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“LE RELAZIONI INTERPERSONALI”

PROF. CRISTIANO DI SALVATORE


Università Telematica Pegaso Le relazioni interpersonali

Indice

1 L’UOMO COME ESSERE SOCIALE------------------------------------------------------------------------------------- 3


2 LA SOCIETA’ COME SISTEMA VIVENTE ---------------------------------------------------------------------------- 6
3 LA MOTIVAZIONE UMANA ALLA RELAZIONE ------------------------------------------------------------------- 7
4 LA COMPETIZIONE TRA I MOTIVI E LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW---------------------- 9
5 L’ESPERIMENTO DI HARLOW ----------------------------------------------------------------------------------------- 11
CONCLUSIONI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 L’uomo come essere sociale


L'espressione relazione interpersonale, o relazione sociale, si riferisce al rapporto che

intercorre tra due o più individui. Queste relazioni si possono basare su sentimenti (come l'amore,

la simpatia, l'amicizia) come anche su passioni condivise e/o su impegni sociali e/o professionali.

Le relazioni sociali hanno luogo in ogni contesto umano: dai rapporti di amicizia,

alla famiglia a qualsiasi forma di aggregazione umana.

Parlando di relazioni di coppia, ci si riferisce spesso ad un rapporto sentimentale

e/o intimo tra due persone come ad esempio nella coppia di amanti, o nella coppia genitoriale o nel

rapporto genitore-figlio.

Non è irragionevole pensare che la domanda fondamentale della psicologia sia: perché la

gente fa quel che fa?

Sembra chiaro che gran parte del comportamento umano sia guidato da scopi, vale a dire che

è diretta a raggiungere uno scopo o un risultato.

In questo modo ci si comporta in una determinata maniera perché si vuole raggiungere un

determinato risultato: mangiate perché avete fame, andate all’Università perché volete ottenere una

laurea. Rispetto a tutte queste motivazioni, c’è da aggiungere che le persone non siano del tutto

consapevoli delle ragioni che si trovano alla base delle proprie azioni. Pertanto è possibile credere

di stare facendo una cosa per una ragione, quando in realtà il motivo è un altro.

Come scrisse il filosofo greco Aristotele (IV sec. a. C.) nella sua Politica, “l’uomo è un

animale sociale”: tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Già nel

Paleolitico infatti, quando l’uomo era ancora nomade, esso viveva in gruppi la cui prima

occupazione era la sopravvivenza. Tuttavia è nel Neolitico con la rivoluzione agricola che sorgono

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le prime comunità stabili, i primi villaggi. Il villaggio neolitico però non aveva un’organizzazione

politica e amministrativa e non si basava ancora su una vera specializzazione e divisione del lavoro.

Solo a partire dal VI millennio a. C., nella zona dell’attuale Afghanistan e poi in Mesopotamia,

inizia un lento processo che porta alla nascita delle prime città e alla rivoluzione urbana (una serie

di fenomeni collegati alla nascita delle città, come lo sviluppo della tecnica legata all’utilizzo del

fuoco, la divisione del lavoro, la scrittura) e si assiste alla formazione dei primi centri di potere

politico. Alcuni aspetti che caratterizzano la maggior parte delle organizzazioni sociali odierne,

come la proprietà privata, la divisione in gruppi sociali, la presenza di un centro di potere politico

emergono già proprio a partire dal Neolitico e con la rivoluzione urbana. Il primo aspetto citato è in

stretta relazione con un diverso utilizzo del tempo: nella pratica agricola il contadino non raccoglie

oggi il frutto del suo lavoro ma ha bisogno di tempi lunghi, vuole quindi disporre della terra nella

quale ha investito il proprio lavoro. Ha così origine la pretesa di possedere la terra e la trasmissione

di questa pretesa ai discendenti: nasce la proprietà privata. La tecnologia della lavorazione con il

fuoco (metallurgia, ceramica) produce invece una seconda importante conseguenza

nell’organizzazione sociale: la divisione del lavoro. Accanto a chi lavora la terra, il contadino, c’è

