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I MATTONI DEL BRUNELLESCHI

La geometria reciproca tridimensionale


della Spinapesce nella concezione strutturale
della Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze

Attilio Pizzigoni
Architetto, Professore, Dip. di Ingegneria dell’Università di Bergamo
attilio.pizzigoni@unibg.it

SOMMARIO_"Si faccia di mattoni grandi ... i quali si murino con quello spinapesce
sarà deliberato per chi l'avrà un conducere ... e murisi con gualandrino con tre
corde ... " , così sta scritto nel Rapporto dei Provveditori del 24 gennaio 1426.
L’obiettivo di questo scritto è quello di studiare la geometria spaziale
dell’ammorsamento dei mattoni e la loro configurazione all’interno dello spessore
della volta del Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze. "Spinapesce " è la parola
che viene utilizzata per descrivere questa particolare posizione dei mattoni, ma
raramente la letteratura in proposito accenna alla giacitura tridimensionale dei
mattoni e al loro reale allineamento all’interno della geometria della Cupola.
Questo documento vuole fornirne un'ipotesi probabile e plausibile fondata
sull’analisi di questa specialissima disposizione tridimensionale dei mattoni e sulla
loro reciproca interazione statica. Per verificarne quindi la concretezza attraverso la
realizzazione di modelli fisici e virtuali.

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Queste sono quindi le fondamentali questioni a cui si è cercato di dare una risposta:
- Come sia stato raggiunto l’equilibrio statico della volta in mattoni in fase di
costruzione grazie soltanto al reciproco sostegno dei mattoni congiunti tra loro in
senso tridimensionale, e senza l’ausilio di armature e in ogni caso prima che le
malte, allora a presa molto lenta, avessero potuto fare presa.
- Come posare in opera questi corsi tridimensionali e reciproci di mattoni su un letto
di posa troncoconico e quindi tutti orientati rispetto ad un unico centro sull’asse
centrale della Cupola, in modo tale da realizzare una volta di rotazione: l’unico tipo
di volta che poteva essere costruita senza l’ausilio di armature (come viene
chiaramente affermato fin dal testo contemporaneo di LeonBattista Alberti del De re
aedificatoria , Lib.III, Cap XIV).
- Come siano stati posti in opera questi mattoni, con l’uso di un particolare
strumento, il cosiddetto “Gualandrino”, (una sorta di squadra a tre aste invece che
le usuali due), che avrebbe appunto dovuto tenere sotto controllo l’allineamento dei
mattoni nelle tre dimensioni dello spazio e non solo nelle due dimensioni del piano.
Da questo punto di vista va anche ricordato come tutte le fonti storiche e
contemporanee sul capolavoro del Brunelleschi non riferiscono dell’uso di mattoni
tradizionali, ma riferiscono di mattoni insoliti, sicuramente di misure non usuali, da
lui stesso prescritti e talvolta persino modellati sperimentalmente ritagliando grandi
zucche. La loro definizione sembra quindi essere stata così importante da richiedere
che lui stesso ne avesse spesso seguito e controllato personalmente le
caratteristiche, recandosi anche presso le fornaci. Questa ricerca vuole infine
ipotizzare una possibile procedura per costruire strutture voltate in muratura in
muratura utilizzando mattoni di tipo non tradizionale ma di tale forma che li renda
stabilizzabili in una connessione di equilibrio reciproco, montabili e smontabili a
secco. In questo senso l’uso di software per la modellazione parametrica ci
permetterà di mettere a punto mattoni adatti alla realizzazione di strutture voltate
con forme e geometrie diverse, variando opportunamente l'algoritmo di base.

ABSTRACT
BRUNELESCHI’S BRICKS
Reciprocal tridimensional herringbone volting
Brunelleschi’s Dome in Florence
“Si faccia di mattoni grandi ... i quali si murino con quello spinapesce sarà
deliberato per chi l’avrà a conducere … e murisi con gualandrino con tre corde…”,
quote from Rapporto dei Provveditori of 24th January 1426.
This paper focuses on how the brick bond and masonry pattern are configured
inside the dome of the Santa Maria del Fiore Cathedral in Florence, Italy.
“Herringbone” is the word that’s always used to describe it, but there’s hardly a
mention of the true nature of the three-dimensional layers of bricks in the dome’s
spatial geometry. This paper intends to address these issues and provide a likely
and plausible hypothesis. Said hypothesis is founded on a very special three-
dimensional, reciprocal interaction of its bricks, and is verified by virtual models
and physical prototypes. The questions this paper intends to answer are:
How to reach static equilibrium of masonry with or without the contribution of
mortars, or else before the final (very slow) setting time of lime mortar – just by
relying upon their three-dimensional reciprocal bonding.
How to lay such three-dimensional reciprocal bricks on a ring bed with a centre
around which all the bricks are aligned, and thus build a shell as a solid of revolution.

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This the only kind of dome which may be constructed without scaffolding or ribs, as
testified by Leon Battista Alberti in De re aedificatoria, Lib.III Cap XIV.
How to lay these bricks using a very particular device, the so-called gualandrino (a
kind of geometric square rule with three rulers not just the usual two), in order to
obtain spatial coordinates beyond those two in the plan of brick layers. From this
point of view all former and current references to Brunelleschi’s masterwork do not
refer to normal, traditional bricks. Instead we discuss the the very unusual,
outsized bricks which he himself designed and modelled by cutting experimental
shapes from enormous turnips. Their design was so particular that he oversaw their
manufacture personally, even as far as the furnaces.
This research indicates a possible procedure that would allow the construction of
whole or parts of masonry domes using a non-traditional type of brick, through
mountable and demountable reciprocal interaction. Moreover we have employed a
parametric modelling software which enables us to generate different shapes by
varying the ruling algorithm.

