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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

TESI DI LAUREA

I CONCERTI PER ORCHESTRA DI GOFFREDO PETRASSI

RELATORE:

Prof. Giorgio PESTELLI

CANDIDATO:

Riccardo Piacentini

Anno Accademico 1983/1984


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1. L'uomo e l'artista

Goffredo Petrassi è convinto che esista una stretta

rispondenza fra l'uomo e l'artista. L'attività creati­

va, infatti, è per lui riflesso e prolungamento di una

natura umana sensibile agli avvenimenti quotidiani !'Non

credo - sosteneva in un'intervista (1) - che un compo­

sitore possa scrivere in un modo del tutto avulso dal­

la sua umanità. Quando parlo di "carattere organico limi

riferisco proprio a questo ••• La stessa musica di

Stravinskij, che vuoI essere inespressiva, se-noi la

esaminia~o al di fuori, a freddo, che cosa ne viene

fuori? Ne viene fuori la figura di un uomo, di una per

sona che ha certi caratteri. che corrispondono a quello

che era Stravinskij .•. Chiunque volesse, ascoltando la

musicà dì un compositore, potrebbe poi tracciare un

g.rafico della persona di questo compositore e, chi ·10

sa, potrebbe forse corrispondere a quella che è la fi­


2

gura autentica. Naturalmente è un assurdo, perchA un

grafico non si dovrebbe limitare soltanto al viso, op­

pure a un disegno di qualche cosa di visibile, ma pen~

trare nell'interiorità, il che non è possibile".

Tanto più riferendosi a se stesso, Petrassi ama sot

tolineare il carat~ere personale ed emotivo della pro­

pria musica, anzi addirittura autobiografico. "Quando

diressi il QUinto concerto al--Festival di Edimbt'trgo

egli ricorda (2) - su un giornale qualunque il gior­

no dopo si parlava di un concerto autobiografico, e

questo"mi impressionò abbastanza, perchè ad ore~chie non

prevenute, o meg lio ignare,· di tutti i miei :precedenti,

o parzialmentp. ignare dei precedenti della mia musica,

questo concerto risultO come qualcosa di cosl espressi

vo, di così. intenso, che ci videro addirittura un mo­

mento autobiografico dell'autore, e in realtà, adesso

posso dirlo, in ogni concerto e, credo, forse in ogni

opera, c'è l'autobiografia dell'autore".


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Affermazioni più esplicite non si possono dare.D'al

tra parte, per capacitarsi di esse, basterebbe sfo­

gliare le partiture di Petrassi, confrontandole con i

relativi periodi storici, di vita pubblica e, per quel

che sappiamo, SUa privata. Le prime opere di successo,

quelle che dalla Partita del 132 coprono tutto l'arco

degli anni trenta, sono legate a un preci.so momento s~

rico, a un preciso frangente di studi (Petrassi termi­

na,infatti, il corso di composizione nel 132), a un

preciso rapporto di amicizia (si veda il carteggio con

Alfredo Casella). Così, il Coro di morti (140- 141) fu

determinato "da una forte em.ozione e da una forte rea

zione, quella della entrata in guerra dell ' Italia , nel

1940" (3), e il finale del Sesto concerto per orchestra

('56- 1 57) fu scritto sotto la suggestione dei fatti

d'Ungheria dell'ottobre-novembre '56. perfino un sem­

plice ~olpo accordale può possedere1Pnsignificato che

va oltre le note, come accade, nell ' Ottavo concerto per


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orchestra (170 ••• '72), la cuì conclusione estrema è,se

condo le parole di Petrassi (4), lI un 51 o un noli, la

ribellione a una tormentosa situazione di salute che

l'avrebbe potuto portare alla cecità.

1904.. :17 Nasce da pmi1e famiglia a Zagarolo, nei pressi di


Palestrina (Roma), il 16 luglio 1904. Trasferitisi nel 1911 a
Roma, i genitori 10 iscrivono alla Scho1a Cantorum di S. Sa1vat~
re in Lauro, dove apprende i rudime~ti della musica e pratica,
come fanciullo cantore, la po1ifonia del Quattro - Cinquecento •
Dirà di lui i l compagno Enniu Francia (5): "Petrassi sui tredici
anni si era fatto più serio, più diligente, più studioso. Era
divenut~ il primo della classe, leggeva meglio di tutti, in man­
canza del maestro era lui. a battere il tempo, e quando nessuno
.10 vedeva cominciava a mettere in piedi sul pentagramma., le une
accanto alle altre, minime e crome. Per questo 10 canionavamo,10
chiamavamo "la vecchia"". 1917.•. '2.5 Alla Scho1a Petrassi rima
ne sei anni, fino a quando, cioè,con la muta della voce, divien;
commesso nel prestigi080 negozio musicale Grandi (poi F. LP.,
Fabbrica Italiana Pianoforti), dove può sfogliare ogni sorta di
spartiti e di partiture e conoscere di persona alcuni musicisti
romani, clienti del negozio. Tra questi, Alessandro Bustini si
offre di impartirgli lezioni di. pianoforte. Petrassi segue appas
sionatamente le lezioni e intensifica quello che chiamerà 1110
studio clandestino" (6), analizzando partiture e frequentando i
concerti dell'Augusteo e dell'Opera. "Annaspavo in tutte le dire
zioni - leggiamo in una lettera a Guido Maria Gatti (7) -, non
facilitato di certo dalla grama esistenza che ero costretto a
condurre ••. Ero un giovane sprovveduto di tutto, ma non di pass~
ne. musicale, alla ricerca di qualche punto di riferimento che
5

mi aiutasse a scoprire me stesso". 1925••• '32. Nel '25, inizia


10 studio regolare dell'armonia con Vincenzo Di Donato e, nel
·28, si iscrive al Conservatorio di Santa Cecilia, venendo amme,!
so al settimo anno di composizione (scuola di Alessandro Bustini)
e al corso di organo tenuto da Fernando Germani. Gli anni tra
il '26 e il '32 vedono nascere le prime composizioni, rimaste per
lo più inedite: la Partita e l'Egloga per pianoforte; la lirica
Salvezza, su testo di Guido Gozzano, per canto e pianoforte; le
Due liriche su temi della campagna romana per violino e piano ­
forte; La worte del cardellino e Per organo di Barberia, su te­
sti rispettivamente di' Guido Gozzano e di Sergio Corazzini, per
canto e pianoforte; la Sonata in tre brevi movimenti continui
per violoncello e pianoforte; i Canti della campagna romana per
canto e pianoforte, racco~ti e armonizzati in collaborazione con
Giorgio Nataletti; il Preludio e fuga per orchestra d'archi, pri
mo lavoro orchestrale ('29); le liriche Pioggia di peschi, su t~
sto di Mario Saint-Cyr, e Cam2ane, su testo di Valfrido Breccia,
per canto e pianoforte; le Tre 1iriehe antiche italiane per':caù-:
to e pianoforte; la Sinfonia, siciliana e fusa per quartetto di
archi; il Divertimento in do maggiore per orchestra; l~·Sicilia­
na e marcetta per pianoforte a quattro mani; la Sarabanda per
flauto e pianoforte; la Ouverture da concerto e la Passacas1ia
per orchestra; i Tre cori le due liriche Colori del tempo per can­
to e pianoforte, premiate nel '32 al secondo concorso cameristi­
co dell'Accademia Filarmonica Roma~a.
1932••• ·37 Il '32 è u~ anno cruciale. Petrassi si diploma
in composizione e scrive quella Partita per orchestJ;"a che, vinci
trice di due concorsi e successivamente premiata dal Ministero
dell 'Educazione Nazionale e dall' Accademia Italiana, lo segnala
all' attenzione pubblica rivelandoai il punto di a.vvio dei futuri
successi. L'anno seguente, infatti, essa viene diJ;"etta da Alfre­
do Casella (con il quale Petrassi stringe un'affettuosa amicizi~,
da Bernardino Molinari e da Ernest Ansermet, rispettivamente· ad
Amsterdam, Parigi e Ginevra. Diplomatosi anche in organo, Petras
6

si può ora dedicarsi interamente alla compos1z10ne e all'insegn~


mento presso l'Accademia di Santa Cecilia, dove nel '34 è nomin~
to docente della cattedra dì composizione. Del '33 sono l'Intro­
duzione e Allegro, nelle due versioni per violino e pianoforte e
per violino e undici strumenti, l,a Toccata per pianoforte, il
!reludio, Aria e Finale per violoncello e pianoforte e il Concer­
to per orchestra, primo di una serie di otto Concerti, completa­
to l'anno successivo. Al '34 appartengono, invece, alcuni brani
per canto e pianoforte (Vodalizzo per addormentare una bambina ,
Benedizione e O sonni, sonni) e l'inizio del primo lavoro sinfo­
nico - corale, il Salmo IX, cui Petrassi lavora fino al '36. Ne­
gli anni '35 - '36, frequenta il corso di direzione d'orchestra
tenuto da Bernardino M~linari all'Accademia di Santa Cecilia; le
esecuzioni di suoi brani si. moltiplicano per tutta EltrOpa (egli
stesso è chiamato a dirigere a Praga l'Introduzione e Allegro
per violino e undici strumenti); viene nominato consulente musi­
cale all'Ispettorato del Teatro, ségretario al Centro Lirico Ita
1iano, accademico di Santa Cecilia; compone, oltre al Salmo IX,
il breve Lamento di Arianna, su testo di Libero De Libero, per
canto e pianoforte.
1937 ..:39 Fra i l '37 e i l '39, accetta la carica di so~rintende!!.

te al Teatro Ls. Fenice di Venezia. In questo periodo, trova tem­

po ed energie per comporre soltanto il Concerto per pianoforte e

orchestra, del quale, osserva Lele D'Am1.cO (8):. IIPetrassi ha for

se scritto il commento più 8agac~ •.. dimettendosi dalla carica

che gl'impediva i l lavoro di compositore".

1939... '51 Lasciata la Fenice nel '39, diviene ius.egnante al

Conservatorio romano e può dedicarsi nuovamente alla composizio­

ne. Sono gli anni del Magnificat per soprano leggero, coro misto

e orche~tra ('39 - '40); delCoro di Morti ('40 - '41:), "madrig~

le dralJltllatico" su testo di Lèopardi, per voci maschili, tre pia­

noforti, ottoni, contrabbassi e percussione; delle Due liriche

di Saffo per canto e pianoforte e della Piccola Invenzione per

pianoforte ('41); dei Quattro Inni Sacri per voce maschile e or­
7

gano,:poi anche trascritti per voce e orchestra, e del Diverti ­


mento scarlatti.ano per pianoforte ('42); del ballo in tre quadri
con recitativi per baritono La Follia di Orlando, su testi di Lu
dovicoAriosto, primo lavoro per il teatro in musica ('42 - '43).
Nel '43, è membro della Commissione direttiva per la riorganizz~
zione della didattica musicale italiana e della Commissione di
vigilanza dell'E.I.A.R.; nel '44, cofondatore della rivista "Mu­
sica Viva"; nel '47, Direttore artistico dell'Accademia Filarmo­
nica di Roma. Scrive, in questo perìodo, le Invenzioni per pian~
forte, le !re liriche e il Miracolo per baritono e pianoforte,
l' Invenzione per due flauti, la Fanfara.per tre .trombe, le Musi ­
che di scena per "Gli Uccelli" di Aristofane per coro e dodici
strumenti e, lavori di maggior mole e impegno, il balletto su
libretto di AureI M. Millos Ritratto di Don Chisciotte ('45) e
l'opera in un atto tratta da Cervantes Il Cordovano, prima delle
due opere teatrali composte finora da Petrassi ('44 .•• '48).Negli
anni seguenti '48 ••.• '50, è la volta delle musiche inedite per
i filma La Creazione del mondo, Lezione di geometria, Riso amaro
e Non c'è pace fra gli ulivi, accanto alle quali spiccano lavori
cameristici, come la Sonata da camera per clavioeftbalo. e dieci
strumenti, il Dialogo angelico per due flauti e il Patite piece
per pianoforte, nonchè la sfortunata tragedia (leggi: opera tra­
gica, la seconda delle due opere), su testo di loti Scialoja,Mor­
te dell'aria e la cantata per coro miat~ e orchestra, sul po~
omoni!!lo di San Juan de la Cruz, Noche Oscura, in prima esecuzio­
ne rispettivamente all'Eliseo di Roma e al Festival Internaziona
le di Strasburgo.
195L.• '64 Con i l 1951 -. anno in cui Petrassi scrive, dopo un
intervallo di diciauette anni dal Primo, il Secondo Concerto ­
ha inizio una serie di viaggi di lavoro, a Salisb\.1.rgo (corso e­
stivo di composizione al Mozarteum, nel '51), a Londra (dirige
sue opere alla BBC, nel '52)"io America Lati~a (in veste di di­
rettore, compositore e conferenziere, nel '53), in Stati Uniti
(osp{te dtonore a Boston p~r la cerimonia del "Saluto a Roma" e
per la prima di ~into concerto, nel '55 e, ancora, nel '56, per
8

tenere un corso di compOS1Z10ne a Tanglewood), in Giappone (qua­


le direttore e compositore, nel '59), in Bulgaria (nel '62), in
Germania (nel '62) e, successivamente, nel '64 e '65, per dirig~
re i l Magnificat e i l Quinto concerto con i Berliner Philarmoni­
ker). Parallelamente, Petrassi scrive su commissione molta musi­
ca e viene insignito di nuove cariche ed onorificenze come la
presidenza, prima nazionale e poi internazionale, del SIMC, fra
il '53 e il '56, la nomina a socio della Akademie der Kunste di
Berlino Ovest e della Académie Royale de Belgique, nonchè quella
a docente del corso di perfezionamento in composizione presso la
Accademia di Santa Cecilia (lasciando, perciò, nel '59, la catt~
dra di composizione che da ormai vent'anni deteneva al Conserva­
torio di Roma). Nel '62, si sposa con la pittrice Rosetta Acerbi,
coronando, anche sentimentalmente, una lunga passione per la pi!
tura e per il collezionismo. Nel '63, nasce Alessandra. Sei sono
i Concerti per orchestra che Petrassi scrive tra il '51 e il '64,
numerati da due a sette, spina dorsale della produzione di quel
periodo. Accanto, Cinque duetti per due violoncelli; cinque Non­
sense per coro a cappella (del '52, ai quali se ne aggiungerà un
sesto nel '64); un Glori. in excelsis Deo per soprano, ~lauto e
organo; le musiche inedite per i films Pattuglia sperduta e
Cartouche; le Musiche di scena per ,"Prometeo" di Esehilo e per
Lorenzaccio di De Musset; il Saluto aug~rale per orchestra, il
Quartetto.per archi e la Serenata per flauto,. viola, contrabbas­
so, clavicembalo e percussione. entrambi del '58; il Trio per
archi.del '59; i Suoni notturni per chitarra; il Concerto per
flauto e orchestra e i Proposd'Alain per baritono e dodici ese­
cutori del '60; le Musiche per il film IICronaca familiare" e la
Seconda Serenata - Trio per arpa, ehitarra e mandolinQ del '62;
la Musica di ottoni del '63; le Musiche per il fil~ documentario
"La porta di S. Pietro di Manzi)" e Tre per sette, "tre esecuto'
ri per sette strumenti" a fiato. del 164.
1964 .•. 'IO Ormai al culmine della celebrità, Petrassi si de­
dica alla composizione, all'attività didattica e a presenziare
9

ai sempre più frequenti concerti con sue musiche. E' investi to,,'
dì continue Qnoreficenze: nel '75, è nominato sccio della Akade­
mie der KUnste di Berlino Est; nel '77, è nominato socio della
Ame_iQan Academy and lstitute of Arts and Lettera di New York
e della Academia Nacional de Be11as Artes di Buenos Aires; nel
'78, della American Academy of Arta and Sciences di Boston e del
la Bayerische Akademie di MUnchen; nel '79, della Accademia di
Musica Liszt Ferenc di Budapest e, nell'80, della Acadcmia dà·;
Bellas Artes de San Fernando. Quanto all'insegnamento, all'Acca­
demia di Santa Cecilia-rimane fino al '74, nel '66 - '67 insegna
ai corsi di perfezionamento dell'Accademia Chigiana di Siena, tut
tora impa~J:isc~ qualche lezione privata.
Meno numerose, rispetto agli anni precedenti, le composizioni si
tuate fra i l '65 e 1"80, causa anch.e il sopraggiunto indebolì ­
mento della vista. Sono i Mottetti per la Passione per coro mi­
sto e cappella, le Musiehe per il film "La Bibbia" di John Huston,
Estri per quindici esecutori, Beatitudines per basso o baritono
e cinque strumenti, Ottetto di ottoni, Souff1é per flauti e un
unico esecutore, Elogio per un'ombra per violino, Nunc per chi ­
tarra, !!! per flauto, ottavino (un esecutore) e c1avicemba10,Ot­
tavo concerto per orchestra (del '70 •.. ' 72, attualmentè l'u1timci),
Orationes Christi per coro misto, ottoni, viole e viloncel1i,
Quattro odi per quartetto,d'archi, Fanfare per tre trombe, Oh
1es beaux jours! per pianoforte, Alias ,per chitarra e clavicem- .
balo, Grand septuor per clarinetto concertante, Violaso1a per
viola, Flou per arpa, Romanzetta per flauto e pianoforte e Poema
per archi e trombe.

Il corso degli eventi lungo cui si è svolta, e tut­

tora si svolge, l'attività di Petrassici aiuta a compre!!.

derne la dimensione umana e, insieme, artisti,ca. La sua


10

incessante presenza nel quadro della vita musicale con


, ­
temporanea, dal '32 ad oggi, non è forse spiegabile

senza tener conto del "carattere organico" (9) di una

natura umano-artistica sempre ape~ta a nuove istanze.

Natura innanzittùtto operosa, come la sua stessa O~~

rigine lascia supporre e come risulta dalla instancabi

le abitudine al lavoro. "Dalla scoperta e pubblicazio­

ne dei quaderni di appunti di" Beethoven - scriveva Pe­

trassi nel '44 (10) -, la piU parte degli ingenui cre-"

de che il musicista sia sempre in preda all'ispirazio­

ne, e che per non perdere una sola br.ici61à.'1 di tanta

provvidenza abbj.a sempre pronto nelle tasche il quader

no su cui notare quei temi portentosi elargitigli dal-

l'alto. L'artista sa che tutto questo non è vero: sa

che l'ispirazione pu~ dischiudersi per lui solo a pre~

zo di:grande fatica, solo dopo un estenuante lavoro di

sollecitazione attiva e disperata, rifuggendo essa di

concedersi ai perdigiorno e ai dilettanti".


11

Natura pronta, inoltre, a cogliere i messaggi della

più incalzante attualità e ad appropriarsene critica ­

mente in quanto :f;unzionali al proprio mondo. La speri­

mentazione in se stessa, non interessa a Petrassi, nè

come uomo nè come artista, anche se la sua produzione

non si cristallizz~ mai in una cifra stilistica immu­

tabile, ma asseconda il divenire di uno spirito natu ­

ralmente irrequieto e ansioso 'di nuove conquiste. "Il

barocco in cui credo, - egli disse una volta (11) - è

un'ansia di sempre nuove esperienze •.• Mi turbano sol­

tanto le grandi riuscite delle opere d'arte. Gli esp~

rimenti non mi turbano mai"~ E spiega anche il motivo

di questa sua posizione, proponendo un singolare acco­

stamento di fisico e di spirituale, che non puòchaco~

validare la tesi px:epostaal nostro capitolo: nUna del

le ragioni della mia curiosità è la fame, la fame nei

due sensi, in quello fisico e in quello spirituale;peE

chè in gioventù non ho avuto abbastanza da mangiare


12

(sempre nei due sensi) e questo ha sviluppato in me un

appetito che non si placa mai, forse perchè suscitato

ancora dal timore - come nei complessi infantili - che

mi venga a mancare qualche cosa. Come succede alle peE

sone che da povere diventano ricche: un ricco che è

stato povero non sarà mai un ricco autentico, come un

ricco di tradizione".

Per cui si vedrà come Petrassi, oltre a contare una

chiara preparazione accademica, abbia sempre coltivato

"lo studio clandestino" (12), quello che non conosce

scuole 0 accademie. e che ognuno deve crescere" dentro di

sè, per conto proprio, sfogliàndo libri e partiture,

frequentando le sale da concerto, dimostrando continuo

interesse per i fatti d'arte, riservandosi, infine, di

apporre il proprio suggello critico: nella fattispecie,

f?Brà il rifiuto· "del mondo dell' elettronica, la parziale

accettazione del metodo seriale, la garbata polemica

verso la "musica statica" di Aldo Clementi, la totale


13

negazione dei suoni multipli e delle tendenze orienta­

lizzanti, e via dicendo.

In un simile contesto, il profondo senso di libera­

lità che da sempre caratterizza Petrassi assume propoE

zioni più significati.ve. Ossia: le scelte che egli op~

ra nell'attuale panorama musicale sottendono una gran~

de disponibilità verso quelle da lui non condivise. p~

trassi non può che sorridere di fronte alla triste~oon

statazione che "i teorici delle diverse età sono sem­

pre accomunati dalla persuasi.one che la musica del 10­

ro tempo rappresenti il periodo aureo, il culmine del­

la fioritura artistica" (13): egli non è un teorico nè

intende esserlo, e non è neppure un compositore che:cr~

de di possedere la panacea della musica odierna; sapeE

fettamente che ogni cosa vivente, e l'arte è vivente,

muta in continuazione,. non conosce soste o periodi au­

rei, non è sclerotica, non è dogmatica, ma è continua­

eJpaziente ricerca.
14

Questa concezione risulta non solo da ogni intervi­

sta, poichè Petrassi ama insistervi partico1armente,ma

anche dall'attività didattica, il cui sviluppo è intut

to parallelo a quella di compositore. Oltre qua~ant'a~

ni di insegnamento, si è visto, di cui venti al Conser

vatorio di Roma (dal '39 al '59) e diciassette all'Ac­

cademia di Santa Cecilia (nel '34 - '35 e dal '59 al

'74), senza contare i diversi corsi straordinari a Sa­

1isburgo, Tang1ewood e Siena. La testimonianza più pr2

bante è quella dei suoi allievi. Ce 10 descrivono tut­

ti come uomo estremamente corretto, attento a non cal­

pestare le loro specificità umane' e artistiche, a for­

nirli dei mezzi tecnici necessari perchè sappiano di­

scernere "soprattutto ciò che non si deve fare •••• La

formazione técnièa in che cosa consiste? Prima di tut­

to nell'avere coscienza della storia della propria ar­

te, e in secondo luogo nel sunteggiare dalla storia del

l'àrte il comportamento dei vari artisti, in che modo


15

hanno lavorato per arrivare dove sono ~rrivati... Mi

pare ~he la base tecnica si identifichi con la cono

scenza e l'informazione" (14)

Di fatto, i suoi allievi - che, per limitarci a

quelli italiani, vanno da Aldo Clementi a Boris Porena,

a Domenico Guaccerd, a Marcello Panni ••• - vivono esp!:.,­

rienze musicali talmente diverse, da confermare che

"la conoscenza e l'informazione" petrassiane sono il

punto di partenza di mille possibilit~ artistiche, ma­

gari non sempre condivise dal maestro, ma comunque da

lui accettate nel rispetto delle varie esigenze. Lo di

ce chiaramente Domenico Guaccero, in un saggio intito­

lato "Petrassi: l'empirismo illuminato della didattica

contemporanea" (15): "Petrassi ••• non ha mai formulato

un proprio "metodo" trasmissiblle e codiflcabile, ha

visto subj.to il lato dogmatico della dedecafonia come

tecnica e non lo ha assolutizzato in sistema e in si ­

stema "didattizzabile" ••• Ancor più -decisamente avver


16

so si è' .mostrato di anno in anno ••• rigua.rdo al ten­

tativo hindemithiano di conciliare antistoricamente lo

antico e il moderno •••• La "lezione" non è tanto e sol

tanto quella in cui il Maestro consiglia su un procedi

mento tecnico o "corregge" un lavoro, ma è quella del

Petrassi ascoltato 'al concerto, che si puO seguire o

criticare, che chiama un'adesione o indica addirittura

una strada diversa".

Petrassi stesso, d'altra pa.rte, afferma che "una

delle (sue) prime frasi ••• agli studenti è di non cre­

dere mai al cento per cento (a ciO che egli dice) ". (16)

E precisa: "Uno dei consigli che ~i possono dare al

giovane compositore è ••• quello di "filtrare" il mate­

riale che si ha a disposizione, perchè sarà lui, in ul

tima analisi, a scegliere quello che gli necessità! di

adoperare e ciO che è superfluo per le sue idee, e che

perciO rifiuta". Per parte sua, Petrassi non condivide

il mondo dell'elettronica, non foss'altro perchè lo


17

sente estraneo a sè, ma questo non significa che quel

mondo non possa essere condiviso legittimamente da al­

tri, non esclusi i suoi allievi. "I suoal. multipli •••

non li ho mai adoperati, e probél.bilmente neanche 11. a­

doperera mai. Ma questo non significa che io non consi

gli a tutti gli studenti di prendere il trattato di

Bartolozzi e di studiarselo, perchè rappresenta unap~

spettiva più ampia, e se loro ritengono di dover usare

quei suoni multipli devono essere in grado di sapere

qual è il risultato, come si formano, e quindi hanno

bisogno di una guida. Ma a me non interessano". (17)

Occorre, a questo punto, rileyare ancora un aspetto

della personalità di Petrassi: il grande amore per la

pittura e il collezionismo. Petrassi acquistò i primi

quadri nel '38, quando era sovrintendente al Teatro La

Fenice di Venezia. La scelta cadeva sintomaticamente su

autori italiani contemporanei, alcuni dei quali ai 10­

ro esordi. E, difatti, la collezione petrassiana è inaU


.....
18

.gurata da una natura morta di Giuseppe Santomaso, al­

lora agli inizi della carriera artistica, cui seguono

opere di Carrà, De P~sis, Morandi, Martini, Manzù, Vi~

ni ••• Poi decisivo, nel '51, l'acquisto dì. due qua­

dri di Burri, la cui "influenza mediata" - com'ebbe a

dire lo stesso Petr~ssi (18) - lo incoraggia a "fare

un salto" e a superare "certe remare morali". Dai gio­

vanili entusiasmi per la pittura espressionistica ita­

liana, Petrassi si interessa, quindi, sempre più alle

recenti avanguardie, completando la propria collezione

con tele di Afro, Capogrossi, Turcato, Valenti,Dova •••

e con opere di artisti stranieri,come Dubuffet, Ma­

thieu, Serpan, Twombly, Feito.

Restano, tuttavia, estranee alla _ collez ione le

opere del Neocubismo e,in genere,di ogni forma pittori

ca che si basi su schematismi a suo parere troppo rigi

di e costrittivi. "Le sicurezze formali preVf!ntive

spiega Petrassi - ... sono contro la mia natura. Per


19

questo la geometrizzazione di certi quadri. idi Villon a di


certi quadri anche di Severini è una cosa che mi mette

in sospetto" (19). Il vivo interesse che da sempre e­

gli dimostra per i fatti d'arte, siano essi relativi

all'arte dei suoni o a quella figurativa, è conferma

di una notevole "capacità soloniana di apprendere, di

appassionarsi a tutto, di non limitare la propria cult~

ra e le proprie reazioni artist.iche e intellettuali al

settore in cui si è specializzati •.• Nessuno è meno

provinciale di quest'uomo di estrazione contadina e

di formazione e tradizione schiettamente italiane" (20) •.

Questa molteplicità di interessi obbedisce a una

chiara concezione di autonomia delle arti. Il musici ­

sta; secondo Petrassi, deve essere un assiduo freque~

tatore non solo delle sale da concerto, ma di qualun ­

que ambiente in cui si pratichi l'arte, anche se que­

sto non lo deve indurre ad illusorie alchimie, in cui

una forma d'arte venga asservita a un'altra,compromet­


20

tendone l'indipendenza. "Ho avuto sempre il sospetto ­

asserisce in un'intervista (21) - che l'unione delle

arti ipotizzata per esempio da Wagner fosse qualcosa

che potesse scivolare nel dilettantesco, perchè imreal

tà che cosa significava? Significava unire delle arti

e fissarle in un momento di gusto di stile che poi sa­

rebbe stato del tutto travolto dai momenti successivi •

•• Se Wagner avesse potuto realizzare la sua idea con­

temporaneamente con le arti che lui riteneva affini,

conglobandole nel suo dramma, noi avremmo avuto si una

rievocazione di quello che poteva essere il gusto e lo

stile di quel momento, di quell'epoca, però del tutto

inutilizzabile oggi. Per questo io rispetto l':autono ­

mia delle arti, perchè la musica, in quanto arte auto­

noma, prosegue il suo cammino nel tempo, la. pittura

lo stesso, e cosi le altre arti ••• La musica di Wagner,

(per parte sua), - precisa ancora petrassi - nonostan­

te le sue teorie, ••• è assolutamente autonoma.... Il


21

mi bemolle dell'Oro del Reno è un fatto puramente musi

cale".
22

2. "Rapporti di dare e di avere ti •

Il mutevole periodo storico e artistico lungo cui

si è svolta l'attivitA creativa d.;t l?etrassi ha imposto

agli artisti scelte quanto mai precise, attente

a una situazione di. continui cambiamenti. "I miei rap­

porti con l'avanguardia - egli afferma (22) - sono

di dare e di avere: credo forse di aver contribuito a

dare qualche cosa e di aver ricevuto, qualche cosa".Che

cosa intende Petrassi per avanguardia? E' chiaro, se

si osserv~ che il termmne è da lui accostato à espres­

sioni quali "musica come scoperta", "senso di rivolta

contro la situazione stabilizzata", "senso critico",

"curiositA per la ricerca" ••• (23). Ma, in realtA, egli

non ama questo te.rmine; piuttosto, preferisce sottoli­

neare la continuitA del cammino musicale, senza indul­

gere in terminologie che ritiene sospette. "Dico avan­

guardia, ma direi più. . volentieri giovani". (24) Per


23

Petrassi, avanguardia non è sinonimo di evoluzione:qu~

st'ultimo termine, in campo artistico, bisognerebbe a~

zi eliminarlo; l'avanguardia è un rinnovamento senza

sosta, è il rincalzo delle nuove forze, è la curiosità

e la ricerca. "lo parlo sempre di mutazione e non di

evoluzione. Evoluzi'one significa non riconoscere quel­

lo di ieri per riconoscersi in quello di domani. La mu

tazione, inv.ece, è una continuazione" (25). In sostan­

za, egli propone di sostituire il termine Uavanguardia"

con quello di "mutazione".

Un altro punto sembra interessante~ Se il rapporto

di Petrassi con la mutazione è un costante e vigilerae

porto di dare e di avere, il problema della sua attua­

lità artistica si pone necessariamente in primo piano;

anche se, naturalmente, non ogni nuovo portato della

scienza e della tecnologia, dell'arte e della cultura

in genere, dovrà essere condiviso e sentito obbligato­

riamente come proprio. Anzi, quando chiesi a Petrassi


24·

che cosa significasse per lui "essere attuale" e che

cosa "essere alla moda", egli rispose (26): IILa moda,

mi pare, è un modo di indulgere a certi atteggiamenti

stravaganti ••• La moda cosa ?ignifica? Andare vestito

o comportarsi secondo l'ultimo dettato di qualcuno.Non

è proprio la mass-media, ma diventa una mass-media,peE

ché tutti seguono questa moda .•. Ora,da questa biso ­

gna astenersi ••• L'attualità è una cosa un po' diversa.

L'attualità è nel mondo in cui vivia~o e (in) tutte

le proposte che ci vengono dal mondo, ma non in quelle

che ci vengono dalla moda, ma dalla scienza, per esem­

pio. Le proposte della scienza, c~rto, sono proposte

attuali, perchè non era possibile averle fatte ieri.

Ma di queste proposte, noi quante ne possiamo assume ­

re? •. Di quanta parte noi ci possiamo nutrire e qua~

to dobbiamo rifiutare?"

• Ci si chiede,ora, che cosa Petrassi abbia dato e che

cosa ricevuto da tanti mutevoli fenomeni artistici.Per


25

questo, bisogna distinguere due momenti nella sua pro­

duzione, uno antecedente al 1951 e l'altro successivo.

Dapprima, Petrassi si trova ad operare in una situazio

ne storica, quella italiana fra le due grandi guerre ,

in cui la letteratura artistica è irregimentata secon­

do un forte spirito' nazionalistico e le iniziative per

sonali sono "oggettivamente impedite" (27). In questo

periodo, egli tenta di unire alla rigida formazione del

Conservatorio la conoscenza e lo studio della musica

d'oltralpe, adoperandosi nella ricerca e nell'analisi

di nuove partiture. Viene agevolato dal lavoro di com­

messo nel negozio musicale Grandi, (dove rimane sino

all'età di trent'anni), dai rapporti amichevoli e di

lavoro con un artista cosmopolita come Alfredo Casella

(al riguardo, ricordiamo il carteggio intercorso fra

i due musicisti, di cui ci dà un saggio ragionato Clau

dio Annibal~~ (28»), dai viaggi all'estero (il primo dei

quali risale al '33, nei Paesi Bassi e in Germania) e,


26

alla base di tutto, da un'insaziabile curiosità per o­

gni evento artistico.

Per l'esattezza, c'è da osservare che l'Italia fa­

scista, nonostante la censura del regime, non era del

tutto isolata dall'arte e dalla cultura europee,tant'è

che Petrassi rammenta di aver presenziato, all'Augusteo

di Roma nel '33, a un'esecuzione della suite dal~~zeCk

e , qualche anno dopo, alla prima veneziana .•. di Der

Wein ~i Alban Berg. CosI, di Schonberg - per rimanere

nell'ambito della Scuola di Vienna, a quell'epoca qua­

si ignota.~nella sua stessa città (29) - egli conosceva

perfettamente il pierrot Lunalre ~ diverse altre opere.

Nonostante fosse informato di cultura essenzialmente i

taliana, che nella musica di allora si traduceva nei

nomi di Pizzetti, Respighi, Malipiero e, in parte alme

no, Casella (la "generazione dell'Ottanta" di cui par­

la Massimo Mila nella su a "Breve storia della musi­

ca" (30)), Petrassi provO un immediato interesse per


27

quello che poteva considerarsi il "tabù mitteleuropeo"

della Scuola di Vienna.

Interesse, e non attiva partecipazione. Negli anni

'30 - '40, Petrassi non rinnega, infatti ,nèt,forse in quel:.

la contingenza storica lo avrebbe potuto, la propria

formazione "italiana". Dai musicisti della "generazio­

ne dell'Ottanta" egli assume due stilemi specifici: il

gusto per l'arcaismo italiano e la tendenza


, -
a una qua­
~

lità sonora turgida e magniloquente. Quanto al gusto

per l'arcaismo itallàno, questo si risolve, nel primo

Petrassi, nel parziale recupero della melopea gregoria

na e del suo diatonismo, nella fr~quente adozione del

più elementare contrappunto medievale,procedente per

quarte e quinte parallele,e nel singolare accostamento

a questo dei ricordi gia.vanili, . naturalmente

vissuti con altra maturità e preparazione, del fanciul

lo cantore pratico di polifonte vocali del Quattro-Ci!!,

quecento (si vedano, soprattutto, i grandi affreschi


28

sinfonico-corali, cioè il Salmo IX e il Magnificat) •

Mentre il secondo stilema ci riporta chiaramente a la

vori come la Partita e il Concerto per orchestra, ca­

ratterizzati da quelle sonorità carnose ed esultanti

su cui molto insistettero Lele D'Amico e Gianandrea

Gavazzeni, quest'ultimo sortendo la famosa formula del

Petrassi "cattolico romano, controriformista e baroc:"~

co". (31)

Date le indiscutibili ascendenze italiane,che otte~

nero a Petrassi anche lusinghieri apprezzamenti da pa!,

te della critica nazionale dell'epoca, resterebbero,

tuttavia,inspiegabili i ben pin numerosi deprezzamenti,

se non si tenesse conto delle molteplici influenze stra

niere. Citiamone alcuni. "Senza dubblo, il Petrassi è

un musicista ben preparato; ma non bisogna lasciarsi

attrarre dalla padronanza tecnica ••• Da questa "Parti­

ta" appare che al Petrassi non solo .non è dato di rag­

giungere uno stile, la ~~al cosa non si puO pretendere


29

da un principiante, ma non si comprende dove egli miri

e quale possa essere la. sostanza spirituale del suo o­

rientamento. Chissà; può darsi che anche questa assen­

za di çentralità creativa, capace di suscitare una fOE·

ma che vive soltanto di uno schema astratto, che cert~

ni invocano come una salvezza per la nuova musica ita­

liana, e della quale molti si sono beati, ammirando il

lavoro del Petrassi, può darsi che questa ancora sia

la tal cosa che noi non comprendi.amo e che comunernent.e

si dice neo-classicismo" (32). "Petrassi si sente or­

mai sicuro delle posizioni raggiunte,è padrone assol~

to della propria tecnica, per la c:onquista della quale

non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggio a

Casella; ma attento però al pericolo, che noi sincera­

mente rileviamo, di cadere nell'accademia della falsa

modernità, attento al facile e dilettevole gusto clas­

sicheggiante" (33). "Goffredo l?etrassi ••• ha cercato

di rievocare con l'asprezza primitiva dell'espressione


30

l'acceso fervore religioso, il geloso esclusivismo, la

esaltazione che erano alle radici del popolo che rite­

neva se stesso l'eletto del Signore. E siccome tali ~~

timenti non fanno parte dell' equilibrio e della mode­

razione latina, il compositore ha dovuto cercarne l'e­

sempio altrove" (34). "Che questa musica sia piacevole

credo difficile poter affermare. Va, quindi, messa fra

quella "interessante" che, precipitata d'oltre alpe

nel periodo soprattutto dell'immediato dopoguerra, si

è adagiata comodamente da noi" (35). E, infine, la

stroncatura più significativa, anche se, o proprio per

chè, poco obbiettiva e poco lungimirante per quel che

se~bra a noi, che valutiamo cinquant'anni dopo: " ••••.

nei primi due tempi della Partita costui s'attacca da

disperato agli ultimi capintesta Hindemith e Stravin ­

sk;i.j e alle querule stramberie del jazze (sic 1) negro",

(36} •

E' un fatto che, nella musica del primo Petrassi,a~


31

canto ad aspetti tipicamente italiani, ne compaiano al

tri quasi del tutto inediti nella contemporanea produ­

zione nazionale, se si eccettuano gli illustri casi

di Alfredo Casella e di Luigi Dallapiccola. La ferrata

tecnica di orchestratore, l'incisività dei ritmi, la

neutralizzazione di' ogni forma di "verbalismo temati -

COli (37) e la simpatia normalmente. accordata al con­

trappunto sono elementi su cui poggia da sempre il lin

guaggio di Petrassi e che esulano, propriamente, dal­

la tradizione italiana. "I miei musicisti italiani

egli sostiene, riferendosi agli anni '30 (38) - erano

Casella e Malipiero, i quali (per~) gravitavano nel­

l'area europea ••• ". Soprattutto Casella, tramite la

cui "azione neoclassica di rappel à l'ordre" (39), pe­

trassi potè accostarsi con buona disposizione alla mu­

sica di Paul Hindemith:"e di Igor Strav-tnskij, che era­

no anche "i musicisti stranieri che più, correvano, se

non ancora nei conservatori, ..... nella' normalità degli


32

addetti ai lavori ••• Poi naturalmente'a distanz~ c'era

no anche Honegger e Milhaud e i francesi". (40)

Di Hindemith, egli ebbe in giovinezza come un'infa­

tuazionee potè, oltre che studiarne attentamente le

partiture, ascoltarlo dirigere proprie composizioni al

l'Augusteo di Roma.' La "Ouverture" da Neues Vom Tage ~ 29)

fu una pietra miliare nell'esperienza artistica di Pe­

trassi e i l~vori di Hindemith che da Cardillac ('26)

vanno a Mathis der Maler ('38), non escluse ed anzi in

· . posizione preminente le Kammermusiken, sono da conside


l e j <
rarsi fra i poli attrattivi più consistenti dell'ispi­

razione petrassiana. Lo riscontri~o nel rigore _ con­

trappuntistico delle prime composizioni, nella disin ­

voItura con cui tratta gli strumenti e la conce~tazio~

ne strumentale, nella costante presenz~ di cent~i di

attrazione tonale - pu r eludendo, nella sostanza, il

tradizionale sistema della tonalit~-, nella cura per

i valori formali e architettonici, nella rude schemati


33

citA ritmica ••. La Ouverture da concerto, in partico1a

re, risente di tutto questo e, con essa, la Partita,i1

Concerto per orchestra e, in misura minore, le due op~'

re sinfonico-corali.

Queste ultime, piuttosto, risentono con maggior evi

denza dell' influsso stravinskj,ano, vivo e operante in

Petrassi a partire dal '33, anno in cui egli assistet­

te all'esecuzione romana de11'Oedipus Rex diretto da

Casella. Chi, nella Partita del '32, ravvede l'ombra

di Stravinskij, avverte Petrassi (41), sbaglia, poichè

~ solo negli anni del Salmo IX che questi, per altro

con estrema consapevolezza da parte dell'autore, divie

ne presenza determinante nella sua musica, dapprima in

maniera eclatante, poi sempre meno decisiva. L'ossessi

va ripetitività ritmica, la rigida asciuttezza melodi­

ca (specie nel Salmo IX), espedientt tecnici come le

note ribattute o il pedale armonico, gli amalgami tim­

~ric~,~"~e sembrano r iproporre l' Oedipus o la Symphonie


34

de Psaumes, il ricalco quasi letterale di melodie e di

ritmi stravinskiani sono motivi ricorrenti nel Petras­

si degli anni '30 e '40. Ora, è essenzialmente nell'a­

scendenza a Hindemith e a Stravinskij che sta il neo ­

classicismo ravvisato dai detrattori di Petrassi so­

pra citati.

Pierre Boulez, in un saggio del '57 pubblicato su

"La Revue Music.ale" (42), afferma che se "da una parte

Stravinskij faceva evolvere il ritmo con principistru~

turali, del tutto nuovi, fondati. sulla dissinunetria,

sUll'indi-pendenza e lo sviluppo stesso delle cellule

ritmiche ••• dove i procedimenti intorno a poli molto

elementari daranno al vocabolario una forza inusitata •

•• d'altra parte, a Vienna, nella stessa epoca: si

formava un nuovo linguaggio, pazientemente, con p~rec-

chie tappe; dapprima dissoluzione delle attrazioni to­

nal1 - procedimento contrario a quello di Stravinsklj-,

in seguito ~ltratematizzazione funzionale, che doveva


35

giungere alla scoperta della serie, serie sfruttata in

sensi molto diversi da Schonbex-g, Berg e Webern". Se

si vuole accettare questa schematizzazione, forse un

po' troppo sicura di se stessa, la posizione di Pe­

trassi è, prima degli anni '50, nettamente a favore

di Stravinskij, mentre della Scuola di Vienna egli ac­

coglie il gusto per il contrappunto, già del resto mu­

tuato da Hindertiith" rifiuta.ndo perentoriamente il pri!!.

cipio della seria1ità e il conseguente riba1tamento del

sistema tona1e. Certo, specie nei lavori antecedenti

alla Partita del '32, sono ravvisabi1i diversi spunti

de11'atona1ismo viennese, ma qui il ter.mine da usarsi

è, appunto, lI a tona1ismo 1l , non già IIdodecafonia ll o 1I se ­

ria1ità ll (si osservi,fra l'altro, il costante impiego

degli intervalli armonici di tritano, di settima e di

nona, nonchè il generale clima espressionistico delle

due liriche Colori del tempo del '31).' Senza contare

che assai poco di queste tracce rimarrà nei lavori se­


36

guenti.

Se proprio Petrassi dovesse esprimere un giudizio

sulla Scuola di Vienna, giudizio che ancor oggi rimane

per lui inalterato, egli por.rebbe al vertice delle pr~

ferenze Alban Berg, in posizione secondaria Anton We­

bern e, senz'altro ~ll'ultimo posto, Arnold Schonberg.

Non è difficile intuirne le ragioni: Berg è il musici­

sta viennese che ~a vissuto piu emotivamente l'espe

rienza prima atonale e poi dodecafonica, Webern, inve­

ce, ne ha rivelati i corollari e gli estremi sviluppi

sul piano formale e tecnico - e da questo punto di


,
vista e, senza dubbio, il più interessante dei tre -,

mentre Schonberg, il codificatore del sistema dodecaf~

nico, gli è sempre apparso "come un profeta che, così

come Cristo nel Giudizio Universale di Michelangelo, e

leva i buoni e condanna i cattivi". (43)

Eppure,a partire dagli anni '50, qualcosa accade in

Petrassi che lo proietta in una nuova dimensione, di­


37

stogliendolo radicalmente dagli influssi italiani di

Casella e di Malipiero,e, per molti aspetti almeno, da

quelli neoclassici di Hinde~ith e di Stravinskij. Se~

bra anzi che, in concomitanza con i primi grandi vlag­

gi all'estero (che dal '51 si susseguono a tutt'oggi

ininterrottamente) e con la mutata situazione pebliti

ca in Italia, Petrassi si apra alle tendenze finora

contraddette. Dopo le opere sinfonico-c,orali, il Salmo

IX e il Magnificat, gli anni '40 segnano il progredi­

re di una crisi di linguaggio che si inaugura con Coro

di Mort! ('40-'41) e, passando attraverso i due ballet

ti La Follia di Orlando ("42- ' 43) e Ritratto di Don

fhisciotte (145), tocca il culmine nella tragedia Mor­

te dell'aria e nella cantata Noche oscura (anni 149 •••

'51). A questo punto, la frattura vera e propria: con

Terzo concerto ('52), Petrassi si accosta alla tecnica

dodecafonica.

-
<./;..tI~\ dJ C(t
Il fatto puO apparire sconcertante. Molti suoi esti
38

matori di un tempo, i;errna restando l'amicizia sul piano

umano, non riconoscono più la recente produzione .. pe­

trassiana. L'esempio più illustre, i;orse,è quello di

Gianandrea Gavazzeni. (44): uInfine ne IILa musica e il

teatro" del '47 l'ultimo mio scritto critico su Petras

si: La follia di Orlando e il Don Chisciotte. Da allo­

ra, nessun' altra possibilità cri.tica ••• Petrassi è mu­

tato troppo nel suo lavoro compositivo (vedi però cosa

significa differenza fra generazioni: l'altra sera du­

rante una cena, Carlo e Luigi Pestalozza, Fellegara,

Manzoni, sostenevano che in fondo non c'è stacco, omol

to meno di quanto si. creda, tra i~ Petrassi giovane e

l'odierno; ed io invece convinto del contrario •• J1tro,2

po diverso, per non dover dar luogo anche a un mutame~

to critico. Muta la critica e mutano gli strumenti che

le son necessari. Non soltanto ad ogni generazione la

sua critica; ma ad ogni mutamento dello stesso artista

la propria critica, diversa ••• E però - prosegue Gavaz


39

zani - Petrassi possiede, per certi amici, per me,l'o­

limpica indifferenza apparente che è segno invece di

profondo legame umano. Non sorge nessuna ombra se gli

dico che non capisco e non amo la musica che compone

oggi".

L'adozione, nel 152, della tecnica dodecafonica non

è, però, che l'esito ultimo è' più appariscente di una

mutazione linguistica i cli! termini principali consi ­

stono altrove. E poi, non è un'accettazione incondi

zionata, ma, al contrario, personale e conforme allo

spirito antidogmatico e di ferma indipendenza artisti­

ca di Petrassi. Il quale non si preoccupa di corrispo~

dere esattamente ai canoni schOnberghiani; per lui, la

serie è un pretesto costruttivo di cui il compositore

si avvale nella misura che più gli garba; non crede

neppure che, nella maggioranza dei casi, la successio­

ne seriale stabilita e , tanto più, gli svariati artif!

ci contrappuntistici cui è soggetta.possano avere un


40

chiaro riscontro auditivo da parte dell'ascoltatore(45)r

gli intervalli di terza, cosI tipJ.ci e ricorrenti nel

la musica tonale, non rappresentano alcuna interdizio~

ne nei lavori seriali di Petrassi; i fraromenti di se­

rie, le libere iterazioni di suoni appartenenti alla

serie, l'impiego costante delle tradizionali "note e­

stranee all'armonia (note di vqlta e di passaggio, no­

te sfuggite, anticipazioni, appoggiature etc.) sono

elementi di eccezione che non confermano, in realtà,

nessuna regola opposta.

Ma i termini principali della mutazione linguistica

di cui si ~ detto, che sono poi qùelli che veramente

hanno determinato le nuove posizioni critiche di Gava~

~i e altre analoghe, stanno soprattutto nel supera­

mento dell'esultanza romana dei primi anni e nell'as ­

sunzione di una nuova economia d.i linguaggio. Già in

Coro di Morti ('40 - '41), la timbrica emana nuove

suggestioni, una timbrica più accorta ed essenziale,


41

più aderente ai contenuti umani proposti dall'autore.

Nei due balletti successivi (' 42 ••• '45), non solo la

timbrica è investita di questa nuova essenzializzazio­


ne, ma anche le microstrutture compositive. Viene,cioè,

neutralizzato ogni carattere tematico e di sviluppo t~

matico, in favore déll'adozione di "cellule organiche

in sA ricorrenti" - l'espressione A dello stesso Pe­

trassi (46) -, che determinano i parametri timbrico,me

lodico e ritmico. Per ora, si tratta di veri e propri

incisi, secondo la terminologia tradizionale, che val­

gono a caratterizzare un particolare momento o un sin­

golo personaggio, sia esso Orlando (inciso esposto da­

gli ottoni la prima volta alle misure 45-46) o Angeli­

ca (inciso esposto dal flauto a miss. 105-106). Col

tempo, questi incisi si scarnificano e si riducono nu-

mericaII'.ente nell' arnbtto di un medesimo lavoro, come

accade nei cast. limite della tragedia Morte dell'aria

('49) e della cantata Noche Oscura ('51), dove gli


42

incisi portanti dell'intera composizione sono rispett!

vamente due e uno. In Noche Oscura, si tratta di un

semplice tetracordo, una sequenza isoritmica diquat­

tro note a intervalli definiti che viene costantemente

iterata rappresentando l'" idea fissa Il che organizza tu,:!:

to il lavoro.

Si~~o ormai lontani da quella che Marvin Allen wolf

.thal, in un saggio su Elliot Carter, compositore sta­

tunitense molto caro a Petrassl e del quale si avrà

occasione di parlare in seguito, chiamò "sostanziale ~

quivalenza della frase brahmsiana a quella schonberghia

na ll (47). Petrassi, come non crede che oggigiorno si

possa ancora scrivere, se non anacronisticamente, musi

ca con la "regola dell'ottava" (48), così. ri.tiene i­

nattuale il ricalco della struttura di linguaggio set­

te-ottocentesca. Schonberg, e la dodecafonia calata nel

discorso schonberghiano: non lo riguardano, sia perchè

assumono toni per lui troppo perentori e pontificiali,


43

sia perchè ribaltano totalmente il sistema della tona-=

lità l senza però toccare minimamente il piano forma­

le. Neppure negli anni trenua, Petrassi scrisse Temi

con variazioni, o Sonate (nel senso classico - romanti

co del termine), o Rondò, o Sinfonie e, se in un primo

tempo accettò la "regola dell'ottava", dagli anni '50

in poi praticamente la evitò del tutto.

Elliot Carter, in "The Ne·...r Ancients and the Old Mo­

derns", scrive (49): liMi colpi ••• il fatto che, malgr~

do la novità e la varietà del vocabolario musicale EOst­

-tona~~, molte opere moderne "andassero avanti" in

modo generalmente fin troppo uniforme. Mi sembrava,c~

che benchè si fosse udito ogni immaginabile tipo di

combinazioni di armonie e di timbri, e benchè ci fosse

stata una certa innovazione ritmica a livello locale ,

in particolare nella musica di StraVinskij, Bart6k, Va

rèse e Ives, ciononostante il modo in cui tutto ciò

veniva combinato ai livelli ritmici pia alti immediata


44

mente successivi e a quelli ulteriori rimaneva nell'or

'bita di quella che mi appartva la routine ritmica, al­

quanto limitata, della musica occidentale pr~cedente .•

Questo ••• mi indusse a consultare tutti i metodi dipr~ .

sentazione e di continuazione che mi erano famigliari,

tutta la cosiddetta logic rl musicale, fondata sull'af ­

fermazione dei temi e sul loro sviluppo ••. Mi apparve

allora evidente che il discorso musicale richiedeva un

ripenàamento tanto accurato quanto quello che aveva su

bito l'armonia all'inizio del secolo".

PetraS'!li mutua,"queste stesse posizioni"facendole

criticamente proprie, da un f at.tent.a osservazione dei

fatti musicali contemporanei. La fine degli anni 140 e

tutti gli anni 150 assistono alla rivalutazione della

tecnica puntillistica weberniana, intesa, assai più

della serialità di schonberq e di Berg,. come il trami­

te verso la più recente avanguardia; si parla, ora, di

serializzazione dei diversi parametri del suono,dl dis

45

soluzione non solo dei nesst tonali, cosa ormai vec­

chia di decenni, ma anche e soprattutto di quelli tema

tici e formali; si sostituisce il concetto di "tensio­

ne" a quello di "forma"; i. suoni vengonoJarticolati s!:,

condo giustapposizioni che, abolendo la tradizionale

funzione accordale" valgono per la loro "intrinseca qua

lità sonora ••• considerando il fenomeno acustico come

primordiale" (50); si tende a superare lo storico arti

ficio del temperamento equabile, a ricercare una nuova

fisicità del suono, facendo capo al mondo inesplorato

dell'elettronica e a un nuovo impiego delle risorse

tecniche ed espressive della voce e degli strumenti del

la tradizione.

Ora, non c'è fenomeno tra questi. che Petrassi ab­

bia ignorato, operando cosI una sintesi progressiva e

personale. Egli non ha accolto che in superficie il

principia della serializzazione integràle proposto da

Webern e dai post-weberniani, ma, a partire dalla 1n­


46

venzione concertata ('56-'57) e dal Quartetto per ar­

chi (' 58), gli ultimi vaghi riferimenti. tematici cedo­

no a un sempre crescente astrattismo figurativo, in

cui la matrice weberniana, sfrondata del proprio geome

trico rigore, è subito riscontrabile. I parametri del­

l'intensità e del timbro sono valorizzati, il primo,

dalle meticolose annotazioni del compositore, che ri­

chiede spesso contrasti repentini, e, il secondo, dal

progredito impiego degli strumenti trattati solisticamen

te e nella compagine orchestrale.

Già nelle prime opere,tame. ebbero a rilevare Massi­

mo Mila (51) e molti altri critici, si denota unU1l.stin

tiva proprietà strumentale" e una grande "maestria del

la tecnica orchestrale". Ora, Petrassi conduce alle e­

streme conseguenze questa naturale propensione e sonda

ogni "'riposta soluzione tecnica ed espressiva. "Riten­

go che con un organico il più normale possibile si può

fare ancora della musica, anche la più anormale possi­


47

bile - dichiarò nel 166, in un'intervista a Mario Bor­

tolotto (52) -. Evidentemente, questa mia è una posi ­

zione che tende a superare il ~ezzo in sè per ritrova­

re un dato ambiente sonoro. Cosl, il suono... (della

mia) orchestra non mi pare tradizionale nè convenziona

le". E aggiungeva, a proposito del recente lavoro Tre

eer· sette (' 64): "Tre esecutori per sette strumenti;

flauto, ottavino, flauto in sol; oboe, corno inglese;

clarinetto, clarinetto piccolo. E' un lavore abbastan­

za virtuosistico: un certo mode di fare musicale è qui

funzionalizzato per questi sette strumenti. La possib!

lità di cambiare timbro in un ambito ristretto (una d~

cina di minuti) era allettante. Queste ri.cerche stru ­

mentali seguitano ad interessarmi •.•.~nche le masse

del Settimo concerto si presentano lucide e sgra$sate.

Non vi è nà accumulazione nè spersonalizzazione dei

timbri, ma una collocazione timbrica. precisa •.• La mia

filiazione neoclassica ha lasciato tracce, non nella


48

nè tantomeno nei "ritorni", ma nella purezza

In questo universo petrassiano, non c'è posto, fin~

atmeno, per l'elettronica e per le rivoluzionarie ~

sperienze di Darmstadt. Intanto, Petrassi ritiene che

tutt'oggi sia viva e determinante la scissione tra cuI

umanistica e cultura scientifica, simpatizzando

per la pima piuttosto che per la seconda; è inol­

la risposta che diede elegantemente a Maderna

a tenere i corsi estivi di composi­

ziane a Darmstadt, e cioè di non voler "fare il Danie­

le nella fossa dei leoni" (53). Ma l'affermazione più

significativa sta, forse, in un colloquio che egli eb­

be con Leonardo Pinzuati nel '68 (54): I~ ••• a me per­

verrebbe mai in testa - disse in quella

usare ••• un mezzo elettronico~ Nè tanto

mi passa per la mente di cercar di ottenere effet

con altri mezzi .•• La musica elettro ­

e la musica Utradizionale" sono due mondi diver­


49

si; e io d'altra parte sono convinto che si possa scri

vere della musica anormale con mezzi normali, anche

se sono curioso di tutte le possibilità che vengono of

ferte, talvolta in modo perfino grandioso, dai giovani

che usano i mezzi elettronici".

Quanto all' "anno iero n prospettato dagli eversori

di Darmstadt, Petrassi non ritiene che il 1950 debbaes

sere rivestito di una tale importanza e sembra sorride

re di fronte all'ardore di neofiti che contraddistin ­

gue musicisti come Pousseur e altri. Si è già visto

come egli preferisca il termine "mutazione" a quello

di "evoluzione", poichè "evoluzione significa non rico

noscere quello di ieri per riconoscersi in quello di

domani" (55). Il fatto è che non potrà mai esistere,s~

condo Petrassi, un n anno zero" nè in musica nè in al­

tro: "La musica è stata è sarà, e fra qualche anno ve­

dremo che. anche il 1950 sarà stato soltanto un'indica­

zione, allo stesso modo dell'anno del Sacre du printem­


so

l?!. Il Sacre fu senza dubblo l'opera di un eyersore,ma

noi vediamo adesso ccme anch'essa si sia collegata ad

un tutto ••• CosI anche gli eversori del 1950 si vedrà,

in futuro, che non sono stati cosI eversori". (56)

La concezione storicistica di Petrassi trova il com

piuto riscontro nelle sue opere, dove, nonostante qual

che ingannevole apparenza, è possibile seguire una li­

nea progressiva di crescita o, meglio, di mutazione.

BII cammino di Goffredo Petrassi" è il significativo

titolo di un saggio di Mario Bortolotto (57): anche la

crisi degli anni '40 - '50 assume un senso preciso e

non contradditorio all'interno della sua produzione.ln

sostanza, come egli stesso suggerisce, Petrassi non

ha mai rinnegato il barocchismo dei primi anni - in­

tendendo per "barocco" "una categoria dello spirito •••

di sempre nuove esperienze" (58) -, e il neo­

classicismo di. Hindemith e di Stravinskij continua,tut

tora, ad operare in lui, determinando, ancor pia che


51

negli anni giovanili, una essenzialità di scrittura,

che è indice di quel michelangiolesco "toglier via",

frutto di paziente lavoro e di maturazione. C'è chi,

raggiunta una definita cifra stilistica, vi si adagia

e si ritiene soddisfatto; Petrassi, invece, sembra non

volere mai ripeters~ e sostiene che ogni brano musica­

le possiede una propria forma e che oggi non esistono

più forme preconizzate e "formelle", vecchie o nuove

che siano, in cui calare i contenuti; è l'artista mede

simo ad essere regola a se stesso, con la propria cul­

tura, la propria intelligenza, la propria capacità di

scelta; e però la scelta, per Petrassi almeno, è sem­

pre collocata su una specifica traiettoria, è anzi la

scelta stessa di quella traiettoria,con i suoi implic!

ti sviluppi e le sue mutazioni.