chi, per esempio, gli fornisce gli strumenti di lavoro: l’artigiano, produttore a tempo pieno di oggetti

che non servono direttamente al suo sostentamento. Con la divisione sociale del lavoro cambia

radicalmente il modo di produrre e si affermano mestieri e modi di vita diversi: il mondo del

contadino, basato sui ritmi stagionali, e quello dell’artigiano libero dal vincolo temporale sono

ormai separati. Ciò che collega questi due mondi è lo scambio, il mercato, regolato dapprima dal

baratto e in un secondo momento dal denaro. Nel contesto della rivoluzione urbana quindi si

produce una nuova divisione del lavoro, quella tra l’artigiano e il commerciante. Quest’ultimo non

si occupa della produzione ma della distribuzione dei prodotti. Dalla città inoltre dipendono le

grandi opere pubbliche come la costruzione dei canali per l’irrigazione dei campi o le strade; nelle

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città nascono i primi edifici pubblici di notevoli dimensioni: i templi. Essi servivano, oltre che per il

culto, anche come magazzini per la conservazione dei prodotti alimentari destinati alle varie

categorie sociali (artigiani, mercanti, funzionari) ma erano anche sedi di attività organizzative ed

amministrative, quindi centri di potere, inizialmente nelle mani dei sacerdoti. In questo contesto

venne determinata anche la sottomissione alla città della campagna, che versava tributi in natura

all’autorità cittadina in cambio della costruzione e manutenzione di canali ed altri servizi. Nella

città infine, intorno al 3000 a.C. con la nascita della scrittura, si attua anche la divisione tra lavoro

fisico e non fisico.

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2 La societa’ come sistema vivente

La società, afferma lo scienziato Capra, non è una aggregazione meccanica, ma è

oggettivamente un sistema vivente e come tale dovrebbe essere permeato, soprattutto, dalla

cooperazione e associazione.

Questo scienziato osserva che anche secondo la teoria sistemica, emersa negli anni Venti

e Trenta del XX secolo, tutti i sistemi viventi (organismo, ecosistema o sistema sociale)

condividono una serie di proprietà e di principi di organizzazione e tra questi vi è l’esprit di

cooperazione il quale ne garantisce la sostenibilità e la sopravvivenza. Fermo restando

certamente che “i tre tipi di sistemi viventi multicellulari (organismi, ecosistemi e società)

differiscono massimamente nei gradi di autonomia dei loro componenti: mentre negli organismi,

i componenti cellulari hanno un minimo grado di indipendenza, i componenti delle società

umane, gli individui, hanno un massimo grado di autonomia, godendo delle molte dimensioni di

un'esistenza indipendente; infine, le società animali e gli ecosistemi occupano degli spazi

variabili tra questi due estremi opposti” .

Il nostro universo che cresce ed evolve, afferma lo scienziato Sheldrake, “è molto più simile a un

organismo e lo stesso vale per la Terra [...] e per noi stessi”.

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3 La motivazione umana alla relazione


Un proverbio inglese recita “Man is not an island!” (l’uomo non è un’isola).

In effetti l’essere umano sembra sia intrinsicamente un essere sociale ed è plasmato

attraverso le esperienze con gli altri esseri umani.

Carattere generale dell’esistenza umana è che le persone trascorrono molto tempo con gli

altri.

La socialità è propria dell’uomo, necessità di considerare l’influenza dei fattori sociali,

l’azione dell’ambiente sulla socializzazione più le interazioni fra

socializzazione/affettività/intelligenza 1.

L’uomo è un essere sociale: studi scientifici dimostrano che, isolato e privato della presenza altrui,

l’essere umano non acquisisce i tratti caratteristici della natura umana (influenza che l’ambiente

umano esercita sullo viluppo psicologico degli individui; per es. bambini allevati dai lupi si

comportano come animali).

Perché avviene tutto questo?

