo resta
ne del 1936) lascia intravvedere un sommo mterprete di Schubert,
però sempre di superficie: manca in Rubinstein I~ raffinata lettura
che le successive incisioni della Fantasia op. 15 e della Sonata in si
analitica, manca la sorpresa della scoperta delle microstr~tture, che
bemolle maggiore non confermano. Rubinstein coglie come_ pochi
è invece la prerogativa delle intepretazioni chopiniane di Lipatti o
altri gli aspetti più estroversi dell'arte di Liszt (per esempio, nel
di Backhaus. In Rubinstein si trovano raffinatezze di lettura vera-
Concerto n. 1, nelle Rapsodie ungheresi n. 10 e 1~, nella yals~-1~-
mente sorprendenti solo nella realizzazione ritmica del secondo
promptu, nel Sogno d'amore, che già nel 19~5 vemva ?aluimci~o m
tema della Ballata op. 47 e nella realizzazione della indicazione
un'interpretazione di favolosa forza emotiva); ma il demomsmo
agitato. Si tratta di eccezioni e, per esser proprio sincero, non mi
lisztiano (Mephisto-Walzer, Sonata) lo lascia indifferente. Certe sue
fI

310 Genio e sregolatezza Rubinstein 311

interpretazioni brahmsiane (le Ballate op. 10, persino una pagina eroici di Rubinstein appaiono riduttivi dell'arte schumanniana ri-
allucinata come l'Intermezzo op. 118 n. 6) sono esemplari; ma la spetto alla tensione di altri interpreti: la febbrile inquietudine che
sua muscolosa e radiosa esecuzione del Concerto in si bemolle Horowitz trova in Traumeswirren diventa agitazione festosa in
maggiore non si affaccia sugli abissi che Fischer e Backhaus, in Rubinstein, l'angoscia che con Arrau pervade In der Nacht è in
modo opposto, sapevano vedervi. E delle sue esecuzionì schu- Rubinstein empito passionale. Un confronto tra il modo in cui
manniane solo il Carnaval e gli Studi sinfonici si fanno ricordare tra Backhaus, a ottantacinque anni, e Rubinstein, a novant'anni, suo-
le interpretazioni che rivelano aspetti profondi delle opere. navano Warum? è indicativo di un atteggiamento spirituale che,
Gli Studi sinfonici - il disco fu pubblicato nel 1980 - rappre- partendo da una radice comune, si diversifica profondamente in
sentarono una grandissima sorpresa dopo la pubblicazione, ante- senso stilistico. Per entrambi il Warum? (Perché?) del titolo è privo
riore di qualche mese, della Fantasia. L'incisione della Fantasia di inquietudine, sereno: un Perché che è domanda ma anche ri-
risaliva al 1965 e la sua pubblicazione era stata ritardata da dubbi di sposta. Ma, mentre Backhaus lo scandisce dolcemente, mormo-
Rubinstein. Dubbi fondati. Affrontando a ottant'anni la Fantasia rando, con un suono liederistico, Rubinstein lo canta a piena voce,
Rubinstein sentiva tutta la responsabilità che gli competeva e in: appoggiando i suoni come un tenore d'opera e creando un plastico
dossava un abito di riflessione, di meditazione, di ricerca: atteggia- altorilievo là dove Backhaus delinea tutt'al più le figure. Anche i
mento che impone rispetto e che dà la misura della sua grandezza, bassi sempre perfettamente a piombo di Rubinstein contribuiscono
ma che non basta a fargli raggiungere risultati di rilevanza storica a rendere fermo e preciso l'insieme, mentre i bassi anticipati e più
pari, per limitarci ai pianisti della sua generazione, a quelli di lievi di Backhaus tendono a dare un'immagine più sfumata e
Fischer o di Backhaus. Ciò che soprattutto si nota, in un'interpre- sfuggente. Si direbbe che entrambi guardino con tranquillità a un
tazione piena di esitazioni e di dubbi, è la generale lentezza dei mistero che potrebbe anche essere pauroso: Rubinstein con gli
tempi e, in alcuni episodi, un timbro opaco e spento. Lentezza che occhi bene aperti, Backhaus con gli occhi socchiusi. Tra i due,
non sembra dovuta alla scoperta di ricchezze inesplorate, timbrica Backhaus possiede, a parer mio, una forza di coinvolgimento molto
che, a parer mio, non nasce dalla scrittura di Schumann ma viene maggiore.
ripresa da Chopin. Perciò la Fantasia mi pare come una tra le cose L'alternativa a questo atteggiamento sarebbe stata l'interpreta-
meno felici di Rubinstein, e tuttavia questa sua interpretazione, zione di Paderewski, sentimentalmente trepida ed esitante. Ma
proprio in ragione della sua mediocre riuscita, è una testimonianza Rubinstein, che può accettare Paderewski là dove lo sente virile e
di commovente moralità artistica, quale le incisioni degli anni 20 forte, non lo segue invece là dove lo vede smarrirsi nel sentimen-
non avrebbero lasciato presagire. Negli Studi sinfonici, pubblicati talismo. Né Rubinstein è in grado di reagire al sentimentalismo con
in disco da un'esecuzione alla Carnegie Hall di New York del 16 l'ironia. Nella autobiografia dice, parlando di Berlino e degli inizi
novembre 1961, Rubinstein ritrovava invece l'essenzialità di un dei suoi studi con Barth: «Purtroppo, Ferruccio Busoni era assente,
momento storico straordinario: il superamento della concezione in tournée di concerti, e questo fu un brutto colpo per la mia
classica della sonorità pianistica. E il sinfonico degli Studi diventava carriera. Busoni era forse la sola persona che avrebbe potuto indi-
per lui l'occasione di ricapitolare le sue più approfondite ricerche di rizzare il mio talento verso una migliore direzione. Era un uomo di
pianista, quelle del decennio precedente, che avrebbero segnato le larghe vedute, sia sul piano artistico che culturale, ed un uomo
sue interpretazioni chopiniane degli anni 60. Nel Carnaval, come sinceramente pieno d'umanità». Più volte, nella autobiografia e
ho già detto, Rubinstein sa riproporre in termini non più di attua- altrove, Rubinstein professa poi per Busoni una viva ammirazione.
lità ma di mito gli spiriti di battaglia dello Schumann ventitreenne Mi pare però che Rubinstein fosse attratto verso Busoni dal fascino
e, più in generale, la fede rivoluzionaria dei protagonisti del che esercitano le personalità opposte, e dubito che sotto la guida di
Vormarz, del periodo che precede i moti del 1848. Altrove i miti Busoni la sua personalità si sarebbe sviluppata in modo diverso. Lo
312 Genio e sregolatezza

spirito di Busoni è profetico sì, ma critico e negativo rispetto alla I GIOIELLI DI NEUHAUS
società contemporanea; Rubinstein è invece immerso nella vita del
mondo ed irradia la forza dei condottieri, non dei profeti. E se in
Chopin_ o in S~humann o in altri non coglie qualcosa è perché,
come dicevo pnma, quel qualcosa non lo accetta. Nel suo discorso
di Venezia disse anche: «Molti avrebbero meritato il Premio ma
sono morti». Ed aggiunse: «Non è colpa mia se sono qui», ed era
evidente che qui non significava il Teatro La Fenice. Poi concluse:
«Ho intenzione di restare ancora, di non arrendermi». Ed è in
questa sfida alla morte che si chiarisce l'arte di Rubinstein, ed è in
questo aspetto del suo esser uomo che l'aver vissuto quasi cent'anni
è divenuto il suo capolavoro d'artista. Ho citato Heinrich Neuhaus, nato nel 1888, tra quei grandi didatti
russi che non spiegano l'apparizione di un Sofronitzki, nato nel
1901. Sofronitzki, che mi pare sia il più personale tra gli interpreti
russi del periodo che corre da Rachmaninov a Richter, è russo fino
alle midolla, immerso completamente in quella avventura spiri-
tuale, il misticismo scriabiniano, che conclude l'Ottocento russo e
che rappresenta la sublimazione del Romanticismo. Sofronitzki
non ha in realtà seguaci e il suo fallimento come insegnante testi-
monia forse la sua mancanza di capacità pedagogiche, certamente
la sua inattualità di uomo di cultura. Neuhaus è invece colui che
rappresenta tra le due guerre la didattica e la cultura russe nel
rapporto con l'Occidente dopo la scomparsa di Anton Rubinstein e
nella nuova realtà. s;vietica. La formazione di Neuhaus è comples-
sa: figlio di un insegnante di pianoforte tedesco che aveva studiato
con Hiller e della sorella di Felix Blumenfeld (il maestro di Horo-
witz), cugino per parte di madre di Karol Szymanowski, Neuhaus si
forma inizialmente nel clima della cultura russa guidata da Scria-
bin. Ma poi si reca a Berlino dove studia con Barth e, come
Szymanowski, comincia a guardare con altri occhi alla cultura
tedesca dalla quale proviene suo padre. La Sonata n. 2 di Szyma-
nowski rappresenta il momento del passaggio da concezioni scria-
biniane ad una concezione della forma che risente della lezione di
Reger. Per Neuhaus, a quanto racconta Artur Rubinstein, la Sonata
n. 2 di Szymanowski fu uno choc da lasciarci quasi la pelle .... Nel
gennaio del 1912 a Berlino, il giorno dopo la prima esecuzione
della Sonata n. 2 - tenuta da Rubinstein - Rubinstein e Szyma-
nowski avevano appuntamento con Neuhaus, che non si fece ve-

314 I gioielli di Neuhaus Gilels 315

dere. Alla pensione dove Neuhaus abitava trovarono un biglietto in sempre raggelante, come ben sa Horowitz, e la paura è cattiva
cui l'amico comunicava loro che, avendo capito di non poter mai èonsigliera. Ma anche il lavoro intellettuale di Neuhaus manca
diventare un compositore bravo quanto Szymanowski e un pianista secondo me di coraggio perché nasce più da informazione che da
bravo quanto Rubinstein, aveva deciso di abbandonare volon- intuizioni creative.
tariamente questa valle di lacrime. Il luogo scelto per la dipartita Neuhaus non era quindi il didatta, alla Liszt o alla Tausig o alla
era la rinascimentale amatissima Firenze, verso cui Neuhaus s'av- Anton Rubinstein o alla Busoni, che potesse proporre se stesso
viava in tutta fretta. Inseguito in treno da Szymanowski e Rubin- come esempio di strumentista, di creatore di sonorità, e come
stein, racconta Rubinstein, Neuhaus fu da essi trovato in un lettino originale espositore della storia. E quindi, così come Leschetitzki
di un ospedale di Firenze, dov'era stato ricoverato dopo un mal aveva avuto tra i suoi allievi due tipi opposti come Paderewski e
riuscito (suicidariamente) tentativo di aprirsi le vene 1 . Schnabel, tra le centinaia di allievi che furono da lui guidati Neu-
Svaporatagli la doppia disperazione di non poter attingere alle haus poté contare anche due personalità completamente opposte
vette di Szymanowski e di Rubinstein, Neuhaus trovò il maestro come Gilels e Richter.
che faceva per lui in Leopold Godowsky, con il quale studiò a Nel volume già citato Neuhaus dice: «Quando Gilels studiava
Vienna dal 1912 al 1914. Come ho detto a suo tempo, Godowsky, con me la Rapsodia spagnola di Liszt sempre mi capitava di pensare
dopo aver toccato un culmine senza pari di virtuosismo stava che non potevo eseguire le ottave così velocemente, così brillante-
scoprendo l'ascesi neoclassica dell'analisi minuziosa e della rinuncia mente e con tale forza come poteva far lui e, di conseguenza, mi
all'effetto plateale. Neuhaus si votò a Godowsky, di cui parla con domandavo se veramente doveva studiare con me o non piuttosto
profondissima devozione nel suo libro sulla didattica e, ritornato in con un pianista (non facile a trovarsi, purtroppo!) che potesse
Russia, cominciò ad insegnare e continuò per quasi cinquant'anni, eseguire tali cose anche meglio di lui. La mia integrità professio-
pur svolgendo anche attività concertistica. nale, il ragionevole pensiero di un esecutore e non solo di un
Parrebbe che il maggior merito del Neuhaus concertista corisi- insegnante scacciarono questi dubbi, perché a parte le ottave e un
stesse nella sua opera di diffusione in Unione Sovietica delle musi- bel po' di cose ancora (ognuno sa che cos'è "ancora": tempera-
che di Debussy. Non abbiamo le sue interpretazioni di Debussy, mento, ritmo, tremenda forza di volontà, resa intenzionale, "pe-
ma solo alcune Sonate di Beethoven, il Concerto n. 1 di Chopin, le netrazione" e brillantezza virtuosistica, bel suono, ecc.) c'era molto
Visions /ugitives di Prokofiev ed alcune registrazioni di musiche di che volevo dire a Gilels sull'interpretazione e sul contenuto di
Chopin e di Scriabin, per ora non ancora pubblicate. Ascoltando questa Rapsodia, e trovai giustificazioni sufficienti per continuare a
Neuhaus in un brano tra i suoi prediletti, il Concerto n. 1 di lavorare con lui».
Chopin, si avverte tutto il lavorio intellettuale dell'uomo colto, ma Di questo Gilels che poneva al suo maestro un caso di coscienza,
si sente anche un risultato fortemente frenato da limiti e da timi- e che nel 1938 vinse trionfalmente il Concorso Regina Elisabetta di
dezza tecnica. La correttezza che nasce da rinuncia al rischio è Bruxelles, abbiamo alcuni dischi. Il virtuosismo, in brani come la
Toccata di Schumann o la Rapsodia ungherese n. 9 di Liszt è
1
veramente impressionante per velocità, forza, controllo della so-
Non rispondo, s'intende, della veridicità della storia. In un libro, che ho norità: Gilels riesce a scandire, in successioni straordinariamente
già citato parlando di Horowitz e che citerò ancora parecchie volte, Neuhaus
dice di aver studiato la Sonata n. 2 di Szymanowski e di esser rimasto soddi-
rapide, suoni straordinariamente voluminosi dalle vibrazioni
sfatto della sua esecuzione: « ... dovetti eseguire la Seconda Sonata di Szyma- straordinariamente regolari. Non alto di statura, robusto, con leve
nowski in un concerto di sue composizioni, a Vienna nel 1913, esattamente corte, mosse da un sistema muscolare scattante e possente, Gilels
diciannove giorni dopo aver avuto la musica, e la eseguii piuttosto bene, era come un torello di esplosiva potenza e suonava con una facilità
malgrado questa composizione sia molto difficile e complessa». e con una spavalderia che spiegano bene l'ammirazione entusiasta,
316 I gioielli di Neuhaus

ad esempio, di un Rubinstein. Ma quei dischi ci dicono anche che


I
I
Gilels 317

artisti russi, dopo anni di «guerra fredda», tra i pianisti non venne
G~els era un interprete.tradizionalista e che, o per scelta propria 0 scelto Sofronitzki e non venne scelto Richter: venne scelto Gilels.
guidato da Neuhaus, riproponeva un tipo di virtuoso in fase di Ed era una scelta del tutto logica, e Gilels trionfò ovunque, por-
e~tinzione, addirittura alla Rosenthal. La parafrasi ipervirtuosistica tando in giro un'immagine dell'Unione Sovietica quanto mai tra-
di Godowsky su una Giga di Lulli, che Gilels esegue del resto dizionale ... in senso occidentale.
stupendamente, non aveva più ragione di essere negli anni 30 e Nella seconda parte della sua carriera - circa dopo il 1960 -
la Ballata. n. 1 di Chopin è affrontata con una foga travolge~te Gilels continuò a suonare il suo vecchio repertorio ma cominciò
ed a_utenticamente eroica che appare però st9ricamente in ritar- anche ad eseguire più di frequente Mozart, Weber, Schubert, il
do rispetto al manierismo di Salomon. L'isolamento politico del- Beethoven delle Sonate meno note, Grieg, il Brahms delle ultime
l'Uni?ne ?ovietica n~gli a~ni 30 e la rottura dei rapporti culturali raccolte di pezzi, dimostrandosi capace di ricerche di ordine squi-
con 1 Occidente negli anm 40 sono probabilmente la causa di un sitamente musicale là dove il virtuosismo, per lo meno il virtuosi-
c~rto. anacr~ni~mo che si scorge chiaramente nelle interpretazioni smo della velocità e della forza, non può vincere la partita.
di Gil~ls, _sia m quelle del 1934-38 che in quelle del 1950-55. Non si può dire che Gilels sia diventato uno specialista di Mo-
Esecuz10m nello stesso tempo virtuosistiche e sentimentali delle zart, ma si può dire ad esempio che egli sappia sostenere la forma
Sonate di Scarlatti, come quelle di Gilels, appartengono stilistica- mozartiana più e meglio di quanto non sappiano fare non pochi
mente alla _vecc~ia gene~azion~ e non alla nuova dei Gieseking e specialisti e che riesca a definire stilisticamente i diversi periodi
delle Haskil, e il sanguigno virtuosismo con cui Gilels rende la dell'opera di Mozart differenziando la sonorità. In Beethoven i
Sonata op. _2 n._ 3 di Beethoven _è provincialistico rispetto al supre- capolavori di Gilels sono le Sonate umoristiche; se in brani come la
mo dosaggio di smaltate sonorità che Benedetti Michelangeli già Waldstein e l'Appassionata il nuovo Gilels tempera appena i bol-
sapeva sfoggiare nel 194 3. lori giovanili e se in brani come l'op. 26 e l'op. 101 lascia che
Nei primi venticinque anni circa della sua carriera Gilels si resse Beethoven inclini verso Schumann, nell' op. 10 n. 2 o nell' op. 31
~u questo suo virtuosismo un po' datato, su queste sue ottave n. 1 si accosta al testo senza mediazioni, analizzandolo con una cura
i~pressionanti (le più sensazionali che si fossero viste dopo Horo- degna di uno strutturalista. Non ho mai ascoltato un'interpreta-
witz), su questa sua sana retorica che inchiodava alla poltrona zione dell'op. 31 n. 1 altrettanto umoristica e altrettanto ben bi-
l'ascoltatore. Non ci fu in quel tempo pianista che sapesse affron- lanciata tra affettuosa ironia e sentimento manieristico quanto
tare in modo più diretto e più travolgente certi monumentali quella di Gilels. Ancor più circospetta, più puntigliosa, più lavorata
concerti del repertorio, dal Quinto di Beethoven al Primo di Liszt fin nelle fibre è l'interpretazione dell'op. 10 n. 2. L'impegno di una
al Primo di Chopin al Primo di Ciaikovsky al Terzo di Rachmani- lettura che non prevarichi il testo e che sappia collocarlo stilistica-
nov al Terzo di Prokofiev; persino il Secondo di Brahms diventava mente è, in Gilels, totale: un uso molto parco e controllatissimo
con lui un'orazione tribunizia in cui venivano spazzate via tutte le (spesso in battere anziché a sincope) del pedale di risonanza, una
tentazioni decadentistiche e tutte le ambiguità e in cui trionfavano attenzione inflessibile nel non oltrepassare i limiti di un rubato
q~elle tre cose - passione, passione, passione - che gli ingenui molto discreto, una continua ricerca del suono sono i segni dello
chiedono sempre et in primis alla musica. I suoi contributi alla sforzo di adeguamento di una natura esuberante ad un testo pieno
storia dell'interpretazione non furono allora molti: la Sonata n. 8 di di trabocchetti. E Gilels riesce pienamente nelle sue intenzioni. Il
Prokofiev, affidatagli dall'autore in prima esecuzione assoluta la suo Beethoven confina con Clementi ma non è Clementi perché la
Sonata op. 80 e i Pezzi op. 19 di Ciaikovsky, la Sonata n. di 2 sonorità del /orte non è mai né secca né troppo brillante, confina
Glazunov,_ la Sonata op. 38 di Medtner, qualche Preludio e fuga di con Schubert ma non è Schubert perché gli sforzato stabiliscono un
Shostakovic. Quando si trattò di mandare in Occidente alcuni equilibrio che il suono piano tenderebbe a spostare sul Romantici-
T
318 I gioielli di Neuhaus Gilels 319

smo. Con l'op. 10 n. 2 siamo ad una definizione stilistica perfetta e contemporanei e che permangono d'altronde come il suo più per-
l'analisi del testo viene spinta fino a limiti che ricordano la santis- sonale apporto alla letteratura del pianoforte. Si consideri soltanto
sima pignoleria di Baumgartner 2 ... Nella Sonata op. 10 n. 3 viene un piccolo particolare: eseguito da Gieseking, il Nachklange op. 71
raggiunto un miracoloso equilibrio tra l'umorismo di primo, terzo e n. 7 dura 1'39", eseguito da Gilels 1'54". Non è una differenza di
quarto tempo e il pathos del secondo. Nelle Variazioni op. 35 poco conto, in un pezzo così breve, ed indica il diverso atteggia-
l'equilibrio tra due aspetti stilistici opposti - virtuosismo e arcai- mento, la diversa sottolineatura che i due grandi interpreti danno
smo - ricorda le più abbaglianti intuizioni di Schnabel. alla pagina: incantato, Gieseking, dalla vecchia valse oubliée, atto-
La Sonata op. 143 e i Momenti musicali di Schubert, i nito, Gilels, di fronte alle sorprese armoniche di un pezzo di aspetto
Nachtstiicke di Schumann, i Pe~zi op. 76 di Brahms sono altrettanti così innocente. Il diverso atteggiamento di Gieseking e di Gilels
momenti memorabili della navigazione di Gilels nell'arcipelago può essere addirittura emblematico di un rapporto che due diverse
dell'intimismo romantico. Il suo capolavoro, in questo campo, è generazioni ebbero con Grieg: per Gieseking, Grieg, morto nel
costituito da una raccolta di venti Pezzi lirici di Grieg. Gieseking, 1907, era ancora un autore contemporaneo, ben presente nel gusto
interprete stupendo dei Pezzi lirici, aveva scelto la strada della dei tempi in cui l'interprete aveva fatto il suo infantile tirocinio di
ricostruzione d'ambiente e la sua esecuzione ricordava sempre - musicista; per Gilels, nato nel 1916, Grieg è già un rappresentante
lo abbiamo visto - quella del dilettante coltissimo, che sa leggere a di un'epoca sepolta dalla Grande Guerra, e che viene riscoperta
fondo un autore ma non si preoccupa troppo della prontezza anziché ritrovata. E se con Gieseking l'ascoltatore riassapora con
virtuosistica delle dita. Gilels non dimentica invece mai di essere un gioia il gusto delle buone vecchie cose, con Gilels osserva stupito il
grande virtuoso, ed il suo magistero tecnico, pur non ostentato, minutissimo lavoro di miniatura, l'artigianato civilissimo di un
anzi, pur apparentemente negato, lampeggia tuttavia nei momenti compositore di cui si conoscono bene le pagine, in fondo, meno
in cui la scrittura si fa più complessa e si esplica da capo a fondo in geniali.
un superbo controllo della sonorità. Mentre Gieseking lasciava Ultimo in ordine di tempo, e ultimo per ora in assoluto è il
scorrere le dita tranquillamente, come sognando, come ritrovando ritorno di Gilels su Chopin. Non però sullo Chopin dei Notturni o
nella memoria i pezzi studiati da ragazzo o ascoltati da una madre, delle Mazurche, come si sarebbe potuto immaginare. Riaccostan-
una zia, una nonna pianiste, Gilels è concentratissimo e sorveglia- dosi ad uno Chopin come quello delle Polacche op. 40, della
tissimo, tutto teso nello scoprire quei fatti armonici e melodici Polacca op. 53 e della sonata op. 58, cioè ad uno Chopin che ha
singolari ed esotizzanti che fecero la fortuna di Grieg presso i sempre dato modo di brillare ai virtuosi, Gilels rifiuta sorprenden-
temente la concezione virtuosistica, e la rifiuta con una coerenza ed
2
Si veda ad esempio come gli sforzato delle battute 10-16 e 141-146
una interiore sicurezza che lasciano lo spazio a due sole valutazioni:
dell'Allegretto, indicati da Beethoven a mezzo dei righi, vengano da Gilels o Gilels non è più a posto con le dita e cerca di salvarsi facendo il
giustamente distribuiti tra le due voci superiori. Ma altre soluzioni, meno ragioniere, oppure propone una svolta rivoluzionaria nell'inter-
evidenti eppure non meno intelligenti e sorprendenti sono sparse ovunque. Ed pretazione chopiniana. Sono per la seconda ipotesi, e senza voler
è persino divertente cogliere Gilels in fallo, laddove (battute 18, 41, 47, 67 del dire che Gilels cancelli la travolgente forza emotiva di Lipatti nella
finale) accorcia inavvertitamente i bassi; particolare che in un altro contesto Sonata o di Rubinstein nella Polacca op. 53 devo notare, magari
passerebbe inavvertito e che invece sfora subito, in un contesto così rigoroso. lapalissianamente, che la Polacca viene dopo la Ballata op. 52 e la
La battuta 99 del finale mostra la prontezza di riflessi di Gilels, il quale sente
che il dito gli è scivolato dal si bemolle al si naturale, esita per una minima
Sonata dopo la Berceuse op. 57, e che Polacca e Sonata vengono
frazione di secondo e decide di continuare (in sede di montaggio, evidente- rispettivamente poco prima e poco dopo lo Scherzo op. 54. Gilels,
mente, Gilels non ha poi permesso che la nota sbagliata venisse corretta, in altre parole, rovescia la prospettiva tradizionale, che considera lo
preferendo il trascurabilissimo errore alla manipolazione dei tecnici). Scherzo e la Berceuse come opere eccezionali nel contesto stilistico
320 I gioielli di Neuhaus Richter 321

dell'ultimo Chopin; per Gilels i caratteri stilistici dello Scherzo e molto ammirato Sofronitzki ma ... non fui mai sotto la sua influenza
della Berceuse diventano il perno del periodo 1842-46 e si rifletto- (e particolarmente nella scelta del repertorio). Sono stato [ho stu-
no sulla Polacca e sulla Sonata, illuminandole di una luce nuova. diato] solo sempre con Heinrich Neuhaus e, naturalmente, con mio
Il lettore sarà indotto a pensare che Gilels accentui i caratteri padre (ma anche con Richard Wagner. Queste tre persone eserci-
preimpressionistici dell'ultima maniera chopiniana; al contrario, tarono effettivamente il più grande influsso su di me)».
Gilels non solo non li accentua, ma li annulla. Una lettura preim- La risposta non è così paradossale come potrebbe sembrare.
pressionistica dell'ultimo Chopin, e lucidissima, l'avevamo avuta Richter, allievo di ·suo padre e maestro collaboratore in teatro per
con Richter (nella Ballata op. 52, nello Scherzo op. 54, e special- alcuni anni, suona volentieri e melodrammi e partiture sinfoniche,
mente nella Polacca-Fantasia op. 61). Gilels che, al contrario di affrontando la letteratura pianistica come la parte della musica che
Richter, non è un grande interprete di Debussy, considera Chopin viene eseguita in pubblico sul pianoforte ma che si lega, anche
sotto una luce diversa, da contemporaneo e non da postero, ve- strumentalmente, ad un mondo artistico più vasto. Dice Neuhaus
dendo in lui non ciò che vi avrebbero poi visto gli impressionisti ma che «quando legge a prima vista un pezzo - sia una composizione
ciò che poteva vedervi Chopin stesso. La monumentalità eroica per pianoforte, un'opera, una sinfonia, una qualunque cosa - egli
della Polacca e della Sonata viene ricondotta nell'ambito del salotto ne dà immediatamente una resa quasi perfetta, sia dal punto di
intellettuale parigino, il suono, di volume limitato, non esercita una vista del contenuto che della tecnica (che, nel suo caso, sono la
pressione psicologica sull'ascoltatore, e il distacco del compositore stessa cosa)». Viene subito alla memoria la bella immagine di
dalla sua materia e anche dalla ideologia si è già consumato. Emil Mendelssohn quando diceva che nessuno come Liszt aveva la
Gilels - gran ex-maestro di virtuosismo dalle dita non più di · musica sulla punta delle dita. E con queste sue dita da rabdomante
acciaio - getta sul tappeto una problematica tutta da affrontare. Richter può trovare la verità musicale delle Images di Debussy in
La affronterà lui stesso? la affronteranno altri? Gilels si sposterà su una sala da concerto e subito dopo, in un salotto, del Parsifal, può
altri autori, ad esempio sul tardo Liszt? ritornerà su Weber, di cui ricreare in teatro l'intimismo un po' morboso dei pezzi da salotto di
aveva eseguito la Sonata n. 2 in modo non ancora rivelatore d~lla Ciaikovsky e in salotto l'intimismo teatrale della Butterfly. Forse,
grandezza weberiana? ritornerà su Mendelssohn, di cui, da giova- fra venti o trent'anni, qualcuno tirerà fuori e pubblicherà esecu-
ne, aveva lasciato splendenti interpretazioni del Concerto n. 1 e del zioni dell'ex-maestro collaboratore Richter registrate alla meglio e
Duetto? ritornerà su Carl Philipp Emanuel Bach e su Haydn? di nascosto. E sarà per tutti una sorpresa e una gioia, perché tutto
Chissà! Gilels è comunque un artista che, come Artur Rubinstein, quel che Richter fa sorprende e reca con sé la contentezza della
potrebbe toccare dopo i settant'anni la pienezza della sua lunga scoperta che lascia una lunga traccia operativa in chi la riceve.
maturità. Prima di ascoltare Richter in sala di concerto avevo sentito
parlare di lui ed avevo avuto tra le mani il suo disco con la Sonata
op. 42 di Schubert. Per chi è vissuto nell'Unione Sovietica o nei
Tra Neuhaus e Gilels, fatta salva la diversa statura di strumenti- paesi dell'Europa orientale la storia di Richter comincia nel 1945
sti, si avverte benissimo la continuità culturale tra il maestro e con la sua vittoria (a pari merito con Vietar Merzhanov) nel Con-
l'allievo. Richter non sembra affatto allievo di Neuhaus, tanto corso Musicale dell'URSS, con il Concerto n. 1 di Ciaikovsky. Per
diverso è il suo stile, tanto diverse sono le sue concezioni di inter- me, e per molti come me, la storia di Richter comincia con la Sonata
prete. Così singolare è la personalità di Richter da farmi supporre op. 42 di Schubert (incisa nel 1952 ma pubblicata in Occidente nel
una volta che solo Sofronitzki, altrettanto singolare artista, avesse 1959). Poi ho ascoltato registrazioni e dischi suoi degli anni prece-
potuto rappresentare per lui un esempio, e gli feci chiedere da una denti; ma quello è il flash-back storico, mentre Schubert è la
comune amica che cosa pensasse in proposito. Richter scrisse: «Ho rivelazione di una poesia inimmaginabile. Avevo letto la Sonata op.
322 I gioielli di Neuhaus Richter 323

42 fin da ragazzo e l'avevo ascoltata da Kempff e da Gulda. Era per scritto, è Svjatoslav Richter in una favolosa esecuzione all' Albert
me un pezzo affascinante che sembrava non reggere l'esecuzione Hall». Favolosa esecuzione. È diventato un termine frusto, logorato
completa: Richter trovava invece una Stimmung, un modo di fra- da un uso dissennato. Ma bisogna rispolverarlo e rilustrarlo quando
seggiare, e soprattutto un suono che gli permettevano di condurre si ascolta l'esecuzione londinese di Richter, registrata dal vivo- e
trionfalmente in porto, senza tagliare una nota e con tutti i sacro- pubblicata in disco (il programma comprendeva anche l'Andante
santi ritornelli, una Sonata lunghissima, interminabilmente lunga: spianato e Polacca brillante di Chopin). Richter aveva quaranta-
una Sonata apparentemente beethoveniana, che Richter staccava cinque anni, era nel pieno della sua maturità di interprete e con una
invece da Beethoven per collocarla in un mondo da scoprire. tecnica che aveva raggiunto il punto culminante. Non è qui il caso
Tre anni dopo, l'audizione diretta di Richter, in concerto, suscitò di analizzare la sua interpretazione del Concerto di Dvorak, ma si
reazioni contrastanti, anche perché venne accompagnata da un può dire che la completa scoperta di un'opera mai prima ascoltata
battage pubblicitario tambureggiante, grossolano, basato sull'e- in un'esecuzione pienamente soddisfacente si unisce al piacere di
quivoco di una pretesa, assoluta superiorità. Richter non era supe- ritrovare uno dei maggiori pianisti di ogni tempo in un momento di
riore ad alcuni altri grandi pianisti del tempo, ma era diverso. Era grazia; ed è un'esperienza d'ascolto indimenticabile, che supera di
diverso anche nei difetti. Richter poteva suonare benissimo e po- gran lunga le piccole imperfezioni dell'esecuzione pubblica.
teva suonare malissimo: cosa che capitava a tutti i pianisti. Ma i Quando venne per la prima volta in Italia, questo suo grande
pianisti del 1960, quando suonavano male, in genere mantenevano exploit londinese era rimbalzato nel mondo musicale e aveva fatto
almeno una correttezza formale, una impeccabilità che mascherava raddrizzare le orecchie a tutti. La prima tournée italiana non fu
la giornata di scarsa vena; Richter, quando suonava male, lo doveva invece straordinaria, come dicevo, e i fanatici di Benedetti Miche-
far sapere anche all'ascoltatore più sprovveduto: vuoti di memoria langeli gongolarono. Anche dal non felice recital alla Società del
e relative fermate, note false, pasticci, precipitazioni incredibili. Di Quartetto si poteva però capire che Richter era un interprete ed
qui l'indignazione scandalizzata di tanti bravi ascoltatori che, pen- uno strumentista di inconfondibile personalità. La tecnica di Rich-
sando alla campagna pubblicitaria e al favoloso onorario del con- ter era una delle più complete che io avessi mai osservato in un
certista, se ne andavano durante l'esecuzione. Alla Società del pianista e si valeva largamente di mezzi sconsigliati o ammessi con
Quartetto di Milano, 1'11 ottobre 1962, non restarono in molti ad molte riserve dalla didattica tradizionale. Richter usava, a seconda
ascoltare fino al termine un programma bislacco: Handel: Suite delle circostanze, tutte le possibili posizioni del dito, della mano,
n. 5. Hindemith: Sonata n. 1. Shostakovic: 3 Preludi e fughe. del braccio: suonava anche con la falange ungueale inclinata verso il
Prokofiev: Sonata n. 6. Quanto all'esecuzione: beh, sembrava quasi coperchio della tastiera, con il polso talmente alto da portare le dita
di esser tornati ai tempi del Cortot settantenne ... a perpendicolo sul tasto, con la spalla molto inclinata verso il
Ma le critiche americane erano ammirate e le critiche londinesi pianoforte; attaccava il tasto anche con un rapido movimento di
osannanti, e dunque ... Così come a Milano si era presentato con un spinta in avanti, preparava qualche attacco con molto anticipo,
programma poco attraente, a Londra Richter, grande interprete di restando con i muscoli violentemente tesi durante le pause; usava
concerti popolarissimi come il Concerto di Schumann, il Terzo di spesso il pedale una corda suonando forte e fortissimo; abbassava il
Beethoven, il Primo di Ciaikovsky, il Secondo di Brahms, il Secondo pedale di risonanza anche insieme con il tasto e lo lasciava risalire
di Rachmaninov, si era presentato con l'ignoto Concerto di anche spostando lateralmente il piede; provocava coscientemente i
Dvorak. Concerto difficile, e pianisticamente poco redditizio. lievi rumori del tasto battuto e della meccanica, mossa violente-
Harriet Cohen, che l'aveva eseguito a Londra nel 1941, adattan- mente e bruscamente, che modificano la timbrica del suono.
dolo alle sue mani, scrive: «La sola persona che io abbia mai Questi mezzi tecnici vengono in genere sconsigliati perché sono
ascoltato eseguire ogni singola nota di questo lavoro, così com'è malsicuri o perché producono un suono «brutto» e quindi perché
T

324 I gioielli di Neuhaus Richter 325

c'è il rischio che il risultato sia casuale o perché si vogliono limitare per la prima volta Richter eseguire Scriabin, ma notai certe eccen-
aprioristicamente le possibilità timbriche del pianoforte. Ma Rich- tricità della tecnica e del suono che contrastavano vistosamente con
ter - quando gli capitava la serata giusta, come vidi poi - era in i canoni del bel suonare generalmente ammessi verso il 1960 e
grado di controllare preventivamente tutti i tipi di tocco che prati- che ... rendevano Scriabin molto più interessante di quanto non mi
cava e del suono «brutto» si serviva in determinate circostanze: per fosse mai apparso.
esempio, il suono brutto era per lui il correttivo di un'emozione che Ho già parlato di due grandi interpreti di Scriabin, Sofronitzki e
si andava mutando in intenerimento sentimentale. Perciò Richter Horowitz. Il repertorio scriabiniano di Richter non è altrettanto
usava a volte, ad esempio nella Sonata n. 5 di Scriabin, un suorio da vasto, ma su Scriabin, come dirò meglio poi, egli fa convergere tutta
Glockenspiel scalcinato, freddo e tagliente, tanto più quanto più le la letteratura pianistica e di questa sua tecnica del suono, che in
didascalie sembravano scivolare verso una morbosa sensualità Scriabin trova il più completo campo d'applicazione, si avvale
(molto languido, con delizia, con voglia). anche in altri compositori. Persino nel Clavicembalo ben temperato
Ricordando il Richter degli anni 60 - poi il suo modo di di Bach. Il grande Bach può servire per tanti usi! Per Richter le
suonare è diventato un po' meno ricco di trovate tecniche - si fughe del Clavicembalo ben temperato servono ad imparare a dif-
ripensa a ciò che N.N. Cherkass aveva scritto nel 1916 su Scriabin ferenziare la sonorità di parti principali e parti secondarie. In altre
pianista. Il Cherkass, studioso del pianismo che allora si chiamava parole, Richter mette sempre in rilievo il soggetto: cosa relativa-
scientifico o naturale, ammirava infinitamente Scriabin composi- mente facile quando il soggetto sta al soprano o al basso, cosa
tore, ma sullo strumentista esprimeva un drastico giudizio, bene in difficile, e spesso di trascendentale difficoltà, quando il soggetto sta
corsivo: «Scriabin era un cattivo pianista». Il Bowers, che ha risco- al tenore o al contralto, risultando perciò continuamente diviso tra
perto la monografia del Cherkass, dice: «Egli descrive la sgra- le due mani del pianista e, come diceva il buon Moscheles, «co-
ziata camminata di Scriabin verso il pianoforte quando usciva sulla perto». Il virtuosismo di Richter è in questi casi stupefacente: chi sa
scena. Era chiaramente "un uomo malato, con una malattia inte- suonare il pianoforte ascolta con divertito sbalordimento le fughe
riore che disturbava il suo intero sistema nervoso" e che rendeva più complesse (in re diesis minore, in la bemolle maggiore, in si
"anormale la sua muscolatura". Quando suonava teneva teso l'in- bemolle minore del primo libro, in fa diesis minore, in sol minore,
tero corpo (perciò era tanto esausto fisicamente dopo il concerto) e in si bemolle minore del secondo libro); chi non sa suonare il
cercava compensazioni muscolari che distorcevano non solo il suo pianoforte sente una specie di analisi sonora e impara a non per-
aspetto ma il suo suono. In breve, le sue dita si muovevano scor- dere più il soggetto, dopo la sua prima solitaria apparizione, sta-
rettamente. Ciò "attenuava e offuscava" la sua sonorità, e l'im- nandolo quando si cela nei meandri della composizione e ritro-
propria tensione e contrazione muscolare delle mani e delle braccia vandolo sempre come supporto della forma. Dei preludi Richter si
impediva sia un'appropriata connessione dei suoni secondo il le- serve come di studi di agilità o, più spesso, come di studi di
gato che un corretto staccato. [. ..] Un modo di compensazione di sonorità, giocando con combinazioni alchimistiche di tocco e pedali
questi difetti muscolari era l'eccessivo rubato di- Scriabin. [. .. ] e creando talvolta timbri che appaiono parapianistici, tanto sono
Scriabin_non sapeva suonare metricamente bene neanche una sola lontani dalla normale sonorità del pianoforte. Questa interpreta-
battuta. Il suo ritmo zigzagava. [. .. ] Quanto alla pedalizzazione di zione del Clavicembalo ben temperato può non aggiungere nulla o
Scriabin, Cherkass è tagliente. "Toglieva il piede dal pedale solo quasi nulla alla nostra conoscenza di Ba<:_h; dice moltissimo, invece,
per rimettercelo, ma in rare occasioni suonava interamente senza sul sommo pianista che vi è impegnato. E un po' come una raccolta
pedale". Ciò a causa del suo difettoso legato. Se fosse stato capace di schizzi, di disegni, di studi di un grande pittore, o come la lezione
di un corretto legato, dice, non avrebbe superusato il pedale». in sala-prova di un grande maestro di ballo: vi si scorge, vi si
Non conoscevo le divertenti tirate del Cherkass quando ascoltai intuisce la disciplina mentale che sta alla base di altre perfette
326 I gioielli di Neuhaus Richter 327

realizzazioni in un ambito più appropriato: in questo caso, dal considerevolmente dalla tradizione: ~ella prima Sonata l'Allegretto
Clavicembalo ben temperato si capisce meglio come Richter possa è molto più lento del solito, il Rondò (Allegro comodo) è notevol-
poi essere interprete di Beethoven o di Schumann o di Brahms o mente più svelto. A questo proposito qualche critico parlò della
persino, come dicevo, di Scriabin. capricciosa eccentricità di Richter, riferendosi, per giustificare l'as-
Da Bach Richter passa a Handel, scarta, stranamente, Domenico serzione, alle indicazioni di Beethoven. Ma se l'indicazione di
Scarlatti, Couperin, Rameau, tocca appena Mozart e Haydn 3 , ed tempo viene vista in rapporto con il metro la critica diventa azzar-
arriva a Beethoven, che rappresenta per lui un momento cruciale. data: l'Allegretto della Sonata viene tradizionalmente battuto in
Si può ben dire che in Richter convivano più interpreti beethove- uno, ma la misura è di tre quarti e Richter batte in tre, l'Allegro
niani. C'è un Richter tradizionalista, che nel primo tempo della comodo viene spesso battuto in quattro, ma il metro è di tempo
Sonata op. 31 n. 2 taglia via i problematici pedali di Beethoven e tagliato e Richter batte in due. L'interpretazione di Richter ha
che si lascia persino influenzare da Horowitz. C'è, più interessante, dunque una precisa giustificazione di ordine esegetico, a dimo-
un Richter classicista che riconosce in Schnabel un maestro, e strazione del fatto che le sue scelte, per quanto capricciose possano
questo si può trovarlo nelle Sonate op. 14 e nell'op. 22. Le Sonate sembrare, nascono da riflessioni.
op. 14, «piccole» e facili, si ascoltano abbastanza di rado e talvolta Ciò non toglie che la lentezza dell'Allegretto, nella Sonata op. 14
vengono prese a pretesto per sfoggiare i virtuosismi dell'alta scuola n. 1, non appaia paradossale e persino difficile da tollerare. Anche
del tocco. Richter adotta invece qui un tipo di suono poco diffe- ascoltando per la prima volta Richter nell'Appassionata si osserva
renziato; il suo fraseggio è schematico e quasi scolastico, molto facilmente che la concezione del tempo è talmente strana da dar
parco l'uso del pedale di risonanza. Ma la monocronia del suono e nell'assurdo. Ma qui non c'è niente da tollerare: si subisce senza
la semplicità del fraseggio non sono la conseguenza di una lettura potersi ribellare, come con Sofronitzki, e bisogna mettersi a cercare
superficiale: sono invece elementi di stile. Se si analizza l'esecuzione le ragioni di tanta eccentricità.
si scoprono molti particolari che rivelano uno studio minuzioso dei Nell'Appassionata, sonata di struttura formale e ritmica sche-
rapporti formali 4 • Le velocità adottate da Richter nei vari tempi matica e di semplicissimi rapporti di tonalità, Richter va a scon-
delle Sonate sono quelle usuali, tranne due, che si discostano volgere la tradizione proprio là dove pareva inattaccabile: negli
stacchi di velocità. Le velocità metronomiche tradizionali dell' Ap-
passionata - scelgo a titolo esemplificativo l'edizione curata da
3
Il repertorio mozartiano di Richter è in verità molto ampio, quello hayd- Hans von Bulow, le cui indicazioni non sono sostanzialmente
niano è il più ampio che un pianista di fama mondiale abbia mai avuto. Dal contraddette dagli interpreti della generazione dell'ottanta - si
momento in cui apparve in Occidente Richter eseguì una sola Sonata e una sola
serie di variazioni di Mozart, e di Haydn esegul soltanto, se ben ricordo, due
avvicinano a quelle consigliate da Czerny, allievo di Beethoven; le
Sonate. In realtà, dunque, come interprete di Haydn e di Mozart Richter non è paragono con quelle di Richter:
veramente valutabile, per lo meno da me.
4
Si veda, per segnalare qualche esempio, nel primo tempo della prima Allegro assai
Sonata: battuta 30 e segg., 120 e segg. (le due voci sono perfettamente distinte, Czerny: 120
pur con lo stesso tipo di suono), battuta 74 (il rf, rinforzando, non viene Biilow: 126
realizzato come si, sforzando, al contrario di quanto avviene quasi sempre); nel Richter: da 76 a 120
terzo tempo della prima Sonata: battute 70 e 74 (viene sottolineato un giro
armonico che assolve un'importante funzione nell'andamento dell'episodio); Andante con moto
nel primo tempo della seconda Sonata: battuta 47 e segg. (lievissime esitazioni Czerny: 112
ed accentuazioni che rendono il carattere «affettuoso» del tema); nel secondo Biilow: 100-108
tempo: lievi variazioni di velocità di base nei vari episodi. Richter: 84
328 I gioielli di Neuhaus Richter 329