52

3. Introduzione agli otto Concerti

C'è un filo che percorre ininterrotto la produzione

di Goffredo Petrassi: i Concerti per orchestra. Finora

in numero di otto, sono stati composti nei diversi pe­

X'iodi della sua attività creativa, della quale possono,

in certo senso, considerarsi la "Magna Charta" di più

agevole consultazione: non esiste, infatti, nella pro­

duzione petrassiana, un gruppo di lavori altrettanto

organico che la abbracci interamente dagl~ anni '30 ad

oggi. Se si eccettua l'impiego della voce umana, che

pure larga parte ha in molti altri lavori, i Concerti

per orchestra ci permettono di consultare tutti gli

aspetti della tecnica compositiva di Petrassi, seguen­

done passo a passo il divenire. C'è,anzi, chi fa·. di


--~".-

questi lavori il "clou" della sua produzione e uno dei

massimi punto di riferimento della musica contempora ­

nea: " ••• i Concerti per orchestra ••• collocano Petras


53

si, ora che Stavinskij non c'è più, nella posizione di

massimo compositore contemporaneo" (59). Ma limitj.a:qtQ­

ci a considerazioni il più possibile obiettive.

Ciò che emerge dai dati è, innanzittutto, una prec!

sa disposizione cronologica. Il Primo degli otto Con ­

certi risale al '33'- '34, cioè agli anni giovanili s!!,

.bito seguenti la Ouverture da concerto ('31) e la Par­

tita per orchestra ('32); il Secondo, il Terzo, il

Quarto, il Quinto e il Sesto sono, invece, compresi fra

il '51 e il '57, anni di crisi per Petrassi e di pro­

gressive mutazioni, occupati quasi del tutto dalla pro

duzione concertistica; mentre è de,l '64 il più proble­

matico degli otto Concerti, il Settimo, del quale la

prima veste (inedita e recante il titolo di Prologo e

cinque Invenzioni) appartiene agli anni determinanti

del Concerto per flauto e orchestra e dei Propos d'A ­

fra il '70 e il '72, è stato, infine,sori~

to l'Ottavo concerto, la più consistente delle opere


54

petrassiane di questo decennio.

Llarco di tempo di diciassette anni che separa i

primi due Concerti è occupato, in primo luogo, dai gran

di affreschi sinfonico - corali, il Salmo IX (134 •• 13~

e il Magnificat (139 - 140), lavori ancora permeati di

quel gusto neofrescopa1diano che contraddistingue il

primo Petrassi,e, in secondo luogo, dalle opere che

porteranno alla frattura degli anni 150 (il Coro di

Morti del 140 - 141, i balletti La follia di Orlando e

Ritratto di Don Chisciotte del 142 ••• 145, gli atti uni

ci Il Cordovano e Morte dell l aria del 144 ••• 149, la

cantata Noche Oscura del 150- 151 ••• ). Questa frattu­

ra,che introduce per la prima volta nella produzione

di Petrassi il sistema seria1e, accostandolo 1iberame~

te al neoc1assicismo dei primi anni, e dissolve pro­

gressivamante i nessi tematici e formali della tradi ­

zione, trQva il piU chiaro r~scontro nei cinque ConceE

ti degli anni 150. Sicchè, se il (Primo) Concerto è te


55

stimonianza di ben definite ascendenze italiane e neo­

classiche, che caratterizzano i lavori di ~etrassi de­

gli anni '30, i cinque Concerti seguenti affondano le

radici nelle mutazioni degli anni '40, incarnandone gli

esiti.

"La crisi della I,Uusica come linguaggio •.• (ovvero

il) totale svuotamento della figura musicale", secondo

espressioni usate da Boris Porèna in un interessante. sag:

gio sui Concerti di Petrassi (60), raggiunge l'apice

negli anni '60. Anche questo momento trova applicazio­

ne in un concerto, il Settimo, che è, forse, l'opera

di Petrassi che ostenta il maggiore "avanguardismo" e

che a ragione si pone cronologicamente a fianco di la­

vori come il Concerto per flauto e orchestra e i Propos

d'Alain ('60), la Seconda Serenata - Trio ('62), Tre

per sette ('64), Estri ('66 - '67), Beatitudine~ ('68)

e altri. Cosi l'ultimo concerto, collocato come un gi­

gante fra pezzi di minor mole e impegno, è il simbolo


56

tuttora valido della più recente produzione di Petras­

si, volta al recupero di alcune schegge dei valori for

mali, e persino tonali e modali, che sembravano ormai

definitivamente superati.

Sebbene gli ultimi sette Concerti apparteng~no al

secondo dei due periodi creativi in cui si è per como­

do ripartita la produzione di Petrassi (cfr. cap. 2) ,

non crediamo obiettivo scindere "in due tronconi assai

diseguali" il nostro discorso, come invece propone

Boris Porena nel saggio citato (61). La ragione è che

i lavori petrassiani degli anni 140 ci consentono di

approdare naturalmente, e senza a~cun trauma, ai ConceE

ti seguenti, e in specie al Secondo, che ripropone mo­

duli del tutto tradizionali e , si direbbe, anche _:.- più

tradizionali di alcune opere precedenti (come la trage

dia Morte dell'aria o la cantata Noche Oscura). Semma~

si possono individuare, come la stessa cronologia sug­

gerisce,quattro gruppi di lavori, corrispondenti ognu­


57

no a un decennio: il (Primo) Conc,erto (anni • 30) , il

Secondo, Terzo .•. Sesto concerto (anni '50), il Setti­

~ (anni '60) e l'Ottavo (anni '70). Dalla quale ovvia

disposizione sarà nostro compito rilevare i nessi e

gli organici sviluppi.

Altro dato è l'accezione qui assegnata al termine

"concerto". Rifacendosi alla duplice etimologia latina,

che vuole il termine derivato da "concertare" oppure

"conserere", Petrassi ne accoglie il significato lato,

nominando indifferentemente "concerti" sia le composi­

zioni sinfoniche sia quelle solistico - sinfoniche; si

tratterà, per lui, di precisare se il concerto è per

pianoforte e orchestra, o per flauto e orchestra, o sol

tanto per orchestra, senza impiego di solisti o di co~

certino. L'accezione risale all'epoca barocca, quando

tale forma - diretta antecedente della sinfonia del

periodo classico - veniva detta "concerto di gruppol~ o

"concerto a piil strumenti" },: o "sonata - concerto" f o


58

" s infon1a.. - concerto ti, o ancora "concerto ripieno". Ne

furono autori Vivaldi, Telemann, Bach, Haendel ••• men­

tre nel nostro secolo è famoso e spesso eseguito il

Concerto per orchestra di Béla Bart6k, di nove anni p~

steriore ali. (Primo) Concerto di Petrassi.

Come frequenteme'nte accade nella classificazione

delle forme musicali, il termine "concerto" può essere

sostituito tranquillamente da altri, anche più efplici­

ti e informativi. E' il caso del Terzo concerto di

Petrassi, il cui titolo principale è Récréation concer­

tante (quasi a sottolineare l'intento ricreativo, tipi

co del "divertissement" francese,. e il dialettico .con­

certare delle parti), mentre Terzo concerto è semplic~

mente il sottotitolo; ed è il caso di Sesto Concertqu,

meglio, Invenzione concertata. E' da osservare che, c~

me nelle epoche passate una medesima forma poteva uti­

lizzare terminologie diverse e la gara dei "distinguo"

è stata ed è, spesso, una gara sfiziosa fra musicologi


59

pedanti, molti casi di forme del tutto analoghe, ma

diversamente nominate, si incontrano anche nella musi­

ca del nostro secolo. In riferimento ai Concert1diPe­

trassi, basti pensare alle ultime quattro Kammermusi ­

ken di Paul HindemLth; per piccola or~hestra ('25 ...


,
'27) (e pensiamo che il Quarto concerto di Petrassi e

scritto per sola orchestra d'archi, e il Secondo uti·

lizza l'organico della piccola orchestra del periodo

classico, il Terzo e il Sesto vedono la grande orche ­

stra mutilata di diversi strumenti, secondo le inten ­

zioni dell'autore), o basti pensare alla Synphonietta

('49) sempre ni Hindemith. Gli esempi si potrebbero mol

tiplicare, citando le due Sinphonie da camera di Sch5n

berg (1909 e '39), o i Drei OrchesterstUcke (~14 -'15)

e la stessa Suite lirica (t25 - '26) di Berg, le sette

Sinfonie di Prokofiev ('17 ..• '52) e le quattordici di

Sciostakovi~ ('25 ••• '69)~ le tre di Stravinskij (1905 ••

.• '45) o il celebre Dumbarton Oaks ('37 - '38), la Mu­


60

sica per archi,celesta e percussione di Bart6k ('36),

e via dicendo.

In questi lavori,come nei Concerti per orchestra di


.

Petrassi, vi sono su~ficienti elementi in comune per

definire la medesima forma musicale: l'organico è,

innanzitutto , un or~anico orchestrale, sia esso tipico

della piccola orchestra o della grande orchestra; la

composizione è partita in movimenti, talvolta nettamen

te distinti e talvolta in soluzione rapsodica di conti

nuità, comunque presenti e percepibili all'ascolto; ta

li movimenti sono articolati secondo un principio di

dialettica al ternan·z,a..; non viene normalmente impiegata

umana; il primo movimento è il più 'elaborato,

secondo uno stilema proprio della tradizione; il dina­

mismo e il carattere concertante animano le strutture

interne ad ogni movimento •••

E', però, vero che il termine "concerto", come e

più di quello di "sinfonia", riporta a contenuti


61

puramente musicali, astratti da ogni riferimento lett~

rario, o generalmente extra-musicale. Dove Stravinskij

pone a capo del suo Concerto in mi bemolle maggiore per

orchestra il titolo di Dumbarton Oaks, Petrassi, nei

p.r~iConcerti, tende a neutralizzare ogni elemento e­

straneo al puro far'musica, ad assolutizzare i contenu

ti musicali esaltando l'aspetto tecnico ed artigianale:

in questo senso, si dimostra anche più radicale del

"non espressivo ll
Stravinskij e, invece, più vicino al

neoclassicismo teutonico di Hindemi.th.•

Da notare che, se questo ~ il risultato ultimo, on­

la musica deve vivere di per se stessa e senza in­

trusione di corpi alieni, alla base dell'atto creativo

sta pur sempre, per Petrassi, un lavoro paziente ed e­

motivamente sofferto, qualChe volta persino autobiogr~

fico (cfr. Cap. 1). Questo significa che la "complessa

costellazione simbolica, culturale e· affettiva·n e l'" in

nato, istintivo magistero sturmentale", che Lorenzo


62

~99ini vede costantemente in ogni opera petrassiana

(62), provengono da uno stato emotivo presto dimentic~

to, che può esplicarsi solo tramite un attento ed e­

sperto mestiere. Non è necessario, per chi ascolta, es

sere a conoscenza di quell'emozione motoria, precisa

Petrassi: " ••• la musica dovrebbe parlare per se stes­

sa •••• Un discorso psicologico ••• sulla musica forse

non si dovrebbe fare ••• (ma può servire a) spiegare la

natura di un pezzo" (63). Senza contare che, nei Con ­

certi di Petrassi, non resta alcun altro appiglio ex

~ta.-musicale, come invece accade nei due balletti, ne

gli atti unici, nei Propos d'Alain etc. Tutto è ripo ­

sto nella perizia di un mestiere compiaciuto di sem­

pre nuove e incuriosite indagini. Musica assoluta, dun

que, "musica al quadrato".

Nei Concerti, soprattutto, le possibilità strument~

li vengono indagatevirtuosistica:rrente, si ricercano nuovi

stimolanti impasti timbrici, la pagina musicale viene


63

attentamente spaziata, secondo un ordine estetico che

vuole riflettere il pin importante ordine interiore, ~

gni elemento strutturale è neoclassicamente soppJfesat~

sobrio, essenziale, l'architettura portante è scrupol~

sarnente bilanciata in un perfetto rapporto dialettico

di vuoti e di pien~.Il Concerto è, per Petrassi, la

forma ideale in cui egli può approfondire e sviscerare

i diversi artifici del mestiere.

Si potrebbe credere che ciò comporti un virtuosismo

strumentale di tipo effettistico e plateale, che i Con

certi di Petrassi siano come la fucina esplosiva di

mille demagogie. L'opposto. Petra~si ha da sempre neg~

to la presenza di un impegno politico o ideologico nel

la propria musica, e le leggi del mercato sembrano non

riguardarlo. Si è visto come egli distingua sottilmente

fra "attualità 11 e IImoda ll (cfr. Cap. 2) e come il suo

impegno sia essenzialmente morale e umano; ora, è :si­

gnificativo che l'unico degli otto Concerti che mani­


64

• (I Il
fest·l qualche intento gladiatorio è proprio quello che,

nell'impiego strumentale, presenta la minor ricercatez


\
za e il minor virtuosismo, cioeil Primo. Gli altri se!

te, lasciata l'esultanza romana dei primi anni, ripie­

gano meditativamente sulle problematiche di linguaggio

proprie di un artista positivo e irrequieto come Pe­

trassi, partecipe delle incalzanti mutazioni della no­

stra epoca. Solo da questo punto di vista, secondo noi,

si può accettare la limitante bipartizione dei Concer­

ti proposta dal Porena.

Chiarita la collocaz ione cronologica e l'accez.t.o­

ne che Petrassi assume del termine "concerto", resta

da dire qual è la ~hiave di lettura che si intende peE

seguire per penetrare all'interno di questi lavori.Mb­

vendo dai dati esteriori e prescindendo da qualsiasi

giudizio di valore, è chiaro che i Concerti per orche­

stra di Petrassi attingono a un "humus" culturale di

cui l'autore è perfettamente informato, sia esso quel­


65

lo dell' Italia nazionalista della "generazione dell'80"

e, per fortuna, anche del cosmopolita Alfredo Casella

(Primo) Concerto ,sia quello dell'immediato periodo post­

-bellico, che vede l'espansione del puntillismo weber­

niano e la blasfema proclamazione dell'''anno zero" (Se­

condo ••• Sesto concerto), sia,infine, quello dominato

dalla più recente avanguardia degli anni '60 - '70

(Settimo e Ottavo concerto).

Si tratta, dunque, di sondare le diverse situazioni

storico-artistiche e di rapportarle alle sce~te operate

di! volta in volta da petrassi)' secondo ciò che traspare

dalla sua produzione concertistica e non ignorando la

funzione psicologica ed emotiva di fatti che sono di

per sè estranei alla. pura attività musicale, ma che p~

re hanno agito, come egli dettagliatamente ci informa,

sulla genesi e sullo sviluppo del processo creativo.Oc

corre, poi, convogliare gran parte delle attenzioni

sulla disamina dei mezzi tecnici ed espressivi impieg~


66

ti: analisi, innanzitutto, della macrostruttura por­

tante dell'intero lavoro e del materiale timbrico a­

dottato, quindi delle strutture minime, per ciò che

concerne la loro natura e derivazione ed il loro ruolo

organizzativo. Il tipo di analisi tradizionale potrà

soccorrere solo parzialmente, poichè quasi sempre si

tratterà di rilevare caratteri formali inediti, o,qua~

to meno, non circoscrivibili nei "clichè" della tradi­

zione. Si parlerà ancora di schema tripartito e i, ' dei

quattro parametri del suono, ma il concetto di "forma"

dovrà essere propriamente sostituito da quello di "te,!!

sione lt
, cosa inevitabile negli ultimi Concerti; cosi,

il concetto di "armonia" dovrà cedere a quello di "ag­

gregazione" o "densità timbrica" e i termini tradizio­

nali di "tema", "incisò!',' "motivo" etc. s,pesso non

avranno più senso e lasceranno il posto ad altri più

aderenti, come "cellula motoria", o "cellula ritmica"o

"melodica" o "ritmico-melodica", o "cellula organica


67

ricorrente"; anche il concetto di "melodia tl verrà per

lo più sostituito da quello di "successione intervalli

ca" ••• Petrassi stesso propone queste soluzioni di let

tura (64).

,"'"
68

4. (Primq Concerto:.

il Concerto per orchestra - cosi fu intitolato ori­

ginariamente il primo degli otto Concerti - venne

composto a Roma, fra il dicembre '33 e il dicembre '34.

Concepito per grande orchestra, ma senza aqe e percus­

sioni e presenti il saxofono contralto in mi bemolle e

il pianoforte, si colloca di poco posteriore ai primi

lavori orchestrali di Petrassi: il Preludio e fuga per

archi ('29), il Divertimento in do maggiore ('30), la

Ouverture da concerto e la Passacaglia ('31), la Parti­

ta ('32). Sono questi gli anni in cui Petrassi ultima

gli studi di composizione e di organo e ottiene i pri­

mi consensi di pubblico e di critica (vince, fra l'al­

tro, due concorsi di composizione, uno nazionale e

l'altro internazionale, sue composizioni vengono tra ­

smesse radiofonicamente ed eseguite in diverse sale di

Europa, nasce la fruttuosa amicizia con Casella •••••••


69

• Cap. 1).

"Fresco di studi - dirà a Luca Lombardi in un'inter

avevo voglia di lavorare e voglia di si­

un lavoro tutto quello che dallal, scuo

appreso. Insomma, era per fare una specie di

bilancio di tutto quello che ero in quel momento". E

aggiunge, a riprova dello spiccato interesse timbrico

che, già allora, distingueva i suoi lavori. ti però

avevo già fatto pratica d'orchestra, perchè suonavo nel

l'orchestra dell'Augusteo, naturalmente come aggiunto •

••• e non nego che, anche se in quel momento avevo una

sensibilità timbrica non ancora sviluppata, ••• i se­

gni già c'erano".

Confessa anche che, in virtù di tale sensibilità, la

Partita per orchestra del '32 è il lavoro che, personal

mente, predilige fra quanti egli scrisse in quel peri~

do, mentre il Concerto del '3.4 "è già un po' una corru

z10ne di certi caratteri della Partita e rivela un'"a­


70

busata disinvoltura tecnica". Dove "disinvoltura tecni

ca" significa: proprietà della scrittura::strumentale e

pratica dell'orchestrazione, ricerca timbrica, acquisi

zione di strutture linguistiche omogenee ("tematismo"

di ascendenza hindemithiana, prevalente diatonismo,ele

mentare incisività ritmica e melodica, compattezza del

le dinamiche, ricorso costante - e tipicamente petras­

siano - al pedale armonico e alle note ribattu.te, pri­

vilegio degli intervalli armonici di quarta, quinta e

settima, rigOglio di microstrutture ricorrenti, eviden

za delle sezioni formali e dell'architettura ••• ), e,

inoltre, significa applicazione in musica di uno spiri

to giovanile ed esultante.

Ora, nel Concerto si riscontra un evidente compia­

cimento verso i traguardi che Petrassi ha conseguito

con relativa rapidità e dimostrando una volontà e una

capacità di assimilaz!one non comuni. I suoi studi re­

golari di composizione hanno inizio nel '25, nel '28


71

è già iscritto al settimo corso di composizione in

Conservatorio e, quattro anni dopo, ne ottiene brillan

temente il diploma (cfr. Cap. 1). La Partita per orche

stra è il primo importante raggiungimento di una futu­

ra promessa della musica italiana, che ha scoperto di

essersi conquistati, un mestiere e, appunto, una "disin


­
voltura tecnica" che persino i critici dell'epoca,tal

volta più o meno sottilmente polemici, non esitano r ) a

riconoscergli.

Le prime recensioni della Partita parlano, infatti,

di "musique brillante et bien agencée, spirituelle,plei

ne de coleur et de vivacité, un peu superficielle cer­

tes, mais débordante de vie et exempte de~. toute vulg~

rité" (66), di musica per cui "non è difficile ••• , co­

me per qualunque lavoro di. un giovane, fare dei nomi:

Casella, Hindemith soprattutto, che Petrassi deve a­

ver studiato a fondo, come nessun altro in ltalia ••• (e

che, però, a lui) servono solo carne punto di partenza


72

per camminare per conto proprio alla realizzazione di

un suo linguaggio" (67), di "chiarezza latina, •••• tra

sparenza mediterranea, .. 0 armonioso giuoco di forme,

di timbri e di melodie" (68), o, ancora, di IIdoti inna

te e ormai indubitabili di sicurezza orchestrale ••••••

(immune sia da) quella declamazione strumentale che g~

neralmente è tipica delle nostre moderne composizioni

orchestrali, e da cui non vanno esenti nè Malipiero,nè

l?izzetti, nè Alfano o o •• (sia da quella forma di ,:mae­

stria tecnica che) tra gli eredi di Stravinskij, di

Hindemith, di Honeggeroo. era ormai divenuta una merce

secondaria e spregevole, buttata sul mercato senza ri

guardi, a quantità impressionati" (69).

Mentre le impressioni critiche prodotte dal succes­

sivo Concerto sono analoghe a quelle della Partita, ma

con in più un senso di stanca insistenza su moduli già

sperimentati a fondo. Ne abbiamo conferma nelle parole

di Petrassi sopra riportate, o nella recensione dell'e


73

poca, che ci pare abbastanza sensibile ed equilibrata

e che citiamo a modello fra tutte, del critico Luigi

Rognoni in "Musica d'oggi" (70); "In questo Concerto

possiamo vedere come il Petrassi abbia voluto approfo~

dire quegli elementi di espressione che aveva già sen­

tito vitali nella g~ovanile Partita: però v'è quivi un

grave inconveniente, il pericolo di una possibile cri­

stallizzaziQne di tali elementi ••• Petrassi si sente

ormai sicuro delle posizioni raggiunte, è padrone asso

luto della propria tecnica, per la conquista della qua

le non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggiO

a Casella; ma attento però al pericolo, che noi since­

ramente rileviamo, di cadere nell'accademia della fal­

sa modernità, attento al facile e dilettevole gusto

classicheggiante".

Giudizi datati, è vero, soprattutto per la forma in

cui sono espressi, ma che, oltre a cons'ervare sostan ­

.' zialmente intatta la loro validità, contribuiscono ad


74

avvicinarci alla temperie culturale e artistica degli

anni '30. In Italia, come noto, il decennio fu domina­

to da un forte spirito nazionalistico imposto dalla po

litica del regime. Ne risultavano problemi e polemiche

delle quali gli artisti più aperti alle istanze della

musica d'oltralpe ~ovevano essere il facile bersaglio.

Ovvio che Petrassi, musicista sempre disposto a nuovi

contatti e a nuove integrazioni, "affamato" di ogni

possibile esperienza artistica, abbia avuto spesso a

che fare con la più incallita critica del regime, che

gli rimproverava l'eccessivo modernismo neoclassico tuor

viante rispetto ai canoni della tradizione italiana, e

il conseguente estraniamento spirituale, che non gli

consentiva di pervenire a una cifra stilistica unita ­

ria (quella di marca italiana, naturalmente, prossima

ai gusti della "generazione dell'ottanta" e tesa a

riavvalorare una sorta di i tal iart llà arcaica e antiroman

tica (cfr. Cap. 2».


75

D'altre cante, perO, si penevauna schiera di crit!

ci e di musicisti di più larghe vedute che, esaltande

i tratti tipicamente italiani della sua musica, faceva

ne di Petrassi un campiene della preduzione artistica

nazienale.• Cesi Alfrede Casella, riferendesi, in "L'I­

talia letteraria" del 2 luglie '33, ad una esecuziene

della Partita al .Festival di Amsterdam (71): "Accante

alle altre musiche, tutte più e mene appartenenti alle

stile internazienale esperantistice ••• la cempesiziene

di Petrassi pareva un medelle di chiarezza latina, di

trasparenza mediterranea, di armenioso giuece di ferme,

di timbri e dimeledie; qualcesa di rare infine, e che

valeva a dimestrare - in. queste impertantissime radune

internazienale - quante sia .oggi indipendente la ne­

stra scuela e seprattutte quante essa si mueva cen si­

curezza ed agilità lunge la via maestra ritrevata del­

la tradizione. Verrei che qualcune di q:uelli che in

presenza di queste tipo di musica italiana e di altri

analoghi - parlane cen tanta indignazione e cen tanto


76

sproloquio di certo preteso "asservimento ad influenze

straniere da parte dì. certa musica nostra; vorrei che

questi signori avessero potuto vedere quale impressio­

ne di sana ed autentica italianità veniva fuori da que

sta fresca ed espressiva musica nostra posta vicino al

le al tre straniere,' e credo che quelli fra loro che so

no capaci di buona fede, rinunzierebbero per un pezzo

a scrivere sulle loro colonne taluni spropositi criti­

ci dai quali siamo tuttora afflitti'~.

Da chiarire che Casella, per parte sua, si adeguò

alle proclamate esigenze nazionalistiche, sapendole

fondere, con estrema scaltrezza e intelligenza, a

quelle dettate da una versatilità e un cosmopolitismo in

lui irreprensibili. Infatti, dopo gli ardimenti del

periodo bellico (si vedano i Nove pezzi per pianofort~

o le Pagine di guerra e 1 Pupazzett1 per pianoforte a

quattro mani ••• ), egli retrocede prudentemente èntrQ, '1

confinj; di una "facile" solarità mediterranea, recupe­


77

- con Scarlattiana, Partita, Serenata, Paganinia­

- stilemi compositivi che richiamanc in~ional

all1epoca barocca e si pongono in aperta antitesi

con quella romantica. Esempio unico, questo di Casella,

e, ripeto, indice di grande intelligenza, che non è

sfuggito al più gi9vane e stimato amico Petrassi.

Precisata la collocazione nell'ambito del "corpus"

petrassiano e della critica e produzione musicale del­

l'epoca, occorre ora addentrarsi nell'analisi dettagl.p

ta,.:. del Concerto e verificare scientificamente" la "di­

sinvoltura tecnica", e relativi attributi, di cui si

è detto (72).

Formalmente, il lavoro è partito nei tradizionali

tre movimenti, di cui il primo è il più esteso. Anche

l'alternanza agogica riflette un'ipostazione del tutto

Il normale " : primo movimento "Allegro", "secondo movimento

IIAdagio", terzo movimento "Tempo di Marcia". Qualche


78

mutazione agogica è ancora presente all'interno dei

singoli movimenti, di cui, senza considerare i rari

rallentandi e accelerandi, quattro mutazioni sono pre­

senti nel primo movimento (nn. 20,22,24,27), otto nel

secondo (nn. 2, 5, 6, 7, 12, 2 miss. prima del n. 13,

nn. 14, 16) e tre nel terzo (2 miss. prima del n. 15,

nn. 18, 24), risultando più compatti e monolitici, per

questo aspetto, i due movimenti estremi, più mobile

e cangiante quello centrale.

Soffermiamoci sul primo tempo, "Alleg-ro". L'organi­

co adottato è molto simile a quello della Ouverture da

concerto e, soprattutto, della Partita: legni al compl~

to, con la partecipazione straordinaria del sax contra!

to, ottoni di una grande orchestra (4 corni, 3 trombe,

3 tromboni e 1 tuba bassa), pianoforte e archi. Le ar­

pe e le percussioni sono assenti. La scelta strumenta­

le cl segnala precise scelte estetiche, e cioè l'adozio

ne di uno strumento desunto dall'attualità del jazz


79

(il saxofono~anche se la scelta si limita a una ragi~

ne coloristica e nulla più,e l'esclusione di strumenti

allora attualissimi come l'arpa e le percussioni {si

pensi, quanto alla prima, all'Impressionismo francese

e, per le seconde, alle grandi partiture sch5nberghia­

ne}.

Sin dalle prime battute, si constata la più assolu­

ta "correttezza" dell'orchestrazione e dei ruoli stru­

mentali. Si noti, fra l'altro, la meticolosa disposi ­

zione strumentale dell'''incipit'', dove trombe e trombo

ni tacciono, per fare la loro festosa comparsa quattro

misure dopo; anche i contrabbassi, nella prima battuta,

sono curiosamente assenti, forse per non scurire tim­

bricamente il bicordo iniziale e per sottolineare l'in

gresso dell'elemento ritmico - melodico seguente, e la

parte dei due fagotti subisce, alla seconda misura,unali~

Ve ~odifica rispetto al grande unisono orchestrale,per

ovviare a un'inutile difficoltà tecnica. Il carattere


80

concertante dell' orchestraz ione è sub;ito evidente ~ la

sequenza timbrica vuole successivamente impegnati le­

gni e archi (miss. 2 e 3), ottoni (miss. 4 ••• 8), legni

e pianoforte (miss. 9 ••• 11), nuovamente legni e archi

(miss. 12 e 13), ottoni (mis. 14) etc. I diversi ele ­

menti timbrici si c?mbineranno secondo disparate solu­

zioni,ma resterà una sostanziale quadripartizione del

orchestrale in legni (spesso uniti in raddop ,­

gli archi e, meno frequentemente, con il pia-

Doforte), ottoni (la più autonoma delle quattro sezio­

), pianoforte (con funzione prevalentemente timbrico

- ritmica) e archi.

Al parametro timbrico, oltre che al fattore agogico,

affidata la partiz;ione formale del movimento, che è

al tradizionale schema A B A.1 La sez;io­

ai nn. 24 ••• 26, mentre la sezione C, autentic~

a dell'esposizione iniziale, c;l porta dal n. 27

conclusione. Da notare che tutto l'episodio compreso


81

fra 28 e 29 corrisponde letteralmente al n. 3 della se

zione A, ciò che ricorda procedimenti compositivi tipi

camente barocchi e classici, normalmente abbandonati

da fine Ottocento in poi. L'impiego tecnico - espress!

vo degli strumenti rientra perfettamente nella linea

della tradizione, non solo per la loro funzione negli

interventi singoli e negli impasti orchestrali (i mol­

ti raddoppi di parti, presto lasciati dalla musica

sinfonica del noatro secolo, sono, per lo più, quelli

consigliati da Berlioz nel suo trattato di orchestra ­

saxofono viene trattato alla stregua di

uno strumento della tradizione, con qualche privilegio

solistico in più), ma anche per l'impiego propriamente

tecnico, che evita ogni . sperimentalità vir­

tuosistica e non.

L'impressione che deriva dall'insieme è quella di

uno spessore orchestrale unitario che, clima spiritua­

le a parte, rimanda spesso a moduli di strumentazione


82

ottocenteschi, e che solo rar~ente si interrompe per

far luogo a episodi espressivi in cui può emergere il

timbro puro di un oboe, di un flauto o di un saxofono

(vedi il caso della sezione B e del ponte che conduce

ad essa, ai nn. 23 ••• 26).

Questo per quel che riguarda l'aspetto timbrico.FoE

malmente, abbiamo visto aDe sia la medesima timbrica,

unita all'agogica, a determinare la tripartizione del

movimento e a produrre un senso di organica compattezza.

Ma tale senso non proviene soltanto dall'omogeneità del

la timbrica e dell'agogica, bensl anche da un'attenta

articolazione delle microstrutture. Un pullulare conti­

nuo di elementi ritmico - melodici, per. lo più semplici

cellule prive di sviluppo, che ricorrono sistemati9~e~

te e si contrappuntano era ,loro, costituisce il tessuto

di fitti intrecci su cui è "giocato" il lavoro. Sono

frammenti tematici o incisi d~ netta provenienza hinde­

mithiana, prevalentemente diatonici nella condotta melo


83

dica, di robusta ed elementare vigor1a ritmica e scarsa

mente differenziati dal punto di vista delle dinamiche.

Ilprimo elemento ricorrente, tondato su una rapida

isoritmla di crome in successione intervallica definita,

compare a miss. 2 e 3, esposto all'unisono dai legni

e dagli archi, imme~iatamente dopo il "signum" che in ­

troduce il lavoro richiamando all'attenzione (in questo

non dissimilmente da molti "incipit" sette - ottocente­

schi). Ricomparirà, più spesso degli altri elementi,nel

corso del movimento (4 miss. dopo il n. 1, 7 miss. dopo

il n. 7, 2 prima di 11, 3 prima di 15, 6 dopo 18, 7 do­

po 20 ••• fino alla ripresa testuale, al n. 27). A mise

4, segue un nuovo elemento, affidato prima agli ottoni

e poi al pianoforte, che viene riproposto 4 miss. dopo

il n. 14, 2 prima di 15, al n. 16, 3 dopo 27 etq. Al

n. 2, un terzo elemento, divisibile in tre tronconi (di

cui il primo ricorre 3 miss. prima di 11 e 5 e 8 miss.

dopo 23, il secondo 8 miss. dopo 17 e il terzo 3 miss.


84

prima di 33, mentre l'elemento ricompare integralmente,

anche se in diversa soluzione ritmica, al n. 10). Altri

elementi ricorrenti si presentano, la prima volta, al

n. 3, 5 miss. dopo 3 (qui contemporaneamente in numero

di due, l'uno alle trombe, l'altro a flauti, clarinetti

e violini), al n. 5, 'al n. 6 (affidato al primo trombo­

ne e, imitativamente, al primo corno, poi ripreso dagli

archi), 1 mise prima di 13, al n. 24 (dove la testa è

derivata dall'elemento comparso la prima volta al n.3) •

Chiamare "temi" queste cellule ritmico - melodiche cui

non segue sviluppo alcuno e che danno vita a un discor

so musicale che recupera la barocca "tecnica della pro­

gressione e della sequenza" (cfr. Alberto Basso: "L'età

di Bach e di Haendel" (73» non ha senso. Il discorso

procede, infatti,elementarmente,tramite una iterata e

per lo più. testuale enunciazione. E poiché la loro fi­

sionomia è incisiva e facilmente memorizzabile e la lo­

ro successione o giustapposizione è piuttosto fitta, lo


85

ascoltatore è preso da un coinvolgimento emotivo e in­

tellettuale senza soste. La giustapposizione di tali

cellule ritmico - melodiche è stabilita da un contrap ­

punto semplice, in cui le diverse componenti tematiche,

mai più di due, sono subito individuabili e si esauri ­

scono nel giro di poche battute, per cedere all'incalza

re di altre. Ma, più spesso, si ha sequenza di cellule

ritmico - melodiche, come evidente nella esposizione dia:

temporale data nelle prime pagine del movimento, o come

accade sintomaticamente alle miss. 2 ••• 6 dopo il 14,

dove sono successivamente enunciati, in cosi breve spa­

zio, addirittura cinque diversi frammenti tematici, se~

za ricorsi contrappuntistici (n. 1 al pianoforte, n. 2

ai tromboni primo e secondo, n. 3 alle trombe, n. 4 ai

tromboni secondo e terzo, alla tuba bassa e ai contrab­

bassi, n. 5 ai violoncelli e ai contrabbassi): tecnica

del tassello e della rapida sostituzione •

. E',dunque, assai più importante la chiara percepibili


86

tà di ogni evento orizzontale, anche se questo non

comporta mai un elaborato contrappuntismo, che la ver­

ticaIe combinazione delle armonie. Anzi, il termine

Ilarmonia" bisognerebbe escluderlo dalla nostra anali­

si. Boris Porena sostiene (74), a riguardo del (Primo)

Concerto, che Il evidente è fin da ora la tendenza di

Petrassi a pensare la musica in termini non di melodia

o di armonia, ma di intervallo. Anche se gli interval­

li effettivamente impiegati servono ancora per costrui

re melodie e armonie in obbedienza alla tradizionale

contrapposizione di "verticale" e "orizzontale" è come

se la futura organizzazione per Il s trutture",cioè per

unità figurali definite unicamente dai loro rapporti

intervallici, sia già prefigurata nella mente del com­

positore, non ancora sufficientemente libero tuttavia

da trarne le necessarie conseguenze". Mai :f;ol;"se, si

pu~ essere anche più radicali, a:f;fermando che il tessu

to armonico di questo COncerto è ,talmente povero e


87

scarno, ridotto frequentemente a grandi unisoni o a

vuote sovrapposizioni intervalliche di quarte e quinte

parallele, che è la condotta orizzontale delle parti

a dominare l'attenzione dell'autore e di chi ascolta.

Viene anticipata la libera combinazione di masse sono­

re, tesa a produrre. densità di timbri avulse da: qual­

siasi contesto armonico.

Il dissonante bicordo iniziale, la polifonia a qùat

tro voci con cui esordiscono gli ottoni, a mise 4, i

moti contrari delle parti affidate agli archi, al n. 3

e al n. 24, e le "anomale" sovrapposizioni sonOre che

ne derivano sfuggono a qualunque analisi di tipo armo­

nico e, in fondo, ciO che interessa è il risultato di

una polifonia di sapore arcaico e primordiale, in cui

le voci procedono più o meno omoritmicamente, "punctum

contra punctum ll
, sortendo determinati spessori timbri­

ci. Certo, specie~la parte degli ottoni, si possono

incontrare triadi armoniche in piena regola, come ai


88

nn. 2, 4, 18, 34 e via dicendo; ma ogni ovvietà armoni

ca e tonale è elusa con attenzione, e non è sicuramen­

te un caso che gli impasti sonori più "consonanti"sia

no quasi sempre affidati a strumenti che, nel "forte"

e nel "fortissimo", possiedono per loro natura il tim­

bro orchestrale più,metallico e penetrante. Sebbene

questi si situino in un contesto obiettivamente atona­

le, o al massimo vagamente modaleggiante, è, comunque,

prematuro parlare di "accordi di stupore", come petra..!!

si consiglia per gli improvvisi riferimenti tonali e

armonici che si presenteranno in molte sue opere suc ­

cessive (75). Qui non c'è stupore alcuno, poichè il g~

nerale diatonismo e la frequente sovrapposizione di u­

nisoni e di quarte e quinte parallele lasciano intende

re un chiaro "background" tonale.

Molte delle osservazioni concernenti il primo movi­

mento valgono anche per gli altri due e, di queste,tut

te quelle che riguardano le caratteristiche di fondo


89

del linguaggio del primo Petrass~ (proprietà e tradi ­

zionalità della scrittura strumentale, compattezza del

le dinamiche, calibrata articolazione delle forme, hin

Q~mithismo degli incisi tematici, elementare vigoria

ritmica e melodica, "tecnica del tassello e della rapi

da sostituzione", scarnificazione armonica ••• ).

Nel secondo movimento, il più chiaroscurato dei tre,

tlAdagioll e poi lIAndante", "Sostenuto", "Adagio" etc. ,

c'~, al principio e alla fine, una fissità ignota ai

due movimenti estremi, che sarà oggetto di una più ma­

tura ricerca nei prossimi lavori, per quanto sempre

in funzione dialettica rispetto a una concezione. della

musica sostanzialmente dinamica. D'altronde, l'appare~

te staticità dell'esordio - in cui ritorna, dapprima ~

gli archi, poi al pianoforte e quindi ai corni, 11 bi­

cordo dissonante che introduce il primo movimento - ce

de presto a un inatteso fugato dei legni (nn. 2 e 3)e,

successivamente, a un breve episodio degli ottoni iso­


90

lati (n. 4), che ricorda, in movimento lento, il loro

ingresso al principio del concerto e conduce a un "for

tissimo" (n. 5), in cui ~ impegnata l'orchestra intera

(ma senza il perforante ottavino). Al .n,. 7, l'ostinato

ritmico dei celli e dei contrabbassi e l'insistente ~

teggiatura del pian~forte, qui usato in senso ritmico­

percussivo, assicura una continuità dinamica, cui può

contrappuntarsi lo spianato melodiare dei violini pri­

mi, quindi del flauto, dei violini secondi e, nuovamen

te, del saxofono che raddoppia, all'ottava sopra, le

viole (n. 10). Ancora un "fortissimo", al Ii. 11, e il

progressivo declinare alla quiete immobile della con­

clusione.

Le predilezioni timbriche vanno essenzialmente ai

legni, dei quali ~ spesso valorizzato il timbro puro,

dissociato). dal resto dell' orcnestra, come nel passaggio

"Calmo" dei tre flauti, al n. 14, o nella suggestiva

chiusa del saxofono, al n. 15. In questo movimento, p~


91

rò, si riscontra una minore compattezza e densità stru

mentale rispetto al precedente e, come si è detto, una

maggiore tendenza al contrasto e al chiaroscuro. L'ar­

chitettura generale si basa, assai più che sulle dif­

ferenziazioni timbriche (come, invece, accadeva nel

primo movimento), su specifiche caratterizzazioni IIte­

matiche" •

Dopo l'episodio introduttivo(prime quattro misure

e n. 1), il fugato che appare al n. 2 presenta un pri­

mo elemento "tematico ll , che sarà ripreso, nel nuovo

tempo di tre metà, dai celli e dai contrabbassi, alla

fine del movimento (n. 15). Un nuovo elemento è intro­

dotto chiaramente dai violini, al n. 8, ripetuto per

altre tre volte (e in modo completo due), con l'ostina­

ta punteggiatura dei ribattuti del pianoforte e, fino

al n. 10 escluso, dei pizzicati dei violoncelli e dei

contrabbassi; è l'elemento, in tutto il concerto, che

presenta maggiori connotazioni tematiche. Il "Mossoll ,


92

al n. 12,è come una sezione drammatica di sviluppo (e­

motivo, anzichè tematico, anche se nelle prime due mi­

sure ricompaiono ai corni frammenti tematici tratti dal

n. 2), men tre il "Calmo", al n. 14, è il ponte che gu!,

da alla breve ripresa del primo elemento tematico (n.

15) e, da ultimo, alla coda conclusiva (n. 16). Lo sche

ma potrebbe, dunque, essere: introduzione, primo e

secondo elemento tematico (A), sviluppo emotivo (Bhbr~

ve ripresa del primo elemento (~, conclusione.

Con l'analisi del terzo movimento, IITempo di Mar­

cia", ci riportiamo al clima euforico del principio,

con un gioco strumentale, però, più vario e interessan

te. Una prima superficiale lettura, o un primo ascolto,

rivela immediatamente una maggior spazialità nella di­

sposizione delle parti e una concertazione più libera

e meno schematica. Come nel secondo movimento, il tim­

bro dissociato ha possibilità di emergere fra gli in­

termittenti ripieni dellforchestr~. El il caso, dopo


93

il duplice "signum" introduttivo, dell'intervento del

secondo fagotto a mia. 4 o di quello del corno inglese

5 miss. dopo 1, del primo oboe 2 miss. prima di 2, del

terzo trombone 2 miss. dopo 2, presto imitato dal se­

condo trombone e dalla terza tromba, dei due oboi asso

ciati isoritmicamertte al corno inglese 3 miss. dopo 5,

e via dicendo.

Stravinskiano l'impiego ritmico - percussivo del

pianoforte, specie in passi come al n. 7 e al n. 12.

Il riferimento a Stravinskij è legittimo, oltre che evi

dente, poiché proprio al '33 risale il primo approc

cio di Petrassi con la musica di Stravinskij, e preci­

samente con l'Oedipus Rex, esegu:l.to in quell'anno al­

l'Augusteo di Roma (76), mentre assurda sarebbe ogni

pretesa ascendenza nella partita ('32), o nella Ouver­

ture da concerto ('3.1). Qualche prudente arditezza nel

l'uso degli archi, dove vengono introdotti ''glissé'' e

portamenti (1 mis. prima del n. 9 e 2 dopo il n. 15,


94

ma anche i corni, al n. 16, hanno un curioso effetto

di 'glissé" e suoni armonici (miss. 2 .•• 5 dopo 5, miss.

2 ••• 5 dopo 7, miss. 3 e seguenti dopo 17).

La struttura generale del movimento è ancora una

volta tripartita (A fino al n. 4, B da 5 a 17 quasi

uno sViluppo,con la' comparsa di nuove cellule temati­

che e riproposizione di altre già enunciate nella se­

zione A -, A, da 18 a fine - ripresa variata di A con

coda -). Numerose come nel primo movimento, ma serrate

in meno rapida successione, le cellule ritmico - melo­

diche ricorrenti. La prima (mis. 4), che appare dopo kl

"signum" introduttivo,è costituita da quattro note, di

cui le prime tre puntate, a successione intervallica

definita (quarta giusta ascendente, settima minore di­

scendente e seconda maggiore ascendente, cioè la mede­

sima successione affidata a pianoforte, celli e bassi

l).elle ultime due misure del movimento precedente) i se­

gue una seconda cellula r1corrent~, al n. 1, nelle paE


95

ti del terzo trombone, della tuba bassa, dei celli e

dei bassi; una terza a carattere grazioso e contrasta~

te, 5 miss. dopo 1, e altre nuove, al n. 3 (nella par­

te delle trombe) e 3 miss. dopo 5 (agli oboi e al cor­

no inglese). Sono elementi ritmicamente e melodicamen~

te pregnanti, di gr'an lunga più mobili e differenziati

di quelli del primo movimento (in cui, fra l'altro, si

contano due soli inavvertibili gruppi ritmici irregol~

ri (n. 2), contro i molteplici di questo movimento).

Spesso in situazione imitativa, come accade per il pri

mo elemento a miss. 2 ••• 7 dopo il n. 2, o per il terzo

a miss. 1 e 2 del n. 6, essi errergono di volta in.volta,

tramite una attenta scelta timbrica, che ne è caratte­

ristica imprescindibile. Da notare, in tutto il movi ­

mento, la frequente adozione di rapide scalette diato­

niche, la cui, funzione è meramente esornativa: unite

alle doppie e triple acciaccature, ai"glissé"cui si è

già accennato e allo stilema petrassiano (qui più che


96

ma insistente) delle note ribattute, esse denotano u­

na prima e ancora timida inclinazione, destinata ad a­

vere gran parte nei lavori più recenti di Petrassi, al

10 svolazzo e al virtuoso compiacimento.

Dedicato al direttore
,
d'orchestra Bernardino Molina ­
ri, il Concerto rivela, all'analisi particolareggiata,

una meticolosa cura per le scelte strumentali e per il

carattere concertante de11'orchestrazione. Gli strumen

ti, suddivisi quasi a blocchi nella prima parte, acqui­

stano, singolarmente, una maggiore autonomia nella se­

cond.a e terza, anche sfruttanda1lO1to diIreno gli abusati

raddoppi della tradizione. Se è vero che "nessun'ombra

nostalgica o la fredda speculazione intellettuale"

come dice Guido Turchi (77) - toccano il neoclassici ­

smo petrassiano, e in questa prima fase meno che mai,

non è/perO, forse vero che "nenuneno il mondo di una

grande e perdurante tradizione strumentale sf~ori que~


97

sto neoclassicismo". Al contrario, la preparazione te~

nica e il ferrato mestiere da poco appreso, ed anzi

in questo Concerto un po' abusato, non possono che afi­

fondare le radici in una sicura formazione accademica,

pur se scrupolosamente e personalmente assimilata. I:I

fatti relativi agli .studi di Petrassi in Conservatorio

convalidano questa tesi, e, d'altronde, bisogna conve­

nire che è difficile affrancarsi in breve tempo da una

scuola cosi rigida e severa.

Molti critici déll'epoca avevano già colto questo

aspetto. " ••• nel gruppo dei musicisti nuovi, Petrassi

è fra quelli che bisogna tenere più d'occhio. La sua

lotta per la conquista di una originalità, di uno sti­

le è piena di impegno" (78). "Presentemente.•••• è im­

possibile pretendere di abbozzare e distinguere la per

sonalità artistica di Petrassi ••• , richiederemo in av­

venire ••• maggiori prove di una sincera·e profonda urna

nità ma per ora ciò che conta di più è appunto quella


98

novità di un elevato livello tecnico" (79). Il • • • que,!,

10 che di Hindemith, di Casella, di Berg o di Honegger

(per citare un quartetto ormai definitivo in quanto

precisi indirizzi), può aver assunto i l Petrassi, si­

gnifica essersi voluto porre in condizione di attuare

e dar forma compiuta al proprio pensiero, volto comp1e

tamente allo sfruttamento d'ogni minimo accenno di

quella che potrà esser domani la sua integrale person~

1ità, e di quella che è oggi una natura musicale già

percorsa di 1infe proprie" (80).

A proposito di ascendenze,. converrà, dunque, dare

il giusto posto a una tradizione strumentale che si di

mostra sempre viva e operante in Petrassi, compreso

quando egli adotta strumenti come il saxofono (che ab­

biamo visto interessar10 per una semplice ragione tim­

brica, del tutto indifferente alla pratica del jazz).

da un punto di vista formale, il Concerto appare

legato agli schemi c1assic~ della tripartizione.


99

Dove invece, a nostro avviso, si riscontra il ma.g­

giare distacco dalla tradizione è nella natura e orga­

nizzazione interna delle microstrutture formali, sgra­

vate da ogni intenzione di sviluppo e articolate in u­

na dinamica. e instancabile successione, o giustapposte

secondo un elementare contrappunto. Qui è evidente il

riferimento a stravinskij e soprattutto a Hindemith,di


r'
cui 1'etrassi conosceva perfettamente e amava le Kammer­

musiken e tutta la prima produzione, ma senza ombra

di cerebralità teutonica e impernutrito di ottimismo e

di motorietà ritmica esaltante. "Hindernitb. è l'uomo

del dopoguerra tedesco, il musicista di Brecht, di 1'i­

scator: la sua festosità è cinica, le risonanze della.

sua gioia ritmica sono acri, i suoi notturni sono popo

lati da personaggi che portano il camiciotto pro1eta. ­

rio dei "1'utsch" del dopoguerra. Al confronto, l'etras­

si è un contadino che, partito alla conquista della

civiltà, ci mette una serietà e un rispetto' assoluti'~(81)


....

100

Crediamo che Lele D'Amico abbia sostanzialmente ra

gione. Ma bisogna considerare che queste parole egli

le scriveva nel lontano 1941, quando Petrassi aveva

appena ultimato il Coro di morti.

In realtà, a nostro avviso, la successiv~.r' produzi~

ne di Petrassi chia~irà come l'atteggiamento di esul ­

tante ottimismo che si riscontra nei primi lavori ben

pepo abbia della semplicità contadina. Se è innegabile

una certa asciuttezza formale ed espressiva in lavori

come l'Ouverture da concerto e il Concerto per orche ­

stra, riteniamo, perO, che essa sia il frutto (o, alme

no, in parte) di una scelta prioritaria chiaramente; de­

finita: quella di volere scandagliare un mestiere e u­

na tecnica compositiva saldamente acquisiti e impazie~

ti di manifestarsi, prima ancora che di "filtrare" e

sperimentare a fondo i diversi portati della civiltà

musicale dell'epoca, dei quali, per altro, Petrassi e­

ra sicuramente informato, nei limiti che la censura

del regime gli permetteva.


101

5. Secondo concerto

L'antitesi spirituale e la maggior eleganza e so­

brietà di scrittura che separano il Primo dal Secondo

concerto per orchestra richiedono una spiegazione. In

un artista eclettico ma progressivo come Petrassi, re­

stio alle "boutades" e all'aggressività dei proclami

nessuna decisiva mutazione può avvenire casualmente e

senza che egli ne abbia coscienza. I diciassette anni

che intercorrono fra i primi due Concerti segnano un

preciso cammino artistico. Queste, in successione cro­

nologica, le composizioni principali: Salmo IX per co­

ro e orchestra ('34 ••• '36), Concerto per pianoforte e

orchestra ('36.~.'39), Magnificat per soprano leggero,

coro misto e orchestra (' 39 - '40), Coro di morti,' "ma­

drigale dramma.tico" per voci maschili, tre pianoforti,

ottoni, contrabbassi e percussione ('40 - '41), Quat ­

tro Inni Sacri per voce maschile e organo ('42), anche


102

nella versione per canto e orchestra ('50), La follia

di Orlando, ballo in tre quadri con recitativi per ba­

ritono ('42 - '43), Invenzioni per pianoforte (' 44)}Ri­


..

tratto di Don Chisciotte, balletto in un atto ('45) iII

Cordovano, opera in un atto ('44 ••• 148), Dialogo ange­

lico per due flauti e Sonata da camera per clavicemba­

lo e dieci strumenti ('48), Morte dell'aria, tragedia

in un atto (149), Noche Oscura, cantata per coro mi­

sto e orchestra (150 - 151).

Con il Salmo IX e il Magnificat, si conclude la

prima stagione creativa di Petrassi, quella che Gianan

drea Gavazzeni etichettò come "cattolicesimo romano,con:


, ­
troriformista e barocco Il (82) e alla quale appartiene

anche il (Primo) Concerto .. Lasciato in disparte il Con­

certo per pianoforte e orchestra, lavoro esteso per

dimensioni~ma condizionato dalla onerosa carica di so­

vrintendente al Teatro La Fenice, un lento processo di

mutazione ha, invece, inizio con i,l Coro di morti, che


103

non conferma affatto - come, al contrario, sosteneva

Fedele D'Amico nella sua ormai lontana monografia su

Petrassi (83) - i lavori precedenti, ma è il punto di

partenza di un nuovo senso del diagramma evolutivo.

Il contrasto con i lavori degli anni '30 è,infatti,

notevole. La timbrica scelta, innanzittutto, preclude

ogni possibilità di sussistere al "cattolicesimo roma­

no, controriformista e barocco" di Petrassi; il testo

leopardiano, per parte sua, e la tragica circostanza

che ne motivò l'adozione (l'entrata in guerra dell'It~

lia nella seconda guerra mondiale) non potevano ispira

re la grandiosità e magniloquenza già proprie del Sal­

mo IX e, in parte, del Magnificat: i meccanismi inter­

ni del linguaggio, di conseguenza, si scarnificano e

si essenzializzanoi con un procedimento destinato ad

avere fortuna nella pr~ssima produzione di Petrassi,

gli elementi tematici vengono come sbrindellati e ri ­

dotti a pretesti ritmico - melodici che vagano irrequi


104

eti dal principio alla fine dell'opera (vedi le semim!

nime staccatissime, a miss. 1 e seguenti, l'arpeggio

che compare la prima volta a miss. 19 e 20, il sogget­

to dello "Scherzo strumentale", poi ripreso e trasfigu

rata, gli accordi ribattutticon il caratteristico in­

tervallo di nona maggiore, a miss. 33 e seguenti); an­

che l'impasto armonico è volutamente povero ed essen ­

ziale, a vantaggio del gusto per la dissonanza improv­

visa (vedi su "morte", a mis. 16), e cosi il contrap ­

punto nei due scherzi strumentali, freddamente ironiz­

zato, quasi un mondo senza possibilitA di ritorno.

Ci siamo soffermati su questa partitura perchè essa

è,forse, il nodo cruciale che permette di comprendere

l'itinerario che porta al secondo gruppo di Concerti.

Il Coro di morti non rappresenta, propriamente, una

frattura rispetto alle opere precedenti, se non altro

il solido e indiscutibile mestiere e l'ancor più acce­

sa figuratività (qui, a dire il vero, più medievale che


105

barocca); ma le scelte operate dall'autore di dimostr,!

no, in esso, maggiormente atipiche e indipendenti, in­

,formate, soprattutto, a un' "umanità" prima assente e

che già Massimo Mila, nel '33, aveva invocata (84).

Su questa scia, si collocano i lavori seguenti e,

in particolare, i dùe balletti, la tragedia Morte del­

l'aria e la cantata Noche Oscura. I primi "hanno dato

la stura a una fastidiosa serie di variazioni critiche

sull'astratto ••• cioè l'assoluta abolizione di figure

musicali, in altre parole l'atematismo generalizzato

a tutti i parametri" (85), che certamente sono andate

oltre le obiettive intenzioni del~a musica, ma che han

no un fondo di vero. Come già suggerito in Coro di mor­

ti, il parametro ttmbrico è sempre più personalizzato,

se non addirittura fatto protagonista, e le strutture

tematiche sono rese più sottili e sfuggenti.

Quest'ultimo aspetto è particolarmente evidente nel

la cantata Noche Oscura, che è l'apice della crisi


106

degli anni '40 e, forse, il capolavoro del periodo. "U

na svolta decisiva - ne scrisse Massimo Mila alla pri­

ma esecuzione veneziana (86) I su cui bisognerà prob~

bilmente tornare e forse non soltanto nell'ambito del­

la produzione di Petrassi". Si fonda, strutturalmente,

su pochissime cellule ritmico - melodiche, di cui la

principale è il tetracordo che compare a misura 1 e

viene ossessivamente iterato, nella propria nuda ele ­

mentarità, per tutta la cantata, mentre un'altra di ri

lievo è quella che risulta la prima volta a miss. 7 e

8, nella parte dei violini primi~ Non è tanto nella

strumentazione che si rivela l'originalità e novità

di questo lavoro (per tale aspetto, i due balletti so-

no anche più interessanti), quanto, piuttosto, nella

scelta e nella articolazione delle minime strutture del

linguaggio e nella suggestiva monocromia che ne deriva.

L'aderenza fra testo (di S. Giovanni della Croce) e m~

sica è, cost, realizzata secondo moduli di una soffer­


107

ta e allucinata sensitività.

Ora, come la Partita nei confronti di (Primo}Concer­

to, così la cantata Noche Oscura ha contribuito a in­

debolire la fama del successivo Secondo concerto. Ma,

mentre (Primo) Concerto insisteva su stilemi compositi

vi già perfettamente' impiegati ed esauriti nella Parti­

ta, Secondo Concerto si differenzia dall'aura greve

e impressionante di Noche Oscura per una leggerezza

tutta primaverile - "for a pastoral grace of exceptio­

nal delicacy", osserva il Waterhouse (87) - per una

totale astrazione da contenuti extra-musicali, per una

maggiore malleabilità e trasfigurazione dei disegni ri

tmici e melodici, per la varietà degli atteggiamenti ,

per l'ostentata tradizionalità dell'organico orchestr~

le e per il suo misurato impiego. In sostanza, il Se­

condo concerto appare meno problematico della cantata

che lo precede, e quasi una purificazione dell'aria "~

scura l1 e un pOi soffocante che in ,essa domina. Lavoro


108

inquietante Noche Oscura, teso a realizzare "espressi2

nisticamente" in musica il clima di forte misticismo

della Spagna cattolica del Cinquecento: pia sereno,

e permeato di valori puramente musicali, il Secondo

concerto.

Composto fra l'aprile e il dicembre 1951, esso cade

in esatta coincidenza con il corso estivo di composi ­

zione tenuto da Petrassi al Mozarteum di Salisburgo e)

fatto . notevole, con l'acquisto di due qua­

dri del Burri (88) che, pur utilizzando materiali anti

pittorici, piacquero talmente al Petrassi collezioni ­

sta, da indurlo a riflettere quelle suggestioni, per

lui affatto nuove e inaspettate, nei lavori seguenti.

Da notare anche che il viaggio a Salisburgo è il primo

di una serie di viaggi di lavoro che, nel giro di una

decina d'anni, lo porteranno successivamente in In­

ghilterra, America Latina, Stati Uniti, Giappone, Bul­


109

garia e Germania (cfr. Cap. 1). Periodo di progressive

aperture, dunque, favorito dalla nuova situazione poli

tica italiana e internazionale e dalle conseguenti ma~

giori possibilità di informazione e sperimentazione.

"Bisogna precisare bene - dice Petrassi (89) - che

nel 1930, ma dal '28' al '30, al 140, in tutto quel pe­

riodo non c1erano le proposte della scuola viennese. E

rano, si può dire, confinate a una piccola area musica

le della Mitteleuropa. D'altra parte ••• in quel perio­

do non si trovano tracce della scuola viennese in Fran

eia, per esempio, non si trovano in Italia, e si può

dire non si trovano neanche in Germania". Il caso

della Scuola di Vienna, destinata ad avere il massi­

mo successo nell'Europa musicale del secondo periodo

postbellico e ad impiantare le basi del moderno punti!

lismo postweberniano, è significativo. Petrassi, abbia

mo visto, ne subirà una chiara influenza, a partire

dal Terzo concerto (cfr. Cap. 2),m~ già nella crisi de­
110

gli anni '40 si nota come i l suo linguaggio tenda ad

equiparare i diversi fa-ç,tgri, del suono (a cominciare

dal timbro, d'ora in poi parte integrante e insostitui

bile, qualche volta addirittura autosufficiente, della

grammatica musicale) e a superare in modo sempre più

definitivo la tecnica del tema e dello sviluppo temati

co.

