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Una introduzione alle tensostrutture

Giuseppe Puglisi Guerra ingegnere in Verona Tensostrutture: che strano termine! La prima volta che lo sentii studiavo allUniversit e lo pronunci, durante una lezione, uno degli ultimi professori che ho avuto prima della tesi. La parola magica mi incurios fin da subito e, allora, iniziai a pensare che tipo di realizzazioni fossero queste tensostrutture. Prima di tutto, notai che la parola composta dal prefisso tenso (di origine greca) e strutture, quindi strutture che hanno gli elementi che lavorano a trazione: una follia per me abituato alle classiche travi sottoposte alla flessione, un concetto rivoluzionario per la mia mente! Ma, poi, mi sovvenne che esistono anche le volte e le cupole, le quali, fin dallantichit (le impiegavano gi i Romani: basta ricordarsi della neroniana Domus Aurea, della basilica di Massenzio o delle Terme di Caracalla), sono servite per coprire grandi spazi senza linterposizione di pilastri o di setti e che sviluppano un meccanismo di resistenza per forma, ovvero scompongono le forze esterne in una serie di 'forzine' di trazione e compressione agenti allinterno della membrana o lastra (a seconda dello spessore) che costituisce la volta o la cupola. A questo punto arriv questo ragionamento: e se invece di avere trazione e compressione si giungesse ad ottenere elementi che lavorano solo con la prima caratteristica della sollecitazione? Ecco che comparve la grande illuminazione: ad inventare le tensostrutture non erano stati Francesco Borromini, Filippo Juvarra, Luigi Vanvitelli o qualcun altro di questi grandi ingegneriarchitetti del periodo storico fra il XVII ed il XVIII secolo ma, bens, un loro contemporaneo solo e sperduto su unisola, quel poveraccio che tutti, quando eravamo piccoli, abbiamo sperato che non diventasse il pasto dei cannibali: il naufrago Robinson Crusoe! S, perch egli, creando una rete di funi attaccata a due alberi contigui per poterci dormire sopra, ide lamaca, la prima tensostruttura cronologicamente presente a questo mondo. E, adesso, posso partire a parlarvi di queste tensostrutture.

Figura 1 Variazione del peso proprio delle strutture nel tempo.

PESO PORTANTE ________________ >> 1, PESO PORTATO mentre nel secondo caso: PESO PORTANTE ________________ << 1. PESO PORTATO Le strutture pesanti per antonomasia sono 2 quelle degli Assiro-Babilonesi (40 kN/m ), 2 dei Romani (15 kN/m ) e del periodo gotico 2 (5-10 kN/m ), dove gli enormi pesi strutturali sono attribuibili al basso rendimento statico dei materiali (scarse resistenze a compressione e flessione implicano sezioni trasversali di superficie elevata) ed ai modesti valori del rapporto resistenza/peso di questultimi. Inoltre, limpiego dei mattoni di laterizio e delle pietre, resistenti sostanzialmente solo a sforzi di compressione semplice, doveva essere forzatamente associato a schemi costruttivi che avessero come fondamento leffetto stabilizzante della gravit (figura 1). Le strutture leggere, invece, iniziano a comparire con lavvento dellindustrializzazione e, in particolare, della seconda rivoluzione industriale: la nascita di un nuovo materiale da costruzione, lacciaio, oltre a creare la figura professionale dellingegnere, permette di realizzare tipologie strutturali pi ardite ed efficienti. Ecco che, allora, progettisti come Joseph Paxton (18031856), Thomas Telford, Baker e Fowler nel Regno Unito e Gustave Eiffel (1832-1923) e Victor Contamin (1845-1906) in Francia si esaltano nellideazione di ponti ed edifici: nascono i ponti sospesi e quelli strallati (si ricordi, ad esempio, il ponte di Brooklyn a New York finito nel 1883) e le strutture reticolari (il simbolo di esse la torre Eiffel). In queste opere, limpiego dellacciaio concede la possibilit di sollecitare cavi ed aste a trazione e le travi a flessione, non rimanendo pi vincolati a luci libere limitate (per limpiego del trilite) od a spessori ragguardevoli (per poter rimanere nel terzo medio con la curva delle pressioni nelle cupole e nelle volte).