Allegro ma non troppo aspetti, dal ritorno finale della tonalità dell'inizio. Nella Sonata,
Czerny: 144 l'Appassionata, che sembra raggiungere il massimo della coerenza
Bulow: 132-138 formale - estesa alla tonalità, ai temi, alla densità ritmica -
Richter: 160-168 Richter riesce invece ad introdurre una sconvolgente perturbazione
Presto dell'equilibrio.
Czerny: 92 Il punto immediato di confronto che provoca questa svolta è,
Bulow: 92-96 secondo Richter, quello delle Variazioni op. 34 e op. 35 (che sono
Richter: 100. del 1802; l'Appassionata è del 1804-1805). Non si può dimenticare
che Beethoven, scrivendo al suo editore per proporgli le Variazioni,
Calcolando la densità della croma, abbiamo nell'Allegro assai, aveva detto: «Tutte e due le serie sono elaborate in maniera vera-
che è in tempo composto, secondo la tradizione 126 x 3 = 378 mente nuova e ognuna in modo diverso e distinto. [...] Ciascun tema
crome al minuto, e nel Presto finale, che è in tempo semplice, 92- è trattato in un suo modo particolare e in una maniera diversa
96 x 4 = 368-384 crome al minuto; nell'Andante con moto abbia- dall'altra. Di solito devo aspettare che siano gli altri a dirmelo
mo 100-108 x 2 = 200-216 e nell'Allegro ma non troppo 132-138 x quando esprimo idee nuove, perché non me ne rendo mai conto da
2 = 264-278: la successione è 378, 200-216, 264-278, 368-384. solo. Ma, questa volta, posso io stesso assicurarLe che in tutte e due
Con Richter abbiamo 76 x 3 = 228, 84 x 2 = 168, 160-168 x 2 = queste opere il metodo per quanto mi riguarda è interamente nuo-
320-336, 100 x 4 = 400: 228, 168, 320-336, 400. È evidente che vo».
secondo la tradizione la densità ritmica finale coincide all'incirca Beethoven, dice implicitamente Richter, trova un'organizzazio-
con quella iniziale, mentre Richter ha di mira un aumento finale ne formale alternativa a quella tradizionale della sonata e la speri-
della densità che raggiunge quasi il doppio dell'inizio. Si capisce menta, dopo le Variazioni, nell'Appassionata, sonata in cui il se-
che Richter non può spingere la sua paradossale concezione fino al condo tema è una variante del primo e il tema principale del finale
punto di mantenere a 76 tutto il primo tempo perché questa deriva dai temi del primo tempo. Il tema critico, naturalmente, è
velocità, se uniforme, sarebbe insopportabilmente lenta. Ma men- troppo complesso perché si possa esaminarlo qui. Qui mi importa
tre Biilow inizia a 126 ed oscilla poi fino a 112, Richter inizia a 76 di far notare come Richter veda nell'Appassionata un'opera rivo-
ed oscilla fino a 120, capovolgendo la direzione dell'oscillazione ed luzionaria per eccellenza, in senso musicale. Così, forte di questa
aumentandone smisuratamente l'ampiezza. sua scoperta o ipotesi che sia, Richter studia e approfondisce più di
Chiedo scusa al lettore per tutti questi calcoli, che sono del resto qualsiasi altro interprete le variazioni di Beethoven (l'op. 34, l'op.
abbastanza rozzi, ma che mi servono per far capire il distacco di 35, l'op. 76, l'op. 120) ed anche nelle Sonate posteriori all'Appas-
Richter dalla tradizione. L'ipotesi critica di Richter è che l'Appas- sionata ottiene i più sorprendenti risultati nelle opere 109 e 111,
sionata sia una sonata sommamente rivoluzionaria non perché che terminano con temi variati, mentre è meno interessante nelle
Beethoven, poco più che trentenne, è ancora agitato da spiriti opere 106 e 110, che terminano con fughe.
politici rivoluzionari, ma perché ha rinnegato l'evoluzione della La distruzione della forma-sonata in quanto principio di orga-
storia europea all'inizio dell'Ottocento e sposta i suoi interessi sulla nizzazione dialettica del discorso lascia un residuo storico, un gu-
sperimentazione rivoluzionaria della forma. Richter vede insomma scio vuoto da riempire: lo schema della sonata. Si potrebbe dire che
nell'Appassionata la rottura di una tradizione classica che si era la tesi esposta da Thomas Mano nel Doctor Faustus - la Sonata op.
sviluppata sui rapporti di tonalità e l'introduzione nella sonata di 111 segna la «fine della sonata come forma d'arte» - venga
rapporti di durate che non mimano più un dramma classico, con- retrodatata da Richter all'Appassionata e che venga fatta coincide-
trasto e catarsi, e che spezzano una unità ancora garantita, per altri re con la fine delle idealità rivoluzionarie (è al tempo dell' Appas-
330 I gioielli di Neuhaus Richter 331

sionata che Napoleone viene nominato imperatore e che Beetho- trascurabili, ma è anche un segno della coerenza con cui Richter
ven straccia la dedica dell'Eroica). Schubert diventa così non un guarda al complesso della letteratura pianistica - scopre nelle
sonatista che lavora a latere di Beethoven, ma il protagonista di Bagatelle di Beethoven il sorgere della notazione lirica che non si
un'epoca «postuma» della sonata, già iniziatasi con Beethoven. La organizza razionalmente e dell'individualismo romantico, senza
sorpresa della Sonata op. 42, eseguita da Richter, nasceva dal senso considerar.e il legarsi del piccolo pezzo in ciclo, in polittico. In altre
di un dramma statico, pietrificato; la sospensione del tempo sia parole, al contrario di Schnabel, Richter non esegue integralmente
reale che psicologico e la scoperta di una dimensione onirica, alcuna raccolta delle Bagatelle di Beethoven, né i Momenti musicali
surreale, sorgeva con Richter nell'op. 42 e in altre Sonate di Schu- né gli Improvvisi di Schubert, né i Pezzi fantastici di Schumann né
bert e culminava nella Sonata op. 22 di Schumann, nella quale il i Preludi di Chopin. Là dove la miniatura tende a recuperare la
primo tempo, precipitato e rapinoso (e spesso, in pubblico, molto grande forma attraverso l'organizzazione ciclica Richter si guarda
sporco) dava l'impressione di un istante senza dimensione tempo- bene dal sottolineare il principio formale che dà ordine geometrico
rale. Quel primo accordo della Sonata op. 22, quello strano accordo al caso e persino delle Bagatelle op. 126, in cui Beethoven lavora
prolungato che sembra una fine, non un inizio di movimento, sull'integrazione formale di sei piccoli pezzi attraverso una rete di
diventava con Richter veramente una fine da cui si sviluppava una rapporti tonali non classici, esegue solo i numeri 1, 4 e 6.
vertigine di morte. Richter sa dunque delineare stupendamente la notazione lirica
Richter era d'altra parte coerentissimo nel seguire il cammino del frammentaria là dov'è veramente ed inequivocabilmente tale, e
nuovo principio di organizzazione del discorso: la variazione che cioè nei piccoli pezzi di Ciaikovsky e di Rachmaninov, in un modo
non è più tema con variazioni ma trasformazione continua di nuclei dolorosamente ma non tristemente nostalgico che ricorda Giese-
tematici. Le esecuzioni della Wanderer-Fantaisie di Schubert, degli king in Grieg e nel Risveglio di primavera di Sinding più che Gilels.
Studi sin/onici di Schumann e dei due Concerti di Liszt sono tra le Devo dire che Richter, per quanto ammirevole, non è in ciò il mio
cose più straordinarie di Richter, e negli Studi sin/onici il controllo preferito. Preferisco Gieseking o Constantin Igumnov. Non c'è
della forma in divenire è tale da consentirgli l'inserimento, dopo la forse interpretazione e ricostruzione d'ambiente - il salotto della
variazione n. 5, dei cinque Studi opera postuma che appartenevano piccola borghesia russa - più epica di quella di lgumnov, nato nel
ad una versione anteriore a quella definitiva. Il recupero dei bel- 1873, che esegue i dodici pezzi delle Stagioni di Ciaikovsky su un
lissimi cinque Studi opera postuma, com'è noto, è stato affrontato pianoforte male accordato (probabilmente un verticale) e con to-
da molti interpreti e risolto in vario modo; Richter può inserire il tale, indifeso, impudico abbandono al rimpianto. Richter, profon-
blocco dei cinque Studi nel corpo dell'opera senza turbarne la do e impegnato interprete di Beethoven e di Schubert, non na-
forma complessiva proprio perché il suo senso formale non si basa sconde un rapporto affettivo con ciò che, per lui, non può però non
sulle proporzioni e sulle simmetrie classiche e punta invece alla essere Kitsch, cattivo gusto, musica di second'ordine. Di qui il suo
espansione della forma, attimo dopo attimo. E va da sé che in atteggiamento, che non è assolutamente di ironia né di condanna,
questa sua ricerca del principio della variazione perpetua e del farsi ma che non può essere neppure di identificazione, né reale (Igum-
continuo della forma Richter trova il culmine del Romanticismo nov) né riconquistata (Gieseking). Allo stesso modo, con una non
nella Polacca-Fantasia di Chopin, interpretata da lui in un modo ironica sottolineatura degli aspetti Kitsch dell'esotismo piccolo
che dà ragione ali' esigenza espressa da André Gide, il quale borghese e del gusto per il teatro leggero Richter interpreta il
avrebbe voluto che la musica di Chopin apparisse sempre come Concerto n. 5 di Saint-Saens.
improvvisata. La riduzione della forma-sonata a schema convenzionale per
Dalle grandi alle piccole forme. Richter - e questo può essere improvvisazioni e la dispersione della forma complessa nella nota-
un limite che solleva obbiezioni storiche e critiche tutt'altro che zione lirica, che Richter vede iniziare in Beethoven, porta dunque
.
332 I gioielli di Neuhaus Richter 333

come conseguenza logica a Dvorak, a Ciaikovsky, a Rachmaninov, che tra gli episodi: se presso gli altri interpreti i tempi di metrono-
a Saint-Saens. Porta persino, paradossalmente, a Brahms. Richter mo da me indicati sono valori medi, risultanti da piccole oscillazioni
schiva con cura il tentativo di restaurazione neoclassica di Brahms in più e in meno, in Richter sono valori di base, più volte variati: ad
lasciando da parte le Sonate, il Concerto n. 1, finanche le Variazioni esempio, mentre i primi tre quarti della prima battuta non sono
su tema di Handel e su tema di Paganini, che probabilmente tutti di identico valore, ma oscillano lievemente intorno a 56, con
giudica reazionarie rispetto agli Studi sin/onici. Nel Concerto n. 2 uno scarto minimo che rientra nello stile ordinario di interpreta-
egli si getta invece con vertiginosa voluttà, considerandolo come zione brahmsiana dei nostri giorni, all'ultimo quarto della prima
una rapsodia di temi lirici e giocando, al solito, su una continua battuta (la terzina del corno) il valore metronomico è decisamente
ricerca di varietà del suono e su enormi differenze di velocità per cambiato: 48. E così di seguito, da un capo all'altro del Concerto.
dis!ruggere l'elemento unificatore rappresentato dal tempo-base. Interpretazione straordinaria, beninteso, la cui enorme tensione
E sufficiente, a questo proposito, indicare un momento tipico emotiva gela qualsiasi rilievo basato sull'analisi testo-esecuzione, e
dell'interpretazione di Richter: l'inizio. Brahms ha indicato Allegro interpretazione che colloca Brahms in compagnia di Dvorak e di
non troppo e la cifra di metronomo 92. Il tempo metronomico - Ciaikovsky e di Rachmaninov, come musicista.che prende da una
per ragioni che qui sarebbero troppo complicate da illustrare, ma cultura estranea uno schema inaridito ed esaurito e lo usa al modo
che sono comunque fuori discussione - è soltanto indicativo, e del di rete che tiene insieme molte melodie che potrebbero benissimo
resto nessun direttore e nessun solista mantiene la stessa velocità restar separate. Non c'è più Dvorak visto come un brahmsiano
nei quattro episodi che costituiscono una specie di introduzione ceco: è Brahms che diventa uno dvorakiano tedesco!
prima che l'orchestra attacchi da sola la vera e propria esposizione: Beethoven, distruttore della forma-sonata, è però per Richter
1) il solo di corno con la risposta in eco del pianoforte; 2) il anche colui che scopre il principio della variazione come fonte di
malinconico tema esposto dagli strumentini con intervento degli forma autodeterminantesi. Beethoven, quindi, come distruttore
archi; 3) l'entrata irruente e drammatica del pianoforte solo; 4) la del formalismo classico e come iniziatore dell'informale. Attraverso
cadenza del pianoforte, in ottave e accordi, durante la quale riap- Schubert, Schumann, Chopin e Liszt la linea dell'informale arriva
pare l'inciso tematico già esposto dal corno. Nessuno, dicevo, con Richter al Mussorgski dei Quadri di una esposizione, a Debus-
mantiene la stessa velocità, ma tutti si preoccupano di non effet- sy, a Scriabin. Arriva forse, per Richter, al Wagner del leitmotiv e
tuare uno scarto troppo ampio tra un episodio e l'altro. Ecco alcuni della perenne reinvenzione della strumentazione; ma Wagner non
termini di paragone: è compositore per pianoforte e nella visione che Richter ha della
letteratura pianistica viene sostituito da Mussorgski. I Quadri sono
Horowitz-Toscanini: 80, 92, 100, intorno a 84. per Richter il nodo da cui si diparte il mondo moderno perché nei
Gilels-Reiner: 69, 88, 104-108, intorno a 84. Quadri la forma comincia a fondarsi sul timbro. Di fronte a Horo-
Serkin-Ormandy: 63, 72, 96, intorno a 96.
Richter-Leinsdorf: 56, 76, 112-116, da 76 a 92. witz, che riscrive i Quadri come se li trascrivesse per pianoforte
dalla trascrizione per orchestra di Ravel, Richter dimostra che la
Ora, lo scarto tra il minimo e il massimo di Richter è il doppio: da grandezza dell'opera consiste essenzialmente nel suo essere pensata
56 a 116. Ricordiamo che esiste un termine, Doppio movimento, per un pianoforte che Mussorgski reinventa nel 1874. In questo
non inconsueto, che indica uno scarto doppio di velocità e chie- senso le interpretazioni più sbalorditive di Richter, dopo i Quadri,
diamoci: con Richter siamo ancora entro differenze esprimibili con sono quelle della seconda e della terza Valse oubliée di Liszt, e del-
la didascalia di Brahms, Allegro non troppo, o non passiamo piut- la Suite bergamasque di Debussy. Nelle Valses oubliées la melo-
tosto da un Andante tranquillo (56) a un Allegro deciso (116)? La dia banale viene annullata come tale e ricomposta timbricamen-
stessa dilatazione degli estremi avviene all'interno delle frasi, oltre te secondo un processo di astrazione attraverso il colore; nella
33f I gioielli di Neuhaus Richter 335

Suite bergamasque lo stesso procedimento è applicato alla forma un'ideologia, quando si comporta non da storico ma da filosofo
banale. della storia.
Il paragone con Mondrian si impone da solo, ed è tanto ovvio Richter è ancora relativamente giovane: mentre scrivo ha ses-
che non sto ad insistervi. Mi importa invece di far notare la conce- santasette anni. Malanni fisici ricorrenti hanno però limitato la sua
zione richteriana del colore come fonte invece che come illustra- attività e gli hanno fatto annullare recitals e intere tourneés già
zione della forma. Richter può così ritrovare in Debussy e in annunciate, cosicché la sua presenza nella vita musicale e nella
Scriabin tutti i rapporti con il Romanticismo francese e russo e con storia dell'interpretazione si è fatta negli ultimi tempi meno incisi-
il simbolismo e il misticismo senza più sentirli come attuali ma va. Nulla esclude che egli non possa nei prossimi anni tornare in
collocandoli in una dimensione di nostalgia in cui passato e futuro pieno all'attività concertistica, e proponendo qualcosa di nuovo. La
remoto si identificano. Il simbolismo esotico delle Estampes di sua figura appare tuttavia già storicamente ben delineata e definita,
Debussy; la palingenesi mistica della Sonata n. 9 di Scriabin di- ed è già da collocare tra le maggiori d'ogni tempo. Vedremo anzi
ventano con lui proiezioni di desideri profondi, di aspirazioni come alcuni problemi da Richter aperti non possano essere accan-
eterne: miti primordiali che Beethoven aveva ritrovato come ra- tonati dagli interpreti che storicamente vengono dopo di lui e come
gioni di vita dopo la sconfitta della Rivoluzione. condizionino il futuro dell'arte che qui ci interessa.
L'interpretazione che Richter dà della storia della letteratura
dovrebbe dunque concludersi con l'ultimo Debussy e con l'ultimo
Scriabin. Richter ha eseguito invece non solo Ravel, Szymanowski e
il Prokofiev del Concerto n. 1 e della Sonata n. 2, che rientrano
ancora nel quadro da lui tracciato, ma il Prokofiev neoclassico,
Bart6k, Hindemith, Poulenc, Shostakovic, Britten. Le sue esecu-
zioni di questi compositori mi sembrano tuttavia rientrare nel
campo dei doveri morali che l'uomo di cultura sente verso il suo
tempo più che nel campo delle indagini critiche sul significato della
storia. Si sarebbe potuto presumere che Richter vedesse in modo
già indiretto, non più da contemporaneo, un artista come Bart6k e
che, specie nel secondo tempo del Concerto n. 2, rendesse la poesia
e il mistero della natura e della materia. L'esecuzione di Richter è
invece quella di un grande professionista che sa affrontare tutti i
problemi stilistici e che sa presentare in modo appropriato e cor-
retto qualsiasi pagina scelga, ma dal punto di vista dell'interpreta-
zione non propone ipotesi che si discostino dalla tradizione diretta,
rappresentata soprattutto da Geza Anda. Le interpretazioni delle
Sonate n. 4, 6, 7, 8 e 9 e del Concerto n. 5 di Prokofiev o del
Concerto di Britten fanno certamente testo come proposte di
esplicazioni critiche secondo i concetti degli autori. Richter è in
questo caso l'esegeta che vede ancora l'opera come diretta espres-
sione della personalità del creatore, con il quale ne ha discusso. Ma
a me pare che Richter sia più interessante quando dalla storia estrae
Benedetti Miche/angeli 337

INTERPRETAZIONE via), il montaggio delle righe arrivava in vista dell'esecuzione pub-


AL QUADRATO blica, il «ripasso» doveva sempre avvenire secondo il sistema delle
righe separate. Vidusso aveva così studiato i quarantotto Preludi e
fughe del Clavicembalo ben temperato; io studiai così sei Studi e la
Sonata op. 35 di Chopin, l'Appassionata di Beethoven, sei Studi
trascendentali di Liszt e altre cose ancora.
Raccontata a questo modo sembra una barzelletta o una follia.
Era una cosa molto seria, invece: mi accorsi poi che era un tentativo
di superare la crisi della musica intesa come linguaggio, rifiutan-
done la logica formale. Non studiai con Benedetti Michelangeli, ma
verso il 1950 lo ascoltai molto spesso e parlai con diversi miei
Sono nato nel 1931, mi sono diplomato in pianoforte nell'ottobre coetanei che con lui studiavano: mi accorsi più tardi che studiare il
del 1949. Desideravo continuare lo studio e mi guardai intorno per pianoforte con Benedetti Michelangeli sarebbe stato come studiare
trovare un maestro. Forse a causa della mia educazione cattolica, composizione con Stockhausen.
che mi portava a trasferire nella realtà i dogmi, credevo - non so se Vidusso cancellò il concetto che avevo della musica; lo avrebbe
scrivere o no il termine con l'iniziale maiuscola, e non vorrei apparir cancellato anche Benedetti Michelangeli. Con questa differenza:
blasfemo: non intendo dir nulla di ironico ma rendere l'immagine che Vidusso si faceva ipnotizzare dal movimento delle dita, da una
della mia psicologia di diciottenne - credevo in una trinità. Avrei sorta di gestualità a cui il suono era quasi indifferente, mentre
studiato volentieri con Backhaus, il padre; ma Backhaus non ac- Benedetti Michelangeli si faceva ipnotizzare dal suono, dalla co-
cettava allievi. Avrei studiato volentieri con Lipatti, il figlio; ma struzione dell'edificio sonoro secondo un'idea di bellezza. Non mi
Lipatti non insegnava più nel conservatorio di Ginevra, era am- sembra che si trattasse semplicemente di estetismo. Certo, si può
malatissimo, gli restava poco più di un anno di vita. Avrei studiato parlare del narcisismo di Benedetti Michelangeli, della sua indiffe-
volentieri con Gieseking, la terza persona; gli scrissi: mi rispose che renza ai problemi della cultura, si può essere irritati per la sua
radunava i suoi discepoli a Saarbri.icken solo quando gli capitava mania di ritoccare i testi (quei maledetti raddoppi in ottava al
qualche giorno libero. Feci allora una corsa a Parigi, ed ebbi alcune basso, il mi bemolle alla battuta 115 del primo tempo della beet-
lezioni da Marguerite Long, simpatica pitonessa. Quindi andai a hoveniana Sonata op. 111, che grida vendetta) e si può sostenere
Milano e cominciai a studiare con Carlo Vidusso. C'erano tre che un interprete ha anche il compito di individuare e far conoscere
celebri pianisti che insegnavano molto e con molta passione, Alfred i valori della sua epoca: che cosa si dovrebbe dire di un pianista
Cortot, Edwin Fischer, Arturo Benedetti Michelangeli: non mi nato nel 1920, che ha eseguito il Concerto n. 4 di Rachmaninov, il
venne in mente di andar a studiare con loro. Concerto e il Kinderkonzert di Margola, la Ballata di Frank Martin,
Studiare il pianoforte con Vidusso era allora come studiare la il Concerto di Peragallo e non ha eseguito uno solo dei concerti di
composizione con Cage. Detestando, come detestava, il sentimento Bart6k, Prokofiev, Stravinsky, Schonberg? che cosa si dovrebbe
e il colore, Vidusso studiava e faceva studiare in modo da non poter dire di un pianista che ha suonato Schonberg da ragazzo e che poi
contare mai sulle seduzioni del colore e sulla banalità del senti- ha cancellato dal suo repertorio Schonberg e ci ha messo Suburbis
mento. Ogni nota stampata doveva essere accompagnata dal nu- di Mompou? che dire di un pianista venuto dopo Schnabel, dopo
mero indicante il dito da impiegare, si mandava a memoria tutta la Kempff, dopo Serkin, dopo Richter, che ha in repertorio una
composizione seguendo riga per riga l'impaginazione (la prima riga Sonata sola di Schubert? perché Benedetti Michelangeli non ha
di tutte le pagine, l'ultima di tutte le pagine, quella di mezzo e così eseguito il Quaderno musicale di Annalibera di Dallapiccola, che
338 Interpretazione al quadrato Benedetti Miche/angeli 339

rispecchia il suo pianismo? perché non si è ancora accorto di dà vita alla mia immaginazione, sentirei l'acquolina nelle orecchie.
Scriabin? Con Benedetti Michelangeli mi sento dominato: so che il prossimo
Domande retoriche, che portano ad un'ovvia conclusione: un suono sarà la conseguenza logica del suono appena uscito, ma non
simile pianista non esiste nella storia della cultura. Ma basta ciò a posso prevedere in che consista la logica. Per fare un paragone un
liquidare Benedetti Michelangeli, a far dire che si tratta di un po' banale, quando ascolto il Ricercare a 6 dell'Offerta musicale
fenomeno di costume e di psicosi collettiva? Un tempo ne ero trascritto da un qualsiasi esperto strumentatore so bene che se il
convinto, ora non più. Se penso alla figura di Benedetti Michelan- Thema Regium inizia al corno inglese resterà al corno inglese fino
geli come alla figura di Schnabel o di Gieseking, le sue interpreta- all'ultima nota; se lo ascolto nella trascrizione di Webern so solo
zioni che ammiro e che mi piace risentire sono poche: il Preludio che il timbro cambierà forse ad ogni suono. E siccome ho fiducia
op. 45 di Chopin, il Totentanz di Liszt, le Ballate op. 10 di Brahms, nella logica di W ebern sto anche tranquillo, ma non mi posso
il Concerto di Grieg, la Ciaccona di Bach-Busoni, Gaspard de la adagiare nella contemplazione della musica: devo attaccarmi al
nuit e le Valses nobles et sentimentales di Ravel, il Concerto n. 4 di singolo intervallo.
Rachmaninov. Già la sua interpretazione del Concerto in sol di Faticoso ed emozionante. Ma non saran trucchi da stregone? C'è
Ravel, che è celebre - un classico dell'esecuzione raveliana - e infatti il sospetto che il pianoforte di Benedetti Michelangeli sia
perfettissima, mi disturba per la totale mancanza di ironia, tanto manipolato in un qualche modo misterioso. Benedetti Michelan-
che qui preferisco addirittura Weissenberg, pianista che di solito mi geli suona sul suo pianoforte e se lo porta in giro; una volta, si dice,
piace pochissimo. Se poi ascolto le Mazurche di Chopin benedico la se lo portò in Giappone, e il pianoforte, imbragato e sollevato dalla
musicalità facilona di Artur Rubinstein. E se ascolto da Benedetti gru fuori dalla pancia del piroscafo, per via di una manovra di-
Michelangeli i Concerti di Mozart penso che il suo fervido amore sgraziata, precipitò nelle acque del porto di Tokyo. Rubinstein
per Mozart, stampato in ogni suono, è come l'amore di Respighi provava il pianoforte, che vedeva per la prima volta, facendovi
per Monteverdi: l'intuizione di una grandezza incommensurabile, scorrere le dita in un arpeggio, Richter prova il pianoforte solo se di
il fraintendimento stilistico più perfettamente coerente. pianoforti ne trova due: li prova per poter scegliere il peggiore; per
Posso però ascoltare Benedetti Michelangeli non seguendo Backhaus qualsiasi pianoforte andava bene, mentre non andavano
mentalmente il fluire della musica, ma fisicamente il movimento bene i seggiolini, tanto che si portava in tournée il suo: quindici
delle dita sulla tastiera. Si dice in genere che il suo sia il più bel chili di peso, il terrore degli uscieri che andavano a ritirarlo al
suonare possibile, il più naturale, la più lampante incarnazione bagaglio-appresso.
delle teorie di quel candido innamorato della Scienza che era Benedetti Michelangeli, non che del seggiolino, non si fida che
Tobias Matthay. Secondo me, la tecnica di Benedetti Michelangeli, del suo pianoforte, di tecnici di sua scelta, di aggeggi che misurano
ben lungi dall'essere naturale, è pressoché mostruosa: quanto di fin la variazione di calore nel telaio quando le lampade della sala
più artificioso si possa immaginare. Naturale è la tecnica di Richter, sono accese o sono spente. La vigilia e il giorno del concerto li passa
nella quale ad ogni colore timbrico corrisponde un movimento in clausura con i tecnici, a lavorare sul pianoforte come il corridore
differenziato del corpo; tavolozza che è tavolozza anche visiva- di formula uno lavora sul suo bolide assistito dai meccanici. Ci
mente, orchestra in cui un suono di trombone esce da un trombo- vogliono ore per preparare il pianoforte, se si vogliono eseguire
ne, un suono di violino da un violino. Nell'orchestra di Benedetti Sonatas and Interludes di Cage, e ci vogliono ore per preparare il
Michelangeli il suono del violino, il suono del flauto, il suono del pianoforte di Benedetti Michelangeli. Il piano/orte preparato di
trombone escono dal trombone. Seduto compostamente, lui muo- Cage non sarà per caso un'allegoria parodistica delle preparazioni
ve il dito: io, ascoltatore, non so quale timbro uscirà dalla cordiera; alla Benedetti Michelangeli?
con Richter lo saprei, pregusterei il piacere di sentire che il suono Forse. Potrebbe darsi. Ma anche qui sarebbe facile scivolare
T

340 Interpretazione al quadrato


Benedetti Michelangeli 341

verso la barzelletta, e sarebbe sbagliato. Come nel panstrutturali- sica italiana. Sul repertorio ho già detto, implicitamente, poc'anzi:
smo di Stockhausen e di Boulez anni 50, tutte le qualità del suono Benedetti Michelangeli eseguì da ragazzo varie composizioni di
devono essere prederminate. Benedetti Michelangeli ha ?ecis? le Schonberg in conferenze curate da Luigi Rognoni, e poi mise da
proporzioni di intensit~, timbri e d~r~te dopo uno studi~ _mmu- parte Schonberg non appena poté scegliere un repertorio più gra-
:doso, ha superato ogni problema di incoerenza, ha stabilito. un dito, non affrontò mai Bart6k, Stravinsky e Prokofiev, cioè gli
percorso immutabile; così come gli dà fa~tidio la 1:ota sbag~at~ autori che per la sua generazione rappresentavano il problema
(sbagliata perché il dito non ha toccato il tasto gmsto), gli da storico da risolvere, non affrontò neppure Busoni, Gian Francesco
fastidio il timbro casualmente sbagliato, e in un delirio di onestà Malipiero, Dallapiccola, Petrassi, si orientò piuttosto sul repertorio
non vuole che a sbagliare sia non Benedetti Michelangeli - fal- francese (Debussy e Ravel, ma non Messiaen) che Gieseking aveva
libile, in minima misura, come tutti i mortali - ma il pianoforte. ormai fatto accettare al pubblico più tradizionalista e più pigro, e di
Attilio Brugnoli, nella sua prosa umbertina, spiega eccellentemente «moderno» portò di preferenza in giro certi pezzetti e pezzettini
le trafitture dell'errore: «Lo sbaglio di una nota produce negli esseri che facevano persino sensazione per la loro mediocrità. Anche il
sensibili una perturbazione nervosa che, influendo sul gioco mu- suo repertorio classico e il suo repertorio romantico erano fatti delle
scolare, si traduce quasi sempre in irrigidimento. _Negli esseri più cose le più risapute, tanto che alcuni numeri insoliti - una Suite di
sensibili, il non poter ottenere un dato effetto fonico produce una Weiss trascritta dal liuto, una Sonata di Clementi (del resto riadat-
perturbazione analoga». Si badi: lo sbagli? del te~to, la_ «~ota tata virtuosisticamente al modo di Tausig o di Hofmann), l'Egloga
accanto» di cui parla Bianche Selva è sempre imputabile al pianista; di Liszt, le Ballate di Brahms - spiccavano più come dandistiche
lo sbaglio di «effetto fonico» può essere ?o~uto al pia_nist~ come eccentricità che come indizi di una ricerca. L'unico autore sul quale
può essere dovuto al pianoforte. Benedetti Michelangeh è disposto Benedetti Michelangeli dimostrasse un profondo impegno cultu-
a sbagliare in proprio, non ad esser tradito dallo strumento, e vuole rale fu Mozart, ma anche in questo caso battendo le vie dei Con-
il pianoforte pronto a tutto, infallib~e'. qu~si immater~ale. E l? certi, già strabattute da Schnabel, Fischer, Gieseking, e schivando
toccherà, suscitandone un universo di umbri che scaturiscono di- accuratamente i sentieri pressoché inesplorati delle Sonate e delle
rettamente dal suo cervello, con un'assenza di gestualità che sotto- Variazioni.
linea l'impiego del timbro come struttura più che come colore. Benedetti Michelangeli offriva dunque al pubblico l'occasione di
Nelle incisioni degli anni 40 e 50 si coglie in Benedetti Miche- risentire pezzi noti fino alla nausea, ma in esecuzioni di una perfe-
langeli la crisi della tradizione, della musica intesa come linguaggio zione formale quale ben di rado si era udita: si potrebbe parago-
e dell'interpretazione intesa come ricerca di significati ognora rin- narlo ad uno stampatore che ripubblica solo testi di sicuro smercio,
novantisi. Benedetti Michelangeli, negli anni 40, venne ritenuto in in edizioni di una bellezza e di una eleganza uniche. In questo suo
Italia pianista «moderno» e in quanto tale fu ?ifeso da Alfredo repertorio di pagine scelte Benedetti Michelangeli si muoveva del
Casella contro chi lo giudicava freddo e manierato. La pretesa resto come un artista di corte: curata ogni nota, ogni accento, ogni
«modernità» di Benedetti Michelangeli nasceva in realtà da un inflessione, minuziosissimo il fraseggio, calcolatissimi i rapporti
equivoco e cioè dalla sua estrema cura del particolare, dal suo timbrici, e parco il gesto, impassibile il volto. E l'atmosfera dei suoi
controllo' del suono e dal suo autocontrollo, dal suo ascetico di- concerti era di attesa perenne e mai delusa, di stupore attonito, di
stacco e dalla volontà di non eccitare il pubblico. I problemi del incantamento.
repertorio e dello stile, che in qualsiasi mome~to storico defin~sco- In questo atteggiamento da esteta del suono pianistico non
no la «modernità» di un interprete, erano mvece affrontati da mancavano però le preoccupazioni stilistiche. Si ascolti la Andaluza
Benedetti Michelangeli con atteggiamento prudente e conservato- di Granados. Benedetti Michelangeli non esegue il pezzo con
re del tutto aderente alla non certo rivoluzionaria cultura neoclas- compostezza: con controllo e con distacco sì, ma non con compo-
'
342 Interpretazione al quadrato Benedetti Michelangeli 343

stezza di stile. Il sentimentalismo liberty di Andaluza viene piena- veramente inconcepibile negli anni 40, è poi la disinvoltura con cui
mente accettato, ed il ritmo è perpetuamente oscillante e ansi- viene mutato l'ordine delle variazioni, che diventa il seguente:
mante, e la melodia sospira e geme, si inalbera e si deprime. tema, variazioni I-VIII del primo libro, variazioni X-XII del primo
Benedetti Michelangeli suona stilisticamente come Granados, che libro, variazioni I-II del secondo libro, variazioni V-VIII del secon-
di Andaluza ci ha lasciato un rullo di pianoforte meccanico, e lo do libro, variazioni X-XIII del secondo libro, variazioni III-IV del
stesso stile lo ritroviamo nella Malaguefia di Albeniz. Orbene, in secondo libro, variazioni XIII del primo libro, finale del primo
Albeniz e in Granados erano assai più asciutti e più composti libro. Oltre alle mutazioni d'ordine mancano dunque le variazioni
pianisti molto più anziani di Benedetti Michelangeli, come Rubin- n. 9 del primo e del secondo libro, le variazioni n. 14 del primo e del
stein, Lhevinne, Cortot, mentre Benedetti Michelangeli sembra secondo libro, il finale del secondo libro. Questa disinvoltura nel
semmai più prossimo a Granados stesso o a Rosenthal o a Sauer. Di trasporre e sopprimere, sia essa dovuta a Benedetti Michelangeli o
dove proveniva questa collocazione stilistica anacronistica? Mi all'Anfossi, ci riporta indubbiamente alla problematica affrontata
sembra probabile che provenisse a Benedetti Michelangeli dai suoi dalla prima generazione di interpreti che presentarono al pubblico
maestri, da Paolo Chimeri (nato nel 1852) e da Giovanni Anfossi le aspre e ardue Variazioni di Brahms e che intervennero per
(1864), didatta, quest'ultimo, di grande valore, ma la cui posizione mitigare un testo che pareva - a Clara Schumann, ad esempio -
culturale non era certamente d'avanguardia («Anfossi ha detto a arido ed ineseguibile nella sua interezza. Ma se questa era la posi-
proposito della "Sonatina seconda" che io non so quel che faccio, zione di Heinrich Barth (nato nel 1847) o di Ignaz Briill (1846),
" ... creda a me"», scrive Busoni alla moglie il 28 settembre 1913). negli anni 40 erano operanti pianisti come Backhaus e come Petri,
Il fatto più sorprendente è però che la collocazione stilistica di che le Variazioni le eseguivano integralmente. E non si capisce
Albeniz e Granados, veramente, a suo modo, perfetta, non è quella perché Benedetti Michelangeli, di quarant'anni più giovane, non
che Benedetti Michelangeli attribuiva al liberty. Ci si accorge, dovesse fare altrettanto.
ascoltandolo in Chopin e nel Concerto di Schumann inciso nel Altra sorpresa, la Ciaccona di Bach-Busoni. Viste le premesse ci
1942, che per lui quella collocazione stilistica era quella, tout court, si aspetterebbe una versione liberty, come quella di Busoni regi-
del romanticismo. E qui veramente si scorgono i limiti ristrettissimi strata su rullo di pianoforte meccanico. E invece abbiamo una
della posizione culturale di Benedetti Michelangeli, limiti che nel versione «classica», compostissima, così come «classica», pur nella
1940 lo ponevano più in arretrato non diciamo di uno Schnabel o sua dimensione accentuatamente virtuosistica, è l'esecuzione della
di un Gieseking o di un Serkin, ma persino di altri giovani pianisti Sonata op. 2 n. 3 di Beethoven. Della Sonata op. 2 n. 3 di Beetho-
italiani, come Scarpini (1911) e Gorini (1914), certamente di lui ven, che fu uno dei grandi cavalli di battaglia di Benedetti Miche-
meno dotati quanto a senso estetico e a dominio della sonorità, e langeli, abbiamo tre esecuzioni: una realizzata in studio nel 1943,
insomma quanto a «classe», ma molto più aperti ad esperienze una registrata in pubblico ad Arezzo nel 1952 ed una in pubblico a
culturali nuove. Varsavia nel 1955. Le esecuzioni in pubblico, press'a poco, si
Lo stile esecutivo che Benedetti Michelangeli adotta per i ro- equivalgono, ma quella di Varsavia è più «miracolosa», mentre in
mantici non viene in sostanza smentito neppure nelle Variazioni su quella di Arezzo si trova qualche piccolissimo pasticcio in un passo
un tema di Paganini di Brahms, che in apparenza sono fraseggiate del primo tempo e in un passo dell'ultimo tempo. Altri pianisti
con minor sentimentalismo. La differenza proviene a parer mio dal potrebbero accendere un cero per aver limitato i danni a questa
carattere di studi della maggior parte delle variazioni; ma non insignificante misura, ma Benedetti Michelangeli, accanito perfe-
appena Brahms cambia registro (si vedano la variazione X del zionista, avrà passato la notte intera ad esorcizzare quelle poche
primo libro e le variazioni V e XII del secondo), Benedetti Miche- note sbagliate.
langeli ripiomba in pieno liberty, in pieno Granados. Singolare, e Detto per inciso, ed interrompendo per un momento il discorso,
344 Interpretazione al quadrato Benedetti Miche/angeli 345

i recitals registrati negli anni 50 e 60 danno modo di constatare ad freddezza, ma che è piuttosto il punto di arrivo di una coraggiosa,
ascoltatori più giovani di me ed ai posteri il dominio incredibile che inflessibile autocritica. Il fraseggio è lineare ma ricco di sfaccetta-
il Benedetti Michelangeli esercitava sull'esecuzione, e senza quasi ture, il rubato è finissimo, il suono viene attaccato con tesa atten-
- negli anni 50 - ridurre il rischio con accorgimenti prudenziali. zione, tanto che in qualche momento -1' effetto è assai suggestivo
Dominio che non era solo quello di azzeccare sempre il tasto giusto, - si sente un secondo colpo molto tenue, dovuto al rimbalzo del
ma anche di controllarne sempre la discesa, quei dieci millimetri di martelletto dopo la percossa. L'esecuzione dell'Adagio può essere
corsa all'ingiù durante la quale si gioca la qualità del suono. La considerata esemplare, tranne che in alcuni particolari, nei quali
precisione della nota, la precisione della qualità. Il Benedetti Mi- Benedetti Michelangeli fu condotto fuor di strada da piccole mo-
chelangeli degli anni 50 possedeva questo segreto in un modo che dificazioni del testo introdotte da Alfredo Casella, revisore che in
faceva ammattire la gente del mestiere. Carlo Vidusso era arrivato a genere rispettava le note ma si concedeva non poche licenze con i
contare industriosamente le note sbagliate nei recitals di Benedetti cosiddetti «segni di espressione». Per esempio, alla battuta 80
Michelangeli: dieci, dodici, a volte due dozzine, a volte - Vidusso Casella, senza avvertire il lettore, sposta sulla prima nota il segno di
lo diceva con sbalordita ammirazione - nessuna. A quanto si sforzato che Beethoven aveva collocato sulla seconda nota: accen-
racconta, un simile controllo dovrebbero averlo esercitato solo tuazione, quella di Casella, tipicamente romantica, che non ha
Liszt, Diémer, Busoni, Godowsky, Lhevinne. Io ricordo qualche nulla a che vedere con lo stile beethoveniano del 1795. Benedetti
recital perfetto - ma solo qualcuno - di Casadesus, di Arrau, di Michelangeli, senza sua colpa, viene indotto in errore dall'arbitrio
Lipatti, di Ashkenazy; non mi è mai capitato di constatare un così di Casella, anche se riesce a mascherare l'errore cercando di uni-
alto grado di dominio della materia esercitato con la regolarità di formare tutta la frase allo spostamento di accento. Così succede
Benedetti Michelangeli, la regolarità di decine di recitals e di con- anche in altri punti sia dell'Adagio che degli altri tre tempi. Ma
certi con orchestra da me ascoltati. penso che, se Casella avesse avvertito il lettore dei suoi interventi,
Per tornare alla Sonata op. 2 n. 3 di Beethoven, l'interpretazione Benedetti Michelangeli non avrebbe accettato le modificazioni,
del 1952 è un po' diversa da quella del 1943, ma non ne contrad- così come non accetta altre modificazioni caselliane suggerite in
dice le scelte culturali di fondo. L'incisione del 1943 è un docu- note a piè di pagina (anche se ne introduce qualcuna di suo, molto
mento preziosissimo del modo giovanile di affrontare un testo curiosa). Tutta l'esecuzione risente comunque dei segni di fraseggio
classico di Benedetti Michelangeli, e più in generale è un docu- che Casella introduce di soppiatto, inventandoli o modificando i
mento della cultura italiana nel periodo fra le due guerre. Nelle segni di Beethoven.
prime incisioni di Benedetti Michelangeli si può notare, per quanto L'esecuzione dell'Adagio è però di grande bellezza. Negli altri
riguarda la qualità del suono, una probabile influenza di Gieseking. tre tempi non viene invece raggiunta una completa unità di inter-
Ma i legami con la cultura italiana sono primari ed evidentissimi: pretazione. Non mi pare che si possa biasimare, come qualcuno
Benedetti Michelangeli è certamente, tra i pianisti italiani, il più aveva fatto a suo tempo, l'impostazione virtuosistica dell'esecuzio-
perfetto prodotto di un movimento di cultura sviluppatosi soprat- ne o, in altre parole, le altissime velocità realizzate. La Sonata, in
tutto sotto l'azione di Alfredo Casella, e che porta il mondo musi- verità, è virtuosistica, come in genere era, alla fine del Settecento,
cale italiano ad assumere posizioni di scrupolo filologico, di ricerca l'ultima di una serie ditre Sonate; e Beethoven era un virtuoso, che
stilistica e di cautela nell'abbandono sentimentale, che capovolgo- non sdegnava affatto l'ebbrezza della bravura strumentale. Sem-
no le posizioni prima dominanti in Italia. In un tale clima di mai, il virtuosismo beethoveniano sarebbe stato da recuperare in
cultura, un pianista dotato di una vibratile sensibilità musicale, termini storicistici (come fa oggi Ashkenazy) piuttosto che assoluti;
com'è Benedetti Michelangeli, riesce così ad eseguire l'Adagio della ma questo, negli anni 40, era un discorso futuribile. Secondo me, il
Sonata con un ascetico rigore, che non è conseguenza di interiore difetto - che ci siano delle manchevolezze è evidente a chiunque
T

346 Interpretazione al quadrato Benedetti Michelangeli 347

- proviene invece da una resa troppo letterale del testo, o meglio, passato che non ripete però passivamente. La calibratura del suo-
da una mancanza di individuazione di elementi tematici diversi. Lo no, la costruzione di un oggetto sonoro in cui viene cristallizzato
stacco iniziale del tempo viene mutato in termini ristrettissimi e anche il fraseggio collocano Benedetti Michelangeli in una posi-
non viene quasi mutata la qualità del suono, così che alcuni episodi zione che, in senso lato, può essere paragonata a quella di Stock-
vengono costretti come in una camicia di forza. Nella parte centrale hausen anni 50. La smembratura della forma e l'indifferenza al
dell'ultimo tempo, ad esempio, c'è persino, direi, l'orgogliosa de- suono collocavano Carlo Vidusso. in una posizione che poteva
terminazione di non ammorbidire l'espressione e di non cedere alle essere paragonata a quella di Cage. Intorno agli anni 50 i _pezzi
lusinghe del secondo elemento, l'elemento pastorale, del terzo giusti per Benedetti Michelangeli sarebbero stati le Quatre Etudes
tema. Nel terzo tempo la velocità estrema impedisce invece l' ese- de rythme di Messiaen e, per Vidusso, Music o/ Changes di Cage: il
cuzione dei caratteristici sforzato in contrattempo. Nel primo tem- fatto che il secondo scegliesse invece il Concerto in sol minore di
po si nota però un accenno a superare l'andamento rigidamente Pick-Mangiagalli e il primo Suburbis di Mompou dimostra quanto i
militaresco del terzo e del quarto tempo. L'esecuzione della Ca- due fossero estranei alla problematica della musica contemporanea.
denza è perfetta, e spesso, anche nei passi di bravura, l'esecutore Eppure, nel campo dell'interpretazione, le loro posizioni erano, mi
riesce a spezzare la geometria dell'esecuzione letterale, anche se sembra, di estrema avanguardia.
talvolta non arriva a trovare la giusta misura e dà l'impressione di Se Vidusso fosse stato più ... colto, se avesse conosciuto come
precipitazioni eccessive. Cage l'I-Ching avrebbe potuto - e forse il suo spirito motteggia-
Nelle esecuzioni del 1952 e del 1955 troviamo la completa tore non lo avrebbe rifiutato - trasferire nell'esecuzione la sua
maturazione, cioè una varietà di fraseggio e di suono molto mag- metodologia di studio ed offrire al pubblico i testi frammentati e
giore. Troviamo anche velocità un po' meno elevate e quindi un ricomposti secondo successioni stabilite dal sorteggio o dal caso. La
virtuosismo che, pur permanendo strepitoso, è stato privato di profonda contraddizione tra metodologia di studio ed esecuzione
quella punta di giovanile esibizionismo che s'avvertiva nell'esecu- portò invece Vidusso a rinunciare al concettismo dopo aver dovuto
zione del 1943. Esecuzioni, date le premesse, di una bellezza ab- cancellare il Gradus ad Parnassum già annunciato in quattro serate e
bagliante e suprema: in circa dieci anni Benedetti Michelangeli già preparato - cento Studi cento! - a una riga per volta. Bene-
aveva toccato un confine invalicabile. Ma in quei dieci anni era detti Michelangeli si spostò gradualmente verso l'analisi della tra-
anche finita la guerra, si erano riaperte le frontiere, si erano risentiti dizione interpretativa. Ascoltare il Carnaval di Schumann o il pri-
Schnabel e Backhaus, era stato pubblicato l'Urtext Henle, erano mo libro dei Preludi di Debussy da Benedetti Michelangeli è
stati dibattuti problemi di filologia e di prassi esecutiva. Possibile un'esperienza irritante e rivelatrice insieme. Cura del particolare,
che tutto ciò non dovesse mettere in crisi i fraseggi inventati di sana come sempre, favolosa, realizzazione del segno scritto di una pre-
pianta da Alfredo Casella nel 1918? Non per Benedetti Michelan- cisione che tocca non di rado la pignoleria dimostrativa. Eppure
geli, il quale aveva continuato a limare quella Sonata, su quelle non si tratta affatto della precisione di un Arrau, disposto a seguire
premesse, senza accorgersi che Beethoven poteva essere riscoperto l'autore - il testo stampato o manoscritto, in realtà - anche a
e che c'era da scoprire tutto Schubert. Non è il caso che ritorni costo di apparir pazzo. C'è sempre qualcosa che Benedetti Miche-
sull'argomento, ma è certo che l'ammirazione per Benedetti Mi- langeli non rispetta, c'è sempre qualche aggiunta, c'è sempre qual-
chelangeli non va quasi mai disgiunta dallo sgomento per la sua che modificazione, c'è sempre - soprattutto! - un suono stilisti-
tetragona solitudine di accanito individualista. camente paradossale, c'è sempre un'interpretazione datata e pie-
Eppure proprio i limiti culturali finiscono per rovesciarsi para- trificata. Il Carnaval suo ricorda il Carnaval di Emil von Sauer o di
dossalmente in posizioni di avanguardia quando Benedetti Miche- Artur Rubinstein, il suo primo libro dei Preludi riconduce Debussy
langeli, sostanzialmente straniero al suo tempo, si ancora ad un in un ambito fine-Ottocento, nell'ambito culturale in cui, penso, lo
T

Benedetti Miche/angeli 349


348 Interpretazione al quadrato

a~rebbe collocato Giovanni Anfossi: Benedetti Michelangeli non è tratta però, e questo fatto rappresenta il momento veramente più
pittore dalla realtà, ma dalla fotografia, e interpreta la fotografia originale e affascinante dell'interpretazione di Benedetti Miche-
non la realtà. ' langeli, di un'interpretazione basata sul testo; si tratta invece, come
già dicevo, di un'interpretazione basata sull'interpretazione tradi-
Ciò non si coglie bene, a tutta prima, quando si ascolta da
zionale, un'interpretazione che è l'analisi di un'altra interpretazio-
Benedetti Michelangeli il Carnaval. Il Carnaval dura poco meno di
ventitre minuti nell'interpretazione di Rachmaninov, che taglia ne. ~i si accorge di ciò quando si segue con attenzione il rapporto
parecchi ritornelli; dura ventisette minuti con Kempff e poco più di tra l'interpretazione di Benedetti Michelangeli e il testo. L'estrema
ventisette con Rubinstein, che sopprimono pure loro qualche co- sottigliezza analitica, in realtà, non viene estesa a tutti i segni,
setta; dura ventotto minuti e mezzo con Karl Engel ed in genere sta perché certe soluzioni sono le stesse soluzioni compromissorie della
tradizione: per esempio, il testo schumanniano presenta, alla bat-
tra i ventisette e i trenta minuti. Arrau e W eissenberg avevano
tuta 31 di Préambule, uno strano sforzato alla mano sinistra, e alle
portato la durata a trentuno minuti e mezzo. Benedetti Michelan-
battute 47 e 67, sempre alla mano sinistra, un problematico forte:
geli arriva a sfiorare i trentasette minuti! Si ha un bel dire che il
sia lo sforzato che i forte, per tradizione, non si realizzano. Li
tempo musicale è relativo e che durate molto diverse possono
realizza Arrau, che rispetta veramente tutti i segni, a rischio di
essere ugualmente legittime, ma la sorpresa, con Benedetti Miche-
apparir pazzoide per chi non conosca a fondo i testi; Benedetti
langeli, è forte. E anche il disorientamento. Eppure, nel corso di
Michelangeli non li realizza. E lo stesso discorso varrebbe per molti
quei trentasette minuti avviene che il disorientamento iniziale si
altri punti.
trasforma piano piano in curiosità e infine in ammirazione.
L'analisi della tradizione si spinge anche più oltre, fino ad acco-
_Am?1irazion~, inna~zitutto, per il valore dell'analisi paziente,
gliere certe trasposizioni d'ottava del basso e certe aggiunte della
mmuz10sa, capillare, pignola come in un saggio di filologia: i segni
quinta al basso, che erano tipiche dei pianisti del tardo Ottocento e
del testo vengono realizzati con pacata accuratezza, i particolari
poco meno che ordinari sono chiosati con una speciale sottolinea- che sono oggi ammissibili solo in un contesto di citazione della
tura, il fraseggio comporta frequenti respiri e luftpausen. Ammira- tradizione. Alla fine di Pierrot Benedetti Michelangeli ottiene con il
pedale un effetto di lieve ribattitura del mi bemolle basso, ripren-
zione, poi, per il rapporto tra l'esposizione analitica e la sonorità. I
tempi generalmente assai rallentati rispetto alla tradizione diven- dendo il Bebung in cui, si dice, era maestro Karl Tausig. E, più in
tano del tutto «giusti» perché la sonorità è pienissima, densa, generale, i frequenti attacchi ritardati della melodia rispetto al
tonda, sempre imperiosa, sia quando romba come tuono profetico basso sono di tipo nettamente tardo-ottocentesco. Resterebbe da
vedere se Benedetti Michelangeli sia veramente conscio del carat-
che quando sussurra come vento divino. Si potrebbe dire che
tere della sua interpretazione. Ma, consciamente o no, Benedetti
q1;1esto.:ipo di sonorità parrebbe adatto alle Rapsodie ungheresi di
Michelangeli apre còn il Carnaval una prospettiva critica che pochi
L1szt ptu che a Schumann; ma non c'è dubbio che non sia il suono
interpreti di oggi hanno affrontato e che, penso, dovrebbe essere
adatto a questo modo di intendere Schumann. Ammirazione, infi-
passibile di ulteriori sviluppi.
ne, per la rinuncia al virtuosismo. Già Weissenberg aveva rallen-
L'interpretazione del primo libro dei Preludi, ultima e più tipica
tato molto, rispetto alla tradizione, i movimenti lenti. Ma, con un
tra le interpretazioni di musiche di Debussy, si muove nella stessa
tratto tipico del virtuoso popolare, aveva staccato a tempi incredi-
direzione. La scelta, è ovvio, è deludente: da Gieseking in poi chi
bilmente veloci certi movimenti rapidi, mettendosi così fuori della
affronta i Preludi affronta entrambi i libri, non solo il primo, che è
portata di eventuali competitori. I tempi di Benedetti Michelangeli,
il più pacificamente accettato, il più conclusivo di un' epoc_a, il
invece, potrebbero andar benissimo per allievi anche non molto
meno problematico. Un grande interprete debussiano di oggi tro-
dotati.
verebbe ancora problemi nel secondo libro dei Preludi, ne trove-
Una grande interpretazione, dunque, in tutti i sensi. Non si
350 Interpretazione al quadrato

rebbe altri, e molti, negli Studi. Ma Benedetti Michelangeli, com'è


Benedetti Miche/angeli

ma alla sua interpretazione in un certo momento di storia della


351
7
suo costume, non tocca testi che presentino problemi storico-critici, cultura, che per Benedetti Michelangeli è la cultura neoclassica
e anche in questo caso ciò che gli preme è la perfetta resa sonora di italiana.
un'opera che il pubblico accetta senza riserve. Ora, entro questi È ciò scandaloso? Spesso la critica se ne è scandalizzata. Scri-
limiti cronici l'esecuzione di Benedetti Michelangeli rende la grafia vendo questo capitolo ho però ripensato ad un'osservazione che
di Debussy con una precisione che sa di miracolo: difficile trovare sentii più di trent'anni addietro da Gino Tagliapietra, e che adesso
una più perfetta resa delle battute 12 e 14 del primo Preludio (dove mi sembra acutissima. Conobbi Tagliapietra nel 1948, ad un con-
tutti conoscono il problema e pochissimi lo risolvono con eleganza) corso di pianoforte che si svolgeva ad Udine: lui, sessantunenne,
o del fraseggio del Preludio n. 11 o dei gruppetti del n. 12 o di stava nella commissione giudicatrice, io, diciassettenne, concorre-
infiniti particolari che di solito si perdono o non sono così tersa- vo. Suonai malissimo e fui subito eliminato. La sera della ... disfatta
mente chiari. Ci sono, insomma, i segni di un cervello musicale che stavo andando al circo quando vidi Tagliapietra in un'osteria:
lavora intensissimamente. Ciò che lascia perplessi è la qualità del tavolo sgombro, un recipiente da un quarto (di quelli antichi, con
suono ed i rapporti sonori tra le parti. Il suono è intenso, scultoreo, bollo) posato su un piattino, un bicchiere, una piletta di piattini a
declamatorio, i rapporti sono scenografici, con prospettive lunghe e sinistra. Entrai e mi presentai. Coi capelli lunghi e grigiastri, con
distanziate. Conviene, questa impostazione di sonorità, a Debussy? una palandrana antracite che doveva risalire ai suoi anni viennesi,
o non converrebbe piuttosto, tutt'al più, al Debussy di Pour le con il cravattone a farfalla e con gli occhi pungenti sotto le pesanti
piano, e pienamente al Franck del Preludio, corale e fuga e del palpebre, Tagliapietra sembrava un segretario di Carl Marx, ma
Preludio, aria e finale, all' Albeniz di Iberia, al Rachmaninov dei distaccatamente gentilissimo e persino cordiale.
Momenti musicali, al Reger delle Variazioni e fuga su un tema di A Tagliapietra non era piaciuta la mia esecuzione di Eroica di
Bach? Il preludio n. 9, La sérénade interrompue, non assomiglia un Liszt (il che non mi stupiva); non gli piacevano però neppure
po' troppo alla vecchia Malaguefia di Albeniz? Insomma, è giusti- Lessona e Vincenzo Fertile, che erano allievi di Benedetti Miche-
ficata quella che a me sembra una decisa retrodatazione del primo langeli e che si sarebbero poi piazzati ai primi due posti del con-
libro dei Preludi? corso, e non gli piaceva quasi niente dei pianisti contemporanei.
Il problema è sempre lo stesso. Anche la più perfetta resa del Parlava con calma: «Quando si andava ai concerti di Busoni o di
testo - ed a ciò mira Benedetti Michelangeli - non può evitare d' Albert o di Reisenauer o di altri si sentivano delle personalità; i
l'evidenziarsi di una posizione storico-critica, che è espressa dalla pianisti di oggi non hanno personalità». Tacque, bevve, pensò. E
presenza dell'oggetto sonoro prodotto. E a me sembra che Bene- aggiunse: «Benedetti Michelangeli meno di tutti».
detti Michelangeli tenda a ricondurre i Preludi in un ambito stori- Mi piaceva il circo, e Tagliapietra era del resto in vena di medi-
co-critico che ne attenua o ne annulla la novità, e li inserisce in tare le virtù del contemporaneo rosso friulano più che le magagne
un'ultima spiaggia dell'Ottocento in cui il parigino Debussy non è dei pianisti contemporanei. Perciò me ne andai. Tornando indietro
tanto diverso dagli spagnoli pariginizzati Albeniz e Granados. Ca- verso l'una di notte vidi che Tagliapietra stava ancora seduto al
pirei forse questa collocazione in un interprete che leggesse poi in tavolo: la scena era identica, con l'unica variante della piletta dei
modo radicalmente opposto il secondo libro dei Preludi e gli Studi. piattini divenuta torre. Entrai. Tagliapietra prese a parlare di Bu-
Benedetti Michelangeli potrebbe fare qualcosa del genere? Non soni, di cui era stato allievo e che per me rappresentava una
credo. Credo che l'originalità maggiore di Benedetti Michelangeli leggenda. Mi raccontò molte cose, non aneddotiche, ma di mestie-
consista proprio nel darci interpretazioni stilisticamente datate ep- re, e siccome mi stupivo e ponevo domande e un po' mi scandaliz-
pure non semplicemente accademiche, ripetitive del passato: una zavo,,mi disse: «Busoni non si può discuterlo. Bisogna prenderlo
forma di manierismo, come ho già accennato, applicata non al testo come».
----,

