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Recanati
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Recanati è un comune italiano di 20 659 abitanti[1] Recanati


della provincia di Macerata nelle Marche. comune

Indice
Geografia fisica
Storia
Origini e fondazione di Recanati
Recanati fra basso Medioevo e l'età dei comuni
Recanati fra Rinascimento ed età moderna
Recanati nel Risorgimento
Recanati nell'epoca contemporanea
Monumenti e luoghi d'interesse
Luoghi gigliani
Luoghi leopardiani
Localizzazione
Arte e architettura
Chiese Stato Italia
Palazzi e architetture civili Regione Marche
Piazze e monumenti pubblici
Architetture militari Provincia Macerata
Siti archeologici Amministrazione
Società Sindaco Antonio Bravi (lista civica)
Evoluzione demografica
dal 10-6-2019
Dialetto
Territorio
Cultura
Biblioteche Coordinate 43°23′54.78″N
Scuole 13°33′09.11″E
Musei Altitudine 293 m s.l.m.
Eventi
Superficie 103,46 km²
Economia
Abitanti 20 659[1] (31-10-2023)
Amministrazione
Sport Densità 199,68 ab./km²
Società sportive Frazioni Bagnolo, Castelnuovo,
Ginnastica Artistica Chiarino, Le Grazie,
Calcio Montefiore, Santa Lucia,
Pallacanestro Fontenoce, Costa Dei
Altre società sportive
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Tornei Ricchi, Sambucheto,


Note Spaccio Romitelli

Bibliografia Comuni Castelfidardo (AN),


confinanti Loreto (AN), Macerata,
Voci correlate
Montecassiano,
Altri progetti
Montefano, Montelupone,
Collegamenti esterni Osimo (AN), Porto
Recanati, Potenza
Picena
Geografia fisica
Altre informazioni
Cod.
62019
postale
Prefisso 071, 0733 limitatamente
alle frazioni di Montefiore
e Sambucheto
Fuso
UTC+1
orario
Scorcio dell'abitato
Codice
043044
ISTAT
Recanati sorge sulla cima di un colle, la cui cresta
tortuosa è quasi pianeggiante, a 293 m s.l.m., tra le valli Cod.
dei fiumi Potenza e Musone. H211
catastale

Il mare Adriatico, oltre il quale quando l'aria è chiara si Targa MC


vedono i monti della Dalmazia, è a una decina di
Cl. sismica zona 2 (sismicità media)[2]
chilometri a est della città. In direzione nord è visibile il
monte Conero che si perde nelle acque e dagli altri lati Cl.
della città, non chiusa né limitata da prossime zona D, 1 982 GG[3]
climatica
elevazioni, sono visibili le cime degli Appennini. Le
cime dei monti Sibillini con il monte Vettore e più su il Nome
recanatesi
monte San Vicino, lo Strega e il Catria sono ben visibili. abitanti

Come altri centri marchigiani, anche Recanati è la tipica Patrono san Vito, san Flaviano
"città balcone" per l'ampio panorama che vi si scorge: Giorno
città e borgate sono sparse in gran numero nell'ampia 15 giugno
festivo
distesa, tra piani, valli e colline.
Cartografia

Storia

Origini e fondazione di Recanati

Dell'origine del primo centro abitato di Recanati non si


hanno notizie certe. Sicuramente i territori circostanti
furono abitati già in epoca preistorica dalla popolazione
dei Piceni, diffusi nella regione. In epoca romana, lungo
la valle del fiume Potenza, allora navigabile, sorsero due
importanti città: Potentia, in corrispondenza della foce
e Helvia Recina, anche detta Ricina, verso l'interno.

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A causa dell'invasione dei Goti condotta da Radagaiso


intorno al 406 d.C., che misero a ferro e a fuoco la zona,
la popolazione cercò rifugio sulle colline. Si ritiene che
tanto Recanati quanto Macerata debbano la loro origine
a quell'antica città. Il nome Recanati, in latino
Recinetum e Ricinetum, indica anch'esso la derivazione Recanati
della città da Ricina. Recanati poi si andò a poco a poco
formando con la riunione di alcuni piccoli luoghi posti
sullo stesso colle: il castello di Monte Morello, il castello
di San Vito, altrimenti detto Borgo di Muzio, il castello
di Monte Volpino e il borgo di Castelnuovo, borgo che
in origine sembra si chiamasse Castello dei Ricinati.

Recanati fra basso Medioevo e l'età dei


comuni

Nel XII secolo, sorto il dissidio tra la Chiesa e Federico


Barbarossa, Recanati respinse il governo dei Conti che
appoggiavano l'Imperatore ed elesse i consoli. La città
diventò un Libero Comune. Fu amministrata dai consoli
fino al 1203, poi adottò il sistema dei Podestà.

Nel 1228 Federico II di Svevia, favorito dai ghibellini,


fece guerra al Papa. Recanati, in genere fedele al
Papato, scelse di stare con Federico II. Per questo nel
1229 Recanati ottenne dall'imperatore Federico II la
proprietà di tutto il litorale, dal fiume Potenza all'Aspio,
con la facoltà di edificare un porto (Porto Recanati).
Ben presto però i recanatesi tornarono dalla parte del
papato. Nel 1239, riaccesosi il dissidio fra il Papa e
l'Imperatore, Recanati, unico tra i comuni circostanti a Posizione del comune di Recanati nella
essere rimasto fedele al papato, diede ospitalità al provincia di Macerata
Vescovo di Osimo Rinaldo, ai Duchi guelfi e ai Legati Sito istituzionale (http://www.comun
Pontifici, costretti alla fuga dalle vessazioni dei
e.recanati.mc.it/)
ghibellini. Nel 1240, papa Gregorio IX levò a Osimo il
titolo di Città e sede vescovile, riducendolo a condizione
di villa e contemporaneamente dichiarò città il castello di Recanati e lo decorò con la cattedrale
episcopale di San Flaviano.

Il 1296 segnò un'epoca importantissima. In quest'anno infatti si manifestò che la cappella venerata
dentro la chiesa di Loreto, a quel tempo territorio recanatese, era la Santa casa di Nazaret, portata
dagli angeli dalla Palestina.

Scrive Monaldo Leopardi nei suoi annali: "Il secolo decimoquarto sorgeva torbido e minaccioso
come aveva già tramontato il secolo precedente, e in molte comuni della Marca si vedevano
preludi di novità e apparecchiamenti di guerra. Questi segni apparivano principalmente in
Ancona, Fermo, Iesi, Camerino, Cagli, Fano, Osimo e Recanati". Fra questi paesi infatti non
mancavano discordie che spesso portavano a scontri, a guerre e a lunghi assedi. Per questo nel
1301 il rettore della Marca Piero Caetani fece pubblicare una costituzione che "intimava di non
fare sedizione, esercito, cavalcata ne verun'altra mossa", pena forti sanzioni. Nonostante questo
negli anni a venire gli scontri furono numerosi e cruenti.

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Gli anni dal 1311 al 1315 furono fra i più lugubri della storia recanatese. Le fazioni dei guelfi e dei
ghibellini ardevano in città sempre con maggior fuoco. Recanati, storicamente legata alla parte
guelfa, aveva nel Vescovo Federico e nella sua famiglia un forte sostenitore di quella parte,
suscitando gelosia e acredine nell'altra parte. Così nel 1312 alcuni nobili ghibellini recanatesi,
sostenuti dal podestà, dai magistrati e da molti consiglieri, assalirono le proprietà del Vescovo
saccheggiandole. La Curia generale citò a comparire il Comune e le persone coinvolte,
condannandoli al pagamento di mille lire di ravennati, causando così nuovi tumulti. La città cadde
in mano ghibellina e vi rimase per due anni resistendo ai diversi assedi, finché Giovanni XXII
mandò da Avignone un monito; il rettore della Marca, Amelio di Lautrec, mandò suo cugino
Ponzio Arnaldo con ingenti forze, costringendo i ghibellini alla resa. Tutto sembrava tornato alla
pace quando scoppiò la congiura: nella notte furono introdotti uomini armati di Osimo, comandati
da Lippaccio e Andrea Guzzolini. Sopraffatto il Marchese, fecero prima strage del suo esercito, poi
trucidarono i capi guelfi e le loro famiglie, senza risparmiare donne e bambini. Il Vescovo e il clero
furono cacciati e chiunque fosse ligio al Papa fu carcerato.

Il 2 febbraio 1316 Stefano Colonna, capo della Lega degli Amici,


fondata nel 1308 dai ghibellini della Romagna e del Piceno,
ottenne il perdono da parte di Giovanni XXII per aver tentato
di conquistare la città. Nonostante ciò nei mesi seguenti i
ghibellini si scontrarono nuovamente con i guelfi. Quindi
Giovanni XXII chiese loro di sottomettersi al potere papale ma
essi non accettarono. Così il papa, dopo aver inviato soldati che
furono sconfitti, scomunicò i podestà e trasferì la sede vescovile
a Macerata. L'8 dicembre 1321 Giovanni XXII bandì una
crociata contro i ribelli ghibellini concedendo a chi vi
partecipasse le stesse indulgenze elargite ai pellegrini in Terra
Porta Marina
Santa. Molti accorsero all'invito del pontefice, specialmente
della Toscana, e si venne a costruire un forte esercito. Nei primi
mesi del 1322, sotto il comando di Fulcieri de Calboli l’esercito
guelfo pose l’assedio a Recanati e ne devastò il territorio. I ghibellini attendevano gli aiuti promessi
da Federico da Montefeltro ma, giunta la notizia della sua morte, fuggirono dalla città che si arrese
al marchese Amelio di Lautrec. Pochi giorni dopo si dettero alla fuga anche i capi ghibellini
recanatesi. Liberata la città dai ghibellini, i capi della parte guelfa mandarono ambasciatori a
Macerata per fare atto di sottomissione ad Amelio e consegnare le chiavi di Recanati.

