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Il concetto di rete sociale

psico comunità
Psicologia
Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro
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Il concetto di rete sociale
Parlando di rete in ambito sociale, intendiamo l’insieme di relazioni esistenti tra persone, anche se
queste non necessariamente si incontrano nello stesso momento e nello stesso luogo. I nodi
rappresentano gli individui, i gruppi, le organizzazioni, mentre le linee identificano l’insieme delle
relazioni. Il concetto di rete può essere considerato un modo per definire la realtà di una persona,
cioè il significato che questa attribuisce alle relazioni, al contesto in cui vive, e viceversa, il
significato che gli altri, le relazioni ed il contesto attribuiscono alla persona stessa. Il concetto di
rete assume, così, il ruolo di uno strumento di lettura della realtà psicologico-sociale.
DIFFERENZA TRA LA RETE ED IL SISTEMA La differenza sostanziale tra il sistema e la rete è
data dal significato assunto dall’interazione. Se nel modello sistemico interazione significa
interdipendenza, nel modello a rete questa significa comunicazione. Le unità componenti il sistema
hanno, quindi, ruoli interdipendenti, specializzati e differenziati, finalizzati al funzionamento del
sistema stesso. Nel reticolo, al contrario, le unità non sono necessariamente in reciproca
interrelazione e, soprattutto, le eventuali interrelazioni non sono mirate al funzionamento della rete
stessa. A differenza del sistema sociale, che ha come requisito necessario per la sua definizione il
fatto che le “interazioni specifiche tra i componenti presi in esame siano più intense, abbiano natura
distinta rispetto alle interazioni dei componenti stessi”, nel modello reticolare le unità non
condividono necessariamente i fini, i valori, le culture specifiche. L’unico elemento ad essere
obbligatoriamente in comune tra le componenti della rete è la relazione diretta o indiretta con il
soggetto, individuale o collettivo, scelto come il centro del reticolo, portando quindi l’attenzione
sulle relazioni tra le unità piuttosto che sulla rappresentazione delle unità stesse.
RETE A-CENTRATA (in una visione “copernicana”) la rete è per definizione priva di un centro.
Questo significa, ad esempio, pensare ad una rete non gerarchica dove ogni nodo equivale all’altro
ed in cui – qualora manchino i nodi che collegano aree adiacenti – il collegamento può avvenire per
lontane connessioni. In questa metafora il rapporto tra locale e globale può essere ribaltato a favore
del locale in quanto le trasformazioni di insieme sono descritte da trasformazioni locali ciò può
essere anche interpretato come prevalenza dell’elemento orizzontale su quello verticale (esempio
Internet).
RETE EGOCENTRATA (in una visione “tolemaica”) la rete viene costruita e descritta ponendo al
centro una persona (ego) dalla quale si dipanano le sue relazioni. In questa immagine la rete sociale
può essere definita come l’insieme delle persone che intrattengono una relazione con ego, cioè
come una parte specifica della totalità di relazioni di un dato soggetto. Ogni persona infatti “trova,
cerca o evita” nel corso della propria vita diverse persone e relazioni alcune delle quali possono
essere ereditate, come la famiglia, altre formatesi nel corso del tempo. Questo insieme costituisce la
rete sociale di ogni soggetto, diversa e specifica per ogni persona » “La rappresentazione temporale
della rete è costituita dalla famiglia estesa che comprende le diverse generazioni; quella spaziale è
costituita dall’insieme degli amici della famiglia, dei coetanei e dei vicini. La rete di ogni individuo
è la somma totale dei rapporti umani che hanno avuto un’importanza durevole nella sua vita.” » La
rete egocentrata è di particolare utilità nell’ottica psicologica in quanto offre l’immagine di un
soggetto non isolato in un sociale generico, ma inserito in una trama di relazioni che l’analisi può
specificare a vari livelli. Si tratta di un soggetto fondamentalmente attivo in quanto, come sopra
accennato, la rete sociale è costituita solo in parte da relazioni in cui l’individuo si trova immerso
nascendo e sviluppandosi l’altra parte è “costruita” dal soggetto stesso nel corso della sua attività e
non è necessariamente statica in quanto il soggetto, attraverso l’azione, la può modificare sotto vari
aspetti. D’altronde, in chiave psicologica, nessuna relazione è “passiva” nella misura in cui è
sempre attraverso l’interazione che il soggetto ed i suoi interlocutori le danno un significato.