352 Interpretazione al quadrato

Ho notato tante volte che i signori del mestiere sanno scoprire il L'ESERCITO
nocciolo dei problemi critici e non sanno resistere alla tentazione di DI ARLECCHINO
usare a rovescio le loro fulminanti intuizioni. Rispetto al contesto
storico cui Tagliapietra si riferiva era vero, ed è vero che Benedetti
Michelangeli non ha personalità. Ma quanto c'è di eterno in quel
contesto? Si può certamente discutere Benedetti Michelangeli e,
moralisticamente, cercare di ridimensionarlo. Ci ho provato ·vark
volte, poi ho tentato di capire com'è fatto. E allora? Preferirei che
fosse diverso, ma ho dovuto accorgermi che bisogna prenderlo
come."
Di pianisti bizzarri ce ne sono stati sempre, e non pochi. Di qual-
cuno, come Pachmann, ho parlato, di qualcun altro ho taciuto. La
bizzarria di Pachmann consisteva soprattutto nei suoi sermoncini
elargiti al pubblico e nella sua faccia tosta quando commentava per
primo, ammirativamente e latreuticamente, ciò che gli era riuscito
bene. Anche Francis Planté, che fu considerato da molti il più
grande pianista francese della seconda metà dell'Ottocento, ma che
suonò pochissimo e visse appartato a Mont-de-Marsan, faceva sa-
lotto in pubblico. Alfredo Casella, che lo conobbe al Casino di
Dieppe nel 1902, dice: «Era un vecchio spaventosamente maniaco.
Si recava al concerto con una enorme valigia piena di ogni sorta di
cose, e persino di una collezione di dodici spazzolini da denti tutti
diversi, valigia che avevo l'alto onore di portargli». Artur Rubin-
stein racconta di un recital a due pianoforti, Planté e Saint-Saens,
con cerimoniosi scambi di complimenti: «"Bravissimo, vecchio
mio!", poteva dire Saint-Saens quando l'altro aveva eseguito un
passo brillante. "Ah, quale eleganza!", gridava Planté quando
Saint-Saens aveva perfettamente delineato il modellato di una fra-

I
se».
Io ho conosciuto un pianista che si giustificava con il pubblico
quando un passo difficile gli veniva molto pasticciato (il che acca-
deva spesso): «Questo, a casa, non l'avevo sbagliato mai», diceva, e
dopo un momento di meditazione magari aggiungeva, implorando
vigliaccamente indulgenza: «Ho un mal di testa feroce». I suoi
recitals - suonava di rado, e quasi sempre gli stessi pezzi -
cominciavano di norma con il Concerto in re minore di Vivaldi
trascritto da August Strada!, che inizia con dei re all'estremità
l

354 L'esercito di Arlecchino Malcuzynski - François 355

grave, pianzsszmo e poi crescendo e crescendo e crescendo. Carlo all'ottava bassa di alcuni accordi. Direi che la penultima registra-
Vidusso, una volta, smontò nel pomeriggio la tastiera, cosparse il zione della Sonata, effettuata da Cortot nel 1953 e generalmente
fondo di un bello strato di talco e rimise a posto i tasti. La sera, a disastrosa, ha però la Marcia funebre che sarebbe adatta all'inter-
mano a mano che il crescendo avanzava, dagli interstizi fra tasto e pretazione di Malcuzynski. Campane di morte, lugubri cortei, ca-
tasto cominciarono a sbuffar fuori nuvolette di talco che divennero valli impennacchiati di nero: tutta la paccottiglia delle vecchie
alla fine nuvola, mentre il pianista tossiva e continuava ad affon- interpretazioni programmatiche rivive, con Cortot, in un trionfo
dare i suoi re, senza capire che stesse succedendo e chiedendo scusa del Kitsch di proporzioni epiche. Malcuzynski non è da tanto e la
al pubblico - il buonuomo - per la tosse. sua Marcia funebre suona a parer mio troppo «moderna» in un
Non è però di tipi bizzarri che voglio parlare, ma di coloro che, contesto di barocchismo esasperato. Il finale di Malcuzynski è di
dotati di grandi capacità e qualità, sono in qualche modo dei nuovo impressionante. Il Presto e sotto voce di Chopin ha avuto
«disadattati», dei «diversi» nella vita musicale quale si è venuta ~ tipiche risoluzioni: un Presto relativo, un vero sotto voce e pochis-
configurando nel nostro secolo. Di qualcuno - Nat, Erdmann - simo pedale di risonanza (Kempff); un Presto velocissimo, un vero
ho già detto; di altri, più giovani, parlerò in questo capitolo che ho sotto voce e poco pedale di risonanza (Benedetti Michelangeli); un
intitolato all'esercito di Arlecchino, a quell'esercito di originali e di Presto velocissimo, ondate di suono continue dal sotto voce al
mezzi diavoli che seguiva un originale e un mezzo diavolo come fortissimo, pedale di risonanza quasi sempre (Rachmaninov). Mal-
Gargantua. Appena un accenno su Witold Malcuzynski, polacco cuzynski trova una quarta soluzione: Presto relativo, dinamica sul
giramondo che si sposò in Francia, visse in Portogallo e in Sud mezzo forte, quasi sempre pedale di risonanza. Ogni soluzione può
America, morì, cittadino argentino, a Palma di Maiorca. La sua essere, ed è efficace (anche se qualcuna è in maggiore o minor
fede si chiamava Chopin, e delle musiche di Chopin egli ci ha misura arbitraria); la soluzione di Malcuzynski è una di quelle
lasciato interpretazioni da ricordare, tra cui almeno una straordi- esemplari per il senso di torbida stagnazione, di macabri sussulti
naria: la Sonata n. 2. Rachmaninov e Horowitz sono i due termini che sprigiona. E può anche darsi che Malcuzynski ci sia arrivato
di paragone dell'interpretazione di Malcuzynski. Ma non per so- perché non aveva le dita né di Rachmaninov né di Benedetti
miglianze stilistiche: per analoga violenza, ottenuta con mezzi di- Michelangeli; ma è fuor di dubbio che il Presto finale diventa con
versi. L'inizio in cui non si riesce ad afferrare la nozione del tempo, lui la logica conclusione di una interpretazione tutta percorsa da
poi l'enorme crescendo, l'angosciato attacco del tema, il secondo una violenza selvaggia. Malcuzynski non ha inciso molto e la sua
tema grondante di dolore sollevano irresistibilmente - seppure, carriera concertistica non fu clamorosa perché aveva serate terribili
ahimè!, banalmente - il ricordo delle sventure polacche, di ciò che in cui non azzeccava una nota. Ma un posto nella storia dell'inter-
Chopin aveva visto e di ciò che videro i polacchi della generazione pretazione se lo merita tutto.
di Malcuzynski. Nello Scherzo apocalittico, con fraseggi barcollanti
che danno l'impressione di un gigante colpito a morte, acquistano
forza drammatica persino i colpi del pedale di risonanza, pedale che Anche Samson François che, per sua disgrazia, in sala di concerto
Malcuzynski lascia risalire senza accompagnarlo e che abbassa vio- poteva essere catastrofico, cominciò in tempi nei quali si preten-
lentemente 1 . Meno sorprendente è la Marcia funebre, che avrebbe deva dal giovane concertista rifinitura artigianale, aderenza al testo
forse avuto bisogno di un arbitrio alla Paderewski, cioè il trasporto e costanza di rendimento, ed essendo di ciò tutto il contrario non
ebbe una carriera facile. Come interprete, per di più, dovette
1
Anche Richter, come ho detto, usa talvolta il colpo del pedale, ed anche
lottare con se stesso per liberarsi dell'ombra gigantesca di Cortot.
Nat. Malcuzynsk:i «riempie» con il colpo di pedale i vuoti che risultano dal suo Nato nel 1924, fu notato da Cortot che lo mandò a studiare - il
fraseggio espressionisticamente spezzato. lettore ricorda Lipatti? - con Yvonne Lefébure, sua assistente:
356 L'esercito di Arlecchino François - Guida 357

François passò però al nemico, a Marguerite Long che di Cortot, Se fosse sempre a questi livelli, François andrebbe ricordato tra i
come già mi è avvenuto di dire, era acerrima rivale. François non fu maggiori pianisti della storia. Non sempre lo è. Ma morì ancor
tuttavia fedele ai mani della Long e, non avendo studiato con giovane, a quarantasei anni, in sospetto di droga e con un po' di
Cortot, ne subì maggiormente l'influenza. Era del resto difficile, aureola di poeta maledetto e, soprattutto, senza aver veramente
per un pianista francese che prediligeva Chopin, Schumann e Liszt, sviluppato in sintonia con i tempi un talento di interprete forte-
non avere nelle orecchie la lezione di Cortot. Tuttavia, François mente creativo, e perciò un po' anacronistico negli anni 50 e 60,
seppe diventare interprete di Chopin molto diverso da Cortot (e che più tardi avrebbe potuto far di lui un maestro della giovane
dalla Long), un interprete che ricorda piuttosto Yves Nat ma, generazione.
stranamente, l'Yves Nat che affronta Beethoven, non Chopin.
Quel senso continuo di un gigantesco dramma panico, che Nat
scopre in Beethoven ma non in Chopin, François lo scopre in Friedrich Gulda, invece, è il ritratto della salute e dell'artista
Chopin e specialmente negli Studi. senza problemi di carriera. Chi ricorda l'esecuzione del secondo e
Con quelle di Cortot, di Backhaus, di Ashkenazy e di Pollini, del terzo tempo del Concerto n. 4 di Beethoven, che Gulda pre-
quella che François ci ha lasciato è una delle interpretazioni fon- sentò nella serata dei premiati al Concorso di Ginevra 1946, ha
damentali degli Studi di Chopin, una delle interpretazioni che ancora in mente il ragazzo di sedici anni che suonava con la
mettono superbamente in evidenza un carattere profondo dell' o- sicurezza e con la maturità di un professionista di quaranta. Nel
pera. «Rovine e penne d'aquila», aveva detto Schumann dei Pre- Concerto n. 4 di Beethoven come nel Concerto n. 1 di Chopin
ludi. François, che nei Preludi è ancora vicino a Cortot, applica come nel Concerto n. 2 di Saint-Saens come nella Sonata K 576 di
questo concetto schumanniano agli Studi, e fa di ogni Studio il Mozart come nella recentissima Sonata n. 7 di Prokofiev, Gulda
pannello superstite di una serie di cicli a programma immaginario: non aveva da temer confronti. La sua mano era sicurissima, la
lo Studio op. 10 n. 1 è come l'introduzione di una suite gotica, l' op. memoria infallibile, il cervello come programmato da un computer
10 n. 11 è come la serenata di una notte trasfigurata, l' op. 25 n. 2 - che avesse astratto una media stilistica dagli interpreti tedeschi ed
eseguito ad un tempo assai lento e con sonorità cantante - è come austriaci delle due generazioni precedenti.
la melopea cromatizzante di una scena erodiaca, l' op. 25 n. 11 è In pochi anni Gulda ampliò enormemente il suo repertorio e
l'illustrazione perfetta del titolo apocrifo Vento d'inverno, una divenne un concertista di giro tra i più richiesti, tanto che già prima
specie di battaglia disperata tra i ghiacci della landa russa; e lo dei trent'anni era considerato interprete beethoveniano di levatura
Studio op. 25 n. 10 è come lo scherzo di una sonata più terribile, storica. Raggiunto questo status si fermò o, meglio, rivolse altrove i
più straziante ancora della Sonata op. 35 con la Marcia funebre. suoi interessi: interprete acclamato di Beethoven non si accorse del
Terribile e straziante al punto da render plausibile una delle tipiche revival di Schubert, interprete di Debussy non si accorse di Boulez,
«scorrettezze» di François, la penultima battuta eseguita ad una né si interessò di Schonberg e meno che mai di Stockhausen. Gulda
velocità due volte più elevata di quella dovuta. cominciò invece ad occuparsi seriamente di jazz, partecipando a
C'è qualcosa di Rachmaninov e qualcosa di Sofronitzki, nel festivals (anche come esecutore di flauto e di sax baritono) e dando
François degli Studi di Chopin: una drammatizzazione del fregio inizio, negli anni 60, a quei concerti misti di «classico» e di jazz che
ornamentale che pare riportare Chopin al romanzo gotico, al ro- finivano per non accontentare nessuno. I jazzomani fiutavano
manzo nero, o addirittura a Sade. E c'è altre volte in François, l'avventuriero in un pianista che puzzava ancora di classico, e i
soprattutto in Schumann, una riservatezza ombrosa ed una sono- classicomani non gradivano che Gulda, smodatamente ingordo-del
rità del tutto opposta a quella degli Studi e molto personale, jazz della seconda parte, trattasse così lestamente e rozzamente gli
ottenuta con un uso parco e raffinatissimo del pedale di risonanza. Handel e i Bach e i Debussy che metteva nella prima parte del
358 L'esercito di Arlecchino Guida 359

programma. Era un po' come vedere un abilissimo chirurgo che spirituale di un tecnico mediocre come Schnabel, e la durezza della
sbriga distrattamente la trapanazione di un cranio e corre subito sonorità e la poca varietà nella articolazione del suono denotavano
dopo, spasimando di desiderio, ad una partita di golf. Guida suo- il disprezzo per il pubblico, che non veniva né interessato a ciò che
nava con impegno solo quando il compassato inserviente gli aveva udiva né, tanto· meno, sedotto. D'altra parte, impegnandosi nel-
messo vicino al piede destro un tappetino di gomma su cui pestava l'incisione di alcuni Concerti di Mozart sotto la direzione di Clau-
il ritmo con voluttà; e la sua eccitazione contrastava stranamente dio Abbado, Guida dimostrava di poter realizzare il segno con una
con la tranquilla, professionale indifferenza del contrabbassista e cura e con una delicatezza degne di Arrau. Nei due Scherzi D 593
del batterista, che di quel jazz schematico dovevano averne man- di Schubert dimostrava di sapersi divertire e di saper essere cordiale
giato a palate fin da ragazzi. anche quando non suonava jazz, nei Preludi di Debussy, muoven-
Passato il tempo dei programmi misti, Guida ricominciò a com- dosi nell'orbita di Gieseking, trovava una sonorità prevalentemen-
parire nelle sale di concerto, non di frequente, con programmi te morbida e profonda e una scansione del tempo quasi sempre in
«normali». «Normali», ma non suonati. «normalmente». Le tren- rubato, con molto abbandono ma con un controllo raffinatissimo e
tadue Sonate eseguite a Vienna nel 1970, bicentenario della nascita ferreo fin nelle più piccole oscillazioni.
di Beethoven, suscitarono indignate proteste nei circoli tradizio- C'erano insomma ampi motivi per credere che se prima o poi si
nalisti. Alcuni Concerti di Mozart vennero caricati da Guida di un fosse deciso, come si diceva un tempo, a metter testa a partito, tutti
profluvio di ornamentazioni, e la Sonata «per principianti» K 545 avrebbero dovuto fare i conti con lui. E per «tutti» non si dovevano
divenne con lui un pezzo da metter spavento anche a chi avesse intendere solo i suoi contemporanei, ma i Cortot, i Backhaus, i
nelle dita la «scuola del concertista» di Czerny. Il Clavicembalo ben Gieseking... Guida non ha messo testa a partito nel senso che
temperato di Bach, eseguito in due sole, lunghissime serate, lasciava intendevano i nostri nonni, ma all'inizio degli anni 80 si è collocato
distrutti i critici e spaventava le vecchie inclini ad appisolarsi: in una posizione che lo accomuna appunto ai Backhaus e soci.
Guida suonava solo o piano (assai piano) o forte (piuttosto forte) e, Parlo, naturalmente, dell'esecuzione in pubblico - a Monaco,
come se ciò non bastasse, picchiava il piede in terra (senza tappe- Parigi e Milano - di tutte le Sonate di Mozart 2 • In maglione scuro
tino: una botta infernale) quando i soggetti delle fughe erano e pantaloni usciti dalla bocca di un cane, i capelli grigiastri arricciati
protetici. sul collo e la pelata ricoperta da un liripipion che lo salva dalle
Tutta la storia di interprete di Guida, dalla rapida affermazione correnti d'aria, Guida entra in scena impersonando visibilmente
fino agli anni 70 testimoniava il disagio, la lotta con se stesso di chi, l' anti-divo, l' anti-esteta, l' anti-sacerdote-dell' arte; le luci in sala re-
cresciuto senza problemi in mezzo ad una secolare tradizione, sente stano accese, Guida si inchina come un orso e magari riceve l' ap-
il pericolo di finire nell'accademismo e non trova altro mezzo di plauso appoggiandosi al pianoforte con le gambe incrociate in una
rinnovamento se non lo sfogo furibondo e iconoclastico. Con posa alla Gatto Silvestro, comincia a suonare mentre il pubblico
Schnabel Beethoven era stato un Goethe, vate illuminato che parla ancora non sta zitto. Alla fine sfodera di quei suoi bis che stanno tra
ai potenti ed ai popoli della terra; con Arrau, una generazione il jazz e la vecchia canzone viennese, e fa insomma di tutto per
dopo, diventava un Emerson, pedagogista insigne che, nell'isola- dimostrare - e dimostra - che la nevrosi del concerto non lo
mento felice di una Castaldia, discute tranquillamente di etica e di tocca minimamente. L'immagine del filosofo da taverna si è tra-
estetica; con Guida, due generazioni dopo, Beethoven diventava il
professor Unrat dell'Angelo azzurro, filosofo da taverna che grida a 2
Tutte meno una, la K 309, che ci è pervenuta solo in una copia di mano di
se stesso le sue altissime verità senza più crederci neppur lui. Il Leopold Mozart, padre di W olfgang. Guida ritiene, secondo me a torto, che
dominio virtuosistico, che verso il 1970 era totale, consentiva a Mozart padre abbia «messo le mani» nel testo di Mozart figlio ed esclude
Guida veri e propri giochi meccanici che annullavano la tensione perciò la Sonata dal ciclo.
360 L'esercito di Arlecchino Bennan 361

sferita dal suo modo di interpretare i classici alla sua persona. Il suo attendono di diventare anch'essi, con licenza parlando, cultura di
modo di interpretare Mozart è invece quello di chi ha lasciato massa.
dietro di sé i miti e la filosofia ed ha scoperto la storia.
Nessun grande pianista aveva ancora affrontato in toto, in pub-
blico, le Sonate di Mozart; Gulda le esegue in tre serate, in ordine La storia delle fortune di Lazar Berman è abbastanza curiosa
cronologico, come se svolgesse un tema sonoro di storiografia perché valga la pena di parlarne un po' diffusamente. Nato a
mozartiana. Il Mozart che preparava a Salisburgo cinque Sonate da Leningrado nel 1930, allievo di sua madre e poi, a Mosca, di
rifilare ai dilettanti è delineato sia nelle sue trovate saporose che nel Alexander Goldenweiser, profondamente influenzato dalla lezione
suo innocente meretricio; il Mozart che quando va a Monaco per la di Vladimir Sofronitzki, Berman si diploma nel 1953 ed inizia la
Finta giardiniera trova l'orchestra di corte e fa in modo di ripro- carriera suonando nell'Unione Sovietica e partecipando a vari
durne sulla tastiera la magnificenza balza imperiosamente alla vista concorsi internazionali. Nel 1955 si iscrive ad una delle più presti-
con la Sonata n. 6 in re maggiore, la Di.irnitz-Sonate. E poi il Mozart giose e dure competizioni, quella di Bruxelles: arriva alla finale, ha
in viaggio per Parigi e a Parigi, il Mozart viennese della tragica dei dubbi sul programma da presentare, telefona per consiglio alla
Fantasia e Sonata in do minore, il Mozart delle due piccole Sonate madre, sbaglia - o sbagliano in due - la scelta, non vince e non si
facili, il Mozart della K 576 che odora già di Flauto magico. La piazza nemmeno tanto bene (quinto su dodici finalisti: il vincitore è
dimensione, dicevo, non è mitica ma storica, e perciò Gulda fa Vladimir Ashkenazy). Nel 1958 va a Londra ed incide un disco con
vedere non un Mozart ma tanti Mozart, non un artista che domina l'Appassionata di Beethoven e la Sonata di Liszt. La sua Appassio-
il mondo con un'idea traente ma un artista che con il mondo cerca nata non si distingue tra le decine di Appassionate che circolano sul
di venire a patti senza poterlo mai conquistare perché un demone mercato, ma nella Sonata di Liszt, senza rinunciare al virtuosismo,
lo guida. Gulda non ha preoccupazioni di sonorità filologica ed è Berman riesce a tradurre in canto, in effusione lirica, tutto: persino
persino scabro e rozzo con il suo /orte penetrante e aggressivo; le scalette, i passi di bravura, le colossali doppie ottave. Se vivesse in
suona prevalentemente piano e forte, varia pochissimo i timbri, Austria verrebbe probabilmente «catturato» dalla Vox o dalla
non cerca l'incanto delle mezze tinte, aggiunge poche ornamenta- Westminster per un tutto-Liszt che potrebbe occupare venticinque
zioni improvvisate. Non teme la monotonia e non teme la stan- o trenta dischi. Torna invece in patria, partecipa senza fortuna al
chezza del pubblico, e dimostra che la «integrale» delle Sonate di concorso Liszt-Bart6k di Budapest, riceve alcuni inviti per tournées
Mozart, in ordine cronologico, è la rivelazione di un'esperienza di in Occidente, inviti che vanno a vuoto perché, essendosi sposato
vita spirituale di cui non si sospettava l'esistenza. Le Sonate di con una francese residente a Mosca, incontra difficoltà nell' otte-
Mozart diventano con Gulda, uso ancora questo termine, che non nere il visto di espatrio. Incide alcuni dischi, tra cui tre esemplari
mi piace, cultura di massa. «integrali» (degli Studi trascendentali di Liszt, degli Studi op. 42 di
Gulda ha rifiutato di riprendere subito il ciclo in altre città, Scriabin e dei Momenti musicali di Rachmaninov) ed una favolosa
perché il suo fastidio per la vita concertistica non è venuto meno. esecuzione della Rapsodia ungherese n. 9 di Liszt, da far invidia a
Con l'esecuzione delle Sonate di Mozart egli ha però aggiunto un Gilels. La sua carriera, però, non si sviluppa più, ed anche nel-
capitolo alla storia dell'interpretazione; altri ne potrà aggiungere, se l'Unione Sovietica non acquista fama: diventa un concertista dei
vorrà continuare a cercare. Per intanto si è messo a suonare il circuiti secondari, una figura minore di buon professionista.
clavicordo (e il flauto dolce), su cui ha ripreso a studiare Bach. Il Alla fine degli anni 60 il pianista italiano Alberto Mozzati capita
suo clavicordo, in disco, somiglia forse un po' ad una chitarra a Mosca, acquista tutti i dischi reperibili di Berman, li ascolta,
elettrica. Ma da Johann Se bastian Bach Gulda potrebbe, con il segnala questo singolare e straordinario virtuoso al Festival Inter-
clavicordo, arrivare a Carl Philipp Emanuel Bach o a Haydn, che nazionale di Brescia e Bergamo e all'Euroconcerti di Milano. Invi-
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362 L'esercito di Arlecchino Berman 363

tato in Italia, Berman, che nel frattempo ha divorziato dalla moglie che se lui non rompeva il giuramento io dovevo rompere le tratta-
francese e si è risposato con una ragazza russa, suona a Bergamo, tive.
Brescia, Milano. E il 1971. Berman impressiona e sconcerta nello Aveva rotto lui, perché Bologna era l'unica piazza importante
stesso tempo: la tecnica è fantastica, ed è impiegata non per effetti nel suo carnet. Arriva e comincia subito a provare con un direttore
di vanaglorioso virtuosismo ma in senso a volta a volta lirico o giapponese che intende Ciaikovsky come l'intendono gli america-
monumentale; nello stesso momento, però, l'esecutore non è af- ni. Sono prove deliziose: Berman suona la sua parte, suona la parte
fatto pulito, ma prende con assoluta indifferenza, alla Cortot o alla dell'orchestra, canta, grugnisce, sorride, scuote le spalle, agita i
Fischer, una caterva di note false; e l'interprete sembra uscito gomiti, batte i piedi, e a un passetto per volta sposta Ciaikovsky dal
direttamente dalla scuola di Anton Rubinstein, tanto è anacroni- ponte di Brooklyn fin nel cuore di Santa Madre Rus. La prova
stico il suo modo di fraseggiare e di usare il pedale di risonanza, e generale, al mattino, è una cosa che fa saltare il cuore: avevo scelto
tanto è demodé il suo repertorio; alla Anton Rubinstein sono anche il Primo di Ciaikovsky per andare a colpo sicuro con il pubblico, e
i suoi programmi, pantagruelici, e l'interminabile serie di bis che adesso mi accorgo che è come se ascoltassi Beethoven o Schubert
regala al pubblico senza nessun segno di fatica o di noia. Quanto interpretati da Furtwangler.
alla figura ... Beh! un misto di Gogol e di Balzac: un pizzetto ovale Dopo colazione Berman si ricorda che il Primo di Ciaikovsky è
dentro un viso ovale sopra un corpo ovale incorniciato da un frac un concerto difficilissimo e passa il pomeriggio a battere come un
ovale. E l'uomo: uscito pari pari da una qualche pagina delle Anime forsennato i passi di ottava e la Cadenza del primo tempo su un
morte.
mezzacoda Yamaha. Alla sera è cotto e adotta il catenaccio, facen-
Una tale figura di musicista può scatenare gli entusiasmi del do rinculare il giapponese fino al Fujiyama e trasformando l' or-
pubblico più brado e sprovveduto o dei raffinatissimi esteti cui, sazi chestra di cosacchi del mattino in un'orchestra di frati. Il successo è
e satolli delle quintessenze di Benedetti Michelangeli, fremono le discreto; due bis: se avesse suonato come al mattino avremmo
narici sotto la sferza inebriante dell'odor di stallatico. Non può dovuto tagliare la seconda parte del programma perché i bis sa-
invece piacere al pubblico medio, che non ha neppure ancor ben rebbero stati almeno venti ... Dopo il concerto andiamo a cena
digerito Richter. Comunque, Berman è pur sempre uno che fa insieme con il direttore giapponese e facciamo le quattro. Berman
discutere, che resiste a fatiche disumane e che costa poco. Tra il non è più così ovale perché si è scorniciato dal frac e naviga in
1971 e il 1975 torna regolarmente in Italia, talora in sedi prestigiose immensi pantaloni di fustagno e in due scarponi che sembra1:10
(suona anche alla Scala, dove sbaglia - o gli fanno sbagliare - ereditati da un alpino della guerra quindicidiciotto. Di una cordia-
repertorio perché si presenta con il Concerto n. 4 di Beethoven), lità che straripa come un torrente in piena, parla sempre lui: in
più spesso in provincia, e disordinatamente, non guidato da un francese con me, in tedesco con il direttore, mulinando come un
press agent che ne sappia pilotare la carriera. In uno di questi suoi traduttore all'istante e con una mimica talmente espressiva che a un
giri dell'oca capita a Bologna, dove sono direttore artistico del certo punto io comincio a capire il tedesco e il giapponese a capire il
Comunale. Abbiamo avuto una breve corrispondenza, mediata francese.
attraverso l'immancabile organizzazione statale sovietica, il Go- Che cosa ci dice, Berman? Ha un repertorio di orripilanti bar-
skonzert. Io gli avevo chiesto il Primo Concerto di Ciaikovsky, lui zellette, prevalentemente scatologiche, che funzionano come aste-
mi aveva risposto che il Primo aveva giurato di non più eseguirlo rischi in una raccolta di pensieri: i pensieri tornano su Goldenwei-
dopo averlo ascoltato dodici volte di seguito al Concorso Ciaikov- ser, sulla madre, su Sofronitzki, su Liszt, su Scriabin, su Rachma-
sky di Mosca, ed aveva proposto il Primo di Prokofiev o il Terzo di ninov, sulla città di Ferrara che l'ha impressionato, su una pelliccia
Rachmaninov. Siccome né Prokofiev né Rachmaninov potevano vista in una vetrina di Bologna, sul Primo di Ciaikovsky che è bene
rientrare nella programmazione della stagione gli avevo fatto dire non suonare, sulla carriera ... «Quando mi chiamavano all'estero -
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mi dice - non ci potevo andare, e adesso che ci posso andare non Scriabin, si trova particolarmente in sintonia con la concezione di
mi chiamano più». E mi chiede se so consigliargli uno stratagemma Karajan. A me, per dire il vero, questa concezione sembra riduttiva
per essere invitato in Francia o in Inghilterra. rispetto al significato storico dell'opera, opera nella quale, mi pare,
Lo stratagemma non glielo so suggerire. Ma ci pensa, un anno il virtuosismo assume l'aspetto di una delirante affermazione della
dopo, Herbert von Karajan o una qualche eminenza grigia a cui personalità romantica. Ritengo quindi che la rinuncia all'ostenta-
anche Karajan obbedisce. Il mito del grande pianista russo è da più zione virtuosistica, se può essere spiegabile come negazione pole-
di cent'anni una «costante» del concertismo internazionale. Anton mica di un costume interpretativo grossolano e bolso, di cui si son
Rubinstein ne è stato il prototipo, poi sono venuti Pachmann, resi partecipi tanti interpreti americani e russi, finisca per non
Lhevinne, Rachmaninov, Horowitz, Gilels, Richter. Chi può rac- cogliere interamente la complessità spirituale del Concerto.
cogliere l'eredità di Gilels e Richter, che negli anni 70 toccano i Certo è però che, se la concezione di Karajan e Berman può
se_ssant'anni? Vladimir Ashkenazy, senza dubbio, che però è espa- suscitare dei dubbi, la loro realizzazione è tale da lasciare stupefatti
triato e che comunque non basta da solo a coprire il vuoto. Victor ed ammirati. Il rallentamento generale dei tempi e l'assottiglia-
Merzhanov, coetaneo di Gilels e Richter, ma ancora ignoto in mento della sonorità servono infatti a Karajan, perfettamente as-
Occidente, sarebbe bravissimo: peccato che, a causa di una ferita di secondato da Berman, per esporre la partitura con una chiarezza
guerra, soffra di vuoti di memoria. Tra i pianisti che viaggiano fra i impressionante, con una miracolosa capacità di rendere percepibili
trenta e i cinquant'anni Evghenij Malinin, raccomandato di ferro, all'ascoltatore tutte le linee. Il divisionismo timbrico di Karajan non
non è una personalità che s'imponga e Stanislav Neuhaus ha una diventa tuttavia virtuosismo del suono ma serve ad un'operazione
tecnica limitata. Dimitri Bashkirov gira parecchio in Occidente ma di analisi strutturale, cioè di scoperta delle ragioni compositive
non muove entusiasmi né discussioni, né riesce a sfondare Bella dell'autore interpretato. Berman ritrova l'atmosfera della sua prima
Davidovic; Igor Zhukov è troppo aristocratico, Alexander Slobo- incisione della Sonata di Liszt, la sostanza intima del Romanticismo
diannik è freddo come il ghiaccio, Nicolaj Petrov, sanguigno ed eroico, e si adagia fra le morbide trine di Karajan come una Manon
arruffone, è ancora immaturo e il dotatissimo Evgenij Mogilewski sedicenne che anela all'amore, non come un personaggio gogoliano
ha dei nervi di una fragilità da metter paura. Resta Lazar Berman, che si gioca la carriera internazionale.
l'affascinante troglodita che olezza di terra nera e di letame. Her- Il successo del Primo di Ciaikovsky, versione Karajan-Berman,
bert von Karajan, si dice, sente la sua vecchia incisione degli Studi catapulta Berman negli Stati Uniti. Tornato in Europa, Berman fa
trascendentali e lo invita a registrare sotto la sua direzione il Primo un disco con Giulini, non ben riuscito: i due Concerti di Liszt. A
Concerto di Ciaikovsky. Londra trova di nuovo un direttore di suo gusto, Claudio Abbado,
Non so se dopo Bologna Berman avesse rinnovato il giuramento che gli illumina il Concerto n. 3 di Rachmaninov in modo da
di non riprendere in mano il Primo di Ciaikovsky. Se l'aveva regalargli ali di farfalla. A Milano suona i sei Momenti musicali di
rinnovato lo rompe un'altra volta e fa il disco. Registrazione fatta in Rachmaninov e i dodici Studi trascendentali di Liszt, seguiti da una
fretta e montata in furia, ma interpretazione meravigliosa. Karajan serie di bis che si conclude con Orage di Liszt: dopo due ore ha
è un interprete straordinario del decadentismo europeo e la sua ancora la freschezza per concludere Orage con uno dei passi d' ot-
visione tutta interiorizzata, tutta intensamente lirica del Concerto tave più rapidi, più brucianti che io abbia mai sentito in pubblico.
era già stata dimostrata in due incisioni, una con Richter ed una con Dopo parecchi anni che non lo vedevo incontro nel 1979 Ber-
Weissenberg. In Lazar Berman, Karajan trova un terzo collabora- man in treno, in viaggio da Milano a Venezia. Della maggior parte
tore, che vorrei dire ideale: ideale non tanto perché sia il miglior dei dischi che ha fatto non è contento; dice che ha sempre troppo
interprete possibile del Primo di Ciaikovsky, quanto piuttosto poco tempo e che qualche mese dopo aver fatto il disco, con il
perché, essendo un sommo interprete di Rachmaninov e del primo cervello che continua a lavorare per conto suo, ha scoperto tante
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cose e vorrebbe cambiare quelle interpretazioni che sono rimaste per le otto dita di Debussy e di Ondine di Ravel, sempre degli anni
malauguratamente stampate nei solchi. Sta pensando al Concerto 50, restano isolate, ma sono da ricordare come quelle di un inter-
n. 1 di Brahms, che deve fare a Boston con Ozawa (ci sarà anche il prete potenzialmente grande dei simbolisti francesi. Anche da
disco) e alla Rapsodia in blu di Gershwin. Andando in giro per il Berman, come da Gulda, possiamo attenderci qualcosa.
mondo ha comprato un'infinità di dischi, li ha ascoltati e studiati
con attenzione ed ha una conoscenza dei pianisti di ieri e di oggi
quale avevo raramente riscontrato in un concertista di professione. La carriera di Glenn Gould è un po' il rovescio di quella di
Divide i pianisti di oggi in tre schiere: quelli che adora sono Berman: la carriera di Berman cominciò in pratica verso i quaran-
capitanati da Horowitz, quelli che ammira da Benedetti Miche- t'anni; verso i quarant'anni, la carriera di Gould è finita da un
langeli, quelli che non capisce da uno che gli sembra, malgrado la pezzo. Quando apparve a New York, nel 1955, e fino a quando
fama, «anti-musicale». Il successo è arrivato tardi e Berman è non si ritirò nei boschi del Canada, nel 1964, Gould fu l'unico
rimasto un uomo modesto: la sua carriera continua, i suoi dischi si pianista effettivamente neoclassico in senso ideologico, l'unico cioè
moltiplicano ed il suo carnet è fitto di impegni, ma non arriverà, che respingesse programmaticamente il Romanticismo. Il suo re-
penso, ad incarnare veramente il mito del grande pianista russo. pertorio era centrato su tre soli nomi: Bach, Mozart, Beethoven.
D~l resto, ?iciamolo pur~, non si succede a Gilels e a Richter: dopo Niente Schubert, niente Chopin, niente Schumann, niente Liszt.
Gilels e Richter non puo esserci che un interregno dominato da Di Brahms solo il Concerto n. 1, eseguito sotto la direzione di
astri di minor fulgore. Bernstein in modo tale da far dichiarare dal direttore al pubblico,
Da quando è diventato importante Berman ha perso un po' di prima di iniziare, il più completo disaccordo con il solista. Poi si
quelle eccentricità, di quelle follie, di quelle illuminazioni liriche passava a Schonberg, a Berg, a Krenek. Più tardi Gould infoltì il
che potevano destare perplessità ma che finivano poi per affasci- suo repertorio moderno con qualcosa di Scriabin, di Prokofiev e di
~are c?n la -~orza della lor? originalità e si è fatto più misurato, più Hindemith, si degnò di vedere negli Intermezzi di Brahms il pre-
signorile, p1u corretto. M1 sembra a volte Mussorgski riveduto da cedente storico di Schonberg e andò a scoprire, al di là di Bach,
Rimski Korsakov e trovo che certe sue incisioni di oggi non valgono Byrd e Gibbons. E infine «coprì» lo spazio che separa Beethoven
le vecchie. L'unica sorpresa Berman me l'ha ultimamente procu- da Schonberg con le Variations cromatiques de concert e un Noc-
rata con una scelta dei Preludi op. 34 di Shostakovic, in cui ha tume di Bizet, con la Sonata di Grieg e alcuni pezzi di Sibelius.
toccato la tragedia e il Kitsch, il lirismo e la satira con la superba La prima esecuzione bachiana di Gould che facesse colpo fu
si_curezza di un ?rande _ma~stro del grottesco. A parte questa ag- quella delle Variazioni di Goldberg, nel 1955. I caratteri stilistici
~~unta alla sua figura_ d~ artista_ Berman continua a restare per me essenziali dell'interpretazione bachiana si colgono però meglio
1interprete che lega ms1eme L1szt, Rachmaninov e il primo Scria- nelle Invenzioni a due e a tre voci, eseguite da Gould nel suo ultimo
bin. Partendo dal Liszt trascrittore dei Lieder di Schubert, che concerto pubblico ed incise poco più tardi. Si può suonare Bach al
diventa con lui come la più bella voce di soprano o di tenore pianoforte con quella sonorità, diciamo lisztiana, che è considerata
a_ccomi:agnata da angelici cori invisibili, Berman, come già dicevo, pianistica per eccellenza, si può suonarlo con sonorità paraorgani-
nsolve m canto tutto Liszt, il Rachmaninov dei Momenti musicali stica e paraclavicembalistica. Wanda Landowska non suonava
lo Scriabin degli Studi op. 42, cioè ritrova un'esaltazione lirica nell~ Bach al pianoforte, ma se l'avesse suonato avrebbe probabilmente
ricerca virtuosistica degli slavi. Le sue recenti interpretazioni cho- adottato quella sonorità da fortepiano che adottava in Mozart.
piniane non dicono molto di nuovo, ma un'esecuzione dello Studio Rosalyn Tureck ha inventato una sonorità bachiana al pianoforte,
op. 25 n. 10, degli anni 50, fa pensare che anche Chopin potrebbe forse la più sorprendente che sia mai esistita, che ricorda nello
essere da lui riletto in modo diverso. Le interpretazioni dello Studio stesso tempo uno strumento antico come il clavicordo e uno stru-
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L'esercito di Arlecchino Gould 369

mento moderno come le Onde Martenot. Gould, l'antiromantico rebbe molto da discutere, ma si può ammettere comunque che in
per principio, trova sul pianoforte moderno una sonorità da Graf molti casi è impossibile trovare norme veramente certe; non si
· 1830, quasi dando ragione ad Albert Schweitzer, che diceva: «I comprende invece perché Gould stacchi talvolta (Invenzioni_ a d~e
brani del ~lavicembalo ben temperato si interpretano molto meglio n. 10 e n. 11) movimenti così rapidi da costringerlo a tagliar via
su un bel pianoforte tipo 1830 anziché con uno dei nostri strumenti molti abbellimenti, o perché faccia sfoggio di agilità in composi-
moderni». zioni (Invenzioni a tre n. 6 e n. 15) che eseguite virtuosisticamente
Perché poi Gould usasse una sonorità di pianoforte viennese in perdono ogni carattere.
Bach invece che nelle fughe di Mendelssohn o di Schumann è un Queste ed altre osservazioni e riserve, per quanto pertinenti, alla
mistero che non so sviscerare. Gould si servì preferibilmente di un fine si fan fioche e svaniscono, di fronte alla «presenza» creativa di
vecchio grancoda Steinway (con telaio metallico), i cui feltri si Gould. Le sue incisioni bachiane - dalla prima delle Variazioni di
erano probabilmente induriti e, forse, facendo accordare un po' Goldberg nel 1955 alla nuova incisione dello stesso pezzo nel 1982
crescente u~a delle tre c?rde, il «coro», che corrispondono ad ogni - sono numerosissime, e nel complesso costituiscono un progetto
tasto. Ho gia parlato dei «trucchi» a proposito di Paderewski e di interpretativo coerente, perché anche quello che in lui disturba e
Horowitz, ed avrei potuto aggiungere che, a quanto mi sembra, sconcerta fa parte di uno stile e finisce per collocarsi in un contesto
anche Salomon faceva accordare in modo non uniforme il coro. che acquista una perfezione estetica tale da autogiustificarsi. In
Torno però ~ dire_ che ~o~ bisogna attribuire troppa importanza ad Bach, Gould affronta testi che per definizione, allo stato attuale
accorgimenti particolari di accordatura o di meccanica, che rivelano della cultura, non dovrebbero più appartenere al pianoforte ma al
subito la loro artificiosità e diventano monotoni se il pianista non sa clavicembalo e al clavicordo: trasgredendo il primo divieto, egli
creare in ogni momento la «sua» sonorità. E Gould è un creatore di sceglie poi come vuole i mezzi per sottrarre Bach ai condiziona-
sonorità tra i più raffinati ch'io conosca. menti dello storicismo e per farlo diventare maestro di una razio-
Nelle Invenzioni a due e a tre voci i momenti di invenzione nalità e di una saggezza fuori del tempo. Operazione che deve esser
assoluta e di arbitrio sono accostati addirittura con violenza. Il testo vista in funzione di uno strumento «sbagliato» e della creazione di
è analizzato minuziosamente ed esposto con l'evidente intento di una sonorità unica, «sbagliata» anche rispetto allo strumento
comunicare all'ascoltatore i risultati dell'analisi: tutti i rallenta- perché ottenuta con una tecnica, di cui dirò poi, artificiosissima.
menti e gli indugi, che possono anche scandalizzare chi è affezio- Operazione, non c'è dubbio, miracolosa.
nato all'immagine di Bach tedesco-tutto-d'un-pezzo servono a Il discorso su Bach, Gould lo estese però ad un autore, Mozart,
mettere in evidenza e a sottolineare la struttura f;rmale delle che già scriveva per pianoforte e con il quale il pericolo dell'esteti-
comf'.osizioni. L'articolazione di base del suono è il non-legato, che smo fine a se stesso poteva diventare incombente. A parte una
s~l pianoforte comporta problemi tecnici particolari, ma che era giovanile incisione del Concerto K 491, Gould lasciò in disco tutte
sicuramente il tipo di articolazione prevalente nel Settecento le Sonate e le Fantasie K 397 e K 475. Un Mozart - come Bach,
mentre_ il ~egato era usato per eccezione; Bach indica il legato nell~ del resto - molto difficile da ascoltare. Consiglierei di non ascol-
Invenz10m a due n. 3 e n. 9: Gould lo pratica nell'Invenzione n. 9 tare le Sonate, eseguite da Gould, tenendo sott'occhio il testo
non nell'Invenzione n. 3 (e non si capisce proprio, come non di mozartiano. Gould non usa un'edizione urtext, ma una qualche
rado_avviene con lui, per quale ragione). Gould, giustamente, non buona edizione - non ho saputo individuare quale - non recen-
predispone poi piani di dinamica, ma sfrutta la dinamica in fun- te; inoltre taglia quasi tutti i ritornelli ed elimina o quasi, secondo il
zione del fraseggio, intonando quasi vocalisticamente gli intervalli suo solito, il legato. Per chi conosce a memoria il testo di Mozart la
con _s?alzi di _dina~ica che dipendono dalla tensione espressiva mancanza del legato, che in Mozart è raro ma non rarissimo, fa una
degli Intervalli stessi. Sulla realizzazione degli abbellimenti ci sa- curiosa impressione, come se si ascoltasse una poesia classica de-
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clamata da un attore che non pronuncia bene, non dico una lettera empfindsam settecentesco e con l'intimismo romantico ottocente-
m~lto frequente_ ~o1?e. la e7:e, ma come la zeta. Meglio allora, per sco viene messo da lui in evidenza in un modo che non ammette
chi non ha familiarissimo il testo, non averlo sott'occhio mentre discussioni, tanto è esteticamente centrato, e la storia secolare
Gould s~riscia tranquillamente sulla zeta, ... pardon, sul legato. dell'interpretazione della composizione ne esce rinnovata e sinte-
Ma vi sono altre ragioni che sconsigliano di leggere Mozart tizzata insieme. Perciò è meglio ascoltare solo Gould, senza leggere
mentre lo si ascolta da Gould. Ad esempio, per via di certi tempi Mozart; perché il rapporto Gould-Mozart è complicato, tortuoso,
presi a velocità folle. Se ci si ponza un po' sopra si capisce che fin troppo creativo per il gusto dominante al quale siamo anche
Gould considera con un'ottica diversa l'allegro di denso contenuto inconsapevolmente soggetti e che tanto più sussulta quanto più
musicale e l'allegro di tipo spiccatamente virtuosistico, e che teo- siamo ancorati alla pagina scritta.
rizza una specie di ... onnicomprensività pianistica della sonata: la Sia che stacchi velocità tradizionali, sia che vada più svelto o più
son~_ta di ~ozart, ~ensa Gould, è dimostrativa della sapienza e lento di quel che ci attendiamo, Gould concepisce però il fluire del
dell invenzione musicale (primo tempo, di solito), della cantabilità tempo in termini neoclassici: le oscillazioni dell'unità di misura
(s_ec~ndo tempo), della destrezza digitale (terzo tempo), perché il sono minime, le differenze di velocità tra i diversi temi sono pres-
pi~msta-compositore Mozart intende far verificare sempre al pub- soché inavvertibili, le differenze di velocità all'interno del singolo
blico la sua completezza di pianista-compositore. tema non sono prese in considerazione. Per questo aspetto, in
Se non si capisce questa intenzione non si riesce a spiegarsi verità, Gould, pur con tutta la sua originalità, ci sembra apparte-
perché tra l'Allegro iniziale e l'Allegro finale della prima Sonata, tra nere ad un'epoca che si è conclusa.
l'Allegro assai iniziale e il Presto finale della seconda Sonata debba Se prendiamo come esempio l'ultima Sonata, in re maggiore
esserci una così abissale differenza di stacchi di velocità. E non dico K 576, sappiamo - lo sa chi si sia provato a suonarla- quanto sia
che le ragioni di Gould siano del tutto convincenti; ma non c'è difficile mantenere la stessa velocità nel corso di tutto il primo
dubbio che il suo vedere le sonate di Mozart secondo le categorie tema:
dell'oratoria _forense - un'arringa deve far vibrare la corda logica,
la corda sentimentale, la corda drammatica, la corda sociale - non -Allegro-~
sia priva di originalità e non costituisca una stuzzicante chiave di
lettura. ,111aJilJJJ □ JJ1J
In certi altri casi Gould prende invece tempi molto più lenti di
q~elli tradizionali; ciò avviene soprattutto nelle sonate più cono-
scmte e per una ragione, ritengo, didascalica: si sa che la scansione Un tempo comodo per i trilli fa afflosciare la fanfara precedente,
del ritmo in limiti noti stabilisce un'attenzione d'ascolto attenuata un tempo scattante per la fanfara costringe ad acrobazie sui trilli
m~~t~e u_na scansio~e eccentri~a provoca una reazione e magari (Gould deve addirittura sostituire al trillo un gruppetto). Si può
un irritazione, ma stimolando 1 attenzione. Si ascolti a quale tem- però notare che il secondo tema deriva dal secondo nucleo tematico
po ... da lumacone Gould inizi la Sonata in la maggiore K 3 31, e con del primo tema:
quale passo moderatissimo, felpato, sornione conduca l'Alta turca
della stessa Sonata. È un po' faticoso seguire Gould, in questo caso,
perché la sua intenzione dissacratoria traspare in modo fin troppo
palese.
Altre volte invece, come nella Fantasia in re minore, la sua Siccome molti interpreti eseguono un po' più lento il secondo
lentezza è affascinante già a tutta prima: il rapporto con lo stile tema non è illogico pensare che la derivazione potrebbe esser messa
372 L'esercito di Arlecchino
Gould 373
in evidenza attraverso il tempo, e cioè adottando due diverse
velocità all'interno del primo tema. Nessun interprete neoclassico pianista moderno è il compromesso tra come una Sonata di Mozart,
accetterebbe una soluzione di questo genere: non l'adotta neppure come la K 311, suonava sullo strumento di quei tempi, piuttosto
:f/anda Land~v.:ska, che n_~n era in:erprete neoclassica e che esegue metallico ma estremamente delicato e sensibile, e come trasferirlo
m modo sensibilmente pm lento il secondo tema. Una soluzione sulla tastiera di uno dei nostri giganteschi, moderni pianoforti-mo-
co°:e quella che prospetto teoricamente, a pensarci, non sarebbe stri». I primi esperimenti di esecuzioni mozartiane su strumenti
pero stata estranea alla concezione del tempo in Paderewski o in d'epoca risalgono alla fine degli anni quaranta, quando Gould
~achmaninov. o in C~rtot. Ora, ascoltando Paderewski in Coupe- iniziava la sua carriera: Ralph Kirkpatrick eseguì allora su forte-
nn, ad esempio, abbiamo la sensazione di un recupero intuitivo piano, ed incise, il Concerto K 453, L. Epstein incise sei pezzi sul
della libertà barocca, di quella libertà agogica che i clavicembalisti pianoforte Walter appartenuto a Mozart, e P. Badura Skoda incise
del nostro tempo hanno riconquistato attraverso l'esercizio rigoro- sullo stesso pianoforte di Mozart l'Adagio in si minore, ponendo a
so della filologia. Le aperture di Gould verso un superamento della confronto questa esecuzione con l'esecuzione sul pianoforte mo-
conc~zione tradizionale del tempo sono rarissime, ed impressio- derno. In questo clima di curiosità culturale Gould si pose, e risolse
nanti per la_ loro _forza di coinvolgimento: si notano soprattutto il problema di parafrasare la sonorità del pianoforte moderno fino a
nelle Fantasie e, m un modo stupendo, nella Cadenza del finale farla diventare non identica, ché sarebbe impossibile, ma evocativa
della Sonata K 333. della sonorità del fortepiano.
Si capisce però che in tutti questi casi Glenn Gould vuol dare La sua tecnica, che sarebbe da analizzare e da studiare minuta-
l'impressione della musica improvvisata, e che quindi infrange mente, è semplicemente prodigiosa, non in rapporto con le cate-
v?lutamente _una r~gola a c~i, di norma, egli si adegua. L'esecu- gorie tradizionali della tecnica accademica, quanto per la novità dei
z10n~ mozart;ana di Gould, mattaccabile ed invincibile sul piano risultati sonori che consegue. Si sente persino fisicamente la ten-
~stette~, potra essere consegnata alla storia e superata solo se, dopo sione muscolare parossistica del dito nel momento in cui si avventa
1espenenz~ del barocco, v~rrà ripensato radicalmente il problema sul tasto, la cessazione rapidissima della tensione, l'intervento del
della scansione del tempo rispetto all'epoca classica. pedale o del «mezzo pedale» di risonanza che «sporca» la nettezza
Neoclassico per questo aspetto della sua concezione dell'inter- della smorzatura: si sente insomma una rapidità di reazioni nervose
pretazione mozartiana, Gould va oltre il neoclassicismo del periodo e di coordinamenti mano-piede che appartengono solo ai grandi
fra le due guerre per altri aspetti. Un aspetto di filologismo, curioso creatori di timbri come Horowitz o Richter o Benedetti Michelan-
p~rché m~lto marginale, lo abbiamo nell'esecuzione degli accordi: geli, che se ne servono però per altri e più spettacolari scopi, mentre
gli _ac~o~di vengono _spesso arpeggiati rapidamente, con qualche l'eccezionalità della tecnica di Gould può esser colta soltanto dalla
curiosissimo effetto di «grattamento» che ricorda il clavicembalo e gente del mestiere, ... e non da tutta. Si capisce anche, se si analizza
vengono spesso eseguiti arpeggiandoli lentamente e in bat;e- la tecnica di Gould, perché il legato venisse praticamente da lui
re. Altra caratteristica filologicamente fondata è la scansione indi- escluso, o limitato a pochi momenti eccezionali: perché il legato di
pendente delle parti, che porta a non-coincidenze contrarie a dito non è in realtà praticabile, con quello scatto nervoso da pri-
ciò che_ si legge sulla carta e a ciò che risulta dal calcolo bruto del mato, e perché la mancanza del legato denuncia l'originalità e
solfeggio. l'artificiosità estrema, cioè l'orgoglio luciferino di quella tecnica.
Il filologismo di Gould, tremendamente creativo, si esercita però Non legando di dito, Gould non lega nemmeno con il pedale,
soprattutto nella sonorità. Il grande critico haydniano H.C. Rob- perché il pedale gli serve a controllare la qualità timbrica del
bins Landon, presentando nel 1967 uno dei dischi mozartiani di singolo suono. I veri e proprii effetti di pedale sono molto rari e
Gould, scriveva: «... uno dei termini di confronto per un sensibile sono «caotici» perché avvengono allo scopo di creare sovrapposi-
zioni dissonanti, e quindi a fini drammatici: si ascoltino lo «svilup-
374 L'esercito di Arlecchino 375
Gould