Biologicamente, già dalla nascita dipendiamo completamente dagli altri per la

sopravvivenza stessa. Tra le specie animali, gli esseri umani sono tra quelli che per più tempo si

prendono cura dei propri cuccioli (parental giver).

Le facoltà umane (di ordine intellettivo, affettivo, spirituale) non sono presenti dalla nascita,

se non virtualmente, per svilupparsi hanno bisogno non solo dei processi organici, ma soprattutto

dei rapporti con gli altri (ciò permette la costruzione della personalità). L’essere umano è immerso

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Piaget, Sigmund Freud

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fin dalla nascita in un ambiente sociale, non è un istinto sociale ereditario, ma lunga evoluzione che

inizia nei primi mesi e finisce dopo l’adolescenza = sviluppo sociale.

L’educazione è il primo agente della socializzazione, il bambino non è passivo nei confronti

dell’ambiente, la socializzazione implica una partecipazione diretta e risposta attiva del soggetto.

Anche quando diventiamo ragionevolmente auto-sufficienti, cerchiamo comunque di

stabilire e coltivare legami con molte altre persone.

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4 La competizione tra i motivi e la piramide dei


bisogni di maslow
Considerare separatamente le motivazioni per i quali facciamo una determinata azione è un

costrutto molto teorico.

Solitamente, nella vita reale, sono contemporaneamente presenti diversi bisogni e

motivazioni; ad esempio è possibile che siate contemporaneamente motivati ad arrivare in classe in

tempo per un esame, a soddisfare una fame improvvisa e a trascorrere altri cinque minuti

chiacchierando con una persona che vi piace. Al tempo stesso, un’automobile sta piombando su di

voi a tutta velocità.

Dovrete perciò decidere quali di questi motivi di competizione richiede la vostra attenzione

immediata, e come affrontare poi gli altri.

Un rapido salto di lato sembra essere la migliore azione dalla quale cominciare; questo

soddisfa il bisogno di sopravvivenza.

Quello che va sottolineato, è che spesso siamo costretti ad ordinare i motivi in competizione

a seconda della loro importanza.

Lo psicologo Abraham Maslow [1970] spiegò questa necessità nei termini di una gerarchia

dei bisogni.

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I fondamenti sono i bisogni fisiologici (fame, sete, sesso etc.); vi sono poi i bisogni di

sicurezza, seguiti dai bisogni di appartenenza (amore, associazione), poi dai bisogni di

riconoscimento sociale (stima, approvazione e considerazione da parte degli altri) e infine il

bisogno di autorealizzazione (essere tutto ciò che si è in grado di essere).

Benché si possa discutere il modo esatto in cui Maslow ordina e definisce questi bisogni e

motivi, è indubbio che alcuni bisogni umani siano prioritari rispetto ad altri.

Secondo la gerarchia dei bisogni, gli esseri umani dunque avrebbero bisogno di provare

amore ed accettazione da parte dei gruppi sociali.

Questa necessità è talmente radicata da essere abbastanza forte per superare i bisogni

fisiologici e di sicurezza.

Un esempio è dato dal fatto che sia comunque forte l’attaccamento di bambini nei confronti

di genitori che si comportano con loro in modo violento.

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5 L’esperimento di harlow
Alla fine degli anni ‘50, psicologi e sociologi concordavano su un principio fondamentale:

alcuni dei bisogni primari (fame, sete, dolore) venivano soddisfatti dal legame con la madre e da

ciò, attraverso un meccanismo d’apprendimento, derivavano amore e affetto.

Questa spiegazione convince Harry Harlow solo in parte: perché questo legame rimane,

spesso profondo e intatto, anche quando la madre cessa di essere la risposta ai bisogni del piccolo?