Il 15 maggio 1322 i guelfi recanatesi fecero il loro ingresso pacifico a Macerata ma Amelio, per
vendicare l’uccisione del nipote e dei suoi compagni nel precedente scontro, ordinò l’incendio e la
devastazione della città e distrusse le fortificazioni, le case dei capi ghibellini e il Palazzo dei Priori.
Nonostante la gravità dei danni, Recanati seguitò a essere uno dei comuni più importanti della
provincia. Nel 1324 termina la guerra tra Amelio e Recanati, si auspicava un periodo di concordia
per riparare ai danni subiti. Il 29 giugno 1326 i ghibellini guidati dai nobili recanatesi, assalirono il
palazzo del Comune tentando di uccidere il Podestà e di far sollevare il popolo. Ma il piano fallì e
gli organizzatori della rivolta furono presi e impiccati. Negli anni successivi i Recanatesi si
mantennero fedeli al pontefice Giovanni XXII e al vescovo Francesco de’ Silvestri di Cingoli, il
quale aveva l’incarico di pacificare la regione e di perdonare i ribelli. In cambio dell’assoluzione il
vescovo Francesco de’ Silvestri impose una multa di tremila fiorini e la consegna di dodici ostaggi
al mese. La Sede Vescovile fu restituita solo nel 1354[4]

Nel 1393 Bonifacio IX concesse alla Città la facoltà di battere moneta in rame, argento e oro, da
ritenersi valida in tutto lo Stato.

Il 13 settembre 1405 il Consiglio Comunale approvava una raccolta ordinata delle Costituzioni,
Statuti e Ordinamenti della Città di Recanati divisa in quattro libri stampati col titolo: Diritti
municipali, o Statuti dell'illustre Città di Recanati. Questi statuti furono chiesti dalla Città di

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Firenze come modello per la costituzione di un proprio corpo


giuridico. La Repubblica di Recanati fu insignita del titolo di
Justissima Civitas dai Priori del Comune di Firenze.

Nel 1415 Papa Gregorio XII lascia il pontificato per consentire


la conclusione dello scisma d'occidente e viene a vivere a
Recanati quale legato e vicario perpetuo per la Marca. Nel mese
di ottobre del 1417 morì. Fu sepolto nella cattedrale recanatese
di San Flaviano, in cui riposano tuttora le sue ceneri. Fu
l'ultimo papa a non essere sepolto a Roma.

Recanati fra Rinascimento ed età moderna

Nel 1422, Papa Martino V ordinò che nella già celebre fiera
annuale che si svolgeva a Recanati, i mercanti, le merci e i
Statua monumentale di Leopardi
concorrenti, avessero libero e sicuro accesso. Questo rafforzò
nella piazza comunale
notevolmente la fiera che contribuì in modo sensibile allo
sviluppo economico della città, consentendo di intrecciare
relazioni diplomatiche coi principali centri italiani ed europei.
Per due secoli Recanati ebbe un ruolo di rilievo negli scambi commerciali dell'Adriatico; nel corso
degli anni vi giunsero uomini di lettere, come l'umanista Antonio Bonfini, giuristi, come Antonio
da Cannara, e celebri pittori, quali Lorenzo Lotto, Guercino, Caravaggio, Sansovino, Luigi
Vanvitelli. In questo clima, nella metà del Cinquecento, una famiglia di scultori, i Lombardi
(Aurelio, Ludovico e Girolamo Lombardi), giunse dalla nativa Ferrara e Venezia per lavorare a
Loreto e aprì la propria fonderia dietro la chiesa di San Vito. Col tempo Recanati divenne un
importante centro fondiario. Altri si aggiunsero a loro: Tiburzio Vergelli di Camerino, Antonio
Calcagni (padre di Michelangelo Calcagni,scultore), Sebastiano Sebastiani, Tarquinio e Pier Paolo
Jacometti, Giovan Battista Vitali. Furono la scuola scultorea recanatese a dare il via alla tradizione
di orafi e argentieri che da allora hanno lavorato sul territorio nei secoli successivi.

Il 21 marzo 1456 la Beata Vergine apparve miracolosamente a una giovane albanese di nome Elena.
Slavi e albanesi erano presenti in gran numero nelle campagne marchigiane, rifugiatisi qui per
sfuggire ai predoni turchi nelle coste dalmate. Nel punto dell'apparizione fu costruita di lì a poco la
chiesetta di Santa Maria delle Grazie. Nel 1586 Papa Sisto V elevò a rango di città il castello di
Loreto, edificato intorno alla Chiesa di Santa Maria, fino ad allora territorio sotto la giurisdizione
di Recanati. Per tutto il XVIII secolo Recanati dovette sopportare aggravi e fastidi per fornire
foraggi e vettovaglie ora agli austriaci, poi agli spagnoli e ai francesi. Questo durò fino al Trattato di
Aquisgrana (1748).

Recanati nel Risorgimento

Nel 1798 la città subì l'occupazione francese da parte delle


truppe napoleoniche. La partecipazione ai moti
risorgimentali del 1831 costa la vita al recanatese patriota
della libertà Vito Fedeli, chiuso in un carcere pontificio.
Nel 1848 Giuseppe Garibaldi volle transitare nella città di
Giacomo Leopardi per soccorrere Roma, la capitale della
Repubblica Romana, a cui Recanati apparteneva[5].

Nel 1860 l'annessione dello Stato della Chiesa al Regno


d'Italia, in seguito alla battaglia di Castelfidardo, integrò Fotografia del 1916 della Biblioteca
la storia del comune di Recanati alla storia dell'Italia Leopardi

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moderna. Nel 1893 un tratto di litorale viene scorporato dal territorio comunale per costituire il
nuovo comune di Porto Recanati.

Recanati nell'epoca contemporanea

Nel 1937 con R.D. nº 1335, convertito nella Legge 2255, viene istituito il Centro Nazionale di Studi
Leopardiani, la cui sede era stata progettata da Guglielmo De Angelis d'Ossat. Nel 1968, il politico
recanatese Giacomo Brodolini, eletto nelle file del PSI viene nominato Ministro del lavoro e della
previdenza sociale nel secondo governo di Mariano Rumor (1968-1969). Da Ministro, introdusse
fondamentali riforme nel mondo del lavoro: il superamento delle gabbie salariali, la
ristrutturazione del sistema previdenziale e l'elaborazione dello Statuto dei lavoratori sono solo
alcune delle iniziative di cui fu promotore.

Nel 1990 nasce il Premio Città di Recanati, che poi prenderà il nome di Musicultura. Il Festival si
impone come una delle più importanti manifestazioni nazionali di musica d'autore. Nel 2005 il
festival si trasferisce allo Sferisterio di Macerata Nel 2008 nasce a l'Artika Festival che propone
esposizioni di arte contemporanea, performance e concerti. Il festival, che propose artisti come
Hernan Chavar, Nicola Alessandrini, Niba, Hotel Nuclear, 7/8 kili, Zapruder filmmakersgroup,
Davide Savorani, Carloni & Franceschetti, cessò la sua attività nel 2012. Il festival vide la presenza
di musicisti come Turin Brakes, Dente, Bachi da pietra, Ronin, IOIOI, Il pan del diavolo, Above the
tree, Der Feuerkreiner, OvO, Uochi Toki, Pitch, Bob Corn, Dadamatto. Nella letteratura fra gli altri
sono stati ospitati Paolo Nori e Alessandro Bonino.[6]

Monumenti e luoghi d'interesse

Luoghi gigliani
Casa natale di Beniamino Gigli: si trova a Recanati in via
Risorgimento (contrada Castelnuovo). Gigli vi nacque il 20 marzo
1890, come ricorda una targa commemorativa. Il palazzo è risalente
alla metà dell'Ottocento, realizzato come struttura condominiale in
laterizio a vista, con intonaco che fascia le cornici dei portali e delle
finestre, che sono distribuite in due ordini, divise orizzontalmente da
fasce marcapiano che segnano i tre livelli del palazzo. Alla base gli
archi a tutto sesto sono più grandi per ospitare l'accesso principale e
le botteghe.
Aula Magna (Pianoforte di Gigli), all'interno del Palazzo comunale, in
Piazza Leopardi, si trova lo storico pianoforte di Beniamino e Rina
Gigli.
Museo "Beniamino Gigli", all'interno del Teatro Persiani è visitabile il
Beniamino Gigli museo dedicato al grande tenore recanatese, voluto e realizzato con il
sostegno del nipote recanatese di Beniamino Gigli, Luigi Vincenzoni.
Giardini "Beniamino Gigli": si trovano a fianco del Teatro Persiani.
Casa di riposo "Ester Gigli": si trova in via XX settembre.

Villa Gigli: si trova tra Recanati e Loreto lungo viale Beniamino Gigli. Sorge sul colle Montarice,
fu lo stesso tenore che volle questa residenza, acquistando il terreno all'inizio degli anni Venti,
dando l'incarico di edificazione all'architetto Guido Cirilli, allievo del Sacconi. Successivamente
Gigli delegò il fratello Catervo Gigli, professore di Belle Arti. I lavori iniziarono nel 1920, nel
1923 entrò in cantiere l'architetto Florestano Di Fausto, che si scontrò con Catervo per la
monumentalità eccessiva del progetto, terminato nel 1927. La villa si estende su un vasto
parco, costituito da un giardino all'italiana, fatto di simmetrie e geometrie, dove siepi perimetrali
cingono gruppi ordinari di alberi, palmette e sfere di bosso in topiaria. I lati nord e sud del
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giardino sono circondati da una fascia a bosco, mentre il