po» della Sonata in la minore K 310, tratti del secondo tempo e del condato da uno Stokowski che con il maestoso ci va a nozze, Gould
finale della stessa, drammaticissima Sonata, o la Fantasia in do prende nell'Imperatore tempi larghi, procede con sacerdotale pa-
minore K 475 (che sono momenti da citare a lettere d'oro nella catezza, fa persino lenti e misurati i trilli, e dimostra insomma che la
storia dell'interpretazione). Si osservi invece come il pedale «una tentazione di acquiescenza verso il potere, testimoniata dalla terza
corda», che da solo, meccanicamente, provocherebbe una sensibile versione del Fidelia (1814), vale anche per il Concerto n. 5 (1809).
modificazione del timbro, non venga praticamente sfruttato, per lo Si può certamente discutere questa interpretazione, ma Gould dà la
meno non in modo «riconoscibile» (al contrario, ad esempio, di risposta ad una domanda che molti critici si son posta: perché
quel che avviene con Richter). Gould, mago del timbro, non usa i Beethoven non scrisse più concerti dopo il Quinto, mentre conti-
comuni trucchi ma inventa trucchi di cui lui solo possiede il segreto, nuò a scrivere sinfonie, quartetti, sonate? Il Quinto, secondo
ed il paradosso finale è che la sua sonorità, pur evocando il forte- Gould, rappresenta una vergognosa resa a discrezione di fronte alla
piano, non evoca l'ambiente, la società in cui il fortepiano era realtà dell'Impero (asburgico), e brucia per Beethoven tutte le
usato, il modo familiare del far musica, del far musica fra colti possibilità di sviluppo del «genere» concerto.
dilettanti. Coerente con se stesso fino allo spasimo, Gould non In un'altra occasione ancora, la Sonata n. 7 di Prokofiev, Gould
accetta neppure il concerto pubblico, succedaneo del concerto riesce in un'analoga, furente «denuncia». Il secondo tempo della
familiare, ma taglia ogni contatto fisico con l'ascoltatore rifugian- Sonata, Andante caloroso (si badi al caloroso) inizia con una melo-
dosi nella sala di incisione e mandando al mondo messaggi che, dia, indicata cantabile, nettamente sentimentaleggiante, ed è co-
come quelli delle buone vecchie sibille, son sempre un po' equivo- struito, molto romanticamente, con un accumulo di tensione emo-
ci: un pianoforte che evoca un fortepiano senza minimamente tiva che giunge fino ad un climax parossistico per esaurirsi poi su
ristabilire i rapporti umani che il fortepiano creava .... Il nemico da glaciali rintocchi di due suoni. L'interpretazione di Richter (a cui
battere è, anche in questo caso, lo storicismo, non tanto inteso Prokofiev aveva affidato nel 1943 la prima esecuzione assoluta)
come scienza storica quanto, suppongo, come mito di riappropria- nasce da una profonda simpatia per l'autore e si pone nella di-
zione della verità. In questa sua furia iconoclastica, che a parer mio mensione del ricordo, della nostalgia, della reviviscenza di un pas-
costituisce la chiave della sua lezione critica, non mi sembra che sato ormai irrimediabilmente perduto. Horowitz (primo interprete
Gould fosse sempre in grado di sfuggire al rischio di épater !es della Settima in America) affronta l'Andante caloroso come se fosse
bourgeois, e tanto più quanto più si allontanava dal prediletto stato scritto da Ciaikovsky e ne fa il centro emotivo della Sonata, il
Settecento. momento in cui Prokofiev compare allo scoperto nella sua vera
Credo che tra le sue numerose interpretazioni beethoveniane si natura. L'interpretazione di Gould è più interessante (anche
trovi solo un caso di scoperta vera, di scoperta totale, seppur perché l'interpretazione di Gould è del 1970, mentre quella di
dissacrante e caricaturale, di un carattere dell'opera che era rimasto Horowitz fu incisa nel 1945): accettando per scontata l'angolazione
prima celato: il Concerto n. 5, l'Imperatore. Richter aveva ipotiz- critica di Horowitz, Gould si dà a sottolineare furiosamente il
zato la rottura rivoluzionaria dell'Appassionata, ma si era fermato Kitsch, in polemica non solo con Prokofiev, ma anche con l' Ame-
al Concerto n. 3, interpretato da lui in una luce di ascetica dram- rica codina, che in grazia di melodie come quella dell'Andante
maticità goethiana, e non aveva toccato i Concerti n. 4 e 5 per aveva accettato, negli anni di guerra, la musica di Prokofiev.
soffermarsi invece sulla Fantasia op. 80 per pianoforte, coro e Altre volte Gould alternava lentezze interminabili e corse preci-
orchestra (opera basata sulla variazione, e quindi progressiva, se- pitose che finivano per parere gratuite e che sembravano toccare in
condo i concetti richteriani). Gould non solo interpreta tutti i realtà il limite dell'autoironia. Non so se Gould arrivasse solamente
Concerti di Beethoven, ma li fa culminare nel Quinto, accentuan- ad épater !es bourgeois o non anche a guardare il se stesso che voleva
done addirittura, per così dire, il titolo apocrifo, Imperatore. Se- épater e che diventava il primo bourgeois. Questa furia del carica-
t
376 Qgdon -Kars 377
L'esercito di Arlecchino

turista Gould verso certo Beethoven e verso Prokofiev era proba- berg, Stravinsky, Shostakovic, moltissimi contemporanei inglesi
bilmente rivolta più contro i miti della società americana - l'eroe (Birtwistle, Goehr, Maxvell Davies, Hoddinott, ecc.), Ogdon non
Beethoven come l'eroe Washington, Prokofiev come «moderno» ha saputo costruirsi la sua immagine di bizzarro, di lanzo dell' eser-
che non respinge la tradizione romantica - che non contro gli cito di Arlecchino. L'ho seguito durante le prove di un'esecuzione
autori. Così sembrerebbe. Ma poi non si capisce perché anche in del Concerto di Busoni e posso paragonarlo solo a Carlo Vidusso e
Schonberg Gould dovesse andare a stanare tutti i tarli tardoro- a Thiollier per la facilità estrema con cui dominava la tastiera. Il
mantici che rodono l'edificio razionalistico. Non si capisce bene, Concerto di Busoni non lo suonava e non lo vedeva da parecchi
dico, se Gould agisse da giacobino, per denunciare ogni minima anni, né aveva minimamente pensato di rivederlo prima delle
compromissione con l'irrazionale, o da reazionario, per dimostrare prove o di ripassarlo tra una prova e l'altra. Era grosso e anfanante,
che i rivoluzionari sono tali solo in apparenza. Forse, questo tra- perennemente stanco, con i piedi gonfi,. con cap~lli e piz_zo com-
sportare Bach su un pianoforte che assomiglia a un Graf 1830, pletamente bianchi, ... a trentasette anm. Negli mtervalli sedeva
questo scovar vermi romantici in Schonberg e in Prokofiev, questo sugli scalini e in dieci minuti cospargeva il pavimento di mozziconi
ridurre il Romanticismo a Bizet, Grieg e Sibelius dimostra in realtà di sigaretta, se il direttore fermava l'orchestra per dire q1:alcosa
una passione che, se manifestata, avrebbe rischiato di distruggere appoggiava braccia e capo sul pianoforte e sembrava dormire. Le
Gould. Come il virtuoso Atanaele di France, Gould sembrava aver sue mani avrebbero potuto spezzare i sassi e si muovevano sulla
orrore di una bellezza carnale cui in cuor suo agognava. Ed io avevo tastiera come ventose, con una potenza da far impressione; quando
immaginato che un giorno, forse, Atanaele:Gould avrebbe avuto il arrivò ricordava forse un dieci per cento della sua parte e due giorni
coraggio di confessare, a Taide-Chopin: «Taide, ti amo». E che dopo, avendo gettato solo qualche occhiata sulla musica lasciata
avrebbe suonato i Notturni. Voluttuosamente. negligentemente aperta sui pironi, aveva ripreso il pieno d?minio
Morendo tragicamente a soli cinquant'anni, e nel pieno di una di una composizione che dura più di un'ora e che racchiude la
maturità ancora in evoluzione, Gould scompaginò tutte le mie summa di tutta la tecnica virtuosistica.
oziose profezie. Ad un Beethoven che avesse appena composto E non era un mechanicus. Ricordava Gulda per il suo modo
l'Appassionata si sarebbe potuto dire: bravissimo, Ludwig, ma completamente privo di lusinghe di rendere la musica che suonava,
attento: ti aspetta la 111 ! Ma se Beethoven fosse morto subito dopo ma senza mài'dar l'impressione di disinteressarsi di ciò che faceva.
l'Appassionata si sarebbe dovuto soltanto esclamare: quanto fu Certo, aveva bisogno di un pesante razzo da pilotare verso ~a luna,
grande! Ci sono in Gould molte cose che non capisco, molte che mi non di un aliante da far salire in graziose volute, e faceva impres-
urtano, e so di non essere in grado di analizzarne fino in fondo la sione soprattutto quando i suoi dieci stantuffi lavoravano in tutta la
personalità. So però che la sua grandezza e la sua originalità di loro potenza e rapidità. Sarebbe stato in grado di affrontare le
interprete sono assolute. pagine della leggenda - la seconda versione degli Studi trascen-
dentali di Liszt, gli Studi sopra gli Studi di Chopin di Godowsky,
l'Opus clavicembalisticuny di Sorabij - che ness~no tent~ di _far
John Ogdon, che nel 1958 esordì a Londra, a ventun anni, con il rivivere. Sarebbe stato ... E, perché non ha ancora cmquant anm. Il
Concerto di Busoni, che nel 1962 vinse il Concorso Ciaikovsky di suo ritorno alla vita concertistica, o per lo meno alla sala di inci-
Mosca a pari merito con Vladimir Ashkenazy e che incise decine di sione, sarebbe una fortuna per noi.
dischi, si è in pratica ritirato dalla vita concertistica, ... ed il suo
nome sta cadendo nel dimenticatoio. Pianista di intelligenza vigile
e lucidissima, che ha eseguito, oltre al tradizionale repertorio, il È sparito, direi senza lasciar traccia, Jean-Rodolphe Kars, che
tardo Liszt, quasi tutto Scriabin, e Carl Nielsen, Messiaen, Schon- all'inizio degli anni 70, nei due libri dei Preludi di Debussy, fu
378
L'esercito di Arlecchino Kars-Magin 379

interprete, una volta tanto, veramente «giovane», capace, pur di non escludeva che l'audizione delle sue interpretazioni dei Preludi
seguire radicalmente un'idea, di gettare al vento la prudenza e di non fosse e non sia ancora, anche quando manca il pieno consenso,
sbagliare. L'idea era di verificare in concreto le tesi critiche dell'a- tra le più stimolanti, sorprendenti e geniali che si possano immagi-
vanguardia fr~ncese su Debussy. Jean-Rodolphe Kars, che non per nare. Nel 1972, quando uscirono i Preludi di Debussy, avrei giu-
nulla aveva vmto nel 1968 il Concorso Messiaen di Royan, volle rato nella grande carriera di Jean-Rodolphe Kars: non ho più
ver~i~are la ca1:acità _di Debussy di mettere in liquidazione la logica sentito parlare di lui e credo non abbia più suonato in pubblico da
trad1210nale dei nessi formali, dei rapporti armonici e dei rapporti anni.
melodici, e di fondare sul timbro il quadro sonoro. Era naturale che
una simile tesi fosse verificabile nel secondo meglio che nel primo
libro dei Preludi. Ed infatti l'assunto riuscì completamente al Kars Né ho più sentito parlare di Milosz Magin, la cui incisione dei
almen~ in un'occasione: l'interpretazione di Brouillards, primo Valzer di Chopin mi aveva entusias!Ilato nel 197 3 e che avevo poi
prelud10 del secondo libro, era un capolavoro che trovava riscontro ascoltato alcune volte in pubblico. E molto facile eseguire i Valzer
s?l? ~n alc~ne interpretazioni debussiane di Boulez. Molto spesso, e di Chopin in modo virtuosistico, facendone pagine da concerto e
c10e m un altra decina almeno di Preludi, il Kars era vicinissimo alla togliendo loro il profumo del salotto borghese (la maggior parte dei
perfezione di Brouillards. Talvolta la effettiva resa tecnica non era valzer) o del salone aristocratico (i valzer denominati «brillanti» da
pari alla concezione dei rapporti di timbri, ma era inevitabile che Chopin).
avvenisse così perché la ricerca di sonorità nuove imponeva la Ed è altrettanto facile renderli insopportabilmente sentimentali,
ricerca di nuovi modi di attacco del tasto, e quindi il dominio di una specie quando si toccano i brani (Valzer in do diesis minore, Valzer
tecnica che solo alcuni tra i migliori specialisti della musica d'a- cosiddetto «degli Addii») più usurati dalla retorica pseudoroman-
vanguardia avevano già sperimentato. Ciò si avvertiva specialmen- tica. Per la verità, le esecuzioni sentimentaleggianti, che tenevano
te in passi molto rapidi, e soprattutto nei passi nei quali la fre- banco ancora una sessantina cl' anni addietro, si ascoltano oggi
quenza di successione dei suoni doveva postulare il fruscio indi- spesso durante gli esami dei provincialotti e molto di rado, invece,
stinto.
nelle sale di concerto. Ma lo spettro dell'interpretazione bolsa-
Alcuni momenti non venivano convincentemente risolti dal Kars mente sentimentale è sempre in agguato, e scoraggia e frena molti
perché egli non arrivava fino alla macchia sonora ma preferiva una interpreti, tanto che è persino diventata inusuale l'apparizione di
costruzione puntilistica; altri momenti non venivano risolti perché un Valzer in un programma di concerto non interamente dedicato
la chiave critica usata (l'ipotesi di dissoluzione dei nessi linguistici) a Chopin.
non trova~a eff~ttiva rispondenza nella pagina interpretata. Così, L'interpretazione del Magin è - mi si passi il termine, che parrà
~anto per citare 1 due casi più evidenti, in La Cathédrale engloutie e grosso - sociologica. Ritroviamo nell'interpretazione del Magin
m La terrasse des audiences du clair de lune. In qualche rarissimo tutti i languori estenuati, tutto l'umido lacrimale, tutti i tira e molla
caso, quando il dato aneddotico contrastava con troppa evidenza di ritmo, tutto il meschino patetismo, tutta la mancanza di virile
c?n la tesi critica generale, il Kars si rifugiava nella tradizione pudore che appartengono al più fatiscente, al più ciarpaminoso, al
diventando anonimo (così in Minstrels, ma non, ad esempio, nella più screditato fin de siècle. Solo che il suono non è quello dei
Puerta del vino, risolta con stupende calibrature di timbri). Lo pianisti fin de siècle: è un suono lucente, breve e secco, martellato
studio di tutta l'opera pianistica di Debussy avrebbe portato il Kars (non pestato), quasi come un vibrafono senza eliche. Ed il risultato
a superare l'ingenuità della sua posizione, che era l'ingenuità di chi è di sorprendente novità.
pensa di poter risolvere unilateralmente un artista di vita intellet- Non si pensi però che il Magin si volga verso il passato ironica-
tuale complessa ed anche contraddittoria come Debussy. Ma ciò mente. Questo è l'aspetto più inatteso della sua interpretazione. Il
381
Argerich
380 L'esercito di Arlecchino
danza e sicurezza. Sembrava finita. Ricomparve _invece,sull~ s':ena
Magin fa sul serio, cioè, analizza seriamente uno stile di interpre- al Concorso Chopin di Varsavia del 1965, a ventiquattr anm: vmse
tazione perento, togliendogli la dimensione di base - il tipo di liscio e da allora riprese la carriera interrotta, diventando un «no:
suono - nella quale si era fissato storicamente. La mancanza di me» su cui si può discutere ma a cui non si possono negare le doti
una delle dimensioni originali, il suono, dà la misura del distacco, del concertista internazionale. . . .
del ripensamento del passato, ma il ripensamento avviene senza Abbiamo il disco che fissa il momento m cui la Argench sorprese
intenzioni dissacratorie perché la dissacrazione, dopo Stravinsky, i giudici del Concorso Chopin che la consideravano gi~ una ex, una
non avrebbe più senso. Dissacranti erano la furia selvaggia di di quelle fanciulle-prodigio che non reggono. oltre 1~dolescenza.
Rachmaninov o l'ironia sottilissima di Cortot, interpreti che agiva- Tecnica perfetta, temperamento esuberante, 1mpr~ss10nante con:
no a ridosso della generazione /in de siècle e che dovevano staccar- trollo di sé e dello strumento. Gli applausi che scrosciano dopo ogm
sene e sostituirla. Nel Magin, invece, quello stile riappare non più esecuzione sono ben meritati e danno la misura di un 7nt_usi~s~o ~
vivente e combattuto, ma pietrificato, e visto con l'obbiettività non di una partecipazione del pubblic? ch7 non sem~re ! vmc1:0~1 d1
priva di simpatia dello storico, che finisce coll'affezionarsi a ciò che concorsi sanno suscitare. Che poi le mterpretaz10m ch?~1mane
anatomizza. della Argerich siano da annoverare tra le cose m~m~rabili, a m~
La Decca aveva affidato a Magin la «integrale» delle opere di non pare. Ma il disco si ascolta con interesse, con _il piacere eh~ s1
Chopin. I dischi delle Ballate e delle Polacche furono eccezionali prova nel ~e~ere all' o~era_ u~ giovane atleta o un g10vane ballermo
quasi quanto quello dei Valzer: la lettura era sempre mediata concentrat1ss1mo e cancat1ss1mo.
attraverso un ripensamento dello stile di interpreti, soprattutto Il seguito della carriera della Argerich non ~a portato ~er ora alla
slavi, del principio del secolo, ma la sonorità asciuttissima, vitrea, maturazione del talento, ed accanto ad una mterpretaz10ne azze~-
non aveva nulla a che vedere con quello stile di interpretazione cata ed entusiasmante - come l'Andante spianato e_ Po(acca b~tl-
ormai tramontato e il dislivello suono-stile creava una tensione lante di Chopin - abbiamo decine di interpretaz10m ban~li o
altissima. I dischi successivi non confermarono i primi; quando addirittura sciatte. Quando però è posta sotto la bacchetta d1 u~
conobbi il Magin trovai in lui un musicista che non vedeva l'ora di musicista come Rostropovic, con il quale ha inciso il Concerto d1
finirla con Chopin perché i suoi interessi preminenti erano di Schumann e il Concerto n. 2 di Chopin, un musicista che ~on cere~
compositore. Come Nat... e all'incirca con gli stessi risultati, a di imporle una visione interpretativa sua ~a si sforza mve~e d~
quanto posso giudicare da una Sonata e dal Concerto n. 3, che razionalizzarne l'istinto debordante, la Argench trova uno ~e1 suo~
Magin ha inciso. Chissà che non riprenda un giorno a fare l'inter- momenti più felici, uno dei momenti ~n cui riesce_ a _d~r la m~sura ~1
prete ... ciò che può essere e di ciò che potrà diventare. Difficile p_artltura, il
Concerto di Schumann, sia perché la scelta delle tessiture s_tru-
mentali è spesso in contrasto con la scrittura del pianoforte solista,
Quando Martha Argerich, ragazzina argentina di sedici anni, sia perché il suono dei pianisti di oggi_non ha, il più delle volte, la
comparve in Europa per misurarsi nelle competizioni pianistiche, morbidezza e l'elasticità a cui probabilmente Schumann pensava.
vinse facilmente il Concorso Busoni di Bolzano e il Concorso di Non potendo impostare un'interpretazion~ filologica (f~ologica nel
Ginevra, stupì un po' tutti per le sue esplosive doti virtuosistiche e suono, non solo nel testo), Rostropovic s1 preoccupa d1 tr?vare, e
fu lodata persino da Guida. Dopo il folgorante inizio di carriera la trova un rapporto equilibrato tra pianoforte e ~rchestra chiedendo
Argerich sparì però presto dalla circolazione, attraversò vicende all'orchestra un suono più penetrante del solito, accent~a1;1~0 lo
personali travagliate, andò a Torino per quel corso di perfeziona- spiccato degli archi, puntando su at~acchi be~ accentuati pm che
mento tenuto da Benedetti Michelangeli che durò una sola stagio- sulla tenuta dinamica, modellando msomma il suono orchestrale
ne e nei saggi del corso apparve spenta, svuotata dell'antica bai-
I
382 L'esercito di Arlecchino

sul su~no granito ed imperioso della solista. Ottenuta questa im- L'ESERCITO
postazione del suono, Rostropovic non ha poi che da trattenere DI SOLONE
app~na l' ~ggressività della Argerich per trasformarla in piglio eroi-
~o e_m comvolgente emozione. Ne risulta un'interpretazione un po'
lisz~ian~ i_na travolgente, passionale e sensuale in sommo grado,
anzi, direi, francamente erotica in certi momenti di bruciante liri-
smo.
. Anche il Concerto n. 2 di Chopin è diretto con suprema intel-
ligenza da Rostropovic, ma con risultati meno sorprendenti (tranne
eh~ nella parte centrale del secondo tempo) perché qui il rapporto
solista-orchestra è tutto sbilanciato a favore del solista ed il diret-
tore non può intervenire a fondo. Comunque, la Argerich dimostra Dopo aver parlato dei pianisti che all'incirca nell'ultimo mezzo
di saper fraseggiare anche i passi rapidi e virtuosistici del Maestoso secolo hanno percorso con disagio la carriera concertistica o che,
iniziale e sostiene benissimo il tempo insolitamente lento che Ro- avendo iniziato su posizioni di originalità, non sono riusciti ad
stropovic sceglie per il Larghetto, scatenandosi un po' avventata- ottenere consensi sufficienti per affermarsi vedremo invece in
mente solo nel finale. Quando è da sola, per adesso, la Argerich questo capitolo coloro che nella vita concertistica si sono inseriti
parte troppo spesso come il marine che attraversa un tratto sco- come lame in un fodero già preparato. Prima di tutti Nikita Ma-
p~rt~ al galoppo e pr?teggendosi con bombe a mano e sventagliate galoff.
di mitra, e che non si arresta finché non cade gloriosamente, dopo Russo, nato suddito dello zar in una capitale imperiale che si
aver seminato di morti il terreno. Diamole la medaglia, a questa chiamava ancora S. Pietroburgo, Nikita Magaloff cominciò a stu-
c~valla della _A~ger~ch che ancora suona come ai concorsi, e aspet- diare il pianoforte da bambino, ricevendo qualche lezione da Alek-
tiamo che, dimmuitele le forze e le munizioni, preferisca attraver- sander Siloti, allievo di Liszt e cugino e maestro di Rachmaninov.
sare il tratto scoperto di notte: silenziosa, astuta, calma e discreta Nel 1918 - Nikita aveva sei anni - la famiglia Magaloff arrivava a
come un vecchio sergente che, senza beccarsi la medaglia e il pianto Parigi, ed a Parigi, dopo gli infantili assaggi di S. Pietroburgo, il
del comn:iodoro, salva la pelle sua e non carpisce quella degli altri. Nostro riceveva un'educazione musicale suntuosa, assolutamente
La Argench ha molte probabilità di arrivarci, come ci sono arrivati soignée. Studi di composizione (con contorno di partite a scacchi)
certi grandi virtuosi - Artur Rubinstein e Gilels, ad esempio - sotto la guida di Prokofiev, anche lui emigrato. Studi pianistici con
quando sono stati costretti ad accorgersi che non tutto è agevole Isidor Philipp, ungherese francesizzato che discendeva dalla co-
sulla tastiera, ... ad una certa età. stola di Chopin, avendo studiato con l'allievo di Chopin Georges
Mathias. Una doppia discendenza, a dire il vero, perché Mathias
aveva studiato con Kalkbrenner, prima che con Chopin. Philipp
ereditava così e il gusto di Chopin, sia pur filtrato da un mezzo
secolo di sedimentazione, e il perfezionismo di Kalkbrenner. E le
sue opere didattiche lo dimostrano: non la scelta della diteggiatura
più comoda, non di quella più funzionale (che, dice Clementi, non
sempre è la più comoda), ma il possesso di qualsiasi combinazione
di dita possibile. Come il conte d' Albretto di Giovanni Mosca, gran
signore che riteneva necessario dare ai figli un'istruzione tanto
384 L'esercito di Solone . . Magalol/ 385

completa da comprendere teoria e prassi del miagolio, Isidor Phi- trando nell'Unione Sovietica più di cinquant'anni dopo esserne
lipp pretendeva trilli di anulare e mignolo pari in scioltezza a quelli uscito, Magaloff s'accorse di parlare correntemente una lingua
di indice e medio. E dava dimostrazioni impeccabili dei suoi per- russa arcaicizzante, noi ci accorgiamo che qualcosa del salotto
sonali traguardi: mi disse Magaloff che Philipp, esemplificando pietroburghese, di Arensky e di Lja~ov e d_i Vitols, gli ~ restato
all'ottava alta, come fanno tutti gli insegnanti, difficili passi della nelle pieghe della memoria, e che ritorna m luce. Ma il fondo
destra mentre l'allievo suonava, usava la sinistra, non la destra! culturale di Magaloff è tutto stravinskiano (anche Stravinsky è un
Magaloff non è perfezionista oggi e non lo era neppure a quin- pietroburghese), e magari ingentilito dalle grazie di un uomo di
dici anni, sicché trillava con le dita che gli tornavano più comode, mondo impareggiabilmente charmeur.
faceva le scale in doppie terze senza consultare il trattato di Mosz- Il primo titolo di Magaloff è di aver eseguito Stravinsky e di
kowsky e non si spaventava - come non si spaventa - se gli essere interprete stravinskiano come Stravinsky desiderava: come
scappavano delle note false. Ma la base della sua tecnica furono e Monteux, come Ansermet. Il secondo titolo è di esser stato non
sono il jeu perlé e il velluto dei francesi, e chiunque ascolti da lui le tanto interprete di Chopin (gli interpreti di Chopin sono legioni, i
volate impalpabili dell'ultima pagina di quel Lento con gran grandi interpreti di C?opin ~o~o mo~tissimi), qua?to di aver es~-
espressione di Chopin, eh' egli esegue spessissimo come bis, si ac- guito l'intera opera d1 Chopm m ordme cronologico. Nella ~ton~
corge subito che questo oriundo russo non ha proprio niente della concertistica dell'interpretazione di Chopin troviamo dapprima 1
tecnica di Rachmaninov o di Horowitz e che ha invece tutto della bouquets di pagine sparse (un valzer, tre preludi, una mazurca, una
tecnica di Pugno o di Casadesus. Anche quando passa ad altri tipi ballata, ecc.), poi i generi (tutti gli studi, tutti i preludi, tutte le
di tecnica, anche quando, in omaggio al mito del «rilassamento», si ballate, tutti gli scherzi, ecc.); Alexander Brailowsky e, a qua~to
assicura con visibili scuotimenti di avere le spalle ben sciolte, il suo pare accertato, Edouard Risler e Robert ~ortat avevan? eseguito
modo di attaccare il tasto è sempre quello sacro al patriarca Saint- nel primo quarantennio del nostro sec~lo_il tu~to:Ch?pm. Ques~a
Saens: chi parla è il dito, chi regge le fila è Sua Maestà il dito. La iniziativa diventa con Magaloff, per cosi dire, «1st1tuz10nale», ed il
tecnica di Magaloff resta quindi, nelle sue basi, la tecnica di Saint- pubblico impara che con lui anche i rondò, la Sonata op. 4, l'Al-
Saens, di Marmontel, di Mathias, e di Pugno e di Casadesus. legro da concerto op. 46 hanno un se~so nel co~tes~~ dell'~pera di
Ma non di Cortot. Educato a Parigi mentre il più acclamato Chopin, così come, nel contesto, acquistano un significato diverso e
interprete di Chopin, Alfred Cortot, a Parigi spopolava, Magaloff più preciso, perché non mitizzante, le pagine più celebri.
dovette capire subito che l'originalità geniale di Cortot era distrut- Il lavoro di Magaloff è stato però più ampio di quello, già molto
tiva per chi lo avesse imitato. Come interprete di Chopin (e tutti cospicuo, di apostolo di Stravinsky e del tutto-Chopin. !v1agalo~ è
sanno quanta parte abbia Chopin nel suo repertorio), Magaloff stato il primo pianista di fama internazionale che abbia eseguito
procede da una tradizione antica direttamente tramandata, rinno- Soler, è ~J:ato il primo che abbia eseguito le incom~iut~ Variazio~i
vatasi attraverso i postulati neoclassici della lettura attenta, precisa, su un tema di Beethoven di Schumann, ha tenuto m vita le trascri-
analitica del testo. L'educazione tecnica che non esce dalla tradi- zioni Schubert-Liszt mentre erano desuete in Occidente, è andato a
zione francese e l'educazione stilistica fondata sull'insegnamento di cercare uno Schubert non di repertorio. Quando Magaloff sfodera
Chopin si uniscono in Magaloff alla scelta, alla identificazione con come bis un suo cavallo di battaglia, l'Improvviso op. 90 n. 2, e
una poetica: Stravinsky. Non lo Stravinsky polemico e schematico l'esegue con la chiarissima intenzione ~i strappar~ un boato_ ?i
dei libri, ma lo Stravinsky che capitava ad ogni momento a Parigi e applausi, è persino un po' irritante. Ma ciò non toglie che da lui 10
che dava dimostrazioni tecniche di come si potesse apprezzare, da abbia ascoltato la più bella esecuzione pubblica a me nota della
musicisti, più Ciaikovsky che Wagner. L'adesione alla poetica di Sonata op. 78, rimasta al di fuori degli interessi, sia detto per inciso,
Stravinsky non è magari più tanto evidente, oggi: così come, rien- di uno schubertiano di ferro come Richter.
386 L'esercito di Solone Katchen 387

Di recente Magaloff ha poi ripreso a suonare Weber e Men- specéhio rovesciato tutta la storia della letteratura pianistica nella
delssohn, e non il W eber del Concertstuck e il Mendelssohn del prima metà dell'Ottocento. Proprio questo senso della brahmsiana
Concerto in sol minore, ma il W eber delle Sonate e il Mendelssohn meditazione sulla storia risultava chiaro dalle esecuzioni di Kat-
delle Romanze senza parole, dei Preludi e fuga, delle sonate giova- chen, che faceva inoltre scoprire il carattere ciclico delle ultime
nili. Recuperato Schubert, c'è oggi da verificare se sia veritiera la raccolte di pezzi, eseguite fino a quel momento solo per frammenti.
«linea» tradizionale Schubert-Schumann, e Magaloff comincia a far Il ciclo brahmsiano di Katchen non ottenne -i successi del ciclo
intravvedere al pubblico due linee diverse tra le quali corrono dei · beethoveniano delle Sonate o del ciclo chopiniano. Credo però che
ponti, ma che sono storicamente indipendenti: una linea «vienne- Katchen avrebbe alla fine «sfondato» e che il suo ciclo brahmsiano
se» che finisce con Schubert, una linea «tedesca» che comincia con avrebbe potuto diventare per il pubblico un appuntamento gradito_
Weber e, se vogliamo, una sintesi che si attua in Brahms. Propo- quanto gli incontri beethoveniani e chopiniani. Purtroppo Julius
nendo alle società di concerti e Weber e Mendelssohn, Magaloff Katchen morì nel '69, a quarantatre anni e nel momento in cui
opera da artista che promuove lo sviluppo della cultura; se poi sono stava conquistando una posizione di grande prestigio nella vita
le società che scartano Weber e Mendelssohn e invocano l'eterno concertistica. Come molti americani della sua generazione, Kat-
Chopin, beh!, la colpa non è di Magaloff. Intendo dire che in una chen era un gran macinatore di note, un pianista dal suono robusto
vita musicale meno pigra e consuetudinaria di quanto non sia e dalle mani infallibili, un costruttore di architetture solidissime. In
l'attuale, un pianista con la facilità di apprendere e con la disponi- tempi in cui era ancora attivo Backhaus ed era ancora vicino il
bilità allo studio come Magaloff potrebbe fare moltissimo, potreb- ricordo di Fischer e di Schnabel poteva sembrare un interprete
be essere più prezioso di quanto in effetti non risulti essere. Tra le serio, volenteroso e quadrato, che non raggiungeva-mai i livelli dei
due specie di pianisti che Busoni distingueva, quelli che presentano grandi esegeti di Brahms. Oggi le cose stanno un po' diversamente.
la letteratura e quelli che scelgono alcuni pezzi per presentare se E evidente che Katchen era stato fortemente impressionato dalla
stessi, Magaloff appartiene comunque alla prima: che non è sempre lezione di Fischer e di Backhaus, ma nel suo stile di interprete
la più ammirata, che non è sempre la più grande, ma che è sicura- brahmsiano si trovavano e si trovano almeno due elementi di
mente la più nobile. novità che escludono l' epigonismo: una cupa, tetra sfumatura della
nostalgia e della malinconia di Brahms, ed una tavolozza di colori
più ricca di quella dei pianisti nati intorno al 1880, che non aveva-
Magaloff, con il ciclo-Chopin, riprendeva un'idea di Alexander no affrontato in profondità i simbolisti. L'originalità di Katchen
Brailowsky, che l'aveva attuata per la prima volta nel 1924. L'a- risulta chiaramente proprio là dove un virtuoso delle sue qualit~
mericano Julius Katchen, all'inizio degli anni 60, cominciò ad dovrebbe trovarsi meno a suo agio: nei pezzi op. 76 e 116-119. E
eseguire in quattro serate tutte le opere per pianoforte solo di molto raro che il pianismo tendenzialmente aggressivo di Katchen
Brahms. Il pubblico si accorse, con sorpresa, di quanto poco fosse prevalga in queste pagine: si può ricordare per eccezione la Ballata
noto il Brahms pianistico: le Variazioni su un tema di Paganini e le op. 118 n. 3, che manca di interiorizzazione, o il finale della
Variazioni su un tema di Handel erano sì popolarissime, la Sonata Rapsodia op. 119 n. 4, dove però l'esplosione virtuosistica dell'ul-
op. 5 era compresa nel repertorio di qualche mostro sacro (come tima pagina arriva al culmine di una progressione emotiva accor-
Fischer e Rubinstein), le Rapsodie op. 79 e i Valzer op. 39 si erano tamente calcolata e suona perciò del tutto logica. Ma là dove il
sentiti e tutti i pianisti avevano sottomano qualcuno degli Inter- recensore scettico aspetta Katchen con più curiosità (nell'Inter-
mezzi. Ma Katchen faceva scoprire al pubblico più attento una mezzo op. 116 n. 4, nell'Intermezzo op. 117 n. 2, nell'Intermezzo
produzione non vastissima, eppure eccezionalmente densa di ac- op. 118 n. 6, nell'Intermezzo op. 119 n, 1), ebbene, Katchen non
cadimenti, una produzione nella quale si rifletteva come in uno suona solo bene le note: fraseggia con ricchezza di idee ed espone il
388 L'esercito di Solone Brendel 389

discorso con una chiarezza ed una poesia che non la cedono a tatura: la sua morte prematura è stata certamente una perdita
quelle di altri più celebrati interpreti, appartenenti ad aree culturali gravissima per la storia dell'interpretazione pianistica nella seconda
impregnate di memorie brahmsiane. Rebus sic stantibus, è ovvio metà del nostro secolo, la più grave dopo la scomparsa di Lipatti.
che un virtuoso come Katchen si trovi in mezzo ad un giardino di
delizie quando Brahms spinge perfidamente l'esecutore ai limiti
dell'impossibile. Sia le Variazioni su un tema di Hiindel che le Il concertismo solistico, iniziato verso la fine del Settecento, ha
Variazioni su un tema di Paganini sono rese con una pienezza, una inventato e messo a punto diversi meccanismi di selezione dei
forza, un dominio quali rarissimamente sono stati raggiunti. Nelle talenti, e quindi di avvio della carriera. Il più antico e il più ingenuo
prime due Sonate la tecnica trascendentale di Katchen trova un è quello che fu adottato da Mozart: il libero professionista si fa
altro ideale campo di battaglia, e anche nei momenti più scabrosi impresario di se stesso e si assume tutti i rischi economici. Poco più
(ad esempio, nel finale della Sonata n. 1 e nello Scherzo della tardi Muzio Clementi inventava il sistema del protégé: un grande
Sonata n. 2) si ha sempre l'impressione di una riserva di risorse che maestro presenta al pubblico il suo allievo, facendosi patrocinatore
non viene toccata. Ma assolutamente sconvolgente è l'audizione e garante del nuovo talento: Clementi fa esordire John Field, Liszt
della Sonata op. 5, nella quale, miracolosamente, Katchen riesce a fa esordire Hans von Biilow, Leschetitzki fa esordire Ignaz Pade-
far vedere in proiezione tutto il futuro sviluppo della personalità di rewski, e così via. Il sistema dei concorsi, di cui parlerò in partico-
Brahms. lare più avanti, è più recente, perché risale alla fine dell'Ottocento:
È un peccato che Katchen non abbia inciso le pagine virtuosi- nel 1890 Anton Rubinstein bandiva un concorso di pianoforte e di
stiche sperimentali di Brahms (i Cinque Studi e la versione del- composizione, laureando rispettivamente il russo Dubassov e
l'Improvviso op. 90 n. 2 di Schubert con la parte della mano sinistra l'italiano Busoni, nel 1893 Louis Diémer metteva in palio una
affidata alla destra e viceversa), cioè quelle pagine ch'egli sarebbe somma di denaro e formava una giuria di celebrità - Paderewski,
st_ato tr~ i pochissimi pia~isti - non più di cinque o sei - in grado Philipp, Planté, Pugno, Rosenthal, Saint-Saens - che laureava
d1 dominare veramente. E invece strano che nella prima serie delle Joaquin Malats. Backhaus, Gilels, Benedetti Michelangeli, Gulda,
Danze ungheresi, in cui, tecnicamente, fa cose da ... pazzi, non riesca Pollini e tanti altri hanno ricevuto dalla vittoria in un concorso il
a riproporre lo stile fantasioso e capriccioso degli zingari ungheresi viatico per la celebrità. L'ultimo sistema - per ora - risale al
e ci trasporti, più che nella brasserie danubiana, in un serioso dopoguerra: la carriera iniziata con il disco. Lipatti, come abbiamo
Concerthaus. Strano, perché Katchen è interprete tra i più brillanti visto, è il primo che intuisce questa possibilità; Alfred Brendel è il
e caustici di pagine - dal Concerto n. 2 di Rachmaninov alla primo che attraverso il disco ottiene la notorietà.
Rapsodia in blu di Gershwin al Concerto n. 3 di Prokofiev ai Nato a Wiesenberg il 4 gennaio 1931, dopo aver studiato a
Concerti di Ravel - nelle quali i compositori gettano l'occhiata Zagabria e a Graz, Brendel seguì corsi di perfezionamento tenuti da
amorosa o l'occhiata complice verso la musica disimpegnata, verso Paul Baumgartner, da Edwin Fischer e da Eduard Steuermann.
quella musica che sa un po' di compromesso tra sacro e profano. Con alle spalle questi ottimi studi, e con un modesto terzo premio
Era interprete eclettico, Katchen, e riusciva bene nei Concerti K conquistato nel Concorso Busòni di Bolzano nel 1949, Brendel fu
466 e K 503 di Mozart, come nelle Variazioni su un valzer di notato da una piccola casa discografica americana, la Vox, che stava
Diabelli di Beethoven, come in certo Chopin, come nel Bart6k del iniziando una nuova politica editoriale. L'Austria del dopoguerra
Concerto n. 3, come, stupendamente, nel Britten delle Diversions. era un gran serbatoio di talenti, ed offriva molte specie di pesci a chi
Quando morì aveva cominciato a raccogliere il suo immenso ta- voleva gettarvi la rete. Vivevano infatti a Vienna Friedrich Gulda,
lento e il suo mutevole temperamento intorno ad un autore, Alfred Brendel, Paul Badura Skoda, Jorg Demus, Walter Klien,
Brahms, da cui avrebbe potuto partire per rileggere tutta la lette- Ingrid Haebler, oltre a direttori d'orchestra ed esecutori di vari
390 L'esercito di Solone Brendel 391

strumenti. Tra tutti i giovani pianisti austriaci che iniziavano la loro nella fedeltà allo stile elaborato dai grandi interpreti cosiddetti
carriera tra il 1945 e il 1950 il solo Gulda si impose rapidamente classici o neoclassici: Schnabel, Fischer, Backhaus, Kempff, Baum-
attraverso la vittoria nel Concorso di Ginevra e poche, fortunatis- gartner. Brendel non imitava direttamente nessuno, e non avrebbe
sime tournées di concerti. Tutti gli altri trovarono invece occasioni del resto potuto imitare personalità tanto diverse tra di loro senza
e stimoli di lavoro nella nascente industria del microsolco, alla cadere in un vuoto eclettismo. Ci sono però elementi di stile -
quale occorrevano interpreti disponibili per imprese faticose, mas- dallo stacco dei tempi al modo di realizzare i gradi della dinamica al
sacranti ma, a lunga distànza, culturalmente producenti. La Vox e modo di fraseggiare - che gli interpreti citati avevano, entro certi ·
la Westminster iniziarono con i giovani pianisti viennesi (e con limiti, in comune. Ad esempio, è ben vero che Schnabel, Fischer,
qualcuno più anziano, come Friedrich Wuhrer) una politica lungi- Backhaus e Kempff adottano velocità lievemente diverse tra di loro
mirante, che intendeva sostituire con il disco la pubblicazione della nei quattro principali episodi di cui si compone l'esposizione del
musica stampata o, se si preferisce, affiancare agli opera omnia primo tempo dell'Appassionata. Ma basta ascoltare le velocità
stampati gli opera omnia in disco. Politica proseguita coerente- adottate da Richter per capire che la prospettiva di quest'ultimo è
mente per più d'un decennio, e poi generalizzatasi, che favorì gli radicalmente diversa, mentre gli altri quattro, fatte salve le diversità
interpreti in grado di cogliere al volo l'occasione e ne escluse per individuali, si muovono entro una prospettiva comune. In quella
sempre altri, come Walter Kamper e Alexander Jenner, forse al- prospettiva si muoveva anche Brendel, che servendosi di stilemi già
trettanto dotati ma non ancora pronti per le fatiche delle «integra- elaborati e sperimentati conduceva onorevolmente, molto onore-
li». La mastodontica mole di incisioni effettuate tra il 1950 e il 1965 volmente a termine,ciò che gli era stato richiesto di fare.
permise poi a Brendel, a Demus e alla Haebler di emergere anche L'impeccabilità ha i suoi pregi - e non lo dico ironicamente. Ha
in campo concertistico con il sussidio di una formidabile prepara- per esempio i pregi delle garanzie che offre all'ascoltatore non
zione di base e con un repertorio vastissimo. esperto o poco esperto di musica, il quale attraverso l'impeccabilità
Brendel incise la Fantasia contrappuntistica di Busoni, tutta dell'esecutore può cogliere un'immagine complessiva dell'autore,
l'opera per pianoforte solo e il Concerto di Schonberg, ed incise non distorta, non provocatoria, non ipotetica. L'impeccabilità ha
qualcosa di Schubert, di Haydn, di Schumann, alcuni Concerti e anche i suoi limiti. Solo nella non impeccabilità, talvolta, si registra
Sonate di Mozart, la Sonata op. 5 e i Pezzi op. 3 di Richard Strauss. una tensione spirituale che rende affascinanti le manchevolezze,
Il più importante lavoro che la Vox gli affidò fu l'incisione di tutte che fa spalancare gli occhi e fa intravvedere cose mai viste: «Less is
le opere per pianoforte solo e per pianoforte e orchestra di Beet- more, Lucrezia», Quel meno è un più, Lucrezia, dice alla moglie
hoven. Alla resa dei conti l'incisione non fu proprio completa Andrea del Sarto nel poemetto di Robert Browning, quando nota
(Brendel scrisse di aver volutamente escluso le composizioni da lui l'errata positura di un braccio disegnato da Raffaello, e non riesce a
ritenute poco significative), ma era la più completa che si potesse muovere il carboncino per una correzione che gli era parsa agevo-
trovare allora e fino a molti anni più tardi, ed era utilissima, le ...
malgrado l'evidente immaturità dell'interprete. La Vox si impe- ... e Brendel era a parer mio un del Sarto quando interpretava
gnava a fornire una corretta lettura di tutta l'opera di Beethoven, di Beethoven o in genere quando interpretava i.classici tedeschi. Ma
quella di cui si potevano trovare interpretazioni esemplari e di era anche un Raffaello quando interpretava Chopin e soprattutto
quella che non aveva mai avuto l'onore di un'incisione. Brendel Liszt. L'interesse per Liszt era certamente sorprendente e persino,
ripagò la fiducia che era stata in lui riposta, ed offrì un'esecuzione in un certo senso, contraddittorio, ma conduceva Brendel a sco-
pressoché impeccabile. Ma in che cosa consisteva l'impeccabilità di perte sue, personali e originali, non condizionate da una tradizione
Brendel? Nella scelta del testo filologicamente più sicuro fra quelli ricevuta da grandi maestri, da conservare e custodire con cura.
disponibili, nel rispetto delle note e dei segni, nella conoscenza e La tradizione lisztiana tedesca, quella dei Bulow, dei Bronsart,
392 L'esercito di Solone Brendel 393

dei Klindworth, degli Ansorge, dei d'Albert, dei Reisenauer, non Weingartner e più intensa di quella raggiunta, in prospettive an-
era stata continuata da interpreti altrettanto grandi, al contrario di cora classiciste, da Lipatti. Sono passati molti lustri, ma quella
quanto era accaduto in Russia. Per Brendel, giovane esponente del incisione resta ancor oggi memorabile, storica. E Brendel aveva
classicismo viennese, Liszt rappresentava dunque un momento allora ventisei anni.
affascinante di cultura autre. Ed in Liszt il suo talento di interprete, Oltre ai Concerti e alla Sonata Brendel incise molte altre pagine
tenuto a freno dalla tradizione in Mozart e in Beethoven, acqui- di Liszt, comprese parecchie Rapsodie ungheresi e parecchie para-
stava tutto lo slancio, tutta la fantasia, tutta l'originalità di cui era frasi su temi d'opera, e comprese alcune delle ultime composizioni,
capace. Ad esempio, la sua interpretazione della Sonata in si mi- allora del tutto sconosciute e neppur oggi veramente note. Di
nore, acutamente analizzatrice e nello stesso tempo fervidissima ed Chopin, Brendel incise le Polacche op. 22, op. 40 n. 2, op. 44, op.
impetuosa, si colloca nel novero delle interpretazioni storiche, do- 53, op. 61: anche questa è un'interpretazione piena di idee e talora
po quelle di Cortot e di Horowitz e prima di quelle di Arrau, di veramente entusiasmante (op. 44, op. 61), sulla quale non mi
Gilels, di Berman. Altrettanto straordinaria l'esecuzione dei due soffermo perché Chopin non fu affrontato da Brendel con l'impe-
Concerti sotto la direzione di Michael Gielen. Per sua fortuna, gno e con l'ampiezza di vedute posti nell'interpretazione di Liszt,
Brendel non era un virtuoso che facesse saltare gli ascoltatori sulle così come episodico mi sembra sia stato l'interesse per la letteratura
sedie; per sua fortuna, Gielen era ancora al bivio tra la carriera di russa (un'incisione geniale dei Quadri di Mussorgski, incisioni di
direttore e la carriera di compositore. Messisi a decifrare i due Islamey di Balakirev, di Petruska di Stravinsky, della Sonata n. 5 e
Concerti di Liszt, i due si scoprirono abbastanza ingenui da non del Concerto n. 5 di Prokofiev).
temere i confronti con i grandi virtuosi e abbastanza smaliziati da La personalità di Brendel appariva già ben definita verso il 1965,
non paventare il cattivo gusto di Liszt. La loro lettura intendeva nelle sue focalizzazioni come nelle sue esclusioni. L'interesse pre-
valorizzare le partiture, distillandone tutti i succhi musicali ma minente riguardava la civiltà viennese. Viennese, si badi, non tede-
senza rifiutarne la dimensione oratoria, cioè senza dimenticare che sca: Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, e anche Schonberg, ma
le stupende invenzioni di Liszt erano usate dal compositore come quasi niente Schumann e Brahms, e ~anto m~no ~eber e ~en-
mezzo di pressione psicologica nei confronti dell'ascoltatore. Il delssohn. Limitato interesse per Chopm e per 1 russi, nessun mte-
generale, forte rallentamento dei tempi adottati da Gielen e Bren- resse per gli impressionisti francesi, una grande ammirazione, quasi
del permetteva loro di far sentire tutte le preziosità dell'armonia e un culto per Liszt. Interessi che si sono approfonditi, ma non
della strumentazione, e nello stesso tempo nessun pudore classici- ancora sostanzialmente modificati dopo che Brendel, dalla metà
stico li costringeva ad attenuare il gestire eroico ed il cantare con il circa degli anni 60, ha aumentato i suoi impegni e si è imposto nelle
cuore in mano: anzi, proprio il rallentamento dei tempi rendeva più sale di concerto, soprattutto in Inghilterra (vive a Londra dal 1971)
monumentale il gesto eroico e più arcanamente soggiogante e negli Stati Uniti, come uno tra i più acclamati pianisti del nostro
l'esposizione dei sentimenti. Il barocco di Liszt - autentico ba- tempo. . .
rocco romantico, che non desidera ancora recuperare il classicismo Brendel dal vivo non corrisponde del tutto a Brendel m disco, e
e non è ancora turbato da presentimenti decadentistici, ma vive in in verità ci vuole un po' di tempo per superare la sorpresa che si
un presente che gli appare eterno - si affermava nell'interpreta- prova ascoltandolo per la ~rima v?lta in sala d_i ~on~er,to. In p~b-
zione di Brendel e Gielen in una misura inusitata, equilibratissima, blico Brendel dimostra un 1mpress10nante dom1mo dt se: la tecnica
assolutamente esemplare. Forse Brendel e Gielen avevano tenuto e la memoria sono in genere sicurissime, il senso della forma non lo
presente la vecchia incisione di Emil von Sauer e Felli: Weingart- abbandona quasi mai, la presenza degli ascoltatori non sembra
ner, e forse conoscevano l'interpretazione di Lipatti. Certo è però condizionarlo. Il suo volume di suono è però assai limitato, e
che la loro forza emotiva era più autentica di quella di Sauer e l'ascoltarlo richiede uno sforzo di concentrazione insolito perché
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con lui non si resta dominati, assaliti da sonorità imperiose, ma 101, Ashkenazy, come vedremo fra poco, aveva riscoperto la Pa-
bisogna invece adattarsi ad un suono sottilissimamente graduato tetica e l'op. 111, Gilels stava mettendo in luce un Beethoven
nella intensità e timbricamente poco variato, che dà l'impressione strettamente collegato ai primi romantici. Se pensiamo a Brendel,
di un disegno a penna. Un tempo si diceva che Brendel doveva quando ascoltiamo la stupefacente, persino irritante esecuzione che
contenere il suono perché gli si spezzavano facilmente le unghie Richter ci dà del secondo tempo dell' op. 14 n. 1, dobbiamo dire che
(suonava allora spesso con cerotti sulla punta delle dita). Oggi la il less di Richter è un more rispetto a Brendel. E less is more
dinamica limitata fa parte di uno stile asciutto e lineare, di una dobbiamo dire anche quando paragoniamo Brendel alla furia ico-
lettura ascetica e severa come una lezione di filologia. E forse per noclastica di Guida, alle bizzarrie di Barenboim, alle follie di Lupu.
ciò Brendel, discograficamente molto «venduto» in Italia, non è Brendel era certamente maturato, dal 1961 al 1977; lo si avvertiva
popolare nelle nostre sale di concerto, dove pure è apparso spesso. da un'infinita di sfumature, dalla maggiore perfezione, dalla mag-
Negli anni 70 Brendel ha nuovamente inciso quasi tutto il suo gior trasparenza dei piani sonori. Di nuovo, rispetto a prima, c'era
vecchio repertorio (non Chopin ed i russi), aggiungendovi pochi però pochissimo: qualche pedale di risonanza più lungo (due bel-
pezzi di Bach, i due Concerti di Brahms, molti lavori della maturità lissimi esempi: nel primo tempo dell' op. 31 n. 3, nel secondo tempo
di Schubert, molti Concerti e alcune Sonate di Mozart. La sua dell'op. 79), qualche accordo rapidamente arpeggiato, qualche
maturazione è evidente da un'infinità di particolari, quando si altro particolare di minor conto. Rimaneva l'uso del si bemolle
paragonano ad esempio le due incisioni delle Sonate e dei Concerti grave nell'op. 106, che in un classicista di questo tipo dava persino
di Beethoven. Molte cose erano accadute, nell'interpretazione fastidio. Rimaneva la sensazione che fosse sempre mancata, a
beethoveniana, tra il 1960 e il 1977. Nel 1960 il classicismo stava Brendel, una crisi di rigetto della tradizione, che gli fosse mancato il
esaurendo la sua funzione e doveva essere portato alle estreme coraggio di affrontare Beethoven con l'indipendenza di spirito con
conseguenze o essere superato. Alle estreme conseguenze lo portò cui aveva affrontato Liszt e, in misura più limitata ma pur sempre
Arrau, il cui rigore analitico fu spinto a limiti sconosciuti persino ad cospicua, Schubert.
uno Schnabel, certamente il più acuto indagatore del testo tra gli Un autentico arricchimento è invece da notare soprattutto nei
interpreti della generazione precedente. Ad un certo tipo di supe- Concerti (più che nelle Sonate) di Mozart, tanto che oggi il solo
ramento lo portò Backhaus nei suoi ultimi anni. Ad un altro tipo di Rudolf Serkin può stare alla pari di Brendel come interprete mo-
superamento lo portò l'esperienza più importante che venisse fatta zartiano, per lo meno tra gli interpreti che usano il pianoforte
in quegli anni, con Badura Skoda e, con risultati di maggior novità, moderno. Brendel sceglie la strada della collocazione storicamente
con Jorg Demus: l'esecuzione sui pianoforti di Beethoven o del esatta di Mozart, al primo momento della civiltà viennese che
tempo di Beethoven. Nel 1977 non c'era chi, in senso globale, proseguirà con Beethoven e si concluderà con Schubert. Interprete,
potesse andar oltre a ciò che aveva fatto Arrau, non era ancora come dicevo, un po' conservatore di Beethoven, e interprete schu-
apparso chi sapesse riprendere le proposte di Backhaus, ed era in bertiano acuto ma non sempre disposto a seguire Schubert nel suo
via di continuo, ma lentissimo sviluppo l'esecuzione sul fortepiano. tragico pessimismo, Brendel trova invece nei Concerti di Mozart un
I traguardi raggiunti dal classicismo non potevano essere toccati e il punto di equilibrio perfetto, cogliendo, con sensibilissime antenne,
classicismo appariva un'esperienza irreversibile. Non si poteva però tutte le sfaccettature della personalità mozartiana, dalla gaiezza
neppure congelare il classicismo, che veniva invece sottoposto ad quasi infantile al demonismo. La sua visione interpretativa è pur
una continua erosione con proposte per allora parziali. L'olimpica sempre quella che era stata elaborata dalla generazione dei classi-
certezza di Brendel era sicuramente consolante. Ma intanto Richter cisti, e sarebbe forse auspicabile che l'interpretazione mozartiana si
aveva sconvolto la tradizione classica in almeno due Sonate (l' op. rinnovasse. Ma non si vede come. Lo stile del classicismo, all'inizio
14 n. 1 el'Appassionata), Serkin aveva dato un volto diverso all'op. degli anni 80, accomuna interpreti di età, formazione culturale e
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L'esercito di Solone Brendel - Ashkenazy 397
per?onalità d~verse come Brendel, Ashkenazy, Pollini, Lupu, Pe-
Brendel ci mostra la continuità tra lo Schumann intimistico e lo
rahi~, Lon9uich. La Kraus, unica interprete nella quale la teoria
Schumann sinfonico. Tempi più svelti e suono più ridotto rispetto
degli affetti prevalga sullo storicismo, non ha seguito, Arrau che
sia alla Argerich che ad Ashkenazy, un modo di cantare intenso ma
porta il classicismo alle estreme conseguenze, vanificandolo, ~on il
dolce, sensibili differenziazioni di carattere tra i vari episodi ma
Mozart dei Concerti non ci ha provato ancora, né gli esperimenti
sotto il comune denominatore di un colloquio del poeta con se
con strumenti d'epoca sono stati condotti con quel radicalismo che
stesso. Si direbbe che Brendel colga nel Concerto tutto il mondo
prob~bilmente, avrebbe aperto nuove vie. Brendel è quindi oggi il giovanile di Schumann, ordinato ma non costretto nelle.forme della
magg10r esponente della, cultura dominante, e in quest'ambito si
tradizione classica: un Davidsbundlertanze riscritto come Concer-
muove con una compiutezza ed un magistero assoluti.
to. Interpretazione affascinante, in cui Br,endel è mirab~ent~
. Che co?a manca in u? pianista, in un interprete di questo valore, coadiuvato dal suono che Abbado cava dall orchestra, specie dagli
m un artista della tastiera che è certamente da annoverare, con
archi, e in cui si rivaluta addirittura la scrittura sinfonica schuman-
Ashkenazy e Pollini, tra i migliori della sua generazione? Manca, a
parer i_nio, un momento di crisi in uno sviluppo rettilineo. Nel niana. 11 d'
Le più note interpretazioni del Concertstuck sono que e i
1976, m un breve saggio su Busoni (poi pubblicato nel volume Casadesus e di Magaloff, che collocano Weber nel contesto della
Nachdenken uber Musik), Brendel esponeva sinteticamente la sua cultura romantica francese in cui il compositore tedesco era stato
co?cezion~ della «missione dell'interprete», e la esponeva con la introdotto da Berlioz e da Liszt. La lettura di Brendel ed Abbado
chi~re_zza mtellettuale e con l'interiore sicurezza che non gli fanno riconduce invece Weber nel protoromanticismo tedesco, facendo
mai_ difetto. Concezione che si articola in tre momenti (filologico, del Concertstuck l'equivalente strumentale del Franco cacciatore e
stanco, morale), sulla quale non si può non consentire e che non mancando di mettere in luce le lontane ascendenze in Mozart e
permette a chi l'adotta di meditare senza fine i testi dei grandi in Carl Philipp Emanuel Bach.
creatori. Sarebbe tuttavia deludente veder Brendel completare fra Haydn, Weber e Schumann rappresentano tre direzioni _che
qualche anno una sua terza, perfezionata incisione delle Sonate e possono portare molto lonta_no un grande interprete, e le prime
dei Concerti di Beethoven. Il rischio degli interpreti beethoveniani due sono per di più strade poco esplorate. Percorrendole, Brendel
affermati è di diventare per il pubblico dei Beethovenspieler a cui si potrebbe trovare ciò che a parer mio ha scansato i~ Beet~oven, non
chiede di cesellare sempre più finemente le loro esecuzioni. Ma il ha ancora visto bene in Schubert ed ha appena sfiorato m Mozart:
B_eethove~sp~eler Wilhelm Backhaus sentì a sessantacinque anni il gli aspetti non razionali, il male oscuro della civiltà di cui è inter-
bisogno di riprendere in mano Chopin, e dopo aver ristudiato prete eminente.
Chopin ci diede, a ottant'anni, il Beethoven più enigmatico del-
l'ultim? qu_arto d! ?ecolo. Il Beethovenspieler Wilhelm Kempff a
settant anm scopri m Schubert un sonatista pari a Beethoven. Che Al contrario di Brendel, il russo, poi naturalizzato islandese
cosa troverà Brendel?
Vladimir Ashkenazy è un tipico prodotto delle selezioni dei con-
Per ora ha cominciato ad ampliare il suo repertorio con alcune corsi internazionali. Nato a Gorky il 6 luglio 1937, studi iniziati a
Sonate di Haydn, alcuni grandi lavori di Schumann ed il Con- sei anni, esordio a Mosca a otto anni, dieci anni di lavoro con una
c~rtstuck di Weber. Ho accennato all'interpretazione del Concerto preparatrice-allenatrice di talenti, allievo, a_partire ?ai diciott'anni,
di Sc?um~?n della C_?ppia _Argerich-Rostropovic e parlerò più cioè dopo il compimento della scuola media superiore, d_el g~ande
avanti dell mterpretaz10ne di Ashkenazy. Se la Argerich mette in didatta Lev Oborin (vincitore del primo Concorso Chopm di Var-
luce quanto di più ... concertistico ha il Concerto di Schumann, e se savia e noto soprattutto come collaboratore di David Oistrakh).
Ashkenazy mette in luce le aspirazioni neoclassiche schumanniane, Nello stesso anno in cui cominciava a studiare con Oborin, Ash-
398 L'esercito di Solone Ashkenazy 399

