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17/11/2021

L’EDILIZIA
L’intervento edilizio riguarda il singolo intervento di trasformazione del territorio.
La dimensione edilizia si pone come dimensione attuativa della dimensione urbanistica.

L’intervento edilizio ha due anime:

 Modifica del costruito: ristrutturazione, ampliamento…


 Nuova costruzione

Come controlla il nostro sistema l’attività edilizia?


I parametri per valutare l’intervento edilizio sono due: le norme e i piani.
Dire che l’ordinamento appronta un controllo del fenomeno edilizio significa che l’ordinamento appronta
dei meccanismi per verificare che quell’intervento sia conforme alle norme e ai piani (duplice necessità di
riferimento).

Quali sono gli elementi per valutare giuridicamente un intervento edilizio?


Il nostro ordinamento giuridico è particolarmente attento al controllo del fenomeno edilizio prevedendo:

 Verifiche ex ante
Ruotano intorno al concetto di titolo abilitativo in senso proprio.
 Verifiche ex post.
Riguardano l’agibilità.

I titoli abilitativi edilizi

Gli interventi di titolo abilitativo edilizio sono tutti gli interventi di trasformazione durevole del territorio,
anche gli interventi minori.
Esempio
Anche le casette per gli attrezzi che montiamo nel giardino hanno bisogno di titolo abilitativo edilizio. 

La disciplina la troviamo in materia di governo del territorio.


Per lo Stato il testo di riferimento è il Testo Unico sull’Edilizia DPR n. 320 del 2001 e per la regione Emilia-
Romagna è la Legge sull’Edilizia n. 15 del 2013 con varie modifiche e integrazioni.
Fino ai primi anni ’60 le licenze edilizie erano frutto di un controllo per lo più esteriore delle
amministrazioni, nel tempo però sono cambiate le norme e la Legge n. 27 del 1985 strinse le maglie della
regolarità edilizia.
Da quel momento la normativa edilizia è diventata più severa con un corredo penale maggiore.
La disciplina edilizia tiene insieme l’estremo rigore formale con strumenti sempre maggiori di apertura.

Cosa intendiamo per titolo abilitativo edilizio?


Il titolo abilitativo è un atto di formazione pubblico-privato che per legge deve essere formato per poter
legittimamente eseguire interventi edilizi.

Quando bisogna munirsi di titolo abilitativo edilizio?


Secondo il Testo Unico sull’edilizia sono sottoposti a titolo abilitativo tutti gli interventi che comportano
una trasformazione del territorio (non significa solo un manufatto) con carattere di durata (ma non è detto
che debba essere indeterminato).
18/11/2021

Fino al 1985 ogni intervento edilizio avrebbe dovuto essere preceduto da un vero e proprio titolo
abilitativo edilizio maggiore, la concezione edilizia, un provvedimento amministrativo per autorizzare
qualsiasi intervento.
Dal 1985 è iniziato un processo di semplificazione dei titoli abilitativi edilizi che per alcuni elementi ha
eliminato la necessità del titolo abilitativo edilizio, per altri interventi ha previsto titoli abilitativi edilizi
non solo di formazione amministrativa ma atti formati dallo stesso privato con una sua assunzione di
responsabilità questi atti nascono con la Legge n. 27 del 1985.
Per interventi minori introduce lo strumento dell’ASSEVERAZIONE.
Oggi non è più un autonomo titolo abilitativo edilizio.
Quello che viene introdotto è il principio secondo cui un’attività edilizia non deve essere preceduta da un
provvedimento dell’amministrazione, ma il momento di verifica può essere sostituito da
un’autodichiarazione del privato.
L’asseverazione chiama in causa il ruolo del professionista che è chiamato ad un’assunzione di
responsabilità.
Deve quindi dichiarare che quel progetto è conforme alle norme e ai piani.
Il professionista fa ciò che normalmente farebbe l’amministrazione.
Nel Testo Unico l’attività edilizia è divisa in alcuni ambiti:

1. ATTIVITÀ EDILIZIA LIBERA


Si divide nuovamente in
 Attività edilizia completamente libera: che non comporta la necessità di nessun tipo di
pratiche edilizie.
 Attività edilizia non completamente libera: che è sottoposta a CIL o CILA.
La CILA è la COMUNICAZIONE D’INIZIO LAVORI ASSERVATA.
Sono casi in cui l’intervento è minore (tipicamente sul costruito) ma il legislatore ha introdotto
questa CILA.
Tu soggetto privato devi dirmi che stai iniziando i lavori.
Basta una comunicazione che deve essere accompagnata da un elaborato di progetto e
dall’asseverazione di conformità del progetto firmata da un professionista abilitato.
Quando il legislatore ha iniziato a parlare di CIL non lo considerava titolo abilitativo edilizio
perché la comunicazione è fine a sé stessa solo per far sapere al comune che qualcosa sta
succedendo.
La CILA è in realtà un oggetto che non è ancora considerato e maneggiato giuridicamente come
meriterebbe.

2. ATTIVITÀ EDILIZIA SOTTOPOSTA A TITOLI ABILITATIVI EDILIZI VERI E PROPRI


I titoli abilitativi sono il PdC ovvero il PERMESSO DI COSTRUIRE e la SCIA cioè la SEGNALAZIONE
CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ.
Con il PdC si rimane nell’ambito dell’attività amministrativa tradizionale
La SCIA è l’erede dell’asseverazione che inizialmente si chiamava DIA (DICHIARAZIONE DI INIZIO
ATTIVITÀ).
Riprende il modello dell’asseverazione ma con alcune differenze:
 L’asseverazione nasceva per interventi minori, la SCIA viene prevista normalmente per
interventi di medio rilievo e può arrivare fino ad essere utilizzata per interventi di maggior
rilievo (nuova costruzione e ristrutturazione edilizia).
La SCIA consente di fare cose che erano impensabili con la vecchia asseverazione.
 Quando un intervento è sottoposto a SCIA significa che non è sottoposto a controllo ex ante e
non è sottoposto a necessità di un provvedimento amministrativo.
Il potere amministrativo non è più ex ante ma ex post.
[Abbiamo anche la SCEA che è l’applicazione della SCIA ex post]

I principali tipi di intervento edilizio

Vediamo i principali tipi di intervento edilizio in ordine crescente d’importanza.

1. MANUTENZIONE ORDINARIA
Si occupa delle finiture degli edifici e degli impianti tecnologici.
Può comportare una sostruzione degli impianti tecnologici esistenti.
Il regime amministrativo è l’attività completamente libera.

2. MANUTENZIONE STRAORDINARIA
Ha la finalità non solo di una mera conservazione dell’esistente ma può comportare il rinnovo e la
sostituzione di parti dell’edificio senza modifiche delle destinazioni d’uso, dei volumi, delle
superfici.
Gli interventi sulle parti strutturali possono essere previsti in manutenzione straordinaria ma
comportano la necessita di completare la pratica con i calcoli strutturali.
Il regime amministrativo è quello della CILA.

3. RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO


Il livello di complessità dell’intervento aumenta.
Dovrebbe impegnarsi sulla presenza di un insieme sistematico di opere, non più un intervento su
singoli aspetti dell’edificio ma su interventi quali il consolidamento, il ripristino e rinnovo degli
elementi costitutivi, l’inserimento di nuovi impianti tecnologici.
Il regime amministrativo è quello della SCIA.

4. RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
Comprende la demolizione e la ricostruzione.
È un intervento sia di demolizione del corpo di fabbrica che di nuova costruzione.
In alcuni casi è quindi qualcosa di più della nuova costruzione.
La finalità dovrebbe essere la trasformazione dell’organismo edilizio.
Si punta ad un intervento più radicale che non è soltanto di modifica di alcuni elementi ma è un
cambio più significativo del complesso edilizio.
Il regime amministrativo è alternato: o PdC o SCIA (SUPER SCIA).

5. NUOVA COSTRUZIONE
Riguarda sia i casi in cui un intervento sia impattante sia in casi in cui non lo sia.
Riguarda la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, opere di urbanizzazione e
infrastrutture.
Il regime amministrativo è quello della SUPER SCIA.
Permesso di Costruire (PdC)

Il Permesso di Costruire comporta un’istanza del privato con un provvedimento del comune.

La prima fase è la FASE DELL’INIZIATIVA


La fase iniziativa è la fase in cui il privato presenta un carteggio facendo ricorso alla modulistica.
La modulistica in materia edilizia è unificata in particolare a livello regionale ed è sicuramente più
omogenea di quanto lo fosse in passato.
La modulistica è la domanda vera e propria con cui chiedo il rilascio del PdC e quando la presento posso
chiedere anche una serie di interventi connessi all’intervento principale.
La documentazione accessoria possiamo ricondurla a tre ambiti principali:

1. ELABORATI DI PROGETTO
Sono piante, prospetti, schemi degli impianti che descrivono l’intervento che si vuole realizzare.

2. RELAZIONE ILLUSTRATIVA
L’intervento viene descritto in forma narrativa.
Quanto più l’intervento è complesso tanto più la relazione sarà importante.
3. ASSEVERAZIONE
L’asseverazione è la dichiarazione del professionista che attesta la conformità alle norme e ai
piani sia delle preesistenze sia del nuovo che si andrà a realizzare.
In Emilia-Romagna è espressamente previsto che il professionista debba dichiarare lo stato
legittimo delle preesistenze.

La seconda fase è la FASE DELL’ISTRUTTORIA E FASE DECISORIA


A 10 giorni dalla presentazione dell’istanza il comune deve fare la comunicazione d’avvio del
procedimento con la comunicazione del responsabile.
Nei successivi 20 giorni l’ufficio competente deve fare la verifica del materiale e deve essere effettuata
l’istruttoria.
La richiesta d’integrazioni può essere fatta una volta soltanto e il termine del procedimento è sospeso
fino a quando non arrivano le integrazioni.
Il termine complessivo del procedimento è di 90 giorni.
Nei successivi 60 giorni il responsabile del procedimento fa la proposta di provvedimento al suo capo (o a
sé stesso).  Totale 90 giorni
Quindi nei primi 30 giorni (10+20) devono essere verificati i documenti ma per completare le valutazioni ci
sono altri 30 giorni e a quel punto il responsabile del procedimento fa una proposta e infine il capo ufficio
ha altri 30 giorni per fare la fase decisoria vera e propria.
Ha quindi 30 giorni di tempo per fare il provvedimento.
Qualora sia orientato in senso negativo in questi 30 giorni deve anche applicare il preavviso di rigetto,
dando cioè almeno 10 giorni di tempo al privato per fare le sue controdeduzioni.
Infine, si arriva all’adozione del provvedimento.
Il responsabile del procedimento può allungare i termini, raddoppiandoli a 180 giorni.

Il PdC può essere denegato o accordato.


Il rilascio del PdC può essere un rilascio con prescrizioni.
Il PdC viene rilasciato ma a patto che vengano applicate piccole modifiche progettuali ad esempio.
Tutto ciò che è trasformazione del territorio dalla dimensione urbanistica a quella edilizia si porta dietro la
legittimità dell’epoca in cui è stato realizzato, questo si traduce nel fatto che il PdC non può essere
revocato.
Non può essere revocato sulla base di una norma esplicita introdotta fin dalla Legge Bucalossi.
Il PdC può essere però annullato su ricorso e in autotutela.
L’annullamento è retroattivo e può accadere che l’immobile costruito legittimamente all’epoca risulta
invece abusivo, perché l’abuso si concretizza per la mancanza all’attualità di un titolo giuridico, non per la
mancanza all’origine.

Esempio
Io comune di Ravenna rilascio una concessione per gli stabilimenti balneari che ha durata nel tempo.
Arriva la necessità di ampliamento del porto ma la concessione ha ancora durata di altri 10 anni.
Cosa faccio?
Posso annullare la concezione per sopravvenute ragioni interesse pubblico.
Gli atti amministrativi di durata sono sempre revocabili. 

I termini del PdC


Il PdC, oltre a contenere prescrizioni, deve contenere i termini di inizio e fine lavori.
Immaginiamo che una volta ottenuto PdC io possa realizzare quell’intervento anche 15 anni dopo, in 15
anni però può cambiare il contesto.
Il legislatore vuole che la fase realizzativa sia temporizzata.
Per questo la comunicazione di inizio e fine lavori devono essere date in modo tale che di regola l’inizio dei
lavori avvenga entro 1 anno dal rilascio del PdC e la fine dei lavori entro 3 anni dall’inizio.

I provvedimenti del PdC anteriori all’entrata in vigore del Decreto del Fare o Legge n. 15 del 2013 hanno
visto modifiche nei loro termini.
La Legge n. 15 del 2013 prevede che non ci sia un limite massimo di durata alle proroghe
La Legge Regionale dell’Emilia-Romagna prevede che le proroghe dei termini di inizio e fine lavori
possano essere fatte senza un limite massimo.
Le comunicazioni di proroghe devono essere accompagnate da un’asseverazione del professionista che
afferma che la pianificazione non è cambiata.
La violazione dei termini comporta la decadenza del PdC.

Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)

Si basa sul fatto che non sia necessario munirsi del PdC ma che basti la dichiarazione del privato intesa
come dichiarazione della parte, del committente e del professionista.
Rimane la possibilità di un controllo ex post rispetto alla dichiarazione del privato e all’inizio dei lavori.
Possiamo distinguere:

1. SCIA AD EFFICACIA IMMEDIATA


L’inizio dei lavori può avvenire subito.

2. SCIA AD EFFICACIA DIFFERITA


Devo aspettare 30 giorni per l’inizio dei lavori.

Il controllo ex post si traduce nella possibilità del comune di fare un ordine di sospensione dei lavori.
Il comune può verificare la pratica e qualora non sia conforme impedisce di proseguire.
Il comune può fare questo entro 30 giorni.
Se si ritiene che una SCIA sia illegittima occorre prima svolgere una fase amministrativa e chiedere al
comune di intervenire nell’esercizio dei suoi poteri di tutela.
Se il comune non interviene il privato può contestare davanti al TAR l’inerzia del comune sulla base
dell’azione contro il silenzio in adempimento.
Questo meccanismo è stato esteso anche alla CILA.
Il comune può anche non controllare la pratica perché c’è un sistema di controlli a campione.
Se il comune non arriva nei 30 giorni e magari si sta costruendo qualcosa con evidenti violazioni cosa
succede?
Il legislatore ha stabilito che sebbene la SCIA non sia un provvedimento amministrativo è stata comparata
ad essi per la POSSIBILITÀ DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA.
La SCIA non può essere impugnata direttamente al TAR.
L’annullamento in autotutela ha termine di 1 anno dal momento in cui è stato rilasciato il provvedimento
oggetto di annullamento.
Si inizia a costruire, iniziano ad arrivare comunicazioni, il privato può fare l’annullamento in autotutela ma
viene annullata la SCIA.
I procedimenti amministrativi edilizi sono “terra di nessuno”.