versante collinare prevede una zona di giardino all'inglese. La
villa invece è una sintesi dell'eclettismo architettonico del primo
Novecento, che mescola i gusti barocchi, rinascimentali e
moreschi: alla sommità della scalinata di accesso si staglia la
mossa facciata principale, il prospetto ostenta un fastigio ad
altana coronato da quattro statue, raffiguranti l'Architettura, la
Scultura, la Pittura, il Canto; invece al cognome "Gigli" fanno
rimando i disegni allusivi dei gigli, il pavimento mosaicato, negli
elementi decorativi vari della villa e del giardino. L'interno della
villa a pianta centrale, è distribuito negli spazi a due piani,
nell'appartamento dell'attico, collegato a gli altri da scaloni e
ascensori. Si susseguono saloni, camere, sale dello studio e
della musica, la cappella privata, con decorazioni parietali a
motivo classico e mitologico commissionate personalmente dal
Gigli. L'arredamento consiste in tappezzerie provenienti da Targa commemorativa sulla
manifatture parigine, da mobili della ditta Ducrot di Palermo, casa natale di Gigli
lampadari di Murano, oggetti, arazzi, quadri del XVII secolo,
composizioni floreali di Giuseppe De Curtis. L'attico è ornato
con scene allegoriche del lavoro nei campi, opera di Adolfo De Carolis.
Tomba di Beniamino Gigli: in viale Dalmazia, all'interno del Cimitero comunale, si trova la
tomba del celebre tenore. Fu realizzata dal fratello Catervo Gigli, ispirandosi ai monumenti
classici dell'Ottocento: ha una forma piramidale a base quadrata ed è interamente realizzata in
conci di travertino, a ispirazione delle piramidi dell'Egitto, anche se le spoglie di Beniamino si
trovano in sarcofago di marmo all'ingresso del cimitero. La piramide poggia su un basamento
decorato con una donna greca scolpita in bassorilievo e con elementi fitomorfi ispirati alla
pittura egizia, le stesse decorazioni scolpite sono scolpite sui 12 pilastrini in travertino che
delimitano il perimetro esterno del marciapiede. L'ingresso è sottolineato da un monumentale
portale in marmo in stile egizio, a bassorilievo con simboli cristiani e pagani. Ai lati all'esterno ci
sono due statue bronzee, realizzate da Catervo, che raffigurano le 3 Virtù Teologali. L'interno è
affrescato a tempera. opera di Arturo Politi: in una mandorla dorata si trova il Cristo al centro
del Giudizio Universale,. fiancheggiato da angeli inginocchiati.

Luoghi leopardiani
Palazzo Leopardi: è la casa
natale del poeta, affacciata su
Piazzetta Sabato del Villaggio.
Il palazzo è abitato dai
discendenti e aperto al
pubblico. Esso venne
ristrutturato nelle forme attuali
dall'architetto Carlo Orazio
Leopardi verso la metà del
XVIII secolo. L'ambiente più La casa natale di Giacomo Leopardi
suggestivo è senza dubbio la
biblioteca, che custodisce oltre
Ritratto di Giacomo Leopardi 20.000 volumi, tra cui incunaboli e antichi volumi, raccolti dal
padre del poeta, Monaldo Leopardi.
Piazzetta del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo
Leopardi. Lì vi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello (XVI
secolo), nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798.
Orto sul Colle dell'Infinito: Posto sulla sommità del Monte Tabor, è il giardino dell'ex convento di
Santo Stefano da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne. Questo panorama
avrebbe ispirato l'omonima poesia composta dal Leopardi a 21 anni. L'Orto è situato a poca
distanza da Palazzo Leopardi e nel 2017 è stato dato in concessione al FAI, che lo gestisce e

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ne ha curato il restauro[7]. Sulle mura esterne al giardino c'è


una lapide con le iniziali dell'idillio L'Infinito (1819), mentre
costeggiando queste mura in direzione del Centro Nazionale di
Studi Leopardiani si trovano i resti, ricomposti per anastilosi,
della primitiva tomba di Giacomo Leopardi a Napoli.
Palazzo Antici-Mattei: casa
della madre di Leopardi,
Adelaide Antici Mattei,
edificio dalle linee semplici
Il Colle dell'Infinito ed eleganti con iscrizioni in
latino. Si trova su via Antici,
ha un aspetto tardo
settecentesco, diviso da cornice marcapiano in due livelli: il
primo scandito da un ordine di quadrotte in conci di pietra
bianca, e dal portale di ingresso architravato, il secondo da Scuderie Mattei
ordine regolare di finestre rettangolari. Di fronte questo
palazzo si trovano le scuderie fatte erigere dal cardinale
Tommaso Antici, che mostrano una facciata concava neoclassica, in mattone a vista, con un
grande portale centrale che occupa lo spazio d'altezza sino in cima, dove culmina a timpano
triangolare, fasciato dagli stipiti a bugna, e con ai lati due nicchie, mentre i pilastri estremi sono
inquadrati da paraste a capitelli ionici e da oculi con busti. Palazzo Antici custodisce un
importante archivio che proviene dalla famiglia romana dei Principi Mattei.
Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, la cui
cuspide a cartoccio fu decapitata da un fulmine nella metà del XIX secolo, resa celebre dalla
poesia "Il passero solitario". La torre ha impianto quadrangolare, risalente al XIII secolo, con
quattro arcate per la cella campanaria. La parte superiore è più movimentata, ornata nelle
quattro facciata da archetti pensili, e in cima da quattro piccole cuspidi angolari.

Arte e architettura

Chiese
Concattedrale di San Flaviano.La porta principale è posta
sulla fiancata laterale, non ha una facciata e il vasto interno
è a tre navate con bellissimo soffitto a cassettoni in legno. A
esso è annesso il Palazzo Vescovile e le ex-Carceri.
All'interno della cattedrale vi è il sarcofago di papa Gregorio
XII ivi sepolto e il Museo Diocesano.
Chiesa di Santa Maria di Castelnuovo. È la chiesa più
antica di Recanati ed è appartenuta ai benedettini di Fonte
Avellana. Posta lungo la strada per Castelnuovo (via Interno della Cattedrale
Angelo Giunta), ha la struttura in laterizio a capanna, pianta
rettangolare: la facciata ornata da tre finestre, quella
centrale a mezzaluna, affiancata da due ad oculo, in basso in asse con la mezzaluna il portale
di pietra romanico con arco a tutto sesto e lunetta. La torre campanaria è la più antica della
città (XII secolo), a pianta quadrata a svettante, con ordine di bifore per facciata, e decorazione
ad archetti pensili in cima. Nella lunetta del portale bizantineggiante vi è un bel bassorilievo del
Mastro Nicola Anconetano firmato e datato 1253, raffigurante la Madonna in trono con i santi
Michele e Gabriele. L'affresco raffigurante la Madonna con Bambino che si trova all'interno è
attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano. Da questa chiesa proviene il polittico su
tavola con la Madonna in trono col Bambino e Santi di Guglielmo Veneziano (1382), oggi al
Museo Diocesano.[8]
Chiesa di San Francesco d'Assisi. Si trova nella parte nord-ovest, in via Castelfidardo.
L'annesso convento fu fondato nel XII secolo, ampliato in quello successivo dai Frati Minori

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Francescani, e infine ampiamente restaurato nel XVIII. I


lavori per la precisione iniziarono nel 1251 come testimonia
la bolla di papa Innocenzo IV; l'aspetto attuale risale al
rifacimento di padre Camaldolese Giuseppe Antonio
Soratini. Dietro l'altare maggiore si può vedere la Madonna
del Latte di Antonio da Faenza (1525), mentre sugli altari
laterali sono poste tele tra cui la Madonna Immacolata
(1631) di van Schayck e San Giuseppe da Copertino di
Benedetto Bianchini (1754). Sulla cantoria della
controfacciata si trova l'organo ligneo dipinto del 1753, di
Pietro Nacchini. La chiesa esternamente è ricoperta in
laterizio, con pianta rettangolare a navata unica, e facciata
a capanna con timpano triangolare che lascia ancora
intravedere l'aspetto antico, per la presenza del classico
nartece di accesso ad archi. Il campanile a torre è in stile
rinascimentale.
Chiesa e chiostro di Sant'Agostino. Sorge in piazza Pietro
Giordani, fu costruita assieme al convento degli Eremitani
di San'Agostino nel 1270 e rifatta un secolo dopo assieme
alla cattedrale. Il portale in pietra d'Istria (1485) è di Torre del Passero Solitario, chiostro
Giuliano da Maiano, mentre l'interno fu rifatto alla fine del di Sant'Agostino
XVII secolo su disegno del Ferdinando Galli da Bibbiena,
con pale realizzate dal Pomarancio, Pier Simone Fanelli,
Felice Damiani e residui di affreschi di Giacomo da Recanati. Vi sono poi opere di Antonio
Calcagni che qui è sepolto.
Complesso conventuale di Sant'Agostino. A Recanati ha sede una delle caserme più antiche di
tutta l'Arma dei Carabinieri. Essa si trova all'interno del complesso conventuale di
Sant'Agostino. Assegnata all'Arma dopo l'assorbimento del suo territorio nel Regno d'Italia nel
XIX secolo, pur con interventi di ristrutturazione operati da Ferdinando Bibbiena nel ' 600, la
caserma ha conservato le originali forme trecentesche. Con l'arrivo dei Carabinieri Reali un
altro progetto di ristrutturazione del complesso previde l'allestimento della caserma al primo
piano mentre il piano terreno e l'interrato furono destinati a carcere mandamentale.

Chiesa di Santa Maria di Montemorello. Si trova in


Piazzetta Sabato del Villaggio, detta anticamente "de
Platea" fu rifatta completamente nel 1581 quando vennero i
Gesuiti a Recanati. La chiesa subì ancora radicali
trasformazioni all'inizio dell'Ottocento per opera del
Brandoni. All'interno sono conservate una tavola datata
1580 di Durante Nobili da Caldarola, allievo di Lorenzo
Lotto e una pala d'altare attribuita a Pier Simone Fanelli
(XVII secolo). Famosa per essere stata la cappella della
famiglia Leopardi, situandosi a poca distanza dal palazzo. Santa Maria di Montemorello
Chiesa dei Cappuccini- Fu costruita col convento nel 1618.
All'interno un quadro della Madonna di Loreto del
Pomarancio e una tela attribuita al Caravaggio (La Madonna dell'insalata). Sul piazzale di
fronte fu eretta una stele in travertino con ceramiche di Arturo Politi e Rodolfo Ceccaroni.
Chiesa di San Domenico. Detta anche del Santissimo Rosario, sorge adiacente a piazza
Leopardi. Venne costruita dai Domenicani nel 1272, e rimaneggiata nel XVIII secolo. Nel sito
del convento, poi demolito, si racconta che passò San Pietro Apostolo, lasciando una reliquia
della Croce. L'abside è di stile neogotico e risale all'Ottocento, come la facciata. Il portale del
1481 è opera di Giuliano da Maiano. All'interno si trova il San Vincenzo Ferreri in gloria, opera
del 1513 di Lorenzo Lotto, tagliato nel Settecento per adattarlo a pala d'altare; di fronte a
questo c'è il San Sebastiano del Torreggiani; a destra della chiesa si trova la medievale Porta
San Domenico.