kenazy vince il secondo premio al Concorso Chopin di Varsavia, soffermarsi di preferenza sugli autori romantici. L'esecuzione della
l'anno dopo vince a Bruxelles il Concorso Regina Elisabetta del Fuga era tecnicamente portentosa; e non si trattava di un exploit
Belgio, nel 1958 suona negli Stati Uniti, nel 1960 conclude gli studi reso possibile dal disco perché con la stessa disinvoltura, sebbene
nel conservatorio di Mosca, nel 1962 vince, a pari merito con non con la stessa potenza di sonorità, Ashkenazy aveva eseguito la
Ogdon, il Concorso Ciaikovsky di Mosca, l'anno dopo si stabilisce a Fuga in pubblico. La velocità e la chiarezza del contrappunto non
Londra e nel corso degli anni 60 diventa un concertista di indi- erano però fini a se stesse; l'esaltazione giubilante del primo tempo
scusso prestigio in tutto il mondo. era mantenuta anche nella Fuga, appena temperata dall'episodio
Alcuni dischi dell' Ashkenazy venticinquenne testimoniano centrale, che Ashkenazy conduceva come un intermezzo anziché,
qualità virtuosistiche stupefacenti: ad esempio, un'esecuzione in al modo di altri interpreti, come il centro emotivo di tutto il finale.
pubblico del pestifero Concerto n. 2 di Prokofiev è veramente L'op. 106 divenne la pietra angolare di una «integrale» delle
miracolosa per la disinvolta facilità con cui vengono superati gli Sonate di Beethoven che Ashkenazy portò lentamente avanti nel
ostacoli innumerevoli e per la assoluta mancanza di problemi di corso degli anni 70. Val dunque la pena di considerare subito il suo
ordine musicale-architettonico: Ashkenazy sembra una reincarna- contributo all'interpretazione beethoveniana. L'interpretazione
zione del compositore, tanto speditamente ritrova la logica della delle prime Sonate - ed analogo discorso si potrebbe fare per i
composizione, e non ha il minimo problema fisico nel far passare le primi due Concerti - appare stilisticamente non ben definita.
intenzioni musicali alla punta delle dita. Prodotto di una scuola, Ashkenazy impiega talvolta una paletta timbrica assai variata, che
prodotto di una preparazione metodica, quasi scientifica? Proba- gli permette di rendere con una chiarezza straordinaria i momenti
bilmente sì, in Prokofiev. Ma nessuno poteva aver insegnato ad di scrittura più tipicamente «orchestrale» (ad esempio, nel primo
Ashkenazy a declamare con infinita, poesia i più difficili Studi di tempo della Sonata op. 2 n. 2), ma poi fa anche ricorso, con
Chopin: ascoltato radiofonicamente dal Festival di Bergen e poi un'insistenza a parer mio eccessiva, al pedale una corda, cadendo
riascoltato in disco, Ashkenazy mi sbalordiva agli inizi degli anni 60 nella monotonia e soprattutto nella uniformità timbrica perché il
perché negli Studi di Chopin aveva superato anche il virtuosismo, pedale una corda non permette sensibili variazioni timbriche in
anche il piacere di sentirsi sano e di trovar tutto facile, e veramente rapporto con diversi tipi di tocco. Anche la carica espressiva di
cantava come un usignolo. alcuni momenti (ad esempio, il secondo tempo dell'op. 2 n. 2)
Alcuni dischi e molte esecuzioni in tutto il mondo fecero di risulta attenuata, frenata, troppo «signorile» e riservata per un
Ashkenazy, in circa un quinquennio, il giovane pianista che occupò compositore focoso come il Beethoven venticinquenne.
lo spazio lasciato libero dal bizzoso Gulda. L'incisione della Sonata Se la sonorità e la gamma espressiva del primo Beethoven non
op. 106 di Beethoven, nel 1968, lo qualificò come interprete che appaiono dunque risolte da Ashkenazy in modo del tutto convin-
potenzialmente era in grado di andare ben al di là di Chopin e dei cente, del tutto convincente è invece il fraseggio, molto attento a
russi. Grandioso ed impetuoso il primo tempo, tutto basato su una conciliare l'assoluto rispetto del segno con un'esposizione varia e
sonorità metallica che richiamava nettamente sonorità di strumenti non pedantesca. Ashkenazy fraseggia anche i passi virtuosistici,
a fiato di timbro chiaro. Il fugato era eseguito con chiarezza ecce- tenendo conto della difficoltà tecnica, e cioè facendo della difficoltà
zionale, ed altrettanto eccezionali erano i contrasti dinamici nel- un parametro del fraseggio. I pianisti dilettanti e non dilettanti, che
l'ultima pagina. Lo Scherzo era forse meno riuscito del primo hanno sudato le loro sette camicie, sciroppandosi tutte le possibili
tempo perché il ritmo, vigorosamente scandito nel/orte, peccava di varianti ritmiche e tentando tutte le più astruse diteggiature nelle
incisività nel piano. Ashkenazy si riportava ad un livello molto alto battute 21-24 del primo tempo e nelle battute 9-18 del finale della
nell'Adagio, detto con intimo sentimento e senza quegli eccessi di Sonata op. 2 n. 3, sentono con un po' di rabbia che Ashkenazy, al
espressione che si sarebbero potuti temere in un interprete incline a contrario di altri celebri virtuosi, se la prende comoda in un modo
400 L'esercito di Solone Ashkenazy 401

che una commissione d'esame definirebbe furbesco e sfacciato. Le altre Sonate della cosiddetta «seconda maniera» vengono ese-
Probabilmente, Ashkenazy potrebbe viaggiare a macchinetta an- guite in modo meno inventivo, magari con qualche idea nuova (ad
che in quei tratti così insidiosi. Ma la sua capacità di lasciar vedere esempio nell'op. 53) non condotta coerentemente fino in fondo.
che la difficoltà impegna lui pure ci rende un modo antico di Nelle ultime Sonate, oltre all'op. 106 di cui ho già detto, si distin-
rapporto tra il concertista e il mondo dei dilettanti. Ne avevo guono la luminosissima op. 109 e l'op. 111. L'op. 111 presenta un
parlato analizzando le interpretazioni mozartiane di Gieseking; lo problema molto spinoso: il rapporto di tempo tra il Maestoso
ritrovo, sebbene con minore ingenuità e con un pizzico di civette- introduttivo e il successivo Allegro con brio ed appassionato. L'ul-
ria, in Ashkenazy, e non posso non apprezzarlo interamente. tima battuta dal Maestoso e le prime due dell'Allegro presentano
La Sonata che segna il passaggio dal colto, sensibile, aggiornato un ininterrotto trillo misurato al basso, e ciò pone un problema di
lettore di Beethoven all'interprete che incide sulla storia, per Ash- rapporti della rispettiva velocità delle figurazioni (trentaduesimi
kenazy è la Patetica. L'idea da cui il pianista russo parte è molto nel Maestoso, sedicesimi nell'Allegro). A prima vista si sarebbe
semplice: l'unificazione dell'unità ritmica di base in tutti i tempi indotti a credere che il trillo debba mantenere la stessa velocità nel
della Sonata, con conseguenti rapporti per due o per multipli di Maestoso e nell'Allegro, il che significherebbe un rapporto del
due delle unità metriche. La realizzazione di Ashkenazy è però ben 200% di velocità in più dell'unità metrica dell'Allegro rispetto a
lungi dall'essere meccanica, metronomica, ed è invece variata in quella del Maestoso. Ma così facendo ci si trova subito di fronte a
modo infinitesimale in rapporto con il fraseggio e la sonorità, tanto due inconvenienti opposti: o la scansione di tutto il Maestoso
che l'idea di fondo non si percepisce chiaramente alla prima audi- diventa troppo veloce oppure diventa troppo lenta quella dell' Al-
zione, ma solo con un successivo controllo. Alla prima audizione si legro.
nota invece la relativa lentezza dell'ultimo tempo e l'enorme len- La tradizione ha trovato una soluzione che è stata indicata da
tezza del Grave iniziale, con una dilatazione dei silenzi, rispetto a molti revisori e che era stata adottata da tutti i maggiori interpreti:
ciò che si ascolta solitamente, che lascia esterrefatti. Ma proprio da accelerazione progressiva del trillo e velocità dell'Allegro del 250
questo inizio così inconsueto è il significato stesso del patetico a per cento circa più alta di quella del Maestoso. Troviamo questa
mutare, per ridiventare quello teorizzato da Schiller, «forza tragica soluzione, con piccole varianti, in Backhaus, Fischer, Schnabel,
della rappresentazione» di una «lotta contro la sensibilità che ci Nat, Kempff, Arrau e molti altri fino a Barenboim. Un tentativo di
opprime» (L. Magnani). E dall'inizio sgorga tutto il seguito della soluzione diversa era stato proposto da Elly Ney, ma in modo non
Sonata, che suona alle nostre orecchie come un qualcosa di mai chiaro e probabilmente solo intuitivo: intuitivo di valori dramma-
udito. Non paia eccessivo ciò che dico, e non sembri ch'io pensi di tici che potevano essere esaltati da un diverso rapporto tra Mae-
dover considerare superate le interpretazioni di Fischer o di Back- stoso e Allegro, ma non cosciente della dimensione teorica del
haus o di Serkin o di Richter: l'interpretazione di Ashkenazy è però problema, e perciò non perfettamente coerente nella pratica rea-
di quelle che fanno epoca, non meno delle interpretazioni ora lizzazione.
citate. Una soluzione radicalmente diversa da quella della tradizione
Altra interpretazione da antologia è quella dell'op. 27 n. 1, che era stata invece trovata da Glenn Gould, il quale partiva dal
Ashkenazy riesce a rendere come una grande improvvisazione, principio che la velocità del trillo, dall'ultima battuta del Maestoso
come una versione ottocentesca delle toccate bachiane, dando alla prima dell'Allegro, dovesse aumentare del doppio; il rapporto
piena ragione della denominazione Sonata quasi una Fantasia scelta di velocità dell'unità metrica diventava così del 400 per cento in più
da Beethoven. La Sonata op. 31 n. 1 è resa con gusto e con nell'Allegro rispetto al Maestoso. Gould, come gli accade spesso,
umorismo, tanto da affiancarsi all'interpretazione di Gilels nella realizzava però la sua folgorante idea con provocatoria ostentazio-
definizione di un lavoro di collocazione stilistica tra le più difficili. ne, riuscendo praticamente solo a rendere tremendamente virtuo-
402 L'esercito di Solone Ashkenazy 403

sistico l'Allegro. L'idea di Gould fu ripresa da Ashkenazy e realiz- teso, da Richter la dinamica contenuta nei limiti di un fortissimo
zata con ben altra capacità di passare dalla dimensione teorica al non squillante né massiccio).
fatto sonoro concreto. Quel processo di revisione della tradizione, . Ma ~ueste radi~i ,sto~iche e queste derivazioni culturali vengono
presente allo stato intuitivo nella Ney ed allo stato teorico in rifuse m una qualita d1 suono talmente personale da costituire un
Gould, si saldò in Ashkenazy in un'interpretazione che conservava dato stilistico inconfondibile. L'atteggiamento culturale di Ashke-
insieme il rigore della enunciazione teorica ed una rinnovata ric- nazy è strutturalistico. Ashkenazy sa che le motivazioni storiche,
chezza drammatica dell'espressione musicale. sociologiche, biografiche dell'opera di Chopin sono state analizzate
e rivelate, ma sa anche che nulla può spiegare completamente la
Ashkenazy spinse poi ancora più avanti la semplificazione dei
creazione chopiniana e ritorna, forte di tutta la preparazione di più
rapporti perché mantenne la stessa durata dell'unità metrica di
generazioni, a considerare il testo di Chopin nei suoi rapporti
base nell'Allegro e nell'Arietta, e con ciò pose i fondamenti di
interni, con l'atteggiamento meditativo di chi contempla anziché
un'interpretazione della Sonata veramente innovativa rispetto alla
analizzare. Non dico che gli studi critici su Chopin non possano
tradizione. Con ciò non voglio dire che solo Ashkenazy abbia
rivelarci più nulla di nuovo, né che non possano esistere, in altri
ragione e tutti coloro che lo hanno preceduto abbiano avuto torto o
interpreti, altri atteggiamenti culturali. L'atteggiamento di Ashke-
siano stati incapaci di leggere correttamente il testo di Beethoven;
nazy è ·però non solo del tutto legittimo, ma è anche quello di una
ma con Ashkenazy- nell'op. 111 come nella Patetica - abbiamo
personalità alla quale non sfuggono né la complessità né la varietà
la scoperta per lo meno di una validissima alternativa alla soluzione
dell'arte di Chopin. Rispetto ad altri interpreti che affrontano
che una tradizione secolare aveva elaborato.
Chopin. in ~hiave classico-strutturalista, Ashkenazy ha dunque il
Beethoven come primo polo di una ricerca. Dopo Beethoven vantagg10 d1 non operare in modo riduttivo, ma di saper cogliere
l'altro polo essenziale è rappresentato per Ashkenazy da Chopin, di l'arte chopiniana come un cosmo che trova in sé la spiegazione del
cui ha iniziato, ma non ancora concluso l'incisione completa delle suo essere. Ed abbiamo così la prima «integrale» che conclude,
opere per pianoforte solo. Dopo aver ripreso gli Studi (in un'ese- potrei dire che esemplifica quarant'anni di studi critici e di ricerche.
cuzione che aveva perduto un poco della freschezza e della imme- L'atteggiamento di Ashkenazy verso la letteratura, come il let-
diatezza poetica della prima incisione), Ashkenazy progettava una tore avrà capito, è un po' quello del giovane Arrau: leggere tutto,
serie di dischi in cui le opere di Chopin venissero presentate in studiare_ tutto, avere di fronte a sé un quadro completo i cui tasselli,
ordine cronologico ... rovesciato: dalle ultime note tracciate dalla collocati al posto giusto, sveleranno con solare evidenza i loro
mano di un morente alla prima Polacca di un bimbetto di sette rapporti e il disegno generale di due secoli di storia. L'atteggia-
anni. Curiosa griglia; che Ashkenazy riempie saltando un po' di qua mento di Ashkenazy, come di Gulda e di Brendel, differisce però
e un po' di là, sempre con risultati che lo pongono al livello dei dieci da quello dei predecessori perché non è mitico e non è semplice-
o dodici pianisti che hanno fatto la storia dell'interpretazione di mente strutturalista: Ashkenazy non cerca una linea portante e
Chopin. dominante a cui i fatti storici si rapportino gerarchicamente e non
La sua formazione stilistica è molto lineare e la sua derivazione cerca archetipi formali, ma cerca la molteplicità e la contradditto-
dalla tradizione russa è evidentissima. Ma più che un prodotto di rietà della storia. Si può solo immaginare dove approderà nei
una tradizione Ashkenazy è una personalità che sulla tradizione prossimi vent'anni. Per ora si può notare che, dopo aver quasi dato
opera una sintesi, conglobandovi anche aspetti della lezione di fondo a Beethoven e a Chopin, egli sta incidendo come solista-di-
interpreti estremamente originali e non-tradizionali come Sofro- rettore tutti i Concerti di Mozart, che sta incidendo tutte le Sonate
nitzki, Horowitz e Richter (da Horowitz e forse da Sofronitzki di Sc~ubert, che ha inciso tutte le Sonate di Scriabin, tutte le opere
Ashkenazy ha derivato secondo me un fraseggio sempre molto per pianoforte e orchestra e gran parte delle opere per pianoforte
404 L'esercito di Solone Ashkenazy 405

solo di Rachmaninov, tutti i Concerti di Prokofiev, i Concerti di festo del neoclassicismo ottocentesco, cioè come superamento del
Bart6k, ... oltre a tante cose di Schumann, Liszt, Brahms, Mussorg- concerto brillante e come recupero di un rapporto paritetico, mo-
ski, Debussy, Ravel, ecc. ecc. zartiano tra solista e orchestra. Le velocità sono più moderate del
È persino più facile andare ad osservare Ashkenazy là dove è solito nei tempi mossi e più mosse nei tempi moderati, il virtuosi-
meno ammirevole. Ad esempio, dato per scontato che egli rag- smo è escluso in modo, a volte, persino dimostrativo e puntiglioso,
giunga sempre quel suo standard minimo, oggettivamente assai il pianoforte è considerato interlocutore dell'orchestra. Il Concerto
elevato, possiamo dire che in Rachmaninov egli non tocca le punte di Schumann regge, certamente, interpretazioni diverse o opposte,
estreme che ha· toccato in Beethoven o in Chopin. In realtà, l'arte proprio perché, essendo l~vor~ no~ di ~n acc~~e,mico. ma ~i un
pianistica di Rachmaninov procede direttamente dall'arte di Liszt, artista, rappresenta una smtes1 storica d1 class1c1ta e virtuosismo
soprattutto per quanto riguarda la concezione del suono, incisivo, brillante: le intenzioni di Schumann, in altre parole, non erano
marcato, oratorio, retorico (parlo, s'intende, del Liszt più noto, non reazionarie, ma miravano al superamento di una fase storica re-
dell'ultimo Liszt). E Ashkenazy non è un sommo interprete di cente mediante il ripensamento di tutta la storia del concerto per
Liszt: la sua incisione di sette degli Studi trascendentali, ad esempio, pianoforte e orchestra. Ashkenazy ha però tutte le ragioni di met-
è molto meditata ed è risolta con musicalità impeccabile, ma manca tere in speciale evidenza quello che è l'aspetto più nuovo e più
delle qualità fantastiche, visionarie che si ritrovano invece in un progressivo del Concerto di Schumann, ed ha il coraggio di rinun-
Richter o in un Berman, e manca anche del travolgente virtuosismo ciare a tutto ciò che più facilmente entusiasmerebbe l'ascoltatore.
di un Cziffra o di un Bolet. Per di più, Ashkenazy, che è un tecnico Tra i grandi interpreti schumanniani soltanto Kempff, per quanto
sopraffino e che negli Studi di Chopin fa cose strabilianti anche sul ricordo, aveva impostato un'interpretazione del Concerto tanto
piano tecnico, non possiede però una tecnica delle ottave, soprat- contenuta e cameristica, dando però l'impressione di un certo
tutto delle ottave ribattute, fenomenale quanto quella di Horowitz imbarazzo e anche di una limitazione tecnica che favoriva e guidava
o di Gilels o di Berman. Le sue esecuzioni di Rachmaninov, spe- la scelta di un'interpretazione. In un virtuoso come Ashkenazy la
cialmente di alcuni brani, sono quindi piuttosto compassate e rinuncia al virtuosismo acquista invece un valore probante e un
prudenti, vorrei dire frenate. E il pensiero ritorna insistentemente significato di analisi critica approfondita, dalla quale l'interpreta-
ai grandi interpreti storici di Rachmaninov, da Rachmaninov stesso zione coerentemente scaturisce.
a Sofronitzki, Horowitz, Richter, Berman, per confronti e per Ashkenazy, al contrario di altri grandi interpreti del Concerto
paragoni che non vanno mai a vantaggio di Ashkenazy. (Serkin escluso), sente inoltre l'ambizione di andare a verificare
Ma non vorrei dar l'impressione di andare con accanimento in negli altri due pezzi schumanniani per pianoforte_e orchestra, l'op.
cerca del vizio nascosto nel cavaliere senza macchia e senza paura. 92 e l'op. 134, la validità della sua tesi. Basta ascoltare da Ashke-
E dopo aver detto di due grandi interpretazioni del Concerto di nazy l'Introduzione dell' op. 92 per capire il senso del neoclassici-
Schumann (Argerich-Rostropovic e Brendel-Abbado) aggiungerò smo schumanniano, esteso, in questo caso, fino al Bach delle fan-
qualche considerazione sull'interpretazione di Ashkenazy, diretta tasie in arpeggi; e basta ascoltare il secondo tema dell' op. 134 per
da Uri Segai. Con Ashkenazy e Segai abbiamo un'interpretazione vedere l'immediato rapporto tra Schumann al termine della vita e
del Concerto esattamente opposta a quella della coppia Argerich- Brahms all'inizio della sua attività, tanto che la dedica a Brahms
Rostropovic. Questa volta è il solista, non il direttore, che dà il tono dell'op. 134 appare simbolicamente indicativa di un'eredità arti-
all'interpretazione. E la dà cercando prima di tutto quelle qualità di stica. La penetrante capacità di analisi stilistica di Ashkenazy riesce
elasticità e di morbidezza del suono che alla Argerich mancavano anche a mettere in evidenza nell' op. 134 l'affettuoso omaggio alla
completamente. Da questo colore di suono, che percorre l'opera da memoria di Mendelssohn. L'op. 134, lavoro in pratica sconosciuto
capo a fondo, nasce un'interpretazione del Concerto come mani- e certamente non tale da poter mai diventare popolare, si svela così
Ashkenazy 407
406 L'esercito di Solone
arrivare al fine, quasi come un campione sportivo che, non pago dei
come il testamento spirituale in cui si evidenziano, alla metà del-
successi riesce ancora a migliorare un qualche «colpo» che non gli
l'Ottocento, le correnti di pensiero che percorrono l'arte musicale
riusciva' così bene come altri, Ashkenazy ha perfezionato le sue
tedesca tra romanticismo e neoclassicismo.
ottave ed ha acquistato in potenza. Avevo notato? in alcune su~
Ho già detto che in Erdmann avevo trovato una sintesi di pari
esecuzioni in pubblico, un gioco delle spalle che gli permetteva di
~e~at1;1ra; qualcos~ di an~logo, in modo almeno apparentemente
raggiungere una potenza per lui insolita ne~'ultima _pagina dello
1stmt1vo, lo trovo m Serkin. Forse Ashkenazy non possiede ancora
Scherzo n. 4 di Chopin. Ma nello Scherzo il passo m ~ttav~ ~ra
quella suprema saggezza serkiniana che scioglie ogni residuo di tesi
breve mentre nel Secondo di Bart6k ottave e accordi rapidi e
e c~e fa diventare l'interpretazione un puro gioco; ma è certo che
incisi~i si sprecano. Dopo aver molto lavorato, direi, anche sulla
ogni sua nuova interpretazione non cade a caso, nell'immane la-
Sonata n. 2 di Rachmaninov, presentata in pubblico nel 1980,
voro che gli tocca di condurre per completare le innumerevoli
Ashkenazy non ha mancato l'occasione che il Secondo?~ ~ffriva ~•
«integrali» ch'egli tiene in marcia.
mi sembra, si è aperta la strada verso una landa che mizia con il
L'ultima scoperta di Ashkenazy è per ora Bart6k. Apparente-
Bart6k della Sonata e di All'aria aperta e procede fino al Liszt del
mente condizionato da certi rozzi meccanismi pubblicitari della
Totentanz e della Sonata in si minore. Per Ashkenazy sono in vista
nostra vita musicale, Ashkenazy è arrivato a Bart6k esattamente in
occasione del centenario della nascita del compositore e delle rela- altre «integrali», e, mi auguro, altre scoperte.
tive celebrazioni. Ha eseguito a New York i tre Concerti e li ha
incisi sotto la direzione di Solti, dimostrando però che il centenario
era s~lo l'occasion~ c~mti~gente per attaccare dopo congrua pre-
parazione uno dei giganti del nostro secolo e ponendo quindi
subito alcuni punti fermi nell'interpretazione bartokiana. Dei
Concerti di Bart6k nòn abbiamo purtroppo l'esecuzione dell'auto-
re (che eseguì i primi due, com'è ben noto; il Terzo era incompiuto
~~a ~orte di Bart6k) .. Il punto di riferimento storico è dunque
l mci~i~n~ completa di Geza Anda e Ferenc Fricsay, i maggiori
termmi di confronto sono il Secondo eseguito da Richter-Maazel il
Primo e il Secondo eseguiti da Pollini-Abbado, il Primo eseguito da
Hambro-Mann, il Terzo eseguito da Katchen-Kertesz. Com'era
facile pronosticare dopo la sua incisione del Concerto di Schu-
mann, Ashkenazy mette in luce le matrici classiche dei Concerti di
Bart6k, sia in senso strutturale che 1deologico, e sottolinea affet-
tuosamente le citazioni stilistiche classiche del Terzo Concerto. Ma
nello stesso tempo, mentre in Schumann aveva rinunciato persino
os~entat~men~e ~I virtuosismo, nel Secondo di Bart6k sfoggia una
grmta vrr~uo_si~uca c_he quasi non gli conoscevamo più dai tempi
della sua mcis10ne lwe del Concerto n. 2 di Prokofiev. Là dove il
virtuosi~mo tr~s~endentale non è un'aggiunta, opinabile, all'opera;
~a _dell opera e mvece elemento costitutivo, Ashkenazy non si tira
mdietro e non cerca rivisitazioni signorilmente cameristiche. Per
Ciani 409

dinaria sensibilità all'evolversi della storia della cultura poteva


· STORIA E MITO
applicarsi alla decifrazione delle Sonate di Weber. E su questo
punto i meriti di Dino Ciani sono al di là di ogni elogio. Ciò non
significa che la sua decifrazione sia illuminante. Parlo, s'intende, di
decifrazione stilistica, cioè di collocazione stilistica di Weber come
fenomeno storico alternativo e a Beethoven e a Schubert. La for-
ma-sonata è percorsa ip Weber da un umore rapsodico e improv-
visatorio, e da· un gusto teatrale, coloristico, paesistico che ne
denunciano veramente la crisi storica irreversibile. «... la signora
Du Joncquoy dichiarava che non poteva sentir suonare del Weber
senza vedere subito laghi, foreste, sorger del sole su campagne
Dino Ciani era un pianista ammirevole per la versatilità e per la molli di rugiada», dice Zola in Nanà, rieccheggiando i discorsi dei
vastità del repertorio, che testimoniava la inconsueta molteplicità salotti parigini del Secondo Impero. Ed io credo che proprio in
dei suoi interessi spirituali, e se non fosse tragicamente scomparso a questa direzione, nella direzione del fantastico, del cavalleresco, del
poco più di trent'anni sarebbe probabilmente divenuto uno dei più «romantico» come l'intendeva madame Du Joncquoy vada cercata
completi interpreti della letteratura pianistica. La morte lo colse la collocazione stilistica delle Sonate di Weber. Ora, solo in un'oc-
invece nel momento in cui la sua sete di conoscere non si era ancora casione Dino Ciani traduce in termini di compiuta concretezza -
appagata ed in cui non si erano ancora iniziati quei processi di di qualità di suono, di fraseggio, di scansione del tempo - la
sedimentazione, di riflessione, di superamento dell'istinto che poetica di Weber: solo nel Trio del Minuetto della Sonata n. 1. Non
portano l'interprete a ripercorrere con un'angolazione critica co- ci sono, a mio giudizio, altri brani nei quali si attui completamente
sciente e coerente i due secoli di storia durante i quali la letteratura uno stile appropriato; si notano invece, qua e là, alcuni barlumi di
pianistica è cresciuta su se stessa. È un fatto paradossale, per un idee originali in mezzo a un panorama di slanci, di entusiasmi, di
pianista così intriso di musica e così innamorato del suono, ma non musicalità istintiva, vivace ma generica. Ci sarebbero voluti molti
si può non notare che l'analisi della sua carriera, più che dei suoi anni e molta fatica perché la straordinaria idea da cui Ciani era
dischi, rende a Dino Ciani la vera testimonianza del suo valore. partito trovasse da lui una definitiva realizzazione. Quando incise
Nella carriera di Ciani si iscrivono le sue scelte di repertorio e certe di nuovo la Seconda e la Terza Sonata, per la Deutsche Gram-
idee innovatrici, come l'esecuzione in concerto del gruppo delle mophon Gesellschaft, non era ancora andato oltre le posizioni
ultime opere di Chopin o l'esecuzione in due serate dei Notturni di assunte al tempo dell'incisione per la Dynamic, pur avendo modi-
Chopin alternati con i Preludi di Debussy o della serie completa dei ficato e maturato alcuni importanti particolari (basti paragonare le
Notturni di Chopin in una sola serata. La sua discografia consegna due versioni dell'inizio della Sonata n. 2). Avrebbe probabilmente
invece alla storia, a parer mio, due sole interpretazioni meditate, risolto il problema nel momento della sua completa maturità; ma la
quella dei Preludi di Debussy e quella del Concerto n. 1 di Brahms morte lo portò via molto prima che le sue idee di avanguardia ed il
con Claudio Abbado. Altri dischi e registrazioni di esecuzioni suo originale talento di interprete potessero raccogliersi e concen-
pubbliche vanno guardati invece come lavori preparatori per una trarsi su ricerche condotte in profondità.
sintesi che non poté avvenire. Un altro disco inciso per la Dynamic nel 1965 è molto stimolante
La prima importante impresa discografica di Ciani fu l'incisione per la scelta di un gruppo di musiche di Bart6k: la Sonata, le
delle quattro Sonate di Weber per la Dynamic. Verso il 1960 solo Improvvisazioni op. 20, All'aria aperta, la Suite op. 14. I limiti di
una mentalità aperta ad esperienze avveniristiche, solo una straor- maturità dell'interprete sono chiari; la scelta è tale da prospettare
410 Storia e mito Ciani 411

sinteticamente l'evoluzione dello stile di Bart6k dal 1916 al 1926, zione della cultura tedesca, ed avemmo, sulla scia di Casella, le
ma la perfetta individuazione dei problemi di interpretazione viene poche interpretazioni beethoveniane ricordevoli di Carlo Zecchi,
talora solo sfiorata. Da una parte Ciani dà troppo credito all'im- Guido Agosti, Arturo Benedetti Michelangeli. Non avemmo uno
magine del neoclassicismo bartokiano muscoloso e sportivo, che è Schnabel, un Fischer, un Backhaus, e neppure un Kempff, un
in realtà una riduzione di comodo della cultura italiana durante il Salomon, un Serkin, un Baumgartner, un Arrau. È prendendo le
fascismo, e dall'altra non approfondisce i rapporti, che pure intui- mosse da questa scuola, ma ben dopo il 1945, che la cultura italiana
sce benissimo, tra Bart6k e Debussy. Nella Sonata Ciani risente si allineò sulle posizioni raggiunte tra le due guerre dalla cultura
dell'influenza di Pietro Scarpini, primo pianista italiano ad eseguire anglosassone. Da qui· partì Maurizio Pollini e da qui partì Dino
ed incidere il lavoro, e che collocava l'arte di Bart6k assai vicino a Ciani. Più vicino Pollini a Schnabel, più vicino Ciani a Kempff;
quella di Hindemith. E nelle Improvvisazioni il giovane interprete entrambi, forse, nella condizione di far evolvere in senso originale,
teme forse di far apparire una dipendenza di Bart6k da Debussy, ed italiano, un'eredità ricevuta da una diversa cultura, così come
attenua, modificando le indicazioni originali per il pedale di riso- nell'Unione Sovietica avevano operato prima Richter e poi Gilels.
nanza, il «debussismo» di alcune parti, mentre invece il fatto stesso Ho fatto il nome di Kempff, e l'ho fatto perché Ciani, come
che il settimo brano sia dedicato «alla memoria di Debussy» do- Kempff, sente con profonda simpatia gli aspetti intimi ed elegiaci
vrebbe denotare non la dipendenza ma la citazione. dell'arte di Beethoven, mentre ne rende con timorosa compostezza
Il modo di considerare l'arte di Bart6k non è però, in Ciani, gli aspetti tragici. Nel recital veronese spicca dunque su tutte
attardato rispetto ai tempi. Anzi: ciò che maggiormente muove la l'interpretazione della Sonata op. 79 e si distinguono il primo, terzo
sua immaginazione sono i momenti materici di All'aria aperta, ed è e quarto tempo della Sonata op. 7, il primo tempo della Sonata op.
partendo dal punto dì più avanzato radicalismo ch'egli cerca di 110 e lo Scherzo della Sonata op. 14 n. 2 concesso come bis. Più
leggere retrospettivamente Bart6k. I condizionamenti inconsci im- convenzionale, ma non superficiale o scontata, è l'interpretazione
postigli dalla cultura italiana gli impediscono però di centrare dell' op. 31 n. 2, che trova però qualche impronta personale nel
interamente l'obbiettivo. E del resto, quanti interpreti di venti- terzo tempo, nel quale l'adozione di una velocità molto flessibile e
quattr' anni avrebbero potuto centrare un obbiettivo di tale porta- diversificata permette all'interprete di sfuggire al cliché del moto
ta? È straordinario il solo fatto che Ciani abbia saputo porselo e che perpetuo per proporre una schubertiana sospensione della durata
abbia saputo cercarlo con una tensione intellettuale ed un entusia- temporale. Il secondo tempo della Sonata op. 7 ci offre la punta più
smo che vivificano tutte queste sue interpretazioni. avanzata e nuova di Ciani interprete di Beethoven; qui la ricerca
Ciani fu il secondo pianista italiano, dopo Alfonso Rendano, che della varietà timbrica e della molteplicità dei piani sonori porta
eseguisse in pubblico il ciclo delle trentadue Sonate di Beethoven Ciani a non distinguere bene la timbrica dalla dinamica e a pro-
(eseguì anche i cinque Concerti e diverse serie di Variazioni e di porre soluzioni, a parer mio, stilisticamente non coerenti. Eppure
Bagatelle). È quindi opportuna una valutazione del suo rapporto proprio in questo momento contraddittorio si comincia a vedere
con Beethoven. La registrazione di un recital tenuto a Verona nel una personalità che si stacca dalla tradizione per interrogare diret-
1973 permette di cogliere il momento aurorale, il primo apparire di tamente il testo beethoveniano.
un autentico interprete beethoveniano. La cultura italiana, si sa, ha Se non consideriamo un'interpretazione scintillante e centratis-
raccolto la lezione del classicismo tedesco solo nel secondo dopo- sima della Sonata op. 13 di Hummel, splendida ma isolata, l'ultimo
guerra. Tra le due guerre noi avemmo l'edizione commentata delle autore sul quale Ciani si fosse impegnato in modo già originale è
Sonate di Beethoven curata da Alfredo Casella, di cui possiamo Chopin. Abbiamo la registrazione della serata - 16 dicembre 1973
oggi vedere con chiarezza tutti i meriti in rapporto con la situazione - nella quale Ciani eseguì al Piccolo Teatro di Milano, primo
culturale italiana del momento e tutti i ritardi rispetto all' evolu- pianista che affrontasse l'impresa, il ciclo completo dei Notturni di
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Chopin. In verità non si può dire che questa esecuzione dei Not- cocente è perciò il dolore per la sua morte, provocata da un banale,
turni si inserisca tra quelle storicamente memorabili. La declama- assurdo incidente automobilistico.
zione è quasi sempre drammatica, spesso non senza retorica, e
troppo di rado si piega all'introspezione, alla scoperta del pessimi-
smo cosmico di Chopin; l'atteggiamento di Ciani, se è perfetta- Pablo Casals racconta che, invitato a suonare nel palazzo reale di
mente adeguato al senso di individualistica ribellione di qualcuno Londra, non poté valersi del pianista con cui lavorava abitualmente
dei primi Notturni, non può cogliere il fondo tragico di altri Not- e con il quale era affiatato perché la corte britannica, come ogni
turni, soprattutto di quelli della maturità. Come in Beethoven, simile istituzione degna di questo nome, aveva il suo «pianista di
l'univocità espressiva si traduce in elementarietà stilistica, e cioè in corte» al quale toccavano l'onore e l'onere di accompagnare le
una assolutizzazione della dinamica che non tiene sufficientemente celebrità di passaggio che le Loro Graziose Maestà desideravano
conto dei fattori timbrici del suono pianistico. Nei passaggi di godersi nel chiuso della reggia. Prima del concerto Casals fece
dinamica nell'ambito di una frase il piano e il pianissimo di Ciani dunque una prova con il pianista di corte, che si chiamava Leonard
sono così di una qualità timbrica diversa da quella dei forte e dei Borwick e che era senza dubbio un musicista camme il /aut. Assi-
fortissimo. Manca cioè una ben chiara concezione delle diverse steva alla prova il compositore Emmanuel Mo6r, amicissimo di
gamme di intensità rapportate a diversi tipi di timbro, e manca Casals, a cui la regale distinzione di Borwick, che suonava nel più
quindi l'impiego strutturale del timbro. Ci sono però segni evidenti impeccabile stile accademico appreso alla scuola di Clara Schu-
di una sensibilità di interprete che si sta aprendo verso la proble- mann, non andava per niente a genio; dopo qualche minuto di
matica dell'uso strutturale del timbro: nel Notturno op. 62 n. 1 si furiosi borbottii Mo6r scostò rudemente il pianista di corte, ne
nota appunto la capacità di variare i timbri in funzione della prese il posto, diede una pratica dimostrazione di come secondo lui
struttura, e qualcosa di altrettanto interessante si ascolta nel Not- bisognava accompagnare Casals e lasciò di nuovo libero il seggioli-
turno op. 32 n. 1. Ma sono lampi, barbagli di novità inseriti in un no. Borwick vi si assise e con la calma del gentlemen che nulla può
contesto in cui l'emozione è ancora troppo diretta e troppo ingenua turbare disse cortesemente a Mo6r: «Grazie, sir: vedrò di fare del
per poter stringere in una superiore sintesi il cammino spirituale mio meglio».
che va dal giovanile spleen dell' op. 9 all'altissimo manierismo Leonard Borwick era un funzionario di corte, uno stipendiato i
dell'op. 62. Qui, non meno che altrove, si ha l'impressione di cui compiti consistevano nell'eseguire con la più alta protocollare
ascoltare appunti parziali di uno studio vastissimo rimasto incom- signorilità le pagine che i sovrani e i loro ospiti desideravano
piuto. La caratteristica di Ciani e di altri pianisti ancora della sua ascoltare: c'erano concerti di corte e c'erano pranzi di corte, ed il
generazione è di non avere «cavalli di battaglia», di non suonare musicista doveva saper condurre il suo gioco così come il cuoco
pezzi così ben tirati a lucido, così ben cesellati come oggetti sonori doveva saperne giocare un altro. Eran cose vecchie, del resto.
da poter essere ammirati per la loro semplice bellezza. La Melodia Haydn era stato direttore d'orchestra di una corte principesca, ed
di Gluck-Sgambati eseguita da Mischa Levitzki, che ho già citato, è aveva saputo stare ai patti. Mozart non aveva saputo stare ai patti e,
un capolavoro pianistico, anche se Levitzki è poi interprete ordi- uscito dalla famiglia cortigiana, aveva affidato le sue fortune ad un
narissimo, ad esempio, del Concerto n. 1 di Liszt; il Notturno op. pubblico ignoto, raggiunto attraverso forme di pubblicità mercan-
55 n. 2 di Chopin, eseguito da Friedmann, fa saltare le valvole al tile. Come abbiamo visto, il concerto pubblico a pagamento, più
più freddo degli ascoltatori, anche se Friedmann non arriva poi rischioso ma più remunerativo dell'impiego a corte, si era svilup-
nemmeno a mezza strada nello sviscerare la Ballata n. 4. In Ciani pato a dismisura nel corso dell'Ottocento, specie dopo che Paga-
• vale invece la visione complessiva, che era di amplissimo raggio e nini e Liszt avevano dimostrato fino a qual punto si potessero
che si sarebbe sviluppata in profondità con gli anni; tanto più sedurre e condurre al fanatismo duemila sconosciuti riuniti in un
414 ·Storia e mito Pollini 415

teatro. Così, alla fine dell'Ottocento prosperavano ancora sì i pia- realtà non selezionano affatto: sono manifestazioni finanziate da
nisti di corte come Borwick, ma prosperavano anche, molto più enti turistici, che devono portare in loco il maggior numero possi-
numerosi, i «liberi artisti». Solo che la dizione «libero artista» era bile di concorrenti e soddisfarli con la più ampia distribuzione
ormai un po' eufemistica perché col tempo si era scissa in due - possibile di premi, coppe e medaglie. Ci sono concorsi che vengono
esecutore, impresario - la figura dell'imprenditore impersonata manovrati dai periti perché giovino alla fama dei periti, non dei
da Mozart, da Paganini, da Liszt. Il concerto era diventato spetta- concorrenti. Quando è usato correttamente, però, il meccanismo
colo - gioco, in senso lato - e si era creato le ferree regole della funziona. Con un solo limite: di norma, premia il prodotto che non
sua sopravvivenza. sconvolge il mercato, cioè, in altre parole, non premia l'originalità.
La prima regola è che un gioco remunerativo deve poter contare Il Concorso Chopin di Varsavia è uno dei non molti concorsi di
su un alto numero di aspiranti e su un ricambio di forze garantito pianoforte che usano correttamente il meccanismo, che già in
da sicuri meccanismi di selezione dei talenti. Ferruccio Busoni partenza tengono fuor dell'uscio i figuranti e le mezze calzette, e
rispondendo al quesito Suonare a memoria, diceva che il ver~ che lasciano andare avanti, tra eliminatorie e finali, solo chi non ha
problema era un altro: «Dove sta il limite, oltre il quale comincia il talloni d'Achille, ... per lo meno non più grandi di un neo.
diritto di suonare in pubblico?» Difficile domanda. Mozart, don- Cardini del Concorso Chopin sono a parer mio gli Studi e le
chisciottesco capitano di un'industria ancora inesistente, risponde- Mazurche. Gli Studi, si sa, sono tra i pezzi più disperanti del
va assumendosi tutto il rischio economico: pagava tutto, suonava, repertorio pianistico. Non tutti, s'intende: ma almeno una metà di
incassava tutto. Finì in miseria. Paganini e Liszt si comportarono i~ essi può far paura a chiunque. Artur Rubinstein, che pure conta
modo analogo ma meno avventuroso e, pur rischiando grosso, qualcosa nella storia dell'interpretazione e del virtuosismo, confes-
ebbero successo. La domanda che Busoni poneva aveva però avuto sa tranquillamente di averne eseguiti bene alcuni, di averne eseguiti
anche altre risposte, meno individualistiche. Una di queste, inven- alcuni altri così così, di non averci neppure provato con certuni.
tata alla fine dell'Ottocento, era il concorso internazionale. Rubinstein è in verità pianista che non ama molto faticare alla
Tra l'artista che vendeva e il pubblico che comprava si era già tastiera. Ma Horowitz, che della tastiera è stato sempre un sommo
interposto l'intermediario che organizzava la vendita. L'interme- stakanovista, ha eseguito in pubblico non più di nove o dieci dei
diario, l'impresario, si assumeva lui una gran fetta di rischio, ma ventiquattro Studi di Chopin. E quanti ne ha eseguiti Benedetti
cercava di garantirsi ragionevolmente le più alte probabilità di Michelangeli? quattro? cinque?
riuscita e delegava perciò la scelta del prodotto da lanciare ad un Il Cqncorso di Varsavia non solo impone quattro Studi, ma
collegio di periti: il più efficiente meccanismo di selezione dei costringe a sceglierli all'interno di gruppi fissati rigidamente, senza
talenti diventava il concorso, la gara in cui produttori ancora sco- possibilità di scappatoie: chi non vuol far coincidere l'entrata nel
nosciuti esponevano la loro merce sottoponendola alla valutazione Concorso con l'uscita deve dunque possedere certi mezzi tecnici su
della giuria, collegio di periti in cui sia l'intermediario che l'acqui- cui non si può discutere. Ma se la scelta degli Studi impone al
rente riponevano la loro fiducia. I periti fissavano un complesso di concorrente un certo livello minimo, assai elevato, non è che non
prove bilanciate che servivano a stabilire la congruità del prodotto manchino poi le possibilità di presentare credenziali di diverso peso
e ad evitare la possibilità di adulterazioni, gli aspiranti vi si sotto- anche attraverso la semplice scelta di quattro Studi: il livello mini-
ponevano, e chi vinceva veniva «lanciato». Così allora, così oggi. mo è elevato, ma il livello massimo può diventare addirittura
Non tutto è tanto semplice. Non sempre. Questo è il meccani- stratosferico.
smo, che può però venire usato fraudolentemente e può esser Chiunque, vedendo nel programma del 1960 quali Studi aveva
piegato ad altri scopi. Ci sono anche, ce ne sono specialmente ·a scelto il diciottenne Maurizio Pollini poteva capire che il ragazzo di
partire da circa il 1960, concorsi che non «lanciano» perché in Milano era un serio candidato o al manicomio o alla vittoria, e che
416 Storia e mito 417
Pollini

l'esecuzione avrebbe solo confermato l'una o l'altra di queste due o la sinistra di Barer, ma sa ormai bene che ha mani atte a rendere
semplici alternative. Lo Studio op. 25 n. 10, tutto sulle ottave, è di una grossissima porzione della letteratura pianistica, e sa anche che
quelli che vogliono una forza prensile in anulare e mignolo, una è un concertista. Un concertista, cioè uno che di fronte ad una
elasticità nel polso, una resistenza alla fatica nell'avambraccio tut- platea gremita suona meglio che a casa sua, perché è intima~ente
t'altro che comuni, e tanto più difficili da dimostrare quanto più convinto di esser ben al di là di quel limite da cui, come diceva
l'emozione della gara influisce negativamente sul battito cardiaco, Busoni, «comincia il diritto di suonare in pubblico».
sulla pressione sanguigna, sui riflessi nervosi. Sentito da Pollini lo L'ultimo Studio, op. 10 n. 10, è dedicato solo alla giuria, non al
Studio sulle ottave la giuria poté dirsi tranquillamente: qui ci pubblico inesperto di tecnica pianistica. È uno Studio molto diffi-
siamo. cile - Hans von Biilow dice che è il più difficile di tutti - ma che
Tuttavia c'è qualche pianista, fisiologicamente dotato in modo sembra di media difficoltà e che viene affrontato anche da pianisti
abnorme per la tecnica delle ottave, che nello Studio op. 25 n. 10 tecnicamente non dotatissimi. Infatti, meccanicamente, lo Studio
riesce a far cose spettacolose senz' esser, in realtà, strumentista op. 10 n. 10 non pone problemi scoraggianti se no~ in ~n passo
completo. È questo il caso di Pollini? No. Ecco lo Studio op. 25 solo; difficilissimo è però controllare non soltanto i tasti, ma ~a
n. 11, tutto sull'agilità di forza - agilità drammatica, potremmo qualità del suono. Ed è quello che Pollini fa,_ chiu~e?~o :a _sen~
dire - della mano destra, in posizione stretta o appena legger- degli Studi con un piatto ad uso e consumo dei palati fmissrmi, dei
mente aperta. Qui ci vogliono dita robuste (tutte e cinque, non solo più esperti assaggiatori di timb;i. ., . . .
quelle «naturalmente» forti), esatta e rapidissima valutazione delle Con le Mazurche siamo all estremita opposta del pianismo di
distanze, coordinamento dei movimenti delle dita ad elevatissima Chopin: se gli Studi erano come una danza sulla corda, le Mazurche
velocità, e resistenza. L'esecuzione di Pollini è di quelle che non sono una partita a scacchi. Negli Studi il contenuto musicale è
lasciano ombre: ci siamo anche qui. Ma ci siamo del tutto? Gli altri infatti, generalmente, di solare evidenza, ed i problemi tecnici sono
due Studi sono scelti apposta per fugare ogni dubbio. spesso spaventevoli; nelle Mazurche la meccanica è relativamente
È già molto raro che chi risolve per istinto lo Studio op. 25 n. 10 molto semplice, ma i contenuti musicali sono di ricc?~zz_a ne~~
possa risolvere per istinto anche lo Studio op. 25 n. 11. Ma è stesso tempo infinita ed ermetica, ed esigono una capa<:ita _di analisi
impossibile risolvere per istinto i problemi tecnici dello Studio op. che sappia scavarne i ramificatissimi filoni diamantiferi ed una
10 n. 1, che è tra i più rischiosi: agilità - non drammatica - della capacità di sintesi che sappia es~rarne solo le ?e°:m~.
mano destra, in una posizione allargata molto difficile da mante- Pollini sceglie una Mazurca, 1 op. 50 n. 3, di cm esiste una famosa
nere, con alcuni momenti in cui bisogna toccare successioni di tasti esecuzione incisa da Horowitz negli anni 30 (l'esecuzione di So-
bianchi e neri tra le più scomode che si possano immaginare. fronitzki non era ancora stata pubblicata in disco): esecuzione nota
Azzeccare anche soltanto il 95 per cento di note giuste, nello Studio a chiunque si occupi di Chopin, esecuzione che coglie con miraco-
op. 10 n. 1, è già come giocare alla roulette una qualche combina- losa perfezione il momento in cui l'autore illumina in _un ri<:ordo _d~
zione arrischiatissima. Pollini, in questa esecuzione di Varsavia, lancinante intensità la sua giovinezza in Polonia, dagli studi classici
tocca male una mezza dozzina delle milleduecentotre note che all'ambiente sociale borghese alle aspirazioni eroiche della giovane
esegue con la mano destra in un minuto e quarantacinque secondi. intellighencija polacca. Presentare in un c?ncorso internazionale 1~
La velocità è quella indicata da Chopin: ardua sui pianoforti del suo Mazurca op. 50 n. 3 vuol dire accettare il confronto con uno dei
tempo, spaventevole per chiunque sui pianoforti di oggi. maggiori pianisti del nostro secolo in uno dei suoi cavalli di batta-
A questo punto una giuria severissima può ancora sospettare che glia. Pollini cerca il confronto, e lo sostiene. Poi sc~glie una Ma:
un pianista di questo genere non abbia il velluto di Friedmann o il zurca, l'op. 33 n. 3, di quelle che vengono esegmte spesso dai
jeu perlé di Hofmann o le terze di Rosenthal o le seste di Lhevinne dilettanti, tanto sono tecnicamente facili; e qui dimostra che le sue
T
I

