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EMOTIVA IN FAMIGLIA”
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Etimologia e definizione
L'etimologia della parola emozione è da ricondursi al
latino emovère (ex = fuori + movere =muovere) letteralmente portare fuori, smuovere, in senso più
lato, scuotere, agitare. Per cui l'emozione, altro non è se non un'agitazione, uno scuotimento, una
vibrazione dell'animo...
Volendo dare una sintetica e generale definizione potremmo dire che le emozioni sono stati
appresi.
significati)
4) Reazioni comportamentali.
Possiamo dire con una certa sicurezza che da sempre l’uomo si impegna a riconoscere,
Citando alcuni filosofi ad esempio ritroviamo che Platone definiva le emozioni come
Nel 1872 Darwin descriveva le emozioni come “fossili, tracce di precedenti adattamenti,
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Fino agli anni ’40 le emozioni erano considerate superflue, casuali, incompatibile con la
ragione, causa di vizi e passioni; solo negli ultimi decenni sono state rivalutate e ad esempio oggi si
parla addirittura di marketing emotivo, ovvero le emozioni che spingono una persona a scegliere un
prodotto o servizi.
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quanto ci indicano segnali di pericolo (come quando proviamo paura), oppure un cane quando è
Ad esempio i neonati, non potendo ancora parlare, comunicano con l’adulto attraverso le
emozioni3; provare interesse favorirebbe l’esplorazione, provare paura ci orienta più verso
stimoli esterni; solo con il cognitivismo, viene presa in considerazione la valutazione della realtà,
e quindi noi abbiamo paura di un ragno perché pensiamo che possa essere pericoloso.
1
Nel 1872 inizia ad occuparsi di studi sulle emozioni della popolazione adulta
2
Cosmides e Tooby (2000)
3
Entro i 6 mesi di vita il neonato è in grado di esprimere le emozioni di base o primarie
4
La mente viene quindi considerata una sorta di black box, una scatola nera il cui funzionamento interno è
inconoscibile e, per certi aspetti, irrilevante: quello che importa veramente per i comportamentisti è giungere ad
un'approfondita comprensione empirica e sperimentale delle relazioni tra certi tipi di stimoli (ambientali) e certi tipi
di risposte (comportamentali).
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Le emozioni primarie sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per
questo sono definite primarie ovvero universali. Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che
originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo
Nel 2008 lo psicologo americano Ekman racconta di essere stato in un remoto villaggio
sulle alture della Papua Nuova Guinea per studiare gli abitati del posto e verificare se fosse
possibile riscontrare anche tra loro le stesse emozioni provate da altri popoli. Gli indigeni, i Fore,
popolo pre-letterario, alla vista di Ekman che mangiava del cibo a loro sconosciuto rimasero stupiti.
In particolare uno di loro rimase a guardare Ekman con una particolare espressione. Lo studioso
entusiasta della loro reazione, fotografò l’espressione di disgusto evidenziata sul volto di questo
membro della tribù e scrisse: “La fotografia illustra che l’uomo è disgustato dalla vista e
dall’odore del cibo che io consideravo appetitoso” (p. 177). Questo è solo uno dei tanti esempi
Fu proprio seguendo questa Tribù che Ekman poté notare come le espressioni di base
fossero universali perché riscontrabili in popolazioni diverse, anche in quella dei Fore che è
isolata dal resto del mondo. Così decise di stilare una lista di emozioni divise in primarie e
secondarie.
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4. gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
Queste sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono
le emozioni primarie:
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Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che originano dalla combinazione delle
Esse sono:
– invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro
possiede;
sociali;
– gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al
soggetto;
– speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi
– perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es.
– offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
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– rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto
Quindi, le seconde sono delle emozioni più complesse e hanno bisogno di più elementi
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3 L’intelligenza emotiva
Ci sarebbe molto altro da aggiungere rispetto i numerosissimi esperimenti, studi scientifici,
teorie ecc.
Per un momento lasciamo da parte tutto questo e valutiamo le emozioni da un altro punto di
vista; che impatto possono avere le emozioni sulla nostra vita relazionale e sociale?