Un altro importante settore nel quale la trazione regna sovrana quello delle coperture sospese, esistenti gi dallepoca dei Romani (limpiego di funi in una copertura documentato nel 70 d.C. per il Colosseo) ma che hanno avuto un moderno sviluppo della progettazione, dellanalisi e delle tecniche costruttive solamente negli anni 50 con lerezione, nel 1953, della Raleigh Arena su progetto di Nowicki. In questo caso, il problema principale quello di ovviare allipostaticit geometrica nascente dalla instabilit che inevitabilmente posseduta da uninsieme di funi sottoposte a carichi verticali (figura 2); si hanno, allora, tre tipi di stabilizzazione che contengono gli spostamenti cinematici rigidi: - sistemi stabilizzati con lintroduzione di elementi flessionalmente rigidi quali archi o travi; - sistemi stabilizzati per gravit mediante lintroduzione di pesi permanenti molto pi grandi dei carichi accidentali, in modo da contenere, in particolare, le deformazioni causate da carichi asimmetrici; - sistemi stabilizzati attraverso un ordine o famiglia di cavi secondari che hanno la funzione di generare uno stato di pretensione; la stabilizzazione ottenuta per mutuo contrasto tra le funi portanti o primarie e le funi stabilizzanti o secondarie. Si passa, adesso, a descrivere brevemente i vari metodi di stabilizzazione adottati per le funi singole, per le reti piane di funi e per le superfici spaziali. Sistemi strallati Nati con i ponti, sono direttamente usati nella definizione di coperture che usano lelemento fune nella sua forma pi semplice di tirante teoricamente rettilineo tra due punti di ancoraggio. Il sistema a stralli essenzialmente costituito da (figura 3): - colonne assai pi alte del livello di copertura; - stralli; - strutture mono-bi-tridimensionali di orditura orizzontale, precipuamente inflesse. Lobiettivo maggiore da raggiungere quello di ridurre il peso della struttura orizzontale, avvalendosi di elementi, colonne e stralli, che consentano di creare, su questultima, opportuni sostegni intermedi.

Un po di storia e di classificazioni
Nel mondo delle costruzioni esistono due tipi di strutture: quelle PESANTI e quelle LEGGERE. Questa distinzione prende come riferimento il rapporto fra PESO PORTANTE e PESO PORTATO, intendendo col primo la somma dei pesi proprio e permanente (PESO MORTO, dead load per gli anglosassoni) e con il secondo i carichi utili od accidentali portati dallopera; nel primo caso si ha:

Figura 2 La fune libera: elemento a geometria variabile sotto carico: a) variazione della configurazione dovuta ai carichi distribuiti (per esempio la depressione esercitata dal vento); b) variazione della configurazione per carichi concentrati.

Figura 3 Generica struttura strallata.

Appare chiaro, allora, che i sistemi strallati sono adottati quando vi sono notevoli aggetti da risolvere, come per i ricoveri degli aerei e la copertura delle tribune degli stadi. Sistemi sospesi Partendo dal principio che una fune sospesa agli estremi esplica nel migliore dei modi la funzione di equilibrare le forze esterne in quanto, per la sua flessibilit, assume la conformazione di una funicolare dei carichi che la configurazione di equilibrio la quale fornisce la massima capacit portante, si sono sviluppati due tipi di sistemi strutturali, il primo con copertura disposta inferiormente (appesa) allelemento fune (figura 4), il secondo con copertura disposta superiormente (appoggiata) allelemento fune (figura 5).