Chi può chiedere il titolo abilitativo edilizio?


Fin dalla Legge n. 10 del 1977 è stata inserita in ordinamento una norma, poi trasferita nel Testo Unico
dell’Edilizia, per cui si dice che il titolo abilitativo edilizio può essere posto in essere dal proprietario o da
un altro avente titolo.
Di solito le questioni principali su cui si pone il problema sono: il titolare di un diritto reale di godimento
(usufrutto), il titolare di un diritto obbligatorio di godimento (locazione) e la compravendita di un
immobile.
Nel caso di una compravendita di un immobile spesso l’acquirente viene autorizzato dal venditore a fare
degli interventi edilizi prima che sia formalizzata la vendita.
Nella prassi la compravendita nell’immobile si snoda in 3 momenti principali:

1. Proposta tramite agente immobiliare


2. Accettazione della proposta da parte del venditore
La proposta accettata è già considerata un preliminare ma spesso viene proposto un contratto
preliminare di compravendita in cui ci sono delle clausole.
3. Definitivo di compravendita
È chiamato anche rogito ed è l’atto pubblico notarile, ossia la forma dell’atto stipulata dal notaio
che permette il trasferimento della proprietà.
Questa fase è preceduta dalla trascrizione nei registri immobiliari.
Fino a che non rientra scritto nei registri quella compravendita vale solo tra le parti.
Rispetto ai terzi vale la vendita che per prima viene trascritta nei registri.

Queste sono le principali ipotesi su cui si pone l’attenzione.


Si ravvisa la legittimazione della figura del titolare di diritti di godimento reali.
Si ritiene che per la locazione e per l’acquirente, che fino alla stipula del rogito è commissario acquirente,
sia necessaria un’esplicita autorizzazione del locatore, nel caso di locazione, e del proprietario locatore,
nel caso di compravendita di un immobile.

Chi è legittimato per quanto riguarda gli interventi sulle parti comuni?
Il condominio si ha quando un immobile è articolato in almeno 2 unità immobiliari.
Quando si superano 6 unità immobiliari si ha la figura dell’amministratore di condominio.
Una villa bifamiliare è considerata condominio anche se non vi è la presenza dell’amministratore.
In teoria per l’intervento sulle parti comuni è legittimato ogni singolo condomino.
Ogni singolo condomino può agire autonomamente.
Ma di fatto nella maggior parte dei casi viene chiesta una firma di tutti i condomini.
Ciascun singolo condomino ha quindi la legislazione ma i comuni di solito tendono ad imporre la firma
dell’amministratore qualora esso sia presente e la firma di tutti i condomini.

Cosa succede nel caso di interventi individuali?


Sulla base dell’articolo 1102 il singolo condomino può fare interventi sulle parti comuni a patto che non
alterino la fruizione per gli altri condomini.
Spesso i comuni per gli interventi di questo tipo chiedono anche la firma dei condomini o
dell’amministratore, ma la firma dell’amministratore per questi interventi non basta.
La firma dell’amministratore presuppone la maggioranza che però non basta perché serve l’unanimità.
Nel caso in cui ci sia un’unità immobiliare data in locazione nell’ambito del condominio deve pronunciarsi il
proprietario, non il locatore.

Rapporto tra il titolo abilitativo edilizio e i diritti dei terzi

Qualsiasi titolo abilitativo, in particolare il PdC, viene rilasciato con la dicitura “senza pregiudizio dei diritti
dei terzi”.

Esempio
Immaginiamo che il signor Rossi chiede un PdC senza essere proprietario ma dichiarandosi proprietario, il
comune rilascia il PdC ma questo non significa che il signor Rossi sia proprietario.
Questo PdC viene quindi rilasciato senza pregiudizio dei diritti dei terzi, in questo caso dei diritti del vero
proprietario. 

In passato alcuni comuni, che avevano regolamenti divergenti dal Codice civile, rilasciavano il PdC per
effettuare degli interventi che da Codice civile non si potevano fare ma che il regolamento locale
consentiva.
Poi la giurisprudenza è cambiata e si è stabilito che i regolamenti locali non possono derogare al Codice
civile.
Il PdC autorizza quell’intervento edilizio in astratto, indipendentemente da tutte le questioni privatistiche
che possono sussistere sullo sfondo.
Questo vale spesso per i condoni o per gli interventi nei condomini.

Negli anni ’80 andava di moda comunicare due vani con degli archetti tirando giù un muro portante.
Questo incideva sui rapporti condominiali perché i muri portanti da Codice civile sono di proprietà
comune.
In questo caso dopo qualche anno posso fare una sanatoria ordinaria, ma ho sanato solo rispetto alla
dimensione edilizia ma non rispetto ai miei condomini che possono in qualsiasi momento chiedere il
ripristino, cioè di realizzare un nuovo muro portante.
È una sanatoria rispetto al comune e non rispetto ai terzi.
I titoli abilitativi edilizi si formano senza pregiudizio dei diritti dei terzi, nel senso che non vanno a
spostare il piano dei rapporti tra privati (chi era proprietario rimane proprietario, chi non lo era rimane
tale)
Chi ha violato qualche disposizione non è che veda sanata solo perché qualcuno gli ha messo il timbro del
comune.
Non rischio l’ordine di demolizione del comune ma quello del privato.
Potenziamento del PdC

Le due ipotesi in cui il PdC può essere potenziato sono:

1. PdC IN DEROGA
Può essere in deroga al PRG.
La Legge ammette la possibilità che il PdC comporti variante al PRG.
Il PdC è il titolo abilitativo edilizio per intervento di attuazione dell’attuazione del PRG.
È il singolo intervento edilizio a cui può essere riconosciuta la possibilità di andare in variante al
PRG.
Abbiamo il rilascio del PdC firmato dal dirigente ma prima o dopo, in via di autorizzazione prima e di
ratifica dopo, ci deve essere la delibera del consiglio comunale.
La delibera permette al dirigente di procedere, o se esso ha già provveduto vuol dire che l’ha fatto
con una clausola e l’intervento del comune avverrà ex post
Anteporre la valutazione dell’organo tecnico rispetto a quella dell’organo d’indirizzo “non è bello”
ma è giuridicamente possibile.
Quali sono i presupposti della deroga?
Ci devono essere presupposti d’interesse pubblico con una motivazione plausibile.
Il caso tipico è quello dei PdC in deroga per strutture alberghiere.
L’attività albergherà, pur non essendo un’attività di servizio pubblico, risponde di interessi pubblici.
Esempio
Nel contesto di una parte urbana in cui per quella ZTO consentano determinati volumi e altezze è
frequente che si conceda la realizzazione di un intervento di altezze maggiori, sulla base del fatto
che si va ad infrastrutturale dal punto di vista della ricettività quella parte del territorio urbano. 

2. PdC CONVENZIONATO
Può essere accompagnato da una convenzione con il comune.
Si ha quindi nei casi in cui al provvedimento unilaterale si accompagna la stipula di una convenzione
pubblico-privato (tra comune e il privato).
Questo vale per i Pdc sugli interventi di maggiore complessità dal punto di vista qualitativo e
quantitativo.