Tale idea di attività, a ben guardare, è anche rintracciabile nelle reti a-centrate, in quelle cioè che
non trovano il loro centro in una persona fisica. Infatti l’idea di rete ci porta necessariamente ad un
sociale costituito dalle relazioni che si creano tra le persone, tra le persone e gli elementi materiali
e simbolici dell’ambiente e più ampiamente tra gruppi, organizzazioni, istituzioni. In altri termini, il
concetto di rete evoca un’idea di società intesa non come una serie di “fatti” che si impongono sulla
vita dei soggetti, singoli e collettivi, ma di una società che è costruita (e cambiata, trasformata, fatta,
disfatta) dall’agire umano. Questa visione ha come evidenti punti di riferimento teorico le

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concezioni della società e del rapporto tra l’individuo e la società avanzate da Max Weber, da
Rimmel, da Cooley, dai ricercatori della Scuola di Chicago.
Sono concezioni che si oppongono allo strutturalismo di stampo durkheimiano che vede la società
soprattutto livello di fenomeni macrostrutturali quali la densità di insediamento su un territorio,
l’insieme delle attività socioeconomiche, le grandi rappresentazioni collettive e così via. È evidente
peraltro che anche queste concezioni strutturali non possono essere ignorate in psicologia di
comunità, essendo ben dimostrato quanto il macrosociale agisca sui livelli “micro” delle
interazioni.
Esempio dell’analisi di Collins sull’amicizia La scelta degli amici è determinata dal fatto che i
gruppi amicali tendono ad essere omogenei in base alla classe sociale, al gruppo etnico di
appartenenza, al sesso, all’età.
MARK GRANOVETTER sostiene che l’esperienza individuale è strettamente connessa alla
dimensione macro della struttura sociale - ben oltre le intenzioni ed il controllo dei singoli individui
– ma riconosce che il ruolo di numerose variabili (di cui la struttura dei reticoli individuali e la
mobilità non sono che alcune tra le più importanti) debba essere collegato meglio con gli altri
elementi in gioco.
Origini e sviluppi del concetto di rete sociale
L’origine del concetto di rete sociale è nell’antropologia britannica per lo studio della realtà africana
nel secondo dopoguerra; nasce dalla necessità di nuovi strumenti per interpretare il passaggio da
una realtà statica ad una dinamica.
Un contributo importante arrivò dalla SCUOLA di MANCHESTER (fondata da GLUCKMAN) la
quale sviluppò anche la NETWORK ANALYSIS [oggi intesa come una prospettiva analitica che
raggruppa studi e correnti differenti ed anche conflittuali, che può comprendere, accanto ai più
tradizionali studi sul sistema sociale condotti sul campo, anche studi basati su modelli matematici
complessi].
L’analisi del conflitto introdotta da Gluckman apre la strada ad un nuovo paradigma che osserva le
relazioni ed i movimenti umani come realtà dinamiche e processuali.
Un interessante contributo all’evoluzione del concetto di rete sarà portato da due studiosi anch’essi
legati alla Scuola di Manchester:
J. BARNES Partendo dalla comunità di Bremnes [comunità norvegese di pescatori] Barnes
considera inizialmente due campi di relazioni sociali, uno basato sul territorio, in cui si formavano
relazioni di vicinato ricche e stabili nel tempo, l’altro sul sistema industriale, relazioni di
dipendenza dovute alla pesca, ma non stabili nel tempo. Accanto a questi due modelli relazionali ne
individua un terzo la rete, costituito da relazioni tra amici, vicini, parenti, trasversali agli altri due
campi. Le caratteristiche delle relazioni della rete erano indefinitezza spaziale e temporale, non
erano necessariamente relazioni stabili ed organizzate. In questo studio la rete diventa un
importante mezzo per studiare le relazioni informali Il tipo di rete era a-centrata, quindi in risalto
erano le interconnessioni e l’analisi in senso generale. Barnes, studiando la configurazione di rete,
arriva a proporre una distinzione tra società tradizionale e società contemporanea, sulla base della
differente configurazione della rete. Nella società contemporanea, anche se gli individui possono
conoscere più persone, hanno in proporzione meno amici e meno conoscenze in comune rispetto ad
una società in scala più piccola. Avendo quindi una conoscenza solo parziale della rete, essi si
possono trovare nell’impossibilità di raggiungere un altro punto della rete stessa, dovendo
necessariamente percorrere numerosi passaggi intermedi.