PAROLE CHIAVE | KEYWORDS


Cupola del Brunelleschi, spinapesce, muratura con ammorsamento tridimensionale,
costruzione di volte senza cassaforme
Brunelleschi’s Cupola, Herringbone, Three-dimensional Briks Bond, built without
formwork, masonry domes

1. Sezione trasversale della Cupola (da H. Saalmann) [17].

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24 GENNAIO 1426
Il 24 gennaio del 1426, il rapporto ai signori Operai e Ufficiali Provveditori della
Cupola fiorentina riporta le seguenti parole di Filippo Brunelleschi: "Si faccia di
mattoni grandi ... i quali si murino con quello spinapesce sarà deliberato per chi
l'avra un conducere ... e murisi con gualandrino con tre corde ...". Stilato dal notaio
Giuliano di Tommaso di Guccio e presentato agli Operai del Duomo e ai quattro
Ufficiali della Cupola, questo rapporto costituisce una sorta di “verbale in corso
d’opera” in uno dei momenti più problematici dell’avanzamento dei lavori ormai
giunti a un a fase decisiva in merito alla decisione da prendere sulla procedura
stessa della costruzione. Sorprendentemente il dibattito che viene riportato non
riguarda la diatribe tra antichi e moderni, tra classici e anticlassici, ma con poche e
definitive frasi viene messo a punto il programma per portare a compimento i lavori
della grande Cupola.
I termini della questione erano chiari e le discussioni dovevano essere accese
perché da un lato la costruzione era già giunta al secondo camminamento, circa
undici metri sopra l’imposta della cupola stessa, ma ancora restavano da chiarire se
e quante catene di legname o di pietra fossero necessarie per assorbire la spinta
della volta; rimanevano poi i dubbi sul modo di far penetrare all’interno una
quantità di luce sufficiente. Soprattutto emergeva con evidenza che la scelta di
voltare la cupola senza l’aiuto di centine e di armature era già stata presa per
evidenti ragioni economiche, ma nessuno se non il solo Filippo di Ser Brunellesco
sapeva esattamente come procedere, e la ritrosia dello stesso a darne più precise
indicazioni era evidente come recita esplicitamente il citato rapporto ove dice che,
“dalla trenta braccia in su”, i mattoni “si murino con quello spinapescie sarà
deliberato per chi l’avrà a conducere”.
D’altra parte le geometrie e le proporzioni della struttura erano da tempo definite:
già cinquant’anni prima le lunghe discussioni tra i maestri costruttori - in particolare
erano dovute a Francesco Talenti le maggiori trasformazioni e ampliamenti rispetto
al primitivo progetto di Arnolfo di Cambio - si erano concluse con la costruzione di
un modello di cui ancora vediamo la rappresentazione nell’affresco di Andrea
Buonaiuti in Santa Maria Novella. Allora, nel 1367, i “Maestri e Dipintori” dell’Opera
del Duomo avevano solennemente giurato che avrebbero rispettato la “geometria”
di quel modello, che per loro rappresentava ciò che oggi definiremmo come un vero
e proprio principio strutturale. È noto infatti che la pratica costruttiva dell’epoca
fondava la propria consapevolezza tecnica sul dimensionamento proporzionale e
geometrico delle parti degli edifici. Le scelte due/trecentesche dell’arco di quinto
acuto erano in tal senso derivate dalle concezioni strutturali gotiche, ed erano
peraltro coerenti con il peso della lanterna che non sarebbe stata sostenuta
agevolmente da una cupola emisferica come quelle romane; ma allo stesso tempo il
progetto rappresentato dal Buonaiuti sembra distanziarsi da quella visione gotica,
se consideriamo che il tamburo dello spessore di cinque metri appare più simile ai
massicci piedritti delle cupole romane che non agli esili contrafforti degli archi
rampanti della architettura due e trecentesca. Inoltre, la presenza di tre semicupole
sul transetto e sull’abside, certamente anch’esse con un ruolo di contenimento delle
spinte orizzontali, richiamano l’impianto di Santa Sofia a Costantinopoli, opera che
molti studiosi danno per conosciuta dal Brunelleschi.
Alla data del citato rapporto la costruzione stava quindi alla quota del secondo
camminamento, aveva raggiunto quasi sessanta metri dal suolo e si presentava con
il grande vano di quaranta metri di diametro spaventosamente vuoto e con il primo
tratto della cupola che già voltava di dieci gradi rispetto al suo piano di imposta. A
circa 12 braccia, circa 7 metri, sopra la quota del piano di calpestio del primo
camminamento, il materiale non era già più quello della pietra forte: dal 21 ottobre

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del 1422 si era infatti passati all’utilizzo dei mattoni di grosse dimensioni (i
cosiddetti quadroni di misure variabili di circa 50x25x6cm. e 40x20x5,5cm. [4]).
Queste erano le condizioni alla metà del terzo decennio del Quattrocento e ancora
restavano molto forti i dubbi su come si sarebbe voltata la cupola. Può apparirci
strano pensare che la classe dirigente di quella che allora era tra la città-stato più
potenti del mondo, che con quest’opera voleva emulare la grandezza imperiale
romana e surclassare le città rivali di Pisa e di Siena, si affidasse ciecamente
all’azzardo di una tale incertezza costruttiva e a un’affermazione peraltro
indimostrata di costruire una simile opera senza l’uso dei casseri in fase esecutiva.
Certo esisteva il Pantheon romano a dimostrare con il suo occhio aperto che le
cupole potevano essere costruite per anelli concentrici sovrapposti, ma qui
l’impegno costruttivo riguardava una cupola a base ottagonale. Bisogna poi
aggiungere che la consapevolezza di tale scelta non era priva di fondamento.
Infatti, il mito che ancora avvolge la genialità di Filippo Brunelleschi ha forse
esasperato la sua immagine come quella di un inventore solitario e visionario,
quando appare chiaramente dai documenti che i rapporti contrattuali di consulenza
da parte di Filippo con l’Opera del Duomo datavano con una certa continuità almeno
dal 1404, ben prima cioè del famoso “concorso” del 1418; così come sono
documentati i rapporti che egli mantenne con matematici dell’epoca proprio sui
problemi della geometria della Cupola.