24/11/2021

Il Pdc pur essendo un titolo abilitativo, al pari dei piani attuativi, può andare in variante rispetto al PRG o a
strumenti equiparati.
Affinché questo avvenga è necessaria una deliberazione in consiglio comunale che viene rilasciata prima del
rilascio del provvedimento vero e proprio del Pdc (questo provvedimento potrebbe essere fatto prima della
delibera).

Agibilità

Non è un titolo ma ha in comune con i titoli la funzione di essere un atto di controllo ex-post e non ex-ante.
L’agibilità, nei casi in cui è obbligatoria, se non è presente non consente l’utilizzo legittimo dell’immobile.
Nasce già con il testo unico delle leggi sanitarie.
Nella prassi veniva distinta in abitabilità (si usa ancora questo termine) e usabilità.
Nasce legata al controllo ex-post dell’intervento per verificarne in origine solo il profilo igienico-sanitario.
Oggi ha un significato molto più esteso; l’intervento realizzato deve essere conforme a tutte le norme e ai
piani.
Il titolo abilitativo diventa un po' il termine di riferimento per l’agibilità.
L’agibilità è la verifica finale della correttezza dell’intervento edilizio.

Esempio
Se io ho ottenuto il Pdc per realizzare un certo edificio con determinate caratteristiche e poi realizzo un
edificio differente, anche se è a norma rispetto alla normativa ma non è conforme al titolo presentato non
si può attestare l’agibilità.

Quando è obbligatoria l’agibilità?


L’agibilità è obbligatoria per:

 Interventi di nuova costruzione.


 Sopraelevazioni o ricostruzioni sia parziali che totali .
 Interventi sul costruito che possano influire sulle condizioni relative all’igiene, sicurezza, salubrità
e risparmio energetico.

Facoltativamente può essere sempre fatta a pratica di agibilità ma non ha senso perché è una pratica in più
e molto delicata.

Attualmente l’agibilità è diventata una SCIA, sia secondo la legislazione nazionale che per la legislazione
dell’Emilia-Romagna (Legge n. 15 del 2013).
In quest’ultimo caso si chiama SCCEA (SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI CONFORMITÀ EDILIZIA E
AGIBILITÀ).
La SCCEA è efficace immediatamente, nel momento in cui viene presentata l’edificio ha già l’agibilità.
Le modalità di controllo a campione cambiano a seconda delle regioni.
È una segnalazione che richiede la firma di un professionista.
L’agibilità può essere chiesta anche facoltativamente.
Oggi è uno dei pochi strumenti per avere un’attestazione di conformità del costruito.
L’agibilità era l’unico titolo formale con cui si poteva attestare la conformità di un immobile.

Il Decreto 66/2020 ha introdotto qualcosa di simile all’agibilità, ha previsto la possibilità di fare una pratica
che non si chiama agibilità ma ha gli stessi contenuti di quella facoltativa e che consiste nell’attestazione
della conformità edilizia di un immobile esistente anche indipendentemente dalla realizzazione di
pratiche edilizie sullo stesso.
La dichiarazione di conformità dell’esistente è spesso un problema e può essere fatta con la SCEEA o con
questa nuova attestazione del 2020.

Cosa succede se un edificio con l’obbligo di agibilità non ha l’agibilità?


In teoria l’edificio può essere compra-venduto, tuttavia chi compra ha azione civilistica verso chi vende.
Per comprare un edifico che sia inagibile o lo si dichiara prima promettendo di sistemarlo o lo si compra a
meno (allora la compravendita è valida), altrimenti chi compra ha azione di risoluzione del contratto perché
ha comprato non sapendo.

Relazioni tecnico integrate (RTI) è un certificato di vendibilità.


È riconosciuto dal notaio e dalle banche e attesta che l’immobile è pronto per essere rogitato.
L’agibilità va presentata entro 15 giorni dalla comunicazione di fine lavori.
Onerosità dei titoli abilitativi edilizi

Dal 1977 i titoli abilitativi edilizi hanno previsto l’onerosità del costruire.
L’onerosità vale solo per gli interventi sottoposti a PdC e a SCIA.
Quindi non tutti gli interventi prevedono il pagamento di oneri.
Le voci che compongono quest’ambito sono normalmente 2:

1. ONERI DI URBANIZZAIZONE
Sono oneri con cui l’interessato (privato) contribuisce alle spese che il comune deve sostenere
per le opere di urbanizzazione.
Gli oneri sono quindi volti a supportare il comune rispetto alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione.
Le OPERE DI URBANIZZAZIONE sono le infrastrutture del territorio che vanno a completare la
parte privata dell’intervento per consentirne un’adeguata finzione.
Si distinguono in:
 OPERE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIE
Sono reti di distribuzione, strade, fognature, verde pubblico.
 OPERE DI URBANIZZAZIONE SECONDARIE
Sono più per esigenze sociali ma sono sempre importanti.
Sono asili, scuole, attrezzature sanitarie, centri culturali.

Sulla base di determinate tabelle il privato fornisce un pagamento che dovrebbe andare a
supporto del pagamento degli interventi da realizzarsi.
Fra le norme recenti ci sono quelle che vogliono garantire che le somme incassate per le opere
vengano utilizzate per realizzare le opere di urbanizzazione.
Il privato paga queste somme oppure può effettuare la REALIZZAZIONE A SCOMPUTO, ovvero
anziché dare un tot di denaro realizza direttamente delle opere il cui valore è pari a quel tot di
denaro che avrebbe dovuto dare  realizzazione diretta delle opere a scomputo rispetto al
pagamento di oneri.
Il pagamento degli oneri va effettuato al momento del ritiro del PdC (arriva una PEC dal comune
dicendo che è stato rilasciato il PdC, ma non ce lo rilascia finché non abbiamo versato il contributo
per gli oneri), mentre il costo di costruzione va pagato dopo la fine dei lavori, ma anche esso è
determinato sulla base di apposite tabelle.

Questa logica di condivisione dei costi si ritrova nell’Istituto del Contributo Straordinario che è
stato concepito negli ultimi 10 anni.
Prima del 2010 con una norma specifica soltanto per gli interventi della città di Roma D.L.78/2010,
e poi nel 2014 con una norma statale, il legislatore ha deciso di ripartire tra il privato e il comune il
plusvalore degli interventi realizzati nel comune (articolo 10 del D.L. n. 133 del 2014).
Il legislatore si riferisce ai casi in cui ci sia una variante urbanistica, un intervento in deroga o un
intervento con cambio di destinazione d’uso, e che ciò determini un maggior valore rispetto alla
situazione preesistente.
La somma in questione era inizialmente fissata al 66% del maggior valore, mentre la seconda
norma del 2014 non indica una quota ma lascia agli strumenti regionali e locali di occuparsi della
questione.
Queste norme sono molto delicate, anche perché nel nostro sistema la maggior aliquota per la
persona fisica è il 43% (per redditi superiori ai 90.000 euro), quindi il 66% è un po’ alto.
Le prestazioni patrimoniali imposte devono avere base legale.
In materia di oneri di urbanizzazione si può far ricorso entro 10 anni dalla comunicazione della
somma degli oneri.
Nella realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione da parte di un privato si devono o non
si devono rispettare le regole per gli appalti pubblici?
La Corte costituzionale ha stabilito che al di sopra di una certa somma le opere di urbanizzazione
non possono essere realizzate da parte del privato perché svierebbe dalle gare di appalto
pubbliche, sarebbe elusivo della gara di appalto.