ELIZABETH BOTT Ricerca incentrata sul tipo di relazione esistente tra i coniugi e, nello specifico,
sulla condivisione del lavoro domestico in un gruppo di famiglie dell’area londinese. Entro queste
famiglie la Bott evidenzia tre modelli diversi di relazione relazioni coniugali caratterizzate da una
rigida separazione tra i ruoli, in cui i compiti rispettivi vengono eseguiti in modo separato ed
indipendente (FAMIGLIE a RUOLI SEGREGATI) relazioni che presentano una condivisione nei
lavori ed una intercambiabilità nei compiti (FAMIGLIE a RUOLI CONGIUNTI) relazioni a
LIVELLO INTERMEDIO di SEPARAZIONE dei RUOLI. L’analisi delle reti sociali delle famiglie
(amici, parenti, negozi, attività lavorativa, vicini) fa emergere degli elementi di straordinario
interesse » le famiglie a RUOLI SEPARATI apparterrebbero, infatti, a RETI SOCIALI A MAGLIA

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STRETTA O CHIUSA (CLOSE-KNIT) costituite da persone che si conoscono e si frequentano fra
loro » mentre quelle a RUOLI CONGIUNTI sarebbero parte di RETI SOCIALI A
MAGLIA LARGA O APERTA (LOOSE-KNIT) costituite da persone che non tutte si conoscono e
che non direttamente interagiscono fra di loro, i cui ruoli non si sovrappongono, nelle quali non
sarebbe tanto importante il numero di persone conosciute o frequentate dalla coppia, quanto il fatto
che queste a loro volta si conoscano e si frequentino o meno. secondo questo studio la rete sociale
non svolgerebbe solo una semplice azione a livello di interazione tra i coniugi ma risulterebbe
anche un elemento centrale che, attraverso l’interiorizzazione delle norme e dei valori, caratterizza
il processo di socializzazione della persona, la definizione dello status e dell’identità e
l’elaborazione dei modelli di prestigio, superando quindi a livello esplicativo variabili “classiche”
come la classe sociale o la zona di residenza. Si evidenzia così la funzione della rete quale gruppo,
reale o fittizio, che viene pensato da un individuo in quanto avente un’esistenza reale, ed è
utilizzato da questi per paragonare o valutare la propria posizione “WITH THAT OR OTHERS”, e
per giustificare o spiegare la sua azione.
La portata di alcune ipotesi emerse dallo studio della Bott, risulta estremamente interessante per la
psicologia di comunità:
1. Lo studio evidenzia la forte pressione ideologica e normativa da parte della rete a maglia stretta
sul controllo delle azioni dell’individuo, tale studio sfata o, quantomeno, rende maggiormente
complessa, una visione ingenua della rete sociale, che attribuisce a questa essenzialmente funzioni
di sostegno e di aiuto.
2. Propone una visione non isolata del gruppo familiare rispetto al tessuto di relazioni e lo collega
in varia guisa con il contesto sociale, consentendo in particolare di comprendere come le famiglie
possano essere imbrigliate in un sistema più largo, tanto quanto gli individui sono imbrigliati
all’interno delle famiglie stesse. In tal caso un rischio fin troppo evidente, anche se raramente
considerato, consiste nell’assumere la famiglia come “paziente designato”.
3. Le ipotesi aperte dalla Bott vanno anche nella direzione di comprendere meglio le distinzioni ed
il rapporto esistente tra contesti urbani e situazioni locali di piccole dimensioni Nel primo caso la
famiglia e le persone risultano parte di una rete estesa comprendente altri individui, gruppi ed
organizzazioni con autonomie diverse, indipendenti tra loro, e tali da permettere alle persone di
assumere ruoli differenti. Al contrario, nei contesti sociali di piccole dimensioni, gli individui e le
famiglie risultano “incastrati” all’interno di gruppi sociali a maggiore coesione dove tutti si
conoscono e dove molti aspetti della vita quotidiana vengono controllati o mediati dal gruppo
allargato.
Come definire e descrivere una rete sociale
Il termine rete sociale rimanda metaforicamente a due diverse immagini, una di apertura ed una di
costrizione.
Nell’ambito degli studi sulle reti sociali, un importante contributo è quello fornito dalla
NETWORK ANALYSIS, che ha sviluppato tecniche di ricerca empirica per l’analisi dei reticoli
sociali. Questa prospettiva teorica, che parte da una concezione della rete come realtà puntiforme,
in cui l’aspetto strutturale e funzionale è quello che assume la rilevanza maggiore, consente la
visualizzazione grafica delle relazioni, permette di condurre un’analisi statistica e di studiare la
morfologia e gli aspetti quantitativi dei legami oggetto di interesse. È alla network analysis che si
deve la descrizione analitica delle caratteristiche strutturali delle reti sociali, come la densità,
l’ampiezza, la direzione o la distanza.