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Chiesa di Santa Maria dei


Mercanti. Lungo Corso
Persiani, è per questa
chiesa che fu dipinta
l'Annunciazione di Lorenzo
Lotto, ora trasferita al
Museo civico Villa Coloredo
Mels. Fu realizzata nel
1170 circa dalla
confraternita dei Mercanti:
ha una facciata molto
semplice intonacata,
frappostra tra due strutture,
scandita da paraste ioniche
e cornici marcapiano. Al
centro si trova il portale
architravato in pietra con
mensole, sovrastato da una Chiesa di San Domenico
Annunciazione, 1528, Recanati, finestra centrale. L'interno a
Museo civico Villa Coloredo Mels navata unica è decorato da
mari policromi e stucchi, l'altare maggiore è scandito da
paraste corinzie in marmo.
Chiesa di San Vito. L'attuale edificio fu costruito su un'antica chiesa romanico-bizantina e
trasformata nelle forme attuali nella metà del Seicento su disegno di P.P. Jacometti. Nel 1741 il
terremoto danneggiò la facciata che fu rifatta su disegno del Luigi Vanvitelli, in cotto e con le
colonne a spirale bicromate. Della primitiva costruzione tre-quattrocentesca all'esterno
conserva l'impianto absidale e una torre campanaria incompiuta. Nella cappella adiacente
(inizio navata a destra) c'è l'oratorio con la tela del Pomarancio raffigurante la Presentazione al
Tempio, due tele piccole di Pier Simone Fanelli, e l'Assunta del Latre. Di notevole valore anche
le tele di Felice Damiano da Gubbio (1582), di Giuseppe Valeriani (1550) e Paolo de Matteis
(1727).

Chiesa di San Filippo Neri. Lungo il corso Persiani, risale al


Settecento, e presenta una facciata in mattoni scandita da coppie
di paraste verticali, e inframmezzata da cornicione marcapiano. Al
piano inferiore si trova il portale centrale architravato in pietra con
timpano triangolare, sovrastato da finestra centrale, mentre al
secondo livello le coppie di paraste presentano il capitello corinzio.
L'interno ha navata unica con l'altare maggiore in legno decorato
con velature a oro zecchino, utilizzate anche per le decorazioni
della cantoria, del pulpito e dei coretti. Vi sono conservate una tela
con San Filippo Neri che riceve lo Spirito Santo di Pier Simone
Fanelli, già presente in chiesa nel 1666,[9] mentre presso gli altari
laterali sono le tele rappresentantii San Carlo Borromeo e la
Madonna col Bambino e Santi di Andrea Pasqualino Marini e
Saverio Moretti. Chiesa di San Vito: facciata

Chiesa di San Michele. Si trova sul corso Persiani. La primitiva


risale al 1234, ma fu rifatta nel 1783 su disegno di Carlo Orazio
Leopardi. L'impianto è rettangolare con facciata a capanna terminante con architrave e
timpano triangolare. Il portale architravato in pietra bianca mostra l'iscrizione latina del
rifacimento del tempio. L'interno a navata unica mostra un delicato e sobrio impaginato
barocco di stucchi e pennacchi, scandito lateralmente da paraste corinzie per gli altarini.
Chiesa di San Pietrino. In via Leopardi, la facciata è forse del Vanvitelli. La chiesa è della
Confraternita degli Orti; si ipotizza, da frammenti murari sulla destra, che la chiesa possa avere
origini remote: l'aspetto attuale è settecentesco, con rifacimenti in stile neoromanico nel tardo
XIX secolo. Il portale centrale è sovrastato dalla bella finestra ovalie dentro una cornice
movimentata, opera di Vanvitelli, affiancata da quattro finestre murate laterali rettangolari. La

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cornice superiore è decorata da dentelli e archetti pensili. L'interno a navata unica è molto
semplice.
Chiesetta della Madonna delle Grazie. La chiesa fu costruita sul luogo in cui si dice comparisse
la Beata Vergine a una giovane albanese di nome Elena. La chiesa e gli affreschi di Giacomo
di Nicola da Recanati che vi si trovano richiedono un urgente restauro.
Chiesa di Santa Maria di Varano. La chiesa e l'annesso convento furono costruiti per i Frati
Minori Osservanti a spese dell'allora vescovo di Macerata e Recanati, il forlivese Nicolò
dall'Aste[10]. Era chiamata anche "chiesa degli Zoccolanti" dal nome popolare dei Frati Minori
Osservanti, ossia Frati "zoccolanti" (unificati nell'Ordine dei Frati Minori). Parte dell'allora
convento divenne nel 1873 il pubblico cimitero, nel quale vi è sepolto Beniamino Gigli. La
cappella di San Diego fu fatta eseguire da don Diego Zapata. Vi sono poi due tele di Pier
Simone Fanelli, San Francesco e San Lorenzo da Brindisi e un Sant'Antonio di Marino
Pasqualini. L'altare ligneo è del XVII secolo.
Chiesa di S. Giovanni in Pertica (detta del Beato Placido). L'edificio religioso, che si trova fuori
Porta Romana, fu costruito nel secolo XIII e fu ricostruito nel secolo XVI e nel 1529 prese
anche il nome del beato che presso questa chiesa fondò una comunità apostolina e vi fru
sacerdote e vicario. La chiesa conserva il corpo del beato e all'altare di sinistra una tavola,
forse in origine un gonfalone, con la Madonna del Soccorso con i Beati Placido e Bartolomeo
in basso che sono in realtà la stessa persona, Bartolomeo Placido, la cui iconografia fu
erroneamente sdoppiata già in antico. La tela fu dipinta probabilmente da Baldo de Sarofini ed
è databile, specie per l'impianto spaziale che non può non prescindere dagli esempi di
Palmezzano e Solario dell'inizio del secolo, alla metà del secondo decennio del
Cinquecento.[11] L’annesso monastero, rimaneggiato nei secoli, è oggi adibito ad asilo.
Chiesetta di Sant'Anna. Costruita alla fine del XV secolo, è stata rifatta ampiamente nel XVIII.
La facciata barocca in laterizio ha una grande cornice presso l'architrave in pietra con
iscrizione, all'interno della chiesa c'è una copia della Santa Casa di Loreto, com'era prima
dell'incendio del 1921, e un'icona votiva della Madonna.
Convento di Santo Stefano. Sul Colle dell'infinito, fu eretto nel 1394 come monastero delle
Francescane femmine, istituito nel 1443, e soppresso nel 1486. Il monastero nuovo fu rifatto
nel 1507, terminato nel 1535, come testimoniato nel breve di papa Alessandro VI. La chiesa fu
reintitolata a santo Stefano nel 1691, con ristrutturazione barocca, decorazione del soffitto a
volta a botte e apparati a stucchi. Soppresso nel 1810, il monastero andarono disperse varie
opere d'arte. Nel 1852 fu rilevato dalle Figlie del Sacro Cuore, che vi istituirono un istituto per
l'educazione. Attualmente il convento è di proprietà comunale ed è usato per convegni e
manifestazioni.

Palazzi e architetture civili


Palazzo Venieri. Fatto costruire dal cardinal Venieri su disegno di Giuliano da Maiano, che
diresse anche i lavori di costruzione. Situato a cavallo delle mura urbiche, era concepito a
metà fra residenza e castello urbano. La corte rinascimentale, porticata su tre lati presenta
colonne in pietra d'istria e raffinati capitelli con lo stemma cardinalizio. Aperta ad ali sul
paesaggio collinare, seguendo un modello che ritroviamo spesso in opere rinascimentali
marchigiane, presenta un arco-balcone che si affaccia sul mare sopra il quale spicca un
orologio con la scritta "volat irreparabile tempus". A Recanati Giuliano sperimenta la soluzione
che poi ripercorrerà nella sua villa di Poggioreale per Alfonso V d'Aragona a Napoli. Nell'agosto
del 1479 la morte del cardinale pone fine ai lavori del palazzo che rimane così incompiuto. La
loggia dei Mercanti di Macerata risulta essere realizzata con materiali di recupero del Palazzo
Venieri di Recanati. Furono ospiti di questo palazzo due papi, Paolo III nel 1539 e Pio VII nel
1814. Il palazzo è sede del Liceo classico "Giacomo Leopardi".

Palazzo Mazzagatti. In via Roma, apparteneva originariamente ai Massucci della Stella. Deve
il suo disegno o a Giuliano da Maiano o a Luciano Laurana. La facciata è un esempio di
architettura gentilizia signorile, nella corte interna la doppia svelta loggia come nel Palazzo
Venieri permette l'accesso ai piani superiori. Lo stemma nobiliare si trova sull'architrave della

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finestra centrale del cortile interno. Nel mezzo dei pilastri


del portone c'è una stella, insegna dei Massucci della
Stella, che avevano il palazzo nel XV secolo.
Palazzo Masucci della Stella. Fu costruito su edifici
trecenteschi su disegno del Can. Carlo Orazio Leopardi. Il
portale di ingresso in pietra, a cornice ad arco a tutto sesto,
è fiancheggiato da due stelle, simbolo della famiglia
nobiliare (XIV secolo), attraverso esso si accede con la
scalinata ai piani superiori, oppure al cortile mediante un
androne voltato a botte. Il cortile è tronco, a pianta
rettangolare, parzialmente circondato da un bel porticato
con campate voltate a botte, e ordine di colonne cilindriche
a capitello composito.
Palazzo Carancini. Il disegno del palazzo è attribuito ai
Bibbiena. Si trova in via Calcagni, è uno dei palazzi più
interessanti della città, già appartenuto ai marchesi Roberti
nel XVII secolo. La facciata ha decorazioni in travertino,
interessante è anche il disegno dell'atrio di accesso, con la Ingresso a Palazzo Venieri
scala monumentale scenografica, la più ampia dei palazzi
recanatesi, l'atrio ha il soffitto voltato a botte, e in tratti a
crociera, scandito lateralmente da colonne cilindriche a
capitello dorico.
Casa di Teresa Fattorini (Silvia). In piazzetta Sabato del
Villaggio accanto alla chiesa di Montemorello, risale al
1796, quando Monaldo Leopardi fece rifare le abitazioni
della servitù sopra le antiche scuderie. L'edificio è stato
restaurato nel 2017, ed è incluso nel percorso di visita del
Palazzo Leopardi, include al piano terra la biglietteria
nuova con negozio souvenir, mentre al piano superiore,
accessibile attraverso una stretta scalinata, si trovano gli Palazzo Roberti Carancini
ambienti della servitù, dove visse anche la giovane Teresa
Fattorini, immortalata da Giacomo Leopardi nella poesia A
Silvia. Le stanze visitabili in tutto sono tre: sala pranzo-cucina-riscaldamento, la sala da letto di
Silvia e la sala da letto dei genitori.