2. COSTO DI COSTRUZIONE
Si parla di un importo che dovrebbe essere parametrato in base ai costi di costruzione.

Abusi edilizi e relative sanatorie

Gli abusi tecnicamente sono “violazioni della normativa urbanistica ed edilizia”.


L’abuso urbanistico l’abbiamo già visto: ad esempio la lottizzazione effettuata in mancanza di un piano
regolamentario, riguarda la lottizzazione cartolare e la lottizzazione materiale.
L’abuso edilizio invece è una difformità che riguarda il singolo elemento edilizio e non un comparto.
Sono oggetto di varie discipline e dal punto di vista amministrativo siamo in materia di legislazione
concorrente, si hanno quindi sia leggi statali come il Testo Unico sull’Edilizia all’art.31 e seguenti sia norme
regionali (nel caso della regione Emilia-Romagna si ha la Legge n. 23 del 2004).
Spesso anche nei PRG si annidano regolamenti in materia di abusi e in materia di sanatoria.
L’abuso edilizio è la realizzazione di un intervento edilizio in tutto o in parte difforme rispetto alle norme,
ai piani ed eventualmente anche rispetto al titolo abilitativo.
Qualsiasi tipo di intervento che sia difforme al netto di istituti come quello delle tolleranze costruttive (per
cui alcuni errori o sbagli non sono considerati abusi) altrimenti ogni difformità è considerata un abuso.
Le difformità possono essere anche soltanto cartolari e formali.

Esempio
Nonostante io abbia fatto un intervento conforme ai piani e alle norme generali, non avendo il titolo
abilitativo edilizio l’intervento non è conforme rispetto alle norme che riguardano il procedimento. 

Gli abusi sostanziali si presentano quando si fa un piano in più, metrature in più ecc.
La presenza di un abuso edilizio rende non legittima qualsiasi nuova pratica su quell’immobile (con
qualche piccola deroga temporanea per quanto riguarda il super bonus) perché qualsiasi intervento sul
costruito richiede la dichiarazione di stato legittimo.

Gli abusi più rilevanti sono gli:


1. ABUSI DI MAGGIORITÀ
Gli abusi di maggiorità si hanno quando:
 Costruzione in assenza del PdC, lo stesso per la SUPER SCIA (alternativa al PDC)
 Totale difformità rispetto al PdC: posso costruire due piani, ne faccio quattro.
 Intervento in variazione essenziale rispetto al PdC: sono definite dalle leggi regionali le variazioni

Per gli abusi di maggiorità si rientra in una sfera di conseguenze amministrative e penali molto pesanti.
Una volta che il comune verifica la sussistenza di uno dei tre abusi emette un ordine di sospensione lavori
in via cautelare e urgente, se non ci sono lavori in corso emette un ordine di rimessione in pristino, ovvero
un ordine di demolizione.
In determinati casi il comune può intimarci di fare degli interventi che erano presenti nel progetto e che
sono stati soppressi.
L’ordine di demolizione comporta l’obbligo giuridico per il destinatario del provvedimento di realizzare la
demolizione nel termine di 90 giorni, se questo non accade ci sono due conseguenze gravissime

1. La demolizione verrà eseguita dal comune con rivalsa delle spese nei confronti del responsabile .
2. L’area di sedime (luogo dove sorge l’edificio) verrà trasferita all’ente locale (comune).

Questo termine di 90 giorni è prorogabile (secondo leggi regionali e norme locali) ma è sfasato rispetto ai
ricorsi al TAR.
Il ricorso al TAR si può fare sempre entro 60 giorni, ma se questo non fa una pronuncia di urgenza posso
sforare i 90 giorni e perdere la proprietà del mio fondo.

I destinatari sono tre soggetti:


 Committente e il proprietario quando non committente
 Impresa
 Tecnico progettista

25/11/2021

Conseguenze sul piano penale  l’abuso edilizio è anche reato.


Se in una pratica dichiariamo qualcosa che sappiamo non corrisponde al vero incorriamo in un reato penale
indipendentemente dall’abuso edilizio.
Gli abusi di maggiore gravità sono sanzionati sul piano penale fermo restando che possiamo sempre
incorrere, quando ci rapportiamo con la pubblica amministrazione, in altri tipi di reato.

Conseguenze sul piano civilistico  per immobili successivi al 1977 ci deve essere l’indicazione del titolo
abilitativo edilizio, se nell’atto di compravendita non c’è questo atto è nullo.
Per immobili totalmente abusivi vi è anche il divieto di allaccio alla rete dei servizi pubblici.

Gli abusi sono anche di altre tipologie:

1. ABUSI DI TIPOLOGIA INTERMEDIA


Comprende la ristrutturazione edilizia in assenza del PdC o in totale difformità del PdC e gli
interventi realizzati in parziale difformità dal PdC.
La conseguenza sul piano amministrativo sarebbe di regola la demolizione; tuttavia, è ammesso che
l’ufficio tecnico comunale faccia un accertamento da cui verifichi che non è possibile il ripristino.
Se ho fatto una ristrutturazione edilizia in assenza del PdC l’immobile originariamente non è
abusivo, è la ristrutturazione che è abusiva.
Se la ristrutturazione edilizia non permettesse di rimuovere la parte abusiva si dovrebbe demolire
tutto il complesso.
Il legislatore consente all’ufficio tecnico di accertare l’impossibilitò della remissione in ripristino.
In questo caso la demolizione è sostituita ad una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento
del valore dell’immobile.
Il termine non è indicato dal legislatore ma dal comune.
2. ABUSI DI MINORE GRAVITÀ
Si riferisce ai casi in cui vi sia un intervento sottoposto ad un titolo abilitativo edilizio minore (vi è
quindi la SCIA) e si considera la situazione dell’assenza o della difformità rispetto alla SCIA.
Qui si ha la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore veniale dell’immobile.
Questa categoria spesso comprende abusi minimali e vi è un minimo, stabilito dal legislatore, di
516 euro.
Non c’è quindi la demolizione.
La sanzione ordinaria è quindi la sanzione pecuniaria.

Tutti gli abusi salgono di grado quando l’immobile oggetto è sottoposto a tutele (tutele statali e tutele
documentali).
Se un immobile è sottoposto a vincolo artistico l’abuso sale di grado.

L’ordinamento ammette la possibilità di sanatoria delle difformità (noi ci riferiamo alle sanatorie
giuridiche).
Il legislatore prevede sempre le SANATORIE ORDINARIE e in aggiunta, in alcune fasi, ha previsto un certo
periodo di tempo per poter sanare abusi attraverso i CONDONI EDLIZI (sono sanatorie che si sono potute
fare in certi periodi per abusi non sanabili in base alle sanatorie ordinarie).

Per quando riguarda le sanatorie ordinarie l’ipotesi principale è la SANATORIA PER DOPPIA CONFORMITÀ.
La sanatoria per doppia conformità comporta la conformità all’epoca dell’abuso e la conformità all’epoca
della sanatoria.
È previsto il pagamento di un’oblazione pari al doppio del contributo di costruzione.

L’altra ipotesi di sanatoria ordinaria è la SANATORIA GIURISPRUDENZIALE, anche se è molto discussa.