Il focus dell’analisi è costituito dai legami sociali esistenti tra gli attori e non dagli attributi
dell’individuo o dai caratteri che gli derivano dall’essere membro di un gruppo (ruoli, norme,
status). È possibile rintracciare in tal senso una notevole sintonia con l’ottica di Kurt Lewin a
proposito del “campo” come sistema di relazioni.
Come può essere descritta una rete sociale?
Innanzitutto si definisce come RETE PRIMARIA o NATURALE l’insieme delle persone che fanno
parte della famiglia di ego, i suoi amici, i vicini di casa ed i colleghi di lavoro. tale rete primaria
interagisce con le reti secondarie, formali e informali.

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RETI SECONDARIE FORMALI corrispondono all’insieme delle istituzioni e delle organizzazioni
deputate a fornire determinati servizi agli individui e si distinguono dalle reti primarie per i rapporti
di tipo asimmetrico, caratterizzati da un contenuto professionale.
RETE SECONDARIA INFORMALE comprende invece le associazioni e le organizzazioni di
volontariato o di privato sociale nate per far fronte a determinati bisogni della comunità.
DIMENSIONE (o NUMEROSITÀ) lista delle persone che quotidianamente ego incontra,
classificate per il tipo di contatto che ha con esse.
Alcuni preferiscono il concetto di MATRICE SOCIALE totalità dei contatti sociali (include anche
relazioni amorfe ed inespresse) meno oggettivo e quantitativo del primo.
Tra le caratteristiche che descrivono una rete sociale, si distinguono. Solitamente, gli aspetti
STRUTTURALI e quelli INTERAZIONALI » i primi descrivono la forma del reticolo e si possono
tradurre in una rappresentazione grafica, i secondi riguardano principalmente il funzionamento
della rete ed i legami tra i suoi componenti.
ASPETTI STRUTTURALI:
La struttura di una RETE SOCIALE EGOCENTRATA viene generalmente presentata con dei
cerchi concentrici di relazioni che chiamiamo ZONE.
20
A A Nel cerchio più piccolo è localizzato ego che costituisce l’elemento centrale della configurazione
da cui si irradiano le linee di relazione. Tanto più queste zone risulteranno centrali rispetto ad ego,
tanto maggiori saranno l’intimità, l’importanza ed il tempo trascorso con le persone che ne fanno
parte.
20
A A La prima zona comprende la famiglia nucleare ed è solitamente caratterizzata da contatti regolari,
relazioni intime ed un alto livello di scambi non strumentali ed affettivi.
20
A A La seconda zona comprende gli amici più cari, ma può anche includere vicini, colleghi e parenti
con cui esista un buon livello di scambi ed interazioni affettive e supportive. Secondo PATTISON,
che definisce queste due prime zone THE INTIMATE SOCIAL NETWORK, esse sarebbero
criticamente correlate con le variabili legate alla salute mentale di ego.
20
A A La terza zona è un’area potenzialmente importante nel trovare risorse per ego ed è costituita da
quelle persone con le quali si hanno contatti meno regolari oppure relazioni che non presentano un
alto livello di intimità.
20
A A La quarta zona include le relazioni con persone “strategicamente importanti”, le cui relazioni
possono essere utili in determinate situazioni. Si possono ritrovare in quest’area ad esempio,
medici, professionisti e vicini.
20
A A La quinta zona, infine, è costituita da persone che si conoscono casualmente oppure da quelle che
sono operatori di servizi vari cui si ricorre in caso di necessità » in altri termini la quarta e la quinta
zona comprendono persone che sono legate a ego solo in funzione di specifici bisogni.
» Trasferimenti, cambi di posto di lavoro, costituzione di nuovi nuclei familiari o rottura di quelli
esistenti, passaggi in fasi diverse della vita, emigrazione, possono apportare sensibili modifiche alle
zone.
ASPETTI FUNZIONALI: un discorso a parte riguarda la definizione del tipo di relazione, che può
essere descritto sulla base di vari criteri.
Un primo elemento utilizzato riguarda la PLESSITÀ, termine con cui si identifica l’area di
contenuto della relazione.