2. Sezione della cupola con indicazione dei materiali utilizzati (da M.Coli) [4].

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3. Indicazione dei tempi e delle date di realizzazione dei lavori per la costruzione della Cupola
scheduled times and events (da M. Haines) [9].

LA SPINAPESCE
Non è questo il luogo per ripercorrere le vicende e le idee di un uomo come Filippo
Brunelleschi e la storia delle sue opere nel panorama del primo Rinascimento
fiorentino, piuttosto qui è del dispositivo a spinapesce da lui messo a punto che
vogliamo occuparci e del suo farsi metodo costruttivo e specifica tecnica muratoriale.
Innanzitutto dobbiamo dire che tale tecnologia era già presente nella pratica
costruttiva di allora e, senza dover citare esempi antichi romani e bizantini che pure si
basavano su particolari giaciture “inverse” dei letti di posa dei mattoni, restano
tuttora numerose testimonianze coeve dell’uso di tale accorgimento esecutivo: da San
Lorenzo, a Santo Spirito, alle chiese del Calcinaio e di Santa Maria Nuova a Cortona.
D’altra parte sono ben note le interpretazioni moderne che di questa tecnica sono
state date almeno da quando, per primo, la rilevò e la descrisse Piero Sanpaolesi
nel 1925 [18], fino alle più recenti analisi di Rowland Mainstone [11] e di Salvatore
di Pasquale [6] ai quali si deve, fin dagli anni Settanta, l’aver compreso come nel
sistema costruttivo a spinapesce prendesse forma quella cupola di rotazione che era
la sola realizzabile senza armature, come appariva nelle opere della romanità e

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come affermava anche LeonBattista Alberti nel trattato scritto in anni poco
successivi a quelli della Cupola [1]. Dalle analisi strutturali di Salvatore di Pasquale
in poi è data infatti per acquisita la presenza quasi “nascosta” di una cupola di
rotazione all’interno della forma ottagonale e realizzata proprio grazie alla
spinapesce e alla giacitura conica dei letti di posa dei mattoni. Furono proprio
Mainstone e di Pasquale a dare la spiegazione geometrica della “cordablanda”,
come intersezione del cono di giacitura dei mattoni con le otto volte semicilindriche
degli estradossi. Mente altri studiosi, come lo stesso Sampaolesi, non avendo
intuito la natura di rotazione della cupola, avevano attribuito alla cordablanda
diverse finalità strutturali. Tutto ciò appare oggi dimostrato esaurientemente negli
studi sulla Cupola: una circostanziata conferma di tale geometria costruttiva viene
ribadita nel saggio di Lamberto Ippoliti e Chiara Peroni [10], nelle analisi
sperimentali di Chiarugi e di Blasi [3], nei rilievi di Riccardo Della Negra [7], nelle
analisi materiche di Massimo Coli [4], e nelle indagini di Margaret Haines [9]. Ma,
nello stesso tempo, è proprio da questi studi che emerge una necessità di maggiori
approfondimenti sulle caratteristiche dei materiali usati in quella parte terminale
della Cupola interessata appunto dalla orditura dei mattoni a spinapesce.
Sembra insomma che questa enorme massa di studi sulla Cupola sia oggi quasi
sospesa in un giudizio che ancora richiede di approfondire i modi e i materiali
esecutivi per quel tratto della volta che va dal secondo camminamento all’anello di
chiusura. Si tratta di una muratura spessa più di 220 centimetri, intonacata
all’interno e all’esterno, di cui risulta difficile definire dimensioni e giaciture dei
materiali usati nella sua parte più interna. Anche i pochi carotaggi fatti lasciano
molti dubbi poiché essi sono fatti in maggior parte nella parte bassa della Cupola e
perché le loro direzioni non sempre coincidono con gli angoli di orientamento dei
mattoni nello spazio tridimensionale della volta. A noi interessa dunque conoscere
la parte alta di questa struttura della Cupola, quella che nel citato rapporto del
1425/6, viene descritta come la prevista costruzione “a spinapesce”.

4. L’orditura a spinapesce nella parte alta dell’intradosso della Cupola temporaneamente visibile
durante i lavori di restauro degli affreschi (1988-95).

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5. Tracce dei letti di posa a “cordablanda” dei mattoni sull’estradosso della cupola durante i
lavori di riparazione della copertura (1970).
6. Antonio da Sangallo il Giovane (c.a 1500) Firenze, Gabinetto Uffizi, dis.n. 1330.

IL GUALANDRINO
L’indizio fondamentale di questa mitica orditura autoportante restano quindi le
parole dello stesso Brunelleschi riportate nel rapporto, proprio dove afferma che il
lavoro debba essere fatto col “gualandrino”, particolarissimo strumento di difficile
descrizione e che non risulta peraltro mai richiamato in altre occasione tra i
documenti dell’Opera del Duomo. Se non possiamo ricostruire il meccanismo di tale
strumento ci rimane comunque la certezza che attraverso di esso venisse
controllata l’orditura muraria individuando tre direzioni di allineamento. Il
“gualandrino” viene infatti talvolta citato negli antichi dizionari cinquecenteschi
come una sorta di “squadra zoppa” fornita di regoli mobili, i quali in questo caso,
non dovevano essere appunto due come tradizionalmente sono nelle squadre, ma
invece tre per definire gli allineamenti spaziali. [19]
Brunelleschi è universalmente noto come l’“inventore” della Prospettiva lineare
rinascimentale, cioè di quella che la geometria proiettiva definirà come
rappresentazione sul piano-quadro di uno spazio-oggetto tridimensionale mediante
una proiezione centrale di rette passanti per un punto-occhio. Sarebbe opportuno a
questo proposito aprire una parentesi su quale fosse la concezione prospettica di
Brunelleschi rispetto alla conoscenza degli antichi che pure oggi viene da tutti
riconosciuta, ma che certamente si distingue da quella che poi formalizzeranno
l’Alberti e Piero della Francesca, e ancora diversa da quella che si ipotizza fosse la
concezione di Leonardo o di Paolo Uccello. Si tratta di differenze che ha ben
evidenziato Erwin Panofsky [15] e che riguardano la concezione tridimensionale
dello spazio: inteso come continuum piuttosto che giustapposizione di singoli corpi.
Proprio a partire da Panofsky alcuni studiosi tra cui l’Argan [2] hanno letto queste
caratteristiche che distinguono il pensiero prospettico di Brunelleschi da quello
dell’Alberti e dalla cosiddetta “costruzione legittima” che diventerà l’interpretazione
predominante della rappresentazione prospettica fino alla fine del secolo XIX.
Questo non è il luogo per approfondire l’argomento, ma resta il riconoscimento di
una celebrata competenza del Brunelleschi, la quale ci induce alla sicura
affermazione che egli non poteva non avere una visione tridimensionale dello
spazio. Era certamente a lui ben chiaro come dovessero allinearsi in modo
tridimensionale le possibili orditure strutturali di mattoni all’interno di una superficie
complessa e a doppia curvatura come quella di una volta di rotazione.

