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direzione d’orchestra
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La figura del direttore d’orchestra in senso che dovranno gestire l’apparato organizzativo
moderno nasce all’inizio del XIX secolo. che ruota attorno al mondo musicale.
Prima di allora la direzione non era concepita Anche in orchestra, quindi, la risposta al
come entità autonoma. Fino alla fine del ‘700, cambiamento è la creazione di una
infatti, le funzioni di direzione venivano svolte organizzazione. Al direttore viene destinata
dal primo violino o dal clavicembalista, e un’ubicazione ben visibile a tutti gli esecutori,
consistevano semplicemente nel tenere il tempo fuori dalle aree orchestrali o corali, e un leggio
e nell’indicare gli attacchi: la musica non particolare mentre le sue funzioni diventano
raggiungeva, nel ‘700, un livello di complessità via via sempre più ampie, passando dalla
tale da richiedere l’intervento di un coordinatore semplice sincronizzazione fino ad investire
esterno. molti aspetti dell’esecuzione, prova essendone
Le ragioni per cui, nell’800, si rese necessaria l’evoluzione della partitura di direzione che
la presenza di un direttore vero e proprio sono, si trasforma da un semplice rigo indicativo
da un lato, prettamente artistiche, come la delle entrate strumentali fino a comprendere
crescente complessità delle partiture orchestrali tutte le parti.
e altri problemi connessi con la prassi I direttori ottocenteschi, infatti, usavano
esecutiva, ma derivano anche dalla necessità le partiture complete solo per il proprio studio,
di allargamento del repertorio imposta dal dirigendo, poi, con la sola parte del primo
declino del mecenatismo e dall’entrata della violino sulla quale erano aggiunte le entrate
musica nel mercato. degli altri strumenti (nella direzione di opere
Se i primi concerti a pagamento di cui abbiamo teatrali, vi era anche un rigo per i recitativi).
notizia si tennero a Londra già nel 1672 per Successivamente fu adottata una forma
opera di Bannister, violinista e compositore, riassuntiva, detta del “violon principal”
e lo stesso Händel dà notizia dell’esecuzione comprendente il rigo superiore del primo
delle proprie opere con “vendita di biglietti violino, quello inferiore del basso, un duplice
alla porta” fin dal 1741, è soltanto nel 1770 rigo contenente una riduzione delle parti
che un gruppo di mercanti apre, a Lipsia, una restanti, un rigo con le entrate più importanti
sala da concerto, dapprima su base saltuaria dei solisti e del coro.
e poi, a partire dal 1781, in pianta stabile. Un ulteriore e definitivo assestamento
Inizia, più o meno gradualmente, il passaggio all’arte direttoriale fu dato da Berlioz e Wagner.
dalla nobiltà alla borghesia e nello stesso Le loro orchestrazioni e composizioni
tempo la musica si trasforma da attività oggetto innovative, esigendo capacità esecutive altamente
di mecenatismo e non vendibile in quanto progredite, imposero la necessità di un’arte
simbolo di potere ad attività con un valore direttoriale del tutto svincolata dalle concezioni
determinato dal mercato e simbolo di un fino ad allora vigenti. In tal modo il direttore
altro potere. arrivò gradualmente ad occupare la posizione
Questo complesso di nuove necessità, di leadership che oggi detiene.
di carattere sia artistico che di mercato, altera Mutamenti di notevole portata si ebbero
profondamente le posizioni sia del compositore anche nella posizione degli orchestrali al punto
che dell’esecutore e crea nuove figure da dar vita a una organizzazione piramidale
professionali, come quella del direttore direttamente mutuata dal mondo militare,
d’orchestra e dei funzionari di quelle istituzioni anche in considerazione della scarsa autonomia
La fertilità del pensiero analogico e il valore delle metafore L’uso della metafora non è quindi solamente espressivo,
è importante, anche nella scienza. La pura e rigorosa ap- evocativo. L’ambito dell’explanandum finisce per essere
plicazione della logica, sostenne Wittgenstein, finisce per modificato e ridescritto dall’explanans. Ciò consente un
condurci solamente a tautologie. La letteralità senza mar- arricchimento nella descrizione e nella comprensione del-
gini e fantasia, si può aggiungere, rischia di estinguersi in l’oggetto indagato. Ma può indirizzare il pensante verso
se stessa, di bloccare. Dare a una cosa il nome che appar- prati, magari ameni e divertenti, ma pur sempre prati. Forse
tiene a un’altra cosa: è la metafora. è qui il caso di riprendere una delle differenze cruciali tra
Così possiamo passare dal genere alla specie o dalla spe- scienza e letteratura: le metafore della scienza, al contra-
cie al genere; possiamo persino passare da specie a specie, rio di quelle letterarie, vanno sottoposte a verifiche em-
sulla base di una analogia, come già sostenne Aristotele piriche, anche se la logica e le metodologie del nostro se-
(Poetica, 21, 1457b7). colo sono meno diffidenti nei confronti dell’analogia di
Ma perché ricorrere alle metafore? Per difendersi dalle co- quanto non fosse la scienza dell’800.