Possiamo ritrovare in una rete rapporti di tipo UNIPLEX, caratterizzati da un tipo di relazione che
interessa solo un’area di contenuto » ad esempio essere membri di un circolo scacchistico e
ritrovarsi con gli altri appassionati esclusivamente per giocare a scacchi.
Con il termine MULTIPLEX si intendono quelle relazioni che, invece, interessano più aree di
contenuto.
È possibile ipotizzare, pur non essendo una regola generale, che con il tempo vari rapporti
UNIPLEX diventino MULTIPLEX.
Per RECIPROCITÀ o SIMMETRIA si intende la bidirezionalità della relazione.
Le reti nell’intervento psicologico-sociale
La rete sociale è anche uno STRUMENTO di INTERVENTO soprattutto nel lavoro dei servizi
socio-sanitari e di comunità in generale. Chi opera nei servizi riceve la richiesta di presa in carico di

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tipo tecnico e individuale del problema. In molti problemi è forte la componente sociale, eventuali
soluzioni sono affidate a ridestare nel soggetto o nel suo ambiente risorse attive. In ambito clinico
hanno cominciato a svilupparsi modelli di intervento che comprendono nel processo terapeutico la
rete totale o parziale del paziente. L’obiettivo di questi approcci è di favorire un cambiamento della
persona, un non aggravarsi di una situazione critica, l’apertura di nuovi sbocchi o la possibilità di
accedere a trattamenti più idonei la cui realizzazione appare ostacolata o impedita dalla rete di ego
o da parti di essa. Un pioniere in quest’area di lavoro è ROSS SPECK che per primo ha esplorato la
dimensione della rete in ambito clinico.
ROSS SPECK PSICOTERAPIA E MOBILITAZIONE DELLA RETE Speck comincia negli anni
’60 ad occuparsi di famiglie di pazienti schizofrenici trattate presso le proprie abitazioni senza l’uso
dei medicinali evitando l’etichettamento sociale del paziente che si avrebbe con l’ospedalizzazione.
I risultati evidenziarono come in 4 casi su 5 gli obiettivi venissero raggiunti in maniera più rapida
rispetto ad una terapia individuale in ospedale. I punti di appoggio che Speck trovò per mettere a
punto il suo tipo di terapia di rete furono due » lo studio della Bott e la collaborazione con la
psicologa di origine amerindiana Carolyn Attneave (che si rese conto dell’importanza del dato
culturale). A seguito dell’incontro con Speck entrambi iniziarono a sviluppare un procedimento di
intervento terapeutico basato sul soggetto e sulla rete sociale, nell’intento di fondare un metodo che,
anziché adattare i pazienti al proprio modello (o di selezionarli preventivamente in base a questo),
si adeguasse alla RETE ESTESA dei loro soggetti, e quindi anche ai loro sistemi percettivo-
cognitivi e culturali. Il metodo comporta vari piani e fasi » il comportamento del paziente,
inizialmente proposto come “i suoi sintomi”, viene ridefinito in termini di rapporti con una struttura
non adeguata e poi presentato e discusso con il soggetto stesso e con la parte più intima della sua
rete. Questo gruppo ristretto agisce in modo attivo per riunire la rete sociale più larga del soggetto
la quale, comprendente a volte fino a cento persone, diviene oggetto del trattamento dell’équipe di
consulenza, solitamente presso la famiglia. Le fasi del trattamento vengono descritte come:
» RITRIBALIZZAZIONE il cui scopo è di trattare l’intera struttura rendendo visibile e vitale la
rete, cercando di ripristinarne la funzione positiva, e di attivare eventi in modo da far acquisire al
ciclo il proprio slancio.
» POLARIZZAZIONE poiché anche in una rete ed in una tribù esistono punti di vista diversi,
rapporti di potere conflittuali, alleanze, esclusioni e coalizioni, è necessario articolare questa fase in
cui tutto ciò venga esternato e faccia acquistare dimensione alle possibili soluzioni del problema. In
questa fase vengono organizzati contemporaneamente microsetting di sottogruppi in conflitto fra
loro che interagiscono con la famiglia. La polarizzazione incrementa l’energia dei gruppi neo-
costituiti. La polarizzazione conduce alla
» MOBILITAZIONE delle attività e, con il sostegno dell’èquipe che si rende disponibile per crisi e
consultazioni, porta a formulare obiettivi e strategie ed anche ad organizzare gruppi di sostegno per
ogni membro della famiglia.