Avere un Q.I. elevato tuttavia, non è necessariamente sinonimo di successo nella vita; potrei
essere bravissimo nel risolvere calcoli complicatissimi e al tempo stesso incapace di chiedere scusa
ad un mio collega.
e quelli degli altri, di motivare se stessi e di gestire positivamente le proprie emozioni, tanto
interiormente, quanto nelle relazioni sociali. Goleman afferma che per vivere una vita piena,
emotivamente equilibrata sul piano delle relazioni sociali e su quello personale sono necessarie
I nostri comportamenti non sono direttamente correlati alla situazione che pare averli
determinati in una relazione di causa-effetto, ma sono legati alle emozioni che da quella medesima
circostanza sono scaturite: tra la percezione della realtà e il passaggio all’azione, di fondamentale
5
Il Q.I. è un punteggio, ottenuto tramite uno dei molti test standardizzati, che si prefigge lo scopo di misurare o valutare
l'intelligenza, ovvero lo sviluppo cognitivo dell'individuo
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Essere consapevoli di sé vuol dire essere consapevoli sia dei nostri sentimenti che dei
nostri pensieri su di essi; soprattutto rispetto ai sentimenti negativi potersi dire: “Ecco, ciò che sto
provando è rabbia… è ansia… è dolore…”, può favorire un controllo sano dei suddetti sentimenti
che consente di non farsi trascinare dalla loro pressione e di cercare modi alternativi per gestirli.
Secondo questa teoria dunque le emozioni non hanno una valenza negativa o positiva, ma è la loro
gestione che può renderle positive o deflagranti. Alla base dell'intelligenza emotiva di Goleman ci
sono due grandi competenze: una competenza personale, legata al modo in cui controlliamo noi
stessi, ed una competenza sociale, legata al modo in cui gestiamo le relazioni con gli altri.
- la consapevolezza di sé, che vuol dire autoconsapevolezza sul proprio stato emotivo, ossia
conoscere e saper esprimere i propri sentimenti apertamente e con assertività, conoscere i propri
punti deboli e punti di forza, capire in che cosa si può migliorare e accettare di buon grado le
critiche costruttive; ma essere autoconsapevoli delle proprie capacità vuol dire anche avere
più fiducia in se stessi e sulla possibilità di realizzarsi;
- la gestione del sé, che concerne l'autocontrollo nel riuscire a dominare le emozioni forti e i
turbamenti al fine di incanalarli verso fini costruttivi, nonché l'integrità che si ottiene dalla
trasparenza di un'autentica apertura agli altri dei propri sentimenti, convinzioni, azioni;
- le abilità sociali, dunque gestire bene le emozioni nelle relazioni e saper leggere accuratamente le
situazioni sociali in modo da trattare con efficacia le interazioni, i conflitti, i problemi comunicativi.
Tutte queste componenti ci permettono di rimanere sempre in contatto con il nostro mondo interiore
emozionale e di conseguenza di ritrovare un’armonia con noi stessi, inoltre costruiscono l’essenza
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del successo dei rapporti interpersonali, dell’abilità di leggere le reazioni e i sentimenti altrui, della
bravura nel deviare e risolvere inevitabili conflitti che sorgono in qualsiasi attività umana.
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reale; l’intelligenza emotiva può essere applicata a moltissimi contesti della nostra vita.
Per prima cosa ogni mattina, potremmo iniziare a porci la seguente domanda: “cosa mi
aspetto oggi?”. Al termine della giornata chiediti come ti sei sentito rispetto a tutto questo, quali
Pensare alle nostre emozioni come se avessero un determinato peso: immaginiamo di porle
su di una bilancia.
Prima di reagire analizziamo se ne vale la pena utilizzare tutta quella rabbia, sentirci molto
preoccupati ecc.
riflettendo sul fatto che possiamo avere il controllo della nostra emotività.
Praticare l’empatia6: sicuramente molti di noi preferiscono maggiormente mettersi nei panni
delle persone che stimano, che ammirano. Per una volta iniziamo a metterci nei panni delle persone
che ci creano maggiormente problemi: il nostro capo dal quale ci sentiamo rispettati poco, il nostro
collega che è abituato a parlarci male degli altri e tende a lamentarsi spesso ecc.
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L’empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Il
significato etimologico del termine è "sentire dentro", ad esempio "mettersi nei panni dell'altro", ed è una capacità che
fa parte dell'esperienza umana ed animale.
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Iniziamo a chiederci: quale opportunità c’è in questo problema? Cosa sto imparando? Cosa
educativo genitore-figlio.
vista culturale hanno avuto un impatto notevole sulle nostre vite, con tutti i pro ed i contro.
Oggi più che mai, il bisogno di un’educazione emotiva7, non è mai stato tanto pressante.
Consideriamo alcune statistiche: negli ultimi decenni, il numero di omicidi tra teen-ager è
Cosa significa?