Sistemi piani di funi Si pu facilmente capire che il modo pi economico, e, quindi, il pi utilizzato per ridurre la notevole deformabilit intrinseca delle funi quello di introdurre una rigidezza artificiale attraverso unadeguata pretensione iniziale. In genere, tale stato coattivo si materializza introducendo, in aggiunta alle funi portanti con curvatura rivolta verso lalto, altre funi dette stabilizzanti o di tensione, possedenti curvatura rivolta verso il basso. La pretensione scaturisce dal mutuo contrasto fra i due ordini di funi. Nei sistemi piani le funi, portanti e stabilizzanti, sono poste nello stesso piano verticale coincidente con il piano dei carichi (si parla di tensostrutture piane o travi in fune). Lirrigidimento del sistema, ottenuto per mutuo contrasto tra le funi aventi curvatura contrapposta, realizzato tramite elementi verticali paralleli fra loro o con collegamenti diagonali. Sistemi piani a collegamenti verticali Se la connessione tra la fune portante e la stabilizzante avviene con aste verticali, i sistemi di stabilizzazione sono tre: a) sistema aperto; b) sistema misto; c) sistema chiuso. a) Sistema aperto lo schema maggiormente usato. La fune superiore portante e quella inferiore stabilizzante. I collegamenti tra le due funi sono soggetti a trazione. Allatto dellapplicazione di un carico esterno rivolto verso il basso, si ha una diminuzione della trazione nella fune stabilizzante, con conseguente incremento di sforzo nella fune portante (figura 6a): da ci emerge la necessit di calcolare opportunamente la pretensione iniziale della trave in modo da garantire, anche per casi di carico gravosi, un residuo di tensione nella fune stabilizzante. Nel caso di depressione dovuta al vento, le funzioni assunte dalle due funi si invertono (figura 6b).

Figura 7 Sistema misto.

c) Sistema chiuso Gli elementi verticali di connessione sono racchiusi entro le due funi principali. La fune portante quella di intradosso mentre quella stabilizzante disposta superiormente. I collegamenti verticali lavorano come puntoni, tengono in tensione i due cavi e trasferiscono alla fune portante i carichi agenti sulla copertura. Nel momento nel quale il carico esterno inverte il suo segno (ad esempio per depressione dovuta al vento), le due funi principali cambiano la lo ro funzione (figura 8). Perch la struttura si comporti sempre come previsto e perch essa non abbia mai problemi, le aste verticali dovranno trovarsi, in qualsiasi condizione di carico, in compressione. Inoltre, il sistema instabile fuori dal piano dov e necessita di controventi trasversali.

Figura 8 Sistema chiuso.

Figura 4 Sistema sospeso con copertura appesa.

Figura 5 Sistema sospeso con copertura appoggiata.

La prima soluzione ricalca fondamentalmente quella dei ponti sospesi, in quanto la copertura collegata alle funi portanti tramite tiranti verticali con la stessa tecnologia adottata per limpalcato stradale; il secondo metodo costruttivo, invece, se gli elementi di copertura non sono collaboranti con le funi, stabile solamente se il peso della zavorra sufficientemente elevato per ottenere tale scopo, avendo, cos, un arco rovescio con comportamento esattamente speculare a quello dellarco compresso.

Figura 6 Sistema aperto.

b) Sistema misto La fune portante e quella stabilizzante si intersecano. Gli elementi di collegamento sono compressi se posti nel fuso centrale e tesi se esterni. In questo caso si ha bisogno di un irrigidimento trasversale per impedire lo svergolamento della trave di funi (figura 7).

Sistemi piani a collegamenti inclinati (o diagonali) Lo schema strutturale che adotta collegamenti verticali stato il primo ad essere impiegato, per ha un difetto: i collegamenti e le funi formano maglie facilmente deformabili per carichi asimmetrici. Infatti, lazione del vento, che pu originare deformate asimmetriche (figura 9), si dimostra, con tale tipologia, particolarmente pericolosa e crea serie difficolt nella realizzazione dei manti di copertura e dei relativi giunti elastici. Questi seri problemi sono stati studiati e risolti da un progettista svedese, David Jawerth, il quale ha proposto una soluzione, che ha il suo cognome, con collegamenti inclinati. Tale modifica, rispetto a prima, ostacola efficacemente gli spostamenti orizzontali e conferisce al complesso una notevole rigidezza anche in presenza di azioni non simmetriche creando i seguenti schemi: a) schema simmetrico con collegamento in mezzeria tra la fune portante e quella stabilizzante (figura 10a);

b) schema asimmetrico, il quale permette la massima libert compositiva (figura 10b); c) schema a funi incrociate, il quale introduce la possibilit di ridurre laltezza degli ancoraggi della fune portante (figura 10c).

assume il curioso aspetto della ruota di bicicletta (figura 15).