Il Secondo concerto è come una pausa di meditazione j

in questo cammino, volutamente disadorna - anche se

non completamente, come si "vedrà - dei contenuti e­

spressivi e "umani" del Coro di morti o di Noche Oscu­

~, protesa, invece, ai valori pu~amente tecnici e for

mali. Per questo aspetto, almeno, occorre considerarlo

prosecuzione ideale delle Invenzioni per pianoforte,del

Dialogo angelico per due flauti e, soprattutto, della

Sonata da camera per clavicembalo e dieci strumenti(an

ni '44 ••• '48), assai più che dei capolavori generalme~

te riconosciuti, quali Coro di mOl;'t1, i due· balletti


111

e la cantata Noche Oscura. La conoscenza di questi

ultimi è si indispensabile, per cogliere il processo

di mutazione che dagli anni '30 ha condotto al secondo

gruppo di Concerti, ma il Secondo concerto potrà appa­

rire un'involuzione rispetto ad essi, se non si tiene

conto del clima e degli intendimenti del tutto diversi

che lo animano. Qui,a Petrassi non interessano piU i

contenuti umani e morali di Coro di morti o di Noche

Oscura, bensi il puro e disinteressato far musica, una

scelta e una necessità che molto spesso si pongono lun .

go il suo cammino.

Ma vediamo da vicino com'è strutturato questo con­

certo (90). Quattro parti, o movimenti, in soluzione

di continuità: primo movimento "Calmo e sereno" e poi

"Molto mosso, con vivacità", secondo movimento IIAlle­

gretto tranquillo (con spirito)", terzo "Molto calmo,

quasi adagio", quarto "Presto". Notiamo subito come le


112

indicazioni agogiche rappresentino, più esplicitamente

che non nel (Primo) Concerto, lo spirito del lavoro.

"Calmo e sereno" o "Molto calmo, quasi adagio" non pr~

cisano la rapidità metronomica del brano - come, inve­

ce, accadeva nelle indicazioni di (Primo) Concerto;"Al

legro", "Adagio", ",Tempo di Marcia" -, ma informano

dell'atteggiamento spirituale con cui l'interprete de­

ve porsi di fronte alla pagina di musica. El segno,

questo, di una più spiccata intenzione espressiva e

"umana" che, dagli anni '40 in poi, anche nei lavori

che meno sembrano risentire degli influssi esteriori,

sarà sempre presente in Petrassi. (La dettagliata se ­

gnalazione del tempo voluto dall'autore è, invece, ag­

giunta tra parentesi con l'inequivocabile indicazione

numerica riferita al metronomo) •

Così, tutti i quattro movimenti, oltre a rivelare

un'internamobilità agogica e una varietà dinamica più

accentuate che in (Primo) Concerto, recano frequenti i!!,


113

dicaziQni tecnico-strumentali, unite ad altre di tipo

espressivo, come il "senza vibrare sereno" dei violini,

a mis. 2, o il "dolcemente staccato" dell'oboe e dei

corni, a mis. 19, il "con grazia" del flauto, a miss.

101 - 102; accompagnato da una dinamica e un fraseggio

meticolosamente annotati, il "poco sf, p e dolce" del

primo corno, a mis. 250, il "sciolte - leggero" (sic)

delle semicrome degli archi, a miss. 305 e seguenti •••

L'aspetto tecnico appare in funzione di un'espressivi­

tà più o meno sotterranea, memore, il primo, delle It a­

strazioni" della Sonata da camera per clavicembalo e

dieci strumenti del '48, e, la seconda, dei due ballet

ti, di Morte dell'aria e, soprattutto, di Noche Oscura

('42 .•• '51). I due/aspetti si compenetrano in un equi­

librio sottile e poco evidente alla superficie.

La sutura dei quattro movimenti è sempre segnata dal

progressivo estinguersi del movimento precedente e da

un ponte di transizione, che suggerisce all'ascoltato­


114

re uno stimolante senso di attesa, così come risulta a

miss. 97 ••• 99 (sutura fra primo e secondo movimento),a

miss. 206 (o 199) ••• 212 (sutura fra secondo e terzo) e

a miss. 289 ••• 293 (sutura fra terzo e quarto). La sol~

zione rapsodica non toglie, comunque, che il concerto

sia chiaramente quadripartito, secondo la tradizionale

successione di Adagio - Allegro! Allegretto! Adagio!A!

legro (se pure i due movimenti centrali siano inverti­

ti rispetto alla impostaziòne "classica", inversione

già per altro adottata dai compositori di fine Qttoce~

to e dallo stesso Beethoven, nell'ultima sinfonia).

A proposito di tradizione, un'~ltra constatazione è

inevitabile, se si fa caso all'organico dell'orchestra,

che è l'organico delle ultime sinfonie di "papà Haydn".

Due flauti (il secondo anche ottavino), due oboi, due

clarinetti in si bemolle, due fagotti, due corni in fa,

due trombe in do, timpani (uniche percussioni, ancora

~ssenti nel (Primo) Concerto), archi (dove, pera, i vi2


115

lini - unica anomalia - sono costantemente divisi a

tre). Si riconferma, anche in questo dato puramente e­

steriore, l'intento di utilizzare i mezzi della più 0­

stentata tradizione. E' chiaramente polemica la sop­

pressione dell'apparato percussivo in (Primo) Concer­

to, come non può sfùggire che, impiegando, in Secondo

concerto, proprio al principio degli anni '50 (gli an­

ni di Darmstadt e del postwebernismo), un organico ad­

dirittura settecentesco, Petrassi si colloca nella po­

sizione di "alfiere del ritorno", evidentemente contra

rio ,alla moda disfattista dell' "anno zero". Qualche a!!,

no dopo,egli dirà, (91): IIIl punto è sempre uno solo:

accettare la tradizione attiva e rifiutare. quella pas­

siva", in questo trovandosi perfettamente concorde con

musicisti a lui contemporanei, come Luigi Dallapiccola

o, IItrans oceanum ll
, Elliot Carter.

Un'ultim~ considerazione di carattere generale ri­

guarda la spazialità grafica .. e,naturalmente, il suo


116

riscontro auditivo. "Non c1è dubbio che llordine este­

riore della pagina musicale rifletta un ordine interio

re piU profondo" mi disse Petrassi in un colloquio (92).

Ora, sembra che egli abbia sempre prestato fede a que­

sta posizione, specie nei momenti culminanti dei primi

due decenni creativi, con il Magnificat del 139 - 140

e con la tragedia e la cantata del 149 ••• 1 51. In Morte

dell1aria e Noche Oscura, in particoalre, la greve mo­

nocromia ambientale è resa anche visivamente sulla paE

titura, mentre il precedente Coro di morti (141) ri­

flette, nella schematica ed elementare disposizione

dei segni, lliniziale e disorient'ata ricerca di un or­

dine a venire (il che non toglie, ed anzi forse accre­

sce, la suggestività del lavoro). In Secondo concerto,

viceversa, llacquisita ordinata eleganza delliarticol~

zione visiva della pagina corrisponde ai criteri di

una condotta musicale varia e stimolante, anche se com

plessivamente omogenea.
117

Frequenti, nel primo, secondo e quarto movimento,le

ostinate iterazioni ritmiche (e ritmico - melodiche) ,~

tilizzate quale sostegno e impulso motorio delle li­

nee melodiche generalmente soprastanti. Si tratta di

figurazioni che conferiscono alla pagina musicale e al

l'ascolto un organico "continuum" visivo e sonoro. Co­

sì a miss. 18 e seguenti (dove sono riscontrabili due

"continua", uno ai violoncelli e l'altro ai corni),a

miss. 52 e seguenti (ai timpani, che ribattono ostina­

tamente un mi bemolle in ppp, presto accostati ai vio­

loncelli, che contrappuntano per moto congiunto obli­

quo e ascendente), a miss. 77 ••• 80 (sempre ai timpani),

a miss. 81 - 82 e 87 - 88, a miss. 100 ••• 137 (ai violi

ni divisi a tre, che ribattono, senza sosta, per tren­

totto misure, triadi perfette di semiminime), e via di

cendo.

Già in (Primo) Concerto, l'espediente delle note ri

battut;e e quello del "continuum" ritmico, di ascenden­


118

za nettamente stravinskiana, erano abbondantementesfrut

tati. Ma qui, specie nel primo movimento, tale mezzo

tecnico supera ogni ascendenza immediata, non solo que!

la di Stravinskij, ma anche di Hindemith (vedi l'esor­

dio della Kammermusik n. 1~ (Primo) Concerto sfoggiava

un'esultanza ritmica che suggeriva, a un critico del­

l'epoca, la metafora del Petrassi "ritmo personifica ',"",

to" (93); molta strada è stata fatta per arrivare a

Secondo concerto, dove il senso dell'unità ed organic!

tà formale non è più dato, essenzialmente, dall'inarre

stabile motorietà ritmica (nonchè dalla costanza agog!

ca e dinamica e dal brulichio di elementi "tematici"ri

correnti), ma dall'attento dosaggio di elementi pura ­

mente ritmici che, insieme ad altri di carattere pro­

priamente tematico, ricorrono insistenti e ripetitivi,

completi o frammentati.

Esemplifichiamo, prendendo in considerazione il pr!

mo movimento. Due sono le sezioni, principali in cui


119

questo si suddivide: "Calmo e sereno ll (miss. 1 ••• 63)e

"Molto mosso. con vivacità" (miss. 64 ••• 99). Lo schema

ricorda un pOi quello delle sinfonie classiche, talvol

ta precedute da un Adagia (ma qui il "Molto mosso ......

seguente è meno esteso del IICalmo e sereno ll introdutti

vo). Ci sono almeno' due e:bementi "puramente ritmici" ,

senza alcuna funzione tematica e, però, ricorrenti e

parte integrante dell'organizzazione unitaria del movi

mento. Il più importante è quello che compare la prima

volta a mise 12, nella .parte dei violini primi, e che

percorre tutto il movimento, non esclusa la seconda

parte, anche incompleto, sotto fO,rma di tre crome rapi

damente ribattute (miss. 25, 26, 27, 31, 64, 70, 71

etc); anche il secondo si presenta la prima volta a

mise 12, nella parte dei violoncelli, ed è una succes­

sione di semiminime ribattute (per questo, si può an­

che considerare, essendo nel tempo 9/4 le semiminime

ribattute a tre a tre, un allargamento della seconda ~


120

zione del primo elemento ritmico).

A questi elementi "puramente ritmici", assenti o

comunque più elatentari che nel (Pr,imo) Concerto ,si con­

trappuntano quelli propriamente "tematici". E, forse,

qui l'attributo "tematico" ha anche maggior ragione di

impiego che non nel' (Primo) Concerto, poichè l'elemen­

to iniziale, proposto a miss. 2 ••• 8,secondo movenze che

stanno a mezzo fra il ricercare cinquecentesco e la

composizione pastorale, ha davvero i tratti e la com­

piutezza di un tema assoggettabile a prossimi sviluppi,


.
che di fatto non ci saranno. Questo elemento iniziale,

dunque, è assai più che una semplice cellula, ritmica e

melodica, e ricorre" spezzato in due tronconi e, spesso,

per moto contrario, lungo tutto il brano. Le battute 2

••• 18 - chè la prima è occupata dal consueto "signum"

d'introduzione, questa volta non più un bicordo disso­

nante, ma un unico "mi" affidato a tutti gli strumenti

dell'orchestra, tranne i fagotti ·e i contrabbassi - so


121

no "giocate" su questo primo elemento, che si contrap­

punta diversamente con se stesso e con il primo elemen

to ritmico. Il primo troncone di esso riapparirà a

miss. 25, 46 e 49, 70, 73, 74; il secondo (vedi parte

dei violini primi, a miss. 7 e 8) alle miss. 28, 46

e 49 (sovrapposto al primo troncone), 50, 51 etc.

Altri elementi "tematici" ricorrenti, ma meno com­

piuti nella loro enunciazione, si notano la prima volta

a miss. 19 e 21 (oboe), 28 (flauto), 66 (clarinetti e

violini). A riguardo di quest'ultimo elemento, rapida

sequenza di terzine di crome, è notevole rilevare che

si tratta di un'autentica successione dodecafonica,non

certo casuale se viene integralmente ripetuta per al­

tre tre volte nel corso del movimento (a miss. 90 e 91).

Se non andiamo errati, è questa la seconda volta che

Petrassi inserisce fuggevolmente in un suo lavoro una

serie dodecafonica, per altro non sfruttata nelle pro­

prie potenzialità organizzative: la prima è in Noche


122

Oscura (cfr. miss. 9 e 10, alla parte dei violini se­

condi) •

Che la matrice seriale dodecafonica aleggi per tut­

to questo primo movimento è, d'altra parte, evidente:

il primo elemento "tematico" interrompe la sequenza s~

riale all'undicesima nota, e l'elemento che compare

all'oboe, a mis. 19, sgrana una serie di dieci note.La

fisionomia delle linee melodiche assume, di conseguen­

za, un'analogia più schonberghiana che hindemithiana(a

differenza del (Primo) Concerto), lontana, ormai, dal

diatonismo arcaicizzante dei primi lavori e, invece,

ricca di cromatismi e di frequenti esposizioni del to-

tale cromatico. Come accade in genere, nella pratica

seriale schonberghiana, gli artifici contrappuntistici

e i procedimenti imitativi sono molto più scaltriti

che non nel (Primo) Concerto, ma il contesto orizzonta

le e verticale dei suoni rimanda decisamente a un libe

ro atonalismo, ormai quasi del tutto sgravato dell'ip2.


123

teca nazionalistica degli anni '30.

C'è, per la verità, in tutto il concerto, una sorta

di gravitazione tonale intorno alla not.Ft "mi" , che nel

primo movimento domina incontrastata le prime due misu

re, per riapparire, in posizione di rilievo, a miss. 7

(viole), 10 (violini primi e celli, poi violini secon­

di), 12 (violini secondi), 21 (oboe), 26 (flauto, cla­

rinetto primo, fagotto) •• ~ e, in conclusione,alle miss.

95 ••• 99, nella parte dei timpani. Si pU~lanzi, sostene

re che il primo e, soprattutto, l'ultimo tempo del con

certo iniziano e finiscono nella tonalità di mi minore.

Nel complesso, tuttavia, il "mi" risulta niente più che

una nota ostinatamente presente, ma sganciata dai con­

catenamenti tonali; per questo, rimanda senz'altro al

"Grundton" o "suono fondamentale", teorizzato nella

"Unterweisung in Tonsatz Il (' 37 ••• ' 39) di Paul Hinde~­

mit,h.

Due parole ancora sulla timbrica di questo movimen­


124

to. L'orchestra, s'è detto, è quella di haydniana mem~

ria. Petrassi ne usa secondo i ruoli strumentali consa

crati dalla tradizione: agli archi, che intervengono

con entrate sca1ari in imitazione, è affidata l'ampia

e serena enunciazione delle prime diciotto misure; il

timbro dolce e pene~rante dell'oboe, punteggiato dal

morbido staccato dei corni e dal fremere inquieto del­

la prima viola al pontice110, dipana, a miss. 19 ••• 25,

una nuova distesa linea melodica, poi ripresa dalla

tromba (miss. 30 e 31) e dal flauto (miss. 34 e 35) ;i1

fraseggio proposto al primo elemento ritmico, a miss.

9 e seguenti, è fra i pia ovvi e naturali per uno stru

mento ad arco, e, difatti, per tutto il movimento quel

l'elemento è affidato agli archi (tranne una rapidissi

ma citazione dei legni, a mis. 88); l'effetto "lique ­

scente" del timbro dei clarinetti è reso, a rniss. 54 e

55, con l'adozione di ampi intervalli i frequenti i "r~, .

mantici" tremoli agli archi; i timpani, a tre caldaie,


125

sono impiegati con moderazione e in modo tutt'altro ~

virtuosisticoi attento il rapporto dei timbri e delle

intensità, tale da evidenziare, anche nello spessore

degli amalgami, i singoli interventi strumentali •••

Rispetto a (Primo)' Concerto, i raddoppi delle parti

sono molto meno praticati, i contrabbassi sono impiega

ti quasi sempre autonomamente e senza ricalcare la li­

nea dei violoncelli, il carattere dialettico - concer­

tante è più disinvolto, meno legato agli schemi di

una rigida partizione dei blocchi strumentali, la cono

scenza delle possibilità tecniche ed espressive degli

strumenti si dimostra più ampia, ,specie nel costante

ricorso a suoni frullati. (vedi la seconda sezione del

movimento, alla parte dei flauti e, due volte soltanto,

a miss. 45 e 80, a quella dei clarinetti), armonici na

turali ed artificiali degli archi, alternanza di arco

e di pizzicato, tremoli e note ribattute, uso dell'ar­

co al ponticello e sulla tastiera, sordina agli ottoni


126

e agli archi. Tutta una gamma di effetti inutilizzati

da Petrassi negli anni '30, e che si spiega con il la­

voro di ricerca del decennio successivo: rimandiam~per

l'approfondita conoscenza del flauto, al Dialogo ange­

lico, per quella degli archi, alla Sonata da camera e,

per l'acquisizione 'di una sensibilità sempre più pro ­

nunciata verso i valori timbrici fatti protagonisti,ai

due balletti La follia di Orlando e Ritratto di Don

Chisciotte.

Gli altri tre movimenti, a nostro avviso, vivono

del riflesso del primo. Il materiale ritmico e temati­

co, e naturalmente quello timbriqo, sono in parte de­

sunti dal movimento iniziale, ricordando la forma ci­

clica dei romantici. Dino Villatico nelle note di copeE,

tina a un disco che reca inciso il ,Secondo concerto (94),

parla di "fascia sonora che si perpetua per autogermi­

nazione". E, infatti, le triad1 armoniche ribattute dai

violini divisi, nel secondo movimento - un "Allegretto


127

tranquillo (con spirito)" in forma tripartita con una

sezione centrale di sviluppo (miss. 146 ••• 185) e ,la

breve falsa ripresa, o coda, a conclusione (miss. 186

.•• 205 (o 198» seguita dal ponte al movimento succes­

sivo - riprendono il secondo elemento ritmico del pri­

mo tempo, mentre l''',incipit'' del flauto è tratto da un

inciso più volte ricorrente nel "Calmo e sereno" ini ­

ziale (miss. 5, 7, 8, 10, 14 ••. 95, 96, 98), e così la

figurazione (ovv. I· m ), o quella

(OVV. r.-l........ ) .
Il terzo movimento, "Molto calmo, quadi adagio"

una sorta di rondò il cui ritornello, appena accennato

da clarinetti e fagotti per moto contrario, a miss.

227 ••• 229, ritorna in evidenza a miss. 263 e 279 ri

propone in chiave ••• "natalizia" le soluzioni ritmiche

di sapore vagamente pastorale del primo movimento, ed

anzi cita testualmente, a miss. 268 ••• 271 (parte del

primo fagotto), l'elemento tematico introdotto dall'o­


128

boe a mis. 19. L'''incipit" del flauto, di cui si parI,!!,

va a proposito del secondo movimento, e, quasi inte­

gralmente, l'elemento tematico esposto dagli archi al­

l'inizio del primo tempo vengono ripresi nel "Presto"

finale (rispettivamente a miss. 320 ••• e a miss.368 •• ),

dove interviene anche la figurazione ritmico - melodi­

ca comparsa la prima volta fra le misure 105 e 106 e

la quartina di semicrome già incontrata di sfuggita nel

primo tempo, a miss. 18 e 35; su di essa, è fondato lo

intero quarto movimento, il più effettistico e immedia

to, forse anche il più superficiale.

In conclusione, se il Secondo concerto per orch~a

- come dice Mario Bortolotto (95) - "non manifesta pro

positi di rinnovamento ••. (nonostante la) porta violen

temente spalancata sul futuro (dalla precedente canta­

ta Noche Oscura)", non è, forse, sulla traiettoria di

quest'ultima e delle composizioni. più "espressive" di


129

Petrassi che bisogna collocare il presente lavoro. ~eE

ma restanto l'indubbia mutazione rispetto a (Primo)Con­

certo, qui respiriamo la medesima aria di astrazione

(che è anche quella della Sonata da camera e del Dialo­

~o angelico, la vera traiettoria da seguire), con in

più un'emotività vibratile


,
di cui sono carichi, soprat
-
tutto, il primo e il terzo movimento. Certo, non si

tratta di un lavoro rivoluzionario, ma allora non lo

fu nemmeno la Partita del lontano '32, riferibile a

un preciso contesto e a precise ascendenze; e forse an

che Noche Oscura non fu che una svolta - per altro pr2

gre s s i v amen te raggiunta - semplicemente all'interno

della produzione di Petrassi, un capolavoro che par-

la a chiare lettere e in modo personalissimo, perO sen

za traumi o scoperte polemiche.

Anche in Secondo concerto le ascendenze possono es­

sere indicate con sufficiente precisione. Ascendenze

neoclassiche, prima di tutto, e cioè a Stravinskij, a


130

Hindermith e al loro mediatore italiano Casella (scom­

parso nel '47). Esse sono evidenti nella lucida impo ­

stazione formale, nella funzionalità di ogni minimo e­

lemento (ritmico, melodico, timbrico ••• ), nella "pure~

za sonora" (96), persino nella meticolosa spaziatura ~

steriore della pagi~a. Nel senso scontato del termine,

il secondo movimento è il più neoclassico.

L'adozione, invece, di un cromatismo che, nel corso

degli anni, si è fatto in Petrassi sempre più consi­

stente, fa sì che la fisionomia dei disegni melodici e

la loro combinazione verticale assumano, ora/analogie

più schonberghiane che hindemithiane (e pensare che

Schonberg, a detta di Petrassi, non suscitò mai, nè su

scita tuttora le sue simpatie ••• ).

Notevole è, poi - cosa che non ci risulta essere

stata osservata da altri -, l'influsso bartokiano del

finale, specie per i passaggi cromatici delle semicro­

me, che rarranentano l' ul timo tempo, anch' esso un "Pre


131

sto", del Concerto per orchestra di B~la Bart&k (del

'49). D'altra parte, Petrassi conosceva e stimava Bar­

t6k dagli anni della sovrintendenza alla Fenice, quan­

do lo aveva invitato a Venezia ad eseguire la Sonata

per due pianoforti e percussione, e, se anche il tribu

to maggiore Petrassi lo doveva ancora versare con il

Quarto concerto, di tre anni posteriore, già negli an­

ni '40 e al principio di quelli '50 egli non si era

mostrato del tutto insensibile ai modi del grande col~·~

lega ungherese. Al quale, fra l'altro, lo accomunavano

il vigoroso senso ritmico, il gusto per una dialettica

rude e fortemente chiaroscurata e l'acuto interesse

questo, per la verità, specialmente in Bart~k - per la

musica popolare. (Un'interessante,e finora ignorata,

prospettiva di ricerca potrebbe essere questa: rileva­

re gli influssi della musica popolare nella primissima

ppoduzione di Petrassi, quella risalente ai Canti del­

la campagna romana, per intenderei, o poco dopo) •


132

6. Récréation concertante (Terzo concerto)

Fra l'ottobre '51 e l'ottobre 152, fra le ultime

battute di Secondo concerto e le prime di Récréation

concertante (Terzo concerto), Petrassi scrive i Cinque

duetti per due violoncelli, inediti e dedicati al vio­

loncellista Enrico Mainardi, suo collega ai corsi del

Mozarteum di Salisburgo, nell'estate '51, i piU famosi

Nonsense per coro a cappella, sugli spassosi testi di

Edward Lear tradotti da Carlo Izzo e un Gloria in ex­

celsis Deo per soprano, flauto e organo, anch'esso ine

dito. Nient'altro. Lavori relativamente di modesto im­

pegno, che docurcentano, dopo le grandi opere del pe­

riodo precedente, un rallentamento nell'attività

creativa di Petrassi. Parallelamente, proseguono i

viaggi all'estero, a Basj.,lea, per presenziare alla pri

ma di Secondo concerto (commisionatogli. dal direttore sta

bile della Basler Kammerorchester, Paul Sacher) e a


133

Londra, per dirigere un concerto di proprie musiche

con l'orchestra della aac.


C'erano tutti i presupposti per attendersi una vi­

rata, o, quanto meno, un mutamento, nella successiva

produzione. Ma, forse, nessuno avrebbe potuto pronosti

care una frattura c9sì apparentemente netta. Apparent~

mente: l'adozione del sistema seriale, già per altro

impiegato in Italia da un campione della dodecafonia co

me Luigi Dallapiccola, fin dal 1937 (con le Tre laudi

per voce acuta e orchestra da.camera), non ha nulla di

traumatico nè di stranamente capriccioso. in Petrassi.

Il confronto con Stravinskij - che, notoriamente,aE.

plic~ pochi mesi prima di Petrassi il metodo schon ­

berghiano, fra lo stupore di tutti-non va al di là della

superficie. Vero che nè l'uno nè l'altro rinnegarono,

per questo, la loro propria natura, già chiaramente de

nunciata nelle opere precedenti - neoclassicismo anti­

romantico e antischonberghiano che, in Stravinskij, si


134

caratterizzava per una ritmica brillante e asimmetrica,

per lo smaccato tonalismo (o politonalismo, ma U prin­

cipio è pur sempre quello della tonalità), l'"inespre~

sività" e la politezza formale, l'ammiccamento ironico

••• mentre, in Petrassi, il neoclassicismo d'oltralpe,

quello di Hindemith'e di Stravinskij, mediato dal v~­

satile Casella, coincideva con la progressiva ricerca

di espressione e con il coinvolgimento emotivo del com

positore, con il distacco sempre maggiore dai canoni

della tonalità e dalla "regola dell'ottava" (97), con

un'informazione culturale e artistica man mano trascel

ta e applicata in modo da sfuggire a ogni normale si­

stemazione ••• -. Ma proprio perchè non rinnegarono la

propria natura, il riferimento è reso ancora più diffi

cile e improbabile, limitato a una mera coincidenza tem

porale e all'adozione tutt'altro che rigida e dogmati­

ca della serialità.

Sicchè, la stravinskiana Cantata per soprano, teno­


135

re, coro femminile e piccolo complesso strumentale(del

'51 - '52) è la prima opera dodecafonica di chi voleva

e poteva permettersi di provare anche questa esperien­

za, quella sch8nberghiana precedentemente contraddetta

a livello di interviste e articoli e accese polemiche

nonchè a livello artistico-creativo, dove il neoclassi

cismo stravinskiano doveva trovare la più compiuta e­

spressione proprio nell'opera in tre atti 'l?he Rake' s

Progress ('48 •.. '51), ultimata nello stesso anno della

imprevedibile "conversione"; Récréation concertante

(Terzo concerto), di pochi mesi posteriore alla Canta­

ta di Stravinskij, è uno dei possibili sviluppi logici

cui i lavori precedenti di Petrassi hanno progressiva­

mente condotto. La natura di Petrassi non ha nulla che

vedere con quella di Stravinskij, il rife~imento neo ­

classico, specie nei primi lavori, e, dunque, il rife­

rimento allo Stravinskij seconda maniera del periodo

interbellico, è d'obbligo, ma ha un senso fondamentale


136

categoriale, che non tocca il temperamento personale

di petrassi1assai meno propenso di quello stravinskia­

no all'ironia e allo sberleffo.

"••• prima di chiudere il suo periodo neoclassico ­

sostiene Roman Vlad nella sua monografia stravinskiana

(98) -, Stravinskij ne ha tratto le ultime conseguenze;

ne ha riassunto i modi più tipici in una vasta opera

che ne potesse costituire quasi un coronamento.... (e


,
la inattesa "sterzata" dopo The Rake's Progress e in

realtà, comprensibile, se si tiene conto che) in Stra

vinskij si assiste ad un processo di segreta germina ­

zione di elementi che, arrivati a maturazione, si mani

festano in modo improvviso e sorprendente per chi non

aveva potuto rendersi conto di tutto quel lento proce~

so di incubazione". Sarà. Ma quel "processo di incuba­

zione", più che "lento", ci appare talmente arcano e

sotterraneo, che davvero c'è di che stupirsi e non più

raccapezzarsi quando emerge di prepotenza alla luce,


137

come da una grotta inarrivabile.

Viceversa, crediamo che critici della vecchia guar­

dia, come Fedele D'Amico e Gianandrea Gavazzeni, rima­

sti disorientati di fronte alle nuove prospettive del

linguaggio petrassiano degli anni '50, si ostinino a

negare l'evidenza di un filo continuo e sempre distes~

che non ne vuoI sapere di aggrovigliarsi in un medesi­

mo punto. Petrassi non si arresta mai, muta costante ­

mente come uomo e come artista, e muta secondo una di­

rezione rettilinea, senza clamori nè colpi di testa:

non possiamo chiedergli di fermarsi e di ripetere se

stesso; quando lo ha fatto, nel (Primo) Concerto:~ per

orchestra e nel Concerto per pianoforte e orchestra de

gli ormai lontani anni '30, i critici più sensibili lo

hanno immediatamente rimbrottato, ed egli stesso ha ri

conosciuto la fondatezza delle loro critiche. Allostes

so modo, quando nell'ambizioso atto unico Morte déll~a­

ria (del' 4.9) egli varcO i limiti della propria genu!


138

na ispirazione, sconfinando nel campo a lui poco conge

niale della speculazione metafisica, dovette far subi­

to macchina indietro per riprendere la normale traiet­

toria, con Noche Oscura e il secondo gruppo di Concer­

ti per orchestra (99). Sta~ per dire che Récreation

concertante (Terzo 'concerto), come tutti i lavori di

Petrassi maggiormente riusciti, potrebbe recare il

(sotto) titolo - che, però, forse parafrasa troppe co­

se contemporaneamente ••• - di "The Work in Progress".

Un lucido profilo di questo aspetto della personali

tà petrassiana è contenuto, in uno scritto di Guido Tu!,

chi (100): It(Per Petrassi.) i problemi sono una sorta

di stimolo, ossia un principio attivo: essi pertanto

contano non per ricercare soluzioni che possono condur

re a esplorare e scoprire "nuove terre", ma soltanto

per dare alimento al suo bisogno di parlare in musica

e con la musica, tanto meglio se con parole non 10g.2,

re ••• (L'originalità del suo stile) consiste in una in


139

consapevole e infallibile operazione ricreativa che

imprime una specie di "verginità 11 , di giovanile fre­

schezza, per dir cosi semantica, a quanto.il composit2,

re ha desunto dalle maggiori correnti musicali del no­

stro secolo con cui via via è venuto in contatto. Sic­

chè egli non identi'fica mai le proprietà del suo lin­

guaggio con le varie soluzioni proposte dalla musica

di ieri e di oggi, il che fra l'altro spiega la compl~

ta asistematicità di tale linguaggio. I dati idiomati­

ci e lessicali in quel modo desunti vengono privati ~

le loro radici, etniche o culturali o intellettuali che

siano, per essere assorbiti entr~ un discorso dove do­

minano sovrani l'emozione primigenia del suono, il pi~

cere sensuale di esso ll •

Si è visto come Petrassi si sia progressivamente a!

francato,nei lavori precedenti, dal diatonismo modale­

tonale di tipo hindemithiano, in favore di un sempre

più accentuato cromatismo (cfr. Cap. 2). Il conseguen­


140

te approdo alla dodecafonia è, senza dubbio, il I.fatto

più appariscente di questo processo di mutazione, ma

non bisogna esaltarne troppo l'importanza. Esso non f~

innanzi tutto, un approdo durevole e, tanto meno, defi­

nitivo; fu subordinato a mille condizioni e compromes­

si; non divenne mai' il fondamentale criterio organizz~

tivo di un lavoro (valendosi Petrassi, anche in Ter­

zo •.• Sesto concerto, di un .eclettismo assolutamente

personale e atipico); i più sofisticati artifici con ­

trappuntistici - quelli che Boris Porena chiama. con

felice espressione, "manipolazioni fianuninghe, inver ­

sione, retrogradazione, ecc." (10') - non vengono mai

abusati, sfuggendo, così, a ogni senso di aridità e di

sfizioso cerebralismo; l'aspetto tecnico e artigianale

è funzianalizzato a quello espressivo, fondato non su

un'aura grevemente "espressionistica", ma su una net.­

tissima "neoclassica" contrapposizione di stati emoti­

vi di tensione e distensione. Che. ciO si realizzi tra­


141

mite l'''arcaismo neofrescobaldiano" dei primi lavori o

la cruda e "disorientata" elementarità di Coro di mor­

ti o, ancora/con la parziale adozione della tecnica

seriale di Récréation concertante (Terzo concerto), po

co importa.

Resta da puntualizzare in quali termini consistano

la parziale adozione del sistema dodecafonico e le con

dizioni cui lo ha sottoposto Petrassi. El un argomento

che si dà solitamente per scontato o, tuttlal più, si

risolve in pochi e vaghi accenni, senza precisare come

egli abbia affrontato tecnicamente il nuovo approccio

con un tipo compositivo così lontano dalla propria se~

sibilità e formazione. Su di esso vale, forse, la pena

di soffermarsi.

Per ~etrassi, innanzittutto, la serie non è mai la

"conditio sine qua non" è strutturato un suo lavoro;

e, difatti, neppure Ter20 e Sesto conce~to, che sono

le composizioni di Petrassi più vicine alliortodossia


142

seriale, utilizzano la serie delle dodici note iniziaI

mente esposta quale criterio organizzativo dell'intero

lavoro, ed anzi nemmeno del singolo movimento. Piutto­

sto, in essi si assiste a un'eclettica commistione di

elementi cromatici e seriali) "pares inter parestI, con

elementi diatonici, o liberamente cromatici, qualche

volta addirittura tonali o modali (gli "agili ma fer­

rei piloni tonali, o piuttosto polarità nettissime ll


di

cui parla Mario Bortolotto nel già citato saggio "Il

cammino di Goffredo Petrassi" (102».

Petrassi non si fa, dunque, scrupolo di inserire nel

bel mezzo dell'impianto seriale un divertito episodio

giocato sul ricorrente intervallo melodico e armonico

di terza, notoriamente il meno canonico in un sistema

che vuoI ribaltare la tonalità e la modalità tradizio­

nali, o una successione di triadi armoniche "perfette"

(secondo l'accezione dei trattatisti), o il reiterato

impiego dell'intervallo melodico' e armonico di ottav~


143

per lo più bandito dai dodecafonici integrali •• Lo spi

rito petrassiano è}poi, tanto distante dai tentativi

"para-stilistici" e dalla intenzionale Il inespressività"

dello Stravinskij sia neoclassico sia dodecafonico,qua~

to lo è dall'espressionismo della Scuola di Vienna. Pe

trassi non ama il dogmatismo sch5nberghiano - di quel­

lo Sch5nberg che, "così come Cristo nel Giudizio Uni ­

versale di Michelangelo, eleva i buoni e condanna i cat

tivi ll (103) - e, se-anche rimane profondamente affasc!,

nato dal lirismo di Berg e stimolato dalla logica e

stringente consequenzialità degli sviluppi artistici

di Webern, e del puntillismo weberniano, in fondo "e­

stranee gli sono la patetica "recherche" berghiana o

la weberniana utopia di un universo cristallino" (104) •

Non meraviglia, allora, se il sistema sch5nberghia­

no delle dodici note, oltre a non essere la ragione tec

nica portante di alcun lavoro di Petrassi, subisce de­

cisive amputazioni e trasfiguraz!oni. La sequenza dode


144

cafonica è rivestita, così,di un messaggio ritmico e

melodico {ricorrendo spesso nella medesima pregnate for

ma ritmica e secondo medesimi intervalli melodici, ri­

conoscibili e non rivoltati}, che percorre in modo chia

ramente individuabile parte della composizione. E' il

caso, si può dire, di tutti i lavori "dodecafonici" di

Petrassi, da Terzo a Quinto a Sesto concerto, in cui

la serie è assai più che una successione di semplici

intervalli e assume chiara valenza motivico-tematica ,

in ciò favorita, o comunque caratterizzata, da una rit

mica relativamente costante e regolare, qualche volta

anche rude e spigolosa {retaggio ,dei lavori giovanili}

e, in genere, di immediata acquisizione, che è quanto

di più lontano si possa pensare dalla concezione ritmi

ca dello "Sch6nbergkreis".

Ma le amputazioni e trasfigurazioni di cui si è

detto consistono ancora altrove. La prima e più evide~

te è che talora, come in QUinto 'e in Sesto concerto', la


145

enunciazione iniziale della serie non esaurisce il to­

tale croma.tico e risulta essere, invece, una successi~

ne endecafonica <Sesto concerto) o, addirittura, esafo

nica (Quinto concerto), anche se la serie verrà poi

completata, in maniera francamente impercettibile, una

settantina di misure dopo). E non si tratta di tronco­

ni di serie, oppure potrebbero considerarsi tronconi

di una serie immaginaria . che, irtberrotta e mai

ripresa, non si udrà mai con chiarezza e interamente.

Un altro fatto è notevole; che, data una successio­

ne seriale (sia essa dodecafonica o endecafonica o esa

fonica), Petrassi usa spesso frammentarla e citarne i­

solate frazioni, anzichè riprenderla nella sua integri

tà, qualche volta traendone spunto per un'insistenz~

ripetitiva che acquista un senso più ritmico-motorio

che intervallare,. e rimanda agli elementari "continu~"

ritmici di Secondo concerto. In questo, e nell'impiego

più rettilineo e .percepibile degli artifici contrappu~


146

tistici, sta un'altra differenza con la rigida applica

zione schonberghiana, certo estranea a ogni sorta di

primigenia istintività ritmica.

Confrontiamo, inoltre, la disposizione intervallica

interna alla serie di un lavoro di Schonberg e di uno

di Petrassi, entrambi esemplari nella rispettiva ado­

zione del sistema dodecafonico. Le Variazioni op. 31

per orchestra del '28, capolavoro indiscusso e quasi

antonomastico della codificazione schonberghiana, sono

interamente costruite sulla seguente serie di dodici

note:

Riscontriamo la presenza di due intervalli diminuiti

(si~-mi e doi -sol, essendo rei -~a assimilabile per e­


147

narmonia a mib-fa), di tre intervalli di terza o del

loro rivolto (fa# -re# ' fa-la e SOl# -si) e di ben

cinque intervalli di tono o di semi tono (mi-fa# ,re:#'­

fa ovv. mib-fa, re-do# ,sol-sol# e si-do) . Mentre

in Récréation concertante (Terzo concerto) la serie è:

Qui, non ci sono intervalli diminuiti od eccedenti e

frequente è l'adozione dello "spurio" intervallo di

terza e del suo rivolto (sei volte: si~-sol, fa-re,re­

si, dO# -mi, mi-do e do-la, essendo queste ultime tre

volte immediatamente successive l'una all'altra), men­

tre tre volte ricorre l'intervallo di semitono (alle no

t~ 2, 3 e 4 in eccezionale successione cromatica) e u­

na quello di tono (si-do#).


148

Se vogliamo proseguire la statistica, per una volta

crediamo non arida, analizzando col medesimo criterio

la serie endecafonica presente in Sesto concerto) ne

-'. _._- -- ------, - - - - ~""" -- _.-.

~~ -I
"

( $~ •
1
fu ~ t 5
• "• iJ= ! l- ~ 9

I
)~

~tcaveremo conclusioni del tutto analoghe: completa a~

senza di intervalli diminuiti ed eccedenti (sOl# -do

equivale, nel sistema terrperato , a 1a~-do), costanza de,!

l'intervallo di terza o del suo rivolto (sol-si, si­

sol# ' sol# -do OVV. 1ab-do, do-mi, fai -la e 1a-do~,

anche in questo caso presente per sei volte. e, di que­

ste, quattro e due consecutive) e quattro ricorsi a1­

l'intervallo di tono o di semitono e relativi rivolti

(fa-sol, mi-fa# ' dO# -re# ' re# -re) •

L'insistita presenza dell'intervallo di terza mag ­


149

giore e minore (e del suo rivolto, intervallo di se­

sta) è, come si è già detto, lontano dalla pratica do­

decafonica e non può che richiamare a un'ambigua e 0­

scillante modalità mino-maggiore: al pantonalismo scho~

berghiano Petras'Si sembra unire un elementare e onni­

presente "pan-modalismo". Confermati dall' imprescindibi

le movimento ritmico e dalla loro collocazione rispet­

to ai "battere" e ai "levare", sono ancora evidenti a!.

cuni parallelismi melodici, o "microprogressioni". Co­

sì, gli intervalli di terza minore della enunciazione

seriale di Récréation concertante (Terzo concerto) so-

no tutti disposti secondo un preciso schema ritmico e

intercalati fra lot.o da una quartina di semi crome ( ~

-
Fffì fff9
')A.(
fffli ffFf Ffft
......
3C < 5".(
etc.), e, in Ses to concerto, i pr!
.....
mi due intervalli di terza maggiore producono un in­

nalzamento melodico di semitono,essendo entrambi nella


1~/tJ/w

I I I, I
medesima situazione di arsi e di tesi (~
---
J-> -
~">
t ).
150

Questi parallelismi contribuiscono a privilegiare ,

in modo tutt'altro che conforme ai canoni del pancrom~

tismo dodecafonico, alcuni suoni che, nel caso specifi

co di Terzo concerto, sono sib-sol-fa-re-do# -mi (re

minore!) e, nel caso di Sesto concerto, sono sol-si

sol # ovv. la~-do ,(do minore!). Si tratta , beninteso,

di situazioni tonali assolutamente instabili e, an:?:i ,

inafferrabili, ma tuttavia decisive per stabilire l'e

quidistanza di Petrassi tanto dalla tonalità quanto &d

rigidi schemi della dodecafonia sch6nberghiana.

Altri collegamenti con la tradizione si ravvisano

nell'impiego di note extra-seriali, che hanno tutte

le carte in regola per essere definite, come avrebbero

fatto per assurdo un Theodore Dubois agli albori del

nostro secolo, "note estranee all'armonia" ovvero, so~

prattutto, "note di appoggiatura", "note di volta" e

"note di passaggio". Ma non bisogna, anche qui, insi ­

stervi anacronisticamente più di tanto, come non biso­


151

gna che rilevare semplicemente, e considerare come un

normale retaggio culturale, i possibili riferimenti al

contesto armonico-tonale della tradizione.

D'altra parte, la nostra sensibilità, chè, per nat~

ra o per acquisizione, non è certo portata alla parti­

zione dell'ottava in dodici semitoni, ingegnosamente

(e gratuitamente) costretti a rivestirsi della medesi­

ma importanza, non può rinunciare a distinguere e a ~

larizzare l'attenzione su qualcosa, nella fattispecie

. gerarchizzando, anche per un momento, due o più note.

(Ricordo la definizione polemica che Edgar Varese, mu­

sicista pure cosi lontano da Petrassi, diede al tempe­

ramento equabile di "filo per tagliare l'ottava lt ) .

ora,petrassi è un artista che rifiuta ogni forma so

spetta di intellettualismo e che, soprattutto, non in­

tende sfuggire, quando compane, alla propria naturale

sensibilità. Da Terzo concerto in avanti, egli trasfe­

risce la matrice dodecafonica in ogni propr:iolavoro, ma


152

il periodo di maggiore adesione - adesione per altro,

come abbiamo esemplificato, del tutto personale e non

poi CQsì determinante al fine dei caratteri del suo

mutato linguaggio - è limitato fra il Terzo e il Se­

sto concerto. Dopo, sperimentato e fatto proprio an­

che questo aspetto dell'attuale civiltà musicale (im­

prescindibile, specie dagli anni '50 in poi), con il

Quartetto per archi e la Serenata per flauto, viola,

contrabbasso, clavicembalo e percussione (entrambi del

'58), il Trio d'archi del '59 etc. egli si disferà di

ogni senso di obbligo informativo nei confronti della

dodecafonia, della quale manterrà, intatto solo lo spi­

rito di definitiva evasione tonale e la concezione in­

tervallica dei suoni.

Detto questo, l'analisi di Récréation concertante

(Terzo concerto) può avvenire su diversi piani, senza

concentrarsi necessariamente sulla questione seriale.(105)


153

Formalmente, è anticipata la struttura del.'prossimo

Quarto concerto, distinguendosi - in modo, però,tutt'a1

tro che sicuro, essendo ill.lavoro molto frammentato

quattro movimenti ininterrotti, di cui il primo "Alle ­

gro sostenuto ed energico"/"Allegro spiritoso"/"Un po­

co più tranquillo/ a Tempo (Allegro spiritoso) "/"Tempo


lI

primo", il secondo "Molto mOderato"/"Quasi andantino"/

"Tranquillo (Poco meno del precedente) "/"Quasi andanti

no"/"Tranquillo", il terzo "Vigoroso e ritmico"/ "Po­

chissimo meno"/"Tempo, un poco più comodo"/"Calmo"/"F~

rioso"/"Calmo"/"Furioso"/"Calmo"/"Tempo"/"Vivo e furio

so"/"a Tempo"/"Comodo"/"Più aalmo"/"Adagio moderato",

il quarto "Allegretto sereno"/"Poco meno"/"Calmo"/"So­

stenuto". Abbiamo indicato con completezza le agogiche

relative ai singoli movimenti per significare l'estre­

ma mutevolezza e dinamicità di un concerto che a ragio

ne il Waterhouse definisce "bold and colourful". (106)

Uniti al frequente cambiamento di tempo (nel primo "Al


154

legro spiritoso" si contano ventuno cambiamenti in so­

le sessanta battute), fanno di questo concerto il più

_mobile, agogicamente e ritmicamente, dei tre compo­

sti finora da Petrassi.

A proposito dell'aspetto ritmico, è da notare che

Petrassi ricerca, qui per la prima volta, soluzioni ir

regolari e fortemente asimmetriche, non tanto attraver

so l'adozione di figure ritmiche che non appartengono

al tempo indicato (terzine, quartine, sestine etc.) ,ma

tramite pause e accenti che disorientano il normale

solfeggio e la normale alternanza dei movimenti (e del

le suddivisioni) forti e deboli.

Le prime misure del concerto sono sintomatiche: nes

suno, a un semplice ascolto, potrebbe ricostruirne con

certezza la grafia stabilita da Petrassi; i "battere"e

i IIlevare" sono inafferrabili e la sequenza ritmica

poiché di semplice sequenza si tratta, e non di con-o

trappunto - procede varia e irregolare. La prima enun­


155

ciazione ritmico-melodica della ser~e nel successivo

"Allegretto spiritoso" (miss. 24 .•• 26) è resa tramite

una successione isocrona di semicrome, che normalmente,

nel tempo 3/4, dovrebbero essere accentuate a quattro

a quattro, mentre Petrassi prescrive un accento irrego

lare sulla quarta semicroma della seconda quartina e

uno sulla seconda della sesta. Il passaggio affidato

alla batteria a miss. 81 .•. 95 è giocato su una vivace

imprevedibilità ritmica, e così quello di sapore vaga­

mentre stravinskiano di miss. 131 •.. 147, dov'è impegna

ta l'intera orchestra, o, ancora, l'ostinata iterazio­

ne della minima cellula ritmica: flìl, c~e da misura


~
220 in avanti percorre ossessivamente, e disposta, al-

l'interno della battuta, in tutte le posizioni ritmi ­

che possibili) la partitura, o il serrato contrappunto

imitativo, accuratamente sfasato da un punto di vista

ritmico, fra gli archi solisti delle miss. 274 ..• 279,e

via dicendo.
156

E' curioso che l'ultimo movimento ("Allegretto sere

no") e, in parte, anche l' Il Adag;io moderato" che lo pre

cede, concludendo il terzo movimento, siano,per contra

sto, di una regolar;ità ritmica del tutto inaspettata ,

quasi pedante. Ci ricorda il finale di alcuni lavori

da carnera di HindelRith, e, in particolare, il "Lied"

(anche questo un "Allegretto") conclusivo della "Sona­

ta" per contrabbasso e pianoforte (del '49), per la

verità assai più tortuosa e accidentata del presente

concerto, ma anch'essa coronata, dopo le piroette ini­

ziali, da una chiusa "facile" e bonaria.

Anche la timbrica merita una segnata attenzione, co

me, d'altronde, sempre in Petrassi. E la prima osserv~

zione è rivolta alli apparato r:ercussivo che, dopo la

giovanile scelta di rifiuto, divenuta negli anni '40

moderato e tradizionalissimo assenso (come ancora fig~

ra in Secondo concerto), cont.a, ora, a fianco dei tim­

pani, una batteria fornita di temple-block, frusta,t~


157

buro con corda e senza corda, due piatti, piatto sosp~

so e gran cassa, la cui funzione timbrica e ritmica è

onnipresente e insostituibile nel corso del lavoro: an

che .i' nel l '''Adagio moderato" è previsto l'intervento

del piatto sospeso (miss. 412 e seguenti), e il secondo

movimento, il più tranquillo dei quattro, è punteggia­

to dalle entrate intermittenti dei due piatti e del

piatto sospeso, del temple-block,dei timpani etc. Per

il resto, l'organico orchestrale è composto da un flau

to, un ottavino (che è anche, all'occorrenza, secondo

flauto, ma è interessante che in queste indicazioni si

verifichi un rovesciamento - puramente formale e di

fatto non determinante - delle convenzioni che voglio

no, viceversa, il secondo flauto anche ottavino), un ~

boe (uno solo), un corno inglese, due clarinetti in si

bemolle, due fagotti, due corni in fa, una tromba ,'in

do e un trombone tenore, i citatj. timpani e la batte ­

ria, gli archi (con la parte dei. violini raccolta ±nsQ


158

lìtamente su un unico pentagramma1 assenti i contrab-

Gli strumenti sono sempre impiegati secondo le pro­

prietà tecniche ed espressive della tradizione (con

qualche "glissè" e suono armonico artificiale in piO.) ,

dì cui Petrassi già negli anni '3D, e ancor più negli

anni 140, si era dimo'strato sicuro conoscitore. Gli a­

malgami, che per altro proseguono l'assottigliamento

degli spessori orchestrali degli anni '3D, sulla scia

di Coro di morti.e - per i Concerti - di Secondo con­

certo, vedono solitamente raggruppati gli strumenti su!

la base delle affinità timbriche. Cosl, la compagine 0E

chestrale risulta suddivisa in chiare microsezioni stru

mentali: il flauto, unito o non all'ottavino (o al se­

condo flauto) i l'oboe e il corno inglese; i due clari­

netti (associati in frequenti isoritmie) i i due fagot­

,ti; i due corni i la trariba e il tranbonei i t.i.rrlpmi (una sor­

ta di. •• "libero" della formazione, alcune volte autoncmi, altre

Ul'liti agli archi o alle percussioni •• ~ mai, comunque, ai


159

soli violoncelli); la batteria; gli archi. Le nuove

microsezioni si ritrovano insieme in due soli momenti,

a miss. 135 ••• 138 e all'ultima misura del concerto, an

che se,per la precisione, qui è assente il quarto leg­

gio dei violini. Viceversa, frequenti sono le zone

"scoperte", in cui uno strumento solista, o una deter­

minata microsezione o una categoria strumentale, richi~

ma . all'economia della musica da camera. In questa ot­

tica, tenendo anche presente l'estrema iridescenza di­

namica dei "piano" e dei "forte" (spesso anche sovrap­

posti), l'analisi della sorvegliata disposizione delle

masse timbriche può sostituire - .forse più. propriamen­

te - l'analisi architettonica di tipo tradizionale. Ve

diamo come.

Primo movimento (miss. 1 ••• 165). L'" Allegno soste

nuto ed energico" introduttivo (miss. 1 ••• 23), dopo il

consueto segnale di richiamo all'attenzione (che que­

sta voI ta è rappresentato da un '~sol", che trascorre


160

da archi e timpani alla tromba e al trombone, secondo

la formula ritmica. ;" ~ ~! 1---lJ. ), esaurisce,

nelle prime battute, non solo il totale cromatico, che

si completa con il fa diesis di oboe e clarinetti già

a misura 6, ma anche quello strumentale, unica eccezio

ne l'ottavino - secondo flauto, che tace. L'impressio­

ne generale è di una brillante e colorita presentazione

della tavolozza timbrica del concerto.

Il quale si può dire inizi soltanto a mis. 24 (IIA1­

legro spiritoso"), con l'improvvisa e "leggera" inter­

locuzione dei violini soli, che espongono concitatame~

te la serie dodecafonica su cui sarà "giocata" : buona

parte del lavora. (Da notare, per inciso, che i ribat­

tuti che caratterizzano questa esposizione seriale e,

con essa, l'intero movimento ricordano gli analoghi ri

battutti della quarta variazione in "Walzertempo" del­

le sch8nberghiane Variazioni op. 31 per orchestra. E'

particolarmente impressionante l~ somiglianza con le


161

parti dell'arpa, della celesta e dei violoncelli lIohne

Kontrabasse", a miss. 167 ••• 170, un modello, si direb­

be quasi, cui Petrassi si è scrupolosamente attenuto}.

I legni e, subito dopo, gli altri archi replicano

con divertite e insistenti punteggiature (presente, oy

viamente, il pancròmatismo prescritto dalla serie ini­

ziale, nelle parti dei due fagotti, poi degli archi

flauti - archi, dall'oboe per moto contrario etc.). Il

tessuto timbrico del concerto si ricostituisce, così,

gradatamente, con una sorta di umoristico e trascolo ­

rante cicaleccio, cui sono partecipi tutti gli strume~

ti, compresi il secondo flauto (da mis. 29) e l'ottavi

no (da mis. 71): semicrome ribattute a ogni strumento

dell'orchestra, indistintamente; "liquidi" arpeggi

ai legni; insistite riprese, in chiave motivico-temati

ca, della enunciazione seriale di miss. 24 ••• 26, per

lo più ai violini {vedi, fra l'altro, il moto retroga­

do cancrizzante dei violini e - per allargamento, ma


162

senza la settima nota della serie - del trombone, a

miss. 62 ••• 66; o il moto contrario dei violini, subito

dopo, a miss. 66 ••• 73, senza le note 11 e 12; o, anco­

ra, il moto retrogrado dei violini a miss. 108 .•• , il

moto retto dei violoncelli sulla tastiera, a miss. 113

•.• etc.): "conati. melodici" presto interrotti, affi­

dati ai fiati (notevole, e inatteso, lo slancio lirico

del primo fagotto, a miss. 47 ••• 62, per il quale è ad­

dirittura indicato "espressivo"7 cosi le due frasi del

trombone in "mezzopiano", a miss. 62 ••• 68, e, poco più

avanti, a miss. 77 .•• 79); integrazione dialettica dei

timpani con la batteria (interessante il "battibecco"

che inizia timidamente a mis. 76 e si protrae, sempre

più insistente, fino a mis. 95, dove timpani e batte ­

ria trovano finalmente un accordo nell'esporre insieme

le ultime due crome) •••

Come la sezione .introduttiva, che abbiamo visto es­

sere una presentazione del "totale timbrico" adottato


163

nel concerto, si concludeva chiaramente con una pausa

coronata (mis. 23), cosi questa seconda parte conclude,

a mis. 118, con una pausa analoga, dopo la quale ha i­

nizio il momento drammatico culminante del primo movi­

mento.

Ritorna, qui, il tempo iniziale "Allegro sostenuto

ed energico" e, con esso, lo spessore orchestrale che

apriva il concerto, ma con l'aggiunta di elementi rit­

mici e intervallari (questi ultimi desunti dalla seri~

già apparsi nell'''Allegro spiritoso" precedente. L'in­

tensità "ff", talvolta anche "fff", si estende esaspe­

ratamente per trentadue misure (da 119 a 150), fino al

"Poco meno" di mis. 150, dove il tessuto orchestrale e

le intensità si assottigliano, preparati dalle triadi

perfette di si minore, ribattute da tre violini soli

in "pianissimo", due battute prima: è la coda conclusi

va del primo movimento, che porta gradatamente al "Mol

to moderato" con cui inizia il se.condo.


164

Un'osservazione su queste "improvvise tl


triadi mino­

ri affidate ai violini. In (Primo) concerto erano gli

undici ottoni a presentare frequentemente combinazioni

di tre note sovrapponibili per terze (cioè, appunto,

triadi armoniche), in Récréation concertante (~oCon-

certo) sono, invece, gli archi (si veda anche il passa.<l

gio delle tre viole sole, a miss. 77 ••• 79); l'interval­

lo di terza è, d'altronde, suggerito più volte dalla

successione seriale, esposta a miss. 24 ••• 26 dagli ar­

chi e quasi sempre ripresa dagli stessi; in questa se­

zione conclusiva del primo tempo, ricorre, poi, con par­

ticolare insistenza l'intervallo di terza, soprattutto

minore (dall'unisono iniziale di corno inglese - cla­

rinetti - corni, al passaggio seguente dei corni - e

del corno inglese, con l'intervallo rivoltato -, alle

note accentuate degli archi, a miss. 123 ••• 130, all'o ­

stinato e stravinskiano l'furioso", che procede ininter­

rotto da battuta 131a battuta 147, aggredendo ripetut~


165

mente gli intervalli seriali di terza minore, dapprima

sib-sol, poi fa-re, re-si, do-la, sol-mi e mi-do # );


dunque, niente di piO. naturale che la comparsa, Il :improv­

visa" solo sulla carta e non all' ascolto, di queste tri!,

di minori, che non potevano che essere date agli archi,

protagonisti in questo concerto dell'enunciazione se­

riale e del "divertimento", di cui. s'è appena detto,su.!,

l'intervallo di terza.

Torna alla mente la già citata espressione di Dino

VillatUn,sebbene riferita da lui ad altro contesto, di

"fascia sonora che si perpetua per autogerminazione'!(10'1).

La fascia sonora è quella degli archi, che si fissano

caparbiamente sull'intervallo melodico di terza minore,

~sserrlo però., non interscambiabili con altri strumenti (dif

ferenza con Schonberg!), e l'autogerminazione di questa

fascia è la logica e spontanea trasformazione in so­

vrapposizione triadica di terze. La rapida successione

melodica delle terze affidate agli archi diviene, cosi,


166

contemporaneità timbrico-armonica.

Secondo movimento (miss. 166 ..• 218). " ..• una spe­

cie di intermezzo o meglio di interludio tra gli episo­

di maggiori ••• : un divagare dell' estro, un dipanarsi lE!9:

gero e lineare delle voci strumentali, il IIconcertante"

appunto in cui in questo caso l'interlocutore principa­

le è il corno inglese" (108). Difatti, il camerismo di

questo episodio - basato, almeno fino a mis. 190, sulla

dialettica alternanza di fiati e di archi (rispettivi

protagonisti il corno inglese e i violini uniti), poi

integrati fra loro con neoclassica discrezione, da mis.

191 a 207 - domina indiscusso fino al "Vigoroso e ritmi

co" seguente. Unica eccezione le miss. 210 ••• 212 che,

come un lampo, squarciano. per un attimo, il sottile a­

rabesco. Suggestivo il IIfortissimo" dei timpani a mis.

212, quasi un tuono che 9iunge tardivamente e si protrae

(sempre in IIfortissimo") sotto il fremere appena udibi­

le dei fagotti, spegnendosi in un·"pianissimo" bronto ­


167

lio (miss. (214-) 215 ••• 218).