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L’immagine che noi percepiamo della spinapesce, osservandola sulla superficie degli
intradossi e degli estradossi della Cupola, ci restituisce solo due direzioni di
un’orditura che non può che essere continua e tridimensionale. Per aderire alla
spazialità tridimensionale della volta tale orditura deve svilupparsi nello spazio, e lo
fa secondo quella spirale sghemba la cui traccia appare riconoscibile nei tratti di
mattoni verticali emersi dalle cadute di intonaco (vedi figura 4). Si tratta di una
linea a spirale detta anche concoide come la forma di una conchiglia e che più
propriamente chiameremo lossodromia come quella spirale ben nota ai naviganti
che mantiene angoli costanti rispetto ai meridiani e ai paralleli (vedi figura 12).
Ne consegue evidentemente il fatto che i mattoni che compongono una tale forma a
spirale debbano adattarsi a un continuo allineamento del loro reciproco piano di
posa. Questo sarebbe stato appunto il ruolo di uno strumento di tracciamento come
il gualandrino, che per definire gli allineamenti dei mattoni nello spazio doveva
assumere tre diversi riferimenti: l’asse centrale della cupola (essendo una cupola di
rotazione), il piano orizzontale (in quanto i mattoni posati senza armature dovevano
necessariamente gravare uno sull’altro), e la sezione verticale lungo i meridiani. La
testimonianza di questi riferimenti meridiani è ancora presente nelle tracce delle
centine traccianti sagomate a pie’ d’opera secondo l’arco di quinto acuto, collocate
agli spigoli interni dell’ottagono e fissate con le zanche di ferro ancora presenti
sotto gli intonaci dell’affresco, (vedi figura 11b) (immagine ripresa dal volume di R.
Dalla Negra pag 21 – citato in bibliografia [7]).
Il gualandrino è quindi lo strumento necessario per tracciare i fili, cioè gli
allineamenti, sempre diversi ad ogni corso, che i mattoni assumono per aderire alle
tre geometrie della costruzione: in primo luogo alla traccia circolare continua dei letti
di posa conici, con il vertice nell’asse verticale della Cupola; poi all’arco a quinto acuto
sulla sezione verticale data dalle centine traccianti; e un terzo allineamento è quello
pressoché “orizzontale” per evitare lo scivolamento dei mattoni sulla malta fresca con
l’aumentare dell’inclinazione dei letti di posa. Se essi dovessero seguire l’inclinazione
del raggio di rotazione si inclinerebbero ben oltre i sessanta gradi. Questo ultimo
allineamento di ribaltamento dei letti di posa verso l’esterno riprende in parte una
tecnica costruttiva già in uso nelle cupole romane (Tempio di Roma a Roma) bizantine
(Duomo di Murano) e ricordata dallo stesso R. Mainstone negli esempi antichi della
cupola di Santa Sofia e del Mausoleo di Oljeitu a Sultaniya [11].

8a. Strumento per il controllo di tre allineamenti spaziali detto Diottra di Ipparco nella descrizione di Erone (da H.
Schoene). 8b. Strumento per il controllo della curvature delle cupole utilizzato da Rafael Gustavino Moreno
(1842-1908) per la realizzazione della cupola di St. John Cathedral, New York.

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7. Modelli 3d della disposizione dei mattoni a spinapesce e dei “diatoni” di connessione tra
l’orditura delle costolature e quella delle murature di raccordo.

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L’AMMORSAMENTO TRIDIMENSIONALE
La nostra tesi parte dunque dall’evidenza che per edificare una struttura spaziale
tridimensionale come è la Cupola fiorentina non sia possibile utilizzare una regola di
posa e di ammorsamento dei mattoni che non sia anch’essa tridimensionale. La
spinapesce della nostra indagine non può quindi essere costituita dall’accostamento
- più o meno ortogonale - di due mattoni, ma deve necessariamente connettere tra
loro reciprocamente tre mattoni nello spazio. Una muratura legata da un’orditura
tridimensionale oltre ad soddisfare i complessi equilibri di una cupola,
riconducendoli a sollecitazioni di compressione, si può adattare ai tracciamenti
sghembi necessari per sviluppare la forma di una volta sferica od ellissoidale. Più
che di un’orditura piana come appare nel notissimo disegno degli Uffizi n.1330, già
attribuito al Sangallo (vedi figura 6) o come anche venne schematizzata dal
Sanpaolesi, la spinapesce deve essere una “orditura tridimensionale” di cui
dobbiamo ricostruire la triplice geometria di ammorsamento partendo dalle
dimensioni dei mattoni usati.
I dati più certi di cui disponiamo, riferiti alle dimensioni reali dei mattoni usati dal
Brunelleschi nella costruzione di questa parte della Cupola (ordita con l’artificio
della spinapesce) sono certamente quelli emersi dai rilevamenti in sito effettuati
durante il cantiere di restauro conclusosi nel 1995.
In queste misurazioni effettuate da Riccardo Dalla Negra e dal suo staff [7] si rileva
la presenza ricorrente di un mattone di dimensioni minori rispetto a quello prima
ricordato e messo in opera tra il primo e il secondo camminamento. In questa parte
alta della Cupola abbiamo mattoni di mm.170x220x45-50 e talvolta di
220x220x45-50, in base ai quali sembrerebbero dimensionati anche per modularità
altri mattoni più grandi che mantengono sempre costanti due dimensioni del
modulo base variando solo nella terza (mm. 220x340x 45-50, mm.440x170x45-50
e più raramente mm.280).
Senza occuparci per ora dello spessore del mattone, che peraltro viene stranamente
rilevato con una misura non assoluta (45-50 mm.), si può affermare che i mattoni
più grandi, proprio per le loro misure (170x440mm. o 340x220mm.) costituiscano
una sorta di “diatoni”, cioè dei multipli modulari del quadrone base di mm.220x170
usati per ammorsare la muratura, e in questo caso posati in due delle tre direzioni
di posa dei mattoni, ossia longitudinalmente e ortogonalmente rispetto alle superfici
degli estradossi.