Figura 12 Esempi di serie di travi di funi.

Figura 9 Deformazione asimmetrica causata dal vento.

- la disposizione delle travi funicolari pu avere una differente altezza degli ancoraggi alle estremit (la pendenza viene sfruttata per lo scolo delle acque):

Figura 15 Esempi di strutture radiali ottenibili con la disposizione a raggiera delle travi di funi.

Si noti che lo schema a della figura 15, il quale nasce per mezzo dellaccoppiamento di due funi semplici ad inclinazione opposta, si pu senzaltro definire una trave di funi poich contiene sia la fune portante che quella stabilizzante, anche se lunica mutua connessione fra le due funi si materializza tramite il corpo rigido centrale. A conclusione di questa rapida carrellata sui sistemi strallati, quelli sospesi e quelli piani di funi, opportuno un riassunto grafico semplice ma esaustivo:

Figura 10 Schemi ricorrenti utilizzanti il sistema Jawerth.

Figura 13 Travi di funi con ancoraggi posti ad altezze differenti.

Superfici di copertura generate da sistemi tensostrutturali piani Per realizzare una copertura bisogna che gli schemi analizzati in precedenza si dispongano in modo ripetitivo; vi sono due opzioni: quella delle travate posizionate parallelamente luna rispetto allaltra e quella delle travate poste radialmente. Travate disposte parallelamente Numerose sono le soluzioni alle quali si pu giungere; si citano alcuni esempi: - per traslazione di travi di funi a sistema aperto si ottengono superfici di copertura concave di forma cilindrica:

possibile creare superfici a doppia cur-vatura diversificando laltezza degli anco-raggi delle funi portanti posti sullo stesso lato :

Figura 16 Metodi di stabilizzazione di strutture a fune.

Figura 14 Superfici di copertura a doppia curvatura.

Figura 11 Superfici di copertura cilindriche ottenute con travi di funi a sistema aperto con tiranti verticali (a) e diagonali (b).

- con la ripetizione dellelemento base in direzione longitudinale nascono le serie di travi di funi (per, rispetto allo schema originario, si hanno variazioni anche consistenti per avere una sufficiente stabilit dellopera finale):

Travate disposte radialmente Disponendo le travi di funi con simmetria radiale si hanno le tensostrutture a ruota o radiali. Esse sono costituite da una trave anulare piana interna sulla quale si ancorano le tensostrutture piane pretese ed uscenti a raggiera da un corpo centrale usualmente sospeso; la trave anulare di contorno (anello) vincolata alle strutture circostanti per un determinato numero di punti od in modo continuo e risulta sollecitata prevalentemente a compressione, gli elementi flessibili radiali tesi (raggi) sono semplici funi o sistemi piani di funi, il corpo centrale , solitamente, di piccole dimensioni ma ci sono casi nei quali esso pi rilevante rispetto allanello esterno compresso ed assume il compito di altro puntone distanziatore di due orditi distinti di raggi. Nelleventualit particolare nella quale lanello esterno sia un cerchio e lelemento sospeso sia collocato centralmente, tutta la struttura

Sistemi spaziali Il sistema spaziale di stabilizzazione diretta conseguenza di quello piano. Le funi portanti e quelle tenditrici (stabilizzanti) non sono pi nello stesso piano ma in piani verticali distinti, il pi delle volte ortogonali tra loro (figura 17).

Figura 17 Funi poste su piani verticali differenti.

