Quando parliamo della terapia delle malattie cardiovascolari cioè di ipertensione,
cardiopatia ischemica, infarto o scompenso cardiaco, non facciamo soltanto riferimento al trattamento farmacologico con farmaci specifici, una terapia personalizzata caratterizzata ad individuare le caratteristiche del paziente ma si tratta anche di una terapia di prevenzione. L’ipertensione si combatte non soltanto con i farmaci anti-ipertensivi ma anche prevenendo i danni che può dare una condizione ipertensiva. In questo discorso rientra l’acidoacetilsalicilico che ha un’azione di prevenzione, non come attività antinfiammatoria e antipiretica raggiunta con la quantità di 300-500 mg più volte al giorno, ma agendo sull’aggregazione piastrinica. Il dosaggio di aspirina è basso, è di 75 mg massimo 100 mg proprio perché in questo modo può agire sugli endoperossidi che danno aggregazione piastrina e formazione di fenomeni tromboembolici, piuttosto che agire sulla parte che riguarda la prostaciclina che è un fattore antiaggregante. E’ ormai consolidato l’uso dell’aspirina in prevenzione secondaria, nel senso che chi fa un infarto del miocardio fa una terapia anticoagulante e poi passa alla terapia con acidoacetilsalicilico (oggi si parla anche di una doppia antiaggregazione che viene fatta utilizzando LASA che viene sempre fatta utilizzando altri farmaci antiaggreganti). Invece per quanto riguarda la prevenzione primaria ci sono ancora una discussione, soprattutto per capire quali sono i pazienti a cui poter fare prevenzione primaria. Primaria significa che ci sono rischi cardiovascolari importanti anche se non ci sono mai stati eventi cardiovascolari. L’indicazione ai farmaci ad uso antitrombotico in senso lato, non soltanto l’aspirina, in prevenzione primaria, è ancora molto discussa perché si tratta comunque di dover utilizzare un farmaco per tutta la vita. Nei pazienti che hanno problemi cardiovascolari ci sono le cosiddette carte del rischio cardiovascolare (che sono differenziate nei diversi Paesi). Queste permettono di valutare il rischio cardiovascolare a 10 anni, cioè in base alle patologie che il paziente presenta si valuta qual è il rischio di un evento cardiovascolare nell’arco di 10 anni. Le carte del rischio dividono i pazienti che hanno un rischio inferiore al 10%, quelli con un rischio tra il 10-20% quindi il rischio è da valutare e quelli che invece hanno un rischio superiore al 20%. La posizione è diversa da Paese a Paese, la posizione italiana a livello ESC (comunità europea che ha fatto le linee guida per l’ipertensione, per lo scompenso cardiaco ecc) considera che devono essere trattati per prevenzione primaria soltanto coloro che hanno un rischio > al 20%, si può quindi parlare di aspirina a basse dosi. La posizione invece degli Stati Uniti è completamente diversa, se c’è un rischio cardiovascolare del 10% accompagnato da un’altra patologia, questi pazienti vanno trattati con terapia antiaggregante. Noi parliamo di aspirina ma ci sono tanti altri farmaci antiaggreganti che vengono utilizzati. Invece secondo la posizione a livello mondiale della comunità scientifica sul diabete, se un pz ha una patologia cardiovascolare e il diabete, il suo rischio tende ad aumentare e dovrà essere trattato con terapia antiaggregante. L’uso in campo oncologico dell’aspirina non è ormai solo un’idea ma è una realtà vera e propria, anche se (in Europa) tra le indicazioni scritte sul foglietto illustrativo non è riportata questa specificità dell’aspirina. Esistono degli studi con il coxib che agiscono sulla cox 2 che parlano di un’attività importante anche nella prevenzione delle metastasi. I meccanismi patogenetici da questo punto di vista sono due: una è una funzione mediata dalle cox2 e una è mediata dalle piastrine attivate. C’è un’attività importante che deriva dalla cox2 soprattutto l’attivazione e il rilascio di una serie di sostanze che facilitano la crescita delle cellule tumorali, hanno un effetto contro l’apoptosi e contro la angiogenesi. Le cellule tumorali che poi vengono trasportate in fase metastatica, attirano le piastrine formando degli aggregati venendosi a formare una certa protezione della cellula tumorale. Proprio per questo un farmaco antiaggregante potrebbe ridurre la capacità di attivazione delle cellule tumorali e la loro diffusione. Negli Stati Uniti, c’è la possibilità di usare l’aspirina a basso dosaggio come prevenzione nel tumore del colon retto che ha un’altissima familiarità. Il suo uso si è allargato anche per il pancreas, seno, prostata, metastasi. Quindi esistono studi specifici per l’azione anti cancro dell’aspirina.