9, 10. Schemi dei letti di posa conici dei mattoni conseguenti all’allineamento degli stessi all’asse centrale della cupola e ai cinque diversi centri
di rotazione della stessa, sempre collocate lungo l’asse centrale (cfr. Salvatore di Pasquale).

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11a. Modelli e disegni delle tracce di posa dei mattoni a “cordablanda” e delle dime di controllo della geometria ottagonale poste in opera
durante i lavori negli spigoli interni della volta. 11b [ultima a ds]. Regge in ferro per il sostegno delle dime ancora visibili nell’intonaco degli
affreschi all’intradosso della cipola.

I MATTONI
Può sembrare strano che si siano usati mattoni di dimensioni così inusuali, se non
fosse che proprio dalla particolarità di tali dimensioni emerge il disegno della loro
orditura tridimensionale. Poiché la dimensione minore del mattone sommata allo
spessore è pari alla dimensione maggiore (17+5=22), dal loro assemblaggio
tridimensionale deriva la possibilità di ordire una muratura perfettamente legata in
ogni direzione dello spazio, usando tre mattoni tra loro connessi in una giacitura di
reciproca ortogonalità. Un mattone orizzontale, uno trasversale e uno verticale,
costituiscono così lo schema di quella “spinapesce tridimensionale” che stiamo
cercando di ricostruire. È una struttura reciproca quella che prende forma in questo
triplice legame, con i tre mattoni che giacciono su un triedro retto definito dalle
facce di un cubo di 22 centimetri di lato. Aggregandoli poi e giustapposti a
successive terne di mattoni, essi danno forma a una costolatura della struttura
muraria. Tale costolatura può essere deformata secondo una linea sghemba
adagiando i vertici del triedro su una curva generatrice. Una successiva
deformazione in senso spaziale di tale costolatura dipende dalla variazione
dell’angolo di interfaccia che connette i mattoni tra loro. Nel nostro caso questo
angolo può essere controllato dallo spessore della malta. Per realizzare
materialmente una simile costolatura a spirale è necessario definire e tenere sotto
controllo l’angolo di variazione con cui si giustappongono tra loro le terne di
mattoni. Dallo studio geometrico sui modelli è risultato che non si tratta di una
singola variazione ma di una triplice inclinazione del triedro ottenuta ruotando lo
stesso successivamente sui tre raggi uscenti dal vertice. I tre piani di posa (o di
interfaccia) dei mattoni variano così in modo costante per dare forma alla
geometria della costruzione. Le tre rotazioni imposte al triedro sono quindi quelle
già descritte: 1. la curvatura in pianta (paralleli) della cupola di rotazione; 2. la
curvatura in alzato (meridiani) della volta apparentemente ogivale, ma in realtà
realizzata con cinque calotte sferiche sovrapposte i cui centri sono allineati sull’asse
centrale (vedi figure 9-11); 3. il ribaltamento verso l’esterno del piano (mattone)
orizzontale per evitare lo scivolamento dei corsi superiori. Le rotazioni da imporre
alla posa dei mattoni dipendono dalle misure della cupola e da quella dei mattoni.
Quanto alla procedura che Brunelleschi avrebbe attivato per tenere sotto controllo
tali inclinazioni, può essere indicativa la misura variabile dello spessore dei mattoni
rilevati dal Dalla Negra (45-50mm), anche se appare assai più probabile che tale
inclinazione sia stata ottenuta proprio spessorando con la malta la diversa
inclinazione dei letti di posa. Ed è qui che appare indispensabile l’utilizzo di una
squadra con tre regoli mobili, il “gualandrino” appunto, in grado di tenere sotto

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controllo i tre diversi allineamenti. E al gualandrino, infatti, sarebbe affidata questa
regola di posa in quanto esso definisce tre allineamenti, tre angoli fuori squadra: il
centro del cono di rotazione della Cupola posto sull’asse verticale centrale della stessa
(per il mattone “verticale”); il piano orizzontale della orditura muraria circolare (per il
mattone “orizzontale”); e la direzione di tangenza alle centine traccianti e posizionate
sugli otto spigoli o meridiani (per il terzo mattone “trasversale).

12. Rappresentazione della linea lossodromica su una semisfera.

b
13a,b. Rendering della giacitura tridimensionale reciproca dei mattoni.

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I MODELLI
Nei modelli in 3D (fisici e digitali) che qui vengono presentati il volume del mattone
viene conglobato e realizzato in unico con quella della malta di allettamento. In
questo modo appare più chiaro che l’unità volumetrica di malta/mattone rimane
costante. Tutto ciò oltre a illustrare l’ipotesi della probabile procedura adottata da
Filippo Brunelleschi per la realizzazione della Cupola, apre una interessante
direzione di ricerca su materiali e metodologie di una tecnica costruttiva del tutto
innovativa ed attuale, quale potrebbe essere messa a punto per la realizzazione di
strutture voltate, montate a secco senza l’uso di armature. La forma esatta dei
mattoni necessari a realizzare tali strutture voltate può infatti essere modellata
esattamente al computer per essere poi realizzata anche con materiali tradizionali,
come appunto l’argilla, ecosostenibili o comunque prodotti con una tecnologia
elementare. L’obiettivo in tal senso potrebbe eventualmente configurarsi sulla
capacità di progettare elementi e manufatti elementari, in grado di autosostenersi
anche se posati a secco, senza malte o incollaggi, in quanto la loro stabilità dei
mattoni viene garantita dalla loro aderenza per forma e peso.