Per meglio comprendere la meccanica strutturale delle reti di funi si esamini la figura 18: un carico concentrato agente su una fune sospesa provoca una deformazione localizzata nel punto di applicazione della forza stessa (figura 18a); un insieme di funi trasversali stabilizza il cavo portante diminuendo leffetto della deformazione (figura 18b) (se vi volete convincere ancor di pi di questo funzionamento che, comunque, dovrebbe essere abbastanza intuitivo, provate a riprodurlo con degli elastici).

Per effetto della forza L 2 tende a scorrere su 1 per raggiungere lequilibrio determinato dalla forza di pretensione; inoltre, lazione di un carico di tipo gravitazionale (cio diretto verso il basso) origina un incremento di tensione nella fune portante ed un corrispondente decremento di sforzo nella fune stabilizzante. Ovviamente, i compiti dei cavi si invertono quando il carico esterno costituito da una depressione imputabile al vento. Adesso si mostrano brevemente alcuni esempi di sistemi spaziali fra i pi comuni. Il paraboloide iperbolico La forma base pi frequentemente impiegata fra i sistemi spaziali quella del paraboloide iperbolico o H. P. o Hyphar (figura 20).

Figura 18 Generazione del sistema di stabilizzazione a rete.

Reti di forma libera Si possono anche concepire reti di funi la cui forma sia completamente libera ed analiticamente indefinibile, le quali originano coperture dallaspetto complesso ma dalla resa estetica ottima. Vista la complessit della superficie, le curve descritte dai singoli cavi hanno dei cambiamenti di segno della curvatura o sono sghembe: ne risultano le cosiddette coperture a tenda, in quanto ripresentano questo schema del passato. La riscoperta delle coperture a tenda stata permessa, oggigiorno, dal progresso tecnologico che ha reso disponibili sul mercato materiali molto pi resistenti di quelli dei teli tradizionali. A questo nuovo fattore si aggiunge la possibilit di utilizzare funi di acciaio ad elevata resistenza indispensabili per generare ossature in grado di sopportare le elevate tensioni che nascono con luci notevoli; in questa situazione, il supporto perimetrale rigido continuo , in tutto od in parte, sostituito da puntelli, eventualmente posti anche allinterno della copertura, e da funi di bordo (figura 22).

chiaro che, quanto pi aumenta il numero dei cavi tenditori o stabilizzanti, tanto pi si ha una valida opposizione alla deformazione (figura 18c); nel sistema al quale si perviene aggiungendo cavi, essendo il numero di elementi allincirca uguale per ognuna delle due direzioni ortogonali fra loro, si ha che tutte le funi appartenenti alle due famiglie partecipano al meccanismo resistente che si instaura contro le deformazioni originate dai carichi applicati (figura 18d). La stabilit del sistema , quindi, legata alla condizione che, in ogni punto, i cavi passanti per esso abbiano curvature opposte e si scambino una reciproca e benefica azione per effetto della pretensione. I nodi comuni dei due orditi di funi posti ortogonalmente tra loro si presentano, allora, schematicamente come nella figura 19, dove 1 e 2 sono, rispettivamente, il cavo portante e quello stabilizzante. La scomposizione delle forze nei punti di contatto si sviluppa sempre secondo il disegno della stessa figura 19, dove la fune di tensione 2, la quale lavora in un piano verticale, agisce sul cavo portante con una forza V: da questultima nascono la forza Q, ortogonale a 1, e la forza L, parallela a 1.

Figura 22 Esempio di rete di forma libera.

Figura 20 Porzione della superficie di un paraboloide iperbolico.

Reti a doppio strato In questo caso si hanno superfici allestradosso ed allintradosso della copertura che sono convesse o concave (figu-ra 23).