Quando parliamo della funzione cardiovascolare parliamo di una regolazione periferica,
della capacità della muscolatura liscia vascolare di contrarsi e dilatarsi e quindi di far aumentare o ridurre la pressione arteriosa. Ma la regolazione della pressione è soprattutto centrale dove il sistema nervoso autonomo ha un ruolo molto importante. Il simpatico entra nella regolazione del tono vascolare. Il parasimpatico ha funzione importante di controregolazione del simpatico, ma non abbiamo farmaci che agiscono direttamente sul parasimpatico. Esiste anche un controllo ionico tramite i canali del sodio, potassio e magnesio. I farmaci che abbiamo a disposizione agiscono proprio sul simpatico. Alcuni lo faranno direttamente (beta bloccanti), altri (sartani e ACE inibitori) lo fanno indirettamente. I farmaci agiscono a livello centrale sulle fibre adrenergiche che partono dall’ipotalamo arrivano a livello vasale, oppure agiscono direttamente sul tono vascolare simpatico che si trova a livello periferico. L’altro sistema molto importante nella regolazione del tono vascolare è quello renina-angiotensina-aldosterone (RAS). Esistono anche sistemi barorecettoriali cioè sistemi di assestamento, di controllo della pressione che si trovano a livello del seno carotideo. Il barorecettore è un recettore di tensione che viene stirato quando c’è un aumento di pressione e quindi partono informazioni tramite le fibre di ?? che arrivano a livello bulbare e danno informazione se il tono simpatico deve essere aumentato o diminuito. Se la pressione aumenta il tono simpatico sarà diminuito, se la pressione diminuisce il tono sarà aumentato. Questi barorecettori si trovano anche a livello renale nell’apparato iuxtaglomerulare. La pressione arteriosa che dipende dalla gittata cardiaca moltiplicata per le resistenze periferiche, dipende quindi dalla regolazione simpatica, dai barorecettori e anche dai chemocettori che non sono di tensione ma di variazione chimica cioè di ph, di ossigeno o di particolari molecole. Il tono cardiovascolare è quindi regolato da una serie di fattori che per aspetti didattici sono stati divisi in due gruppi di controllo: quelli ipertensivanti e ipotensivanti. I primi sono rappresentati soprattutto dal sistema renina-angiotensina, il simpatico, la vasopressina, i mineralcorticoidi, la endotelina e i leucotrieni. I farmaci agiscono soprattutto sulle angiotensine e sui mineralcorticoidi. I fattori ipotensivi invece sono l’acetilcolina, l’ossido nitrico che fa parte di un sistema nervoso detto NANC che libera fattori ipotensivanti come l’NO e fattori ipertensivanti. L’NO ha un ruolo fisiologico notevole ma un ruolo farmacologico non fortissimo perché non siamo riusciti a somministrarlo direttamente ai pz, perché essendo un gas scompare facilmente. Altri fattori sono i peptidi natriuretici atriale e cerebrale. Tutti questi fattori modulano anche la proliferazione cellulare a livello vasale e cardiaco. La crescita cellulare è una fase di compenso di fronte a una patologia cardiaca o vascolare che può darmi poi un effetto negativo. L’endotelio non è considerato più solo una barriera ma sorgente di una serie di fattori come il PAF, l’NO, la prostaciclina. Tanto è vero che uno dei primi fenomeni di patogenesi nelle varie malattie è rappresentato dalla lesione dell’endotelio. Un esempio è il diabete, dove la vasculopatia è legata a un’alterazione endoteliale. Così come anche l’ipertensione, l’arteriosclerosi e l’ischemia con danni da riperfusione, la trombogenesi sono tutte malattie dell’endotelio.