Se l’immobile è conforme ora e non lo era all’epoca la giurisprudenza ha creato la SANATORIA PER
CONFORMITÀ ALL’ATTUALITÀ (sanatoria giurisprudenziale).
La giurisprudenza ha poi cambiato opinione.
Oggi si ritiene che la sanatoria giurisprudenziale non sia più ammissibile ma alcuni legislatori regionali, nel
frattempo, hanno legificato la sanatoria giurisprudenziale (regione Emilia-Romagna).
Per le regioni che non hanno legificato nulla basta il cambio di giurisprudenza con applicazione delle
norme statali sule sanatorie, per le regioni che hanno leggi che prevedono la sanatoria giurisprudenziale il
problema è differente.
Ci sono sentenze della Corte costituzionale che hanno dichiarato costituzionalmente illegittime nuove
leggi regionali.
Lo stabilire quali sono le ipotesi di possibilità di sanatoria è un principio fondamentale in materia edilizia
in cui si pronuncia prima lo stato, non le regioni.
Le regioni possono introdurre norme di dettaglio sulle ipotesi di sanatoria previste dalla legge dello stato
ma non introdurre proprie ipotesi di sanatoria.
In Emilia-Romagna la legge che prevede la sanatoria giurisprudenziale potrebbe essere dichiarata
costituzionalmente illegittima anche in un secondo momento.

Le SANATORIE STRAORIDNARIE sono i CONDONI EDILIZI.


I condoni edilizi nel corso degli anni sono stati tre:

1. 1985
Consentiva di sanare l’impossibile
2. 1994
3. 2003
Era meno clamoroso dei due precedenti.
Alcune regioni ci hanno provato ad introdurre dei condoni minori come la regione Emilia-Romagna con la
legge del 2004 che recepiva il condono nazionale e introduceva un condono come sanatoria ordinaria
rispetto agli abusi storicizzati.
Gli abusi storicizzati sono quegli abusi che non sono sanabili ma che sono estremamente risalenti nel
tempo e talora di scarso impatto sul valore tutelato.

Sono interventi quasi impossibili da sanare oggi.


Il comune di Bologna qualche anno fa ha fatto una delibera (dopo le dimissioni anticipate del sindaco e
dopo la nomina di un commissario) per risolvere questo problema, inventandosi una legittimazione ex post
con pagamento di una sanzione per questo tipo di abuso.

Norme tecniche per l’edilizia

Nel nostro sistema giuridico la disciplina dei materiali e delle metodiche per le costruzioni è rimessa ad un
Decreto del Ministero delle Infrastrutture che è previsto dall’articolo 52 del Testo Unico dell’Edilizia.
È il DM del 14 gennaio del 2008 (approvazione delle nuove norme tecniche delle costruzioni).
Questo vale per carichi, sovraccarichi, portanza, utilizzabilità dei singoli materiali e delle singole tecniche.
È possibile utilizzare materiali e sistemi costruttivi differenti non previsti nel DM del 2008, tuttavia la loro
idoneità deve essere comprovata da una dichiarazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il
massimo organo tecnico del Ministero delle Infrastrutture.

Opere in cemento armato


Il tema delle norme tecniche introduce il tema della disciplina delle OPERE IN CEMENTO ARMATO che è
oggetto degli articoli 64 e seguenti del Testo Unico dell’Edilizia.
Le opere in cemento armato sono oggetto, dagli anni 70, di una disciplina ad hoc.
Qualora l’opera sia in cemento armato ci sono adempimenti aggiuntivi:

1. DEPOSITO DEL PROGETTO


Deve essere effettuato prima dell’inizio della realizzazione dell’opera in cemento armato e
consiste nel deposito dei calcoli strutturali accompagnati da una relazione illustrativa che
andrebbe effettuato presso il competente ufficio tecnico regionale (in Emilia-Romagna questa
competenza è delegata ai comuni).

2. DEPOSITO DELLA RELAZIONE A STRUTTURE ULTIMATE


Il professionista di competenza da atto della concreta realizzazione di quel progetto e di quei
calcoli con eventuali aspetti connessi, ad esempio se sono state fatte opere di carico.
La norma precisa che anche per eventuali varianti in corso d’opera la deposizione del progetto deve
essere anteriore.
Se io prima realizzo le opere e poi faccio il deposito ho commesso un reato.

3. NECESSITÀ DI CONSERVARE I CANTIERE I DOCUMENTI DI CUI SOPRA


Vi è l’obbligo di tenere un giornale dei lavori che descrive man mano l’esecuzione dei lavori nel
cantiere.
Vale sia per i cantieri pubblici che per quelli privati.
4. COLLAUDO
Per le opere private non vi è un obbligo generale di collaudo, invece è previsto per le opere
pubbliche, in particolare per quelle in cemento armato
Il collaudo è la verifica tecnica dell’intervento che deve essere eseguita da un professionista che
non ha avuto altri incarichi, non deve avere nulla a che vedere con i professionisti che hanno
lavorato in quel cantiere fino a quel momento.
Il professionista deve essere iscritto all’albo da almeno 10 anni.
Le uniche categorie professionali che possono occuparsi di questi aspetti sono architetti ed
ingegneri.
Le figure non ammesse in questo ambito sono i geometri, che non possono fare la direzione lavori
delle opere in cemento armato.

Antisismica

Come molte discipline nel nostro paese anche la disciplina antisismica è cambiata a seguito di una tragedia.
In seguito ad una live scossa di terremoto una scuola elementare in Molise, in cui era stato fatto un
intervento di sopraelevazione, collasso su sé stessa e morirono più di 20 bambini.
Il legislatore italiano intervenne con un’ordinanza di protezione civile.

La classificazione sismica del territorio nazionale è stata modificata con un’ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 20 marzo del 2003.
Fino al 2003 il territorio nazionale era classificato in 3 categorie sismiche, con l’ordinanza del 2003 si è
prevista una nuova classificazione in 4 categorie e si è introdotto il principio secondo cui non vi è nessuna
zona del territorio completamente priva di rischio sismico.
Nel 2008 questo sistema di classificazione per fasce si è sovrapposto ad un altro sistema.
Ora il rischio sismico non è più legato all’appartenenza ad un certo comune ma è legato all’essere inserito
in un singolo quadrante.
Il territorio nazionale è stato suddiviso in quadranti per cui per ognuno di questi quadranti è individuati
un rischio sismico preciso.
Il rischio sismico non segue quindi i confini dei comuni.

PARERE SUL PRG  per i comuni che non siano inseriti nella 4° fascia è necessario un apposito parere
acquisito nell’ambito di formazione del PRG e che la legge nazionale prevede anche per gli strumenti di
attuazione.
Il parere è dell’ufficio tecnico regionale.
La regione Emilia-Romagna ha delegato questo alle province.

DEPOSITO SISMICO O AUTORIZZAZIONE SISMICA  le competenze sono della regione ma in Emilia-


Romagna sono state delegate ai comuni.
Nelle fasce a bassa sismicità è sufficiente il deposito sismico, nel caso di fasce a maggiore sismicità occorre
l’autorizzazione sismica.

Per la regione Emilia-Romagna la sensibilità è cambiata dopo il sisma del 2012 in cui ci sono stati non pochi
problemi giuridici.
La maggior parte delle vittime erano nei capannoni industriali perché la normativa edilizia dell’epoca non
imponeva l’obbligo della giuntura tra elementi verticali e orizzontali.

Il fatto che ci siano standard minimi non è detto che si debba costruire sulla base di questi standard.
Non è detto che ciò che non è imposto da una norma specifica non sia ugualmente doveroso  anche se
non ho una norma ad hoc posso e devo avere un criterio di prudenza (alcuni processi per il sisma del 2012
sono ancora in corso).