se? Forse, in certi casi. Ma in altri la metafora è uno stru- L’analogia ci serve soprattutto perché consente di sondare
mento necessario (lo sostenne Tommaso, ST, I, 9ad. 1-2), l’uguaglianza dei rapporti. Così la creazione di simboli che
perché talora i concetti spirituali non possono essere espres- abbiano somiglianze maggiori o minori con le situazioni
si che attraverso immagini sensibili. Non so se il concetto reali, i cui rapporti riproducano quelli inerenti agli elementi
di organizzazione sia spirituale. Mi sembra piuttosto che di tali situazioni. Ogni modello è un esempio di analogia:
il termine stesso “spirituale” sia poco frequentato, e nel di- è proprio di un modello riprodurre fra i propri elemen-
scorso quotidiano e in quello della sociologia dell’orga- ti gli stessi rapporti degli elementi della situazione reale.
nizzazione, o della formazione, o del management. Forse Ma in questi trasferimenti di significato, che estendono la
lo spirituale emerge nella gestione simbolica, nei temi che validità di una proposizione utilizzando una proposizione
ruotano intorno alla cosiddetta soft organization, quan- genericamente simile, bisogna stare attenti, come ho det-
do si parla di identità, visione, comunicazione, clima or- to pocosopra, a non andare per prati. E veniamo all’orche-
ganizzativo, valori e infine cultura di un’organizzazione. stra. Gli strumentisti della musica classica, solisti od orche-
Ma: se la metafora mostra le sue utilità quando l’oggetto strali, sono detti esecutori. E’ ben vero che interpretano,
cui ci si riferisce il nome non ha concretezza univoca, è an- ad esempio scelgono il tempo, laddove l’autore non l’ab-
che vero può prestarsi ad essere ora una distrazione pura bia indicato con la cifra esatta del metronomo, come suc-
e semplice e ora uno schermo proiettivo, più che un ri- cede per molta musica dell’800 e contemporanea. Inter-
mando efficace. Organizzazione è termine polisemiotico, pretano l’agogica, dosando il forte, il fortissimo (fino a tre,
è nozione o costrutto o concetto che si presta poco ad es- quattro f) o il piano e il pianissimo (pppp). Aggiungono
sere rappresentato, ad esempio da un grafico che deve mo- respiri e fraseggi. Immettono l’anima e il tono. Ma resta-
strare con una icona a quale realtà rimanda il nome. In- no impegnati ad una fedele esecuzione delle note scritte
terrogando dirigenti sulla loro organizzazione succede spes- sullo spartito, vincolati al manufatto cartaceo dell’autore.
so che inizino a disegnare l’organigramma, nonostante tut- E’ consueto, nelle lezioni di musica, chiedere prima l’e-
ti sappiano che rappresenta in modo molto riduttivo l’or- secuzione fedele delle note (senza note false o omissioni)
ganizzazione, limitandosi a indicare i pur importanti rap- e poi l’interpretazione. Forse è proprio ciò che distingue
porti di autorità legittima e formale. Così si ricorre alle me- il dilettante dal professionista: il rigore riproduttivo di tut-
tafore dell’organizzazione: e il libro famoso di Morgan am- to quanto c’è nello spartito, perché un fa diesis deve es-
pliò e autorizzò il lavoro di metaforizzazione nei confronti sere quello e così un si bemolle. L’interpretazione è quin-
delle organizzazioni. Ma le metafore rilevano somiglian- di un importantissimo quid, ma è un quid che si aggiun-
ze o finiscono per crearle? Di fatto il significato letterale ge alla esecuzione fedele e rigorosa del manoscritto, dan-
e quello metaforico finiscono per interagire, e il linguag- dogli vita e consentendone l’ascolto. Così in una orche-
gio (che vive ed è storico, in continua trasformazione) le stra. Il vincolo strettissimo è la partitura. Vincolo che du-
recepisce. Pensiamo a quelle familiari: la matrice, la filia- ra sino al secolo scorso, quando alcuni autori (penso a Ma-
le. Pensiamo a quelle somatiche: il capo, il corpo sociale, derna) scrivono partiture con spazi liberi di improvvisazione
le braccia e la mente. O a quelle macchiniste: le leve or- creativa. Ma sono casi rari, sperimentali, di un modello com-
ganizzative, i flussi e i processi, la meccanica delle proce- positivo che mi sembra poco seguito. Se la metafora è uti-
dure e dei “meccanismi” organizzativi. le, mi pare debba essere usata come un biglietto di anda-