Teatro Giuseppe Persiani. Inaugurato nel 1840, fu voluto


fortemente dal gonfaloniere Monaldo Leopardi. La sala
disegnata da Tommaso Bandoni presenta la curva a ferro di
cavallo e quattro ordini di palchi. Il boccascena è architravato,
sorretto da binati di paraste decorate culminanti in coppie di
mensoloni a modiglione. L'apparato decorativo venne dipinto
dai sangiorgiesi Saverio Basili ed Eusebio Basili; il plafone,
raccordato con lunette dipinte a Trompe l'oeil, venne affrescato
dal riminese Marco Capizucchi e poi rinnovato nel 1870 dai
Teatro Persiani Recanatesi Luigi Basvecchi e Lorenzo Urbani; la scenotecnica
venne curata dal maceratese Gaetano Ferri; le scene furono
fornite dal celebre pittore e scenografo faentino Romolo
Liverani.
Teatro de' Nobili. Realizzato da Giovanni Albertini.
Palazzo Municipale. In Piazza Leopardi, è stato eretto nel 1872 su progetto di Pietro Collina
sopra l'ex convento dei Domenicani. Anticamente era il Palazzo dei Priori (1467) ricavato da
tre castelli di Monte Volpino, Monte Morello e Monte Muzio, risalenti al 1150. Il paalzzo fu
demolito nel 1871 per realizzare il nuovo municipio. Al secondo piano possiede l'aula Magna
decorata da Gaetano Koch, la sala di Rappresentanza con il busto del poeta Giulio
Monteverde, la Sala degli Stemmi con le insigne della città, l'Aula consiliare di Matteo Tassi. Al
piano superiore si trova il Museo della Chitarra dedicato a Oliviero Pigini, decorata dal

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29/02/24, 12:45 Recanati - Wikipedia

ceramista Ceccaroni. La pianta del palazzo è rettangolare,


con alle estremità due bracci che avanzano verso la
piazza, componendo degli angolri retti. Il rivestimento è in
laterizio, alternato a fastose decorazioni di gusto
palladiano: l'avancorpo centrale della struttura,
leggermente aggettante, è decorato alla base da tre arcate
a nartece a tutto sesto, fasciate da cornici in pietra di gusto
classico, colonne d'inframmezzo decorate a capitello
dorico, che sorreggono la balaustra della balconata
centrale, con ordine di tre finestre incorniciate da timpano
triangolare, a loro volta situate dentro delle nicchie cieche a Piazza Leopardi con il palazzo
tutto sesto, con la cornice in pietra poggiante su capitelli comunale
ionici. In cima all'avancorpo si trova un bassorilievo in
pietra monumentale con motivi animali e vegetali, che
racchiude lo stemma civico. Anche gli altri settori hanno l'ordine di
finestre a timpano triangolare, ma senza la particolare
decorazione dell'avancorpo centrale. I due bracci ad angolo retto
sono ornati da portico con le campate voltate a botte e le colonne
quadrangolari a capitello composito.

Piazze e monumenti pubblici


Piazza Leopardi e palazzo comunale: il neoclassico Palazzo
comunale costruito alla fine dell'Ottocento in occasione del I
centenario della nascita di Giacomo Leopardi è situato nella
piazza che prende il nome del poeta. L'Aula Magna al suo interno
è stata decorata dall'architetto Gaetano Koch (autore anche del Torre del borgo
palazzo della Banca d'Italia a Roma). All'interno del Comune
anche il Museo dedicato a Beniamino Gigli, in cui
sono conservati abiti di scena, documenti e dischi del
grande tenore. Al centro della piazza il monumento
dedicato al poeta di Ugolino Panichi e una bella torre
ghibellina (Torre del Borgo) sui lati della quale
spiccano il simbolo della città scolpito da Jacopo
Sansovino, lo stemma della città di Fermo (XIII
secolo) regalato a Recanati in segno di alleanza, il
bassorilievo bronzeo di Pier Paolo Jacometti e un
orologio il cui quadrante è in pietra bianca risalente al
1562.
Torre del Borgo: alta 36 metri, si trova in Piazza
Leopardi, risalente al XII secolo, rimase isolata dopo Statua di Leopardi e dietro il Palazzo
la demolizione del Palazzo dei Priori al quale era comunale
collegata. L'attuale merlatura ghibellina su beccatelli,
sporgente dalla sommità è frutto del rifacimento
revival neogotico ottocentesco: la pianta è quadrata, è decorata da una targa marmorea a
rilievo dedicato ai Caduti nella Grande Guerra, opera di Guido Cirilli (1923), poi un grande
rilievo bronzeo monumentale ritraente Traslazione della Santa Casa di Loreto opera di Pier
Paolo Jacometti (1634), un orologio civico in alto il cui quadrante risale al 1562, un leone
rampante raffigurato nello stemma civico, scolpito dal Sansovino, e infine la cella campanaria
interna. La torre è visitabile, ospita all'interno il MUREC (Museo di Recanati, allestito lungo i
sette livelli della torre, ed è possibile salire sino in cima per ammirare il panorama).
Monumento di Giacomo Leopardi: realizzata sulla scenografica piazza municipale in occasione
del primo centenario della nascita del poeta (1898), si erge sopra un piedistallo in bronzo con
un'aquila e iscrizione commemorativa. La statua ritrae in forme immaginarie il poeta raccolto
nell'atto di pensare, con il volto leggermente malinconico, mentre fissa in basso la piazza.

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Monumento ai caduti: si trova in piazza Europa, realizzato a forma di obelisco su bronzo


istoriato, poggiante su basamento in pietra calcarea. Il basamento è posto su una gradinata
circolare, è un alto podio dove sono poggiate tre palle di cannone, sopra vi è il basamento
prismatico a base triangolare nelle cui facce sono riportati dei versi del poeta Leopardi All'Italia.
Il tronco è di forma prismatica realizzato a bassorilievo con la tecnica della fusione del bronzo;
in ognuna delle tre facce sono rappresentati 10 episodi legati agli eventi bellici della Grande
Guerra. La narrazione rispetta l'ordine cronologico degli avvenimenti, si svolge dall'alto in
basso; la composizione presenta inoltre scene allegoriche, anche se la descrizione dei luoghi e
delle vicende è molto precisa (battaglie dell'Isonzo, del Piave, di Dogali). In un'altra faccia è
raccontata la storia dell'unità d'Italia attraverso le tre guerre d'Indipendenza, con i riquadri
dell'incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano, l'impiccagione di Cesare Battisti nel
1916, la Conferenza di Parigi nel 1919, poi scene della seconda guerra mondiale di grande
effetto, come Papa Pio XII in visita al quartiere San Lorenzo (20 luglio 1943). Nell'ultima scena
a carattere risorgimentale è raffigurata la conquista della Libia.
Obelisco istoriato di Piazza Europa: obelisco di recente fattura, che ricorda mediante pannelli
istoriati il mito classico della nascita dell'Europa dal ratto di Zeus, tramutatosi in bue che portò
la fanciulla a galoppo sul mare.

Architetture militari

Castello di Montefiore

Lo stesso argomento in dettaglio: Castello di


Montefiore.

Venne costruito nel Basso Medioevo, si trova al confine con


Montefano. Risalire al X secolo, eretto nell'area di confine del
ducato di Spoleto e dei Bizantini della Pentapoli. Il castello fu
riedificato nel XIII secolo per arginare le truppe del feudo di
Osimo che si trovava di fronte al castello di Montefano. Il castello di Montefiore a dominio
del paesaggio.
Montefiore si dotò degli statuti comunali nel 1405, vennero
eseguiti lavori di fortificazione, con la costruzione della grande
torre centrale, documentata nel 1429, mentre una ventina
d'anni più avanti le mura vennero rinforzate a scarpa per via degli attacchi dei capitani di ventura,
e contro il papa e il duca Sforza di Milano. Nel 1467 i lavori venne effettuati dai sue signori Antonio
Politi e Tommaso Gabrielli, come attesta una lapide. Nel 1486 vi installò il presidio militare il
governatore della Marca Fermana Boccalino di Gozzone, signore di Osimo, che portò il castello al
massimo splendore, facendolo diventare una rocca imprendibile, rispetto alla costruzione
originaria con funzioni di avvistamento. La trasformazione lenta in borgo abitato avvenne dal XVII
secolo, venne trasformata la cappella di San Biagio del 1184, e l'afflusso sempre più cospicuo di
paesani determinò la costruzione di una nuova chiesa fuori le mura nel 1840. Il castello venne
danneggiato durante il 1943-44 e ristrutturato. Il castello a pianta poligonale con quattro corpi in
muratura ed è sovrastato da un'alta torre quadrilatera con merlature. Nelle epoche successive subì
notevoli opere di ampliamento.