418 Storia e mito Pollini 419

dita favolosamente sicure non sono che un aspetto della sua per- liberatoria mette per un attimo a tacere gli scrupoli filologici e
sonalità e della sua concezione della musica, perché da semplicissi- unisce al rombo dell'orchestra, negli accordi finali, il rombo del
me ribattiture di suoni nell'accompagnamento fa nascere una pianoforte non voluto da Chopin 1 •
«melodia di timbri», una trasmutazione di colore. Indirettamente, La precocità non è rara, negli strumentisti, e non è neppur
in un concorso tutto basato su Chopin, Pollini dà la dimostrazione rarissimo che ragazzi sui vent'anni dimostrino una completezza di
di saper sviscerare un Andante di Mozart, un Adagio di Beethoven, interpreti tale da lasciar sbalorditi: Tausig, d'Albert, Hofmann
in Intermezzo di Brahms, un Klaviersti.ick di Schonberg. Tutte le erano grandi pianisti prima di aver toccato i vent'anni, Backhaus,
altre esecuzioni sono stupefacenti, ma questa, in un ragazzo di suonava in modo stupefacente quando, a ventun anni, vinse il
diciott'anni, è veramente inimmaginabile. È qui che si rivela la Concorso Rubinstein. Benedetti Michelangeli era un pianista mi-
misura del talento musicale di Pollini, ed è qui che si colloca il racoloso a diciannove anni, quando vinse il Concorso di Ginevra, e
nascere della sua personalità di interprete quale si è poi venuta Friedrich Gulda, vincitore del Concorso di Ginevra a sedici anni,
rivelando e quale continua a rivelarsi oggi: lettore che arriva a padroneggiava l'eredità del neoclassicismo, come abbiamo visto,
cogliere l'autore nel momento in cui l'autore guarda in se stesso come se avesse contribuito a formarla.
senza costruire per altri la sua immagine. Anche altri suonavano però a diciott'anni come semidei, ma poi,
L'ultima Mazurca, op. 59 n. 3, ormai quasi superflua per definire come si suol dire, non «mantennero le promesse». Grande è la
il concorrente Maurizio Pollini, è un altro regalo offerto ai degu- differenza tra chi mantiene le promesse e chi, programmato come
statori di sibaritiche prelibatezze: apparenza facile, scomodità un atleta, a diciott'anni esplode per poi rapidamente declinare.
somma di dita che si muovono in spazi angusti e che, per ottenere il Oggi non abbiamo una documentazione di come suonassero da
timbro appropriato, devono lavorare con la delicatezza e la deci- ragazzi, ad esempio, lo Josef Hofmann che poi divenne un domi-
sione del giocoliere. natore della vita concertistica e l'Otto Hegner che, partito all'in-
Il resto del programma eseguito da Pollini (Polacca op. 44, circa come Hofmann, fece una carriera soltanto dignitosa. Ma se
Notturno op. 48 n. 1, Preludi op. 28 n. 2, 8, 24, Sonata op. 35) è in andiamo a vedere quel che scrivevano a vent'anni Mozart o Schu-
linea con le fondamentali scelte degli Studi e delle Mazurche, e ci bert o Chopin o Brahms ci rendiamo conto di che cosa significhi la
conferma, semplicemente, che siamo in presenza di un grande parola «genio». Parola che non si pronuncia volentieri, e che pure
dominatore del pianoforte e di un cervello lucidamente razioci- ci dà la misura di fatti non interamente spiegabili. Le doti psicofi-
nante, che calcola tutte le mosse per arrivare con sicurezza ad una siche, l'intelligenza, l'ambiente familiare, gli studi, la carriera già
vittoria senza discussioni. Pollini tiene d'occhio la giuria e soltanto percorsa (dall'esecuzione dei ventiquattro Studi di Chopin al Cir-
la giuria. Non combatte con il pubblico, che potrebbe facilmente colo della Stampa di Milano nel 1957, al secondo premio al Con-
far suo accentuando pochi aspetti bravuristici della sua esecuzione, corso di Ginevra nello stesso anno, all'esordio alla Scala nella
e prosegue senza perdere fiducia nella sua strategia, senza farsi Fantasia di Ghedini nel 1958, al primo premio al Concorso di
impressionare dalla personalità degli avversari (anche se Michel Seregno nel 1959), spiegano la partecipazione di Pollini al Con-
Block, a cui il giurato Artur Rubinstein assegnerà un premio spe- corso Chopin e la sua vittoria come momento conclusivo di una
ciale istituito lì per lì, è un temibile concorrente). Solo all'ultima saggia e metodica preparazione alla carriera di concertista. Il com-
pagina del Concerto op. 11, al termine dell'ultima prova, Pollini plesso delle sue esecuzioni a Varsavia mostra anche la scelta di un
sembra accorgersi della presenza di un pubblico di tifosi e, come il
corridore che in vista del traguardo, pur essendo ormai solo, fa lo 1
Rubinstein scrive nelle sue memorie: «Fin dal primo istante Maurizio
sprint per la gioia della folla, accelera spavaldamente la velocità del Pollini dimostrò un'assoluta superiorità. Un altro giovane pianista, Michel
lungo passo in ottava a due mani. E sullo slancio di questa corsa Block, aveva personalità da vendere e una bella tecnica».
420 Storia e mito
T Pollini 421

modello stilistico, Artur Rubinstein, e la conoscenza approfondita studio delle opere di Schonberg e della Sonata n. 2 di Boulez gli
di alcune interpretazioni da antologia (Horowitz, come già detto, avrebbe dato i punti di riferimento per rileggere tutta la letteratura.
Benedetti Michelangeli nel trio della Marcia funebre della Sonata Ma nel 1960 nessuno avrebbe accettato che dimostrasse il suo
op. 35). Ma nulla può spiegare certe illuminazioni che balenano diritto ad entrare nella carriera concertistica internazionale attra-
qua e là, o quel completo squarcio di luce nuova della Mazurca op. verso la Sonata di Boulez o attraverso l'opera pianistica di Schon-
33 n. 3. La professionalità del concorrente è perfetta, e nessun berg. Dopo il Concorso Chopin, dopo una vittoria ottenuta con
Beckmesser della giuria troverà lo spunto per sollevare il gessetto, lucida coscienza della natura della prova da superare, era esplosa la
ma c'è anche ciò che può muovere il cuore di Hans Sachs: il rivolta contro l'establishment che lo aveva condizionato ed alle cui
Maurizio Pollini che a diciott'anni stravince uno dei più importanti esigenze si era piegato per un momento.
e severi concorsi non è solo un prodotto di natura, di preparazione Una vittoria in un concorso internazionale, una garanzia di
razionale, di disciplina, di cultura, ma è anche un artista che intro- sicura carriera possono spesso far credere ad un ragazzo di essere
duce alcuni fermenti di originalità in un meccanismo che per sua già qualcuno, e possono, rarissimamente, fargli capire di non essere
natura li rifiuta. Si presenta, mutatis mutandis, come il pianista di ancora niente. E se le registrazioni di Varsavia destano oggi la più
corte Leonard Borwick, ma lascia intravvedere il temperamento di profonda, la più stupefatta ammirazione, commuove il ricordo di
Mo6r. quella ascetica rinuncia allè vie battute e sicure, che il concerto
I moderni forzieri del suono hanno conservato questo terso e milanese del 1962 denunciava a chiare lettere. Ed è di lì, a parer
luminoso momento della carriera e della formazione di Pollini. mio, non da Varsavia, che comincia la grandezza solitaria di inter-
Non so se ne abbiano conservato un altro, quello immediatamente prete di Maurizio Pollini, pianista italiano.
successivo, aspro ed oscuro. Tanto era «bello» il Pollini di Varsavia Pollini pagò duramente il peccato d'orgoglio di volersi fare da
quanto era «brutto» il Pollini che ascoltai un anno e mezzo dopo, a solo una sua faccia: dopo la prima trionfale tournée seguita al
Milano, nella Fantasia e Sonata in do minore di Mozart e nelle Concorso di Varsavia la seconda non fu trionfale affatto, e molte
Sonate op. 27 n. 2 e op. 106 di Beethoven. Emergeva allora in importanti società di concerti non lo - così si usa dire - «ricon-
Pollini il problema che ogni strumentista o direttore sinfonico fermarono». La EMI, che gli aveva fatto incidere a Londra il
italiano si trova a dover affrontare quando si accorge che i testi da Concerto n. 1 di Chopin, gli commissionò solo un altro disco
interpretare non solo non appartengono alla cultura del suo paese, chopiniano, e la Deutsche Grammophon Gesellschaft, che aveva
ma non sono neppure stati da questa veramente assimilati a fatti pubblicato alcune delle sue esecuzioni di Varsavia, lo lasciò a
propri. Il Pollini del 1962 non aveva pjù modelli stilistici: era solo, cuocersi nel suo brodo. Curiosa storia, questa. Intorno al 1965 la
con le sue enormi potenzialità di lettore di musica, con il suo Deutsche Grammophon Gesellschaft commissionò a Tamas Vasa-
enorme arsenale tecnico, ma con una sola chiave per aprire gli ry, che aveva da poco superato i trent'anni e che aveva iniziato
scrigni. Pollini aveva messo in parentesi la cultura e persino la da non molto tempo una sia pur promettente carriera internazio-
filologia, aveva messo a tacere la sua originalità istintiva e non si nale, l'incisione di una larga scelta delle opere di Chopin:- Non si
fidava che della chiave insieme più raffinata e più rozza: l'esegesi. trattava di far registrare ad un giovane, di talento e nori ancora
Ed era brutto, era brutto forte, e lasciava costernato non solo troppo occupato, una impegnativa «integrale», com'era invece
Beckmesser ma Sachs. L'autocontrollo di Borwick era stato spaz- accaduto con Brendel e con altri; si trattava di gettare sul -mercato,
zato via e c'era la protervia maleducata di Mo6r. in concorrenza con le interpretazioni chopiniane dei Cortot e dei
La vocazione di Pollini non era di diventare un acclamato spe- Rubinstein e degli Horowitz, una scelta tra le opere più popolari di
cialista di Chopin, e dopo l'episodio superbo ma intimamente Chopin: operazione, come si vede, per lo meno azzardosa.
convenzionale di Varsavia aveva bruscamente cambiato rotta. Lo Il senso dell'operazione si spiegava però chiaramente guardando
422 Storia e mito Pollini 423

al catalogo della Deutsche: prima della guerra la casa tedesca aveva C'è un'altra soluzione, ed è di suonare i tre pezzi come pagine
avuto un interprete chopiniano rinomato nel polacco Raoul von «per pianoforte», non «trascritte per pianoforte», e quindi senza
Koczalski, ma poi aveva sbagliato i conti puntando dapprima su tentare magie illusionistiche, ma partendo da un impegno di far
Julian von Karolyi e poi su Stefan Askenase, entrambi, in diversa percepire ogni suono. Ricordo in questo senso qualche esecuzione
misura, bravi, ed entrambi con una carriera internazionale limitata assolutamente inappuntabile, da lasciar allocchito l'ascoltatore: per
e non assurti quindi alla categoria dei mostri sacri. Non avendo in esempio, di Michael Ponti. Ma ricordo, molto più numerose, ese-
catalogo nessuno dei grandi interpreti chopiniani viventi, la Deut- cuzioni nelle quali pianisti anche di gran fama, messisi sulla via di
sche Grammophon Gesellschaft aveva deciso di inventarne uno. bulinare con puntigliosa chiarezza tutte le note scritte, nel migliore
Avrebbe potuto inventarlo meglio? Sì, probabilmente, se si fosse dei casi arrancavano e nel peggiore perdevano le staffe. Comunque,
accorta che Maurizio Pollini era tuttora vivo e vegeto. Oppure neppure le esecuzioni semplicemente impeccabili sono sufficienti
avrebbe potuto rivolgersi a Michel Block. Non è improbabile che perché, alla fin fine, risultano di una piattezza insopportabile.
Pollini e Block siano stati passati al setaccio e scartati in una La soluzione diventa convincente quando il pianista non solo
qualche riunione di consiglio d'amministrazione. Come che siano suona tutto, ma lo suona secondo piani prospettici, trovando tipi di
andate le cose, fatto sta che la Deutsche Grammophon Gesellschaft suono che gli permettano di dare l'equivalente della partitura senza
lasciò nel frigorifero Pollini, mise da parte Block e inventò Vasary. tuttavia imitare o ricordare l'orchestra. Si veda ad esempio l'ultima
Tamas Vasary corrispondeva all'invenzione? E il capitale inve- pagina di partitura della Danza russa, quando la linea melodica
stito dalla Deutsche era destinato a dar frutti? La risposta non esposta da pianoforte, flauti e silofono viene continuamente inter-
rientra nel mio tema. Ma mi interessava far notare che, avendo rotta da massicci accordi di tutta l'orchestra. Se nella trascrizione
perduto un'occasione nel 1965, la Deutsche Grammophon Ge- per pianoforte si esegue molto intensa la linea melodica si perde il
sellschaft andò a recuperare nel 1972 un Pollini che nel frattempo senso della frattura, della contrapposizione, del dislivello tra masse
aveva di molto ampliato il suo repertorio in generale e di poco il suo sonore diverse; se si usa invece, nella linea melodica, un suono
repertorio chopiniano. Per il ritorno in casa Deutsche di Pollini molto secco e di ridotta intensità, che non è precisamente quello
furono scelti nel 1972 i Tre movimenti da Petruska di Stravinsky e impiegato dal pianista dell'orchestra, si ottiene l'equivalente della
la Sonata n. 7 di Prokofiev. concezione musicale della partitura, e l'ascoltatore percepisce
I Tre movimenti da Petruska sono dedicati a Rubinstein, e Ru- un'architettura musicale pienamente autosufficiente. Di casi di
binstein li eseguiva con gioiosa spavalderia, infischiandosene delle questo genere, nei tre pezzi, se ne trovano a decine: non sto ad
note false e dei pasticcetti nei quali incorreva invariabilmente, e elencarli, basti avervi fatto cenno.
rendendo invece una vivida, sebbene allusiva immagine della par- Questi casi balordi, questi casi che possono essere veramente
titura orchestrale. Questa è una possibile soluzione: la trascrizione risolti da un pianista su mille, a trent'anni Maurizio Pollini li risolve
come riduzione dall'orchestra, da eseguire approssimativamente e tutti. E in più non c'è momento in cui egli non faccia pienamente
da ascoltare senza dimenticare il suono della partitura, e cioè come suo il testo. Ci troviamo di fronte ad una di quelle rarissime letture
si ascoltavano nel secolo scorso, quando le orchestre erano scarse e nelle quali il termine «interpretazione» finisce per scomparire e
i dischi non esistevano, le trascrizioni di Liszt dai grandi lavori di non resta se non la realtà della musica, che pare rivelarsi attraverso
Beethoven o di Berlioz. La so~uzione era ancora ipotizzabile al l'esecutore. Con ciò, non è detto che non ci siano altre possibili
tempo in cui Stravinsky trascri'sse i tre pezzi, cioè nel 1921. Ma letture, ma non saprei immaginarne di diverse, né le desidererei. Ed
avrebbe ancor senso in un'epoca in cui, esistendo i dischi micro- un'audizione in recital, nel 1980, mi ha confermato che il Petruska
solco, la possibilità di ascoltare a volontà la versione orchestrale del secondo Pollini resta un punto fermo nella mia ... carriera di ascol-
Petruska è a portata- di mano? tatore professionale.
424 Storia e mito Pollini 425

Meno felice era l'interpretazione della Sonata di Prokofiev; del poraneo. Più tardi Pollini avrebbe eseguito di Nono Come una ola
resto Pollini ha ancora eseguito il Concerto n. 3 di Prokofiev, ma de /uerza y luz e «... so//erte onde serene ... » e di Giacomo Manzoni
non ha mai preso in considerazione i russi, da Mussorgski a Scria- Masse: Omaggio a Edgard Varèse: tutti lavori da lui presentati in
bin, né ha finora incluso nel suo repertorio il Liszt di Weimar, che prima esecuzione. Sappiamo bene come un tempo fosse normale
condiziona la civiltà musicale russa di fine Ottocento. Agli inizi che un grande pianista eseguisse musiche contemporanee, ma già
degli anni 70 egli era invece decisamente indirizzato verso Beet- abbiamo visto che il repertorio di Brendel e il repertorio di Ashke-
hoven, Schubert, Schumann, Chopin, riletti però tutti dopo tre nazy arrivano fino a Prokofiev. L'atteggiamento di Pollini non è
esperienze cruciali: la Sonata n. 2 di Boulez, il Klavierstiick X di però simile a quello di Gieseking, che nella prima parte della sua
Stockhausen, l'opera completa di Schonberg. carriera eseguì moltissimi lavori contemporanei come il professio-
Le composizioni di Schonberg erano state incise da Brendel. nista che presenta anche la musica del suo tempo. Il repertorio
Pollini non era da meno nella lettura analitica di testi molto ardui e contemporaneo di Pollini è invece limitatissimo, scelto con atten-
nella loro collocazione storica di composizioni direttamente legate tissima cura, e la scelta intende a mio parere individuare la conti-
al decadentismo brahmsiano. Le esecuzioni pubbliche di Pollini, nuità di una linea di umanesimo e di impegno civile che ha il suo
molto numerose, rappresentarono però, nella storia del concerti- corso storico nella civiltà austrotedesca e il suo fulcro in Schonberg.
smo, un qualcosa di diverso e di più di una lettura affascinante: Si può dire che Schonberg e Webern salvano i principi metastorici
rappresentarono il passaggio di un autore nel novero dei classici di una civiltà giunta alla conclusione e li trasmettono agli esponenti
che persino il pubblico più vasto e più sprovveduto accetta senza della Nuova Musica anni 50. Negli anni 70 Pollini verifica così una
discussioni. I grandi compositori trovano sempre degli interpreti costante affermazione di libertà spirituale e di responsabilità mo-
devoti e intelligenti, che con spirito di pionieri ed indifferenza alle rale che da Mozart arriva fino a Nono.
negative reazioni del pubblico ne presentano le nuove composi- Mozart e Beethoven. Pollini ha eseguito Mozart ma ha eseguito
zioni. Schonberg trovò in Eduard Steuermann il suo primo, devo- soprattutto Beethoven, e specialmente le ultime Sonate. In Beet-
tissimo, ammirevole interprete, ed in Italia fu Pietro Scarpini il hoven, sia nei Concerti n. 3, 4 e 5 eseguiti sotto la direzione di Karl
pianista che accettò la commiserazione idiota ed i fischi rimbom- Bohm, sia nelle Sonate, l'atteggiamento di Pollini è sostanzial-
banti che accompagnarono le sue esecuzioni schonberghiane. Ma mente tradizionalista. Quella lettura puntigliosamente esegetica
solo quando un pianista, appartenente al piccolo gruppo di questi dell'op. 106 (ricordo anche una simile esecuzione del Concerto
mostri sacri che possono riempire le sale da cinquemila posti, n. 3) si è un poco alla volta ammorbidita e si è accostata alla
include un autore moderno nel suo repertorio, solo in quel mo- tradizione di Backhaus senza rifiutare, nei Concerti, le qualità
mento l'autore cessa di essere «sperimentale» per diventare a sua «latine» - la pienezza sentimentale e la cordialità - di Artur
volta un mostro sacro. Così, Gieseking fece accettare Debussy e Rubinstein. I suoi inizi di interprete beethoveniano avrebbero
Ravel, Horowitz fece accettare Scriabin, Richter fece accettare potuto condurlo su una posizione simile a quella di Arrau; egli è
Prokofiev e Bart6k; e così, Pollini ha collocato Schonberg nel invece prossimo alla posizione conservatrice di Brendel e non è per
mazzetto dei compositori moderni a cui tutti riconoscono l'appel- ora pervenuto, al contrario di Ashkenazy, a parziali scoperte inno-
lativo di grandi, pronti a riconoscersi idioti, invece di sghignazzare, vatrici. Di Schubert Pollini ha eseguito varie Sonate e la F~ntasia
se non riescono a capirne le composizioni. op. 15. A parte il fantastico dominio tecnico della Fantasia è da
L'esecuzione della Sonata n. 2 di Boulez e del Klavierstiick X di notare soprattutto la presentazione in una sola serata delle ultime
Stockhausen accentuava ancor di più una scelta già evidente nelle tre Sonate di Schubert (l'idea, come ho detto, era di Erdmann).
esecuzioni schonberghiane: la scelta di una indagine sulle ragioni di Una serata simile eccede i limiti di durata degli odierni programmi
vita della musica contemporanea più che del pianoforte contem- e richiama alla memoria le maratone di Anton Rubinstein, ma
426 Storia e mito Pollini
427

l'audizione mostra la grandezza di Schubert, la sua indipendenza andamento non molto mosso e con un volume di suono contenuto,
da Beethoven, la sua collocazione in quella linea di testimonianza e lo può verificare, se vuole, in ogni momento.
· umanistica che Pollini ha individuato e che va ricercando ovunque. Si osservino in particolare i Preludi in sol diesis minore, mi
Il repertorio schumanniano di Pollini non è vasto, mentre il suo bemolle minore e si bemolle minore, che potrebbero facilmente
repertorio chopiniano si è accresciuto negli anni 70. Le più impor- essere collocati nel clima allucinato della Sonata op. 35 e che Pollini
tanti incisioni sono a parer mio quelle dei Preludi e delle Polacche mette invece in rapporto con i Preludi in fa diesis maggiore e la
(l'incisione degli Studi, scintillante ed equilibrata insieme, precisis- bemolle maggiore, i quali, a loro volta, non sono considerati alla
sima, stilisticamente inappuntabile, mi pare meno interessante di stregua di notturni capitati per caso tra i Preludi. In questo c~so
quella di Ashkenazy). La critica, al termine di un lunghissimo Pollini compie il miracolo di ritrovare, in una struttura geometrica
processo di studio e di meditazioni seguito agli iniziali tentenna- ed astratta una forma musicale che vive di equilibri e di rapporti
menti e fraintendimenti, tende oggi a considerare i Preludi come interni so;tilissimi. Posizione radicalmente opposta a quella di
un tutto unitario, come una gigantesca costruzione a polittico in cui Richter, che tende invece a frammentare anche la struttura più
Chopin mantiene al giro delle ventiquattro tonalità una tensione musicalmente compatta per risospingerla verso la non-determina-
strutturale che si conclude solo con l'ultima. La bellezza, la fini- zione dell'informale. Non intendo, si capisce, contrapporre Richter
tezza preziosa di ogni singolo Preludio viene oggi vista in rapporto e Pollini o, per lo meno, non in modo tanto schematico, così come
con il tutto, ed in questo rapporto si collocano pagine diversissime solo per comodità di esposizione avevo indicato in Paderewski e in
per caratteri espressivi e stilistici (basti pensare ai due antipodi: il Busoni due termini antitetici di concezione dell'interpretazione.
Preludio in la minore e il Preludio in la bemolle maggiore), che non Richter procede del resto da Beethoven verso Scriabin,. mentr~
potrebbero altrimenti essere accostate. Ogni esecuzione parziale, Pollini procede da Beethoven verso Nono. La sua esecuzion~ dei
ogni scelta, determina quindi una visione unilaterale e riduttiva, Preludi è tuttavia indicativa al massimo grado della sua tens10ne
proprio perché Chopin cercò, e impiegò anni a trovarli, rapporti verso la razionalità della forma, che in questo caso viene colta al di
che legassero in una forma miracolosamente equilibrata venti- là della gratuità dello schema geometrico scelto da Chopin.
quattro pezzi diversi. Nell'incisione delle Polacche Pollini segue invece l'evoluzione di
Queste cose si sanno ormai da tempo, e da tempo gli interpreti uno schema tradizionale, quello della forma di canzone con trio,
più qualificati non si azzardano a presentare una scelta dei Preludi. che viene da Chopin trasformato da schema convenzionale e ri-
Ma è ben raro che l'interprete sappia veramente mettere in luce producibile all'infinito in forma irripetibile, unica. Le Polacche op.
l'unitarietà della raccolta. Ci sono, credo, due maniere, opposte ed 26 e op. 40 rappresentano sempre un grosso problema, per gli
entrambe legittime, di considerare la forma complessiva della rac- interpreti. Sono opere affascinanti, ma non sono state pensate
colta; una è quella che accentua, assolutivizzandola, la dicotomia come lavori da concerto, sono piene di ripetizioni stereotipe, sono
maggiore-minore, per fare del modo maggiore il luogo della gioia e di media difficoltà, e la loro bellezza viene colta soprattutto dall' e-
del modo minore il luogo dell'angoscia; l'altra è invece quella che secutore (sia esso un virtuoso o un dilettante) e molto meno dal
vede i modi maggiore e minore come complementari. La prima è pubblico. Musica privata, altissima poesia da recitare mentalment~,
frequente negli interpreti slavi, generalmente influenzati dal- le Polacche op. 26 e op. 40 lasciano dunque spesso freddo il
1' espressionismo di Rachmaninov, e può avere, anzi, ha il più delle pubblico e ben pochi concertisti hanno il coraggio di incl~derle nei
volte come conseguenza un ritorno ad una concezione frammen- loro programmi. Un tempo si usava dar loro una mano di ?elletto,
taria della raccolta («rovine, penne d'aquila, tutto disposto selvag- ad uso concertistico, ed il disco ci ha conservato, come ho già detto,
giamente e alla rinfusa», come diceva Schumann). Pollini sceglie la il lavoro di truccatore di Paderewski per la Polacca op. 26 n. 2, e di
seconda maniera: l'ascoltatore l'avverte fin dal primo Preludio, di Mark Hambourg e ancora di Paderewski per la Polacca op. 40 n. 1.
i I

428 Storia e mito Pollini 429

Ma da quando simili restauri non sono più permessi ricordo solo ma che, a parer mio, non mette in luce la forza rivoluzionaria della
un'esecuzione pubblica di Richter, della Polacca op. 26 n. 1, che Polacca-Fantasia. Anche qui si può trovare il punto di contatto e di
oltre ad essere di inestimabile valore aveva anche la forza di in- opposizione con Richter. Il problema dell'op. 61 di Chopin, com-
chiodare il pubblico alla sedia. Orbene, nel 1975 ascoltai Pollini posta nel 1845-46, è in realtà il problema del definitivo supera-
che eseguiva in pubblico le sei Polacche di Chopin (mancava la mento delle strutture classiche simmetriche, ed è il problema es-
Polacca-Fantasia op. 61), riuscendo a tener desta l'attenzione del senziale della Sonata (1852-53) e dei Concerti di Liszt, che Pollini
pubblico, senza trucco, anche nelle opere 26 e 40. A maggior non ha finora affrontato. Di Liszt egli ha eseguito alcune delle tarde
ragione l'interpretazione di Pollini non induce in distrazioni il composizioni, che annunciano la dissoluzione della tonalità ed an-
discofilo, che ascolta in condizioni più favorevoli di concentrazione che della forma ma, al contrario di Brendel, non ha trovato anco-
mentale. ra nel Liszt di Weimar e, prima ancora, nel Liszt delle parafrasi operi-
Pollini non recupera attraverso variazioni di timbro la monu- stiche il momento del radicalismo anticlassico che dà inizio alla cri-
mentalità eroica che i pianisti di fine Ottocento proiettavano già si. Mussorgski e Scriabin non sono stati toccati da Pollini e Debussy
sulle Polacche giovanili: operazione che, come ho detto, è stata è rimasto per ora ai margini dei suoi interessi, anche se l'esecuzio-
invece attuata da Rubinstein. Pollini coglie invece il momento in ne degli ultimi sei Studi è parsa rivelatrice. Di qui, a parer mio,
cui la danza fastosa di corte diventa simbolo della patria e ne proviene un eccesso di semplificazione dei problemi ed un atteg-
sottolinea la trasformazione formale (progressivo ampliamento giamento che, identificando nel dominio della ragione la linea emer-
delle dimensioni e fluidificazioni delle articolazioni, cioè dissolu- gente e progressiva finisce coll'essere più mitico, al modo della gene-
zione del genere). Dopo la Polacca op. 40 n. 2, la Polacca op. 44 razione dell'ottanta, che storico al modo di Gulda e di Ashkenazy.
rappresenta una svolta decisiva. Pollini ha inciso l' op. 44 tre volte: Pollini è stato d'altra parte il primo grande pianista della sua
nel 1960, quando vinse il Concorso Chopin, nel 1969, nel 1976. generazione che abbia saputo individuare in Bart6k un protagoni-
L'analisi comparativa delle tre interpretazioni, proiettate nell'arco sta sommo della storia della letteratura pianistica. Può darsi che la
di un quindicennio, dimostra quale cammino abbia percorso Pol- simpatia sia dipesa dall'impegno civile di Bart6k, ma la scoperta di
lini. La prima era l'espressione di un talento pianistico fenomenale Bart6k (i Concerti n. 1 e 2, la Sonata, la Suite op. 14, gli Studi op.
e di un intelletto musicale severo e severamente raziocinante, che 18, le suite All'aria aperta, di cui Pollini ha dato la più grande
della tradizione sapeva cogliere i dati salienti. La seconda rappre- interpretazione ch'io conosca) dovrebbe portare Pollini a ritrovare,
sentava il momento di passaggio: priva ormai della sicurezza sem- con il legame profondo Bart6k-Liszt, la complessità e la contrad-.
plificatrice che è dei giovani genii e non ancora nutrita di nuove dittorietà della storia. Credo che la monolitica visione di Beethoven
idee originali. La terza è un'interpretazione matura, che ha sempre a cui egli si riferisce sia stata irreversibilmente messa in crisi -
come punto di riferimento l'interpretazione di Artur Rubinstein, ideologicamente, se non stilisticamente - da Richter, e che a
ma nella quale fiorisce una quantità di idee originali. Pollini, come a Brendel e ad Ashkenazy, spetti di sciogliere il nodo
Anche la Polacca op. 53 era stata registrata da Pollini nel 1969. E dei problemi che Richter ha sollevato. Si è notato in Pollini, in
anche in questo caso la maturazione, dalla prima alla seconda recenti recitals, una spinta emotiva inconsueta, che porta anche a
incisione, è evidente: basti osservare con attenzione, per tacer inconsuete, seppur lievi perdite di controllo tecnico, si è accentuata
d'altro, con quale stupendo senso del rubato Pollini sappia deli- la tendenza a sostenere psicologicamente col canto, tra sé e sé, il
neare, nella seconda incisione, l'introduzione. Resta la Polacca- suono pianistico. Talvolta sembra di vedere di nuovo Serkin alla
Fantasia, non compresa nell'esecuzione pubblica del 1975, com- ricerca della musica ... Ma al di là di Serkin, e al di là di Richter, c'è
presa nel disco. Pollini la pone in relazione, nel senso della sonorità ancora l'ombra ammonitrice del patriarca Backhaus, che a ottan-
e dello stile, con l'op. 53. Interpretazione pienamente conseguente, taquattro anni aveva scoperto un altro Beethoven.
Lupu 431

EPOI... nasce dall'istinto virtuosistico e dalla insorgente propensione verso


stili interpretativi antiquati, che si scontrano con la consapevolezza
culturale acquisita durante i lunghi studi in un centro come il
Conservatorio di Mosca. Radu Lupu si lascia quindi andare a
clamorose scorrettezze (come certi raddoppi dei bassi, che non si
sentivano da tempo), non è capace di rispettare i pedali indicati da
Beethoven, cede alla tentazione di far vedere quanto siano agili le
sue dita, ammorbidisce il suono fino a livelli impressionistici e
imposta i rapporti sonori tra le parti in modo romantico: il suo
Beethoven, insomma, assume i tratti di Czerny, di Schumann, di
Liszt, di Brahms, di Debussy. Ma Radu Lupu sa anche usare i
"'.' la vita conti~ua, 1:1-a io mi fermo. Ho già molto faticato a parlare pedali in modo non convenzionale, sa trovare impasti sonori inu-
d1 Brendel e d1 tutti coloro che hanno cinquant'anni o meno di suali e del tutto convincenti, sa intravvedere un Beethoven al
cinq_uant'anni: sono personalità in evoluzione, che riesco forse a negativo, un Beethoven, cioè, analizzato dal di fuori, nelle sue
cogliere nelle loro motivazioni culturali, ma che non posso ancora illusioni anziché nelle sue certezze. L'inizio della Patetica, in que-
vedere nella completezza della loro ricerca. Tanto più faticherei a st'ultimo senso, è quasi esemplare: il tempo lentissimo, la sonorità
parlare di artisti la cui personalità non si è ben definita e che smorta, l'espressione malinconica rendono un'impressione di ras-
possono riservare sorprese o sparire di scena. Non sparirà certa- segnata sconfitta anziché di volontà di lotta. Ma qualcosa manca
~ente Daniel Barenboim, nato nel 1942, le cui quotazioni di ancora: manca un'individuazione veramente rigorosa della sono-
direttore d'orchestra e di pianista sono solidissime. Barenboim si rità, che in più punti inclina invece verso altri ambiti stilistici.
era dimost:~to_ i?terprete fantasioso, anche se non sempre convin- Esemplare la prima parte della Patetica; ma la seconda parte, con
cente, ~e~,mc1s10ne completa delle Sonate di Beethoven; poi la quel suono alla cipria, non si iscrive nel mondo stilistico di Beet-
molteplicita e la frequenza degli impegni lo ha portato ad esecu- hoven, neppure di questo Beethoven particolarissimo che Lupu
~io?~ P1:bbliche tec?icamente non rifinite ma sempre vivaci e ad intravvede e ci fa intravvedere (insieme con quell'altro Beethoven
mc1s_1om, al contrario, molto controllate e di un tono qualche po' alla Fregoli).
magistrale, ma da maestro di scuola più che da maestro d'arte. Così nel 1973. Lupu si è poi fatto più prudente, ha tenuto conto
Invece ~el ~agazza_ccio geniale e scombinato troviamo spesso in della carriera ed è diventato, come Barenboim, un impeccabile
Barenb01m il gentiluomo che sa il dover suo e che si mantiene gentiluomo all'inglese. Ma da qualche tempo - in Beethoven, in
abbottonatissimo. Sarà per dar retta ai critici, che volentieri lo Schubert, in Brahms - si ricomincia a vedere in lui il magma
trattano da matto, o sarà perché deve più del lecito badare alle dita? sotterraneo in movimento.
Dir~i ~he q:1est'ultim~ sia l'ipotesi più probabile. Ma quand'era sui Potrei parlare delle esecuzioni su pianoforti non moderni, su
tred1c1 anm Barenb01m suonava l'op 106 di Beethoven e se non pianoforti d'epoca: i Walter per Mozart, gli Streicher e i Broad-
facesse t_anto il Co~tot potrebbe dive~tare veramente qu~lcuno ... wood per Beethoven, i Graf per Schubert e per Schumann, i Pleyel
Potrei parlare d1 Radu Lupu, che a parer mio è il più personale per Chopin, gli Érard per Liszt. Sono esperienze che hanno arric-
tra i pianisti giovani. Agli inizi della carriera Lupu era anche lui un chito le nostre conoscenze storico-filologiche, ma che non hanno
P?' svitato e la sua_incisione delle Sonate op. 13, op. 27 n. 2 e op. 53 ancora provocato salti di qualità nella storia dell'interpretazione.
~1 Beet~oven, use1ta nel 1973, è un documento storico dell'esplo- Potrei parlare ipoteticamente di novità che forse verranno dal
s10ne d1 un talento. La contraddizione di fondo, in quest'incisione, pianoforte cosiddetto modulato. Potrei. Ma preferisco fermarmi
432 E poi...

mentre la storia procede, mentre gli interpreti guardano i problemi APPENDICE


che esistono, che si rinnovano, che non si risolvono mai. C'è un
aspetto pittoresco, nel suonare il pianoforte, quel «tremito delle
articolazioni delle mani e dei piedi» di cui dice Musil. C'è un
aspetto epico, che lo stesso Musil rivela quando ragiona sui grandi
scrittori: «Essi hanno dato alla loro composizione una forma così
solida da rimanere come metallo pressato fin negli spazi tra le righe.
Ma che cos'hanno detto, in fondo? Nessuno lo sa. Neanche loro
l'han mai saputo interamente. Sono come un campo su cui volano
le api; nello stesso tempo sono anche un volo che va e viene. I loro
pensieri e sentimenti hanno tutte le gradazioni del trapasso fra
verità o anche errori, che al bisogno si possono dimostrare, e
creature mutevoli che si avvicinano e s'allontanano arbitrariamente
quando vogliamo osservarle». Nessuna interpretazione esaurisce
dunque l'opera, ma il lavoro di tante generazioni di pianisti non è
stato tuttavia fatica di Sisifo. Lo abbiamo ripercorso insieme, per
quanto i documenti ci permettono di ripercorrerlo, ed io ho cercato
di spiegarlo nelle sue ragioni o in quella parte delle sue ragioni che
riuscivo a vedere. Smetto di scrivere, ma non di pensarci. E spero di
aver aiutato il mio lettore a pensarci da solo.
"t

IL PARNASO VIOLATO

L'esecuzione pubblica completa di un'opera a destinazione didat-


tica è idea che ha compiuto da poco cent'anni: nel 1880 Joseph
Rubinstein - niente a che vedere con Anton, con Nicolaj, con
Artur, con Beryl- eseguiva a Berlino, in sei mattinate domenicali,
tutto il Clavicembalo ben temperato di Bach. L'esito fu catastrofico,
ed il solo ascoltatore che da un'esecuzione in privato riservatagli dal
Rubinstein ricavasse la rivelazione di un tesoro nascosto fu Richard
Wagner. Oggi, il Clavicembalo è più o meno un lavoro del reper-
torio concertistico; le sue esecuzioni pubbliche si susseguono con
regolarità, le incisioni in disco, dopo le prime di Edwin Fischer e di
Arnold Dolmetsch che risalgono a quasi mezzo secolo_ addietro,
non si contano in pratica più. Ed anche le Invenzioni e le Sinfonie
sono state eseguite ed incise.
Il Gradus ad Parnassum di Clementi non sarà (non è) il Clavi-
cembalo ben temperato, ma non è neppure il Pianista virtuoso di
Hanon; eppure non ha ancora avuto un'esecuzione pubblica com-
pleta ed è uscito in disco per la prima volta solo al cadere del 1981.
Vero è che il signor Bossi, rappresentante in Italia della Westmin-
ster, cercava un pianista disposto ad inciderlo già negli anni 50, e
vero è che Carlo Vidusso ne aveva annunciato l'esecuzione pub-
blica nel 1952 o giù di lì. Ma poi Vidusso dovette rinunciare all'idea
per causa di quel malanno a un dito che gli troncò prematuramente
la carriera, e il Bossi perse il fiato ad invocare un cireneo che non
compariva mai all'orizzonte.
Il cireneo, Vincenzo Vitale, che arrivò alla cima del monte nel
1981, merita tutta la nostra più affettuosa ammirazione e ricono-
scenza per due motivi. Prima di tutto perché ebbe l'idea di dividere
436 Appendice I Vitale 437
l'esecuzione dei cento Studi tra se stesso e sette dei suoi allievi, porto anche a Bach, perché il fatto che il Gradus non sia il Clavi-
rendendo così possibile la massacrante impresa; in secondo luogo cembalo non sposta i termini del problema generale. Lasciato dun-
perché non attese che una casa discografica promuovesse l'iniziati- que in disparte il problema di fondo, un problema specifico sorge
va, ma la finanziò personalmente, presentando poi il lavoro com- però con il Gradus. I quarantotto Preludi e fughe del Clavicembalo
piuto ad un editore. Vincenzo Vitale dimostrò dunque nei fatti di sono diversissimi tra di loro, ma sono inquadrati in uno schema
saper onorare quella «medaglia d'oro per i benemeriti della Scuola, geometrico perfetto; le quindici Invenzioni e le quindici Sinfonie si
della Cultura e dell'Arte» che il Ministero della Pubblica Istruzione susseguono secondo uno schema geometrico discontinuo ma chia-
gli conferì nel 1968. Il Ministero, naturalmente, conferisce meda- rissimo, ed i centoquarantatre pezzi che formano il Mikrokosmos di
glie ma non assegna fondi per la ricerca e per gli studi, né esistono Bart6k - altro lavoro didattico che ha avuto esecuzioni e incisioni
in Italia un Istituto Clementi o un Istituto per la Musica Strumen- - sono disposti in ordine di difficoltà. I cento Studi del Gradus si
tale Italiana che sopperiscano ai buchi (o voragini) culturali del presentano invece senza alcun ordine, senza alcuno schema. Sem-
Ministero. E perciò Vincenzo Vitale non presentò a nessuno un bra un'inezia, ma un ordine anche esterno, anche intellettualistico,
piano di finanziamento per realizzare in disco il Gradus ad Parnas- in una successione di pezzi disparati, facilita enormemente la con-
sum, ma convinse sette suoi allievi a lavorare gratuitamente, pagò centrazione e l'ascolto. Con Bach si ha almeno l'impressione (il
di tasca sua l'affitto degli Studi Phonotype di Napoli e l'accorda- lettore perdoni il paragone poco elegante) di un magazzino ben
tura del pianoforte, e pian piano, tra il 1977 e il 1979, mise insieme schedato; con Clementi si ha l'impressione di un materiale accata-
le registrazioni dei cento Studi. Poi trovò l'editore, riuscendo a far stato alla rinfusa, in cui persino i parziali raggruppamenti (i pezzi
uscire la pubblicazione in tempo utile perché la cultura italiana si raccolti in suites) accrescono il senso di generale accumulo, di
presentasse con il suo fiore all'occhiello alle celebrazioni per il generale casualità, tanto che ci si chiede addirittura perché si debba
centocinquantenario della morte di Clementi, che cadeva nel 1982. arrivare fino ad un numero tondo e simbolico come il cento invece
Vincenzo Vitale merita dunque non solo il titolo di benemerito di fermarsi prima o di procedere oltre per arrestarsi su un nume-
assegnatogli dal Ministero, ma anche quello di cireneo che gli ho raccio qualsiasi.
attribuito io, tanto che sarei tentato di riassumere tutte le virtù di Il pericolo per l'ascoltatore, in questo caso, è di scegliere fior da
questa sua pubblicazione in un - purtroppo mediocrissimo - fiore, di distinguere esteticamente ciò che incanta e ciò che annoia,
gioco di parole: il mosaico di San Vitale. Grazie al mosaico degli di sentirsi deliziato con le brillanti cascate e depresso con le fughe
esecutori e alla tenacia del santo protettore avemmo infine dispo- arcigne; bisogna invece cercar di cogliere un disegno generale, per
nibile in cinque microsolco l'intero Gradus ad Parnassum, disponi- nulla geometrico eppur razionale, di enciclopedia non alfabetica
bile per gli ascoltatori comuni e per i pianisti pigri che non l'ave- del sapere, di inventario di tutto ciò che esiste ed ha diritto di
vano mai letto da capo a fondo. Uno strumento di cultura ed anche, esistenza nel cosmo pianistico all'anno 1826, di memoria storica
come dirò con un lungo ragionamento da cui non potrò esimermi, della classicità. Il Gradus va visto, e non è facile, come una specie di
uno strumento di provocazione culturale: ad un tempo utilissimo, Bouvard e Pécuchet: mortale, se lo si legge come romanzo, affasci-
quindi, e un poco scomodo. nante, se lo si legge come spezzone di storia culturale.
Non entrerò nel merito di un problema di fondo, che oggi è da Nella introduzione generale e nelle note a ciascun Studio del
considerare superato o per lo meno momentaneamente ... ibernato: Gradus scritte da Vitale si colgono benissimo alcuni concetti di base
ha senso far ascoltare al pubblico le musiche destinate dall'autore e si coglie una polemica sommersa ma lucidamente rivelata, a chi ha
agli esecutori? Problema molto più sottile e molto meno sofistico di orecchie per intendere, da una frase sibillina: «Ho voluto solo
quanto non appaia in superficie, ma che non si potrebbe seria- consigliare ai giovani pianisti la massima circospezione nel seguire
mente discutere in rapporto a Clementi senza discuterlo in rap- certe avventate proposte di "travail" ». Perché mai un napoletano
438 Appendice I Vitale 439

puro sangue, che scrive da intellettuale napoletano, va a scovare un la tastiera in tutta la sua estensione». Alla base della concezione
termine come travail? L'obbiettivo è chiaro e si chiama Alfred della sonorità pianistica in Vitale sta questa netta distinzione thal-
Cortot con le sue éditions de travat'l dei classici. E il celato obbiet- berghiana di suono cantabile e di suono brillante, che tecnicamente
tivo polemico ci trasporta nella biografia di Vincenzo Vitale, che si realizza oggi rispettivamente - il lettore perdoni la schematiz-
all'inizio degli anni 30 galoppa da Napoli a Parigi per seguire i corsi zazione: l'accenno è sommario, ma preciso - con peso del braccio
di Cortot all'Eco/e normale. Cortot aveva pubblicato nel 1928 i appoggiato sul tasto e non appoggiato sul tasto (o, come dice
Principi razionali della tecnica pianistica ed era considerato un Tobias Matthay, con «giacenza a fondo tasto» e «giacenza a livello
principe dei didatti: Vitale, partito per attingere grandi sorsate alle tasto»). Vitale sviluppò questo concetto in modo - lui sì -
fonti del sapere, dovette capire presto che Cortot razzolava magari razionale, studiando tutti i meccanismi fisiologici, cioè i movimenti
bene ma predicava malissimo e che i principi razionali non erano e i coordinamenti dei movimenti che garantiscono la distinzione,
razionali per niente. Per uno che si era formato nel bacino di l'alternanza e la sovrapposizione di due specie fondamentali di
carenaggio della scuola napoletana, avendo studiato con Sigi- timbro pianistico.
smondo Cesi, Florestano Rossomandi e Attilio Brugnoli, l' accor- Che questa fosse la concezione della sonorità in Thalberg e nella
gersi che la farraginosa e indisponente Dinamica pianistica di scuola napoletana che da lui deriva è fuor di dubbio. Che questa
Brugnoli, pubblicata nel 1926, era più razionale dei Principi ra- fo~se la tecnica thalberghiana è cosa molto incerta. A parer mio, e il
zionali dispensati nel tempio parigino, dovette essere un bello choc. Metodo del Cesi sembra dimostrarlo, la tecnica Thalberg-Cesi era
E il contraccolpo dello choc vibra ancora nelle note di presentazio- diversa dalla tecnica Brugnoli-Vitale. La continuità della scuola
ne del Gradus, così come vi scorrono sotterraneamente gli entusia- napoletana consiste invece nella conservazione di una concezione
smi di un cammino a ritroso nella storia culturale di Napoli: lavati e della sonorità attraverso un adeguamento della tecnica a mutate
setacciati gli ingombranti detriti della Dinamica pianistica, Vitale caratteristiche dello strumento: Vitale porta a perfetta definizione
scoprì qualche pepita lucentissima; ripensata e analizzata la didat- una tecnica che rende possibile la sopravvivenza, sul pianoforte
tica di Florestano Rossomandi, di Sigismondo Cesi e del maestro di moderno, di una concezione del suono nata sul pianoforte roman-
entrambi, Beniamino Cesi, Vitale ritrovò l'intatta mummia di Sigi- tico.
smondo Thalberg, maestro del Cesi. Il pianoforte moderno è strumento diverso dal pianoforte ro-
Beniamino Cesi aveva studiato con Thalberg quando questi, mantico, è strumento di enormi potenzialità che può sì dare risul-
chiusa la carriera concertistica e ritiratosi a vita privata in una tati sonori analoghi a quelli del suo predecessore ma a patto di esser
splendida villa di Posillipo, riceveva in casa sua e seguiva con fatto agire mediante una tecnica rispondente alla sua più complessa
attenzione alcuni giovani napoletani di talento; e i fondamenti struttura. Ad esempio, basta mettere le mani su un pianoforte
stilistici della scuola napoletana stanno lì, nei brevi precetti che romantico per ritrovare subito i rapporti di timbri di un pezzo come
Thalberg premise all'Arte del canto applicata al piano/orte e di cui il Miserere del Trovatore trascritto da Liszt; per riprodurre gli stessi
insegnò al Cesi i significati tecnici. rapporti su un pianoforte moderno bisogna possedere una tecnica
Se dobbiamo prestare orecchio ad un affidabile testimone, del tocco di livello trascendentale.
François Fétis, Thalberg aveva scoperto per primo il modo di unire La tensione massima, il punto di rottura tra evoluzione dello
insieme il canto, espressivo, e la figurazione ornamentale virtuosi- strumento ed evoluzione della tecnica risale storicamente proprio
stica e brillante, rendendoli nettamente diversificati e inconfondi- all'anno di nascita di Vincenzo Vitale: 1908. Nel 1908 Debussy
bili; il Marmontel, ricordando Thalberg nella Fantasia sul Mosè, pubblica la seconda serie delle Images, nel 1908 Ravel pubblica
diceva che «la larga e bella melodia, che ad ogni strofa s'accresceva Gaspard de la nuit. Due opere tra le maggiori della letteratura
di forza, emergeva sotto il torrente degli arpeggi che percorrevano pianistica, due opere radicalmente opposte. Debussy continua ad
440 Appendice I Vitale 441