Il RAS classico è quello dell’angiotensinogeno da cui si forma l’angiotensina I per
azione della renina che deriva dalla prorenina e liberata dal sistema iuxtaglomerulare renale. L’angiotensina I viene attivata dall’enzima ACE che forma l’angiotensina II che andrà ad attivare recettori detti dell’angiotensina II dando origine ad un aumento della pressione arteriosa per la sua azione vasocostrittrice diretta, interagendo con i recettori AT1. L’attivazione del RAS è simpatica perché c’è liberazione delle catecolammine. Se blocchiamo il RAS, abbiamo un’azione simpaticolitica indiretta. Il RAS ha anche azione sull’ormone antidiuretico quindi permette il riassorbimento di acqua che porta all’aumento della pressione; attivazione dell’aldosterone; azione su fattori di crescita a livello delle cellule vascolari e cardiache. Esistono oltre alle angiotensine I e II anche delle vie secondarie che portano alla formazione di angiotensina 1-7, angiotensina III mediante una amminopeptidasi e un’angiotensina IV. I farmaci che agiscono su questo sistema sono gli ACE inibitori importanti nello scompenso, nella cardiopatia ischemica, nell’ipertensione e nella fibrillazione atriale; i sartani che sono antagonisti recettoriali; gli inibitori della renina. I recettori dell’angiotensina II sono transmembrana e i più importanti sono AT1 e AT2. AT1 è calcio dipendente quindi dà contrazione muscolare, responsabile degli effetti in senso ipertensivante, di crescita, di aumento dell’aldosterone, del peptide natriuretico, del tono simpatico, della fibrosi e ipertrofia dei miociti periferici e cardiaci, motivo per cui il pz iperteso presenterà con gli anni un’ipertrofia cardiaca fino ad arrivare alla fibrosi cardiaca. L’ipertrofia è una forma di compenso, perché aumentando le resistenze periferiche, il cuore ha difficoltà nello svolgere la sua funzione di pompa e risponde con l’ipertrofia per diventare più forte, fino a che diventa fibrotico e si scompensa. L’angiotensina non dà soltanto vasocostrizione ma anche infiammazione. Infatti le malattie cardiovascolari sono tutte infiammatorie, così come anche le malattie neurologiche hanno una componente infiammatoria. L’effetto infiammatorio dell’angiotensina attiva molte molecole come citochine (TNFalfa, IL-6, IL-12, IL-1), e chemochine. Quindi quando c’è la cardiopatia ischemica, lo scompenso, l’infarto che sono tutte malattie infiammatorie, c’è un ruolo negativo dell’angiotensina II. Inoltre l’angiotensina II ha anche azione a livello cerebrale con un effetto di deterioramento; e a livello cardiaco ha un’azione cronotropa e inotropa positiva, ma ha anche un’azione negativa proprio per quell’ipertrofia a cui va incontro il cuore nell’ipertensione cronica. AT2 fa il contrario del recettore AT1, dando vasodilatazione per azione dell’NO, effetto antinfiammatorio ed effetto che si oppone alla crescita dei miociti. Questo permette alla stessa angiotensina di modulare il sistema. Un altro recettore è AT3 che è neuronale e rilascia NO e il recettore AT4.
Alcuni effetti di AT1 sono rapidi (vasocostrizione, aumento di aldosterone, aumento
del tono simpatico) e altri sono lenti (la proliferazione dei miotici). Significa che se diamo un farmaco che blocca il RAS si avrà un effetto rapido sulla pressione, ma altri effetti sono più tardivi, quindi ci vuole tempo per avere effetti sull’emodinamica cardiaca, sulla crescita dei cardiomiciti (riduzione dell’ipertrofia) e quindi sulla prevenzione cardiovascolare. I farmaci antipertensivi oltre ad abbassare la pressione che è relativamente un effetto poco importante, devono prevenire l’apparato cardiovascolare dai danni successivi che si potrebbe avere. L’infiammazione dell’angiotensina II attiva la trascrizione di una serie di citochine (TNFalfa, IL6, IL12, IL1, le chemochine, i fattori di crescita…) Si comporta quindi come un fattore d’infiammazione, questo significa che di fatto quando abbiamo la cardiopatia ischemica o lo scompenso, c’è un ruolo importante negativo dell’angiotensina. Il sistema renina- angiotensina ha un ruolo nell’ipertensione, può dare infarto, ictus, rimodellamento che è inizialmente un rimodellamento positivo ma porta poi a insufficienza cardiaca. Il RAS non classico non c’entra più con l’angiotensina II e il recettore AT1, ma è caratterizzato da vie secondarie, la cosa più importante è l’attivazione di un altro ACE differente nell’azione enzimatica perché non trasforma l’angiotensina I in seconda ma è un ACE che viene detto ACE 2 che è stato recentemente scoperto su cui si sta facendo anche particolare modulazione farmacologica. Cosa fa questo ACE 2? Tende a formare dall’angiotensina 1 la cosiddetta angiotensina 1-7 che si conosce di tantissimi anni ma si pensava che non avesse particolari funzioni. Si è poi scoperto che attiva un particolare recettore che si chiama recettore MAS 1. Questo non c’entra assolutamente nulla con i recettori AT1 e AT2. L’angiotensina 1.7 si può formare sia dall’angiotensina I ma anche dalla II. È stato dato poi un ruolo importante anche all’angiotensina IV che si lega al recettore IRAP. Le modalità non