14. Disegno della disposizione dei mattoni secondo la disposizione della spinapesce
tridimensionale reciproca all’interno della geometria di un cubo di 22x22x22cm.

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IL MODELLO FISICO
La cassaforma per gettare il modello in gesso dei mattoni è stata realizzata con le
tre facce corrispondenti di due cubi di 22 centimetri (triedri), uno inglobato
nell’altro (vedi figure 4-6). Il vertice del secondo triedro è stato posto a una
distanza di circa 5 centimetri dal vertice del primo, e tale distanza è stata misurata
lungo una linea curva sghemba, teoricamente definibile come una spirale
lossodromica le cui coordinate dipendono dal raggio della cupola che per semplicità
abbiamo immaginato sferica. Il modello deve inoltre tener conto dei punti di
partenza e di arrivo della spirale e soprattutto della dimensione dei mattoni, in
particolare del loro spessore. Nel caso realizzato si è enfatizzata la curvatura della
spirale riducendo il raggio della cupola per rendere più evidenti le deformazioni dei
mattoni (quadrone+malta) che sono stati comunque mantenuti nelle dimensioni
degli originali di circa cm 17x22x4-5.
Per definire geometricamente il secondo triedro – quello corrispondente alle facce
interne dei mattoni – oltre allo spostamento del vertice è stata conferita al secondo
triedro anche una triplice rotazione spaziale attorno ai tre raggi uscenti dal vertice
del triedro stesso: sul raggio allineato al centro della Cupola è stata data una
rotazione in senso orario; su quello verticale tangente all’arco delle centine
traccianti una rotazione in senso antiorario, e infine sul raggio tangente alla
circonferenza della cupola è stato conferito un terza rotazione di allineamento in
senso antiorario. Gli angoli delle rotazioni così imposte portano a definire le facce
dei tre mattoni i quali risultano tra loro leggermente ma significativamente diversi,
e in questa differenza sta la deformazione che genera la forma della cupola o
copertura voluta.
Nel modello fisico si può vedere come la trasformazione degli allineamenti generi la
forma a spirale della struttura-costolatura a spinapesce. Evidentemente la muratura
della cupola viene poi completata dai letti di mattone di connessione tra costolature
contigue anche per merito dei mattoni doppi, o diatoni, che ne garantiranno
l’ammorsatura e la stabilità. Nella costolatura dello spinapesce il triedro dei tre
mattoni mantiene sempre l’ortogonalità degli angoli interni, ma, ruotando sui tre
spigoli fa ruotare anche i letti di posa del successivo triedro di mattoni in una
trasformazione a spirale che segue e genera le curve della volta. Così mentre le
prime due rotazioni (quella sul raggio tangente e su quello normale) definiscono la
doppia curvatura della volta in pianta e in sezione, è la terza rotazione sul raggio
binormale del triedro che provoca un inclinazione del mattone “orizzontale” verso
l’esterno e mantiene la geometria strutturale in grado di sostenere per gravità la
giacitura del successivo triedro di mattoni, identico a quello inferiore ma deformato
nel parallelismo tra le facce contrapposte.

15a,b. Modello fisico in gesso dei mattoni.

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16. Casaforme in resina per il getto dei modelli fisici in gesso.

IL MODELLO VIRTUALE
L’obiettivo di questo modello è quello di rappresentare le trasformazioni della
costolatura a spinapesce secondo una forma a spirale per aderire alle forme della
cupola, imponendo le traslazioni e le rotazioni già descritte nel modello fisico,
attraverso algoritmi e parametri numerici differenziali desunti dalla forma e dalla
curvatura della Cupola che si intende realizzare e dalle dimensioni dei “mattoni”. Il
modello virtuale è disegnato con il software Rhino con le parametrizzazioni di
trasformazione, di iterazione e di rotazione attuate con Grasshopper.
Come nel modello fisico anche il modello virtuale parte dal triedro di base
generatore della giacitura dei mattoni, ma il suo obiettivo, che a tutt’oggi possiamo
dire individuato ma solo parzialmente raggiunto, sarà quello di definire tutti i
parametri della sua costruzione, che possiamo così elencare:
A - formula della curva sghemba (lossodromia o spirale spaziale sferica o
elissoidale) su cui giacciono i vertici dei triedri). Nel caso specifico della Cupola
fiorentina va tenuto presente che essa è generata da cinque calotte sferiche
sovrapposte con i centri allineati nell’asse di simmetria.
B - L’intersezione dei coni di giacitura dei mattoni con le volte cilindriche degli
intradossi ed estradossi della Cupola fiorentina, leggibile nelle linee di cosiddetta
“cordablanda”.
C - La giacitura del triedro nella geometria della Cupola.
D - Le rotazioni del triedro sui tre raggi/allineamenti (normale, tangente e
binormale).
Il perfezionamento di questi obiettivi rimane aperto all’impegno della ricerca. In
particolare si aprono due strade di studio: la prima è quella che tende a definire la
geometria costante del poliedro generatore dei tre mattoni nel poliedro costante
modulare allineato e generato dalla spirale e a sua volta generatore della
spinapesce. La seconda prospettiva di studio è quella che organizza gli allineamenti
dei tre spigoli del poliedro (e quindi dei tre mattoni della spinapesce) rispetto a
punti riferiti all’asse della cupola.

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Lo studio del modello virtuale ci consente inoltre di verificare l’esatta posizione della
muratura di raccordo tra le nervature a spinapesce nella loro collocazione sui letti di
posa conici e di verificare la configurazione a cordablanda che essi assumono
all’intradosso e all’estradosso della cupola a padiglione ottagonale (nell’intersezione
tra i letti di posa conici e le superfici cilindriche degli estradossi /intradossi).