impiegare sul pianoforte moderno la tecnica tradizionale, raffi- Vitale sta l'Arte del canto applicata al pianoforte, al cuore della sua
nando all'estremo il lavoro delle dita e del pedale di risonanza e tecnica stanno il Gaspard de la nuit ed il suo antecedente storico: il
lasciando perire i rapporti timbrici del pianoforte romantico, Ravel Mephisto-Walzer n. 1 di Liszt. Da Ravel e Liszt, fondamenti stili-
progetta il ripristino di rapporti timbrici tradizionali, postulando stici della sua tecnica, Vitale procede poi verso Debussy e Chopin,
una rivoluzione tecnica; Debussy studia gli effetti di una tecnica verso Schumann, verso Beethoven.
arcaica su un materiale nuovo, Ravel fa rinascere con una tecnica E verso Clementi. Ciò non significa che Vitale sia indifferente a
nuova un materiale antico; Debussy si incammina verso la disinte- problemi di stile: nella distinzione di suono cantabile e di suono
grazione del linguaggio, Ravel verso la sua restaurazione. Un pro- brillante si innestano le distinzioni di legatissimo, legato, portato,
cesso simile era già avvenuto una decina d'anni prima, ma ad uno non-legato, staccato, staccatissimo, si innesta la tecnica dei pedali
stadio di minor radicalismo, con Scriabin e Rachmaninov. Debussy separati e riuniti, si innestano cioè tutte le «imperscrutabili sotti-
e Ravel portano invece all'estremo un dilemma che era nato im- gliezze» di cui dice Vitale, il quale, in Clementi, non impiega ad
plicitamente nell'ultimo trentennio dell'Ottocento, con la totale esempio certi tipi di legato che impiega in Schumann, usa poco il
sostituzione del pianoforte moderno al pianoforte romantico, e pedale di risonanza e pochissimo il pedale una corda. Ma egli ha
mettono a nudo un problema che investe la sopravvivenza stessa fissato e comunicato ai suoi allievi un cantabile e un brillante di
della letteratura pianistica. A complicare le cose, oltre al radicali- caratteri timbrici inconfondibili che diventano per tutti un'incon-
smo delle rispettive posizioni, sta il fatto che la scelta di Ravel si fondibile base stilistica.
capovolge dall'inizio del secolo al 1908, da ]eux d'eau a Gaspard, e L'esecuzione del Gradus, in quest'ottica, dimostra la completa
che la scelta di Debussy si capovolge dall'inizio del secolo al 1908, meravigliosa appropriazione di un testo didattico in una - pos-
da Pour le piano alla seconda serie delle Images: il primo finirà poi siamo dirlo? - vera e propria mistica della sonorità. Si può notare
col ricreare sul pianoforte moderno la sonorità del clavicembalo una simile appropriazione nell'esecuzione che Richter ci ha dato
(Tombeau de Couperin) e il secondo con lo sperimentare sul pia- del Clavicembalo ben temperato di Bach. E, come in Richter, non si
noforte moderno tutta la tecnica antica (Études). , tratta della lettura storicistica di un testo ma di una sua geniale
Questo nodo, questo intreccio, questo groviglio dantesco era utilizzazione tecnica. Clementi viene cioè posto da Vitale all'alba di
ancora didatticamente tutto da sciogliere negli anni 20 e 30, un evento storico centrale, il romanticismo iniziato con Thalberg,
quando Vincenzo Vitale studiava a Napoli e poi a Parigi. Molti ed i tre volumi del Gradus, pubblicati nel 1817, nel 1819 e nel
didatti giocarono sull'equivoco, mettendo insieme Debussy e Ravel 1826, diventano i prodromi di Mendelssohn, Schumann, Chopin,
nel calderone dell'impressionismo. Cortot predicò un vangelo se- Liszt. A parer mio i prodromi anche tecnici del romanticismo - la
cundum Claudium razzolando secundum Mauritium. Altri, in Rus- testimonianz di Fétis mi guida pure in questo caso - si trovano in
sia come negli Stati Uniti, come in Inghilterra, studiarono a fondo iÌ Hummel e in Moscheles, mentre il vecchio Clementi sbatte in
problema, e tra di essi Vitale che, vivendo a Parigi, capì qual era il faccia ai nuovi venuti la mole imponente della cultura classica. Gli
nocciolo della questione e scelse: scelse Ravel, cioè si pose ad Studi n. 53, n. 56 e n. 83 sono lì a dirmi che· una sbirciata oltre la
indagare razionalmente, sotto l'aspetto teorico, sotto l'aspetto fi- classicità anche Clementi se la concede. Ma il grosso del Gradus
siologico e sotto l'aspetto didattico, la tecnica rivoluzionaria che dimostra a parer mio che di fronte ad una generazione che adorerà
Ravel aveva postulato con Gaspard de la nuit. la polifonia bachiana Clementi rivendica, con diciotto tra canoni e
La concezione della sonorità pianistica e la ricerca sulla tecnica fughe, la sua propria statura di polifonista romano, che di fronte ad
nascono in Vitale, a parer mio, dalla fedeltà ad una tradizione una generazione che troverà nella tonalità una fonte di variazioni
culturale autoctona e dalla adesione alla poetica di un grande timbriche e psicologiche egli dispone un'armata di cento Studi
creatore contemporaneo. All'origine della concezione timbrica di senza un sol pezzo in re bemolle magg~ore, senza un sol pezzo in do
442 Appendice I

diesis, sol diesis, re diesis minore. L'esecuzione su un pianoforte MUSICA


inglese del 1820 circa potrebbe favorire una lettura storicistica del COME SILENZIO
Gradus e verificare in concreto la validità o non validità della tesi
critica ora esposta, l'esecuzione con una tecnica arcaica impiegata
su un pianoforte moderno potrebbe mettere in luce quello che a
parer mio è, del Gradus, il carattere superbamente reazionario.
Tuttavia, non è questo il luogo per discussioni o per dispute sulla
posizione storica di Clementi e su altre possibilità di lettura della
sua summa didattica. Merito altissimo di Vitale e dei suoi discepoli
è non solo di aver messo a disposizione del pubblico il Gradus, ma
di averne scelto una chiave di interpretazione precisa, inequivoca-
bile, e di averla adoperata con impegno inflessibile e con rigore Durante la guerra udii spesso parlare di Carlo Vidusso dal maestro
metodologico assoluto. Dalla curiosità di ascoltare un lavoro tanto con cui studiavo, che era stato suo allievo a Padova; lo ascoltai per
celebre quanto poco studiato potranno nascere riflessioni sulla sua la prima volta, alla radio, nel 1945, lo conobbi nel 1948, studiai
natura; e, procedendo a ritroso fino alle Sonate op. 1, si potrà anche intensamente con lui tra il 1950 e il 1952 e saltuariamente fino al
cercare di ricostruire criticamente la figura di Clementi, ancor oggi 1954, lo ritrovai come collega nel conservatorio di Milano dal 1965.
tenuta in bilico tra le lodi per i suoi brevi flirts con l'Arte ed i Per più di trent'anni, dunque, il nome, l'opera, la persona di
rammarichi per il suo lungo concubinaggio con la Meccanica. Vidusso mi furono familiari, e per più di trent'anni, anche invo-
lontariamente, lo osservai con curiosità e con sbalordimento senza
~ai arrivare a capirlo bene. Ho ripensato molto a lui mentre
stendevo queste note ed ho cercato di dare ordine ai miei ricordi e
alle mie riflessioni. Ma non so se oggi lo capisco meglio e non so
fino a che punto ciò che scrivo sia utile per chi non lo conobbe. Pur
sapendo che rischio di sbagliare e di dare al lettore un'immagine
parziale o distorta, penso però di essere nel giusto se di Vidusso
parlo. Vidusso, e su ciò non ho dubbi, era una di quelle persone che
si ricordano per tutta la vita e che meritano di essere ricordate.
Quando cominciai a studiare con lui, Vidusso aveva appena
messo a punto un sistema di lavoro che si basava essenzialmente su
tre principi: per ogni nota da suonare doveva esser scritto sotto la
nota il numero del dito corrispondente, era obbligatorio studiare
con il metronomo e raggiungere gradualmente la velocità voluta, si
mandava a memoria qualsiasi pezzo imparando senza pianoforte la
prima riga di ogni pagina, la seconda riga di ogni pagina e così via,
per «rimontare» poi il tutto alla fine. Fine che non era comunque
tale perché l'esecuzione «libera» del pezzo, nella quale venivano
sentimentalmente ritrovati il decorso temporale non meccanico e il
senso discorsivo della musica, era rara, eccezionale, e bisognava
444 Appendice I Vidusso 445

sempre ritornare allo studio con il metronomo e alla lettura men- mente, non era il collezionista ordinato che tiene tutto schedato e
tale a un rigo per volta. Personalmente usava, ma non lo imponeva che amoreggia con l'oggetto; comprava, per il gusto di diventarne
agli allievi, di contare il numero delle note in ogni riga e in ogni possessore, l'oggetto che vedeva in vetrina o che gli veniva offerto,
pezzo, e sapeva quante note ci fossero nel Clavicembalo ben tem- ma poi si dimenticava di averlo e magari acquistava due volte lo
perato (con e senza gli abbellimenti realizzati), quante negli Studi di stesso modello. Un metronomo gli piaceva veramente solo nel
Chopin, ecc. ecc. momento in cui lo faceva funzionare, e quindi non capisco ancor
Diteggiava ogni nota: anche i trilli, anche i tremoli (non tutti, a bene perché ne facesse collezione. Ma penso che nel metronomo
dire il vero: faceva un'eccezione per i lunghissimi tremoli di Chas- vedesse un simbolo del tempo e che ogni diverso metronomo gli
se-neige di Liszt, per i quali ammetteva il segno % ), ed aveva piacesse, per un attimo, quasi come una diversa incarnazione di
aggiunto alla numerazione tradizionale il 6, per indicare pollice e un'idea metafisica.
medio uniti, il 7 per anulare e mignolo uniti, 1'8 per il pollice di Il metronomo lo si usava moltissimo, con Vidusso, persino negli
traverso su due tasti. Scriveva, con penne a sfera di quelle di allora, adagi o in certi tratti degli adagi. Si fissava una velocità che si voleva
numeri di grandezza proporzionale allo spazio disponibile, talvolta raggiungere e si cominciava da una velocità di circa una metà più
premendo la carta fino a forarla, e le musiche da lui diteggiate bassa. Si eseguiva tutto il pezzo una volta e, se andava bene, si
prendevano l'aspetto di fantastici geroglifici, geroglifici nei quali, faceva avanzare di una tacca il contrappeso. Poi di un'altra tacca, di
peraltro, egli si orientava benissimo. Aveva un orecchio fantastica- un'altra ... Si scriveva il numero a cui si era arrivati in giornata, il
mente selettivo, Carlo Vidusso, ed agli esami era il terrore dei giorno dopo si ricominciava dal numero immediatamente prece-
candidati e dei colleghi perché scopriva i più piccoli errori di dente, si procedeva, si scriveva il numero raggiunto alla fine del
esecuzione o di lettura. Ma aveva anche un occhio fulminante e lavoro, e così via per quanti giorni erano necessari a raggiungere il
così come individuava istantaneamente l'errore di nota, altretta~to numero finale.
istantaneamente individuava l'errore di dito. «Perché hai fatto Insieme con ciò veniva lo studio a memoria che, come dicevo,
questo trillo con 1-3-1-3-2-1-3-2 invece che con 2-3-1-3-2-1-3-2?», cominciava con la prima riga di ogni pagina e proseguiva riga per
diceva dopo che l'allievo aveva magari eseguito tutto un primo riga. Quando cominciai a studiare con lui, Vidusso aveva già im-
tempo di una sonata di Beethoven; e si poteva star sicuri che non parato in questo modo a memoria i quarantotto Preludio e fuga del
sbagliava. Clavicembalo ben temperato di Bach, e non ad uno per volta, ma
Il metronomo era per Vidusso più che un utensile indispensabi- tutti e quarantotto insieme: tutte le prime righe di tutte le pagine
le: era un compagno di vita. Ho conosciuto solo un altro musicista, dei due volumi del Clavicembalo ben temperato, tutte le seconde
Karl Heinz Stockhausen, sensibile quanto Vidusso alle velocità di righe, ecc. ecc. Mentre studiavo con lui imparò in questo modo
metronomo. Stockhausen è in grado di battere, a richiesta, a 72 o a tutto il Gradus ad Parnassum di Clementi.
108 o a 184, e di passare di colpo da una velocità ad un'altra. Preso nel suo insieme ed applicato con rigore, questo sistema di
Vidusso, ascoltando un'esecuzione, diceva tranquillamente: «Toh, studio sembra una totale assurdità, ed è una totale assurdità che
questo passo lo fa a 112 scarso; Horowitz lo fa a 116». Prendeva il esclude completamente la logica architettonica e discorsiva della
metronomo e controllava: aveva ragione. musica per sostituirle la geometria astratta dell'impaginazione e
Prendeva il metronomo, dico. Potrei dire che prendeva uno dei della velocità costante. L'utilità pratica del sistema venne del resto
suoi novantacinque metronomi (o giù di lì). Ne aveva di tutti i tipi smentita dagli esiti stessi di Vidusso, che non di rado, quando
e di tutte le epoche, da piccolissimi metronomi a nastro fino ad un presentò in pubblico il Clavicembalo ben temperato in tre serate, fu
piramidale blocco che - pare - era appartenuto a Maria Luigia costretto ad eseguire con la carta, invece che a memoria, l'ultima
d'Austria e che era graduato solo fino a 160. Vidusso, natural- serata, e che dovette rinunciare all'esecuzione del Gradus, già an-
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nunciata a Napoli in quattro serate. Più tardi riuscii però a capire, o vate. Anche Franco Margola mi raccontò di aver fatto vedere a
così mi parve, perché Vidusso avesse escogitato un modo tanto Vidusso il suo Concerto (il Concerto, non il Kinderkonzert), che era
complicato e tanto assurdo di studiare: perché era l'unico che lo stato appena eseguito a Firenze da Benedetti Michelangeli: Vidus-
costringesse a studiare. so lo lesse speditamente da capo a fondo. Mario Gusella mi rac-
Nel dopoguerra la carriera di Vidusso non aveva preso quota: contò di aver eseguito con Vidusso e con un violinista, tutti e tre
egli aveva un buon «giro» nelle società di concerti italiane, ma non allievi del conservatorio di Milano, il Concerto triplo di Beethoven.
aveva sfondato in campo internazionale e non aveva né prospettive Le parti erano state consegnate ai ragazzi tre mesi circa prima
né ambizioni di proseguire ancora, a più di trentacinque anni, una dell'esecuzione, ma Vidusso aveva chiesto a Gusella di tenergli la
carriera di routine. Il Concerto n. 1 di Ciaikovsky, che era stato un parte. del pianoforte perché temeva di smarrirla. Sollecitato più
suo cavallo di battaglia, lo annoiava al punto che una volta chiese volte da Gusella, Vidusso si decise a dare un'occhiata alla parte il
una somma spropositata ad una società che voleva a tutti i costi il giorno stesso in cui c'era la prova in orchestra; alla prova suonò
Primo. Con sua grande sorpresa venne accontentato e dovette perfettamente, riconsegnò la parte a Gusella, suonò perfettamente
rimettersi il Primo nelle dita, brontolando. Né gli piacevano più la alla prova generale ed ali' esecuzione del giorno dopo. Ed io ricordo
Rapsodia ungherese n. 2 di Liszt e Islamey di Balakirev o quelle di aver sentito Vidusso leggere spartiti per canto e pianoforte e
anacronistiche pagine di virtuosismo che prima della guerra era partiture per orchestra, con la più grande tranquillità e senza
stato il solo, in Italia, a suonare ancora. Aveva invece giustamente un'esitazione. Ricordo anche che, per crearsi un interesse quando
individuato nelle «integrali» una novità in via di affermazione ed suonava in trio, si poneva un problema tecnico fittizio. «Questa
aveva appunto progettato le «integrali» del Clavicembalo ben tem- sera suonerò senza usare l'anulare della destra», diceva prima del
perato e del Gradus ad Parnassum; la RAI gli aveva commissionato concerto; e quando gli voltavo le pagine vedevo che manteneva la
le «integrali» degli Studi di Liszt, di Iberia di Albeniz e di Goyescas parola ... magari pasticciando qua e là.
di Granados, che portò tutte a compimento. Una prospettiva non La mano di Vidusso non era eccezionalmente grande: prendeva
tradizionale di nuova carriera si era dunque aperta per Vidus- appena la decima, tanto che doveva arpeggiare alcune delle decime
so nell'imminenza dell'anno bachiano, il 1950 in cui cadeva il bi- nella seconda parte, il Presto, della Rapsodia ungherese n. 6 di Liszt.
centenario della morte di Bach. Ma per le «integrali» bisogna- Era però una mano quadrata, con dita a spatola robustissime.
va studiare, allenarsi. Vidusso non aveva studiato mai: aveva solo Vidusso suonava con le mani piuttosto inclinate in dentro ed aveva
capito. uno scatto nervoso eccezionale, tanto che, per scherzo, poteva
La facilità di lettura di Vidusso era favolosa. Leggeva quasi ogni eseguire rapidissimamente con 5-4-3-2-1, invece che con 1-2-3-4-5
cosa, praticamente, a prima vista, e fin dalla prima lettura realizza- (con la destra), la successione do-re-mi-fa-sol; lo Studio op. 10 n. 2
va anche musicalmente l'essenziale. Dopo quattro o cinque letture di Chopin gli riusciva con sconcertante fluidità e in genere qualsiasi
non ci pensava più e se gli capitava di eseguir spesso una composi- tratto in posizione stretta sembrava con lui un glissando; un'altra
zione si annoiava mortalmente. Arrigo Pedrollo mi raccontò di aver sua «specialità» era la scala di do maggiore per moto contrario alla
chiamato Vidusso nel tardo pomeriggio, quand'era direttore stabile velocità di un glissando, ripetendo sempre la successione di dita
all'EIAR, perché il pianista che doveva eseguire la sera Notti nei 1-2-3-4-5. Eseguiva con facilità estrema le doppie note e le più
giardini di Spagna di Falla si era improvvisamente ammalato. Vi- intricate combinazioni contrappuntistiche poliritmiche, agendo in
dusso, che non conosceva il lavoro, lo lesse su un pianino nel frazioni minime di tempo e cessando altrettanto fulmineamente la
camerino di Pedrollo, che dirigeva e cantava le parti principali degli presa del tasto; aveva una sinistra in tutto pari alla destra. La
altri strumenti; poi scesero in orchestra ed eseguirono le Notti, tecnica era fondamentalmente articolatoria e l'impiego del braccio
diceva Pedrollo, come se le avessero regolarmente studiate e pro- e delle spalle avveniva solo per eccezione; la sonorità non era perciò
ì

448 Appendice I Vidusso 449

molto ampia, né la scala della dinamica era graduata con sotti- rappresentare una destra non culturalmente squalificata, e senza
gliezza. accostarsi a Casella, che rappresentava la sinistra, o a Gino Taglia-
Dotato di quest'enorme facilità, quand'era allievo di Carlo Lo- pietra, che rappresentava la tradizione dell'insegnamento di Buso-
nati, Vidusso aveva imparato il repertorio virtuosistico tradizionale ni. Le scelte di repertorio di Vidusso non sarebbero state certa-
del tardo Ottocento (Studi di Chopin, Variazioni su un tema di mente approvate da Casella ed il suo modo tutto istintivo e ma-
Paganini di Brahms, Rapsodie ungheresi n. 2, 6, 12 e 14 e Campa- nualistico di affrontare i testi era agli antipodi delle concezioni
nella di Liszt, Islamey di Balakirev, Invito alla danza di Weber- caselliane. E d'altra parte Vidusso non si sarebbe trovato a suo agio
Tausig, Il bel Danubio blu di Strauss trascritto da Schulz Evler, con le concezioni di Pizzetti, almeno con quelle espresse nella
Valzer op. 64 n. 2 di Chopin trascritto in terze da Rosenthal, Studio famosa recensione in cui Pizzetti stroncava Wilhelm Backhaus.
op. 25 n. 2 di Chopin trascritto in seste da Brahms, Concerto n. 1 di Vidusso mi disse che Backhaus era stato il primo pianista da lui
Liszt, Concerto di Grieg, Concerto n. 1 di Ciaikovsky, ecc.). A ascoltato in recital, a Buenos Aires, ed aggiunse che la sua ammi-
vent'anni si era diplomato, a ventun anni aveva preso parte al razione per Backhaus, nata allora, non era cessata mai. Mi raccontò
Concorso Chopin di Varsavia, a ventidue anni era stato scelto da anche che, suonando un repertorio virtuosistico, aveva cercato di
Pizzetti per la prima esecuzione assoluta dei Canti della stagione avvicinare un grandissimo virtuoso della vecchia generazione, Mo-
alta all'Augusteo di Roma sotto la direzione di Bernardino Moli- ritz von Rosenthal, che si era fatto ascoltare da Rosenthal e che era
nari, aveva eseguito i Canti alla Scala sotto la direzione di Pizzetti rimasto deluso da ciò che il vecchio leone gli aveva detto. Era
ed aveva vinto un concorso per una cattedra nel Liceo Musicale di invece andato a Tremezzo per farsi sentire da Schnabel e avrebbe
Padova (battendo per pochi centesimi di punto Vincenzo Vitale), a desiderato studiare con Schnabel; ma il prezzo della lezione -
ventitre anni aveva esordito alla Società del Quartetto di Milano cinquanta lire, se ben ricordo - era troppo elevato per lui, e da
con un programma tipico (Bach-Busoni: Preludio e fuga in re Schnabel non era più tornato.
maggiore. Scarlatti: Quattro Sonate. Brahms: Intermezzo, 24 Va- Sebbene suonasse un repertorio datato, Vidusso non suonava in
riazioni su un tema di Paganini. Chopin: Ballata op. 23, Studi op. modo antiquato ma, semmai, in un modo desueto in Italia. I suoi
25 n. 6, op. 10 n. 3, op. 25 n. 11. Prokofiev: Toccata. Liszt: Studio dischi di prima della guerra - la Campanella, gli Studi op. 25 n. 1 e
in fa minore, Rapsodia ungherese n. 6). 6 di Chopin, La /ileuse di Raff, La Danse d'Ola/ di Pick-Mangiagalli
Ma i Canti di Pizzetti non lo impegnavano a sufficienza, tanto - ricordano stilisticamente Joseph Lhevinne e soprattutto Grigo-
che, per non annoiarsi troppo, aveva chiesto al compositore di ry Ginsburg. Gli Studi di Liszt registrati dopo la guerra non sono
lasciargli introdurre nel finale due passi in doppie note (doppie più, virtuosisticamente, così scintillanti, e solo nell'Invito alla danza
terze e doppie seste difficilissime, di una difficoltà sproporzionata di Weber-Tausig si avvertono ancora la scioltezza, il distacco, la
al resto della composizione); e così, dopo aver «agganciato» un magia del virtuosismo di Vidusso. Prima della guerra certe sue ~ose
personaggio potente come Pizzetti, non seppe tenerselo stretto. Il suscitavano la meraviglia che suscitano certe cose di Lhevinne o di
Concorso di Varsavia lo passò senza infamia e senza lode, e alla Ginsburg, e in un altro contesto culturale Vidusso avrebbe potuto
Società del Quartetto non fu riconfermato. La realtà della sua venir stimolato nella sua rilettura del repertorio virtuosistico otto-
carriera fu l'insegnamento a Padova, poi a Verona, quindi il pas- centesco e avrebbe potuto rappresentare fra di noi quel rovescia-
saggio ai conservatori di stato nel '39 (Bologna, poi Parma, dove mento della retorica in magia illusionistica che un artista come
sarebbe rimasto fino al 1951). Ginsburg rappresentò nella cultura sovietica. In Italia, Vidusso non
Non erano certo anni in cui un italiano potesi,e sviluppare una era invece abbastanza a destra per essere sostenuto dalla destra, e
grande carriera concertistica. Ma Vidusso vagolò per conto suo non era a sinistra: era un interprete che la destra considerava
senza appoggiarsi a Pizzetti, che negli anni 30 aveva finito col «freddo» e la sinistra anacronistico, e venne superato prima da
450 Appendice I Vidusso 451

Scarpini e da Gorini, suoi coetanei, poi dalla «esplosione» di Be- temperamento, avrebbe potuto identificarsi, ma in modo persona-
nedetti Michelangeli. lissimo, nel neoclassicismo. La concezione del suono era infatti in
Scarpini, allievo di Casella, e Gorini, allievo di Tagliapietra, Vidusso monocroma, da vero piano e forte: si osservi come, in
furono i giovani in vista nelle due «punte» più avanzate della dodici Studi di Liszt e in dieci pezzi di Albeniz e Granados vi sia un
cultura musicale italiana, la romana e la veneziana, mentre la solo momento di autentica ricerca timbrica, alla fine della Leggie-
cultura milanese, guidata prima da Pizzetti e poi da Pick-Mangia- rezza; si osservi come il fraseggio di un tema sentimentale come
galli, firmatari entrambi del manifesto reazionario del 17 dicembre quello del Sospiro sia classicamente basato non sull'anacrusi ma
1932, trovò proprio in Benedetti Michelangeli il suo uomo. La sull'accento tetico, che viene sottolineato da un momento di attesa
storia culturale dell'Italia durante il fascismo è complicata e per prima dell'ultima nota. Schnabel avrebbe sicuramente offerto un
nulla chiarita, ma si può per lo meno supporre che Benedetti indirizzo culturale preciso a Vidusso, e non perché Vidusso dovesse
Michelangeli emergesse nel momento in cui il neoclassicismo si cambiar pelle, ma perché aveva bisogno di dare un significato al
stava esaurendo, e che emergesse proponendo un virtuosismo co- suo talento. Del resto, chi direbbe che Jorge Bolet, all'incirca
loristico (alla Horowitz, tanto per intenderci) a cui Vidusso era coetaneo di Vidusso, abbia studiato anche con Serkin e sia stato
completamente estraneo. assistente di Serkin per alcuni anni? Eppure, a pensarci, le esecu-
Vidusso ammirava moltissimo Horowitz, ma la registrazione zioni lisztiane di Bolet passano attraverso la classicità di Serkin. Da
dello Studio da Paganini n. 2 dimostra quant'egli fosse distante Schnabel, Vidusso avrebbe sicuramente tratto molto. La stessa
dalla famosa incisione di Horowitz, della quale, pure, tenne evi- scoperta delle «integrali», che Vidusso fece dopo la guerra, nasceva
dentemente conto; tra i miei ricordi c'è una sua esecuzione della nella prospettiva di un indirizzo di cultura di cui Schnabel era stato
Danza macabra di Saint-Saens nella trascrizione di Liszt nella quale esponente massimo. E se Vidusso avesse disposto di quelle cin-
il fantasmagorico gioco di colori di Horowitz veniva annullato quanta lire a lezione ...
come in una copia a penna. Ammirava moltissimo Carlo Zecchi, ma Invece non le aveva. E per superare i tranelli della sua eccessiva
gli erano del tutto sconosciute la minuziosissima cura del partico- facilità di lettura inventò i geroglifici delle diteggiature, lo studio
lare e la ricerca del bel suono, essenziali nell'arte interpretativa di con il metronomo, l'apprendimento a memoria ad una riga per
Zecchi. Né Horowitz né Zecchi, nati entrambi nel 1904 e perso- volta. L'assurdità era la salvezza, era l'obbligo di studiare, era la
nalità dominanti negli anni 30, furono per Vidusso dei modelli costrizione a far proprii quarantotto Preludio e fuga invece di
stilistici, e neppure i grandi pianisti che più spesso scendevano in fermarsi all'ottavo o al decimo o di imparare ad orecchio. Sarebbe
Italia, come Gieseking, Rubinstein, Fischer, Backhaus, Cortot. I stato diverso se le «integrali» le avesse fatte in dischi, leggendo,
nomi che si affacciano alla mente, ascoltando i vecchi dischi di registrando e passando ad altri pezzi; l'obbligo della registrazione
Vidusso, sono quelli di Lhevinne e specialmente di Ginsburg, nato tutta di fila di una «integrale», per la radio, e l'obbligo della
nel 1904, completamente sconosciuto in Occidente negli anni 30, memoria per le esecuzioni pubbliche diventarono ostacoli insor-
nonché di Victor Merzhanov, nato nel 1919. Come diavolo si possa montabili perché, se non sbaglio, la memoria di Vidusso non era
inserire Vidusso, nato nel 1911, in mezzo a due pianisti russi come pari alla sua tecnica. Dopo qualche anno di terribili tours de /aree si
Ginsburg e Merzhanov, è un problema che non saprei risolvere; ma diede per vinto, e con ... l'aiuto del dito medio della destra, che gli si
il lettore capirà quanto desueto dovesse parere in Italia un giovane bloccò, rinunciò al concertismo. Era un malanno probabilmente
che non assomigliava a nessun pianista famoso. curabilissimo e, forse, semplicemente d'origine nervosa, senza le-
Il desiderio di studiare con Schnabel può parere sorprendente, sioni tendinee o muscolari. Ma Vidusso non riprese più a suonare
ma sarebbe stato il giusto correttivo per uno strumentista fin trop- in pubblico.
po dotato da natura e che, per le sue caratteristiche di suono e di Continuò ad insegnare, a diteggiare, a far lavorare con il metro-
452 Appendice I Vidusso 453
nomo (non più a far studiare a una riga per volta). Quando lo così impressionato che l'edizione rara gliela regalò e, Vidusso ne era
ritrovai, come collega, era un po' cambiato, ma non molto. Il suo orgoglioso, gli offrì pure un vermut.
disinteresse per l'aspetto coloristico, e il suo interesse per l'aspetto Il gusto del possedere era diventato talmente forte che - già
meccanico dell'esecuzione si erano persino accentuati, tanto che l'ho detto a proposito dei metronomi - comprava senza guardar
diteggiava servendosi di una tastiera muta. Le sue diteggiature, neppure che cosa comprava. Saputo che sarei andato a Mosca, mi
pensando la musica senza colori, erano formidabili, ed i trucchi che chiese di cercargli il secondo volume di una edizione russa del
escogitava, portando alla mano destra note scritte per la sinistra e Clavicembalo ben temperato, di cui aveva solo il primo volume.
viceversa, facendo qualche trasposizione d'ottava o tagliando o Non ricordando lì per lì di quale edizione si trattasse mi portò dopo
sostituendo qualche nota, erano sorprendenti. Aggiungeva spesso qualche giorno il volume. Lo aprii: era l'edizione in russo della
qualcosa e non aveva ancora ripudiato certe sue incredibili inven- revisione di Bruno Mugellini. Non so di preciso quante edizioni
zioni, come il quarto degli Studi da Paganini in mi bemolle mag- avesse del Clavicembalo ben temperato, e per molti anni non lo
giore invece che in mi maggiore o l'ultima pagina della Rapsodia seppe neppur lui; né so quanti fossero i doppioni, ma penso che
ungherese n. 14 in fa diesis maggiore invece che in fa maggiore. Un fossero molti. Affogava nella carta stampata e nelle fotocopie, e
poco alla volta mise però da parte certi trucchi, non cambiò più una continuava a comprare e a fotocopiare, ad imprestare - non era
nota, decise persino di realizzare gli abbellimenti secondo prassi affatto geloso dei suoi beni - e a perder libri. Poi trovò qualcuno
filologicamente ineccepibili, e dopo aver diteggiato pressoché tutta che gli schedò tutti i suoi averi ed un allievo che gli copiò, a mano,
la letteratura pensò di preparare per il 1970, nel bicentenario della tutto il catalogo dei pezzi giacenti nella biblioteca del conservatorio
nascita di Beethoven, una nuova revisione delle trentadue Sonate. di Milano (chiedere una fotografia del catalogo era una cosa che
Aveva in mente di fare insieme diteggiatura ed analisi, e si mise a non gli sarebbe mai passata per la testa). Decise così di tenere un
diteggiare con un colore i primi temi, con un altro le transizioni, quaderno in cui annotare i prestiti e di non comprare ciò che si
con un terzo i secondi temi, con un quarto le code; negli sviluppi, poteva trovare in conservatorio. Ma quando seppe che la biblioteca
naturalmente, mischiava i colori. Cominciò a lavorare così, poi civica di Milano possedeva la raccolta, rara, dei pezzi di vari autori
s'accorse che la stampa avrebbe presentato troppi problemi e ri- russi sul cosiddetto «tema delle cotolette», si precipitò a divorare il
nunciò al colore, limitandosi ad usare varie penne nere di diverso catalogo, prendendo montagne di appunti e facendo fotocopiare
tipo. Con la sua tastiera muta, l'astuccio dalle sette penne, la centinaia di pagine di altre inutili edizioni. Una volta, durante un
lametta da barba per raschiare gli errori, in conservatorio Vidusso esame di compimento medio, vide che un disgraziato di candidato
era diventato un personaggio proverbiale. Era diventato anche un privatista aveva studiato sulla revisione di Alessandro Bustini del
bibliofilo che comprava, dei testi classici, ogni edizione esistente ed Gradus ad Parnassum e si batté perché al giovinotto venisse asse-
esistita. Delle Sonate di Beethoven aveva, credo, non meno di gnato il sei liberatorio: «Così - disse alla fine, felice - posso
cinquanta edizioni, non so quante, mi pare una novantina, del chiedergli di vendermi il libro».
Clavicembalo ben temperato, e così via. Non che fosse diventato Non vorrei che il lettore, avendomi seguito pazientemente fin
filologo, ma il possesso della musica stampata lo ossessionava. Una qui, pensasse a Carlo Vidusso semplicemente come ad un maniaco
volta rinunciò a comprare un'edizione del primo Ottocento perché o ad un prossimo parente di Buvard e Pécuchet. Era piuttosto un
la trovava troppo cara. Questo al mattino. Al pomeriggio ritornò in personaggio hoffmanniano che accumulava oggetti e cifre nel ten-
negozio per comprarla e seppe che era stata venduta ad un cliente, tativo di dar corpo a realtà concettuali che la sua mente coglieva
un dentista. Disperato, andò dal dentista, si piazzò in anticamera, e con lucidità folgorante. Ho detto, iniziando, che per più di tren-
quando venne il suo turno disse al dentista sbalordito che era lì per t'anni ho osservato Vidusso con curiosità. Con curiosità e, devo
ricomprare, a qualsiasi prezzo, l'edizione agognata. Il dentista fu aggiungere, con affetto.
i

454 Appendice I Vidusro 455

Vidusso non era uomo intellettualmente affascinante; anzi, i suoi l'abbandono della carriera concert1st1ca. Di Carlo Vidusso non
paradossi portavano verso la soggezione passiva dell'allievo o verso resta dunque molto, di tangibile, di valutabile, ed io non so quali
la ripulsa, e certi aspetti maniacali del suo insegnamento potevano impressioni possano suscitare, in chi non lo conobbe, le sue esecu-
causare traumi psichici veri e propri. In ogni caso non si cessava dal zioni rimasteci. In me·risvegliano il ricordo, ma non rinnovano la
volergli bene, perché al di sotto degli abiti di astratta ascesi che realtà di una capacità di avere la musica sulla punta delle dita, come
imponeva a se stesso e agli altri, e al di sotto di quei contraddittori diceva Mendelssohn di Liszt, che è solo dei grandi pianisti. Anche
lampi fanciulleschi che tanto spesso erompevano in lui, dando se Vidusso, per la storia, non poté essere un grande pianista.
luogo a ·'scherzi geniali e feroci, si avvertiva una sorta di bontà
naturale o forse, meglio, di antica rettitudine morale che creava un
profondo rapporto umano. Si poteva non essere d'accordo con
Vidusso, non si·poteva essere in collera con lui: aveva, nella musica
come nella vita, un intuito che gli faceva cogliere la verità, anche se
non ~empre sapeva poi procedere con coerenza. Ma qualcosa re-
- stava; qualcosa di cosl vero che dava l'impressione di una scintilla di
divino, di un'intuizione allo stato puro, di una conoscenza non
trasmissibile e persino non comunicabile; e così come, eseguendo a
prima vista, . realizzava subito un'immagine sonora completa, in
qualsiasi cosa sembrava leggere una realtà al di là del fenomeno.
Gli si voleva bene perché era artista in un senso molto arcaico,
medioevale, perché aveva, nel fondo, la semplicità e la saggezza
infantile dei poeti. Insegnante probo e gran lavoratore, dispensò
regalmente diteggiature e tempi di metronomo e tenne per sé,
nascosta, la scabra poesia rustica che sarebbe stata il suo dono più
raro. Quando lo vidi seduto nel letto della clinica dopo l'operazione
alla lingua, mentre, muto, diteggiava qualcosa sulla tastiera muta,
Vidusso era serio e concentrato. Non giocava: passare dal segno
sulla carta alle dita sulla tastiera era per lui toccare la musica,
riconoscerla e ricrearla attraverso un organo sensoriale improprio,
fare del suono un movimento e della tastiera un teatro di danza.
Era una cosa diversa dallo scegliere una diteggiatura, ed era una
esperienza incomunicabile: era l'essenza stessa del suonare uno
strumento come il pianoforte, uno strumento in cui il suono inizia
dopo che l'esecutore ha maneggiato il tasto e in cui, per l'esecutore,
il suono creato dimostra solo che è stato toccato il tasto voluto nel
modo voluto. Di questa verifica, Vidusso non aveva bisogno, e non
aveva bisogno del pubblico. La sua revisione delle Sonate di Beet-
hoven è rimasta inedita, i dischi suoi sono pochissimi, le sue regi-
strazioni appartengono al periodo di crisi incipiente che precede
NOTA SULLA DISCOGRAFIA

Sarebbe forse mio dovere elencare i dischi che ho citato o, meglio ancora,
fare elenchi completi delle incisioni lasciateci dai pianisti dei quali ho
parlato. Il primo elenco non sarebbe però molto utile per il lettore perché
non pochi dei dischi citati non sono più in commercio o sono difficilmente
reperibili. Il secondo elenco occuperebbe uno spazio enorme e non sa-
rebbe alla fine, per gli stessi motivi, più utile del primo. Elencherò invece,
genericamente, i cataloghi delle Case a cui il lettore può attingere con
facilità per avere dati più precisi:

CBS, per Casadesus, Gould, Horowitz, Serkin.


Decca, per Ashkenazy, Backhaus, Gulda, Kars, Katchen, Lupu, Magin.
Deutsche Grammophon Gesellschaft, per Argerich, Barenboim, Benedetti
Michelangeli, Berman, Ciani, Gilels, Kempff, Pollini.
EMI, per Barenboim, Benedetti Michelangeli, Berman, Cortot, Fischer
(catalogo francese), François (catalogo francese), Gieseking, Gilels, Lipatti
(catalogo tedesco), Nat (catalogo francese), Ogdon, Richter, Salomon
(cataloghi inglese e tedesco).
Fonit-Cetra, per Benedetti Michelangeli, Ciani, Pollini, Vidusso
Philips, per Arrau, Brendel, Magaloff.
RCA, per Horowitz, Rachmaninov, Rubinstein.
Ricordi, per Ciani, Gulda.
Seraphim, per Malcuzynski, Schnabel.
Qualche casa ha cominciato a pubblicare collezioni complete o quasi
complete delle incisioni di un pianista: per ora sono disponibili i quindici
dischi della RCA dedicati a Rachmaninov, i sei albums della EMI dedicati
a Gieseking, la serie Horowitz Collection della RCA; presso la EMI è in
corso di pubblicazione la raccolta delle incisioni di Cortot, presso la Pearl
quella delle incisioni di Paderewski e presso la Melodiya quella delle
incisioni di Sofronitzki. La Electrola ha pubblicato e pubblica molte rie-
dizioni (Petri, Lipatti, ecc.) e la Ariola pubblica molti dischi da matrici
7

458 Appendice II

russe (Neuhaus, Igumnov, Richter, Gilels, ecc.). Molte case di minore OPERE CITATE
importanza commerciale hanno pubblicato e pubblicano vecchie incisioni,
riversamenti da registrazioni, riversamenti da rulli di pianoforte meccani-
co: Bruno Walter Society, Desmar, Everest, Klavier, Opus Record, Past
Master, Pearl Rare Recorded Editz'ons, Rococo. I dischi pubblicati da
queste Case, spesso molto interessanti, possono essere reperiti, e non
sempre con facilità, solo presso negozi specializzati. Capita d altra parte di
trovare in serie di dischi a prezzo economico, venduti anche in grandi
magazzini, esecuzioni di importanza storica che erano magari state regi-
strate non professionalmente e che sono state pubblicate allo scadere -
vent'anni - dei diritti di esecuzione. Nessuna rivista recensisce sistemati-
camente tutte le pubblicazioni e nessun catalogo generale (il Bielefelde!
tedesco, l'Harmonie francese, lo Schwann americano) le riporta tutte. E E. d'Albert (a cura di): Bach, Das Wohltemperierte Klavier, Berlino 1906.
quindi praticamente impossibile conoscere tutto quel che viene pubblicato
e non si possono dare sicure indicazioni metodologiche a chi intenda C. Arrau, ricorda i grandi pianisti, in «Musica», marzo 1982.
occuparsi dell'argomento; al di là di un interesse non approfondito valgo- F. Ballo, Interpretazione e trascrizione, in «Rassegna musicale», 1936.
no in realtà, soprattutto, gli scambi di informazione privati, la «apparte- B. Bart6k, Lettere scelte, trad. di Paolo Ruziscka, Milano 1969.
nenza» a quella rete di appassionati ricercatori che sa un po' di carboneria L. v. Beethoven, The Letters o/ Beethoven, a cura di E. Anderson, Londra
e in cui circolano anche, riprodotte in esemplari rilasciati solo ad amici
fidatissimi, certi pezzi rari che non vengono pubblicati. 1961.
O. Bie, Das Klavier und seine Meister, Berlino 1898.
F. Bowers, The new Scriabin. Enigma and answers, New York 1973.
R. M. Breithaupt, Die Naturliche Klaviertechnik, Lipsia 1905.
A. Brendel, Nachdenken uber Musik, Monaco Zurigo 1957.
A. Brugnoli, Dinamica pianistica, Milano 1926.
H. v. Biilow, Briefe und Scri/ten, Lipsia 1896-1908.
F. Busoni, Lettere alla moglie, Milano 1955.
- Lo sguardo lieto, Milano 1977.
A. Casella, I segreti della giara, Firenze 1941.
B. Cesi, Metodo per pianoforte, Milano s.a.
H. Cohen, A bundle o/ time, Londra 1969.
A. Cortot, Cours d'interprétation, Parigi 1934.
-La musique Jrançaise du piano, Parigi 1930-32.
- Principes rationels de la technique pianistique, Parigi 1928.
C. Curzon, Prefazione a C. Saerchinger, ArturSchnabel a Biography, New
York 1958.
C. Czerny, Vollstandigen theoretisch-practischen Pianoforte-Schule op.
500, Vienna s.a. (1835 ca.).
L. Dallapiccola, Appunt~ studi; meditazioni, Milano 1970.
C. Drinker Bowen, «Free Artist». The Story o/ Anton and Nicholas Ru-
binstein, Boston 1939.
z. Drzewiecki, Recalling bygone days, in The golden pages o/ polish piani-
stie art, Varsavia 1963.
7

460 Opere citate 461


Appendice II
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7

INDICE DEI NOMI

Abbado, Claudio (1933), 359, 365, 397, 246, 344, 345, 356, 361, 364; 376,
404, 406, 408. 395-407, 425,426,429.
Abbey, Henry, 91. Askenase, Stefan (1896), 308, 422.
Agosti, Guido (1901), 411. Astruc, Gabriel 297.
Albé'niz, Isaac (1860-1909), 17, 132, Athanasof, Smaranda, 283.
206, 299-301, 342, 350, 446, 451. Auber, Daniel-François-Esprit (1782-
Albert, Eugen d' (1864-1932), 7, 59, 60, 1871), 32, 39.
71,72-76, 78,89, 107,112,124,129,
131, 132, 141, 144, 153, 165, 166, Babits Torok, Sophie (1895-1955), 171.
177,222,298,299,351,392,419. Bach, Johann Christian (1735-1782),
Alessandro I, zar (1777-1825), 21. 14, 37.
Alessandro III, zar (1845-1894), 296. Bach, Johann Christoph (1732-1795),
Alexanian, Diran (1881-1954), 276. 37.
Alkan (Charles-Henry-Valentin Mor- Bach, Johann Sebastian (1685-1750),
hange, 1813-1888), 82, 90,227. 14, 24, 33, 37, 39-41, 43-48, 51, 54,
Alsager, Thomas Massa (1779-1846), 73, 75, 77-83, 90, 97, 106, 127,
25. 130-132, 135, 136, 145-147, 149,
Anda, Geza (1921-1976), 334,406. 152, 154, 160, 171, 173-175, 177,
Andricu, Mihail (1894-1974), 283. 179, 181, 184-186, 192, 197, 200,
Anfossi, Giovanni (1864-1946), 342, 202, 206, 207, 217, 218, 221, 222,
343, 348. 225, 227, 228, 237, 240, 244, 245,
Ansermet, Ernest (1883-1969), 110, 255, 257, 260, 274, 276, 277, 282,
292,385. 284, 290-293, 298, 305, 325, 326,
Ansorge, Conrad (1862-1930), 71,201, 338, 343, 357, 358, 360, 367-369,
206, 236, 392. 376, 394, 405, 435, 437, 441, 445,
Arensky, Anton Stepanovic (1861- 446,448.
1906), 385. Bach, Karl Philipp Emanuel (1714-
Argerich, Martha (1941), 380-382, 396, 1788), 37, 41, 51,320,360,397.
397,404. Bach, Wilhelm Friedmann (1710-
Arne, Thomas Augustine (1710-1778), 1784), 37.
14. Backhaus, Wilhelm (1884-1969), 84,
Arrau, Claudio (1903), 120, 122, 137, 109, 112, 113, 129-141, 142, 143,
140, 145, 157, 177, 204-215, 238, 158, 159, 166, 173, 177, 180,
243, 245, 293, 344, 347-349, 358, 197-199, 203, 204, 208-210, 214,
359, 392, 394, 396, 401, 403, 411, 215, 217, 218, 233, 246, 293, 295,
425. 299, 306, 308, 310, 311, 336, 339,
Ashkenazy, Vladimir (1937), 158, 236, 343, 346, 356, 359, 387, 389, 391,
464 Indice dei nomi Indice dei nomi 465
394, 396, 400, 401, 411, 425, 429, Hehr, Therese (1876-1959), 152.
449,450. Belgiojoso, Cristina (1808-1871), 13. 277, 280, 283, 291, 296-298, 300, Caccamo, Renato, 8.
Badura Skoda, Paul (1927), 373, 389, Bellini, Vincenzo (1801-1835), 32, 39. 305, 316-318, 322, 326, 332, 333, Cage, John (1912), 336, 339, 347.
394. Benedetti Michelangeli, Arturo (1920), 338, 341, 342, 366, 367, 386-388, Cagna, Dario, 278.
Bajardi, Francesco (1867-1934), 228. 67, 203, 229, 245, 278, 280, 287, 393, 394, 404, 405, 408, 418, 419, Canino, Bruno (1935), 8.
288, 292, 300, 303, 316, 323, 431,448. Carreiio, Teresa (1853-1917), 50, 59,
Balakirev, Milij Alekseevic (1836- Brailovsky, Alexander (1896-1976),
1910), 53,113,206,393,446,448. 336-352, 355, 362, 366, 373, 380, 60, 63, 90,134,221,227.
389,411,415,419,420,447,450. 249, 385, 386. Carter, Jimmy (1924), 296.
Ballo, Ferdinando (1906-1959), 122. Braque, Georges (1882-1963), 129.
Balzac, Honoré de (1799-1850), 47, Berg, Alban (1885-1935), 236, 238, Casadesus, Gaby (1901), 195.
239,240,248,367. Brassin, Louis (1840-1884), 97. Casadesus, Henry-Gustave (1880-
362. Bréal, Clotilde, 124.
Bergson, Henri-Louis (1859-1941), 1947), 221.
Barber, Samuel (1910-1981), 265. . Brée, Malvine (1860 c. - ?), 151. Casadesus, Robert (1899-1972), 168,
Barbirolli, John (1899-1970), 303. 107.
Beria, Lavrentij Pavlovic (1899-1953), Breithaupt, Rudolf Maria (1873-1945), 185, 194-196, 223, 230, 232, 344,
Bardac, Emma, 127. 61,63, 117,132,134,224. 384,397.
Barenboim, Daniel (1942), 218, 395, 250.
Berlioz, Hector (1803-1869), 30, 40, 42, Brendel, Alfred (1931), 218, 245, Casals, Pablo (1876-1973), 109, 111,
401,430, 431. 389-397, 403, 404, 421, 424, 425, 124,154,176,299,413.
Barer, Simon (1896-1951), 227, 249, 111,221,251,397,422.
Berman, Lazar (1930), 212, 213, 429,430. Casella, Alfredo (1883-1947), 106, 117,
261,417. Brikler, miss, 14. 178, 179, 181, 277, 283, 340,
Barrell, W.S., 280. 361-367, 392,404.
Bernstein, Leonard (1918), 367. Britten, Benjamin (1913-1976), 165, 344-346, 353,410, 411, 449, 450.
Barth, Heinrich (1847-1922), 296, 297, 334. Castelnuovo-Tedesco, Mario (1895-
311, 313, 343. Bie, Oscar (1864-1938), 87.
Birtwistle, Harrison (1934), 377. Bronsart von Schellendorf, Hans von 1968), 179.
Barthélemon, Cecilia Maria, 19. (1830-1913), 46, 391. Cechov, Anton Pavlovic (1860-1904),
Bismarck-Schonhausen, Otto (1815-
Bartho, Louis, 110. 1898), 192. Browning, Robert (1812-1889), 391. 242.
Bart6k, Béla (1881-1945), 72, 77, 129, Bizet, Georges (1838-1875), 367, 376. Brutkner, Anton (1824-1896), 151, Celibidache, Sergiu (1912), 8,235,237.
131, 165-172, 180, 181, 240, 248, Blake, William (1757-1827), 233. 152. Cesi, Beniamino (1845-1907), 182, 438.
267, 282, 284, 293, 334, 337, 341, Block, Michel (1937), 418,419, 422. Brugnoli, Attilio (1880-1937), 132, 166, Cesi, Sigismondo (1869-1936), 438,
388, 404, 406, 407, 409, 410, 424, Blumenfeld, Felix (1863-1931), 261, 340,438,439. 439.
429,437. 313. Briill, Ignaz (1846-1907), 96, 343. Chabrier, Alexis-Emmanuel (1841-
Bashkirov, Dimitri (1931), 364. Bobescu, Lola (1920), 277,283. Buchmayer, Richard (1856-1934), 222. 1894), 62, 86,107,125,195,198.
Baudelaire, Charles (1821-1867), 108. Bohm, Karl (1894-1981), 425. Bulhakov, 40. Chaulieu, Charles-Martin (1788-?), 26.
Bauer, Harold (1873-1951), 96. Bolet, Jorge (1914), 404, 451. Biilow, Hans von (1830-1894), 46, 47, Chausson, Ernest (1855-1899), 109.
Baumgartner, Paul (1903-1976), 200, Bordes, Charles (1863-1909), 221. 48, 50, 55, 56, 60, 61, 72, 73, 87, 91, Cherkass, N.N., 324.
201, 204, 205, 210, 235, 318, 389, Bordoni, Paolo, 8. 107, 158, 222, 229, 244, 305, 327, Chimeri, Paolo (1852-1934), 342.
Borovski, Alexander (1889-1968), 212, 328,389,391,417. Chopin, Fryderyk Franciszek
391, 411.
298. Burne-Jones, Edward Coley (1833- (1810-1849), 13, 19, 24, 29, 32,
Beethoven, Ludwig van (1770-1827), 1898), 71.
13, 20, 21, 23-26, 28, 33, 34, 37-47, Borwick, Leonard (1868-1925), 413, 38-42, 44, 46-49, 51-54, 56, 60-62,
414,420. Busch, Adolf (1891-1952), 217. 65, 66, 68-70, 75-77, 79, 81, 85-87,
51, 54, 55, 60, 66, 71-77, 80-83, 85, Busoni, Ferruccio Benvenuto
86; 89-91, 93-99, 106, 109, 112, 114, Bossi, Valdo, 435. 92-93, 95, 97-100, 106, 110, 112,
(1866-1924), 7, 17, 53, 69, 71, 72, 75, 113, 115, 117, 120, 122, 123,
119, 123, 124, 127, 129, 130-133, Boucherit, Jules (1878-?), 109. 79-83, 84, 86, 88, 90, 92, 107, 113,
135-137, 139-143, 145-150, 152-160, Boulanger, Nadia (1887-1979), 273, 126-128, 130, 133-137, 140, 148,
124, 129, 133, 141-147, 158, 165, 152, 154, 163, 165, 166, 173, 174,
165, 170, 173, 174, 176, 177, 179, 276,277,280,283,289. 166, 177, 193, 197, 200, 206, 212,
181-184, 186, 190-193, 195, 197-202, Boulez, Pierre (1925), 239, 340, 357, 177-179, 181, 184, 187, 194, 198,
218, 222, 227, 228, 235-237, 244, 202-204, 206, 207, 211, 212, 214,
204-208, 210, 212, 215-217, 223, 378, 421, 424. 259-261, 273, 282-285, 299, 305,
225, 228-231, 233-236, 245-247, 256- Bowers, Faubian (1917), 324. 219,221, 228-231, 250-257, 259-261,
311, 312, 315, 338, 341-344, 351, 263, 265-267, 271, 277, 281, 282,
258, 261, 262, 266, 267, 269, 279, Brahms, Johannes (1833-1897), 45, 50, 376, 377, 386, 389, 390, 396, 414,
282, 289, 291, 297-299, 305, 309, 54, 65, 66, 70, 72, 75, 78, 80-82, 92, 284, 286, 292, 293, 297, 298,
417,427,448. 300-307, 309, 310, 312, 314, 316,
314, 316-318, 322, 326-331, 333, 96, 100, 109, 110, 131-133, 135, Bustini, Alessandro (1876-1970), 453.
334,337, 343-346, 356-358, 361-363, 143-145, 148, 151, 152, 154, 156, 319, 320, 323, 330, 331, 333, 337,
Buxtehude, Dietrich (1637-1707), 227. 338, 342, 354-357, 366, 367, 376,
367, 374-376, 388, 390, 392-400, 160, 165, 166, 173-175, 177, 179,
181, 186, 190, 196, 198, 202, 204, Buyukli, Vsevolod (1873-1920), 226, 379-381, 383-386, 388, 391, 393,
402-404, 409-412, 418, 420, 422, 253,254.
424-431, 441, 444, 447, 452, 453, 207, 212, 214, 217, 218, 224, 227, 394, 396, 398, 402-404, 407, 408,
228, 231, 232, 234-236, 238, 240, Byrd, William (1543-1623), 51, 283, 411, 412, 415-421, 424, 426, 427,
454. 293,367. 441, 444, 447-449.
7