Da osservare ancora il ruolo che, a miss. 197 e 201

-202, ricoprono léF. tromba e il trombone: già interv~

nuti a miss. 178 ••• 184 per punteggiare con lievi stac­

catissimi l'assolo del corno inglese, soltanto in que­

sti due casi assurgono in primo piano, imponendo come

una inaspettata "Hauptstimme", che altro non è che la

citazione del famoso tetracordo di Noche oscura (da no

tare, fra l'altro, il moto contrario delle parti, a

miss. 201 e 202). Petrassi ama, talvolta, riproporre

frammenti di altre proprie composizioni, e, si badi,

senza mai ripetere il clima espressivo che contraddi

stingueva la prima formulazione. Quasi a significare

che egli è rimasto lo stesso di sempre, nonostante il

cammino percorso. A maggior riprova che "lo spirito

non soltanto dell'intelletto, ••• (ma anche quello) del

la emozione fisica che traversa il compositore giorno

per giorno - come disse lo stesso Petrassi (1CiJ) ­


168

è mai assente (nelle opere di un artista)", ecco

ritroviamo attestati, nei lavori successivi di Pe­

trassi, i momenti di vita interiore più intensamente

vissuti: in questo caso, si tratta della citazione del

già ossessivo e implacabile tetracordo di Noche o,scu-

E! (quasi l'estasi mistica, o l'incubo, di una visione

notturna); nel futuro Quinto concerto si tratterà, i~

vece, della citazione desunta da un lavoro altrettanto

inquietante e gravido di preoccupati contenuti morali

. e umani come Coro di morti. "Pensieri dominanti Il, o

idee fisse, che ritornano di quando in quand.o nella

produzione di Petrassi, emergendo da una sorta di psi­

coemotività sotterranea.

A essere precisi, in questo movimento si potrebbe~

rilevare una citazione, indubbiamente meno palese

e clamorosa; è il lento mordente inferiore del primo

flauto, a mise 167, poi ripreso dal primo corno e dai

violini, a mise 174, nuovamente dai violini divisi (e,


169

per moto contrario, dalle viole), due misure dopo) e.

ancora dai fiati e dalle viole e i violoncelli in "piz

zicato", a mise 210, che ricorda il mordente che apre

il secondo tempo ("Allegretto spiritoso") del Secondo

concerto.

Terzo movimento' (miss. 219 •.. 424). Il piO. e­

steso, interamente "giocato" sull'intervallo di terza,

quello che rammenta più da vicino - anche rispetto a

Secondo concerto e, tanto più, rispetto ai Concerti se

guenti-l'esultanza romana dei primi anni. La già nota­

ta irregolarità ritmica e, in minor misura l l'estrema

regolarità intervallica sono come inghiottite da un'iE

resistibile vitalità timbrica e dinamica (definita,qu~

sta, da una contrapposizione del tutto tradizionale di

"piani" e di "forti", senza possibilità intermedie) .E'

il colore, inteso in senso lato, a prevalere: colore

di timbri compatti e organizzati, che trascinano velo­

cemente allo stagnate "Adagio moderato" di miss.386 •.•


170

424, conclusione del movimento elo introduzione del

successivo. Anche nei momenti più "cameristici" (miss.

227 .•• 231, 247 .•• 279 etc.), la coltre strumentale non

perde di spessore, essendo il risultato timbrico molto

omogeneo. La chiara sensazione suggerita dall'articol~

zione delle masse timbriche propone, cioè, la biparti­

zione in "Vigoroso e ritmicoll/"Pochissimo meno" •.• (pr!.

ma parte) che, scemando di tensione con i tre brevi e

improvvisi episodi in "Calmo" (miss. 332, 343, 348),il

"Comodo" di mise 379 e il "Più calmo" di 383, sfuma

nell'''Adagio moderato" di miss. 386 ••. 424 (seconda paE

te) •

Il quale, abbiamo detto, ha la funzione bivalente

di principio e fine del movimento. Ritorna, in esso,la

citazione dalla cantataNoche Oscura, bene in evidenza

al corno inglese e al trombone, a mis. 402, e, più a­

vanti, in soluzione tradizionalmente ìnÌitativa. agli

ottoni (miss. 414 ••• 416, con il moto contrario del


171

trombone e del primo corno), al primo flauto e all'ot­

tavino (miss. 416 e 417), agli archi in valori ritmici

diminuiti (miss. 417 e 418 e, ancora, 420 e 421), al­

l'oboe e al corno inglese (miss. 420 e 421) e al prd,;­

~ corno (mis. 422). E ritorna, accentuata, l'atmosfe­

., ra di rarefatta fissità già incontrata in lavori prec~

denti, dall' "Adagio" di (Primo) Concerto" agli "eserci

zi ascetici del Ritratto di Don Chisciotte" (109), al

televisivo "bianco e nero" (110) di Morte dell'aria,a!.

la monocromia notturna di Noche Qacura.

Il "climax" di questo versante dell'ispirazione pe­

trassiana (che a noi sembra coll79are con un filo uni­

co autori cosi distanti nel tempo, come il Beethoven

"" ""- e Gyorgy Ligeti, ma


degli ultimi Quartetti, Bela Bartok

di questo si riparlerà nel prossimo capitolo) sarà ra~

giunto nel "Lentissimo" (miss. 322 e seguenti) del

~arto concerto. Nell'''Adagio moderato" della Récréa ­

tion concertante (Terzo concerto), piuttosto, c'è una


172

interessante commistione di elementi puramente timbri­

ci e di altri propriamente melodici (o intervallari) ,

che, se non erriamo,hanno poco a che vedere, con l'esp2.

sizione seriale del primo movimento, fermi restando la

insistenza sull'intervallo di terza minore e l'adozio­

ne di un libero pancromatismo. (A meno che non si vo­

glia leggere passi come questo dei violini a miss.395 •

•• 397 nel seguente modo:

DOpo di che ula diritta via è smarrita".).

A parte le citazioni da Noche oscura, molti elemen­

ti melodici si espandono in ampie volute alla paI:'te

degli archi, senza per'altro assumere paI:'venze temati­

che, come il disteso intervallare' dei violoncelli, a


173

miss. 390 ••. 395, o la frase "espres:;;iva ma senza v:l.­

brare troppoll dei violini, che trascorre per nove bat­

tute a part:l.re dalla n. 395 e a cui risponde, in modo

vagamente imitativo, quella più breve dei celli,a miss.

399 ••• 401, seguita dalle viole, a miss. 401 ... 409. Ma,

contemporaneamente, gli effetti essenzialmente timbri­

ci dei fiati, che producono statiche agregazioni sono­

re e lentissimi ed esasperati cromatismi, hanno per u­

nico scopo quello di creare una situazione di fissità

e di immobilismo, nella quale i diversi spunti melodi­

ci sembrano fluttuare perdutamente, come in un liquido

umore. etè, in questo "Adagio", quasi, il tentativo di

evadere dal tempo (musicale e terreno), persegu:l.to non

tramite le irregolarità del solfeggio,ma una timbr:l.ca

soffusa, "polifonica" e, nel contempo, inerte e monotE.

na~ (senso etimologico), lunare. La trasposizione di

questi aggregati timbrici dai fiati agli archi (mies.

409 ••• ), il recupero di un contrappunto imitativo di


174

tipo assolutamente tradizionale se non accademico (miss.

414 ••. ) e le "impertinenti" crome puntate dei flati

(miss. 412 •.. 414) ci guidano gradatamente al movimento

conclusivo, "Allegretto sereno".

Quarto movimento (miss. 425 ••• 469). L'anti­

tesi del precedente. Vengono riprese, in tempo più ra­

pido, le crome puntate di miss. 412 ••. 414, ma la fissi

tà timbrica dell' "Adagio moderato" cede a un divertito

meccanicismo hindemithiano, in cui sono assenti le e­

spansività melodiche così come i cromatismi esasperati.

La ricerca timbrica diventa gioco astratto di forme,

gioco a incastri di precisione. L'aggiunta agogica n s !:,

reno" sta, appunto, a significare l'oggettiva aproble­

maticità di questo movimento, che, con i suoi rapidi

"tic-tac" di perfetto ingranaggio da orologeria (o di.

"computer" di un'informatica antesi9nana •.• ), ci cond!!

ce, in poche misure, alla conclusione del concerto.E',


175

forse, il movimento che meno si presta al tipo di ana­

lisi da noi proposta, ma egualmente puO essere conside

rato per le chiare sezioni strumentali che definisce e

che ne strutturano, in qualche modo, l'architettura

portante.

All'inizio, i clarinetti e i fagotti espongono, in

una polifonia a quattro di sapore decisamente neoclas­

sico-stravinski~, figurazioni di crome leggere e

staccate. Intervengono, a poche misure di distanza, i

ribattuti col legno dei violini e delle viole, che co­

municano una nota timbrica del tutto nuova. Un passag­

gio "filante" degli archi in ottava conduce, quindi, a

un dialogo più fitto e intrecciato fra le diverse mi­

crosezioni strumentali (cfr. terminologia adottata a

pag. 158'). Sicchè, le miss. 425 ••• 432 sono come un cap­

pello introduttivo che anticipa i tipi ritmico-melodi­

ci ricorrenti nel movimento, dai balzi scattanti delle

crome puntate dei fiati, a-i ribattutti e ai rapidi dia


176

tonismi de Il e semi crome degli archi. Il tutto con estt~

e ragionata parsimonia nell'impiego strumentale.

Da mis~ 433, l'orchestra si ispessisce, toccando ra

pidamente il "totale timbrico" (a mis. 436, con l'in­

tervento dell'oboe) e mantenendosi complessivamente im

pegnata, fino all'acme drammatica di miss. 450 e 451,

dove gli archi fuoriescono in una sfuriata di crome pic

chettate in "fortissimo", che declina immediatamente

al "pianissimo" di miss. 453 e seguenti. Qui, alle velo

ci crome staccate e ai tremoli degli archi, si con­

trappone finalmente un disteso intervallare di flauto

primo, corno inglese e fagotto primo, presto imitato e

sostituito da quello dei violini e delle viole in ott~

va (si tratta del medesimo elemento comparso la prima

volta a miss. 395 e seguenti, ma non si puO certo par­

lare di forma ciclica, per così poco).

Un'ultima fantomatica scaletta diatonica alle viole

in "pianissimo" (miss. 461 e 462)., i tremoli sussurati


177

·di violini e viole e l'eco di lontano del"pianissimo"

IIla ll maggiore dei corni chiusi + tromba con sordina e

dei tre violoncelli soli (miss. 463 ••• 468): è "la qu:be

te prima della tempesta" :einale. Per una mezza battuta


ancora, l'orchestra si ricompone e scatena, in un ener

gico "fortissimo", l'estrema conclusione.

Récréation concertante (Terzo concerto) fu scritta

su incarico della Sudwestfunk - Badeh Baden e denota

~n'apertura e una int.ernazionalità di intenti conferma

ta non solo dalla sua destinazione, ma dai viaggi sempre

J?iil: numerosi di Petrassi all'estero. Questa "interna ­

zionalità" si configura come abbandono, o mutazione,di

vecchi stilemi compositivi, e coraggioso innesto dei

nuovi su un linguaggio solido e mai rinnegato, tutt'al

tro che consunto. ln particolare, si è detto della ado

zione dodecafonica e del parziale superamento del dia­

tonismo, ma ancora pin notevole è l'abolizione quasi


178

totale della formq tradiz10nalmente intesa. Non solo

non si danno più '~teJni" in questo concerto, mentre an­

cora in Secondo concerto abbiamo sottolineato il ca­

rattere chiaramente tematico della prima idea (miss. 2

..• 8), ma anche le cellule ritmico-melodiche vengono

compresse e frammentate, al punto che ciO che realmen­

te conta sembra essere il puro intervallo, il pur.o ti~

bro, il puro ritmo, e non più il loro valore motivico­

tematico e la loro capacità di organizzarsi, delimitan

do chiare sezioni formali.

E' quello che Boris Porena, nel suo saggio sui Con­

certi per orchestra (112), chiama "strutturalismo in­

tervallico", cioè "energia propulsiva degli elementi

strutturali, pensati ••• in termini di intervallo e non

di armonia o melodia", "riduzione della figura musica­

le a segno privo di significato, i •• nello spirito de,!

l'ornamento, dell'arabesco emancipato". Ma non bisogna

nemmeno esagerare. Sono espressio~i molto dense, che,


179

per quanto riferite dal Vorena proprio a questo Terzo

concerto, vanno, secondo noi, applicate - forse ancora

con qualche limitazione - a lavori di Petrassi più re­

centi e, nell'ambito dei Concerti, a Settimo concerto

e, in minor misura, a ottavo concerto.

Se è vero che l'intervallo assume, in Récréation

concertante (Terzo concerto), un ruolo primario rispe!

to ai tradizionali concetti di melodia e di armonia

(e lo si è visto nel reiterato e divertito impiego del

l'intervallo di terza minore, o nell'adozione di tria­

di armoniche cui si addiviene "per autogerminazione"

(11 3), e se è vero che l'analisi dei tre parametri in­

tervallo - timbro - ritmo può sostituirsi con miglior

successo all'analisi formale di tipo tradizionale - a­

nalisi e partizione della macrostruttura in base agli

elementi tematici ricorrenti -, non crediamo, tuttavia,

che si possa ancora parlare di. "riduzione della figura

musicale a segno privo di significato", e, nel presen­


180

te lavoro,meno che mai.

Le indicazioni espressive, che si accentuano anche

maggiormente che in Secondo concerto, sono presenti,o!

tre che nelle generali indicazioni agogiche (dove si

rrescrive energia, spirito, tranquillità, vigore, fu-

ria (!), serenità), lungo le singole ];arti strumentali,

e non hanno nulla di astratto, significando, anzi, pr~

cisi stati emotivi, o meglio emozionali, resi, per di

più, da figure musicali assolutamente consone allo spi

rito prescritto: saranno le pesanti accentuazioni di

crome e di saniminime nell' "Allegro sostenuto ed ener­

gico" iniziale, o il leggero e capriccioso inseguimen­

to delle semicrome ribattute e variamente accentuate

della esposizione seriale ("Allegro spiritoso"), o il

furioso insistere sulla cellula: r-r-l , che,


..../
per sua

stessa natura, comunque sia disposta all'interno di u­

na battuta, non può che risolversi, in "fortissimo",c~

, o, per allargamento, 74 J ~ , ~7
>-./
181

(cfr. il "Furioso" di miss. 339 ••• 341).

Senza contare che, lungo il corso del lavoro e fra

i pentagrammi, si incontrano richieste esplicite di

espressività ("espress."), che dovranno certo essere

riferite a figure musicali che qualcosa sono pure in

grado di esprimere. Caso eclatante l'assolo del primo

fago~tp, a miss. 47 ••• 61, o quello del corno inglese,

nel secondo movimento, o, anche meglio, il passo dei

violini, a miss. 395 e seguenti.

E, poi, indicazioni come il "velato" delle viole,

a miss. 11~0 il "furioso" dei violini in "fff", a mise

131 (questa curiosa aggettivazione, che ci fa pensare


,.
a Bartok o a Prokofiev, è quella più frequente in Ré­

création concertante, ed estrapolarne una più "signifi

cativa" credo impossibile), o il "dolce" dei corni, a

miss. 190 e, ancora, a miss. 195 e 196, o altre come

"morbido", "brillante", "sciolto", "sentito", "espress.

ma senza vibrare troppo", "sempre molto calmo", "senti


182

to, ma dolce" ••• sono molto più che semplici suggeri ­

menti tecnici e sottendono una volontà espressiva che

quasi ribalta l'affermazione di Porena.

Quanto allo "spirito dell'ornamento, dell'arabesco

emancipato", forse occorre riconnetterlo al più gener~

le spirito che caratterizza il concerto - che, come dì

ceva 'vaterhouse, è "bold and colourful" (114) - e, na­

turalmente, all'innato magistero tecnico-strumentale

che da sempre contraddistingue Petrassi e contraddi

stingue~à ancor più in futuro il Petrassi di lavori e­

splicitamente ricreativi, come Tre per sette (già il

titolo sembra pensato per ricreaztone), o Estri per

quindici esecutori, entrambi del '67.

Non bisogna, però, che questo senso evasivo pregiu~

dichi i contenuti umani ed espressivì, comunque presen

ti. " •.. c'è un'espressione che è appunto un'espressio­

ne detta e un'espresstone non detta - afferma Petras­

si (115) -. L' espressilone detta è· l' espressi~:>ne concIa


183

mata attraverso un titolo, attraverso un testo; l'e­

spressione non detta è l'espressione che è tutta inter

na e che si rivela soltanto attraverso la musica ••• Ci

possono anche essere dei lavor~ da camera (come Tre

per sette o Estri), in cui l'esornatività, l'arabesco

prendono magari il 'sopravvento ••• , (ma) io dico, af­

fermo almeno per conto mio, privatamente, che in ogni

lavoro è sempre reperibile una possibilità di espres ­

sione, ••• un sigillo espressivo •••• Insomma questo de!

l'ornamento non significa che una musica è soltanto e­

vasiva perch~ ha alcuni momenti di ornamentazione. An­

che in molti lavori miei c'è la qompiacenza dell'orna­

mento, la compiacenza dello svolazzo, perchè no? Mi

fa piacere, perchè negarmela?fI. Ecco, dunque, chia,rita

l'accezione più vicina alle intenzioni dell'autore, da

attribuire al titolo Récréation concertante.

Emerge anche, di qui, la flbipolarità dell' flanimus fl

petrass1ano (116), ovvero "the introvert and extrovert


184

sides of Petrassi's nature (117), sui quali molto han­

no insistito alcuni studiosi, per sottolineare il dua~

lismo espressione - evasione in l?etrassi, che pare fi­

nalmente trovare, in Récréation concertante (Terzo con­

certo , una "concordia discors" prima irrealizzata. Al

riguardo, si osservi il contrasto di lavori così vici­

ni cronologica~ente, ma antitetici spiritualmente, co­

me il Concerto per pianoforte e il Coro di morti (anni

'36 ••. '41), oppure l'opera Il Cordovano e la tragedia

Morte dell'aria (anni '44 ••• '49), o, infine, la canta­

ta Noche o~~ura e i divertiti e divertenti Nonsease

per coro a cappella (anni '51 - '52). Ma non è, forse,


l"
il caso che su questi Il "t'ono"," della critica petra~

siana insistiamo anche noi; rimandiamo, invece, ai cri

tici riportati in nota.


185

7. Quarto concerto

Quarto concerto non sembra proseguire la, strada in­

trapresa con Récréation concertante (Terzo concertO) .I

due lavori sono separati nel tempo dalle Musiche di sce­

na per il ~LFrometeo" di Eschilo e il Lorenzaccio di De

Musset (regista Luigi Squarzina) e dalle colonne sono­

re per il films Pattuglia sperduta e Cartouche, inedi­

te. E' passato un anno soltanto dai primi approcci di

Récréation concertante con lo "strutturalismo interval-'

lico" (118), ma già Petrassi pare discostarsene, senza

approfondirne gli esiti. Dopo i viaggi a Salisburgo e

a Londra ('51 - '52) e la "tournée" in America Latina

(nel '53, come direttore, compositore e conferenziere),

il '54, anno del presente concerto, trascOrre per Pe­

trassi a Roma in relativa quiete. E'come, metaforica­

mente e non, un rimpatrio, che lo immerge nella nuova

temperie culturale e artistica dell'Italia musicale del


186

momento.

"Nel Quarto concerto c'è. stata certamente una ::eorte

influenza bartokiana ••• - conferma Petrassiin un'in ­

tervista (119) -. In realtà fu il momento, se non del­

la scoperta, dell'attualità di Bart6k. Fu un momento in

cui ci si riavvicinO a Bart6k, ma con un'intensità e

con una partecipazione direi assoluta e soprattutto ~

in Italia, soprattutto a Roma, e questo perchè già si

delineavano le varie rotture di Darmstadt, e quindi

tutte le nubi contestatrici della musica che sono venu

te dopo, e forse Bartbk rappresentò per noi ancora la

ultima possibilità di attenerci a·un modello che sodd!

sfaceva le nostre es~genze spirituali alle quali, cre­

do, non abbiamo mai abdicato completamente. Naturalmen

te sarà passato Bart6k, Saranno passati altri musici ­

sti, ma a queste esigenze almeno io ho cercato di tene

re fede, nonostante tutti gli sviluppi e nonostante tut

t~ le manipolazicni future".
187

Il riferimento a Béla Bart~k è tutt'altro che cau­

sale o secondario. Esso determina l'adozione di tec­

niche e modi compositivi prima elusi e, soprattutto,

una maggiore "compattezza e organicità e omogeneità di

concezione dove forse c'è da ravvisare un più sottile

segno della lezione bartokiana" (120).

Quanto ai primi, la stessa scelta strumentale,nuo­

va rispetto alle opere precedenti, è significativa.La

orchestra d'archi qui impiegata - che è divisa nelle

consuete cinque sezioni di violini primi, violini se­

condi, viole, violoncelli e contrabbassi - rimanda

ad analoghe formazioni bartokiane f come il Divertimen­

to per archi del '39, o la Musica per strumenti a cor­

da, celeste e percussione del '36, o, ancor più, i sei

Quartetti per archi del 1908 ••• '39, che indagano, co­

me forse nessun'altra opera di Bart5k, le possibilità

tecniche e timbrico - contrappuntistiche degli archi.


188

Non è difficile scoprire la matrice di Musica per

strumenti a corda, celeste e percussione, dove la pr!

ma parte "Andante tranqu:Ulo" (anch' essa i11 tempo com

posto e affidata alle crome sinuose degli archi) ri ­

corda il "Placidamente" di apertura di Quarto Concer­

to. Simile atteggiamento ritroviamo nel Bartbk dei

Quartetti, e in particolare nel Secondo quartetto(pri

mo movimento, 9/8 - 6/8, "Moderato") I nel Terzo quar­

tetto (seconda parte, al "Più mosso, J. = 90 - 92 11 in

tempo 3/8 (nn. 13 e segg. delle edizioni Philarmonia»

e nel Sesto quartetto (esordio "Mestoli in 6/8 di ogn!!,

no dei quattro movimenti e, benchè in tempo "Vivace",

tutto il primo movimento, a partire da mis. 24). Un

primo immediato legame con il grande collega unghere­

se è, dunque, ravvisabile, oltre che nella adozione e

sclusiva degli archi (strumenti bartokiani per eccel­

lenza), nell'uso insistito e melodicamente espressivo

delle crome in tempo moderato di" 6, 9 o 12/8, secondo


189

un'agogica ed una ritmica di frequente utilizzazione

in Bartok. Anche l'intervallazione intern~ di queste

linee di crome, che, nel breve arco di qu~lche misu~a,

toccano spesso il tot.ale cromatico, e la loro forte

spinta ora ascensionale ora discension~e avvicinano

i due autori.

Ma dai Quartetti di Bart6k è desunto anche, e so­

prattutto, quel "tessuto a maglie strette ll


, inteso cS!.

me sovrapposizione ravvicinata delle parti strumenta­

li, che dà luogo, di l'quando in quando, a veri e pro­

pri lI c l us ters", o a contrappunti di seconde parallele,

a incontri verticali di semitono più o meno prolunga­

ti, a crocevia di parti strette che si incont~ano e

si scontrano come incuranti le une delle altre, ma re

golate, in realtà, da una logica interna rigorosa (bar

nano alla mente ~nche i bartokiani Contr~sti per vio­

lino, clarinetto e pianoforte del '38), imit~zioni

o,meglio, addizioni - di materi~~i melodici e timbri­


190

ci, che si articolano per progressivi interventi e si

accumulano (o viceversa), producendo ~ggregati sonori

di diversa tensione e compattezza •••

Consideriamo il primo movimento, "Allegro", del

Quarto ~ttp_ di Bart6k. Gli intervalli armonici di

tono e di semitono, e i loro derivati, sono i più fr~

quenti e, per di più, vengono trattati con una spre ­

giudicatezza tale, da non risparmiare le orecchie più

agguerrite e abituate agli estremi pGlitonalismi. Qu~

sto il "bicinium" contrappuntistico delle prime tre

misure, fra violino primo e violino secondo:

mi mib fa
I
fa f a # - - - - rel/ mi I
reg do. sol mJ do - - sib do.J!
mi~ re~ ---"siI? la s~--si~

etc.

Da notare, alla terza misura, lo strettissimo "acca ­

vallamento" e incrocio delle due parti a distanza se­

mitonale - tonale sulle note do - sib- dO# del pri-


Il Il
ma violino, stante il s1 fermo del secondo violino.
191

A mis. 7, poi, un aut.entico "cluster", ottenuto dalla

progressiva addizione delle parti a distanza di semi­

tono: fa#--­
fa~ . - - - ­
mi----­
mi~---

simile, ma pin complesso, il contrappunto imitativo

che viene a mis. 14 e seguenti. I casi potrebbero mol

tiplicarsi per tutto il primo movimento.

Ora, non si vuole affermare che il Petrassi di

Quarto concerto si sia posto di fronte a un preciso

modello bartokiano, e tanto meno che questo modello

sia proprio il quartetto che abbiamo preso in conside

razione. Bart6k sbesso, d'altra parte, in diverse oc­

casioni adotterà l0 stilema che abbiamo definito del

"tessuto a maglie strette", dato dalla sovrapposizio­

ne ravvicinata delle parti strumentali. Il Quarto

concerto è, piuttosto, un esempio limite di un tipo

compositivo che ritroviamo, anche se in modo meno ar­


192

dito e provocatorio, in Quarto concerto.

Questo contrappunto di minimi intervalli, unito al

l'uso frequente delle note tenute, determina anche,in

Bart~k come in Petrassi, momenti di magica contempla­

zione, già in parte riscontrabili in Morte dell'aria

e:Recréation concertante (Terzo concerto) (vedi 11"A

dagio moderato" conclusivo del terzo movimento), ma

qui arricchiti di procedimenti tecnici, e conseguente

mente espressivi, prima ignorati. Si vedrà come, nel

"lentissimo" di miss. 322 e seguenti, Petrassi combi­

ni le sei parti in un contrappunto di grande tensione

intervallare - eppure assolutamente statico nei suoi

esiti, quasi allucinato -, dove gli strumenti interse

cano linee di intervalli chiaramente definiti, che,p~

rò, risultano praticamente impercetti~ili all'ascolto

e si smarriscono in un pulviscolo di armonie prevale~

temente di seconda, settima, nona etc~ Nei lavori di

Bartok, ci imbattiamo spesso in passaggi analoghi.per


193

rimanere ai Quartetti, si pensi al "Lento" conclusi­

vo del Secondo quartetto, o alla'~icapitulazione{sic)

della prima parte"de~ Terzo (specie ai nn. 3 e 4 del~

le edizioni Philarmonia), o, ancora, all'esordio e

ad altri momenti del "Non troppo lento" del Quarto, e

via ·.dicendo.

Sono atteggiamenti - non crediamo di esagerare

che affondano le radici in certo spirito visionario e

incredibilmente avveniristico dell'ultimo Beethoven.

Non siamo i soli a sostenerlo, se Giovanni Carli Bal­

lola, nella sua monografia su Beethoven (121), defini

sce "beethoveniani nella sostanz.a" i Quartetti per

archi di Bart~k, "con la loro invenzione di forme in

cui di volta in volta s'identific~ lo stesso di­

scorso musicale, i loro parossismi e sortilegi, la lo

ro assoluta interiorità che attinge ai piO. riposti a­

bissi dell'anima". Ci riferiamo, in particolare, alla

"Canzona di ringraziamento offerto alla divinità da


194

un guarito, in modo lidico" (secondo movimento del

Quartetto in la minore op. 132), all"'Andante con mo­

to ma non troppo" dell'op. 130, all'''Adagio ma non

troppo e molto espressivo" dell'op. 131, al "Lento as

sai, cantante e tranquillo" dell'op. 135.

Dopo Bart6k, molti altri compositori, oltre a Pe­

trassi, hanno trasferito nella propria musica "gli e­

lementi di una natura visionaria e notturna, portata

a scandagliare gli aspetti celati delle cose e la vi­

ta segreta della materia," (122). Fra di essi, il con­

terraneo di Bart6k,Gyorgy Ligeti - del quale ricordo

le fissità astrali di Aeparitions e di Atmoseheres

per orchestra ('60 - 161), del Requiem per coro e or­

chestra e di Lux aeterna per coro misto a cappella

('66), di Lontano per orchestra ('67) -, il polacco

Krzystof Penderecki - autore di un allucinato Threnos

(Klagegesang auf die 0efer von Hlro'shima) per 52 ar­

chi ('60) e di uno Stabat Mater per tre cori a cappel


195

la ('62) -, l'italiano Aldo Clementi - la cui conce ­

zione "statica" della musica lo ha condotto a un "ri­

goroso informel" (123), con lavari come i tre Informel

061. •• '63) o le tre Varianti (' 63-' 64) - e i diversi

compositori che fanno uso dei nuovi mezzi elettronic~

Karlheinz Stockhausen, Henri Pousser, Bruno Maderna,

Luciano Berio ••••

L'elenco, naturalmente, potrebbe continuare,ma pr~

feriamo spostare l'asse del discorso su una questione

più specificamente riferita a Petrassi: come si con­

ciliano, in lui questi momenti statici - estatici di

derivazione bartokiana con una visione della musica

sostanzialmente dinamica?

Visione dinamica vuoI dire anche visione dialetti­

ca, fondata su rapporti più o meno contrastanti di

tensione e distensione. Se, dunque, questi rari momen

ti di "quiete" contribu~scono a sottolineare e a far.e

emergere, con maggiore pregnanza e incisività,i ben


196

piU frequenti momenti di tensione, la loro funzione

dialettica - dinamica è pienamente soddisfatta. Amme~

so, poi, che li si debba considerare come veri momen­

ti di distensione, chè in Petrassi anche l:a·nquiete" è

sentita come un'inquieta attesa. Diverso procedimento

è impiegato nei lavori statici di Aldo Clementi o,

trasponendo in campo cinematografico, nelle regie di

Bob Wilson (come Petrassi s.tesso mi spiegava, con sin

golare accostamento, in un'intervista (124~, in cui

i mutamenti di tensione ci sono senz'altro, ma in mo­

do talmente lento, da essere quasi impercettibili. La

ipnosi e l' "assuefazione" sono obiettivi cui Petrassi,

per libera scelta, non ha mai mirato.

Ma c'è un aspetto tecnico più sottile e preminent~

per il quale Quarto concerto si distacca dalla via

additata dallo "strutturalismo intervallico" di Récréa­

tion concertante (Terzo concerto),·per accostarsi, i:}.

veceJall'esperienza bartokiana. Chiarito, come risul­


197

ta da un semplice ascolto del concerto, che "non è •..

la componente folclorica in Bart6k a sollecitare l'in

teresse di Petrassi", Boris Porena sostiene (125) che

ciò che del linguaggio bartokiano avvince di più Pe­

trassi "e lo spinge a tentar qualcosa di analogo è la

sintesi tra tema e struttura ••• (Per Bart6k) la "pu'­

rezza" non è condizione essenziale dell'opera d'arte.

La scrittura bartokiana, infatti, ha il suo fondamen­

to in microunità figurali, in cellule tematico-strut­

turali definite sia dagli interni rapporti intervall~

ri, sia da un potenziale che vorremo dire semantico"·

Nessun dubbio. E questa "sintesi tra tema e ;strut­

tura" Petrassi la 'Plge secondo una. singolare conuni

stione - singolare, 'perchè neppure Bart6k ~i spinge a

tanto - fra elementi strutturali - serialied elemen­

ti propriamente tematici. Già abbiamo riscontrato la

compresenza dei due tipi di elementi in Terzo Concer­

to, che si avvaleva disinvoltamehte del binomio se­


198

rie - motivo (essendo l'esposizione seriale non solo

enunciazione di semplici e definiti intervalliJma di

ritmi e di figurazioni tematiche ricorrenti, impre

scindibili dalla successi.one seriale); ma in Quarto

concerto quell'equilibrio raggiunto - o solamente te~

tato, a seconda dei punti di vista - sembra dissolver

si in uno spiccato protagonismo dell'elemento temati­

co, a discapito di quello strutturale seriale. E' una

scelta di linguaggio che, in se stessa e rapportata

alle scelte precedenti, non implica, secondo noi, al­

cun giudizio di merito. Da notare, però, che la serie,

anche se possiede, in genere, ancor meno valore gene­

tico e strutturale che in Récréation concertante (Ter­

zo concerto), è posta, ad ogni enunciazione, in massi

ma evidenza.

Prima di procedere a una veri.fi.ea dei bart.okismi

,-ri:n qui ,delineat.~, tramite l'analisi det.t.agl·iata della

'·part.it.ura di Quarto coneerto,resta da dire del "più


199

sottile segno della lezione bar~okiana", e cio~ della

"maggiore compattezza e organicità e omogeneità di

concezione" del presente concerto (vedi la cit~zione

riportata al principio del capitolo). Non significa,

certamente, che Récréation concertante (Terzo Concer­


,
to), o, a maggior 'ragione, i due Concerti per orche ­

stra precedenti, pecchino di interna disorganizzazio­

ne. Petrassi ~ sempre molto attento, ed anzi "neoclas

sicamente" attento, ai valori della forma; solo, in

Quarto con~erto la monocromia timbrica dettata dalla

scelta strumentale (ben più responsabile, al riguardo,

di quanto non si voglia credere~, la presenza di chia

re cellule tematiche che fanno da connettivo ai singg

li movimenti, l'agogica relativamente più costante e

il contrappunto meno contrastato e più naturalmente

discorsivo fanno risultare il concerto, pu~e nei suoi

ventidue minuti j più, organico e meno preve­

dibilmente varteg~to dei precedenti. In realtà, l'a­


200

nalisi seguente confermerà un'interna varietà di at ­

teggiamenti che, per nulla esaltata dalla circoscrit­

ta tavolozza timbrica, non è datp riscontrare neppure

nel precedente "bold and colourful" (126) Terzo con­

certo.

Il lavoro si divide, formalmente, in quattro part~

collegate fra loro da brevi episodi di transizione e,

per la prima volta, scrupolosamente cronometrate dal­

l'autore (127). Essendo, dunque, indicato il tempo

di durata alla fine di ciascun movimento, non c'è

dubbio (come, invece, accadeva in Récréation concer ­

tante) sulla quadripartizione del concerto: prima paE

te "Placidamente" (5'20", miss. 1 ••• 87), seconda par­

te "Allegro inquieto"I"Sereno"I"Allegro inquieto" (6'

20", miss. 88 ••• 283), terza parte l'Molto sostenuto" I

"Lentissimo (4'40", miss. 284 ••• 360), quarta parte

"Allegro molto"/"Allegro giusto"/"Sostenuto (non tro12


201

·P(!» "/"Calmo l1 etc. (5'40", miss. 361 ••• 549). L'agogica,

specie nella prima parte,è meno cangiante che nei due

concerti precedenti; salvo che}nell'ultima parte, al­

le estreme cinquanta battute, l'indicazione metronomi

ca cambia sei volte, comunicando un'inattesa mobilità.

Il primo tempo, "Placidamente", è tutto imperniato

sullo scorrere pacato e cullante delle crome in tempo

9/8 - 12/8. Sono movenze che rimandano non solo al

la Musica per strumenti a corda, celeste e percussio­

ne e a taluni Quartetti per archi di Bart6k (come già

si è rilevato), ma anche allo spirito serenamente pa­

storale che anima le prime misure del Secondo Concer­

to .e, soprattutto, il "Molto calmo, quasi Adagio" (miss.

213 e seguenti). Nel "Placidamente" di Quarto Concer­

to, però, la continuità discorsiva è maggiore, non li

mitata all'enunciazione tematica, o a una breve sezio

ne espositiva, e gli sviluppi emotivi procedono grad~

tamente, senza sobbalzi. L'osservazione è abbastanza


202

nuova rispetto al Petrassi di prima, ed anzi assoluta

mente opposta a quelle suggerite dalle opere sangui·'­

gne o chiaroscurate degli anni '30 - '40. Beninteso,

anche qui non sono assenti i contrasti chiaroscurali,

ma i passaggi fra i diversi livelli di densità emoti­

va sono, in genere, meno bruschi e taglienti, più pr~

gressivi.

Cosi, se si accostano le prime misure - in cui i

violini primi, assecondati dai lievi e intermittenti

pizzicati di violini secondi e viole, dipanano una

"placida" e legatissima arcata di crome - all'esaspe­

rato "H6hepunkt" in "fff" di miss. 62 ••• 64, il contra

sto dinamico ed emotivo non potrebbe essere più gran­

de, e ci si r.enderebbe cosi conto del graduale e in­

cessante cammino compiuto, quasi insensibilmente, in

sole sessanta battute. Se, poi, constatiamo la rapida

parabola discendente, che, subito dopo, conduce alla

fine del movimento, potremmo tracciare un semplice


203

grafico di questo tipo, molto simile a quello che si

potrebbe tracciare per il primo tempo, "Andate tran ­

quillo", di Musica per strumenti a corda, celeste e

percussione: "Hohepunkt"

Tre ci sembrano essere gli elementi ritmica - melo

dici che articolano questo movimento: l'iniziale suc­

cessione di crome legate, ai violini primi (miss. 1 ••

. 3), la sequenza dodecafonica di miss. 16 .•• 20 bene

individuata anche ritmicamente, sempre ai violini pr~

mi; le semicrome staccate che, da miSe 38, percorrono

insistentemente il movimento.

Il primo elemento è quella più ricorrente e, alme­

no nella prima enunciazione, disegna con morbidezza

un arca melodico di neoclassica perfezione. Il totale

cromatico è esaurito con il la bemolle di mis~ 3, es­

sendo esposti successivamente, senza ripetizioni, sa­

lo le prime sette note di una serie incompleta e mai


204

comple.tata. L'elemento, come abbiamo detto, ricorrerà

continuamente lungo il movimento, per lo più frammen­

tato in forma di scalette diatoniche per moto retto

o contrario, variamente contrappuntate e giustapposte

(vedi le miss. 6 ••• 16 e, in particolare, il moto con

trar io ai violini secondi di miss. 11 ••• 13; le miss.

23 e 24, 29 ••• 31, 33 ••• 39 etc.). La giustapposizione,

qualche volta, avviene, b'artokianamente (o stravinski~

namente), per seconde parallele, come nel passaggio ~


( fa
scendente di violini primi e secondi, a mise 16 la
sol la sol
si do~ etc.), o in quello di violini primi e viole,
la si
a miss. 56 e 57 (fai la# sifletc .-) •
mi SOl~ l i
Il trascorrere orizzontale di questo elemento di

crome, che da "placido" diviene realmente ossessivo e

_ i nquietante, e il suo fitto e mobile intrecciarsi nel

le più disparate contemporaneità verticali, produce

un'impressione che cos1 avevo personalmente sintetiz­


205

zato nelle prime note di ascolto: "A tmosfera grav~

sa, per lo più allucinata, ~astidiosa. Ascendenza ba~

tokiana, ma rivissuta da Petrassi in chiave personale.

Il "Placidamente" dell'inizio}dopo un po~ non fa che

"splacidarmi" e inervosirmi, per la sensuale e conti­

nuata movenza delle crome scivolose in t~mpo 9/8

12/8". Naturalmente, si può condividere o meno questa

impressione, ma la reiterata proposizione di queIr~a~

cata" introduttiva dei violini primi, secondo un con­

trappunto insistente e allucinogeno che provoca fa­

sce sonore in lenta e ineluttabile progressione, fino

al "fff" delle miss. 62 ..• 64, lè ,un fatto tipicamente

bartokiano, quasi del tutto estraneo al Petrassi di

prima. (Chissà che anche l'esperienza cinematografica

non abbia in parte contribuito a questi atteggiamenti

... ) .
Secondo elemento ritmico - melodico si è detto es­

sere la successione seriale di miss. 16 ••• 20. Come


206

in Récréation concertante (Terzo concerto), l'esposi­

zione seriale completa non appare che dopo qualche m!

sura dall'inizio e, quando appare, figura come qualc~

sa di assolutamente nuovo, non anticipato da alcuna

successione intervallare precedente. CosI le sovrapp~

sizioni in "fortissimo" dell'''Allegro sostenuto ed

energico", che introducevano il Terzo concerto, e co­

sI le diatoniche successioni intervallari delle prime

misure del Quarto, simili assai più a frammenti più

o meno lacunosi di scale modali - diatoniche che a

una seqùenza propriamente seriale.

La serie vera e propria che 'regola, o dovrebbe re

golare, il primo movimento è, dunque,enunciata com­

pletamente per la prima e unica volta daL violini

primi, a miss. 16 ••• 20, e viene ripresa, ma senza la

dodicesima nota, a miss. 20 ••• 22 e, in forma di emise

rie, alle miss. 25 ••• 30 (violoncelli), 45 ••• 48 (vio ­

loncelli e contrabbassi), 62 ••• 64 (violini primi e


20il

violoncelli primi) e 64 ••• 66 (idem un tono sotto e,

dalla nota 3, un tono e mezzo sotto). Notevole è la

chiara valenza motivico - tematica della serie,sempre

enunciata secondo impostazioni ritmiche riconducibili


(-) (-)
- v v - v '"
all'unico schema: 1 2 3 4 5 6 ••• L'enunciazione seria

le, o emiseriale, è, inoltre, semp~posta in rilievo,

conforme al suo "carattere tematico o motivico (piut­

tosto) che propriamente genetico strutturale" (128).A

conferma e completamento delle analisi intervallari

proposte Bel paragrafo precedente, è ancora interes ­

sante osservare che, nella presente serie, si dà la

solita prevalenza dell'intervallo di terza e del suo

rivolto (sette volte!, fra le note 1 e 2, 3 e 4, 5 e

6, 7 e 8, 8 e 9, 9 e 10, 11· e 12) e la completa assen

za di intervalli diminuiti ed eccedenti.

Terzo elemento, infine, una sorta di "continuum"e!!

senzialmente ritmico, che trascorre da strumento a

strumento (e richiama ai "continuali di Secondo Concer­


208

to). Si tratta di sestine di semicrome staccate. che

insistono macchinosamente su un medesimo intervallo

melodico, per lo più quello di seconda o di settima

(ultimo tempo, nAllegretto sereno", di Récréation con­

certante?). La loro funzione è puramente dinamico

motoria, volta a intensificare il crescendo emotivo

fra miss. 38 ••• 55, fino all'''animato'' che sfocerà nel

"molto sost." "fff", vertice dramma.tico ed' intensità

del movimento.

Due parole su questo punto, che è come il sospira­

to arrivo del "placido" e incessante anelare del pri~

cipio. In esso, ricorrono la prima emiserie (tre vol­

te) e, contemporaneamente, alcune triadi perfette,che

vengono ribattute o scorrono parallelamente per le

due misure e mezzo in "fff". L'osservazione comprova

l'irreprensibile eclettismo di Petrassi, che nonri­

fiuta l'uso di accordi tonali in piena regola (anche

se sciolti dai normali concatenamenti della tradizio­


209

ne), a fianco di una libera pratica dodecafonica. Ma

non solo. Credo si possa parlare di sovrapposizioni

poliarmoniche, già tipiche dello Stravinskij pre-neo­

classico. Infatti, queste due misure e mezzo "fff" si

prestano perfettamente a un simile tipo di analisi

triade di do diesis maggiore a violini secondi, viole,

violoncelli secondi e contrabbassi ( fa = mi diesis),

e, sovrapposta, quadriade di dominante di si, enuncia

ta in arpeggio dalle prime quattro note della succes­

sione seriale, a violini primi e violoncelli primi

(mi, dO# ' fa#, la# ! Non c'è neppure da operare tra­

sformazioni enarmoniche). Il battere di mis. 64 è peE

sino un'~cepibile triade di re mtnore.

Con il secondo movimento, "Allegro inquieto", cui

preveniamo tramite un lungo passaggio in "p" - "ppp ",

che all'improvviso esplode in una fremente concitazio

ne, a miss. 87 - 88, Petrassi rit~momentaneamente

(e stranamente) a moduli composi-tivi già sperimentati


210

in Récréation concertante (Terzo concerto). Ritorna ,

cioè, alla divertita "invenzione" sull'intervallo di

terza minore, che aveva costituito il nerbo del "Vigo

roso e ritmico" del concerto precedente. In più, ven­

gono riprese alcune rapide movenze del "Presto" con ­

elusivo di Secondo concerto (che, fra l'altro, già si

era rilevato avere diversi punti di contatto con il

"Presto" del Concerto per orchestra di Béla Bart6.k;).u.!.

tima considerazione di carattere generale la forma

tripartita, che mai per Petrassi come in questo movi

mento rimanda cosI chiaramente allo schema tradizio­

nale A B A.)dove B (miss. 162 ••• 249) è un'autentico

"Trio" e A, (miss. 250 ••• 283) è ripresa variata e ab­

breviata di A.

Eppure, malgrado tutte queste ascendenze ai ConceE

ti precedenti e ad una forma insigne e classica, come

quella del "minuetto" - almeno per quel che riguarda


211

la tripartizione, la presenza di una sezione centrale

contrastante e quasi autonoma e la r~presa abbreviata

-, l'"Allegro inquieto ''l'' Sereno "1"Tempo 16 " di Quarto

concerto risulta qualcosa di completamente nuovo ed

è,forse, accanto al. "Lentissimo" del movimento segue!!,

te, la parte pia interessante. Diversamente, l'estre­

ma normalità della forma e la ripresa di molti eleme!!,

ti ormai risaputi della tecnica compositiva petrassi~

na (compresi, oltre al "divertimento" intervallico e

alle semicrome volanti che trascorrono da una parte

all'altra, gli stilemi delle note ribattute, dell'imi

tazione fugata, del tremolo e dei suoni armonici •••• )

potrebbero indurre a una lettura superficiale.

Se, però, osserviamo da vicino il primo "Allegro

inquieto" (miss. 88 ••• 161), e cioè la prima delle tre

parti in cui è diviso il secondo movimento, scopriamo:

1) l'estrerlla compattezza e "gradualità" dell' a.rco fo!,

male, molto simile a quello del "Placidamente" dell'i


212

inizio, nonostante la maggiore iridescenza e spettac~

larità della dinamica e delle figure adottate (miss.

88 ••. 92, quasi un'introduzione (cfr. miss. 1 ~ ò 5);J'Iliss.

93 ••• 132, crescendo di tensione al "ff(f)" (cfr.miss.

6 •.. 61); miss. 133 ••• 138, "H8hepunkt" (cfr. miss.

62 .•• 64); miss. 138 ••• 161, diminuendo alla parte se­

guente, il "Sereno" di miss. 162 ••• 244 (cfr. miss.

64 ••• 87»;

2) la riproposizione "ciclica" dell'arcata melodica

che abbiamo definito come primo elemento motivico

tematico del movimento precedente (miss. 109 ••• 111,

113, 138 e 139, 156 ••• 161);

3) non solo, ma anche la riproposizione del materiale

seriale comparso saltuariamente nel primo movimento ,

qui impiegato, a ben vedere, con criteri quasi geneti

co - strutturali: alle miss. 88 ••• 92, che espongono

liberamente il totale croma.tico f anticipando anche il

prossimo "divertimento" sull' intervallo di terza mino­


\

213

maggiore, seguono almeno 16 - 17 battute che si pos­

sono analizzare, davvero eccezionalmente per Petrassi,

sulla base di soli principi seriali (cosI, il contrae

basso espone per moto contrario le prime otto note

della serie già proposta nel "Placidamente", a miss.

14 ••• 21, e violini primi - violini secondi - viole

viQloncelli ne espongono in successive imitazioni ca

noniche undici note, sempre per moto contrario, con

l'aggiunta di "note di volta" e la ripetizione della

nota 3 - "nota sfuggita"? - fra le note 4 e 5; e cosi

via) •

Il successivo "Sereno" (miss •.162 ••• 249), "Trio"

della evidente forma triparti ta., contrasta l' inquiet!!,

dine della parte precedente e di quella seguente. Es­

so, inoltre, prelude vagamente ai modi del futuro

Quartetto per archi del '58, al quale si riconnette

per la "elasticità" e "comodità" (cfr. le relative

indicazioni agogiche ed espressive) dell'ampio, 1so ­


214

ritmico fraseggiare. Ma qui le note ribattute, anzi

chè fungere da impulso dinamico - motorio, hanno un

valore essenzialmente lirico ed espressivo, e l'inci­

so ritmico - melodico del principio, nel suo curato

disegno di crome ascendenti, assume il senso di un

"incipit" tematico che ricorre in entrate spaziate e

subendo qualche metamorfosi lungo il corso del brano

(mis. 175 ai violini secondi, mise 178 alle viole,mis.

186 ai violoncelli etc.). Insistente, ancOra, l'inte~

vallo melodico e armonico di terza, che, oltre alle

sovrapposizioni politonali di miss. 165 •.• 168 e 169 ••

194 etc., dà luogo a triadi perf~tte in piena regola

(a miss. 197 e seguenti, ma, ormai, di questo non ci

meravigliamo più). E insistente l'uso del pancromati­

smo ( la frase iniziale espone una serie completa,se~

za ripetizioni, di dodici. note), che,per altro, è av­

vicinato al più smaccato diatonismo di scale pseudo··­


215

tonali (come a miss. 207 e 208, 218, 222 e 223, 231 e

233), o a passaggi di scala cromatica (miss. 189,191,

193 etc.).

Della terza parte di questo secondo movimento, che

è ripresa variata e abbreviata della prima, c'è da ri

levare la presenza dei medesimi caratteri dell'''Alle­

gro inquieto" di miss. 88 ••• 161 (semicrome volanti,

"gioco" sull'intervallo di terza, adozione seriale

più rigorosa di quello che non sembri alla superficie,

compattezza fOFrnale), nonchè sottolineare almeno tre

altri -:. aspetti: l'episodio espressivo e Il intenso" (cfr.

l'indicazione di mis. 262) affidato ai violini prim~

alle miss. 260 ••• 267; la citazione in "fortissimo" e

per moto contrario dell'inciso che apre il "Sereno"(a

mis:; .275); la magica e fantomatica coda in " pianissi­

moli (miss. 277 ••• 283) che, con i suoi rapidi cromati­

smi che si spengono nel silenzio di una pausa, ci.ri­

corda un po' l'analoga scala cromatica (ascendente,p~


216

r~) che stava a conclusione de11 1 "A11egro spiritoso"

di Récréation concertante (Terzo concerto) •

Il terzo movimento è quello che, con il primo, ri­

corda di più i modi bartokiani. Le fasce melodiche

che progressivamente si sovrappongono, in libera imi­

tazione, da mis. 287 in avanti e gli incroci e le dis.:

sonanze ravvicinate, per di più in regione grave, ri~

mandano a passi analoghi del primo tempo del Quarto

quartetto di Bart6k (128) (in particolare, alle miss.

14 e seguenti e alle miss. 105 e seguenti) e, in mi ~

nor misura, al primo tempo di Musica per strumenti;' a

corda, celeste e percussione ('~6). E' qui valido, c2

mei' per il primo movimento, il discorso generale che

si faceva sulle ascendenze bartokiane di Quarto con ­

certo: "tessuto a maglie strette" e "contrappunto di

minimi intervalli", note tenute combinate vertica1men

te con esiti di particolare suggestione timbrica,sin­

tesi di tema e struttura, "compattezza e organicità e


217

omogeneità di concezione" •••

Ma crediamo che l'attenzione principale di questo

terzo movimento sia assorbita dal "Lentissimo" che lo

conclude (a miss. 322 ••• 360), fungendo anche da "trait

d'union" con 11 "Allegro moltol"Al1egro giusto" finale

(e collocato, perciò, in una posizione del tutto simi

le a quella dell'''Adagio moderato" di Récréation con­

certante (Terzo concerto». Si tratta del vero centro

gravitazionale del concerto. "Der Hohepunkt dieses

Satzes ist dynamisch eine "Anticlimax"" dice giusta ­

mente Roman Vlad in un saggio del '59 (129). E tale

"Anticlimax", termine secondo noi indovinatissimo,co,!!

siste in una "statische Vision" (130) che procede di

gran lunga oltre gli spazi sonori di Bart6k, anche se

questi permangono come ineliminabile punto di parten­

za.

Prendiamo a prestito altre espressioni, questa voI

ta del critico Mario Bortolotto (131): "estatici scor


218

rimenti delle parti ••• entro l·immobilità generale del

passo", "concezione del suono puro", "neutralizzazio­

ne del parametro altezza nel timbro". Sono espressio­

ni riferite al "Lentissimo" in questione. Difatti,ciò

che affascina maggiormente in questo passo, che è sen

za dubbio una delle pagine più interessanti e sugge ­

stive di tutta la produzione di petrassi,è la compre­

senza dei momenti statico e dinamico. Le linee inter­

valliche affidate alle singole sei voci considerate

in se stesse hanno un carattere progrediente e dise ­

gnano,fra miss. 322 ••• 330, delle arcate melodiche.dif

ferenziate internamente anche da,un punto di vistarit

mico, che sembrano suggerire uno spiccato senso di mo

to, anzichè di stasi.

Si prenda l·arcata disegnata dai violini primi,che,

nello spazio di nove misure, percorrono un itinerario

non privo di slanci propriamente melodici e di cadute,

fra l·altro enunciando consecutivamente una serie com


219

pleta di dodici note: la prim~ delle due semifrasi in

cui si scinde il disegno (miss. 322 ••• 326) presenta,

dapprima, un chiaro moto ascensionale, fino al sol di

mis. 325, cui segue un moto inverso di discesa, sul

fa della misura dOP01 la seconda semifrase (miss. 326

••• 339) è soggetta a una dinamica interna molto simi­

le alla prima, raggiungendo la tensione massima sul

do diesis (nota reale, cinque tagli addizionali so­

pra il pentagramma in chiave di violino) di mis. 329

e declinando subito al si diesis della misura seguen­

te. La stessa situazione melodica si verifica ai con­

trabbassi, che imitano, sfasati di una battura e tra­

sposti un semitono sopra, i violini primi; con l'ecce

zione che la serie viene interrotta alla decima nota

e il fraseggio è un altro. Situazioni analoghe si dan

no per le quattro parti interne, dove le viole espon­

gono la medesima serie di violini primi e contrabbas­

si in nuova soluzione ritmica e per moto contrario,


220

presenti tutte e dodici le note,mentre i violini se ­

condi e i violoncelli divisi enumerano le note di se­

rie diverse e incomplete.

Ma questi moti contrappuntistici, in sè significa~

ti ed espressivi, sono come neutralizzati da due fat­

tori decisivi: la precisazione tecnico - espressiva

"ppp senza vibrare" e la vischiosa compattezza delle

combinazioni verticali e dei timbri.

Questa, in particolare, è prodotta dalla disposizio

ne ravvicinata e dagli scavalcamenti di alcune parti

intermedie (vedi i violini secondi e le viole a mis.

324, i violoncelli primi e secondi a miss. 325 e 326,

i violoncelli secondi e i contrabbassi a mis. 329,e~

sendo, invece, chiare e percepibili le due linee e­

streme dei violini primi e dei contrabbassi), ma, so­

prattutto, dalle "dissonanti" sovrapposizioni inter ­

val~iche, fra le quali sono favorite quelle di semit~

no e di settima. Cosl, le prime sovrapposizioni sono


221

veri e propri "clust:ers" , scrupolosamente annotati e

spaziati sul pentagramma. A mis. 323, la combinazion~

ordinata ascendendo dalla nota sol è questa: sol


....
la

---
laft si do

la nota re: re
dO#. E, a misure seguenti, partendo dal­
.,

fa#
...........
sol lab
.,.........­
sih
--
S1; re mi sol la~

si~ si; mJ mi
. . ._
. __J ~ sol lak sih mib mi fa la do
----~~----

etc. '.

Ora, questo pulviscolo sonoro delle prime nove mi-

sure del "Lentissimo" produce un senso di vastità e

d'infinità spaziale, in cui gli "scorr1menti delle

parti" sono come fluttuazioni senza tempo nè gravità.

Ciò che l'orecchio percepisce è la "politimbrica" om2

genea dei sei archi, tutti "tasto, 'ppp senza vibrare'~

in cui si neutralizzano i parametri altezza e durata.

Bart6k non si era mai spinto a tal segno, e il compo­

sitore contemporaneo che ci pare più vicino a questo

particolare atteggiamento petrassiano crediamo sia,

cOBsapevolmente o meno, Gy6rgy Ligeti (che, guarda ca­


222

so, proprio nel '54 scriveva il suo primo importante

lavoro, Métamorphoses nocturnes per quartetto d'arch:O.

L'I1Anticlimax" di questo terzo movimento, nonchè

dell'intero Quarto concerto, stia tutto in queste pri­

me nove misure del "Lentissimo", dopo le quali l'esp"lo

sione "improvvisa" di un I1fortissimo" su un tradi.zio­

nale, e per questo doppiamente inatteso, accordo di

settima con triade eccedente (do mi so1# si, a mise

331) ci porta progressivamente, prima diminuendo al

"pianissimo" e poi nuovamente crescendo al "fortissi­

mo", alli ultimo movimento del concerto, "Allegro"mol­

to"I"Allegro giusto" (miss. 361 •.• 549).

Che è il movimento di più facile acquisizione. Vi­

vace e brillante, basato su figurazioni tematiche net

tamente profilate e disposte in successioni semprenuo

ve e imprevedibili, "giocato" (specie a partire da

mise 430) sul solito intervallo di .terza minore, che

suggerisce, a miss. 450 ••• 485, d~i divertenti contraE


223

punti a incastro, dove gli strumenti sono impegnati

in un nervoso battibecco. Prima della estrema conclu­

sione, il "Calmo" di miss. 513 ••• 529 rlpropone il pr!

ma elemento ritmico - melodico del "Placidamente" ini

ziale, punteggiandolo , ai violini primi, con triadi

perfette minori. Il sestetto formato dalle prime par­

ti di violini primi e secondi (divisi entrambi a due),

di viole e violoncelli, attacca, dopo le prime quat ­

tra misure del "Calmali, un:breve ma denso episodio in

fugato (miss. 517 ••• 529), che è il riscontro in chia­

ve univocamente dinamica, e anche un po' accademica ,

del IILentissimo" di chiusura del terzo movimento. La

ripresa dell' "Allegro giusto I l , a mis. 532, in seguito

alla pausa riflessiva del "Calmo", è la coda che gui­

da alla conclusione, in un incalzante "stringendo".

Analizzando nei particolari, Quarto concerto deno­

ta un bartokismo e, contemporane?mente, un deciso e


224

personale superamento del bartokismo, che lo distacc~

no sia dall'esperienza di Récréation concertante (Ter­

zo concerto) sia da quella seguente di Quinto concer­

to. Tuttavia, non crediamo si po~sa parlare di un"Pe­

trassi aberrante" (132}.Anche in Quarto concerto,Pe­

trassi è quello di sempre, proteso a una ricerca in­

stancabile che qui coincide con l'adozione, stimolata

dall'attualità dell'epoca, di alcuni modi bartokiani.

Filtrati;. beninteso, e fatti propri. Che tale adozio­

ne corrisponda, in particolare, a un' accentuazione dei

tratti tematici a discapito dell'esclusivo impiego

intervallico - strutturale dalla serie non ci pare un

regresso e nemmeno un'aberrazione.

D'altra parte, Petrassi rifiuterà ostinatamente

un simile esclusivo impiego. Perchè fargliene un tor­

to? Oggi si può constatare, a posteriori, come la

strada additata. da Récréation concertante abbia port~

to alla quasi totale assenza di figurazioni ritmico ­


225

melodiche di una certa complessità e differenziazione

interna - figurazioni in grado, cioè, di avere una va

lenza motivico-tematica -, cosa che accade in Inven ­

zione concertata <Sesto concerto), o nei lavori came­

ristici Quartetto per archi, Serenata per flauto, vi~

la, contrabbasso, clavicembalo e percussione, Trio per

archi etc. Ma Quarto Concerto rappresenta, comunque ,

il tentativo, secondo noi pienamente riuscito, di uni

re ai modi bartokiani lo "strutturalismo intervallicd'

di Récréation concertante (Terzo concerto), non con~-",:,

traddicendo l'esperienza precedente, ma integrando la

con un'altra presto superata.