Tutela dei beni culturali e dei beni paesaggistici

Le due normative di riferimento, che in precedenza erano separate, sono da qualche anno riunite in un
unico testo legislativo.
È il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio approvato con Decreto Legislativo n. 42 del 2004 chiamato
anche Codice Urbani perché venne promosso dal Ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani.
La disciplina dei beni culturali nel nostro paese nasce da leggi, la prima nel 1909 e poi nel 1938, che sono
ancora oggi alla base del Codice dei Beni Culturali del 2004.

Beni culturali
Per quanto riguarda i beni culturali il primo strumento amministrativo da tenere presente è il VINCOLO o
DICHIARAZIONE DI NOTEVOLE INTERESSE.
È un provvedimento con cui gli uffici di competenza del Ministero dei Beni Culturali (oggi Ministero della
Cultura) ravvisano un particolare interesse storico, artistico e archeologico per determinati beni.
Il vincolo può essere non solo su un intero immobile ma anche su una parte.
Quello che chiamiamo vincolo è uno dei provvedimenti più delicati nell’ambito dell’amministrazione del
governo del territorio.

Intervento di modifica del costruito  ho una villa palladiana e vorrei fare un intervento di modifica come
un rifacimento degli impianti.
Devo fare sicuramente la pratica edilizia ma devo fare anche una PRATICA ALLA SOVRINTENDENZA.
Tutti gli interventi che riguardano beni sottoposti a vincolo devono essere autorizzati dalla
sovrintendenza.
Questa autorizzazione viene chiamata nella prassi NULLAOSTA.
Devo munirmi di un’autorizzazione separata e distinta.
La sovrintendenza ha a sua volta un potere di vigilanza, può quindi venire in cantiere per verificare lo
svolgimento dei lavori e ordinarne la sospensione.
Per un vincolo vi è quindi la necessità di un nullaosta e della vigilanza che si può tradurre in un
provvedimento analogo ai provvedimenti repressivi del comune.
Quando parliamo di pratiche separate parliamo di pratiche che in passato sarebbero state del tutto
separate ma oggi questa pluralità di adempimenti che occorrono per uno stesso intervento edilizio ha degli
esempi di coordinamento.
Normalmente l’utente dovrebbe rivolgersi ad un unico interlocutore, allo sportello unico presso il comune.

01/12/2021
I beni culturali non sono necessariamente di proprietà pubblica, anzi spesso sono di proprietà privata e da questo
punto di vista va detto che in casi particolari lo Stato può promuovere l’espropriazione dei beni culturali, ma non è
dell’esproprio che stiamo parlando.
Parliamo di PRELAZIONE, è il diritto riconosciuto dalla legge ad un terzo di sostituirsi all’acquirente alle stesse
condizioni.
La prelazione esiste anche nel rapporto tra privati.
Esempio
Prelazione agricola.
Se io vendo un fondo agricolo e ci sono coltivatori che hanno le proprietà confinanti essi hanno la preazione.
Questo vuol dire che se io trovo l’accordo per vendere il mio fondo agricolo al signor Rossi per 200.000 € devo scrivere
a questi proprietari dei terreni confinanti che ho trovato da vendere il fondo al signor Rossi. 

Esempio
Se io sono proprietario della villa palladiana devo dare la comunicazione alla Sovrintendenza che ho raggiunto questo
accordo preliminare per la vendita dell’immobile e la Sovrintendenza entro 60 giorni dalla comunicazione può
rispondermi dicendo che si sostituiscono all’acquirente (con cui ho pattuito), comprandolo alle stesse condizioni.
La Soprintendenza opera ovviamente quando c’è disponibilità di cassa, perché acquista al prezzo pattuito e non a
quello che vuole. 

Vediamo quindi che la prelazione non è esproprio, subentra un altro acquirente che acquista alle stesse condizioni e
non c’è perdita di denaro.

Occuparsi di questioni di governo del territorio e di edilizia significa occuparsi di un tema in cui c’è un certo margine
di illegalità (ad esempio per quanto riguarda “il nero”).
Rischio n. 1  immaginiamo di vendere un immobile dove dichiariamo di venderlo a 300.000 € però ne prenderemo
altri 200.000 € in nero accordandoci con il primo acquirente.
Nel momento in cui la Sovrintendenza lo viene a sapere quelle somme che sono girate in nero non esistono più.
Rischio n. 2  immaginiamo di acquistare un immobile e il giorno dopo questo crolla e noi l’abbiamo pagato tot soldi
più altri in nero, l’assicurazione paga la parte “legale”, non il nero.

Beni paesaggistici
Sono di due categorie:

 BENI PAESAGGISTICI PER VINCOLO (o PER PROVVEDIMENTO)


Il vincolo paesaggistico nasce come vincolo apposto con uno specifico provvedimento su uno specifico
bene nei primi del ‘900 e ripresa nei primi anni ‘30 come ancorato al concetto di bellezza naturale, come
concetto di bene estetico, tutelati in quanto tali.
È un’epoca in cui si comincia a percepire un’aggressione verso questi beni; quindi, viene previsto dal
legislatore uno strumento per la loro salvaguardia e tutela che è la Sovrintendenza (che dipendeva dal
Ministero dell’Istruzione).
Si ricollegano non solo alla dimensione estetica ma anche alla dimensione culturale e identitaria.
Il bene paesaggistico non è solo ciò che è bello ma ciò che esprime un valore identitario per la comunità
locale.

 BENI PAESAGGISTICI TALI PERCHÈ RIENTRANO IN CATEGORIE PREVISTE DALLA LEGGE


Nel 1985 con il Decreto Galasso il legislatore ha previsto una serie di beni paesaggistici che sono tali per
legge.
Questi beni sono diversi e tanti come:
 La fascia costiera per 300 beni dalla battigia.
 Le montagne al di sopra dei 1200 mt per gli Appennini
 I vulcani
 I parchi naturali, nazionali e regionali

Questi ultimi coprono una gran parte del paese, circa il 40% del territorio nazionale.

I piani urbanistici non si limitano alla parte esclusivamente del comune ma contengono una Carta Unica del Territorio,
dove sono rappresentate tutte le tutele che incidono del territorio, in modo tale che gli operatori che intervengono
sul territorio sappiano anticipatamente quali sono i beni sottoposti a tutela paesaggistica.

Per quanto riguarda i beni paesaggistici abbiamo uno strumentario che per i beni culturali non c’è, ossia una il PIANO
PAESAGGISTICO.
La pianificazione paesaggistica è o un piano autonomo regionale accordato con la Sovrintendenza o fa parte di una
sezione ad hoc del Piano Regionale.

In entrambi i casi il piano è importante anche dal punto di vista giuridico oltre che dal punto di vista culturale perché
prevale su tutti i piani di governo, in particolare sul PRG.
Il piano paesaggistico si occupa sostanzialmente di completare la disciplina di legge con una serie di indicazioni tarate
sulle specificità di quel territorio.
Questo vale a maggior ragione da quando il Codice Urbani ha previsto la VESTIZIONE DEI BENI PAESAGGISTICI.
Fin lì erano visti come una disciplina di esclusione, dal Codice Urbani il bene paesaggistico è visto come un bene sia
da tutelare che da valorizzare.