» DEPRESSIONE è comune al gruppo allargato il confronto con un compito nuovo e difficile
produrrà inizialmente resistenze, difficoltà ed anche depressioni ed angoscia. L’èquipe aiuterà a
superare questa fase, ma soprattutto una nuova mobilitazione verrà da parte di quei soggetti che
emergeranno come nuovi attivatori essi cominceranno a cercare soluzioni, a reclutare altri, portando
il gruppo alla fase di
» SBLOCCO e quindi a quella successiva di
» ESAURIMENTO-EUFORIA
Il gruppo diventa agente del proprio cambiamento. Il compito dello psicologo è aiutare il gruppo a
superare fasi stagnanti. L’intervento è centrato sui processi di gruppo piuttosto che sui contenuti.
Gli psicologi sono dei tecnici partecipanti che favoriscono la soluzione partecipata ai problemi. Lo
scopo dell’utilizzo della rete è di utilizzare la forza della rete per scuotere un sistema irrigidito e
consentire la crescita dell’insight e della conoscenza, che si producano quei cambiamenti che i
membri del sistema desiderano, di cui sono i soli responsabili.
UN MODELLO INTEGRATO DI INTERVENTO PSICOSOCIALE
Prima fase di mappatura della rete da parte dell’operatore insieme all’utente, familiari ed amici. Gli
strumenti sono il colloquio individuale e/o di gruppo e l’eventuale osservazione in contesti naturali.

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Una volta costruita la mappa della rete sociale, si effettua una valutazione complessiva ed analitica
che individui i punti forti e deboli, le potenzialità e disponibilità in modo da fare emergere una
strategia operativa. Gli elementi presi in considerazione sono: DIMENSIONE della RETE, TIPO di
LEGAME di CIASCUN MEMBRO CON la FIGURA CENTRALE, FREQUENZA dei
CONTATTI, RECIPROCITÀ o MENO dei LEGAMI, LORO DURATA, POSSIBILITÀ CHE la
RETE OFFRE di SUDDIVIDERE in SOTTO-UNITÀ, POSSIBILI CONFLITTUALITÀ TRA
SOTTO UNITÀ della RETE o TRA INDIVIDUI.
Se la rete è COESA e OMOGENEA, costituita da un grande gruppo, ha il vantaggio di offrire un
supporto forte ma è forte anche il controllo normativo, quindi il supporto psicologico è vincolato a
comportamenti conformi ai valori ed alle norme consolidate, quindi si affrontano i problemi senza
confronto con l’esterno. Il cambiamento rischia di entrare in conflitto con pratiche consolidate,
mantenute e controllate.
Se la rete è FRAMMENTATA, costituita da piccoli gruppi indipendenti, le possibilità di rivolgersi
all’esterno sono maggiori, c’è maggiore flessibilità e mobilità ma un sostegno sociale meno stabile
e diffuso.
Se la rete è DISPERSA, costituita da persone che si conoscono poco e si frequentano poco, le
relazioni tendono a non durare ed a non essere reciproche, questa rete non ha un ruolo attivo sul
piano psicosociale.
Una volta valutato il tipo di rete e la natura del problema, occorre definire gli obiettivi
dell’intervento. Tali obiettivi, in chiave di psicologia di comunità, presumono un'ottica sulla
soggettività e sulle dinamiche psichiche; ad esempio: aumentare la sensibilità alle risorse, alla
consapevolezza del mondo relazionale, contribuire alla mobilitazione delle risorse, minimizzarne la
dispersione, rinforzare e sostenere i legami esistenti, riorganizzare i sistemi di supporto, costruire o
ricostruire la rete sociale, contattare gli irraggiungibili (tale intervento è detto OUTREACH). PEER
EDUCATION intervento che parte dall'assunto che le persone sono più influenzabili dalla
comunicazione tra pari (cioè orizzontale) anziché da quella verticale.
Queste azioni assumono significato se inseriti in un progetto di sviluppo e di partecipazione della
comunità. Il riferimento alla rete sociale ha permesso lo sviluppo di interventi focalizzati intorno ad
un soggetto, a progetti di strada, di peer education, di aiuto-aiuto. Inoltre ha fatto comprendere
come i legami di dipendenza e di controllo nell'ambito di una situazione in cui un soggetto presenti
problemi possano essere fortemente intrecciati e forti anche se silenti. Questo approccio è basato su
una ottica teorico metodologica di ordine clinico in senso psicosociale mirata a favorire la
partecipazione delle persone, l'autonomia e l'azione anche politica del collettivo, cioè assumere un
ruolo partecipante all'azione.

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