classiche sono quindi correlate al peptide 1-7, il recettore MAS1 e IRAP che sono stati identificati negli ultimi 10-12 anni. Che significa enzima ACE 2? Non è altro che una carbossipeptidasi, è simile per il 60 % all’ACE e può trasformare direttamente l’angiotensina II in 1-7 o dall’angiotensina I si forma l’angiotensina 1-9 e da qui l’angiotensina 1-7. Qual è la funzione del recettore MAS? Completamente opposta rispetto al recettore AT1 ma ha: una funzione antinfiammatoria importante (molto superiore rispetto ad AT2) antipertofica vasodilatratrice antiproliferativa antifibrotica Ciò significa che si oppone completamente al recettore AT2. Si sta cercando quindi di trovare farmaci agonisti di questo recettore, quindi non bloccare AT1 o ACE ma agire direttamente su questo recettore per avere un’azione antinfiammatoria, antipertensiva, antiscompenso, anticardiopatia ischemica. Topi knockout per MAS avranno: ritenzione idrosalina, fibrosi, aumento della pressione (questo indica il ruolo importante del recettore nel bilanciare la funzione di AT2). Ha anche un effetto natriuretico importante. IRAP (recettore aminopeptidasico insulinico) a cui si lega l’angiotensina IV ha una funzione non ben conosciuta, anch’esso forse antinfiammatoria, rilascio NO. L’enzima NEP (neprilisina) degrada i peptidi natriuretici atriali (soprattutto ANP e BNP). Il farmaco che inibisce NEP si chiama sacubitril e aumenta i peptidi natriuretici che hanno quindi: azione natriuretica vasodialtratrice antifribotica A questo viene associato un sartano (valsartan) e entrambi sono usati nello scompenso cardiaco (è uno degli ultimi farmaci per lo scompenso). Ma la NEP è importante perché converte anche angiotensina I in angiotensina 1-7 e inibisce anche i sistemi vasocostrittori tra cui l’endotelina 1 e 2. Questo significa che bloccando la NEP abbiamo vasodilatazione perché aumentano ANP e BNP ma aumentando l’endotelina e l’angiotensina, abbiamo vasocostrizione. Per questo si associa il vasartan. Studi sono stati fatti sullo scompenso ma è chiaro che abbia un ruolo importante anche nell’ipertensione (nei prossimi anni probabilmente sarà usato anche per l’ipertensione). Vi sono degli studi che dimostrano che il sistema RAS ha un suolo nella fibrillazione atriale. Perché la fibrillazione atriale? 1. Perché dà origine ad infiammazione 2. Perché agisce sul tessuto adiposo epicardico e pericardico determinandone l’accumulo non soltanto con un meccanismo AT1 recettore che inibisce la lipolisi, ma anche AT2 con un meccanismo di lipotossicità. Il cuore di soggetti obesi sono ricchi di adipe, questo indica che l’ipertensione è correlata a tantissime altre patologie. Questo tessuto adiposo intorno al cuore ostacola la fisiologica funzione di pompa. Si è scoperto invece che il MAS recettore ha una funzione completamente opposta (aumenta l’adiponectina, riduce il rilascio di citochine, sopprime la lipotossicità). Un pz quindi con ipertensione e quindi alterato sistema RA avrà: infiammazione, ateroscelerosi, accumulo di adipe a livello del cuore. È un paziente che è più esposto alla fibrillazione atriale perché il tessuto adiposo da un lato determina un rimodellamento cardiaco (fibrosi e quindi sulla funzione diastolica) e dall’altro agisce sull’infiammazione ma soprattutto si è scoperto che questo grasso modifica la modulazione autonomica. Il cuore ha un suo cronotropismo e un suo batmotropismo legato soprattutto all’attività del simpatico, il tessuto adiposo tende a ridurre il periodo refrattario e quindi c’è una riduzione della frequenza a livello atriale e quindi una FA. L’accumulo di adipe è quindi oggi considerato come un fattore di rischio per la FA. Farmaci Ci sono vari livelli di ipertensione, anche forme borderline. Una pressione normale alta non deve essere trattata in tutti i pazienti ma dipende dalle comordibidità, se già ha una patologia metabolica deve essere trattato. Ci sono farmaci diversi in base al grado della patologia ipertensiva. A cosa serve il trattamento con i farmaci giusti? Non solo a far abbassare la pressione ma per la prevenzione cardiovascolare. Ci sono farmaci che agiscono sul sistema RAS tra questi abbiamo: Sartani (antagonisti dell’angiotensima II) Ace-inibitori Sono tutti farmaci genericati cioè hanno più di 20 anni di utilizzo. Farmaci che bloccano direttamente il simpatico: B-bloccanti B-adrenolitici Alfa bloccanti (meno usati non in prima istanza almeno) Abbiamo poi i diuretici più che altro natriuretici con i quali si riduce anche il calcio con conseguente vasodilatazione; i calcio antagonisti. In passato si usava la reserpina ma i pazienti era catatonici e anche gli alfa adrenergici stimolanti che agiscono sugli autorecettori hanno una serie di effetti collaterali indesiderati. L’esperienza ha dimostrato che in genere un solo farmaco non è sufficiente (si può iniziare ma non basta) e quindi si associano due farmaci con due azioni diverse per avere un sinergismo dell’azione antipertensiva cercando di ridurre gli effetti tossici. La prima associazione più usata è tra un ace inibitore o sartano più un diuretico tiazidico.