226

8. Quinto concerto

C'è una recensione sul "The Christian Science Moni

tortI del 3 dicembre 1955 (133), in cui si legge:"The­

re were many moments, for instance, when he (Petrass~

gave an impression of having cCJmposed "un petit sacre

du printemps", one that employed great restraint, ec2,

nomy, and good formo And there were other times when

one caught of Wozzeck". Il passo dell'articolo citato

si riferisce alla prima esecuzione di Quinto concerto

- tenutasi a Boston il 2 dicembre '55, essendo l'ope­


0
ra "commissionata a celebrazione 'del 75 a.n:rU:versario

della Boston Symphony Orchestra e del suo direttore

Charles Munch" - e riporta le impressioni di ascolto

del giornalista e critico musicale Harold Rogers. ADa

loghi lusinghieri giudizi ,troviamo, in medesima data,

sul "Boston Post" e il "Boston Daily Globe" et in

data 11 dicembre, sul "New York T'imes ll (134).


227

Anche in Italia, la critica dell'epoca riserva una

nimemente i propri favori al Quinto concerto per or­

chestra di Petrassi. Cosi ne scrisse Massimo Mila, su

'~'Espresso" (135), in occasione della prima esecuzione

romana: "Il Quinto concerto non assomiglia piO. a nien

te che si conosca, è unicamente e esc1us!varnente se

stesso: una voce che parla per sè". E tre anni dopo

preciserà (136): "Nei nuovi Concerti (di Petrass!, e

in particolare il Quinto e il Sesto), l'intuizione

prescrive a se stessa il propr!o linguaggio, è imme ­

diatamente fantastica e sonora al tempo stesso: il se

gno nasce con la cosa, è la cosa,stessa ••• Prima _ c!

si trovava in presenza di un'individuata intuizione

di),ordine fantastico o emotivo, magari letterario o

culturale ••• intuizione tradotta in una lingua music~

le di cui era noto il vocabolar!o e si conoscevano

stimati esempi. Qui, !nvece, non c'è traduzione: !1

significato e 11 significante fanno una cosa sola".


228

La critica dell'epoca aveva colto nel segno. -Essa

sottolineava, in sostanza, la crucialità di Quinto

concerto e il raggiungimento di una cifra stilistica

assolutamente personale. (Primo) Concerto, infatti,ri

manda a ben definite ascendenze italiane e neoclassi­

che (all'arcaismo neofrescobaldiano dell'Italia in­

terbellica, ad Alfredo Casella e ai due luminari del

neoclassicismo internaz ionale, Hindemith e Stravinskij);

Secondo concerto, invece, ad una sorta di neoclassici

smo categoriale che, per la sobrietà e la chiarezza

di scrittura e, in parte, per il tradizionale organi­

co, fa ancora capo alle hindemithiane Kammermusiken e

anticipa, nell'ultimo tempo, l'adozione di modi bart~

kiani che saranno particolare oggetto di indagine so­

lo in Quarto concerto; Récréation concertante (Terzo

concerto) affronta il problematico approccio di ·pe­

trassi con Schonberg e la dodecaf'onia e il conseguen­

te approdo allo "strutturalismo·intervallico"; Quarto


229

concerto è, come si è appena visto, il più bartokiano

dei Concerti per orchestra di petrassi; Quinto concer­

to, non perseguendo nella fattispecie alcun modello ~

sterno - sia esso quello bartokiano, o schonberghian~

o neoclassico-hindemithiano, o, tanto meno, quello

"neofrescobaldiano" degli anni '30 -, si rivela, nel

contempo, opera di crisi e di feliCi raggiungimenti •

Di crisi, perchè rompe con le perlustrazioni e le

"indagini intensive" dei Concerti di prima. Di felici

raggiungimenti, almeno momentanei, perchè di conse~

za "non assomiglia più a niente che si conosca ed è

esclusivamente se stesso" - come già scrisse Mila

(137) - o, quanto meno, compendia una somma eclettica

di elementi stilistici tale, che ogni possibile rife­

rimento ad altri autori perde di rilievo e risulta de

contestualizzato. (Una posizione analoga, di rottura

e di provvisorio traguardo, ci pare occupata nella ~

duzione petrassiana dal Coro di morti del '40 - '41,


230

"punto criticissimo", secondo il B.ortolotto (138), e

conquista di un nuovo prepotente linguaggio sui piani

formale, timbrico ed espressiva) •

Sintomaticamente, se di riferimenti chiari e perc~

pibili si deve trattare, questi sono le molteplici ci

tazioni, più o meno letterali, che Petrassi desume da

propri lavori precedenti. Citazioni fra le più perso­

nali e atipiche, non immediatamente riconducibili a

modelli. Una in particolare è molto evidente, quella

ricavata da Coro di morti alle parole "Lieta no" (miss.

20 - 21 e 251 - 252), che compare, quasi un motto in­

sistente e ossessivo, lungo tutto il primo movimento

del concerto - essendo, perciò, un morfema ricorrente

di fondamentale importanza - e ritorna, da ultimo, a

miss. 198 - 199 del movimento conclusivo. Si tratta

di una breve sigla di tre note in successione scalare

diatonica, con cui. esordiscono, al principio del con­

certo (miss. 3 e 4), i due tromboni tenori, poi ripre


231

sa dalle trombe prima e seconda, a miss. 8 e 9, quin­

di dai corni, dai clarinetti e, in contrappunto imita

tivo sin dalla misura 6, dai violini in tremolo sul

ponticello .••

Altri riferimenti espliciti al Petrassi di prima

sono: l'impiego "un poco misterioso" e "in rilievo"

dell'arpa alla tavola, che suggerisce l'atmosfera e~

talvolta, approssimativamente lo stesso tetraccordo

(cfr. il primo movimento, a miss. 34, 35 e 45, e il

secondo, a miss. 227 e 230), che già furono della pre

cedente cantata Noche oscura ('50 - '51); i frequenti

incontri armonici di quinta vuota, presenti a partire

dalla quarta misura, anche in successione parallela

(come a miss. 34 ••. 36), che rimandano alla tragedia

Morte dell 'aria ('49 - '.50).; i tremoli degli archi

in "pianissimo" al ponticello, che, in passaggi come

quelli a miss. 6 ••• 10 o 18 e 19 del primo movimento,

ricordano un effetto analogo già' collaudato in Secon­


232

do concerto (miss. 36 ••• 39) e ancora rlpreso in Quar­

to concerto (terzo movimenta); i "secchi" staccati di

miss. 47i •• , 84 ••• , 102 ••• , 132 ••• etc., che possono

ricordare gli staccati dei tre pianofor~i in Coro di

morti; le liquescenze melodiche" dei flautli e dei

clarinetti, con arpeggi che trascorrono continuativa­

mente di parte in parte, a miss. 77 e seguenti, il cui

chiaro antecedente si incontra in Récréation concer ­

tante (Terzo concerto); il ricorso insistente, che è


/
ormai divenuto un autentlco r,'t'O'n'O ç" del linguaggio

petrassiano, alli intervallo di terza (da mise 117 del

primo tempo e, soprattutto., a miss. 89 e segg. del

secondo); il ricorso alle note ribattute, anche que­

ste tipiche, si può dire, di ogni stagione creatlvadi

Petrassi; l'adozione della testa tematica dell'IlAlle­

gretto spiritoso" di Secondo concerto, già rtèomparsa

nel "Molto moderato" di Terzo concerto (miss. 170 e

171 e, soprattutto, miss. 236 e sagge del primo movi­


233

mento); la ritmica qualche volta ruvida ed ener9~ca ,

che sembra rieche99~are "quel procedere tarchiato e

senza('isorrisa che fece la fortuna di opere come il

Primo concerto" (139) (stesse misure c~tate per ~l pu!!,

to precedente); le triadi armoniche e la polifonia ~-

soritmica degli ottoni soli, a miss. 257 ••. 259 del

primo movimento, che ricordano alcuni passaggi di

(Primo) Concerto; il protagonismo del corno inglese,

nella prima parte del secondo movimento, che ci ripoE

ta all'''Andantino tranquillo" di Récréation concertan­

~i l'impiego dell'arpa, a miss. 19 ••• 32 e 62 ••. 65,se~

pre nel secondo tempo, che richiama ancora una volta

alla cantata Noche oscura (vedi, di questa, le miss.

214 ... 216); lo smaliziato gioco strumentale, e timbri

co in genere, del secondo movimento, che rimanda alle

tavolozze de La follia di Orlando ('42 - '43) e di

Ritratto di Don Chisciotte ('45); certe sequenze di

semicrome in tempo "Mosso, con vivacità", che riflet­


234

tono l'articolazione ritmica della prima esposizione

seriale di Récréation concertante (secondo movimento,

miss. 100 e segg.); gli arpeggi e i cromatismi degli

archi, a miss. 125 ••• 129, che ricordano il finale del

secondo tempo di Quarto concerto •••

Detti riferimenti ad alcuni dei tratti più person~

li della produzione petrassiana precedente non solo

comprovano l'originalità di questo lavoro, ma ne sot­

tolineano almeno due altri aspetti: l'autobiografismo

e la profonda tragicità.L'autobiografismo, innanzit­

tutto. Poichè è lo stesso Petrassi ad,informarci (140)

che, quando egli diresse il Quinto concerto al Festi­

val di Edimburgo, "su un giornale qualunque il giorno

dopo si parlava di un concerto autobiografico ••• (co­

sa che lo) impressionò abbastanza, perchè ••• orecchie

non prevenute, o meglio ignare r di tutti i... (suoi)

precedenti, o parzialmente ignare dei precedenti del­

la ••• (sua) musica (avevano colto esattamente nel se­


235

gno)". Quinto concerto è davvero la "sununa", "rivedu­

ta e corretta ll , delle esperienze petrassiane precede~

ti. Esperienze soprattutto umane ed emotivamente sof­

ferte. Ritorna, con la citazione da Coro di morti, il

ricordo dell'entrata in guerra dell'Italia nel '40;

l'arpa e il tetracorpo di Noche oscura riportano al­

l'ascesi religiosa del mistico S. Giovanni della Cro­

ce; le quinte vuote attualizzano le speculazioni mora

li e intellettuali di Morte dell'aria; nel contempo,i

riferimenti alle "astrazioni 1f


di Primo e di Secondo

concerto recuperano un paradiso di pura musica, musi­

ca assoluta e "al quadrato".

Che ne esca un panorama vario e tiomposito, ma nel­

la sostanza. alquanto grigio, se non addirittura dramma

tico o tragico, non fa meraviglia. Roman V1ad parla ,

al riguardo, di "tragische Gesamtcharakters" (141). E

aggiunge: "Seit dem Coro di' morti hatte Petrassi kein

so pessimistisches, von We1tschmerz durchtr!nktes


236

Werk geschrieben" (la citazione del "Lieta no" da Co­

ro di morti assmme, in questa ottica, duplice rileva~

za). La "sincera e profonda umanità" che Massimo Mila

invocava in un lontano articolo del '34 (e già citato

al cap. 4 (142») è, così,pienamente realizzata tramite

un'alta tensione emozionale. Che significa: autobio ­

grafismo dato dal recupero di motivi mnestici, quasi

una monografia petrassiana in musica, e tragicità de

gli atteggiamenti espressivi. C'è una forte carica u­

mana, in questo lavoro, e una prepotenza drammatica

tali, da giustificare le impressioni del recensore del

"The Christian Science Monitor" èitato al principio

del -capitolo _, che vi scorgeva come dei l;:1agliori del

Sacre e del Wozzek. E, crocianamente, il risultato

creativo appare molto vicino all'intuizione l:iricall " i!!!


mediatamente fantastica e sonora al tempo
.
stesso", co ­
me scriveva Massimo Mila in una critica del '60~(143)

Il parametro timbrico viene esaltato sopra tutti,


237

favorendo un'atmosfera di tragica espressività: Anche

la ritmica cede ai valori del timbro e si scarnifica

secondo moduli piuttosto semplici; melodia ed armonia,

invece, sono "neutralizzate dall'iterazione" come

dice Boris Porena (144) -,un'iterazione di segno asso

lutamente opposto a quella dinamica e sovraeccitante

di Stravinskij, ed anzi sofferente e ossessiva.

La sola scelta dell'organico orchestrale, per la

verità, non dice all'apparenza molto. E' quello, dal

pift al meno, di una grande orchestra: due flauti, ot­

tavino (questa volta non pift suonato da un esecutore •

.• "anfibio", come invece accadeva per norma" dall'e­

poca di "papà Haydn"), due oboi, corno inglese, due

clarinetti in si bemolle, clarinetto basso in si be ­

molle, due fagotti, quattro corni in fa, tre trombe

in do, due tromboni tenori, trombone basso, timpani,

percus$~one -con tamburo, piatto sospeso, due piatt~

tam tam piccolo, cassa chiara, gran cassa- -'arpa, ar­


238

chi.

Ma, nel (l(j)otest!o globale della. produzione di Pe­

trassi, la presenza dell'arpa e la nutrita schiera d~

gli ottoni dovrebbero far rfflettere. Se non andiamo

errati, l'arpa compare qui per la prima volta in un

lavoro puramente strumentale di Petrassi, mentre era

già stata impiegata (con moderazione) nelle opere sin

fonico-corali, dal Magnificat del '39 - '40 alla can­

tata Noche oscura del '50 - '51. Rispetto alla quale,

abbiamo visto, e vedremo meglio nella dettagliata an~

lisi che segue, ripropone un impiego tecnico ed:·, :e­

spressivo dello strumento molto s~mile e determinante

ai fini dello spirito del lavoro. Potremmo addirittu­

ra parlare di un impiego protagonistico, insostituibi

le.

Anche la folta compattezza della sezione degli ot­

toni merita attenzione e non può che rimandare ai

primi lavori sinfonici degli anni '30 (tra cui il (Pri­


239

mo)Concerto o, meglio, al Coro di morti del '40 -'41

e al suo interessante organico (voci maschili, tre

pianoforti, ottoni con quattro corni, quattro trombe,

due tromboni e tuba, contrabbassi e percussione), no~

chè ai due balletti del '42 ••• '45, dove la caratteri~

zazione timbrica dei personaggi vede gli ottoni in pr!

mo piano. Il frequente uso degli archi~in tremolo"pi~

no-pianissimo" e la loro aggregazione in fasce sonore

la cui verticalità acquista funzione non certo tradi­

zionalmente armonica,ma di densità e spessori timbri­

ci già in parte sondati con Secondo e Quarto concert~

conferisce una sorta di sensitività vibratile e un

inquieto, iDstabile senso di. attesa ignoti ai lavori

petrassiani di prima, compresa 11 "espressionistica"

cantata Noche oscura e il 'criticissimo" (145) Coro

di morti.

Un altro aspetto è( forse, ancora più nuovo e de ­

terminante di quelli finora esposti: la dinamica di­


240

scorsiva sembra recuperare la frammentarietà tematica

di (Prtmo) Concerto - e di un lavoro che, per questo

verso, non è poi tanto distante, ed anzi più radicale

e conseguente, di (Primo) concerto, come Noche oscura

e il suo onnipresente tetracordo - e, insieme, sembra

anche recuperare i II continua" ritmici di Secondo Con­

certo (dove,però, c'era un "tematismo" più consisten­

te). In questo, anzichè un ritorno ai vecchi schemi ,

sta il più decisivo superamento della fprma tradizio­

nalmente intesa e l'acquisizione di un linguaggio or­

mai definitivamente sganciato dagli antichi vincoli

tematici.

In (Primo) Concerto, Petrassi reagiva con stravin~~

skiano antiromanticismo a un'articolazione del discor

so musicale per frasi e sviluppi tematici, in ciò po­

lemizzando con il sostanziale "ottocentismo" della

forma sch8nberghiana (leggi Elliot Carter in "Music

and the Time Screen" (146), in cui si parla di " avan ­


241

guardia all'antica .•. (che) non aveva nulla di vera ­

mente "sperimentale" o avanzato, perchà nasceva da u­

na visione della temporalità musicale tanto regiment!!<,

ta quanto la vita dei pazienti della "Montagna incan­

tata" di Thomas Mann", posizione assolutamente avalla

ta da Petrassi); anche se la macrostruttura dei sing~

li movimenti si poteva ancora ricondurre a un vago

schema sonatistico e chiare erano le sezioni di ripre

sa. Con Secondo concerto, invece, Petrassi faceva uso

di un "tematismo" più accentuato e di ostinati ritmi­

ci che fungevano da molla e propulsione unitaria alla

dialettica discorsiva generale. Una situazione non mofu

to dissimile si verifica, da questo punto di vista,in

Quarto concerto, dove la bartokiana sintesi di tema

e struttura è unita a una maggiore monocromia timbri­

ca, nonchà a una condotta più progressiva e omogenea

del discorso nel suo complesso. Mentre Récréation con­

certante (Terzo' eoncerto), primo 'approdo allo "strut­


242

turalismo intervallico", sembra, nonostante tutto,ri­

calcare, quasi per esperimento e con curiosa e perso­

nale.' simbiosi, la via additata da Schonberg.

Ora, con Quinto concerto, Petrassi accoglie e radi

calizza tutte queste posizioni, forgiandosi una dia ­

lettica di linguaggio che risulta, infine, diversissi

ma da quella dei Concerti precedenti. La frammentazi2

ne tematica di (Primo) Concerto diventa citazione rei

te rata e ossessiva di brevi cellule mnestiche, prima

fra tutte quella del "Lieta no" dal Coro di morti; i

"continua" di Secondo concerto si semplificano ulte ­

riormente, trasformandosi in martellanti semiminime

che compiono con ripetizione traiettorie intervalli ­

che obbligate (primo movimento), o in pedali "rimbal­

zanti" di crome e in semicrome velocemente ribattute

(secondo movimento, rispettivamente a miss. 23 e·.segg.

e a miss. 100 e segg.); i due punti ora detti, e l'au

ra costantemente tesa e ~rammatica, assicurano un'or­


243

ganizzazione complessiva del lavoro memore della "eo!!!

pattezza e organicità e omogeneità di concezione" di

Quarto concerto; la serie dodecafonica di Récréation

concertante è qui essenzia1izzata, ridotta, per 10 più,

a emiserie o, addirittura, a tetraserie che assumono

la parvenza di un " s imbo1um", una sigla che, come il

"Lieta noli da Coro di morti, si imprime tenacemente

nella struttura dell'opera.

Naturalmente, come sempre in Petrassi, i nuovi ter

mini con cui si pone il problema formale di Quinto

concerto non compromettono l'accortezza dell'autore

nel disporre i momenti di uno "status animi" che, pr~

prio perchè profondamente sofferto e mutevole. ma an­

che dominato con critica lucidità, si esprime alter­

nando in neoc1assiche spazialità i differenti livelli

di densità emotiva. Veramente qui·· "non esiste (più) la

forma (tradizionalmente intesa) .• 0 ma esistono altri

punti di riferimento che sostituiscono la forma, e •••


244

uno dei punti di riferimento è la tensione, il mecca­

nismo delle varie tensioni, dei vari punti tensivi e

il rapporto tra di loro (147).

Sono espressioni dello stesso Petrassi,che, per

proseguire e approfondire il senso della citazione,s2

stiene anche che il proprio sistema di lavoro· "non è

precostituito se non in linea molto sommaria, cioè

scrivere un pezzo per orchestra, oppure scrivere un

pezzo per strumenti. Ma questa è la scelta del mate ­

riale da collocare in una certa situazione ••• per il

resto la precostituzione, la programmazione, sono ••••

in contrasto con il ••• (suo) modo di lavorare" (148).

Dove la "scelta del materiale", cioè dell 'organicostw

mentale, è il punto di partenza e l'impulso di ·ogni

possibilità di ispirazione, che si particolarizza in

"situazioni" emotive divenienti. L'analisi dettaglia­

ta di queste situazioni e dei mezzi tecnici attraver­

so i quali si perviene ad esse in Quinto concerto sa­


245

rà l'oggetto delle considerazioni seguenti.

Il concerto si divide in due mov~enti nettamente


o o
distinti: 1) "Molto moderato ••• Presto", 2") "Andan­

tino tranquillo ••• Mosso, con vivacità •••• Lento e

grave .•. ". (149) .Osserviamo che alcune delle indica ­

zioni agogiche apposte sono le stesse già apparse in

lavori precedenti (anche queste sono citazioni auto ­

biografiche?), come il "Molto moderato" e 1'''Andanti­

no tranquillo" che si incontrano in Récréation concer­

tante (secondo movimento), o il "Presto" finale di

Secondo concerto. Un po' come in .Noche oscura, e a

differenza di quanto sembrava prospettarsi in Récréa­

tion concertante,la mobilità agogica ~.un'ottantina

di mu~azioni in tutto! - non infirma la monoliticità

di Quinto concerto, che pDocedeper tensioni e diste,!!

sieni di un medesimo "status" tragico di fondo.

Vediamolo nel primo movimento,- "Molto moderato"(150}.


246

Le viole introducono in tremolo "pianissimo" e al

ponticello una inquietante e misteriosa serie di sei

note,che si scoprirà essere la prima emiserie di una

successione dodecafonica enunciata per intero (e abba

stanza sibillinamente) solo a miss. 69 - 70, dal "bi­

cinium" dei clarinetti. Le progressive entrate di vio

lini secondi - arpa - tam tam, tromboni con sordina ,

violini primi (che riprendono l'emiserie delle viole

nell'ordine 3, 4, 5, 6, 2, 1 ..• ), timpani, trombe con

sordina, celli e clarinetti, contrabbassi e corni, f~

gotti e, man mano, di tutti i legni esa~riscono non

solo la presentazione del "totale timbrico", ma anche

di quell'aura gravosa e "senza tempo tinta" che carat

terizzerà il colore strumentale di quasi tutto il con­

certo.

Le viole innanzittutto (miss. 1 e 2), con i loro

tremoli ansiosi al ponticello; l'arpa (miss. 2 e segg .),

con il la bemolle ribattuto dalla mano destra alla ta


247

vola, il cui intervento è drammatizzato dal sol die

sis, in "p ianissimo" sulla. quarta corda. dei violini

secondi e, in particolar modo, dal suggestivo colpo

di gong (che è, fra le altre di questo inizio, la no­

ta timbrica più immediata ed effettistica); i trombo­

ni "dolci" con sordina, che enunciano per primi, in

un diatonico "punctum contra punctum" per moto contra

rio, la breve e interrogativa citazione del "Lieta no"

da Coro di morti (miss. 3 e 4) ••• Bastano queste quat­

tro misure per definire un preciso ambito timbrico

emotivo che si manterrà sostanzialmente per tutto il

lavoro.

Si puO parlare di una prima sezione di questo mov!

mento (miss. 1 •• • 42), per lo più giocata in "PPp' - mp"

sugli elementi timbrici e ritmico-melodici espost;i in

principio dalle viole, dall'arpa e dai tromboni. Il

senso che essa suggerisce è quello di un'arcana a­

spettazione. Con il "PiO. mosso" seguente (miss. 42 •••


248

59), il velo ~ infranto da un crescendo travolgente

che porta al "fortissimo" di miss. 48 ••• 51, una temp!.

sta presto sedata con il graduale ritorno al "Tempo

I Il (miss. 60 ••• 64), specie di ripresa illusoria· con

l'intervento del~e viole al ponticello che espongono

la solita emiserie, ma per moto contrarioje dell'arpa

alla tavola, assenti questa volta i tromboni e la ci­

tazione da Coro di morti. I seguenti "Più. mosso","tem

po", "più. mosso, movendo sempre più.", dove finalmente

la serie ~ completata nelle polifonie a due dei clari

netti (a miss. 69 e 70, essendo la successione do-mib « ,

- ,si-fa;-,la-sol#. ~re-mi!-:si~ -fa#. ~bdO# -sol!, sono epi­

sodi di transizione al "Presto/Ritmico" di miss. 73

e segg.

Qui,la partizione formale si fa più. difficile. Le

"liquescenze" di flauti e clarinetti sopra gli armoni

ci degli archi confluiscono, a mise 84, in un "Ritmi­

co" "piano, staccato, sottovoce"'di nervosa compatte,!


249

za, in cui prevale, sino a mise 94, il colore degli

archi e, da mise 95, quello dei fiati. Con il "Poco

meno tl successivo (miss. 103 •.• 107), ritorniamo per un

attimo al "Presto tl di prima e alle "liquescenze" dei

flauti e dei clarinetti. Come in una scacchiera, ecco

ancora il "Ritmica" ,"piano, staccato, sottovoce" (miss.

107 ••. 147), interrotto a 131 e 145 da due misure so

spensive degli ottoni in "forte"; di grande suggestio

ne i contrappunti imitativi e tetraseriali degli ar­

chi in pizzicato che, dal "mezzopiano" delle viole a~­

mise 136, si dileguano gradatamente nel silenzio di U h

na pausa.

Il "forte" deciso delle ultime tre misure di <;lue­

sta sezione prepara il "Meno mosso" di miss. 148 •••••

184, segnato da un'apprensività timbrica e dinamica

molto contrastata: ricompaiono i tremoli degli archi

al ponticello (assenti, a parte un'apparizione poco e

vidente alle viole di miss. 127.~.130, da mise 72);


250

gli staccati in "p - mp", prima affidati soprattutto

agli archi, vedono qui protagonisti i legni, cui si

contrappuntano liberamente i sussulti aggressivi dei

violini primi, insistenti su alcuni intervalli seria­

li (sih -sol = 1-2 per moto contrario, do-fa# = 3-4,

sol-sib -fa# -do-mi-mib = 1-2-3-4-5-6 etc.); i ribat­

tuti degli archi col legno e del piatto sospeso con

uso della spazzola metallica, a miss. 159 ••• 163, comu

nicano una nota timbrica nuova e inattesa; inattese

anche le giustapposizioni dinamiche di "p" e di "f"

(o "ff"), a miss. 164 ••• 176, che troveranno una con ~

cordia nel "fn e nell'omoritmia di miss. 180 ••• 183.

Il "Poco piil" di mis. 185 è transizione al "tempo,

piil sostenuto" di mis. 195, chetrecuperando gli osses

sivi staccati di prima e le combina.zioni polidinami ­

che di miss. 148 ••• 176, esaspera ulteriormente la te~

sione emotiva per sfogare, infine, nel sospirato "Ho­

hepunkt" di miss. 232 ••• 263. In questo vertice, l'or­


251

chestra letteralmente esplode in un concitato "ff", e

poi "fff", che propone interativamente il tetracordo

di apertura della serie su cui è in parte fondato il

movimento, mentre persegue una ritmica gagliarda che,

specie a miss. 236 ••• 243 e 246 ••. 255, ricorda quella

di Primo e, in parte~di Secondo concerto (a proposito

di quest'ultimo, già, si è rilevata la perfetta corri­

spondenza ritmico - melodica tra l'esordio dell'"Alle

gretto tranquillo" e l'episodio in questione) •

Ma, a partire dalla mise 264, la tensione scema

sempre più. Già a mise 266, ritorna in "mezzoforte

staccato Il (violini primi e violoncelli) il ticchettiO

metronomico abbandonato dalla mise 244, e che è l'ele

mento di gran lunga più ricorrente da mise 84 in poi.

A miss. 285 - 286, la tensione è completamentesspenta

nell'immobile "ppp" di un do grave affidato a timpan;i,

arpa, celli e bassi. Alle percussioni spetta, ora, il

compito di. un graduale crescendo che, da mise 288,


252

riporta a un "Presto", questa volta di conclusione

(miss. 297 •.• 317); conclusione rapidissima e sbrigati

va che, dopo l'accentuazione in "forte" del battere

della misura iniziale, prosegue in "p - pppu, come un

fantasma che svanisce magicamente nel nulla.

Volendo sintetizzare all'estremo la nostra analisi

- che è,certamente solo una delle analisi possibili-,

il movimento consta di quattro parti principali: 1)

miss. 1 ••• 72, quasi un "Adagio" di introduzione e di

presentazione del ma.teriale timbrico, diÌinamico, ritmi

co e intervallare del movimento; 2) miss. 73 ••• 231,

quasi un "Allegro" che, utilizzando i medesimi eleme!!

ti delle misure introduttive, raggiunge per progress!

ve ed esaperanti somme emozionali il "climax" espres­

sivo a 3) miss. 232 ••• 263,per declinare, con le miss.

264 ••• 284, all'''anticlimax'' di miss. 285 - 286 e con­

cludere a 4) miss. 297 .•• 317 con un b~eve e inafferra

bile "Presto Il •
253

Simile analisi si può condurre per il secondo e ul

timo movimento di questo concerto. Il quale inizia con

un IlAndantino traquillo", in cui sono protagonisti i

fiati e, da mise 83, gli archi; segue, a misura 98 e

successive, un "Mosso, con vivacità" giocato su note

ribattu.te e semicrome volanti; e, terza e conclusiva

sezione, il "Lento e grave" di miss. 197 e seguenti,

che "sparisce" nel "Calmissimo" che chiude il concer­

to (interessante annotazione riferita ai violini pri­

mi e secondi per le ultime due misure e mezzo: "Da

qui, e per tutta la battuta seguente, smette di suona

re un leggio per volta, in manie~a che all'ultima bat

tuta rimanga soltanto l'ultimo leggio dei I e l'ultimo

deLIIIl). La partizione emotivo - formale è, per que ­

sto movimento, di piU immediato e sicuro riscontro.

La prima sezione è, nell'affiPito del concerto, quel

la che conserva i maggiori tratti tematici e la mag­

giore varietà di atteggiamenti. Il disteso interloqui


254

re del corno inglese, fra miss. 5 e 22, dolcementec~

trappuntato prima dagli archi e, poi, dal pr~mo flau­

to e dal primo fagotto, contiene veri e propri elemen

ti tematici, presto ripresi lungo il corso d~ questa

prima parte del movimento. Così, le miss. 5 ••• 7, i cui

primi tre intervalli sono i medesimi dell'inizio del­

la serie del movimento precedente, le ritroveremo al­

l'oboe di miss. 25 - 26 e al corno inglese di miss.

31 ••• 33: e le miss. 9 ••• 11, una serie di nove note

senza ripetizioni, sono come un "leit - motiv" cheJda

battuta 60 percorre costantemente la sezione del mov!

mento, fino a dar luogo a una sorta di elementare fu­

gato, a miss. 89 ••• 97i il tratto compreso nelle miss.

14 e 15-- che, fra l'altro, riprende testualmente una

figurazione ritmico - melodica di mis~ ;11 - è replic~

to, a miss. 19 ••• 21, dal primo fagotto (e;suoi fram­

menti sono anche ripresi da flauto e corno inglese al

le stesse misure), a miss. 50 ••• 52 dal corno inglese


255

e dal primo fagotto all'unisono, a mise 73 da flauto

e primo oboe, a miss. 81 e 82 dal primo clarinetto

etc.

Un altro elemento che ricorre frequentemente è il

diatonismo discendente proposto da flauto e ottavino,

a mise 21, e che può rammentare la citazione da Coro

di morti del primo movimento: lo riincontriamo più a­

vanti, al primo corno (miss. 25 e 27), all'ottavino

(miss. 34 e 35, per allargamento), al clarinetto bas­

so unito a viole, celli e bassi (miss. 41 e 42, anche

qui per allargamento), all'arpa e ai bassi la misura

dopo, e così via. Ritroveremo, ancora, l'inciso del

primo fagotto di mise 1, l'arpeggio dei clarinetti di

miss. 3 e 4, le terzine del primo oboe di mise 5, le

note ribattute degli archi di miSe 13 e seguenti •••••

La natura emotiva e psicologica di questa prima se

zione del movimento è, dunque, rappresentata in primo

luogo da una complessa costellazione di elementi - o


256

franunenti di elementi ·"tematici "_, quale non si era

forse incontrata, almeno in cost breve spazio, in

nessun lavoro precedente di Petrassi. Si comprende per

fettamente, a questo punto, a che cosa alludesse il

recensore statunitense che abbiamo citato al princi ­

pio del capitolo " parlando di "great restraint, eco­

nomy, and good form". Il pullulare di elementi ritmi­

co - melodici è qui, infatti, ordinato secondo una lu

cidissima disposizione spaziale. E, se il primo movi­

mento, per la sua espressivi.tà talora tragica e bruta

l:e, poteva rimandare a "un petit sacre du printemps"e,

per altri versi, all'espressionismo del Wozzeck, que­

sta prima parte del secondo movimento argina la pro ­

pria emozione entro un neoclassico "great restraint".

CiO che non impedisce, ed anzi serve a sottolineare,

il suggestivo colore timbrico dato dagli interventi

dei singoli strumenti, e piQ di tutti dal primo fago~

to, dal corno inglese e dall'arpa.


257

C'è una particolare figurazione di quattro semicr2

me, nell'''Andantino tranquillo" (a miss. 52, 70, 76 e

88), che anticipa il seguente "Mosso, con vivacità­

(miss. 98 e segg.), caratterizzato appunto dalla in­

sistita presenza di un motto ritmico nervoso (lì!!),



affidato di volta in volta alle diverse parti strumen

tali, non escluse le percussioni, la cui funziòne­

corrisponde a quella unificante e connettiva della ci

tazione da Coro di morti nel primo movimento e delle

miss. 9 ..• 11 del corno inglese, nella prima parte del

secondo movimento. E' un mezzo linguistico che esula

da ogni intenzione di sviluppo tematico, ed anzi dal-

la concezione stessa di tema, per utilizzare, invece,

in sequenza ripetitiva e in giustapposizione, un mede

simo inciso di minime proporzioni. Ricorda l'adozione

persistente del tetracordo di Noche oscura, o dei

~due nuclei musicali: un disegno arpeggiato ••• e una

costante invenzione salla quinta vuota" (151) di Mor­


258

te dell'aria. Ma in Quinto concerto gli elementi .di

cui si è detto servono a definire singoli episodi,non

l'intero lavoro: la citazione da Coro di morti - natu

ralmente unita ad altri elementi caratterizzanti - de

finisce il primo movimento; per il secondo movimento,

le miss. 9 ••• 11 del corno inglese definiscono la pri­

ma parte, mentre la seconda è segnata dalle quattro

semicrome di cui abbiamo appena parlato, e la terza

e ultima (miss .197 ••• 246), come un cerchio che sjj,chiu

de, riprende gli elementi del primo movimento.

Al neoclassico "restraint" della prima parte di qu~

sto movimento e alla nervosa conçitazione della secon

da, succede, infine, uno stato emozionale di misteri~

sa quiete. Preparato dal "Molto sostenuto" di miss.

187 ••• 196, dapprima in lancinante "fff" e poi subito

in "pp", r iaff':brano, in questo "Lento e grave... Cal­

missimo" di conclusione, gli atteggiamenti del primo

movimento. Si ha la chiara sensazione che quegli at~~


259

teggiamenti non siano stati, in realtà, mai spenti,

neppure nel secondo mov~mento, e che solo ora riemer­

gano come da un fittizio torpore. Cosl, il ritorno del

l'arpa "in rilievo Il e alla tavola con il suo t~pico la

bemolle ribattuto, il ritorno delle viole in tremolo

"p ianissimo" e·al ponticello e dei tromboni con sordi

na che recuperano la citazione da Coro di morti (an ­

che se non si tratta più di due tromboni tenori, ma

del secondo trombone tenore e del trombone basso urrct

tava sotto rispetto al primo movimento, onde il regi­

stro timbrico è più scuro) suonano come una sospirata

ripresa di emozioni musicali - e. anche fisiche e psi­

cofisiche - provate al principio del concerto.

Crediamo che l'aspetto tecnico, soprattutto in qu~

ste due parti estreme del lavoro (miss. 1 ••• 72 del

primo movimento e miss. 197 ••• 246 del secondo), debba

essere assolutamente subordinato a quello espressivo,

tant'è che il riferimento del "Lento e grave ••• Cal ­


260

missimo" conclusivo al "Moltomoderato" di apertura è

un fatto talmente immediato e istintivo, che le rela­

zioni formali tra i diversi elementi ritmico-melodici

delle due parti in questione appaiono del tutto secon

darie, al confronto dei valori timbrico - dinamico

emotivi.

Per precisione, si devono tuttavia rilevare,oltre

a quelle già accennate, alcune chiare riprese: i moti

contrari dei contrabbassi, a miss. 205 ••• 208, presen­

ti anche oltre, che riproducono per moto retrogrado

quelli di miss. 29 ••. , 38 •.• , 54 ••• , etc. del primo

movimento; i pizzicati, sempre dei contrabbassi (+

timpani), a miss. 214 ••• 221epiù avanti, che enunciano

le prime quattro note della serie comparsa alle viole

e imitano un passo ostinato più volte ricorrente nel

primo tempo (cfr. miss. 47 ••• , 132 ••• , 164 ••. etc) iil

medesimo frammento tetraseriale in imitazione fra gli

archi, a miss. 227 ••• 232, l'utilizzazione della prima


261

emiserie per moto retrogrado, alle miss. 197 ••• 200{al

ternativamente·. nelle parti delle viole e dei violon­

celli divisi: SOl# (6) - la (5) - fa (4) - si (3)

mib (2) - do (1) e alle miss. 242 ••• 246, una sorta di

simbolica retrospettiva,.un cammino a ritroso "ad or!

ginem", la coincidenza degli estremi del principio e

della fine; il ritorno dell'arpa e del colpo di gong

in "pianissimo", a due - tre misure dalla fine, secon

do una posizione esattamente speculare al primo movi­

mento.

Consolidati i successi anche a livello internazio­

naIe, divenuto presidente della SIMC (italiana nel

'53, internazionale nel '54), eseguite in tutto il

mondo sue musiche e pubblicati su di lui diversi sag­

gi ed articoli (specie in concomitanza con il cinqua~

tesimo d~lla nascita), Petrass1 è ormai maturo, in

Quinto concerto, per esprimere se stesso pienamenbe e


262

senza sperimentali compromessi. Questo lavoro è, dun­

que, un traguardo, prima che un "sintomo di crisi"(152).

E il traguardo sta nella tragica espressività interi~

re,che tecnicamente rimanda a citazioni autobiogra­

fiche, non desunte dallo spirito o dalla lettera di

altri autori. "Lo strumento, suono astratto, indaga,

con la massima lontananza dalla parola, la capacità

del suono a farsi parola. E' un misurarsi con il si­

lenzio. Con l'emozione. Ma attraverso un progressivo

rarefarsi della materia, un rifiuto sempre pii! decis~!

al: gesto declamatorio, all'evidenza della .P'erorazio­

ne". ( 1 5 3) •

Questo rifiuto era già chiaro nel (Primo) Concerto

e nei lavori degli anni '30, ma l'acquisizione di una

tecnica compositiva sempre pii! eclettica e internazi2

naIe e, soprattutto, di una capacità espressiva - non

necessariamente legata al veicolo verbale - equidistan

te dai poli dell'espressionismo viennese e de.l primo


263

Stravinskij ha contribuito, nelle opere degli anni'5~

a un linguaggio di indubbia \ person~le energia dram­

matica. In questo senso, l'itinerario compreso fra Se­

condo e Quinto concerto è quanto di più imprevedibile

e, insieme, di rigorosamente consequenziale che si

possa immaginare. Petrassi non ama proseguire su una

linea ovviamente prestabilita e affronta, invece, e­

sperienze sempre nuove, senza dimenticare quelle pas­

sate, ma integrandole con i modi di recente acquisi ­

zione.

Così è avvenuto nel passaggio fra Secondo e Terzo

concerto (dove la serialità è unita al neoclassicismo

hindemithiano del concerto precedente) e fra Terzo

e Quarto concerto (dove lo spirito e il "tematismo"

bartokiano tentano la simbiosi .con lo "strutturalismo

intervallico" di Terzo concerto). Così è avvenuto, ig

fine, tra Quarto;e Quinto concerto.'Ma·qui non si fan

no più i nomi nè di Hindemith nè si Sch5nberg nè di


264

Bart~k. Qui è Petrassi, e Petrassi soltanto, ad esse­

re modello a se stesso, anche se, naturalmente, con

il bagaglio di esperienze e di cultura che sappiamo.

L'accentuazione del lato tragico-espressivo è .sempre

più evidente da Secondo a Quinto concerto, tocc~,il

culmine in quest'ultimo. Le forti emozioni trasferite

in musica da Coro di morti e Noche oscura trovano l'~

quivalente puramente musicale e strumentale, senza, .

cioè, l'ausilio dei mezzi vocali e, soprattutto, di

quelli verbali, in questo concerto, che per tàle.; a

spetto resta un "unicum" della produzione petrassia­

nq.

Nei lavori futuri - a parte i Eropos d' Alain ( '60) ,

i Mottetti per la Passione ('65), le Beatitudines

( '68) e le Orationes Christi (' 74 - '75) - ,Petrassi in

sisterà spesso, all'opposto di Quinto concerto, sul­

l'esornatività e sul virtuosismo strumentale. Lo stru

mento, specie in lavori come 'rre··per sette ('64) o E­


265

stri per quindici esecutori ('66 - '67) o Grand sep ­

tuor ('77 - '78) ••• , sarà il nuovo oggetto di indagi­

ne, un'indagine che mira a svelarne le piU risposte

qualità tecnico - virtuosistiche, allontanandosi dal

tradizionale concetto di "espressività", cui in so­

stanza è ancora legato Quinto concerto.

Esempi di questo tipo non mancano nemmeno nella

produzione precedente di Petrassi, (si vedano i Non­

sense per coro a cappella e le Invenzioni per piano ­

forte del '44l.Ma l'intento espressivo, comunque, è

in essi evidente e vuol essere anteposto a quello pu­

ramente tecnico, tant'è che i passaggi di acrobatico

virtuosismo si può dire che siano del tutto assenti

nel Petrassi degli anni '30 ••• 1 50, per coronarsi, in­

fine, nelllllespressivismo totale" di questo concerto.

Forse, Quinto concerto, piU che un punto cruciale

o - come dice Dino Villatico (154) - un "punto di vol

ta", è la meta ultima di una ricerca espressiva, 01 ­


266

tre la quale non è possibile andare,se non mutando di

rezione. Solo in questo senso, puO essere il segno di

una crisi, ma di una crisi a venire che, di fatto, sa

rà brillantemente scongiurata da Petrassi,in favore di nuove e

impreviste opzioni.

In Quinto concerto, "l'impronta dialettico-discor­

siva del sistema linguistico t~adizionale non è anco­

ra del tutto cancellata (anzi, per niente cancellat~

noi diremmo : ciò che di quel sistema Petrassi tenta

in ogni modo di eludere è la logica formale. Agli el~

menti primi del linguaggio tradizionale egli anche in

seguito farà ricorso, beninteso entro tutt'altri con­

testi; mai più tornerà a pensare musiéalmente nei ter

mini di quella logica, neppure quando si tratterà per

lui di proporre un'alternativa alle soluzioni icono ­

claste proposte dall'avanguardia" (155). Boris Pore­

na, secondo noi, qui ha ragione.

La dialettica alternanza di pieni e di vuoti, di


267

momenti di tensione e distensione, si avvale ancora

delle figure ritmico-melodiche della tradizione, an­

che se ridotte come a formule stenografiche, "labili

figure ••• (dagli) imprecisi~contorni, ••• allusioni,

quasi diremmo tracce dell'antica figuratività". (156).

Ma la logica che guida l'organizzazione di queste fi­

gure, nell'arco generale del lavoro o nel singolo

movimento o parte di movimento, non rimanda a nessuna

forma della tradizione classico-romantica, sia essa

tripartita o ritornellata. E le osservazioni dei pri­

mi recensori di Quinto concerto, che vedevano, in es­

so, soprattutto il fitto avvicendarsi di stati emozio

nali diversi (ricordiamo la posizione crociana di Mi­

la), non sono poi "del tutto superficiali", come inv.!

ce qualcuno sostiene (157). Certo, l'analisi dettaglia

ta rivela una saldissima rete di morfemi ricorrenti e

sempre uguali a se stessi, neppure variati; per~, qu~

sto non elimina la loro funzione eminentemente espre~

siva, anzi emotiva, che sopravanza di gran lunga ogni

senso di costruzione cerebrale.


268

9. Invenzione concertata (Sesto concerto)

Quinto concerto fu composto nel 1955, Invenzione con­

certata (Sesto concerto) fra llottobre 156 e il marzo

157. Eppure, malgrado i diversi mesi intercorsi tra i

due lavori, il catalogo delle opere petrassiane non

ne annovera altri in questo periodo, rimandando, inve­

ce, a due soggiorni di lavoro negli Stati Uniti. Il

primo di questi risale al novembre-dicembre 155, in oc

casione delle celebrazioni del "Saluto a Roma" e della

prima esecuzione assoluta di Quinto concerto (tenutasi

a Boston il 2 dicembre): il secondo, più lungo e pro ­

trattosi per circa due mesi nelllestate successiva,co­

incide con il corso di composizione al Berkshire Music

Center di Tanglewood nel Massachussetts - cui Petrassi

è chiamato in qualità di docente dalla Fondazione Kus­

sevitzki e dal Dipartimento di Stato - ed offre llop ­

portunità di visite e di contatti artistici con le più


269

importanti città statunitensi.

Si capisce che le principali attenzioni di questi

undici mesi sono per Petrassi assorbite da altre ragi2

ni d'interesse, che non dalla pratica della composizi2

ne. E tuttavia, i due viaggi oltreoceano e le conse

guenti esperienze culturali e artistiche,e certamente

anche umane, hanno lasciato una indubbia traccia nella

sua futura attività creativa, se il primo lavoro che

ne è seguito è all'apparenza cosi contrastante rispet­

to ai lavori precedenti, da segnare una nuova ennesima

mutazione nel globale "iter" petrassiano.

Irtvenzione concertata, sesto del~a serie degli otto

Concerti per orchestra, rappresenta appunto questa

nuova ennesima mutazione. "Sesto concerto •••• si ripr2

pone in un certo senso come opera prima, frutto fre­

schissimo di una problematica d'avanguardia innestata

sul ceppo fecondo di uno stile già perfettamente defi­

nito " (158). La mutazione sta, innanzitutto, nella di­


270

versa articolazione delle strutture minime del lingua~

gioo Le quali, in se stesse, sono poi le medesime di

prima. la successione di unisoni in IIpianissimo ll delle

prime misure richiama .. ..agli lIincipit ll della ter'·za e

quarta delle Invenzioni per pianoforte (del '44), se

non addirittura alla IICiaccona ll della lontana Partita

per orchestra (del '32); l'insistenza sull'intervallo

di terza e su alcuni lIintervalli chiave ll ricavati dal­

la sequenza seriale del principio ci ricorda le espe ­

rienze strutturaliste inaugurate con Récréation con­

certante (Terzo concerto); lo stilema del tremolo per

terze e quello delle note ribattute, l'uso di triadi

perfette, il pedale narmonico" (vedi i timpani di miss.

32 ••• 35, o gli archi e le percussioni di miss. 95 ••• 99,

o le percussioni sole di miss. 102 ••• 118 etc.), gli 0­

stinati ritmici, i "neoclassici ll ritmi puntati, l'am ­

pio e disteso intervallare (secondo movimento), i suo­

ni armonici. tenuti degli archi (miss. 114 ••• 118, 126 ••


271

150 etc.) ,le semicrome "volanti" sempre agli archi(ter

zo movimento), i passaggi di libere scale diatoniche

(come il caso eclatante di miss. 160 e 161) o di fram­

menti di scala cromatica (come a miss. 192 e 306) •••

Ma altra, rispetto ai lavori precedenti, è la com­

plessiva organizzazione di queste minime strutture,


,
"~01TOl~ del linguaggio petrassiano desunti da un mede

simo vocabolario, ma informati alle leggi di una nuova

grammatica. "La composizione - osserva Massimo Mila (159)'

- si attua legando insieme minime figure, "microstrut-·

ture intervallari" (l'espressione è tratta dal sag­

gio di Boris Porena sui Concerti per orchestra di Pe­

trassi, da noi più volte citato) , trascorrendo in­

stancabile dall'una all'altra in uno stile di variazio

ne infinitesimale ••• Un'operazione simile significa

rompere le ossa alla musica, onde è facile comprendere

la difficoltà che simili composizioni presentano all'a

scolto e la resistenza a cui vann6 incontro".


272

Lo "'stile di variazione infinitesimale" di cui par­

la Mila è un fatto assolutamente inedito nel Petrassi

di prima. Per limitarci ai Concerti per orchestra, lo

strutturalismo di Récréation concertante non si spinge

oltre una concezione motivico-tematica della serie, a~

zardando, come abbiamo visto, un "divertimento" sullo

intervallo di terza che, però, rimanda curiosamente a

certi modi ritmici stravinskiani; per non dire di Quar­

to concerto, dove la bartokiana sintesi di tema e strut

tura è anche pin evidente; mentre in Quinto concerto

la continua iterazione deL breve motto desunto dal

"Lieta no" di Coro di morti e di altre microstrutture

portanti dell'intero lavoro non subisce variazione ge­

netica alcuna lungo il corso del brano: si tratta,

cioè, di ripetizioni pin.o meno letterali.

Ora, in Invenzione concertata <Sesto concerto) re­

stano i minimi elementi costitutivi che abbiamo in paE

te elencato sopra, ma questi non concorrono pin a defi


273

nire e comporre ("cumponere") articolate frasi temati­

che nè vengono, per lo più, ripresi testualmente. Il

discorso è come fatto a pezzi, le sue ossa sono, appu~

te, "rotte" e polverizzate. " ••• ogni ripetizione è de

litto", sostiene sempre Massimo Mila nel citato artic~

lo, ma qui, forse, non senza esagerazione. CiO che so­

pravvive sono le minime strutture di base e, più spes­

so della loro articolazione ritmica, la loro articola­

zione intervallica. La "variazione infinitesimale" con

siste esattamente in questo: che nella insistita ripr~

posizione di alcuni semplici intervalli desunti dalla

serie inizialmente esposta, e che stanno, in vari pun­

ti, a fianco di una ritmica più o meno elementare e

perfettamente caratterizzata, dipende lo svolgersi uni

tario del lavoro.

La ritmica. Anche questa merita una particolare at­

tenzione. Se in Quarto e, soprattutto, in Quinto Con ­

certo essa cedeva a una ricerca tesa a valorizzare lo


274

interesse preminente degli altri parametri del suono ,

specie quelli melodico-intervallare e armonico-timbri­

co, qui sembra riscattarsi.e proseguire le intenzioni

di Récréation concertante (Terzo concerto). Lo vediamo

subito nella mobilità dei tempi adottati nelle prime

misure del concerto (dove si alternano rapidamente bat

tute di 3/4, 5/8, 6/8, 5/8, 3/4, 5/8, 6/8 etc.) e, in

particolare, nelle irregolarità delle percussioni, a

miss. 5 - 6 e 19 - 20. Le percussioni, soprattutto, so

no la "zona orchestrale" che suggerisce maggiormente a

Petrassi questa irregolarità - ed è anche normale, da­

to il loro ruolo che, per intrinseca natura, è eminen­

temente ritmico, oltre che timbrico -, ma è interessan

te rilevare che anche da esse provengono, come da una

naturale germinazione,. alcuni spunti di estrema e os­

sessiva regolarità. Petrassi costruisce spesso per op­

poste antinomie.

A miss. 5 e 6, prevale indubbiamente l'irregolarità


275

ritmica, ma le biscrome ribattute della cassa chiara~

no, per contro, regolarissime. Analogo discorso per le

miss. 19 e 20. Il pedale in "pianissimo" delle miss.

32 ••• 35, fondato sui ribattutiirlel piatto sospeso e

della cassa chiara "all'orlo" e sulle terzine costanti

dei timpani, è, invece, di una regolarità quasi stati­

ca. All'opposto le miss. 45 ••. 50, varie e imprevedibi­

li. Mentre l'ostinato che si protrae da mise 102 a

mis. 118, e giocato sul ritmo implacabile: L 11. 1 ,


non solo è regolarissimo, ma addirittura normale, se

non abusato, nel repertorio della tradizione. Ritorne­

rà all'ultimo movimento, a miss. 279 ••• 314. E gli esem

pi potrebbero proseguire.

Altro aspetto da considerare è quello timbrico.L'oE

ganico appare insolito rispetto ai Concerti precedenti,

i quali utilizzavano.compagini strumentali di relativa

tradizionale osservanza. Cosi. le grandi orchestre di

Primo e Quinto concerto, cosi l'orchestra haydniana di


276

Secondo concerto, o quella da camera - privata, però ,

dei contrabbassi e accresciuta di una batteria consi ­

stente di percussioni - di Récréation concertante (Ter­

zo concerto), o del bartokiano (o berghiano?) complesso

d'archi di Quarto concerto. Invenzione concertata (Se­

sto concerto) ricorda, invece, vagamente l'organico di

Coro di morti, costituito da voci maschili, tre piano­

forti, ottoni, contrabbassi e percussione~,

Ma qui si possono schematizzare tre chiare sezioni

strumentali: quella degli ottoni (quattro corni in fa,

tre trombe in do, due tromboni ternori e un trombone

basso), quella delle percussioni (timpani, tamburo con

corde, cassa chiara, gran cassa, tam tam piccolo, tam

tam grande, gong cinese grande, due piatti, piatto so

speso, triangolo, maracas grandi; in tutto quattro ese

cutori) e quella degli archi (al completo, secondo la

tipica pentapartizione). Anche se le diverse sezioni~

no scrupolosamente concertate - donde il titolo Inven­


277

I tre gruppi strumentali si trovano, dunque, in una

situazione di "paresinter pares", in cui la nuova ac­

quisizione di personalità e di autonomia da parte del­

le percussioni. non è ostacolo, maJal oontrario, garanzia

della parità strumentale e di una concertazione equili

brata. Se è vero che il compositore, secondo Petrassi,

"si deve identificare con lo strumento che sta adope ­

rando ••• essendo, volta a volta, un flautista, un sas­

sofonista, un violoncellista, o quello che sia". (160),

e se è vera la fede incrollabile che egli nutrè per


278

l'esercizio contrappuntistico e per una concezione del

la musica basata su di esso (161), ne deriva che ogni

strumento dell'orchestra,purchè impiegato secondo le

congenite potenzialità tecnico-espressive e secondo

una logica diveniente, deve presentare una condotta a~

tonomamente espressiva, .anche se, per ipotesi, 'avulsa

dalla concertazione generale. Quest'ultima, poi, è da­

ta dalla somma delle diverse parti, singolarmente aut~

nome, ma integrate in un complesso di omogenea compa :,­

tezza, senza "divismi strumentali" e prevaricazioni.

Avviciniamo, ora, la. partitura di Invenzione con­

certata (Sesto concerto), per accertarci delle consi­

derazioni fatte a) sulla nuova particolare articolazio

ne dei morfemi linguistici' b) sulla ritmica, che con­

trappone a soluzioni irregolari altre del tutto regol~

ri e tradizionalmente simmetriche e c) sulla timbrica,

che divide l'organico in tre sezioni strumentali in


279

perfetta osmosi (162).

Dei tre movimenti in cui si può ripartire il concer

to - primo movimento "Mosso (inquieto)/Adagio/Tempo/A­

dagio ••• " etc., secondo "Adagio sostenuto... (estatico) ~

terzo "Libero, (con fantasia)/Tempo/Tempo, sostenuto I

Tempo (liberamente) •• :1 etc. - il primo è, forse, quel­

lo più stimolante per la nostra analisi. Si snoda da

miss. 1 a mise 128 e utilizza liberamente le successio

ni intervalliche stabilite dalla serie endecafonica e~

sposta al principio da violoncelli e contrabbassi se-

condo una semplice omoritmia, inquadrata, però, un due

misure differenti, l'una di 3/4 e l'altra di 5/8 (f~~).


Le miss. 3 e 4 - e, più avanti, le miss. 22 e 23,32 •••

35 (timpani), 49 e 50 (tromboni e contrabbassi), 72 •••

74, 81 e 82 (violini secondi), 95 ••• 99 (viole e violon

celli), 109 ••• 115 (violini, utilizzando anche il rivol

to, cioè l'intervallo di seconda minore o di nona mino

re), 126 ••• 128 - insistono sulla ottava diminuita-set­


280

tima maggiore delle note 10 e 11 della serie.

Insistenze su altri intervalli seriali sono presen­

ti ovunque nel movimento: la sesta maggiore discenden

te delle note 7 e 8 la ritroviamo, ripetuta quasi una

quarantina di volte, a miss. 9 ••• 18; frequente ricor­

re la sovrapposizione di terze mino-maggiori - interval

li che nella sequenza seriale troviamo, anche sotto

forma dei rispettivi rivolti, sei volte: sol-si,si-sOl#,

SOl# -do (=Si# ), do-mi" fa# -la, la-do# ; più una set

tima volta, quando la serie endecafonica iniziale è

completata dalla dodicesima nota, che stabilisce con

quella precedente l'intervallo re-si~ -, come ai corni

di miss. 11 .•• 18, ai violini primi di miss. 17 e 18,

ai corni e alle viole in trillo di miss. 29 ••. 31, ai

corni di miss. 48 ••• 50, ai tromboni secondo e terzo

di miss. 49 e 50 e all'episodio affidato agli archi

fra miss. 85 (83) e 91 •••

Ma solo in un caso, a miss. 36.~.43, la serie dode­


281

cafonica è utilizzata per intero e ripetutamente,dando

origine a cinque entrate sca1ari, rispettivamente di

violoncelli, viole, contrabbassi, violini secondi e

violini primi. Il passo, come accadrà ancora per l'ini

zio del secondo movimento, è tutto analizzabile serven

dosi di so11 criteri seria1i;


282

( ~+2.)

t,. 5'1­ 3

3 2. 1
283

Oltre alla presenza costante di alcuni intervalli

seriali (la settima maggiore e la terza mino-maggiore

con relativi rivolti) e, almeno in un episodio, al con

trappunto dodecafonico del più assoluto rigore - ciò

che, nell'insieme,giustifica l'analisi puramente inter

vallica proposta dal capoverso precedente -, bisogna,

però, riconoscere che in questo movimento ricorrono an

cora elementi ritmico-melodici più complessi che, in­

sieme alle "microstrutture :imtervalliche", contribuisco

no alla organicità generale.

Anche qui, come in Récréation concertante (Terzo Con­

certo), l'~sizioneseriale è condotta secondo uno

schema ritmico e melodico ricorrente, permanendo, cioè,

le medesime figurazioni ritmiche e la medesima succes­

sione di intervalli limmediatamente riconoscibile; la

serie inizialmente esposta assume, cosI, sin dal prin­

cipio (anche se incompleta della dodicesima nota, che

comparirà finalmente a mis. 37) una sottile valenza


284

motivico-tematica, memore dei lavori precedenti, mal ­

grado la minor caratterizzazione del tratto ritmico.Lo

riscontriamo nelle successive formulazioni, tutte fram

mentarie fino al passo fugato di miss. 36 e seguenti,

ma chiaramente individuabili da un punto di vista rit­

mico-melodico: a miss. 12 ••• 14 (contrabbassi), 15 (vi~

lini secondi e viole), 27 (violini secondi e violoncel

li), 28 e 29 (viole e violoncelli) e, dopo le miss. 36

••• 43 di cui si è detto, a miss. 63 e 64 (terzo tromb~

ne e contrabbassi)., 75 (viole e violoncelli), 81 e 82

(violoncelli e contrabbassi), 103 e 104 (idem, per moto

contrario), 109 e 110 (viole, violoncelli e contrabbas

si, utilizzando moti paralleli dissonanti che ci ricor

dano Quarto concerto). Altre figurazioni ricorrenti so

no quelle degli ottoni, a miss. 25 ••• 27, le quattro

semiminime rimarcate per la prima volta dai corniedai

tromboni, a miss. 44, la breve figurazione dei corni ,

a miss. 64 e 65, etc.