La superficie, del secondo ordine, analiticamente definibile da unequazione la cui forma ridotta notoriamente:

Questa espressione soddisfa le condizioni necessarie allequilibrio in regime membranale. Nella pratica costruttiva, si impiega una porzione discreta della superficie infinita del paraboloide iperbolico la quale viene delimitata al contorno per necessit progettuali architettonico-strutturali. La regione di frontiera che, di conseguenza, si configura dovr essere dotata di opportune strutture di ancoraggio di bordo sulle quali si concentreranno gli sforzi dovuti alle funi. Ecco, in figura 21, alcune tipologie di superfici ottenibili:

Figura 23 Reti a doppio strato: a) convessa; b) concava.

Figura 19 Scomposizione delle forze in corrispondenza ad un nodo generico della rete. Figura 21 Esempi di copertura a paraboloide iperbolico.

I vantaggi di questo tipo di copertura rispetto a quelle radiali sono: 1) lassenza del tamburo centrale con conseguente diminuzione di peso; 2) la disposizione a rete che consente una distribuzione delle funi, sulla superficie della membrana, pi uniforme; 3) la possibilit di definire linterasse tra le funi senza le restrizioni che comporta, invece, la presenza del tamburo centrale; tale vantaggio, inoltre, ne origina un altro:

lazione trasmessa dalla membrana alla trave di ancoraggio pi vicina ad un carico uniformemente distribuito lungo lo sviluppo dellanello; 4) lottenimento, grazie alluso di una maglia triangolare, di una maggiore rigidezza; 5) leliminazione dei problemi legati alla progettazione, allesecuzione, al trasporto ed al montaggio del tamburo centrale.

Fase BCE: la fase instabile: percorrendo il campo degli spostamenti da B verso E con liberazione di energia cinetica (area 2 tratteggiata) si ha <0; si noti che il passaggio dalla configurazione B a quella E avviene in modo dinamico. Fase DEF: avviene lhardening geometrico gi citato, con aumento della rigidezza tangente, si ha un ramo di equilibrio stabile 2 con incremento del valore positivo di .
Figura 25 Hardening geometrico: diagramma carichispostamenti.

Lelemento strutturale fune


Come gi affermato, lelemento fune, dotato di sola rigidezza estensionale, lavora solamente in stato unilaterale di sollecitazione di trazione; in pi, si accennato al fatto che il cavo, non essendo dotato delle rigidezze tagliante e flessionale, pu trasmettere i carichi agli ancoraggi solamente con variazioni di forma (figura 24) e, pertanto, lelemento fune si pu definire ipostatico o, meglio, a geometria variabile.

Vi sono da aggiungere alcune considerazioni: il tratto DC ottenibile attraverso linversione del segno dei carichi e possiede le stesse propriet del percorso AB, lultima parte DEF del grafico caratteristico delle tensostrutture. In relazione a questultima osservazione, si sottolinea che la non linearit geometrica in hardening provoca la crescita delle sollecitazioni, in funzione dei carichi, meno che proporzionalmente, risultandone avvantaggiato il coefficiente di sicurezza, valutato per gli stati limite di deformazione, rispetto a quello che si ha col metodo delle tensioni ammissibili. Un po di considerazioni Una fune flessibile ed inestensibile AB schematizzabile da un sistema articolato semplicemente connesso nel quale il numero delle aste tende allinfinito mentre, di pari passo, la lunghezza di ciascuna asta si riduce fino a divenire infinitesima. La propriet di flessibilit da imputarsi al fatto che ogni punto del filo un nodo articolato e riflette la capacit che ha la fune di sapersi adattare, sotto carico, secondo una linea geometrica qualsiasi, esercitando, ovviamente, le necessarie reazioni agli estremi. Linestensibilit, invece, dovuta allipotesi che un arco di fune compreso tra due punti qualsiasi mantenga, per ogni configurazione, la medesima lunghezza. Per lo studio dellequilibrio dei fili ci si basa sul seguente postulato: condizione necessaria e sufficiente per lequilibrio di un tratto AB di un filo flessibile ed inestensibile senza peso e sollecitato unicamente da due forze FA e FB applicate agli estremi A e B che queste siano uguali ed opposte e dirette verso lesterno del tratto di filo analizzato: FAB>0. Per quanto concerne le configurazioni che assume una fune sotto carico, bisogna distinguere se vengono applicate una o pi forze concentrate oppure distribuite: nel primo caso si raggiunge una deformata di equilibrio a bilatera, trilatera, o poligonale in dipendenza del numero, dellintensit e della posizione dei carichi (figura 28d, e, f, h), nella seconda situazione si giunge alle seguenti forme geometriche: - linea catenaria: si ha per i carichi uniformi verticali distribuiti lungo la fune stessa (figura 28g); - linea parabolica: per i carichi uniformemente distribuiti lungo lorizzontale (figura 28i);