Porte civiche

Le porte di Recanati in tutto erano 14, e si conservano solo queste:

Porta Marina: posta tra via Carducci, via XX Settembre e via Cesare Battisti, è detta anche
"Porta Pia" da l nome di papa Pio VI che la fece rifare daccapo dall'architetto Giuseppe
Valadier (1783). L'impianto originario è del XIV secolo, il progetto fu affidato a Francesco
Cianfaroni da Jaesi, che delegò il Valadier; ha un busto bronzeo di Papa Braschi, Pio Vi e lo
stemma della famiglia nobiliare, abbattuto nel 1860 dai piemontesi. I lati dell'arco a tutto sesto
si notano i due posti di guardia, con delle bocche da fuoco laterali. Le due terrazze originarie
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29/02/24, 12:45 Recanati - Wikipedia

sono state demolite, al posto dello stemma papale è stato


collocato quello civico. La porta è fasciata in bugnato, soprattutto
nell'area dell'arco, con gli stipiti a paraste bugnata, che termina in
ambedue i lati a capitello aggettante, fusosi con la cornice
marcapiano che sorreggere il timpano triangolare monumentale,
ornato dallo stemma, e sovrastato da un grande altorilievo con
cuspidi a motivi vegetali, e al centro un ovale con lo stemma.
Porta San Filippo: posta sulla via omonima, all'incrocio con via
Battisti, è del XII-XIII secolo, detta anche Porta Mercato, che
consentiva sino al 1665 l'accesso al rione. Nell'Ottocento fu
rifatta in parte dall'ingegnere Collina; conserva ancora caratteri
medievali ben riconoscibili, il torrione centrale con beccatelli a
sporto e la cortina difensiva tagliata dall'apertura ad arco.
Porta Romana: in via Rampa del Duomo, detta anche di Santa
Margherita, la porta è di origini medievali, ampiamente rifatta nel Torre dell'Acquedotto
1844 da Tommaso Brandoni e Domenico Masserini,
incorporando nella sovrastruttura in laterizio la merlatura
ghibellina, demolendo il corridoio di difesa che la univa alla
guardiola presso la casa Monti. Come Porta Marina, questa
è decorata ai lati dell'arco da due grandi colonne cilindriche
a capitello, che sorreggono l'architrave a timpano
triangolare.
Porta San Domenico: presso le mura dietro la chiesa di
San Domenico, si affaccia su via Battisti. Risalente al
Medioevo, è stata privata della muratura e della merlatura
nel XVIII secolo, e si presenta all'esterno con arco a tutto
sesto, mentre il fornice di via San Domenico, è a ogiva. Porta San Filippo
Porta Cannella: risale al 1358, anche se ha subito interventi
interessanti nell'Ottocento. Il nome proviene dalla fontana a
cannelle che si trovava accanto. La porta è in laterizio, con il fronte caratterizzato dal grande
arco a tutto sesto, e da tre nicchie disposte in modo triangolare sull'area della facciata stessa.
Torre dell'Acquedotto: benché non appartenga alle architetture militari, è erroneamente
confusa con quella del Passero solitario, per la sua vicinanza alla chiesa di Sant'Agostino.

Siti archeologici
Insediamento di Fontenoce: gli scavi condotti nel 1984-1985, 1992, e 1997-1998, hanno
individuato un abitato riferibile a una fase avanzata del neolitico (VI millennio a.C.)
Necropoli di Fontenoce - Area Guzzini: gli scavi condotti dal 1992 al 1997, hanno portato alla
luce un'importante necropoli eneolitica costituita da 20 tombe a grotticella artificiale (IV
millennio a.C.). In zona sono stati trovati anche degli abitati.
Necropoli Cava Koch: necropoli eneolitica (IV millennio a.C.).
Contrada "Valle Memoria": la "memoria" indica di solito il luogo dove erano sepolti i martiri
cristiani durante i primi secoli. Vicino alla chiesetta detta "Ottaviani" (in territorio che è proprietà
della Santa Casa, nei pressi del ponte sulla strada Regina) c'è tuttora una fonte d'acqua viva,
detta "Fons Episcopi", dove un antichissimo vescovo e alcuni cristiani furono condotti e
martirizzati durante le persecuzioni romane. Il vescovo e i martiri provenivano dalla città di
"Potentia" che sorgeva alla foce dell'attuale fiume Potenza.

Società

Evoluzione demografica

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[12]
Abitanti censiti

Dialetto
Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti marchigiani.

Il dialetto recanatese (u reganatese), insieme ai vernacoli di Montefano, Filottrano e, più


all'interno, di Staffolo, Cupramontana nonché del quadrilatero Arcevia-Serra San Quirico-
Fabriano-Sassoferrato, fa parte di un gruppo di transizione (definibile come zona mista o "grigia")
tra i dialetti della zona anconetana (o marchigiana centro-settentrionale) e quelli della zona
maceratese-fermano-camerte (o marchigiana centro-meridionale), in quanto ospita influssi
provenienti in egual misura da entrambe le aree. Si tratta di una parlata di classificazione incerta,
al punto che dagli studiosi viene fatta rientrare indifferentemente tanto nell'uno tanto nell'altro
gruppo: è comunque evidente che, data la notevole ampiezza del territorio comunale, mentre nelle
frazioni più settentrionali, come Bagnolo, gli influssi anconetani sono predominanti, viceversa in
quelle poste più a sud, come Sambucheto, il dialetto acquisisce una chiara impronta maceratese.

Si possono passare ad analizzare innanzitutto gli elementi di chiara derivazione anconetana: essi
avvicinano il recanatese non tanto al dialetto del capoluogo marchigiano ma piuttosto a quello dei
comuni limitrofi quali Loreto, Castelfidardo e Osimo, con cui Recanati, grazie alla vicinanza, ha
sempre avuto notevoli scambi non solo commerciali ma anche linguistici, al punto che nella ex
frazione di Porto Recanati, divenuta comune autonomo dalla fine del XIX secolo, gli influssi
anconetani dominano nettamente, e la parlata locale è di conseguenza iscrivibile nella famiglia
anconetana in senso stretto. I tratti "anconetani" più significativi sono:

La mancanza totale della metafonesi da –o e da –i finale, per le vocali toniche “e” e “o” sia
chiuse sia aperte, tipica invece del maceratese e di un po' tutto il centro-sud italiano: per cui a
Recanati si ha furbétto e non furbittu come a Macerata, macèllo e non macéllu, rótto e non
rutto, pòrto e non pórtu, ecc; tuttavia tale fenomeno, che attualmente si arresta al di sotto del
fiume Potenza, doveva essere un tempo presente pure a Recanati, come dimostrato da
documenti dei secoli XIV -XV (terrino, quillo, quisto), e uno degli ultimi relitti metafonetici
riscontrabili è stato un quilli in un testo ottocentesco; infine nella parlata attuale è da segnalare
come la seconda persona del verbo “essere”, pur coincidendo con l'italiano “sèi”, nelle forme
interrogative ausiliarie diventa sì (Ci si jito?);

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L'indistinzione tra -o finale (derivante dalle originarie -o, -ō del latino) e -u finale (da -ū latina),
per cui anche a Recanati, come in tutta l'area perimeridiana e in Toscana, le -u latine si sono
aperte in -o (lupo < lat. LUPUM); è inoltre da segnalare che a Recanati, ma anche a Loreto,
Jesi, Potenza Picena e Civitanova Marche, non è neppure avvenuto il fenomeno contrario, per
il quale tutte le -o finali dell'italiano sono divenute -u (iu magnu < io mangio, lu stòmmigu < lo
stomaco), come si verifica invece nel triangolo Ancona-Osimo-Porto Recanati;
La lenizione intervocalica (o “rilassamento”), avvertibile però in maniera più sporadica e meno
sistematica che nell'area anconetana, perché è vitale di fatto solo per -c-, che diventa spesso,
ma non sistematicamente, -g-, ad es. nello stesso nome della città, che viene reso come
Reganati, bagià per “baciare”, brugià per “bruciare”, vesciga per “vescica”, fògo per “fuoco”,
siguro per “sicuro”, gambià per “cambiare”, mentre per il passaggio da -t- a -d-, che è
sistematico nell'osimano ma già meno frequente a Loreto, si riscontrano solo pochissimi casi,
come fadigà, che contiene la lenizione di entrambe, e aiudo/aiudà per “aiuto/aiutare”;
La mancanza del passaggio da b iniziale e intervocalica a v, presente invece a Macerata
(babbo e non vavvu, bé e non vé per “bere”, bardascio e non vardasciu);
Lo sdoppiamento della -rr-, (tèra, guèra), assente a Macerata città, ma presente in alcune aree
della provincia, come Matelica e San Severino Marche;
La pronuncia con “è” aperta di molti vocaboli che invece nel maceratese suonano con “è”
chiusa, ad es. viène, bicchièro per “bicchiere”, nonché i suffissi in -mento e in -mente, ad es.
‘bbijamènto per "abbigliaménto”, capamènto per “scelta” ;
L'uso dei pronomi personali lù e lia per “lui” e “lei”, tipici delle Marche e dell'Umbria
centrosettentrionali, in antitesi alle forme centromeridionali issu/éssa. Tuttavia, almeno fino a
poco tempo fa era in uso la forma isso nelle frazioni di campagna più vicine a Macerata;
L'uso del pronome interrogativo cò? nel senso di “che cosa?”, tipico dell'anconetano-osimano,
ma non dello jesino che usa invece que?, né del maceratese, che usa la forma italiana che?
L'uso del pronome personale e interrogativo te, in luogo della forma maceratese (e italiana) tu;
L'uso della particella latina *intus con la variante locale ntru/ntri (da int+ru/ri), "in/nei"
equivalente all'anconetano ntel/nti (ntru core "nel cuore", ntri cori "nei cuori");
L'eliminazione di e intervocalico nella particella "per" (pr'i viculi "per i vicoli");
L'uso nel gerundio delle forme -anno ed -enno (guardanno, vedenno), contrariamente al
maceratese, che le unifica nella forma -enne (guardenne, vedenne).