285

La ritmica di questo primo movimento richiama, inv~

ce, ad alcune asimmetrie di Récréation concertante,de!

le quali sembra essere l'ideale prosecuzione. Si è già

rilevato lo stretto avvicendarsi di misure in tempo

diverso: nelle prime dodici, esso cambia otto voI te e

il passo sopra illustrato., come si può - os­

servare, muta tempo cinque volte nel giro di otto bat­

tute (ma se, per l'esattezza, si pone attenzione che

sopra alla prima misura in 5/8 c'è scritto 3+2 - cioè

3/8+2/8 - e sopra la seconda 2+3 -2/8+3/8 -, le muta ­

zioni diventano addirittura sei). Spesso, vengono im­

piegati gruppi ritmici irregolari di non facile scompo

sizione, come a miss. 5 - 6 e 19 - 20, che, a un primo

ascolto, possono senz'altro lasciare interdetto anche

il fruitore più attento (naturalmente sprovvisto della

partitura). Altre volte, combinazioni ritmiche diverse,

in se stesse semplici, sono fra loro contrappuntate,

sortendo effetti di una interessante irregolarità, co­


286

me alle miss'~ 58, 61, 64 ••• 66 e 79 ••• 82.

I ribattuti delle trombe e del primo corno,a miss.

95 ••• 99, sono il primo esempio in Petrassi di "melodia

-durata", ossia di una successione di puri ritmi, tra

loro differenziati su una nota insistentemente rfupet~

ta. In essi, ricorre spesso il ritmo della croma punta

ta + semicroma, poco oltre ripreso (a mise 102 e segg.),

per protarsi ostinatamente sino all'''Energico'' di

Di questo ostinato ci sono da rilevare almeno due

aspetti: uno è il dialettico contrasto con le irregol~

ritmiche precedenti,- secondo un procedere antino­

tipico in Petrassi; l'altro è il riferimento "quoti

extra-musicale cui Petrassi lo ha collegato e

egli stesso ci informa dettagliatamente (162).

"Nel Sesto concerto per archi e ottoni (e percussioni) che scris­

si per la BBC c'è a un certo punto - questo lo dico

proprio come riprova di quel continuo rapporto

ci deve essere fra il nostro essere spirituale e


287

fisico e il lavoro che stiamo facendo (ritorna una

questione già affrontata al cap. 1) -, a un certo pu~

to c'è un movimento ritmico che non definisco precisa­

mente, ma comunque un movimento insistito che alla fi­

ne esplode, perchè in quel momento c'erano i fatti d'Un

gheria che mi sconvolsero talmente che non potevo non

rifletter l i in quello che stavo facendo, non potevo

far sì che queste mie emozioni fossero una cosa indi ­

pendente dal mio impegno di lavoro, e in questo senso

i concerti riflettono costantemente i miei impulsi del

momento e quindi questa mia espressione, non c'è dub ­

bio" •

Quanto alla timbrica, il primo movimento vede le

tre sezioni strumentali costantemente impegnate. l'L' or

ganico - scrive Dino Villatico (163) -, con l'elimina­

zione dei legni, suggerisce chiaramente gli intenti di

chiarezza timbrica, di costruzione e di intreccio di

piani distinti". E, difatti, la net·ta distinzione data


288

dalla natura timbrica di strumenti così diversi come

gli ottoni, le percussioni e gli archi è perseguita da

Petrassi fin dalla prima esposizione del materiale tim

brico: esordio degli archi gravi che espongono la se­

rie endecafonica, seppure con il lontano "pedale" in

"ppp" della gran cassa con mazze morbide; intervento

separato (a mise 4 - 5) delle percussioni con i loro

ritmi regolari-irregolari; presentazione dei violini

primi e delle viole (a mise 7) e, poco oltre, dei con­

trabbassi e dei violini secondi; chiaro ingresso della

nuova sezione degli ottoni con le morbide terze paral­

lele del primo e terzo corno (mis .. 11); ancora un in­

tervento isolato delle percussioni (mis. 19); archi

(mis. 21 - 22); tromboni al completo in improvviso

"fortissimo" (mis. 22 - 23); corni + tromboni + trombe,

ovverò tutti gli ottoni insieme, a mise 24 e seguenti,

con il lieve mormorio degli archi sotto stanti mentre

le percussioni tacciono ••• Il contrappunto timbrico è,


289

insomma, vivacissimo e tende a riunire gli strumenti in

"microsezioni strumentali", espressione già da noi im­

piegata per Récréation concertante (p. 158 ): ottoni ,

a loro volta suddivisi in corni, trombe, tromboni; peE.

cussioni, e talora timpani e batteria; archi.

Interessante, però, è che, proprio perché ogni mi­

crosezione assolve al proprio ruolo con neoclassica

correttezza e sulla base di un tessuto intervallico e

motivico stabilito e assolutamente organico, la compe­

netrazione dei diversi livelli strumentali riesce per­

fettamente, senza nulla togliere alle peculiarità indi

viduali. Ritorna l'affermazione di ·Petrassi secondo

cui "la serie è un pretesto costruttivo" che molte vol

te non è chiaramente percepibile dall'orecchio nella

sua definita struttura intervallica, mentre la fisici­

tà sonora, essa sI deve essere sempre percepibile e

mai rimanere un puro decorativismo grafico (164). Come

dire che anche il "ppp" dovrà essere sempre disposto


290

in modo tale, da essere inequivocabilmente "udibile", e

in particolare l'articolazione timbrico-strumentale do

vrà sempre rispondere a criteri di massima lucidità,in

cui nulla di ciè) che è scritto vada p.erso a un attento

ascolto.

~n questo senso, è da interpretare un'altra afferm~

zione di Petrassi (165): "La mia filiazione neoclassi­

ca ha lasciato tracce, non della frigidità nè tanto

meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora. Del resto

occorre esorcizzare il diavolo, e rivedere il Neoclas­

sicismo, da cui nè SChonberg nè Webe n sono esenti". 0}2

pure (166): "Ciè) che l'orecchio non arriva a percepire

è inesistente; sono trascorsi alcuni anni dalla fol­

lia della "Augenmusik" ll


• L'aspetto timbrico, come qua­

si sempre in Petrassi, puè) addirittura essere il prin­

cipale metro di partizione formale.

Cosi in questo primo movimento. Dove le miss. 1 ••••

35 sono l'introduzione e presentazione della tavolozza


291

timbrica dell'intero concerto, non dissimi1mente da

quanto avveniva per le prime misure di Terzo e Quinto

concerto; dopo di che, il concerto sembra prendere le

mosse def~nit~vamente con ~1 fugato degli archi di

miss. 36 ••• 43; segue la contrapposizione di ottoni,peE

cussioni e archi di miss. 44 ••. 47; poi, gli ottoni so­

no gli indiscussi protagonisti, almeno fino al "Mosso"

di mise 75; riprendono archi e percussioni, con qual ­

che sporadica intermittenza degli ottoni che, dopo la

fanfara in "forte" di miss. 91 ••• 93 e il breve e con­

trastante episodio deL violini a miss. 93 e 94, torna­

no a dominare con la "melodia-durata" di miss. 95 e

seguenti; di qui, le tre sezioni s~ integrano progres­

sivamente, con sempre maggiore equilibrio e compattez­

za; ma, da mise 120, le percussioni improvvisamente

tacciono e, nelle ultime due misure del movimento (127

e 128), rimangono soli in "piano" e "dolce" le viole

e i violoncelli.
292

Il movimento seguente, "Adagio sostenuto ••• (estati

CO)II (miss. 129 ••• 183), è quello che risponde alla ma.9:

giare monocromia, sotto tutti i principali aspetti:

strutturale-linguistico, ritmico, timbrico. Le prime

misure possono essere analizzate, come già le miss. 36

•.• 43, sulla base della loro rigida costituzione dode­

cafonica. Gli armonici suggestivi degli archi, "piano,

senza vibrare, al ponticello ll , "quasi un canto fermo

su cui un preludio bachiano libera la sua invenzione

strumentale Il (167), espongono, fra miss. 129 e 140, la

serie completa del primo movimento per moto retrogrado~

il trombone terzo, invece, espone (a miss. 129 ••• 134)

la serie completa per moto retto - essendo il secondo

fldcJ'di mise 134 una IInote sfuggita", estranea alla suc­

cessione seriale -, imitato a distanza di tre movimen­

ti dal primo trombone, che propone la stessa serie per

moto contrario, e, più oltre (mis. 135 e segg.), dalla

prima tromba, che la propone per moto retrogrado e con


293

trario - essendo il sol diesis di mise 139 una "nota

di volta", e non "di appoggiatura" come risulta dall'a

nalisi del Bortolotto! (168) -; anche i tromboni secon

do e terzo di miss. 136 e seguenti riprendono la se­

quenza seriale~ l'uno per moto retto e l'altro per mo­

to contrario. La serie ritornerà, più rigidamente che

non nel primo movimento, per tutto il corso di questo

"Adagio sostenuto" (evidentissima, in nuova soluzione

ritmica, ai celli e bassi di miss. 146 ••• 151 e, come

in principio di concerto, senza l'undicesima nota; op­

pure ai flautati dei violini e delle viole di miss.151

e 152,nell'ordine 247, o di miss. ,153 e 154, o di 154

e 155 e via dicendo fino alla ripresa, anche figurati­

vamente molto simile al principio del movimento, di

miss. 170 e segg.).

Da notare, ancora, l'insistenza dei timpani (miss •

176 ••• ) e poi delle viole (miss. 179 ••• ) sull' interval

lo seriale di settima maggiore, particolarità già rile


294

vata nella stessa parte dei timpani, a miss. 32 ••• 35

del primo movimento. E, infine, inattesa sul momento ,

anche se tipica delle opere di Petrassi da Récréation

concertante in poi, l'intrusione delle fantasmagoriche

scalette diatoniche di miss. 160 e 161, che spiccano

curiosamente nel generale contesto cromatico. (A proP2

sito di queste scalette che spariscono in diminuendo

nel vuoto di una pausa, impossibile non ricordare le

analoghe miss. 112 ••• 114 (viole) di Récréation concer­

tante e le ultime misure. del secondo movimento di Quar­

to concerto, anche se, in questi due casi, si tratta

di scale cromatiche e non diatoniche) •

Ritmicamente, il movimento appare estremamente line

are e aproblematico, eccetto, forse, un passo delle

percussioni, a miss. 162 ••• 164, che rimanda alle irre­

golarità del primo movimento. Dove, invece, l'attenzio

ne principale dell'ascolto ~ fortemente calamitata è

nella regione timbrico-strumentale. Al "calmo" e seve­


295

ro incedere dei tromboni, e progressivamente di tutti

gli ottoni, del principio - sovrastanti, come s'è det­

to, i fissi e allucinati armonici artificiali degli

archi - fa seguito, da mis. 151, un graduale animando

di intenzioni che si spegne, infine, nelle scalette dia

toniche ascendenti degli archi e, tramite un ponte di

tre misure affidato alle percussioni (finora assenti

in questo movimento), sfocia in un "(estatico)" "ppp

senza vibrare" (miss. 165 ••• 170), in cui le dieci par­

ti degli archi contrappongono frammenti seriali in un

elementare e magico "punctum contra punctum".

Qui, veramente 11 la rarefazione e la evidenza l.del

linguaggio sonoro si fanno tali da superare ogni osta­

colo di comprensione" (169). Il riferimento al "Lenti§.

simo" di Quarto concerto è immediato, non solo per la

identica richiesta dinamico-espressiva, "ppp senza vi­

brare", riferita anche alla medesima sezione strumenta

le e a valori ritmici di lunga durata (ma nel presente


296

"(estatico)", per l'esattezza, è previsto in pia l'uso

della sordina), ma, soprattutto, per l'esito di sta­

gnante depressione - la " s tatische Vision" e l' "Anticli

max" di cui parlava Roman Vlad (170) ..; che informa qu~

ste misure. Anche se, nell,n (estatico) " di Invenzio­

ne concertata il contrappunto delle gelide fasce sono

re degli archi è esteso complessivamente a dieci parti,

e non pia a· sei, il raffronto con Quarto concerto de­

nuncia un'ulteriore essenzialità. Gli "estatici scorri

menti delle singole parti" che, in questo, ravvisava

Mario Bortolotto (171) diventano "scorrimenti" chiara­

mente percepibili allo scadere di ogni misura, in vir­

ta dell. 'adozione di un procedimento contrappuntistico

mol to semplice, nota contro notai fenna restando l'estatici

tà del passo, che non perde nulla rispetto al "Lentis­

simo" di Quarto concerto. Questa, semmai, ne esce come

razionalizzata e fatta pia lucida e consapevole.

Alla fine del movimento, dalla "magia razionalizza­


297

tali di questo episodio centrale ritorniamo, con la

mis. 170 - 171, alle gravi enunciazioni seriali degli

ottoni in imitazione. Le terzine dei timpani, a miss.

176 ••• 181, preparano il "fff" "si" dei violoncelli (a

mis. 181), seguito, una misura dopo, dalla isterica pro

lusione degli altri archi al "Libero, (con fantasia)",

che apre il terzo e ultimo movimento.

Il quale, almeno nella sua primq parte, crediamo sia

il movimento più convenzionale e meno interessante del

concerto. (Noteremo soltanto il ritorno, a mis. 187,di

un motto già comparso nel primo tempO a miss. 46, 48 e

119, e le semicrome trascoloranti fra i vari strument~

a miss. 188 •.• 191, che ricordano il secondo movimento

di Quarto concerto). Ma dal furioso e delirante ingre!

so dei timpani e, poi, delle altre percussioni, a mis.

278 - 279, che riprendono e rielaborano il movimento

ritmico di miss. 102 .•• 118, c'è COme un'improvvisa ri­

carica della tensione emotiva e dell'interesse, non di


298

mentica della lezione del Sacre e di certi "Allegri baf.

bari" di Bart6k.

Si torna a parlare, come in Quarto o Quinto concer­

to, di "H8hepunkt", situato al "fortissimo" di mis.316,

dopo i~ quale la tensione scema progressivamente con

continui cambiamenti di tempo (quasi trenta, fra miss.

316 e 358) e di iridescenze timbriche, in cui le per ­

cussioni fanno sfoggio di virtuosismo. Virtuosismo, a~

punto. Ma - un po' come. accadeva, anche se meno spett~

colarmente e con minor complicazione, al passaggio dei

timpani di miss. 212 ••• 218 di R~cr~ation concertante ­

si tratta di un virtuosismo teso a fini essenzialmente

espressivi e drammatici, qui tutt'altro che esornativo.

Ricordiamo, d'altronde, lo stimolo che ha indotto Pe­

trassi a questo particolare atteggiamento, cioè le

tragiche vicende che riabilitarono il regime comunista

in Ungheria (ottobre-novembre '56).

Questo tratto de~ terzo movimento {miss. 278 - 279


299

.•• 359) è, forse, con le parti estreme di Quinto con ­

certo, quanto di più tragico ed espressivo Petrassi ab

bia fino allora scritto per quel che riguarda la prod~

zione strumentale. Un'analisi un po' approfondita del

presente passo ci porta a riscontrare un'irrequieta

drammaticità nei seguenti elementi tecnico-compositivi:

l'ostinato di croma puntata + semicroma, innanzittutt~

che è ossessivamente presente in tutte le misure com ­

prese fra 279 e 314, ora a una microsezione strumenta­

le ora un'altra; l'onnipresente impiego delle percus ­

sioni, sempre in evidenza o,addirittura, protagoniste

della pulsazione ritmica ed emotiva del passo (caso u­

nico, fino allora, in Petrassi); le semicrome concita­

te e ripetitive degli ottoni (miss. 279 ••• 283) ei poi,

degli archi (miss. 287 ••. 293; 300 ••• 307 e 309 ••• 312) ;

la dinamica mutevole degli ottoni e degii archi, men­

tre quella delle percussioni procede impassibilmente

in un "sempre forte" senza tregua e abbinato, per di


300

più, al ritmo implacabile dei fatti d'Ungheria; la me­

tamorfosi ritmica e timbrica delle miss. 317 e seguen­

ti, che frantuma la concertazione in punti esclamativi

e interiezioni strumentali, sorta di punteggiatura che

a metà frasi parole e rimbalza imprevedibilmente

diversi strumenti; la conseguente instabilità

ritmica e timbrica che subentra con improvviso contr~

sto, a miSe 317, alla generale compattezza delle misu­

re precedenti; l'estinguersi di ogni prepotenza ritmi­

co-timbrica nelle note lunghe di ottoni ed archi e nel

"sordo pulsare" (172) delle percussioni di miss. 352 ••

e, infine, nel "pp - ppp" di mise 358, seguito da

gran pausa coronata che potrebbe essere l'estremo

di vita del concerto.

Et invece, le miss. 360 ... 365 concludono il lavoro

un beethoveniano, "fortissimo" "raptus" finale.Quin­

to concerto finiva nel nulla del principio, quasi un

organismo che proviene da un limbo 'iperuranico, cresce


301

e si sviluppa, per poi declinare e morire, tornando al

proprio limbo senza colore. Invenzione concertata (Se­

sto concerto) ci sembra dimostrare, al contrario,un'iE

reprensibi1e volontà di vita che, alla fine, trionfa

nonostante le pene e le sofferenze terrene.

Récréation concertante (Terzo concerto) fu commissi

onata dalla Sudwestfunk Baden Baden, Quinto concerto

dalla Boston Symphony Orchestra, Invenzione concertata

(Sesto concerto) dalla BBC di Londra, Prologo e cin­

que ~nvenzioni ('61 - '62) - lavoro poi rifuso nel su~

cessivo Settimo concerto del '64 - dalla Port1and Ju ­

nior Symphony Orchestra e, infine, Ottavo concerto('70

••• '72) dalla Chicago Symphony Orchestra. L'elenco

in cui non figurano i l Primo, il Secondo e i l Quarto

concerto, poiché significativamente non risulta che es

si siano stati commissionati da ente alcuno - ci infor

ma dell'assoluta consapevolezza di. Petrassi nel soddi­


302

sfare le esigenze di un pubblico e di una critica in ­

ternaz ionali.

L'internazionalità, appunto, di cui si era già par­

lato a proposito di Terzo e di Quinto concerto, favor!

ta anche dai sempre pift frequenti viaggi all'estero

(giusto all'epoca di Terzo concerto, egli prese a via~

giare quasi ogni ann~,coincide con l'acquisizione di

un linguaggio sempre meno circoscritto at confini na­

zionali. Ne deriva una maggiore disinibizione nell'uso

di mezzi compositivi sempre pift svariati ed eclettici,

contemperati in modo personale.

Con l'accrescersi delle possibilità di scelta, Pe­

trassi radica e particolarizza con pift originalità ed

evidenza le scelte di volta in volta operate. "C' è una I.

parola - egli diceva in un'intervista del '66 (173)

che mi piace per indicare il mio attuale (ma anche

passato) modo di procedere: polimaterico o meglio po­

litecnico: la commistione delle teçniche, infine. CosI


303

per il problema della serialità. Soffermarsi oggi sul­

la serie, a meno che non si. voglia fare opera didattica o

filosofica o analitica, non ha più senso. Si tratta di

materia assorbita dai conservatori (o almeno, ritèngo

che così dovrebbe essere). Ad un giovane, chi domanda

più se usa o no la serie? Una pratica seria le si dà

per scontata. E la nozione di armonia non sussiste nel

senso tradizionale, ma in quanto concatenazione di si­

tuazioni sonore. Una condotta armonica non in senso to

naIe, ma piuttosto tenendo presente una eufonia dei

rapporti sonori tra loro. Certo gli elementi della mu­

sica non si lasciano più separare e.analizzare partita­

mente se non partendo da posizioni del tutto diverse

da quelle della scolastica. Ritengo comunque sia il

timbro la dimensione nuova della musica attuale, in co,!!

trasto con la musica del passato (Neoclassicismo com ­

preso) ...

Ecco, l'acquisita internazionalità di Petrassi la


304

si fa, per norma, coincidere con l'adozione del siste­

ma seriale sch8nberghiano, ed egli stesso sembra por ­

tarci a questa interpretazione. Difatti, la prima ope­

ra che gli fu commissionata da una grande istituzione

straniera, la SUdwestfunk Baden Baden, è proprio quel­

la che denuncia il primo sistematico approccio con la

tecnica dodecafonica, cioè Récréation concertante (Ter­

zo concerto). E, dei prossimi Concerti per orchestra

commissionati da importanti società straniere, non ve

n'è uno che ignori la matrice seriale dodecafonica. In­

vezione concertata (Sesto concerto) è, poi, nelle par~

le di John Waterhouse (174), il lavoro che "represents

Petrassi's n~-est approach to systematic dodecaphony ­

though even here the technique is not rigorously thro~

ghout". Rimandiamo, per le osservazioni di carattere

generale su questo problema, al cap. 6.

Per quel che riguarda, in particolare, Invenzione

concertata (Sesto concerto), la dodecafonia sch8nber­


305

ghiana è, secondo noi, decisamente superata nei termi­

ni dello II s trutturalismo intervallico", come già si

prospettava ,in Récréation concertante (Terzo concerto).

Ma ci~ che in Récréation concertante era, un circoscrit

to "divertimento" sull'intervallo melodico-armonico di

terza minore, qui si estende ai principali intervalli

seriali, la terza mino-maggiore e la settima maggiore.

E tale costante divertimentointerval,lico - che, come

si è visto, pu~ anche ignorare la valenza motivico-te­

matica dei parametri ritmo e melodia - caratterizza or

ganicamente l'intera composizione, provando la fonda ­

tezza di un'analisi puramente intervallare.

Eppure, ll"humus" culturale che sottostà a questo

aspetto,per altro certo importante, è troppo complesse

per esaurirsi in una semplice analisi intervallare. Il

diatonismo delle prime opere non è, in realtà, mai sta

to abbandonato da Petrassi, e l'esultanza ritmica de­

gli anni giovanili persiste tuttora. Le conquiste e­


306

spressive, poi, da Coro di morti a Noche oscura, a

Quinto concerto, realizzate soprattutto tramite una

ricerca approfondita di nuove "armonie timbriche" e se

gno, anche, di una sofferta maturazione umana, oltre

che artistica, non possono assolutamente essere inclu­

se e valutate in una analisi di tipo esclusivamente s~

riale o intervallico. Ribadiamo, in sostanza, i conte­

nuti umani ed espressivi resi da Petrassi in musica

in modo sempre più pertinente" attraverso la somma e

la critica sovrapposizione di nuove acquisizioni tecni

che.

Parlare di ascendenze, in questo fitto intreccio,

non è facile. Certo, il Petrassi di Sesto concerto ap­

pare, più che mai proiettato nell'attualità internazi~

naIe di quegli anni. Le percussioni, polemicamente ri­

fiutate nei primi due Concerti per orchestra, sono ora

una delle sezioni strumentali portanti dell'intero la­

voro (Elliot Carter?Edgard Varèse? -Pierre Boulez? •• );


307

il puntillismo postwerberniano è vagamente accostato

con l'accentuazione delle "microstrutture intervalliche lt

e con la massima rilevanza del timbro puro e, parimen­

ti, del ritmo puro (vedi il caso di "melodia-durata" ,

a miss. 95 ••• 99); la "polverizzazione", anche se non

totale, delle funzioni motivico-tematiche,della tradi ­

zione conduce a un utilizzo sempre pi~ consistente di

strutture ritmiche o timbriche o, come abbiamo detto

al punto due di questo capoverso, microintervallari,

soggette a uno Il stile di variazione infinitesimale" (175)

(Darmastadt e la Neue Musik?); la scelta timbrica ten­

de ad affrancarsi da qualunque modello preesistenteia~

che la forma in generale del lavoro - che ancora in

Quarto concerto abbiamo visto recuperare moduli espre~

sionisti, mentre Quinto concerto sembrava perseguire ~

na libera e istintiva dinamica di tipo emotivo, tutta­

via preoccupata di soddisfare a una dialettiva di stam

po sostanzialmente tradizionale - è come insofferente


308

di regole ormai vecchie e consunte e si avvale di una

varietà e frammentazione diRcorsive tenute in piedi

dal ricorrere di strutture minime rigorosamente defini

te.
309

10. Settimo concerto

Abbiamo definito il Settimo concerto come "il più

problematico" degli otto Concerti per orchestra (cfr.

Cap. 3). Quasi tutti i lavori di Petrassi, per la veri

tà, sembrano essere "agoni" in cui determinati proble­

mi vengono dibattutti e risolti. Ma con Settimo Con­

certo- quella che Boris Porena chiama "la crisi della

musica come linguaggio significante" (176) tocca il cul •

mine, almeno in Petrassi, e si fa problema dei proble­

mi, "prima quaestio".

Tra Sesto e Settimo concerto· intercorrono sette an­

ni, durante i quali la produzione si arri?Chisce di nuo

vi decisivi lavori, soprattutto nel settore cameristi­

co: occorre accennare prima a questi, per comprendere

il cammino linguistico che da Sesto concerto ha porta­

to all'opera che si sta per esaminare.

Un elenco completo comprende il Quartetto per ar­


310

chi (dei primi mesi del 158), il Saluto augurale per

orchestra (che reca una curiosa dedica poliglotta: "Sa

luto augurale/per gli anni Sessanta/di Heinrich Stro­

bel/Emperor of Modern Music/feliciter regnans/sur les

domaines hypothétiques/de los nuevos espacios sonoros/

composto dal suo amico fedele/Goffredo Petrassi/in Ro­

ma/ maggio 1958), la Serenata per flauto, viola, con­

trabbasso, clavicembalo e percussione (del giugno ~58),

il Trio per archi e i Suoni notturni per chitarra (en­

trambi del 159), il Concerto per flauto e orchestra e

i Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori ('60) ,

il Prologo e Ginque Invenzioni per orchestra ('61

'62), le Musiche per il film "Cronaca familiare" e la

Seconda Serenata - Trio ('62), la Musica di ottoni per

ottoni e timpani ('63) e, da ultimo, risalenti allo

stesso anno di Settimo concerto, le Musiche per il film

documentario "La porta di S. Pietro di Manzil" ('64).

Il Quartetto del '58 - anno in cui Petrassi è nomi­


311

nato socio della Akademie der Ktlnste di Berlino - è

l'ultimo lavoro in cui la nozione lata di tema (eleme~

to tematico, cellula ritmico-melodica ricorrente, nes­

so o figurazione tematica ••• ) può essere, in qualche

modo, veicolo di analisi. E, infatti, questa composi ­

zione, divisa in cinque movimenti facilmente individu~

bili, è ancora costruita su elementi tematici ricorren

ti: nel primo movimento - un "Allegretto comodo", il

cui passaggio iniziale all'unisono, fra l'altro anche

questa una endecaserie, ricorda quello che apre Inven­

zione concertata (Sesto concerto) - si può addirittura

ravvisare il principio bitematico" dove il primo ele ­

mento tematico (miss. 1 e segg.) verrà più volte ri­

preso non solo durante il primo movimento, ma durante

tutto il lavoro, mentre il secondo elemento fa la sua

evidente comparsa a miss. 19 e seguenti, disegnando u­

na figurazione ritmico-melodica di carattere contra

stante.
312

Notevole anche, sempre nel primo movimento, la pro­

gressiva acquisizione d'importanza delle terzine di

crome ribattute (miss. 40, 85, 117 ••• 130 e segg.). Ri­

corrente, nel secondo movimento, è la parte affidata

al secondo violino, a miss. 184 etc., e il ribattere

leggero di terzine di semicrome (si potrebbe, addirit­

tura, parlare di un modello ritmico che appartiene ci­

clicamente ai primi tre movimenti) .Elementi tematici

ricorrenti si rinvengono ancora nel terzo movimento,un

gustoso scherzo strumentale in tempo "Presto". Ma il

vertice del "tema.ti5lID"del Quartetto è la "fuga illusoria'~

come dice Maria Bortolotto (177), -del quarto movimento,

dove vengono impiegati i tradizionali artifici contra~

puntistico-imitativi su elementi chiaramente tematici.

Inatteso e antitetico, invece, l'inizio dell'ultimo tem

po, in cui Petrassi sembra anticipare l'astrattismo te

matico delle opere successive.

Questo è inaugurato con la Serenata per quattro stru


313

menti e percussione, dello stesso anno del Quartetto •

Partitura emblematica e, per molti versi, atipica nel

contesto della produzione di Petrassi. E' come il pon­

te che, dal "tematismo" del Quartetto, va al completo

latematislOo" del successivo Trio per archi. In essa,si

insiste su determinati modelli ritmici (vedi le percu~

sioni da mise 69 in poi, il ce~alo a miss. 42 - 43 e

84 e 85, il tremolo .di semicr,ome da mise 93 in poi •.•),

si impiegano le più normali imitazioni contrappuntisti

che (vedi soprattutto da mise 153 in avanti), c'è peE

sino un " re frain", a miss. 130 ••• 135, poi ripreso a

miss. 183 ••. 187; ma, nello stesso tempo, non c'è modo

di parlare di elementi propriamente tematici e, meno

che mai, di temi. Il discorso è come scheggiato in paE

ti infinitesimali e, anche se ricorrono costantemente

alcune minime cellule di tipo ritmico-melodico, queste

si confondono in un rapido, disinvolto intarsio di

guizzi e di sussulti.
314

Così ne scrive Franco Donatoni (178): "Non si trat­

ta soltanto del graduale processo di cromatizzazione

delle figure - già iniziato, peraltro, da ben piO. di

un lustro e cioè con la Récréation concertante del

'52 - '53, se non anche prima - ma del loro progressi

vo "raffreddamento" discorsivo, sino ad una completa ~

nestesia che le rende segni autonomi, indifferenti ad

ogni tentativo di crescita o sviluppo. C'è qualcosa di

minerale nella grazia che l'opera sprigiona con la sua

filiforme, ma spesso volutamente opaca e faticosa can­

tabilità. Siamo assai lontani dalla forma-motivo di

sonatistica memoria,. ma anche dal tematismoricercari­

stico che caratterizza molte delle opere precedenti

del Maestro. Dall'immobilità della cifra melodica, re­

cante in sè la memoria di una individuazione che sta

cancellandosi, nasce l'arabesco dalle movenze svagate

e cadenzanti. Ma l'arabesco non pu~ che essere ripetu­

to o continuamente reinventato: spezzato o frammentato,


315

muta connotati e acquista vita autonoma, come quegli or

ganismi che si riproducono per scissione, ma non può

in alcun modo essere sottoposto a processi di "varia ­

zione sviluppante". La forma petrassiana, del resto,

non patisce schemi, essa vive di intuizioni e di memo­

rie improvvise - citazioni del vissuto - irrelate tra

loro come le ~agini del1 1 esistenza. Bisogna coglieE

ne il legame, aderendovi intuitivamente e per virtù di

sintonia 11 •

Il 11 raffreddamento discorsivo" e la totale aneste ­

tizzazione delle. figure, rese "segni autonomi, indiff~

renti ad ogni tentativo di. crescitq o sviluppo ll, di

cui parla Donatoni, sono il perfetto traguardo delle ~

pere che vengono dopo la Serenata, dal Trio per archi

al Concerto ~er flauto e orchestra, ai Propos d'Alain,

al Prologo e cinque Invenzioni, alla Seconda Serenata­

Trio, e, infine, a Settimo concerto.

Il Trio è il primo completo raggiungimento dell'ate


316

matismo in Petrassi, attestando, insieme, il definiti~

vo abbandono - o, meglio, il superamento - della scho~

berghiana tecnica dodecafonica (per curiosa coinciden­

za, nello stesso anno, il '59, Petrassi lascia l'inse­

gnamento al Conservatorio ••• ). Nelle sue quattro se-

Z:ioni formali, sottolineate dalla diversa unità del mo

vimento ), sebbene non abbia senso par­

lare di. quattro tempi distinti, non si danno più le

ricorrenti figurazioni ritmico-melodiche del Quartetto,

di solo un anno precedente; e le frasi che potrebbero

ricondursi a tempi o a frammenti tematici (vedi miss.

54 ••• , 90 ••• etc.) non vengono più, riprese. nel corso

del lavoro. Da notare, nella seconda sezione, le tipi--'~ ,

che note ribattute, t''C'01r041r del linguaggio petrassia­

no, e le rapide scalette diatoniche. Vi è poi, a miss.

42, 161 e 166, uno stacco in terzine che sembra recup~

rare, per un momento, i modi bartokiani di Quarto con­

certo.
317

Nella nuova prospettiva dell' "atematismo " della Se­

renata e, soprattutto, del ~, i Propos d'Alain, com

posti nell'anno in cui Petrassi succede a Ildebrando

Pizzetti alla cattedra di perfezionamento in composi ­

zione presso l'Accademia di S. Cecilia ('60), affront~

no, nella fattispecie, il problema dell'abbinamento vo

ce - strumenti, qui ripreso per la prima volta, dopo

la cantata per coro misto e orchestra Noche oscura (del

'50 - '51), secondo un personale eclettismo che, con

un impiego strumentale più "avanzato", rivendica il

ruolo tecnico ed espressivo affidato alla voce dalla

tradizione.

"lo trovo che laflNeue Musik" ha violentato la voce

in modo antinaturale esigendo prestazioni assurde, con

parziali e sporadiche riuscite. La voce è uno strumen­

to molto serio e piegarla all'asemanticità direi che è

un delitto contro natura ••• Giustamente i musicisti,d2

po aver esplorato tutte le possibilità del materiale


318

sonOICa disposizione, hanno rivolto i loro interessi al

lo strumento piU primordiale, la voce umana. Ma a que ­

sto lavorio di astrazione e di violenza la voce non si

sottopone in un modo così pacifico come gli altri stru­

menti perché, in definitiva, il baritono dev'essere sa­

crosantamente il baritono (allusione ai Propos d'Alain),

il tenore non potrà mai evirarsi per diventare un sopr~)

no, e il soprano trasformare i,l suo organo per piegarsi

alle esigenze del basso. Voglio dire infine che la natu

ra si vendica di chi se ne fa beffa" (179).

EI,pertanto, utile analizzare questa partitura, par­

ticolarmente complessa nella molteplicità degli elemen­

ti che la compongono, secondo una triplice progressione

1) considerare il testo di Alain - dove "l'homme de

Dieu" è colui che, quasi importunamente, procede tra la

moltitudine senza lasciarsene condizionare -; 2) indag~

re la veste canora con la quale Petrassi ha rivestito

il testo esaminato - constatando la' forte carica emoti­


319

va, l'esasperata aderenza al significato delle parole,

la tradizionalità dell'impiego vocale -i 3) considera­

re la parte strumentale, specie in rapporto al filo i­

ninterrotto di sutura che è la voce solista.

A questo lavoro di intensa espressività, musicale

ed extramusicale, ne succedono altri, che si concentra

no sul fattore della pura musica, con uni alternanza che

abbiamo già rilevato essere tipica della produzione di

Petrassi (Partita per orchestra e (Primo)Concerto

Coro di mortii Invenzioni per pianoforte e Sonata da

camera ••.•• Morte dell'aria e Noche oscurai secondo

gruppo di Concerti per orchestra ..... Propos d I Alain~ ~"'"";.

Si;' t:r;atta- del Concerto per ftauto~e orchestra. e del

la Seconda Serenata-Trio, lavori Il in gran forma Il, dove

llottimismo e la vitale esuberanza di Petrassi trovano,

ora nell'agile flauto di Severino Gazzelloni (cui è

dedicato il Concerto per flauto), ora nello stimolante

e inconsueto organico di arpa + chitarra + mandolino,


320

la loro congeniale espressione. In entrambi i lavori,

l'''atematismo" è unito ad una astratta, edonistica vo­

gli adi far musica, di giocare ("to play") con i suoni

e con gli strumenti; il compositore si identifica con

l'esecutore, e questi con lo strumento, del quale dimo

stra una sicura padronanza.

In questa situazione di spericolate acrobazie stru­

mentali e di magie timbriche, il Concerto per flauto

e orchestra procede fra piroette e ritmi imprevedibili,

che incalzano soprattutto nella parte solistica, men­

tre l'orchestra segue schemi contrappuntistici piutto­

sto semplici e tradizionali. Di notevole suggestione al:.

cuni momenti, come l'esordio del flauto- dove allo stru

mento solista e all'estro dei suoi sorprendenti passa~

gi è contrapposta l'allucinata fissità degli archi e

del piatto sospeso "appena udibile" - e il veloce rit­

mo puntato che percorre l'orchestra in crescendo, da

mis. 170 a mise 197.


321

La Seconda Serenata-Trio, invece, la cui composizi~

ne segue di poco al felice matrimonio con la pittrice

Rosetta Acerbi, dalla quale Petrassi avrà l'anno ventu

ro la figlia Alessandra, approfondisce l'amalgama tim ­

brico dei tre strumenti a corde pizzicate arpa, chita~

ra, mandolino e, tramite questo, la disgregazione tot~

le dell' "ultimo tematismo" del Quartetto per archi. E',

insomma, un raffinato studio di concertazione, in cui

gli strumenti si rimbalzano frammenti ritmico-melodi­

ci (qualche volta, anzi, solo piccolissime schegge) ,i~

seriti, però, in un quadro formale di ampio respiro,s~

gnato da numerose pause .coronate, ·da soste e da slanci

che rispondono alla classica alternanza di tensione e

distensione.

Non abbiamo più citato, intenzionalmente, il Prolo­

go e Cinque Invenzioni per orchestra (del '61 - '62 e,

dunque, anche precedente al Concerto per flauto e alla

Seconda Serenata-Trio), perchà un'discorso su questo


322

lavoro, tuttora inedito, rientra perfettamente nella

sfera specifica di. Settimo concerto. "Settimo concerto­

spiega, infatti, Petrassi (180) - in origine era un

pezzo che mi fu chiesto e commissionato da un'orchestra

americana di giovani, la Portland Junior Symphony Or­

chestra , tanto che la prima stesura si chiamava Pro­

logo e Cinque Invenzioni. lo scrissi questo pezzo per

quest'orchestra, pensando così in un certo senso a u­

n'idea un po' didattica, tanto che c'è la partizione

in vari periodi, in varie parti: prologo, prima, seco~

da, terza e quarta ed epilogo., appunto pensando di po­

ter esaltare le varie categorie dell'orchestra, perchè

ogni parte ha un impiego orchestrale diverso: una sarà

per archi soltanto, un'altra sarà soltanto per ottoni,

un'altra per fiati e percussioni, e così via; poi al

principio e alla fine si mescolano. Quindi questo è

il carattere e il punto di partenza. Cosa è successo ?

Mi fu mandata la registrazione e trovai il concerto or


323

ribile, e non soltanto perchè era eseguito male, con ~

na grande imperizia e questo era forse da aspettarselo,

ma proprio perchè tutta la composizione mi risultò le~

germente fastidiosa. Allora lo rifusi completamente,l~

sciando però la partizione originale, ossia lasciando

queste varie sezioni".

Rinnegato l'''orribile'' Prologo e Cinque Invenzioni,

ciò che delle sue spoglie resta in Settimo concerto(di

due - tre anni posteriore) è, appunto, lo scheletro

formale, la macrostruttura, che assume un nitore e una

disposizione geometrica tali, che non si erano mai ve­

rificati nei Concerti di prima. Le .sei sezioni corrono

ininterrotte, incernierandosi con estrema naturalezza

l'una all'altra, lungo i diciotto minuti del concerto.

Il "prologo", il cui titolo e la cui estensione de­

sumiamo dall'indicazione posta sotto mis. 56, funge da

presentazione del "totale timbrico" del concerto, an­

che se questo "totale" non comparirà mai, nè ora nè a­


324

vanti, tutto insieme. La prima invenzione - che, però,

in Settimo concerto è denominata "Primo", cioè primo

movimento, come da mise 155 - si estende fino alla mi­

sura detta e privilegia la parte dei timpani, punte~

giata dagli interventi in massa degli ottoni, da un l~

to, e degli archi, dall'altra. La seconda invenzione ­

"Secondo" si estende da mise 157 a mise 229 ed è af­

fidata agli strumenti dell'orchestra che non suonano

nella invenzione precedente, e cioè i legni, l'arpa e

le percussioni. La terza invenzione - "Terzo" - va da

mise 230 a mise 280, protagonista la xilomarimba asse­

condata dagli archi in un lungo episodio acrobatico.

Poi, la quarta invenzione - "Quarto" -, che inizia a

mise 281 e termina a mise 372, ripropone gradatamente

il "totale timbrico" del concerto con alternata preva­

lenza delle percussioni, degli archi o dei fiati. La

quinta invenzione-"Epilogo" - corona, dalla mise 373

alla fine, il lavoro, ricomponendo' definitivamente il


325

tessuto timbrico prima sezionato e indagato con puntu~

lità nelle sue minime parti.

C'è, perO, in questo concerto, una chiara dissocia­

zione fra macro e micro-struttura. Anche la frammenta­

zione dei pentagrammi - mero dato grafico ed esteriore,

d'accordo, già in parte adottato nel Concerto per fla~

to e orchestra e ne~ Propos d'Alain - ce lo fa intuire.

L'architettura complessiva è, come si è visto, di un

rigore geometrico quasi incredibile in Petrassi; per

una volta, davvero il lavoro appare come precostituito

e calato in un "clichè" formale pre-disposto dal compS?,

sitorei lo schema è di una perfetta simmetria, in cui,

fra i due piloni laterali del "Prologo" e dell'''Epilo­

go", stanno le quattro invenzioni strumentali, intese

ognuna a far bella mostra di una sezione dell'orche ­

strai è come un'ineccepibile sequenza filmica di sei

inquadrature, delle quali le quattro di mezzo riprend2

no, volta a volta, i divexsi particolari di una medesi­


326

ma visione, mentre quelle estreme la riproducono inte­

gralmente, senza fissità e progressivamente, con mobi­

li e rapide carrelate.

Per singolare contrasto, alla organicità e sinteti­

cità generale fa riscontro il proliferare di mille

schegge tematiche, che non vogliono saperne di organi~

zarsi nelle minime cellule tematiche di cui si serviva

ancora Invenzione concertata (Sesto concerto) e, anche

maggiormente,il Quartetto per archi dell'anno dopo, ul

tima spiaggia del "tematismo" petrassiano. "Settimo

concerto - scrive Franco Pulcini (181) - fa pensare al

le avanguardie pittoriche del dopoguerra ••• Una parti­

tura del genere vo·ascoltata in maniera analoga a come

si guarderebbero le linee di un quadro astratto o la

disposizione spaziale di una intricatissima scultura

realizzata con i più disparati materiali filiformi".

I guizzi e i sussulti che si erano ravvisati nella

condotta ritmica e nelle successioni melodico-interval


327

lari della Serenata per quattro strumenti e percussio­

ne del '58, e che dovevano aprire la strada a un com ­

piaciuto acrobatismo strumentale e all'''atematismo'' g~

neralizzato ai vari parametri, li ritroviamo quasi in

ogni lavoro seguente di Petrassi e, soprattutto, nel

Concerto per flauto e orchestra del '60, nella Seconda

Serenata-Trio del '62 e nell'unica composizione edita

per orchestra di quegli anni, che è appunto il Settimo

concerto. Mentre il Trio per archi del '59, più che i~

sistere sulle spericolate arditezze tecnico-strumenta­

li, prosegue la via della frammentazione tematica e

discorsiva, già iniziata, si può dLre, con i lavori

giovanili, ma accelerata e resa quanto 'mai problemati­

ca a partire dagli anni '50, fino ad approdare al più

completo "atematismo". Ora, Settimo concerto comprende

entrambi questi aspetti: 1) "la compiacenza dell'orna­

mento ••• e dello svolazzo" - com'ebbe a dire lo stesso

Petrassi (182) -,il nervoso ghiribizzo strumentale, e


328

2) l' "atematismo".

"Cosa significa atematismo? Evidentemente atemati ­

smo vuol dire la mancanza di tema - spiega Petrassi (183)

-, ma la mancanza di un tema è, mi pare, ormai una co­

stante abbastanza diffusa nella musica contemporanea,e

quindi che anch'io mi sia interessato a quella direzio

ne, mi pare che non stupisca. D'altra parte però l'at~

matismo non significa rinuncia totale a dei punti di

riferimento come poteva essere il tematismo, e quando

si abbandonano dei codici di riferimento, generalmente

se ne creano degli altri, e se io ho abbandonato via

via il tematismo, non è detto che àbbia abbandonato

del tutto certi riferimenti che potrebbero anche esse­

re dei nessi tematici. Ma anche su questo bisogna poi

intendersi. Noi diciamo dei nessi tematici e forse sba

gliamo, perchè il tematismo ci riporta a una pratica

musicale in cui il tema - largo, stretto, più o \ meno

lungo, più o meno accidentato - era una base di compo­


329

sizione, e qui evidentemente passi di questo genere

non ce ne sono, ma era parecchio che non ce n I erano piO.

e per questo non bisogna piO. parlare di atematismo: ar

rivati a un certo momento noi possiamo parlare soltan­

to di cellule, di cellule se non proprio tematiche,peE

chè anche questo è un equivoco, di cellule organiche

in sè ricorrenti. Questo è possibile, ed è questo con­

cetto che ho seguitato a impiegare forse dal settimo ,

ottavo concerto, ma soprattutto nella musica da camer~~

La citazione, se la si accosta a quella di Franco

Donatoni sopra riportata a proposito della Serenata del

'58 (184), ci illumina senza mezzi termini sulla nuo­

va opzione linguistica di Petrassi,dalla Serenata in

poi. Ci sono, infatti, alcune tappe fondamentali nella

sua attività artistica: la prima è, senza dubbio, la

Partita del '32 (seguita, due anni dopo, da (Primo)Con­

certo), la seconda è il "criticissimo" Coro di morti

del '40 - 141 (che è, forse, l'ope~a di Petrassi che


330

merita il maggior numero di citazioni nel raffronto con

le altre), la terza è la cantata Noche oscura del '50 ­

'51, la quarta Récréation concertante (Terzo concerto)e

la quinta la Serenata. Le "cellule organiche in sè ri­

correnti" di cui parla Petrassi, e la cui analisi, dal-

la Serenata in poi, sostituisce ogni tentativo di anali

si tematica, altro non sono che minimi nuclei ritmici o

intervallari, o ritmico-intervallari, che ricorrono per

sottili allusioni,. non sempre quantizzabili, ma comun ­

que percepibili a un intuitivo e intelligente ascolto.

Così l'anticipazione sincopata del battere del movi­

mento - come a miss. 2, 9, 14, 29 (primo fagotto), 33

(primo flauto), 38 (violoncelli), 49 (clarinetto basso)

etc., fino all'epilogo conclusivo -i l'accentuazione,

spesso in contrattempo, dell'ultima croma di una terzi­

na ( . ., ., 1'> ) - come a miss. 5 (primo flauto), 7 (ti!!!


L--...l~

pani), 11 ••• - o della seconda croma - come già a mise

1 e, più oltre, a miss. 13 (contrabbassi), 33 (primo


331

flauto), 48 ••• -; l'insistenza sui medesimi gruppi rit

miei irregolari, soprattutto terzine e quintine; il

ricorrere costante dell'intervallo di nona minore (ciò

che si verificava anche, curiosamente, nel primo degli

otto Concerti) j la contrapposizione fra la staticità

di lunghe note tenute, vere e proprie fasce sonore ed

agglomerati timbrici (l'attributo "armonici" è comple­

tamente fuori . luogo), e la dinamicità sfuggente de­

gli "scherzi strumentali " delle altre parti, procedi­

mento già ampiamente riscontrato nel Concerto per

flauto e orchestra del '60 - come evidenti a miss. 64

e seguenti e per tutta la parte in'iziale della prima

invenzione, a miss. 212 e seguenti, 238 ••• 241, 251; •••

272 etc. -j i moti contrari delle parti, più o meno

speculari, "punctum contra punctum" - come a miss. 19

e segg., 157 ••• 161, 246 ••• 248, 323 ••• 332 etc. - e, per

contrasto, certi ostinati moti paralleli per quarte

(mis. 25) o, addirittura, per triàdi perfette (miss.


332

382 e 383) 1 i concitatL interventi poliritmici e poli­

timbrici delle. diverse sezioni dell'orchestra - come

a miss. 101 ••. 106 (ottoni), 107 ••. 112 (archi) nella

prima invenzione, o a miss. 187 •.• 217 (percussioni)ne!

la seconda, o a miss. 344 •.• 347 e 350 ••• 353 (archi)nel

la quarta -; le frequenti, e in fondo tradizionalissi-.::·

me, imitazioni ritmiche o ritmico-intervallari fra le

diverse parti dell'orchestra - caso lampante agli ar­

chi di miss. 424 .•• 429, dove si utilizzano ancora en ­

trate scalari in imitazione canonica -

Il fitto "reticolo", per usare un termine caro ad

Aldo Clementi, di tutti questi elementi o stilemi o nu

clei linguistici, o "cellule organiche in sé ricorre,!!

t ~· " , o sottili allusioni reciproche, stabilisce un pu!

visco lo di microstrutture che dà senso e omogeneità al

l'intero lavoro. La macrostruttura complessiva, che,a!

l'opposto, abbiamo visto essere semplice e lineare, g~

rantisce ancora di pin, caso mai ce ne sia il bisogno,

questa omogeneità, conferendo all'insieme proporzioni


333

ordinate e sinunetria.

Al brulicare di strutture infinitesimali corrispon­

dono una agogica, una dinamica, una ritmica ed una tim

brica altrettanto imprevedibili e cangianti. L'agogica,

rifuggendo del tutto (per la prima volta nei Concerti

per orchestra di Petrassi, mentre la produzione cameri

stica già dal Trio per archi del '59 adottava questo

sistema) dalle indicazioni tradizionali, è regolata u­

nicamente da precisi suggerimenti metronomici, che mu­

tano con frequenza. Ciò significa che, accanto alla ra

pidità metronomica richiesta, non vi sono più apposte

alle molte minime sezioni in cui si ripartisce agogic~

mente il concerto indicazioni concernenti lo spirito e

l'espressione.

Significativo è che -neppure fra i pentagranuni se

ne incontrano, come invece accadeva fino a Sesto C9n ­

certo: il fattore espressivo - comunque imprescindibi­

le, a nostro avviso, dalla musica di Petrassi, anche


334

quando in essa prevale l'arabesco, cioè l'elemento de­

corativo, come egli stesso ha più volte confermato (cfr.

cap. 1) - è, invece, oggettivamente sintetizzato nelle

richieste tecnico-strumentali, come sempre dettagliate

.e di per se stesse eloquenti. Sarà il l1 mp pizzo pont. 1I

degli archi a mise 1, o lo sforzato "f tav." dell'arpa

a mise 2, o il "f ••• sf flatt." della terza tromba a

mise 10, o il "mp col legno e all'orlo" dei timpani

di mise 89 e via d:icendo, ogni battuta offrendo spunto

per una esemplificazione. Sono eccezioni irrilevanti

il "secco" riferito ai timpani in "fortissimo" ac­

centuato di mise 10, il "dolce" dell'arpa in "mezzopia

no" legato di mise 23 e il "deciso" in "forte" ac ­

centuato di mise 57; anzi, nel contesto generale di as

soluta essenzialità direi quasi che appaiono come ple~

nasmi.

Il discorso sull'agogica ha condotto spontaneamente

a quello sulle dinamiche. Le quali sono di una mobili­


335

tà e di una mutevolezza radicali che - seppure già in

parte presenti in Quinto e Sesto concerto e pienamente

adottate a partire dalla Serenata o, meglio, dal Trio

per archi - solo in Settimo concerto raggiungono i li­

miti estremi, estendendosi contemporaneamente ai diver

si strumenti dell'orchestra. Non è difficile il riferi

mento alla "serializzazione integrale", che è, quindi,

anche serializzazione del parametro delle intensità,

proposta dal puntillismo postweberniano. Qui, in effe!

ti, si pu() parlare .non solo di "totale cromatico" e,

come abbiamo fatto sin da Récréation concertante (Ter­

zo concerto), di "totale timbrico", ma anche di "tota­

le dinamico" e, come si vedrà, di "totale ritmico".L'e

sperienza di Darmstadt e del preteso "anno zero" non

è passata invano neppure per Petrassi, il quale, senza

aderirvi in prima persona, ed anzi condannandola in li

nea di principio, ha saputo dedurne le indicazioni che

più riteneva consone al proprio universo musicale, fat


336

to di "attualità" (185) e di "tradizione attivali (18~).

Consideriamo, ad esempio, l'inizio del concerto, le

cui prime due misure esauriscono già il "totale dinami

co":

mis. 1 mis. 2
p --===..f f-==
mf
pp --=mp

f -­
pp -=:::::::: mf ..:::::­
mp f

pp pp--­

Come si può constatare dal semplice schema, in que­

ste prime due misure sono coperti tutti i gradi di in­

tensità possibili, dal "pp" al "ff" (o, stando al cre­

scendo che segue al "ff", al "fff"). Altro dato che

si ricava è la compresenza del IItotale timbrico" alla


337

seconda battuta. Da notare che per Petrassi la dina­

mica indicata ha sempre valore assoluto, non relativo

allo strumento cui è assegnata (differentemente da

quanto avviene,poniamo}nella scrittura orchestrale di

Haydn e di Mozart, in cui il "forte" riferito indistin

tamente a fiati e ottoni va sempre bilanciato con at­

tenzione dall'esecutore e dal direttore, in quanto il

"forte" di un ottone risulta, per norma, più. potente

di quello di un legno). PuO essere utile, in questo

senso, l'avvertenza che Petrassi pone in calce alla se

sta pagina dei Prapos d'Alain per baritono e dodici e­

secutori del '60 (187): "La dinamica nei tratti in cui

si usano le bacchette di gomma ••• per la Marimba e lo

Xilofono è relativa al risultato fonico da ottenere,

che è quello segnato. Quindi un "piano" di effetto rea

le dovrà probabilmente essere realizzato con la dinami

ca di un "mp" o "mf". Il direttore stabilirà l'equili­

brio". Fermo restando che qualche minima sproporzione


338

non potrà fare a meno d;l, suss;l,stere, per la natura stes

sa degli strumenti.

Siamo ormai lontani dalle "analisi espressioniste"

di Quarto e Qu;l,nto concerta, dove riscontravamo l'''Ha­

hepunkt" del lavoro in un esaperato "ffflt o, viceversa,

l'IlAnticlimax", o "Anti-Hohepunkt" , in un It ppp inespre§.

sivo e senza vibrare". Le ampie arcate bartokiane di

Quarto concerto, il racconto autobiografico di Quinto

concerto e persino i tragici riferimenti e la frammen

tazione discorsiva di Invenzione concertata (Sesto con­

certo) si sfaldano, lasciando scoperte le punte aguzze

di una dialettica vivace e mutevole, in cui i diversi

parametri si contrappuntano quasi in un' istitiva pri"l­

mordialità.

Non è, certo, il rinnegamento di una civiltà musica

le della quale Petrassi, oltre che ottimo conoscitore,

è pur sempre un fervido credente, ma, piùttosto, il

recupero di valori elementari e la loro elevazione a


339

dignità almeno pari a quella degli altri valori consa­

crati dalla. tradizione. La semiotica musicale e 111 'ef­

fetto Schonberg ll
- dal quale deriva la serializzazione

estesa dal totale cromatico a quelli dinamico, ritmico

e timbrico - hanno contribuito in modo decisivo a que­

sto atteggiamento di Epeculazione "ab imis" della fisi­

cità del suono e di tutte le singole proprietà che la

caratterizzano. A Petrassi non poteva sfuggire questo

ennesimo "aggiornamento", presente nelle sue opere dal

la Serenata e dal Trio per archi in poi.

Della ritmica di Settimo concerto si è già in parte

accennato}trattando delle microstrutture linguistiche.

Quello che occorre ancora rilevare è la sua logica ad~

renza a quanto abbiamo ora sostenuto. Petrassi sembra

fare un ragionamento perfettamente matematico: prendi~

mo l'unità del movimento - al caso la semiminima - e

scomponiamola nelle più svariate possibilità, uti'liz ­

zando anche, con particolare frequenza, figurazioni rit


340

irregolari largamente pausate: del pari, scompo­

niamo le singole misure, che a loro volta muteranno co

stantemente, e ricaviamone le più diverse partizioni ~

sommiamo contemporaneamente o in rapida successione di~

temporale i detti procedimenti .•• L'esito, chiaramen~

te, è quello di una vorticosa fantasmagoria di situa ­

zioni che, specie se combinate assieme in verticale,

l'orecchio riesce difficilmente a districare una ad u­

na dal complesso inviluppo.

Si veda la nervosa sequenza ritmica delle prime mi­

sure, in cui si susseguono valori regolari, ma spesso

in sincope o in contrattempo, e valori irregolari (so­

prattutto terzine e quintine) che, in più, rimbalzano

imprevedibilmente da strumento a strumento e secondo

misure diverse: o si vedano le giustapposizioni, iscrit

te nell'ambito di una intera misura, di terzina + quar

tina (4/4, miSe 34) e quartina + quintina (3/4, mise

43), effetti ritmici poi ripresi, anche pià complicat~


341

mente, in Ottavo concerto; o gli indistricabili intre~

ci di miss. 101 e seguenti, 187 ••• , 350 ••• etc.; o le

irregolarità dei timpani virtuosi nella pr~; invenzio

ne (miss. 65 e segg.) e della cadenza della xilomarim­

ba che, contrastata dalle fissità astrali degli archi

in "piano" sospesi sui loro "clusters" di armonici, si

destreggia fra ritmi ardui e spericolati (terza inven­

zione, miss. 240 e segg.) •••

Il "totale ritmico'· di Settimo concerto è già prefi­

gurato nel prologo, per quanto qui non si possa parla­

re di totale esaurimento dei ritmi utilizzati nel con­

certo. Questo prologo, che per molti versi ricorda la

introduzione di Récréation concertante, non presenta ,

infatti, le rapide figurazioni di semicrome ricorrenti

spesso nel resto del lavoro (escludiamo le note ribat­

tute e i treroc>li ), e i ritmi elaborati dei timpani e

della xilomarimba restano una sorpresa a venire. Per­

ciò, il parametro ritmico, a differenza di quelli in­


342

tervallare, dinamico e timbrico, ci sembra sia ancora

trattato secondo moduli sostanzialmente tradizionali o,

almeno, scarsamente influenzati dalla serializzazione

weberniana e postweberniana. El chiaro che Petrassinan

intende spingersi~ e fino ad oggi pare non essere sta­

to neppure nelle sue piQ remote intenzioni, alla rigi­

da serializzazione di alcun parametro del suono, ciò

che non è avvenuto nè per il parametro delle altezze

(da Terzo a Sesto concerto) nè, tanto meno, per quel

lo delle durate. Sappiamo la sua insofferenza per ogni

forma di dogmatismo.,

Egli non sembra neanche voler rinnegare la tradizio

naIe divisione in battute e il riferimento ad un "tac­

tus" metrico che, in qualche modo, si articoli in ag­

gregazioni ritmiche elaborate, ma sempre riconducibili

a quel "tactus" e alle battute in cui i Iltacta Il si rac

colgono ordinatamente. IILa tecnica di coordinamento dei

tempi metronomici, denominata l'modu.1azione metrica 11


343

(del suo collega e amico Elliot carter) e che consi:3te

nel transitare da un tempo all'altro mediante un ele ­

mento comune di durata"(188), e "il desiderio di tro­

vare un pensiero temporale più significativo" (189),m!:.

no costretto nelle leggi risapute della tradizione, non

riguardano Petrassi da vicino. Una scelta, crediamo,a~

zi che un limite, se ancora oggi egli persiste convin­

to, e come sempre informatissimo, in quella direzione.