Figura 26 Hardening geometrico: diagramma carichisollecitazioni.

Ora si analizza brevemente un esempio di legame carichi-spostamenti, quello di un arco parabolico sottile caricato uniformemente, dal quale si pu dedurre laumento della sicurezza per effetto della non linearit geometrica; si osservano le seguenti fasi (figura 27):

Figura 24 Comportamento sotto carico dellelemento fune.

Proprio i notevoli cambiamenti di configurazione sotto carico sono la causa principale del comportamento non lineare geometrico dellelemento fune. In fase elastica, non considerando la fase di spostamenti cinematici di moto rigido, la non linearit del tipo ad incremento di rigidezza (hardening) per il quale (figure 25 e 26): - il legame carichi-spostamenti cresce pi che proporzionalmente; il legame cari chi-sollecitazioni cresce me-no che proporzionalmente.

Figura 27 Legame carichi-spostamenti per un arco parabolico sottile caricato uniformemente.

Fase A: larco scarico. Fase AB: c il softening geometrico, si manifesta la diminuzione della rigidezza tangente: un ramo di equilibrio stabile con decremento del valore positivo della variazione seconda dellenergia potenziale 2 totale .

- linea cubica: per i carichi distribuiti linearmente lungo lorizzontale (figura 28l); - linea circolare: per i carichi distribuiti uniformemente lungo la fune e diretti ortogonalmente allasse (figura 28m).

H = S cos , dalle quali, sapendo che: sen = 2 f / (4 f + L ) e cos = L / (4 f + L ) , si ottengono le formule che forniscono lo sforzo nella fune S e le reazioni V e H: V = P / 2, S = P (4 f + L )
2 2 1/2 2 2 1/2 2 2 1/2

/ (4 f),

H = P L / (4 f); se si pongono P = 10000 daN, L = 25 m, f = 5 m, si avranno: V = 5000 daN, S = 13463 daN, H = 12500 daN; se, invece, si dimezza f:
Figura 28 Configurazioni di equilibrio sotto varie tipologie di carico.

V = 5000 daN, S = 25495 daN, H = 25000 daN; come si pu constatare, H, rispetto a prima, raddoppia e S quasi, a dimostrazione di ci che stato esposto senza il conforto del calcolo; al limite, si intuisce che, se f0, S e H. Le stesse considerazioni si possono effettuare per il caso di una fune sospesa soggetta ad un carico uniformemente distribuito sullorizzontale con la variante che entrano in gioco i momenti flettenti: infatti, quello dovuto alla reazione orizzontale H, Mh, compensa la differenza tra il momento Ma, imputabile alla reazione verticale A, ed il momento Mp, prodotto dalla risultante di carico P (figura 30).

Appare chiaro, da quanto appena esposto, il forte vincolo esistente fra i parametri geometrici e lo stato di sollecitazione della fune; in particolare, interessante indagare il rapporto sussistente tra la freccia f e la reazione orizzontale H: le due quantit sono inversamente proporzionali, ovvero tanto pi la prima si riduce, tanto pi la seconda aumenta in valore (figura 29).

Figura 29 Influenza della freccia sul valore degli sforzi.

Figura 30 Equilibrio di una fune soggetta ad un carico uniformemente distribuito sullorizzontale.

Per rendere meglio comprensibile quanto affermato, si scrivono le equazioni di equilibrio, supponendo che il carico P agisca esattamente a met della luce L: 2 V = P, 2 S sen = P,

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