Analogie e differenze fra la Tutela dei beni paesaggistici e la Tutela dei beni culturali
Anche per i beni paesaggistici è necessaria un’autorizzazione quando si va a fare un intervento in zona sottoposta a
vincolo paesaggistico.

Esempio
Io sono proprietario di una casa di campagna sui colli della provincia di Verona e quel bene è sottoposto a tutela
paesaggistica.
Se voglio andare a ristrutturare il mio intervento dovrà rispettare le caratteristiche tradizionali di quella zona, come
l’utilizzo di determinati tipi di materiali. 

Così come la pianificazione paesaggistica è in comune fra la regione e la Sovrintendenza, anche


l’autorizzazione paesaggistica è una competenza condivisa tra il comune (competente al rilascio
dell’autorizzazione) e la Sovrintendenza (può annullare l’autorizzazione comunale).

Ogni intervento edilizio può essere oggetto di numerose discipline, ognuna delle quali è presidiata da un
autonomo adempimento amministrativo (autorizzazione o SCIA e affini).
Tradizionalmente questi adempimenti erano e rimanevano separati, da più di vent’anni il legislatore ha
cominciato a cercare di introdurre degli STRUMENTI DI COORDINAMENTO nei casi in cui una stessa attività
sia sottoposta a più procedimenti amministrativi.
Servono per “semplificare la vita al privato”, in modo che egli non debba gestire ciascun procedimento
separatamente.
Sono possibili due principali livelli di semplificazione: una prima semplificazione è soltanto organizzativa, io
creo uno sportello unico che è l’unico ufficio a cui il privato si rivolge, in modo che il privato si interfacci
sempre con una solita persona).
La seconda modalità va a stabilire un nesso funzionale fra i singoli procedimenti, nel senso che fa sì che
diventino un unico procedimento, quindi, quelli che erano procedimenti autonomi diventano parti di un
procedimento unificato, in queto caso io non ho solo la stessa faccia ma ho un’unificazione procedimentale
che fa sì che io abbia un’istanza unica, un procedimento unico conclusivo e un coordinamento più forte
tra le singole attività.

Il legislatore nel corso degli anni ’90 ha iniziato a porsi il problema degli impianti produttivi per cercare di
semplificare i termini e l’attività amministrativa.
Attualmente il legislatore ha recepito questi due modelli in due ambiti che ci interessano.

Il legislatore ha quindi introdotto due strumenti:

 SPORTELLO UNICO PER’EDILIZIA (SUE)


Con il Testo Unico dell’Edilizia è stato introdotto il SUE nel 2001.
Gli interventi edilizi passano dal SUE solo quando non riguardano gli impianti produttivi.
Io vado allo sportello unico per l’edilizia quando devo realizzare interventi di edilizia privata.
Il SUE è un esempio di coordinamento organizzativo nel senso che io mi rivolgo al SUE che dirama,
per gli aspetti di sua competenza, la mia istanza alle varie amministrazioni di competenza, ognuna
delle quali dovrebbe continuare a rendere un atto autonomo.
È una semplificazione organizzativa per l’utente, mi rivolgo sempre allo stesso ufficio del comune.
Nella prassi questo non funziona, se io presento la pratica al SUE dopo non dovrei ricevere tante
richieste di integrazione quante sono le amministrazioni, ma solo una o comunque le
amministrazioni dovrebbero rivolgersi al SUE che si metterà in contatto con il richiedente per
ottenere i documenti mancanti.
È questione di illegittimità degli atti? Probabilmente sì.
L’azione amministrativa, per quanto riguarda il SUE, è spesso fragile dal punto di vista giuridico ed è
frequente che ci sia una situazione incerta in cui alcune cose le gestisce il SUE e altre le
amministrazioni di settore.

Esempio
Io presento un progetto per fare quel determinato intervento e l’ufficio dell’Unione che ha il
compito dell’antisismica mi scrive dicendo che le strutture come le abbiamo pensate non vanno
bene e l’autorizzazione antisismica non viene rilasciata fino a quando non ci sarà un’integrazione
della progettazione.
Questo non riguarda solo l’antisismica ma anche il profilo edilizio di base che è di competenza
dell’ufficio tecnico comunale. 

Quello che il legislatore vorrebbe fare è di evitare queste scomode situazioni.


Se gli uffici si muovono in direzioni separate può capitare che uno degli uffici non sappia quale sia lo
stato finale di progetto e che si crei una disfunzione di comunicazione per cui ogni volta che
modifico il progetto su richiesta di uno degli uffici gli altri uffici non lo sanno e lo vengono a sapere
in un secondo momento.

 SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE (SUAP)


È il primo ad essere stato introdotto, disciplinato per la prima volta nel 1998.
Il legislatore ha optato per un modello di unificazione forte.
Si parla di procedimento unificato per gli impianti produttivi che comincia con l’istanza unica per
ottenere un provvedimento finale che è l’autorizzazione unica o autorizzazione unificata per gli
impianti produttivi.
Quelli che fin lì erano provvedimenti autonomi nel caso del SUAP diventano atti
endoprocedimentali rispetto all’atto finale che è di competenza del comune stesso.
Il comune è titolare del procedimento unificato e l’atto finale è quindi un atto comunale.

La legge ha previsto anche una sanzione più forte, ha previsto che gli atti amministrativi che
vengono messi fuori dal procedimento unificato siano giudicati inefficaci, quindi se io acquisisco al
di fuori del procedimento il PdC, quell’atto è inefficace.

Altro istituto di coordinamento è la:

 CONFERENZA DI SERVIZI
È il modo con cui un’attività privata sottoposta a una pluralità di adempimenti amministrativi può
comportare una unificazione degli adempimenti; è un qualcosa che va nella direzione di
unificazione forte quella dello sportello unico per le attività produttive ma estesa anche al di fuori di
questo ambito.
La sua disciplina si attiene ai codici 14 e seguenti della Legge 241 del 1990 (legge fondamentale sul
procedimento amministrativo).
La conferenza si sviluppa in vari sotto-procedimenti, ma si distingue fra conferenza dei servizi
semplificata e conferenza dei servizi ordinaria.
Quella ordinaria è quella in cui i funzionari delle varie amministrazioni, anziché lavorare ognuno
per conto proprio si trovano in una riunione, il progetto viene esaminato congiuntamente e ogni
funzionario/rappresentante di ogni amministrazione espone il suo punto di vista davanti agli
altri, per evitare che il progetto venga continuamente riveduto per tutti gli uffici.
La conferenza dei servizi dovrebbe servire quindi per unificare e coordinare le valutazioni.

Il legislatore dopo anni ha introdotto la modalità semplificata o asincrona, in cui si persegue questa
unificazione ma senza la necessaria presenza fisica dei vari funzionari coinvolti (per i procedimenti
minori ovviamente).
È pensata in modo tale che ci sia una unificazione ma anche per fare un intervento devono essere
tutte d’accordo le amministrazioni, altrimenti non si fa.
La conferenza dei servizi non nasce solo per coordinare le Istruttorie, ma anche perché la decisione
venga assunta superando eventuali poteri di blocco (togliere l’autonomo rilievo di ciascuno degli
interessi pubblici).
La conferenza, quindi, può vedere una decisione positiva nonostante ci siano dei dissensi purché ci
sia la prevalenza delle valutazioni favorevoli degli assensi da parte delle amministrazioni
partecipanti.
Quindi, può consentire il superamento del dissenso di una o più amministrazioni partecipanti.

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