17,18. Rappresentazione in 3d della giacitura dei mattoni in un disegno fuoriscala rispetto alle
reali dimensioni dei mattoni e collocati su una calotte sferica. I disegni (di Vittorio Paris)
enfatizzano le dimensioni dei mattoni per rendere più evidente il loro allineamento rispetto alla
spirale lossodromica, al centro dell’asse verticale della Cupola, e alla regola di rotazione della
geometria strutturale.

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CONCLUSIONI
Concludendo si può dire che questa indagine pur partendo dalla realtà storica della
Cupola fiorentina e dalla ricerca per ricostruirne i principi della sua stabilità
strutturale, non vuole certo presentarsi come l’ennesima presunta “rivelazione” sui
nascosti misteri di una genialità costruttiva prescientifica, ma preferisce offrirsi
come la riprova che dalla osservazione attenta di un edificio esemplare può
svilupparsi oltre che la sua esatta e filologica ricostruzione storica anche la
suggestione di un’apertura verso nuove evoluzioni della tecnologia.
In altre parole non si vogliono qui azzardare velleitarie ipotesi sul fatto che a
tutt’oggi nessuno può affermare con certezza come sia disposta l’orditura dei
mattoni all’interno della spessa muratura della cupola brunelleschiana: la loro
“irregolarità” ha persino portato alcuni ad elaborare presunte ipotesi di “muratura a
sacco”. Nella mancanza di più circostanziate indagini conoscitive -essendo
evidentemente impraticabili quelle distruttive - questa ipotesi vuole porsi come una
possibilità geometrica, come traccia di uno studio ancora in gran parte da svolgere
sulla muratura brunelleschiana, ma già portatore di un risultato tanto verosimile da
permetterci di vedere in esso la strada di una innovativa tecnologia costruttiva. La
mancanza di una specifica indagine sui mattoni nella parte alta della cupola ci
induce a lasciare aperta la possibilità di un diverso riscontro sulla realtà della
costruzione. Potrebbe anche darsi che la spinapesce brunelleschiana non sia del
tutto identica all’orditura reciproca e tridimensionale qui descritta; può darsi che il
gualandrino non fosse quello strumento che doveva servire a gestire i tre
allineamenti del triedro generatore della spinapesce; ma, in tutti i modelli fisici e
virtuali realizzati e descritti, ciò che appare sono i modi concreti di una tecnologia
forse antichissima, o forse soltanto possibile. E questo ci basta per enunciarne
l’ipotesi.
Resta certo da svolgere una approfondita verifica sul campo per l’ effettivo riscontro
della tecnologia realmente adottata da Brunelleschi. Eppure una sorta di tale
riprova sembra potersi rintracciare nelle endoscopie di alcuni fori - in realtà sono
assai pochi quelli realizzati nelle zone interessate dalla struttura a spinapesce -
lasciati da sondaggi e carotaggi diagnostici eseguiti sulla Cupola negli anni passati.
Malgrado gli spessori consistenti della malta di allettamento tra i mattoni e
l’incertezza sulla perfetta coincidenza tra piano di posa dei mattoni e la traccia di
perforazione dei sondaggi (ortogonale alla superficie di estradosso), emerge infatti
da tali indagini sulla muratura - soprattutto nella sua parte centrale - la presenza di
mattoni di misure assai difformi, con un ritmo alternato di mattoni lunghi e corti
(figura 20), come se la perforazione del carotaggio avesse sezionato mattoni
affiancati alternativamente tra loro uno in senso orizzontale e uno in verticale.
Questo sembra appunto confermare la particolare giacitura tridirezionale dei letti di
posa dei mattoni, come appare nei modelli 3D elaborati ed avvalorare quindi
l’ipotesi che inizialmente abbiamo enunciato, desunta da una visione geometrica e
proiettiva.
Geometria e struttura, natura e architettura, sembrano insomma mostrare
l’evidenza della loro unità nella semplicità e nella grandezza di quest’opera che già
l’Alberti e il Vasari videro e descrissero nella limpidezza concettuale che la
caratterizza, paragonandola alla Natura stessa.
A buon diritto è quindi dedicata a un Fiore questa Cupola che ancora oggi racchiude
tra i suoi misteri il sapere di un’arte e di una scienza coniugate nella visione
umanistica del Rinascimento fiorentino, nel cuore di quella civiltà dove presero
corpo gli uomini e le idee che avrebbero dato vita alla cultura occidentale dei secoli
a venire e aperto la strada alle nuove arti e alle nuove scienze.

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19. Posizione delle prove di carotaggio eseguite nel 1980s (da Massimo Coli).