Invece tra gli aspetti che avvicinano il recanatese alla famiglia maceratese-fermano-camerte, vanno
annoverati:

L'uso della parte finale e non di quella iniziale del latino “illud” per la costruzione dell'articolo
determinativo maschile singolare “il”: infatti mentre nelle finitime località di Loreto e Porto
Recanati è in uso la forma anconetana el, a Recanati è presente ‘u , da un più antico ru, forma
quest'ultima ancora presente a Filottrano; da qui derivano ‘a (da ra) per “la”, 'i (da ri) e l'per “i,
gli”, ‘e (da re) per “le”; tra Recanati e le aree immediatamente più a nord passa perciò una
cesura molto importante a livello linguistico nazionale, in quanto segna il passaggio dalle forme
dialettali perimeridiane, disposte lungo la linea Roma-Perugia-Ancona, che appunto usano la
parte iniziale di “illud”, a quelle mediane in senso stretto, nonché a quelle meridionali, che
invece ne usano la parte finale;
Il passaggio da "g" iniziale e intervocalica a "j" (joco/jocà per “gioco/giocare” da latino “iocus”,
fujì/fujato per “fuggire/fuggito”), e lo stesso vale per "gh" iniziale (janna per "ghianda");
Il passaggio da doppia "-ll-" intervocalica a -j- (bujito per “bollito”, curaji per “coralli”, puji per
“polli”, mujche per “molliche”), presente comunque pure nell'osimano;
La pronuncia generalmente sorda di "s" intervocalica, mentre già a Porto Recanati tende a
pronunciarsi maggiormente sonora per influssi anconetani;
Il mantenimento di “t” latina in matre/patre;
L'apocope anche dei suffissi in "-ro" (da -io), seppur non estesa e generalizzata come nel
maceratese, perché risulterebbe attestata per i soli suffissi in "-aro", come ad es. pajà per

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“pagliaio”, pegurà per “pecoraio”, carzulà per "calzolaio", da notare poi la coesistenza in
callà/callaro per "caldaio", ma ferraro, sartore;
L'assimilazione progressiva ND > NN (il mondo> u monno, quando> quanno, passando>
passanno), presente comunque pure nella provincia di Ancona, tranne che nel capoluogo.
Frequente è pure l'assimilazione di LD > LL (caldo > callo), mentre è un po' più rara
l'assimilazione di MB > MM (pijà gammó “prendere il sopravvento”, cammiale "cambiale", ma
trombetta);
La sonorizzazione di “c” dopo nasale (mancare > mangà, bianco > biango), tipica anche di
Jesi, mentre risulta essere scomparsa a Osimo; il fenomeno analogo per “t” a Recanati è
presente solo sporadicamente, perciò pare essere regredito: sopravvive ad es. la forma déndro
per “dentro”;
Con i sostantivi che indicano grado di parentela l'aggettivo possessivo può essere espresso
con una particella proclitica (ad es. tu' madre, tu' padre), o con una enclitica (màmmeta,
bàbbeto), esattamente come a Jesi;
La pronuncia con “è” chiusa di molti vocaboli che invece nei comuni limitrofi della provincia di
Ancona e a Porto Recanati suonano con “è” aperta, ad es. trénta, pénso, sénza, vérde, férmo,
vénne;
L'uso della particella latina *in medio (ad): mecquì, mellà (=qui, là), presente anche a
Camerino, Matelica, Cingoli, Treia, ma che si riscontra pure nelle Marche centro-settentrionali,
a San Marino, nell'Umbria e nel Lazio settentrionale; lo stesso dicasi per la preposizione dativa
ma per "a": ma mé per "a me", e di conseguenza mù (ma+'u) per “al/allo” (mù patre "al padre"),
mà (ma+'a) per “alla”, mì (ma+'i)per “ai” e mé (ma+'e) per "alle";
L'uso di 'llo, 'lla, 'lli, 'lle per "quello, quella, quelli, quelle" come nelle Marche centromeridionali,
a differenza dell'anconetano-osimano che ha qul/qula;
Nell'imperfetto si può riscontrare il contrasto tra le forme "maceratesi", presenti in "-evo" (avìo,
dicìo "avevo, dicevo"), e quelle "anconetane", presenti in "-avo" (jàvo "andavo", contro il
maceratese jìo), e lo stesso può dirsi per le forme verbali del presente, che presentano infatti
caratteristiche morfologiche di transizione, come ad es. faciamo, jamo per "facciamo, andiamo"
(cfr. anconetano famo, 'ndamo e maceratese facimo, jimo).

Infine sono da ritenere forme tipiche esclusivamente di Recanati nuà/vuà per “noi/voi”, sopre per
“sopra” e sotta per “sotto”, questi ultimi due fenomeni guizzanti anche altrove.

Il lessico locale recanatese attinge anch'esso tanto dall'area anconetana quanto da quella
maceratese. Eccone alcuni esempi: armango=almeno, bardascio=bambino, ciuétta=civetta,
derèto=dietro, fugaraccio=falò, 'gna=bisogna, igno’=in giù, jòppa=zolla, lala=ala, minga=mica,
négne=nevicare, pertegara=aratro, 'rsumijo=fotografia, sbrégo=strappo, torcolétto=rametto,
vèspera=vespa, zécchere=zecche.

Analogamente ciò vale a proposito dei modi di dire: ciacca l'ajo=ben ti sta, de riffe o de raffe=in
qualche maniera, è como jì a curre c'u lebbre=è una gara impari, jì a gatto mino’=camminare
carponi, mango pe' mele=nemmeno per sogno, e me' cojoni=però, ci vorrebbe pure, pijà
gammo’=prendere il sopravvento, sartà u fosso=fare il salto di qualità, secco
rrabbito=magrissimo, voja de fadigà sarteme addosso=detto di persona sfaticata.

Ancora, sono di seguito riportati alcuni proverbi tipici: ‘A cerqua nun fa’ i melaranci=ogni albero
dà il proprio frutto, ogni uomo dà solo quel che ha, Mejo puzzà de vì che d'ojo santo=meglio
ubriachi che in fin di vita, Carta canta e villan dorme= lo scritto si fa sentire (cioè fa prova),
mentre il contadino dorme (nel senso che non può farsi sentire, cioè non ha voce in capitolo perché
non sa scrivere), perciò è sempre indispensabile avere prove scritte perché le parole volano e non
restano, Quanno u gallo canta da gajina, a casa va in ruìna=quando l'uomo fa la parte della
donna (si lascia comandare), le cose in famiglia non vanno mai bene, Sant'Antò d'a barba bianga,
se nun negne nun se magna=se a Sant'Antonio abbate (17 gennaio) non nevica non si ha cibo,

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Anno bisesto, anno funesto=l'anno bisestile è pieno di contrarietà, D'istate u monte, d'inverno a
fonte=per regolarsi sul tempo che farà, l'estate si guarda la montagna, d'inverno il mare, Scirocco,
oggi tiro e dumà scrocco=Oggi soffio e domani porto acqua.

Uno dei cittadini storicamente più illustri di Recanati, Giacomo Leopardi, in una lettera allo
scrittore piacentino Pietro Giordani del 30 maggio 1817, ebbe modo di segnalare i pregi della
favella recanatese, soffermandosi in particolare sulla pronuncia: “Ella non può figurarsi quanto
sia bella. È così piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, e non tiene punto né
della leziosaggine toscana né della superbia romana, mentre basta uscir due passi dal suo
territorio per accorgersi di una notabile differenza, la quale in più luoghi pochissimo distanti,
non che notabile è somma”.

Cultura

Biblioteche
Archivio comunale di Recanati
Archivio della Banda musicale Beniamino Gigli, archivio
esclusivamente musicale, conserva soprattutto mss e
stampe che si riferiscono al repertorio praticato dalla
banda.
Biblioteca Comunale Benedettucci
Biblioteca del Centro culturale Charles Péguy
Biblioteca del Centro nazionale di studi leopardiani: La Biblioteca Leopardi
biblioteca del centro nazionale di studi leopardiani si
compone di circa 15.000 "pezzi" fra libri, recensioni, riviste
e miscellanee. Una raccolta critica esclusiva sulla
produzione leopardiana che inizia con le prime edizioni a stampa del poeta.
Biblioteca del convento dei cappuccini
Biblioteca del Convento dei padri passionisti
Biblioteca diocesana di Recanati
Biblioteca padre Clemente Benedettucci: archivio esclusivamente musicale, conserva
soprattutto mss e stampe che si riferiscono al repertorio praticato dalla Banda. La maggior
parte è costituita da fantasie e trascrizioni da opere e operette (in particolare italiane), risalenti
per lo più al periodo 1880/1930.
Biblioteca privata Leopardi: la biblioteca storica dei conti Leopardi è in gran parte frutto della
ricerca di Monaldo Leopardi, che acquistò libri nelle fiere vicine, in occasioni varie e
approfittando della soppressione di molte congregazioni religiose fra il 1808 e il 1810. La
biblioteca si accrebbe anche grazie alle continue donazioni di parenti e amici e agli acquisti
fatti dai discendenti di Monaldo.
Biblioteca popolare del Centro Culturale Fonti San Lorenzo

Scuole

Sono presenti sul territorio della città di Recanati: 6 scuole materne o dell'infanzia, 6 scuole
elementari o primarie, 2 circoli didattici (materna ed elementare), una scuola media o secondaria
di I grado, il Liceo "Giacomo Leopardi" (che comprende gli indirizzi classico, scientifico, scientifico
scienze applicate, linguistico, liceo delle scienze umane e liceo delle scienze umane indirizzo
economico sociale) l'Istituto Tecnico Industriale "Enrico Mattei" (con specializzazioni di

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informatica, chimica, meccanica e telecomunicazioni), l'Istituto Professionale Industria e


Artigianato "F. Corradini", l'Istituto Professionale per i Servizi Commerciali e Turistici "V.
Bonifazi"