Significa che mediamente i ragazzi sono diventati più scontrosi e irritabili, più depressi e
Alla base di questo deterioramento ci sono agenti estremamente rilevanti: in primis le nuove
realtà economiche che impongono ai genitori di lavorare sempre di più di quanto non facessero le
generazioni precedenti; questo significa che la maggior parte dei padri e delle madri hanno sempre
meno tempo da dedicare ai figli di quanto non lo avessero i loro stessi genitori.
Sempre più famiglie vivono lontane dai parenti, sempre più numerose sono le ore che i
bambini trascorrono davanti alla tv o computer, il che significa che trascorrono meno tempo all’aria
aperta a giocare.
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John Gottman, Joan Declare Intelligenza emotiva per un figlio, 2018 Mondadori Libri, Milano
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Il fatto che non si insegnino più regole base sull’intelligenza emotiva comporta conseguenze
E’ sufficientemente provato che le ragazze non sanno più distinguere tra sensazioni quali
identificato 3 principali stili adottati da genitori che non riescono ad insegnare l’intelligenza
ritardo per andare al lavoro perché deve convincere il proprio figlio (che chiameremo Antonio) di
tre anni a recarsi all’asilo, ma lui non vuole e afferma che vuole rimanere a giocare a casa. Quando
la mamma gli dice che tutto questo non è possibile il bambino si butta a terra e inizia a piangere.
Se Maria, fosse stato un genitore con uno stile emotivo “noncurante”, avrebbe potuto dire
ad Antonio che la sua riluttanza di recarsi all’asilo risultava assai ridicola, e che non esiste alcun
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Come genitore “censore”, Maria avrebbe potuto rimproverare Antonio per il suo rifiuto a
che lui voglia stare a giocare a casa, ma successivamente non avrebbe saputo cosa fare per portarlo
a scuola.
A prima vista un genitore con buona intelligenza emotiva, potrebbe sembrare simile al
genitore non curante, ma a differenza, anziché negare l’emozione, aiuterebbe il proprio figlio a
dargli un nome, gli lascerebbe tempo per stare con quelle sensazioni. Non lo distrae e neppure lo
rimprovera, al contrario fa comprendere al figlio che rispetta i suoi sentimenti e pensa che i suoi
Tuttavia, al contrario del “genitore lassista”, si pongono dei limiti, dimostrando che è
possibile andare oltre le emozioni che il Antonio sta provando e che comunque sarà possibile
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emotiva?
Attraverso l’osservazione di parole, azioni e responsi che le famiglie utilizzano nel tempo si è
notato che in genere questi bambini tendono a godere di una migliore salute fisica, e hanno un
Inoltre hanno rapporti migliori con gli amici, minori problemi di condotta e sono meno
hanno una maggiore capacità di ritrovare la calma, riprendersi dalle delusioni, perseverare nelle
attività produttive.
Chiedete agli adulti i cui genitori sono stati infelicemente sposati di descrivere i ricordi della
loro infanzia ed è molto probabile che sentirete racconti di tristezza, amarezza e confusione.
Oppure, i loro genitori appartenevano a quel tipo di persone che “per amore dei propri figli”,
anche se hanno vissuto un matrimonio infelice hanno deciso di non separarsi. In quest’ultimo caso
potrete apprendere quando fosse penoso per il bambino osservare genitori che si ignoravano
Anche se queste considerazioni possono turbare quei genitori che hanno sperimentato
oppure stanno sperimentando un forte conflitto matrimoniale, si può concepire il tutto come
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opportunità per tutte le coppie indifferentemente se siano sposate o separate, che sono determinate a
Noi oggi sappiamo che non è il conflitto tra i genitori a nuocere ai figli, ma il modo in cui i
genitori affrontano queste dispute. Inoltre un buon allenamento all’emotività può avere un effetto
protettivo8. Significa che quando i genitori sono presenti nella vita emotiva dei figli, quando li
aiutano ad affrontare i sentimenti negativi, i figli sono protetti da molti effetti dannosi dei contrasti
emotivo sviluppato dai genitori, si estende anche ad altri contesti di relazioni interpersonali al di
fuori della famiglia, avendo in generale un atteggiamento più predisposto all’empatia e alla
araldo della catastrofe, ogni cavaliere apre la strada al successivo, sgretolando la comunicazione.
Per critica si intendono, i rilievi negativi della personalità del partner, in genere espressi in
8
J. Gottman, L. Katz, C, Hooven, Meta-emotion 1997
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Es. di lamentela: “quando il venerdì sera esci con i tuoi amici, mi sento sola.”
Es. di critica: “sei un irresponsabile ad uscire tutti i venerdì sera con gli amici! E’ ovvio che
tutti”.