Per analizzare un meccanismo così complesso, afferma Harlow, non è possibile testare un campione

di neonati, in quanto le loro capacità motorie si affinano molto tempo dopo la nascita, pertanto la

loro osservazione diventa complicata. Per questo motivo, Harlow sceglie di descrivere il

comportamento dei macachi, autonomi nel movimenti già a 2-10 giorni di vita e con segnali di

vicinanza affettiva simili a quelli della nostra specie (allattamento, ricerca del contatto, prossimità

fisica). Nel giro di tre anni, più di 60 piccoli di macaco vengono separati dalla madre a 6-12 ore

dalla nascita e allevati con latte artificiale contenente sostanze nutritive adeguate per essere

osservati e studiati.

La prima osservazione annotata da Harlow fu che come i piccoli vengano immediatamente

attratti dai pezzi di stoffa messi nelle gabbie per renderle più confortevoli.

Quando i panni vengono rimossi per essere lavati, i macachi protestano, si arrabbiano e

diventano violenti. Inoltre, se nella gabbia viene riposto un oggetto, anche solo un cono di rete

metallica, questi cuccioli crescono meglio rispetto a quelli che vivono in una gabbia vuota.

Di fronte a questi dati, lo studioso opta per costruire una madre surrogato, con un’anima di

legno ricoperta da un panno caldo, riposta nella gabbia del piccolo 24 ore su 24.

Dal nostro punto di vista, abbiamo progettato mamme scimmia migliori, nonostante questa

posizione non sia universalmente condivisa dai papà scimmia.

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Questa mamma non è sola, ma nella gabbia viene riposta una sagoma del tutto identica, solo

non ricoperta con il panno. In alcuni casi, quest’ultima è dotata di un meccanismo per nutrire il

piccolo, in altri è la “mamma morbida” ad avere anche questa funzione. Ebbene, qualunque sia la

mamma capace di dare il latte, i piccoli tendono a stare con la “mamma morbida”, calda e

accogliente e, se necessario, si spostano verso l’altra figura solo il tempo necessario a nutrirsi.

Questa è per Harlow una scoperta sensazionale, che va oltre tutto ciò che è stato detto fino a quel

momento a proposito del legame madre – bambino. Non c’entra nulla il soddisfacimento della fame

e della sete. Sono altre le variabili in gioco. La vera funzione dell’allattamento, afferma Harlow, è

quello di assicurare un contatto continuo e intimo con la madre, allo scopo di garantire sicurezza in

momenti di paura o pericolo. Spaventando i piccoli macachi con un giocattolo, essi si rivolgono

sempre alla mamma ricoperta con il panno morbido, senza considerare la fonte di nutrimento.

Anche l’esplorazione subisce notevoli cambiamenti a seconda della presenza o meno della madre

surrogata nello spazio: quando c’è, i macachi si muovono liberamente tornando talvolta verso la

madre. Se al contrario è assente, i piccoli si mostrano impauriti, restano accovacciati e iniziano a

dondolare. Harlow sottopone ai macachi allevati con madri surrogate numerose altre prove, che

riconfermano i dati già esposti.

Conclusioni

L’esperimento ha una forte valenza all’interno degli studi sull’attaccamento e non solo. Se

da una parte mette in crisi le teorie ritenute valide all’epoca, dall’altra manifesta ricadute anche a

livello socioeconomico, che Harlow identifica e descrive in conclusione al suo lavoro. Non è più

verità assoluta che le madri, dopo aver partorito, debbano stare a casa dal lavoro a occuparsi dei

figli. Gli uomini hanno le stesse caratteristiche necessarie a creare il legame di cui ha bisogno il

neonato, perché non si tratta più di bisogno di allattamento. Addirittura potrebbe esistere un futuro,

afferma Harlow, in cui allattare diventa un lusso, destinato a chi può permettersi di non lavorare.

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Ma qualunque sia il corso della storia, è confortante sapere che siamo ora in contatto con la

vera natura dell’amore.

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Bibliografia
 F. Capra, La scienza della vita, Bur, 2001,

R. Sheldrake, Le illusioni della scienza. 10 dogmi della scienza moderna posti sotto
esame, Apogeo, 2013

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