"Fra me e Carter c'è reciproca stima e comunanza di i­

dealità. Nulla più". (190)

Resta da dire dell'organico strumentale e del para-:

metro timbrico in genere, che nei Concerti per orche ­

stra abbiamo sempre additato come prioritario e che

qui analizziamo per ultimo non certo perchè venuto in

secondo ordine, ma per meglio comprenderlo alla luce

degli altri parametri considerati. In Settimo concerto,

in effetti, l'elemento timbrico è più che mai determi­

nante. Innanzittutto, viene impiegata una grande orche


344

stra - dai legni al completo agli ottoni (con quattro

corni, quattro trombe e tre tromboni), all'arpa, la xi

lomarimba, le percussioni (con timpani, tre piatti,due

gong, due tamburi, cassa chiara, tre blocks e, come

per Invenzione concertata, in tutto quattro esecutori),

gli archi -. "Dopo la rarefazione sonora dei lavori pr~

cedenti - osserva Boris Porena (191) -, Settimo con­

certo ripropone con estrarne evidenza uno spessore

fisico del suono, riconquìstato al di là del pressochè

totale svuotamento della figura musicale".

Anzi, è proprio lo "svuotamento della figura music~

le" a permettere una più esplicita autonomia del fatto

re timbrico, che assume, perciò, un ruolo primario nel

la partiziQne formale del lavoro. E' la differenziazi~

ne timbrica, più di qualunque altro parametro (inter ­

vallare, dinamico, ritmico), a delineare chiaramente

le sei sezioni del concerto. Non dimentichiamo, poi,

che Settimo concerto, nelle parole di. Petrassi,fu scrit


345

to per un'orchestra di giovani, con l'intento d;L "poter

esaltare le varie categorie strumentali " (192). Sic

chè ne è u$c;Lto un lavoro che, pur facendo uso di una

grande orchestra (o proprio perchè fa uso di una gran­

de orchestra), somiglia in pin punti a un brano came

ristico ora pe~ soli ottoni, ora per sole percussioni,

ora per xilomarimba con ;Ll sostegno degli archi.

Si potrebbe parlare di una sorta di "policamerismo"

che evita, per regola, l'accostamento simultaneo di

tutte le parti strumentali, anche in quelle sezioni

formali in cui l'orchestra è pin compatta (il prologo,

la quarta invenzione e l'epilogo, o quinta invenzione).

"Petrassi - scrive Dino Villatico a proposito del Set­

timo concerto (193) - appare sempre pin teso a scavar­

si uno spazio intimo, cameristico; dopo l'Ottavo con­

certo sarà anzi questo il suo spazio esclusivo" (ma ul

timamente, nel '77 ••• 80, Petrassi ha scritto un Poema

per archi e trombe che, in certo senso, può considerar


346

si un nono concerto per orchestra). E' interessante che

ciò avvenga utilizzando una grande orchestra, intende~

dola come un ampliamento delle svariate possibilità di

combinazione. cameristica, ovvemoun agglomerato di po­

tenziali complessi da camera, uno a uno individuati e

trascelti.

Un'analisi del concerto sotto questa angolatura ri­

sulta efficace per comprenderne la dialettica comples­

siva (194). Il prologo (miss. 1 ••. 56), come già avven!

va nelle sezioni di apertura di tutti i sei Concerti

precedenti, presenta il totale degli, strumenti impieg~

ti. Il totale timbrico dei legni viene esaurito a mise

38, con l'intervento dei due oboi, quello degli ottoni

a mise 13, con l'intervento della quarta tromba, quel­

lo delle percussioni a mise 15, con la terzina di semi

minime ai piatti, quello degli archi a mise 5, con lo

ingresso dei violini primi e secondi (sussiste la tra­


347

dizionale pentapartizione degl~ archi), mentre arpa e

xilomarimba sono già rispettivamente presenti dalle

miss. 2 e 4. I violoncelli e i contrabbassi stendono un

filo co.ntinuo di sostegno, in cui abbondano le note

lunghe, e rare sono, al confronto delle altre parti,le

irregolarità ritmiche. Per il resto, l'orchestra gioca

di guizzi e di improvvts·i sussulti timbrici, che poss~

no, di primo acchito, far pensare alla "Klangfarbenrne­

lodie" di schonberghiana memoria o, per altro verso,a.!.

le tendenze aleatorie degli anni '60.

Quanto all'alea, bisogna ribadire che di casuale in

Petrassi non v'è proprio nulla, nè in Settimo concerto

nè in altro lavoro, e, quand'anche egli voglia~ottene­

re un effetto simile a quello ottenibile con una prat!

ca aleatoria, procura sempre di prescriverne i termini

puntualmente. Il fatto è evidente in Settimo concerto,

dove i diversi parametri sonori sono tutti scrupolosa­

mente indicati, al limite di un matematico e "boulezia


348

no" rigore.

Forse, la punta più avanzata dell'influenza aleato­

ria in Petrassi, almeno fino ad oggi, la si trova in u

na composizione di tre anni posteriore a Settimo con­

'certo, Estri per quindici esecutori. In essa, corri

spondentemente alla mise 70, c'è la seguente annotazi~

ne: "Da % A al ~ B. La Viola il più rapido possibile

in "pp" e legato. Il cambio dell'arcata a discrezione

dell'esecutore, senza accenti, salvo dov~èindicato. Il

Violoncello meno rapido della Viola, sempre "pp" e le­

gato. Per le arcate ecc., come la Viola. Il Contrabbas

so inserisce i suoi interventi con una relativa liber­

tà, senza rigore. In questo passaggio l'esattezza del­

l'intonazione non dev' essere .. assoluta". Può essere cam

biata anche qualche nota, a discrezione e opportunità

dell'esecutore". Ma è un caso estremo ed isolato, dove,

comunque, le note da eseguire sono segnate una ad una

- malgrado le minime libertà che si-può prendere l'ese


349

cutore - e gli interventi del contrabbasso vanno di­

stanziati con notevole attenzione, affinchè possano es

sere tutti compresi nello spazio temporale geometric~

mente definito dalle tre percussioni (inquadrate con

rigore in misure di 4/8) ~

La schonberghiana tlKlangfarbenmelodie", invece, è

più vicina allo spirito di Petrassi, ma c'è da dire

che nei caratteri timbrici egli ricerca concentrazioni

vertical~ piuttosto che orizzontali, un equivalente de!

la tradizionale armonia, in cui, perO, vadano persi

gli antichi concetti di consonanza e di dissonanza,per

far luogo a un impasto fisico-sonoro di variabile den­

sità e tensione.

In Settimo concerto, questo non appare tanto nelle

misure iniziali, dove sono frequenti gli incontri di

ottava vuota e gli interventi strumentali isolati (fra

cui spiccano quelli delle percussioni, a mise 4, e del

l'arpa, a miss. 5 ••• 8), ma s~ impone con evidenza da


350

mise 9 in avant~. Vengono sovrappost~, dapprima, i t~~

bri degli ottoni, poi quelli degli archi e, quind~,~

li dei legni con la punteggiatura delle percussioni;

succedono gli interventi polifonici, isoritmici e "iso

timbric~" - nella forma del "bicinium" , "tricinium" e

"quadricinium" - del primo e terzo corno (miss. 17 ••••

22), dei tre tromboni (miss. 21 ••• 25), dei corni primo,

secondo e terzo (miss. 25 e 26), dei tre clarinetti +

primo fagotto (miss. 26 e 27) e dei quattro ottoni gr~

vi (miss. 31 e 32); poi, prevalgono per cinque misure

(32 ..• 36) gruppi ritmici irregolari affidati camerist~

camente alle diverse sezioni dell'orchestra (notevole

il breve assolo della tromba in "mezzopiano", a miss.

33 ••• 35); da mise 37 a mis. 44, emerge l'arpa, cui è

dato una sorta di divertimento intervallico sulla set­

tima maggiore - nona minore; l'aggregato ~n "fortissi­

mo" di legni, trombe e archi, alla mise 46, si spegne­

rà nel lungo fa-fa diesis in II p ianissimo" di contrab·­


351

bassi + timpani e arpa, quasi un sordo brontolio, pro­

dotto dai battimenti delle due note a distanza ~emito­

nale (miss. 51 ••• 56).

Con la prima invenzione di miss. 57 ••• 156, la comp~

gine orchestrale si scinde nei due blocchi di archi

e di ottoni, con quel filo di sutura che è il protago­

nismo dei cinque timpani (essendo richiesta l'aggiunta

di una caldaia piccola per le note più acute), impegn~

ti in un complesso intervento di grande mobilità inteE

vallare, dinamica e ritmica. Le miss. 57 ••• 64 non sono

che una preparazione, che recupera figurazioni ritmi ­

che e contrasti dinamici del prologo, a questo inter ­

vento dei timpani: dopo di che, i timpani esordiscono

in un agile passaggio in "fortissimo", cui sovrastano

gli armonici allucinati. degli archi in tlpianissimo'~vi~

loncelli e contrabbassi esclusi (miss. 64-64 ••• 68): iE

calzano gli ottoni soli. in "fortissimo", a miss. 68 •••

74, seguiti da un nuovo intervento, analogo al primo ,


352

di timpani + archi (questi non più in armonici, ma con

sordina); come in una scacchiera, ancora il blocco de­

gli ottoni soli, cui questa volta è affidata una ritmi

ca più mossa di terzine dt semicrome che passano, in

libera imitazione>, dalla "microsezione" dei quattro cor­

ni a quella dei quattro ottoni gravi, a quella delle

quattro trombe (miss. 79 ••• 92); con quest'ultima parte,

si interseca il solito - ma strutturalmente sempre va­

riat.o - abbinamento timpani e archi (miss. 81 ••• 100) ;

ottoni soli, fra miss. 101 e 106, che intrecciano un

fitto contrappunto a dodici voci dei più svariati in­

tervalli e di ritmi per lo più irregolari (rileviamo

il crescendo di complessità in questi tre interventide

gli ottoni); timpani più archi soli, fra miss. (107) ­

108 e 111; poi, da mis. 112, i due blocchi strumentali

si integrano progressivamente con predominanza degli

ottoni; a battuta 148, infine, i tlÌimpani,.isolati su un

sol diesis-fa dtesis di violoncelli e contrabbassi che


353

si spegne nel nulla, riaffermano un'ultima volta il

proprio ruolo protagonistico con un furioso "fortissi­

mo" di quattx:o misure, che declina inunediatamente al

"pianissimo" di conclusione.

La seconda invenzione (miss. 157 •.. 228) è, invece,

affidata agli strumenti assenti nell'invenzione di pri

ma (eccetto la xilomarimba), e cioè i legni, l'arpa e

la battex:ia di percussioni, senza i timpani. I tre

gruppi stx:umentali entrano nell'ordine: legni (mis.

157)-percussioni (mis. 162)-arpa(mis. 163),creando su­

bito un amalgama in cui si contrappongono i legati dei

legni, da una parte, ai pizzicati dèll'arpa e i rintoc

chi delle percussioni, dall'altra. A queste e all'arp~

cioè al secondo dei due blocchi timbrico-strumentali

dell'invenzione, è interamente dedicato una specie di

"trio" centrale, fra m1ss. 187 e 198. Dopo, 1 due bloc

chi si combinano nuovamente, finchè, a miss. 222 •••229,

il discorso si sfalda, man mano, sulla nota pedale del


354

primo contrabba.sso (un "si" di centro in armonico natu

ra1e) cui si aggiungeranno,di misura in misura, il se­

condo, il terzo, il quarto, il quinto e, a mise 227,

tutti i restanti contrabbassi dell'orchestra.

Nella terza invenzione (miss. 230 ••• 280), il cameri

smo strumentale di Settimo concerto si concentra sulla

xi10marimba, che non sentivamo più dal prologo, e su­

gli archi. Le miss. 230 ••• 239 sono occupate soltanto

dagli archi, dei quali risultano strane e inattese, nel

contesto della produzione petrassiana degli anni '60,

le terze parallele dei violini primi e secondi, a

misura 232; poi, sugli armonici tenuti degli archi, la

xi1omarimba. improvvisa - ma l'improvvisazione è tutta.

apparente, poich~ Petrassi definisce al dettaglio in:­

terva11i, dinamiche e ritmi - una acrobatica cadenza

che dura un'unica interminabile misura con punto coro­

nato (la n. 240); archi soli in IIpp - mp" a miss. 242

••• 244, poi ancora insieme alla xi10marimba (miss. 245


355

••• 247), nuovamente soli (miss. 248 •.• 251), un'altra

cadenza della xilomarimba a mise 252 (misura coronata),

in cui essa si destreggia àgitosamente come in una "ge­

latina" di suoni armonici tenuti dagli archi (la situa

zione ricorda chiaramente quella dei timpani + archi

in armonici della prima invenzione), contrappunto dei

due elementi timbrici dell'invenzione, da mise 253 a

mise 266, dove gli archi si fissano, per la terza vol­

ta, su lunghe note tenute, non più armonici però, e la

xilomarimba riprende, a tempestare con le bacchette du

re, fino a mise 275. Di qui, i timpani in "fortissimo"

- cui si aggiungono subito il gong grande (anche que­

sto in spettacolare "fortissimo"), la cassa chiara, il

tamburo grande e i piatti - sopraffanno ill.lungo asso­

lo della xilomarimba, divenendo i principaliinterpre­

ti della invenzione seguente.

Questa (miss. 281 ••• 372) tende, in realtà, a ricom­

porre la totalità timbrica dell'inizio, con interventi


,
356

sparsi di tutte le categorie strumentali. Infatti -·pur

restando onnipresenti le percussioni, almeno sino a

battuta 307, dopo la quale compariranno a intermitten­

za -, fra le miss. 282 e 291 si insinuano in libera al

ternanza tutti i legni, l'arpa, la xilomarimba e gli

archi. Da mise 294, anche gli ottoni fanno la loro com

parsa con il primo e terzo corno, ma i tromboni e la

tuba tacciono fino alle ultime misure dell'invenzione,

fino a quando, cioè,. la tuba attacca un gravissimo "mi"

quattro tagli addizionali sotto il rigo in chiave di

basso (mis. 366). Da questa battuta a batto 369, si in

crociano il prepotente crescendo dei. fiati, che sbotta

nel "fortissimo" di miss. 368 e 369, e il "sempre ppp

sparendo" degli archi. Pausa a mise 370, su un "mi"gra

ve al ponticello dei contrabbassi, e un crescendo, a

miss. 371 e 372, che scompare d'improvviso nel vuoto

di mise 373, la cui prima parte è occupata da una pau­

sa interrogativa di attesa.
357

L'epilogo, o quinta invenzione, (miss. 373 ••• 435~ è

il secondo dei. due pilastri fra cui si svolgono le ar­

cate delle quattro invenzioni, corrispondendo .. perciO

specularmente al prologo di apertura. E, come il pro12

go, l'epilogo esaurisce il totale timbrico in breve

spazio: i legni compaiono tutti nel giro di tre misure

soltanto, gli ottoni esauriscono il proprio totale con

l'intervento della. quarta tromba, a mis. 387, l'arpa

compare alla quarta misura, la xilomarimba e gli archi

senza contrabbassi alla prima, i contrabbassi alla ter

za. Difficile sezionare l'amalgama timbrico-formale

che ne deriva, ma, da mis. 420 - 421·, è chiaro un dimi

nuendo di tensione dato dall'assottigliarsi del mate­

riale timbrico sulle note statiche in tremolo degli

archi (un evidente riferimento alle fissità astrali de

gli archi nella prima e. terza invenzione, procedimento

già incontrato, come si ricorderà, nel Concerto per

flauto e orchestra del '60). Il passo in "pianissimo "


358

agli archi con sordina delle seguenti miss. 424 ••. 431,

un autentico fugato di tradizionale osservanza in cui

si inseguono rapidamente dodici parti d.i.' semicrome. l~

gate (essendo i violini divisi a sei, le viole, i cel­

li e i bassi rispettivamente a due), è come una coda

conclusiva, che anticipa di poco l'estremo "accordol/in

"ff - fff" dell'orchestra quasi al completo (miss. 434

e 435). Le voci, in questo episodio, si addizionano e

si sottraggono, secondo un suggestivo ondeggiamento

che, con dinamica sempre "pianissimo", sposta gradual­

mente il registro strumentale degli archi dall'acuto

al grave, allargando, per di più, i valori ritmici del

principio cfftl-+nTI.... 1 I I I), come per inerzia e progres­

sivo affaticamento~

La problematicità di Settimo concerto - che è inuti

le estendere alla dedica, secondo la quale parrebbe

che il lavoro sia stato scritto in relazione alla Pri­


359

ma rassegna di Musiche per la Resistenza (Bologna, 1964),

poichè Petrassi ci spiega (195) che essa è del tutto

occasiona1e e posteriore alla composizione del concer­

to - sta nella radica1izzazione del linguaggio

già in parte prefigurato in Terzo e Sesto concerto.E',

cioè, 10 strutturalismo adattato a tutti i parametri

del suono, e non soltanto più a quello delle altezze

(=" s truttura1ismo interva11ico", che in un primo tem­

po coincideva con la libera adozione del sistema dode

cafonico) •

Un adattamento assolutamente personale, s'intende·,

che innalza soprattutto il parametro timbrico e quello

dinamico. Il timbro è il principale mezzo di partizio­

ne formale, mentre la frammentazione discorsiva deriva,

forse, tlin primis l1


dalle "guizzanti" e imprevedibili

situazioni dinamiche. Le quali sbric1oùmo definitiva

mente le microstrutture linguistiche, già in se stesse

piccolissime. L'espressività di Settimo concerto, che


360

consiste in una tensione emozionale che da Quarto con­

certo sembra non avere mai abbandonato Petrassi (neE

pure nei lavori più brillanti e edonistici), è resa e!!,

senzialmente tramite i due parametri che abbiamo detto.

Le aggregazioni verticali assumono il significato di

fasce sonore più o meno dense e caratterizzate da defi

niti rapporti timbrici, pr~ma che intervallari.

"Quello che mi interessava - dirà Petrassi riferen­

dosi a Ottavo concerto (196), ma il discorso è perfet­

tamente valido anche per il Settimo - non era mica la

armonia, era proprio di poter dare delle facce diverse

di questa aggregazione, che non era un'aggregazione di

tipo armonico, ma di tipo timbrico. Il pericolo della

monotonia, dell'appiattimento del materiale attraverso

il suo uso continuo, ho.cercato di evitarlo con delle

relazioni timbriche individuali e di massa". Masse

circoscritte, in Settimo concerto, a gruppi strumenta­

li di tipo cameristico o pseudocameristico, senza fare


361

mai l'uso dell'orchestra in blocco. Se un appunto non


si può davvero muovere a Settimo concerto è quello di

essere monotono, chè anzi, in esso, il materiale lin ­

guistico si può dire riservi sorprese ad ogni battuta.

Oppure: IILa nozione di armonia - sostiene ancora p!::.

trassi (197) - ••• non sussiste nel senso tradizionale,

ma in quanto concatenazione di situazioni sonore. Una

condotta armonica non in senso tonale, ma piuttosto te

nendo presente una eufonia ("eu ll relativamente ai ca­

ratteri dell'effetto timbrico che si vuole ottenere

dei rapporti sonori e timbrici in primo luogo .


III

C'è come ~n ribaltamento delle posizioni sette-otto

centesche l'intervallazione - intesa in senso orizzon­

tale (melodia) e in senso verticale (armonia) - e la

ritmica, mezzi tecnici di base per costruire i temi e

utilizzare una forma strutturata organicamente su .: di

essi, cedono alla prevalenza de i fattori timbrico e di

namico. La timbrica, in particolare, sostituisce sia


362

la melodia sia soprattutto l'armon~ai la dinamica/sfa~

cettata in mille guise, concorre a neutralizzare senza

più dubbi ogni elemento vagamente tematico (anche se

non ricorrente) e a fare ulteriormente in pezzi qualu~

que minima struttura. La forma in generale, la macro ­

struttura, sarà garantita da zone strumentali dominan­

ti e da addensati timbrici neoclassicamente (ci riferi~

mo, ovviamente, a un neoclassicismo categoriale) disp~

sti.
363

11. Ottavo concerto

Il termine "avanguardia" è tra i più equivoci e im­

precisi; per questo lo abbiamo usato raramente. Qui,pe

rò, non se ne può più fare a meno ed è tempo di chiari

re l'equivoco. Mario Baroni tenta una definizione (198),

sostenendo che "il fenomeno dell'avanguardia si eserci­

ta direttamente S0tto forma di opposizione al linguag­

gio ereditato e soprattutto a quegli aspetti di esso

che coinvolgono significati e valori non più accettabi

li per chi ne scopre la caducità. Rapporti di questo

tipo col mondo circostante furono instaurati anche dai

musicisti del XIX sec. (ma non soltanto, indubbiamente

anche prima) Avanguardia nel senso attuale della

parola si ha invece quando comincia a incrinarsi que­

sta tendenza alla ricreazione e alla rielaborazionedel

mondo preesistente, quando cioè il rapporto fra l'arti

sta e il linguaggio che lo precede o lo circonda dive~


364

ta un rapporto di negazione che si configura in termi­

ni polemici Il •

E' d'obbligo citare il Sacre e i successivi lavori

di Stravinskij, l'''antiespressiv:l,tà ••• ferrea e disurn~

na" (199) (sulla quale espressione ci sarebbe da discu

tere non poco) di molte oper,e hindernithiane e, in par­

ticolare, di quelle comprese fra il Terzo quartetto

per archi ('22) e l'opera Mathis, der Maler ('38), "la

polemica antiromantica e antimpressionistica" di Erik

Satie e del "gruppo dei Sei", "le avanguardie musicali

sovietiche, rappresentate particolarmente da Sciostak2

vié e Prokofiev" (anzi, dal loro primo periodo creati­

vo: anni '20 - '30), per l'Italia interbellica "la ge­

nerazione dei Casella e dei Malipiero e successivamen­

te ••• quella dei Dallapiccola e dei Petrassi", "il su­

peramento dell'ideologia borghese" nell'opera di. Leos


" Bartok, le ricerche ornitologiche
Janacek e di Bela .
e

il "Trattato del ritmo" ('54) di Olivier Messiaen, le


365

geniali sperimentazioni, solo tardivamente scoperte,

dell'americano Charles Ives e del franco-americano Ed

gar Varèse, e, naturalmente, "l'esperienza ••• capitale

per la musica contemporanea" che fu il ribaltamento pro

gressivo della logica tonale, avvenuto con l'invenzio­

ne del sistema dodecafonico schonberghiano, che sanci­

sce la serializzazione del parametro delle altezze

(Scuola di Vienna - Arnold Schonberg, Alban Berg e An­

ton Webern. Anni interbellici). Questo per quel che r!

guarda le cosiddette "avanguardie storiche", ossia,se­

condo un'espressione di Elliott Carter già da noi ri,­

portata, dell'lIavanguardia all'antica ••• che metteva

in dubbio tante cose, ma solo superficialmente" (200).

Ma, a partire dagli anni '50, quelli del famoso lI an

no zero" della musica, le nuove avanguardie - in segui

to alle gravi problematiche sollevate soprattutto dal

puntillismo weberniano e, in minor misura, perch' la

sua ~ama è decisamente.postuma e attende ancora oggi


366

una sicura sistemazione, dalla "ricerca sul suono ver'"

gine, ove preistoria e avvenirismo strumentale paiono

coincidere" (201) di Edgar Varese - concentrano le at­

tenzioni sulla fisicità sonora, sganciata da ogni log!

ca e dialettica tradizionale. Di qui, la serializzazi~

ne integrale dei parametri del suono (Pierre Boulez,

Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e la "compute:r:i!.

zazione stocastica", Henry Pousseur, gli italiani Lu ­

ciano Berio, Luigi Nono e Bruno Maderna ••• ), l'impiego

delle nuove apparecchiature elettroniche (~ t'musica

concreta" e "musica elettronica", dove tecnologia ed

arte sono indissolubilmente unite; i compositori da

menzionare sono Peter Schaeffer e i medesimi di cui so

pra), il "trattamento materico" dell'orchestra tradi ­

zionale "per analogia con i materiali sonori che il mu

sicista elettronico usa maneggiare" (Gy5rgy Ligeti,

Krzistof Penderecki, Aldo Clementi ••• ), l'alea e il

probabilismo (John Cage, Morton Feldman, Earle Brown e


367

gli italiani Franco Donatoni, Aldo Clementi, Luciano

Berio ••• ), il misticismo cosmico e orientalizzante di

Stockhausen o il medievalismo di Dieter Schnebel, o,a~

cora, il sensuale erotismo di Sylvano Bussotti ••••

Se quella che si è fin in qui delineata è la norma­

le accezione del termine "avanguardia", il Petrassi di

Ottavo concerto compie senz'altro un "passo indietro"

rispetto agli ardimenti del concerto precedente~ Un

po' come sembrava succedere in Quarto e Quinto concer­

to,dopo lo " s tr:utturalismo intervallico" di Récréation

concertante (Terzo concerto). "The Eighth Concerto - o~

serva il Waterhouse (202) - ••• shows,signs of a retreat

from the radicalism, of the 1960s" (o, meglio, a parti

re dalla Serenata del '58 e per buona parte degli anni

'60). Questo concerto, infatti, - composto a Roma tra

il '70 e il '72, essendo dunque quello che ha richie ­

sto la pift lunga elaborazione - testimonia di un nuovo

mutamento nell'arco della produzione' di Petrassi. Muta


368

mento che, senza rinnegare l'''atematismo'' e la "compi~

cenza dell'ornamento e dello s~olazzo", non sembra pr2

seguire l'''avanguardismo'' (perO, secondo lo spirito di

petrassi, tutt'altro che polemico) del Settimo concer­

to e delle. opere cameristiche d·alla Serenata (' 58) a

Beatitudines ('68).

Quest'ultimo lavoro, in particolare, va considerato

attentamente come il punto estremo di contatto dell'~

niverso petrassiano con le nuove avanguardie. Ad esso

si perviene, dopo la composizione di Settimo concerto,

attraverso quattro lavori per ridotto numero di esecu­

tori: i due "divertimenti strumentali" Tre per sette

per ottavino, flauto, flauto in sol (primo esecutore),

oboe, corno inglese (secondo esecutore), clarinetto

piccolo in mi bemolle e clarinetto in si bemolle (ter­

zo esecutore) del '64 e Estri p~r quindici esecutori

d e l , .. '66 - '67~ e i due brani per coro misto a

cappella Sesto non-senso e Mottetti per la passione del


369

'64 - '65; più le inedite, e inutilizzate, Musiche per

il film "La Bibbia ll


del '65.

L'esultanza sonora di Settimo concerto e dei due

IIdivertimentj,.1I del '64 - '67 si scarnifica e si depri....

me in Beatitudines,"testimonianza per Martin Luther

King" per basso o baritono e cinque strumenti, del' 68.

E' come uno studiQ di rarefatta espressività sui tim­

bri e sulla voce, in cui 1 diversi elementi galleggia­

no senza apparente gravitazione in un magma informe.

"Le sottili entità melodiche non si saldano per nulla

co'l resto, compaiono rare come fantasmi e si sperdono

nella nebbia di una scrittura depressa al massimo in

cui sembrano pesare maggiormente le stratificazionidei

silenzi e dei vuoti che dei suoni .•• Tutto il resto è

timbro, scarno fonema, come certi squilli della trom­

ba .•• o i sinistri glissandi dei timpani. Anche la vo­

ce si contrae al massimo, quello slancio che la anima­

va ancora in pr~pos viene qui sopito nella oppiacea e


370

sonno lenta immobilità di una scrittura gregoriana cro­

matizzata al massimo, che lenisce il dolore ma non lo

elimina" (203). Come nei Propos d'Alain, però, è la

voce a tessere il principale filo di sutura che dà sen

so e unitarietà al lavoro; le beatitudini evangeliche

sono sottilmente indagate da essa, ripartendo l'arco

formale della composizione in un'alternanza di pieni e

di vuoti, di tensioni e distensioni, cui gli strumenti

con i loro sparsi interventi fanno da cornice e da e­

videnziazione emotiva.

Si ha la sensazione come. di una terra inaridita, di

un deserto la cui argilla non si ra~prende . in alcuna

rosa: restano, di quell'argilla, gli infinitesimi gra­

nelli uno ad uno, infine sabbia e polvere. I parame ­

tri intervallare, dinamico, ritmico e timbrico - cui

si aggiunge, ora, quello che regola l'attacco dei suo­

ni nelle due estreme possibilità dell'accentuazione e

del "non far sentire l'attacco" - sono resi più che mai
371

autonomi.Non sipilòcertoparlare. di "serializzazione inte


< ­

grale" nè di serializzazione relativa a un singolo pa­

rametro, neppure quello delle altezze, ma il messaggio

lanciato da Boulez e dalla "computerizzazione stocasti

cali è ugualmente colto con la massima lucidità.

Anche il fattore ritmico è qui emancipato dai vec­

chi schemi della tradizione, e le misure non sono che

una necessità della concertaziqne polifonica (difatti,

con il soccorso delle parole, a miss. 68 e 69, 88, 95

etc., le stanghette di divisione diventano pleonasti ­

che e sono < perciò soppresse; le stesse figure musica­

li sono spesso abbandonate, come risulta sin dalle pri

me misure) .

Il parametro intervallare non risponde a nessuna co

dificazione prestabilita e viene trattato con grande

libertà e mutevolezza dalla voce, che percorre l'inte­

ra gamma della propria tessitura tramite caratteristi~

ci "ondeggiamenti"; ma, precisa Petrassi (204), biso­


372

gna "evitare una recitazione espressiva "cantilenante" e

attenersi alla sobrietà della dizione rispettando i

segni dinamici, ma senza rigidezza e con libera flessi

bilitàl l •

Le dinamiche, come già in Settimo concerto, sono

molto contrastate, comprendo , però, il totale solo a

mise 103, con il "fff" della viola e del contrabbasso.

La timbrica, infine, è secondo noi. il fattore deci

sivo, quello che determina all'ascolto il maggiore se~

so di depressione emotiva, compresi in essa i diversi

spazi pausati, in certo modo timbri fra timbri. La

stessa scelta strumentale parla da sè: clarinetto,trom

ba (in fa!), viola e contrabbasso, timpani + la voce

grave di basso o baritono. Ma l'utilizzo di questi s~

menti parla ancora più chiaro. Le fissità astrali dei

suoni tenuti al principio da viola e contrabbasso e,

ancora,alla fine del lavoro (miss. 200 e segg.) riman­

dano, senza dubbio, al "trattamento materico" degli


373

strumenti proprio di compositori come Gyorgy Ligeti-: o

. Krzistof Penderecki: i "glissè" dei timpani con peda­

le, a mis. 49, possono riportare al rumorismo di certa

"musica concreta" e gli ampi inte:nralli del clarinetto,

a miss. 130, 146 e 147, 178 ••• 180, ricordano i modi pu!!,

tillistici weberniani e post-weberniani. I mezzi elet­

tronici, l'alea, i suoni multipli - che Petrassi defi­

nisce "suoni sporchi" (205) - non trovano, invece, po­

sto.

Procedere sulla strada di Settimo concerto e di Bea­

titudes, per citare due dar lavori di punta della pro­

duzione petrassiana degli anni '60, .avrebbe voluto di­

re polverizzare e ridurre all'annientamento quelli che

Donatoni chiama i "relitti della musica", o, comunque,

perseguire fino alle estreme conseguenze i "sentieri

che portano alla soglia del silenzio" (206). Ciò signi

ficava, infine, giungere dove l'avanguardia pia aggueE

rita era in effetti giunta: l'alea Q la "grande pausa"


374

di John Cage; la preminenza dell'interprete sul compo­

sitore; l'arte estatica, sorella della speculazione me

tafisica, e la prossima adorniana "finis artium" di

Aldo Clementi; il misticismo orientalizzante di Karl ­

heinz Stockhausen .•

Lo strutturalismo bouleziano, dopo aver fatto ape,!

zi la dialettica della tradizione. sezionando 'i

quattro parametri del suono, demoliva alla fine se

stesso e completava - o, meglio, esauriva del tutto ­

la propria analisi introspettiva con una sorta di ulti­

ma considerazione sulla "vanitas.vanitatis" del suono

(del quale resta la pura materialità, anzi neppure que!

la, ovvero il suono con valenza negativa), della musi­

ca, dell'arte, delle cose umane. Non è difficile, come

si vede, spingersi dalla musica alla speculazione meta

fisica, come fa appunto Aldo Clementi.

Ma, anche se dagli allievi (e Clementi fu allievo

di Petrassi) c'è spesso molto da imparare, come assicu


375

ra Sch8nberg (207) e come lo stesso Petrassi sostiene

(208), egli non condivide affatto questo sconfinamento,

che a suo parere è eccessivo. Alla domanda "Che cosa :~

dice ••• della celebre frase di Adorno sulla poesia non

" egli risponde (209):'!CeE


più possibile dopo Auschwitz?,

te profezie non sono nuove: anche Hegel, mi sembra,paE

lO della morte dell'arte più di cento anni fa; e inve­

ce abbiamo visto che l'arte non è morta. El fatale,ceE

to, che certe affermazioni drastiche siano fatte dopo

periodi di grandi sconvolgimenti, che incidono non

soltanto sulle cose ma sul morale degli uomini.... E

quindi credo che,nonostante Adorno, l'arte non morirà.

Perchè poi dovrebbe morire? Sarebbe come preconizzare

la morte dell'uomo".

Forse, le Beatitudines furono sentite da Petrassi

come un momento estremo e invalicabile. Non era possi­

bile avanzarsi oltre, se non preponendo la scienza al-

l'umanesimo, la tecnologia all'arte (intesa tradizio ­


376

nalmente, come poesia, creazione sI intellettuale, ma

anche emotivamente sofferta, autobiografica, testimo ­

nianza di un'umanità viva e responsabile). E', in ulti

ma analisi, il rifiuto di demandare le proprie scelte

ad altro da se stessi e, meno chell.1mai, ad una macchina,

foss'anche la più perfetta. "Automazione", non esclusa

quella programmata al dettaglio dalla mente umana, non

è certo sinonimo di "fine dell'arte", ma devia le pro­

spettive di scelta dell'artista-poeta e, prima ancora,

dell'uomo-poeta. In questo senso, Petrassi è legato in

maniera irrinunciabile alla tradizione che precede gli

anni '50 e dalla quale non va esente nessuna delle "a­

vanguardie storiche".

Che cosa, dunque, è accaduto dopo gli ardimenti di

Settimo concerto e di Beatitudines? Che Petrassi, a no

stra avviso, non se l'è sentita di compiere un nuovo

"salto" (210), come, invece, aveva fatto tra Secondo e

Terzo concerto, relativamente all'adozione del sistema


377

dodecafonico, probabilmente ritenendo che questa vol­

ta si sarebbe trattato di un "salto mortale ll


• Si è, a!.

lora, ripiegato su tre brevi composizioni solistiche ­

Souffle per flauto in do, flauto in sol e ottavino del

'69, Elogio per un'ombra per violino e Nunc per chi ­

tarra del '71 - e sui due lavori cameristici Ottetto

di ottoni del '68, che Mario Bortolotto soprannominò

significativamente "Ottetto degli adii" (211), e Ala

per flauto, ottavino (un esecutore) e clavicembalo del

'72. Che sono il documento delle scelte recenti, fino

a quella "summa" del sapere petrassiano che è l'Ottavo

concerto per orchestra.

In esse, Petrassi sembra rifugiarsi in una ricerca

di tipo essenzialmente tecnico-strumentale che rmmanda

alle esperienze passate, non ultima quella del neoclas

sicismo interbellico (soprattutto per quel che riguar­

da la chiarezza e la funzionalità della scrittura),tèn

dendo, invece, a sfuggire alle gravi problematiche poste


378

nei lavori immediatamente precedenti. Bisogna tenere

presente che questi sono gli anni in cui egli teme per

la propria vista, indebolitasi con l'età e l'intenso

lavoro i e l'impedimento fisico deve averlo ostacolato

non poco nell'attività compositiva e, più che altro,di

sturbato o, comunque, condizionato psicologicamente.

Tant'è che crediamo che il particolare. stato emotivo e

di salute abbia in gran parte segnato lo spirito della

sua ultima produzione.

Anzi, basterebbe il lavoro più rappresentativo e.

di maggior mole e impegno di questa più recente stagi2

ne creativa, cioè l'Ottavo concerto, a confermare .la

nostra tesi. It dovrei dire qualcosa di personale e

quindi di psicologico che nell'Ottavo concerto ha avu­

to peso - egli confida (212) -: è un concerto che ho

scritto in un periodo in cui temevo per la mia vista e

quindi l'ho scritto con una specie di rabbia, con una

specie di esaltazione, e perciò, mi pare, ha •.• questa


379

decisione di direzione. Perch€ questo senso psicologi­

co che io sentivo era permanente, potevano cambiare

certi momenti di umore, però c'era questo fondo che mi

portava, oltre che a una inquietudine molto profonda ,

anche a una specie di lotta, a non voler accettare ~l

verdetto che poteva essere e poteva non essere ••• in­

somma c'è questo risvolto psicologico dell'Ottavo con­

certo che è quello che ha dato, mi pare, la mossa in

quella direzione, dove non ci sono molti tentennamenti,

non ci sono delle zone così incerte o delle zone un po'

paludose per arrivare da un punto all'altro ••• Non è

un lavoro in cui sperimentavo diver'se cose, era un la­

voro sorretto continuamente da quello che io sentivo

internamente. E' un discorso psicologico che sulla mu­

sica forse non si dovrebbe fare, ma per spiegare la

natura di un pezzo (può considerarsi lecito)".

Franco Donatoni (213) parla giustamente, a proposi­

to dell'ultimo Petrassi, di "monològo interiore del


380

quale noi non possiamo apprezzare che la superficie ll ,

ossia di "monologo non verbalizzabile ma nella più

stretta connessione al segno del suono ll • E, forse, il

discorso si potrebbe estendere al Quarto, Quinto e Se­

sto concerto, per limitarci a questo solo settore del­

la produzione petrassiana (non citando il Coro di mor­

ti, la tragedia Morte dell'aria, Noche oscura etc.) .Ri

cordiamo, infatti, l'''espressionismo" di Quarto con­

certo, o il tragico autobiografismo del Quinto, o, an­

cora, il riferimento ai fatti d'Ungheria di Invenzione

concertata (Sesto concerto). Ma qui, in Ottavo concer­

to, il dramma umano si fa più che mai esperienza viva

e toccante, alla quale Petrassi è interessato in prima

persona: è, in sostanza - perchè negarlo? - il titani

smo beethoveniano redivivo. Ben vengano, in questi ca

si, le utili delucidaz.ioni dell' autore.

Ma la musica, come afferma ancora Petrassi (214),"d~

vrebbe (comunque) parlare per se stessa". Non resta


381

che verificare, il più possibile obiettivamente, che

cosa riesca in effetti a dircLOttavo concerto, commi~

sionato dalla. Chicago Symphony Orchestra e dedicato al

direttore d'orchestra Carlo Maria Giulini (uomo e arti

sta profondamente stimato da Petrassi (215)>, è ripart!

to formalmente in tre movimenti distinti, ciò che non

avveniva dai tempi di (Primo) concerto, mentre degli

altri sei Concerti solo il Quipto è s.chematicamente bi

partito. Se si aggiunge che l'articolazione agogica

corrisponde approssimativamente a quella tradizionale

di Allegro (primo movimento) - Adagio (secondo movime~

to) - Allegro (terzo movimento) e che essa è decisamen

te meno mutevole che in tutti i Concerti precedenti,si

ha un primo sintomo della particolarità di questo lavo

ro.

Infatti, il primo movimento è contrassegnato dalle

seguenti indicazioni metronomiche: J = 132 (miss. 1

••• 1501), J == 120 (miss. 151 •••• 182), J= 80 rit •••••


382

(mis. 183), J = 132 (miss. 184 ••• 215); il secondo movi

mento è,invece}più differenziato agogicamente, ma le

variazioni oscillano fra i limiti di J= 46 e .1 = 92 t

senza bruschi trapassi; mentre il terzo movimento si a

pre con la J = 88-92 (miss. 1 ••• 89), che poi diviene,

volta a vOlta) = 100 (miss. 90 ••• 114), J= 88-92 (miss.

115 ••• 118),d = 58-60 (miss. 119 ••• 130),d = 92 (miss.

131 ••• 171),d = 148 ••• 152 (miss. 172 ••• 185, dove ricom­

pare per un'unica volta la tradizionale indicazione di

"presto"), J = 132 (miss. 186 ••• 195), J = 148-152 (miss.

196 ••• 225).

Un altro dato assolutamente atipico nell'arco della

produzione petrassiana è l'inquadramento ritmico in mi

sure regolari e continuate di 4/4 - come si osserva

concerta meraviglia nel primo movimento, interamente

costruito su questo metro - o, comunque, in misure che

non variano con la frequenza vertiginosa dei Concerti

precedenti, e soprattutto di Sesto e Settimo concerto.


383

La stessa divisione interna alle battute è perseguita

con una regola.rità insolita, almeno dai tempi di Sesto

concerto in poi. Incontriamo, spesso, passaggi insisti

ti di semicrome (quello introduttivo del primo tempo~

quello di miss. 59 ••• 62 sempre del primo movimento, o

quello di miss. 64 •.. 69 etc.), passaggi di semiminime

consecutive o di crome o di terzine di crome, e via di

cendo.

Ma è interessante che questo accada con la paralle­

la adozione di figurazioni ritmiche oltremodo irregol~

ri, quali neppure in Settimo concerto era possibile ri

levare. Alcune soluzioni, che sommano alla difficoltà

del solfeggio in senso orizzontale quella di un compIi

cato contrappunto ritmico verticale, sono un vero "re­

bus". Valga per tutti quell.e delle miss. 33 ••• 35 del

primo movimento: la misura di 4/4 viene frantumata,ne!

la parte degli archi, contemporaneamente in cinque, sei

e sette parti eguali, cosa già in se stessa non sempl!


384

ce, mentre le singole quattro divisioni vengono ulte ­

riormente suddivise dai fiati in terzine, quintine e

doppie terzine, anche pausate; triple terzine,comprese

ognuna nell'ambito di due divisioni, quintine, settimi

ne e decimine (idem, nell'ambito d~ due movimenti) co~

pletano il panorama delle irregolarità. Altri "rebus"

a miss. 15, 25, 32, 53, 55, 57, 60, 61 ••• {primo movi­

mento, il più interessante da questo punto di vista} ,

102 e 103 •.. {secondo movimento, 67 e 84 ••. (terzo mo­

vimento) •

La dinamica ricalca, in linea di principio, i modi

della ritmica: alcune volte piattamente uniforme, al~

tre contrastatissima. Le prime misure del concerto an­

ticipano perfettamente questi due aspetti dialettici.

Un "ppp" alle semicrome legate dei contrabbassi con sor

dina apre suggestivamente, e senza altre dinamiche fi­

no a mise 4, il concerto; poi, d'improvviso, un "fff "

di archi, xilomarimba e xilofono, cui segue il "ppp {ma


385

sentito)" di miss. 5 e 6r di nuovo un "fff", poi un

"ppp", la rapida sequenza di "fff-ppp-fff" di mise 8;

miss. 9 e 10 in "fff"; miss. 11-12 ••• 21 in "ppp-mp";

miss. 22 ••• 25 in "fff"; e così via. El chiaro che,alm~

no in queste prime misure, Petrassi gioca di nettissi­

mi effetti chiaroscurali, dove luci e ombre si avvice~

dano più o meno rapidamente: corruschi bagliori, oscu­

ramenti improvvisi, magie notturne, luminosità persi ­

stenti •••• Il lavoro, nel complesso, confermerà le pri

me impressioni, insistendo particolarmente sulle oppo­

ste intensità e sul loro alternato inseguirsi.

MacrQpartizione formale, agogica, ritmica e dina­

mica rimandano. dunque,.,per molti versi, a posizioni

"preavanguardistiche", rispetto agli ardimenti di Set­

timo concerto e di Beati tudines, pure attestando - nel­

l'abbandono delle tradizionali indicazioni agogiche,in

certe ardue soluzioni ritmiche, nella sistematica con­

trapposizione di situazioni dinamiche antitetiche


386

la conoscenza pratica degli artifici puntillistici e

perfino di qualche atteggiamento "giudiziosamente" a­

leatorio (miss,. 88 ••• 94 e 187 .•• 189 del primo movimen­

to, 12 - 13 e 110 ••• 124 del secondo).

Così pure l'aspetto timbrico riporta, di primo ac­

chi-to,a scelte antecedenti all' I~anno zero". Vogliamo

dire, innanzittutto, che la strumentazione ricade su

un organico assolutamente anticonformista, rispetto al

l'attualità degli anni '60 - '70. Non dimentichiamo

che, in questo periodo, ,la ricerca timbrica si spinge

verso nuovi spazi sonori: l'elettronica, l'uso incon ­

sueto degli strumenti della tradizione (singolarmente

e abbinati), il largo impiego delle' percussioni ••• in­

fine l'antitradiziane. Invece, con Ottavo concerto, Pe

trassi riafferma la propria fede in un mondo di suoni

ormai usato ed abusato, ma dal quale egli crede cfue si fX'~

sano ancora ottenere effetti nuovi e nuove prospettive.

"Ritengo che con un organico il più normale possibile


387

si può fare ancora della musica, anche la più anormale

possibile u (216).

Nessuna composizione orchestrale di Petrassi, d'al­

tronde, si è mai staccata fondamentalmente dai modu­

li degli organici tradizionali. Pensando ai Concerti

per orchestra, ricordiamo che il Primo è stato concepi

to per grande orchestra, con la significativa (e per

una volta dichiaratamente polemica) esclusione della

arpa e delle percussioni, il Secondo corrisponde sfro!!,

tatamente all'organico delle ultime sinfonie di Haydn,

il Terzo utilizza una normale piccola orchestra, parti

colarmente nutrita nel settore delle percussioni e con

la sola curiosa assenza dei contrabbassi, il Quarto è

per orchestra d'archi in corretta pentapartizione, il

Quinto e il Settimo nuovamente per grande orchestra,

senza particolarità rilevanti di organico; solo Inven­

zione concertata (Sesto concerto), per la sua tripart!

zione strumentale in ottoni - percussioni - archi, può


388

suggerire il richiamo a Coro di morti e, con esso, una

ricerca di organico che non coincide con i canoni del­

la tradizione.

Quanto a Ottavo concerto, neppure la sezione percus

siva, per norma esaltata da Petrassi a partire da Ré­

création concertante, trova un posto di spicco. Vengo~

no impiegati due timpani e una batteria piuttosto pov~

ra, rappresentata da due tamburi (con corde e senza

corde) e dalla gran cassa. Il primo timpano fa la com­

parsa a miss. 10 ... 15 del primo tempo, per poi mesco­

larsi con gli altri strumenti dell'orchestra, senza

particolari protagonismi; i tamburi. esordiscono, inve­

ce, solo a mis. 99, e la gran cassa a 151, non prevar!

cando mai, però, la condotta principale degli altri

strumenti.

Il secondo tempo è, per questo aspetto, anche più

significativo, con l'unica interessante eccezione del

"pp, glissare lentamente tra il fa e il la senza rigo­


389

re di tempo" del primo timpano, a miss. 110 ... 124 (ma,

in fondo, non è che un normalissimo rullo in funzione

di pedale, con l'aggiunta del glissando). E il terzo

tempo procede, fino a battuta 27, senza uso di percus­

sioni, dopo di che c'è qualche intervento più consi

stente, fra miss. 53 e 78. Gli altri strumenti sono

quattro flauti, (il primo e il quarto anche ottavini),

tre oboi, corno inglese, tre clarinetti in si bemolle

(il terzo anche clarinetto piccolo in mi bemolle), cl~

rinetto basso in si bemolle, tre fagotti, controfagot­

to, quattro corni in fa, quattro trombe in do, due trom

boni tenore, due tromboni basso, xilofono, xilomarimb~

archi.

Una orchestra così ampia non era stata impiegataneE

pure per il Primo, Quinto e Settimo concerto e, se si

eccettua l'uso relativamente limitato delle percussio­

ni e l'assenza del pianoforte e dell'arpa (strumenti

per i quali, specie il primo, Petrassi non dimostròmai


390

eccessiva simpatia), è un "unicum" nella produzione pe

trassiana, ancor più sottolineato dalla riduzione de­

gli organici adottata negli altri lavori di questo pe­

riodo. Lavori in parte solisttci - Souffle per flauto

in do, flauto in sol, ottavino del '69; Elogio per un

ombra per violino e Nunc per chitarra del '71; Oh les

beaux jours! per pianoforte del '76 (ma si tratta del­

la rielaborazione di un vecchio brano del '42); Viola­

sola per viola del '78; Flou per arpa dell"80 -, in

parte cameristici,escludendo i già menzionati lavori

antecedenti alI 'Ottetto di ottoni del '68, Ala per fla~

to, ottavino e clavice~alo del '72; Orationes Christi

per coro misto, ottoni, viole, violoncelli del '74

'75; Quattro odi.I?er ,9'uartetto d'archi del '73 ... '75;

Fanfare per tre trombe in do del '76; Alias per chi­

tarra e clavicembalo del '77; Grand Septuor "avec cla­

rinette concertante" del '77 - '78; Romanzetta per

flauto e pianoforte dell"80; Sestina d'autunno "Veni"


391

creator Igor" per sei strumenti dell' '82 - e, infine,

un lavoro per ridotto organico orchestrale, il Poema

per a.rchi e trombe del '77 ••••' 80.

Fin da Coro di morti del '40 - '41, in Petrassi si

era manifestata la tendenza alla riduzione del materia

le strumentale, una tendenza che naturalmente non impe

diva lo sporadico recupero delle grandi masse orchestra

li, come nei due balletti del '42 ••• '45, nell'opera Il

Cordovano e nella cantata Noche oscura, nel Quinto e

nel Settimo concerto. Ma negli anni '60 - '70 questa

tendenza si fa particolarmente evidente, tanto che gli

unici lavori per grande orchestra scritti da Petrassi

negli ultimi due decenni sono il Settimo e l'Ottavo

concerto, mentre orchestre di proporzioni minori sono

impiegate nel Concerto per flauto e orchestra (dove al

la folta schiera delle percussioni fanno contrasto i

pochi archi, ridotti a violoncelli e contrabbassi) e

nel recente Poema per archi e trombe.


392

"C'è questo doppio bimrio - spiega Petrassi (217)

- a dimostrare la molteplicità e la pluralità delle

direzioni che ci sono oggi •.•• C'è la tendenza alla ri

duzione al minimo possibile degli elementi; però con ­

temporaneamente esiste tuttora anche una tendenza opp~

sta ••• , la possibilità di adoperare grandi strutture e

grandi masse timbriche". E cita Boulez (Rituel in me ­

moriam Maderna, 1975) e Carter (Sinfonia per tre orche­

stre, 1976), Donatoni (del quale si può ricordare To

earle Two per orchestra in due sezioni del '71 - '72 e

Voci del '72 - '73), Berio (di cui recente, '75 - '76,

è Coro per quaranta voci e strumenti), Penderecki (au­

tore di composizioni magniloquenti, come la Passio et

mors Domini nostri Iesu Christi secundum Lucam del

'65, il Dies irae del '67, la Kosmogonia del '70 etc.).

Naturalmente, anche Petrassi non è rimasto del tut~

to insensibile a questa duplicità di atteggiamenti,pr!

vilegiando, però, quella che egli chiama la "tendenza


393

minimale" (218). Ciò è indubbio nella sua recente pro­

duzione, rispetto alla quale Ottavo concerto si erge

come un gigante fra lavori di minori dimensioni.

I singoli strumenti sono impiegati secondo i tradi­

zionali attributi, con in pift il largo uso di "note

di abbellimento", di tremoli e di note ribattute, di

"effetti" come il pizzicato degli archi al ponticello,

la frequente adozione della sordina, i suoni flautati

o in armonici, "glissè", portamenti, pizzicati "alla

Bart6k", rulli di timpani (anche in glissando), frulla

ti dei legni, "soffi d'aria senza suono" (una delle

più stimolanti invenzioni del "dopo-:Darmastadt"; si ve

da il suggestivo Quintetto per fiati di Salvatore Sc~

rino) ••• Effetti che neppure il problematico Settimo

concerto affrontava con tanta determinazione. Mancano,

invece, certamente per libera scelta del compositore,

altri effetti come i "suoni sporchi" (219) o i ;. suoni

degli archi oltre il ponticello.


394

L'amalgama degli strumenti tende alla "nebulizzazi~

ne delle singole famiglie strumentali Il (220), sortendo,

perciò, un ri.sultato timbrico antitetico a quello del

concerto per orchestra precedente (il quale è, in que­

sto, simile alla schematica concertazione di (Primo)

Concerto). Nella verticalità degli addensati timbrici,

che nulla tolgono all'autonomia e compiutezza del con­

trappunto orizzontale delle parti, vengono ricercati

gradi differenti di tensione e densità emotiva, che

sono, forse, il migliore veicolo di analisi formale di

questo lavoro, come di tutti i lavori dell'ultimo Pe­

trassi. Ma qui, a differenza, poniamo,di Settimo con­

certo, gli strumenti tendono a comporsi in un tutto di

grande omogeneità, dove non ci sono sezioni strumenta­

li contrapposte. La dialettica discorsiva procede,allo

ra, non per blocchi strumentali zone timbriche.oche

si contrastano successivamente come in una persisten­

te IIbotta e risposta", ma per la progressiva accumula­


395

zione (e viceversa) di masse timbriche che articolano

e spaziano la pagina musicale con vario equilibrio.

In questo senso crediamo si debba intendere l'affer

mazione di Mass.imo Mila (221)1 secondo cui "tutti i la

vori recenti di Petrassi sono vere e proprie avventure

di personaggi musicali •.• e dal gioco delle loro comb!

nazioni nasce il mobile significato, come un'appasio ­

nante "storia di suoni"lf. "Suoni" nel senso più fisico

del termine, timbri singolarmente definiti e poi so­

vrapposti in modo da raccontare emozioni e stabilire u

na simpatia (11(fUjA-tlot-et..l.O(.") di stati di tensione in

divenire. Al riguardo, dovrebbe far.' riflettere l'anno

tazione posta a conclusione del primo movimento, la

quale, riferendosi alle viole prime sospese su un bi­

cordo in "ppp" che diminuisce al nulla, prescrive di

"fermare l'arco sulla, corda, senza suono ••• a discre ­

zione del direttore, fino all'esaurimento della tensio

ne". El immediato il richiamo a una dichiarazione di


396

Petrassi del 1980 (222): "La tensione è quello che ha

preso il posto della forma nella musica attuale".

Il concetto tradizionale di "forma" si fondava es­

senzialmente sia sulla strutturazione di un lavoro in

movimenti o parti distinte - e, in questo senso, corri

spondeva all'architettura generale, cioè, con termino­

logia più recente, alla "macrostruttura" - sia sulla

interna organizzazione degli elementi ritmici e melodi

ci, coagulati in frasitematiche definite e autosuffi­

cienti poi sottoposte a sviluppo. Lo "strutturalismo

atematico Il d.i Settimo edi Ottavo concerto, "una ~di

quelle formule di cui bisogna pure accontentarsi in ma!!,

canza di meglio" (223), ha ormai minato ogni possibili

tà di stabilire l'articolazione formale di una composi

zione su quest'ultimo vecchio schema, poichè gli stes­

si termini del discorso, il glossario, sono mutati fOE

se irreversibilmente. Non più temi, o sviluppi di temi

inesistenti, ma concentrazione sui parametri isolati


397

del suono e, soprattutto, su quello t~brico.

In ottavo concerto., per la verità, c'è ancora come

un sentore degli elementi tematici della tradizione,

che, pet:ò, non è affatto nostalgico e si rivela incapace

di determinare nessi formali consistenti. Da questo pun

to di vista, Ottavo concerto è, senza dubbio, un ri­

credersi nei confronti del radicale "a tematismo" di

Settimo concerto e di Beatitudinesi ma è, nello stesso

tempo, un modo di ritrattar lo petrassianamente, nella

ottica della tradizione e tentando una nuova sintesi.

Può tornare alla mente Quarto concerto, che abbandona­

va in parte lo "strutturalismo inte.tyallico" di Ré­

création concertante~per provare la bartokiana simbio­

si di tema e struttura. Ma è un parallelo impreciso,

poichè Ottavo concerto, come anche Quinto e Sesto," non

assomiglia più a niente che si conosca" (224) e, nel

suo incredibile eclettismo, convoglia una miriade di

atteggiamenti che pervengono complessivamente ad una


398

fisionomia ~nsol~ta e personale.

"Di fronte al baratro come si presenta in Beatitu ­

dines - sost~ene Lorenzo Maggini (225) - non c'era che

da far saltar tutto, oppure t~rare i remi in barca ••• ,

oppure ••• cercare puntigliosarnente una via d'uscita, ~

na r~prova che anche in passato non aveva mai deluso.

Questa r~prova ennesima, già enunciata dalllOttetto

del 168 , si ha con Ottavo concerto, un'opera di va­

ste proporzioni, che rimette in gioco migliaia di note,

figure tematiche,. un'orchestra piuttosto (?) ampia ••.•

Tutto il materiale di settanta anni e passa di esperie~

ze musicali ••• è steso sul tavolo come in un consunti­

vo generale".

Petrassi non ha mai rifiutato l'epiteto di "eclett!

co", puntualizzando (226), perO, che è riduttivo far

coincidere l'eclettismo con "la mescolanza di caratte­

ri diversi che possono essere presi da varie parti •.••

mentre l'idea positiva (di eClettis~o) potrebbe essere


399

di rifiutarsi di adoperare sempre gli stessi stilemi ••

in modo che i caratteri non siano cosi distinti epe­

rentori, tanto da poterli identificare a prima vista".

L'eclettismo dei morfemi linguistici di Ottavo con­

certo va dall'insistenza, unica finora in Petrassi,sul

l'intervallo di tono, che contrassegna il lavoro con

frequenti scale diatoniche o addirittura debussiane

(= scale esatonali per toni interi), all'adozione di

disegni ritmico-melodici piuttosto estesi e caratteri~

zati, al loro frammentario ricorso, alle chiare ascen­

denze seriali-dodecafoniche, alle ostentate sezioni i­

mitative, a certi ostinati di tipo ritmico e/o melodi­

co, alla neoclassica disposizione spaziale delle parti,

alla insistita presenza di triadi armoniche perfette •.

Tutti aspetti, ormai, quasi del tutto detronizzati

in Settimo concerto e che, invece, nell'Ottavo trovano

un terreno fertile, accanto a un'agogica l'inespressi ­

va" fatta di indicazioni puramente metronomiche, una


400

ritmica particolarmente complessa (certo più complessa

che non in Settimo concerto e qualunque altro concerto

di Petrassi), una dinamica che utilizza per contrasto

tutti i gradi di intensità possibili, dal soffio e

dal silenzio al "fff" più esasperato, una timbrica, in

fine, che stabilisce una tensione emotiva molto elasti

ca, che è il vero metro formale di questa "appassiona!!

te storia di suoni".

Il concerto si apre con un lieve passaggiO dei con­

trabbassi in "ppp" con sordina (227). Il totale croma­

tico è subito esaurito secondo successioni intervalli

che che rimandano a Schonberg; la ritmica, qui almen~

è di immediata acquisizione, e il clima complessivo a~

sume i toni di un'inquieta attesa: la tensione è massi

ma, in questo principio, sottolineata anche dal colore

timbrico insolito. Ad essa, i laceranti contrasti dina

micidelle seguenti miss. 4 ••• 11 comunicano un'ener ­


401

gia nervosa. Poi, l'intervento del primo timpano in

"p ianissimo, al bordo", sotto i tremoli delle viole

in "ppp" al ponticello, è come il vero "start" del con

certo,dopo le misure introduttive. Compariranno, gra ­

dualmente, tutti gli strumenti dell'orchestra, con al­

cuni stilemi ritmici e/o melodico-intervallari ricor ­

renti.