Musei
Museo civico Villa Colloredo Mels: di impianto medievale,
l'edificio assunse la fisionomia di Palazzo verso la fine del
500, diventando oggetto di continue trasformazioni nei
secoli seguenti fino a ottenere l'aspetto attuale in età
neoclassica. L'inaugurazione è avvenuta nell'estate 1998
dopo il trasferimento della Pinacoteca dal Palazzo
Comunale. È articolato in quattro sezioni: la sezione
archeologica, che permette di conoscere l'organizzazione
di una comunità neolitica con varie sovrapposizioni fino
all'età del ferro; la sezione medievale che documenta la vita
della città nel periodo di massimo splendore e comprende, Messer Marsilio e moglie di Lorenzo
tra l'altro, opere di Ludovico di Magno da Siena (not. 1395), Lotto (1523), nel museo diocesano
Pietro di Domenico da Montepulciano (att. XV secolo) e di Recanati
Vincenzo Pagani (1490-1568); la sezione rinascimentale
che raggruppa quattro tra le più significative opere di
Lorenzo Lotto (1480 - 1556): l'Annunciazione di Recanati, il
Polittico, la Trasfigurazione, il San Giacomo Maggiore, la
sezione dedicata al Seicento e Settecento. Uno spazio per
le esposizioni temporanee artistico-culturali è situato al
piano terra.
Museo diocesano: presso la Cattedrale di San Flaviano,
che vanta dipinti dal XIV al XVI secolo di artisti quali:
Guglielmo da Venezia, Pietro di Domenico da
Montepulciano, Ludovico Urbani, Giacomo da Recanati
(1443), una attribuita al Mantegna e una Santa Lucia del Particolare del Polittico di Recanati
Guercino, Pomarancio, arredi e oreficerie di vari secoli,
sculture, messali, opere d'arte minore. Tra i marmi: una
statua romana e un lavabo di Andrea Sansovino
Il Civico museo Beniamino Gigli: all'interno del Teatro Persiani è visitabile il museo dedicato al
grande tenore recanatese[13]
Museo di arte contemporanea e dei pittori dell'emigrazione: si trova nell'ex convento di
Sant'Agostino, è stato inaugurato nel 2001 per ospitare opere di artisti quali Virgilio Guidi,
Cesare Peeruzzi, Arnaldo Ciarocchi, Luigi Bartolini, Wladimiro Tulli, Aurelio De Felice,
Domenico Purificato. Il museo è suddiviso in quattro sezioni, l'astrattismo, quello dei pittori
umbri, la grafica e pittori recanatesi del '900, due sale dedicate a W. Tulli e Lorenzo Gigli.
Museo della chitarra Oliviero Pigini: si trova presso il palazzo comunale, inaugurato nel 2004,
ospita modelli di chitarra della ditta EKO, prodotti tra gli anni '60-'70, usati per la musica beat e
rock 'n roll.
Museo del silicio "Silicio Inside": temporaneamente allestito nel biennio 2011-12, è stato poi
inserito in maniera permanente nel contesto urbano recanatese dal 2013. Collaborando con
l'Università di Camerino e l'Associazione della Cultura d'Impresa "Il Paesaggio
dell'Eccellenza", il tema riguarda l'uso del silicio e le sue proprietà chimico-fisiche di
sfruttamento per le apparecchiature elettroniche e industriali.

Eventi
Amantica: Nato nel 2010 si svolge nel quartiere di Castelnuovo e propone un programma
incentrato sulla musica tradizionale e sullo strumento dell'organetto. Il festival vede la direzione

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[14]
artistica di Elisa Ridolfi.
Botteghe Aperte: Nato nel 2010 si svolge ogni anno nella zona artigianale ex Eko e propone
un'esposizione e dimostrazione di prodotti artigianali del territorio. Il programma prevede inoltre
conferenze tematiche, corsi di degustazione, esibizioni musicali, laboratori e giochi per
bambini. L'evento è organizzato dall'associazione culturale Su la Testa.[15]
Memorabilia: festival di musica folk e pop in memoria del cantante marchigiano Oliviero de
Quintajé. Il festival è organizzato dal Centro fonti San Lorenzo.
Electronic Music Festival Recanati (EMF Recanati): Evento culturale di musica elettronica che
si svolge nella piazza G. Leopardi, organizzato da giovani artisti recanatesi.

Economia
Lo stesso argomento in dettaglio: Distretto industriale plurisettoriale di Recanati -
Osimo - Castelfidardo.

Sul suo territorio hanno sede l'azienda iGuzzini, produttrice di apparecchi di illuminazione per
interni ed esterni, l'azienda Clementoni, produttrice di giocattoli educativi e la fabbrica F.lli
Guzzini che produce stampi in plastica.

Amministrazione
Storici sindaci sono stati Luigi Flamini, negli anni '50, e
Franco Foschi, dal 1960 al 1970.

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Periodo Primo cittadino Partito Carica Note

26 novembre 22 giugno Orazio Mario [16]


Democrazia Cristiana Sindaco
1985 1990 Simonacci

22 giugno 1990 23 aprile 1995 Luca Marconi Democrazia Cristiana Sindaco [16]

26 giugno [16]
24 aprile 1995 Roberto Ottaviani Sinistra Sindaco
1999
13 giugno [17]
27 giugno 1999 Fabio Corvatta Centro-sinistra Sindaco
2004

21 giugno [17]
14 giugno 2004 Fabio Corvatta Centro-destra Sindaco
2009

25 maggio [18]
22 giugno 2009 Francesco Fiordomo Partito Democratico Sindaco
2014
Partito Democratico-UDC-Liste [19]
25 maggio 2014 9 giugno 2019 Francesco Fiordomo Sindaco
civiche

10 giugno 2019 in carica Antonio Bravi Lista civica Sindaco [16]

Sport

Società sportive

Ginnastica Artistica

La società di spicco per la ginnastica artistica è l’Associazione dilettantistica Artistica Recanati che
festeggia nel 2023 i suoi trent’anni; da quest’anno milita in serie C.

Calcio

Come nel resto d'Italia, il calcio è la disciplina più popolare e seguita. La principale squadra di
calcio locale è l'Unione Sportiva Recanatese 1923 che milita in Serie C. Le altre squadre cittadine
sono il CSI Recanati, l'Atletico Recanati e l'Europa Calcio, tutte e tre militanti in Terza Categoria.

Pallacanestro

A Recanati la pallacanestro è uno sport molto radicato. In città hanno sede l'Unione Sportiva
Basket Recanati, militante in Serie B, e l'Associazione Dilettantistica Pallacanestro Recanati,
militante in Serie C.

Altre società sportive


Club Scherma Recanati, associazione sportiva affiliata alla Federazione Italiana Scherma,
scherma di fioretto e spada;
Società Sportiva Atletica Recanati.

Tornei
Guzzini Challenger: torneo professionistico di tennis giocato sul cemento.

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Note
1. Dato Istat (https://demo.istat.it/app/?a=2023&i=D7B) - Popolazione residente al 31 ottobre
2023 (dato provvisorio).
2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in
Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia
e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012
(archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
4. ^ Armando Bettini, Storia di Recanati, Recanati, Tecnostampa, novembre 1990, pp. 52-63.
5. ^ Lapide Commemorativa a Giuseppe Garibaldi (http://www.chieracostui.com/costui/docs/searc
h/schedaoltre.asp?ID=4459/)
6. ^ Sito di Artika Festival (http://www.artikafestival.it/) Archiviato (https://web.archive.org/web/201
10521095903/http://www.artikafestival.it/) il 21 maggio 2011 in Internet Archive.
7. ^ FAI, Orto sul Colle dell'infinito, su fondoambiente.it.
8. ^ A. Marchi, Trecento veneziano nelle terre adriatiche marchigiane, in Pittura veneta nelle
Marche, a cura di V. Curzi, Cinisello Balsamo, 2000, pag. 46.
9. ^ P. Mazzei, Pier Simone Fanelli d’Ancona: un pittore “eccentrico” nelle Marche del Seicento, in
Historia Nostra, 1/2009, pag. 71.
10. ^ Amico Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Alessandro
Mancini, Macerata 1854, Tomo I, p. 139, n. 26.
11. ^ Matteo Mazzalupi, Baldo de’ Sarofini, Madonna del Soccorso e i Beati Placido e Bartolomeo,
in Lorenzo de Carris e i pittori eccentrici nelle Marche del primo Cinquecento, a cura di
Alessandro Delpriori, catalogo di mostra, Perugia, 2016, pagg. 94 - 97.
12. ^ Statistiche I.Stat (http://dati.istat.it/Index.aspx) - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
13. ^ Museo Beniamino Gigli, su Infinito Recanati.
14. ^ Sito di Amantica, su amantica.it (archiviato il 5 luglio 2012).
15. ^ Sito dell'associazione culturale Su la Testa promotrice dell'evento Festa dell'artigiano -
Botteghe Aperte (http://www.sulatestanews.it/)
16. http://amministratori.interno.it/
17. Repubblica.it - Elezioni 2004, su repubblica.it. URL consultato il 23 ottobre 2012 (archiviato il 25 gennaio
2011).
18. ^ Speciale elezioni 2009 - Elezioni Amministrative 6-7 giugno 2009 - Comunali - Recanati, su
repubblica.it. URL consultato il 23 ottobre 2012 (archiviato il 28 maggio 2013).
19. ^ Sito del Ministero degli interni, su elezionistorico.interno.gov.it. URL consultato il 15 luglio 2014.

Bibliografia
Giovanni Francesco Angelita, Origine della città di Ricanati e la sua historia e discretione
(1601), ristampa a cura di F. Foschi, Micheloni Editore, 1978
https://it.wikipedia.org/wiki/Recanati 23/24
29/02/24, 12:45 Recanati - Wikipedia

Angelo Antonio Bittarelli, Macerata e il suo territorio. La pittura, Cassa di Risparmio di


Macerata, 1985
Angelo Antonio Bittarelli, Macerata e il suo territorio. La scultura, Cassa di Risparmio di
Macerata, 1986
Gabriele Mariani, Il dialetto recanatese - dizionario - note linguistiche, modi di dire, proverbi,
Tecnostampa 1991
Monaldo Leopardi. Annali di Recanati, Loreto e Porto Recanati. Edizione Centro Nazionale
Studi Leopardiani, 1993
Fabio Mariano. Architettura nelle Marche dall'età classica al liberty, Nardini editore, 1995
Giuseppe Santarelli, Le origini del Cristianesimo nelle Marche, Edizioni Lauretane della Santa
Casa, 2007

Voci correlate
Leopardi (famiglia)
Palazzo Leopardi
Stadio Nicola Tubaldi

Altri progetti
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Collegamenti esterni

Sito ufficiale, su comune.recanati.mc.it.


Recanati (Macerata), su sapere.it, De Agostini.
VIAF (EN) 124369957 (https://viaf.org/viaf/124369957) · SBN BVEL002864 (https://op
ac.sbn.it/luogo/BVEL002864) · J9U (EN, HE) 987007536512605171 (http://olduli.nli.or
Controllo di
g.il/F/?func=find-b&local_base=NLX10&find_code=UID&request=9870075365126051
autorità
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