466 Indice dei nomi Indice dei nomi 467

Ciaikovsky, Petr Jl'ic (1840-1893), 53, Daquin, Louis-Claude (1694-1772), Dukas, Paul (1865-1935), 85, 125, 276, 137, 142-149, 153, 158, 159, 173,
55,62, 70, 94,97, 98,100,132,135, 221. 298. 180, 197-199, 204, 206, 208-210,
152, 198, 202, 206, 262, 264, 283, Darré, Jeanne-Marie (1905), 276. Duparc, Marie-Eugène-Henri-Fouques 217, 218, 224, 232, 246, 261, 262,
296, 303, 316, 321, 322, 331-333, David, Jacques-Louis (1748-1825), 225. (1848-1933), 107. 268, 284, 293, 298, 299, 305, 310,
362-365, 375, 384, 446, 448. Davidovic, Bella (1928), 364. Duplessis, Marie (1824-1847), 39. 336, 341, 362, 386, 387, 389, 391,
Ciani, Dino (1941-1974), 408-412. Davies, Maxwell (1934), 377. Durante, Francesco (1684-1755), 221. 400,401,411,435,450.
Ciccolini, Aldo (1925), 8. Davis, Bette (1908), 302. Diirer, Albrecht (1471-1528), 193. Flaubert, Gustave (1821-1880), 195.
Cinti Damoureau, Laure (1801-1863), Debussy, Claude (1862-1918), 31, 65, Dussek, Jan Ladislav (1760-1812), 17, Flesch, Carl (1873-1944), 152, 154,
23. 75, 78, 85, 96, 107, 123, 125-127, 18, 37, 225. 273.
Clemenceau, Georges (1841-1929), 132, 133, 155, 163, 164, 167, 170, Dvorak, Antonin (1841-1904), 322, Flier, Jakov (1912-1977), 278.
110. 171, 176, 177, 179, 180, 181, 183, 323, 332, 333. Fourestier, Louis (1892-1976), 110.
Clementi, Muzio (1752-1832), 14, 15, 184, 186-190, 196, 198, 202, 204, Fournier, Pierre (1906), 154.
17-19, 23, 26-30, 33, 37, 41, 44, 52, 206, 214, 215, 217, 229, 230, 235, Eckard, Johann Gottfried (1735-1809), France, Anatole (1844-1924), 376.
200, 201, 258, 266, 267, 317, 341, 239, 267, 283, 284, 298-300, 309, 237. Francescatti, Zino (1905), 195.
383,389,435-437,441,442,445. 314, 320, 321, 333, 334, 341, 347, Edison, Thomas Alva (1847-1931), 44, Franck, César-August (1822-1890),
Cobenzl, Johann Carl Philipp, 15. 349, 350, 357, 359, 367, 377-379, 50. 106, 109, 110, 124, 125, 186, 195,
Cohen, Harriet (1895-1967), 322. 404, 408, 410, 424, 429, 431, Eisner, Bruno (1884-?), 154. 196, 198, 283, 350.
Colonne, Edouard (1838-1910), 107- 439-441. Elinson, Isa (1907-1981), 146, 153. François, Samson (1924-1970), 355-
109, 123. Decombes, Émile (1829-1912), 106, Emerson, Ralph Waldo (1803-1882), 357.
Conradi, August (1821-1873), 39, 40. 122. 358. Freud, Sigmund (1856-1939), 151.
Constantinescu, Paul (1909-1963), 283. Degas, Hilaire-Germain-Edgar (1834- Enescu, George (1881-1955), 109, 111, Frey, Emil (1889-1946), 298.
Consolo, Ernesto (1864-1931), 8. 1917), 266. 274-277, 283. Fricsai, Ferenc (1914-1963), 406.
Copeland, George (1882-1971), 178. Delibes, Clément-Philibert-Léo (1836- Engel, Karl (1923), 348. Friedheim, Arthur (1860-1932), 53, 71,
Coralli, Angelo, 8. 1891), 132. Epstein, Julius (1832-1918), 59. 72.
Cortot, Alfred-Denis (1877-1962), 84, Dellavrancea, Cella, 273. Epstein, L., 373. Friedmann, Ignaz (1882-1948), 84,218,
85,105-128,!32, 135,142,169,180, Delman, Vladimir (1923), 250, 254. Erdmann, Eduard (1896-1958), 178, 227,412,416.
195, 223, 230-232, 234, 261, 264, Del Sarto, Andrea (1486-1531), 391. 199-201, 226, 231, 235-239, 240, Furtwangler, Wilhelm (1886-1954),
271, 275, 276, 285, 289, 299, 301, Demetriescu, Theophil (1891), 273. 354, 406, 425. 111,148,149,287,288.
305, 306, 336, 342, 355, 356, 359, Demmler, Johann Michael (1748- Eschenbach, Christoph (1940), 245.
362, 372, 380, 384, 392, 421, 430, 1785), 13. Essipova, Annetta (1851-1914), 50, 60, Gabrilovic, Ossip (1878-1936), 84, 152,
438,450. Demus, Jorg (1928), 389, 390, 394. 150, 151,221, 243. 227,249.
Cortot, Annette, 105, 106. Deppe, Ludwig (1828-1890), 47. Galston, Gottfried (1879-1950), 158.
Cortot, Léa, 105, 106. Dessauer, Josef (1798-1876), 40. Faicevich, 299. Ganz, Rudolf (1877-1972), 178.
Couperin, François (1668-1773), 51, Dibdin, Charles (1745-1814), 14. Falla, Manuel de (1876-1946), 178, Garbo, Greta (1906), 266.
202, 326, 372. Diderot, Denis (1713-1784), 31. 181,276,283,299,300,446. Garden, Mary (1877-1967), 163.
Cramer, Johann Baptist (1771-1858), Diémer, Louis (1843-1919), 50, 63, 86, Fanfani, Amintore (1908), 295. Gaubert, Philippe (1879-1941), 110.
17-20, 23, 29, 37. 105-107, 109, 115, 117, 194, 195, Fauré, Gabriel (1845-1924), 50, 125. Gavoty, Bernard (1908-1982), 107,
Crotch, William (1775-1847), 19. 221,232,344,389. Fay, Amy (1844-1928), 46, 47, 49, 61, 110, 112, 114, 116.
Cui, Cezar Antonovic (1835-1918), 53, Dohler, Theodor (1814-1856), 32, 39. 66, 119. Georgescu, George (1887-1964), 276.
54. Dohnanji, Erno von (1877-1960), 84, Feinberg, Samuel (1890-1962), 250. Gérardy, Jean (1877-1929), 152.
Curzon, Clifford (1907-1982), 145, 157, 96, 153, 165, 171, 206, 209, 222, Feldsburg, Stainer van, 33. Germani, Muza, 273.
206. 227,260, 283. Fétis, François-Joseph (1784-1871), 30, Gershwin, George (1898-1937), 366.
Czerny, Carl (1791-1857), 21, 31, 32, Dolmetsch, Arnold (1858-1940), 221, 31, 36,164,438,441. Ghedini, Giorgio Federico (1892-
39, 45, 61, 63, 67, 87, 93, 94, 137, 222,435. Feuermann, Emanuel (1902-1942), 1965), 419.
141, 146, 213, 225, 245, 266, 290, Donizetti, Gaetano (1797-1848), 32, 154. Gibbons, Orlando (1583-1625), 367.
327,328,358,431. 39, 40, 42. Février, Jacques (1900), 276. Gide, André (1869-1951), 330.
Cziffra, Gyorgy (1921), 212,214,404. Donizetti, Giuseppe (1793-1856), 40. Field, John (1782-1837), 17, 29, 37, 52, Gielen, Michael (1927), 392.
Drzewiecki, Zbigniew (1890-1971), 225,389. Gieseking, Walter (1895-1956), 92,
275. Finke, Fidelia (1891-1968), 178. 100, 110, 111, 120, 127, 128, 135,
Dahlhaus, Carl (1928), 217. Dubassov, 389. Firkusny, Rudolf (1912), 17. 157, 173-193, 196-199, 203, 206,
Dallapiccola, Luigi (1904-1975), 227, Dubois, Théodore (1837-1924), 106. Fischer, Edwin (1886-1960), 75, 84, 208, 209, 217, 218, 229, 235, 246,
337, 341. Dubois-Ferrière, Henri, 280. 109, 110, 113, 129, 130, 134, 135, 261, 267, 279, 284, 285, 287,
Indice dei nomi 469
468 Indice dei nomi
Hiller, Ferdinand (1811-1885), 20, 39, Jora, Mihail (1891-1971), 274, 275,
288-290, 299-301, 316, 318, 319, Guicciardi Giulietta (1784-1856), 13. 313. 283.
331, 334, 338, 341, 342, 344, 349, Guitry, Sacha (1885-1957), 111. Hindemith, Paul (1895-1963), 145, Joyce, James (1882-1941), 129.
359,400,424,425,450. Guida, Friedrich (1930), 156,204,246, 146, 154, 178, 181, 236, 240, 248, Judina, Maria (1899-1970), 239-249,
Gilels, Emil (1916), 67, 177, 262, 278, 280, 322, 357-360, 367, 377, 380, 322,334,367,410. 253.
315-320, 331, 332, 361, 364, 366, 389,390,395,398,403,419,429. Hipkins, Alfred (1826-1903), 221.
382,389,392,395,400,404,405. Gusella, Mario (1913), 447. Hitler, Adolf (1889-1945), 181, 192. Kabalevski, Dimitrij Borisolovic, 265.
Ginsburg, Grigory (1904-1961), 449, Gutman, Yuri, 212. Hoddinott, Alan (1929), 377. Kafka, Franz (1883-1924), 129.
450. Gutmann, Albert, 150. Hoehn, Alfred (1887-1945), 298. Kaiser, Joachim (1928), 8, 76.
Giordano, Umberto (1867-1948), 66. Gyrowetz, Adalbert (Irovec, W ojtek, Hoffmann, Alfred, 293. Kalkbrenner, Friedrich Wilhelm (1785-
Giuliani, Mauro (1781-1829), 21. 1763-1850), 19. Hoffmann, Ernst Theodor Amadeus 1849), 21, 23, 29, 30, 61, 62, 67, 194,
Giulini, Carlo Maria (1914), 365. (1776-1822), 33 383.
Giuseppe II, imperatore (1741-1790), Haba, Alois (1893-1973), 236. Hoffmann, Karl Philipp (1769-?), 20. Kamper, Walter (1931), 390.
15-17, 191. Haebler, Ingrid (1929), 389, 390. Hofmann, Josef (1876-1957), 84, Kapell, William (1922-1953), 266, 281.
Glazunov, Aleksandr Konstantinovic Hagn, Charlotte (1809-1891), 39. 88-94,96,97,99, 107,109,113,129, Karajan, Herbert von (1908), 190, 287,
(1865-1936), 316. Hahn, Reynaldo (1875-1947), 106. 132, 133, 169, 170, 175, 223, 253, 292, 364, 365.
Glinka, Mikhail Ivanovic (1804-1857), Ha!évy, J acques · Francois · Fromental - 259, 261, 267, 299, 301, 303, 306, Karolyi, Julian von (1914), 422.
40, 52. Elle (1799-1862), 39, 42. 307,341,416,419. Kars, Jean-Rodolphe (1947), 377-379.
Gluck, Christoph Willibald von Hallé, Charles (1819-1895), 45, 59. Hofmannsthal, Hugo von (1874-1929), Katchen, Julius (1926-1969), 121, 145,
(1714-1787), 17,197,200,203,412. Ham,bourg, Mark (1879-1960), 84, 133, 151. 386-388, 406.
Godowsky, Leopold (1870-1938), 61, 203,227,249,427. Honegger, Arthur (1892-1955), 179. Kempff, Wilhelm (1895), 17, 72-75, 85,
70, 71, 107, 109, 133,136,212,316, Hambro, Leonid, 406. Horowitz, Vladimir (1904), 62, 67, 80, 92, 111, 120, 196-200, 208,209,232,
344, 377. Handel, Georg Friedrich (1865-1759), 110, 112-114, 120, 121, 135, 137, 246, 282, 285, 289, 293, 322, 337,
Goehr, Alexander (1932), 377. 14, 37, 39, 40, 44, 51, 59, 62, 185, 177, 206, 223, 230, 258-272, 276, 348,355,391,396,401,405,411.
Goehr, Walter (1903-1960), 223. 200, 222, 227, 282, 293, 322, 326, 286, 289, 290, 292, 293, 299, 301, Kentner, Louis (1905), 170,209,212.
Goethe, Wolfgang (1749-1832), 161, 332,357. 303, 304, 306, 307, 311, 313-316, Kertész, Istvan (1929-1973), 406.
358. Hanon, Charles (1819-1900), 435. 325, 326, 332, 333, 354, 364, 366, Kessissoglù, Angelo (1886-1961), 74.
Gogol, Nikolaj Vasil'evic (1809-1852), Hansen, Conrad (1906), 148. 368, 373, 375, 384, 392, 402, 404, Kessler, Joseph (1800-1872), 39.
242, 252, 362. Hanslik, Eduard (ted. Hanslick, 415,417,420,421,424,450. Kirkpatrick, Ralph (1911), 373.
Goldenweiser, Alexander (1875-1961), 1825-1904), 90, 135, 151. Huber, Hans (1852-1921), 144. Kleczynski, Jan (1827-1895), 220.
249, 361, 363. Hardegg, contessa, 21. Hubermann, Bronislav (1882-1947), Klien, Walter (1928), 389.
Goodmann, Benny (1909), 171. Harman, Fryderyk, 297. 154, 178. Klimt, Gustav (1862-1918), 151.
Goossens, Eugene (1893-1962), 228. Haskil, Clara (1895-1960), 109, 227, Hummel, Johann Nepomuk (1778- Klindworth, Karl (1830-1916), 46, 392.
Goring, Hermann (1893-1946), 181. 273,276,277,281,283,284,316. 1837), 17-20, 21, 22, 24, 30, 35, 37, Koczalski, Raoul von (1885-1948), 113,
Gorini, Gino (1914), 8, 342, 450. Hassler, Johann Wilhelm (1747-1822), 39,52,81,200,411,441. 114,306,307,422.
Gould, Glenn (1932-1982), 367-376, 17, 20. Kon, Boleslav (1906-1936), 226, 275,
401,402. Haydn, Franz Joseph (1732-1809), 19, Igumnov, Constantin (1873-1948), 249, 277,281.
Gounod, Charles-François (1818-1893), 33, 38, 41, 44, 54, 97, 146, 149, 150, 275, 331. Kontarski, Aloys (1931), 218.
274. 155, 191, 198, 200, 225, 282, 320, Indy, Vincent d' (1851-1931), 107, 109, Korngold, Erich Wolfgang (1897-
Gradstein, Alfred (1904-1954), 299. 326,360,390,393,396,397,413. 125, 195. 1957), 177.
Granados y Campifla, Enrique (1967- Hayot, Maurice (1862-1945), 109. Ireland, John (1879-1972), 299. Kozeluh, Leopold Antonio (1752-
1916), 17, 86, 165, 206, 341, 342, Hawthorne, Nataniel (1804-1864), 47. Isserlis, Julius (1889-1968), 298. 1818), 19.
350,446,451. Hegner, Otto (1876-1907), 419. !turbi, José (1895-1980), 295. Kraus, Alessandro (1820-1904), 221.
Greef, Arthur de (1862-1940), 77. Hekking, Anton (1856-1933), 152. Kraus, Lili (1905), 396.
Greffhule, Élisabeth de, 108. Heller, Stephen (1814-1888), 41. Jackson, William (1730-1803), 37. Krause, Martin (1853-1918), 144,206.
Grieg, Edvard Hagerup (1843-1907), Henselt, Adolph von (1814-1889), 32, Jaell, Alfredo (1832-1882), 45, 55. Kreisler, Fritz (1875-1962), 95.
50,59, 116,129,132,135,167,177, 39,43,51,52,61, 81,100,227. Jaell-Trautmann, Marie, 45, 117. Krenek, Ernst (1900), 236,240,367.
186-189, 274, 282, 292, 301, 302, Hernadi, Laios (1906), 168. Jando, Jeno (1952), 212. Kroll, Franz (1820-1877), 39.
317-319,331,338,367,376,448. Herz, Henry (1803-1888), 21, 37, 55. Janigro, Antonio (1918), 283. Kulenkampff, Georg (1898-1948), 178.
Gropius, Walter (1883-1969), 129. Herzl, Theodor (1860-1904), 159. Jecklin, Paul, 280. Kullak, Theodor (1818-1882), 39, 47,
Grundeis, Siegfried (1900), 212. Hess, Myra (1890-1965), 206,282,290, Jenner, Alexander (1932), 390. 48.
Griinfeld, Alfred (1852-1924), 50, 61. 291. Joachim, Joseph (1831-1907), 296. Kurth, Ernst (1886-1946), 147.
Guest, Jane Mary (1765 c.-1814 c.), 19. Hewit, Sophia, 33.
-170 Indice dei nomi Indice dei nomi 471

Lafont, Charles-Philippe (1781-1839), 59-62, 65, 67, 70-73, 75-83, 86, 87, Mann, Thomas (1875-1955), 329. Meyerbeer, Giacomo (1791-1864), 39,
23. 89-91, 97, 99, 100, 106, 110, 116, Mann, William S. (1924), 219. 40.
Lalo, Pierre (1866-1943), 84, 85, 109, 119, 132, 135, 144, 154, 165, 166, Manzoni, Giacomo (1932), 425. Miaskowski, Nikolaj Jakoleviè': (1881-
116. 169-170, 171, 173, 174, 177, 178, Margola, Franco (1908), 337,447. 1959), 178.
Lambrino, Télémaque (1878-1930), 181, 182, 186, 187, 196, 198, Markevitch, Igor (1912-1983), 305. Michalowski, Alexander (1851-1938),
134. 202-204, 207, 211-213, 217, 221, Marmontel, Antoine-François (1816- 61, 220, 253.
Lamm, Pavel (1882-1951), 240. 222, 227-229, 257-261, 263, 266, 1898), 194,384,438. Mickievicz, Adam (1798-1855), 252.
Lamond, Frédéric (1868-1948), 60, 71, 267, 270, 271, 282, 283, 293, Marmontel, Antonin (1850-1908), 109. Mies, Paul (1889-?), 197.
89,107,153,206,217. 296-298, 305, 306, 309, 315, 316, Marquand Cegatta, madame, 42. Mihailovici, Marce! (1898), 283.
Lamoureux, Charles (1834-1899), 107- 320, 330, 333, 337, 338, 341, 344, Martin, Frank (1890-1974), 337. Mikuli, Carl (1821-1897), 306.
109, 123. 348, 351, 356, 361, 363, 365-367, Marx, Adolf Bernhard (1795-1866), Mila, Massimo (1910), 247.
Landon Robbins, H.C. (1926), 372. 376, 377, 383, 385, 389, 391-393, 137, 141. Millos, Aurei (1906), 169.
Landowska, Wanda (1879-1959), 81, 395, 397, 404, 407, 412-414, 422, Marx, Carl (1818-1883), 351. Milstein, Nathan (1904), 261.
220-226, 234, 284, 367, 372. 424, 429, 431, 439, 441, 444, Marx, Joseph (1882-1964), 177. Mlynarski, Aniela, 299.
Landy, Camilla (1866-?), 151. 446-451, 455. Mason, William (1829-1908), 55. Mogilewski, Eugenij (1945), 364.
Lanner, Joseph Franz Karl (1801- Litvinne, Félia (1860-1936), 108, 109. Massenet, Jules-Émile-Frédéric (1842- Moisewitsch, Benno (1890-1963), 84,
1843), 223,225. Ljadov, Anatolij Konstantinoviè': (1855- 1912), 62. 227,249. .
Latanza, Antonio, 8. 1914), 53,257, 385. Molinari, Bernardino (1880-1952), 298,
Logier, John Baptist (1777-1846), 29. Mathias, George (1826-1910), 122, 448.
Lawrence, David Herbert (1885-1930), 383,384.
35. Lonati, Carlo (1890-1955), 448. Mompou, Federico (1893), 299, 337,
Lazar, Filip (1894-1936), 283. Long, Marguerite (1874-1966), 116, Matthai, Henri August (1781-1835), 347.
336,356. 22. Mondrian, Piet (1872-1944), 334.
Le Corbusier (Charles-Édouard Jéan-
neret, 1887-1965), 129. Lonquich, Alexander (1960), 396. Matthay, Tobias (1858-1945), 117, 338, Monet, Claude (1840-1926), 229.
Lefébure, Yvonne (1904), 276, 355. Lortat, Robert (1885-1938), 195, 385. 439. Monteux, Pierre (1875-1964), 385.
Legge, Walter (1906-1979), 280. Louis Ferdinand, principe di Prussia Mayseder, Joseph (1789-1863), 21, 40. Monteverdi, Claudio (1567-1643), 338.
Leimer, Carl (1858-1944), 174, 175. (1772-1806), 40. Mechetti, Pietro (1777-1850), 23. Montez, Lola (1818-1861), 39.
Leinsdorf, Erich (1912), 332. Loyonnet, Paul (1889), 212. Medici, Lorenzo de' (1449-1492), 95. Mo6r, Emmanuel (1863-1931), 413,
Lengyel, Erno von (1893-1914), 175. Lueger, Karl (1844-1910), 159. Mendelssohn-Bartholdy, Jacob Ludwig 420.
Lenz, Wilhelm (1809-1883), 158. Lulli, Giovanni Battista (1632-1687), Felix (1809-1847), 23, 24-25, 27, Mosca, Giovanni (1908), 383.
Léo, Augusto, 25. 316. 37-44, 46, 52, 61, 68, 81, 110, 173, Moscheles, Ignaz (1794-1870), 21-24,
Leopardi, Giacomo (1798-1837), 193. Lupu, Radu (1945), 395,396,430, 431. 174, 184, 186-188, 192, 198, 200, 25, 29-31, 36, 37, 38, 40, 41, 46, 52,
Leschetitzki, Theodor (1830-1915), 50, Lympany, Moura (1916), 278. 218, 236, 298, 321, 368, 386, 393, 135, 137, 141, 164, 205, 221, 325,
63, 84,150,151,152,154,156,243, 405, 441, 455. 441.
244,249,296,315,389. Maazel, Lorin (1930), 406. Mengelberg, Joseph Wilhelm (1871- Moszkowsky, Moritz (1854-1925), 89,
Lessona, Ludovico (1928-1972), 351. Magaloff, Nikita (1912), 98, 204, 235, 1951), 186. 91, 96, 152, 154, 266, 384.
Levitzki, Micha (1898-1941), 203, 204, 383-386, 397. Menter, Sophie (1846-1918), 45, 59, 60, Mozart, Leopold (1719-1787), 16, 206,
227,412. Magin, Milosz (1929), 379,380. 221. 359.
Lhevinne, Joseph (1874-1944), 67, 84, Magnani, Luigi (1906), 400. Mercadante, Saverio (1795-1870), 40. Mozart, W olfgang Amadeus
87, 88, 89, 90, 94, 96, 99, 107, 203, Magnard, Albéric (1865-1914), 109. Merzhanov, Victor (1919), 321, 36-1, (1756-1791), 11-16, 17, 19, 20, 22,
206, 244, 249, 259, 306, 344, 364, Mahler, Gustav (1860-1911), 108, 152. 450. 24, 29, 33, 37-41, 44, 45, 51, 54, 59,
416,449,450. Makai, Istvan, 171. Messager, André-Charles-Prosper 61, 62, 75, 81-83, 85, 97, 130,
Lickl, Carl (1803-1864), 32. Malats, Joaquin (1872-1912), 389. (1853-1929), 110. 145-150, 154-156, 170-175, 181,
Lifar, Serge (1905), 261. Malcuzynski, Witold (1914-1977), 121, Messiaen, Oliver (1908), 239,267, 341, 190-192, 195, 197, 198, 202,
Lillo, Giuseppe (1814-1863), 32. 354,355. 347, 376. 205-207, 217, 223-225, 234, 246,
Lipatti, Anna, 273-275, 278,280. Malinin, Evgenij (1930), 364. Metner, Nikolaj Karloviè': (ted. Medt- 247, 262, 274, 277, 282, 283, 291,
Lipatti, Dinu (1917-1950), 85, 273-294, Malipiero, Gian Francesco (1882- ner, 1880-1951), 96, 145, 249, 299, 292, 297, 305, 309, 317, 326, 338,
306-308, 319, 336, 344, 355, 389, 1973), 341. 316. 341, 357-360, 367-371, 373, 388-390,
392,393. Mallarmé, Stéphane (1842-1898), 107, Metternich-Winneburg, Klemens Wen- 392-397, 403, 413, 414, 418-420,
Lipatti, Madeleine, 273, 278, 279. 235. zel Lothar (1773-1859), 191. 425, 431.
Lipatti, Theodor, 274. Mandyczewski, Eusebius (1857-1929), Mewton Wood, Noel (1922-1953), Mozzati, Alberto (1917-1982), 8, 175,
Liszt, Ferenc (1811-1886), 13, 19, 24, 151. 281. 361.
30-32, 35, 36, 38-44, 45-52, 54-56, Manet, Edouard (1832-1892), 266. Meyer, Léopold de (1816-1883), 55. Mugellini, Bruno (1871-1912), 453.
472 Indice dei nomi Indice dei nomi -173

Miiller, August Eberhardt (1767-1817), Pachmann, Vladimir von (1848-1933), Ponti, Michael (1937), 423. Reinecke, Carl (1824-1910), 20, 59, 83,
17,20. 50,61, 85,118,218,353,364. Potter, Philip Cyprian Hambly (1792- 131, 132.
Miiller, Ivan (1786-1854), 23. Pacini, Giovanni (1796-1867), 32, 39. 1871), 21, 24, 38. Reiner, Fritz (1888-1963), 332.
Munch, Charles (1891-1968), 126, 276, Paderewski, Jgnacy Jan (1860-1941), Pouishnov, Lev (1891-1959), 249, 291, Reisenauer, Alfred (1863-1907), 71,
277. 62, 63, 65-68, 71-72, 79-80, 85, 88, 298. 107, 351, 392.
Munch, Fritz (1890-1970), 148. 93, 96,107,112,113,121,129,150, Poulenc, Francis (1899-1963), 85, 96, Rémy, Marcel, 80.
Musicescu, Florica, 273-275, 278, 281, 154, 203, 230, 232, 253, 260, 261, 222,276,283,284,299,334. Rendano, Alfonso (1853-1931), 410.
286. 285, 289, 297, 299, 306, 308, 311, Primrose, William (1903), 154. Respighi, Ottorino (1879-1936), 338.
Musil, Robert (1880-1942), 432. 315,354,368,372,389,427. Probst, Heinrich Albert (1791-1846), Reutter, Hermann (1900), 178.
Mussorgski, Modest Petrovic (1839- Paganini, Niccolò (1782-1840), 18, 35, 23. Reynolds, miss, 19.
1881), 55, 96, 100, 108, 155, 198, 38,227,260,332,413,414. Prokofiev, Sergej Sergeevic Richter, Hans (1843-1916), 151.
238, 239, 241, 242, 265, 283, 333, Paisiello, Giovanni (1740-1816), 17. (1891-1953), 151, 164, 165, 180, Richter, Svjatolav Teofilovic (1915),
366,393,404,424,429. Paradis, Maria Theresia von (1759- 181, 217, 227, 240, 265, 267, 284, 101, 131, 140, 157, 160, 177, 209,
1824), 19. 299, 300, 314, 316, 322, 334, 337, 212, 235, 262, 269-271, 305, 307,
Napoleone I, imperatore (1769-1821), Parke, Maria Hester (1775-1822), 19. 341, 357, 362, 367, 375, 376, 383, 313, 315, 317, 320-335, 337, 338,
108,330. Pauer, Ernst (1826-1905), 49, 221. 388, 393, 398, 404, 406, 422, 424, 354, 362, 364, 366, 373-375, 385,
Nat, Yves (1890-1956), 120, 122, 195, Pauer, Max (1866-1945), 89. 425,448. 391, 394, 395, 400, 402-404, 406,
208, 226, 230-234, 246, 354, 356, Pedrollo, Arrigo (1878-1964), 446. Proust, Marcel (1871-1922), 85, 231. 411,424, 427-429, 441.
380,401. Pedrotti, Antonio (1901-1975), 287. Pugno, Raoul (1852-1914), 50, 61-63, Ries, Ferdinand (1784-1838), 19, 24.
Neate, Charles (1784-1877), 21, 24. Pembauer, Josef (1875-1950), 84. 86, 105, 107, 116, 118, 176, 194, Rimski Korsakov, Nikolaj Andreevic
Negrea, Martian (1893-1973), 283. Peragallo, Mario (1910), 337. 384,389. (1844-1908), 53, 55, 366.
Neill, Edward, 8. Perahia, Murray (1947), 396. Purcell, Henry (1659 c.-1695), 87. Risler, Edouard (1873-1929), 84-87,
Neri, Evelina, 144. Perrachio, Luigi (1883-1966), 7, 74. 106-110, 116, 124, 153, 385.
Neuhaus, Heinrich (1888°1964), 70, Pertile, Vincenzo (1920), 351. Raabe, Peter (1872-1945), 39, 40. Risaliti, Riccardo, 8.
250,262,271, 313-316, 320,321. Petersilea, Carlyle (1844-1903), 59. Rivé King, Julia (1875-1937), 221.
Petrassi, Goffredo (1904), 179, 341. Rachmaninov, Sergej Vasil'evic
Neuhaus, Stanislas (1927-1980), 364. (1873-1943), 84, 86, 87, 89, 92, 94, Rivera, Daniel (1952), 212.
Ney, Elly (1882-1968), 227,401,402. Petri, Egon (1881-1962), 209,210,212, Rodin, Auguste (1840-1917), 107.
218, 226-228, 305, 343. 95-101, 110, 113, 114, 121, 129, 132,
Nicolai, Otto (1810-1849), 40. 135, 164, 166, 167, 177, 179, 198, Rodzinski, Artur (1892-1958), 223.
Nielsen, Carl (1865-1931), 236,376. Petrov, Nicolay (1943), 364. Rognoni, Luigi (1913), 341.
Pfitzner, Hans (1869-1949), 178. 211, 249, 253, 254, 259, 261-268,
Niemann, Walter (1876-1953), 132, 271, 283, 285, 286, 299, 301, 306, Rolland, Romain (1866-1944), 124.
134,144,149,177,228. Philipp, Isidor (1863-1958), 383, 384, Romberg, Andreas (1767-1821), 78.
389. 309, 313, 316, 322, 331-333, 337,
Nietzsche, Friedrich Wilhelm (1844- 338, 348, 350, 354-356, 361-366, Rosen, Charles (1927), 78.
1900), 256. Piatigorski, Gregor (1903-1976), 154. Rosenthal,.Moritz von (1862-1946), 7,
Picasso, Pablo (1881-1972), 129,266. 372, 380, 383, 384, 388, 404, 407,
Nikisch, Arthur (1855-1922), 50, 110, 426,440. 49, 66, 68-70, 71, 88, 107, 118, 259,
131, 152. Pick-Mangiagalli, Riccardo (1882- 285, 299, 306, 342, 389, 416, 448,
1949), 347,449,450. Raff, Joseph Joachim (1822-1882), 160, 449.
Nikolaiev, Leonid (1878-1942), 239, 222,449.
243,244,248,253. Pierné, Gabriel (1863-1937), 125. Rossini, Gioacchino (1792-1868), 32,
Pirro, André (1869-1943), 221. Rains, Claude (1890-1967), 302.
Nono, Luigi (1924), 239,425,427. Rakemann, Louis, 41. 35, 38,40,42, 82,106.
Nordio, Cesare (1891-1977), 74. Piston, Walter (1894-1976), 179. Rossomandi, Florestano (1857-1933),
Pixis, Peter (1788-1874), 21, 24, 40. Rameau, Jean-Philippe (1683-1764),
Nourrit, Adolphe (1802-1839), 23. 51, 326. 438.
Pizzetti, Ildebrando (1880-1968), 179, Rostropovic, Mstislav Leopol' dovic
448-450. Rathaus, Karol (1895-1954), 178.
Oborin, Lev (1907-1974), 277, 397. Ravel, Maurice (1875-1937), 31, 96, (1927), 381, 382, 396, 404.
Planté, Francis (1839-1934), 50, 105,
Ogdon, John (1937), 3 76-3 78, 398. 107,109,115,194,353,389. 106, 120, 124, J25, 127, 163, 164, Rouault, Georges (1871-1958), 266.
Oistrakh, David (1908-1974), 397. Plantinga, Leon (1935), 19, 33. 167, 176, 177,/ 179-181, 183, 184, Rousseau, Jean-Jacq"ues (1712-1778),
O'Meara Dubois, Camille (1830-1907), Plesch, Jan6s, 165. 186, 187, 189, 190, 193, 196, 198, 149.
122. Polignac, Edmond de (1834-1901), 206, 230, 235, 276, 282-284, 299, Roussel, Albert (1869-1937), 109.
Orlov, Nikolai (1892-1964), 249. 276. 333, 334, 338, 341, 367, 388, 404, Rubinstein, Anton Grigor'evic
Ormandy, Eugene (1899), 332. Polignac, Winnareta de (1865°1943), 424,439,440,441. (1829-1894), 43, 45, 48, 50-55, 56,
Ornstein, Leo (1895), 249. 273, 276-278, 289. Reckendorf, Aloys (1841-1911), 131. 59-61, 63, 65, 69, 70, 72, 78, 81, 82,
Ortmann, Otto (1889), 117. Pollini, Maurizio (1942), 236,245, 356, Reger, Max (1873-1916), 132, 177, 198, 84-92, 96-98, 100, 107, 132, 152,
Ozawa, Seji (1935), 366. 396,406,411, 413-419. 200,218,313,350. 169, 196, 227, 244, 249, 259, 267,
474 Indice dei nomi Indice dei nomi 475

302, 305, 306, 313, 315, 362, 364, Schelling, Ernest (1876-1939), 65. Schumann, Clara (1819-1896) 44, 46, Sibelius, Jean (1865-1957), 367, 376.
389,425, 435. Schenk, Johann Baptist (1753-1836), _-- 47,48,50,59,205, 343,413. Sinding, Christian (1856-1941), 331.
Rubinstein, Artur (1886-1982), 66-68, 14. Schumann, Karl, 199. Sirota, Leo (1885-1965), 298.
73, 84, 85, 92, 112, 115, 116, 118, Schenker, Heinrich (1868-1935), 256. Schumann, Robert Alexander Sitwell, Sacheverel (1897), 75.
121, 127, 129, 130, 137, 173, 177, Schicht, Johann Gottfried (1753-1823), (1810-1856), 40, 42, 44-47, 52-54, Skrzjnki, conte, 298.
180, 203, 211, 264, 269, 270, 276, 22. 68, 69, 75, 77, 81, 87, 92, 94, 97-99, Slobodiannik, Alexander (1942), 364.
293, 295-312, 313, 314, 316, 319, Schiller, Johann Christoph Friedrich 109, 110, 112, 113, 119, 121-123, Smith Olsen, Henning, 144.
320, 338, 339, 342, 347, 348, 353, (1759-1805), 233, 400. 127, 132, 133, 145, 146, 148, 152, Sofronitzki, Vladimir Vladimirovic
382, 386, 415, 418-422, 425, 428, Schindler, Anton Felix (1798-1864), 154, 155, 160, 165, 166, 173, 177, (1901-1961), 101,205,226, 249-257,
435,450. 141,225. 179; 181, 186, 187, 190, 198, 199, 268, 309, 313, 317, 320, 321, 325,
Rubinstein, Beryl (1898-1952), 435. Schmitt, Hans (1835-1907), 150. 202, 204, 207, 210, 211, 221, 228, 327,356,361,363,402,404,417.
Rubinstein, Joseph (1847-1884), 45, Schnabel, Arthur (1882-1951), 75, 229, 231, 232, 234-238, 246, 256, Soler, Antonio (1729-1783), 385.
47, 48, 146, 435. 84-87, 92, 100, 109, 110, 113, 129, 259, 260, 262-264, 270, 271, 282, Solomon, Cutner (1902), 202-205, 293,
Rubinstein, Nikolaj Grigor'evic (1835- 130, 134, 135, 137-139, 146, 283, 287, 288, 292, 297, 298, 309, 316,368,411.
1881), 54, 435. 150-161, 173, 180, 183, 191, 192, 310, 312, 315, 317, 318, 322, 326, Solti, Georg (1912), 406.
Rumbeck, Marie Caroline, contessa, 15. 196-199, 204-206, 208-210, 217,224, 330, 333, 342, 347, 348, 356, 367, Sorabij, Kaikhosru (1892), 377.
225, 232, 233, 235, 236, 239, 243, 368, 381, 386, 390, 393, 396, 397, Spicket, Jérome, 276.
Sacher, Paul (1906), 279, 281. 244, 246, 247, 256, 257, 261, 262, 404-406, 424,426, 431, 441. Stalin (1879-1953), 249.
Sacher-Masoch, Leopold von (1836- 267, 268, 271, 284, 289, 296, 299, Schunke, Ludwig (1810-1834), 23, 24. Stargadt Wolff, Edith, 71,201.
1895), 99. 305, 315, 318, 326, 337, 338, 341, Schuppanzig, Ignaz (1776-1830), 197. Stassov, Vladimir Vasil'evic (1824-
Sachs, Hans (1494-1576), 420. 346, 358, 359, 387, 391, 394, 401, Schiitt, Eduard (1856-1933), 96, 152, 1906), 55.
Sade, Donatien-Alphonse-François 411,449,450,451. 154. Stavenhagen, Bernhard (1862-1914),
(1740-1814), 356. Schnabel, Karl Ulrich (1909), 154. Schweitzer, Albert (1875-1965), 221, 44, 71.
Safonov, Vasilij Il'ic (1852-1918), 243, Schneider, Friedrich (1786-1853), 21. 368. Steibelt, Daniel (1765-1823), 17-19, 37.
244. Scholz, Bernhard (1835-1917), 45. Schytte, Ludwig (1848-1909), 92. Stein, Johann Andreas (1728-1792),
Saint-Saens, Camille (1835-1921), 17, Schonberg, Arnold (1874-1951), 151, Scott, Cyril (1879-1970), 177. 11-13.
45, 59, 62, 63, 65, 83, 86, 96, 109, 156, 169, 170, 177, 198, 236, 239, Scriabin, Aleksander Nikolaevic Steuermann, Eduard (1892-1964), 178,
110, 115, 124-126, 163, 164, 175, 240, 248, 284, 337, 341, 357, 367, (1872-1915), 31, 87, 88, 92, 96,
194-196, 222, 260, 298, 331, 332, 389,424.
376,390,393,418,421,424. 99-101, 145,162,163,166,167,177, Stockhausen, Karlheinz (1928), 239,
353,357,384,489,450. Schonberg, Harold C. (1915), 71, 115, 181, 198, 200, 239, 248, 253, 254,
Samazeuilh, Gustave (1877-1967), 125. 251,337,340,347,357,424,444.
116,150,156,169,269. 256, 257, 267, 268, 284, 298, 299, Stojowski, Zygmunt (1869-1946), 65,
Sanzio, Raffaello (1483-1520), 391. Schonerer, Georg von (1842-1921), 314, 324-326, 333, 334, 338, 361,
Sapelnikov, Vasilij (1868-1941), 71, 92.
159. 363, 365-367, 376, 403, 424, 427, Stokowski, Leopold (1882-1977), 375.
249. Schorske, Cari E., 159. 429,440.
Saperton, David (1889-1970), 212. Strada!, August (1860-1930), 353.
Schroeter, Johann Samuel (1752 c.- Segai, Uri (1944), 404. Strauss, Johann (1825-1899), 46, 67,
Sarasate y Navascués, Pablo de (1844- 1788), 14. Selva, Bianche (1884-1942), 146, 178,
1908), 273. 69, 96,100,132,448.
Schubert, Franz (1797-1828), 40, 43, 340. Strauss, Richard (1864-1949), 56, 108,
Satie, Erik (1866-1925), 34. Serkin, Rudolf (1903), 158, 204,
Sauer, Emil von (1862-1942), 71, 77, 44, 46, 52, 59, 60, 70, 75-76, 81-82, 152, 298, 390.
87,110,130,135, 145,151,153-155, 215-219, 245, 332, 337, 342, 394, Stravinsky, Igor' Fèdorovic
78, 85,107,132,212,222,229,289, 395,400,405,406,411,429,451.
342,347,392. 156, 160, 161, 173, 175, 179, 181, (1882-1971), 89, 92, 113, 126, 129,
Savonarola, Girolamo (1452-1498), 95. 183, 186, 191, 192, 198, 199, 202, Seurat, Georges-Pierre (1859-1891), 144, 162, 165, 169, 171, 206, 228,
Scarlatti, Domenico (1685-1757), 37, 206-207, 217, 225, 227, 231, 107. 239, 240, 247, 248, 276, 277, 282,
40,44,51,61,98,127, 168,169,179, 236-238, 256, 257, 268, 282, 283, Séverac, Joseph-Marie-Déodat de 284, 293, 299, 300, 309, 337, 341,
181, 184-186, 222, 229, 266, 267, 300, 309, 317, 318, 321, 330, 331, (1872-1921), 204. 377,380,384,385,393,422.
282,289,290,316,326,448. 333, 337, 346, 357, 359, 363, 366, Sgambati, Giovanni (1841-1914), 197, Swieten, Gottfried van (1733-1803),
Scarpini, Pietro (1911), 8, 342, 410, 367, 385, 386, 388, 390, 393-397, 203, 412. 147.
424,450. 403,409, 419, 424-426, 431. Shostakovic, Dimitry (1906-1975), 165, Széll, Gyorgy (1897-1970), 264.
Schachner, Rudolf Joseph (1816-1896), Schubert, Karl (1811-1863), 40. 239, 240, 244, 246, 248, 249, 253, Szigeti, J6zsef (1892-1973), 154, 170,
40. Schuloff, Erwin (1894-1942), 178. 254,299,316,322,334,366,377. 171, 178.
Scharwenka, Franz Xaver (1850-1924), Schulz Evler, Adolf (1852-1905), 87, Siloti, Aleksander Il'ic (1863-1945), 71, Szymanowski, Karol (1882-1937), 177,
61, 63, 66. 448. 249,383. 298,299,309,313,314,334.
476 Indice dei nomi

Tagliaferro, Magda (1893), 111,276. Volkmann, Robert (1815-1883), 166.


Tagliapietra, Gino (1887-1954), 8, 351, Volkov, Solomon, 239. INDICE GENERALE
352, 449, 450. Vollweiler, Karl (1813-1848), 40.
Tailleferre, Germaine (1892), 125. Votto, Antonino (1896), 286.
Tallien, madame de (1773-1835), 108. Vozlinski, Pierre, 263,266.
Tansman, Alexander (1897), 178.
Taubert, Wilhelm (1815-1891), 32. Wagner, Cosima (1837-1930), 108.
Tausig, Karl (1841-1871), 46-49, 67, 70, Wagner, Wilhelm Richard
72, 77, 78, 93, 95, 98,100,184,185, (1813-1883), 45, 97, 107, 108, 115,
222, 259, 267, 315, 341, 349, 419, 116,146,232,321,333,384,435.
448,449. Walter, Bruno (1876-1962), 72, 73,
Tertis, Lione! (1876-1975), 299. 287,288.
Thalberg, Sigismund (1812-1871), Washington, George (1732-1799), 376.
31-32, 35, 36; 38, 44, 51, 52, 438, Weber, Cari Maria von (1786-1826),
439,441. 23, 26-29, 37, 40, 42, 46, 59, 61, 81,
Thibaud, Jacques (1880-1953), 109, 86, 91, 110, 154, 195, 196, 198, 200,
124,299. 206, 207, 235, 244, 258, 309, 317,
Thiollier, François-Joel (1943), 377. 320, 386, 393, 396, 397, 408, 409, Premessa e giustificazione 7
Thoman, Istvan (1862-1941), 77, 165 448,449.
166. ' Weber, Dionys (1766-1842), 21.
Tipo, Maria (1931), 8. Webern, Anton (1883-1945), 339,425. Parte prima
Todeschi, Giovanni Battista (1730- Weingartner, Felix (1863-1942), 392, Il suono silente
1799), 11. 393.
Toscanini, Arturo (1867-1957), 236 Weiss, Sylvius Leopold (1686-1750), Compositori al pianoforte 11
286. ' 341. Wolfgang Amadeus Mozart, 11; Muzio Clementi, 14; Concertisti Bie-
Toscanini, Wanda, 262,263, 332. Weissenberg, Alexis (1929), 338, 348, dermeier, 17; Ignaz Moscheles, 21; Fryderyk Chopin, 24; Felix Men-
Toulouse-Lautrec, Henry de (1864- 364. delssohn-Bartholdy, 25; Concertisti 1830, 25.
1901), 107. Welte, Emil (1841-1923), 44.
Trapp, Max (1887-1971), 179. Wielhorsky, Michael (1787-1856), 40. Interpreti al pianoforte 37
Tureck, Rosalyn (1914), 367. Willmers, Rudolf (1821-1878), 32.
Twain, Mark (1835-1910), 151. Wintzer, Richard (1866-1952), 178. Ignaz Moscheles, 37; Ferenc Liszt, 38; Clara Schumann, 44; AlfredJaell,
Wittemberg, Alfred (1880-?), 152. 45; Karl Tausig, 46; Johannes Brahms, 50; Anton Rubinstein, 50; Hans
Ungar, Imre (1909), 277. Wolf, Hugo (1860-1903), 151. von Bulov, 55.
Uninsky, Alexander (1910-1972), 277. Wolff, Hermann (1845-1902), 91.
Urban, Heinrich (1837-1901), 221,225. Wolfl, Joseph (1773-1812), 37. Parte seconda
Wolfsohn, Cari (1834-1907), 45. Il suono catturato
Valletta, Ippolito (1848-1911), 93. Wood, Henry (1869-1944), 186.
Vasary, Tamas (1933), 421,422. Woods, Francis Cunningham (1862- Profeti minori 59
Verdi, Giuseppe (1813-1901), 270. 1929), 92.
Vidiella, Carlos (1856-1915), 226. Wuhrer, Friedrich (1900-1975), 390. Teresa Carreiio, 59; Wladimir von Pachmann, 61; Camille Saint-Saens,
Vidusso, Carlo (1911-1978), 212, 228, Wyzewa, Theodor de (1862-1917), 62; Raoul Pugno, 62; Theodor Leschetitzki, 63.
336, 337, 344, 347, 354, 377, 435, 108, 124.
443-455. Nipoti e successori di Chopin 65
Ysaye, Eugène (1858-1931), 299.
Villa Lobos, Heitor (1887-1959), 299 Jgnacy Paderewski, 65; Moritz von Rosenthal, 68; Leopold Godowsky,
309. ' Zak, Jakov (1913), 278. 70.
Vilshau, Vladimir, 97, 259. Zatajevic, Alexander Victorovic, 254.
Vines, Ricardo, (1875-1943), 178. Zecchi, Carlo (1903), 228-230, 411 L'ultima covata del mago Merlino 71
Vinet, mademoiselle, 19. 450. ' Bernhard Stavenhagen, Frédéric Lamond, Arthur Friedheim, 71; Eugen
Vitale, Vincenzo (1908), 123, 128, Zeisler Bloomfield, Fanny (1863-1927), d'Albert, 72; Emi! von Sauer, 76.
435442, 448. 221.
Vitols, Joseph (1863-1948), 385. Zhukov, Igor (1936), 364. Il guastatore 79
Vivaldi, Antonio (1678-1741), 353. Zola, Emil (1840-1902), 409.
Ferruccio Busoni, 79.
478 Indice generale Indice generale 479

Nella scia di Rubinstein? 84 Interpretazione al quadrato 336


Edouard Risler, 84; Joseph Lhevinne, 87; Joseph Hofmann, 88. Arturo Benedetti Michelangeli, 336.
Macbeth all'ultima battaglia 95 L'esercito di Arlecchino 353
Sergej Rachmaninov, 95. Francis Planté, 353; Witold Malcuzynski, 354; Samson François, 355·
Friedrich Guida, 357; Lazar Berman, 361; Glenn Gould, 367; Joh~
Parte terza Ogdon, 376; Jean-Rodolphe Kars, 377; Milosz Magin, 379; Martha
Argerich, 380.
Il suono imprigionato
L'esercito di Solone 383
Cubista suo malgrado 105
Nikita Magaloff, 383; Julius Katchen, 386; Alfred Brendel, 389; Vladi-
Alfred Cortot, 105. mir Ashkenazy, 397.
Fascino dell'informale 129 Storia e mito 408
Wilhelm Backhaus, 129. Dino Ciani, 409; Maurizio Pollini, 413.
Vienna l'eterna 142 E poi... 430
Edwin Fischer, 142; Artur Schnabel, 150. Daniel Baremboim, 430; Radu Lupu, 430.
Suonarsi 162 Appendice I
Igor Stravinsky, 162; Alexander Scriabin, 162; Maurice Rave!, 163;
Sergej Prokofiev, 164; Béla Bart6k, 165. Il Parnaso violato 435
Rivoluzione e disfatta 173 Vincenzo Vitale, 435.
Walter Gieseking, 173. Musica come silenzio 443
Carlo Vidusso, 443.
Classicismo e iperclassicismo 194
Robert Casadesus, 194; Wilhelm Kempff, 196; Paul Baumgartner, 200; Appendice II
Salomon, 201; Claudio Arrau, 205; Rudolf Serkin, 215.
Nota sulla discografia, 457; Opere citate, 459.
Immortali in incognito 220
Wanda Landowska, 220, Egon Petri, 226; Carlo Zecchi, 228; Yves Nat,
230; Eduard Erdmann, 235; Maria Judina, 239; Vladimir Sofronitzki, Indice dei nomi 463
249.
Indice generale 477
«Giù il cappello?» 258
Vladimir Horowitz, 258.

Genio e regolatezza 273


Dinu Lipatti, 273.

Genio e sregolatezza 295


Artur Rubinstein, 295.

I gioielli di Neuhaus 313


Heinrich Neuhaus, 313; Emil Gilels, 315; Svjatoslav Richter, 320.
Stampato in Firenze
presso lo Stabilimento Grafico Aurora
nell'ottobre 1983

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Prezzo L.15.000
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storia e alla critica, anche per eh, non conosce 11 linguaggio della musica

Il pianoforte, nato negli ultimi anni del '600


- agli albori della società moderna - diviene,
dalla seconda metà del '700, lo strumento musicale
per eccellenza. All'origine del fenomeno,
le qualità del mezzo, le creazioni di Beethoven,
Chopin e Debussy, ma anche la « mano » di
innumerevoli interpreti che hanno reso popolare
la letteratura dello strumento. Con questo libro
che inaugura la collana di « Guide alla musica »
delle edizioni Ricordi - Giunt i Martello
(una collaborazione senza precedenti nell'editoria
italiana), Piero Rattalino, direttore artistico
del Teatro Regio di Torino, docente al Conservatorio
di Milano, dà una sintesi di questa sempre nuova
presenza dell'esecuzione pianistica
- da Clementi a Pollini - , che è, insieme,
ricostruzione storica e sociologica, racconto e
reminiscenza. Tema centrale i pianisti,
presentati fuori dalle ricorrenti impostazioni
giornalistiche e agiografiche, e al tempo stesso
tutto il luminoso affresco della grande
tradizione musicale.

MOZART@INVENTATI.ORG

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