20. Fotografia del material estratto dai carotaggi del 1980 eseguiti dal diPasquale.

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BIBLIOGRAFIA | REFERENCES
[1] ALBERTI, Leonbattista, De re aedificatoria, a cura di P. Portoghesi, trad. di Orlandi, Libro
III, cap.XIV, p.244 Milano 1966. Più significativa in riferimento alle cupole di rotazione senza
armature è la traduzione cinquecentesca di COSIMO BARTOLI oggi riprodotta in anastatica
dall’editore Forni di Bologna col titolo L’Architettura di Leonbattista Alberti.
[2] ARGAN, Giuliocarlo, The architecture of Brunelleschi and the origins of perspective in the
fifteenth Century in Journ. of the Warburg and Court. Inst., London, 1946, IX, pp.96 sgg.. Le
lettura critica di Argan testimonia l’ambito storico in cui si configurano le tesi di questo scritto.
Essa viene enunciata anche nel volume, Brunelleschi, A.Mondadori ed., 1955. Del saggio di
Argan si richiama qui in particolare il capitolo sulla Cupola (pp. 39-63) dove i temi dello spazio e
dell’architettura si incrociano con quelli della forma e della prospettiva in una formulazione da
cui emerge la concezione della spinapesce come orditura spaziale tridimensionale, e come
forma architettonica. “…Comunque è chiaro Filippo non fa questione di tipologia formale: ciò
che vuole raggiungere è una forma capace di sostenersi da sé nel proprio crescere, di produrre
la forza che la sorregge, di reggersi e situarsi in virtù di una propria interna coerenza o vitalità
struttiva, d’una propria naturale proporzionalità di membra ed ossa. Una forma che risolva in se
stessa ogni problema di gravità o di statica, e sia quindi concepita in conformità con le grandi
leggi della natura, non può essere concepita come un oggetto collocato in uno spazio dato, ma
si pone come rappresentazione stessa dello spazio e – poiché lo spazio è sempre una
rappresentazione – come lo spazio stesso. Non solo, ma poichè, fin dalle sue prime ricerche
prospettiche, il Brunelleschi ha pensato lo spazio come proporzionalità, e cioè come forma, è
ovvio che reciprocamente la forma non può essere pensata che come spazio.” op.cit. pp. 56-57.
[3] BLASI, Cesare, e AA. VV., La Cupola di S. Maria del Fiore a Firenze, Bollettino ACMAR n. 12,
Ravenna, Edizioni ACMAR, Dicembre 1983.
[4] COLI, Massimo, Cfr. i risultati delle sue ricerche sui fori di carotaggio con una più esatta
misurazione in www.lapideiculturali.unifi.it . Tutte le misurazioni rilevate vanno verificate ed
eventualmente ragguagliate alle unità di misura in vigore: Braccio fiorentino (cm58,36) soldo
(cm.2,91) denari (cm.0,24) quattrino (cm. 0.97), e delle loro frazioni più spesso usate (2/3 di
braccio; 4 denari; 18 quattrini, etc).
[5] CESARO, Ernesto, Lezioni di Geometria Intrinseca, p.141, Naples, 1896.
[6] DI-PASQUALE, Salvatore, Brunelleschi: La costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore,
Venice, 2002.
[7] DALLA NEGRA, Riccardo, ‘‘La Cupola del Brunelleschi: Il cantiere, le indagini, i rilievi’’, in La
Cupola di Santa Maria del Fiore: Il cantiere di restauro 1980-1995, edited by Cristina Acidini
Luchinat e Riccardo Dalla Negra, 15-22, Rome, 1995. Per il rilevamento dei mattoni utilizzati
per la spinapesce nella parte alta della Cupola, vedi in particolare a pag 26.
[8] GUASTI, Cesare, La Cupola di Santa Maria del Fiore, Florence, 1857.
[9] HAINES, Margaret, Myth and management in the construction of Brunelleschi’s Cupola , in I
Tatti Studies, vol 14-15, 2011-2012, pp 47-97, Leo Olschki Ed., Florence.
[10] IPPOLITO, Lamberto. PERONI, Chiara. La Cupola di Santa Maria del Fiore, Rome,1997.
[11] MAINSTONE, Rowland, Brunelleschi’s Dome in Architectural Rewiew, CLXII (1977) p.156.
[12] MANETTI, Antonio, Vita di Filippo Brunelleschi preceduto da La Novella del Grasso, edizione
critica curata da Domenico De Robertis e Giuliano Tanturli, Milano, 1976.
[13] MOROLLI, Gabriele, ‘‘Architetture laterizie a Firenze e in Toscana: Tre millenni di storia’’, in
Il cotto dell’Impruneta: Maestri del Rinascimento e le fornaci di oggi, curto da Rosanna Caterina
Proto Pisani e Giancarlo Gentilini, 111-138, Firenze, 2009.
[14] OTTONI, Federica, Brunelleschi architetto paranoico, in “Delle cupole e del loro tranello”,
pp. 215-280, Roma, 2012.
[15] PANOFSKY, Erwin, Die perspektive als symbolische form, 1924.25, trad.it. La prospettiva
come forma simbolica, Feltrinelli-Milano. Si ricollega alla interpretazione di E.Panofsky, la citata
analisi di ARGAN [2] come anche i saggi di : WITTKOWER, Rudolf, Brunelleschi and Proportion
in Perspective - e - The Perspetive of Piero della Francesca Flagellation, in Journ. of the
Warburg and Court. Inst., London, 1953, XVI.
[16] PIZZIGONI, Attilio, Brunelleschi, Feltrinelli, Bologna, 1987. Artemis Verlag, Zurich, 1989.
[17] SAALMAN, Howard, F. Brunelleschi: The Cupola of Santa Maria del Fiore, London, 1980.
[18] SANPAOLESI, Piero, Brunelleschi, Club del Libro, Milano, 1962.
[19] TOMMASEO, Niccolò, dal “Dizionario della Lingua Italiana”, 1830: alla voce Gualandrino lo
strumento viene ricordato come una “squadra a bracci mobili”, e come tale è anche descritta
nel Dizionario dei Termini Artistici dell'Abate D'Alberti di Terranova, una "squadra zoppa" usata
dagli scalpellini per opere di "sottosquadro" pezzi formati da facce che hanno fra loro angoli
diversi da quello retto.

www.operaduomo.firenze.it/cupola/home_eng.html
www.duomo.mpiwg-berlin.mpg.de/home_eng.html
www.operaduomo.firenze.it/cupola/STUDIES/study001/study001.html
www.duomo.mpiwg-berlin.mpg.de/STUDIES/study001/study001.html

RINGRAZIAMENTI
Un particolare ringraziamento va quanti mi hanno aiutato con i loro consigli e con preziose
indicazioni di dati e di riferimenti. In particolare voglio ringraziare Margareth Haines e Massimo
Coli, per i consigli che mi hanno fornito.
Devo inoltre un particolare ringraziamento al mio studente Vittorio Paris della facoltà di
Ingegneria all’Università di Bergamo che mi ha aiutato, con i disegni in 3d, a rendere esplicite le
fondamentali ipotesi di struttura geometrica espresse in questi studi.

Structural 185 – febbraio 2014 – paper 05 – ISSN 2282-3794 | © DELETTERA 20


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