In genere, studi scientifici, dimostrano che le donne sono più inclini a criticare
maggiormente in quanto sono più inclini a richiamare l’attenzione sui problemi; gli uomini sono più
inclini ad affrontare il conflitto se vi sono costretti. Da tenere in ovvia considerazione che questa
non rappresenta una modalità assoluta ed esiste anche la possibilità che ci siano uomini
particolarmente inclini a criticare spesso e donne che invece affrontano il conflitto solo se costrette.
Il disprezzo, è come una critica, ma estremizzata. Il coniuge che disprezza il partner tende
Il disprezzo nasce dal disgusto e dalla volontà di vendicarsi. Quando si prova disprezzo ci
riempiamo la testa di idee meschine. Nel matrimonio, più si percorre questa strada e più è difficile
ricordare le qualità che ci sono apparse attraenti nel coniuge. Col tempo, apprezzamenti, pensieri
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coniuge; evidenti anche i segni di comunicazione non verbale, come voltare le spalle, ridacchiare,
sbuffare ecc.
difensivo (discorso a parte per individui con struttura di personalità di tipo “dipendente” o
“passivo-aggressivo”).
Quando ci difendiamo, in genere mettiamo in atto due meccanismi di difesa che sono: la
quella para-verbale: piagnucolare o alzare la voce, incrociare braccia, toccarsi naso o il collo.
La chiave per abbandonare questo atteggiamento difensivo è ascoltare le parole del coniuge
non come fossero in attacco, ma come informazioni espresse in termini molto forti.
Quando i partner non riescono a raggiungere un valido accordo, è probabile che incontrino il
Questo capita quando un coniuge si chiude nel muro del silenzio, e circa l’85% delle volte
pratica questa modalità l’uomo: il dato non è sorprendente perché sembra che gli uomini reagiscano
Interrogati sui loro comportamenti, questi uomini hanno affermato che innalzano il muro del
silenzio per rimanere “neutrali” e non come un comportamento per danneggiare il matrimonio.
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Questi uomini spesso non hanno compreso che le loro mogli hanno interpretato questo silenzio
studi scientifici dimostrano che l’atteggiamento di silenzio di fronte a difficoltà coniugali crea
problemi.
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offendersi reciprocamente. Ad esempio accade spesso che dopo un divorzio, uno dei coniugi tenti
padre in risposta a tale atteggiamento non offre loro il sostegno economico necessario.
Un’altra modalità è quella di parlare male dell’altro coniuge ai propri figli, oppure
Personalmente ritengo che azioni del genere siano di quanto più dannoso si possa fare
proprio in modo paradossale, proprio nei confronti dei figli. Il rischio è creare un permanente clima
angoscioso nel figlio che magari ama entrambi i genitori; inoltre il figlio potrà sentirsi impotente,
confuso e scoraggiato.
In realtà, la maggioranza dei figli ha bisogno di entrambi i genitori, soprattutto quando sta
cercando di fare i conti con gli sconvolgimenti prodotti da tali conflitti. Quando un coniuge usa un
Quando i genitori sperimentano in alto grado di tensione matrimoniale, non è insolito che i
figli, specialmente gli adolescenti, si distacchino dalla famiglia e cerchino sostegno emozionale
altrove.
Possono iniziare con il trascorrere più tempo con i compagni o nei loro hobby; possono
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Purtroppo però, alcuni ragazzi non riescono a trovare questo nell’ambiente che li circonda;
possono correre il rischio di essere trascinati da vortici malsani, frequentando compagnie devianti e
usare droghe.
Perciò, soprattutto nei periodi di tensione familiare, è molto importante prestare attenzione
agli amici ed interessi dei propri figli; magari confrontarsi con gli insegnanti, allenatori, amici di
famiglia, parenti.
Insomma, fate in modo che vostro figlio sia circondato da adulti fidati, e al tempo stesso si
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Bibliografia
Panksepp, J., Biven, L., The Archeology of Mind. Neuroevolutionary Origins of Human
Emotions, New York., W. W. Norton & Company 2012. (Tr. It. Archeologia della mente.
Origini neuroevolutive delle emozioni umane. Milano, Cortina, 2014.)
Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono
nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione
Goleman, Intelligenza emotiva, 2015
John Gottman, Joan Declare Intelligenza emotiva per un figlio, 2018 Mondadori Libri,
Milano
articolo accademico di P. Salovey John D. Mayer 1990 Emotional Intelligence
J. Gottman, L. Katz, C, Hooven, Meta-emotion 1997
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