Tra questi, le elaborate poliritmie irregolari di

terzine, quintine, sestine, settimine etc. - come già

da mise 12 e segg., con un caratteristico e reiterato

schema di "crescenti ritmici" che concludono,ognuno ,

su una o piO. misure in difficile contrappunto: miss.12

~15, 16-:11>20-21,22___.25, 26-..+32 ••. 37, 38~40-41.

-; alcune sequenze intervallari già esposte dai

contrabbassi di miss. 1 ••• 4 - la successione sol-sib ­

Si~-dO~ -re di miss. 12 e 13 alle viole corrisponde, u


na seconda maggiore sotto, alle note 4 ••. 8; la parte

del clarinetto basso, a miss. 14 e 15, quella delle


402

viole, a miss. 34 .•• 38,etc. possono ricondursi faci1me~

te a11'interva11azione, se non anche alla ritmica, del

passaggio iniziale dei contrabbassi .•• -; l'anticipazio­

ne sincopata del battere del movimento, già spesso ri­

scontrata in Settimo concerto - miss. 22, 26, 27, 31,43,

46 ••. - e il largo uso di effetti ritmici in contrat­

tempo; il disinvolto accostamento di procedimenti cro­

matici ad altri espressamente diatonici, fino a11'enun

ciazione testuale, più oltre ripresa, della scala debu~

siana per toni interi - vedi, in queste prime misure,la

settimina dei contrabbassi, a mise 25 -; l'insistenza

sull'intervallo di seco~maggiore e sul relativo rivo1

to - da notare, fra l'altro, i passaggi paralleli di

miss. 38 (archi), 46 e 47 (ottoni), 53 e 54 (xi1omarim

ba) -; le terze armoniche affidate soprattutto agli ar­

chi, ma sovrapposte in modo tale da produrre autentici

"c1usters" - come a miss. 20 ••• ,22 ••• , 31~ •• -; e inol­

tre "glissandi", suoni in armonici o al pontice110, tre


403

moli, frullati •••

Il livello tensivo è dato dalle situazioni che sca­

turiscono dalla diversa combinazione di questi elemen­

ti e, in più, da una timbrica che trasco1ora senza po­

sa e dai chiaroscuri della dinamica. Fino a mise 32,

prevalgono aggregati timbr~co-armonici di non grande

spessore, comunicando un senso di neoc1assica asciut ­

tezza che, in questo caso, significa una specie di ten­

sione interrogativa. Una prima "risposta Il l'abbiamo nei

verticali addensati ritmici di miss. 33 e seguenti, d~

ve, benchè con dinamica "pp - ppp", si ha la compren ,­

senza di flauti, clarinetti, viole, ce11i, bassi e,po~

anche di ottavino e timpani, impegnati in una densa co

ste11azione contrappuntistica.

Questa, dopo una relativa sostai a miss. 42 ••• 50,ri

prende animatamente e con varia continuità da mise 51,

facendo protagonisti, volta a volta, gli' archi (miss.

51 e 52), i fiati + xilofono e xi10marimba (miss. 53 ••


404

58), gli archi + timpani e, poi, + xilomarimba e trom­

be (miss. 59 •.• 79), le quattro trombe sole, presto ra~

giunte dai quattro corni + archi e dai legni + trombo­

ni (miss. 80 .•• 87), nuovamente gli archi + timpani,con

le triadi eccedenti di flauti e clarinetti stravinskia

namente giustapposte. Distensione a miss. 95 •.• 99. Po~

i guizzi delle biscrome ai legni di miss. 100.~.103 ri

chi~ l'interesse, giocando sui soliti intervalli

proposti dai contrabbassi in apertura del concerto, u­

n'autentica esposizione del materiale intervallico, la

cui funzione è simile a quella delle prime misure del­

l'tlAllegro spiritoso" di Récréation concertante. La

tensione cede sui più ampi valori delle misure 104 e

105.

Ritmi più mossi e di complessa irregolarità alle

miss. 106 •.• 108 ricaricano la tensione e preludono ai

divertimenti intervallari che, uniti a una "summa" più

ideale che matematico-strutturale d~gli elementi di


405

prima, caratterizzano tutta l'ultima parte di questo mo

vimento, concentrandosi su frammenti di scala cromatica

e sull'intervallo di seconda maggiore. "Ho scelto di

proposito un intervallo molto pericoloso, - afferma Pe­

trassi (228) - e questo proprio per stanchezza dello

uso della seconda minore e dei suoi derivati: nona mino

re, settima maggiore e cosl via, e quindi ho preso la

seconda maggiore che è pericolosissima perchè un segui­

to di seconde maggiori porta alla scala esatonale. D'al

tra parte, manipolando aggregati di seconde maggiori

c'è sl la scala esatonale, ma poi c'è anche il totale

cromatico, poichè unendo le due scale esatonali si ha

il totale cromatico, e qui nella partitura dell'Ottavo

concerto queste aggregazioni dei due aspetti delle sca­

le esatonali danno appunto molto spesso il totale croma

tico".

Cosl, i contrabbassi divisi a due, a miss. 110 e 111,

procedono per settime minori parallele, e ciascuna par­


406

te traccia una scala esatonale completa. Ancora diato­

nismi dei contrabbassi, a miss. 111 e 112, mentre la

misura seguente propone,per smaccato contrato,un fram­

mento di sette note di scala cromaticai Cromatismi an­

che ai tromboni primo e secondo di mis. 120 (questa

volta di dodici note, enunciando, cioè, una scala cro­

matica completa) e alla terza tromba di mis. 123. E,

subito dopo, diatonismi alle viole ~ violoncelli - .

~ viole ----.,;).~ violoncelli, in reciproca imitazione

(miss. 124 •• 127). Insistiti movimenti di seconde mag­

giori parallele ai violini primi di miss. 143 ••• 146.Li

bera successione di diatonismi e di cromatismo al pri­

mo oboe e al controfagotto di mis. 145. Varie combina­

zioni "armoniche" in cui prevale l' i·ncontro di seconda

maggiore (o settima minore o nona maggiore), fra le miss•. 145

••• 151 •••• Fino alle scale tonali e :pentatonali (mentre quelle

esatonali sono qui assent~), alle triadi e alle quarte

parallele di miss. 172 ••• 178, logico e conseguente "H6

hepunkt" - se così. possiamo ancora esprimerci - di tan


407

to uso di un intervallo storicamente datato, ricordi e

suggestioni di una civiltà musicale viva e operante in

Petrassi, citata per scrupolo di onestà.

Da questo punto culminante, il movimento si spegne

man mano. (Da notare ancora le seconde maggiori paral­

lele di miss. 184 .•• 189 - dove,a miss. 186 e 187, a

dispetto della grafia voluta dall'autore, bisogna uni

re violino primo ii violino quarto e viole terza e quar

ta, violino secondo a violino terzo e viola terza etc.

-; i passaggi diatonici agli archi di miss. 191 ••• 193;

le commistioni cromatico-diatoniche delle semicrome di

miss. 196 e 197, 199 ••• 202 che richiamano al passaggio

iniziale dei contrabbassi; le triadi dei tre fagotti;

le settime parallele dei violini primi; le seconde te­

nute e sovrapposte di. tromboni e viole e i "clusters 11

dei violoncelli e dei contrabbassi a mise 202 •.• ). Con

le note lunghe in IIppp" di fiati e archi, da mise 204

in poi, soprastanti ai rulli dei timpani e alla gran


408

cassa, la tensione si scompone del tutto, fino allo

"zero assoluto" delle ultime due misure, dove la fa­

scia sonora precedente (davvero qui si potrebbe parla­

re di "trattamento materìco" dell'orchestra) si esauri

sce, come per fisica inerzia, nel vuoto espressivo del

la pausa.

I due movimenti successivi proseguono consequenzia!

mente sulla base delle premesse del primo. Il secondo,

la cui funzione nel contesto generale del lavoro non è

molto dissimile da quella del classico Adagio centrale,

gioca ancora sull'intervallo di seconda maggiore e sui

frammenti intervallici della frase iniziale dei con­

trabbassi. Di essa, in particolare, vengono riproposti

atteggiamenti immediatamente riferibili, come il breve

passo delle biscrome dei contrabbassi, a miss. 5 e 6,

o le terzine dei violoncelli, a miss. 22 e 23, o l'ep!

sodio degli archi in "pianissimo, senza cresc.", a

miss. 91 ••• 94, o quelli a miss. 98 ••• , 106 ••• Insisten


409

za, ancora, sulle scale diatoniche e libera ripresa dei

giochi timbrici dei fiati di miss. 100 ••• 104 del primo

movimento (cfr. miss. 75 ••• 79), passaggi di seconde e

settime parallele (citiamo, fra tutti, i casi macrosco

pici di miss. 56 ••• 60, 80 e, soprattutto, 96 e segg.).

L'analisi della tensione è meno complessa che nel

primo movimento, in quanto il brano sembra ruotare at­

torno alla "distensione" prodotta dalla cadenza di

miss. 61 ••• 64, affidata principalmente alla xilomarim­

ba (ricordiamo che è la seconda volta che Petrassi de­

dica a questo strumento un episodio protagonisticoi la

prima era nella terza invenzione di Settimo concerto) •

Dal principio del movimento a questo punto, si accumu­

la uno stato di progressive tensioni, che si diradano

(rapidamente: solo con gli interventi scalari dei vio­

lini primi in trillo "ppp",a miss. 54-55 e seguenti, e

con gli scatti improvvisi dei celli e dei bassi, a

miss. 56 ••• 60~ quindi, la xilomarimba, sulle note tenu


410

te degli archi (luogo comune di Petrassi dal Concerto

per flauto in poi), si profonde in una bri.llante cade,!!

za "adagio, con rubato", che scarica in un compiaciuto

acrobatismo le. tensioni di prima. L'aspetto edonistico

e decorativo di, questa cadenza, per altro breve, dete~

mina il clima delle misure successive, in cui prevale

il raggruppamento dell'orchestra in categorie strumen­

tali che si rispondono o si contrappuntano reciproca ­

mente. Magica la conclusione, da mis. 110 a 125, 'che

sfuma il movimento con l'utilizzo dei fiati in soffi

d'aria senza suono, quasi uno stanco ansimare che muo­

re nella quli:.è.t:è del "ppp" finale, mentre i timpani rull~

no con sordi glissandi e gli archi punteggiano con mor

bide scalette.

Il terzo movimento è il più "neoclassico". Il con ­

certo, infatti, guadagna man mano in lucidità e chia ­

rezzai se il primo movimento è la stesura completa e

di non facile decodificazione del materiale impiegato­


411

materiale poliedrico, i cui rimandi culturali sono

spesso di una sottigliezza tale, da potersi cogliere

solo per via intuitiva -, il secondo si svolge attra ­

verso una "tensionalità" più lineare, vorrei dire meno

congestionata, dove l'espressione è meno problematica,

meno "costruita" o "voluta"; il terzo movimento, infi­

ne, stempera il tutto in un organismo di cartesiano ri

gore, in cui i diversi elementi strutturali e l'artico

lazione complessiva dimostrano una consapevolezza supe

riore, che è, innanzittutto, consapevolezza di un me­

stiere secondo noi più disinvolto e meno tormentato,r!

spetto ai due movimenti precedenti.

, ;1
Questo "neoclassico" rigore emerge 1) dalla"micro ­

struttura", 2) dalla "macrostruttura". Molti elementi

microstrutturali riportano, infatti, ad atteggiamenti

francamente accademici: l'esordio dei violini e delle

viole, a miss. 1 e 2, che per la loro incisività ricor

dano la testa di un soggetto di fuga poi liberamente


412

ripreso lungo il corso del movimento (miss. 10,25, 83,

130 etc.) i la generale struttura ritmica, che, in con­

fronto ai due movimenti di prima e soprattutto. a

quello iniziale, denota una essenzialità e quasi una

rudezza di contorni che sembra riesumare i modi di

(Primo) Concerto e dei lavori giovanili; la scontata i

mitatività di alcuni passi, come agli ottoni di miss.

47 ..• 52 o ai legni di miss. 95 .•• 100; la scoperta ins!

stenza, che qui può ricondursi agevolmente a Debussy

(a differenza, forse, dei due movimenti precedent~,sul

le scale ~nali, come nel passaggio degli ottoni cui

si è ora accennato (che si serve unicamente di scale

esatonali) o nei parallelismi di seconde maggiori agli

archi di miss. 75 .•• 78 e, più avanti, a miss. 84 e 85,

86, 88, 95~ •• 99, 101 e 102, 122, 144, 157 (clarinetti),

1 58 e 159, 1 66 etc.

La "macrostruttura Il, d' al tra canto, può essere defini

ta da rapporti di tensione altrettanto chiari. CosI, è


413

evidente l'omogeneità delle misure 1 ••• 22, sottolinea­

ta dal ricorrere di tre sole figure ritmiche - la semi

breve, la minima e la semiminima - e da un tarchiato

procedere in "fortissimo", con prevalenza di grandi i!!

tervalli e dei timbri degli archi e dei legni.Una

sorta di coda o di logico corollario si possono consi­

derare le seguenti miss. 23 ••• 31, mentre a miss. 32

e 33 il discorso precipita in un ""pianissimo" improv­

viso, in cui sopravvivono il primo, il secondo e il

terzo corno con un lungo enigmatico tricordo.

Le miss. 35 .•. 46 sono come il ponte in crescendo

di tensione, che conduce a un nuovo qhiaro episodio,i~

trodotto con un "fortissimo" del terzo trombo!1.e e pro­

seguito dagli altri tromboni e dalle trombe in imita ­

zione canonica. A mis. 53, poi, compare una ritmica piU

mossa e cangiante, con i timbri indissolubilmente asso

ciati, fino a mis. 73, dello xilofono, della xilomarim

ba e delle percussioni, unica zona del concerto)insie­


414

me a quella conclusiva di miss. 202 ..• 225,in cuilepeE,

cussioni assumono un ruolo primario. Contrastante, a

mise 75, l'ingresso delle seconde parallele degli ar ­

chi con
'.
fraseggio
'. legato.
A mis. 89, nuova stasi depressiva e graduale trans!

zione - con impiego, fra l'altro, di triadi armoniche

politona'lmente sovrapposte nelle parti di oboi, fagot-

ti e trombe - alle imitazioni scorrevoli dei legni (miss.

95 e segg.), che sfociano in un passo ipnotico ·:degli

archi in "piano, sottovoce, senza vibrare" (miss. 111

e segg.).

Le semicrome in "ppp" dei violoncelli con sordina e

il-Ia-basso tenuto del quarto trombone con sordina me~

tallica, a miss. 126 - 127, aprono una nuova prospetti

va di soluzioni concertanti, in cui vengono recuperati

frammenti intervallici del primo tempo e, con riferi

mento libero ma inequivocabile, l'''incipit'' del movi ­

mento (miss. 113 ••• ) i l'orchestra si' inspessisce nuova


415

mente in un vivace battibecco di sezioni strumentali,

secondo un criterio abbastanza schematico che vede al­

ternarsi rapidamente clarinetti, trombe, oboi, violini

e viole, fagotti, ottavino + clarinetto piccolo + xil~

fono + xilomarimba e tamburo, tromboni e contrabbassi,

timpani, legni acuti, archi, legni acuti, trombe e cOE

no inglese (vedi le misure comprese fra 137 e 153). La

tensione è massima riel "fff, furioso" di miss. 154 ••••

159.

Poi, improvviso "pianissimo" fl:ei"clusters" ribattu­

ti degli archi, con i fluttuanti arpeggi (miss. 159 e

160) e le agili scalette diatoniche, (mis. 162) di ott~

vino e flauti, mentre le trombe a quattro con sordina

disegnano un ampio "cantus firmus" - ampio grazie al

fatto che gli esecutori, essendo appositamente in quat

tro ad eseguire la medesima parte, possono respirare a

turno, senza che per questo resti interrotto il suono­ I

che da mise 159 si estende a mise 168, declinando, in­


416

fine, alle miss. 169 ..• 171, con staccati per grado con

giunto, dove le quattro trombe sbocciano inaspettata ­

mente in una diaspora di strette polifonie per moto re!

to discendente. Crediamo sia il momento più suggestivo

di tutto il concerto. La parte delle trombe, soprattut

to, il cui interesse può a tutta prima sfuggire, ci

sembra, anche presa in se stessa, un capolavoro di fi­

nezza e di essenzialità, quasi l'estremo lucido ±ra~

do delle fissità estatiche del "Lentissimo" di Quarto

concerto.

---

---1~---,
flr ·"'u, I
417

Il "presto" che, da mise 173, porta a conclusione il

movimento (e il concerto) esordisce ancora una volta

per dialettico contrasto, rispetto all'atteggiamento

sta.tico precedente. Il vertice della tensione è raggiU!!.

alle miss. 202 ••• 207, quando i due timpani letteralmeg

te esplodono in una tempesta di suoni, la cui ritmica,

dominante riporta sorprendentemente al celeberrimo ini­

zio della Quinta sinfonia di Beethoven. La citazione ,

che per di più è utilizzata con insistenza da queste

misure alla fine del concerto, è ovviamente intenziona

le e si giustifica con il particolare stato psicologi­

co in cui Petrassi scrisse il lavoro. " ••. c'era que­

sto fondo che mi portava ••• a non voler accettare quel

verdetto che poteva essere e poteva non essere (il

verdetto medico riguardante la precarietà della sua

vista) , e la citazione di Beethoven mi è venuta per­

ché avevo adoperato un ritmo simile. Questo ritmo mi

ha portato al ritmo beethoveniano e l'ho citato, l'ho


418

citato proprio per onestà. Poi il pezzo finisce con un

colpo molto violento e io dico cos'è quel colpo: è un

si o un no, ossia una decisione assoluta" (229)

Se nel termine "avanguardia" è necessariamente im­

plicito un significato polemico, il Petrassi di ottavo

concerto è l'''anti-avanguardia'' per eccellenza. Chè

anzi egli non fu polemico nemmeno nel "problematico"

Settimo concerto, essendo il suo un cammino graduale e

senza clamori: "natura non facit saltus", Petrassi se,!!!

bra direi mentre, se di polemica si deve proprio parl~

re, questa va piuttosto riferita, par,adossalmente, ai

lavori giovanili degli anni '30, che rifiutavano deli­

beratamente la struttura formale e il "pathos" romant!,

ci o certi strumenti come l'arpa e le percussioni.

Ora,il polemico e geograficamente circoscritto "a­

vanguardismo" dei primi anni è stato, in fondo, perse­

guito da Petrassi con una logica del.tutto personale,


419

che si è servita, volta a volta e parzialmente, de.l­

l'attualità del momento, senza conformismi di comodo o

temuti confronti, e lasciando soprattutto in disparte

ogni aperto polemismo e ogni amore forsennato. Anche

il "salto" di Récréation concertante si è visto essere,

in realtà, il frutto di un'esigenza profondamente int~

riore, collocandosi in una prospettiva di coerenti e

progressive mutazioni (il termine "mutazione", si ri:­

corderà, è perfettamente petrassiano (cfr. cap. 2).

Guido Turchi, riferendosi agli otto Concerti, sise~

ve di un parallelo che non sarà certo spiaciuto a .Pe­

trassi, parlando di "metamorfosi ••• che potrebbero

trovare una qualche analogia, sia pure su più vasta sca

la, nel celebre albero dipinto da Mondrian in cinque o

sei versioni - dal disegno naturalistico al suo pro

gressivo dissolvimento quasi astratto in linee e mac­

chie di colore - oppure nell'altrettanto celebre toro

di Picasso negli undici passaggi litografici che ne


420

scompongono i tratti fino all'astrazione" (230). In o­

gni concerto di Petrassi, infatti, sono come potenziaI

mente contenuti i concerti futuri, mentre si rivela la

contemporanea presenza, ideale eia materiale, dei con­

certi precedenti. La cifra stilistica di Petrassi è con

tinuarnente mobile e inafferrabile, "eclettica", si do­

vrebbe definire con termine tecnico, presupponendo una

natura umana e artistica sempre in preda a un'inquieta

ricerca, non dimentica di quello che è stata e presag~

si direbbe, di quello che diverrà.

Ottavo concerto riflette l'esperienza più recente

di questa inquieta ricerca, la punta che ora affiora

dell'immane "iceberg", nitida e memore più che mai del

le esperienze passate. In esso, è convogliata la sof ­

ferta maturaziQne di almeno quarant'anni di lavoro. Se

si aggiunge l'intensa emotività. che lo sorregge dall'i

nizio alla fine, senza più insistere sulla problemati­

ca sperimentalità di Settimo concerto, è chiaro che il


421

lavoro appare informato a una prepotente forza interi2

re, in cui rivivono, meglio che in ogni altro concerto

di Petrassi, le indagini musicali precedenti, private

di qualunque sospetto di sperimentazione.

Questo pu~ far sì che Petrassi sembri ritrattare i

raggiungimenti, degli anni '60, quelli che lo avvicina

vano di più alle nuove avanguardie. Ma è un impressio­

ne errata. Petrassi, come sempre., ha proseguito con se­

rio impegno umano e artistico la propria ricerca crea­

tiva, e l'ha proseguita senza estremismi, tentando, in

vece, una panoramica composita del proprio operato di

prima. Che questo coincida, o non coincida, con i pro­

grammi delle avanguardie dell'epoca non ha importanza;

resta, ed è evidente, una profonda informazione e lé'.ca­

pacità di trascegliere le possibilità a lui congenialL

Altro punto. La consapevole chiarezza e gli stessi

mezzi tecnici con cui ci~ avviene possono richiamare a

certi atteggiamenti "neoclassici", o· piuttosto "neoclas


422

sicisti" (un critico berlinese ha addirittura definito

Ottavo concerto "esemplare lavoro neoclassicista"(231)).

Specie nell'ultimo tempo, in effetti, la sobria e at­

tenta spaziatura delle parti, la chiara articolazione

delle tensioni, la configurazione quasi accademica di

molti disegni ritmico-intervallari e la "occietà" di

alcuni passi imitativi sembrano darne conferma.

Ma,anzié::hè soffermarci sulla gratuità o meno di

un'etichetta che non crediamo poi così riduttiva, è,

invece un dato immediato l'equilibrata e quasi alchimi

stica fusione di elementi vari, appartenenti a una dia

r. temporalità tanto estesa."Non è vietato - sostiene Mas

simo Mila (232) - scorgere nei capolavori dell'ultimo

stile di Petrassi qualcosa come lo specchio delle real

tà del mondo e dell'uomo quali le indaga la scienza mo

derna: la cosmica danza delle particelle che costitui­

scono la materia e le oscure insondabili pulsioni del­

l'inconscio". Questa "cosmica danza di particelle" è

segno di una forte capacità analitiça e, insieme, sin­


423

teticai ma l'analisi e la pintesi compiute alla lucedi

una intuizione personalmente sofferta, cui sono parte­

cipi in modo solo apparentemente inconscio le esperie~

ze culturali e umane dell'autore nel tempo presente e

in quello passato, sono attuali per ciò stesso e sfug­

gana insofferenti a qualunque costrizione di tipo avan

guardistico e non .
.
424

12. Osservazioni conclusive sugli otto Concerti

Può suscitare meraviglia, di primo acchito, che uno

studio espressamente rivolto ai Concerti per orchestra

abbia preso le mosse dal fatto che Petrassi sia un au­

tore "espressivo", se non "autobiografico", il cui lin

guaggio è traduzione di una spiritualità interiore emo

tivamente sofferta. Infatti: 1) Petrassi non fu certo

un epigono romantico, ed anzi si schierò fin dai primi

momenti con le posizioni antiromatiche del neoclassi~

cismo hindemithiano e stravinskiano, filtrato attraver

so la lezione di "rappel a l'ordre" (223) di Al­

fredo Casella; 2) i Concerti per orchestra di Petras

si sono notoriamente accolti come il progressivo

cammino verso l'astrattismo - nel senso lato del

termine, quale "astrattismo figurativo", ossia lI a­

strattismo del significante rispetto al significato",


425

"astrattismo dei (o dai) contenuti" etc. -, senza con-

tare che, accanto ai lavori cameristici, è il settore

della produzione di Petrassi che meno sembra evocare e

lementi estranei al puro far musica o, addirittura, a

una concezione della musica come artigianato ed esper­

to mestiere (cfr. cap. 3).

Si deve allora precisare che 1) per Petrassi la po­

lemica antiromantica non va al di là dell'insofferen­

za per un decadente sentimentalismo, in cui si stabili

sca l'irrimediabile frattura tra mente e cuore, mentre

il credo nel valore espressivo, di linguaggio signifi­

cante e di comunicazione, della musica e, in genere,

dell'arte resta incrollabile. Di conseguenza, 2) -non

crediamo si debba troppo accentuare la direzione verso

l'astrattismo comunemente attribuita agli otto Concer­

ti - e, forse, riferibile assai più verosimilmente al­

le composizioni da camera -, chè anzi proprio l'ultimo

di essi reca l'impronta di una dura esperienza, non so


426

lo artistica, ma umana.

Se è vero che "la musica deve parlare per se stes ­

sali (234), è anche vera che Petrassi si preoccupa di

informarci dei contenuti perfettamente quotidiani che

sono adombrati in quelle forme così nitidamente compo­

ste (stante, ovviamente, che "l'opera d'arte non è un

mito, è qualche cosa che parte dal nostro spirito; il

nostro spirito sì appartiene anche alla vita quotidia­

na, ma è qualcosa che è interiore a noi, non è esterna

mente a noi; il nostro spirito non ha niente a che ve­

dere con la lattina della coca-colali (235».

A noi sembra che due soli Concerti, il Primo e il

Settimo - composti, non certo casualmente, proprio in

corrispondenza a due eventi di vita molto importanti e

rasserena~{t per Petrassi, la conclusione degli studi e

il matrimonio con la pittrice Rosetta Acerbi e la con­

seguente nascita della figlia Alessandra' -, manifesti­

no il puro e compiaciuto desiderio di far musica, che


427

è, in fondo, espressione di gioia o, comunque, di irre

frenata vitalità.

Con il Secondo concerto, sebbene forse il più "ne.2,

classico" per molti aspetti (orchestrazione, macro e

micro-struttura, ritmica, dinamica etc.), c'è la chia­

ra intenzione di alitare come un prepotente soffio di

vita in strutture formali di per se stesse rigide e

già un po' sclerotiche; la generale essenzialità di o­

gni elemento, primo fra tutti l'elemento timbrico, e

le determinanti esperienze passate del "cr iticissimo"

Coro di morti, dei due balletti, della tragedia Morte

dell'aria e, da ultimo, della cantata Noche oscura do­

vevano lasciare un segno, quasi intangibile ma presen­

te, nella leggiadra grazia di questo concerto.

Récréation concertante (Terzo concerto) è, invece,

l'improvvisa apertura verso nuovi orizzonti internazi2

nali, la sintesi di neoclassicismo e strutturalismo

(quest 'ultimo ancora in embrione), in. .funzi'one . di un


428

linguagg~o che esprime un'ans~a irrequieta di evasione,

non solo tramite determinate acquisizion~ tecniche, ma

anche una colorita varietà di stat~ d'animo che anti­

cipa l'''avanguardismo'' degli anni '60.

Quarto, Qu~nto e Sesto concerto non hanno bisogno

di analisi approfond~te per scoprirne i contenuti emo­

tivi ed espress~vi. Il Quinto, ~n particolare, propone

sintomaticamente citazioni autobiografiche, collocand2

si, secondo no~, al vertice della ricerca espressiva

strumentale di Petrassi; esso è come l'esito finale,

volto nei termini di una tragica ed esasperata espres­

sione, del "neofrescobaldismo" di (Primo) Concerto,del

"neoclassicismo" di Secondo concerto, dello "struttura

lismo intervallico" di Terzo concerto e del "bartoki ­

smo - espressionismo" del Quarto - semplici etichette,

d t accordo, ma che risporrlono a terminologie e a schemi

di prammatica, normalmente significanti -. Dell'Ottavo

·concerto e dei suoi sotterranei riferimenti si è già


429

detto.

Confermati dalle nostre analisi crediarro anche l'operosi

tà e la naturale propensione e apertura verso nuove istanze che ab­

biamo riferite a Petrassi nel cap~tolo iniziale. L'ope

rosità emerge dal fatto che non un solo anno della sua

vita, a partire almeno dal '26 in po~, non fu segnato

dall'att~vità creativa. Per quel che riguarda i Con­

certi per orchestra, si è visto-come essi ~accino lo

intero arco produttivo; e, se intercorrono diciassette

anni fra i primi due, o sei fra il Sesto e il Settimo

e cinque fra il Settimo e l'Ottavo, questi furono occu

pati dal progredire di altri lavori di impegno, che ab

biamo preso in considerazione, anche se meno approfon­

ditamente, per cercare di comprendere il cammino che

separa i lavori oggetto specifico della nostra analisi.

L'operosità è, comunque, evidente anche riferendosi ai

soli otto Concerti e alla continuità di intenti che ne

regola le progressive mutazioni.


430

L'apertura verso nuove istanze si impone, invece,ri

velando man mano l'incredibile "eclettismo" che presi!:,

de all'attività artistica., e non solo artistica per

quel che sappiamo, di Petrassi. Il quale è davvero !/'un

"saccheggiatore", un saccheggiatore intelligente che

rifiuta ogni forma di dogmatismo o di pedante morali ­

smo, e sa trascegliere lucidamente di fronte alle pos­

sibilità che gli si presentano e delle quali è instan­

cabile ricercatore. Ma è un saccheggiatore della civil

tà - occidentale soprattutto, che è quella che sente

più vicina al proprio spirito, rifiutando egli ogni

artefatta commistione -, mentre raccoglie e compone se-

condo le proprie personali esigenze (che rimangono, a­

deguate a se stesso, le esigenze di chi si serve di

un linguaggio e crede in quel linguaggio, esigenze

cioè di comunicazione e di espressione) i diversi pez­

zi, o relitti, o cocci, di linguaggi preesistenti e at

tuali. Con "artistico capriccio", rifiutando i due e­


431

stremi del ghiribizzo fine a se stesso e della costru­

zione cervellot~ca.

C'è, al riguardo, una testimonianza esemplare di

Bruno Maderna (236), che risale al lontano 1946 ed è

riportata su un programma di sala del Festival di Musi

ca Contemporanea della Biennale di Venezia (quella ~

sa in cui è stato presentato,di recente, il Poema per

archi e trombe), assolutamente sottoscrivibile da Pe­

trassi: Il • • • oggi ognuno custodisce gelosamente la

propria sensibilità coccolata al riparo degli influssi.

Non si sa più amare profondamente l'opera d'arte com ­

piuta, non si è più capaci di vedere,dietro di essa

l'uomo che l'ha creata e da lui imparare ••• Il saggio

Montaigne, invece, confessava di sentirsi II s imile alle

api che pur saccheggiando i fiori qua e là, danno poi

un miele che appartiene soltanto a loroll. Certo non

si puO parlare di un ritorno "ab imis"come di un ri­

medio all'eccessivo particolarismo della posizione in­


432

dividua1ista di moda tra la maggior parte di musicisti

e musicologi contemporanei, ma non v'è dubbio che un

ben grave ostacolo sarà rimosso quando ci porremo di

fronte alla musica con la stessa modestia e con 10

stesso desiderio di essere semplici, comuni, possibil­

mente anonimi che faceva nascere "tropi" e "antifone"

proprio da quei monaci che tenevano in assoluto dispr~

gio la fama e che quella musica scrivevano ad esclusi­

va e maggior gloria di Dio".

In questa ottica, è da intendersi qualunque rappor­

to di 'Petrassi con la "mutazione" (cfr. cap. 2), evi ­

dentemente ine1iminabi1e, data la ~ua continua e aggio!:.

nata informazione verso i fatti d'arte. Sicchè l'anali

si di ciascun concerto ha determinato implicitamente

l'analisi dei reciproci fattori di scambio.

(Primo) Concerto, debitamente iscritto nella produ­

zione petrassiana degli anni '30, riflette la conge ­

rie spirituale dell'Italia interbel1ica (dominata da­


433

gli arcaici recuperi nazionalisti della "generazione

dell'Ottanta" e scarsamente aperta alle istanze d'ol ­

tralpe), accennando, per~, all'alternativa di accogli~

re con buona disposizione il colto cosmopolitismo di

Casella; Secondo concerto denota un'informazione più

ampia e serena, oltre che una ormai matura e controlla

ta capacità espressiva, manifestando gli estremi ri­

svolti di un neoclassicismo di. tipo hindemithiano, già

in parte presente in (Primo) Concerto, ma qui sgravato

delle più vistose ascendenze italiane e, soprattutto,

dalla sanguigna esultanza degli anni giovanili; Terzo

e Quarto concerto affrontano di petto le problematiche

sollevate dalla Scuola di Vienna, proponendo, il primo,

la simbiosi con il neoclassicismo hindemithiano dei

lavori precedenti e, il secondo, con il bartokismo in

voga nell'Italia di allora; Quinto concerto traduce in

termini tragicamente espressivi e autobiografici le

conquiste tecniche di prima, facendo capo a un'indivi­


434

dualit~ umana e artistica molto pronunciata, che tende

a liquidare gli influssi esterni più evidenti; da Se­

s~o:~Ottavo concerto, invece, si nota una varia inci­

denza dei rivoluzionari proclami di Darmstadt e del

"dopo-Darmastadt" nella valorizzazione dei singoli quat

tra parametri sonori, e, in particolare, di quelli tim

brico e dinamico, fino alla completa neutralizzazione

dei tradizionali c.oncetti di "formali e di "nesso tema­

tico".

Ciò significa, negli ultimi tre Concerti, l'acce~­ I

tazione del "trattamento materico" dell'Qrchestra, del

timbro quale principale veicolo dell'analisi tensiva ,

della matrice dodecafonica liberamente estesa a tutti

i parametri, di una aleatorietà, o "pseudo-aleatorietà'~

"in nuce", dei nuovi effetti strumentali, come i soffi

d'aria senza suono o le statiche fasce sonore degli aE


chi in armonici, dell'uso intensivo delle percussioni

e di una ritmica sempre più elaborata, di difficile de

codificazione, dell'acrobatico virtuosismo strumentale

e dell'''arabesco emancipato" (237) .•••••


435

Significa, inoltre, il rifiuto del mezzo elettro

nico e di una concezione scientifico-tecnologica della

arte, della subordinazione del compositore all'inter ­

prete, della casualità intesa come il principio gener~

tore di una composizione, del "pastiche" che rievoca e

collega tra loro citazioni letterali di autori classi­

ci, magari sovrapposte (cer.to, comunque, mescolate) ad

atteggiamenti solo e tipicamente avanguardistici - ca­

so interessantissimo, e definito dall'autore stesso co

me "la musica forse più sperimentale che (egli) abbia

mai scritto" (238), la Sin~onia per otto voci e orche­

stra del '68 di Luciano Berio -, rifiuto di una vocali

tà che stravolge l'uso tradizionale della voce, rifiu­

to di effetti strumentali come i suoni multipli, o

"suoni sporchi" (239), e i suoni oltre il ponticello,

di una musica statica e visionaria, dell'assimilazione

dell'arte con la speculazione metafisica (cfr. Aldo

Clementi), dell'impegno politico-partitico in arte, a


436

favore, invece,di un più completo e onnicomprensivo im

pegno morale e umano •••

E, infine, signif ica il contributo personale. per

una concezione della musica instancabilmente dinamica

e stimolatrice di un vivo interesse emotivo e intellet

tuale, per un "ecl.ettismo" che non conosce traguardi e

presuppone un'estesa informazione culturale e musical~

per la compresenza organica dei più svariati elementi

della civiltà musicale occidentale, attraverso una 10­

ro assimilazione più ampia possibile, riversata poi.

nella pagina musicale secondo un nuovo esito espressi­

vo, per una rivalutazione critica della "tradizicme at­

tiva" (249), contro ogni forma di dogmatismo rivoluzi2

nario, per una vitale volontà di rinnoVamento., senza

soste o pigre sclerosi, per una perfetta conoscenza de!

le possibilità di tutti i mezzi tecnici di cui ha pot~

to e può servirsi fino ad oggi il compositore e, in

particolare, dei mezzi strumentali e delle diverse so­


437

luzioni linguistiche, per una concezione, infine, umil

mente artigianale del far musica ••.

Ma sarebbe riduttivo parlare soltanto di reciproci

scambi con la "mutazione", per cogliere alla radice il

messaggio di Petrassi, poic~ i suoi oltre cinquant'an

ni di attività compositiva rappresentano un diagramma

di sviluppi personali, che non sempre e in tutto sono

raffrontabili con i paralleli sviluppi delle avanguar­


..
die. Egli - scriveva nel '63 Mario Bortolotto (241)

(ormai possiamo preveder lo) non accetterà mai di mar­

tellare le superstiti metope, per farne terriccio, peE

ché tutto sparisca. In fondo, egli è partito da una

civiltà che poteva, nonostante tutto, definirsi ancora

umanistica". E questa civiltà umanistica Petrassi non

l'ha mai rinnegata, come non ha mai rinnegato l'ottimi

smo nei confronti di un cammino artistico che tiene in

grande considerazione le esperienze passate e, anzi,

è su di esse indissolubilmente fondato. La riprova sta


438

nell'ultimo degli otto Concerti, una "summa" ponderosa

e complessamente articolata di tutta la civiltà di cui

è tributore e, in parte, anche fautore Petrassi.

Ci sono due etichette di tipo ideale-categoriale che

possono chiarire questo generale atteggiamento: "baroE,

chismo" e "neoclassicismo". Entrambe sono confermate

dalla testimonianza di Petrassi. Il quale diceva (242),

nel '68, che "si, è vero, mi sto allontanando da quel


I
"barocco" primitivo (Cioè quello dei primi lavori) .••

Ma il "barocco" in cui credo - quello che ho chiamato

una categoria dello spirito, e che è un termine del

tutto inedito, mi sembra - è un'ansia di sempre nuove

esperienze. In ques~o senso posso accettarlo anche per

le mie composizioni più recenti. Del resto ... si sa­

rà notato come io, generalmente, non ripeto cose già

fatte, e specialmente quelle che sono riuscite; perché

il "possedere" una cosa mi spinge subito al desiderio

di provare l'esperienza di nuove cose". E cosi, come


439

abbiamo g;ià riportato (243), "la mia filiazione neoclas

sica ha lasciato tracce, non nella frigidità nè tanto

meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora".

Difficilmente si sentirà altro compositore vicino

alle attuali correnti dell'avanguardia impiegare i due

termini di "barocchismo" e di "neoclassicismo" - an­

che se, ancora adesso, una certa ~ia di etichettare

secondo terminologie che fino a qualche tempo fa erano

cadute nel più ~ssoluto e polemico disuso, come quella

di "neoromanticismo", sembra incontrare il favore di

alcuni musicisti e musicologi -. Questo vuoI dire, a

nostro avviso, che il Petrassi di oggi è il Petrassi

di sempre, con qualche anno e qualche esperienza in

piÙi che, cioè, non si danno altri punti di partenza,

nella sua produzione, che quelli corrispondenti al

"barocco romano, cattolico e controriformistà" e al

neoclassicismo hindemithiano e stravinskiano, mediato

da Casella, dei lavori degli anni '30. Da essi e da


440

queste pos~zion~ ideali-estetiche deriva tutta la pro

duzione seguente di Petrassi, senza che i diversi mut~

menti ne annullino i valori di base.

Petrassi crede tuttora nell'inquieta ricerca dei

primi anni, in quel "barocchismo·· il cui senso, libera

to da ogni contingenza, permane immutato come un'esi ­

genza irrinunciabile dell'animo umano. Allo stesso mo­

do, la tendenza neoclassica ha agito su di lui come il

tramite per cui anche le emozioni più violente si tra­

ducono in forme musicali responsabilmente ordinate, "~

ducate", civili. Il mestiere e l'eleganza con cui Pe­

trassi esprime i propri sentimenti -,sconforto, rabbia,

gioia ed esultanza, tragici presentimenti .•• - "non sa

ranno mai lodati a sufficienza" (244).

Il "filo" degli otto Concerti puO, in conclusione,

essere stabilito non solo dalla loro obiettiva colloca

zione cronologica, ma da alcune significative costanti,

cioè dai seguenti schemi di lettura:' espressività e


441

autobiografismo, "barocchismo Il categoriale (cuI tura sE!!!

pre viva e attenta ai valori della civiltà, soprattut­

to quella occidentale), "neoclassicismo" categorialeie

- per l'aspetto più propriamente tecnico - concezione

essenzialmente artigianale della musica (sicura cono ­

scenza e pratica dei diversi artifici del mestiere,dei

singoli strumenti e della loro concertazione, dei vari

stilemi compositivi, delle. possibili soluzioni esteti­

che), progressiva equiparazione dei quattro parametri

del suono, parallela personalizzazione "eclettica" del

la cifra linguistica in genere. Attraverso questi sch~

mi, è possibile seguire, passo a passo, le mutazioni

avvenute lungo sessant'anni e più di attività creativa

e spiegare l'intramontabile presenza e giovanilità di

un autore che appartiene davvero al suo tempo- o ai

suoi tempi -, essendo additato a maestro da ormai tre

generazioni.

Ritorna la distinzione tra "moda'" e "attualità" (cfr.


442

cap. 2): Petrassi ha saputo adeguarsi ai tempi, senza

mai lasciarsene irretire rinnegando se stesso; al con­

trario, è rimasto vivo e vitale, sempre pronto a mette

re in discussione il già discusso, risoluto a non in­

vecchiare. Ancora oggi, nell'ottantesimo dalla nascita,

egli si dimostra un vivace e lucido conversatore, per­

fettamente informato di quanto lo circonda, proteso a

un inarrestabile rinnovamento, sereno nella responsab!

lità delle proprie scelte. "Il giusto agire si rivela

specialmente da ciò, che anche il passato in esso si

completa armoniosamente": alla citazione di Ernst JUn­

ger Petrassi mi sorride ••. ,forse perchè corrisponde e­

sattamente al modo in cui egli pensa e agisce.


443

I
!

(l)
NOTE

Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.


(2) Luca Lombardi, Conversazioni con Petrassi, Suvini Zer­
boni, Milano,1980,. pago 139.
(3) Idem, pago 115.
(4) Idem, pago 135.
(5) Fatti principali della vita di Goffredo Petrassi, in "Qu~

derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 145.


(6) Goffredo Petrassi, Lettera a Guido M. Gatti, in "Quade.E.
ni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 7.
(7) Idem.
(8) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 53.
(9) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(IO) G. P., Taccuino di musica, Urbinati, Roma, 1944, pag.10.
(11) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi
sta Musicale Italiana", II (1968) , n. 3, pago 486.
(12) Vedi (6).
(13) Luigi Ronga, L'esperienza storica' della musica, Laterza,
Bari, 1960, pago 11.
(14) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 6-7.
(15) Domenico Guaccero, P.: l'empirismo illuminato nella di­
dattica contemporanea, in "Quaderni della Rassegna mu­
sicale", 1964, n. 1, pago 86.
(6) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 8-9-13.
444

(17) Idem, pago 9.

(18) Idem, pago 86.

(19) Idem, pago 84.

(20) Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative, in "Quaderni

della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 95.

(21) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,

Milano, 1980, pago 90.

(22) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi

11 sta Musicale Italiana", Il (968), n. 3, pago 484.

(23) Idem.

(24) Idem.

(25) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.

(26) Idem.

ì
,
;
1

ì (27) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo

l
i
ni, Milano, 1980, pago 3.

I 1
(28) Claudio Annibaldi, Alfredo Casella a G. P. Ventitrè let­
tere inedite, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", VI

(1972), n. 4, pagg. 553 ... 571.

(29) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo

ni, Milano, 1980, pago 2.

(30) Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori

no, 1963, pago 419.

(31) Gianandrea Gavazzeni, La musica e il teatro, Nistri­

Lischi, Pisa, 1954, pago 242.

(32) Guido Pannain, 11 Concerto inaugurale" in "La Stampa",

Torino, 3 aprile 1933.

(33) Luigi Rognoni, P. Concerto - Partitura, in "Musica d'oa

gi", Milano, agosto 1936.

445

(34) G.C.P., 11 primo concerto sinfonico, in "L'Ambrosiano",


Milano, 3 maggio 1939.
(35) G.S., l concerti sinfonici al Conservatorio, in "11 Popo­
lo d'Italia", Milano, 14 dicembre 1935.
(36) Bruno Barilli, 11 primo concerto alla Mostra musicale al­
l'Augusteo, in "11 Tevere", Roma, 3 aprile 1933.
(37) Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un
giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934.
(38) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 99.
(39) Idem.
(40) Idem.
(41) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 97.
(42) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino,
1968, pago 197.
(43) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 16.
(44) Gianandrea Gavazzeni, Un I amicizia di trent' anni, in
"Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago
105.
(45) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(46) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 140.
(47) Marvin Allen Wolfthal, Elliot Carter (le opere dal 1946
al 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago
108.
446

j (48) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Ra~

l segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 491.


l
\

(49) Elliott Carter, The New Ancients and the Old Moderns,
conferenza alla Biennale di Venezia, 8 ottobre 1981.
(50) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino,
1968, pago 198.
(50 Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un
giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934.
(52) Mario Bortolotto, Intervista con G. P., in "Lo spettatore
musicale", Bologna, febbraio 1966, pago 8.
(53) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 23.
(54) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ra~

segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 487.


(55) Intervista del 24 settembre '83 a cura dell' autore.
(56) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri­
vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pago 483.
(57) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n., l.
(58) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Ri­
vista Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 486.
(59) Massimo Mila, Il difficile capolavoro di P., in "La
Stampa", Torino, 24 ottobre 1982.
(60) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
I (967), n. l, pago 10lo
(61) Idem, pago 102.
l )
i 447

(62) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",


in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (975), n. 1,
pago 64.
(63) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 135-136.
(64) Idem, pagg. 136-140-141.
(65) Idem, pagg. 93-103.
(66) Henry Prunières, Le XIe Festival de la Société Interna­
tionale de Musique Contemporaine à Amsterdam, in "La
Revue Musicale", Paris, luglio-agosto 1933.
(67) Lele D'Amico, La Mostra del Sindacato Musicisti a Roma,
in "L'Italia Letteraria", 16 aprile 1933.
(68) Alfredo Casella, Al Festival di Amsterdam, in "L Italia
I

Letteraria", 2 luglio 1933.


(69) Vedi (SU.
(70) Vedi (33).
(71) Vedi (68).
(72) Analisi condotta sulla partitura edita da Ricordi, Mila­
no, P.R. 613.
(73) Alberto Basso, L'età di Bach e di Haendel, in "Storia
della musica", E.D.T., Torino, 1976, voI. V, pago 33.
(74) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
1. 0967} , n. 1, pago 103.
(75) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P. , Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 98.
(77) Guido Turchi, note di copertina al disco Italia 70009.
448

(78) L. C., I primi concerti a Roma della Rassegna Nazionale


Sindacale, in "Il Resto del Carlino", Bologna, 2 aprile
1935.
(79) Vedi (50.
(80) Gianandrea Gavazzeni, Cronache Musicali, in "Letteratu­
ra", Firenze, ottobre 1937, pago 179.
(81) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 29.
(82) Vedi (31).
(83) Cfr. Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pagg.
73 ••• 78.
(84) Vedi (51).
(85) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 33.
(86) Massimo Mila, in "L'Unità", 26 settembre 1951.
(87) John C.G. Waterhouse, P.G., in "New Grove's Dictionary
of Music and Musicians", Lond,on.
(88) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo
ni, Milano, 1980, pago 86.
(89) Idem, pago 98.
(90) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S.5780 Z.
(91) Mario Bortolotto, Intervista a G. P., in "Lo Spettatore
musicale", febbraio 1966, pago 9.
(92) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(93) B. B., in "Il Giornale d'Italia", 2 aprile 1935;
(94) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70005.
(95) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 50.
449

(96) Vedi (52).


(97) Vedi (75),
(98) Roman Vlad, Strawinsky, Einaudi, Torino, 1973, pago
231.
(99) Mario Bortologgo, Il cammino di G.P., in "Quaderni de.!.
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 43 ... 45.
(100) Guido Turchi, note di copertina al disco CBS 561371.
(101) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
I (196 7 ), n • 1 , P a g • 107.
(102) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 53.
(103) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 16.
(04) Vedi (101).
(105) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 4964 Z.
(106) Vedi (87).
(107) Vedi (94).
(08) Vedi (100).
(109) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 140.

j (110) Vedi (100).


i (111) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 45.
(112) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", 10967>, n. 1, pago 106.
450

(113) Vedi (94).


(114) Vedi (87).
(115) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 141-142.
( 116) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 54.
(117) Vedi (87),
(118) Vedi (112).
(119) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano. 1980, pagg. 144-145.
(120) Vedi (100).
(121) Giovanni Carli Ballola. Beethoven, Accademia. Milano,
1977, pago 27l.
( 122) Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori­
no, 1963. pago 407.
(123) Mario Bortolotto, Clementi, Aldo, in "Enciclopedia della
musica", Rizzoli-Ricordi, Milano.
(124) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore.
(125) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 110.
(126) Vedi (87).
(127) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5223 Z.
(128) Boris Porena. I Concerti di Petrassi eIa crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana". I (1967), n. -1, pago l1l.
(129) Roman Vlad, G.P.10rchesterkonzerte, in "Melos", XXVI
(1959), pago 175.
,

1
451

(130) Idem.
(131) Mario Bortolotto, 11 cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 55-56.
(132) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 112.
(133) Harold Rogers, Salute to Rome' at Symphony, in "The
Christian Science Monitor", Boston, 3 dicembre 1955.
1i (134) Cfr. Tucker Keiser, in "Boston Post", Boston, 3 dicem ­
bre 1955: Cyrus Durgin, in "Boston Daily Globe", Boston,
3 dicembre 1955; Harold C. Schonberg, in "New York
Times", New York, 11 dicembre 1955.
(135) Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. , in "L' Espres ­
so", Roma, 17 febbraio 1957.
(136) Massimo Mila, 11 linguaggio di P., in !IL 'E spresso", Ro­
ma, 9 ottobre 1960.
(137) Vedi (135).
(138) Mario Bortolotto, 11 cammino di G.P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n . .1, pago 29.
(139) Idem, pago 52.
(140) Vedi (2).
(141) Roman Vlad, G. P .s.Orchesterkonzerte, in "Melos", XXVI
(1959), pago 176.
(142) Vedi (5U.
(143) Vedi (136).
( 144) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in. "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", l (967), n. 1, pago 113.
4

"ì·.
!,
452

(145) Vedi (38).


(146) Elliott Carter, Music and the Time Screen. ristampato in
The Writings of Elliott Carter, Indiana Uni versity Press,
1977, pagg. 343 .•• 365.
(147) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 141.
(148) Idem.
(49) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5254 Z.
(150) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P. , in "Quaderni della
Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 45.
(151) Boris Porena, I Concerti diP. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", I (967), n. l, pago 114.
(52) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70076.
(53) Idem.
(54) Vedi (52).
(155) Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 58.
(56) Idem, pag. 57.
057> Vedi (52).
(158) Massimo Mila, Un gran violinista e un bel programma,
in "La Stampa", 15 aprile 1972.
(59) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 7.
(160) Cfr. Idem.
(161) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5402 Z.
453

(62) Vedi (46).


(163) Vedi (152).
(64) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore.
(65) Vedi (52).
(66) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago Il.
(67) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 63-64.
(68) Idem, pago 60.
(169) Vedi (158) •
(170) Vedi (129).
(171 ) Vedi 031>.
(72) Vedi (67).

(73) Mario Bortolotto, Intervista a G.P., in "Lo Spettatore


mUsicale", febbraio 1966, pago lO.
(174) Vedi (87).
(175) Vedi (58).
(176) Vedi (60).
(177) Mario Bortolotto, I l commino di G~ P. " in "Quaderni del
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 69.
(178) Franco Donatoni, note di copertina al disco Italia
70027.
(179) Vedi (91).
(80) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 137.
(81) Franco Pulcini, note al programma di sala del concerto
svoltosi all' Auditorium di Torino; stagione concertistica
'79-'80, il 7 dicembre 1979.
r
,
,

454

(182) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,


Milano, 1980, pago 142.
(183) Idem, pago 139.
(184) Vedi (78).
(185) "Attualità" in opposizione a "moda", secondo la distin
zione che P. stesso fece nella intervista del 24 settem ­
bre '83, a cura dell' autore. Cfr. cap. 2.
(86) Vedi (91).
(87) G.P., Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori,
Suvini Zerboni, Milano, S. 5791 Z., pago 6.
( 188) Marvin Allen Wolfthal, Elliott Carter (le opere dal 1946
al. 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago
113.
(89) Vedi (146).
(190) Intervista del 21 febbraio '84, a cura dell'autore.
(191) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", I (967), n. 1, paga 117.
(192) Vedi (180).
(93) Vedi (94).
(194) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5938 Z.
(95) Vedi (180).
(196) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 136.
(97) Vedi (173).
(198) Mario Baroni, P. G., in "EnciclOpedia della Musica",
Rizzoli-Ricordi, Milano.

455

(199) Idem, come le seguenti citazioni.


(200) Vedi (146).
(201) Mario Messinis, Musica '83. Punto e contrappunti su
Varèse, opuscolo esplicativo del Festival omonimo, Roma,
20 settembre - 4 ottobre 1983, pago 13.
(202) 'Vedi (87),
(203) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",
in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (1975), n. 1,
pago 80.
(204) G.P., Beatitudines (Testimonianza per Martin Luther
King) per basso o baritono e cinque strumenti, Suvini
Zerboni, Milano, S. 6879 Z., pago 5.
(205) Vedi (17).
(206) Vedi (178).
(207) Cfr. Arnold Schonberg, Manuale di armonia, Il Saggiat.s:
re, Milano, 1980, pago 1.
(208) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo
ni, Milano, 1980, pago 14.
(209) Cfr. Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova
Rivista Musicale Italiana", Il (1968), n. 3, pago 488.
(210) Vedi (88),
(211) Mario Bortolotto, Ottetto degli addii, in "Lo Spettatore
musicale", VI (1971), n. 2, pago 6.
(212) Vedi (4).
(213) Vedi (178).
(214) Vedi (4).
(215) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(216) VÈ!di (52).
456

(217) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,


Milano, 1980, pago 39.
(218) Idem.
(219) Vedi (17).
(220) Vedi (77).
(221) Massimo Mila, Gioiello dell'orafo P. per un omaggio a
Strawinsky, in "La Stampa", Torino,27 agosto 1982.
(222) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 141.
(223) Vedi (59).
(224) Vedi (135).
(225) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",
in "Nuova Rivista Musicale Italiana", IX (1975), n. 1,
pagg. 84-85.
(226) Luca Lombardi, Conversazioni con P •• Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 170.
(227) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerboni,
Milano, S. 7520 Z.
(228) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 134.
(229) Vedi (3).
(230) Vedi (77).
(231) K. Geitel, in "Wie Welt", Berlino, 7 maggio 1973.
(232) Vedi (59).
(233) Vedi (38),
(234) Vedi (1%).
(235) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
457

(236) Cfr. Enzo Restagno, l classici di .... , opuscolo esplic~


tivo dei concerti di musica contemporanea per la sta­
gione '83-'84 dell' Unione Musicale di Torino.
(237) Vedi (11~).

(238) Luciano Berio, note al programma di sala del concerto


svoltosi all' Auditorium di Torino, stagione concertistica
'83-'84, il 30 marzo 1984.
(239) Vedi (7),
(240) Vedi (91).
(241) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna Musicale", 1964, n. 1, pago 78.
(242) Vedi (11).
(243) Vedi (52).
(244) Vedi (31).
(245) Cfr. Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni
della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 78-79.
458

BIBLIOGRAFIA

Segnaliamo alcuni degli scritti più importanti su Gof ­


fredo Petrassi, rimandando, per un elenco esauriente,

al testo di Claudio Annibaldi e Marialisa Monna, Biblio­

grafia e catalogo delle opere di G.P., edito da Suvini

Zerboni, Milano, 1980.

Monografie

- Lele D'amico, G.P., Documento, Roma, 1942.

- John S. Weissmann, G.P., Suvini Zerboni, Milano 1957.

- Giuliano Zosi, Ricerca e sintesi nell'opera di G.P.,

Storia e Letteratura, Roma, 1978.

Saggi
Gianandrea Gavazzeni, Due balletti di P., in "La musi
ca e il teatro", Nistri-Lischi, Pisa, 1954, pagg. 241­
257.
- Gianandrea Gavazzeni, I valori di P. e Le musiche gio­
vanili di P., in "Trent'anni di musica", Ricordi, Mi­
lano, 1958, pagg. 169-186.
- Roman Vlad, Goffredo Petrassis Orchesterkonzerte, in
"Melos", XXVI (1959), pagg. 342 ... 346.
- Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. e Una telefo­
nata in musica, in "Cronache Musicali 1955-59", Eina!:!
di, Torino, 1959, pagg. 224 ... 227 e 347 ... 349.
459

- Fedele D'Amico, P. e il biografo imprudente e Ballet­


ti di Milloss, in "I casi della musica", Il Saggiato­
re, Milano, 1962, pagg. 110 •.. 113 e 156 ... 159.
- Mario Bortolotto, Il cammino di G.P./Domenico Guacce­
ro, P.: l'empirismo illuminato nella didattica contem­
poranea/Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative/Cesa­
re Brandi, Piccolo ricordo del "Coro di mortill/Gianan­
drea Gavazzeni, Un'amicizia di trent'anni/Claudio An­
nibaldi, Trent'anni di critica petrassiana/ in IIQua ­
derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1.
- Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivi ­
sta Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pagg. 101 ...
119.
- Massimo Mila, Presenza di G.P. nella musica contempo­
ranea, saggio per il programma di sala del concerto
svoltosi a Fiuggi il 17 luglio 1969.
Gioacchino Lanza Tomasi, Genetliaco di G.P., in "Lo
Spettatore musicale", Bologna, luglio-agosto 1969,
p agg. 11 ••• 13.
- Claudio Annibaldi, Alfredo Casella e G.P.: ventitré
lettere inedite, in Nuova Rivista Musicale Italiana ll ,
VI (1972), n. 4, pagg. 553 ••. 571.
- Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "ottavo concerto",
in "Nuova Rivista Musicale Italiana ll , IX (1975), n. 1
pagg. 64 .•• 96.
- Massimo Bogianckino, Profilo di G.P., Pubblicazione
dell'Associazione Musicus Concentus, Firenze, settem­
bre 1977.

--
460

Fiamma Nicolodi, G.P. frammenti di annotazioni e ri ­


cordi, in "Antologia Viesseux", Firenze, luglio-dice,!!!
bre 1977 (fascicoli 47-48), pagg. 2 ... 8.

Interviste
- Mario Bortolotto, Intervista con G.P., in "Lo Spetta­
tore musicale", Bologna, febbraio 1966, pagg. 8 .•. 10.
- Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri
vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pagg.
482 ..• 493.
- Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980.

Tesi di Laurea
- DIga Stone, The Style of G.P. as Seen in His Writing
for Keyboard, Boston University, 1967.
- John C.G. Waterhouse, The Emergence of Modern Italian
Music to 1940, Oxford University, 1969.
- Lorenzo Maggini, L'opera di G.P.; Università di Firen
ze, 1972-1973.
461

INDICE

l. L'uomo e l'artista pago 1

2. "Rapporti di dare e di avere" . 22

3. Introduzione agli otto Concerti " 52

4. (Primo) C,oncerto II'


68

5. Secondo Concerto " 101

6. Récréation concertante (Terzo c.oncerto) " 132

7. Quarto concerto " 185

8. Quinto concerto " 226

9. Invenzione concertata (Sesto concerto) " 268

lO. Settimo Concerto " 309

Il. Ottavo Concerto " 363

12. Osservazioni conclusive s ugli otto Concerti " 424

NOTE " 443

BIBLIOGRAFIA " 458

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